Sentenze recenti stalking

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CATENA Rossella - Presidente Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere Dott. SESSA Renata - Consigliere Dott. PILLA Egle - Consigliere Dott. BRANCACCIO Matilde - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 22/12/2022 del TRIBUNALE DEL RIESAME di CATANIA; udita la relazione svolta dal Consigliere MATILDE BRANCACCIO; lette le conclusioni del PG MARIA FRANCESCA LOY che ha chiesto l'inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. E' impugnata l'ordinanza del Tribunale del Riesame di Catania del 20.12.2022 con cui e' stata confermata l'ordinanza del GIP presso il Tribunale di Catania del 3.12.2022 che ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di (OMISSIS), in relazione al delitto di atti persecutori, commesso ai danni della sua ex moglie (OMISSIS). 2. Avverso tale provvedimento di conferma ha proposto ricorso l'indagato, tramite il difensore di fiducia, deducendo due motivi di censura. 2.1. Un primo argomento eccepisce violazione di legge e vizio di omessa motivazione, quanto alla ritenuta sussistenza della gravita' indiziaria del delitto di stalking ai danni della ex moglie del ricorrente. Il ricorso evidenzia come l'ordinanza impugnata non abbia preso in considerazione le 172 comunicazioni telefoniche (messaggi, chiamate, video e foto) contenenti minacce e richieste di incontro formulata dalla presunta vittima proprio nei confronti dell'indagato, chiaramente espressive, quantomeno, di una scarsa attendibilita' della presunta persona offesa, la quale ha anche incontrato il ricorrente nel corso del periodo contestato, avendo con lui ripetutamente rapporti sessuali. Tali circostanze sarebbero incompatibili con la sussistenza di qualsiasi gravita' indiziaria del delitto di cui all'articolo 612-bis c.p. ed anzi dimostrano la personalita' ossessiva della vittima, animata da conflittualita' con il ricorrente per la gestione dei tre figli minorenni che l'indagato ha avuto da lei e gelosa della precedente coniuge, (OMISSIS), madre degli altri tre figli dell'imputato, le dichiarazioni della quale, raccolte dalla difesa, sono state inspiegabilmente espunte dalla valutazione del Tribunale. Inoltre, l'ordinanza impugnata non avrebbe tenuto conto della denuncia sporta a sua volta dall'indagato, in data 24.10.2022, nei confronti della vittima per il delitto di atti persecutori, ed ha puntato l'attenzione su uno solo dei messaggi del ricorrente, tacendo delle minacce della denunciante. 2.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione di legge e vizio di motivazione carente quanto alla scelta della misura cautelare, individuata apoditticamente nella custodia in carcere senza ragioni effettive ma solo con un riferimento apodittico all'impossibilita' di contenere il pericolo reiterativo attraverso misure meno afflittive, compresi gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, nonostante la distanza di 20 km che separa il domicilio indicato (la casa della prima moglie) dall'abitazione della vittima. Sarebbero stati violati i criteri di adeguatezza e proporzionalita', tanto piu' che non sono provate condotte del ricorrente che indichino incapacita' di autocontenimento. 3. Il Sostituto PG Maria Francesca Loy ha chiesto con requisitoria scritta che venga dichiarata l'inammissibilita' del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile. 2. Il primo motivo di censura, centrato sull'insussistenza della gravita' indiziaria, risulta rivalutativo della ricostruzione dei gravi indizi di colpevolezza, in una prospettiva di merito preclusa al giudice di legittimita' anche nell'esame di ricorsi in materia cautelare, e manifestamente infondato. Come noto, per giurisprudenza consolidata di questa Corte, in terna di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o l'assenza delle esigenze cautelari, e' ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicita' della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/5/2017, Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 2/3/2017, Di Iasi, Rv. 269884; Sez. 6, n. 11194 del 8/3/2012, Lupo, Rv. 252178; Sez. 2, n. 27866 del 17/6/2019, Mazzelli, Rv. 276976). Tale opzione risulta coerente, peraltro, con gli insegnamenti delle Sezioni Unite che, sin dalla pronuncia Sez. U, n. 11 del 22/3/2000, Audino, Rv. 215828, hanno stabilito come, in tema di misure cautelari personali, allorche' sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimita' e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravita' del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie. Deve escludersi, pertanto, che alla Corte di cassazione spetti il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze gia' esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/6/2019, Mazzelli, Rv. 276976). 2.1. Nel caso di specie, la tesi difensiva e' che mancherebbero i gravi indizi di colpevolezza del reato, poiche' l'indagato sarebbe vittima di un rapporto conflittuale instauratosi a causa dei comportamenti della sua ex convivente, gelosa di lui ed astiosa nei suoi confronti per la gestione dei loro tre figli minorenni; di qui la sua scarsa credibilita' della persona offesa, che avrebbe anche continuato contraddittoriamente ad intrattenere rapporti sessuali con l'imputato, anche dopo la denuncia per atti persecutori sporta contro di lui, aggravata dall'erronea valutazione degli indizi a favore del ricorrente da parte dei giudici del riesame. Tuttavia, dalla lettura dell'ordinanza impugnata, emerge come il Tribunale, compiutamente valutando anche la documentazione prodotta dalla difesa, abbia ritenuto, con motivazione puntuale ed immune da vizi di logicita', che gli elementi rappresentati dal ricorrente non fossero di tale contenuto da scalfire la cornice indiziaria a suo carico, evidenziando che le condotte persecutorie poste in essere dall'indagato - composte da violenze, fisiche e verbali, reiterate; minacce gravi di morte ed insulti costanti; molestie telefoniche di forte e negativo impatto emotivo - erano state pienamente riscontrate da altri dati acquisiti nel corso delle indagini, soprattutto i referti medici; le plurime denunce della vittima, esasperata dal grave comportamento persecutorio subito da parte del suo ex marito; alcune testimonianze; vere e proprie prove documentali (fascicoli fotografici e messaggi audio, contenenti minacce gravi di morte, questi ultimi registrati ed acquisiti e, secondo l'ordinanza impugnata, caratterizzati da contenuti "di una violenza spaventosa", arrivati anche a minacciare di "sciogliere la vittima nell'acido" e di darle fuoco). In particolare, l'intervento dei carabinieri, allertati il 30.11.2022 dalla vittima, aveva accertato, direttamente ed inequivocabilmente, l'atteggiamento aggressivo dell'indagato, che stava tentando con la forza di entrare in casa della sua ex-moglie, colpendo anche la porta finestra dell'abitazione con un bastone di legno e danneggiando la telecamera di videosorveglianza posta sul davanzale della finestra, minacciandola di morte. Ulteriori indagini avevano riscontrato anche l'episodio precedente, ed altrettanto drammatico, dell'inseguimento ai danni della persona offesa, messo in atto dal ricorrente con il proprio veicolo, tamponandola violentemente. L'indagato, peraltro, era stato gia' sottoposto a misura cautelare nell'ambito di un procedimento per maltrattamenti ai danni della persona offesa. La credibilita' della vittima e' al centro di ripetitive obiezioni della difesa, gia' superate ampiamente nel provvedimento impugnato, che ha rilevato come, da un lato, i dati di contesto e riscontro certi, nonche' la reiterazione e precisione delle dichiarazioni della vittima, rendano sicura ed affidabile la sua narrazione; dall'altro, ha evidenziato l'incompatibilita' tra i sospetti di animosita' calunniosa e il comportamento della persona offesa, che aveva ritrattato i contenuti delle denunce sporte nei confronti dell'indagato e relative al delitto di maltrattamenti, tanto che il relativo processo si era chiuso con una sentenza di assoluzione e contestuale trasmissione degli atti alla Procura competente nei confronti della dichiarante, verosimilmente per il reato di falsa testimonianza. Infine, generiche e prive di pregio appaiono le osservazioni difensive in merito alla distonia tra eventuali momenti di riavvicinamento della vittima al suo persecutore e la gravita' indiziaria del delitto di cui all'articolo 612-bis c.p., avuto riguardo alla perdita di credibilita' della persona offesa, in ragione di un comportamento di non totale distacco da colui il quale si e' reso autore delle vessazioni nei suoi confronti. Il Collegio rammenta, infatti, che, nel reato di atti persecutori, l'attendibilita' e la forza persuasiva delle dichiarazioni rese dalla vittima del reato non sono inficiate dalla circostanza che, all'interno del periodo di vessazione, la persona offesa abbia vissuto momenti transitori di attenuazione del malessere in cui ha ripristinato il dialogo con il persecutore (Sez. 5, n. 5313 del 16/9/2014, dep. 2015, S., Rv. 262665). Ne' il temporaneo ed episodico riavvicinamento della vittima al suo persecutore interrompe l'abitualita' del reato, oppure inficia la continuita' delle condotte, quando sussista l'oggettiva e complessiva idoneita' delle stesse a generare nella vittima un progressivo accumulo di disagio che degenera in uno stato di timore grave e prostrazione psicologica nelle forme descritte dall'articolo 612-bis c.p. (Sez. 5, n. 17240 del 20/1/2020, I., Rv. 279111; Sez. 5, n. 46165 del 26/9/2019, M., Rv. 277321). Le obiezioni difensive contenute nel ricorso, in sintesi, non scalfiscono il quadro di affidabile gravita' indiziaria descritto, autoevidente rispetto anche agli eventi alternativi del reato di stalking (tra questi, si sottolineano lo stato di grave ansia e timore della vittima: cfr., tra le molte, Sez. 5, n. 54920 del 8/6/2016, G., Rv. 269081; Sez. 5, n. 7899 del 14/1/2019, P., Rv. 275381; Sez. 5, n. 17000 del 11/12/2019, dep. 2020, Rv. 279081; nonche' Sez. 5, n. 36139 del 4/4/2019, D., Rv. 277027). 2.2. Del pari manifestamente infondato appare il secondo motivo, avendo il giudice del riesame adeguatamente motivato, quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari, in relazione al pericolo di reiterazione del reato desunto dalla gravita' della campagna persecutoria posta in essere ai danni della sua ex-moglie dall'indagato; dalla prosecuzione delle condotte vessatorie e minacciose nonostante la sottoposizione a precedenti presidi cautelari per fatti analoghi; la pluralita' delle condanne riportate nel tempo anche per reati contro la persona. Anche la scelta della misura custodiale di massima afflittivita' e' stata ampiamente motivata con riferimento alla pervicacia criminale dimostrata dall'indagato nei confronti della vittima (per la gravita' e violenza delle condotte commesse ai suoi danni), che sconsiglia anche la possibilita' di concedere la misura meno gravoso degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, alla luce dell'evidente insufficienza di misure diverse da quella della custodia in carcere a contenere i pericoli per l'incolumita' della vittima, provata dall'effetto deterrente quasi nullo delle precedenti, diverse forme di cautela attuate nei suoi confronti. 3. Alla declaratoria d'inammissibilita' del ricorso segue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonche', ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilita' (cfr. sul punto Corte Cost. n. 186 del 2000), al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000. 3.1. Deve essere disposto, altresi', che siano omesse le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter. In caso di diffusione del provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE MARZO Giuseppe - Presidente Dott. CANANZI Francesco - Consigliere Dott. BRANCACCIO Matilde - rel. Consigliere Dott. CUOCO Michele - Consigliere Dott. MAURO Anna - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 08/03/2022 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere MATILDE BRANCACCIO; lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale PERLA LORI che ha chiesto l'inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN IFATTO 1. Viene in esame la sentenza della Corte d'Appello di Reggio Calabria del 8.3.2022 che, in parziale riforma della decisione emessa dal Tribunale di Reggio Calabria, ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione, nei confronti di (OMISSIS), in relazione ai reati di tentata sostituzione di persona (cosi' riqualificata l'imputazione originaria, che contestava l'ipotesi di reato consumata) e di atti persecutori commessi ai danni (OMISSIS), nonche' al reato di diffamazione commesso in concorso con (OMISSIS), venendo, invece, confermata la sua condanna agli effetti civili (quantificati in Euro 154.116,71). La vittima era stata posta al centro di una campagna persecutoria dall'imputato, suo collega di lavoro e, per un periodo di tempo, coinquilino, condotta con l'invio di email a contenuto diffamatorio a colleghi degli uffici regionali presso i quali lavorava, provenienti da un account artatamente creato dal ricorrente come riconducibile alla persona offesa: il profilo "fake" intestato a " (OMISSIS)". 2. Avverso la citata sentenza d'appello ha proposto ricorso soltanto (OMISSIS), tramite il difensore di fiducia, deducendo otto motivi di censura diversi, con i quali si duole della decisione sia agli effetti penali, puntando ad una sentenza di assoluzione nel merito, sia agli effetti civili. 2.1. Il primo argomento difensivo eccepisce vizio di incompetenza territoriale del Tribunale di Reggio Calabria per violazione degli articoli 8-9 e 16 c.p.p., in relazione al ritenuto, piu' grave reato previsto dall'articolo 612-bis c.p., che attrae la competenza anche delle altre due contestazioni minori (sostituzione di persona e diffamazione). La Corte di merito ha applicato il principio di Sez. 5, n. 16977 del 2020, secondo cui la competenza per territorio si determina, nel delitto di atti persecutori, in ragione del luogo in cui il disagio della persona offesa degenera in prostrazione psicologica. Tuttavia, il ricorrente evidenzia che la giurisprudenza richiamata fa riferimento al criterio del "luogo in cui il comportamento dell'agente diviene riconoscibile e qualificabile come persecutorio", solo successivamente enunciando il criterio, concorrente, indicato dalla sentenza impugnata; cio' elimina anche in radice il rischio di casualita' della scelta del giudice competente, altrimenti legato al luogo in cui la vittima accidentalmente si trovi quando quel comportamento assume i caratteri suddetti. Sarebbe stato, pertanto, competente il Tribunale di Catanzaro, luogo in cui si determinava la conclusione della sequenza di atti idonei a completare la consumazione del reato abituale di evento previsto dall'articolo 612-bis c.p., poiche' in tale citta' hanno sede gli uffici regionali presso i quali i due colleghi della ricorrente che hanno ricevuto le missive persecutorie/diffamatorie, secondo l'accusa, hanno aperto e letto le missive. Catanzaro, peraltro, e' anche il centro di riferimento delle difficolta' e dei disagi manifestati dalla persona offesa in conseguenza del delitto di stalking subito. Viceversa, a Reggio Calabria si sono soltanto consumate le conseguenze ultime del reato, con le visite mediche alle quali si e' sottoposta la vittima, una volta trasferitasi in quella citta', proprio in ragione delle condotte ascritte all'imputato. 2.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 494 c.p., nonche' violazione dell'articolo 49 c.p., comma 2, unitamente al vizio di manifesta illogicita' della motivazione quanto alla valutazione delle prove per giungere all'affermazione di responsabilita' del ricorrente. La difesa eccepisce che il profilo "fake" era talmente grossolanamente creato (tra l'altro, con due immagini di profilo di persone diverse e due nomi differenti) da far difetto la necessaria offensivita' della condotta, ancorche' qualificata come tentativo di sostituzione di persona dal primo giudice, piuttosto che come reato consumato, tanto piu' che il delitto di cui all'articolo 494 c.p. non e' costruito come reato di pericolo, ma comporta l'inganno o il tentativo di inganno quale elemento della fattispecie legale. Fuori fuoco sarebbe, quindi, la valutazione dei giudici di merito riferita alla potenzialita' ingannatoria del profilo rispetto a chi non conoscesse bene la vittima del reato. In ogni caso, si denuncia "travisamento del fatto e della prova", in un processo di particolare complessita', poiche' di tipo "indiziario", nonche' mancato esame di una prova decisiva, quanto all'individuazione dell'imputato come autore delle condotte denunciate dalla persona offesa: non sarebbero sufficienti le testimonianze del teste Forgione, le cui dichiarazioni sono state sottoposte a dura critica nel ricorso, e gli altri dati di prova; dalla consulenza di parte dell'ing. (OMISSIS) e dalle indagini risultava che vi fossero stati tentativi di accesso anomalo al profilo da cui sono partite le frasi diffamatorie e persecutorie, sicche' sarebbe stato indispensabile disporre una perizia ex articolo 507 c.p.p. per accertare quali fossero le utenze telefoniche agganciate agli ID di provenienza degli accessi sul profilo fake, oggetto di contestazione. 2.3. Il terzo motivo di ricorso si incentra sulla contestazione delle prove di colpevolezza del ricorrente rispetto al reato di diffamazione, anche queste ritenute insicure, incerte nella attribuibilita' delle condotte di inoltro delle e-mail contenenti giudizi e valutazioni offensive nei confronti della vittima del reato. Si evidenzia l'insufficienza dei dati di prova messi insieme dalle due sentenze di merito, elencandoli e minuziosamente contestandoli, sottolineando, in particolare, come in nessuno dei supporti informatici sequestrati all'imputato siano state trovate le mail incriminate o le pagine word allegate a queste o le foto della vittima inviate a terzi. Si bollano, invece, come mere congetture le affermazioni del giudice di primo grado sulla possibilita' che l'imputato possa aver cancellato le tracce informatiche dei reati, tanto piu' che il consulente della difesa ha provato come non vi siano indizi dell'uso del programma "eraser" da parte del ricorrente, diversamente da quanto asserto dal consulente del pubblico ministero, ing. (OMISSIS). Vi sarebbe prova, peraltro, di una manipolazione della mail diffamatoria da parte di qualcuno prima dell'inoltro all'indirizzo mail di lavoro dei colleghi iella vittima e, infine, il pc del ricorrente poteva essere utilizzato anche da suo fratello, il che escluderebbe l'univoca riferibilita' delle condotte di reato tutte. 2.4. Il quarto motivo di censura denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla condanna dell'imputato, agli effetti civili, per il delitto di atti persecutori, contestando la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato: manca qualsiasi tipicita' fenomenica del delitto (pedinamenti, appostamenti, minacce, messaggi e telefonate reiterate). Semplicemente si sono sommate le poche condotte delle due contestazioni di tentata sostituzione di persona e di diffamazione e si e' ritenuto sussistente il delitto. Per questo, mancherebbe anche la prova del dolo del reato di stalking. 2.5. Il quinto argomento di censura denuncia violazione di legge quanto agli effetti civili: la consulenza della parte civile con cui si contestualizza il danno e la patologia psicologica da cui esso e' derivato, conseguenza della condotta delittuosa, non e' condivisibile nelle sue considerazioni tutte, ivi compresi i parametri utilizzati, che la difesa ritiene "oscuri" per giungere a quantificare la soglia del 35% di danno biologico (pari a 82.000 Euro, oltre ad un danno personalizzato di 54.000 Euro). Si ritiene, pertanto, che il giudice di merito avrebbe dovuto disporre perizia d'ufficio ovvero ridurre il danno. Inoltre, si chiede che la documentazione medica allegata alle conclusioni scritte della parte civile - disturbo post-traumatico da stress - in sede di discussione venga dichiarata inutilizzabile poiche' avrebbe dovuto essere acquisita, correttamente, come prova documentale ex articolo 234 c.p.p.. Si contesta, infine, anche la valenza delle dichiarazioni della persona offesa quanto al danno psicologico grave subito dai reati, mancando elementi di riscontro alle sue asserzioni sul disagio, sul mutamento delle abitudini di vita. Secondo la difesa, le condotte attribuite all'imputato giammai avrebbero potuto determinare siffatte, gravi conseguenze traumatiche, ma tale valutazione di idoneita', doverosa, e' stata omessa dai giudici di merito. 2.6. I motivi sesto e settimo sono dedicati a rappresentare meglio le denunce di inutilizzabilita' della documentazione prodotta dalla parte civile ed acquisita nel processo alle udienze del 26.6.2020 e 3.7.2020, in quanto non attinente al thema decidendum e depositata allo scopo di suggestionare negativamente i giudici sulla moralita' perversa del ricorrente, incline ai reati del tipo di quelli commessi (motivo 6); nonche' a denunciare l'omessa ammissione delle prove difensive a discarico, relative a tale produzione documentale (motivo 7). 2.7. Infine, l'ottavo motivo di ricorso denuncia violazione di legge in relazione alla mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale richiesta con l'atto di appello, avuto riguardo alla richiesta di perizia del pc del testimone (OMISSIS); la Corte d'appello ha rigettato la richiesta con una motivazione apparente di non necessita'. Si lamenta, altresi', la mancata adesione alla richiesta di verificare nuovamente in contraddittorio dibattimentale le conseguenze dannose lamentate dalla vittima del reato, attraverso testimonianze e/o perizia sulla persona offesa; nonche' la riferibilita' al ricorrente delle condotte delittuose (attraverso perizia sul pc del coimputato (OMISSIS), che aveva inoltrato la mail diffamatoria ricevuta dall'imputato, secondo la ricostruzione accusatoria; acquisizione dei tabulati del ricorrente, della vittima del reato e dello stesso (OMISSIS)). 3. Il PG Perla Lori ha chiesto, con requisitoria scritta, che sia dichiarata l'inammissibilita' del ricorso, il che, quindi, precluderebbe la rilevanza della questione di applicabilita' della nuova disciplina prevista dall'articolo 573 c.p.p., comma 1-bis. 3.1 Il difensore del ricorrente ha depositato memoria con conclusioni scritte in data 1.3.2023, con le quali, ribadendo le ragioni di ricorso, chiede l'annullamento della sentenza impugnata. 3.2. Il difensore della parte civile ha depositato memorie, conclusioni e nota spese. Nella memoria difensiva, si sottolinea che il ricorrente non ha rinunciato alla prescrizione, sicche' avrebbe dovuto limitarsi, quanto alla sua affermazione di responsabilita' ai fini civilistici, soltanto a rappresentare la sussistenza delle condizioni ex articolo 129 c.p.p.. Invece, il ricorso ed i motivi aggiunti sarebbero inammissibili poiche' con essi si deduce travisamento dei fatti e, in realta', si punta ad ottenere una nuova, diversa e piu' favorevole visione delle prove. