Sentenze recenti tamponamento

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE GREGORIO Eduardo - Presidente Dott. CATENA Rossella - Consigliere Dott. PISTORELLI Luca - Consigliere Dott. DE MARZO Giuseppe - rel. Consigliere Dott. CUOCO Michele - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 17/06/2022 della CORTE APPELLO di ROMA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE DE MARZO; udito il Sostituto Procuratore generale, Dott. ssa PAOLA MASTROBERARDINO, la quale ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente al terzo motivo. Rigetto nel resto del ricorso; udito il difensore avv. (OMISSIS), in qualita' di difensore della parte civile, si riporta alle conclusioni che deposita unitamente alla nota spese. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 17 giugno 2022 la Corte d'appello di Roma, per quanto ancora rileva, ha confermato la decisione di primo grado, con riguardo all'affermazione di responsabilita' di (OMISSIS) in relazione al delitto di lesioni commesso in danno di (OMISSIS), procedendo a rideterminare l'entita' del risarcimento in 4.000,00 Euro, alla luce del fatto che doveva ritenersi confermata soltanto l'iniziale prognosi di cinque giorni. 2. Nell'interesse del (OMISSIS) e' stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali in relazione all'affermazione di responsabilita', sorretta da una non argomentata valutazione dell'attendibilita' dei testi e inficiata dalla successione di piu' referti sanitari che la stessa Corte territoriale aveva ritenuto di non considerare attendibili, salvo che per il primo che, tuttavia, era stato redatto a seguito di un accesso al Pronto Soccorso avvenuto il giorno successivo all'episodio del quale si tratta. 2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione, tenuto conto del carattere di ingiustizia obiettiva rinvenibile nel tamponamento dell'autovettura del (OMISSIS) provocato dal (OMISSIS) che guidava in stato di ebbrezza. 2.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali per non avere la Corte territoriale dedicato alcuna considerazione alla richiesta di applicazione delle circostanze attenuanti generiche. 3. Sono state trasmesse, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, conv. con L. 18 dicembre 2020, n. 176, le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, Dott. ssa Paola Mastroberardino, la quale ha chiesto l'annullamento con rinvio, in relazione al terzo motivo di ricorso, con rigetto nel resto. 4. All'udienza del giorno 11 aprile 2023 si e' proceduto alla trattazione orale del procedimento. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo e' fondato, giacche' la sentenza impugnata, oltre a valorizzare, ai fini dell'attendibilita' dei testi, un dato (non l'unico, per vero, ma certo valorizzato nella verifica della credibilita' del narrato testimoniale) - la riferita ubriachezza del (OMISSIS) - che, tuttavia, attesi gli esiti dell'alcoltest, non era seriamente negabile dai testi, ha poi privato di fondamento - con motivazione sulla quale e' inutile soffermarsi attesa l'assenza di impugnazione -, anche le deduzioni del (OMISSIS) sulla durata della malattia, giungendo, senza in nulla peraltro modificare l'imputazione di lesioni gravi e senza porsi il problema della specie della sanzione applicabile, a circoscriverla nei limiti dei cinque giorni: cio' che si desume in termini non equivoci dalla motivazione che sorregge la riduzione dell'entita' del risarcimento del danno. 2. Fondato e' anche il secondo motivo, dal momento che, secondo un condiviso orientamento - risalente, ma non smentito in seguito dalla giurisprudenza di questa Corte -, ai fini della sussistenza della circostanza attenuante della provocazione, il concetto di "fatto ingiusto" comprende qualsiasi comportamento, internazionale o colposo, legittimo o illegittimo, purche' idoneo a scatenare, l'altrui reazione, presuppone pur sempre la volontarieta' dello stesso (Sez. 6, n. 10552 del 03/04/1992, Di Bella, Rv. 192530 - 01). Ne segue l'assorbimento del terzo motivo, che pone una questione - la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche - destinata ad essere rimeditata all'esito del nuovo giudizio in sede di rinvio. 3. Dalle superiori considerazioni discende l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Roma che, all'esito, provvedera' alla regolamentazione delle spese nel rapporto con la parte civile. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Spese di parte civile al definitivo.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DOVERE Salvatore - Presidente Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere Dott. DAWAN Daniela - rel. Consigliere Dott. CIRESE Marina - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS) nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 10/02/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELA DAWAN; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore SIMONE PERELLI che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Palermo, parzialmente riformando la pronuncia del Tribunale di Marsala per aver assolto l'imputato dal reato di cui al capo a), ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di (OMISSIS) per i restanti reati (articolo 590 c.p.; Decreto Legislativo n. 30 aprile 1992, n. 285, articolo 189, commi 6 e 7), rideterminandone la pena. 2. Dalla ricostruzione operata dal primo Giudice emergeva che, in data (OMISSIS), mentre percorreva la strada statale che collega (OMISSIS), in prossimita' di un semaforo, (OMISSIS) veniva violentemente tamponata da una (OMISSIS) di colore grigio, alla cui guida vi era un uomo a lei noto, per aver frequentato, qualche anno prima, la stessa scuola di ballo. La (OMISSIS) scendeva dall'auto per ottenere le generalita' dell'uomo e i dati dell'assicurazione, ma questi le rispondeva di conoscerla e di escludere che vi fossero dei problemi. A segnale semaforico verde, il conducente della (OMISSIS) si allontanava. La donna riusciva comunque ad annotare il numero di targa dell'auto e accusando subito mal di testa veniva, in quel frangente, aiutata da un collega, (OMISSIS), che si trovava proprio dietro la (OMISSIS) che l'aveva tamponata. Era poi accompagnata dalla sorella al Pronto Soccorso dove le venivano refertate le lesioni documentate in atti. 3. Avverso la sentenza di appello ricorre il difensore dell'imputato che solleva i seguenti motivi: 3.1. Violazione degli articoli 192 e 546 c.p.p., per difetto di qualsivoglia prova, nonche' manifesta illogicita' della motivazione in relazione all'elemento soggettivo del dolo eventuale con riguardo al reato di cui all'articolo 189, commi 6 e 7, C.d.S.. E', infatti, illogico affermare che l'imputato si sia fermato dopo l'impatto e, al contempo, ritenerlo responsabile del reato ascritto. Il (OMISSIS), non solo non si era reso conto di aver provocato un incidente idoneo ad arrecare lesioni, considerato che il proprio veicolo rimaneva illeso e che l'urto era stato minimo, ma era altresi' sceso dal veicolo, aveva riconosciuto la persona offesa e ne era stato riconosciuto, le aveva chiesto se avesse bisogno di aiuto, e le aveva indicato, stante la necessita' imminente di rientrare in casa, dove si trovava la sua abitazione. 3.2. Mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione nella parte in cui si e' ritenuta dimostrata la responsabilita' dell'imputato in relazione al Decreto Legislativo n. 30 aprile 1992, n. 285, articolo 189, commi 6 e 7; contraddittorieta' e manifesta illogicita' con riguardo alla valutazione delle dichiarazioni della persona offesa, connotate da molte contraddizioni; omessa valutazione delle dichiarazioni dell'imputato. 3.3. Contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione nella parte in cui e' stato ritenuto dimostrato il rapporto di causalita' tra il sinistro e le lesioni. 4. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, conclude per il rigetto del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' fondato unicamente con riguardo al reato di cui all'articolo 189, comma 7, C.d.S., dovendo essere rigettato nel resto. 2. L'articolo 189, comma 1, C.d.S., dispone: "L'utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, ha l'obbligo di fermarsi e di prestare l'assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona." Il successivo comma 6 prevede che "Chiunque, nelle condizioni di cui comma 1, in caso di incidente con danno alle persone, non ottempera all'obbligo di fermarsi, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni (...)". Secondo il prevalente orientamento maturato in sede di legittimita', il reato di fuga previsto dall'articolo 189, comma 6, C.d.S., e' un reato omissivo di pericolo, per la cui configurabilita' e' richiesto il dolo, che deve investire essenzialmente l'inosservanza dell'obbligo di fermarsi in relazione all'evento dell'incidente concretamente idoneo a produrre ripercussioni lesive alle persone, e non anche l'esistenza di un effettivo danno per le stesse (Sez. 4 n. 34335 del 3/6/2009, Rizzante, Rv. 245354 - 01). Come tutte le norme incriminatrici volte alla tutela avanzata d'interessi, la concretezza dell'evento che giustifica la previsione non puo' giungere sino ad un'effettiva constatazione del tipo di nocumento procurato. Non a caso, infatti, la previsione utilizza il termine aspecifico di "danno", volutamente ignorando il piu' preciso riferimento a quello di "lesione". Il comma 7 sanziona una condotta ulteriore e diversa rispetto a quella repressa dal comma precedente: quella del conducente che, coinvolto in un incidente stradale, comunque ricollegabile al suo comportamento, non ottemperi all'obbligo di prestare l'assistenza occorrente alle persone ferite. In tale ultima evenienza, non basta la consapevolezza che dall'incidente possano essere derivate conseguenze per le persone, occorrendo che un tale pericolo appaia essersi concretizzato, almeno sotto il profilo del dolo