Sentenze recenti superbonus 110

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Bergamo, Sezione Quarta Civile, in persona del Giudice Unico dott. Cesare Massetti, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile n. 1164/2022 del Ruolo Generale promossa con atto di citazione ritualmente notificato e posta in decisione all'udienza del 28 marzo 2023 da (...), rappresentata e difesa dall'Avv.to (...) del Foro di Bergamo, procuratore anche domiciliatario, giusta procura speciale alla lite allegata all'atto introduttivo del giudizio ATTRICE contro CONDOMINIO (...), in persona dell'amministratore Studio (...) s.r.l., rappresentato e difeso dall'Avv.to (...) del Foro di Bergamo, procuratore anche domiciliatario, giusta procura speciale alla lite allegata alla comparsa di costituzione e di risposta CONVENUTO In punto: impugnazione di deliberazione dell'assemblea di condominio. CONCLUSIONI Dell'attrice Come in foglio inviato per via telematica. Del convenuto Come in foglio inviato per via telematica. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato (...) conveniva in giudizio avanti l'intestato Tribunale il Condominio (...), impugnando le deliberazioni dell'assemblea in data 14 aprile 2021 e 14 luglio 2021 per i seguenti motivi: 1) mancanza di corretta informativa ai condomini, assoluta indeterminatezza dell'ordine del giorno, omessa delibera circa la natura e la tipologia degli interventi da eseguire, delibera su oggetto inesistente e/o non indicato nell'ordine del giorno, inammissibile delega a terzi soggetti circa l'individuazione degli interventi da realizzare, mancata specificazione analitica dei soggetti incaricati (violazione dell'art. 66 att. c.c.); 2) innovazioni voluttuarie vietate; 3) mancata esplicitazione del criterio di riparto della spesa ovvero, in subordine, approvazione a maggioranza di un criterio di riparto della spesa difforme da quello legale; 3) delibera 14.4.2021: nullità/annullabilità per avvenuta partecipazione di soggetto estraneo non autorizzato; 4) delibera 14.7.2021: mancata costituzione del fondo obbligatorio ex art. 1135 co. 1 n. 4 c.c... Chiedeva, pertanto, la declaratoria di nullità e/o l'annullamento delle suddette deliberazioni. Costituendosi in giudizio il Condominio (...) contestava in toto gli assunti avversari. Si opponeva, pertanto, all'accoglimento della domanda. Concessa la sospensiva, la causa non veniva, poi, istruita. Precisate le conclusioni come in epigrafe riportate, all'udienza del 28 marzo 2023 passava in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE Va premesso che: - l'assemblea del 14 aprile 2021 (doc.4 attrice) ha deliberato di incaricare il geom. (...) a presentare un'offerta da parte della soc. di (...) per lo sbrigo delle indagini preliminari che in linea di massima si aggireranno a circa Euro 600/700 oltre cassa ed iva di legge per ogni unità immobiliare. Tale assemblea era stata convocata (doc. 3 attrice) per esame preventivi e delibera incarico per la stesura del progetto esecutivo e per tutte le pratiche necessarie per l'accesso da parte del condominio alle detrazioni fiscali di cui al decreto legge 19 maggio 2020 n. 34 (superbonus 110%); - l'assemblea del 14 luglio 2021 (doc.6 attrice) ha deliberato di incaricare il geom. (...) per lo sbrigo delle indagini preliminari e la stesura della diagnosi di fattibilità al costo di circa Euro 600/700 oltre cassa ed iva di legge per ogni unità immobiliare. Tale assemblea era stata convocata (doc. 5 attrice) per esame e delibera per incarico circa la stesura della diagnosi di fattibilità e per tutte le pratiche necessarie per l'accesso da parte del condominio alle detrazioni fiscali di cui al decreto legge 19 maggio 2020 n. 34 (superbonus 110%). Ciò premesso, la domanda è fondata. In ordine alla prima assemblea, quella del 14 aprile 2021, la deliberazione è nulla sotto due profili: 1) mancanza di elementi essenziali; 2) mancata costituzione del fondo speciale obbligatorio. La mancanza di elementi essenziali produce la nullità della deliberazione (Cass. S.U. n. 9839/2021: "In tema di condominio degli edifici, l'azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell'art. 1137 c.c., come modificato dall'art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un'estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell'oggetto in senso materiale o giuridico - quest'ultima da valutarsi in relazione al "difetto assoluto di attribuzioni" -, contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all'"ordine pubblico" o al "buon costume". Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137, comma 2, c.c.". Conforme Cass. n. 4806/2005). Nella fattispecie concreta detta mancanza è dovuta al fatto che il (...) non viene individuato (la scelta è stata inammissibilmente demandata allo stesso geom. (...)) nonché al fatto che il concetto di "sbrigo delle indagini preliminari" è assolutamente generico e indeterminato. La deliberazione de qua non è meramente programmatica, ma ha un contenuto decisorio, giacché viene dato incarico ad un professionista e viene previsto un esborso di spesa per i condomini, sia pure approssimativo ("circa"). Pertanto, la stessa è senz'altro "impegnativa" per il condominio. Di qui, tra l'altro, la sussistenza dell'interesse ad agire (Cass. n. 6128/2017: "Il condomino che intenda impugnare una delibera dell'assemblea, per l'assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese, deve allegare e dimostrare di avervi interesse, il quale presuppone la derivazione dalla detta deliberazione di un apprezzabile pregiudizio personale, in termini di mutamento della sua posizione patrimoniale"). Giusto o sbagliato che sia, un importo di spesa è stato previsto, ed è sicuro che, aggirandosi sugli Euro 600,00=/700,00=, incida sulla situazione economica del condomino. La mancata costituzione del fondo speciale obbligatorio altrettanto produce la nullità della deliberazione (Cass. n. 16953/2022: "In tema di condominio, l'art. 1135, comma 1, n. 4, c.c., imponendo l'allestimento anticipato del fondo speciale di importo pari all'ammontare dei lavori, configura una ulteriore condizione di validità della delibera di approvazione delle opere di manutenzione straordinaria dell'edificio; è, dunque, dal testo di tale deliberazione assembleare che deve necessariamente emergere il prezzo dei lavori, al cui importo occorre che equivalga quello del fondo speciale nella prima ipotesi di cui all'art. 1135, comma 1, n. 4, c.c., non potendo, viceversa, trarsi implicitamente dall'importo del fondo in concreto costituito quale sia l'ammontare delle spese necessarie". Conforme Cass. n. 9388/2023). Ratio della norma di cui all'art. 1135 co. 1 n. 4 c.c. è quella di garantire sia il terzo creditore, sia i condomini virtuosi. Infatti, la costituzione di una provvista scongiura il rischio che i condomini virtuosi debbano sostenere la spesa anche per quelli morosi. Si tratta, dunque, di una norma imperativa. Nella fattispecie concreta il fondo non è stato istituito, nè dal punto di vista materiale, nè dal punto di vista meramente contabile. La tesi del Condominio, secondo cui la costituzione del fondo speciale obbligatorio non era necessaria perché nessun contratto di appalto è stato presentato e/o stipulato, non è condivisibile. Infatti, il fondo va costituito anche per gli steps preliminari al contratto di appalto, se ed in quanto comportino una spesa, come è nel caso di specie. Tanto più che non è detto che lo "sbrigo delle indagini preliminari" avrebbe, poi, necessariamente condotto alla stipula di un contratto d'appalto. A nulla evidentemente rileva il fatto che il geom. (...) fin qui non abbia chiesto alcun compenso. Infatti, se egli avesse svolto l'attività per cui era stato conferito l'incarico, prima o poi avrebbe dovuto essere pagato. Dall'analisi del testo della deliberazione non si evince affatto quanto si legge nella comparsa conclusionale del convenuto, ossia che l'attività sarebbe stata prestata a titolo gratuito, laddove il Condominio avesse deciso di non procedere con i lavori (p. 3: "Inutile dire che nel caso in cui lo studio di fattibilità non fosse stato confermato, nessuna spesa, così, sarebbe stata addebitata al Condominio"). Al contrario vi è un incarico e vi è una spesa. Meno che meno può avere importanza, al fine del vaglio circa la validità della deliberazione, il successivo proposito del tecnico di non chiedere nulla al Condominio "per l'attività svolta fino ad ora" (doc. 2 convenuto). Infatti, l'obbligatorietà della costituzione del fondo non può essere valutata ex post. A nulla infine rileva la circostanza che non sia stato effettuato un riparto. Infatti, la spesa è stata - sia pure erroneamente -deliberata, per unità anziché per millesimi, ragione per cui un ulteriore riparto, secondo il modus procedendi operato, non era affatto necessario. In ordine alla seconda assemblea, quella del 14 luglio 2021, la deliberazione è nulla sotto il profilo della mancata costituzione del fondo speciale obbligatorio. Sul punto è sufficiente il rinvio alle considerazioni illustrate in ordine alla precedente deliberazione. S'aggiunge soltanto che la nullità qui è ancora più evidente, dato che l'assemblea ha deliberato, oltre allo "sbrigo delle indagini preliminari', anche la "stesura della diagnosi di fattibilità', sempre a titolo oneroso. Di qui, in forza del principio della ragione più liquida, la declaratoria di nullità di entrambe le deliberazioni. Le spese di mediazione e di lite seguono la soccombenza e possono liquidarsi in complessivi Euro 3.887,00= (di cui Euro 500,00= per le mediazioni ed Euro 3.387,00= per la lite), oltre ad anticipazioni documentate (contributo unificato, marca da bollo, spese di notifica), a spese generali nella misura del 15 %, ad iva e cpa e alle successive occorrende. La causa non necessita di alcuna istruttoria orale, in quanto le circostanze rilevanti ai fini della decisione sono tutte documentali. P.Q.M. Il Tribunale, ogni diversa istanza eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando: - dichiara la nullità delle deliberazioni assembleari impugnate; - condanna il convenuto a rifondere all'attrice le spese di lite e di mediazione, liquidate in complessivi Euro 3.887,00= (di cui Euro 500,00= per le mediazioni ed Euro 3.387,00= per la lite), oltre ad anticipazioni documentate (contributo unificato, marca da bollo, spese di notifica), a spese generali nella misura del 15%, ad iva e cpa e alle successive occorrende. Così deciso in Bergamo il 22 giugno 2023. Depositata in Cancelleria il 22 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice del Tribunale di Monza - 2A Sezione civile - dott. Nicola Greco ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa N. 3175/2021 R.G. promossa da (...) Società in Accomandita Semplice (C.F.: (...)- P. IVA: (...)), con i proc. dom. Avv.ti (...), Monza - parte attrice - contro Condominio (...) (C.F.: (...)), sito in (...), Brugherio, con il proc. dom. Avv.to (...), Biassono - parte convenuta - OGGETTO: condominio; impugnazione deliberazioni assembleari. All'udienza del 23.2.2023, i procuratori delle parti hanno precisato le conclusioni come da fogli già depositati a PCT del seguente tenore. Per parte attrice: Voglia l'On. Tribunale di Monza adito, in persona del Giudice Unico designato, respinta ogni eventuale contraria azione, domanda, istanza, deduzione, eccezione, e comunque contrariis rejectis, in totale accoglimento di quanto dedotto, in fatto ed in diritto, ed altresì documentato, nel presente atto di citazione, così statuire: Nel merito In via preliminare: - sospendere l'efficacia esecutiva della delibera condominiale del 15.03.2021 di cui al punto 1 con cui è stata votata a maggioranza la redazione del progetto definitivo da valutare e che contemplerà le voci di spesa dei singoli interventi e le ulteriori opere che non rientreranno nel Superbonus 110% ma saranno soggette a cessione del 50%, e/o della delibera condominiale del 15.03.2021 di cui al punto 1 con cui è stata nominata una commissione lavori e/o della delibera condominiale del 15.03.2021 di cui al punto 2 con cui è stato approvato il consuntivo e il relativo riparto; In via principale: - per tutti i motivi di cui in narrativa, accertare e dichiarare la nullità e/o annullare la delibera condominiale del 15.03.2021 di cui al punto 1 con cui è stata votata a maggioranza la redazione del progetto definitivo da valutare e che contemplerà le voci di spesa dei singoli interventi e le ulteriori opere che non rientreranno nel Superbonus 110% ma saranno soggette a cessione del 50%, e/o la delibera condominiale del 15.03.2021 di cui al punto 1 con cui è stata nominata una commissione lavori, e/o la delibera condominiale del 15.03.2021 di cui al punto 2 con cui è stato approvato il consuntivo e il relativo riparto e comunque tutto quanto deliberato di cui al punto 1, e per l'effetto dichiarare nulli e/o comunque privi di efficacia e/o annullare tutti gli atti/contratti a dette delibere conseguenti e/o derivati. In via istruttoria: .... omissis .... (cfr. foglio pc depositato a PCT) In ogni caso Con rifusione di spese, compensi, e accessori come per legge, ivi compreso il rimborso forfettario delle spese generali e salvo in ogni caso gravame. Per parte convenuta: IN VIA PRELIMINARE NEL RITO E/O PREGIUDIZIALE 1.a) accertare e dichiarare l'avvenuta cessazione della materia del contendere in merito alla delibera al punto 1 del 15.03.21 stante la revoca della stessa con la successiva delibera del 07.06.21 (doc. 11-12); 1.b) non sospendere la delibera al punto 2 del 15.03.2021 qui impugnato tenuto conto che (...) non ha provato quale sarebbe il pregiudizio da lei subito e patito dal momento che nel bilancio consuntivo 2019/2020 e riparto non è contenuta alcuna spesa relativa al Bonus 110% (doc. 15) (circostanza di cui la (...) è ben consapevole pag. 12 e 16 citazione) e non esiste alcun contratto di incarico di progettazione relativo a Ecobonus-Sismabonus 110%, e che pertanto non sussiste alcun motivo, né errore, né pregiudizio economico/patrimoniale, né fumus boni iuris, né periculum in mora, né altro che giustifichi un provvedimento di tal fatta soprattutto se si considera che l'assemblea ha correttamente deliberato secondo la propria volontà rispettando quanto stabilito dalla legge anche relativamente all'indicazione dei nominativi dei condomini delle votazioni 1.c) si eccepisce la carenza di interesse ad agire in capo all'attrice in relazione all'impugnativa in oggetto mancando qualsivoglia danno e/o pregiudizio nonché per tutti i motivi indicati in narrativa, si chiede dichiararsi l'inammissibilità e l'improcedibilità della domanda, con conseguente condanna dell'attrice al pagamento delle spese di lite a favore del Condominio odierno convenuto. NEL MERITO IN VIA PRINCIPALE Nella denegata e non creduta ipotesi in cui l'adito Tribunale dovesse ritenere di non accogliere anche solo una delle predette eccezioni sia in via processuale sia in via preliminare, si insiste affinché Voglia: 2.a) accertare e dichiarare al fine della soccombenza virtuale che, a prescindere dalla successiva intervenuta revoca del 07.06.21 (doc. 11-12), la delibera al punto 1 del 15.03.21 aveva natura programmatica e/o preparatoria e/o interlocutoria, in quanto non ha deciso nulla, non ha deliberato alcunché, non ha creato alcun immediato pregiudizio/obbligazione/lesione a carico dell'attrice non ha violato alcun disposto legislativo/normativo, non ha fatto sorgere alcuna obbligazione e/o pregiudizio e/o lesione e/o spesa e nulla è stato imputato a titolo di spesa e/o onere condominiale in capo all'attrice (...), la quale non indica/spiega/prova quale norma sarebbe stata violata e quale pregiudizio economico/patrimoniale avrebbe subito dal momento che nel bilancio consuntivo 2019/2020 e riparto non è contenuta alcuna spesa relativa al Bonus 110% (doc. 15); 2.b) accertare e dichiarare al fine della soccombenza virtuale che, a prescindere dalla successiva intervenuta revoca del 07.06.21 (doc. 11-12), la delibera al punto 1 del 15.03.21 non è impugnabile in quanto, avendo natura programmatica e/o preparatoria e/o interlocutoria, non ha avuto esecuzione, e come tale non ha stabilito l'addebito di alcun costo ai condomini e quindi non ha causato alcun pregiudizio economico/patrimoniale a carico dell'attrice; 2.c) accertare e dichiarare che la delibera punto 1 del 15.03.21 non ha stabilito l'addebito di alcuna spesa/costo privato in capo al(...) e nessuna voce di spesa relativa a Ecobonus-Sismabonus è stata deliberata ed inserita né nel bilancio consuntivo 2019/2020 e nemmeno nel bilancio preventivo 2020/2021 (doc. 15), circostanza questa riconosciuta dall'attrice a pag. 12 e 16 dell'atto di citazione, 2.d) accertare e dichiarare che l'attrice non ha impugnato alcuna voce di spesa (né nel bilancio consuntivo 2019/2020 né nel preventivo 2020/2021) e non ha dimostrato il concreto pregiudizio economico/patrimoniale che la delibera punto 1 del 15.03.21 le ha provocato, considerato che al momento dell'impugnativa la predetta delibera non era ancora stata revocata (revoca del 07.06.21 doc. 11-12); 2.e) accertare e dichiarare che, a riprova della natura programmatica della delibera punto 1 del 15.03.21, l'intervenuta revoca di detta delibera non ha comportato alcuna modifica né al bilancio consuntivo 2019/2020 né al bilancio preventivo 2020/2021 (doc. 15); 2.f) accertare e dichiarare che l'attrice si è limitata ad impugnare la delibera punto 2 del 15.3.21 ma nulla ha eccepito e non ha impugnato il bilancio consuntivo 2019/2020+riparto (doc. 15); 2.g) accertare e dichiarare che nel verbale del 15.03.21 è correttamente inserito elenco dei condomini presenti e dei loro millesimi (n. 47 per complessivi 709,13 mill.), pertanto la delibera punto 2 del 15.3.21 è stata assunta con la corretta verbalizzazione della votazione con espressa indicazione nominativa/individuazione dell'unico condomino contrario (...); 2.h) accertare e dichiarare che l'attrice non ha provato l'esistenza di alcun contratto di conferimento di incarico per la redazione del progetto definitivo Ecobonus-Sismabonus 110% e non ha provato di aver subito alcun pregiudizio economico/patrimoniale a causa della delibera punto 2 del 15.3.21; 2.i) accertare e dichiarare che la delibera punto 2 del 15.3.21 qui impugnata nel giudizio de quo è legittima, valida ed efficace, per i motivi esposti in narrativa e qui richiamati per relationem e per l'effetto dichiarare inammissibile e/o improcedibile e/o infondata l'impugnativa per tutte le ragioni sopra esposte, rigettando tutte le domande attoree, nessuna esclusa in quanto infondate sia in fatto sia in diritto, stante la natura programmatica della delibera punto 1 del 15.03.21, confermata dal fatto che la sua intervenuta revoca non ha comportato alcuna modifica al bilancio consuntivo 2019/2020 (doc. 15) in quanto non aveva stabilito l'addebito di alcun costo in capo alla (...) per il Bonus 110%, confermando la validità della delibera assembleare punto 2 del 15.03.21 legittimamente assunta con corretta indicazione ed individuazione dei condomini votanti. IN OGNI CASO: condannare: l'attrice al risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 96 c.p.c. per aver intentato un procedimento nei confronti del Condominio (...), carente di ogni minima aspettativa di riuscita sia proceduralmente, sia in relazione alle argomentazioni di diritto che alle prove addotte, così come sopra ampiamente argomentato, stante la natura programmatica della delibera punto 1 del 15.03.21 (poi revocata), e relativamente alla delibera punto 2 del 15.3.21 stante la corretta indicazione nominativa/individuazione dei condomini votanti nella verbalizzazione della votazione e la carenza di qualsivoglia pregiudizio economico a carico dell'attrice. Con vittoria di spese e compensi professionali, oltre CPA ed IVA, oltre rimborso forfettario come per legge del presente procedimento, anche in considerazione della soccombenza virtuale. FATTO E DIRITTO Con atto di citazione del 13.4.2021, notificato a mezzo PEC in pari data, la società (...) di (...) Società in Accomandita Semplice (nel prosieguo, per brevità, (...) Sas) ha convenuto in giudizio il Condominio (...), sito in Viale (...), Brugherio (nel prosieguo, per brevità, Condominio) alla volta della dichiarazione di nullità e/o dell'annullamento delle delibere assembleari 15 marzo 2021, punti nn. 1 e 2 o.d.g.; vinte le spese di lite. Costituitosi in giudizio, il Condominio ha contestato la fondatezza, in fatto in diritto, delle pretese azionate da (...) Sas, concludendo nei termini di cui alle pagg.19-21 della comparsa di costituzione e risposta. Assegnati i termini per depositare le memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c. (cfr. provvedimento 27.1.2022); provveduto in merito all'istanza di sospensiva delle deliberazioni impugnate e respinte le istanze istruttorie articolate dalle difese delle parti (cfr. ordinanza riservata del 17.10.2022, da intendersi qui trascritta e confermata); precisate le conclusioni dai procuratori delle parti come da fogli depositati a PCT (cfr. verbale udienza 23.2.2023); la causa è passata in decisione, assegnati i termini per depositare le comparse conclusionali (24.4.2023) e le memorie di replica (15.5.2023). Si premette che: i) difese, eccezioni ed argomentazioni delle parti saranno esaminate per quanto strettamente necessario nella prospettiva della motivazione di questa sentenza, applicato il principio "della ragione più liquida" (cfr. Cass., Sez. 5, Sent. n. 11458 dell'11.5.2018); ii) le circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione sono esclusivamente quelle allegate entro il termine fissato dalla legge processuale per la maturazione in capo alle parti delle preclusioni assertive aventi ad oggetto gli elementi costitutivi delle pretese azionate in causa (vale a dire, entro il termine previsto per il deposito della memoria ex art. 183, comma 6, n.1, c.p.c.), inammissibili - perché tardive - deduzioni successive al termine de quo (cfr. Cass., Sez. 3, Sent. n. 7270 del 18.3.2008); senza che neppure rilevi il fatto che le circostanze non specificatamente allegate siano, in tesi, evincibili dai documenti già prodotti (quanto al rapporto tra deduzione e produzione documentale, cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7115 del 21.3.2013; cfr. altresì, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 30607 del 27.11.2018, nonché Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 11103 del 10.6.2020). (...) Sas ha impugnato le delibere assembleari 15.3.2021 con riferimento ai punti nn. 1 e 2 dell'o.d.g.. In relazione al punto n. 1 cit. è pacifico tra le parti che l'assemblea del Condominio - in data 7.6.2021 - ha revocato la delibera de qua, cosicché è del pari pacifico che - quanto a detto punto all'o.d.g. - è cessata la materia del contendere (cfr. pagg. 1-2 della memoria ex art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c. (...) Sas e pag. 19 conclusioni 1.a "in via preliminare nel rito e/o pregiudiziali" della comparsa di costituzione e risposta del Condominio). Tuttavia, anche su tale punto dell'o.d.g., le difese delle parti hanno continuato a dibattere e ciò nella prospettiva della disciplina delle spese di lite secondo il principio della soccombenza virtuale. In base alla tesi sostenuta dal Condominio la delibera di cui al n. 1 o.d.g. cit. non sarebbe impugnabile, avendo carattere meramente "programmatico", con conseguente difetto di interesse ad agire in capo alla società attrice (cfr. pagg. 4 e ss. della comparsa di costituzione e risposta). La natura "programmatica" non trova riscontro nel tenore della deliberazione obiettivamente attestata dal verbale riversato tra la documentazione di causa. Infatti, risultando dal verbale che "l'assemblea a maggioranza dei presenti con mill. 471,08 .... risulta favorevole alla redazione del progetto definitivo che verrà valutato e dovrà contemplare tutte le voci di spesa dei singoli interventi e le ulteriori opere che non rientreranno nel Superbonus 110% ma saranno soggette a cessione del 50%", non sembra potersi dubitare che l'organo assembleare abbia deliberato nel senso della redazione del "progetto definitivo" e tanto è sufficiente a fondare l'interesse ad agire di (...) Sas; tenendo pure presente che il soggetto intervenuto in assemblea per illustrare ai condomini i termini dell'intervento di ristrutturazione incentivato al 110% e/o al 50% ha tenuto a precisare che "qualora una volta redatto il progetto/computo metrico estimativo definitivo il condominio, per qualsivoglia motivo dovesse deliberare di non procedere alle opere, sarà tenuto al pagamento del progetto/computo metrico, quantificato in Euro285.000,00 + cassa architetti + IVA 22% (secondo gli importi previsti dal decreto Ministeriale scontati del 25%)", cosicché la deliberazione de qua aveva attitudine a provocare conseguenze patrimoniali pregiudizievoli in capo ai condomini pure laddove si fosse poi deciso di non eseguire i lavori di ristrutturazione/riqualificazione di cui al "progetto/computo metrico". Affermata la sussistenza dell'interesse ad agire in capo a (...) Sas, è necessario esaminare nel merito i profili di doglianza fatti valere da quest'ultima in relazione alla delibera de qua. Al riguardo, in via di sintesi e con approccio schematico, si rileva quanto segue: - è da escludere che la delibera sia nulla perché "incide sulla proprietà esclusiva di singoli condomini": l'assemblea ha deliberato la redazione di un "progetto" di intervento edilizio fiscalmente incentivato, quindi non vi è alcuna "incidenza" su porzioni in proprietà individuale, potendo semmai essa emergere all'esito della delibera di approvazione lavori che interessino pure dette "porzioni"; inoltre, il giudicante non può non evidenziare come (...) Sas abbia lamentato il fatto che le "opere" (in realtà, il progetto) interessino anche i "balconi" (oggetto di proprietà esclusiva), senza che la società attrice medesima sia titolare di unità immobiliari provviste di "balconi" ((...) Sas è proprietaria "di quattro unità immobiliari destinate a negozio site al piano terra e di quattro magazzini al piano interrato" cfr. pag. 1 citazione), trasparendo così un certo grado di strumentalità del profilo di nullità invocato, ferma infondatezza di esso; - il fatto che la delibera 15.3.2021 è stata preceduta da una consultazione informale (raccolta di firme), funzionale ad acquisire dati circa l'interesse della compagine condominiale ad un intervento della tipologia "bonus 110%", è circostanza del tutto irrilevante con riferimento alle ragioni di invalidità della deliberazione assembleare avente ad oggetto il profilo di cui alla "raccolta firme", non essendo dato rinvenire né una decisione assunta al di fuori del metodo assembleare, né un "esautoramento" dell'assemblea dei condomini (che, d'altro canto, come risultante dalle allegazioni della stessa parte attrice, ha discusso e deliberato sul punto); - l'assemblea 15.3.2021 è stata preceduta da convocazione che - proprio con riferimento al n. 1 all'o.d.g. - indica in modo dettagliato i profili che sarebbero stati discussi in assemblea, cosicché non è possibile sostenere che vi sia stato un deficit di informazione dei condomini; né, (...) Sas, ricevuto l'atto di convocazione, ha chiesto all'amministratore di poter visionare documentazione funzionale ad una migliore conoscenza dell'argomento posto all'o.d.g., essendosi limitata a criticare la "consultazione informale"/"raccolta di firme", aspetto - come sopra esposto - irrilevante nella prospettiva della (lamentata) invalidità della deliberazione; - la circostanza che l'assemblea abbia nominato una "commissione lavori" non inficia la validità delle deliberazione, trattandosi di gruppo di condomini privo di qualsiasi concreto potere a cui è stato affidato il compito di "affiancare" il soggetto designato per la predisposizione del progetto delle opere "al fine di raccogliere tutte le informazioni atte alla realizzazione dell'intervento nel migliore dei modi". Quindi e concludendo, ferma la cessazione della materia del contendere per i motivi e nei termini sopra indicati, con riferimento alla deliberazione n. 1 o.d.g. cit. sussiste sì l'interesse ad impugnare in capo a (...) Sas, ma la deliberazione resiste ai profili di illegittimità invocati dalla difesa attorea. Quanto alla deliberazione di cui al n. 2 o.d.g., parte attrice ha lamentato l'invalidità della deliberazione perché "dal verbale non vi è modo di risalire ai condomini assenzienti e a quelli dissenzienti, e ai valori delle rispettive quote millesimali" (cfr. pag. 17 dell'atto di citazione); inoltre, (...) Sas - nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c. - si duole pure del fatto "che a verbale non sono indicati gli astenuti e non è possibile, da tale omessa indicazione, ritenere semplicisticamente che non vi sia stato alcun astenuto, dovendo tale ipotesi essere indicata espressamente a verbale" (cfr. pag. 9 della memoria ex art. 183, c. 6, n. 1, c.p.c. cit.). Il profilo di illegittimità è destituito di fondamento e va respinto. Infatti, sempre con approccio sintetico e schematico, si rileva quanto segue: - in primis, a tutto concedere, la ragione di doglianza determinerebbe l'annullabilità della deliberazione (e non la nullità di essa), cosicché non avendo (...) Sas neppure dedotto di aver votato in senso contrario ovvero di essersi astenuta (al riguardo, si evidenzia come - pur volendo ammettere un deficit nella verbalizzazione (invero insussistente) - ciascun condomino saprà bene se ha dato voto favorevole o contrario, oppure si è astenuto), la società attrice non ha neppure dimostrato la propria legittimazione a far valere la (ipotetica) ragione di invalidità; - il verbale assembleare (prodotto sub doc. n. 9 del fascicolo di parte convenuta) indica tutti i condomini presenti (in modo nominativo e specificando per ciascuno i millesimi di titolarità) e la deliberazione di approvazione del consuntivo 2019/2020 e relativo riparto ha il seguente tenore: "... il consuntivo e relativo riparto vengono approvati a maggioranza, contrario Signor (...)". Ora, dalla piana lettura del verbale complessivamente considerato emerge senza incertezza alcuna che l'approvazione dello strumento contabile è avvenuta con il voto favorevole di tutti i condomini presenti in assemblea indicati nell'elenco a pag. 1 del verbale (quindi, compresa (...) Sas, la quale - d'altro canto, come sopra evidenziato - non ha allegato di aver espresso voto contrario o di essersi astenuta), fatta eccezione per il dissenso del sig. Guido (...) (titolare di 15,00 millesimi); senza che vi fosse neppure la necessità di indicare l'assenza di condomini astenuti (al riguardo, si osserva che, in generale, in qualsiasi verbale di organo collegiale, l'astensione è registrata solo se qualcuno dei partecipanti fa presente di astenersi). Qualsiasi lettura del verbale diversa da quella sopra proposta appare strumentale e non merita di essere accolta. Circa il regolamento delle spese di lite, stante la reiezione dell'argomentazione sostenuta dal Condominio relativamente al carattere "programmatico" della deliberazione di cui al punto n. 1 o.d.g. e tenuto altresì conto del fatto che detta deliberazione è stata revocata a giudizio in corso, ad avviso del giudicante, nel caso di specie ricorrono i presupposti ex art. 92, comma 2, c.p.c. (valutati pure alla luce della Sentenza della Corte costituzionale n.77/2018), con conseguente integrale compensazione delle spese de quibus. Quanto subito sopra rappresentato in punto di compensazione delle spese di lite conduce al rigetto della richiesta avanzata dal Condominio di condanna di (...) Sas ex art. 96 c.p.c.. P.Q.M. Respinta e/o assorbita ogni altra istanza, difesa ed eccezione delle parti, - dichiara cessata la materia del contendere tra le parti con riferimento alla delibera 15.3.2021, punto n. 1 o.d.g.; - respinge le domande azionate da parte attrice con riferimento alla delibera 15.3.2021, punto n. 2 o.d.g.; - dichiara le spese di lite integralmente compensate tre la parti; - respinge la richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c. azionata dal Condominio nei confronti di (...) Sas. Sentenza esecutiva. Monza, 14 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA SEZIONE QUINTA CIVILE in persona del dr. Lorenzo Pontecorvo ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n 68812/2021, trattenuta in decisione all'udienza del 1 febbraio 2023 e vertente TRA (...) elettivamente domiciliato in Roma via (...) presso lo studio dell'avv.to (...) che lo rappresenta e difende per procura in atti -parte ammessa al gratuito patrocinio. - ATTORE - E Condominio "(...)" in Roma, in persona dell'Amministratore pro tempore elettivamente domiciliato in Roma via (...), presso lo studio dell'avv. (...), che lo rappresenta e difende per procura in atti. - CONVENUTO - Conclusioni: all'udienza del 1 febbraio 2023 i procuratori delle parti hanno concluso come in atti. Svolgimento del processo Con atto di citazione ritualmente notificato, (...), proprietario dell'immobile sito in Roma Via (...) piano terzo dislocato su due livelli, ha impugnato le delibere assembleari del 28 aprile 2021 assunte dal Condominio "(...) convocato per l'esame dei seguenti punti all'ordine del giorno 1) Discussione e delibera bilancio consuntivo 2020; 2) Discussione e delibera bilancio preventivo 2021; 3) Nomina amministratore condominiale; 4) Costituzione di un fondo cassa condominiale destinato alla coperture delle spese legali e delle morosità per consentire una corretta gestione all'amministratore; 5) Discussione e delibera lavori fognatura condominiale; 6) L'amministratore illustrerà la legge c. d. superbonus 110 e la relativa documentazione da presentare; 7) Richiesta da parte del signor (...) di discutere e deliberare circa la rimozione eternit dalle parti comuni; 8) Richiesta da parte del signor (...) di contabilizzare una spesa da lui sostenuta nel 2017 per la manutenzione straordinaria del tetto per un totale di Euro 1.464,00; 9) Richiesta de parte del signor (...) di una ristrutturazione del suo immobile piano terzo e quarto per danni asseritamente sostenuti; 10) Richiesta da parte del sig. (...) di una eventuale azione di responsabilità nei confronti della precedente amministrazione 11) Richiesta da parte del sig. (...) di acquisire il capitolato lavori già redatto durante la precedente amministrazione al fine di poter stimare i lavori da effettuare; discussione degli altri aspetti connessi alla mediazione proposta dal sig. (...); 12) Varie ed eventuali". L'attore al riguardo ha premesso che l'assemblea, con la maggioranza di 752,14 millesimi, aveva deliberato 1) L'approvazione all'unanimità del bilancio consuntivo 2020; 2) L'approvazione all'unanimità del preventivo 2021; 3) la nomina dell'Amministratore p.t. Emanuele Farinati, 4) la costituzione di un apposito fondo condominiale pari ad euro 2000,00 a seguito della morosità evidenziata nell'atto nel bilancio consuntivo 2020 e 5) la presentazione alla successiva assemblea di preventivi per il rifacimento della fognatura condominiale. Ha inoltre riportato le seguenti determinazioni assunte in ordine ai punti 7), 8), 9), 10), 11) L'amministratore riporta il contenuto della mediazione U.s. nei confronti del signor (...) e le richieste di quest'ultimo di cui ai punti 7,8,9,10,11. L'assemblea all'unanimità chiede la presenza del signor (...) per poter discutere circa le azioni da intraprendere. Tutti i presenti si rendono disponibili ad apportare eventuali migliorie, chiedo altresì al proprietario assente di onorare i propri debiti, come da bilancio iniziato e di non gravare quindi sul resto del condominio. L'assemblea all'unanimità non intende procedere nei confronti del precedente amministratore. L'attore quindi, nel rilevare di aver ricevuto il verbale dell'assemblea in data 10 giugno 2021, ha formulato una prima contestazione in merito all'approvata costituzione del fondo rilevando la mancata descrizione del suo scopo, evidenziando che non sarebbero stati specificati i criteri di ripartizione di tale fondo e sostenendo che la sua costituzione sarebbe avvenuta senza alcuna effettiva urgenza trattandosi di situazioni comunque risalenti nel tempo. Con riguardo alla intervenuta nomina dell'amministratore ha rilevato l'assenza di indicazioni dei costi di tale incarico. Ha infine contestato l'omessa deliberazione sui punti 7,8,9 e 10 rilevando che non fosse ostativa alle deliberazioni sugli stessi punti la circostanza che esso istante non era presente e lamentando che l'inerzia del Condominio avrebbe impedito il necessario adeguamento del fabbricato alla normativa di legge in materia di manufatti in eternit. Si è costituito il Condominio rilevando che il fondo deliberato dalla assemblea dei condomini era funzionale alla necessità del condominio, di minute dimensioni, di sopperire ad esigenze di cassa derivanti dall'inadempimento cronico del (...) rispetto all'obbligo di pagamento delle quote condominiali e quindi di far fronte ad esigenze di cassa per evitare danni più gravi nei confronti di tutti i condomini derivanti dal pericolo di interruzione dei servizi essenziali comuni quali l'energia elettrica, il funzionamento dell'ascensore e la illuminazione delle parti comuni. In merito alla nomina dell'Amministratore ha evidenziato che il preventivo presentato era stato vagliato, valutato, approvato ed anche allegato al verbale assembleare trasmesso al (...) e qui oggetto di impugnativa. Ha altresì evidenziato che l'attuale Amministratore condominiale era già stato nominato, per la prima volta, dalla assemblea dei condomini all'esito della riunione assembleare del 16.01.2020. Con riguardo alla mancata deliberazione in ordine ai punti 7,8,9,10 posti all'ordine del giorno dell'assemblea del 28.04.2021, ha riferito che, dopo l'incontro di mediazione del 22.10.2020 al quale il Condominio aveva partecipato e nel quale il (...) aveva esposto le proprie richieste, lo stesso Condominio aveva inserito proprio ai punti 7,8,9,10 dell'ordine del giorno le istanze del (...) che lo stesso voleva discutere nella assemblea condominiale ed alla quale non aveva partecipato. Ha pertanto concluso per il rigetto delle domande proposte. Prodotti documenti la causa è stata trattenuta in decisione all'udienza in epigrafe indicata. Motivi della decisione Con riguardo al c.d. "fondo cassa morosi", la Suprema Corte ha ritenuto che, nei casi di effettiva urgenza, sia sufficiente, per deliberare la costituzione del fondo morosi, la maggioranza prevista dall'articolo 1136, comma 2, del Codice civile. La S. Corte (sentenza 5 novembre 2001, n. 13631) ha osservato che "in mancanza di diversa convenzione adottata all'unanimità quale espressione dell'autonomia negoziale, la ripartizione delle spese condominiali deve necessariamente aver luogo secondo i criteri di proporzionalità fissati nell'articolo 1123 del Codice civile e, pertanto, non è consentito all'assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire tra i condomini non morosi il debito delle quote condominiali dei condomini morosi e tuttavia, in ipotesi d'effettiva improrogabile urgenza di trarre aliunde le somme necessarie può ritenersi consentita una deliberazione assembleare con la quale, similmente a quanto avviene in un rapporto di mutuo, si tenda a sopperire all'inadempimento del condomino moroso con la costituzione d'un fondo cassa ad hoc tendente ad evitare danni ben più gravi nei confronti dei condomini tutti, esposti, dal vincolo di solidarietà passiva operante ab externo, alle azioni dei terzi". E dunque sarebbe legittima la costituzione del fondo cassa per il pagamento delle quote dei morosi in ipotesi di effettiva ed improrogabile urgenza, e con il voto favorevole dei condòmini che rappresentano la maggioranza degli intervenuti in assemblea (Cass. 13631/2001, n. 9083/2014), con rideterminazione secondo criteri millesimali delle quote di partecipazione al fondo cassa. Avuto riguardo a tali principi sussistevano nel caso concreto i motivi di urgenza che hanno giustificato l'istituzione del fondo cassa anche in assenza del consenso di tutti i condomini avendo il condominio evidenziato una situazione di cronica morosità da parte dell'attore - il quale con riguardo al piccolo condominio risulta portatore di ben 247,86 millesimi - richiamando anche la situazione di cassa come riportata nel consuntivo 2020 e preventivo 2021. Una tale situazione del resto - espressamente riportata in sede di delibera avendo i presenti chiesto "al proprietario assente di onorare i propri debiti come da bilancio inviato e di non gravare quindi sul resto del condominio" - non è oggetto di alcuna contestazione da parte dell'attore. Venendo alla delibera di conferma dell'amministratore la stessa è stata contestata per il fatto che era mancata la specifica determinazione del compenso dell'amministratore. Si osserva al riguardo che la delibera impugnata ha confermato l'amministratore nella carica che già rivestiva; se è vero che in base al comma 14° dell'art. 1129 c.c. l'amministratore "all'atto dell'accettazione della nomina o del suo rinnovo deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l'importo dovuto a titolo di compenso per l'attività svolta", occorre evitare interpretazioni eccessivamente formalistiche. La disposizione va interpretata in conformità alla sua ratio, finalizzata ad evitare che i condomini, durante il mandato o alla fine di esso, si possano trovare di fronte a pretese economiche dell'amministratore non previamente concordate. Tale rischio non sembra potersi concretizzare quando l'amministratore sia stato confermato nell'incarico, dal momento che - in tal caso - si intende anche implicitamente confermato il suo compenso già noto ai condomini ed essi non correrebbero il rischio di trovarsi esposti a pretese impreviste. Si ritiene, dunque, che la "specificazione analitica" del compenso in sede di rinnovo sia da ritenersi requisito di validità della delibera solo nel caso in cui in sede di prima nomina (o comunque precedentemente al rinnovo dell'incarico) non fosse stato precisato il compenso. Poiché questa circostanza, nella specie, non è stata dedotta dall'attore, la mancata nuova specifica non inficia la delibera impugnata. E' comunque da rilevare che tale onorario risulta di fatto specificato avendo l'amministratore Farinati quantificato la propria offerta (euro 650 + IVA) in data 7.1.2020, epoca antecedente l'adozione della delibera di nomina del 16 gennaio 2020. L'attore ha infine contestato l'omessa deliberazione sui punti 7,8,9 e 10. Tali punti avevano riguardato le seguenti richieste: 7) Richiesta da parte del signor (...) di discutere e deliberare circa la rimozione eternit dalle parti comuni; 8) Richiesta da parte del signor (...) di contabilizzare una spesa da lui sostenuta nel 2017 per la manutenzione straordinaria del tetto per un totale di Euro 1.464,00; 9) Richiesta de parte del signor (...) di una ristrutturazione del suo mobile piano terzo e quarto per danni asseritamente sostenuti; 10) Richiesta da parte del sig. (...) di una eventuale azione di responsabilità nei confronti della precedente amministrazione. E' al riguardo da rilevare la possibilità che l'assemblea decida di rimandare la discussione di alcuni argomenti alla successiva riunione assembleare sempre che da queste eventuali variazioni non derivi una compressione o menomazione dei diritti di condomini. Nel caso in esame non risulta leso alcun diritto in capo all'attore il quale era finanche assente in sede assembleare e non si era nemmeno premurato di farsi rappresentare per delega. Del resto, gli stessi oggetti di discussione descritti ai punti 7), 8) e 9) - in ragione della loro evidente sinteticità e genericità - necessitavano di chiarimenti e supporti documentali che il solo attore avrebbe potuto fornire. Risulta inoltre che l'assemblea aveva deliberato in ordine al punto 10) essendo stato riportato in verbale che "l'assemblea all'unanimità non intende procedere nei confronti del precedente amministratore". Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Con separato decreto si procede alla liquidazione del compenso del legale dell'attore essendo in atti un provvedimento del Consiglio dell'Ordine di ammissione al gratuito patrocinio. P.Q.M. Definitivamente decidendo, ogni ulteriore domanda o eccezione dichiarata inammissibile o disattesa, così provvede; - rigetta le domande proposte da (...) nei confronti del Condominio "(...)" in Roma; - condanna (...) al pagamento delle spese di giudizio sostenute dal Condominio che si liquidano in euro 2.200,00 per compensi, oltre accessori come per legge. Così deciso in Roma il 16 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SARNO Giulio - Presidente Dott. SOCCI Angelo Matteo - Consigliere Dott. REYNAUD Gianni Filippo - Consigliere Dott. MENGONI Enrico - Consigliere Dott. ZUNICO Fabio - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 22-07-2022 del Tribunale di Foggia; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Fabio Zunica; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Marilia Di Nardo, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 22 luglio 2022, il Tribunale del Riesame di Foggia confermava il decreto emesso il 23 giugno 2022 dal P.M. presso il Tribunale di Foggia, con il quale, nell'ambito di un articolato procedimento a carico di una pluralita' di indagati, era stato disposto, all'esito di perquisizioni locali e personali, il sequestro probatorio degli apparecchi elettronici, di taluni documenti, del dispositivo mobile (OMISSIS) e dell'importo di 37.500 Euro, risultando l'iniziativa del P.M. correlata ad acquisire elementi investigativi in ordine ai reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8 (capi A e B), 640 commi 1 e 2 c.p. (capo C) e 416 c.p. (capo D) contestati agli indagati, tra cui (OMISSIS), legale rappresentante della societa' (OMISSIS) s.r.l., con sede in (OMISSIS), asseritamente coinvolto in un'associazione a delinquere finalizzata a creare fittiziamente, mediante l'emissione di fatture per operazioni inesistenti con riferimento ai lavori edili da compiere in almeno 246 cantieri, crediti di imposta fittizi in materia di bonus edilizi, crediti ceduti o a intermediari finanziari o a societa' di grandi dimensioni; fatti commessi in (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) negli anni 2020 e 2021. 2. Avverso l'ordinanza del Tribunale pugliese, (OMISSIS), tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi. Con il primo, oggetto di doglianza e' la mancanza di motivazione del provvedimento impugnato in ordine alle eccezioni difensive con le quali era stata rimarcata l'assenza di riferimenti alla condotta penalmente rilevante che avrebbe posto in essere il ricorrente e agli elementi di fatto che avrebbero consentito di ricondurre l'evento punito dalla norma penale alla condotta dell'indagato, non evincendosi alcun dato concreto dalla lettura delle imputazioni. A (OMISSIS) sono state attribuite le qualifiche di co-gestore di fatto e di socio di fatto della (OMISSIS) s.r.l. in maniera generica e assertiva, senza alcun confronto con le deduzioni difensive. Con il secondo motivo, infine, la difesa deduce la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione dell'ordinanza impugnata, nella parte in cui il Tribunale, pur avendo esplicitato di avere contezza che (OMISSIS) risulta essere formalmente collaboratore della (OMISSIS) s.r.l. con contratto di collaborazione continuativa e coordinata, ha contestualmente ritenuto indizianti a suo carico, in relazione al ruolo rivestito nella vicenda, il contenuto di una serie di conversazioni intercorse tra (OMISSIS) e (OMISSIS), tra (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre che tra (OMISSIS) e altri soggetti, ovvero (OMISSIS), (OMISSIS) e un incaricato della (OMISSIS) s.p.a., spiegandosi tali conversazioni con il fatto che il ricorrente era un collaboratore della (OMISSIS) e in tale veste si e' occupato dei rapporti di lavoro con altri soggetti, tra cui la (OMISSIS) s.r.l. legalmente rappresentata da (OMISSIS). CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' inammissibile perche' manifestamente infondato. 1. Premesso che i due motivi di ricorso possono essere affrontati unitariamente, in quanto tra loro sostanzialmente sovrapponibili, occorre evidenziare che la valutazione indiziaria compiuta nell'ordinanza impugnata non presenta vizi di legittimita' rilevabili in questa sede. In via preliminare, deve richiamarsi la costante affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656), secondo cui il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio, ai sensi dell'articolo 325 c.p.p., e' ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione cosi' radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. Non puo' invece essere dedotta l'illogicita' manifesta della motivazione, la quale puo' denunciarsi nel giudizio di legittimita' soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di cui alla lettera E) dell'articolo 606 c.p.p. (in tal senso, cfr. Sez. Un. 5876 del 28/01/2004, Rv. 226710). 