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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI BOLOGNA SECONDA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, nella persona del giudice Antonio Costanzo, ha pronunciato, dopo discussione orale ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c., la seguente SENTENZA definitiva nella causa civile n. 7918/2023 R.G. promossa da F_M. ((...)) ((...)); - ATTORE contro GS (..) (..); - CONVENUTA Oggetto: obbligazioni. CONCLUSIONI Per l'attore opponente: "NEL MERITO: - REVOCARE il decreto opposto perché infondato in fatto e diritto per le ragioni esposte in narrativa; - DICHIARARE la non esigibilità del credito ex adverso azionato con il monitorio opposto, in quanto, per i motivi esposti in narrativa, inesistente e pertanto non dovuto; - CONDANNARE la convenuta - opposta al risarcimento del danno ex Art. 96 C.P.C. per il tenuto contegno profondamente lesivo dei principi di buona fede contrattuale che devono animare le parti nonché per l'evidente abuso in mala fede e con colpa grave dello strumento processuale; - Con vittoria di spese e compensi di lite dei quali i difensori si dichiarano distrattari. IN VIA ISTRUTTORIA: Previa remissione della causa in istruttoria, chiede ammettersi prova per testi sui capitoli tutti, nessuno escluso, di cui alla narrativa dell'atto di citazione in opposizione da ritenersi qui integralmente riportati in forma positiva - espunti giudizi e valutazioni -preceduti dalla locuzione "vero che". Chiede, inoltre, chiedersi prova testimoniale sui seguenti capitoli di prova: 1) "vero che la sig.ra G. S. nel periodo 2019-2024 ha trovato e/o ricercato una occupazione lavorativa"; 2) "vero che la sig.ra G. ha richiesto al sig. F. di dichiararsi debitore nei suoi confronti dicendogli che le poteva essere utile far valere dei diritti di credito nei confronti del F. medesimo che era assoggettato all'esecuzione immobiliare Tribunale di Bologna n. 754/2017 Es. Imm."; 3) "vero che a seguito della richiesta di cui al capitolo che precede, la sig.ra G. predispose la scrittura privata datata 8/6/2020 che le viene rammostrata e che riconosce nel documento n.5 di parte opponente"; 4) "vero che la sig.ra G. dal 2019 a tutt'oggi ha continuamente fatto pressioni nei confronti del sig. F. per ottenere da quest'ultimo somme di denaro". Si indicano come testi i signori: - B. F., Bologna; - D. Gherardi, Bologna; - F. M., Bologna" Per la convenuta opposta: "Il patrocinio dell'opposta G., facendo seguito alle deduzioni già all'udienza del l'08.5.24 precisa le conclusioni come in memoria di replica istruttoria ex art. 183 c. 6 n. 3 c.p.c. ed in comparsa di costituzione, segnalando che è emersa in sede istruttoria la percezione da parte G. di Euro 3.925,70 - a seguito della vendita forzata dell'abitazione familiare di proprietà di controparte F. nella procedura r.g.e. Trib. Bo. 754/17- che va decurtata dalla sorte indicata nelle conclusioni della comparsa di costituzione di parte G., sorte pretesa che, pertanto, da Euro 40.000 originari è ora pari ad Euro 36.074,30. Peraltro, si segnala che alcuna attività di esecuzione si è compiuta in ragione del decreto ingiuntivo opposto che è immediatamente esecutivo. Inoltre, si evidenzia che proceduralmente ed ai fini dell'accoglimento delle domande di parte opposta Sig.ra G., si ritiene - e si conclude - che il decreto opposto da controparte vada revocato da sentenza che accolga le richieste di parte opposta Sig.ra G. recante solo l'importo di Euro 36.074,30 - invece che Euro 40.000 -, quale elemento di sorte capitale di condanna a carico dell'opponente controparte F. a cui aggiungere tutte le altre voci richieste in sede di comparsa di costituzione dell'opposta G.". Si richiamano la conclusioni di cui alla comparsa di risposta: "Per l'ingiungente G. (oggi convenuta) si rassegnano, pertanto, le seguenti conclusioni: - rigettare ogni avversa difesa ed istanza, anche con conferma dell'ingiunzione opposta da controparte, subordinatamente con condanna dell'opponente F. (attore nella presente fase di causa) di corrispondere a parte opposta G. (ingiungente nella monizione per cui è il presente giudizio) Euro 40.000 oltre interessi maturati e maturandi ex lege dall'emissione dell'ingiunzione oggi gravata sino al saldo (anche al tasso conseguente alla pendenza di lite giudiziaria); - in ogni caso: con ogni più ampia riserva, vinte le spese di lite e con richiesta di liquidazione dell'attività per gratuito patrocinio nella misura ritenuta di legge dal Giudice in favore dell'Avv. P. M. patrocinatore di parte G., nonché con condanna di controparte per responsabilità aggravata, anche per le affermazioni palesemente contraddittorie e la rilettura degli atti non conforme al contenuto degli stessi con rimessione a giustizia circa la relativa misura". MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Richiamati atti e documenti di causa, noti alle parti; rilevato che l'attore non ha fornito prova scritta a sostegno dell'opposizione; esaminate le conclusioni finali in epigrafe trascritte; si osserva quanto segue. 2. L'opposizione avverso il decreto ingiuntivo 7 aprile 2023 n. 1858 esecutivo ex art. 642 c.p.c. (emesso, su ricorso depositato il 1 dicembre 2022 che non risulta preceduto la richiesta stragiudiziale, per la somma capitale di euro 40.000,00 oltre accessori) proposta da M. F. con citazione notificata via PEC il 30 maggio 2023 all'ex coniuge S. G. (costituitasi il 27 luglio 2023), va respinta per infondatezza dei motivi dedotti dall'opponente, benché il decreto opposto vada revocato come richiesto, da ultimo, dalla stessa convenuta, avendo essa dato atto, esaurita l'istruttoria, che il debito era inferiore a quello oggetto di ricorso (si richiamano in proposito le conclusioni finali della convenuta). 2.1. La domanda monitoria proposta dall'odierna convenuta si fonda sulla scrittura privata 8 giugno 2020, recante riconoscimento di debito da parte dell'odierno attore e nella quale si legge: "(...) PREMESSO IN FATTO - che nell'ambito della separazione consensuale omologata il 7 luglio 2017 tra i coniugi F. e G. gli stessi pattuivano che: - la figlia della coppia, B., sarebbe stata collocata presso la madre nella casa familiare di X, Via ...4; - il sig. F. avrebbe versato un mantenimento per la figlia di Euro 300 mensili; - Nell'ipotesi di trasferimento a Bologna di moglie e figlia il F., alla data del trasferimento dalla casa coniugale si obbliga a trasferire l'usufrutto a S. G. per una durata non inferiore a 5 anni (clausola 11a verb. Sep), con diritto della Signora G. di locare l'appartamento a terzi (clausola 11c verb. Sep) e, a decorrere dal percepimento dei canoni di locazione il F. avrebbe cessato di corrisponderle l'importo di Euro 300,00 mensili, o a versare la differenza tra il canone percepito e l'importo di Euro 300,00 qualora l'importo del canone percepito fosse stato inferiore (clausola 11c verb. Sep); - in esecuzione dei predetti accordi raggiunti in sede di separazione, F. cedeva gratuitamente e trasferiva a S. G. l'usufrutto vitalizio sulla casa familiare per la durata di anni 8 in data 8 agosto 2017; - successivamente il sig. F. subiva il pignoramento immobiliare n. 754/2017 promosso da Intesa San Paolo Group per mancato pagamento delle rate del mutuo contratto per l'acquisto della casa familiare. Nell'ambito della procedura l'immobile è stato venduto mediante asta giudiziaria ed attualmente è fissata udienza, al 26.6.20, per la precisazione del credito e distribuzione delle somme; - a partire dal 2018 il sig. F., assieme alla figlia B. , si trasferiva nella casa locata dalla nonna paterna, in Via ... , provvedendo dunque lo stesso al mantenimento diretto della figlia, presso di lui collocata; - la signora G., nel mese di novembre/dicembre 2019 sporgeva denuncia ai danni del sig. F. per mancato pagamento dell'assegno di mantenimento della figlia B. e notificava al sig. F. atto di precetto per il pagamento, a titolo di mantenimento, della somma di Euro 10.709,38 che non veniva opposto; - successivamente la signora G. interveniva nel pignoramento immobiliare per la predetta somma privilegiata, oltre che alla somma di Euro 80.000 pari al valore forfettario del diritto di usufrutto non goduto. Tutto ciò premesso - il signor F. si impegna a non opporsi alla precisazione del credito della moglie; - il sig. F., con la sottoscrizione della presente, si riconosce debitore nei confronti della moglie della somma di Euro 40.000 a titolo di mancato godimento dell'usufrutto e di risarcimento del danno dalla stessa patito, da versarsi in rate mensili di Euro 200; - il sig. F. si impegna a versare alla moglie, entro il giorno 5 di ogni mese sul di lei conto corrente, a partire dal corrente mese di giugno - qualora egli non l'abbia già fatto - la somma di Euro 300 mensili a titolo di mantenimento in favore della stessa sino a che la moglie non avrà reperito una attività lavorativa che le consenta l'autosufficienza; - la signora G. si impegna a ritirare immediatamente la querela presentata ai danni del sig. F., rinunciando sin da ora a costituirsi parte civile in un eventuale procedimento penale nei confronti del marito per le circostanze denunciate". 2.2. Come pacifico in atti e riscontrato dai documenti acquisiti: a) in attuazione dei patti raggiunti in sede di separazione consensuale (verbale 7 giugno 2017) omologata con decreto 7 luglio 2017, con atto redatto dal notaio P. M. data 3 agosto 2017 denominato "trasferimento in esecuzione di accordi contenuti nel verbale di separazione consensuale" l'attore aveva costituito in favore della convenuta "a titolo gratuito" l'usufrutto per la durata di (almeno) otto anni sull'immobile in X già adibito a casa familiare ("(...) F. M., in esecuzione dei predetti accordi in sede di separazione, cede e trasferisce a titolo gratuito a G. S. che accetta ed acquista l'usufrutto per la durata di anni 8 (otto) da oggi o se successivo a detto termine fino al raggiungimento dell'autosufficienza economica della figlia minore F. B., della porzione di villetta trifamiliare (...)"): l'immobile era gravato da ipoteca iscritta il 17 novembre 2003 a garanzia di mutuo concesso all'attore da un istituto bancario di originari euro 120.000 (come si legge nell'atto notarile 3 agosto 2017, "F. M. dichiara che sull'immobile in oggetto grava l'ipoteca (...) che la parte acquirente dichiara di tollerare, ben sapendo che, ai sensi e alle condizioni di cui agli artt. 2858 c.c. e seguenti, in caso di mancato pagamento del debito garantito la Banca può promuovere esecuzione forzata sul bene acquistato col presente atto"); b) nel novembre 2017 su iniziativa del creditore ipotecario l'immobile in X già adibito a casa familiare, e sul quale era stato costituito l'usufrutto in favore di S. G., è stato colpito da pignoramento (doc. 9 di parte convenuta): come riportato anche nella scrittura privata 8 giugno 2020, nell'esecuzione immobiliare n. 754/2017 R.G. contro M. F. è intervenuta anche l'odierna convenuta sia quale creditrice di somme a titolo di concorso nel mantenimento della figlia (per tale credito al debitore era stato notificato precetto non opposto) sia quale titolare di diritto di usufrutto sull'immobile pignorato (art. 2812 c.c.; v. anche la proposta di piano di riparto 15 giugno 2020 elaborata dall'esperto contabile ausiliario del giudice dell'esecuzione, doc. 6 di parte attrice); c) la prima udienza per l'autorizzazione alla vendita nell'esecuzione immobiliare n. 754/2017 R.G. si è tenuta l'11 marzo 2019; la scrittura privata 8 giugno 2020 è stata sottoscritta dalle parti dopo la vendita forzata dell'immobile pignorato (il decreto di trasferimento era stato il 12 marzo 2020) e prima dell'udienza 26 giugno 2020 fissata per la precisazione dei crediti e la distribuzione del ricavato; con ordinanza 2 luglio 2020 il giudice dell'esecuzione ha dichiarato esaurita l'esecuzione immobiliare e ha ordina il pagamento delle somme come da progetto di distribuzione 15 giugno 2020, progetto che, per quanto qui rileva, prevedeva, una volta soddisfatti i crediti in prededuzione ed il credito assistito da ipoteca, l'attribuzione a S. G. della residua somma di euro 3.925,70 a parziale compensazione della perdita dell'usufrutto il cui valore era stato quantificato nel progetto di distribuzione in euro 72.000,00. Dalla lettura degli atti qui richiamati appare evidente che l'obbligazione assunta dall'attore verso la convenuta con la scrittura privata 8 giugno 2020 era volta a compensare la perdita economica subita da S. F. a seguito dell'estinzione dell'usufrutto costituito in suo favore solo pochi mesi prima del pignoramento (art. 2812, comma 2, c.c.). L'accordo documentato dalla scrittura privata ha natura transattiva in quanto, come si legge nelle premesse del testo, la convenuta era già intervenuta nell'esecuzione immobiliare affermandosi creditrice della "somma di Euro 80.000 pari al valore forfettario del diritto di usufrutto non goduto". Più che eloquente il passaggio in cui si afferma che "il sig. F., con la sottoscrizione della presente, si riconosce debitore nei confronti della moglie della somma di Euro 40.000 a titolo di mancato godimento dell'usufrutto e di risarcimento del danno dalla stessa patito, da versarsi in rate mensili di Euro 200", mentre l'inadempimento dell'attore ha determinato la decadenza dal beneficio del termine (in tal senso v. il ricorso per decreto ingiuntivo). 3. A sostegno dell'opposizione l'attore deduce la simulazione assoluta dell'accordo di cui alla scrittura privata 8 giugno 2020 perché "attesta un debito totalmente inesistente"; solleva eccezione di inadempimento adombrando una risoluzione per inadempimento della conventa: deduce la nullità dell'accordo sotto vari profili (illiceità della causa; frode alla legge; illiceità del motivo). 4. Così come proposta dall'attore, la prova per testi non può essere accolta, considerati le questioni controverse ed il fondamento della domanda monitoria: il capitolo 1 è generico e irrilevante ("vero che la sig.ra G. S. nel periodo 2019-2024 ha trovato e/o ricercato una occupazione lavorativa"); il capitolo 2 è generico e inammissibile nella parte in cui contrasta col tenore dell'accordo 8 giugno 2020 ("vero che la sig.ra G. ha richiesto al sig. F. di dichiararsi debitore nei suoi confronti dicendogli che le poteva essere utile far valere dei diritti di credito nei confronti del F. medesimo che era assoggettato all'esecuzione immobiliare Tribunale di Bologna n. 754/2017 Es. Imm."); il cap. 3 è irrilevante e inammissibile nella parte in cui si pone in collegamento col capitolo precedente ("vero che a seguito della richiesta di cui al capitolo che precede, la sig.ra G. predispose la scrittura privata datata 8/6/2020 che le viene rammostrata e che riconosce nel documento n. 5 di parte opponente"); il cap. 4 è generico e irrilevante ("vero che la sig.ra G. dal 2019 a tutt'oggi ha continuamente fatto pressioni nei confronti del sig. F. per ottenere da quest'ultimo somme di denaro"). 5. Non vi è alcuna prova (l'attore non l'ha fornita, art. 1417 c.c.) dell'accordo simulatorio sottostante alla scrittura privata 8 giugno 2020 posta a base del ricorso per decreto ingiuntivo e che, invero, richiama, ponendosi con essi in relazione, i patti conclusi in sede di separazione consensuale, l'atto attuativo 3 agosto 2017, le vicende relative all'esecuzione forzata sull'immobile già adibito a casa familiare. L'eccezione di simulazione assoluta è infondata. Da un lato, manca la prova dell'accordo simulatorio; dall'altro, sono pacifici i fatti posti a fondamento del credito della convenuta (in sintesi, l'estinzione del diritto di usufrutto per effetto dell'espropriazione immobiliare subita dall'attore, art. 2812 c.c.) il cui ammontare è stato definito dalla parti in via transattiva nella misura di euro 40.000,00. 6. L'opponente non ha provato fatti idonei a giustificare la risoluzione dell'accordo consacrato nella scrittura privata 8 giugno 2020: da un lato, non vi è alcun immediato nesso di corrispettività tra l'obbligazione assunta da M. F., previo riconoscimento del proprio debito nella misura di euro 40.000,00 "a titolo di mancato godimento dell'usufrutto e di risarcimento del danno dalla stessa (G., n.d.r.) patito", e l'impegno di S. G. a ritirare la querela presentata (pare a fine 2019) nei confronti dell'allora marito, essendo oltretutto pacifico che l'inadempimento di M. F. rispetto alle obbligazioni verso l'istituto bancario e la espropriazione immobiliare n. 754/17 R.G.E. hanno determinato l'estinzione del diritto di usufrutto, inopponibile al creditore ipotecario (Cass., sez. I, 27 marzo 1993, n. n. 3722), che era stato costituito in favore di S. G. per la durata di otto anni con l'atto pubblico 3 agosto 2017 a ministero notaio P. M. denominato "trasferimento in esecuzione di accordi contenuti nel verbale di separazione consensuale" (in altri termini, in sede di separazione consensuale, come da verbale 7 giugno 2017 omologato il 7 luglio 2017, M. F. aveva assunto una obbligazione attuata con l'atto pubblico 3 agosto 2017 ma di fatto il suo inadempimento verso l'istituto di credito, poi pignorante in forza di credito garantito da ipoteca iscritta nel 2003, ha precluso all'avente diritto S. G. la possibilità di godere dell'immobile in X già casa familiare); dall'altro, è pacifico che S. G., in conformità all'impegno assunto con la scrittura 8 giugno 2020, non si è costituita parte civile nel processo penale contro M. F., processo (n. 5530/20 R.G.N.R. - n. 1662/22 R.G. dibattimento) definito con sentenza di assoluzione sul presupposto che l'inadempimento di obbligazioni civili non integra di per sé gli estremi del reato di cui all'art. 570-bis c.p. (già art. 12-sex/'es, l. n. 898/1970) in relazione all'art. 570 c.p. (la sentenza Trib. Bologna, 27 febbraio - 28 marzo 2023 n. 965 è irrilevante in questa sede, tanto più che l'oggetto della presente causa non riguarda l'omesso versamento dell'assegno dovuto dal padre a titolo di contributo per il mantenimento della figlia come da accordi di separazione), mentre non vi è ragione di contestare all'odierna convenuta l'omessa rimessione di querela (le premesse della scrittura privata 8 giugno 2020 fanno riferimento ad una denuncia, la sentenza penale n. 965/2023 parla sia di querela presentata l'8 gennaio 2020 che di denuncia querela) perché condotta del tutto ininfluente rispetto all'esercizio dell'azione penale quando, come nel caso di specie, si verta in ipotesi di reato procedibile d'ufficio (cfr. Cass. pen., sez. VI, 30 gennaio - 24 febbraio 2020, n. 7277). 7. La questione relativa al contributo al mantenimento della figlia (nata il 7 maggio 2000, dunque ormai maggiorenne al tempo della scrittura 8 giugno 2020) non ha alcuna attinenza con l'obbligazione dedotta in giudizio, sorretta da una causa del tutto autonoma e meritevole di tutela, inerente al mancato godimento da parte della convenuta del diritto che l'attore le aveva riconosciuto in sede di separazione consensuale e volta appunto alla compensazione di quel mancato godimento mediante il pagamento di una somma di denaro (concordato nella misura di euro 40.000,00) di cui M. F. si è dichiarato debitore (v. supra; v. anche il verbale dell'udienza 2 marzo 2023 nel giudizio divorzile 14033/2022 R.G.). 8. Non vi è alcuna nullità dell'accordo sottostante l'impegno assunto da M. F. con la predetta scrittura 8 giugno 2020, accordo che trae origine dall'avventa estinzione del diritto di usufrutto alla costituzione del quale l'attore si era impegnato già in sede di separazione consensuale. 9. In conclusione, l'opposizione, così come proposta dall'attore, è infondata. 10. In comparsa di costituzione la convenuta ha chiesto la conferma del decreto ingiuntivo opposto o in subordine la condanna dell'attore al pagamento della somma di "Euro 40.000 oltre interessi maturati e maturandi ex lege dall'emissione dell'ingiunzione oggi gravata sino al saldo (anche al tasso conseguente alla pendenza di lite giudiziaria)". Nelle conclusioni finali la convenuta ha chiesto la revoca del decreto ingiuntivo e la condanna dell'attore al pagamento di una somma inferiore a quella oggetto di ingiunzione. Nell'esecuzione immobiliare n. 754/17 R.G.E., a seguito della vendita forzata (il decreto di trasferimento è stato emesso il 12 marzo 2020) e dell'approvazione del piano di riparto con ordinanza 7 luglio 2020 del giudice dell'esecuzione, la convenuta aveva ricevuto una somma di denaro (euro 3.925,70) a parziale soddisfacimento del credito da essa vantato in relazione all'estinzione del diritto di usufrutto. Come si legge nelle conclusioni finali, la convenuta chiede la revoca del decreto ingiuntivo con sentenza che condanni l'attore a pagare "solo l'importo di Euro 36.074,30 -invece che Euro 40.000 -, quale elemento di sorte capitale di condanna a carico dell'opponente controparte F. a cui aggiungere tutte le altre voci richieste in sede di comparsa di costituzione dell'opposta G.". Ne conseguono, da un lato, la revoca del decreto ingiuntivo limitatamente ai capi relativi all'ingiunzione di pagare "la somma di Euro 40.000,00" (capo 1) e "gli interessi come da domanda" (capo 2) (nel ricorso era chiesto il pagamento della "somma complessiva di Euro 40.000 oltre agli interessi maturati e maturandi ex lege dall'emissione dell'ingiunzione sino al saldo effettivo"), e non anche la condanna alle spese pronunciata in favore dell'erario (la ricorrente era stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato), capo rispetto al quale l'odierna convenuta non ha potere dispositivo; dall'altro, attese le conclusioni finali (che quanto agli accessori richiamano le conclusioni di cui alla comparsa di risposta), la condanna dell'attore al pagamento della somma di euro 36.074,30 oltre interessi legali da calcolarsi ai sensi dell'art. 1284, comma 4, c.c. dal 7 aprile 2023 sino al saldo. 11. Non vi sono i presupposti per la condanna dell'attore ex art. 96 c.p.c., come invece richiesto dalla convenuta in comparsa di risposta. 12. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in favore dell'erario (artt. 133, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115: "Il provvedimento che pone a carico della parte soccombente non ammessa al patrocinio la rifusione delle spese processuali a favore della parte ammessa dispone che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato"), in quanto la convenuta è ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato (v., fra le altre, Cass., sez. II, 19 gennaio 2021, n. 777). P.Q.M. Il Tribunale di Bologna in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, ogni diversa domanda, istanza ed eccezione respinta: - rigetta l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo 7 aprile 2023 n. 1858 proposta da F. M. contro G. S.; - revoca il decreto ingiuntivo 7 aprile 2023 n. 1858; - condanna F. M. a pagare a G. S. la somma di euro 36.074,30 oltre interessi legali da calcolarsi ai sensi dell'art. 1284, comma 4, c.c. dal 7 aprile 2023 sino al saldo; - rigetta la domanda di condanna ai sensi dell'art. 96 c.p.c. proposta da G. S. contro F. M.; - liquida le spese processuali a carico di F. M. in euro 3.809,00 per compenso, oltre rimborso forfettario 15%, oltra CPA e IVA come per legge. Bologna, 15 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BELTRANI Sergio - Presidente Dott. PELLEGRINO Andrea - Consigliere Dott. PERROTTI Massimo - Consigliere Dott. ARIOLLI Giovanni - rel. Consigliere Dott. NICASTRO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 16/05/2022 della CORTE APPELLO di MESSINA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI ARIOLLI; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale LIDIA GIORGIO, che ha concluso per l'inammissibilita' dei ricorsi; letta la nota di conclusioni del 07/04/2023 con cui la difesa di (OMISSIS), ha insistito per l'accoglimento del ricorso Ricorsi trattati con contraddittorio scritto ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, e del successivo Decreto Legge n. 198 del 2022 articolo 8. RITENUTO IN FATTO (OMISSIS) e (OMISSIS), con distinti ricorsi, impugnano la sentenza della Corte di appello di Messina del 16/05/2022, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Messina con cui i ricorrenti sono stati condannati alla pena di giustizia in ordine al reato di cui agli articoli 110 e 642 c.p., loro rispettivamente ascritto in concorso con altri coimputati ai capi C) e B) della rubrica. 1. Ricorso di (OMISSIS). 1.1 "Violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla errata contestazione temporale del fatto-reato"; poiche' la Corte territoriale, ritenendo che la condotta fraudolenta ai danni dell'assicurazione si condensasse con la richiesta risarcitoria, avrebbe erroneamente individuato il dies a quo della consumazione del reato di cui all'articolo 642 c.p. nella "ricezione da parte della societa' assicuratrice della raccomandata con cui la parte comunica la notizia dell'avvenuto incidente stradale". Invero, si ribadisce che l'articolo 642 c.p. rappresenta un'ipotesi di reato a consumazione anticipata il cui perfezionamento coincide con il momento in cui viene realizzata una delle attivita' descritte dalla norma al fine di ottenere un indennizzo assicurativo. Nel caso di specie, il delitto sarebbe consumato non gia' alla data della richiesta dell'indennizzo assicurativo, come indicato in imputazione, bensi' quando l'imputato ottiene le certificazioni delle lesioni presso l'Ospedale Policlinico di Messina; e' in tal modo, infatti, che l'imputato si precostituisce la documentazione per il sinistro quale presupposto della richiesta di indennizzo, "vale a dire in data (OMISSIS)". 1.2 "Inosservanza o mancata applicazione dell'articolo 157 c.p. ". Si eccepisce l'intervenuta prescrizione del reato, alla luce della data di consumazione rilevata nella stessa sentenza impugnata (il (OMISSIS)). 1.3 "Violazione di legge e difetto di motivazione in relazione agli articolo 110 e 642 c.p. per l'ipotesi di cui anche all'articolo 530 c.p.p., comma 2, poiche' sarebbe impossibile ritenere oltre ogni ragionevole dubbio la falsita' del sinistro avvenuto in data (OMISSIS). Infatti, dagli atti acquisiti in dibattimento risulterebbe il contrario: in particolare, la perizia effettuata da (OMISSIS), su incarico di (OMISSIS) afferma la "coerenza del danno con la dinamica del sinistro"; la perizia del medico legale Dott. (OMISSIS) per conto di (OMISSIS) dichiara che "la sintomatologia sofferta dal periziato appare legata al nesso di causalita' con il trauma dallo stesso subito in occasione dell'incidente stradale del (OMISSIS)"; ed infine, la perizia di (OMISSIS) troverebbe conferma nelle dichiarazioni del teste (OMISSIS)". Sotto altro profilo, si lamenta che i giudici del merito non sono stati in grado di offrire una spiegazione alternativa in ordine alle lesioni riportate dall'imputato, avendo, cosi', riproposto l'ipotesi accusatoria attraverso mere deduzioni. Infatti, si segnala l'assenza di qualsiasi verifica concernente la possibile coincidenza dei punti d'urto tra i due mezzi e che l'Ufficio della Procura non abbia effettuato alcuna richiesta in tal senso. 1.4 "Violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla esclusione della punibilita' ai sensi dell'articolo 131-bis c.p. ", poiche' la Corte territoriale avrebbe negato il beneficio de quo limitandosi ad escluderne l'operativita' in relazione alla condotta tenuta dell'imputato, valutata unicamente in relazione a questa precisa fattispecie; senza considerare i limiti edittali, le modalita' della condotta, l'esiguita' del danno cagionato, il grado di colpevolezza e non abitualita' del comportamento ovvero, l'inesistenza di qualsiasi vantaggio patrimoniale ottenuto dall'imputato quale elemento che dimostra l'esiguita' dell'incidenza lesiva della condotta dallo stesso posta in essere. 1.5 "Violazione ed erronea applicazione dell'articolo 133 c.p.; eccessivita' della pena inflitta; mancata indicazione dell'iter logico giuridico seguito nell'applicazione della pena inflitta", per non avere la Corte territoriale espresso alcun giudizio in merito alla richiesta di un trattamento sanzionatorio piu' mite, presentata con relativo motivo di appello, posto che gia' il Tribunale aveva del tutto eluso l'obbligo di motivazione in relazione al contenimento della pena entro i minimi edittali, come da eccezione del difensore in sede di discussione. 2. Ricorso di (OMISSIS). 2.1. Violazione di legge e omessa motivazione in relazione all'articolo 131-bis c.p., per avere la Corte territoriale negato il beneficio in questione senza tenere conto di tutti gli indici richiesti dalla norma e della peculiarita' della vicenda concreta, relazionandosi unicamente all'entita' dell'aggressione al bene giuridico protetto "mediante un argomento fallace che si traduce nella mera valutazione astratta del titolo del reato contestato". Infatti, non si comprenderebbe in che modo la Corte d'appello perviene al giudizio di "non occasionalita'" della condotta dell'imputato, posto che quest'ultimo acquisisce la proprieta' del veicolo successivamente alle segnalazioni attestanti il coinvolgimento dello stesso in diversi incidenti stradali, vale a dire l'11/03/2014; non ricorre alcuna contestazione della recidiva; ed infine, ai fini della valutazione della condotta complessiva, si dovrebbe tener conto del fatto che, a seguito della rinuncia all'incarico da parte del perito Filloramo, il ricorrente non ha reiterato la richiesta risarcitoria nei confronti dell'assicurazione. CONSIDERATO IN DIRITTO I ricorsi sono inammissibili. 1. Ricorso di (OMISSIS). 1.1. Il primo motivo di doglianza in ordine al tempus commissi delicti e' riproduttivo della questione gia' proposta in sede di appello ed ivi adeguatamente superata, con congrua motivazione, dalla sentenza impugnata, con la quale il ricorrente omette di confrontarsi. Cio' nonostante, la Corte d'appello ha correttamente individuato il dies a quo della consumazione del reato di cui all'articolo 642 c.p. "nella ricezione da parte della societa' assicuratrice della raccomandata con cui la parte ha comunicato la notizia dell'avvenuto incidente stradale" dal momento che, stando agli insegnamenti della giurisprudenza di legittimita' in tema di truffa ai danni di assicurazioni, "il reato di frode assicurativa compiuta mediante la falsa denuncia di un sinistro o la simulazione di conseguenze piu' gravi rispetto alla effettiva entita' delle lesioni subite si consuma con la ricezione della richiesta di risarcimento del danno da parte della compagnia assicuratrice" (Sez. 2, n. 43534 del 19/11/2021, Nitri Antonio Marcello, Rv. 282350 - 02). Invero, la Corte di legittimita' ha affermato che l'articolo 642 c.p. configura un'ipotesi di reato a consumazione anticipata e, pertanto, non richiede il conseguimento effettivo di un vantaggio - che non si identifica necessariamente nell'indennizzo, ma puo' consistere in qualsiasi beneficio connesso al contratto di assicurazione - ma soltanto che la condotta fraudolenta sia diretta ad ottenerlo e idonea a raggiungere lo scopo (Sez. 2, n. 8105 del 21/01/2016, Nucera, Rv. 266235-01). Ne deriva che ove il reato sia integrato dalla falsa denuncia alla assicurazione per dichiarazione di un sinistro inesistente o per aggravamento delle conseguenze di un sinistro, e' sempre dal momento dalla ricezione della richiesta di risarcimento che il delitto puo' ritenersi consumato in tutti i suoi elementi costitutivi, tale essendo la frazione temporale in cui l'agente denuncia un sinistro non accaduto come puntualmente previsto dall'articolo 642 c.p., comma 2, (Sez. 2, n. 39178 del 20/09/2022, Halilovic, n. m.). 1.2 I secondo motivo di doglianza, con il quale si eccepisce l'intervenuta prescrizione del reato di cui all'articolo 642 c.p. e' manifestamente infondato. 1.2.1. Anche volendo aderire alla tesi difensiva - seppur erronea - secondo la quale il dies a quo della consumazione del reato di cui all'articolo 642 c.p. dovrebbe individuarsi il (OMISSIS), vale a dire dal rilascio delle certificazioni ospedaliere, il reato non sarebbe prescritto alla data della sentenza di appello. Invero, al termine massimo di anni sette e mesi sei vanno aggiunti giorni 64 di sospensione Covid stante il rinvio del processo avvenuto ai sensi del Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83, nel corso del giudizio di primo grado, giusto decreto del Tribunale del (OMISSIS). Il reato, pertanto, si sarebbe prescritto il (OMISSIS) e, dunque, successivamente alla deliberazione della sentenza di appello. 1.2.2. Peraltro, l'inammissibilita' del ricorso per cassazione, non consentendo il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, preclude la possibilita' di dichiarare le cause di non punibilita' di cui all'articolo 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione intervenuta nelle more del procedimento di legittimita'. (vedi Sez. 2, n. 28848 dell'8/05/2013, Ciaffoni, Rv. 256463; Sez. U, n. 6903 del 27/5/2016, dep. 2017, Aiello, Rv. 268966; Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266818; Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, Decreto Legge n., Rv. 217266). 1.3 II terzo motivo con il quale si censura la falsita' del sinistro e' manifestamente infondato, poiche' volto a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie estranea al sindacato di legittimita'. Peraltro, nel caso di specie non si ravvisa alcun vizio di motivazione: lungi dall'aderire in modo asettico all'ipotesi accusatoria, "effettuando ragionamenti deduttivi e presuntivi finalizzati a fornire un'interpretazione di taglio spiccatamente soggettivo", i giudici del merito hanno dato conto, con motivazione esaustiva e scevra da vizi logici, delle circostanze per cui il sinistro non e' mai accaduto, sulla scorta di convergenti e pregnanti elementi come I'"assenza di interventi della Polizia Municipale in occasione del sinistro", la circostanza per cui "interpellati alcuni abitanti in Via Salandra (ove si sarebbe verificato l'urto) nessuno ricordava dell'incidente in questione", per avere il Porcino Giovanni (soggetto nella cui disponibilita' era il veicolo che, condotto dal padre Porcini Pasquale si sarebbe scontrato con quello del ricorrente) "disconosciuto il sinistro tra il mezzo (Mercedes tg CJ224YZ) a lui in uso ed il motociclo (Honda SH300 tg DW517777) condotto dal ricorrente" (pag. 2 sentenza primo grado); nonche' dalle "plurime e gravi incompatibilita' tra i documenti acquisiti", "dall'atteggiamento aggressivo con cui l'imputato non ha voluto dichiarare alcunche' in ordine al sinistro occorso", dal fatto per cui "dalla consultazione della banca dati IVASS emergevano numerosi sinistri nei quali risultano convolti i veicoli oggetto del sinistro in esame" ed infine, tenendo conto che le certificazioni delle lesioni riportate dall'imputato, seppur idonee a dimostrare che lo stesso le aveva contratte il medesimo giorno dell'incidente, sono state rilasciate ben tre ore dopo il presunto incidente, in occasione del quale non si e' rilevato l'intervento del 118 (pag. 6 sentenza di appello). Quanto, poi, alla compatibilita' della sintomatologia lamentata dal ricorrente, questa non vale, di per se', a confortare l'asserita riconducibilita' delle lesioni refertate con il sinistro denunciato; e cio', alla luce della considerazione complessiva dei dati dirimenti, frutto di valutazione non illogica da parte del giudice di merito. Ne' paiono valutabili le dichiarazioni, asseritamente in senso contrario, del teste (OMISSIS), di cui non risulta ne' allegato integralmente il testo, ne' illustrata la valenza decisiva per scardinare l'impianto della motivazione in esame (cfr. ultima pagina della sentenza impugnata). A fronte, pertanto, dell'indicazione di un compendio probatorio a carico di carattere convergente, le censure del ricorrente finiscono anche per risultare generiche, in quanto si risolvono nella riproposizione di quelle svolte in appello, motivatamente disattese dalla sentenza impugnata. 