eventuale, in effettive lesioni dell'integrita' fisica. Puo', pertanto, affermarsi che il reato di mancata prestazione dell'assistenza occorrente dopo un investimento (articolo 189, comma 7, C.d.S.) esiga un dolo meramente generico, ravvisabile in capo all'utente della strada il quale, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare in termini di immediatezza la concreta eventualita' che dall'incidente sia derivato danno alle persone, non ottemperi all'obbligo di prestare la necessaria assistenza ai feriti (Sez. 4, n. 33294 del 14/05/2008, Curia, Rv. 242113 - 01). Dolo che, come si e' piu' sopra ricordato, puo' ben configurarsi anche come eventuale (Sez. 4, n. 33772 del 15/06/2017, Dentice Di Accadia Capozzi, Rv. 271046 - 01, la quale ha affermato che l'elemento soggettivo del reato di mancata prestazione dell'assistenza occorrente in caso di incidente puo' essere integrato anche dal dolo eventuale, ravvisabile in capo all'agente che, in caso di sinistro comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare, in termini di immediatezza, la probabilita', o anche solo la possibilita', che dall'incidente sia derivato danno alle persone e che queste necessitino di soccorso, non ottemperi all'obbligo di prestare assistenza ai feriti. In motivazione, la Corte ha osservato che il dolo eventuale, pur configurandosi normalmente in relazione all'elemento volitivo, puo' attenere anche all'elemento intellettivo, quando l'agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per cio' stesso il rischio). 3. La sentenza impugnata ricorda che la persona offesa aveva subito danni alla propria integrita' psicofisica, direttamente riconducibili al tamponamento posto in essere dall'imputato, come ritraibile dal contenuto del referto medico, in cui si attesta che la (OMISSIS) aveva riportato un "politrauma contusivo da incidente stradale", nonche' una distorsione cervicale. La Corte territoriale sottolinea la circostanza che il ricorrente, dopo il tamponamento, non si era fermato per sincerarsi delle condizioni della persona offesa. Dalla ricostruzione dei fatti, emersa dall'istruzione dibattimentale, risulta, infatti, che fu la stessa persona offesa a scendere dal veicolo, in seguito all'impatto automobilistico, avvicinandosi all'imputato (rimasto alla guida della sua autovettura ferma al semaforo) al fine di acquisire le sue generalita', mentre quest'ultimo, lungi dal rispondere all'interlocutrice ovvero lungi dall'accertarsi delle sue condizioni di salute, riprese la marcia non appena scatto' il semaforo verde. Nessuna contraddittorieta' attinge la sentenza impugnata perche' il (OMISSIS), dopo il tamponamento, non si fermo' per prestare soccorso o aiuto alla persona che si trovava alla guida dell'auto tamponata ma, unicamente, per l'obbligo di arrestare la marcia proveniente dall'impianto semaforico. Tanto premesso, deve tuttavia osservarsi che mentre la motivazione della sentenza impugnata appare incensurabile con riguardo alla consumazione del reato di fuga di cui al comma 6 dell'articolo 189 C.d.S., non altrettanto puo' dirsi relativamente alla inottemperanza all'obbligo di prestare l'assistenza occorrente, di cui al comma 7 della medesima disposizione, con particolare riferimento alla consapevolezza, in capo all'imputato, delle conseguenze fisiche subite dalla persona offesa. Occorre, in proposito, ricordare che la condotta omissiva sanzionata dall'articolo 189, comma 7, C.d.S. puo' considerarsi una ipotesi speciale del delitto di omissione di soccorso previsto dall'articolo 593, comma 2, c.p. (per la definizione del reato ex articolo 189, comma 7, C.d.S. in termini di omissione di soccorso, Sez.4, n. 20649 del 10/05/2012, Shehi, n. m.; Sez.4, n. 9128 del 2/02/2012, Boffa, n. m. sul punto), del quale condivide l'oggettivita' giuridica e la condotta dell'omessa assistenza alla persona ferita, con l'aggiunta: a) dell'elemento tipico del reato proprio mediante individuazione, nell'utente della strada al cui comportamento sia comunque ricollegabile l'incidente, del soggetto sul quale grava l'obbligo di garanzia, genericamente indicato nella norma generale in "chiunque"; b) di un antefatto non punibile, concretato dall'essersi verificato un sinistro stradale, idoneo a concretare una situazione di pericolo attuale, da cui sorge l'obbligo di agire. Secondo la preferibile interpretazione della norma generale, il bene giuridico tutelato dal reato in questione (inserito tra i delitti contro la vita e l'incolumita' personale) e' da individuarsi in un bene di natura superindividuale, quello della solidarieta' sociale, da preservarsi soprattutto quando siano in discussione i beni della vita e della incolumita' personale di chi versa in pericolo. In particolare, lo stato di pericolo e' espressamente previsto per la fattispecie di cui al comma 2 dell'articolo 593 c.p., e proprio la necessita' di prevenire un danno futuro impone l'obbligo di un intervento soccorritore. Nella materia della circolazione stradale, il legislatore ha introdotto, come si evince dal tenore dell'articolo 189, comma 1, C.d.S., la presunzione che il verificarsi di un incidente determini una situazione di pericolo e ha, conseguentemente, individuato nei soggetti coinvolti nel sinistro i titolari della posizione di garanzia, imponendo loro l'obbligo di fermarsi e di prestare assistenza. Si tratta, in sostanza di reato istantaneo di pericolo, il quale ultimo va accertato con valutazione ex ante e non ex post. Il reato in esame trova, dunque, il suo fondamento nell'obbligo giuridico di attivarsi previsto dall'articolo 189, comma 1, C.d.S., che attribuisce all'utente della strada, coinvolto in un sinistro comunque riconducibile al suo comportamento, una posizione di garanzia per proteggere altri utenti coinvolti nel medesimo incidente dal pericolo derivante da un ritardato soccorso. La posizione di garanzia trova la sua ratio nel dato di esperienza per cui i protagonisti del sinistro sono in condizione di percepirne nell'immediatezza le conseguenze dannose o pericolose, e di evitare, pertanto, che dal ritardato soccorso delle persone ferite possa derivare un danno alla vita e all'integrita' fisica. Poste tali premesse, la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare se, nel caso di specie, la situazione di pericolo scaturita dal tamponamento provocato dall'imputato fosse dallo stesso immediatamente percepibile e percepita. E cio' proprio in considerazione del comportamento della persona offesa: questa, infatti, subito dopo il tamponamento era scesa dall'auto per ottenere le generalita' dell'uomo e i dati dell'assicurazione, senza far cenno al mal di testa di cui riferiva poi al collega (OMISSIS), quando gia' il (OMISSIS) si era allontanato a bordo della propria autovettura. Sotto questo specifico aspetto, la sentenza impugnata appare carente di motivazione. 3.1. Le censure relative alla pretesa inattendibilita' della persona offesa e al rapporto di causalita', formulate peraltro in termini del tutto generici, sono manifestamente infondate, atteso che la Corte territoriale - ritenute la puntualita' e la costanza del racconto ed esclusa in capo alla (OMISSIS) la sussistenza di ogni intento calunniatorio - ha osservato che le dichiarazioni della stessa hanno trovato conferma nel referto medico in atti, sicche' nessun dubbio sussiste in ordine al rapporto di causalita' tra il sinistro e le lesioni. 4. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al reato di cui all'articolo 189, comma 7, C.d.S., con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Palermo. Il ricorso deve essere rigettato nel resto. Visto l'articolo 624 c.p.p., va dichiarata la irrevocabilita' della sentenza in ordine all'affermazione della penale responsabilita' dell'imputato in relazione ai reati di cui all'articolo 189, comma 6, C.d.S. e all'articolo 590 c.p.. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all'articolo 189, comma 7, C.d.S., con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Palermo. Rigetta il ricorso nel resto. Visto l'articolo 624 c.p.p. dichiara la irrevocabilita' della sentenza in ordine all'affermazione della penale responsabilita' dell'imputato in relazione ai reati di cui all'articolo 189, comma 6, C.d.S. e all'articolo 590 c.p..

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CIAMPI Francesco Mar - Presidente Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere Dott. BRUNO Mariarosaria - Consigliere Dott. MICCICHE' Loredana - rel. Consigliere Dott. CIRESE Marina - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 12/09/2022 del TRIBUNALE di PADOVA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. LOREDANA MICCICHE'; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. MANUALI VALENTINA, che ha concluso chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata. RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Padova, con sentenza in data 12 settembre 2022,confermava la sentenza del giudice di pace del medesimo Tribunale che aveva condannato (OMISSIS) alla pena di Euro 800 di multa, oltre al risarcimento del danno nei confronti della parte civile costituita, dichiarandolo responsabile del reato di cui all'articolo 590 c.p.. Al (OMISSIS) era stato contestato di non aver prestato, per colpa generica, la necessaria attenzione alla guida in condizioni di traffico intenso, non riducendo la propria velocita' e collidendo da tergo con l'autovettura condotta da (OMISSIS), cagionando alla passeggera (OMISSIS) lesioni giudicate guaribili in dieci giorni. 2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, lamentando, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), vizio di travisamento della prova in quanto il giudice aveva basato il proprio convincimento circa la colpevolezza dell'imputato, e dunque l'accadimento dei fatti cosi' come contestatigli, sul presupposto che l'autovettura condotta dal (OMISSIS) fosse la Mercedes targata (OMISSIS), e non la diversa autovettura targata (OMISSIS) (come peraltro emergeva dal capo di imputazione a carico dell'imputato). 