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REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano TRIBUNALE DI NAPOLI VI Sezione Civile Il Tribunale di Napoli, VI sezione civile, in composizione monocratica, dott.ssa Valeria Conforti, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 17931/2020 R.Gen.Aff.Cont. assegnata in decisione all'udienza del 21.5.2024 Tra (...), rappresentato e difeso dall'Avv.to AL.PE., in virtù di procura in atti, presso il quale ha eletto domicilio in Arzano (NA) alla via (...) - ATTORE- E (...), In persona dell'amministratore p.t. (Cf: p.iva_i elett. dom.to in Napoli C.so (...), presso lo studio dell'avv. Do.Sc., che lo rappresenta e difende in virtù di procura in atti. -CONVENUTO OGGETTO: impugnativa delibere assembleari. CONCLUSIONI: come da conclusioni rassegnate all'udienza del 21.5.2024 RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Il Tribunale richiama gli atti ed i verbali di causa per ciò che concerne lo svolgimento del processo e le deduzioni difensive, in ossequio al nuovo testo dell'art. 118 disp. att. c.p.c. così come modificato con l. 69/2009. In primo luogo la domanda è procedibile in quanto è stato sperimentato il tentativo di mediazione ad iniziativa dell'attore in relazione alla opposizione delle delibere proposta in questa sede (cfr docc. prodotti in allegato alla nota del 9.5.2024), tentativo che ha avuto esito negativo. Passando al merito, si evidenzia in estrema sintesi che (...) dopo avere premesso di essere condomino del fabbricato in Napoli alla (...), costituente un supercondominio ((...)) ha dedotto che solo a seguito della notifica del decreto ingiuntivo n. 2114/2020 emesso dal Tribunale di Napoli il 30.032020 ed avvenuta il 16.06.2020, egli era venuto a conoscenza per la prima volta della esistenza di alcune riunioni condominiali e delle relative delibere assembleari, delle quali aveva chiesto ed ottenuto copia in data 07 luglio 2020. Si tratta nel dettaglio delle seguenti delibere: riunione assembleare del 23.11.2017; riunione assembleare del 03.10.2019 e del 10.10.2016, (assemblee straordinarie di tutti i condòmini); riunione assembleare del 18.07.2016; riunione assembleare del 15.03.2017; riunione assembleare del 21.05.2019 tenute invece dai delegati del Supercondominio. L'attore ha chiesto in primo luogo l'annullamento delle tre assemblee straordinarie sopra richiamate in quanto affette dai seguenti vizi: 1) omessa convocazione dell'istante ed omessa comunicazione del relativo verbale in copia (tale vizio è stato dedotto anche per le altre tre delibere dei delegati); 2) omessa verbalizzazione della mancata costituzione dell'assemblea in prima convocazione; 4) violazione artt. 1136 Ve VI co. in quanto non risulta la dichiarazione del Presidente dell'Assemblea che attesti che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione; 5) violazione dell'art.1137 c.p.c. in quanto in tutte le delibere opposte è stata genericamente verbalizzata l'approvazione di alcuni punti dell'ordine del giorno, senza alcuna menzione circa il tipo di votazione - a maggioranza o all'unanimità dei presenti - e l'eventuale presenza di dissenzienti o astenuti, e manca del tutto l'indicazione dei condomini presenti e di quelli assenti. Tali vizi sono stati eccepiti anche in relazione alle delibere dei delegati impugnate in questa sede in uno alle ulteriori seguenti specifiche irregolarità dedotte: a) violazione dell'art. 66 disp. Att. c.c. in quanto le convocazioni sono state operate in modo irrituale ovvero a mezzo semplice mail; b) mancanza di un rappresentante dell'(...) del (...) di (...) validamente nominato; c) violazione delle disposizioni in materia di redazione del rendiconto (art. 1130 e 1130 bis c.p.c.) in relazione alla delibera del 21/05/2019 punti 2, 3, 5, odg d) nullità delle delibere del 18 luglio 2016, del 15 marzo 2017 e del 21 Maggio 2019 rispettivamente al primo punto (18/07/2016) ed al secondo punto (15/03/2017 e 21/05/2019) dell'ordine del giorno in quanto sono state assunte decisioni su spese straordinarie che eccedono la competenza dell'assemblea dei delegati, con illegittima ripartizione del relativo esborso. Il (...) si è costituito con comparsa depositata il 27.11.2020 eccependo l'improcedibilità della domanda per omessa previa mediazione; la decadenza dall'impugnazione svolta in relazione al termine previsto dall'art. 1137 c.c.; l'insussistenza degli ulteriori vizi denunciati. Cosi ricostruiti i termini della vicenda, il Tribunale ritiene certamente fondata l'impugnazione proposta avverso le delibere plenarie del 03.10.2019, del 10.10.2016 e del 23.11.2017 in relazione al vizio di omessa convocazione del condòmino attore nei termini in cui è stato dedotto in citazione. L'omessa convocazione si annovera pacificamente tra i vizi che rendono la relativa delibera annullabile nel termini decadenziale previsto dall'art. 1137 c.c. La decadenza è un'eccezione sollevabile solo dalla parte nel termine di venti giorni prima della prima udienza indicata in citazione. E tuttavia nel caso di specie a fronte dell'udienza del 4.12.2023 il (...) si è costituito tardivamente (rispetto alla possibilità di sollevare eccezioni c.d. in senso stretto) in data 27.11.2020 proponendo quindi l'eccezione oltre il termine l'eccezione di decadenza. Orbene, superato questo rilievo di parte convenuta occorre rammentare che il (...) ha l'obbligo di convocare regolarmente tutti i condomini secondo quanto prescritto dall'art. 66 disp. att. c.c.; infatti, l'avviso di convocazione "deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data dell'adunanza" attraverso mezzi specifici, ovverosia posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax, o consegna a mano. Costituisce inoltre un principio ormai consolidato nella giurisprudenza sia di legittimità (Cass. n. 24134/2009, Cass. n. 22685/2014) che di merito (Trib. Milano n. 4551/2019, Trib. Roma n. 3631/2020; Trib Torino sent n. 4300 del 21.9.2021) quello secondo cui incombe sul cp_i l'onere di provare di aver convocato, nei termini di legge, il condomino, non potendo gravare in capo a quest'ultimo l'onere di una dimostrazione negativa, quella, appunto, di non aver ricevuto la delibera. Quindi il Condominio deve dimostrare di aver inviato, tramite i mezzi indicati dall'art. 66 disp. att. c.c., l'avviso di convocazione al condomino, entro cinque giorni prima della deliberazione. Orbene deve risultare che l'avviso di convocazione sia stato non solo inviato ma anche ricevuto nel termine dei cinque giorni; posto che l'avviso di convocazione ha natura di atto recettizio, in applicazione delle presunzioni di cui all'art. 1335 c.c., è sufficiente che il (...) fornisca prova della data di pervenimento dell'avviso all'indirizzo del destinatario, vale a dire l'avvenuto recapito all'indirizzo del destinatario, salva la prova da parte del destinatario medesimo (singolo condòmino) dell'impossibilità di acquisire in concreto l'anzidetta conoscenza per un evento estraneo alla sua volontà, quale potrebbe essere un cambio di residenza ovvero ancora un mutamento del luogo di consegna dell'avviso di convocazione preventivamente comunicato con mezzi idonei all' amministratore. In applicazione di tali principi va indagata la prova offerta dal (...); al riguardo va subito messo in luce che nella prima difesa utile seguente il deposito della documentazione relativa alla indicata ricezione delle convocazioni da parte di (...) quest'ultimo ha puntualmente disconosciuto la firma apposta alle stesse (cfr note di trattazione per l'udienza del 29.1.2021). A fronte dello specifico e puntuale disconoscimento il (...) convenuto non ha dedotto nulla e soprattutto non ha formulato, neanche nelle successive memorie, istanza di verificazione. E' note che la parte che si vuole avvalere di una scrittura disconosciuta deve chiederne la verificazione altrimenti il documento non può più far parte del materiale istruttorio esaminabile ai fini della decisione". Il Condominio non può dunque giovarsi dell'efficacia probatoria che deriverebbe dalla ricevuta della convocazione firmata dal ricevente (cfr, Ordinanza n. 3602 del 08/02/2024, conforme Corte di Cassazione, Sezioni unite civili, Sentenza n. 3086/ 2022,). "In tema di disconoscimento della scrittura privata, la mancata proposizione dell'istanza di verificazione equivale, secondo la presunzione legale, ad una dichiarazione di non volersi avvalere della scrittura stessa come mezzo di prova, con la conseguenza che il giudice non deve tenerne conto - essendogli precluso l'accertamento dell'autenticità in base ad elementi estrinseci alla scrittura medesima o ad argomenti logici - e che la parte che ha disconosciuto la scrittura non può trarre dalla mancata proposizione dell'istanza di verificazione elementi di prova a sé favorevoli". Posto che le ricevute di consegna che il condominio assume essere stata firmate dall'attore sono state disconosciute ed erano esse la fonte di prova dell'avvenuta regolare convocazione di (...) va da sé che detta prova che ricadeva sul condominio non è stata raggiunta. Il vizio di omessa convocazione travolge tutte e tre le delibere plenarie impugnate nell'atto di citazione, che vanno per tal ragione annullate, rendendo non necessario per il principio della ragione più liquida l'esame delle ulteriori censure svolte da parte attrice alle delibere in parola. Passando ad esaminare le ulteriori tre decisioni assembleari impugnate, quelle alle quali hanno partecipato i soli rappresentanti, il Tribunale rileva anzitutto che con riferimento alla delibera del 21.5.2019 è intervenuta sentenza passata in giudicato con la quale detta decisione è stata annullata in relazione ai punti 2, 3, 5, all'odg. L'attore ha proposto opposizione avverso detta decisione nel suo complesso per cui non può ritenersi venuto meno l'interesse ad impugnare in relazione ai restanti punti non caducati dalla pronuncia definitiva ora richiamata. Per quanto concerne il vizio afferente la erronea modalità di convocazione risulta dagli atti depositati nell'all. 5 alla comparsa di risposta che (...) abbia ricevuto la convocazione dell'assemblea del 20-21/5/2019 (all. 8) in data 30/4/2019 mediante raccomandata a mano. Quindi tale censura è superata dalla documentazione prodotta ed alcun rilievo può assumere l'eventuale disconoscimento della firma da parte dell'attore che è soggetto diverso da colei che si assume abbia firmato la ricevuta della convocazione. Anche la censura relativa alla esistenza al momento della delibera di un rappresentante dell'isolato C validamente nominato è infondata oltre che genericamente formulata. Dagli atti prodotti dal (...) convenuto si evince che il condominio dell'isolato C in data 14.2.2014 ha proceduto a nominare quale rappresentate (...) "per la gestione ordinaria delle parti comuni e per la nomina dell'amministratore ex artt. 1117 bis c.c. 67 disp att c.c." con un mandato in alcun modo limitato alla specifica singola delibera, il che induce a ritenere che i condòmini abbiano inteso nominare (...) fino alla revoca che non risulta essere intervenuta. Questo Giudice ritiene che le profonde differenze esistenti tra l'incarico, i poteri ed il ruolo del rappresentante del condominio partecipante ad un supercondominio rispetto alla figura dell'amministratore depongano per l'inapplicabilità della disciplina sulla durata dell'incarico di quest'ultimo al rappresentante previsto e disciplinato dall'art. 67 disp att. Quest'ultimo infatti pur essendo libero nell'esercizio delle sue funzioni si limita a rappresentare il condominio nelle assemblee dei delegati dei singoli enti di gestione al fine di semplificare la gestione dei beni comuni ai diversi condomini e per la nomina dell'amministratore del supercondominio; come è noto invece l'amministratore di condominio è dotato di maggiori poteri e capacità di iniziative (anche giudiziali a tutela del credito del condominio ad esempio) con molteplicità di doveri cui corrispondono altrettante ipotesi codificate di revoca dalle sue funzioni. Pertanto in mancanza di una specifica disciplina sulla durata dell'incarico del rappresentante all'interno di un supercondominio le diversità evidenziate rendono, a parere dello scrivente, incompatibile tale specifica disciplina relativa alla figura dell'amministratore sicché è ben possibile che i condòmini possano decidere di nominare un rappresentante senza limiti temporali, salva la possibilità di revoca senza particolari ragioni, come risulta abbiano operato nel caso della palazzina isolato c. In ordine ai punti 2, 3, 5 all'odg di siffatta delibera si è già detto che la definitività della sentenza che ha annullato detti punti della decisione ha determinato una sopravvenuta carenza di interesse rispetto alla domanda di annullamento/nullità di tali punti decisi nell'assemblea del 21.5.2019. L'ulteriore vizio denunciato rappresentato dalla mancata verbalizzazione della mancata costituzione dell'assemblea in prima convocazione è palesemente infondato in quanto secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di merito che questo Tribunale condivide " una volta accertata la regolare convocazione dell'assemblea, l'omessa redazione del verbale che consacra la mancata riunione dell'assemblea in prima convocazione non impedisce che si tenga l'assemblea in seconda convocazione, né la rende invalida"(Trib. Bari Sez. III, 09/09/2014; Trib. Milano Sez. XIII, 13/03/2013; Trib. Salerno Sez. I, 16/09/2010; Trib. Chieti, 26/11/2007; App. Catania Sez. II, 11/02/2006; App. Genova, 05/10/1979). Anche l'eccezione di violazione dell'art. 1136 comma 6 c.c. è da respingere in quanto la norma non impone la trascrizione dell'avvenuta convocazione di tutti gli aventi diritto laddove sia evidente che detta verifica sia stata operata. Peraltro nelle delibere dei delegati oggetto di opposizione si dà sempre atto della convocazione di tutti gli aventi diritto e dei presenti. Infine la dedotta violazione dell'art. 1137 c.c. per omissione nel verbale dei votanti, del numero dei votanti e delle relative quote millesimali, nonché della eventuale presenza di dissenzienti o astenuti, con conseguente annullabilità della stessa è del pari infondata in quanto nei verbali delle delibere dei delegati risultano i rappresentanti presenti e la modalità di votazione dei singoli punti all'odg. Passando alla opposizione alla delibera del 18/07/2016 l'attore, oltre sollevare le ultime tre doglianze esaminate che sono comuni alle delibere impugnate, doglianze infondate anche in relazione a tale riunione assembleare per identiche ragioni, ha dedotto l'invalidità della "l'approvazione dei rendiconti 2005-2016 e relative ripartizioni" di cui al punto 1 in quanto avrebbero ad oggetto anche spese c.d. straordinarie che esulano la competenza dell'assemblea dei delegati. Dall'esame di tale riunione si evince che la decisione su questo punto è stata rinviata ad una successiva adunanza per cui non vi è interesse all'impugnativa proposta in questi termini. Passando infine ad esaminare l'impugnazione avverso la delibera del 15.3.2017, richiamate le motivazioni sopra espresse sui vizi sollevati per tutte le delibere, si evidenzia che anche le doglianze relative alla mancanza di un rappresentante per l'isolato C ed alla irrituale convocazione sono superate per le medesime ragioni già esaminate (peraltro a detta riunione ha partecipato anche il rappresentante isolato C). Non è poi chiaro dalla deduzione di parte attrice quali specifiche spese straordinarie sarebbe state illegittimamente adottate dall'assemblea dei delegati A ben vedere non è neanche chiaro se questo profilo (approvazione di spese che non sarebbero di competenza dell'assemblea dei rappresentanti) sia stato dedotto solo in relazione alla delibera del 21.5.2029 ovvero anche a quella del 15.3.2017. Concludendo dunque mentre l'opposizione avverso le delibere del 10.10.2026, 23.11.2027 e 10.10.2016 vanno accolte per le ragioni indicate, l'opposizione alle delibere dei rappresentanti del 21.5.2029, del 18.7.2016 e 15.3.2017, esclusi i punti per cui non vi è interesse ad impugnare per l'intervento di sentenze definitive, vanno respinte per tutto quanto motivato. L'accoglimento dell'opposizione avverso tre delibere ed il rigetto dell'impugnativa di altre tre configura un'ipotesi di accoglimento di una sola delle domande svolte che giustifica la compensazione del 50% delle spese di lite, liquidate come in dispositivo in applicazione delle tariffe di cui al D.M. 147/2022, secondo lo scaglione di riferimento (valore indeterminabile complessità bassa) e riconoscendo i compensi nella misura tra il minimo ed il medio. P.Q.M. Il Tribunale di Napoli, VI Sezione Civile, definitivamente pronunciando sulle domande di cui al procedimento RG 17931/2020, ogni ulteriore e diversa istanza disattesa, così provvede: 1) in accoglimento dell'impugnazione svolta avverso le delibere plenarie del 10.10.2016, 23.11.2017 e 3.10.2019 per le ragioni indicate in parte motiva annulla le suindicate decisioni; 2) respinge l'impugnazione avverso le delibere del 21.5.2029, del 18.7.2016 e 15.3.2017 per le ragioni e con le precisazioni operate in parte motiva; 3) condanna il (...) convenuto al pagamento, in favore di parte attrice, del 50% delle spese di giudizio che vengono liquidate in euro 49,00 per esborsi ed euro 2.800,00 per compensi professionali oltre IVA, CPA e rimborso forfettario del 15%, il restante 50% è compensato tra le parti Napoli, 9 luglio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ORILIA Lorenzo - Presidente Dott. MOCCI Mauro - Consigliere Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere Dott. VARRONE Luca - Consigliere Dott. OLIVA Stefano - Rel. Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 6709-2019 proposto da: Zu. E PARTNERS Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, (...), nello studio dell'avv. GI.CA., che la rappresenta e difende unitamente all'avv. AL.DE. - ricorrente - contro CONDOMINIO (...) LOTTO (...) e CONDOMINIO (...) LOTTO (...), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, e FA.FR., elettivamente domiciliati in ROMA, (...), nello studio dell'avv. LU.GA., rappresentati e difesi dall'avv. EM.VI. - controricorrenti - nonché contro CONDOMINIO (...) LOTTO (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, (...), nello studio dell'avv. BR.VE., rappresentato e difeso dall'avv. LU.BA. - controricorrente - nonché contro Zu.Eu. e CONDOMINIO (...) LOTTO (...) - intimati - avverso la sentenza n. 1698/2018 della CORTE DI APPELLO di GENOVA, depositata il 08/11/2018; udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere Oliva; udito il P.G., nella persona della dott.ssa ROSA MARIA DELL'ERBA FATTI DI CAUSA Con atto di citazione notificato il 9.11.2006 la società Zu.Fl. E C. Sas (oggi, Zu. E Partners Srl) esponeva di essere proprietaria esclusiva di alcune aree contigue a tre edifici, costituenti il complesso denominato (...), individuati come lotto (...), lotto (...) e lotto (...), al di sotto delle quali nel 1997 era stata installata, senza titolo, una condotta fognaria a servizio del Condominio (...), Lotto (...)) e del Condominio (...), Lotto (...)). L'attrice esercitava dunque l'actio negatoria servitutis, evocando in giudizio innanzi il Tribunale di Savona i predetti due enti di gestione ed invocando una sentenza di condanna degli stessi a rimuovere la condotta di cui anzidetto e a ripristinare il giardino soprastante. Si costituivano i convenuti, chiedendo la chiamata in causa del Condominio (...), Lotto (...)) e del Condominio (...), Lotto (...), che pure utilizzavano il tracciato fognario contestato dalla società attrice, ed invocando la costituzione di una servitù di scarico coattivo, a fronte del carattere fatiscente della preesistente, ed originaria, condotta fognaria a servizio degli stabili in condominio. Con sentenza n. 362/2014 il Tribunale accoglieva la domanda. Con la sentenza impugnata, n. 1698/2018, la Corte di Appello di Genova riformava la decisione di primo grado, configurando l'esistenza di un supercondominio sulle aree oggetto di causa, e dunque rigettando la domanda proposta dalla società originaria attrice, sul presupposto che l'utilizzazione degli spazi oggetto di causa rientrasse nei limiti del godimento della cosa comune. Zu. E Partners Srl propone ricorso per la cassazione di tale pronuncia, affidandosi ad otto motivi. Resistono con separati controricorsi, da un lato, il Condominio (...), Lotto (...)), il Condominio (...), Lotto (...)) e Fr.Fr., e, dall'altro lato, il Condominio (...), Lotto (...). Le parti intimate, Condominio (...), Lotto (...)) e Zu.Eu., non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità. In prossimità dell'udienza pubblica, tutte le parti costituite hanno depositato memoria ed il P.G. ha depositato note scritte. Sono comparsi all'udienza pubblica il P.G. dott.ssa Rosa Maria Dell'Erba, che ha concluso per il rigetto del ricorso, l'avv. An.In., in sostituzione dell'avv. Gi.Ca., per la parte ricorrente, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso, l'avv. Lu.Ba., per il controricorrente Condominio (...) lotto (...), e l'avv. Lu.G., per gli altri controricorrenti, i quali hanno entrambi concluso per il rigetto del ricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE Preliminarmente, va osservato che la mancata notificazione del ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità a tutte le parti del giudizio di merito, indicate nella sentenza impugnata, non implica necessariamente il rinvio della decisione, in applicazione del principio della durata ragionevole del processo (cfr., ex multis, Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 12515 del 21/05/2018, Rv. 648755). Passando all'esame dei motivi del ricorso, con il primo di essi la parte ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 24 e 111 Cost., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe riformato la decisione di prima istanza sulla base di una motivazione inesistente e meramente apparente, fondata in particolare sul richiamo della decisione assunta dal medesimo ufficio giudiziario in altra controversia, che opponeva la società odierna ricorrente al Condominio (...), Lotto Ponente, ed aveva ad oggetto un bene diverso da quello oggetto del presente giudizio. La censura è infondata. La Corte di Appello ha richiamato la propria decisione assunta a conclusione del giudizio R.G. 62/2025, che opponeva la società odierna ricorrente al Condominio (...), Lotto Ponente, dando atto dei passaggi salienti del percorso motivazionale che, in quel contesto, l'avevano condotta a concludere affermando la sussistenza di un supercondominio insistente sull'unico porticato perimetrale dei tre edifici costituenti i lotti (...), (...) e (...) del complesso denominato (...) (cfr. pagg. 9 e ss. della sentenza impugnata), ed ha evidenziato, in particolare, che la natura supercondominiale del predetto porticato era stata ricavata dal fatto che in tutti i regolamenti dei vari condomini costituiti in relazione ai tre edifici facenti parte del complesso ne era prevista la destinazione all'uso comune ed al transito a favore di tutti i caseggiati, al di là di una precisazione, contenuta nel solo regolamento del Condominio Lotto (...), la quale tuttavia non poteva condurre ad ipotizzare la possibilità che il medesimo bene costituisse, al contempo, bene comune per i partecipanti al Condominio del Lotto (...) e bene di proprietà individuale per i partecipanti ai Condomini dei Lotti (...) e (...) (cfr. pag. 12 della sentenza). La Corte distrettuale ha poi evidenziato che la riserva di proprietà operata, nei primi atti di cessione, dagli originari costruttori del complesso immobiliare oggetto di causa, riguardava soltanto "il piano terreno" e non anche il porticato esterno, e dovesse quindi essere interpretata come riferita ai soli spazi interni al piano terra, e non anche alle aree esterne agli edifici (cfr. pag. 13 della sentenza). Ed infine, la Corte genovese ha evidenziato che, sempre in base ai regolamenti condominiali dei tre edifici costituenti l'unico complesso denominato (...), era previsto che il porticato fosse "...delimitato e piastrellato ad uso marciapiedi, o sistemato a zona verde", ed ha ritenuto che con tale espressione si fosse inteso ricomprendere, nell'ambito dell'unica area denominata "porticato" ed avente natura supercondominiale, anche gli spazi verdi e le aiuole, che costituiscono oggetto del presente giudizio (cfr. pag. 14 della sentenza). La motivazione, pertanto, lungi dall'essere inesistente, o meramente apparente, consente agevolmente di ricostruire l'iter logico-argomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione, non è affetta da irriducibile contrasto logico né da manifesta illogicità ed è idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830, nonché, in motivazione, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639). Essa si fonda, in particolare, su una interpretazione non incoerente del contenuto dei regolamenti condominiali dei tre edifici compresi nell'unico complesso immobiliare di cui è causa, alla quale la società ricorrente contrappone una differente ed alternativa lettura del dato negoziale, senza tuttavia considerare che "La parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell'interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., avendo invece l'onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l'interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest'ultima non deve essere l'unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l'interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l'altra" (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 28319 del 28/11/2017, Rv. 646649; conf. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 16987 del 27/06/2018, Rv. 649677; in precedenza, nello stesso senso, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009, Rv. 610944 e Cass. Sez. L, Sentenza n. 25728 del 15/11/2013, Rv. 628585). Peraltro, il giudice di merito ha anche dato atto che sussiste una "stretta contiguità" tra porticato, aiuole e percorso sotterraneo, tanto della condotta originaria, ammaloratasi, che di quella con la quale la prima è stata sostituita nel 1997 (cfr. pag. 13 della sentenza impugnata) e che, poiché le dette aree - porticato ed aiuole - erano comunque interessate al passaggio della condotta originaria, lo spostamento operato nel 1997 non integrava aggravio della situazione precedente, fermo restando che, in ogni caso, per poter raggiungere la condotta fognaria comunale era necessario attraversare il sottosuolo del porticato e delle contigue zone a verde (cfr. pag. 14 della sentenza). Trattasi di ricostruzione del fatto e delle prove, alla quale la parte ricorrente contrappone, in sostanza, una lettura alternativa del compendio istruttorio, senza tener conto che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un'istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Né è consentito proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle prove, dovendosi ribadire il principio per cui "L'esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata" (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330). Con il secondo motivo, la parte ricorrente denunzia la nullità del procedimento e della sentenza per violazione degli artt. 112, 115, 345 c.p.c. e 2909 c.c., in relazione all'art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente affermato l'esistenza di una servitù a carico delle zone a verde, trascurando che il Tribunale di Savona aveva affermato l'assenza di prova sul punto, come pure sulla impossibilità di utilizzare la vecchia conduttura di scarico, e che dette statuizioni non erano state fatte oggetto di specifiche censure da parte dei Condomini appellanti. La censura è infondata. La sentenza impugnata dà atto che i Condomini appellanti avevano invocato il rigetto dell'actio negatoria servitutis proposta dalla società odierna ricorrente, onde oggetto del gravame era l'esistenza, o meno, del diritto reale di cui sopra. L'intera statuizione con la quale il Tribunale aveva, invece, accolto la predetta domanda, era stata fatta oggetto di gravame. Né può ipotizzarsi la formazione di un giudicato interno su una singola porzione del complessivo iter logico-argomentativo che aveva condotto il giudice di prime cure ad accogliere la actio negatoria oggetto di causa, posto il principio, che merita di essere ribadito, secondo cui "Costituisce capo autonomo della sentenza -come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato interno- solo quello che risolva una questione controversa tra le parti, caratterizzata da una propria individualità e una propria autonomia, sì da integrare, in astratto, gli estremi di un decisum affatto indipendente, ma non anche quello relativo ad affermazioni che costituiscano mera premessa logica della statuizione in concreto adottata" (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 2379 del 31/01/2018, Rv. 647932; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22863 del 30/10/2007, Rv. 599955). Infatti "La locuzione giurisprudenziale "minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno" individua la sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall'effetto giuridico, con la conseguenza che la censura motivata anche in ordine ad uno solo di tali elementi riapre la cognizione sull'intera statuizione, perché, impedendo la formazione del giudicato interno, impone al giudice di verificare la norma applicabile e la sua corretta interpretazione" (Cass. Sez. L, Ordinanza n. 16853 del 26/06/2018, Rv. 649361; conf. Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 12202 del 16/05/2017, Rv. 644289 e Cass. Sez. L, Sentenza n. 2217 del 04/02/2016, Rv. 638957). Ne consegue che l'affermazione secondo cui non sarebbe stata offerta la prova della esistenza della servitù di scarico, o della impossibilità di utilizzare il tracciato originario della stessa, non è suscettibile di passare in giudicato, poiché essa non integra un decisum indipendente, bensì una porzione della sequenza logica articolata in fatto, norma ed effetto finale. Non si è quindi formato, nel caso di specie, alcun giudicato interno. Con il terzo motivo, la parte ricorrente si duole della violazione o falsa applicazione degli artt. 949, 1068 e 2697 c.c., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente rigettato l'actio negatoria servitutis, affermando che lo spostamento del tracciato originario della condotta di scarico non integrerebbe aggravamento della situazione preesistente. Ad avviso della società ricorrente, lo spostamento della servitù rispetto alla sua originaria collocazione presuppone una sentenza costitutiva, dovendosi in difetto qualificare lo spostamento come atto illecito, idoneo ad integrare uno spoglio. La censura è infondata. La Corte di Appello, con il ragionamento ricostruito in occasione dello scrutinio del primo motivo del ricorso, ha ritenuto che le aree a verde oggetto della presente controversia rientrassero nell'ambito del porticato, destinato per clausola regolamentare all'uso ed al transito di tutti i proprietari degli immobili compresi nel complesso immobiliare denominato (...) e costituissero bene di natura supercondominiale. Di conseguenza, la Corte distrettuale ha ritenuto lecito l'utilizzazione dei beni di cui si discute, osservando che la stessa non comportava alcun aggravio della situazione originaria. Con tale osservazione, la Corte di merito non ha affatto inteso esprimere una valutazione circa la sussistenza di un aggravamento della servitù, ma ha escluso in radice la configurabilità di un diritto in re aliena e si è limitata ad affermare che l'utilizzazione di un bene comune in concreto posta in essere da uno dei suoi comproprietari, mediante lo spostamento della condotta di scarico di cui si discute, non comportava un aggravio rispetto all'uso precedente. La statuizione è coerente con l'insegnamento di questa Corte, non essendo possibile ipotizzare l'esistenza di un diritto di servitù a carico di un bene comune, a favore di un diverso bene di proprietà individuale di uno dei contitolari del fondo preteso servente, in funzione del principio del nemini res sua servit, e del fatto che il comproprietario ha comunque diritto di utilizzare la cosa comune nel rispetto delle norme in tema di comunione, e dunque nei limiti previsti dall'art. 1102 c.c. (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4386 del 26/02/2007, Rv. 598234; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20200 del 19/10/2005, Rv. 584211; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12569 del 27/08/2002, Rv. 557128; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26807 del 21/10/2019, Rv. 655658; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7971 del 11/03/2022, Rv. 664315). Il riferimento, operato dalla parte ricorrente, al concetto di aggravamento della servitù per effetto dello spostamento dell'originario tracciato è dunque fuorviante, poiché, una volta affermato che le aree a verde di cui è causa costituiscono, al pari del porticato perimetrale ai tre edifici compresi nel complesso denominato (...), un bene supercondominiale, il suo utilizzo, da parte di uno dei suoi comproprietari, si colloca al di fuori dell'alveo del diritto in re aliena, trattandosi di uso di un bene proprio. Con il quarto motivo, la società ricorrente lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe trascurato di rilevare che gli originari proprietari e costruttori del complesso si sarebbero riservati la proprietà delle aree oggetto di causa, le quali pertanto mai avrebbero acquistato la natura di bene comune. Con il quinto motivo, si duole invece dell'omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe erroneamente interpretato le risultanze del verbale di deposito del 17.1.1963, con il quale sarebbe stato depositato il regolamento del Condominio (...) Lotto (...), trascurando di rilevare che quest'ultimo sarebbe stato approvato soltanto dai proprietari dell'edificio denominato "Lotto (...)", mentre gli altri soggetti presenti all'atto vi avrebbero preso parte soltanto per approvare il distinto regolamento intercondominiale avente ad oggetto l'impianto di riscaldamento comune all'intero complesso. Con il settimo motivo, da scrutinare logicamente prima del sesto, la parte ricorrente denunzia invece la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1365 e 1366 c.c., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che i comproprietari dei lotti "(...)" e "(...)" del complesso immobiliare denominato (...) avevano partecipato al verbale di deposito del regolamento del Condominio del Lotto (...), mentre essi avevano partecipato soltanto al deposito del distinto regolamento intercondominiale concernente l'impianto di riscaldamento comune ai tre edifici. Le tre censure, suscettibili di esame congiunto, sono inammissibili, in quanto esse propongono una interpretazione del contenuto del verbale di deposito del 17.1.1963 diversa ed alternativa a quella, non implausibile, propugnata dal giudice di merito, al fine di conseguire un riesame del giudizio di merito. Valgono quindi, al riguardo, le medesime considerazioni esposte in occasione dello scrutinio del primo motivo del ricorso. Con il sesto motivo, la società ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 934, 1117, 1138, 1372, 1376, 2643, 2644 e 2645 c.c., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe trascurato di rilevare che nel caso di specie si configurerebbero tre distinte comunioni immobiliari, corrispondenti ai tre edifici compresi nel complesso immobiliare denominato (...), che in origine appartenevano a diversi proprietari. Di conseguenza, tra i tre edifici non avrebbe potuto operare la norma di cui all'art. 1117 c.c., proprio perché essi appartenevano a soggetti diversi; per poter affermare, dunque, che un determinato cespite appartenga pro quota a tutti i Condomini compresi nei predetti tre edifici, e costituisca quindi bene in supercondominio tra gli stessi, occorrerebbe un titolo, che nella specie non esiste, e che non potrebbe esser sostituito dalle clausole dei rispettivi regolamenti condominiali, atteso che questi ultimi sono privi di efficacia traslativa o costitutiva di diritti reali. La censura è infondata. La Corte distrettuale ha ritenuto che per l'esistenza di un supercondominio non occorre un atto formale, ma è sufficiente che taluni beni vengano di fatto destinati a servizio di diversi edifici, a loro volta costituiti in condominio (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata). La statuizione è coerente con l'insegnamento di questa Corte, secondo cui "Al pari del condominio negli edifici, regolato dagli artt. 1117 e segg. c.c., anche il c.d. supercondominio, viene in essere ipso iure et facto, se il titolo non dispone altrimenti, senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno di approvazioni assembleari, essendo sufficiente che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati, attraverso la relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, pro quota, ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27094 del 15/11/2017, Rv. 645955; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17332 del 17/08/2011, Rv. 619034; cfr. anche, in termini, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19939 del 14/11/2012, Rv. 624475). Non è dunque richiesta l'originaria appartenenza del bene in supercondominio al medesimo proprietario dei vari condomini che ne usufruiscono, ben potendosi configurare la predetta natura supercondominiale proprio in funzione del vincolo di asservimento del cespite a diversi edifici, in assenza di clausola contrattuale che preveda espressamente la riserva di proprietà dei beni in esame in capo ad un determinato soggetto, facente parte di uno dei Condomini partecipanti al supercondominio o meno. L'accertamento dell'esistenza, in concreto, del predetto vincolo di destinazione costituisce quaestio facti, affidata al giudice di merito, che nel caso specifico ha ravvisato detto vincolo valorizzando la decisiva circostanza che le aree a verde oggetto del presente giudizio costituivano una porzione del porticato perimetrale dei tre edifici compresi nell'unico complesso denominato (...) e partecipavano dunque alla stessa funzione cui quest'ultimo era asservito. Con l'ottavo motivo, la ricorrente lamenta infine la violazione o falsa applicazione degli artt. 949, 1130, 1131 e 2697 c.c., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe trascurato di considerare che la parte nei cui confronti viene proposta actio negatoria servitutis è onerata di fornire la prova dell'esistenza del diritto di compiere l'attività lamentata dall'attore in negatoria. La censura è inammissibile, in quanto non si confronta con la ratio della decisione. La Corte di Appello ha escluso che, nella specie, si possa configurare un diritto di servitù, ravvisando la natura supercondominiale delle aree di cui è causa, e dunque l'esistenza, su di esse, di una comunione tra i diversi Condomini compresi nell'unitario complesso denominato (...). Una volta configurato il diritto di comunione sul cespite, la sua utilizzazione soggiace, come già detto, alle norme in tema di comunione, nei limiti di quanto previsto dall'art. 1102 c.c., onde il comproprietario non è tenuto a fornire alcuna dimostrazione ulteriore rispetto a quella del suo diritto di comunione sulla res. Va, sul punto, data continuità al principio secondo cui "In tema di ricorso per cassazione, è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata" (Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 19989 del 10/08/2017, Rv. 645361; conf. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 8247 del 27/03/2024, non massimata, in motivazione, specificamente a pag. 10). In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto - ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 - della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell'impugnazione, se dovuto. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente principale al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500, di cui Euro 200 di esborsi, oltre rimborso delle spese generali, nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti, come per legge, in favore di ciascuna delle due parti controricorrenti. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, addì 16 maggio 2024. Depositata in Cancelleria il 3 luglio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: LORENZO ORILIA - Presidente - PROPRIETA’ MAURO MOCCI - Consigliere - GIUSEPPE GRASSO - Consigliere - Ud. 16/04/2024 – PU LUCA VARRONE - Consigliere - R.G.N. 23324/2018 STEFANO OLIVA - Rel. Consigliere - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 23324-2018 proposto da: ZUCCHINALI & PARTNERS S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO n. 30, nello studio dell’avv. GIAMMARIA CAMICI, che la rappresenta e difende unitamente all’avv. ALBERTO DELFINO - ricorrente - contro CONDOMINIO SOGGIORNO SUL MARE LOTTO PONENTE, in persona del legale rapprsentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FILIPPO NICOLAI n. 70, nello studio dell’avv. LUCA GABRIELLI, rappresentati e difesi dall’avv. EMILIO VIGNOLO - controricorrente - avverso la sentenza n. 845/2018 della CORTE DI APPELLO di GENOVA, depositata il 23/05/2018; udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere Oliva; udito il P.G., nella persona della dott.ssa ROSA MARIA DELL’ERBA FATTI DI CAUSA Con atto di citazione notificato il 15.3.2011 la società Flaviano Zucchinali & C. S.a.s. (oggi, Zucchinali & Partners S.r.l.) esponeva di essere proprietaria esclusiva di alcune aree contigue a tre edifici, costituenti il complesso denominato Soggiorno sul Mare, individuati come lotto levante, lotto ponente e lotto centro, per averle acquistate da Longo Fernanda, Pollero Sergio, Pollero Piero Claudio e Pollero Giovanni. L’attrice esercitava dunque, in relazione ad una porzione del porticato a servizio dei predetti edifici, l’actio negatoria servitutis, evocando in giudizio innanzi il Tribunale di Savona il Condominio Soggiorno sul Mare Lotto Ponente ed invocando una sentenza di condanna dello stesso a rimuovere un pozzetto di raccolta delle acque piovane realizzato all’interno del porticato oggetto di causa ed al relativo ripristino. Si costituiva il convenuto, contestando la domanda. Intervenivano in giudizio, per aderire alla posizione del convenuto, alcuni partecipanti al condominio Lotto Ponente. Con sentenza n. 1589/2014 il Tribunale rigettava la domanda, sulla scorta della ravvisata esistenza di un supercondominio sulle aree oggetto di causa, e dunque della liceità dell’utilizzazione di queste ultime, in quanto compresa nei limiti del godimento della cosa comune. Con la sentenza impugnata, n. 845/2018, la Corte di Appello di Genova accoglieva il primo motivo del gravame interposto dalla società odierna ricorrente avverso la decisione di primo grado, dichiarando inammissibile l’intervento spiegato dai condomini del condominio convenuto, e confermava nel resto la statuizione di rigetto della actio negatoria servitutis. Per giungere a tale conclusione, la Corte di merito ha ravvisato la natura supercondominiale del bene oggetto di causa, rilevando che in tutti i regolamenti dei vari condomini costituiti in relazione ai tre edifici facenti parte del complesso era prevista la sua destinazione all’uso comune ed al transito a favore di tutti i caseggiati; ha evidenziato che la riserva di proprietà operata, nei primi atti di cessione, dagli originari costruttori del complesso immobiliare oggetto di causa, riguardava soltanto “il piano terreno” e non anche il porticato esterno, e dovesse quindi essere interpretata come riferita ai soli spazi interni al piano terra, e non anche alle aree esterne agli edifici; ed infine, ha evidenziato che, sempre in base ai regolamenti condominiali dei tre edifici costituenti l’unico complesso denominato Soggiorno sul Mare, era previsto che il porticato fosse “… delimitato e piastrellato ad uso marciapiedi, o sistemato a zona verde”, ed ha dunque ritenuto che con tale espressione si fosse inteso affermare che l’unitaria area, denominata “porticato”, in quanto destinata al transito a servizio di tutti e tre gli edifici costituenti il complesso residenziale Soggiorno sul Mare, costituisse bene comune. Zucchinali & Partners S.r.l. propone ricorso per la cassazione di tale pronuncia, affidandosi a cinque motivi. Resiste con controricorso il Condominio Soggiorno sul Mare, Lotto Ponente. In prossimità dell’udienza pubblica, ambo le parti costituite hanno depositato memoria ed il P.G. ha depositato note scritte. Sono comparsi all’udienza pubblica il P.G. dott.ssa Rosa Maria Dell’Erba, che ha concluso per il rigetto del ricorso, l’avv. Antonio Inzerillo, in sostituzione dell’avv. Giammaria Camici, per la parte ricorrente, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso e l’avv. Luca Gabrielli, per la parte controricorrente, che ha concluso per il rigetto del ricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE Preliminarmente, va osservato che la mancata notificazione del ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità a tutte le parti del giudizio di merito, indicate nella sentenza impugnata, non implica necessariamente il rinvio della decisione, in applicazione del principio della durata ragionevole del processo, quando il ricorso, come nel caso di specie, risulta infondato (cfr., ex multis, Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 12515 del 21/05/2018, Rv. 648755). Passando all’esame dei motivi del ricorso, con il primo di essi la parte ricorrente lamenta la nullità del procedimento e della sentenza per violazione degli artt. 112, 116, 167 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente rigettato il motivo di gravame con il quale l’odierna ricorrente aveva censurato la decisione di prime cure, nella parte in cui, configurando la natura supercondominiale del bene di cui è causa, era incorsa in vizio di extrapetizione. La censura è infondata. La Corte di Appello ha ritenuto che la natura supercondominiale del porticato oggetto di causa era stata ricavata, dal Tribunale, dal fatto che in tutti i regolamenti dei vari condomini costituiti in relazione ai tre edifici facenti parte del complesso ne era prevista la destinazione all’uso comune ed al transito a favore di tutti i caseggiati, al di là di una precisazione, contenuta nel solo regolamento del Condominio Lotto Centro, la quale tuttavia non poteva condurre ad ipotizzare la possibilità che il medesimo bene costituisse, al contempo, bene comune per i partecipanti al Condominio del Lotto Centro e bene di proprietà individuale per i partecipanti ai Condomini dei Lotti Ponente e Levante (cfr. pag. 6 e ss. della sentenza). La Corte distrettuale ha poi evidenziato che la riserva di proprietà operata, nei primi atti di cessione, dagli originari costruttori del complesso immobiliare oggetto di causa, riguardava soltanto “il piano terreno” e non anche il porticato esterno, e dovesse quindi essere interpretata come riferita ai soli spazi interni al piano terra, e non anche alle aree esterne agli edifici (cfr. pag. 10 della sentenza). Ed infine, la Corte genovese ha evidenziato che, sempre in base ai regolamenti condominiali dei tre edifici costituenti l’unico complesso denominato Soggiorno sul Mare, era previsto che il porticato fosse “… delimitato e piastrellato ad uso marciapiedi, o sistemato a zona verde”, ed ha ritenuto che con tale espressione si fosse inteso affermare che l’unitaria area, denominata “porticato”, in quanto destinata al transito a servizio di tutti e tre gli edifici costituenti il complesso residenziale Soggiorno sul Mare, avesse natura supercondominiale (cfr. pag. 8 della sentenza). Va esclusa, nel caso di specie, la sussistenza del denunziato vizio di extrapetizione, poiché oggetto di causa era la liceità dell’utilizzazione del porticato posta in essere dal condominio convenuto; la decisione del giudice di merito, dunque, non travalica il devolutum, nella parte in cui riconosce la natura supercondominiale del porticato, poiché, come osservato anche dal Procuratore Generale nelle sue conclusioni scritte, va ribadito il principio secondo cui “La proprietà e gli altri diritti reali di godimento appartengono alla categoria dei cd. diritti autodeterminati, individuati, cioè, sulla base della sola indicazione del relativo contenuto sì come rappresentato dal bene che ne forma l'oggetto, con la conseguenza che la causa petendi delle relative azioni giudiziarie si identifica con i diritti stessi e non con il relativo titolo –contratto, successione ereditaria, usucapione, ecc.– che ne costituisce la fonte, la cui eventuale deduzione non ha, per l'effetto, alcuna funzione di specificazione della domanda, essendo, viceversa, necessario ai soli fini della prova. Non viola, pertanto, il divieto dello ius novorum in appello la deduzione da parte dell'attore –ovvero il rilievo ex officio iudicis– di un fatto costitutivo del tutto diverso da quello prospettato in primo grado a sostegno della domanda introduttiva del giudizio” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23565del 23/09/2019, Rv. 655355; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3192 del 04/03/2003, Rv. 560842). Con il secondo motivo, la parte ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 934, 1117, 1138, 1372, 1376, 2643, 2644 e 2645 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe trascurato di rilevare che nel caso di specie si configurerebbero tre distinte comunioni immobiliari, corrispondenti ai tre edifici compresi nel complesso immobiliare denominato Soggiorno sul Mare, che in origine appartenevano a diversi proprietari. Di conseguenza, tra i tre edifici non avrebbe potuto operare la norma di cui all’art. 1117 c.c., proprio perché essi appartenevano a soggetti diversi; per poter affermare, dunque, che un determinato cespite appartenga pro quota a tutti i Condomini compresi nei predetti tre edifici, e costituisca quindi bene in supercondominio tra gli stessi, occorrerebbe un titolo, che nella specie non esiste, e che non potrebbe esser sostituito dalle clausole dei rispettivi regolamenti condominiali, atteso che questi ultimi sono privi di efficacia traslativa o costitutiva di diritti reali. La censura è infondata. La Corte distrettuale ha ritenuto che per l’esistenza di un supercondominio non occorra un atto formale, ma sia sufficiente che taluni beni vengano di fatto destinati a servizio di diversi edifici, a loro volta costituiti in condominio (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata). La statuizione è coerente con l’insegnamento di questa Corte, secondo cui “Al pari del condominio negli edifici, regolato dagli artt. 1117 e segg. c.c., anche il c.d. supercondominio, viene in essere ipso iure et facto, se il titolo non dispone altrimenti, senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno di approvazioni assembleari, essendo sufficiente che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati, attraverso la relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, pro quota, ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27094 del 15/11/2017, Rv. 645955; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17332 del 17/08/2011, Rv. 619034; cfr. anche, in termini, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19939 del 14/11/2012, Rv. 624475). Non è dunque richiesta l’originaria appartenenza del bene in supercondominio al medesimo proprietario dei vari condomini che ne usufruiscono, ben potendosi configurare la predetta natura supercondominiale proprio in funzione del vincolo di asservimento del cespite a diversi edifici, in assenza di clausola contrattuale che preveda espressamente la riserva di proprietà dei beni in esame in capo ad un determinato soggetto, facente parte di uno dei Condomini partecipanti al supercondominio o meno. L’accertamento dell’esistenza, in concreto, del predetto vincolo di destinazione costituisce quaestio facti, affidata al giudice di merito, che nel caso specifico ha ravvisato detto vincolo valorizzando la decisiva circostanza che il porticato perimetrale oggetto del presente giudizio fosse a servizio di tutti i partecipanti ai vari condomini compresi nell’unico complesso denominato Soggiorno sul Mare. Con il terzo motivo, la società ricorrente denunzia l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe erroneamente interpretato le risultanze del verbale di deposito del 17.1.1963, con il quale sarebbe stato depositato il regolamento del Condominio Soggiorno sul Mare Lotto Centro, trascurando di rilevare che quest’ultimo sarebbe stato approvato soltanto dai proprietari dell’edificio denominato “Lotto Centro”, mentre gli altri soggetti presenti all’atto vi avrebbero preso parte soltanto per approvare il distinto regolamento intercondominiale avente ad oggetto l’impianto di riscaldamento comune all’intero complesso. La censura è inammissibile, poiché nella fattispecie si configura una ipotesi di cd. doppia conforme, con conseguente impossibilità di dedurre, in sede di legittimità, il vizio di omesso esame di fatto decisivo, previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. Con il quarto motivo, invece, la parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1365 e 1366 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che i comproprietari dei lotti “Levante” e “Ponente” del complesso immobiliare denominato Soggiorno sul Mare avevano partecipato al verbale di deposito del regolamento del Condominio del Lotto Centro, mentre essi avevano partecipato soltanto al deposito del distinto regolamento intercondominiale concernente l’impianto di riscaldamento comune ai tre edifici. La censura è inammissibile in quanto propone (come del resto anche la precedente) una interpretazione del contenuto del verbale di deposito del 17.1.1963 diversa ed alternativa a quella, non implausibile, prescelta dal giudice di merito, al fine di conseguire un riesame del giudizio di merito. Sul punto, va ribadito che “La parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l'interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l'altra” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 28319 del 28/11/2017, Rv. 646649; conf. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 16987 del 27/06/2018, Rv. 649677; in precedenza, nello stesso senso, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009, Rv. 610944 e Cass. Sez. L, Sentenza n. 25728 del 15/11/2013, Rv. 628585). La motivazione della sentenza impugnata, peraltro, consente agevolmente di ricostruire l’iter logico-argomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione, non è apparente, né affetta da irriducibile contrasto logico, né da manifesta illogicità ed è idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830, nonché, in motivazione, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639). Con il quinto motivo, infine, la parte ricorrente si duole della violazione o falsa applicazione degli artt. 949, 2697, 1362, 1363, 1364, 934, 1117, 1138, 1372, 1376, 2643, 2644, 2645 c.c. e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe violato le regole in tema di riparto della prova in materia di actio negatoria servitutis, interpretando erroneamente il titolo di proprietà dei danti causa della società ricorrente ed i regolamenti condominiali dei tre lotti costituenti il complesso denominato Soggiorno sul mare e trascurando di considerare che la parte nei cui confronti viene proposta onerata di fornire la prova dell’esistenza del diritto di compiere l’attività lamentata dall’attore in negatoria. La censura è inammissibile, in quanto non si confronta con la ratio della decisione. La Corte di Appello ha escluso che, nella specie, si possa configurare un diritto di servitù, ravvisando la natura supercondominiale delle aree di cui è causa, e dunque l’esistenza, su di esse, di una comunione tra i diversi Condomini compresi nell’unitario complesso denominato Soggiorno sul Mare. Una volta configurato il diritto di comunione sul cespite, la sua utilizzazione soggiace, come già detto, alle norme in tema di comunione, nei limiti di quanto previsto dall’art. 1102 c.c., onde il comproprietario non è tenuto a fornire alcuna dimostrazione ulteriore rispetto a quella del suo diritto di comunione sulla res. Va, sul punto, data continuità al principio secondo cui “In tema di ricorso per cassazione, è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata” (Cass. Sez.6-3, Ordinanza n.19989 del 10/08/2017, Rv. 645361; conf. Cass. Sez.3, Ordinanza n. 8247 del 27/03/2024, non massimata, in motivazione, specificamente a pag. 10). Né è possibile ipotizzare l’esistenza di un diritto di servitù a carico di un bene comune, a favore di un diverso bene di proprietà individuale di uno dei contitolari del fondo preteso servente, in funzione del principio del nemini res sua servit, e del fatto che il comproprietario ha comunque diritto di utilizzare la cosa comune nel rispetto delle norme in tema di comunione, e dunque nei limiti previsti dall’art. 1102 c.c. (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4386 del 26/02/2007, Rv. 598234; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20200 del 19/10/2005, Rv. 584211; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12569 del 27/08/2002, Rv. 557128; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26807 del 21/10/2019, Rv. 655658; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7971 del 11/03/2022, Rv. 664315). In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto –ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002– della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto. PQM la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente principale al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 3.500, di cui € 200 di esborsi, oltre rimborso delle spese generali, nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti, come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, addì 16 maggio 2024. IL PRESIDENTE Lorenzo Orilia L’ESTENSORE Stefano Oliva
REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta da: Dott. FALASCHI Milena - Presidente Dott. CARRATO Aldo - Consigliere Dott. SCARPA Antonio - Consigliere - Rel. Dott. GIANNACCARI Rossana - Consigliera Dott. CAPONI Remo - Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 29669/2018 R.G. proposto da: Re.Pr., elettivamente domiciliato in ROMA VIA (...), presso lo studio dell'avvocato PA.PA., rappresentato e difeso dall'avvocato MO.DI. - ricorrente - contro (...) Srl, elettivamente domiciliata in ROMA VIA (...), presso lo studio dell'avvocato LE.MA., che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato CO.MA. - controricorrente e ricorrente incidentale - nonché contro Ma.Ba., Da.Na., Ma.Na., elettivamente domiciliate in ROMA VIA (...), presso lo studio dell'avvocato PE.RO., che le rappresenta e difende unitamente all'avvocato LA.RO. - controricorrenti - nonché contro Gi.Pe., Ma.La., Ma.La., Na.Mi., An.Cr., Na.Mi., An.Cr., Ac.Be., Si.Di., La.Ma. - intimati - avverso la SENTENZA della CORTE D'APPELLO di MILANO n. 1295/2018 depositata il 15/05/2018. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 09/05/2024 dal Consigliere ANTONIO SCARPA. Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale ALESSANDRO PEPE, il quale ha chiesto di accogliere il terzo motivo del ricorso principale e il settimo motivo del ricorso incidentale, con rigetto dei restanti motivi. Udito l'Avvocato MA.LE. FATTI DI CAUSA 1.- Re.Pr. ha proposto ricorso articolato in cinque motivi contro la sentenza 1295/2018 della Corte d'appello di Milano, depositata il 15 maggio 2018. (...) Srl ha resistito con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale articolato in sette motivi. Hanno resistito con distinto controricorso Ma.Ba., Da.Na. e Ma.Na. Tutti gli altri intimati indicati nel ricorso principale e in epigrafe non hanno svolto attività difensive. 2. - Il giudizio ha ad oggetto la situazione dominicale del complesso immobiliare sito in Milano tra via (Omissis) e viale (Omissis), composto di quattro fabbricati, contraddistinti catastalmente come mapp. 182, mapp. (...), mappale (...) e mappale (...)/sub. 35. Re.Pr., ricorrente principale, è condomino del fabbricato di via (Omissis), mentre la ricorrente incidentale (...) Srl è committente dei lavori di ristrutturazione edilizia che hanno riguardato alcuni corpi interni del complesso, adibiti dapprima ad autorimessa e in seguito ad uso residenziale. Il complesso era originariamente di proprietà esclusiva della (...) Srl, che aveva poi frazionato lo stesso negli anni '80 vendendo gli appartamenti degli edifici esterni, mentre in data 15 gennaio 1980 aveva alienato alla Immobiliare (...) Srl i corpi dei due fabbricati interni. Nel febbraio del 2010 la (...) Srl aveva acquistato da Ma.Ba., Ma.Na. e Da.Na. le quote della Immobiliare (...), poi incorporata nella (...). Risultava redatto dalla iniziale unica proprietaria un regolamento del cosiddetto Supercondominio "Quartiere (Omissis)" relativo ai quattro fabbricati. Per quanto dedotto in atti, questo regolamento di supercondominio contemplava: una servitù di passo pedonale e carraio a favore del mappale (...) ed a carico dell'androne e dei passaggi comuni del fabbricato di via (Omissis); una servitù di passo pedonale e carraio a favore del mappale (...)/sub. 35 ed a carico dell'androne e dei passaggi comuni del fabbricato di via (Omissis); la natura comune tra i fabbricati del sottosuolo delle aree su cui sorgevano gli stessi e quindi dei mappali (...)/sub. 35. Il 26 maggio 2006 l'assemblea di tutti i condomini del complesso aveva deliberato lo scioglimento del supercondominio, regolando l'assetto delle parti comuni. (...) Srl, proprietaria degli edifici mappali (...)/sub. 35, in forza di permesso a costruire del 2008, iniziò lavori di scavo nell'area della prima particella, per eseguire opere di trasformazione dei fabbricati ivi esistenti da autorimesse in edifici residenziali con parcheggi. 2.1. - La contestata attività edilizia intrapresa dalla (...) Srl fu oggetto della domanda con cui questa controversia ebbe origine, proposta nei confronti di detta società dai condomini del fabbricato di via (Omissis) Ac.Be., An.Cr., Ma.La., Na.Mi., Ma.Pa., Gi.Pe. e Re.Pr. La convenuta (...) Srl, oltre a resistere alle pretese degli attori, chiamò in lite le proprie danti causa Ma.Ba., Da.Na. e Ma.Na. 2.2 - L'adito Tribunale di Milano, con sentenza del 28 gennaio 2015: a) respinse le domande proposte da Ma.La., Na.Mi., Ma.Pa.; b) dichiarò che a favore dell'edificio che insiste sul foglio (...), mappale (...)/sub 35, di proprietà della (...) Srl, non esiste alcun diritto di passo pedonale o carraio sull'androne del condominio di via (Omissis), e per l'effetto condannò la (...) Srl ad astenersi dal transito con persone o veicoli, diretti all'edificio insistente sul foglio (...), mappale (...)/sub 35 o da esso provenienti attraverso il suddetto androne del condominio di via (Omissis) respinse la domanda di risarcimento dei danni derivanti dall'utilizzo dell'androne del condominio di via (Omissis), proposta da Ac.Be., An.Cr., Gi.Pe. e Re.Pr.; d) respinse sia la domanda di accertamento della natura comune del sottosuolo di cui ai mappali (...)/sub. 35, sia la domanda di condanna della (...) Srl al ripristino integrale dello stato dei luoghi, sia la domanda di condanna della (...) Srl al risarcimento dei danni di cui ai punti 2) e 6) del foglio di precisazione delle conclusioni degli attori; e) accertò che l'edificio realizzato dalla (...) Srl sull'area del mappale (...) avesse violato le distanze legali rispetto all'edificio presente sul mappale (...), limitatamente alla porzione antistante i due locali ad uso gabinetto ed immondezzaio, condannando la (...) Srl alle conseguenti riduzioni in pristino; f) condannò la (...) Srl a risarcire a Ac.Be., An.Cr., Gi.Pe. e Re.Pr. i danni per la violazione delle distanze, liquidati in Euro 1.500,00 per ciascuno; g) respinse la domanda di rimessione in pristino del terreno di cui al mappale (...)) rigettò le domande proposte dalla (...) nei confronti delle chiamate in causa. 2.3. - La Corte d'appello di Milano, pronunciando sui reciproci gravami, ha unicamente accolto gli appelli di Ma.La., Na.Mi., La.Ma. ed An.Ma., condannando la (...) Srl a corrispondere a ciascuna di loro l'importo risarcitorio di Euro 1.500,00 per la violazione delle distanze, ed ha parzialmente accolto l'appello incidentale proposto dalla (...) quanto alla cancellazione della trascrizione della domanda avente ad oggetto l'accertamento della proprietà del sottosuolo, regolando di conseguenza le spese di lite. Ha depositato memoria il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Alessandro Pepe, il quale ha chiesto di accogliere il terzo motivo del ricorso principale e il settimo motivo del ricorso incidentale, con rigetto dei restanti motivi. Hanno depositato memorie anche il ricorrente Re.Pr. e la controricorrente (...) Srl MOTIVI DELLA DECISIONE 1. - Il primo motivo del ricorso di Re.Pr. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1365, 1367, 1368, 1369 e 1371 c.c. con riferimento all'art. 25 del regolamento contrattuale. Si lamenta che la Corte d'appello, uniformandosi alla decisione di primo grado, abbia "escluso la natura comune del suolo e del sottosuolo su cui sorgono gli edifici in corso di modifica e ricostruzione da parte della (...) sulle particelle (...) sub. 35, ritenendo tale carattere riservato soltanto all'area fra i quattro condominii". Si riporta nella censura il contenuto dell'art. 25 del Regolamento: "Il condominio quartiere di Via (Omissis), è costituito dalle parti comuni di Via (Omissis), di Via (Omissis) e dai corpi interni di Via (Omissis) e Via (Omissis). Le parti comuni tra i quattro condominii sono: - l'area tutta dei quattro condominii ed il relativo sottosuolo ...". Secondo il ricorrente principale, i giudici del merito non avrebbero dovuto interpretare tale clausola sostituendo la preposizione "dei" (l'area tutta dei quattro condominii) con la preposizione "tra" (l'area tutta tra i quattro condominii). Viene allegato che il regolamento in questione aveva "natura contrattuale", giacché "predisposto e registrato" il 10 aprile 1978 dall'originaria unica proprietaria (la (...) Srl), allegato al primo rogito di frazionamento del 30 luglio 1979 e poi accettato da tutti gli acquirenti successivi, compresa la Immobiliare (...) Srl La conclusione del ricorrente principale è, pertanto, che il suolo e il sottosuolo del Quartiere (Omissis) sono comuni fra tutti i condomini dei quattro condominii che lo compongono; sicché la (...) Srl non avrebbe potuto procedere allo scavo nella particella (...)/sub 35 per la creazione dei 14 boxes a servizio degli alloggi sorti nel piano rialzato, né avrebbe potuto procedere allo scavo nella particella (...) per la creazione di un piano interrato a servizio del fabbricato destinato ad autorimesse. Il secondo motivo del ricorso di Re.Pr. deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., essendosi erroneamente ritenuta tardiva la domanda di violazione delle distanze dell'edificio sorto sulla particella (...) rispetto ai confini con la particella 181. Il terzo motivo del ricorso principale denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 9 del D.M. n. 1444/1968 e degli artt. 872 e 873 c.c., avendo la sentenza impugnata non considerato i balconi ai fini delle distanze previste, nonché omesso di accertare le distanze con il metodo lineare. Il quarto motivo del ricorso di Re.Pr. denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 9 del D.M. n. 1444/1968, dell'art. 872 c.c. e degli artt. 112 e 132 c.p.c. Il difetto di pronuncia o di motivazione è sempre riferito alla domanda di arretramento dell'intero edificio sorto sulla particella (...), una volta accertata la violazione delle distanze legali. Il quinto motivo del ricorso di Re.Pr. deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 872, 1223, 1226, 2043, 2056, 2697 c.c., nonché, dell'art. 112 c.p.c., ed attiene alla risarcibilità del danno derivante dalle violazioni commesse dalla (...) Srl in relazione all'art. 27 R.E. del Comune di M, in materia di confini, in materia di "cono d'ombra" e di altezza massima con riferimento all'art. 15.2. b del piano delle regole del PGT e all'art. 8 D.M. n. 1444/68. 2. - Il ricorso incidentale della (...) Srl si sviluppa in oltre novanta pagine. Si può fare qui sintetico rinvio per relazione ai sette motivi di censura, che sono così illustrati: 1°: sul diritto di servitù di passo carraio e pedonale gravante sull'androne del civico (Omisssi) di Via (Omissis) (particella 182) in favore del fabbricato sorto sul mappale (...)/sub 35. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. Tale motivo attiene anch'esso alla interpretazione del regolamento di condominio, in particolare dell'art. 26 di esso, con cui, al fine di garantire che l'accesso all'edificio più vicino a Viale (Omissis) potesse avvenire anche da Via (Omissis), si attribuiva "all'autorimessa, identificata con numero interno 33 ... il diritto perpetuo di passo sul cortile di Viale (Omissis) e relativo androne e passo carraio" e "all'autorimessa identificata con l'interno 29 il diritto perpetuo di passo sul cortile di via (Omissis)", confermandosi "le servitù di passo e di prospetto esistenti". La censura fa poi riferimento all'art. 2, che menzionava quali "parti comuni tra i quattro condominii" il cortile, la fognatura nei tratti comuni, gli androni, mentre l'art. 25 specificava la comunione degli androni di accesso rispettivamente tra l'edificio esterno di via (Omissis) ed il suo corpo interno e l'edifico esterno di Viale (Omissis) ed il suo corpo interno. Ed ancora, si richiama l'art. 26, con il quale si istituivano le servitù di passo non desumibili dalle altre disposizioni e precedentemente non esistenti e, in specie, quella in favore della part. 179 da viale (Omissis) nonché quella in favore della particella (...)/sub 35 sul cortile di via (Omissis). 2°: sull'usucapione della servitù di passo. Violazione e falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c. e dell'art. 244 c.p.c. 3°: sulla qualificazione giuridica dell'intervento edilizio eseguito sulla particella (...). Violazione e falsa applicazione dell'art. 9 DM 1444/1968. Violazione e falsa applicazione del combinato di posto dell'art. 3 D.P.R. 380/2001, dell'art. 27 L.R. Lombardia n. 12/2005 ante riforma ex art. 17 comma 2 L.R. Lombardia n. - 7/2012 e dell'art. 136 e 117 Cost. 4°: sull'asserita violazione delle distanze relative ai due locali destinati ad uno gabinetto ed immondezzaio. Violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. 5°: sul risarcimento dei danni derivanti dalla trascrizione da parte degli attori della domanda giudiziale relativa alla proprietà del sottosuolo. Violazione e falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c. e dell'art. 1226 c.c. 6°: sulla condanna ai sensi degli artt. 96 commi 1 e 3 c.p.c.. Violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. 7°: sulla rifusione in solido tra il Sig. Re.Pr. e la (...) Srl delle spese di lite nei confronti delle signore Ma.Ba., Ma.Na. e Da.Na. Violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. 3. - Va premesso che non ricorrono le ragioni di inammissibilità del ricorso principale opposte dalla controricorrente (...), ed in particolare quelle di cui all'art. 366, comma 1, n. 4) e n. 6) c.p.c., risultando i motivi di impugnazione connotati da sufficiente specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, nonché corredati dalla indicazione del contenuto rilevante degli atti e dei documenti sui cui sono fondate le censure. 4. - È preliminare l'esame del primo motivo del ricorso di Re.Pr., giacché esso insiste nell'assumere la natura condominiale, rispetto all'intero complesso dei quattro fabbricati, del suolo e del sottosuolo su cui sorgono gli edifici modificati e ricostruiti dalla (...) Srl sulle particelle (...) sub. 35. Il ricorrente principale sostiene che l'art. 25 del Regolamento del supercondominio avvalorerebbe la sua ricostruzione. Questo motivo è fondato, nei sensi di cui alla motivazione che segue. 4.1 - Appare decisivo evidenziare come la Corte d'appello di Milano abbia effettivamente proceduto a risolvere la questione di diritto della proprietà condominiale o individuale del suolo e del sottosuolo su cui ha costruito la (...) in base alla lettura dell'art. 25 del Regolamento di condominio ed alla individuazione delle parti comuni ivi contenuta. Per i giudici del merito, se avessero avuto ragione gli attori circa la natura comune del suolo e del sottosuolo, gli edifici su di essa insistenti sarebbero stati oggetto allora "di un mero diritto di superficie". Invece, riporta la sentenza impugnata, gli articoli 2 e 3 del Regolamento stabilivano che i quattro fabbricati costituivano "quattro condomini distinti", aventi in comune solo le parti ivi specificate. La Corte d'appello riporta pure ciò che risultava circa le parti comuni dall'atto di compravendita concluso tra la (...) Srl e la Immobiliare (...), poi (...). 5. - Non risulta corretto in diritto il procedimento che ha portato la Corte d'appello di Milano ad accertare il contesto proprietario nei rapporti tra le parti, dovendo questa Corte, in ragione della funzione del giudizio di legittimità di garantire l'osservanza e l'uniforme interpretazione della Legge, e nell'esercizio del potere di qualificazione in diritto dei fatti, ritenere fondata la questione, sollevata dal ricorso, pure per una ragione giuridica diversa da quella specificamente indicata dalla parte e individuata d'ufficio, con il solo limite che tale individuazione deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata (Cass. n. 6935 del 2007; n. 18775 del 2017). 5.1. - La Corte d'appello di Milano avrebbe inizialmente dovuto verificare l'applicabilità dell'art. 1117 c.c. alla fattispecie di causa. Appare accertato in fatto che si è in presenza di un complesso immobiliare unitario, sito tra via (Omissis) e viale (Omissis) di M, composto di quattro fabbricati, contraddistinti catastalmente come mapp. 182, mapp. (...), mappale (...) e mappale (...)