1.4. Il quarto motivo con cui si lamenta la mancata concessione del disposto di cui all'articolo 131-bis c.p. e' manifestamente infondato. La Corte territoriale ha, infatti, escluso il ricorrere della causa di non punibilita' in considerazione delle "modalita' della condotta", quale condizione ostativa che, ai sensi dell'articolo 131-bis c.p., comma 1, preclude di considerare l'offesa come particolarmente tenue, in quanto si e' precisato come risultino "tutte dimostrative della predisposizione, non certo occasionale, dei mezzi idonei a trarre in inganno la compagnia assicurativa" e dunque di carattere organizzato ed espressive di un elevato grado di colpevolezza. 1.5. La censura con la quale si lamenta l'omessa motivazione in ordine alla richiesta di un trattamento sanzionatorio piu' mite proposta con l'ultimo motivo di appello risulta generica e per questo ab origine inammissibile. Invero, il difetto di motivazione della sentenza d'appello in ordine a motivi generici, proposti in concorso con altri motivi specifici - come nel caso in esame -, non puo' formare oggetto di ricorso per cassazione, poiche' i motivi generici restano viziati da inammissibilita' originaria, quand'anche il giudice dell'impugnazione non abbia pronunciato in concreto tale sanzione (Sez. 5, n. 44201 del 29/09/2022, Testa, Rv. 283808 - 01; Sez. 4, n. 1982 del 15/12/1998, dep. 1999, Iannotta, Rv. 213230 - 01). Nel caso in esame, infatti, se si ha riguardo all'atto di appello (vedi pagg. 4 e 5), per un verso emerge come il ricorrente non ebbe a confrontarsi con gli elementi di disvalore evidenziati dal Tribunale a corredo della misura della pena inflitta, peraltro prossima ai minimi edittali e, per altro, come del tutto generica sia l'indicazione degli indici in forza dei quali il giudice di appello avrebbe dovuto mitigare la pena. Peraltro, il paventato vizio di omessa motivazione puo' ritenersi implicitamente disatteso alla luce della descrizione delle peculiari modalita' della condotta illecita e delle implicazioni tratte anche per l'esclusione dell'articolo 131-bis c.p.. 2. Ricorso di (OMISSIS). 2.1. Il motivo di ricorso in ordine all'applicabilita' del disposto di cui all'articolo 131-bis c.p. e' manifestamente infondato per le ragioni espresse a proposito dell'analogo motivo sollevato dal coimputato (OMISSIS), sub 1.4. A cio' si aggiunge che nessuna valenza decisiva assume il rilievo che l'imputato abbia acquistato la proprieta' del veicolo soltanto in un momento successivo alle precedenti e numerose segnalazioni occorse sullo stesso, poiche' la Corte territoriale ha fondato il diniego della causa di non punibilita' non sulla scorta di un giudizio di disvalore che fa leva sull'abitualita' delle condotte, bensi' sul carattere organizzato di quella, unica, oggetto di giudizio. 3. Alla declaratoria di inammissibilita' dei ricorsi consegue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di Euro tremila in favore della Cassa per le ammende, cosi' determinata in ragione dei profili di inammissibilita' rilevati (Corte Cost., 13 giugno 2000 n. 186). P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE AMICIS Gaetano - Presidente Dott. VILLONI Orlando - Consigliere Dott. AMOROSO Riccardo - rel. Consigliere Dott. TRIPICCIONE Debora - Consigliere Dott. RICCIO Stefania - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 08/06/2022 della Corte di Appello di Torino; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Riccardo Amoroso; letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del sostituto Procuratore generale Cennicola Elisabetta, che, in via preliminare, ha richiesto il rinvio ai fini dell'acquisizione della querela delle persone offese di cui ai capi 17 e 23, e l'annullamento senza rinvio per le ipotesi di cui all'articolo 346 c.p., comma 2, di cui ai capi 8) e 31) previa riqualificazione nel reato di truffa per mancanza della condizione di procedibilita', il rigetto nel resto ed il rinvio al giudice d'appello per la rideterminazione della pena per i reati residui, segnalando, con riferimento ai capi 8) e 31), in relazione all'articolo 346 c.p., comma 2, l'opportunita' della rimessione alle Sezioni Unite al fine di superare il contrasto esistente nella giurisprudenza di legittimita'; lette le conclusioni scritte dell'avvocato (OMISSIS), difensore della parte civile (OMISSIS), che ha richiesto dichiararsi inammissibile o rigettare il ricorso, con la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, come specificate nella nota spesa; lette le conclusioni scritte dell'avv. (OMISSIS), difensore della parte civile Agenzia delle Entrate, che ha concluso per il rigetto o l'inammissibilita' del ricorso, con la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, come specificate nella nota spesa. RITENUTO IN FATTO 1. Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte di Appello di Torino ha riformato parzialmente la sentenza emessa il 18 febbraio 2021 dal Tribunale di Torino, dichiarando l'estinzione di alcuni dei reati contestati ed ha rideterminato la pena in anni tre, mesi nove e giorni sei di reclusione confermando le statuizioni civili in favore dell'Agenzia delle Entrate. La condanna e' stata pronunciata per una serie di reati di truffa, millantato credito, falsi materiali in atti e certificazioni pubbliche, consumati in Torino e provincia negli anni 2015-2016, ai danni di plurime persone offese da parte del ricorrente (OMISSIS), in alcuni casi attribuendosi la falsa qualifica di funzionario di (OMISSIS) e false generalita' (capi 23 e 28, in cui si contesta solo la truffa aggravata ex articolo 61 c.p., n. 7 per avere (OMISSIS) agito con le false generalita' di un inesistente ispettore di (OMISSIS) a nome (OMISSIS)), in altri casi con il concorso di alcuni complici che operavano come intermediari (capo 26 relativo alla truffa di 74 mila Euro aggravata ex articolo 61 c.p., n. 7 in concorso con (OMISSIS)), in altri ancora, millantando la conoscenza di funzionari del menzionato Ente e con il pretesto di doverne comprare i favori (capi 8 e 31: ex articolo 346 c.p., commi 1 e 2), si faceva consegnare somme di denaro in contanti apparentemente destinate ad estinguere debiti tributari o ad ottenere forti riduzioni del debito, rilasciando poi false quietanze di pagamento intestate ad (OMISSIS), ed inducendo in errore i debitori che apprendevano, in sede di esibizione della predetta documentazione presso (OMISSIS), della inesistenza dei pagamenti a loro nome per i quali avevano effettuato i relativi esborsi. 2. Con atto a firma del difensore di fiducia, (OMISSIS) ha proposto ricorso, articolando due motivi. 2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge con riferimento ai capi 8) e 31) sul rilievo dell'erronea qualificazione dei fatti nell'ipotesi del millantato credito, dovendosi ritenere i fatti inquadrabili unicamente nel delitto di truffa a seguito dell'aboliti criminis del reato di millantato credito di cui all'abrogato articolo 346 c.p., comma 2, con la conseguente improcedibilita' per difetto di querela non essendo stata contestata l'aggravante dell'articolo 61 c.p., n. 7, in riferimento ai predetti capi. La Corte territoriale, preso atto del contrasto giurisprudenziale registratosi presso la Sesta Sezione della Corte di Cassazione, ha ritenuto di dare seguito all'orientamento che ha affermato la continuita' normativa tra il nuovo articolo 346-bis c.p. ed il vecchio articolo 346 c.p.. Secondo la prospettazione del ricorrente, invece, l'opposto orientamento della Corte di Cassazione (sentenze nn. 12210/2019, 5221/2020, 28657/21, 16467/21 e 28657/21) che esclude la continuita' normativa con riguardo all'articolo 346 c.p., comma 2 e' preferibile perche' aderente al dato. letterale, dovendosi considerare il capoverso dell'articolo 346 c.p., pur se inserito nella rubrica del millanto credito, come una sottospecie di truffa, per il riferimento al pretesto che e' una forma di raggiro, con conseguente riespansione della fattispecie generale della truffa. In caso contrario, si invoca la rimessione della questione alle Sezioni Unite per risolvere il contrasto. 2.2. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione e violazione di legge con riferimento ai capi 23), 26) e 28) in relazione alla erronea applicazione della circostanza aggravante di cui all'articolo 61 c.p., n. 7, che andava esclusa per le truffe contestate ai predetti capi, trattandosi di danni di importi tali da non potere integrare l'aggravante del danno di ingente entita', sia sotto il profilo oggettivo e sia sotto quello soggettivo, in considerazione delle condizioni economiche delle persone offese, che irragionevolmente sono state ritenute critiche per la rilevante esposizione debitoria, con la conseguente improcedibilita' delle truffe ai danni di (OMISSIS) e (OMISSIS) (capo 23), (OMISSIS) (capo 26), (OMISSIS) (capo 28) per difetto di querela. 3. Si deve dare atto che nel giudizio di legittimita' la prima udienza del 16 febbraio 2023 trattata con il rito cartolare in forza della norma transitoria di cui al Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, articolo 94, comma 2, come modificato dal Decreto Legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199, e' stata rinviata ad oggi per la scadenza del nuovo termine per sporgere querela per i reati divenuti procedibili a querela secondo quanto previsto dal cit. Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, articolo 85, comma 1, come sopra modificato. Inoltre, va rilevato che all'udienza odierna non risultano pervenute querele delle parti offese rilevanti ai fini dell'unico capo di imputazione (capo 23) per il quale risultava mancante la costituzione di parte civile, e che le parti non hanno fatto pervenire nuove conclusioni scritte, rispetto a quelle formulate per l'udienza del 16 febbraio 2023. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. In via preliminare, va osservato che per i reati di truffa aggravata di cui ai capi 26) e 28), essendovi stata regolare costituzione di parte civile delle rispettive persone offese, e precisamente di (OMISSIS) per il capo 26) e di (OMISSIS) per il capo 28), deve ritenersi che la sopravvenuta procedibilita' a querela della truffa aggravata dall'articolo 61 c.p., n. 7, per effetto delle modifiche disposte dal Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dal Decreto Legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199, non ne abbia determinato l'improcedibilita' per difetto di querela. Si deve, infatti, dare seguito all'orientamento di legittimita', gia' consolidatosi in occasione di precedenti riforme legislative che hanno in passato modificato la procedibilita' di ufficio rispetto a determinate fattispecie penali divenute procedibili a querela, in tema di interpretazione delle norme transitorie che hanno fissato le regole per acquisire la dichiarazione di querela rispetto ai reati interessati dalle modifiche del regime di procedibilita', commessi prima della data di entrata in vigore della riforma. In particolare, rispetto alla informativa prevista dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 99, comma 2 che aveva modificato il regime di procedibilita' di determinate fattispecie penali, e' stato affermato che detta informativa non e' dovuta quando il diritto di querela sia stato gia' formalmente esercitato, ovvero l'offeso abbia, in qualsiasi atto del procedimento, manifestato la volonta' di punizione o abbia rinunciato, espressamente o tacitamente, al diritto di querelarsi o ancora nel caso di estinzione dell'anzidetto diritto e di remissione oltre che nella ipotesi di mancata identificazione o di irreperibilita' dell'offeso (Sez. U, n. 5540 del 17/04/1982, Corapi, Rv. 154078). Ne consegue che la volonta' punitiva puo' essere riconosciuta anche nell'atto con il quale la persona offesa si costituisce parte civile, nonche' nella persistenza di tale costituzione nei successivi gradi di giudizio (cfr., Sez. 2, n. 19077 del 03/05/2011, Maglia, Rv. 250318; Sez. 5, n. 15691 del 06/12/2013, dep. 2014, Anzalone, Rv. 260557; Sez. 5, n. 21359 del 16/10/2015, dep. 2016, Giammatteo, Rv. 267138; Sez. 5, n. 29205 del 16/02/2016, Rahul Jetrenda, Rv. 267619). Lo stesso principio e' stato poi ribadito nella sentenza delle Sezioni Unite n. 40150 del 21/06/2018, Salatino, Rv. 273552, con riguardo ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del Decreto Legislativo 10 aprile 2018, n. 36, essendosi affermato, anche in quella occasione, che "onde evitare conseguenze aberranti derivanti da una interpretazione formalistica della norma transitoria, l'avviso alla persona offesa non debba essere dato quando risulti dagli atti che il diritto di querela sia gia' stato formalmente esercitato; che l'offeso abbia, in qualsiasi atto del procedimento, manifestato la volonta' di instare per la punizione dell'imputato", essendosi ribadita la correttezza della interpretazione (Sez. 5, n. 43478 del 19/10/2001, Cosenza, Rv. 220259) secondo cui la sussistenza della volonta' di punizione da parte della persona offesa, non richiedendo formule particolari, puo' essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione. Non vi e' percio' ragione di discostarsi da tale indirizzo consolidato, essendo irrilevante a tale riguardo che nella normativa transitoria che ha accompagnato la modifica del regime di procedibilita' a querela a seguito dell'entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 150 del 2022 non sia stato previsto, diversamente dalle precedenti riforme, alcun avviso alla persona offesa della facolta' di sporgere querela (essendo anzi stata modificata la normativa transitoria che nel suo testo originario prevedeva analogo meccanismo informativo). Trattasi di una scelta del legislatore che incide, infatti, soltanto sulla diversa decorrenza del termine per querelare, che decorre in ogni caso dalla data di entrata in vigore della normativa di riforma (ex articolo 85, comma 1, cit.), senza avere alcuna influenza sul tema qui in discussione della rilevanza della costituzione di parte civile quale indice da cui trarre la manifestazione della volonta' punitiva della persona offesa. 2. Con riguardo al motivo di ricorso riferito ai predetti capi 23), 26) e 28), si deve ritenere che la questione della sussistenza o meno della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravita' di cui all'articolo 61 c.p., n. 77 assume concreta rilevanza unicamente per le truffe ascritte ai capi 26) e 28), rispetto alle quali soltanto la rilevata rituale costituzione delle parti civili rende irrilevante il mutamento del regime di procedibilita' sopravvenuto per effetto della modifica dell'articolo 640 c.p., u.c., introdotta dal Decreto Legislativo n. 150 del 2022, articolo 2 che ha escluso l'aggravante in questione dal novero di quelle che assumono ora rilevanza per la procedibilita' di ufficio del reato di truffa, ovvero le sole circostanze previste dal capoverso dell'articolo 640 c.p.. Rispetto alla truffa ascritta al capo 23), non essendo intervenuta nel termine di cui al cit. Decreto Legislativo n. 150 del 2022, articolo 85, comma 1, la querela delle persone offese ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), ne' risultando mai formalizzata dalle stesse la costituzione di parte civile nel corso del giudizio di merito, deve essere disposto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al capo 23) per difetto della condizione di procedibilita'. 3. La questione dedotta rispetto alle truffe ascritte ai capi 26) e 28) dell'erronea applicazione della circostanza aggravante di cui all'articolo 61 c.p., n. 7 deve essere, invece, affrontata perche' tuttora rilevante. Va osservato, sotto il profilo dell'interesse alla decisione, che la questione ha conservato la propria rilevanza anche dopo il mutato quadro normativo, atteso che nel caso in cui dovesse negarsi la sussistenza della circostanza aggravante in parola, la truffa derubricata da aggravata a semplice andrebbe dichiarata senz'altro improcedibile per difetto di querela in applicazione della normativa previgente, non potendo trovare applicazione la normativa transitoria che ha previsto la nuova decorrenza del termine per sporgere querela soltanto per i reati che prima della riforma erano procedibili di ufficio, non avendo detta norma ovviamente la finalita' di operare una rimessione nel termine per sporgere querela per i reati gia' procedibili a querela. La costituzione di parte civile, anche se ritenuta equipollente alla volonta' di querelare, non fa venire meno l'interesse rispetto alla questione dell'aggravante di cui all'articolo 61 c.p., n. 7, dedotta con riferimento ai predetti capi di imputazione, atteso chef non trovando applicazione la normativa transitoria per le ragioni appena esposte, la costituzione di parte civile potrebbe essere considerata tardiva agli effetti dell'osservanza dell'ordinario termine di querela che decorre nei tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce reato ai sensi dell'articolo 124 c.p., comma 1. Al riguardo, pero', va osservato che la genericita' del motivo di ricorso non consente di verificare la tardivita' della querela, non essendo stata specificata la data in cui la persona offesa ha avuto cognizione dei fatti di causa e quindi neppure di verificare se alla data in cui e' stata formalizzata la costituzione di parte civile nel processo di primo grado il termine di cui all'articolo 124 c.p., comma 1, fosse gia' decorso. Secondo l'indirizzo giurisprudenziale prevalente l'onere della prova della intempestivita' della querela e' a carico di chi allega l'inutile decorso del termine, e la decadenza dal diritto di proporla va accertata secondo criteri rigorosi e non puo' ritenersi verificata in base a semplici supposizioni prive di valore probatorio sicche' l'eventuale situazione di incertezza deve essere risolta a favore del querelante. (Sez. 2 n. 48027 del 18/10/2022, Spano', Rv. 284168). Va precisato che il ricorrente non ha richiesto una modifica del trattamento sanzionatorio, ma ha sollevato la questione dell'insussistenza della aggravante ai soli fini della procedibilita'. Sotto tale profilo, si deve rilevare che la questione e' comunque infondata nel merito, atteso che per le truffe contestate in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS), gli importi dei rispettivi danni, di 74 mila Euro per (OMISSIS) e di 28.700 Euro per (OMISSIS), anche in relazione alle considerazioni fatte sulle condizioni precarie economiche delle predette persone offese, sono stati congruamente apprezzati e valorizzati ai fini del riconoscimento della aggravante prevista dall'articolo 61 c.p., n. 7. Secondo il pacifico orientamento di legittimita' per l'applicabilita' della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravita', puo' farsi riferimento alle condizioni economico-finanziarie della persona offesa solo qualora il danno sofferto, pur non essendo di entita' oggettiva notevole, puo' essere qualificato tale in relazione alle particolari condizioni della vittima, che sono invece irrilevanti quando l'entita' oggettiva del danno e' tale da integrare di per se' un danno patrimoniale di rilevante gravita' (Sez. 2, n. 48734 del 06/10/2016, Puricelli, Rv. 268446). 4. Passando alla disamina delle censure articolate con il primo motivo in riferimento ai capi 8) e 31) per le ipotesi di reato di cui all'articolo 346 c.p., comma 2, si osserva quanto segue. Nei predetti capi si contesta a (OMISSIS) di avere millantato credito presso dei dipendenti non meglio individuati di (OMISSIS) e di essersi fatto consegnare del denaro e altri beni perche' necessario sia a pagare il prezzo della propria mediazione (articolo 346 c.p., comma 1) e sia con il pretesto di dover comprare il loro favore (articolo 346 c.p., comma 2). Innanzitutto, deve rilevarsi che la questione dedotta dal ricorrente riguarda solo una parte dei fatti contestati, ovvero la sottospecie del reato di millantato credito di cui all'articolo 346 c.p., comma 2 essendo stata messa in discussione la continuita' normativa tra la fattispecie incriminata dall'articolo 346 c.p., citato comma 2 ed il nuovo testo dell'articolo 346-bis c.p. introdotto dalla L. 9 gennaio 2019, n. 3, che ha incorporato la previsione del previgente reato di millanto credito assimilandola nel trattamento punitivo a quella del traffico di influenze illecite, abrogando l'articolo 346 c.p.. Sul punto esiste effettivamente un contrasto tra due opposti orientamenti che si sono formati nella giurisprudenza di legittimita' di questa stessa Sesta Sezione. Secondo un primo orientamento sussiste continuita' normativa tra il reato di millantato credito di cui all'articolo 346 c.p., comma 2, - formalmente abrogato dalla L. 9 gennaio 2019, n. 3, articolo 1, comma 1, lettera s), - ed il reato di traffico di influenze illecite di cui al novellato articolo 346-bis c.p., atteso che, in quest'ultima fattispecie, risulta attualmente ricompresa la condotta di chi, vantando un'influenza, meramente asserita, presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, riceva o si faccia dare o promettere denaro o altra utilita' col pretesto di dovere comprare il pubblico agente o di doverlo comunque remunerare (vedi, Sez.6, n. 32574 del 26/05/2022, Lucchese, Rv. 283724). Antitetico e' invece l'orientamento secondo cui non sussiste continuita' normativa tra il reato di millantato credito di cui all'articolo 346 c.p., comma 2, abrogato dalla L. 9 gennaio 2019, n. 3, articolo 1, comma 1, lettera s), e quello di traffico di influenze illecite di cui al novellato articolo 346-bis c.p., in quanto, in quest'ultima fattispecie, non risulta ricompresa la condotta di chi, mediante raggiri o artifici, riceve o si fa dare o promettere danaro o altra utilita' col pretesto di dovere comprare il pubblico ufficiale o impiegato o doverlo, comunque, remunerare, condotta che integra, invece, il delitto di cui all'articolo 640 c.p., comma 1. Si e' sostenuto che la punibilita' del privato si giustifica a condizione che il rapporto tra il mediatore ed il pubblico agente sia effettivamente esistente o, quanto meno, potenzialmente suscettibile di instaurarsi, posto che solo in tal caso si realizza un "vulnus" agli interessi pubblici teleologicamente tutelati dalla norma incriminatrice del traffico di influenze (Sez. 6, n. 23407 del 10/03/2022, Ferrara, Rv. 283348). Reputa il collegio che ferma restando la pacifica continuita' normativa rispetto all'articolo 346 c.p., comma 1 rispetto al quale non puo' che essere confermata la valutazione operata nelle sentenze di merito, non essendo tale parte del fatto neppure interessata dalla questione dedotta dal ricorrente, rispetto invece alla vicenda che afferisce alla richiesta di denaro o altre utilita' giustificata dal pretesto di comprare il favore del pubblico ufficiale deve ritenersi piu' aderente alla ricostruzione fattuale operata nel giudizio di merito la qualificazione del fatto ai sensi dell'articolo 640 c.p.. Nel caso di specie non e' neppure configurabile il reato di millantato credito nella forma prevista dall'articolo 346 c.p., comma 2 per l'assoluta indeterminatezza e genericita' dell'indicazione dei pubblici ufficiali che presso (OMISSIS) avrebbero dovuto interessarsi della pratica di estinzione del debito tributario. Conseguentemente, nel caso in esame, non essendo risultato accertato che lo (OMISSIS) avesse promesso la corruzione di pubblici ufficiali, ne deriva che l'ipotesi configurata non pone l'esigenza di risolvere il contrasto sopra rilevato con la rimessione del tema alle Sezioni Unite. 5. Pur non essendo indispensabile per la configurabilita' del reato di millantato credito di cui all'articolo 346 c.p., comma 2 l'indicazione nominativa o l'identificazione del pubblico ufficiale, tuttavia quando l'indicazione sia talmente generica - come nella fattispecie in esame - da non rendere neppure certo il riferimento ad un pubblico ufficiale o ad un funzionario, ne' chiaro il tipo di mansioni svolte, tale indeterminatezza rileva in quanto l'incertezza cade su un elemento essenziale della fattispecie. Esclusa, pertanto, la configurabilita' del reato contestato al capoverso dell'articolo 346 c.p., il fatto va correttamente qualificato come truffa, ricorrendone tutti gli elementi costituivi ed in particolare, la peculiarita' del raggiro, caratterizzato da vanterie, esplicite o implicite, da ingerenze e pressioni esercitabili dal millantatore nei confronti di soggetti non meglio precisati che avrebbero potuto cancellare o ridurre il debito tributario, nonche' la stessa falsa qualita' attribuitasi dallo (OMISSIS) di funzionario di (OMISSIS) e utilizzo di altri complici presentati come funzionari del predetto Ente, per rendere piu' credibile la propria mediazione ed ottenere l'illecito vantaggio patrimoniale conseguito con corrispondente danno subito dalla vittima. E' evidente come, in tale contesto di raggiri e simulazione di qualita' non rivestite dall'agente, l'aspetto della frode e quindi della truffa deve ritenersi assolutamente prevalente rispetto a quello della mera millanteria che, invece, anche nella logica della nuova formulazione del reato di traffico di influenze illecite, assimila del tutto nel trattamento sanzionatorio la posizione del millantatore a quella della persona che ne subisce il fascino, offrendogli il denaro o altra utilita'. Una tale impostazione appare, peraltro, coerente anche con la nuova formulazione dell'articolo 346-bis c.p., dovendosi privilegiare l'aspetto del raggiro allorche' risulti nettamente assorbente su quello della millanteria, con la conseguenza che il fatto, ricondotto nella ipotesi della truffa e non anche nel reato di millanteria-traffico di influenze, evita l'effetto distonico che il soggetto che subisce il raggiro possa essere sottoposto ad incriminazione, assumendo la veste di raggirato e quindi la sola posizione di vittima del reato di truffa. 6. Con riguardo al reato ascritto al capo 8) deve essere, tuttavia, rilevata la prescrizione, avuto riguardo all'epoca di consumazione del reato in data 1 febbraio 2015, essendo decorso il relativo termine massimo di prescrizione di anni sette e mesi sei. Infatti, tenuto conto della sospensione del termine per complessivi sessantaquattro giorni, prevista dal Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, articolo 83, comma 4, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, per effetto della sospensione disposta all'udienza del 16 marzo 2020 e del rinvio all'udienza del 24 settembre 2020, il reato si e' prescritto alla data del 4 ottobre 2022. La prescrizione interessa l'intero capo 8), atteso che per la stretta correlazione tra i fatti di cui all'articolo 346 c.p., commi 1 e 2 indipendentemente dall'effetto devolutivo dell'impugnazione parziale non si forma in relazione al predetto capo il "giudicato parziale", poiche' questo presuppone la decisione di tutti i punti che costituiscono passaggio obbligato per la completa definizione dell'imputazione, mentre la preclusione di ordine processuale al riesame dei punti della sentenza non impugnati non impedisce la rilevabilita' delle cause di estinzione del reato preesistenti o sopravvenute (vedi, Sez.3, n. 47579 del 23/10/2003, Arici, Rv. 226646). 7. In conclusione, previa riqualificazione dei fatti di millantato credito di cui al capoverso dell'articolo 346 c.p. nel reato di truffa, deve essere disposto l'annullamento della sentenza impugnata senza rinvio per il capo 8) perche' estinto per intervenuta prescrizione, e l'annullamento senza rinvio per il reato di cui al capo 31) per difetto della condizione di procedibilita' e con rinvio per nuova determinazione della pena relativamente al residuo reato di cui all'articolo 346 c.p., comma 1. In relazione al reato di truffa aggravata ascritto capo 23), per le ragioni sopra esposte, deve essere disposto l'annullamento senza rinvio per difetto della condizione di procedibilita'. Il ricorso deve essere, infine, rigettato con riferimento alle residue truffe di cui ai capi 26) e 28) e, considerato che la causa estintiva della prescrizione di cui al capo 8) si e' verificata dopo la sentenza di primo grado, devono essere confermate le statuizioni civili con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute in questo giudizio dalle parti civili costituite, liquidate come in dispositivo. In considerazione della ravvisata continuazione tra le plurime imputazioni ascritte, solo in parte appellate dal ricorrente, con la determinazione di una pena unica non differenziata per singoli capi, in sede di rinvio la Corte di appello dovra' necessariamente provvedere alla rideterminazione della pena per le residue imputazioni, tenendo conto del proscioglimento disposto in questa sede per i capi 8), 23), nonche' per il capo 31) limitatamente alla parte della contestazione riferita al reato ascritto al comma 2 dell'articolo 346 c.p.. P.Q.M. Qualificati i fatti di millantato credito di cui all'articolo 346 c.p., comma 2, (capi 8 e 31) come truffa, annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente al reato di cui al capo 8) perche' estinto per intervenuta prescrizione e relativamente al reato di cui al capo 31) per difetto della condizione di procedibilita', con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Torino per la rideterminazione della pena relativamente a reato di cui all'articolo 346 c.p., comma 1 (capo 31), ferme restando le statuizioni civili. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente al reato di cui al capo 23) per difetto della condizione di procedibilita'. Rigetta nel resto il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili (OMISSIS) e Agenzia delle Entrate-riscossione, che rispettivamente liquida in complessivi Euro 3.686,00 Euro ed Euro 1.844,00, oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CRISCUOLO Anna - Presidente Dott. GALLUCCI Enrico - rel. Consigliere Dott. PACILLI G.A.R. - Consigliere Dott. TRIPICCIONE Debora - Consigliere Dott. DI GIOVINE Ombretta - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza della Corte di appello di L'Aquila del 13/10/2022; visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Enrico Gallucci; lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Riccardi Giuseppe, che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di L'Aquila con sentenza emessa il 13 ottobre 2022 (motivazione depositata il successivo 25 ottobre) in esito al rinvio disposto da questa Corte con sentenza della 2 Sez., n. 24265 del 23/02/2022, in parziale riforma di quella di primo grado del Tribunale di Avezzano ha condannato (OMISSIS) alla pena di anni uno di reclusione per il reato di simulazione di reato (capo b), dichiarando estinto per prescrizione il reato di truffa (capo a). 2. Avverso la indicata sentenza di appello l'imputato, a mezzo del proprio difensore, ha presentato ricorso nel quale deduce un unico motivo, relativo a violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla mancata valutazione della memoria difensiva trasmessa, Decreto Legge n. 149 del 2020, ex articolo 23 alla Corte di appello che procedeva in forma cartolare, memoria nella quale relativamente al capo b) si chiedeva l'assoluzione per difetto di imputabilita', allegando pertinente documentazione medica. 3. Il giudizio di cassazione si e' svolto a trattazione scritta, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, convertito dalla L. n. 176 del 2020, e le parti hanno depositato le conclusioni come in epigrafe indicate. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile in quanto manifestamente infondato. 2. A norma dell'articolo 23 comma 5 del Decreto Legge n. 149 del 2020 - trasfuso nel Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23 bis, comma 4 - nell'ambito della procedura cartolare le memorie delle parti debbono essere trasmesse alla Corte di appello entro il termine di cinque giorni prima dell'udienza di trattazione del gravame. 2.1. Questa Sezione ha gia' avuto modo di precisare che "Nel giudizio cartolare d'appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale pandemica, il termine di cinque giorni dall'udienza per il deposito delle conclusioni, previsto dal Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23-bis, comma 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha natura perentoria perche' il suo rispetto e' imprescindibilmente funzionale a consentire il corretto svilupparsi del contraddittorio tra le parti, nonche' il necessario spazio di valutazione per il giudice" (Sez. 6, n. 18483 del 29/03/2022, Della Mina, Rv. 283262). 2.2. Dalla sentenza impugnata risulta che il difensore dell'imputato ha depositato le proprie conclusioni solo in data 11 ottobre 2022 (circostanza non contestata dal ricorrente) - dunque oltre il termine perentorio che in relazione all'udienza fissata per il 13 ottobre scadeva il 7 ottobre - di tal che, come rilevato dal Procuratore generale nelle sue conclusioni scritte, correttamente la Corte di appello non ha preso in considerazione la documentazione allegata alla memoria medesima, con la quale veniva richiesta l'assoluzione del (OMISSIS) per difetto di imputabilita'. 3. Alla inammissibilita' del ricorso, segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ravvisandosi assenza di colpa nella proposizione del ricorso, della somma, ritenuta congrua, di tremila Euro a favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. AGOSTINACCHIO Luigi - Presidente Dott. AIELLI Lucia - Consigliere Dott. RECCHIONE Sandra - Consigliere Dott. CERSOSIMO E. - rel. Consigliere Dott. SARACO Antonio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: Procuratore generale della Corte di Appello di Bari; avverso la sentenza del 08/11/2017 della Corte di Appello di Bari; visti gli atti del procedimento a carico di: 1) (OMISSIS), nato ad (OMISSIS); 2) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); visti il provvedimento impugnato ed il ricorso; lette le conclusioni depositate in data 06 febbraio 2023 dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Giorgio Lidia, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso; lette le conclusioni depositate in data 07 febbraio 2023 dal difensore dell'imputato (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso; lette le conclusioni depositate in data 08 febbraio 2023 dal difensore dell'imputato (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Emanuele CERSOSIMO. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa in data 8 novembre 2017, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari ha condannato (OMISSIS) e (OMISSIS) alla pena di mesi 8 di reclusione in relazione al reato di cui agli articoli 110 e 642 c.p.. 2. (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto appello avverso detta sentenza di condanna. 3. Con sentenza deliberata in data 24 gennaio 2022, la Corte di Appello di Bari, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale, ha assolto gli imputati perche' il fatto non sussiste. 