Sentenze recenti successioni ed eredità

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'APPELLO DI VENEZIA SEZIONE SECONDA CIVILE composta dai seguenti Magistrati dott. Lisa Micochero Presidente dott. Enrico Schiavon Consigliere estensore dott. Innocenza Vono Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 653 del ruolo generale dell'anno 2022 promossa da Gi.Gi. (C.F. (...)) appellante rappresentato e difeso dall'avv. Fe.Bo. contro Gi.Ca. (C.F. (...)) appellata rappresentata e difesa dall'avv. Pa.Co. e contro Gi.Ma. (C.F. (...)) appellato contumace Oggetto: appello avverso la sentenza n. 322/2022 del Tribunale di Treviso emessa in data 25.02.2022 e depositata in data 01.03.2022. Conclusioni di Gi.Gi.: Previa parziale riforma dell'appellata sentenza del Tribunale di Treviso n. 322/2022 emessa nella causa R.G. n. 6518/2019, in data 25.02.2022 - Collegio - Presidente Dott. Massimo De Luca, Giud. Rel. Dott. Andrea Valerio Cambi e Giud. Dott. Carlo Baggio, pubblicata in data 01.03.2022, notificata in data 04.03.2022, voglia l'Ecc.ma Corte d'Appello di Venezia adita, ogni avversaria istanza, domanda, eccezione e deduzione reietta: IN VIA PRELIMINARE Concedersi, se ritenuta necessaria per l'accoglimento delle corrispondenti domande dell'appellante, la rimessione in termini all'originario attore ora appellante per la formulazione delle domande relative all'eredità della Sig.ra MA.AU. conseguenti alla pubblicazione in data 02.11.2020 del documento qualificato quale testamento olografo della medesima. NEL MERITO 1) Disporsi lo scioglimento della comunione ereditaria conseguente alla successione del de cuius Sig. GI.CA. (nato a Treviso il (...) e deceduto a Treviso il 22.09.2010), previamente accertandosi la lesione della quota di legittima (e il suo valore) spettante al Sig. GI.GI. in ordine all'eredità del proprio padre GI.CA. in conseguenza delle donazioni accertande (anche indirette) e, così, disponendosi la reintegrazione della medesima quota di legittima spettante all'originario attore ora appellante, siccome prevista per legge (con conseguente riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni, dirette o indirette, fruite dagli originari convenuti ora appellati; e con conseguente obbligo di restituzione); oppure, in subordine, previamente accertandosi la quota di legittima (e il suo valore) in capo all'originario attore ora appellante, se quest'ultimo dovesse essere ritenuto beneficiato in tal senso da disposizione testamentaria; e, quindi, in ogni caso, previa ricostruzione dell'asse ereditario e/o riunione fittizia, anche ricomprendendovi: i) i beni immobili oggetto dell'atto 06.10.1987 del Notaio An.Ul. Ca. di Treviso - Rep. 22.743 -, trascritto alla Conservatoria dei Registri Immobiliari di Treviso in data 07.10.1987, - Reg. Part. 18208, Reg. Gen. 24018 - (anche previo obbligo a carico degli originari convenuti GI.CA. e GI.MA. di conferire e/o collazionare tali beni (o, in subordine, di ricomprenderli nella riunione fittizia, ai fini della reintegrazione della quota di legittima dell'originario attore ora appellante), trattandosi di vendita simulata e donazione dissimulata; oppure, in subordine, ricomprendendovi (quale, quanto meno, donazione indiretta) l'ammontare corrispondente alla differenza tra il valore di mercato dei beni oggetto di tale atto e il minor prezzo indicato in tale medesimo atto, con riferimento, se del caso, alla data dell'apertura della successione (oltre rivalutazione successiva sino al deposito della emananda sentenza definitiva) - o altra data di legge -, previo obbligo a carico degli originari convenuti donatari (quanto meno: indiretti) GI.CA. e GI.MA. di collazionare tale ammontare (o, in subordine, di ricomprenderlo nella riunione fittizia, ai fini della reintegrazione della quota di legittima dell'originario attore ora appellante)); ii) il valore, alla data dell'apertura della successione (oltre rivalutazione monetaria), dei beni immobili oggetto dell'atto 06.10.1987 del Notaio An.Ul.Ca. di Treviso -Rep. 22.738 -, trascritto alla Conservatoria dei Registri Immobiliari di Treviso in data 07.10.1987, - Reg. Part. 18209, Reg. Gen. 24019 - o il prezzo della loro rivendita, anche previo obbligo a carico della convenuta donataria GI.CA. di conferire e/o collazionare tale valore (oppure, in subordine, di ricomprenderlo nella riunione fittizia, ai fini della reintegrazione della quota di legittima dell'originario attore ora appellante), trattandosi di vendita simulata e donazione dissimulata; oppure, in subordine, ricomprendendovi (quale, quanto meno, donazione indiretta) l'ammontare corrispondente alla differenza tra il valore di mercato dei beni oggetto di tale atto e il minor prezzo indicato in tale medesimo atto, con riferimento, se del caso, alla data dell'apertura della successione (oltre rivalutazione successiva sino al deposito della emananda sentenza definitiva) - o altra data di legge -, previo obbligo a carico della originaria convenuta donataria (quanto meno: indiretta) GI.CA. di conferire e/o collazionare tale ammontare (o, in subordine, di ricomprenderlo nella riunione fittizia, ai fini della reintegrazione della quota di legittima dell'originario attore ora appellante); iii) i beni immobili oggetto dell'atto di compravendita del 16.07.1991 del Notaio An.Ul.Ca. di Treviso - Rep. 36048 -, trascritto alla Conservatoria dei Registri Immobiliari di Treviso in data 18.07.1991 - Reg. Part. 15071, Reg. Gen. 20083 -, previo obbligo a carico della originaria convenuta donataria GI.CA. di collazionare tali beni, trattandosi di, quanto meno, donazione indiretta (o, in subordine, di ricomprenderli nella riunione fittizia, ai fini della reintegrazione della quota di legittima dell'originario attore ora appellante); iv) gli arredi, corredi e mobili siti nella casa già coniugale e residenziale del de cuius, GI.CA., in Via (...) a Treviso; v) il saldo attivo, al momento della apertura della successione - 22.09.2010 -, dei rapporti di conto corrente bancario accesi dal de cuius, GI.CA.: - con (...) (ora (...) S.P.A.), conto IBAN n. (...) (già: n. (...)); - con (...) S.P.A., conto n. 000 100 12 86 37 (già conto n. 186058), (eventualmente anche previa collazione; o, in subordine, previa ricomprensione nella riunione fittizia, ai fini della reintegrazione della quota di legittima dell'originario attore ora appellante); vi) il saldo attivo, al momento della apertura della successione - 22.09.2010 -, dei rapporti di conto corrente del deposito a risparmio accesi dal de cuius, GI.CA., con (...) S.P.A. n. 65001/0000 32 38 57 44, (eventualmente anche previa collazione; o, in subordine, previa ricomprensione nella riunione fittizia, ai fini della reintegrazione della quota di legittima dell'originario attore ora appellante); vii) il premio di Euro 40.000,00 corrisposto dal de cuius, GI.CA., a (...) S.P.A. per la polizza vita n. 931004815/00, con beneficiaria GI.CA., previo obbligo a carico di tale originaria convenuta donataria (quanto meno: indiretta) GI.CA. di collazionare tale ammontare (oltre rivalutazione successiva sino al deposito della emananda sentenza definitiva); o, in subordine, di ricomprenderlo nella riunione fittizia, ai fini della reintegrazione della quota di legittima dell'originario attore ora appellante; viii) nonchè, ancora, tutti i beni, le somme e i crediti parte dell'asse ereditario, pure per indebito, per collazione e per le altre ragioni esposte negli atti di causa (o, in subordine, da ricomprendersi nella riunione fittizia, ai fini della reintegrazione della quota di legittima dell'originario attore ora appellante); in particolare: - tutti i prelievi e le disposizioni di pagamento effettuati dagli originari convenuti ora appellati - e, segnatamente, da GI.CA. - dai conti correnti e rapporti bancari di cui era parte il de cuius, GI.CA. (con (...) S.P.A. -, conto IBAN n. (...) (già: n. (...)); con (...) S.P.A., conto n. 000 100 12 86 37 (già conto n. 186058); con (...) S.P.A., conti a deposito a risparmio n. 65001/0000 32 38 57 44 e n. 65198/0000 12 49 35 45); - e tutte le somme tratte da tali stessi conti di cui gli stessi originari convenuti ora appellati - e, segnatamente, GI.CA. - siano stati beneficiari - direttamente o indirettamente -; ciò eventualmente anche previa condanna degli originari convenuti ora appellati - e, segnatamente, di GI.CA. - a restituire o, comunque, a conferire e/o corrispondere alla massa ereditaria della successione del de cuius, GI.CA. (e/o, pro quota, all'originario attore ora appellante), o, comunque, in subordine, a ricomprendere nella riunione fittizia (anche ai fini della quantificazione economica della quota che spetta all'appellante), l'ammontare di Euro210.436,89 + Euro9.124,21 = Euro 219.561,10 - o diversa somma accertanda - (maggiorato di interessi e rivalutazione dall'atto di disposizione sino alla sua restituzione) per le somme del de cuius, GI.CA. che gli originari convenuti ora appellati - e, segnatamente, GI.CA. - hanno percepito e/o disposto, traendoli dai conti correnti e rapporti bancari di cui era parte lo stesso de cuius, GI.CA. (con (...) - ora (...) S.P.A. -, conto IBAN n. (...) (già: n. (...)); con (...) S.P.A., conto n. 000 100 12 86 37 (già conto n. 186058); con (...) S.P.A., conti a deposito a risparmio n. 65001/0000 32 38 57 44 e n. 65198/0000 12 49 35 45); con conseguente riduzione delle disposizioni testamentarie e collazione o, in subordine, riduzione delle donazioni (anche indirette) nella parte di esse che corrisponde all'eccedenza rispetto a quanto di diritto; oppure, in ulteriore subordine, con ricomprensione di tutti tali beni e crediti, pro quota, nella quota di legittima in capo all'originario attore ora appellante, se quest'ultimo dovesse essere ritenuto beneficiato in tal senso da disposizione testamentaria, oltre all'ulteriore quota spettante all'appellante ex art. 523 e 677 c.c. per la rinuncia della madre MA.AU. alla eredità di GI.CA.; e con conseguente condanna degli originari convenuti ora appellati - e, segnatamente, GI.CA. - alla restituzione all'eredità dei relativi beni donati (anche indirettamente, unitamente ai frutti, percepiti e percipiendi, secondo diritto) o del corrispondente in denaro, come per legge; 2) disporsi, altresì, lo scioglimento della comunione ereditaria conseguente alla successione della de cuius Sig.ra MA.AU. (nata a Treviso il 06.11.1925 e deceduta a Treviso il 09.04.2018) secondo le norme di cui all'art. 537 c.c. (o diversa quota di legge), previamente accertandosi la lesione della quota di legittima spettante al Sig. GI.GI. in ordine all'eredità della propria madre MA.AU., con conseguente riduzione delle disposizioni testamentarie e di ogni donazione, anche indiretta, operata dalla Sig.ra MA.AU. e con conseguenti restituzioni; previa, così, ricostruzione dell'asse ereditario e/o riunione fittizia, ricomprendendovi: i) gli arredi, corredi e mobili siti nella casa già coniugale e residenziale della de cuius, MA.AU., in Via (...) a Treviso (eventualmente anche previa collazione o, in subordine, riunione fittizia); ii) il saldo attivo, al momento della apertura della successione - 09.04.2018 -, del rapporto di conto corrente del deposito a risparmio acceso dalla de cuius, MA.AU., con (...) S.P.A., n. 65001/0000 32 38 54 46 (eventualmente anche previa collazione o, in subordine, riunione fittizia); iii) nonchè, ancora, tutti i beni, le somme e i crediti parte dell'asse ereditario, pure per indebito, per collazione e per le altre ragioni esposte negli atti di causa (o, in subordine, da ricomprendersi nella riunione fittizia, ai fini della reintegrazione della quota di legittima dell'originario attore ora appellante); in particolare: - tutti i prelievi e le disposizioni di pagamento effettuati dagli originari convenuti ora appellati - e, segnatamente, da GI.CA. - dal conto corrente a deposito a risparmio n. 65001/0000 32 38 54 46 di (...) S.P.A. e dal conto corrente n. 000 100 12 86 37 (già conto n. 186058) di (...) S.P.A.; - e tutte le somme tratte da tale conto di cui gli stessi originari convenuti ora appellati - e, segnatamente, GI.CA. - siano stati beneficiari -direttamente o indirettamente-; ciò eventualmente anche previa condanna degli originari convenuti ora appellati - e, segnatamente, di GI.CA. - a restituire o, comunque, a conferire e/o corrispondere alla massa ereditaria della successione della de cuius, (...) (e/o, pro quota, all'originario attore ora appellante), o, comunque, in subordine, a ricomprendere nella riunione fittizia, l'ammontare per lo meno di Euro 128.233,33 (Euro 120.900,00 prelevati dal libretto di (...) + Euro 7.333,33 dal conto (...), qualora non si dovesse ritenere di proprietà del solo GI.CA.) - o diversa somma accertanda - (maggiorato di interessi e rivalutazione dall'atto di disposizione sino alla sua restituzione) per le somme della de cuius, MA.AU. che gli originari convenuti ora appellati - e, segnatamente, GI.CA. - hanno percepito e/o disposto, traendoli dal conto corrente a deposito a risparmio n. 65001/0000 32 38 54 46 di (...) S.P.A. e dal conto corrente n. 000 100 12 86 37 (già conto n. 186058) di (...) S.P.A., di cui era parte la stessa de cuius, MA.AU.; iv) in subordine, se ritenuto che la rinuncia all'eredità di GI.CA. da parte di MA.AU., non comporti gli effetti di cui all'art. 677 c.c., 1/4 (un quarto) di tutto l'asse ereditario del marito GI.CA. (comprensivo delle donazioni, anche indirette da collazionarsi; oppure, in subordine, da ricomprendersi in riunione fittizia), in quanto quota di legittima di cui avrebbe avuto diritto la Sig.ra MA.AU. e che il figlio, originario attore ora appellante, GI.GI., intende far valere come erede legittimario della madre; oppure, in subordine, in quanto quota di legittima di cui avrebbe avuto diritto la Sig.ra MA.AU., la cui eventuale valida rinuncia, da parte di quest'ultima, costituisce donazione indiretta a favore della figlia, GI.CA., tenuta, per ciò, alla collazione (o, comunque, in ulteriore subordine, previa riduzione di tale donazione indiretta per la reintegrazione della quota di legittima spettante all'originario attore ora appellante per la successione della madre MA.AU.); 3) previa, pertanto, ricostruzione di tali due assi ereditari, ricomprendendovi pure TUTTI I BENI E CREDITI LASCIATI DAI DUE DE CUIUS (e ogni altro eventuale bene o vantaggio donato - anche mediante donazione indiretta - ai convenuti); e previa - se del caso - la reintegrazione della quota di legittima dell'originario attore ora appellante per le due successioni (con conseguente riduzione delle disposizioni testamentarie e/o delle donazioni - anche indirette - dei due de cuius, con conseguenti obblighi restitutori a carico degli originari convenuti ora appellati), assegnarsi in natura tali beni di eredità agli eredi dei due de cuius (ivi incluso l'originario attore ora appellante): - per la successione del Sig. GI.CA.: secondo la quota di legittima spettante all'originario attore ora appellante quale beneficiato in tal senso da disposizione testamentaria, oltre all'ulteriore quota al medesimo spettante ex art. 523 e 677 c.c. per la rinuncia della madre MA.AU. alla eredità di GI.CA. (o diverse quote di legge); - per la successione della Sig.ra MA.AU.: secondo le quote stabilite nell'art. 537 c.c. (o diverse quote di legge), con obbligo, in ogni caso, alla restituzione dei beni (pure ex art. 561 c.c.) a carico degli originari convenuti ora appellati - e, segnatamente, a GI.CA. - e di rilascio per i beni non assegnati a questi ultimi; ovvero, se non risulta possibile l'assegnazione in natura agli aventi diritto, per carenza di comoda divisibilità dei beni, assegnandosi per intero i beni a chi tra le parti ne farà richiesta (con obbligo di conguaglio a favore degli altri e con obbligo di rilascio a carico degli originari convenuti ora appellati - e, segnatamente, a GI.CA. - per i beni non assegnati a questi ultimi); ovvero, infine, pure in carenza di assegnazione per intero, disponendo la vendita all'incanto dei beni medesimi, ripartendone il ricavato tra gli aventi diritto; 4) dichiararsi, comunque, gli originari convenuti ora appellati - e, segnatamente, GI.CA. -, nel godimento dei beni in comunione, tenuti alla resa del conto, relativamente alla gestione dei beni medesimi, quanto meno dal momento dell'apertura della successione di GI.CA. - 22.09.2010 - sino all'eventuale assegnazione dei medesimi beni in proprietà esclusiva agli originari convenuti ora appellati (o ad uno di essi) con sentenza definitiva, oppure sino al rilascio o sino alla vendita dei beni stessi; e condannarsi inoltre gli stessi originari convenuti ora appellati - e, segnatamente, GI.CA. - a corrispondere all'originario attore ora appellante GI.GI. la quota di sua spettanza dei frutti dei beni medesimi (maturati e/o maturandi) e/o l'indennità per il godimento dei beni in questione, quanto meno dall'apertura della successione di GI.CA. - 22.09.2010 - sino all'eventuale assegnazione dei medesimi beni in proprietà esclusiva alla convenuta con sentenza definitiva, oppure sino al rilascio o sino alla vendita dei beni stessi, oltre interessi e rivalutazione monetaria. IN OGNI CASO: Spese e compensi per entrambi i gradi di lite interamente rifusi, maggiorati di accessori di legge. IN VIA ISTRUTTORIA Oltre alle prove già ammesse dal Tribunale di Primo Grado Giudice con ordinanza comunicata il 23.02.2021: I) PROVE ORALI Ammettersi le prove orali per interrogatorio formale e testi dedotte dall'originario attore ora appellante al punto I) delle istanze istruttorie di pag. da 41) a 42) della 2° memoria ex art. 183 comma VI c.p.c. 01.12.2020 attorea (da intendersi qui ritrascritto). II) ORDINE DI ACQUISIZIONE DI INFORMAZIONI (EX ART. 213 C.P.C.) A CARICO DELL'INPS Disporsi l'emissione dell'ordine di acquisizione di informazioni richiesto dall'originario attore ora appellante al punto III) delle istanze istruttorie di pag. da 44) a 45) della 2° memoria ex art. 183 comma VI c.p.c. 01.12.2020 attorea (da intendersi qui ritrascritto). III) ORDINE DI ACQUISIZIONE DI INFORMAZIONI (EX ART. 213 C.P.C.) SU RAPPORTI BANCARI, FINANZIARI, ASSICURATIVI DI CUI È PARTE LA SIG.RA GI.CA. E CONSEGUENTE ORDINE DI ESIBIZIONE EX ART. 210 C.P.C. Disporsi l'emissione degli ordini di acquisizione di informazioni e di esibizione richiesti dall'originario attore ora appellante al punto IV) delle istanze istruttorie di pag. 45) della 2° memoria ex art. 183 comma VI c.p.c. 01.12.2020 attorea (da intendersi qui ritrascritto). IV) CONSULENZA TECNICA D'UFFICIO Disporsi la CTU TECNICA come da richiesta formulata dall'originario attore ora appellante al punto V) delle istanze istruttorie di pag. da 45) a 51) della 2° memoria ex art. 183 comma VI c.p.c. 01.12.2020 attorea (da intendersi qui ritrascritto). SULLE RICHIESTE ISTRUTTORIE AVVERSARIE Dichiararsi inammissibili e/o irrilevanti tutti capitoli di prova per testi della 2° memoria ex art. 183 comma VI c.p.c. 02.12.2020 della originaria convenuta GI.CA. per i motivi dedotti a pag. 16) e 17) della 3° memoria ex art. 183 comma VI c.p.c. 22.12.2020 dell'originario attore ora appellante. Rigettarsi la richiesta della originaria convenuta GI.CA. di ammissione a prova contraria sui capitoli di prova attorei e di prova contraria per interpello formulata a pag. 7) e 8) della 3° memoria ex art. 183 comma VI c.p.c. 22.12.2020 della originaria convenuta GI.CA.. Dichiararsi inammissibili e/o irrilevanti tutti capitoli formulati a prova contraria a pag. 7) e 8) della 3° memoria ex art. 183 comma VI c.p.c. 22.12.2020 della originaria convenuta GI.CA.. PROVA CONTRARIA A) SULLE PROVE ORALI Nella denegata ipotesi di ammissione delle prove orali avversarie il Sig. GI.GI. chiede di essere ammesso a prova contraria sui medesimi capitoli con i testi già indicati a pag. 42 di propria 2° memoria ex art. 183 comma VI° c.p.c. 01.12.2020. B) ORDINE EX ART. 210 C.P.C. ALLA CONVENUTA Disporsi l'emissione dell'ordine di esibizione come richiesto dall'originario attore ora appellante al punto II) A) delle richieste a prova contraria di pag. da 18) a 20) della 3° memoria ex art. 183 comma VI c.p.c. 22.12.2020 (da intendersi qui ritrascritto). Conclusioni di GI.CA.: In via preliminare Accertarsi e dichiararsi l'inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 342 c.p.c. o comunque dell'art. 348 bis c.p.c. Nel merito, in via principale Dichiararsi inammissibili e comunque rigettarsi tutte e per intero, in quanto infondate per le ragioni esposte in narrativa, le censure sollevate da parte appellante contro l'impugnata sentenza di primo grado n. 322/2022 emessa dal Tribunale di Treviso il 25.2.2022 e pubblicata l'1.03.2022 con conseguente conferma della medesima sui capi oggetto d'impugnazione. Nel merito, in via subordinata Ferme le eccezioni di inammissibilità e infondatezza sollevate, nella denegata e non creduta ipotesi in cui l'intestata Corte ritenesse ammissibile e fondato l'appello promosso da Gi.Gi., la signora Ca.Gi. così conclude Nel merito: Respingersi tutte le domande attoree sia in ordine alla successione del signor Ca.Gi. che in ordine alla successione della signora Au.Ma. In ogni caso: Spese e compensi professionali rifusi". Nel merito, in ogni ipotesi, in via di appello incidentale 1) In riforma della sentenza n. 322/2022 emessa dal Tribunale di Treviso il 25.2.2022 e pubblicata l'1.3.2022, accogliersi l'appello incidentale per i motivi in atto indicati; 2) respingersi la domanda volta a far accertare e dichiarare la simulazione delle compravendite del 6.10.1987 a rogito Notaio Ca. rep. n. 22738 e n. 22743 con cui il sig. Ca.Gi., ritenendo in entrambi i casi per sé l'usufrutto vitalizio, da un lato, ha ceduto ai figli Ca. e Ma.Gi. la nuda proprietà dell'immobile catastalmente così censito: Comune di Treviso Catasto terreni, partita 9670, Fg. (...), m.n. 21 prato, m.n. 26 Sem. Arb., m.n. 27 fabbricato rurale, m.n. 376 Sem. Arb., in Via (...) e, dall'altro, ha ceduto alla figlia Ca.Gi. la nuda proprietà degli immobili così catastalmente censiti: Comune di Treviso N.C.E.U., Partita n. 4807, Fg. (...), m.n. 51, Sub. 7, Via Capitello n. 10, Piano terra e primo, Cat. A/5 e Comune di Treviso, Catasto Terreni, partita 9670, Foglio II, m.n. 385 e m.n. 382; 3) accertato che la metà degli importi dei saldi attivi dei conti correnti e dei libretti postali esistenti alla data di apertura della successione del signor Ca.Gi., essendo caduta in comunione de residuo, spettava iure proprio alla coniuge sig.ra MA.AU., ricalcolarsi l'importo, pari alla quota di 1/6, spettante al signor Gi.Gi. sulla metà dei saldi medesimi; In ogni caso Con vittoria integrale di spese e compensi professionali del gravame e del giudizio primo grado. In via istruttoria Ci si oppone alle richieste istruttorie formulate da controparte per i motivi tutti indicati nel paragrafo 4 della presente comparsa di costituzione. Si ribadisce l'istanza di ammissione dei seguenti capitoli di prova per testi: 1) Vero che il signor Ca.Gi. nel 2007pesava 85 kg, mentre al momento della morte avvenuta in data 22 settembre 2010 pesava solo 68 kg; 2) Vero che nel quinquennio 2005-2010, in corrispondenza della diminuzione del proprio peso, il signor Ca.Gi. cambiava il proprio vestiario per adeguarlo man mano alle nuove minori taglie; 3) Vero che il signor Ca.Gi. e la signora Au.Ma. anche in età avanzata, vale a dire dall'anno 2000 in poi, vestivano in modo inappuntabile e non lesinavano spese per il proprio abbigliamento; 4) Vero che il signor Ca.Gi. è rimasto autosufficiente fino alla propria morte avvenuta nel settembre 2010; 5) Vero che i coniugi Gi. fino a poco prima della morte di quest'ultimo erano soliti fare almeno una gita settimanale "fuori porta", pranzando fuori casa e ciò sia da soli che unitamente al resto della famiglia; 6) Vero che il signor Ca.Gi. e la signora Au.Ma. erano persone molto devote ed erano soliti dare in beneficienza anche consistenti somme, in particolare alla Parrocchia di Santa Bona a Treviso ed al Santuario mariano di Motta di Livenza; 7) Vero che il signor Ca.Gi. portava gli occhiali; 8) Vero che il signor Ca.Gi. era affetto da silicosi e per tal motivo ha avuto la necessità di installare presso la propria abitazione un impianto di condizionamento dell'aria. Si indicano a testimoni le signore Ma.Co. di Dosson di Casier (TV) e St.Cr. di Treviso. In denegata ipotesi di ammissione dei capitoli di prova reiterati da controparte, si chiede abilitazione a prova contraria così come, a prova contraria indiretta sui capitoli avversari, segnatamente sul capitolo 3 della memoria istruttoria attorea, si chiede l'ammissione di prova per interpello e testi sui seguenti capitoli: 1) Vero che il signor Gi.Gi., alla fine di gennaio del 1985, dopo aver stipulato con suo padre Ca.Gi. la convenzione del 17 gennaio 195, ha lasciato l'immobile in cui abitava accanto a quello dei genitori; 2) Vero che sua moglie sig.ra Maria Luisa Pilla, già da alcuni anni prima del trasferimento a fine gennaio 1985 aveva manifestato notevole disagio per la convivenza con la famiglia di suo padre Ca.Gi.; 3) Vero che in un giorno del mese di giugno del 1983 la signora Ma.Lu.Pi. venne rimproverata dalla signora Ca.Gi. di insultare la mamma di quest'ultima e la signora Pi. reagì colpendo con pugni e calci la signora Ca.Gi.; 4) Vero che nell'autunno del 1983 la signora Ma.Lu.Pi. colpì ripetutamente senza motivo la signora MA.AU. con un ombrello; 5) Vero che nella primavera del 1984 il signor Ca.Gi., provocato dalla ripetuta collocazione del motorino della nuora dinanzi l'uscio di casa, lo spostò e fu assalito dalla signora Ma.Lu.Pi., da cui si divincolò facendola cadere a terra. 6) Vero che in tale circostanza il signor Gi.Gi. chiamò l'autoambulanza in soccorso della moglie e fece altresì intervenire i carabinieri per denunciare l'accaduto. Si indica teste a prova contraria, sia diretta che indiretta, il signor Gu.Ma. residente in Via (...) a Catena di Villorba (TV). MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione regolarmente notificato, GI.GI. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Treviso la sorella GI.CA. ed il fratello GI.MA., chiedendo in via principale lo scioglimento della comunione ereditaria relativamente alla successione dei loro genitori Ca.Gi., deceduto in data 22.09.2010, e MA.AU., deceduta in data 09.04.2018. L'attore sosteneva che il testamento olografo paterno dell'08.02.2010, recante la seguente disposizione: "Io sottoscritto GI.CA. in pieno possesso delle mie facoltà mentali dispongo che il mio patrimonio fatti salvi i diritti di legge venga assegnato tutto a mia figlia Ca. che si è sempre presa cura di me in tutto il periodo della mia malattia e si prenderà cura della madre e del fratello Ma. in fede GI.CA. 8-2-2010", era nullo ex art. 458 c.c. perché redatto in attuazione di un patto successorio ed integrante una divisione ex art. 735 c.c. con pretermissione dei legittimari, o in quanto costituente donazione nulla per difetto di forma. Deduceva che pertanto l'eredità paterna si era devoluta secondo le norme della successione legittima. In subordine, per l'ipotesi in cui il testamento fosse considerato valido, l'attore, quale erede legittimario, lamentava di essere stato totalmente pretermesso e chiedeva di essere reintegrato nella quota di legittima lesa, esercitando l'azione di riduzione. A tal fine deduceva che le due compravendite immobiliari stipulate nel 1987 tra il padre ed i suoi fratelli dissimulavano delle donazioni nulle per difetto della forma prescritta dall'art. 782 c.c. e che il prezzo di un'altra compravendita immobiliare conclusa dalla sorella Ca. nel 1991 era stato pagato con il denaro del padre, costituendo una donazione indiretta. Enumerava altresì i plurimi conti correnti bancari e libretti di risparmio postale di cui il padre risultava cointestatario all'apertura della successione, denunciando che in virtù della cointestazione anche in capo a Ca., quest'ultima aveva prelevato ingenti somme di denaro appartenenti al padre, per un ammontare complessivo di Euro 210.436,89, che la sorella era tenuta a restituire all'asse ereditario. Esponeva altresì che Ca. era beneficiaria di una polizza vita sottoscritta dal padre e che il pagamento del premio integrava una donazione indiretta a favore della stessa, la quale inoltre avendo goduto in via esclusiva dei beni della comunione ereditaria, era tenuta al rendiconto dell'amministrazione del patrimonio dalla data di apertura della successione. Chiedeva altresì che la divisione dell'eredità paterna comprendesse i beni mobili e gli arredi della casa di famiglia, nonché i preziosi ivi custoditi. Quanto all'eredità materna, Gi.Gi. ne deduceva inizialmente la devoluzione ab intestato, o, in subordine, chiedeva che fosse accertata la lesione della quota di riserva per effetto delle liberalità realizzate da MA.AU. e, conseguentemente, che fossero ridotte le donazioni dirette e indirette effettuate da quest'ultima in favore della figlia; tuttavia, in corso di causa, a fronte della produzione da parte di GI.CA., con il deposito della memoria di cui all'art. 183, sesto comma n. 1 c.p.c., di un testamento olografo dell'01.06.2011, pubblicato il 02.11.2020, con cui la madre aveva devoluto alla figlia l'intero suo patrimonio, chiedeva la riduzione anche delle disposizioni testamentarie lesive della sua quota di legittima, previa sua eventuale rimessione in termini. L'attore domandava in ogni caso che l'asse ereditario della madre venisse rideterminato considerando che la rinuncia da parte di quest'ultima ai propri diritti di legittimaria sull'eredità di GI.CA. integrava una donazione indiretta a favore della figlia Ca., ed includendo nello stesso l'importo di Euro 120.900,00, pari alla sommatoria di tutti i prelevamenti effettuati da quest'ultima dal conto corrente cointestato con la madre. Si costituiva GI.CA., chiedendo il rigetto di tutte le domande formulate dal fratello sia in ordine alla successione paterna che a quella materna. Gi.Ma. non si costituiva e veniva dichiarato contumace. Con la sentenza in epigrafe indicata, il Tribunale di Treviso rigettava la domanda di nullità del testamento olografo di GI.CA. - mancando la prova della conclusione di un vero e proprio patto successorio, né avendo il testatore diviso i propri beni tra gli eredi e non essendo neppure ravvisabile un atto di liberalità - e la conseguente domanda di scioglimento della comunione ereditaria in base alle norme sulla successione legittima. Dichiarava inammissibile la domanda di riduzione esercitata dall'attore in relazione alla successione testamentaria di MA.AU., trattandosi di domanda nuova. In relazione alla domanda di riduzione esercitata dall'attore con riferimento all'eredità di GI.CA., interpretava l'inciso "fatti salvi i diritti di legge" contenuto nel testamento olografo come espressione della volontà del de cuius di riconoscere al coniuge ed a tutti i figli la quota loro riservata dalla legge, e di istituire pertanto l'attore suo erede per la quota di riserva, pari ad 1/6 dell'asse ereditario. Accertava che le due compravendite del 1987 dissimulavano delle donazioni nulle per difetto dei requisiti formali, con la conseguenza che i beni che ne formavano oggetto dovevano considerarsi come mai usciti dal patrimonio del de cuius, fino a quando gli stessi non erano stati poi alienati a terzi, con i successivi atti di compravendita del 23.10.1996 e del 16.6.2004, escludendo, tuttavia, che il controvalore dei suddetti immobili potesse costituire donatum ai fini della riunione fittizia, trattandosi di atti nulli. Escludeva, in assenza di prova, che il prezzo di acquisto della compravendita stipulata da GI.CA. nel 1991 provenisse dal padre. Accertava che l'indicazione di GI.CA. quale beneficiaria della polizza vita sottoscritta dal padre integrava una donazione indiretta. Negava che la cointestazione in capo a GI.CA. dei rapporti di conto corrente bancari e postali intestati ai genitori costituisse una donazione indiretta, come pure che tale potesse considerarsi la dichiarazione resa da MA.AU. all'atto della pubblicazione del testamento del marito di adesione e acquiescenza con "rinuncia ad ogni eccezione o riserva espressamente rinunciando ad ogni azione di riduzione nei confronti dell'erede testamentario signora GI.CA. rinunciando ad ogni diritto di legittima ad essa spettante', trattandosi in realtà di una vera e propria rinuncia all'eredità. Accertava che l'eredità materna era priva di attivo. Riconosceva che GI.CA. era tenuta a versare al fratello solamente l'importo corrispondente ad 1/6 dei saldi attivi dei rapporti bancari e postali intestati al de cuius GI.CA. alla data del suo decesso, avendo la convenuta giustificato l'utilizzo delle somme prelevate in vita di quest'ultimo. Rigettava la domanda di rendiconto e di divisione dei beni mobili, in quanto formulata in forma assolutamente generica. Condannava, pertanto, GI.CA. al pagamento in favore del fratello Giuseppe della somma di Euro21.731,32 oltre agli interessi al tasso legale dalla domanda al saldo, ed alla rifusione della metà delle spese di lite, che venivano compensate per la restante quota. 2. Avverso l'indicata pronuncia GI.GI. ha interposto tempestivo appello, affidato a sedici motivi di gravame. 2.1 Con il primo motivo lamenta l'errata determinazione della quota di eredità a lui spettante sulla successione del padre per mancata considerazione delle conseguenze della rinuncia, da parte della madre, alla quota di legittima di H a lei spettante sull'eredità di GI.CA.. Egli sostiene che a seguito di detta rinuncia, la quota di 1/4 dell'eredità deve essere devoluta, in forza del combinato disposto degli artt. 523 e 677 c.c., ai tre figli del de cuius, secondo quanto previsto dalle norme sulla successione legittima ex art. 566 c.c., con la conseguenza che all'appellante spetta oltre alla parte di eredità devoluta per testamento (1/6), la quota di 1/12 quale erede legittimo, per un totale pari ad H. 2.2 Col secondo motivo censura l'errore in cui è incorso il tribunale per avere ritenuto che tutti i beni immobili oggetto delle due compravendite del 1987 dissimulanti una donazione nulla fossero stati alienati a terzi prima della morte del padre. 2.3 Col terzo motivo contesta la decisione nella parte in cui non ha ricompreso nell'asse ereditario di GI.CA. la somma ricavata dalla figlia Ca. dalla vendita a terzi dei diritti immobiliari che la medesima aveva acquistato nel 1987 dal padre in base a donazioni nulle. 2.4 Con il quarto motivo si duole che il giudice di prime cure abbia rigettato la domanda di accertamento della donazione indiretta avvenuta per mezzo della compravendita del terreno confinante con l'abitazione familiare stipulata dalla sorella Ca. il 16.07.1991, escludendo che detto acquisto fosse avvenuto con denaro fornitole dal padre. 2.5 Con il quinto motivo critica la sentenza laddove afferma che i saldi dei conti correnti bancari e del conto di deposito a risparmio postale cointestati a GI.CA. ricadono nella comunione legale de residuo tra lo stesso e la moglie MA.AU., sicché solo la metà di essi fa parte dell'eredità paterna, quando, invece, tali somme derivano dalle vendite di beni immobili personali del de cuius, perché da lui acquistati prima del 1975. 2.6 Con il sesto motivo deplora che il tribunale abbia ritenuto che le somme depositate sul conto corrente n. 100128637 (...) s.p.a. (già (...) s.p.a.), cointestato a GI.CA., MA.AU. e GI.MA. appartenessero esclusivamente a quest'ultimo, in quanto il conto era stato alimentato unicamente con gli stipendi percepiti dallo stesso, senza considerare che su detto conto erano confluite altre somme di denaro, e dovendosene riconoscere la titolarità, quantomeno per un terzo ciascuno, anche ai genitori. 2.7 Con il settimo motivo impugna la sentenza nella parte in cui ha escluso dalla ricostruzione dell'asse ereditario e dalla resa dal conto tutte le somme prelevate dalla sorella Ca. dai conti correnti bancari e postali cointestati con il padre, prima della morte di quest'ultimo. 2.8 Con l'ottavo motivo sostiene che il tribunale ha errato nell'escludere dall'asse ereditario di GI.CA. e MA.AU. le somme prelevate da Ca.Gi. dal conto corrente (...) s.p.a. n. 10012863 tra il settembre ed il novembre 2009 ed ammontanti a complessivi Euro 22.000,00, da ritenersi di pertinenza per 1/3 di ciascuno dei due genitori. 2.9 Con il nono motivo denuncia l'errata mancata ricomprensione nell'asse ereditario di GI.CA. delle somme prelevate, prima della morte del de cuius, da GI.CA. dal conto corrente n. 62500/8618108 acceso presso (...) s.p.a. (ora (...) s.p.a.), cointestato a partire dal 2007 anche a GI.CA., e che in data 31.12.2006 presentava un saldo attivo di Euro175.300,20, nonostante il tribunale avesse accertato che le somme presenti in questo conto erano di proprietà esclusiva di GI.CA., ritenendo che potesse far parte dell'asse ereditario solo il saldo esistente al momento della morte, pari ad Euro 88.275,47. 2.10 Con il decimo motivo si duole che il primo giudice abbia incluso nell'asse ereditario il saldo di Euro 9.662,69, presente al momento della morte del de cuius, del libretto di risparmio postale n. 65001/000032385744 acceso il 05.08.2009 e cointestato a GI.CA. ed a GI.CA., senza ricomprendervi anche le somme prelevate da quest'ultima prima della morte del padre e sebbene il conto fosse stato alimentato esclusivamente con la pensione da questi percepita. 2.11 Con l'undicesimo motivo contesta la sentenza nella parte in cui ha rigettato la domanda di scioglimento della comunione sui beni mobili in quanto formulata in maniera assolutamente generica, senza considerare che l'attore aveva precisato trattarsi degli arredi e corredi della casa di abitazione dei genitori, sita in Treviso, via (...). 2.12 Con il dodicesimo motivo lamenta l'omessa pronuncia sulla domanda di reintegrazione della quota di legittima spettante all'attore sull'eredità materna, che era stata lesa dal testamento olografo redatto da MA.AU., domanda in riferimento alla quale Gi.Gi. aveva chiesto di essere rimesso in termini ai fini della sua proposizione nella prima difesa successiva alla produzione del testamento da parte della convenuta nel corso del giudizio di primo grado e che il tribunale aveva erroneamente ritenuto inammissibile in quanto domanda nuova. 2.13 Con il tredicesimo motivo censura la sentenza nella parte ha rigettato la domanda di scioglimento della comunione relativa all'eredità di MA.AU., sulla quale deve essere riconosciuta all'appellante la quota di 2/9 quale erede legittimario. Egli precisa che l'asse ereditario materno è così composto: a) quota di 1/2 degli arredi, corredi e mobili siti nella casa coniugale in cui abitava la Ma.; b) saldo presente, al momento dell'apertura della successione (09.04.2018), del libretto postale n. 32385446, aperto in data 05.08.2009, intestato a MA.AU. e Gi.Ca. ed alimentato unicamente con la pensione della de cuius e, in seguito, anche da quella di reversibilità del marito, saldo che ammonta ad Euro4.526,00 e non ad Euro2.263,00 (vale a dire alla metà), come erroneamente affermato in sentenza; c) quota di 1/3 di Euro5.170,51, corrispondente al saldo del conto corrente (...) s.p.a. n. 10012863 esistente al momento del decesso di Gi.Ca.; d) quota di 1/3 di Euro22.000,00 corrispondente alle somme prelevate da Gi.Ca. dal suddetto conto corrente; e) somme prelevate da GI.CA. dal suddetto libretto postale; f) somme di cui MA.AU. risulta titolare in quanto partecipante alla comunione de residuo sui saldi dei conti correnti bancari e postali del marito premorto. 2.14 Con il quattordicesimo motivo stigmatizza l'erroneo rigetto della domanda di rendimento del conto relativamente al godimento esclusivo da parte della convenuta dei beni ereditari. 2.15 Con il quindicesimo motivo chiede che qualora venga rigettato il primo motivo di impugnazione e si ritenga che a seguito della rinuncia di MA.AU. ai diritti di legittima sull'eredità del marito, la quota di legittima di 1/4 dell'eredità di GI.CA. non debba essere devoluta, in forza del combinato disposto degli artt. 523 e 677 c.c., ai tre figli del de cuius, ma debba andare a beneficio esclusivo di GI.CA., detto atto di rinuncia sia configurato come donazione indiretta a favore di quest'ultima e facente parte dell'asse ereditario della madre. 2.16 Con il sedicesimo motivo chiede la riforma del capo della sentenza relativo al regolamento delle spese di lite. 3. Si è costituita Ca.Gi., chiedendo il rigetto del gravame avversario. Essa ha poi svolto appello incidentale, affidato a cinque motivi di gravame. 3.1 Con il primo motivo sostiene che il tribunale ha errato nel dichiarare che i due atti di compravendita del 1987 dissimulano donazioni nulle, perché GI.GI., in qualità di erede testamentario di GI.CA., non è ammesso a provare la simulazione per mezzo di testimoni o presunzioni, ma unicamente mediante la controdichiarazione. Deduce, inoltre, che in ogni caso gli elementi indiziari valorizzati dal tribunale sono privi dei requisiti della gravità, precisione e concordanza richiesti dall'art. 2729 c.c., oltre che smentiti dalla documentazione bancaria dimessa dalla convenuta. 3.2 Con il secondo motivo evidenza la contraddittorietà della sentenza laddove, dopo aver affermato, in riferimento al testamento paterno, che "la disposizione testamentaria in sé è dunque in realtà priva di una intrinseca attitudine lesiva", ha nondimeno accolto "per quanto di ragione le domande attoree di riduzione". 3.3 Con il terzo motivo contesta la decisione nella parte in cui, con riferimento all'azione di riduzione esperita dall'attore nei confronti dell'eredità della madre, dopo avere affermato al punto 4.2 che "la conseguente estensione all'eredità materna della domanda di riduzione" è all'evidenza domanda del tutto nuova che altera significativamente il tema cognitivo onde "ne va dunque rilevata l'inammissibilità", successivamente rileva che essendo l'eredità materna priva di attivo, "non sussistono i presupposti, rispetto a tale massa, per procedere a riduzione o a divisione', salvo poi concludere accogliendo, "per quanto di ragione, le domande attoree di riduzione ... svolte dall'attore con riguardo alle successioni dei sig.ri GI.CA. e MA.AU." e ponendo, per l'effetto, a carico dell'odierna convenuta l'obbligo di corrispondere al fratello Gi. la somma di Euro2.263,00, quale saldo del libretto postale cointestato n. 323854446. 3.4 Con il quarto motivo lamenta l'errata qualificazione di GI.GI. quale erede testamentario della madre, posto che quest'ultima ha lasciato l'intero suo patrimonio alla figlia Ca.. 3.5 Con il quinto motivo critica la sentenza nella parte in cui ha condannato la convenuta a corrispondere al fratello la complessiva somma di Euro 21.731,32, senza considerare che la metà degli importi dei saldi attivi dei conti correnti e dei libretti postali esistenti alla data di apertura della successione era caduta in comunione de residuo e spettava quindi iure proprio a MA.AU. e che pertanto la quota di 1/6 spettante a GI.GI. andava calcolata sulla metà dei predetti saldi attivi di spettanza di GI.CA.. 4. GI.MA., pur regolarmente evocato in giudizio, non si è costituito. 5. Il primo ed il quindicesimo motivo di gravame principale, che possono essere esaminati congiuntamente, in quanto formulati l'uno subordinatamente all'altro, sono entrambi infondati. In primis va sottolineato che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno chiarito che la ratio ispiratrice della successione necessaria non è solo quella di garantire a determinati parenti una porzione del patrimonio del de cuius, ma anche quella di consentire a quest'ultimo di sapere entro quali limiti, in considerazione della composizione della propria famiglia, può disporre del suo patrimonio in favore di terzi, senza esporre quest'ultimi ad eventuali iniziative giudiziarie da parte dei suoi legittimari. Pertanto, ai fini dell'individuazione della quota di riserva spettante alle singole categorie di legittimari e ai singoli legittimari nell'ambito della stessa categoria, occorre fare riferimento alla situazione esistente al momento dell'apertura della successione e non a quella che si viene a determinare per effetto del mancato esperimento dell'azione di riduzione da parte di qualcuno dei legittimari (cfr. Cass. S U. nn. 13429/2006 e 13524/2006 e da ultimo Cass. n. 27259 del 16/11/2017). Ne discende che la quota dei riservatari accettanti non si accresce per effetto della rinunzia di uno di essi, né tantomeno deve essere ricalcolata come se il rinunziante non fosse mai venuto alla successione, ma resta, appunto, "cristallizzata". Dal principio della cristallizzazione della quota di riserva consegue che la rinuncia di un legittimario andrà a beneficio della porzione disponibile, vale a dire della quota di cui il testatore poteva liberamente disporre; sebbene la Corte nelle citate sentenze paia essersi espressamente occupata solo delle conseguenze della rinuncia all'esperimento dell'azione di riduzione, secondo la dottrina prevalente è indubbio che anche la rinuncia all' eredità conduca al medesimo risultato pratico finale. Una simile interpretazione sembra idonea, infatti, a valorizzare la ratio più profonda sottesa al nuovo orientamento giurisprudenziale, quella volta ad evitare che la tutela dei più stretti congiunti possa minare il principio di certezza del diritto ed alterare drasticamente i margini di autonomia del disponente. Peraltro, nel caso di specie è pacifico che MA.AU., intervenendo nel verbale di pubblicazione del testamento del marito, abbia non solo rinunciato all'eredità dal medesimo relitta, ma anche ad agire in riduzione, risultando così applicabile a pieno titolo alla fattispecie in esame il principio di diritto fatto proprio dalle Sezioni Unite. Se ne ricava che a fronte della rinunzia della Au. alla propria quota di eredità, questa non può che andare a favore della figlia Ca., alla quale, secondo la volontà del testatore, sarebbe dovuto spettare tutto ciò che non rientrava nella quota per legge riservata ai legittimari. D'altronde, che nell'interpretazione del testamento il giudice debba ricostruire l'effettiva e complessiva volontà del testatore, al di là della singola disposizione, costituisce principio cardine del nostro ordinamento giuridico. Va parimenti escluso che la rinuncia all'eredità possa configurare un atto di liberalità a favore di terzi, perché l'arricchimento di cui beneficiano i chiamati non rinunzianti deriva direttamente dal patrimonio del de cuius, non da quello del rinunciante, il quale rinunciando ai diritti di successione ne impedisce l'ingresso nella sua sfera patrimoniale. Solo se fosse fatta dal chiamato verso un corrispettivo o a favore di alcuni degli altri chiamati, la rinunzia all'eredità importerebbe, a differenza dalla rinunzia pura e semplice, l'accettazione dell'eredità con conseguente acquisto della qualità di erede, a norma dell'art. 478 c.c., ma tale ipotesi non è certamente configurabile nella fattispecie, dal momento che la rinuncia da parte della Au. ai diritti di legittima non è stata fatta a favore di alcuno degli altri legittimari o verso un corrispettivo. 6. Va, a questo punto, esaminato il primo motivo di gravame incidentale, con il quale GI.CA. contesta la decisione nella parte in cui ha affermato che i due atti di compravendita stipulati nel 1987 dissimulano due donazioni nulle, in quanto implicante la soluzione di questioni che sono logicamente pregiudiziali rispetto a quelle investite dal secondo e terzo motivo di gravame principale. 6.1 I due contratti di compravendita di cui si discute sono quelli stipulati il 6 ottobre 1987 (rispettivamente rep. n. 22743 e n. 22738 del notaio Ul.Ca. di Treviso) con i quali Giuriate Carlo, ritenendo in entrambi i casi per sé l'usufrutto vitalizio, da un lato ha ceduto ai figli Ca. e Ma. la nuda proprietà della casa di abitazione della famiglia, dove tutti essi già vivevano, sita in via (...) e censita nel Catasto Terreni del Comune di Treviso alla partita 9670, Fg. (...), mappali (...), e dall'altro ha ceduto alla figlia Ca. la nuda proprietà degli immobili censiti nel N.C.E.U. del Comune di Treviso alla partita 4807, Fg. (...), mappale 51, sub. 7 e nel Catasto Terreni del Comune di Treviso alla partita 9670, Foglio II, mappali (...). Detti immobili sono stati trasferiti, rispettivamente, per il prezzo dichiarato e quietanzato di Lire 29.250.000, che è stato corrisposto a mezzo assegno circolare n. 0333978-08 emesso dalla (...) in data 06.10.1987, e per il prezzo dichiarato e quietanzato di Lire 21.375.000, che è stato corrisposto a mezzo assegno circolare n. 0333979-09 emesso dalla (...) in data 06.10.1987. 6.2 GI.CA. afferma in primo luogo che il tribunale ha errato nell'ammettere il fratello Gi. a provare per mezzo di testimoni o presunzioni la simulazione, giacché lo stesso, essendo erede testamentario, non può considerarsi terzo rispetto alla simulazione ed è quindi assoggettato ai vincoli probatori previsti per le parti dall'art. 1417 c.c. Tale obiezione è manifestamente priva di pregio. Continua, invero, a trovare conferma nella giurisprudenza di legittimità la distinzione, agli effetti della prova della simulazione, fra la situazione del legittimario che agisce a tutela della quota di riserva e quella del legittimario che chieda la collazione della donazione dissimulata. Nel primo caso il legittimario, anche se chiamato a una quota di eredità, ha la veste di terzo, purché, congiuntamente con la domanda di simulazione, proponga, nello stesso giudizio, l'azione di riduzione, nullità o inefficacia della donazione dissimulata (Cass. n. 24134/2009). Nel secondo il legittimario agisce come successore a titolo universale del de cuius per l'acquisizione al patrimonio ereditario del bene che ha formato oggetto del contratto simulato: egli, pertanto, si trova nella medesima posizione giuridica del dante causa ed è quindi soggetto ai limiti imposti ai contraenti per la prova della simulazione. Il legittimario, anche se sia chiamato a una quota di eredità, assume la veste di terzo di fronte ai negozi simulati posti in essere dal de cuius, e ciò non solo quando, sulla premessa che l'atto simulato comporti una diminuzione della sua quota di riserva, proponga contestualmente all'azione di simulazione una domanda di riduzione della donazione dissimulata valida, diretta a far dichiarare che il bene fa parte dell'asse ereditario e che la quota a lui spettante va calcolata tenendo conto del bene stesso (Cass. n. 19912/2014), ma anche quando deduca la simulazione assoluta dell'atto di alienazione oppure agisca per l'accertamento della simulazione di una vendita compiuta dal de cuius, siccome dissimulante una donazione affetta da nullità per difetto di forma o per qualsiasi altra causa, a condizione che proponga la domanda sulla premessa dell'avvenuta lesione della propria quota di legittima. Infatti, detta lesione assurge a causa petendi accanto al fatto della simulazione ed il legittimario, benché successore del defunto, non può essere assoggettato ai vincoli probatori previsti per le parti dall'art. 1417 c.c., non rilevando la circostanza che egli, quale erede legittimo, benefici non solo dell'effetto di reintegrazione della summenzionata quota, ma pure del recupero del bene al patrimonio ereditario per intero, poiché il regime probatorio non può subire differenziazioni a seconda del risultato finale cui conduca l'accoglimento della domanda (Cass. n. 15510/2018). In tal caso, una volta dimostrata la simulazione, il bene non risulta essere mai uscito dal patrimonio ereditario e quindi l'azione proposta è in realtà una petitio hereditatis e non vi è spazio per la riduzione. La relativa domanda, pur non essendo preordinata a consentire la riduzione, che sarebbe inconcepibile per l'assenza del suo oggetto, è sempre diretta a conseguire una statuizione d'appartenenza del bene donato all'asse ereditario e a fare calcolare la quota del legittimario anche in base ad esso. Diversamente opinando, si verificherebbe l'assurdo che il de cuius potrebbe vanificare il diritto del legittimario alla quota di riserva dissimulando sotto atti di trasferimento a titolo oneroso delle donazioni nulle, in quanto il legittimario leso dalla simulazione verrebbe considerato, in quanto erede e continuatore della personalità del defunto, partecipe della simulazione stessa" (Cass. 13.11.2009, n. 24134, cit.). Si precisa che l'agevolazione va riconosciuta a condizione che il legittimario deduca che la simulazione crea una situazione lesiva dei propri diritti, e invochi la simulazione quale mezzo al fine di conseguire, nello stesso giudizio, la tutela delle proprie ragioni di legittimario, attraverso l'inclusione del bene nel patrimonio ereditario, in via riflessa di una domanda di nullità o inefficacia della donazione dissimulata, come in effetti è avvenuto nella fattispecie. Ne discende che GI.GI. deve ritenersi ammesso a provare con ogni mezzo la dedotta simulazione. 6.3 In secondo luogo GI.CA. contesta la valutazione degli elementi indiziari da cui il tribunale ha desunto la prova della simulazione relativa dei due contratti, affermando che gli stessi sono privi di quei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall'art. 2729 c.c. perché possano assurgere al rango di prova presuntiva del fatto che si intende dimostrare. 6.4 Giova rammentare che a sostegno della domanda l'attore aveva addotto una pluralità di circostanze di fatto. In primo luogo aveva evidenziato che le due vendite erano state stipulate contestualmente ed erano intervenute tra il padre e due dei tre figli ed a breve distanza di tempo dal momento in cui erano insorti gravi contrasti familiari tra Gi.Gi. ed il padre, che erano stati risolti con la sottoscrizione in data 17.01.1985 di una transazione con cui l'attore si era impegnato a rilasciare quella parte della casa di abitazione che egli aveva ristrutturato a proprie spese e dove viveva con la propria famiglia. Inoltre aveva dedotto che mancava la prova del pagamento del prezzo e che Gi.Ca. non aveva alcuna necessità di procurarsi della liquidità mediante la vendita ai figli, dal momento che godeva di una pensione ragguardevole, non aveva debiti da pagare ed aveva venduto meno di 6 mesi prima (in data 23.04.1987) un immobile, ricavando la somma di Lire28.000.000. Infine aveva sottolineato la modestia dei redditi lavorativi degli acquirenti, la loro giovane età e la sproporzione con l'impegno economico assunto, anche in considerazione del fatto che il genitore che si era riservato il diritto di usufrutto aveva nel 1987 solo 61 anni e che pertanto era prevedibile che solo a distanza di molti anni (come poi di fatto è avvenuto) gli acquirenti sarebbero divenuti pieni proprietari degli immobili compravenduti, sicché l'acquisto risultava privo di una reale utilità pratica, anche perché già prima di acquistare la nuda proprietà dell'immobile i due figli erano sempre vissuti in quella casa insieme ai loro genitori ed avevano continuato a farlo anche successivamente, sicché la loro situazione abitativa non era mutata. 6.5 Riguardo al pagamento del prezzo, va osservato in primo luogo che in tema di prova per presunzioni della simulazione di un contratto, la dichiarazione relativa al versamento del prezzo di una compravendita immobiliare, seppur contenuta nel rogito notarile, non ha valore vincolante nei confronti del creditore di una delle parti - ovvero del legittimario, come nel caso di specie - che abbia proposto azione diretta a far valere la simulazione dell'alienazione, poiché questi è terzo rispetto ai soggetti contraenti (v. Cass. n. 29540 del 14/11/2019). Dall'analisi della documentazione prodotta dalla convenuta emerge che all'epoca GI.CA. era titolare del rapporto di conto corrente n. 4584/98 presso il (...) (già (...)) (cfr. doc. 25), mentre GI.CA. risultava titolare del rapporto di conto corrente n. 4600/30 presso il (...) (già (...)) (doc. 28). La convenuta ha allegato alla memoria di cui all'art. 183 sesto comma n. 2 c.p.c. la lista movimenti del succitato c/c n. 4584/98 a lei intestato relativa ai periodi 1 gennaio-28 febbraio 1987, aprile-maggio 1987 (doc. 29) e ottobre-dicembre 1987 (doc. 30), nonché la lista movimenti del c/c n. 4600/30 intestato al padre relativo al periodo ottobre-dicembre 1987 (doc. 31). Dall'esame delle liste movimenti dei rispettivi conti correnti si evince, da un lato, l'addebito in data 06.10.1987 nel conto corrente n. 4584/98 intestato a GI.CA. della somma di Lire35.921.225 che corrisponde alla quota parte a suo carico del prezzo che nei due atti di compravendita conclusi in pari data il venditore attesta di aver contestualmente ricevuto; dall'altro, l'accredito in data 12.10.1987 nel conto corrente n. 4600/30 intestato a GI.CA. dell'importo di Lire50.625.000, esattamente corrispondente all'importo complessivo dei due assegni circolari mediante i quali è avvenuto il pagamento del prezzo pattuito nei due rogiti notarili. Nondimeno l'appellante obietta che dal doc. 29 della convenuta emerge che la stessa, al 23.02.1987, disponeva in conto solo di Lire15.019.454, mentre due mesi dopo, il 30.04.1987, sullo stesso era presente la somma di Lire41.069.454, con un anomalo incremento di Lire26.050.000, in ordine al quale il tribunale ha ritenuto che GI.CA. non abbia fornito alcuna plausibile giustificazione. Al riguardo va evidenziato che GI.CA. aveva alienato in data 23.04.1987 un immobile ricavando la somma di Lire 28.000.000 (v. doc. 44) Inoltre sul conto n. 4600/30 intestato a GI.CA., poche settimane dopo l'accredito della somma di Lire50.625.000, è annotato il prelievo della somma di Lire38.238.192 che la convenuta non è stata in grado di spiegare quale destinazione abbia avuto. E' proprio sulla base dei movimenti anomali registrati su tali conti correnti, in assenza di alcuna spiegazione alternativa a giustificazione degli stessi, che il giudice di prime cure ha tratto il convincimento che la provvista per il pagamento del prezzo è stata fornita dal padre Ca.. La valutazione operata dal tribunale non incorre in censura. Oltre agli elementi indiziari testé indicati, depone a favore della simulazione del pagamento del prezzo la circostanza che l'acquisto della nuda proprietà della casa di abitazione da parte dei figli Ca. e Ca., quando il padre non era ancora in età avanzata, e dunque con la prospettiva per gli acquirenti di divenirne pieni proprietari solo dopo molti anni, era privo di una reale utilità per gli stessi, i quali erano sempre vissuti in quell'immobile con i genitori. Risulta inoltre ex actis che il prezzo asseritamente pagato da Gi.Ca. per i beni acquistati con il rogito notarile n. 22738 risulta notevolmente inferiore rispetto al loro valore reale. Tali beni sono stati infatti successivamente alienati da GI.CA. e GI.CA. per una parte, con atto del 23.10.1996 (cfr. doc. 46 del fascicolo di primo grado di parte attrice), per la somma complessiva di Lire138.950.000, che per la metà almeno spetta alla nuda proprietaria, e l'altra parte, con atto del 16.06.2004 (cfr. doc. 47 del fascicolo di primo grado di parte attrice) per la complessiva somma di Euro180.000,00, di cui Euro 126.000,00 si riferiscono alla vendita della nuda proprietà. Non vi è poi alcuna evidenza che la quota parte del prezzo a carico di GI.MA. dell'acquisto della nuda proprietà della casa di abitazione effettuato con il rogito notarile n. 22743 sia stata pagato con denaro prelevato dal conto corrente cointestato a quest'ultimo, nel quale confluivano gli stipendi da lui percepiti. Se poi si considera la contestualità delle due compravendite del 06.10.1987, pur avendo le stesse ad oggetto beni eterogenei, e la pacifica esistenza di una situazione di conflittualità tra l'odierno appellante ed il padre, i due atti dispositivi appaiono essere stati ispirati dalla volontà di GI.CA. di anticipare gli effetti della propria successione, al fine di operare attribuzioni preferenziali immediate a favore di taluni dei suoi eredi. In definitiva va confermata la sentenza di primo grado nella parte in cui ha accertato e dichiarato che i contratti di compravendita del 06.10.1987 dissimulano delle donazioni nulle per difetto della forma prescritta dall'art. 782 c.c. 7. Il secondo motivo di appello principale è fondato. Il tribunale ha, infatti, errato nell'affermare che tutti i beni immobili oggetto delle due compravendite del 1987 sono stati venduti a terzi prima della morte del de cuius. Risulta per tabulas e non è mai stato contestato da GI.CA. che soltanto gli immobili da lei acquistati con atto notarile di rep. n. 22.738 sono stati successivamente rivenduti, mentre quelli acquistati dalla stessa insieme al fratello Ca. con atto notarile di rep. n. 22.743 non sono mai stati rivenduti a terzi, costituendo la casa di abitazione dove ella tuttora vive, di guisa che all'apertura della successione si è estinto il diritto di usufrutto di cui era titolare il genitore ed i due figli ne hanno acquistato la piena proprietà. Sennonché, essendo stata accertata la nullità delle donazioni dissimulate dalle due compravendite stipulate a monte tra Gi.Ca. ed i due figli, tali immobili non sono mai usciti dal patrimonio del de cuius e devono essere ricompresi nell'asse ereditario. 8. Il terzo motivo di appello principale è fondato. Il tribunale ha escluso che il denaro costituente il prezzo ricavato dalle vendite del 23.10.1996 e del 16.6.2004 con cui GI.CA. ha alienato la nuda proprietà dei beni acquistati con la compravendita del 06.10.1987 di rep. n. 22738 faccia parte dell'asse ereditario del de cuius ("Va dunque escluso che il controvalore dei suddetti immobili possa costituire donatum ai fini della riunione fittizia o essere soggetto a collazione per imputazione nella divisione ereditaria alternativamente richiesta dall'attore, in quanto in entrambi i casi è necessario che vengano in rilievo donazioni valide ed efficaci e non atti nulli"). Tale statuizione non sfugge a censura. Come già in precedenza illustrato, quando l'erede legittimario agisce per l'accertamento della simulazione di una vendita compiuta dal "de cuius", siccome dissimulante una donazione affetta da nullità per difetto di forma, e propone tale domanda sulla premessa dell'avvenuta lesione della propria quota di legittima, detta lesione assurge a "causa petendi" accanto al fatto della simulazione. In tal caso, una volta dimostrata la simulazione, il bene non risulta essere mai uscito dal patrimonio ereditario e quindi l'azione proposta è in realtà una petitio hereditatis e non vi è spazio per la riduzione. La relativa domanda, pur non essendo preordinata a consentire la riduzione, che sarebbe inconcepibile per l'assenza del suo oggetto, è sempre diretta a conseguire una statuizione d'appartenenza del bene donato all'asse ereditario e a fare calcolare la quota del legittimario anche in base ad esso. Infatti, il legittimario, ove il relictum non sia sufficiente per soddisfare il suo diritto alla quota di riserva, agisce in simulazione per far valere tale diritto proprio contro l'apparenza creata in suo danno dal de cuius, diritto che non potrebbe trovare tutela senza la previa rimozione di tale apparenza. Diversamente opinando, si verificherebbe l'assurdo che il de cuius potrebbe vanificare il diritto del legittimario alla quota di riserva dissimulando sotto atti di trasferimento a titolo oneroso delle donazioni nulle, in quanto il legittimario leso dalla simulazione verrebbe considerato, in quanto erede e continuatore della personalità del defunto, partecipe della simulazione stessa" (v. Cass. 13.11.2009, n. 24134, cit.). Ne discende che ove il bene oggetto della vendita compiuta dal "de cuius", dissimulante una donazione affetta da nullità, sia stato alienato dall'apparente acquirente ad un terzo, il prezzo da questi incassato è oggetto di un credito del de cuius, perché il bene deve ritenersi, ai fini della riunione fittizia del relictum al donatum, come mai uscito dall'asse ereditario. Sennonché, mentre nel contratto del 16.06.2004 è indicato che la quota parte del prezzo che si riferisce alla vendita del diritto di nuda proprietà di cui era apparentemente titolare GI.CA. è pari ad Euro126.000,00, nella vendita del 23.10.1996 il prezzo è unitariamente indicato in Lire138.950.000, senza distinguere la parte di esso relativa alla cessione del diritto di usufrutto e quella che si riferisce alla cessione della nuda proprietà, per la cui determinazione, da effettuarsi mediante apposita ctu, si impone la rimessione della causa in istruttoria. 8. Il quarto motivo di appello principale è infondato. Afferma l'appellante che il tribunale ha errato nell'escludere che l'atto di compravendita del 16.07.1991 con la quale GI.CA. ha acquistato dalla Diocesi di Treviso il terreno confinante con l'abitazione di famiglia in via (...) per il prezzo di Lire30.000.000, costituisca una donazione indiretta di GI.CA. a favore della figlia, giacché non vi è la prova che il denaro utilizzato per pagare il corrispettivo le sia stato fornito dal genitore. Dall'analisi dell'estratto relativo al mese di aprile 1991 del conto corrente n. 4584/98 intestato a GI.CA. acceso presso il (...), risulta l'addebito in data 9 aprile 1991 dell'assegno n. 121611570 dell'importo di Lire30.000.000, che corrisponde esattamente al corrispettivo della compravendita immobiliare. Nel rogito notarile, il venditore dichiara che il prezzo di Lire30.000.000 era stato ricevuto "prima d'ora" dalla parte acquirente alla quale veniva rilasciata quietanza di saldo e finale liberazione. Non è anomalo che il prezzo sia stata versato prima della stipulazione del contratto, ove si consideri che si tratta dell'acquisto di un bene ecclesiastico. L'appellante sostiene che la prova del pagamento con denaro fornito dal padre è desumibile dal fatto che da tale estratto risulta che nel giro di 15 giorni (dal 15 al 30 aprile 1991) sul conto intestato alla figlia sono stati accreditati Lire70.000.000, che appartenevano a GI.CA.. In realtà, le somme di Lire35.000.000 e di Lire25.000.000 versate sul conto rispettivamente il 15.04.1991 ed il 30.04.1991 provengono dal rimborso di titoli cointestati al padre ed alla figlia, che, in assenza di evidenze di segno contrario, devono ritenersi appartenere per la metà a quest'ultima. Peraltro all'accredito di tali somme, provenienti dalla scadenza di titoli cointestati, è corrisposto l'addebito in pari data rispettivamente delle somme di Lire.34.472.000 e di Lire.24.478.500 per l'acquisto di titoli. Vi è poi l'accredito in data 16.04.1991 della somma di Lire.10.000.000 che GI.GI. asserisce provenire dal conto corrente paterno. Ma tale allegazione non è suffragata da alcun riscontro. Nell'estratto l'operazione bancaria viene descritta come un giroconto, il quale designa il trasferimento di denaro da un conto corrente a un altro, entrambi intestati alla stessa persona. E' dunque plausibile, come sostenuto dall'appellata, che la stessa abbia trasferito detto importo dal conto che essa aveva presso (...) dove lavorava dal 1982. E poiché risulta che il conto intestato a GI.CA. presentava alla data del 03.04.1991 un saldo attivo di circa Lire.25.000.000 ed il giroconto riporta coma data valuta l'01.04.1991, che indica il giorno in cui è stata disposta l'operazione, risulta che l'appellata disponeva della provvista personale necessaria per effettuare l'acquisto e nel contempo risulta smentito l'assunto avversario che il denaro utilizzato per pagare il corrispettivo le sia stato fornito dal genitore. 9. Il sesto ed ottavo motivo di gravame principale, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono infondati. Il tribunale ha escluso che GI.CA. sia tenuta alla resa del conto con riferimento ai prelievi eseguiti sul conto corrente n. 100128637 (...) s.p.a. (già (...) s.p.a.), acceso nel 1999 e cointestato a GI.CA., MA.AU. e GI.MA., in quanto alimentato esclusivamente con le retribuzioni percepite da quest'ultimo, che aveva iniziato a lavorare nel 1972 e che nel periodo dal 01.01.1997 al 31.12.2005, quando è avvenuto il suo pensionamento, è stato dipendente di (...) s.p.a. (cfr. libretto di lavoro sub doc. 4 del fascicolo di primo grado della convenuta). L'appellante non contesta che su detto conto siano confluiti gli stipendi di GI.MA., ma lamenta che il giudice di prime cure non abbia considerato l'esistenza di ulteriori entrate, oltre agli stipendi, come il versamento di Lire1.000.000 in contanti in data 20.01.1999, l'accredito di un assegno di Lire1.335.000 in data 04.04.2000, il versamento di Lire5.000.000 in contanti in data 16.06.2000 ed il versamento del prezzo di titoli (certificati di credito del tesoro) di Euro13.319,08 in data 30.04.2002, con conseguente operatività della presunzione di contitolarità di cui all'art. 1854 c.c. Egli evidenzia che la sorella, dopo aver prelevato tra il settembre ed il novembre del 2009 Euro22.000,00, ha asportato in data 06.10.2010 il saldo residuo di Euro5.170,51 esistente al momento del decesso del padre, accreditandolo il giorno successivo sul conto acceso presso (...) s.p.a. cointestato a lei ed a GI.CA.. In realtà, la convenuta ha documentato che l'estinzione del conto è avvenuta su richiesta del 29.07.2010 sottoscritta da tutti e tre i cointestatari (doc. 33 del fascicolo di primo grado della convenuta). Dall'esame degli estratti conto risulta poi che le somme che confluivano nel conto corrente venivano in parte investite in valori mobiliari. Invero, l'accredito nel conto della somma di Euro13.319,08 del 30.04.2002, si riferisce proprio ad una operazione di acquisto di certificati di credito del tesoro pronti contro termine, cui corrisponde un'uscita in data 27.03.2002 dal conto della somma di Euro13.294,64. Gli estratti documentano l'esistenza di altri acquisti di certificati di credito del tesoro pronti contro termine, con i quali la banca ha ceduto in cambio di denaro un certo numero di titoli di stato con consegna immediata (quindi "a pronti") impegnandosi, nello stesso momento, a riacquistarli dall'acquirente a un prezzo più alto e ad una data predeterminata. Tali operazioni sono state evidentemente effettuate con l'impiego della liquidità presente in quel momento nel conto e non smentiscono affatto la tesi della convenuta secondo cui il conto stesso era alimentato esclusivamente con denaro appartenente al fratello Ca.. Quanto agli ulteriori versamenti (evidenziati dall'appellante) per un totale di Lire7.335.000, eseguiti su tali conti e di cui non è nota la provenienza, considerata la loro risalenza nel tempo e l'esiguità del loro ammontare rispetto alla somma totale degli stipendi versati a partire dell'accensione del conto da GI.MA., ed esaminati i movimenti in entrata ed in uscita intervenuti nel corso degli anni, deve ritenersi che tali somme fossero già state totalmente spese nel momento in cui Gi. Ma. ha effettuato i contestati prelievi, di guisa che la presunzione di contitolarità di cui all'art. 1854 c.c. è in concreto inoperante In definitiva è meritevole di conferma la decisione gravata, laddove ha escluso l'obbligo di resa del conto a carico della convenuta. 