/sub. 35. È noto come il nesso di condominialità, presupposto dalla regola di attribuzione di cui all'art. 1117 c.c., è ravvisabile in svariate tipologie costruttive, sia estese in senso verticale, sia costituite da corpi di fabbrica adiacenti orizzontalmente, purché le diverse parti siano dotate di strutture portanti e di impianti essenziali comuni, ovvero "abbiano parti comuni", ai sensi degli artt. 1117 e 1117 - bis c.c., accertamento cui deve procedere il giudice del merito. La "condominialità" si reputa non di meno sussistente pur ove sia verificabile un insieme di edifici "indipendenti", e cioè manchi un così stretto nesso strutturale, materiale e funzionale, ciò ricavandosi dagli artt. 61 e 62 disp. att. c.c., che consentono lo scioglimento del condominio nel caso in cui "un gruppo di edifici ... si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi", sempre che "restano in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dell'articolo 1117 del codice". Lo spazio sottostante il suolo di un edificio condominiale, in mancanza di un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condomini, va considerato di proprietà comune, per il combinato disposto degli artt. 840 e 1117 c.c. (ex multis, Cass. n. 6154 del 2016). La locuzione "il suolo su cui sorge l'edificio", di cui all'art. 1117, n. 1, c.c. designa, in particolare, l'area su cui insistono le mura perimetrali del fabbricato, ovvero il complesso unitario costituito da corpi di fabbrica adiacenti, nel suo insieme di componenti comuni e non (cfr. Cass. n. 4430 del 2012; n. 14350 del 2004; n. 8346 del 1998). Si sono così, ad esempio, ritenuti eretti su suolo comune due locali terranei dello stesso proprietario facenti parte di una costruzione ad "elle" includente due distinti condomini edificati l'uno in appoggio all'altro (Cass. n. 23453 del 2004). Non rientra, invece, nell'ambito del "suolo su cui sorge l'edificio", presunto comune dall'art. 1117 n. 1 c.c., il suolo adiacente o circostante alle mura del fabbricato, ovvero al complesso costituito da corpi di fabbrica adiacenti, potendo esso rientrare tra le cose comuni unicamente per apposito diverso titolo (Cass. n. 273 del 1984). La comunione anche del suolo, di cui all'art. 1117 c.c., presunta allorché su uno stesso suolo insistano più unità immobiliari costituenti un unico edificio, o anche più edifici che comunque denotino un collegamento materiale o funzionale con esso, comporta che con il trasferimento della singola unità immobiliare, e sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito dell'alienazione del primo immobile suscettibile di separata utilizzazione dall'originario unico titolare, viene alienato pure il diritto di condominio del suolo sul quale sorge la singola porzione, a meno che l'alienante non costituisca soltanto un diritto di superficie in favore dell'acquirente, riservandosi, al momento della vendita, la proprietà del suolo su cui l'immobile insiste. D'altro canto, la costruzione eseguita dal condominio sul suolo comune diviene per accessione, ai sensi dell'art. 934 c.c., di proprietà comune agli altri comproprietari dell'immobile, salvo contrario accordo, traslativo della proprietà del terreno o costitutivo di un diritto reale su di esso, che deve rivestire la forma scritta "ad substantiam". 5.2. L'individuazione delle parti comuni di un condominio edilizio risultanti dall'art. 1117 c.c., come appunto il suolo su cui esso sorge, non opera, comunque, con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari (cfr. Cass. Sez. Un. n. 7449 del 1993). La prima verifica che i giudici del merito avrebbero perciò dovuto compiere, per dire applicabile, o meno, la disciplina del condominio degli edifici, di cui agli artt. 1117 c.c. e ss., concerneva la sussistenza, o meno, della relazione di accessorietà necessaria che, al momento della formazione del condominio, legava il suolo delle particelle (...) sub. 35 all'intero complesso dei quattro fabbricati. Peraltro, pur mancando un così stretto nesso strutturale, materiale e funzionale, la condominialità di un complesso immobiliare, che comprenda porzioni eterogenee per struttura e destinazione, può essere frutto della autonomia privata. 5.3. Ove debba applicarsi l'art. 1117 c.c., bisogna considerare che tale norma non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria, potendo essere superata soltanto dalle opposte risultanze di quel determinato titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell'edificio in più proprietà individuali. La situazione di condominio, regolata dagli artt. 1117 e seguenti del Codice civile, si attua, infatti, sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito del trasferimento della prima unità immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall'originario unico proprietario ad altro soggetto. La Corte d'appello di Milano doveva perciò dirimere la lite individuando l'atto di frazionamento dell'iniziale unica proprietà, da cui si generò la situazione di condominio edilizio, con correlata operatività della presunzione ex art. 1117 c.c. di comunione "pro indiviso" di tutte quelle parti del complesso che, per ubicazione e struttura, fossero - in tale momento costitutivo del condominio - destinate all'uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio, e non invece oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari. Sarebbe altrimenti occorso verificare se nel titolo originario sussistesse una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente ad una unità o ad un edificio la proprietà del suolo delle particelle (...) sub. 35. Altrimenti, una volta sorta la comproprietà delle parti comuni dell'edificio indicate nell'art 1117 c.c., per effetto della trascrizione dei singoli atti di acquisto di proprietà esclusiva - i quali comprendono pro quota, senza bisogno di specifica indicazione, le parti comuni - la situazione condominiale è opponibile ai terzi. 5.4. Quando un condomino pretenda l'appartenenza esclusiva di uno dei beni indicati nell'art. 1117 c.c., poiché la prova della proprietà esclusiva dimostra, al contempo, la comproprietà dei beni che detta norma contempla, onde vincere tale ultima presunzione è onere dello stesso condomino rivendicante dare la prova della sua asserita proprietà esclusiva, senza che a tal fine sia rilevante il titolo di acquisto proprio o del suo dante causa, ove non si tratti dell'atto costitutivo del condominio, ma di alienazione compiuta dall'iniziale unico proprietario che non si era riservato l'esclusiva titolarità del bene (Cass. n. 31995, n. 20145 e n. 1849 del 2022; n. 3852 del 2020; n. 4119 del 1974). In sostanza, per affermare la proprietà esclusiva in capo alla (...) Srl del suolo delle particelle (...) sub. 35 non ha alcun rilievo decisivo l'atto intercorso in data 15 gennaio 1980 tra la (...) Srl e la Immobiliare (...) Srl e ancor meno l'atto di cessione di quote della Immobiliare (...) del 10 febbraio 2010 stipulato da Ma.Ba., Ma.Na. e Da.Na. 1980 con la (...), dovendo a tutto ciò precedere l'accertamento della riserva di proprietà nell'atto da cui il supercondominio ebbe origine, atto che il ricorrente principale Re.Pr. individua come concluso il 30 luglio 1979. 5.5. Tanto meno risulta dirimente per la soluzione della principale questione dedotta in lite il regolamento predisposto nel 1978 dall'originaria unica proprietaria (...) Srl, non costituendo il regolamento di condominio un titolo di proprietà, ove non si tratti di regolamento allegato come parte integrante al primo atto d'acquisto trascritto, ovvero di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condomini e volto perciò a costituire, modificare o trasferire i diritti attribuiti ai singoli condomini dagli atti di acquisto o dalle convenzioni (Cass. n. 21440 del 2022; n. 8012 del 2012; n. 5125 del 1993). 5.6. A ciò si aggiunga che il riportato contenuto dell'art. 25 (che comprendeva tra le parti comuni ai quattro condominii "l'area tutta dei quattro condominii ed il relativo sottosuolo ..."), nonché degli artt. 2 e 3 del Regolamento del supercondominio di Via (Omissis) e di via (Omissis), redatto dalla originaria unica proprietaria (...) Srl, non depone per la configurabilità di un titolo contrario agli effetti dell'art. 1117 c.c., recante l'espressa, chiara ed univoca riserva in capo alla venditrice della titolarità del suolo delle particelle (...) sub. 35. 5.7. Non può inoltre non considerarsi che a ravvisare il titolo costitutivo delle servitù di passaggio pure oggetto di lite nello stesso regolamento predisposto dall'originaria unica proprietaria (...) Srl prima ancora della costituzione del supercondominio, osta il principio nemini res sua servit. 5.8. Si deve infine altresì evidenziare che l'eventuale riconoscimento in favore di immobili di proprietà individuale di un diritto di servitù costituito per contratto e posto a carico di parti comuni di un condominio edilizio non vale di per sé a negare al titolare di tale servitù la qualità di "condomino", agli effetti della contitolarità delle parti comuni dell'edificio stabilita appunto dall'art. 1117 c.c. L'esistenza di una siffatta servitù in favore della singola unità immobiliare non esclude, invero, che il titolare di essa possa essere e restare anche comproprietario del bene condominiale servente. Piuttosto, se nell'ambito della relazione di accessorietà supposta dall'art. 1117 c.c., ciascun condomino si avvale delle parti comuni in virtù del diritto di condominio, e nella misura correlata al valore della rispettiva proprietà (salvo un titolo attributivo di maggiori diritti ex art. 1118, primo comma, c.c.), allorché a beneficio di una o più unità immobiliari si imponga sulle cose comuni un peso, che la destinazione delle cose in sé, o la misura dell'uso, non consentirebbero, ovvero si assoggetti la parte comune, in favore di una o alcuna proprietà esclusiva, a fornire una utilità ulteriore e diversa, si dà luogo al sorgere di una servitù ex art. 1027 c.c., da costituire col consenso di tutti i partecipanti (Cass. n. 11207 del 1993; n. 3749 del 1999; n. 6994 del 1998; n. 22408 del 2004). 6. L'accoglimento del primo motivo del ricorso di Re.Pr., che comporta la necessità in sede di rinvio di riesaminare la questione della proprietà condominiale o meno del suolo e del sottosuolo su cui sorgono gli edifici modificati e ricostruiti dalla (...) Srl (particelle (...) sub. 35), implica l'assorbimento di tutte le altre censure, invero attinenti alle distanze nelle costruzioni, ai danni ad esse correlati, alle servitù esistenti fra i diversi fondi ed alle statuizioni accessorie e conseguenziali: tali questioni possono, infatti, diventare rilevanti soltanto in relazione ad uno dei prevedibili esiti del giudizio di rinvio, conseguente alla cassazione della sentenza impugnata per il motivo accolto. 7. Conseguono l'accoglimento, nei sensi di cui in motivazione, del primo motivo del ricorso principale di Re.Pr., l'assorbimento dei restanti motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale della (...) Srl, nonché la cassazione della sentenza impugnata in relazione alla censura accolta, con rinvio alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, la quale riesaminerà la causa tenendo conto dei rilievi svolti ed uniformandosi agli enunciati principi, e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti i restanti motivi del ricorso principale e il ricorso incidentale della (...) Srl, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 9 maggio 2024. Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO Sezione Ottava civile Il giudice istruttore Ivana Peila, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA ex art. 281 sexies c.p.c. nella causa civile iscritta al n. 15392/2023 di R.G., promossa da: (...) e (...) elettivamente domiciliati in (...) presso lo studio dell'avv. (...) che li rappresenta unitamente e disgiuntamente dall'avv. (...) come da procura alle liti in atti; Parte attrice contro (...), in persona del suo amministratore pro-tempore Rag. (...), elettivamente domiciliato in (...) al (...) presso lo studio dell'avv. (...) che lo rappresenta e difende per procura alle liti in atti; Parte resistente Oggetto: impugnazione di deliberazioni dell'assemblea di supercondominio. CONCLUSIONI DELLE PARTI Per parti attrici: "I) dichiarare la nullità ovvero annullare, per i motivi dedotti, le deliberazioni dell'assemblea ordinaria del supercondominio di Via (...) - (...) tenutasi in data 31/3/2023 sui punti n. 1, 2 e 3 all'ordine del giorno; II) per conseguenza accertare e dichiarare che i signori (...) e (...) non sono debitori delle somme poste a loro carico nei riparti consuntivo 2021/22 e preventivo 2022/23 invalidamente approvati e condannare il supercondominio di Via (...) - Torino in persona dell'amministratore pro tempore alla restituzione delle somme dai medesimi versate in data 7/7/2023 con riserva di ripetizione, e precisamente Euro 311,06 in favore del signor (...) e Euro 458,24 in favore della signora (...) il tutto oltre interessi legali nella misura di cui all'art. 1284, 4° comma c.c. dalla domanda al saldo; III) dichiarare inammissibili e comunque rigettare siccome infondate in fatto e in diritto le eccezioni e le domande riconvenzionali ex adverso proposte; IV) vinte le spese del giudizio". Per parte resistente: "dichiarare la carenza di interesse dei Signori (...) e (...) all'impugnativa della delibera assembleare del (...) di(...) di (...) del 31/3/23; accertare e dichiarare che negli edifici siti in (...), (...), esistono differenze di fabbisogno termico per metro quadro superiori al 50 per cento tra almeno due unità immobiliari; accertare e dichiarare che le spese di riscaldamento ordinarie afferenti all'impianto centralizzato del Supercondominio di (...) di (...) sono legittimamente divisibili, attribuendo una quota del 70%, o diversa ed anche minore statuenda, agli effettivi prelievi volontari di energia termica (c.d. consumi volontari), e per la quota rimanente del 30%, o diversa ed anche maggiore statuenda, con ripartizione, secondo i millesimi o i metri cubi utili (c.d. consumi involontari); accertare e dichiarare che anche i condòmini proprietari di unità immobiliari costituenti parte del Supercondominio di (...) di (...) e distaccate dall'impianto centralizzato di riscaldamento sono tenuti a contribuire pro-quota alle conferenti spese di riscaldamento ordinarie di c.d. consumo involontario; dichiarare la legittimità della delibera dell'assemblea del Supercondominio di (...) (...) di (...) delli 31/3/23; respingere le domande dei Signori (...) e (...) in quanto infondate in fatto ed in diritto, mandando assolto il Supercondominio di (...) di (...) da ogni avversaria pretesa; con vittoria di spese di giudizio, oltre rimborso spese forfettario, CPA ed IVA". MOTIVI DELLA DECISIONE Le domande sono procedibili atteso l'esperimento (senza esito positivo) della mediazione obbligatoria di cui all'art. 5, comma primo bis, del D.Lgs. n. 28 del 2010 e s.m.i. La prima doglianza attiene all'illegittima partecipazione della signora (...) all'assemblea ordinaria del supercondominio del 31 marzo 2023 poiché il (...) non aveva provveduto alla nomina del proprio rappresentante in occasione dell'assemblea del 1° febbraio 2023 (doc. 20 attori); secondo la tesi del (...) convenuto la nomina conferita dall'assemblea tenutasi nel febbraio dell'anno precedente, in previsione dell'assemblea ordinaria del supercondominio del 2/3/2022, sarebbe sufficiente. La seconda doglianza verte sull'erroneità dell'addebito ai ricorrenti delle spese relative alla partecipazione del supercondominio ai procedimenti di mediazione promossi dai signori (...) (su questo tema il (...) ha riconosciuto la fondatezza di tale doglianza e ha dato atto di avere sostituito in parte qua la delibera nulla con quella del 22 novembre 2023 ed ha addirittura già restituito agli attori quanto da essi indebitamente corrisposto per tale titolo). La terza doglianza riguarda l'asserita violazione dell'art. 1118, 4° comma c.c. ed in particolare si ritiene che, a fronte del distacco operato dagli attori senza determinazione di squilibri di funzionamento dell'impianto, né aggravi di spesa per gli altri condomini, non risulta legittima l'imputazione della quota fissa del 30% (c.d. partecipazione nei c.d. "consumi involontari"). Infine, viene allegata la nullità per violazione degli artt. 1123, 1138 c.c. e 68 disp. att. c.c. perché si ritiene che le deliberazioni dell'assemblea ordinaria del 31 marzo 2023 abbiano ripartito le spese in contrasto con i criteri costantemente applicati per oltre cinquant'anni, che prevedono il riparto in proporzione ai metri cubi reali di ogni appartamento e ciò in assenza di approvazione di una tabella millesimale del supercondominio. Con delibera assembleare del supercondominio in data 22/11/23 (doc. 17 parte convenuta) è stata ratificato il contenuto della delibera assembleare oggetto di impugnazione in questo giudizio (31 marzo 2023). Circa le conseguenze di tale fatto rispetto al processo in corso, si richiama quanto affermato nella sentenza Tribunale di Torino n. 4408 del 2023 resa tra le medesime parti, secondo cui la cessazione della materia del contendere "si verifica solo se la nuova delibera - che ovviamente deve essere valida - modifica le decisioni della prima nel senso richiesto dal condomino che la ha impugnata (Trib. Torino 14/4/2023 n. 1617; Cass. 5997/2022)". Nel caso di specie la deliberazione del 22 novembre 2023 è stata assunta con la partecipazione della sig. (...) (senza far riferimento a verbali di assemblea del condominio con conferimento di delega) e si è limitata a rettificare il rendiconto 2021/2022 in punto "addebito ai ricorrenti della spese della fase di mediazione". Come correttamente evidenziato dalla difesa di parti attrici, ne consegue la cessazione della materia del contendere solo per quanto attiene alla seconda doglianza. Come noto e ribadito nella sentenza Tribunale di Torino, sezione ottava, n. 4408 del 2023 resa tra le parti, la Corte di Cassazione ha chiarito che "ai fini della costituzione di un supercondominio, non è necessaria né la manifestazione di volontà dell'originario costruttore, né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, essendo sufficiente che i singoli edifici abbiano, materialmente, in comune alcuni impianti o servizi, ricompresi nell'ambito di applicazione dell'art. 1117 c.c." (vd Cass n. 22954/22)". Costituisce circostanza non contestata quella secondo cui il supercondominio di (...) (...) di (...) è costituito dal (...) (...) di (...) e dal(...) di (...), i quali hanno in comune l'impianto di riscaldamento centralizzato. La prima doglianza, ossia la violazione dell'art 67, comma terzo, disp. att. c.c., già sollevata nel precedente contenzioso, non era stata ivi esaminata poiché "il supercondominio con le delibere successive si è adeguato ai rilievi degli attori: sul punto è cessata la materia del contendere in quanto sono stati recepiti i rilievi relativi alla costituzione dell'assemblea del Super condominio". In tema di designazione del rappresentante, la giurisprudenza di merito ha ritenuto che "il rappresentante del singolo condominio nell'assemblea del supercondominio è dotato di una rappresentanza in senso tecnico, come indicato dall'art. 67, comma 4, disp. att. c.c., il potere di rappresentanza si differenzia tra amministratore e rappresentante: mentre l'amministratore ha una rappresentanza unitaria del (sub)condominio, il rappresentante è portatore del voto di ciascun singolo condomino. È da notare, inoltre, che tale voto deve essere "univoco" per esigenze di semplificazione. A differenza dell'amministratore di condominio, il quale rappresenta "unitariamente e collettivamente" la generalità dei condòmini, il rappresentante può partecipare all'assemblea del supercondominio, senza apposizione di limiti al suo potere " (Tribunale di Torino, Sez. ottava, 23 dicembre 2020, n. 4736) e che "qualora non venga utilizzato lo strumento di semplificazione ai sensi dell'art. 67, co.3, disp. att. c.c. per lo svolgimento dell'assemblea supercondominiale e la sua convocazione, deve ritenersi applicabile la regola generale della necessaria convocazione di tutti condomini, non rilevando l'inadempimento del singolo condominio sostanziatosi nella mancata elezione del rappresentante" (Tribunale di Torino, Sez. ottava, 29 luglio 2022, n. 3427). Con riferimento alla questione giuridica di cui si discute, si richiama, anche ai fini di cui all'art. 118, comma primo, disp. att. c.c., una decisione del Tribunale di Milano nella quale l'estensore ha spiegato che "la norma in esame non ha previsto adeguati meccanismi tramite i quali raccordare la convocazione dell'assemblea ai fini della nomina del rappresentante dei singoli plessi formanti il (...) con la successiva assise supercondominiale, in particolare non si capisce se alla nomina del rappresentante si debba provvedere in occasione dell'assemblea ordinaria annuale per l'approvazione del bilancio consuntivo per l'esercizio di gestione e per la nomina dell'amministratore del singolo Condominio oppure nel momento in cui viene esternato dall'amministratore del (...) la volontà di convocare l'assemblea di quest'ultimo: la prima soluzione ha il pregio della "istituzionalità", nel senso che dovendosi celebrare obbligatoriamente l'assemblea di ciascun Condominio almeno una volta l'anno, in tale occasione l'ente ha la possibilità di dotarsi del rappresentante senza alcuna soluzione di continuità, mentre la seconda ha il pregio di dare ai condomini, dopo che questi abbiano ricevuto la convocazione dell'assemblea di (...), la possibilità di conferire al rappresentante un mandato assai stringente con riferimento agli argomenti posti all'ordine del giorno della convocanda assemblea ed alle scelte che dovranno essere ivi assunte. Non risultano chiare poi le modalità attraverso le quali, una volta che si renda necessaria la convocazione dell'assemblea di (...) per l'approvazione del bilancio annuale e per la nomina dell'amministratore, si dia inizio al procedimento di nomina del rappresentante in seno al singolo Condominio: oltre alla previsione del generico obbligo di nomina del rappresentante nei casi ivi contemplati, l'art. 67 delle disposizione di attuazione al codice civile ha unicamente disciplinato sia l'obbligo del rappresentante di comunicare all'amministratore del Condominio l'ordine del giorno e le decisioni assunte dall'assemblea di Supercondominio, sia l'obbligo dell'amministratore del singolo Condominio di riportare queste ultime ai condomini riferendone in assemblea. Provando ad ipotizzare una semplificazione si può dire che le fasi dovrebbero essere le seguenti: 1) l'amministratore del (...) decide di convocare l'assemblea annuale per la gestione ordinaria e per la nomina dell'amministratore: la convocazione di essa deve essere comunicata a tutti i condomini affinché questi ultimi si riuniscano a loro volta in assemblea per nominare il proprio rappresentante; 2) l'assemblea del singolo Condominio provvede alla nomina del rappresentante al fine del conferimento del mandato: la convocazione dell'assemblea volta alla designazione del rappresentante è qualificata dall'art. 67, terzo comma, disp. att. cod. civ. come obbligatoria per legge; 3) la nomina del singolo rappresentante viene esternata all'amministratore del (...) affinché quest'ultimo possa a propria volta comunicare al legittimo destinatario l'ordine del giorno della convocanda assemblea di (...); 4) ricevuto l'ordine del giorno ad opera dell'amministratore del (...), il singolo rappresentante deve comunicare tempestivamente all'amministratore del Condominio che lo ha nominato l'ordine del giorno della convocanda assemblea di (...); 5) l'amministratore del singolo (...), una volta ricevuto l'ordine del giorno, convoca apposita assemblea affinché i condomini possano conferire il mandato al rappresentante con riguardo alle intenzioni di voto sulle singole questioni che dovranno essere trattate in seno all'assemblea di Supercondominio; 6) avvenuta la celebrazione dell'assemblea di Supercondominio, il singolo rappresentante provvede a comunicare le relative decisioni agli amministratori dei Condominii che li hanno rispettivamente nominati; 7) l'amministratore del (...) riferisce ai condomini le decisioni assunte in seno all'assemblea di Supercondominio affinché i condomini, ove ritengano viziate le decisioni assunte in seno all'assemblea di Supercondominio, possano impugnarle in conformità all'art. 1137 del codice civile" (Tribunale di Milano, 30 agosto 2016, n. 9846). Nella fattispecie, la difesa del (...) non ha depositato la convocazione dell'assemblea del 31 marzo 2023, ma soltanto il verbale dal quale si evince che gli argomenti posti all'Ordine del Giorno erano l'approvazione del consuntivo della gestione riscaldamento 2021/2022, il preventivo riscaldamento 2022/2023 e la riconferma dell'amministratore. La deliberazione assembleare del 23 febbraio 2022 del Condominio di (...) Torino aveva ad oggetto, per quanto qui interessa, "la nomina del rappresentante all'assemblea del supercondominio per la gestione ordinaria e per la nomina di amministratore" ed era stata nominata la sig.ra (...) (doc.4/A). Tale assemblea era stata convocata per "sanare" il difetto di nomina già eccepito dagli attori in altro contenzioso con riguardo alle precedenti deliberazioni del supercondominio del giorno 11 febbraio 2020 e del 12 ottobre 2021, poi sostituite da quella del 2 marzo 2022, che aveva ad oggetto la nomina di amministratore, attribuzione codice fiscale, apertura conto corrente bancario, discussione e riesame dei bilanci spese riscaldamento consuntivi 2017-2018/2018-2019/2019-2020/20202021 e preventivo 2021-2022, mediazione e causa coltivata dagli attori (precedente contenzioso). A parere di questo giudice, la nomina del rappresentante comune effettuato nell'assemblea del 23 febbraio 2022 conferiva alla mandataria il solo potere di partecipare alla prima assemblea del supercondominio successiva, ossia a quella del 2 marzo 2022, ma non ne legittimava la partecipazione alle successive, ed in particolare, a quella del 31 marzo 2023 (anno successivo). Tale tesi si basa sia sul dato letterale dell'art. 67, comma terzo, disp. att. c.c., ossia l'utilizzo del termine "assemblea" (e non "assemblee"), sia sulla ratio della norma, ossia quella di conferire il mandato ad un solo soggetto per evitare la partecipazione di un numero elevato di persone, ma nel rispetto del diritto di ciascun condomino di essere informato della gestione del supercondominio in modo da poter esprimere -seppure tramite il rappresentante comune - un diritto di voto consapevole, e questo necessariamente presuppone una previa discussione assembleare di ciascun condominio, con il successivo conferimento della delega al soggetto che si reputa maggiormente idoneo allo svolgimento del mandato. La sola circostanza che tale norma non indichi un "termine finale o di durata" non pare sufficiente per ritenere che sia un incarico a tempo indeterminato poiché ciò risulta implicitamente dall'oggetto della delega, ossia la partecipazione alla sola assemblea "per la gestione ordinaria delle parti comuni e per la nomina dell'amministratore", ossia per l'assemblea annuale del supercondominio, con obbligo per l'amministratore del condominio di procedere ad una nuova convocazione appena ricevuta notizia da parte dell'amministratore del supercondominio della volontà di convocare una nuova assemblea, con un nuovo ordine del giorno. Del resto, non è necessario prevedere un termine di durata per il conferimento di un singolo incarico poiché l'estinzione del mandato è espressamente prevista con il "compimento da parte del mandatario dell'affare per il quale è stato conferito" (art. 1722, comma primo, n. 1. c.c.) e se il legislatore avesse inteso attribuire l'incarico senza limiti di durata e fino ad eventuale revoca lo avrebbe detto espressamente o, quantomeno, avrebbe fatto riferimento alla partecipazione "alle assemblee annuali", anziché "all'assemblea". Del resto, laddove il legislatore ha inteso prevedere tale possibilità lo ha indicato esplicitamente: in ambito condominiale, l'art. 1130 bis c.c. riconosce la possibilità di nominare un revisore "in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate", e quindi con espressa previsione della possibilità di conferire il mandato per più annualità soltanto se le stesse siano indicate in modo specifico (e, quindi, non a tempo indeterminato salvo revoca); in materia societaria l'art. 2347 c.c., nel disciplinare la nomina del rappresentante comune, fa riferimento ai "diritti dei comproprietari", senza indicare l'assemblea nella quale viene esercitato il diritto di voto, e quindi con possibilità di partecipazione ad un numero illimitato di adunanze. Ed ancora, il divieto di apposizione di limiti al potere del rappresentante si può giustificare solo se l'incarico viene deliberato per una singola partecipazione (ovvero per plurime partecipazioni ma indicate singolarmente nell'assemblea di nomina), perché altrimenti verrebbe conferito un potere eccessivo al rappresentante, addirittura superiore a quello dell'amministratore del condominio, ossia al soggetto cui viene conferito il mandato di gestione dell'ente e nei cui confronti è espressamente prevista la durata annuale dell'incarico. La decisione citata dalla difesa di parte convenuta che ha riconosciuto la natura di norma eccezionale del disposto di cui all'art. 67 disp. att. c.c., con conseguente divieto di interpretazione estensiva o analogica (art. 14 disp. prel. c.c.) non è utile per la risoluzione del caso in esame poiché attiene ad una differente questione, ossia alla revoca dell'amministratore (Corte di Appello di Milano, sentenza 9/5/2018 n. 2321). La circostanza ribadita in sede di discussione secondo cui "la delibera di nomina della rappresentante è del 23 febbraio 2022 e la gestione del riscaldamento 2021/2022 iniziava il 15 ottobre 2021 e terminava il 15 aprile 2022" non è sufficiente per poter ritenere che la nomina sia stata fatta per l'approvazione del rendiconto relativo a tale periodo di tempo, tanto che l'ordine del giorno dell'assemblea del 31 marzo 2023 aveva ad oggetto l' esame e l' approvazione del "consuntivo" della gestione riscaldamento 2021/2022 e del "preventivo" gestione riscaldamento 2022/2023, con l'indicazione di consumi e di costi che evidentemente non potevano essere noti all'amministratore nel mese di febbraio 2022. Certamente la soluzione qui adottata può avere ripercussioni pratiche negative, anche avuto riguardo alla necessità di un elevato quorum deliberativo ed alla possibilità di ricorrere alla nomina giudiziaria in caso di omessa nomina, ma si ritiene che il tenore letterale dell'art. 67, comma terzo, disp. att. c.c., nonché la scelta di compressione del diritto del singolo condomino di partecipare all'assemblea del supercondominio non possano giustificare il riconoscimento della durata illimitata dell'incarico del rappresentante comune. Come noto, le Sezioni unite hanno sancito che "l'azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell'art. 1137 c.c., come modificato dall'art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un'estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell'oggetto in senso materiale o giuridico - quest'ultima da valutarsi in relazione al "difetto assoluto di attribuzioni", contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all'"ordine pubblico" o al "buon costume". Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137, comma 2, c.c." (Cass. civ., Sez. unite, 14 aprile 2021, n. 9839). Nel caso di specie la partecipazione di un soggetto non legittimano rende annullabile la deliberazione assembleare del (...) e viene pertanto accolta la relativa domanda, con rigetto di quella di nullità. L'esame delle altre doglianze è superfluo alla luce del principio di assorbimento dei motivi. Attesa la novità della questione ritenuta dirimente, ossia quella relativa all'interpretazione dell'art. 67, comma terzo, disp. att. c.c. ed all'assenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato, si ritengono sussistere gravi ed eccezionali ragioni che giustificano la compensazione integrale delle spese di lite (art. 92 c.p.c). p.q.m. il giudice istruttore in funzione di giudice unico, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa istanza, eccezione e deduzione, - annulla la deliberazione assunta dall'ente convenuto in data 31 marzo 2023; visto l'art. 92 c.p.c. - dichiara la compensazione integrale delle spese di lite. Torino, 23 aprile 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di COMO SEZIONE PRIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Claudia Porrini ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1216/2023 promossa da: (...) ATTORE contro (...) con il patrocinio dell'avv. (...) e dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in VIA (...) presso il difensore avv. (...) (...), con il patrocinio dell'avv. (...) e dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in VIA (...) presso il difensore avv. (...) CONVENUTI CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da fogli inviati telematicamente Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione datato 08.03.2023 (...) impugnava la delibera assunta dal (...) in data 30.06.2021 chiedendo in via principale di dichiararla "nulla e conseguentemente annullarla" e, nel merito, di dichiarare nulla e/o inefficace e/o illegittima la delibera al punto 2 dell'ODG. Sostiene l'attore di aver acquistato in data 28.09.2021 due box e, all'atto di acquisto, di aver accettato il regolamento condominiale che permette ai proprietari dei box di utilizzare gli spazi comuni al pari dei residenti, contrariamente a quanto deliberato con la decisione impugnata che esclude i proprietari dei box, posti auto e cantine dall'utilizzo degli spazi comuni quali piscina, campo da tennis ecc. nonostante che, in base a regolamento contrattuale, tutti i condomini siano obbligati a sostenere le spese sia ordinarie che straordinarie dei suddetti impianti ed abbiano diritto di utilizzarli. Deduceva inoltre l'attore che il punto 2 dell'ODG indicava che oggetto di discussione e deliberazione avrebbe dovuto essere solamente l'uso della piscina condominiale ed invece la delibera è andata oltre deliberando e limitando l'uso di tutti i servizi (parco, campo da tennis). Si costituivano con comparsa il (...) ed il (...) che eccepiva l'improcedibilità della domanda per mancata partecipazione personale al primo incontro di mediazione, la decadenza dall'impugnazione essendo scaduti i termini di cui all'articolo 1137 cc; nel merito, osservava che: 1) sia la delibera impugnata che quella del 2012 erano coerenti con il regolamento laddove all'art 9 richiamava l'articolo 9 lettera b che prevedeva che "è facoltà dell'assemblea, ai fini del miglior esito della gestione, adottare una diversa disciplina di utenza e, per giusta causa, la sospensione dell'uso in via provvisoria o definitiva"; 2) non vi era alcun rapporto di pertinenzialità fra il box e gli impianti sportivi e che le rimesse attoree costituivano pertinenza dell'abitazione attorea di altro complesso come risultante dal doc 2 attoreo; 3) il regolamento non era efficace in quanto costituitosi dopo l'atto pilota del 3.04.2008 e pertanto non poteva derogare ai criteri legali; Tutte le difese di entrambe le parti venivano elaborate nelle memorie depositate ex articolo 171 ter cpc. Con ordinanza 13.09.2023 il Giudice rilevava come il procedimento di mediazione fosse stato validamente instaurato e portato a termine come da doc 4 attoreo e che la riforma Cartabia valorizza la partecipazione delle parti con conseguenze negative sul piano processuale. Tale ordinanza in cui si scriveva:" la mancata partecipazione personale al procedimento è sanzionata dall'articolo 12 bis del D.Lvo 4 marzo 2010 n 28 inserito dall'art 7 comma 1 lettera p del D.Lvo 10 ottobre 2022 n 149 secondo cui il Giudice può' desumere dalla mancata partecipazione della parte argomenti di prova; inoltre tale condotta viene sanzionata dal Giudice con la condanna al pagamento di una somma corrispondente a quella del contributo unificato dovuto per il processo, se la parte non ha partecipato nello specifico al primo incontro senza una valida ragione o come dice la norma "senza giustificato motivo".......Inoltre non viene espressamente prevista l'improcedibilità in caso di mancata partecipazione al procedimento e quindi non può operare in difetto di mancata previsione legislativa" (Cass 20975/2017)". Con la medesima ordinanza ammetteva l'interpello e testi attorei sui capitoli 13.23 e 24. Superfluo sarebbe un ulteriore indagine istruttoria. Espletato l'interpello ed escussi i testi la causa veniva chiamata per discussione orale al 26 marzo 2024. Le parti si riportavano alle già precisate conclusioni e discutevano oralmente la causa. All'esito il Giudice depositava la presente sentenza di cui dava lettura. E' fuori dubbio che parte attrice può richiedere solamente la dichiarazione di nullità dell'atto impugnato e non l'annullabilità in quanto decaduta per decorrenza dei termini ex art 1137 cc. Parte attrice nelle proprie conclusioni ha solamente richiesto la pronuncia di nullità anche se impropriamente ha utilizzato il termine di annullamento come conseguenza della pronuncia di nullità. Ne consegue che, la richiesta di nullità per il fatto che il punto 2 dell'odg era incompleto e non conteneva i punti deliberati, deve essere rigettata. Infatti l'articolo 66 delle disp att. cc stabilisce che l'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale deve contenere la specifica indicazione dei punti all'ordine del giorno. Se vi è omessa, tardiva o incompleta convocazione la delibera sarà annullabile ex articolo 1137 cc su istanza dei dissenzienti nei trenta giorni dalla delibera e degli assenti nei trenta giorni dalla comunicazione della delibera. Del pari, cioè annullabile, è il motivo di impugnazione per mancanza di quorum deliberativo. Non essendoci i presupposti per dichiarare la nullità di tutta la delibera come sembrerebbe richiedere parte attrice nella conclusione sub a), si accoglie la conclusione sub b) laddove richiede la declaratoria di nullità del punto 2 dell'ordine del giorno. I motivi dell'accoglimento sono i seguenti: 1) Il regolamento in uso ed allegato in atti e richiamato nel contratto di acquisto dell'acquirente è senza dubbio di natura contrattuale essendo stato predisposto dall'originario costruttore-venditore e perché, anche se al momento del primo atto pilota, il regolamento ancora non era in essere, i primi acquirenti hanno conferito espresso mandato "irrevocabile" al venditore di redigerlo senza aver mai sollevato nel tempo alcuna obiezione e quindi lo hanno accettato in ogni sua parte. Il medesimo mandato era stato conferito anche per la redazione delle tabelle millesimali. Nell'atto pilota, in riferimento al mandato irrevocabile per la predisposizione del regolamento e delle tabelle millesimali veniva espressamente scritto "il tutto con promessa di rato, valido ed approvato sotto gli obblighi di legge". La stessa parte convenuta ritiene contrattuale il regolamento come espressamente verbalizzato al punto 2 dell'ordine del giorno impugnato. 