2. Tanto premesso, deve ritenersi che nel caso di specie, rispetto alla valutazione del fumus commisi delicti, non sia configurabile ne' una violazione di legge, ne' un'apparenza di motivazione, avendo il Tribunale del Riesame adeguatamente illustrato le ragioni poste a fondamento della propria decisione. In proposito, sono state innanzitutto richiamate le attivita' investigative svolte dall'Agenzia delle Entrate, Divisione Contribuenti, Settore Contrasto Illeciti, Sezione Analisi e Strategie Antifrode, che ha riscontrato una serie di anomalie nella verifica del meccanismo di cessione dei crediti di imposta effettuato da alcuni operatori economici nell'ambito di taluni interventi realizzati nel regime di detrazioni fiscali introdotto durante l'emergenza pandemica allo scopo di favorire la ripresa economica nel settore edilizio (cd. "superbonus al 110%, bonus facciate, ecobonus, bonus ristrutturazioni e sismabonus"). In particolare, sono stati individuati alcuni soggetti, societa' e persone fisiche, che hanno ideato, realizzato e gestito un sistema fraudolento, finalizzato alla creazione e alla monetizzazione di falsi crediti di imposta per oltre un miliardo di Euro: la simulazione della sussistenza dei presupposti costitutivi del beneficio fiscale, ovvero del diritto del contribuente alla detrazione dell'imposta lorda dell'intero importo delle spese sostenute per gli interventi di cui al Decreto Legge n. 34 del 2020, e' risultata strumentale alla creazione di crediti di imposta inesistenti, in funzione del conseguimento di un duplice obbietivo illecito: da un lato, l'indebito ottenimento di ingenti liquidita' monetarie di lecita provenienza, conseguite grazie alla cessione dei crediti a istituti bancari o intermediari finanziari, in taluni casi attraverso la previa cessione intermedia a societa' o persone fisiche compiacenti; dall'altro lato, l'elusione fiscale, attuata mediante l'indebita compensazione dei crediti di imposta, con conseguente locupletazione dei profitti derivanti dall'omesso versamento delle imposte dovute (cd. risparmio di spesa). In tale contesto, e' emerso il compimento di rilevanti operazioni compiute sulla "Piattaforma cessione crediti" da parte della societa' (OMISSIS), riconducibile all'indagato (OMISSIS); tale societa' e' risultata cessionaria, in pochi mesi, di crediti di imposta inesistenti, per un ammontare complessivo pari a 123.205.226 Euro, di cui la maggior parte generati in modo fraudolento dalle societa' (OMISSIS) e (OMISSIS) (riconducibili ai coindagati (OMISSIS) e (OMISSIS)) e successivamente monetizzati per un importo pari a 69.576.776 Euro, attraverso la successiva cessione a intermediari finanziari o a grandi societa' energetiche; l'analisi dei dati ha consentito di accertare che la (OMISSIS) non risulta aver ceduto crediti di imposta in qualita' di primo cedente, cioe' di soggetto beneficiario dell'agevolazione in ragione dell'avvenuta esecuzione dei lavori di ristrutturazione, ma di aver solo veicolato e portato, seppur parzialmente, all'incasso crediti maturati in capo ad altri soggetti. Dei circa 123 milioni di Euro acquistati dalla societa', 30 milioni erano stati ceduti alla (OMISSIS) (OMISSIS) e 60 milioni alla (OMISSIS), essendo tali societa' il centro di creazione dei crediti fiscali fittizi. Dalle verifiche della P.G. e' emerso che, al fine di ottenere la maggiore agevolazione possibile, le societa', per ogni intervento edilizio, indicavano prezzi esorbitanti per l'esecuzione dei lavori, non congrui peraltro rispetto alle caratteristiche degli immobili e agli interventi realizzabili in concreto, usufruendo esclusivamente della percentuale massima di detrazione. Inoltre, in relazione a 246 pratiche edilizie, e' stato accertato che per ben 196 difettavano i necessari titoli abilitativi (permesso di costruire e autorizzazione sismica), fermo restando che dei 246 interventi programmati, ne sono risultati concretamente avviati solo 45. Di qui la conclusione secondo cui le fatture emesse in relazione a tali interventi fossero relativi a operazioni inesistenti e che dunque erano fittizie le collegate cessioni di credito. In tale scenario, e' stato delineato dai giudici cautelari il ruolo di (OMISSIS), il quale e' risultato essere, formalmente, dipendente-collaboratore della (OMISSIS), amministrata dal fratello (OMISSIS), e sostanzialmente gestore di fatto della societa'. Tale affermazione e' stata fondata sul contenuto di alcuni dialoghi intercettati e riportati alle pagine da 21 a 23 dell'ordinanza impugnata (cfr. progr. n. 125 del 17 marzo 2022, n. 292 e 317 del 25-26 marzo 2022, n. 140 del 30 marzo 2022, n. 72-82 del 31 marzo 2022, n. 22 e 141 del 14 aprile 2022 e n. 243 del 18 aprile 2022), dialoghi da cui e' emerso il costante ruolo attivo di (OMISSIS) non solo nella gestione della (OMISSIS), ma, piu' in generale, nella realizzazione del programma criminoso attuato unitamente agli altri coindagati, tra cui il citato (OMISSIS) e (OMISSIS), amministratore della (OMISSIS). Orbene, la lettura delle conversazioni intercettate operata dal Tribunale del Riesame e' oggetto di critica del ricorso, con considerazioni volte a sollecitare differenti apprezzamento di merito che non possono tuttavia trovare ingresso in questa sede, dovendosi richiamare l'affermazione di questa Corte (cfr. ex multis Sezioni Unite n. 22471 del 26/02/2015, Rv. 263715 e Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, dep. 2014, Rv. 259516), secondo cui, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se, come nel caso di specie, risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita'. 3. In definitiva, fermo restando che i temi sollevati dalla difesa potranno essere sviluppati, anche a livello probatorio, nell'evoluzione del procedimento penale in corso, deve ribadirsi che, allo stato, l'apparato argomentativo dell'ordinanza impugnata rispetto all'ascrivibilita' all'indagato delle condotte contestate, in quanto sorretto da considerazioni razionali e coerenti con le acquisizioni investigative, non presta il fianco alle censure difensive, che invero si muovono nell'orbita non tanto della violazione di legge, ma piuttosto della manifesta illogicita' o della erroneita' della motivazione, profilo questo tuttavia non deducibile con il ricorso per cassazione proposto contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio. Ne consegue che il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) deve essere dichiarato quindi inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi e' ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Bergamo, Sezione Quarta Civile, in persona del Giudice Unico dott. Cesare Massetti, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile n. 2158/2022 del Ruolo Generale promossa con atto di citazione ritualmente notificato e posta in decisione all'udienza del 7 febbraio 2023 da (...) s.r.l., in persona del legale rappresentante sig.ra (...), rappresentata e difesa dall'Avv.to Ro.Sc. e dall'Avv.to Gi.Bo. del Foro di Aosta, procuratori anche domiciliatari, giusta procura speciale alla lite allegata all'atto introduttivo del giudizio ATTRICE contro COMUNE DI BERGAMO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avv.to Vi.Gr. e dall'Avv.to Si.Ma. del Foro di Bergamo, procuratori anche domiciliatari, giusta procura speciale alla lite allegata alla comparsa di costituzione e di risposta nonché giusta autorizzazione a costituirsi in giudizio della Giunta Comunale CONVENUTO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato la soc. (...) s.r.l. conveniva in giudizio avanti l'intestato Tribunale il Comune di Bergamo. Premesso di aver stipulato con il Comune un contratto di appalto avente ad oggetto l'esecuzione dei lavori di "Manutenzione straordinaria manti di copertura edifici comunali - 2 lotto - relativi edifici abitativi di via S. L. 5 e di via S. 1d (N. PTLP 2020-20)", premesso che i lavori venivano consegnati il 17 giugno 2021 e avrebbero dovuto terminare entro 150 giorni consecutivi, esponeva l'attrice che, vuoi per la pandemia, vuoi per il superbonus dell'edilizia, era stato impossibile reperire i ponteggi necessari; che essa aveva avanzato una richiesta di sospensione dei lavori, oltre che suggerito delle soluzioni alternative ai ponteggi; che, per contro, l'Amministrazione Comunale aveva intimato la risoluzione in danno dell'impresa, inviando altresì la segnalazione all'ANAC. Ritenuta l'assenza di un proprio colpevole inadempimento, chiedeva l'accertamento dell'illegittimità della risoluzione in danno pronunciata a suo carico, oltre che della relativa segnalazione all'ANAC, e il risarcimento del danno. Costituendosi in giudizio il Comune di Bergamo contestava in toto gli assunti avversari. Osservava il convenuto che l'appaltatrice si era resa inadempiente sotto plurimi profili (non aveva neppure iniziato i lavori, pur essendo l'opera "cantierabile"; non aveva dato riscontro agli ordini di servizio via via impartiti dalla direzione lavori; non aveva relazionato la stazione appaltante circa le asserite difficoltà sopravvenute; non aveva fornito alcuna documentazione giustificativa di supporto, se non nella presente sede giudiziale; in ogni caso, non aveva saputo organizzarsi in tempo utile), e che pertanto la risoluzione in danno pronunciata a suo carico era del tutto legittima. Si opponeva, pertanto, all'accoglimento della domanda. La causa non veniva istruita. Precisate le conclusioni come in epigrafe riportate, all'udienza del 7 febbraio 2023 passava in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda è infondata. Occorre focalizzare l'attenzione sulle seguenti date: - 5 maggio 2021: stipula del contratto; - 17 giugno 2021: termine inizio lavori; - 2 agosto 2021: richiesta di sospensione dei lavori; - 6 ottobre 2021: interlocuzione (...) con il Comune; - 25 ottobre 2021: risoluzione in danno; - 14 novembre 2021: termine fine lavori. E' del tutto pacifico che, al momento della risoluzione in danno (25 ottobre 2021), l'appaltatore non aveva neppure iniziato i lavori. Non si discute del fatto che, nel periodo d'interesse, vi era una certa difficoltà (ma non certo impossibilità) nel reperire i ponteggi, e ciò non tanto per la pandemia, dato atto che il lockdown era cessato, quanto piuttosto per l'entrata in vigore del superbonus per l'edilizia. Tuttavia, ciò non vale ad esimere l'impresa appaltatrice dalla responsabilità per il ritardo, avuto riguardo ai seguenti elementi: - il verbale di consegna dei lavori è stato sottoscritto senza riserve, e a quell'epoca già esistevano le medesime difficoltà nel reperimento dei ponteggi. Infatti, il superbonus è stato introdotto dal D.L. n. 34 del 2020, c.d. decreto rilancio, che ha previsto una detrazione del 110 % delle spese sostenute a partire dal 1 luglio 2020; - l'impresa appaltatrice si è attivata per reperire ponteggi soltanto alla fine di luglio del 2021, come emerge dalle richieste e dai preventivi prodotti (doc. 5 citazione); - l'impresa appaltatrice non ha mai consegnato il cronoprogramma dei lavori, ed è rimasta silente di fronte ai vari ordini di servizi emanati dalla stazione appaltante (docc. 5 - 6 comparsa); - la richiesta di sospensione dei lavori (doc. 6 citazione), del tutto generica e non documentata, risale al 2 agosto 2021; - la successiva interlocuzione del 6 ottobre 2021 (doc. 9 comparsa), un po' più articolata ma sempre non documentata, interviene ad un mese dalla scadenza del termine previsto per la fine dei lavori; - nessuna prova è stata fornita circa le asserite comunicazioni informali (il cap. 7 della memoria istruttoria, è inammissibile, in quanto generico), peraltro irrilevanti nel contesto di un appalto di opere pubbliche; - nessuna specificazione è stata fornita circa le asserite soluzioni alternative a quella dei ponteggi, suggerite ma non accolte dall'ente comunale. Alla luce di tali elementi, complessivamente valutati, il Tribunale ritiene che l'inadempimento denunziato sia grave ed imputabile, in quanto il ritardo maturato era inaccettabile, tenuto conto delle esigenze dell'Amministrazione, ed in quanto il ritardo era dovuto all'incapacità dell'impresa, la quale non ha saputo organizzarsi in tempo utile. Costituiva onere dell'attrice, volta che ha accettato i lavori, quello di assicurarsi previamente la disponibilità dei ponteggi, malgrado le difficoltà (ma non certo l'impossibilità) di reperirli: la stessa, viceversa, per quanto ha documentato, si è attivata soltanto tre mesi dopo la stipula del contratto, la cui durata era in tutto di 5 mesi, compreso il periodo feriale. Meritevole di censura è, altresì, la stessa condotta dell'appaltatore, il quale non ha fornito alcuna giustificazione all'appaltante, se non tardivamente, rivelando in tal modo la sua completa inaffidabilità e legittimando la decisione di procedere alla risoluzione contrattuale (Cass. n. 20874/2021: "In tema di appalto di opere pubbliche, la rilevanza dei ritardi dell'appaltatore ai fini della risoluzione del contratto, secondo la procedura prevista dall'art. 119 del D.P.R. n. 554 del 1999 (applicabile "ratione temporis"), dipende dal riscontro dei presupposti della gravità ed imputabilità, la cui valutazione deve essere operata non solo alla stregua di un criterio oggettivo, attraverso la verifica che l'inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell'economia complessiva del rapporto, ma anche di eventuali elementi di carattere soggettivo, consistenti nel comportamento di entrambe le parti che possano, in relazione alla particolarità del caso concreto, incidere sul giudizio di gravità. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza con la quale la Corte d'appello, dopo aver considerato che il ritardo dell'appaltatore non poteva oggettivamente considerarsi sufficiente a legittimare la risoluzione contrattuale, aveva però trascurato di esaminare l'aspetto soggettivo e cioè che i numerosi inviti e richiami erano rimasti senza risposta, sì da far insorgere nella stazione appaltante il fondato dubbio sulla affidabilità dell'appaltatore e sulle sue possibilità di rientro)"). Di qui il rigetto della domanda. Le spese di lite seguono la soccombenza e possono liquidarsi in complessivi Euro 9.142,00=, oltre a spese generali nella misura del 15%, ad iva e cpa e alle successive occorrende. P.Q.M. Il Tribunale, ogni diversa istanza eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando: - respinge la domanda; - condanna l'attrice a rifondere alla convenuta le spese di lite, liquidate in complessivi Euro 9.142,00=, oltre a spese generali nella misura del 15%, ad iva e cpa e alle successive occorrende. Così deciso in Bergamo il 4 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DIOTALLEVI Giovanni - Presidente Dott. D'AGOSTINI Piero - Consigliere Dott. DE SANTIS Anna - Consigliere Dott. BORSELLINO Daniela - Consigliere Dott. SGADARI Giuseppe - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA Sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 16/03/2022 del Tribunale di Rimini; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari; lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale Assunta Cocomello, che ha chiesto il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Rimini, in sede di riesame di provvedimenti cautelari reali, ha confermato il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente emesso dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale il 13 gennaio 2022, che aveva avuto ad oggetto disponibilita' finanziarie o beni, quote o titoli fino ad un valore corrispondente al profitto del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-quater contestato al capo 53 della imputazione provvisoria, avendo il ricorrente utilizzato in compensazione crediti inesistenti (collegati all'utilizzo del bonus locazioni, nella forma di credito di imposta codice tributo (OMISSIS)) per l'importo di Euro 379.448,03 sulla scorta delle presentazioni dei modelli F24 indicati nel capo di incolpazione provvisoria. Inoltre, erano state sottoposte a sequestro preventivo cosiddetto impeditivo le societa' e la ditta individuale del ricorrente utilizzate per commettere i reati contestati (e cioe' quelli di associazione per delinquere e reimpiego di denaro di provenienza illecita). 2. Ricorre per cassazione (OMISSIS), deducendo: 1) violazione di legge per non avere il Tribunale valutato adeguatamente la circostanza che, nel caso di specie, il ricorrente aveva effettuato una richiesta di compensazione inerente a debiti erariali gia' iscritti a ruolo presso l'Agente della Riscossione. Le modalita' previste dalla legge in questo caso, secondo il Decreto Ministeriale n. 10 febbraio 2011, comportavano che l'Agenzia delle Entrate doveva rilasciare il nulla osta trasmettendolo all'Ente di Riscossione, circostanza che non si era realizzata, essendo stata bloccata l'operazione di compensazione da parte della Agenzia delle Entrate in seguito alla indagine in corso, sicche' gli importi a debito del ricorrente risultavano ancora dovuti nei confronti dell'Ente riscossore. Ne sarebbe conseguito che il reato contestato non era stato portato a consumazione, non risultando sufficiente, in questa specifica ipotesi, la mera presentazione del modello F 24 quietanzato. Dunque, non si sarebbe realizzato alcun profitto confiscabile, tenuto conto che la compensazione non aveva avuto luogo ed il debito del ricorrente risultava ancora iscritto a ruolo rendendo possibile una azione esecutiva; 2) violazione di legge per non avere il Tribunale tenuto conto che il ricorrente risultava cessionario di un credito di imposta che aveva origine dal cosiddetto bonus locazioni, evenienza contemplata dal Decreto Legge n. 34 del 2020, articolo 122, comma 1. Quale cessionario egli non avrebbe potuto rispondere delle eventuali caratteristiche di illiceita' del credito di imposta originario, posto che attraverso la cessione il ricorrente si trovava ad operare con un "oggetto del tutto nuovo e causalmente svincolato dal credito di imposta sorto in capo al soggetto cedente", tanto che l'impianto normativo di interesse prevede che gli accertamenti e le eventuali sanzioni ricadano solo in capo al primo soggetto cedente. L'effetto "sanante" della cessione del credito di imposta manterrebbe la sua efficacia scriminante nei confronti del cessionario (OMISSIS) anche, in ipotesi, laddove egli fosse stato consapevole dell'origine illecita del credito, dal momento che non aveva partecipato alla creazione del credito di imposta originario, come comprovato dal fatto che, al capo 39, gli e' stata contestata una condotta ex articolo 648-ter c.p.. non applicabile a chi abbia concorso nel reato presupposto. Il Tribunale, in proposito, nonostante l'espressa doglianza, non avrebbe offerto alcuna motivazione, tanto da integrare il vizio di violazione di legge; 3) violazione di legge per non avere il Tribunale tenuto conto che l'effetto "sanante" riconnesso dal Decreto Legge n. 34 del 2020, articolo 122, comma 4, non poteva far ritenere che il credito di imposta oggetto di cessione fosse inesistente o non spettante, eventualita' che sarebbero riferibili solo al soggetto che ha generato il credito di imposta; 4) violazione di legge in ordine alla qualificazione giuridica del fatto ai sensi del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10, comma 2, anziche' ai sensi del comma 1 della medesima norma, trattandosi, nel caso in esame, non di credito fiscale inesistente ma di credito fiscale non spettante, tenuto conto che per la configurazione del primo occorre la mancanza del presupposto costitutivo ma anche che l'inesistenza non risulti evincibile dai controlli automatizzati e/o dai dati in possesso dell'amministrazione. Nel caso in esame, tale secondo requisito sarebbe assente, tenuto conto che l'Agenzia delle Entrate avrebbe immediatamente rilevato e riconosciuto l'inesistenza del credito; 5) violazione di legge per avere il Tribunale ritenuto sussistente l'esigenza impeditiva che aveva legittimato il sequestro delle societa' e della ditta individuale riferibili al ricorrente, senza tenere conto che esse erano operative in ambiti leciti, svolgendo attivita' di consulenza da tempo antecedente rispetto ai fatti contestati e che erano state sequestrate tutte le societa' pertinenti agli altri coindagati utilizzate per la creazione dei crediti di imposta. Infine, l'emissione di misure cautelari personali - nel caso del ricorrente quella interdittiva della sospensione dall'esercizio della professione di commercialista - avrebbe scongiurato ogni pericolo di reiterazione dei reati; 6) violazione di legge per non avere il Tribunale ritenuto non sequestrabili i beni destinati a soddisfare il minimo vitale necessario all'indagato ed alla sua famiglia, non potendosi fare riferimento alle capacita' economiche del coniuge e senza tenere conto dei debiti gravanti sul nucleo familiare. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' infondato. 1. Quanto al primo motivo - e premesso che l'indagato non si duole della misura cautelare reale relativa al reato di cui all'articolo 648-ter contestatogli ma solo a quella frazione inerente al reato di cui al Decreto Legislativo n. 10 marzo 2000 n. 74, articolo 10-quater, - secondo la pacifica giurisprudenza di legittimita' alla quale il Collegio aderisce, il delitto di indebita compensazione di cui al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 10-quater, si consuma al momento della presentazione dell'ultimo modello F24 relativo all'anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l'utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell'indebita compensazione di crediti in realta' non spettanti in base alla normativa fiscale; non rilevano, pertanto, l'eventuale mancato computo della compensazione da parte dello Stato ed il conseguente non aggiornamento del c.d. cassetto fiscale, in quanto tali operazioni, successive alla presentazione del modello indicato, sono soltanto ricognitive del rapporto obbligatorio tra Amministrazione e contribuente, senza alcun effetto costitutivo o modificativo (Sez. 3, n. 23027 del 23/06/2020, Mangieri, Rv. 279755; Sez. 3, n. 4958 del 11/10/2018, dep. 2019, Cappello, Rv. 274854). Nel caso in esame, come risultava fin dal provvedimento genetico e come ha ribadito il Tribunale, il ricorrente aveva utilizzato in compensazione parte dei crediti inesistenti dovuti alla creazione di crediti di imposta fittizi a lui ceduti (o alle societa' al medesimo riconducibili) consentita dalla legislazione emergenziale in tema di bonus locazioni, sismabonus e bonus facciate. Questi crediti erano stati portati in compensazione attraverso il pagamento di un cospicuo numero di modelli F24 indicati a fg. 278 del provvedimento del Giudice per le indagini preliminari. Il reato fiscale si era, dunque, per cio' solo, integrato a prescindere ed a monte del fatto che si trattasse di debiti fiscali gia' iscritti a ruolo e bloccati dall'indagine in corso. Il profitto del reato, inoltre, e' costituito dallo stesso ammontare del credito di imposta inesistente utilizzato per la compensazione non consentita, pari, nella specie, ad Euro 379.448,03 come precisato a fg. 6 del provvedimento impugnato, anche in considerazione della regola secondo la quale, il profitto dei reati di cui al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articoli 3 e 10-quater e' di diversa natura, corrispondendo, nel primo caso, ad un abbattimento della base imponibile e, quindi, della percentuale dell'imposta dovuta, e nel secondo caso, invece, al mancato versamento di un debito di non predeterminata natura per un ammontare corrispondente al credito inesistente o non spettante (Sez. 3, n. 35719 del 23/09/2020, Oliva, Rv. 280429; Sez. 3, n. 46709 del 28/03/2018, Carriero, Rv. 274561; Sez. 6, n. 6705 del 16/12/2014, dep. 2015, Libertone, Rv. 262394, secondo la quale, come si legge in motivazione, " con specifico riguardo ai reati tributari, la giurisprudenza di legittimita' ha affermato che il profitto del reato e' pari all'ammontare della imposta evasa che costituisce un indubbio vantaggio patrimoniale, direttamente derivante dalla condotta illecita e, come tale, certamente riconducibile alla nozione di profitto del reato: si tratta del "risparmio economico derivante dalla sottrazione effettiva degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, dei quali direttamente beneficia l'autore" (Cass. Sez. 3, n. 9578 del 17/01/2013, Tanghetti, Rv. 254748; Cass. U, n. 18374 del 31.1.2013, Adami e altro, Rv. 255036). Tale nozione di profitto deve ritenersi valida per tutte le ipotesi di reato di cui al D.Lgs n. 74 del 2000, articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10- bis, 10-ter, 10-quater e 11, richiamate dalla L. n. 244 del 2007, articolo 143, comma 1, ai fini dell'estensione della confisca per equivalente ai sensi dell'articolo 322-ter c.p. 6.4. Di tali coordinate ermeneutiche ha fatto buon governo il Tribunale di Chieti, laddove il vantaggio economico di diretta derivazione causale dal reato tributario di indebita compensazione non puo' che coincidere con il risparmio economico ottenuto dall'agente dal compimento di tale operazione, mediante la quale ha sottratto - e, dunque, evaso - l'intero ammontare degli importi compensati alla loro destinazione fiscale". 2. Quanto al secondo motivo, deve richiamarsi il principio di diritto secondo cui, in tema di sequestro preventivo impeditivo relativo al delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato, sono suscettibili di apprensione i crediti dei terzi cessionari di cui al Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, articolo 121, comma 1, lettera b), convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77 (oggetto del cd. "superbonus 110%"), posto che gli stessi, derivando dal diritto alla detrazione di imposta spettante al committente delle opere, costituiscono cose pertinenti al reato, senza che rilevi la condizione soggettiva di detti terzi, in conformita' alle norme processualpenalistiche che non risultano derogate dalla disciplina in oggetto (Sez. 3, n. 40865 del 21/09/2022, Decio, Rv. 283701). Nel caso in esame, peraltro, e' stato ipotizzato dal provvedimento impugnato (cfr. fgg. 8 e 9), nella sostanza, un concorso del ricorrente nella violazione, circostanza comunque idonea a consentire di agire nei suoi confronti quale terzo cessionario per il recupero delle somme, ex Decreto Legge n. 34 del 2020, articolo 121, comma 6, essendo il ricorrente indagato anche per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla creazione di crediti di imposta fasulli sfruttando la legislazione emergenziale ed indipendentemente dalla ulteriore contestazione di cui all'articolo 648-ter c.p. che non e' oggetto di scrutinio in questa sede con riguardo alla sussistenza dei suoi elementi costitutivi rispetto ad una eventuale diversa qualificazione giuridica in termini di autoriciclaggio. 3. Il terzo motivo e' assorbito dalle considerazioni sopra riportate a proposito della efficacia non sanante della cessione del credito di imposta rispetto al cessionario ed ai fini di cui si discute, fermo restando che il ricorrente, in questa sede, non ha interesse a dolersi, stante l'identica conseguenza dal punto di vista del procedimento cautelare, del fatto che si tratti di credito inesistente o non spettante, essendo stata, comunque, dimostrata la condotta illecita. 4. Il quarto motivo e' assorbito da quanto appena rilevato. 5. Il quinto motivo e' inammissibile perche' non consentito, in quanto con esso si deduce non una violazione di legge - unico profilo rilevante in questa sede (tra le tante, sez.5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, conforme a Sez.U, n. 5876 del 2004, Bevilacqua) - ma un vizio motivazionale, avendo il Tribunale spiegato, a fg. 10 del provvedimento impugnato, che il sequestro delle societa' riconducibili al ricorrente e' stato dovuto al loro utilizzo come cessionarie dei crediti di imposta fasulli, sicche', proprio la loro permanente operativita' sul mercato giustifica il pericolo di aggravare i reati attraverso la reiterazione delle condotte criminose contestate. 6. Del pari, anche il sesto motivo e' volto a censurare non una violazione di legge ma un vizio di motivazione, avendo il Tribunale ancorato il provvedimento cautelare a precise emergenze investigative, come i bilanci delle societa' e le ingenti somme di danaro in contante reperite e dall'analisi dei redditi del nucleo familiare al fine di giustificare interamente la misura dal punto di vista quantitativo ritenendo la salvaguardia delle esigenze primarie della famiglia del ricorrente, ritenute ampiamente capienti. Tutte le considerazioni che precedono assorbono ogni altra censura difensiva. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SARNO Giulio - Presidente Dott. SOCCI Angelo Matteo - Consigliere Dott. REYNAUD Gianni Filippo - Consigliere Dott. MENGONI Enrico - Consigliere Dott. ZUNICA Fabio - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 02-08-2022 del Tribunale di Foggia; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Fabio Zunica; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Di Nardo Marilia, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 2 agosto 2022, il Tribunale del Riesame di Foggia confermava il decreto emesso il 12 luglio 2022 dal G.I.P. del Tribunale di Foggia, con il quale, nell'ambito di un articolato procedimento a carico di una pluralita' di indagati, era stato disposto, all'esito di perquisizioni locali e personali, il sequestro preventivo dell'importo di 37.500 Euro nei confronti di (OMISSIS), indagato, quale socio di fatto della (OMISSIS), formalmente rappresentata dal fratello (OMISSIS), dei reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8 (capi A e B), articolo 640 c.p., commi 1 e 2 (capo C) e articolo 416 c.p. (capo D); tali reati sono stati a lui contestati per aver preso parte a un'associazione a delinquere finalizzata a creare fittiziamente, mediante l'emissione di fatture per operazioni inesistenti con riferimento ai lavori edili da compiere in almeno 246 cantieri, crediti di imposta fittizi in materia di bonus edilizi, crediti ceduti o a intermediari finanziari o a societa' di grandi dimensioni. Fatti asseritamente commessi in (OMISSIS). 2. Avverso l'ordinanza del Tribunale pugliese, (OMISSIS), tramite il proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi. Con il primo, oggetto di doglianza e' la mancanza di motivazione del provvedimento impugnato in ordine alle eccezioni difensive, con cui era stata rimarcata l'assenza di riferimenti alla condotta penalmente rilevante che avrebbe posto in essere il ricorrente e agli elementi di fatto che avrebbero consentito di ricondurre l'evento punito dalla norma penale alla condotta dell'indagato, non evincendosi alcun dato concreto dalla lettura delle imputazioni. A (OMISSIS) sono state infatti attribuite le qualifiche di co-gestore di fatto e di socio di fatto della (OMISSIS) s.r.l. in maniera generica e assertiva, senza alcun confronto con le deduzioni difensive. Con il secondo motivo, infine, la difesa deduce la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione dell'ordinanza impugnata, nella parte in cui il Tribunale, pur avendo esplicitato di avere contezza che (OMISSIS) risulta essere formalmente collaboratore della (OMISSIS) s.r.l. con contratto di collaborazione continuativa e coordinata, ha contestualmente ritenuto indizianti a suo carico, in relazione al ruolo rivestito nella vicenda, il contenuto di una serie di conversazioni intercorse tra (OMISSIS) e (OMISSIS), tra (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre che tra (OMISSIS) e altri soggetti, ovvero (OMISSIS), (OMISSIS) e un incaricato della (OMISSIS) s.p.a., spiegandosi tali conversazioni con il fatto che il ricorrente era un collaboratore della (OMISSIS) e in tale veste si e' occupato dei rapporti di lavoro con altri soggetti, tra cui la (OMISSIS) s.r.l. legalmente rappresentata da (OMISSIS). CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' inammissibile perche' manifestamente infondato. 1. Premesso che i due motivi di ricorso possono essere affrontati unitariamente, in quanto tra loro sostanzialmente sovrapponibili, occorre evidenziare che la valutazione indiziaria compiuta nell'ordinanza impugnata non presenta vizi di legittimita' rilevabili in questa sede. In via preliminare, deve richiamarsi la costante affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656), secondo cui il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio, ai sensi dell'articolo 325 c.p.p., e' ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione cosi' radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. Non puo' invece essere dedotta l'illogicita' manifesta della motivazione, la quale puo' denunciarsi nel giudizio di legittimita' soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di cui all'articolo 606 c.p.p., lettera E) (in tal senso, cfr. Sez. Un. 5876 del 28/01/2004, Rv. 226710). 2. Tanto premesso, deve ritenersi che nel caso di specie, rispetto alla valutazione del fumus commisi delicti, non sia configurabile ne' una violazione di legge, ne' un'apparenza di motivazione, avendo il Tribunale del Riesame adeguatamente illustrato le ragioni poste a fondamento della propria decisione. In proposito, sono state innanzitutto richiamate le attivita' investigative svolte dall'Agenzia delle Entrate, Divisione Contribuenti, Settore Contrasto Illeciti, Sezione Analisi e Strategie Antifrode, che ha riscontrato una serie di anomalie nella verifica del meccanismo di cessione dei crediti di imposta effettuato da alcuni operatori economici nell'ambito di taluni interventi realizzati nel regime di detrazioni fiscali introdotto durante l'emergenza pandemica allo scopo di favorire la ripresa economica nel settore edilizio (cd. "superbonus al 110%, bonus facciate, ecobonus, bonus ristrutturazioni e sismabonus"). In particolare, sono stati individuati alcuni soggetti, societa' e persone fisiche, che hanno ideato, realizzato e gestito un sistema fraudolento, finalizzato alla creazione e alla monetizzazione di falsi crediti di imposta per oltre un miliardo di Euro: la simulazione della sussistenza dei presupposti costitutivi del beneficio fiscale, ovvero del diritto del contribuente alla detrazione dell'imposta lorda dell'intero importo delle spese sostenute per gli interventi di cui al Decreto Legge n. 34 del 2020, e' risultata strumentale alla creazione di crediti di imposta inesistenti, in funzione del conseguimento di un duplice obiettivo illecito: da un lato, l'indebito ottenimento di ingenti liquidita' monetarie di lecita provenienza, conseguite grazie alla cessione dei crediti a istituti bancari o intermediari finanziari, in taluni casi attraverso la previa cessione intermedia a societa' o persone fisiche compiacenti; dall'altro lato, l'elusione fiscale, attuata mediante l'indebita compensazione dei crediti di imposta, con conseguente locupletazione dei profitti derivanti dall'omesso versamento delle imposte dovute (cd. risparmio di spesa). In tale contesto, e' emerso il compimento di rilevanti operazioni compiute sulla "Piattaforma cessione crediti" da parte della societa' (OMISSIS), riconducibile all'indagato (OMISSIS); tale societa' e' risultata cessionaria, in pochi mesi, di crediti di imposta inesistenti, per un ammontare complessivo pari a 123.205.226 Euro, di cui la maggior parte generati in modo fraudolento dalle societa' (OMISSIS) e (OMISSIS) (riconducibili ai coindagati (OMISSIS) e (OMISSIS)) e successivamente monetizzati per un importo pari a 69.576.776 Euro, attraverso la successiva cessione a intermediari finanziari o a grandi societa' energetiche; l'analisi dei dati ha consentito di accertare che la (OMISSIS) non risulta aver ceduto crediti di imposta in qualita' di primo cedente, cioe' di soggetto beneficiario dell'agevolazione in ragione dell'avvenuta esecuzione dei lavori di ristrutturazione, ma di aver solo veicolato e portato, seppur parzialmente, all'incasso crediti maturati in capo ad altri soggetti. Dei circa 123 milioni di Euro acquistati dalla societa', 30 milioni erano stati ceduti alla (OMISSIS) e 60 milioni alla (OMISSIS), essendo tali societa' il centro di creazione dei crediti fiscali fittizi. Dalle verifiche della P.G. e' emerso che, al fine di ottenere la maggiore agevolazione possibile, le societa', per ogni intervento edilizio, indicavano prezzi esorbitanti per l'esecuzione dei lavori, non congrui peraltro rispetto alle caratteristiche degli immobili e agli interventi realizzabili in concreto, usufruendo esclusivamente della percentuale massima di detrazione. Inoltre, in relazione a 246 pratiche edilizie, e' stato accertato che per ben 196 difettavano i necessari titoli abilitativi (permesso di costruire e autorizzazione sismica), fermo restando che dei 246 interventi programmati, ne sono risultati concretamente avviati solo 45. Di qui la conclusione secondo cui le fatture emesse in relazione a tali interventi fossero relativi a operazioni inesistenti e che dunque erano fittizie le collegate cessioni di credito. In tale scenario, e' stato delineato dai giudici cautelari il ruolo di (OMISSIS), il quale e' risultato essere, formalmente, dipendente/collaboratore della (OMISSIS), amministrata dal fratello (OMISSIS), e sostanzialmente gestore di fatto della societa'. Tale affermazione e' stata fondata sul contenuto di alcuni dialoghi intercettati e riportati alle pagine da 21 a 23 dell'ordinanza impugnata (cfr. progr. n. 125 del 17 marzo 2022, n. 292 e 317 del 25-26 marzo 2022, n. 140 del 30 marzo 2022, n. 72-82 del 31 marzo 2022, n. 22 e 141 del 14 aprile 2022 e n. 243 del 18 aprile 2022), dialoghi da cui e' emerso il costante ruolo attivo di (OMISSIS) non solo nella gestione della (OMISSIS), ma, piu' in generale, nella realizzazione del programma criminoso attuato unitamente agli altri coindagati, tra cui il citato (OMISSIS) e (OMISSIS), amministratore della (OMISSIS). Orbene, la lettura delle conversazioni intercettate operata dal Tribunale del Riesame e' oggetto di critica del ricorso, con considerazioni volte a sollecitare differenti apprezzamento di merito che non possono tuttavia trovare ingresso in questa sede, dovendosi richiamare l'affermazione di questa Corte (cfr. ex multis Sezioni Unite n. 22471 del 26/02/2015, Rv. 263715 e Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, dep. 2014, Rv. 259516), secondo cui, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se, come nel caso di specie, risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita'. 3. In definitiva, fermo restando che i temi sollevati dalla difesa potranno essere sviluppati, anche a livello probatorio, nell'evoluzione del procedimento penale in corso, deve ribadirsi che, allo stato, l'apparato argomentativo dell'ordinanza impugnata rispetto all'ascrivibilita' all'indagato delle condotte contestate, in quanto sorretto da considerazioni razionali e coerenti con le acquisizioni investigative, non presta il fianco alle censure difensive, che invero si muovono nell'orbita non tanto della violazione di legge, ma piuttosto della manifesta illogicita' o della erroneita' della motivazione, profilo questo tuttavia non deducibile con il ricorso per cassazione proposto contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio. Ne consegue che il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) deve essere dichiarato quindi inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi e' ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VERGA Giovanni - Presidente Dott. DI PAOLA Sergio - Consigliere Dott. PELLEGRINO Andrea - Consigliere Dott. SGADARI Giuseppe - Consigliere Dott. ARIOLLI Giovann - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 24/08/2022 del TRIB. LIBEIRTA' di TREVISO; udita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI ARIOLLI; lette le conclusioni del PG RAFFAELE GARGIULO; Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8. RITENUTO IN FATTO (OMISSIS), ricorre avverso l'ordinanza del 24/07/2022 del Tribunale di Treviso, che ha dichiarato inammissibile l'appello proposto nei confronti del provvedimento con cui il GIP del Tribunale di Treviso ha rigettato l'istanza di revoca del sequestro preventivo, emesso nel procedimento in cui il ricorrente e' indagato dei reati di cui all' articolo 110 c.p.e articolo 640 c.p., commi 1 e 2, n. 1 (capo 1) e 110, 81 cpv., 648-terl c.p. (capo 2). In particolare, il vincolo reale ha riguardato un notevole importo stimato pari al valore di crediti che si sostiene indebitamente acquisiti dal (OMISSIS) alla data dell (OMISSIS) per cantieri, in ipotesi d'accusa, non ancora attivati ed e' stato disposto, anche per equivalente, nei confronti dell'indagato e degli altri correi. Il Tribunale ha dichiarato l'inammissibilita' dell'impugnazione ritenendo operante la preclusione a far valere, con l'istanza di revoca del sequestro, profili attinenti alle condizioni legittimanti la misura reale (nella specie relative al fumus delicti), laddove l'interessato abbia in precedenza proposto istanza di riesame, poi non coltivata mediante rinuncia all'impugnazione. Al riguardo, deduce: 1. ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale di cui agli articoli 322, 324, 322-bis e 591 c.p.p., in ragione della mancata equiparazione tra il difetto di proposizione del riesame e la rinuncia alla richiesta di riesame, sul "fallace presupposto logico-giuridico secondo cui la formale rinunzia all'interposta richiesta di riesame reale puo' sorreggere la pronuncia d'inammissibilita' dell'appello cautelare successivamente instaurato". Il giudizio d'inammissibilita' del Tribunale di Treviso sol:tintenderebbe una "fallace" interpretazione dell'istituto della rinuncia all'impugnazione, vale a dire della rinuncia alla richiesta di riesame. La rinuncia, invece, deve ritenersi perfettamente equiparabile alla mancata interposizione del rimedio stesso, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale. La rinuncia al riesame precluderebbe una pronuncia di merito, e per tale via una delibazione su qualsivoglia questione relativa agli elementi legittimanti il provvedimento restrittivo. La rinuncia definita dalle Sezioni unite quale negozio processuale abdicativo con natura sopravvenuta ed esplicita sarebbe la rinuncia all'impugnazione interposta, vale a dire l'appello cautelare e non la rinuncia a un riesame precedentemente interposto. La rinuncia al riesame reale deve equipararsi alla mancata presentazione del gravame medesimo. 2. ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale con riferimento agli all' articolo 321, comma 2, articoli 322 e 322-bis c.p.p., in ragione della configurazione, adottata dal collegio trevigiano, del riesame quale unico mezzo di gravame per i vizi genetici del provvedimento di sequestro preventivo, in spregio alle argomentazioni svolte dalle Sezioni unite nella sentenza n. 46201 del 2018. Si tratterebbe di un orientamento che fa leva su un approccio interpretativo minoritario da disattendersi e che si basa sulla natura decadenziale del termine per proporre riesame. Sarebbe ben possibile, invece, avanzare col rimedio ex articolo 322-bis c.p.p., un'istanza di revoca del sequestro preventivo, anche in assenza di fatti sopravvenuti. Il riesame, dunque, non sarebbe l'unico rimedio per contestare la legittimita' dell'imposizione del vincolo e, nello specifico, la sussistenza del fumus commissi delicti. La difesa sostiene, peraltro, la carenza dei presupposti legittimanti il vincolo ablatorio e l'insussistenza del fumus commissi delicti anche in ragione di elementi probatori sopravvenuti in quanto formatisi in un momento postumo rispetto sia alla data in cui veniva emesso il decreto di sequestro preventivo, sia alla data di interposizione della richiesta di riesame, sia alla data della richiesta di riesame medesima (19 luglio 2022), tra cui i plurimi verbali di assunzione di informazioni ex articolo 391-bis e 391-ter c.p.p. e una dettagliata consulenza tecnica redatta in data 26 luglio 2022. 3. ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), inosservanza della norma processuale di cui all'articolo 125 c.p.p., comma 3, in ragione del difetto assoluto di motivazione in ordine ai motivi enunciati con l'atto di appello cautelare ex articolo 322-bis c.p.p., interposto dalla difesa. 4. Il P.G. presso questa Corte, con requisitoria in data 15/12/2022, sul rilievo della fondatezza dei primi due motivi di ricorso, ha concluso per l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata. 5. Con memoria in data 27/12/2022, la difesa del ricorrente ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso, con particolare riguardo a quelli principali attinenti all'assenza della formazione di alcun giudicato cautelare nel caso di specie. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso non e' fondato. 1. La censura di violazione di legge, mossa dalla difesa del ricorrente con i primi due motivi di ricorso, muove dalla ritenuta equiparazione al caso in esame - costituito dalla rinunzia all'impugnazione cautelare avvenuta nel corso delle more della procedura incidentale - dei principi espressi dalle Sezioni unite Romagnoli (n. 29952 del 24/05/2004, Rv. 228117 - 01) e Noemi (n. 46201 del 31/05/2018, Rv. 274092 - 01), secondo cui la mancata tempestiva proposizione, da parte dell'interessato, della richiesta di riesame avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare reale non ne preclude la revoca per la mancanza delle condizioni di applicabilita', neanche in assenza di fatti sopravvenuti; con la conseguenza che andrebbe ritenuto ammissibile l'appello cautelare avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di revoca, non potendosi attribuire alla mancata attivazione del riesame la valenza di una rinuncia all'impugnazione. Si tratta di un'opzione ermeneutica che, a giudizio del Collegio, non e' condivisibile. Il concetto di rinuncia all'impugnazione equivale sostanzialmente ad un nolo contendere sulla censura a proposito dei presupposti genetici della misura, proprio perche' lo strumento del riesame, attesa la sua natura integralmente devolutiva, equivale all'attivazione di un meccanismo che tende ad un controllo giurisdizionale di tipo "pieno" proprio su quei presupposti. Di talche', la rinunzia a quello specifico rimedio non puo' non ridondare sulla preclusione a riproporre censure attinenti a quei presupposti genetici la cui sussistenza deve dunque ritenersi preclusa. Non diversamente, d'altra parte, da cio' che accadrebbe nell'ipotesi in cui, positivamente scrutinata in sede di riesame la sussistenza dei presupposti genetici, lo stesso tema venisse riproposto tale e quale in sede di appello. Dunque, se non e' possibile, a lume degli insegnamenti delle S.U., ritenere che, in punto di verifica dei presupposti genetici della misura, eletta una via non datum recursus ad alteram, e' altrettanto vero che alla dichiarazione di rinuncia all'impugnazione deve essere, in questa specifica ipotesi, annesso un significato di scelta univoca operata dal soggetto legittimato a proporre impugnazione. Si tratta, infatti, di una abdicazione al tipico rimedio processuale intervenuta dopo la sua attivazione: il mancato esercizio del potere di controllo sui presupposti genetici della misura dipende, infatti, dalla scelta consapevole dell'interessato che a quel rimedio ha poi rinunziato. Non si e', dunque, al cospetto di una situazione processuale assimilabile al diverso caso della mancata tempestiva proposizione dell'impugnazione, trattandosi di situazioni processuali differenti, collocandosi, quella in esame, nell'ambito della categoria delle cause sopravvenute di inammissibilita'. Ed e' proprio il riferimento a tale "tipo" di inammissibilita' che esclude la possibilita' di ritenere del tutto "neutra", sul piano degli effetti processuali, l'avvenuta rinunzia all'impugnazione. Nei casi, infatti, di cause di inammissibilita' originarie, difettano i presupposti previsti dalla legge per attivare il meccanismo impugnatorio, mentre - laddove tali presupposti sussistano - e l'impugnazione sia stata presentata, l'effetto caducatorio che si accompagna alla rinunzia e' conseguenza dell'abdicazione a quel tipo di verifica giudiziale a cui l'interessato tendeva con l'impugnazione proposta. L'ordinamento processuale prevede, in tema di misure reali, diversi rimedi, i quali si fondano su presupposti differenti e quello del riesame e' alternativo rispetto all'appello, come quest'ultimo non e' assorbente rispetto al riesame, tanto ricavandosi dalla chiara lettera della legge che espressamente stabilisce che le parti possono proporre appello contro le cirdinanze in materia di sequestro preventivo "fuori dei casi previsti dall'articolo 322 c.p.p. ". Si tratta, quindi, di due modalita' di impugnazione differenti che si fondano ontologicamente su due prospettive di censura diverse: pertanto, laddove la parte si avvalga dell'appello cautelare, rinunciando al proposto riesame, rinuncia, al contempo, anche alla prospettiva di censure che il rimedio successivamente rinunziato le consentiva, ossia rinuncia a far valere le doglianze sui fatti genetici della misura; con la conseguenza che, correttamente, la cognizione del giudice di appello sara' parzialmente devolutiva, avendo riguardo alle ragioni poste a fondamento del diniego da parte del giudice dell'istanza di revoca. Non si tratta, quindi, di introdurre una preclusione - anche di tipo sostanziale - ricollegabile al cd. giudicato cautelare, fondata, come noto, su presupposti differenti, ma di prendere atto - come correttamente ha rilevato l'ordinanza impugnata - di una "fuoriuscita" del perimetro cognitivo spettante al giudice di appello. La rinuncia all'impugnazione non significa soltanto dismettere il relativo atto, ma operare una scelta di prospettiva processuale che tale rinunzia tipicamente sottende: si pensi al ricorso per saltum che tende ad una pronuncia di legittimita', con espressa rinunzia e preclusione a far valere sia le censure di merito tipiche del riesame che dell'ambito di cognizione che a tale giudice spetta. La rinuncia, pertanto, fa venir meno l'obbligo del giudice di pronunciarsi, ma non gli effetti legati a quella prospettiva impugnatoria che si e' scelta di perseguire. 2. Generico per difetto di autosufficienza e', invece, l'ultimo motivo con cui il ricorrente lamenta la mancanza di motivazione in ordine alla valenza a discarico degli elementi sopravvenuti alla rinunzia alla richiesta di riesame (si tratta di verbali di assunzione di informazioni volti a dimostrare l'avvenuta esecuzione dei lavori, nonche' di consulenza tecnica di parte volta a dimostrare la possibilita' di fatturare ed includere negli stati di avanzamento lavori le spese c.d. strumentali, ma necessarie alla realizzazione successiva e conseguenziale degli interventi finanziabili), sui quali la difesa precisa avere fondato la richiesta di revoca ed articolato apposita censura nell'atto di appello. Posto che dalla lettura dell'ordinanza impugnata non si ricava se le questioni di merito dedotte dalla difesa si avvalgano di tale nouvm - richiamandosi a pag. 5 dell'ordinanza soltanto il tema generale, non privo di rilievo, sulla fatturabilita' e possibilita' di inclusione negli stati di avanzamento lavori di varie spese cd. pre-cantieristiche, ma strumentali e necessarie per realizzare gli interventi ammessi al cd. superbonus - era necessaria - affinche' il Collegio potesse scrutinare compiutamente la doglianza - l'allegazione dell'istanza di revoca, del provvedimento impugnato e del relativo motivo di appello in relazione al quale si denuncia la violazione di legge per omessa motivazione. 3. Va, pertanto, rigettato il ricorso. Consegue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RAMACCI Luca - Presidente Dott. GALTIERO Donatella - Consigliere Dott. CORBETTA Stefano - Consigliere Dott. SCARCELLA Aless - rel. Consigliere Dott. NOVIELLO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI PARMA nei confronti di: (OMISSIS) S.P.A.; avverso l'ordinanza del 27/06/2022 del TRIB. LIBERTA' di PARMA; udita la relazione svolta dal Consigliere ALESSIO SCARCELLA; sentite le conclusioni del PG VALENTINA MANUALI che ha chiesto l'annullamento con rinvio dell'impugnata ordinanza, riportandosi alla requisitoria scritta gia' depositata e comunicata alle parti; udito il difensore presente, Prof. Avv. (OMISSIS), che, nel riportarsi ai motivi di cui alla memoria scritta gia' depositata nonche' alla memoria ex articolo 121, c.p.p. depositata in udienza, chiede che il ricorso venga rimesso alle Sezioni Unite e, in subordine, chiede che il ricorso del PM venga dichiarato inammissibile o rigettato. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza 23.05.2022, il tribunale del riesame di Parma, in accoglimento della richiesta di riesame proposta nell'interesse di (OMISSIS) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP/tribunale di Parma 5.04.2022, e' stato disposto il dissequestro di crediti di imposta dell'importo complessivo di Euro 6.990.694,00 nella disponibilita' di (OMISSIS) S.p.A., meglio specificati nel verbale di esecuzione della G.d.F. di Parma del 4.05.2022. 2. Avverso la ordinanza impugnata nel presente procedimento, il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Parma propone ricorso per cassazione, deducendo un unico, articolato, motivo, di seguito sommariamente indicato. 2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di violazione di legge in relazione agli articoli 321 c.p.p. e Decreto Legge 34 del 2020, art.121, lettera a) e b), e commi 5 e 6, c.d. decreto rilancio, convertito, con modd. in L. 77 del 2020 nonche' per mancanza assoluta di motivazione in ordine all'equiparabilita' tra credito fittizio e banconote false ed all'utilizzabilita' e compensabilita' del credito geneticamente illecito, anche alla luce delle inequivocabili indicazioni dell'Agenzia delle Entrate, segnatamente dalla circolare n. 23/E del 23.06.2022, cap. 5.3. In sintesi, premesso il contenuto dell'articolo 121, comma 1, citato - il quale si riferisce ai soggetti che sostengono spese per gli interventi elencati dal comma 2 - il quale prevede che il soggetto legittimato che effettua la scelta tra le tre opzioni possibili (utilizzo diretto della detrazione spettante; sconto in fattura; cessione del credito di imposta) e' solo colui che abbia sostenuto spese per interventi edilizi, si censura la decisione dei giudici del riesame per aver aderito in maniera pedissequa ad un'articolata ed ardita ricostruzione difensiva secondo cui, in estrema sintesi, il cessionario del credito acquisirebbe a titolo originario e non derivativo, unico strumento per tentare di sganciare la posizione del cessionario da quella del beneficiario-cedente. Tale violazione apparirebbe ancor piu' evidente alla luce delle indicazioni contenute nella richiamata circolare del 23.06.2022 dell'Agenzia delle Entrate in cui si afferma che le comunicazioni inviate alla Piattaforma per le cessioni dei crediti dell'Agenzia delle entrate non rappresentano ne' sostituiscono gli atti contrattuali di cessione del credito intervenuti tra le parti, che restano disciplinati dalle pertinenti disposizioni civilistiche, evidenziandosi come la comunicazione rappresenta lo strumento con cui un soggetto rende noto all'Agenzia delle Entrate di aver ceduto un credito di imposta e che la presenza di un credito sulla Piattaforma non implica in alcun caso il riconoscimento della sua esistenza e dell'effettiva spettanza della detrazione da cui lo stesso trae origine. Tale indicazione di prassi, dunque, secondo il PM, farebbe venir meno qualsiasi valenza ar-gomentativa alla tesi dell'acquisto a titolo originario da parte del cessionario, restando la cessione del credito un atto contrattuale tra le parti, meramente comunicato all'Agenzia delle Entrate, con le relative conseguenze in termini di esistenza del credito e di sua compensabilita'. Richiamato, poi, a titolo esemplificativo, uno dei quindici contratti allegati alla memoria difensiva di (OMISSIS) S.p.A., il PM rileva come nello stesso piu' volte compaia il termine "contratto", censurando il silenzio motivazionale circa la rilevanza di tale tipo di contratto rispetto alla tesi difensiva, essendo prevista sia la risoluzione del contratto che il risarcimento del danno. Tanto premesso, prosegue il PM, apparirebbe certo che l'indagato (OMISSIS) non avrebbe sostenuto alcuna spesa per interventi edilizi e, dunque, alla radice non avrebbe potuto optare per alcuna delle scelte possibili ex lege, non avendo effettuato alcun lavoro. Il credito di imposta trova pertanto la sua ragion d'essere in una spesa che il beneficiario ha sostenuto, donde sarebbe impensabile che il legislatore, da un lato, abbia previsto agevolazioni condizionate alla effettuazione di lavori e, dall'altro, abbia potuto prevedere a tollerare che a fronte del "nulla" possa esistere un credito da opporre all'Amministrazione finanziaria, sia pure da parte di un soggetto in buona fede, nella fattispecie la cessionaria del credito (OMISSIS) S.p.A., visto che il titolare del diritto alla detrazione ed "optante" nulla avrebbe potuto trasferire a terzi. Quanto, poi, all'ulteriore violazione di legge, relativa all'articolo 321, c.p.p. con riferimento all'articolo 121, commi 5 e 6, del c.d. decreto rilancio, il PM, richiamato il contenuto normativo, censura la tesi difensiva, avallata dal tribunale, secondo cui i crediti sarebbero sempre esistenti e legittimamente utilizzabili da parte del cessionario che li abbia acquisitati in buona fede, con conseguente possibilita' di compensazione, fondando la tesi sulla recuperabilita' del credito ex articolo 121, commi 5 e 6, Decreto Legge n. 34 del 2020 e succ. modd. ed integrazioni. Sul punto - pur riconoscendo il PM come indubbio che attraverso la monetizzazione il cessionario abbia subito un danno, costituito dall'esborso di denaro a fronte dell'acquisizione di un credito inesistente - si sostiene nel ricorso che una cosa e' la risarcibilita' del danno, che (OMISSIS) S.p.A. ben potrebbe richiedere al dante causa, cedente/beneficiario, sia in sede penale che civile, altra cosa sarebbe invece la spendibilita' del credito inesistente sotto forma di compensazione. Errata sarebbe, in particolare, la tesi secondo cui la non assoggettabilita' a sequestro dei crediti acquisiti da (OMISSIS) troverebbe la sua fonte nell'articolo 121 del c.d. decreto rilancio, secondo una erronea lettura dei predetti commi dell'articolo 121, in quanto cio' comporterebbe un'ingiustificata commistione tra norma fiscale e norma penale, finendo per applicare indebitamente alla seconda i criteri ermeneutici della prima, sovrapponendo la norma fiscale a quella penale. Nella specie, e' indubbio anche per il PM che il Fisco debba rivolgersi per recuperare l'imposta non spettante al beneficiario e non certo al cessionario salvo che quest'ultimo non sia concorso nella violazione (comma 6), ma il comma 5, parla di "recupero" e quindi postula l'avvenuta utilizzazione del credito da parte del cessionario, atteso che e' solo l'utilizzazione che puo' legittimare il recupero, non essendo recuperabile cio' che non si e' speso o non si e' riscosso. Tuttavia, prosegue il ricorso, e' la richiamata circolare dell'Agenzia delle Entrate del 23.06.2022 a chiarire in che termini e' possibile agire, al di la' dei casi di concorso nella violazione, anche nei confronti del cessionario, non potendosi dunque escludere che quest'ultimo sia chiamato a rispondere in solido con il be-neficiario/cedente, allorquando non abbia utilizzato l'ordinaria ed adeguata diligenza nell'acquisizione dei crediti. Da quanto sopra, a giudizio del PM, deriverebbe la necessita' di distinguere il piano tributario, in cui di discute della recuperabilita' del credito, da quello penale, in cui si discute di un provvedimento di sequestro preventivo che concerne invece l'utilizzabilita' ovvero la spendibilita' e, in ultima analisi, la compensabilita' del credito fittizio, il quale essendo inesistente, con origine illecita, secondo il PM non potrebbe essere speso in compensazione, mirando del resto il provvedimento cautelare ad evitare l'ulteriore, illecita circolazione del credito, tesi che sarebbe fondata peraltro sul contenuto della piu' volte richiamate Circolare 23.06.2022. Infine, quanto alla censurata mancanza di motivazione dell'ordinanza impugnata, il PM contesta che il tribunale del riesame, pur avendo riportato per sintesi le argomentazioni dell'organo inquirente, avrebbe del tutto omesso qualsivoglia motivazione finalizzata alla loro confutazione, segnatamente riguardante sia la differenza tra i profili civilistici, fiscali e penali sia l'equiparabilita' tra le banconote false ed i crediti in questione, tema, quest'ultimo, in relazione al quale, alla pag. 8 del ricorso, viene ad essere sintetizzato il ragionamento esposto all'udienza davanti ai giudici del riesame, non confutato in motivazione. Si tratterebbe, secondo il PM, di un tema centrale rispetto al quale assolutamente dirimente e' la richiamata Circolare dell'Agenzia delle Entrate 23.06.2022, cap. 5.3, ff. 99/100, di cui viene richiamato per stralcio il contenuto a pag. 9 del ricorso, e dalla quale emergerebbe inequivocabilmente la posizione chiara del Fisco sul tema, cosi' sin-tetizzabile: 1) il credito inesistente non puo' essere utilizzato in compensazione neppure in caso di dissequestro da parte dell'A.G.; 2) i crediti illegittimamente compensati sono oggetto di recupero; 3) l'A.F. ha il potere/dovere di informare l'A.G. nel caso di indebita compensazione effettuata. 3. Con requisitoria scritta del 27.10.2022, il Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata. In particolare, muovendo dalla premessa per cui, nel caso in esame, e' assolutamente incontestato il fatto reato di avere creato fittizi crediti d'imposta, avvalendosi delle agevolazioni fiscali e di aver poi monetizzato detti crediti attraverso la loro cessione a (OMISSIS) spa, il PG rileva che logico corollario di tale premessa e' che, dunque, si e' in presenza di un credito inesistente con origine illecita. Orbene, il sequestro preventivo emesso dal GIP e', appunto, finalizzato alla confisca dei crediti d'imposta fittiziamente creati (profitto del reato) e la cessione del credito, appunto inesistente, non puo' escludere, di per se', l'assoggettabilita' dello stesso al sequestro. Ne' la non operativita' del sequestro si puo' desumere dalla lettura dei commi 5 e 6 dell'articolo 121 del Decreto Legge n. 34 del 2020. Su tale ultimo punto, osserva il PG, la tesi sostenuta dal tribunale del riesame non convince. E' evidente la ratio sottesa a tali disposizioni: il Legislatore tributario ha voluto rendere recuperabile l'importo della detrazione solo a carico del beneficiario, in quanto e' il beneficiario che ha creato il meccanismo illecito di un credito non dovuto ed e', dunque, nei confronti di tale beneficiario, e non nei confronti del cessionario in buona fede, che l'Agenzia delle Entrate puo' e deve rivolgersi. Puntuale conferma di cio' si trova nel successivo comma 6 del medesimo articolo 121, ai sensi del quale l'Agenzia delle Entrate' puo' estendere il "recupero" al cessionario, come pure al fornitore del beneficiario, solo allorquando emerga un concorso nella violazione. Va, peraltro, evidenziato che il comma 5 dell'articolo 121 cit. parla di "recupero" e, dunque, presuppone l'avvenuta utilizzazione del credito da parte del cessionario: qualora venga accertato che il credito sia (in toto o in parte) insussistente l'Agenzia delle entrate puo' recuperare l'importo della detrazione non spettante rivolgendosi all'originario beneficiario. Tutto cio' implica, pero', che il credito sia stato utilizzato, perche' e' solo l'utilizzazione che puo' legittimare il recupero, mentre non e' recuperabile cio' che non si e' speso, o che non si e' riscosso. Si deve, tuttavia, puntualizzare che le disposizioni esaminate citate regolano solo il rapporto tra il privato e l'Agenzia delle entrate, escludendo (fuori dei casi di concorso nella violazione o, invero, di utilizzo irregolare o in misura maggiore del credito ceduto) la "responsabilita' solidale" del cessionario in ordine all'attivita' di recupero degli importi corrispondenti al credito d'imposta indebito maggiorati degli interessi (e per il beneficiario anche delle sanzioni). Non hanno incidenza, e si pongono su un piano nettamente distinto rispetto alle conseguenze penali dei reati che siano stati eventualmente commessi, situazione, questa, che costituisce una ipotesi piu' ristretta e specifica (oltre che piu' grave) rispetto alla piu' ampia e generica "mancata integrazione, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d'imposta", prevista dal comma 5 del citato articolo 121. La mancata integrazione dei requisiti che danno diritto alla detrazione, e' una evenienza diversa rispetto alla originaria inesistenza dell'operazione che puo' far sorgere il diritto alla detrazione oggetto della contestazione penale (non meramente amministrativo-tributaria), con tutte le conseguenze in ordine alla normativa applicabile in materia di misure reali previste dall'ordinamento penale. Non si puo' sostenere che l'intento politico espresso dalla legge di favorire un mercato secondario dei crediti d'imposta, possa consentire, o addirittura agevolare, la circolazione di uno strumento totalmente privo di sottostante. Una indiretta conferma della piena operativita' del sequestro penale si riscontra nel successivo intervento normativo di cui al Decreto Legge n. 13 del 2022, articolo 3 del non convertito, ma il cui contenuto e' stato trasfuso (senza soluzione di continuita' temporale) nel Decreto Legge n. 4 del 2022,articolo 28-ter come convertito con modificazioni dalla L. n. 25 del 2022) sui "(t)ermini di utilizzo dei crediti d'imposta sottoposti a sequestro penale". L'articolo 28-ter dispone che "(I)'utilizzo dei crediti d'imposta di cui del Decreto Legge n. 34 del 2020, articoli 121 e 122 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 77 del 2020, nel caso in cui tali crediti siano oggetto di sequestro disposto dall'Autorita' giudiziaria puo' avvenire, una volta cessati gli effetti del provvedimento di sequestro, entro i termini di cui agli articoli 121, comma 3, e 122, comma 3, del medesimo Decreto Legge n. 34 del 2020, aumentati di un periodo pari alla durata del sequestro medesimo, fermo restando il rispetto del limite annuale di utilizzo dei predetti crediti d'imposta previsto dalle richiamate disposizioni. Per la medesima durata, restano fermi gli ordinari poteri di controllo esercitabili dall'Amministrazione finanziaria nei confronti dei soggetti che hanno esercitato le opzioni di cui agli articoli 121 e 122 del medesimo Decreto Legge n. 34 del 2020" con l'ulteriore precisazione che "(I)'Agen-zia delle Entrate effettua il monitoraggio sull'utilizzo del credito d'imposta nei casi di cui al precedente comma 1, e comunica i relativi dati al Ministero dell'economia e delle finanze ai fini di quanto previsto dall'articolo 17, comma 13, della L. 31 dicembre 2009, n. 196". Tale norma costituisce un'ulteriore riprova della legittima operativita' del sequestro penale, che non puo' ritenersi impedito dalle disposizioni del Decreto Legge n. 34 del 2020 articolo 121 dal momento che si prevede espressamente la possibilita' di utilizzare il credito solo qualora e quando cessino gli effetti del sequestro penale (da cio' la necessita di rideterminare i termini per il suo utilizzo, che sarebbero inutilmente decorsi per cause non imputabili al cessionario). Peraltro, l'ordinanza impugnata, nel revocare il sequestro, sovrappone la questione della tutela del terzo in buona fede a quella della assoggettabilita' a sequestro del fittizio credito d'imposta ceduto, questione che si pone su un piano nettamente distinto. In primo luogo, va precisato che l'esistenza di cautele legislative di poteri di controllo attribuiti all'Agenzia delle entrate, non possono esonerare l'acquirente il credito, ai fini della dimostrazione della sua buona fede, dagli ulteriori oneri di controllo che incombono su di lui anche ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2007, in quanto compreso tra i soggetti obbligati dall'articolo 3 del medesimo decreto. Per ottenere il riconoscimento di un proprio diritto, secondo i principi generali affermati dalla giurisprudenza di legittimita', il terzo deve allegare elementi idonei a rappresentare non solo la sua buona fede, intesa come estraneita' all'attivita' illecita in precedenza realizzata dal soggetto colpito dal sequestro, ma anche il suo affidamento incolpevole, inteso come positivo adempimento dell'obbligo di informazione imposto dal caso concreto, volto a escludere una rimproverabilita' di tipo colposo (Sez. 3, n. 38608 del 18/04/2019, Italfondiario Spa, Rv. 277159-01). In particolare, l'adempimento degli obblighi d'informazione e di accertamento che sorreggono l'incolpevole affidamento debbono essere svolti sul dante causa (Sez. 1, n. 45260 del 27/09/2013, Italfondiario Spa, Rv. 257913). La S.C., ricorda il PG, ad esempio, ha precisato, in riferimento all'articolo 52, comma 1, Decreto Legislativo n. 159 del 2011 applicabile in via analogica anche oltre il perimetro delle misure di prevenzione (Sez. 3, n. 38608 del 18/04/2019, Italfondiario, Rv. 277159-02) - che la confisca non determina l'estinzione del preesistente diritto reale di garanzia costituito sulle cose che ne sono oggetto a favore di terzi, a condizione che costoro si trovino in una situazione di buona fede e di affidamento incolpevole (Sez. U, n. 9 del 28/04/1999, Bacherotti, Rv. 213511). Mutatis mutandis, tali principi possono essere applicati al caso in esame, con la conclusione che e' configurabile la buona fede del terzo - cessionario del credito inesistente- soltanto nel caso in cui, avendo riguardo alla particolare attivita' svolta dal medesimo, risulti dimostrata: a) l'estraneita' a qualsiasi collusione o compartecipazione all'attivita' criminosa; b) l'inconsapevolezza credibile in ordine alle attivita' svolte dal prevenuto; c) un errore scusabile sulla situazione apparente del prevenuto (Sez. 6, n. 50018 del 17/09/2015, Intesa Sanpaolo S.p.a., Rv. 265930). Nel caso di specie, il Tribunale del riesame ha omesso ogni valutazione relativa alla posizione del terzo, non facendo buon governo dei principi di diritto sopra richiamati ed ha reso una pronuncia con motivazione assolutamente carente e apparente rispetto alle prospettazioni della pubblica accusa, oltre che non corretta per quanto riguarda l'interpretazione delle norme applicate. 4. Con istanza del 21.10.2022, telematicamente depositata, la difesa di (OMISSIS) S.p.A. ha richiesto (ed ottenuto, con provvedimento del Presidente titolare del 24.10.2022) la trattazione orale del ricorso e, contestualmente, ne ha chiesto la rimessione alle Sezioni Unite, richiesta, quest'ultima, la cui decisione il Presidente titolare ha rimesso a questo Collegio. 5. Con successiva memoria difensiva telematicamente depositata con allegati in data 31.10.2022, la difesa di (OMISSIS) S.p.A. ha ulteriormente illustrato le ragioni della richiesta di rimessione alle Sezioni Unite del ricorso del Pubblico Ministero, ovvero ne ha chiesto comunque, il rigetto o l'inammissibilita'. In particolare, la difesa in replica ai motivi di ricorso del PM rileva: a) che sarebbe inammissibile per genericita' l'affermazione del PM secondo la quale nessuna norma autorizzerebbe a ritenere che il riconoscimento del credito d'imposta in capo al cessionario non trovi fonte in una vicenda derivativo-traslativa, ovvero in un atto negoziale di trasferimento del medesimo diritto dal beneficiario al cessionario, bensi' in una vicenda estintivo-costitutiva, ovvero nella rinuncia all'utilizzo della detrazione d'imposta da parte del beneficiario, a fronte della creazione (impropriamente definita "cessione"), con l'attribuzione a titolo originario, di un credito d'imposta in capo al fornitore o al cessionario, cio' in quanto il PM avrebbe omesso del tutto di confrontarsi con il complesso degli argomenti difensivi sviluppati nella memoria depositata dinanzi al tribunale del riesame di Parma e depositata come allegato b) al ricorso del Pm; b) che sarebbe manifestamente infondato il motivo di ricorso del PM, nella parte in cui pretende ricavare una violazione di legge asseritamente rilevante ai sensi dell'articolo 606, lettera b), c.p.p. dal contrasto dell'interpretazione delle rilevanti disposizioni di legge fatta propria dal Tribunale con l'affermazione contenuta nella Circolare n. 23/E dell'Agenzia delle Entrate, cio' a fronte dell'insegnamento della Suprema Corte, secondo cui nessun rilievo puo' assumere il contenuto di circolari ministeriali, ai fini della valutazione in ordine alla legittimita' di un provvedimento giurisdizionale ai sensi dell'articolo 606, lettera b), c.p.p.; c) che sarebbe del tutto privo di pregio sotto entrambi i profili considerati dall'atto di ricorso, l'argomento costituito dalla valorizzazione della circostanza che la titolarita' dei crediti d'imposta in capo a (OMISSIS) S.p.A. troverebbe esclusivo fondamento nei contratti stipulati con i rispettivi cedenti; d) che, ancora, sarebbe ulteriormente privo di pregio l'argomento secondo il quale il contenuto della richiamata Circolare ministeriale e dei contratti tra ce-denti/beneficiari e (OMISSIS) S.p.A. renderebbe evidente - secondo il PM ricorrente - che nel decidere l'istanza di riesame presentata da (OMISSIS) S.p.A. il Tribunale del riesame avrebbe violato il combinato disposto degli articoli 321 c.p.p. e Decreto Legge n. 34 del 2020 art.121, commi 1 e 2, ove si consideri che, per espressa previsione contrattuale (cfr. l'articolo 3 del contratto costituente l'allegato c) al ricorso), la "cessione" del credito d'imposta indicato nell'atto puo' ritenersi "perfezionata" solo se e quando il cedente abbia registrato la cessione stessa sulla Piattaforma Cessione Crediti ed il cessionario l'abbia accettata e, dunque, e' la duplice comunicazione all'Agenzia delle Entrate a fungere da presupposto costitutivo del diritto al credito d'imposta in capo al cessionario, indipendentemente dall'esistenza e dallo specifico contenuto del singolo contratto di cessione; e) che, in relazione all'ulteriore motivo di ricorso, secondo cui l'ordinanza impugnata integrerebbe una violazione di legge perche' il Tribunale, interpretando le disposizioni dei commi 5 e 6 dell'articolo 121 del Decreto Rilancio, avrebbe confuso "piano civilistico e piano penalistico" (con la conseguenza che il recupero dell'importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti del beneficiario che ha esercitato l'opzione potrebbe avvenire solo una volta che il cessionario abbia utilizzato in compensazione il relativo credito d'imposta), le argomentazioni del PM sarebbero prive di pregio, in quanto dette disposizioni dovrebbero essere interpretate nel senso che se il beneficiario (meramente apparente) dell'agevolazione fiscale ha comunicato all'Agenzia delle Entrate di voler cedere un credito d'imposta a fronte della rinuncia ad utilizzare una detrazione d'imposta cui non avrebbe avuto diritto, tale violazione comporterebbe l'attivazione dell'azione di recupero da parte dell'Agenzia delle Entrate, indipendentemente dal fatto che il cessionario abbia - a sua volta - gia' utilizzato, o meno, il credito ceduto, portandolo in compensazione, laddove la diversa ricostruzione prospettata dal PM ricorrente, oltre a non trovare fondamento nella inequivoca formulazione delle disposizioni in esame, porterebbe a conseguente aberranti, meglio descritte alle pagg. 15/16 della memoria; f) che, in particolare, la confusione che si verifica nel cassetto fiscale del cessionario tra tutti i crediti d'imposta aventi il medesimo codice tributo renderebbe concretamente impossibile verificare se il credito d'imposta acquisito per effetto di una determinata operazione di cessione sia stato utilizzato in compensazione, oppure no, quantomeno con riferimento a tutti i crediti d'imposta generati dall'esercizio delle opzioni comunicate fino al 30.4.2022, dal momento che solo a partire dall'1.5.2022, per effetto della previsione di cui al comma 1-quater dell'articolo 121, inserito dal Decreto Legge n. 27 gennaio 2022, n. 4, articolo 28, comma 1-bis, lettera a), n. 3), convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2022, n. 25, ad ogni credito d'imposta generato dall'esercizio dell'opzione di cui all'articolo 121, comma 1, Decreto Legge n. 34/2020 viene attribuito un codice identificativo univoco, da indicare nelle comunicazioni delle eventuali successive cessioni da trasmettere all'Agenzia delle Entrate; g) che, dunque, a voler correttamente interpretare tali disposizioni, una volta che l'accertamento dell'inesistenza dei requisiti che danno diritto alla detrazione determini l'avvio delle procedure di "recupero" in conformita' a quanto disposto dai commi 5 e 6 dell'articolo 121, se si inibisse al cessionario rimasto estraneo alla violazione commessa dall'apparente beneficiario la possibilita' di portare in compensazione il credito di imposta acquisito in buona.fede (a fronte del pagamento al cedente di un congruo corrispettivo), ritenendo quel credito "inesistente" e dunque non compensabile, il "recupero" sarebbe sostanzialmente duplicato e la sua funzione ne risulterebbe snaturata: da strumento per riportare in equilibrio una situazione nella quale l'Erario ha subito una passivita' non dovuta, si trasformerebbe in uno strumento idoneo a determinare, in capo all'Erario, un arricchimento senza causa; h) che, ulteriormente, il motivo e' infondato, in quanto neppure alla luce delle novita' introdotte dal c.d. Decreto Antifrodi (che ha introdotto l'articolo 122-bis, nel testo dell'originario Decreto Legge n. 34 del 2020), il cessionario e' mai stato gravato dell'obbligo di acquisire e verificare la documentazione comprovante l'effettiva realizzazione dei lavori che danno diritto alla detrazione d'imposta in capo al soggetto che ha esercitato l'opzione da cui origina il credito acquistato, donde le circostanze della definizione del testo dell'articolo 3 del Decreto Antifrodi concretamente entrato in vigore evidenzierebbero l'erroneita' della interpretazione dell'articolo 121, comma 6, del Decreto Rilancio, prospettata dalla Circolare n. 23/E del 23.6.2022, che si porrebbe altresi' in contrasto con i principi che regolano la fattispecie del concorso di persone in qualsiasi illecito amministrativo; i) che, inoltre, sarebbe priva di pregio la doglianza del PM circa l'asserita mancanza di motivazione in ordine alle argomentazioni con le quali la Procura ha sostenuto che i crediti d'imposta indebitamente generati dalle false comunicazioni di esercizio dell'opzione trasmesse all'Agenzia delle Entrate dall'indagato Imbro-gno debbano considerarsi "inesistenti" ed essere considerati alla stregua di banconote false, cio' in quanto diversamente dalla banconota falsa o dalla "carta straccia" (mutuando tale espressione dall'impugnazione in questa sede), che sono oggetti pacificamente individuabili, nella loro materialita', anche se inseriti in un insieme di banconote vere o di fogli di "carta pregiata", i crediti d'imposta generati dalle illecite condotte dell'indagato (OMISSIS) non sarebbero affatto individuabili nell'insieme di crediti d'imposta aventi il medesimo codice tributo, presenti nel cassetto fiscale di (OMISSIS) S.p.A.; I) che, sempre in relazione al predetto motivo, il Procuratore della Repubblica non aveva mai esibito al Tribunale del riesame la Circolare n. 23/E del 23.6.2022, ne' alla stessa aveva fatto alcun riferimento durante la camera di consiglio del 27.6.2022, celebrata appena quattro giorni dopo la sua emanazione, ed e' proprio per tale motivo che l'omessa considerazione della stessa, nella motivazione dell'ordinanza impugnata, non potrebbe assolutamente fondare una censura di carenza di motivazione su tale specifico aspetto, ribadendosi peraltro l'erroneita' della circolare 23.06.2022 alla luce della stridente contraddizione tra la stessa e quanto in precedenza sostenuto dalla Circolare n. 24/E dell'8.8.2020, ma anche nella Circolare n. 30/E del 22.12.2020, nonche' nelle dichiarazioni rese dal Direttore dell'Agenzia delle Entrate nel corso dell'audizione dinanzi alla Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria del 18 novembre 2020, conseguendone pertanto che quali che siano le ragioni per cui l'Agenzia delle Entrate, nel corso del 2022, ha deciso di sconfessare se' stessa, il dato che oggettivamente se ne ricaverebbe e' l'estrema fragilita' di qualsiasi argomento fondato sulle ondi-vaghe prese di posizione della stessa Agenzia; m) da ultimo, la difesa di (OMISSIS) S.p.A. alle pagg. 30 ss. della memoria difensiva, svolge una serie di considerazioni rispetto alla sentenza di questa Corte (n. 40867/2022), depositata nelle more della trattazione del presente giudizio, avente ad oggetto il ricorso presentato da (OMISSIS) S.p.A., in qualita' di terza interessata, contro l'ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Napoli in data 1.3.2022, nell'ambito del proc. pen. 30613/21 R.G.N. R. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli. Richiamato il contenuto motivazionale di tale decisione (che ha escluso ogni ipotesi di estinzione del diritto alla detrazione d'imposta, con contestuale creazione di un diritto diverso dal primo, quello al credito d'imposta), la difesa di (OMISSIS) S.p.A., evidenzia come esisterebbe una differenza di sicuro rilievo tra la fattispecie concreta oggetto di quella decisione e la fattispecie oggetto del presente procedimento, in quanto la prima riguardava un decreto di sequestro preventivo "impeditivo", emesso ai sensi del comma 1 dell'articolo 321 c.p.p., mentre l'attuale riguarda un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei crediti d'imposta di proprieta' di (OMISSIS) S.p.A., emesso ai sensi del comma 2 dell'articolo 321 c.p.p. L'ordinanza del Tribunale del riesame di Parma, oggetto del presente procedimento, rileva la difesa, ha evidentemente dovuto prendere in considerazione anche gli argomenti che la sentenza n. 40867/22 ha omesso di considerare, perche' estranei a quel giudizio, occorrendo valutare se ed in quale misura gli argomenti sviluppati dalla difesa nell'ambito del presente procedimento, per contestare la ritenuta confiscabilita' dei crediti d'imposta di (OMISSIS) S.p.A., possano revocare in dubbio le conclusioni cui e' pervenuta la citata sentenza. A tal fine, richiamate le considerazioni svolte al punto V.3 della memoria difensiva allegata al verbale della camera di consiglio del 27.6.2022 innanzi al Tribunale del riesame di Parma (secondo cui "Una volta confluiti nel cassetto fiscale del cessionario, i singoli crediti perdono la loro individualita'", atteso che "Le caratteristiche del cassetto fiscale e le (conseguenti) concrete modalita' di esecuzione del sequestro, invero, confermano quanto fin qui osservato in merito alla sostanziale novita' e alterita' dei crediti in questione rispetto alle detrazioni fiscali apparentemente connesse alle false comunicazioni trasmesse dal Sig. (OMISSIS)"), si osserva come il tema sarebbe stato affrontato erroneamente solo in via incidentale dalla sentenza n. 40867/22 in quanto, alla luce del concreto funzionamento della Piattaforma Cessione Crediti, l'affermazione della S.C. che non troverebbe fondamento nell'assetto normativo vigente dal momento della sua istituzione e fino alla introduzione del comma 1-quater nel Decreto Legge n. 34 del 2020, articolo 121 ovvero nel periodo in cui sono stati commessi i fatti oggetto del presente procedimento, non essendo certo dalla formulazione del decreto di sequestro, infatti, che puo' ricavarsi se un determinato bene ha natura fungibile o meno, trattandosi, piuttosto, di una circostanza che dipende unicamente dalla disciplina legislativa di quel determinato bene. In tal senso, la difesa di (OMISSIS) S.p.A. qualifica come "fallace" l'affermazione contenuta nella sentenza n. 40867/22 che sembrerebbe escludere la natura fungibile ("come se fossero somme di denaro") dei crediti d'imposta destinati a confluire nel cassetto fiscale del contribuente che si renda cessionario dei crediti stessi, per il semplice fatto che ognuno di quei crediti ha un'origine ben individuata. Diversamente, prosegue la difesa, ove si consideri che solo a partire dall'1.5.2022 a ciascun credito d'imposta originato per effetto dell'esercizio dell'opzione di cui al comma 1 del Decreto Legge n. 34 del 2020 articolo 121 e' stato "attribuito un codice identificativo univoco da indicare nelle comunicazioni delle eventuali successive cessioni" (cosi', testualmente, il citato comma 1-quater dell'articolo 121), e' evidente che tutti i crediti originati precedentemente, come riconosciuto dalla stessa Polizia Giudiziaria nell'ambito del presente procedimento, avevano natura sicuramente fungibile, con la conseguenza che cosi' come il denaro fuoriuscito dal conto corrente dell'autore delle truffe aggravate dell'esempio precedente e trasferito al terzo estraneo a quei reati, che lo abbia ricevuto per effetto di una transazione effettuata in buona fede, non e' mai confiscabile una volta confluito nel conto corrente di quest'ultimo, allo stesso modo, i crediti d'imposta fraudolentemente originati dall'opzione per la cessione esercitata da chi non aveva il diritto alla detrazione fiscale corrispondente, una volta transitati nel cassetto fiscale di chi li abbia acquisiti in buona fede (rimanendo estraneo al reato commesso dall'apparente beneficiario), non potrebbero assolutamente essere confiscati. Conclusivamente, secondo la difesa, l'affermazione contenuta nella sentenza n. 40867/22, secondo cui la cessione del credito d'imposta fraudolentemente creato determinerebbe una sorta di "evoluzione" (e non di sostituzione) della detrazione a monte nel credito a valle, con la conseguente inesistenza di un credito d'imposta derivante da una detrazione d'imposta inesistente, si fonderebbe su una interpretazione assolutamente non convincente della disciplina legislativa concretamente vigente fino all'introduzione del comma 1-quater dell'articolo 121 del Decreto Legge n. 34/2020. E tale circostanza apparirebbe certamente idonea a determinare la possibilita' di un contrasto giurisprudenziale circa le questioni di diritto connesse alla interpretazione delle disposizioni di legge introdotte nell'ordinamento dal Decreto Legge n. 34/2020 e, in particolare, dall'articolo 121 del citato Decreto. A cio' si aggiunga, prosegue la difesa di (OMISSIS) S.p.A., che l'interpretazione "restrittiva" delle disposizioni dei commi 4, 5 e 6 dell'articolo 121 del Decreto Rilancio (cfr. i punti 12 e 13 della motivazione) non implicherebbe affatto che la diversa interpretazione prospettata dall'ordinanza impugnata postuli l'esistenza di una "disciplina derogatoria a quella ordinaria penale con riferimento al sequestro preventivo", in quanto, una volta preso atto della confusione che si realizza nel cassetto fiscale del cessionario tra tutti i crediti d'imposta aventi il medesimo codice tributo, infatti, le conclusioni raggiunte dall'ordinanza del Tribunale del riesame di Parma in ordine alla non confiscabilita' dei crediti d'imposta sequestrati a (OMISSIS) S.p.A. risulterebbero assolutamente coerenti con la "ordinaria disciplina penale" in materia di sequestro preventivo. Ne' quanto dedotto dalla difesa potrebbe in alcun modo essere messo in crisi dall'osservazione per cui la disposizione dell'articolo 28-ter Decreto Legge n. 4/22 confermerebbe l'ammissibilita' del sequestro nei confronti del cessionario, secondo le regole generali, cosi' ribadendo che non si e' in presenza di un acquisto a titolo originario, impermeabile ad ogni vicenda illecita precedente (cfr. il punto 15 della motivazione), in quanto la disposizione in esame non prenderebbe posizione circa la legittimita' di qualsiasi sequestro eseguito nei confronti del cessionario, ma si limiterebbe a disciplinare le situazioni che si verificano "una volta cessati gli effetti del sequestro". Da ultimo, non convincerebbe nemmeno l'affermazione, contenuta nella richiamata sentenza, secondo cui la disposizione dell'articolo 28, comma 3, Decreto Legge n. 4/22, stabilendo la nullita' dei contratti di cessione conclusi in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 121, comma 1, 122, comma 1, e del comma 2 dello stesso articolo 28, confermerebbe ulteriormente il carattere derivativo dell'istituto (cfr. il punto 17 della motivazione), poiche' la mera circostanza della derivazione da una determinata transazione non e' affatto idonea a privare un determinato bene della sua intrinseca fungibilita', ove questa Sia ricavabile dalla disciplina legislativa concretamente applicabile. 6. La difesa di (OMISSIS) S.p.A., infine, all'udienza di discussione del 16 novembre 2022, ha depositato ulteriore memoria ex articolo 121, c.p.p., illustrandone oralmente i contenuti, ed insistendo sulle richieste di rimessione del ricorso alle Sezioni Unite o, in subordine, per l'inammissibilita' o il rigetto del ricorso del PM. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso del Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Parma, trattato oralmente ex articolo 23, comma 8, Decreto Legge n. 137/2020 e successive modd. ed integrazioni, e' fondato, non ravvisandosi peraltro ragioni per la rimessione del medesimo alle Sezioni Unite, anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte progressivamente formatasi sulla questione. 2. Come gia' ricordato dalla difesa di (OMISSIS) S.p.A., questa stessa Sezione (Sez. 3, n. 40867 del 21 settembre 2022 - dep. 28/10/2022), si e' gia' parzialmente pronunciata sui temi oggetto del presente ricorso, in un procedimento attivato dal ricorso in tal procedimento presentato da (OMISSIS) S.p.A., in qualita' di terza interessata, contro l'ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Napoli in data 1.3.2022, nell'ambito di altro procedimento penale pendente presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli. In tale decisione, sebbene pronunciata - come correttamente rileva la difesa nella memoria depositata in data 31.10.2022 - in una fattispecie nella quale era stato disposto il c.d. sequestrUmpeditivo ex articolo 321, comma 1, c.p.p. a differenza dell'attuale, in cui invece il sequestro e' stato disposto a norma dell'articolo 321, comma 2, c.p.p., trattandosi cioe' unicamente di sequestro funzionale alla confisca in relazione ai reati oggetto di contestazione, questa Corte non ha accolto la tesi difensiva - seguita invece dai giudici del riesame nel presente procedimento - secondo cui, esercitata l'opzione per la cessione del credito, e dunque rinunciato dal beneficiario l'originario diritto alla detrazione (nella misura del 110% delle spese documentate e rimaste a carico), il credito stesso sorgerebbe - in capo al cessionario - a titolo originario, quindi depurato da qualunque vizio, anche radicale, che avesse eventualmente colpito il diritto alla detrazione. Questa tesi, che intenderebbe il credito ceduto come sempre "garantito" dallo Stato a tutela del cessionario, anche di fronte ad un assoluto difetto di presupposti, non e' stata condivisa da questa Corte, non deponendo in tal senso la normativa di riferimento (primaria e secondaria) richiamata sia nell'ordinanza impugnata che nella memoria difensiva, alla quale non puo' esser riconosciuta alcuna forza derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria. La richiamata sentenza, anzitutto, ha ricordato in sintesi il funzionamento della disciplina introdotta dal decreto rilancio, che puo' essere cosi' sintetizzata. Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, articolo 121, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, stabilisce che i soggetti che sostengono spese per determinati interventi (di recupero del patrimonio edilizio, di efficienza energetica, di adozione di misure antisismiche, di recupero o restauro della facciata di edifici esistenti, di installazione di impianti fotovoltaici, di installazione di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici, di superamento ed eliminazione di barriere architettoniche), negli anni di riferimento, possono optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente: 1) per il cd. sconto in fattura, ossia un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d'imposta, di importo pari alla detrazione spettante, a sua volta suscettibile di cessione. Con tale meccanismo, dunque, chi ha commissionato gli interventi del comma 2 rimane titolare di un proprio credito d'imposta, ma ne subisce la riduzione - anche sino alla totale scomparsa - per la parte in cui le spese di intervento siano sostenute non da lui, ma direttamente dal fornitore/esecutore, sotto forma di sconto; questi, per la misura corrispondente, vede allora sorgere un proprio ed autonomo credito d'imposta, che potra' portare in compensazione o, a sua volta, cedere nei termini di cui alla stessa norma; 2) per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, a sua volta suscettibile di cessione, nei termini (piu' volte modificati) del comma 1, lettera b), o di essere portato in compensazione con debiti erariali. La sentenza n. 40867/2022 ha dunque chiarito come, dalla lettura dell'articolo 121, comma 1, emerge con chiarezza che il meccanismo del Superbonus in oggetto e' stato costruito dal legislatore su percorsi alternativi, sebbene evidentemente legati nei presupposti e sostenuti dall'identica finalita' di incentivare gli interventi indicati: all'utilizzo diretto della detrazione fiscale spettante, previsto come ipotesi ordinaria, sono state infatti aggiunte le due opzioni appena richiamate, che - rimesse alla scelta dell'unico beneficiario (colui che ha sostenuto le spese) - costituiscono un'evidente derivazione della prima, utile per ottenere un'immediata monetizzazione del proprio diritto, senza dover attendere cinque anni per la complessiva detrazione. Con particolare riguardo alla cessione del credito, oggetto del ricorso del PM, il beneficiario si spoglia dunque del proprio diritto alla detrazione, che assume la veste - nell'identico contenuto patrimoniale - di un credito suscettibile di circolare nei termini indicati dalla legge, e che viene contestualmente ceduto; come confermato, d'altronde, dall'originaria versione dello stesso articolo 121, comma 1, lettera b), che menzionava un'opzione, per l'appunto, "per la trasformazione (corsivo dell'estensore) del corrispondente importo in credito d'imposta, con facolta' di successive cessioni ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari". Deve, quindi, darsi continuita' al principio affermato secondo cui non si riscontra l'estinzione di un diritto alla detrazione (in capo al beneficiario) e la contestuale costituzione ex nihilo di un credito (in capo al cessionario), come sostenuto dall'ordinanza impugnata in accoglimento della tesi della difesa di (OMISSIS) S.p.A., ne' un fenomeno novativo di sorta, ma soltanto l'evoluzione - non la sostituzione - del primo nel secondo, espediente tecnico necessario per consentire quella cessione a terzi ritenuta dal legislatore un fattore ulteriormente incentivante la procedura, e, dunque, uno strumento ancora piu' utile per la ripresa economica del Paese, fiaccato dalla pandemia. Ne consegue, allora, in tal senso condividendosi quanto gia' argomentato nella richiamata sentenza, che non risultano decisive le ampie considerazioni svolte dall'ordinanza in accoglimento della tesi difensiva della cessionaria, circa le differenze tra il diritto alla detrazione ed il credito di imposta; come appena affermato, infatti, la norma e' sorta con il fine di agevolare l'esercizio dell'unico diritto a contenuto patrimoniale sorto in capo al beneficiario che ha sostenuto le spese, e cio' ha reso necessaria l'individuazione di appropriati strumenti tecnici che lo consentissero, eventualmente anche in favore di terzi, ed anche piu' volte. Tra questi, per l'appunto, la cessione qui in esame. La diretta ed immediata derivazione di questo credito dall'originario diritto alla detrazione, peraltro, come gia' evidenziato dalla sentenza n. 40867/2022 (con argomentazione rispetto alla quale la memoria difensiva 30.10.2022 non si confronta), si ricava anche dal Decreto Legge n. 34 del 2020, articolo 121, comma 3, in forza della cui prima parte "I crediti d'imposta di cui al presente articolo sono utilizzati in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, sulla base delle rate residue di detrazione non fruite. Il credito d'imposta e' usufruito con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione". A conferma ulteriore, dunque, di un credito che deriva proprio dall'originario diritto alla detrazione, senza alcuna vicenda estintivo-costitutiva, conservando di questo non solo il valore economico, ma anche le modalita' di esercizio, qualora - non nuovamente ceduto - utilizzato in compensazione. 3. Deve, parimenti, essere ribadito in questa sede che a conclusioni diverse non si puo' pervenire valorizzando i commi 4, 5 e 6 dell'articolo 121 in esame, in tema di controlli e sanzioni. In particolare, a norma del comma 4, prima parte, "ai fini del controllo, si applicano, nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, le attribuzioni e i poteri previsti dagli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni. I fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d'imposta ricevuto". A norma del comma 5, prima parte, poi, "qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d'imposta, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero dell'importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti dei soggetti di cui al comma 1". A norma del comma 6, infine, "il recupero dell'importo di cui al comma 5 e' effettuato nei confronti del soggetto beneficiario di cui al comma 1, ferma restando, in presenza di concorso nella violazione, oltre all'applicazione dell'articolo 9, comma 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, anche la responsabilita' in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell'importo di cui al comma 5 e dei relativi interessi". Ebbene, nel condividere quanto gia' argomentato nella richiamata sentenza n. 40867/2022, deve rilevarsi che, anche a voler ammettere che il legislatore abbia voluto assegnare a queste disposizioni un ambito ulteriore rispetto a quello esclusivamente tributario (ipotesi, peraltro, che parrebbe smentita dal richiamo ai poteri di controllo dell'Agenzia delle entrate, al recupero dell'importo, alla responsabilita' in solido di fornitori e cessionari in caso di concorso nella violazione), il Collegio ribadisce comunque che i commi 4, 5 e 6 non introducono affatto una disciplina derogatoria a quella ordinaria penale con riferimento al sequestro preventivo. Ma, a differenza di quanto avvenuto nel procedimento campano, in cui veniva in rilievo un vincolo impeditivo, nel caso in esame rileva in questa sede l'eventuale responsabilita' del terzo cessionario (qual e' (OMISSIS) S.p.A., peraltro persona offesa del capo 3), tema su cui si ritornera' infra. Cio' che preme sottolineare e ribadire anche in questa sede, pero', e' che proprio la possibilita' che il terzo fornitore ed il cessionario siano chiamati a rispondere ai sensi del comma 6, in caso di concorso, evidenzia ulteriormente il nesso derivativo che il credito ceduto ha rispetto all'originario diritto alla detrazione stessa, non ravvisandosi presupposti, diversamente, per un "recupero" anche nei confronti di questi dell'importo corrispondente alla detrazione medesima. 