10. Il dodicesimo motivo di gravame principale è fondato. Nell'atto introduttivo del giudizio GI.GI., aveva, in riferimento all'eredità materna, chiesto in via principale lo scioglimento della comunione in base alle norme sulla successione ab intestato ed in subordine domandato che fosse accertata la lesione della quota di riserva per effetto delle liberalità realizzate da MA.AU. e, conseguentemente, che fossero ridotte le donazioni dirette e indirette effettuate da quest'ultima in favore della figlia. Tuttavia, a fronte della produzione da parte di GI.CA., con il deposito della memoria di cui all'art. 183, sesto comma n. 1 c.p.c., di un testamento olografo dell'01.06.2011 pubblicato il 02.11.2020, con cui la madre aveva lasciato alla figlia l'intero suo patrimonio, l'attore aveva chiesto, con la memoria di cui all'art. 183, sesto comma n. 2 c.p.c. depositata in data 01.12.2020, la riduzione anche delle disposizioni testamentarie lesive della sua quota di legittima, previa eventuale rimessione in termini ex art. 153 c.p.c.. Il tribunale ha dichiarato l'inammissibilità di tale domanda, stante la sua novità (v. pag. 37 della sentenza, ove si legge: "4.1. La domanda di nullità del testamento della sig.ra Ma.Au. è svolta solo a seguito e in conseguenza della produzione, sub. doc. 21, del testamento olografo della predetta, pubblicato in data 2.11.2020. 4.2. La domanda di nullità di detto testamento e la conseguente estensione all'eredità materna della domanda di riduzione sono all'evidenza istanze del tutto nuove, che alterano significativamente il tema cognitivo, come delineato dagli atti introduttivi e dalle prime memorie istruttorie. 4.3. Ne va dunque rilevata l'inammissibilità ...."). Il convincimento espresso dal tribunale circa la tardività della domanda volta ad estendere la riduzione al testamento, in quanto formulata nella seconda memoria di cui all'art. 183 comma 6 c.p.c., non è, tuttavia, immune da censura. Va, infatti, considerato che la domanda di reintegrazione della quota di legittima lesa era già stata proposta dall'attore nella citazione introduttiva, seppure egli l'avesse circoscritta alle sole donazioni effettuate dalla madre in favore della figlia, giacché ignorava l'esistenza del testamento materno, che è stato pubblicato su richiesta di GI.CA. il 02.11.2020, vale a dire lo stesso giorno in cui la convenuta l'ha dimesso in giudizio. Va, inoltre, osservato che gli artt. 554 e 555 c.c., non regolano due distinte azioni, bensì l'unica azione di riduzione concessa ai legittimari per l'ipotesi che i loro diritti siano lesi da disposizioni testamentarie (art. 554 c.c.) o da donazioni (art. 555 c.c.), prevedendo per entrambe che "sono soggette a riduzione". L'unicità dell'azione trova altresì conferma nella disciplina dettata, ai fini della trascrizione, dall'art. 2652 c.c., n. 8, per le domande di riduzione delle donazioni e delle disposizioni testamentarie per lesione di legittima (v. Cass. 26/09/2018, n. 22982). L'attore, nella prima difesa utile successiva alla produzione del testamento, aveva formulato rituale istanza di rimessione in termini ex art. 153 c.p.c. per modificare la domanda originariamente formulata nel senso di estendere la richiesta di riduzione alle disposizioni testamentarie. Ora, anche a voler ritenere che fossero spirati i termini per formulare l'emendatio libelli -giacché il thema decidendum si cristallizza con il deposito della memoria di cui all'art. 183 comma sesto n. 1 c.p.c. -, sussistono indubbiamente i presupposti previsti dall'art. 153 bis c.p.c., giacché la decadenza in cui egli è incorso non è a lui imputabile, onde il giudice avrebbe dovuto tener conto anche delle disposizioni di ultima volontà della de cuius per verificare se fosse stata lesa la quota di riserva dell'attore. 11. L'undicesimo motivo di gravame principale è fondato. Gi.Gi. censura il capo della sentenza che ha rilevato l'assoluta genericità della pretesa dell'attore di ricomprendere nell'eredità paterna e materna gli arredi della loro casa di abitazione. E' vero che l'attore non ha specificato cosa fa parte degli arredi ma è da ritenere che la domanda si riferisca all'insieme degli oggetti d'uso e del mobilio necessari per l'abitabilità e funzionalità della casa coniugale ove GI.CA. e MA.AU. sono vissuti sino alla loro morte e per la cui individuazione non si richiede la loro analitica descrizione. Poiché tra i coniugi vigeva il regime di comunione legale, deve ritenersi che tali beni rientrino per la metà nell'eredità paterna e per l'altra metà in quella materna e che pertanto di tali beni occorra tener conto al fine di determinare l'asse ereditario sia dell'uno che dell'altro dei due genitori delle parti in causa, sul quale va calcolata la quota disponibile e, per differenza, quella dei legittimari. 12. Può, a questo punto, procedersi al vaglio congiunto del quinto, settimo, nono e decimo motivo di gravame principale, i quali pongono questioni strettamente connesse. 12.1 La tesi propugnata da Gi.Gi. è in primo luogo che tutte le somme confluite nel conto corrente di (...) s.p.a. - poi (...) s.p.a. n. 6250/8618108 ed il libretto di risparmio postale n. 65001/000032385744 acceso con (...) s.p.a., di cui GI.CA. era cointestatario, appartengono esclusivamente a quest'ultimo, in quanto derivano dalla vendita di beni immobili personali del de cuius, perché da lui acquistati prima del 1975 e pertanto devono essere considerate integralmente come facenti parte del suo asse ereditario. Egli pertanto contesta la sentenza nella parte in cui ha affermato che i saldi del conto e del libretto presenti al momento del decesso di GI.CA. ricadono nella comunione legale de residuo tra lo stesso e la moglie MA.AU., sicché solo la metà di essi fa parte dell'eredità paterna. L'appellante asserisce inoltre che il tribunale ha errato nel determinare la quota di legittima a lui spettante solo con riguardo ai saldi attivi dei rapporti bancari e postali intestati al de cuius, senza tener conto di tutte le somme prelevate da GI.CA. sia prima che dopo il suo decesso. Egli condivide l'affermazione, contenuta in sentenza, che la cointestazione anche a GI.CA. dei suddetti rapporti bancari e postali non costituisce donazione indiretta in favore della stessa, ma contesta quel passaggio argomentativo (punti 3.4 e 3.5) in cui il primo giudice ritiene che in caso di cointestazione di rapporti bancari tra prossimi congiunti, in difetto di allegazione e della prova di un illecito, si presume che i movimenti posti in essere da un contitolare del conto siano stati autorizzati o ratificati anche implicitamente dagli altri, sicché i prelievi operati prima del decesso di GI.CA. dalla figlia non confluiscono nell'asse ereditario; al riguardo si evidenzia in sentenza che il de cuius era in grado di gestire le proprie sostanze anche nei mesi immediatamente antecedenti il suo decesso, come dimostra il fatto che in data 25.03.2010 aveva sottoscritto una distinta per il prelievo di Euro4.000,00 e che in tale circostanza avrebbe potuto avvedersi delle operazioni a debito in precedenza eseguite dalla figlia ed avrebbe quindi potuto chiedergliene conto ove non fosse stato d'accordo (v. pagg. 36 e 37 della sentenza impugnata). Al ragionamento svolto dal primo giudice Gi.Gi. contrappone che il mero consenso del padre non esclude che le somme prelevate da GI.CA. e di cui essa ha disposto a proprio favore configurino delle donazioni dirette o indirette di denaro, come tali da computare nella riunione fittizia e da assoggettare a riduzione. Dal canto suo, GI.CA. nega di essersi appropriata delle somme prelevate con il consenso paterno, ma di averle impiegate per soddisfare tutte le esigenze di cura, mantenimento ed assistenza dei propri genitori, come espressamente ammesso dagli stessi nei rispettivi testamenti olografi, ove si dà atto che GI.CA. si è presa materialmente cura degli stessi e del fratello Ca.. 12.2 Le censure sollevate contro la sentenza impongono di procedere ad una ricostruzione analitica delle operazioni effettuate sul conto e sul libretto cointestati a GI.CA. e GI.CA.. Dagli estratti di cui ai docc. 22 e 23 prodotti dall'attore in primo grado si evince che il conto corrente di (...) s.p.a. - poi (...) s.p.a. n. 6250/8618108 era inizialmente intestato solo a GI.CA. e che alla data del 31.12.2006 presentava un saldo attivo di Euro 175.300,20. Si nota come esista una sostanziale corrispondenza tra il saldo esistente alla data del 31.12.2006 ed il prezzo di Euro178.000,00 che GI.CA. aveva ricavato dalla vendita in data 08.06.2005 di un terreno edificabile sito nel Comune di Treviso che egli aveva acquistato l'08.06.1965 (v. doc. 48 del fascicolo di primo grado dell'attore). Considerato che all'epoca della compravendita conclusa nel 2005 il conto acceso presso (...) s.p.a. era intestato esclusivamente a GI.CA. e che egli non risultava intestatario di altri conti correnti, deve presumersi che il prezzo da lui incassato sia stato accreditato sul conto in oggetto, di guisa che il saldo di Euro175.300,20 esistente alla data del 31.12.2006 è da ritenersi denaro personale del de cuius che non ricade nella comunione de residuo. A tal proposito, occorre precisare che GI.CA. e MA.AU. avevano contratto matrimonio nel 1948, quando ancora vigeva il regime patrimoniale di separazione dei beni. Ora, quanti erano già uniti in matrimonio alla data di entrata in vigore della 1. 19 maggio 1975, n. 151 - salva l'ipotesi in cui sia stato dato espresso dissenso anche da uno solo dei coniugi, nei confronti del regime della comunione legale - sono soggetti alla nuova disciplina del regime della comunione legale dei beni unicamente a decorrere dal 16 gennaio 1978. Oggetto della comunione, peraltro, per costoro, sono non solo gli acquisti compiuti dagli sposi congiuntamente o disgiuntamente successivamente al 15 gennaio 1978, ma anche quelli anteriori, posti in essere nel periodo 21 settembre 1975-15 gennaio 1978, purché ancora nel patrimonio del coniuge acquirente (v. Cass. n. 7872 del 19/03/2021). Ne discende che pur non avendo alcuno dei coniugi espresso dissenso nei confronti del regime della comunione legale, l'acquisto di GI.CA. effettuato anteriormente alla data di entrata in vigore della 1. 19 maggio 1975, n. 151, deve considerarsi personale, così come deve considerarsi personale il denaro riveniente dalla successiva rivendita a terzi del bene acquistato. Infatti, in tema di comunione legale tra coniugi, il denaro ottenuto a titolo di prezzo per l'alienazione di un bene personale rimane nella esclusiva disponibilità del coniuge alienante anche quando esso venga dal medesimo accantonato sotto forma di deposito bancario sul proprio conto corrente. Questa titolarità non muta in conseguenza della mera circostanza che il denaro sia stato accantonato sotto forma di deposito bancario, giacché il diritto di credito relativo al capitale non può considerarsi modificazione del capitale stesso, né è d'altro canto configurabile come un acquisto nel senso indicato dall'art. 177 comma 1 c.c., lettera a), cioè come un'operazione finalizzata a determinare un mutamento effettivo nell'assetto patrimoniale del depositante (v. Cass. n. 1197 del 20/01/2006). Successivamente, nel periodo settembre 2007 - dicembre 2007 il conto n. 6250/8618108 veniva cointestato a GI.CA.. Su detto conto veniva addebitata il 29.09.2009 la somma di Euro40.000,00 a pagamento del prezzo della polizza vita stipulata in pari data da GI.CA. indicando quale beneficiaria la figlia e che il tribunale ha qualificato, con statuizione che non è stata censurata e su cui pertanto si è formato il giudicato, come donazione indiretta in favore di GI.CA.. E' stata altresì acquisita copia recto-verso di cinque assegni emessi da GI.CA. rispettivamente il 12/12/2007 all'ordine di (...) s.r.l. dell'importo di Euro 4.000,00; il 28/03/2008 all'ordine di Eredi (...) di Euro1.280,00; il 27/06/2008 all'ordine di (...) di Euro1.730,00; il 12/06/2009 all'ordine di (...) di Euro 1.500,00; il 1/03/2010 all'ordine di Studio Dentistico (...). Alla data del decesso di GI.CA. (22.09.2010) il conto presentava un saldo attivo di Euro88.257,47. Circa due settimane dopo la morte del de cuius, in data 05.10.2010, GI.CA. faceva emettere a proprio favore un assegno circolare di Euro44.140,00. In data 07.10.2010 veniva trasferita su detto conto la somma di Euro5.163,01 proveniente dal conto n. 100128637 (...) s.p.a. che, come è stato sopra precisato, è da ritenere che appartenesse in via esclusiva a GI.MA. (v. paragrafo 9). Dalla documentazione prodotta da (...) s.p.a. in ottemperanza all'ordine di esibizione del giudice ex art. 210 c.p.c. emerge poi che in data 14.10.2011 GI.CA. richiedeva l'estinzione del conto corrente ed in data 19.10.2011 prelevava l'intero saldo di Euro49.664,40 (v. doc X documento prodotto ex art. 210 c.p.c. il 13.04.2021 da (...) s.p.a.). Non è invece noto quale fosse il saldo del conto nel momento in cui è stato cointestato a Gi. Ca.. Se si ipotizzasse che il saldo era identico a quello del 31.12.2006 (Euro175.300,00), si dovrebbe concludere che da quel momento e sino a quando si è aperta la successione paterna (22.09.2010), le somme prelevate ammontano a circa Euro87.000,00. E' noto però, come poc'anzi indicato, che nel periodo in esame Gi.Ca. ha effettuato prelievi per un importo totale di Euro48.510,00. Residuerebbero circa Euro38.500,00 di cui non è documentato l'utilizzo. Ma se si considera che il lasso temporale che viene in rilievo è di circa tre anni e che dunque i prelievi ammontano mediamente a Euro1.070,00 mensili, si deve presumere che gli stessi trovino giustificazione in esborsi destinati al soddisfacimento delle esigenze di mantenimento/cura/assistenza e comunque personali del de cuius. Ed anche a voler ammettere che una parte di essi sia stata trattenuta da GI.CA. per sé, è ragionevole configurarli alternativamente quali donazioni di modico valore o attribuzioni gratuite compiute spontaneamente e nella consapevolezza di adempiere ad un dovere morale per compensare i servizi resi dalla figlia, che si è sempre presa cura dei genitori e del fratello Ca., poiché tali prelievi non risultano economicamente sproporzionati rispetto al valore dei servizi resi e ben trovano giustificazione nel rapporto di stretta intimità che legava il padre alla figlia e che ha indotto il primo a lasciare la quota disponibile della sua eredità alla seconda. 12.3 L'ulteriore rapporto cointestato a Gi.Ca. e GI.CA. è il libretto di risparmio postale n. 65001/000032385744 acceso presso (...) s.p.a. in data 05.08.2009, che è pacifico sia stato alimentato unicamente dalla pensione del de cuius. Ciò comporta che, a differenza di quanto si è appena detto con riferimento al conto corrente bancario acceso presso (...) s.p.a., il saldo attivo del libretto postale esistente al momento dell'apertura della successione di GI.CA., che ammontava esattamente ad Euro9.614,75 (v. doc. 25 del fascicolo di primo grado dell'attore), ricade nella comunione de residuo a mente di quanto previsto dall'art. 177, comma 1 lett. c) cod. civ., per cui solo la metà di tale importo, pari ad Euro4.807,38, fa parte dell'asse ereditario paterno. GI.GI. sostiene che su tale libretto la sorella ha effettuato i seguenti prelievi che non risultano essere stati utilizzati nell'interesse del de cuius: in data 10.12.2009 un prelievo di Euro500,00; in data 25.03.2010 un prelievo di Euro4.000,00; in data 24.05.2010 un prelievo di Euro700,00; in data 04.06.2010 un prelievo di Euro274,00; in data 18.06.2010 un prelievo di Euro1.000,00; in data 13.07.2010 un prelievo di Euro1.000,00; in data 30.07.2010 un prelievo di Euro500,00, per un totale di Euro7.974,00. Ora, per il maggiore di tali prelievi (quello per Euro4.000,00) vi è prova documentale che sia stato effettuato da GI.CA. (cfr. contabile di prelevamento del 25 marzo 2010: doc. 41 del fascicolo di primo grado della convenuta). Per quanto concerne gli altri prelievi, il loro esiguo importo è del tutto compatibile con la circostanza che trovino giustificazione in esborsi destinati al soddisfacimento delle esigenze personali del de cuius e quand'anche si ritenesse che siano stati trattenuti dalla convenuta, ciò sarebbe comunque avvenuto con il consenso paterno, e si configurerebbero come donazioni di modico valore, per le quali non è richiesta la forma scritta ad "substantiam". 12.4 Le considerazioni sin qui svolte danno risposta alle doglianze sollevate da GI.CA. con il quinto motivo di gravame incidentale, chiarendo se le somme presenti nel c/c bancario e del libretto postale cointestati a GI.CA. al momento della sua morte ricadano nella comunione de residuo. 13. Il tredicesimo motivo di appello principale può essere esaminato congiuntamente al terzo e quarto motivo di gravame incidentale, in quanto tutte tali censure investono le statuizioni adottate dal primo giudice in merito all'asse ereditario materno. 13.1 In primo luogo è evidente l'errore in cui è incorso il tribunale per avere qualificato GI.GI. erede testamentario della madre ed avergli riconosciuto la quota di 1/6 sulla metà dei saldi attivi dei rapporti bancari e postali intestati a GI.CA. alla data del suo decesso. In disparte il rilievo che, come poc'anzi precisato, solo la metà del saldo attivo del libretto postale ricade nella comunione de residuo e rientra pertanto nell'asse ereditario materno, va considerato che con il testamento olografo redatto l'01.06.2011 MA.AU. ha lasciato l'intero suo patrimonio alla sola figlia Ca., non facendo salvi i diritti di legge spettanti agli altri figli, i quali sono stati totalmente pretermessi. Sennonché, in virtù dell'azione di riduzione esperita dall'attore, deve ritenersi accertata la sua qualità di erede non testamentario, bensì legittimario e che la quota di riserva a lui spettante è di 2/9 (e non di 1/6 come affermato in sentenza), essendo la Ma. deceduta dopo il marito (il quale dunque non concorre con i tre figli) ed essendo la quota riservata a questi ultimi pari a 2/3, da ripartirsi in parti uguali poiché i figli sono più d'uno. 13.2 Al momento del decesso (09.04.2018) MA.AU. era titolare delle somme depositate nel libretto di risparmio postale n. 65001/000032385446, aperto in data 05.08.2009, intestato a lei ed a GI.CA., in quanto è pacifico che tale libretto era alimentato unicamente dalla pensione percepita dalla de cuius e, in seguito, anche da quella di reversibilità del marito (v. docc. 35 e 36 del fascicolo di primo grado dell'attore). Ora, al momento della morte della Ma. il predetto libretto presentava un saldo attivo di Euro4.526,00. GI.GI. ha dedotto che la sorella Ca., quale cointestataria del libretto, ha prelevato da esso a partire dal 07.07.2010 e sino al 16.04.2018 la complessiva somma di Euro120.900,00, indicando in maniera specifica a pag. 22 e ss dell'atto introduttivo i prelievi mensili, ed ha chiesto che la stessa venga condannata a restituire detta somma all'asse ereditario materno. GI.CA. ha replicato affermando che le somme prelevate sul libretto cointestato fra la signora Ma. e la figlia Ca.Gi. sono essenzialmente servite: a) a pagare le rette per le diverse case di riposo in cui la signora Ma. era stata ricoverata (si sono dimesse all'uopo le fatture della cooperativa Insieme Si Può n. 4092 del 14 aprile 2014, n. 5357 del 16 maggio 2014 e n. 5369 del 16 maggio 2014 relative alle rette della (...) per il periodo da marzo a maggio 2014 - docc. 9-11; le fatture ISRAA n. n. 8011 del 3.11.2015 e n. 8912 del 3.12.2015 relative alle rette per il ricovero nei mesi di ottobre e novembre 2015 - docc. 12 e 13; n. 7 fatture (...) relative alle rette per il ricovero della signora Au.Ma. da novembre 2015 a marzo 2016 - doc. 14; n. 23 fatture IPAB (...) per le rette di ricovero della signora Au.Ma. da marzo 2016 ad aprile 2018 - doc. 15; n. 3 fatture IPAB (...) per le rette di ricovero della signora Au.Ma. da settembre 2016 a novembre 2016 - doc. 43); b) ad effettuare lavori di sistemazione dei bagni di casa per renderli fruibili da soggetto disabile (doc. 16 relativo alla fattura (...) s.n.c. n. del 7 gennaio 2015 e relativo d.d.t), dopo che la madre era stata dimessa dal (...) di Maserata sul Piave (cfr. rapporto di dimissione del 12 maggio 2014 sub doc. 44); c) all'acquisto di lettino, materasso antidecubito ed altre attrezzature per disabili e per il servizio di trasporto mediante ambulanza in ospedale (cfr. fattura di acquisto (...) s.r.l. del 5 dicembre 2014 sub doc. 17; Scontrini (...) del 12 maggio 2014 e del 21 giugno 2015 sub docc. 18 e 19) e fattura (...) n. 1372018 del 21 marzo 2018 sub. doc. 20); d) a pagare le spese funerarie della madre (cfr. fattura (...) s.p.a. n. 1684 del 13 aprile 2018 dell'importo di Euro 5.932,87 sub doc. 6 e fattura (...) s.r.l. n. 12/fiz del 27 giugno 2018 dell'importo di Euro 960,00 sub. doc. 7; cfr. altresì atto di cessione in uso di loculo a forno stipulato in data 11 aprile 2018 da Ca.Gi. con (...) s.p.a., concessionaria del Cimitero Comunale di Santa Bona a Treviso sub. doc. 22, in cui si dà atto e si rilascia quietanza del corrispettivo pagato dalla cessionaria per la tumulazione della salma della de cuius, pari ad Euro2.830,00 comprensivi di IVA al 10%). La convenuta ha quindi provato di avere effettuato spese nell'interesse della madre per circa Euro76.000,00. La differenza, pari a circa Euro45.000,00, in ordine al cui impiego non vi è riscontro documentale, GI.CA. ha sostenuto di averla utilizzata per soddisfare le esigenze della madre "principalmente per vestiario, assistenza ulteriore (badanti, infermiere) rispetto a quella offerta dalla casa di riposo, od altre piccole spese voluttuarie' (v. pag. 78 della comparsa di costituzione in appello) e comunque sempre con il consenso di quest'ultima. Ora, se si considera il totale dei prelievi effettuati nell'arco temporale che viene in considerazione, che è circa di 8 anni, si desume che gli stessi ammontano a circa Euro1.250,00 mensili. Detto importo risulta assolutamente congruo con le spese che GI.CA. ha dovuto affrontare per provvedere a tutti i bisogni legati al mantenimento, alla cura ed all'assistenza personale della madre, nonché per il suo funerale. Quand'anche poi si ritenesse che una parte di tali prelievi GI.CA. li abbia utilizzati per sé, vale anche in tal caso quanto si è illustrato in precedenza con riferimento ai prelievi eseguiti sui conti intestati a GI.CA. (paragrafo 12.2), vale a dire che si sarebbe in presenza di donazioni di modico valore o attribuzioni gratuite compiute spontaneamente e nella consapevolezza di adempiere ad un dovere morale per compensare i servizi resi dalla figlia, che si è sempre presa cura dei genitori e del fratello Ca., non risultando tali prelievi economicamente sproporzionati rispetto al valore dei servizi resi e ben trovando giustificazione nel rapporto di stretta intimità che legava la madre alla figlia e che ha indotto la prima ad istituire la seconda quale sua unica erede universale. 13.3 In definitiva, l'asse ereditario materno è formato unicamente dalla quota del 50% degli arredi e degli altri beni mobili presenti nell'immobile in via (...), adibito a casa di abitazione dei genitori delle parti, e dall'importo di Euro4.807,38, pari alla metà del saldo attivo del libretto di risparmio postale n. 65001/000032385744 esistente alla data del decesso di GI.CA., in quanto ricadente nella comunione de residuo tra i coniugi. Non deve tenersi conto, invece, del saldo attivo di Euro4.526,00 del libretto di risparmio postale n. 65001/000032385446 presente al momento della morte della Ma., in quanto interamente utilizzato per le spese funerarie della de cuius. Su tale patrimonio va, quindi, calcolata la quota di legittima spettante all'appellante. 14. Con riferimento, infine, al quattordicesimo motivo di appello principale, è innanzitutto assolutamente incontestato che GI.CA. e GI.MA. hanno sempre vissuto nell'immobile oggetto del contratto del 06.10.1987 di rep. n. 22743, che per quanto si è in precedenza esposto, deve ritenersi che non sia mai uscito dal patrimonio del de cuius e che dunque rientri nell'asse ereditario. 14.1 Ciò posto, è affermazione ricorrente nella giurisprudenza di legittimità quella secondo cui (cfr. Cass. n. 7881/2011) il condividente di un immobile, che durante il periodo di comunione abbia goduto del bene in via esclusiva senza un titolo giustificativo, deve corrispondere agli altri i frutti civili, quale ristoro della privazione della utilizzazione "pro quota" del bene comune e dei relativi profitti, con riferimento ai prezzi di mercato correnti dal tempo della stima per la divisione a quello della pronuncia (conf. Cass. n. 7716/1990; Cass. n. 20394/2013; Cass. n. 17876/2019), aggiungendosi che siffatto diritto, corrispondente al corrispettivo "pro quota" del godimento esclusivo, prescinde da comportamenti leciti o illeciti altrui (Cass. n. 10896/2005). E' stato altresì chiarito, e ciò in risposta alla deduzione circa la violazione della previsione di cui all'art. 820 c.c., che i frutti civili, dovuti dal comproprietario che abbia utilizzato, in via esclusiva, un bene rientrante nella comunione, hanno, ai sensi dell'art. 820 c.c., comma 3, la funzione di corrispettivo del godimento della cosa e possono essere liquidati con riferimento al valore figurativo del canone locativo di mercato (Cass. n. 5504/2012), sicché non può trovare fondamento la pretesa di limitare la previsione de qua al solo godimento che intervenga da parte di soggetti diversi da quelli che già vantino diritti pro-indiviso sul bene fruttifero. E' pur vero che la sottrazione del godimento potrebbe avvenire con modalità tali, come ad esempio mediante l'esercizio di una condotta violenta, tale da concretare altresì la commissione di un fatto illecito (cfr. sul punto Cass. n. 14213/2012, secondo cui in tal caso la sottrazione delle facoltà dominicali di godimento e disposizione del bene, è risarcibile, sotto l'aspetto del lucro cessante, non solo con il lucro interrotto, ma anche con quello impedito nel suo potenziale esplicarsi, ancorché derivabile da un uso della cosa diverso da quello tipico, aggiungendo che tale danno è da ritenersi "in re ipsa", potendo essere comunque quantificato in base ai frutti civili che l'autore della violazione abbia tratto dall'uso esclusivo del bene, imprimendo ad esso una destinazione diversa da quella precedente), ma è innegabile che l'uso esclusivo dell'immobile, ove le caratteristiche dello stesso non ne consentano una fruizione congiunta anche da parte dell'altro comunista, eccede sicuramente dalle modalità di uso di cui all'art. 1102 c.c., e legittima la richiesta, quanto meno a titolo indennitario, di ristoro del mancato godimento, e ciò sia quando il bene si presenti fruttifero tramite la concessione in godimento a titolo oneroso a terzi, sia allorché la fruizione avvenga, ed in maniera esclusiva, da parte di uno solo o alcuni dei comunisti (conf. Cass. n. 19215/2016). In tal senso è stato affermato (v. Cass. n. 5156/2012) che sussiste la violazione dei criteri stabiliti dall'art. 1102 c.c., in ipotesi di occupazione dell'intero immobile ad opera del comproprietario e la sua destinazione ad utilizzazione personale esclusiva, tale da impedire all'altro comproprietario il godimento dei frutti civili ritraibili dal bene, con conseguente diritto ad una corrispondente indennità. Tuttavia, è stato evidenziato che se la natura di un bene immobile oggetto di comunione non ne permette un simultaneo godimento da parte di tutti i comproprietari, l'uso comune può realizzarsi o in maniera indiretta oppure mediante avvicendamento, ma che fino a quando non vi sia richiesta di un uso turnario da parte degli altri comproprietari, il semplice godimento esclusivo ad opera di taluni non può assumere la idoneità a produrre un qualche pregiudizio in danno di coloro che abbiano mostrato acquiescenza all'altrui uso esclusivo, salvo che non risulti provato che i comproprietari che hanno avuto l'uso esclusivo del bene ne abbiano tratto anche un vantaggio patrimoniale (Cass. n. 24647/2010; Cass. n. 2423/2015 e da ultimo Cass. 1738/2022). Alla luce delle considerazioni sin qui esposte, deve ritenersi che GI.CA. e GI.MA. siano tenuti a corrispondere al fratello, quale ristoro per la privazione dell'utilizzazione pro quota del bene comune, i frutti civili, che, identificandosi con il corrispettivo del godimento dell'immobile che si sarebbe potuto concedere a terzi secondo i correnti prezzi di mercato, possono essere individuati nei canoni di locazione percepibili a far data dalla proposizione della domanda giudiziale (03.09.2019), perché è solamente con l'atto di citazione che l'attore risulta avere esternato la sua opposizione alla condotta posta in essere dal fratello e dalla sorella, manifestando un'evidente avversione all'uso esclusivo dei beni ereditari da parte di questi ultimi, che si pone come tale in contrasto con la previsione di cui all'art. 1102 c.c. (v. in senso conforme Cass. 1738/2022 succitata). Ne consegue che la causa va rimessa in istruttoria anche per questa ragione, onde accertare, mediante l'esperimento di ctu, il valore figurativo del canone locativo di mercato dell'immobile di cui si discute. P.Q.M. La Corte d'Appello di Venezia, non definitivamente pronunziando, in parziale riforma della sentenza impugnata: 1) rigetta il primo, il quarto, il sesto e l'ottavo motivo di appello principale; 2) rigetta il primo motivo di appello incidentale; 3) accoglie il secondo motivo di appello principale e per l'effetto accerta e dichiara che gli immobili oggetto dell'atto di compravendita del 06.10.1987 di rep. n. 22743 e censiti nel Catasto Terreni del Comune di Treviso alla partita (...), Fg. (...), mappali 21, 26, 27 e 376, non sono mai usciti dal patrimonio di GI.CA. e pertanto fanno parte dell'asse ereditario del de cuius; 4) accoglie il terzo motivo di appello principale e per l'effetto accerta e dichiara che l'asse ereditario di GI.CA. comprende il credito relativo alla restituzione del prezzo incassato da GI.CA. in virtù della cessione, con atto di compravendita stipulato il 23.10.1996, della nuda proprietà degli immobili censiti nel N.C.E.U. del Comune di Treviso alla partita (...), Fg. (...), mappale 51, sub. 7 e nel Catasto Terreni del Comune di Treviso alla partita 9670, Foglio (...), mappali (...), da lei acquistati con l'atto di compravendita del 06.10.1987; 5) accoglie il dodicesimo motivo di gravame principale e per l'effetto accerta e dichiara l'ammissibilità della domanda di riduzione esperita da GI.GI. nei confronti delle disposizioni di ultima volontà contenute nel testamento olografo redatto da MA.AU.; 6) accoglie l'undicesimo motivo di gravame principale e per l'effetto accerta e dichiara l'ammissibilità della domande proposte da GI.GI. in relazione agli arredi della casa di abitazione dei genitori GI.CA. e MA.AU., i quali deve ritenersi che rientrino per la metà nell'eredità paterna e per l'altra metà in quella materna; 7) accerta e dichiara che il saldo del conto corrente di (...) s.p.a. - poi (...) s.p.a. n. 6250/8618108 presente al momento del decesso di GI.CA., pari ad Euro88.257,47, è nella titolarità esclusiva del de cuius; 8) accerta e dichiara che il saldo del libretto di risparmio postale n. 65001/000032385744 presente al momento del decesso di GI.CA. ricade nella comunione de residuo; 9) accerta e dichiara, con riferimento alla successione di MA.AU., che Gi.Gi. riveste la qualità di erede legittimario pretermesso e che la quota di riserva a lui spettante è pari a 2/9 dell'asse ereditario materno; 10) accerta e dichiara che Gi. Ca. non è tenuta a restituire all'asse ereditario materno le somme prelevate dal libretto di risparmio postale n. 65001/000032385446, cointestato a lei ed a MA.AU.; 11) accerta e dichiara che l'asse di MA.AU. è formato dalla quota del 50% degli arredi e degli altri beni mobili presenti nell'immobile in via (...), adibito a casa di abitazione dei genitori delle parti, e dall'importo di Euro4.807,38, pari alla metà del saldo attivo del libretto di risparmio postale n. 65001/000032385744 esistente alla data del decesso di Gi.Ca.; 12) dispone la rimessione della causa in istruttoria come da separata ordinanza. Così deciso in Venezia, nella Camera di Consiglio del 31 ottobre 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Napoli VIII SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Napoli, VIII sezione civile, in composizione monocratica, dott. Pietro Lupi, ha pronunziato la seguente SENTENZA definitiva nella causa iscritta al n. 25224/2017 R.Gen.Aff.Cont. assegnata in decisione all'udienza del 13 aprile 2023 con la fissazione dei termini previsti dagli artt. 190 e 281 -quinquies c.p.c. l'ultimo dei quali è scaduto il 3 luglio 2023 TRA MA.Au., c.f.: (...), nato il (...) a Moiano (BN) e residente in Castel Giorgio (TR) alla Via (...); MA.An., c.f.: (...), nato il (...) a Moiano (BN) ed ivi residente alla Via (...); MA.An., c.f.: (...), nato il (...) a Moiano (BN) ed ivi residente alla Via (...); MA.An.Ma., c.f.: (...), nata il (...) a Moiano (BN) ed ivi residente alla Via (...); MA.Si., c.f.: (...), nata a Benevento il (...) e residente a Moiano (BN) alla Via (...); MA.Pa., c.f.: (...), nato il (...) a Moiano (BN) e residente a Prato (TO) alla Via (...); MA.An., c.f.: (...), nato il (...) a Benevento e residente a Moiano (BN) alla Via (...); tutti elettivamente domiciliati in Benevento alla Via (...), presso lo studio dell'Avv. Gi.Fu. (c.f.: (...)) che li rappresenta e difende in virtù di procura in calce all'atto di citazione - ATTORI E MU.Sa., c.f.: (...), nato il (...) a Portici (NA) ed ivi residente alla Via (...), ed elettivamente domiciliato al Centro Direzionale, Is. B/8, presso lo studio dell'Avv. An.Ce. (c.f.: (...)) che lo rappresenta e difende in virtù di procura a margine della comparsa di costituzione e risposta - CONVENUTO Oggetto: divisione di beni caduti in successione Conclusioni: nelle note di trattazione scritta per l'udienza del 13.04.2023 depositate dal solo convenuto, la difesa di questi ha chiesto "l'attribuzione dell'immobile oggetto di divisione ai sensi dell'art. 720 c.c. quale erede maggioritario, con congruo termine per la liquidazione e, nel riportarsi ai propri atti, il rigetto della domanda con condanna degli attori al pagamento delle spese diritti ed onorari, con attribuzione". RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE La domanda proposta dagli attori di divisione del bene caduto in successione è fondata e va accolta per quanto di ragione. Con atto di citazione ritualmente notificato gli attori hanno convenuto in giudizio, per l'udienza del 15.01.2018, MU.Sa. chiedendo lo scioglimento della comunione sull'immobile caduto nella successione di Ma.Au. ubicato in Napoli alla Via (...) con attribuzione delle rispettive quote ed in caso di indivisibilità mediante vendita dell'immobile e ripartizione del ricavato, nonché la corresponsione dei relativi frutti dal decesso della de cuius, essendo stato occupato in via esclusiva dal convenuto. Gli attori, in particolare, hanno esposto: - che in data 08.12.1999 decedeva Ma.Au. lasciando quali eredi legittimi il coniuge Mu.Am. (nato il 12.06.1916), Ma.An. (nato il (...)) e Ma.Em. (nato il (...)); - che fra i beni ereditari ricadeva la quota del 50% della proprietà indivisa dell'immobile sito alla via (...), parco (...) scala C interno 46, catastalmente individuato al foglio SCA/18, p.lla (...), sub 52, catA/" classe 6 rendita catastale 1023,88 con annesso box; - che l'immobile era stato acquistato da Au.Ma. unitamente al coniuge con atto di compravendita del 25.01.1974 rep.6994 raccolta 3830, per Notar Sa.Sa. di Napoli; - che in data 10.11.2000 decedeva Mu.Am. lasciando quali eredi legittimi i figli del fratello, MU.Sa. (nato il (...)) e Mu.Ro.(nata il (...)); - che MU.Sa. pubblicava per notar Ca. nel marzo 2001 il testamento dell'1.11.2000 di Mu.Am. il quale, non avendo legittimari, lo istituiva erede unico dei suoi beni nonché in data 02.03.2001 chiedeva la pubblicazione di un testamento olografo del 21.08.1996 di Au.Ma. che indicava il proprio coniuge Mu.Am. come erede universale; - che Ma.Em. ed An., con atto di citazione per petizione di eredità, impugnavano il presunto testamento di Ma.Au.; - che con sentenza n. 141/2004 il Tribunale di Napoli dichiarava: MA.An. (c.f.: (...)) e Ma.Em. (c.f. (...)) eredi legittimi di Ma.Au. (nata il 23.06.1912) e titolari della quota di 1/6 ciascuno della quota del 50% spettante a titolo di comproprietà a Ma.Au. sull'immobile di Via (...); in altri termini sono titolari di una quota di proprietà di 1/12 ciascuno sull'intero immobile; - che la predetta sentenza fu appellata da MU.Sa. ma la Corte di Appello rigettò l'appello confermando la sentenza di primo grado, dichiarò inammissibile la domanda di pagamento dei frutti e interessi essendo domanda nuova; - che anche il ricorso in Cassazione veniva rigettato con sentenza n. 10853/2013 rendendo definitiva la sentenza n. 141/2004 del Tribunale; - che veniva effettuata in data 19.02.2004 la trascrizione della sentenza 141/04 presso i RR.II del Comune di Napoli; - che da essa risulta che l'immobile in Napoli alla Via (...) parco Ar. Is. n.145, scala C, interno 46, individuato al catasto al F. (...), p.lla (...), sub 52, cat. A/2, con annesso box e servitù condominiali, apparteneva per 83/1000 a MA.An., per 83/1000 a Ma.Em. e per 883/1000 a Ma.Sa.; - che Ma.Em. e MA.An. decedevano e gli eredi provvedevano a presentare le dichiarazioni di successione e volturazioni; - che attualmente l'immobile risulta intestato a: MA.An. per 27/1000; MA.An.Ma. per 28/1000, MA.An. (1959) per 28/1000, MA.An. (1983) per 14/1000; MA.Au. per 28/1000, MA.Pa. per 27/1000, MA.Si. per 14/1000; Mu.Sa. per 833/1000; - che MU.Sa. alla morte dello zio Mu.Am. sostituiva la serratura della porta d'ingresso dell'abitazione di quest'ultimo detenendo in via esclusiva l'immobile; - che in data 01.07.2016 gli attori hanno previamente instaurato il procedimento di mediazione, conclusosi con esito negativo, come da verbale del 05.10.2016; - che in citazione gli attori hanno concluso chiedendo al tribunale di: "A) ordinare lo scioglimento della comunione ereditaria esistente tra gli attori (quali eredi di Ma.Em. e MA.An.) ed il convenuto, disponendo la divisione, in proporzione alle rispettive quote di tutti gli aventi diritto dei beni immobili facenti parte dell'asse ereditario di Ma.Au. dei beni in premessa descritti costituiti dall'immobile sito in Napoli alla Via (...), Parco Ar. n.5 scala C , piano primo interno 46, in catasto foglio (...), p.lla (...), sub 52, cat A/2 classe 6 rendita catastale 1023,88 , con annesso box/posto auto, previa determinazione della sua consistenza attuale, attribuendo ad ognuno dei compartecipi la parte corrispondente alla propria quota ideale, secondo un comodo progetto divisionale predisposto con l'ausilio di un Consulente Tecnico d'Ufficio a nominarsi; B) in subordine laddove dovesse accertarsi l'indivisibilità del bene, ordinare la vendita dell'immobile ai sensi dell'art. 788 c.p.c. (a mezzo di professionista, all'uopo delegato) e provvedere alla ripartizione della somma ricavata in proporzione delle rispettive quote; C) ordinare a MU.Sa., quale detentore esclusivo dell'immobile a far data della morte di Mu.Am. (10.11.2000), o dalla diversa decorrenza stabilita dal giudicante, a corrispondere in favore degli attori, ciascuno per la propria quota, i frutti relativi al godimento esclusivo del predetto immobile, commisurati al valore locativo ad uso abitazione dello stesso oltre interessi fino al soddisfo nonché al risarcimento di tutti gli ulteriori danni sofferti dai comparenti, a causa del predetto mancato godimento dell' immobile dalla data del 10.11.2000 fino al soddisfo in uno alla rivalutazione ed interessi; D) condannare la parte convenuta al pagamento delle spese, diritti ed onorario del giudizio, con attribuzione al sottoscritto Avvocato, che si dichiara antistatario". In data 21.12.2017 si è costituito tempestivamente il convenuto aderendo alla domanda di divisione mentre eccepiva la infondatezza e prescrizione della domanda di pagamento dei frutti, in subordine la compensazione con le spese sostenute e da imputare alla massa ereditaria. Concessi i termini ex art. 183 comma 6, sono stati escussi i testi ammessi all'udienza del 3.12.2020 e dell'11.03.2021. È stato nominato il CTU in data 12.04.2019 nella persona dell'Arch. Ma.D. al quale l'incarico è stato conferito il 13.09.2019 e che ha depositato la relazione tecnica in data 11.12.2019 e, poi in versione corretta e definitiva a seguito delle osservazioni degli attori il 21.02.2020, e la causa, quindi, è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni. Nel precisare le conclusioni all'udienza del 13.04.2023 il convenuto ha formulato istanza di attribuzione dell'immobile alla Via (...), caduto in successione ereditaria, e la causa è stata trattenuta in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.. Si deve premettere, passando alla decisione della causa, che gli attori hanno chiesto lo scioglimento della comunione sul bene immobile descritto in citazione, con richiesta di vendita del bene se non comodamente divisibile. L'oggetto della causa non è, quindi, limitato alla successione di Ma.Au., originaria dante causa degli attori, e, quindi, allo scioglimento della comunione per una quota del solo 50% derivante da questa successione ma all'intero immobile. Questo fu acquistato dai coniugi Mu.Am. e Ma.Au. dalla venditrice Società (...) S.p.a., in comunione ed in parti eguali tra loro, con atto di compravendita del 25.01.1974, repertorio 6994, raccolta 3830, per Notar Sa.Sa. di Napoli. Alla morte di Ma.Au. (avvenuta in data l'8 dicembre 1999), la quota di proprietà del 50% per effetto delle sentenze citate dagli attori e, quindi, in base alla successione legittima (art. 582 c.c.), si è devoluta al coniuge, nella misura di 2/3, ed ai fratelli della de cuius, nella misura del rimanente terzo, non risultando esserci discendenti della coppia. L'accettazione dell'eredità della sorella da parte di questi ultimi, An.Ma. (c.f.: (...)) e Em.Ma. (c.f.: (...)), è avvenuta tacitamente con la proposizione in Tribunale della domanda di impugnazione del testamento apparentemente redatto e sottoscritto dalla predetta che la Corte di Appello di Napoli, seconda sezione civile, con la sentenza n. 3466/2010 ha accertato essere apocrifo. Pertanto, come dichiarato dal Tribunale di Napoli con la sentenza n. 1421/04, trascritta il 15.2.2004 ai nn. 3979/2573, che ha regolato la successione di Ma.Au. i due fratelli "sono titolari della quota di 1/6 ciascuno della quota del 50% spettante a titolo di comproprietà a Ma.Au. sull'immobile di cui in narrativa e, per l'effetto, sono comproprietari per 1/12 ciascuno dell'immobile predetto". Entrambi i fratelli della de cuius sono deceduti, An. il 15 agosto 2013 ed Em. il 16 aprile 2011. An. ha lasciato eredi testamentari (come si apprende dalla relazione del notaio Ge.Sa. di Benevento del 24 maggio 2018 e dalla dichiarazione di successione) i figli Au. e Pa.Ma. per una quota sull'intero bene immobile caduto in successione di 166/6000 (2/72) ciascuno ed i nipoti MA.An. (cl. 1983) e Si., per una quota di 83/6000 (1/72) ciascuno, tutti attori nel presente giudizio. I quattro chiamati all'eredità di An.Ma. hanno accettato l'eredità paterna tacitamente presentando istanza di mediazione nei confronti di MU.Sa.. Invero, proponendo la mediazione per lo scioglimento della comunione hanno compiuto un atto che presuppone la volontà di accettare l'eredità paterna e che non avrebbero potuto compiere se non in tale qualità (in questo senso, Cass. ord. n. 10655 del 1° aprile 2022). Lo stesso a dirsi per i chiamati alla successione legittima di Em.Ma. che si è devoluta ai tre figli, An.Ma., An. (cl. 1959) e An. per la quota di 83/3000 (2/72) ciascuno sull'intero bene di Via (...) (come si apprende dalla medesima relazione e dalla dichiarazione di successione). Anche gli eredi di Em., ai sensi dell'art. 476 c.c., hanno accettato tacitamente l'eredità del loro dante causa proponendo, insieme agli eredi di zio An., la medesima istanza di mediazione. L'altra quota del 50% della piena proprietà dell'immobile apparteneva, invece, a Am.Mu., coniuge di Au.Ma. che insieme alla moglie ed in parti eguali lo aveva acquistato nel 1974. Alla morte della moglie, l'eredità di questa, come già anticipato, si è devoluta ad Am.Mu. per una quota di 2/3 ai sensi dell'art. 582 c.c. Agli atti non vi sono elementi per poter affermare che il medesimo, sopravvissuto alla moglie per appena undici mesi (10.11.2000), abbia accettato, anche tacitamente, l'eredità di quest'ultima. Deve, tuttavia, dichiararsi che, nella non contestazione che il convenuto MU.Sa. sia erede universale dello zio in virtù di un testamento del primo novembre 2000 pubblicato nel marzo 2001 dal Notaio Ca., egli, costituendosi nel primo giudizio promosso innanzi al tribunale nel 2002 e deducendo in quella sede di essere di essere erede universale dello zio Am. in virtù del citato testamento (e, quindi, accettando tacitamente l'eredità dello zio) ha anche esercitato tacitamente il diritto di accettare l'eredità della zia Ma.Au., diritto che lo zio Am. gli ha trasmesso nominandolo proprio erede ai sensi dell'art. 479 c.c. ("Se il chiamato all'eredità muore senza averla accettata, il diritto di accettarla si trasmette agli eredi"). Comunque, al più tardi l'accettazione dell'eredità della zia è avvenuta in questo giudizio in cui gli attori riconoscono al convenuto di essere titolare di una quota di proprietà di 833/1000, gravante, quindi, anche su 333/1000 sulla quota della zia, ed il medesimo, costituendosi, non si è opposto allo scioglimento della comunione sull'intero immobile e, quindi, anche della quota della zia Augusta secondo le quote indicate anche dagli attori (anzi, il convenuto sostiene infondatamente che debba procedersi solo allo scioglimento di quest'ultima quota). Al termine di questa ricostruzione il bene immobile di cui è causa, caduto per una quota di 500/1000 di proprietà nella successione di Au.Ma. e, successivamente, per una quota di 833/1000 di proprietà in quella di Am.Mu., si appartiene ora in piena proprietà per una quota di: 2/72 a MA.Au.; 2/72 a MA.Pa.; 1/72 a MA.An. (n. 20.04.1983); 1/72 a MA.Si.; 2/72 a MA.An.Ma.; 2/72 a MA.An. (n. 29.04.1959); 2/72 a MA.An.; 60/72 a MU.Sa.. Passando, dunque, all'esame della commerciabilità, della valutazione economica e della divisibilità di questo immobile, e partendo dalla commerciabilità si osserva che "il fabbricato risulta realizzato nella metà degli anni '60, in virtù di licenza edilizia n. 30 del 6 febbraio 1968 (pratica 402/67) e successiva variante n.120 del 7.6.69 su suolo acquistato con contratto per Notar Is.Co. del 31 Agosto 1967 (reg.to a Napoli il 14 settembre 1967 al n. 18990 e trascritto presso la Conservatori dei RR.II di Napoli 1 il 7.9.1967 al n. 42152) individuato al fg. (...) sez. S. Carlo all'Arena p.lla (...)/d. Per il cespite in esame non sussistono vincoli di particolare interesse o comunque pregiudizievoli ai fini della sua regolarità. Dalle ricerche effettuate presso l'Ufficio Tecnico del Comune di Napoli non risultano effettuate richieste di Condono ai sensi della legge 47/85 -724/94- 326/03 per l'immobile in esame". Il CTU ha, poi, accertato che non sussistono difformità dal confronto effettuato tra la planimetria catastale reperita ed il rilievo dello stato dei luoghi eseguito. Oltre all'allineamento catastale oggettivo, previsto a pena di nullità degli atti di trasferimento dall'art. 29, comma 1-bis, della legge 27 febbraio 1985, n. 52, introdotto dal Decreto-Legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modifiche ed integrazioni, sussiste anche quello soggettivo. Quanto alla valutazione economica il consulente tecnico d'ufficio Arch. Ma.D. ha provveduto a quantificare il valore venale dell'immobile al dicembre 2019: tale valore venale risultava pari all'importo complessivo di Euro 384.799,00 (euro 2.625,00 al mq). Ritiene il giudicante che questo valore, risalente ad oramai quasi quattro anni fa, debba essere aggiornato. Considerato, quindi, la notoria risalita dei prezzi delle compravendite nelle aree residenziale della città di Napoli e dell'aumento dei valori OMI per la stessa zona e tipologia rispetto a quelli considerati dal CTU, si ritiene equo fissare il valore dell'immobile in Euro 398.000,00 (trecentonovantottomila/00) all'attualità. Con riferimento, invece, alla divisibilità, si concorda con il CTU nella valutazione di oggettiva impossibilità di dividere l'appartamento in porzioni corrispondenti alle quote di diritto. In merito alla divisibilità del cespite, come più volte chiarito dalla giurisprudenza di legittimità il concetto di comoda divisibilità di un immobile a cui fa riferimento l'art. 720 c.c. postula, sotto l'aspetto strutturale, che il frazionamento del bene sia attuabile mediante determinazione di quote concrete suscettibili di autonomo e libero godimento che possano formarsi senza dover fronteggiare problemi tecnici eccessivamente costosi e, sotto l'aspetto economico - funzionale, che la divisione non incida sull'originaria destinazione del bene e non comporti un sensibile deprezzamento del valore delle singole quote rapportate proporzionalmente al valore dell'intero, tenuto conto della normale destinazione e utilizzazione del bene stesso (cfr., in tal senso ed "ex multis", Cass. civ., sez. II, 27 gennaio 2012, n. 1238). Sempre in base a quanto chiarito dalla Suprema Corte, l'art. 720 c.c., nel disciplinare l'ipotesi in cui l'immobile oggetto di comunione non sia divisibile o comodamente divisibile a prescindere dal fatto che le quote dei condividenti siano o meno eguali, configura la vendita all'incanto come rimedio residuale cui ricorrere quando nessuno dei condividenti voglia giovarsi della facoltà di attribuzione dell'intero (cfr., in tal senso, Cass. civ., sez. II, 13 maggio 2010, n. 11641). Invero, la richiesta di attribuzione risulta uno strumento pienamente idoneo a risolvere i problemi in tema di comunione relativa a beni indivisibili, ove la stessa abbia ad oggetto l'unico bene oggetto della comunione. L'art. 720 c.c. nell'indicare i criteri in base ai quali valutare la possibilità di attribuzione dei beni pone come criterio preferenziale quello della maggior quota, e subito dopo quello della richiesta congiunta da parte di più coeredi; sicché, secondo parte della giurisprudenza il maggior quotista avrebbe un vero e proprio diritto a vedersi attribuito l'immobile, diritto suscettibile di essere sacrificato in presenza di motivi, secondo alcuni di particolare gravità alla luce dell'interesse comune dei condividenti, dei quali il giudice è tenuto a dar conto in motivazione. Solo in via subordinata, infatti, il legislatore avrebbe manifestato una preferenza per l'attribuzione congiunta, che si porrebbe comunque come una soluzione da optare in alternativa alla vendita all'incanto, espressamente considerata dalla norma quale "extrema ratio" in tema di divisione. In conclusione, ritenuto che l'istanza di attribuzione proposta dal convenuto Sa.Mu. si connota per la contemporanea presenza di entrambi i requisiti preferenziali suddetti, la stessa merita senz'altro di trovare accoglimento con conseguente attribuzione allo stesso, in piena proprietà, dell'intera unità immobiliare caduta in successione costituita da un appartamento sito in Napoli alla Via (...) - Isolato 5 (Palazzo Residenza) - scala C - piano primo - interno 46, confinante a sud con appartamento interno (...), l'ascensore e la scala, ad est con appartamento int. 47 e la sottostante strada privata - a nord con il sottostante spazio privato - ad ovest con il sottostante spazio privato riportato al N.C.E.U. del Comune di Napoli alla sez. SCA /18, plla. (...), sub 52, cat. A/2, classe 6, vani 6,5 superficie catastale totale mq. 147, totale escluso aree scoperte mq. 142, r.c. euro 1.023,88, in ditta MA.An., MA.An.Ma., MA.An. (cl. 1959), MA.An. (cl. 1983), MA.Au., MA.Pa., MA.Si. e MU.Sa. Il tutto con i diritti proporzionali sulla casa del portiere e sulle altre cose comuni come da atti di provenienza. Da questi atti e dalla relazione del CTU non si evince l'esistenza di un "annesso box" così come dedotto in citazione. L'accoglimento della domanda in esame determina, altresì, a carico dell'attore l'obbligo di corrispondere, in favore degli attori l'eccedenza rispetto alla propria quota secondo le quote di ciascuno di essi. Pertanto, tenuto conto del valore dell'immobile così come in precedenza chiarito e della quota del convenuto, pari a 60/72 dell'intero, Sa.Mu. dovrà corrispondere in favore di: MA.Au. (2/72) l'importo di Euro 11.055,55; MA.Pa. (2/72) l'importo di Euro 11.055,55; MA.An. (cl. 1983) (1/72) l'importo di Euro 5.527,77; MA.Si. (1/72) l'importo di Euro 5.527,77; MA.An.Ma. (2/72) l'importo di Euro 11.055,55; MA.An. (cl. 1959) (2/72) l'importo di Euro 11.055,55; MA.An. (2/72) l'importo di Euro 11.055,55. Su queste somme sono dovuti gli interessi legali, al tasso previsto dall'art. 1284 cod. civ., dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino all'effettiva corresponsione. Al riguardo si deve, infatti, evidenziare che: 1) "in materia di divisione giudiziale, la somma dovuta a conguaglio dal condividente assegnatario a quello non assegnatario ha natura di debito di valore, che sorge, dopo lo scioglimento della comunione, all'atto dell'assegnazione a uno soltanto dell'intero bene non comodamente divisibile; da tale momento, quindi, sulla somma relativa sono dovuti gli interessi corrispettivi" (cfr., in tal senso ed "ex permultis", Cass. civ., sez. II, 15 giugno 2012, n. 9845); 2) "la sentenza che, nel disporre la divisione della comunione, pone a carico di uno dei condividenti l'obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di conguaglio, persegue il mero effetto di perequazione del valore delle rispettive quote, nell'ambito dell'attuazione del diritto potestativo delle parti allo scioglimento della comunione. Ne consegue che l'adempimento di tale obbligo - al contrario di quanto avviene nella sentenza costitutiva emessa ex art. 2932 cod. civ. per l'adempimento in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto, ove il pagamento del prezzo ad opera della parte acquirente costituisce adempimento della controprestazione e, se non avviene, determina l'inefficacia della sentenza (pur da accertarsi in un separato giudizio) - non costituisce condizione di efficacia della sentenza di divisione e può essere soltanto perseguito dagli altri condividenti con i normali mezzi di soddisfazione del credito, restando comunque ferma la statuizione di divisione dei beni" (cfr., in tal senso, Cass. civ., sez. II, 24 ottobre 2006, n. 22833; Cass. 1656/2017). Occorre ora esaminare la domanda che gli attori hanno proposto nei confronti di MU.Sa. volta ad ottenere pro quota la condanna del convenuto al pagamento dei frutti civili di cui i medesimi non hanno potuto godere per l'uso esclusivo dell'immobile da parte del convenuto. Il Mu. in sede di interrogatorio formale ha ammesso di avere goduto in via esclusiva dell'immobile da quando lo zio Am. è deceduto nel novembre del 2000. Il convenuto, tuttavia, nega di avere mai ricevuto dagli eredi comunicazione di voler godere dell'immobile e, comunque, ha eccepito, costituendosi tempestivamente, la prescrizione del diritto degli attori. Deve, innanzitutto, rilevarsi che l'occupazione dell'immobile da parte del convenuto non è senza titolo. Il Mu., invero, ha goduto e gode del bene esercitando le facoltà che la legge riserva al comproprietario. Invero, la domanda degli attori si fonda espressamente sul diritto di ciascun condividente di godere del bene in comunione e deve, quindi, essere qualificata come richiesta di indennizzo per il mancato godimento dei frutti civili dell'immobile spettanti a ciascuno degli altri comproprietari in ragione delle rispettive quote. Sul punto, si osserva che è principio consolidato di questo Tribunale quello secondo cui l'indennizzo per l'occupazione dell'immobile e per il conseguente mancato godimento dei frutti è dovuto dal comproprietario che ne faccia uso esclusivo dal giorno della richiesta da parte dell'altro comproprietario. Se è vero, infatti, che l'uso diretto del bene altro non è che l'attuazione del diritto dominicale, è pur vero che il comproprietario resta obbligato a non impedire agli altri condividenti l'eguale e diretto uso del bene ovvero di trarre dal bene i frutti civili (art. 1102 cod. civ.). Ne consegue che colui che utilizza, in via esclusiva, il bene comune non è tenuto, in via di principio, a corrispondere alcunché al comproprietario "pro indiviso" che risulti inerte. Tuttavia, allorché il proprietario abbia manifestato l'intenzione di utilizzare il bene in maniera diretta, l'occupante è tenuto al pagamento della corrispondente quota di frutti civili ritraibili dal godimento indiretto dell'immobile. Del resto, la giurisprudenza di legittimità ha più volte chiarito come l'art. 1102 cod. civ. intenda assicurare al singolo partecipante, per quel che concerne l'esercizio del suo diritto, la maggior possibilità di godimento della cosa comune, nel senso che, purché non resti alterata la destinazione del bene comune e non venga impedito agli altri partecipanti di fare parimenti uso della cosa, egli deve ritenersi libero di servirsi della cosa stessa anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilità, senza che possano costituire vincolo per lui forme più limitate di godimento attuate in passato dagli altri partecipanti, e può scegliere, tra i vari possibili usi quello più confacente ai suoi personali interessi (cfr., in tal senso, Cass. civile, sez. II, 5 settembre 1994, n. 7652). Proprio di recente la Cassazione ha affermato che "in materia di comunione del diritto di proprietà, se per la natura del bene o per qualunque altra circostanza non ne sia possibile, ai sensi dell'art. 1102 c.c., un godimento diretto con pari uso da parte dei comproprietari, essi possono deliberarne l'uso indiretto e, in mancanza di tale deliberazione, il comproprietario, che da solo ha goduto del bene, deve corrispondere agli altri partecipanti alla comunione i frutti civili con decorrenza dalla data in cui gli perviene la richiesta di uso turnario o comunque di partecipazione al godimento da parte degli altri comunisti" (Cass., sez. II, ordinanza n. 10264 del 18 aprile 2023). La partecipazione al godimento dei beni e dei frutti civili dai medesimi ricavabili, sotto forma di richiesta di pagamento dell'indennizzo, è stata formulata per la prima volta dai due danti cause degli attori, An. e Em.Ma., con la comparsa di costituzione con appello incidentale depositata presso la Corte di Appello di Napoli l'8 giugno 2005. I predetti chiesero alla Corte la condanna del Mu. alla restituzione, pro quota, dei frutti civili percepiti o che avrebbero potuto percepire dal godimento dell'immobile a far data dal 4 febbraio 2004, data di pubblicazione della sentenza del Tribunale di Napoli n. 1421/2004. La domanda nuova introdotta con l'atto d'appello, pur se inammissibile, ha effetti interruttivi della prescrizione poiché presuppone, in ogni caso, una pronuncia giudiziale suscettibile di passaggio in giudicato formale e, dunque, una difesa attiva della controparte, che resta compiutamente edotta della volontà dell'attore di esercitare il diritto di credito (Cass. Sez. Unite, sent. n. 1516 del 27 gennaio 2016). In tale ipotesi, secondo la medesima pronuncia appena indicata tra parentesi, la prescrizione non decorre, quindi, fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio (art. 2945, secondo comma, cod. civ.) (così anche Cass. 255/2006). Per effetto dell'art. 2945, comma secondo, c.c. il termine di prescrizione decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio che nella fattispecie è avvenuto l'8 maggio 2013 con il deposito dell'ordinanza n. 10852/2013 della Cassazione. Gli attuali attori hanno poi recapitato al Mu. il 17 luglio 2015 lettera raccomandata A/R con la quale hanno messo in mora il medesimo per il pagamento dell'indennizzo da mancato godimento del bene dal 2002 al 2015. Il presente giudizio è poi iniziato con la notifica della citazione in data 8 settembre 2017. L'eccezione di prescrizione può, quindi, essere accolta solo per il periodo dal gennaio 2002 al 3 febbraio 2004 atteso che per questo periodo la richiesta di pagamento dei frutti è formalmente stata avanzata solo il 17 luglio 2015, tredici anni dopo, e, quindi, ben oltre il termine quinquennale previsto per gli illeciti civili. Invero, con la lettera R/AR del 09-12.02.2001 i danti causa degli attori si limitarono ad intimare al Mu. di astenersi da qualsivoglia atto di gestione dei cespiti ereditari ma non gli contestarono né l'uso esclusivo né richiesero il pagamento pro quota dei frutti. Nei limiti di cui sopra, dunque, ossia dal giorno della proposizione di domanda di pagamento dei frutti, 8 giugno 2005, è, pertanto, dovuto l'indennizzo in favore degli attori in base alle rispettive quote di proprietà. In ordine alla quantificazione, che deve essere operata in via equitativa, ritiene questo giudice che il credito della convenuta possa essere determinato sulla base delle risultanze della relazione di consulenza tecnica d'ufficio le cui conclusioni, anche sul punto, appaiono corrette e conseguenti ad una esatta individuazione dei parametri di riferimento. Si ricorda che i frutti civili hanno, ai sensi dell'art. 820, terzo comma, cod. civ., la funzione di corrispettivo del godimento della cosa e possono essere liquidati con riferimento al valore figurativo del canone locativo di mercato (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5504 del 05/04/2012; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 17876 del 03/07/2019). Di seguito i canoni di locazione annui determinati dal CTU: Euro 13.200,00 per 11 mesi del 2004; Euro 14.400,00 per il 2005; Euro 17.903,52 per il 2006; Euro 15.068,79 per il 2007 Euro 13.129,24 per il 2008 Euro 11.935,68 per il 2009 Euro 11.935,68 per il 2010 Euro 11.189,70 per il 2011 Euro 11.189,70 per il 2012 Euro 11.040,50 per il 2013 Euro 10.742,11 per il 2014 Euro 9.249,40 per il 2015 Euro 8.949,60 per il 2016 Euro 8.949,60 per il 2017 Euro 10.554,48 per il 2018 Euro 10.554,48 per il 2019. Quanto al periodo gennaio 2020 - ottobre 2023 ritiene il Giudicante che in via equitativa il canone di locazione annuo possa per il 2020 confermarsi in Euro 10.554,48, un leggero aumento per il 2021 ad Euro 10.800,00, confermarsi questo valore di Euro 10.800,00 per il 2022 ed aumentarlo leggermente per questi primi 10 mesi del 2023 a complessivi Euro 9.200,00. In totale l'importo dei frutti civili che il bene avrebbe prodotto in tutti questi anni ammonta a complessivi Euro 231.346,96. Pertanto, in base alle quote di proprietà spetta a: MA.Au. (2/72) l'importo di Euro 6.426,30; MA.Pa. (2/72) l'importo di Euro 6.426,30; MA.An. (cl. 1983) (1/72) l'importo di Euro 3.213,15; MA.Si. (1/72) l'importo di Euro 3.213,15; MA.An.Ma. (2/72) l'importo di Euro 6.426,30; MA.An. (cl. 1959) (2/72) l'importo di Euro 6.426,30; MA.An. (2/72) l'importo di Euro 6.426,30. Su questi importi sono dovuti gli interessi legali, al tasso previsto dall'art. 1284 cod. civ., dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino all'effettiva corresponsione. Invero, i frutti civili dovuti hanno natura di debito di valuta, come tale non soggetto a rivalutazione monetaria, se non nei termini del maggior danno - da provarsi dal creditore - rispetto a quello soddisfatto dagli interessi legali, ai sensi dell'art. 1224 cod. civ. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4162 del 02/03/2015). Il Mu. in comparsa di costituzione e risposta depositata nel termine di cui all'art. 166 c.p.c. ha eccepito in compensazione "...tutte le spese sostenute ed anticipate dal comparente per la manutenzione, cura, gestione, tasse, imposte, condominio, ecc. connesse ai beni ereditari e/o alla persona del comune de cuius che comunque gravano sulla massa ereditaria". L'eccezione è ammissibile solo con riguardo alle spese per le quali risulta depositata documentazione già in sede di costituzione in giudizio. Invero, né alla prima udienza ex art. 183 c.p.c. né nella prima memoria istruttoria (che serve proprio per la precisazione delle eccezioni già proposte) il convenuto ha precisato gli importi richiesti in compensazione. Solo con la seconda memoria istruttoria ha prodotto ricevute e prospetti delle spese condominiali da dove si evincono gli importo di cui si chiede la compensazione. Per queste spese condominiali l'eccezione è tardivamente proposta perché l'importo andava precisato al più nella prima memoria consentendo così agli atto di replicare sul punto nella seconda memoria. Invece, gli attori sono stati costretti a difendersi nella terza memoria istruttoria che può utilizzata, tuttavia, solo per la prova contraria. Esaminando l'eccezione limitatamente agli importi già evincibili in sede di costituzione in giudizio tramite l'esame degli allegati cartacei alla comparsa, si deve rilevare che con riguardo ad essi l'eccezione di prescrizione sollevata nella terza memoria istruttoria dagli attori è tardiva in quanto tale eccezione doveva essere sollevata alla prima udienza ai sensi del previgente testo dell'art. 183 c.p.c.. L'eccezione di compensazione del Mu. è infondata. Le somme versate alla badante dello zio sono frutto di un atto di liberalità del Mu., come si legge nell'atto, e non vi è ragione giuridica, quindi, per pretendere il rimborso parziale dagli altri eredi; quanto alle spese di successione, da un lato, l'assegno al notaio è privo di data completa e non vi è prova che sia stato negoziato; quanto invece alle imposte versate il 9 aprile 2001 si tratta di quelle versate dal Mu. come unico erede in virtù del testamento della zia Au. poi dichiarato apocrifo dalla Corte di Appello di Napoli; pertanto, non si tratta di imposte liquidate o autoliquidate in nome e per conto anche di altri eredi per le quali si possa chiedere a questi ultimi il rimborso pro quota. Le spese della domanda di scioglimento della comunione, ivi comprese le spese di CTU, si pongono a carico della massa e si liquidano in dispositivo, con la precisazione che resta ferma la solidarietà passiva di tutte le parti nei confronti del CTU in virtù di quanto stabilito nel decreto di liquidazione del 15.10.2020. Pertanto, il presente regolamento delle spese in ordine alla CTU riguarda solo il rapporto interno tra le parti. Quanto, invece, alla causa avente ad oggetto la domanda di pagamento dell'indennizzo per l'occupazione esclusiva del bene immobile da parte del convenuto, queste si liquidano in dispositivo, ai sensi dell'art. 91 c.p.c. sulla base del principio della soccombenza con attribuzione al procuratore antistatario degli attori (la richiesta è formulata in citazione). Da ultimo, stante il disposto dell'art. 2646 cod. civ., deve, fin d'ora, essere autorizzata la trascrizione della presente sentenza, a cura del conservatore dei pubblici registri immobiliari territorialmente competente e con suo esonero da ogni responsabilità. P.Q.M. Il Tribunale di Napoli, sezione ottava civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunziando nella controversia civile promossa come in epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: 1) dichiara lo scioglimento della comunione, derivante dalle successioni dei coniugi Ma.Au. e di Mu.Am. secondo le vicende esposte in motivazione, sull'unità immobiliare costituita dall'appartamento sito in Napoli alla Via (...)