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' complessivamente infondato. 2. I motivi che il ricorrente propone per denunciare l'erroneita' dell'affermazione di responsabilita' agli effetti penali, evocando, sostanzialmente, una soluzione (di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata) che determini la sua assoluzione nel merito (sicche' non viene in esame la nuova disciplina dell'articolo 573 c.p.p., comma 1-bis, sono reiterativi di argomenti gia' proposti al giudice d'appello, cosi' come e' ripetitiva ed aspecifica anche la questione di competenza territoriale, gia' adeguatamente superata dalla sentenza impugnata. 2.1. A dispetto della lunghezza argomentativa del ricorso, che per la gran parte e' ripetitivo dei contenuti dell'atto d'appello, ovvero e' incentrato su richiami giurisprudenziali di ordine generale relativi ai temi controversi, non vi e' confronto effettivo con le ragioni della decisione di secondo grado, che ha evidenziato correttamente, anzitutto, quanto alla questione di competenza territoriale (primo motivo di ricorso, peraltro privo di specifico interesse, considerata la pronuncia di prescrizione dei reati gia' intervenuta), come la stabile giurisprudenza di questa Corte regolatrice individui il criterio per la determinazione della competenza per territorio nel delitto di atti persecutori in relazione al luogo in cui il disagio acculato dalla persona offesa degenera in uno stato di prostrazione psicologica, in grado di manifestarsi in una delle forme descritte dall'articolo 612-bis c.p. (cfr., per tutte, Sez. 5, n. 16977 del 12/2/2020, S., Rv. 279178). Non trova riscontro, invece, la tesi del ricorrente che sostiene l'esistenza di un prioritario criterio di determinazione del locus del commesso delitto di stalking, rapportato al "luogo in cui il comportamento dell'agente diviene riconoscibile e qualificabile come persecutorio", locuzione tratta dalla sentenza Sez. 5, n. 3042 del 9/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278149, conforme alla giurisprudenza sopra citata, che ha inteso enunciare un'endiadi equivalente, nella sostanza, richiamando l'espressione citata dal ricorrente come omologa a quella, successiva ed ancor piu' esplicativa, del "luogo in cui il disagio accumulato dalla persona offesa degenera in uno stato di prostrazione psicologica, in grado di manifestarsi in una delle forme descritte dall'articolo 612- bis c.p.". Del resto, la conclusione cui giunge la richiamata giurisprudenza della Cassazione, in modo univoco, discende dalla natura del delitto di atti persecutori, che configura un reato abituale di danno "per accumulo", che si consuma nel momento e nel luogo della realizzazione di uno degli eventi previsti dalla norma incriminatrice, quale conseguenza della condotta unitaria costituita dalle diverse azioni causalmente orientate (cfr. ancora le richiamate pronunce n. 16977 del 2020 e n. 3042 del 2020, nonche' Sez. 5, n. 17000 del 11/12/2019, dep. 2020, A., Rv. 279081). Tale luogo e' stato correttamente individuato nella citta' di Reggio Calabria, in cui la ricorrente viveva stabilmente, al di la' del domicilio lavorativo, ed in cui, quindi, si e' disvelato il suo profondo disagio psichico, tale da determinare serie conseguenze sul suo stato di salute psicofisica, come si dira' piu' avanti. Deve ribadirsi, pertanto, che il delitto di atti persecutori configura un reato abituale di danno che si consuma nel momento e nel luogo della realizzazione di uno degli eventi previsti dalla norma incriminatrice, quale conseguenza della condotta unitaria costituita dalle diverse azioni causalmente orientate, sicche' la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui il disagio accumulato dalla persona offesa degenera in uno stato di prostrazione psicologica, in grado di manifestarsi in una delle forme descritte dall'articolo 612-bis c.p.. 2.2. I motivi riferiti alla mancata rinnovazione istruttoria (motivo otto), alla qualita' della prova raccolta nel giudizio ed alla valutazione di essa si sostanziano in una inammissibile richiesta di nuovo esame nel merito di elementi indiziari precisi, coerenti tra loro, gravi nel condurre ad individuare l'imputato come colui che, legato alla vittima da un rapporto di amicizia di antica data, tanto da aver potuto condividere con lei l'appartamento nella citta' di Catanzaro, sede dell'ufficio ove entrambi lavoravano, ha improvvisamente ed inspiegabilmente cominciato ad assumere comportamenti distonici nei suoi confronti, costruendo un falso "account facebook", contattando il suo ex-fidanzato, diffamandola presso suoi colleghi, con l'invio di una email, dal contenuto scabroso nei riguardi della vittima, a (OMISSIS), coimputato, istigandolo ad inviarla a sua volta all'indirizzo d'ufficio, con conseguente accessibilita' dei colleghi della persona offesa. Il teste (OMISSIS), la cui attendibilita' e credibilita' sono state ampiamente argomentate dalla sentenza d'appello, ha offerto i necessari elementi per ricondurre al ricorrente il falso account della vittima, segnalando che e' stato lo stesso imputato a svelarsi dietro il profilo "fake" direttamente tradendosi (cfr. pag. 25 della sentenza impugnata). La prova documentale, costituita dalle conversazioni "facebook" tra il teste chiave e l'imputato, prodotte dalla parte civile in copia, e' stata legittimamente acquisita come tale ai sensi dell'articolo 234 c.p.p. (cfr. Sez. 3, n. 928 del 25/11/2015, dep. 2016, Giorgi, Rv. 265991; Sez. 3, n. 38681 del 26/4/2017, G., Rv. 270950; nonche', tra le altre, Sez. 6, n. 22417 del 16/3/2022, Sgromo, Rv. 283319); e la Corte territoriale ha spiegato, proprio facendo leva sulla completa ed affidabile acquisizione della conversazione incriminante come documento, le ragioni della inutilita' della rinnovazione istruttoria richiesta dal ricorrente, al centro anche del terzo e dell'ottavo motivo di ricorso, per questo manifestamente infondati con riguardo alla richiesta di perizia sul pc di (OMISSIS), alla ricerca di una prova negativa ed incerta, non potendo escludersi procedure di cancellazione della conversazione non rintracciabili. La riconducibilita' all'imputato delle email dal contenuto diffamatorio e lesivo della reputazione della vittima, del profilo facebook da cui sono partiti i contatti persecutori ed in relazione al quale e' configurato il reato di sostituzione di persona e' stata motivata attraverso il riferimento ad una prova si' indiziaria, ma affidabile e convincente, sia dal giudice di primo grado che da quello d'appello, sicche' i motivi di ricorso dedicati a contestare l'individuazione del ricorrente come autore dei reati sono manifestamente infondati, oltre che in fatto e rivalutativi. 2.3. Quanto alla configurabilita' dei reati, deve evidenziarsi come, ancorche' prescritti, le ragioni difensive obbligano il Collegio ad ingaggiare necessariamente un confronto multilivello sui temi proposti, alcuni non soltanto agli effetti civili, ma anche sul piano della inoffensivita' della condotta ex articolo 49 c.p. (cfr. il secondo motivo di censura); e tuttavia, le censure si mostrano ancora una volta reiterative e del tutto fuori fuoco. Ovviamente, alla luce dell'intervenuta prescrizione, il Collegio rammenta che, secondo le indicazioni della giurisprudenza costituzionale (cfr. la sentenza n. 182 del 2021 Corte Cost.), il giudice penale, chiamato a verificare la sussistenza dell'illecito civile ai sensi dell'articolo 578 c.p.p., comma 1, dovra' basarsi sulla regola di giudizio civilistica per la valutazione della responsabilita', vale a dire il canone valutativo del "piu' probabile che non", piuttosto che sul criterio penalistico dell'alto grado di probabilita' logica (ovvero dell'oltre ogni ragionevole dubbio"), sia pur riconoscendo la non piena sovrapponibilita' della fisionomia del giudizio relativo ai soli interessi civili svolto in sede penale rispetto a quello che si tiene dinanzi al giudice civile (cfr. Sez. 5, n. 4902 del 16/1/2023, Rv. 284101). a) Per il delitto di stalking, in relazione al quale si contesta, agli effetti civili, sia la sussistenza degli eventi del reato che la riconducibilita' delle condotte al paradigma normativo tipico, deve essere anzitutto ribadito che integra il delitto di atti persecutori la condotta di creazione di profili "social" e "account internet", falsamente riconducibili alla vittima, i contenuti dei quali si rivelino in grado di rappresentare quelle molestie reiterate nei suoi confronti descritte dalla disposizione dell'articolo 612-bis c.p. (cfr., per il principio generale, in una fattispecie parzialmente diversa: Sez. 5, n. 323 del 14/10/2021, dep. 2022, M., Rv. 282768), ovviamente se accompagnate, dal punto di vista soggettivo, dal dolo generico costituito dalla consapevolezza dell'idoneita' del proprio comportamento abituale a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice. Nel caso di specie, sicuramente tale consapevolezza emerge dalla ricostruzione dell'accaduto, della sua dimensione temporale e delle conseguenze gravi determinate sulla vittima della campagna persecutoria, che oltre ad essere stata costretta a mutare sensibilmente le proprie abitudini di vita, chiudendosi in una sorta di depressione, con allontanamento dal contesto sociale consueto, ha riportato gravi conseguenze psicologiche, accertate da documentazione medica, causate dall'ansia e dal timore derivati dalle azioni dell'imputato. Non vi e' dubbio che tali effetti, poi, integrino gli eventi previsti alternativamente dalla fattispecie di stalking: la Corte d'Appello ha messo in risalto - oltre alla progressiva perdita di capacita' sociale e di frequentazioni; oltre alle ripercussioni serissime sul lavoro, da cui si e' assentata lungamente, rischiando il licenziamento, proprio per la difficolta' a superare l'accaduto e ad incontrare il ricorrente - "tutta la sofferenza ed il paterna della persona offesa" emersi nel corso del processo in modo evidente, poiche' si e' accertato, con adeguata documentazione medica, che la vittima ha subito gravi traumi psichici, mai superati del tutto, tanto che, anzi, essi si sono trasformati da patologia psicologica da stress in conclamata malattia psichiatrica (cfr. pag. 30 della sentenza impugnata). Quanto alla direzione delle condotte persecutorie, non direttamente rivolte alla persona offesa, ma con destinatari terzi soggetti (noti o meno), si e' gia' condivisibilmente affermato che, in tema di atti persecutori, l'evento, consistente nell'alterazione delle abitudini di vita o nel grave stato di ansia o paura indotto nella persona offesa, deve essere il risultato della condotta illecita valutata nel suo complesso, nell'ambito della quale possono assumere rilievo anche comportamenti solo indirettamente rivolti contro quest'ultima (Sez. 6, n. 8050 del 12/1/2021, G., Rv. 281081; vedi anche Sez. 5, n. 25248 del 12/5/2022, R., Rv. 283369), unitariamente inseriti nell'unica condotta persecutoria. Nel caso del ricorrente, egli ha comunicato con numerosissimi utenti "facebook", fingendosi la persona offesa, associando alla immagine di profilo proprio una fotografia di costei in costume da bagno e postando commenti e link di carattere erotico; ha contattato via "facebook" l'ex fidanzato della donna e via email i colleghi di lei, ancora una volta con contenuti di aperta lesivita' della sua reputazione ed a sfondo scabroso ed erotico (facendo apparire che ella si definisse come "troia"). Tali condotte, ancorche' solo indirettamente rivolte alla vittima, fanno di quest'ultima l'unico, reale bersaglio della campagna persecutoria, sicche' non vi e' dubbio che le molestie reiterate, generatrici d'ansia e timori gravi, siano indirizzate a lei, chiamata in causa nelle offese ripetute alla propria reputazione ed intimita'. Ne' puo' dubitarsi della tipicita' oggettiva di dette condotte a configurare il delitto di atti persecutori che, come noto, puo' essere ritenuto integrato anche in presenza di due sole condotte, pur se commesse in un breve arco di tempo, idonee a costituire la "reiterazione" richiesta dalla norma incriminatrice, non essendo invece necessario che gli atti persecutori si manifestino in una prolungata sequenza temporale (Sez. 5, n. 33842 del 3/4/2018, P., Rv. 273622). b) Per il delitto di tentata sostituzione di persona ex articolo 494 c.p., in relazione al quale la difesa invoca l'inidoneita' della formazione del falso profilo facebook a cagionare l'inganno, vi e' solo da segnalare l'aspecificita' del motivo, dal momento che la sentenza impugnata ha evidenziato, in risposta ad un'obiezione d'appello pressocche' identica, che solo chi conoscesse in modo particolarmente approfondito la personalita' della vittima avrebbe potuto non cadere nell'inganno (come infatti e' avvenuto per il suo ex fidanzato, dal quale e' partito l'allarme su quanto stava accadendo); diversamente gli altri terzi utenti, che non fossero a conoscenza del carattere e delle attitudini di vita della vittima. In via di principio, poi, ai fini della configurabilita' del reato in astratto, integra il delitto di sostituzione di persona la condotta di colui che crei ed utilizzi "profili social" e "account internet" servendosi dei dati anagrafici di altra persona, esplicitamente contraria, al fine di far ricadere su quest'ultima l'attribuzione delle connessioni eseguite in rete (Sez. 5, n. 323 del 14/10/2021, Rv. 282768-02). c) I motivi di ricorso, infine, proposti con riguardo alla configurabilita' stessa del reato di diffamazione (attraverso l'invio, prima ad una terza persona e poi, tramite questa, ai colleghi di lavoro della vittima, di una email offensiva della reputaz one di lei), sono tutti affrontati come critica rivalutativa delle prove, del tutto apodittica e funzionale a riscriverne il significato secondo un'assertiva quanto inammissibile prospettiva alternativa di merito. 2.4. I motivi di ricorso con cui si denuncia l'illegittima acquisizione di documentazione proveniente dalla parte civile in sede di discussione sono generici, poiche', nonostante le critiche al loro contenuto, non si deduce ne' il loro peso nell'economia della decisione impugnata, ne' quale fosse specificamente il contenuto criticato di essa, sul quale si era chiesta la prova a confutazione rifiutata. 2.5. Infondato e', infine, il motivo di ricorso sulla liquidazione del danno alla parte civile, quantificato nella cifra consistente gia' indicata, alla luce della puntuale, convincente motivazione del giudice di primo grado, cui la sentenza d'appello si e' motivatamente allineata: la depressione irreversibile, patologia gravemente invalidante della vita psicofisica della ricorrente, e' stata ampiamente spiegata e ricostruita dai giudici di merito, sulla base di dati oggettivi, costituiti anzitutto dalla documentazione medica acquisita. La quantificazione del danno morale, autonomo rispetto al danno biologico, cristallizza, poi, il peso di una sofferenza di natura interiore, su cui la motivazione del provvedimento impugnato si e' spesa molto, al di la' dell'innegabile dato medico, di preoccupante gravita', descrivendo il blocco emotivo in cui la vittima e' caduta, per molto in tempo in modo altamente invalidante, con un forte sentimento di disistima ed incapacita' di avere rapporti anche con i suoi familiari piu' stretti, per l'autocolpevolizzazione accertata come patologia" seguita alla consapevolezza di essere stata cosi' amica di una persona capace di farle cosi' male. Le ragioni cosi' dettagliatamente esposte, anzitutto dal punto di vista medico, sostengono la statuizione relativa al risarcimento del danno, nella sua adeguatezza, mentre i motivi di ricorso si velano, ancora una volta, in parte aspecifici e, infine, manifestamente infondati. 3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel presente giudizio, che si ritiene di liquidare in complessivi Euro 5.530. 3.1. Deve essere disposto, altresi', che siano omesse le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, il ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi Euro 5.530, oltre accessori di legge. In caso di diffusione del provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. GUARDIANO Alfredo - Presidente Dott. PISTORELLI Luca - Consigliere Dott. BELMONTE T. Maria - rel. Consigliere Dott. ROMANO Michele - Consigliere Dott. MOROSINI E.Maria - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 23/06/2022 della CORTE APPELLO di TORINO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere MARIA TERESA BELMONTE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIOVANNI DI LEO che ha concluso per la inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN IFATTO 1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Torino ha rigettato la proposta di concordato formulata ai sensi dell'articolo 599 bis c.p.p., e ha confermato la decisione del giudice dell'udienza preliminare di quella stessa citta', che aveva dichiarato (OMISSIS), colpevole di atti persecutori aggravati dalla relazione sentimentale con la vittima, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia, con le statuizioni risarcitorie in favore della costituita parte civile, da liquidarsi separatamente. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'avvocato (OMISSIS), che, nell'interesse dell'imputato, svolge due motivi. 2.1. Con il primo, denuncia erronea applicazione dell'articolo 612 bis c.p. e correlati vizi della motivazione, in punto di sussistenza del delitto contestato; la Corte di appello non ha tenuto in alcun conto le deduzioni difensive tendenti a fornire una ricostruzione alternativa dei fatti, ignorando la litigiosita' coniugale, il contenuto di messaggi minacciosi e volgari inviati dalla persona offesa all'imputato, sintomo dell'assenza di paura e soggezione e, dunque, della mancata dimostrazione dell'evento del reato. 2.2. Con il secondo motivo si denuncia la manifesta illogicita' della motivazione quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche. La Corte di appello si e' limitata a richiamare la valutazione del primo giudice senza tenere in conto gli elementi di novita' subentrati, e rilevati dalla difesa, quali l'aver intrapreso, il ricorrente, e concluso autonomamente, un percorso psicologico di supporto presso una associazione dedicata. Inoltre, la sentenza e' illogica laddove a'ncora il diniego del beneficio alla assenza di risarcimento del danno e di rivisitazione critica della condotta, senza dare rilevanza al predetto percorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.II ricorso risulta inammissibilmente proposto, in quanto propone motivi gia' dedotti in appello e inammissibilmente riproposti in questa sede di legittimita' in cui non e' consentito di procedere a una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o all'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (cfr. da ultimo, Sez. 6, sent. n. 5146 del 16/01/2014, dep. 03/02/2014, Del Gaudio e altri, Rv. 258774). Come affermato gia' da Sez. U. n. 6402/1997, Dessimone,. Rv. 207944, esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento e' riservato in via esclusiva al giudice di merito, non censurabile dalla Corte di Cassazione se condotta nel rispetto dei canoni della logica e della completezza. 2. Cosi' del tutto generico si rivela il primo motivo, che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata che, nel replicare ad analoga doglianza in merito alla dedotta insussistenza degli elementi costitutivi del reato di stalking, ha fatto corretta applicazione di consolidati principi di diritto in tema di atti persecutori, per affermare la infondatezza della tesi difensiva mirante a conseguire una piu' favorevole riqualificazione della condotta, valorizzando i continui messaggi offensivi e le reiterate gravi minacce formulate anche sul luogo di lavoro (ritenendo smentita la alternativa versione difensiva sulla base delle fonti dichiarative), sottolineando come la persona offesa avesse descritto uno scenario di continuativa e sistematica condotta intrusiva, intimidatoria e molesta posta in essere dall'imputato ai suoi danni, e ritenendo irrilevante le ragioni conflittuali dedotte dalla difesa, che assurgono a mera causale della condotta, che non priva di antigiuridicita' penale il comportamento dell'imputato. 2.1. Quanto all'evento la Corte di appello ha ritenuto integrato, tra quelli alternativamente previsti dalla norma, lo stato d'ansia. In ordine alle conseguenze causate alla vittima dalle condotte persecutorie, quanto al "perdurante e grave stato di ansia o di paura" sofferto dalla persona offesa, l'orientamento della giurisprudenza e' nel senso di ritenere ritiene che, ai fini della sussistenza del reato de quo, non e' necessario l'accertamento di uno stato patologico, essendo sufficiente che gli atti persecutori "abbiano avuto un effetto destabilizzante della serenita' e dell'equilibrio psicologico della vittima, considerato che la fattispecie incriminatrice di cui all'articolo 612 bis c.p. non costituisce una duplicazione del reato di lesioni (articolo 582 c.p.), il cui evento e' configurabile sia come malattia fisica che come malattia mentale e psicologica" (Cass. n. 16864/2011). Non e', pertanto, dirimente, ai fini della configurabilita' del reato, che la vittima conservi una capacita' di reazione, in quanto cio' non comporta il mancato insorgere dello stato di ansia e della reazione psicoemotiva che si verifica a fronte del reiterato atteggiamento minaccioso e persecutorio tenuto dal soggetto agente. 3. Anche il secondo motivo risulta generico, omettendo anche in questo caso di confrontarsi con la sentenza impugnata che ha preso in considerazione l'allegazione difensiva fondata sul percorso terapeutico portato a compimento dall'imputato, nondimeno escludendo che esso potesse consentire di superare elementi negativi, ravvisati nella gravita' della condotta e nella personalita' negativa dell'imputato, considerati decisivi. La valutazione regge al vaglio di legittimita', dal momento che, come e' noto, in tema di attenuanti cieneriche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986); sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato e alle modalita' di esecuzione di esso puo' essere sufficiente in tal senso (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 2 -, n. 23903 del 15/07/2020, Rv. 279549 - 02). 4. Alla declaratoria di inammissibilita' segue per legge (articolo 616 c.p.p.) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche', trattandosi di causa di inammissibilita' determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in Euro 3000,00. In caso di diffusione del presente provvedimento, devono essere omesse le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. N. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CASA Filippo - Presidente Dott. LIUNI Teresa - Consigliere Dott. ALIFFI Francesco - Consigliere Dott. TOSCANI Eva - Consigliere Dott. RUSSO Carmine - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 20/10/2022 del TRIBUNALE di LUCCA; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CARMINE RUSSO; lette le conclusioni del PG, Dott. Pedicini Ettore, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 20 ottobre 2022 il Tribunale di Lucca, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha respinto l'istanza di (OMISSIS) di applicazione della disciplina della continuazione tra le seguenti sentenze di condanna emesse nei suoi confronti: 1. Sentenza del Tribunale di Lucca del 12 ottobre 2021, per reato di cui all'articolo 570 e 388 c.p. commessi (OMISSIS); 2. Sentenza del Tribunale di Napoli del 13 settembre 2018, per reato di cui all'articolo 612-bis c.p. commesso in (OMISSIS); 3. Sentenza della Corte d'appello di Firenze del 20 ottobre 2020, per reato di cui all'articolo 612-bis e 610 c.p. commessi in (OMISSIS); 4. Sentenza del Tribunale di Napoli del 13 dicembre 2018, per reato di cui alla L.Fall., articolo 216 commesso in (OMISSIS). In particolare, nel respingere l'istanza, il giudice dell'esecuzione ha ritenuto non vi fossero elementi che potessero deporre per la programmazione unitaria dei reati, evidenziando in particolare che la bancarotta era totalmente sganciata dalle altre contestazioni, che i reati degli articoli 570 e 388 c.p. erano a se stanti per diverso bene giuridico e perche' attingevano soltanto aspetti economici, e che vi era una forte cesura temporale tra i due episodi di stalking in danno della ex moglie, commessi i primi ancora in (OMISSIS) e i secondi in (OMISSIS) quando la famiglia aveva deciso di rientrare nella terra di origine, e che il dedotto stato di tossicodipendenza non fungeva da elemento unificatore essendo slegato dalla commissione dei reati di stalking ed anche da quello di bancarotta. 2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con unico motivo in cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione per essere stata respinta l'istanza nonostante che la programmazione unitaria dei reati fosse desumibile dall'essere stati commessi in danno dello stesso soggetto passivo, poiche' anche il mancato pagamento dell'obbligo alimentare era una forma di stalking in danno dell'ex moglie perche' contribuiva ad incidere sulla stessa sul piano psicologico ed il procedimento nasce dalla stessa querela presentata per lo stalking, nonche' perche' una cesura temporale tra i due episodi di atti persecutori non v'e' trattandosi di reati abituali ed avendo dato atto le sentenze che i comportamenti sono proseguiti anche oltre quando detto dal capo d'imputazione, nonche' perche' lo stato di tossicodipendenza e' stato svalutato. 3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, Ettore Pedicini, ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' parzialmente fondato nei limiti che si precisano in motivazione. 1. Il ricorso e' fondato con riferimento alla parte della motivazione che nega il riconoscimento della continuazione tra i fatti oggetto della sentenza del Tribunale di Lucca del 12 ottobre 2021 ed i fatti oggetto della sentenza della Corte d'appello di Firenze del 20 ottobre 2020. Il giudice dell'esecuzione, pur riconoscendo l'identita' del soggetto passivo, ha, infatti, escluso la continuazione rilevando che i primi (reati degli articoli 570 e 388 c.p.) attingevano soltanto aspetti economici della conflittualita' tra gli ex coniugi ed avevano un bene giuridico diverso da quelli oggetto della sentenza della Corte d'appello (reato di cui all'articolo 612-bis e 610 c.p.). Il ricorso aggredisce questa parte della motivazione della ordinanza rilevando che si tratta di reati commessi in unita' spaziale e temporale in danno della stessa persona offesa, e che e' la stessa persona offesa dei reati che ha individuato in essi un medesimo disegno criminoso, avendo presentato una unica querela sia per le violazioni di tipo lato sensu patrimoniale (poi divenuti la condanna per i reati degli articoli 388 e 570 c.p. del Tribunale di Lucca) sia per le violazioni di tipo personale (poi divenuti la condanna per articolo 610 e 612-bis c.p.). L'argomento e' fondato. Di fronte alla circostanza che si tratta di reati commessi negli stessi giorni e negli stessi luoghi in danno della stessa persona offesa la mera diversita' di ragioni (personali e patrimoniali) evocate dal giudice dell'esecuzione per respingere l'istanza e' insufficiente a ritenere che essi non siano retti da una volizione unitaria. L'identita' del bene giuridico violato e' senz'altro uno degli indici rivelatori dell'esistenza di un disegno criminoso (Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074), ma e' un indice che deve essere pesato insieme agli altri (la contiguita' spazio-temporale, le singole causali, le modalita' della condotta, la sistematicita' e le abitudini programmate di vita, sempre Sez. U. Gargiulo cit.) per comprendere se, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali. In un caso, quale quello in esame, la importanza della identita' del bene giuridico violato e' stata ritenuta in modo illogico preponderante rispetto ad altri indici dell'esistenza di una volizione unitaria che esistevano in atti (la contiguita' spaziale e temporale, le stesse singole causali a delinquere, inserendosi i reati all'interno della conflittualita' personale esistente tra autore del reato e persona offesa nel momento in cui sono avvenuti i fatti) e che avrebbero dovuto essere adeguatamente ponderati. Con riferimento a tale punto, pertanto, il ricorso e' fondato. Il ricorso non e' fondato, invece, quanto al diniego di riconoscimento della continuazione tra tali fatti del (OMISSIS) e quelli oggetto della sentenza sub 3). La ordinanza ha motivato il diniego con il riferimento alla forte cesura temporale (circa tre anni di differenza) e spaziale (gli episodi del (OMISSIS) commessi ancora in (OMISSIS); gli episodi del (OMISSIS) commessi quando la famiglia era tornata a vivere in (OMISSIS)) che sussiste tra i reati di cui il ricorrente e' stato giudicato responsabile. Il ricorso aggredisce questa parte della motivazione sostenendo anzitutto che la programmazione unitaria dei reati sarebbe stata desumibile dall'essere stati commessi in danno dello stesso soggetto passivo, ma l'argomento, pur corretto in fatto, non e' sufficiente a disarticolare il provvedimento impugnato, perche' la mera identita' del soggetto passivo non consente di ritenere sorretti da volizione unitaria tutti i reati commessi in suo danno. Il ricorso sostiene ancora che la cesura temporale tra i due episodi di atti persecutori e' minore di quanto riconosciuta nella ordinanza, perche' le sentenze di condanna avevano dato atto che i comportamenti erano proseguiti anche oltre il termine indicato nel capo d'imputazione, ma si tratta di rilievo non decisivo a fronte dell'evidenziato mutamento delle abitudini connesso al trasferimento in Campania del nucleo familiare. Il ricorso sostiene ancora che non sia stato valutato adeguatamente il possibile elemento unificatore della tossicodipendenza, ma la risposta che ha dato sul punto il giudice dell'esecuzione, secondo cui la condizione personale di tossicodipendenza non e' coerente con la tipologia dei reati che si intende unificare, non e' illogica, ed e' anzi coerente con la giurisprudenza di legittimita' che ritiene che la continuazione si possa riconoscere solo a condizione che il suddetto stato abbia influito sulla commissione delle condotte delittuose (Sez. 1, Sentenza n. 20144 del 27/04/2011, Casa', Rv. 250297). Il ricorso e' infondato anche quanto alla richiesta di riconoscimento della continuazione anche con la sentenza sub 4) (condanna del Tribunale di Napoli del 13 dicembre 2018, per reato di cui alla L.Fall., articolo 216 commesso in (OMISSIS)). Il ricorso non spende argomenti su questo reato, peraltro totalmente disomogeneo da quelli oggetto delle altre tre sentenze, e non specifica quali sarebbero gli indici di individuazione di una volizione unitaria e quali, di conseguenza, le ragioni di illogicita' sul punto della ordinanza impugnata. In definitiva, il ricorso deve essere accolto con riferimento alla istanza di continuazione tra i reati oggetto delle sentenze sub 1) e sub 3) con rinvio per nuovo giudizio sul punto; il ricorso e', invece, infondato sul resto. 2. Al giudizio di rinvio non potra' partecipare lo stesso giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato, in osservanza di quanto deciso da Corte Costituzionale 3 luglio 2013, n. 183, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimi l'articolo 34 c.p.p., comma 1, e articolo 623 c.p.p., comma 1, lettera a), nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l'annullamento il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuato, ai sensi dell'articolo 671 c.p.p.. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente alla valutazione della continuazione tra i reati giudicati con la sentenza emessa dal Tribunale di Lucca in data 12 ottobre 2021 (irrevocabile il 26 febbraio 2022) e con la sentenza della Corte di appello di Firenze in data 20 ottobre 2020 (irrevocabile il 10 novembre 2021) con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Lucca. Rigetta il ricorso nel resto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MOGINI Stefano - Presidente Dott. SIANI Vincenzo - Consigliere Dott. MASI Paola - rel. Consigliere Dott. MAGI Raffaello - Consigliere Dott. ALIFFI Francesco - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 21/01/2022 della CORTE APPELLO di BOLOGNA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. PAOLA MASI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. COCOMELLO ASSUNTA, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi. uditi i difensori: L'avvocato (OMISSIS), del foro di ROMA, in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), del foro di BOLOGNA come da nomina depositata all'odierna udienza, in difesa di (OMISSIS), anche per l'avvocato (OMISSIS), del foro di RAVENNA, come da nomina depositata all'udienza udienza, in difesa di (OMISSIS), e (OMISSIS), chiede il rigetto dei ricorsi e si riporta alle conclusioni scritte che deposita all'odierna udienza unitamente alla nota spesa. L'avvocato (OMISSIS), del foro di BOLOGNA, in difesa di (OMISSIS), conclude riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone l'accoglimento. L'avvocato (OMISSIS), del foro di BOLOGNA, in difesa di (OMISSIS), conclude insistendo nell'accoglimento del ricorso. L'avvocato (OMISSIS), del foro di BOLOGNA, in difesa di (OMISSIS), conclude insistendo nell'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa in data 21 gennaio 2022 la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza emessa in data 20 luglio 2021 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna, che ha condannato (OMISSIS) alla pena di quattro anni e sette mesi di reclusione per i reati di cui agli articoli 56, 605 c.p., 56, 575 c.p., articolo 612-bis c.p., commi 1 e 3 e L. n. 110 del 1975, articolo 4 commessi tra il (OMISSIS), con l'attenuante di cui all'articolo 89 c.p. prevalente sull'aggravante della premeditazione; (OMISSIS) e (OMISSIS) ciascuno alla pena di due anni e undici mesi di reclusione per i reati di cui agli articoli 56, 605 c.p., 56, 575 c.p. e L. n. 110 del 1975, articolo 4 commessi tra il (OMISSIS), per entrambi con l'attenuante di cui all'articolo 89 c.p. e con le attenuanti generiche, prevalenti sull'aggravante della premeditazione. Essi sono stati anche condannati al risarcimento dei danni in favore delle parti civili (OMISSIS) e i suoi genitori (OMISSIS) e (OMISSIS). I tre imputati sono stati ritenuti responsabili di avere, in concorso tra loro, compiuto atti idonei a privare della liberta' personale (OMISSIS), ragazza con cui l'imputato (OMISSIS) aveva avuto una relazione affettiva; di avere compiuto atti idonei ad uccidere i genitori conviventi di lei; di avere portato fuori dall'abitazione, per commettere tali delitti, un coltello con lama appuntita, un paio di forbici e un bastone in metallo dotato di una punta. Il (OMISSIS) e' stato ritenuto responsabile anche di avere provocato alla giovane (OMISSIS), affetta da disabilita' certificata del 40%, uno stato di grave ansia e paura, molestandola per telefono e appostandosi presso la sua abitazione. 1.1. La Corte di appello ha richiamato la ricostruzione dei fatti contenuta nella sentenza di primo grado. Nella notte del (OMISSIS) i Carabinieri notarono un'auto Fiat Panda ferma all'ingresso di un condominio sito in (OMISSIS), col motore acceso, e ne identificarono i tre occupanti negli imputati indicati, i quali non giustificarono la loro presenza in quel luogo, dando il (OMISSIS) tre versioni discordanti. Perquisita l'auto, i Carabinieri rinvennero nel bagagliaio un borsone contenente un passamontagna, due paia di guanti, altri quattro guanti spaiati, un coltello da cucina con lama lunga cm. 13, un paio di forbici, un paio di manette, e, sul sedile occupato dal (OMISSIS), un bastone di metallo con punta in plastica. I tre imputati negarono il possesso del borsone, dicendo che era stato affidato al (OMISSIS) da un amico e che essi ne ignoravano il contenuto; il (OMISSIS), pero', decise di collaborare e confido' ai Carabinieri che il (OMISSIS), con l'aiuto del (OMISSIS), voleva rapire la giovane (OMISSIS) e uccidere i suoi genitori. La giovane venne contattata dai Carabinieri, e nella mattina del (OMISSIS) sporse denuncia-querela descrivendo il rapporto sentimentale che aveva avuto con il (OMISSIS) per circa tre anni, convivendo con lui per un anno, relazione che ella aveva interrotto nel (OMISSIS), tornando a vivere con i genitori, per le violenze abitualmente perpetrate dall'uomo in suo danno. Da quel momento il (OMISSIS) aveva iniziato a cercarla, riuscendo ad incontrarla nel (OMISSIS), e, nonostante il suo rifiuto di riprendere la relazione sentimentale con lui, aveva continuato a cercarla e a telefonarle, in particolare dopo che ella si era fidanzata con un altro ragazzo. Un suo conoscente, (OMISSIS), le aveva riferito che il (OMISSIS) si recava spesso a Imola nella speranza di incontrarla, essendo da lei ossessionato, e che circa venti giorni prima del fatto lo aveva sentito dire al (OMISSIS) che intendeva rapirla e convincerla a tornare a Bologna, dove egli abitava. Il (OMISSIS), in un manoscritto redatto spontaneamente presso i Carabinieri, ha descritto le modalita' del "colpo" organizzato dal (OMISSIS), precisando che questi aveva ricevuto un'arma appuntita con cui intendeva uccidere i genitori della ragazza, e ne ha confermato il contenuto nelle dichiarazioni rese all'udienza di convalida dell'arresto, con le quali ha negato, pero', di avere inteso partecipare all'azione criminosa, e ha sostenuto di avere accompagnato il (OMISSIS) solo per cercare di fermarlo. Il proposito di sequestrare la (OMISSIS) ed uccidere i suoi genitori e' emerso anche da varie comunicazioni intercorse tramite Whatsapp tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS) e tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS), relative ai dettagli delle azioni criminose e alla predisposizione dei mezzi necessari. Anche il (OMISSIS) ha confermato l'esistenza di tale progetto criminoso, ma ha attribuito al (OMISSIS) il proposito di uccidere i genitori della ragazza. Il (OMISSIS) ha negato invece ogni responsabilita', e ha detto di avere solo chiesto ai due amici un passaggio per casa e di essersi addormentato sull'auto, fino all'intervento dei Carabinieri. Apposita consulenza disposta dal pubblico ministero ha accertato le disabilita' intellettive di tutti e tre gli imputati, tali da comportare un loro vizio parziale di mente, ma ha accertato anche la loro pericolosita' sociale. 1.2. La Corte di appello, con motivazione che rinvia esplicitamente a quella del giudice di primo grado, ha respinto tutti i motivi di impugnazione proposti dagli imputati. In particolare ha ritenuto sussistente l'idoneita' degli atti per i reati di sequestro di persona e di tentato omicidio, negata dagli appellanti, perche' le modalita' dell'azione, benche' rudimentali, esaminate con valutazione ex ante non escludono la possibilita' di raggiungere lo scopo, essendosi i tre imputati dotati di attrezzi e strumenti adeguati ed avendo quindi concretizzato i progetti delittuosi in azioni logicamente coordinate, e dirette in modo univoco al risultato desiderato. Ha ritenuto dimostrato il reato di "stalking", per il quale e' stato condannato il solo (OMISSIS), dalle dichiarazioni della vittima (OMISSIS), ritenute attendibili perche' coerenti e circostanziate, e perche' riscontrate da alcuni referti ospedalieri quanto alle lamentate violenze fisiche, e dalla testimonianza del (OMISSIS) quanto ai continui viaggi del (OMISSIS) ad Imola per incontrare la ragazza. Ha ritenuto provata la responsabilita' del (OMISSIS), per i reati a lui ascritti, dalle comunicazioni intercorse tra lui e il (OMISSIS), in base alle quali addirittura egli stesso e il (OMISSIS) avrebbero dovuto uccidere i genitori della ragazza, e dalla presenza del bastone di metallo sul sedile da lui occupato. Infine ha respinto tutti i motivi relativi alla mancata concessione delle attenuanti generiche al (OMISSIS), all'entita' delle pene inflitte, alla sussistenza della pericolosita' sociale, contestata dal (OMISSIS), e quelli relativi alle statuizioni civili, appellate dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS). 2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) per mezzo del proprio difensore Avv. (OMISSIS), (OMISSIS) per mezzo del proprio difensore Avv. (OMISSIS), e (OMISSIS) per mezzo del proprio difensore Avv. (OMISSIS). 2.1. Il ricorrente (OMISSIS) ha articolato tre motivi di ricorso. Con il primo motivo ha eccepito la violazione di legge penale, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) nella valutazione della idoneita' degli atti posti in essere per la commissione dei reati di tentato sequestro di persona e di tentato omicidio. Secondo i consolidati principi della Corte di cassazione, l'idoneita' degli atti deve essere valutata non in base ad un criterio probabilistico, bensi' in relazione alle concrete possibilita' che alla condotta consegua lo scopo perseguito. In questo caso, le armi ritrovate erano inidonee a raggiungere lo scopo, trattandosi di un coltello con lama poco affilata, delle manette, un bastone con una punta in plastica, e vi era l'impossibilita' materiale di accedere nella casa delle vittime, penetrando di notte in un condominio, in regime di restrizione per l'emergenza pandemica, superando una porta blindata, circostanze tutte note agli agenti, affetti pero' da un vizio di mente. Considerando quindi le concrete circostanze di tempo e luogo e i mezzi a disposizione, si evince come la realizzazione dei reati ipotizzati fosse non solo inverosimile ma, in concreto, oggettivamente impossibile. Quanto al reato di "stalking", invece, la Corte di appello ha errato nel non rilevare la mancanza dell'elemento costitutivo del reato. E' mancata la prova di una serie di condotte reiterate, minacciose e persecutorie, ed anche di violenze fisiche e morali, tali da indurre nella vittima un perdurante stato di ansia e la necessita' di cambiare le abitudini di vita. Le reali dinamiche della relazione tra il (OMISSIS) e la (OMISSIS) sono state evidenziate dal teste (OMISSIS), non sono stati acquisiti i tabulati da cui accertare la qualita' o il tenore delle telefonate asseritamente moleste, e la prova del reato consiste solo nella denuncia che la (OMISSIS) ha sporto dopo i fatti contestati ai primi due capi di imputazione ma mai in precedenza, evidentemente perche' ella non aveva sentito la necessita' di avvisare le autorita'. 2.2. Con il secondo motivo il ricorrente (OMISSIS) ha eccepito la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, in violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), per la "carenza di connessione logica tra le prove esaminate dal giudicante e le conclusioni a cui lo stesso e' addivenuto". Sempre in relazione alla idoneita' degli atti per la commissione dei reati di sequestro di persona e tentato omicidio, la sentenza, pur affermando che le conversazioni dei tre imputati avevano ad oggetto "progetti inverosimili" palesanti la loro patologia, ha ritenuto esistente la concreta possibilita' di realizzare il piano criminoso, che quindi sarebbe fallito solo per l'intervento dei Carabinieri. Invece tale piano, secondo le dichiarazioni rese negli interrogatori, prevedeva di entrare nell'abitazione, a notte fonda, durante le restrizioni per la pandemia, in un condominio abitato e superando una porta blindata, e di agire avendo come armi un solo coltello e un bastone con una punta di plastica: la sentenza non motiva ne' come tali rudimentali oggetti potessero essere idonei a produrre l'evento, ne' come gli imputati avrebbero potuto anche solo accedere nell'abitazione delle presunte vittime. Quanto poi al reato di "stalking", la sentenza ritiene irrilevante la testimonianza del (OMISSIS) laddove afferma che la (OMISSIS) era incerta se continuare o no la relazione con il (OMISSIS), mentre essa dimostra che tale relazione non era ancora cessata ed il (OMISSIS) cercava lecitamente di parlare con la sua ex-fidanzata, recandosi ad Imola e telefonandole, al fine di salvare il loro rapporto. 2.3. Con il terzo motivo di ricorso il (OMISSIS) ha eccepito la violazione di legge penale e la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), con riferimento al trattamento sanzionatorio. Non sono stati adeguatamente motivati il discostarsi dal minimo edittale, ritenendolo congruo pur avendo definito "inverosimile" il piano criminoso, e il diniego delle attenuanti generiche, motivato attribuendo al (OMISSIS) il ruolo di "leader" nel piano criminoso stesso, senza avere mai affermato ne' motivato tale ruolo e trascurando il suo comportamento processuale, ammissivo gia' in sede di primo interrogatorio. Nessun rilievo si attribuisce, poi, alla personalita' dell'imputato, incensurato, e all'intervenuto soddisfacimento della parte civile dopo la sentenza di primo grado, mentre le attenuanti generiche sono state concesse ad un coimputato gravato da precedenti penali. 3. Il ricorrente (OMISSIS) ha articolato otto motivi di ricorso. 