4. Il Collegio condivide inoltre l'affermazione contenuta nella richiamata sentenza n. 40867/2022 secondo cui non costituisce argomento a sostegno della tesi difensiva neppure l'articolo 28-ter, Decreto Legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2022, n. 25, in forza del quale "l'utilizzo dei crediti d'imposta di cui al Decreto Legge n. 34 del 2020, articoli 121 e 122 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 77 del 2020, nel caso in cui tali crediti siano oggetto di sequestro disposto dall'Autorita' giudiziaria puo' avvenire, una volta cessati gli effetti del provvedimento di sequestro, entro i termini di cui agli articoli 121, comma 3, e 122, comma 3,. del medesimo Decreto Legge n. 34 del 2020, aumentati di un periodo pari alla durata del sequestro medesimo, fermo restando il rispetto del limite annuale di utilizzo dei predetti crediti ‘d'imposta previsto dalle richiamate disposizioni". Nulla, infatti, si ribadisce, autorizza a sostenere che il fatto che il cessionario possa utilizzare comunque i crediti (in compensazione o per ulteriore cessione), una volta venuti meno gli effetti del vincolo, possa significare insensibilita' di detti crediti rispetto alla misura cautelare penale, derivando anzi da detta previsione la constatazione che e' lo stesso legislatore a prendere atto che un sequestro ben possa essere adottato secondo le regole generali del codice di rito. Una tale conclusione, palesemente derogatoria rispetto alla disciplina generale sul sequestro (sia impeditivo che finalizzato alla confisca) eseguito presso terzi richiederebbe infatti una previsione espressa, che, tuttavia, non si riscontra nella norma in esame posto che, appunto, ed in senso esattamente inverso, la stessa non fa che confermare l'ammissibilita' del sequestro (anche) nei confronti del cessionario, secondo le regole generali, cosi' ribadendo che non si e' in presenza di un acquisto del diritto a titolo originario, impermeabile ad ogni vicenda illecita precedente, come invece sostenuto nell'ordinanza impugnata, in accoglimento della tesi difensiva della cessionaria (OMISSIS) S.p.A. 5. Il Collegio ritiene, poi, condivisibile la prospettazione difensiva sviluppata nella memoria depositata in data 31.10.2022 circa la non vincolativita' delle circolari: la circolare interpretativa e' atto interno alla pubblica amministrazione che si risolve in un mero ausilio interpretativo e non esplica alcun effetto vincolante non solo per il giudice penale, ma anche per gli stessi destinatari poiche' non puo' comunque porsi in contrasto con l'evidenza del dato normativo (v., in termini, Sez. 3, n. 6619 del 7.2.2012, dep. il 17.2.2012, Rv. 252541; Sez. 3, ord. n. 25170 del 13.6.2012, dep. il 25.6.2012, Rv. 252771; Sez. 3, n. 2757 del 6.12.2017, dep. il 23.1.2018, Rv. 272029). Sulla natura ed efficacia delle circolari va peraltro ricordato che si sono gia' pronunciate le Sezioni Unite Civili di questa Corte evidenziandone, proprio con riferimento a quelle interpretative in materia tributaria, la natura di atti meramente interni alla pubblica amministrazione che esprimono esclusivamente un parere dell'amministrazione medesima non vincolante per il contribuente, per gli uffici, per la stessa autorita' che l'ha emanata e per il giudice (SS. UU. civili n. 23031, 2 novembre 2007). Osservano, in particolare, sul punto le SS. UU. civili che "la circolare emanata nella materia tributaria non vincola il contribuente, che resta pienamente libero di non adottare un comportamento ad essa uniforme, in piena coerenza con la regola che in un sistema tributario basato essenzialmente sull'auto tassazione, la soluzione delle questioni interpretative e' affidata (almeno in una prima fase, quella, appunto, della determinazione dell'imposta da corrispondere) direttamente al contribuente. La circolare nemmeno vincola, a ben vedere, gli uffici gerarchicamente sottordinati, ai quali non e' vietato di disattenderla (evenienza, questa, che, peraltro, e' raro che si verifichi nella pratica), senza che per questo il provvedimento concreto adottato dall'ufficio (atto impositivo, diniego di rimborso, ecc.) possa essere ritenuto illegittimo "per violazione della circolare": infatti, se la (interpretazione contenuta nella) circolare e' errata, l'atto emanato sara' legittimo perche' conforme alla legge, se, invece, la (interpretazione contenuta nella) circolare e' corretta, l'atto emanato sara' illegittimo per violazione di legge. La circolare non vincola addirittura la stessa autorita' che l'ha emanata, la quale resta libera di modificare, correggere e anche completamente disattendere l'interpretazione adottata... La circolare non vincola, infine... il Giudice tributario (e, a maggior ragione, la Corte di Cassazione) dato che per l'annullamento di un atto impositivo emesso sulla base di una interpretazione data dall'amministrazione e ritenuta non conforme alla legge, non dovra' essere disap-pliCata la circolare, in quanto l'ordinamento affida esclusivamente al Giudice il compito di interpretare la norma (del resto, al Giudice tributario e' attribuita, nella materia tributaria, la giurisdizione esclusiva)". Del resto, con la consueta onesta' intellettuale, e' la stessa memoria difensiva 31.10.2022 a specificare a pag. 7 che al medesimo principio di diritto risulta evidentemente ispirato il punto 16.1 della motivazione della sentenza n. 40867/22, "laddove, con specifico riferimento ai contenuti di una circolare dell'Agenzia delle Entrate, si sottolinea che "si tratta soltanto della lettura di un testo normativo... non di un'interpretazione autentica vincolante erga omnes"". Proprio per tale ragione, quindi, perdono di spessore argomentativo le considerazioni svolte nella predetta memoria difensiva in merito alla stridente contraddizione rilevabile tra la posizione assunta dall'Agenzia delle Entrate nel corso del 2020 e quella assunta nella Circolare del 23.6.2022, circolari i cui contenuti, del resto, la S.C., con la sentenza n. 40867/2022, ha richiamato unicamente al fine di confutare l'argomentazione, contenuta in quel ricorso - e sostanzialmente riproposta nell'istanza di riesame accolta dal tribunale del riesame di Parma - che si basava proprio sulla circolare dell'8.08.2020, che affermava che "il cessionario che ha acquistato il credito in buona fede non perde il diritto ad utilizzare il credito d'imposta". La circostanza che, successivamente, la stessa Agenzia delle Entrate abbia mutato il proprio ‘orientamento interpretativo con la successiva circolare n. 23/E del 23 giugno 2022 (con argomenti che gia' erano stati espressi in sede di audizione in Senato, V commissione bilancio, del Direttore Generale dell'Agenzia delle Entrate in data 10 febbraio 2022, richiamata nel § 16.1. della richiamata sentenza n. 40867/2022), non assume all'evidenza alcun rilievo e, come non puo' essere.valorizzata dal PM ricorrente per sostenere un vizio di omessa motivazione, allo stesso modo non puo' rilevare ne' per sostenere l'erroneita' dell'interpretazione della circolare 23.06.2022 (come sostenuto nella memoria difensiva 31.10.2022), ne' per sorreggere l'impianto motivazionale dell'ordinanza impugnata rispetto ai precedenti documenti di prassi (come invece risulta a pag. 10 dell'ordinanza impugnata, in cui si valorizza proprio la circolare 8.08.2020 il documento informativo AdE dell'aprile 2021, la circolare AdE n. 24/E o la nota di chiarimenti della Banca d'Italia 5.01.2021) che, a detta dei giudici del riesame, confermerebbero la correttezza della tesi difensiva accolta nel provvedimento impugnato. 6. Conclusivamente, sul punto, ribadisce il Collegio che proprio la mancata previsione di una disciplina espressa di segno contrario costituisce la conferma alla lettura offerta dal Procuratore Generale presso questa Corte, non emergendo dal Decreto Legge n. 34 del 2020, e successive modificazioni, alcuna previsione derogatoria ai principi generali, con particolare riguardo anche all'ipotesi del sequestro finalizzato alla confisca ex articolo 321, comma 2, c.p.p. Anzi, come gia' affermato nella richiamata sentenza n. 40867/2022, la stessa normativa successiva ha confermato che proprio di cessione di un credito gia' esistente si tratta, e non di una vicenda estintivo-costitutiva: l'articolo 28 del citato Decreto Legge n. 4 del 2022, infatti, al comma 3 stabilisce la ipotesi di nullita' dei "contratti di cessione", quando conclusi in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 121, comma 1, 122, comma 1, e del comma 2 dello stesso articolo 28, cosi' confermando ulteriormente il carattere derivativo dell'istituto e, dunque, la corretta interpretazione operata nel ricorso del PM. 7. Quanto, poi, alle osservazioni contenute nella memoria difensiva, secondo cui, in assenza di elementi identificativi, la misura colpirebbe non esattamente i crediti originati dalle artificiose condotte poste in essere dagli indagati, ma crediti pari alla somma del valore nominale di tutti i crediti d'imposta oggetto di cessione a (OMISSIS) S.p.A., con la conseguenza che la misura, pur disposta nei confronti dei crediti d'imposta individuati con richiamo alle condotte contestate, sarebbe stata concretamente eseguita su una massa indistinta di crediti solo di importo equivalente a quello oggetto di indagine, in quanto presenti nel cassetto fiscale di (OMISSIS) S.p.A., il Collegio non puo' che dare continuita' a quanto gia' argomentato sul punto con la sentenza n. 40867/2022. Ed invero, al di la' della rilevanza della questione afferente all'assenza, al momento dei fatti, di uno specifico codice identificativo (introdotto soltanto con disposizioni successive a partire dall'1.5.2022), deve in questa sede ribadirsi che le pure apprezzabili argomentazioni difensive sviluppate nella memoria difensiva 31.10.2022 confermano tuttavia che la tesi sostenuta in realta' era ed e' funzionale alla denuncia di un vizio attinente non al provvedimento impositivo del vincolo, ma alla sua concreta esecuzione (affermazione, questa, contenuta nel § 19.1 della sentenza n. 40867/2022 su cui, del resto, la memoria difensiva 31.10.2022 nulla dice): un argomento, dunque, si evidenzia nuovamente, che e' estraneo al giudizio di questa Corte, in forza del costante principio per cui i provvedimenti riguardanti le modalita' di esecuzione del sequestro preventivo non sono ne' appellabili ne' ri-corribili per cassazione e le eventuali questioni ad essi attinenti vanno proposte in sede di incidente di esecuzione (per tutte, Sez. 1, n. 8283 del 24/11/2020, Sforza, Rv. 280604; conformi, in precedenza: Sez. 2, n. 44504 del 03/07/2015 - dep. 04/11/2015, Steccato Vattume', Rv. 265103 - 01; Sez. 6, n. 16170 del 02/04/2014 - dep. 11/04/2014, Stollo, Rv. 259769 - 01). 8. Ritiene, inoltre, il Collegio di dover replicare alle considerazioni svolte dalla difesa di (OMISSIS) S.p.A. nel corso dell'udienza di discussione del 16.11.2022, consacrate nella memoria difensiva ex articolo 121, c.p.p., depositata in udienza, al fine di evidenziarne la non accoglibilita'. In estrema sintesi, la tesi difensiva, sviluppata con la memoria, e' che la corretta interpretazione delle disposizioni introdotte dal decreto Rilancio (segnatamente l'articolo 121, Decreto Legge 34/2020), omettendo di inibire al cessionario l'uso del credito d'imposta una volta che risulti accertata l'inesistenza del diritto alla detrazione a monte, non mettano minimamente in dubbio l'esistenza di quei crediti. Con la conseguenza, dunque, che tali disposizioni offrirebbero conferma del fatto che, pur in assenza dei requisiti che danno diritto alla detrazione d'imposta, ossia le spese per interventi edilizi, i crediti di imposta originati dall'esercizio dell'opzione di cui al comma 1 dell'articolo 121, Decreto Legge citato, sarebbero considerati dal legislatore sempre esistenti, oltre che legittimamente compensabili dal cessionario che li abbia acquisiti in buona fede, senza concorrere nella violazione del beneficiario, anche se solo apparente, della detrazione a monte. 9. La prospettazione difensiva, pur pregevolmente argomentata dalla difesa della ricorrente, non puo' tuttavia essere accolta. Ed invero, e' anzitutto erroneo il presupposto interpretativo da cui la stessa muove, ossia che dalla normativa del decreto Rilancio non possa ricavarsi in via esegetica l'inesistenza del credito, che sarebbe quindi frutto di un'interpretazione erronea. La norma di riferimento, il comma 5 dell'articolo 121, infatti, nella sua originaria versione, prevede che "Qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d'imposta, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero dell'importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti dei soggetti di cui al comma 1", aggiungendo al comma 6 (nella sua originaria stesura) che "Il recupero dell'importo di cui al comma 5 e' effettuato nei confronti del soggetto. beneficiario di cui al comma 1, ferma restando, in presenza di concorso nella violazione, oltre all'applicazione dell'articolo 9, comma 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, anche la responsabilita' in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell'importo di cui al comma 5 e dei relativi interessi". E' agevole, sul punto, rendersi quindi conto di come la normativa preveda il "recupero" riferendosi ovviamente all'importo corrispondente alla detrazione non spettante in capo al beneficiario "qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d'imposta", coinvolgendo il cessionario in presenza di concorso nella violazione, per quanto qui interessa, come responsabile "in solido" con il soggetto beneficiario. E' quindi in astratto corretto quanto affermato dalla difesa del cessionario, nel senso di ritenere che il legislatore, con il Decreto Legge n. 134 del 2020, abbia contemplato solo l'ipotesi del "recupero" riferendola all'importo corrispondente all'ammontare della detrazione non spettante, che fonda tuttavia il suo presupposto sull'accertamento della "mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d'imposta". E' proprio questo il punto che occorre tenere in considerazione per risolvere la questione, al di la' delle pur puntuali e convincenti osservazioni del PM ricorrente, condivise dal PG nella sua requisitoria, fondate sul comma 5 del citato articolo 121, il quale parla di "recupero", e quindi postula l'avvenuta utilizzazione del credito da parte del cessionario, atteso che e' solo l'utilizzazione che puo' legittimare il recupero, non essendo recuperabile cio' che non si e' speso o non si e' riscosso. Orbene, sul punto osserva il Collegio che se, infatti, l'attivazione della procedura di "recupero" consegue all'accertamento della mancata sussistenza dei requisiti che danno diritto alla detrazione d'imposta, e' conseguenza logica - e in tal senso non rileva la circostanza che il legislatore del 2020 non lo abbia espressamente previsto - che se quel diritto alla detrazione non spetta(va) al titolare, soggetto beneficiario, ove quest'ultimo abbia esercitato l'opzione di cedere quel credito, derivante, come detto, dal diritto alla detrazione, ovviamente quel credito, che deriva da un diritto di detrazione "non spettante", ex lege puo' essere, secondo la normativa penai-tributaria, o "non spettante" (ricadendosi in caso di compensazione indebita, nell'ipotesi penalmente sanzionata meno gravemente del Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 10-quater, comma 1) oppure "inesistente" (ricadendosi in caso di compensazione indebita, nell'ipotesi penalmente sanzionata piu' gravemente dell'articolo 10-quater, comma 2, Decreto Legislativo n. 74 del 2000): tertium non datur. Ed allora, se cosi' e', e' agevole rendersi conto di come la tesi difensiva, secondo cui quel credito sarebbe "esistente" e' destinata a soccombere, atteso che un credito di imposta originatosi da un diritto alla detrazione non spettante ed oggetto dell'esercizio dell'opzione di "cessione" non puo' mai considerarsi "esistente". Del resto, a ragionare diversamente, come pretenderebbe la difesa, si avrebbe l'illogica conseguenza della "spendibilita'" (rectius, opponibilita' in compensazione) da parte del cessionario di un credito (inesistente o non spettante) che trova il suo fondamento in un diritto alla detrazione "non spettante", ed in quanto tale abilitante il suo recupero, in termini monetari, da parte dell'Erario. 10. Che, ancora, il credito di cui di discute sia un credito inesistente, discende, a ben vedere, dalla stessa normativa. In materia tributaria, e' infatti necessario distinguere il credito d'imposta "non spettante" dal credito d'imposta "inesistente" perche' le conseguenze fiscali sono diverse. Infatti (articolo 121, commi 4 e 5, cit.), per il credito d'imposta "non spettante": a) l'Agenzia delle Entrate deve operare il recupero entro il termine di decadenza di cinque anni, sempre nei confronti del beneficiario, salvo il concorso da parte del cessionario; b) si applica la sanzione del 30%, che puo' essere ridotta ai sensi del Decreto Legislativo n. 471 del 1997 articolo 13; c) si applica l'interesse del 4% annuo (Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973articolo 20); d) ai fini penali, per il cessionario del credito che procede alla compensazione si applica Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 10- quater, comma 1, (da sei mesi a due anni per un importo annuo superiore ad Euro 50.000). Invece (articoli 121, comma 4, cit. e 27, commi da 16 a 20, Decreto Legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 2 del 28/01/2009), per il credito d'imposta "inesistente": a) l'Agenzia delle Entrate deve operare il recupero, a pena di decadenza entro il 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo sempre nei confronti del beneficiario, salvo il concorso da parte del cessionario; b) si applica la sanzione dal 100% al 200% (articolo 13, comma 5, Decreto Legislativo n. 471 cit.), che non ammette la definizione agevolata; c) si applica l'interesse del 4% annuo (Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 articolo 20); d) si iscrive a ruolo tutto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 articolo 15-bis (iscrizione nei ruoli straordinari); e) ai fini penali, per il cessionario del credito che procede alla compensazione, si applica l'articolo 10-quater, comma 2, Decreto Legislativo n. 74 del 2000 (da un anno e sei mesi a sei anni per un importo annuo superiore ad Euro 50.000). Tanto premesso, soccorre ai nostri fini anche l'interpretazione offerta dalla giurisprudenza di legittimita' in sede civile. Con le sentenze n. 34444 e n. 34445, entrambe depositate il 16 novembre 2021, questa Corte ha chiarito - ponendosi espressamente in contrasto con i precedenti della stessa Corte (si vedano Cass. n. 10112/2017, n. 19237/2017, n. 24093/2020 e n. 354/2021) - che nel nostro ordinamento sussiste la dicotomia tra credito non spettante e credito inesistente. In particolare, si rileva che la definizione di credito inesistente si desume dal Decreto Legislativo n. 471 del 1997 articolo 13, comma 5, come novellato nel 2015, secondo cui si considera tale il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile attraverso i controlli di cui del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 articoli 36-bis e 36-ter e all'articolo 54-bis del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. Devono dunque ricorrere entrambi i requisiti per considerare inesistente il credito: a) deve mancare il presupposto costitutivo (ossia, quando la situazione giuridica creditoria non emerge dai dati contabili, finanziari o patrimoniali del contribuente); b) l'inesistenza non deve essere riscontrabile attraverso controlli automatizzati o formali o dai dati in anagrafe tributaria. In sintesi, per poter qualificare un credito come inesistente e' necessario che lo stesso sia ancorato ad una situazione non reale o non vera, "ossia priva di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di fraudolenza". Quanto sopra e' confermato anche da altra decisione della Sezione tributaria di questa Corte (Sez. 5, sentenza n. 34443 del 16/11/2021, Rv. 663029 - 01), in cui e' stato sottolineato che il Decreto Legislativo n. 158 del 2015 si innesta nella riscrittura della norma gia' contenuta nel contestuale Decreto Legge n. 185 del 2008 articolo 27, comma 18, abrogato -che regolava il relativo quadro sanzionatorio- e ha lo scopo, pertanto, di specificare il contenuto del precetto originario, "(..)cosi' ancorando la nozione di "credito inesistente" ad una dimensione anche secondo il linguaggio comune - "non reale" o "non vera", ossia priva di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di fraudolenza (come pure puo' evincersi dal contenuto della Relazione illustrativa al Decreto L. n. 185 del 2008)". Del resto, la norma contenuta nel Decreto Legge n. 185 del 2008, come chiarito dalla stessa Relazione illustrativa, era volta a colpire "comportamenti connotati da aspetti fraudolenti", rilevabili essenzialmente soltanto a seguito di specifici riscontri di natura contabile tra quanto indicato nei modelli di versamento e le dichiarazioni periodiche dai quali dovrebbero risultare. La norma, quindi, sanziona la condotta commissiva riscontrabile soltanto a seguito di controlli di coerenza contabile, verifiche a seguito delle quali emerga "l'inesistenza dei crediti stessi, non essendo, nella maggior parte dei casi, riscontrabili partendo dal controllo delle dichiarazioni fiscali". Tale condotta e' insidiosa, e quindi connotata da un elevato grado di offensivita' in quanto idonea - per le modalita' di consumazione - ad ostacolare significativamente l'attivita' di controllo dell'Amministrazione finanziaria (in quanto il credito viene generato direttamente nel modello F24, senza prima essere esposto in dichiarazione, ovvero comunque si tratta di un credito "falsamente" creato, pur se riportato in dichiarazione e poi utilizzato). In altri termini, come nel caso di specie, qualora il credito d'imposta sia effettivamente non reale (ad esempio, come nella specie, perche' trova la sua origine in false fatturazioni per operazioni inesistenti), si deve considerare inesistente. Ed allora, e conclusivamente, derivando i crediti di imposta in questione da un diritto alla detrazione d'imposta, oggetto dell'esercizio di opzione, ma sorto per effetto di operazioni fraudolente secondo il meccanismo descritto dalla stessa ordinanza impugnata, lo stesso non puo' che essere qualificato come inesistente sia perche' manca il presupposto costitutivo sia perche', proprio in considerazione del meccanismo fraudolento mediante il quale si e' originato, l'inesistenza non sarebbe stata riscontrabile mediante i controlli automatizzati o formali sulle dichiarazioni ex Decreto Legislativo n. 471 del 1997, articolo 13, comma 5, dovendosi intendere per "errori rilevabili mediante controlli automatizzati e formali" i casi in cui gli errori e le omissioni possono essere rilevati in sede di liquidazione delle im (OMISSIS) dovute ex D.p.r. 600 del 1973 articolo 36 bis e 36 ter, controlli automatizzati e formali che di regola non consentono di rilevare anomalie collegate ad attivita' fraudolente (con creazione di crediti "agevolativi" inesistenti), ma solo quelle conseguenti all'utilizzo di crediti esistenti ma "non spettanti", come ad esempio nel caso di duplicazioni materiali, riscontrabili in sede di liquidazione "automatizzata" della dichiarazione. 11. Non e' poi risolutiva l'ulteriore considerazione sviluppata nella memoria difensiva, secondo cui ove si ritenesse, come in effetti si ritiene, il credito inesistente, l'attivita' di recupero risulterebbe snaturata nella sua funzione, in quanto il recupero determinerebbe un "arricchimento senza causa" dell'Erario, dal momento che verrebbe realizzato non essendosi mai realizzata una passivita' in capo allo stesso. Si tratta di un'affermazione senza dubbio suggestiva ma infondata. Sia consentito sul punto svolgere le seguenti considerazioni. La normativa (Decreto Legge n. 134 del 2020), come anticipato, consente ai soggetti che sostenevano spese per gli interventi edilizi specificamente individuati, rientranti nell'ambito del c.d. Superbonus di scegliere: a) la detrazione spettante in sede di dichiarazione dei redditi; b) lo sconto in fattura; c) la cessione del credito d'imposta con la facolta' di ulteriori cessioni. La qualificazione di questi crediti d'imposta li rende sia diretti a risparmiare imposta abbattendola, che finalizzati ad agevolare il mercato immobiliare e il mondo del lavoro aumentando appunto la richiesta di interventi edilizi. Quindi l'esatta qualificazione della loro natura fa sorgere un dubbio, cioe' se questi crediti siano qualificabili come agevolazioni tributarie o meno, e di seguito quali siano poi di riflesso le conseguenze derivanti dal loro utilizzo fraudolento. Il quesito e' rilevante in quanto il Decreto Rilancio ha previsto la possibilita' di scegliere diverse modalita' di utilizzo di questa agevolazione oltre la detrazione. L'articolo 121, Decreto Legge n. 34/2020, ha previsto sia un contributo anticipato sotto forma di sconto praticato dai fornitori di beni e servizi sul corrispettivo dovuto, fino ad un importo massimo pari al corrispettivo stesso, che la cessione di un credito corrispondente alla detrazione spettante. La cessione del credito e' cedibile al fornitore, agli istituti di credito e agli intermediari finanziari, ma anche ad altri soggetti, con una non negata possibilita' di infinite successive cessioni (almeno nell'originaria previsione del Decreto Legge n. 34/2020). Mentre la compensazione si puo' utilizzare attraverso l'utilizzo del Mpd. F24 senza limiti generali previsti per i crediti d'imposta e contributi, ne' il limite di 250.000 Euro applicabile ai crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, la quota di credito non utilizzata nell'anno non puo' essere usufruita negli anni successivi e non puo' nemmeno essere richiesta a rimborso. Ancor piu' rilevante e' il fatto che il citato articolo 121, al comma 4, per rendere tale strumento appetibile e funzionale prevede, che i fornitori e i soggetti cessionari, rischino, per l'eventuale utilizzo irregolare del credito d'imposta, unicamente che l'Agenzia delle Entrate possa recuperare l'importo corrispondente alla detrazione non spettante, andando quindi a penalizzare i beneficiari della agevolazione. Orbene, per rispondere al quesito se il credito d'imposta da Superbonus e' o meno un'agevolazione tributaria, e' necessario collocare il credito d'imposta non nel concetto di rimborso ma nella natura di credito d'imposta. E' a tal proposito indubbio come il credito, che deriva dalla cessione della detrazione spettante (pari al 110% della spesa sostenuta), non rimborsabile, ma solamente compensabile, sia da riferire alla nozione di "agevolazione tributaria", proprio perche' nulla ha a che fare con il presupposto d'imposta e la relativa capacita' contributiva del beneficiario ponendo quale presupposto, cui commisurare l'"aiuto", l'interesse politico economico, sociale o ambientale, inequivocabilmente costituzionalmente rilevante, ma che quindi e' evidentemente di natura extrafiscale.. Ed allora, se cosi' e', evidente che la prospettazione difensiva soffre di un errore di impostazione, laddove il "recupero" e' evidentemente limitato all'importo "corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti dei soggetti" beneficiari (Decreto Legge 34 del 2020 articolo 121, comma 5) e, in caso di concorso nella violazione, sebbene "in solido", anche dei cessionari (comma 6). Diversamente, non essendo il credito d'imposta - conseguente all'esercizio del diritto dell'opzione - "recuperabile" ma unicamente "compensabile" da parte del cessionario nei confronti dell'Erario, non potrebbe mai parlarsi di "arricchimento senza causa" da parte dell'Erario, posto che: 1) o l'Erario riesce a recuperare l'importo "corrispondente alla detrazione non spettante" dal soggetto beneficiario, ed allora nessuna conseguenza negativa vi e' nei confronti del cessionario; 2) o l'Erario non riesce a recuperare l'importo "corrispondente alla detrazione non spettante" dal soggetto beneficiario, ed il cessionario non e' concorrente nella violazione, ed allora nessuna conseguenza ne deriverebbe per quest'ultimo, che ben potrebbe opporre in compensazione all'Erario il credito oggetto di cessione (comma 6) quando cessino gli effetti del sequestro penale, che non puo' ritenersi impedito dalle disposizioni dell'articolo 121 del Decreto Legge n. 34 del 2020 dal momento che si prevede espressamente (articolo 28-ter, Decreto Legge n. 4 del 2022, conv. con modd. in L. n. 25 del 2022) la possibilita' di utilizzare il credito solo qualora e quando cessino gli effetti del sequestro penale (da cio' la necessita di rideterminare i termini per il suo utilizzo, che sarebbero inutilmente decorsi per cause non imputabili al cessionario); 3) o, infine, l'Erario non riesce a recuperare l'importo "corrispondente alla detrazione non spettante" dal soggetto beneficiario, ed il cessionario e' concorrente nella violazione, ed allora subirebbe il "recupero", attesa la sua responsabilita' solidale, per espressa previsione di legge (comma 6). In tutte e tre le ipotesi, peraltro, non potrebbe parlarsi di "arricchimento senza causa" secondo la prospettazione difensiva, in quanto il presupposto e' comune, ed e' costituito dall'esistenza di una "passivita'" in capo all'Erario derivante proprio dall'inesistenza del credito che, ove lo si ritenesse opponibile in compensazione nonostante la mancanza del suo presupposto costitutivo, genererebbe un indubbio danno alle casse dell'Erario, in quanto si consentirebbe al cessionario di compensare crediti (inesistenti) con quanto (realmente) dovuto al Fisco, con indubbio "arricchimento senza causa", rovesciando la prospettazione difensiva, proprio a favore del cessionario. Dunque, l'affermazione difensiva secondo cui, procedendo parallelamente alle due attivita' di recupero, l'Agenzia delle Entrate perverrebbe al risultato di incamerare due volte lo stesso importo, soffre sia di un errore di qualificazione (il "recupero", ove il cessionario non sia concorrente nella violazione, tecnicamente riguarda solo l'importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti dell'originario beneficiario, non potendosi parlare invece di "recupero" rispetto ad un credito di imposta per il quale e' solo prevista la possibilita' di compensazione), sia di un errore di impostazione, in quanto se l'importo non viene "recuperato", come - almeno allo stato - risulta dagli atti, e' evidente che nessun "arricchimento senza causa", mutuando l'espressione difensiva, puo' dirsi realizzato in capo all'Erario, essendo funzionale il sequestro degli inesistenti crediti di imposta alla confisca del profitto derivante dalla commissione del reato, confisca che e' inibita nei confronti del terzo estraneo al reato solo ove non abbia ricavato vantaggi ed utilita' dal reato e che sia in buona fede (tema, quest'ultimo, su cui si ritornera', infra). Perdono, quindi, di spessore argomentativo le conseguenti considerazioni svolte dalla difesa di (OMISSIS) S.p.A. circa la possibile frizione di tale soluzione interpretativa con i principi di non contraddizione (che costituisce il fondamento logico-giuridico delle scriminanti), di sussidiarieta' (tenuto conto che anche in diritto tributario, oltre che in diritto penale, e' illecita la compensazione di un credito, sia esso "non spettante", sia esso, come nella specie, "inesistente", ovviamente assumendo rilevanza penale solo quelle condotte di indebita compensazione "sopra soglia") e di offensivita' (posto che la compensazione di un credito inesistente o non spettante indubbiamente provoca un danno all'Erario, corrispondente al mancato versamento di un debito di non predeterminata natura per un ammontare corrispondente al credito inesistente o non spettante). 12. Alla luce quindi delle predette considerazioni che pongono il beneficio come rientrante nell'ambito delle agevolazioni e che esso matura nell'ambito del calcolo e della liquidazione dell'imposta, e' utile chiedersi in che rapporto si pongono le ipotesi di truffa con i reati tributari e in particolare, con l'articolo 10-quater, Decreto Legislativo n. 74 del 2000. Se /'iter logico seguito ha un senso, e si muove dal presupposto che il credito d'imposta anche in questa fattispecie sia una agevolazione, allora e' senz'altro da ritenere applicabile anche Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 10-quater. Oltremodo, poi, Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-quater, pone delle chiare differenze di fattispecie criminosa prevista dal comma 1, ovvero quella di utilizzo in compensazione di "crediti non spettanti", oppure quella recata nel comma 2, afferente l'ipotesi, piu' grave, dell'utilizzo in compensazione di "crediti inesistenti", ovviamente a seconda della condotta concreta posta in essere dal contribuente. Questa stessa Sezione ha del resto evidenziato l'insidiosita' della fattispecie di cui all'articolo 10-quater, affermando: "come evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 35 del 6 dicembre 2017 (depositata il 21 febbraio 2018), con ampi riferimenti all'evoluzione normativa, il delitto di indebita compensazione si differenzia rispetto agli altri delitti in materia di omesso versamento nei casi in cui c'e' compatibilita' di tali finalita' con una uniforme distribuzione dei carichi fiscali e che anche le norme di esenzione o di agevolazione possano, in taluni casi, essere espressione di un principio di ordine generale e superiore" (Sez. 3, sentenza n. 25922 del 17/06/2020 - dep. 11/09/2020, Rv. 280078). In conclusione, ritiene dunque il Collegio che nel caso in cui il credito e' ottenuto fraudolentemente e' sicuramente applicabile il comma 2 del Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 10-qua-ter; pertanto, il cessionario che provveda a compensarlo, nonostante la consapevolezza dell'inesistenza del credito medesimo, si espone alla conseguente responsabilita' penale. 13. Resta, infine, da esaminare il delicato profilo afferente il tema della buona fede, rilevante in questa sede non solo perche' l'intera prospettazione difensiva e' fondata sulla dichiarata inesistenza di un "concorso nella violazione" (ex Decreto Legge n. 34 del 2020 articolo 121, comma 6), ma anche perche' nella specie, si tratta, come anticipato, di un'ipotesi di sequestro funzionale alla confisca ex articolo 321, comma 2, c.p.p., che, per poter operare nei confronti del terzo estraneo al reato, richiede che questi non abbia ricavato vantaggi ed utilita' dal reato e che non versi in una situazione di buona fede. Orbene, in relazione a tale profilo, osserva il Collegio come - risultando dagli atti che il cessionario (OMISSIS) S.p.A. e' stato qualificato dal PM come persona offesa in relazione al delitto di truffa aggravata ai danni di Ente pubblico - ed essendo il sequestro preventivo disposto nel presente procedimento non gia' a scopo impeditivo ex articolo 321, comma 1, c.p.p., quanto, piuttosto, finalizzato alla confisca ex articolo 321, comma 2, c.p.p., rileverebbe indubbiamente lo stato soggettivo della professata buona fede da parte della cessionaria del credito di imposta. La giurisprudenza di questa Corte e', sul punto, stabile nell'affermare il principio secondo cui in tema di confisca, rientra nella nozione di "persona estranea al reato", in danno della quale non possono essere confiscate cose o beni ad essa appartenenti ai sensi dell'articolo 240, comma 3, c.p., richiamato dall'ultimo comma dell'articolo 2641 c.c., il soggetto che non ha concorso alla commissione del reato, ne' ha tratto vantaggio dall'altrui attivita' criminosa, serbando una condotta in buona fede (Sez. 5, n. 42778 del 26/05/2017 - dep. 19/09/2017, Rv. 271441 - 01 che, nella fattispecie, ha riconosciuto l'estraneita' dell'istituto bancario ai reati di aggiotaggio e di ostacolo all'attivita' di vigilanza, di cui era stato incolpato il suo amministratore delegato, in quanto la banca non aveva ricevuto alcun vantaggio, bensi' un danno, dall'attivita' criminosa del suo manager). Questa stessa Sezione, del resto, ha aderito al predetto orientamento ribadendo che, in tema di sequestro preventivo ai fini di confisca, e' persona estranea al reato - nei cui confronti non puo' essere disposta la misura di sicurezza in esame, ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 240 c.p. - il soggetto che non abbia ricavato vantaggi ed utilita' dal reato e che sia in buona fede, non potendo conoscere - con l'uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta - l'utilizzo del bene per fini illeciti (Sez. 3, n. 29586 del 17/02/2017 - dep. 14/06/2017, C., Rv. 270250 - 01, in cui questa Corte ha escluso il requisito dell'estraneita' nel caso di soggetto, comproprietario di immobile dove si svolgeva attivita' di prostituzione, che, legato da stretto vincolo parentale all'altro comproprietario che aveva sottoscritto i contratti di locazione, non aveva dato prova di avere ignorato in maniera incolpevole l'utilizzo del bene). In senso conforme, ancora, si era gia' in precedenza affermato che, in tema di confisca, e' persona estranea al reato - nei cui confronti non puo' disposta la misura di sicurezza in esame, ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 240 c.p. - il soggetto che non abbia ricavato vantaggi ed utilita' dal reato e che. sia in buona fede, non potendo conoscere - con l'uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta il rapporto di derivazione della propria posizione soggettiva dal reato commesso dal condannato (Sez. 1, n. 29197 del 17/06/2011 - dep. 21/07/2011, Italfondiario S.p.a. e altri, Rv. 250804 - 01, in cui la Corte ha escluso il requisito dell'estraneita' nel caso di un istituto bancario che aveva iscritto ipoteca su di un bene gia' oggetto di sequestro preventivo, regolarmente trascritto). 14. Tanto premesso, pero', e' indubbio che il professato stato di buona fede del cessionario del credito debba comunque essere valutato alla luce della situazione di fatto oggetto di accertamento, in base al dettagliato quadro descritto dall'ordinanza in esame. Vi e' peraltro da chiedersi, proprio alla luce del quadro indiziario descritto, alla luce degli elementi di fatto sviluppati dal giudice del riesame, se anche, e soprattutto, alla luce del mutato presupposto giuridico che aveva indotto i giudici del riesame ad accogliere la richiesta di revoca del sequestro proposta dal cessionario (OMISSIS) S.p.A. (ossia, in altri termini, alla luce del principio, affermato da questa Corte con la richiamata sentenza che collide invece con l'argomento giuridico accolto dal tribunale del riesame, che ha aderito alla prospettazione difensiva, secondo cui esercitata l'opzione per la cessione del credito, e dunque rinunciato dal beneficiario l'originario diritto alla detrazione, nella misura del 110% delle spese documentate e rimaste a carico, il credito stesso non sorge mai - in capo al cessionario - a titolo originario, essendo anch'esso affetto dal vizio radicale che ha colpito il diritto alla detrazione nella specie non spettante perche' fondato su fase fatturazioni per operazioni inesistenti), possa o meno confermarsi quello stato soggettivo di buona fede che aveva indotto i giudici del riesame a ritenere scevro da qualsiasi rimprovero il comportamento complessivo posto in essere da parte del cessionario. Cio', lo si noti incidenter tantum, soprattutto alla luce della interpretazione "storica" fornita delle celeberrime Sezioni Unite Bacherotti, che, muovendo dal rilievo che il concetto di "estraneita'" fosse stato variamente inteso nella giurisprudenza di legittimita' (essendo stato interpretato, talora, nel senso della mancanza di qualsiasi collegamento, diretto o indiretto, con la consumazione del fatto-reato, ossia nell'assenza di ogni contributo di partecipazione o di concorso, ancorche' non punibile, e, altre volte, nel senso che non puo' considerarsi estraneo al reato il soggetto che da esso abbia ricavato vantaggi e utilita'), condivisero proprio quest'ultima posizione in quanto sorretta da univoci e convincenti dati interpretativi concorrenti a conformare la portata della nozione di "estraneita' al reato" in termini maggiormente aderenti alla precisa connotazione funzionale della confisca, non potendo privilegiarsi la tutela del diritto del terzo allorquando costui abbia tratto vantaggio dall'altrui attivita' criminosa e dovendo, anzi, riconoscersi la sussistenza, in una simile evenienza, di un collegamento tra la posizione del terzo e la commissione del fatto-reato (Sez. U, n. 9 del 28/04/1999, Bacherotti, Rv. 213511). 15. Ed allora, proprio alla stregua di tale autorevole insegnamento, non puo' sottacersi il fatto che, nella disciplina del Decreto rilancio, il cessionario dei crediti di imposta che provveda alla monetizzazione del credito al cedente, anzitutto consegue indubbiamente un vantaggio economico dalla cessione del credito di imposta. Ed infatti, i crediti vengono ceduti ad un valore inferiore rispetto al valore nominale, e cio' determina un indubbio utile in capo al cessionario, atteso che quest'ultimo "acquista" il credito di imposta, monetizzandolo al cedente, ad un valore notevolmente inferiore rispetto a quello nominale del credito ceduto, realizzando cosi' un utile sui singoli crediti acquistati. Ed allora, proprio alla luce di tali considerazioni, e' indubbio che la posizione del cessionario che lucra un vantaggio consistente dall'operazione di cessione, in applicazione del predetto principio fissato dalle Sezioni Unite, sia quella di un soggetto difficilmente qualificabile - agli effetti del sequestro e della successiva confisca - come persona "estranea al reato", proprio perche' il cessionario del credito di imposta trae vantaggio dall'altrui attivita' criminosa, dovendo, anzi, riconoscersi la sussistenza, in una simile evenienza, di un collegamento tra la posizione del terzo e la commissione del fatto-reato. 16. Ne', peraltro, potrebbe assumere rilievo dirimente la circostanza, richiamata nel provvedimento impugnato e sostenuta dalla difesa del cessionario (OMISSIS) S.p.A., secondo cui nessun profilo di negligenza avrebbe potuto essere attribuito al cessionario, non attribuendo originariamente le disposizioni del Decreto rilancio al cessionario il compito di effettuare controlli circa l'effettiva spettanza del beneficio fiscale in capo al soggetto che, comunicando con l'Agenzia delle Entrate l'esercizio di una delle opzioni concesse dall'articolo 121 citato, determina(va) la creazione di un corrispettivo credito di imposta cedibile, ponendosi peraltro un simile onere in contrasto con le finalita' perseguite dalla norma, aggiungendosi del resto che in ogni caso l'attivazione dei presidi antiriciclaggio avrebbe consentito a (OMISSIS) S.p.A. di rilevare talune anomalie nell'operativita' connessa alla cessione dei crediti di imposta da parte di taluno degli indagati, in particolare nella fase successiva alla cessione del credito, anomalie segnalate all'UIF con dieci diverse segnalazioni, la prima risalente al 9.07.2021. Ed invero, l'idoneita' di tali interventi andrebbe valutata alla luce delle indicazioni che gia' l'UIF (Unita' di Informazione Finanziaria) della Banca d'Italia (istituita dal Decreto Legislativo n. 231 del 2007, in conformita' di regole e criteri internazionali che prevedono la presenza in ciascuno Stato di una Financial Intelligence Unit, dotata di piena autonomia operativa e gestionale, con funzioni di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo), aveva rivolto agli operatori soggetti al rispetto della normativa antiriciclaggio (tra cui vi rientra anche (OMISSIS) S.p.A.). Sul punto, occorre anzitutto ricordare che del Decreto Legislativo n. 231 del 2007 articolo 1, comma 2, lettera hh), modificato dal Decreto Legislativo n. 25 maggio 2017, n. 90 (Decreto Legislativo n. 231 del 2007 o decreto antiriciclaggio), definisce le "Pubbliche amministrazioni" come "le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, gli enti pubblici nazionali, le societa' partecipate dalle amministrazioni pubbliche e dalle loro controllate, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, limitatamente alla loro attivita' di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dall'Unione Europea nonche' i soggetti preposti alla riscossione dei tributi nell'ambito della fiscalita' nazionale o locale, quale che ne sia la forma giuridica", donde nessun dubbio sussiste in ordine alla individuazione, quale destinatario della predetta normativa antiriciclaggio, anche di (OMISSIS) S.p.A., impresa pubblica controllata da Cassa Depositi e Prestiti e dal Ministero dell'economia e delle finanze. A tale disposizione, fa da pendant il successivo articolo 10, comma 4, del Decreto Legislativo n. 231 del 2007, in base al quale, al fine di consentire lo svolgimento di analisi finanziarie mirate a far emergere fenomeni di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, le Pubbliche amministrazioni definite in base ai commi 1 e 2 del medesimo articolo comunicano all'Unita' di informazione finanziaria per l'Italia (UIF) dati e informazioni concernenti le operazioni sospette di cui vengano a conoscenza nell'esercizio della propria attivita' istituzionale. La UIF, in apposite istruzioni, adottate sentito il Comitato di sicurezza finanziaria (infra, CSF), individua i dati e le informazioni da trasmettere, le modalita' e i termini della relativa comunicazione nonche' gli indicatori per agevolare la rilevazione delle operazioni sospette. A tal proposito erano state emanate le "Istruzioni sulle comunicazioni di dati e informazioni concernenti le operazioni sospette da parte degli uffici delle Pubbliche Amministrazioni" in data 23 aprile 2018, pubblicate nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana (G.U. Serie Generale n. 269 del 19.11.2018), aggiornate periodicamente al fine di integrare gli indicatori di anomalia per l'individuazione delle operazioni sospette, tenendo conto dell'articolazione delle Pubbliche amministrazioni e degli esiti della mappatura e valutazione dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo di cui all'articolo 10, comma 3, del decreto antiriciclaggio. Per espressa previsione dell'articolo 12, comma 2, peraltro "I comunicati che riportano istruzioni operative sul contenuto della comunicazione, sul tracciato elettronico nonche' sull'accesso e sull'utilizzo della procedura sono pubblicati e periodicamente aggiornati sul sito intemet della UIF". Orbene, ai fini che qui rilevano, proprio per mettere in guardia le predette "Pubbliche Amministrazioni" dai rischi di operazioni fraudolente collegate al meccanismo del c.d. Superbonus 110%, l'UIF e' intervenuta, anzitutto, con una prima Comunicazione del 16 aprile 2020, in cui veniva richiamata l'attenzione su alcuni fattori di rischio ed elementi sintomatici di possibili operativita' illecite venuti in evidenza nel corso della pandemia, anche grazie al confronto tra istituzioni nazionali e nell'ambito di organismi internazionali. Era stato a tal uopo richiamato il pericolo di truffe, di fenomeni corruttivi, di possibili manovre speculative, nonche' il rischio di usura, di acquisizione diretta o indiretta delle imprese da parte di organizzazioni criminali; ulteriori indicazioni avevano riguardato il ricorso a tentativi di sviamento e appropriazione, anche mediante condotte collusive, possibili abusi sia nella fase di accesso al credito garantito dalle diverse forme di intervento pubblico sia in sede di utilizzo delle risorse disponibili, come pure il pericolo di azioni illegali realizzate on line. Con una successiva Comunicazione dell'11 febbraio 2021 (anch'essa antecedente ai fatti oggetto del presente giudizio), l'UIF aveva ulteriormente sollecitato gli operatori del settore finanziario e creditizio a svolgere una piu' penetrante attivita' di controllo e di vigilanza proprio con riferimento alla procedura di cessione del credito di imposta introdotto dal Decreto rilancio. Sul punto, in particolare, si legge nel predetto Comunicato quanto segue: "2. Nell'ambito delle misure previste per contenere gli effetti della pandemia, il riconoscimento di detrazioni fiscali a fronte dell'esecuzione di specifici interventi si accompagna alla possibilita' di cedere in maniera generalizzata i relativi crediti di imposta, al fine di agevolarne la monetizzazione. In relazione a detti crediti vanno considerati i rischi connessi con: i) l'eventuale natura fittizia dei crediti stessi; ii) la presenza di cessionari dei crediti che pagano il prezzo della cessione con capitali di possibile origine illecita; iii) lo svolgimento di abusiva attivita' finanziaria da parte di soggetti privi delle prescritte autorizzazioni che effettuano plurime operazioni di acquisto di crediti da un'amplia platea di cedenti. In merito al punto sub i), negli schemi rappresentativi di comportamenti anomali concernenti operativita' connesse con illeciti fiscali, pubblicati dalla UIF il 10 novembre 2020, e' stato evidenziato che le cessioni di crediti vantati nei confronti dell'Erario possono essere oggetto di condotte fraudolente collegate a crediti di natura fittizia indebitamente compensati con debiti tributari,,oneri contributivi e premi realmente dovuti dai cessionari. Nello schema D sono state, in particolare, delineate le anomalie piu' ricorrenti e significative dal punto di vista del profilo soggettivo dei cedenti e/o cessionari dei crediti (ndr: a tal proposito, riportandosi in nota 3, a titolo esemplificativo, gli indici concernenti le caratteristiche dell'impresa cedente o cessionaria: costituita o divenuta operativa di recente, con forme giuridiche flessibili e semplici, prive di strutture organizzative reali, coinvolte in plurime cessioni di crediti/accolli di debiti, con frequenti variazioni nella compagine proprietaria e/o amministrativa o con soci e/o esponenti di dubbia reputazione o che appaiono come prestanome, ecc.) e da quello oggettivo dei comportamenti rilevati (ndr: a tal proposito puntualizzandosi in nota 4 come "E' stato tra l'altro fatto riferimento a rapporti alimentati in via esclusiva o prevalente dal corrispettivo di contratti di cessione di crediti fiscali; alla stipula di ripetuti contratti di cessione di crediti fiscali o di rami d'azienda costituiti in via pressoche' esclusiva da detti crediti, spesso nella medesima giornata e con la ricorrenza dei medesimi soggetti; ad anomalie concernenti il coinvolgimento di professionisti, le condizioni economiche pattuite per la cessione del credito fiscale (prezzo notevolmente inferiore al valore nominale del credito, modalita' di riscossione del prezzo notevolmente vantaggiose per il cessionario) o l'impiego del corrispettivo da essa derivante (bonifici verso l'estero, trasferimenti in favore di soggetti collegati, operazioni inerenti all'acquisto di valute virtuali). Il credito fittizio puo' essere poi utilizzato per il conferimento di capitale in societa' di nuova costituzione"). Con riguardo ai crediti di imposta ora riconosciuti sulla base delle misure temporanee introdotte dalla legislazione emergenziale, e' quindi importante tenere conto delle predette indicazioni e valorizzare l'intervento dei professionisti cui compete il rilascio di visti di conformita' e asseverazioni, allo scopo di intercettare eventuali sospetti di comportamenti funzionali alla creazione artificiosa dei medesimi crediti. Per quanto concerne i punti sub ii) e iii), si consideri che i bonus fiscali possono essere fruiti, oltre che sotto forma di detrazione dalle imposte dovute o di sconto rispetto al corrispettivo da pagare ai fornitori di beni o servizi (cd. sconto in fattura), anche cedendo a terzi il credito corrispondente alla detrazione spettante. Non sono stabilite limitazioni al numero di cessioni ne' alla tipologia di cessionari ammissibili; la cessione puo' quindi avvenire in favore sia di banche e intermediari finanziari sia di altri soggetti non puntualmente identificati, quali fornitori di beni e di servizi necessari alla realizzazione degli interventi, persone fisiche, anche esercenti attivita' di lavoro autonomo o d'impresa, societa' ed enti. Ne deriva l'esigenza di monitorare le operativita' connesse con le richiamate cessioni di crediti fiscali, al fine di evitare che la monetizzazione dei bonus sia realizzata con capitali illeciti. Occorre in particolare calibrare la profondita' e l'intensita' dei presidi antiriciclaggio, valutando con attenzione il profilo degli eventuali cessionari che entrano in relazione con i soggetti obbligati, intensificando i controlli rispetto a richieste di sconto di crediti acquistati in precedenza, soprattutto se in misura massiva. Va inoltre attentamente considerata la circostanza che societa' o enti siano specificamente costituiti allo scopo di essere impiegati nelle cessioni di crediti fiscali; e' possibile che attivita' della specie siano offerte con carattere di professionalita' e a una pluralita' indifferenziata di soggetti (per esempio attraverso la costituzione di appositi siti web o la diffusione di messaggi promozionali anche a mezzo di social network) tanto da destare il sospetto che esse siano esercitate nei confronti del pubblico in assenza delle prescritte autorizzazioni (omissis)". 