2) Nel regolamento all'articolo 7 è espressamente previsto che tutte le infrastrutture del complesso costituiscono beni comuni. Ha errato l'assemblea quando al punto 2 della delibera ha giustificato il proprio assunto, cioè quello di escludere i proprietari dei box dall'utilizzo della piscina e del campo da tennis, perché ritenuto "previsto dall'articolo 9 A" in quanto detto articolo prevede espressamente che le "le infrastrutture citate (piscina e campo da tennis) essendo strettamente correlate al complesso residenziale, sono da considerarsi beni comuni a tutti i condomini...in ragione della quota millesimale espressa con la tabella A millesimi di proprietà". Come emerge inequivocabilmente dall'articolo 18 del regolamento nella tabella A sono attribuiti millesimi anche ai proprietari dei soli box. La "diversa disciplina di utenza" che l'assemblea può' adottare riguarda esclusivamente la modalità di utilizzo di tali beni; infatti tale punto viene riportato a seguito del paragrafo "divieti" quali ad esempio, portare con se' animali, accedere fuori dall'orario stabilito ecc.........L'articolo 9 del regolamento, citato da parte convenuta a sostegno delle proprie difese, afferma che l'assemblea, ai fini del miglior esito della gestione, può' adottare una diversa disciplina di utenza ma non afferma che l'assemblea può escludere il diritto di un condomino alla titolarità della quota del bene ed al suo utilizzo. Ai fini della sospensione dell'uso è prevista dal regolamento l'esistenza di una giusta causa che non è stata dedotta né lamentata da parte convenuta. 3) E' fatto non contestato dai convenuti e comunque circostanza provata per interpello che l'attore ha sempre contribuito, in proporzione ai suoi millesimi, al pagamento degli oneri ordinari e straordinari relativi agli impianti sportivi, alla piscina, al tennis. La Rag (...) durante l'interrogatorio formale del 15 gennaio 2024 ha confermato il capitolo 13 della seconda memoria di parte attrice che recitava: "vero che i proprietari dei box pagano il mantenimento dei beni comuni e le spese ordinarie e straordinarie relative agli stessi". La Rag (...) ha risposto "si è vero". Ha anche confermato che altro condomino, proprietario solo del box ugualmente paga sia le spese ordinarie che straordinarie relative agli impianti. Anche il teste Avv (...) ha confermato che i proprietari dei box corrispondono gli oneri ma solo limitatamente al complesso (...) cioè al Supercondominio. Tale complesso, ha specificato il teste, è costituito da parco e infrastrutture comprensive della piscina, dei box, come da regolamento articolo da 3.1 a 3.6. "questo è il Supercondominio mentre il Condominio è quello di (...) che riguarda la gestione delle parti comuni del fabbricato principale". Tale distinzione è fondamentale per contraddire la tesi della pertinenzialità del bene box all'unità abitativa; infatti, come emerge dal regolamento (art 4.2 e seguenti) sono costituite, per utilizzare le parole del regolamento, due entità condominiali separate, una che è il (...) che è costituito "da tutti i proprietari del (...) (...) da tutti i proprietari dei fabbricati satelliti, da tutti i proprietari del complesso box, cantine, parcheggi esterni scoperti e l'altra dal (...) che è costituito da tutti i proprietari delle unità immobiliari del fabbricato principale. E quindi non corretto parlare di rapporto di pertinenzialità fra bene box e unità immoibliari abitative. Dopo tale distinzione, la pagina 10 del regolamento così conclude" i proprietari di complessi box, cantine, parcheggi esterni scoperti, fabbricati satelliti (e quindi tutti i partecipanti del Supercondominio fra cui l'attore, parteciperanno alla gestione di tutte le parti comuni del complesso, secondo quanto disciplinato nei regolamenti dei due enti condominiali sopra citati e nelle disposizioni particolari. Ebbene, come sopra è stato evidenziato i proprietari dei box sono condomini e in quanto tali hanno diritto di utilizzare i beni comuni. 4) Ad abundantiam, indipendentemente dal regolamento, l'attore, in quanto proprietario di box, oltretutto facente parte del Supercondominio, assume la qualità di condomino e, in base all'articolo 1138 cc il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni è proporzionale al valore dell'unità che gli appartiene, salvo che il titolo stabilisca diversamente. Nella fattispecie non vi è la presenza di alcun titolo che stabilisca in modo diverso o che ponga limiti e cioè non vi è alcun titolo che limiti il diritto attoreo sulle parti comuni. In quanto beni comuni ed in relazione all'art 1123 primo comma cc, risulta quindi corretta la conclusione secondo la quale le spese per la manutenzione dei beni comuni in esame siano ripartiti fra tutti i condomini in rapporto al valore proporzionale di ognuno e comunque come stabilito dal regolamento. 5) La natura condominiale della piscina, e degli impianti sportivi in genere trova titolo nel regolamento di natura contrattuale e nell'obbligazione propter rema carico degli acquirenti dei soli box tra cui l'attore. Trova altresì titolo nelle disposizioni del codice come sopra citate. La presunzione legale di condominialità della piscina e degli altri impianti deriva dall'attitudine oggettiva del bene al godimento comune e dalla concreta e manifestata volontà del proprietario originario di includerli fra i beni condominiali. Non può' essere rilevante il rapporto di pertinenzialità in quanto l'attore ha acquistato un box facente parte del (...) così come fanno parte del (...) gli impianti sportivi. Gli impianti sportivi in condominio, come la piscina, il campo da tennis possono considerarsi beni comuni se non risulta diversamente dal titolo; essi infatti rientrano nelle "opere, installazioni e manufatti" di cui all' articolo 1117 cc. A maggior ragione ci rientrano in questo caso data la peculiarità del complesso. 6) Non si condivide l'assunto di parte convenuta quando afferma che trattasi di un condominio parziale in quanto il condominio parziale si ha solo quando una parte di beni comuni sia destinata all'utilizzazione di una sola parte dei condomini. La Corte di Cassazione, rifacendosi al proprio consolidato orientamento, ha ribadito che la figura del condominio parziale ricorre ex lege tutte le volte in cui un bene (esempio scale) risulti, in ragione delle sue obiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato al servizio in modo esclusivo di una parte soltanto dell'edificio in condominio. Nella fattispecie gli impianti sportivi sono di proprietà di tutti i condomini in quanto beni comuni. Non si ritengono pertinenti alla fattispecie le sentenze allegate da parte convenuta. Per tutto quanto sopra esposto si conclude che il punto 2 della delibera impugnata è nulla in quanto emessa al di fuori delle proprie competenze. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidati secondo il DM 55/2014; valore indeterminabile complessità media, fascia compenso media, ma, la liquidazione viene ridotta di 2/5 in quanto viene rigettata la domanda avanzata sub a di nullità dell'intera delibera mentre viene accolta la domanda di nullità limitatamente al punto 2 della delibera. Inoltre alcuni dei motivi di impugnazione erano propri di una pronuncia di annullamento in relazione alla quale l'attore è decaduto come sopra meglio illustrato. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone: dichiara la nullità del punto 2 della delibera impugnata del 30 giugno 2021. Condanna i convenuti, in solido fra loro, al pagamento all'attore di euro 3047,00 oltre iva, ca e spese generali per compensi legali oltre esborsi per euro 311,00. Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura ed allegazione al verbale. Como, 26 marzo 2024
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Bergamo, Sezione Quarta Civile, in persona del Giudice Unico dott. Cesare Massetti, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile n. 7563/2022 del Ruolo Generale promossa con atto di citazione ritualmente notificato e posta in decisione all'udienza del 19 dicembre 2023 da (...), in proprio nonché rappresentato e difeso dall'Avv.to (...) e dall'Avv.to (...) del Foro di (...) elettivamente domiciliato in (...), giusta procura speciale alla lite allegata all'atto introduttivo del giudizio e alle note scritte depositate in vista della prima udienza ATTORE contro (...) (...) in persona dell'amministratore rag. (...) in qualità di legale rappresentante della soc. Rag. (...) (...) rappresentato e difeso dall'Avv.to (...) del Foro di (...) procuratore anche domiciliatario, giusta procura speciale alla lite allegata alla comparsa di costituzione e di risposta CONVENUTO In punto: (...). CONCLUSIONI Dell'attore Come in foglio inviato per via telematica. Del convenuto Come in foglio inviato per via telematica. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato (...) conveniva in giudizio avanti l'intestato Tribunale il (...) (...) impugnando il verbale dell'assemblea del supercondominio in data 1 febbraio 2022, cui egli aveva partecipato in qualità di delegato del (...), sia per falsità ideologica che per mancata verbalizzazione. In particolare, a detta dell'attore, il verbale impugnato gli attribuiva affermazioni che egli non aveva mai proferito (che l'attore abbia proposto l'installazione di un rilevatore di presenza per l'accesso carrale delle autovetture all'Area Comune Quartiere (...); che abbia altresì dichiarato che non intendeva fornire gli estremi per contattare la ditta da lui interpellata; che abbia rilevato la non completezza e l'inesattezza della relazione dell'ing. (...) senza tuttavia motivare detta sua affermazione; che abbia assunto che negli spazi comuni non possono essere installati cartelli di divieto), mentre riportava in maniera non conforme le affermazioni dell'amministratore (il quale aveva affermato di aver commissionato la relazione tecnica dell'ing. (...)) senza alcuna preventiva autorizzazione assembleare, perché intendeva tutelare la sua funzione da eventuali responsabilità conseguenti l'utilizzo dell'Area Comune a parcheggio di autovetture; e che avrebbe personalmente onorato l'obbligazione di pagamento delle competenze del suddetto professionista, da lui officiato senza consultare (...), né ottenendo l'assenso dei, delegati dei condomini). Costituendosi in giudizio il (...) contestava in toto gli assunti avversari. La causa non veniva istruita. Precisate le conclusioni come in epigrafe riportate, all'udienza del 19 dicembre 2023 passava in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda è infondata. Invero l'attore ha esercitato un'azione di impugnazione della deliberazione dell'assemblea del supercondominio, quand'anche lo stretto petitum non sia la caducazione della deliberazione, per nullità od annullamento, bensì e piuttosto la correzione del verbale, per falsità ed omissioni. Tuttavia, in relazione ai punti censurati (il primo e il terzo all'ordine del giorno), l'assemblea non ha deliberato alcunché. Si è trattato, dunque, di deliberazioni meramente interlocutorie. Le deliberazioni meramente interlocutorie, al pari di quelle programmatiche, non sono impugnabili, difettando l'interesse ad agire (Tribunale Roma 2 agosto 2019: "Una delibera c.d. preparatoria, programmatica o interlocutoria, che non sia propriamente impegnativa per il condominio e non assuma, perciò, carattere vincolante e definitivo in ordine a determinate decisioni o iniziative, potrebbe anche non rientrare tra gli argomenti posti all'ordine del giorno inserito nell'avviso di convocazione, trattandosi di contenuti non suscettibili di una preventiva specifica informativa dei destinatari della convocazione medesima e comunque costituenti possibile sviluppo della discussione e dell'esame di ogni punto all'ordine del giorno e non è autonomamente impugnabile, dal momento che l'interesse all'impugnazione di una deliberazione dell'assemblea condominiale, ai sensi dell'art. 1137 cod. civ., postula che la stessa deliberazione appaia idonea a determinare un mutamento della posizione patrimoniale dei condomini nei confronti dell'ente di gestione, suscettibile di cagionare un sia pur eventuale, ma, comunque, apprezzabile pregiudizio personale") L'interesse ad agire deve sussistere anche per le impugnative di mero annullamento, ossia per quelle che si fondano su vizi formali (Cass. n. 11214/2013: "L'interesse all'impugnazione per vizi formali di una deliberazione dell'assemblea condominiale, ai sensi dell'art. 1137 cod. civ., pur non essendo condizionato al riscontro della concreta incidenza sulla singola situazione del condomino, postula comunque che la delibera in questione sia idonea a determinare un mutamento della posizione dei condomini nei confronti dell'ente di gestione, suscettibile di eventuale pregiudizio. (Nella specie, la S.C., alla stregua dell'enunciato principio, ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di merito, la quale aveva dichiarato la carenza di interesse del condomino all'impugnativa di due delibere, l'una concernente la nomina di un tecnico per la verifica di necessità dei lavori di manutenzione sollecitati dallo stesso ricorrente, l'altra volta a precisare la portata della precedente espressione della volontà assembleare, proprio nel senso di eliminare il contenuto negativo ravvisato dal singolo partecipante nella prima deliberazione)"). Nella fattispecie concreta l'interesse ad agire non sussiste, posto che l'assemblea non ha adottato alcuna decisione, e posto che nella sfera personale dell'attore non si è verificato alcun apprezzabile pregiudizio, in termini di mutamento della sua posizione patrimoniale. Può anche essere che il verbale impugnato presenti delle inesattezze, ma l'interesse ad agire fa comunque difetto, tant'è vero che l'attore non è stato in grado di fornirne un'adeguata spiegazione. Infatti, il semplice richiamo alla funzione del verbale ("il verbale, come noto, assolve alla funzione di dare conto di tutte le attività compiute nel corso dell'assemblea condominiale, anche se le stesse non si sono perfezionate e non siano state adottate delle deliberazioni, e ciò per permettere a tutti i condomini, compresi quelli dissenzienti ed assenti, di controllare lo svolgimento del procedimento collegiale e di assumere le opportune iniziative") è insufficiente a giustificare un'iniziativa giudiziaria nei confronti di un deliberato assembleare che non incide assolutamente sulla posizione dell'impugnante. Di qui il rigetto della domanda. Le spese di lite seguono la soccombenza e possono liquidarsi in complessivi Euro 5.431,00=, oltre a spese generali nella misura del 15%, ad iva e cpa e alle successive occorrende. P.Q.M. Il Tribunale, ogni diversa istanza eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando: - respinge la domanda; - condanna l'attore a rifondere al convenuto le spese di lite, liquidate in complessivi Euro 5.431,00=, oltre a spese generali nella misura del 15%, ad iva e cpa e alle successive occorrende. Così deciso in Bergamo il 13 marzo 2024.
Tribunale di Genova, Sentenza n. 736/2024 del 07-03-2024 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI GENOVA TERZA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I (...) iscritta al n.r.g. 4433/2022 avente ad (...) azione di responsabilità nei confronti di amministratore condominiale promossa da (...) "(...)" (...) (C.F. (...)) rappresentato e difesa dall'Avv.to (...) ATTORE Contro (...) E (...) S.R.L. rappresentata e difesa dall'Avv.to (...) CONVENUTO E SOCIETÀ (...) rappresentata e difesa dall'Avv. (...) (...) CONCLUSIONI Per il (...) "(...)" (...) "Piaccia all'(...)mo Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, in via principale accertare e dichiarare la responsabilità dello studio (...) e (...) s.r.l. in persona del legale rappresentate pro tempore per i fatti di cui in narrativa, ed in particolare in merito al danno patrimoniale subito dagli odierni attori, pari all'ammanco di cassa rivenuto a seguito delle verifiche contabili emergente, ed conseguente necessità di vedersi restituire le somme versate e non utilizzate per le voci di bilancio indicate, nonché per l'evidente mala gestio, e/o emergendi in corso di causa e/o meglio viste e ritenute e conseguentemente condannarlo al pagamento del totale importo di Euro. 125.000,00= e/o in quella meglio vista e ritenuta e/o emergenda in corso di causa, il tutto oltre interessi e rivalutazione ove dovuta fino al soddisfo, da determinarsi anche in via equitativa. Con vittoria di spese, diritti ed onorari della presente procedura" (...) e (...) s.r.l.: "Piaccia al Tribunale Ill.mo, fermo il rigetto di tutte le istanze istruttorie avversarie previa -se del caso rimessione della causa sul ruolo per l'ammissione delle istanze istruttorie formulate, In via principale respingere tutte le domanda formulate da parte attrice contro l'esponente in quanto infondate in fatto ed in diritto, pretestuose e temerarie, con conseguente condanna degli attori e(...) art. 96 cpc. In ogni caso, dichiarare tenuta e condannare la terza chiamata (...) C.F. (...) in persona del suo legale rapp.te p.t., corrente in Via Corte d'Appello 11, 10122 Torino nei limiti di polizza a: 1) garantire, manlevare e tenere indenne l'esponente di quanto eventualmente condannata a pagare a qualsiasi titolo agli attori. 2) rimborsare all'esponente tutti i costi sostenuti e sostenendi per l'attività di difesa. Con vittoria delle spese, diritti ed onorari di liti, (...) A FAVORE DELL. Avv. (...) CHE SE NE DICHIARA ANTISTATARIO." (...) di (...) "voglia (...)mo Tribunale rigettata ogni contraria istanza: - In via preliminare, rigettare ogni istanza istruttoria e in particolare istanza di CTU in quanto esplorativa, non avendo controparte prodotto in atti alcun documento contabile o bancario; - in via principale, rigettare le domande svolte dall'attore (...) nei confronti dello (...) e (...) srl in quanto generiche, non provate e comunque infondate nel merito; - in via subordinata, limitare l'eventuale domanda di garanzia formulata dallo (...) e (...) srl nei confronti di (...) alle condotte ascrivibili all'eventuale colpa dell'assicurato delle quali la società convenuta debba rispondere; o alle condotte colpose, con esclusione di qualsiasi responsabilità volontariamente assunta dall'(...) e non derivante dalla legge, nonché con esclusione di eventuali condotte dolose; o con esclusione di eventuali danni derivanti dalla perdita di cose in custodia all'(...) inclusi valori; o con applicazione della franchigia di (...) 1.500 ed entro il massimale di (...) 3.000.000. - in ogni caso, con vittoria di spese del giudizio, con condanna diretta dell'attore alla rifusione delle spese di lite all'esponente compagnia terza chiamata." 1. Esposizione delle domande e delle deduzioni difensive dell'attore. 1.1. (...) "(...)" (...) 6, con atto di citazione ritualmente notificato, conveniva davanti a questo Tribunale il (...) (...) in proprio e nella qualità di legale rappresentante dello studio (...) e (...) s.r.l., affinché dichiarasse ed accertasse la responsabilità delle due parti convenute in ordine al danno patrimoniale subito dall'attore, pari all'asserito ammanco di cassa stimato a seguito delle verifiche contabili eseguite in Euro 125.000,00 e, pertanto, li condannasse alla restituzione a favore dell'attore del predetto importo o di quello meglio visto e ritenuto, anche da determinarsi in via equitativa, il tutto oltre rivalutazione e interessi fino al soddisfo. 1.2 A sostegno della domanda formulata deduceva quanto segue: 1.2.I) l'ing. (...) quale nuovo amministratore del (...) attore (d'ora in poi (...), precedentemente amministrato dal (...) (...) in proprio e per il tramite delle proprie società, quali lo "(...) e (...) s.r.l." e la "(...) s.r.l.", all'esito dell'esame di tutta la documentazione contabile dei (...) con particolare riferimento a quella relativa alla centrale termica, che risulta essere comune a tutti i (...) costituenti il supercondominio attore, si avvedeva di alcune problematiche, tra cui un ammanco di cassa e inesattezze contabili relative al pagamento delle fatture della centrale termica; 1.2.II) in particolare sarebbe emerso che, nonostante le fatture passive ricevute dal (...) risultassero contabilmente saldate, le stesse - nei fatti - sarebbero risultate ancora insolute; 1.2.III) tale discrepanza tra le risultanze contabili e la situazione reale della posizione del (...) portavano alla luce - a seguito di un'attenta e copiosa analisi e ricostruzione della documentazione - un ammanco di cassa di circa Euro 125.000,00 come da prospetto allegato ((...) 01), nonostante il rituale e puntuale pagamento da parte dei singoli condomìni delle rispettive quote di oneri condominiali. 1.3) Pertanto, secondo il condominio, alla luce di quanto esposto, sarebbe stato del tutto evidente come il (...) (...) in qualità di amministratore di condominio, avesse posto in essere una mala gestio tale da configurare una sua grave responsabilità professionale avendo determinato l'ammanco di cassa una grave posizione debitoria nei confronti del gestore gas e di un altro fornitore come si sarebbe evinto dall'allegato conteggio. 1.4) Esponeva che, essendo stato inutile ogni tentativo di definizione bonaria della vertenza, il condominio sarebbe stato costretto ad adire il Tribunale affinché venisse accertata la responsabilità del convenuto in merito al danno patrimoniale subito dagli odierni attori, pari all'ammanco di cassa rivenuto a seguito delle verifiche contabili e, conseguentemente, venisse condannato alla restituzione delle somme versate e non utilizzate per le voci di bilancio indicate. 2. Esposizione delle eccezioni e delle deduzioni difensive della convenuta. 2.1 La società (...) e (...) s.r.l. nella comparsa di costituzione e risposta deduceva, in via preliminare, che sebbene l'atto di citazione indicasse due parti convenute il sig. (...) personalmente e la (...) e (...) s.r.l., l'atto di citazione veniva notificato mediante PEC alla sola società (...) e (...) s.r.l. 2.2. Sempre in via preliminare chiedeva il differimento della prima udienza di trattazione al fine di poter convenire in giudizio la (...) di (...) per essere da questa manlevata rispetto ad eventuali somme che fosse stata condannata a versare a parte attrice. 2.3 Nel merito chiedeva il rigetto dell'azione di responsabilità intrapresa, giacché: 2.3.I) rispetto alla persona del sig. (...) sarebbe stata già in astratto infondata posto che: 2.3.I.a) il sig. (...) non era mai stato personalmente amministratore del condominio attore; 2.3.I.b) quale legale rappresentante della società che aveva amministrato il condominio, non avrebbe potuto personalmente rispondere di eventuali debiti della società anche se derivanti da fatto illecito della stessa; 2.3.II) rispetto alla società (...) e (...) s.r.l. la domanda formulata sarebbe stata basata su un corredo allegatorio del tutto generico e fumoso posto che: 2.3.II.a) il (...) era stato amministrato, prima e dopo, da altri soggetti non convenuti nel presente giudizio, e pertanto l'attore avrebbe quantomeno dovuto chiarire: i precisi profili di responsabilità lamentati e temporalmente riconducibili all'esponente; quali "ammanchi" sarebbero stati rilevati e la loro imputazione; in che cosa consisterebbero le "problematiche" e le "inesattezze contabili"; 2.3.II.b) sarebbe rimasto del tutto oscuro, dalle allegazioni difensive, quale fosse l'errato impiego delle somme versate dai condomini che l'amministrazione condominiale convenuta avrebbe posto in essere; 2.3.III.c) l'eventuale esistenza di una carenza di cassa, in un condominio delle dimensioni di quello attoreo, poteva dipendere da numerose ragioni o da mancati versamenti dei condomini. 3. Esposizione delle eccezioni e delle deduzioni difensive della terza chiamata. 3.1. (...) di (...) nella propria comparsa di costituzione e risposta, in via preliminare, aderiva per quanto di interesse alle difese svolte dallo (...) srl con riferimento alle domande svolte nei confronti di quest'ultimo dal (...) 3.2 Sul punto deduceva che le domande, oltre ad essere basate su allegazioni di inesattezze contabili del tutto generiche, sarebbero state radicalmente prive della prova dell'ammanco lamentato nonché dell'allegazione e prova dell'inadempimento della società convenuta agli obblighi assunti in qualità di (...) 3.3. In via gradata deduceva che il sinistro, per cui veniva evocata la copertura assicurativa, non sarebbe rientrato nel rischio assicurato, sia per difetto dell'elemento soggettivo, posto che la polizza sottoscritta dalla società convenuta forniva copertura assicurativa alle sole condotte colpose dell'assicurato (...) (...) (e non della società che figurava solo come contraente), sia per difetto dell'elemento oggettivo, posto che a norma della clausola 8.1 lett. r) l'Assicurazione non avrebbe operato in caso di perdita, distruzione e deterioramento di cose che l'(...) avesse in consegna o custodia o detenesse a qualsiasi titolo o destinazione e, pertanto, la garanzia assicurativa non sarebbe stata operativa in relazione ad eventuali ammanchi di cassa derivanti dalla perdita o distruzione di valori, incluso il denaro, nella custodia dell'(...) 3.4. Inoltre deduceva che, ai sensi dell'art. 8.1 delle condizioni generali di garanzia, l'assicurazione non avrebbe compreso la responsabilità civile dell'assicurato derivante da "b) inerzia nei confronti del/dei debitore/i per la riscossione di crediti vantati dal condominio, salvo diverse disposizioni approvate dall'assemblea dei condomini" e, pertanto, la garanzia invocata, non avrebbe potuto ritenersi operante per eventuali ammanchi imputabili alla mancata riscossione di crediti del condominio, nell'ambito dei quali doveva escludersi anche la mancata ripetizione di eventuali pagamenti indebiti effettuati a terzi. 3.5 In via ulteriormente gradata deduceva che, comunque, ove fosse stata ritenuta operativa la copertura assicurativa predetta per eventuali importi che l'assicurato fosse stato condannato a versare a parte attrice, la copertura prevedeva l'applicazione di una franchigia fissa di Euro 1.500 (doc.1, pag. 2) per ogni sinistro, con massimale generale di Euro 3.000.000 4. Svolgimento del processo. 4.1. Alla prima udienza di trattazione il condominio attore rinunciava a qualsiasi domanda nei confronti del sig. (...) personalmente e il Giudice differiva la prima udienza affinché la convenuta potesse convenire in giudizio l'assicurazione (cfr. verbale di udienza del 21 ottobre 2022). 4.2 Alla prima udienza successiva alla chiamata in giudizio dell'assicurazione quest'ultima rinunciava all'eccezione di inoperatività della polizza di cui al paragrafo 2 (cfr. verbale di udienza del 29 maggio 2023). 4.3 All'esito della concessione dei termini e(...) art. 183 sesto comma c.p.c. il Giudice, rigettate tutte le istanze istruttorie formulate, fissava per p.c. l'udienza e(...) art. 127 ter c.p.c. del 12 dicembre 2023 allorché la causa veniva rimessa in decisione previa concessione dei termini e(...) art. 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE 5. Domanda principale di condanna 5.1 (...) attore, preliminarmente, chiede che la causa venga rimessa in istruttoria affinché il Giudice ammetta CTU diretta ad accertare l'ammanco di cassa che sarebbe stato riscontrato, secondo quanto allegato dal condominio, dall'amministratore subentrato a quello convenuto nel presente giudizio. 5.2 Si osserva che con l'atto di citazione il condominio produceva: 5.2.a) verbale di assemblea condominiale dell'8 marzo 2022 avente il seguente contenuto: 5.2.b) un prospetto di fatture insolute redatto dal nuovo amministratore condominiale. 5.3 (...) con la memoria e(...) art. 183 sesto comma n. 2 c.p.c. produceva: 5.3.a) un verbale di consegne dall'amministratore convenuto all'attuale amministratore condominiale senza però produrre la documentazione indicata nel verbale (tra la quale rendiconti condominiali); 5.3.b) fatture insolute (...) 5.3.c) riepilogo debito residuo (...) 5.4. A fronte della totale assenza agli atti di causa della documentazione contabile del condominio e delle deliberazioni assembleari di approvazione dei preventivi e dei consuntivi del condominio, appare del tutto inutile il licenziamento di CTU contabile che non potrebbe, all'evidenza, basarsi un conteggio unilateralmente predisposto da parte attrice e contestato dalla società convenuta. 5.5 Quanto al merito della domanda di risarcimento dei danni si osserva in diritto che l'ufficio dell'amministratore di condominio, sulla base di un costante orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, è riconducibile a quello del mandatario con rappresentanza (tra le altre, Cass. Sez. Un. 9148/2008) inquadramento recepito dalla novella del 2012 che, all'art 1129 co. 15 c.c., stabilisce espressamente che si applicano le disposizioni del codice sul mandato per quanto ivi non espressamente previsto. 5.6 Dunque, l'adempimento della società convenuta deve essere vagliato alla luce delle regole sulla responsabilità contrattuale e, in particolare, alla luce delle disposizioni che regolano la diligenza nell'adempimento (art 1176 c.c.) e di quelle che disciplinano la ripartizione dell'onere della prova (art 1218 c.c.) (cfr. Tribunale Torino, sez. VIII , 10/02/2022 , n. 525). 5.7 A tal fine, la parte creditrice deve dimostrare il fatto costitutivo del proprio diritto e può limitarsi ad allegare l'inadempimento del debitore, sul quale viceversa grava l'onere di dimostrare l'avvenuto adempimento ovvero l'impossibilità dello stesso per causa a sé non imputabile (Cass Sez. Un. 13533/2001); grava in ogni caso sul creditore l'onere di fornire la prova del danno subito (art. 1223 c.c.). 5.8 Il condominio, sebbene dal verbale di consegna consti che disponesse di tutta la documentazione contabile riferibile al periodo di gestione della convenuta, non ha specificamente provato, mediante la produzione nel presente processo dei bilanci condominiali e degli estratti conto, il considerevole ammanco di cassa lamentato nel quale, allega, si sarebbe sostanziato il danno cagionato dall'amministratore convenuto. 5.9 In tal senso condivisibile orientamento della giurisprudenza di merito ritiene che, nell'ipotesi di azione di responsabilità nei confronti di amministratore condominiale, "la mancata produzione di estratti conto riferiti alla precedente amministrazione alla quale era onerato il (...) e di cui poteva disporre, impedisce di valutare se le somme versate dai condomini siano state utilizzate dal convenuto per finalità personali rispetto a quelle a cui erano destinate (pagamento di utenze, lavori straordinari, ditta pulizie, etc.), non bastando in tal senso la prova del mancato pagamento di fatture emesse dai terzi creditori del (...) potendo essere state le relative provviste, se presenti, utilizzate, comunque, per attività ed esigenze del condominio" (cfr. Tribunale di Roma Sentenza n. 4760/2022 pubbl. il (...)). 5.10 Peraltro, la dedotta mala gestio non potrebbe essere provata mediante le prove orali dedotte posto che l'unico capitolo di prova formulato verte unicamente sulla morosità accumulata dal condominio nei confronti del fornitore per Euro 125.000,00 (peraltro di per sé neppure specificamente contestata dall'amministratore uscente il quale deduce che i condominii non avrebbero corrisposto quanto dovuto per il pagamento dei fornitori). 5.11 Non si ritiene che all'omesso deposito di documentazione idonea a comprovare il dedotto ammanco di casa possa ovviarsi - come pare sostenere il condominio nella comparsa conclusionale - mediante il principio di non contestazione posto che l'amministratore convenuto, fin dalla comparsa di costituzione, contestava specificamente che tale morosità fosse ascrivibile ad una mala gestio sostenendo che potesse anche dipendere dai condominii che non versavano i relativi contributi condominiali dovuti. 5.12 La documentazione depositata in giudizio dal condominio (riepilogata nei punti 4.2 e 4.3), a tutto voler concedere, evidenzia un'esposizione debitoria del condominio nei confronti del fornitore (...) ma non vi è, alcuna prova, non essendo stato prodotto alcun verbale di assemblee condominiali (bilanci consuntivi e preventivi degli anni precedenti) e neppure estratti conto, comprovanti, quanto meno su un piano indiziario, che il debito accumulato nei confronti del fornitore dipendesse da ammanchi di cassa provocati, dolosamente o colposamente dall'amministratore condominiale convenuto, ben potendo dipendere anche dall'omesso versamento da parte dei condomini di contributi condominiali (il cui regolare versamento il condominio si è limitato ad allegare) o dall'impiego delle somme per altre esigenze pur sempre riferibili al condominio amministrato. 5.13 In conclusione, non avendo il condominio provato il preteso pregiudizio (indebiti prelievi di cassa) nel quale si sarebbe sostanziata la violazione contestata all'amministratore convenuto, la relativa domanda di risarcimento va rigettata. 6. Sulle spese di lite. 6.1 Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo in conformità dei valori medi di liquidazione per le fasi di studio e introduttiva e dei valori minimi per le fasi di trattazione e conclusionale previsti per lo scaglione di riferimento (da Euro 52.000,00 ad Euro 260.000,00). 6.2 In virtù del principio di causalità, che governa il riparto delle spese di lite, il condominio, quale parte soccombente, è tenuto a rifondere anche le spese di lite sostenute dall'assicurazione terza chiamata. 6.3. Non si ritiene la sussistenza dei presupposti per la condanna di cui all'art. 96 c.p.c.. P.Q.M. definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita: 1. rigetta la domanda di risarcimento formulata dal (...) "(...)" (...) 6 nei confronti di (...) e (...) s.r.l.; 2. dichiara tenuto e condanna (...) "(...)" (...) 6, in persona dell'amministratore condominiale pro tempore, a corrispondere a (...) e (...) s.r.l. e a SOCIETÀ (...) le spese di lite che si liquidano, per ciascuna delle due parti, in Euro 9.142,00 (di cui (...) di studio della controversia, valore medio: Euro 2.552,00 (...) introduttiva del giudizio, valore medio: Euro 1.628,00 (...) istruttoria e/o di trattazione, valore minimo: Euro 2.835,00 (...) decisionale, valore minimo: Euro 2.127,00) oltre 15% per spese generali nonché CPF e IVA nella misura di legge. 3. dispone la distrazione delle spese di lite liquidate al punto 2 alla società (...) e (...) s.r.l. a favore del difensore antistatario. Sentenza immediatamente esecutiva per legge.