3.1. Con il primo motivo ha eccepito la violazione della legge penale e la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.c., comma 1, lettera b) ed e), nella valutazione della idoneita' degli atti posti in essere per la commissione del reato di tentato omicidio. La motivazione e' contraddittoria laddove, dopo avere affermato che le comunicazioni intercorse tra gli imputati comprendono progetti inverosimili e fantasiose ideazioni, ha ritenuto gli atti concretamente posti in essere idonei e univoci per raggiungere lo scopo, senza valutare l'insussistenza di una situazione di pericolo attuale e concreto di lesione del bene protetto dalla norma, e la presumibile impossibilita' di realizzare il piano stesso per le modalita' dell'azione, essendo stati gli imputati fermati in una notte in cui vigeva il coprifuoco, mentre erano ben visibili e con un'arma a portata di mano, arma che peraltro era un semplice bastone appendiabiti a cui era stata apposta una piccola punta in plastica. La sentenza non affronta il problema di come gli imputati avrebbero potuto entrare nell'abitazione delle vittime designate, limitandosi a valorizzare l'appostamento sotto la loro casa ma senza considerare che, in questo caso, non solo l'ora notturna e l'inefficacia dei mezzi ma anche la conoscenza, da parte dei genitori della (OMISSIS), delle manie persecutorie del (OMISSIS), rendeva ragionevolmente impossibile tale accesso. Anche l'univocita' degli atti non e' stata adeguatamente motivata, non essendo emerso con certezza il fine perseguito dagli imputati: i messaggi telefonici tra (OMISSIS) e (OMISSIS) non forniscono la prova di un intento omicidiario, al di la' di mere farneticazioni, ed anche il viaggio ad Imola la notte dell'arresto era motivato non da una univoca volonta' omicida ma dall'ossessivita' tipica della patologia del (OMISSIS). 3.2. Con il secondo motivo il ricorrente (OMISSIS) ha eccepito la violazione della legge penale e la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) nella valutazione del necessario dolo nel reato di tentato omicidio. La motivazione e' del tutto priva di un accertamento circa l'animus necandi degli imputati e ne fa discendere la prova dai loro scambi telefonici, prova che viene inoltre travisata. In primo luogo il (OMISSIS) era consapevole solo della detenzione del bastone ma ignorava la presenza delle altre armi. La lettura delle chat intercorse tra (OMISSIS) e (OMISSIS), poi, evidenzia un quadro delirante, dove anche i soggetti da uccidere variano a seconda dello stato di salute mentale del (OMISSIS). Se la accertata deficienza psichica del (OMISSIS) non esclude di per se' il dolo, essa doveva essere valorizzata per valutare le sue intenzioni e la sua capacita' di comprendere le azioni dei coimputati: anche gli amici del (OMISSIS), tra cui il teste (OMISSIS), non avevano preso sul serio le sue esternazioni su omicidi e rapimenti. Inoltre, in un'unica chat il (OMISSIS) assegna al (OMISSIS) il compito di uccidere i genitori della ragazza, ma il (OMISSIS) non risponde e percio' non si dichiara disponibile a farlo: questa prova e' stata quindi travisata proprio in ordine alla sua accettazione dell'incarico. 3.3. Con il terzo motivo il (OMISSIS) ha eccepito la violazione della legge penale e la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), nella valutazione della univocita' e idoneita' degli atti posti in essere per la commissione del reato di tentato sequestro di persona. La motivazione e' contraddittoria perche', come gia' esposto nel primo motivo di ricorso, dopo avere descritto i progetti degli imputati come "inverosimili" e dimostrativi delle loro patologie psichiche, ha ritenuto idonei i comportamenti accertati, consistenti unicamente nell'appostamento sotto la casa della (OMISSIS) e nel possesso delle poche e rudimentali armi gia' descritte. I giudici non spiegano come gli imputati avrebbero potuto accedere all'interno dell'abitazione della ragazza e portarla via, di notte e in pieno coprifuoco, essendo ella a conoscenza del proposito di rapimento e quindi sicuramente non intenzionata a far entrare in casa il (OMISSIS). I mezzi predisposti erano quindi del tutto inidonei a compiere un sequestro di persona, e in ordine alla univocita' degli atti le chat scambiate tra gli imputati non contengono una seria predisposizione di un piano ma solo vaghe farneticazioni. 3.4. Con il quarto motivo il (OMISSIS) ha eccepito la violazione della legge penale e la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), anche in relazione alla sussistenza del dolo nel reato di tentato sequestro di persona. Come gia' esposto nel secondo motivo di ricorso, la motivazione e' manifestamente illogica e i messaggi scambiati con il (OMISSIS) sono inattendibili, per il loro contenuto palesemente delirante. La comprovata riduzione della capacita' di intendere e volere del (OMISSIS) doveva essere valorizzata per valutare la sua comprensione-circa le reali intenzioni dei coimputati, atteso che anche i vari amici del (OMISSIS), come detto, non avevano preso sul serio le sue esternazioni. La sentenza ha invece riconosciuto la sussistenza del dolo solo con espressioni tautologiche, senza procedere allo stringente vaglio necessario per una pronuncia di condanna. 3.5. Con il quinto motivo il (OMISSIS) ha eccepito la violazione della legge penale e la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione alla qualificazione giuridica dei fatti e all'ipotesi di non punibilita' ai sensi dell'articolo 115 c.p.. Gli atti preparatori di un reato possono integrare il tentativo punibile solo se inequivoci e potenzialmente idonei a realizzare l'evento, e se evolutisi in atti esecutivi, cioe' corrispondenti anche solo in minima parte alla descrizione legale di una fattispecie criminosa. Nel caso di specie il progetto criminoso era inverosimile e gli imputati non possedevano neppure tutti i mezzi necessari per commettere i reati, ed e' illogica e contraddittoria la motivazione laddove non qualifica gli atti compiuti come meramente preparatori e percio' non punibili ai sensi dell'articolo 115 c.p. Non sussistono infatti gli elementi tipici del delitto tentato, cioe' un piano particolareggiato e una predisposizione dei mezzi idonei, elementi da cui desumere il passaggio dalla fase ideativa a quella esecutiva, per cui poteva al massimo configurarsi l'ipotesi del tentativo di un accordo criminoso, non tradottosi pero' in un delitto tentato. 3.6. Con il sesto motivo il (OMISSIS) ha eccepito la violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione alla sussistenza dell'elemento psicologico del reato di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 4. La sentenza, con motivazione carente e contraddittoria, ha del tutto omesso di valutarne la sussistenza: non vi e' prova che il (OMISSIS) fosse a conoscenza delle armi riposte nel borsone, e quanto al bastone si trattava di un oggetto artigianale, reso inoffensivo dall'aggiunta di una punta in plastica. 3.7. Con il settimo motivo il (OMISSIS) ha eccepito la mancanza e manifesta illogicita' della motivazione, in violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione al trattamento sanzionatorio. La Corte di appello ha infatti giustificato lo scostamento dal minimo edittale con un'affermazione apodittica e tautologica, richiamando la gravita' del fatto e l'avvio della fase esecutiva, valutando quindi solo le ipotesi di reato e non i fatti compiuti, e menzionando un inizio di fase esecutiva che invece non vi era stata. La motivazione e' inoltre contraddittoria perche' ha descritto il contributo del (OMISSIS) come di minima importanza, senza poi valorizzare tale dato. 3.8. Con l'ottavo motivo il (OMISSIS) ha eccepito la mancanza e manifesta illogicita' della motivazione, in violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione all'aumento stabilito per i vari reati uniti in continuazione. Anche in questo caso non e' stata motivata l'entita' dell'aumento, superiore al minimo, limitandosi ad ancorarlo al numero delle armi e al pericolo cagionato. Anche queste affermazioni sono apodittiche e tautologiche, e non tengono conto del fatto che al (OMISSIS) e' attribuibile la detenzione di una sola arma. La motivazione e' quindi apparente, e del tutto illogica. 4. Il ricorrente (OMISSIS) ha articolato tre motivi di ricorso, dopo un preambolo in cui descrive il caso come "di scuola" circa il classico soggetto agente sorpreso durante gli atti preparatori di un delitto ma che non ha ancora avviato la fase esecutiva. 4.1. Con il primo motivo ha sostenuto l'erroneita' della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), nella valutazione della idoneita' degli atti compiuti ad integrare i reati di cui agli articoli 56, 605 c.p. e 56, 575 c.p. Dopo un ampio richiamo alla definizione di idoneita' degli atti secondo la dottrina e la giurisprudenza, il ricorrente afferma che la verifica da effettuare e' la risposta alle domande su che cosa sarebbe successo senza l'intervento del fattore ostativo e quale fosse la probabilita' di realizzazione dell'obiettivo, mentre e' irrilevante valutare, come hanno fatto i giudici di merito, solo la astratta efficienza di mezzi e modalita' senza valutare anche, in concreto, la probabilita' di realizzazione dell'evento. Nel caso di specie le circostanze di tempo e luogo e la natura rudimentale dei mezzi a disposizione rendevano improbabile o addirittura impossibile la realizzazione dell'evento: mancava pertanto la "rilevante probabilita' di conseguire l'obiettivo programmato" che, secondo la costante giurisprudenza della Corte di cassazione, consente di ritenere idonei gli atti di cui si compone il tentativo. 4.2. Con il secondo motivo il ricorrente ha eccepito che la motivazione della sentenza di appello e' carente in merito alla valutazione della idoneita' degli atti in relazione ai delitti tentati, limitandosi a rinviare alla sentenza di primo grado e fornendo quindi una motivazione solo apparente. Inoltre essa e' illogica e contraddittoria perche', dopo avere descritto come "inverosimili" i progetti esternati nei messaggi scambiatisi dagli imputati, ed espressione della loro patologia psichica, valuta come possibile il raggiungimento dello scopo. Omette la Corte di appello di valutare come i tre imputati avrebbero potuto entrare nell'abitazione delle presunte vittime, non possedendo gli strumenti adatti e non essendo plausibile che essi sfondassero la porta, secondo le modalita' previste dal piano riferito dallo stesso imputato (OMISSIS). Questo aspetto e' stato oggetto di una specifica censura nell'atto di appello, alla quale i giudici di secondo grado non hanno dato alcuna risposta; la carenza motivazionale non e' superata neppure dal rinvio alla sentenza di primo grado, trattandosi di un aspetto non valutato neppure da questa. 4.3 Con il terzo motivo ha eccepito la mancanza e contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione al trattamento sanzionatorio, non essendo stata data una adeguata motivazione allo scostamento dal minimo edittale. 5. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto di tutti i ricorsi. 6. Le parti civili si sono associate alle conclusioni del Procuratore generale, depositando le proprie conclusioni e chiedendo la liquidazione delle proprie spese processuali. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi sono infondati e devono essere rigettati. 1.1 Sono infondati tutti i motivi relativi alla asserita inidoneita' degli atti compiuti, con riferimento alla commissione dei delitti di tentato omicidio e di tentato sequestro di persona. La sentenza della Corte di appello, la cui motivazione si salda ed integra con quella del giudice di primo grado, escludendo che essa possa essere qualificata come apparente, ha infatti fornito adeguata risposta a tali censure, esposte gia' negli atti di appello, con una valutazione conforme a quella resa dal primo giudice e, come quella, non manifestamente illogica. La Corte di cassazione, in particolare nelle sentenze Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965, ha chiarito che "in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita', dalla sua contraddittorieta' (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicche' sono inammissibili tutte le doglianze che attaccano la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', la stessa illogicita' quando non manifesta, cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento". Nei ricorsi si sollecita, invece, la rivalutazione degli elementi di prova gia' esaminati, nelle due sentenze di merito, con motivazioni complete e non illogiche ne' apparenti in ordine alla idoneita' del progetto elaborato dagli imputati, e degli atti da loro compiuti, per raggiungere gli obiettivi criminosi che si erano prefigurati. 1.2. La Corte di appello ha infatti evidenziato che il progetto di sequestrare la giovane (OMISSIS) e di ucciderne i genitori, diversamente da altri progetti di azioni criminose contro varie persone contenuti nelle chat scambiate dal (OMISSIS) con i coimputati, quelli si' "inverosimili" ed espressivi della loro patologia ma rimasti generici e "confinati in fantasiose ideazioni", si e' tradotto in una serie di condotte concrete, logicamente coordinate tra loro, univocamente dirette e potenzialmente idonee, con valutazione ex ante, a raggiungere l'obiettivo programmato. In particolare la Corte di appello, alle pagine 9 e 10 della sentenza, ha sottolineato, sia pure in modo sommario, che i tre imputati nella notte del fatto, e dopo avere effettuato un sopralluogo nella notte precedente, si sono recati presso l'abitazione delle vittime portando con se' delle armi, tra cui un lungo coltello con lama seghettata, un bastone appuntito, delle manette, guanti e laccio emostatico, avendo elaborato un piano preciso ed avendo valutato piu' modalita' per contattare e colpire le vittime. La sentenza di primo grado, che i giudici di appello richiamano integralmente, ha valutato ancora piu' approfonditamente la sussistenza della "idoneita' e non equivoca direzione degli atti" compiuti dagli imputati, riportando per intero le dichiarazioni rese dal (OMISSIS), il quale ha descritto l'avvenuta predisposizione di un piano completo in ogni dettaglio, ed ha quindi ritenuto, con motivazione non illogica a cui i giudici di secondo grado si sono conformati, che essi "avevano la materiale possibilita'" di porlo in atto, trattandosi di "tre uomini adulti con capacita' di movimento e di non esile stazza, colti armati con coltello e bastone sotto casa delle vittime (presenti in casa)". Secondo il costante principio della Corte di cassazione, "In tema di delitto tentato, l'accertamento della idoneita' degli atti deve essere compiuto dal giudice di merito secondo il criterio di prognosi postuma, con riferimento alla situazione che si presentava all'imputato al momento del compimento degli atti, in base alle condizioni prevedibili del caso" (Sez. 2, n. 36311 del 12/07/2019, Rv. 277032), e "Ai fini della configurabilita' del reato impossibile, l'inidoneita' dell'azione deve essere assoluta per inefficienza strutturale e strumentale del mezzo usato cosi' da non consentire neppure in via eccezionale l'attuazione del proposito criminoso". (Sez. 5, n. 9254 del 15/10/2014, Rv. 263058). La Corte di appello ha applicato correttamente questo principio, affermando che le modalita' dell'azione preordinata dagli imputati, benche' "rudimentali", erano potenzialmente idonee a raggiungere lo scopo, non essendo i mezzi predisposti strutturalmente inefficaci o insufficienti, e non apparendo impossibile la loro introduzione con violenza nell'abitazione delle vittime; anche l'effettuazione di un sopralluogo, la notte precedente a quella nella quale era prevista l'operazione, dimostra la serieta' dell'intento criminoso e l'attenta programmazione del crimine. 1.3. Le obiezioni avanzate dai ricorrenti, circa la fattibilita' del piano criminoso, non presentano il carattere della decisivita', tale da superare la valutazione della sua idoneita' contenuta nella sentenza impugnata. Questa, richiamando anche la sentenza di primo grado, pur senza esaminare nel dettaglio tali obiezioni, ha sottolineato come il piano criminale nei confronti della famiglia (OMISSIS) fosse stato programmato accuratamente, fossero state predisposte delle armi astrattamente idonee a sopraffare le vittime e persino ad ucciderle, fossero stati suddivisi i compiti tra i tre complici, fosse stato compiuto anche un sopralluogo, nella notte precedente, al fine di verificare l'astratta eseguibilita' del piano. L'obiezione circa l'asserita impossibilita' di accedere all'appartamento delle vittime perche' ubicato in un condominio e munito di porta blindata e' un'affermazione apodittica e non fondata sulle prove raccolte, dal momento che nelle sentenze e negli atti allegati ai ricorsi non sono descritte le caratteristiche del palazzo e della porta di accesso all'abitazione, che anzi nell'atto di appello del (OMISSIS) viene definita come "una porta magari blindata", senza riferire quest'ultima circostanza come certa e dimostrata. Peraltro la Corte di appello ha risposto a detta obiezione affermando, alla pagina 10 della sentenza, che "gli imputati avevano valutato piu' modalita' per contattare ed attingere" le vittime, e concludendo, con valutazione non illogica, che non si puo' escludere che il (OMISSIS), modificando l'originario progetto, sarebbe riuscito a convincere la giovane (OMISSIS) ad uscire da casa, come gia' avvenuto in una precedente occasione, o che le vittime mettessero in atto delle "imprevedibili reazioni". E' corretta anche la valutazione dei giudici di merito, secondo cui la riconosciuta deficienza psichica dei tre imputati non esclude la loro capacita' di portare a termine il progetto: come riportato nella sentenza impugnata, il perito ha qualificato i tre soggetti come socialmente pericolosi proprio perche' capaci di programmare azioni molto violente e incapaci di autocontenersi, e quindi capaci di tenere comportamenti impulsivi e poco controllati, percio' particolarmente pericolosi. Devono pertanto essere respinti, perche' infondati, il primo e il secondo motivo del ricorso proposto dal (OMISSIS) nelle loro prime parti, il primo e il terzo motivo del ricorso proposto dal (OMISSIS), il primo e il secondo motivo del ricorso del (OMISSIS). 2. Sono infondati anche i motivi, contenuti nei ricorsi dei tre imputati, circa l'insussistenza dei due delitti di sequestro di persona e di omicidio volontario tentati, perche' gli atti compiuti sarebbero meramente preparatori e non avrebbero raggiunto il grado di esecutivita' necessario per qualificarli come condotte penalmente rilevanti, imponendo quindi l'applicazione dell'articolo 115 c.p.. 2.1. La questione e' stata ampiamente esaminata nella sentenza di primo grado, a cui la Corte di appello rinvia esplicitamente dichiarando, come gia' sottolineato, di redigere una motivazione "per relazione". E' corretta l'affermazione del giudice di primo grado, secondo cui "anche i c.d. atti preparatori possono integrare gli estremi del delitto tentato, purche' idonei e diretti in modo non equivoco alla consumazione di un reato". Deve infatti applicarsi il principio, piu' volte sostenuto dalla Corte di cassazione, secondo cui "In tema di delitto tentato, anche gli atti preparatori possono integrare gli estremi del tentativo punibile, purche' in se' univoci, ossia oggettivamente rivelatori, per il contesto nel quale si inseriscono e per la loro natura ed essenza, secondo le norme di esperienza e l'id quod plerumque accidit, del fine perseguito dall'agente" (Sez. 5, n. 18891 del 22/02/2017, Rv. 269932) e "Per la configurabilita' del tentativo rilevano non solo gli atti esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, facciano fondatamente ritenere che l'agente, avendo definitivamente approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che l'azione abbia la significativa probabilita' di conseguire l'obiettivo programmato e che il delitto sara' commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volonta' del reo." (Sez. 2, n. 24301 del 04/05/2017, Rv, 269963; conformi: Sez. 5, n. 18981 del 22/02/2017, Rv. 269931, Sez. 2, n. 52189 del 14/09/2016, Rv.268644, ed altre). 2.2. Sulla base di questo principio le due sentenze hanno concluso, in modo logico e non contraddittorio, che gli atti concretamente compiuti dai tre imputati, consistenti, come detto, non solo nel programmare in modo dettagliato i due delitti, ma anche nel dotarsi degli strumenti ritenuti necessari per la loro consumazione, nel compiere un sopralluogo per verificarne la fattibilita', e infine nell'appostarsi presso la casa delle vittime in attesa del momento opportuno per entrare in azione, costituiscono degli atti idonei ed univocamente diretti alla commissione dei delitti stessi. In particolare e' corretta la valutazione circa la sussistenza, oltre alla idoneita' degli atti, anche della loro univocita', con il superamento della fase meramente preparatoria dei due delitti, il cui obiettivo era stato indicato con certezza dai tre imputati nei messaggi telefonici scambiati nei giorni precedenti, avendo essi dato inizio alla loro esecuzione nella notte del loro arresto. 2.3. E' infine logica e corretta l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata, fondata sui medesimi elementi, della sussistenza in tutti gli imputati del dolo di entrambi i delitti, in quanto la volonta' di rapire la ragazza e quella di ucciderne i genitori era stata manifestata apertamente nei predetti messaggi telefonici. 3. Sono infondati i motivi proposti dal ricorrente (OMISSIS) relativamente alla sussistenza, in lui, del necessario dolo. Come sottolineato alle pagine 13 e 14 della sentenza impugnata, i messaggi telefonici rinvenuti sul suo telefono e su quello del (OMISSIS) dimostrano che egli era a conoscenza del progetto di commettere i delitti di sequestro di persona e di omicidio in danno della famiglia (OMISSIS), era a conoscenza del piano nei suoi particolari, compreso il fatto che il suo compito era quello di uccidere i genitori della ragazza, e non ha mai fatto venir meno la sua adesione, recandosi anzi sul luogo previsto sia nella notte del (OMISSIS) sia nella notte precedente. E' quindi corretta la conclusione dei giudici di appello, secondo cui egli ha partecipato all'azione con il grado di consapevolezza consentito dal suo vizio parziale di mente, che secondo il perito non ha eliminato la sua coscienza e la sua volonta'. Infatti le sue giustificazioni in merito alla presenza sull'auto, nella notte dell'arresto, sono risultate del tutto false, come sottolineato nella sentenza di primo grado, e quindi egli non ha fornito alcuna credibile versione alternativa che spiegasse per quale motivo si trovasse in compagnia dei due complici, di notte, in una citta' distante da quella di sua residenza. E' manifestamente infondata l'affermazione, contenuta nel secondo motivo del suo ricorso, secondo cui il piano elaborato dal (OMISSIS) era cosi' improbabile e fantasioso che potrebbe non essere stato preso sul serio dal (OMISSIS): l'imputato non ha mai fornito una simile tesi difensiva, come risulta dalle sue dichiarazioni riportate nella sentenza di primo grado, e peraltro gli amici del (OMISSIS) avevano creduto alla serieta' del suo proposito, dal momento che il (OMISSIS) avverti' la giovane (OMISSIS) dell'intenzione dell'imputato di rapirla, evidentemente perche' aveva ritenuto concreto tale pericolo. 