17. Innegabile, dunque, e' che l'UIF della Banca d'Italia avesse messo in guardia gli operatori del settore finanziario e creditizio verso possibili fenomeni fraudolenti collegati alla cessione dei crediti di imposta secondo la procedura del Decreto rilancio, fornendo puntuali istruzioni operative in materia, segnatamente delineando le anomalie piu' ricorrenti e significative dal punto di vista del profilo soggettivo dei cedenti e/o cessionari dei crediti e da quello oggettivo dei comportamenti rilevati, anomalie la gran parte delle quali rilevate nella vicenda oggetto di esame nel presente procedimento, per come descritta nella stessa ordinanza impugnata. Si noti, tuttavia, come tali attivita' di vigilanza (a prescindere dai contenuti del decreto Rilancio, non rilevando la circostanza che Decreto Legge n. 34 del 2020, articolo 121, comma 4, prevedesse che l'Agenzia delle entrate "nell'ambito dell'ordinaria attivita' di controllo procede, in base a criteri selettivi e tenendo anche conto della capacita' operativa degli uffici, alla verifica documentale della sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d'imposta di cui al comma 1", senza menzionare i cessionari) erano comunque imposte al cessionario dalla normativa antiriciclaggio ex Decreto Legislativo n. 231 del 2007, e, soprattutto, erano richieste dall'UIF ed avrebbero dovuto svolgersi secondo le istruzioni operative di cui alla richiamata Comunicazione dell'11 febbraio 2021 "intensificando i controlli rispetto a richieste di sconto di crediti acquistati in precedenza", cio' presupponendo dunque lo svolgimento di attivita' di controllo preventivo e non gia' successivo alla monetizzazione dei crediti ceduti, come invece sembrerebbe dalla stessa documentazione prodotta da (OMISSIS) S.p.A., che ha evidenziato come l'attivazione dei controlli antiriciclaggio avesse consentito di rilevare talune anomalie nell'operativita' connessa alla cessione dei crediti di imposta da parte di taluno degli indagati, in particolare nella fase "successiva" alla cessione del credito, anomalie segnalate all'UIF con dieci diverse segnalazioni, la prima risalente al 9.07.2021, dunque successiva non solo alla Comunicazione dell'11 febbraio 2021, ma successiva, come sembrerebbe, anche alla cessione dei crediti d'imposta, in violazione delle indicazioni provenienti dall'UIF. 18. Alla luce dei predetti rilievi, pertanto, il giudice del rinvio dovra' risolvere la quaestio iuris relativa al mantenimento o meno del vincolo reale, atteso che la restituzione del bene potra' avvenire solo laddove gli elementi di conoscenza disponibili portino alla qualificazione della sua posizione in termini di "persona estranea" al reato, ossia una condizione di effettiva "distanza" dalla condotta illecita, con possibile rilievo anche di atteggiamenti antidoverosi di tipo colposo, dovendosi ulteriormente richiamare, a sostegno di tale assunto, quanto gia' affermato da questa Corte (Cass., sez. 3, n. 29586 del 17 febbraio 2017), secondo cui e' persona estranea al reato - nei cui confronti non puo' essere disposta la confisca, ai sensi dell'articolo 240 c.p., commi 2 e 3 - il soggetto che non abbia ricavato vantaggi ed utilita' dal reato e che sia in buona fede, non potendo conoscere - con l'uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta - l'utilizzo del bene per fini illeciti. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al tribunale di Parma competente ai sensi dell'articolo 324, comma 5, c.p.p.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI NICOLA Vito - Presidente Dott. ACETO Aldo - Consigliere Dott. GENTILI Andrea - Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio - rel. Consigliere Dott. ZUNICA Fabio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), n. (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 29/03/2022 del Tribunale del riesame di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella; udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Cimmino Alessandro, che riportandosi alle conclusioni scritte del proprio Ufficio, gia' versate in atti, ha chiesto il rigetto del ricorso; udito, per il ricorrente, l'Avv. (OMISSIS), che, nell'illustrare i motivi di ricorso, ne ha chiesto l'accoglimento. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza 29.03.2022, il tribunale del riesame di Napoli confermava il decreto di sequestro preventivo disposto dal GIP in data 3.03.2022 nei confronti di (OMISSIS), in via diretta, fino alla concorrenza della somma pari ad Euro 83.517.108,40 corrispondente al profitto del reato di cui all'articolo 640 c.p., comma 1 e comma 2, n. 1 da rinvenirsi nella disponibilita', tra gli altri indagati, dello (OMISSIS) nella sua qualita' di Legge Regionale della (OMISSIS) S.r.l. all'epoca dei fatti oggetto di imputazione cautelare. 2. Propone ricorso per cassazione lo (OMISSIS), a mezzo del difensore fiduciario, deducendo quattro motivi, di seguito illustrati. 2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all'articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 321 c.p.p., articolo 324 c.p.p., comma 7 e articolo 309 c.p.p., comma 9, quanto alla sussistenza del fumus, presupposto strutturale del vincolo cautelare applicato. In sintesi, premesso che i beni assoggettati a vincolo sono fondi, somme di denaro e saldi attivi esistenti su rapporti di c/c personali intestati allo (OMISSIS) per un importo di 79.216,72 Euro, la difesa lamenta che l'ordinanza di convalida del sequestro d'urgenza eseguito dal PM e il relativo decreto di sequestro emesso dal GIP non contenevano alcun vaglio del fumus del delitto di truffa in relazione alla posizione dello (OMISSIS). Il GIP si sarebbe limitato a riportare la motivazione del decreto 18.01.2022, emesso a carico di diversi soggetti e in relazione al delitto di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, provvedimento, quest'ultimo, che non conterrebbe alcuna valutazione circa il fumus del reato contestato allo (OMISSIS), in relazione al quale era stata trascritta la condotta oggetto di contestazione richiamando le dichiarazioni rese dai denuncianti, che tuttavia non si riferivano allo (OMISSIS), nemmeno indicato dal GIP nella sua qualita' di Legge Regionale della (OMISSIS) S.r.l. Di cio' si era doluta la difesa dinanzi ai giudici del riesame, eccependo la mancanza di motivazione, in quanto apparente, del decreto di sequestro quanto alla posizione dell'indagato. Peraltro, il rinvio alla motivazione del decreto 18.01.2022 non consentiva nemmeno di valutare se il GIP avesse proceduto ad un'autonoma valutazione degli elementi, in quanto ne' il provvedimento d'urgenza del PM ne' il decreto del GIP erano stati notificati allo (OMISSIS). I giudici del riesame non avrebbero potuto integrare la motivazione perche' assente e carente degli elementi che consentissero di ricondurre l'evento punito dall'articolo 640 c.p. alla condotta del reo. 2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all'articolo 111 Cost., comma 6, articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 321 c.p.p., articolo 324 c.p.p., comma 7 e articolo 309 c.p.p., comma 9, quanto alla sussistenza del fumus costituente presupposto strutturale del vincolo cautelare applicato. In sintesi, premessa una breve descrizione fattuale del meccanismo fraudolento posto in essere nella odierna vicenda processuale, la difesa sostiene che il giudice del riesame avrebbe espressamente individuato l'inizio del piano criminale nella fase di realizzazione dei lavori e riconosciuto l'attivita' falsificatoria posta in essere dagli asseveratori e dai tecnici abilitati al rilascio dei visti di conformita', il fumus del reato di truffa. Rispetto a tali premesse, pero', le successive conclusioni sarebbero incoerenti, in quanto i giudici del riesame avrebbero ravvisato il fumus quanto all'indagato (OMISSIS) pur affermando che quest'ultimo, ossia la societa' da egli rappresentata, fosse deputata all'esclusivo procacciamento dei potenziali clienti, condotta che tuttavia si sarebbe posta nel segmento chiaramente distinto ed antecedente rispetto alla fase del piano criminoso come individuata dal tribunale, a ben vedere collocandosi in realta' in epoca anteriore alla stipulazione dell'accordo con il General contractor (consorzio SGAI), e allo studio di prefattibilita' da quest'ultimo realizzato per verificare i presupposti di concedibilita' del bonus, che lo stesso tribunale aveva ritenuto non partecipare neppure alla fase iniziale del piano criminoso. Detta incoerenza argomentativa emergerebbe per la difesa anche sotto il profilo dell'individuazione dei destinatari della condotta fraudolenta, ossia i cessionari dei crediti di imposta generati dal Consorzio SGAI con l'emissione delle fatture per lavori non eseguiti, mediante false asseverazioni e visti di conformita' non corrispondenti al vero. Orbene, proprio la genericita' ravvisata nei documenti di preanalisi compilati dalla societa' rappresentata dall'indagato e valorizzata dal tribunale risulterebbe avulsa rispetto allo schema del fumus delineato in precedenza, trattandosi di documenti di preanalisi precedenti e distinti sia rispetto alla conclusione del contratto con il consorzio SGAI che dello studio di fattibilita', i quali avrebbero indotto in errore i committenti. A fronte di quanto sopra, irragionevole, per la difesa, si appaleserebbe il passaggio della motivazione relativo alla posizione dello (OMISSIS) rispetto al quale non si comprende quale sia l'itinerario logico seguito dal tribunale per ravvisare la sussistenza del fumus del reato di truffa, rispetto alla ricostruzione operata dagli stessi giudici del tribunale della condotta fraudolenta. 2.3. Deduce, con il terzo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all'articolo 240, c.p. e all'articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 321 c.p.p., commi 1 e 2, articolo 324 c.p.p., comma 7 e articolo 309 c.p.p., comma 9, quanto all'individuazione del destinatario della misura cautelare, individuato nell'indagato e non nella societa' (OMISSIS). - In sintesi, si duole la difesa per aver il tribunale del riesame indicato la persona dell'indagato (OMISSIS) quale soggetto attivo del reato quale Legge Regionale della (OMISSIS) S.r.l., pur riconoscendo quest'ultima quale unica beneficiaria dell'asserito profitto conseguito dal reato. I giudici del riesame, sul punto, non avrebbero fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali in tema di sequestro e confisca diretta del profitto, secondo cui nel caso di delitti posti in essere dal Legge Regionale nell'interesse dell'impresa, e' possibile aggredire solo le somme nella disponibilita' dell'ente persona giuridica che ha beneficiato dell'arricchimento, non potendo aggredire le somme nella disponibilita' del Legge Regionale ancorche' questi si sia reso autore del reato, principio analogamente applicabile ai compensi percepiti legittimamente dal Legge Regionale in virtu' della carica rivestita in quanto tali non considerabili quale profitto del reato, non rientrandosi nell'eccezione prevista (societa' quale mero schermo formale privo di propria consistenza). Ne discende che la misura non avrebbe potuto essere applicata all'indagato solo perche' Legge Regionale della societa', reale beneficiaria dell'arricchimento ritenuto conseguente al reato, come lo stesso tribunale del riesame afferma a pag. 20 dell'ordinanza. 2.4. Deduce, con il quarto motivo, il vizio di violazione di legge in relazione agli articoli 110 e 240 c.p. e articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 321 c.p.p., comma 2, articolo 324 c.p.p., comma 7 e articolo 309 c.p.p., comma 9, in relazione all'erronea applicazione del principio solidaristico e circa l'omessa motivazione circa il materiale conseguimento del profitto. In sintesi, la difesa si duole per aver il tribunale del riesame confermato il provvedimento di sequestro che aveva disposto l'applicazione della misura cautelare indistintamente in capo a tutti gli indagati sino alla concorrenza della somma ritenuta profitto della truffa, cio' in ragione della natura concorsuale del reato e ritenendo inconferente la giurisprudenza citata nell'istanza di riesame perche' relativa al delitto associativo. Sul punto, premessa l'erroneita' dei precedenti richiamati dal collegio cautelare, sostiene la difesa che con riferimento al sequestro funzionale alla confisca diretta l'applicazione del principio solidaristico risulterebbe contrastata dalla portata della confisca ex articolo 240 c.p. cui tende la misura cautelare, essendo preordinata a evitare che il soggetto destinatario del profitto possa lucrare dello stesso; richiamata la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 38034/2021), rileva la difesa che il GIP aveva applicato il sequestro preventivo a norma dell'articolo 321 c.p.p., comma 2, ossia funzionale alla confisca diretta, con la conseguenza che sarebbe evidente l'errore di diritto consistito nell'aver confermato il sequestro preventivo in capo indistintamente a tutti i soggetti fino alla concorrenza della somma, a prescindere peraltro dal materiale conseguimento del profitto in capo allo (OMISSIS). Proprio in relazione a tale ultimo profilo, infine, il ricorso denuncia il vizio di omessa motivazione, per non aver risposto alla relativa censura contenuta nell'istanza di riesame, evidenziandosi come il riferimento alle fatture emesse dal Consorzio SGAI nei confronti della societa' rappresentata dall'indagato non sarebbe rappresentativo della materiale apprensione del profitto da parte della societa', rilievo che non verrebbe meno in ragione della natura fungibile dell'oggetto del sequestro, ossia il denaro, come affermato da Sez. Un, 42415/2021. 3. Con requisitoria scritta del 31.08.2022, il Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso. In particolare, in relazione al primo motivo, deve rilevarsi che il provvedimento genetico descrive la condotta dell'indagato e riporta le dichiarazioni dei denuncianti che fanno riferimento a fatti nei quali risulta implicato anche l'indagato che procacciava clienti al consorzio SGAI e che sapeva che i lavori non erano realizzati. In ogni caso, deve darsi continuita' all'indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in tema di motivazione delle ordinanze cautelari, il requisito dell'autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, previsto espressamente dall'articolo 292 c.p.p., comma 1, lettera c), cosi' come modificato dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, deve riferirsi alla motivazione del provvedimento nel suo complesso e non a ciascuna contestazione e ad ogni singolo indagato, poiche' con esso si esprime l'esito finale della verifica compiuta dal giudice sulla richiesta cautelare (Sez. 5, n. 11985 del 07/12/2017, dep. 2018, Rv. 272939 - 01). In ordine al secondo motivo, come e' noto, ai sensi dell'articolo 325 c.p.p., comma 1, il ricorso per cassazione contro i provvedimenti emessi in materia di sequestro preventivo e' ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione cosi' radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692; Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009, P.M. in proc. Vespoli e altri, Rv. 242916; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129). Nessuna mancanza di motivazione o motivazione apparente e' ravvisabile con riguardo alla integrazione del fumus boni iuris in ordine all'incolpazione elevata nei confronti del ricorrente, solidamente poggiata dai giudici della cautela reale sulle denunce e su plurimi elementi documentali, tra cui le mail di protesta dei clienti. Il Tribunale ha rilevato che "i suddetti elementi fanno ritenere che la societa', e per essa il legale rappresentante (OMISSIS), fossero consapevoli del meccanismo illecito che concorrevano a creare, procacciando al consorzio clienti, nonostante i lavori non fossero eseguiti... ed emettendo fatture in ordine al compenso ricevuto, ben sapendo che il compenso veniva dal consorzio subordinato alla cessione del credito". Quanto al terzo motivo, nel caso di specie, trattandosi di un provvedimento di sequestro inserito in un contesto molto ampio in cui sono stati sottoposti al vincolo giuridico, con provvedimenti convalidati dal GIP, anche beni appartenenti ad enti (cfr. pag. 3 del provvedimento impugnato con riguardo al sequestro nei confronti del consorzio SGAI), pare sia stata tentata l'esecuzione del sequestro anche nei confronti della societa' di cui l'indagato e' stato il legale rappresentante. In ogni caso, il Tribunale ha precisato che "il reato di truffa e' ascrivibile al legale rappresentante della societa' e, quindi, correttamente e' stato sottoposto a sequestro il provento di tale attivita' da lui percepito in tale qualita'". Si tratta, dunque, della confisca diretta del profitto del reato, nella parte rinvenuta nella disponibilita' dell'autore del reato, profitto da egli percepito nella qualita' di legale rappresentate della societa'. Sul punto, il Tribunale, richiamando anche un recente arresto delle Sezioni unite, ha precisato che la confisca del denaro costituente profitto del reato, rinvenuto nel patrimonio dell'autore dello stesso, va sempre qualificata come diretta (Sez. U, 42415 del 27/05/2021). Le somme che il consorzio SGAI ha fatturato alla societa' di cui l'indagato e' il legale rappresentante, invece, sono state indicate dal tribunale solo per determinare il quantum del profitto. Nel provvedimento, infatti, e' stato precisato che "le fatture rinvenute dalla Guardia di Finanza danno conto di una parte dei profitti ricevuto grazie alle truffe perpetrate e questa e' in ogni caso superiore rispetto alla somma rinvenuta e sequestrata sui conti dello (OMISSIS)". In relazione al quarto motivo, deve osservarsi per il PG che il provvedimento impugnato e' conforme all'indirizzo secondo cui in caso di concorso di persone nel reato, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato puo' essere disposto nei confronti di ciascuno dei concorrenti, non per l'intero importo del profitto, ma in relazione a quanto materialmente conseguito da ognuno (Sez. 1, n. 38034 del 09/07/2021 Rv. 282012 - 01). E' stato gia' precisato che le fatture rinvenute danno conto di una parte dei profitti, in ogni caso superiore rispetto alla somma rinvenuta e sequestrata sui conti dello (OMISSIS). 4. La difesa, con richiesta depositata telematicamente in data 7.09.2022, ha chiesto ed ottenuto la trattazione orale del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso, trattato oralmente Decreto Legge n. 137 del 2020, e successive modifiche ed integrazioni, ex articolo 23, comma 8, e' complessivamente infondato. 2. Il primo motivo e' infondato. Conformemente alle conclusioni del PG, deve rilevarsi che il provvedimento genetico descrive la condotta dell'indagato e riporta le dichiarazioni dei denuncianti che fanno riferimento a fatti nei quali anche questi risulta implicato, occupandosi il medesimo di procacciare clienti al consorzio SGAI e, per dipiu', essendo pienamente consapevole del fatto che i lavori non erano realizzati. In particolare, il provvedimento impugnato (pag. 3) evidenzia chiaramente che lo stesso "attiene al profitto del solo reato di truffa aggravata", precisando peraltro che, per una sua valutazione, non potesse prescindersi dall'esaminare la complessa vicenda nella sua interezza, atteso che tutti i reati in contestazione (oltre alla truffa aggravata, per cui il provvedimento e' stato emesso, anche per il reato di falso, contestato nel medesimo capo 2), nonche' per il delitto associativo contestato al capo 1) nonche' per il delitto di tentata indebita compensazione contestato al capo 4), tutti ascritti parimenti allo (OMISSIS)) sono tra loro collegati, essendo i reati finanziari ed i reati di falso finalizzati, tra l'altro, anche alla commissione della truffa ai danni dei cessionari dei crediti di imposta inesistenti. La stessa struttura del provvedimento impugnato, del resto, rende ragione della valutazione del fumus del reato di cui si discute (truffa aggravata), di cui in particolare si occupa alle pagg. 3 ss. dell'ordinanza qui ricorsa, sottolineandone la sussistenza non solo in termini di fumus, ma persino di qualificata gravita' indiziaria, idonea come e' noto a giustificare anche l'emissione di un provvedimento custodiale, ricostruendo nel dettaglio la vicenda criminosa che ha dato avvio alle attivita' di indagine della Guardia di Finanza. Con particolare riferimento, poi, alla posizione dell'indagato (OMISSIS), l'ordinanza impugnata dedica uno specifico approfondimento alle pagg. 17 ss.; in particolare dopo aver elencato i motivi di riesame proposti (sostanzialmente riprodotti dal ricorrente senza alcun apprezzabile elemento di novita' critica dinanzi a questa Corte in sede di legittimita'), l'ordinanza si focalizza sul fumus del reato contestato allo (OMISSIS), evidenziandone la piena sussistenza, sia in chiave oggettiva che soggettiva. In particolare, risulta dall'ordinanza impugnata come le indagini, compendiate nelle informative di Pg in atti e, da ultimo, nella nota del 25 marzo 2022 depositata in udienza dal PM, avevano accertato che la (OMISSIS) s.r.l., rappresentata dallo (OMISSIS), aveva sottoscritto un contratto di collaborazione commerciale con il Consorzio SGAI in data 1.12.2020, in virtu' del quale la societa' si impegnava a procacciare clienti al consorzio e che la provvigione sarebbe consistita in una percentuale variabile a seconda dei ricavi derivanti dalle cessioni di crediti correlate ai contratti da lei procacciati. Tale contratto e' espressamente richiamato nelle fatture emesse dalla (OMISSIS) nei confronti del Consorzio SGAI n. 811 in data 10.5.2021 e n. 1044 del 15.6.2021 di 61.000 Euro ciascuna, n. 1245 in data 13.7.2021 di 244.000 Euro e n. 1461 in data 13.8.2021 di 50.000 Euro. Le predette fatture, come emerge nell'ordinanza, presentano elementi di anomalia, in quanto in tre di esse sono indicati gli stessi nominativi di clienti. Inoltre, sono state rinvenute altre due fatture emesse dalla (OMISSIS): una relativa a soggetti indicati come consorziati (tale (OMISSIS) e tale (OMISSIS)), sebbene costoro non risultino, dalla documentazione del Consorzio, come tali e una seconda fattura, immediatamente stornata, relativa al primo rateo di cui al "contratto scrittura privata e allegato 2 del 25/10/2021 di cessione rete commerciale di (OMISSIS) del superbonus 110%". L'ordinanza segnala anche il rinvenimento di una comunicazione del 23.12.2020, recante il timbro della societa', con la quale (OMISSIS) chiedeva di entrare a far parte del Consorzio SGAI, dichiarando di essere disponibile a versare la quota consortile di 3.000 Euro. Ebbene, anche di tale adesione, si legge nell'ordinanza, non si rinveniva traccia sui documenti del consorzio e tuttavia le indagini condotte dalla Guardia di Finanza hanno evidenziato che il Consorzio SGAI ha "rilevato nella propria contabilita' il versamento di quote consortili da parte di vari soggetti, tra i quali la (OMISSIS) (3.000 Euro versate il 5.3.2021). Dunque, per i giudici del riesame, contrariamente a quanto asserito dalla difesa, e' evidente che le attivita' che legano la (OMISSIS) al Consorzio che rilevano ai fini della indagine sono relative ad atti che sono stati tutti sottoscritti dallo (OMISSIS) e sono relativi al periodo in cui l'indagato era legale rappresentante della societa'. Non v'e' dubbio, quindi, per il tribunale, che sia stato proprio l'indagato a tenere i legami tra la societa' e il consorzio, sia in quanto firmatario del contratto di procacciamento, sia in quanto rappresentante della societa' al momento in cui questa emetteva le fatture (sopra menzionate) nei confronti del Consorzio. Non v'e' dubbio, dunque, che l'attivita' in questione, in quanto legale rappresentante della societa', fosse a lui penalmente imputabile. Cio' premesso, l'ordinanza impugnata prosegue individuando molteplici elementi dai quali si evince la consapevolezza in capo allo (OMISSIS) della falsita' della documentazione relativa ai contratti procacciati dalla societa' ai fini della cessione del credito. Anzitutto, all'esito dell'attivita' di cui al contratto denominato pre-analisi, stipulato dalla (OMISSIS) e dai vari clienti, si rilevavano sempre informazioni estremamente generiche, senza che fossero specificate le caratteristiche dell'immobile sul quale dovevano essere eseguiti i lavori ed anche le conclusioni alle quali giungeva lo studio di fattibilita' erano estremamente generiche, limitandosi la societa' ad affermare che "l'immobile ha le caratteristiche per poter accedere all'agevolazione sismabonus o superbonus 110%". Inoltre, sia nel documento di analisi preliminare redatto dalla (OMISSIS) sia nel successivo contratto stipulato tra il cliente ed il consorzio SGAI, al soggetto committente dei lavori di cui al superbonus 110% veniva ricondotta la mail della (OMISSIS) e non la sua mail. Pertanto, come sottolinea l'ordinanza, alla societa' erano inoltrate tutte le comunicazioni destinate al cliente. Nella nota della Guardia di Finanza in atti, aggiunge poi il tribunale, sono indicati i molteplici casi in cui tale dato e' stato riscontrato e, in particolare, sono state acquisite le mail nelle quali i clienti segnalavano le inadempienze del Consorzio, inoltrate dalla (OMISSIS) al Consorzio stesso, a dimostrazione del fatto che la societa' era pienamente consapevole del fatto che le opere edili commissionate non venivano effettuate. Ancora, l'ordinanza impugnata evidenzia che, dal raffronto tra le fatture emesse dalla (OMISSIS) nei confronti del Consorzio (relative a lavori eseguiti e, si ricorda, da pagarsi secondo contratto solo dopo la relativa cessione del credito) e le mail di protesta dei clienti, risulta che in molti casi la societa' abbia ricevuto il compenso nonostante i lavori non fossero stati eseguiti e la (OMISSIS), per avere ricevuto le mail di protesta, ne fosse pienamente consapevole (il riferimento, nel provvedimento impugnato, e' all'allegato 23 alla nota del 25.3.2022 - e non 3033, chiaramente un refuso - della Guardia di Finanza, in atti). I suddetti elementi, proseguono i giudici del riesame, fanno ritenere che la societa', e per essa il legale rappresentante (OMISSIS), fossero consapevoli del meccanismo illecito che concorrevano a creare, procacciando al consorzio clienti, nonostante i lavori non fossero eseguiti (come documentato dalle mail di protesta) ed emettendo fatture in ordine al compenso ricevuto, ben sapendo che il compenso veniva dal consorzio subordinato alla cessione del credito, rinviando, sul punto, il provvedimento impugnato a quanto affermato in precedenza in ordine al rinvenimento delle fatture pro forma. Tutto cio', concludono sul punto i giudici del riesame, consente di ritenere sussistente il fumus in ordine alla partecipazione dello (OMISSIS) al sistema illecito in contestazione, atteso che il suo e' senza dubbio un ruolo fondamentale per la riuscita del piano criminoso e la realizzazione della truffa ordita dal Consorzio, valorizzandosi in particolare la presenza in atti della richiesta avanzata dallo (OMISSIS) di partecipare al Consorzio. Precisa, infine, il tribunale che il reato di truffa e' ascrivibile al legale rappresentante della societa' e, quindi, correttamente e' stato sottoposto a sequestro il provento di tale attivita' da lui percepito in tale qualita'. 2.1. Al cospetto di tale apparato argomentativo, le doglianze difensive circa la asserita assenza di qualsiasi argomentazione in ordine al fumus del reato ipotizzato a carico dello (OMISSIS) perdono di qualsiasi spessore argomentativo, avendo diversamente i giudici del riesame focalizzato attentamente la propria attenzione sul ruolo assunto dalla (OMISSIS) nel meccanismo fraudolento ed individuando anche il ruolo assunto dall'indagato nella vicenda, segnalando tutti gli indici di "anomalia" che rendevano evidente la compartecipazione della societa', e per essa del suo legale rappresentante pro tempore, nella vicenda criminosa descritta. Quanto, poi, alla presunta assenza di un'autonoma valutazione della posizione dello (OMISSIS), e' sufficiente richiamare il corretto riferimento giurisprudenziale operato dal PG, dovendosi pertanto dare continuita' all'indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in tema di motivazione delle ordinanze cautelari, il requisito dell'autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, previsto espressamente dall'articolo 292 c.p.p., comma 1, lettera c), cosi' come modificato dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, deve riferirsi alla motivazione del provvedimento nel suo complesso e non a ciascuna contestazione e ad ogni singolo indagato, poiche' con esso si esprime l'esito finale della verifica compiuta dal giudice sulla richiesta cautelare (Sez. 5, n. 11985 del 07/12/2017, dep. 2018, Rv. 272939 - 01). 3. Anche il secondo motivo si appalesa infondato. Sul punto, concordemente con le conclusioni del PG, merita di essere ribadito che, ai sensi dell'articolo 325 c.p.p., comma 1, il ricorso per cassazione contro i provvedimenti emessi in materia di sequestro preventivo e' ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione cosi' radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692; Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009, P.M. in proc. Vespoli e altri, Rv. 242916; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129). Nessuna mancanza di motivazione o motivazione apparente e', in particolare, ravvisabile con riguardo alla integrazione del fumus boni iuris in ordine all'incolpazione elevata nei confronti del ricorrente, che, come sottolinea lo stesso rappresentante della PG nelle sue conclusioni, risulta solidamente poggiata dai giudici della cautela reale sulle denunce e su plurimi elementi documentali, tra cui le mail di protesta dei clienti. Il Tribunale ha rilevato che "i suddetti elementi fanno ritenere che la societa', e per essa il legale rappresentante (OMISSIS), fossero consapevoli del meccanismo illecito che concorrevano a creare, procacciando al consorzio clienti, nonostante i lavori non fossero eseguiti... ed emettendo fatture in ordine al compenso ricevuto, ben sapendo che il compenso veniva dal consorzio subordinato alla cessione del credito". Ne' rileva la circostanza, dedotta dal ricorrente, secondo cui la condotta della (OMISSIS), e per essa del suo legale rappresentante, si sarebbe manifestata in un momento storico antecedente a quello, invece ritenuto dalla difesa rilevante, della effettiva realizzazione della condotta fraudolenta, in sostanza non potendosi ritenere che lo studio di prefattibilita' da quest'ultimo realizzato per verificare i presupposti di concedibilita' del bonus integrasse una condotta rilevante rispetto all'attivita' fraudolenta. Trattasi, infatti, di ricostruzione suggestiva che mira, contrariamente all'indissolubile legame, emergente dall'ordinanza impugnata, tra tutti i segmenti delle condotte ascritte a vario titolo a titolo di concorso a ciascun partecipe (segnatamente, quanto allo (OMISSIS), quale intermediario, unitamente ad altri soggetti, con il compito di promuovere nei territori di competenza la sottoscrizione con il consorzio SGAI da parte di ignari cittadini, di contratti di appalto lavori di cui al Decreto Legge n. 34 del 2000), ed oggetto di volonta' comune, a parcellizzare le condotte medesime, tentando di far apparire come penalmente irrilevante il contributo dell'intermediario rispetto al complessivo proposito fraudolento. Sul punto, peraltro, proprio la dettagliata ricostruzione della vicenda, del ruolo della (OMISSIS) (e per essa del Legge Regionale attuale ricorrente) e della rilevanza causale assunta dall'apporto dell'intermediario nel meccanismo fraudolento, per come operati dall'ordinanza impugnata, rendono evidente come i giudici del riesame abbiano fatto assoluto buongoverno del principio, secondo cui in tema di concorso di persone nel reato, il contributo causale del concorrente puo' manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa non solo in caso di concorso morale ma anche in caso di concorso materiale, fermo restando l'obbligo del giudice di merito di motivare sulla prova dell'esistenza di una reale partecipazione e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalita' efficiente con le attivita' poste in essere dagli altri concorrenti (tra le tante: Sez. 4, n. 1236 del 16/11/2017 - dep. 12/01/2018. Raduano, Rv. 271755 - 01). 4. Il terzo motivo presta invece il fianco al giudizio di manifesta infondatezza. Ed invero, come evidenzia il PG nella sua requisitoria scritta, nel caso di specie, trattandosi di un provvedimento di sequestro inserito in un contesto molto ampio in cui sono stati sottoposti al vincolo giuridico, con provvedimenti convalidati dal GIP, anche beni appartenenti ad enti (cfr. pag. 3 del provvedimento impugnato con riguardo al sequestro nei confronti del consorzio SGAI), e' possibile far leva sul provvedimento di esecuzione del sequestro preventivo 24.03.2022 in cui si da' atto che il PM ha disposto nei confronti delle "persone fisiche e/o giuridiche indicate nel citato provvedimento" (ossia del provvedimento con cui veniva disposto in via d'urgenza il sequestro in via diretta fino a concorrenza della somma di oltre 83 mln di Euro corrispondente al profitto del reato di truffa). In definitiva, il ricorrente non poteva dolersi del fatto che il sequestro fosse stato eseguito nei suoi confronti quale persona fisica, in quanto originariamente il provvedimento di sequestro era stato disposto anche nei confronti della persona giuridica. Essendo stato disposto in via diretta nei confronti della persona giuridica, il ricorrente avrebbe potuto dolersi solo del fatto che il profitto si trovasse presso la persona giuridica, censura che non e' stata dedotta nel ricorso. Ad escludere la positiva valutabilita' della doglianza mossa dall'indagato, e' del resto sufficiente sul punto ricordare come e' pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, che e' legittimo il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente dei beni dell'imputato, sul presupposto dell'impossibilita' di reperire il profitto del reato nei confronti dell'ente, nel caso in cui, successivamente alla imposizione del vincolo cautelare, dallo stesso soggetto non siano indicati i beni nella disponibilita' della persona giuridica su cui disporre la confisca diretta (Sez. 3, n. 40362 del 06/07/2016 - dep. 28/09/2016, D'Agostino, Rv. 268587 - 01; Sez. 3, n. 42966 del 10/06/2015 - dep. 26/10/2015, Klein, Rv. 265158 - 01). A tale onere di indicazione, come emerge dallo stesso tenore del motivo di ricorso, l'indagato non ha tuttavia assolto, con la conseguenza che il motivo dev'essere dichiarato inammissibile. 5. Nemmeno l'ultimo motivo di doglianza merita accoglimento. Ed invero, per destituirne di qualsiasi fondamento la asserita rilevanza, e' sufficiente qui sottolineare, come bene il PG evidenzia, che il provvedimento impugnato e' conforme all'indirizzo secondo cui in caso di concorso di persone nel reato, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato puo' essere disposto nei confronti di ciascuno dei concorrenti, non per l'intero importo del profitto, ma in relazione a quanto materialmente conseguito da ognuno (Sez. 1, n. 38034 del 09/07/2021, Rv. 282012 - 01). E, su tale aspetto, e' stato gia' precisato che le fatture rinvenute danno conto di una parte dei profitti, in ogni caso superiore rispetto alla somma rinvenuta e sequestrata sui conti dello (OMISSIS). 6. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI NICOLA Vito - Presidente Dott. ACETO Aldo - Consigliere Dott. GENTILI Andrea - Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio - Consigliere Dott. ZUNICA Fabio - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), n. (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 21/03/2022 del Tribunale del riesame di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella; letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. GIORDANO Luigi, che ha chiesto il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza 21.03.2022, il tribunale del riesame di Napoli confermava il decreto di sequestro preventivo disposto dal GIP in data 3.03.2022 nei confronti dell'indagato (OMISSIS), in via diretta, fino alla concorrenza della somma pari ad Euro 83.517.108,4 corrispondente al profitto del reato di cui all'articolo 640, comma 1 e comma 2 n. 1 c.p. da rinvenirsi nella disponibilita', tra gli altri indagati, del (OMISSIS), nella sua qualita' di professionista abilitato che avrebbe partecipato al meccanismo fraudolento meglio descritto nel capo di imputazione cautelare. 2. Propone ricorso per cassazione il (OMISSIS), a mezzo del difensore fiduciario, deducendo un unico, articolato, motivo, di seguito illustrato. 2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di violazione di legge sostanziale e processuale contestando sia l'insussistenza del fumus del reato di truffa ipotizzato che del periculum in mora, instando per la revoca del sequestro preventivo quanto al c/c dell'indagato e la restituzione della liquidita' giacente pari a poco piu' di 5.000 Euro. In sintesi, premesso che gia' in sede di udienza camerale 21.03.2022 era stata denunciata l'assenza del fumus del contestato reato di truffa, la difesa, nel descrivere a pag. 4 sinteticamente gli elementi in base ai quali l'indagato era stato ritenuto compartecipe del meccanismo fraudolento meglio descritto nell'imputazione cautelare (l'aver svolto' in 139 pratiche le funzioni di tecnico asseveratore, dall'aprile all'ottobre 2021; l'essere stati reperiti presso il General contractor tre contratti assicurativi ed il premio di uno di essi sarebbe stata pagato dal committente; mancato rinvenimento di fatture emesse dall'indagato a fronte di pagamenti ricevuti dal Consorzio (OMISSIS), documenti nemmeno versati in sede di udienza camerale; asserita non autografia della firma apposta sulle asseverazioni, in quanto apparentemente apposta attraverso un file immagine, come affermato in una nota GdF del 18.03.2022), sostiene quanto al fumus, che, alla luce di quanto accertato dal CTP (OMISSIS) e riportato nel suo elaborato depositato agli atti, in realta' la liquidita' esistente sul c/c ed oggetto del sequestro non sarebbe riconducibile ai reati ipotizzati, in particolare quello di truffa, risultando invece utilizzata dall'indagato anche per fini personali, quali ad esempio il pagamento di utenze domestiche. Non sarebbe peraltro rispondente al vero che gli emolumenti ricevuti dal Consorzio (OMISSIS) non sarebbero stati fatturati dall'indagato una volta ricevuti i bonifici di pagamento delle prestazioni professionali; si duole quindi la difesa dell'errore investigativo commesso dalla G.d.F. nell'affermare che non sarebbero state emesse fatture a fronte dei compensi ricevuti dal General contractor nonche' dell'omesso esame della fatturazione fiscale allegata alla CTP (OMISSIS), decisiva per dimostrare l'estraneita' ai fatti dell'indagato; si contesta, inoltre, l'affermazione dei giudici del riesame i quali avrebbero ritenuto che tutte le asseverazioni emesse dai professionisti sarebbero false in quanto dal controllo eseguito dalla G.d.F. della contabilita' del Consorzio (OMISSIS), non risulterebbero annotati i costi relativi a tale attivita' tecnica e, quindi, anche quelle riconducibili all'indagato sarebbero mendaci per l'omessa fatturazione, circostanza che invece sarebbe stata smentita proprio dalla regolare fatturazione fiscale (si tratta di 5 fatture) in seguito ai bonifici bancari ricevuti sul c/c dal General Contractor. Quanto, poi, al rinvenimento dei tre contratti presso il Consorzio (OMISSIS) ed alla circostanza che uno dei premi di tali contratti assicurativi risulterebbe pagato dal committente, la difesa rileva che l'aver aderito l'indagato al c.d. regime fiscale di vantaggio ex L. n. 244 del 2007 articolo 1, comma 96/117, che non prevede la detrazione di alcuna spesa per l'attivita' professionale svolta e, dunque, nemmeno l'importo corrisposto ai fini assicurativi, escluderebbe la rilevanza di tale elemento. Quanto sopra, pertanto, escluderebbe l'esistenza del fumus, considerando peraltro che le firme apposte sulle pratiche asseverate non sono state disconosciute dall'indagato (asseritamente non autografe perche' inserite con file immagine, secondo la G.d.F.), escludendo quindi qualsiasi condotta compartecipativa dell'indagato al predetto meccanismo fraudolento, non essendovi alcun collegamento tra il reato di truffa e quanto caduto in sequestro. In merito, poi, all'inesistenza del periculum in mora, premesso che il giudice del riesame ritiene che il denaro ricevuto dall'indagato dal Consorzio costituirebbe il profitto che l'indagato ha tratto dall'attivita' criminosa, si contesta l'errore investigativo commesso dalla G.d.F. che non avrebbe acquisito le 5 fatture emesse dall'indagato a fronte dei bonifici ricevuti dal Consorzio (OMISSIS) in pagamento delle prestazioni professionali svolte dall'indagato nell'interesse del committente. Non sussisterebbe quindi alcun collegamento tra il denaro sequestrato e il delitto di truffa per cui il sequestro e' stato disposto, dovendo peraltro il periculum presentare i requisiti della concretezza ed attualita', nella specie mancanti. 3. Con requisitoria scritta del 31.08.2022, il Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso. In particolare, in relazione al primo motivo, come e' noto, ai sensi dell'articolo 325, comma 1, c.p.p., il ricorso per cassazione contro i provvedimenti emessi in materia di sequestro preventivo e' ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia' gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione cosi' radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692; Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009, P.M. in proc. Vespoli e altri, Rv. 242916; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129). Nel caso di specie, nessuna mancanza di motivazione o motivazione apparente e' ravvisabile con riguardo alla integrazione del fumus boni iuris in ordine all'incolpazione elevata nei confronti del ricorrente, solidamente poggiata dai giudici della cautela reale sulle denunce e su plurimi elementi documentali raccolti nelle indagini, tra cui le mail di protesta dei clienti. Il Tribunale, tra l'altro, ha rilevato che la firma apposta dal professionista appaia "prima faci'e non autografa", apposta tramite un file immagine, sempre identica, espressione di una modalita' "automatica" di asseverazione compiuta in difetto dei necessari controlli e delle verifiche previste dalla legge. In dette asseverazioni, poi, sono state rinvenute le anomalie descritte nel provvedimento. Quanto al secondo motivo, il Tribunale ha precisato che si tratta del sequestro finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato, nella parte rinvenuta nella disponibilita' del ricorrente, profitto da egli percepito per le asseverazioni e comunque rinvenuto in misura minima rispetto a quanto effettivamente percepito. 4. La difesa, con richiesta depositata telematicamente in data 21.09.2022, ha chiesto la trattazione orale del ricorso, richiesta non accolta con provvedimento del presidente titolare del 23.09.2022. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso, trattato cartolarmente ex Decreto Legge n. 137 del 2020 articolo 23, comma 8, e successive modifiche ed integrazioni, e' inammissibile. 2. Sul punto, deve rilevarsi che il provvedimento genetico descrive la condotta dell'indagato e riporta le dichiarazioni dei denuncianti che fanno riferimento a fatti nei quali anche il (OMISSIS) risulta implicato (occupandosi il medesimo, quale professionista abilitato che rilasciava - unitamente ad altri indicati nel capo di imputazione cautelare - l'asseverazione richiesta dalla legge al termine dei lavori e/o per ogni SAL ai fini dell'attestazione dei requisiti tecnici sulla base del progetto predisposto e dell'effettiva realizzazione dell'intervento). In particolare, il provvedimento impugnato (pag. 3) evidenzia chiaramente che lo stesso "attiene al profitto del solo reato di truffa aggravata", precisando peraltro che, per una sua valutazione, non potesse prescindersi dall'esaminare la complessa vicenda nella sua interezza, atteso che tutti i reati in contestazione (oltre alla truffa aggravata, per cui il provvedimento e' stato emesso, anche per il reato di falso, contestato nel medesimo capo 2), nonche' per il delitto associativo contestato al capo 1) nonche' per il delitto di tentata indebita compensazione contestato al capo 4), tutti ascritti parimenti al (OMISSIS)) sono tra loro collegati, essendo i reati finanziari ed i reati di falso finalizzati, tra l'altro, anche alla commissione della truffa ai danni dei cessionari dei crediti di imposta inesistenti. La stessa struttura del provvedimento impugnato, del resto, rende ragione della valutazione del fumus del reato di cui si discute (truffa aggravata), di cui in particolare si occupa alle pagg. 3 ss. dell'ordinanza qui ricorsa, sottolineandone la sussistenza non solo in termini di fumus, ma persino di qualificata gravita' indiziaria, idonea come e' noto a giustificare anche l'emissione di un provvedimento custodiale, ricostruendo nel dettaglio la vicenda criminosa che ha dato avvio alle attivita' di indagine della Guardia di Finanza. Con particolare riferimento, poi, alla posizione dell'indagato (OMISSIS), l'ordinanza impugnata dedica uno specifico approfondimento alle pagg. 17 ss.; i giudici del riesame, dopo aver premesso il contenuto dei motivi di riesame (che, come e' agevole rilevare dal loro tenore, sono stati sostanzialmente riprodotti nell'impugnazione in sede di legittimita', senza alcuna apprezzabile elemento di novita' critica), dedicano un particolare approfondimento al tema del fumus del reato di truffa aggravata, osservando come dagli atti in possesso del Tribunale si evincesse il fumus del coinvolgimento dell'odierno indagato nella vicenda criminosa innanzi descritta. In particolare, come risulta dal prospetto riepilogativo delle asseverazioni trasmesse sul portale dell'(OMISSIS) in relazione ai lavori del Consorzio (OMISSIS) inerenti alle agevolazioni del cd. superbonus 110%, il (OMISSIS) risulta aver svolto il compito di tecnico asseveratore in ben 139 casi, dall'aprile all'ottobre del 2021. Tale dato, peraltro, si legge nell'ordinanza, trova conforto anche nella consulenza di parte, prodotta all'udienza, che analizza i versamenti. Inoltre, tra gli atti rinvenuti presso il Consorzio, l'ordinanza valorizza tre contratti assicurativi effettuati dal consorzio al (OMISSIS), proprio in relazione a tale attivita'. Ebbene, precisano i giudici del riesame, il premio di almeno uno di questi risulta pagato dal Consorzio stesso, circostanza che appare anomala, atteso che e' il tecnico asseveratore a dover sottoscrivere la polizza assicurativa a garanzia di eventuali danni provocati dalla sua attivita' (tanto che, puntualizza l'ordinanza, il relativo premio puo' essere dedotto ai fini del pagamento delle imposte sui redditi) e non l'impresa che effettua i lavori sui quali si svolge la verifica del tecnico. Altra anomalia rilevata dai giudici del riesame sta nel fatto che nessuna fattura e' stata emessa dal (OMISSIS) a fronte dei pagamenti ricevuti dal Consorzio, ne' tali fatture si afferma nell'ordinanza sono state prodotte in sede di riesame. L'ordinanza, peraltro, valorizza in particolare quanto evidenziato in una nota della G.d.F. in atti, ossia la circostanza che anche la firma del (OMISSIS) apposta alle asseverazioni appare prima facie non autografa, ma apposta attraverso un file immagine, tanto che su diversi documenti tale firma appare innaturalmente del. tutto identica. Quanto sopra, aggiungono i giudici del riesame, considerato che il (OMISSIS) non ha disconosciuto dette firme, ammettendo di aver anche ricevuto il pagamento per l'attivita' professionale espletata, farebbe pensare ad una modalita' automatica di asseverazione, operata in assenza di quegli accertamenti e quelle verifiche che sono alla base dell'attivita' in questione. Sul punto, i giudici del riesame si soffermano a valorizzare il ruolo dell'asseverazione nel meccanismo introdotto dalla normativa del c.d. superbonus, in particolare evidenziando come nelle asseverazioni esaminate dall'(OMISSIS) e relative al Consorzio (OMISSIS) sono state riscontrate varie anomalie, come il fatto che queste si riferiscono tutte al primo SAL del 30%, che in esse non viene dichiarato il numero di protocollo del deposito in comune, prima dell'inizio lavori, della relazione tecnica della L. 10 del 1991 ex articolo 28 del Decreto Legislativo n. 192 del 2005 ed ex articolo 8, ma solo la dizione "PEC", che non viene allegato l'APE post intervento. Inoltre, il computo metrico allegato e' quasi sempre non pertinente e il relativo importo complessivo dei lavori non coincide con quanto dichiarato nell'asseverazione. A cio' si aggiunga che, in alcuni casi, viene dichiarato erroneamente che il comune di ubicazione dell'edificio oggetto dell'intervento e' compreso nell'elenco dei comuni di cui al Decreto Legge n. 34/2020 articolo 119 comma 4 ter. Con la conseguenza che gli importi massimi ammissibili sono incrementati del 50%. Si tratta di anomalie, queste, che i giudici del riesame sottolineano essere state tutte riscontrate nelle dichiarazioni dei tecnici che hanno operato quali asseveratori per il Consorzio, tra i quali l'odierno indagato (OMISSIS), autore di ben 139 asseverazioni delle 1381 totali effettuate in relazione a lavori del Consorzio (OMISSIS). Tutto cio', per i giudici del riesame, consente di ritenere sussistente il fumus in ordine alla partecipazione del (OMISSIS) al sistema illecito in contestazione, atteso che il suo e' senza dubbio un ruolo fondamentale per la riuscita del piano criminoso e la realizzazione della truffa ai danni dello Stato. Quanto, poi, al periculum in mora, correttamente i giudici del riesame puntualizzano che il denaro ricevuto dal Consorzio costituisce, per quanto sin qui esposto, il profitto che il (OMISSIS) ha ricavato dall'attivita' criminosa posta in essere. In quanto tale ne viene giustificato il sequestro, ai fini della successiva confisca. L'ammontare del profitto, si precisa nell'ordinanza impugnata, e' stato correttamente individuato anche nella consulenza difensiva ed e' sicuramente superiore alla somma rinvenuta sul conto intestato al (OMISSIS) e posta in sequestro. Del resto, aggiungono i giudici del riesame, la stessa difesa ha ammesso che i proventi dell'attivita' in favore del consorzio sono transitati su quel conto sebbene detta circostanza non sia determinante, attesa la fungibilita' del denaro e la pacifica sequestrabilita' del quantum che costituisce profitto illecito anche in mancanza di diretta derivazione delle somme effettivamente vincolate dalla contestata attivita' illecita. In tal senso del tutto correttamente i giudici del riesame ricordano come le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza 27 maggio 2021 n. 42415), hanno affermato il principio per cui "la confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell'autore della condotta e che rappresenti I âEuroËœeffettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito va sempre qualificata come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene, con la conseguenza che non e' ostativa alla sua adozione l'allegazione o la prova dell'origine lecita della specifica somma di denaro oggetto di apprensione". 