3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l'annullamento della sentenza impugnata. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' fondato. 2. Il Tribunale, nel rigettare i motivi di appello in ordine alla inattendibilita' dei testimoni, afferma che il primo giudice " ha correttamente individuato i riscontri obiettivi nella avvenuta annotazione della targa del veicolo in fuga Mercedes nera targata (OMISSIS) intestata a (OMISSIS) e trovata pochi giorni dopo proprio a casa sua dai Carabinieri; accertamento delle conseguenze lesive del sinistro, presenza, sia sul veicolo su cui viaggiava la persona offesa, sia sulla Mercedes targata (OMISSIS) intestata a (OMISSIS) di leggeri segni collocati in luoghi pienamente compatibili con il tamponamento". Ancora, rileva il giudice di appello che " dal complessivo impianto della sentenza impugnata si desume che la mancanza di vernice rilevata, sul paraurti anteriore della Mercedes nera targata (OMISSIS) di (OMISSIS), rilevata e puntualmente descritta dal Brig. (OMISSIS), emerge a semplice ma significativo riscontri della narrazione dei testi d'accusa". Infine, aggiunge il Tribunale che " semplicemente irricevibile la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria concernente la Mercedes targata (OMISSIS) di (OMISSIS): si tratta di un veicolo si' rinvenuto dai Carabinieri a casa sua, diverso da quello coinvolto nel sinistro (Mercedes targata (OMISSIS))". 3. Orbene, nel capo di imputazione, che individua il fatto contestato all'imputato, si legge che il (OMISSIS) "alla guida dell'autovettura Mercedes classe A targata (OMISSIS) collideva, tamponandolo da tergo, con il veicolo Mercedes targata (OMISSIS) condotto da (OMISSIS)". Il Tribunale, dunque, ha reso la motivazione della sentenza impugnata individuando quale veicolo condotto dall'imputato quello che, secondo il fatto contestato, era invece il veicolo asseritamente urtato da quest'ultimo, sul quale viaggiava la persona offesa. Orbene, si tratta di un errore ricostruttivo che rende la motivazione del tutto priva di comprensibilita' e correlazione rispetto al fatto contestato, e che pertanto si risolve un una carenza effettiva della motivazione stessa, qualificabile non come vizio di cui all'articolo 606, lettera e), ma come violazione di legge (cfr., in termini, Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, Rv. 279284 01; Sez. 2, n. 20968 del 06/07/2020, Rv. 279435 - 01, secondo cui e' configurabile il vizio di violazione di legge, e non vizio di travisamento della prova se il travisamento abbia investito plurime circostanze decisive totalmente ignorate ovvero ricostruite dai giudici di merito in modo talmente erroneo da trasfondersi in una motivazione apparente o inesistente). E' evidente che questo e' il caso che qui occupa, in quanto la pronuncia impugnata afferma, in plurimi passaggi, che il veicolo condotto dall'imputato e' quello recante la targa riconducibile a quello della persona offesa, e per di piu' esclude che il veicolo rinvenuto presso l'abitazione dell'imputato sia quello coinvolto nel sinistro. 4. Alla luce di quanto esposto, il dedotto vizio di travisamento della prova, non piu' ammissibile per i reati di competenza del giudice di pace a seguito della novella di cui al Decreto Legislativo 6 febbraio 2018, n. 11 che ha introdotto il comma 2 bis dell'articolo 606 c.p.p., deve essere qualificato come vizio di violazione di legge. 5. Si impone dunque l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Padova per nuovo esame. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Padova, altro magistrato.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. IMPERIALI Luciano - Presidente Dott. CIANFROCCA Pierluigi - Consigliere Dott. RECCHIONE Sandra - rel. Consigliere Dott. TURTUR M. Marzia - Consigliere Dott. SARACO Antonio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 03/06/2022 della CORTE di APPELLO di ROMA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere SANDRA RECCHIONE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale ETTORE PEDICINI che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata. il difensore della parte civile Avv. (OMISSIS) che concludeva per il rigetto del ricorso e depositava conclusioni e nota spese. I difensori, Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), insistevano per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Roma, decidendo con le forme del giudizio abbreviato, condizionato all'espletamento di una perizia sullo stato di vulnerabilita' della persona offesa, (OMISSIS), confermava la condanna di (OMISSIS) per il reato di circonvenzione di incapace e per due frodi informatiche. 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva: 2.1. vizio di motivazione: la Corte di appello non avrebbe considerato che il ricorrente aveva prodotto - gia' dalla fase delle indagini - le distinte dei pagamenti della quasi totalita' delle spese sostenute per conto di (OMISSIS), che sarebbero state effettuate con addebito sul conto corrente di (OMISSIS). Tali emergenze contradirebbero le valutazioni della Corte di appello in ordine alla conferma della responsabilita' per i reati contestati, dato che dimostrerebbero che il ricorrente si sarebbe limitato ad aiutare la (OMISSIS), nell'espletamento delle ordinarie incombenze di vita, utilizzando il proprio conto e addirittura accedendo, per questo motivo, a dei finanziamenti; 2.2. vizio di motivazione in ordine alla dimostrazione dello stato di circonvenibilita' e della sua riconoscibilita': con due distinti motivi il ricorrente censurava la valutazione in ordine alla sussistenza della valutazione dei presupposti del reato di circonvenzione, rilevando come il disturbo bipolare diagnosticato a (OMISSIS), non sarebbe in grado di incidere sulla capacita'; inoltre non sarebbe stato valutato che, nel periodo in cui si sarebbero verificate le condotte contestate i (OMISSIS) aveva effettuato atti dispositivi ed azioni, come la firma di un verbale di polizia in occasione di un sinistro, che sarebbero incompatibili con la sussistenza dello stato di infermita'; infine, sarebbe carente la prova ed insufficiente la motivazione in ordine alla riconoscibilita' dello stato di vulnerabilita', tenuto conto del fatto che di tale stato non si sarebbe avveduta neanche la figlia della (OMISSIS). 2.3. Con l'ultimo motivo di ricorso si contestava la legittimita' della procura speciale per la costituzione di parte civile, il cui rilascio non sarebbe compatibile con il ritenuto stato d'incapacita'. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.I primi tre motivi non sono consentiti, in quanto si risolvono nella richiesta di rivalutazione della capacita' dimostrativa delle prove in ordine alla conferma della sussistenza degli elementi costitutivi del reato di circonvenzione di incapace. In materia di estensione dei poteri della Cassazione in ordine alla valutazione della legittimita' della motivazione si riafferma che la Corte di legittimita' non puo' effettuare alcuna valutazione di "merito" in ordine alla capacita' dimostrativa delle prove, o degli indizi raccolti, dato che il suo compito e' limitato alla valutazione della tenuta logica del percorso argomentativo e della sua aderenza alle fonti di prova che, ove si ritenessero travisate devono essere allegate - o indicate - in ossequio al principio di autosufficienza (tra le altre: Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015,0., Rv. 262965). Nel caso in esame la Corte di appello affrontava con motivazione logica e persuasiva tutti i temi devoluti, rilevando conclusivamente come (OMISSIS) avesse approfittato dello stato di vulnerabilita' di (OMISSIS) per ricavarne un profitto personale. 1.1.Nel dettaglio, con specifico riferimento alla tesi alternativa proposta dalla difesa, ovvero la dedizione del (OMISSIS) ad aiutare la (OMISSIS), attraverso l'impiego di somme personali, il collegio rileva che, contrariamente a quanto dedotto, 'Corte di appello aveva valutato la tesi alternativa, compresa la allegazione della circostanza che i prestiti e i pagamenti fatti dal ricorrente nell'interesse dell'offesa fossero stati effettuati anche grazie a finanziamenti ottenuti da (OMISSIS), ritenendola non credibile ed inidonea a incrinare la capacita' dimostrativa delle prove raccolte. Invero tale allegazione difensiva veniva proposta anche con la prima impugnazione e veniva giudicata - con valutazione di merito non revisionabile in quanto coerente con le prove raccolte non illogica - "priva di riscontro", non essendo stato provato che (OMISSIS), che all'epoca dei fatti erano studente poco piu' che ventenne; avesse le disponibilita' finanziarie per eseguire versamenti e pagamenti indicati e essendo stato dimostrato che avesse ottenuto n finanziamenti (pagg. 22 e 23 della sentenza impugnata). La Corte di appello rilevava di contro che era invece emerso che, proprio su sollecitazione di (OMISSIS), la (OMISSIS), aveva ottenuto dei prestiti per effettuare una ristrutturazione; era emersa, inoltre, con altrettanta chiarezza, la dipendenza di (OMISSIS) dall'imputato per tutto cio' che concerneva l'utilizzo degli strumenti informatici. In sintesi, la Corte di appello riteneva che il mancato riscontro in ordine alla effettiva sussistenza in capo a (OMISSIS) di disponibilita' finanziarie che gli avrebbero consentito di anticipare e prestare il denaro alla (OMISSIS), privava di adeguato supporto probatorio la prospettazione difensiva. Tale tesi veniva proposta nuovamente in cassazione dato che, con il ricorso si denunciava il travisamento per omissione della documentazione contabile che dimostrerebbe la buona fede di (OMISSIS) ed il suo impegno nell'aiutare (OMISSIS), anche con risorse proprie. Il motivo, tuttavia, non risulta supportato dalla