- Isolato 5 (Palazzo Residenza) - scala C - piano primo - interno 46, confinante a sud con appartamento interno 47, l'ascensore e la scala, ad est con appartamento int. 47 e la sottostante strada privata - a nord con il sottostante spazio privato - ad ovest con il sottostante spazio privato, riportata al N.C.E.U. del Comune di Napoli alla sez. SCA, foglio (...), plla. (...), sub 52, cat. A/2, classe 6, vani 6,5 superficie catastale totale mq. 147, totale escluso aree scoperte mq. 142, r.c. euro 1.023,88, in ditta MA.An., MA.An.Ma., MA.An. (cl. 1959), MA.An. (cl. 1983), MA.Au., MA.Pa., MA.Si. e MU.Sa.; 2) dichiara che il predetto bene immobile si appartiene in piena proprietà a: MA.Au. per la quota di 2/72; MA.Pa. per la quota di 2/72; MA.An. (n. 20.04.1983) per la quota di 1/72; MA.Si. per la quota di 1/72; MA.An.Ma. per la quota di 2/72; MA.An. (n. 29.04.1959) per la quota di 2/72; MA.An. per la quota di 2/72; MU.Sa. per la quota di 60/72; 3) dichiara non comodamente divisibile il bene immobile sopra menzionato; 4) dispone l'attribuzione, in piena ed esclusiva proprietà, del bene immobile sopra descritto, con tutti i diritti sulle parti comuni del fabbricato come descritti nei titoli di provenienza, a favore del convenuto MU.Sa. (c.f.: (...)), nato il (...) a Portici (NA) ed ivi residente alla Via (...), già proprietario singolarmente per la quota dei 60/72 e contro gli attori MA.Au., c.f.: (...), MA.An., c.f.: (...), MA.An., c.f.: (...), nato il (...) a Moiano (BN), Ma.An.Ma., c.f.: (...), MA.Si., c.f.: (...), MA.Pa., c.f.: (...), MA.An., c.f.: (...), nato a Benevento il (...), attori già proprietari singolarmente delle quote di proprietà indicate al punto 2) di questo dispositivo; 5) condanna il convenuto al pagamento, in favore degli attori, dell'eccedenza, pari agli importi pro quota di seguito indicati: Euro 11.055,55 a MA.Au.; Euro 11.055,55 a MA.Pa.; Euro 5.527,77 MA.An. (cl. 1983); Euro 5.527,77 a MA.Si.; Euro 11.055,55 a MA.An.Ma.; Euro 11.055,55 a MA.An. (cl. 1959); Euro 11.055,55 MA.An., oltre agli interessi legali su ciascuno di questi importi, al tasso previsto dall'art. 1284 cod. civ., dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino all'effettiva corresponsione; 6) condanna altresì il convenuto al pagamento, in favore degli attori delle somme di seguito indicate, a titolo di indennità di occupazione esclusiva per il mancato godimento dei frutti civili, oltre agli interessi legali, al tasso previsto dall'art. 1284 cod. civ., dalla data di pubblicazione della presente sentenza, fino all'effettiva corresponsione: Euro 6.426,30 a MA.Au.; Euro 6.426,30 a MA.Pa.; Euro 3.213,15 a MA.An. (cl. 1983); Euro 3.213,15 a MA.Si.; Euro 6.426,30 a MA.An.Ma.; Euro 6.426,30 a MA.An. (cl. 1959); Euro 6.426,30 a MA.An.; 7) pone a carico della massa le spese della causa di scioglimento della comunione che liquida in euro 15.000,00 per compensi ed euro 1.000,00 per spese, oltre rimborso generali (15% sui compensi), CPA ed Iva come per legge, in favore degli attori con distrazione in favore del procuratore antistatario dei medesimi ed in euro 11.500,00 per compensi oltre rimborso generali (15% sui compensi), CPA ed Iva come per legge, a favore del convenuto MU.Sa. con distrazione in favore dei suoi procuratori dichiaratisi antistatari; 8) pone nei rapporti interni tra le parti le spese di CTU a carico della massa confermando la solidarietà passiva delle stesse nei confronti del consulente come da decreto di liquidazione del compenso; 9) condanna MU.Sa. al pagamento delle spese di lite della causa avente ad oggetto il pagamento a titolo di indennizzo dei frutti civili non percepiti dagli attori, spese che liquida in euro 5.800,00 per compensi, oltre rimborso generali (15% sui compensi), CPA ed Iva come per legge, con distrazione in favore del procuratore antistatario degli attori; 10) autorizza il conservatore dei pubblici registri immobiliari territorialmente competente a procedere alla trascrizione della presente sentenza con esonero da ogni responsabilità. Così deciso in Napoli, il 17 ottobre 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI TERAMO Il Tribunale, nella persona del Giudice Onorario dott.ssa Patrizia Carota, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1520/2015 promossa da: (...), rappresentata e difesa dagli Avv.ti Al.De. e Du.Ar. ed elettivamente domiciliata presso e nello studio dell'Avv. Al.De., sito in Teramo, via (...), giusto mandato in atti; ATTORE Contro (...), rappresentata e difesa dall'Avv. Fe.Sc. ed elettivamente domiciliata presso e nel suo studio sito in Teramo, frz. S. Nicolò a Tordino (TE), via (...), giusto mandato in atti; CONVENUTO Nonché contro (...) E (...), rappresentati e difesi dall'Avv. St.Le. ed elettivamente domiciliati presso e nel suo studio sito in Teramo, via (...), giusto mandato in atti; ALTRI CONVENUTI Nonché contro CURATELA DELL'EREDITA' GIACENTE DI (...), in persona del Curatore dott. (...); ALTRO CONVENUTO CONTUMACE OGGETTO: azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato il 22.04.2015 la sig.ra (...) adiva codesto Tribunale, per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni : "a) accertati i presupposti di cui all'art. 2901 c.c. così come descritti in narrativa disporre la revocatoria dell'atto di donazione effettuato dai signori (...) e (...) in favore dei loro nipoti (...) e (...) con atto pubblico del 3 maggio 2010 a rogito Notaio Dott. (...) rep. N. (...) relativo all'immobile identificato in catasto Comune di T., foglio n. (...), particella (...), sub. (...), zona 1, categoria (...), classe (...), consistenza 5 vani sito in T. alla via (...) S. ed il lastrico solare identificato in catasto Comune di T., foglio n.(...), particella n.(...), sub.(...) della consistenza di 280 m2 sito in T. alla Via (...) S. ed al lastrico solare identificato in catasto Comune di T., foglio (...), particella n. (...), sub (...) della consistenza di 280 mq sito n T. alla Via P.S.; b) con vittoria di spese diritti ed onorario". Con comparsa di costituzione e risposta del 02.10.2015, si costituiva in giudizio la sig.ra (...) chiedendo : "Affinché piaccia all'On.le Tribunale, contrariis reiectis: - Accertare e dichiarare la carenza di legittimazione passiva della sig.ra (...) -ed in ogni caso- l'estromissione di quest'ultima dal presente giudizio;- Accertare e dichiarare l'inammissibilità e/o comunque l'improcedibilità della domanda avanzata dalla sig.ra (...) - ed in ogni caso- rigettare ogni domanda formulata dalla parte attrice in quanto infondata in fatto ed in diritto; In via gradata : - ove l'On. Giudicante non ritenga accoglibili le sollevate eccezioni di inammissibilità e/o improcedibilità della domanda di revocazione avanzata dalla sig.ra (...), si chiede che venga concessa la sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. del presente giudizio sino all'esito dei proc. N. 1966/2010 e n. 1521/2015 pendenti innanzi al Tribunale di Teramo. Con vittoria di spese,diritti ed onorari di causa". Con comparsa di costituzione e risposta del 31.10.2015 si costituivano, altresì, i sig.ri (...) e (...), rassegnando le seguenti conclusioni: "1) accertata la carenza dei presupposti di cui agli artt. 2901 e 22. Del codice civile, rigettare la domanda proposta dalla Sig.ra (...) in quanto inammissibile ed infondata; 2) con vittoria di spese ed onorari di causa". All' udienza del 03.11.2015 il G.I. concedeva alle parti i termini di cui all'art. 183 , sesto comma, c.p.p. Dopo il deposito ad opera delle parti delle memorie summenzionate, il Giudice , con ordinanza fuori udienza del 26.07.2016, disponeva la separazione della causa pendente tra (...) e (...), (...), (...) da quella pendente tra (...) e (...), (...), (...), (...), fissava ,con riferimento alla prima delle suddette procedure per la precisazione delle conclusioni e discussione orale ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. l'udienza del 14.12.2016 mentre con riferimento alla seconda causa fissava per la discussione in contraddittorio delle parti della domanda svolta ai sensi dell'art. 481 c.c. da parte attrice avente ad oggetto la fissazione, nei confronti di (...),di un termine perentorio per la accettazione dell'eredità di (...), l'udienza del 15.2.2017 assegnando a parte attrice termine fino al 30.9.2016 per la notifica della predetta ordinanza a (...). All'udienza del 15.02.2017, il G.I. rinviava la causa all'udienza del 05.04.2017. A tale udienza il G.I. fissava per la prosecuzione del processo l'udienza del 4.10.2017,poi differita al 21.11.2017. A tale udienza il G.I. si riservava e ,con ordinanza del 23.02.2018, a scioglimento della riserva assunta, disponeva in primo luogo la separazione della causa pendente tra (...) (attrice) e (...) (convenuta) da quella pendente tra (...) (attrice) e (...), (...), (...) (convenuti), inoltre, con riferimento alla prima dei suddetti procedimenti , considerata la rinuncia agli atti del giudizio pendente tra (...) e (...), effettuata da (...), per mezzo dei propri procuratori speciali, all'udienza dell'11.5.2016 (e ribadita all'udienza del 21.11 2017), ritenuto che stante la contumacia della convenuta (...) non fosse necessaria l'accettazione da parte di quest'ultima della rinuncia suddetta ai fini dell'estinzione del processo, dichiarava l'estinzione del processo pendente tra (...) e (...). Infine, con riferimento alla causa pendente tra (...) e (...), (...) e (...), disponeva la trasmissione di copia del fascicolo all'Ufficio delle Successioni del Tribunale di Teramo per l'adozione dei provvedimenti di competenza, nonché fissava per la prosecuzione del processo dinanzi a sé l'udienza del 12.12.2018, poi differita inizialmente al 10.07.2019 e successivamente prima al 15.07.2019 e poi al 28.11.2019. A tale udienza il G.I. disponeva l'integrazione del contradditorio nei confronti del curatore dell'eredità giacente di (...), da eseguirsi a cura di parte attrice entro il 10.1.2020 e rinviava per il prosieguo all'udienza del 23.4.2020, poi, differita al 30.09.2020 e, successivamente, al 04.11.2020. A tale udienza il G.I. fissava per la discussione della causa, ex art. 281 sexies c.p.c., l'udienza del 14.09.2022. La causa, quindi , perveniva all'udienza del 07.12.2022 e trattenuta in decisine senza concessione di ulteriori termini. La domanda di parte attrice è fondata e, pertanto, meritevole di accoglimento per i motivi e nei limiti che seguono. Preliminarmente, deve essere dichiarata la contumacia della Curatela dell'eredità giacente del sig. (...), in persona del Curatore dott. (...), non costituitasi in giudizio nonostante la regolare notifica dell'atto di citazione. Successivamente ed in via prioritaria va rilevata l'infondatezza delle eccezioni preliminari formulate da parte convenuta e relative ad un'asserita carenza di legittimazione passiva in capo alla sig.ra (...) nonché ad una presunta improcedibilità della domanda attorea. In ordine alla prima eccezione v'è da rilevare come la domanda di revocatoria in parte qua abbia ad oggetto due distinti atti di donazione, uno concernente l'immobile descritto negli atti introduttivi e l'altro il relativo lastrico solare. Ebbene, la legittimazione passiva della sig.ra (...) certamente sussiste in ordine al secondo atto di donazione, in quanto posto in essere dalla stessa e dal di lei marito, sig.(...), in favore dei nipoti odierni convenuti. In ordine al primo negozio donativo, pur essendo lo stesso stato posto in essere dal solo (...), ben può ritenersi egualmente sussistente la legittimazione passiva in capo alla convenuta ,ciò in quanto la medesima risulta essere moglie del (...) e, pertanto, in forza di tale qualità, essere dotata di legittimazione passiva relativamente al giudizio in parte qua sulla scorta del principio elaborato dalla Suprema Corte secondo il quale la legittimazione passiva spetta ad entrambi i coniugi anche se l'atto è stato stipulato da uno solo di essi (Cass. Civ. sez.I , Ordinanza n. 8978 del 29.03.2019). In ordine, poi, alla seconda eccezione preliminare formulata da parte convenuta e ut supra specificata, la sua infondatezza va riscontrata nel pacifico indirizzo elaborato dalla Giurisprudenza, tanto di legittimità quanto di merito, in forza del quale anche il credito non liquido né esigibile e perfino il credito meramente eventuale sono suscettibili di tutela mediante il ricorso all'azione revocatoria. Ciò in quanto presupposto indefettibile dell'azione revocatoria è, ovviamente, costituito dall'esistenza di un rapporto di credito debito tra le parti, idoneo a fondare la domanda ex art. 2901 c.c. anche se litigioso e/o contestato, avendo la Corte di Cassazione a più riprese ribadito come sia sufficiente la semplice allegazione del credito eventuale in veste, per l'appunto, di credito litigioso, quale titolo di legittimazione e fatto costitutivo della fondatezza della domanda revocatoria, la cui sussistenza è data proprio dal giudizio di accertamento del credito, del quale non è necessario attendere la definizione prima di pronunciare sulla domanda di revocatoria (ex multiis Cass. Civ., SS.UU., n. 9440/04,Cass. Civ.,Ordinanza n. 22859/2019, Cass. Civ. 5618/2018; Cass. Civ. 11755/2018 , Cass. Civ. n. 7452/00, Cass. Civ. n. 2104/2000, Cass. Civ. 1220/1986; Cass. Civ. 12144/1999 ,Trib. Rieti n. 221/2019, Trib. Arezzo, n. 864 del 18.09.2018; cfr. Trib. Rimini, n. 248 del 10.03.2018). Quanto al merito , gli atti di causa hanno, altresì, consentito di accertare la sussistenza dell'elemento oggettivo necessario per l'esperimento ,ad opera di parte attrice, dell'azione revocatoria ordinaria, vale a dire l'eventus damni. E', infatti, ormai pacifica in giurisprudenza, tanto di legittimità quanto di merito, la ricorrenza dell' elemento dell' eventus damni non solo nel caso in cui l'atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito ( ex multiis Cass. Civ. Sez. III, 19/07/2018, n. 19207; Cass. Civ. Sez. VI, 10/02/2015, n. 2530; Cass. Civ. Sez. III, 04/07/2006, n. 15265; Cass. Civ. Sez. III, 27/10/2004, n. 208139). Alla luce di ciò, pertanto, la documentazione versata in atti ha consentito di riscontrare come , attraverso i negozi donativi posti in essere dalla convenuta e dal di lei marito in favore dei nipoti (...) e (...), il patrimonio degli stessi abbia subito un depauperamento in quantità e qualità tali da determinare una maggiore incertezza e difficoltà, in capo a parte attrice, nel soddisfacimento del suo credito, dato che le visure effettuate per stabilire la consistenza patrimoniale della convenuta e del suo coniuge defunto, hanno comprovato la circostanza in forza della quale, al netto dell'immobile e del lastrico solare oggetto delle donazioni di cui in causa, i medesimi coniugi (...) non risultino proprietari di alcun altro immobile bensì esclusivamente intestatari di terreni rappresentanti beni di difficile realizzabilità rispetto agli immobili e di valore non certo sufficiente a soddisfare le domande risarcitorie di parte attrice. Tali conclusioni risultano, altresì, corroborate dal fatto che vi sia stata, da parte di tutti gli attuali convenuti, rinuncia all' eredità del sig. (...) , proprio atteso lo scarso valore della massa ereditaria tanto che si è dovuto provvedere alla nomina di un Curatore dell' eredità giacente, non costituitosi nel presente giudizio pur essendo stato attinto dalla notifica, ad opera di parte attrice ,dell' atto di citazione introduttivo del medesimo. Infine, sempre sul punto, gli atti di causa hanno consentito di accertare come la convenuta (...) non possieda somme di denaro utilmente pignorabili, circostanza riscontrabile dalle allegate dichiarazioni di terzo relative alla (...), tutte negative. Inoltre, sempre in tema di configurabilità dell' elemento oggettivo predetto, gli atti di causa hanno consentito di accertare, altresì, come la debitrice convenuta non abbia assolto all'onere specifico, sulla stessa incombente, di provare che il suo patrimonio residuo fosse tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore, requisito questo espressamente richiesto sul punto da un solido e corposo indirizzo giurisprudenziale (Cass. Civ. Sez. III, 19/07/2018, n. 19207; Cass. Civ. Sez. VI, 10/02/2015, n. 2530; Cass. Civ. Sez. III, 04/07/2006, n. 15265; Cass. Civ. Sez. III, 27/10/2004, n. 208139). Parimenti gli atti di causa hanno inequivocabilmente condotto a ritenere fondata la sussistenza dell'elemento psicologico cosiddetto della scientia damni, necessario ai fini della revocabilità dell'atto ex art.2901 c.c. in capo alla debitrice convenuta, sig.ra (...), Segnatamente, infatti, rileva , come dato corroborante per la sussistenza dell'elemento soggettivo summenzionato, il fatto che i negozi donativi ut supra specificati siano stati posti in essere in un arco temporale ristretto e, soprattutto, immediatamente successivo all' invio della raccomandata a/r del 16 aprile 2010 con la quale l'attrice richiedeva ai signori (...), (...) e Arch. (...) (quest'ultimo in qualità di direttore dei lavori) il risarcimento dei danni patrimoniali subiti nel lato sud-est del proprio immobile, quantificati in Euro 54.046,03, a causa degli asseriti gravissimi vizi di costruzione del fabbricato, a loro tempo sottaciuti dai venditori (...) e (...). Infatti , i predetti atti dispositivi venivano posti in essere con atto pubblico il 03.05.2010. Nè valga ad escludere sul punto la sussistenza dell'elemento della scientia damni in capo a parte convenuta, l'eccezione sollevata dalla medesima circa il fatto che l'immobile oggetto di donazione fosse a suo tempo di proprietà del sig. (...), padre dei convenuti (...) e (...), ed abitato da questi ultimi anche in epoca antecedente alla donazione e che il nonno di questi ultimi, sig. (...) , lo avesse riacquistato dopo che era stato pignorato e, successivamente, finito all'asta con lo scopo di donarlo ai nipoti , dato che risulta per tabulas che l' acquisto venne compiuto in data 05.08.2002, ma l'immobile venne donato dal (...) ai nipoti solo dopo 8 anni dall'acquisto e in un periodo temporalmente successivo e strettamente contiguo alla richiesta di risarcimento danni pervenutagli da parte attrice (formulata con raccomandata del 16.04.2010), vale a dire con donazione per atto pubblico del 03.05.2010. Tra l'altro la sussistenza dell' elemento soggettivo della scientia damni in capo alla convenuta sig.ra (...), viene corroborata anche dal fatto che, per ben due volte e in due distinti procedimenti che hanno visto coinvolte le stesse parti del presente giudizio e segnatamente: il procedimento rubricato al n. 1966/2010 RG, definito con sentenza emessa da codesto Tribunale n. 156/2021, e il procedimento per ATP n. 855/2012 sempre proposto innanzi al Tribunale di Teramo, il CTU nominato dall'Autorità Giudicante abbia accertato come i danni che si sono verificati al fabbricato di proprietà di parte attrice erano derivanti dal fatto che il medesimo non era stato realizzato nel rispetto delle vigenti prescrizioni legislative e delle prescrizioni tecniche impartite dal Genio Civile di Teramo nonché riportate sul grafico strutturale relativo al fabbricato stesso e che, pertanto, il Tribunale di Teramo, con sentenza passata in giudicato ,relativamente al primo procedimento ,condannava l'odierna convenuta (...) al risarcimento, in favore proprio dell'odierna parte attrice, della somma di Euro 54.046,03, esattamente la somma che a suo tempo l'attrice aveva richiesto alla convenuta e al di lei marito con la raccomandata del 16.04.2010 e che ora veniva liquidata in sentenza, con ciò, dunque, provando che la (...), unitamente al marito sig. (...) , ben era consapevole al tempo in cui ricevette la predetta raccomandata contente la richiesta di risarcimento dei danni, di essere debitrice della somma suddetta perché corresponsabile dei danni quantificati con quella cifra e ,in virtù di tale consapevolezza, a distanza di soli 29 giorni dal ricevimento della missiva, poneva in essere gli atti di disposizione patrimoniale oggetto del presente giudizio con la consapevolezza di sottrarre i beni oggetto dei negozi donativi per cui è causa alla garanzia creditoria. Si deve rammentare, a corredo delle deduzioni che precedono , che la giurisprudenza di legittimità afferma che la prova della scientia damni, nell' azione revocatoria ordinaria, può essere fornita tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato (Cassazione n. 27546/2014). Inoltre ,sempre in ordine alla configurabilità del predetto elemento soggettivo in capo ai familiari del convenuto, la Giurisprudenza di legittimità è chiara nel sostenere che la prova del requisito della consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi dei creditori può essere fornita anche mediante presunzioni, dovendosi, tra l'altro, attribuire rilievo al grado di parentela fra il debitore e gli acquirenti. In particolare, lo stretto rapporto di parentela ha una precisa rilevanza ai fini dell'esclusione della buona fede ( Cass. Civ. n 17821/14). E, dunque, per quanto fin qui esposto la domanda viene a trovare accoglimento. In ragione dell'esito complessivo della lite, le spese seguono la soccombenza con condanna dei convenuti, in solido, al pagamento delle medesime in favore di parte attrice. Esse si liquidano, in applicazione delle tabelle allegate al D.M. n. 147 del 2022, tenuto conto del valore della controversia, delle questioni giuridiche e fattuali trattate, del pregio dell'attività professionale svolta, secondo i valori medi in Euro 7.616,00 (Euro 1701,00 per la fase di studio, Euro 1.204,00 per la fase introduttiva, Euro1.806,00 per la fase istruttoria/trattazione ed Euro 2.905,00 per la fase decisionale) , in favore di parte attrice. P.Q.M. Il Tribunale di Teramo, definitivamente pronunciando sulla domanda avanzata da (...) contro (...) nonché contro (...) e (...) nonché contro CURATELA DELL'EREDITA' GIACENTE DI (...), in persona del Curatore dott. (...), disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, così provvede: 1. Dichiara la contumacia della Curatela dell' eredità giacente di (...), in persona del Curatore dott. (...) ; 2. Accoglie la domanda di parte attrice ,per le ragioni di cui in motivazione , e per l'effetto Dichiara inefficace nei confronti della sig.ra (...) l 'atto di donazione effettuato dai signori (...) e (...) in favore dei loro nipoti (...) e (...) con atto pubblico del 3 maggio 2010 a rogito del Notaio Dott. (...) rep. n. (...), relativo all'immobile identificato in catasto Comune di T., foglio n. (...), particella n. (...), sub (...), zona 1, categoria A., classe 2, consistenza 5 vani, sito in T.A.V.P.S. ed al lastrico solare identificato in catasto Comune di T., foglio n. (...), particella n. (...), sub (...), della consistenza di 280 m2, sito in T. alla Via (...) S.; 3. Condanna le parti convenute in solido alla refusione, in favore di parte attrice , delle spese del procedimento, che si liquidano in Euro 898,88 per spese ed Euro 7.616,00 per compensi professionali al difensore, oltre rimborso forfettario 15%, IVA e CNPA come per legge dovuti. Così deciso in Teramo il 20 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 26 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D'APPELLO DI CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI Composta da Dott.ssa Maria Teresa Spanu - Presidente Dott.ssa Cinzia Caleffi - Consigliere rel. Dott.ssa Cristina Fois - Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al n. 175/2022 RG promossa da (...) (cf (...)) domiciliata elettivamente in VIA (...) SASSARI presso lo studio dell'avv. DO.MA. che la rappresenta e difende in forza di procura in atti, unitamente agli avv.ti BA.AL. e AL.MO. appellante-appellata incidentale CONTRO (...) (cf (...)) domiciliata elettivamente in VIA (...) SASSARI presso lo studio dell'avv. BA.FI. che la rappresenta e difende in forza di procura in atti appellata-appellante incidentale e (...) (cf (...)), (...) (cf (...)) e (...) (cf (...)) domiciliati elettivamente in VIA (...) SASSARI presso lo studio dell'avv. CO.MA. che li rappresenta e difende in forza di procura in atti appellati Oggetto: divisione. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con sentenza non definitiva n. 7/2022, emessa in data 10.1.2022, il Tribunale di Sassari, nel procedimento promosso da (...) avverso i fratelli (...), (...), (...) e (...), disponeva lo scioglimento della comunione ereditaria fra le parti in ordine: - ai beni pervenuti, per successione legittima, dall'eredità relitta dalla madre, (...)E., e consistiti nei 2/3 della proprietà della villa sita in S. nella via (...) 12 e nei 10/45 della proprietà della villa sita in S. M. L. nella via N. C. 24; - ai beni pervenuti, per successione testamentaria, dall'eredità relitta dal padre, (...), e consistiti in: - 1/3 della proprietà della villa sita in S. nella via (...) 12; - 35/45 della proprietà della villa sita in S. M. L. nella via N. C. 24; - intera proprietà dell'immobile sito in S. V. S. L. 8; - intera proprietà dell'immobile sito in S. nella via F. T. 53; - intera proprietà dell'immobile sito in S. nella via F. T. 61; - intera proprietà dell'immobile sito in S. nella via M. G. 5/a; - intera proprietà dell'immobile sito in S. nella via T. 57; - cassetta di sicurezza custodita presso (...), filiale di S., Piazza d'I., come indicato nel verbale notarile in data 18 febbraio 2020, depositato il 24 febbraio 2020 nel fascicolo telematico. Il giudice di primo grado disponeva, inoltre, come da separata ordinanza, la prosecuzione del giudizio con la nomina di un consulente d'ufficio per la predisposizione di un piano divisionale in cinque quote di pari valore, rimettendo alla sentenza definitiva sulle spese. (...) ha proposto appello censurando la sentenza: i) per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 183 c.p.c. e nullità della sentenza per violazione dell'ordine delle questioni di cui all'art. 276, comma 2 c.p.c., sul presupposto che il tribunale procedeva alla divisione giudiziale non solo dei beni pervenuti dall'eredità del padre, (...), ma anche di quelli pervenuti dalla successione della madre, (...), nonostante l'attrice, (...), avesse chiesto la sola divisione dei beni paterni, introducendo tale domanda soltanto con la memoria ex art. 183 comma vi n. 1 c.p.c. e, quindi, tardivamente, come eccepito prontamente dall'appellante, e nonostante nessuna delle altre parti avesse mai dichiarato di voler procedere ad una divisione per "masse plurime"; ii) per violazione e falsa applicazione delle specifiche norme giuridiche inerenti la divisione ereditaria di masse plurime (artt. 726 c.c. e segg., art. 757 c.c.), sul presupposto che in difetto di consenso dell'appellante in ordine alla divisione a "masse plurime", il tribunale non poteva procedere a più divisioni di masse ereditarie diverse, tenuto altresì conto che i coeredi avevano ricevuto dai loro genitori quote diverse dei medesimi beni solo in relazione a due immobili mentre gli altri erano tutti di proprietà esclusiva del padre; iii) per violazione degli artt. 726 ss. c.c. e delle disposizioni testamentarie nonché violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., sul presupposto che non erano stati considerati tutti i beni facenti parte della massa ereditaria di (...) ed in particolare la cassetta di sicurezza in essere presso (...), i "numerosi beni mobili di cui all'inventario (seppur parziale) prodotto" e l'intero patrimonio di (...) (detto "zio (...)"), fratello di (...), "deceduto senza lasciare eredi legittimi, ma istituendo con testamento olografo del 19.12.1980 ... erede universale proprio (...), il cui patrimonio ereditario si era quindi arricchito da tale ulteriore rilevante asset"; iv) per l'errata interpretazione del secondo testamento dell'8.11.1995 attribuito allo zio (...) ed omessa valutazione dell'efficacia ex tunc di una eventuale pronuncia dichiarativa della nullità dello stesso ex art. 606 c.c., sul presupposto che il secondo testamento di (...), quello appunto del 1995, - e con il quale (...) era stato escluso dalla successione in favore dei nipoti di sesso maschile - era oggetto di impugnazione per nullità perché apocrifo nel giudizio pendente davanti al Tribunale di Sassari n. 1164/2020 RG e che la decisione di tale procedimento era pregiudiziale rispetto a quella del presente, nel quale la massa ereditaria pervenuta da (...) andava appunto determinata anche considerando quanto lasciato allo stesso da (...), con conseguente necessità di sospendere il presente procedimento; v) per insussistenza dei presupposti in fatto posti a fondamento della decisione al fine di escludere l'applicabilità delle disposizioni testamentarie di (...), con le quali il de cuius aveva disposto l'attribuzione della sola quota di legittima in favore del coerede che avesse iniziato una lite giudiziaria per la divisione del patrimonio e per erroneità della motivazione nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 633, 634, 638, 1362, 1367 e 1368 c.c., sul presupposto che il tribunale errava nell'interpretazione delle suddette disposizioni testamentarie; vi) per erroneità, contraddittorietà ed illogicità della motivazione in ordine allo svolgimento ed all'esito del procedimento di mediazione e per violazione e falsa applicazione degli artt. 8 D.Lgs. n. 28 del 2010 e 116 comma 2 c.p.c., sul presupposto che il giudice di primo grado valutava erroneamente il fallimento del procedimento di mediazione obbligatorio, addebitabile unicamente a R.. L'appellante, alla prima udienza, ha rinunciato alla istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata. Si sono costituiti i fratelli appellati, (...), (...) e (...), resistendo all'appello di cui hanno domandato il rigetto perché infondato. Si è costituita la sorella (...) chiedendo il rigetto dell'appello ed in via incidentale, l'attribuzione all'appellante della sola quota di legittima, posto che la stessa aveva "assunto un atteggiamento ostruzionistico e litigioso, contrario alle disposizioni testamentarie del padre (...)". La causa, istruita documentalmente, è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti. A) Dell'oggetto della domanda e delle masse ereditarie da dividere: motivi diappello i) e ii). Il tribunale gravato procedeva allo scioglimento della comunione ereditaria fra le parti in ordine sia ai beni pervenuti, per successione legittima, dall'eredità relitta dalla madre, (...)E., e sia a quelli pervenuti, per successione testamentaria, dall'eredità relitta dal padre, (...), sostenendo che "l'attrice, sebbene nella citazione richiami principalmente la comunione ereditaria sorta a seguito del decesso del padre delle parti (...), rappresenta comunque anche la situazione patrimoniale sorta precedentemente tra gli stessi coeredi con la morte, avvenuta nel 2001, della madre G.H., a seguito della quale le quote indivise dei medesimi beni erano già pervenute al coniuge ed ai figli?.come già allegato nell'atto introduttivo e comunque meglio precisato da parte attrice nella sua prima memoria ex art. 183, co. 6, c.p.c.", tenuto anche conto che "i coeredi, fratelli germani, hanno ricevuto dai loro genitori quote diverse dei medesimi beni immobili, sicché, una volta risolte le questioni interpretative dei testamenti di (...), ben potranno essere individuate le rispettive porzioni ed attribuiti a ciascuno i beni in natura" e ritenendo, pertanto, "senz'altro opportuno?.procedere unitariamente allo scioglimento di entrambe le comunioni ereditarie". L'appellante, con i primi due motivi di doglianza, da trattare congiuntamente perché strettamente connessi, ha censurato la decisione perché assunta in violazione degli artt. 112 e 183 c.p.c., posto che l'attrice, (...), chiedeva nel suo atto di citazione la sola divisione dei beni paterni, introducendo la domanda di divisione dei beni materni solamente con la memoria ex art. 183 comma vi n. 1 c.p.c. e, quindi, tardivamente e nonostante nessuna delle altre parti avesse mai dichiarato di voler procedere ad una divisione per "masse plurime", non potendo il tribunale, in difetto di consenso, procedere a più divisioni di masse ereditarie diverse, tenuto altresì conto che i coeredi, a differenza di quanto affermato dal tribunale, avevano ricevuto dai loro genitori quote diverse dei medesimi beni solo in relazione a due immobili mentre gli altri erano tutti di proprietà esclusiva del padre. Le censure non sono fondate. Quanto al secondo profilo della doglianza, è sufficiente evidenziare che il tribunale gravato, nella sentenza impugnata, non procedeva ad un'unica divisione nonostante il contrario consenso delle parti, ma a tante divisioni quanto erano le masse, posto che nel dispositivo della sentenza impugnata si disponeva lo scioglimento della comunione, da un lato, dei beni pervenuti dall'eredità relitta dalla madre, (...)E., e dall'altro, di quelli pervenuti dall'eredità relitta dal padre, (...), in conformità a quanto statuito dalla Suprema Corte in materia (cfr Cass. n. 25756/18: "Nel caso di divisioni di beni provenienti da titoli diversi e, perciò, appartenenti a distinte comunioni, si deve procedere a tante divisioni quante sono le masse, derivandone il litisconsorzio necessario tra i condividenti soltanto all'interno del giudizio di divisione relativo a ciascuna di esse; può invece procedersi a un'unica divisione solo in presenza del consenso di tutte le parti, purché la circostanza risulti da uno specifico negozio"). Solo in sede di progetto divisionale e formazione delle singole quote si potrà, e dovrà, in concreto, tenere conto della diversa provenienza delle masse ereditarie e quindi, dei titoli di comproprietà sui beni, escludendo l'ammissibilità, in difetto di consenso di tutte le parti, di un progetto divisionale cumulativo di tutti i beni ancorchè provenienti da diversi titoli. Quanto invece alla violazione degli artt. 112 e 183 c.p.c., deve escludersi che la domanda di divisione del compendio ereditario materno sia stata introdotta in giudizio tardivamente solo con la memoria ex art. 183 c.p.c.. Orbene, (...) conveniva in giudizio i fratelli e, premesso che erano figli di (...) e (...)V.E., deduceva che: - "in data 07.09.2001 decedeva G.V.E.H. e dunque, si apriva la successione ereditaria in favore del coniuge, il Sig. (...) e dei figli con questo avuti" ed "il 09.01.2006 moriva il Sig. (...) al quale succedevano i figli, cosi come sopra identificati"; - il padre aveva disposto del suo patrimonio con due testamenti olografi, il primo datato 16.9.2000, con cui oltre a disporre specificatamente di una parte dei propri beni, aveva inserito "una clausola inibitoria riguardante l'insorgere di possibili controversie relative all'eredità", prevedendo che ogni controversia insorta tra i coeredi venisse decisa da persone di sua fiducia, tutte peraltro decedute o rinunciatarie, ed il secondo datato 18.11.2000, con cui aveva previsto che nel caso i coeredi non fossero pervenuti ad una divisione amichevole dei beni rimasti in comproprietà, avrebbero dovuto procedere alla formazione di lotti ed alla loro assegnazione tramite sorteggio, ribadendo la sua volontà di riconoscere la sola legittima a chi avesse promosso un'azione legale; - (...) "al fine di dare esecuzione alle volontà paterne e di procedere quindi ad una pacifica divisione dei beni de quo senza pregiudicare con quanto disposto in vita dal de cuius", aveva conferito incarico al Notaio (...) per accertare l'asse ereditario dei beni rimasti indivisi, individuato nella relazione datata 24 maggio 2019; - da tale relazione erano risultati facenti parte della massa ereditaria del de cuius (...) beni di sua proprietà esclusiva e quote di comproprietà di beni ricevuti in eredità dalla moglie, in particolare i diritti di piena proprietà pari a 5/15 indivisi dell'intero sulla casa di via (...) 12 a S. ed i diritti di piena proprietà pari a 35/45 indivisi dell'intero sulla villa con annesso circostante terreno posta in Comune di Santa Margherita Ligure; - per tali ultimi beni, (...) precisava che (...) aveva lasciato "ai figli la quota di 5/15 pro indiviso così come pervenutagli dalla successione della moglie, Sig.ra G.V.E.H." ed i figli, "tutti facenti parte del presente giudizio", avendo ereditato dalla madre la restante quota pro-indiviso, ad oggi, sommando le quote suindicate, erano titolari della piena proprietà di entrambi i beni. Pertanto, "a causa delle incolmabili divergenze insorte tra i fratelli", l'attrice chiedeva procedersi allo "scioglimento della comunione dei beni indivisi ai sensi dell'art. 1111 c.c., nei modi in cui l'autorità giudiziaria adita riterrà più equi e giusti", ordinando "la divisione dei cespiti ereditari meglio elencati al punto j) nel presente atto". Orbene, come evidenziato nella decisione impugnata, tenuto conto del tenore letterale dell'atto, deve ritenersi che fin dall'introduzione del giudizio di scioglimento "della comunione dei beni indivisi ai sensi dell'art. 1111 c.c.", la domanda aveva per oggetto sia la comunione ereditaria materna sia quella paterna, cui espressamente la parte attrice faceva riferimento nelle sue allegazioni, a nulla rilevando, se non in senso rafforzativo dell'interpretazione suddetta, che poi nella memoria ex art. 183 c.p.c., a fronte delle contestazioni avanzate sul punto da (...), l'attrice avesse meglio precisato le deduzioni poste a fondamento della sua domanda. Né ha rilievo il fatto che nelle originarie conclusioni si facesse riferimento ai cespiti ereditari di cui al punto j) dell'atto di citazione, trattandosi di un evidente refuso, poi corretto nella memoria ex art. 183 n. 1 c.p.c., posto che al punto j) citato non vi è alcuna elencazione di beni ma è riportata la seguente deduzione: "Preme a questo punto evidenziare che la Sig.ra (...), al fine di dare esecuzione alle volontà paterne e di procedere quindi ad una pacifica divisione dei beni de quo senza pregiudicare con quanto disposto in vita dal de cuius, conferiva incarico al Notaio (...) per accertare l'asse ereditario dei beni rimasti indivisi". B) Della massa ereditaria: motivi di appello iii) e iv). Con il terzo motivo di censura, l'appellante ha contestato la sentenza per violazione degli artt. 726 e ss. c.c. e delle disposizioni testamentarie nonché violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., assumendo che non erano stati considerati tutti i beni facenti parte della massa ereditaria di (...) ed in particolare: - la cassetta di sicurezza in essere presso (...); - i "numerosi beni mobili di cui all'inventario (seppur parziale) prodotto"; - l'intero patrimonio di (...) (detto "zio (...)"), fratello di (...), "deceduto senza lasciare eredi legittimi, ma istituendo con testamento olografo del 19.12.1980 ... erede universale proprio (...), il cui patrimonio ereditario si era quindi arricchito da tale ulteriore rilevante asset". Con il quarto motivo di censura, (...) ha contestato la decisione nella parte in cui, sulla base dell'omessa valutazione della efficacia ex tunc di una eventuale pronuncia dichiarativa di nullità del testamento, non sospendeva il presente giudizio ex art. 295 c.p.c., in attesa della definizione di quello relativo alla nullità del secondo testamento di (...) datato 8.11.1995 e con cui erano stati istituti eredi i nipoti. B1) della cassetta di sicurezza. In ordine al primo profilo della terza censura è sufficiente evidenziare che, come riconosciuto peraltro dalla stessa appellante ("il Tribunale ha correttamente incluso nella massa da dividere i beni e valori rinvenuti nella cassetta di sicurezza": vedi atto di appello), la cassetta di sicurezza in essere presso (...) veniva aperta in corso di causa ed era, quindi, oggetto di valutazione specifica da parte del tribunale, tanto che la stessa era indicata tra i beni da dividere nel dispositivo della sentenza impugnata. B2) degli altri beni mobili. Quanto ai "numerosi beni mobili di cui all'inventario (seppur parziale) prodotto", deve preliminarmente evidenziarsi che di tale inventario non si dà alcun conto nella sentenza impugnata. Lo stesso, costituito da una scrittura non firmata, di cui si disconosce autore e data, veniva depositato dall'appellante con la sua comparsa di costituzione e risposta di primo grado, nella quale sosteneva che non erano stati inclusi nella comunione alcuni beni mobili. Questi ultimi però non risultano mai precisamente indicati se non nei limiti del richiamo a tale inventario, il quale peraltro, per specifica deduzione della appellante (vedi atto di citazione), non era comunque completo, non includendo "..(dovendosene invece tenere conto) uno smeraldo (già fatto stimare tempo fa in Genova dalla gioielleria F.Ch.), due tappeti persiani, un quadro del noto pittore (...) (3 mt x 3 mt), quattro pezzi d'argento vermeil (servizio da tè; beni tutti custoditi dall'attrice), né i beni mobili e gli arredi presenti all'interno delle ville di Sassari e di Santa Margherita Ligure". Orbene, leggendo l'inventario citato non è assolutamente possibile inferire la natura e la consistenza degli ulteriori beni mobili asseritamente facenti parte delle comunioni ereditarie oggetto di causa, posto che, nelle parti leggibili, si fa comunque generico riferimento a posate, servizi piatti, the e caffè in oro o bicchieri in cristallo, porta posate argento, senza alcuna ulteriore precisazione e senza alcuna allegazione in ordine ai coeredi che ne avrebbero la detenzione. Conseguentemente, a fronte di tali generiche deduzioni, non può avere rilievo la prova per testi dedotta dalla appellante in primo grado e sulla quale si è insistito in questa sede, relativamente alle seguenti circostanze: "cap.11 "Vero che, in particolare, (...) detiene un servizio completo di posate in argento, del valore di almeno 25.000,00 Euro"; cap.12: "Vero che (...) detiene uno smeraldo appartenuto al de cuius del valore di almeno 15.000,00 Euro ed un quadro raffigurante una campagna con contadini di tre metri per due"), data la genericità e la natura valutativa dei fatti ivi descritti. B3) dell'eredità di (...). Infine, quanto all'ultimo profilo del terzo motivo di appello ed al quarto motivo di censura - da valutarsi congiuntamente perché connessi in quanto entrambi relativi alla successione di (...), fratello di (...), deceduto il 22.1.1998 senza lasciare eredi legittimi - deve preliminarmente evidenziarsi che (...), costituendosi nel giudizio di primo grado, deduceva che: - a seguito della morte dello zio (...) era "stato pubblicato in data 1.4.1998 - proprio ad iniziativa del Sig. (...) - un testamento, recante la data dell'8.11.1995"; - con tale testamento "gran parte dell'asse è(era) stato devoluto ai germani di sesso maschile della odierna comparente"; - lo stesso veniva impugnato dalla appellante per nullità in quanto "non olografo ma, in realtà, scritto anch'esso per intero dalla mano del Sig. (...) (e non di suo fratello (...)), mentre soltanto la data e la firma apposte in calce sarebbero attribuibili alla mano di una terza persona (presumibilmente, del Sig. (...))"; - il relativo giudizio iscritto al n. 1164/2020 RG era pendente davanti al Tribunale di Sassari (vedi comparsa di costituzione e risposta). Solo con la terza memoria istruttoria, (...) dava atto del ritrovamento di un altro testamento olografo dello zio (...), datato 19.12.1980 e, quindi, antecedente a quello impugnato nel giudizio R.G. n. 1164/2020, con il quale il de cuius avrebbe nominato suo unico erede il proprio fratello (...), il quale avrebbe, quindi, ereditato non solo una parte, in seguito all'annullamento del testamento del 1995, ma l'intero patrimonio del fratello (...). Ciò posto, l'appellante ha insistito in questo giudizio per la sospensione ex art. 295 c.p.c. del presente procedimento in attesa della definizione di quello relativo all'eredità di (...), e con cui si sarebbe determinata l'effettiva consistenza dei beni ereditati da (...). L'assunto, peraltro in contrasto con quanto dedotto dalla stessa parte appellante nei primi due motivi di censura, non è condivisibile. Come chiarito dalla Suprema Corte, infatti, (cfr Cass. n. 1739/13) "Non è ravvisabile un rapporto di pregiudizialità tra due processi di divisione, pendenti (in tutto o in parte) tra gli stessi eredi o condomini, ma riguardanti masse oggettivamente diverse, in quanto appartenenti a comunioni fondate su distinte situazioni giuridiche". Pertanto, come correttamente affermato nella sentenza impugnata, "la definizione della controversia, peraltro instaurata dalla convenuta dopo oltre venti anni dal decesso del testatore, non costituisce l'indispensabile antecedente logico giuridico dal quale dipende la decisione della presente lite, avendo l'altro processo ad oggetto una differente massa ereditaria". C) Dell'interpretazione delle disposizioni testamentarie di (...):motivo di appello v) e appello incidentale di (...). Con il quinto motivo di appello (...) ha contestato la sentenza nella parte in cui rigettava la sua domanda di attribuzione a (...) della sola quota di legittima, in virtù delle disposizioni testamentarie di (...), assumendo l'erroneità e contraddittorietà della motivazione sul punto, per l'insussistenza dei presupposti in fatto posti a fondamento della relativa decisione e per l'erroneità nell'interpretazione data a tali disposizioni testamentarie. Dal canto suo, l'appellata (...) ha domandato l'attribuzione all'appellante della sola quota di legittima, posto che la stessa aveva "assunto un atteggiamento ostruzionistico e litigioso, contrario alle disposizioni testamentarie del padre (...)". Entrambe le censure non hanno fondamento. (...) aveva disposto dei suoi beni con due testamenti olografi redatti, rispettivamente, in data 16.9.2000 e 18.11.2000. In entrambi aveva previsto che i coeredi, i quali avessero contestato "la validità, il contenuto e le disposizioni" dei testamenti, avrebbero avuto diritto solo alla quota di legittima. In particolare, con il primo testamento, il de cuius aveva disposto che "Per qualsiasi controversia inerente il presente testamento, sia di carattere legale che economico od altro che dovesse insorgere tra i miei figli, dispongo che debba essere risolta da persone di mia fiducia e precisamente: Dr. (...), Avv. (...), Notaio (...), Dr. (...) e comunque senza l'intervento di nessun giudice o tribunale. Chiunque tra i miei figli dovesse contestare la validità, il contenuto e le disposizioni del presente testamento avrà diritto alla sola legittima la quale verrà determinata dalle persone sopra indicate. Per cui il giudizio di dette persone sarà insindacabile ed inappellabile". Con il secondo testamento, redatto pochi mesi dopo, (...) aveva previsto una clausola analoga, stabilendo che non avrebbe dovuto promuoversi "nessuna azione legale, per nessun motivo" e precisando che "chi la promuoverà avrà diritto alla sola legittima. Si deve risolvere tutto in via amichevole". Orbene, in ordine al primo testamento, il tribunale evidenziava come la disposizione fosse divenuta impossibile, posto che gli "arbitri" indicati dal testatore o erano deceduti o avevano rinunciato espressamente all'incarico. Quanto al secondo testamento, il giudice di primo grado rilevava innanzi tutto che, considerando la data di pubblicazione degli olografi (23 maggio 2006), poteva sostenersi che i coeredi avevano cercato di uniformarsi alla volontà paterna, "evitando di promuovere un giudizio nonostante la palese mancanza di alcun esito bonario dei tentativi di sciogliere la comunione" e che "a distanza di quasi un ventennio dal decesso del genitore" non poteva precludersi "definitivamente la possibilità di pervenire alla divisione in via giudiziale", sul presupposto che "il rispetto della volontà testamentaria impone, invero, di ritenere che il genitore delle parti, nella consapevole, ed esatta, previsione dell'inasprimento di contrasti già esistenti fra i suoi coeredi e del loro sfociare in lunghe, complesse e costose liti giudiziali, aveva voluto sanzionare colui che le avrebbe instaurate lasciandogli solamente la quota di legittima, in tal modo punendone la litigiosità" ma "non può, tuttavia, applicarsi detta sanzione qualora, nonostante il lunghissimo arco di tempo trascorso dal decesso del comune dante causa, persistano fra i coeredi insanabili contrasti (com'è pure pacifico) e si pervenga, come nella specie, ad una situazione di stallo che, nonostante i tentativi posti in essere, sia mediante l'attribuzione ad un esperto del compito di stimare il patrimonio che, da ultimo, attraverso la preventiva instaurazione della mediazione ante causam, è rimasta insuperata, consentendo la permanenza di uno stato di comunione in contrasto col diritto, attribuito a ciascun comunista (art. 1111 c.c.), di scioglierla. Tanto più che il suo protrarsi rischia di dar luogo, in futuro e con l'apertura di altre successioni, ad un ulteriore frazionamento delle proprietà contestuale al moltiplicarsi di coeredi e di masse da dividere, con conseguenti, potenziali fonti di ulteriori dissensi fra i successori", tenuto altresì conto che "lo stesso testatore (si veda l'olografo in data 18 novembre 2000) ...aveva previsto ... la formazione di cinque quote da estrarre a sorte, disposizione che non può che essere intesa come diretta a costituire porzioni di analogo valore". Alla luce di tali argomentazioni, il tribunale gravato concludeva, pertanto, che "essendo oggettivo ed indiscusso che in un ventennio non si è riusciti tra i fratelli (...) a formulare concrete ipotesi di accordo, in relazione alla (necessaria) divisione dei beni immobili di proprietà comune agli eredi, l'avvenuta instaurazione della presente causa da parte della (...) non meriti, oggettivamente, la sanzione prevista dal testatore, diretta all'evidenza a favorire quanto più possibile la composizione bonaria di futuri dissidi (tant'è che egli aveva a tal fine indicato un collegio di arbitri che la consentissero), dovendo ragionevolmente escludersi che egli, persistendo i contrasti tra i suoi figli per un così ampio periodo di tempo, abbia voluto negare loro la possibilità di pervenire alla divisione, sacrificando i diritti di colui che avesse intrapreso l'iniziativa giudiziaria". Ciò posto, (...) ha contestato innanzi tutto la decisione perché fondata su due fatti insussistenti e cioè che: - dalla morte di (...), intervenuta nel 2006, fosse trascorso un ventennio; - vi fosse stato un tentativo da parte dei coeredi di affidare ad un esperto il compito di stimare il patrimonio, posto che vi aveva provveduto solo l'appellante. Tale censura non coglie la ratio della decisione. Innanzi tutto, se è vero che dalla morte di (...) alla proposizione del presente giudizio non era ancora trascorso un ventennio (ma allo stato sono 17 anni), al momento in cui veniva proposta la domanda in primo grado ne erano comunque già passati 13 e, quindi, un notevole lasso di tempo, nel quale i coeredi, è pacifico che non fossero riusciti a trovare alcun accordo per una divisione amichevole. Né ha rilievo il fatto che la perizia estimativa sia stata richiesta dall'appellante o da qualche altro coerede, dato che in ogni caso, pur con l'intervento di un terzo estimatore, non è stato possibile raggiungere alcun accordo. Peraltro, è appena il caso di rilevare che dagli atti risulta anche una perizia estimativa dei beni commissionata da (...) (vedi doc. 15 fascicolo di parte (...)). L'appellante ha inoltre censurato la sentenza in relazione all'interpretazione data alla volontà del de cuius, nella parte in cui il tribunale riteneva che dovesse "ragionevolmente escludersi che egli, persistendo i contrasti tra i suoi figli per un così ampio periodo di tempo, abbia voluto negare loro la possibilità di pervenire alla divisione, sacrificando i diritti di colui che avesse intrapreso l'iniziativa giudiziaria". Secondo l'assunto dell'appellante la clausola dei testamenti con cui (...) aveva previsto che in caso di esercizio di un'azione legale, il coerede avrebbe avuto diritto alla sola legittima, rappresenterebbe una condizione apposta dal testatore inderogabile e pienamente valida, soggetta all'unico limite di cui all'art. 634 c.c. di non essere illecita o impossibile e pertanto, in difetto di tali ultime circostanze, sarebbe una clausola di natura risolutiva, avendo imposto al coerede di non fare qualcosa ai sensi dell'art. 638 c.c. Pertanto, a fronte dell'esercizio da parte di (...) di un'azione legale di scioglimento dell'eredità, in violazione della suddetta imposizione, doveva ritenersi avverata la condizione risolutiva, con conseguente diritto della coerede alla sola quota di legittima. La doglianza non ha pregio. Orbene, giova innanzi tutto osservare come il de cuius con i due testamenti citati aveva disposto in relazione alla gran parte dei suoi beni assegnandoli specificatamente ai diversi coeredi e dando atto che alcuni di tali beni erano stati in precedenza oggetto di vendita in favore dei figli in realtà dissimulante una donazione in mancanza di pagamento del prezzo. Il de cuius aveva, quindi, previsto che il patrimonio residuo, rimasto in comunione tra i figli, andasse diviso tra tutti i coeredi. Con il primo testamento, (...) aveva inoltre precisato che ciascun coerede, in caso di contestazione della "validità", del "contenuto" e delle "disposizioni del presente testamento", avrebbe avuto "diritto alla sola legittima ...determinata dalle persone sopra indicate" (testamento settembre 2000), ribadendo tale ultima volontà nel secondo testamento laddove, per evitare "discussioni" tra i coeredi, data "fra alcuni di loro ... l'incompatibilità di carattere", aveva disposto che chi avesse promosso un'azione legale "avrà diritto alla sola legittima. Si deve risolvere tutto in via amichevole". Del resto, il secondo testamento risale a pochi mesi (novembre 2000) dopo la stesura del primo (settembre 2000) in cui era stato previsto il deferimento di ogni decisione ad un collegio di arbitri. Nel secondo testamento, il de cuius aveva altresì disposto che - in relazione al patrimonio residuo rimasto in comunione ed oggetto del presente giudizio, avendo per il resto provveduto ad una attribuzione specifica dei beni ai singoli coeredi, non oggetto di alcuna impugnazione da parte degli stessi - nel caso non si fosse arrivati ad una "amichevole sistemazione", si sarebbe dovuto procedere ad un "sorteggio" tra i cinque coeredi ("se tra loro cinque arrivassero ad una amichevole sistemazione tanto meglio. Caso contrario ... ci si dovrebbe affidare alla sorte: ognuno proporrà un lotto (indicando un eventuale conguaglio in contanti, azioni od altro) e di questi cinque lotti si procederà ad un sorteggio"). Ma anche nel primo testamento, poi superato sul punto dal secondo, aveva previsto che in relazione al patrimonio rimasto indiviso e lasciato ai cinque figli ("lascio pertanto tutto il mio patrimonio indiviso fra i miei figli ..."), venissero formati cinque lotti da estrarre a sorte, stabilendo, in particolare, che "qualora ci fossero delle difficoltà ed in mancanza di diverso accordo detti beni (indivisibili) verranno venduti ed il ricavato diviso in parti uguali fra i miei figli". Alla luce di tali disposizioni, deve ritenersi che la volontà del de cuius fosse quella di evitare che i coeredi adissero l'autorità giudiziaria per contestare le sue disposizioni testamentarie in ordine alla ripartizione del patrimonio effettuata con i due testamenti mediante l'attribuzione diretta dei singoli beni a ciascun coerede. Solo in tale caso, il coerede avrebbe avuto diritto alla sola legittima. E nessuno dei coeredi ha agito in tale senso, discutendosi in questo procedimento esclusivamente del patrimonio residuo rimasto indiviso, per il quale lo stesso (...), in entrambi i testamenti, aveva disposto che in caso di mancato raggiungimento di un accordo si sarebbe dovuto procedere alla divisione tra i coeredi mediante estrazione a sorte di cinque lotti. Del resto, come anche evidenziato dal tribunale nella sentenza impugnata, deve "ragionevolmente escludersi che egli, persistendo i contrasti tra i suoi figli per un così ampio periodo di tempo, abbia voluto negare loro la possibilità di pervenire alla divisione, sacrificando i diritti di colui che avesse intrapreso l'iniziativa giudiziaria". Conseguentemente, alla luce di tale interpretazione, deve escludersi che la clausola invocata sia dall'appellante principale (...) sia dall'appellante incidentale (...) relativamente all'attribuzione della sola quota di legittima, possa trovare accoglimento nel caso di specie, discutendo i coeredi solo della divisione del patrimonio rimasto indiviso e non delle singole attribuzioni effettuate dal de cuius nei due testamenti. D) Del fallimento del procedimento di mediazione: motivo di appello vi). L'appellante ha censurato la sentenza per erroneità, contraddittorietà ed illogicità della motivazione in ordine allo svolgimento ed all'esito del procedimento di mediazione e per violazione e falsa applicazione degli artt. 8 D.Lgs. n. 28 del 2010 e 116 comma 2 c.p.c., sul presupposto che il giudice di primo grado, sempre per negare l'attribuzione a (...) della sola quota di legittima, valutava erroneamente il fallimento del procedimento di mediazione obbligatorio, in realtà addebitabile unicamente a (...). Per le ragioni sviluppate al precedente punto C), va disatteso anche l'ultimo motivo di censura, essendo del tutto irrilevante stabilire a chi sia addebitabile l'esito negativo del procedimento di mediazione. Dato l'esito del giudizio, rigetto sia dell'appello principale sia di quello incidentale, e la natura del procedimento in relazione alla complessità delle questioni trattate, sussistono giustificati motivi per compensare le spese di lite. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone: rigetta l'appello principale e l'appello incidentale proposti da (...) e (...) avverso la sentenza non definitiva del Tribunale di Sassari n. 7/2022. Compensa tra le parti le spese di lite. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 13 comma 1 quater TU spese di giustizia, sia in relazione all'appello principale sia in relazione all'appello incidentale. Così deciso in Sassari il 17 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 23 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI ROMA SEZIONE QUINTA CIVILE La Corte così composta: dr. Diego Pinto Presidente dr.ssa Fiorella Gozzer Consigliere rel. dr.ssa Carla Persi Giudice Ausiliario ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di secondo grado iscritta al numero r.g. 2204/17, posta in deliberazione all'udienza del giorno 15 dicembre 2022 e vertente TRA (...) e (...) (Avv. (...)) PARTE APPELLANTE E (...) s.p.a. (Avv.ti (...)) PARTE APPELLATA OGGETTO: appello avverso la sentenza n. 265/17 emessa dal Tribunale di Roma RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 265/17, in parziale accoglimento della domanda svolta dalla (...) s.p.a., di condanna al pagamento delle prestazioni medico-sanitarie rese a seguito del ricovero di (...) che nelle more era deceduto e aveva lasciato come eredi i figli, in parziale accoglimento della stessa ha condannato i convenuti (...) e (...) al pagamento della minor somma di Euro 12.252,85, oltre interessi nella misura legale dalla domanda al soddisfo; ha posto le spese di lite a carico della parte convenuta. (...) e (...) (...) hanno proposto appello avverso la citata sentenza e hanno domandato, in parziale riforma della sentenza impugnata, che fosse loro riconosciuta la veste e la qualità di eredi beneficiari di (...), con tutte le conseguenze previste dalla legge e per l'effetto che fossero condannati al pagamento della sorte e delle spese relative alla sentenza impugnata nei limiti di quanto risultante dall'inventario dei beni di cui alla successione di (...), con spese del doppio grado di giudizio. Instaurato il contraddittorio, si è costituita la (...) s.p.a. che ha domandato che l'appello fosse rigettato, in via incidentale che fossero dichiarati tardivi e non ammissibili i documenti depositati all'udienza del 22 aprile 2015; ancora in via incidentale che i convenuti fossero condannati in solido fra loro al pagamento di Euro 19.072,66, oltre interessi nella misura legale dalla domanda al soddisfo; sempre in via incidentale che fosse riformato il capo della sentenza relativo alla liquidazione delle spese processuali, con vittoria di spese di entrambi i gradi di giudizio. Precisate le conclusioni, la causa è stata trattenuta in decisione all'udienza in epigrafe. Per quanto attiene alla ricostruzione della vicenda si rinvia per relationem all'impugnata sentenza. Va preliminarmente disattesa l'eccezione d'inammissibilità dell'impugnazione sollevata dalla parte appellata, in quanto l'atto di appello appare rispettoso dei requisiti prescritti dall'art. 342 c.p.c. (Cass. Sezioni Unite 27199/2017). L'appello non è comunque fondato. La parte appellante, che come precisato "non ha contestato "l'importo statuito dal Giudice a titolo di sorte e di spese legali, bensì, unicamente l'illegittimità della condanna in via solidale al pagamento delle stesse senza il riconoscimento del beneficio di cui sopra", con un unico motivo ha lamentato che il primo giudice non aveva valutato e riconosciuto la qualità di eredi beneficiari, benché l'inventario dei beni completo di ogni sua parte fosse stato precedentemente depositato in udienza come da attestazioni riportate nel relativo verbale. Il Tribunale sul punto, premesso che gravavano sugli eredi gli oneri di allegazione e di prova relativi alla accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, ha ritenuto che "i convenuti si sono limitati ad affermare di aver accettato con beneficio d'inventario l'eredità relitta del padre (...) ed a produrre in giudizio copia di denuncia di successione del 20.9.2011, priva dei documenti allegati alla stessa e segnatamente della accettazione di eredità Not. (...) rep. 108854 del 27.9.2010 (vedi "inventario dei beni ereditari" depositato all'udienza del 22.4.2015, costituito in realtà da una copia della denuncia di successione e dei relativi quadro A - eredi legatari e quadro B - attivo ereditario) con la conseguenza che non può riconoscersi alcun responsabilità limitata degli eredi convenuti per i debiti del defunto (...)". La Casa di Cura costituendosi nella presente fase, a sua volta, ha contestato che i documenti erano stati depositati tardivamente, ovvero dopo il deposito delle memorie istruttorie, cosicché il primo giudice avrebbe dovuto piuttosto esaminare prima del merito l'ammissibilità o meno dei documenti. Inoltre, che la parte convenuta all'udienza del 22 aprile 2015 si era limitata a depositare sotto la generica indicazione "inventario dei beni ereditari" solo due dichiarazioni di successione e pertanto la documentazione di cui si chiedeva di depositare in allegato all'appello doveva ritenersi tardiva con riguardo alle preclusioni di cui all'art. 183 comma 6 c.p.c. e comunque inammissibile ex art. 345 c.p.c.. Orbene, nel verbale di causa del giudizio di primo grado dell'udienza del 12.4.2015 si legge che l'avv. (...) "deposita inventario dei beni ereditari". In atti poi sono state depositate due dichiarazioni di successione, così come rilevato dal Tribunale (cfr. fascicolo di parte di primo grado) e non anche l'accettazione di eredità notaio (...) rep. 108854 del 27.9.2010 indicata tra i documenti allegati alla dichiarazione di successione. Ora, l'argomentazione degli appellanti che, essendo stato scritto che era stato depositato l'inventario dei beni ereditari, e quanto in esso indicato, poi non riscontrato, il primo giudice avrebbe dovuto disporre ricerche in cancelleria e invitare alla ricostruzione, non è condivisibile. In primo luogo vi è da dire che In caso di eredità beneficiata, spetta all'erede provare la tempestiva formazione dell'inventario e non al creditore - che intenda far valere la responsabilità "ultra vires" del primo - il ritardo o l'omissione dell'adempimento, trattandosi di un elemento costitutivo del relativo beneficio. (Nella specie, la S.C. ha escluso fosse sufficiente la circostanza che gli eredi, opponenti la cartella esattoriale per debiti del loro dante causa verso l'INPS, avessero accettato in sede notarile l'eredità con beneficio d'inventario, non avendo anche provato che si fossero svolte, nei termini stabiliti, le successive operazioni richieste dalla legge)." (Cass. n. 16514/2015; Cass. 16739/2005 In tema di successioni "mortis causa", l'art. 484 cod. civ., nel prevedere che l'accettazione con beneficio d'inventario si fa con dichiarazione, preceduta o seguita dalla redazione dell'inventario, delinea una fattispecie a formazione progressiva di cui sono elementi costitutivi entrambi gli adempimenti ivi previsti; infatti, sia la prevista indifferenza della loro successione cronologica, sia la comune configurazione in termini di adempimenti necessari, sia la mancata di una distinta disciplina dei loro effetti, fanno apparire ingiustificata l'attribuzione all'uno dell'autonoma idoneità a dare luogo al beneficio, salvo il successivo suo venir meno, in caso di difetto dell'altro. Ne consegue che, se da un lato la dichiarazione di accettazione con beneficio d'inventario ha una propria immediata efficacia, determinando il definitivo acquisto della qualità di erede da parte del chiamato che subentra perciò in "universum ius defuncti", compresi i debiti del "de cuius", d'altro canto essa non incide sulla limitazione della responsabilità "intra vires", che è condizionata (anche) alla preesistenza o alla tempestiva sopravvenienza dell'inventario, in mancanza del quale l'accettante è considerato erede puro e semplice (artt.485, 487, 488 cod. civ.) non perché abbia perduto "ex post" il beneficio, ma per non averlo mai conseguito...". Talché, essendo onere degli appellanti provare di essere beneficiari, se come dedotto fosse avvenuto, perché così verbalizzato, il deposito dell'inventario dei beni ereditari sarebbe mancato comunque l'atto di accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario e, dunque, mancata la prova di essere beneficiari occorrendo il deposito di entrambi i documenti. In mancanza, poi, di uno specifico indice di quanto allegato (avendo verbalizzato la parte come detto "deposita inventario dei beni ereditari") non doveva essere ordinata la ricostruzione, ben potendo la mancanza anche essere attribuibile a una scelta della stessa parte. Da ciò consegue che il deposito dei documenti (dichiarazione di successione, atto di accettazione di eredità con beneficio di inventario, inventario dei beni redatto dal Cancelliere) in questa sede viola il principio del divieto di nuove prove in appello. Alla stregua delle ragioni dette, l'appello principale, va, come detto, respinto. Con l'appello incidentale la Casa di Cura ha censurato la sentenza nella parte in cui il giudice di primo grado ha condannato al pagamento del solo importo di Euro 12.252,85 e laddove ha statuito che l'acconto di Euro 6.000,00 andasse detratto dall'importo oggetto della ricognizione di debito, mentre invece questo era stato determinato al netto della somma di euro 6.000,00 già percepita. Ebbene la doglianza va accolta nei seguenti limiti. E' in atti ricognizione di debito, datata 18.4.2009, con la quale (...) dichiara "Con riferimento al ricovero presso la (...), dal 15.4.2009 al 18.4.2009, mi impegno a saldare euro 18.252,85 per le prestazioni a me erogate presso la Vs. struttura, entro e non oltre la data del 22.4.2009.". Avendo (...) (ovvero il de cuius) dichiarato di essere debitore di Euro 18.252,85 - ricognizione questa ritenuta, e non censurata, dal primo giudice come prova del credito - la richiesta di pagamento di tale ammontare doveva ritenersi fondata e andava accolta, in mancanza poi di alcuna diversa contestazione di detrazione di Euro 6.000,00, importo versato quale acconto e già detratto avendo insistito la Casa di Cura, sin dall'atto introduttivo del giudizio, alla condanna di Euro 19.077,66. Del resto anche nella presente sede gli appellanti, senza contestare in specifico alcunché, hanno precisato "Con riferimento all'appello incidentale proposto dalla (...) S.p.A. la scrivente difesa contesta genericamente lo stesso e si riporta al prudente apprezzamento della Corte in merito all'esatta quantificazione dell'importo dovuto dagli eredi di (...) a titolo di sorte." (cfr. note di precisazione delle conclusioni). L'ulteriore somma richiesta di Euro 819,81 non può essere riconosciuta, sia perché non oggetto della ricognizione, sia perché indicata in fattura, documento questo ritenuto dal primo giudice che non può "assurgere a prova del contratto", e nulla in relazione a ciò è stato contestato e censurato. Consegue che la sentenza va in parte riformata e la parte appellante va condannata al pagamento della somma di Euro 18.252,85, oltre interessi come determinati nella sentenza impugnata, nella misura legale dalla domanda al soddisfo. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo per entrambi i gradi di giudizio, con assorbimento della doglianza svolta dall'appellata sull'ammontare liquidato per le spese di primo grado. P.Q.M. definitivamente pronunciando, in accoglimento parziale dell'appello incidentale, in parziale riforma della sentenza, ogni altra contraria istanza disattesa, così provvede: - rigetta l'appello principale; - condanna la parte appellante al pagamento della somma di 18.252,85, oltre interessi nella misura legale dalla domanda al soddisfo; - condanna la parte appellante al pagamento delle spese che liquida per il primo grado di giudizio in complessivi Euro 4.000.00 e per il presente grado in complessivi Euro 3.000,00, oltre accessori di legge e spese forfettarie; - dichiara la parte appellante tenuta al versamento dell'ulteriore somma pari all'ammontare del contributo unificato dovuto. Roma, così deciso nella camera di consiglio del 16 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 20 marzo 2023.