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI ROMA SEZIONE QUINTA CIVILE Nella persona del Giudice Unico dott. Fabrizio Sanchioni, ha emesso, la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al R.G.N. 5462/2023 TRA CONDOMINIO DI R. VIA Ag. 65 in persona dell'amministratore p.t., rappresentato e difeso, per procura a margine dell'atto di costituzione e risposta, dall'Avv. FO.FR., elettivamente domiciliato nel suo studio in Roma, Via (...); -Attore- E Ag.Ma., rappresentata e difesa, per procura a margine dell'atto di costituzione e risposta, dall'Avv. TR.AR., elettivamente domiciliato nel suo studio in Roma, Via (...); - Convenuto- Oggetto: Condominio, altri rapporti condominiali, regolamento di condominio RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione, regolarmente notificato, il CONDOMINIO DI R. VIA Ag. 65 ha convenuto in giudizio il Ag.Ma. per sentir accogliere le seguenti conclusioni: "Voglia l'Ill.mo Sig. Giudice adito, per i motivi sopra esposti, rigettata ogni contraria istanza - inibire a Ag.Ma. la destinazione dell'appartamento di cui in narrativa ad affittacamere ammobiliata o comunque l'attività posta in essere; - per l'effetto ordinarle e condannarla a cessare o far cessare l'attività di affittacamere ammobiliate o comunque l'attività posta in essere, nell'appartamento di cui in narrativa sotto la denominazione The Roman Way Opera o comunque denominata; - comunque ordinarle e condannarla a cessare o far cessare qualunque attività di affittacamere ammobiliate o comunque l'attività posta in essere nell'appartamento di cui in narrativa anche se con denominazione diversa da The Roman Way Opera o senza denominazione alcuna; - stabilire ai sensi dell'art. 614 bis c.p.c. - in caso di inadempimento dell'emananda sentenza - una somma di denaro dovuta dall'obbligata per ogni giorno di ritardo (o comunque per ogni ritardo) nell'esecuzione del provvedimento e per ogni violazione e/o inosservanza successiva ai sensi dell'art. 614 bis c.p.c.; - condannare controparte a spese di giudizio, compenso al difensore accessori e tributi di legge." Si costituiva in giudizio la convenuta contestando in fatto ed in diritto la domanda attrice e chiedendo l'accoglimento delle seguenti conclusioni: " Voglia l'Ill.mo Tribunale Ordinario di Roma rigettare tutte le domande proposte da parte attrice perché infondate, in fatto ed in diritto, per i motivi tutti esposti nella narrativa del presente atto e, per l'effetto, dichiarare che il divieto di destinazione ad affittacamere mobiliate di cui al Regolamento condominiale del 1921 è inopponibile alla convenuta, con vittoria di spese e compensi legali del presente procedimento. " La causa veniva istruita, venivano depositate le memorie ex art. 183 comma VI c.p.c. e la documentazione, le parti precisavano le conclusioni all'udienza 02/01/2024 e la causa veniva rinviata al 05/03/2024 per decisione ex art. 281 sexies c.p.c., con termine per le parti di depositare note conclusionali, in tale data veniva decisa con provvedimento ex art. 281 sexies c.p.c., da intendersi parte integrante del verbale d'udienza. La domanda di parte attrice è fondata e deve essere accolta. Infatti in primo luogo si rileva che, la contestazione di parte convenuta per cui la causa doveva essere sottoposta ad arbitrato, non può essere accolta in quanto, come indicato nel regolamento, il ricorso all'arbitrato è indicato per "qualunque divergenza possa insorgere fra i comproprietari e l'amministratore" e la causa in oggetto non è una controversia tra i comproprietari e l'amministratore, quale mandatario, ma tra il Condominio ed una condomina. Nel merito, si evince che, come da circostanze non contestate, e dalla documentazione in atti, la convenuta abbia adibito la propria unità immobiliare a struttura ricettiva per turisti come "Guest House", affittando separatamente le camere da cui è composto l'appartamento, complete di arredamento, per fornire alloggio contemporaneo a più persone che trascorrono soggiorni a Roma. Nel condominio in oggetto è vigente un regolamento contrattuale di condominio - depositato in atti, regolamento registrato del notaio di Roma Pietro Placidi e trascritto presso la Conservatoria delle Ipoteche di Roma il giorno 6 maggio 1921. In tale regolamento è specificamente vietato di destinare gli appartamenti ad affittacamere ammobiliate e comunque ad un uso contrario alla tranquillità, decenza e buon nome del caseggiato" In aggiunta a ciò anche nella nota di trascrizione del regolamento di condominio all'ultima pagina, c'è scritto: "Detta vendita si effettua con tutte le modalità, condizioni, diritti e servitù di cui al contratto stesso", nota che è allegata al regolamento. I limiti e i divieti alla proprietà esclusiva, inseriti nei regolamenti condominiali, devono essere tali da "escludere ogni possibilità di equivoco in una materia che attiene alla compressione di facoltà inerenti alle proprietà esclusive dei singoli condomini" ed essere quindi connotati dalla massima chiarezza con riferimento "alle attività ed ai correlati pregiudizi che la previsione regolamentare intende impedire" (Cass. civ. n. 19229/2014). Nel caso in esame il divieto di destinare gli appartamenti ad affittacamere ammobiliate è chiaro ed esclude ogni possibilità di equivoco. L'appartamento della convenuta è stato dalla stessa acquistato, come specificamente indicato dalla acquirente oggi convenuta, unitamente alle servitù attive e passive già esistenti derivanti dal vigente regolamento di condominio, come risulta al punto n.2 dall'atto di acquisto del 26/06/2006 Notaio Maria Antonietta Cavallo, regolamento accetto nell'atto dalla convenuta. Avendo palesemente accettato il regolamento condominiale trascritto non vi è necessità di ulteriori trascrizioni in quanto la giurisprudenza prevalente inquadra i divieti contenuti nei regolamenti condominiali come vere e proprie servitù sulle singole proprietà. Affinché producano effetti nei confronti dei singoli proprietari e dei nuovi acquirenti, è sufficiente che tali clausole siano richiamate, nell'atto di acquisto o che, comunque, il regolamento sia stato oggetto di approvazione da parte dell'acquirente/proprietario. In questo caso, il vincolo scaturisce dalla accettazione delle disposizioni che limitano i diritti dominicali dei singoli (Cass. civ. n. 22582/2016. Con specifico riferimento ai B&B, cfr. anche Trib. Roma 30/03/2021, n. 5492). Va inoltre segnalato che, secondo dottrina e giurisprudenza prevalenti, il regolamento di condominio, anche quando non sia materialmente inserito nel testo del contratto di compravendita dei singoli appartamenti dell'edificio condominiale, fa corpo con esso, purché sia nell'atto espressamente richiamato ed approvato. In questo modo, infatti, le clausole del regolamento rientrano, sia pure per relationem, nel testo dei singoli contratti di compravendita, ciò grazie al riferimento che ad esse hanno fatto entrambe le parti del contratto di compravendita. Perciò, trascrivendo il singolo contratto di compravendita, si trascrive anche il regolamento che con esso fa corpo, anche se non materialmente inserito nell'atto, con la conseguenza di renderlo opponibile ai terzi. La convenuta contesta però che il regolamento di condominio sia alla stessa inopponibile ma tale regolamento è invece da ritenersi opponibile alla parte convenuta. Il regolamento contrattuale può imporre limiti alla proprietà individuale, con riguardo all'ipotesi di norme limitative del diritto di proprietà si pone il problema della loro opponibilità nei confronti dei terzi acquirenti a titolo particolare della proprietà stessa, relativamente al quale assume valenza centrale la trascrizione del regolamento. La trascrizione assolve alla funzione di portare a conoscenza dei terzi le norme che limitano il diritto di disposizione e di godimento del diritto di proprietà. Il regolamento contrattuale, per sua stessa natura, non è opponibile verso i terzi perché è un contratto e come tale vincola le sole parti stipulanti ciò implica che per rendere opponibile il regolamento ai terzi è necessaria la trascrizione nei pubblici registri immobiliari. Nel caso de quo il regolamento contrattuale è stato trascritto ed è opponibile alla parte attrice. La Cassazione con sentenza n. 2546 del 17/3/1994, ha sostenuto che il regolamento di condominio predisposto dal costruttore contenente vincoli su tutte le unità immobiliari dell'intero fabbricato, quando sia stato da questi trascritto nei registri immobiliari è opponibile non solo a coloro che acquistano le unità immobiliari da proprietari che abbiano accettato il regolamento, ma anche a coloro, che successivamente alla trascrizione, per la prima volta acquistino piani dell'edificio o loro porzioni direttamente dal costruttore anche in mancanza di una espressa previsione, in tal senso, nei singoli atti di acquisto. Ciò perché anche se questi ultimi non hanno partecipato all'approvazione del regolamento sono terzi rispetto ai quali opera ai fini dell'opponibilità dei vincoli suddetti, quale forma di pubblicità, la trascrizione nei pubblici registri. "Il regolamento di condominio predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero edificio, ove accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli piani e regolarmente trascritto nei registri immobiliari, assume carattere convenzionale e vincola tutti i successivi acquirenti non solo con riferimento alle clausole che disciplinano l'uso o il godimento dei servizi o delle parti comuni... (Cassazione, Sez. 2, Sent. n. 3749 del 15/04/1999). "Il regolamento di condominio predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero edificio, ove sia accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli piani e regolarmente trascritto nei registri immobiliari assume carattere convenzionale e vincola tutti i successivi acquirenti, non solo per le clausole che disciplinano l'uso o il godimento dei servizi o delle parti comuni, ma anche per quelle che restringono i poteri e le facoltà dei singoli condomini sulle loro proprietà esclusive, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca. Ne consegue che qualora il regolamento di condominio faccia divieto di svolgere determinate attività non occorre accertare, al fine di ritenere l'attività stessa illegittima, se questa costituisca oppur non immissione vietata a norma dell'art. 844 cod. civ., con le limitazioni ed i temperamenti in tale norma indicati, in quanto le norme regolamentari di natura contrattuale possono legittimamente imporre limitazioni al godimento della proprietà esclusiva anche diverse o maggiori di quelle stabilite dalla citata norma, e l'obbligo del condominio di adeguarsi alla norma regolamentare discende in via immediata e diretta "ex contractu" per il generale principio espresso dall'art. 1372 cod. civ.. (Cassazione sentenza n.49 del 07/01/1992). "Il regolamento di un supercondominio, predisposto dall'originario unico proprietario del complesso di edifici, accettato dagli acquirenti nei singoli atti di acquisto e trascritto nei registri immobiliari, in virtù del suo carattere convenzionale, vincola tutti i successivi acquirenti senza limiti di tempo, non solo relativamente alle clausole che disciplinano l'uso e il godimento dei servizi e delle parti comuni, ma anche per quelle che restringono i poteri e le facoltà sulle loro proprietà esclusive, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca. L'attribuzione in comproprietà di cose non ricomprese nell'art. 1117 c.c. avvenuta attraverso il predetto regolamento non costituisce un atto di liberalità, essendo tale regolamento idoneo a modificare gli effetti giuridici traslativi derivanti dal contratto di acquisto delle unità immobiliari comprese nel supercondominio." (Cassazione sent. n. 30246 del 20/11/2019 - Cassazione sent. n.14898 del 2013). Con il regolamento di condominio predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero edificio, ove sia trascritto nei registri immobiliari, può essere attribuita la comproprietà di una o più cose, non incluse tra quelle elencate nell'art. 1117 cod. civ., a tutti i condomini o soltanto a quelli cui appartengono alcune determinate unità immobiliari; in tal caso colui al quale sia trasferita la proprietà di uno di tali immobili, diviene comproprietario della cosa in base al regolamento condominiale anche se di essa non vi sia alcun accenno nel titolo d'acquisto e tale qualità è opponibile a tutti coloro che acquistino successivamente le varie unità immobiliari. (Cass. Sez. 2, sent. n. 15794 del 11/11/2002 e conformi Cass. n. 49 del 1992, Cass.n.395 del 1993; Cass. n. 3749 del 1999; Cass. n. 13164 del 2001). La Suprema Corte di Cassazione infine ha più volte ribadito che qualora l'acquirente abbia acquistato l'unità immobiliare da un precedente condomino e pertanto il dante causa sia un altro condomino, è necessario che le limitazioni alla proprietà esclusiva, se non esplicitate nell'atto di compravendita, risultino trascritte contro la proprietà in data anteriore all'acquisto da parte del ricorrente. In presenza di trascrizione, non è indispensabile la riproduzione delle clausole nel contratto di acquisto. Pertanto il divieto indicato dal regolamento condominiale vigente è opponibile alla parte convenuta e l'attività di ricezione dalla stessa effettuata nell'immobile oggetto di causa deve essere vietata. Eventuali altre violazioni del regolamento, da parte di altri condomini, non autorizzano in alcun modo la possibilità di violare i dettami del regolamento contrattuale. Infine è evidente che un attività di ricezione, in particolare una struttura come quella in oggetto con otto vani, per sua natura dedita all'accoglienza di molte e diverse persone, consista in un uso contrario alla tranquillità dello stabile e pertanto comunque vietata dal regolamento di condominio, disposizione questa che non è classificabile come servitù ma come semplice regola da rispettare e che non necessita di alcuna trascrizione. Con la sentenza n. 109 del 7 gennaio 2016, la Corte di Cassazione ha stabilito che non si può destinare un appartamento ad attività alberghiera, affittacamere o utilizzi similari se il regolamento di condominio vieta destinazioni ad uso diverse da quella abitativa. Nel caso sottoposto al vaglio dei Giudici, l'assemblea condominiale aveva autorizzato una società ad adibire gli immobili locati ad uso di affittacamere: alcuni condomini avevano, però, lamentato una violazione del regolamento contrattuale (redatto nel 1920 e mai modificato) e impugnato la delibera. Il regolamento in questione disponeva: "E' vietato di destinare gli appartamenti ad uso di qualsivoglia industria o di pubblici uffici...come pure di concedere in affitto camere vuote od ammobiliate o di farne, comunque un uso contrario al decoro, alla tranquillità, alla decenza ovvero al buon nome del fabbricato". La società interessata sosteneva che la norma regolamentare non fosse più applicabile e che, in ogni caso, precedentemente, altri condomini avessero intrapreso attività vietate dal regolamento. La Cassazione ha però rigettato le richieste della società, confermando il divieto di adibire l'immobile ad attività ricettiva, ritenendo valido il regolamento condominiale, anche se datato e non ritenendo rilevante la condotta precedente tenuta dagli altri inquilini; in particolare la Suprema Corte ha sottolineato che "ontologicamente l'attività di affittacamere è del tutto sovrapponibile - in contrapposto all'uso abitativo - a quella alberghiera e, pure, a quella di bed and breakfast" e pregiudica comunque la tranquillità degli altri condomini. Assorbita ogni altra eccezione di merito. La domanda della parte attrice deve essere respinta. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, accoglie la domanda di parte attrice, vieta alla convenuta Ag.Ma. di destinare l'appartamento sito nel condominio convenuto, di cui in atti, ad affittacamere ammobiliata o ad attività similari. Condanna la convenuta al pagamento della somma di Euro 100,00 giornaliere, per ogni di ritardo nell'esecuzione del presente provvedimento, a decorrere dal trentesimo giorno dalla notifica del presente atto, ai sensi dell'art. 614 bis c.p.c. Condanna la parte convenuta, in favore della parte attrice, al pagamento della somma di Euro 3.000,00 per competenze ed onorari, oltre Iva, Cpa e spese generali come per legge, oltre successive occorrende. Così deciso in Roma il 5 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 5 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: FRANCO DE STEFANOPresidente PASQUALE GIANNITIConsigliere CRISTIANO VALLEConsigliere ANTONELLA PELLECCHIAConsigliera-Rel. SALVATORE SAIJAConsigliere Oggetto: RESPONSABILITA' CIVILE GENERALE Ud.23/11/2023 PU ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 9173/2020 R.G. proposto da: DE GIORGIO GIUSEPPE, quale Procuratore Generale di Oppedisano Giuseppina, elettivamente domiciliato in ROMA P.LE DON GIOVANNI MINZONI N 9, presso lo studio dell’avvocato LUPONIO ENNIO che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato PORRATI CARLO; -ricorrente- contro CONDOMINIO VILLAGGIO LOSIO, (ora Supercondominio Villagio Losio) in persona dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA LUIGI SETTEMBRINI, 30, presso lo studio dell’avvocato DE MATTEIS PAOLO che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato MONTOBBIO ENRICO; -controricorrente- avverso la sentenza n. 1250/2019 della CORTE D'APPELLO di TORINO, depositata il 23/07/2019; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/11/2023 dalla consigliera Antonella PELLECCHIA; udito l'Avvocato Montobbio Enrico; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale NARDECCHIA GIOVANNI BATTISTA che ha concluso in via principale per la rimessione della causa al Primo Presidente per l’assegnazione alle S.U.; in subordine per l’accoglimento del quarto motivo del ricorso ed il rigetto dei rimanenti; FATTI DI CAUSA 1. La controversia trae origine da un ricorso per denuncia di danno temuto, ex artt. 1172 c.c. e 688 c.p.c., con cui il Supercondominio Villaggio Losio chiedeva di ordinarsi a Cinzia Oppedisano di provvedere alle opere necessarie per la messa in sicurezza di scarpate e manufatti, di sua proprietà, dai quali derivavano pericolo di frana e crollo di materiali con pregiudizio alla strada sottostante gravata da servitù condominiale. Il Tribunale di Acqui Terme, con ordinanza del 19 febbraio 2013, accoglieva il ricorso del condominio e condannava la Oppedisano all’esecuzione dei lavori. L’ordinanza veniva confermata anche in sede di reclamo. La Oppedisano, quindi, conveniva in giudizio il Condominio al fine di sentire accertare l’inesistenza del diritto del Condominio all’esecuzione degli interventi indicati nella CTU a sue spese. Il Tribunale di Alessandria, cui nel frattempo era stato accorpato quello di Acqui Terme, con la sentenza n. 1071/2017, rigettava le domande della Oppedisano. 2. La decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Torino, con la sentenza n. 1250/2019, depositata il 23 luglio 2019. Ha ritenuto sulla base dell’atto di acquisto l’esistenza di una servitù di passaggio e, sulla base della espletata CTU, che la profilatura della scarpata era riconducibile agli interventi di sbancamento della Oppedisano. Il giudice dell’appello ha, anche, ritenuto corretta l’applicazione dell’art. 2051 c.c. e conseguentemente ha statuito che la Oppedisano, quale proprietaria del fondo, avesse l’obbligo di provvedere ad eliminare la situazione di pericolo predisponendo i rimedi indicati dalla c.t.u., salvo azione di rivalsa nei confronti di chi abbia materialmente causato il danno. Ha ritenuto anche che l’appellante non avesse fornito la prova liberatoria richiesta dall’art. 2051 c.c.. 3. Avverso tale sentenza propongono ricorso in Cassazione, sulla base di sei motivi, Cinzia Oppedisano. 3.1.Resiste con controricorso, illustrato da memoria, il Supercondominio Villaggio Losio. 3.2. Il Procuratore generale ha concluso per la rimessione della causa alla Prima Presidente per l’assegnazione alle sezioni unite, o, in subordine, per l’accoglimento del quarto motivo di ricorso ed il rigetto dei rimanenti. RAGIONI DELLA DECISIONE 4.1. Con il primo motivo, Oppedisano lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c. Denuncia la nullità della sentenza per essersi la Corte territoriale, come già il Tribunale, pronunciata su una causa petendi diversa da quella della domanda di danno temuto, avendo il Condominio agito a cautela del diritto di proprietà sulla strada e solo nel corso del giudizio cautelare, invece, dichiarato di essere titolare di una servitù di passaggio, con conseguente inammissibile mutatio libelli. Inoltre, il deposito dell’atto di acquisto della Oppidesano, avvenuto da parte del Condominio nel giudizio merito, sarebbe inammissibile per tardività. 4.2. Con il secondo motivo, parte ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 840, 1069, 1172, 2043 e 2051 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.). Lamenta che la Corte d’appello avrebbe ritenuto la Oppedisano responsabile ai sensi dell’art. 2051 c.c., condannandola all’esecuzione delle opere necessarie ad evitare il pericolo di frana sulla strada, quando, invece, ne sarebbe responsabile il Condominio ai sensi dell’art. 2043 c.c., avendo sbancato la collina per realizzare l’insediamento, a nulla rilevando che materialmente lo sbancamento sia stato eseguito dal costruttore-venditore. Parimenti inappropriato sarebbe il riferimento della Corte territoriale all’art. 1069 c.c., atteso che, proprio in base a detta norma, i condomini sarebbero tenuti a compiere le opere necessarie alla conservazione della servitù. 4.3. Con il terzo motivo, parte ricorrente censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. La sentenza sarebbe nulla per difetto ed illogicità di motivazione, avendo la Corte posto a carico della ricorrente le opere di contenimento della collina, malgrado avesse accertato che il pericolo di crollo era stato causato “dagli sbancamenti eseguiti durante la fase di urbanizzazione del Condominio”. Così come contraddittorio sarebbe aver affermato che il manufatto di massi realizzato dalla ricorrente abbia concorso a determinare l’eccessiva pendenza della scarpata, prospiciente la strada de qua. 4.4. Con il quarto motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 614bis e 669duodecies c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Sostiene l’erronea applicazione, da parte della Corte d’appello, dell’art. 614 bis c.p.c., non ricorrendo, nel caso, un obbligo di fare infungibile, perché per realizzare le opere di contenimento l’obbligata deve rivolgersi a terzi. Mentre dette opere avrebbero potuto essere attuate forzosamente dal Condominio, ai sensi dell’art. 669 duodecies c.p.c. 4.5. Con il quinto motivo, parte ricorrente si duole della violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.), denunciando un vizio di omessa pronuncia sulla domanda di condanna del Condominio all’esecuzione, a sua cura e spese, delle opere occorrenti per la regimentazione delle acque meteoriche provenienti dal fondo della stessa Oppedisano, trattandosi di problematica segnalata dallo stesso CTU. 4.6. Con il sesto motivo, parte ricorrente denuncia un’ulteriore violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.), per omesso esame della ulteriore domanda di condanna del Condominio alla realizzazione, a sua cura e spese, degli interventi di consolidamento, ancora di regimentazione delle acque ed altri interventi volti ad eliminare il pericolo di frana nel fondo della signora Oppedisano. 5. Il primo motivo di ricorso è infondato. Va premesso che, come precisato da questa Corte, si ha mutatio libelli solo quando la domanda sia obiettivamente diversa da quella originaria, perché senza alcun collegamento con la stessa, introducendo una causa petendi fondata su situazioni giuridiche distinte, non prospettate prima (cfr. Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 20/07/2023, n. 21627; Cass. civ., Sez. V, 26/06/2023, n. 18190; Cass. civ., Sez. VI-5, 1/03/2023, n. 6103; Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 3/01/2023, n. 91; Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 18/11/2022, n. 34045; Cass. civ., Sez. V, Ord., 1/09/2022, n. 25689). Tale principio va coordinato con il potere del giudice del merito di interpretare e qualificare la domanda: poiché quegli è “libero di individuare l’esatta natura dell’azione e di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle prospettate”, non è quindi condizionato dalle espressioni letterali utilizzate delle parti, dovendo piuttosto indagare e considerare il contenuto sostanziale della pretesa azionata. Ne consegue che non v’è vizio di ultrapetizione quando, come nel caso di specie, “la domanda su cui il giudice ha pronunciato è sempre quella avanzata dalla parte e sia solo diverso il percorso argomentativo, non essendovi stata alcuna alterazione degli elementi di fatto controversi in causa ma solo un diverso inquadramento giuridico degli stessi” (v. Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 31/10/2023, n. 30176; Cass. civ., Sez. I, Ord., 9/08/2023, n. 24236; Cass. civ., Sez. I, 24/07/2023, n. 22154; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 2/08/2022, n. 23996; Cass. civ. Sez. III, Ord., 21/05/2019, n. 13602). Questa Corte ritiene che la sentenza impugnata non sia affetta dai dedotti vizi procedurali, avendo i Giudici di appello fatto esatta applicazione dei principi processuali sopra enunciati nel momento in cui hanno ritenuto insussistente una mutatio libelli della domanda del Condominio. Nel farlo, infatti, non si sono arrestati alle espressioni letterali utilizzate da quest’ultimo, ma, in ossequio al precipuo obbligo di esatta applicazione della legge, hanno avuto riguardo al contenuto sostanziale della pretesa azionata e a tutti gli elementi probatori ritualmente acquisiti nella fase di merito (tra cui l’atto di acquisito della signora Oppidesano, attestante in modo inequivoco la sussistenza di una tale servitù). In tale quadro, non può trascurarsi che, in base al principio di autonomia funzionale dei procedimenti cautelari ante causam, il giudizio di merito è autonomo da quello cautelare, tanto che “nel primo possono essere formulate domande nuove rispetto a quanto dedotto nella fase cautelare”, con conseguente obbligo delle parti di una nuova costituzione in giudizio e onere di formulare domande ed eccezioni e produrre documenti a supporto (v. Cass. civ., Sez. II, Ord., 1/12/2022, n. 35394; Cass. civ., Sez. I, Ord., 8/11/2022, n. 32774; Cass. civ., Sez. lav., 17/02/2022, n. 5242; Cass. civ., Sez. VI-1, Ord., 5/08/2021, n. 22380; Cass. civ., Sez. II, 4/02/2021, n. 2623; principio affermato da Cass. civ. Sez. III, 10/11/2010, n. 22830). Pure sotto tale profilo, quindi, le censure sollevate dalla ricorrente sulla violazione dell’art. 112 c.p.c. per la pretesa diversità di causa petendi tra fase cautelare e merito, si appalesano infondate, perché le richieste del Condominio hanno avuto riguardo sempre al medesimo rapporto giuridico, la situazione di pericolo sulla strada utilizzata dai comunisti. In ogni caso e sotto diverso profilo, la sussistenza di tale violazione non può apprezzarsi perché, per costante insegnamento di questa Corte, l’interpretazione della domanda è attività riservata al giudice di merito, a cui è sottoposta la controversia, la cui decisione non è censurabile ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., quando costui “ha svolto una motivazione sul punto, dimostrando come una certa questione dovesse ritenersi ricompresa tra quelle da decidere”. In tal caso, infatti, “il dedotto errore del giudice non si configura come error in procedendo, ma attiene al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte” (v. Cass. civ., Sez. II, 4/10/2023, n. 28003; Cass. civ., Sez. III, Ord., 22/09/2023, n. 27181; Cass. civ., Sez. II, Ord., 13/08/2018, n. 20718; Cass. civ., Sez. II, 27/01/2016, n. 1545; Cass. civ., Sez. lavoro, 29/09/2021, n. 26454; Cass. civ., Sez. III, 18/04/2006, n. 8953; Cass. civ., Sez. lavoro, 21/02/2006, n. 3702). 5.1. Neppure il secondo motivo di ricorso può essere accolto. Le censure di parte ricorrente non hanno il tono proprio di un vizio in iure, perché pongono a loro presupposto la valutazione di una serie di risultanze fattuali e si risolvono in una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti. Di tal che, sotto l’apparente deduzione della violazione e falsa applicazione di legge, le sue doglianze in realtà celano una inammissibile richiesta di rivalutazione dei fatti storici e degli elementi probatori (cfr. Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 13/11/2023, n. 31509; Cass. civ., Sez. II, 15/05/2023, n. 13169; Cass. civ., Sez. lav. 8/03/2023, n. 6906Cass., SS. UU., 17/12/2019, n. 33373). D’altronde, l’eccepito vizio di violazione o falsa applicazione di norme sussiste soltanto quando vi sia stato un errore nel giudizio di diritto, e cioè negazione o fraintendimento di una norma astratta di legge esistente, o affermazione di una norma astratta inesistente, oppure intesa rettamente la norma in se stessa, se ne sia fatta applicazione ad un fatto, che da essa non è regolato, in modo da giungere a conseguenze giuridiche contrarie a quelle volute dalla legge (cfr. Cass. civ., Sez. III, Ord., 22/02/2023, n. 5490; Cass. civ., Sez. I, Ord., 2/02/2022, n. 3246; Cass. N. 596/2022). Tali situazioni non ricorrono però nel caso di specie, nel quale: la Corte territoriale, dopo aver confermato il giudizio formulato dal giudice di primo grado (in punto di insussistenza di una mutatio libelli da parte del Condominio e di ritualità della produzione dell’atto di compravendita della Oppedisano), ha ritenuto sussistere (ad esito di un articolato percorso motivazionale) i presupposti per l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. (nei confronti della stessa Oppedisano, quale indiscussa proprietaria della strada, non avendo offerto prova liberatoria della ricorrenza del caso fortuito, non potendo di certo assurgere a tale valore, nell’ambito del percorso argomentativo della sentenza, i ridetti interventi di urbanizzazione); parte ricorrente si lamenta dell’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, sostanziandosi così le sue doglianze in un’inammissibile contestazione dell’impianto motivazionale e della valutazione delle prove compiuta dal giudice di secondo grado, il quale, sulla base del quadro probatorio complessivo, ha valutato che il pericolo sulla strada è derivato dalle opere compiute, negli anni, dalla Oppedisano (v. pp. 9-10 sentenza impugnata). A giudizio di questa Corte, la sentenza impugnata è quindi conforme alla giurisprudenza di legittimità, secondo cui “l’art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima” (v., tra le ultime: Cass. civ., Sez. III, Ord., 20/07/2023, n. 21675; Cass. civ., SS. UU., Ord., 30/06/2022, n. 20943; poi richiamato da Cass. civ., Sez. III, Ord., 10/11/2023, n. 31312). Il confronto, operato dalla ricorrente, con la ratio decidendi della sentenza, anche con riferimento alle previsioni di cui agli artt. 840, 1069, 1172 e 2043 c.c. si risolve quindi in una diversa e più favorevole lettura delle risultanze probatorie in ordine alle concause all’origine del pericolo di frana sulla strada, escluse dai giudici di merito come fattore determinante, e quindi inammissibile in questa sede. 5.2. Il terzo motivo di ricorso è assorbito dalle deduzioni svolte nel secondo motivo. 5.3. Il quarto motivo di ricorso è fondato. L’art. 614 bis c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, consentiva al giudice del merito di fissare, con il provvedimento di condanna, una somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nella esecuzione del provvedimento medesimo, che avesse ad oggetto obbligazioni di fare infungibile o di non fare; mentre non si applicava invece né alle obbligazioni di fare fungibile, né a quelle di consegna o rilascio, né tanto meno a quelle pecuniarie. La ratio dell’intervento del legislatore deve essere ricondotta ad un’esigenza di rafforzamento della tutela esecutiva. Ciò avviene mediante la previsione di misure coercitive volte ad assicurare l’adempimento degli obblighi di fare infungibili e, perciò, insuscettibili di esecuzione forzata in forma specifica, attesa la necessità che la prestazione sia eseguita dall’obbligato. Nella versione applicabile ratione temporis non si prevedeva nella rubrica l’applicabilità della norma in caso di obbligazioni di facere fungibile. Né, tantomeno, il titolo dell’art. 614 bis c.p.c. precisa la tipologia di obbligazioni cui fare riferimento: tale norma ha, quindi, un limite naturale nell’infungibilità della prestazione positiva dovuta. Se l’interesse sotteso al diritto è realizzabile anche attraverso l’opera di un terzo, allora l’obbligazione è fungibile ed attuabile in via esecutiva, altrimenti, se esso è realizzabile solo per mezzo dell’attività dell’obbligato, allora l’obbligazione è infungibile e non è attuabile in via esecutiva. In quest’ultimo caso, restando pur sempre ammissibile la richiesta di un provvedimento di condanna al giudice della cognizione ove l’interessato non voglia trasformare la pretesa sostanziale nel suo equivalente economico, a seguito di una vittoria nell’ambito del processo dichiarativo non può seguire l’esecuzione forzata, nell’eventualità che il soccombente condannato non si adegui all’ordine di prestazione impartitogli. L’unico spazio per l’attuazione del diritto riconosciuto è dato dalla c.d. esecuzione indiretta ossia dalla previsione di una misura coercitiva. È indubbio che, alla luce dell’art. 614-bis, la misura coercitiva va a rafforzare un provvedimento di condanna, quindi è irrogata in funzione della realizzazione di un rapporto obbligatorio. Il limite naturale della norma è determinato dall’impossibilità materiale da parte di un terzo di surrogare l’attività dovuta dal debitore e soddisfare il creditore in via immediata e diretta. Al riguardo, questa Corte ha affermato che, “nell’ambito dei rapporti obbligatori, il carattere infungibile dell’obbligazione di cui si è accertato l’inadempimento non impedisce la pronuncia di una sentenza di condanna, in quanto la relativa decisione non solo è potenzialmente idonea a produrre i suoi effetti tipici in conseguenza della eventuale esecuzione volontaria da parte del debitore, ma è altresì produttiva di ulteriori conseguenze risarcitorie, suscettibili di levitazione progressiva in caso di persistente inadempimento del debitore (Cass. civ., Sez. 1, 23/9/2011 n. 19454; Cass. civ., Sez. lav., 5/9/2014, n. 18779). In tale contesto, erroneamente la Corte d’appello, e prima il Tribunale, hanno ritenuto fuori quadro le censure della ricorrente, anche in relazione all’art. 669 duodecies c.p.c., atteso che, nel caso di specie, non ricorrono i presupposti per l’applicazione di tale misura coercitiva indiretta, laddove la signora Oppedisano non provvedesse a realizzare le opere di consolidamento della collina, certamente integranti un fare fungibile. Infatti, nel caso di specie, l’obbligo di fare non era affatto infungibile e, quindi, era attuabile avvalendosi di soggetti terzi. Si tratta di una prestazione che, astrattamente, poteva essere attuata indifferentemente sia dall’obbligato originario, sia per mezzo dell’attività sostitutiva di un qualunque altro soggetto, con identico effetto satisfattivo per il creditore, quando non sia indispensabile alcuna attività materiale personale di cooperazione specifica del condannato, circostanza quest’ultima né provata, né dedotta in giudizio. Infine, per la natura stessa del provvedimento irrogativo della misura di coercizione indiretta, è indubbio che esso sia regolato dalla disciplina processuale in vigore al momento in cui esso è emesso, non rilevandone i mutamenti successivi in base al noto principio generale tempus regit actum (e salva una eventuale diversa disciplina transitoria, che, sul punto, non può rinvenirsi). 5.4. Il quinto e sesto motivo di ricorso, che possono esaminarsi assieme attenendo a profili di nullità della sentenza, sono fondati. Questa Corte ha già avuto modo di affermare che il vizio di omessa pronuncia ricorre quando “vi sia omissione di qualsiasi decisione su un capo della domanda” (v. da ultimo Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 14/11/2023, n. 31630; Cass. civ., Sez. III, Ord., 8/11/2023, n. 31058 Cass. civ., Sez. V, 26/04/2022, n. 13002). Vizio che non può configurarsi nel caso di c.d. assorbimento improprio, ossia quando “la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande, con la conseguenza che l’assorbimento non comporta un’omissione di pronunzia (se non in senso formale) in quanto, in realtà, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto oppure di accoglimento) anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell’assorbimento” (v. Cass. civ., Sez. III, Ord., 27/09/2023, n. 27436; Cass. civ., Sez. III, Ord., 12/02/2019; n. 3964; Cass. civ., Sez. I, Ord. 12/11/2018, n. 28995). Nel caso di specie, invece, è configurabile il prospettato error in procedendo, in quanto la Corte d’appello, nel respingere la richiesta di integrazione di CTU avanzata dall’appellante, non ha esaminato il relativo motivo di appello della ricorrente. La Corte territoriale ha dichiarato infondata la domanda di condanna del Condominio all’esecuzione delle opere di regimentazione delle acque, ma, nonostante la segnalazione del consulente della sussistenza di problemi di regimentazione del corso delle acque non li ha considerati come incidenti casualmente sul pericolo di frana della collina e, per tale ragione, non li ha indicati tra le opere necessarie per la messa in sicurezza dello stato dei luoghi (v. p. 11 sentenza impugnata). Inoltre, a fronte di tale motivazione ha ulteriormente errato la Corte d’Appello in quanto ha dichiarato assorbita l’ulteriore domanda di condanna del Condominio, riguardante opere di “sostegno, consolidamento, di regimentazione delle acque ed altre” senza esaminarla non ravvisandosi, nel caso di specie, una decisione implicita ed essendo evidente l’impossibilità, per l’ontologica e strutturale diversità tra le questioni, di un assorbimento dell’una da parte dell’altra. Il giudice dell’appello è quindi incorso nel vizio denunciato di omesso esame. 6. Pertanto, vanno accolti il quarto, quinto e sesto motivo di ricorso, nonché rigettati gli altri; ne consegue la cassazione della sentenza gravata in relazione alle censure accolte e secondo quanto appena indicato, con rinvio, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione. P. Q. M. La Corte accoglie il quarto, quinto e sesto motivo di ricorso, rigetta gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione personale. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione in data 23 novembre 2023. Il Consigliere estensore Il Presidente Antonella apellecchia FRANCO DE STEFANO