allegazione - o indicazione - delle prove non considerate, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso. In materia di oneri di allegazione e principio di autosufficienza la giurisprudenza aveva gia' chiarito che allorche' sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un error in procedendo ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) la Corte e' giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, puo' accedere all'esame diretto degli atti processuali (Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304). Diversamente, quando viene invocato un atto che contiene un elemento di prova il principio della "autosufficienza del ricorso" costantemente affermato, in relazione al disposto di cui all'articolo 360 c.p.c., n. 5, dalla giurisprudenza civile deve essere rispettato anche nel processo penale, sicche' e' onere del ricorrente suffragare la validita' del suo assunto mediante la completa trascrizione dell'integrale contenuto degli atti medesimi (ovviamente nei limiti di quanto era gia' stato dedotto in precedenza), dovendosi ritenere precluso al giudice di legittimita' il loro esame diretto, a meno che il "fumus" del vizio dedotto non emerga all'evidenza dalla stessa articolazione del ricorso (Sez. 1, n. 16706 del 18/03/2008, Rv. 240123). Tale interpretazione deve essere aggiornata dopo l'entrata in vigore dell'articolo 165 bis disp. att. c.p.p., comma 2, che prevede che copia degli atti "specificamente indicati da chi' ha proposto l'impugnazione ai sensi dell'articolo 606 comma 1 lettera e) del codice" e' inserita a cura della cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato in separato fascicolo da allegare al ricorso e che nel caso in cui tali atti siano mancanti ne sia fatta attestazione. Sebbene la materiale allegazione con la formazione di un separato fascicolo sia devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, resta in capo al ricorrente l'onere di indicare nel ricorso gli atti da inserire nel fascicolo, che ne consenta la pronta individuazione da parte della cancelleria, alla quale non puo' essere delegato il compito di identificazione degli atti attraverso la lettura e l'interpretazione del ricorso. Pertanto, anche dopo l'entrata in vigore dell'articolo 165-bis, disp. att. c.p.p. comma 2. e' necessario il rispetto del principio di autosufficienza del ricorso che si traduce nell'onere di puntuale indicazione da parte del ricorrente degli atti che si assumono travisati e dei quali si ritiene necessaria l'allegazione delegata alla Cancelleria (Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, Talamanca, Rv. 276432). Nel caso in esame, come gia' rilevato, la mancata allegazione delle distinte dei pagamenti in ipotesi travisate non consente alla doglianza di superare la soglia di ammissibilita'. 1.2. Con specifico riguardo alle censure relative allo stato di circonvenibilita' il collegio ribadisce che in tema di circonvenzione di incapaci, costituisce "deficienza psichica" la minorata capacita' psichica, con compromissione del potere di critica ed indebolimento di quello volitivo, di intensita' tale da agevolare la suggestionabilita' della vittima e ridurne i poteri di difesa contro le altrui insidie (Sez. 2, n. 21464 del 20/03/2019, D., Rv. 275781 - 01; Sez. 2, n. 3209 del 20/12/2013, dep. 2014, De Mauro, Rv. 258537). Ma quel che piu' rileva in relazione ai caso in esame e' che l'integrazione della circonvenzione di persone incapaci non richiede che il soggetto passivo versi in stato di incapacita' di intendere e di volere, essendo sufficiente che esso sia affetto da infermita' psichica o deficienza psichica, ovvero da un'alterazione dello stato psichico, che sebbene meno grave dell'incapacita', risulti tuttavia idonea a porlo in uno stato di minorata capacita' intellettiva, volitiva od affettiva che ne affievolisca le capacita' critiche (Sez. 2, n. 6971 del 26/01/2011, Knight, Rv. 249662 - 01). Per l'integrazione della circonvenzione non e' dunque necessario che si dimostri lo stato di incapacita' di intendere e di volere della vittima, ma e' sufficiente la prova della sua "vulnerabilita'", in ipotesi correlata al parziale decadimento delle funzioni cognitive e alla perdita di autonomia; la dipendenza e l'affidamento acritico sono infatti segnali inequivoci della perdita di autonomia nella gestione delle ordinarie incombenze vitali e devono essere considerati come possibili indicatori dello stato di vulnerabilita' richiesto per l'integrazione della condotta prevista dall'articolo 643 c.p.. La Corte di appello, sul punto, effettuava una analitica e persuasiva valutazione della della perizia disposta per verificare lo stato di vulnerabilita' di (OMISSIS) e giungeva alla conclusione che la donna era attualmente affetta da un disturbo nEurocognitivo maggiore dovuto a malattia vascolare oltre che da un disturbo bipolare e vari disturbi atipici, mentre, all'epoca dei fatti la stessa presentava gia' il disturbo bipolare mentre il decadimento nEurocognitivo era allo stadio iniziale. Tale quadro clinico costituiva, anche all'epoca dei fatti, un'infermita' rilevante sul piano medico legale, dato che i disturbi nEurocognitivi, seppur in fase iniziale, erano in grado di incidere significativamente sulle facolta' di discernimento e determinazione, nonche' sulla capacita' decisionale e sulla autonomia gestionale. La Corte di appello riteneva, altresi', che tale condizione non potesse essere non notata da chi aveva consuetudine e frequentazione con la stessa (pag. 23 della sentenza impugnata). In sintesi: la Corte d'appello effettuava una valutazione attenta della analisi peritale che sulla base delle acquisizioni scientifiche in ordine alla ordinari ingravescenza dei disturbi nEuro-cognitivi e confermando la decisione del Tribunale riteneva che all'epoca dei fatti fosse conclamata e, dunque, riconoscibile la vulnerabilita' della persona offesa. Le argomentazioni difensive volte a ritenere che la stipula da parte della (OMISSIS) di atti finanziari ed economici fosse, invece, indicativa della sua capacita' di autogestione non venivano considerate idonee ad incidere sulla valutazione di sussistenza dello stato di vulnerabilita': la Corte di merito, con valutazione priva di fratture logiche e coerente con le prove raccolte, riteneva che tali attivita', lungi dall'essere manifestazione di autonoma e libera capacita' di autodeterminazione indicavano piuttosto la dipendenza di (OMISSIS) da (OMISSIS), non solo per l'utilizzo e la gestione degli strumenti informatici, ma anche per il governo delle ordinarie incombenze di vita, tenuto conto delle difficolta' che la stessa aveva a gestire in autonomia qualunque imprevisto, compreso un semplice tamponamento. La Corte riteneva, con motivazione logica e persuasiva, che la ripetuta - e quasi ossessiva - richiesta di assistenza a (OMISSIS) di (OMISSIS), contraddiceva sia la dedotta autonomia gestionale della vittima sia la non riconoscibilita' dello stato di vulnerabilita' da parte di (OMISSIS) (pag. 27 della sentenza impugnata). La motivazione, anche in questo caso, non si presta ad alcuna censura in questa sede 2. L'ultimo motivo e' inammissibile in quanto dedotto per la prima volta con il ricorso per cassazione, con insanabile frattura della catena devolutiva e violazione dell'articolo 606, c.p.p., comma 3. 3.Alla dichiarata inammissibilita' del ricorso consegue, per il disposto dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche' al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in Euro tremila. Condanna inoltre il ricorrente al pagamento delle spese di rappresentata e difesa sostenute dalle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS) che - tenuto conto dei parametri di legge - liquida in complessivi Euro 4000/00, oltre accessori di legge. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di rappresentata e difesa sostenute dalle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 4000/00, oltre accessori di legge. in caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. AGOSTINACCHIO Luigi - Presidente Dott. BORSELLINO Maria Daniel - Consigliere Dott. ARIOLLI Giovann - rel. Consigliere Dott. CERSOSIMO Emanuele - Consigliere Dott. SARACO Antonio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 20/01/2022 della CORTE APPELLO di CATANZARO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI ARIOLLI; lette le conclusioni di cui alla requisitoria del Pubblico Ministero Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, e del successivo Decreto Legge n. 198 del 2022, articolo 8. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorrono avverso la sentenza della Corte d'appello di Catanzaro del 20/01/2022, che ha rideterminato la pena loro inflitta dal GUP del Tribunale di Catanzaro, in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti. Al riguardo, con separati ricorsi, articolano diversi motivi che, ai sensi dell'articolo 173, comma 1, disp. att. c.p.p., saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione. 2. Il Pubblico ministero presso questa Corte di legittimita', nella persona del Sostituto Procuratore generale Senatore Vincenzo, con requisitoria del 15/02/2023, ha concluso per l'inammissibilita' dei ricorsi. 3. Con nota di conclusioni del 23/02/2023, le difese di (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno insistito per l'accoglimento dei rispettivi ricorsi. CONSIDERATO IN DIRITTO I ricorsi sono inammissibili. 1. (OMISSIS) (capo 9 della rubrica - concordato) 1.1. Con un unico motivo deduce la violazione di legge in relazione all'articolo 599-bis c.p.p. sotto il profilo dell'illegalita' della pena: - nell'operare la rideterminazione della pena con conseguente calcolo della continuazione per ogni singolo reato satellite e' stata esclusivamente determinata la reclusione con conseguente omessa quantificazione della pena pecuniaria; - non e' stata operata alcuna specificazione in ordine alla pena pecuniaria se non l'indicazione finale in 800,00 Euro di multa che corrisponde alla medesima pena inflitta dal giudice di primo grado. 