  • TRIBUNALE ORDINARIO DI PAVIA III Sezione Civile Il Tribunale in composizione collegiale, nelle persone dei seguenti Magistrati: dott.ssa Simona Caterbi - Presidente dott. Luciano Arcudi - Giudice dott. Giacomo Rocchetti - Giudice relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. .../2019 promossa da: F.B. (C.F: (...)), rappresentata e difesa dall'Avv. M.C. del foro di Pavia; ATTORE contro PARROCCHIA DEI SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI (C.F: (...)), in persona del parroco p.t., rappresentata e difesa, giusta delega in calce e previa autorizzazione alla lite dell'Ordine Diocesano di Vigevano, dall'Avv. ...del foro di Pavia; CONVENUTA e con la chiamata di L.F.D. (C.F: (...)), in persona del presidente p.t., rappresentata e difesa dall'Avv. ...del foro di Ancona; C.V.P. (C.F: (...)), in persona del presidente dell'associazione p.t., rappresentata e difesa dall'Avv. ...del foro di Pavia; AZIENDA S.M.V. (C.F: (...)), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Avv. ...del foro di Milano; N.G. (C.F: (...)) e R.P. (C.F: (...)), entrambi rappresentati e difesi dall'Avv. ...del foro di Pavia; P.C.G. (C.F: (...)), rappresentato e difeso dall'Avv. ...del foro di Pavia; TERZI CHIAMATI nonché di L.A. (C.F: (...)); G.Z.; S.B.; E.B. (C.F: (...)), in qualità di erede di I.I.M. (C.F: (...)); G.P. (C.F: (...)) e G.G. (C.F: (...)), la prima anche in proprio e nella qualità di eredi di A.G. (C.F: (...)); A.S.C. (C.F: (...)); FONDAZIONE C. DI V. (C.F: (...)); C.R.I. (C.F: (...)); C.R.I. (C.F: (...)); COMUNE DI CILAVEGNA (C.F/P.I.: (...)); TERZI CONTUMACI Oggetto: impugnazione di testamento; Svolgimento del processo - Motivi della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato, F.B., nella premessa di essere stata menzionata da L.F. (C.F: (...)), deceduta a Vigevano (PV) il 1.07.2018, vedova e con figlio premorto, nella lista dei beneficiati di legati testamentari con testamento olografo del 16.03.2015 e pubblicato per notaio dott. L.L. in data (...) (rep. n. (...), racc. n. (...)), ha evocato in giudizio, dinanzi all'intestato Tribunale, la Parrocchia di Cilavegna Santi Pietro e Paolo Apostoli in persona del parroco p.t. don G.V., al fine di sentire accertare l'inesistenza e/o la nullità e/o l'annullabilità della successiva scheda testamentaria, datata 13.04.2015, deducendo il difetto di autografia dell'intera scrittura e, in ogni caso, l'apocrifia per manipolazione del documento e delle ultime volontà in esso espresse, in quanto non riconducibili alle reali volontà della de cuius. A fondamento della domanda, l'attrice ha esposto: - che in data 16.03.2015 la de cuius aveva scritto e sottoscritto - servendosi dell'assistenza e consulenza del notaio dott. L. di V. - l'atto di ultime volontà (doc. 1), dal seguente tenore letterale: "Testamento olografo Io sottoscritta L.F. nata a C. - F. il (...) residente a V. in via V. 28 in pieno possesso nelle mie facoltà fisiche e mentali previa revoca in ogni altra disposizione testamentaria così dispongo nelle mie sostanze per il tempo in cui avrò cessato di vivere. Nomino erede mia sorella L.A. nata a C. il (...) residente a M. in Via C. n. 7 e dalla stessa che non vedo e non sento da anni lascio la polizza Euzon Vita Valore Garanzia e la polizza Base Sicura, depositate presso la B.I.S. SPA Filiale V. Corso V. E. II n 5 emesse dalla C.I.S.V. ammontanti ad oggi complessivamente a circa Euro 781.000,00 (Settecentoottantunmila,00) / In caso di premorienza di mia sorella A. nomino erede il di lei il figlio é mio nipote B.M. nato a C. il (...), residente con mia sorella. L. alla casa di riposo C.S.C. l'importo di Euro 200.000,00 (duecentomila,00) Con l'onere di provvedere ad ogni esigenza di mia sorella L.F. ricoverata presso detta struttura / L. alla C. di V. corso T. n. 36/B, la somma di Euro 200.000,00 (duecentomila,00) con l'onere di destinarli ai propri scopi di C. e di solidarietà - L. alla C.R.I. la somma di Euro 100.000,00 (centomila,00) con l'onero di acquistare un'ambulanza dedicata al mio adorato figlio premorto G.O.Z. - L. alla C.A. di V. la somma di Euro 100.000,00 (centomila,00) con l'onere di acquistare l'una Ambulanza da dedicare a mio figlio G.O.Z. / L. alla C.R.C. la somma di Euro 100.000,00 (centomila,00) con l'onere di acquistare un'ambulanza da dedicare a mio figlio G.O.Z./L. al Signor N.G. residente a V. in Via C. n. 26/D la somma di Euro 400.000,00 (quattrocentomila,00) per ringraziarlo di tutto quello che ha fatto per me1Lego alla mia amica signora Z.G. residente a V. in Via P. n 47 la somma di Euro 25.000 (venticinquemila,00) L. alla mia amica F.M. residente a V. in Viale M. n. 54 la somma di Euro 15.000,00 (quindicimila). L. alla mia amica F.B. residente a V. in Via A. n. 7 la somma di EURO 150.000,00 (centocinquantamila) e la proprietà di 2 loculi nel cimitero di Cilavegna nella cappella dedicata ad O.Z.G. / L. al signor B.S. a V. in Via A. n. 6, amico di famiglia, la somma di Euro 6.000,00 (seimila,00). L. alla mia amica R.P. residente a V. in Via C. n 14 la somma di EURO 50.000,00 (cinquantamila,00). L. al comune di Cilavegna i miei terreni pari complessivamente a 53 pertiche, situati in agro di Gravellona, Borgo Lavezzaro, di Cilavegna, con l'onero di provvedere alla pulizia ed alla manutenzione del giardinetto e della mia cappella presso il cimitero, dedicato a G.O.Z. - L. ai miei amici e vicini di casa G.A. e G. residenti a C. in Via D. n. 120, la mia abitazione posta in C. in Via D. n. 118- L. alla casa di riposo "D.R. tutta la mia proprietà di V. in Via V. n. 28 con l'onere di provvedere ad istituire un ricovero per anziani o, in alternativa, un asilo per bambini o una casa di cura per i poveri, il tutto da dedicare alla memoria del mio caro figlio G.O.Z. il cui nome deve apparire sulla facciata/ L. la mia proprietà posta in V. in corso T. n. 93, rappresentata da un capannone, uffici, cantinati, un appartamento, giardino e garage all'ospedale Civile del Comune di Vigevano, con l'onere di destinarla ai propri scopi istituzionali dedicandola alla memoria di mio figlio, e/o di venderla e di destinare il ricavato all'acquisto di macchinari ed attrezzature per la cura dei malati / L. alla chiesa e al convento dei frati C., posti in V. in corso G. n. 38 la somma di Euro 30.000,00 (trentamila,00) da destinare alle loro opere di carità- N. esecutore testamentario delle mie Volontà il Dottore G.P., domiciliato in V. in piazza V.V. n. 5, ed allo stesso lego la somma di Euro 20.000,00 (ventimila,00) per far fronte alle spese del suo ufficio, ed in subordine, nel caso in cui il Dott. G.P. non possa o non voglia accettare l'incarico, nomino esecutore la Dottoressa B.L. domiciliata in V. in Via D. P. n. 34- Quello che rimarrà sui i miei conti correnti e sui i depositi al momento della mia morte, non distribuito col presente testamento dispongo che venga (distribuito) che venga dato in legato all'associazione della lega del F.D. con sede in Osimo (ancona) per la cura dell'assistenza dei bambini Andicappati Questo sono le mie ultime Volontà che desidero siano accettate e rispettate. V. 16 marzo 2015 L.F."; - che sino al momento del decesso, la de cuius aveva più volte parlato o fatto riferimento a tale testamento e al suo contenuto agli amici, parenti, conoscenti, comportandosi nei fatti come se fosse stato l'unico redatto; - che nell'anno 2018, pochi mesi prima di morire, accompagnata dall'amministratore di sostegno dott. F.L., la de cuius chiese al notaio dott. L. di ricevere nuova lettura del testamento redatto il 16.03.2015 e che, al termine della lettura, la stessa dichiarava di confermare le disposizioni in esso contenute e di non intendere apportare alcuna modifica; - che dopo la pubblicazione del primo testamento, su richiesta del parroco della Parrocchia di Cilavegna, veniva pubblicato un secondo testamento, apparentemente olografo, datato 13.04.2015, dal seguente tenore letterale: "13 aprile 2015 I.L.F.R. Lascio tutto alla parrocchiale chiesa di Cilavegna In Fede L.F.R."; - che mai sino ad allora era stata fatta menzione, esplicita o implicita, dell'esistenza di un secondo testamento; - che tale "testamento successivo" è un falso, in quanto: I) la grafia impressa nel documento (data, corpo e sottoscrizione) non sarebbe riconducibile alla mano della de cuius, come accertato nella perizia grafologica dalla dott.ssa R.T. (doc. 5); II) la de cuius non aveva avuto, in vita, alcun rapporto o legame con l'ente parrocchiale; III) nella scheda impugnata mancherebbe, inoltre, qualsiasi riferimento o disposizione in ricordo del figlio premorto, G.O.Z., elemento al contrario fortemente caratterizzante il primo genuino atto di ultime volontà; IV) la scheda impugnata ha un oggetto generico e presenta manipolazioni, essendo evidente l'aggiunta a posteriori dell'aggettivo "parrocchiale", con penna di colore diverso, che non identifica neppure univocamente a quale chiesa si faccia riferimento; V) il misterioso ritrovamento del secondo testamento (nella cassetta postale della Parrocchia e/o consegnato da uno sconosciuto, poi identificato nel sig. V.Z.) è divenuta notizia di interesse pubblico a livello locale, ma agli organi di stampa il parroco di Cilavegna avrebbe fornito diverse versioni, nessuna convincente. Con comparsa di risposta del 1.08.2019, la Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo Apostoli di Cilavegna si è tempestivamente costituita, premettendo: - di essere stata nominata erede universale di L.F.D. e R.P. (comp. cost. 31.03.2020) e l'Azienda S.M.V. per la R.s.a. Istituto "D.R." (comp. cost. del 27.07.2020), tutti beneficiati dai lasciti della de cuius nel primo testamento, in qualità di legatari, e tutti interessati a sentire accogliere la domanda attorea, sulla base degli stessi motivi, reiterando le medesime conclusioni. Sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 16.09.2020, respinta l'eccezione processuale ex art. 307 c.p.c. sollevata dalla parte convenuta, è stata disposta l'integrazione delle certificazioni attestanti l'assenza di ulteriori eredi legittimi e ordinato il rinnovo di due notifiche (vs. E.B. e vs. G.G.) perfezionatesi oltre i termini ex art. 163 bis c.p.c. Nessuna delle altre parti chiamate a partecipare al processo, nelle qualità derivanti dal primo testamento di chiamato all'eredità di L.F.R. (L.A.) e di legatari (Rsa C.S., C.D. di V., C.R.V., C.R.C., G.Z., S.B., Comune di Cilavegna, Ospedale civile di Vigevano, Chiesa e Convento dei Frati Cappuccini di Vigevano), si è costituita in giudizio. La causa è successivamente pervenuta sul ruolo del G.I. dott. R., quale nuovo componente della sezione a far data dal 18.11.2020. Quindi, superata l'iniziale incertezza in ordine alla posizione della chiamata E.B., quale erede della legataria identificata in "I.I.M." anziché in "F.M.", per mero errore materiale del verbale di pubblicazione del testamento (ord. 17.12.2020), e verificata l'integrità del contraddittorio (ud. 5.05.2021), la causa è stata istruita attraverso le prove orali e quelle documentali ritualmente prodotte, a valere quali scritture di sicura comparazione con il testamento impugnato, esaminate a mezzo di una CTU grafologica e psicoforense (ord. 16.09.2021). Nelle more, con comparsa di risposta del 15.09.2021, si è costituito P.C.G., nominato dalla de cuius esecutore del primo testamento, al solo fine di conoscere la decisione, senza svolgere domande e senza prendere posizione alcuna sulle questioni oggetto di causa. Esaurita l'istruttoria con l'esame della CTU e delle relative osservazioni (ud. 7.07.2022), la causa è stata chiamata per la precisazione delle conclusioni all'udienza "figurata" del 3.11.2022 e, all'esito, rimessa al collegio per la decisione con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e memorie di replica. Con note di trattazione scritta e/o fogli di p.c., depositati telematicamente, le parti hanno precisato le seguenti conclusioni: - per l'attrice: "contrariis reiectis, previe le occorrende declaratorie juris et facti, così giudicare: nel merito 1) accertare e dichiarare l'inesistenza e/o nullità e/o l'invalidità e/o l'inefficacia e/o l'annullamento della scheda testamentaria olografa datata 13/4/2015, apparentemente redatta dalla sig.ra L.F.R., pubblicata in data 12/11/2018 con atto dott. G.P., notaio in M. (n. (...) rep. - (...) racc.), per difetto di autografia e/o data autografa e/o sottoscrizione autografa ed in ogni caso per manipolazione e falsificazione del documento impugnato in ordine alla scheda testamentaria e/o in ordine alle volontà in essa espresse; in via istruttoria 2) ammettersi CTU grafologica finalizzata ad accertare, attraverso gli originali delle schede testamentarie ed il loro raffronto con le scritture di comparazione, ed in ogni caso attraverso ogni ulteriore ed opportuno accertamento, che la seconda scheda testamentaria non è stata confezionata in ogni sua parte, né sottoscritta dalla sig.ra L.F.R. e che comunque la scheda testamentaria impugnata è stata oggetto di manipolazione e falsificazione in ordine alla grafia e/o in ordine alle volontà in essa espresse; 3) con ogni più ampia riserva istruttoria e probatoria; 4) con vittoria di spese e compensi di causa."; - per la convenuta: "voglia l'On.le Tribunale di Pavia, contrariis reiectis: IN VIA PREGIUDIZIALE DI RITO: - accertato che l'attrice non ha correttamente integrato il contraddittorio, nel termine perentorio indicato dal Giudice, nei confronti di tutti i litisconsorti necessari, ossia gli eredi ex lege di F.R.L., nonché gli eredi e i legatari, tutti istituiti dalla de cuius con il testamento olografo del 16.3.2015, pubblicato a ministero del notaio L. in data (...), Rep. n. (...), Racc. n. (...), segnatamente: - A.A.S., con sede legale in V.le Repubblica n. 34, Pavia; - Provincia di Alessandria dei F.M.C., con sede legale in Via S. F. d'A. n. 13, A.; - Ente C.R.I., Comitato di Mortara, con sede legale in V.le C. n. 22, M.; - Diocesi di Vigevano, con sede legale in P.zza Sant'Ambrogio n. 12, Vigevano; dichiarare per l'effetto l'estinzione del processo ai sensi dell'art. 307 c.p.c. III e IV comma c.p.c., in relazione all'art. 102 c.p.c.; NEL MERITO IN VIA PRINCIPALE: - respingere le domande dell'attrice in quanto infondate in fatto ed in diritto per le causali di cui in narrativa; - con vittoria di spese e compensi di causa, oltre IVA, CPA e 15% spese forfettarie, e dell'esperita CTU."; - per L.F.D.oro Onlus: "Piaccia al Tribunale Ecc.mo adito, ogni contraria richiesta, anche istruttoria, rigettata, accertare e dichiarare la nullità e/o l'annullabilità e/o l'inefficacia e/o l'inesistenza della scheda testamentaria olografa datata 13.4.2015, apparentemente redatta dalla Sig.ra L.F.R., pubblicata in data 12.11.2018, a seguito di manipolazione e/o falsificazione e difetto di autografia, data e firma della predetta, genericità e mancata rispondenza alle effettive volontà della de cuius. Piaccia altresì, confermare, per converso, la validità del precedente testamento olografo 16.3.2015 a firma della Sig.ra L.F., pubblicato il 18.7.2018, e relative statuizioni, con tutte le conseguenze di legge e rito. Con vittoria di spese e compensi."; - per N.G. e R.P.: "contrariis reiectis, previa ogni occorrenda statuizione di rito e di legge, così giudicare: 1) accertare e dichiarare la nullità e/o l'annullabilità e/o l'inefficacia e/o l'inesistenza della scheda testamentaria olografa datata 13/4/2015, apparentemente redatta dalla Sig.ra L.F.R., pubblicata in data 12/11/2018, a seguito di manipolazione e/o falsificazione e difetto di autografia, data e firma della predetta, genericità e mancata rispondenza alle effettive volontà della de cuius; 2) ammettersi CTU tesa alla verifica delle eccezioni tutte mosse all'atto impugnato, previa emissione di un ordine di esibizione a tutti gli enti e soggetti depositari di scritti e documenti firmati dalla de cuius F.L.; 3) con ogni riserva istruttoria e probatoria; 4) spese e compensi rifusi."; - per P.C.G.: "Nulla per le spese giudiziarie, non avendo e non intendendo prendere posizione sulle questioni oggetto di causa."; - per Corpo volontari P.S. Cuore Vigevanese Croce Azzurra: "Voglia l'Ill.mo Giudice adito, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così giudicare: nel merito, accertare e dichiarare l'inesistenza e/o nullità e/o l'invalidità e/o l'inefficacia e/o l'annullamento della scheda testamentari olografa datata 13.04.2015, apparentemente redatta dalla sig.ra L.F.R., pubblicata in data 12.11.2018 con atto dott. G.P., notaio in M. n. (...) rep. - (...) racc. per difetto di autografia e/o data autografa e/o sottoscrizione autografa ed in ogni caso per manipolazione e falsificazione del documento impugnato in ordine alla scheda testamentaria e/o in ordine alle volontà in essa espresse. Con vittoria di spese e compenso professionale ex D.M. n. 55 del 2014, oltre rimborso forfetario e C.P.A. come per legge."; - per A.S.M. Vigevano Rsa Istituto de Rodolfi: "Voglia l'Ill.mo Giudice adito, rigettata ogni contraria domanda, eccezione, deduzione e istanza, e previa ogni più opportuna declaratoria del caso: nel merito: - accertare la non autenticità e/o l'alterazione e/o comunque l'assenza dei requisiti di legge del testamento olografo della signora F.R.L. datato 13 aprile 2015 e pubblicato il 12 novembre 2018 con atto per Notaio G.P. al N. (...) Rep. e al N. (...) Racc. e quindi accertare e dichiarare la inesistenza e/o nullità e/o invalidità e/o inefficacia dello stesso; - rigettare tutte le domande della Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo Apostoli in Cilavegna, in quanto infondate in fatto e in diritto per tutte le ragioni illustrate in atti e nel corso del presente giudizio; In via istruttoria, - ammettersi prova testimoniale sui seguenti capitoli di prova, chiamando quali testi il Notaio L.L. (sui capitoli sotto riportati da n. 1 a n. 6 e da n. 11 a n. 15) e il Notaio F.L. (sui capitoli sotto riportati da n. 7 a n. 10): 1. "vero che tra fine dicembre 2014 e gennaio 2015 la signora F.L. si rivolgeva al mio studio dicendomi che desiderava ricevere la mia assistenza e consulenza professionale ai fini della redazione delle sue ultime volontà?"; 2. "vero che tra il gennaio e il marzo 2015 mi recavo presso l'abitazione della signora F.L. in V. al fine di fornirle la consulenza richiesta?"; 3. "vero che negli incontri organizzati presso l'abitazione della signora F.L., quest'ultima mi riferiva le sue ultime volontà che intendeva porre per iscritto?"; 4. "vero che in detti incontri le indicavo quale fosse la terminologia tecnico giuridica corretta da impiegare ai fini della redazione del testamento, le indicavo quali fossero gli elementi essenziali per redigere un testamento valido ed efficace e le consigliavo di nominare un esecutore testamentario?"; 5. "vero che al termine della redazione del testamento di cui al doc. 14 che mi viene mostrato, la signora F.L. mi chiedeva che tali sue ultime volontà venissero custodite nel mio studio di V. e che io accettavo?"; 6. "vero che al termine della consulenza richiesta, emettevo fattura nei confronti della signora F.L. e che la stessa veniva debitamente saldata?"; 7. "vero che nel febbraio/marzo del 2018 ero amministratore di sostegno della signora F.L.?"; 8. "vero che nel febbraio/marzo del 2018 la signora F.L. mi chiedeva di organizzare un incontro con il Notaio L.L. di V. perché voleva ricevere lettura del suo testamento olografo del 16 marzo 2015 depositato presso lo studio del Notaio L.L.?"; 9. "vero che nel febbraio/marzo del 2018, su richiesta della signora F.L., telefonavo al Notaio L.L. e fissavo con quest'ultimo un incontro presso l'abitazione della signora F.R.L.?"; 10. "vero che nel febbraio/marzo del 2018 il Notaio L.L. si presentava nell'abitazione della signora F.L., nella quale ero anch'io presente?"; 11. "vero che nel febbraio/marzo 2018 il Dott. F.L., per conto della signora F.L., della quale era amministratore di sostegno, mi telefonava e mi chiedeva di fissare un appuntamento presso l'abitazione della signora F.L. perché la stessa voleva che le fosse data una lettura del suo testamento olografo del 16 marzo 2015 che custodivo nel mio studio?"; 12. "vero che l'incontro di cui al capitolo che precede si teneva nel febbraio/marzo 2018 presso l'abitazione della signora F.L. in V.?"; 13. "vero che all'incontro di cui al capitolo 11, leggevo alla signora F.R.L. il testamento dalla stessa redatto e datato 16 marzo 2015 di cui al doc. 14 che mi viene mostrato?"; 14. "vero che a seguito di detta lettura la signora F.L. confermava integralmente le sue ultime volontà come scritte nel testamento olografo e dichiarava di voler mantenere inalterato il testo?"; 15. "vero che in seguito all'incontro di cui al capitolo 11, emettevo nei confronti della signora F.L. la fattura n. (...) del 05/03/2018 che mi viene mostrata (doc. 15) e che mi veniva debitamente pagata?". - disporsi consulenza tecnica d'ufficio volta ad accertare la non autenticità e/o l'alterazione del testamento olografo della signora F.L. del 13 aprile 2015, pubblicato il 12 novembre 2018 con atto per Notaio G.P. al N. (...) Rep. e al N. (...) Racc., mediante il suo raffronto con il testamento del 16 marzo 2015 redatto dalla stessa de cuius e con le ulteriori scritture di comparazione prodotte nel presente giudizio o di cui sia richiesta e disposta l'esibizione ex art. 210 c.p.c., nonché attraverso tutti gli ulteriori accertamenti che si rendessero necessari, all'occorrenza anche rivolgendosi ad un laboratorio specializzato; - disporsi, per le ragioni esposte nel corso del processo, l'integrazione o la rinnovazione della CTU svolta nel presente giudizio limitatamente alla seconda parte del quesito, sempre che non si ritengano decisive ai fini del giudizio le difformità riscontrate dalla CTU in risposta alla prima parte del quesito relativamente alla riconducibilità della grafia alla mano della de cuius; - si chiede il rigetto di tutte le richieste istruttorie proposte dalla Parrocchia di Cilavegna in quanto inammissibili e/o irrilevanti per i motivi già illustrati nel corso del processo. In ogni caso, con vittoria di spese e competenze di giudizio.". Ragioni giuridiche della decisione 1. Occorre preliminarmente affrontare le eccezioni di carattere processuale sollevate dalla difesa di parte convenuta che, nel corso del processo, ha lamentato la sussistenza di plurimi vizi così riassumibili: 1. mancata declaratoria di contumacia dei convenuti non costituiti, ai sensi dell'art. 291 c.p.c.; 2. mancata integrazione del contraddittorio, entro il termine perentorio indicato dal Tribunale, nei confronti di tutte le parti chiamate a partecipare al giudizio in qualità di litisconsorti necessari, non identificati dall'attrice (mancando il codice fiscale) e/o non correttamente evocati in giudizio presso la sede dell'ente/persona giuridica che ha la capacità processuale e ne assume la legale rappresentanza in giudizio (i.e. A.P. in luogo di "Ospedale Civile del Comune di Vigevano", della Diocesi di Vigevano in luogo di "C.D. di V.", dell'Ente C.R.I. Comitato di Mortara e di C. in luogo di "C.R.I. di M. e di C." e della Provincia di A. Comitato di Mortara e di Cilavegna in luogo di "Croce Rossa Italiana di Mortara e di Cilavegna" e della Provincia di Alessandria dei F.M.C. in luogo di "Chiesa e Convento dei Frati Cappuccini di Vigevano"), con conseguente: - nullità delle notifiche, eseguite in violazione dell'art. 145 c.p.c.; - estinzione del giudizio, ai sensi dell'art. 307, co. 3 e 4 c.p.c.; 3. mancato esperimento della mediazione obbligatoria nei confronti dei litisconsorti necessari e conseguente improcedibilità della domanda, ai sensi dell'art. 5, co. 1 bis D.Lgs. n. 28 del 2010. Tale enumerazione rispecchia l'ordine delle questioni affrontate dalla convenuta negli scritti difensivi conclusionali e memoria di replica. Tuttavia, in vista del fine che la parte eccipiente intende sostenere (pronuncia in rito di estinzione per difetto del contraddittorio e/o inottemperanza all'ordine di integrazione del contraddittorio e/o improcedibilità della domanda) appare logicamente preliminare affrontare la questione relativa alla necessità, o meno, dell'integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti suindicate, quanto meno per quelle non costituite in giudizio. Infatti, per le parti tempestivamente chiamate a partecipare e costituitesi in posizione adesiva alla domanda attorea, ogni eventuale (o residua) eccezione di nullità sarebbe sanata per acquiescenza, ai sensi dell'art. 157, comma 3 c.p.c. 1.1 Come noto, la soluzione quanto alla necessità, o meno, di integrare il contraddittorio al fine di evitare il configurarsi di una violazione del litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c., va desunta dal contenuto della domanda proposta dall'attore e non può farsi dipendere dalle mere difese o eccezioni opposte dalla parte convenuta e finanche dalla soluzione di merito che il giudice ritenga di dover dare alla controversia (cfr. Cass. n. 21925/2015 in motiv; conf. Cass. n. 13435/2010; Cass. n. 3647/2004; Cass. n. 16939/2003). È difatti principio di diritto consolidato quello per cui l'esercizio, da parte del giudice, del potere-dovere di ordinare, anche d'ufficio, l'integrazione del contraddittorio, postulando il positivo esito della preliminare indagine circa la ricorrenza dei presupposti che rendono necessaria l'integrazione stessa, comporta che siffatta indagine debba essere svolta con esclusivo riguardo al rapporto quale affermato dall'attore e, pertanto, a prescindere dalla sua reale configurazione giuridica, posto che, iscrivendosi la figura del litisconsorzio nel quadro della legittimatio ad causam, soltanto alla domanda è legittimo fare riferimento per la individuazione dei soggetti coinvolti e per accertare, di conseguenza, la regolarità del contraddittorio (cfr. Cass. n. 4051/2002). Si deduce che avuto riguardo alla proposizione di una domanda di accertamento negativo di un testamento olografo, recante data successiva, con il quale la de cuius avrebbe nominato erede universale l'ente parrocchiale del Comune di Cilavegna, sarebbe imposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti indicati nel testamento olografo di data anteriore, siano essi eredi o legatari, ancorché tale negozio mortis causa non sia stato - pacificamente - fatto oggetto di contestazione alcuna, né di autonoma impugnazione, in via riconvenzionale, da parte del convenuto. Rispetto a tale situazione sono evidentemente inconferenti i tradizionali principi della giurisprudenza di legittimità - richiamati dalla convenuta nel primo atto difensivo - secondo cui "nelle cause aventi ad oggetto l'impugnazione di un testamento sono parti necessarie, oltre agli eredi istituiti dal "de cuius", anche tutte le persone che gli succederebbero per legge, in seguito alla caducazione dell'atto di ultima volontà, stante l'unitarietà del rapporto dedotto in giudizio, il quale non potrebbe rimanere regolato, in caso di accoglimento della domanda, dal testamento per alcuni e dalla legge per altri" (cfr. tra le tante, Cass. n. 8575/2019; Cass. n. 4452/2016; Cass. n. 474/2010; Cass. n. 8728/2005; Cass. n. 2671/2001). Ciò in quanto tale principio è dettato per un'ipotesi diversa da quella di cui si discorre. Nel caso di specie, infatti, ove il testamento impugnato che si assume "posteriore" fosse dichiarato radicalmente nullo (rectius: inesistente) o comunque riconosciuto invalido (nullo o annullabile) per difetto di autografia, la successione mortis causa di F.R.L. rimarrebbe regolata dalle disposizioni contenute nel testamento olografo del 16.03.2015 - della cui validità non si discute - evitando del tutto l'apertura della sua successione legittima. Non può essere trascurato, ad ogni modo, che in sede di prima udienza (ud. 27.11.2019), il giudice istruttore originariamente designato alla trattazione del fascicolo, richiamandosi al noto principio di legittimità, ritenendone sussistenti i presupposti, abbia effettivamente adottato un ordine di integrazione del contraddittorio verso gli "eredi e legatari" contemplati nella prima scheda testamentaria, identificandoli quali "parti necessarie" dell'odierno giudizio. Purtuttavia, altrettanto evidente è la svista in cui si è incorsi allorquando, sciogliendo la riserva assunta alla prima udienza successiva all'ordine di integrazione del contraddittorio del 16.09.2020, si è fatto richiamo al primo testamento come quello "oggetto di impugnazione". Per il vero, non è mai stata messa in discussione la validità del primo testamento olografo del 16.03.2015, certamente riconducibile alla de cuius, sicché, in difetto di altre ragioni per le quali si assume "inutiliter data" la sentenza eventualmente pronunciata in assenza di tutti i soggetti indicati nel testamento olografo non oggetto di impugnazione, il Collegio non potrebbe mai pervenire ad una dichiarazione di estinzione del processo per la mancata integrazione del contraddittorio nel termine perentorio fissato dal g.i., in quanto, a tali effetti, non è sufficiente che vi sia stato un ordine di integrazione ma occorre che di tale ordine ricorrano i presupposti di legge e che esso non sia revocato per loro difetto (cfr. Cass. n. 23403/2008). Sul punto è appena il caso di ricordare che laddove la non integrità del contraddittorio non possa essere rilevata direttamente dagli atti o in base alle prospettazioni delle parti e venga eccepita da una di esse, spetta alla parte che la deduce l'onere non solo di indicare le persone dei litisconsorti asseritamene pretermessi, ma anche di provare i presupposti di fatto e di diritto che giustificano l'invocata integrazione e, cioè, i titoli in base ai quali i soggetti pretermessi assumono la veste di litisconsorti necessari (cfr. Cass., Sez. Un., n. 15289/2001; conf. Cass. n. 5880/2006; Cass. n. 6822/2013; Cass. n. 11318/2018). Ebbene, ritiene il Collegio che la convenuta non abbia portato argomenti convincenti per disporre in tal senso. Oltre al fatto che non è stata avanzata alcuna domanda riconvenzionale volta ad impugnare il negozio mortis causa da cui dipendono i diritti dei soggetti nominati erede o beneficiati a titolo di legato dalla testatrice, nessuna specifica domanda sulla validità (o meno) della revoca delle precedenti disposizioni è stata svolta, né la stessa è rinvenibile tra gli elementi costitutivi della domanda attorea. La questione è semmai trattata incidentalmente negli atti difensivi, ma non verrebbe logicamente nemmeno a porsi dinanzi al petitum e alla causa petendi della domanda attorea, diretta a sentire accertare e dichiarare l'inesistenza e/o l'invalidità della scheda pubblicata come testamento olografo posteriore per difetto di autografia di tutto o parte del documento (i.e. nella data e/o nella sottoscrizione) o altrimenti (in via alternativa) per manipolazione e/o alterazione dello scritto di ultime volontà da parte di terzi. Ne consegue che, a parere del Tribunale, quantomeno tra i soggetti beneficati a titolo di legato, non ricorra affatto un'ipotesi di litisconsorzio necessario, bensì facoltativo, in quanto l'accertamento giudiziale domandato dall'attrice, nei limiti di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, non tende alla costituzione o modifica di un rapporto plurisoggettivo unico tale per cui sarebbe necessaria la loro partecipazione al giudizio, essendo il legato (e la qualità di legatario) limitato al singolo bene oggetto di disposizione. Ulteriori considerazioni che lasciano desumere l'inesistenza di un litisconsorzio necessario tra legittimari ed erede(i) universale(i) possono trarsi proprio dal tema della revocazione delle disposizioni testamentarie. Senza voler entrare nel merito, al solo fine di trarre spunti in ordine all'eccepito difetto di integrazione del contraddittorio, è opinione del Collegio che l'ulteriore affermazione di parte convenuta circa l'effetto revocatorio integrale (o "sostitutivo") delle precedenti disposizioni ad opera della scheda testamentaria impugnata, per il sol fatto di recare una data posteriore, oltre a non essere condivisibile, non è un argomento capace di porre i legatari nella posizione di litisconsorti necessari, ai sensi e per gli effetti dell'art. 102 c.p.c. Da una mera comparazione delle due schede si evince "ictu oculi" che, ove fossero entrambe valide, le stesse risulterebbero parzialmente compatibili (o solo parzialmente incompatibili), in quanto la revocazione (implicita) delle "precedenti disposizioni" riguarderebbe soltanto la nomina ad erede universale di L.A. e non anche i legati, i quali non sarebbero in astratto toccati dall'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario da parte della convenuta. Come è noto, a norma dell'art. 588 c.c., sono attributive della qualità di erede le disposizioni testamentarie, qualunque sia l'espressione o la denominazione usata dal testatore, che comprendono l'universalità dei beni o una parte di essi considerati come quota astratta dell'asse ereditario (come la volontà di "lasciare tutto a..." e altre espressioni simili), mentre ogni altra disposizione inerente il bene singolarmente individuato è a titolo particolare ed attribuisce la qualità di legatario. Se si guarda al disposto normativo dell'art. 682 c.c., ai sensi del quale "il testamento posteriore, che non revoca in modo espresso i precedenti, annulla in questi soltanto le disposizioni che sono con esso incompatibili", se ne deduce, come da migliore dottrina, che nel caso in cui il testatore abbia già istituito l'erede universale e disposto una serie di legati e poi rediga un secondo testamento in cui, non revocando espressamente il precedente, si limita a nominare erede universale un altro soggetto, deve considerarsi revocata solo l'istituzione fatta a favore dell'erede, ma i legati disposti con il primo testamento conservano la loro efficacia, non essendo queste disposizioni "incompatibili" con il contenuto del nuovo testamento. Ciò ovviamente sempre che il testamento posteriore (olografo, pubblico o segreto) sia esistente, valido ed efficace. In situazioni non dissimili, risalente ma condivisibile giurisprudenza di legittimità ha affermato che i soggetti beneficiati dai legati nel primo testamento non figurano quali litisconsorti necessari nel giudizio concernente la validità giuridica della istituzione ereditaria (vuoi nello stesso testamento, vuoi in un testamento successivo), poiché l'eventuale accoglimento dell'impugnativa "mentre porrebbe nel nulla la detta istituzione d'erede non pregiudicherebbe in alcun modo i legati, che sono negozi giuridici distinti da quella" (cfr. Cass. n. 6196/1996; conf. Cass. n. 277/1981; Cass. n. 968/1968). D'altronde, come è dato evincere dalle allegazioni fondate sui documenti prodotti in atti, il soggetto contemplato nel testamento della cui autenticità si discute è soltanto uno (la parrocchia convenuta) e unica è la disposizione in esso contenuta, ossia quella di istituzione ad erede universale. Ci si trova, quindi, in una situazione non dissimile dalla "eccezione" alla "regola" del litisconsorzio necessario in materia che la Suprema Corte di legittimità ha giustamente previsto come possibile (v. Cass. n. 210/2021), ovverosia il caso dell'impugnazione "di una singola disposizione" (ndr. non incompatibile con le altre). L'insussistenza di un litisconsorzio necessario nei riguardi di coloro che sono stati beneficiati dalla testatrice a titolo di legato non pregiudica, però, l'interesse di costoro di agire anche in via disgiuntiva o di intervenire (nel giudizio promosso da uno di essi, così come dall'erede) per sentire accertare e dichiarare l'inesistenza o l'invalidità giuridica di altro testamento ricondotto alla de cuius, ma che si assume falso, nullo o annullabile, quando il legatario possa ottenerne dalla rimozione dell'atto una concreta utilità a tutela del suo diritto (art. 100 c.p.c.): nel caso di specie, determinata proprio dall'incertezza ingenerata dall'inserimento nell'inventario anche dei beni oggetto dei legati e della pubblicità-notizia data dalla trascrizione dell'accettazione dell'eredità, da parte della convenuta, presso i pubblici registri (v. doc. 7, 8 e 9 fasc.conv.). Quando sopra detto conduce a ritenere infondato il difetto di integrità del contraddittorio per violazione dell'art. 102 c.p.c., essendo stata ritualmente chiamata a partecipare al giudizio - entro il termine perentorio assegnato dal giudice in prima udienza - L.A., istituita dalla de cuius quale erede universale con il primo testamento olografo del 16.03.2015. Per tutti gli altri soggetti, beneficiati a titolo di legato, la partecipazione al presente giudizio non potrebbe essere assimilata a quella dell'erede, venendo piuttosto in rilievo altra e diversa questione qual è quella di estendere loro il contraddittorio per ragioni di opportunità processuale, dettate dalla "comunanza di causa" (arg. ex art. 107 c.p.c) che, a differenza del litisconsorzio necessario, non richiede che il rapporto sostanziale sia comune ed indivisibile rispetto ai soggetti chiamati. Nei confronti di costoro, pertanto, l'ordine di integrazione del contraddittorio adottato in difetto dei presupposti di cui all'art. 102 c.p.c. è privo di effetti e la sua eventuale violazione rimane del tutto irrilevante, non potendo condurre ad una pronuncia di estinzione del processo (cfr. Cass. 1614/1975; Cass. 658/1984; Cass. 9471/1995; Cass. 13097/2003; Cass. 2672/2008; Cass. 1739/2013; Cass. n. 7050/2021). 1.2 Agli effetti desiderati dalla convenuta (art. 307 c.p.c.), rimane del tutto irrilevante l'eccepita nullità della vocatio in ius dei soggetti non identificati con il codice fiscale o non correttamente indicati dall'attore nella loro esatta denominazione con l'atto di chiamata in causa e nelle relate di notifica. In ripetute occasioni, dinanzi ad eccezioni di tale portata, la giurisprudenza di legittimità è giunta ad affermare che "l'omessa od inesatta indicazione, nella relata di notificazione dell'atto di citazione, del nome di alcuna delle parti, in tanto ne produce nullità in quante abbia determinato un'irregolare costituzione del contraddittorio od abbia generato incertezza circa i soggetti ai quali l'atto era stato notificato, mentre l'irregolarità formale o l'incompletezza nella notificazione del nome di una delle parti non è motivo di nullità se dal contesto dell'atto notificato risulti con sufficiente chiarezza, come nella specie, l'identificazione di tutte le parti e la consegna dell'atto alle giuste parti; in tal caso, infatti, la notificazione è idonea a raggiungere, nei confronti di tutte le parti, i fini ai quali tende e l'apparente vizio va considerato come un mero errore materiale, che può essere agevolmente percepito dall'effettivo destinatario, la cui mancata costituzione in giudizio non è l'effetto di tale errore ma di una scelta cosciente volontaria" (cfr. Cass. n. 9075/2020; conf. Cass. n. 6352/2014; Cass. n. 7514/2007). Costituisce opinione condivisa in giurisprudenza anche quella per cui la nullità della citazione per omessa indicazione del codice fiscale del "convenuto", richiesta dall'art. 163, co. 3 n. 2 c.p.c., può essere pronunciata soltanto se e quando l'omissione, neppure colmabile in base a quanto risulta dagli atti, determini una incertezza assoluta in ordine alla individuazione della parte. Ove ciò non si verifichi, la mancata indicazione del codice fiscale di una delle parti costituisce una violazione meramente formale che si traduce in una irregolarità mera che può, al più, portare il giudice a sollecitare l'integrazione dell'atto, in ogni stato e grado del giudizio, ma non ad invalidarlo (v. Trib. Treviso n. 349/2016; Trib. Varese, sez. I, 16.04.2010; v. in proposito, similmente per l'appello, Cass. n. 23455/2004). Ora, dalle relate di notifica delle chiamate in causa e dalle certificazioni di stato rinvenibili agli atti del fascicolo telematico (v. note di deposito di parte attrice del 5.03.2020, 24.11.2020 e 25.11.2020), si evince, senza margini di dubbio, che il contraddittorio sia stato tempestivamente e regolarmente esteso dall'attore nei confronti di: L.A. (notifica perfezionata presso la Rsa ospitante il 7.01.2020); Azienda S.C.S. (notifica presso la sede con consegna a persona addetta il 7.01.2020); C.D. di V. (rectius Fondazione C.D. di V.) (notifica presso la sede della Curia Vescovile di Vigevano con consegna a persona addetta il 13.01.2020); C.R.I. (rectius CRI Comitato di Vigevano) (notifica perfezionata presso la sede locale con consegna a persona qualificatasi capace e addetta alla ricezione l'8.01.2020); Croce Rossa Italiana di Cilavegna (rectius CRI Comitato di Cilavegna) (notifica perfezionata presso la sede locale con consegna a persona addetta il 14.01.2020); Comune di Cilavegna, in persona del Sindaco p.t. (notifica perfezionata presso la sede con consegna a persona addetta il 7.01.2020); G.Z. (notifica presso l'indirizzo di residenza perfezionata ex art. 138 c.p.c. in data 8.01.2020; S.B. (notifica presso l'indirizzo di residenza perfezionata ex art. 138 c.p.c. in data 8.01.2020); G.G. in qualità di erede di A.G. (notifica presso l'ultima residenza entro l'anno dalla certificata morte, perfezionata con consegna a marito convivente in data 10.01.2020); E.B. in qualità di erede (doc. 10 fasc.att.) di M.F.", da leggersi "I.I.M.", nata a M.P.S. (R.) il (...) e deceduta a Vigevano il 9/5/2017 (doc. 9 fasc.att.), così indicata per mero errore materiale di trascrizione del verbale di pubblicazione del testamento olografo del 16.03.2015 (notifica perfezionata ex art. 138 c.p.c. il 27.01.2020 e successivamente rinnovata per violazione del termine minimo ex art. 163 bis c.p.c. con nuova consegna il 30.12.2020); P.G., in proprio e quale erede di A.G. (notifica perfezionata, dopo effettive ricerche presso la residenza, ex art. 143 c.p.c. presso il Comune di ultima residenza di Cilavegna il 6.11.2020). Va aggiunto che l'effettiva conoscenza dell'atto non resta assorbita dalla dedotta nullità del procedimento di notifica, essendo vero piuttosto il contrario: le notifiche rivolte agli enti non dotati di personalità giuridica risultano eseguite presso le loro sedi locali, le quali è dato presumere che coincidano con la sede dove svolgono l'attività in modo continuativo (art. 19, co. 2 c.p.c.); le relate di notifica riportano, inoltre, l'avvenuta consegna da parte dell'ufficiale giudiziario a persone indicate come presenti all'interno dei locali e addette alla ricezione degli atti, senza che il notificatore debba accertarsi della sua effettiva condizione. Pertanto, in difetto di eccezioni da parte dei destinatari interessati, il procedimento notificatorio nei riguardi di costoro deve ritenersi validamente compiuto. Con riguardo, invece, a quei soggetti che godono di personalità giuridica (Ospedale Civile di Vigevano, rectius Azienda S.S.T.; Chiesa e Convento dei Frati Cappucci, rectius Provincia di Alessandria dell'Ordine dei Frati Minori C.), il vizio rilevato dalla convenuta circa le notifiche eseguite presso il presidio ospedaliero (perfezionata con consegna a persona addetta il 7.01.2020) e presso il convento (notifica perfezionata con consegna a persona addetta, stante l'assenza del Priore della comunità, in data 3.01.2020), anziché nelle rispettive "sedi legali" come previsto dall'art. 145, comma 1 c.p.c., non ha alcun rilievo processuale di sorta. Infatti, se è stata verificata l'integrità del contraddittorio (verb. ud. 5.05.2021) e il giudice istruttore non ha pronunciato ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo a norma dell'art. 270 c.p.c., deve ritenersi che l'ordine di integrazione sia stato implicitamente revocato. A questo Collegio appare dunque superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per rinnovare le notificazioni verso tali enti, la cui partecipazione, come detto, non è necessaria ma soltanto facoltativa, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell'effettività dei diritti processuali delle parti. 1.3 Ciò posto, ben può essere dichiarata la contumacia dei terzi indicati in epigrafe. Dinanzi alla reiterata eccezione di parte convenuta non è inutile ricordare che, per costante e incontrastato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l'omessa formale adozione di un'ordinanza volta a pronunciare la contumacia, nella specie, dei terzi chiamati, ai sensi degli artt. 171 e 291 c.p.c., non dà luogo ad alcun vizio di invalidità processuale, laddove il processo sia stato svolto nel rispetto delle forme contumaciali: deve infatti riaffermarsi il principio secondo cui, accertata la regolare costituzione del contraddittorio, la mancata dichiarazione di contumacia di una parte non invalida la successiva pronuncia, in quanto tale declaratoria non vale a determinare la contumacia, che deriva invece dalla mancata costituzione della parte ritualmente evocata in giudizio, ma ha il solo scopo di fornire la prova dell'avvenuto accertamento, ad opera del giudice, circa la notificazione dell'atto introduttivo alla parte non comparsa (cfr. Cass. n. 17928/2019; conf. Cass. n. 31374/2019; Cass. n. 22918/2013; Cass. n. 19347/2007; Cass. n. 16229/2005; Cass. n. 2657/2005; Cass. n. 8545/2003; Cass. n. 4916/1985). Da quanto precede è pertanto pacifico che la dichiarazione di contumacia può essere pronunciata in qualsiasi fase del giudizio, anche nella sentenza che lo definisce, non essendo imposto dal codice di rito un termine perentorio per la relativa declaratoria (cfr. Cass. n. 20406/2013). 1.4 Infine, riguardo alla terza e ultima questione di rito, l'eccezione di improcedibilità della domanda per mancata instaurazione della mediazione obbligatoria in materia di "successioni ereditarie" ai sensi dell'art. 5 co. 1 bis D.Lgs. n. 28 del 2010 e s.m.i. nei riguardi dei "litisconsorti chiamati" è tardiva e inammissibile, poiché sollevata dalla convenuta, per la prima volta, solo nella comparsa conclusionale. Senza che sia necessario approfondire ulteriormente, l'eccezione non potrebbe nemmeno provenire dalla parte che, invece, nonostante il regolare invito alla mediazione, è risultata "assente" al primo incontro dinanzi al mediatore professionale senza addurre un giustificato motivo (v. doc. 7 fasc.att.). 2. Venendo al merito, giova chiarire che tra i fatti costitutivi della domanda attorea (non estesa dalla costituzione "adesiva autonoma" delle parti chiamate) non è dato rinvenire l'incapacità della de cuius di disporre per testamento, ai fini di una pronuncia di annullamento ai sensi dell'art. 591, comma 2 c.c., sicché la questione delle condizioni psico-fisiche della testatrice sulla base dello stato di salute desumibile ex actis nel periodo prossimo e coevo a quello della scrittura in verifica è stata affrontata in sede CTU al solo fine di acquisire ogni elemento utile alla completezza dell'analisi grafologica sul documento in verifica (come specificato a verbale di udienza del 18.11.2021 con affidamento dell'incarico alla dott.ssa M.I.), senza che da ciò possa essere pretesa (o lamentata) alcuna inammissibile estensione del "petitum" e della "causa petendi". Non è dunque oggetto di giudizio la capacità di fare testamento ex art. 591, n. 3 c.c. in capo alla de cuius, con la conseguenza che ogni allegazione e valutazione data dalle parti e dai rispettivi CTP nel corso dell'istruttoria in ordine al presumibile "status mentale" della testatrice o è irrilevante o è inconferente ai fini della decisione. 2.1 Dalla natura delle vicende rappresentate e delle precisazioni fornite dalle parti negli atti introduttivi e prime memorie difensive, nonché dal petitum sostanziale da queste richiesto, si desume chiaramente che l'azione è volta a contestare l'autenticità dell'atto pubblicato come il testamento olografo di L.F.R. del 13 aprile 2015: si allega e deduce la falsità dell'intero scritto ovvero l'alterazione dello stesso per intervento di un terzo sulla data o sulla sottoscrizione o sul contenuto dell'atto di ultime volontà, ritenuto difforme e non corrispondente alle volontà espresse dalla medesima con un testamento olografo del 16.03.2015, a lei certamente riconducibile. È stata, quindi, correttamente promossa una domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, in conformità ai principi di diritto resi dall'intervento delle Sezioni Unite del 2015 (Cass., Sez. Un., n. 12307/2015 cit.) e riaffermati e condivisi dalla maggioritaria giurisprudenza di merito (tra le tante conf., Corte App. Milano, sez. II, n. 693/2023; Corte App. Firenze, sez. III, n. 1956/2022; Corte App. Reggio Calabria, n. 707/2021; Trib. Avellino, sez. I, n. 619/2021; Trib. Rovigo, n. 30/2021; Trib. Arezzo n. 232/2020; Trib. Pescara, n. 1564/2019; Trib. Salerno, sez. II, n. 562/2018; n. e di legittimità successiva, secondo cui "la parte che contesti l'autenticità del negozio testamentario è tenuta a proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura ed a fornire la relativa prova, mentre quella contro cui l'azione di impugnativa è esercitata non ha l'onere di dichiarare di volersi avvalere del detto testamento, non essendo applicabile il procedimento di verificazione delle scritture private di cui all'art. 216, comma 2, c.p.c." (cfr. ex multis Cass. n. 24749/2019; Cass. n. 6918/2019; Cass. n. 18363/2018; Cass. n. 31457/2018; Cass. n. 24814/2018; Cass. n. 21556/2018; Cass. n. 711/2018; Cass. n. 109/2017; Cass. n. 22197/2017; Cass. n. 1995/2016). Il Collegio non ritiene che siano portati argomenti convincenti (né si traggono dalla massima di Cass. n. 5091 del 16.02.2022, richiamata dalla difesa di convenuta, in quanto la motivazione è formata proprio su un caso di richiesta di querela di falso in un giudizio iniziato nel 2005) per potersi discostare dai chiari insegnamenti della Suprema Corte che, con la menzionata pronuncia del 2015, ha mostrato l'inadeguatezza delle due diverse soluzioni in precedenza prospettate al fine di superare l'efficacia probatoria di un testamento olografo, ossia il ricorso al disconoscimento della scrittura privata e la proposizione della querela di falso, preferendo, all'uopo, la terza via predicativa della necessità di proporre, appunto, un'azione di accertamento negativo della autenticità della scheda testamentaria, con onere della prova gravante in capo all'interessato; ciò anche quando si intenda sconfessare la veridicità della data, come ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità più recente (v. Cass. civ., sez. II, 17.08.2022, n. 24835 e Cass. civ., sez. II, 28/09/2022, n. 28177 e Cass. civ., sez. II, 29/11/2022, n. 35067 in motiv., p. 2; v. anche Cass. n. 4833/2021). 2.2 In punto di diritto, conviene premettere che per aversi un valido testamento olografo è necessario che il testatore abbia redatto per intero di proprio pugno le sue ultime volontà, apponendovi la data (giorno, mese e anno) e la sottoscrizione, senza il sussidio di mezzi meccanici o l'intervento della mano di altra persona (art. 602 c.c.). La necessità che l'autografia inerisca ogni elemento del negozio testamentario e non solamente la sottoscrizione tende, da un lato, ad assicurare la "personalità" delle disposizioni manifestate dal de cuius e, dall'altro, a garantire la "corrispondenza" delle stesse dichiarazioni alle ultime volontà del testatore. La prescrizione formale costituisce, al contempo, un requisito di esistenza e di validità del negozio testamentario: per essere "esistente" è sufficiente che esso sia redatto dal testatore su un qualsiasi supporto materiale, purché idoneo a "trattenere lo scritto in maniera che essa risulti intelligibile" (così già Cass. n. 920/1963; Cass. n. 394/1965); per dirsi anche "valido" è necessaria l'autografia, il che implica che alla scrittura approcci un soggetto capace di intendere e di volere (anche se in una "parentesi di lucidità", v. Cass. n. 28758/2017) e che sappia leggere e scrivere. Cosicché, ai sensi dell'art. 606, comma 1 c.c., il testamento olografo è nullo quando manca l'autografia "o" la sottoscrizione: tale alternativa è prevista dalla legge, non a caso, al fine di evitare che pur dopo aver reso le ultime volontà, il testatore possa avere avuto un ripensamento e si sia determinato a non sottoscrivere quanto redatto (Cass. n. 13487/2005; Cass. n. 18616/2017), mentre la nullità per difetto di autografia del testamento è configurabile allorché l'intervento del terzo ne elimini il carattere di stretta personalità, interferendo sulla volontà di disporre delle proprie sostanze, come avviene quando nel corpo della disposizione di ultima volontà anche una sola parola sia di mano altrui e risulti scritta dal terzo durante la confezione del testamento, ancorché su incarico o col consenso del testatore (cfr. Cass. n. 11733/2002; Cass. n. 26406/2008, Cass. n. 26258/2008, Cass. n. 1239/2012; Cass. n. 20703/2013). Vale inoltre rimarcare una certa tesi dottrinale, che pare avere avuto seguito in giurisprudenza (cfr. Cass. n. 10065/2020; Cass. n. 11195/2012; Cass. n. 13487/2005) secondo cui, nell'ipotesi che il documento risulti interamente contraffatto, più che di "quaestio nullitatis" sarebbe opportuno discorrere di "quaestio inexistentiae", in quanto mai lo stesso potrebbe essere ricondotto alle "ultime volontà" del defunto, ciò al fine di evitare che l'apparente testamento possa comunque avere un qualche effetto (ad esempio, in caso di conferma del testamento nullo ex art. 590 c.c.). Ricadono, invece, nella residuale categoria della annullabilità tutti gli altri difetti di forma (art. 606, comma 2 c.c.). Per quel che interessa evidenziare, secondo il preferibile e maggioritario orientamento della giurisprudenza di legittimità, "nel testamento olografo l'omessa o incompleta indicazione della data ne comporta l'annullabilità, mentre l'apposizione di questa a opera di terzi, se effettuata durante il confezionamento del documento, lo rende non annullabile ma nullo per difetto di complessiva autografia, la quale va esclusa ogni qual volta un terzo abbia scritto una sola parola durante la confezione del negozio mortis causa, senza che neppure assuma rilievo, peraltro, l'importanza sostanziale della parte eterografa ai fini della nullità dell'intero testamento in forza del principio "utile per inutile non vitiatur"; la validità del testamento olografo esige, infatti, l'autografia non solo della sottoscrizione, ma anche della data e del testo del documento, e, pertanto, deve essere esclusa quando tale data o testo risultino in tutto od in parte opera pure di altra persona" (cfr. Cass. n. n. 20703/2013; Cass. n. 9905/2009; Cass. n. 12458/2004; Cass. n. 7783/2001; Cass. n. 7636/1991). Soltanto ove sia accertato in fatto che l'alterazione di un testamento olografo da parte di terzi sia avvenuta dopo l'integrale redazione di esso da parte del testatore, il negozio conserva il suo valore, "sempre che la stessa alterazione non sia tale da impedire l'individuazione dell'originaria, genuina volontà che il testatore abbia inteso manifestare nella relativa scheda" (così Cass. n. 26406/2008; principi tutti richiamati da Cass. n. 27414/2018; conf. Cass. n. 7863/2021 e Cass. n. 4833/2021). Nel rispetto delle allegazioni prospettate dalla parte, una volta che questa abbia dedotto il fatto asseritamente invalidante, spetta al giudice ricondurlo alla categoria della nullità ovvero dell'annullabilità (cfr. Cass. n. 7783/2001). Non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che accolga una delle domande alternative o subordinate di nullità o di annullabilità proposte dall'attore, in quanto il rapporto di alternatività e di subordinazione non esclude che ciascuna rientri nel petitum (cfr. Cass. n. 5153/2019; Cass. n. 27414/2018; Cass. n. 8366/2012; Cass. n. 12473/2013). 2.3 Fermo tutto quanto premesso in diritto, questo Tribunale è chiamato a verificare in fatto se il documento a nome apparente di "L.F.R.", datato "13 Aprile 2015", presentato dal parroco p.t. D.G.V. della Parrocchia dei Ss. Pietro e Paolo Apostoli di Cilavegna (PV) in data 12.11.2018 al Notaio dott. G.P. in M. per la pubblicazione (rep. n. 63323, racc. nr. (...) del Notaio in M. dott. G.P.) e registrazione del 14.11.2018 (n. 16756 serie 1T) (doc. 2 fasc. att.), sia il valido testamento olografo con cui la de cuius avrebbe disposto, nel modo che segue, delle proprie sostanze (art. 587 c.c.): "13 aprile 2015 I.L.F.R. Lascio tutto alla parrocchiale chiesa di Cilavegna In Fede L.F.R.". Sulla base degli elementi raccolti e delle prove offerte dall'attore e dalle altre parti che condividono la medesima posizione sostanziale, il Collegio è della convinzione che la scheda testamentaria impugnata sia nulla, in quanto non interamente riconducibile alla mano della testatrice e, quindi, alla sua volontà. Ciò anche (ma non solo) sulla base delle risultanze della consulenza grafologica sull'autografia del documento in verifica. 2.3.1 Partendo da quest'ultima, premessa la completezza del quesito affidato (ord. 16.09.2021), la consulente grafologa del Tribunale (dott.ssa M.I.) ha raccolto ed esaminato, nel rispetto del contraddittorio, tutti gli originali delle scritture di comparazione prodotte in copia ed indicate dal giudice istruttore, le quali si apprezzano non solo per la consistenza (sottoscrizioni e quattro manoscritti, tra cui il testamento olografo del 16.03.2015), qualità e numero (settantanove autografe), ma anche e soprattutto perché coprono un arco temporale sufficientemente lungo (dal 7.03.2005 al 1.03.2016) ad evidenziare il mantenimento della capacità scrittoria abituale della testatrice, specie nel periodo antecedente, prossimo, coevo ed immediatamente successivo alla collocazione della scrittura in verifica (v. pag. 1-19 della rel. CTU). La documentazione medica acquisita, su consenso delle parti, dall'ausiliario del CTU (dott. C.R.) consente altresì di escludere, con ragionevole probabilità, che l'anziana testatrice (92 anni nel 2015) soffrisse di patologie o disturbi psico-fisici tali da inficiare in modo significativo la capacità e l'abitualità scrittoria, prediletta per il corsivo. Ebbene, l'analisi comparativa condotta sull'originale del documento in verifica ha restituito un parere tecnico di "somiglianza qualitativamente rilevante" rispetto alle scritture di comparazione sotto molteplici aspetti, tra cui (rinviando per completezza e restituzione grafica alla relazione di CTU): - l'impostazione e l'occupazione degli spazi sul foglio (pag. 48-50); - la direzione sul rigo (pag. 50-52); - i rapporti dimensionali, sia nei numeri componenti della data che nelle lettere in corsivo e maiuscolo corsivo (pag. 53-54 e pag. 63-65); - la continuità, leggibilità e la forma stilistica (pag. 55-58); - la velocità relativa (pag. 57); - i punti di rallentamento e di accelerazione (pag. 60); - la pressione piena e sfumata dei grafemi finali, leggera e a volte omogenea (pag. 60); - l'inclinazione (pag. 61); - la mescolanza di gesti sciolti e di gestualità stentate ed esitanti (pag. 62); - la morfografia e in alcuni elementi di dettaglio (barra e aste delle "t", puntini, variabilità dei grammi finali, punteggiatura assente, inizio degli ovali letterali e numerici, asta della "R" sopraelevata al plateau, inizio e fine della "v"; pag. 66-71); - l'aggettivo "parrocchiale" (di grafismo più ristretto e "stentato" rispetto al resto) rappresenta un'aggiunta successiva alla manoscrittura, dimostrata dal ricorso a una diversa penna, dall'inserimento nello spazio disponibile occupato e dalla riduzione dello spazio tra le lettere (v. pag. 36-37), realizzata dalla mano della sig.ra L. - persino l'uso di penne alimentate da inchiostri di colore diverso (blu e nero) è stato riscontrato tanto sul documento in verifica (Q) quanto sull'importante comparativa rappresentata dal testamento olografo del 16 marzo 2015 (v. K54-8 e K54-9, pag. 48 rel. CTU). Divergenze, di contro, sono evidenziate: - nelle dimensioni più grandi del grafismo nella verificanda rispetto al piccolo calibro delle comparative del 21.03.2014, 16.03.2015 e 6.11.2015 (pag. 72); - nella lunghezza e semplicità del testo e del registro linguistico utilizzato nel documento in esame (pag. 73); - nella forma "semplificata" del numero 5 che compone la data dell'anno "2015", il quale appare "non coerente" rispetto al resto ed estraneo alle capacità, abitudini e alla "normalità espressiva" propria dell'autografia della de cuius (pag. 74), inserendosi in un "livello grafo-motorio più evoluto rispetto a quello della sig.ra F.L., che mal si coniuga con un contesto grafico definito "informale" (v. pag. 83 in risposta alle osservazioni del CT di parte convenuta); - nella continuità del nome "R.", limitatamente al gruppo "os" (pag. 75). Così compendiati i dati emersi e analizzati dalla CTU grafologica, la conclusione cui giunge è nel senso di un'alta probabilità che la verificanda sia riconducibile alla mano della de cuius, eccetto per il numero "5" che compone l'anno della data, verso cui si arriva ad un parere tecnico di "possibile apocrifia" (pag. 105-106 rel. CTU). Per la coerenza e l'omogeneità delle autografe dal 2005 al 2016, non è quindi possibile - a parere del CTU - la datazione certa del testamento sulla base di argomenti grafo-tecnici: "il testamento è stato vergato probabilmente dalla de cuius ed è possibile che il "5" nella data sia opera di un altro soggetto" (pag. 79). 2.3.2 Tali conclusioni rappresentano un punto di partenza, non certo di arrivo. Esse non possono essere prese e valutate in modo isolato o avulso dal contesto storico-fattuale di riferimento e dagli altri elementi di prova, di pari dignità (in mancanza di prove legali), anzitutto perché la grafologia, come tutte le indagini basate su scienze fisiche e naturalistiche, è inevitabilmente soggetta ad errore (statistico o di rilevazione), il che consente di esprimersi solo in termini di verosimiglianza e di probabilità, non di verità assoluta (cfr. Cass. n. 14462/2008; conf. Cass. n. 15686/2015; Cass. n. 9784/2022; da ult. Cass. n. 24835/2022). Questo spiega come sia quantomai opportuno, in presenza di una contestazione sull'autenticità di un testamento olografo, porre l'accento sul consolidato principio della giurisprudenza di legittimità, secondo cui: "Il giudice del merito, ancorché abbia disposto una consulenza grafica sull'autografia di una scrittura disconosciuta (nella specie, testamento olografo), ha il potere - dovere di formare il proprio convincimento sulla base di ogni altro elemento di prova obiettivamente conferente, comprese le risultanze della prova testimoniale, senza essere vincolato ad alcuna graduatoria fra le varie fonti di accertamento della verità" (cfr. Cass. n. 9631/2004; n. 9523/2007; Cass. n. 15686/2015; Cass. n. 2702/2019; Cass. n. 4538/2021; Cass. n. 25508/2021; da ult. Cass. n. 24835/2022). In forza di tale principio, non è possibile giustificare a priori un giudizio di prevalenza di un mezzo di prova rispetto a un altro, quando entrambi i mezzi siano in astratto idonei rispetto al fatto da provare (cfr. Cass. n. 24888/2014). E nella valutazione delle prove, la scelta di opportunità di fare ricorso a presunzioni e la selezione, tra le varie risultanze istruttorie, di quelle più idonee a sorreggere la motivazione, involgono, a norma dell'art. 116 c.p.c., apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di formare il suo convincimento utilizzando i dati che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un'esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti. 2.3.3 Ciò posto, calando le risultanze peritali nel contesto storico, ambientale e personale della testatrice così come allegato dalle parti ed emerso dai riscontri documentali e della prova testimoniale, viene restituito un quadro probatorio in cui la probabilità della alterazione del testamento in verifica ad opera di terzi è ben più solida di quello che graficamente appare. Le certificazioni di stato prodotte in atti attestano che la sig.ra L.F.R., nata in F. nel 1923, è deceduta in Cilavegna (PV) il 1.07.2018 (doc. 1), vedova dal 1987 di O.Z.V. e con figlio unico, G.O.Z., premorto alla stessa in data 27.01.2008 (v. certificato di morte, nota di dep. del 11.12.2020 fasc.att.). Tra i parenti citati nel testamento olografo del 16.03.2015 figura la nomina a titolo di erede della sorella L.A. e in via condizionata, in caso di premorienza della stessa, il nipote M.B.. Dalle informazioni assunte dal CTU in sede di operazioni peritali risulta, inoltre, che la stessa era in possesso della licenza media inferiore e avesse svolto in vita lavori di tipo operaio-impiegatizio (pag. 22 rel. CTU). Ciò nonostante, il suo patrimonio al momento della morte era ingente, come dimostra il numero ed il valore dei beni inventariati (oltre due milioni di Euro il valore della parte mobiliare; doc. 7 fasc.conv.). Non risulta, né si ha effettivo riscontro che la de cuius frequentasse la parrocchia del Paese di residenza o avesse rapporti di fede/conoscenza/amicizia con il parroco p.t. (don V.) o che fosse effettivamente una cattolica praticante. Di contro, il chiaro contenuto del testamento olografo del 16.03.2015 testimonia, a quel tempo, l'esistenza di rapporti di amicizia con la parte attrice e le altre parti menzionate nella scheda ("lego alla mia amica...amico di famiglia...ai miei amici e vicini di casa...") e soprattutto evidenzia una personalità sensibile all'interesse sociale, al prossimo e alle persone più deboli: in tal senso, spicca l'apposizione di oneri ai legati disposti in favore degli enti pubblici o assistenziali operanti sul territorio con finalità di cura degli ammalati, degli anziani, dei bambini, nonché le attribuzioni patrimoniali destinate al suffragio dell'anima del "caro" e "adorato" figlio premorto e del compimento di atti di culto in suo favore. Eppure, tra i beneficiati con il testamento olografo di appena ventotto giorni prima rispetto a quello in verifica non figura la parrocchia di Cilavegna. Che le volontà espresse nel testamento olografo del 16 marzo 2015 siano state meditate e predisposte con pazienza dall'anziana testatrice, servendosi del consiglio tecnico del notaio dott. L. - professionista al quale si era rivolta per predisporre un atto che, evidentemente, considerava di importanza solenne - è circostanza che, oltre ad evincersi dalla sola semplice lettura, ha trovato conferma, in sede testimoniale, nelle dichiarazioni del notaio dott. L.L. (v. ud. 27.10.2021: "sul cap. 3): si è vero, gli scritti li ho visti personalmente perché la signora tra un appuntamento e l'altro scarabocchiava quello che aveva intenzione di scrivere nel testamento e io trascrivevo quello che lei aveva scritto su questi pizzini; ADR: il testamento è stato redatto tutto in un'unica soluzione o in diversi appuntamenti? Risposta: si è stato forse in tre volte la signora lo ha completato, in due - tre pomeriggi diversi; ero presente soltanto io, poi c'era la signora delle pulizie che entrava/usciva, io mi sono recato presso l'abitazione della signora per circa tre mesi negli appuntamenti quasi settimanali per redigere questo testamento importante, quindi la signora ci ha dedicato tanto tempo. Preciso che in tre pomeriggi c'è stata la materiale stesura del testamento, mentre nei tre mesi abbiamo chiacchierato su esigenze, aspettative e in che modo i suoi lasciti andassero a beneficio della collettività Vigevanese e si aspettava un riconoscimento delle istituzioni beneficiate in favore del figlio premorto, ogni volta che ne parlava si commuoveva, si aspettava che il Comune dedicasse al figlio una strada proprio in ragione di questi lasciti."). Dubbio è invece il rapporto intrattenuto nell'ultimo triennio dalla de cuius con la persona di V.Z., ossia colui al quale - stando alla ricostruzione del fatto storico circa il "ritrovamento" del testamento posteriore, come riportato dalle parti, citando anche le notizie che hanno avuto risalto sulla stampa locale (doc. 10 e 11 fasc.att.) - la testatrice avrebbe scelto di affidare le ultime volontà redatte nella scrittura datata "13 aprile 2015". Sentito come teste (v. ud. 3.11.2021), questi ha dichiarato di avere intrattenuto rapporti di amicizia con la sig.ra F.L., che andava a trovare a casa di tanto in tanto ("una volte al mese...altre volte passavano anche due o tre mesi che non andavo"), tranne nell'ultimo periodo ("L'ultimissimo periodo sono andato una volta e non stava bene, poco tempo prima di morire, però fino ad almeno 2 anni fa era ancora lucida..."). Di professione artigiano (fabbro), a lui la sig.ra L. aveva anche consegnato le chiavi della propria abitazione, autorizzandolo per iscritto in data 7.11.2015 ad accedervi in caso di necessità (doc. 3 fasc.conv.); tale gesto, però, coincide con il periodo in cui la stessa aveva già programmato il ricovero (di soli due giorni più tardi) presso la struttura RSA C.S.C.. V.Z. è tuttavia la stessa persona: 1. non menzionata tra gli "amici" beneficiati nel testamento olografo del 16.03.2015; 2. non messo al corrente della morte della sig.ra L. nel luglio 2018 e assente ai suoi funerali (come da lui dichiarato in sede di escussione); 3. indicata dalla OSS sig.ra C.P. (assistente familiare della de cuius dal dicembre 2015 fino al luglio 2018) come persona "insistente" al punto che nel 2017 la sig.ra L. non volle più riceverlo in casa sul cap. 12) della II mem. di parte att: "è vero che, nei primi mesi del mio incarico, il Sig. V.Z. ha frequentato la casa della Sig.ra F.L. in V., Via Verdi n. 28, recandosi in loco sempre all'ora di pranzo?", risposta: "Z.V. era un signore che conosceva bene la sig.ra F., so che era una persona che conosceva da anni quando era in vita suo marito, la veniva a trovare spesso, una volta alla settimana, parlavano, lui veniva spesso all'ora di pranzo, ma non si fermava a mangiare."; Sul cap. 14): "è vero che, su incarico della Sig.ra F.L. dissi al Sig. V.Z. di non cercare più la Sig.ra F.L. e di non recarsi più presso la di lei abitazione"? (dica il teste quando)", risposta: "si è vero perché era una persona insistente poi la sig.ra F. quando mangiava non desiderava nessuno, lei voleva stare da sola e lui era una persona che veniva sempre 11.30-12.00 finché lei si è stufata e mi ha detto di non farlo più entrare, ciò è successo un annetto prima della sua morte quindi 2017. ADR: ma le dava fastidio la persona o agli orari in cui veniva? Risposta: tutte e due, lui aveva sempre delle richieste quando veniva in casa, faceva sempre la battuta "e dai F. lasciami questo, lasciami quell'altro, lasciami il capannone, lasciami la casa" e lei si infastidiva. ADR: ha assistito a dei diverbi tra i due? Risposta: no dei diverbi no, ma c'ero e ho assistito quando lui faceva queste richieste, in tono scherzoso non saprei, insomma.". Il che porta a ritenere che Z. avesse manifestato un certo interesse all'eredità L.. Sulle circostanze della redazione e consegna del documento in verifica da parte della de cuius, il teste ha reso dichiarazioni confuse e non coerenti sul piano spazio-temporale: dapprima (rispondendo al cap. 4 della II mem. di parte convenuta: "vero che il testamento era stato consegnato al Sig. Z.V. in busta chiusa direttamente dalla signora L.F. nell'autunno del 2015") ha collocato probabilmente la consegna del documento (non in busta chiusa) in occasione del ricovero della stessa presso la RSA C.S.C. ("sul cap. 4): penso proprio di sì, per cui io sono andato a trovarla più volte anche al ricovero, era ricoverata a Cilavegna a C.S. mi pare") salvo poi, subito dopo, invitato dal Giudice a rendere chiarimenti sul punto ("ADR: in quale luogo ha ricevuto il testamento della sig.ra L. e quando?"), rispondere di non ricordare bene "se al ricovero o a casa sua, probabilmente al ricovero a C.S., probabilmente ma non sono sicuro è avvenuto 5-6 anni fa, adesso non ricordo. Sarà stato aprile-maggio, in primavera, adesso non ricordo, c'è la data sul testamento". La documentazione reperita dall'ausiliario del CTU e allegata alla relazione (doc. 46-56) attesta che il ricovero di F.L. presso la RSA C.S.D.C. copre il periodo dal 9 novembre 2015 al 14 dicembre 2015. Ciò significa che la consegna dello scritto al sig. Z. non può essere avvenuta presso la RSA "in primavera", ossia alla "data sul testamento" (13 aprile 2015). L'ipotesi alternativa arriverebbe all'incredibile tesi per cui la sig.ra L. avesse redatto un secondo testamento in data 13 aprile 2015, manifestando in esso una volontà totalmente difforme e inespressa rispetto a quella sugellata neanche un mese prima con l'ausilio del notaio, conservando il documento per mesi per poi portarlo con sé in vista del ricovero nel novembre dello stesso anno presso la RSA C.S. e consegnarlo al sig. Z.. Per nulla credibile è poi la narrazione del fatto storico della consegna del documento alla Parrocchia di Cilavegna dopo l'apertura della successione: il teste Z. ha dichiarato di avere conservato quel "foglietto" (non ricevuto in busta chiusa), piegato in quattro parti, all'interno del portafogli e di averlo "sempre avuto con me" (come a sottolineare l'importanza e la fiducia del presunto incarico ricevuto dalla testatrice di consegnarlo, alla sua morte, al parroco di Cilavegna), salvo poi peccare di superficialità, non sapendo nemmeno riferire con certezza a chi avesse effettivamente lasciato il documento ("ADR: ha consegnato il testamento al parroco direttamente o qualcun altro? Risposta: al parroco direttamente, non so penso, come si è presentato. Io ho detto "guardi mi è stato consegnato un foglietto da una signora anziana nativa di Cilavegna, non so che valore abbia, io glielo lascio e sono andato via". Presumo che fosse il parroco, io ho detto che dovevo consegnare quel foglio al parroco e lui se l'è preso, presumo che chi abitasse lì fosse il parroco, non mi sono accertato che fosse il parroco, non posso dire al 100% che fosse il parroco, io ho suonato alla casa parrocchiale. Io sono andato appositamente a Cilavegna partendo da V., ho aspettato che finisse la messa, sono rimasto fuori quindi non ho visto chi celebrasse la messa. Sono andato di mattina, penso fosse una domenica mattina. Anzi penso che ci fosse la messa, sono partito da V., sono andato lì, io ho suonato ed è venuta fuori questa persona qui, non mi ha fatto accomodare, non mi ha dato niente, ci sono rimasto male perché non mi ha neanche detto "chi è lei" e quando ho letto sui giornali che un "ignoto" aveva consegnato il testamento sono tornato lì, sono andato presumo dal parroco che era la stessa persona a cui avevo consegnato il testamento e gli dissi "sono io l'ignoto" e lui "si accomodi, venga qui, perché cercavamo una persona, cercavamo proprio lei". È passato forse un anno, sei mesi minimo da quando sono ritornato lì."). Incalzato dal Giudice, il teste ha dichiarato, anzi, di non avere mai visto il parroco di Cilavegna, di non sapere come si chiama e nemmeno di riuscire a riconoscerlo. 