2.1. Al cospetto di tale apparato argomentativo, le doglianze difensive circa la asserita assenza di qualsiasi argomentazione in ordine al fumus ed al periculum del reato ipotizzato a carico del (OMISSIS) perdono di qualsiasi spessore argomentativo, avendo diversamente i giudici del riesame focalizzato attentamente la propria attenzione sul ruolo assunto dal (OMISSIS) nel meccanismo fraudolento, individuando il ruolo assunto dall'indagato nella vicenda, segnalando tutte le "anomalie" che rendevano evidente la compartecipazione del (OMISSIS) nella vicenda criminosa descritta. Nella valutazione complessiva della condotta serbata dall'indagato per il raggiungimento del reato oggetto di volonta' comune, peraltro, non incidono le presunte erronee o omesse valutazioni denunciate dalla difesa del ricorrente, trattandosi di argomentazioni che, lungi dal denunciare l'esistenza di un vizio di violazione di legge, tendono diversamente a sviluppare una non consentita critica dei passaggi argomentativi dell'ordinanza impugnata (ad esempio, contestando che la liquidita' esistente sul c/c ed oggetto del sequestro non sarebbe riconducibile ai reati ipotizzati, in particolare quello di truffa, risultando invece utilizzata dall'indagato anche per fini personali; od, ancora, tacciando di falsita' l'ordinanza laddove sostiene che gli emolumenti ricevuti dal Consorzio (OMISSIS) non sarebbero stati fatturati dall'indagato una volta ricevuti i bonifici di pagamento delle prestazioni professionali, cio' che sarebbe il frutto non di un travisamento probatorio - peraltro nemmeno denunciabile in questa sede in considerazione dei ristretti limiti imposti dall'articolo 325, c.p.p. - ma di un errore investigativo commesso dalla G.d.F. nell'affermare che non sarebbero state emesse fatture a fronte dei compensi ricevuti dal General contractor). Analogamente e' a dirsi quanto al presunto omesso esame della fatturazione fiscale allegata alla CTP (OMISSIS), asseritamente decisiva per dimostrare l'estraneita' ai fatti dell'indagato, avendo diversamente i giudici del riesame dato atto nell'ordinanza impugnata di aver tenuto conto delle risultanze della CTP come, parimenti tendente a contestare la motivazione dell'ordinanza e non la sua legittimita', e' la critica rivolta all'ordinanza impugnata quanto all'affermazione della falsita' delle asseverazioni non avendo peraltro il ricorrente provveduto a disconoscere la firma apposta con file digitale. Ancora, irrilevante, nell'economia della motivazione del provvedimento impugnato, si appalesa la critica all'ordinanza impugnata per aver valorizzato il rinvenimento dei tre contratti presso il Consorzio (OMISSIS) e la circostanza che uno dei premi di tali contratti assicurativi risulterebbe pagato dal committente, per aver aderito l'indagato al c.d. regime fiscale di vantaggio L. n. 244 del 2007 ex articolo 1, comma 96/117, che non prevede la detrazione di alcuna spesa per l'attivita' professionale svolta, con la conseguenza, dunque, che nemmeno l'importo corrisposto ai fini assicurativi, escluderebbe la rilevanza di tale elemento, trattandosi all'evidenza di argomentazione che tende a censurare la logicita' dell'apparato argomentativo, non consentita in questa sede. Infine, quanto al periculum, ancora una volta si critica l'ordinanza non per un error iuris, ma si contesta l'errore investigativo commesso dalla G.d.F. che non avrebbe acquisito le 5 fatture emesse dall'indagato a fronte dei bonifici ricevuti dal Consorzio (OMISSIS) in pagamento delle prestazioni professionali svolte dall'indagato nell'interesse del committente, argomento che, come gia' in precedenza sottolineato, e' palesemente inidoneo a scalfire la tenuta dell'ordinanza impugnata). 2.2. Deve, pertanto, conclusivamente concordarsi con il PG, il quale ha condivisibilmente argomentato sottolineando come, nel caso di specie, nessuna mancanza di motivazione o motivazione apparente e' ravvisabile con riguardo alla integrazione del fumus boni iuris in ordine all'incolpazione elevata nei confronti del ricorrente, solidamente poggiata dai giudici della cautela reale sulle denunce e su plurimi elementi documentali raccolti nelle indagini, tra cui le mail di protesta dei clienti. Lo stesso PG, correttamente, valorizza proprio la circostanza per la quale il Tribunale del riesame ha rilevato che la firma apposta dal professionista appaia "prima facie non autografa", apposta tramite un file immagine, sempre identica, espresgione di una modalita' "automatica" di asseverazione compiuta in difetto dei necessari controlli e delle verifiche previste dalla legge (questione di assoluta rilevanza, su cui, non casualmente, nessuna argomentazione in senso contrario e' stata sviluppata dalla difesa del ricorrente) e, ancora, che in dette asseverazioni, poi, sono state rinvenute le anomalie descritte nel provvedimento. Quanto al periculum, infine, altrettanto correttamente il PG ricorda che si tratta del sequestro finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato, nella parte rinvenuta nella disponibilita' del ricorrente, profitto da egli percepito per le asseverazioni e comunque rinvenuto in misura minima rispetto a quanto effettivamente percepito, donde nessun dubbio puo' esservi in ordine alla legittimita' del provvedimento su tale aspetto. 3. Alla dichiarazione di inammissibilita' del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche', in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilita', al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. PQM Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila Euro in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI NICOLA Vito - Presidente Dott. ACETO Aldo - Consigliere Dott. GENTILI Andrea - Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio - rel. Consigliere Dott. ZUNICA Fabio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), n. (OMISSIS); (OMISSIS), n. (OMISSIS); avverso l'ordinanza dell'8/02/2022 del Tribunale del riesame di Foggia; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; sentita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella; udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CIMMINO Alessandro, che, nel riportarsi alle conclusioni di cui alla requisitoria gia' depositata dal proprio Ufficio, ha chiesto il rigetto del ricorso; udite, per i ricorrenti, le conclusioni dell'Avv. (OMISSIS) e dell'Avv. (OMISSIS), i quali, in esito alla discussione orale, hanno insistito per l'accoglimento dei ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza 8.02.2022, il tribunale del riesame di Foggia rigettava l'istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo disposto dal GIP/Tribunale di Foggia in data 17.01.2022 delle quote e delle aziende di alcune societa' (tra cui quelle riferibili agli attuali indagati), dei crediti di imposta attualmente nelle disponibilita' delle societa' medesime nonche' quelli dalle stesse ceduti, anche presso i terzi cessionari, per un importo complessivo pari ad Euro 1.017.680.552,00 da eseguirsi mediante blocco sul portale A.d.E. e corrispondente riduzione dei plafond di crediti fiscali compensabili nei rispettivi cassetti fiscali, nominando apposito amministratore giudiziario, il tutto relativamente ai reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti e truffa aggravata ai danni dello Stato (Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 8; articolo 640, cpv. n. 1, c.p.). 2. Propongono sperati ricorsi per cassazione il (OMISSIS) e la (OMISSIS), a mezzo dei rispettivi difensori fiduciari, deducendo tre motivi di identico contenuto, di seguito illustrati. 2.1. Deducono, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione al Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 8 e all'articolo 125, comma 2, c.p.p. In sintesi, premesso che il provvedimento ritiene sussistente il fumus del reato fiscale in esame fondandolo sulla pretesa falsa fatturazione che integrerebbe il delitto de quo e costituirebbe l'artificio previsto dal reato di truffa, sostiene la difesa dei ricorrenti che gia' in sede di riesame era stata depositata una memoria difensiva che, avvalendosi di analitica produzione documentale, aveva provato l'inesistenza della falsa fatturazione oggetto di contestazione. Richiamato il contenuto della memoria, si sostiene che i giudici del riesame avrebbero omesso di confrontarsi con le deduzioni difensive, appiattendosi sull'argomentazione del primo giudice, riportando alcuni passaggi dell'ordinanza da cui emergerebbero evidenti errori (la circostanza che gli interventi eseguiti non fossero quelli previsti dal D.L.n. 34 del 2020 ma dal Decreto Legge n. 63 del 2013, c.d. ecosismabonus; la circostanza che dagli atti risulta che nessuna compensazione e' stata effettuata dai contribuenti indagati), e contestando il sillogismo operato dai giudici del riesame secondo i quali al cospetto di una incompleta e parziale esecuzione dei lavori, peraltro relativi a cantieri esistenti e dimostrati, non avrebbero potuto essere emesse le fatture in acconto oggetto di contestazione, con la conseguenza che le stesse dovrebbero considerarsi false e le operazioni inesistenti. I giudici, tuttavia, avrebbero omesso di considerare che si tratta di fatture emesse in acconto, ossia in anticipo rispetto alla materiale esecuzione dei lavori, come previsto dalla normativa in tema di ecosismabonus, e che fe stesse sono state utilizzate dalle societa' (OMISSIS), acronimo (OMISSIS), e dalla (OMISSIS) S.r.l., acronimo (OMISSIS), in conformita' alla normativa atteso che per ciascun cantiere: a) e' presente la manifestazione della volonta' delle parti di voler ristrutturare usando/cedendo il credito d'imposta spettante a chi realizzera' le opere, c.d. sconto in fattura (si tratterebbe delle delibere condominiali, contratti di appalto, etc.); b) e' presente la comunicazione all'A.d.E. della volonta' di cedere il credito d'imposta per ristrutturare l'immobile sulla Piattaforma Cessione Crediti al fine di rendere solo virtualmente visibile il relativo credito d'imposta; c) vi e' la possibilita' per l'appaltatrice di continuare a cedere tale credito d'imposta quinquennale o decennale a terzi proprio per renderlo liquido, monetizzarlo e consentire il pagamento di tutti i costi finalizzati alle opere di ristrutturazione. Nel caso di specie, le operazioni descritte in fattura sarebbero tutte esistenti, essendovi stato il sostenimento della spesa, ossia il pagamento della fattura tramite il c.d. bonifico parlante, per ciascun anno d'imposta, dimostrato ed esistente grazie alla cessione dell'85% del credito del committente/contribuente verso l'appaltatore, oltre al saldo del restante 15% e dell'IVA sul totale fattura/acconto. Non sarebbe quindi possibile parlare nella specie di operazioni inesistenti solo perche' taluni o parte dei lavori non siano stati eseguiti alla data della fattura, in quanto la normativa sull'ecosismabonus "funziona" in anticipazione finanziaria, autorizzando espressamente la legge l'emissione anticipata della fattura, ne' richiedendo che i lavori siano eseguiti perche' possa venire in esistenza il credito e lo stesso possa essere ceduto, possibilita' di cessione consentita, peraltro, dietro la semplice emissione della fattura e del pagamento delle somme a carico del contribuente secondo il principio di cassa. Richiamati a tal proposito i meccanismi di funzionamento dei regimi agevolativi in esame (sismabonus, ex D.L.n. 63 del 2013 articolo 16, conv. in L. 90 del 2013; ecobonus, ex D.L.n. 63 del 2013 articolo 14; ecosismabonus, ex D.L.n. 63 del 2013 articolo 1 4 comma 2-quater, conv. in L. 90 del 2013), evidenzia la difesa dei ricorrenti come proprio quest'ultimo, quello utilizzato da (OMISSIS) e (OMISSIS), prevede la possibilita' di usufruire di una detrazione dell'85% con la riduzione di due o piu' classi di rischio sismico, con un limite di spesa complessivo pari a 136.000 Euro per ogni unita' immobiliare che compone l'edificio condominiale, individuando come beneficiari del regime agevolativo i singoli proprietari delle unita' immobiliari che sostengono la spesa in forza di delibera condominiale, sia i soggetti che a vario titolo anche attraverso contratti personali di godimento, detengono il possesso dell'immobile. Svolte, quindi, alcune considerazioni circa il funzionamento atteso di tale meccanismo agevolativo, la difesa precisa che tali regimi agevolativi sono confluiti nel piu' recente provvedimento di cui al Decreto Legge n. 34/2020 che ha introdotto il c.d. superbonus, senza tuttavia sopprimere i preesistenti maccanismi, sottolineando come, tra le disposizioni della piu' recente normativa, sia applicabile, al c.d. ecosismabonus, l'articolo 121 che ha introdotto in via generalizzata la possibilita' di optare in via alternativa alla detrazione, per lo sconto in fattura o per la cessione del credito derivante dall'applicazione di tutti i bonus, quindi sia il nuovo superbonus che i precedenti, tra cui l'ecosismabonus, cosi' liberalizzando il meccanismo della cessione del credito e la possibilita' di una sua plurima cessione (almeno nella fase iniziale della normativa, n.d.r.). Cio' che distingue, tuttavia, la nuova normativa sul c.d. superbonus da quella sul c.d. ecosismabonus, e' la circostanza che l'opzione dello sconto in fattura/cessione del credito puo' essere in quest'ultimo caso esercitata anche laddove nel contratto di appalto non sia prevista l'emissione di stati di avanzamento lavori (c.d. SAL), e senza dover tener conto del SAL, quindi anche prima dell'inizio dei lavori, differenza che risulta confermata da una serie di interventi sia del Ministero dell'Economia e delle Finanze che dell'A.d.E. (in ricorso si richiamano: risposta MEF ad interrogazione parlamentare 5-06307; risposta MEF 10.11.2021 ad interrogazione parlamentare 5-07055; risposta MEF 20.10.2021 ad interrogazione parlamentare 5-06751; circolare A.d.E. 24/E dell'8.08.2020; Circolare A.d.E. 30/E del 22.12.2020). Alla luce di quanto sopra, dunque, per la difesa e' dimostrato che al momento dell'emissione della fattura per pretese operazioni inesistenti, non era necessario avere intrapreso, avviato od eseguito i lavori, con la conseguenza che verrebbe meno il "sillogismo" cui si e' accennato in precedenza, secondo cui alla mancata esecuzione dei lavori prima dell'emissione della fattura corrisponderebbe un'operazione inesistente. La normativa, certamente, richiede che i lavori siano eseguiti, ma il legislatore avrebbe approntato un sistema di controlli ex post che, ove negativamente conclusi, determinano la revoca dell'agevolazione ed il recupero delle somme anticipate, maggiorate di sanzioni ed interessi, senza tuttavia imporre un termine entro il quale detti lavori debbano essere ultimati al fine di poter usufruire dell'agevolazione, limitandosi a precisare che i lavori devono essere eseguiti in conformita' con i titoli abilitativi (dunque, secondo la normativa edilizia, per prassi si ritiene che detto termine sia di 3 anni dalla data di inizio lavori, che in caso di p.d.c. devono essere iniziati entro 1 anno dal rilascio del titolo e, in caso di CILA, entro 30 gg. dalla presentazione del titolo), termini peraltro prorogabili su richiesta e privi di natura perentoria. Si aggiunge, peraltro, in ricorso che fiscalmente l'emissione delle fatture e' perfettamente conforme alla disciplina vigente come confermato anche dalla giurisprudenza CGUE (il riferimento e' in particolare, all'interpretazione operata con la sentenza "Bupa Hospital" 21.06.2006, in causa C-4019/02 e con la sentenza "Lebara" 3.05.2021, in causa C-520/10), con la conseguenza che, anche con riferimento ai crediti di imposta relativi alla disciplina in materia di ecosismabonus, il legislatore sarebbe in linea con la giurisprudenza Eurounitaria purche' si sia al cospetto di una sufficiente determinatezza degli elementi essenziali dell'operazione, circostanza provata nella specie, essendosi all'evidenza in presenza di operazioni sufficientemente determinate al momento dell'emissione delle fatture, essendo peraltro coerente l'anticipazione dell'esigibilita' dell'imposta con la ratio del bonus fiscale che incentiva con il monte fiscale gli interventi edilizi in questione e li finanzia con il sistema dello sconto in fattura o della cessione del credito: l'emissione della fattura in acconto nella logica del sistema ecosismabonus necessariamente anticipa l'avvio dei lavori. Sulla scorta di tale ricostruzione, pertanto, la difesa dei ricorrenti evidenzia come, in concreto, le societa' riferibili agli indagati avrebbero rispettato tutti i requisiti previsti dalla normativa per accedere al regime agevolativo, come dimostrato dal deposito dei documenti acquisiti agli atti del procedimento (v. pag. 14 ricorso), evidenziandosi come, in sede di riesame, il PM avrebbe prodotto una nota G.d.F. da cui risulta che tutti i cantieri sono stati rinvenuti, tutti hanno SAL e tre cantieri non sono stati visitati perche' fuori dalla regione Puglia, e non gia' perche' non sono stati trovati come si afferma erroneamente nell'ordinanza, aggiungendosi inoltre come tutti i titoli sono di recente emissione, sicche' i termini per l'esecuzione dei lavori evidentemente non sono scaduti per nessuno dei cantieri; da qui, dunque l'inesistenza del fumus del Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 8. 2.2. Deducono, con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione agli articoli 325, c.p.p., Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articoli 8, 9 e 12-bis, e correlato vizio di motivazione apparente ex articoli 125, comma 3, e 321, comma 2, c.p.p. In sintesi, si sostiene che i giudici del riesame avrebbero acriticamente recepito l'ordinanza di convalida ed il contestuale decreto di sequestro preventivo disposto dal GIP identificando il profitto del reato tributario di cui all'articolo 8 citato nei crediti di imposta asseritamente generati dalle false fatture di cui si contesta l'emissione agli attuali indagati. Detta impostazione non sarebbe condivisibile, ad avviso della difesa, proprio in considerazione della peculiare natura giuridica del delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti, evidenziandosi come il PM avrebbe ipotizzato che gli attuali indagati avessero operato attraverso le condotte descritte nell'imputazione cautelare al precipuo fine di consentire a terzi rimasti ignoti un'indebita compensazione. Si osserva, pero', che, essendo escluso il concorso tra emittente ed utilizzatore dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 9, dovrebbe escludersi che il profitto del reato conseguito dall'emittente le fatture false corrisponda al profitto conseguito dall'utilizzatore, potendo coincidere solo quest'ultimo con l'ammontare del credito ceduto e dovendosi per converso identificare il primo nel solo prezzo del reato, vale a dire nel corrispettivo solo eventualmente ottenuto per la falsa fatturazione. A sostegno dell'assunto, in particolare, la difesa dei ricorrenti richiama giurisprudenza di questa Sezione (il riferimento e' a Cass. 37933/2021 nonche' a Cass. 6288/2010), concludendo quindi che il sequestro, disposto nella specie per il valore complessivo dei crediti d'imposta generati dalle false fatture emesse dalle indagate sarebbe stato operato al di fuori del perimetro applicativo del Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 12-bis. Si aggiunge, peraltro, che nel provvedimento impugnato non e' richiamato l'istituto della confisca ex articolo 640-quater, c.p., e del sequestro ad essa funzionale, con la conseguenza che l'applicabilita' di tale norma, riferibile in astratto al delitto di truffa aggravata pure ipotizzato nel caso in esame, andrebbe esclusa, rilevando cio' in punto di identificazione del profitto confiscabile (e, quindi, di pertinenzialita' della res con la disposta misura del sequestro), posto che l'ordinanza impugnata attiene esclusivamente al sequestro preventivo operato ex Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 12-bis, riferibile solo al delitto di emissione di false fatture per operazioni inesistenti, il cui profitto coincide, pur sempre, con il corrispettivo eventualmente versato dall'accipiens, ossia dall'autore del reato di frode fiscale ex Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 2, dovendosi rilevare tuttavia che, nella specie, l'autore del reato non e' stato identificato, che e' rimasto ignoto l'ammontare del presunto vantaggio compensativo ne' ipotizzato un corrispettivo per l'emissione delle fatture in tutto in parte inesistenti, donde non esisterebbe alcun vantaggio economico suscettibile di sequestro per gli attuali indagati. 2.3. Deducono, con il terzo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all'articolo 640-quater, c.p. e correlato vizio di carenza della motivazione in relazione agli articoli 125, comma 3 e 321, comma 2, c.p.p. nonche' violazione dell'articolo 117, Cost., quale norma interposta in relazione al diritto di proprieta' tutelato dall'articolo 1, prot. 1 CEDU e violazione dell'articolo 11 Cost., in relazione all'articolo 52, §1, CFDUE. In sintesi, ribadito che nell'ordinanza impugnata non vi sarebbe alcun riferimento alla confiscabilita' dei beni ex articolo 640-quater, c.p., si insiste sul fatto che la misura ablatoria non sarebbe stata disposta in funzione di confisca prevista da tale disposizione. Ad ogni modo, la difesa dei ricorrenti sostiene che la paventata truffa difetterebbe comunque dell'identificazione del profitto confiscabile, in quanto ne' il GIP ne' l'ordinanza del tribunale del riesame avrebbero argomentato in merito al quantum del profitto relativo alla ipotizzata truffa. Parimenti sarebbe mancante la motivazione quanto al periculum in mora, in relazione al sequestro disposto per tutti i reati ipotizzati, soprattutto alla luce del recente arresto delle Sezioni Unite El/ade n. 36959/2021, non essendo indicate le ragioni per cui si sarebbe resa necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo prima della definizione del giudizio, in particolare emergendo dal § 6 dell'ordinanza solo l'indicazione delle ragioni del sequestro impeditivo, e la presunta illiceita' del bene, derivante dal canale di conseguimento dello stesso, quindi dal reato, ancora sub iudice e da accertare. Nemmeno l'ordinanza conterrebbe argomenti circa le ragioni di anticipazione della cautela reale, ex articolo 321, comma 2, c.p.p., soffermandosi solo sul sequestro impeditivo e sulla nozione di profitto confiscabile ex Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 12-bis. Ne' potrebbe argomentarsi, infine, che la natura obbligatoria della confisca rende automaticamente obbligatorio il sequestro ad essa funzionale, posto che il comma 2 dell'articolo 321, c.p.p. facoltizza e non impone il sequestro, sicche' ove si affermasse che anche il sequestro disposto a norma del comma 2 dell'articolo 321, c.p.p., e' legittimo in virtu' della confiscabilita' del bene e della conseguente insita pericolosita' oggettiva, si finirebbe per trascurare la natura autonoma e diversa da quello impeditivo, svilendo la diversita' tra i diversi tipi di confisca ed i sequestri ad essa funzionali. Quanto sopra troverebbe conforto anche nella giurisprudenza CEDU e CGUE richiamata in ricorso (v. pag. 21). L'assenza assoluta di motivazione sul punto, quindi, determinerebbe la nullita' del provvedimento ex articolo 125, comma 3, c.p.p. 3. Con requisitoria scritta del 31.08.2022, il Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso. In particolare, quanto al primo motivo, il Tribunale ha valutato la tesi difensiva secondo cui, in estrema sintesi, sarebbero state emesse fatture "in acconto" rispetto alla materiale esecuzione dei lavori. Sul punto, e' stato rilevato che "in relazione a n. 182 interventi oggetto di relazioni tecniche da parte dei professionisti, non risulta ancora dichiarato, ne' avviato alcun cantiere; per quanto riguarda, invece, i 58 cantieri gia' dichiarati come avviati, dai sopralluoghi eseguiti, e' emersa l'inesistenza di n. 3 cantieri" (cfr. pag. 11 del provvedimento impugnato). Tali risultanze, unitamente alle altre evidenziate nel provvedimento, sono state ritenute sufficienti, con motivazione condivisibile, per ravvisare il fumus dei reati contestati, in particolare quello di emissione di fatture per operazioni inesistenti, perche' "rendono inconsistenti le censure avanzate dalla difesa in merito all'esistenza degli interventi edilizi e alla conseguente legittimita' delle agevolazioni fiscali conseguite" (cfr. pag. 16). In relazione al secondo motivo, in forza dell'indirizzo giurisprudenziale richiamato dai ricorrenti, in tema di emissione di fatture per operazioni inesistenti, non puo' essere disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, sui beni dell'emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall'utilizzatore delle fatture medesime, in quanto il regime derogatorio previsto dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 9 - escludendo la configurabilita' del concorso reciproco tra chi emette le fatture ‘per operazioni inesistenti e chi se ne avvale - impedisce l'applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo (cfr., Sez. 3, n. 43952 del 05/05/2016, Rv. 267925 - 01, in motivazione, la S.C. ha chiarito che il vincolo nei confronti dell'emittente puo' essere imposto in relazione al solo prezzo del delitto di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 8, da individuare - in sede di sequestro - con riferimento a qualsiasi utilita' economica valutabile ed immediatamente o indirettamente derivante dalla commissione del reato). Nella specie, pero', il sequestro non e' stato compiuto nei confronti delle sole societa' emittenti le fatture per operazioni inesistenti, essendo emerso che le societa' raggiunte dal provvedimento si sono precostituite, "attraverso cessioni reciproche", i requisiti per poter conseguire i crediti di imposta allo scopo di cederli in qualita' di prime cedenti. Esse hanno "emesso fatture, reciprocamente l'una nei confronti dell'altra, per importi rilevanti e pari alla quasi totalita' dei costi" (cfr. pag. 6 e 7). In un simile contesto, pertanto, il sequestro non ha colpito le societa' emittenti, ma quelle che si sono avvalse delle fatture, conseguendo il profitto per effetto della cessione. I crediti d'imposta generati dalle false fatture, come ha rilevato il Tribunale, costituiscono il profitto del reato e come tale possono essere oggetto del sequestro. Puo' essere utile anche aggiungere che "le societa' hanno due unita' locali in comune" e che, prima del 2020 "dichiaravano un volume d'affari modesto ed irrisorio rispetto agli importi fatturati dall'entrata in vigore delle agevolazioni" (cfr. pag. 8). In ordine al terzo motivo, il provvedimento impugnato ha affrontato con argomenti condivisibili il tema del periculum in mora, ritenendo sussistente, tra l'altro, il pericolo che gli indagati possano incamerare definitivamente i crediti d'imposta ancora circolanti, non impedito dal fatto che l'Agenzia delle entrate ha disposto una misura temporanea di blocco della cessione dei crediti. 4. La difesa, con tempestiva richiesta depositata telematicamente, ha chiesto ed ottenuto la trattazione orale dei ricorsi. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi, trattati oralmente ex Decreto Legge n. 137 del 2020 articolo 23, comma 8,, e successive modifiche ed integrazioni, sono complessivamente infondati. 2. Il primo motivo e' infondato. I giudici del riesame hanno, con motivazione del tutto adeguata e analitica, indicato le ragioni per le quali il fumus del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 8 puo' essere ritenuto configurabile nella vicenda esaminata. Il provvedimento impugnato si caratterizza, infatti, per la attenta e puntuale ricostruzione del meccanismo fraudolento messo in opera dagli indagati, utilizzando societa' a loro riferibili, che, abusando del regime di detrazioni fiscali introdotto allo scopo di favorire la ripresa economia nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, hanno tratto profitto illecito dalla creazione e successiva cessione a terzi di crediti di imposta inesistenti. In particolare, a seguito dell'individuazione di anomale e rilevanti operazioni effettuate sulla Piattaforma Cessione crediti, l'Agenzia delle Entrate aveva individuato alcuni soggetti, societa' e persone fisiche, tra cui gli stessi indagati ricorrenti, che, nella ricostruzione della Pubblica Accusa, favorevolmente vagliata dal Gip prima e dal tribunale del riesame poi, attraverso un'articolata organizzazione, hanno ideato, realizzato e gestito un sistema fraudolento finalizzato alla creazione e monetizzazione di falsi crediti d'imposta per oltre un miliardo di Euro. In particolare, nella corretta ricostruzione operata dai giudici del merito, la simulazione della sussistenza dei presupposti costitutivi del beneficio fiscale - ovvero del diritto del contribuente alla detrazione dell'imposta lorda dell'intero importo delle spese sostenute per gli interventi di cui al Decreto Legge 34 del 2020 (nonche' degli ulteriori interventi previsti dalla previgente disciplina, anche in tema di ecosismabonus, nella prospettiva degli indagati) - e' risultata strumentale alla creazione di crediti di imposta inesistenti, suscettibili dell'opzione di cui al Decreto Legge n. 34 del 2020 articolo 121, in funzione della realizzazione di un duplice illecito obiettivo: da un lato, l'indebito conseguimento di ingenti liquidita' monetarie di lecita provenienza, ottenute attraverso la cessione dei crediti a istituti di credito o intermediari finanziari, in talune ipotesi, attraverso la previa cessione intermedia a societa' ovvero a persone fisiche compiacenti; dall'altro, l'elusione fiscale attuata mediante indebita compensazione dei crediti di imposta, con conseguente locupletazione dei profitti derivanti dall'omesso versamento delle imposte dovute, il c.d. risparmio di spesa. La descrizione del meccanismo fraudolento, nello specifico, viene dettagliatamente riportata nelle pagg. 6 e segg. del provvedimento impugnato, cui in questa sede si opera integrale rinvio per esigenze di economia motivazionale trattandosi di argomentazioni note agli indagati, ne' essendo tenuta questa Corte a ripercorrere gli argomenti in fatto, ma soffermarsi unicamente su quelle questioni di diritto rilevanti, tenuto conto, del resto, dei ristretti limiti di impugnabilita' previsti dall'articolo 325, c.p.p., che esclude la consumabilita' del vizio di motivazione, salvi i casi di motivazione apparente (per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 - dep. 13/02/2004, PC Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710 01), che evidentemente non e' rilevabile nella presente vicenda attesa la completezza del compendio argomentativo sviluppato dai giudici del riesame. 2.1. In tale contesto, dunque, e' utile soffermarsi solo sugli elementi utili a verificare la sussistenza del fumus del delitto di emissione di false fatture per operazioni inesistenti, la cui configurabilita' e' stata contestata dalla difesa degli indagati. A tal proposito, e' emerso che gli organi inquirenti, analizzando gli acquisti e le cessioni poste in essere dalle societa' riconducibili agli indagati (per brevita' denominate (OMISSIS) e (OMISSIS)), hanno accertato che nel 2021 le stesse hanno emesso fatture "reciprocamente l'una nei confronti dell'altra" (pag. 7 ordinanza impugnata), per importi rilevanti e pari alla quasi totalita' dei costi. Nello specifico la (OMISSIS), costituita solo nel 2019, riceve fatture solo nel 2020 e nel corso del 2021 per un importo complessivo superiore a 607m1n di Euro e la (OMISSIS) costituisce il suo maggiore se non unico fornitore. Mentre nel 2020 (OMISSIS)non ha emesso alcuna fattura, nel 2021 emette fatture esclusivamente verso (OMISSIS) per 568 mln di Euro. Nello stesso periodo, (OMISSIS) riceve fatture per un importo superiore a 614m1n di Euro, rappresentando (OMISSIS)il suo principale fornitore. Proprio tali fatture costituiscono la fonte dei considerevoli crediti di imposta di cui le stesse risultano beneficiarie, crediti che hanno formato oggetto sia di reciproche compravendite, sia di ulteriori cessioni ad altri soggetti tra cui, anzitutto, altre due societa' che compaiono nell'indagine la (OMISSIS) e la (OMISSIS) SRL. Risulta, nello specifico, che la (OMISSIS)tra il novembre 2020 ed il novembre 2021 ha acquistato crediti di imposta per ecobonus e sismabonus del valore di oltre 365m1n di Euro, e ne ha ceduti 563m1n. Di questi, oltre 335m1n di Euro costituiscono prime cessioni, donde, come evidenziano i giudici del riesame, la societa' avrebbe dovuto aver maturato i requisiti per conseguire tali crediti di imposta, aver investito negli interventi oggetto di agevolazione e, quindi, risultare destinataria di fatture per importi pari almeno all'importo ceduto. La singolarita' del fatto - che destituisce di fondamento le argomentazioni difensive - sta nel fatto che le operazioni in cui la (OMISSIS)compare come primo cedente vedono come cessionaria la (OMISSIS) e, nello stesso periodo, quest'ultima emette fatture verso la (OMISSIS)per oltre 594 mln di Euro. La (OMISSIS) tra novembre 2020 e novembre 2021 cede complessivamente crediti di imposta per 516 mln di Euro, di cui oltre 327 mln di Euro a (OMISSIS). Ne deriva, quindi, nella corretta ricostruzione dei giudici del riesame, che per cedere i crediti di imposta di rilevante entita', in qualita' di primo cedente, sono stati maturati da (OMISSIS) a seguito di presunti lavori di ristrutturazione edilizia realizzati e di conseguenza fatturati a suo favore da (OMISSIS)e viceversa. Allarmante e' il quadro che emerge dall'ordinanza impugnata circa la capziosita' del meccanismo fraudolento posto in essere dagli indagati attraverso le societa' a loro riconducibili, (OMISSIS) e (OMISSIS), che non solo hanno due unita' locali in comune, ma le cui compagini risultano esattamente sovrapponibili essendo il 50% del capitale pari a 100.000 Euro per entrambe le societa', di proprieta' dei due indagati al 50% delle quote ciascuno, risultando formalmente amministrate entrambe dal (OMISSIS). Ulteriore dato che rende chiara la manovra fraudolenta complessivamente posta in essere e' rappresentato dalla circostanza che la (OMISSIS) e' proprietaria di 1194 immobili e 10 terreni nel comune di Vieste e di 126 immobili e 7 terreni nel comune di (OMISSIS), ma risulta che 1152 immobili, pari all'87% del totale, sono di categoria C/6, ossia stalle, scuderie, rimesse e autorimesse, con rendita catastale media di 50 Euro:. e' dunque evidente, come bene sottolineano i giudici del riesame, la sproporzione tra le caratteristiche intrinseche del bene e l'entita' degli importi fatturati e, dunque, dei lavori edili da realizzare, posto che gli indagati hanno indistintamente richiesto, per tutti gli interventi, di poter usufruire della percentuale massima di detrazione, raggiungendo il tetto massimo di spesa previsto dalla legge. Gli stessi giudici del riesame, peraltro - con cio' risultando priva di pregio la doglianza difensiva sul punto - danno conto nell'ordinanza impugnata della circostanza che le fatture emesse reciprocamente dalle due societa' sono tutte fatture di acconto, dunque relative a lavori tutti ancora da completare, con la conseguenza che i notevoli importi gia' fatturati e di per se' incongruenti, costituirebbero solo una parte del valore complessivo. A cio' va aggiunto che le fatture sono state emesse in poche giornate nell'arco di un ristretto periodo temporale, richiamandosi nel provvedimento, a titolo esemplificativo, la circostanza che l'11.11.2021 la (OMISSIS)ha emesso 52 fatture verso la cliente per complessivi 170 mln di Euro, mentre la (OMISSIS) nella stessa data ha emesso 20 fatture per 119 mln di Euro. Ancora, emerge che la (OMISSIS) ha stipulato nel 2021 50 contratti di locazione di immobili per un uso diverso dall'abitativo con canoni annui irrisori in molti casi pari a 300 Euro annui. Analogamente la (OMISSIS), che non possiede immobili, dalla fine del 2020, in qualita' di conduttrice, ha concluso 85 contratti di locazione di negozi A/10 e di cantine C/2, situati tra (OMISSIS) e (OMISSIS), di proprieta' di varie persone fisiche. Tali immobili sono stati fittiziamente presi in locazione dalle societa', a canoni annuali esigui, dai 300 Euro ai 2400 Euro, al solo scopo di precostituirsi un requisito di accesso al bonus, come bene spiegato a pag. 9 dell'ordinanza impugnata. Di conseguenza, sottolineano i giudici del riesame, le operazioni ritenute agevolabili dalla societa' e quindi da esse poste a fondamento dei crediti ceduti quali prime cedenti, sono state ricondotte a presunti lavori effettuati proprio sugli immobili detenuti quali conduttrici fittizie. Proprio in relazione a tale circostanza, i giudici del riesame, nell'assolvere al ruolo di garante della legittimita' del vincolo cautelare apposto, sottolineano come, nella memoria depositata in data 8.02.2022, la difesa degli indagati avrebbe fornito una giustificazione dell'operazione che, anziche' smentire, sembrerebbe confermare allo stato l'ipotesi accusatoria. Ci si riferisce alla considerazione per la quale, ogni volta che la (OMISSIS)o la (OMISSIS) alternativamente rivestivano il ruolo di conduttore di un'unita' immobiliare per potersi far carico degli altri condomini, degli oneri di anticipazione del corrispettivo dell'appalto, l'altra societa' assumeva il ruolo di appaltatore nella qualita' di genera/ contractor, che applicava lo sconto in fattura previsto per la misura agevolativa dell'ecosismabonus. Stipulato il contratto di appalto, la societa' che assumeva il ruolo di GC, sia essa la (OMISSIS) o la (OMISSIS), emetteva fattura nei confronti dell'altra societa' committente che aveva, dunque, l'obbligo di pagare il 15% della fattura, mentre il restante 85% dell'imponibile aveva titolo per richiedere il bonus fiscale sotto forma di credito di imposta, inviando richiesta all'A.d.E. tramite l'apposita piattaforma. Orbene, come si legge nell'impugnata ordinanza, dalle indagini svolte, e' tuttavia emerso che la (OMISSIS)nel 2020 si e' avvalsa della collaborazione di due lavoratori autonomi remunerati con importi irrisori (7500 e 150 Euro) e, nel 2021, ha versato finora ritenute su compensi di lavoro autonomo per complessivi 51.000 Euro, e per lavoro dipendente per complessivi 1.335 Euro. Analogamente (OMISSIS) nel 2020 risulta avere avuto 3 dipendenti che hanno percepito redditi irrisori, e lo stesso vale per il 2021, come risulta dalle interrogazioni INPS, laddove nel 2021 la societa' ha versato ritenute per lavoro autonomo per complessivi 165.000 Euro. Da qui l'ovvia e logica considerazione, svolta dai giudici del riesame, secondo cui l'entita' della forza lavoro su cui le due societa' possono rispettivamente contare per eseguire i lavori in qualita' di ditte appaltatrici non risulta coerente con il valore milionario dei lavori gia' reciprocamente fatturati, peraltro, solo a titolo di acconto. A cio' va aggiunto come l'importo dei lavori - e cio', si badi bene, a prescindere dal meccanismo della fatturazione in acconto su cui ruota il motivo di impugnazione, e che sconfesserebbe la tesi dell'insussistenza delle operazioni fatturate - appare sempre spropositata rispetto al presunto valore degli immobili locati, con riferimento, ad esempio a (OMISSIS), su lavori svolti per almeno 335 mln di Euro, ogni immobile avrebbe dovuto essere, in media, oggetto di interventi agevolabili per quasi 4 mln di Euro: cio', come bene evidenziano i giudici del riesame, deriva dalla circostanza che, al fine di ottenere la maggior agevolazione possibile, per ogni intervento edilizio, le societa' hanno indicato prezzi esorbitanti per l'esecuzione dei lavori, non congrui rispetto alle caratteristiche degli immobili e agli interventi realizzabili in concreto, ed hanno usufruito esclusivamente della percentuale massima di detrazione, pari per il sisma bonus all'85% delle spese sostenute se vi e' il passaggio a due classi di rischio sismico inferiore, calcolata sull'ammontare massimo delle spese previsto dalla legge, ossia 96.000 Euro per sisma bonus da moltiplicare per il numero delle unita' immobiliari nel caso di condomini. Tra gli elementi individuati dai giudici del riesame a sostegno della prospettazione accusatoria, vi e', ancora, la circostanza, corroborata dal PM con produzione documentale nel corso dell'ud. 8.02.2022, per cui a fronte di dichiarazioni di cessione di crediti gia' effettuate sulla relativa piattaforma web da parte delle societa' indagate in relazione ad interventi edilizi per importi rilevanti (da 1.618.400,00 Euro a 5.433.200,00 Euro) e' stata riscontrata l'assenza dei relativi titoli amministrativi abilitativi all'esecuzione dei lavori. In alcuni casi, si legge nel provvedimento impugnato, l'istanza per ottenere -il titolo abilitativo risulta inoltrata dalle societa' indagate alle competenti autorita' amministrative in data successiva all'emissione e all'esecuzione del provvedimento di sequestro oggetto di impugnazione. In particolare, gli accertamenti eseguiti sull'effettiva realizzazione degli interventi edilizi per cui le societa' indagate hanno dichiarato di aver in corso pratiche edilizie con sisma bonus, e di conseguenza hanno gia' effettuato dichiarazione di cessione di crediti sulla piattaforma web, hanno evidenziato che vi sono 244 pratiche edilizie curate da soli 12 professionisti e, soprattutto, in relazione a 182 interventi oggetto delle predette relazioni tecniche, non risulta ancora dichiarato ne' avviato alcun cantiere, mentre per quanto riguarda i 58 cantieri gia' dichiarati come avviati, dai sopralluoghi eseguiti, sarebbe emersa l'inesistenza di 3 cantieri (non rilevando, su tale ultima circostanza, la contestazione difensiva fondata sul fatto che in realta' i cantieri si sarebbero trovati fuori dalla Puglia, contestazione che si fonderebbe su un presunto travisamento probatorio dell'informativa G.d.F., vizio tuttavia non deducibile in questa sede in considerazione dei ristretti limiti imposti dall'articolo 325, c.p.p.). Significativa, peraltro, al fine di escludere qualsiasi valenza alle considerazioni espresse dagli indagati nel motivo di ricorso - si ripete fondato su una presunta erronea applicazione della normativa in materia, non essendo condizionata all'esecuzione preventiva dei lavori l'emissione delle fatture in acconto - e' peraltro la circostanza, pure evidenziata dall'ordinanza impugnata (pag. 11) in cui si sottolinea come, con riferimento alle relazioni tecniche redatte dai professionisti incaricati circa lo stato dei luoghi, prodotte dagli indagati in sede di riesame, proprio il PM, nel corso dell'ud. 8.02.2022, ha rappresentato l'emersione di alcune anomalie che conducono a dubitare della veridicita' dei dati ivi contenuti. Il riferimento, a titolo esemplificativo, e' ad una perizia datata 1.03.2022 a firma di tale Arch. (OMISSIS) che, all'atto dell'accesso della G.d.F. in data 21.01.2022 avrebbe disconosciuto il contenuto del documento dichiarando di averlo effettivamente redatto, ma di non ricordare di aver inserito i dati, i numeri e gli importi quali risultanti nel documento. Le successive verifiche eseguite dallo stesso professionista, che ha inviato l'originale del documento alla G.d.F. il giorno successivo all'accesso, hanno consentito di appurare che il documento originale a suo tempo consegnato alla societa' incaricata dell'esecuzione die lavori, fosse del tutto difforme da quello prodotto in giudizio dagli indagati. 2.2. Orbene, senza qui soffermarsi su ulteriori elementi di solida gravita' indiziaria (quali, ad esempio, quelli afferenti ai rapporti tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS)con le altre due societa' attenzionate e con altri soggetti persone fisiche, queste ultime nella maggior parte dei casi, soggetti privi di reddito o con redditi esigui tutti residenti nella zona di (OMISSIS), in molti casi essendo appartenenti ad interi gruppi familiari tra loro collegati, figurando peraltro tra i cedenti, e talvolta anche tra i cessionari delle due societa' (OMISSIS) e (OMISSIS), anche gli attuali indagati, cfr. pag. 16 ordinanza impugnata), non possono esservi dubbi in ordine alla sussistenza del fumus del delitto di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 8, atteso che l'emissione delle false fatture commerciali ha avuto la funzione di simulare l'esistenza delle relative spese sostenute e creare cosi' fittiziamente il presupposto costituivo del diritto alla detrazione. I correlati crediti di imposta, di importo corrispondente alla detrazione fittiziamente creata sono, dunque, inesistenti nella realta', ma esistenti sulla carta e idonei all'utilizzo fiscale. Quanto sopra rende astrattamente configurabile il delitto in esame con riferimento alle fatture (capo 1) ed ai documenti aventi valore analogo alle fatture (capo 2), emesse dagli indagati al fine di comprovare l'esecuzione dei lavori ed il pagamento delle relative spese. Si ribadisce come nessuno spessore argomentativo abbia la prospettazione difensiva, valutata dal tribunale, secondo cui, in estrema sintesi, sarebbero state emesse fatture "in acconto" rispetto alla materiale esecuzione dei lavori. Sul punto, si ricorda e' stato rilevato che "in relazione a n. 182 interventi oggetto di relazioni tecniche da parte dei professionisti, non risulta ancora dichiarato, ne' avviato alcun cantiere; per quanto riguarda, invece, i 58 cantieri gia' dichiarati come avviati, dai sopralluoghi eseguiti, e' emersa l'inesistenza di n. 3 cantieri" (cfr. pag. 11 del provvedimento impugnato). Tali risultanze, unitamente alle altre evidenziate nel provvedimento, sono state ritenute sufficienti, con motivazione condivisibile e sufficiente ai fini della valutazione della sussistenza dell'illecito, per ravvisare il fumus dei reati contestati, in particolare quello di emissione di fatture per operazioni inesistenti, perche' "rendono inconsistenti le censure avanzate dalla difesa in merito all'esistenza degli interventi edilizi e alla conseguente legittimita' delle agevolazioni fiscali conseguite" (cfr. pag. 16), oltre che prive di rilievo le deduzioni difensive circa le ragioni del mancato avvio dei lavori, atteso che l'illecito sistema, per come ideato ed attuato, aggira del tutto le fasi dell'esecuzione dei lavori (attestati nell'iter ordinario, dai computi metrici e dai SAL, certificati dal direttore die lavori), e del pagamento delle relative spese, presupposti ai quali la legge ricollega l'insorgenza del diritto alla detrazione fiscale: il riconoscimento normativo del beneficio esige, infatti, quali presupposti fattuali costitutivi il pagamento delle spese sostenute per gli interventi indicati dalla legge (per le persone fisiche, compresi gli esercenti le arti o professioni e gli enti non commerciali, per i quali vige il criterio di cassa) o l'ultimazione dei lavori (per le imprese individuali, le societa' e gli enti commerciali, per le quali vige il criterio di competenza), presupposti di cui va fornita in entrambi casi prova documentale, nella specie costituita proprio dalle fatture indicate nel capo 1 e dai documenti aventi valore analogo alle fatture indicati nel capo 2. 2.3. Piu' nello specifico, al fine di meglio lumeggiare l'approdo cui e' pervenuta questa Corte nel ritenere l'inesistenza delle operazioni fatturate "in acconto" (e, dunque, configurabile il delitto di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 8), si osserva come la fruizione dei bonus fiscali per gli interventi edilizi e' indissolubilmente vincolata all'esecuzione completa degli interventi stessi, secondo quanto indicato nei relativi atti abilitativi e nei tempi previsti dagli atti stessi. Le agevolazioni sono infatti concesse per l'esecuzione di interventi edilizi: per questo i suddetti interventi devono essere completati, e sempre per questo - ad esempio - per un intervento di riduzione del rischio sismico con Sismabonus non e' sufficiente ultimare le opere strutturali e collaudarle, ma occorre comunque terminare l'intervento come dedotto nel titolo edilizio. Il principio generale per discernere le spese agevolabili da quelle che non lo sono prevede che le spese, per poter essere detratte con i vari bonus, devono essere fatturate e pagate durante il periodo di vigenza dei bonus stessi, quindi entro la scadenza, come chiaramente indicato ad esempio per il Superbonus dalla Circolare 24/E/2020, punto 4 ("criterio di cassa" - vedi anche Circolare 25/06/2021, n. 7/E, pag. 293 per il Bonus ristrutturazioni, pag. 389 per l'Ecobonus;o'pag. 423 per Eco-Sismabonus). In applicazione del principio di cassa, per l'Ecobonus (cfr. risposte a FAQ (OMISSIS) per l'Ecobonus, risposta n. 3.E) si consente - per i lavori non completati al termine del periodo d'imposta (anno solare) - di portare le spese in detrazione gia' nella dichiarazione dei redditi dell'anno successivo (es. spese 2021 gia' detraibili nella dichiarazione 2022 su redditi 2021). Questo, seppure si tratti di una detrazione sub iudice, legata come detto all'effettivo concretizzarsi dell'intervento nel suo complesso (tutte le opere indicate ed entro i tempi dettati dalle pratiche edilizie), quindi con il rischio che a eventuali controlli si riscontri la mancata fine dei lavori, caso in cui i benefici gia' fruiti verrebbero revocati (vedi in tal senso la risposta a interrogazione fornita dal Ministero economia e finanze il 17/11/2021 in Commissione VI (Finanze) alla Camera, risposta n. 5-07055). In assenza di chiarimenti, tale soluzione si ritiene applicabile anche al Sismabonus e piu' in generale agli altri bonus con requisiti. Nessun dubbio sorge invece per l'applicabilita' di tale principio a quei bonus - Ristrutturazione 50% e Bonus facciate "non termico" - per i quali non e' necessaria una attestazione concernente il rispetto di specifici requisiti tecnico-prestazionali. Si puo' trarre da quanto sopra una prima conclusione: e' possibile in linea generale, quando si deve semplicemente portare la spesa in detrazione in dichiarazione dei redditi, anticipare i pagamenti anche per lavori da eseguirsi, fermo restando che i benefici verrebbero revocati qualora i lavori non terminassero per intero come nei titoli edilizi. Anche qui si ricavano conferme dalla risposta a interrogazione fornita dal Ministero economia e finanze il 17/11/2021 in Commissione VI (Finanze) alla Camera, risposta n. 5-07055. 