1.1. Il ricorso e' inammissibile poiche' le censure svolte muovono da errati presupposti di fatto che rendono i motivi non consentiti in questa sede. Quanto alla determinazione della pena, la doglianza fa riferimento ad un'ipotesi di reato continuato che non ricorre nel caso di specie, essendo l'imputato stato condannato esclusivamente per il delitto di cui al capo 9) della rubrica (un unico episodio di tentata estorsione aggravata). La pena, peraltro, risulta determinata ed indicata in entrambe le sue componenti. Quanto alla misura della pena pecuniaria inflitta a seguito di concordato, la Corte di merito risulta avere indicato la misura della pena pecuniaria in ordine al delitto tentato su cui e' stata poi operata la diminuzione per il rito abbreviato. Ne', infine, in questa sede puo' rilevarsi ex officio l'illegalita' della pena pecuniaria inflitta in misura inferiore al minimo edittale, in quanto in tema di determinazione della pena, ove il giudice abbia inflitto una pena in contrasto con la previsione di legge ma in senso favorevole all'imputato, si realizza un errore al quale la Corte di cassazione, in difetto di specifico motivo di gravame da parte del pubblico ministero, non puo' porre riparo ne' con le formalita' di cui agli articoli 130 e 619 c.p.p., versandosi in ipotesi di errore di giudizio e non di errore materiale del computo aritmetico della pena, ne' in osservanza all'articolo 1 c.p. e in forza del proprio compito istituzionale di correggere le deviazioni da tale disposizione, in quanto la possibilita' di correggere in sede di legittimita' l'illegalita' della pena, nella specie o nella quantita', e' limitata all'ipotesi in cui l'errore sia avvenuto a danno dell'imputato, essendo anche in detta sede non superabile il limite del divieto della "reformatio in peius". (Sez. 3, n. 30286 del 09/03/2022, Nardelli, Rv. 283650 - 02). 2. (OMISSIS), (capi 2, 4, 5, 7, 8, 10, 11, 12 e 13 - concordato) 2.1. Con un unico motivo deduce la violazione di legge in relazione all'articolo 599-bis c.p.p. sotto il profilo dell'illegalita' della pena: - nell'operare la rideterminazione della pena con conseguente calcolo della continuazione per ogni singolo reato satellite e' stata esclusivamente determinata la reclusione con conseguente omessa quantificazione della pena pecuniaria; - non e' stata operata alcuna specificazione in ordine alla pena pecuniaria se non l'indicazione finale in 1.600,00 Euro di multa che pure a volerla prendere per buona non corrisponde all'originaria pena pecuniaria (Euro 2.200,00) ridotta di un terzo per la scelta del rito abbreviato. 2.1. Il ricorso e' inammissibile poiche' le censure svolte muovono da errati presupposti di fatto che rendono i motivi non consentiti in questa sede. Quanto alla determinazione della pena per il reato continuato, la mancanza dell'indicazione degli aumenti di pena pecuniaria per ciascun reato avvinto dal vincolo della continuazione rispetto all'ipotesi base di cui al capo 4) (pena base anni sei di reclusione ed Euro 2.400,00 di multa), e' conseguenza della scelta delle parti, favorevole all'imputato, di infliggere gli aumenti ex articolo 81 cpv. c.p. unicamente sulla reclusione. Quanto alla pena pecuniaria inflitta a seguito di concordato, la Corte di merito risulta avere indicato la misura della pena pecuniaria in ordine al reato continuato su cui e' stata poi operata la diminuzione per il rito abbreviato, cosi' pervenendosi ad una pena finale inferiore in tutte le sue componenti a quella inflitta dal GUP. 3. (OMISSIS), (capi 4, 5, 7, 8 e 13 - concordato) 3.1. Con unico motivo si eccepisce la violazione dell'articolo 130 c.p.p. e l'omessa motivazione in relazione all'evidenziata discrasia contenuta nei dispositivi della Sentenza GUP depositata il 13/03/2021 (ove l'imputato risultava condannato anche per i capi 15 e 16 in relazione ai quali, invece, nella parte motiva della sentenza e nel relativo calcolo risultava invece assolto), rispetto al dispositivo letto in udienza il 14/12/2020 (ove era correttamente indicato che la condanna riguardava esclusivamente i capi 4, 5, 7, 8 e 13, con contestuale assoluzione dai capi 1, 15 e 16). Lamenta che la Corte di merito sia incorsa nello stesso errore, avendo nella parte introduttiva della sentenza impugnata riportato che l'imputato era stato condannato anche per i capi 15 e 16. 3.1. Il motivo e' inammissibile perche' non consentito in questa sede. Invero, nel caso in esame la Corte d'appello non ha affatto riprodotto l'errore materiale in cui era versato il giudice di primo grado, laddove nel dispositivo della sentenza aveva erroneamente indicato che l'imputato era statio condannato anche per i delitti di cui ai capi 15) e 16) della rubrica, in relazione ai quali la motivazione della sentenza, al pari dello stesso dispositivo letto in udienza, dava chiaramente ad intendere che rispetto a detti reati l'imputato era stato invece assolto. La Corte territoriale, invero, ha fatto riferimento ai capi 15 e 16 esclusivamente laddove ha riportato in senso "grafico" le conclusioni del GUP di cui al dispositivo della sentenza, ma ha, al contempo, ben chiarito che il concordato e la pena inflitta deve intendersi limitata esclusivamente ai capi 4, 5 7, 8 e 13 della rubrica (vedi pag. 49). Si tratta, pertanto, di una ipotesi di correzione di errore materiale che investe il dispositivo della sentenza impugnata - nel senso che l'imputato e' stato assolto dalle imputazioni di cui ai capi 1, 15 e 16 - a cui deve provvedere, stante l'inammissibilita' del ricorso, la Corte di appello su istanza di parte. 4. (OMISSIS), (capi 3, 4, 5, 7, 8, 10, 11 e 12, rideterminazione della pena inflitta). 4.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli elementi costitutivi del reato di cui al capo 3 (tentata truffa aggravata) sotto il profilo tanto dell'idoneita' degli atti compiuti che della loro univocita', tanto meno le sue intenzioni fraudolente. 4.1. Il motivo e' inammissibile poiche' volto a prefigurare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimita' ed avulso da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito. L'esclusione della tentata truffa, infatti, si fonda su un'ipotetica ricostruzione alternativa degli eventi - che riconduce la vicenda ad un malinteso tre le parti - a fronte, invece, di una motivazione che mediante il riferimento alle precise e circostanziate dichiarazioni della persona offesa, da' conto di come le manovre e i comportamenti posti in essere dall'imputato nelle circostanze di tempo e di luogo di cui all'imputazione, fossero univocamente volte a provocare un tamponamento al fine di conseguire indebitamente un risarcimento dei danno non dovuto. 4.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli elementi costitutivi dei reati di cui ai capi 4 e 5 (estorsione aggravata e violenza privata) ed alla mancata riqualificazione del fatto di cui al capo 4 nel reato di truffa, in quanto il soggetto passivo e' stato indotto in errore e non costretto alla consegna del denaro. 4.2. Il motivo e' generico quanto alla prospettata differente qualificazione giuridica del fatto estorsivo di cui al capo 4, in quanto si fonda su un dato di merito, estrapolato dall'intero contesto della vicenda per come ricostruita dai giudici di merito, facendo leva sul rilascio ad opera degli imputati di una ricevuta quale quietanza del risarcimento ottenuto, non affatto espressiva del pregresso svolgimento di una fase di carattere negoziale sia pure viziata dall'originaria induzione in errore, bensi' quale conseguenza del contesto minaccioso e violento che gli imputati avevano determinato, cosi' costringendo la persona offesa ad una dazione ingiusta. Manifestamente infondato e' il motivo sulla sussistenza della violenza privata, in quanto - al di la' della natura di merito della censura svolta in quanto volta a prospettare una differente ricostruzione dei fatti non asseverata dai giudici di merito e delle prove raccolte - alla ripetuta condotta minacciosa e violenta degli imputati si deve l'arresto della marcia a bordo di strada ad opera della p.o. ed il suo sottostare agli atti prevaricatori realizzati ai suoi danni (tra cui quello di sottostare ad una sorta di perquisizione). 4.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli elementi costitutivi dei reati di cui ai capi 7 e 8 (tentata estorsione aggravata e violenza privata) ed alla mancata riqualificazione del fatto di cui al capo 7 nel reato di truffa, stante l'adozione di uno stratagemma fraudolento ovvero in quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni sul rilievo che le manovre che hanno determinato l'impatto tra i veicoli potevano essere tali da poter giustificare il comportamento degli imputati. 4.3. I motivi risultano manifestamente infondati in quanto costituiti da mere doglianze in punto di fatto che risultano essere state motivatamente disattese dalle sentenze di merito che hanno ricondotto - sulla scorta delle precise e circostanziate dichiarazioni della persona offesa, peraltro corroborate dall'intervento della polizia giudiziaria che determinava la fuga degli imputati - la condotta degli imputati al ripetuto cliche' volto, col collaudato stratagemma del tamponamento "accidentale", ad estorcere denaro alle vittime anche mediante violenza e minaccia, attraverso manovre e comportamenti incidenti anche sulla liberta' di autodeterminazione, con esclusione quindi tanto della prospettata induzione quanto dell'esistenza di circostanze di fatto idonee a configurare una pretesa legittima di risarcimento. 4.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli elementi costitutivi dei reati di cui ai capi 10, 11 e 12 (estorsione aggravata, violenza privata e tentata estorsione aggravata) ed alla mancata riqualificazione del fatto di cui ai capi 10 e 12 nel reato di truffa. 