4. Il Procuratore generale della Corte di Appello di Bari propone ricorso per cassazione avverso detta sentenza assolutoria. 5. Il ricorrente lamenta, in un unico motivo di impugnazione, carenza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine all'insussistenza del reato di cui all'articolo 642 c.p.. 5.1. La Corte territoriale, a fronte di una sentenza di primo grado congruamente motivata e conforme alle risultanze processuali, avrebbe erroneamente ritenuto l'insussistenza del reato contestato in considerazione della mancanza di riscontri dimostrativi della simulazione del sinistro oggetto di giudizio. I giudici di appello, con motivazione erronea e manifestamente illogica, avrebbero ritenuto irrilevanti le contraddizioni tra le dichiarazioni rese dai due imputati, omettendo di argomentare in ordine alla compatibilita' tra tali contraddizioni e la semplicita' della vicenda descritta dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS) nell'immediatezza dei fatti. 5.2. La Corte di merito avrebbe, inoltre, omesso di motivare in ordine alla incompatibilita' tra la versione del sinistro prospettata dagli imputati e la tipologia delle lesioni subite dal (OMISSIS) accertate dai sanitari del Pronto Soccorso dell'Ospedale (OMISSIS). La motivazione sarebbe carente e manifestamente illogica in ordine alle dichiarazioni rese dal medico fiduciario della compagnia assicurativa, il quale avrebbe riferito di aver gia' visitato il (OMISSIS) in occasione di un altro sinistro denunciato nel (OMISSIS), nel corso del quale l'imputato avrebbe subito le medesime lesioni. 5.3. I giudici di appello sarebbero venuti meno all'obbligo di motivazione rafforzata, essendosi limitati ad offrire una prospettazione diversa dai fatti contestati, senza offrire una nuova e compiuta struttura argomentativa idonea a dare ragione delle difformi conclusioni cui sono pervenuti. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile in quanto la doglianza dedotta e' manifestamente infondata. Deve esser, preliminarmente, ribadito il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita' secondo cui il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i piu' rilevanti argomenti della motivazione della sentenza di primo grado, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato. In ipotesi di progressione processuale non conforme il giudice di appello ha l'onere di motivazione rafforzata, assumendo carattere generale il principio della necessaria ostensione di un percorso argomentativo dissenziente dotato di adeguata e maggiore persuasivita'. (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679 - 01; Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, Troise, Rv. 272430 - 01, Sez. U. n. 14426 del 2/04 2019, Pavan; Sez. U, n. 22065 del 28/01/2021, C). 2. La decisione di riforma oggetto di ricorso ha confutato specificamente le ragioni poste dal Tribunale a sostegno della decisione ed ha dimostrato puntualmente l'insostenibilita' sul piano logico e giuridico degli argomenti piu' rilevanti della sentenza riformata. La Corte territoriale ha analiticamente scandito i segmenti logico-fattuali della complessiva vicenda oggetto di scrutinio con un percorso motivazionale convincente e privo di evidenti illogicita' che ha indotto i giudici di appello a pervenire a conclusioni radicalmente diverse da quelle del giudice di primo grado. 3. La Corte territoriale ha ritenuto, con motivazione esaustiva e priva di vizi logici, che l'unica contraddizione tra le dichiarazioni con le quali gli imputati hanno descritto la dinamica del sinistro stradale non e' idonea a dimostrare, in assenza di ulteriori elementi probatori, la falsita' dell'incidente denunciato, riguardando un dato secondario ed, in particolare, se l'investimento sia avvenuto mentre il (OMISSIS) scendeva o saliva sull'autovettura a fronte della piena corrispondenza in ordine ai "dati salienti" del narrato (luogo, tempo e modalita' dell'investimento). Il criterio di attribuzione della responsabilita' cui ha fatto ricorso il primo giudice, si fonda su di un inaccettabile parametro di verosimiglianza, che non corrisponde al canone normativo dell'oltre ogni ragionevole dubbio, previsto dall'articolo 533 c.p.p.. 3.1. La motivazione e' adeguata e coerente con le emergenze processuali, anche nella parte in cui esclude che gli accertamenti svolti dalla polizia giudiziaria forniscano elementi logico-fattuali idonei:1;a dimostrare la sussistenza del reato, in quanto gli stessi operanti hanno segnalato di non aver acquisito elementi utili a stabilire quanto realmente accaduto e rimarca l'irrilevanza della posizione dell'autovettura al momento dell'arrivo della Polizia Municipale, non potendosi escludere che il veicolo sia stato spostato successivamente all'incidente. 3.2. I giudici di appello hanno affermato, inoltre, con argomentazioni esaustive e prive di illogicita', che la circostanza riferita dal teste (OMISSIS) (coinvolgimento del (OMISSIS) in un sinistro avvenuto sei anni prima nel corso del quale l'imputato avrebbe riportato lesioni della medesima specie) non puo' in alcun modo dimostrare la falsita' del sinistro oggetto di giudizio in quanto i sanitari del Pronto Soccorso di (OMISSIS) hanno accertato le natura del lesioni come "attuale e non come postumi di un pregresso incidente" (pag. 4 della sentenza oggetto di ricorso). 4. La completa ed approfondita motivazione oggetto di ricorso, sovrapponendosi integralmente alla sentenza di primo grado, contiene una dettagliata indicazione delle ragioni per cui le prove raccolte assumano una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado, cosi' conferendo alla decisione impugnata una forza persuasiva superiore e sottraendosi, di conseguenza, ad ogni censura in questa sede. Deve esser, quindi, evidenziato che la Corte di merito ha correttamente ritenuto che la valenza solo possibilistica degli indizi valorizzati dal primo giudice non evolve verso una visione complessiva unitaria e dotata di elevato grado di credibilita' razionale nel senso della colpevolezza al di la' di ogni ragionevole dubbio degli imputati, con conseguente manifesta infondatezza della doglianza. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO Pierluig - Presidente Dott. COSTANZO Angelo - Consigliere Dott. CAPOZZI Angelo - Consigliere Dott. COSTANTINI A. rel. Consiglie - REGISTRO GENERALE Dott. PATERNO' RADDUSA Benedett - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nata a (OMISSIS); avverso la sentenza del 25/11/2022 della Corte di appello di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Antonio Costantini; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Francesca Ceroni, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS), con il patrocinio del difensore, ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli che, in riforma della sentenza del Tribunale di Napoli che lo aveva condannato alla pena di un anno di reclusione in ordine al delitto di simulazione di reato ex articolo 367 c.p., ha concesso il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale. L'accusa rivolta a (OMISSIS) e' quella di aver, con denuncia in data 15 gennaio 2015 presso il Commissariato della Pubblica Sicurezza di Decumani, falsamente denunciato il furto della propria autovettura nella consapevolezza che la stessa fosse in uso al marito (OMISSIS). La Corte di appello ha confermato la decisione in punto di responsabilita', evidenziando che la richiesta di rinnovazione istruttoria richiesta in quella sede (con acquisizione delle intercettazioni a cui aveva fatto riferimento il teste di polizia giudiziaria) non si rivelasse necessaria alla luce delle chiare emergenze da cui si evinceva la falsita' della denuncia presentata dalla ricorrente al fine di procurare un alibi al marito rintracciato a bordo del mezzo in orario incompatibile con quello in cui sarebbe avvenuto il furto; la circostanza era confermata dalle dichiarazioni del teste di polizia giudiziaria che aveva udito (OMISSIS) allorche' suggeriva alla moglie di presentare la denuncia di furto dell'auto su cui viaggiava all'atto del controllo durante il quale si era disfatto di alcuni involucri con all'interno sostanza stupefacente. Riteneva di condividere le ragioni che avevano portato il Tribunale a non riconoscere le circostanze attenuanti generiche, ritenendo, invece, di concedere il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale. 2. Con il ricorso (OMISSIS), deduce due motivi. 2.1. Con il primo motivo, declinato sotto il duplice aspetto della violazione di legge e vizi di motivazione, censura la parte della decisione che, in violazione dei diritti di difesa connessi all'erronea valutazione della prova testimoniale, ha ritenuto che la testimonianza dell'appartenente alla polizia giudiziaria in ordine al contenuto di captazioni effettuate in altro procedimento costituisse riscontro della desunta responsabilita' a carico della ricorrente. Ed infatti, il teste (OMISSIS), aveva riferito di aver ascoltato le captazioni da cui era emerso che lo stesso (OMISSIS), aveva contattato la moglie consigliandole di presentare la denuncia di furto del mezzo. Su tale presupposto il ricorrente aveva formulato, con motivi aggiunti, specifica richiesta di rinnovazione istruttoria tesa alla acquisizione delle intercettazioni a cui si era riferito il teste, richiesta che veniva illogicamente rigettata dalla Corte di merito che impediva - secondo la tesi difensiva - che (OMISSIS) avesse preso l'auto all'insaputa della propria moglie. Attraverso la testimonianza del soggetto appartenente alla polizia giudiziaria, pertanto, e' stato illegalmente introdotto nel processo il contenuto delle intercettazioni, su cui il medesimo non poteva rendere dichiarazioni, sia perche' mai depositate nell'ambito del procedimento a carico della ricorrente che non risultava connesso a quello nel quale le captazioni erano state autorizzate e disposte, sia perche' il titolo di reato non autorizzava lo svolgimento delle intercettazioni. In tal modo, pertanto, i Giudici di merito sono pervenuti alla declaratoria di responsabilita' della ricorrente facendo riferimento al contenuto delle intercettazioni non contenute nel fascicolo processuale introdotte nel giudizio attraverso un non consentito - quanto a contenuto - esame del teste di polizia giudiziaria, in violazione delle norme che depongono per l'inutilizzabilita' delle intercettazioni, specie quando le stesse sono effettuate per reato che non le consente ed in altro e non connesso procedimento. 2.2. Con il secondo motivo, egualmente declinato in termini di violazione di legge e vizi di motivazione, si censura l'omessa riqualificazione del fatto nella ipotesi del tentativo. La Corte di merito, inoltre, non avrebbe fornito adeguata risposta in merito alla dedotta inoffensivita' della condotta ex articolo 49 c.p.; la denuncia della ricorrente non aveva prodotto alcun effetto in ordine alle future indagini mai svolte in ragione della captazione in diretta delle risultanze da parte della polizia giudiziaria. Si censura, infine, l'omessa motivazione in ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilita' di cui all'articolo 131-bis c.p., deduzione formulata in sede di gravame neppure indicata nella enunciazione dei motivi nella sentenza di appello impugnata. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso, in quanto infondato, deve essere rigettato. 2. Deve rilevarsi, in via preliminare, come il motivo di gravame formulato dalla ricorrente, comprensivo di quello contenuto nel motivo di appello aggiunto del 6 aprile 2022, era teso unicamente alla richiesta della rinnovazione istruttoria finalizzata all'acquisizione delle captazioni a cui il teste di polizia giudiziaria aveva fatto riferimento, senza che, ne' in detta sede, ne' in occasione di analoga richiesta presentata al Tribunale, sia mai stata fatta questione afferente all'inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese dal teste di polizia giudiziaria circa il contenuto delle intercettazioni ambientali in corso. Lo stesso motivo formulato in sede di gravame partiva invece dall'opposto presupposto secondo cui le dichiarazioni fossero utilizzabilt, visto che la richiesta era finalizzata ad effettuare una comparazione tra quanto dichiarato dal teste ed il contenuto delle captazioni del procedimento a carico del marito della ricorrente, (OMISSIS). Ne' questione alcuna e' stata prospettata nei motivi di appello circa l'inutilizzabilita' della fonte conoscitiva oggetto della testimonianza laddove la stessa ha fatto riferimento ad intercettazioni che sarebbero state effettuate per un titolo di reato che non permetteva l'autorizzazione delle stesse e comunque non connesse a quelle per cui erano state disposte. Il motivo, pertanto, si presenta l'intrinsecamente contraddittorio, visto che proprio il ricorrente, per mezzo della richiesta rinnovazione istruttoria, avrebbe voluto utilizzare gli elementi di prova di cui deduce in sede di legittimita' l'inutilizzabilita'. Risulta, invero, decisiva la genericita' della censura nella parte in cui non prende in esame il carattere assorbente assegnato dalla Corte di appello alla valutazione delle altre risultanze istruttorie con particolare riferimento alla parte della testimonianza del teste di polizia giudiziaria che descrive le modalita' e l'orario in cui il marito della ricorrente era stato rintracciato a bordo del mezzo; il compendio processuale, infatti, era stato ritenuto ex se significativo del giudizio di responsabilita' proprio perche' il contenuto della denuncia di furto dell'auto, presentata presso il Commissariato da (OMISSIS), risultava incompatibile con l'utilizzo del mezzo da parte del marito che, in orario significativamente successivo al prospettato furto (il furto sarebbe avvenuto oltre un'ora prima rispetto al momento in cui veniva visto a bordo del mezzo (OMISSIS)), era stato rintracciato e riconosciuto dagli investigatori che si avvedevano del getto dall'auto inseguita di involucri contenenti sostanza stupefacente poi recuperata. Proprio la significativa valenza assegnata alle emergenze processuali ha portato i Giudici di merito a ritenere, con un giudizio in fatto non sindacabile in sede di legittimita', che la ricorrente avesse falsamente rappresentato il precedente furto dell'autovettura oggetto di controllo, a cio' mossa al fine di creare un falso alibi al marito che, invece, era stato riconosciuto dalla polizia giudiziaria. 3. La parte del secondo motivo con cui si censura l'omessa riqualificazione della condotta nell'ipotesi tentata e' inammissibile in quanto le critiche, solo genericamente svolte, non sono state dedotte in sede di gravame (Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, Costa, Rv. 269632). 4. Riproduttivo di analogo profilo di censura adeguatamente confutato dalla Corte di appello e manifestamente infondato risulta il motivo con cui si ipotizza l'assenza di offensivita' della condotta in ragione dell'attivita' di intercettazione svolta dalla polizia giudiziaria che aveva modo di avvedersi dell'utilizzo dell'auto da parte del marito della ricorrente. I Giudici di merito hanno osservato che la condotta della ricorrente, tesa a simulare il furto dell'autovettura al fine di tutelare il marito che si trovava a bordo e trasportava sostanza stupefacente, avesse creato le condizioni per poter iniziare un procedimento penale nei confronti di ignoti. La giurisprudenza costante di questa Corte esclude la sussistenza del delitto di cui all'articolo 367 c.p. solo allorche' l'inverosimiglianza del fatto denunciato appaia "prima facie" ed escluda, pertanto, anche la mera possibilita' dell'inizio di un procedimento penale, essendo invece sufficiente che la falsa denuncia determini l'astratta possibilita' di un'attivita' degli organi inquirenti diretta all'accertamento del fatto denunciato, attesa la natura di reato di pericolo della fattispecie in esame (Sez. 6, n. 17461 del 06/03/2019, Piras, Rv. 275549), evenienza verificatasi nel caso oggetto di contestazione. 5. E' infondato, invece, il motivo con cui si deduce l'omessa risposta in ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilita' ex articolo 131-bis c.p.. Deve essere riaffermato il principio di diritto espresso da questa Corte secondo cui non costituisce nullita' della decisione la dedotta assenza di motivazione in sede di legittimita', quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza (proprio quanto ad omessa motivazione in merito censure rivolte alla esclusa causa di non punibilita' ex articolo 131-bis c.p. cfr., da ultimo, Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, Lakrafy Mohamed, Rv. 284096. Seppure risulti omessa la risposta allo specifico motivo di gravame espressamente formulato, si osserva come gia' il Tribunale avesse reso sul punto adeguata motivazione valorizzando, ai fini dell'esclusione della scarsa offensivita' della condotta, le ragioni che avevano spinto la ricorrente a presentare la falsa denuncia di furto dell'auto; la decisione ha apprezzato il dato secondo cui attraverso la sua presentazione si intendesse creare un alibi al marito che era stato visto con l'auto mentre trasportava sostanza stupefacente rinvenuta dagli operanti. Deve, allora, ritenersi che l'analogo profilo valorizzato dalla Corte di appello - di cui sopra e' cenno - risulta evocativo della parte di decisione del primo giudice che aveva posto l'accento proprio sulla finalita' della denuncia presentata presso il Commissariato di Pubblica Scurezza dalla donna, aspetto della decisione di primo grado, non preso in esame e tantomeno confutato nei motivi di gravame, che risulta in concreto escludere la scarsa offensivita' della condotta. Chiaro risulta, infatti, il tenore della decisione impugnata che, nell'affrontare lo strettamente connesso profilo sollevato con la prospettata assenza di offensivita' della condotta (che costituiva graficamente distinta censura dedotta in sede di gravame), ne ha al contrario esaltato la sussistenza escludendo la inoffensivita' della stessa attraverso il richiamo alla parte della decisione di primo grado che aveva gia' apprezzato le finalita' ultime che si prefiggeva l'autrice attraverso la presentazione della falsa denuncia alle autorita' di polizia. 6. Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso, cui consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. 7. L'esito di rigetto per infondatezza del ricorso non determina la prescrizione del reato in data precedente alla presente decisione. Dagli atti emergono sospensioni per complessivi 310 giorni (65 giorni per malattia del difensore all'udienza del 25 maggio 2018, 64 giorni per rinvio dell'udienza per la sospensione dell'attivita' giudiziaria per COVID 19 disposta all'udienza del 8 maggio 2020, 181 giorni per rinvio richiesto dalla difesa all'udienza del 23 ottobre 2020 sino al 23 aprile 2021), periodo che, sommato ai sette anni e sei mesi in ragione delle intervenute interruzioni, implica che il termine di prescrizione sia perento solo il 21 maggio 2023. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SIANI Vincenzo - Presidente Dott. LIUNI Teresa - rel. Consigliere Dott. TALERICO Palma - Consigliere Dott. CENTOFANTI Francesco - Consigliere Dott. CALASELICE Barbara - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nata a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 23/05/2022 del GIP del TRIBUNALE di NAPOLI; udita la relazione svolta dal Consigliere TERESA LIUNI; lette le conclusioni del Procuratore generale, ETTORE PEDICINI, il quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con decreto del 23/5/2022, il GIP del Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha respinto l'opposizione proposta da (OMISSIS), avverso il provvedimento di rigetto del medesimo GIP di restituzione dei beni (vettura Citroen CI, fabbricato in Frignano alla via Roma, proprieta' piani T-SI-2 e quote di partecipazione per piano 3, fabbricato e terreno in (OMISSIS), saldi attivi di rapporti bancari e valori mobiliari) sottoposti a confisca ex articolo 416 bis, comma 7, c.p. con sentenza n. 1068/12, irrevocabile il 1.11.2012, resa nel proc. pen. 12871/11 nei confronti di (OMISSIS). Rilevava il giudice dell'esecuzione che le indagini poste a fondamento della condanna del (OMISSIS), marito della ricorrente, e della confisca delle quote societarie e del patrimonio aziendale avevano dimostrato che i proventi dell'attivita' societaria dovevano essere ascritti al medesimo (OMISSIS), non avendo la moglie - in regime patrimoniale di separazione dei beni a far data dal 29/12/2003 e poi in regime di separazione personale dal 2007 - alcun reddito diverso da quello assicuratole dal marito, da ultimo con l'assegno fissato in sede di separazione. Invero, la (OMISSIS), risultava casalinga e priva di reddit, ad eccezione di "reddito fondiario di importo annuo inferiore al minimo previsto dalla legge" ai fini della dichiarazione dei redditi, ne' il ricavato derivante alla ricorrente dalla vendita di beni ereditari risultava sufficiente a fondare la provvista per gli acquisti di terreni e fabbricati, e nemmeno della vettura Citroen, cespiti da ricondurre dunque alle disponibilita' finanziarie del coniuge. 2. Avverso detta ordinanza (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, con il ministero del difensore e procuratore speciale avv. (OMISSIS), deducendo i seguenti motivi di impugnazione. 2.1. Previa dissertazione sulla erroneita' della decisione dell'Ufficio per l'esame preliminare dei ricorsi di questa Corte, che aveva riqualificato l'originaria impugnazione in opposizione, ai sensi dell'articolo 667 c.p.p., comma 4, e articolo 676, la ricorrente deduce l'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullita' in riferimento all'articolo 125 c.p.p., comma 3, in combinato disposto con l' articolo 676 e art.666 c.p.p. e all'articolo 27 Cost., nonche' la mancanza, la contraddittorieta' o la manifesta illogicita' della motivazione. Sostiene la ricorrente che sia illogico e contrastante con i principi dell'ordinamento che il medesimo giudice possa operare anche come giudice del gravame rispetto ad un provvedimento che lui stesso ha ernesso, avente ad oggetto lo stesso contenuto. Tale assegnazione avrebbe certamente pregiudicato la difesa, poiche' l'ordinanza depositata in cancelleria in data 14/2/2022 e', di fatto, rimasta priva di verifica e valutazione, quanto alle eccezioni poste nel ricorso, che e' stato del tutto disatteso in sede di opposizione. Inoltre, afferma di non avere affatto rinunciato alla censura basata sulla intervenuta assoluzione della (OMISSIS), dall'imputazione di fittizia intestazione dei beni del coniuge, che rende priva di causa la disposta confisca, tanto che il Pubblico ministero aveva dato parere favorevole alla restituzione dei beni personali della ricorrente in sede di incidente di esecuzione. 2.2. Il secondo motivo di impugnazione deduce inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell'applicazione della legge penale, in riferimento all'articolo 416 bis c.p., comma 7, nonche' mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione. Sostiene la ricorrente che alla confisca ex articolo 416 bis, comma 7, c.p. sono assoggettati i beni del condannato, e non di terzi, a meno che non sia stata accertata giudizialmente la fittizia intestazione a terzi di specifici beni in realta' riferibili al condannato. In ogni caso, la confisca non puo' incidere su tutto il patrimonio del condannato del quale lo stesso non riesca a dimostrare l'origine lecita, ma esclusivamente sui beni collegati al reato da un vincolo di pertinenzialita'. Poiche' la situazione della ricorrente non risponde ad alcuno di tali parametri, essendo stata assolta dal reato di fittizia intestaziore dei beni, inoltre il condannato a titolo di associazione di stampo mafioso e' (OMISSIS), mentre la moglie non e' mai stata neppure indagata per tale reato; ne consegue che la confisca attuata in suo danno risulta illegittima e deve essere annullata. 3. Il Procuratore generale ha depositato una requisitoria scritta, in cui si e' espresso nel senso della declaratoria di inammissibilita' del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile per le seguenti ragioni. 1.1. Va preliminarmente, sia pure in sintesi, respinta per manifesta infondatezza la tesi per cui nella specie non si sarebbe dovuto fare ricorso all'ordinario modulo procedimentale previsto dall'articolo 667 c.p.p., comma 4, per essersi il contraddittorio gia' compiutamente espletato nella prima fase. L'elaborazione di questa Corte e' in senso diametralmente opposto, richiamandosi sul punto l'orientamento giurisprudenziale prevalente, che ha affermato che avverso il provvedimento del giudice dell'esecuzione, sia che questi abbia deciso de plano ai sensi dell'articolo 667 c.p.p., comma 4, sia che abbia provveduto irritualmente nelle forme dell'udienza camerale ex articolo 666 c.p.p., e' prevista solo la facolta' di proporre opposizione, sicche' come tale deve essere riqualificato l'eventuale ricorso per cassazione proposto avverso il suddetto provvedimento, nel rispetto del principio generale della conservazione degli atti giuridici, con conseguente trasmissione degli atti al giudice competente (Sez. 3, n. 49317 del 27/10/2015, Clark, Rv. 265538; Sez. 2, n. 12899 del 31/03/2022, Crea, Rv. 283061); e cio' sul rilievo che, in caso contrario, l'interessato si vedrebbe comunque privato della fase del "riesame" del provvedimento da parte del giudice dell'esecuzione, il quale - al contrario del giudice di legittimita' - ha cognizione piena delle doglianze ed e' il giudice deputato a prendere in esame tutte le questioni e le istanze (anche istruttorie), queste ultime peraltro precluse nel giudizio di legittimita', che il ricorrente non sia stato in grado di sottoporre ad un giudice di merito. Lo stesso orientamento giurisprudenziale ha ribadito che, siccome avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione occorre proporre opposizione davanti allo stesso giudice, il ricorso per cassazione, ove irritualmente proposto, non deve essere dichiarato inammissibile ma deve, in applicazione del principio di conservazione degli atti, essere qualificato come opposizione contro il provvedimento censurato e trasmesso al giudice dell'esecuzione; e tanto sul rilievo che il principio di conversione dell'impugnazione erroneamente proposta, contenuto nell'articolo 568 c.p.p., comma 5, trova applicazione, per la sua portata generale quale espressione del piu' ampio principio di conservazione degli atti, anche in caso di gravami in senso lato ed impugnazioni cosiddette atipiche, come i riesami, i reclami, le opposizioni, cioe' tutti quei rimedi giuridici che non sono assoggettati, in tutto o in parte, alle regole predisposte per le impugnazioni in senso stretto (Sez. 1, n. 17331 del 30/3/2006, Poggiolini, Rv. 234258; Sez. 1, n. 36231 del 20/9/2007, Brugnami e altro, Rv. 237897; Sez. 1, ord. 47750 del 18/11/2022, Pieri, Rv. 283858). 1.2. Cio' premesso, quanto alle censure proposte avverso l'impugnata ordinanza, si rileva che - con precedente ordinanza del 14/2/2022 (all. n. 6 del ricorso) - erano gia' state esposte le ragioni del rigetto dell'istanza di revoca: ivi era stato ritenuto ammissibile l'incidente di esecuzione da parte della terza intestataria, la quale non aveva avuto la possibilita' di interloquire nel processo di cognizione, precisandosi che la (OMISSIS) era stata imputata soltanto con riferimento al capo B - fittizia intestazione di quote societarie, e non anche con riguardo al capo T2 del sequestro preventivo, riguardante i beni personali della donna, per i quali e' stato dunque ritenuto ammissibile il presente incidente di esecuzione. Nel merito, la fonte del sequestro e della confisca e' stata indicata nella circostanza che i beni intestati alla (OMISSIS), direttamente o indirettamente, sono da considerarsi profitti derivanti dal delitto ex articolo 416 bis c.p. per il quale e' stato condannato (OMISSIS), marito della ricorrente: specificamente, la confisca e' stata disposta ai sensi dell'articolo 416 c.p., comma 7, in quanto i beni sono frutto del reimpiego dell'attivita' illecita di (OMISSIS), dunque considerati acquisiti con utili dell'impresa mafiosa. Per i beni intestati formalmente a terze persone, la confisca deve essere sorretta dalla prova dell'interposizione fittizia e della sproporzione tra il reddito dichiarato e il valore dei beni, il che richiede una valutazione specifica sulla simulazione dell'intestazione, nonche' in generale sulla capacita' reddituale dell'imputato e del terzo. Ma va ribadito che, sul punto, nessuna allegazione specifica e documentata e' stata offerta dalla ricorrente, mentre l'impugnata ordinanza, con motivazione congrua ed immune da vizi di illogicita', ha correttamente rilevato la sproporzione tra le entrate dalla (OMISSIS) - essenzialmente i redditi provenienti dalla vendita di quote ereditarie - e gli Investimenti dalla stessa effettuati. Va altresi' rilevato che non ha pregio ne' estensibilita' l'argomento difensivo dell'assoluzione della ricorrente dal reato di fittizia intestazione di quote societarie, in quanto la formula del difetto dell'elemento soggettivo ha sancito soltanto che la (OMISSIS) ignorava che l'intestazione a suo nome dei beni da parte del marito avesse il fine ultimo di schermare la partecipazione dei soggetti aderenti all'associazione criminale. Resta fermo il dato che, all'epoca, la (OMISSIS) era priva di redditi, figurando casalinga, e cio' assevera il carattere fittizio dell'intestazione dei beni di cui si chiede la restituzione. 2. In conclusione, il ricorso e' inammissibile, da cio' derivando la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma indicata in dispositivo alla Cassa delle Ammende, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., non risultando l'assenza di profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita', a tenore della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 2000. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SARNO Giulio - Presidente Dott. ACETO Aldo - Consigliere Dott. LIBERATI Giovanni - Consigliere Dott. GAI Emanuela - Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS) SRL; (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 17/03/2022 della CORTE APPELLO di NAPOLI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere ALESSIO SCARCELLA; letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale BALDI FULVIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi; lette le memorie difensive, unitamente alle relative conclusioni scritte, depositate telematicamente dall'Avv. (OMISSIS) per il ricorrente (OMISSIS) e dall'Avv. (OMISSIS) per il ricorrente (OMISSIS) SRL, il cui legale rappresentante e' il sig. (OMISSIS). RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza pronunciata il 17 marzo 2022 dalla Corte d'Appello di Napoli, e' stata confermata la sentenza del GUP del Tribunale di Napoli Nord del 18 febbraio 2021, che ha condannato (OMISSIS) alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione, oltre alle pene accessorie di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12 per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, contestatogli quale legale rappresentante e liquidatore della (OMISSIS) SRL, disponendo la confisca dei beni ai sensi dell'articolo 12bis del D. Lgs 74/2000 di proprieta' del (OMISSIS) s.r.l. 2. Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, il predetto unitamente alla societa' Gruppo Immobiliare LS s.r.l. hanno proposto separati ricorsi per cassazione, rispettivamente, l'Ente terzo interessato, a mezzo del difensore cassazionista anche quale procuratore speciale ed, il Rullo, a mezzo del difensore fiduciario cassazionista, deducendo complessivamente tre motivi, di seguito sommariamente indicati. 2.1. Deduce, con l'unico motivo di ricorso, il terzo interessato, (OMISSIS) s.r.l. (il cui legale rappresentante e' il sig. Vittorio Rullo), il vizio di violazione di legge in relazione agli articoli 12bis n. 74/00, 7 CEDU e 8, §§ 1, 7 e 9 della direttiva n. 2014/42, letto in combinato disposto con l'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea nonche' l'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullita' quale l'articolo 104bis disp. att. c.p.p. In estrema sintesi, richiamati i principi sovranazionali a cui il giudice ordinario e' tenuto a conformarsi e incontestate le circostanze fattuali proprie del presente giudizio, il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver il giudice di merito applicato la confisca, violando il suo diritto alla partecipazione al processo, consumatosi in assenza dell'avviso al terzo come prescritto dall'articolo 104bis disp. att. c.p.p., per aver considerato tale mancanza come una mera irregolarita', non essendo il terzo parte processuale. Una simile conclusione, oltre a violare le norme di cui sopra, si porrebbe in contrasto con lo stesso indirizzo che la Corte di legittimita', chiamata a pronunciarsi su un caso analogo, in cui pero' l'esercizio dell'azione penale era avvenuto prima dell'entrata in vigore dell'articolo 104bis disp. att. c.p.p., avrebbe fornito per fattispecie posteriori al 6 aprile 2018 sancendo la necessita' della citazione del terzo. Secondo l'impostazione del (OMISSIS) s.r.l., come l'omessa notifica del decreto di citazione alla parte offesa determina l'inopponibilita' delle 2,/, statuizioni nei confronti della persona offesa, la disposta confisca non sarebbe opponibile a chi non e' stato messo in condizione di partecipare al processo e quindi da considerare tamquam non esset. Infine, qualora la Suprema Corte dovesse ritenere fondata l'impostazione fornita dal giudice territoriale, la societa' ricorrente chiede di sollevare la questione di legittimita' costituzionale della norma di cui si discute per possibile violazione delle norme in apertura richiamate. 2.2. Deduce il ricorrente Rullo, con il primo motivo di ricorso, il vizio di violazione di legge in relazione all'articolo 11 Decreto Legislativo n. 74 del 2000 quanto all'elemento oggettivo e soggettivo del reato nonche' per la mancanza di motivazione in ordine ai motivi di appello. In particolare, quanto all'elemento oggettivo, nel caso di specie non sarebbe possibile configurare ne' la simulazione (atteso che la societa' (OMISSIS) S.r.l. ha effettivamente venduto, ad un prezzo congruo, i beni al (OMISSIS) s.r.l. con conseguente estinzione dei suoi debiti nei confronti di Banca Intesa e tale (OMISSIS) senza alcun guadagno del prevenuto), ne' la fraudolenza della vendita, che avrebbe invece seguito lo schema della delegazione di pagamento ex articolo 1269 c.c.. Inoltre, il debito tributario non sarebbe nemmeno certo e reale avendo (OMISSIS), intervenuta nel 2014 nella procedura esecutiva iniziata nel 2012 dinanzi al giudice dell'esecuzione, rinunciato ad insistere nell'azione con conseguente dichiarazione di estinzione della procedura esecutiva e cancellazione dell'ipoteca. Quindi, siccome la norma incriminatrice richiede che la condotta del soggetto agente renda inefficace la procedura di riscossione coattiva, nel caso che ci occupa la riscossione coattiva non avrebbe comunque potuto aver luogo per la mancata notifica della cartella di pagamento e per la rinuncia alla procedura esecutiva di (OMISSIS) in sede civile. In ogni caso, anche disattendendo l'impostazione difensiva, andrebbe comunque esclusa la sussistenza dell'elemento psicologico del reato, essendo stato eseguito il pagamento di un debito vero e reale per il quale era in corso un giudizio di esecuzione dinanzi al G.E.. 2.3. Deduce il ricorrente Rullo, con il secondo motivo di ricorso, il vizio di violazione di legge in relazione all'articolo 62bis c.p. e correlato vizio di motivazione per omessa valutazione, al fine del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, del mancato incremento del patrimonio dell'imputato a favore, invece, di (OMISSIS) e (OMISSIS), soggetti che non hanno alcun vincolo di parentela o amicizia con il (OMISSIS). 