4. Il sesto motivo del ricorso proposto dal (OMISSIS) e' inammissibile perche' manifestamente infondato. La sussistenza anche a suo carico dell'elemento soggettivo della contravvenzione di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 4 e' stata adeguatamente valutata nella sentenza impugnata, e ritenuta dimostrata dal rinvenimento del bastone con punta acuminata sul sedile da lui occupato. Tale circostanza dimostra oltre ogni ragionevole dubbio che egli era consapevole di portare con se' quell'arma, la cui astratta idoneita' per cagionare la morte, ritenuta dai giudici di merito, e' stata gia' sopra confermata. La sentenza ha anche dedotto che egli, avendo aderito al piano criminoso del (OMISSIS), ed avendo da lui ricevuto il compito di uccidere i genitori della ragazza, aveva motivo di ritenere che questi avesse procurato tutti gli strumenti necessari per attuarlo: tale deduzione e' logica e corretta in quanto fondata su elementi oggettivi, che dimostrano sufficientemente la sussistenza della responsabilita' di questo imputato anche per il reato di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 4. 5. Il primo e il secondo motivo del ricorso dell'imputato (OMISSIS) sono infondati anche nella parte in cui egli ha negato la sussistenza del reato di cui all'articolo 612-bis c.p., nei suoi elementi oggettivo e soggettivo. La sentenza impugnata e' adeguatamente motivata in ordine ad entrambi gli elementi, avendo valutato credibile la denuncia della vittima, che ha descritto sia il proprio stato di timore nei confronti del (OMISSIS), per le sue persecuzioni e per le intenzioni criminose che gli erano state riferite dal (OMISSIS), sia il cambiamento delle proprie abitudini di vita, indotto dalla condotta dell'ex-fidanzato. Ha sottolineato che tale denuncia e' stata riscontrata dal teste (OMISSIS), sia in merito alle intenzioni delittuose manifestate dal (OMISSIS), sia in merito alla sua condotta ossessiva, finalizzata ad imporre alla ragazza la ripresa del rapporto affettivo, anche dopo che ella aveva iniziato una relazione con un altro ragazzo. La Corte di appello, alla pag. 11 della sentenza, ha risposto in maniera logica anche alla obiezione, formulata nell'atto di appello, circa l'apparente permanenza di una relazione affettiva tra l'imputato e la vittima, desunta da un'affermazione del predetto testimone. Il ricorrente ha riproposto la medesima obiezione nel presente ricorso, senza confrontarsi con tale motivazione laddove questa ha valutato vessatorie, e percio' illecite, le condotte del (OMISSIS), anche qualora egli "avesse dovuto confrontarsi con le indecisioni della ragazza". 6. Sono infine infondati tutti i motivi relativi al trattamento sanzionatorio. La Corte di appello ha adeguatamente e non illogicamente motivato le ragioni dell'applicazione di una pena-base di poco superiore al minimo edittale e degli aumenti per i reati uniti in continuazione: tutte le pene sono molto contenute e congrue alla luce della gravita' dei delitti progettati, della pluralita' delle vittime, del grado di inizio di esecuzione di tali reati, della pericolosita' degli imputati. E' adeguatamente motivata anche l'omessa concessione delle attenuanti generiche al (OMISSIS), il cui ruolo di leader del gruppo criminale viene correttamente dedotto, dai giudici di merito, dalle chat: infatti proviene da lui sia l'ideazione del complessivo progetto criminoso, sia il mantenimento dei contatti con i complici, sia l'assegnazione a costoro di distinti ruoli, sia la individuazione della data in cui agire. Questo ricorrente contesta l'affermazione della Corte di appello circa la insussistenza di elementi positivamente valutabili ai fini della concessione di tali attenuanti, ma nel ricorso prospetta elementi non provati o gia' esclusi dai giudici di merito: la sua condotta processuale non e' stata pienamente collaborativa, avendo egli cercato di sminuire la propria responsabilita' attribuendo al (OMISSIS) il progetto di uccidere i genitori; la sua incensuratezza non e' idonea per dimostrare una personalita' aliena da inclinazioni delinquenziali, alla luce della valutazione di pericolosita' sociale espressa dal perito; l'asserito soddisfacimento della parte civile e' del tutto indimostrato, ed appare smentito dalla permanenza di questa nel processo. Il diverso trattamento riservato, sul punto, ai due coimputati e' stato poi motivato in modo non illogico, indicando la ben maggiore collaborazione fornita dal (OMISSIS) e il ruolo "piu' defilato" del (OMISSIS). Quest'ultima affermazione, contenuta alla pag. 19 della sentenza di primo grado, dimostra anche la infondatezza del settimo motivo di ricorso di quest'ultimo imputato, laddove egli ha censurato l'omessa valorizzazione della minima importanza del suo contributo, essendo stata tale circostanza riconosciuta con la concessione delle predette attenuanti. 7. Sulla base delle considerazioni che precedono, tutti i ricorsi devono pertanto essere respinti. Al loro rigetto fa seguito la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle proprie spese processuali e al rimborso delle spese sostenute dalle parti civili, liquidate, per questa fase, come in dispositivo. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), difesi dall'avvocato (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 4.800,00, oltre accessori di legge, e dalla parte civile (OMISSIS), difesa dall'avvocato (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 4.000,00, oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto disposto d'ufficio e/o imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MICCOLI Grazia - Presidente Dott. CATENA Rossella - Consigliere Dott. Scarl INI Enrico V. S. - Consigliere Dott. BIFULCO Daniela - Consigliere Dott. GIORDANO Rosaria - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 12/04/2022 della CORTE APPELLO di BARI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ROSARIA GIORDANO; udito il Sostituto Procuratore Generale, Dott. GARGIULO RAFFAELE, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1.Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Bari confermava, pur riducendo il trattamento sanzionatorio, la pronuncia di condanna di primo grado del ricorrente. Quest'ultimo era stato chiamato a rispondere per il reato di atti persecutori aggravato ai sensi dell'articolo 612-bis c.p., comma 2 dall'aver commesso il fatto in danno di persona con la quale aveva avuto una relazione sentimentale e dalla recidiva reiterata specifica nonche', con l'aggravante del nesso teleologico rispetto a tale fatto di reato, per le lesioni commesse nei confronti del fratello dell'ex compagna, (OMISSIS). 2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Bari l' (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, mediante il difensore, avv. (OMISSIS), articolando tre motivi di impugnazione, di seguito riportati nei limiti previsti dall'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 2.1. Con il primo motivo l'imputato denuncia violazione di legge e vizio di motivazione con particolare riguardo agli articoli 192 e 546 c.p.p. in ordine all'obbligo di valutazione della prova da parte del giudice lamentando che, per entrambi i reati ascritti ai capi di imputazione, tanto la sentenza impugnata quanto quella di primo grado, non avrebbero vagliato correttamente le risultanze istruttorie e le prospettazioni alternative della difesa. 2.2. Mediante il secondo motivo, l' (OMISSIS) lamenta nullita' assoluta per difetto di procedibilita' dell'azione penale poiche' la querela sarebbe stata depositata da un soggetto delegato dal procuratore speciale della persona offesa (OMISSIS) e non direttamente dal medesimo procuratore. 2.3. Con il terzo motivo il ricorrente assume difetto di motivazione della sentenza impugnata per non aver considerato la diversa ricostruzione del reato in termini di molestie, piuttosto che di stalking, ritraibile dal provvedimento reso dal Tribunale del Riesame di Bari sulla medesima vicenda. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo di ricorso e' inammissibile in quanto aspecifico perche' non si confronta con le analitiche valutazioni dei numerosi elementi istruttori acquisiti, anche quale riscontro delle dichiarazioni delle persone offese, prospettando in modo generico ed apodittico la necessita' di una valutazione differente di elementi addotti dalla difesa che gia' la Corte territoriale aveva ritenuto solo di carattere esplorativo. Dette censure non possono vieppiu' essere formulate in sede di legittimita' poiche' nel controllo operato da questa Corte rientra solo il vaglio di logicita' della motivazione e non certo l'individuazione della ricostruzione maggiormente plausibile dei fatti di causa, che resta demandata ai giudici di merito. 2. Il secondo motivo e' manifestamente infondato in virtu' dell'incontroverso principio per il quale la querela sottoscritta con firma autenticata dal difensore non richiede ulteriori formalita' per la presentazione ad opera di un soggetto diverso dal proponente, che puo' effettuarla anche se non sia munito di procura speciale (ex multis, Sez. 2, n. 6342 del 18/12/2014, Rv. 262569 01). 3. Il terzo motivo e' anch'esso manifestamente infondato, poiche' la Corte territoriale nel valutare la penale responsabilita' del ricorrente non doveva tenere conto di quanto affermato dal Tribunale del Riesame nell'ambito della valutazione sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del medesimo, considerato che vi e' assoluta autonomia tra giudizio cautelare e giudizio di merito (ex plurimis, Sez. 6, Sentenza n. 14653 del 08/02/2007, Rv. 236870 - 01). A questa conclusione e' in effetti pervenuta da lungo tempo la stessa Corte Costituzionale sottolineando che ben differenti sono le regole di giudizio che presiedono alla cognizione cautelare e quelle che legittimano l'esercizio dell'azione penale, in quanto la prima e' fondata sulla valutazione sommaria dei "gravi indizi di colpevolezza", ossia su un giudizio prognostico di elevata probabilita' di colpevolezza, condotto in via "statica" sulla base degli elementi acquisiti dal pubblico ministero e su quelli eventuali addotti dalla difesa, mentre il secondo su una considerazione di utilita' del passaggio alla fase processuale, che si avvale in senso "dinamico" dei dati di conoscenza acquisiti dalle indagini e di quelli prevedibilmente conseguibili nel giudizio quale sede istituzionalmente preordinata alla formazione della prova nel contraddittorio delle parti (Corte Cost. sentenza n. 71 del 1996). 4. Alla dichiarazione di inammissibilita' segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, atteso che l'evidente inammissibilita' dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere il ricorrente medesimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilita' (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000). 5. In caso di diffusione del presente provvedimento occorre omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge, stante la natura del reato contestato e i rapporti tra le parti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende; In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE GREGORIO Eduardo - Presidente Dott. SESSA Renata - rel. Consigliere Dott. BORRELLI Paola - Consigliere Dott. SGUBBI Vincenzo - Consigliere Dott. CUOCO Michele - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 08/11/2021 della CORTE APPELLO di BARI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e ii ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere RENATA SESSA; udito il Pubblico Ministero, in persona dei Sostituto Procuratore KATE TASSONE; che ha concluso chiedendo. udito il difensore. RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO 1.Con la sentenza impugnata, del 8.11.2021, la Corte di appello di Bari, in riforma della pronunzia del Giudice per l'udienza preliminare presso il Tribunale della medesima citta', emessa in data (OMISSIS), ha concesso a (OMISSIS) la sospensione della pena inflittagli in primo grado per i reati a lui ascritti, uniti dal vincolo della continuazione, di atti persecutori, aggravati ai sensi dell'articolo 61 c.p., n. 1) e Decreto Legge n. 11 del 2009 articolo 8, comma 3, conv. in L. 38/2009 perche' gia' ammonito, per le reiterate minacce e molestie ai danni di (OMISSIS) e (OMISSIS), (capo 1) e di lesione personale (capo 2 dell'imputazione) in danno del solo (OMISSIS); ha confermato nel resto. 2.Ricorre per cassazione l'imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo dodici motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'articolo 173, disp. att. c.p.p., comma 1. 2.1.11 primo e il secondo motivo deducono violazione di legge penale e processuale dell'articolo 612-bis c.p., nonche' manifesta illogicita' della motivazione in ordine alla memoria difensiva prodotta dal ricorrente. 2.2. Il terzo, il quarto e il sesto motivo deducono violazione di legge processuale nonche' assenza e contraddittorieta' di motivazione in relazione all' articolo 546, comma 1 e articolo 192 c.p.p. con riferimento alla mancata valutazione, richiesta in appello, di prove a discarico del ricorrente quali: la querela sporta nei confronti dell' (OMISSIS), in data (OMISSIS) dalla moglie del ricorrente che evidenzia la reciprocita' delle condotte persecutorie e di offesa; i verbale di audizione del ricorrente datato (OMISSIS), dimostrativo della scarsa credibilita' della persona offesa, in cui si forniva una diversa ricostruzione dei fatti (soprattutto con riguardo al tentativo di conciliazione ricercato dal ricorrente). 2.3. Il quinto motivo deduce la nullita' assoluta della sentenza impugnata in relazione all' articolo 178, lettera b), articolo 179, comma 1, articoli 522 e 604 c.p.p. con riferimento alla condanna per il reato di atti persecutori intervenuta in relazione a un episodio, ritenuto fondante la colpevolezza, datato 12.02.2019 non oggetto di imputazione, consistito in una manovra pericolosa posta dal ricorrente alla guida della propria autovettura, solo al fine di intimidire la persona offesa. 2.4. Il settimo, l'ottavo e il nono motivo deducono violazione di legge e manifesta illogicita' della motivazione per erronea applicazione dell'articolo 111 Cost., comma 6, e dell'articolo 125 c.p.p., comma 3, in punto di dolo generico del reato ex. articolo 612-bis c.p. e per violazione del diritto di difesa all' articolo 24 Cost., comma 2, e articolo 220 c.p.p. 2.5. Il decimo motivo deduce violazione di legge nonche' vizio di motivazione in ordine agli articoli 132 e 133 c.p., per erronea determinazione della pena base ritenuta eccessivamente gravosa e sproporzionata dalla difesa in sede di gravame (al terzo motivo dell'atto di appello), censura considerata dalla Corte di appello non specifica. 2.6. L'undicesimo motivo deduce violazione di legge, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in punto di errata applicazione dell'aggravante dei futili motivi di cui all'articolo 61 c.p., n. 1). 2.7. L'ultimo motivo deduce erronea applicazione della legge penale nonche' vizio di motivazione per avere, la Corte di appello, illogicamente negato, solamente sulla base del solo memoriale, le richieste circostanze attenuanti di cui all'articolo 62-bis c.p. nonostante gli elementi dedotti dalla difesa in appello quali l'incensuratezza del ricorrente, la vita condotta prima, durante e in seguito alla contestazione. 3. Il ricorso e' stato trattato, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, senza l'intervento delle parti che hanno cosi' concluso per iscritto: il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata in accoglimento del quinto motivo relativo al fatto non contestato; i difensore delle parti civili ha argomentato su diversi aspetti del ricorso svolgendo varie considerazioni anche alla luce delle conclusione dei P.G., senza avanzare richiesta di condanna alle spese (ne' ha allegato nota spese); il difensore dell'imputato ha insistito nell'accoglimento del ricorso, illustrando ulteriormente i motivi con particolare riferimento al quinto e all'ottavo, al fine di definire perimetro di ammissibilita' delle deduzioni proposte; con memoria di replica alla requisitoria della Procura, pervenuta in data 23.02.2023, il difensore, oltre ad associarsi alla richiesta di annullamento per il quinto motivo di ricorso, ha insistito nell'accoglimento di tutti i restanti motivi prospettati. 4.11 ricorso e' inammissibile. 4.1. I primi due motivi, con cui si assume che la corte di appello avrebbe sostenuto, a pag. 17, in contrasto con il principio di diritto secondo cui spetta all'accusa provare la colpevolezza, che Manica doveva fornire prova dell'assenza degli eventi di danno contestati sub capo 1) nonche' desunto la responsabilita' in ordine al reato di atti persecutori dalle dichiarazioni rese dallo stesso imputato nel memoriale depositato a scopo difensivo, che sarebbero state peraltro valutate contraddittoriamente ed illogicamente, sono manifestamente infondati, emergendo dalla sentenza impugnata da leggere peraltro in combinato disposto con quella di primo grado versandosi nel caso della cd. doppia conforme - che la ricostruzione del fatto-reato si fonda su ben altri elementi che trovano la loro fonte nelle altre risultanze processuali, laddove gli argomenti di cui alle dichiarazioni dell'imputato sono citati perche' la corte di appello nel rispondere ai rilievi difensivi ha correttamente valutato e saggiato anche la loro portata e tenuta rispetto alle risultanze processuali e nel fare cio' non ha al contempo mancato di segnalare le incongruenze logiche e processuali presenti nell'impostazione difensiva; impostazione difensiva che aveva peraltro comunque ammesso determinate circostanze; e quanto al primo aspetto censurato, deve osservarsi che la corte territoriale ha solo incidentalmente affermato che la difesa non aveva neppure indicato le fonti di prova da cui desumere l'assenza degli indicati eventi di danno. 4.2. Il terzo, il quarto e il sesto motivo deducono, dietro i vizi denunciati della violazione di legge processuale e sostanziale nonche' dell'assenza e contraddittorieta' di motivazione, aspetti attraversi" quali si mira ad una inammissibile, nella presente sede, rivalutazione del compendio probatorio, peraltro sulla base di argomenti dei quali non si indica la specifica decisivita' ai fini della decisione, essendo pacifico che ove pure riconosciuta; la reciprocita' dei comportamenti - da desumere peraltro nel caso di specie da una querela sporta dalla moglie dell'imputato nei confronti dell' (OMISSIS), dalla quale secondo quanto afferma il giudice di merito si desumono al piu' meri atti verbali - non esclude di per se' il reato di atti persecutori; laddove il fallimento di un tentativo di riconciliazione non potrebbe, evidentemente, a sua volta dimostrare di per se' alcunche' a fronte delle plurime condotte emerse e descritte dai giudici di merito. 4.3. Quanto al quinto motivo e' innanzitutto iI caso di evidenziare che la contestazione di atti persecutori elevata nel caso di specie e' di tipo aperto ("condotta posta in essere in epoca antecedente e prossima al (OMISSIS) e attualmente in corso") sicche' il riferimento all'episodio del mancato investimento del (OMISSIS), emerso in sede di istruttoria, ben poteva essere considerato dal giudice ("chiudendosi" la contestazione solo con la pronuncia di primo grado risalente al (OMISSIS), applicandosi per il reato abituale/quale e' quello di atti persecutoryl medesimo principio che trova applicazione in caso di reato permanente); cio' di la' del fatto che l'affermazione di responsabilita', la integrazione del reato, non e' stata ritenuta solo sulla base di tale episodio, che si e' solo aggiunto alle diverse altre condotte poste in essere dall'imputato (la corte di appello si soffermava particolarmente anche su tale episodio per rispondere ai rilievi difensivi). 4.4. Il settimo, l'ottavo e il nono motivo sono per un verso aspecifici e meramente reiterativi di censure gia' svolte, per altro verso, non deducibili in quanto aventi ad oggetto circostanze di fatto ovvero aspetti che impingono il merito della regiudicanda (si adduce la mancanza del dolo generico, perche' a fronte dei comportamenti delle controparti non denotanti mai un turbamento psicologico, l'imputato non avrebbe avuto la possibilita' di rendersi conto della portata degli atti compiuti). I giudici di merito, nelle conformi pronunce di primo e secondo grado, hanno in ogni caso evidenziato quanto all'evento del reato come le condotte avessero tra l'altro indotto le persone offese - proprio per il notevole stato di ansia procurato dai comportamenti dell'imputato pure ampiamente descritto - a mutare le loro abitudini di vita, calibrando gli orari di uscita e rientro presso la propria abitazione in maniera tale da non imbattersi nell'imputato. Sicche' di la' degli appunti sulle considerazioni di tipo psicologico a cui si e' spinto il giudice di merito nella sentenza impugnata, questa mantiene la sua validita' ricostruttivo-argomentativa non potendo in alcun modo quelle considerazioni di mero contorno incidere sulla struttura motivazionale con cui e' stata confermata la condanna. 4.5.11 decimo motivo sul trattamento sanzionatorio, gia' ritenuto aspecifico dalla corte di appello, si limita a lamentare nuovamente l'eccessivita' della pena alla luce dell'incensuratezza dell'imputato e della sua condotta, laddove il tribunale a pag. 11 aveva dato conto in maniera articolata delle ragioni per le quali avesse inteso discostarsi dal minimo edittale, senza superare comunque la media edittale, fissando la pena base per il reato di stalking in anni due di reclusione; ragioni che evidentemente superano gli elementi che la difesa ritiene trascurati ossia l'incensuratezza - a fronte peraltro di procedimento penale pendente per fatti analoghi - e la condotta tenuta dall'imputato prima e dopo il reato - a fronte dei comportamenti pregressi oggetto anche di ammonimento del Questore. 4.6. L'undicesimo motivo che riguarda l'aggravante dei futili motivi lamentando in buona sostanza che la si sia ritenuta qualificando come banali le questioni condominiali esistenti a monte del contrasto tra le parti e' ancora una volta generico, non essendovi alcun riferimento specifico alla natura ed entita' delle beghe di tipo condominiale che avrebbero potuto escludere la banalita' delle ragioni che hanno indotto a delinquere, laddove peraltro ai fini che occupano rileva anche la sproporzione esistente tra il motivo sottostante e l'azione; e in ogni caso l'astio di per se' non esclude che il motivo a delinquere possa essere futile. 