2.4. Il discorso muta pero' - ed in cio' si annida l'errore commesso dalla difesa - quando si intende sfruttare la possibilita' di monetizzare fin da subito il credito, tramite la sua cessione o lo sconto in fattura, ai sensi dell'articolo 121 del Decreto Legge n. 34/2020. Detta opportunita' e' come noto consentita a fine lavori, oppure "a stato di avanzamento" (SAL), previa emissione del SAL stesso da parte di un tecnico, che attesti: a) l'avvenuta esecuzione di una determinata porzione dei lavori agevolabili (che per il Superbonus deve essere almeno il 30% mentre negli altri casi la percentuale e' libera, potendosi emettere fino a un massimo di 9 SAL); b) la congruita' delle relative spese sostenute. Gli adempimenti di cui sopra, fino a poco tempo fa previsti solo per il Superbonus 110%, sono stati estesi ad opera del Decreto Legge n. 157/2021 (c.d. "Decreto Antifrode" - Decreto Antifrode per il Superbonus e gli altri Bonus edilizi) a tutti i bonus edilizi, seppure solo in caso di cessione del credito (per la precisione ai fini dell'Ecobonus ordinario, l'attestazione di congruita' delle spese era, e continua ad essere prevista anche in assenza di cessione del credito o sconto in fattura, vedi Ecobonus (110 e non), asseverazione e congruita' dei costi: indicazioni pratiche e consigli). A fini esegetici, illuminante e' pero' la definizione di "Stato di avanzamento lavori" di cui al Decreto Ministeriale infrastrutture e trasporti n 49 del 7 marzo 2018, articolo 14, comma 1, lettera d), (Approvazione delle linee guida sulle modalita' di svolgimento delle funzioni del direttore dei lavori e del direttore dell'esecuzione), il quale definisce lo "Stato di avanzamento lavori" come il documento che riassume tutte le lavorazioni e tutte le somministrazioni eseguite dal principio dell'appalto sino ad allora. Si puo' trarre, pertanto, da quanto sopra una seconda conclusione: dovendo il tecnico attestare "tutte le lavorazioni e tutte le somministrazioni eseguite dal principio dell'appalto sino ad allora", non devono essere incluse nel SAL lavorazioni che - seppure fatturate e pagate - non siano tuttavia state eseguite. Quanto sopra anche perche' attraverso il SAL si sta sostanzialmente anticipando la completa "maturazione" del beneficio fiscale, che come si e' detto e' indissolubilmente vincolato all'esecuzione degli interventi, che alla fine dei lavori dovra' essere completa, mentre al SAL e' relativa solo alla percentuale dedotta nel documento. Sulla base della definizione normativa di SAL, al massimo, possono essere validamente contabilizzate le eventuali mere somministrazioni (forniture) di beni a pie' d'opera. Ne segue, infine, come terza conclusione, che alla luce dell'approccio esegetico indicato in precedenza, non deve essere rilasciato il visto di conformita' relativamente a cessione crediti in presenza di lavorazioni o somministrazioni non ancora eseguite. Da qui, dunque, la complessiva infondatezza della tesi difensiva secondo cui sarebbero state emesse fatture "in acconto" rispetto alla materiale esecuzione dei lavori in quanto cio' sarebbe stato consentito per legge, laddove, diversamente, i dati normativi dianzi indicati collidono con tale interpretazione. 3. Il secondo motivo e' invece manifestamente infondato. Proprio alla luce del descritto meccanismo evidenziato nell'ordinanza impugnata, non puo' trovare applicazione l'indirizzo giurisprudenziale richiamato dai ricorrenti, secondo cui in tema di emissione di fatture per operazioni inesistenti, non puo' essere disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, sui beni dell'emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall'utilizzatore delle fatture medesime, in quanto il regime derogatorio previsto dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 9 - escludendo la configurabilita' del concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale - impedisce l'applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo (cfr., Sez. 3, n. 43952 del 05/05/2016, Rv. 267925 - 01, in motivazione, la S.C. ha chiarito che il vincolo nei confronti dell'emittente puo' essere imposto in relazione al solo prezzo del delitto di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 8, da individuare - in sede di sequestro - con riferimento a qualsiasi utilita' economica valutabile ed immediatamente o indirettamente derivante dalla commissione del reato). Come, infatti, ben evidenziato dal PG nella sua requisitoria scritta, nella specie, pero', il sequestro non e' stato compiuto nei confronti delle sole societa' emittenti le fatture per operazioni inesistenti, essendo emerso che le societa' raggiunte dal provvedimento si sono precostituite, "attraverso cessioni reciproche", i requisiti per poter conseguire i crediti di imposta allo scopo di cederli in qualita' di prime cedenti. Esse, come risulta dal provvedimento impugnato, hanno "emesso fatture, reciprocamente l'una nei confronti dell'altra, per importi rilevanti e pari alla quasi totalita' dei costi" (cfr. pag. 6 e 7). In un simile contesto, pertanto, il sequestro non ha colpito (solo) le societa' emittenti (ossia la (OMISSIS) e la (OMISSIS)), ma (anche) quelle che si sono avvalse delle fatture (che sono, attesa la reciprocita' dell'emissione, per come descritto dai giudici del riesame, ambedue le societa'), conseguendo il profitto per effetto della cessione. I crediti d'imposta generati dalle false fatture, come ha rilevato il Tribunale, costituiscono il profitto del reato e come tale possono ben essere oggetto del sequestro ex Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 12-bis. E, in tale contesto, correttamente il PG ha ricordato quanto evidenziato nell'ordinanza impugnata, ossia che "le societa' hanno due unita' locali in comune" e che, prima del 2020 "dichiaravano un volume d'affari modesto ed irrisorio rispetto agli importi fatturati dall'entrata in vigore delle agevolazioni" (cfr. pag. 8), a sostegno non solo della inesistenza delle operazioni fatturate ma anche della evidenza del complesso meccanismo fraudolento sotteso alle operazioni medesime. Da ultimo, al fine di evidenziare l'indubbia legittimita' del provvedimento di sequestro, si richiama quanto contenuto a pag. 22 del provvedimento impugnato, laddove viene chiarito che proprio l'informatizzazione delle procedure tributarie attribuisce immediata efficacia all'iscrizione nel sistema informatico della situazione debitoria del contribuente, sicche' l'alterazione di documenti informatici preordinata a simulare l'esistenza di un credito di imposta, come la comunicazione dell'opzione ex Decreto Legge n. 34 del 2020 articolo 121, - produce, con l'accettazione dell'Amministrazione finanziaria che rilascia la relativa ricevuta, l'immediato illecito arricchimento del contribuente e correlativo danno per l'Erario, conseguente, all'eliminazione, in tutto o in parte, del debito tributario. 4. Anche il terzo ed ultimo motivo non ha pregio. Ed invero, per quanto, effettivamente, il provvedimento impugnato si concentri, nella motivazione relativa al periculum in mora, sulla norma del Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 12 bis, riferibile evidentemente ai reati tributari di cui all'articolo 8, Decreto Legislativo citato, contestati ai capi 1) e 2) dell'imputazione cautelare, e' tuttavia altrettanto indubbio che, nel motivare il periculum, a pag. 22 i giudici del riesame specificano che l'evidente collegamento delle aziende oggetto di sequestro, apparato strumentale di cui gli indagati si sono avvalsi per realizzare il programma criminoso ideato, ai "reati" per i quali si procede e' idoneo a giustificare la misura cautelare adottata ex articolo 321 c.p.p., comma 1, per evitare il pericolo che la loro disponibilita' possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato ovvero agevolare la commissione di altri reati, in particolare specificando la attualita' e la concretezza del pericolo "in considerazione della possibilita' per gli indagati, in caso di annullamento del sequestro, di generare nuovi crediti di imposta fittizi e di incamerare i crediti d'imposta ancora circolanti" (valore di realizzo dei crediti ceduti costituente l'ingiusto profitto del reato in esame, con corrispondente danno per i cessionari pari ai corrispettivi pagati, secondo l'imputazione cautelare), pericolo non impedito dal fatto che l'Agenzia delle entrate ha disposto una misura temporanea di blocco della cessione dei crediti. Non rileva, quindi, la circostanza che i giudici non abbiano, con riferimento all'adozione del sequestro, operato una motivazione espressa sulle finalita' del sequestro funzionali alla confisca ex articolo 640-quater, c.p., posto che, quand'anche si ritenesse fondata l'argomentazione difensiva, residuerebbe pur sempre la misura disposta quale sequestro impeditivo, come visto adeguatamente motivata con riferimento al periculum, non derivandone dall'eventuale accoglimento alcun effetto pratico utile ai ricorrenti, ne' potendosi ritenere nel caso di specie applicabile il principio affermato dalle Sezioni Unite Giordano (Sez. U, n. 1235 del 28/10/2010 - dep. 19/01/2011, Rv. 248865 - 01), in merito alla configurabilita' del rapporto di specialita' tra le fattispecie penali tributarie in materia di frode fiscale (articoli 2 ed 8, Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74) ed il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato (articolo 640, comma 2, n. 1, c.p.), nel senso che qualsiasi condotta fraudolenta diretta alla evasione fiscale esaurisce il proprio disvalore penale all'interno del quadro delineato dalla normativa speciale, versandosi nel caso in esame nell'eccezione indicata dalla stessa Corte, derivando invero dalla condotta un profitto ulteriore e diverso rispetto all'evasione fiscale, quale l'ottenimento di pubbliche erogazioni (nella specie, il riconoscimento di un credito di imposta, frutto delle false fatturazioni, e destinato, attraverso il meccanismo delle cessioni, ad essere ulteriormente ceduto con conseguente danno non solo nei confronti dell'Erario, ma, soprattutto, nei confronti delle societa' ed enti cessionari dei crediti, con conseguimento di un ingiusto profitto pari al valore di realizzo dei crediti ceduti con corrispondente danno per i cessionari pari ai corrispettivi pagati). Peraltro, e conclusivamente, il motivo di ricorso dovrebbe comunque essere dichiarato inammissibile, per difetto di specificita', limitandosi alla critica di una sola delle "rationes decidendi" poste a fondamento della decisione, ove siano entrambe autonome ed autosufficienti, come, nella specie, la compiuta e corretta motivazione sulla sussistenza delle ragioni di mantenimento del sequestro per finalita' impeditive in relazione anche alla truffa aggravata, non attinta dal ricorso (Sez. 3, n. 30021 del 14/07/2011 - dep. 27/07/2011, Rv. 250972 - 01). 5. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ANDREAZZA Gastone - Presidente Dott. ACETO Aldo - rel. Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio - Consigliere Dott. MENGONI Enrico - Consigliere Dott. MACRI' Ubalda - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS) SPA; avverso l'ordinanza del 01/03/2022 del TRIB. LIBERTA' di NAPOLI; udita la relazione svolta dal Consigliere ALDO ACETO; sentite le conclusioni del PG TOMASO EPIDENDIO che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il difensore, AVV. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La " (OMISSIS) Spa" (d'ora in poi (OMISSIS)) ricorre, quale terza interessata, per l'annullamento dell'ordinanza del 01/03/2022 (dep. il 07/04/2022) del Tribunale di Napoli che ha rigettato la richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo del 18/01/2022 del GIP del medesimo tribunale, adottato nell'ambito del procedimento iscritto a carico di varie persone per i reati di cui all'articolo 416 c.p., commi 1, 2 e 3, (capo 1), articoli 81, cpv., 110 e 481 c.p., articolo 640 c.p., commi 1 e 3, n. 1), articolo 61 c.p., nn. 7 e 11, (capo 2), Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, comma 1, articolo 61 c.p., n. 2, (capo 3) e articoli 56 e 110 c.p., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 quater, (capo 4), in esecuzione del quale sono stati sottoposti a sequestro i crediti di imposta di cui al Decreto Legge n. 34 del 2000, acquistati da (OMISSIS) dal Consorzio (OMISSIS) per complessivi Euro 4.776.675,20. 1.1.Con il primo motivo deduce l'inosservanza e l'erronea applicazione dell'articolo 321, c.p.p., articolo 240 c.p., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12 bis, sotto il profilo del difetto del requisito della pertinenza al reato dei crediti di imposta sequestrati a (OMISSIS) e della non configurabilita' degli stessi in termini di prodotto, profitto o corpo del reato. In particolare si ricostruisce la normativa a fondamento del richiamato Superbonus, evidenziando, all'esito, che - contrariamente a quanto si legge nell'ordinanza - lo stesso credito sorgerebbe soltanto nel momento in cui il beneficiario (ovvero colui che ha sostenuto le spese per gli interventi di cui all'articolo 121, Decreto Legge citato) esercita l'opzione per la cd. cessione (termine che si assume improprio), in luogo della detrazione diretta (o dell'ulteriore opzione per il cd. sconto in fattura); prima di tale momento, non esisterebbe alcun credito in capo al beneficiario, ma soltanto il diritto alla detrazione fiscale, ben diverso dall'altro sotto vari profili, a cominciare dalla sua incedibilita'. Il credito in capo al cessionario sorgerebbe, dunque, a titolo originario, non derivativo, cosicche' qualunque vizio dovesse riguardare il diritto alla detrazione - compresa la radicale assenza dei presupposti, come si contesta nel caso di specie - non potrebbe trasmettersi al credito costituito. La correttezza di questa conclusione emergerebbe evidente dal testo del Decreto Legge n. 34 del 2020, articolo 121, in forza del quale - nel caso di insussistenza dei requisiti per accedere all'agevolazione fiscale - gli effetti pregiudizievoli sorgerebbero esclusivamente in capo al beneficiario del Superbonus, ossia a colui che ha sostenuto le spese per gli interventi, al quale sarebbe imposto il versamento di quanto portato in detrazione; il cessionario (come la ricorrente), per contro, risponderebbe soltanto per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto, oppure nell'ipotesi di concorso nella violazione compiuta dal beneficiario, da accertare secondo gli ordinari criteri penalistici. Soltanto in questi casi - estranei alla vicenda in esame - al cessionario sarebbe dunque precluso validamente disporre del credito, altrimenti di certo suscettibile di esser portato in compensazione o ulteriormente ceduto. La stessa conclusione, ancora, troverebbe conferma negli altri atti - interpretativi e normativi - riconducibili all'autorita' di governo ed all'Agenzia delle Entrate, che il ricorso diffusamente richiama, dai quali risulterebbe, per un verso, che il credito "deriverebbe" dall'esercizio di opzione del beneficiario/cedente, e, per altro verso, che l'eventuale accertamento della mancanza dei presupposti per accedere al Superbonus non comporterebbe - in capo al cessionario - la perdita del diritto di utilizzare il credito acquistato, se non nelle limitate ipotesi appena richiamate. In nessun caso, dunque, il credito potrebbe esser ritenuto prodotto o profitto del reato, se non addirittura corpo del reato, come invece si legge nell'ordinanza. Ulteriore conferma, infine, risulterebbe dal Decreto Legge 25 febbraio 2022, n. 13, articolo 3, comma 1, che prorogherebbe i termini di utilizzo dei crediti di imposta nel caso in cui gli stessi siano oggetto di sequestro disposto dall'Autorita' giudiziaria, una volta cessati gli effetti del provvedimento. Ancora, si evidenzia che nessuno dei successivi interventi normativi sul testo, volti a ridurre il rischio di frodi, avrebbe previsto la perdita del diritto di credito in capo al cessionario, come invece affermato dal Tribunale. D'altronde, se la finalita' ultima dell'incentivo fiscale in questione fosse quella di immettere nuova liquidita' sul mercato, come sostiene la ricorrente, emergerebbe allora evidente la necessita' di tutelare gli operatori economici protagonisti della circolazione di queste risorse; e proprio per rispondere a tale esigenza, dunque, la responsabilita' del cessionario dovrebbe essere contenuta nei limitati termini di cui sopra, come peraltro espressamente indicato in tutte le fonti normative che il ricorso richiama (insieme ad un'ordinanza del Tribunale di Treviso), e delle quali il Tribunale non avrebbe tenuto conto. 1.2. Con il secondo motivo deduce l'inosservanza e l'erronea applicazione dell'articolo 321 c.p.p., comma 2, e articolo 240 c.p., in relazione al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 10 quater e 12 bis, sotto il profilo della erronea interpretazione e applicazione della nozione di persona estranea al reato. Contrariamente a quanto sostenuto nell'ordinanza, la ricorrente dovrebbe essere ritenuta (non solo persona offesa, ma anche) terzo di buona fede, avendo agito utilizzando tutti i dovuti criteri di diligenza; il mancato esperimento di controlli sostanziali, contestato dal Tribunale, non potrebbe infatti essere riconosciuto, in quanto soltanto l'Agenzia delle Entrate sarebbe titolare di un tale compito e, dunque, munita dei relativi poteri di accertamento, di certo "inaccessibili ai comuni cessionari." La stessa Groupama, peraltro, avrebbe comunque adottato elevati standard di diligenza professionale, come ampiamente documentato al Tribunale e richiamato nel motivo. 1.3.Con il terzo motivo deduce l'inosservanza e l'erronea applicazione del sequestro per equivalente ai danni di persona estranea al reato. Si lamenta infatti la surrettizia applicazione di un sequestro per equivalente ai danni di un soggetto terzo ed estraneo al reato, dato che la ricorrente avrebbe visto vincolata una somma di denaro che in nessun modo potrebbe essere ricondotta con certezza ai crediti qui in esame, facendo ormai parte di un insieme indistinto costituito dalla totalita' dei crediti acquistati. D'altronde, l'assegnazione di un codice identificativo a ciascun credito comunicato all'Agenzia delle Entrate sarebbe stata introdotta solo successivamente, cosicche' nulla confermerebbe che l'ingente somma sequestrata alla ricorrente abbia ad oggetto proprio i crediti sorti nella vicenda di cui al procedimento. 2. A confutazione della richiesta del PG di rigetto del ricorso, il 15/09/2022 (OMISSIS) ha presentato una memoria con cui ha ribadito la fondatezza delle proprie argomentazioni. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' infondato. 2. Nell'ambito del procedimento penale iscritto a carico di numerose altre persone, il pubblico ministero ha ritenuto l'esistenza di un'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di piu' delitti di truffa, evasione fiscale e falso onde beneficiare indebitamente del cd. "superbonus" previsto dal Decreto Legge n. 34 del 2020, articoli 119 e 121, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77. La rubrica ipotizza che gli associati, operando per il tramite del Consorzio (OMISSIS) (legalmente rappresentato dal capo-promotore del sodalizio), "adescavano ignari privati cittadini interessati ad usufruire del regime fiscale di favore introdotto con il Decreto Legge n. 34 del 2020, articolo 121, (cd. Superbonus 110%), che compilavano schede informative e sottoscrivevano contratti, e, dopo avere attestato falsamente l'esistenza dei presupposti di legge attraverso la posizione dei visti di conformita', emettevano fatture per lavori mai eseguiti, in tal modo facevano diventare il Consorzio titolare dei relativi crediti di imposta (pari al 100% di quanto fatturato incrementato del 10%), che successivamente venivano ceduti dietro corrispettivo e/o utilizzati in compensazione, per un totale di Euro 109.892.524,00 di crediti di imposta, ceduti per un totale pari a 95.366.066,05 Euro". L'attuazione del programma criminoso contemplava, di conseguenza, la consumazione dei delitti provvisoriamente rubricati ai capi 2 (articoli 81, cpv., 110 e 481 c.p., articolo 640 c.p., commi 1 e 2, n. 1, articolo 61 c.p., nn. 7 e 11: varie truffe pluriaggravate commesse ai danni, tra gli altri, di (OMISSIS), che aveva acquistato crediti in tal modo costituiti per un valore nominale complessivo di Euro 4.776.675,20), 3 (Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, comma 1, articolo 61 c.p., n. 2: emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti siccome relative e lavori mai eseguiti), e 4 (articoli 110 e 56 c.p., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 quater: tentativo di omesso versamento di somme dovute al Fisco utilizzando in compensazione crediti inesistenti). 2.1. Il GIP, investito della domanda di cautela reale, ritenuta la sussistenza indiziaria dei reati e l'esigenza cautelare-impeditiva di cui all'articolo 321 c.p.p., comma 1, con decreto del 18/01/2022 ha ordinato il sequestro preventivo dei beni gia' appresi dalla polizia giudiziaria in esecuzione dell'omologo decreto urgente del pubblico ministero, tra i quali, per quanto qui rileva, i crediti ceduti dal Consorzio a (OMISSIS). 2.2.Con l'ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame ha confermato il sequestro ritenendo, in estrema sintesi, che i crediti ceduti a (OMISSIS) costituiscano, ad un tempo, prodotto e profitto del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, suscettibili percio' di ablazione, ai sensi dell'articolo 321 c.p.p., commi 1 e 2, e Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12 bis, dovendosi escludere la buona fede della ricorrente che non aveva effettuato i doverosi controlli prima del loro acquisto. 3.Deve essere preliminarmente osservato come (OMISSIS) non contesti la configurabilita' dei reati ipotizzati in capo agli attuali indagati, rispetto ai quali (in particolare il capo di imputazione riguardante la truffa aggravata), peraltro, e' la stessa prospettazione accusatoria a qualificare la veste della parte ricorrente quale persona offesa dal reato. 3.1. Il tema, inedito nella giurisprudenza di legittimita', riguarda invece la sequestrabilita' dei crediti di imposta ceduti in capo al terzo estraneo al reato, quale cessionario di tali crediti di secondo grado o acquistati direttamente dal cedente consorzio (OMISSIS) con sede in (OMISSIS). 4. Tanto premesso, il Collegio ritiene necessario, in primo luogo, operare una rigorosa delimitazione dell'ambito di intervento di questa decisione, e dunque delle questioni da esaminare, per come direttamente ricavati dalla natura del sequestro disposto a carico di (OMISSIS), poi confermato dal Tribunale del riesame. 4.1. In particolare, la lettura del provvedimento genetico, sostenuta sul punto dallo stesso ricorso in oggetto (pag. 3 ss.), consente di accertare che il G.i.p. del Tribunale di Napoli, in data 18/1/2022, aveva emesso un decreto di sequestro preventivo ai sensi dell'articolo 321 c.p.p., comma 1; un sequestro, dunque, motivato dal pericolo che la libera disponibilita' di una cosa pertinente ad un reato potesse aggravare o protrarre le conseguenze di esso, ovvero agevolare la commissione di altri reati. 4.2.Da questa oggettiva premessa (e rimarcando che nessuna questione e' posta in punto di fumus dei delitti contestati agli indagati), deriva allora la constatazione che alcune delle questioni trattate tanto nell'ordinanza impugnata quanto nel ricorso, anche con ampie considerazioni, esulano del tutto dalla concreta reiudicanda, afferendo a profili che sono propri non del sequestro impeditivo, come quello in esame, ma di quello anticipatorio di cui all'articolo 321 c.p.p., comma 2, relativo alle cose di cui e' consentita la confisca ed estraneo al decreto emesso dal G.i.p. di Napoli. 4.3.Tali profili - che la Corte, dunque, non trattera' - concernono innanzitutto la qualifica soggettiva del terzo colpito dal sequestro (come la ricorrente (OMISSIS)) e, in particolare, l'esame della sua eventuale buona fede, con riferimento alla diligenza spiegata nell'istruire le pratiche relative ai crediti oggetto di cessione. Al riguardo, infatti, occorre ribadire - con la giurisprudenza consolidata - che il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca implica l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore, cosicche' possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprieta' di un terzo, estraneo all'illecito ed in buona fede, se la loro libera disponibilita' sia idonea a costituire un pericolo nei termini di cui all'articolo 321 c.p.p., comma 1, sopra richiamato (tra le altre, Sez. 3, n. 57595 del 25/10/2018, Cervino, Rv. 274691; Sez. 3, n. 40480 del 27/10/2010, Orlando, Rv. 248741). 5.Altra questione sviluppata nell'ordinanza e nel ricorso, ma ancora estranea alla tematica del sequestro impeditivo, e' poi quella della natura della res sottoposta a vincolo in rapporto all'illecito contestato, ossia se quanto in sequestro possa esser qualificato come corpo, profitto o prodotto del reato. 5.1. Ebbene, il Collegio rileva che anche tale complessa questione esula dall'esame della misura disposta dal G.i.p. di Napoli, in quanto il sequestro impeditivo di cui all'articolo 321 c.p.p., comma 1, richiede soltanto - e piu' genericamente - la prova di un legame pertinenziale tra la res ed il reato, ossia un collegamento che comprende non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato e' stato commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa (tra le altre, Sez. 2, n. 28306 del 16/4/2019, PM/ Lo Modou, Rv. 276660; Sez. 3, n. 31415 del 15/1/2016, Ganzer, Rv. 267513; Sez. 3, n. 9149 del 17/11/2015, Plaka, Rv. 266454; Sez. 5, n. 26444 del 28/05/2014, Denaro e altro, Rv. 259850). Diversamente, d'altronde, l'ipotesi dell'articolo 321, comma 1, finirebbe per rappresentare un "doppione" rispetto a quella contenuta nel comma 2, cosi' che non riuscirebbe piu' a distinguersi l'area applicativa dell'una rispetto all'altra. E fermo restando, peraltro, come sempre affermato da questa Corte, che la nozione di pertinenza non puo' estendersi sino al punto di attribuire rilevanza a rapporti meramente occasionali tra la res e l'illecito penale (tra le molte, Sez. 5, n. 26444 del 28/05/2014 cit.), quel che deve espressamente escludersi nel caso di specie, in forza dei seguenti argomenti. 6.In particolare, e cosi' introducendo il fulcro della questione posta dal ricorso con il primo motivo, il Collegio ritiene che i crediti sequestrati alla ricorrente debbano essere considerati, per l'appunto, cosa pertinente al reato, non potendosi accogliere la tesi difensiva secondo cui, esercitata l'opzione per la cessione del credito, e dunque rinunciato dal beneficiario l'originario diritto alla detrazione (nella misura del 110% delle spese documentate e rimaste a carico), il credito stesso sorgerebbe - in capo al cessionario - a titolo originario, quindi depurato da qualunque vizio, anche radicale, che avesse eventualmente colpito il diritto alla detrazione. Questa tesi, che intenderebbe il credito ceduto come sempre "garantito" dallo Stato a tutela del cessionario, anche di fronte ad un assoluto difetto di presupposti, non puo' essere condivisa, non deponendo in tal senso la normativa di riferimento (primaria e secondaria) ampiamente richiamata nell'impugnazione, alla quale non puo' esser riconosciuta alcuna forza derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria. 7. Il Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, articolo 121, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, stabilisce che i soggetti che sostengono spese per determinati interventi (di recupero del patrimonio edilizio, di efficienza energetica, di adozione di misure antisismiche, di recupero o restauro della facciata di edifici esistenti, di installazione di impianti fotovoltaici, di installazione di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici, di superamento ed eliminazione di barriere architettoniche), negli anni di riferimento, possono optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente: 1) per il cd. sconto in fattura, ossia un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d'imposta, di importo pari alla detrazione spettante, a sua volta suscettibile di cessione. Con tale meccanismo, dunque, chi ha commissionato gli interventi del comma 2 rimane titolare di un proprio credito d'imposta, ma ne subisce la riduzione - anche sino alla totale scomparsa - per la parte in cui le spese di intervento siano sostenute non da lui, ma direttamente dal fornitore/esecutore, sotto forma di sconto; questi, per la misura corrispondente, vede allora sorgere un proprio ed autonomo credito d'imposta, che potra' portare in compensazione o, a sua volta, cedere nei termini di cui alla stessa norma; 2) per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, a sua volta suscettibile di cessione, nei termini (piu' volte modificati) del comma 1, lettera b), o di essere portato in compensazione con debiti erariali. 8.Dalla lettura dell'articolo 121, comma 1, emerge dunque con chiarezza che il meccanismo del Superbonus in oggetto e' stato costruito dal legislatore su percorsi alternativi, sebbene evidentemente legati nei presupposti e sostenuti dall'identica finalita' di incentivare gli interventi indicati: all'utilizzo diretto della detrazione fiscale spettante, previsto come ipotesi ordinaria, sono state infatti aggiunte le due opzioni appena richiamate, che - rimesse alla scelta dell'unico beneficiario (colui che ha sostenuto le spese) - costituiscono un'evidente derivazione della prima, utile per ottenere un'immediata monetizzazione del proprio diritto, senza dover attendere cinque anni per la complessiva detrazione. Con particolare riguardo alla cessione del credito, oggetto del ricorso, il beneficiario si spoglia dunque del proprio diritto alla detrazione, che assume la veste - nell'identico contenuto patrimoniale - di un credito suscettibile di circolare nei termini indicati dalla legge, e che viene contestualmente ceduto; come confermato, d'altronde, dall'originaria versione dello stesso articolo 121, comma 1, lettera b), che menzionava un'opzione, per l'appunto, "per la trasformazione (corsivo dell'estensore) del corrispondente importo in credito d'imposta, con facolta' di successive cessioni ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari". 8.1. Non si riscontra, dunque, l'estinzione di un diritto alla detrazione (in capo al beneficiario) e la contestuale costituzione ex nihilo di un credito (in capo al cessionario), come sostenuto dalla ricorrente, ne' un fenomeno novativo di sorta, ma soltanto l'evoluzione - non la sostituzione - del primo nel secondo, espediente tecnico necessario per consentire quella cessione a terzi ritenuta dal legislatore un fattore ulteriormente incentivante la procedura, e, dunque, uno strumento ancora piu' utile per la ripresa economica del Paese, fiaccato dalla pandemia. 8.2.Ne consegue, allora, che non risultano decisive le ampie considerazioni svolte dalla ricorrente circa le differenze tra il diritto alla detrazione ed il credito di imposta (il primo non cedibile e suscettibile di ridurre solo l'imposta lorda sul reddito del beneficiario, a differenza dell'altro); come appena affermato, infatti, la norma e' sorta con il fine di agevolare lmesercizio" dell'unico diritto a contenuto patrimoniale sorto in capo al beneficiario che ha sostenuto le spese, e cio' ha reso necessaria l'individuazione di appropriati strumenti tecnici che lo consentissero, eventualmente anche in favore di terzi, ed anche piu' volte. Tra questi, per l'appunto, la cessione qui in esame. 8.3. La diretta ed immediata derivazione di questo credito dall'originario diritto alla detrazione, peraltro, si ricava anche dal Decreto Legge n. 34 del 2020, articolo 121, comma 3, in forza della cui prima parte "I crediti d'imposta di cui al presente articolo sono utilizzati in compensazione ai sensi del Decreto Legislativo 9 luglio 1997, n. 241, articolo 17, sulla base delle rate residue di detrazione non fruite. Il credito d'imposta e' usufruito con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione". A conferma ulteriore, dunque, di un credito che deriva proprio dall'originario diritto alla detrazione, senza alcuna vicenda estintivo-costitutiva, conservando di questo non solo il valore economico, ma anche le modalita' di esercizio, qualora - non nuovamente ceduto - utilizzato in compensazione. 9. A conclusioni diverse, peraltro, non si puo' pervenire valorizzando l'articolo 121, commi 4, 5 e 6, in esame, in tema di controlli e sanzioni, come invece affermato nel ricorso. In particolare, a norma del comma 4, prima parte, "ai fini del controllo, si applicano, nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, le attribuzioni e i poteri previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 31 e seguenti, e successive modificazioni. I fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d'imposta ricevuto". A norma del comma 5, prima parte, poi, "qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d'imposta, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero dell'importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti dei soggetti di cui al comma 1". A norma del comma 6, infine, "il recupero dell'importo di cui al comma 5 e' effettuato nei confronti del soggetto beneficiario di cui al comma 1, ferma restando, in presenza di concorso nella violazione, oltre all'applicazione del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, articolo 9, comma 1, anche la responsabilita' in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell'importo di cui al comma 5 e dei relativi interessi". 9.1. Ebbene, anche a voler ammettere che il legislatore abbia voluto assegnare a queste disposizioni un ambito ulteriore rispetto a quello esclusivamente tributario (ipotesi, peraltro, che parrebbe smentita dal richiamo ai poteri di controllo dell'Agenzia delle entrate, al recupero dell'importo, alla responsabilita' in solido di fornitori e cessionari in caso di concorso nella violazione), il Collegio osserva comunque che i commi 4, 5 e 6, non introducono affatto una disciplina derogatoria a quella ordinaria penale con riferimento al sequestro preventivo. Come gia' ricordato, infatti, il vincolo impeditivo implica soltanto l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore, cosicche' possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprieta' di un terzo, estraneo all'illecito ed in buona fede; ne deriva, allora, che non rileva in questa sede l'eventuale responsabilita' del terzo cessionario (quale la ricorrente, peraltro persona offesa del reato di truffa aggravata), ne' i presupposti oggettivi o soggettivi di questa per come ricavabili dai commi 4, 5 e 6 in oggetto, occorrendo soltanto verificare, piuttosto, come si fara' oltre, se la libera disponibilita' della res - anche in capo allo stesso terzo - sia idonea a costituire un pericolo nei termini di cui all'articolo 321 c.p.p., comma 1. 9.2. Sotto altro profilo, poi, si osserva che proprio la possibilita' che il terzo fornitore ed il cessionario siano chiamati a rispondere ai sensi del comma 6, in caso di concorso, evidenzia ulteriormente il nesso derivativo che il credito ceduto ha rispetto all'originario diritto alla detrazione stessa, non ravvisandosi presupposti, diversamente, per un "recupero" anche nei confronti di questi dell'importo corrispondente alla detrazione medesima. 9.3.Negli stessi termini, poi, non costituisce argomento a sostegno della tesi difensiva neppure il Decreto Legge 27 gennaio 2022, n. 4, articolo 28 ter, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2022, n. 25, in forza del quale "l'utilizzo dei crediti d'imposta di cui al Decreto Legge n. 34 del 2020, articoli 121 e 122, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 77 del 2020, nel caso in cui tali crediti siano oggetto di sequestro disposto dall'Autorita' giudiziaria puo' avvenire, una volta cessati gli effetti del provvedimento di sequestro, entro i termini di cui al medesimo Decreto Legge n. 34 del 2020, articolo 121, comma 3, e articolo 122, comma 3, aumentati di un periodo pari alla durata del sequestro medesimo, fermo restando il rispetto del limite annuale di utilizzo dei predetti crediti d'imposta previsto dalle richiamate disposizioni". Nulla infatti autorizza a sostenere che il fatto che il cessionario possa utilizzare comunque i crediti (in compensazione o per ulteriore cessione), una volta venuti meno gli effetti del vincolo, possa significare insensibilita' di detti crediti rispetto alla misura cautelare penale, derivando anzi da detta previsione la constatazione che e' lo stesso legislatore a prendere atto che un sequestro ben possa essere adottato secondo le regole generali del codice di rito. Una tale conclusione, palesemente derogatoria rispetto alla disciplina generale sul sequestro impeditivo eseguito presso terzi, gia' richiamata, richiederebbe infatti una previsione espressa, che, tuttavia, non si riscontra nella norma in esame posto che, appunto, ed in senso esattamente inverso, la stessa non fa che confermare l'ammissibilita' del sequestro (anche) nei confronti del cessionario, secondo le regole generali, cosi' ribadendo che non si e' in presenza di un acquisto del diritto a titolo originario, impermeabile ad ogni vicenda illecita precedente, come invece affermato dalla ricorrente. 9.4.Ancora non decisivo, poi, e' un altro elemento testuale che l'impugnazione propone, quale il contenuto della Circolare dell'Agenzia delle entrate n. 24/E dell'8 agosto 2020, nella quale, in particolare, si afferma che "I fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d'imposta ricevuto. Pertanto, se un soggetto acquisisce un credito d'imposta, ma durante i controlli dell'ENEA o dell'Agenzia delle entrate viene rilevato che il contribuente non aveva diritto alla detrazione, il cessionario che ha acquistato il credito in buona fede non perde il diritto ad utilizzare il credito d'imposta". 9.5. Ebbene, al riguardo il Collegio osserva, per un verso, che si tratta soltanto della lettura di un testo normativo compiuta dall'Agenzia delle entrate, non di un'interpretazione autentica vincolante erga omnes; per altro verso, ed a conferma di cio', si osserva che la stessa Agenzia - con la successiva circolare n. 23/E del 23 giugno 2022 - ha sostenuto una tesi contraria, ossia che "l'eventuale dissequestro di crediti, acquistati in violazione dei principi sopra illustrati, da parte dell'Autorita' giudiziaria (ad esempio, in ragione dell'assenza di periculum in mora in capo al cessionario) non costituisce ex se circostanza idonea a legittimare il loro utilizzo in compensazione. Di conseguenza, in caso di utilizzo in compensazione di crediti d'imposta inesistenti, interessati dal provvedimento di dissequestro, gli organi di controllo procederanno parimenti alla contestazione delle violazioni e alle conseguenti comunicazioni all'Autorita' giudiziaria per le indebite compensazioni effettuate". 9.6.Analogamente e' a dirsi, ancora, con riferimento all'audizione in Senato del Direttore Generale dell'Agenzia delle Entrate in data 10 febbraio 2022, V commissione bilancio, in cui (pag. 13) si legge testualmente: "Tuttavia, in caso di sequestro di crediti inesistenti da parte dell'Autorita' giudiziaria, in quanto "cose pertinenti al reato", tali crediti diventano inutilizzabili dal terzo cessionario, anche in buona fede, al quale pertanto non resta che rivalersi nei confronti del cedente. Difatti, l'azione di contrasto posta in essere da numerose Procure della Repubblica e' spesso sfociata in sequestri dei crediti nei confronti degli intermediari finanziari, benche' ad essere entrati materialmente in possesso dei profitti del reato destinandoli con ogni probabilita' a ulteriori attivita' illecite - siano stati i reali autori degli illeciti. In altri termini, in queste ipotesi i crediti sequestrati dall'Autorita' giudiziaria non possono essere utilizzati dal cessionario, seppur in buona fede". 9.7. Ne consegue che proprio la mancata previsione di una disciplina espressa di segno contrario costituisce la conferma alla lettura offerta dal Tribunale del riesame, non emergendo dal Decreto Legge n. 34 del 2020, e successive modificazioni, alcuna previsione derogatoria ai principi generali, con particolare riguardo all'ipotesi di sequestro impeditivo. Anzi, la stessa normativa successiva ha confermato che proprio di cessione di un credito gia' esistente si tratta, e non di una vicenda estintivo-costitutiva: il citato Decreto Legge n. 4 del 2022, articolo 28, infatti, al comma 3 stabilisce la ipotesi di nullita' dei "contratti di cessione", quando conclusi in violazione delle disposizioni di cui all'articolo 121, comma 1, articolo 122, comma 1, e del comma 2 dello stesso articolo 28, cosi' confermando ulteriormente il carattere derivativo dell'istituto e, dunque, la corretta interpretazione contenuta nell'ordinanza impugnata. 9.8.Risulta allora evidente, con riguardo al periculum in mora, di cui specificamente al secondo motivo, come la evidente possibilita' di permanente utilizzazione dei crediti originanti da fatto illecito protrarrebbe e/o aggraverebbe le conseguenze del reato secondo quanto previsto dall'articolo 321 c.p.p., comma 1. 10.Alle stesse conclusioni, infine, il Collegio non puo' non giungere anche quanto alla censura svolta con il terzo motivo con la quale, in sostanza, si lamenta l'applicazione surrettizia di un indebito sequestro per equivalente a danno di un terzo estraneo al reato; cio' sul presupposto che, in assenza di elementi identificativi, la misura colpirebbe non esattamente i crediti originati dalle artificiose condotte poste in essere dagli indagati, ma crediti pari alla somma del valore nominale di tutti i crediti d'imposta originatisi in capo al consorzio e poi ceduti (anche indirettamente) alla ricorrente. Con la conseguenza che la misura, pur disposta nei confronti dei crediti d'imposta individuati con richiamo alle condotte contestate, sarebbe stata concretamente eseguita su una massa indistinta di crediti solo di importo equivalente a quello oggetto di indagine, in quanto presenti nel cassetto fiscale di (OMISSIS). 10.1. Questa tesi, pur suggestiva, non puo' pero' essere accolta. 10.2.Al riguardo si osserva, in primo luogo, che l'assenza di uno specifico codice identificativo (introdotto soltanto con disposizioni successive) non si traduce nell'assegnazione al credito di una natura prettamente fungibile, come fosse una somma di denaro; per come riportato nell'ordinanza impugnata (pag. 1), infatti, il provvedimento genetico ha individuato l'oggetto della misura in modo specifico e sufficientemente dettagliato, richiamando i "crediti d'imposta correlati alle detrazioni fiscali previste dal Decreto Legge n. 34 del 2020, articoli 119 - 121, (cd. Superbonus per attivita' edilizia") intestati al CONSORZIO (OMISSIS) con sede in Napoli e di quelli ceduti da detto ente a terzi". Tale espressione, dunque, non consente alcuna assimilazione di questi crediti ad una indistinta somma di denaro, ne' trasforma in un bene fungibile cio' che, per contro, possiede ab origine un'effettiva e propria individualita'. In senso contrario, peraltro, non risultano decisive neppure le considerazioni svolte infine dalla difesa, dalle quali, anzi, emerge con chiarezza che il vizio denunciato atterrebbe non al provvedimento impositivo del vincolo, ma alla sua concreta esecuzione; un argomento, dunque, estraneo al giudizio di questa Corte, in forza del costante principio per cui i provvedimenti riguardanti le modalita' di esecuzione del sequestro preventivo non sono ne' appellabili ne' ricorribili per cassazione e le eventuali questioni ad essi attinenti vanno proposte in sede di incidente di esecuzione (per tutte, Sez. 1, n. 8283 del 24/11/2020, Sforza, Rv. 280604). 11. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ANDREAZZA Gastone - Presidente Dott. ACETO Aldo - Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio - Consigliere Dott. MENGONI Enrico - rel. Consigliere Dott. MACRI' Ubalda - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS) S.p.A.; avverso l'ordinanza del 7/2/2022 del Tribunale del riesame di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. EPIDENDIO Tomaso, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso; udite le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. (OMISSIS), che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; lette le memorie presentate. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 7/2/2022, il Tribunale del riesame di Napoli rigettava l'istanza proposta ai sensi dell'articolo 324 c.p.p., da (OMISSIS) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, cosi' confermando il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale il 18/1/2022, con riguardo al delitto di associazione per delinquere finalizzata alle truffe, al falso e all'evasione fiscale, con relativi reati fine, in materia di cd. Superbonus edilizio 110%, di cui al Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77. 2. Propone ricorso per cassazione la (OMISSIS), quale terzo interessato, deducendo, con unico ed ampio motivo, l'inosservanza e/o l'erronea applicazione della legge penale e di norme extra penali. L'impugnazione - il cui unico oggetto concerne l'esistenza e l'utilizzabilita' del credito d'imposta di cui e' titolare la ricorrente - ricostruisce la normativa a fondamento del richiamato Superbonus, evidenziando, all'esito, che contrariamente a quanto si legge nell'ordinanza - lo stesso credito sorgerebbe al momento in cui il beneficiario (ovvero colui che ha commissionato il lavoro) esercita l'opzione per la cessione, in luogo della detrazione diretta o del cosiddetto sconto in fattura. La correttezza di questa conclusione emergerebbe evidente dal testo del Decreto Legge n. 34 del 2020, articolo 121, in forza del quale - nel caso di insussistenza dei requisiti per accedere all'agevolazione fiscale - gli effetti pregiudizievoli sorgerebbero esclusivamente in capo al beneficiario del Superbonus, ossia a colui che sostiene le spese; il cessionario (come la ricorrente), per contro, risponderebbe soltanto per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto, oppure nell'ipotesi di concorso nella violazione compiuta dal cedente, da accertare secondo gli ordinari criteri penalistici. Soltanto in questi casi, dunque, il cessionario non potrebbe validamente disporre del credito acquistato, non in altri. La stessa conclusione, ancora, troverebbe conferma negli ulteriori atti - interpretativi e normativi - riconducibili all'autorita' di governo (Decreto Legge 11 novembre 2021, n. 157; Decreto Legge 25 febbraio 2022, n. 13; risposta ad interrogazioni parlamentari; pagine web) ed all'Agenzia delle Entrate, che il ricorso diffusamente richiama, dai quali risulterebbe, per un verso, che il credito "deriverebbe" dall'esercizio di opzione del beneficiario/cedente, e, per altro verso, che l'eventuale accertamento della mancanza dei presupposti per accedere al Superbonus non comporterebbe - in capo al cessionario - la perdita del diritto di utilizzare il credito acquistato, se non nelle limitate ipotesi appena richiamate. D'altronde, se la finalita' ultima 7 dell'incentivo fiscale in oggetto e' quella di immettere nuova liquidita' in economia, emergerebbe evidente la necessita' di tutelare gli operatori economici protagonisti della circolazione di queste risorse; e proprio per rispondere a tale esigenza la responsabilita' del cessionario dovrebbe essere contenuta nei limitati termini di cui sopra, come peraltro espressamente indicato in tutte le fonti che il ricorso richiama, e delle quali il Tribunale non avrebbe tenuto conto. Sotto altro ma connesso profilo, poi, l'impugnazione rivendica la buona fede dell'istituto ricorrente, del tutto estraneo all'indagine, evidenziando che - prima di procedere al pagamento del credito ceduto - sarebbero stati eseguiti tutti i controlli e compiute tutte le verifiche necessarie, a tal fine incaricando una societa' esterna altamente specializzata nel settore ( (OMISSIS) s.r.l.), che avrebbe analizzato 12 interventi di riqualificazione edilizia gia' avviati, oggetto di proposta di cessione da parte del Consorzio (OMISSIS), "promuovendone" soltanto 7, peraltro dopo aver chiesto ed ottenuto integrazione documentale. Infine, il ricorso contesta la qualifica assegnata dal Tribunale al credito in oggetto, sostenendo che non potrebbe essere qualificato ne' prodotto ne' profitto del reato; del resto, aderendo alla lettura dell'ordinanza potrebbe giungersi ad una irragionevole ed illegittima duplicazione degli importi in sequestro, che potrebbero essere vincolati in capo sia al cedente che al cessionario. Non sussisterebbe alcun periculum in capo alla ricorrente, dunque, ma soltanto in capo al Consorzio, ed avrebbe ad oggetto quanto ad oggi ancora presente nel cassetto fiscale di questo. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso risulta infondato alla luce delle considerazioni che seguono. 2. Deve essere preliminarmente osservato come la ricorrente non contesta la configurabilita' dei reati ipotizzati in capo agli attuali indagati, rispetto ai quali (in particolare il capo di imputazione riguardante la truffa aggravata), peraltro, e' la stessa prospettazione accusatoria a qualificare la veste della parte ricorrente (OMISSIS) quale persona offesa dal reato. Il tema, inedito nella giurisprudenza di legittimita', riguarda invece la sequestrabilita' dei crediti di imposta ceduti, nella specie del valore di oltre 8 milioni di Euro, in capo al terzo estraneo al reato, quale cessionario di tali crediti, in seconda battuta, rispetto alla societa' che ha acquistato il credito di imposta dal cedente consorzio (OMISSIS) con sede in Napoli. 3. Tanto premesso, il Collegio ritiene necessario, in primo luogo, operare una rigorosa delimitazione dell'ambito di intervento di questa decisione, e dunque delle questioni da esaminare, per come direttamente ricavati dalla natura del sequestro disposto a carico di (OMISSIS), poi confermato dal Tribunale del riesame. 3.1. In particolare, la lettura del provvedimento genetico in atti consente di accertare che il G.i.p. del Tribunale di Napoli, in data 18/1/2022, aveva emesso un decreto di sequestro preventivo ai sensi dell'articolo 321 c.p.p., comma 1; un sequestro, dunque, motivato dal pericolo che la libera disponibilita' di una cosa pertinente ad un reato potesse aggravare o protrarre le conseguenze di esso, ovvero agevolare la commissione di altri reati. 3.2. Da questa oggettiva premessa (e rimarcando che nessuna questione e' posta in punto di fumus dei delitti contestati agli indagati), deriva allora la constatazione che alcune delle questioni trattate tanto nell'ordinanza impugnata quanto nel ricorso, anche con ampie considerazioni, esulano del tutto dalla concreta reiudicanda, afferendo a profili che sono propri non del sequestro impeditivo, come quello in esame, ma di quello anticipatorio di cui all'articolo 321 c.p.p., comma 2, relativo alle cose di cui e' consentita la confisca ed estraneo al decreto emesso dal G.i.p. di Napoli. 