3. In data 7.03.2023, il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato la propria requisitoria scritta, chiedendo l'inammissibilita' dei ricorsi. Il P.G. ritiene il primo motivo dedotto dall'imputato attinente al merito della vicenda poiche' fa leva sull'assenza di simulazione della vendita mentre il diniego delle generiche adeguatamente motivato. Il ricorso del terzo interessato sarebbe, invece, infondato perche' condivisibile la conclusione della mera irregolarita' della mancata citazione degli stessi terzi, non rivestendo essi stessi la qualifica di parte processuale. 4. In data 3.04.2023 e 4.04.2023, le difese dei ricorrenti hanno fatto pervenire separate memorie con relative conclusioni scritte. In particolare, l'Avv. (OMISSIS) per il ricorrente si e' riportato preliminarmente ai motivi di ricorso e si e' concentrato in particolar modo sull'impossibilita' di considerare come fraudolenta la condotta posta in essere dal suo assistito anche alla luce della relazione governativa di presentazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11 in cui si affermava espressamente "non devono considerarsi penalmente rilevanti tutti gli atti di disposizione che possano comportare un depauperamento, ma soltanto quelli connotati da una componente oggettiva di inganno, di artificio o di falsa rappresentazione della realta'" non ricorrenti nel caso di specie per quanto argomentato nel ricorso (assenza di vincolo di parentela con i creditori soddisfatti; pendenza della procedura esecutiva in sede civile). Ha quindi insistito per l'annullamento dell'impugnata sentenza senza rinvio con assoluzione di Biagio Rullo con la formula fatto non sussiste, ovvero, fatto non costituisce reato, ovvero, in via subordinata, per l'annullamento con rinvio dell'impugnata sentenza. Quanto alla difesa dell'Ente, l'Avv. (OMISSIS), richiama il motivo di ricorso, insistendo per l'accoglimento anche alla luce della circostanza per cui il provvedimento ablatorio e' stato inflitto alla societa' acquirente e non ai due creditori privati i quali, in caso di conferma della condanna di (OMISSIS), otterrebbero un ingiustificato arricchimento, favoriti in danno all'Agenzia dell'Entrate il cui credito non sarebbe stato tenuto in adeguata considerazione da (OMISSIS) s.r.l., con violazione della par condicio creditorum. Dunque, ha chiesto a questa Corte l'annullamento dell'impugnata sentenza, limitatamente alla confisca dei beni di proprieta' del ricorrente (OMISSIS) s.r.l., con restituzione dei beni all'avente diritto. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi, trattati cartolarmente Decreto Legge n. 137 del 2020 e successive modifiche ed integrazioni, ex articolo 23, comma 8, sono inammissibili. 2. In sintesi, per meglio chiare le ragioni dell'approdo cui e' pervenuto il collegio, e' utile un seppur sintetico inquadramento della vicenda, alla luce delle soprattutto delle doglianze di vizi motivazionali della sentenza che, all'evidenza, appaiono prive di pregio. 3. La responsabilita' penale di (OMISSIS) e' stata affermata preliminarmente dal GUP del Tribunale di Napoli Nord, il quale all'esito del giudizio abbreviato richiesto, condannava il ricorrente alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento d'imposte di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11 poiche' sulla base degli elementi emersi la societa' di cui l'imputato era liquidatore e legale rappresentante risultava debitrice dell'Erario dell'importo di Euro 920.850,12. In particolare, il giudice di prime cure valorizzava la fraudolenza della vendita da parte della Societa' (OMISSIS) s.r.l., avvenuta con atto notarile del 6 maggio 2015 al prezzo dichiarato di Euro 390.000,00, delle unita' immobiliari costituite dall'intero complesso edilizio in corso di costruzione e da destinarsi ad uso residenziale e dall'intera porzione di fabbricato anch'esso edilizio in corso di costruzione e da destinarsi ad uso residenziale al (OMISSIS) s.r.l. che vede nella compagine sociale anche la suocera e la nipote del prevenuto per una quota rispettivamente pari al 10% e 90%. Il GUP ha ravvisato il fine ultimo dell'alienazione nella diminuzione della garanzia patrimoniale cosi' da rendere inefficace, anche parzialmente, l'attivita' recuperatoria dell'Amministrazione finanziaria, ragion per cui disponeva altresi' la confisca Decreto Legislativo n. 74 del 2000, ex articolo 12bis dei beni alienati. Contro la decisione di primo grado proponeva appello l'imputato deducendo la nullita' della confisca disposta in violazione dell'articolo 104bis disp. att. c.p.p. e chiedendo nel merito l'assoluzione per insussistenza del fatto per la nullita' delle notifiche delle cartelle esattoriali e dei connessi provvedimenti tributari; l'assoluzione perche' il fatto non costituisce reato per assenza dell'elemento psicologico della fattispecie contestata; in via subordinata la concessione delle circostanze attenuanti generiche con conseguente riduzione della pena e la sostituzione della pena detentiva con le pene alternative. Contestualmente, la Societa' (OMISSIS) s.r.l. trasmetteva un'istanza in cui lamentava la nullita' della decisione adottata all'esito del processo di primo grado per il mancato avviso ex articolo 104bis disp. att. c.p.p. della celebrazione dello stesso a lei in qualita' di intestataria degli immobili oggetto di confisca. La Corte di Appello di Napoli, disattendendo tutte le richieste difensive e qualificato il mancato avviso al terzo estraneo in termini di mera irregolarita', confermava la sentenza di primo grado cui seguiva la proposizione dei ricorsi qui in esame. 4. Tanto premesso in fatto, puo' muoversi dall'esame del ricorso del terzo interessato, (OMISSIS) S.r.l., che come, anticipato, e' inammissibile. 4.1. Sul punto, infatti, si ritiene di dover dare continuita' al principio risalente della giurisprudenza di legittimita', piu' volte ribadito, richiamato nella pronuncia impugnata per cui, in tema di confisca, l'eventuale mancata citazione, nel giudizio di cognizione, del terzo interessato al provvedimento ablatorio, ai sensi dell'articolo 104-bis disp. att. c.p.p., comma 1-quinquies integra una mera irregolarita', considerato che il sistema di garanzie, previsto dall'articolo 178 c.p.p., e' riservato alle sole parti processuali, ne' e' prevista alcuna facolta' del terzo di costituirsi, ove non citato. (Sez. 2, n. 38855 del 28/09/2021, Rv. 282196 - 01; Sez. 6, n. 26346 del 09/05/2019, Rv. 276382; Sez. 1, n. 16806 del 21/04/2010, Rv. 247072; Sez. 6, n. 803 del 02/03/1999, Rv. 214780 - 01). In particolare, nella piu' recente pronuncia, intervenuta dopo l'entrata in vigore dell'articolo 104bis avvenuta nel 2018, e' stato altresi' affrontato il tema del rispetto dei principi sovranazionali, richiamati dello stesso ricorrente, in accordo ai quali questa Corte, nella sua composizione piu' autorevole ha chiarito, in una pronuncia emessa in tema di lottizzazione abusiva, che le questioni relative alla conformita' della confisca al principio di protezione della proprieta' di cui all'articolo 1 del Prot. n. 1 CEDU, come interpretato dalla pronuncia della Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, (OMISSIS) S.r.l. contro Italia possono essere proposte dagli interessati al giudice dell'esecuzione, anche chiedendo la revoca della misura e che, in tale fase, al fine di compiere l'accertamento richiesto, il giudice gode di ampi poteri istruttori ai sensi dell'articolo 666 c.p.p., comma 5, (Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, Perroni, Rv. 278870 - 04, conformi: Sez. 3, n. 50363 del 29/10/2019, Rv. 277940; Sez. 3, n. 58444 del 04/10/2018, Rv. 275459); i terzi possono altresi' agire nel giudizio di merito cautelare, prima della definitivita' del provvedimento ablativo quando la confisca sia preceduta da sequestro (Sez. 2, n. 53384 del 12/10/2018, Rv. 274242 - 01; Sez. 6, n. 8268 del 19/01/2018, Rv. 272229; Sez. U, n. 48126 del 20/07/2017, Rv. 270938 - 01). 4.2. I principi appena richiamati sono condivisi anche dalla stessa sentenza (Sez. 2, n. 45105 del 04/07/2019) che la difesa della (OMISSIS) s.r.l. adduce a sostegno della sua tesi per cui la Corte di legittimita' avrebbe sancito la necessita' della citazione dei terzi interessati dal provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca nel procedimento di cognizione. In realta', scrive la Seconda Sezione: "(...) l'articolo 104 bis disp. att. c.p.p. tutela specificamente la posizione dei terzi interessati dal provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca ex articolo 240 bis c.p. prevedendo che gli stessi debbano necessariamente essere citati nel procedimento di cognizione che ha ad oggetto l'accertamento della responsabilita' e cio' perche' tale e' la sede naturale per l'accertamento del presupposto della fittizia intestazione che i terzi possono contestare", per poi proseguire escludendo la sussistenza di un qualsiasi diritto del terzo interessato dal provvedimento ablatorio inizialmente disposto in forza dell'articolo 240bis c.p. onde evitare l'estensione dei giudizi di impugnazione a soggetti non coinvolti dall'accertamento del giudice di primo grado. 4.3. Per quanto fin qui premesso non si ravvisa quindi alcun vulnus nella tutela del terzo destinatario del provvedimento ablatorio, a maggior ragione se si tiene in debito conto il fatto che la questione era gia' stata affrontata dal primo giudice il quale, partendo della lettera del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12bis per cui "..e' sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato..", affermava come la (OMISSIS) s.r.l. non poteva essere ritenuta soggetto agente in buona fede poiche', richiamati i principi di diritto al fine della configurabilita' di questa ipotesi, indicava una serie di evenienze (quali in particolare: l'atto costitutivo della societa' acquirente dinanzi a cui firmavano come soci (OMISSIS) ma anche (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente suocera e nipote dell'imputato; la cessione delle quote della (OMISSIS) S.r.l. per Euro 18.000,00 da (OMISSIS) a (OMISSIS), da cui desumere la vendita sostanzialmente del prevenuto a se' stesso; l'anomalia delle sottoscritte modalita' di pagamento dei manufatti con l'operazione triangolare per cui la (OMISSIS) s.r.l. avrebbe potuto pagare il debito della parte venditrice o con le modalita' note alle parti o con gli ordinari mezzi di pagamento o ancora mediante i modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall'adempimento previsti dalla legge), che ne escludevano la posizione di terzo estraneo in buona fede. 5. L'inammissibilita' del ricorso del terzo interessato per manifesta infondatezza non consente peraltro il formarsi di un valido rapporto d'impugnazione e preclude, pertanto, la possibilita' di rilevare e dichiarare ammissibile la questione di legittimita' costituzionale prospettata in subordine dalla difesa (Sez. 6, n. 22439 del 15/05/2008, Rv. 240513 - 01). 6. Parimenti inammissibile e' il ricorso di (OMISSIS). 6.1. Occorre premettere che il giudice territoriale ha confermato, condividendo l'analisi e la valutazione degli elementi di prova, la sentenza di primo grado, ponendo questa Corte dinanzi a una c.d. doppia conforme, potendo il giudice di legittimita', nell'analisi dell'iter motivazionale, far riferimento ad entrambe le motivazioni posto che le due strutture motivazionali si saldano cosi' da formare un unico complessivo corpo argomentativo (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, Rv. 191229-01). 7. Tanto premesso, con il primo motivo la difesa deduce la mancanza dell'elemento oggettivo e soggettivo previsto dalla norma incriminatrice. Come e' noto, al fine di integrare l'illiceita' penale, non e' sufficiente che gli atti siano oggettivamente finalizzati a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva, ma e' necessario che gli stessi si caratterizzino altresi' per la loro natura simulatoria o, cio' che rileva nel caso in esame, fraudolenta. Ai sensi del Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 11 gli atti dispositivi compiuti dall'obbligato, oggettivamente idonei ad eludere l'esecuzione esattoriale, hanno natura fraudolenta allorquando siano connotati da elementi di artificio, inganno o menzogna tali da rappresentare ai terzi una riduzione del patrimonio non corrispondente al vero, cosi' mettendo a repentaglio o, comunque, rendendo piu' difficoltosa la procedura di riscossione coattiva (Sez. 3, n. 35983 del 17/09/2020, Rv. 280372 - 01). La necessita' di individuare questo quid pluris nella condotta dell'agente e' stata sottolineata dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 12213 del 16/03/2018, Rv. 272171 - 01) che, nell'ambito di una piu' ampia riflessione sul concetto di atti simulati o fraudolenti che rilevano per l'integrazione del delitto di cui all'articolo 388 c.p., norma il cui schema risulta richiamato dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11 hanno affermato che sarebbe in contrasto con il principio di legalita' una lettura della norma che facesse coincidere il requisito della natura fraudolenta degli atti con la loro mera idoneita' alla riduzione delle garanzie del credito, per cui, in quest'ottica, puo' essere ritenuto penalmente rilevante solo un atto di disposizione del patrimonio che si caratterizzi per le modalita' tipizzate dalla norma, non potendosi in definitiva far coincidere la natura simulata dell'alienazione o il carattere fraudolento degli atti con il fine di vulnerare le legittime aspettative dell'Erario. Quanto al debito tributario (di cui i ricorrenti contestano la certezza), e' appena il caso di rilevare, che l'esecuzione esattoriale non configura un presupposto della condotta illecita ma e' prevista solo come evenienza futura che la condotta tende (e deve essere idonea) a neutralizzare. Ai fini della perfezione del delitto e' sufficiente la semplice idoneita' della condotta a rendere inefficace (anche solo parzialmente) la procedura di riscossione - idoneita' da apprezzare con giudizio ex ante - e non anche l'effettiva verificazione di tale evento (tra le tante, Sez. 3, n. 13233 del 24/02/2016, Rv. 266771 - 01; Sez.3, n. 36290 del 18/05/2011, Rv. 251076; Sez. 3, n. 14720 del 09/04/2008, Rv. 239970; Sez. 5, n. 7916 del 26/02/2007, Rv. 236053, e Sez. 3, n. 17071 del 18/05/2006, Rv. 234322). Ne discende il fatto che, nella specie, la chiusura della procedura esecutiva non determina il venir meno del fumus del reato perche' ai fini della sua sussistenza non si richiede una previa azione di recupero da parte dell'amministrazione finanziaria (tra le altre, Sez. 3, n. 39079 del 09/04/2013, Rv. 256376). 7.1. Non rileva, dunque, il merito della pretesa ma il sol fatto che essa possa essere astrattamente esercitata. E' noto, infatti, che l'Amministrazione Finanziaria, diversamente da qualunque altro soggetto, puo' agire direttamente per il soddisfacimento della propria pretesa senza dover attendere il provvedimento di un giudice ovvero l'accertamento giudiziario della pretesa stessa che potrebbe anche rivelarsi successivamente infondata. Coerentemente non appartiene alla fattispecie penale il requisito della fondatezza della pretesa (Sez. 3, n. 19989 del 10/01/2020, Rv. 279290 - 01), essendo sufficiente la prospettiva del mancato pagamento delle imposte quale movente dell'azione e l'idoneita' della condotta a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva. 7.2. Alla luce di tali premesse ermeneutiche, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente - che sul punto omette di confrontarsi con gli argomenti addotti da entrambi i giudici di merito, chiedendo in realta' una rivalutazione del fatto, preclusa ai giudici di legittimita' (Sez. 1, n. 3385 del 09/03/1995, Rv. 200705 - 01) -, la motivazione della sentenza impugnata appare adeguata, non manifestamente illogica, contraddittoria o mancante, giustificando sia la natura fraudolenta del comportamento che la natura simulata dell'atto posto in essere dal (OMISSIS). Quanto a quest'ultimo profilo i giudici sottolineano che in data 1 agosto 2019 il Fallimento (OMISSIS) S.r.l. proponeva nei confronti della societa' contraente, (OMISSIS) s.r.l., un'azione revocatoria fallimentare volta ad ottenere la dichiarazione di inefficacia dell'alienazione in quanto vendita simulata compiuta ai danni della massa dei creditori, ottenendo la riacquisizione dei beni al patrimonio del fallito. Il GUP prima e la Corte territoriale poi pongono l'accento sulla cronologia degli atti che cela l'intenzionalita' e la preordinazione delle operazioni ai danni dei creditori: nel 2012 il Rullo cedeva alla nipote, (OMISSIS), le sue quote della (OMISSIS) S.r.l., parte acquirente della vendita oggetto del capo di imputazione avvenuta nel 2015; pochi mesi dopo la (OMISSIS) s.r.l. veniva messa in liquidazione e poi cancellata dal registro delle imprese. Il tutto svolto con la piena consapevolezza del debito che la stessa societa' aveva nei confronti dell'Erario, visto l'intervento di (OMISSIS) nella procedura esecutiva. Ed anche a voler accedere alla prospettazione difensiva, rileva la Corte d'appello partenopea, secondo cui le parti avrebbero utilizzato lo schema della delegazione di pagamento in favore dei due creditori, uno ipotecario e l'altro pignoratizio, e' indiscutibile che mediante l'operazione realizzata i beni oggetto della transazione venivano sottratti al patrimonio del debitore con detrimento della garanzia patrimoniale nonche' della preferenza accordata dalla legge al credito tributario (pag. 8-9 sentenza C.d.A.). Dinanzi a questo inter logico motivazionale, la doglianza si presenta generica e aspecifica e pertanto inammissibile in sede di legittimita'. 7.3. Deve, invero, essere ribadito che e' inammissibile il ricorso per cassazione quando manchi l'indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'atto di impugnazione, che non puo' ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificita', che conduce, ex articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), all'inammissibilita' del ricorso (tra le tante: Sez. 1, n. 39598 dell'11/10/2004, Rv. 230634 - 01). In altri termini, deve considerarsi inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli gia' dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 14/10/2019, Rv. 277710 - 01). 8. Infine, inammissibile perche' manifestamente infondato e' il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS). 8.1. Sul punto e' sufficiente richiamare le ragioni che entrambi i giudici hanno posto a fondamento del diniego delle circostanze attenuanti generiche ed, in particolare, l'assenza di elementi valutabili positivamente a cui si deve aggiungere, secondo la Corte territoriale, "l'intensita' del dolo dimostrata attraverso l'ideazione delle complesse operazioni compiute unitamente all'entita' del pregiudizio cagionato all'Erario". Tanto basta per ritenere la motivazione priva di vizi, atteso che la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell'articolo 62-bis c.p. e' oggetto di un giudizio di fatto e puo' essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di legittimita', purche' non contraddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell'interesse dell'imputato (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Rv. 242419 - 01; Sez. 6, n. 36382 del 04/07/2003, Rv. 227142 - 01) poiche' e' ormai pacifico che il giudice non e' tenuto a considerare tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 3, n. 2233 del 20/01/2022, Rv. 282693; Sez. 3, n. 23055 del 23/4//2013, Rv. 256172). 9. I ricorsi devono essere pertanto dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella loro proposizione. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSI E. - Presidente Dott. MESSINI D'AGOSTINI Pier - Consigliere Dott. DE SANTIS A. Mari - Consigliere Dott. PERROTTI M. - Consigliere Dott. RECCHIONE S. rel. Consiglie - N. 34159/2022 ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 29/11/2021 della CORTE di APPELLO di MESSINA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. SANDRA RECCHIONE; il procedimento si celebra con contraddittorio scritto ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8; il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Cocomello Assunta, ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata con rifermento al secondo ed al terzo motivo. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Messina confermava la responsabilita' del ricorrente per il reato di ricettazione di un'auto rubata e per simulazione di reato ritenendolo responsabile della falsa denuncia di furto dell'auto ricettata. 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva: 2.1. violazione di legge (articolo 648 c.p.) e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo: non sarebbe stato considerato che il ricorrente aveva dichiarato di avere ricevuto l'autovettura dal genero in comodato d'uso e che, pertanto, era in buona fede; 2.2. violazione di legge (articolo 648 c.p., comma 4) e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'attenuante prevista dall'articolo 648 c.p., comma 4: non sarebbe stato considerato quanto allegato con l'atto di appello circa le condizioni dell'autovettura, vetusta e risalente agli anni ‘80; tali condizioni avrebbero giustificato il riconoscimento dell'attenuante invocata. 2.3. Violazione di legge (articolo 99 c.p.) e vizio di motivazione: non sarebbe stato considerato quanto allegato con l'atto di appello nella parte in cui si invocava l'esclusione della recidiva. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.Il primo motivo di ricorso e' manifestamente infondato e, dunque, non supera la soglia di ammissibilita'. Il collegio riafferma che ai fini della configurabilita' del delitto di ricettazione, la mancata giustificazione del possesso di una cosa proveniente da delitto costituisce prova della conoscenza della sua illecita provenienza (Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, Kebe, Rv. 270120; Sez. 2 n. 41423 del 27/10/2010, Ienne, Rv. 248718; Sez. 4, n. 4170 del 12/12/2006, dep. 2007, Azzaousi Rv. 235897). Si ribadisce, inoltre, che la valorizzazione del silenzio del detentore per la prova dell'elemento soggettivo della ricettazione non si traduce in una inversione dell'onere della prova: dato che l'elemento soggettivo non puo' che dedursi dagli elementi oggettivi raccolti nel corso del processo, per la prova della ricettazione - sia nella dimensione oggettiva che in quella soggettiva - e' dirimente la "disponibilita'" del bene provento di reato; disponibilita' altamente indicativa "anche" della consapevolezza della provenienza illecita del bene, ove la stessa sia manifesta e l'accusato non alleghi elementi verosimili indicativi della sua buona fede. Nel caso in esame, come emerge dal compendio motivazionale integrato composto dalle due sentenze conformi di merito, la inverosimiglianza della versione alternativa fornita dal ricorrente risultava dall'accertamento della simulazione di reato tenuto conto che la falsa denuncia di furto implicava la consapevolezza della provenienza illecita del mezzo. 2. Sono fondati il secondo ed il terzo motivo in quanto la sentenza impugnata non prende in considerazione i puntuali motivi di appello con i quali si invocava (a) la concessione dell'attenuante prevista dall'articolo 648 c.p., comma 4, (b) la esclusione della recidiva. La sentenza, su tali punti, deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Messina. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla applicabilita' della recidiva ed alla sussistenza della circostanza attenuante della particolare tenuita' e rinvia per nuovo giudizio su detti punti ad altra sezione della Corte di appello di Messina. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ANDREAZZA Gastone - Presidente Dott. CERRONI Claudio - rel. Consigliere Dott. ACETO Aldo - Consigliere Dott. CORBO Antonio - Consigliere Dott. ANDRONIO Alessandro M. - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 05/05/2022 della Corte di Appello di Torino; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CERRONI Claudio; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SECCIA Domenico A.R., che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso; udito per il ricorrente l'avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 5 maggio 2022 la Corte di Appello di Torino ha confermato la sentenza del 16 luglio 2021 del Tribunale di Torino, in forza della quale (OMISSIS) era stato condannato alla pena di anni quattro mesi due di reclusione, previo riconoscimento delle attenuanti generiche, per i reati di cui all'articolo 612 c.p., comma 2 e articolo 339 c.p. (capo A); all'articolo 572 c.p. e articolo 61 c.p., n. 11-quinquies (capo B); agli articoli 582, 585 c.p., articolo 576 c.p., n. 5 (capo C); agli articoli 81 cpv., 609-bis c.p. (capo F), tutti in danno della coniuge (OMISSIS); nonche' per i reati di cui all'articolo 635 c.p., comma 2, in relazione all'articolo 625 c.p., n. 7 (capo D) e di cui all'articolo 612 c.p. (capo E) in danno della suocera (OMISSIS). 2. Avverso la predetta decisione e' stato proposto ricorso per cassazione articolato su due motivi di impugnazione, peraltro in relazione al solo capo F) di rubrica. 2.1. Col primo motivo il ricorrente ha lamentato vizio motivazionale evidenziando assenza di precisione, linearita' e coerenza nelle dichiarazioni rimaste invece prive di riscontri - siccome rese dalla persona offesa in merito agli episodi di violenza sessuale. Anche nell'ambito delle telefonate intercorse tra la madre della persona offesa e la stessa (OMISSIS) non era emerso alcun sottostante episodio di violenza e di costrizione sul piano sessuale, laddove secondo la sentenza la prova della violenza sarebbe consistita nella dichiarazione della donna di essersi concessa anche se non ne aveva voglia. Ne' risultava valutata - sotto il profilo dell'interesse anche economico sotteso alla costituzione di parte civile - la circostanza che solamente tre anni dopo la cessazione della convivenza fossero emerse siffatte dichiarazioni che richiamavano la pretesa violenza, laddove in un contesto di separazione giudiziale nulla era stato riferito, ed anzi dalle dichiarazioni rese dalla donna nel 2016 alcun episodio di violenza era rimasto fuori dal racconto fatto alle forze dell'ordine. D'altronde, quanto alla percezione del dissenso, era parimenti stato accertato che la stessa persona offesa avesse simulato il raggiungimento dell'orgasmo, si' che contraddittoriamente doveva ritenersi o la soggezione al coniuge oppure il gradimento ai congiungimenti carnali. In relazione alla verifica di attendibilita', dalle stesse parole della parte civile era emerso che si era trattato di approcci respinti in materia di molestie sessuali, o di concessioni alle profferte sessuali del marito sebbene la donna non ne avesse avuto voglia. Mentre la sentenza impugnata aveva omesso del tutto di valutare l'eventuale interesse di cui era portatrice la costituita parte civile. 2.2. Col secondo motivo, quanto al chiesto assorbimento delle condotte di cui al capo F) nell'ambito dei comportamenti maltrattanti e all'indagine sull'elemento soggettivo, era stato omesso il confronto con dette circostanze, unitamente a quelle relative al desiderio di nuove maternita' e alla ricerca a tal fine di nuova e piu' ampia sistemazione familiare. In particolare, avrebbe dovuto essere verificato il profilo finalistico della condotta posta in essere, ossia l'inserimento dell'atto nell'ambito delle condotte maltrattanti, lesive della sfera morale della vittima ma non della sfera di autodeterminazione sessuale. 3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell'inammissibilita' del ricorso. 4. La difesa ha prodotto memoria difensiva e di replica. CONSIDERATO IN DIRITTO 5. Il ricorso e' inammissibile. In primo luogo, peraltro, va osservato che i motivi di ricorso possono essere esaminati prendendo in considerazione sia la motivazione della sentenza impugnata sia quella della sentenza di primo grado, e cio' in quanto i giudici di merito hanno adottato decisioni e percorsi motivazionali comuni, si' che la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo (ex plurimis, Sez. 1, n. 8868 del 26/06/2000, Sangiorgi, Rv. 216906; cfr. da ult. Sez. 5, n. 40005 del 07/03/2014, Lubrano Di Giunno, Rv. 260303), cui occorre far riferimento per giudicare della congruita' della motivazione, integrando e completando quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella d'appello (Sez. 1, n. 1309 del 22/11/1993, dep. 1994, Scardaccione, Rv. 197250). 5.1. Cio' ricordato, la Corte territoriale ha correttamente applicato i principi piu' volte fissati da questo Giudice di legittimita'. In fatto, peraltro, contrariamente ai rilievi del ricorrente e proprio avuto riguardo alla produzione documentale effettuata dall'imputato avanti a questa Corte di legittimita', va comunque anzitutto precisato che i coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS) si erano riconciliati dopo la prima richiesta di separazione, avanzata dalla donna, risalente alla fine del 2015, e quindi i fatti di violenza sessuale dei primi mesi del 2018 si erano inseriti in costanza della (nuova) convivenza matrimoniale, infine definitivamente compromessa. In proposito, infatti, se da un lato e' stato rammentato che in un paio di circostanze la persona offesa aveva rifiutato all'odierno ricorrente il rapporto sessuale, d'altro canto la sentenza impugnata ha dato parimenti conto delle ulteriori dichiarazioni della persona offesa, e delle modalita' con le quali l'imputato pretendeva abitualmente - o comunque in altre e diverse circostanze - la propria soddisfazione erotica. Ne' va censurata l'affermazione della sentenza impugnata, che non illogicamente ha ravvisato come il progressivo disvelamento di comportamenti abusanti subiti rientri nella normalita' delle cose, laddove le vittime si trovano cosi' costrette a partecipare al prossimo la propria intimita' violata. In proposito, infatti, la natura progressiva delle dichiarazioni rese ad es. dalla vittima vulnerabile non e' un elemento che puo', da solo, determinare una valutazione di inattendibilita', in quanto tali dichiarazioni spesso non si esauriscono in un'unica soluzione, ma si sviluppano attraverso un complesso percorso di disvelamento, di regola condizionato dall'affidamento nei confronti dell'autorita' procedente e intrecciato con quello psicologico di superamento del trauma, sicche' il giudizio sull'attendibilita' del dichiarato impone una valutazione d'insieme comprensiva di tutti gli stadi di tale percorso (Sez. 3, n. 6710 del 18/12/2020, dep. 2021, F., Rv. 281005). Lo stesso Tribunale, al riguardo, aveva per un verso osservato come le stesse violente azioni di trascinamento e di trattenimento, in tali occasioni poste in essere dall'imputato e descritte dalla (OMISSIS), non consentivano di ritenere il consenso della donna all'atto sessuale. Ne' la Corte territoriale e' giunta a conclusioni differenti, tenuto conto che nel colloquio registrato dallo stesso imputato - a conferma proprio dell'attendibilita' della donna - la stessa (OMISSIS) parlava al riguardo di forzature (mentre il primo Giudice aveva altresi' annotato che, nella stessa circostanza documentata, l'odierno ricorrente aveva eloquentemente specificato che lui la scopava lo stesso). In proposito, infatti, il mancato dissenso ai rapporti sessuali con il proprio coniuge, in costanza di convivenza, non ha valore scriminante quando sia provato che la parte offesa abbia subito tali rapporti per le violenze e le minacce ripetutamente poste in essere nei suoi confronti, con conseguente compressione della sua capacita' di reazione per timore di conseguenze ancor piu' pregiudizievoli, dovendo, in tal caso, essere ritenuta sussistente la piena consapevolezza dell'autore delle violenze del rifiuto, seppur implicito, ai congiungimenti carnali (Sez. 3, n. 17676 del 14/12/2018, dep. 2019, R., Rv. 275947). Infatti non ha valore scriminante il fatto che la donna non si opponga palesemente ai rapporti sessuali e li subisca, quando e' provato che l'autore, per le violenze e le minacce ripetutamente poste on essere nei confronti della vittima, abbia la consapevolezza del rifiuto implicito ai congiungimenti carnali (era stato cosi' ritenuto sussistente il reato per avere l'imputato, legato da una relazione sentimentale con la vittima, fatto uso di violenza fisica piu' volte in precedenza e anche nei momenti immediatamente antecedenti il rapporto sessuale, rendendo, di conseguenza, irrilevante l'atteggiamento passivo di non opposizione della donna al momento del congiungimento carnale)(Sez. 3, n. 29725 del 23/05/2013, M., Rv. 256823). Tant'e' che la Corte territoriale ha appunto annotato che il consenso alle congiunzioni -nelle circostanze ricordate, e con riferimenti altresi' alla simulazione del piacere - altro non era che un modo per evitare l'insorgenza di ulteriori e fors'anche piu' gravi problemi. Cio' in relazione alle condizioni della donna, preso atto dei maltrattamenti inflittile dal coniuge (per il quale invero vi e' accertamento ormai definitivo), ed in ordine ai quali l'attendibilita' della stessa persona offesa risultava acclarata. Al riguardo, infatti, l'attendibilita' della persona offesa dal reato e' questione di fatto, non censurabile in sede di legittimita', salvo che la motivazione della sentenza impugnata sia affetta da manifeste contraddizioni, o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sull'id quod plerumque accidit, ed insuscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilita' (Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609). L'attendibilita' infatti della persona offesa dal reato e' una questione di fatto, che ha la sua chiave di lettura nell'insieme di una motivazione logica, che non puo' essere rivalutata in sede di legittimita', salvo che il giudice sia incorso in manifeste contraddizioni (Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015. Cammarota e altro, Rv. 262575). Ed invero l'iter argomentativo corroborato da riscontri evidenti, quanto al clima di sopraffazione esistente in famiglia, alle condotte violente del ricorrente, allo stato di soggezione della donna, addirittura rafforzato da elementi di prova provenienti dall'imputato appare del tutto estraneo ai vizi lamentati, ed invero assorbente di ogni ulteriore considerazione legata ai possibili riflessi economici connessi alla costituzione di parte civile. Tanto piu' che le dichiarazioni della persona offesa possono essere appunto legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilita' dell'imputato, previa verifica, piu' penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone e corredata da idonea motivazione, della credibilita' soggettiva del dichiarante e dell'attendibilita' intrinseca del suo racconto (ad es. Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, Manzini, Rv. 265104). In specie, per quanto osservato, la positiva ricorrenza di siffatta verifica non puo' essere negata. 5.2. Per quanto poi riguarda il secondo profilo di censura, la Corte territoriale ha appunto ricordato il principio - dettato proprio in fattispecie in cui il reato di violenza sessuale era stato ritenuto assorbito in quello di maltrattamenti - secondo il quale il delitto di violenza sessuale concorre con quello di maltrattamenti in famiglia qualora, attesa la diversita' dei beni giuridici offesi, le reiterate condotte di abuso sessuale, oltre a cagionare sofferenze psichiche alla vittima, ledano anche la sua liberta' di autodeterminazione in materia sessuale, potendosi configurare l'assorbimento esclusivamente nel caso in cui vi sia piena coincidenza tra le due condotte, ovvero quando il delitto di maltrattamenti sia consistito nella mera reiterazione degli atti di violenza sessuale (Sez. 3, n. 40663 del 23/09/2015, Z., dep. 2016, Rv. 267595). In specie, al contrario, le condotte maltrattanti ormai non piu' revocabili in dubbio, attesa la mancata impugnazione in parte qua della sentenza della Corte torinese - si sono dipanate negli anni in varie forme e articolazioni analiticamente riportate nella pronuncia censurata, non sovrapponibili in buona misura rispetto alle molestie sessuali parimenti, e specificamente, lamentate dalla persona offesa. 6. I complessivi motivi di impugnazione, in disparte altresi' l'evidenziata non puntuale ricostruzione in fatto dei rapporti tra i coniugi, si presentano pertanto manifestamente infondati, con la conseguente inammissibilita' del ricorso. 6.1. Tenuto altresi' conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", alla declaratoria dell'inammissibilita' medesima consegue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonche' quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, ai sensi del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PEZZULLO Rosa - Presidente Dott. CANANZI Frances - rel. Consigliere Dott. SCORDAMAGLIA Irene - Consigliere Dott. CUOCO Michele - Consigliere Dott. CIRILLO Pierangelo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS) nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 20/09/2021 della CORTE APPELLO di BOLOGNA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO CANANZI; lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale FRANCESCA CERONI, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Bologna, con la sentenza emessa in data 11 maggio 2022, per quanto di interesse, confermava la sentenza del Tribunale bolognese in ordine al delitto di bancarotta fraudolenta impropria da falso in bilancio, che aveva accertato la responsabilita' penale di (OMISSIS), riducendo la pena principale ad anni due di reclusione e quelle accessorie fallimentari alla medesima durata. 2. Il ricorso per cassazione proposto nell'interesse di (OMISSIS) consta di un unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 3. Il motivo deduce violazione dell'articolo 223, comma 2, n. 1, L.F. e vizio di motivazione conseguente. La Corte di appello avrebbe errato nell'applicazione della norma incriminatrice, non avendo dato conto di quale sia stato il contributo causale del falso in bilancio rispetto al dissesto, sottovalutando l'incidenza che ulteriori vicende societarie producevano sul nesso causale, quali l'intervenuto rifinanziamento, la dismissione di asset per il reperimento di liquidita', la ricapitalizzazione, l'immissione di nuovo capitale sociale, la negoziazione del debito esistente e il ricorso alla cassa integrazione. Comportamenti tutti da ritenersi idonei a interrompere il nesso causale fra la condotta di falsificazione del bilancio e il dissesto. A fronte di tale censura la Corte di appello avrebbe omesso la motivazione, riferendosi all'obbligo di dover richiedere la dichiarazione di fallimento, con confusione fra il delitto contestato e quello di bancarotta semplice ai sensi dell'articolo 217, comma 1, n. 4 L. Fall. Anche in ordine all'elemento soggettivo, la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere comprovato il dolo, relegando le scelte tese a salvaguardare l'esistenza della societa' come motivi personali irrilevanti, senza per altro rendere alcuna motivazione in ordine al dolo specifico e intenzionale richiesto. 4. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte - ai sensi del Decreto Legge 127 del 2020, articolo 23 comma 8, - con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, rilevando che il ricorso non rispetta il canone della autosufficienza. 5. Il ricorso e' stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto del Decreto Legge n. 105 del 202, articolo 7, comma 1, la cui vigenza e' stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dal decreto legislativo 10 ottobre 2022, articolo 94, come modificato dal Decreto Legge 31 ottobre 2022, n. 162, articolo 5-duodecies, convertito con modificazioni dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' complessivamente da rigettare. 2. Va premesso che, quanto ai motivi di appello, spetta alla Corte di cassazione accedere all'atto di impugnazione, per valutare l'adeguatezza della motivazione censurata, non dovendo a riguardo ritenersi che il principio di autosufficienza del ricorso possa trovare applicazione a riguardo, a differenza di quanto ritenuto dalla Procura generale. Infatti, l'esame dell'atto di impugnazione e' funzionale alla valutazione di ammissibilita' del ricorso, ai sensi dell'articolo 606, comma 3, c.p.p., al fine di rilevare se il motivo e' precluso o meno e, dunque, trattasi di questione processuale che legittima questa Corte ad accedere all'atto di impugnazione (in merito ad altre questioni di natura processuale sollevate dal ricorso, fra le altre, Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F., Rv. 273525 - 01; Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chaid, Rv. 255304 - 01). L'atto di appello, in relazione al delitto per il quale si procede, proponeva censure in ordine al nesso causale e all'efficacia interruttiva delle iniziative assunte anche dall'imputato medio tempore, fra il falso nel bilancio commesso nel 2008 e la dichiarazione di fallimento del (OMISSIS) della (OMISSIS), nonche' in ordine all'elemento soggettivo. 3. Va premesso che dal tenore della sentenza di primo grado emerge con evidenza che tutti gli argomenti spesi con l'atto di appello erano gia' stati rappresentati e valorizzati nell'ambito del giudizio dinanzi al Tribunale di Bologna, che infatti affronta entrambi i profili delle censure di impugnazione, valutando la tesi difensiva sia quanto all'interruzione del nesso causale fra falso in bilancio e dissesto sia in merito alla sussistenza del dolo. A tal riguardo, va qui evidenziato come, in tema di integrazione delle motivazioni tra le conformi sentenze di primo e di secondo grado, se l'appellante si limita alla riproposizione di questioni di fatto o di diritto gia' adeguatamente esaminate e correttamente risolte dal primo giudice, oppure prospetta critiche generiche, superflue o palesemente infondate, il giudice dell'impugnazione ben puo' motivare per relazione; quando invece sono formulate censure o contestazioni specifiche, introduttive di rilievi non sviluppati nel giudizio anteriore o contenenti argomenti che pongano in discussione le valutazioni in esso compiute, e' affetta da vizio di motivazione la decisione di appello che si limita a respingere con formule di stile o in base ad assunti meramente assertivi o distonici dalle risultanze istruttorie le deduzioni proposte (Sez. 6, n. 28411 del 13/11/2012 - dep. 01/07/2013, Santapaola e altri, Rv. 256435). Di fatto la motivazione della sentenza di appello ora impugnata riprende argomenti gia' spesi dal Collegio di primo grado, riproducendoli in forma sintetica, a fronte di ragioni di censura assolutamente omogenee, a sostegno delle tesi difensive. Pertanto deve escludersi che la Corte territoriale abbia omesso la motivazione a riguardo, vertendosi in tema di doppia conforme, per cui le due sentenze di merito si integrano reciprocamente ai fini del controllo di legittimita' sul vizio di motivazione (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595 - 01; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 12/04/2012, Valerio, Rv. 252615 - 01). 4. Quanto al nesso di causalita', non sussiste la violazione di legge lamentata dallo stesso ricorrente, nella ritenuta derivazione causale dell'aggravamento del dissesto dal falso in bilancio, in quanto risoltosi nell'occultamento di perdite che consentiva la prosecuzione dell'attivita' dell'impresa e l'accumulo di ulteriori perdite. 4.1 Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, il nesso causale rilevante non e' ravvisabile unicamente in presenza di condotte che incidano direttamente sulla consistenza del patrimonio della fallita, ma anche nei casi in cui le illecite operazioni contabili abbiano l'immediato risultato di rendere indiscernibile l'esistenza di consistenti perdite nell'attivita' imprenditoriale (Sez. 5, n. 28508 del 12/04/2013, Mannino, Rv. 255575). A tal riguardo le sentenze di merito di fatto evidenziano come nell'anno 2008 la situazione patrimoniale della societa' fosse gia' critica, cosicche' l'imputato non provvide all'iscrizione di perdite per Euro 1.690.885,00, risultando poi nel bilancio 2019 inserite perdite per complessivi Euro 3.268.354,00, pari a quelli maturati nel 2009 ai quali si aggiungevano quelli non indicati nel 2008. In sostanza la situazione di passivita' nel 2008 non emergeva grazie alle false comunicazioni, risultando un attivo per il 2008 di Euro 7.231,00 (cfr. sentenza di primo grado fol. 2). Inoltre, la situazione al 2008, rilevava il Tribunale, se correttamente contabilizzata avrebbe determinato l'emersione di un patrimonio netto negativo e la totale perdita di capitale sociale, dovendosi provvedere alla convocazione della assemblea ex articolo 2482-ter c.c. per deliberare la ricostituzione del capitale sociale o lo scioglimento e la messa in liquidazione della societa' (sentenza primo grado, fol. 3). A tale situazione si aggiungeva che proprio in quegli anni, dal 2008 al 2011, gli amministratori ricevevano l'importo complessivo di 524mi1a Euro circa quale compenso deliberato, riqualificato in bancarotta preferenziale, reato poi dichiarato estinto per prescrizione dalla Corte territoriale. L'incidenza interruttiva del nesso causale delle iniziative ritenute di `salvataggio' della societa' da parte del ricorrente - l'intervenuto rifinanziamento, la dismissione di asset per il reperimento di liquidita', la ricapitalizzazione, l'immissione di nuovo capitale sociale, la negoziazione del debito esistente e il ricorso alla cassa integrazione - veniva esclusa dal Tribunale e dalla Corte di appello, con motivazione congrua e non manifestamente illogica e congrua, che non incorre in violazione di legge. I Collegi del merito hanno infatti ritenuto che il falso in bilancio per l'anno 2008 avesse indotto "il mercato e i terzi ad un affidamento verso la societa', quando invece la situazione era gia' critica e non sanabile, come dimostra il precipitare della esposizione debitoria nell'anno successivo" (sentenza impugnata, fol. 3); se fosse stato veritiero il bilancio dell'anno 2008, avrebbe offerto una "rappresentazione esterna del patrimonio netto della societa', determinando una crescente esposizione debitoria che portava al fallimento", mentre invece le false comunicazioni ebbero a creare "l'apparenza di una impresa sana nei confronti dei terzi creditori, i quali, dunque, non hanno intrapreso quelle opportune iniziative che sarebbero seguite alla rilevazione di una situazione ben diversa e piu' grave rispetto a quella prospettata" (sentenza di primo grado, fol. 6). In sostanza i Giudici del merito evidenziano come proprio il falso in bilancio, assolutamente incontestato, abbia consentito di âââEurošÂ¬Ã‹Å"camuffare' lo stato di crisi, posticipandone l'emersione all'anno successivo in forma aggravata, anche a seguito dei finanziamenti ottenuti e dell'inazione dei creditori, che di fronte a una situazione di leggero attivo emergente dal bilancio del 2008 non agirono per la riscossione dei propri crediti. Il ricorrente richiama la giurisprudenza che ha ritenuto integrato il reato di bancarotta impropria da reato societario allorche' l'amministratore di societa', che esponga nel bilancio dati non veri, al fine di occultare la sostanziale perdita del capitale sociale, eviti cosi' di palesare la necessita' di procedere al suo rifinanziamento o alla liquidazione della societa', provvedimenti la cui mancata adozione determinava l'aggravamento del dissesto di quest'ultima (Sez. 5, n. 1754 del 20/09/2021, dep. 2022, Bevilacqua, Rv. 282537 - 01; conf. N. 28508 del 2013 Rv. 255575 - 01, N. 42272 del 2014 Rv. 260394 - 01, N. 17021 del 2013 Rv. 255089 - 01, N. 42811 del 2014 Rv. 261759 - 01). Nel caso in esame, osserva il ricorrente, il falso in bilancio non era funzionale a evitare il rifinanziamento della societa', che infatti intervenne. E bene deve rilevarsi come il principio richiamato debba essere calato nel caso concreto, perche' la falsificazione del bilancio, per integrare l'ipotesi di reato in esame, deve esclusivamente cagionare o concorrere ad aggravare il dissesto, quale che sia l'iniziativa successiva posta in essere dall'amministratore. 4.2 Quindi occorre verificare nel caso concreto se l'aver celato la realta' dei dati contabili in se' abbia prodotto o aggravato l'evento-dissesto (sulla sufficienza dell'aggravamento per integrare il reato, cfr. Sez. 5, n. 15613 del 05/12/2014, dep. 2015, Geronzi, Rv. 263803 - 0; conf. N. 16259 del 2010 Rv. 247254 - 01, N. 17021 del 2013 Rv. 255090 - 01) La giurisprudenza di legittimita' ha infatti anche ritenuto che, cosi' come nel caso in esame, il reato di bancarotta impropria da reato societario sia integrato quando l'amministratore, attraverso mendaci appostazioni nei bilanci, simuli un inesistente stato di solidita' della societa', consentendo cosi' alla stessa di ottenere nuovi finanziamenti bancari ed ulteriori forniture, giacche', agevolando in tal modo l'aumento dell'esposizione debitoria della fallita, determina l'aggravamento del suo dissesto. (Sez. 5, n. 17021 del 11/01/2013 - dep. 12/04/2013, Garuti e altro, Rv. 255089). Osservava la Corte di legittimita' in tale ultima pronuncia che "la simulazione di un inesistente stato di solidita' non solo aveva mascherato la reale situazione, ma aveva anche consentito (...) di ottenere ulteriori e sempre crescenti finanziamenti dalle banche in tal modo mantenendo la fiducia dei fornitori e dei clienti, ma aumentando l'esposizione debitoria ed aggravando conseguentemente il dissesto (...)". E' quanto hanno ritenuto i Giudici del merito nel caso in esame, rilevando come sia l'inazione dei creditori, sia lo stesso finanziamento, abbiano di fatto aggravato il dissesto, gia' verificatosi, per altro posticipando i comportamenti doverosi previsti dalla normativa civilistica all'anno successivo, come osservato dal Tribunale e anche dalla Corte di appello. A differenza di quanto censura il ricorrente, la Corte di appello non richiama l'obbligo di chiedere la dichiarazione di fallimento in relazione all'articolo 217, comma 1, n. 4, L.F. (capo B, per il quale e' stata dichiarata l'estinzione per prescrizione), bensi' come conseguenza della riduzione del capitale, al di sotto del minimo legale, che avrebbe imposto all'amministratore "senza indugio" ai sensi dell'articolo 2485 c.c. lo scioglimento e l'obbligo di richiedere il fallimento, dato lo stato di insolvenza, ex articolo 14 L. Fall., ovvero la ricostituzione del capitale sociale al sdi sopra del minimo ex articolo 2482-ter c.c.. Si verte, quindi, nell'ambito dell'analisi della condotta di bancarotta impropria da reato societario, a riprova della circostanza che le false comunicazioni in bilancio furono funzionali a posticipare anche l'esercizio degli obblighi dell'amministratore, non adempiuti "senza indugio", eludendo anche la previsione dell'articolo 2486, comma 1, c.c. che impone agli amministratori di operare per la sola conservazione e integrita' del patrimonio sociale fino alla nomina dei liquidatori. Si verte in una peculiare ipotesi di falsita' del bilancio, quindi, tesa a celare una perdita del capitale sociale al di sotto del minimo legale e quindi ad evitare l'emersione di una causa di scioglimento ai sensi dell'articolo 2484, comma 1, n. 4, c.c., cosicche' le perdite conseguenti al protrarsi della gestione - nel caso di specie le perdite al 2009 risultavano pari a Euro 3.268.354,00, assolutamente consistenti anche depurate da quelle pari a Euro 1.690.885,00 maturate nel 2008- aggravavano certamente il dissesto. 4.3 Per altro, tornando alla doglianza relativa alla interruzione del nesso causale per le iniziative di salvataggio intraprese, la Corte di appello, in uno al Tribunale, ha escluso il verificarsi di una cesura nella serie causale, in linea con il principio per cui ai fini della configurabilita' del reato di bancarotta impropria prevista dal Regio Decreto 16 maggio 1942, n. 267, articolo 223, comma 2, n. 2, non interrompono il nesso di causalita' tra l'operazione dolosa e l'evento, costituito dal fallimento della societa', ne' la preesistenza alla condotta di una causa in se' efficiente del dissesto, valendo la disciplina del concorso causale di cui all'articolo 41 c.p., ne' il fatto che l'operazione dolosa in questione abbia cagionato anche solo l'aggravamento di un dissesto gia' in atto, poiche' la nozione di fallimento, collegata al fatto storico della sentenza che lo dichiara, e' ben distinta da quella di dissesto, la quale ha natura economica ed implica un fenomeno in se' reversibile (Sez. 5, n. 40998 del 20/05/2014, Concu, Rv. 262189 - 01; Sez. 5, n. 8413 del 16/10/2013, dep. 2014, Besurga, Rv. 259051 - 01). D'altro canto, le doglianze tese a dimostrare l'efficacia interruttiva del nesso causale delle plurime iniziative prospettate come tese al salvataggio della societa', risultano assolutamente generiche, non solo in questa sede di legittimita': per altro, come osserva la Procura generale, il ricorso risulta privo di autosufficienza a riguardo, non essendo stati allegati o richiamati in modo puntuale gli atti che i Giudici del merito non avrebbero adeguatamente valutato. Infatti, dedotto il vizio di manifesta illogicita' della motivazione richiamando la documentazione allegata nei gradi di merito, il ricorso e' inammissibile se non ne contiene la integrale trascrizione o allegazione, cosi' da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze, in base al combinato disposto degli articoli 581, comma 1, lettera c), e 591 c.p.p. (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Schioppo, Rv. 270071; Sez. 4, Sentenza n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265053Sez. 3, Sentenza n. 43322 del 02/07/2014, Sisti, Rv. 260994 Sez. 2, Sentenza n. 26725 del 01/03/2013, Natale, Rv. 256723). 4.4 Ne consegue che il motivo di ricorso, quanto al profilo oggettivo e in particolare al nesso causale, e' infondato. Puo' affermarsi, pertanto, il principio per cui, in tema di bancarotta impropria da reato societario, con riferimento al reato di cui all'articolo 2621 c.c., sussiste il nesso eziologico fra le false comunicazioni sociali e il dissesto allorche' il mendacio celi una perdita del capitale sociale al di sotto del minimo legale ex articolo 2463, comma 1, n. 4), c.c., cosi' impedendo l'emergere di una causa di scioglimento della societa' di capitali ai sensi dell'articolo 2484, comma 1, n. 4, c.c., nonche' eludendo gli obblighi dell'amministratore di provvedere "senza indugio" a fronte della causa di scioglimento ai' sensi dell'articolo 2485, comma 1, c.c., cosi' provocando ulteriori perdite, conseguenti a indebiti finanziamenti e al protrarsi della gestione in regime non liquidatorio. 5. Quanto all'elemento soggettivo, il ricorrente a buona ragione richiama l'orientamento della Corte di cassazione che in tema di bancarotta impropria da reato societario di falso in bilancio, individua una struttura complessa comprendente il dolo generico (avente ad oggetto la rappresentazione del mendacio), il dolo specifico (profitto ingiusto) ed il dolo intenzionale di inganno dei destinatari, e il predetto dolo generico non puo' ritenersi provato - in quanto "in re ipsa" - nella violazione di norme contabili sulla esposizione delle voci in bilancio, ne' puo' ravvisarsi nello scopo di far vivere artificiosamente la societa', dovendo, invece, essere desunto da inequivoci elementi che evidenzino la consapevolezza di un agire abnorme o irragionevole attraverso artifici contabili (Sez. 5, n. 30526, 22/04/2021, Caronna, non massimata; Sez. 5, n. 46689 del 30/06/2016, Coatti, Rv. 268673). 5.1 Va premesso che a questa struttura complessa del dolo offre una adeguata risposta la sentenza di primo grado. Per un verso, in ordine al presupposto dolo della bancarotta impropria, correttamente il Tribunale richiama il principio per cui in tema di bancarotta impropria da reato societario, con riferimento al reato di cui all'articolo 2621 c.c., il dolo richiede una volonta' protesa al dissesto, da intendersi non gia' quale intenzionalita' di insolvenza, bensi' quale consapevole rappresentazione della probabile diminuzione della garanzia dei creditori e del connesso squilibrio economico (Sez. 5, n. 50489 del 16/05/2018, Nicosia, Rv. 274449 - 01; Sez. 5, n. 42257 del 06/05/2014, Solignani, Rv. 260356 - 01, in una fattispecie relativa alla esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero circa la situazione economica e finanziaria della societa' con conseguente dissesto della medesima ed induzione in errore dei creditori). Anche in relazione al dolo del reato societario, che deve essere accertato, il Tribunale rileva come il dolo generico (avente ad oggetto la rappresentazione del mendacio), e' comprovato "dalle gonfiate appostazioni negative presenti nel bilancio successivo, dove, considerate come impossibili da occultare le gravi perdite che anche in quell'esercizio si erano verificate, gli amministratori decisero di riversare il dato negativo dell'anno precedente". In sostanza l'omessa indicazione nel 2008 e l'inserimento in bilancio nel 2009 delle passivita' maturate nel primo anno, comprovano la consapevolezza e la volonta' del mendacio. Quanto al dolo specifico (profitto ingiusto), viene individuato dal Tribunale nell'intenzione di avvantaggiarsi della situazione non rispondente al vero, evitando un piu' celere rientro della propria esposizione. Quanto al dolo intenzionale di inganno dei destinatari, il Tribunale lo individua nella volonta' di ingannare i creditori sulla consistenza patrimoniale della societa', perche' agendo diversamente sarebbe emersa la situazione di rilevante passivita', che avrebbe bloccato forniture e finanziamenti, per l'insolvenza della (OMISSIS). 5.2 Con l'atto di appello veniva censurata la motivazione relativa al dolo generico presupposto della bancarotta impropria, trasformandosi una fattispecie di danno in quella di pericolo a ben vedere la doglianza non viene riproposta in questa sede, e d'altro canto il dolo presupposto al quale fa riferimento la sentenza di primo grado e' quello relativo al delitto di bancarotta fraudolenta che esclude dal fuoco del dolo la volonta' del dissesto, ritenendosi necessaria la sola consapevolezza del pericolo di riduzione della garanzia patrimoniale per i creditori. In relazione al dolo generico delle false comunicazioni sociali, l'atto di appello, riportando la motivazione della sentenza di primo grado quanto al dolo intenzionale e dolo di inganno, la censura come segue: "tutto ruota, in definitiva, intorno ad una irragionevole- secondo una valutazione ex post-decisione di continuare la l'attivita' aziendale, identificata tra l'altro nell'ingiusto profitto, che sembra disperdere la portata tipizzante del dolo specifico oltre che dimenticare il âââEurošÂ¬Ã‹Å"rischio' connaturata all'attivita' svolta". La Corte di appello ribadisce la sussistenza del dolo, ritenendola pacifica nella prova di falsificazione del bilancio, ritenendo le scelte discrezionali di impresa relative ai motivi del reato irrilevanti rispetto al dolo. 5.3 L'appello, al pari del ricorso per cassazione, e' inammissibile per difetto di specificita' dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificita', a carico dell'impugnante, e' direttamente proporzionale alla specificita' con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato. (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016 - dep. 22/02/2017, Galtelli, Rv. 26882201). In vero la sentenza di primo grado aveva puntualmente esaminato e dato conto di tutti i profili del complesso elemento soggettivo del delitto di bancarotta impropria da reato societario e a fronte di tale accurata ricostruzione i motivi di appello risultavano del tutto aspecifici. Ne consegue che il difetto di motivazione della sentenza di appello in ordine a motivi generici, proposti in concorso con altri motivi specifici, non puo' formare oggetto di ricorso per cassazione, poiche' i motivi generici restano viziati da inammissibilita' originaria, quand'anche il giudice dell'impugnazione non abbia pronunciato in concreto tale sanzione (Sez. 5, n. 44201 del 29/09/2022 Testa, Rv. 283808 - 01; conf. N. 1982 del 1999 Rv. 213230 - 01, N. 10709 del 2015 Rv. 262700 - 01). 6. Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso, con condanna alle spese processuali del ricorrente. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BELTRANI Sergio - Presidente Dott. CIANFROCCA Pierlui - rel. Consigliere Dott. TUTINELLI Vincenzo - Consigliere Dott. NICASTRO Giuseppe - Consigliere Dott. CERSOSIMO Emanuele - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato in (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); contro la sentenza della Corte di Appello di Bologna de l'8.2.2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere Dr. Pierluigi Cianfrocca; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Cuomo Luigi, che ha concluso per l'inammissibilita' dei ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza con cui, in data 8.3.2021, il GIP presso il Tribunale di Modena aveva riconosciuto (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS), responsabili dei reati di rapina aggravata in concorso e di furto pluriaggravato in concorso e, con il vincolo della continuazione e le circostanze attenuanti generiche stimate prevalenti rispetto alle contestate aggravanti, operata altresi' la riduzione per la scelta di rito, li aveva condannati alla pena complessiva di anni 3 e mesi 8 di reclusione ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare in carcere; 2. ricorrono per cassazione tutti i predetti imputati: 2.1 (OMISSIS), con ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS) deducendo: 2.1.1 violazione ed erronea applicazione degli articoli 628, 367 e 646 c.p. per la mancata derubricazione del reato di cui al capo A) in quelli di concorso in simulazione di reato e di appropriazione indebita; contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione sulla sussistenza del reato di cui all'articolo 628 c.p.: rileva che l'iter motivazionale che ha portato a ritenere il ricorrente responsabile del delitto di rapina aggravata e' affetto da plurime violazioni dei canoni e dei principi sanciti in tema di valutazione della prova indiziaria; segnala che la Corte di appello ha dato conto della esistenza di un basista aggiungendo, tuttavia, che tale circostanza non comporta che anche (OMISSIS) e (OMISSIS) fossero coinvolti nella iniziativa delittuosa; segnala, invece, che dal contenuto delle intercettazioni post delictum emerge come gli imputati avessero agito nella piena consapevolezza di mettere in atto una "frode", ovvero di impossessarsi di somme di pertinenza della sala bingo (OMISSIS) con la partecipazione di soggetti intranei; segnala la illogicita' della motivazione con cui la Corte di appello ha escluso che la conversazione del 14.11.2019 tra il (OMISSIS) e (OMISSIS) dovesse essere intesa in senso diverso da quello suggerito dalla difesa e, invero, linearmente evincibile dal suo contenuto; richiama, ancora, la conversazione del 10.11.2019 intercorsa tra i medesimi e dal cui tenore letterale la Corte di appello ha ritenuto evincibile la estraneita' del (OMISSIS) all'accordo e ne evidenzia la illogicita' oltre che il contrasto con il contenuto della conversazione del 14.11.2019 di cui i giudici di secondo grado hanno fornito una spiegazione a suo avviso del tutto inappagante e che non tiene conto del ruolo assunto dal (OMISSIS); 2.1.2 violazione ed erronea applicazione degli articoli 132 e 133 c.p.; mancanza, contraddittorieta' e/o manifesta illogicita' della motivazione in relazione alla determinazione della pena base: richiama la motivazione con cui la Corte di appello ha ritenuto di non poter ridurre la pena inflitta al (OMISSIS) per il delitto di rapina che ha stabilito in misura superiore al minimo edittale, senza tuttavia tener conto dell'atteggiamento collaborativo del (OMISSIS) e del suo stato di emarginazione sociale che avevano peraltro consentito il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; 2.2 (OMISSIS), con ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS) deducendo: 2.2.1 violazione ed erronea applicazione degli articoli 628, 367 e 646 c.p. per la mancata derubricazione del reato di cui al capo A) in quelli di concorso in simulazione di reato e di appropriazione indebita; contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione sulla sussistenza del reato di cui all'articolo 628 c.p.: rileva che l'iter motivazionale che ha portato a ritenere il ricorrente responsabile del delitto di rapina aggravata e' affetto da plurime violazioni dei canoni e dei principi sanciti in tema di valutazione della prova indiziaria; segnala che la Corte ha dato conto della esistenza di un basista aggiungendo, tuttavia, che tale circostanza non importa che anche la (OMISSIS) e (OMISSIS) fossero coinvolti nella iniziativa delittuosa; segnala, invece, che dal contenuto delle intercettazioni post delictum emerge come di imputati avessero agito nella piena consapevolezza di mettere in atto una "frode", ovvero di impossessarsi di somme di pertinenza della sala bingo (OMISSIS) con la partecipazione di soggetti intranei; segnala la illogicita' della motivazione con cui la Corte di appello ha escluso che la conversazione del 14.11.2019 tra il (OMISSIS) e (OMISSIS) andava intesa in senso diverso da quello suggerito dalla difesa e, invero, linearmente evincibile dal suo contenuto; richiama, ancora, la conversazione del 10.11.2019 tra i medesimi due dal cui tenore letterale la Corte di appello ha ritenuto evincibile la estraneita' del (OMISSIS) all'accordo criminoso e ne evidenzia la illogicita' oltre che il contrasto con il contenuto della conversazione del 14.11.2019 di cui i giudici di secondo grado hanno fornito una spiegazione a suo avviso del tutto inappagante e che non tiene conto del ruolo assunto dal (OMISSIS); 2.1.2 violazione ed erronea applicazione degli articoli 132 e 133 c.p.; mancanza, contraddittorieta' e/o manifesta illogicita' della motivazione in relazione alla determinazione della pena base: richiama la motivazione con cui la Corte di appello ha ritenuto di non poter ridurre la pena inflitta al (OMISSIS) per il delitto di rapina che ha fissato in misura superiore al minimo edittale, senza tuttavia tener conto dell'atteggiamento collaborativo del (OMISSIS), del suo stato di emarginazione sociale che avevano peraltro consentito il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; 2.3 (OMISSIS), con ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS): erronea applicazione della legge penale e mancanza della motivazione in ordine alle ragioni del ritenuto concorso del ricorrente nel delitto di cui al capo B): rileva che la Corte di appello ha concluso per il concorso del riscorrente nel delitto di cui al capo B) sulla base di supposizioni indimostrate ed indimostrabili quali: il sopralluogo eseguito dall' (OMISSIS) la mattina del (OMISSIS) e, tuttavia, non nel parcheggio ove era stata ricoverata l'auto ma nella zona adiacente la sala bingo; la circostanza che gli imputati, giunti da lontano, avevano necessariamente bisogno di un mezzo a loro non riconducibile; la sosta dell' (OMISSIS) per 4 minuti nell'area di parcheggio la mattina del furto; 2.4 (OMISSIS) e (OMISSIS), con ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS), carenza di motivazione: rilevano che la sentenza della Corte di appello non si e' confrontata con le deduzioni difensive quanto alla insussistenza del delitto di cui al capo A) ovvero la sua derubricazione in quello di cui all'articolo 367 c.p.; segnalano che non sono state considerate tutte quelle conversazioni in cui si allude al coinvolgimento di soggetti intranei alla sala bingo e richiama quelle successive alla rapina relative alle contestazioni del gruppo dei bolognesi a quello dei napoletani sulla somma contenuta all'interno della borsa sottratta alla (OMISSIS) mentre costei era diretta in banca; richiamano, a tal proposito, la conversazione n. 888 del 14.11.2019, tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), partecipe anche il (OMISSIS); la conversazione n. 894 del (OMISSIS), ancora tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS); la conversazione n. 994 del 15.11.2019, tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); segnalano che tali conversazioni suffragano le dichiarazioni degli imputati - e sottolineato dal Tribunale del Riesame - circa il concorso di persone interne alla sala bingo con cui, come ricostruito dagli investigatori, i contatti sarebbero stati tenuti da (OMISSIS); 4. la Procura Generale ha trasmesso Da requisitoria scritta ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8 concludendo per l'inammissibilita' dei ricorsi: quanto ai ricorsi che hanno contestato la mancata riqualificazione dell'episodio nel delitto di simulazione di reato, rileva che trattasi di una ricostruzione difensiva su cui la Corte di appello ha ampiamente motivato condividendo l'apprezzamento cui era gia' pervenuto il giudice di prime cure e sorretto da una motivazione complessivamente congrua ed esaustiva e, percio', non censurabile in questa sede di legittimita' dove non e' consentito sollecitare una difforme valutazione ed una diversa interpretazione delle prove; quanto al trattamento sanzionatorio, rileva che la Corte ha motivato con riguardo alla posizione di ciascuno degli imputati e, comunque, ha confermato la quantificazione della pena che era stata determinata in termini di poco superiori al minimo edittale e, sicuramente, inferiori alla media; con riguardo, infine, al ricorso dell' (OMISSIS), rileva che la Corte territoriale ha motivato in ordine al suo coinvolgimento nel furto cella vettura, con argomentazioni esaustive con le quali il ricorso, al contrario, omette di confrontarsi; 5. la difesa di (OMISSIS) e di (OMISSIS) ha trasmesso due memorie con cui, per ciascuno dei predetti ricorrenti, ha ripercorso ed ulteriormente sviluppato, in particolare, le argomentazioni articolate nel primo motivo dei rispettivi ricorsi. CONSIDERATO IN DIRITTO I ricorsi sono inammissibili perche' articolati con censure manifestamente infondate o non consentite in questa sede. I ricorrenti erano stati chiamati a rispondere, e sono stati riconosciuti responsabili, nei due gradi di merito ed all'esito di una conforme valutazione delle medesime emergenze istruttorie, dei delitti di rapina aggravata e di furto pluriaggravato: secondo la ricostruzione proposta dalla pubblica accusa, e condivisa dai giudici di merito, infatti, agendo in concorso tra loro e con altra persona non identificata ed indicata come "l'ingegnere", (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), insieme all"ingegnere", dopo aver individuato la Sala Bingo (OMISSIS) srl di Modena, e non senza aver effettuato una serie di controlli e sopralluoghi, coordinati da (OMISSIS), in cinque di loro avrebbero raggiunto la citta' dove, dopo aver rubato una Fiat Punto, si sarebbero divisi per raggiungere la sala Bingo e, mentre (OMISSIS) ed (OMISSIS) si sarebbero appostati in prossimita', (OMISSIS), (OMISSIS) e l'altro soggetto non identificato, avrebbero fermato, poco dopo la sua uscita dall'esercizio, la dipendente (OMISSIS) che avrebbero minacciato di morte puntandole contro una pistola semiautomatica, costringendola cosi' a consegnare loro l'incasso che stava in quel momento portando in banca; in tal modo si sarebbero impossessati della somma di Euro 16.000 che la donna lasciava cadere a terra, per poi fuggire a bordo del veicolo Fiat Punto oggetto della contestazione di furto di cui al capo B). 