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO TREDICESIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Sabrina Bocconcello ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 831/2022 promossa da: (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...) e elettivamente domiciliato in (...) 20121 (...) presso il difensore avv. Avv. (...) (...) ATTORE/I contro (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...) e dell'avv. (...) (C.F. (...)), Indirizzo (...); elettivamente domiciliato in (...) (...) (...) presso il difensore avv. (...) CONVENUTO/I SVOLGIMENTO IN FATTO DEL PROCESSO omissis ex art. 58 co. 2 L. 69/2009 e art. 132 c.p.c. novellato Per quanto riguarda domande, eccezioni e richieste conclusive delle parti, si rinvia agli atti processuali delle medesime ed ai verbali delle udienze, attesa la modificazione dell'art. 132 n. 4 c.p.c. con la legge 69/2009, che esclude una lunga e particolareggiata esposizione di tutte le vicende processuali anteriori alla decisione. MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Il presente procedimento trae origine dalla domanda originaria del (...), che con atto di citazione regolarmente notificato conveniva in giudizio il (...), di cui fa parte, per sentire accogliere le seguenti conclusioni: "Piaccia all'Ill.mo Tribunale adito, premessa ogni declaratoria del caso, richiamata ogni norma, anche ove non espressamente invocata dalle parti, e disattesa ogni avversaria istanza, così giudicare: ACCERTARE E DICHIARARE la nullità ovvero (...) tutte le delibere assunte in seno all'assemblea Supercondominiale del (...) (...) - (...) (C.f./P. Iva (...)), in sta (...), come pure le ignote delibere che si affermano assunte in data (...) e che si assume ratifica in seno all'assemblea del (...), per i motivi tutti esposti in atti e comunque in ogni caso in quanto tutte illegittime e viziate; CONDANNARE IL (...) (C.f./P. Iva (...)), in persona del suo Amministratore pro tempore, al pagamento delle spese legali stragiudiziali e di mediazione ammontanti ad Euro 3.029,21, inclusi oneri, e/o di quella diversa somma, maggiore o minore, che risultasse dovuta, se del caso con ricorso a liquidazione equitativa,... La causa assegna alla Dott.ssa Sabrina Bocconcello, veniva chiamata per la prima udienza del Data (...). Si costituiva regolarmente in giudizio il (...) che contestava ogni assunto avversario, insistendo per l'accoglimento delle seguenti conclusioni: - in via principale nel merito rigettare le domande formulate dall'attore, in quanto infondate in fatto e in diritto, con vittoria di spese e competenze del presente giudizio, oltre spese generali, IVA e Cpa per legge; - in subordine nel merito, nella denegata e non creduta ipotesi di soccombenza, anche parziale, del convenuto, pronunciare la compensazione delle spese di lite quale misura sanzionatoria ex art 91 c.p.c. per violazione del principio del giusto processo; ... Concessi i richiesti termini per il deposito di memorie ex art. 183, VI comma, c.p.c., all'udienza del (...) il giudice, ritenuta la causa di natura documentale e matura per la decisione, rinviava per la precisazione delle conclusioni. All'udienza del (...) le parti precisavano le conclusioni ed il Giudice differiva per la discussione orale ex art. 281 sexies c.p.c. con concessione di termine per note conclusive. All'udienza del (...) in esito alla discussione viene data lettura della sentenza mediante deposito . Preliminarmente deve dichiararsi la tardività della produzione documentale svolta da parte convenuta nella memoria ex art. 183 VI comma n. 3 cpc ed in particolare della produzioni dei docc. da 11 a 20 atteso che detta documentazione avrebbe dovuto essere prodotta nel termine perentorio di cui al deposito della memoria ex art. 183 VI comma n. 2 cpc. Come noto infatti lo stesso tenore letterale dell'art. 183 VI comma n. 3 cpc stabilisce una distinzione di attività, rispetto alle produzioni di cui all'art. 183 VI comma n. 2 cpc, assistite queste da un termine perentorio, là dove l'indicazione di "prova contraria" è solo eventuale e, quindi, viene suscitata unicamente come controprova in relazione alle richieste probatorie ed al deposito di documenti da controparte, correlandosi dunque alle prove e non già alle allegazioni fattuali, delle quali la norma non fa cenno alcuno (Cass. Civ., sez. III, sentenza (...) n. 12119). La produzione di parte convenuta con memoria ex art. 183 VI comma cpc n. 3 non può ritenersi a prova contraria spettando al condominio l'onere di provare la tempestiva convocazione del condomino. Consegue inutilizzabilità dei detti documenti ai fini del decidere. Nel merito il presente procedimento è stato instaurato da parte attrice sul presupposto dell'illegittimità della delibera resa dall'assemblea del (...) e del (...) - per vizi formali quali - Violazione dell'art. 13 del regolamento del (...) per omessa convocazione del condomino attore - Violazione dell'art. 66 disp att c.c. e 1136 c.c per tardiva convocazione al delegato - Omesso invio del verbale dell'assemblea del (...) E Per vizi sostanziali quali - Eccesso di potere dell'assemblea per aver deliberato sulla gestione di servizi quali il riscaldamento e l'impianto idrico che non sono ricompresi tra i beni comuni al supercondominio - Eccesso di potere per aver deliberato addebiti personali non conseguenti a pronunce giudiziali o accordi tra le parti. Quanto ai motivi di impugnazione formali il supercondominio si difende assumendo la regolare convocazione del solo delegato in conformità del disposto dell'art. 67 disp att c.c. e dell'art. 1136 c.c.. Dalla documentazione risulta provato e comunque è pacifico che - Il (...) ha un regolamento contrattuale redatto con atto notarile nel 2012 . - L'art. 13 del regolamento del supercondominio stabilisce che "Presupposto della valida costituzione dell'assemblea è l'avvenuto invito a tutti i condomini facenti parte del supercondominio mediante lettera raccomandata o a mano..." - all'assemblea del (...) e del (...) sono stati convocati i soli delegati di condominio e non anche i singoli condomini. Come noto l'art. 67 disp att. c.c. stabilisce al comma 3 "Nei casi di cui all'articolo 1117-bis del codice, quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all'articolo 1136, quinto comma, del codice, il proprio rappresentante all'assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell'amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l'autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio....." Il successivo art. 72 disp. att. c.c. stabilisce che "I regolamenti di condominio non possono derogare alle disposizioni dei precedenti articoli 63, 66, 67 e 69". Consegue che l'art. 13 del regolamento contrattuale del Supercondominio che prevede la convocazione di tutti i condomini del supercondominio deve ritenersi nullo perché viola il disposto dell'art. 72 disp. att. c.c. per la sola parte che riguarda le convocazioni che hanno ad oggetto delibere in merito a "la gestione ordinaria delle parti comuni e per la nomina dell'amministratore", risultando invece valido ed efficace per le deliberazione relative alla gestione straordinaria, perché conforme alla legge. Ciò posto occorre verificare se l'assemblea del (...) e del (...) hanno avuto ad oggetto delibere sulla gestione ordinaria o straordinaria. Rientrano nella gestione ordinaria tutte quelle attività normali e ricorrenti durante l'anno necessarie per garantire il corretto funzionamento del condominio e dei servizi in essi ricompresi. Rientrano, invece, nella gestione straordinaria, tutte quelle attività che vengono eseguite una tantum e che comportano un notevole esborso di spesa (Cass. Civ. Sez. II, n.20136 del (...) ). Per quanto sopra, nel caso in esame, da una semplice lettura dell'ordine del giorno delle assemblee del (...) e del (...) (doc 4 e 6 di parte convenuta a cui ci si riporta ) emerge che per entrambe gli argomenti all'odg su cui era chiamata a deliberare l'assemblea dei delegati dei condomini concerneva la gestione ordina dello stesso e la nomina dell'amministratore. Con la conseguenza che per quanto riguarda i punti all'ordine del giorno della assemblea del (...) e del (...) inerenti la trattazione della gestione ordinaria del (...) , la assemblea era validamente costituita dai rappresentanti dei condomini che lo costituiscono ai sensi dell'art. 67, comma 3, disp. Att. C.c. e quindi che la domanda sul punto va rigettata. Quanto poi alla dedotta tardiva convocazione del delegato (...) alla assemblea del (...), ed in tema di mancato invio del verbale del (...) deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere atteso che la delibera del (...), approvando la ratifica della delibera del (...), ha emendato i vizi formali lamentati dalla parte attrice nella impugnazione che ci occupa conseguenti alla convocazione ed all'invio del verbale avvenuti via mail. Come è noto, in tema di impugnazione delle delibere condominiali, ove sopravvenga la sostituzione della delibera invalida ex art. 2377 - dettato in tema di società di capitali ma, per identità di ratio, applicabile anche in materia di condominio - l'annullamento non può avere luogo, e interviene la cessazione della materia del contendere, restando sottratto al giudice adito per l'impugnazione il potere-dovere di sindacare incidentalmente la legittimità dell'atto di rinnovo, il quale potrà semmai essere sottoposto ad ulteriore impugnazione, se si ritenga che anch'esso non sia conforme alla legge o all'atto costitutivo. La dichiarazione di cessazione della materia del contendere non esime però il Giudice di merito dalla pronuncia sulle spese processuali ove sul punto permanga il contrasto fra le parti, (fatto questo pacifico nel caso in esame stante la richiesta di parte attrice di accoglimento delle domande introduttive) valutando, al riguardo, se sussistano giusti motivi di totale o parziale compensazione, ovvero attribuendo dette spese all'una o all'altra parte secondo il criterio della soccombenza virtuale. Pertanto ai soli fini della soccombenza virtuale deve evidenziarsi la carenza di interesse dell'attore alla dichiarazione di invalidità della delibera del (...) atteso che è documentalmente provato che l'assemblea impugnata (...) è stata sostituita dalla delibera del (...) , precedente all'introduzione della procedura di mediazione, avvenuta in data (...), a nulla valendo la eventuale declaratoria di invalidità della delibera del (...) sul punto perché l'eventuale dichiarazione di invalidità della delibera del (...) non comporterebbe una reviviscenza della delibera del (...): infatti la sostituzione di una delibera comporta che l'assemblea assume una nuova delibera che prende il posto di quella precedente perché viziata oppure, semplicemente, per cambiarne il contenuto, ponendo in essere un atto sostanzialmente sostitutivo di quello invalido. Consegue che il motivo di impugnazione sarebbe stato disatteso. Quanto ai motivi sostanziali di impugnazione della delibera del (...) si rileva quanto segue. Quanto ai punti 1 e 2 dell'odg della delibera del (...), l'attore lamenta la nullità della delibera sia in tema di consuntivo che in tema di preventivo in relazione agli impianti di riscaldamento e idrici lamentando l'invalidità della delibera perché presa per eccesso di potere Dalla documentazione in atti è risultato provato che - Il (...) è regolamentarono solo dal di Regolamento dei Supercondominio ma anche dal Regolamento dei rapporti di Vicinato tra proprietà confinanti, costituzione di servitù e deposito unitamente al Regolamento dei Supercondominio, a ministero notaio (...) n. 194217/30150 (doc. 9). - il punto 2) del Regolamento dei rapporti di Vicinato tra proprietà confinanti, costituzione di servitù prevede la costituzione di servitù perpetue, a reciproco favore e carico delle due società cooperative e, conseguentemente, dei due condominii costituenti il (...) , tra cui gli "impianti tecnologici per la distribuzione alle unità immobiliari di rispettiva proprietà delle cooperative, dei servizi di gas, scarico acque bianche e nere, adduzione di acqua potabile, elettricità, telefonia, impianti citofoni e degli altri servizi tecnologici esistenti e/ o che gli aventi diritto riterranno opportuno e utile tempo per tempo installare "......"La centrale termica, il locale impianti, l'intercapedine impiantistica, la riserva idrica (...) gli impianti e le canalizzazioni per la fornitura idrica, gas, riscaldamento e/o raffreddamento, telefono ed elettricità, nonché l'impianto fognante e citofonino, fino alle rispettive proprietà condominiali". - l'art. 1 del Regolamento del Supercondominio, stabilisce che i due complessi immobiliari (ndr (...)) sono assoggettati "ad una comune gestione supercondominiale ponendo in comune le spese per il mantenimento ed il rinnovo delle superfici e degli impianti comuni, dando mandato irrevocabile ad una unitaria amministrazione supercondominiale di provvedere a tale gestione amministrativa delle servitù reciproche per il miglior godimento delle superfici e degli impianti di uso comune" (doc. 1 e 9 convenuto). Da ciò consegue che le delibere in merito agli impianti di riscaldamento e idrico e alla loro manutenzione degli impianti sono assoggettate alla amministrazione supercondominiale. Per quanto sopra il motivo di impugnazione di parte attrice sul punto deve essere disatteso. Sempre sull'approvazione dei punti 1 e 2 dell'ordine del giorno della delibera del (...) l'attrice lamenta irregolarità nella attribuzione di spese e nella loro approvazione Quanto al punto 1 dell'odg relativo all'approvazione del consuntivo 2020 l'attore lamenta che la voce Voce 21-4: Attività di "rappresentanza", - Voce 21-5: attività tecnica di "lettura contatori", - Voci di "spese fiscali" 21-3 Voce di "consulenza legale" poiché ricompresa nelle ordinarie attività dell'Amministratore non debba essere oggetto di richieste ulteriori rispetto al compenso ordinario annuale. Posto che il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere dell'assemblea di condominio non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità, tale riscontro, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, si estende anche all'eccesso di potere, ravvisabile quando la causa della deliberazione sia falsamente deviata dal suo modo di essere, trattandosi, in tal caso, di stabilire se la delibera sia o meno il risultato del legittimo esercizio del potere discrezionale dell'assemblea deliberante (Cass. n. 5889 del 2001; Cass. n. 19457 del 2005). Nella specie in esame non può essere contestata l'opportunità della scelta operata dall'assemblea condominiale per avere approvato specifici compensi per l'attività che verrà svolta dall'amministratore, posto che l'assemblea ha avuto modo di valutare l'utilità dei servizi perché debitamente informata dall'amministratore mediante la relazione sul compenso. Ne consegue il legittimo esercizio del potere discrezionale dell'assemblea e la conseguente legittimità della delibera resa ed oggi impugnata. Ciò posto le domande attoree vanno rigettate sul punto. Quanto all'Addebito personale inerente una "penale" a carico del (...), il (...) nulla eccepisce con la conseguenza che in assenza di specifica contestazione o allegazione deve ritenersi provato ex art. 115 cpc l'assunto attoreo e deve essere accolta la relativa domanda di nullità della delibera per eccesso di potere. Quanto alla dedotta illegittima appostazione di avvenuto pagamento di ratei Supercondominiali, l'attore lamenta la illegittimità del consuntivo atteso che in realtà l'operazione cela spostamenti di denaro tra due diversi conti correnti entrambi intestati al (...) , la grave irregolarità nella gestione, sarà posta all'Attenzione delle autorità in separata sede ma che, per quanto attiene alla presente impugnazione, rende comunque erroneo e non corretto il consuntivo del (...). Anche tale motivo di impugnazione non è stato oggetto di specifica contestazione o allegazione del (...) con la conseguenza che deve ritenersi provato ex art. 115 cpc l'assunto attoreo e deve essere accolta la relativa domanda di invalidità del deliberato sul punto. Quanto al punto 2 dell'odg l'attore lamenta la illegittimità della delibera de quo per erronee informazioni rese all'assemblea e perché il preventivo 2021 risulta del tutto sproporzionato rispetto alle "necessità" del (...) , "giacché la "spesa" complessiva (il fabbisogno ordinario) del 2020, nonostante le erronee ed illegittime imputazioni poste a bilancio, risulta pari ad Euro 165.962,10, aumentato ad Euro 177.462,10 a fronte delle c.d. "spese personali", ma con un saldo "positivo" di esercizio di ben Euro 12.532,83 (cfr. doc. 16), mentre il preventivo viene inspiegabilmente aumentato ad Euro 227.532,83...somma superiore di oltre 60.000 euro rispetto al fabbisogno dell'anno precedente, con un incremento (del tutto ingiustificato) del 37%, senza che vi sia motivo alcuno per un tale aumento di fabbisogno soprattutto tenendo conto del fatto che il (...) risulta avere liquidità sui conti correnti pari ad oltre 105.000 Euro ... (cfr. sempre doc. 16). Ne consegue l'assoluta irragionevolezza ed abnormità del predetto preventivo. Fermo che le informazioni rese in assemblea dall'amministrate non sono oggetto di deliberato e quindi non possono essere oggetto di impugnativa ma semmai essere oggetto di eventuali azioni di responsabilità dello stesso amministratore, si è detto che il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere dell'assemblea di condominio non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità. Nella specie in esame non può essere contestata l'opportunità della scelta operata dall'assemblea condominiale per avere approvato specifiche voci di spese, posto che l'assemblea ha avuto modo di valutare l'utilità dei servizi perché debitamente informata dall'amministratore mediante la relazione. Ne consegue il legittimo esercizio del potere discrezionale dell'assemblea e la conseguente legittimità della delibera resa ed oggi impugnata. Ciò posto le domande attoree vanno rigettate. Quanto al 3 dell'odg l'attore lamenta la carenza di informazione in merito al punto da deliberarsi nonché l'illegittimità del deliberato in merito all'abbandono della Mediazione in corso per totale mancanza o (come nel caso) l'incompletezza dell'ordine del giorno. Come noto ai fini della validità della delibera di un'assemblea condominiale non è necessaria una analitica e minuziosa elencazione degli argomenti da trattare e dei possibili sviluppi della discussione in ordine ai vari punti, occorrendo, più semplicemente, che siano preventivamente resi noti ai condomini i termini delle varie questioni da affrontare. Per una partecipazione informata dei condomini a una assemblea condominiale al fine della conseguente validità della delibera adottata è sufficiente che nell'avviso di convocazione della medesima gli argomenti da trattare siano indicati nell'ordine del giorno nei termini essenziali per essere comprensibili, senza necessità di prefigurare lo sviluppo della discussione e il risultato dell'esame dei singoli punti da parte dell'assemblea, secondo un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato sia in ordine alla completezza dell'ordine del giorno medesimo, sia in ordine alla pertinenza della deliberazione dell'assemblea al tema in discussione in esso indicato (Cass. 21298/2007). Questo Tribunale dall'attento esame della delibera impugnata e della documentazione in atti ritiene che la formula adottata al punto 3 della convocazione non può che comprendere anche il riferimento alla decisione circa l'esito della mediazione e quindi anche la eventuale proposizione di accordi transativi ovvero l'abbondano della stessa, come di fatto è avvenuto. Il Tribunale pertanto ritiene sufficientemente chiaro e specifico l'avviso in quanto lo stesso menzionava essere all'ordine del giorno l'esame della mediazione pendente, con la conseguenza che parte attrice non poteva non conoscere l'argomento deliberato. Sul punto la domanda di parte attrice deve essere disattesa . Quanto al punto 4 dell'odg ovvero sulla ratifica della delibera del (...) ne contesta l'assoluta genericità dell'OdG e la conseguente annullabilità delle delibera relativa, per violazione del disposto di cui all'art. 1136 c.c. e 66 Disp. Att. c.c.,per incompletezza e genericità dell' ordine del giorno. Viene qui ribadito quanto sopradetto in relazione al punto 3 dell'odg ed in particolare in tema di partecipazione informata dei condomini a una assemblea condominiale. Questo Tribunale dall'attento esame della delibera impugnata e della documentazione in atti ritiene che la formula adottata al punto 4 della convocazione non può che comprendere anche il riferimento alla decisione circa l'ordine del giorno della delibera del (...) e quindi tutti gli argomenti posti all'ordine del giorno di tale delibera che il delegato del condominio (...) avrebbe dovuto comunicare all'amministratore del condominio ove è situato l'immobile dell'attore con le conseguenti responsabilità del mandatario di cui all'art. 67 disp. att. c.c., attesa la non contestata ricezione da parte del delegato della convocazione all'assemblea del (...). Il Tribunale pertanto ritiene sufficientemente chiaro e specifico l'avviso in quanto lo stesso menzionava essere all'ordine del giorno l'esame degli argomenti posto all'ordine del giorno della delibera del (...). Sul punto la domanda di parte attrice deve essere disattesa. Quanto al punto 5 dell'odg in tema di "VARIE ED EVENTUALI", l'attore lamenta che l'assemblea ha deliberato su una argomento che non era posto all'ordine del giorno ovvero la "creazione" del Registro Anagrafico Supercondominiale, e la revisione delle tabelle millesimali Supercondominiali. Va rilevato che deve ritenersi viziata la delibera con la quale vengono deliberati argomenti che incidano sull'uso e manutenzione della parte comune senza che all'ordine del giorno fosse prevista in alcun modo la discussione dello specifico argomento, il cui carattere non certo ordinario rispetto allo schema legale di organizzazione condominiale ne imponeva invece la espressa enunciazione nell'avviso di convocazione e ne esclude la possibile riconducibilità alla categoria delle cosiddette "varie ed eventuali" di per sé indicante la possibilità di discussione, senza esiti deliberativi impegnativi, di argomenti di interesse comune. Nel caso de quo si tratta di assoluta mancanza dell'argomento posto all'ordine del giorno stante la suddetta impossibilità di ricondurre l'argomento inerente il proporzionamento delle tabelle millesimali nelle questioni discutibili tra le categorie "varie ed eventuali". Infatti con la indicazione "Varie ed eventuali , per giurisprudenza consolidata, deve intendersi quella voce posta all'OdG che non consente di discutere di un preciso argomento e che pertanto deve limitarsi a semplici comunicazioni che l'amministratore o singoli condomini vogliono fare all'assemblea, senza che su di esse possa assumersi qualsivoglia delibera. Orbene ne consegue che, nel caso de quo, l'assemblea oggi impugnata certo non poteva deliberare circa il riproporzionamento delle tabelle millesimali e la spesa inerente la redazione del registro anagrafico non posto nell'Odg. Sul punto la delibera deve essere dichiarata nulla per eccesso di potere. Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza e si liquidano dimidiati come da dispositivo, tenuto conto dei motivi di impugnazione proposti dall'attore e disattesi. Sentenza esecutiva. P.Q.M. Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando nella causa fra le parti di cui in epigrafe, ogni altra istanza ed eccezione disattesa: - dichiara nulla la delibera del (...) punti 1 e 5 dell'odg resa dall'assemblea del (...) limitatamente come in motivazione - condanna (...) al pagamento in favore dell'attrice delle spese di lite che si liquidano in Euro3.500,00 per compensi oltre oneri accessori di legge oltre spese generali al 15%. - Sentenza esecutiva. Così deciso in Milano il 29 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 29 gennaio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI ROMA SEZIONE QUINTA CIVILE Nella persona del Giudice Unico dott. Fabrizio Sanchioni, ha emesso, la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al R.G.N. 54507/2022 TRA (...) rappresentato e difeso, per procura in atti, dall'Avv. (...), ettivamente domiciliato presso il suo studio in (...) alla (...); -Attore- E (...) in persona dell'amministratore p.t., rappresentato e difeso, per procura a margine dell'atto di costituzione e risposta, dall'Avv. (...) e dall'Avv. (...) elettivamente domiciliato nel loro studio in (...); - Convenuto- Oggetto: (...), impugnativa delibera assembleare Conclusioni: per l'attore come da atto di citazione, per il convenuto come da conclusioni dell'udienza del (...). RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione, regolarmente notificato, (...) ha convenuto in giudizio il (...) per sentir accogliere le seguenti conclusioni: "dichiarare la illegittimità della deliberazione in disamina per i motivi e le causali di cui in narrativa che si abbiano qui per riportati e trascritti disponendo per l'effetto il suo annullamento ed adottando ogni provvedimento consequenziale e correlato con le richieste ed istanze di cui sopra con il favore sempre e comunque delle spese e competenze onorarie del presente giudizio e di quelle che dovranno essere sostenute per i procedimenti di mediazione in itinere". Si costituiva in giudizio il (...) convenuto contestando in fatto ed in diritto la domanda attrice e chiedendo l'accoglimento delle seguenti conclusioni: "conclude per il rigetto delle domande proposte dal condomino (...) perché infondate in fatto ed in diritto e comunque non provate e per la sua condanna al pagamento delle spese e dei compensi di lite. Con riserva di ulteriormente dedurre, argomentare e provare, nonché di depositare altra documentazione, nei termini di cui all'art. 183, VI comma, c.p.c. di cui sin d'ora si chiede la concessione". La causa veniva istruita, venivano depositate le memorie ex art. 183 comma VI n. 2 c.p.c. e la documentazione, veniva ammessa la prova testimoniale del convenuto con ordinanza del (...) e fissatone l'espletamento all'udienza del (...) , l'attore depositava il (...) "istanza di revoca della prova testimoniale", che veniva rigettata con ordinanza del Data_5 . Il giorno successivo -(...) - l'attore depositava una seconda istanza, rubricata "di revoca del provvedimento di ammissione della prova istruttoria articolata ex adverso", che veniva ugualmente rigettata con ordinanza del (...). In data (...), il (...) depositava ennesima istanza, rubricata "di riforma del provvedimento di ammissione dei mezzi istruttori" che veniva rigettava con ordinanza del (...), tali istanze erano tese alla non ammissione dei testi di parte attrice, ogni volta con una nuova motivazione e mai è stata richiesta in tali istanze l'ammissione dei testi di parte attrice, non ammessi. Si passava pertanto alla escussione dei testi ammessi all'udienza del (...) . Al termine di detta udienza e dopo che i testi ammessi erano stati escussi l'Avv. (...) dichiarava di aver (autonomamente) citato propri testi (non ammessi) e rilevava di aver depositato la citazione degli stessi telematicamente nella giornata precedente all'udienza e chiedeva rinvio per ascoltare i propri testi. Il Giudice rilevava che i testi non si erano inoltre presentati senza giustificato motivo e che nella propria ordinanza di ammissione delle prove il sottoscritto giudice non aveva ammesso le prove testimoniali di parte attrice ma solo di quella convenuta e la difesa della parte attrice, che pur aveva impugnato e contestato per ben tre volte tale ordinanza mai aveva richiesto la riforma della stessa e l'ammissione dei propri testi e che pertanto non potevano ritenersi ammissibili. Il Giudice pertanto, avendo sentito i testi di parte attrice, che erano stati ammessi, ed alla luce della documentazione in atti, ritenendo che, per i risultai raggiunti, la causa fosse matura per la decisione senza l'acquisizione di altri elementi, risultando l'ammissione di ulteriori mezzi di prova superflua, rinviava la causa al (...) ore 09.30 per la precisazione delle conclusioni, di fatto chiudendo la fase istruttoria ed aprendo contestualmente la fase decisoria. In tale udienza ex art. 127 ter cpc, la parte attrice non precisava le conclusioni ma ribadiva argomenti già illustrati nelle precedenti istanze di reclamo ai provvedimenti del Giudice già esaminati e rigettati ed insisteva nella richiesta di escussione di testi non ammessi. Il Giudice rigettava la domanda di parte attrice di modifica dell'ordinanza del (...), formulata dalla stessa parte nel verbale di causa telematico relativo alla udienza di precisazione delle conclusioni, in quanto, come già ben specificato, nella propria ordinanza di ammissione delle prove del (...), non ha ammesso le prove testimoniali di parte attrice ma solo di quella convenuta e la difesa della parte attrice, che pur ha impugnato e contestato per ben tre volte tale ordinanza, mai ha richiesto la riforma della stessa in relazione all'ammissione dei propri testi che pertanto, non essendo stati ammessi, non potevano essere escussi. Nonostante la mancata ammissione delle prove per testi richieste dalla parte attrice, il legale della stessa ha autonomamente, propria sponte e senza che la prova per testi fosse stata ammessa, notificava ai propri testimoni di presentarsi in udienza per rendere la testimonianza non ammessa. Come più volte statuito dalla Suprema Corte di Cassazione, spetta al giudice di merito, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, fra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova (cfr., ex pluribus, Cass. n. 828 e n. 2272 del 2007). In questo potere discrezionale rientra la facoltà di escludere la rilevanza di una prova mediante un giudizio che può essere anche implicito, cioè risultante dal tenore della motivazione, non essendo il giudice obbligato ad esplicitare per ogni mezzo istruttorio le ragioni per cui egli lo ritenga irrilevante, ovvero, più in generale, ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza l'assunzione dei mezzi di prova richiesti dalle parti oppure in base a quelli già assunti e senza necessità di ulteriori acquisizioni (cfr. Cass. n. 2404 del 2000; n. 9942 del 1998). L'ammissibilità di altri testi era già stata vagliata e rigettata e la causa era stata rinviata per le conclusioni in quanto, come detto, il Giudice avendo sentito i testi di parte attrice, che erano stati ammessi, ed alla luce della documentazione in atti, aveva ritenuto che, per i risultai raggiunti, la causa fosse matura per la decisione senza l'acquisizione di altri elementi, risultando l'ammissione di ulteriori mezzi di prova superflua. Si rileva infine che l'attore non ha precisato le conclusioni con le note scritte di udienza pertanto le sue conclusioni restano quelle precisate a pag. 6 dell'atto di citazione. La parte convenuta precisava invece le proprie conclusioni. Il Giudice pertanto ritenendo la causa matura per la decisione la tratteneva in decisione ai sensi dell'art. 190 c.p.c. (nella formulazione antecedente alla riforma (...)) e concedeva alle parti i termini di legge gg. 60 + 20. Le parti depositavano le proprie comparse conclusionali e memorie e la causa veniva decisa con il presente atto. La domanda di parte attrice è infondata e deve essere respinta. Infatti in primo luogo si rileva che, come da circostanze non contestate, e come si evince dalla documentazione in atti, che l'appartamento dell'attore ha quattro camere matrimoniali per 8 posti letto, e che in detto appartamento viene esercitata attività ricettiva di erogazione di servizi per l'ospitalità - "bed and breakfast" (struttura che dà la possibilità ad un turista di trovare sistemazione per la notte con o senza la fornitura di assistenza e/o servizi) dal conduttore (...) sotto la denominazione (...) , inoltre tale immobile, è occupato per gran parte dell'anno come risulta dalla documentazione rilevata da (...), in atti, depositata dalla parte convenuta nelle memoria ex art. 183, VI comma, n. 2, c.p.c. (si vedano i mesi di aprile, maggio e (...), nei quali la struttura è al completo - doc. 4). E' infine notorio ed evidente che un immobile destinato ad attività ricettizia sia frequentato da tanti e sempre diversi utilizzatori, con un utilizzo delle parti comuni e dell'ascensore, sicuramente maggiore di quello di un immobile ad uso abitazione privata, tanto che molti regolamenti di condominio vietano lo svolgimento di tali attività e numerosi sono i contenziosi relativi a tale problematica. Tale maggiore utilizzo ha comportato nel condominio convenuto sporcizia delle scale e dell'androne, ripetuti blocchi dell'ascensore ai piani in cui sono ubicate le unità immobiliari in questione, con conseguente forte aumento degli interventi manutentivi e delle relative spese, come risulta dalle numerose fatture in atti per la pulizia delle scale e la manutenzione ordinaria e straordinaria dell'ascensore: fatture della (...) - che ha la manutenzione dell'impianto ascensore condominiale - attestanti i frequenti interventi fuori contratto resisi necessari negli ultimi anni ed ancora oggi a causa del blocco dell'impianto dovuto all'uso improprio (n. 15 fatture - doc. da 6 a 20) e preventivo e fattura delle opere di manutenzione straordinaria eseguite nel mese di (...) conseguenti alla forte usura dell'impianto ascensore (doc. 21 e 22). Lo stato di eccessiva e non normale sporcizia delle scale è stato inoltre confermato dal teste (...), terzo estraneo al condominio ed indifferente, il quale ha così deposto: "dichiaro di essere titolare e amministratore della (...) ditta che ha l'appalto delle pulizie del condominio di (...) il mio dipendente, che pulisce due volte settimana, mi ha riferito di vedere molta gente per le scale e l'androne....specifico che i miei controlli avvengono per constatare la pulizia ed il decoro del condominio e non solo a seguito della pulizia effettuata dai dipendenti e nel corso dei miei accessi ho notato sacchetti di immondizia - umido nella scale e nell'androne ed una volta sono stato chiamato dall'amministratore per rimuovere sacchetti di immondizia nell'androne, i sacchetti erano soprattutto al secondo piano e che da lì partivano degli sgocciolamenti anche sulle scale fino al piano terra." Pertanto è provato che l'appartamento dell'attore, destinato ad un uso ricettizio, è causa di un intensificato uso dell'androne delle scale e dell'ascensore. Ciò detto, è evidente e non contestato il maggioritario indirizzo della Suprema Corte di Cassazione per la quale "...Si osserva poi che in linea generale l'obbligo di concorrere alle spese comuni in proporzione ai millesimi di proprietà prescinde dall'uso effettivo che il (...) faccia delle parti comuni dell'edificio, dovendosi far riferimento all'uso potenziale e non a quello effettivo. Di conseguenza deve pagare anche il condomino che non fa uso delle parti comuni (magari perché tiene l'unità immobiliare sfitta); al contrario, chi usa più intensamente il bene, non per questo può essere chiamato a una maggiore contribuzione, precisandosi che l'intensità dell'uso non deve però essere tale da annullare il pari diritto degli altri condomini. Pertanto l'assemblea non potrebbe imporre una maggiorazione ai titolari di B&B, ma tali decisioni non riguardano in modo specifico il caso de quo in quanto, seppure le concrete modalità di utilizzazione non incidono sulla determinazione dei criteri legali di ripartizione delle spese, esiste però un'eccezione a questa regola generale, cioè la possibilità di accordarsi diversamente. Si tratta di quella "diversa convenzione" cui fa riferimento l'art. 1123, primo comma, c.c. - in buona sostanza al momento della formazione del regolamento contrattuale (da parte dell'originario unico proprietario come nello specifico caso in esame) è possibile prevedere una clausola che consenta di aumentare/diminuire le spese d'uso in ragione del più intenso e/o minore utilizzo concreto di determinate parti comuni. Così, ad esempio, può considerarsi una decurtazione nelle spese di pulizia scale per chi ha un immobile sfitto (magari con le utenze scollegate) oppure una maggiorazione in ragione della destinazione (ed esempio utilizzazione per studio medico o attività ricettive). Nel condominio in oggetto è vigente un regolamento contrattuale di condominio - depositato negli atti del notaio (...) (...) di (...) il (...), rep. n. 64238, rog. n. 17522, trascritto al I Ufficio Atti Pubblici di Roma il (...)5 ai n.ri 74239/42162, in atti, che all'art. 19 statuisce: "qualora gli appartamenti vengano destinati ad un uso consentito ma diverso da quello di abitazione, e per effetto di tale mutamento il condomino o i suoi aventi causa intensifichino l'uso dell'androne delle scale dell'ascensore, può con la maggioranza prevista dall'art. 1136, secondo comma, C.C. imporre una maggiorazione del contributo spese di gestione e di manutenzione dovuto a sensi del presente regolamento, per tali parti e servizi comuni". Pertanto nei casi in cui, come nel presente procedimento, vi sia un immobile destinato a B&B, e per effetto di tale destinazione il condomino o i suoi aventi causa intensifichino l'uso dell'androne delle scale dell'ascensore, come nel caso de quo, l'assemblea, con la maggioranza prevista dall'art. 1136 secondo comma, C.C. che recita: "Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio' può imporre una maggiorazione del contributo spese di gestione e di manutenzione dovuto a sensi del presente regolamento, per tali parti e servizi comuni. E questo ha lecitamente fatto l'assemblea nella delibera impugnata, con una maggioranza rappresentante 545,16 mm. del complessivo valore millesimale dell'edificio. L'attore contesta che il regolamento di condominio sia allo stesso inopponibile ma tale regolamento è invece opponibile alla parte attrice. Il regolamento contrattuale può imporre limiti alla proprietà individuale, con riguardo all'ipotesi di norme limitative del diritto di proprietà si pone il problema della loro opponibilità nei confronti dei terzi acquirenti a titolo particolare della proprietà stessa, relativamente al quale assume valenza centrale la trascrizione del regolamento. La trascrizione assolve alla funzione di portare a conoscenza dei terzi le norme che limitano il diritto di disposizione e di godimento del diritto di proprietà. Il regolamento contrattuale, per sua stessa natura, non è opponibile verso i terzi perché è un contratto e come tale vincola le sole parti stipulanti ciò implica che per rendere opponibile il regolamento ai terzi è necessaria la trascrizione nei pubblici registri immobiliari. Nel caso de quo il regolamento contrattuale è stato trascritto ed è opponibile alla parte attrice. La Cassazione con sentenza n. 2546 del (...), ha sostenuto che il regolamento di condominio predisposto dal costruttore contenente vincoli su tutte le unità immobiliari dell'intero fabbricato, quando sia stato