2.3.4 A definire il quadro probatorio v'è il comportamento mantenuto dalla de cuius pochi mesi prima di morire. Il teste dott. L. ha infatti riferito di essere stato contattato nel 2018 dal dott. L.F. (nominato ADS della de cuius dal 1.03.2016) perché "la signora voleva rivedermi per rileggere tutto quanto era stato scritto" e che, a tal fine, fu fissato un incontro presso l'abitazione della de cuius, come confermato anche dai testi dott. L.F. e sig.ra C.P., presenti in casa il giorno dell'incontro, collocabile nella primavera del 2018. Dopo avere sentito la rilettura di tutto quanto trascritto nel testamento olografo confezionato in data 16.03.2015, la de cuius ha riconfermato oralmente al notaio le sue ultime volontà v. teste dott. L.L., sul cap. 4) della II mem. ex art. 183 co. 6 c.p.c. di parte att.: "è vero che, 3 anni dopo la redazione del testamento olografo, nel mese di aprile 2018, la Sig.ra L. contattò il Notaio L.L. perché lui le rileggesse il testamento?", risposta: "L'incontro avvenne presso la casa della signora e riconfermava testualmente tutte le sue volontà. Quando io chiesi alla signora se intendesse apportare qualche modifica eravamo da soli, ma in casa c'era anche la badante della sig.ra e l'ADS dott. L.. Ho riletto attentamente e in modo molto chiaro il testamento, le ho chiesto se voleva modificare ancora qualcosa, lei mi ha confermato pari pari le sue volontà così come erano state scritte tre anni prima, quindi non sono state apportate né aggiunte né postille.". Convergente la deposizione del teste dott. L. ("sul cap. 4): si è vero, io ero presente nell'incontro del 2018, non ricordo adesso la data specifica. Ricordo di avere aperto la porta di casa al Notaio L. perché ero lì, l'incontro poi si è tenuto in salone solo alla presenza del notaio e della sig.ra L.. Sul cap. 5): non ho assistito, quando è uscito il dott. L. mi ha detto "abbiamo letto, la signora non vuole cambiare nessuna disposizione" e se n'è andato.") e dell'assistente familiare C.P. ("sul cap. 4): è vero, la signora L. ha espresso a me la volontà di rivedere il testamento, mi ha detto che voleva rivedere se era tutto come prima e allora io ho contattato il suo amministratore di sostegno che ha provveduto a chiamare il Notaio. Era primavera 2018, di preciso il mese non lo ricordo. sul cap. 5): io ero in un'altra stanza, è vero che il notaio si è recato presso l'abitazione della sig.ra F.L. era primavera 2018 il mese non lo ricordo ed io ero in casa. Poi si sono messi in un'altra stanza, nel salone, erano solo loro due, l'amministratore di sostegno all'inizio era dentro poi è venuto fuori. Quando sono usciti ho sentito che la sig.ra L. aveva confermato tutto.". Agli effetti che qui rilevano è sufficiente considerare che non è quella del testamento nuncupativo la fattispecie ravvisabile, in quanto non si tratta della convalida da parte dell'erede di un atto testamentario espresso oralmente (ex art. 590 c.c.), ma di una conferma da parte della testatrice stessa della dichiarazione da lei scritta e sottoscritta in data 16.03.2015, sul presupposto che il suo contenuto rispecchiasse ancora e interamente le sue ultime volontà. 2.3.5 In definitiva, alla luce di una valutazione logica e complessiva dell'intero compendio probatorio, il Tribunale ritiene con apprezzabile grado di probabilità logica e credibilità razionale che il testamento impugnato sia nullo perché alterato dalla mano di un terzo, quantomeno nella data, e che non corrisponda alle ultime volontà della de cuius. 3. Nella regolamentazione delle spese di lite, la parte soccombente va identificata in quella che, lasciando insoddisfatta una pretesa riconosciuta fondata, abbia dato causa alla lite, ovvero nel caso di lite necessaria - quando, cioè, il bene richiesto non possa essere ottenuto se non con lo strumento necessario ed insostituibile del processo - con quella che nel processo ha sostenuto tesi rivelatesi infondate. Pertanto, avuto riguardo all'esito complessivo del giudizio, in nome del principio di causazione e della soccombenza ex art. 91 c.p.c., la convenuta va condannata al rimborso delle spese processuali in favore dell'attrice e delle altre parti vittoriose che sono state chiamate a partecipare al processo quali terzi evocati per ordine del giudice (cfr. Cass. n. 10208/2020; Cass. n. 9049/2006). La liquidazione delle spese è rimessa al dispositivo e segue i parametri dettati dal D.M. n. 55 del 2014 e s.m. da ultimo con D.M. n. 147 del 2022, il quale trova applicazione con riferimento alle "prestazioni professionali esaurite successivamente alla sua entrata in vigore", ossia da far data dal 23.10.2022 (art. 6 D.M. cit.) (valore indeterminabile, inquadrabile nello scaglione da Euro 52.001,00 a Euro 260.000,00 ex art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010, co. 6 D.M. cit.; tutte le fasi; valori medi), nei limiti delle note di spesa ex art. 75 disp.att. c.p.c. depositate in atti (cfr. Cass. n. 14198/2022). Non si fa luogo al rimborso di spese vive non richieste e/o documentate (notifiche, accesso agli atti, ctp). In deroga alla soccombenza, considerato l'interesse comune di tutte le parti e dei risultati dell'accertamento tecnico, compensa le spese e onorari di CTU, già liquidati con decreto di pagamento del 7.07.2022, tra tutte le parti costituite. Compensa integralmente le spese per l'esecutore testamentario P.C.G., non essendovi soccombenza in ordine alla sua partecipazione al giudizio. La parte soccombente - regolarmente invitata e assente senza giustificato motivo al procedimento di mediazione obbligatoria (doc. 7 fasc.att.) - va anche condannata al versamento di un importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio in favore dell'entrata di bilancio dello Stato, ai sensi dell'art. 8, co. 4 bis del D.Lgs. n. 28 del 2010. P.Q.M. Il Tribunale in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda o eccezione disattesa o assorbita, così provvede: - dichiara la nullità per apocrifia del testamento olografo datato 13/04/2015 a nome e firma di F.R.L. (C.F: (...)), pubblicato da notaio dott. G.P. in M. in data (...) (rep. n. (...), racc. n. (...)) e registrato a Pavia il 14.11.2018 (n. 16756 Serie 1T), ordinando all'Ufficio territorialmente competente l'annotazione della presente sentenza a margine dell'atto, ai sensi dell'art. 2655 c.c.; - condanna la PARROCCHIA DEI SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI a rifondere le spese di giudizio in favore di F.B., che si liquidano in Euro 545,00 per spese esenti, Euro 14.103,00 per compensi (di cui Euro 2.552,00 fase studio, Euro 1.628,00 fase intr., Euro 5.670,00 fase istr./trat., Euro 4.253 fase dec.) oltre 15% rimb.forf. spese generali, IVA e CPA come per legge; - condanna la PARROCCHIA DEI SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI a rifondere le spese di giudizio in favore di L.F.D., che si liquidano Euro 14.103,00 per compensi (di cui Euro 2.552,00 fase studio, Euro 1.628,00 fase intr., Euro 5.670,00 fase istr./trat., Euro 4.253 fase dec.) oltre 15% rimb.forf. spese generali, IVA e CPA come per legge; - condanna la PARROCCHIA DEI SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI a rifondere le spese di giudizio in favore di CORPO VOLONTARI PRONTO SOCCORSO CUORE VIGEVANESE "CROCE AZZURRA", che si liquidano Euro 14.103,00 per compensi (di cui Euro 2.552,00 fase studio, Euro 1.628,00 fase intr., Euro 5.670,00 fase istr./trat., Euro 4.253 fase dec.) oltre 15% rimb.forf. spese generali, IVA e CPA come per legge; - condanna la PARROCCHIA DEI SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI a rifondere le spese di giudizio in favore di AZIENDA S.M.V., che si liquidano Euro 14.103,00 per compensi (di cui Euro 2.552,00 fase studio, Euro 1.628,00 fase intr., Euro 5.670,00 fase istr./trat., Euro 4.253 fase dec.) oltre 15% rimb.forf. spese generali, IVA e CPA come per legge; - condanna la PARROCCHIA DEI SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI a rifondere le spese di giudizio in favore di N.G. e R.P., che si liquidano Euro 14.103,00 per compensi (di cui Euro 2.552,00 fase studio, Euro 1.628,00 fase intr., Euro 5.670,00 fase istr./trat., Euro 4.253 fase dec.) oltre 15% rimb.forf. spese generali, IVA e CPA come per legge; - compensa integralmente le spese del giudizio nei confronti di P.C.G.; - compensa le spese di CTU, già liquidate con decreto del 7.07.2022, tra tutte le parti costituite; - condanna la parte soccombente al versamento all'entrata di bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio, ai sensi dell'art. 8, co. 4 bis del D.Lgs. n. 28 del 2010; - ordina ai conservatori dei RR.II. competenti la trascrizione della presente sentenza, ai sensi degli artt. 2648 ss c.c. e l'annotazione a margine della trascrizione delle domande ex art. 2652 n. 6 c.c., con onere a carico delle parti e ferma la verifica da parte della Cancelleria dell'avvenuta esecuzione della formalità. Conclusione Così deciso in Pavia, il 17 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 23 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI BERGAMO PRIMA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale, nelle persone dei seguenti magistrati: dr.ssa Maria Concetta Elda Caprino - Presidente dr.ssa Veronica Marrapodi - Giudice relatore dr.ssa Simona Maria Domenica Cherubini - Giudice onorario ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al numero di ruolo indicato in epigrafe, assunta in decisione all'udienza del 27/09/2022, promossa da (...) (C.F. (...) ), con l'assistenza del Curatore Avv. Fa.Bo., con il proc. dom. avv. PI.GI., giusta procura agli atti, successivamente riassunta con ricorso ex art. 302 c.p.c. da: (...) (C.F. (...) ), con il proc. dom. avv. PI.GI., giusta procura agli atti; - attrice in riassunzione contro (...) (C.F. (...) ), con i proc. dom. avv. LA.DO. e avv. GA.MA., giusta procura agli atti; - convenuta OGGETTO: Divisione di beni caduti in successione MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Fatti di causa e svolgimento del processo Con atto di citazione ritualmente notificato in data 24/11/2014 (...) - con l'assistenza del Curatore Avv. (...) - conveniva in giudizio la sorella (...), deducendo che, in data 01/08/2008, decedeva in Bergamo, senza lasciare testamento, il padre (...), nato a (...) il (...); che, chiamati l'eredità, erano la propria madre, nonché moglie del de cuius, (...), e i due figli, appunto, (...) e (...) (v. docc. 1-2); che, tuttavia, (...) aveva rinunciato all'eredità del marito, che pertanto si era devoluta ex lege ai figli; che l'asse ereditario era composto dal 50% di alcuni fabbricati posti in Bergamo, Via (...) n. 7/c, dalla quota del 20% ovvero del 25% di alcuni terreni e fabbricati siti nei Comuni di Colere e di Darfo Boario Terme, dalla quota di 161/100.000 di tre fabbricati siti in O., dalla quota di 240/1.000 di un altro fabbricato sito in O., dalla quota di 444/1000 di alcuni terreni siti in (...), dalla quota di partecipazione del 40% della (...) del dottor (...) S.n.c., dalla quota di 1/4 del fondo "(...)" e del fondo "(...)" detenuti presso (...), dalla quota di 1/3 del saldo di conto corrente n. (...), accesso presso (...) per complessivi Euro 130.863,16, nonché dall'intero ammontare del fondo "(...)" e del fondo "(...) Funds" accesi presso (...), il tutto come indicato nelle denunce di successione n. 1356/2008 e n. 1166/2009 e nella situazione patrimoniale redatta dal Curatore dell'inabilitato (...), Avv. (...), oltre che dalla quota parte dei beni mobili costituenti l'arredamento della casa familiare di (...), via (...) n. 7/c, rispetto ai quali si riservava di produrre l'inventario. Deduceva, infine, che nell'ambito della divisione dei beni caduti in comunione con la sorella (...), doveva tenersi conto di alcune donazioni dirette ed indirette effettuate dal de cuius ad entrambi i figli, perciò tenuti alla collazione ex art. 737 c.c.: nello specifico, una autorimessa, sita (...), via P., successivamente venduta a terzi dall'attore, e il valore della quota del 50% del dossier titoli n. (...) detenuto presso (...), quali beni donati dal genitore a (...), e per quanto riguardava la posizione della sorella (...), il valore di un appartamento sito in (...), Via (...), con relativo posto auto al piano interrato, successivamente ceduti a terzi da (...), il valore dell'immobile sito in (...), via (...) n. 7/a-b, tuttora abitato dalla medesima, le somme di denaro elargite dal genitore per la ristrutturazione dell'immobile da ultimo citato, l'importo di Euro 250.000,00 impiegato per estinguere un debito contratto dalla sorella con (...). Alla luce di quanto esposto, l'attore (...) chiedeva l'accoglimento della seguente domanda: "fatto luogo della rendita dei conti tra i coeredi, conferiti i beni soggetti a collazione od imputato il loro valore alle singole quote, computati i frutti civili dalla data dell'apertura della successione sui beni conferiti in collazione, determinata la somma che la coerede (...) sia tenuta a versare per aver ricevuto beni eccedenti il valore della propria porzione ereditaria, previa determinazione dei prelevamenti a favore del signor (...) ex art. 725 c.c., si proceda alla formazione dei singoli lotti divisionali e ad assegnare ai coeredi i beni oggetto del compendio ereditario in essere tra (...) e (...)". Con comparsa di risposta depositata in data 24/02/2015 si costituiva (...), che, contestando l'atto di citazione sul piano della ricostruzione del relictum e del donatum, chiedeva, previo accertamento che "non vi era stata, nel caso di specie, lesione alcuna della quota della legittima spettante al dott. (...)", di procedere alla stima e alla divisione giudiziale tra i coeredi dei beni facenti parte dell'eredità del padre (...), con conseguente formazione delle porzioni di pertinenza di ciascun erede. Concessi i termini di cui all'art. 183, comma 6 c.p.c. ed espletate le prove orali ritenute ammissibili e rilevanti, il Giudice istruttore, subentrato nella titolarità del fascicolo in data 14/05/2018, "rilevato che tra le medesime parti pendeva un altro giudizio di divisione (R.G. n. 10740/2018), in relazione al quale, con ordinanza emessa in data odierna, questo Giudice aveva dichiarato l'improcedibilità della domanda a causa del mancato esperimento della mediazione obbligatoria", invitava le parti ad esperire un nuovo tentativo di mediazione ex art. 5, comma 2 D.Lgs. n. 28 del 2010, valutata la natura, lo stato della causa, gli esiti dell'istruttoria fino a quel momento compiuta e il comportamento processuale delle parti (v. ordinanza G.I. del 02/05/2019). Proseguita proficuamente, per oltre due anni, la mediazione delegata dal Giudice istruttore, con nota depositata in data 08/11/2021 i difensori di parte convenuta comunicavano l'improvviso decesso dell'attore (...), sicché il giudizio veniva dichiarato interrotto (v. ordinanza G.I. del 17/11/2021). La causa veniva riassunta con ricorso depositato ex art. 302 c.p.c., in data 02/02/2022, da (...), nella sua qualità di moglie e, perciò, erede di (...), che decedeva senza lasciare testamento. All'udienza del 13/09/2022 il Giudice istruttore, preso atto dell'impossibilità di conciliare le parti, fissava l'udienza di precisazione delle conclusioni ritenendo necessario rimettere la decisione al Collegio, anche per l'eventuale soluzione di solo alcune delle questioni controverse. Così all'udienza tenutasi in "trattazione scritta" il giorno 27/09/2022, i procuratori delle parti precisavano le conclusioni come sopra riportate e la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione, previa assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. 2. La delimitazione del thema decidendum e probandum. Prima di passare al merito delle questioni controverse va osservato che, in ragione della formulazione della domanda di riduzione per lesione di legittima, avanzata in via subordinata dalla parte attrice, la causa deve essere decisa dal Tribunale in composizione collegiale, come disposto dall'art. 50-bis, comma 1 n. 6 c.p.c. Dalla lettura degli atti si rileva, infatti, che costituendosi in giudizio (...) eccepiva la dispensa dalla collazione rispetto ai beni ricevuti in donazione dal genitore defunto e, a fronte di tale eccezione, già in prima udienza e poi con la memoria di cui all'art. 183, comma 6 n. 1 c.p.c. l'attore precisava e modificava le domande di cui all'atto di citazione, chiedendo, in principalità, di procedersi alla divisione del patrimonio ereditario secondo le quote di legge, previa declaratoria di nullità delle donazioni dirette ed indirette eseguite dal genitore in favore della sorella (...), ovvero previo conferimento dei beni soggetti a collocazione o imputazione del loro valore alle singole quote, ed, in via subordinata, esperiva l'azione di riduzione delle donazioni fatte in vita dal de cuius in favore dell'odierna convenuta, rispetto alle quali quest'ultima avrebbe beneficiato della dispensa dalla collazione, nei limiti di quanto necessario per la ricostituzione della quota di legittima spettante a (...) sull'eredità paterna. Ciò detto, va pertanto dichiarata infondata l'eccezione di inammissibilità della domanda attorea volta all'accertamento della nullità delle donazioni eseguite in vita dal de cuius in favore di (...), eccezione sollevata dalla difesa della convenuta nella memoria di cui all'art. 183, comma 6 n. 2 c.p.c., non avendo, peraltro, depositato la memoria di cui all'art. 183, comma 6 n. 1 c.p.c. In punto di diritto, basti ricordare che, ai sensi dell'art. 183, comma 5 c.p.c., l'attore è legittimato a proporre nella prima udienza di trattazione le domande ed eccezioni che siano conseguenza della riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto, mentre è preclusa la proposizione di eventuali domande "nuove", che ben avrebbe potuto essere proposte già con l'atto introduttivo della causa, siano esse autonome o accessorie a quelle ivi formulate. Il successivo comma 6 dell'art. 183 c.p.c. consente, inoltre, alla parte (o meglio, ad entrambe le parti) di precisare e modificare le domande, eccezioni o conclusioni già proposte, con la memoria istruttoria depositata nel primo termine di trenta giorni: entro questo termine, dunque, il codice di rito ammette la sola modificazione della domanda, che può riguardare tanto l'elemento del petitum, quanto quello della causa petendi, ovvero entrambi gli elementi, purché connessi alla vicenda sostanziale già dedotta in giudizio (cfr. Cass. Sez. Un. n. 12310/2015). Ora, sebbene la presente causa sia stata introdotta al fine di ottenere lo scioglimento della comunione ereditaria derivante dalla successione ab intestato di (...), alla luce delle regole processuali sopra richiamate, va ritenuta ammissibile e tempestivamente proposta la domanda avanzata dall'attore nella prima udienza di comparizione e trattazione, volta ad ottenere l'accertamento della "nullità per mancanza dei requisiti di forma dell'eventuale donazione diretta da parte del de cuius alla figlia (...) del denaro utilizzato dalla medesima per l'acquisto dell'immobile di Via S. e dell'immobile di Via P." (v. verb. ud. 17/03/2015), così come va ritenuta ammissibile la domanda nuova, tesa ad ottenere la riduzione delle disposizioni donative - già dedotte in citazione - ricevute da (...) ai fini della reintegrazione della quota di legittima spettante a (...), trattandosi di domanda conseguente all'eccezione sollevata dalla convenuta nella propria comparsa di costituzione circa la dispensa dalla collazione ricevuta dal genitore. Posto che le domande attoree, così come formulate, modificate e precisate nella prima udienza ex art. 183 c.p.c., rientrano tutte nelle ipotesi tassativamente consentite dal codice di rito, va in ogni caso osservato che con l'atto introduttivo l'attore chiedeva di procedersi alla divisione dei beni ereditari secondo le quote di legge, previo conferimento dei beni soggetti a collazione od imputazione del loro valore alle singole quote, sicché - a parere del Collegio - la domanda attorea già presupponeva un accertamento in merito agli atti dispositivi enunciati in citazione, e a prescindere da una specifica domanda volta ad ottenere la declaratoria di nullità delle donazioni di denaro per difetto del requisito di forma, è sempre possibile per il Tribunale rilevare d'ufficio l'eventuale nullità di atti negoziali senza che ciò possa comportare un vizio di "ultrapetizione". Va, invece, dichiarata l'inammissibilità delle domande che la parte attrice ha avanzato, per la prima volta, con la memoria di cui all'art. 183, comma 6 n. 2 c.p.c., laddove ha dichiarato che "Dalle indagini bancarie eseguite sono emerse le seguenti novità (...)" (p. 2), allegando una serie di fatti e circostanze, mai dedotti prima in atti, riguardanti una asserita appropriazione da parte di (...) delle somme derivanti dalla gestione patrimoniale (...) e delle quote del fondo (...), rispetto alle quali chiedeva di tenerne conto nell'ambito della resa dei conti tra coeredi ai sensi dell'art. 723 c.c.. Tali allegazioni sono oltremodo tardive, così come pure la domanda ivi formulata. Nel processo civile, come noto, vige il generale principio per cui in presenza di situazioni giuridiche sostanziali caratterizzate dal requisito della disponibilità, il processo si atteggia secondo il principio dispositivo, ossia secondo un modello che postula, come tratti qualificanti indefettibili, l'affidamento esclusivo alla parte del potere di proporre la domanda e di allegare i fatti posti a fondamento della medesima. Costituisce, dunque, onere di ciascuna parte del giudizio rendere conoscibili, specificamente e tempestivamente, i fatti rilevanti a fondamento delle domande ed eccezioni dedotte in causa, mediante l'indicazione di tutti gli elementi atti ad individuare i fatti in maniera specifica, sicché allegare un fatto generico, o allegarlo tardivamente, equivale a non allegarlo affatto e ciò che non è oggetto di tempestiva e specifica allegazione non potrà neppure formare oggetto di prova e di decisione (ex multis, Cass. Civ. 09/06/2000 n. 7878; Trib. Spoleto sez. I, 09/02/2021, n.108; Trib. Rovigo, 21/11/2018, n. 808). 3. Inammissibilità della domanda di divisione ereditaria. La domanda di divisione ereditaria va dichiarata inammissibile per i motivi di seguito illustrati. Come noto, la denuncia di successione, avendo rilevanza puramente fiscale, anche se contiene i dati catastali dei cespiti immobiliari che si dichiarano essere caduti in successione, contiene, nei fatti, mere dichiarazioni di scienza aventi la funzione di portare a conoscenza dell'amministrazione finanziaria i dati occorrenti per la riscossione dei tributi, rivelandosi pertanto del tutto inidonea a dimostrare - con la necessaria certezza - l'intestazione in capo al de cuius dei beni indicati come facenti parte della massa ereditaria di cui si chiede la divisione giudiziale. In proposito, la stessa parte attrice dimostra di ben conoscere i limiti della denuncia di successione, laddove afferma che "appare evidentemente improprio oltre che improduttivo tentare di ricavare elementi di prova a favore dell'assenza di donazioni del padre da una dichiarazione fiscale quale è la denuncia di successione, il cui scopo era solo quello di permettere all'Erario di verificare se i valori dei beni ereditari rientrassero o meno nel limite di esenzione dall'imposta di successione fissato dal legislatore per le successioni tra parenti stretti" (v. p. 4 memoria di replica). Pare utile ribadire, perché ampiamente condiviso anche da questo Tribunale, l'orientamento della giurisprudenza di legittimità e di merito, oramai da considerare pacifico, secondo il quale nel giudizio di divisione ereditaria occorre produrre i titoli di proprietà in capo al de cuius al fine di verificare se, al momento della proposizione dell'azione, i beni indicati siano nella disponibilità piena degli aventi causa, in modo da scongiurare la coesistenza di diritti altrui sui medesimi beni (ex multis, Trib. Roma, sent. n. 3685 del 22/02/2022; Trib. Roma n. 7609 del 16/05/2022; Trib. Cagliari sent. n. 87 del 18/01/2022; Trib. Bergamo, sent. n. 2107 del 17/11/2021; Trib. Bergamo sent. n. 999 del 24/05/2021; Trib. Potenza, sent. n. 242 del 27/02/2020; Trib. Benevento n. 1675 del 23/11/2020; Trib. Tivoli, sent. n. 1024 del 19/08/2019; Trib. Locri, sent. 874 del 1008/2019; Trib. Cosenza n. 29 del 09/01/2019; Trib. Milano, sent. 10181 dell'11/10/2017; Trib. Sassari sent. n. 36 del 12/01/2017; Trib. Palermo sent. n. 4459 del 17/08/2015). È, infatti, inconcepibile che una dichiarazione, contenuta nella denuncia di successione, possa costituire prova dei beni che compongono la massa ereditaria da dividere, quando la decisione sulla domanda di divisione richiede sia la verifica della titolarità del diritto dominicale in capo ai condividenti, quale condizione dell'azione, sia la verifica dell'integrità del contraddittorio, stante il principio dell'universalità della divisione ex art. 784 c.p.c., secondo cui la divisione ereditaria e lo scioglimento di qualsiasi altra comunione deve essere richiesta nei confronti di tutti gli eredi o condomini e dei creditori opponenti se vi sono ex art. 1113 c.c. La prova della proprietà dei beni immobili da dividere e dell'integrità del contraddittorio richiede dunque, quale presupposto indefettibile, la produzione del titolo di acquisto originario della proprietà e della documentazione ipocatastale completa, ovvero di una relazione notarile sostitutiva, che consenta di accertare l'effettiva e persistente titolarità del bene al momento della proposizione della domanda, non potendosi escludere, peraltro, che quello stesso bene sia stato oggetto di atti traslativi a favore di terzi nel lasso di tempo intercorrente tra l'acquisto della proprietà per causa di morte e la domanda volta ad ottenere la divisione, ovvero che esistano altri creditori o aventi causa dei proprietari, anch'essi potenziali litisconsorti necessari ex art. 1113 c.c. e art. 784 c.p.c. (ex multis, Trib. Bergamo, sent. n. 999/2021 del 24/05/2021). Sebbene pacificamente gravi sul giudicante l'onere di verificare tanto che l'erede sia effettivamente comproprietario del bene, quanto che il contraddittorio sia integro, grava pur sempre sulla parte istante - secondo le regole generali dell'onere della prova - produrre in giudizio la documentazione necessaria per porre in essere tali accertamenti, sicché "in difetto della suddetta tempestiva produzione, è inammissibile "in radice" la domanda di divisione" (cfr. Corte d'appello di Roma, sent. n. 2480 del 10/06/2011) non potendosi utilmente addivenire ad alcuna decisione di merito (cfr. Trib. Bergamo, sent. n. 1961 del 29/10/2021). Del resto, l'esistenza e la titolarità delle porzioni immobiliari identificate catastalmente in atti non potrebbe ritenersi provata neppure in base al principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c. invocato dalla difesa di entrambe le parti: in proposito, basti ricordare che il principio secondo cui il giudice deve porre alla base della decisione unicamente i fatti allegati dalle parti, e l'altro per cui i fatti "pacifici" tra le parti non hanno bisogno di essere provati, incontrano un limite allorquando la legge richiede per la prova di tali fatti un atto scritto ad substantiam, dal momento che in tale ipotesi, a differenza di quanto accade nel caso in cui una determinata forma sia richiesta ad probationem, l'osservanza dell'onere formale non è prescritta esclusivamente ai fini della dimostrazione del fatto quanto per l'esistenza stessa del diritto, che, pertanto, potrà essere provato soltanto in via documentale, non risultando idonei né la prova testimoniale o per presunzioni, né la confessione della controparte (ex multis, Cass. n. 25999/2018). Basti osservare che, diversamente opinando, si rischierebbe di attribuire alle parti in causa beni di cui esse si dichiarano eredi ma che appartengono a terzi soggetti (ex multis, Cass. n. 6202/1982). Né potrebbe invocarsi l'esistenza di un dovere del Tribunale di impartire l'ordine di produzione documentale ad un consulente tecnico d'ufficio, posto che ciò determinerebbe uno stravolgimento dei fondamentali principi ordinatori del processo civile: la c.t.u. non può, infatti, risolversi in una relevatio ab onere probandi essendo la finalità tipica della consulenza quella di coadiuvare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti su impulso delle parti, specie in merito a questioni che comportino specifiche conoscenze tecniche. Il suddetto mezzo di indagine non può essere disposto al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume ed è, quindi, legittimamente negato dal giudice qualora la parte tenda con esso a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni, o offerte di prova, ovvero a compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati. In definitiva, la mancanza di certezza sull'appartenenza dei beni immobili in capo al de cuius rende inammissibile, in radice, la domanda di scioglimento della comunione ereditaria. Nessun rilevo ai fini divisionali può assumere, infine, la relazione redatta dal curatore di (...), nominato dal Tribunale in seguito alla dichiarazione di inabilitazione (v. doc. 5 fasc. attore). Ancora una volta lo scritto riporta un mero elenco di quote immobiliari di cui (...) sarebbe divenuto proprietario per effetto dell'apertura della successione paterna, ma le dichiarazioni in esso contenute, non suffragate da alcun documento, sono del tutto inidonee ed insufficienti a fondare una domanda di divisione ereditaria. Per tutto quanto sopra argomentato, la decisione va circoscritta all'accertamento di eventuali atti donativi compiuti in vita dal de cuius in favore dei figli, non potendo darsi seguito alle operazioni di stima dei beni asseritamente facenti parte del compendio ereditario né all'accertamento della pretesa della convenuta di dedurre migliorie e spese a norma dell'art. 748 c.c. sull'immobile sito in (...), via (...) n. 7/a-b, trattandosi di eccezione in senso lato rispetto alla domanda di collazione e di divisione del patrimonio ereditario, dichiarata inammissibile. 4. Le donazioni dirette e indirette compiute dal de cuius in favore dei figli Nel corso del giudizio le parti hanno dato atto che la quota societaria del 40% della Farmacia, caduta in successione ereditaria, veniva suddivisa in pari misura tra i due eredi (...) e (...) e che, in ogni caso, la partecipazione societaria facente capo a (...) veniva liquidata in favore di quest'ultimo a far tempo dal 07/11/2014, in seguito all'esclusione del medesimo dalla compagine societaria per l'intervenuta declaratoria di inabilitazione. La quota societaria, dunque, è già stata oggetto di separato accordo divisionale. Deve prendersi poi atto, quanto della quota di 1/4 della gestione patrimoniale (...) e del fondo denominato Fondo (...), di cui il de cuius era titolare al momento dell'apertura della successione, che la convenuta ha dato atto, nel corso del giudizio, di aver depositato la somma di Euro 180.000,00 sul conto corrente n. (...) acceso presso (...) - filiale di (...), cointestato ad (...) e (...). Pertanto, anche la provvista di cui sopra deve considerarsi divisa tra le parti. 4.a. Sulla donazione indiretta degli immobili siti in (...), via (...) e via (...). È noto come nella categoria delle donazioni indirette rientri quella serie di atti, contratti e negozi giuridici unilaterali, che producono in via mediata effetti economici equivalenti a quelli prodotti dal contratto tipico di donazione. Va chiarito, infatti, come tra detti atti (negoziali o meno) idonei a realizzare l'effetto di liberalità, assuma particolare rilevanza l'operazione - prospettata nella vicenda in esame - della c.d. intestazione di beni in nome altrui (ipotesi diversa da quella dell'intestazione fittizia di beni), riscontrabile in tutti i casi in cui una parte fornisce all'acquirente, futuro intestatario del bene immobile, il denaro necessario al suo acquisto. Proprio il congegno negoziale sopra illustrato mette in evidenza come le donazioni indirette siano caratterizzate dalla mancata corrispondenza tra il bene acquistato dal donatario e quanto uscito dal patrimonio del donante, atteso che oggetto del depauperamento è la somma di denaro, "vincolata" all'acquisto immobiliare direttamente in capo al beneficiario, che nei fatti si arricchisce del bene. Al tal riguardo, è noto l'orientamento costante della Corte di Cassazione secondo cui "la dazione di una somma di denaro configura una donazione indiretta d'immobile ove sia effettuata quale mezzo per l'unico e specifico fine dell'acquisto del bene, dovendosi altrimenti ravvisare soltanto una donazione diretta del denaro elargito, per quanto poi successivamente utilizzato in un acquisto immobiliare" (cfr. Cass. sent. n. 18541/2014). In altri termini, la Suprema Corte, stante il nesso teleologico esistente tra la dazione del denaro e l'acquisto del bene, individua nell'immobile il bene oggetto della donazione indiretta, valorizzando il risultato economico dell'operazione e la caratterizzazione finalistica dello spirito di liberalità (cfr. Cass. sent. n. 17604/2015). Ciò premesso in diritto, nel caso di specie si osserva che, a fronte dell'allegazione dell'attore in ordine alla dazione alla sorella (...) dei denari necessari per l'acquisto dell'immobile di via S. e, poi, di Via (...) n. 7/a-b, da parte del genitore (...), la convenuta replicava e documentava che nell'atto notarile di acquisto del compendio immobiliare di via (...) n. 7/a-b, datato 14 giugno 2000, si dava atto che le parti venditrici avevano riscosso dall'acquirente il prezzo di compravendita di L. 1.320.000.000,00 (unmiliardotrecentoventimilioni), a fronte del quale rilasciavano "piena e finale quietanza di saldo" (v. doc. 2 fasc. convenuta); precisava e documentava, inoltre, che già prima di tale acquisto nel suo patrimonio era confluito il prezzo ricavato dalla vendita dell'immobile di (...), via S. n. 25, acquistato con atto notarile del 23 dicembre 1986, per l'importo di L. 115.000.000 (centoquindicimilioni), e ceduto a terzi, unitamente al posto auto interrato sito in via X.S. n. 19, in data 13 marzo 2000, al prezzo complessivo di L. 135.000.000 (centotrentacinquemilioni) (v. doc. 3-3-bis fasc. convenuta); che, in ogni caso, anche per l'acquisto dell'immobile di via (...), come si desume dal relativo atto di compravendita, l'acquirente (...) aveva versato l'intero prezzo, ricevendone quietanza liberatoria dalla parte venditrice. Ebbene, la laconica contestazione di parte convenuta è stata smentita dalle prove orali assunte in corso di causa, coerenti e conformi, per nulla in contraddizione tra loro - con un'unica eccezione che si dirà nel prosieguo - a dispetto di quanto affermato dalla convenuta nella propria memoria di replica (p. 4). La teste (...), madre delle originarie parti del giudizio, confermava, senza dubbi e senza titubanze, che l'appartamento di via S. n. 25, con il relativo posto auto, venivano acquistati dalla figlia (...) con il denaro che le veniva donato dal padre, (...), il quale assumeva su di sé anche il pagamento delle imposte afferenti all'atto e al compenso del Notaio. La teste confermava, altresì, che l'immobile di Via (...) n. 7/a-b veniva acquistato dalla figlia (...) con denaro che le veniva donato dal padre, che pure in quella circostanza si accollava il pagamento delle imposte e del compenso del Notaio (v. verb. ud. 20/02/2018). Anche il teste (...), privo di legami con le originarie parti in causa, e che pure il Collegio ritiene del tutto attendibile, dichiarava di essere a conoscenza del fatto che l'appartamento di Via S. veniva acquistato da (...) per la figlia (...), e che poi l'immobile veniva rivenduto e con l'aggiunta di altri denari veniva acquistato l'immobile attualmente abitato da (...) con la sua famiglia, più vicino all'abitazione dei genitori. Il teste riferiva di aver appreso tali circostanze direttamente da (...), nel corso di una conversazione privata avuta con la stessa nella primavera dell'anno 2010, dunque alcuni anni prima dell'instaurazione del presente giudizio (v. verb. ud. 08/03/2017). Ora, posto che questo Collegio non ravvisa alcun valido motivo per ritenere inattendibile la deposizione testimoniale resa dalla madre di AS. e (...), la quale aveva - senza dubbio alcuno - una conoscenza diretta di tutte le vicende che interessavano il patrimonio della famiglia, le risultanze della prova testimoniale ben possono essere poste a fondamento della presente decisione. Al Collegio preme, infatti, rilevare che il sol fatto che (...) avesse risposto sinteticamente alle domande rivoltele dal giudice istruttore, senza dilungarsi nel riportare circostanze aggiuntive a quelle già enunciate nei capitoli di prova, non significa affatto che la teste non fosse certa delle risposte rese; anzi, le risposte univoche rese dalla teste hanno un contenuto inequivocabile e la sinteticità della deposizione testimoniale - a parere di questo Collegio - va piuttosto ricondotta ad un comprensibile senso di imbarazzo che poteva mostrare il genitore chiamato a deporre nell'ambito di un giudizio che vedeva contrapposti i figli. Inoltre, ogni considerazione circa l'inattendibilità di (...) per via dell'età avanzata al tempo dell'escussione testimoniale (la teste era prossima al compimento di anni 91), oltre a non essere di per sé elemento sufficiente a minare il ricordo di fatti e circostanze passate, va ritenuta superata anche alla luce della deposizione testimoniale di (...), che riportava quanto dichiarato da (...) nella primavera dell'anno 2010, quando quest'ultima aveva 83 anni. In aggiunta ai rilievi che precedono, va anche considerato che nell'anno 1986 - epoca in cui veniva acquistato l'immobile di via S. n. 25 - (...) S. aveva appena 24 anni e aveva, verosimilmente, appena completato il percorso di studi universitari, sicché sarebbe stato pressoché impossibile per la medesima disporre di un patrimonio mobiliare di oltre 100 milioni di L. per acquistare un bene immobile in proprio, senza neppure ricorrere a finanziamenti di terzi. E pure l'acquisto del compendio immobiliare di via (...) al prezzo di oltre un miliardo e trecentomila L. si perfezionava quando (...) aveva appena 38 anni e lavorava da circa una decina di anni presso la farmacia del padre, percependo uno stipendio mensile di circa Lire 1.500.000,00 - circostanza confermata dalla madre (...) -, sicché in assenza di altre fonti di reddito, non dedotte in atti, e in mancanza di contratti di mutuo accesi con enti finanziatori, anche tale ultimo acquisto non poteva che rendersi possibile grazie all'apporto economico del padre (...). Alla luce delle prove testimoniali offerte dall'attore, infatti, ricadeva sulla convenuta l'onere di fornire prova di come ella avesse reperito le risorse finanziarie che le permettevano di versare il prezzo di oltre un miliardo e trecentomila L. nell'anno 2000, prova che, invece, non è stata minimamente offerta, così come nulla di specifico è stato dedotto sul punto. Anzi, la parte convenuta nei propri scritti conclusivi si è limitata ad affermare genericamente di aver dimostrato come ella avesse acceso mutui "di una certa importanza", ma in realtà l'unico documento agli atti proveniente da un istituto di credito risale a ben cinque anni dopo il perfezionamento del contratto di compravendita (v. doc. 6 fasc. convenuta). Ora, ritenute pienamente attendibili le testimonianze rese da (...) e da (...), il Collegio non può che serbare dubbi in merito alle risposte fornite da (...), marito dell'odierna convenuta, escusso all'udienza del 20/02/2018. Sebbene possa ritenersi verosimile che egli non fosse a conoscenza dei mezzi finanziari utilizzati da (...) sul finire dell'anno 1986, quando ella acquistava l'appartamento di Bergamo, via S. (avendo contratto matrimonio con l'odierna convenuta nel successivo anno 1987), non appare credibile che il teste non fosse a conoscenza dei modi e dei mezzi con i quali la moglie riusciva ad acquistare il compendio immobiliare di via P., limitandosi ad affermare sul punto, assai genericamente, "Non lo so, deduco che il denaro necessario fosse nella disponibilità di (...) dal momento che lei ha acquistato l'immobile". È, infatti, del tutto inverosimile che il teste, in quanto persona direttamente interessata alle sorti del patrimonio immobiliare della moglie, nulla sapesse sulla provenienza dei denari e sull'esistenza di fonti di reddito diverse dallo stipendio da farmacista percepito dalla consorte. L'acquisto a titolo oneroso dell'immobile avveniva, infatti, alcuni anni dopo la celebrazione del matrimonio e per la ristrutturazione del bene - come si dirà meglio nel prosieguo - i coniugi facevano ricorso ad un oneroso mutuo bancario, sicché è pure del tutto improbabile che (...), ricordando che fino all'anno 2000 la moglie guadagnava L. 1.500.000 al mese, non sapesse riferire "se questo era l'unico stipendio di A." (v. verb. ud. 20/02/2018). Ciò detto, preme al Collegio osservare che quanto dichiarato dal teste (...) - che si ripete esser ritenuta persona pienamente attendibile - oltre ad avvalorare la testimonianza e la credibilità della teste (...), comprova, da un lato, lo spirito di liberalità con il quale (...) donava alla figlia (...) i denari necessari per il perfezionamento degli atti di compravendita immobiliare di cui si è detto innanzi, e dall'altro lato che il ricavato della vendita dell'appartamento di via S. e del relativo posto auto veniva, in ogni caso, fatto confluire nell'acquisto dell'abitazione di via (...) n. 7/a-b, circostanza, in principio, meramente dedotta dalla parte convenuta (v. comparsa di risposta, p. 7). Dunque, per effetto di quanto accertato attraverso l'istruttoria testimoniale, va dichiarato che il solo acquisito dell'immobile sito in (...), via (...) n. 7/a-b ha costituito oggetto di donazione indiretta in favore della figlia (...), essendo, in esso, confluito il prezzo di vendita dell'immobile sito in via (...). Del solo valore del compendio immobiliare di via (...) n. 7/a-b dovrà, dunque, tenersi conto ai fini della collazione, fatto salvo il valore delle migliorie eventualmente apportate dalla donataria ex art. 748 c.c., che, per quanto già enunciato, dovrà formare oggetto di accertamento e valutazione nell'ambito del giudizio di divisione ereditaria. 4.b. Sulla asserita donazione della provvista di denaro impiegata per il pagamento delle opere di ristrutturazione dell'immobile di via (...) e sulla donazione dell'importo di Euro 250.000,00 in favore della medesima (...). Come accennato in premessa, tesi dell'attore è che la sorella (...) abbia ricevuto dal padre le somme di denaro impiegate per la ristrutturazione dell'immobile di via P., oltre all'importo di Euro 250.000,00 utilizzato per estinguere un debito dalla medesima contratto con (...). La domanda è parzialmente fondata per i motivi di seguito illustrati. Si rileva, in fatto, che la convenuta, costituendosi in giudizio, ha puntualmente contestato di aver ricevuto dal genitore i denari per ristrutturare l'immobile di via P., precisando che al momento dell'acquisto il bene necessitava di importanti ed onerose opere di ristrutturazione, che venivano intraprese e concluse circa quattro anni dopo, per una spesa complessiva di circa Euro 1.150.000,00. La convenuta, deduceva, quindi, che i costi di ristrutturazione venivano sostenuti con denari propri e del marito (...), sia attraverso l'utilizzo della provvista depositata sui conti correnti intestati e cointestati tra i coniugi, ove era stato anche concesso da (...) un affidamento per circa Euro 400.000,00, sia attraverso i denari concessi a mutuo da (...) S.p.a. per Euro 800.000,00, sia, infine, attraverso le somme di denaro concesse in prestito al marito dai di lui genitori. A sostegno dei propri assunti, (...) produceva copia di tre lettere sottoscritte da (...) e (...), indirizzate al figlio (...), in cui si comunicava l'esecuzione, in favore di quest'ultimo, di bonifici ordinari a titolo di prestito infruttifero, per Euro 15.000,00 in data 11/03/2002, per Euro 47.000,00 in data 09/04/2002 e per Euro 36.152,00 in data 09/01/2003 (v. doc. 5 fasc. convenuta), nonché copia di una comunicazione proveniente dalla (...) - (...) nella quale l'istituto di credito comunicava di aver deliberato la concessione di un mutuo ipotecario di Euro 800.000,00 per la ristrutturazione di un immobile ad uso prima casa, per la durata di 300 mesi, a fronte della dazione di ipoteca di primo grado sull'immobile sito in (...), via (...) n. 7, foglio (...) mappale (...) sub (...) (v. doc. 6 fasc. convenuta). Ora, posto che l'onus probandi dell'asserita donazione dei denari impiegati per la ristrutturazione dell'immobile incombe proprio sulla parte che afferma l'esistenza di tali fatti, dunque sulla parte attrice, che dal canto suo non è stata in grado di fornire prove, né di formulare istanze istruttorie volte a provare che i costi di ristrutturazione del compendio immobiliare siano stati pagati direttamente dal de cuius, ovvero che questi abbia messo a disposizione della figlia la relativa provvista, a titolo di liberalità, cade in equivoco la difesa di parte attrice quando - tentando di invertire l'onere della prova - afferma che la documentazione versata in atti dalla controparte a riprova della provenienza del denaro "non dimostra affatto che le somme ricevute in prestito da due Istituti bancari o dai suoceri siano state effettivamente impiegate dalla convenuta nei lavori effettuati nella casa" (p. 5 memoria ex art. 183, co. 6 n. 1 c.p.c.). Posto che gravava sull'attore l'onere di fornire prova degli elementi costitutivi della asserita donazione, pare utile ribadire che anche lo spirito di liberalità del presunto donante deve essere adeguatamente provato, in quanto il mero trasferimento di somme di denaro dal genitore alla figlia, ovvero direttamente all'istituto mutuante, non può automaticamente fondare il fatto controverso (e contestato dalla controparte) della donazione, perché le ragioni del versamento/consegna di denaro da un soggetto ad un altro possono essere più d'una (oltre alla donazione, vi è il prestito o l'anticipazione di provvista per spese delegate ad un terzo etc.) e non è certo la donazione l'ipotesi più verosimile (cfr. Corte d'Appello Roma 10 luglio 2017, n. 4580). Per il vero, neppure la parte attrice pare convinta dell'assunto che avrebbe dovuto provare, laddove espone i fatti di causa in termini meramente probabilistici e dubitativi: si legge, in atti, che "se il danaro per sostenere tali interventi fosse stato dato in tutto o in parte dal padre alla figlia, anche tali spese andrebbero in ogni caso conferite in collazione, trattandosi di ulteriori donazioni indirette" (v. p. 5 memoria ex art. 183, co. 6 n. 1 c.p.c.). L'assunto attoreo è rimasto del tutto sfornito di prova, anche perché (...) - terzo a cui veniva ordinata l'esibizione in giudizio di copia degli assegni tratti sul conto corrente intestato al de cuius n. 1000/2138, meglio indicati nella seconda memoria istruttoria di parte attrice - comunicava che la richiesta non poteva essere evasa essendo "decorsi i termini decennali previsti dall'art. 2220 c.c. per la conservazione della documentazione inerente alle scritture contabili" (v. nota depositata il 25/01/2017). Alla luce di quanto sopra esposto, ritiene il Collegio infondata la domanda di collazione, o di accertamento della nullità della donazione avente ad oggetto le somme di denaro impiegate per la ristrutturazione dell'immobile di via (...) n. 7/a-b, non essendo stato provato né l'elemento oggettivo dell'altrui arricchimento né l'elemento soggettivo dello spirito di liberalità del donante, entrambi elementi costitutivi della fattispecie contrattuale esaminata. Una analisi a sé deve essere compiuta con riguardo alla dazione dell'importo di Euro 250.000,00, che l'attore assume aver formato oggetto di donazione diretta dal genitore (...) in favore della sorella. A riprova di quanto affermato, l'attore produceva, unitamente alla citazione, copia di un documento scritto di pugno dal de cuius, datato e sottoscritto da "Mamma", "Papà", "(...)" e "(...)", nel quale si legge testualmente quanto segue: "Volendo riordinare i nostri risparmi, d'accordo con Mamma, ho interpellato la sig.ra (...) ((...)) e il dott. (...) (...) Avendo (...) espresso desiderio (giustificato) di azzerare il suo conto negativo presso la (...) ammontante a circa Euro250.000, ho pensato quanto segue: monetizzare riscattando la polizza assicurativa in vita (150.000 circa) e vendere titoli per ulteriori 100.000 Euro. GIUSEPPE rimarrebbe così creditore verso (...) di Euro250.000. Tale credito verrebbe contabilizzato al momento opportuno. Ribadisco che tutti i titoli-fondi-contanti anche intestati diversamente sono divisibili inparti uguali" (doc. 8 fasc. attore). Tale documento, autografato dalle originarie parti del giudizio e dal de cuius, non veniva disconosciuto dalla odierna convenuta, neppure nella sua veste di erede di (...), sicché esso fa piena prova in ordine alla sua provenienza ex art. 2702 c.c., a nulla rilevando che il documento sia stato prodotto in copia, applicandosi gli artt. 214 e 215 c.p.c. anche alle copie fotostatiche ex art. 2719 c.c. Del resto, debbono ritenersi del tutto tardive le contestazioni, che comunque non possono assurgere a disconoscimento, contenute nella memoria di cui all'art. 183, comma 6 n. 2 c.p.c. di parte convenuta (p. 11), come noto, riservata alla sola indicazione dei mezzi di prova contraria. Il Collegio, infatti, esclude che lo scritto sia in parte "indecifrabile", vista la chiarezza dei contenuti testuali sopra riportati, ed esclude pure che esso si risolva in una mera dichiarazione di intenti del de cuius, essendovi in atti la prova dei movimenti bancari che (...) si era impegnato ad eseguire per monetizzare l'importo di Euro 250.000,00 da donare in favore della figlia A.. Nello specifico, deve osservarsi come parte attrice abbia documentato che l'esatto importo di Euro 250.000,00 veniva accreditato sul conto corrente intestato ad (...) mediante due bonifici, rispettivamente dell'importo di Euro 147.951,51 e di Euro 102.048,49, entrambi riportanti la data del 29/07/2008: nello specifico, il primo importo veniva bonificato dal conto corrente n. (...), intestato a (...), acceso presso (...), in cui la provvista derivava dal rimborso di quote della società di gestione del risparmio "(...)" (v. doc. 30 fasc. attore); il secondo importo, invece, veniva bonificato dal conto corrente n. (...), intestato a (...), sempre acceso presso (...), in cui la provvista derivava sia dal rimborso di quote di "(...)", sia dal riscatto di un fondo (v. doc. 31 fasc. attore). Sebbene dalla documentazione bancaria versata in atti il Collegio non possa fare a meno di notare che, sempre in data 29/07/2008, (...) riceveva l'ulteriore somma di Euro 56.492,34, a mezzo bonifico bancario, dal proprio genitore (v. doc. 31), tale dazione di denaro è di per sé sola insufficiente per affermare che, anche in questo caso, si trattava di una donazione diretta di denaro in favore della figlia. Se, infatti, per l'importo di Euro 250.000,00, elargito tramite i due bonifici bancari di cui si è detto, la dichiarazione sottoscritta dai genitori e dai due figli è idonea a dimostrare lo spirito liberale che animava il genitore all'epoca della dazione, per l'importo di Euro 56.492,34 risultante dal carteggio bancario, in assenza di una prova altrettanto valida sull'elemento soggettivo, non può ritenersi automaticamente sussistente un atto donativo. Ora, ricordato che l'efficacia probatoria della scrittura privata riconosciuta ex art. 2702 c.c. concerne la provenienza della medesima da colui che ne risulta sottoscrittore, e che il contenuto della scrittura è liberamente valutabile dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento tenuto conto degli altri elementi probatori acquisiti al processo (ex multis, Cass. sent. 30/05/2007, n. 12695), questo Tribunale ritiene che le dichiarazioni contenute nello scritto sopra riportato trovino riscontro anche alla luce della documentazione prodotta in atti dalla stessa parte convenuta. E', infatti, quest'ultima parte ad aver affermato di aver dovuto affrontare ingenti opere di ristrutturazione dell'immobile di via (...) per una spesa complessiva di oltre Euro 1.150.000,00 (v. doc. 7) ed è sempre la convenuta ad aver documentato di aver acceso un finanziamento per Euro 800.000,00 (v. doc. 6) e di aver beneficiato di altre somme concesse in prestito dai suoceri (...) per complessivi Euro 98.152,00 (v. doc. 5), sicché appare del tutto verosimile che ella abbia avuto una esposizione debitoria verso (...) di Euro 252.943,00 (=Euro 1.150.000-Euro 800.000-Euro 98.152,00), che il de cuius (...) si impegnava, infatti, a ripianare, come in effetti avvenuto. Ebbene, tenuto conto degli elementi emersi dalla documentazione versata in atti dalle parti in causa, può affermarsi con ragionevole certezza che (...) abbia effettivamente beneficiato della dazione di Euro 250.000,00 a titolo di liberalità. Tuttavia, il tenore letterale della scrittura induce il Collegio a ricondurre i denari trasferiti alla figlia, allo spirito di liberalità che animava entrambi i genitori al tempo della promessa e della dazione, posto che in quella dichiarazione scritta si legge che l'operazione di smobilizzo dei "nostri risparmi", intendendosi quelli appartenenti ad entrambi i genitori, era stata una decisione assunta con la moglie (si legge testualmente "d'accordo con (...)"), che, infatti, pure partecipava alla sottoscrizione del documento. Fino a prova contraria, non offerta in questo giudizio, lo scritto fa presumere che le somme donate alla figlia appartenessero ad entrambi i genitori, sicché, per effetto della declaratoria di nullità della dazione che veniva compiuta senza il rispetto della forma solenne prescritta dall'art. 782 c.c., la convenuta (...) deve essere condannata a restituire alla massa ereditaria di (...) l'importo di Euro 125.000,00, oltre interessi al tasso di legge dal giorno della domanda al saldo effettivo (art. 2033 c.c.). 4.c. Infondatezza della tesi di parte convenuta in merito alle asserite donazioni rimuneratorie e alla asserita dispensa tacita o implicita dalla collazione. Allo scopo di sottrarre le donazioni ricevute dall'obbligo di collazione, la parte convenuta ha tentato di sostenere che, nel corso degli anni e dei mesi precedenti alla morte del genitore, quest'ultimo avrebbe espresso la volontà che la figlia (...) conseguisse in eredità valori e cespiti maggiori rispetto al figlio (...) (riferendosi in particolare al fabbricato "ex C." di via (...) n. 7/a-b), in quanto sarebbe stata sua intenzione compensare la figlia per il fatto che, alla morte dei genitori, ella avrebbe continuato a vegliare sul fratello, "anche per evitare che scialacquasse il denaro ricevuto o cadesse nelle mani di gente che si poteva profittare delle sue fragilità" e, in tale ottica, dovevano inquadrarsi "eventuali atti di liberalità che, in denegata ipotesi, risultassero esser stati fatti in vita dal padre a favore della figlia (...)", applicandosi per l'effetto la disciplina delle donazioni "rimuneratorie" di cui all'art. 770 c.c., come noto escluse della collazione, essendo "ferma intenzione del dott. (...), esternata in più occasioni, sia prima che dopo l'acquisto dell'immobile di via (...) n. 7/a-b, e alla presenza di più testimoni, che (...) divenisse proprietaria di quella casa: di una casa, cioè, che fosse vicina (per ovvie ragioni connesse ad una migliore assistenza del fratello) a quella - originariamente occupata dalla famiglia (...) - in cui (...) avrebbe continuato a vivere, e dove tuttora vive", per cui "sarebbe ipotizzabile una dispensa tacita dalla collazione (...) nel caso, anche una dispensa verbale dallacollazione, dimostrabile a mezzo di testimoni" (v. pp. 11 e ss. comparsa di costituzione). Ebbene osservato, in primo luogo, che affermare che le attribuzioni patrimoniali effettuate dal genitore debbano essere qualificate alla stregua di donazioni remuneratorie costituisce una deduzione intrinsecamente in contraddizione con la tesi principale della convenuta, tesa a negare recisamente l'esistenza di qualsivoglia atto di liberalità in suo favore, deve essere qui affrontata la questione se le attribuzioni patrimoniali pacificamente avvenute a titolo di liberalità da parte del de cuius in favore di (...) - come pare ammettere la convenuta nei propri atti difensivi - siano state animate da un sentimento di riconoscenza o dal desiderio di speciale rimunerazione per i servigi che la donataria (...) asserisce di aver svolto in favore del fratello G., questione che deve essere risolta indagando i "motivi" che avrebbero animato il donante al tempo del compimento delle predette attribuzioni. Affinché, infatti, si possa parlare di donazione "per riconoscenza" o di donazione "rimuneratoria" occorre che l'attribuzione venga effettuata come segno tangibile di speciale gratitudine e apprezzamento dei benefici o servigi svolti a beneficio del donante, che effettua perciò spontaneamente la donazione, pur sapendo di non esservi tenuto, né per legge, né per doveri nascenti dalle comuni norme morali o sociali, né per conformità agli usi. Al contempo, però, perché possano configurarsi questi particolari tipi di donazione è insito nell'art. 770 c.c. che le opere o i servigi siano stati spontaneamente prestati dal donatario andando ben oltre a quanto sarebbe stato tenuto per legge, per contratto, per consuetudine o in esecuzione di doveri morali o sociali ex art. 2034 c.c., motivo per cui insorge nel donante un reale sentimento di riconoscenza o un desiderio di speciale rimunerazione. Ebbene, le considerazioni che precedono inducono il Collegio ad escludere che le opere eventualmente prestate dalla donataria in favore del fratello possano essere meritevoli di una speciale rimunerazione, ovvero di una particolare riconoscenza: semmai (...) si fosse presa cura degli interessi personali e patrimoniali del fratello (...) - comunque prima della declaratoria di inabilitazione e della nomina del Curatore - ciò può dirsi avvenuto esclusivamente in virtù del rapporto di fratellanza esistente tra i due e, quindi, in virtù di un dovere di assistenza morale comunemente accettato e assolto nella nostra società civile. Ma, in ogni caso, va evidenziato che l'essersi occupata delle questioni personali e patrimoniali di (...) poteva corrispondere ad un preciso interesse di carattere economico della stessa (...), all'epoca socia, insieme al fratello, della farmacia del padre e, comunque, potenziale futura erede del fratello, che, infatti, decedeva prematuramente ab intestato, lasciando come eredi la moglie - odierna attrice in riassunzione - e la sorella, qui convenuta. Pure la tesi secondo la quale le donazioni effettuate in favore dell'odierna convenuta sarebbero state assistite da dispensa dalla collazione è del tutto infondata. In primo luogo, pare utile ricordare che la dispensa dalla collazione costituisce un atto di liberalità "supplementare" rispetto alla donazione principale cui si riferisce, un atto che assume valore rafforzativo della donazione medesima. Essa, normalmente, è contenuta nello stesso atto di liberalità, oppure nell'atto di ultima volontà del de cuius, e quando viene invocata rispetto a donazioni c.d. indirette è ben possibile che venga espressa nelle stesse forme seguite per l'atto di liberalità indiretta al quale si accompagna. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale - al quale anche questo Collegio intende assicurare continuità - se la dispensa dalla collazione di tutto ciò che il discendente abbia ricevuto dal de cuius, direttamente o indirettamente, per donazione sotto qualsiasi forma, pure simulata, può risultare anche da una manifestazione tacita di volontà, "essa non può desumersi dal solo fatto della dissimulazione della donazione, sotto forma di contratto oneroso. Per stabilire se la dissimulazione di una donazione importi o non dispensa implicita dall'obbligo della collazione, occorre accertare se la simulazione sia stata posta in essere al fine esclusivo di porre la donazione al riparo dalla collazione, perchè solo in tal caso può essere operativa la dispensa prevista dell'art. 737 c.c., comma 1" (cfr. Cass. n. 942/1967, Cass. n. 3045/1975 e Cass. n. 3266/1962; da ultimo cfr. Cass. n. 22953/2019). Del resto, una simile volontà non poteva essere provata attraverso l'unico capitolo articolato dalla difesa della convenuta, nei termini che pare utile riportare di seguito: "vero è che il dott. (...) più volte ebbe a manifestare a persone amiche o di cui aveva fiducia l'intenzione di fare in modo che la figlia (...) conseguisse, o mediante atti successori o con atti inter vivos, valori e cespiti di maggiore consistenza rispetto al figlio G., in quanto voleva compensare (...) di quanto fatto per il fratello e soprattutto del fatto che, alla morte sua o di entrambi i genitori, la medesima avrebbe dovuto farsi carico di aiutare (...) e seguirlo da vicino soprattutto per evitare che scialacquasse il denaro ricevuto o cadesse nelle mani di gente che si approfittasse delle sue fragilità, come accaduto in passato" (v. memoria ex art. 183, comma 6 n. 2 c.p.c., p. 17). Il capitolo, al di là dell'assoluta genericità dei fatti ivi indicati e dell'assenza di ogni riferimento spazio-temporale, appare del tutto inidoneo a fornire prova di una reale e inequivocabile volontà di (...) di avvantaggiare ulteriormente la figlia (...), a detrimento della quota successoria spettante al figlio (...). Per i motivi anzidetti, va rigettata l'eccezione della convenuta sia rispetto all'operatività dell'art. 770 c.c. sia rispetto all'esistenza di una tacita dispensa dalla collazione. 4.d. Sulle altre donazioni di denaro e di quote immobiliari dedotte in atti. La convenuta, nel costituirsi in giudizio, ha rappresentato che alle donazioni indicate dall'attore in citazione dovevano aggiungersi: l'importo di Euro 80.000,00 versato a titolo di premio per la polizza "Active Portfolio" n. (...) sottoscritta da (...) in favore del figlio (...) in data 09/10/2008 presso (...); il controvalore del dossier titoli n. (...), intestato a (...) e al figlio (...) per un valore complessivo di Euro 139.481,61; il valore di due multiproprietà immobiliari, situate rispettivamente a Sestrière e a Fuerteventura. Ebbene, rispetto alle asserite donazioni delle multiproprietà, parte attrice, contestando tempestivamente nella prima memoria istruttoria i fatti ex adverso dedotti, esibiva in giudizio alcune cambiali pagherò emesse dallo stesso acquirente (...), nel corso dell'anno 1999, in favore di (...) S.r.l. (v. doc. 21). Ora, a fronte di tale contestazione e principio di prova contraria, gravava sulla parte convenuta provare o, quantomeno, offrirsi di provare, che l'acquisto delle suddette multiproprietà - non meglio individuate - sarebbe avvenuto grazie ad una elargizione paterna, connotata da spirito di liberalità. In mancanza di qualsivoglia prova sul punto, la domanda di accertamento della donazione da assoggettare a collazione va rigettata. Del pari contestate, e non provate, sono tutte le altre donazioni "indirette" di denaro che l'attrice sostiene esser state ricevute dal fratello da parte del genitore (...) (v. p. 10 memoria ex art. 183, comma 6 n. 1 di parte attrice). Premesso che la copiosa documentazione bancaria versata in atti da ambo le parti comprova l'esistenza di titoli e polizze varie, intestate sia ad (...) sia a (...), alcune delle quali già liquidate, ciò non costituisce elemento sufficiente ad affermare il compimento di atti donativi del padre (...) in favore di ciascun figlio, non avendo alcuna parte articolato specifiche prove tese a comprovare che l'intestazione "fittizia" di questi strumenti finanziari avveniva con i denari provenienti dal genitore e che tale intestazione avveniva per "puro spirito di liberalità" e non per altre cause ed, in ogni caso, non è dato sapere quale fosse il preciso ammontare delle somme asseritamente investite dal genitore ed effettivamente riscosse da ciascun erede. S'impone, pertanto, una pronunzia di rigetto della domanda attorea. 5. Conclusioni e spese di lite Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio essendo stati esaminati tutti gli aspetti ritenuti rilevanti per la definizione del procedimento. Eventuali argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso. Al netto dell'inammissibilità della domanda di divisione giudiziale, proposta e reiterata da entrambe le parti in causa, le ragioni della presente pronunzia inducono a ravvisare una prevalente soccombenza in capo all'odierna parte convenuta. (...) deve, pertanto, essere condannata a rifondere le spese di lite in favore dell'odierna attrice, che, tenuto conto dei parametri medi di cui al D.M. n. 55 del 2014 e ss.m.i., del valore della domanda oggetto di accertamento (rientrante nello scaglione da Euro 1.000.001,00 a Euro 2.000.000,00) e delle quattro fasi di merito (studio, introduttiva, istruttoria e decisionale), si liquidano in complessivi Euro 37.951,00 a titolo di compensi, oltre al rimborso del contributo unificato, al 15% di rimborso forfettario per spese generali, i.v.a. e c.p.a. calcolati sul solo compenso professionale. P.Q.M. il Tribunale di Bergamo, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, rigettata, disattesa e assorbita ogni altra domanda, eccezione ed istanza, così decide: 1) DICHIARA l'inammissibilità della domanda di divisione ereditaria; 2) ACCERTA e DICHIARA che l'acquisito a titolo oneroso della piena proprietà del compendio immobiliare sito in (...), via (...) n. 7/a-b, perfezionatosi in data 14/06/2000, a mezzo rogito notarile del dott. G.P. (rep. n. (...) e racc. n. (...)), costituisce donazione indiretta eseguita da (...) in favore della figlia (...); 3) DICHIARA la nullità della donazione di denaro di Euro 125.000,00, oltre interessi al tasso legale dalla data della domanda al saldo effettivo, e, per l'effetto, CONDANNA la beneficiaria (...) a restituire detta somma, oltre interessi alla massa ereditaria del de cuius (...); 4) CONDANNA (...) a rifondere in favore di (...) le spese di lite, liquidate in complessivi Euro 37.951,00, oltre al rimborso del contributo unificato, al 15% di rimborso forfettario per spese generali, i.v.a. e c.p.a.; 5) RIGETTA ogni altra domanda. MANDA alla Cancelleria per gli adempimenti di rito e per la trasmissione alla Procura della Repubblica presso questo Tribunale della presente sentenza (limitatamente alle pagine da 1 a 19 e da 30 a 31), unitamente al verbale dell'udienza del 20/02/2018, per le valutazioni e le determinazioni di competenza. Così deciso in Bergamo il 2 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 16 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE LAVORO La dott.ssa Francesca Saioni, in funzione di giudice del lavoro ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa n. 7961/2022 R.G. promossa da avv. (...), in proprio, domicilio eletto in Pessano con Bornago, corso (...), ricorrente contro I.N.P.S., rappresentato e difeso dall'avv. Sa.Fa., domicilio eletto in Milano, via (...), resistente OGGETTO: ripetizione di indebito FATTO E DIRITTO Con ricorso ritualmente notificato, l'avv. (...) conveniva in giudizio I.N.P.S perché venissero accolte le seguenti domande: "IN VIA PRELIMINARE: sulla base delle ragioni esposte in narrativa disporre la riunione del presente procedimento con i processi pendenti innanzi al Tribunale di Milano, Sez. Lavoro, Giudice Unico Dott.ssa (...), con RG N. 8192/2021 e con RG N. 5618/2022, quest'ultimo già riunito al primo, affinché la presente causa sia assegnata, ai sensi dell'art. 273 e/o 274 c.p.c. alla Sezione Lavoro, già investita del Ricorso principale con RG N. 8192/2021 e con RG N. 5618/2022 ed affinché sia rispettato il principio costituzionale del giusto processo, onde evitare un abuso degli strumenti processuali 2. NEL MERITO E IN VIA PRINCIPALE,sempre sulla base delle ragioni esposte in narrativa, accogliere l'opposizione e, per l'effetto, accertare e dichiarare nullo e/o inefficace e/o annullare e/o revocare e/o disapplicare gli opposti accertamenti (doc. n. 1 e doc. n. 2) e/o comunque accertare e dichiarare che sono inesigibili e/o irripetibili in toto le somme pretese (doc. n. 1 e doc. n. 2) a qualunque titolo dall'INPS AGENZIA DI MILANO SUD, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore nei confronti dell'Avv. (...) fino al 7.12.2020 data di deposito del ricorso per dichiarazione di morte presunta (doc. n. 5 pag. 2 punto 1) 3.nonché accertare e dichiarare non dovuta dal ricorrente qualsiasi somma assertivamente versata e/o esigibile dall'INPS Agenzia di Milano Sud anche per il periodo dal 01.04.2009 al 7.12.2020 data di deposito del ricorso di dichiarazione morte presunta (doc. n. 5 pag. 2 punto 1) e/o dal 01.04.2009 al 31.12.2010; 4. SEMPRE NEL MERITO,accertare e dichiarare, sulla base delle ragioni esposte in narrativa, le responsabilità in cui è occorsa l'INPS AGENZIA DI MILANO SUD nei confronti del ricorrente, condannando per l'effetto l'INPS stesso, AGENZIA DI MILANO SUD, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, ai sensi dell'art. 2043 c.c. e/o dell'art. 96, comma 1 e/o comma 3,c.p.c. al risarcimento di tutti i danni sofferti e patiendi che si indicano nella somma di Euro. 10.000,00 e/o comunque in quella maggiore e/o minore somma che sarà riconosciuta secondo giustizia ed equità sempre in favore dell'Avv. (...). 