4.6. L'ultimo motivo che censura il diniego delle attenuanti generiche adducendo l'incensuratezza e il comportamento positivo, antecedente e successivo, dell'imputato e' manifestamente infondato, avendo i giudici di merito gia' ampiamente indicato nelle conformi pronunce, rispettivamente emesse, le ragioni per le quali non potessero riconoscersi le invocate attenuanti (cfr. in particolare quanto osservato dalla corte territoriale a pag. 19 della sentenza impugnata ove si rimarca, tra l'altro, la irrilevanza di per se' dei mero dato dell'incensuratezza a fronte, per di piu', nel caso di specie di una reiterazione di condotte persecutorie in costanza di procedimento penale per fatti analoghi). 5. Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilita' del ricorso, cui consegue, per legge, ex articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonche', trattandosi di causa di inammissibilita' determinata da profili di colpa emergenti dal medesimo atto impugnatorio, al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00 in relazione alla entita' delle questioni trattate. P.Q.M. Dichiara inammissibile ii ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. motivazione semplificata.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE GREGORIO Eduardo - Presidente Dott. SESSA Renata - rel. Consigliere Dott. BORRELLI Paola - Consigliere Dott. SGUBBI Vincenzo - Consigliere Dott. CUOCO Michele - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza dei 03/02/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO; visti gli atti, ii provvedimento impugnato e i ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere RENATA SESSA; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore KATE TASSONE; che ha concluso chiedendo; udito il difensore. RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Con sentenza del 3 febbraio 2022, la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della pronuncia del 23 marzo 2021 emessa dal Giudice dell'udienza preliminare - in sede di abbreviato - presso il Tribunale della medesima citta', nei confronti di (OMISSIS), che lo aveva dichiarato colpevole del reato di cui all'articolo 612-bis c.p. di cui al capo a) e del reato p. e p. dall' articolo 81, articolo 61 n. 2), articolo 612 c.p., comma 2, di cui al capo b), ha assolto l'imputato dal reato di cui al capo a) perche' il fatto non sussiste, rideterminando la pena in mesi tre di reclusione; ha confermato nel resto. 2. Avverso la predetta sentenza, ricorre per cassazione l'imputato, tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo con l'unico motivo articolato, l'illogicita' della motivazione ex articolo 606 c.p.p., lettera e), determinata dal travisamento della prova; lamenta, in particolare, i: fraintendimento del contenuto dell'atto di appello per avere a Corte territoriale confermato la sentenza in relazione al secondo capo di imputazione, omettendo di valutare il motivo svolto in ordine al reato di minaccia di cui al predetto capo, ritenendo erroneamente che esso non fosse stato oggetto di impugnazione da parte della difesa. Si evidenzia che i due capi di imputazione del procedimento in questione sono legati ed interdipendenti e che nel secondo motivo di impugnazione non si specifica che le doglianze erano riferite solamente al primo capo di imputazione, investendo invece esse anche il secondo. La Corte accoglieva il secondo motivo di impugnazione formulato dalla difesa giudicando non attendibili le dichiarazioni rese dalla persona offesa (OMISSIS), assolvendo l'imputato in relazione al delitto di stalking, anche sulla base delle gravi incoerenze tra le dichiarazioni rese dalle due persone offese, la (OMISSIS) e il nuovo compagno (OMISSIS). Lo stesso motivo di impugnazione mirava ad evidenziare la contraddittorieta', parzialita' ed illogicita' delle dichiarazioni accusatorie rese, per ottenere l'assoluzione da entrambi i capi di imputazione. 3. Il ricorso e' stato trattato, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, senza l'intervento delle parti. 4.11 ricorso e' inammissibile. Dalla lettura dell'atto di appello non risulta affatto, a differenza di quanto assume il ricorso, la deduzione di argomenti di doglianza relativi al secondo capo d'imputazione per il quale vi e' stato conferma da parte della Corte di appello. Sicche' correttamente nella sentenza impugnata si e' rilevata l'assenza di impugnazione sul capo della pronuncia di primo grado riguardante la condanna per il reato di minaccia, capo della sentenza di primo grado non oggetto di impugnazione da nessun punto di vista. Ex articolo 597 c.p.p., comma 1, l'effetto devolutivo dell'impugnazione circoscrive la cognizione del giudice del gravame ai soli capi e punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti, sicche' la mancata impugnazione di un capo della sentenza afferente l'affermazione di responsabilita' in relazione a uno dei reati contestati per il quale vi e' stata condanna in primo grado determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente a tale capo non attinto da impugnazione, con l'ulteriore conseguenza che e' inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongano censure in relazione ad esso (cfr. tra tante, in motivazione Sez. 3, n. 36370 del 09/04/2019, Rv. 277168 - 01). 5. Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilita' del ricorso, cui consegue, per legge, ex articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonche', trattandosi di causa di inammissibilita' determinata da profili di colpa emergenti dal medesimo atto impugnatorio, al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entita' delle questioni trattate. In caso di diffusione del presente provvedimento devono essere omesse le generalita' e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalita' e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SIANI Vincenzo - Presidente Dott. LIUNI Teresa - rel. Consigliere Dott. APRILE Ercole - Consigliere Dott. RUSSO Carmine - Consigliere Dott. MELE M.Elena - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 28/02/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE; udita la relazione svolta dal Consigliere TERESA LIUNI; lette le conclusioni del Procuratore generale, TOMASO EPIDENDIO, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 28/2/2022 la Corte di appello di Firenze, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha respinto l'istanza ai sensi dell'articolo 671 c.p.p. avanzata da (OMISSIS), con riguardo ai reati accertati con due sentenze irrevocabili di condanna per il delitto ex articolo 612 bis c.p.. Il giudice dell'esecuzione ha giustificato il rigetto dell'istanza osservando che i reati di stalking aggravato erano stati commessi in danno della moglie separata (OMISSIS) e di altri congiunti a tre anni di distanza, con detenzione intermedia, segnalando anche come non provata l'addotta tossicodipendenza. 2. Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione il difensore del condannato, avv. (OMISSIS), deducendo violazione di legge, con riferimento agli articoli 81 e 93 c.p. e articolo 671 c.p.p., e vizio di motivazione per travisamento dei dati della continuita' spazio-temporale, anche in relazione alla patita detenzione intermedia, nonche' con riferimento allo stato di tossicodipendenza del condannato. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' infondato e deve essere respinto. 1.1. Le ragioni di rigetto espresse dal giudice dell'esecuzione sono state fondate essenzialmente sulla rilevanza dell'arco temporale - dal marzo 2015 al marzo 2018 - di interruzione della consumazione dei delitti unificandi, reati ex articolo 612 bis in danno della moglie separata (la quale aveva testimoniato, nel processo di Lucca, la cessazione della prima fase di molestie nell'aprile 2015); era seguito un periodo di restrizione cautelare del (OMISSIS), quindi le nuove condotte di stalking, a distanza di un triennio. Osserva questa Corte che l'impugnata ordinanza non patisce i denunciati vizi di legittimita'. Invero, nell'analisi degli indici della continuazione da parte del giudice dell'esecuzione, il fattore cronologico riveste grande rilevanza trattandosi di un indicatore specifico, che permette di distinguere le fattispecie di reato continuato da quelle, opposte, di mera tendenza a delinquere o di abitualita', nelle quali il giudice dell'esecuzione ha inquadrato la situazione dell'istante. Si deve puntualizzare che la verifica dell'esistenza del medesimo disegno criminoso - elemento principe dell'istituto della continuazione - non puo' ridursi ad una fictio, cosi' da collegare episodi criminosi lontani nel tempo soltanto in virtu' di caratteri comuni costituiti dall'integrazione delle stesse o analoghe violazione o dalle modalita' operative, poiche' cio' semmai e' sintomo di propensione a delinquere, ma deve comprovare l'esistenza di una effettiva unitaria ideazione programmatica, che va esclusa in presenza di eccessive cesure cronologiche che denotano la rispondenza dell'agente ad uno stimolo estemporaneo e perseguito ogni volta con autonoma deliberazione criminosa. 1.2. Tali considerazioni non risultano pregiudicate dall'esistenza di un periodo di detenzione intermedia, evenienza che (‘esegesi di legittimita' ha considerato, ritenendola in linea di principio non ostativa all'individuazione del medesimo disegno criminoso, ma richiedendo che il giudice verifichi in concreto quegli elementi (non solo l'identita' delle violazioni, ma anche la medesimezza del contesto spaziale e delle modalita' operative, la limitata durata della privazione della liberta' personale ed il breve intervallo temporale tra le condotte) in grado di rivelare la preordinazione di fondo che unisce le singole violazioni (Sez. 1, n. 37832 del 05/04/2019, Okoronko, Rv. 276842). Invero, "In tema di applicazione della continuazione in sede esecutiva, e' legittima l'ordinanza che esclude la sussistenza del vincolo della continuazione M considerazione sia del notevole lasso di tempo intercorrente fra i vari fatti criminosi (se tale elemento non sia contrastato da positive e contrarie risultanze probatorie), sia dei frequenti periodi di detenzione subiti dal richiedente, verosimilmente interruttivi di qualunque progetto, non potendo concepirsi che un disegno delittuoso includa anche gli arresti, l'espiazione delle pene e le riprese del fantomatico progetto esecutivo" (Sez. 1, n. 44988 del 17/09/2018, M., Rv. 273984). 1.3. Quanto alla doglianza relativa allo stato di tossicodipendenza cronica da cocaina, il ricorrente si e' limitato a dolersi del fatto che essa sia stata ritenuta non provata da parte del giudice dell'esecuzione. Ma sul punto, come ha perspicuamente rilevato il Procuratore generale, la prova della tossicodipendenza non e' stata definita mancante, bensi' inidonea, in quanto l'impugnata ordinanza ha indicato indici prevalenti e decisivi per escludere l'identita' del disegno criminoso ed affermare l'es1:emporaneita' della ripresa delle condotte vessatorie, ritenendo che i reati in questione non possano essere ricondotti a sintesi per il mero dato della tossicodipenclenza, il tutto sulla base di elementi fattuali che non possono ritenersi oggetto di travisamento, e cioe' valorizzando il dato che la persona offesa non aveva fatto riferimento a quella condizione come elemento determinatoire della condotta dell'agente. Va dunque ribadito che la consumazione di piu' reati in relazione allo stato di tossicodipendenza non e' condizione necessaria o sufficiente ai fini del riconoscimento della continuazione in carenza di ulteriori elementi concordanti (Sez. 1, n. 39287 del 13/10/2010, Rv. 248841, Presta), pur costituendone comunque un indice rivelatore che deve formare oggetto di specifico esame da parte del giudice dell'esecuzione qualora emerga dagli atti o sia stato altrimenti prospettato dal condannato (Sez. 1, n. 18242 del 04/04/2014, Rv. 259192, Flammini). 1.4. Al riguardo, in termini generali, si osserva quanto segue. Nel 2006 il legislatore ha attribuito rilievo nella valutazione della continuazione, oltre che ai tradizionali indici enucleati in sede giurisprudenziale (omogeneita' dei reati, contiguita' spazio-temporale, causali dell'azione, modalita' della condotta, bene giuridico offeso, etc.), anche allo stato di tossicodipendenza, nei limiti in cui tale condizione si riverberi nella consumazione dei reati che si vorrebbero avvinti in continuazione. E' stato all'uopo aggiunto nell'articolo 671 c.p.p. il richiamo alla consumazione di piu' reati in relazione allo stato di tossicodipendenza, espressamente classificandolo come uno degli elementi che incidono sull'applicazione della disciplina del reato continuato. Tuttavia, tale modifica normativa non comporta automaticamente il riconoscimento dell'unicita' del disegno criminoso" potendo giustificarsi con riguardo ai reati che siano collegati e dipendenti dallo stato di tossicodipendenza, sempre che ricorrano anche le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la sussistenza della continuazione (Sez. 2, n. 22493 del 21/03/2019, Avanzini, Rv. 275420; Sez. 6, n. 22553 del 29/03/2017, Braguti e altri, Rv. 270391; Sez. 1, n. 49653 del 03/10/2014, Letizia, Rv. 261271. 2. In conclusione, il ricorso deve essere respinto, conseguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p.. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROCCHI Giacomo - Presidente Dott. MAGI Raffaello - rel. Consigliere Dott. LANNA Angelo V. - Consigliere Dott. CENTONZE Alessandro - Consigliere Dott. RENOLDI Carlo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 20/07/2022 del GIP TRIBUNALE di TORINO; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI; lette le conclusioni del PG Dott. DALL'OLIO M., che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 20 luglio 2022, il Tribunale di Torino, quale giudice dell'esecuzione, ha accolto l'istanza di (OMISSIS) di applicazione della disciplina della continuazione tra i fatti oggetto delle seguenti sentenze di condanna emesse nei suoi confronti: a) sentenza del Tribunale di Torino, emessa in data 9 dicembre 2019, con la quale l'istante veniva condannato, ex articolo 444 c.p.p., alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, per aver commesso i reati di cui agli articolo 81 c.p., comma 2, e articolo 612 bis c.p., per fatti occorsi in (OMISSIS) sino al (OMISSIS), ed in relazione ai reati di cui agli articoli 582 e 585 c.p., per fatti occorsi in (OMISSIS); b) sentenza del Tribunale di Torino, emessa in data 10 febbraio 2021, con la quale l'istante veniva condannato alla pena di mesi dieci di reclusione, per aver commesso il reato di cui all'articolo 612 bis c.p., commi 1 e 3, per fatti occorsi in (OMISSIS) in epoca prossima al (OMISSIS); c) sentenza del Tribunale di Torino, emessa in data 26 aprile 2021, con la quale l'istante veniva condannato alla pena di anni uno di reclusione, per aver commesso i reati di cui agli articoli 81 c.p., comma 2 e articolo 612 bis c.p., per fatti occorsi in (OMISSIS) dal mese di (OMISSIS) al (OMISSIS), ed in relazione ai reati di cui agli articoli 582 e 585 c.p., per fatti occorsi in (OMISSIS) il (OMISSIS). Nell'accogliere l'istanza, il giudice dell'esecuzione, a seguito della rideterminazione del quantum sanzionatorio non ha ritenuto vi fossero i presupposti per la concessione della sospensione condizionale della pena. 2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), per il tramite del difensore, deducendo violazione di legge in relazione agli articoli 133, 163, comma 3, 164 c.p. e articolo 25 Cost. nonche' vizio di motivazione con specifico riferimento alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' fondato. 2.Deve premettersi che costituisce ius receptum che, ai fini dell'applicazione della sospensione condizionale della pena ai sensi dell'articolo 163 c.p., comma 3, e' necessario che la pena inflitta non superi i due anni e sei mesi, e che l'autore del reato abbia compiuto gli anni settanta al momento della commissione del fatto (Sez. 6, n. 14755 del 13/02/2013, Rv. 256143; Sez. 5, n. 11230 del 30/01/2009; Rv. 243599; Sez. 2, n. 10295 del 16/06/2000, Rv. 217414). Con specifico riguardo all'ipotesi di riconoscimento del vincolo della continuazione, e' stato - altresi' affermato da questa Corte che, in presenza di piu' episodi criminosi, tra cui si rinviene un comune disegno criminoso, ove alcuni di essi siano stati commessi in epoca in cui l'imputato non aveva ancora compiuto settant'anni, non puo' trovare applicazione il disposto dell'articolo 163 c.p., comma 3, che presuppone che tutti i fatti siano stati commessi "da chi ha compiuto gli anni settanta" (Sez. 3, n. 28374 del 12/04/2019, Rv. 276243). 3. Nel caso che in questa sede ci occupa, come sopradetto, il ricorrente lamenta erronea mancata concessione della sospensione condizionale della esecuzione della pena in fase esecutiva. Invero, tale provvedimento reiettivo pare basarsi sul mero presupposto del superamento del limite del biennio, li' dove le condotte risultano poste in essere dopo il compimento del settantesimo anno da parte dell'agente. In effetti, quanto ai reati sub 2) e 3) essi sono pacificamente avvenuti dopo che il condannato era ultrasettantenne. Ad analoga conclusione deve giungersi anche con riguardo al reato sub 1). Come e' noto infatti quello di stalking e' reato abituale e, pertanto, la consumazione coincide con la cessazione dei comportamenti lesivi. In tal caso, quindi, la consumazione e' avvenuta nell'agosto dell'anno 2019, ancora una volta allorquando il (OMISSIS) aveva gia' compiuto il settantesimo anno di eta'. 4. Il diniego risulta pertanto fondato su un presupposto erroneo sia in fatto che in diritto e cio' non puo' che determinare l'annullamento con rinvio della decisione impugnata. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente al diniego della sospensione condizionale della pena con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ZAZA Carlo - Presidente Dott. DE GREGORIO Eduardo - Consigliere Dott. MASINI Tiziano - Consigliere Dott. FRANCOLINI Giovanni - Consigliere Dott. GIORDANO Rosaria - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 24/01/2023 del TRIB. LIBERTA' di CATANIA; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. GIORDANO ROSARIA; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, Dr. RICCARDI GIUSEPPE, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1.Con ordinanza del 26 gennaio 20:23, il Tribunale di Catania, Sezione Riesame, rigettando l'appello di (OMISSIS) STEFANO, confermava il provvedimento con il quale, in data 7 gennaio 2023, il G.I.P. del Tribunale di Catania aveva disposto a carico dello stesso la misura cautelare personale degli arresti domiciliari, in ragione di reiterate condotte di stalking aggravate dalla pregressa relazione sentimentale con la persona offesa, nonche', al fine di compiere le stesse, con piu' condotte esecutive di un medesimo disegno criminoso e in tempi diversi, del sequestro della predetta. 2. Con il ricorso presentato, mediante il difensore di fiducia avv. (OMISSIS), l'indagato chiede l'annullamento della predetta ordinanza, deducendo omessa motivazione, violazione di legge, illogicita', travisamento ed erronea interpretazione e applicazione della legge. In sostanza, con l'unico motivo di ricorso, il (OMISSIS) contesta la sussistenza dei presupposti per la conferma della misura, evidenziando che gli indizi di colpevolezza sarebbero stati desunti solo dalle dichiarazioni della persona offesa senza considerare la reciprocita' delle condotte poste in essere e che la querela era in realta' stata una sorta di "reazione" alla sua richiesta di restituzione dei regali all'ex compagna. In via gradata l'indagato lamenta che il periculum sarebbe stato desunto da dati non riscontrati, anche quanto ad un'assunta reattivita' dei propri comportamenti e che, inoltre, rispetto ailVadeguatezza della misura degli arresti domiciliari, sarebbe inconferente il richiamo ai suoi precedenti, riguardando gli stessi reati diversi. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Premesso che, al di la' del titolo dell'unico motivo proposto, il (OMISSIS) deduce, in sostanza, un vizio di motivazione dell'ordinanza impugnata in punto di presupposti della misura, il ricorso e' manifestamente infondato. 2. Quanto ai gravi indizi di colpevolezza, occorre premettere che, per l'adozione di una misura cautelare personale, e' sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilita' sulla responsabilita' dell'indagato in ordine ai reati addebitatigli, perche' i necessari "gravi indizi di colpevolezza" non corrispondono agli "indizi" intesi quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza (ex plurimis, Sez. 4, n. 16158 del 08/04/2021; Sez. 1, n. 43258 del 22/05/2018, Rv. 275805 - 01; Sez. 4, n. 53369 del 09/11/2016, Rv. 268683 - 01). Orbene, il provvedimento impugnato ha desunto gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente innanzitutto dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa, individuando espressamente le ragioni per le quali la stessa deve ritenersi attendibile nel carattere circostanziato e coerente di tali dichiarazioni. Le stesse, del resto, come ha sottolineato l'ordinanza impugnata, sono riscontrate dalle fotografie effettuate alla persona offesa quando ha sporto querela il 28 dicembre 2022 e dai messaggi di tenore ossessivo inviati alla persona offeso dall'indagato in quel momento. Il provvedimento del Tribunale del Riesame si e' inoltre specificamente confrontato con le argomentazioni difensive ritenendo che non potesse esservi alcuna correlazione tra i fatti denunciati e la restituzione dei regali, e sottolineando, quanto alla reciprocita' delle condotte, che quelle della persona offesa erano risultate isolate. Le ragioni addotte dal giudice di merito appaiono, dunque, nei limiti del vaglio consentito a questa Corte regolatrice, adeguate e coerenti con i canoni della logica e con i principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Rv. 215828 - 01; conf., tra le molte, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976-01). 3. Rispetto alla sussistenza delle esigenze cautelari, il provvedimento impugnato ha ritenuto integrate le stesse emergendo, dal prefato quadro indiziario, che le condotte del (OMISSIS) sono state reiterate per oltre due anni, e consistite in episodi molto gravi, quali, tra gli altri, aver picchiato l'ex compagna e chiuso la stessa in un negozio contro la sua volonta'. La medesima ordinanza ha inoltre tenuto conto, anche ai fini dell'inadeguatezza di una misura meno afflittiva, della prognosi negativa circa il rispetto della stessa da parte dell'indagato in virtu' dei precedenti penali del medesimo, per reati commessi anche con violenza alle persone. Anche sotto quest'ultimo profilo, il provvedimento impugnato non e' affetto da alcun vizio di manifesta illogicita'. 4. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.. 5. Alla dichiarazione di inammissibilita' segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, atteso che l'evidente inammissibilita' dei motivi di impugnazione non consente di ritenere il ricorrente medesimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilita' (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000). 