da questi trascritto nei registri immobiliari è opponibile non solo a coloro che acquistano le unità immobiliari da proprietari che abbiano accettato il regolamento, ma anche a coloro, che successivamente alla trascrizione, per la prima volta acquistino piani dell'edificio o loro porzioni direttamente dal costruttore anche in mancanza di una espressa previsione, in tal senso, nei singoli atti di acquisto. Ciò perché anche se questi ultimi non hanno partecipato all'approvazione del regolamento sono terzi rispetto ai quali opera ai fini dell'opponibilità dei vincoli suddetti, quale forma di pubblicità, la trascrizione nei pubblici registri. "Il regolamento di condominio predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero edificio, ove accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli piani e regolarmente trascritto nei registri immobiliari, assume carattere convenzionale e vincola tutti i successivi acquirenti non solo con riferimento alle clausole che disciplinano l'uso o il godimento dei servizi o delle parti comuni... (Cassazione, Sez. 2, Sent. n. 3749 del (...)). "Il regolamento di condominio predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero edificio, ove sia accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli piani e regolarmente trascritto nei registri immobiliari assume carattere convenzionale e vincola tutti i successivi acquirenti, non solo per le clausole che disciplinano l'uso o il godimento dei servizio delle parti comuni, ma anche per quelle che restringono i poteri e le facoltà dei singoli condomini sulle loro proprietà esclusive, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca. Ne consegue che qualora il regolamento di condominio faccia divieto di svolgere determinate attività (nella specie: divieto di adibire i locali del fabbricato condominiale ad esercizio di ristorante) non occorre accertare, al fine di ritenere l'attività stessa illegittima, se questa costituisca oppur non immissione vietata a norma dell'art. 844 cod. civ., con le limitazioni ed i temperamenti in tale norma indicati, in quanto le norme regolamentari di natura contrattuale possono legittimamente imporre limitazioni al godimento della proprietà esclusiva anche diverse o maggiori di quelle stabilite dalla citata norma, e l'obbligo del condominio di adeguarsi alla norma regolamentare discende in via immediata e diretta "ex contractu" per il generale principio espresso dall'art. 1372 cod. civ.. (Cassazione sentenza n.49 del (...)8 ). "Il regolamento di un supercondominio, predisposto dall'originario unico proprietario del complesso di edifici, accettato dagli acquirenti nei singoli atti di acquisto e trascritto nei registri immobiliari, in virtù del suo carattere convenzionale, vincola tutti i successivi acquirenti senza limiti di tempo, non solo relativamente alle clausole che disciplinano l'uso e il godimento dei servizi e delle parti comuni, ma anche per quelle che restringono i poteri e le facoltà sulle loro proprietà esclusive, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca. L'attribuzione in comproprietà di cose non ricomprese nell'art. 1117 c.c. avvenuta attraverso il predetto regolamento non costituisce un atto di liberalità, essendo tale regolamento idoneo a modificare gli effetti giuridici traslativi derivanti dal contratto di acquisto delle unità immobiliari comprese nel supercondominio." (Cassazione sent. n. 30246 del (...)9 - Cassazione sent. n.14898 del 2013). Con il regolamento di condominio predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero edificio, ove sia stato accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli appartamenti e regolarmente trascritto nei registri immobiliari, può essere attribuita la comproprietà di una o più cose, non incluse tra quelle elencate nell'art. 1117 cod. civ., a tutti i condomini o soltanto a quelli cui appartengono alcune determinate unità immobiliari; in tal caso colui al quale sia trasferita la proprietà di uno di tali immobili, diviene comproprietario della cosa in base al regolamento condominiale anche se di essa non vi sia alcun accenno nel titolo d'acquisto e tale qualità è opponibile a tutti coloro che acquistino successivamente le varie unità immobiliari. (Cass. Sez. 2, sent. n. 15794 del (...)0 e conformi Cass. n. 49 del 1992, Cass.n.395 del 1993; Cass. n. 3749 del 1999; Cass. n. 13164 del 2001) . Inoltre la parte attrice ha acquistato l'immobile nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava. Infine si rileva che la decisione dell'assemblea è conforme all'odg che al punto 6 all'o.d.g. indica testualmente: "Presenza di unità immobiliari adibite ad uso (...), con conseguente maggiore uso delle parti comuni. Proposta di aumento della quota condominiale, in relazione alla particolare destinazione di detti immobili. Esame e relative decisioni in merito". La deliberazione opposta non è eccedente o di contenuto diverso rispetto all'ordine del giorno e/o in contrasto con l'odg. Dal detto odg è chiaro che l'assemblea è stata convocata per deliberare l'eventuale aumento della quota di spese afferenti quelle unità immobiliari adibite ad uso (...), con conseguente maggiore uso delle parti comuni e per un esame e relative decisioni in merito. L'assemblea pertanto dopo ampia discussione, esaminati i divieti posti dal regolamento condominiale ha preso una decisione relativa ai Bed & Breakfast decidendo di incaricare un legale per verificare se sia possibile la presenza di Bed & Breakfast nel condominio e considerato il maggiore uso delle parti comuni da parte dei Bed & Breakfast ha deliberato all'unanimità di applicare una maggiorazione del 30% della quota condominiale dovuta dai Bed & Breakfast; il tutto nel rispetto dell'od.g. e del regolamento condominiale. Assorbita ogni altra eccezione di merito. La domanda della parte attrice deve essere respinta. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, rigetta la domanda di parte attrice. Condanna la parte attrice, in favore del (...) convenuto, al pagamento della somma di Euro 5.000,00 per competenze ed onorari, oltre Iva, Cpa e spese generali come per legge, oltre successive occorrende. Così deciso in Roma il 24 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI BENEVENTO I sezione civile, in composizione monocratica, in persona del giudice dott.ssa Floriana Consolante, ha pronunciato la seguente SENTENZA nelle cause civili riunite iscritta al n. 150 e 190 R.G. dell'anno 2020, riservate in decisione all'udienza del 21 giugno 2023 con concessione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c., vertente TRA Condominio "(...)" sito in B. al Viale (...) in persona dell'amministratore p.t., rappresentato e difeso come da procura in calce all'atto di citazione dall'avv. Gi.To.; opponente nella causa 150/2020 Condominio "(...)" sito in B. al Viale (...) in persona dell'amministratore p.t., rappresentato e difeso come da procura in calce all'atto di citazione dall'avv. Fr.Al.; opponente nella causa 190/2020 E Ma. s.r.l. in persona del legale rappresentante p.t. rappresentata e difesa come da procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta dall'avv. An.Ul.; opposta in entrambe le cause NONCHE' Condominio "Viale M. parti comuni n. 81/B-83 e 85 con sede in B. in persona dell'amministratore p.t., rappresentato e difeso come da procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta dall'avv. Lu.Gu.; terzo chiamato in causa E Condominio "(...)" sito in B. al Viale (...) in persona dell'amministratore p.t., rappresentato e difeso come da procura in calce alla comparsa di intervento volontario dall'avv. Lu.No.; intervenuto volontario MOTIVI DELLA DECISIONE Con distinti atti di citazione il Condominio Viale (...) e il Condominio Viale (...) proponevano tempestiva opposizione avverso il D.I. n. 1594 del 2019 che aveva loro ingiunto di pagare, in favore della ricorrente Ma. s.r.l., l'importo di Euro 12.614,21. oltre interessi di mora ex art. D.Lgs. n. 231 del 2002 e spese della procedura monitoria. Si premette che nel ricorso monitorio l'impresa Ma. s.r.l. deduceva di avere stipulato, in data 13.10.2010, un contratto di appalto con il "Condominio parti comuni di Viale (...), (...) e (...)" per lavori a misura di sistemazione del cortile di proprietà condominiale e che, eseguiti i lavori, vantava un credito di Euro 81.256,33, comprensivo di IVA al 10%, di cui alle fatture n. (...) e (...) dell'anno 2010 e n. 3 bis /2013; che l'importo complessivo era ripartito in Euro 28.222,11 per il Condominio Viale (...), Euro 27.892,11 per il Condominio Viale (...) ed Euro 25.142,11 per il Condominio Viale (...); di avere ricevuto nel corso dell'esecuzione delle opere acconti di pagamento per complessivi Euro 31.089,90 ripartito tra i tre condomini; che con lettera raccomandata del 2-7 settembre 2012 l'impresa aveva chiesto il pagamento del saldo per complessivi Euro 30.685,93, comprensivi di IVA, così ripartiti: 1) Euro 18.222,11 debito residuo richiesto al condominio Viale (...), 2) Euro 8.392,11 debito residuo richiesto al condominio Viale (...), 3) Euro 4.071,71 debito residuo richiesto al condominio Viale (...). Nel ricorso monitorio l'impresa assumeva che, successivamente, il condominio Viale (...) - 83 - 85 aveva effettuato ulteriori acconti di pagamento per un importo complessivo di Euro 18.071,71 comprensivo di iva al 10% così ripartito: 1) Euro 14.000,00 pagato dal condominio Viale (...) e 83 senza possibilità di imputare, pro- quota, il pagamento all'uno o all'altro condominio; 2) Euro 4.071,71 pagato dal condominio Viale (...). L'impresa sosteneva che il condominio Viale (...) con quest'ultimo bonifico, effettuato in data 26.10.12, aveva saldato il debito residuo a suo carico, mentre il Condominio Viale (...) e il Condominio Viale (...) risultavano ancora debitori dell'importo di Euro 12.614,21, comprensivo di IVA oltre interessi di mora. Il Tribunale emetteva il D.I. n. 1594 del 2019 avverso il quale entrambi i condomini ingiunti proponevano opposizione. Entrambi i Condomini opponenti a fondamento dell'opposizione eccepivano, in primo luogo, la propria carenza di legittimazione passiva deducendo che il Condominio Viale (...) e Condominio Viale (...) non potessero essere destinatari della domanda di pagamento dell'impresa poichè il contratto di appalto con l'impresa Ma. s.r.l. era stato stipulato solo dal "Condominio parti comuni di Viale (...), n. 83 e n. 85" per il rifacimento di parti comuni dell'intera compagine condominiale ( ovvero la sistemazione del cortile) , previa delibera assembleare del supercondominio del 29 aprile 2010 il quale era soggetto distinto dai singoli Condomini. Si evidenziava che le fatture poste a fondamento della domanda monitoria erano state emesse nei confronti del "Condominio parti comuni di Viale (...), n. 83 e n. 85" con il quale intercorreva il rapporto contrattuale e non nei confronti dei singoli Condomini. Entrambi i Condomini opponenti contestavano che il credito vantato mancasse dei requisiti di cui all'art. 633 c.p.c. non essendo nè certo né liquido né esigibile. Era, infatti, evidenziata la mancanza della documentazione -ovvero delibere assembleari dei singoli condomini e relativo stato di ripartizione- dalla quale potesse desumersi in maniera certa l'imputabilità della somma ingiunta ai due Condomini di Viale (...) n. 81/B e di Viale (...). Entrambe i Condomini opponenti chiedevano nelle conclusioni la revoca del decreto ingiuntivo. In entrambi i giudizi si costituiva la società opposta la quale contestava l'avversa opposizione di cui chiedeva il rigetto. L'opposta in entrambi i giudizi con la propria comparsa chiedeva ex art. 269 c.p.c. l'autorizzazione alla chiamata in causa del Condominio "Viale (...) parti comuni n. 81/B-83 e 85". Tale istanza era respinta dal G.I. della causa n. 150/2020, mentre era accolta nella causa n. 190/2020. Effettuata la chiamata in causa di terzo, si costituiva il Condominio "Viale (...) parti comuni n. 81/B-83 e 85" il quale eccepiva la prescrizione del credito vantato dall'impresa Ma. s.r.l. Nel giudizio n. 150/2020 interveniva volontariamente il condominio Viale (...) il quale evidenziava di avere estinto il proprio debito nei confronti dell'Impresa. I due giudizi erano riuniti per ragioni di connessione oggettiva e parzialmente soggettiva. Con ordinanza del 11.11.2021 il G.I. concedeva ai sensi dell'art. 648 c.c. la provvisoria esecuzione del D.I. opposto. Senza espletare attività istruttoria, la causa è stata riservata in decisione. Il Tribunale in via preliminare osserva che l'eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dai Condomini opponenti è priva di pregio. Ed invero, come già affermato nell'ordinanza del 11.11.2021, per costante orientamento della giurisprudenza, in tema di condominio, ogni qualvolta l'amministratore condominiale stipuli un contratto con un terzo, coesistono distinte obbligazioni, rispettivamente concernenti l'intero debito e le singole quote, facenti capo la prima al Condominio, ente di gestione rappresentato proprio dall'amministratore, e le altre ai singoli condomini, tenuti al relativo pagamento in ragione e nella misura della partecipazione al Condominio, ai sensi dell'art. 1123 cod. civ.. Ne deriva che la natura parziaria dell'obbligazione contratta dall'amministratore per conto dei condomini non limita, in sede cognitiva, il diritto di azione del creditore, che può indifferentemente evocare in giudizio i singoli condomini morosi o il Condominio, in tal modo conseguendo, in entrambi i casi, un titolo da porre in esecuzione nei confronti dei singoli condomini per la quota di rispettiva competenza, operando la parziarietà come regola di imputazione interna del debito. Pertanto, il creditore del Condominio è legittimato ad agire in giudizio, anche in via monitoria, per precostituirsi il titolo esecutivo nei confronti sia dell'ente di gestione, in persona dell'amministratore pro tempore, sia dei condomini inadempienti, dovendo, in ogni caso, e, in particolare, ove intenda promuovere l'espropriazione forzata, richiedere a ciascun condomino moroso, proprio in ossequio al principio della parziarietà delle obbligazioni assunte nell'interesse del condominio, il pagamento della sola quota dallo stesso dovuta a norma dell'art. 1123 cod. civ.. Tale principio è applicabile anche alla fattispecie del c.d. "supercondominio" per cui legittimamente il creditore ha avanzato la sua pretesa solo nei confronti dei due Condomini parzialmente inadempienti e non nei confronti del supercondominio contraente ( salva la imputazione interna del debito ai singoli condomini di ciascun fabbricato condominiale in proporzione delle rispettive quote). Si osserva che in ordine alle modalità di gestione e di ripartizione delle spese del "supercondominio", devono essere applicate le regole del Condominio come affermato dalla giurisprudenza ( Cassazione n. 19939/2012) e recepito dalla riforma del 2012 in materia, che ha introdotto l'art. 1117-bis c.c. e riformulato l'art. 67 disp. att. c.c. Per quanto concerne la ripartizione delle spese, le delibere dell'assemblea del supercondominio avranno efficacia nei confronti dei singoli fabbricati e le spese relative al supercondominio dovranno essere ripartite secondo i valori dei singoli fabbricati e, successivamente, tra i singoli condomini facenti parte di ciascun Condominio in relazione alla tabella millesimale di ciascun fabbricato ( cfr. Tribunale di Firenze n. 442/2018). Si ritiene altresì che l'eccezione di prescrizione del credito sollevata dal " Condominio parti comuni n. 81/B, 83 e 85" è infondata in quanto il credito vantato dalla società opposta trova fondamento in un contratto di appalto stipulato nel 2010. Il credito dell'appaltatore al pagamento del corrispettivo dell'opera si prescrive nel termine ordinario di dieci anni ex art. 2946 c.c., non disponendo la legge diversamente, e tale termine non erano decorso alla data di notifica del D.I. effettuata il 2 e il 3 dicembre 2019, oltre ad evidenziarsi che sono intervenuti più atti interruttivi del termine prescrizionale, come da richieste di pagamento (allegate al ricorso monitorio) inoltrate dell'impresa in epoca anteriore alla notificazione del D.I. Il Tribunale osserva che i due Condomini opponenti non hanno contestato né l'esecuzione dei lavori né hanno sollevato specifiche contestazioni rispetto all'entità del credito vantato né hanno dedotto e provato quali siano stati i pagamenti da loro effettuati. Il Tribunale deve, tuttavia, osservare che nel ricorso monitorio l'impresa appaltante ha dedotto che i due Condomini di Viale M. n. (...) /B e n. (...) erano ancora debitori dell'importo di Euro 12.614,00, senza specificare il debito di ciascuno. Alla luce dei principi precedentemente enunciati, l'impresa poteva agire per il pagamento del saldo del corrispettivo dell'appalto nei confronti del singolo Condominio, facente parte del supercondominio, per la quota di rispettiva competenza, operando la parziarietà come regola di imputazione interna del debito. La documentazione allegata gli atti di causa consente di ripartire il debito gravante sui due Condomini opponenti. Si osserva che la società opposta ha depositato il computo metrico e "quadro economico riepilogativo" del Condominio parti comuni relativo ai lavori condominiali oggetto dell'appalto di cui è causa. Il quadro economico prevedeva per i lavori condominiali l'importo complessivo di Euro 81.583,27 ripartito tra i tre Condomini per Euro 27.194,43 ciascuno. Sul Condominio del civico 81/b gravavano spese esclusive per Euro 3080,00 e sul condominio del civico n. 83 gravavano spese esclusive per Euro 2750,00. Tali risultanze sono riportate anche nella comparsa di costituzione della società opposta. Si osserva che con deliberazione dell'assemblea del " Condominio parti comuni del 14.11.2012" erano approvati all'unanimità i lavori eseguiti dall'impresa Ma. e viene riconosciuto che l'importo complessivo dei lavori di manutenzione straordinaria del cortile comune ammontava, al netto dell'importo di Euro 4035,33 decurtato a seguito di una transazione per lavorazione non eseguite a regola d'arte, ad Euro 79.814,00. L'assemblea inoltre deliberava la ripartizione della spesa per singolo Condominio ammontante ad Euro 2741,15 per i condomini del civico 81/B ed Euro 2719,15 per i condomini del civico 83. Posto che i due Condomini del civico 81/B e n. 83 erano costituiti da 10 condomini ciascuno, ne consegue che l'importo dei lavori riconosciuto come dovuto dall'assemblea del supercondominio del 14.11.2012 era così ripartito: sul Condominio del civico n. 81/B gravava l'importo di Euro 27.411,50 e sul Condominio del civico n. 83 Euro 27.191,50. Va evidenziato che l'impresa, nella raccomandata del 2 settembre 2012 con la quale si chiedeva agli amministratori dei tre Condomini il pagamento del saldo, affermava di essere creditore per debito residuo (al netto degli acconti versati ) nei confronti del Condominio del civico n. 81/b dell'importo di Euro 18.222,11 e nei confronti del Condominio del civico n. 83 dell'importo di Euro 8.392,11. Nella successiva raccomandata e intimazione di pagamento del 1 settembre 2014 l'impresa affermava di avere imputato i pagamenti effettuati successivamente alla precedente raccomandata del 2 settembre 2012 in parti uguali tra i Condomini al civico 81 e 83 e di vantare nei confronti di essi un credito residuo di Euro 12.614,21 ripartito in parti uguali ( Euro 6307,10 per ciascuno). Orbene, il Tribunale osserva che nel ricorso monitorio l'impresa Ma. ha dedotto di avere incassato, dopo la raccomandata del settembre 2012, dal Condominio Viale (...) e n. 83 l'importo di Euro 14.000,00, senza possibilità di imputare, pro quota, il pagamento all'uno o all'altro Condominio. Le parti opponenti nulla hanno dedotto in merito a tale imputazione di pagamento effettuata dall'impresa e non hanno né contestato né provato che il versamento dell'ulteriore acconto, riconosciuto dall'impresa per Euro 14.000,00, dovesse essere imputato diversamente ad estinzione del debito dei due Condomini ingiunti Alla luce di tali elementi, considerato che nella raccomandata del settembre 2012 l'impresa ha affermato di essere creditrice nei confronti del Condominio del civico n. 81/b dell'importo di Euro 18.222,11 e nei confronti del Condominio del civico n. 83 dell'importo di Euro 8.392,11, detratto l'acconto di Euro 14.000,00 in parti uguali ( 7000,00 per ciascuno), consegue che: -il Condominio del civico n. 81/B era debitore di Euro 11.222,11 ( Euro 18.222,11 -Euro 7000,00) -il Condominio del civico n. 81/B era debitore di Euro 1392,11 ( Euro 8.392,11-7000,00). Tanto premesso, deve essere revocato il D.I emesso nei confronti dei due Condomini opponenti per il complessivo importo di Euro 12.614,00 in solido tra i due debitori ingiunti. La domanda della parte opposta va, invece, accolta per l'importo di Euro 11.222,11 nei confronti del Condominio Viale (...) e per l'importo di Euro 1.392,11 nei confronti del Condominio Viale (...). Sulle predette somme sono dovuti gli interessi, al tasso di mora indicato nel ricorso monitorio, dalla data della prima messa in mora sino al soddisfo. Considerato l'esito della lite sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali. P.Q.M. Il Tribunale di Benevento, I sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando così provvede: revoca il D.I. opposto; condanna il Condominio Viale (...) al pagamento in favore della parte opposta dell'importo di Euro 11.222.11 e il Condominio Viale (...) al pagamento in favore della parte opposta dell'importo di Euro 1.392,11, oltre interessi moratori di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002 dalla data della prima messa in mora sino al soddisfo; compensa le spese. Così deciso in Benevento il 18 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Settima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 10232 del 2018, proposto dal Su. Co. Mi. Tr. Ci., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati El. Ci., An. Re. D'A., Da. Tu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell'avvocato An. Re. D'A. in Roma, via (...); contro la Città Metropolitana di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Fe., Na. Ma. Ga., Al. Zi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; la Provincia di Milano, l'Arpa Lombardia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio; nei confronti il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Lo. Fu., An. Gi., Um. Pi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell'avvocatessa An. Gi. in Roma, via (...); il Su. Co. Mi. Tr. in (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Gi., St. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell'avvocato Ma. Gi. in Roma, corso (...); per la riforma - della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano Sezione Quarta n. 01584/2018, resa tra le parti, depositata il 26 giugno 2018. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis), del Su. Co. Mi. Tr. in (omissis) e della Città Metropolitana di Milano; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, c.p.a.; Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 10 novembre 2023 il consigliere Marina Perrelli e uditi per le parti gli avvocati El. Ci., Na. Ma. Ga., St. Ga. e Um. Pi.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Il Su. Co. Mi. Tr. Ci. ha chiesto la riforma della sentenza n. 1584, depositata il 26 giugno 2018, con la quale il T.a.r. Lombardia, sede di Milano, sezione IV, ha respinto il ricorso proposto avverso la disposizione dirigenziale della Provincia di Milano - Area Qualità dell'Ambiente ed Energie - Settore Risorse Idriche e Attività Estrattive n. 3614 del 3 maggio 2012, prot. n. 74856, avente ad oggetto "Rigetto della domanda di autorizzazione allo scarico delle acque meteoriche nel laghetto di cava del Comune di (omissis) presentato dal Supercondominio Comprensorio Milano (omissis) e Milano (omissis) City e contestuale diffida, ai sensi dell'art. 130 del D.lgs. 152/2006, agli amministratori pro-tempore del Supercondominio Milano (omissis) e Milano (omissis) City a al Comune di (omissis)". 1.2. L'appellante ha esposto che: - il complesso immobiliare è stato realizzato dalla società Im. Ro. Pa. in attuazione del piano di lottizzazione della zona speciale denominata "Milano (omissis)" nel Comune di (omissis); - in data 12 luglio 1976 la Im. Ro. Pa. ha sottoscritto con il Comune di (omissis) la convenzione urbanistica di lottizzazione con la quale si è impegnata a realizzare e cedere gratuitamente all'Ente locale le opere di urbanizzazione primaria, ivi comprese le reti fognarie; - in data 30 giugno 1981 la Ca. Ri. Mi., già Im. Ro. Pa., ha sottoscritto un atto notarile di costituzione di servitù con i proprietari della cava (omissis) per consentire lo scarico nella stessa delle acque meteoriche provenienti dal complesso immobiliare e per costituire un diritto di superficie sulle aree limitrofe a favore dei proprietari della cava al fine di realizzare un manufatto idoneo ad accogliere una pompa di sollevamento per lo smaltimento delle acque di supero di detta cava; - il Comune di (omissis), con delibera di giunta n. 141 del 30 settembre 2005, ha approvato il collaudo delle opere di urbanizzazione inerenti il sopra citato piano di lottizzazione, ivi comprese le reti fognarie dell'intero comprensorio; - il 19 dicembre 2005 e 28 luglio 2006, rispettivamente, la Ar. Im. S.p.A. e la Tr. S.p.A., subentrate alla Ca. Ri., hanno sottoscritto per notaio Gu. Ro. gli atti di "cessione ed asservimento gratuiti di aree in esecuzione della convenzione urbanistica". Al punto 3) delle clausole contrattuali le parti hanno espressamente stabilito che "il possesso ed il godimento di quanto ceduto sono stati trasferiti alla parte cessionaria con effetto da oggi e da oggi in avanti si intendono a rispettivo favore e carico della parte cessionaria stessa tutti i frutti e gli oneri relativi"; - in data 7 marzo 2008 la Provincia di Milano, a seguito di un sopralluogo effettuato dall'ARPA e dal Corpo Forestale, ha rilevato la presenza di due collettori convoglianti le acque meteoriche provenienti dai Comprensori Milano (omissis) e Milano (omissis) nel lago di cava, diffidando il Comune di (omissis) a presentare domanda di autorizzazione allo scarico nello stesso e un progetto che convogliasse gli scarichi in un recapito alternativo, stante il divieto di scarichi diretti in acque sotterranee; - in data 30 aprile 2008 il Comune di (omissis) ha sostenuto di non essere proprietario del tratto di fognatura del Comprensorio Milano (omissis) con la conseguenza che dovesse essere quest'ultimo a chiedere l'autorizzazione allo scarico nel detto lago, divenuto di proprietà della Provincia con atto trascritto in data 27 febbraio 2006; - in data 19 dicembre 2008 il Comprensorio Milano (omissis) ha depositato domanda di autorizzazione alle acque di scarico meteoriche al solo fine di pervenire ad una soluzione del problema; - in data 16 aprile 2012 l'ARPA ha reso parere negativo sull'autorizzazione allo scarico, invitando la Provincia a valutare l'ammissibilità dello scarico diretto in acque di cava; - il 28 maggio 2012 la Provincia di Milano ha notificato all'odierno appellante, al Comprensorio Milano (omissis) ed al Comune di (omissis) il provvedimento n. 3614/2012 del 3 maggio 2012 con il quale è stata rigettata la domanda di autorizzazione allo scarico delle acque meteoriche nel lago di cava e contestualmente sono stati diffidati ii Comprensori Milano (omissis) e Milano (omissis) ad eliminare gli scarichi anomali o ogni possibile collegamento con reti di reflui domestici, nonché a presentare un idoneo piano di gestione e manutenzione delle condotte afferenti le reti di acque meteoriche; - avverso tale provvedimento il Comprensorio Milano (omissis) ha proposto il ricorso R.G. n. 1977/2012 avanti al T.a.r. Lombardia, sede di Milano, che con la sentenza appellata lo ha respinto. 1.3. Il Comprensorio appellante chiede la riforma della sentenza di primo grado articolando i seguenti motivi: 1) violazione dell'art. 64 c.p.a. e dei principi generali in tema di disponibilità e valutazione della prova di cui agli artt.115 e 116 c.p.c. nonché dell'art. 112 c.p.c., erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha attribuito all'odierno appellante la presunta titolarità della rete fognaria meteorica e di conseguenza ha ritenuto legittima la diffida della Provincia nei suoi confronti, ai sensi dell'art. 130 del d.lgs. n. 152 del 2006. La proprietà della rete fognaria in capo al Comune sarebbe, secondo parte appellante, una circostanza pacifica tra le parti per cui in base all'art. 64, comma 2, c.p.a. il giudice di primo grado non avrebbe potuto disattendere il contenuto delle domande dedotte dalle parti ex art. 112 c.p.c., né avrebbe potuto trarre di sua iniziativa una conclusone diversa da quella indicata nel provvedimento impugnato sulla base dei documenti nn. 5 e 6 prodotti dal Supercondominio appellante. L'effetto dell'errore commesso dal giudice di primo grado sarebbe evidente poiché la titolarità in capo al Comune della rete fognaria e meteorica renderebbe de plano illegittima per contraddittorietà la diffida impugnata, coeva al diniego, in quanto diretta ad un soggetto giuridico privo della disponibilità del bene (la rete) e, dunque, non legittimato ad eliminare gli scarichi anomali e ogni possibile collegamento con la rete, a presentare un piano di gestione e manutenzione delle condotte e ad effettuare analisi trimestrali. Infine la pregressa diffida, richiamata nel provvedimento impugnato ("diffida dirigenziale RG n. 2122/2012 del 13.02.2012 notificata al Supercondominio Comprensorio Milano (omissis) a seguito della nota 08.03.2012 prot. n. 1287 dei Am. srl..."), riguarderebbe la posizione del Comprensorio Milano (omissis), con conseguente illogicità, anche sotto il detto profilo, del coinvolgimento dell'odierno appellante; 2) violazione degli artt. 74, 103 e 104 del d.lgs. n. 152 del 2006 e dell'art. 1362 c.c., violazione dei principi comunitari di precauzione e proporzionalità, carenza di motivazione ed illogicità manifesta. La sentenza appellata sarebbe erronea anche nella parte in cui ritiene non rilevante la qualificazione delle acque del lago di cava, come "acque superficiali" o come "acque sotterranee", in quanto il regime autorizzatorio ed i presupposti previsti dagli artt. 103 e 104 del d.lgs. n. 152 del 2006 per dette tipologie di acque sono radicalmente diversi. Inoltre, per sostenere la tesi dell'irrilevanza della qualificazione, il giudice di primo grado avrebbe pretermesso la nota dell'Avvocatura della Regione Lombardia del 6 agosto 2009 secondo la quale "la definizione contenuta nel r.r. n. 2/2006 è una definizione che vale esclusivamente ai fini dell'applicazione dell'uso delle acque e non già della disciplina dello scarico delle acque (art. 2, c. 1 "Ai fini del presente regolamento sono definite: d) acque sotterranee". Anche il richiamo al principio di precauzione e alla tutela delle persone sarebbero erronei in quanto non avrebbero formato oggetto di valutazione da parte della Provincia nel provvedimento gravato; 3) violazione dell'art. 21 octies della legge n. 241 del 1990. Il coinvolgimento dell'appellante avrebbe determinato una modifica del contenuto del provvedimento nella parte in cui la Provincia, pur riconoscendo in capo al Comune la titolarità della rete e della legittimazione a chiedere l'autorizzazione, ha poi ritenuto di diffidare anche il Comprensorio Milano (omissis), confondendolo evidentemente con il Comprensorio Milano (omissis), già destinatario di altra analoga diffida. 2. Il Comune di (omissis) si è costituito in giudizio ed ha concluso per la reiezione del ricorso. 3. La Città metropolitana di Milano si è costituita in giudizio ed ha concluso per il rigetto del ricorso. 4. Il Su. Co. Mi. Tr. si è costituito in giudizio ed ha concluso per l'accoglimento dell'appello, evidenziando che la cessione della rete fognaria allo stesso relativa era già intervenuta nel 2002 in esecuzione della convenzione stipulata dal 1976 tra l'impresa costruttrice e l'Ente locale, come dimostrerebbe anche l'affidamento della gestione e della depurazione alla CAP Holding spa, per il tramite di una convenzione stipulata con la Città Metropolitana di Milano. 4.1. Il Supercondominio deduce, inoltre, l'erroneità della sentenza appellata in quanto l'unico soggetto legittimato ad adoperarsi per attuare le migliorie e risolvere le problematiche inerenti lo scarico delle acque meteoriche sarebbe il Comune di (omissis), nonché la sua irragionevolezza laddove si spinge a considerare i rischi alle persone, mai evidenziati né dalla Provincia né dal Comune. 5. Con memoria ex art. 73 c.p.a., depositata il 10 ottobre 2023, il Comune di (omissis) ha eccepito, in via preliminare, l'inammissibilità delle censure articolate dal Comprensorio Milano (omissis) nella parte in cui non sono integralmente sovrapponibili a quelle dell'appellante, in mancanza di un appello autonomo. 5.1. Nel merito il Comune ha evidenziato la correttezza della sentenza di primo grado laddove afferma che la cessione o l'asservimento all'uso pubblico a titolo gratuito di opere di urbanizzazione da parte delle ditte lottizzanti ha avuto ad oggetto strade, parcheggi e verde primario e secondario, come si evincerebbe dall'atto del 19 dicembre 2005 e da quello del 28 luglio 2006, coerentemente con l'individuazione già operata dal piano di lottizzazione. La diffida impugnata prima e la sentenza appellata poi avrebbero, quindi, correttamente individuato i soggetti onerati, in via principale, dell'intervento prescritto, in quanto proprietari della rete e responsabili dello scarico. 6. Con memoria ex art. 73 c.p.a., depositata il 10 ottobre 2023, la Città metropolitana ha eccepito l'inammissibilità della memoria del Superconominio Milano (omissis) per genericità e nel merito ha ribadito la correttezza della diffida ai Comprensori Milano (omissis) e Milano (omissis) essendo gli unici soggetti titolati ad intervenire nell'ambito delle loro proprietà, nonché della sentenza laddove ha focalizzato l'attenzione sul fatto che il laghetto di cava, essendo chiuso, profondo e caratterizzato da un basso scambio di ossigeno non sarebbe in grado di compensare scarichi anche di piccola entità . 7. Con memoria di replica ex art. 73 c.p.a., depositata il 20 ottobre 2023, il Supercondominio appellante ha sostenuto che, a differenza di quanto affermato dalle amministrazioni appellate, la cessione dei terreni a strade/parcheggio avrebbe comportato necessariamente la cessione anche della sottostante rete fognaria in forza dell'art. 936 c.c., come comprovato dal collaudo, con esito positivo, delle opere di urbanizzazione e come affermato dalla stessa Provincia nel provvedimento impugnato in primo grado. Peraltro, la sentenza appellata avrebbe erroneamente pretermesso che dal provvedimento emerge che gli scarichi anomali di origine antropica provengono non dal Comprensorio Milano (omissis), ma dal Comprensorio Milano (omissis), in passato già destinatario di altra diffida, nonché avrebbe erroneamente disatteso le censure di violazione delle garanzie procedimentali. 8. All'udienza del 10 novembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 9. L'appello non è fondato e va respinto per le seguenti ragioni. 10. Occorre, in primo luogo, evidenziare che le censure articolate dal Su. Co. Mi. Tr. laddove non integralmente sovrapponibili a quelle sollevate da parte appellante sono inammissibili, attesa la posizione di cointeressato e la mancata proposizione di un autonomo appello avverso la sentenza, oltre che di un autonomo ricorso avverso il provvedimento impugnato in primo grado. 11. Oggetto della controversia è il provvedimento n. 3614/2012 del 3 maggio 2012 con il quale la Città metropolitana di Milano, richiamata la relazione di ARPA del 16 aprile 2012 e ritenuto che "1. nella rete delle acque meteoriche sono ancora convogliati scarichi anomali di reflui domestici; 2. la rete non assicura la separazione delle acque meteoriche da altri reflui domestici per anomalie (...) che producono la contaminazione di sostanze nocive, come più volte rilevato da ARPA nel corso dei sopralluoghi e campionamenti effettuati negli anni; 3. il recapito prescelto, un lago di cava chiuso e profondo alimentato dalla falda (...) non consente immissioni dirette di acque reflue e non appare in grado di compensare scarichi anche di piccola entità ; 4. occorre preservare l'ittiofauna da ulteriori morie ed evitare che sostanze inquinanti siano immesse direttamente nell'acqua di falda" ha rigettato la domanda di autorizzazione allo scarico delle acque meteoriche, presentata dai Comprensori Milano (omissis) e Milano (omissis) e li ha diffidati ad "eliminare gli scarichi anomali o ogni possibile collegamento con reti di reflui domestici" ed a "presentare un idoneo piano di gestione e manutenzione delle condotte afferenti alle reti di acque meteoriche che elimini il recapito di materiali estranei alla stessa". 12. E' infondato e da disattendere il primo motivo con il quale parte appellante lamenta l'erroneità della sentenza appellata in punto di fatto laddove accerta la titolarità della rete fognaria anziché in capo al Comune in capo al Comprensorio Milano (omissis), affermando che "l'assunto è, infatti, smentito dalla stessa documentazione versata in atti dal ricorrente (segnatamente docc. 5 e 6 del fascicolo del Su. Co. Mi. Tr. Ci.). Risulta per tabulas che la cessione o l'asservimento all'uso pubblico a titolo gratuito di opere di urbanizzazione al Comune di (omissis) da parte delle ditte lottizzanti ha avuto ad oggetto strade, parcheggi e verde primario e secondario. Di contro, agli atti non vi è alcun negozio di cessione della rete fognaria. Sicché, legittimamente la Provincia, ha individuato nel Supercondominio qui ricorrente il destinatario della diffida a regolarizzare gli scarichi del complesso immobiliare". 