1. L'episodio era stato ricostruito dal primo giudice (cfr., pagg. 2-6 della sentenza di primo grado) in termini di fatto incontroversi; (OMISSIS), dipendente della sala bingo (OMISSIS), aveva chiamato il 112 denunziando di essere stata rapinata; la donna aveva riferito che uno dei rapinatori era sceso da una utilitaria puntandole addosso una pistola e "scarrellando"; il (OMISSIS), che la accompagnava, aveva confermato anche l'accento campano dei malviventi e fornito la targa del veicolo risultato provento di furto commesso lo stesso giorno e rinvenuto poco dopo con evidenti segni di effrazione. I filmati tratti dalle videocamere di sorveglianza della zona avevano consentito di visionare la dinamica dell'avvicinamento dei due rapinatori alla (OMISSIS); era emerso, inoltre, che il (OMISSIS) era monitorato perche' indagato in altro procedimento e, dalle intercettazioni eseguite, era emerso che egli, (OMISSIS) e (OMISSIS) stavano progettando delle iniziative criminose reclutando soggetti napoletani poi effettivamente contattati da (OMISSIS); il giorno (OMISSIS) il gruppo, compresi i "napoletani", aveva eseguito una serie di sopralluoghi finalizzati ad acquisire contezza della prassi seguita dalla (OMISSIS) per la consegna dell'incasso della sala bingo avendo ravvisato l'esigenza di provvedersi di un'arma per contrastare la inizialmente non prevista presenza di una guardia giurata che avrebbe accompagnato la donna; il giorno successivo, (OMISSIS), veniva rubata la Fiat Punto poi utilizzata per la rapina mentre la Opel Corsa dell' (OMISSIS), con a bordo quest'ultimo ed il (OMISSIS), si era mantenuta nei pressi. Sempre in punto di fatto, i giudici di merito hanno fatto presente che il (OMISSIS) e l' (OMISSIS) avevano confessato di essere stati gli autori materiali della rapina e che l' (OMISSIS), a sua volta, aveva fatto delle sia pur parziali ammissioni (cfr., pag. 4 della sentenza di primo grado). Il Tribunale, quindi, aveva ricostruito la vicenda motivando, in particolare, sulle ragioni per le quali, come invece gia' in quella sede sostenuto dalle difese, non poteva essere seguita la tesi del concorso degli imputati in una "frode" organizzata da persone all'interno della sala Bingo. Secondo i giudici di primo grado, era stato l' (OMISSIS) ad aver proposto il "lavoro" a (OMISSIS) il quale, a sua volta, lo aveva proposto al (OMISSIS) che era stato contattato dall' (OMISSIS) unitamente al (OMISSIS). 2. Sostanzialmente pacifica la dinamica dell'episodio, gli appelli (in particolare quelli del (OMISSIS), del (OMISSIS), del (OMISSIS) e dell' (OMISSIS), si erano concentrati, in primo luogo, sulla qualificazione giuridica del fatto sostenendo che, in realta', si trattava non gia' di una "rapina' ma di una operazione "concordata" con soggetti "interni" alla sala Bingo. 3.1 I ricorsi dei predetti imputati replicano la censura gia' articolata con l'atto di appello e che viene qui riproposta sotto il duplice profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione. E' necessario, allora, puntualizzare che, deducendo il vizio di violazione di legge i ricorrenti denunziano, in realta', la insussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice contestata, rispetto ad una diversa qualificazione del fatto quale quella gia' propugnata dalle difese nei gradi di merito; in tal modo, tuttavia, lungi dal dedurre un vizio di legittimita', le doglianze finiscono per contestare il giudizio di responsabilita', ovvero, a ben guardare, il risultato probatorio cui sono approdati i giudici di merito che, con valutazione conforme delle medesime emergenze istruttorie, sono stati concordi nel ritenere, al contrario, tali elementi pienamente riscontrati nella ricostruzione della concreta vicenda processuale. Ai fini della corretta deduzione del vizio di violazione di legge, infatti, il motivo di ricorso deve essere articolato sotto il profilo della contestazione della riconducibilita' del fatto - cosi' come ricostruito dai giudici di merito - nella fattispecie astratta delineata dal legislatore; altra cosa, invece, e', come accade sovente ed anche nel caso di specie, contestare o mettere in dubbio che le emergenze istruttorie acquisite consentano di ricostruire la condotta di cui si discute in termini idonei a ricondurla al paradigma legale; operazione, questa, propria del giudice di merito. In definitiva, i ricorrenti, pur deducendo vizi di motivazione e violazione di legge, contesta in realta' l'approdo decisionale cui sono pervenuti i giudici di merito nell'affermare la penale responsabilita' degli imputati finendo per sottoporre alla Corte doglianze che si risolvono nella formulazione di una diversa ed alternativa ricostruzione dei fatti rispetto a quella posta a fondamento della decisione; si tratta, in definitiva, di censure inammissibili in questa sede considerato che l'obbligo di motivazione e' stato esaustivamente soddisfatto nella sentenza impugnata con valutazione critica degli elementi offerti dall'istruttoria dibattimentale e con indicazione, pienamente coerente sotto il profilo logico-giuridico, degli argomenti posti a sostegno dell'affermazione di responsabilita' dell'imputato. Nel caso di specie, dunque, la qualificazione del fatto ai sensi dell'articolo 628 c.p. piuttosto che ai sensi dell'articolo 367 c.p., non e' un problema di diritto ma, per l'appunto, una questione di fatto, che non attiene, percio', alla verifica della corretta sussunzione della condotta nel paradigma delineato dalla norma incriminatrice, ma alla ricostruzione dell'episodio alla luce degli elementi acquisiti nel corso del processo, operazione, come si e' detto, estranea al giudizio di legittimita'. 3.2 Tanto premesso, rileva il collegio che la Corte di appello ha fornito, sulla questione, una risposta del tutto appagante in punto di fatto, non mancando di prendere in esame tutti gli elementi emersi dall'istruttoria e segnalati dalla difesa come deponenti a favore della alternativa ricostruzione gia' prospettata nel corso del giudizio di primo grado. La Corte territoriale, infatti, ha riportato in primo luogo le dichiarazioni rese dall' (OMISSIS) in sede di interrogatorio innanzi al PM, laddove l'imputato aveva fatto presente di aver acquisito informazioni sullo spostamento del denaro frequentando la sala bingo in qualita' di cliente e di avere millantato la presenza di un complice interno. Ha inoltre puntualmente motivato sulle ragioni per le quali ha considerato insostenibile la tesi della "frode"; a tal fine, e con argomentazione non manifestamente illogica, ha premesso che la tesi della "rapina simulata" non era compatibile con le articolate modalita' organizzative con cui l'azione era stata posta in essere (e che avevano comportato il coinvolgimento di almeno sei persone, l'impiego di "trasfertisti" giunti appositamente da fuori Regione il giorno prima, plurimi sopralluoghi, il furto con scasso di urna autovettura per eseguire il colpo e da utilizzare per la fuga, l'utilizzo di un'arma) sicuramente esorbitanti rispetto a quelle che sarebbero state necessarie qualora si fosse trattato di una iniziativa "concordata" con le vittime. Ritiene il collegio di dover a questo punto chiarire un punto essenziale: perche' si potesse giungere ad escludere la configurabilita' della rapina, infatti, non era affatto sufficiente che, nel personale della sala bingo, vi fosse quale "basista interno" con cui era stata concordata la sottrazione del denaro; per pervenire a siffatto risultato era invece necessario che ad essere coinvolt direttamente nella vicenda fossero proprio coloro su cui era ricaduta materia mente la condotta minatoria finalizzata all'impossessamento della refurtiva, ovvero la (OMISSIS) ed il (OMISSIS). In mancanza di un preventivo accordo che avesse coinvolto anche costoro, infatti, la condotta tenuta nei loro confronti, indipendentemente dalla esistenza di una intesa con chi aveva la iniziale disponibilita' del denaro, non puo' non essere qualificata in termini di rapina. Per questa ragione, dunque, la Corte di appello ha correttamente appuntato la sua attenzione sulle conversazioni intercorse tra i malviventi e riferite, per l'appunto, alla (OMISSIS) ed al (OMISSIS): a partire da quella riportata a pag. 12 della sentenza impugnata al cui contenuto i giudici di merito, in termini certamente non arbitrari, hanno attribuito un significato diverso rispetto a quello ritenuto dalla difesa a conforto della propria tesi; per altro verso, anche la conversazione intercorsa tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), a proposito del fatto che la donna incaricata del trasporto del denaro sarebbe stata accompagnata da un uomo "... che due metri di stazza...", tanto da rendere necessario il ricorso ad un'arma come strumento di minaccia piu' dissuasivo, e' stato correttamente intesa nel senso che i due non fossero coloro con i quali era intervenuto il previo accordo per la sottrazione degli incassi. Ulteriore conversazione menzionata nella sentenza e' quella del 14.11.2019, pure riportata, e che la Corte di appello, correttamente evocando la dinamica della rapina, ha giudicato non significativa della complicita' del vigilante (OMISSIS) proprio perche' in contrasto con le modalita' con cui si era svolta la sottrazione del denaro ai due. La Corte, poi, ha fornito una spiegazione, non manifestamente illogica, del contenuto della conversazione richiamata a pag. 14 tra gli stessi (OMISSIS) e (OMISSIS) quanto ai dubbi che costoro avevano nutrito sull'entita' della somma di denaro recata con se' dalla (OMISSIS) che, difatti, sospettavano essersi essa stessa impadronita di una parte degli incassi; anche in tal caso, infatti, i giudici di merito sono pervenuti ad una conclusione diversa rispetto a quella del diretto coinvolgimento di costei nella sottrazione del denaro, evocando, in particolare, la presenza di un "basista" interno, non identificabile nella donna (cfr., anche, pag. 15). Le difese, anche in questa sede, hanno invece insistito sulla lettura delle intercettazioni in senso conforme alla ricostruzione da loro proposta essendo tuttavia appena il caso di ribadire che costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita' se non nei limiti della manifesta illogicita' ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (cfr.,Sez. 3 -, n. 44938 del 05/10/2021,Gregoli,Rv. 28233701;Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016,D'Andrea,Rv. 26838901;Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013,Corso,Rv. 25816401; Sez. 6, n. 11794 del 11/02/2013, Melfi, Rv..254439 - 01). In definitiva, percio', la richiesta di ricondurre la vicenda nella ipotesi delittuosa di cui all'articolo 367 c.p., in alternativa a quella proposta dalla pubblica accusa, si risolve nella non consentita sollecitazione a rivalutare gli elementi istruttori acquisiti che sono stati invece attentamente vagliati dai giudici di merito che ne hanno fornito lettura in termini confermativi della ipotesi accusatoria sorretta, tuttavia, da una motivazione che non presta il fianco a rilievi suscettibili di essere avanzati in questa sede. 3.3 Manifestamente infondato e', inoltre, il motivo di ricorso articolato nell'interesse dell' (OMISSIS) con riguardo al concorso del predetto nel delitto di cui al capo B) della rubrica. Anche in tal caso la Corte di appello ha congruamente ed esaustivamente motivato (cfr., pagg. 18-19 della sentenza impugnata) evidenziando una serie di elementi di fatto (con particolare riferimento alla sosta, per quattro minuti, della vettura Opel dell' (OMISSIS), all'interno del parcheggio ove sarebbe stata rubata la Fiat Punto "... effettuando brevi soste e girando continuamente all'interno dell'area") di cui hanno fornito una lettura complessiva e sintetica pervenendo, con procedimento induttivo privo di fratture logiche, alla conclusione della piena condivisione, da parte del ricorrente, della iniziativa di prelevare la Fiat Punto poi utilizzata dagli esecutori materiali della rapina. 3.4 Con il secondo motivo dei ricorsi di (OMISSIS) ed (OMISSIS) si denunziano violazione di legge e vizio di motivazione sulla pena che, tuttavia, la Corte di appello, replicando alle analoghe considerazioni sviluppate con gli atti di gravame, ha invece affermato di dover condividere; a tal fine, i giudici di merito hanno congruamente valorizzato la oggettiva gravita' del fatto, connotato non soltanto dall'uso di un'arma ma, anche, da una minuziosa organizzazione e programmazione tanto da prevedere il coinvolgimento di soggetti appositamente convocati da fuori regione. Sotto il profilo soggettivo, inoltre, hanno evidenziato il ruolo centrale e la preoccupante personalita' del (OMISSIS) (cfr., pagg. 19-20 della sentenza impugnata) e, per altro verso, il ruolo del (OMISSIS), a sua volta pluripregiudicato (cfr., ivi, pag. 20). Si e' peraltro in presenza di una rapina pluriaggravata (dall'essere stata commessa da piu' persone riunite e con l'uso cli un'arma: cfr., Sez. 2 -, n. 29792 del 09/10/2020, Panaro, Rv. 279817 - 01, secondo cui, attesa la nuova formulazione del dell'articolo 628 c.p., comma 4- introdotta dalla L. 23 giugno 2017, n. 103 - il piu' elevato minimo edittale ivi previsto si applica anche nel caso di concorso di piu' circostanze aggravanti interne allo stesso articolo 628 c.p., comma 3, n. 1 poiche' ciascuno dei numeri interni al catalogo contenuto nell'articolo 628 c.p., comma 3 contiene una disposizione a piu' norme autonome eventualmente concorrenti) su cui, cio' non di meno, erano state ritenute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle aggravanti. La Corte di appello, per calcolare la pena finale, e' partita da quella di anni 6 e mesi 6 di reclusione ed Euro 1.200 di multa, dando conte dello spostamento rispetto al minimo edittale stabilito per la rapina non "circostanziata" e su cui ha operato una riduzione, per le attenuanti generiche prevalenti, in misura inferiore al massimo, dando anche in tal caso conto della sua scelta; ha inoltre aumentato, di soli mesi 6 di reclusione ed Euro 200 di multa per il furto pluriaggravato di cui al capo B) e, infine, applicato la riduzione di un terzo per la scelta del rito abbreviato. Ed e' allora appena il caso di ribadire che una motivazione specifica sulla pena inflitta e' necessaria soltanto se questa risulti di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell'impiego dei criteri di cui all'articolo 133 c.p. le espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure il richiamo alla gravita' del reato o alla capacita' a delinquere (cfr., tra le tante., Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243 - 01; cfr., anche, Sez. 3 -, n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa, Rv. 276288 - 01 che, nel ribadire tale principio, ha opportunamente chiarito che la media eclittale deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato cosi' ottenuto al minimo). 4. L'inammissibilita' dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., della somma di Euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende non ravvisandosi ragione alcuna d'esonero. P.Q.M. dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Motivazione semplificata.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente Dott. RICCIARELLI Massimo - Consigliere Dott. VILLONI Orlando - Consigliere Dott. CALVANESE Ersili - rel. Consigliere Dott. DI NICOLA T. Paola - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 02/07/2019 della Corte di appello di Napoli; visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa CALVANESE Ersilia; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RICCARDI Giuseppe, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita' dei ricorsi; lette le conclusioni del difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l'accoglimento dei motivi, anche replicando alle conclusioni del Procuratore generale. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Napoli riformava parzialmente - quanto alla pena che riduceva - la sentenza emessa dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Napoli il 9 marzo 2018, con la quale erano stati condannati, all'esito di giudizio abbreviato, gli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) per i reati di cui ai capi D), E) e G) della rubrica. In particolare, erano stati contestati ai suddetti imputati i seguenti reati: - (capo D) articoli 110, 81, 319, 319-bis e 321 c.p., perche' (OMISSIS), quale Direttore amministrativo delle (OMISSIS), e (OMISSIS), quale RUP presso le stesse aziende regionali, si erano fatti promettere e consegnare da (OMISSIS) (giudicato separatamente), titolare della societa' (OMISSIS), somme di danaro e altri beni per compiere atti contrari ai doveri dei loro uffici, ovvero per affidare a societa' riconducibili al (OMISSIS) commesse per i servizi presso i suddetti istituti, derogando alla materia in materia di appalti; - (capo E) articoli 110, 81, 319, 319-bis e 321 c.p., perche' nelle stesse qualita' si erano fatti promettere e consegnare da (OMISSIS) (giudicato separatamente), titolare della societa' Zero 2 Outlet, attraverso la intermediazione del (OMISSIS), somme di danaro per compiere atti contrari ai doveri dei loro uffici, ovvero per affidare alla suddetta societa' commesse per i servizi presso i suddetti istituti, derogando alla materia in materia di appalti; - (capo G) articoli 110, 112, 81 c.p., articolo 59 c.p., comma 2, e articolo 353 c.p., comma 2, perche' nelle stesse qualita' in concorso con il (OMISSIS), (OMISSIS), titolare della Cooperativa (OMISSIS), (OMISSIS), titolare della (OMISSIS) e (OMISSIS), titolare della (OMISSIS) (giudicati separatamente) avevano turbato, con collusioni e mezzi fraudolenti, il regolare svolgimento della gara per l'affidamento del servizio di pulizie presso la (OMISSIS), pilotandone l'affidamento alla ditta Coop (OMISSIS). 2. Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), denunciando con atti separati i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 2.1. Ricorso (OMISSIS). 2.1.1. Vizio di motivazione in relazione alla interpretazione delle conversazioni intercettate e alle dichiarazioni rese da (OMISSIS) con riferimento alle imputazioni oggetto di condanna. Quanto alla vicenda di cui al capo D), la Corte di appello ha ritenuto che le intercettazioni venissero a riscontrare le dichiarazioni rese dal (OMISSIS) in ordine al versamento delle tangenti "anche nelle mani" del ricorrente, oltre che di quelle del (OMISSIS). Peraltro, nessun riscontro si ricava da dette intercettazioni, tenuto viepiu' conto che l'unica captazione che vi e' stata tra il ricorrente e il (OMISSIS) dimostrava un rapporto formale tra i due e l'intenzione del primo di voler risparmiare sulla spesa pubblica (a fronte di molteplici dialoghi captati tra (OMISSIS) e (OMISSIS) connotati da toni amicali), e le altre si pongono in antinomia logica con il risultato probatorio indicato dalla Corte di appello. In particolare, si richiamano: - la captazione in cui (OMISSIS) affermava di aver versato "il deca" al (OMISSIS); - la captazione in cui (OMISSIS) riferiva al (OMISSIS) di essere lui quello che faceva tutte le determine (che (OMISSIS) quindi firmava soltanto). Ne' poteva fungere da riscontro la captazione in cui (OMISSIS) aveva riferito di versare al (OMISSIS) le somme che poi lo stesso divideva, in quanto nulla provava sulla effettiva successiva destinazione (soltanto ipoteticamente dedotta) di tali somme a favore del ricorrente. La Corte di appello ha affrontato in modo carente le censure mosse dal ricorrente alla ritenuta partecipazione del medesimo ad incontri tra (OMISSIS) e (OMISSIS): da una captazione emergeva che il (OMISSIS) semplicemente informava il (OMISSIS) che stava scendendo con il direttore a prendere un caffe' e se lo stesso voleva raggiungerli; da altra che l' (OMISSIS) con cui si doveva parlare era persona diversa dal ricorrente, non avendo senso la frase se riferita a persona presente al dialogo. Resta inesplorato il tema decisivo della legittimita' degli atti amministrativi, affrontato dalla difesa con il gravame, secondo la Corte di appello ritenuto superato dal contenuto delle captazioni. In ordine al capo E), la Corte di appello si e' limitata a rispondere con un lapidario argomento, tratto dalla captazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in cui il primo aveva avvertito l'altro che stava per giungere l'offerta Zero 2. Nulla si motiva sul coinvolgimento nel reato del ricorrente, considerata viepiu' la fallacia delle argomentazioni di primo grado, basate sulla mera sottoscrizione da parte del ricorrente delle determine in questione e sulla ritenuta consapevolezza degli accordi criminosi portati avanti dal (OMISSIS) nell'interesse di entrambi. Questa conclusione peraltro era basata sulla captazione in cui era stato ritenuto presente il ricorrente, mentre sicuramente si trattava di altra persona. Pertanto, tanto per il capo D) che per quello E) le conclusioni tratte a carico del ricorrente sono meramente congetturali (in definitiva basate sulla sola firma delle determine) e la Corte di appello non ha risolto le illogicita' e le aporie segnalate con il gravame. In merito al capo G), ancora una volta la Corte di appello e' ricorsa ad un approccio meramente congetturale e deduttivo del coinvolgimento nel reato del ricorrente, attribuendo anche a lui l'operato del (OMISSIS) sol perche' era il ricorrente l'affidatario dell'incarico e non potendo il (OMISSIS) rischiare di non ottenere il risultato lasciando all'oscuro il ricorrente. Risulta infatti neutra e non riscontrata l'affermazione del (OMISSIS) dell'essersi messo d'accordo con il (OMISSIS) "d'intesa" con il ricorrente. Va evidenziato come emerge dalle captazioni che (OMISSIS) aveva ampi margini di manovra nell'ufficio e non un ruolo meramente subalterno al ricorrente. 2.2. Ricorso di (OMISSIS). 2.2.1. Vizio di motivazione in merito alla ritenuta responsabilita' del ricorrente. La Corte di appello ha ritenuto come il primo giudice pienamente credibili e attendibili le dichiarazioni del (OMISSIS). Giudizio che la difesa contesta la' dove si afferma che ben poteva il (OMISSIS) assumere il ruolo di vittima, in quanto erano state accertate condotte intimidatorie ai danni del dichiarante: di tale accertamento non vi e' traccia, anzi emergono toni confidenziali tra (OMISSIS) e (OMISSIS), Di conseguenza, in mancanza della prova della effettiva dazione delle somme di danaro e della contrapartita in termini di vantaggio, la condotta del (OMISSIS) nel dare "dritte" e rapportarsi in modo confidenziale poteva iscriversi in un atteggiamento volto ad entrare nelle grazie del (OMISSIS), e non in un sinallagma corruttivo. Il (OMISSIS), che si era reso protagonista di vicende corruttive di piu' rilevante impatto, nella specie ha reso propalazioni confusionarie e prive di riscontri sui soggetti parti del rapporto corruttivo, sulla richiesta da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS) di richieste corruttive e sulla dazione di tali somme. Quanto alle dazioni di danaro, a fronte di dichiarazioni confuse e contraddittorie, le captazioni non offrono riscontri e la prova di quando, dove, come e a chi siano state consegnate dette somme. Nessun riscontro e' fornito per la dazione del telefonino (sul punto lo stesso (OMISSIS) e' vago e non ricorda). (OMISSIS) anche nelle captazioni fa ricorso a millanterie per giustificare ammanchi di danaro. La procedura per l'affidamento degli incarichi era inoltre legittima. Quanto alla turbativa della gara, la Corte di appello fonda la prova in una captazione in cui si fa rifermento ad un incontro per accordarsi, incontro peraltro al quale il (OMISSIS) non ha partecipato (come si evince dall'assenza dell'avviso via telefono che doveva venire dal (OMISSIS) al momento del suo arrivo al luogo convenuto). Non vi e' inoltre la prova della simulazione della presenza delle tre offerte. 3. Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, conv. dalla L. 18 dicembre 2020, e succ. modd., in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale e la difesa di (OMISSIS) hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi sono inammissibili per le ragioni di seguito illustrate. 2. Prima di procedere all'esame delle censure e' opportuno richiamare i principi di diritto rilevanti nello scrutinio delle questioni sollevate dalle difese. 2.1. In primo luogo, quanto alla completezza della motivazione resa dal giudice di appello, e' legittimo il ricorso alla motivazione per relationem, che recepisca quella resa dal primo giudice, omettendo di esaminare ex novo quelle doglianze che gia' avevano trovato risposta nella sentenza di primo grado, cosi' da costituire le motivazioni delle sentenze di merito, in caso di cd. doppia conforme affermazione di responsabilita', un unico percorso giustificativo (Sez. 2, n. 19619 del 13/02/2014, Rv. 259929; Sez. 2, n. 30838 del 19/03/2013, 257056; Sez. 5, n. 3751 del 15/02/2000, Rv. 215722). 2.2. Costituisce inoltre questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni intercettate, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita' se non nei limiti della manifesta illogicita' ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Rv. 282337). Invero, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita' (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, v. 263715). D'altra parte, anche in tema di travisamento della prova, si e' costantemente affermato che tale vizio e' configurabile soltanto quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia (in caso di intercettazioni, tra tante, Sez. 2, n. 27929 del 12/06/2019, Rv. 276567). 2.3. Va infine anche richiamato il corretto metodo di analisi della prova indiziaria, secondo cui il giudice di merito non puo' limitarsi ad una valutazione atomistica e parcellizzata degli indizi, ne' procedere ad una mera sommatoria di questi ultimi, ma deve, preliminarmente, valutare i singoli elementi indiziari per verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti) e l'intrinseca valenza dimostrativa (di norma solo possibilistica), e, successivamente, procedere ad un esame globale degli elementi certi, per accertare se la relativa ambiguita' di ciascuno di essi, isolatamente considerato, possa in una visione unitaria risolversi, consentendo di attribuire il reato all'imputato al di la' di ogni ragionevole dubbio e, cioe', con un alto grado di credibilita' razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all'ordine naturale delle cose e della normale razionalita' umana (da ultimo, Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, dep. 2021, Rv. 28060, in senso conforme tra tante a Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231678). 3. Ricorso di (OMISSIS). Alla luce di queste premesse, va osservato che la maggior parte delle censure proposte dal ricorrente non si confrontano con i suddetti principi, ora evidenziando carenze argomentative della sentenza impugnata, ora investendo il "significato" probatorio delle captazioni, ora segmentando la valenza dimostrativa delle evidenze, ora ancora contestando la valutazione dei riscontri alle dichiarazioni rese dal (OMISSIS). In primo luogo, la Corte di appello ha osservato (pag. 11) come le questioni sollevate dalle difese si risolvessero in questioni gia' ampiamente esaminate dal Tribunale e ancor prima in sede cautelare. Il che consentiva di fare legittimo rinvio, condividendole, alle argomentazioni del primo giudice. Inoltre, i giudici di merito hanno evidenziato quali fossero i rapporti tra gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), non limitati alla commissione delle singole imputazioni, ma volti a sfruttare reciprocamente (definendosi una "squadra") gli incarichi pubblici che (OMISSIS) si trovava a via via a ricoprire. 3.1. Quanto al capo D), gia' in primo grado era stato chiarito che le dichiarazioni del (OMISSIS) venivano soltanto a confermare e chiarire il contenuto delle captazioni, gia' di per se' eloquenti quanto alla prova della vicenda corruttiva. Pertanto, e' aspecifica la censura del ricorrente la' ove inverte il rapporto tra le due fonti probatorie, pretendendo che siano le captazioni a fungere da riscontro esterno alla chiamata del (OMISSIS). Quanto poi al coinvolgimento del ricorrente, la lettura del compendio probatorio da parte della difesa mira a isolare chirurgicamente alcune evidenze, trascurandone la lettura integrale o omettendo la citazione di alcune prove valorizzate dai giudici di merito, o ad avanzare rilievi di merito sul significato di alcune prove non oggetto di censura in sede di appello. Cosi', per la captazione del 15 aprile 2015, richiamata dalla Corte di appello per delineare l'attivo coinvolgimento del ricorrente nel meccanismo corruttivo, della quale in questa sede viene estrapolato dalla difesa un mero passaggio per contestare le dichiarazioni accusatorie del (OMISSIS). La lettura di questa captazione rivela, come ha argomentato la Corte di appello, i rapporti esistenti tra il (OMISSIS) e il ricorrente: (OMISSIS) e il suo interlocutore in modo confidenziale fanno riferimento ad " (OMISSIS)", ben conosciuto dal (OMISSIS), che era diventato "Direttore della (OMISSIS)" e che aveva ottenuto anche un'altra facolta': questi era disponibile a dare incarichi conoscendo pure il "costo" dell'operazione; (OMISSIS) aveva "gia' pagato" per entrare nel giro ("la dentro") e lui doveva favorirli, in particolare per gli appalti delle pulizie a favore di (OMISSIS) presi "mese per mese". In questo contesto in cui i due conversanti fanno riferimento ai favori ricevuti e che intendevano ricevere nel futuro dal "Dottore", (OMISSIS) aveva affermato che aveva iniziato l'appalto e che la tangente era stata pagata ("un deca") "tramite il suo ometto.. (OMISSIS)" (il (OMISSIS)) e della preoccupazione che da "direttore dell'(OMISSIS)" il predetto potesse lasciare l'incarico. Quindi tale captazione, come correttamente argomentato dalla Corte di appello, era in linea con le propalazioni del (OMISSIS), posto che non tutte le tangenti erano pagate direttamente al ricorrente e quella indicata nella suddetta captazione era soltanto una di quelle pagate al (OMISSIS), benche' diretta al ricorrente. La suddetta captazione confermava inoltre, in ordine ai rapporti tra (OMISSIS) e il ricorrente, quanto illustrato dal giudice di primo grado con riferimento alla conversazione del 5 maggio 2015 (che pertanto non poteva ritenersi mera millanteria) nella quale il primo aveva espresso la sua soddisfazione ad avere "in squadra il direttore" (il ricorrente). Ancora la Corte di appello ha richiamato la captazione del 25 agosto 2015 tra (OMISSIS) e il (OMISSIS) nella quale cui venivano comunicate da quest'ultimo le difficolta' a future assegnazioni con il "metodo" fino ad allora seguito e della necessita' di dover procedere formalmente tramite Consip e (OMISSIS) perche' stavano avendo "problemi" e stavano "addosso ad (OMISSIS)" (cosi' confessando di aver bypassato le procedure); nonche' quella del 17 settembre 2015 (non affrontata dalla difesa con l'appello) nella quale emergevano i rapporti confidenziali tra (OMISSIS), (OMISSIS) e il (OMISSIS) e venivano effettuati calcoli sugli importi delle gare da prendere con la previsione delle relative tangenti ("le spese commerciali"). Nella specie, l' (OMISSIS) aveva prospettato "risorse piu' grandi" da sfruttare se fosse andato all'ARPAC. Che l' (OMISSIS) presente a tale ultima captazione non fosse il ricorrente e' questione di merito non sollevata in appello (la Corte di appello invero ha rilevato che la captazione fosse stata "eloquentemente obliterata dalla difesa nell'atto di appello" e su tale punto nulla ha osservato in questa sede il ricorrente) e che comunque appare anche ictu oculi manifestamente infondata (stante i plurimi riferimenti alla persona del ricorrente). Quanto al tema della legittimita' degli atti amministrativi, la Corte di appello ha spiegato in modo adeguato come le captazioni e le dichiarazioni del (OMISSIS) avevano consentito di dimostrare la illegittimita' degli incarichi affidati senza gara al predetto: in particolare il meccanismo per aggirare la normativa era quello di frazionare la durata degli incarichi e le captazioni davano atto di incarchi che in definitiva venivano ad avere durata breve cosi' da non superare la soglia prevista dalla normativa (come si e' detto dalle captazioni era emersa la stessa consapevolezza degli imputati di aver percorso una via illecita e per la quale stavano avendo "problemi"). 3.2. In ordine al capo E), quanto al dedotto "stringatissimo argomento" utilizzato dalla Corte di appello, e' sufficiente rilevare che la sentenza impugnata fa rinvio integrale alla sentenza di primo grado, limitandosi a richiamare tra le varie fonti di prova la captazione dell'11 dicembre 2014. Quindi il motivo e' generico per quello che si e' gia' osservato al paragrafo 2.1. del considerato in diritto. Anche i riferimenti critici alla sentenza di primo grado sono aspecifici, in quanto il ragionamento probatorio che si rinviene in tale sentenza si fonda non solo sulle prove indicate dalla difesa. Il Giudice dell'udienza preliminare ha infatti richiamato le prove che venivano a dimostrare il complessivo meccanismo corruttivo che legava gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nel quale veniva ad inserirsi anche la vicenda corruttiva che vedeva come corruttore anche il genero del (OMISSIS), (OMISSIS) (quest'ultimo era stato introdotto dal (OMISSIS) a (OMISSIS) e (OMISSIS) per commesse di lavaggio-biancheria). Si trattava in definitiva del medesimo contesto e delle medesime modalita' corruttive, pur se formalmente separate. Come per la imputazione di cui al capo D), la Corte di appello ha valorizzato le captazioni, prima ancora che le propalazioni di (OMISSIS), che avevano confermato la condotta corruttiva da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS) (oltre alla captazione dell'11 dicembre 2014 in cui (OMISSIS) avvisava (OMISSIS) che era in arrivo l'offerta per la ditta di (OMISSIS), ve ne erano altre indicate dal primo giudice in cui (OMISSIS) e (OMISSIS) fanno il punto delle somme pagate per l'assegnazione, del ruolo di (OMISSIS) e dello stesso (OMISSIS), cfr. pagg. 48-54 della sentenza di primo grado). 