5.condannare l'INPS AGENZIA DI MILANO SUD, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore alla restituzione delle somme eventualmente percette nelle more del giudizio, maggiorate di interessi legali; 6. IN SUBORDINE E/O IN VIA CONCORRENTE E/O ALTERNATIVA,Voglia accertare e dichiarare l'intervenuta prescrizione dal 01/01/2011 al 31.08.2012 per l'avviso di accertamento con richiesta di restituzione dei ratei assertivamente versati per il periodo dal 01/01/2011 al 31/10/2017 così come notificato il 01.09.2022 (doc. n. 2 e doc. n. 2bis) e/o l'intervenuta prescrizione dal 01.04.2009 al 31.08.2012 per qualunque altra somma a qualunque titolo pretesa e/o esigibile dall'INPS AGENZIA DI MILANO SUD 7. IN SUBORDINE E/O IN VIA CONCORRENTE E/O ALTERNATIVA, voglia accertare e dichiarare la illegittimità e/o invalidità e/o nullità e/o inefficacia degli impugnati accertamenti (doc. n.1 e doc. n. 2) ovvero disapplicarli e/o comunque voglia accertare e dichiarare non dovute le somme richieste dall'INPS Agenzia Milano Sud fino al 7.12.2020 data di deposito del ricorso per dichiarazione di morte presunta (doc. n. 5 pag. 2 punto 1) e/o assumere, sempre sulla base di quanto eccepito in narrativa, ogni altro provvedimento a tutela dei diritti del ricorrente stante la infondatezza nel merito; e/o l'intervenuta decadenza e/o l'irripetibilità e/o inesigibilità delle somme e/o la carenza di prova e/o la carenza di motivazione (MOTIVAZIONE APPARENTE) degli atti/provvedimenti impugnati (doc. n. 1 e doc. n. 2) ovvero il legittimo affidamento del curatore speciale ingenerato dal comportamento dell'INPS nel corso del rapporto 8.In ogni caso sempre con vittoria di spese, diritti ed onorari". Si è costituito ritualmente INPS contrastando le pretese avversarie e formulando le seguenti domande: "rigettare il ricorso e tutte le domande svolte, sia in via preliminare e sia nel merito in via principale e subordinata in quanto inammissibili ed infondate in fatto ed in diritto confermando il debito notificato e confermando i conseguenti obblighi restitutori in capo a parte ricorrente. Rigettare in quanto inammissibili ed infondate le generiche domande di risarcimento di danni non patrimoniali formulate e nonché quelle per lite aggravata mandando assolto l'Istituto da ogni domanda svolta. Vinte le spese". All'udienza del 16/11/2022, la causa - di cui era stata chiesta già in ricorso la riunione con i procedimenti n. 8192/2012 R.G. e 5618/2022 R.G. assegnati al giudice dott.ssa D.C. - è stata rinviata unicamente per acquisire la motivazione della decisione di rigetto nelle more intervenuta (sent. n. 2604/2022). All'udienza del 18/01/2023, acquisita la suddetta motivazione, è stata respinta, per motivi di economia processuale e speditezza della definizione, l'istanza attorea di ulteriore rinvio per riunione del presente giudizio ai procedimenti n. 7200/2022 R.G. giudice dott. (...), instaurato dalla signora (...) (madre dell'odierno ricorrente) e n. 9834/2022 R.G. giudice dott.ssa (...) (instaurato dal medesimo avv. (...)), stante la diversa fase processuale (prima udienza fissata per entrambi nel mese di marzo 2023) e la parziale differenza soggettiva. La causa odierna, dunque, vertente su questione di diritto e documentale, è stata ritenuta matura per la decisione senza necessità di incombenti istruttori. Ciò posto, il ricorso è infondata e va respinto. Si rammenta che nella presente sede, l'avv. (...) contesta l'indebito previdenziale notificatogli dall'INPS per l'importo di Euro 27.501,97 per il periodo 1.2.2018/31.7.2021 e per l'importo di Euro 60.219,56 per il periodo 1.1.2011/31/102017. A tal fine premette un'ampia ricostruzione dei fatti, producendo documentazione e censurando il comportamento dell'INPS e dei suoi uffici sotto vari profili, lamentando l'asserita sussistenza di errori commessi dall'Ente e la carenza di comunicazione. In diritto, oltre ad articolate deduzioni in merito alla propria posizione di curatore speciale del padre (...), eccepisce l'intervenuta decadenza annuale del recupero, la buona fede del pensionato e comunque l'irripetibilità dell'indebito, ai sensi dell'art. 13 comma 2 L. n. 412 del 1991 oltre alla sua insussistenza. Giova premettere che alla prima udienza del 16/11/2022 l'istanza di riunione del presente giudizio a quello n. 8192/2021 + 5618/2022 R.G. assegnato alla dott.ssa D.C., si era rivelata non praticabile stante l'intervenuta decisione di tale procedimento in data 8 novembre 2022. Si verteva, in detto ambito, di accertamento di somme indebitamente percepite (come nel presente giudizio) e di opposizione ad avviso di addebito. Come osservato nella citata pronuncia, qui richiamata anche ai sensi e per gli effetti dell'art. 118 disp. att. c.p.c., la presente vicenda muove dal fatto che il sig. (...), padre dell'odierno ricorrente, era titolare di pensione diretta a carico dell'Istituto, certificato (...) avente decorrenza dal settembre 1993. La pensione è stata sempre pagata, dall'inizio della a decorrenza e negli anni, sino al luglio 2021 mentre la rata di agosto 2021, pur contabilizzata non risulta essere stata corrisposta. Il trattamento pensionistico dunque, anche sulla base delle comunicazioni pervenute dal curatore speciale nominato dal Tribunale, a seguito della dichiarazione di scomparsa è stato negli anni sempre corrisposto. Successivamente a seguito della intervenuta sentenza n. 36/2021 il Tribunale di Milano accertava e dichiarava la presunta la morte del sig. (...), da ritenersi avvenuta in V., in data 24.03.2009. Nell'ambito della citata sentenza, si legge: "(...) demanda al nominato curatore di rappresentare lo scomparso nella formazione dell'inventario e dei conti e nelle liquidazioni e divisioni in cui sia interessato, ed ogni potere rappresentativo e di amministrazione dei beni diretto alla conservazione ed amministrazione del patrimonio dello scomparso ed in particolare ad incassare i ratei pensionistici dello scomparso sig. (...) maturati e maturandi". Tale statuizione è coerente con il dettato dell'articolo 48 c.c., rubricato "curatore dello scomparso", secondo cui "(...) il tribunale (...) può nominare un curatore che rappresenti la persona in giudizio o nella formazione degli inventari e dei conti e nelle liquidazioni o divisioni in cui sia interessata, e può dare gli altri provvedimenti necessari alla conservazione del patrimonio dello scomparso". Il Tribunale di Milano, nell'ottica di conservazione del patrimonio di quest'ultimo, autorizzava, pertanto, espressamente il curatore all'incasso dei ratei pensionistici dovuti da I.N.P.S. Anche la giurisprudenza riconosce espressamente la legittimazione del curatore alla riscossione dei ratei pensionistici dello scomparso ma solo in nome e per conto di quest'ultimo: "Il curatore dello scomparso, in quanto abilitato, ai sensi dello art. 48 cod. civ., alla conservazione del patrimonio della persona scomparsa, nel quale rientra anche il diritto, precedentemente acquisito dalla stessa, al trattamento di pensione di vecchiaia, è legittimato a riscuotere, non iure proprio ma in nome e per conto dello scomparso, i ratei pensionistici a questo spettanti, senza che a tale legittimazione - la quale, in mancanza di limiti temporali imposti dal provvedimento di nomina, permane per tutto il periodo della scomparsa, fino alla promozione del procedimento per la dichiarazione di assenza (art. 49 cod. civ.) - sia di ostacolo la mancata prova dell'esistenza in vita del pensionato ai sensi dello art. 69 cod. civ. (secondo cui "nessuno è ammesso a reclamare un diritto in nome della persona di cui si ignora l'esistenza, se non prova che la persona esisteva quando il diritto è NATO"), essendo tale norma inapplicabile alla specie per l'indubitabile anteriorità dell'insorgenza del diritto alla pensione rispetto alla scomparsa del suo titolare" (Cassazione Sez. L, Sentenza n. 4338 del 24/10/1989). Da quanto precede, si desume inequivocabilmente la legittimazione del ricorrente, nella sua veste di curatore del padre scomparso, all'incasso della pensione regolarmente erogata da I.N.P.S. In ragione di quanto esposto, l'Istituto procedeva ad aggiornare l'anagrafica del pensionato (...), indicando correttamente la data della morte presunta - come accertata dal Tribunale - al 24/04/2009 e pubblicata in GU (GU Parte Seconda n.62 del 27-5-2021) come segue: "Dichiarazione di morte presunta di (...) Il Tribunale di Milano con sentenza n. 36/2021 del 22/04/2021 pubblicata il 18/05/2021, nel procedimento R.G. n. 13318/2020 ha dichiarato la morte presunta alla data del 24/03/2009, da ritenersi avvenuta in V., di (...), nato a P. il (...). avv. (...)". Deve, però, sottolinearsi che la riscossione da parte dell'odierno ricorrente avveniva solo in nome e per conto dello scomparso e in funzione della conservazione del patrimonio dello stesso. Deve inoltre osservarsi che - pacificamente - nessuno promuoveva il giudizio per la dichiarazione di assenza di (...), come prevista agli articoli 49 e seguenti c.c., con la conseguenza che nessuno veniva immesso nel possesso temporaneo dei beni del medesimo (...). Alla pronuncia del Tribunale di Milano, dichiarativa della scomparsa, seguiva, infatti, in data 22 aprile 2021, la sentenza di morte presunta "da ritenersi avvenuta in V. in data 24 Marzo 2009". Giova premettere che la distinzione tra gli istituti della scomparsa, dell'assenza e della morte presunta è tratteggiata compiutamente dalla Corte di Cassazione nei seguenti termini: "L'obbligo dell'Inail di pagamento della rendita vitalizia non rimane sospeso in caso di scomparsa del beneficiario atteso che la dichiarazione di scomparsa, ai sensi degli art. 48 ss. c.c., determina solo la quiescenza dei rapporti giuridici facenti capo allo scomparso, e la necessità di conservazione del suo patrimonio, a cui provvede il curatore all'uopo nominato; non vi è immissione, neppure temporanea, degli eredi nel possesso dei beni, come si prevede per il caso di assenza, nè liberazione o sospensione delle obbligazioni, anche strettamente personali, assunte da terzi verso lo scomparso, nè assume alcun rilievo la questione della trasmissibilità del diritto agli eredi" (Cassazione civile sez. lav., 21/01/2005, n. 1253). In particolare: "Le disposizioni del codice civile, dall'art. 48 all'art. 68, configurano fattispecie diverse tutte connotate dalla sparizione della persona, la quale assume però, in ciascun caso, una differente gravità: la scomparsa (art. 48 c.c.), che viene dichiarata dal tribunale qualora la persona non sia più comparsa nel luogo dell'ultimo domicilio o della sua ultima residenza e non se ne abbiano più notizie; l'assenza (art. 49 c.c.) che viene dichiarata su istanza dei presunti successori legittimi ove siano trascorsi due anni dal giorno a cui risale l'ultima notizia; ed infine la morte presunta (art. 58 c.c.) che viene dichiarata quando sono trascorsi dieci anni dal giorno a cui risale l'ultima notizia dell'assente. A ciascuna fattispecie corrisponde un assetto diverso, sia per quanto riguarda il patrimonio della persona sparita, sia per quanto riguarda il trattamento dei presunti successori, sia per quanto riguarda i debitori. La scomparsa determina solo la quiescenza dei rapporti giuridici facenti capo allo scomparso, e la necessità di conservazione del suo patrimonio, a cui provvede il curatore all'uopo nominato. Non vi è alcuna immissione neppure temporanea degli eredi nel possesso dei beni, come si prevede invece per il caso di assenza (art. 50 secondo comma c.c.), e non vi è alcuna liberazione né sospensione dell'obbligazione assunta verso lo scomparso, al contrario di quanto si prevede per il caso di assenza, in cui (art. 50 quarto comma) coloro che per effetto della morte dell'assente sarebbero liberati dall'obbligazione, possono essere temporaneamente esonerati dall'adempimento. Ne consegue che l'Inail non poteva procedere alla sospensione della rendita vitalizia spettante al (...), ossia non poteva essere temporaneamente esonerato da detto adempimento (neppure con provvedimento del tribunale), perché questa possibilità non viene concessa al debitore nel caso di scomparsa del creditore, ma solo nel caso di assenza, e cioè quando, con il passaggio del tempo, si fa probabile l'evenienza che il creditore non faccia più ritorno. Erra quindi la Corte territoriale nell'affermare che l'obbligo di pagamento della rendita vitalizia, presupponendo necessariamente l'esistenza in vita del titolare, deve restare sospeso fino a che non si accerti definitivamente la vita o la morte dello scomparso. Ed infatti, come già detto, con la mera dichiarazione discomparsa e la nomina di un curatore, si presume che l'interessato sia ancora in vita, il suo patrimonio deve essere conservato e restano ferme le obbligazioni, anche strettamente personali, assunte dai terzi nei suoi confronti, mentre non assume alcuna rilevanza, in questa fase, la questione della trasmissibilità del diritto agli eredi" (Cassazione sez. lav., 21/01/2005, n.1253). Nel periodo oggetto di causa, novembre 2017- gennaio 2018, pacificamente I.N.P.S. versava correttamente i ratei di pensione di (...) che venivano riscossi dal curatore posto che, all'epoca, alla dichiarazione di scomparsa, non aveva fatto seguito la dichiarazione di assenza. Si rammenta ancora che "La scomparsa determina solo la quiescenza dei rapporti giuridici facenti capo allo scomparso, e la necessità di conservazione del suo patrimonio". Dalla mancata pronuncia di una sentenza dichiarativa dell'assenza, due anni dopo quella di dichiarazione della scomparsa, è derivata la mancata liberazione di I.N.P.S. dall'obbligo di pagamento. Il fisiologico succedersi delle dichiarazioni di scomparsa, di assenza e di morte presunta avrebbe circoscritto la portata della vicenda, poiché I.N.P.S. avrebbe corrisposto i ratei della pensione del sig. (...) per soli due anni, con sospensione dei pagamenti una volta dichiaratane l'assenza. In mancanza di tale pronuncia, i pagamenti dei ratei della pensione sono proseguiti per oltre un decennio, ossia fino all'accertamento della morte presunta. Peraltro, la dichiarazione di assenza avrebbe consentito al coniuge dell'assente di tutelarsi nei termini ben delineati dalla Corte di Cassazione, secondo cui "fra i diritti dipendenti dalla morte dell'assente, dei quali è ammissibile l'esercizio temporaneo ai sensi dell'art. 50, terzo comma, cod. civ.,rientrano non solo i diritti che incidono sul patrimonio dell'assente ma - attesa la diversità di formulazione di detta norma rispetto all'art. 26 del vecchio codice civile - anche quelli che debbono esser fatti valere verso terzi. Pertanto, la moglie dell'assente titolare di pensione a carico dell'a.g.o., che, in caso di morte del marito, acquisirebbe iure proprio il diritto alla pensione di reversibilità, ha diritto - durante l'assenza del coniuge pensionato - ad esigere i ratei della pensione, a titolo di anticipata e provvisoria liquidazione della pensione di reversibilità e nei limiti della quota a lei autonomamente riservata, senza che per ciò sia configurabile alcun eventuale sacrificio degli interessi dell'istituto previdenziale, il quale, in caso di ritorno dell'assente, deve corrispondergli solo la differenza fra l'importo a lui spettante e le somme corrisposte alla moglie, non potendo il pensionato far valere a carico dell'ente alcuna azione o pretesa ulteriore" (Cassazione Sez. L, Sentenza n. 5988 del 05/11/1988). La giurisprudenza di legittimità riconosce, infatti, che "In tema di azione (di accertamento) di un coniuge, volta alla dichiarazione di assenza dell'altro coniuge ed al regolamento interinale del patrimonio dello scomparso, l'INPS è passivamente legittimato in ordine alla pretesa dell'attore concernente l'attribuzione, a titolo di assegno alimentare ai sensi dell'art. 51 c.c., di una quota della pensione dell'assente" (Cassazione civile sez. lav., 19/03/1992, n. 3405). Nella motivazione di tale sentenza si legge che "Questa Corte, tuttavia, volendo assolvere egualmente al compito di nomofilachia che è istituzionalmente affidato ad essa, deve rilevare che la legittimazione passiva al giudizio da parte dell'I.N.P.S. dev'esser ritenuto sussistente sotto il profilo specifico dell'interesse a contraddire, ex art. 100 c.p.c., dal momento che nelle azioni di accertamento (come la presente, sottesa alla dichiarazione di assenza del marito dell'attrice ed al regolamento interinale del patrimonio dello scomparso con riguardo ai diritti del coniuge anche nei confronti dei terzi, quale l'I.N.P.S.) è principio consolidato didiritto, secondo la giurisprudenza reiterata di questa Corte (cfr, per tutte, inizialmente, sent. n. 910 del 26-3-54), che: "l'interesse che condiziona l'esercizio dell'azione (da non confondersi con quello che forma il contenuto del diritto soggettivo ed il cui conseguimento si tende a raggiungere con l'esperimento dell'azione) postula il bisogno di conseguire il vantaggio tutelato dalla legge a mezzo degli organi giurisdizionali dello Stato, senza il cui intervento il titolare di un diritto soffrirebbe danno: il che può verificarsi non soltanto nel caso che il diritto sia stato violato (azione di condanna), ma anche quando esista una situazione giuridica obbiettivamente incerta (azione di accertamento)". Or l'interesse a contraddire è, ovviamente, speculare all'interesse ad agire, per cui l'I.N.P.S. ha nel presente giudizio lo stesso interesse che ha l'attrice ad eliminare ogni stato d'incertezza per quanto concerne l'accertamento dello stato di diritto in ordine a quanto spettantele, come assegno personale, oltre che quale coniuge curatrice del patrimonio dello scomparso. L'I.N.P.S., quindi, rimane giurisdizionalmente interessato alla ripartizione della pensione spettante all'assente dovendo esso distinguere tra quota accantonata, quale trattamento pensionistico diretto, e quota pagata al coniuge a titolo di pensione di reversibilità". Nel caso di specie, in cui la procedura di dichiarazione dell'assenza non è stata attivata, nemmeno al fine di tutelare il coniuge dello scomparso, il curatore di quest'ultimo deve restituire quanto oggetto di causa, poiché percepito in costanza della dichiarazione di scomparsa fino alla dichiarazione di morte presunta. Come già rammentato, infatti, dopo la dichiarazione di scomparsa di (...), il Tribunale di Milano ne dichiarava la morte presunta, con effetti risalenti al 2009 anche con riguardo all'estinzione del diritto alla pensione. Alla luce di quanto precede e anche in considerazione del periodo oggetto di indebito, va affermato anche in questa sede che non vi è titolo che legittimi l'avvenuto pagamento dei ratei di pensione in favore di (...) in persona del suo curatore in quanto il decesso dello scomparso veniva presuntivamente datato al 2009. Tale ultima statuizione del Tribunale di Milano ha dunque reso i pagamenti effettuati negli anni da I.N.P.S. privi di titolo, in quanto versati a titolare di trattamento pensionistico da ritenersi deceduto già dal 2009. Ne consegue che gli importi versati da I.N.P.S. allo scomparso, nelle mani del suo curatore, devono essere restituiti a I.N.P.S. Inoltre, a fronte della nomina dell'avv. (...) quale mero curatore dello scomparso, il ricorrente era autorizzato alla sola riscossione, nei termini sopra descritti, ma non a porre in essere atti di disposizione del patrimonio del padre scomparso. L'immissione nel possesso dei beni è, infatti, un effetto che sarebbe derivato solo dalla dichiarazione di assenza, con le conseguenze già esposte con riguardo al coniuge, che avrebbe beneficiato, in via anticipata e provvisoria, della pensione di reversibilità. Il godimento di quest'ultima avrebbe anche assorbito le statuizioni del Tribunale di Milano sull'assegno divorzile disposto a favore dell'ex coniuge dello scomparso, madre dell'odierno ricorrente. In seguito alla dichiarazione di morte presunta, si è, quindi, aperta la successione mortis causa di (...) con effetti "al momento a cui è fatta risalire la morte presunta, al quale, in base al successivo art. 459, retroagiscono gli effetti dell'accettazione dell'eredità". Sullo specifico punto, la Corte di Cassazione ha affermato, infatti, che "La dichiarazione di morte presunta determina una vera e propria successione mortiscausa dei presunti eredi del dichiarato morto, come si evince dalle norme dettate in ordine alla devoluzione degli elementi attivi del patrimonio di quest'ultimo ai suoi presunti eredi e legatari (artt. 63, 64, 69, 73 cod. civ.) e dal contrapposto silenzio sulla sorte degli elementi passivi di detto patrimonio, spiegabile solo con la sottintesa applicabilità della disciplina delle successioni mortis causa. Tale successione si apre, ai sensi degli artt. 58 e 61 cod. civ., al momento a cui è fatta risalire la morte presunta, al quale, in base al successivo art. 459, retroagiscono gli effetti dell'accettazione dell'eredità, sebbene la delazione ereditaria abbia luogo quando diviene eseguibile la sentenza dichiarativa della morte presunta (arg. ex artt. 63 e 64 citati)" (Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 536 del 24/01/1981). Non possono quindi essere condivisi gli assunti difensivi attorei che pretenderebbero di fare decorrere gli effetti della sentenza dichiarativa della morte presunta solo a partire dal momento dell'annotazione della stessa nei Registri dello stato civile. Peraltro, in tema di effetti della dichiarazione di morte presunta, deve osservarsi che al coniuge del presunto morto (sig.ra (...)), spetta, in via definitiva e iure proprio la pensione di reversibilità, a riprova del fatto che i ratei di pensione nelle more versati devono essere restituiti. Sul punto, la Suprema Corte sanciva che "Il diritto alla percezione della pensione di reversibilità del coniuge scomparso sorge dalla pubblicazione della sentenza dichiarativa di morte presunta, sicché anteriormente a tale momento non decorre il termine di prescrizione del relativo diritto" (Cassazione Sez. L, Sentenza n. 17133 del 17/08/2016). Coerentemente, I.N.P.S. ha infatti, già accolto la domanda del 20.7.2021 della sig.ra V. di liquidazione della pensione di reversibilità con decorrenza dall'aprile 2009 e con quantificazione degli arretrati nella misura di Euro 19.264,81. Si reputa, infine, condivisibile la circostanza che l'I.N.P.S. abbia rivolto le sue pretese, dopo la dichiarazione di morte presunta, nei confronti dell'odierno ricorrente, in applicazione degli analoghi principi di diritto affermati dalla giurisprudenza in punto di obbligo di restituzione gravante su colui che abbia ricevuto somme corrisposte da I.N.P.S. a persona rivelatasi deceduta: "Il pagamento dell'indebito a persona defunta, ma ritenuta vivente dal "solvens", fa sorgere l'obbligo di restituzione, ex art. 2033 c.c., in capo a colui che di fatto si avvalga di quel pagamento, essendo solo quest'ultimo il soggetto che, con la materiale apprensione del pagamento, acquista la qualità di "accipiens" e, con essa, l'obbligo di restituire quanto acquisito. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che - in relazione alla domanda di ripetizione proposta da un istituto di credito, il quale per anni aveva erogato, per conto dell'INPS, la pensione ad un soggetto defunto mediante accredito su un conto corrente cointestato a quest'ultimo e ad un terzo - aveva ritenuto l'obbligo restitutorio trasferito dal beneficiario defunto ai suoi eredi, anziché sorto direttamente ed esclusivamente in capo al terzo cointestatario che aveva prelevato le somme indebitamente erogate)" (Cassazione Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 17705 del 07/09/2016). Infine, deve osservarsi che il diritto di I.N.P.S. di ripetere le prestazioni previdenziali versate, qualora ne emerga la natura di pagamento di indebito, è confermato dalla sentenza della Cassazione, Sezione Lavoro, n. 12034 del 1992 relativa a caso pressochè analogo di persona ritornata dopo essere stata dichiarata presunta morta. La Suprema Corte stabiliva, infatti, che "l'assicurato (dichiarato "morto - presunto"), e del quale, poi, è stata (giudizialmente) provata l'esistenza, ha l'incontestabile diritto di ottenere il ripristino del trattamento pensionistico di cui era in vita titolare, con la decorrenza pretesa, a norma dello art. 66, comma 2C.C., secondo cui - il soggetto ha "diritto di pretendere l'adempimento delle obbligazioni considerate estinte, ai sensi del secondo comma dell'art. 63..." E non si può dubitare della avvenuta estinzione del (suo) diritto alla pensione, a seguito della morte (reale o presunta) dell'assicurato, secondo principi generali (cfr. Cass. 5.11.1988 n. 5988) del nostro ordinamento previdenziale, trattandosi (come è noto) di un diritto di natura strettamente personale, non certamente trasmissibile agli eredi, in quanto strettamente collegato con l'esistenza in vita del titolare. Non ha poi alcuna rilevanza, sul piano del diritto, l'avvenuta erogazione, nel periodo intermedio, della pensione di reversibilità corrisposta dall'Istituto alla moglie dell'assicurato. La moglie del soggetto - pensionato - ha diritto, in caso di morte del marito, "iure proprio" (cfr. Cass. 1294/1974; Cass. 299/1983; Cass. 5988/1988) ed in via autonoma, al trattamento pensionistico di reversibilità, secondo la previsione di legge, ricorrendone i presupposti. Nè si può confondere la posizione del coniuge superstite - in capo al quale sorge ex-lege il diritto alla pensione di reversibilità, e che trova la sua giustificazione nella morte del marito, con quella del soggetto - assicurato, ritornato giuridicamente in vita - e ricollegabile alla (diversa) posizione assicurativa di questo ultimo, ed al compimento dell'età prevista per la pensione di vecchiaia - di cui era titolare lo S.: il quale ha pertanto diritto all'adempimento di tutte quelle obbligazioni dichiarate estinte a seguito della (dichiarata) morte presunta. E non si può certo operare una sorta di "compensazione" tra il "debito" dell'Istituto verso il soggetto - pensionato (e ritornato giuridicamente in vita) con il credito - a sua volta vantato dall'Istituto nei riguardi della moglie che ha (indebitamente) percepito la pensione di reversibilità, trattandosi di diritti autonomamente spettanti, per legge, a due soggetti diversi" (Cassazione Sez. L, Sentenza n. 12034 del 1992) Nel caso di specie, è peraltro irrilevante la valutazione della buona fede in quanto l'incasso di erogazioni previdenziali da parte del curatore dello scomparso non possono essere assistite dalla buona fede del percipiente, circostanza eventualmente impeditiva della restituzione. Il curatore dello scomparso è, infatti, ben consapevole di ricevere le somme in questione, da parte di I.N.P.S., solo in funzione della conservazione del patrimonio dello scomparso e nella consapevolezza della possibilità che quest'ultimo potrebbe non ricomparire. Inoltre, nel caso di specie e nel periodo oggetto di rivendicazione da parte di I.N.P.S., il ricorrente, figlio di (...), era legittimato a proporre azione per la dichiarazione dell'assenza del padre, con le conseguenze sopra delineate. Nella presente fattispecie non opera, quindi, la disciplina sull'irripetibilità dell'indebito previdenziale, i cui presupposti sono stati tratteggiati dalla Cassazione nei seguenti termini: "L'irripetibilità dell'indebito previdenziale è subordinata al ricorrere di quattro condizioni: a) il pagamento delle somme in base a formale e definitivo provvedimento; b) la comunicazione del provvedimento all'interessato; c) l'errore, di qualsiasi natura, imputabile all'ente erogatore; d) la insussistenza del dolo dell'interessato, cui è parificata "quoad effectum" la omessa o incompleta segnalazione di fatti incidenti sul diritto, o sulla misura della pensione, che non siano già conosciuti dall'ente competente, difettando anche una sola delle quali opera la regola della ripetibilità di cui all'art. 2033 c.c. (Nella specie, la S.C. ha escluso la ricorrenza della quarta delle sopraindicate condizioni, essendo l'ente pervenuto a conoscenza di fatti rilevanti non per iniziativa del pensionato, seppure obbligato a comunicarli, ma di un terzo organo di vigilanza, quale l'Ispettorato del Lavoro)" (Cassazione Sez. L - , Ordinanza n. 5984 del 23/02/2022). È dirimente osservare che, nella fattispecie oggetto di delibazione, difetta certamente il presupposto del compimento di un errore da parte dell'ente previdenziale, che proseguiva i versamenti sul presupposto della scomparsa. In considerazione di quanto precede non è pertinente la normativa in tema di irripetibilità dell'indebito previdenziale. Sul punto occorre richiamare il dettato dell'art. 52, rubricato "prestazioni indebite", della L. 9 marzo 1989, n. 88, secondo cui "1. le pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, delle gestioni obbligatorie sostitutive o, comunque, integrative della medesima, della gestione speciale minatori, delle gestioni speciali per i commercianti, gli artigiani, i coltivatori diretti, mezzadri e coloni nonché la pensione sociale, di cui all' articolo 26 della L. 30 aprile 1969, n. 153 , possono essere in ogni momento rettificate dagli enti o fondi erogatori, in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazione della prestazione. 2. nel caso in cui, in conseguenza del provvedimento modificato, siano state riscosse rate di pensione risultanti non dovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che l'indebita percezione sia dovuta a dolo dell'interessato. il mancato recupero delle somme predette può essere addebitato al funzionario responsabile soltanto in caso di dolo o colpa grave". Del resto, che l'errore debba essere imputabile all'ente è espressamente stabilito anche dall'art. 13, commi 1 e 2, della L. n. 412 del 1991. Con riguardo agli interessi deve ritenersi la loro debenza dalla data della corresponsione del capitale, proprio in considerazione della necessità di considerare la morte di (...) come avvenuta sin dal 2009 e della connaturale provvisorietà della scomparsa, che avrebbe potuto essere travolta dal ritorno o dalla dichiarazione di assenza o morte presunta. Prive di fondamento sono anche le deduzioni del ricorrente con riguardo all'asserita responsabilità di I.N.P.S. ai sensi dell'art. 2043 c.c. e/o dell'art. 96, comma 1 e/o comma 3, c.p.c. Quanto sin qui esposto basta per affermare la legittimità del comportamento di I.N.P.S. Deve essere rigettata anche la domanda proposta dal ricorrente di condanna di I.N.P.S. ai sensi dell'articolo 96 c.p.c., in considerazione della carenza degli elementi oggettivi e soggettivi, che devono essere sottesi rispetto alla responsabilità processuale prevista dalla citata disposizione del codice di rito. Per le ragioni che precedono, il ricorso va respinto, restando disattesa o assorbita ogni questione ulteriore di cui in atti, in quanto superflua ai fini del decidere. Le spese di lite seguono la soccombenza tenuto conto del valore della causa, della sua complessità e dell'assenza di attività istruttoria. P.Q.M. definitivamente pronunciando, così provvede: 1) rigetta il ricorso; 2) condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite sostenute da INPS, liquidate in Euro 2.500,00 per compensi oltre al rimborso spese generali al 15%, IVA e CPA; 3) fissa termine di giorni 60 per il deposito della sentenza. Così deciso in Milano il 18 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 15 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI TORINO SECONDA SEZIONE CIVILE in persona del Giudice dott. Ester MARONGIU ha pronunciato la seguente: SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 16389/2020 RG promossa da: (...) (CF. (...)) nato a T. in data (...) e residente in T., via C. n. 37 (...) (CF. (...)) nato a T. in data (...) e residente in T., Via G. 77 (...) (CF. (...)) nato a V. (A.) in data (...) e residente in V. (A.), Via M. M. e L. n. 4, in persona del sig. (...), suo procuratore generale in forza di procura generale 27/4/2020 Tutti elettivamente domiciliati in Torino (TO), via (...), presso lo studio degli Avv.ti Al.FO. (cod. fisc. (...)) e Da.SC. (cod. fisc. (...)), che li rappresentano e difendono come da procure a margine dell'atto di citazione -ATTORI- contro (...) (CF. (...)) nato ad (...) (A.) in data (...) e residente in T. (T.) C. (...) n. 47 (...) (CF. (...)) nato ad (...) (A.) in data (...) e residente in V. (A.) Via M. M.L. n. 4 entrambi elettivamente domiciliati, ai fini della presente procedura, in Torino, via (...) bis, presso lo studio dell'Avv. Cl.CA. (C.F. (...)) che li difende giusta procura speciale allegata alla comparsa di costituzione e risposta -CONVENUTI- MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, (...), (...) e (...) convenivano in giudizio (...) ed (...) instando per l'accertamento dell'asse ereditario caduto in successione alla morte di (...) e, quindi, per lo scioglimento della relativa comunione ereditaria. Gli attori davano atto che la sig.ra (...), deceduta in data 17.9.2018 aveva disposto della propria eredità per testamento, legando ai nipoti in linea collaterale (...), (...) ed (...) le quote di proprietà relative alle unità immobiliari site in V., via L. n. 4, meglio individuate nell'atto introduttivo, e in (...), via A.. Precisavano che gli immobili siti in V. erano in comproprietà tra la de cuius e (...) e (...), mentre quelli in Cesana erano in comproprietà tra la de cuius e (...) e (...). Aggiungevano che, in data 8.1.2019 era deceduto ab intestato, (...) lasciando a succedergli, in parti uguali, i figli (...), (...), (...) ed (...): a fronte delle successioni e degli atti di compravendita intercorsi tra le parti, davano conto delle modifiche delle quote di comproprietà dei beni oggetto del compendio ereditario. Stante la difficoltà di addivenire ad una divisione concordata gli attori instavano per lo scioglimento della comunione dell'intero compendio. I convenuti, ritualmente costituiti, si associavano alla richiesta di divisione della comunione ereditaria e, disposta consulenza tecnica, all'udienza del 20.9.2021 le parti contestavano la proposta di divisione elaborata dal CTU, dando atto dell'intervenuto decesso di (...). Si costituivano quindi, quali eredi di (...), (...) e (...), figli del de cuius, già attori nel presente procedimento. Disposta un'integrazione della perizia, volta alla regolarizzazione e alla sanatoria delle difformità edilizie accertate dal perito, con ordinanza del 25.04.2022 veniva affidato al CTU l'incarico di predisporre un nuovo progetto di divisione, scorporando dal compendio immobiliare il terreno edificabile sito in V., censito al (...) al (...) (...), p. (...), tenendo conto delle istanze di assegnazione formulate dalle parti. Disposta la vendita del terreno sito in V. e preso atto della contestazione sollevate da parte dei convenuti al progetto di divisione predisposto dal CTU all'udienza figurata del 28.09.2022 il Giudice, preso atto delle note scritte depositate dalle parti, assegnava i termini di legge ex art. 190 c.p.c. e tratteneva la causa a decisione. I convenuti hanno contestato le due proposte divisionali predisposte dal CTU e depositate in data 27.6.2022, redatte tenendo conto dell'intervenuta delega per la vendita del bene immobile costituito dal terreno edificabile sito in V., censito al (...) (...), p. (...), separato dal compendio immobiliare secondo le istanze delle parti. Il mancato accoglimento delle proposte formulate discende, secondo le stesse argomentazioni dei convenuti - nell'eccessivo conguaglio da corrispondere agli attori derivante dall'assegnazione dei beni ipotizzata dal CTU; - nell'inutilizzabilità diretta da parte dei convenuti dell'immobile sito in V., via E. n. 12, inserito nel lotto loro assegnato, a fronte dell'invalidità dei convenuti e del gravoso esborso economica necessario per renderlo abitabile e agibile. In sede di comparsa conclusionale, pertanto, i convenuti hanno ribadito le istanze già in parte espresse in corso di giudizio, volte alla vendita dell'intero compendio immobiliare, all'assegnazione di tutti i beni agli attori a fronte di un conguaglio - pari al valore della quota - in denaro, instando ancora per la creazione di un lotto composto dagli immobili siti in T., C. (...) e C., via (...), del quale gli stessi chiederebbero l'assegnazione. Prima di valutare, nel merito, le ragioni di contestazione formulate dai convenuti, pare opportuno richiamare i principi generali che regolano lo scioglimento delle comunioni. Ai sensi dell'art. 718 c.c., ciascun coerede può chiedere la sua parte in natura dei beni mobili e immobili dell'eredità. Il diritto dei coeredi ad una porzione in natura di ciascuna delle categorie di beni in comunione non consiste però nella realizzazione di un frazionamento quotistico delle singole entità appartenenti alla stessa categoria, ma nella proporzionale divisione dei beni compresi nelle tre categorie degli immobili, mobili e crediti, dovendosi operare una divisione dei beni per genere, così da evitare un eccessivo frazionamento dei cespiti e non pregiudicare il diritto dei condividenti di ottenere una por zione di valore proporzionalmente corrispondente a quello del complesso da dividere (v. Cass. 25/03/2019, n. 8286). L'art. 727 c.c., infatti, pone la regola generale della omogeneità delle porzioni tra i condividenti, sia sotto il profilo quantitativo - con riferimento alla necessità della stima dei beni - che sotto quello qualitativo, dovendosi tendenzialmente ricomprendere nelle singole porzioni una quantità di mobili, immobili e crediti di uguale natura e qualità, in proporzione dell'entità della quota di ciascun condividente. La giurisprudenza di legittimità ha peraltro chiarito che la norma in oggetto indica soltanto un criterio di massima per la formazione delle porzioni, dal quale il giudice può motivatamente discostarsi, non solo nelle ipotesi espressamente previste dagli artt. 720 e 722 c.c., ma anche quando la rigorosa applicazione del principio determinerebbe un pregiudizio del diritto dei condividenti a conseguire una porzione di valore proporzionalmente corrispondente a quella spettante singolarmente sulla massa (v. Cass. 16.4.2018, n. 9282). Si è chiarito, altresì, che il principio della omogeneità delle porzioni, postula che la comunione abbia ad oggetto una pluralità di beni (ad es. immobili e/o mobili), di diversa qualità (fabbricati, terreni ovvero denaro e oggetti preziosi), essendo diretto ad attuare il diritto dei condividenti a conseguire una frazione di valore proporzionalmente corrispondente a quella spettante singolarmente sull'unica massa da dividere (v. Cass. 19.11.2013, n. 25946). In sede di divisione di una comunione, peraltro, qualora di essa facciano parte più immobili che, seppure isolatamente considerati non possano dividersi in tante frazioni quante sono le quote dei condividenti, ma consentano da soli o insieme con altri beni, di comporre la quota di alcuni in modo che porzioni degli altri possano formarsi con i restanti immobili del compendio, non può più farsi questione di indivisibilità o di non comoda divisibilità, dato il realizzarsi del soddisfacimento delle quote con la ripartizione qualitativa e quantitativa dei vari cespiti compresi nella comunione (v. Cass. 8.9.1994, n. 7700). La giurisprudenza di legittimità ha inoltre precisato che nell'esercizio del suo potere discrezionale di attribuzione delle porzioni diseguali, "il giudice può prendere in considerazione, ed eventualmente far prevalere, anche interessi individuali di un condividente aventi ad oggetto beni estranei alla comunione, confrontandoli con tutti gli altri interessi rilevanti" (v. Cass. 15.10.2010, n. 21319), ribadendo come tale potere che trovi il suo contemperamento nei criteri di opportunità che debbono ispirare la scelta e nell'obbligo di indicarne i motivi. Pertanto, nel caso in cui il giudice si discosta dal criterio preferenziale di attribuire l'immobile indivisibile al condividente titolare della quota maggiore, ha l'obbligo di fornire adeguata e logica motivazione di tale diversa opzione". Pare ancora utile richiamare il criterio secondo il quale in presenza di contrapposte richies te di attribuzione, l'immobile comune non comodamente divisibile - salvo ragioni di opportunità, ravvisabili nell'interesse comune dei condividenti - va attribuito al condividente titolare della quota maggiore e non ai condividenti che ne abbiano fatto richiesta congiunta e le cui quote, sommate tra loro, superino la quota maggiore del condividente antagonista e tanto in applicazione del principio del favor divisionis di cui all'art. 720 c.c. (v. Cass. 4.4.2008, n. 8827). Nel caso in esame, vi è una disomogeneità delle quote di diritto tra i vari condividenti e il compendio immobiliare di cui è causa è composto da una pluralità di beni che risultano già in natura separati ed autonomi senza necessità di alcun tipo di intervento divisorio. L'attribuzione dei vari beni, come prospettato nei progetti divisionali predisposti dal CTU, rispetta il diverso valore delle quote possedute dagli attori e dai convenuti e tiene conto delle istanze di assegnazione congiunta dagli stessi formulate nel corso delle operazioni peritali. Alla luce dei principi giurisprudenziali richiamati, deve ritenersi che le ragioni di contestazione sollevate dai convenuti alle proposte di divisione predisposte dal CTU non possano trovare accoglimento. Eccessività del conguaglio Entrambe le ipotesi divisionali prevedono il versamento da parte dei convenuti di un conguaglio a favore degli attori - assegnatari del lotto 1 - pari ad Euro 39.555,56 (ipotesi 1) ovvero ad Euro 48.555,56 (ipotesi 2). Si osserva che la determinazione del conguaglio in denaro, ai sensi dell' articolo 728 c.c. a carico di colui cui viene attribuita la porzione in natura di maggior valore e a favore del condividente al quale è attribuita la porzione di minor valore, "prescinde dalle singole domande delle parti, atteso che essa attiene alle concrete modalità di attuazione del progetto divisionale devolute alla competenza delgiudice e la sentenza di scioglimento della comunione persegue il mero effetto di perequare il valore delle rispettive quote" (v. Cass. 12.12.2017, n. 29733). considerata la funzione perequativa del conguaglio, appare del tutto irrilevante la condizione economica dei convenuti, anche in ragione della garanzia costituita dall'ipoteca legale ex art. 2817 c.c. che assiste il credito indicato. Peraltro, deve ribadirsi in questa sede che i due progetti di divisione appaiono sostanzialmente omogenei e la differenza della somma dovuta a titolo di conguaglio non appare così marcata: l'assegnazione ai convenuti dell'immobile sito in (...), poi, in luogo dell'immobile sito in T., comporterebbe una riduzione del conguaglio di circa Euro 9.000,00, ponendosi peraltro in contrasto con l'istanza di assegnazione formulata dagli attori ex art. 720 c.c., già titolari della quota maggiore di comproprietà del bene. Immobile di V., via E. n. 12 I convenuti si sono opposti all'assegnazione del compendio di V., via E. n. 12, incentrando le loro osservazioni sull'asserita incompatibilità del bene con l'invalidità dalla quale sono affetti, precisando come al fine di adibire l'immobile ad abitazione sarebbe necessario far fronte ad ingenti lavori di ristrutturazione, i cui costi non potrebbero essere dagli stessi sostenuti. Premesso che nel corso del giudizio e delle operazioni peritali le parti convenute non hanno mai espresso l'intenzione di vedersi assegnato uno degli immobili del compendio al fine di adibirlo ad abitazione propria, avendo al contrario - anche in sede di memoria conclusionale - instato in prima battuta per la vendita dell'intero compendio, si osserva che le condizioni degli immobili, come descritti nella perizia di stima disposta, appaiono sostanzialmente identiche per gli immobili in V. e in T., senza evidenziare situazioni di inagibilità o inabitabilità. Peraltro, neppure paiono percorribili le soluzioni alternative prospettate dai convenuti. La vendita a terzi costituisce, infatti, una 'extrema ratio' alla quale ricorrere solo qualora nessuno dei condividenti voglia giovarsi della facoltà di attribuzione prevista dall'art. 720 c.c.: la previsione di cui all'art. 720 c.c., infatti, nel disciplinare l'ipotesi in cui l'immobile oggetto di comunione non sia divisibile o comodamente divisibile a prescindere dal fatto che le quote dei condividenti siano o meno eguali, "configura la vendita all'incanto come rimedio residuale cui ricorrere quando nessuno dei condividenti voglia giovarsi della facoltà di attribuzione dell'intero"(v. Cass. 13.5.2010, n. 11641). Nel caso in oggetto, fin dalla costituzione in giudizio, gli attori hanno formulato istanza di divisione in natura del compendio immobiliare, instando - alla luce delle risultanze della CTU - per l'assegnazione del lotto 1 del secondo progetto divisionale proposto dal CTU - inserito nella relazione depositata in data 27.6.2022 - istanza ribadita in sede di precisazione delle conclusioni, che prevede l'assegnazione, congiunta, dei seguenti beni immobili: - V. (A.), Via (...) nn. 2/4. ((...): Fg. (...) - N. (...) e (...): Fg. (...) - N. (...) - Subalterni da (...) a (...)). - V., terreni agricoli. (NN. (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...) e (...), fg. (...)). - C. T., Via (...) (...) n. 14 bis. ((...): Fg. (...) - N. (...) - Subalterno (...)). Parimenti non può ritenersi accoglibile l'istanza di assegnazione di tutti i beni agli attori, con versamento da parte di questi del conguaglio - pari alla liquidazione della quota - a favore dei convenuti. Come si è visto, qualora la comunione comprenda più immobili che, seppure isolatamente considerati non possano dividersi in tante frazioni quante sono le quote dei condividenti, ma consentano da soli o insieme con altri beni, di comporre la quota di alcuni in modo che porzioni degli altri possano formarsi con i restanti immobili del compendio, non può più farsi questione di indivisibilità o di non comoda divisibilità, potendo darsi soddisfacimento alle singole quote con la ripartizione qualitativa e quantitativa dei vari cespiti compresi nella comunione. Inoltre, se l'art. 727 c.c. pone la regola generale della omogeneità delle porzioni tra i condividenti, nella previsione di cui all'art. 720 c.c. l'espressa e specifica istanza del condividente interessato assurge ad imprescindibile presupposto dell'attribuzione, "dovendosi escludere che i poteri discrezionali attribuiti al giudice della divisione dalla citata norma si estendano fino all'inclusione d'ufficio dell'immobile indivisibile nella porzione di un condividente che non ne abbia fatto esplicita richiesta, pur se titolare della maggior quota; analogamente, accertata la non comoda divisibilità di uno o più immobili ereditari, l'inclusione di essi nelle porzioni di più coeredi non può avere luogo se costoro non ne abbiano richiesta congiuntamente l'attribuzione, essendo in linea di principio vietato il c.d. raggruppamento parziale delle porzioni, cioè la divisione in lotti nell'interno dei quali si stabilisca comunione fra gruppi di condividenti, allorché non vi sia il consenso di costoro" (v. Cass. 15.12.2022, n. 36736). Nel caso di specie, certa la pluralità di beni, accertata la divisibilità dell'intero compendio e valutate le quote rispettivamente spettanti alle parti, preso atto dell'istanza di assegnazione formulata dagli attori, non può prescindersi dalla predisposizione di un progetto di divisione in natura. A seguito dell'intervenuto decesso di (...), gli attori risultano aver accresciuto la propria quota all'interno del compendio, secondo il seguente prospetto, tenuto conto della quota degli immobili caduti in successione: - V., VIA M.M. L. N. 2/4, ((...): FOGLIO (...), N. (...) E (...): FG. (...), N.(...), SUBB. DA (...) A (...)), valore complessivo Euro 170.000,00 di cui (...) quota 13/36 , pari ad Euro 61.388,89 (...) quota 9/36 pari ad Euro 42.500,00 (...) quota 7/36 pari ad Euro 33.055,56 (...) quota 7/36 pari ad Euro 33.055,56 - V., TERRENI AGRICOLI ((...): MAPPALI (...), (...), (...), (...), (...), (...) E (...), FOGLIO (...)), valore complessivo Euro 8.000,00 (...) quota 13/36 , pari ad Euro 2.888,89 (...) quota 9/36 pari ad Euro 2.000,00 (...) quota 7/36 pari ad Euro 1.555,56 (...) quota 7/36 pari ad Euro 1.555,56 - V., TERRENI AGRICOLI ((...): MAPPALI (...), (...) E (...), FOGLIO (...)), valore complessivo Euro 4.000,00 (...) quota 1/4, pari ad Euro 1.000,00 (...) quota 1/4 pari ad Euro 1.000,00 (...) quota 1/4 pari ad Euro 1.000,00 (...) quota 1/4 pari ad Euro 1.000,00 - V., VIA E. N. 12 ((...): FOGLIO (...), N. (...) E (...):FOGLIO (...), N. (...), SUBB. DA (...) A (...)), valore complessivo Euro 120.000,00 (...) quota 53/144 pari ad Euro 44.166,67 (...) quota 45/144 pari ad Euro 37.500,00 (...) quota 23/144 pari ad Euro 19.166,67 (...) quota 23/144 pari ad Euro 19.166,67 - T., C. (...) N. 295/13 ((...): FOGLIO (...), N. (...), SUB. (...)), valore complessivo Euro 130.000,00 (...) quota 1/4 pari ad Euro 32.500,00 (...) quota 1/4 pari ad Euro32.500,00 (...) quota 1/4 pari ad Euro 32.500,00 (...) quota 1/4 pari ad Euro 32.500,00 Euro - C. T., VIA (...) (...) N. 14 BIS ((...): FOGLIO (...), N. (...), SUB. (...)), valore complessivo Euro121.000,00 (...) quota 4/9 pari ad Euro 53.777,78 (...) quota 3/9 pari ad Euro 40.333,33 (...) quota 1/9 pari ad Euro 13.444,44 (...) quota 1/9 pari ad Euro 13.444,44 Considerato il valore complessivo della massa immobiliare da dividere, pari ad Euro 553.000,00 e il valore delle quote spettanti agli attori e ai convenuti, deve ritenersi condivisibile il secondo progetto di divisione predisposto dal CTU, che prevede la costituzione di due lotti, così composti: LOTTO PRIMO (per la piena proprietà e quota di 1/1). composto dai seguenti immobili V. (A.), Via (...) nn. 2/4. ((...): Fg. (...) - N. (...) e (...): Fg. (...) - N. (...) - Subalterni da (...) a (...)). V., terreni agricoli. (NN. (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...) e (...), fg. (...)). C. T., Via (...) (...) n. 14 bis. ((...): Fg. (...) - N. (...) - Subalterno (...)). Valore complessivo del lotto: Euro 303.000,00. LOTTO SECONDO (per la piena proprietà e quota di 1/1). composto dai seguenti immobili: V., Via E. n. 12. ((...): Fg. (...) - N. (...) e (...): Fg. (...) - N. (...) - Sub. da (...) a (...)). T., U.I.U. in T., C. (...) n. 295/13. ((...): Fg. (...), N. (...), Sub. (...)). Valore complessivo del lotto; Euro 250.000,00. L'elaborazione del CTU prevede quindi, in ragione delle quote rispettivamente spettanti alle parti, l'assegnazione del lotto primo agli attori, (...) e (...) in comunione ordinaria tra loro, con conguaglio da avere, a carico del lotto 2, pari ad Euro 48.555,56, ovvero Euro 303.000,00 (valore dei beni) - Euro 351.555,56 (valore della quota). Il lotto secondo, invece, assegnato ai convenuti (...) e (...), in comunione ordinaria tra loro, con conguaglio da versare, a favore del lotto primo, di Euro 48.555,56, ovvero Euro 250.000,00 (valore dei beni) - Euro 201.444,44, (valore della quota). Tale progetto appare condivisibile non solo rispetto alle istanze di assegnazione formulate dagli attori, ma altresì alla luce della natura e della collocazione degli immobili costituenti il compendio oggetto di comunione. Deve infatti ritenersi - quanto al compendio di V., via L. n. 2/4, che, in primo luogo, deve darsi atto che nel corso delle operazioni peritali i consulenti di parte, unitamente al CTU, hanno ritenuto di non procedere alla divisione in porzioni singole del compendio in oggetto che, ai fini divisionali, è stato pertanto trattato come un unico immobile; inoltre dalla stessa relazione peritale emerge come tale compendio sia nella disponibilità degli attori - che ne hanno chiesto l'assegnazione congiunta - costituendo abitazione di (...) (quanto all'alloggio censito al foglio (...) - particella (...) - subalterno (...) (alloggio) e di (...) (quanto all'alloggio censito al foglio (...) - particella (...) - subalterno (...) ) ; - quanto ai terreni in V., gli stessi, come confermato dal CTU nella relazione peritale e nel secondo progetto di divisione, "sono collocati in corpo unico nelle immediate vicinanze del compendio abitativo di Via (...) (trattasi delle particelle (...), (...), (...), (...) e (...)), mentre i restanti sono comunque ubicati nelle vicinanze al medesimo (trattasi delle particelle (...), (...), (...), (...)e (...))"; ne consegue che, correttamente, gli stessi devono essere abbinati, come disposto dal CTU, al compendio immobiliare sopra descritto; - quanto ai restanti immobili, siti in C. T., V. via E. e T., si ritiene che gli stessi costituiscano altrettante poste "autonome" e "neutre" ai fini della divisione, aventi un valore pressoché equivalente. Più precisamente, preso atto che la maggior parte del compendio immobiliare è sito in V. e che il compendio di via L. risulta inserito nel lotto 1, appare congruo inserire anche nel lotto 2 un immobile sito in V. - via E. n. 12 - e, quindi, procedere all'inserimento in ciascun lotto di un immobile cd. "neutro", potenzialmente produttivo di reddito, ovvero appetibile sul mercato, quali risultano essere l'immobile di (...), oggi locato in forza di contratto di locazione per finalità turistica registrato all'Agenzia delle Entrate di Susa il 7.07.2020, e l'immobile di T., C. S.. Dato atto della quota maggiore di comproprietà posseduta dagli attori nell'immobile sito in (...) e dell'espressa istanza di assegnazione, si ritiene corretto optare per l'ipotesi divisionale che prevede l'assegnazione al lotto 1 dell'immobile di C.. Per le ragioni esposte, non pare condivisibile l'istanza di assegnazione congiunta ai convenuti dei soli immobili di C. e T.. Quanto alle spese di lite, la regolamentazione delle stesse non può che essere riservata alla definizione dell'intero giudizio. La presente pronuncia, infatti, definisce lo scioglimento della comunione sui beni immobili caduti in successione al decesso di L.M.P. - poi seguito dal decesso di (...) e (...) - con l'esclusione del terreno edificabile sito in V. per il quale, come già indicato, si è provveduto su istanza congiunta delle parti, a disporre la vendita all'asta. Il giudizio deve pertanto proseguire in attesa della vendita del terreno. P.Q.M. Il Tribunale di Torino, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, rigetta le contestazioni preventive formulate dai convenuti ai progetti di divisione predisposti dal CTU e depositati in data 27.6.2022 e, per l'effetto, visti gli artt. 785, 788, 576 e s.s. c.p.c., 720 c.c.; ORDINA lo scioglimento della comunione esistente sugli immobili oggetto di causa caduti in successione al decesso di L.M.P., V. e (...), siti in 1. V., via L. n. 2/4, compendio di civile abitazione con accessi dalla Via (...) nn. 2/4, servito da due corpi scala accessibili da cortile comune interno e costituito da una manica rettangolare in cortina edilizia ed elevata a due p.f.t., oltre a sottotetti ad uso sgombero entrostante alla particella ad oggi identificata al Catasto Terreni al n. (...) del foglio (...), classata come ente urbano, sul quale risultano dichiarati tre beni comuni non censibili identificati al Catasto Fabbricati al foglio (...), p. (...) - Sub. (...) - Via (...) n. 2 - piano: T bene comune non censibile;- - Sub. (...) - Via (...) n. 2 - piano: T/1/2; ente comune non censibile - Sub. (...) - Via (...) n. 2 - piano: T/1/2; (ente comune non censibile - Al piano terreno (1 f.t.), alloggio con accesso dal vano scala Sub. (...) e composto di cucina, una camera, disimpegno e bagno; Coerenze desunte sulla località: Via M. M. L., U.I.U. Sub. (...), vano scala Sub. (...), cortile comune, U.I.U. Sub. (...) ed U.I.U. Sub. (...), salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: T - interno: 1 - scala: A; - cat. (...) - cl. U - vani 2,5 - sup. catastale totale mq. 43 - rendita Euro 87,80. - Al piano terreno (1 f.t.), alloggio con accesso dal vano scala Sub. (...) e composto di ingresso, cucina, una camera e bagno; oltre a cantina di pertinenza al piano interrato accessibile direttamente dall'unità abitativa. Coerenze desunte sulla località: Via (...), androne carraio Sub. (...), cortile comune, vano scala Sub. (...) ed U.I.U. Sub. (...), salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: T - interno: 2 - scala: A; - cat. (...) - cl. U - vani 3 - sup. catastale totale mq. 58 - rendita Euro 105,36. - Al piano primo (2 f.t.), alloggio con accesso dal vano scala Sub. (...) e composto di cucina, una camera, disimpegno e bagno; Coerenze desunte sulla località: Via M. M. L., U.I.U. Sub. (...), vano scala Sub. (...), cortile comune ed U.I.U. Sub. (...) su due livelli, salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: 1 - interno: 3 - scala: A; - cat. (...) - cl. U - vani 3 - sup. catastale totale mq. 61 - rendita Euro 105,36. - Al piano primo (2 f.t.), alloggio con accesso dal vano scala Sub. (...) e composto di cucina, tre camere e bagno; Coerenze desunte sulla località: Via (...), vano scala Sub. (...), cortile comune, vano scala Sub. (...) ed U.I.U. Sub. (...), salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: 1 - interno: 4 - scala: A; - cat. (...) - cl. U - vani 4,5 - sup. catastale totale mq. 79 - rendita Euro 158,04. - Al piano secondo/sottotetto (3 f.t.), sottotetto uso sgombero con accesso dal vano scala Sub. (...) e composto di due locali tra loro comunicanti; Coerenze desunte sulla località: Via (...), vano scala Sub. (...), cortile comune ed U.I.U. Sub. (...) distribuita su due livelli, salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: 2 - interno: 5 - scala: A; - cat. (...) - cl. U - mq. 50 - sup. catastale totale mq. 62 - rendita Euro 77,47. - Al piano secondo/sottotetto (3 f.t.), sottotetto uso sgombero con accesso dal vano scala Sub. (...) e composto da un unico locale avente superficie commerciale, computata con rilievo grafico sulla base delle piante indicative prodotte all'allegato 2.2, pari a mq. 43 circa. Coerenze desunte in loco: Via (...), vuoto sulla porzione di tetto insistente sul Sub. (...), cortile comune e vano scala Sub. (...), salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. al Foglio (...) - Particella 473 - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: 2 - interno: 6 - scala: A; - cat. (...) - cl. U - mq. 43 - sup. catastale totale mq. 43 - rendita Euro 66,62. - Al piano terreno (1 f.t.), alloggio con accesso principale dal vano scala Sub. (...), ma accessibile anche dal cortile comune interno, composto di tinello, cucina, due camere, corridoio di disimpegno, bagno ed anti-bagno; Coerenze desunte dall'estratto di mappa (...) e sulla località: mappali (...) e (...), foglio (...), cortile comune e vano scala Sub. (...), salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: T - interno: 7 - scala: B; - cat. (...) - cl. U - vani 3,5 - sup. catastale totale mq. 92 - rendita Euro 122,92. - Al piano primo (2 f.t.), alloggio con accesso dal vano scala Sub. (...) e composto di tinello, cucina, due camere, corridoio di disimpegno, bagno e due balconi su cortile comune interno; Coerenze desunte dall'estratto di mappa (...) e sulla località: mappali (...) et (...), foglio (...), cor tile comune e vano scala Sub. (...), salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: T - interno: 8 - scala: B; - cat. (...) - cl. U - vani 3,5 - sup. catastale totale mq. 92 - rendita Euro 122,92. - Al piano secondo/sottotetto (3 f.t.), sottotetto uso intercapedine; trattasi di un locale unico accessibile da botola dipartentesi dal vano scala Sub. (...) e con H. sotto puntone pari a cm. 0 ed H. sotto colmo pari a cm. 110 circa. Coerenze desunte dall'estratto di mappa (...) e sulla località: mappali (...) et (...), foglio (...), cortile comune e vuoto sulla porzione di tetto insistente sul Sub. (...), salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: T - interno: 9 - scala: B; - cat. (...) - cl. U - mq. 9 - sup. catastale totale mq. 9 - rendita Euro 13,94. - Al piano terreno (1 f.t.), unità immobiliare utilizzata a box-auto, con accesso da Via L. n. 2/a ed avente superficie commerciale complessiva, computata con rilievo grafico sulla base delle piante indicative prodotte all'allegato 2.2, pari a mq. 14 circa. Coerenze desunte sulla località: Via M. M. L., U.I.U. Sub. (...), U.I.U. Sub. (...) e compendio abitativo insistente sul mappale (...), fg. (...), salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: T - interno: 10; - cat. (...) - cl. U - mq. 6 - sup. catastale totale mq. 10 - rendita Euro 9,30. - Al piano terreno (1 f.t.), unità immobiliare utilizzata a box-auto, con accesso da Via L. n. 2/b ed avente superficie commerciale complessiva, computata con rilievo grafico sulla base delle piante indicative prodotte all'allegato 2.2, pari a mq. 14 circa. Coerenze desunte sulla località: Via M. M. L., U.I.U. Sub. (...), U.I.U. Sub. (...) distribuita su due livelli ed U.I.U. Sub. (...), salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: T - interno: 11; - cat. (...) - cl. U - mq. 7 - sup. catastale totale mq. 9 - rendita Euro 10,85. - Al piano terreno (1 f.t.), unità immobiliare costituita da un unico locale utilizzato a deposito, accessibile esclusivamente dalla U.I.U. Sub. (...) ed avente superficie commerciale, computata con rilievo grafico sulla base delle piante indicative prodotte all'allegato 2.2, pari a mq. 27 circa. Coerenze desunte sulla località: Via M. M. L., U.I.U. Sub. (...), U.I.U. Sub. (...) distribuita su due livelli ed U.I.U. Sub. (...), salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: T - interno: 12; - cat. (...) - cl. U - mq. 19 - sup. catastale totale mq. 23 - rendita Euro 29,44. - Al piano terreno (1 f.t.), tettoia chiusa su tre lati con una ulteriore porzione al piano primo (2 f.t.) e precisamente posizionata sulle UU.II.UU. Subb. (...), (...) e (...), accessibile dal cortile comune ed avente superficie commerciale, computata con rilievo grafico sulla base delle piante indicative prodotte all'allegato 2.2, pari a mq. 58 circa al piano terreno e a mq. 38 circa al piano primo. Coerenze della porzione al P.T. desunte sulla località: UU.II.UU. Subb. (...), (...), (...) e (...), cortile comune, U.I.U. Sub. (...) e compendio abitativo insistente sul mappale (...), fg. (...), salvo altri. Coerenze della porzione al P.1 desunte sulla località: Via L., U.I.U. Sub. (...), vuoto su porzione al P.T. e compendio abitativo insistente sul mappale (...), fg. (...), salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: T - interno: 13; - cat. (...) - cl. U - mq. 58 - sup. catastale totale mq. 70 - rendita Euro 32,95. - Al piano terreno (1 f.t.), unità immobiliare utilizzata a deposito/box-auto, con accesso dal cortile comune ed avente superficie commerciale complessiva, computata con rilievo grafico sulla base delle piante indicative prodotte all'allegato 2.2, pari a mq. 23 circa. Coerenze desunte sulla località: U.I.U. Sub. (...), cortile comune, U.I.U. Sub. (...) e compendio abitativo insistente sul mappale (...), fg. (...), salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: T - interno: 14; - cat. (...) - cl. U - mq. 6 - sup. catastale totale mq. 6 - rendita Euro 9,30. - Al piano terreno (1 f.t.), unità immobiliare utilizzata a deposito con accesso da cortile comune ed avente superficie commerciale complessiva, computata con rilievo grafico sulla base delle piante indicative prodotte all'allegato 2.2, pari a mq. 16 circa. Coerenze desunte sulla località: U.I.U. Sub. (...), cortile comune, U.I.U. Sub. (...) e compendio abitativo insistente sul mappale (...), fg. (...), salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: T - interno: 15; - cat. (...) - cl. U - mq. 5 - sup. catastale totale mq. 5 - rendita Euro 7,75 - Al piano terreno (1 f.t.), unità immobiliare utilizzata a deposito con accesso dal cortile comune ed avente superficie commerciale complessiva, computata con rilievo grafico sulla base delle piante indicative prodotte all'allegato 2.2, pari a mq. 14 circa. Coerenze desunte sulla località: U.I.U. Sub. (...), cortile comune, U.I.U. Sub. (...) e compendio abitativo insistente sul mappale (...), fg. (...), salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: T - interno: 16; - cat. (...) - cl. U - mq. 5 - sup. catastale totale mq. 5 - rendita Euro 7,75. - Al piano terreno (1 f.t.), unità immobiliare utilizzata a deposito con accesso dal cortile comune ed avente superficie commerciale complessiva, computata con rilievo grafico sulla base delle piante indicative prodotte all'allegato 2.2, pari a mq. 22 circa. Coerenze desunte sulla località: cortile comune, U.I.U. Sub. (...), compendio abitativo insistente sul mappale (...), fg. (...) e U.I.U. Sub. (...), salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: T - interno: 17; - cat. (...) - cl. U - mq. 12 - sup. catastale totale mq. 12 - rendita Euro 18,59. - Al piano terreno (1 f.t.), unità immobiliare utilizzata a deposito con accesso dal cortile comune ed avente superficie commerciale complessiva, computata con rilievo grafico sulla base delle piante indicative prodotte all'allegato 2.2, pari a mq. 13 circa. Coerenze desunte sulla località: U.I.U. Sub. (...), cortile comune, U.I.U. Sub. (...) e compendio abitativo insistente sul mappale (...), fg. (...), salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: T - interno: 18; - cat. (...) - cl. U - mq. 5 - sup. catastale totale mq. 5 - rendita Euro 7,75. - Al piano terreno (1 f.t.), unità immobiliare utilizzata a deposito con accesso dal cortile comune ed avente superficie commerciale complessiva, computata con rilievo grafico sulla base delle piante indicative prodotte all'allegato 2.2, pari a mq. 13 circa. Coerenze desunte sulla località: U.I.U. Sub. (...), cortile comune e compendio abitativo insistente sul mappale (...), fg. (...), salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: T - interno: 19; - cat. (...) - cl. U - mq. 5 - sup. catastale totale mq. 5 - rendita Euro 7,75. - Al piano terreno (1 f.t.), unità immobiliare utilizzata a deposito con accesso dal cortile comune ed avente superficie commerciale complessiva, computata con rilievo grafico sulla base delle piante indicative prodotte all'allegato 2.2, pari a mq. 39 circa; confinante sui quattro lati con il cortile comune. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) n. 2 - piano: T - interno: 20; - cat. (...) - cl. U - mq. 30 - sup. catastale totale mq. 35 - rendita Euro 46,48 meglio individuato nella consulenza tecnica in atti, tra le parti (...), nato a T. il (...) - (...) per la quota di 13/36; e (...), nato a T. il (...) - (...)., per la quota di 9/36; e (...), nato ad (...) il (...) - (...) per la quota di 7/36; e (...), nato ad (...) il (...) - (...), per la quota di 7/36; 2. V., terreni agricoli - Appezzamento di terreno identificato al Catasto Terreni del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...), classato come (...) di classe U - are 21.20 - r.d. Euro 2,19 - r.a. Euro 0,77. - Appezzamento di terreno identificato al Catasto Terreni del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...), classato come (...) di classe U - are 4.70 - r.d. Euro 0,49 - r.a. Euro 0,17. - Appezzamento di terreno identificato al Catasto Terreni del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...), classato come Prato di classe 2 - are 47.90 - r.d. Euro 16,08 - r.a. Euro 22,26. - Appezzamento di terreno identificato al Catasto Terreni del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...), classato come Pascolo di classe U - are 66.30 - r.d. Euro 3,42 - r.a. Euro 1,71. - Appezzamento di terreno identificato al Catasto Terreni del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...), classato come (...) di classe U - are 48.30 - r.d. Euro 4,99 - r.a. Euro 1,75. - Appezzamento di terreno identificato al Catasto Terreni del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...), classato come Vigneto di classe 2 - are 31.20 - r.d. Euro 18,53 - r.a. Euro 21,75. - Appezzamento di terreno identificato al Catasto Terreni del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...), classato come Seminativo di classe 2 - are 34.00 - r.d. Euro 21,95 - r.a. Euro 15,80. meglio individuato nella consulenza tecnica in atti, tra le parti (...), nato a T. il (...) - (...) per la quota di 13/36; e (...), nato a T. il (...) - (...), per la quota di 9/36; e (...), nato ad (...) il (...) - (...), per la quota di 7/36; e (...), nato ad (...) il (...) - (...), per la quota di 7/36; - Appezzamento di terreno identificato al Catasto Terreni del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...), classato come Pascolo di classe U - are 34.00 - r.d. Euro 1,76 - r.a. Euro 0,88. - Appezzamento di terreno identificato al Catasto Terreni del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...), classato come (...) di classe U - are 12.70 - r.d. Euro 1,31 - r.a. Euro 0,46. - Appezzamento di terreno identificato al Catasto Terreni del Comune di V. al Foglio (...) - Particella (...), classato come Seminativo di classe 2 - are 65.90 - r.d. Euro 42,54 - r.a. Euro 30,63. meglio individuato nella consulenza tecnica in atti, tra le parti (...), nato a T. il (...) - (...) per la quota di 1/4; e (...), nato a T. il (...) - (...), per la quota di 1/4; e (...), nato ad (...) il (...) - (...), per la quota di 1/4; e (...), nato ad (...) il (...) - (...), per la quota di 1/4; 3. V., via E. n. 12 Trattasi di un appezzamento di terreno ad oggi identificato al Catasto Terreni con la particella (...) del foglio (...)classata come ente urbano di are 12.30 con entrostante "villetta" ad un piano fuori terra, oltre ai piani seminterrato e sottotetto; - al piano terreno/rialzato (1 f.t.), sono presenti un ingresso con successivo corridoio di disimpegno ai vari locali, tre camere, cucina, soggiorno, pranzo, due bagni, un balcone angolare ad Ovest raggiungibile anche da rampa esterna ed un terrazzo a Nord/Est; - al piano seminterrato, accessibile sia dall'interno mediante una scala a chiocciola che dall'esterno, sono presenti due box-auto, una cantina, due locali adibiti a legnaia, un bagno, una lavanderia, un locale deposito, centrale termica ed un corridoio di disimpegno angolare; detto compendio abitativo risulta al momento identificato al Catasto Fabbricati del Comune di V. al Foglio (...), Particella (...), - sub (...) - Via E. n. 12 - piano: S1/T - sub (...) - Via E. n. 12 - piano: T/S1; - cat. (...) - cl. (...) - vani 7 - sup. catastale totale mq. 225 - rendita Euro 469,98. -sub (...) - Via E. n. 12 - piano: S1; - cat. (...) - cl. U - mq. 22 - sup. catastale totale mq. 25 - rendita Euro 43,18. - sub (...) - Via E. n. 12 - piano: S1; - cat. (...) - cl. U - mq. 11 - sup. catastale totale mq. 12 - rendita Euro 21,59. oltre ad appezzamento di terreno ad oggi identificato al (...) del Comune di V. come segue: Foglio (...) - N. (...), classato come Prato di classe 1 ed avente una superficie di are 66.10 - r.d. Euro 39,26, r.a. Euro 34,14. meglio individuato nella consulenza tecnica in atti, tra le parti (...), nato a T. il (...) - (...) per la quota di 53/144; e (...), nato a T. il (...) - (...), per la quota di 45/144; e (...), nato ad (...) il (...) - (...), per la quota di 23/144; e (...), nato ad (...) il (...) - (...), per la quota di 23/144; 4. T., C. (...) 295/13. - Al piano nono (10 f.t.), alloggio composto di ingresso, tinello, cucinino, due camere, bagno con antibagno, ripostiglio e due balconi; O. a cantina di pertinenza al piano interrato. Coerenze desunte dall'ultima scheda catastale agli atti (allegato 5.3): vano ascensore, vano scala, cortile comune, alloggio con accesso da altro corpo scala, giardino ed alloggio con accesso dal medesimo pianerottolo, salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di T. al Foglio (...) - Particella (...) - Subalterno (...) - Corso Sebastopoli n. 295/13 - piano: 9/S1; - z.c. 2 - cat. (...) - cl. (...) - vani 4,5 - sup. catastale totale mq. 90 - rendita Euro 825,04. meglio individuato nella consulenza tecnica in atti, tra le parti (...), nato a T. il (...) - (...) per la quota di 1/4; e (...), nato a T. il (...) - (...), per la quota di 1/4; e (...), nato ad (...) il (...) - (...), per la quota di 1/4; e (...), nato ad (...) il (...) - (...), per la quota di 1/4; 5. C. T., Via (...)A. 14 Bis - Al piano primo (2 f.t.), alloggio composto di ingresso su disimpegno, cucina, una camera, bagno e balcone angolare; O. a cantina di pertinenza al piano seminterrato. Coerenze desunte dall'ultima scheda catastale agli atti (allegato 6.3): altro alloggio del piano, cortile/giardino comune, ancora altro alloggio del piano e pianerottolo di disimpegno alle varie unità abitative, salvo altri. Detta U.I.U. risulta ad oggi identificata al Catasto Fabbricati del Comune di (...) al Foglio(...)- Particella (...) - Subalterno (...) - Via (...) (...) - piano: 1; - cat. (...) - cl. (...) - vani 3 - sup. catastale totale mq. 60 - rendita Euro 232,41. meglio individuato nella consulenza tecnica in atti, tra le parti (...), nato a T. il (...) - (...) per la quota di 4/9; e (...), nato a T. il (...) - (...), per la quota di 3/9; e (...), nato ad (...) il (...) - (...), per la quota di 1/9; e (...), nato ad (...) il (...) - (...), per la quota di 1/9; Valore complessivo beni immobili Euro 553.000,00 PREDISPONE il seguente progetto di divisione in due lotti: LOTTO PRIMO (per la piena proprietà e quota di 1/1). composto dai seguenti immobili V. (A.), Via (...) nn. 2/4. ((...): Fg. (...) - N. (...) e (...): Fg. (...) - N. (...) - Subalterni da (...) a (...)). V., terreni agricoli. (NN. (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...)e (...), fg. (...)). C. T. Via (...) (...) n. 14 bis. ((...): Fg. (...) - N. (...) - Subalterno (...)). Valore complessivo del lotto: Euro 303.000,00. LOTTO SECONDO (per la piena proprietà e quota di 1/1). composto dai seguenti immobili: V., Via E. n. 12. ((...): Fg. (...) - N. (...) e (...): Fg. (...) - N. (...) - Sub. da (...) a (...)). T., U.I.U. in T., C. (...) n. 295/13. ((...): Fg. (...), N. 1, Sub. (...)). Valore complessivo del lotto; Euro 250.000,00. tenuto conto delle quote rispettivamente spettanti alle parti e delle istanze di assegnazione assegna congiuntamente, nella misura del 50% ciascuno, il LOTTO PRIMO, ai comproprietari (...), nato a T. il (...) - (...); e (...), nato a T. il (...) - (...) contro (...), nato ad (...) il (...) - (...),; e (...), nato ad (...) il (...)- (...); con conguaglio a carico del lotto SECONDO pari ad Euro 48.555,56 assegna congiuntamente, nella misura del 50% ciascuno, il LOTTO SECONDO ai comproprietari, (...), nato ad (...) il (...) - (...),; e (...), nato ad (...) il (...) - (...); contro (...), nato a T. il (...) - (...); e (...), nato a T. il (...) - (...) con conguaglio da versare a favore del lotto PRIMO pari ad Euro 48.555,56 rimette la causa sul ruolo come da separata ordinanza. Così deciso in Torino il 12 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 14 febbraio 2023.