6. In caso di diffusione del presente provvedimento occorre omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge, stante la natura del reato contestato e i rapporti tra le parti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE GREGORIO Eduardo - Presidente Dott. BELMONTE Maria T. - Consigliere Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere Dott. BORRELLI Paola - Consigliere Dott. BRANCACCIO Matilde - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 18/03/2022 della CORTE APPELLO di TORINO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere MATILDE BRANCACCIO; udito il Sostituto Procuratore Generale PASQUALE SERRAO D'AQUINO che ha concluso chiedendo l'inammissibilita' del ricorso. udito il difensore, l'avvocato (OMISSIS), che ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per quanto riguarda l'aggravante; l'annullamento con rinvio per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio, riportandosi ai motivi di ricorso ed insistendo per l'accoglimento dello stesso. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte d'Appello di Torino, con la sentenza impugnata, ha confermato la decisione del GIP del Tribunale di Asti del 16.6.2020, resa all'esito di giudizio abbreviato, con cui (OMISSIS) e' stata condannata alla pena di mesi dieci di reclusione in relazione al delitto di atti persecutori commesso nei confronti del padre, del fratello e della sorella (oltre che del nipote), minacciati (anche gravemente di morte) e molestati quotidianamente una volta che l'imputata si era stabilita abusivamente nel condominio ove era ubicata l'abitazione dei familiari, bivaccando ed affrontandoli urlando e inveendo continuamente contro di loro, provocando stati d'ansia nei parenti e costringendoli anche a modificare la loro vita (in particolare, il fratello (OMISSIS) si e' stabilito dalla compagna; l'anziano padre per un periodo e' stato costretto ad abitare in un hotel). 2. Avverso la citata sentenza ha proposto ricorso l'imputata, tramite il difensore di fiducia, deducendo tre motivi distinti. 2.1. La prima ragione difensiva denuncia violazione di legge e vizio di motivazione carente in relazione alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di stalking. La tesi difensiva e' che la ricorrente non abbia "voluto" provocare gli eventi del reato di cui all'articolo 612-bis c.p. ma, con il suo comportamento, intendesse soltanto costringere i familiari a riammetterla in casa del padre, da dove si era allontanata volontariamente anni prima, poiche' priva di dimora e di mezzi di sostentamento; a tal proposito, si contesta la correttezza dell'orientamento giurisprudenziale dominante secondo cui il dolo abbraccerebbe, nel delitto in esame, non l'aspetto volitivo della condotta ma solo quello cognitivo (la volonta' sarebbe necessaria per la realizzazione delle condotte, con la consapevolezza della loro idoneita' alla produzione di uno degli eventi del reato, senza che occorra una rappresentazione anticipata del risultato finale). Ma il coefficiente soggettivo mancherebbe anche a voler seguire la giurisprudenza della Cassazione in tema di coefficiente soggettivo, poiche' la ricorrente non puo' dirsi che abbia avuto consapevolezza dell'idoneita' delle proprie azioni a provocare gli eventi del reato descritti in sentenza, considerate le sue condizioni psico-fisiche compromesse. 2.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione di legge penale in ordine alla mancata esclusione dell'aggravante di "aver agito in danno del padre e dei fratelli, persone con le quali vi era stata una relazione affettiva", relazione che non e' possibile desumere dal mero rapporto di parentela, come invece ha fatto la Corte d'Appello, occorrendo piuttosto "un legame connotato da un reciproco rapporto di fiducia, tale da ingenerare nella vittima aspettative di tutela e protezione" (si cita la sentenza n. 11920 del 2018), ovvero una "stabile condivisione della vita comune": l'imputata aveva lasciato la casa dei genitori quando aveva 18 anni ed era ritornata dopo 30 anni per chiedere al padre di riprenderla in casa, ma aveva ottenuto solo temporanea ospitalita'; era stata, quindi, allontanata e si era sostanzialmente "accampata" sul pianerottolo dell'appartamento familiare. L'interruzione della relazione affettiva, anche a voler ammettere l'esistenza di tale relazione nel periodo in cui la ricorrente, minorenne, abitava nella casa di famiglia, e' troppo risalente per poter dire che sia in collegamento con il reato, magari per la genesi dovuta alla cessazione del rapporto. La Corte d'Appello ha basato erroneamente, pertanto, la sussistenza dell'aggravante nella sola esistenza del legame genitoriale e fraterno, idonei di per se' a ingenerare aspettative di tutela e protezione, nonche' a costituire fonte di solidarieta' sancita ex lege, determinando oneri e obbligazioni assistenziali, agganciando, peraltro, la sua concreta verifica alla temporanea ospitalita' ricevuta dalla ricorrente in casa del padre. La difesa evidenzia come anche (‘esegesi letterale della disposizione di cui all'articolo 612-bis c.p. contrasti con l'interpretazione adottata dai giudici di secondo grado: la norma stabilisce l'inasprimento di pena per l'aggravante al comma 2, sancendo che si ha aggravamento se il fatto e' commesso "dal coniuge anche se separato o divorziato, o da persona che e' stata legata da relazione affettiva alla persona offesa", sicche' e' evidente che solo per il coniuge, ancorche' separato o divorziato, il legislatore aggancia l'aggravante alla qualita', indipendentemente dalla prova dell'esistenza di una relazione affettiva attuale o passata tra l'autore del reato e la vittima, mentre in tutti gli altri casi (compresi i rapporti familiari padre-figlio e fratello-sorella) tale prova e' necessaria. La relazione affettiva e' basata sull'affetto, appunto, sulla natura del rapporto personale, e non sulla legge, che prevede obblighi derivanti da rapporti di parentela scollegati da qualsiasi relazione affettiva (si cita la sentenza n. 9406 del 2022, n. m.). Infine, anche la motivazione della sentenza impugnata che legge nel "ritorno a casa" della ricorrente un sintomo dell'esistenza della relazione affettiva evidenzia una manifesta illogicita', poiche' invece l'imputata, chiedendo ospitalita' al padre, intendeva solo richiamare i familiari ai doveri di solidarieta' ed assistenza imposti dal codice civile ai parenti piu' stretti, ma non certo invocare un inesistente rapporto affettivo. Si chiede, pertanto, l'annullamento, quantomeno con rinvio della sentenza impugnata, avuto riguardo alla sussistenza dell'aggravante prevista dall'articolo 612-bis, comma 2, c.p., affinche' venga riesaminata la questione relativa alla sussistenza attuale o pregressa di un rapporto affettivo tra l'imputata e le persone offese. 2.3. La terza ragione di ricorso denuncia violazione di legge chiedendo una diversa interpretazione dell'espressione "relazione affettiva" utilizzata dall'aggravante descritta dal comma 2 dell'articolo 612-bis c.p.: non gia' qualsiasi rapporto affettivo ma solo quello derivante da una relazione sentimentale simile al coniugio, cui viene, non a caso, normativamente abbinato; data la radicale diversita' tra le relazioni sentimentali e l'affettivita' parentale (anche in caso di "rottura" dei rapporti, che pervade la ratio incriminatrice). 2.4. Un ultimo motivo la ricorrente lamenta l'eccessivo rigore della risposta sanzionatoria, rispetto alla minima gravita' dei fatti ed alle sue condizioni psicologiche, che soffrirebbe di complessi di inferiorita' e manie di persecuzione quantomeno. 3. Il Sostituto Procuratore Generale Pasquale Serrao d'Aquino ha chiesto l'inammissibilita' del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' parzialmente fondato, limitatamente al profilo della sussistenza dell'aggravante prevista dall'articolo 612-bis, comma 2, c.p.. 2. Il primo motivo e' inammissibile in quanto manifestamente infondato. Il ricorrente fa leva sul movente che ha ispirato la sua condotta, per escludere la sussistenza dell'elemento psicologico del delitto di atti persecutori in relazione a cui e' stato condannato, cosi' confondendo due elementi diversi del reato, dei quali solo il dolo configura una parte della tipicita' normativa. La tesi difensiva, infatti, come si e' anticipato, e' che la ricorrente non abbia "voluto" provocare gli eventi del reato di cui all'articolo 612-bis c.p. ma, con il suo comportamento, intendesse soltanto costringere i familiari a riammetterla in casa del padre, da dove si era allontanata volontariamente anni prima, ed a darle soccorso, poiche' priva di dimora e di mezzi di sostentamento. Evidente e' l'equivoco in cui incorre la prospettiva del ricorso e la contrarieta' della prospettazione difensiva all'orientamento ermeneutico dominante, che il Collegio intende ribadire, con un ulteriore, necessaria precisazione. La giurisprudenza di legittimita', infatti, ha da tempo evidenziato, in maniera assolutamente unanime (cfr., ex multis Sez. 5, n. 18999 del 19/2/2014, C., Rv. 260411; Sez. 5, n. 43085 del 24/9/2015, A., Rv. 265230; Sez. 1, n. 28682 del 25/9/2020, S., Rv. 279726; nonche' Sez. 5, n. 323 del 14/10/2021, dep. 2022, Rv. 282768), che l'elemento soggettivo del delitto di atti persecutori e' integrato dal dolo generico, il cui contenuto richiede la volonta' di porre in essere piu' condotte di minaccia e molestia (nelle quali si risolve l'oggettivita' tipica), nella consapevolezza della loro idoneita' a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell'abitualita' del proprio agire. Si e', altresi', precisato come, avendo ad oggetto un reato abituale di evento, il dolo suddetto deve essere unitario, esprimendo un'intenzione criminosa che travalica i singoli atti che compongono la condotta tipica, anche se puo' realizzarsi in modo graduale, non essendo necessario che l'agente si rappresenti e voglia fin dal principio la realizzazione della serie degli episodi nei quali si sostanza il reato abituale; detto altrimenti, il dolo generico del delitto di stalking non postula la preordinazione di tali condotte - elemento non previsto sul fronte della tipicita' normativa - potendo queste ultime, invece, essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne presenti l'occasione (cfr., tra le sentenze richiamate, in particolare Sez. 5, n. 43085 del 24/9/2015, A., Rv. 265230). Se la preordinazione delle condotte di reato progressive non e' prevista sul fronte della tipicita' normativa, ancor meno rientra nella tipicita' del delitto previsto dall'articolo 612-bis c.p. il movente che ha solo "spinto" l'autore del delitto abituale a realizzare la sequenza di azioni dal contenuto complessivamente persecutorio. La presenza di una finalita' o di un obiettivo che si prefigga l'autore del reato, piu' o meno percepibili, non modifica il fulcro della volonta' delittuosa, racchiuso unicamente nella determinazione (il dolo generico) a realizzare piu' condotte di minaccia e molestia, con la consapevolezza della loro capacita' di causare uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell'abitualita' del proprio agire. 2.1. Quanto all'obiezione relativa alla mancanza di consapevolezza, nella ricorrente, dell'idoneita' delle proprie azioni a provocare gli eventi del reato descritti in sentenza, in considerazione delle sue condizioni psico-fisiche compromesse, si tratta di un'affermazione apodittica da parte della difesa, sia con riguardo alla stessa consistenza di deficit psichico lamentato, sia se si considera l'immediata percepibilita' del disvalore di condotte del genere di quelle poste in essere dall'imputata (urla, aggressioni verbali, molestie plurime e quotidiane, praticamente all'uscio dell'abitazione delle vittime). Di qui l'inammissibilita' del motivo di censura, anche qualora volessero leggersi i denunciati vizi di violazione di legge e di motivazione nel senso coerente alla giurisprudenza di legittimita' consolidata sulla natura generica del dolo del reato. 3. Il secondo motivo di ricorso e', invece, fondato. La difesa denuncia che la Corte d'Appello abbia basato erroneamente la prova della sussistenza dell'aggravante nella sola esistenza del legame genitoriale e fraterno tra imputata e vittime, ritenendo che tale legame sarebbe idoneo, di per se', ad ingenerare aspettative di tutela e protezione, nonche' a costituire fonte di solidarieta' sancita ex lege, determinando oneri e obbligazioni assistenziali, agganciando, peraltro, la sua concreta verifica alla temporanea ospitalita' ricevuta dalla ricorrente in casa del padre. La tesi prospettata con l'eccezione in esame centra un punto di effettiva, manifesta illogicita' della sentenza impugnata, svelandone il vizio di motivazione, con riferimento alla prova della sussistenza di quella relazione affettiva che il comma 2 dell'articolo 612-bis c.p. individua come presupposto integrativo dell'aggravamento di pena, quando il fatto non sia commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, riguardo al quale - invece - il legislatore presume l'esistenza di quella relazione di fiducia che proviene dalla vissuta stabilita' di affetti, ancorche' il rapporto coniugale sia cessato ovvero interrotto dalla separazione. Evidentemente, la relazione affettiva che leghi autore del reato e vittima, richiamata dalla previsione aggravatrice, deve essere verificata in concreto, mediante la prova di elementi di fatto sintomatici della sua esistenza (che possono essere i piu' vari). Cosi' come pure deve ritenersi che, ai fini della configurabilita' della circostanza aggravante di cui all'articolo 612-bis, comma 2, c.p., sebbene il concetto di "relazione affettiva" tra autore del reato e vittima - che fonda la ragione di aggravamento del disvalore della condotta e, conseguentemente, della sanzione - non debba intendersi necessariamente soltanto come "stabile condivisione della vita comune", tuttavia detto concetto evoca, quantomeno, un legame connotato da un rapporto di fiducia, tale da ingenerare nella vittima aspettative di tutela e protezione (cfr. Sez. 3, n. 11920 del 9/1/2018, B., Rv. 272383), poiche' e' proprio l'abuso o l'approfittamento di tale legame di fiducia a costituire fondamento della ratio normativa. 3.1. Orbene, nel caso di specie, come ha correttamente sottolineato il ricorso, la Corte d'Appello, con una laconica motivazione, ha abbinato erroneamente - mediante un argomento logico astratto e frutto di presunzioni - la prova della sussistenza della necessaria "relazione affettiva" tra l'imputata ed i suoi parenti/vittime al rapporto di parentela ed al "diritto naturale", da cui scaturirebbe, inevitabilmente, la configurabilita' di quella relazione di fiducia, il cui abuso si pone alla radice della ratio di aggravamento della disposizione in esame. Si tratta di una prospettiva interpretativa erronea poiche', come si e' gia' evidenziato, si basa su presunzioni logiche dedotte dai legami parentali e abbandona l'asse di verifica concreta del presupposto dell'esistenza della relazione affettiva, che, invece, costituisce l'unico parametro idoneo a valutare la sussistenza o meno dell'aggravante, nelle ipotesi diverse da quelle nelle quali l'autore dello stalking sia il coniuge, sia pur divorziato o separato. Nel caso di specie, l'abbandono di ogni rapporto con la famiglia di origine, da parte della ricorrente, per un periodo lunghissimo di oltre trent'anni, depone, anzi, fortemente, nel senso di evidenziare una vera e propria cesura di qualsiasi relazione affettiva-familiare di sorta, ancorche' pregressa e su cui, comunque, la Corte d'Appello non spende un solo argomento. L'elemento sintomatico dell'esistenza di tale relazione affettiva, infatti, e' stato rintracciato, dalla sentenza impugnata, nell'intenzione dell'imputata di avvalersi di quel rapporto di fiducia insito nel legame parentale, chiedendo ospitalita' alla famiglia d'origine, da cui si era distaccata per decenni; ma e' evidente il vizio logico in cui incorre la motivazione dei giudici di secondo grado anche in tal caso, poiche' tale richiesta di ospitalita', non accolta se non per un brevissimo periodo, tanto che l'imputata "si e' accampata", successivamente, sul pianerottolo antistante l'appartamento del padre ed ha cominciato la sua campagna persecutoria, dimostra proprio che nessuna relazione affettiva poteva ritenersi instaurata tout court tra i protagonisti della vicenda e giammai puo' essere ritenuta un indicatore della sua sussistenza. 3.2. Dai riscontrati vizi interpretativi e motivazionali della sentenza impugnata, pertanto, emergono elementi che impongono l'annullamento senza rinvio del provvedimento d'appello, limitatamente alla sussistenza dell'aggravante della relazione affettiva tra autrice del reato di atti persecutori e vittime (articolo 612-bis, comma 2, c.p.), con conseguente necessita' di rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Torino per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio (cui non puo' procedere il Collegio, stante la mancanza di elementi motivazionali dai quali desumere la misura dell'aumento sanzionatorio dovuto all'operare dell'aggravante in esame). Non rileva che il giudizio di bilanciamento tra circostanze opposte sia stato giudicato prevalente in favore delle attenuanti generiche concesse all'imputata, poiche' il mutato disvalore complessivo del fatto, cui concorrono le circostanze aggravanti (cfr., per tutte, Sez. 5, n. 24622 del 9/5/2022, Jerradi Noureddine, Rv, 283259, in motivazione, sebbene il Collegio non ignori che vi sia una tesi differente nella giurisprudenza di legittimita', in proposito, che propende per l'inammissibilita' del ricorso che punti a contestare un'aggravante dichiarata subvalente nel bilanciamento con circostanze attenuanti), puo' incidere sull'entita' della sanzione base che, nel caso della ricorrente, e' stata determinata complessivamente per il reato gia' aggravato. L'esclusione dell'interesse all'impugnazione statuito da Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, Serafino, Rv. 202269 - secondo cui la facolta' di attivare i procedimenti di gravame non e' assoluta e indiscriminata, ma e' subordinata alla presenza di una situazione in forza della quale il provvedimento del giudice risulta idoneo a produrre la lesione della sfera giuridica dell'impugnante e l'eliminazione o la riforma della decisione gravata rende possibile il conseguimento di un risultato vantaggioso - si riconnette, invero, all'assenza di qualsiasi profilo di concretezza della pretesa sottesa all'impugnazione, ma le stesse Sezioni unite non mancano di riconoscere detto interesse in "presenza di una situazione in forza della quale il provvedimento del giudice risulta idoneo a produrre la lesione della sfera giuridica dell'impugnante"; una simile lesione e' ravvisabile nel riconoscimento di una circostanza aggravante che abbia modificato in peius il disvalore del fatto (cosi' come nel riconoscimento della recidiva, ancorche' subvalente rispetto alle attenuanti, come nel caso della richiamata sentenza n. 24622 del 2022). 3.3. Deve rilevarsi, infine, che, alla luce dell'insussistenza della prova della relazione affettiva prevista come aggravante dall'articolo 612-bis, comma 2, c.p., non e' necessario affrontare il terzo motivo di ricorso, afferente alla questione dell'astratta possibilita' di configurare la "relazione affettiva" prevista come aggravante dal comma 2 dell'articolo 612-bis c.p. in relazione a qualsiasi rapporto sentimentale, anche parentale del tipo "padre-figlio" o "sorella-fratello" (ma potrebbe estendersi il problema interpretativo anche alle relazioni affettive amicali), ovvero solo a quelli di ordine "paraconiugale", da "relazione sentimentale di coppia" e non derivanti da affettivita' parentale. 4. Deve essere disposto, altresi', che siano omesse le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma dell'articolo 52 Decreto Legislativo n. 196 del 2003, in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla ritenuta circostanza aggravante, che esclude. Annulla la medesima sentenza quanto al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Torino. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso. In caso di diffusione del provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi a norma dell'articolo 52 del Decreto Legislativo n. 196 del 2003 in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE MARZO Giuseppe - Presidente Dott. MASINI Tiziano - Consigliere Dott. CUOCO Michele - Consigliere Dott. BIFULCO Daniela - Consigliere Dott. GIORDANO Rosaria - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: dalla parte civile (OMISSIS), ANCHE QUALE ES.POT.GEN. SU FIGLIO: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); nel procedimento a carico di: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 01/02/2022 della CORTE APPELLO di VENEZIA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere ROSARIA GIORDANO; letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore Generale KATE TASSONE che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento degli altri; letta la memoria scritta del difensore della ricorrente, avv. (OMISSIS), la quale ha insistito per l'accoglimento del ricorso; letta la memoria scritta del difensore dell'imputato, avv. (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Venezia, in riforma della sentenza di primo grado, ha assolto l'imputato dai reati ascritti ai capi A) e C) dell'imputazione, condannando lo stesso per il solo reato di lesioni aggravate, ritenute le circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante, alla pena di mesi sei di reclusione e rideterminando il risarcimento del danno in favore della parte civile ricorrente nell'importo di Euro duemila. 2. Avverso la richiamata sentenza della Corte d'Appello di Venezia la parte civile costituita (OMISSIS), in proprio e nella qualita' di esercente la responsabilita' genitoriale sul figlio minore, (OMISSIS), ha proposto ricorso per cassazione mediante il difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), articolando sei motivi d'impugnazione, di seguito enunciati nei limiti declinati dall'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 2.1. Con il primo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), per inosservanza e/o erronea applicazione dell' articolo 612-bis, comma 1, 2 e 4, e articolo 614 c.p., comma 1 e 4, Secondo la prospettazione della SANYO', in particolare, la Corte territoriale avrebbe ritenuto illogicamente inattendibili le sue dichiarazioni, e non integrato il reato di stalking per un'assunta non abitualita' delle condotte persecutorie senza avvedersi che le stesse erano state tollerate per anni al solo fine di consentire i rapporti tra l'imputato e il loro figlio minore (OMISSIS). La ricorrente contesta inoltre l'assoluzione dell'imputato dal reato di violazione di domicilio aggravato ex articolo 614 c.p., comma 1 e 4, in quanto, come aveva dichiarato nel corso dell'istruttoria dibattimentale in primo grado, in data 18 aprile 2020, il (OMISSIS), era entrato nella sua abitazione contro la sua volonta'. 