3.3. In merito al capo G), la Corte di appello ha spiegato in modo lineare e non congetturale la partecipazione del ricorrente alla vicenda della turbativa della gara, in quanto collocata anch'essa nella rete accertata di rapporti illeciti instaurata da (OMISSIS) e (OMISSIS) per la gestione degli affidamenti delle (OMISSIS) dirette da quest'ultimo. La ritenuta partecipazione del ricorrente anche al reato in esame veniva quindi a saldarsi con quanto emerso dalle captazioni sui rapporti tra (OMISSIS) e (OMISSIS), sulle modalita' di gestione degli affidamenti e sulla posizione del (OMISSIS). Gia' nell'agosto 2015 infatti (OMISSIS) aveva comunicato a (OMISSIS) che era necessario studiare altri meccanismi per affidare gli incarichi in quanto vi erano controlli su " (OMISSIS)". Pertanto, in questa ricostruzione, sufficiente era il richiamo della Corte di appello alle captazioni esposte nella sentenza di primo grado che venivano a consolidare la conferma del pieno coinvolgimento del ricorrente anche in tale vicenda. Cosi' le captazioni che davano conto che (OMISSIS) aveva incontrato l'autore della delibera (in quella del 7 marzo 2016 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) (in cui il primo chiedeva se "la' era stato fatto" preannunciando di "incontrare" pure lui "piu' tardi"; quella successiva in pari data (in cui (OMISSIS) rassicurava (OMISSIS) del risultato e che stava uscendo "da dove doveva uscire"), quella dell'8 marzo 2016 (in cui (OMISSIS) aveva spiegato il meccanismo organizzato per ottenere l'assegnazione di gare dalla (OMISSIS) con il (OMISSIS) che era in definitiva "l'uomo di (OMISSIS)"). 4. Ricorso di (OMISSIS). 4.1. Il ricorrente si limita a reiterare le censure versate nell'appello, senza confrontarsi con la risposta fornita dalla Corte di appello. La Corte di appello ha ritenuto le doglianze proposte anche dal ricorrente la mera ripetizione di questioni gia' ampiamente vagliate in primo grado e ha comunque dato alle dichiarazioni del (OMISSIS) la valenza di "riscontro" alle captazioni, che dimostravano gia' da sole, in modo eloquente e diretto, le vicende illecite contestate al (OMISSIS). Quanto alle dazioni di danaro e al telefonino, i rilievi difensivi sono generici rispetto alle captazioni richiamate "per relationem" dalla Corte di appello. In ogni caso il reato di corruzione si consuma con la sola promessa delle dazioni e pertanto non era necessaria la prova delle stesse (in tal senso cfr. sentenza di primo grado pag. 45). Sulla legittimita' degli affidamenti, si e' gia' osservato la manifesta infondatezza del medesimo punto per la posizione di (OMISSIS) e pertanto ad essa si rinvia (paragrafo 3.2. del considerato in diritto). Generici, in quanto meramente oppositivi, sono i rilievi relativi alla turbativa della gara. Sulla ricostruzione della vicenda si rinvia a quanto osservato al paragrafo 3.3. del considerato in diritto. In questa ricostruzione, la Corte di appello ha fornito una non illogica spiegazione del senso della captazione dell'8 marzo 2016 (quanto alla partecipazione del (OMISSIS) all'appuntamento con il (OMISSIS) al bar (OMISSIS)). Sulla prova della simulazione della presenza delle tre offerte, e' sufficiente il rinvio della Corte di appello alle eloquenti captazioni contenute nella sentenza di primo grado. 5. Per le considerazioni svolte, i ricorsi vanno dichiarati inammissibili. Alla declaratoria di inammissibilita' dei ricorsi consegue la condanna di ciascuno di essi al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende in mancanza di elementi dimostrativi dell'assenza di colpa nella proposizione del ricorso (Corte Cost. n. 286 del 2009). P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. GALTERIO Donatella - Presidente Dott. PAZIENZA Vittorio - Consigliere Dott. SEMERARO Luca - rel. Consigliere Dott. MACRI' Ubalda - Consigliere Dott. MAGRO Maria Beatric - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 10/11/2021 della CORTE APPELLO di PALERMO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. LUCA SEMERARO; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. SECCIA DOMENICO, che conclude per l'inammissibilita' del ricorso Ricorso trattato ai sensi ex Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza del 10 novembre 2021 la Corte di appello di Palermo ha confermato la condanna inflitta dal Tribunale di Palermo il 27 marzo 2019 a (OMISSIS) alla pena di un anno e sei mesi di reclusione per il reato ex articolo 2 Decreto Legislativo n. 74 del 2000 perche', in qualita' di titolare della ditta (OMISSIS), in concorso con il titolare di fatto (OMISSIS), giudicato separatamente, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti, ha indicato nella dichiarazione fiscale IVA del 2013 elementi passivi fittizi per Euro 14.640,04 e nella dichiarazione fiscale Mod. Unico 2015 elementi passivi fittizi per Euro 95.672,41, al fine di evadere VIVA per gli anni 2013 e 2014. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputata. 2.1. Con il primo motivo si deducono i vizi di violazione di legge e della motivazione in relazione al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2. La Corte territoriale avrebbe omesso di valutare il motivo di appello, fondato sulla consulenza tecnica prodotta dalla difesa e sulla sentenza di assoluzione n. 608/2020 dal reato di "intestazione fittizia", sulla sussistenza del reato e si sarebbe limitata a recepire acriticamente le argomentazioni della sentenza di primo grado. Sussisterebbe il vizio di violazione di legge perche' la condotta concretizzerebbe un tentativo non punibile. All'imputata e' stata contestata l'evasione dell'IVA per gli anni 2013 e 2014, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti, riportate nel registro IVA acquisiti ai fini delle dichiarazioni annuali. Come evidenziato in sede di appello, sarebbe provato documentalmente che nella dichiarazione Modello Unico del 2015, riferito all'anno di imposta 2014, l'imputata, agendo in buona fede ed avvalendosi del tenutario delle scritture contabili, non avrebbe voluto in alcun modo portare in detrazione gli importati riportati nelle fatture contestate. La Corte territoriale avrebbe ritenuto meramente assertiva tale circostanza, nonostante escludesse la configurabilita' del delitto contestato, sussistendo un mero tentativo, senza adeguata motivazione rispetto al motivo di appello che si fonderebbe anche su prove documentali. La motivazione della sentenza sarebbe affetta da manifesta illogicita' e contraddittorieta'. In relazione alla manifesta illogicita', non si comprenderebbe dal testo della motivazione se le argomentazioni fornite dal consulente tecnico di parte siano state prese in considerazione ed escluse con riferimento al delitto di cui al capo 9b) dell'anno 2014 o se, piu' probabilmente, la Corte territoriale abbia ricondotto tale motivazione al delitto di cui al capo 9a). Quanto alla contraddittorieta', la Corte di appello non fornirebbe alcuna spiegazione del rigetto dei motivi di appello, limitandosi a recepire acriticamente le argomentazioni del Giudice di primo grado. Con l'appello sarebbe stata contestata anche l'inesistenza delle operazioni in base alle dichiarazioni della sig.ra (OMISSIS), che avrebbe dichiarato che le operazioni fossero pienamente esistenti, essendovi un reale transito di merci. La sentenza impugnata non spiegherebbe perche' le dichiarazioni di (OMISSIS) non siano attendibili, non essendo sufficiente il richiamo al procedimento originario relativo al meccanismo fraudolento elaborato da (OMISSIS) da cui la ricorrente sarebbe stata assolta. La Corte di appello ribadirebbe immotivatamente la consapevolezza da parte della ricorrente del meccanismo fraudolento elaborato dal padre, omettendo qualsiasi riferimento all'assoluzione dell'imputata in altro processo dal reato di intestazione fittizia di beni. 2.2. Con il secondo motivo si deducono i vizi di violazione di legge e della motivazione in relazione all'articolo 62-bis c.p.. La Corte territoriale non avrebbe esercitato la facolta' di concedere le circostanze attenuanti generiche; si sarebbe limitata ad apodittiche asserzioni di insussistenza di ragioni per la concessione senza confrontarsi con quanto dedotto con l'appello in cui si sarebbe evidenziato che l'imputata avrebbe cercato di porre rimedio alle condotte perpetrate, modificando la dichiarazione finale presentata al fisco e scegliendo di non portare in detrazione l'IVA per le fatture contestate. Il motivo di appello avrebbe evidenziato una condotta contemporanea e susseguente al reato, rilevante ex articolo 133 c.p., comma 2. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo e' fondato nel senso che segue. 1.1. La Corte di appello ha rilevato che, con riferimento all'an della responsabilita' per il reato di cui al capo 9a), non fu proposta una specifica impugnazione. 1.2. Pero', sul reato di cui al capo 9b), la sentenza di primo grado ha cosi' motivato: "Nel caso di specie risulta agli atti che l'imputata ha indicato i costi relativi alle operazioni inesistenti fatturate da Profumarket e Padovano Profumi e registrate nei libri Iva per gli anni di imposta 2013 e 2014. I verificatori fiscali hanno constatato (che) le comunicazioni delle liquidazioni periodiche dell'anno 2014 non hanno preso in considerazione l'IVA in detrazione relative alle fatture emesse dalle due cartiere ma che, nondimeno, di relativi costi si e' tenuto conto ai fini delle imposte dirette. E cio' che risulta decisivo e' il fatto che rispetto a quelle operazioni (tutte elencate nell'allegato numero 14 del P.V.C.) non sono inesistenti soltanto dal punto di vista soggettivo ma anche dal punto di vista oggettivo, visto che non e' stato rinvenuto alcun documento attestante la reale consegna della merce (e) il pagamento del prezzo. La natura oggettiva della simulazione fiscale implica l'illecita di deduzione del costo e l'integrazione del delitto contestato". 1.3. Dalla lettura della sentenza di primo grado risulta, dunque, che il reato di cui al capo 9b) e' stato ritenuto sussistente non in relazione all'evasione dell'Iva ma solo ai fini dell'evasione delle imposte dirette perche' le fatture, ritenute sia oggettivamente che soggettivamente inesistenti, sono state adoperate quale costo illecitamente dedotto. Tale capo della sentenza, che ha escluso che l'indicazione nella dichiarazione annuale IVA sia stata effettuata al fine di evadere tale imposta, non e' stato impugnato dal Pubblico ministero, sicche' il fatto per il quale e' intervenuta la condanna e', tenuto conto del contenuto della sentenza del Tribunale di Palermo, l'essersi avvalso delle fatture per operazioni soggettivamente ed oggettivamente inesistenti, registrate nelle scritture contabili obbligatorie, ed adoperate in dichiarazione quale costo illecitamente dedotto. 1.4. La Corte di appello, nel valutare il motivo di appello sulla sussistenza del reato, anche in relazione al contenuto della consulenza tecnica della difesa sulla insussistenza dell'evasione dell'IVA, non si e' confrontata con tale dato emergente dalla sentenza di primo grado ed ha invece confermato l'esistenza del reato finalizzato alla evasione dell'IVA, escluso dal Tribunale di Palermo. 1.5. Inoltre, non risulta analizzato il motivo di appello con cui si contesto' che le operazioni sottostanti alle fatture fossero oggettivamente inesistenti in base alle dichiarazioni della coimputata (OMISSIS). 2. Anche il secondo motivo e' fondato. Ed invero, la Corte di appello ha ritenuto che gli elementi di fatto dedotti dall'appellante fossero non utilmente valutabili e privi di riferimento su dati su cui fondare la decisione. Invece, con l'appello sono stati indicati diversi elementi di fatto astrattamente idonei ad essere valutati ex articolo 133 c.p. ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche: l'uso per l'anno di imposta 2013 di una sola fattura, che e' elemento che concerne la gravita' del reato; il comportamento rispetto al reato del 2014; il ruolo nella vicenda, avendo operato in concorso con il padre, reale amministratore di fatto. Tali elementi di fatto non sono stati valutati, perche' la Corte di appello si e' limitata ad affermare che le argomentazioni sarebbero state generiche e prive di specifico riferimento a dati su cui fondare la valutazione, mentre quelli indicati nell'appello sono circostanze di fatto indicate nella sentenza di primo grado. 3. S'impone, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo, quanto al capo 9b) sussistendo i vizi della motivazione in relazione alla sussistenza del reato, e per i capi 9a), fermo l'accertamento della responsabilita', e 9b), ove ritenuto provato, sussistendo il vizio della motivazione sul motivo di appello relativo all'applicabilita' delle circostanze attenuanti generiche. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MOGINI Stefano - Presidente Dott. SIANI Vincenzo - rel. Consigliere Dott. MASI Paola - Consigliere Dott. MAGI Raffaello - Consigliere Dott. ALIFFI Francesco - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1) PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI MILANO; e da: 2) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); nel procedimento a carico dello stesso: (OMISSIS); inoltre: (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); avverso la sentenza del 20/07/2022 della CORTE ASSISE APPELLO di MILANO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. VINCENZO SIANI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. COCOMELLO ASSUNTA, che ha concluso chiedendo il rigetto di entrambi i ricorsi; uditi i difensori: l'avvocato (OMISSIS) del foro di PAVIA, in difesa di (OMISSIS), anche in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato VALENTINA TONDO del foro di MONZA (nomina depositata all'odierna udienza), in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), si riporta come da conclusioni scritte che deposita all'odierna udienza unitamente alle note spese. l'avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA, in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS) del foro di MILANO (nomina dichiarata oralmente in udienza), in difesa di (OMISSIS), conclude insistendo nell'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 27 gennaio 2022, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Pavia aveva giudicato, all'esito di giudizio abbreviato, (OMISSIS) in ordine all'imputazione di omicidio volontario, ai sensi dell'articolo 575 c.p., in danno di (OMISSIS). L'accusa aveva contestato all'imputato il fatto di essere giunto presso la (OMISSIS), nel Comune di (OMISSIS), alle ore 15:35 dell'11 giugno 2019, a bordo della sua autovettura Alfa Romeo Mito, insieme a (OMISSIS), di essere entrato nel fondo agricolo di cascina (OMISSIS), alle ore 15:38 circa, e, dopo essere sceso dall'automobile unitamente al suddetto (OMISSIS), di avere spinto quest'ultimo all'interno della roggia presente presso tale luogo, che aveva una profondita' d'acqua pari a 50/55 cm, con corrente debole, cosi' determinando la morte di (OMISSIS) per "asfissia meccanica da annegamento". In prosieguo, secondo la prospettazione dell'accusa, alle ore 16:00, l'imputato era ritornato in auto e aveva simulato un incidente stradale facendo precipitare l'auto sulla roggia e facendola finire in posizione parallela al corso d'acqua, inclinata nella parte destra, si' che l'acqua raggiungeva parzialmente il pianale del lato passeggero senza raggiungere pero' il sedile lato passeggero: e, tanto, al fine di depistare le prove a suo carico; a seguire, dopo avere simulato l'incidente, per completare la messinscena, aveva richiamato l'attenzione di un passante, (OMISSIS), che stava percorrendo la (OMISSIS), e cosi' il 113 era stato avvisato solo alle 16:14 da questo passante, intervenuto sul posto. L'imputazione era completata dalla contestazione della recidiva infraquinquennale. L'accusa oggetto di questa complessiva imputazione era stata ritenuta dimostrata al di la' di ogni ragionevole dubbio dal primo giudice, che aveva dichiarato (OMISSIS) responsabile del reato ascrittogli ed, esclusa la recidiva, nonche' riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di anni quindici di reclusione, con l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, l'interdizione legale nel corso dell'esecuzione della pena, l'indegnita' a succedere alla vittima e la conseguente esclusione dalla relativa successione, oltre alla sua condanna al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, in favore delle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Il giudice dell'udienza preliminare - dopo la celebrazione del giudizio con il rito abbreviato, che aveva registrato, comunque, un'articolata integrazione istruttoria, con l'escussione di testimoni e lo svolgimento di ulteriore attivita', anche ad iniziativa ufficiosa - aveva ascritto ad (OMISSIS) la responsabilita' dell'omicidio volontario di (OMISSIS) affermando che l'imputato ne aveva determinato, con consapevolezza e volonta', la morte per annegamento. In punto di fatto, la prima decisione aveva considerato accertato che: intorno alle ore 14:50 della data suddetta, (OMISSIS) aveva rilevato (OMISSIS) dall'abitazione di (OMISSIS), ove questi dimorava, facendolo salire sulla sua autovettura Alfa Romeo Mito, e lo aveva condotto con un pretesto (non noto, se non attraverso la versione dell'imputato) lungo un canale di irrigazione, in una zona agricola ricompresa nel Comune di (OMISSIS), luogo diverso dalla meta propostagli quando lo aveva rilevato presso la sua residenza. Li', poi, lo aveva spinto, o lo aveva in altro modo costretto, trattenendolo sott'acqua sino a provocarne la morte per asfissia. Indi, aveva simulato un sinistro stradale, collocando il veicolo in posizione parallela alla roggia, inclinandolo nella sua parte destra e richiamando successivamente l'attenzione di uno degli utenti in transito, ma soltanto dopo essersi assicurato della morte di (OMISSIS). Il primo giudice aveva ritenuto che questa sequenza fosse confortata da valide prove e aveva aggiunto che essa, d'altronde, era l'unica unica possibile, in quanto la prospettazione difensiva contraria, fornita con l'interrogatorio reso da (OMISSIS) il 2 luglio 2019, ossia l'essersi effettivamente verificato un sinistro accidentale, fosse da reputarsi soltanto fantasiosa e apertamente mendace, come da analisi delle dichiarazioni dell'imputato inserita nella decisione, all'esito della quale si era concluso che questi aveva mentito in ogni punto della versione offerta, al riguardo valutando che le altre fonti di prova specifica e generica consentissero e, anzi, imponessero di escludere l'ipotesi del fatto accidentale e provassero, al contrario, la tesi dell'omicidio doloso. In particolare, si era considerato che ogni punto del racconto proposto da (OMISSIS) si scontrasse con le smentite provenienti dall'oggettivita' degli accertamenti, dalle parole dei soggetti terzi disinteressati o dall'inverosimiglianza stessa delle affermazioni dell'imputato; cio', a partire dalla scelta del percorso e, a seguire, con riferimento all'ingresso dell'auto nel campo, all'intervento del calabrone nell'abitacolo, alla retromarcia asseritamente mai innestata, alla manovra asseritamente mai compiuta, all'incidente nella roggia, al tuffo di (OMISSIS), al susseguente tuffo dell'imputato, all'impossibilita' da parte sua di portare l'anziano sulla riva al sicuro, al duplice abbandono dell'anziano, prima davanti e poi dietro al veicolo, e all'indisponibilita' immediata del telefono cellulare da parte di (OMISSIS). Nella sentenza di primo grado era stato anche sottolineato che, pur aderendo alla narrazione dell'imputato, doveva desumersi che egli aveva compiuto soltanto atti contrari a preservare la vita della vittima, ponendo in essere una sequenza distruttiva che nessuna persona dotata di un minimo di senno avrebbe compiuto. Da questa base valutativa si era tratto il corollario secondo cui: la tessitura di menzogne affastellate dall'imputato, nelle sue intenzioni, doveva servire a coprire cio' che nella realta' era avvenuto e che emergeva una volta depurate dal quadro fattuale le affermazioni inverosimili e non credibili di (OMISSIS); la parvenza del sinistro nella cascina (OMISSIS) era una creazione allestita ad hoc da (OMISSIS) dopo la morte di (OMISSIS), ma il sinistro avrebbe potuto anche essere stato causato da (OMISSIS) in un impeto di rabbia che lo aveva pervaso in quella occasione; e, tuttavia, stabilire quale delle due alternative si fosse verificata non rilevava, perche' l'elemento determinante era che la vittima non poteva essere annegata da sola in cinquanta centimetri di acqua, in quanto non sussisteva la possibilita' fisica, ne' c'erano le condizioni di fatto per un simile evento; la morte di (OMISSIS) era avvenuta mentre era presente il solo (OMISSIS) e, dunque, quel decesso non era stato cagionato da altre persone intervenute sul posto; di conseguenza, (OMISSIS) era stato annegato dall'unica persona presente con la quale stava litigando, ossia (OMISSIS); siffatta conclusione era necessitata perche' essa non solo era sorretta dalla forza della logica e dalle prove raccolte, ma perche' non esisteva una possibile ricostruzione diversa dei fatti. La Corte di assise di appello di Milano, con la sentenza oggetto del presente scrutinio, dopo aver esaminato i quattro motivi di impugnazione articolati nell'interesse dell'imputato, ha mantenuto ferma la prima decisione. 2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Milano chiedendone l'annullamento, con l'emissione delle statuizioni conseguenziali, e, dopo lo svolgimento di un'ampia premessa sul ruolo del pubblico ministero, organo imparziale della giurisdizionale, tenuto a chiedere l'assoluzione dell'imputato in ipotesi di mancata acquisizione della prova piena della sua responsabilita', nonche' dopo aver richiamato il contenuto della requisitoria svolta nel giudizio di secondo grado, all'esito della quale era stata chiesta la riforma della sentenza di primo grado, con riqualificazione del reato ascritto all'imputato ai sensi dell'articolo 589 c.p., comma 1, e la sua condanna alla pena di anni uno, mesi dieci e giorni dieci di reclusione, corrispondente al periodo di detenzione gia' sofferta, ha sviluppato due motivi, imperniati sull'affermata insussistenza di indizi idonei a giustificare la condanna per l'omicidio volontario al di la' di ogni ragionevole dubbio. 2.1. Con il primo motivo si prospetta la violazione degli articoli 192 c.p.p., comma 2, e articolo 533 c.p.p., comma 1, in ragione dell'avvenuta condanna sulla base di elementi indiziari privi dei requisiti della gravita', della precisione e della concordanza, in costanza di un'ipotesi alternativa mai investigata e apoditticamente respinta. Il Procuratore generale territoriale constata che delle due versioni dell'accaduto - quella prospettata dall'accusa nell'imputazione e sopra riportata, da un lato, e quella fornita dall'imputato, definita fantasiosa e menzognera dai giudici del merito, basata sulla maldestra e concitata (per l'ingresso in auto di un insetto) esecuzione da parte sua, mentre era alla guida del veicolo con a fianco (OMISSIS) quale passeggero, della manovra per allontanarsi dalla zona ove si erano trovati pensando di poter raggiungere da li' la Certosa, che aveva determinato l'ingresso, con relativa inclinazione e posizionamento obliquo, del veicolo nella roggia e la susseguente caduta in essa di (OMISSIS), quando questi aveva tentato di uscire dall'abitacolo, con le susseguenti fasi dei tentativi, risultati vani, di trarlo in salvo - la sentenza impugnata ha privilegiato la prima, non suffragandola con l'indicazione di indizi dotati delle connotazioni imposte dall'articolo 192 c.p.p. e senza mai investigare in merito alla seconda. L'inconsistenza della piattaforma indiziaria viene, secondo il ricorrente, confermata dai seguenti dati: il decreto di intercettazione telefonica chiesto e ottenuto immediatamente prima della spedizione dell'avviso di conclusione delle indagini e la conseguente svalutazione quale fatto idoneo a costituire indizio della mera protesta di innocenza espressa dall'imputato, anche nelle conversazioni captate; il carattere solo assiomatico del rilievo che la versione dei fatti espressa dall'imputato, unico soggetto presente all'accaduto, era da ritenersi inverosimile e menzognera e doveva indurre alla conclusione della fondatezza dell'ipotesi accusatoria dell'omicidio volontario; la sostanziale obliterazione degli ostacoli logici frapposti a tale conclusione dalle evidenze costituite, fra le altre, dalla testimonianza di (OMISSIS) e dalla consulenza medico-legale disposta dal Pubblico ministero. In realta', sottolinea il ricorrente, tutto il costrutto fattuale dato in sentenza come acclarato - dall'arrivo dell'autovettura Alfa Romeo Mito, con a bordo (OMISSIS), conducente, e (OMISSIS), passeggero, alle ore 15:35 dell'(OMISSIS), nei pressi del fondo (OMISSIS) di (OMISSIS), fino al decesso del medesimo (OMISSIS), con particolare riferimento alla fase costituita dalla loro uscita dall'auto e dalla spinta da parte dell'imputato alla vittima onde precipitarla nella roggia sottostante e alla determinazione della sua morte per asfissia meccanica da annegamento - e' restato privo di concreti agganci indiziari. In particolare, la reprimenda espressa nella sentenza delle indicazioni valutative emergenti dalla stessa consulenza medico-legale promossa dal Pubblico ministero non avrebbe dovuto indurre i giudici del merito a obliterare che, invece, da quell'apporto specialistico si traeva che il corpo di (OMISSIS) non evidenziava segni da offesa, ne' segni di ferite da difesa, laddove la strenua opposizione che esercita ogni persona, sia pure anziana, a fronte dell'altrui azione volta ad annegarla, lascia inequivocabili tracce: sicche' tutt'altro che esorbitante dal mandato ricevuto era stata l'affermazione dell'ausiliare del Pubblico ministero secondo cui l'evidenza che l'uomo possa essere stato spinto nell'acqua e' una possibilita', che tuttavia non puo' essere dimostrata (sotto il profilo tecnico), con la specificazione che l'omicidio volontario per annegamento costituisce un evento raro, difficilmente realizzabile in soggetti adulti, in grado di difendersi e non sopraffatti da sostanze esogene o da lesioni traumatiche concomitanti, nel caso di specie non riscontrate. Ebbene, nonostante tale dato probatorio, stigmatizza il Procuratore generale distrettuale, i giudici di appello, arrogandosi competenze tecniche non in loro possesso, hanno affermato che le escoriazioni - in consulenza definite aspecifiche e, in via possibilistica, ascritte a urti del soggetto contro ostacoli fissi nella roggia - andavano attribuite a un'azione di pressione esogena sulla parte superiore del dorso della vittima all'altezza delle scapole per mantenere il capo, rivolto all'ingiu', sott'acqua e cosi' toccare, con il volto e la regione clavicolare e sotto-clavicolare, il fondo del canale. Anche la ricostruzione della fase, temporizzata intorno alle ore 16:00, in cui ad (OMISSIS) e' stata attribuita la condotta simulatoria dell'incidente mediante l'apposizione dell'automobile nella roggia in posizione parallela al corso d'acqua, inclinata dalla parte destra, con il fine di depistare le prove a suo carico, si fonda, secondo il ricorrente, sull'indimostrata possibilita' che l'imputato avesse potuto condurre volontariamente il veicolo nella precaria posizione in cui era stato rinvenuto, con il rischio altissimo di ribaltamento del mezzo, laddove quella posizione di quiete era raggiungibile, secondo probabilita' di gran lunga maggiore, con la presenza a bordo di due persone e grazie al loro peso: sul punto, l'opzione operata dalla Corte di appello si e' fondata sulla tranciante, ma apodittica, negazione dei rilievi svolti dal consulente tecnico della difesa volti a dimostrare l'altissimo rischio di capottamento insito nella dinamica affermata. Eguale critica viene mossa alla valutazione della Corte territoriale circa le tracce di pneumatico repertate sul terreno, selettivamente considerate, nonostante l'inquinamento del loro rilievo causato dall'attivita' dei soccorritori. Poi, viene segnalata l'incertezza ricognitiva e, in ogni caso, l'inadeguata forza indiziante dei dati estratti dal telefono cellulare dell'imputato, con particolare riferimento ai 1093 passi attribuiti all'arco temporale intercorso fra le ore 16:13 e le 16:33, dato non certo e, in ogni caso, non significativo, se non dell'andirivieni di (OMISSIS) fra la roggia e la via Alzaia alla ricerca di aiuto. Del pari - rileva il Procuratore generale territoriale - la fase relativa all'intercettazione da parte di (OMISSIS) del ciclista (OMISSIS), alla telefonata da quest'ultimo effettuata al 113 alle ore 16:14 e alla condotta dell'imputato in quel momento, come riferita da (OMISSIS), da un lato, ha evidenziato tempi cosi' ristretti che avrebbero consentito solo a un freddo calcolatore la messinscena dell'incidente e, dall'altro, ha fatto emergere la concitazione, l'agitazione e lo sconvolgimento di cui era preda l'imputato, come riferiti dallo stesso (OMISSIS): in ogni caso, non e' affiorato alcun indizio riferibile a un omicidio appena commesso. All'esito di tale rassegna, conclude il ricorrente, emerge l'evidente violazione in cui e' incorsa la Corte territoriale per la mancata applicazione del canone di garanzia fissato dall'articolo 533 c.p.p., comma 1. 2.2. Con il secondo motivo il Procuratore generale distrettuale denuncia il vizio di motivazione, anche nella forma del travisamento, in relazione alla mancata considerazione della versione alternativa esposta dall'imputato e considerata non veritiera in modo apodittico. Dopo aver premesso che tale censura costituisce l'altra faccia della medaglia della complessiva critica mossa alla sentenza impugnata, nonche' dopo aver tratteggiato la figura dell'imputato, qualificato come omosessuale dichiarato, con emotivita' marcata, il ricorrente considera del tutto gratuiti e sprezzanti i giudizi espressi nella sentenza impugnata con riguardo alla persona di (OMISSIS), in relazione al contributo dichiarativo da questi reso in due momenti, alla polizia giudiziaria, nel giorno e sul luogo dei fatti, e al Pubblico ministero il 2 luglio 2019, a cui si erano aggiunte le conversazioni captate nelle intercettazioni svolte nell'immediatezza del fatto e poi nell'imminenza della conclusione delle indagini. Si deduce, in particolare, che la valutazione, fortemente sarcastica, della versione esposta dall'imputato - con la spinta inerziale determinata dall'innesto della prima marcia che aveva cagionato l'ingresso e l'inclinazione dell'auto nella roggia, in posizione obliqua nell'acqua dal lato del passeggero, la susseguente caduta nel canale di (OMISSIS) dal lato del suo sportello e la successiva uscita, con caduta, dello stesso (OMISSIS) dallo stesso lato - sia sfociata nell'esclusione di ogni possibile sua veridicita' senza l'effettuazione di alcuna verifica istruttoria, nessun ausilio di esperti essendosi utilizzato nemmeno in fase inquirente e neanche essendosi fatto ricorso a un'ispezione dei luoghi e tanto meno a un esperimento giudiziale: pertanto, la ricostruzione esposta da (OMISSIS) e' stata disattesa in via pregiudiziale, senza essere stata sottoposta ad alcuna verifica. Anche l'analisi delle intercettazioni telefoniche viene denunciata come viziata dal medesimo limite, le affermazioni dell'imputato essendo state filtrate sempre alla stregua della sottolineatura della consapevolezza di essere controllato, con esito manipolatorio dell'affermazione di innocenza professata nelle conversazioni. E' sottoposta a critica da parte del ricorrente pure la parte della motivazione dedicata all'accertamento dell'elemento soggettivo del delitto contestato e del movente, quest'ultimo, per un verso, variamente cercato nel corso del processo in quello di natura sessuale e poi in quello di natura economica e, poi, ritenuto conclusivamente non necessario per la prova del delitto omicidiario: principio in se' corretto, ma quando la prova del reato sia stata acquisita sulla scorta di un adeguato quadro di elementi dimostrativi. 3. La difesa di (OMISSIS) ha proposto, a sua volta, impugnazione avverso la sentenza di secondo grado chiedendo il suo annullamento e supportando il ricorso con cinque motivi. 3.1. Con il primo motivo si prospetta la violazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 2 e articolo 533 c.p.p., comma 1, per l'omessa osservanza della regola di giudizio dell'oltre ogni ragionevole dubbio. Ad avviso della difesa, la Corte territoriale ha dispiegato la sua discrezionalita' decisoria dando per dimostrata, fra le due alternative fattuali prospettabili, quella dell'omicidio doloso per mano dell'imputato sulla scorta di indizi non dotati dei caratteri della precisione, della gravita' e della concordanza richiesti dalla norma indicata. In tal senso, anche questo ricorrente evidenzia lo iato esistente fra l'asserzione giudiziale dell'avvenuto annegamento doloso di (OMISSIS) e le contrastanti conclusioni della consulenza medico-legale, la quale aveva altresi' evidenziato che il fatto del trascinamento in roggia del corpo della vittima era da considerarsi escluso per l'assenza sul suo cadavere di traumi, lesioni o fratture: e - rimarca la difesa - la stessa decisione impugnata in altri punti della motivazione, in modo contraddittorio con le sue conclusioni, ha riconosciuto l'incompatibilita' della matrice dolosa dell'omicidio con le risultanze scientifiche, che orientavano, invece, a confortare l'affermazione di (OMISSIS) della caduta di (OMISSIS) nell'atto di uscire dall'auto dal suo lato, oramai attinto dall'acqua, nella roggia, in cui l'acqua fluiva per un'altezza di 55 cm - per portanza costante nel periodo estivo - ma all'interno del canale profondo 2 metri. Ne' sono congrue, per la difesa, le considerazioni svolte dalla Corte territoriale in tema di possibilita' concreta di soccorso di (OMISSIS) che avrebbe avuto l'imputato, ove si fosse verificata la situazione da lui riferita: tale affermazione tradisce la mancata comprensione da parte dei giudici del merito del reale stato dei luoghi, determinata anche dall'omesso esperimento dei mezzi istruttori sollecitati in via integrativa, come d'altronde era dimostrato dal fatto che si erano attivati ben cinque soccorritori per estrarre la vittima dalla roggia. Fra i dati privi dei connotati necessari per la loro utilizzazione nel ragionamento inferenziale esposto nella sentenza impugnata il ricorrente annovera la testimonianza di (OMISSIS), da cui e' stata tratto l'elemento costituito dall'avere questo dichiarante, mentre era in transito con l'auto lungo la statale, visto l'autovettura dell'imputato ferma all'ingresso di Cascina (OMISSIS): testimonianza enfatizzata, senza accogliere l'istanza di escussione in contraddittorio del medesimo dichiarante, dal momento che era stato tecnicamente dimostrato che questi, pur se fosse transitato a bassissima velocita', avrebbe avuto a disposizione il tempo inferiore a 1 secondo e non avrebbe potuto cogliere se l'auto osservata fosse parcheggiata o in moto, occupata o meno; di conseguenza, trarre da tale elemento la conseguenza che, proprio nel mentre (OMISSIS) transitava, si stava compiendo l'omicidio in danno di (OMISSIS) e' ritenuto esito logicamente arbitrario, oltre che contrastante con altri punti della stessa motivazione in cui si e' sostenuto che l'evento letifero si era verificato dopo l'ingresso in roggia del veicolo. Sono anche sottoposte a critica la svalutazione delle tracce di pneumatico, invece coerenti con le dichiarazioni dell'imputato, l'incongrua considerazione non confortata dal chiesto accertamento tecnico e contrastata dall'impronta della sua scarpa infangata nell'abitacolo - circa l'impossibilita' dell'imputato di recuperare il borsello nell'auto dopo la sua inclinazione per l'ingresso in roggia, nonche' la contraddittoria negazione della corrente dell'acqua in roggia, cosi' da attribuire ad (OMISSIS) la collocazione dei pantaloni della vittima 12 metri piu' avanti. Nel contrasto fra le due ricostruzioni dei fatti, pertanto, la Corte di assise di appello, aderendo a quella gia' fatta propria dal primo giudice, non ha spiegato diversi snodi: come sia stato possibile gettare una persona anziana in un canale profondo due metri e annegarla senza recarle la minima lesione o frattura; come sia stato possibile posizionare l'auto nella roggia senza lasciare tracce diverse dall'unica rilevata; come e perche' l'imputato per addivenire alla simulazione ascrittagli abbia scelto di effettuare la manovra di introduzione del veicolo nella roggia rischiando il relativo ribaltamento; perche' l'imputato avrebbe parcheggiato il veicolo prima di entrare nel campo e compiere l'addotto delitto, pur potendovi fare ingresso con l'auto stessa; e perche', potendo chiamare i soccorsi con il suo cellulare, si fosse mosso a cercare aiuto da terzi, cosi' comprimendo il tempo a disposizione per predisporre la messinscena ascrittagli. 