  • Tribunale di Napoli Sezione Distaccata di Ischia Nella persona del Gop Dottoressa Maria Pia De Riso Ha pronunziato la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n.... del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi dell'anno 2016 avente ad OGGETTO: Divisione di beni caduti in successione Tra P.P., nata a N. il (...) (C.F.(...)), nella qualità di erede e coniuge superstite del sig. C.J.H., nato il (...) e deceduto in ...il 05.2.2012, elett.te dom.ta in Ischia (Na) alla Via..., presso lo studio dell'avv. ...che la rapp.ta e difende giusta procura in atti pec : ... Attrice Contro M.A., nata a I. il (...) (C.F.; (...)), C.O., nata ad I. il (...) (C.F.:(...)) e C.R., nato a I. il (...) (C.F.: (...)) tutti elettivamente dom.ti in Barano d'Ischia ala Via ...presso lo studio dell'Avv. ...che li rappresenta e difende in virtù di mandato in atti- ... convenuti Svolgimento del processo - Motivi della decisione La presente sentenza viene redatta in conformità a quanto disposto dal nuovo testo dell'art. 132 c.p.c., in combinato disposto con l'articolo 429, c.1, c.p.c., così come modificato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69 (pubblicata sulla G.U. n. 140 del 19 giugno 2009 ed in vigore dal 4 luglio 2009), mediante la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione (omettendo lo svolgimento del processo). Con atto di citazione del 28/8/2016 l'attrice, nella qualità di erede del coniuge superstite C.J.H. (nato a B.A. il (...) C.F. (...) e deceduto a L.A. in data 5/02/12 (la data esatta è ricavata dall'atto di morte), con il patrocinio dell'Avv...., adiva il Tribunale di Napoli Sezione distaccata di Ischia al fine di sentire pronunziare ex art. 720 e 784 ss c.p.c. lo scioglimento della comunione ereditaria dei beni mobili e immobili costituenti i patrimoni dei de cuius C.N. e C.J.H... L' attrice esponeva in premessa che :a) in data 6/5/2004, in Ischia era deceduto ab intestato C.N. (nato a B.D.I. il 20/1/26 C.F. (...)), lasciando a se superstiti la moglie M.A. e i figli C.O., R. e J.H.); b) il coniuge C. J. H. era deceduto ab intestato a L.A. il 5/02/12 senza figli legittimi o legittimari, per cui l'eredità ricevuta da quest'ultimo dal padre C.N. si era devoluta per 2/3 alla moglie P.P. e per un 1/3 a favore degli altri eredi legittimi; c) l'asse ereditario relitto mortis causa da C.N. era costituito da beni mobili e immobili , tutti siti nel Comune di Ischia alla Via ...; d) i beni immobili indivisi di proprietà di C.J.H., ricevuti per successione legittima dal defunto padre, oggetto del richiesto scioglimento della comunione ereditaria erano quelli così individuati al catasto: - P.lla (...) sub (...), piano terra, cat A. cl (...) vani 4 rendita catastale Euro528,85; - P.lla (...) sub (...), piano terra, cat A. cl (...) vani 4,5 rendita catastale Euro594,96; - P.lla (...) sub (...), piano terra, bene comune non censibile senza rendita catastale; - P.lla (...) sub (...), piano terra, cat (...) cl (...) sup mq18 rendita catastale Euro 187,78; - P.lla (...) sub (...), piano primo, cat (...) (fabbricato in corso di costruzione allo stato grezzo) senza rendita catastale; - terreno adiacente ai suddetti fabbricati P.lla (...), vigneto IV classe sup are 5,25 RD Euro3,40 R.A. Euro5.57; e) il valore dei beni immobili, calcolato in base alla rendita catastale attribuita ad ogni singola unità immobiliare, tenuto conto del valore di mercato di zona, ammontava a Euro 518.010,50 (come da perizia di stima del Geom E.S. allegata agli atti) ; f) su tale valore andava operata la prima successione ereditaria , per cui al figlio J.H. sarebbe spettato il valore corrispondente ad Euro 115.113,44, sulla quale andava operata la seconda successione , per cui alla moglie superstite sarebbe spettata la quota di 2/3 pari a Euro 76.742,30; g) ai beni immobili dovevano poi aggiungersi i beni mobili costituiti dall'autovettura Fiat 937 (Alfa Romeo) t.C. e quant'altro in metallo prezioso , denaro contante, titoli di credito e/o depositi e altro caduto in successione, con richiesta di ordine di esibizione ex 210 c.p.c.; h) i tentativi di raggiungere un accordo transattivo bonario erano riusciti vani, sia con la nota AR del 8.9.15 che con la obbligatoria procedura di mediazione n. 284/15, svolta dinanzi alla Camera di Mediazione per la Conciliazione con sede di Ischia, conclusasi con verbale negativo del 16.12.2015; i) per tali motivi si richiedeva la condanna alle spese dei convenuti con il pagamento dell'espletata ctu. Su tale premessa, pertanto l'attrice concludeva affinché il Tribunale adito pronunziasse a norma dell'art. 720 e 784 e ss c.p.c. lo scioglimento della comunione ereditaria dei beni immobili e mobili costituenti il patrimonio dei de cuius C.N. e C.J.H., mediante riassunzione, collazione, formazione delle quote in favore degli eredi legittimi ed attribuzione delle stesse agli aventi diritto, anche a mezzo di CTU, con preferenza di liquidazione in danaro della quota di appartenenza all'attrice pari a Euro76.742,30; con vittoria di spese e ordine alla Conservatore dei Registri Immobiliari delle eventuali relative trascrizioni. In via istruttoria l'attrice chiedeva ammettersi CTU. Si costituivano i convenuti con comparsa di costituzione e risposta e domanda riconvenzionale. La difesa di parte convenuta impugnava le domande attoree in quanto inammissibili ed infondate. I convenuti, a mezzo del loro procuratore, in via preliminare formulavano eccezione di prescrizione del diritto ad accettare l'eredita. Eccepivano i convenuti che la qualità di erede rivendicata dall'attrice era stata dalla stessa ricondotta all'apertura della successione di N.C. , avvenuta il 6 maggio 2004, per cui ai sensi dell'art. 480 c.c., avendo C.J.H. vissuto per l'intero periodo, intercorrente tra il decesso del padre ed il suo, lontano dall'Isola di Ischia non essendo stato in possesso dei beni ereditari, ne avendo compiuto atti che facessero presagire la sua accettazione dell'eredità, essendo trascorso il temine decennale, ogni diritto si era prescritto. In via subordinata i convenuti impugnavano il valore estimativo dei beni ereditari, cosi come valutato dall'attrice a mezzo della relazione tecnica a firma del proprio consulente, in quanto tale relazione sarebbe stata carente di riferimenti relativi alla condizione edilizio-urbanistica degli immobili. Precisava la difesa di parte convenuta che gli unici immobili che avrebbero dovuto far parte dell'asse ereditario erano rappresentati da due piccolissime unità abitative di 70 mq, entrambe addossate al retrostante terrapieno, con caratteristiche intrinseche tali da inquadrarle tra le abitazioni di tipo economico, tanto da essere state censite dall'Agenzia del Territorio in categoria (...) cl. (...). Il tecnico di parte attrice, rilevavano i convenuti, aveva utilizzato erroneamente il valore intermedio fornito dall'OMI per le abitazioni civili e non quello fornito dall'OMI per le abitazioni di tipo economico, per cui il valore complessivo dei beni sarebbe stato di Euro 264.477,00 e il valore spettante all'attrice sarebbe stato pari a Euro39.181,78, ritenendo acquisita la loro commerciabilità, la cui dimostrazione rigorosa era onere dell'attrice. Precisava poi la difesa di parte convenuta che la Signora C.O., a sua esclusiva cura e spese aveva realizzato la sopraelevazione e il locale del piano interrato, per cui in via riconvenzionale si richiedeva riconoscersi e dichiararsi il diritto della stessa a conseguire le indennità per i miglioramenti e le addizioni apportate all'immobile, con ordine all'attrice del pagamento pro-quota, proporzionato al valore degli incrementi apportati all'immobile. Sempre in via subordinata, i convenuti eccepivano, e su tale eccezione formulavano domanda riconvenzionale, che alla convenuta M.A., quale coniuge del de cuius C.N. ai sensi dell'art. 540 c.c. andava riconosciuto il diritto di abitazione sulla casa coniugale, vale a dire sull'appartamento sito in I. alla via S., individuato al catasto al foglio (...) p.lla (...) sub (...), della superficie di mq 58,69, nonché quello di uso sui mobili che la corredano di cui la stessa è comproprietaria. Su tali eccezioni i convenuti concludevano affinché venisse riconosciuta e dichiarata l'inammissibilità delle domande attoree e comunque rigettate perché infondate , dichiarando prescritto in ogni caso il preteso diritto, di qualsiasi natura, compreso quello di accettare l'eredità da parte dell'attrice collegato e conseguente alla successione ereditaria del de cuius N.C. ; in via subordinata riconoscersi la domanda riconvenzionale formulata dalla convenuta O.C. con il diritto della stessa a conseguire le indennità o le restituzioni per le migliorie e le addizioni apportate agli immobili nonché la domanda riconvenzionale della convenuta M.A. del riconoscimento dei diritti a lei spettanti ex art. art. 540 c.c. quale coniuge superstite di C.N.; in via estremamente gradata, procedersi allo scioglimento della comunione ereditaria se ritenuta sussistente; emettere i provvedimenti del caso ponendo le spese della procedura a carico della massa con privilegio. C. i termini ex art. 183 VI comma, parte attrice depositava in data 2.3.17 memoria 183 I termine, nella quale impugnava e contestava quanto ex adverso eccepito dai convenuti in riconvenzionale, in particolare con la sollevata eccezione di prescrizione relativamente alla quale richiedevano condanna ex art. 96 c.p.c. e, deduceva che le migliorie dell'immobile andavano imputate anche al C.J.H.. In data 24.3.17, depositavano memoria ex 183 VI comma II termine nella quale chiedeva ammettersi prova testimoniale e ctu; acquisizione " mediante indagine della polizia giudiziaria della documentazione relativa ai movimenti effettati dai convenuti su beni ereditari" presso Uffici Postali e Bancari, nonché un "ordine di rendicontazione a carico dei convenuti " sulla gestione del patrimonio mobiliare e immobiliare, facente parte dell'asse ereditario. Contestualmente a tale memoria veniva depositata nel fascicolo di parte attrice una relazione notarile di ricognizione dei beni caduti nei due assi ereditari. Tale memoria, sempre indicata come memoria "183 II termine" veniva deposita anche in data 4.4.17. Parte convenuta in riconvenzionale depositava in data 17. 3. 17 memoria 183 I termine, in data 13.4.17 quella secondo termine ed in data 4.5.17 quella terzo termine. Nella memoria I termine, la difesa dei convenuti , a sostegno ulteriore dell' eccezione di prescrizione, rilevando il decorso del tempo senza alcuna forma di accettazione dell'eredità di C.N. ne da parte di C.J.H. ne da parte dell'attrice, contestava le dichiarazioni di cui al verbale formulate dalla difesa attorea secondo cui il C.J.H. , de cuius dell'attrice, avrebbe " sempre utilizzato la casa paterna" e di aver " regolarmente coltivato i terreni circostanti" e di aver "sempre posseduto i beni ereditari cui non ha mai inteso rinunciare", in quanto strumentali e rese solo all'esito della costituzione in giudizio dei convenuti e non nell'atto introduttivo . Nella seconda memoria, i convenuti, contestavano l'irritualità dell'attività difensiva dell'attrice per aver depositato nei termini della I memoria la II memoria, chiedendo che il giudice ne dichiarasse l'irritualità. La difesa dei convenuti insisteva poi, ancora una volta sull'eccezione di estinzione del diritto ad accettare l'eredità, non potendosi considerare gli atti conservativi come accettazione tacita. In via subordinata, rispetto all'eccezione preliminare i convenuti chiedevano ammettersi interrogatorio formale dell'attrice. I convenuti, in replica alle richieste istruttorie di parte attorea ne contestavano l'inammissibilità e l'irrilevanza, chiedendo comunque l'ammissione alla prova contraria in caso di ammissione della stessa. Infine la difesa dei convenuti in riconvenzionale, contestava le altre richieste istruttorie e la documentazione ex adverso prodotta. Nella memoria 183 III termine i convenuti in riconvenzionale, ribadendo ancora le ragioni di cui all'eccezione di prescrizione, proponeva opposizione alla prova per testi così come articolata da parte attrice, chiedendo in via subordinata di essere ammessi alla prova contraria. La difesa dei convenuti in riconvenzionale, contestava, poi, perché inammissibile la richiesta di acquisizione mediante indagine giudiziaria della documentazione relativa ai movimenti effettuati dai convenuti sui beni ereditari dei dante causa, contestava l'idoneità della relazione notarile depositata, non essendo questo atto destinato a fare "fede pubblica" ai sensi dell'art. 2699 c.c.. Relativamente alla richiesta Ctu, chiedeva che la stessa, li dove ammessa, tenesse conto nel calcolo esclusivamente dei beni appartenenti al C.N., tenendo conto ed escludendo i beni oggetto della domanda riconvenzionale formulata da C.O.. Con atto del 22.7.19, l'attrice revocava il mandato all'Avv. A.C. e con atto di costituzione di nuovo avocato in data 16.11.19, si costituiva l'Avv. C.R. che riportandosi a tutti gli atti e le difese del precedente difensore ne confermava le conclusioni, insistendo in particolare per l'ammissione delle istanze istruttorie richieste. Il Dott. P. non ammetteva le istanze istruttorie e la causa veniva rinviata per la discussione orale all'udienza del 28.5.21. La causa giungeva poi per la prima volta dinanzi alla sottoscritta Gop estensore in data 26.1.22 e dopo alcuni rinvii, per la ricostruzione del fascicolo e per esigenze di ruolo veniva trattenuta in decisione con i termini 190 c.p.c. all'udienza del 11.5.22. La difesa dell'attrice in tutte le note e le comparse conclusionali depositate, riportandosi alle proprie domande ha richiesto la revoca delle ordinanze di rinvio per la precisazione delle conclusioni e l'ammissione delle istanze istruttorie ed in particolare la prova per testi, necessaria a suo dire, al fine di neutralizzare in particolare l'eccezione di prescrizione formulata in via preliminare da parte convenuta in riconvenzionale. I convenuti in riconvenzionale nelle memorie ex art. 190 c.p.c. hanno ribadito le difese e richiamato le conclusioni già illustrate nei precedenti scritti. OTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente si dichiara la procedibilità della causa essendo stato avviato ed esperito il procedimento di mediazione 1) Sull'eccezione preliminare di prescrizione Prima di procedere ad analizzare nel merito la domanda per cui è causa bisogna esaminare l'assorbente eccezione di prescrizione del diritto di accettare l'eredità sollevata da parte dei convenuti in riconvenzionale. La domanda di scioglimento di divisione ereditaria formulata dall'attrice parte dal presupposto dell'apertura di due distinte successioni, quella di C.N., deceduto ab intestato il 6.5.2004, e quella di C.J.H., deceduto ab intestato a L.A. in data 5.02.12, dalla quale sorge la delazione per legge dell'attrice. Come disciplinato dalle norme del codice civile, "l'eredità si acquista con l'accettazione....". (art. 459 c.c.); accettazione che può essere espressa o tacita (474 c.c.), espressa "quando in un atto pubblico o in una scrittura privata il chiamato all'eredità ha dichiarato di accettarla oppure ha assunto il titolo di erede" (475 c.c. 1 c), tacita "quando il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede" (476 c.c.). Dalla domanda attorea è chiaro che l'asse ereditario di cui si chiede la divisione è quello relativo all'apertura della successione di C.N., alla quale, in qualità di erede legittimo era chiamato C.J.H., anche perché, dall'attento esame dell'atto introduttivo, nella richiesta di divisione di beni provenienti dalla successione di quest'ultimo (a cui come eredi legittimi oltre alla moglie erano chiamati anche i convenuti), non risultano altri beni che quelli ricadenti nell'asse ereditario del primo. La successione di C.N. si è aperta in data 6.5.2004. Ai sensi e per gli effetti dell'art. 480 c.c. il diritto di accettare l'eredità si prescrive in dieci anni e il termine decorre dal giorno dell'apertura della successione, fatte salve alcune eccezioni (es 633ss c.c., 688 c.c.), per cui nel caso della fattispecie per cui è causa il termine di prescrizione del diritto di accettare l'eredità di C.N. è il 6.5.2014. Con la morte di C.J.H. e l'apertura della sua successione si è verificata ai sensi dell'art. 479 c.c. l'istituto della trasmissione della delazione , per cui l'intera posizione giuridica conseguente alla chiamata all'eredità è passata dal trasmittente (C.J.H.) ai suoi eredi , restando invariato il termine di prescrizione del diritto di accettare, che continua a decorrere dall'apertura della originaria successione, per cui anche per gli eredi di C.J.H. il termine di prescrizione del diritto ad accettare l'eredità di C.N. risulta sempre essere quello del 6.5.2014. Alla luce di tali brevi considerazione bisogna quindi comprendere se dalla data del 6.5.2004 alla data della sua morte avvenuta il 5.02.2012 C.J.H. abbia posto in essere atti e comportamenti tali da poter essere qualificati come dichiarazione espressa o tacita dell'eredità paterna. Dalla documentazione prodotta dall'attrice non risultano esibiti copie di atti pubblici o scritture private nelle quali il C.J.H. abbia dichiarato di accettare oppure ha assunto il titolo di erede, per cui non risultando "accettazione espressa" da parte di quest'ultimo bisogna ricercare se ricorrano gli estremi sanciti e previsti dall'art. 476 c.c. per una accettazione tacita. L'attrice, nella prima memoria 183 Vi comma, in risposta all'eccezione di prescrizione formulata da parte convenuta in riconvenzionale si è limitata ad una contestazione generica chiedendo solo su tale eccezione la condanna ex art. 96 dei proponenti, senza indicare però alcun atto o comportamento specifico attribuibile al C.J.H., o dalla attrice, tale da essere qualificato come "accettazione tacita dell'eredità". Con la seconda memoria 183 VI somma, depositata sia in data 24.3.17, che in data 4.4.17, la difesa della P. ha prodotto certificazione notarile dei beni caduti in successione ed ha richiesto prova testimoniale al fine di dimostrare principalmente l'uso dei beni ereditari da parte del C.J.H., e comportamenti tali da dimostrare la sua volontà ad accettare l'eredità. Il certificato notarile è una mera attestazione dell'esistenza di dati riscontrati in relazione a determinati immobili in uno alle relative variazioni e non è atto destinato ad avere pubblica fede ai sensi dell'art. 2699 c.c.. In ogni caso in tale certificazione nella "cronistoria dei titoli di provenienza" è così riportato: "i predetti immobili risultano appartenere alla Signora M.A. per una quota astratta indivisa di 3/9 della piena proprietà, al Signor C.J.H..... per una quota astratta indivisa della piena proprietà di 2/9; al Signor C.R...... per una quota astratta indivisa della piena proprietà di 2/9; alla Signora C.O........ per una quota astratta indivisa della piena proprietà di 2/9 ad essi pervenuta in forma di successione legittima del signor C.N. .... giusta dichiarazione di successione presentata all'Ufficio del Registro di Ischia del 4 maggio 2005, classificata al n.72 col 378 trascritta a Napoli 2 il 31 gennaio 2007 al n. 4012 del registro particolare". Da tale certificazione, risulta quindi che per la successione di C.N., è stata presentata una denunzia di successione, che in ogni caso da sola non può configurarsi accettazione tacita dell'eredità. La qualità di erede si acquisisce con l'atto di accettazione, espressa o tacita, dell'eredità stessa, in difetto della quale si assume solo la qualità di chiamati all'eredità La giurisprudenza della Cassazione (n. 4843/19) ha, affermato che "La normativa di cui agli artt. 475 e ss. cod. civ. prevede l'ipotesi di accettazione espressa dell'eredità quando la volontà di essere erede viene manifestata in modo diretto, con un atto formale, e l'ipotesi di accettazione tacita (di eredità) che si verifica quando la persona chiamata all'eredità compie un atto che implica, necessariamente, la volontà di accettare, e che tale soggetto non potrebbe compiere se non nella sua qualità di erede. La dottrina e la giurisprudenza concordano nel ritenere che presupposti fondamentali e indispensabili ai fini di una accettazione tacita sono: la presenza della consapevolezza, da parte del chiamato, dell'esistenza di una delazione in suo favore; che il chiamato assuma un comportamento inequivoco, in cui si possa riscontrare sia l'elemento intenzionale di carattere soggettivo (c.d. animus), sia l'elemento oggettivo attinente all'atto, tale che solo chi si trovi nella qualità di erede avrebbe il diritto di compiere. Di norma, poi, vengono considerate forme di accettazione tacita di eredità: a) la proposizione da parte del chiamato dell'azione di rivendicazione, oppure, l'esperire l'azione di riduzione, l'azione, cioè, volta a far valere la qualità di legittimario leso o, comunque, pretermesso dalla sua quota; b) l'azione di risoluzione o di rescissione di un contratto; c) l'azione di divisione ereditaria, posto che può essere proposta solo da chi ha già assunto la qualità di erede; d) la riassunzione di un giudizio già intrapreso dal de cuius o la rinuncia agli effetti di una pronuncia in grado di appello; e) il pagamento da parte del chiamato dei debiti lasciati dal de cuius col patrimonio dell'eredità; f) ed infine, secondo la dottrina più attenta, anche, la voltura catastale determinerebbe un'accettazione tacita dell'eredità, nella considerazione che solo chi intenda accettare l'eredità assumerebbe l'onere di effettuare tale atto e di attuare il passaggio legale della proprietà dell'immobile dal de cuius a sé stesso. Ai fini della accettazione tacita dell'eredità sono privi di rilevanza tutti quegli atti che, attesa la loro natura e finalità, non sono idonei ad esprimere, in modo certo, l'intenzione univoca di assunzione della qualità di erede, quali la denuncia di successione, il pagamento delle relative imposte, la richiesta di registrazione del testamento e la sua trascrizione, infatti, trattandosi di adempimenti di prevalente contenuto fiscale, caratterizzati da scopi conservativi, legittimamente, può essere esclusa dal giudice del merito, a cui compete il relativo accertamento, il proposito di accettare l'eredità. Peraltro, siffatto accertamento non può limitarsi all'esecuzione di tali incombenze, ma deve estendersi al complessivo comportamento dell'erede potenziale, ed all'eventuale possesso e gestione anche solo parziale dell'eredità." Pertanto anche volendo far riferimento alla denuncia di successione, richiamata dalla certificazione notarile, occorre rammentare che la Suprema Corte (cfr Cass n. 22017/16) ha affermato il principio secondo il quale " la denuncia di successione ed il pagamento della relativa imposta, con riferimento al valore del patrimonio relitto dichiarato nella predetta denuncia, non comportano accettazione tacita della eredità, trattandosi di adempimenti fiscali che, in quanto diretti ad evitare l'applicazione di sanzioni, hanno solo scopo conservativo e rientrano, quindi, tra gli atti che il chiamato a succedere può compiere in base ai poteri conferitigli dall'art. 460 cod. civ", chiarendo in motivazione anche che " l'accettazione tacita di eredità può desumersi soltanto dall'esplicazione di un'attività personale del chiamato tale da integrare gli estremi dell'atto gestorio incompatibile con la volontà di rinunziare, e non altrimenti giustificabile se non in relazione alla qualità di erede, con la conseguenza che non possono essere ritenuti atti di accettazione tacita quelli di natura meramente conservativa che il chiamato può compiere anche prima dell'accettazione, ex art. 460 cod. civ. L'indagine relativa alla esistenza o meno di un comportamento qualificabile in termini accettazione tacita, risolvendosi in un accertamento di fatto, va condotta dal giudice di merito caso per caso (in considerazione delle peculiarità di ogni singola fattispecie, e tenendo conto di molteplici fattori, tra cui quelli della natura e dell'importanza, oltreché della finalità, degli atti di gestione), e non è censurabile in sede di legittimità, purché la relativa motivazione risulti immune da vizi logici o da errori di diritto (v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12753 del 17/11/1999 Rv. 531230; Sez. 2, Sentenza n. 5688 del 19/10/1988 Rv. 460226).". Relativamente alla istanza istruttoria di prova testi, non ammessa , unitamente a tutte le altre richieste istruttorie formulate da entrambe le parti, va precisato che pur non entrando nel merito dell'ammissibilità dei singoli capi di prova così come formulati, va rilevato che gli stessi non sarebbero stati sufficienti a dimostrare da parte del C.J.H. una accettazione tacita , che come più volte evidenziato ai sensi dell'art. 476 c.c., avrebbe richiesto comportamenti peculiari volti a dimostrare la volontà di accettare, ma piuttosto che quest'ultimo abbia compiuto "atti conservativi" del patrimonio ereditario, che ai sensi dell'art. 460 2 comma c.c. possono essere compiuti dal chiamato all'eredità senza comportare automaticamente accettazione dell'eredità, né la difesa attore, ha fornito alcuna prova o documento che il C.J., al momento dell'apertura della successone del padre, fosse stato ai sensi del 485 c.c. nel possesso dei beni ereditari. Non essendo stata fornita alcuna prova che dal momento dell'apertura della successione di C.N., alla data del 5.2.12, siano stati compiuti da C.J.H. atti tali da essere qualificati come accettazione dell'eredità ne ai sensi dell'art. 475 c.c., ne dell'art. 476 c.c., bisogna quindi verificare se nel periodo successivo e fino al termine di prescrizione la Signora P.P., trasmissaria, quale erede legittima, del coniuge abbia compiuto atti tali da potersi considerare accettazione dell'eredità. Precisato che la trasmissione dell'eredità è una conseguenza automatica che la legge ricollega alla morte del chiamato trasmittente, per cui il trasmissario succederà all'originario de cuius non per diritto proprio, bensì per diritto derivato da colui al quale l'eredità era stata devoluta e che è morto senza averla accettata, restando invariato il termine di prescrizione del diritto di accettare che continua a decorrere dall'apertura della originaria successione. Dall'esame degli atti e dalla documentazione fornita in atti risulta chiaramente che neanche l'attrice ha compiuto entro il 6.5.2014, atti tali da poter essere qualificati come accettazione dell'eredità ne ai sensi dell'art. 475 c.c. ne ai sensi dell'art. 476 c, in quanto tutti gli atti posti in essere dall'attrice e da questa esibiti nel presente giudizio, che, senza tema di smentita, possono essere qualificati come forma di accettazione dell'eredità sono successivi al termine di prescrizione. Infatti, la nota dell'Avvocato ...è datata 8.9.2015, l'istanza di avvio del procedimento di mediazione è stata presentata in data 29.11.2015, come emerge dal verbale di mancata conciliazione, per non parlare poi dell'atto di citazione (il più idoneo ad essere qualificato come accettazione tacita) che è datato 28.6.16, e notificato in data 18.10.16. Il diritto di accettare l'eredità, come più volte ribadito, si prescrive in 10 anni dal giorno dell'apertura della successione, non operando neanche nel decorso di tale termine gli atti interruttivi della prescrizione attesa la natura del diritto potestativo con cui si realizza il compimento dell'atto con cui si concreta l'accettazione. (cfr Cass. N. 21687/14). Alla luce di tale considerazione, va accolta l'eccezione preliminare di prescrizione formulata dai convenuti in riconvenzionale e riconosciuto e dichiarato prescritto il diritto ad accettare l'eredità di C.N. da parte dell'attrice P.P., nella qualità di erede di C.J.H. con il rigetto delle domande attoree. 2) Nel Merito La dichiarazione di prescrizione del diritto di accettare l'eredità e di tutti i diritti, collegati ad esso, con il rigetto della domanda principale assorbe tutte le altre domande, ivi comprese anche quelle formulate in via riconvenzionale Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza P.Q.M. Il Tribunale di Napoli, sezione Distaccata di Ischia nella persona del Gop, Maria Pia De Riso, definitivamente pronunziando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: - Rigetta la domanda attrice - In assenza di accettazione espressa o tacita dell'eredità di C.N. apertasi in data 6.5.2004, nel termine di cui all'art. 480 c.c., da parte di C.J.H. e della sua erede e trasmissaria P.P. si dichiara prescritto ogni diritto dalla stessa vantato, collegato e conseguente all'eredità del primo; - condanna l'attrice al pagamento delle spese e competenze, che in assenza di deposito della nota spese, si liquidano sulla base dei valori tabellari indicati dal D.M. n. 55 del 2014 in : Euro 4500,00 per onorario, Euro 300,00 per spese, oltre spese generali, Iva e Cpa come per legge Così deciso in Napoli, il 30 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 10 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI LANUSEI in persona della dott.ssa Giada Rutili, ha pronunciato la seguente SENTENZA parziale nella causa in materia civile iscritta al n. R.G. 294/2014 tra: (...) ((...)), (...) ((...)), (...) ((...)), (...) ((...)), (...) ((...)), elettivamente domiciliati in Tortolì, presso lo studio dell'avv. Br.Pi., che li rappresenta e difende in virtù di delega in atti, attori contro (...) (c.f. (...)) e (...) (c.f. (...)), elettivamente domiciliati in Lanusei, presso lo studio dell'avv. Ge.De., che li rappresenta e difende, congiuntamente e disgiuntamente, all'avv. Pa.De., in virtù di delega in atti, convenuti Oggetto: causa di divisione ereditaria - sentenza parziale sulla formazione della massa, individuazione degli eredi e quote spettanti. MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, (...), (...), (...), (...) e (...) hanno dedotto: - che (...) e (...) erano figli di (...), deceduta il 2 dicembre 2008 e di (...), deceduto il 22 maggio 2013; - che (...), coniugato in regime di comunione legale con (...) (da cui aveva avuto le tre figlie (...), (...) e (...)), aveva acquistato dai genitori con atto in data 30 giugno 1984 l'unità abitativa sita in B. S., V. S. (...), angolo Via (...), posta al primo piano della casa di famiglia; - che in relazione a detto immobile, (...) e (...) avevano posseduto in maniera pacifica e pubblica dal 1981 il lastrico solare sovrastante, raggiungibile solo da una scala interna al loro appartamento (censito in catasto F. (...) mappale (...) sub (...)-sub (...)), dove avevano strutturato due locali di pertinenza dell'abitazione principale acquistata; - che in data 26 settembre 2013, (...) aveva rinunciato all'eredità del padre (...); nei diritti ereditari erano subentrate per rappresentazione le figlie (...), (...) e (...); - che il padre aveva disposto con testamento pubblico del 17 ottobre 2012 dei suoi beni nominando eredi universali il fratello (...) e la moglie (...), destinando loro il terreno in località (...) e la casa familiare; - che così facendo, il padre aveva disposto erroneamente anche dei beni relativi alla successione della madre e, comunque, oltre la quota disponibile: tale disposizione determinava la nullità/inefficacia del testamento. Gli attori hanno concluso chiedendo l'accertamento e dichiarazione di avvenuta usucapione in favore dei coniugi (...) e (...) del terreno sito in località (...); l'accertamento dell'avvenuta usucapione in loro favore del lastrico solare della casa sita in B. S., F17 mappale (...) sub (...)-(...); successivamente all'atto introduttivo, a seguito della domanda riconvenzionale ex art. 524 c.c. dei convenuti (...), hanno chiesto il rigetto della stessa. Si sono costituiti in giudizio (...) e (...) deducendo: - che con atto di compravendita del 12 giugno 1991 i coniugi (...) gli avevano ceduto il locale commerciale al piano terra dell'abitazione familiare, identificato al catasto urbano al F. (...), mappale (...), sub. (...); - che la compravendita di cui all'atto pubblico del 30 giugno 1984, con cui i coniugi (...) avevano venduto al figlio (...) e alla moglie (...), in comunione dei beni, il primo piano della casa di famiglia simulava una donazione, non essendo mai stato corrisposto alcun compenso ed essendo il prezzo pattuito ben inferiore al valore del bene; - che con testamento del 17 ottobre 2012 il padre (...) aveva pretermesso il figlio (...) perché indegno, essendosi macchiato di gravi crimini contro il padre ed il fratello, per i quali era stato condannato con sentenza penale e con obbligo di ristoro dei danni in sede civile; - che a fronte di detta situazione (...) aveva rinunciato all'eredità (in favore delle figlie, subentrate per rappresentazione), per cui gli stessi convenuti volevano avvalersi del disposto dell'art. 524 c.c., accettando l'eredità per suo conto, fino alla concorrenza del credito vantato per il risarcimento dei danni di cui agli illeciti penali accertati; - che la domanda di usucapione avanzata dagli attori e relativa al lastrico solare era infondata, in quanto le costruzioni rivendicate erano abusive e incommerciabili e, comunque, erano state effettuate dal padre (...), muratore, e utilizzate dai coniugi (...) per mera tolleranza dei coniugi (...); - che in ogni caso, la domanda ex art. 936 c.c. doveva essere rigettata perché inammissibile e infondata, non essendo applicabile la normativa sull'accessione di cui agli artt. 934-938 c.c. essendo gli attori comproprietari del lastrico; domanda di indennizzo che sarebbe stata, comunque, prescritta; - che doveva essere, invece, disposta, a spese degli attori, la demolizione e rimozione delle opere abusive costruite sul lastrico solare; - che con riferimento al terreno sito in B. S., località (...), il bene era stato lasciato per testamento interamente a (...), il quale ai sensi dell'art. 1446 c.c. univa il proprio possesso a quello dei genitori e formulava, quindi, domanda di accertamento e dichiarazione dell'usucapione del bene in suo favore; - in ogni caso, la massa ereditaria individuata avrebbe dovuto essere divisa nel rispetto della quota di legittima in favore del fratello (...), ma sulla base del testamento per ciò che concerneva la quota disponibile. Avevano concluso chiedendo la ricostruzione della massa da dividere, tenuto conto delle considerazioni di cui sopra, con attribuzione a ciascun erede della propria quota; con riconoscimento in loro favore del diritto ex art. 524 c.c. ad accettare l'eredità del padre per conto di (...). La causa è stata parzialmente decisa con sentenza n. 141/2021 del 28 giugno 2021 che ha statuito nel merito: "Il Tribunale in composizione monocratica, disattesa ogni altra domanda o eccezione, capo 1) A. definitivamente pronunciando dichiara i coniugi (...) e (...), ciascuno per la quota del 50% pro indiviso, proprietari in virtù di usucapione del terreno sito nel Comune di B. S., località (...), identificato al catasto F. (...) mappale (...); capo 2) A. non definitivamente pronunciando, dichiara i coniugi (...) e (...), ciascuno per la quota del 50% pro indiviso, proprietari in virtù di usucapione del lastrico solare del secondo livello dell'immobile sito in (...), identificato in catasto al F.(...) mappale (...) sub (...)-(...) (a confine via S.C., vuoto cortile, vico Società (...), via (...), (...)) e delle opere ivi insistenti; ... 3. rimette la causa in trattazione con separata ordinanza". Sono state, quindi, decise le domande proposte dalle parti relative: - all'usucapione del terreno sito in località (...) riconosciuto come di proprietà dei coniugi (...) e (...) per intervenuta usucapione, ciascuno per la quota pro indiviso del 50%; nessun riconoscimento, invece, in favore di (...); - all'usucapione del lastrico solare del secondo livello dell'immobile sito in (...), identificato in catasto al F. (...) mappale (...) sub (...)-(...) riconosciuto come di proprietà dei coniugi (...) e (...) per intervenuta usucapione. La causa è stata definita relativamente alle parti intestatarie catastali del terreno sito in località (...), ossia (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...). Per effetto della riconosciuta usucapione del lastrico solare in favore dei coniugi (...) si deve ritenere superata la domanda proposta in via subordinata dagli stessi attori ex art. 936 c.c. per il riconoscimento delle migliorie apportate all'immobile. La causa è proseguita tra le parti di cui in epigrafe per la decisione sulle domande di simulazione degli atti di compravendita, per l'individuazione della massa, degli eredi e delle quote di spettanza. All'udienza del 26 maggio 2022 le parti (...) e (...) - rappresentate e difese dal procuratore speciale avv. (...) - hanno rinunciato alla domanda di cui alla lettera e) delle conclusioni della comparsa di costituzione, volta ad accertare e dichiarare la simulazione dell'atto pubblico notaio (...) del (...) rep. (...) racc. n. (...), con il quale (...) e (...) avevano venduto a (...) e (...) la piena proprietà dell'appartamento al primo piano dell'edificio di B., via G.. La rinuncia è stata accettata dalle parti (...), (...), (...), (...) e (...). Analogamente le parti (...), (...), (...), (...) e (...) - rappresentate e difese dal procuratore speciale avv. Br.Pi. - hanno rinunciato alla domanda volta ad accertare e dichiarare la simulazione dell'atto pubblico notaio (...) del (...) - rep. (...) racc. (...), con il quale (...) e (...) avevano venduto a (...) la piena proprietà dell'immobile sito al piano terreno dell'edificio di B., via G.. La rinuncia è stata accettata dalle parti (...) e (...). Entrambe le rinunce sono state fatte a spese giudiziali interamente compensate e fatta salva ogni altra e diversa domanda, richiesta, eccezione e deduzione dispiegata nel giudizio. Ogni questione relativa alla simulazione degli atti di acquisto che le parti hanno concluso in passato con i coniugi (...) è, quindi, definitivamente superata. Sono oggetto della presente sentenza parziale le domande proposte dalle parti, rese chiare dalle conclusioni di parte convenuta: e) accertare e dichiarare che i sig.ri (...) e (...) sono succeduti al de cuius nel contratto di affitto intercorso con il Comune di Barisardo e per l'effetto disporre che (...) e (...), attuali detentori di una porzione di detto immobile, lo rilascino libero e vuoto da persone e cose a favore dei convenuti; f) autorizzare, ai sensi dell'art. 524 c.c., (...) e la moglie (...) ad accettare l'eredità relitta da (...) in nome e luogo del rinunziante (...) fino alla concorrenza del credito risarcitorio vantato dai convenuti per effetto delle sentenze penali sopra richiamate, anche per la quota parte dei danni liquidati a favore di (...); g) ricostituire la massa ereditaria sulla base delle conclusioni sopra formulate e per l'effetto procedere alla divisione dei beni relitti da (...) e (...), previa reintegrazione della legittima a favore di (...), limitatamente alla domanda dai medesimo formulata, attribuendo a ciascuno degli eredi la quota di singola spettanza, maggiorata per quanto concerne (...) e (...) della quota disponibile derivante dalla successione di (...); h) porre a carico della massa le spese anticipate dai coniugi (...) e (...) di cui al capo 8 della comparsa di costituzione e di quelle altre che dovessero risultare in corso di causa. Vittoria o compensazione di spese e competenze professionali." (note di udienza del 15 giugno 2022). Sulla domanda ex art. 524 c.c. proposta dai convenuti (...) e (...). Il convenuto (...) ha dedotto che il fratello (...) aveva tentato di uccidere lui e il padre; era stato per detti crimini condannato - oltre che in sede penale - al risarcimento dei danni cagionati. Con atto del 26 settembre 2013 (...) aveva rinunciato all'eredità del padre A. in favore delle figlie (...), (...) e (...), che erano succedute per rappresentazione nell'eredità del nonno (...). Detta rinuncia, tuttavia, si poneva in contrasto con gli interessi dei convenuti creditori (...) e (...), che perdevano così le garanzie date dalla quota di eredità rinunciata. Per detta ragione (...) e (...) hanno chiesto di potersi avvalere del disposto di cui all'art. 524 c.c. e di poter essere autorizzati ad accettare l'eredità di (...) in nome e luogo del rinunciante (...), fino alla concorrenza del credito vantato. La domanda non può essere accolta per quanto segue. Il presupposto oggettivo per l'applicazione della previsione ex art. 524 c.c. è la sussistenza di un danno prevedibile per il creditore, ossia l'insufficienza del patrimonio del debitore al soddisfacimento dei crediti. Tale presupposto deve sussistere al momento dell'esercizio dell'azione. Per accordare la tutela oggi invocata, la giurisprudenza richiede che il creditore dia prova della sussistenza di "fondate ragioni che facciano apparire i beni personali del rinunziante insufficienti a soddisfare del tutto i suoi creditori" (Cass. Sez. civ. VI, n. 7557 del 8 marzo 2022); gravando solo in replica in capo al debitore l'onere di allegare e provare la sufficienza del proprio patrimonio residuo. Nel caso di specie questo Tribunale ritiene che parte convenuta (...) non abbia sufficientemente dedotto e provato il pregiudizio di cui sopra ovvero, quantomeno, la sussistenza del fumus boni iuris della richiesta ex art. 524 c.c. avanzata. La parte si è limitata in atto di citazione, in maniera alquanto generica, a dedurre un credito e l'esistenza del pregiudizio: "è evidente che in presenza dei fatti di cui sopra sentenze penali di condanna la rinuncia fatta dall'attore si risolve in un grave pregiudizio per il convenuto (...) e del coniuge S. perché si vedrebbero compromesse le loro ragioni di credito nonché quelle di spettanza derivanti dai danni subiti dal sig. (...)". Nulla ha dedotto sulla consistenza del patrimonio di (...) e sull'eventuale carenza di beni mobili/immobili, da cui dedurre, con verosimiglianza, l'incapienza dello stesso e l'inidoneità a soddisfare le ragioni del creditore (...). Al contrario, come correttamente rilevato dalla difesa (...), allo stato degli atti emerge che (...) è proprietario della casa in cui abita; circostanza che, almeno prima facie, denota una ragionevole sufficienza del patrimonio del debitore a soddisfare le ragioni creditorie vantate dal fratello (...). La domanda ex art. 524 c.c. avanzata dai convenuti deve, quindi, essere rigettata. Sul contratto di affitto del terreno in località (...). Parte convenuta (...) ha dedotto in maniera alquanto generica (atto di citazione) di essere subentrata nel contratto di affitto che il de cuius (...) aveva concluso con il Comune di (...), relativo ad un terreno il località (...). Il subentro degli eredi (...) deriverebbe dalla volontà testamentaria di (...) (testamento pubblico del 17 ottobre 2012), che li riconoscerebbe eredi universali e farebbe esplicito riferimento a detto contratto. A sostegno delle proprie ragioni i convenuti hanno prodotto il testamento indicato (doc. 1 fascicolo cartaceo convenuti) e il contratto di affitto del terreno comunale "Pranargia" del 12 ottobre 1956 (doc. 5 fascicolo cartaceo convenuti). La domanda non può essere accolta atteso che non è possibile per questo Tribunale statuire con alcuna certezza - e neppure verosimiglianza - che il contratto di cui è causa sia mai divenuto efficace e sia ancora in itinere. Ed infatti, come correttamente rilevato dalla difesa (...), il contratto era immediatamente efficace per la parte affittuaria ma sottoposto a condizione sospensiva per il Comune (art. 9, approvazione della Prefettura); condizione che non è dato sapere se si sia mai verificata. Inoltre, il contratto prevedeva quale naturale scadenza il 30 settembre 1965 riconoscendo all'art. 7 l'impegno del Comune "a favorire" il rinnovo per un uguale periodo di tempo "se il locatario ha migliorato il fondo in modo conveniente e pagato con regolarità e puntualità il canone e sempre rispettate tutte le clausole contrattuali". Le parti hanno, quindi, escluso il rinnovo tacito ed automatico dell'accordo ma si è prevista la previa verifica del locatore del rispetto delle condizioni contrattuali, per poi procedere al rinnovo. Parte convenuta (...) nulla ha dedotto sul contratto né con riferimento all'approvazione della Prefettura né con riferimento al rinnovo dello stesso, limitandosi a proporre la propria domanda sulla base dell'accordo scritto del 1956. Questo Tribunale in difetto di ogni allegazione e prova sul punto non può statuire sull'esistenza del vincolo contrattuale ovvero sulla permanenza dello stesso. Non è dato sapere se detto rapporto contrattuale abbia avuto esecuzione e si sia protratto tanto da sussistere ancora al momento dell'apertura della successione; conseguentemente, nulla può statuirsi sulla validità ed efficacia della disposizione testamentaria di (...), non essendo nota l'esistenza del diritto e la sua spettanza al de cuius. La domanda deve essere rigettata. Sulla divisione ereditaria di masse plurime. La domanda di divisione è stata proposta per arrivare alla determinazione delle quote ereditarie del patrimonio (...). E' necessario precisare in primis che nel caso di specie si deve procedere alla divisione considerando due diverse masse ereditarie, quella di (...) prima e quella di (...) poi, atteso che i beni - di cui si preciserà oltre - provengono alle odierne parti da titoli diversi. In particolare, con la morte di (...) si è aperta una successione legittima in favore del marito e dei figli; sono esclusi da tale successione le consorti (D. e S.) e le figlie di (...) (I., (...) e (...), non avendo (...) operato alcuna rinuncia all'eredità della madre). Successivamente si è aperta la successione testamentaria di (...) - deceduto il 22 maggio 2013 - con disposizioni di ultima volontà in favore di (...) e di (...) (la quale diviene, quindi, erede per la quota disponibile); a fronte della rinuncia all'eredità di (...), sono diventate eredi (...),(...) e (...) per rappresentazione. Rispetto alle due masse, le parti in causa non hanno mai manifestato la volontà di operare una divisione unica di tutti i beni del patrimonio (...) e, quindi, di addivenire ad "una unificazione delle masse". La difesa (...) ha, al contrario, espressamente dedotto l'invalidità del testamento di (...) nella parte in cui ha disposto dell'intero patrimonio familiare, senza escludere quella parte di beni dell'eredità di (...), destinati per legge ai figli (...) e (...). Ciò premesso si procede, quindi, separatamente all'individuazione delle masse da dividere, degli eredi per ogni successione e rispettive quote. Sul patrimonio dei coniugi (...). (...) e (...) hanno contratto matrimonio il 27 ottobre 1945; in difetto di diversa convenzione matrimoniale il regime patrimoniale adottato era quello della comunione dei beni; i beni acquistati in comunione dopo il matrimonio dovevano considerarsi, quindi, di proprietà di entrambe al 50% con quota indivisa. Con riferimento ai beni indicati in atti dalle parti si osserva quanto segue. A) Terreno in Cuccuroni. Per effetto della sentenza dichiarativa resa da questo Tribunale in data 28 giugno 2021 (n. 141/2021) è stato accertato che i coniugi F. e L. fossero proprietari per acquisto originario per usucapione, ciascuno della quota del 50% pro indiviso, del terreno sito nel Comune di B. S., località (...), identificato al catasto F. (...) mappale (...). B) Casa di civile abitazione in B. S. via (...) A., identificata al catasto al F. (...), particella (...), sub (...). La giurisprudenza di merito e di legittimità costante ritiene che, nelle cause aventi ad oggetto una domanda di divisione ereditaria, sia onere della parte che agisce per la divisione indicare i beni di cui è composta la massa nonché produrre sia gli atti di provenienza che le visure ipo-catastali relativi a detti immobili, così da provarne l'appartenenza al de cuius al momento dell'apertura della successione. La dimostrazione della proprietà dei beni immobili non può essere fornita con la produzione delle certificazioni catastali (valendo queste ultime esclusivamente quali elementi sussidiari in materia di regolamento di confini ai sensi dell'art. 950 c.c.), né con la dichiarazione di successione, che ha valenza meramente fiscale e, ancora, con pretesi riconoscimenti della controparte (principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c.), essendo necessario, in tale materia, l'atto scritto ad substantiam, ovvero un fatto equiparato quale l'usucapione. Nel caso di specie, con riferimento alla casa di famiglia sita in (...), la difesa (...) ha prodotto l'atto di compravendita con cui i coniugi (...) in data 22 gennaio 1951 avrebbero acquistato il terreno (Foglio (...), particella (...) sub (...)) su cui avrebbero poi costruito la loro abitazione (doc. 7 attori). Sono state poi prodotte la planimetria catastale (doc. 8 attori) e le dichiarazioni di successione di (...) e (...) in cui è indicato detto immobile. Applicando i suddetti principi, detta documentazione non sarebbe di per sé sufficiente a dimostrare la titolarità del bene in capo ai coniugi (...) al momento dell'apertura delle rispettive successioni. Questo Tribunale, pur consapevole dell'orientamento maggioritario di cui sopra, rileva, tuttavia, che in una recente ordinanza la Corte di Cassazione ha affermato per la prima volta dopo anni di orientamento contrario che "Sebbene sia auspicabile che il giudice investito della domanda di scioglimento della comunione verifichi in limine litis l'effettiva titolarità del diritto di comproprietà in capo ai condividenti (e ciò preferibilmente mediante l'acquisizione dei titoli di provenienza, corredati anche dalla documentazione ipocatastale, che consente di verificare se nelle more siano intervenute delle modifiche del regime proprietario rispetto alla data cui risale il titolo di provenienza), ove però le parti convenute in giudizio non contestino l'effettiva appartenenza dei beni ai soggetti evocati in giudizio, ed ove, come nella specie, anche dalle indagini svolte dal consulente tecnico d'ufficio, non emergano dubbi o incertezze circa la titolarità dei beni comuni in capo alle stesse parti, la contestazione, in assenza di una puntuale allegazione di elementi probatori che denotino l'erroneità del convincimento del giudice circa la situazione di comproprietà, è inammissibile ..." (Cass., sez. II, n. 21938 del 30 luglio 2021). In sostanza, la Corte ammette che il convincimento del Giudice sull'appartenenza del bene al de cuius possa derivare da elementi diversi dal titolo di provenienza e dai certificati ipocatastali e sempre in assenza di ogni contestazione tra le parti. Ora, nel caso di specie le parti in causa sono tutte concordi nell'affermare che l'abitazione sita in (...), censita al foglio (...) mappale (...), sub (...) fosse di proprietà dei genitori (...). D'altronde, i testi sentiti per la pronuncia parziale sull'usucapione della mansarda di detta abitazione hanno nel loro complesso confermato che si trattava da sempre della casa di famiglia (...). Il terreno fu a suo tempo acquistato dai genitori. I coniugi (...) hanno con atto pubblico venduto al figlio (...) e alla consorte D.M. l'appartamento al primo piano della casa familiare in data 30 giugno 1984; vendita oggi non contestata dalla difesa (...). Analogamente hanno venduto con atto pubblico al figlio (...) il locale commerciale al piano terra contraddistinto al Foglio (...) mappale (...). Hanno quindi disposto del bene. Dall'insieme di detti elementi questo Tribunale, staccandosi dall'orientamento maggioritario e aderendo alla diversa ricostruzione giuridica della Corte Suprema di cui sopra, ritiene che alla luce del principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c., ritenuto integro il contraddittorio sul punto ed esaminate le risultanze istruttorie emerse in corso di causa, possa ritenersi con certezza che al momento dell'apertura della successione (...) l'immobile sito in B. S., via (...) A., identificato al Catasto Fabbricati al foglio (...), mappale (...) sub (...) fosse di proprietà dei coniugi (...) e (...), ciascuno per la quota indivisa del 50%. C) immobile identificato al NCT di (...) foglio (...), mappale (...) di proprietà per una quota del 33/100 di (...). Questo Tribunale non ritiene che la deduzione sul punto della difesa (...) sia minimamente provata, non potendo ritenersi prova sufficiente della titolarità del bene la sola dichiarazione di successione predisposta dagli eredi della F.. Non sussistono altri e diversi elementi di prova. Il bene non può, quindi, essere fatto rientrare nel relictum di (...) da dividere. D) immobile identificato al NCT di (...) foglio (...), mappale (...) - (...) di proprietà per una quota di (...). Si richiamano le considerazioni e conclusioni tutte di cui al punto C). Sulla successione di (...). Alla luce di quanto sopra, questo Tribunale riconosce che al momento del decesso (...) era proprietaria: - della quota pro indiviso del 50% del terreno sito in B. S., località (...) di mq 3000 circa, individuato in catasto terreni al foglio (...) mappale (...) parte, coerente a servitù di passaggio, (...), eredi (...), strada pubblica; - della quota pro indiviso del 50% della casa di civile abitazione sita in (...), identificata al Catasto Fabbricati al foglio (...) particella (...) sub (...). Questi i beni caduti in successione (corrispondenti a 27/54 dell'intero abitazione+C.). Alla luce del certificato storico di famiglia, eredi legittimi della F. erano il marito (...) e i figli (...) e (...) (certificato storico di famiglia, doc. 1 parte attrice fasc. cartaceo). In assenza di disposizioni testamentarie, ciascuno di loro è succeduto per la quota di 1/3 ex art. 581 c.c.; quota di 1/3 che per (...) si somma a quanto già di proprietà (50% pro indiviso). La difesa (...) che (...) avrebbe già avuto ciò che gli spettava del patrimonio materno; l'affermazione, tuttavia, è rimasta priva di ogni riscontro probatorio. Questo Tribunale ritiene, quindi, che con riferimento al relictum di cui alla successione di (...) si debba procedere con una divisione che assegni a ognuno degli eredi la quota di 1/3 (pari a 9/54, considerando il totale di 27/54). Sulla successione di (...). (...) al momento del decesso era proprietario: - della quota pro indiviso del 50% del terreno sito in B. S., località (...) di mq 3000 circa, individuato in catasto terreni al foglio (...) mappale (...) parte, coerente a servitù di passaggio, (...), eredi (...), strada pubblica; - della quota pro indiviso del 50% della casa di civile abitazione sita in (...), identificata al Catasto Fabbricati al foglio (...) particella (...) sub (...); - di 1/3 dei beni della moglie (9/54) per effetto della successione legittima apertasi alla morte di (...). E così la quota di 36/54 dell'intero (abitazione + (...)). In relazione a detta massa devono essere considerate le disposizioni di ultima volontà di cui al testamento pubblico del 17 ottobre 2012, con cui (...) ha devoluto l'intero suo patrimonio in favore dei soli (...) e (...) ed ha pretermesso completamente il figlio (...), ritenuto indegno a succedergli. Su detto testamento devono essere effettuate le seguenti considerazioni. a) Non ha rilievo l'indicazione ivi inserita per cui agli eredi (...) e (...) andrebbero per intero: "la piena proprietà della mansarda al piano secondo fuori terra adiacente alla terrazza del fabbricato tra la via (...), via S.C. e vico S.C."; "la piena proprietà del terreno in località (...) in comune di (...)"; "i diritti a me spettanti sul terreno in località (...) in comune di (...)"; "la casa in cui abito in via (...) compreso il cortile e il vano scala". Ed infatti, il de cuius non poteva disporre della quota di 2/3 della massa di (...) già entrata nel patrimonio dei figli (...) (1/3) e (...) (1/3) per successione legittima. b) La difesa (...) ha dedotto la violazione degli artt. 536-537 c.c. laddove (...) ha disposto delle proprie risorse oltre la disponibile, in danno della quota di legittima spettante a G.. Quota che, a fronte della rinuncia all'eredità di (...) in data 26 settembre 2013, si è devoluta per rappresentazione ex art. 467 c.c. in favore delle figlie (...), (...) e (...). Detto subentro porta a superare ogni contestazione sull'indegnità a succedere di (...) rispetto all'eredità del padre ("La diseredazione, al pari della indegnità a succedere, non esclude l'operativitàdella rappresentazione a favore dei discendenti del diseredato", Cass., sez. civ. II, n. 11195 del 14 dicembre 1996). La difesa (...) nel costituirsi in giudizio non si è opposta al riconoscimento della quota di legittima in favore della parte (...) (ora delle figlie). c) L'art. 537 c.c., "Riserva a favore dei figli", dispone che se un genitore lascia a succedere più figli "è loro riservata la quota di due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i figli"; nel caso di specie quindi ai figli (...) e (...) è riservata a titolo di legittima e a ciascuno la quota di 1/3 del patrimonio del padre. Ora, la difesa (...) ha sul punto avanzato le seguenti conclusioni: "g) ricostituire la massa ereditaria sulla base delle conclusioni sopra formulate e per l'effetto procedere alla divisione dei beni relitti da (...) e (...), previa reintegrazione della legittima a favore di (...), limitatamente alla domanda dal medesimo formulata, attribuendo a ciascuno degli eredi la quota di singola spettanza, maggiorata per quanto concerne (...) e (...) della quota disponibile derivante dalla successione di (...)". Questo Tribunale interpreta la domanda come volta a garantire anche a (...) la propria quota di legittima, maggiorata della porzione a lui spettante per la disponibile devoluta dal padre. d) Per effetto di quanto sopra e considerando il disposto dell'art. 556, "Determinazione della porzione disponibile", si rileva che la quota disponibile che poteva essere devoluta da (...) con il testamento era pari a 1/3 della massa (devoluta in quote uguali a (...) e (...)). Tutto ciò premesso, considerando il patrimonio di (...) come sopra individuato (quantificabile in 36/54 dell'intero abitazione + (...)), spetta: - a S., I. e (...) una quota pari a 12/54 (per rappresentazione nella quota di legittima del padre (...)); - a (...) a titolo di legittima la quota di 12/54; - a (...) e (...) a titolo di successione testamentaria di (...) la quota di disponibile pari a 12/54 e, quindi, a ciascuno la quota singola di 6/54. Con riferimento alla quota di (...) si deve tener conto di quanto derivatogli dalla successione materna pari a 9/54; considerata nel suo complesso si deve riconoscere quindi una quota pari a 27/54 del patrimonio (...) (eredità madre 9 + quota di riserva del padre 12 + quota di disponibile 6). A (...) per la successione materna spetta la quota di 9/54. Il patrimonio (...) 54/54 deve quindi essere diviso attribuendo le seguenti quote: - (...), (...) e (...) una quota pari a 12/54; - (...) una quota pari a 6/54; - (...) una quota pari a 27/54; - (...) una quota pari a 9/54. Sulle spese anticipate dagli eredi (...) e richieste. I convenuti (...) hanno chiesto che sulla massa gravassero una serie di spese affrontate in occasione del decesso dei genitori e relative alla massa ereditaria di cui è causa. Dette spese sono state elencate in atto di citazione (lettera I). Questo Tribunale rileva sul punto: a-b) "Spese di voltura catastale per (...) per Euro 868,64, fattura (...) n. 175/014. N.2 quietanze per deposito volture Euro 284,00". Parte convenuta ha prodotto in giudizio a riprova di detta spesa la fattura che sarebbe stata emessa dalla professionista (...) (doc. 11 parte convenuta (...)). Questo Tribunale rileva che non vi è prova che la fattura sia mai stata saldata né che siano state effettuate le volture catastali ivi indicate (neppure a nome di chi), con il costo ivi indicato. Dalla fattura emerge che l'incarico alla professionista sia stato dato da (...), con contratto intercorso tra dette parti; la scelta di avvalersi di un terzo professionista ricade su chi ha concluso il contratto, in difetto di diverso accordo. La dichiarazione di successione poteva essere disposta direttamente dalle parti. Le quietanze non sono prodotte ma solo indicate nel prospetto riassuntivo predisposto dalla parte (doc. 13 parte convenuta (...)). La spesa non può, quindi, essere posta a carico della massa. c) "F 24 imposte di successione di (...) Euro 455,25". Questo Tribunale ritiene che la spesa possa essere posta a carico della massa trattandosi di successione posta in essere nell'interesse di tutti gli eredi e finalizzata comunque alla divisione. d) "F 24 imposte di successione di (...) Euro 525,29". Questo Tribunale rileva che la dichiarazione di successione di (...) è stata disposta dai coniugi (...) solo in loro favore; gli stessi risultano gli unici eredi. Detta dichiarazione non corrisponde a quanto oggi deciso da questo Tribunale, contrastando con il riconoscimento quali eredi anche di (...),S. e (...). La dichiarazione è stata posta nell'esclusivo interesse dei convenuti (...) e dette spese restano, quindi, interamente a loro carico. e) "parcella onorari redazione denunzia di successione di (...) Euro 630,00". Questo Tribunale richiama quanto sopra detto al punto a) e d); il contratto di consulenza è intercorso tra L. e (...) e la spesa poteva essere evitata. La dichiarazione di (...) è stata fatta nel solo interesse dei convenuti (...). La spesa resta a loro carico. f) "Spese funerarie di (...) Euro 3.901,89". Questo Tribunale ritiene che la spesa debba essere posta a carico degli eredi (...), (...), (...), (...) e (...) proporzionalmente alle quote di eredità di (...) loro spettanti, non potendo essere posta a carico della massa non rilevando per la divisione. g) "Fattura insoluta di (...) dell'1.4.2014 di (...) di Euro 348,43". Questo Tribunale ritiene che la spesa non possa essere posta a carico della massa atteso, in primis, che non è stata data prova dell'avvenuto pagamento della fattura. Inoltre, considerando che parte dei consumi sono successivi al decesso di (...) e non è dato sapere chi avesse in uso la casa familiare in quel periodo. h) "Indebito pagamento sulla pensione erogato dall'Inps a favore di (...) di Euro 2.049,36 di cui alla lettera Inps del 18.4.201. Per un totale di Euro 9.098,86". La domanda è priva di ogni riscontro probatorio in ordine alla richiesta Inps e all'esito della stessa. La domanda di rimborso ovvero di accredito a carico della massa non può essere accolta. Ogni decisione sulle spese di causa è rimessa all'esito del giudizio di divisione. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica, disattesa ogni altra domanda o eccezione, con pronuncia parziale: a) dichiara aperta la successione di (...) nata in (...) il 4 agosto 1945 e ivi deceduta il 2 dicembre 2008; b) individua quale massa ereditaria di (...) i seguenti beni immobili: - quota pro indiviso del 50% del terreno sito in B. S., località (...) di mq 3000 circa, individuato in catasto terreni al foglio (...) mappale (...) parte, coerente a servitù di passaggio, (...), eredi (...), strada pubblica; - quota pro indiviso del 50% dell'immobile sito in (...), identificato al Catasto Fabbricati al foglio (...) particella (...) sub (...); c) individua quali eredi di (...) i figli (...) e (...) e il marito (...) ciascuno per la quota di 1/3 del patrimonio di cui al punto b); d) dichiara aperta la successione di (...) nato in (...) il 17 gennaio 1926 e ivi deceduto il 22 maggio 2013; e) individua quale massa ereditaria di (...) i seguenti beni immobili: - quota pro indiviso del 50% del terreno sito in B. S., località (...) di mq 3000 circa, individuato in catasto terreni al foglio (...) mappale (...) parte, coerente a servitù di passaggio, (...), eredi (...), strada pubblica; - quota pro indiviso del 50% dell'immobile sito in (...), identificato al Catasto Fabbricati al foglio (...) particella (...) sub (...); - quota di 1/3 della massa ereditaria di cui alla successione (...); f) dichiara (...) e (...) eredi testamentari di (...) cui è devoluta, pro indiviso, la quota di 1/3 della massa ereditaria di (...) (quota disponibile); g) dichiara (...),(...) e (...) eredi di (...) per rappresentazione del padre (...), cui è devoluto pro indiviso 1/3 della massa ereditaria di (...) (legittima); h) dichiara (...) erede legittimario di (...) cui è devoluta una quota pari a 1/3 della massa ereditaria di (...) (legittima); i) pone a carico della massa ereditaria le spese relative alla dichiarazione di successione di (...) pari a Euro 455, 25; pone a carico degli eredi di (...) pro quota le spese funerarie pari a Euro 3.901,89; rigetta ogni ulteriore e diversa domanda di rimborso di spese avanzata dai convenuti (...); l) rimette ogni decisione sulle spese di causa alla sentenza definitiva di divisione; m) rimette la causa in trattazione con separata ordinanza affinché si proceda alla predisposizione di un progetto di divisione sulla base delle quote percentuali di cui sopra. Così deciso in Lanusei il 5 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 5 gennaio 2023.