4.4. Le censure sono manifestamente infondate in quanto hanno valenza di merito e sono nel complesso volte a prefigurare una alternativa ricostruzione dei fatti motivatamente disattesa dalle sentenze di merito in assenza di alcune illogicita'. Peraltro, il rilievo che, quanto alla vicenda estorsiva di cui al capo 10), non sarebbe stato il ricorrente ha sottrarre i 300,00 Euro dal portafoglio della vittima, non si confronta con una ricostruzione della vicenda - in aderenza all'imputazione di concorso di persone nel reato elevata - che vede gli imputati agire di concerto previa intesa tra loro, cosi' risultando indifferente, ai fini dell'affermazione di responsabilita', l'individuazione del correo che abbia, poi, compiuto l'azione volta ad entrare in possesso dell'ingiusto profitto. Quanto, poi, alla riconducibilita' al paradigma della minaccia della condotta di prospettare alle persone offese "di fare causa alla loro assicurazione se non avessero pagato in contanti il danno presumibilmente cagionato", va ribadito che la minaccia e', altresi', integrata da quei comportamenti che, in apparenza, sono diretti alla realizzazione del contenuto di un diritto, ma che in realta' mirano a perseguire un obiettivo non solo diverso ma anche confliggente con quello tipico (Sez. 6, n. 24774 del 06/06/2022, Rv. 283607 - 02). Nel caso in esame, il ricorso alla denunzia e' strumentale a costringere le persone offese a corrispondere immediatamente e in contanti la somma avuta di mira e si inserisce nell'ambito di un contesto di fatto gia' caratterizzato da una evidente situazione di intimidazione, per come riferito dalle persone offese le quali hanno fatto anche riferimento ad un atteggiamento aggressivo e minaccioso del tutto coerente con la realizzazione dell'obiettivo illecito avuto di mira. 4.5. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata esclusione della contestata recidiva, poiche' alcuna motivazione e' contenuta in sentenza riguardo alla decisione di non escludere la recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale. 4.5. Il motivo e' inammissibile per carenza di interesse perche' la Corte di appello nel calcolo della pena non ha applicato la recidiva. 4.6. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. In particolare, si erano valorizzati elementi negativi della condotta riferibili ai delitti di natura estorsiva, ma non pertinenti con riguardo a quelli di truffa oggetto di giudizio. 4.6. La censura e' manifestamente infondata. La mancata concessione delle attenuanti generiche e' giustificata da motivazione esente da vizi, essendosi richiamati plurimi elementi ostativi, tra i quali sono compresi anche indici "spendibili" per i delitti di truffa commessi, quali i numerosi precedenti penali, anche specifici, annoverati dall'imputato. In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione. (Nella specie, la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell'esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell'imputato; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269 - 01). 5. All'inammissibilita' dei ricorsi consegue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro tremila in favore della Cassa per le ammende, cosi' determinata in ragione dei profili di inammissibilita' rilevati (Corte Cost., 13 giugno 2000 n. 186). P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DIOTALLEVI Giovanni - Presidente Dott. IMPERIALI Luciano - rel. Consigliere Dott. VERGA Giovanna - Consigliere Dott. DI PAOLA Sergio - Consigliere Dott. SGADARI Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); avverso la sentenza del 01/02/2021 della CORTE APPELLO di NAPOLI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere IMPERIALI LUCIANO; Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Napoli con sentenza in data 01/02/2021 ha confermato il giudizio di penale responsabilita' espresso il 28/9/2016 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine al delitto di rapina aggravata in concorso loro ascritto, riformando parzialmente la sentenza del primo giudice con la declaratoria di estinzione per prescrizione dei reati di violenza privata e lesioni personali e la riforma del trattamento sanzionatorio anche in virtu' del giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti contestate. 2. Avverso la pronuncia della Corte territoriale hanno proposto ricorso per cassazione i tre imputati. 3. Il ricorso presentato nell'interesse di (OMISSIS) si fonda su due motivi di impugnazione: 3.1. Mancanza o insufficienza di motivazione in ordine alle censure rivolte dalla difesa alla pronuncia del primo giudice con l'atto di appello anche con riferimento alle ragioni per le quali potevano fare ingresso nel dibattimento le dichiarazioni delle persone offese, resesi irreperibili. 3.2. Violazione del disposto dell'articolo 512 c.p.p., e articolo 526 c.p.p., comma 1 bis per essersi ritenute utilizzabili le dichiarazioni rese dalle persone offese durante le indagini in considerazione dell'asserita imprevedibilita' della loro irreperibilita' sulla base della mera considerazione che si trattava di soggetti radicati nel territorio italiano in considerazione dell'utenza telefonica da loro fornita alla P.G., che ne consentiva il rintraccio in ogni momento. Deduceva, inoltre, il predetto ricorrente che, anche a voler ritenere imprevedibile l'irreperibilita' delle persone offese, si sarebbe dovuta almeno riconoscere la loro volonta' di sottrarsi all'esame testimoniale, con conseguente violazione dell'articolo 526 c.p.p., comma 1. 4. Anche il ricorso presentato nell'interesse di (OMISSIS) si fonda sulla deduzione della violazione di legge - in particolare dell'articolo 512 c.p.p. e articolo 56 c.p.p., comma 1 bis, ma anche dell'articolo 6 CEDU - in relazione alla ritenuta utilizzabilita' delle dichiarazioni rese in istruttoria dalle persone offese, una delle quali, il (OMISSIS), risultava avere cittadinanza nel Sudan, essere disoccupato ed identificato con mero fotosegnalamento, mentre l'altra l' (OMISSIS), residente in Ancona, era stato identificato tramite permesso di soggiorno della Prefettura di Ancona con scadenza nel 2013. Deduceva, pertanto, il ricorrente che sulla base di tali elementi non potersi ritenere imprevedibile la sopravvenuta impossibilita' di formare la prova dichiarativa in dibattimento nel contraddittorio delle parti, secondo il modello della prognosi postuma, sicche' l'acquisizione delle dichiarazioni rese durante le indagini dalle persone offese era stata effettuata in violazione dell'articolo 512 c.p.p.. Inoltre, sia il (OMISSIS) che l' (OMISSIS) erano a conoscenza di assumere la veste di testimoni, perche' si erano dichiarati impossibilitati per motivi lavorativi a partecipare all'udienza del 7/4/2014, per poi scomparire improvvisamente, onde la violazione del disposto dell'articolo 526 c.p.p., comma 1 bis e dell'articolo 6 CEDu nell'acquisizione delle loro precedenti dichiarazioni pur essendosi gli stessi sottratti volontariamente sottratti all'esame nel contraddittorio dibattimentale. 5. Il ricorso proposto nel'interesse di (OMISSIS) e' affidato a tre motivi di impugnazione: 5.1. Il primo motivo ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento all'acquisizione delle dichiarazioni delle persone offese pur essendosi le stesse volontariamente sottratte all'esame testimoniale nel contraddittorio del dibattimento, sulla base di una libera scelta e non gia' e di elementi esterni. 5.2. Con il secondo motivo di ricorso ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento al secondo motivo di appello, con il quale si era dedotto che il (OMISSIS) era intervenuto nella colluttazione al solo fine di evitare che il suo amico soccombesse nel litigio, e non gia' per perpetrare la rapina. 5.3. Con il terzo motivo di impugnazione il predetto ricorrente deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione del benefico della sospensione condizionale della pena sulla base di argomentazioni cumulative riferite al "certificato degli appellanti" ed alla condizione di stranieri senza dimora stabile. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi sono inammissibili, in quanto fondati su motivi non consentiti in questa sede. 2. Nella ricostruzione dei giudici di merito, il giorno dei fatti per cui e' processo, si verificava un tamponamento tra il furgone sul quale viaggiavano le due persone offese (OMISSIS) ed (OMISSIS) e l'autovettura sulla quale viaggiavano cinque persone che, al fine di evitare l'intervento delle forze dell'ordine, percuotevano il (OMISSIS) e l' (OMISSIS) e sottraevano loro due telefoni cellulari. Tale ricostruzione dei fatti non si fonda soltanto sulle dichiarazioni rese dalle persone offese, acquisite nonostante le stesse si siano rese irreperibili dopo essersi dichiarati impossibilitati per motivi lavorativi a partecipare all'udienza del 7/4/2014 e, pertanto, consapevoli di aver assunto la qualita' di testimoni, bensi' anche su altri elementi, quali il rinvenimento in possesso dell' (OMISSIS) di uno dei telefoni sottratti alle vittime, o le ammissioni dell' (OMISSIS) che ha ammesso il verificarsi di una lite, sia pure non la sua partecipazione alla stessa, e nessuno dei ricorsi si e' confrontato su tali elementi di prova, al fine di valutarne l'incidenza sulla ricostruzione dei fatti, cosi' incorrendo nel vizio di aspecificta'. Secondo l'ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte di Cassazione, alla quale si intende dare seguito, infatti, nell'ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l'inutilizzabilita' di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilita' per aspecificita', l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta "prova di resistenza", in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento (Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, Rv. 269218; Sez. 2, n. 30271 del 11/05/2017, Rv. 270303; analogamente, in tema di misure cautelari reali, cfr. Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Rv. 239699). 3. Anche gli altri motivi di impugnazione dedotti nell'interesse del (OMISSIS) sono inammissibili: il secondo perche', assumendo che il predetto ricorrente era intervenuto non gia' per impossessarsi di un telefono cellulare, bensi' solo per soccorrere un amico, prospetta una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione che esula dai poteri della Corte di cassazione, trattandosi, invece, di valutazione riservata, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita' la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu' adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. Un., 30/4/1997, n. 6402, riv. 207944; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, Rv. 229369). Del pari inammissibile - perche' attiene esclusivamente al merito della decisione impugnata - e' la censura con la quale il ricorrente (OMISSIS) si duole del diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena, non potendosi ravvisare alcuna illogicita' evidente nel giudizio prognostico negativo fondato dalla Corte territoriale, alla luce delle modalita' del fatto, sull'indisponibilita', per il ricorrente, di fissa dimora, circostanza in alcun modo smentita da inequivocabili atti processuali. 4. Alla dichiarazione di inammissibilita' dei ricorsi consegue, per il disposto dell'articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dai ricorsi, si determina equitativamente in Euro tremila. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente Dott. DOVERE Salvatore - Consigliere Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere Dott. RICCI Anna Luisa - rel. Consigliere Dott. CIRESE Marina - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 16/02/2022 della CORTE APPELLO di TORINO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa RICCI ANNA LUISA ANGELA; udito il PG che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata; uditi gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) del foro di TORINO in difesa di (OMISSIS) che hanno chiesto l'annullamento della sentenza impugnata; udito l'avvocato (OMISSIS) del foro di TORINO in difesa di (OMISSIS), che ha chiesto la conferma della sentenza ed il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte d'appello di Torino, giudicando in sede di rinvio a seguito di annullamento della Corte di Cassazione della sentenza di condanna pronunciata da altra sezione in riforma della sentenza di assoluzione del Tribunale di Torino, ha dichiarato (OMISSIS) responsabile del delitto di cui all'articolo 609 bis c.p. e articolo 609 ter c.p., u.c., commesso tra il (OMISSIS), in danno della nipote (OMISSIS) (nata il (OMISSIS)) e, esclusa la continuazione e la circostanza aggravante di cui all'articolo 61 c.p., n. 11 quinques, lo ha condannato alla pena di anni 8 di reclusione. Secondo la descrizione di cui all'imputazione (OMISSIS) aveva costretto in piu' occasioni la nipote (OMISSIS) a subire reiterati atti sessuali consistiti, da ultimo, in una penetrazione vaginale, in data anteriore e prossima al (OMISSIS). Gli abusi si sarebbero consumati nei momenti in cui la piccola era affidata al nonno e da ultimo nella notte fra il (OMISSIS), quando a seguito di penetrazione vaginale, erano derivate lesioni. I fatti erano emersi dopo che alle ore 23,00 del 14 agosto la bambina era stata accompagnata dalla madre al Pronto Soccorso dell'ospedale di (OMISSIS) a causa di un diffuso sanguinamento vaginale, del quale la donna si era accorta mentre la figlia era nel passeggino. All'esito degli accertamenti condotti dal personale sanitario era stata riscontrata una ferita lacero contusa e penetrante della vulva estesa a livello del piano perineale e della parte posteriore della vagina; la minore era stata trasportata all'Ospedale (OMISSIS) e sottoposta ad intervento chirurgico di sutura della ferita. 1.2. Dall'istruttoria effettuata nei diversi gradi di giudizio erano emersi alcuni dati di fatto, non oggetto di contestazione. 1.2.1 Innanzitutto erano stati ricostruiti gli accadimenti delle giornate del 13 e 14 agosto nel modo nel modo seguente: - (OMISSIS) aveva trascorso la notte del 13 agosto a casa dei nonni materni: la bambina aveva dormito in camera nel letto matrimoniale con il nonno (OMISSIS), mentre la nonna si era coricata in altra stanza e, prima, si era tolta gli apparecchi acustici; la mattina alle ore sette, (OMISSIS) aveva riferito alla moglie che durante la notte la bambina era caduta dal letto e si era messa a piangere, ma con il ciuccio si era poi riaddormentata; - la stessa mattina del 14 agosto (OMISSIS) si era incontrato con la figlia (OMISSIS) in centro e le aveva consegnato la piccola (OMISSIS); (OMISSIS) (separata dal marito e padre delle bambine (OMISSIS)) con (OMISSIS) e l'altra figlia (OMISSIS), di qualche anno piu' grande, era poi andata a casa dei genitori a prendere il caffe; mamma e figlie avevano pranzato insieme all'amica (OMISSIS) e ai figli di costei in un locale di (OMISSIS): durante il pranzo la bambina si era fatta la pipi' addosso e la madre l'aveva portata in bagno per cambiarla: la piccola era stata vista giocare ruotando su se' stessa e stando per terra; rientrate a casa, dopo il riposino pomeridiano, (OMISSIS) aveva fatto il bagnetto ad entrambe le figlie; in serata la madre, il nuovo compagno (OMISSIS) e le bambine si erano recati a mangiare al ristorante di (OMISSIS): consumata la pizza, le bambine si erano messe a giocare in una sala giochi attigua ( (OMISSIS) aveva fatto avanti e indietro tra il tavolo e la saletta) e, una volta usciti tutti dal locale, avevano continuato a giocare con altri bambini in presenza degli adulti; verso le ore 22.00 tutti insieme erano andati a prendere un gelato a (OMISSIS); verso le ore 23.00, mentre si trovava sul passeggino, (OMISSIS) si era messa la mano fra le gambe: a mamma, pensando si fosse fatta la pipi' addosso, l'aveva sollevata e si' era resa conto che l'asciugamano posto a rivestimento del passeggino era sporco di sangue, sicche' insieme a compagno aveva portato la bambina in ospedale, ove erano state riscontrate le lesioni supra descritte. 1.2.1 Durante la degenza presso l'Ospedale (OMISSIS) a seguito delle lesioni riportate, la piccola (OMISSIS) aveva effettuato plurimi colloqui con la Dott.ssa (OMISSIS) psicologa ivi in servizio, nel corso dei quali aveva mostrato profonda angoscia e comportamenti fortemente erotizzati, spesso drammatizzando atti sessuali in cui il nonno materno era protagonista. 1.2.2. I genitori e la nonna della bambina avevano riferito che fin dai primi mesi di vita (OMISSIS) era solita masturbarsi in maniera ossessiva, strusciandosi contro le sbarre della ringhiera, alla cinghia del passeggino o del seggiolino dell'auto e (sembrerebbe) anche introducendosi oggetti in vagina. 1.2.3. Le perquisizioni eseguite il 27 agosto 2013 presso le abitazioni e gli autoveicoli nella disponibilita' della madre della bambina, del padre, dei nonni e del compagno della madre non avevano consentito di rinvenire alcun elemento utile ai fini della ricostruzione dei fatti. Anche gli accertamenti all'interno dell'appartamento dei nonni, effettuati, peraltro, a distanza di tempo rispetto ai fatti a seguito del sequestro dell'alloggio del 27 agosto, volti alla ricerca di tracce ematiche tramite il luminol, avevano dato esito negativo. 1.3. Nel corso del processo si era, invece, registrata contestazione in ordine alla collocazione del momento esatto nel quale erano state prodotte le lesioni riscontrate sulla bambina. Le consulenti del Pubblico Ministero, Dott.ssa (OMISSIS) (specialista in ginecologia) e prof.ssa (OMISSIS) (medico legale) avevano concluso nel senso che "non vi e' nulla che contrasti con l'ipotesi che la bambina possa essere stata vittima di violenza sessuale molte ore prima, fino a 24 ore prima dell'arrivo in P.S. di Chivasso". Secondo tali conclusioni al momento del verificarsi delle lesioni, la bambina doveva avere lamentato dolore, del tutto verosimilmente pianto e certamente sanguinato: poi, il processo dell'emostasi, probabilmente favorito anche da manovre di tamponamento, aveva consentito all'emorragia di arrestarsi; a distanza di varie ore, magari per l'azione di sfregamento sul seggiolino, per l'azione di grattamento della bambina, l'escara ancora fresca si era staccata: la bambina aveva ripreso a sanguinare. I consulenti della difesa, Dott. (OMISSIS) e prof.ssa (OMISSIS), avevano rilevato che il trauma generativo della lesione, al momento dell'arrivo al Pronto Soccorso, era molto recente, deponendo in tal senso la tipologia della ferita, l'andamento dei valori della emoglobina, l'assoluta incompatibilita' fra il benessere dimostrato dalla bambina nel corso della giornata e le attivita' praticate con la preesistenza delle lesioni, e avevano concluso nel senso che la lesione si era prodotta pochissimo tempo prima rispetto all'accesso al Pronto Soccorso. 1.4. (OMISSIS) in primo grado, con sentenza del Tribunale di Torino del 7 luglio 2016, era stato assolto dal reato su indicato con la formula perche' il fatto non sussiste. Con la stessa sentenza erano stati assolti anche (OMISSIS) (moglie dell'imputato e nonna della bambina), (OMISSIS) e (OMISSIS) (genitori della bambina) originariamente imputati ex articolo 40 cpv c.p. per non avere impedito l'evento. In estrema sintesi i giudici avevano ritenuto che "il fatto non sussista, non essendovi in atti alcun elemento che consenta... di individuare un luogo ed un momento in cui possa essere avvenuto un abuso sessuale ai danni della piccola (OMISSIS), ne' un riscontro oggettivo del suo essere accaduto". 