12.1. Il Collegio rileva che il giudice di primo grado, chiamato a decidere della legittimità del provvedimento di diniego dell'autorizzazione allo scarico delle acque meteoriche nel laghetto di cava del Comune di (omissis) e della contestuale diffida, ai sensi dell'art. 130 del d.lgs. n. 152 del 2006, agli amministratori dei Supercondominii Milano (omissis) e Milano (omissis) (odierno appellante), non è incorso in alcuna violazione dell'art. 112 c.p.c. laddove ha verificato la sussistenza dei presupposti per l'adozione del detto atto, ivi compresa la legittimazione dei destinatari a riceverlo. 12.2. Né il giudice di primo grado è incorso in alcuna violazione dell'art. 64 c.p.a. per non avere considerato accertata e non contestata la titolarità degli scarichi in capo all'amministrazione comunale, in ragione di quanto affermato dalla Provincia nel provvedimento gravato. Se è, infatti, indubbio che il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti, nonché i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite, è altrettanto indubbio che il giudice è tenuto a valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento. Nel caso di specie il giudice di primo grado ha ritenuto che l'assunto dell'illegittimità della diffida rivolta anche al Comprensorio appellante e non solo al Comune, cui la rete fognaria sarebbe stata trasferita in adempimento degli obblighi scaturenti dal piano di lottizzazione e dalle correlate convenzioni, è "smentito dalla stessa documentazione versata in atti dal ricorrente (segnatamente, docc. 5 e 6 del fascicolo del Su. Co. Mi. Tr. Ci.)" risultando "per tabulas che la cessione o l'asservimento all'uso pubblico a titolo gratuito di opere di urbanizzazione al Comune di (omissis) da parte delle ditte lottizzanti ha avuto ad oggetto strade, parcheggi e verde primario e secondario". Ne discende che il giudice di primo grado ha posto a fondamento della propria decisione le prove proposte dalle parti e che nell'esercizio del proprio potere di valutazione delle stesse ha ritenuto non dimostrato l'assunto della titolarità degli scarichi in capo all'amministrazione comunale. 12.3. Né, infine, vale a inficiare la lettura data dal T.a.r. della documentazione prodotta dal Comprensorio Milano (omissis) e, segnatamente dell'atto di "Cessione e asservimento gratuiti di aree in esecuzione di convenzione urbanistica", repertorio n. 90318 raccolta n. 22466 per notaio Gu. Ro. trascritto il 30 dicembre 2005, la tesi dell'appellante secondo la quale la cessione dei terreni a strade e parcheggio avrebbe comportato necessariamente la cessione anche della sottostante rete fognaria in forza dei principi civilistici, non potendo prevalere una presunzione rispetto a quanto emerge dal contenuto dell'atto. 13. E' infondato e da disattendere anche il secondo motivo con il quale parte appellante lamenta l'erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto non rilevante la qualificazione delle acque del lago di cava, come "acque superficiali" o come "acque sotterranee", attesa la sua incidenza sul diverso regime autorizzatorio, nonché laddove avrebbe esorbitato dal perimetro posto dalle parti, invocando il principio di precauzione e i danni alle persone, mai valutati dall'amministrazione provinciale. 13.1. Il Collegio rileva che il giudice di primo grado ha dato atto dell'esistenza di "plurime e autonome (...) ragioni che sostengono il provvedimento impugnato, e precisamente: a) che nella rete delle acque meteoriche sono convogliati scarichi anomali di reflui domestici; b) che la rete non assicura la separazione tra acque meteoriche e reflui domestici, con le conseguenti contaminazioni; c) che il recapito prescelto per lo scarico, per le sue caratteristiche intrinseche, non risulta idoneo allo scopo; d) che si deve preservare l'ittiofauna del laghetto di cava ed evitare che sostanze inquinanti siano immesse direttamente nell'acqua di falda". Conseguentemente il giudice ha ritenuto che, anche a prescindere dalla qualificazione delle acque del lago di cava, dalle risultanze istruttorie poste a base del diniego allo scarico emerge che il laghetto di cava, scelto come recapito, è chiuso e profondo, è alimentato dalla falda acquifera e ha un basso scambio di ossigeno, cosicché non è in grado di compensare scarichi anche di piccola entità . Né le predette caratteristiche del lago di cava sono state in alcun modo contestate o smentite dall'appellante. 13.2. Il Collegio rileva, infine, che il richiamo al principio di precauzione che informa la disciplina della tutela dell'ambiente, operato dal giudice di primo grado, non integra alcun vizio di ultra petizione giacché non determina nessuna sostituzione del giudicante rispetto all'amministrazione ma mira solo supportare la ragionevolezza della decisione "di non consentire alcun tipo di scarico fino a quando i collettori delle acque meteoriche non siano portati a norma, con la separazione dalle reti fognarie e la periodica pulizia". 14. Deve essere disatteso anche l'ultimo motivo di appello concernente l'erroneità della sentenza per la parte in cui non ha stigmatizzato la violazione dei principi di partecipazione procedimentale e la loro conseguenza sulla legittimità del provvedimento impugnato. 14.1. Appare, infatti, coerente con la costante giurisprudenza di questo Consiglio l'affermazione che, alla luce della "progressiva dequotazione dei vizi formali operata dal legislatore, la violazione delle garanzie partecipative determina l'illegittimità del provvedimento amministrativo solamente laddove il ricorrente alleghi in sede processuale elementi non valutati dall'Amministrazione e che se introdotti nel procedimento attraverso gli strumenti del contraddittorio procedimentale avrebbero potuto condurre ad una decisione diversa (cfr., C.d.S., Sez. III^, sentenza n. 2939/2016)". Nel caso in esame per tutte le ragioni esposte nella trattazione dei precedenti motivi è evidente che il contenuto del provvedimento impugnato in primo grado non avrebbe potuto essere diverso. 15. Per tali motivi l'appello deve essere respinto. 16. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e sono poste a carico dell'appellante in favore della Città metropolitana di Milano e del Comune di (omissis). 16.1. Sussistono, invece, giusti motivi per compensarle con il Su. Co. Mi. Tr. in considerazione della posizione di cointeressati. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Settima, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna l'appellante alla rifusione delle spese di lite in favore della Città metropolitana di Milano e del Comune di (omissis), liquidate in complessivi euro 6.000,00 in ragione di euro 3.000,00 per ciascuna, oltre accessori di legge. Compensa le spese con il Comprensorio Milano (omissis). Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2023, tenuta da remoto ai sensi dell'art. 17, comma 6, del d.l. 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati: Marco Lipari - Presidente Carmelina Addesso - Consigliere Antonio Massimo Marra - Consigliere Marina Perrelli - Consigliere, Estensore Laura Marzano - Consigliere
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI TARANTO - SEZ. II CIVILE Il Giudice Delegato, in composizione monocratica, nella persona del G.O. Dott. Antonio Taurino, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile in primo grado, iscritta nel ruolo contenzioso civile al n. 462/2021 R.G., avente ad oggetto risarcimento danni, riservata per la decisone all'udienza del 12/9/23, vertente tra: Mo.Gi. e Fa.Da., rappresentati e difesi dall'avv. Gi.Pi. per mandato in atti ATTORI E SUPERCONCOMINIO DI VIA Mo., 17, 23 e 33 e VIA B., 269 - T. - in persona dell'amministratore in carica pro tempore CONVENUTO CONTUMACE NONCHE' Gi.Di., rappresentato e difeso dall'avv. An.Me. per mandato in atti ALTRO CONVENUTO NONCHE' Zu. PUBLIC LIMITED COMPANY, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa in giudizio dall'avv. Vi.Ru. per mandato in atti TERZZA CHIAMATA ED ANCORA Mo.Ch., rappresentata ei difesa dall'avv. Gi.Pi. per mandato in atti INTEVENUTA EX ART. 105 CPC FATTO Con atto ritualmente notificato, il Mo. e la Fa. evocavano in lite il Supercondominio sopra emarginato, nonché il Di., in proprio, quale amministratore in carica, innanzi all'intestato Ufficio, per ivi sentirli dichiarar tenuti e, per l'effetto, condannare, alla rifusione dei danni patiti per le ascritte causali di illecito, in solido o per le rispettive responsabilità, da quantificarsi in corso di causa, vinte le spese. A sostegno costitutivo della pretesa assumevano, il primo quale proprietario di immobile facente parte del complesso condominiale e la seconda quale sua compagna convivente, che l'impianto di riscaldamento, quale servizio comune appartenente e gestito dal supercondominio, non fosse funzionante, sebbene l'organo assembleare, sin dal 16/12/13, avesse avuto modo di deliberare, onde renderlo attivo, la sostituzione di due canne fumarie, le cui modalità di attuazione furono rimesse a successiva seduta, nella quale, in data 19/9/14, si affidarono i lavori a ditta appaltatrice, unitamente alla realizzazione di due caldaie, lamentando, tuttavia, che i lavori non furono mai effettuati, tanto da indurli ad adire le vie giudiziarie, instaurando procedimento innanzi al Tribunale competente, che ebbe ad ordinare al supercondominio la riattivazione dell'impianto già esistente, e che la Corte d' Appello, adita in gravame da uno dei condomini, ne sottopose la realizzazione alla preventiva verifica di fattibilità, che l'incaricato perito escluse, giudicandola impossibile, oltre che anti economica. Evidenziato di aver invano diffidato l'amministratore ed il condominio a provvedere all'esecuzione di un nuovo impianto, invocavano il proprio diritto al risarcimento dei danni provocati dall'illecita inerzia degli organi condominiali, assumendosi terzi rispetto alla compagine condominiale, escludendo, quindi, l'applicabilità del disposto ex art. 1105 c.c., lamentando un danno all'appartamento dovuto proprio alla mancanza del servizio di riscaldamento (acclarato dallo stesso condominio come irrinunciabile), nonché alla loro sfera morale-esistenziale e salutare, e, ascrittane la responsabilità al condominio ed all'amministratore ex artt. 2051 o 2053 o 2049 c.c., salva la responsabilità solidale di entrambi ex art. 2043 c.c., domandavano conforme pronuncia. Nella contumacia del supercondominio, resisteva il Di., in proprio ed in relazione al titolo risarcitorio personale ascritto, che, in limine, eccepiva l'improcedibilità dell'azione per mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatorio, ed anche il proprio difetto di legittimazione, negando di essere amministratore del supercondominio, stante la nullità assoluta della delibera di nomina del 19/9/14, sostenendo, in via impeditiva, l'inesistenza di un supercondominio, atteso che l'unico servizio allo stesso facente capo fosse oltre che inutilizzabile, esautorato da ogni funzione, avendo gli altri 76 condomini provveduto a dotarsi da impianto di riscaldamento autonomo. Nel merito, negava la riconducibilità dei danni asseritamente prodottisi quale effetto dell'ammaloramento dell'appartamento alla causale sostenuta dagli attori, così come la patologia del Mo., dovuta, secondo l'assunto, a fattore recidivante, eccependo la responsabilità in proprio degli attori, in caso di eventuale positivo riscontro degli elementi risarcitori, in quanto "rei" di non aver adottato accorgimenti idonei ad evitare le conseguenze dannose, tipo impiantare una caldaia autonoma con una spesa modica, fattibile a fronte del più ingente esborso, pari ad Euro 60000,00, occorrente per rendere funzionale l'impianto centralizzato, invocando, all'uopo, il secondo comma dell'art. 1227 c.c., esclusa, in ogni caso, la responsabilità in proprio dell'amministratore, che avrebbe adempiuto agli obblighi istituzionali funzionali alla soluzione dell'emergenza, sebbene l'assemblea non ebbe a deliberare per mancanza del numero legale. Assunta, infine, la natura emulativa dell'azione proposta nei propri confronti, lamentata come foriera di danno, sostenuto di essere in possesso di polizza per responsabilità civile professionale, concludeva, previo differimento per la chiamata in causa del terzo Zu., per la declaratoria di improcedibilità della domanda, nonché di inammissibilità nei propri confronti per difetto di legittimazione passiva, nel merito per il rigetto dell'infondata pretesa, gradatamente, in caso di denegata condanna, per la pronuncia di manleva a carico della terza chiamata, spiegando riconvenzionale per la condanna degli attori al pagamento di Euro 10000,00 in proprio favore, a titolo risarcitorio, salva la somma di giustizia, oltre accessori e vinte la spese. Resisteva anche la Compagnia, ritualmente evocata dal convenuto ai sensi dell'art. 269 c.p.c., che, pur non disconoscendo l'esistenza di un contratto per la RCT, negava, in primis, ogni obbligo di manleva nei confronti del Di., escluso dalle condizioni di polizza in relazione al caso concretamente prospettato dallo stesso assicurato, eccependo, nel merito, l'infondatezza della domanda attrice, rifacendosi anche alle difese reiettive svolte dal convenuto, concludendo, dunque, per il rigetto delle domande avanzate, rispettivamente, dagli attori e dal convenuto, gradatamente, in caso di denegato accoglimento, per la pronuncia di manleva nei limiti di polizza, vinte le spese. Si costituiva, in corso di causa, la Mo.Ch., con intervento litisconsortile ex art. 105 c.p.c., capoverso, che, assuntasi, egualmente, proprietaria di appartamento partecipante al supercondominio convenuto, assunto di aver subito danni all'immobile ed alla propria sfera morale esistenziale per la mancanza di riscaldamento protrattasi per un periodo intollerabile, domandava il relativo ristoro, da quantificarsi sempre in corso di causa, oltre accessori e vinte le spese. Istruita come in atti, la causa veniva rimessa a decisione per la definizione delle domande sull'an debeatur, concessi i termini di difesa ex art. 190 c.p.c., sulle rassegnate conclusioni. MOTIVI In ordine alla pretesa di revoca dell'ordinanza con cui veniva disposta la decisione sul solo an debeatur, allusa come irrituale da parte attrice (per transizione difensiva svolta nel primo capo delle proprie memorie conclusionali, in cui si postula la scissione del giudizio perché prescelta l'opzione di decidere preliminarmente sulla ricorrenza del titolo sostanziale, senza definire totalmente la domanda), va osservato che la stessa si fonda su un improprio utilizzo del termine, noto che per scissione si debba intendere la separazione di una domanda rispetto ad un altra avanzata in cumulo, giusta previsione ex artt. 103 e 104 c.p.c., mentre, nel caso che occupa, la domanda é unica, e la scelta delle modalità definitorie di (quell'unica) domanda é protocollo non rientrante nella nozione di scissione, quanto espressione del potere ordinatorio rientrante nei presidi officiosi del magistrato, qui ispirata all'esigenza di delibare separatamente gli altri aspetti che caratterizzano la complessa fattispecie illecita, diversi da quelli quantificatori. Alcuna scissione, quindi, pare integrata, quanto anteposizione, nella funzione definitoria, di delibazione di elementi che potrebbero, all'esito, risultare assorbenti se favorevoli alle ragioni resistenti, mentre, in caso contrario, la decisione, stante l'esigenza dell'attore di acquisire ulteriori elementi di valutazione di carattere specialistico, rimarrebbe naturalmente incanalata in tale direzione, se necessario, salva, in ogni caso, la decisione allo stato degli atti, anche definitiva, sulla base degli elementi già raccolti, nota la strumentalità che caratterizza il presidio peritale, la cui disposizione é rimessa, in effetti, esclusivamente al prudente apprezzamento discrezione del giudice, diversamente da quanto avviene per gli ordinari mezzi di prova (rileva, in tal senso la lettera dell'ordinanza, in cui la riserva sull'opportunità di dar corso all'ulteriore istruttoria é subordinata al preventivo accoglimento degli elementi logicamente presupposti a tale esigenza quantificativa, come chiaramente evincibile dall'utilizzo dell'inciso "all'esito"). Né può essere aderita la tesi di impercorribilità della separazione (o scissione dell'an rispetto al quantum) in sé, intesa quale limite dei poteri che caratterizzano la funzione giudicante e delle modalità che il magistrato deve seguire onde garantirne la correttezza, illuminando, sul punto il condiviso arresto di legittimità che, facendo chiarezza in merito, ha inteso opinare la ammissibilità della scissione del giudizio dell'an da quello sul quantum d' ufficio (anche senza l'istanza di parte), non determinando tale prassi un vulnus dei principi generali del giusto processo (Cass. 9404/11), riprendendo un datato orientamento che opinava la ammissibilità della separata decisione per risolvere questioni preliminari di merito, prassi ritenuta non rientrare in ipotesi di nullità previste ex lege, assolvendo, anzi, una funzione connaturata al processo, attuando in modo rapido ed economico le sue finalità (Cass. 1176/85); e così più recente Cass. 16899/12, che pone l'attenzione sulla neutralità di tale modalità definitioria, non comportando la separazione violazione dei principi di ordine pubblico né incidente sulla realizzazione delle finalità essenziali del processo). Né pare cogliere nel segno il richiamo all'art. 278 c.p.c., che, nel conferire al giudicante la facoltà di "limitarsi" alla pronuncia di sussistenza del diritto nel caso vi sia esplicita istanza di parte, presuppone che ne sia accertata la ricorrenza, ipotesi mal conciliabile con il caso di specie, in cui, prima di definire l'an, vanno esaminate le eccezioni impeditive in rito e merito tempestivamente sollevate dalle difese resistenti, in primis quelle astrattamente capaci di precludere anche l'esame meritorio, che assumono carattere di antecedenza assoluta sul merito. E così, egualmente, si appalesa ultroneo il richiamo all'art. 112 c.p.c., che, nel dettare le regole sull'obbligo di rispondenza tra chiesto e pronunciato e della esaustività della decisione, non preclude la possibilità di procedere per gradi, se gli sviluppi processuali ne consiglino l'opportunità, eslcuso che tale modus procedendi possa pregiudicare il rispetto dei suddetti principi, trattandosi di presidi che non hanno alcuna capacità di interferenza sul potere direttivo del magistrato in funzione del perseguimento dell'approdo naturale cui il processo tende, ovvero la decisione definitiva. E d' altra parte il disposto dell'art. 279 c.p.c. é talmente chiaro che non é in sospetto di equivoche interpretazioni, nel passaggio in cui prevede che il Collegio (o il giudice monocratico, ndr.) pronuncia sentenza ove definisce il giudizio definendo questioni pregiudiziali attinenti non solo al processo, ma anche a preliminari di merito, non essendo revocabile in dubbio che rientri nella nozione di preliminari meritorie anche l'accertamento di elementi presupposti in fatto ed in diritto necessari, sebbene non (sempre) sufficienti, ai fini della delibazione della composita domanda. Per intendersi, rientra nei poteri del magistrato imprimere al processo la direzione ritenuta opportuna, secondo prudente apprezzamento e sempre salvaguardando il diritto di difesa delle parti, anche nella scelta delle modalità definitorie, ove, come nel caso di specie, sussistano giusti motivi che consigliano di delibare su aspetti in fatto ed in diritto che potrebbero rilevarsi assorbenti, rendendo vana ogni ulteriore questione, in stretta applicazione dei principi di immediatezza, concentrazione ed economia processuale. La domanda di revoca va, per l'effetto, disattesa. Sempre in limine va disattesa l'eccezione di improcedibilità della domanda, sollevata dalle difese resistenti sulla postulata applicabilità delle previsioni ex art. 5, D.Lgs. n. 28 del 2010, al caso che occupa, noto che tale previsione, nella parte in cui sottopone a mediazione obbligatoria le controversie di carattere condominiale, si riferisca alla normativa che regola e disciplina l'attività del condominio, segnatamente contenute dalle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile (dall'art. 1117 all'art. 1139 c.c.) e degli art. 61 segg. disp. att., ovvero a tutte quelle controversie che concernono violazioni o errata applicazione delle norme sostanziali codicistiche, nelle cui materie non rientrano altre tipologie contenziose, quale l'azione risarcitoria postulata su fatto illecito del condominio nei confronti del singolo partecipante allo stesso, che, in effetti, é fondata su causale in diritto diversa, non essendo sufficiente per configurarne il carattere condominiale la qualità di condomino di uno stabile, come pare pretendere chi ne ha eccepito, in difformità alle più accreditate impostazioni ermeneutiche soffermatesi in tema. Egualmente infondata l'eccezione di difetto di legittimazione passiva ad causam sollevata dalla difesa Di., noto che tale condizione dell'azione é integrata dall'astratta coincidenza tra il soggetto "vocato" in lite con chi, secondo la rappresentazione attorea, é ritenuto destinatario della pronuncia, da valutarsi alla stregua della disciplina (sempre astrattamente) applicabile alla fattispecie concretamente prospettata, pervenendosi a riconoscerla per il semplice fatto che il convenuto sia indicato quale responsabile della lesione subita, a nulla rilevando che egli non ne sia responsabile o che non rivesta quella qualità che costituisce presupposto imprescindibile per l'attribuzione della fattispecie in suo capo, che costituisce questione meritoria (in quanto esclude uno presupposto in fatto necessario per l'accoglibilità della domanda), che, in quanto tale, va riqualificata in termini e trattata in sede meritoria. Anche così "rivisitata", l'eccezione pare di scarso impatto persuasivo, non essendo in dubbio che il Di. abbia svolto le funzioni di amministratore nel periodo in contestazione (secondo dato concludentemente ricavabile dalle stesse difese di parte avversante, che, in effetti, non ha mai contestato l'assunto difensivo altrui sul punto specifico), a nulla rilevando la assunta nullità della delibera che ne dispose la nomina, rilevando, al contrario, il dato che egli ne abbia concretamente esercitato le funzioni, rimanendo questione neutra che non ne fosse stato ritualmente investito, ipotesi che avrebbe dovuto indurlo ad agire in altra sede per tutelare le proprie ragioni, ove ne avesse avuto l'interesse, anche considerato che l'azione extra contrattuale riguarda la persona in proprio e non la qualità ricoperta, che é antefatto sufficiente per configurarne lo status di contraddittore nella domanda risarcitoria. Sempre in via preliminare, a conferma dei provvedimenti ordinatori interinali in atti, va dichiarata l'ammissibilità della domanda risarcitoria avanzata dalla parte intervenuta ex art. 105 c.p.c., opinatane la tempestività secondo lo schema processuale evincibile dal combinato ex artt. 105-268 c.p.c., ferme le preclusioni già maturate, che, tuttavia, come già anticipato, non hanno impedito l'ammissione e l'assunzione dell'attività istruttoria richiesta dalla stessa, avendone fatto rituale richiesta nei termini di cui all'art. 183 c.p.c., sesto comma, n. 2. Potendosi esaminare, dunque, il merito in tutti i capi petitori avanzati dalle parti del giudizio in via principale, litisconsortile e riconvenzionale, va inquadrata in diritto, preliminarmente, la domanda risarcitoria avanzata in atti dai Mo.Gi. e C. e dalla F., che, a parere del relatore, impropriamente evocano la fattispecie ex art. 2051 c.c., noto ed indiscusso che tale ipotesi di responsabilità aggravata, di indole aquiliana, si fondi sul rapporto diretto tra il danno e la cosa custodita, che sia idonea al nocumento per caratteristiche potenzialmente lesive proprie (pericolosità intrinseca) o connesse al suo utilizzo, quando essa, pur essendone naturalmente priva (quale può essere una caldaia dismessa o conclamatamente non attiva), in quanto costrutto materiale privo di un proprio dinamismo deterministico lesivo, sia, tuttavia, idonea al nocumento allorché il fortuito o il fatto umano possano prevedibilmente intervenire, come causa unica ovvero concausa, nel processo obiettivo di produzione dell'evento dannoso, eccitando lo sviluppo di un agente o di un elemento o di un carattere che conferiscono alla cosa quella potenzialità lesiva naturalmente assente - pericolosità estrinseca - (Cass. 4480/01), fattori costitutivi insussistenti nel caso, in cui il danno é eziologicamente ricondotto alla colpevole ( ed ingiusta) inerzia del condominio nel predisporre gli accorgimenti (dovuti) opportunamente mirati a garantire il riscaldamento degli ambienti in proprietà esclusiva dei singoli condomini, ipotesi causale che mal si concilia con le concrete deduzioni fattuali presupposte al caso presentato. Parimenti, non convince la tesi che ne riconduce la causale in diritto all'art. 2053 c.c., che presuppone una serie produttiva dannosa connessa alla rovina di edificio, che richiede, quale ipotesi di responsabilità speciale da custodia, sempre il rapporto diretto tra la cosa in rovina ed il danno, non ravvisabile nel caso di specie, in cui, si ribadisce, la dinamica fenomenica rileva quale effetto collaterale dell'inerzia del condominio nella realizzazione di opera necessaria al sua funzionalità. Va esclusa, infine, anche la fattispecie di cui all'art. 2049 c.c., che integra ipotesi, egualmente di illecito aquiliano, la cui concreta realizzazione presuppone un rapporto tra il danneggiante/preposto ed il "padrone o committente", preponente, oggettivamente tenuto a rispondere del fatto di chi abbia cagionato un danno nell'esercizio di mansioni allo stesso assegnate, ipotesi astratta del tutto avulsa dallo schema che caratterizza i rapporti tra il condominio e l'amministratore, che, in effetti, non può essere ritenuto preposto ai fini della attribuzione di responsabilità di cui alla norma in commento. Il caso, su tali presupposti, può essere, serenamente inquadrato in una tipica ipotesi di responsabilità da neminem ledere, ex art. 2043 c.c., ricorrendone tutti gli astratti requisiti, notoriamente integrati dall'azione/omissione antigiuridica, dalla produzione di un danno ingiusto, dal nesso di causalità che lega i due fattori, ed infine dall'elemento soggettivo colposo, configurato dagli attori nell'omesso compimento di un atto dovuto dal condominio per negligenza, che ne caratterizza l'inerzia, non altrimenti giustificabile, secondo il pensiero difensivo esposto in atti. Ne deriva che, esclusa l'applicabilità dell'inversione parziale degli oneri probatori che connotano le ipotesi di responsabilità aggravata esporate, spettando ai pretendenti dimostrare tutti gli elementi che costituiscono la complessa fattispecie, ricorra l'esigenza di esaminare le emergenze istruttorie, acquisite attraverso la produzione documentale versata in visione e con l'espletamento della prova orale, ferme ed impregiudicate le eccezioni preclusive sollevate dalle difese resistenti. Partendo dal dato, incontestato, che non fu mai realizzato un nuovo impianto centralizzato di riscaldamento (né poteva, per i motivi noti, essere sistemato quello già esistente), emerge dalle fonti acquisite un quadro non troppo chiaro in ordine agli antecedenti in fatto che determinarono l'omissione, ricondotta dal Di. a responsabilità non propria, avendo egli avvedutamente provveduto a convocare le assemblee per discutere della questione in seguito alla prima delibera preparatoria. Fatti, tuttavia, non auto-concludenti in chiave valutativa di sussistenza del diritto risarcitorio, in quanto assorbiti dalla pronuncia della Corte territoriale che aveva accertato, attraverso le indagini peritali, l'impossibilità/antieconomicità del ripristino del vecchio impianto. In tal modo, dovendosi prendere in considerazione ai fini di tale complessa valutazione l'atteggiamento tenuto dall'amministratore successivamente alla pronuncia, va osservato che egli non può di sua sponte prendere un' iniziativa innovativa quale é la realizzazione di un nuovo impianto centralizzato di riscaldamento, in effetti questione di esclusiva pertinenza dell'assemblea, avuto riguardo all'entità dell'esborso necessario (60000,00 Euro, come incontestatamente affermato dal Di.), assodata l'impraticabilità di sistemazione di quello già esistente. Ciò esclude ogni asserito contegno da colpevole inerzia ascritto all'amministratore, in difetto di prova che, in seguito al tentativo vanamente tentato di provocare una delibera, egli si fosse reso ulteriormente inerte a fronte delle giuste lagnanze degli attori, che lo diffidarono formalmente unitamente al condominio (vedasi in merito le lettere di diffida in fascicolo attoreo), anche se, ragionevolmente, rientri nella funzione amministrativa l'attività di stimolo e di esortazione dell'assemblea a deliberare sulle questioni riguardanti le parti comuni. Nondimeno, pare doveroso puntualizzare che dal momento della prima delibera in cui veniva discusso il problema caldaia (risalente al lontano 2013), proseguendo sino alla decisione della autorità giudiziaria territoriale (9/12/16) e poi ancora sino alla messa in mora dell'amministratore e del condominio a cura del procuratore incaricato (missiva del Giugno 2018) e della successiva del Dicembre 2018 (entrambe in fascicolo attoreo), andando oltre, sino alla domanda risarcitoria (datata 8/1/21) intercorresse un lasso temporale significativo, nelle cui more, era divenuto chiaro il venir meno dell'interesse dei condomini, o della maggior parte di essi, di portare a compimento l'opera, seppur già votata da precedenti delibere, come desumibile dall'incontestata evenienza, dedotta dal Di., che tutti gli altri condomini si erano dotati di impianto autonomo, risolvendo i problemi di riscaldamento. Tale circostanza rileva non solo quale espressione di volontà della maggioranza dei partecipanti di desistere dalla ormai difficoltosa, se non impraticabile, esigenza di dotarsi di una nuova caldaia condominiale, modificando radicalmente le strategie precedenti, ma soprattutto, essa fu inequivocabile indice che la dotazione di un impianto autonomo fosse attuabile con il benestare della stragrande maggioranza dei condomini, antecedente che avrebbe consigliato anche gli odierni istanti a conformarsi all'indirizzo generale, di fatto già attuato. Peraltro, fu lo stesso Mo. a prendere atto di tale impossibilità materiale, come comunicato nella missiva, sopra indicata, del Dicembre 2018 inviata all'amministratore, in cui si dava atto di tanto, sostituendo all'originaria pretesa ripristinatoria quella risarcitoria. Il che induce alle seguenti riflessioni. Nella struttura complessa che caratterizza i funzionamento del complesso condominiale abitativo, la gestione delle cose comuni indivise che servono le singole unità si determina attraverso la formazione di una volontà comune, secondo le modalità e formalità di legge e con le maggioranze semplici o qualificate previste e disciplinate dalla stessa, a nulla rilevando una (diversa) volontà del singolo, tenuto, in effetti, a conformarsi a quella super individuale, salvo il diritto all'impugnativa in caso di aperte violazioni delle norme che ne regolano il funzionamento, anche in punto meritorio. Va puntualizzato che nel caso in cui l'organo assembleare non sia in grado di funzionare o non si formino le maggioranze di legge, ognuno dei partecipanti può rivolgersi all'autorità giudiziaria per la tutela delle proprie ragioni in caso di lesione, evenienza, peraltro, verificatasi nel caso di specie, come evincibile dal carteggio offerto in visione dalla stessa parte attrice e dall'intervenuta, che approdò in una definizione della corte territoriale, dagli esiti qui consultabili, in cui il CTU incaricato escluse ogni possiblità di pristino dell'impianto esistente, aprendo la via alla ipotesi di dotare il condominio di un nuovo impianto, la cui mancata realizzazione sino all'introduzione del giudizio, fatto pacificamente acquisito, non pare attribuibile alla comunità condominiale né all'amministratore, non essendo emersi elementi certi in tale direzione, constatato, in effetti, che non vi sia traccia in atti di riunioni assembleari successive alla pronuncia. In tal modo non é dato sapere gli sviluppi successivi della vicenda, rimanendo, diversamente, chiaro che la questione rimase priva di interesse all'interno del condominio in seguito al mutamento di strategia dei condomini, di adeguarsi alla realizzazione di un impianto autonomo. La domanda, su tali basi, rimane priva dell'imprescidibile caposaldo qualificante la pretesa aquiliana, dato dalla ricorrenza di un contegno riprovevole, o antigiuridico, pur presupposto, sebbene indimostratamente, da entrambe le difese pretendenti. Inoltre, anche a voler considerare illecita l'omessa realizzazione dell'impianto di riscaldamento centralizzato quale obbligo incombente sul complesso super condominiale, affermato ripetutamente dagli istanti, stante la sua esplicita previsione nel relativo regolamento, la sua attuazione, costituente innovazione in seguito alla conclamata ( e pronunciata) irrecuperabilità di quello precedente, comportando la necessità che la questione fosse portata all'attenzione dell'assemblea ed ivi discussa, non é certo che ne sarebbe conseguita l'approvazione, in ogni caso necessaria, anche vigendo l'obbligo condominiale di garantire il servizio. Da ciò deriva che gli istanti, pur pregiudicati dall'inerzia degli organi ( di cui si ribadisce non é comprovata l'antigiuridicità), non abbiano un titolo in diritto valido da opporre agli stessi, restando fermo ed indiscutibile il fatto che, a fronte dei necessari tempi di risoluzione (rileva in merito che la questione risale al 2013) e di eventuale attuazione, "interrotti" dalle azioni giudiziarie intraprese, egualmente di nota lunga durata, non abbiano per tempo provveduto ad ovviare all'emergenza, dotandosi di strumenti anche temporanei o, come più ragionevole, di un impianto autonomo, emulando il comportamento degli altri partecipanti, evitando, in tal modo, le nefaste conseguenze lamentate, e conservando il diritto, integro, di agire contro il condominio per le spese e le perdite subite per dotarsene, a parità di condizioni rispetto a tutti gli altri condomini, ovvero contribuendo per la quota spettante per dotare tutti gli appartamenti del medesimo servizio. Ne deriva che se la realizzazione dell'impianto di riscaldamento autonomo comporta una certa spesa per ogni partecipante, la stessa deve rimanere a carico di ognuno, trattandosi di servizio alternativo all'impraticabile pristino di quello centralizzato, sicché l'esborso assunto come necessario per la sua realizzazione non può costituire una voce dannosa direttamente ed immediatamente riconducibile all'evento dannoso. Rileva, in relazione al profilo risarcitorio patrimoniale da spesa occorrente per sanare i locali ammalorati e per quello non patrimoniale, il disposto di cui all'art. 1227 c.c., secondo comma, a mente del quale il risarcimento non é dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando la dovuta diligenza, intesa, secondo le espressioni ermeneutiche più accreditate, non nei termini enunciati dall'art. 1176 c.c., ma quale concreto sforzo per evitare il nocumento attraverso attività personale, oppure mediante un sacrificio economico relativamente lieve (Cass. 12439/91), presupposti la cui sussistenza non é escludibile nel caso di specie. Va dichiarata, del pari, l'irricevibilità della domanda risarcitoria spiegata in riconvenzione dal di Ba., in effetti priva di ogni deduzione sugli elementi che caratterizzano l'azione (egualmente di chiara indole aquiliana) senza alcuna deduzione esplicativa sull'essenza del nocumento asseritamente subito, sulla sua eziologia e natura, senza considerare che non é stata nemmeno supportata da richieste per dimostrarne l'ontologica esistenza, fattore necessario per ogni tipologia risarcitoria, non potendo a tale necessario presupposto supplire la formulazione equitativa, funzionale, in effetti, alla quantificazione sub iudice del nocumento quando questo sia di impossibile esatta quantificazione e non ad esonerare la parte degli oneri dimostrativi sulla stessa incombenti. La pretesa risarcitoria, in definitiva, priva degli elementi che qualificano la fattispecie aquiliana sia in punto di fatto che di diritto, va disattesa, così come la riconvenzionale, assorbite le tematiche insorte nei rapporti tra il convenuto Di. e la Compagnia terza chiamata, mentre le spese, avuto riguardo alla complessità ermeneutica ed alle difficoltà applicative di istituti di diritto attinti alla presente motivazione, possono essere compensate tra tutte le parti in causa. P.Q.M. Il Tribunale, come costituito, definitivamente pronunciando sulla domanda in atti, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, rigetta le domande risarcitorie avanzate dagli attori e dalla parte intervenuta, così come la riconvenzionale spiegata dal Di., assorbita la domanda di manleva promossa dal Di. nei confronti della Compagnia terza chiamata, compensando integralmente le spese di lite tra tutte le parti in causa. Così deciso in Taranto il 3 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria l'8 gennaio 2024.
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