3.2. Con il secondo motivo viene denunciato il vizio di motivazione in relazione alla lettura e alla valenza della consulenza medico-legale. Alla stregua dei rilievi gia' svolti, la difesa sottolinea come la Corte di appello, con affermazioni congetturali, abbia formulato una valutazione basata su presupposti radicalmente esclusi dal consulente anatomopatologo, incorrendo in illogicita' manifesta del ragionamento ed esorbitando in improbabili ricostruzioni di carattere medico e scientifico non sorrette dai dati espressi dall'ausiliare. 3.3. Con il terzo motivo si prospetta l'erronea applicazione dell'articolo 603 c.p.p., per avere la Corte del merito omesso di disporre le sollecitate prove aventi natura decisiva. In tal senso, si erano richiesti l'esame dell'imputato, l'esame del teste (OMISSIS), l'acquisizione agli atti degli esperimenti condotti e delle misurazioni effettuate dal consulente tecnico della difesa presso il Politecnico di Milano, senza che peraltro tali prove fossero ritenute decisive dai giudici di appello. 3.4. Con il quarto motivo viene dedotto il vizio della motivazione nella parte in cui i giudici di appello hanno affermato come sussistente il movente patrimoniale alla base della condotta attribuita all'imputato. All'assenza di alcuna intenzione di (OMISSIS) di accettare l'eredita' della vittima e al rilievo dell'insussistenza di dimostrazione che (OMISSIS) volesse modificare le volonta' testamentarie la Corte ha opposto, secondo il ricorrente, argomenti tesi a negare l'evidenza, nonostante fosse anche emerso l'affetto nutrito da (OMISSIS) sia nei riguardi di (OMISSIS), sia nei riguardi della defunta consorte. In sostanza, secondo la difesa, i giudici di appello hanno esposto soltanto mere congetture sull'argomento, quali quelle in virtu' delle quali hanno considerato che, in ipotesi di matrimonio, (OMISSIS) avrebbe rivisto le disposizioni testamentarie, laddove nessun matrimonio era stato stabilito e nessun appuntamento presso il notaio era stato fissato, come la stessa (OMISSIS), nuova compagna di (OMISSIS), aveva confermato. 3.5. Con il quinto motivo si evidenzia la manifesta illogicita' della motivazione nella parte in cui nella sentenza impugnata e' stato considerato quale indizio a carico dell'imputato la coerenza con cui (OMISSIS), nel corso delle intercettazioni telefoniche, aveva reiterato la propria innocenza. La difesa annota come la Corte di merito abbia svolto in modo totalmente aprioristico il suo ragionamento nel valutare la ripetuta affermazione dell'imputato di essere innocente, assumendo apoditticamente che le conversazioni in cui (OMISSIS) aveva ribadito con gli interlocutori la sua versione dell'accaduto integravano elementi convergenti nella prova della sua colpevolezza. 4. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto di entrambi i ricorsi, osservando che, a fronte di due sentenze di merito conformi, pochi erano i punti su cui la Corte di cassazione poteva svolgere il suo vaglio di legittimita': e, per un verso, gli indizi sono stati individuati nell'avvistamento e nella posizione del veicolo dell'imputato sul luogo del fatto, nelle tracce lasciate dagli pneumatici, negli elementi valutati dall'accertamento cinematico, nel mendacio delle dichiarazioni di (OMISSIS), alla cui stregua sono state valutate anche le proteste di innocenza risultanti nelle conversazioni captate, e, per altro verso, si e' acclarata l'inverosimiglianza della versione alternativa sostenuta dalla difesa; il tutto, senza l'emersione di decisive carenze o manifeste illogicita' motivazionali. 5. I difensori delle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno prospettato la declaratoria di inammissibilita' o il rigetto di entrambi i ricorsi, depositando conclusioni scritte e note specifiche. CONSIDERATO IN DIRITTO 1 La Corte ritiene che entrambe le impugnazioni siano fondate, in relazione ai due motivi del ricorso del Procuratore generale territoriale e al primo, secondo e quinto motivo del ricorso del difensore di (OMISSIS), con riferimento ai punti di cui al prosieguo, assorbita ogni altra questione. 2. Per quanto qui rileva, la Corte territoriale, nell'ambito dell'articolata motivazione resa a supporto della decisione, facendo proprie le argomentazioni espresse dal giudice dell'udienza preliminare e integrandone il tessuto giustificativo particolarmente in tema di precisazione dell'elemento soggettivo alla base della condotta ascritta ad (OMISSIS), nonche' fornendo specificazioni in merito al movente e alle modalita' esecutive dell'azione incriminata, ha ribadito la constatazione che ne' gli sforzi argomentativi della difesa dell'imputato, ne' la rivisitazione del compendio indiziario operata dal Pubblico ministero in grado di appello erano riusciti ad offrire una ricostruzione dell'evento mortale concretamente alternativa all'originaria prospettazione accusatoria. I giudici del gravame hanno, in particolare, evidenziato che il fatto di appellarsi semplicemente alla dedotta gracilita' delle prove di accusa - gracilita' peraltro non sussistente - non giovava alle deduzioni della difesa dell'imputato e del Procuratore generale territoriale. Tali parti - hanno rimarcato i giudici di appello - si erano limitate ad affermare che la versione dell'imputato avrebbe potuto persino corrispondere al vero (cosi' il Procuratore generale) o che essa rispondeva certamente a verita' (cosi' la difesa dell'imputato), ma, nei fatti, avevano rinunziato alla configurazione di un'alternativa fattuale plausibile, laddove soltanto questa concreta evidenziazione avrebbe stata idonea a condurre all'applicazione dell'articolo 530 c.p.p., comma 2. Imperniato sul dato di fatto costituito dall'accertamento della natura menzognera della versione complessivamente offerta da (OMISSIS) prima di optare per la scelta di non rispondere ulteriormente, accertamento validato dalle testimonianze acquisite (in primo luogo, quelle di (OMISSIS) e (OMISSIS)) e dagli elementi di prova generica, ivi inclusi quelli che sono stati individuati come i dati essenziali - affermati come sfrondati dalle sovrastrutture valutative - della consulenza medico-legale e della perizia tecnica ricostruttiva, nonche' le rilevazioni e verifiche compiute dalla polizia giudiziaria, il ragionamento sviluppato nella sentenza impugnata ha filtrato ogni altro dato ascrivibile all'iniziativa dell'imputato, ivi compreso il contenuto delle conversazioni captate in cui (OMISSIS) era risultato fra i loquenti, nella prospettiva di una tanto studiata quanto insincera protesta di innocenza del medesimo nei vari contesti in cui il medesimo si era espresso. Scartata in modo netto la concreta possibilita' di dare credito alla versione dell'imputato, la Corte territoriale ha raggiunto la prova della certezza della dinamica omicidiaria ponendo a fondamento i cardini spazio-temporali non discutibili sulla scorta delle citate fonti e sempre evidenziando che l'imputato era in modo pacifico l'unica persona che aveva potuto agire nel contesto in cui era avvenuto l'annegamento della vittima, contesto a cui sono stati ricollegati, assumendone la connotazione pienamente razionale, l'enucleazione dell'elemento oggettivo del delitto omicidiario e del corrispondente elemento soggettivo, in riferimento al quale la Corte di merito - ferma restando l'esclusione dell'aggravante della premeditazione e pur prendendo atto della natura di impeto annessa dal primo giudice a tale dolo - ha inteso puntualizzarne l'intensita', desunta dalle condotte simulatorie poste in essere dall'imputato. 3. Questo risultando l'insieme oggetto di valutazione ed essendo chiaro che il compendio valutato dalle conformi sentenze di merito sia stato in esse prospettato come quadro di natura indiziaria idoneo a fornire la prova piena della penale responsabilita' dell'imputato in ordine al reato contestato, pare necessario, con considerazioni operanti per l'intero ambito devoluto alla presente disamina, ribadire che l'attivita' valutativa che si impone al giudice del merito quando abbia ad oggetto l'accertamento del fatto su base indiziaria si presenta complessa, siccome essa deve essere tesa a stabilire, prima, quali fatti, nel panorama di elementi acquisito, assurgano alla dignita' di indizi e ad accertare, poi, se gli indizi emersi, unitariamente considerati e criticamente valutati, assurgano a un grado di certezza del factum demonstrandum tale da far ritenere raggiunta la prova piena. E' noto che per indizio si considera un fatto certo dal quale - per inferenza logica basata su regole di esperienza consolidate e affidabili - si perviene alla dimostrazione del fatto incerto da provare, facendo leva sullo schema del sillogismo giudiziario. Di poi - eccettuata l'ipotesi in cui emerga un solo indizio per se' idoneo a determinare, attraverso un coerente procedimento logico, la sua correlazione obbligata con il fatto, non noto, oggetto di dimostrazione - l'indizio ordinariamente si profila tale da essere significativo rispetto a una pluralita' di fatti non noti, sicche', in rapporto ai criteri valutativi stabiliti dall'articolo 192 c.p.p., comma 2, il suo livello di gravita' e precisione si correla in modo direttamente proporzionale alla forza di necessita' logica con la quale esso e' idoneo, per se', a condurre - logicamente, secondo le regole esperienziali e le leggi scientifiche di valenza universale o di ricorrenza statistica - al fatto da dimostrare. La premessa ineludibile di questo ragionamento e', pero', che il fatto assumibile come indizio risulti a sua volta di certa dimostrazione, intesa, non in senso assoluto e naturalistico, ma quale portato della verifica processualmente conducibile alla stregua delle fonti di prova acquisite: in tal senso, esso non deve essere verosimilmente accaduto, supposto o intuito sulla scorta di opinabili congetture o di elaborazioni del decidente, ma deve ricevere preciso riscontro nelle evidenze probatorie. Poi, acclarati uno o piu' fatti suscettibili di inferenza indiziaria, quando i diversi indizi si connotano per la relativa ambiguita' del loro significato dimostrativo, la regola che ne disciplina la valutazione impone che essi rispondano ai requisiti di gravita', precisione e concordanza al fine di costituire base adeguata a convergere nella prova piena del fatto oggetto di dimostrazione. Quanto alle connotazioni qualificanti del singolo indizio, per gravita' si intende "la consistenza, la resistenza alle obiezioni, la capacita' dimostrativa vale a dire la pertinenza del dato rispetto al thema probandum"; quanto alla precisione essa evoca "la specificita', l'univocita' e la insuscettibilita' di diversa interpretazione altrettanto o piu' verosimile"; per riscontrare la concordanza si richiede "che i plurimi indizi devono muoversi nella stessa direzione, essere logicamente dello stesso segno, e non porsi in contraddizione tra loro" (Sez. 5, n. 2932 del 5/11/2018, dep. 2019, Zorzi, Rv. 274597 - 01, in motivazione). Assodati in tal senso i concetti di gravita' (ossia l'intrinseca capacita' dimostrativa rispetto al tema di prova, in relazione alla probabilita' di derivazione dal fatto noto di quello ignoto, gravita' che puo' essere quindi di grado diverso per ciascun indizio) e di precisione (vale a dire specificita', univocita' e impossibilita' di diversa interpretazione altrettanto o piu' verosimile), e' rilevante porre l'accento ulteriormente sul requisito della concordanza; tale requisito viene in evidenza proprio rispetto alla pluralita' di indizi, con riferimento ai quali esso esige la convergenza e la non contraddittorieta' di significato che i medesimi indizi (ciascuno anche in diretto rapporto alla sua intrinseca gravita' e precisione) devono essere in grado di esprimere, cosi' che, in virtu' del reciproco collegamento e della simultanea direzione verso lo stesso risultato, il loro complesso assurge alla dignita' dimostrativa della prova (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, Musumeci Rv. 191230 - 01; Sez. 1, n. 37348 del 06/05/2014, Witczak Lewandowska, Rv. 260278 - 01). Nel senso specificato, la concordanza segna il punto di passaggio tra la prima e la seconda fase del processo valutativo della prova indiziaria, dovendo essere valutata confrontando gli indizi e ponendo in evidenza se gli stessi sul piano logico convergano o divergano (Sez. 4, n. 943 del 26/6/1992, dep. 1993, Di Iorgi, Rv. 193003 - 01). Discende in modo consequenziale che la regola di cui all'articolo 192 cit. impone il rispetto di uno specifico metodo operativo per il corretto utilizzo della prova indiziaria, nel senso che si richiede innanzi tutto di procedere all'accertamento del fatto da porre a base del meccanismo di inferenza e, di poi, a considerare che - potendo essere l'indizio in se' considerato indicativo di una pluralita' di fatti non noti, incluso quello da dimostrare - il relativo apprezzamento, in primo luogo, postula la loro valutazione finalizzata a individuarne la valenza qualitativa individuale e il grado di inferenza derivante dalla loro gravita' e precisione, sulla base di affidabili regole di esperienza e di criteri logici e scientifici, e (effettuato positivamente questo vaglio), e, in secondo luogo, esige la valutazione unitaria e complessiva tale da farne emergere, se sussistono, i collegamenti e la confluenza in un medesimo, univoco e pregnante contesto dimostrativo e da chiarire gli eventuali profili di ambiguita' presentati da ciascuno di essi in se' considerato. Conclusivamente, deve ribadirsi che, nella valutazione della prova indiziaria, il metodo di lettura unitaria e complessiva dell'intero compendio probatorio non si esaurisce in una mera sommatoria degli indizi e non puo' percio' prescindere dall'operazione propedeutica che consiste nel valutare singolarmente ogni elemento del compendio fattuale considerato, ciascuno nella propria valenza qualitativa e nel grado di precisione e gravita', per poi valorizzarlo, se ne ricorrano i presupposti, in una prospettiva globale e unitaria, tendente a porne in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231678 - 01; fra le successive, Sez. 1, n. 1790 del 30/11/2017, dep. 2018, Mangafic, Rv. 272056 - 01). 4. Posto cio', la verifica, alla stregua delle ribadite coordinate ermeneutiche, della motivazione offerta dalla Corte di assise di appello, pur coniugata con la (conforme nell'esito) serie di argomentazioni svolte nella sentenza di primo grado, evidenzia alcuni punti di crisi che determinano la decisiva incrinatura dell'adeguatezza e della coerenza del complessivo meccanismo inferenziale posto a fondamento dell'affermato raggiungimento della prova piena della colpevolezza dell'imputato in via indiziaria. 4.1. In primo luogo, non si profila lineare l'analisi e la valutazione compiuta dai giudici del merito delle considerazioni e delle conclusioni della consulenza medico-legale disposta dal Pubblico ministero (redatta dalla Dott. (OMISSIS)). Come risulta dai richiami operati nelle sentenze, con il conforto del testo della relazione allegato dai ricorrenti per l'autosufficienza, l'ausiliare del Pubblico ministero ha concluso nel senso che la causa del decesso di (OMISSIS) - collocato tra le ore 15:40 e le ore 16:14 (OMISSIS), si e' identificata in un'asfissia meccanica da annegamento, senza che al momento del decesso questi presentasse alterazioni psico-fisiche da assunzione di sostanze esogene o patologie spontanee giustificative di un malore; cio' ha sostenuto precisando, nella discussione medico legale, che, da un lato, non si comprendeva come, una volta trovatosi nella roggia con acqua alta 50-55 cm e una debolissima corrente, anche ammettendo che avesse avuto difficolta' nel conservare l'equilibrio e che non fosse stato in grado di uscire autonomamente dall'acqua, non fosse stato aiutato dall'amico e cosi' abbandonato fino all'annegamento e, dall'altro, era da evidenziare che l'evenienza che (OMISSIS) potesse essere stato spinto nell'acqua restava una possibilita' che (sotto il profilo medico-legale) non poteva essere dimostrata, anche perche' l'omicidio volontario mediante annegamento costituisce un evento raro, difficilmente realizzabile in soggetti adulti, in grado di difendersi e non sopraffatti da sostanze esogene o da lesioni traumatiche concomitanti, elementi che in questo caso facevano difetto. Sotto questi ultimi profili, invero, la consulente, da un lato, ha rilevato che lo screening tossicologico ha fornito esito negativo circa la presenza di amfetamine benzodiazepine, oppiacei, cocaina, metaboliti, metadone, buprenorfina, barbiturici, cannabinoidi, ketamina e alcol etilico e, dall'altro, ha segnalato il riscontro sul cadavere di (OMISSIS) di alcune escoriazioni alla fronte, al naso, in regione toracica e scapolare, nonche' blande escoriazioni agli arti, in particolare agli avambracci e sul dorso delle mani e sulle ginocchia, nonche' una minuscola ferita lacera alla faccia posteriore della coscia sinistra, in un quadro di assieme in cui l'esito della TC total body eseguita prima dell'esame autoptico aveva escluso lesioni traumatiche scheletriche o viscerali. Rispetto a tale quadro l'ausiliare ha ritenuto conseguente attribuire la produzione delle indicate lesioni superficiali a un meccanismo contusivo aspecifico, da possibili urti del soggetto contro ostacoli fissi presenti nella raggia. I giudici del merito e, in particolare, i giudici di appello hanno considerato eccedenti dalla risposta al quesito scientifico posto alla consulente le valutazioni formulate in merito alla difficolta' di configurare un omicidio volontario da annegamento, riportate alla situazione data in concreto. La Corte territoriale ha reputato molto piu' significativi i dati scientifici tratti dall'autopsia, con riferimento al rilievo del corpo di (OMISSIS) imbrattato di materiale terroso ed erba, specie al volto, nelle narici e a livello dei padiglioni auricolari, nonche' del complesso escoriativo in ragione frontale, all'arcata zigomatica sinistra, alla piramide nasale, nelle regioni sottoclavicolare destra, pettorale sinistra e scapolare, traendone la conclusione che essi erano segni rivelatori di un'azione di pressione esogena sulla parte superiore del dorso della vittima all'altezza delle scapole per mantenerne il capo sott'acqua. Si tratta, all'evidenza, di uno snodo di estrema importanza, giacche' l'elaborazione dei richiamati dati autoptici ha condotto i giudici del merito ad affermare - senza ricorrere ad ulteriori approfondimenti e verifiche di natura tecnico-specialistica - che l'annegamento, individuato nella consulenza come causa della morte, e' stato determinato da una forza esogena, ascrivibile necessariamente a persona diversa da (OMISSIS): conclusione che, tuttavia, l'ausiliare del Pubblico ministero, dopo l'analisi dei medesimi dati e la relativa discussione medico legale, non ha raggiunto e, nelle condizioni illustrate, ha espressamente affermato essere, dal punto di vista medico-legale, non dimostrata. Appurato cio', deve muoversi dal consolidato orientamento ermeneutico secondo cui costituisce giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimita', se logicamente e congruamente motivato, l'apprezzamento, positivo o negativo che sia, dell'elaborato peritale e delle relative conclusioni: il giudice del merito puo' attenersi alle conclusioni del perito, ove le condivida, rimettendo al suo elaborato il relativo supporto razionale; se invece intende discostarsi da esse, ha l'obbligo di motivare il dissenso ed evidenziare gli elementi in contrasto sulla base dei quali ritenga di dover disattendere la valutazione critico-probatoria emergente dalle considerazioni e dal parere dell'esperto (Sez. 1, n. 46432 del 19/04/2017, Fierro, Rv. 271924 - 01; Sez. 4, n. 7591 del 20/04/1989, Pregotto, Rv. 181382 01). Considerato, in particolare, che il percorso ordinariamente sviluppato dall'ausiliare tecnico sviluppa, in specie nella materia medico-legale, pertiene a due fasi successive, sia pure connesse e interdipendenti in relazione al risultato finale, vale a dire la percezione dei dati storici e il successivo giudizio diagnostico fondato sulla prima, il giudice ha titolo a verificare anzitutto la percezione dei dati anamnestici per controllare che essa sia avvenuta in modo corretto, sicche', poi, puo' discostarsi dalle conclusioni raggiunte quando sia risultato che queste si siano fondate su dati fattuali dimostratisi erronei che, viziando l'iter logico susseguente, abbiano reso inattendibile l'approdo finale (Sez. 4, n. 37785 del 11/12/2020, T. Rv. 280165 - 01). Assodato, quindi, il principio secondo cui costituisce giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimita', se logicamente e congruamente motivato, l'apprezzamento - positivo o negativo - dell'elaborato peritale e delle relative conclusioni da parte del giudice di merito, il quale, ove si discosti dalle conclusioni del perito, ha l'obbligo di motivare sulle ragioni del dissenso, va conseguentemente ribadito anche che, quando il giudizio si trovi a dipendere dalla verifica inerente a una pluralita' di tesi tecniche o scientifiche, la conclusiva affermazione della tesi ritenuta valida in concreto non puo' basarsi nel solo vaglio positivo del dato scientifico come quello pertinente, in primo luogo con riguardo all'accertamento della sua congruenza nel passaggio dalla causalita' generale alla causalita' individuale, ma necessita, ai fini dell'affermazione di responsabilita', dell'accertamento se presso la comunita' tecnica o scientifica di riferimento sia sufficientemente radicata, su solide e obiettive basi, la legge scientifica prescelta e, in caso affermativo, se essa concreti una legge universale o solo probabilistica in senso statistico e, in quest'ultima ipotesi, se l'evento imputato si sia determinato nel caso concreto, alla luce di definite e significative acquisizioni fattuali (Sez. 4, n. 22022 del 22/02/2018, Tupini, Rv. 273586 - 01). Nel solco cosi' tracciato e in relazione al complesso delle notazioni svolte, si osserva che i giudici di appello hanno recepito le rilevazioni e il complesso delle enunciazioni diagnostiche risultanti dalla consulenza del Pubblico ministero, ma, non limitandosi a dissentire da riflessioni meramente valutative, bensi' discostandosi in modo marcato dall'individuazione della natura del fatto determinativo della morte di (OMISSIS) per annegamento, hanno interpretato in modo difforme da quello fatto proprio nelle considerazioni medico-legali dell'ausiliare - gli elementi sintomatici emersi, ascrivendoli a indubitabile responsabilita' esogena: e, pero', non hanno spiegato in modo adeguato quale fosse la base tecnico-scientifica alternativa a quella seguita dalla consulente e sin forza di quali massime di esperienza e di quali ragioni di ordine tecnico-scientifico - ragioni da rendere esplicite e da non radicare sulla scienza privata degli stessi giudici - l'esposta tesi fosse da privilegiarsi in guisa tale da condurre alle conclusioni succitate. Questo vizio nel ragionamento probatorio e' da considerare, gia' da solo, determinante, atteso il chiaro rilievo del punto oggetto di discussione; vizio in cui la Corte territoriale e' incorsa, pur avendo la giuridica possibilita' di far ricorso, pur nel rito a prova contratta e ove necessario, a un approfondimento peritale sull'argomento Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv. 203427 01; fra le successive, Sez. 5, n. 11908 del 23/11/2015, dep. 2016, Rallo, Rv. 266158 - 01). 4.2. Dotata di fondamento si rivela anche la critica inerente alla contraddittoria valutazione dell'elemento costituito dalle tracce di pneumatico repertate sul terreno del luogo dei fatti, in certa misura considerate nell'analisi compiuta dai giudici del merito, pur dopo che era stato riconosciuto che si era determinato l'inquinamento del loro rilievo a cagione dall'attivita' dei soccorritori. In tal senso - mentre il giudice di primo grado, quanto alla ricostruzione della manovra compiuta dall'autovettura condotta da (OMISSIS) per finire nella singolare posizione di quiete poi rilevata al momento dell'arrivo dei terzi soccorritori, valutate le prospettazioni svolte dal perito ( (OMISSIS)) nominato nel corso del giudizio abbreviato e quelle svolte dal consulente dell'imputato ( (OMISSIS)), aveva annesso a entrambe, specularmente contrarie nella valutazione anche delle tracce di pneumatico, pari e, quindi, elidente valenza, non ritenendo che la scelta in ordine a una delle contrapposte descrizioni della manovra avesse portata decisiva - la Corte territoriale ha invece ritenuto dover far proprie le indicazioni fornite dal perito ( (OMISSIS)) anche per la parte di essa fondata sulla valorizzazione delle impronte in questione, dopo pero' aver evidenziato che le eventuali tracce lasciate sul terreno dall'autovettura Mito erano state compromesse e cancellate inevitabilmente e irrimediabilmente dall'attivita' dei soccorritori, ad eccezione delle uniche repertate, quelle a guisa di V, lasciate in retromarcia. Fermo, anche per tale ambito, il principio inerente all'incensurabilita' della scelta da parte del giudice del merito circa l'adesione alla ricostruzione compiuta dall'ausiliare di ufficio, ritenuta piu' affidabile, se supportata da congrua e coerente motivazione, si osserva che e' restato non sufficientemente spiegato dalla Corte territoriale perche' si sia dato credito alla tesi sviluppata dal perito, nonostante essa fosse fondata sulla valorizzazione delle tracce di pneumatico, gia' considerate dagli stessi giudici di appello in larga parte compromesse e cancellate in dipendenza della necessaria attivita' di soccorso seguita al fatto. E, siccome la ricostruzione peritale e' stata poi considerata, pur nel concorso con altri elementi, di non secondaria importanza nella conclusione della insostenibilita' della tesi alternativa prospettata dall'imputato, la denunciata e constatata aporia fa emergere il corrispondente e significativo elemento di contraddittorieta' del tessuto argomentativo, idoneo a ripercuotersi sulla tenuta del complessivo ragionamento di natura inferenziale. Di conseguenza, la complessiva ricognizione della cinematica dell'evento, in quanto non fondata soltanto su dati univocamente accertati, ne esce vulnerata e necessita di un rinnovato esame, che, dopo aver chiarito l'evenienza, o meno, e la significativita', o meno. di tracce del tipo suddetto in relazione all'esito ricognitivo, consenta di stabilire in modo coerente se essa possa essere utilmente ricompresa fra le basi idonee allo svolgimento dei susseguenti passaggi logico-argomentativi. 4.3. I limiti individuati nell'accertamento del novero dei fatti certi si ripercuotono, poi, sulla logicita' della valutazione compiuta dalla Corte territoriale del complesso delle conversazioni intercettate in cui l'imputato si e' protestato innocente nei medesimi termini in cui lo aveva fatto innanzi agli inquirenti e al Pubblico ministero. Peraltro va, in premessa, disatteso l'argomento svolto dal Procuratore generale territoriale ricorrente li' dove sembra voler indurre un elemento di intrinseca debolezza dell'impianto accusatorio dal fatto che, anche all'esito delle indagini, si siano ricercati elementi di prova con la disposizione di ulteriori intercettazioni. Il pubblico ministero, al lume dell'articolo 358 c.p.p., (in relazione all'articolo 326) compie ogni attivita' volta a promuovere le indagini, secondo la sua valutazione, necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale e svolge altresi' accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini. Quando il pubblico ministero esercita tali compiti secondo le cadenze procedimentali date, lo fa assumendo - secondo le proprie, istituzionali e non sindacabili valutazioni - le scelte inquirenti reputate piu' congrue, per cui sarebbe arbitrario trarre dalle modalita' di dispiegamento di tale esercizio, in se' considerato, elementi o anche argomenti di prova in merito al fatto oggetto delle indagini stesse. Quindi, l'opzione inerente all'emissione del decreto di urgenza, autorizzativo di intercettazioni telefoniche, in vista dell'avviso ex articolo 415-bis c.p.p., al di la' della sua maggiore o minore proficuita' ai fini inquirenti, non poteva, ne' puo' svolgere effetti in punto di valutazione del quadro indiziario in sede di cognizione piena. E', del pari, da ribadirsi che, in tema di intercettazioni, costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita', salvo pero' il limite della manifesta illogicita' e irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 - 01; fra le successive, Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Gregoli, Rv. 282337 - 01). In tale prospettiva, pero', se e' da ritenersi, in linea di principio, conforme a logica l'analisi conseguenziale della lettura data dai giudici del merito a quelle conversazioni in cui (OMISSIS) aveva ripetuto, parlando con vari interlocutori, la versione dei fatti affermata innanzi agli inquirenti, versione reputata inverosimile dai giudici del merito, nel senso che il fatto che l'imputato avesse reiterato quella versione narrandola a interlocutori terzi non la rendeva per cio' solo piu' credibile, e' tuttavia da considerarsi difforme dall'osservanza degli ordinari criteri logici porre a carico dell'imputato anche le parti dialogiche espressive della semplice protesta di innocenza da lui espressa, con vari accenti, in diverse conversazioni tenute con alcuni loquenti, mediante un'interpretazione in controluce di ogni affermazione. Costantemente tesa ad annettere valenza indiziante anche a espressioni del tutto ordinarie, quali la fiducia nella giustizia o la speranza che la verita' venisse a galla. Per altro verso, lo spessore indiziante delle stesse intercettazioni riguardanti la versione dei fatti raccontata ai terzi dall'imputato dipendeva e dipende dal conclusivo accertamento del grado di inverosimiglianza delle sue asserzioni circa la dinamica dell'accaduto: e cio', una volta entrata in crisi - sia pure per gli aspetti specifici, ma comunque rilevanti, suindicati - l'articolazione dell'argomentazione inferenziale, in dipendenza della fondatezza degli enucleati rilievi, determina l'esigenza di una nuova disamina del complessivo patrimonio captativo, da compiersi in relazione al rinnovato dipanarsi del ragionamento probatorio afferente alla causa della morte, con riferimento all'identificazione del fattore determinativo della stessa, e alla cinematica della fase di avvicinamento del veicolo condotto da (OMISSIS) alla roggia e del suo posizionamento statico nei suoi pressi. 5. La rilevata crisi della tenuta valutativa del compendio indiziario afferisce, dunque, a temi, primo fra tutti quello evocato dall'inadeguata valutazione dell'unico esito medico-legale in atti, che, in relazione alle particolari connotazioni del caso esaminato, impongono la conclusione dell'impossibilita' dell'effettuazione di una proficua prova di resistenza circa l'eventuale, autonoma concludenza dei residui dati indizianti. Ribadito, infatti, che, nella delibazione del materiale indiziario, il giudice del merito deve, preliminarmente, valutare i singoli elementi indiziari per verificarne la certezza e l'intrinseca valenza dimostrativa (di norma solo possibilistica), e, successivamente, procedere all'esame globale degli elementi certi, per accertare se la relativa ambiguita' di ciascuno di essi, isolatamente considerato, possa in una visione unitaria risolversi, consentendo di attribuire il reato all'imputato al di la' di ogni ragionevole dubbio, vale a dire con un alto grado di credibilita' razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all'ordine naturale delle cose e della normale razionalita' umana, le considerazioni svolte - escludenti l'attuale acquisizione della certezza e della valenza dimostrativa in ordine ai suindicati, non secondari elementi - risultano tali da infirmare la concreta capacita' del quadro indiziario residuo di sorreggere ex se l'assunta decisione. In conseguenza di questa riflessione, l'analisi inerente alle doglianze volte a censurare la sentenza impugnata in ordine a tali ulteriori dati - anche con riferimento al complesso delle affermazioni fatte dall'imputato, in rapporto alle dichiarazioni rese da coloro che hanno riferito in merito a specifici momenti della fase culminante, quali (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche' alle deposizioni di coloro, quali (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno apportato elementi di rilievo nel quadro dei rapporti interpersonali fra (OMISSIS), (OMISSIS) e anche la nuova compagna di quest'ultimo ( (OMISSIS)), elementi da cui i giudici di appello hanno ritenuto di trarre riscontro a un movente rivolto a un delitto definito lato sensu "passionale", maturato per una fatale mistura di gelosia, malinteso senso di possesso per cose e persone, non disgiunto da un palese interesse patrimoniale, affermazione criticata dai ricorrenti per l'addotta natura congetturale della tesi - resta, pertanto, assorbita. 6. Nei sensi che precedono la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano per il nuovo giudizio, da svolgersi da parte dei giudici del rescissorio con piena liberta' valutativa, ma nel rispetto dei principi teste' esposti. L'esito del giudizio di legittimita' determina l'effetto che le spese sostenute in questa sede dalle parti civili non debbano liquidarsi con la presente sentenza, restando ogni corrispondente statuizione rimessa al giudice del rinvio, all'esito e secondo l'esito di esso. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di assise di appello di Milano.

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