4. Tali profili - che la Corte, dunque, non trattera', unitamente a quelli attraverso cui si e' preteso di rinvenire nel provvedimento impugnato vizi motivazionali di contraddittorieta' o di illogicita', in quanto gli stessi esulano dall'ambito cognitivo di questa Corte per espressa previsione dell'articolo 325, c.p.p. (v. per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710 - 01) - concernono innanzitutto la qualifica soggettiva del terzo colpito dal sequestro (come la ricorrente (OMISSIS)) e, in particolare, l'esame della sua eventuale buona fede, con riferimento alla diligenza spiegata nell'istruire le pratiche relative ai crediti oggetto di cessione. Al riguardo, infatti, occorre ribadire - con la giurisprudenza consolidata - che il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca implica l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore, cosicche' possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprieta' di un terzo, estraneo all'illecito ed in buona fede, se la loro libera disponibilita' sia idonea a costituire un pericolo nei termini di cui all'articolo 321 c.p.p., comma 1, sopra richiamato (tra le altre, Sez. 3, n. 57595 del 25/10/2018, Cervino, Rv. 274691; Sez. 3, n. 40480 del 27/10/2010, Orlando, Rv. 248741). 5. Altra questione sviluppata nell'ordinanza e nel ricorso, ma ancora estranea alla tematica del sequestro impeditivo, e' poi quella della natura della res sottoposta a vincolo in rapporto all'illecito contestato, ossia se quanto in sequestro possa esser qualificato come corpo, profitto o prodotto del reato. 5.1. Il Tribunale del riesame ha affermato che i crediti di imposta colpiti dalla misura costituirebbero il prodotto ed il profitto del delitto di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, ed anche il corpo del reato di cui all'articolo 10 quater, decreto citato, e come tali sarebbero suscettibili di ablazione ai sensi dell'articolo 240 c.p., articolo 321 c.p.p., commi 1 e 2, Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12-bis; questa tesi e' stata contestata dalla ricorrente, sul presupposto, per un verso, che il profitto del reato - quale conseguenza diretta dell'illecito - possa esser individuato soltanto in capo al suo autore e non ad un terzo, e, per altro verso, che i crediti in esame non sarebbero qualificabili come inesistenti e, peraltro, non potrebbero costituire oggetto di un delitto (articolo 10 quater cit.) non ancora commesso, ne' astrattamente ipotizzabile, in capo al personale (OMISSIS), per difetto dell'elemento soggettivo. 5.2. Ebbene, il Collegio rileva che anche tale complessa questione esula dall'esame della misura disposta dal G.i.p. di Napoli, in quanto il sequestro impeditivo di cui all'articolo 321 c.p.p., comma 1, richiede soltanto - e piu' genericamente - la prova di un legame pertinenziale tra la res ed il reato, ossia un collegamento che comprende non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato e' stato commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa (tra le altre, Sez. 2, n. 28306 del 16/4/2019, PM/ Lo Modou, Rv. 276660; Sez. 3, n. 31415 del 15/1/2016, Ganzer, Rv. 267513; Sez. 3, n. 9149 del 17/11/2015, Plaka, Rv. 266454; Sez. 5, n. 26444 del 28/05/2014, Denaro e altro, Rv. 259850). Diversamente, d'altronde, l'ipotesi dell'articolo 321, comma 1, finirebbe per rappresentare un "doppione" rispetto a quella contenuta nel comma 2, cosi' che non riuscirebbe piu' a distinguersi l'area applicativa dell'una rispetto all'altra. E fermo restando, peraltro, come sempre affermato da questa Corte, che la nozione di pertinenza non puo' estendersi sino al punto di attribuire rilevanza a rapporti meramente occasionali tra la res e l'illecito penale (tra le molte, Sez. 5, n. 26444 del 28/05/2014 cit.), quel che deve espressamente escludersi nel caso di specie, in forza dei seguenti argomenti. 6. In particolare, e cosi' introducendo il fulcro della questione posta dal ricorso con il primo motivo, il Collegio ritiene che i crediti sequestrati alla ricorrente debbano essere considerati, per l'appunto, cosa pertinente al reato, non potendosi accogliere la tesi difensiva secondo cui, esercitata l'opzione per la cessione del credito, e dunque rinunciato dal beneficiario l'originario diritto alla detrazione (nella misura del 110% delle spese documentate e rimaste a carico), il credito stesso sorgerebbe - in capo al cessionario - a titolo originario, quindi depurato da qualunque vizio, anche radicale, che avesse eventualmente colpito il diritto alla detrazione. Questa tesi, che intenderebbe il credito ceduto come sempre "garantito" dallo Stato a tutela del cessionario, anche di fronte ad un assoluto difetto di presupposti, non puo' essere condivisa, non deponendo in tal senso la normativa di riferimento (primaria e secondaria) ampiamente richiamata nell'impugnazione e piu' sopra ricordata, alla quale non puo' esser riconosciuta alcuna forza derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria. 7. Il Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, articolo 121, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, come anticipato, stabilisce che i soggetti che sostengono spese per determinati interventi (di recupero del patrimonio edilizio, di efficienza energetica, di adozione di misure antisismiche, di recupero o restauro della facciata di edifici esistenti, di installazione di impianti fotovoltaici, di installazione di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici, di superamento ed eliminazione di barriere architettoniche), negli anni di riferimento, possono optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente: 1) per il cd. sconto in fattura, ossia un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d'imposta, di importo pari alla detrazione spettante, a sua volta suscettibile di cessione. Con tale meccanismo, dunque, chi ha commissionato gli interventi del comma 2 rimane titolare della detrazione d'imposta, ma ne subisce la riduzione - anche sino alla totale scomparsa - per la parte in cui le spese di intervento siano sostenute non da lui, ma direttamente dal fornitore/esecutore, sotto forma di sconto; questi, per la misura corrispondente, vede allora sorgere un proprio ed autonomo credito d'imposta, che potra' portare in compensazione o, a sua volta, cedere nei termini di cui alla stessa norma; 2) per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, a sua volta suscettibile di cessione, nei termini (piu' volte modificati) del comma 1, lettera b), o di essere portato in compensazione con debiti erariali. 8. Dalla lettura dell'articolo 121, comma 1, emerge dunque con chiarezza che il meccanismo del Superbonus in oggetto e' stato costruito dal legislatore su percorsi alternativi, sebbene evidentemente legati nei presupposti e sostenuti dall'identica finalita' di incentivare gli interventi indicati: all'utilizzo diretto della detrazione fiscale spettante, previsto come ipotesi ordinaria, sono state infatti aggiunte le due opzioni appena richiamate, che - rimesse alla scelta dell'unico beneficiario (colui che ha sostenuto le spese) - costituiscono un'evidente derivazione della prima, utile per ottenere un'immediata monetizzazione del proprio diritto, senza dover attendere cinque anni per la complessiva detrazione. Con particolare riguardo alla cessione del credito, oggetto del ricorso, il beneficiario si spoglia dunque del proprio diritto alla detrazione, che assume la veste - nell'identico contenuto patrimoniale - di un credito suscettibile di circolare nei termini indicati dalla legge, e che viene contestualmente ceduto; come confermato, d'altronde, dall'originaria versione dello stesso articolo 121, comma 1, lettera b), che menzionava un'opzione, per l'appunto, "per la trasformazione (corsivo dell'estensore) del corrispondente importo in credito d'imposta, con facolta' di successive cessioni ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari". 9. Non si riscontra, dunque, l'estinzione di un diritto alla detrazione (in capo al beneficiario) e la contestuale costituzione ex nihilo di un credito (in capo al cessionario), come sostenuto dalla ricorrente, ne' un fenomeno novativo di sorta, ma soltanto l'evoluzione - non la sostituzione - del primo nel secondo, espediente tecnico necessario per consentire quella cessione a terzi ritenuta dal legislatore un fattore ulteriormente incentivante la procedura, e, dunque, uno strumento ancora piu' utile per la ripresa economica del Paese, fiaccato dalla pandemia. 10. Ne consegue, allora, che non risultano decisive le ampie considerazioni svolte dalla ricorrente circa le differenze tra il diritto alla detrazione ed il credito di imposta (il primo non cedibile e suscettibile di ridurre solo l'imposta lorda sul reddito del beneficiario, a differenza dell'altro); come appena affermato, infatti, la norma e' sorta con il fine di agevolare l'esercizio" dell'unico diritto a contenuto patrimoniale sorto in capo al beneficiario che ha sostenuto le spese, e cio' ha reso necessaria l'individuazione di appropriati strumenti tecnici che lo consentissero, eventualmente anche in favore di terzi, ed anche piu' volte. Tra questi, per l'appunto, la cessione qui in esame. 11. La diretta ed immediata derivazione di questo credito dall'originario diritto alla detrazione, peraltro, si ricava anche dal Decreto Legge n. 34 del 2020, articolo 121, comma 3, in forza della cui prima parte "I crediti d'imposta di cui al presente articolo sono utilizzati in compensazione ai sensi del Decreto Legislativo 9 luglio 1997, n. 241, articolo 17, sulla base delle rate residue di detrazione non fruite. Il credito d'imposta e' usufruito con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione". A conferma ulteriore, dunque, di un credito che deriva proprio dall'originario diritto alla detrazione, senza alcuna vicenda estintivo-costitutiva, conservando di questo non solo il valore economico, ma anche le modalita' di esercizio, qualora - non nuovamente ceduto - utilizzato in compensazione. 12. A conclusioni diverse, peraltro, non si puo' pervenire valorizzando l'articolo 121, commi 4, 5 e 6, in esame, in tema di controlli e sanzioni, come invece affermato nel ricorso. In particolare, a norma del comma 4, prima parte, "ai fini del controllo, si applicano, nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, le attribuzioni e i poteri previsti dall'articolo 31 e ss., del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni. I fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d'imposta ricevuto". A norma del comma 5, prima parte, poi, "qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d'imposta, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero dell'importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti dei soggetti di cui al comma 1". A norma del comma 6, infine, "il recupero dell'importo di cui al comma 5 e' effettuato nei confronti del soggetto beneficiario di cui al comma 1, ferma restando, in presenza di concorso nella violazione, oltre all'applicazione del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, articolo 9, comma 1, anche la responsabilita' in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell'importo di cui al comma 5 e dei relativi interessi". 13. Ebbene, anche a voler ammettere che il legislatore abbia voluto assegnare a queste disposizioni un ambito ulteriore rispetto a quello esclusivamente tributario (ipotesi, peraltro, che parrebbe smentita dal richiamo ai poteri di controllo dell'Agenzia delle entrate, al recupero dell'importo, alla responsabilita' in solido di fornitori e cessionari in caso di concorso nella violazione), il Collegio osserva comunque che i commi 4, 5 e 6 non appaiono introdurre affatto una disciplina derogatoria a quella ordinaria penale con riferimento al sequestro preventivo. Come gia' ricordato, infatti, il vincolo impeditivo implica soltanto l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore, cosicche' possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprieta' di un terzo, estraneo all'illecito ed in buona fede; ne deriva, allora, che non rileva in questa sede l'eventuale responsabilita' del terzo cessionario (quale la ricorrente, peraltro persona offesa del capo 2), ne' i presupposti oggettivi o soggettivi di questa per come ricavabili dai commi 4, 5 e 6 in oggetto, occorrendo soltanto verificare piuttosto, come si fara' piu' oltre (sub § 18), se la libera disponibilita' della res - anche in capo allo stesso terzo - sia idonea a costituire un pericolo nei termini di cui all'articolo 321 c.p.p., comma 1. 14. Sotto altro profilo, poi, si osserva che proprio la possibilita' che il terzo fornitore ed il cessionario siano chiamati a rispondere ai sensi del comma 6, in caso di concorso, evidenzia ulteriormente il nesso derivativo che il credito ceduto ha rispetto all'originario diritto alla detrazione stessa, non ravvisandosi presupposti, diversamente, per un "recupero" anche nei confronti di questi dell'importo corrispondente alla detrazione medesima. 15. Negli stessi termini, poi, non costituisce argomento a sostegno della tesi della ricorrente neppure il Decreto Legge 27 gennaio 2022, n. 4, articolo 28 ter, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2022, n. 25, in forza del quale "l'utilizzo dei crediti d'imposta di cui al Decreto Legge n. 34 del 2020, articoli 121 e 122, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 77 del 2020, nel caso in cui tali crediti siano oggetto di sequestro disposto dall'Autorita' giudiziaria puo' avvenire, una volta cessati gli effetti del provvedimento di sequestro, entro i termini di cui al medesimo Decreto Legge n. 34 del 2020, articolo 121, comma 3, e articolo 122, comma 3, aumentati di un periodo pari alla durata del sequestro medesimo, fermo restando il rispetto del limite annuale di utilizzo dei predetti crediti d'imposta previsto dalle richiamate disposizioni". Nulla infatti autorizza a sostenere che il fatto che il cessionario possa utilizzare comunque i crediti (in compensazione o per ulteriore cessione), una volta venuti meno gli effetti del vincolo, possa significare insensibilita' di detti crediti rispetto alla misura cautelare penale, derivando anzi da detta previsione la constatazione che e' lo stesso legislatore a prendere atto che un sequestro ben possa essere adottato secondo le regole generali del codice di rito. Una tale conclusione, palesemente derogatoria rispetto alla disciplina generale sul sequestro impeditivo eseguito presso terzi, gia' richiamata, richiederebbe infatti una previsione espressa, che, tuttavia, non si riscontra nella norma in esame posto che, appunto, ed in senso esattamente inverso, la stessa non fa che confermare l'ammissibilita' del sequestro (anche) nei confronti del cessionario, secondo le regole generali, cosi' ribadendo che non si e' in presenza di un acquisto del diritto a titolo originario, impermeabile ad ogni vicenda illecita precedente, come invece affermato dalla ricorrente. 16. Ancora non decisivo, poi, e' un altro elemento testuale che l'impugnazione propone, quale il contenuto della Circolare dell'Agenzia delle entrate n. 24/E dell'8 agosto 2020, nella quale, in particolare, si afferma che "I fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d'imposta ricevuto. Pertanto, se un soggetto acquisisce un credito d'imposta, ma durante i controlli dell'ENEA o dell'Agenzia delle entrate viene rilevato che il contribuente non aveva diritto alla detrazione, il cessionario che ha acquistato il credito in buona fede non perde il diritto ad utilizzare il credito d'imposta". 16.1. Ebbene, al riguardo il Collegio osserva, per un verso, che si tratta soltanto della lettura di un testo normativo compiuta dall'Agenzia delle entrate, e non, invece, di un'interpretazione autentica vincolante erga omnes; per altro verso, ed a conferma di cio', si osserva che la stessa Agenzia - con la successiva circolare n. 23/E del 23 giugno 2022 - ha sostenuto una tesi contraria, ossia che "l'eventuale dissequestro di crediti, acquistati in violazione dei principi sopra illustrati, da parte dell'Autorita' giudiziaria (ad esempio, in ragione dell'assenza di periculum in mora in capo al cessionario) non costituisce ex se circostanza idonea a legittimare il loro utilizzo in compensazione. Di conseguenza, in caso di utilizzo in compensazione di crediti d'imposta inesistenti, interessati dal provvedimento di dissequestro, gli organi di controllo procederanno parimenti alla contestazione delle violazioni e alle conseguenti comunicazioni all'Autorita' giudiziaria per le indebite compensazioni effettuate". Analogamente e' a dirsi, ancora, con riferimento all'audizione in Senato del Direttore Generale dell'Agenzia delle Entrate in data 10 febbraio 2022, V commissione bilancio, in cui (pag. 13) si legge testualmente: "Tuttavia, in caso di sequestro di crediti inesistenti da parte dell'Autorita' giudiziaria, in quanto "cose pertinenti al reato", tali crediti diventano inutilizzabili dal terzo cessionario, anche in buona fede, al quale pertanto non resta che rivalersi nei confronti del cedente. Difatti, l'azione di contrasto posta in essere da numerose Procure della Repubblica e' spesso sfociata in sequestri dei crediti nei confronti degli intermediari finanziari, benche' ad essere entrati materialmente in possesso dei profitti del reato destinandoli con ogni probabilita' a ulteriori attivita' illecite - siano stati i reali autori degli illeciti. In altri termini, in queste ipotesi i crediti sequestrati dall'Autorita' giudiziaria non possono essere utilizzati dal cessionario, seppur in buona fede". 17. Da tutto quanto appena riportato, conclusivamente sul punto, consegue che proprio la mancata previsione di una disciplina espressa di segno contrario appare rappresentare la conferma alla lettura offerta dal Tribunale del riesame, non emergendo dal Decreto Legge n. 34 del 2020, e successive modificazioni, alcuna previsione derogatoria ai principi generali, con particolare riguardo all'ipotesi di sequestro impeditivo. Anzi, la stessa normativa successiva ha confermato che proprio di cessione di un credito gia' esistente si tratta, e non di una vicenda estintivo-costitutiva: il citato Decreto Legge n. 4 del 2022, articolo 28, infatti, al comma 3 stabilisce la ipotesi di nullita' dei "contratti di cessione", quando conclusi in violazione delle disposizioni di cui all'articolo 121, comma 1, articolo 122, comma 1, e del comma 2 dello stesso articolo 28, cosi' confermando ulteriormente il carattere derivativo dell'istituto e, dunque, la corretta interpretazione contenuta nell'ordinanza impugnata. 18. Il ricorso in esame, di seguito, deve essere rigettato anche con riguardo al periculum in mora, che risulterebbe, secondo quanto prospettato dalla ricorrente con la doglianza, inesistente nel caso in esame alla luce delle medesime considerazioni gia' poste a fondamento del ricorso e, in particolare, della rivendicata autonomia del credito ceduto rispetto al diritto alla detrazione; ebbene, sul punto appare sufficiente richiamare tutte le considerazioni di segno opposto a sostegno dell'ordinanza impugnata, rispetto alle quali non puo' che emergere con evidenza come la possibilita' di permanente utilizzazione dei crediti originanti da fatto illecito protrarrebbe e/o aggraverebbe le conseguenze del reato secondo quanto previsto dall'articolo 321 c.p.p., comma 1. 19. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ANDREAZZA Gastone - Presidente Dott. ACETO Aldo - Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio - Consigliere Dott. MENGONI Enrico - rel. Consigliere Dott. MACRI' Ubalda - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS) S.p.A.; avverso l'ordinanza del 1/3/2022 del Tribunale del riesame di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. EPIDENDIO Tomaso, che ha chiesto il rigetto del ricorso; udite le conclusioni del difensore della ricorrente, Avv. (OMISSIS), che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; lette le memorie presentate. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 1 /3/2022, il Tribunale del riesame di Napoli rigettava l'istanza proposta ai sensi dell'articolo 324 c.p.p., da (OMISSIS) S.p.A. (di seguito, (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, cosi' confermando il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale il 18/1/2022, con riguardo ai delitti di: a) associazione per delinquere finalizzata alle truffe ed al falso (e relativi reati fine di cui al capo 2); b) emissione di fatture per operazioni inesistenti (Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 8); c) tentata indebita compensazione di crediti inesistenti (Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 56 e 10 quater), tutti commessi - in ipotesi accusatoria con riferimento al cd. Superbonus edilizio 110%, di cui al Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, e successive modificazioni. 2. Propone ricorso per cassazione la (OMISSIS) S.p.a., quale terzo interessato, deducendo l'inosservanza e l'erronea applicazione della legge penale e di norme extrapenali. 2.1. Il primo motivo - il cui oggetto concerne l'esistenza, la natura e l'utilizzabilita' del credito d'imposta di cui e' titolare la ricorrente - ricostruisce la normativa a fondamento del richiamato Superbonus, evidenziando, all'esito, che contrariamente a quanto si legge nell'ordinanza - lo stesso credito sorgerebbe soltanto nel momento in cui il beneficiario (ovvero colui che ha sostenuto le spese per gli interventi di cui all'articolo 121, Decreto Legge citato) esercita l'opzione per la cd. cessione (termine che si assume improprio), in luogo della detrazione diretta (o dell'ulteriore opzione per il cd. sconto in fattura); prima di tale momento, non esisterebbe alcun credito in capo al beneficiario, ma soltanto il diritto alla detrazione fiscale, ben diverso dall'altro sotto vari profili, a cominciare dalla sua incedibilita'. Il credito in capo al cessionario sorgerebbe, dunque, a titolo originario, non derivativo, cosicche' qualunque vizio dovesse riguardare il diritto alla detrazione - compresa la radicale assenza dei presupposti, come si contesta nel caso di specie - non potrebbe trasmettersi al credito costituito. La correttezza di questa conclusione emergerebbe evidente dal testo del Decreto Legge n. 34 del 2020, articolo 121, in forza del quale - nel caso di insussistenza dei requisiti per accedere all'agevolazione fiscale - gli effetti pregiudizievoli sorgerebbero esclusivamente in capo al beneficiario del Superbonus, ossia a colui che ha sostenuto le spese per gli interventi, al quale sarebbe imposto il versamento di quanto portato in detrazione; il cessionario (come la ricorrente), per contro, risponderebbe soltanto per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto, oppure nell'ipotesi di concorso nella violazione compiuta dal beneficiario, da accertare secondo gli ordinari criteri penalistici. Soltanto in questi casi - estranei alla vicenda in esame - al cessionario sarebbe dunque precluso validamente disporre del credito, altrimenti di certo suscettibile di esser portato in compensazione o ulteriormente ceduto. La stessa conclusione, ancora, troverebbe conferma negli altri atti - interpretativi e normativi - riconducibili all'autorita' di governo ed all'Agenzia delle Entrate, che il ricorso diffusamente richiama, dai quali risulterebbe, per un verso, che il credito "deriverebbe" dall'esercizio di opzione del beneficiario/cedente, e, per altro verso, che l'eventuale accertamento della mancanza dei presupposti per accedere al Superbonus non comporterebbe - in capo al cessionario - la perdita del diritto di utilizzare il credito acquistato, se non nelle limitate ipotesi appena richiamate. In nessun caso, dunque, il credito potrebbe esser ritenuto prodotto o profitto del reato, se non addirittura corpo del reato, come invece si legge nell'ordinanza. Ulteriore conferma, infine, risulterebbe dal Decreto Legge 25 febbraio 2022, n. 13, articolo 3, comma 1, che prorogherebbe i termini di utilizzo dei crediti di imposta nel caso in cui gli stessi siano oggetto di sequestro disposto dall'Autorita' giudiziaria, una volta cessati gli effetti del provvedimento. Ancora, si evidenzia che nessuno dei successivi interventi normativi sul testo, volti a ridurre il rischio di frodi, avrebbe previsto la perdita del diritto di credito in capo al cessionario, come invece affermato dal Tribunale. D'altronde, se la finalita' ultima dell'incentivo fiscale in questione fosse quella di immettere nuova liquidita' sul mercato, come sostiene la ricorrente, emergerebbe allora evidente la necessita' di tutelare gli operatori economici protagonisti della circolazione di queste risorse; e proprio per rispondere a tale esigenza, dunque, la responsabilita' del cessionario dovrebbe essere contenuta nei limitati termini di cui sopra, come peraltro espressamente indicato in tutte le fonti normative che il ricorso richiama (insieme ad un'ordinanza del Tribunale di Treviso), e delle quali il Tribunale non avrebbe tenuto conto. 2.2. Con il secondo motivo di impugnazione, poi, si contestano l'inosservanza e l'erronea applicazione dell'articolo 240 c.p., e articolo 321 c.p.p., in relazione al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 10 quater e 12 bis. Contrariamente a quanto sostenuto nell'ordinanza, la ricorrente dovrebbe essere ritenuta (non solo persona offesa, ma anche) terzo di buona fede, avendo agito utilizzando tutti i dovuti criteri di diligenza; il mancato esperimento di controlli sostanziali, contestato dal Tribunale, non potrebbe infatti essere riconosciuto, in quanto soltanto l'Agenzia delle Entrate sarebbe titolare di un tale compito e, dunque, munita dei relativi poteri di accertamento, di certo "inaccessibili ai comuni cessionari." La stessa (OMISSIS), peraltro, avrebbe comunque adottato elevati standard di diligenza professionale, come ampiamente documentato al Tribunale e richiamato nel motivo. Con la terza censura, infine, si lamenta la surrettizia applicazione di un sequestro per equivalente ai danni di un soggetto terzo ed estraneo al reato, dato che la ricorrente avrebbe visto vincolata una somma di denaro che in nessun modo potrebbe essere ricondotta con certezza ai crediti qui in esame, facendo ormai parte di un insieme indistinto costituito dalla totalita' dei crediti acquistati. D'altronde, l'assegnazione di un codice identificativo a ciascun credito comunicato all'Agenzia delle Entrate sarebbe stata introdotta solo successivamente, cosicche' nulla confermerebbe che l'ingente somma sequestrata alla ricorrente abbia ad oggetto proprio i crediti sorti nella vicenda di cui al procedimento. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso risulta infondato alla luce delle considerazioni che seguono. 2. Deve essere preliminarmente osservato come la ricorrente non contesta la configurabilita' dei reati ipotizzati in capo agli attuali indagati, rispetto ai quali (in particolare il capo di imputazione riguardante la truffa aggravata), peraltro, e' la stessa prospettazione accusatoria a qualificare la veste della parte ricorrente (OMISSIS) quale persona offesa dal reato. Il tema, inedito nella giurisprudenza di legittimita', riguarda invece la sequestrabilita' dei crediti di imposta ceduti, nella specie del valore di oltre 7 milioni e mezzo di Euro, in capo al terzo estraneo al reato, quale cessionario di tali crediti, in seconda battuta, rispetto alla societa' che ha acquistato il credito di imposta dal cedente consorzio (OMISSIS) con sede in (OMISSIS). 3. Tanto premesso, il Collegio ritiene necessario, in primo luogo, operare una rigorosa delimitazione dell'ambito di intervento di questa decisione, e dunque delle questioni da esaminare, per come direttamente ricavati dalla natura del sequestro disposto a carico di (OMISSIS), poi confermato dal Tribunale del riesame. 3.1. In particolare, la lettura del provvedimento genetico in atti, sostenuta sul punto dallo stesso ricorso in oggetto (pag. 3), consente di accertare che il G.i.p. del Tribunale di Napoli, in data 18/1/2022, aveva emesso un decreto di sequestro preventivo ai sensi dell'articolo 321 c.p.p., comma 1; un sequestro, dunque, motivato dal pericolo che la libera disponibilita' di una cosa pertinente ad un reato potesse aggravare o protrarre le conseguenze di esso, ovvero agevolare la commissione di altri reati. 3.2. Da questa oggettiva premessa (e rimarcando che nessuna questione e' posta in punto di fumus dei delitti contestati agli indagati), deriva allora la constatazione che alcune delle questioni trattate tanto nell'ordinanza impugnata quanto nel ricorso, anche con ampie considerazioni, esulano del tutto dalla concreta reiudicanda, afferendo a profili che sono propri non del sequestro impeditivo, come quello in esame, ma di quello anticipatorio di cui all'articolo 321 c.p.p., comma 2, relativo alle cose di cui e' consentita la confisca ed estraneo al decreto emesso dal G.i.p. di Napoli. 4. Tali profili - che la Corte, dunque, non trattera', unitamente a quelli attraverso cui si e' preteso di rinvenire nel provvedimento impugnato vizi motivazionali di contraddittorieta' o di illogicita', in quanto gli stessi esulano dall'ambito cognitivo di questa Corte per espressa previsione dell'articolo 325 c.p.p. (v. per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710 - 01) - concernono innanzitutto la qualifica soggettiva del terzo colpito dal sequestro (come la ricorrente (OMISSIS)) e, in particolare, l'esame della sua eventuale buona fede (secondo motivo), con riferimento alla diligenza spiegata nell'istruire le pratiche relative ai crediti oggetto di cessione. Al riguardo, infatti, occorre ribadire - con la giurisprudenza consolidata - che il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca implica l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore, cosicche' possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprieta' di un terzo, estraneo all'illecito ed in buona fede, se la loro libera disponibilita' sia idonea a costituire un pericolo nei termini di cui all'articolo 321 c.p.p., comma 1, sopra richiamato (tra le altre, Sez. 3, n. 57595 del 25/10/2018, Cervino, Rv. 274691; Sez. 3, n. 40480 del 27/10/2010, Orlando, Rv. 248741). 5. Altra questione sviluppata nell'ordinanza e nel ricorso, ma ancora estranea alla tematica del sequestro impeditivo, e' poi quella della natura della res sottoposta a vincolo in rapporto all'illecito contestato, ossia se quanto in sequestro possa esser qualificato come corpo, profitto o prodotto del reato (primo motivo). 5.1. Il Tribunale del riesame ha affermato che i crediti di imposta colpiti dalla misura costituirebbero il prodotto ed il profitto del delitto di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, ed anche il corpo del reato di cui all'articolo 10 quater, decreto citato, e come tali sarebbero suscettibili di ablazione ai sensi dell'articolo 240 c.p., articolo 321 c.p.p., commi 1 e 2, Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12 bis; questa tesi e' stata contestata dalla ricorrente (par. 1.11.), sul presupposto, per un verso, che il profitto del reato - quale conseguenza diretta dell'illecito - possa esser individuato soltanto in capo al suo autore e non ad un terzo, e, per altro verso, che i crediti in esame non sarebbero qualificabili come inesistenti e, peraltro, non potrebbero costituire oggetto di un delitto (articolo 10 quater cit.) non ancora commesso, ne' astrattamente ipotizzabile, in capo al personale (OMISSIS), per difetto dell'elemento soggettivo. 5.2. Ebbene, il Collegio rileva che anche tale complessa questione esula dall'esame della misura disposta dal G.i.p. di Napoli, in quanto il sequestro impeditivo di cui all'articolo 321 c.p.p., comma 1, richiede soltanto - e piu' genericamente - la prova di un legame pertinenziale tra la res ed il reato, ossia un collegamento che comprende non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato e' stato commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa (tra le altre, Sez. 2, n. 28306 del 16/4/2019, PM/ Lo Modou, Rv. 276660; Sez. 3, n. 31415 del 15/1/2016, Ganzer, Rv. 267513; Sez. 3, n. 9149 del 17/11/2015, Plaka, Rv. 266454; Sez. 5, n. 26444 del 28/05/2014, Denaro e altro, Rv. 259850). Diversamente, d'altronde, l'ipotesi dell'articolo 321, comma 1, finirebbe per rappresentare un "doppione" rispetto a quella contenuta nel comma 2, cosi' che non riuscirebbe piu' a distinguersi l'area applicativa dell'una rispetto all'altra. E fermo restando, peraltro, come sempre affermato da questa Corte, che la nozione di pertinenza non puo' estendersi sino al punto di attribuire rilevanza a rapporti meramente occasionali tra la res e l'illecito penale (tra le molte, Sez. 5, n. 26444 del 28/05/2014 cit.), quel che deve espressamente escludersi nel caso di specie, in forza dei seguenti argomenti. 6. In particolare, e cosi' introducendo il fulcro della questione posta dal ricorso con il primo motivo, il Collegio ritiene che i crediti sequestrati alla ricorrente debbano essere considerati, per l'appunto, cosa pertinente al reato, non potendosi accogliere la tesi difensiva secondo cui, esercitata l'opzione per la cessione del credito, e dunque rinunciato dal beneficiario l'originario diritto alla detrazione (nella misura del 110% delle spese documentate e rimaste a carico), il credito stesso sorgerebbe - in capo al cessionario - a titolo originario, quindi depurato da qualunque vizio, anche radicale, che avesse eventualmente colpito il diritto alla detrazione. Questa tesi, che intenderebbe il credito ceduto come sempre "garantito" dallo Stato a tutela del cessionario, anche di fronte ad un assoluto difetto di presupposti, non puo' essere condivisa, non deponendo in tal senso la normativa di riferimento (primaria e secondaria) ampiamente richiamata nell'impugnazione e piu' sopra ricordata, alla quale non puo' esser riconosciuta alcuna forza derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria. 7. Il Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, articolo 121, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, come anticipato, stabilisce che i soggetti che sostengono spese per determinati interventi (di recupero del patrimonio edilizio, di efficienza energetica, di adozione di misure antisismiche, di recupero o restauro della facciata di edifici esistenti, di installazione di impianti fotovoltaici, di installazione di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici, di superamento ed eliminazione di barriere architettoniche), negli anni di riferimento, possono optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente: 1) per il cd. sconto in fattura, ossia un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d'imposta, di importo pari alla detrazione spettante, a sua volta suscettibile di cessione. Con tale meccanismo, dunque, chi ha commissionato gli interventi del comma 2 rimane titolare della detrazione d'imposta, ma ne subisce la riduzione - anche sino alla totale scomparsa - per la parte in cui le spese di intervento siano sostenute non da lui, ma direttamente dal fornitore/esecutore, sotto forma di sconto; questi, per la misura corrispondente, vede allora sorgere un proprio ed autonomo credito d'imposta, che potra' portare in compensazione o, a sua volta, cedere nei termini di cui alla stessa norma; 2) per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, a sua volta suscettibile di cessione, nei termini (piu' volte modificati) del comma 1, lettera b), o di essere portato in compensazione con debiti erariali. 8. Dalla lettura dell'articolo 121, comma 1, emerge dunque con chiarezza che il meccanismo del Superbonus in oggetto e' stato costruito dal legislatore su percorsi alternativi, sebbene evidentemente legati nei presupposti e sostenuti dall'identica finalita' di incentivare gli interventi indicati: all'utilizzo diretto della detrazione fiscale spettante, previsto come ipotesi ordinaria, sono state infatti aggiunte le due opzioni appena richiamate, che - rimesse alla scelta dell'unico beneficiario (colui che ha sostenuto le spese) - costituiscono un'evidente derivazione della prima, utile per ottenere un'immediata monetizzazione del proprio diritto, senza dover attendere cinque anni per la complessiva detrazione. Con particolare riguardo alla cessione del credito, oggetto del ricorso, il beneficiario si spoglia dunque del proprio diritto alla detrazione, che assume la veste - nell'identico contenuto patrimoniale - di un credito suscettibile di circolare nei termini indicati dalla legge, e che viene contestualmente ceduto; come confermato, d'altronde, dall'originaria versione dello stesso articolo 121, comma 1, lettera b), che menzionava un'opzione, per l'appunto, "per la trasformazione (corsivo dell'estensore) del corrispondente importo in credito d'imposta, con facolta' di successive cessioni ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari". 9. Non si riscontra, dunque, l'estinzione di un diritto alla detrazione (in capo al beneficiario) e la contestuale costituzione ex nihilo di un credito (in capo al cessionario), come sostenuto dalla ricorrente, ne' un fenomeno novativo di sorta, ma soltanto l'evoluzione - non la sostituzione - del primo nel secondo, espediente tecnico necessario per consentire quella cessione a terzi ritenuta dal legislatore un fattore ulteriormente incentivante la procedura, e, dunque, uno strumento ancora piu' utile per la ripresa economica del Paese, fiaccato dalla pandemia. 10. Ne consegue, allora, che non risultano decisive le ampie considerazioni svolte dalla ricorrente circa le differenze tra il diritto alla detrazione ed il credito di imposta (il primo non cedibile e suscettibile di ridurre solo l'imposta lorda sul reddito del beneficiario, a differenza dell'altro); come appena affermato, infatti, la norma e' sorta con il fine di agevolare l'esercizio" dell'unico diritto a contenuto patrimoniale sorto in capo al beneficiario che ha sostenuto le spese, e cio' ha reso necessaria l'individuazione di appropriati strumenti tecnici che lo consentissero, eventualmente anche in favore di terzi, ed anche piu' volte. Tra questi, per l'appunto, la cessione qui in esame. 11. La diretta ed immediata derivazione di questo credito dall'originario diritto alla detrazione, peraltro, si ricava anche dal Decreto Legge n. 34 del 2020, articolo 121, comma 3, in forza della cui prima parte "I crediti d'imposta di cui al presente articolo sono utilizzati in compensazione ai sensi del Decreto Legislativo 9 luglio 1997, n. 241, articolo 17, sulla base delle rate residue di detrazione non fruite. Il credito d'imposta e' usufruito con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione". A conferma ulteriore, dunque, di un credito che deriva proprio dall'originario diritto alla detrazione, senza alcuna vicenda estintivo-costitutiva, conservando di questo non solo il valore economico, ma anche le modalita' di esercizio, qualora - non nuovamente ceduto - utilizzato in compensazione. 12. A conclusioni diverse, peraltro, non si puo' pervenire valorizzando l'articolo 121, commi 4, 5 e 6, in esame, in tema di controlli e sanzioni, come invece affermato nel ricorso. In particolare, a norma del comma 4, prima parte, "ai fini del controllo, si applicano, nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, le attribuzioni e i poteri previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 31 e seguenti, e successive modificazioni. I fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d'imposta ricevuto". A norma del comma 5, prima parte, poi, "qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d'imposta, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero dell'importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti dei soggetti di cui al comma 1". A norma del comma 6, infine, "il recupero dell'importo di cui al comma 5 e' effettuato nei confronti del soggetto beneficiario di cui al comma 1, ferma restando, in presenza di concorso nella violazione, oltre all'applicazione del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, articolo 9, comma 1, anche la responsabilita' in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell'importo di cui al comma 5 e dei relativi interessi". 13. Ebbene, anche a voler ammettere che il legislatore abbia voluto assegnare a queste disposizioni un ambito ulteriore rispetto a quello esclusivamente tributario (ipotesi, peraltro, che parrebbe smentita dal richiamo ai poteri di controllo dell'Agenzia delle entrate, al recupero dell'importo, alla responsabilita' in solido di fornitori e cessionari in caso di concorso nella violazione), il Collegio osserva comunque che i commi 4, 5 e 6 non appaiono introdurre affatto una disciplina derogatoria a quella ordinaria penale con riferimento al sequestro preventivo. Come gia' ricordato, infatti, il vincolo impeditivo implica soltanto l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore, cosicche' possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprieta' di un terzo, estraneo all'illecito ed in buona fede; ne deriva, allora, che non rileva in questa sede l'eventuale responsabilita' del terzo cessionario (quale la ricorrente, peraltro persona offesa del capo 2), ne' i presupposti oggettivi o soggettivi di questa per come ricavabili dai commi 4, 5 e 6 in oggetto, occorrendo soltanto verificare piuttosto, come si fara' piu' oltre (sub § 18), se la libera disponibilita' della res - anche in capo allo stesso terzo - sia idonea a costituire un pericolo nei termini di cui all'articolo 321 c.p.p., comma 1. 14. Sotto altro profilo, poi, si osserva che proprio la possibilita' che il terzo fornitore ed il cessionario siano chiamati a rispondere ai sensi del comma 6, in caso di concorso, evidenzia ulteriormente il nesso derivativo che il credito ceduto ha rispetto all'originario diritto alla detrazione stessa, non ravvisandosi presupposti, diversamente, per un "recupero" anche nei confronti di questi dell'importo corrispondente alla detrazione medesima. 15. Negli stessi termini, poi, non costituisce argomento a sostegno della tesi della ricorrente neppure il Decreto Legge 27 gennaio 2022, n. 4, articolo 28 ter, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2022, n. 25, in forza del quale "l'utilizzo dei crediti d'imposta di cui al Decreto Legge n. 34 del 2020, articoli 121 e 122, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 77 del 2020, nel caso in cui tali crediti siano oggetto di sequestro disposto dall'Autorita' giudiziaria puo' avvenire, una volta cessati gli effetti del provvedimento di sequestro, entro i termini di cui al medesimo Decreto Legge n. 34 del 2020, articolo 121, comma 3, e articolo 122, comma 3, aumentati di un periodo pari alla durata del sequestro medesimo, fermo restando il rispetto del limite annuale di utilizzo dei predetti crediti d'imposta previsto dalle richiamate disposizioni". Nulla infatti autorizza a sostenere che il fatto che il cessionario possa utilizzare comunque i crediti (in compensazione o per ulteriore cessione), una volta venuti meno gli effetti del vincolo, possa significare insensibilita' di detti crediti rispetto alla misura cautelare penale, derivando anzi da detta previsione la constatazione che e' lo stesso legislatore a prendere atto che un sequestro ben possa essere adottato secondo le regole generali del codice di rito. Una tale conclusione, palesemente derogatoria rispetto alla disciplina generale sul sequestro impeditivo eseguito presso terzi, gia' richiamata, richiederebbe infatti una previsione espressa, che, tuttavia, non si riscontra nella norma in esame posto che, appunto, ed in senso esattamente inverso, la stessa non fa che confermare l'ammissibilita' del sequestro (anche) nei confronti del cessionario, secondo le regole generali, cosi' ribadendo che non si e' in presenza di un acquisto del diritto a titolo originario, impermeabile ad ogni vicenda illecita precedente, come invece affermato dalla ricorrente. 16. Ancora non decisivo, poi, e' un altro elemento testuale che l'impugnazione propone, quale il contenuto della Circolare dell'Agenzia delle entrate n. 24/E dell'8 agosto 2020, nella quale, in particolare, si afferma che "I fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d'imposta ricevuto. Pertanto, se un soggetto acquisisce un credito d'imposta, ma durante i controlli dell'ENEA o dell'Agenzia delle entrate viene rilevato che il contribuente non aveva diritto alla detrazione, il cessionario che ha acquistato il credito in buona fede non perde il diritto ad utilizzare il credito d'imposta". 16.1. Ebbene, al riguardo il Collegio osserva, per un verso, che si tratta soltanto della lettura di un testo normativo compiuta dall'Agenzia delle entrate, e non, invece, di un'interpretazione autentica vincolante erga omnes; per altro verso, ed a conferma di cio', si osserva che la stessa Agenzia - con la successiva circolare n. 23/E del 23 giugno 2022 - ha sostenuto una tesi contraria, ossia che "l'eventuale dissequestro di crediti, acquistati in violazione dei principi sopra illustrati, da parte dell'Autorita' giudiziaria (ad esempio, in ragione dell'assenza di periculum in mora in capo al cessionario) non costituisce ex se circostanza idonea a legittimare il loro utilizzo in compensazione. Di conseguenza, in caso di utilizzo in compensazione di crediti d'imposta inesistenti, interessati dal provvedimento di dissequestro, gli organi di controllo procederanno parimenti alla contestazione delle violazioni e alle conseguenti comunicazioni all'Autorita' giudiziaria per le indebite compensazioni effettuate". Analogamente e' a dirsi, ancora, con riferimento all'audizione in Senato del Direttore Generale dell'Agenzia delle Entrate in data 10 febbraio 2022, 5 commissione bilancio, in cui (pag. 13) si legge testualmente: "Tuttavia, in caso di sequestro di crediti inesistenti da parte dell'Autorita' giudiziaria, in quanto "cose pertinenti al reato", tali crediti diventano inutilizzabili dal terzo cessionario, anche in buona fede, al quale pertanto non resta che rivalersi nei confronti del cedente. Difatti, l'azione di contrasto posta in essere da numerose Procure della Repubblica e' spesso sfociata in sequestri dei crediti nei confronti degli intermediari finanziari, benche' ad essere entrati materialmente in possesso dei profitti del reato destinandoli con ogni probabilita' a ulteriori attivita' illecite - siano stati i reali autori degli illeciti. In altri termini, in queste ipotesi i crediti sequestrati dall'Autorita' giudiziaria non possono essere utilizzati dal cessionario, seppur in buona fede". 17. Da tutto quanto appena riportato, conclusivamente sul punto, consegue che proprio la mancata previsione di una disciplina espressa di segno contrario appare rappresentare la conferma alla lettura offerta dal Tribunale del riesame, non emergendo dal Decreto Legge n. 34 del 2020, e successive modificazioni, alcuna previsione derogatoria ai principi generali, con particolare riguardo all'ipotesi di sequestro i m ped itivo. Anzi, la stessa normativa successiva ha confermato che proprio di cessione di un credito gia' esistente si tratta, e non di una vicenda estintivo-costitutiva: il citato Decreto Legge n. 4 del 2022, articolo 28, infatti, al comma 3 stabilisce la ipotesi di nullita' dei "contratti di cessione", quando conclusi in violazione delle disposizioni di cui all'articolo 121, comma 1, articolo 122, comma 1, e del comma 2 dello stesso articolo 28, cosi' confermando ulteriormente il carattere derivativo dell'istituto e, dunque, la corretta interpretazione contenuta nell'ordinanza impugnata. 18. Il ricorso in esame, di seguito, deve essere rigettato anche con riguardo al periculum in mora, che risulterebbe, secondo quanto prospettato dalla ricorrente con il secondo motivo di ricorso, inesistente nel caso in esame alla luce delle medesime considerazioni gia' poste a fondamento del ricorso e, in particolare, della rivendicata autonomia del credito ceduto rispetto al diritto alla detrazione; ebbene, sul punto appare sufficiente richiamare tutte le considerazioni di segno opposto a sostegno dell'ordinanza impugnata, rispetto alle quali non puo' che emergere con evidenza come la possibilita' di permanente utilizzazione dei crediti originanti da fatto illecito protrarrebbe e/o aggraverebbe le conseguenze del reato secondo quanto previsto dall'articolo 321 c.p.p., comma 1. 19. I primi due motivi di ricorso, pertanto, debbono essere rigettati, perche' infondati. 20. Alle stesse conclusioni, infine, il Collegio non puo' non giungere anche quanto alla terza censura, con la quale si lamenta l'applicazione surrettizia di un indebito sequestro per equivalente a danno di un terzo estraneo al reato; cio' sul presupposto che, in assenza di elementi identificativi, la misura colpirebbe non esattamente i crediti originati dalle artificiose condotte poste in essere dagli indagati, ma crediti - per oltre 7 milioni di Euro - pari alla somma del valore nominale di tutti i crediti d'imposta originatisi in capo al consorzio e poi ceduti (anche indirettamente) alla ricorrente. Con la conseguenza che la misura, pur disposta nei confronti dei crediti d'imposta individuati con richiamo alle condotte contestate, sarebbe stata concretamente eseguita su una massa indistinta di crediti solo di importo equivalente a quello oggetto di indagine, in quanto presenti nel cassetto fiscale di (OMISSIS). 20.1. Questa tesi, pur suggestiva, non puo' pero' essere accolta. Al riguardo si osserva, in primo luogo, che l'assenza di uno specifico codice identificativo (introdotto soltanto con disposizioni successive) non si traduce nell'assegnazione al credito di una natura prettamente fungibile, come fosse una somma di denaro; per come riportato nell'ordinanza impugnata (pag. 1), infatti, il provvedimento genetico ha individuato l'oggetto della misura in modo specifico e sufficientemente dettagliato, richiamando i "crediti d'imposta correlati alle detrazioni fiscali previste dal Decreto Legge n. 34 del 2020, articoli 119 - 121 (cd. Superbonus per attivita' edilizia") intestati al CONSORZIO (OMISSIS) con sede in Napoli e di quelli ceduti da detto ente a terzi". Tale espressione, dunque, non consente alcuna assimilazione di questi crediti ad una indistinta somma di denaro, ne' trasforma in un bene fungibile cio' che, per contro, possiede ab origine un'effettiva e propria individualita'. In senso contrario, peraltro, non risultano decisive neppure le considerazioni svolte infine dalla difesa, dalle quali, anzi, emerge con chiarezza che il vizio denunciato atterrebbe non al provvedimento impositivo del vincolo, ma alla sua concreta esecuzione; un argomento, dunque, estraneo al giudizio di questa Corte, in forza del costante principio per cui i provvedimenti riguardanti le modalita' di esecuzione del sequestro preventivo non sono ne' appellabili ne' ricorribili per cassazione e le eventuali questioni ad essi attinenti vanno proposte in sede di incidente di esecuzione (per tutte, Sez. 1, n. 8283 del 24/11/2020, Sforza, Rv. 280604). 21. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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