  • TRIBUNALE DI VICENZA REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI VICENZA Sezione Seconda Civile, in composizione monocratica, nella persona del dott. Antonio PICARDI in funzione di Giudice Unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta a ruolo al n. 1864/2021 R.G., promossa con atto di citazione notificato in data 24/03/2021 (Cron. n. 1/2021 Avv...., autorizzato con delibera ...del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Vicenza, ai sensi della Legge 21.01.1994 n. 53) da TRUST V. (CF...), con sede in..., in persona del trustee ....(c.f....), nato a ...il..., rappresentato e difeso dall'Avv...., del Foro di Vicenza, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in ...- Corso..., in virtù di procura in calce all'atto di citazione. contro attore M. C. (c.f....), residente a ...in via ....... In punto: altri istituti relativi alle successioni. convenuta contumace All'udienza dell'08.11.2022 la causa veniva trattenuta in decisione sulle seguenti conclusioni precisate dal procuratore di parte attrice CONCLUSIONI ATTORE: Il sottoscritto difensore di parte attrice chiede l'accoglimento delle seguenti conclusioni 1) Accertare e dichiarare la qualità di erede universale di G.M. in capo a B. M. quale trustee del Trust V., in virtù del testamento olografo pubblicato in data ...al n. ...rep./racc. Notaio.... 2) Condannare C. M. alla restituzione dell'immobile sito a ...in via..., censito al Nceu al foglio .. paft. ...sub. ...e del relativo mobilio, costituenti parte dell'asse ereditario ed illegittimamente posseduti dalla convenuta, oltre alla restituzione dei frutti ex art. 535 c.c., pari al valore locatizio dell'immobile, nella misura di euro 1.000 mensili, o nella diversa misura che sarà ritenuta di giustizia, da marzo 2021 e fino all'effettiva restituzione. 3) Con rifusione delle spese di lite. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione, notificato in data 24/03/2021, il sig. B. M., in qualità di trustee del Trust V., evocava in giudizio avanti questo Tribunale la sig.ra C. M., rappresentando che: - il sig. G. M., nato a ...il 18.04.1945 e deceduto il 06.04.2011, aveva lasciato suo unico erede universale il Trust V., in virtù di testamento olografo pubblicato in data 29.05.2015 (al n. ..rep./racc. Notaio...); - il Trust V. in persona del trustee B. M. aveva accettato l'eredità e provveduto alla dichiarazione di successione, presentata il 04.05.2020 e registrata al vol. ..n. ...dell'anno 2020; - dell'asse ereditario era parte anche l'immobile sito a..., in via..., censito al Nceu al foglio ... paft. ...sub. 1-2, ed il relativo mobilio, costituito da arredi di rilevante valore affettivo, commerciale e artistico; - da qualche anno l'immobile era in possesso senza alcun titolo della convenuta C. M.la quale aveva illegittimamente sostituito le serrature; - la medesima si era disinteressata del bene, che attualmente versava in condizioni di evidente abbandono, nonostante sull'immobile fossero stati compiuti dal sig. B. M., negli anni successivi alla morte del de cuius, importanti lavori di risanamento e conservazione edilizia, interna ed esterna (sostituzione degli impianti elettrico e di riscaldamento; adeguamento della rete fognaria; sostituzione dei cancelli pedonale e carraio; risanamento del muro di cinta); - l'attore aveva interesse ad agire ex art. 533 c.c. affinché fosse riconosciuto erede universale, con conseguente restituzione di detto bene. Su dette premesse, citando in giudizio la sig.ra C. M., chiedeva venisse accertata in capo al Trust V. la qualità di erede universale di G. M., con condanna della convenuta alla restituzione dell'immobile e relativo mobilio, parte dell'asse ereditario ed illegittimamente posseduto, oltre alla restituzione dei frutti ex art. 535 c.c.. Non si costituiva la convenuta, nonostante rituale notifica dell'atto introduttivo, e ne veniva dichiarata la contumacia alla prima udienza del 17 settembre 2021, alla quale venivano assegnati i termini di rito per il deposito di memorie ex art. 183 comma VI c.p.c.. Venivano quindi ammesse ed assunte prove per testi. Svolta l'attività istruttoria, da ultimo all'udienza dell'8 novembre 2022 il procuratore di parte attrice precisava le conclusioni, come in epigrafe trascritte, e rinunziava, avendo già allegato note conclusive, al termine ex art. 190 c.p.c., di modo che la causa veniva immediatamente rimessa in decisione. Tutto quanto sopra riepilogato, ad avviso del giudicante le domande dell'attore vanno accolte, per le ragioni che vengono in breve ad esporsi. È in primo luogo documentale che il de cuius G. M. ebbe a nominare proprio unico erede universale il Trust V., in virtù di testamento olografo pubblicato in data 29.05.2015 con atto n. ...rep./racc. Notaio ...(doc. 2) e che il Sig. B. M., quale trustee del trust V. (doc. 1, atto istitutivo trust V.), ebbe ad accettare l'eredità, provvedendo alla dichiarazione di successione (doc. 3). Parimenti è documentale che dell'asse faccia parte l'immobile sito a..., in via..., censito al Nceu al foglio...part. ..sub...., attribuito a G. M.in virtù della sentenza di divisione n. .../14 RG .../2003 della Corte d'Appello di Venezia (doc. 5), la quale pronuncia "attribuisce ... a G. M. il fabbricato e scoperto sito in comune di ...via ...identificato in catasto terreni al foglio ... particelle ... e ... ed in catasto fabbricati al foglio ... particella ... sub..."). Il fatto che di questo immobile si sia appropriata la convenuta, sostituendo la serratura ed incatenando i cancelli di ingresso, è stato poi confermato dalla teste ...la quale tra l'altro ha riferito che "...tanto so perché mio zio M. G. che si tolse la vita nel 2011 aveva lasciato nella villa due cani, un dobermann e un meticcio. Dei cani mi occupavo io dal giorno stesso della morte di mio zio. Per entrare nella villa, che era sotto sequestro, mi facevo accompagnare dai carabinieri. La villa è rimasta sotto sequestro per un paio di mesi. Nella villa mio padre fece eseguire alcuni lavori (sistemazione impianto elettrico, idraulico, tetto, nonché l'esterno e pavimentazione del giardino). Nel 2016 potei constatare che le serrature erano state sostituite e che i cancelli di ingresso erano stati incatenati ADR penso che queste cose siano state fatte da M. C..". È stato anche confermato (testi citata..., nonché...) che il sig. B. M., dopo la morte di G. M., nell'anno 2011, ebbe a svolgere sull'immobile lavori di risanamento e conservazione edilizia, interna ed esterna, in particolare sostituzione degli impianti elettrico e di riscaldamento, adeguamento della rete fognaria, sostituzione dei cancelli pedonale e carraio, stabilizzazione dei soffitti, ripristino delle pavimentazioni in legno e in marmo, tinteggiatura interna totale, rivitalizzazione del giardino esterno e del parcheggio, risanamento di porte, balconi e finestre, e altri interventi e opere per la riabilitazione abitativa, sia interna che esterna. Per quanto occorrer possa risulta inoltre che l'immobile versa attualmente in stato di assoluto abbandono (doc. 4; testimonianza...). Va da ultimo rilevato che la convenuta, non costituendosi, non si sia evidentemente opposta alle domande, venendo meno a qualsivoglia onere di allegazione difensiva, circostanza che integra un ulteriore indubbio argomento di prova a favore delle prospettazioni attoree, ai sensi dell'art. 116 c.p.c., quale riscontro sintomatico della loro fondatezza. La convenuta va in definitiva condannata a restituire all'avente diritto l'immobile in oggetto e relativo mobilio (doc. 6; testimonianza...), nonché a corrispondere il relativo valore locatizio, che può quantificarsi in Euro 1.000,00 (mille/00) mensili (cfr. perizia di stima doc. 6 e testimonianza geom....), dal marzo 2021 (domanda giudiziale) fino all'effettiva restituzione. Così definita la lite, le spese processuali, liquidate come da dispositivo (ex D.M. 10.03.2014 n. 55, valore di causa indeterminabile basso, importi tariffari all'incirca intermedi tra minimi e medi), seguono l'ordinario criterio di soccombenza e vanno dunque accollate alla convenuta. P.Q.M. IL TRIBUNALE definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza deduzione eccezione disattesa o comunque assorbita, così provvede e decide: I) accerta e dichiara la qualità di erede universale di G. M. in capo a B. M., quale trustee del Trust V., in virtù del testamento olografo pubblicato in data 29.05.2015 (n. ...rep./racc. Notaio...); II) condanna la convenuta sig.ra C. M. alla restituzione all'attore dell'immobile sito ......n. ...., censito al Nceu al foglio ... part.... sub...., e del relativo mobilio, costituenti parte dell'asse ereditario, illegittimamente posseduti dalla convenuta medesima, oltre alla restituzione dei frutti ex art. 535 c.c., pari al valore locatizio dell'immobile, in misura di Euro 1.000,00 (mille/00) mensili, da marzo 2021 e fino all'effettiva restituzione; III) condanna la convenuta a rifondere all'attore le spese processuali, liquidate in Euro 545,00 per anticipazioni, Euro 5.600,00 per compensi professionali, oltre a spese generali 15%, IVA e CPA come per legge sull'imponibile. Così deciso in Vicenza, il 14 novembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI BRESCIA - Sezione Terza Civile - Riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei magistrati dott.ssa Giovanna Faraone Presidente dott. Andrea Tinelli Giudice relatore dott.ssa Costanza Teti Giudice ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 12753/2020 R.G. promossa da (...) (C.F. (...)) (avv. Pi.Po.) ATTRICE - OPPONENTE contro (...) (C.F. (...)) (avv.ti Ro.Ma. e Ca.Ma.) CONVENUTO - OPPOSTO Oggetto del processo: "altri istituti relativi alle successioni" CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione in data 20/11/2020 la sig.ra (...) ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 4453/2020 del 27/10/2020 (n. 10146/2020 R.G.) chiedendo, in via preliminare, la sospensione dell'esecuzione provvisoria del provvedimento opposto e, nel merito, la revoca dell'ingiunzione adottata nei suoi confronti essendo essa carente di legittimazione passiva e, comunque, deducendo la nullità/invalidità/inefficacia del legato posto a base del credito azionato in via monitoria. Nello specifico, con il decreto ingiuntivo opposto (notificato a mezzo posta, unitamente al precetto, in data 13/11/2020) il Tribunale ha ingiunto alla sig.ra (...) di pagare al sig. (...), senza dilazione alcuna, la somma di Euro 150.000,00, oltre interessi e spese, in forza del legato contenuto nel testamento olografo redatto in data 10/10/2018 dal sig. Glauco (...), deceduto il 13/3/2020, con il quale quest'ultimo ha, tra le altre disposizioni, designato l'opponente sua unica erede universale (cfr. doc. 1 - fascicolo monitorio). In sede di opposizione, l'attrice, qualificatasi convivente more uxorio del sig. (...), ha in primo luogo eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva non avendo essa ancora accettato l'eredità lasciatale dal de cuius e rivestendo, quindi, al momento della notifica dell'ingiunzione, la qualifica di mera chiamata all'eredità. Nel merito, la sig.ra (...), nella denegata ipotesi di accertamento della propria qualifica di erede, ha dedotto la nullità del testamento olografo in data 10/10/2018 posto a base del decreto monitorio e ciò in quanto, da un lato, stilato da soggetto incapace di intendere e volere al momento della redazione delle disposizioni di ultima volontà (cfr. doc. 3 e 6) e, dall'altro, frutto di errore, violenza e dolo ai danni del testatore come desumibile da alcune incongruenze stilistiche e lessicali (specie ove raffrontate al precedente testamento datato 30/9/2014 - cfr. doc. 7), nonché dall'eccentricità delle disposizioni in esso contenute (i.e. legato dell'intera unità immobiliare sita in Brescia, via (...), n. 93, di cui tuttavia il de cuius era proprietario soltanto pro quota). In conclusione, ha chiesto, previa sospensione inaudita altera parte dell'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo opposto, la revoca del provvedimento monitorio in quanto reso nei confronti di un soggetto carente di legittimazione a contraddire e, comunque, fondato su un titolo nullo, invalido ed inefficace. Vinte le spese. Instaurato il contraddittorio rispetto all'istanza ex art. 649 c.p.c., con ordinanza in data 25/1/2021 il Tribunale, ritenuta prima facie la mancanza di prova in ordine all'acquisto "della qualità di erede da parte dell'opponente-chiamata all'eredità', il cui onere è pacificamente a carico di parte convenuta opposta quale attrice in senso sostanziale, ha sospeso la provvisoria esecutorietà del decreto. Con rituale comparsa di costituzione in data 3/2/2021, l'opposto ha, in primo luogo, eccepito in via riconvenzionale l'incapacità a succedere della sig.ra (...) in quanto amministratore di sostegno del de cuius con lui non convivente all'epoca del decesso (cfr. doc. 2). Quanto al merito, ha dedotto l'intervenuta accettazione tacita dell'eredità da parte dell'opponente avendo la stessa posto in essere atti incompatibili con la qualifica di chiamata all'eredità (i.e. protratto possesso uti dominus dei beni ereditari e notifica dell'atto di citazione ex art. 645 c.p.c.), nonché la piena capacità di intendere e volere del testatore al momento della redazione del testamento olografo datato 10/10/2018 con il quale questi ha scientemente revocato le precedenti disposizioni di ultima volontà e inteso beneficiare l'opposto per i servizi di cura e assistenza resigli nel corso dei suoi ultimi anni di vita. Ha concluso chiedendo, in via riconvenzionale, l'accertamento dell'incapacità a succedere di parte opponente con conseguente declaratoria di nullità dell'istituzione di erede contenuta nel testamento olografo del 10/10/2018 e revoca del decreto ingiuntivo opposto. Spese compensate. In subordine, conferma del provvedimento monitorio con refusione delle spese di lite. Con autonoma istanza in data 9/4/2021 il convenuto opposto ha altresì proposto actio interrogatoria in corso di causa ex art. 481 c.c., iniziativa dichiarata inammissibile con ordinanza del 12/7/2021 con la quale è stata rilevata: "una insanabile contraddizione fra l'azione volta ad ottenere la fissazione di un termine per l'accettazione o la rinuncia all'eredità - che postula l'operatività di una valida delazione ereditaria - e l'impugnazione del titolo di tale delazione, identificabile nell'istituzione di erede contenuta nel testamento olografo". Concessi alle parti i richiesti termini ex art. 183, comma 6, c.p.c., con ordinanza in data 26/11/2021 il Tribunale, ritenuta la superfluità delle richieste istruttorie articolate dalle parti, ha fissato per la precisazione delle conclusioni l'udienza del 12/5/2022, all'esito della quale la causa è stata rimessa al Collegio per la decisione con concessione dei termini di rito per il deposito di comparse conclusionali ed eventuali repliche. Occorre, in primo luogo, delineare l'esatto perimetro della controversia alla luce delle reciproche domande svolte dalle parti. Parte convenuta opposta, attrice in senso sostanziale, in sede monitoria ha formulato una domanda di condanna all'adempimento del legato, ai sensi dell'art. 664 c.c., nei confronti della sig.ra (...), convenuta in senso sostanziale, sul presupposto (rivelatosi erroneo) che la stessa fosse divenuta erede universale del sig. (...) a fronte della delazione ereditaria contenuta nel testamento olografo del 10/10/2018. A ben vedere, il testamento posto a base dell'azione monitoria prevede due distinti legati in favore dell'opposto: da un lato, un legato di genere ad effetti obbligatori avente ad oggetto il pagamento di una somma di denaro (Euro 150.000,00); dall'altro, un legato di specie relativo alla porzione di proprietà dell'immobile sito in Brescia, viale (...) degli Abruzzi, n. 93, facente capo al de cuius. L'azione monitoria è volta a dare esecuzione al legato di genere individuando nella sig.ra (...) il soggetto onerato in quanto unica erede universale del sig. (...). Ebbene, in sede di opposizione, parte opponente ha tempestivamente contestato l'assunzione di tale qualifica rilevando la pendenza del termine di accettazione dell'eredità, sicché la stessa va considerata semplice chiamata, in quanto tale carente di legittimazione rispetto alla domanda formulata nei suoi confronti in sede monitoria. Parte opposta, dal canto suo, ha eccepito l'intervenuta accettazione tacita dell'eredità da parte della sig.ra (...) avendo la stessa posto in essere atti inconciliabili con la veste di chiamata all'eredità. Tali atti sono stati individuati, da un lato, nella presa di possesso uti dominus dei beni ereditari, e, dall'altro, nell'instaurazione del giudizio d'opposizione ex art. 645 c.p.c., iniziativa quest'ultima che, secondo la prospettazione propugnata dall'opposto, presupporrebbe necessariamente l'assunzione della qualifica di erede, di talché corretta sarebbe stata l'individuazione del soggetto onerato a dare attuazione al legato e meritevole di conferma il provvedimento adottato all'esito della fase monitoria. Ebbene, stima il Collegio che tali considerazioni non colgano nel segno. Quanto alla presa di possesso dei beni ricompresi nella massa ereditaria e, nello specifico, di copia delle chiavi dell'immobile sito a Brescia, in viale (...), n. 93, anch'esso legato al sig. (...), parte opposta, sulla quale grava il relativo onere, non ha affatto dimostrato tale circostanza, né ha articolato istanze istruttorie al riguardo, essendosi anzi limitata a formulare capitoli di prova relativi all'insussistenza del rapporto di convivenza tra il de cuius e l'opponente. In ogni caso, ai sensi dell'art. 460 c.c. spetta al chiamato l'esercizio delle azioni possessorie e di atti conservativi a tutela dei beni ereditari, di talché ove anche fosse dimostrato il possesso dei beni caduti in successione, ciò non potrebbe essere di per sé sintomatico di un'accettazione tacita dell'eredità da parte del chiamato medesimo (cfr. Cass. Civ. Sez. 2, 27/10/2005, n. 20868; id. 15/2/2005, n. 3018). Allo stesso modo, l'iniziativa assunta dalla sig.ra (...) mediante l'atto di opposizione introduttivo della presente fase di giudizio, lungi dal potersi configurare come univoca espressione della volontà dell'opponente di accettare l'eredità del compianto sig. (...), da un lato ben si comprende alla luce della necessità di scongiurare la definitività del decreto ingiuntivo opposto (emesso sull'erroneo presupposto dell'intervenuta assunzione della qualifica di erede da parte della (...)); dall'altro è finalizzata a contestare l'intervenuta accettazione, espressa o tacita, dell'eredità e, in via meramente subordinata rispetto all'eventuale accertamento della sua qualifica di erede, a confutare la validità del testamento olografo in quanto redatto da soggetto incapace di intendere e di volere al momento della compilazione, ovvero affetto da errore, violenza e dolo ai danni del testatore. L'eccezione preliminare di carenza di legittimazione passiva ritualmente sollevata dall'opponente si rivela, pertanto, fondata e deve essere accolta con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto in quanto emesso nei confronti di soggetto in capo al quale difetta la qualifica di erede e, quindi, di onerato a dare esecuzione al legato di genere. Parte convenuta opposta, all'atto della propria costituzione nell'ambito del giudizio d'opposizione, ha inoltre eccepito l'incapacità a succedere della sig.ra (...) in quanto amministratore di sostegno del de cuius non convivente con quest'ultimo (cfr. doc. 2). Nello specifico, l'opposto ha articolato una domanda volta ad ottenere una declaratoria di nullità del testamento per violazione del combinato disposto degli artt. 411, comma 2, e 596 c.c.. Tale domanda, lungi dal configurare un'autentica reconventio reconventionis, integra piuttosto una domanda nuova che, oltre a non essere affatto correlata alla pretesa azionata in via monitoria, si palesa incompatibile con essa presupponendo, come detto, quest'ultima l'assunzione della qualifica di erede da parte della sig.ra (...). Sul punto, la giurisprudenza di legittimità, alla quale questo Tribunale presta convinta adesione, ha ancora di recente ribadito che: "in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, il convenuto opposto può proporre con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata una domanda nuova, diversa da quella posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, anche nel caso in cui l'opponente non abbia proposto una domanda o un'eccezione riconvenzionale e si sia limitato a proporre eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto, qualora tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita e sia connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta" (cfr. ex multis Cass. Civ. Sez. 1, 24/3/2022, n. 9633). Ebbene, nella fattispecie in esame, come già rilevato in sede di ordinanza in data 12/7/2021, vi è una assoluta inconciliabilità tra la pretesa azionata in sede monitoria, che presuppone una valida delazione ereditaria e la correlativa assunzione della qualifica di erede in capo all'ingiunto, e la riconvenzionale svolta nell'ambito del giudizio di opposizione la quale postula, al contrario, la nullità in parte qua del titolo su cui tale delazione si fonda. Difetta, quindi, quella imprescindibile identità del bene della vita al quale l'opposto, attore in senso sostanziale, aspira con la proposizione del ricorso monitorio (i.e. l'esecuzione del legato da parte del soggetto individuato quale onerato) e con la formulazione della domanda riconvenzionale in seno al giudizio d'opposizione (i.e. declaratoria di nullità del testamento in cui tale legato è contenuto). Ne consegue che la domanda riconvenzionale articolata dall'opposto, in quanto volta ad ampliare in maniera irrituale il perimetro della decisione sino a ricomprendervi anche l'accertamento della nullità del testamento del 10/10/2018 nella parte in cui ha designato la sig.ra (...) erede universale, va respinta perché nuova e quindi inammissibile. Restano, pertanto, assorbite le domande formulate dall'opponente e parimenti volte alla declaratoria di nullità del testamento per presunta incapacità o circonvenzione del testatore, essendo, come detto, tali domande espressamente subordinate al rigetto dell'eccezione di carenza di legittimazione passiva per mancanza dell'assunzione della qualifica di erede da parte della sig.ra (...), eccezione che è stata, al contrario, accolta. Venendo, da ultimo, alla richiesta svolta dall'opposto di espunzione delle espressioni sconvenienti o offensive e al conseguente risarcimento del danno ex art. 89, comma 2, c.p.c. (istanza reiterata anche in sede di atti conclusivi - cfr. pagg. 11-12), difettano i presupposti per l'accoglimento di tale pretesa non risultando le espressioni impiegate dall'opponente avulse rispetto all'oggetto del giudizio. In sede di opposizione è stata, infatti, avanzata una domanda di nullità del testamento per circonvenzione del testatore, domanda che è stata si dichiarata assorbita, ma all'ambito della quale sono da ascrivere le espressioni, per quanto incisive, di cui parte convenuta opposta ha chiesto a più riprese lo stralcio. In conclusione, l'accoglimento dell'eccezione di carenza di legittimazione passiva comporta la revoca dell'opposto decreto ingiuntivo con assorbimento delle ulteriori domande formulate dall'opponente in via subordinata rispetto all'eventuale accertamento della sua qualifica di erede. La domanda riconvenzionale di declaratoria della parziale nullità del testamento per violazione degli artt. 411, comma 2, e 596 c.c., articolata dall'opposto, va invece rigettata perché inammissibile, con conseguente condanna del sig. (...), risultato integralmente soccombente all'esito della fase d'opposizione, alla refusione delle spese del giudizio che si liquidano, sulla base dei parametri medi di cui al D.M. n. 55/2014 per una causa di valore ricompreso nello scaglione da Euro 52.000,01 ad Euro 260.000,00, in complessivi Euro 10.730,00 (di cui Euro 2.430,00, per la fase di studio; Euro 1.550,00, per la fase introduttiva; Euro 2.700,00 per la fase istruttoria, con riduzione al 50% ex art. 4, comma 1, D.M. cit. tenuto conto del fatto che tale fase si è esaurita nel deposito delle sole memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c.; Euro 4.050,00 per la fase decisionale), oltre spese generali al 15%, iva e cpa, nonché rimborso delle spese esenti documentate per Euro 406,50 (di cui Euro 379,50 a titolo di contributo unificato ed Euro 27,00 a titolo di anticipazioni forfettarie ex art. 30, D.P.R. 115/2002), da distrarsi in favore del procuratore costituito dichiaratosi antistatario. Non si fa, invece, luogo alla liquidazione delle spese relative ai sub-procedimenti incidentali (rubricati rispettivamente al n. 12753/2020-1 R.G. e n. 12753/2020-2 R.G.) dal momento che: quanto alla fase di sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, la stessa non è autonoma rispetto al giudizio di opposizione nel quale rimane assorbita; quanto, invece, all'actio interrogatoria esperita in corso di causa ex art. 749 c.p.c., la natura di volontaria giurisdizione non contenziosa che contraddistingue tale procedimento è incompatibile con una pronuncia di condanna al pagamento delle relative spese non trovando applicazione il principio della soccombenza (cfr. Cass. Civ. Sez. 1, 20/7/2015, n. 15131; id. 25/3/2022, n. 9742). P.Q.M. Il Tribunale di Brescia in composizione collegiale, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, in accoglimento dell'opposizione proposta così provvede: revoca il decreto ingiuntivo n. 4453/2020 del 27/10/2020 (n. 10146/2020 R.G.); dichiara inammissibile la domanda riconvenzionale formulata dal convenuto opposto; rigetta la domanda di espunzione delle espressioni sconvenienti o offensive e di risarcimento del danno ex art. 89, comma 2, c.p.c.; condanna parte convenuta opposta a rifondere all'opponente le spese di lite che si liquidano in Euro 406,50 per spese esenti documentate ed Euro 10.730,00 per compensi, oltre spese generali al 15%, iva e cpa, da distrarsi in favore del procuratore costituito dichiaratosi antistatario ex art. 93 c.p.c. Così deciso in Brescia il 15 settembre 2022. Depositata in Cancelleria il 20 settembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 8561 del 2021, proposto da -OMISSIS-a mezzo del proprio rappresentante Sig. -OMISSIS-, e proseguito, a seguito del decesso della sig.ra -OMISSIS-, dagli eredi -OMISSIS-, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Lu. Mo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (...); contro Azienda Usl Toscana Nord Ovest, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Se. Sp., Lu. Ce., Si. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Azienda Ospedaliero Universitaria Pi., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ca. Fi., Gl. La., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Seconda n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente diniego dell'autorizzazione per il proseguimento delle cure all'estero, nonché richiesta di rimborso delle spese sostenute. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Azienda Usl Toscana Nord Ovest e dell'Azienda Ospedaliero Universitaria Pi.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 maggio 2022 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale d'udienza; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con il ricorso introduttivo del primo grado, la sig.ra -OMISSIS-- (mezzo del proprio rappresentante Sig. -OMISSIS-) - rimasta paralizzata per una lesione al midollo spinale conseguente ad un incidente stradale occorso il 4 agosto 2018 - e il sig. -OMISSIS-(familiare che l'ha assistita nel periodo di degenza) impugnavano il diniego di autorizzazione a proseguire le cure all'estero, opposto dall'Azienda USL Toscana Nord Ovest. A supporto del gravame deduceva che dopo essere stata autorizzata a trasferirsi dall'Unita` spinale di Mo. (ove era stata inviata dall'ospedale Ca. di Fi.) alla Ti. Kl. GmbH di Zi. (nota del 17/1/2019) la richiesta di proroga dell'autorizzazione a permanere presso il predetto centro, avanzata il 5 settembre 2019, veniva respinta avendo la competente ASL ritenuto che si potessero effettuare gli stessi trattamenti presso la AUO Pi., UO Mi. a partire dal 29 settembre 2019. A supporto del gravame deduceva la violazione delle norme comunitarie e nazionali che riconoscono, previa domanda ed autorizzazione, il diritto del cittadino europeo a beneficiare di trattamenti sanitari presso centri di altissima specializzazione all'estero; la concreta indisponibilità, a dispetto di quanto indicato nella proprio nota dall'ASL, del posto letto per il ricovero della paziente nel reparto pisano, nonché del macchinario Hirob, per la stabilizzazione del tronco, in uso presso la clinica austriaca; il mancato doveroso preavviso circa l'impossibilità di proroga; il mancato rimborso di tutte le spese sostenute. Nelle more del giudizio (in cui se è anche innestata una parentesi conclusasi con una declaratoria di difetto di giurisdizione e un annullamento in appello, previa autorizzazione in via cautelare a proseguire le cure all'estero, e una successiva riassunzione dinanzi al TAR), il 16 novembre 2020, i ricorrenti trasmettevano all'Azienda Usl tutta la documentazione comprovante le spese sostenute (sia quelle fino al diniego, sia quelle successive), chiedendo il pagamento (almeno) di quelle relative al periodo autorizzato di degenza della ricorrente all'estero. Sempre nelle more del giudizio l'Azienda sanitaria riconosceva il rimborso della sola somma di Euro 61.193,91. Il provvedimento di liquidazione era impugnato con ricorso per motivi aggiunti. Con la sentenza in epigrafe indicata, il TAR respingeva la domanda di annullamento. Il Tribunale osservava, per un verso che la proposta di ricovero presso U.O.C. Mi. era stata rifiutata per ben due volte (sia per il 30 settembre 2019, sia per il 20 ottobre 2019); per altro verso che "Le affermazioni secondo cui l'Azienda universitaria non disporrebbe di macchinari adeguati alle esigenze dell'interessata e della possibilità di curare il decubito non vengono dimostrate nemmeno per indizio". Quanto ai motivi aggiunti il TAR respingeva la prima contestazione concernente l'esclusione dal rimborso delle spese sostenute per l'intervento chirurgico per la chiusura della piaga de decubito dell'interessata, sostenendo in proposito che "la domanda autorizzativa del 28 dicembre 2018 recava quale trattamento richiesto "trattamenti riabilitativi" (all. 4 produzione dell'Azienda Usl). La richiesta di proroga del 6 marzo 2019 (all. 9 produzione dell'Azienda Usl) non evidenzia un allargamento dell'autorizzazione anche all'intervento chirurgico mentre quella del 3 luglio 2019 (all. 9 produzione dell'Azienda Usl) evidenzia addirittura un lento miglioramento della piaga grazie a un trattamento conservativo". Accoglieva invece il motivo concernente l'esclusione delle spese di ambulanza sostenute per raggiungere l'ospedale di Ho. da quello di (omissis). A tal fine il Tribunale chiariva che "L'autorizzazione alla cura l'estero riguardava infatti una persona affetta da paralisi e all'epoca ricoverata presso l'ospedale di Mo.. La situazione di paralisi tetraplegica era attestata da certificato medico del 22 dicembre 2018 (doc. 41 produzione ricorrenti) e, pertanto, era a conoscenza dell'Amministrazione la quale, autorizzando il ricovero all'estero, non poteva che sia pure implicitamente autorizzare anche il trasporto in ambulanza". Accoglieva altresì la terza censura relativa al presunto carattere libero professionale di alcune prestazioni, che ad avviso dell'ASL le avrebbe rese non rimborsabili. In proposito il Tribunale evidenziava che "i trattamenti medici effettuati, e di ciò non vi è prova in contrario, rientrano nell'ordinario protocollo terapeutico e sono state effettuate dai sanitari nell'ambito dell'orario lavorativo". Respingeva, per contro, la quarta censura con la quale i ricorrenti ritenevano sussistenti i presupposti per derogare i criteri di liquidazione di cui all'articolo 6 del d. M. 3 novembre 1989. Precisato il Tribunale che "il caso di specie rientra nella disciplina di cui all'art. 2, lett. c), dell'Accordo secondo il quale le Regioni in attuazione del disposto di cui all'art. 2, comma 3, del d.P.C.M. 1 dicembre 2000 riconoscono ai soggetti portatori di handicap, individuati dall'art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, che necessitano di cure per la neuroriabilitazione, un concorso pari all'80 per cento delle spese di soggiorno qualora si tratti di un nucleo familiare per il quale l'ISEE sia superiore a Euro 13.000 Euro. Avverso la sentenza hanno proposto appello gli originari ricorrenti. Deducono, a supporto del gravame, di aver fornito sufficienti elementi indiziari circa l'indisponibilità dello stesso trattamento presso l'ospedale di Pisa, e circa la presenza, nel periodo in questione, di un batterio killer che aveva prodotto in quei reparti ospedalieri numerosi morti (gli appellanti rinnovano in proposito la richiesta di una verificazione o consulenza tecnica, stigmatizzando l'omessa pronuncia sul punto da parte del Giudice di prime cure). In ordine al quantum del rimborso gli appellanti - ribadita la piena ammissibilità della domanda giudiziaria per il rimborso di tutte le spese sanitarie relative ai trattamenti praticati presso l'Ospedale di Ho., sia per il periodo direttamente autorizzato dalla ASL sia per quello successivo che la ASL ha autorizzato accogliendo le istanze di proroga richieste dall'Ospedale di Ho. per effetto della pronuncia cautelare del Consiglio di Stato (nelle more della pronuncia sulla giurisdizione) - focalizzano le loro censure solo sul rigetto delle domande di pagamento delle spese sostenute per l'intervento chirurgico di chiusura della piaga da decubito e di rimborso integrale delle spese nella misura del 100%. L'ASL, costituitasi in giudizio, replica evidenziando che l'autorizzazione di cure all'estero è stata rilasciata non perché le strutture pubbliche italiane non avessero la strumentazione o adeguati programmi di neuroriabilitazione per il caso specifico della sig.ra -OMISSIS-, ma per la indisponibilità di posti letto sia presso l'Unità Spinale di Careggi a Firenze sia presso la U.O. Mi. di Pi.. Inoltre, le dichiarazioni di inefficacia e/o minor efficacia dei trattamenti presso la struttura di Pisa non risultano - ad avviso della resistente - supportate da alcuna valutazione medica, neppure di parte e, quindi, rappresentano delle mere considerazioni/timori dei ricorrenti, prive di qual si voglia valore e fondamento, a fronte del parere tecnico di un organo pubblico, il CRR, che attesta, invece, la congruenza delle cure presso la struttura in Italia. Si è altresì costituita anche l'Azienda Ospedaliero Universitaria Pi., chiedendo la reiezione del gravame. Nelle more del giudizio d'appello, in data -OMISSIS-, la sig.ra -OMISSIS-- è deceduta. Entrambe le amministrazioni resistenti hanno eccepito l'inammissibilità del ricorso della sig.ra -OMISSIS- (proposto per il tramite del procuratore generale), atteso che il decesso della medesima, avvenuto antecedentemente all'iscrizione del ricorso in appello al Consiglio di Stato (8.10.2021), avrebbe fatto venire meno la rappresentanza generale del marito, -OMISSIS- in forza dell'art. 1396 c.c, nonché determinato la caducazione della procura alle liti rilasciata al difensore. Sussisterebbe altresì - secondo le amministrazioni resistenti - il difetto di legittimazione ad agire del sig. -OMISSIS-, figlio della sig.ra -OMISSIS-, dal momento che egli avrebbe svolto il mero ruolo di accompagnatore della madre nelle cure all'estero, e che il rimborso delle relative spese sarebbe stato chiesto dalla sig.ra -OMISSIS-, unica titolare della pratica. La causa è stata fissata per la discussione all'udienza del 27 gennaio 2022. A seguito dell'avviso di fissazione udienza, si sono costituiti, in conseguenza del decesso della sig.ra --OMISSIS-- qualificatisi eredi della Sig.ra -OMISSIS-- in forza di dichiarazione di accettazione di eredità con beneficio di inventario ricevuta ex artt. 484 e ss. cpc in data 17 dicembre 2021 dal cancelliere del Tribunale di Livorno ed inserita nel registro delle successioni al n. -OMISSIS-- chiedendo la prosecuzione del processo, e avanzando, ai sensi dell'art. 80 c.p.a, una nuova istanza di fissazione di udienza. La Sezione ha rinviato la trattazione all'udienza pubblica del 19 maggio 2022 "Considerato che la costituzione degli eredi, ai sensi dell'art. 300 cpc, pienamente applicabile ai sensi del generale richiamo operato dall'art. 79 c.p.a., rende inutile l'interruzione del processo, ma al contempo impone, ai sensi dell'art. 80 cit., la fissazione di una nuova udienza anche per consentire alle parti il pieno contraddittorio in ordine al dichiarato subentro nella posizione giuridica controversa". All'udienza del 19 maggio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO Le amministrazioni appellate sollevano in via preliminare alcune questioni di ricevibilità del gravame e di legittimazione di una delle parti appellanti. Segnatamente, la morte della Sig.ra -OMISSIS- intervenuta dopo la notifica dell'appello avrebbe determinato un difetto di legittimazione ad agire del Sig. -OMISSIS-, in forza del disposto dell'art. 1396 cc per cui "la procura generale si estingue con la morte del soggetto rappresentato". Più nel dettaglio, poichè la morte della Sig.ra -OMISSIS- - avvenuta dopo la notificazione del ricorso ma prima del deposito - avrebbe determinato il venir meno del potere rappresentativo in capo al Sig. -OMISSIS-, quest'ultimo avrebbe perso ogni legittimazione a rappresentare la moglie defunta, con conseguente venir meno anche della procura alle liti rilasciata al difensore e travolgimento della validità degli atti dallo stesso compiuti. Il Collegio è di diverso avviso. Se è vero, infatti, che la morte del rappresentato fa venir meno il potere di rappresentanza sostanziale, è parimenti vero che tale evento non produce gli stessi effetti sul piano processuale, ove invece vige il principio della ultrattività del mandato che legittima il difensore a proseguire l'azione e financo a promuovere appello anche in presenza della morte del proprio assistito (evento che, frequentemente, viene ignorato dal Legale quando non ricorrono elementi di pronta conoscenza dell'evento stesso. Cfr. Corte Cassazione, Sezioni Unite n. 15792/2014; Corte di Cassazione, ordinanza n. 11767/19; da ultimo Cass., Sez. III, 6 aprile 2022, n. 11193) Nè può assumersi che la situazione in esame sarebbe diversa solo perchè il mandato alle liti, in nome e per conto della Sig.ra -OMISSIS-, è stato conferito dal procuratore generale invece che dalla parte personalmente colpita dall'evento. La circostanza, infatti, è del tutto neutra in quanto il venir meno del potere di rappresentanza sostanziale in capo al procuratore generale non può certo esser considerato più grave dell'evento morte che colpisce la parte che conferisce direttamente il mandato; per cui anche in tali casi rimangono fermi i principi fondamentali sopra spiegati sulla ultrattività del mandato alle liti e sulla rilevanza della conoscenza (legale) dell'evento in funzione della ricostituzione del contraddittorio mediante riassunzione o prosecuzione. Infondato è anche l'eccepito difetto di legittimazione ad agire del sig. -OMISSIS-, figlio e accompagnatore della sig.ra -OMISSIS-. Come correttamente affermato dagli appellanti, la legittimazione ad agire si identifica nella mera formale corrispondenza tra il diritto invocato e l'affermazione della sua titolarità in capo a colui che propone la domanda (art. 81 cpc) - e tale corrispondenza non può esser messa in dubbio nei confronti del Sig. -OMISSIS-dal momento che il medesimo ha domandato il riconoscimento delle spese da lui stesso sostenute per prestare i servizi di accompagnamento in favore della madre, instando per la condanna della ASL al rimborso delle somme. La circostanza che le spese del medesimo siano state poi riconosciute mediante rimborso alla madre, può avere rilievo circa la (totale o parziale) concreta permanenza dell'interesse alla decisione, ma non in ordine alla legittimazione a proporre appello. Superate le questioni preliminari, possono essere affrontate quelle di merito in ordine alla legittimità del diniego di proroga delle cure all'estero e alla congruità dei rimborsi riconosciuti. Quanto alla prima questione, ritiene il Collegio che le statuizioni di prime cure meritino conferma. Il giudice di prime cure ha rilevato che "La nota del Direttore del Dipartimento di specialità mediche U.O.C. Mi. in data 18 ottobre afferma che l'interessata era stata inserita il 10 settembre 2019 in lista di attesa per il ricovero, con disponibilità all'ingresso il 24 settembre 2019 poi venuta meno a causa della mancanza di infermieri. La disponibilità è stata reiterata per il 30 settembre 2019 ma il ricovero è stato rifiutato dal figlio chiedendo di rinviarlo ad un momento successivo all'intervento sulla lesione da decubito; egli il 15 ottobre 2019 è stato nuovamente contattato per informarlo di una ulteriore disponibilità per il 20 ottobre 2019 ma, anche in tal occasione, il ricovero è stato rifiutato. Le affermazioni non sono smentite e anzi vengono corroborate dal "registro di prenotazione dei ricoveri programmati" allegato alla nota sopracitata, che reca la presenza della -OMISSIS- con indicazione dei giorni in cui il figlio è stato contattato. Il documento non è stato disconosciuto dai ricorrenti e, pertanto, fa fede ai fini del giudizio. Le affermazioni secondo cui l'Azienda universitaria non disporrebbe di macchinari adeguati alle esigenze dell'interessata e della possibilità di curare il decubito non vengono dimostrate nemmeno per indizio, né esiste documentazione atta a dimostrare che i diversi rifiuti del ricovero presso quella struttura sono stati motivati da detta circostanza". Secondo gli appellanti il punto dirimente ai fini del decidere non era - e non poteva essere - costituito dalla semplice presenza di un posto letto presso l'Ospedale di Pisa ma dalla possibilità di ricevere lo stesso programma riabilitativo di altissima specializzazione che applicava l'Ospedale di Ho. e che, pacificamente, la stessa USL Toscana aveva riconosciuto di non esser in grado di poter somministratore tempestivamente ed in forma adeguata in relazione allo stato clinico ed alla prognosi della ricorrente presso le proprie strutture ospedaliere tanto da emettere il provvedimento di autorizzazione a recarsi all'estero. Inoltre dinanzi ai plurimi elementi indiziari, gravi precisi e concordanti (contestazioni formali, dichiarazioni rese dal Ministero della Salute, dichiarazioni rese dalla dott.ssa St. al sig. Si., e da quest'ultimo registrate, rischio di diffusione di un batterio killer negli ospedali della Toscana) spettava all'Azienda (e non ai ricorrenti) provare che sarebbero stati immediatamente somministrati gli stessi trattamenti, con la conseguenza che il TAR avrebbe dovuto addebitare alla ASL - e non ai ricorrenti - la carenza di prova. Tuttavia - ritiene il Collegio, il linea con quanto evidenziato dall'ASL resistente - la sig.ra -OMISSIS- è stata ab origine autorizzata alle cure all'estero per mancanza di disponibilità di posti letto in strutture come la Mi. di Pi., e non già perché in Italia non potessero essere garantite le cure di cui aveva bisogno. Gli strumenti ER. e LO. sono entrambi presenti presso la struttura di Pisa. L'altra strumentazione indicata in modo generico dalla Clinica Austriaca con la richiesta iniziale di cure, come l'Hirob o l'Armeo Power, non risulta essere stata mai utilizzata dalla Tirol Kliniken per la riabilitazione della sig.ra -OMISSIS-, né vi è traccia nella documentazione versata in atti anche dai ricorrenti, e comunque trattasi di strumentazione di dubbia utilizzabilità ed efficacia delle stessa in rapporto alle condizioni della sig.ra -OMISSIS- (affetta da tetraparesi). In proposito l'ASL ha depositato relazione tecnica del dott. -OMISSIS-, responsabile della U.O.C. riabilitazione dell'Ospedale della Ve., che dimostra come la sig.ra -OMISSIS-, tetraplegica e nelle condizioni in cui si trovava, certamente non avrebbe potuto utilizzare l'Hirob che simula l'andatura del cavallo, e come l'utilizzo della robotica non presenti evidenze scientifiche effettive circa i risultati conseguibili nello specifico caso. Quanto al rischio della diffusione del batterio Ne. Dh. negli ospedali della Toscana, certamente non è un argomento che può utilizzarsi per ottenere l'autorizzazione alle cure all'estero. Piuttosto è minaccia che interessa l'intero sistema sanitario ospedaliero e che dev'essere affrontata a mezzo di rigorosa prevenzione e di stringenti misure di cautela a presidio (non del singolo ma) di tutti i degenti. Risulta dagli atti che la Regione Toscana, con proprio decreto dirigenziale del 26.07.2019 ha formalizzato indicazioni operative a tutte le strutture sanitarie toscane per il contenimento e la riduzione del rischio di propagazione dell'infezione e che tutte le strutture sanitarie hanno predisposto protocolli interni stringenti. Le considerazioni di cui sopra, supportate da idonea produzione documentale, rendono inutile l'approfondimento istruttorio richiesto dagli appellanti oltre che inconferenti gli elementi indiziari allegati. La realtà fattuale, scolpita nelle parole del giudice di prime cure, sopra riportate, risulta confermata: "La disponibilità è stata reiterata per il 30 settembre 2019 ma il ricovero è stato rifiutato dal figlio chiedendo di rinviarlo ad un momento successivo all'intervento sulla lesione da decubito; egli il 15 ottobre 2019 è stato nuovamente contattato per informarlo di una ulteriore disponibilità per il 20 ottobre 2019 ma, anche in tal occasione, il ricovero è stato rifiutato. Dinanzi a questo dato, e alla circostanza della pacifica disponibilità, da parte del sistema sanitario nazionale, di strutture e attrezzature idonee ad affrontare la patologia e le esigenze riabilitative della paziente, il motivo d'appello non può che essere respinto. Gli appellanti insistono in ordine ad alcune questioni afferenti il quantum del diritto al rimborso. Innanzitutto ritengono che il primo giudice abbia errato a dichiarare inammissibili le relative censure, contenute nell'atto di riassunzione del ricorso (a seguito della statuizione sulla giurisdizione). Quanto alle domande di accertamento contenute nei motivi aggiunti, i medesimi insistono sull'accoglimento: a) della richiesta di pagamento delle spese sostenute per l'intervento chirurgico di chiusura della piaga da decubito, nonchè b) di rimborso integrale di tutte le spese nella misura del 100% e non in quella dell'80% liquidata dall'ASL; c) di rimborso delle spese di acquisto degli ausili robotici LO. ed ER. prescritti dall'Ospedale di Ho.. Le domande, proposte nell'ambito dei motivi aggiunti, sono state respinte dal TAR. Il Tribunale ha, per converso, dichiarato inammissibili le domande formulate nell'atto di riassunzione. Il Collegio ritiene, con riferimento alla statuizione di inammissibilità, che il primo giudice abbia fatto buon governo dei principi in materia di interesse a ricorrere. Lo stesso ha ritenuto "inammissibile l'atto di riassunzione del ricorso nella parte in cui estende la lite al rimborso delle spese sanitarie poiché al momento della sua proposizione era in corso un procedimento amministrativo in merito; l'inammissibilità non è sanata dalla produzione delle note di udienza il 17 marzo 2021, inidonee all'estensione della materia del contendere" Gli appellanti osservano che sebbene al momento al momento della proposizione del ricorso il procedimento di liquidazione del rimborso fosse ancora in corso, esso era invece da ritenersi ormai concluso al momento della riassunzione (quanto meno in ordine alle spese del primo periodo). L'osservazione non ha fondamento. Con l'atto di riassunzione, non è consentito proporre domande nuove o domande diverse, rispetto a quelle formulate in precedenza, e non v'è dubbio che, nel caso di specie, la domanda contenuta nel ricorso originario (unica considerabile come valida in sede di riassunzione) riguardasse un procedimento ancora in itinere. Può dunque passarsi all'esame delle domande, poi riproposte dagli appellanti a mezzo di motivi aggiunti, e in parte respinte dal giudice di prime cure. Sull'intervento chirurgico di chiusura della piaga, il Giudice di prime cure ha negato il rimborso assumendo che "la domanda autorizzativa del 28 dic 2018 recava quale trattamento richiesto (solo) "trattamenti riabilitativi" e attribuendo rilevanza al fatto che la richiesta di proroga del 6 marzo 2019 (ndr proveniente dall'Ospedale di Ho.) non "evidenziava una allargamento dell'autorizzazione anche all'intervento chirurgico" mentre quella del 3 luglio 2019 (sempre proveniente dall'Ospedale di Ho.) "evidenziava un lento miglioramento della piaga grazie a un trattamento conservativo". Muovendo da queste premesse, il TAR ha ritenuto corretta la condotta della ASL "la quale giustifica il mancato rimborso con la mancata richiesta di autorizzare il trattamento in questione". Il Collegio è di diverso avviso. Per valutare il perimetro dei trattamenti ammessi, occorre fare riferimento alla relazione clinica dell'Ospedale di Mo. ed alla richiesta di ricovero emessa dall'Ospedale di Ho. in data 27/12/2018, documenti entrambi allegati alla domanda sottoscritta dal procuratore ed alla relazione di accompagnamento della domanda stessa predisposta dallo specialista in neurochirurgia Dott. -OMISSIS-del 22/12/2018. Mettendo a confronto tutti questi documenti emerge chiaro che, sin dalla richiesta di autorizzazione al ricovero all'estero, la domanda prevedeva non solo la pratica dei trattamenti neuroriabilitativi (robotici e convenzionali) riconosciuti dal TAR ma anche il trattamento della piaga da decubito trattamento che, peraltro, era inevitabile (pertanto da ritenersi implicito anche se non espressamente enunciato) dal momento che la piaga impediva l'applicazione efficace ed intensiva degli esoscheletri robotici. In altri termini - come convincentemente sostenuto dagli appellanti - la cura della piaga - foss'anche mediante l'intervento chirurgico - costituiva una condicio sine qua non per ricevere appieno i trattamenti robotici riabilitativi; per cui, di fronte alla constatazione che la piaga purtroppo non guariva con i metodi conservativi, l'opzione chirurgica è stata una scelta logica ed inevitabile, del tutto coerente con il progetto terapeutico rappresentato nella documentazione medica di accompagnamento alla richiesta di ricovero all'estero approvata dall'ASL. E' invece da respingere la domanda di rimborso delle spese al 100%. TAR ha respinto la richiesta di rimborso integrale delle spese sanitarie avanzate ex art. 7 DM 3.11.1989 sulla base della seguente argomentazione: a) "il caso di specie rientra nella disciplina di cui all'art. 2 lett. c) dell'accordo secondo il quale le Regioni riconoscono ai soggetti portatori di handicap individuati dall'art. 3 comma 3 della Legge 104/1992, che necessitano di cure per la neuroriabilitazione, un concorso pari all'80% delle spese di soggiorno qualora si tratti di un nucleo familiare per il quale l'ISEE sia superiore ad Euro 13.000,00"; b) l'indicatore ISEE della ricorrente ammonta ad Euro 69.773,97 e quindi supera la soglia prevista dalle menzionate norme; c) ne segue che "è infondata la richiesta di ottenere ulteriori contributi alle spese sostenute per le cure all'estero... tanto meno nella misura del 100%. Secondo gli appellanti il disposto dell'art. 7 del DM 3.11.1989 espressamente prevede la possibilità di derogare ai criteri di cui all'art. 6 (e, quindi, in pratica di riconoscere un rimborso in misura superiore rispetto alla soglia minima dell'80% delle spese di carattere sanitario sostenute dall'assistito) "qualora le spese che restano a carico dell'assistito siano particolarmente elevate in relazione anche al reddito complessivo del nucleo familiare" (valutazione quindi da operarsi per ogni singolo caso concreto). Il Collegio è diverso avviso. Come osservato dall'ASL, nel caso di specie trova applicazione una normativa specifica. Segnatamente, trattandosi di spese sanitarie per neuroriabilitazione per soggetti portatori di handicap, individuati dall'art. 3, comma 3 della L. n. 104/1992, trova applicazione l'art. 3 del D.P.C.M. 01.12.2000, norma specifica che definisce i criteri per il concorso di spesa da parte delle Regioni per il riconoscimento di ulteriori contributi rispetto a quelli erogati ai sensi dell'art. 6 del D.M. 03.11.1989. L'art. 3 del suddetto DPCM, dispone che: "Le regioni e le province autonome, in attuazione di quanto disposto dall'art. 2, comma 3, riconoscono il concorso alle spese di cura all'estero ai soggetti indicati nello stesso art. 2, attenendosi, con riferimento a quanto previsto dal decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, in ordine alle modalità di calcolo della situazione economica del nucleo familiare di appartenenza, ai seguenti criteri: a. un concorso pari al 100 per cento della spesa rimasta a carico, qualora trattasi di un nucleo familiare per il quale l'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) sia inferiore a 62 milioni; b. un concorso pari all'80 per cento della spesa rimasta a carico, qualora trattasi di un nucleo familiare per il quale l'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) sia inferiore a 100 milioni; c. un concorso pari all'80 per cento delle spese di soggiorno, così come individuate dall'art. 2, comma 1, qualora trattasi di un nucleo familiare per il quale l'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) sia superiore a 100 milioni. Tali criteri sono stati attuati dall'art. 2 della Conferenza Stato Regioni del 06.02.2003. In base all'istruttoria condotta dell'Ufficio Assistenza Estero dell'AUSL, ai sensi del DPCM 01.12.2000 ed alla documentazione prodotta dagli stessi ricorrenti, è emerso che l'ISEE del nucleo familiare della sig.ra -OMISSIS- ammonta ad Euro 69.773,97 e pertanto rientra nella disciplina della lett.c) dell'art. 2 sopra citato. Ai ricorrenti è stato correttamente riconosciuto l'80% delle spese di soggiorno rimaste a loro carico. Quanto, infine, al mancato rimborso delle somme spese per l'acquisto dei macchinari robotici ER. e LO., secondo gli appellanti non sarebbe convincente la motivazione fornita in prime cure, nella misura in cui essa rimarca che "l'acquisto della strumentazione robotica non è stata prescritta dall'Amministrazione", posto che dal momento in cui l'assistenza all'estero è stata autorizzata riconoscendo all'Ospedale di Ho. la capacità a somministratore cure di altissima specializzazione, indirettamente si sarebbe dovuto riconoscere allo stesso anche la competenza a prescrivere il trattamento da proseguire per il periodo successivo alle dimissioni. Il motivo non è fondato. Come chiarito dall'amministrazione, ciò che è stato acquistato dai ricorrenti, ossia gli ausili robotici ER. e LO., non potevano essere né autorizzati né forniti dal SSN perché non contemplati nell'Allegato 5 al DPCM 12 gennaio 2017 (cd nomenclatore degli ausili e protesi). Dunque il rimborso non era ottenibile a prescindere da quale fosse l'amministrazione richiedente. In conclusione l'unico motivo meritevole di accoglimento è quello relativo al rimborso dei costi sostenuti all'estero per l'intervento di chiusura della piaga da decubito. L'appello è invece da respingere per il resto. Avuto riguardo all'esito, il Collegio ravvisa giusti motivi per compensare tra le parti le spese del grado. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in parte motiva e, per l'effetto, in riforma della sentenza gravata, accerta il diritto della sig.ra -OMISSIS-al rimborso delle spese sostenute per l'intervento chirurgico per la chiusura della piaga da decubito. Condanna l'Azienda Usl Toscana Nord Ovest al relativo pagamento in favore degli eredi costituitisi in giudizio. Spese del grado compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all'articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 maggio 2022 con l'intervento dei magistrati: Michele Corradino - Presidente Giulio Veltri - Consigliere, Estensore Giovanni Pescatore - Consigliere Giulia Ferrari - Consigliere Ezio Fedullo - Consigliere

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI CATANIA La Corte di Appello di Catania, seconda sezione civile, composta dai Signori Magistrati: - Dott. Roberto Centaro - Presidente - Dott.ssa Claudia Cottini - Consigliere - Dott. Sergio Florio - Giudice ausiliario-rel.-est. ha emesso la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 284/2021 R.G. promossa da - (...), nato a C. il (...) (C.F. (...) ) e (...), nato a C. il (...) (C.F. (...) ), rappresentati e difesi, per procura in atti, dall'avvocato Va.Ma., elettivamente domiciliati nel suo studio, in Catania, Corso (...) APPELLANTI CONTRO - (...), nato a Catania il (...) (C.F. (...) ), rappresentato e difeso, per procura in atti, dagli avvocati Sa.Di. e Nu.Di., elettivamente domiciliato nel loro studio, in Catania, via (...) APPELLATO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Il Tribunale di Catania, con sentenza non definitiva, n. 1256/2019 pubblicata il 26.3.2019, rigettava la preliminare eccezione di prescrizione svolta dai convenuti e per l'effetto dichiarava che non è prescritto, in capo all'attore, il diritto di accettazione dell'eredità materna e paterna. Con separata ordinanza rimetteva la causa sul ruolo e nominava l'ing. (...), con il mandato di determinare il valore dei due appartamenti caduti in successione, quantificare il conguaglio dovuto dagli altri due coeredi in favore di (...) per l'attribuzione dei due cespiti nonché accertare il valore della fruttificazione, dal 2005, da porre a carico dei coeredi che hanno goduto in via esclusiva dei beni. (...) e (...) riservavano appello. Il Tribunale di Catania, con sentenza definitiva, n. 622/2021 pubblicata il 9.2.2021, dichiarava lo scioglimento della comunione sugli appartamenti in Catania, Corso delle Provincie n. 212, in catasto foglio (...), p.lla (...), piano 5 (sub (...)), valore euro 165.000,00 e piano 5 (sub (...)), valore euro 120.000,00. Per l'effetto assegnava a (...) l'appartamento in catasto f. (...) p.lla (...) sub (...) e a (...) l'appartamento f. (...), p.lla (...) sub (...), previo pagamento all'attore dei conguagli, pari ad euro 55.000,00 a carico di (...) e ad euro 40.000,00 a carico di (...). (...) al pagamento, a titolo di fruttificazione, di euro 83.970,33 (più le mensilità dovute dalla data della relazione a oggi), in favore di (...), e condannava altresì (...) al pagamento, a titolo di fruttificazione, di euro 61.206,23 (più le mensilità dovute dalla data della relazione a oggi) sempre in favore di (...) per un terzo le spese di lite e condannava i convenuti in solido al pagamento dei restanti due terzi in favore della parte attrice, che liquidava in complessivi euro 8.954,00 per compensi ed euro 759,00 per spese oltre rimborso forfettario iva e cpa. Spese di CTU a carico dei convenuti. Avverso dette due sentenze hanno proposto appello (...) e (...) con citazione notificata il 19.2.2021. Si è costituito (...) ed ha chiesto il rigetto dell'appello, con vittoria di spese, per intero, per entrambi i gradi, distratte in favore del difensore. Con ordinanza del 23.4.2021 la Corte ha sospeso, in parte, l'efficacia della sentenza di prime cure, relativamente alla condanna degli appellanti al pagamento della fruttificazione dei beni ereditari. All'udienza del 17.1.2022, svoltasi a trattazione cartolare, venivano depositate note scritte e la causa veniva posta in decisione con assegnazione dei termini per la produzione di comparse conclusionali e memorie di replica. MOTIVI DELLA DECISIONE I primi tre motivi di appello si esaminano congiuntamente, attesa l'evidente connessione, logica e giuridica. Con il primo motivo si deduce l'erroneità della sentenza di primo grado laddove ha ritenuto che costituisse accettazione tacita di eredità l'atto di costituzione di una società e di un comodato. In particolare, la costituzione della società, con indicazione della sede in corso delle Province n.212, era dovuta al fatto che lì vi era lo studio del dott. (...), commercialista, ben conosciuto dall'appellato, dal quale intendeva farsi rappresentare per gli atti della nuova società. Inoltre, al detto indirizzo corrispondono ben 12 appartamenti, 60 stanze in tutto; quindi la circostanza che la sede della società fosse al medesimo indirizzo dei beni ereditari (corso delle Province n. 212) non prova per nulla che si trovasse in uno degli appartamenti oggetto di causa. Né il contratto di costituzione della società avanti al Notaio menziona l'accettazione tacita di eredità, né la costituzione di un contratto di comodato, che invece poteva avvenire dopo la costituzione della società. (...), proseguono gli appellanti, l'iscrizione alla Camera di Commercio della società non vale a legalizzare l'accettazione tacita mai fatta. Né corrisponde al vero che (...), dal gennaio 1999, si recava nella casa per lavorare e per accudire l'infermo padre nelle incombenze, perché questi è deceduto il giorno 2 febbraio 1998. (...), quanto al comodato, sostengono gli appellanti che per la relativa prova sarebbe stato sufficiente chiamare a testimoniare il socio amministratore della società, (...). Inoltre, nessun documento è stato prodotto che potesse dimostrare l'esistenza di un ufficio, quali le fatture di una utenza telefonica o di energia elettrica, indispensabile attesa l'attività pretesamente svolta, relativa alla programmazione di computer. Né vale ad acquisire la qualità di erede la richiesta di una copia della denunzia di successione, perché non è sufficiente indicare "erede" nella relativa istanza. Con il secondo motivo di appello si deduce l'erroneità della sentenza di primo grado laddove ha ritenuto che costituisse accettazione tacita di eredità la ripartizione delle somme ricavate dalla vendita di buoni fruttiferi. Il giudice non ha tenuto in considerazione che era il padre delle parti che deteneva i buoni fruttiferi in oggetto, il medesimo li aveva dati a (...) "incaricandolo" di consegnarli al consuocero perché li custodisse; maturato il termine di pagamento, li ritirò, li mise all'incasso e divise il denaro in parti uguali ai tre figli. Quindi, a mente degli appellanti, sarebbe stato solo il padre ad operare una "gestione dell'eredità" e (...), senza l'ordine del padre, non avrebbe potuto, sua sponte, neppure acquisire la quota ereditaria della madre, perché non era erede. (...), la pulizia delle scale, di cui si occupò la controparte, costituisce un atto di amministrazione che rientra fra quelli che il chiamato può compiere senza diventare erede; lo stesso per le spese funerarie. Con il terzo motivo di appello si deduce l'erroneità della sentenza di primo grado laddove ha ritenuto che costituisse accettazione tacita di eredità il pagamento con denaro proprio di un debito dell'eredità. Specificano gli appellanti che chi paga un debito dell'eredità con denaro proprio, nel caso di specie la restituzione all'INPS di un rateo di pensione del padre, pagato per un periodo successivo al decesso, non diviene erede, a mente della Cassazione, perché ciò costituisce solo adempimento di un debito altrui, ex art. 1180 c.c.. I motivi sono infondati. In primo luogo emerge dalla certificazione notarile ventennale del notaio (...), del 12.2.2015, in atti, che tutte le parti hanno accettato tacitamente l'eredità materna, con atto trascritto a loro favore il 30.7.2014 ai n.ri 29220/21279. Inoltre, non è contestato che tutte le parti si divisero una parte del denaro liquidato alla morte della madre, di cui la medesima era titolare per la metà, trovandosi i genitori in regime di comunione legale dei beni, come emerge in atti. Siffatto comportamento è incompatibile con la volontà di rinunciare, bensì comporta la volontà di accettare l'eredità (Cass. VI, 01/03/2021, n.5569; II, 28/10/2020, n. 23737; VI, 06/03/2018, n.5247). (...), gli odierni appellanti riconobbero pienamente la qualità di erede dell'appellato con le due lettere, del 19 e 28.2.2014, con le quali uno dei germani si dichiarò pronto a versare il corrispettivo locativo dell'immobile e l'altro affermò che non era in grado di farlo per motivi economici, ma che vi avrebbe provveduto in futuro. Inoltre, in dette due lettere, i germani scrissero al difensore dell'appellato che essi erano pronti alla divisione dei due appartamenti, possibilmente bonaria. (...), nell'atto di permuta delle quote degli appartamenti, gli appellanti dichiarano pacificamente, in più parti, che il rimanente terzo è di proprietà del fratello (...), riconoscendogli la qualità di erede. Quanto all'eredità paterna, la cui successione si è aperta quasi quattro anni dopo quella della madre, gli odierni appellanti hanno ammesso, con l'interrogatorio formale, che il pagamento di tasse ed imposte della successione, ivi compresa quella relativa alla voltura degli immobili, avvenne con i soldi giacenti sul conto corrente del padre, cointestato in particolare per la cogestione, all'odierno appellato, sul quale confluivano i ratei di pensione del padre. Ciò, in collaborazione tra tutti i germani (...) e, in particolare, con il germano (...), che lavorava presso uno studio notarile e quindi era a conoscenza della prassi in materia. Al riguardo, osserva la Corte che la voltura dei beni ereditari, di cui vi è prova in atti attraverso la relativa documentazione catastale, effettuata di comune accordo tra le parti, nell'evidente interesse di tutti i coeredi, come è nel caso di specie (e con utilizzazione di denaro di chiara provenienza ereditaria) comporta accettazione di eredità (ex multis, Cass. VI, 30/04/2021, n. 11478; 22/01/2020, n. 1438). Analogo discorso vale per la restituzione del rateo INPS indebitamente corrisposto al padre V.(...) dopo il suo decesso, obiettivamente pagato con denaro ereditario giacente sul predetto conto corrente, coerentemente alla nota giurisprudenza sul punto in materia di atti dispositivi dell'eredità. (...), osserva la Corte, emerge chiaramente dagli atti che l'odierno appellato è stato, almeno per un periodo, nel possesso dei due beni ereditari, in particolare di uno degli appartamenti, comunicante con l'altro, poi lasciati liberi e sgombri in favore dei germani, che ebbero a separarsi dalle rispettive mogli. In mancanza di redazione di inventario, dunque, l'appellato deve essere considerato erede puro e semplice (tra molte, Cass, III, 11/05/2021, n.12437). (...), risulta dalla documentazione in atti che (...) ha pagato regolarmente le imposte e le tasse (IRPEF ed ICI) per molti anni, assumendo dunque un comportamento consono all'accettazione dell'eredità (Cass., II, 28/10/2020, n. 23737; VI, 06/03/2018, n.5247). I primi tre motivi di appello devono, quindi, essere rigettati. Con il quarto motivo di appello si deduce l'erroneità della sentenza di primo grado laddove ha condannato due dei germani (...) al pagamento della fruttificazione in favore del terzo. In primo luogo, deducono gli appellanti che le somme liquidate sono eccessive, in quanto il CTU, a p. 16 del suo elaborato, ha precisato che la fruttificazione dovuta al coerede (...) è pari ad un terzo di euro 83.970,33 ed euro 61.206,23. Ma, ancor prima, si deduce che deve essere tenuto conto che nulla è dovuto alla controparte, in quanto, per sua esplicita ammissione "i tre fratelli concordarono che gli occupanti (...) e (...), in compensazione del loro utilizzo e del mancato godimento da parte di (...), avrebbero pagato la sua quota di tutti gli oneri condominiali", come scritto a pag. 4 della memoria ex art. 183/6 n.2 c.p.c., depositata dall'attore il data 30/05/2015 e come ribadito dalla teste (...) (moglie di (...)) alla udienza del giorno 16/05/2017 Poiché la richiesta del pagamento delle somme a titolo di fruttificazione è stata formulata con atto depositato il giorno 21/04/2015, in seno alla memoria ex art. 183, comma 6 n. 1, ritengono gli appellanti che essa doveva ritenersi superata e revocata dalla successiva sopra trascritta dichiarazione di accordo con riguardo alle posizioni dei convenuti, atteso l'insanabile contrasto logico. In subordinata ipotesi, trattandosi di somme di denaro mai richieste prima del giorno 21/04/2015, esse andavano liquidate dalla data della domanda e non dalla data richiesta da controparte. In ogni caso, gli appellanti eccepiscono la prescrizione in relazione alle somme relative a data antecedente i 5 anni dalla richiesta. Inoltre, si assume che le eventuali somme devono essere compensate con quelle dovute dall'appellato per spese condominiali, gravate interamente sugli odierni appellanti, depositate in giudizio, e certificate dal dott. (...), nella qualità di amministratore del condominio. Tali spese ammontano a un totale (anni 2007-2019) di euro 39.071,90, e pertanto un terzo, pari a euro 13.023,96, dovrebbe rimanere a carico dell'appellato. Il motivo è, in parte, fondato. Come si legge alle pp. 3 e 4 della memoria di cui all'art. 183, c. 6, n. 2, c.p.c., depositata in prime cure da (...), la residenza dei germani (...) e (...) avvenne con il suo consenso, anche per spirito di solidarietà, in quanto questi ultimi si erano separati dalle mogli ed erano privi di abitazione, mentre (...) abitava in alloggio di proprietà della moglie. I germani concordarono che gli occupanti (...) e (...) pagassero tutti gli oneri condominiali e tutte le spese concernenti il loro utilizzo, mentre ciascuno dei germani avrebbe pagato imposte e tasse in proporzione alla rispettiva quota di proprietà. Detto accordo tra i germani è stato confermato dalla teste (...), moglie di (...), per averla appresa personalmente "in quanto mi è capitato di vivere in via diretta la situazione". Sussiste dunque un titolo per il godimento, esclusivo, dei due coeredi sui due appartamenti (Cass., II, 14/01/2014 n.640; 05/09/2013 n.20394; 06/04/2011 n.7881). Tuttavia, osserva la Corte, con la lettera del 4.2.2014, l'odierno appellato, a ministero del suo difensore, ha chiesto il pagamento dei frutti civili, esplicitamente "a far data da questo mese di febbraio 2014", mostrando di voler recedere dall'accordo verbale in precedenza intercorso con i due germani. A siffatta richiesta, come accennato sopra sotto diverso profilo, i germani (...) e (...) si sono mostrati disponibili, per iscritto, al pagamento a (...) di una somma corrispondente al godimento dell'appartamento relativamente al terzo di proprietà di quest'ultimo (vedi lettere del 19 e 28.2.2014). Quindi, osserva questa Corte, la fruttificazione è dovuta con decorrenza dalla richiesta di (...), quindi dal mese di febbraio del 2014, fino al mese di marzo del 2022, sempre coerentemente alla giurisprudenza in materia (Cass., 17/04/2019, n.10761; 09/02/2015 n. 2423; 21/12/2011 n.28025). Al fine della quantificazione, la Corte utilizza il conteggio esposto alle pp. 14 e 15 della CTU esperita in primo grado, a firma dell'ing. (...) (...), cui la Corte ha aggiunto il calcolo relativo ai mesi compresi tra ottobre dell'anno 2019 e marzo dell'anno 2022. Il complesso dovuto, tenuto conto sia della decurtazione per spese (30%), come si legge in CTU ed invocato da parte appellante, che della quota di proprietà dell'appellato, pari ad un terzo, ammonta ad euro complessivi 13.927,80 per l'appartamento distinto con il subalterno 13, occupato da (...) e ad euro complessivi 9.727,75 per l'appartamento distinto con il subalterno (...), occupato da (...). Alla sorte capitale si aggiungono gli interessi, nella misura di legge, dalle singole scadenze al soddisfo. Con il quinto motivo di gravame si deduce l'erroneità della sentenza di primo grado laddove ha condannato gli appellanti al pagamento delle spese di CTU. Invero, gli appellanti sostengono di non essersi opposti alla divisione e che la CTU era, in ogni caso, necessaria nell'interesse di tutte le parti. Questo motivo rimane assorbito dalla complessiva regolazione delle spese dei due gradi di giudizio, che segue. Al riguardo, tenuto conto di taluni profili di complessità della vicenda, relativa a due successioni, dei principi di globalità e soccombenza, degli esiti, del comportamento processuale delle parti, la Corte ritiene equo compensare le spese nella misura di due terzi e porre il rimanente terzo a favore di (...), ed a carico, in solido, di (...) e (...). Le spese del secondo grado di giudizio sono distratte in favore dei difensori di (...), avvocati (...) e (...), che ne hanno fatto rituale richiesta. I compensi difensivi si determinano ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, poiché l'attività difensiva si è esaurita nella sua vigenza, valore di causa tra euro 52.001,00 ed euro 260.000,00, importi medi, in ragione dell'attività svolta. Pertanto, le spese di giudizio del primo grado si liquidano, nella misura sopra specificata, in complessivi euro 4.751,66, di cui euro 275,00 per esborsi, euro 810,00 per la fase di studio, euro 516,66 per la fase introduttiva, euro 1.800,00 per la fase istruttoria ed euro 1.350,00 per quella decisionale e, per il secondo grado, in complessivi euro 3.171,66, di cui euro 945,00 per la fase di studio, euro 606,66 per la fase introduttiva ed euro 1.620,00 per quella decisionale, oltre il rimborso per spese generali (15%), CPA ed IVA come per legge per i due gradi di giudizio. Spese di CTU a carico, in solido, di tutte le parti. P.Q.M. la Corte, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 284/2021, accoglie, nei limiti di cui in parte motiva, l'appello proposto da (...) e (...) avverso le sentenze del Tribunale di Catania, non definitiva, n. 1256/2019 pubblicata il 26.3.2019, e definitiva, n. 622/2021 pubblicata il 9.2.2021 e, per l'effetto così dispone; 1) condanna (...) a pagare a (...) euro 13.927,80, oltre interessi di legge come in parte motiva; 2) condanna (...) a pagare a (...) euro 9.727,75, oltre interessi di legge come in parte motiva. Rigetta per il resto. Compensa per due terzi le spese di lite dei due gradi di giudizio e condanna in solido (...) e (...), al pagamento del rimanente terzo a favore di (...), pari a complessivi euro 4.751,66 per il primo grado ed a complessivi euro 3.171,66 per il secondo, oltre il rimborso per spese generali (15%), CPA ed IVA come per legge per entrambi i gradi. Distrae le spese del secondo grado di giudizio a favore degli avvocati (...) e (...). Spese di CTU a carico, in solido, di tutte le parti. Così deciso in Catania il 25 marzo 2022. Depositata in Cancelleria il 15 aprile 2022.

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