2.2. La ricorrente assume, poi, con il secondo motivo, che la sentenza della Corte d'appello e' incorsa, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), c.p.p., nel vizio di mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione rispetto alla ritenuta inattendibilita' delle dichiarazioni testimoniali di essa persona offesa, nonche' dei testi (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), e alla rilevanza complessiva del certificato medico del (OMISSIS). In particolare, quanto ai testi, sarebbero state riportate solo sinteticamente le dichiarazioni degli stessi per smentire la sua ricostruzione dei fatti e, rispetto al certificato, non si sarebbe attribuita rilevanza a quanto aveva riferito al Pronto Soccorso sugli eventi che avevano determinato le lesioni occorsole. 2.3. La (OMISSIS), lamenta, inoltre, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullita', inutilizzabilita', inammissibilita' o decadenza con riferimento agli articoli 526, 603 c.p.p. e articolo 111 Cost., per mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, violazione del contraddittorio ed erronea utilizzazione nella motivazione di un documento non acquisito. Il vulnus dedotto si sostanzierebbe nella circostanza che la Corte territoriale avrebbe tenuto conto in piu' passaggi della Relazione dei servizi sociali del 21 settembre 2021 allegata dall'imputato ai motivi aggiunti proposti con l'atto di appello senza che fosse stato garantito alcun contraddittorio su tale documento. 2.4. La ricorrente denuncia inoltre inosservanza o erronea applicazione, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) degli articoli 582, 585, 577 e articolo 61 c.p., comma 1, n. 11-quinquies per l'omessa valutazione della sussistenza di quest'ultima aggravante, pure contestata e provata nel corso del dibattimento, con conseguente erronea valutazione della prova sul risarcimento del danno proprio e del figlio minore (OMISSIS), anch'egli vittima dei comportamenti violenti del padre. 2.5. Mediante il quinto motivo, la SANYO' assume violazione, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), rispetto al mancato riconoscimento della stessa aggravante ex articolo 61, comma 1, n. 11-quinquies c.p. e all'omessa condanna dell'imputato al risarcimento dei danni subiti dal figlio minore (OMISSIS), trascurando il verificarsi dei fatti, anche quello di cui al capo B), in presenza dello stesso come indicato nelle rispettive imputazioni. 2.6. La parte civile ricorrente denuncia infine inosservanza o erronea applicazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), degli articoli 538, 539, 540 e 541 c.p.p. nonche' errata ed illogica quantificazione del risarcimento ad essa ricorrente poiche' la somma liquidata non avrebbe tenuto conto delle gravi lesioni occorse ne' personalizzato le stesse in conseguenza del danno morale subito. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo e' inammissibile, in quanto lo stesso, pur formalmente volto a criticare, sotto il profilo dell'inosservanza o erronea applicazione di legge, la sentenza impugnata sul piano della ritenuta esclusione da parte della Corte territoriale dei fatti ascritti ai capi A) e C) dell'imputazione, tende, piuttosto, a far valere un'erronea valutazione del compendio probatorio ad opera della stessa ai fini di una differente ricostruzione dei fatti per cui e' processo. Nel giudizio di cassazione e' tuttavia preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita' esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (ex multis, Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601 - 01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482 - 01; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, Rv. 235507 01). 2. Per ragioni analoghe deve ritenersi inammissibile anche il secondo motivo di ricorso con il quale, espressamente deducendo un vizio di motivazione, la (OMISSIS) contesta la ritenuta inattendibilita' delle dichiarazioni rese da essa parte civile nonche' dalla figlia (OMISSIS) e dai testi (OMISSIS) e (OMISSIS). In realta', con motivazione congruamente e logicamente argomentata, la Corte territoriale ha posto in rilievo le contraddizioni delle propalazioni di Zsaklin rispetto a quelle della madre, quanto alle condotte dell'imputato, e gli stessi testi della parte civile (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno smentito talune condotte addebitate dalla (OMISSIS) al (OMISSIS), cosi' contribuendo, unitamente alle dichiarazioni dei testi addotti dall'imputato, all'esito assolutorio per i capi A) e C). In nessun vizio peraltro e' incorsa la Corte territoriale nel non aver valorizzato le dichiarazioni rese dalla (OMISSIS), in Pronto Soccorso quanto a condotte diverse e indipendenti da quelle che avevano determinato le lesioni. 3. Quanto al terzo motivo, non risulta alcuna opposizione della difesa dalla (OMISSIS), nel giudizio di appello a fronte della produzione, con i motivi aggiunti, della relazione dei servizi sociali, all'acquisizione della stessa, dacche' l'inammissibilita' del motivo proposto solo con il ricorso in sede di legittimita'. Al riguardo, va ribadito che, nel giudizio di appello l'acquisizione di una prova documentale, pur non implicando la necessita' di una formale ordinanza di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, postula che la prova richiesta sia rilevante e decisiva rispetto al quadro probatorio in atti e deve essere operata assicurando il contraddittorio fra le parti, a pena di inutilizzabilita' ai fini della deliberazione, ai sensi dell'articolo 526 c.p.p., comma 1, (Sez. 3, n. 34949 del 03/11/2020, Rv. 280504 - 01). Peraltro, anche volendo prescindere da tale rilievo, occorre considerare che la sentenza impugnata si fonda su plurime emergenze istruttorie rispetto alle quali non appare decisiva la considerazione della relazione dei servizi sociali della quale la parte civile contesta l'utilizzabilita', senza tuttavia chiarire perche' la stessa avrebbe rivestito una valenza decisiva per l'assoluzione dell'imputato, con conseguente genericita' del motivo (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416 - 01). 4. Il quarto e il quinto motivo, suscettibili di valutazione unitaria, sono manifestamente infondati. La sentenza della Corte territoriale ha ritenuto, in base ad un ampio accertamento fondato su un'attenta valutazione del compendio probatorio, di assolvere l'imputato per le condotte ascritte ai capi A) e C) residuando le sole lesioni, peraltro non gravi, di cui al capo B) in danno della (OMISSIS). Sul piano istruttorio non e' emerso alcun turbamento, anche in virtu' della non abitualita' di condotte persecutorie o anomale da parte del (OMISSIS), in capo al figlio minore (OMISSIS), per effetto delle stesse sicche', pur a fronte della sostanziale contestazione dell'aggravante, correttamente il giudice di merito ha escluso di disporre il risarcimento del danno in favore del minore medesimo. Le doglianze della ricorrente assumono assertivamente l'esistenza del pregiudizio, senza indicare quali risultanze dibattimentali sarebbero state trascurate al riguardo, ossia senza svolgere alcuna critica specifica rispetto all'accertamento operato dai giudici di merito. 5. Il sesto motivo e' parimenti manifestamente infondato. La natura delle lesioni refertate alla ricorrente (lieve contrattura paravertebrale cervicale, ecchimosi periorbitraria sinistra, dolore mandibolare) integranti danni c.d. micropermanenti rendono conforme ad equita', pur considerando la personalizzazione per il danno morale, l'importo riconosciuto di Euro duemila, anche tenuto conto dell'eta' della vittima e dell'avvenuta guarigione, attestata dalla mancata produzione di ulteriore certificazione medica attestante un aggravamento del danno. 6. Pertanto il ricorso della parte civile deve essere dichiarato inammissibile. Alla dichiarazione di inammissibilita' segue la condanna della ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, atteso che l'evidente inammissibilita' dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere il ricorrente medesimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilita' (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000). 7. In caso di diffusione del presente provvedimento occorre omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge, stante la natura dei fatti di reato e i rapporti tra le parti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento occorre omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE MARZO Giuseppe - Presidente Dott. MASINI Tiziano - Consigliere Dott. CUOCO Michele - Consigliere Dott. BIFULCO Daniela - Consigliere Dott. GIORDANO Rosaria - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 01/07/2022 della CORTE APPELLO di VENEZIA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere ROSARIA GIORDANO; letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore Generale, KATE TASSONE, che ha concluso per il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Roma riformava limitatamente al trattamento sanzionatorio la sentenza di condanna di primo grado nei confronti del (OMISSIS). Il ricorrente era stato chiamato a rispondere del reato di atti persecutori aggravato ai sensi dell'articolo 612-bis c.p., comma 2, per avere commesso il fatto in danno di (OMISSIS), con la quale aveva intrattenuto una relazione sentimentale, e dalla recidiva infraquinquennale, nonche' del delitto di tentata violenza privata. 2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Venezia il (OMISSIS), ha proposto ricorso per cassazione, mediante il difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), articolando due motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti previsti dall'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 2.1. Con il primo motivo l'imputato denuncia violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), per erronea applicazione della legge penale in riferimento all'applicazione dell'articolo 612-bis c.p. in luogo dell'articolo 660 c.p., deducendo l'assenza sia dell'abitualita' propria del delitto di stalking per il reiterato ripristino della convivenza con la persona offesa sia dell'elemento soggettivo di tale reato, poiche', come si evincerebbe dalla stessa sentenza impugnata, il suo comportamento sarebbe stato dettato dalla preoccupazione per le sorti del bambino che la persona offesa aspettava. 2.2. Mediante il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), per inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilita' in riferimento all'articolo 493 c.p.p., comma 3, in quanto il giudice di primo grado, all'udienza del 3 novembre 2021, aveva acquisito le relazioni di servizio degli agenti di polizia giudiziaria (OMISSIS) (intervenuto nel corso dell'episodio avvenuto la sera del (OMISSIS) presso l'abitazione della persona offesa) e (OMISSIS) (intervenuto nel corso dell'episodio avvenuto la sera del (OMISSIS) presso l'abitazione della persona offesa), senza il consenso di esso imputato, ritenendo si trattasse di atti irripetibili. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo di ricorso e' inammissibile in quanto manifestamente infondato. Infatti, come hanno accertato dalle due sentenze di merito - che in quanto conformi nel riconoscimento della responsabilita' penale dell'imputato si saldano l'una con l'altra dando luogo a un unico compendio motivazionale - la condotta del (OMISSIS), si e' in realta' protratta per mesi, poiche' i comportamenti ossessivi dello stesso nei confronti della (OMISSIS), si sono manifestati sin dall'inizio della loro convivenza nel giugno 2020 e sono continuati sino a culminare nei gravissimi episodi di ottobre e novembre dello stesso anno. Ne' puo' assumere rilievo la circostanza che dopo tali episodi i due abbiano ripreso la loro convivenza per un certo periodo, trattandosi di un post factum. In ogni caso, e' incontroverso che, nel reato di atti persecutori, il temporaneo ed episodico riavvicinamento della vittima al suo persecutore non interrompe l'abitualita' del reato, ne' inficia la continuita' delle condotte, quando sussista l'oggettiva e complessiva idoneita' delle stesse a determinare nella vittima un progressivo accumulo di disagio che degenera in uno stato di prostrazione psicologica in una delle forme descritte dall'articolo 612-bis c.p. (ex aliis, Sez. 5, n. 17240 del 20/01/2020, Rv. 279111 - 01; Sez. 5, n. 46165 del 26/09/2019, Rv. 277321 - 01). Anche quanto alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato il ricorso e' manifestamente infondato perche' nel delitto c.d. di staiking assume rilievo il dolo generico, il cui contenuto richiede la volonta' di porre in essere piu' condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneita' a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell'abitualita' del proprio agire, ma non postula la preordinazione di tali condotte - elemento non previsto sul fronte della tipicita' normativa - potendo queste ultime, invece, essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne presenti l'occasione (ex ceteris, Sez. 1, n. 28682 del 25/09/2020, Rv. 279726 - 01; Sez. 5, n. 43085 del 24/09/2015, Rv. 265231 - 01). Il motivo dell'azione, in sostanza, non esclude il dolo generico: ne deriva che e' privo di rilievo che i comportamenti persecutori consapevolmente posti in essere dall'imputato fossero dettati dalla preoccupazione per il figlio che la persona offesa aspettava da lui. Alla luce delle superiori considerazioni deve rilevarsi la manifesta infondatezza della pretesa del ricorrente di riqualificazione dei fatti ai sensi dell'articolo 660 c.p.. La ferma giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che il criterio distintivo tra il reato di atti persecutori e quello di cui all'articolo 660 c.p., consiste nel diverso atteggiarsi delle conseguenze della condotta che, in entrambi i casi, puo' estrinsecarsi in varie forme di molestie, sicche' si configura il delitto di cui all'articolo 612-bis c.p., solo qualora le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l'alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre sussiste il reato di cui all'articolo 660 c.p., ove le molestie si limitino ad infastidire la vittima del reato (Sez. 5, n. 15625 del 09/02/2021, Rv. 281029 - 01). 2. Il secondo motivo e' inammissibile per assenza di specificita'. Occorre rilevare che la sentenza impugnata non valorizza ai fini della decisione le relazioni di servizio delle quali si contesta l'acquisizione, fondando l'accertamento della responsabilita' del ricorrente soprattutto sulle dichiarazioni della persona offesa, ritenute attendibili, e su ulteriori dati probatori sui quali il ricorso non indugia. A fronte di cio' il ricorrente non ha chiarito, come sarebbe stato necessario, pena l'inammissibilita' del ricorso per genericita' del motivo, l'effettiva incidenza degli elementi istruttori dei quali lamenta l'inutilizzabilita' sul complessivo compendio indiziario gia' valutato, si' da potersene inferire, invece, la decisivita' in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416 - 01). 3. Alla dichiarazione di inammissibilita' segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, atteso che l'evidente inammissibilita' dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere il ricorrente medesimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilita' (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000). 4. In caso di diffusione del presente provvedimento occorre omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge, stante la natura dei fatti di reato e i rapporti tra le parti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BONI Monica - Presidente Dott. BIANCHI Michele - Consigliere Dott. LIUNI Teresa - Consigliere Dott. CALASELICE Barbara - Consigliere Dott. CURAMI Micaela S. rel. Consiglie - N. 23186/2022 ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 07/03/2022 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. MICAELA SERENA CURAMI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. GUERRA MARIAEMANUELA, che ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilita' del ricorso; lette le conclusioni della parte civile, avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), che ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'appello di Caltanissetta ha confermato la pronuncia del Tribunale di Enna in data 26 maggio 2021 con la quale (OMISSIS) e' stata assolta dai reati di stalking aggravato (articoli 612-bis c.p., comma 2) e danneggiamento aggravato (articolo 635 comma 2 n. 1 c.p., in relazione all'articolo 625 c.p., n. 7 c.p. e articolo 61 c.p., n. 2), per vizio totale di mente e, stante la sua pericolosita' sociale, le e' stata applicata la misura di sicurezza della liberta' vigilata per un anno. 2. Ricorre (OMISSIS), a mezzo del difensore avv. (OMISSIS), che chiede l'annullamento della sentenza impugnata, sviluppando due motivi di ricorso. 2.1. Il primo motivo denuncia la violazione di legge, in riferimento agli articoli 228, 229, 230, 231 e 232 c.p., per insussistenza della pericolosita' sociale. In particolare, la Corte territoriale ha errato nella valutazione dell'attualita' e persistenza della pericolosita' sociale, da ritenersi completamente scemata come riferito dal perito, Dott. (OMISSIS); la ricorrente produce, a conforto dell'assunto, recente decisione del Magistrato di Sorveglianza di Caltanissetta del 21/04/2022 che, nell'ambito diverso procedimento, ha disposto non darsi luogo all'applicazione della misura di sicurezza della liberta' vigilata di anni 1, disposta con la sentenza 803/2021 del Tribunale di Enna del 9/11/2021, irrevocabile il 11/02/2022. 2.2. Il secondo motivo denuncia contraddittoria e manifesta illogicita' della motivazione: gli indizi posti dai giudici di merito a fondamento del giudizio di pericolosita' non superano il vaglio della regola dell'oltre ogni ragionevole dubbio. 3. Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, Dott.ssa M. Guerra, dopo avere evidenziato come ai sensi dell'articolo 579 c.p.p. e articolo 680 c.p.p., comma 2, sussista una competenza funzionale del Tribunale di sorveglianza a pronunciarsi in sede di appello sulle impugnazioni in materia di misure di sicurezza personali e di accertamento della pericolosita' sociale, allorquando, come nel caso di specie, l'impugnazione sia limitata alle sole disposizioni che riguardano le misure di sicurezza (Sez. 2, n. 29625 del 28/05/2019, Rv. 276450 - 01; Sez. 1, n. 2260 del 26/03/2014, dep. 2015, Rv. 261891 - 01; Sez. 1, n. 6371 del 31/01/2006, Rv. 233443 - 01), ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso sotto il profilo che la prospettazione difensiva, nella sua interezza, non si confronta con tale assetto normativo ed interpretativo, si' da rivelarsi manifestamente infondata: l'inammissibilita' del ricorso non consente quindi di rilevare l'incompetenza della Corte d'appello. 4. La parte civile (OMISSIS) ha depositato conclusioni scritte con le quali, associandosi alle conclusioni del PG, chiede dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO La sentenza impugnata dev'essere annullata senza rinvio. Va in via preliminare rilevata l'ammissibilita' del ricorso; come gia' affermato da questa Corte, e' ammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello confermativa dell'assoluzione dell'imputato per vizio totale di mente con contestuale applicazione al medesimo di una misura di sicurezza, anche qualora sia volto a contestare esclusivamente la parte relativa a detta misura, giacche', non potendosi radicare la competenza del tribunale di sorveglianza ai sensi degli articoli 579 c.p.p., comma 2, e articolo 680 c.p.p., siccome riferita esclusivamente al giudizio di merito e, quindi, quanto alle impugnazioni, all'appello, residua in via ordinaria il ricorso previsto dall'articolo 606 c.p.p. (sez 1 -, Sentenza n. 51869 del 30/09/2019 Ud. (dep. 23/12/2019) Rv. 277860 - 01). Cio' premesso, occorre rilevare che l'impugnazione avverso le sole disposizioni della sentenza che riguardano le misure di sicurezza e' proposta a norma dell'articolo 680 c.p.p., comma 2; trattasi di una competenza funzionale del Tribunale di sorveglianza a pronunciarsi, in sede di appello, sulle impugnazioni proposte ai sensi dell'articolo 579 c.p.p., comma 2. Come questa Corte ha piu' volte affermato, l'attribuzione della competenza funzionale alla magistratura di sorveglianza in materia di misure di sicurezza personali e di accertamento della pericolosita' sociale presuppone che l'impugnazione sia limitata alle sole disposizioni che riguardano le misure di sicurezza, mentre quando l'impugnazione riguarda anche altri "capi" penali della sentenza, ovvero altri "punti" della decisione pur afferenti allo stesso capo, riprende vigore la regola generale che attribuisce la competenza al giudice della cognizione sul merito (Sez. 2, n. 29625 del 28/05/2019, Rv. 276450 - 01; Sez. 1, n. 2260 del 26/03/2014, dep. 2015, Rv. 261891 - 01; Sez. 1, n. 6371 del 31/01/2006, Rv. 233443 - 01). Ebbene, nel caso che ci occupa, avendo (OMISSIS) proposto appello avverso la sentenza di primo grado che l'aveva assolta applicandole una misura di sicurezza, avanzando quale unico motivo di gravame l'insussistenza della pericolosita' sociale, la Corte territoriale non era funzionalmente competente a decidere. L'indicato vizio, assorbente e dirimente, e' rilevabile d'ufficio ex articolo 609 c.p.p., comma 2 alla luce del consolidato principio di diritto secondo il quale "la incompetenza funzionale da' luogo a nullita' assoluta e insanabile" (Sez. U, n. 4419 del 25/01/2005, Gioia, Rv. 22998101; Sez. U, n. 14 del 20/07/1994, De Lorenzo, Rv. 19822001; Sez. U, n. 5 del 20/06/1990, Corica, Rv. 18528301; cui adde tra le piu' recenti: Sez. 3, n. 54996 del 19/10/2016, M., Rv. 26870601; Sez. 2, n. 43700 del 27/09/2016, De Lorenzo, Rv. 26844901; Sez. 5, n. 4310 del 23/11/2015, dep. 2016, Stojanovic, Rv. 26562801; Sez. 2, n. 3282 del 12/12/2013, dep. 2014, Meucci, Rv. 25989801; Sez. 1, n. 25070 del 08/05/2012, De Santis, Rv. 25303901). Per la ragione chiarita deve disporsi l'annullamento del provvedimento impugnato senza rinvio, con trasmissione degli atti al Tribunale di Sorveglianza di Caltanissetta per l'ulteriore corso. Deve, infine, rilevarsi che, in caso di diffusione del presente provvedimento, devono essere omesse le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, articolo 52 in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Sorveglianza di Caltanissetta per l'ulteriore corso. In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

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