1.4. La Corte di Appello, a seguito della impugnazione del Pubblico Ministero, in riforma della sentenza di assoluzione, aveva condannato l'imputato (OMISSIS) in ordine al delitto su indicato e aveva confermato l'assoluzione degli altri imputati con la diversa formula per non aver commesso il fatto. La riforma della sentenza di assoluzione era stata preceduta dalla rinnovazione dell'esame delle Dott.sse (OMISSIS) e (OMISSIS) (consulenti tecnici del Pubblico Ministero), del Dott. (OMISSIS) (consulente della difesa dell'imputato), nonche' dei testimoni (OMISSIS) (medico di PS dell'Ospedale (OMISSIS)), (OMISSIS) (pediatra di base di (OMISSIS), (OMISSIS) (psicologa presso l'ospedale (OMISSIS)), (OMISSIS) (psicologa presso lo stesso nosocomio), (OMISSIS) (amica che aveva pranzato con (OMISSIS) e con le figlie il giorno (OMISSIS)) e (OMISSIS) (titolare del ristorante ove (OMISSIS) con il compagno (OMISSIS) e con le figlie (OMISSIS) e (OMISSIS) aveva cenato la sera del (OMISSIS)). 1.5. La Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso dell'imputato, aveva annullato la sentenza della Corte di Appello con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Torino, rilevando alcuni vizi su cui si ritornera' infra e che si possono schematizzare nel modo seguente: a) difetto di motivazione rafforzata rispetto alla sentenza assolutoria, con particolare riferimento al mancato approfondimento di alcuni aspetti che erano contraddittori rispetto alla affermazione della responsabilita' ed al giudizio di mera improbabilita' della ipotesi per cui le lesioni risalivano ad un momento immediatamente precedente rispetto all'ingresso in PS e non potevano quindi essere addebitate all'imputato; b) mancato approfondimento scientifico del contenuto delle dichiarazioni del teste esperto Dott.ssa (OMISSIS) a proposito dei comportamenti sessualizzati della bambina osservati nel corso delle sedute in Ospedale nei giorni successivi al ricovero. 16 La Corte di Appello in sede di rinvio, rinnovando l'istruttoria ai sensi dell'articolo 603 c.p.p., ha proceduto all'esame ai sensi dell'articolo 197 c.p.p. dei testi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ed ha conferito incarico peritale alla psicologa Dott.ssa (OMISSIS) cui e' stato chiesto di pronunciarsi, previa valutazione degli atti del fascicolo e di ogni altra utile documentazione, in ordine alla causa delle masturbazioni e dei comportamenti tenuti dalla bambina ed osservati dalla Dott.ssa (OMISSIS) alla luce della letteratura scientifica maggioritaria. In esito la Corte ha confermato la condanna con riferimento unicamente alla violenza sessuale perpetrata nella notte fra il 13 ed il 14 agosto. 2. Avverso la sentenza l'imputato, a mezzo dei difensori, ha proposto ricorso formulando cinque motivi. 2.1. Con il primo motivo ha dedotto la violazione della legge processuale ed in specie dell'articolo 603 c.p.p., comma 3 bis. I difensori lamentano che la Corte di Appello sarebbe pervenuta al ribaltamento della sentenza di primo grado senza aver rinnovato l'esame delle fonti dichiarative utilizzate ed in specie l'esame delle Consulenti Tecniche del PM e della difesa. Ripercorsa l'evoluzione giurisprudenziale a proposito della necessita' per il giudice di Appello di rinnovare la prova dichiarativa prima di ribaltare la sentenza assolutoria di primo grado e richiamata la introduzione dell'articolo 603 c.p.p., comma 3 bis, il ricorrente si sofferma sulla sentenza Sez. 5 n. 3007 del 24/11/2020, dep. 2021, Rv. 280257 secondo cui "Nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della sentenza di appello che abbia ribaltato la sentenza di assoluzione di primo grado, e' necessaria la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale mediante nuova assunzione della prova dichiarativa ritenuta decisiva, anche nel caso in cui detta rinnovazione vi sia gia' stata nel giudizio di appello conseguente ad un precedente annullamento con rinvio, dovendo la stessa avvenire davanti al medesimo giudice-persona fisica che deve assumere la decisione". Nella sentenza di primo grado, centrale ai fini della pronuncia liberatoria, era stata l'audizione a dibattimento delle Consulenti Tecniche del PM (OMISSIS) e (OMISSIS) e del Consulente Tecnico della difesa (OMISSIS): secondo il Tribunale tutti gli esperti avevano concordato sull'assenza di elementi ai fini di una piu' precisa delimitazione dell'arco temporale, non potendosi trarre conclusioni certe al riguardo dalla valutazione del coagulo che la bambina presentava al momento dell'ingresso in PS, ne' dalla eventuale presenza del tessuto di coagulazione. Nella sentenza impugnata la corte territoriale sulla base delle dichiarazioni delle CM del PM aveva sovvertito l'esito, ritenendo che dalla lettura della relazione tecnica e delle dichiarazioni rese anche davanti al giudice di appello precedente emergessero alcuni dati ritenuti fondamentali ai fini della affermazione della responsabilita' penale di (OMISSIS) "al di la' di ogni ragionevole dubbio, ovvero che il coagulo riscontrato al momento dell'accesso al PS e del trasporto in ambulanza all'ospedale (OMISSIS) poteva aver trattenuto la fuoriuscita del sangue anche per un periodo relativamente lungo, che l'andamento dei valori della emoglobina portava a ritenere che il sanguinamento si fosse arrestato nell'immediatezza dell'evento traumatico e che sia poi ripreso, mentre la diminuzione del valore registrata nel corso della notte in ospedale poteva essere ritenuta assolutamente fisiologica in quanto la paziente fu infusa e si ingenerarono fenomeni di emodiluzione, che la lesione accertata poteva essere osservata ad occhio nudo a condizione che la madre avesse esplorato l'interno della vagina, aprendole le gambe ed interessandosi della parte protetta dalle labbra vaginali, circostanza che la madre aveva escluso". 2.2. Con il secondo motivo ha dedotto la mancanza di motivazione ed in particolare il difetto di motivazione rafforzata di una compiuta operazione di destrutturazione della sentenza assolutoria nei passaggi che avevano portato alla assoluzione dell'imputato. Osserva il ricorrente che il Tribunale di Torino era pervenuto a pronuncia assolutoria "non essendovi in atti alcun elemento che consenta come detto di individuare un luogo ed un momento in cui possa essere avvenuto un abuso sessuale ai danni della piccola ne' un riscontro oggettivo del suo essere accaduto". La Corte invece era partita dal presupposto che il Tribunale avesse attribuito la lesioni ad atti di automasturbazione e soprattutto non si era confrontata con l'argomentazione per cui sulla base delle prove scientifiche cosi' come interpretate e valutate dai testimoni esperti, non si poteva dire con certezza quando si fosse verificata la lesione e la riferibilita' soggettiva dell'evento all'imputato. Il Tribunale, sulla base dei dubbi espressi dalle consulenti del PM circa l'impossibilita' di addivenire ad una ricostruzione dei fatti solo sulla base dei reperti, aveva rilevato che si sarebbero dovuti mettere a fuoco fatti e circostanze delle ultime 24 ore e poi operare un confronti fra tali fatti e le ipotesi cliniche. La Corte non si sarebbe soffermata cosi' come invece sarebbe stato necessario in ragione del dictum della sentenza rescindente: - sulla carenza di riscontro scientifico all'ipotesi per cui l'imputato aveva cagionato un sanguinamento modesto, tale da essere tamponato e tale per cui la nipote non aveva avuto un dolore particolare; - sulle dichiarazioni della madre che nulla aveva riscontrato nelle numerose occasioni in cui nella giornata del 14 aveva cambiato la bambina e cosi' potuto osservare le sue parti intime: la madre dopo il bagnetto nel tardo pomeriggio aveva spalmato la crema sui genitali della bimba e in tale occasione avrebbe dovuto percepire almeno la ferita esterna; - sulle conversazioni registrate da cui era emerso che la madre il 16 agosto, parlando con un'amica, aveva fatto riferimento alla possibilita' che la bambina si fosse fatta male sfregandosi con il seggiolino e cosi' pure parlando lo stesso giorno con il fidanzato (OMISSIS) o ancora la mattina successiva con i sanitari dell'ospedale aveva affermato che c'era una cosa dura di cui la bambina aveva paura; - sulla tranquillita' mostrata dalla bambina nel corso di tutta la giornata del 14 agosto su cui si era soffermata la sentenza di primo grado; - sul mancato rinvenimento di tracce ematiche sul seggiolino che quanto meno la ferita esterna avrebbe dovuto provocare; - sui risultati negativi degli accertamenti effettuati preso l'abitazione dell'imputato: la Corte non aveva approfondito cosi' come richiesto dalla sentenza rescindente se da punto di vista scientifico fosse spiegabile il mancato rinvenimento delle tracce di sangue con il luminol sia pure a distanza di pochi mesi e come si conciliasse che tali tracce erano state invece trovate a casa della madre della bambina; - sulla inconciliabilita' dei valori dell'emoglobina, normali al momento del ricovero e scesi nelle ore successive, con l'ipotesi per cui le lesioni risalivano a 24 ore prima e sanguinamento conseguente fosse stato tamponato dall'imputato in maniera artigianale; - sull'atteggiamento della bambina verso il nonno durante il ricovero in ospedale, quando appunto la piccola (OMISSIS) aveva mostrato di volerlo vicino, e sulla conciliabilita' di tale atteggiamento rispetto alla ipotesi di accusa; - sulle testimonianze raccolte nel corso del processo di primo grado che avevano descritto un contesto famigliare pieno di premure e attenzioni nei confronti delle bambine (OMISSIS); - sulle dichiarazioni di (OMISSIS) in sede di audizione protetta nel corso delle indagini e sul fatto che nella intercettazione ambientale effettuata in ospedale la bambina aveva detto al padre: "guarda che mi sono fatta male da sola"; 2.3. Con il terzo motivo ha dedotto il vizio di motivazione ed il travisamento della prova scientifica in ordine alla datazione delle lesioni. La sentenza rescindente aveva rilevato come la prima Corte avesse fondato il convincimento in ordine alla affermazione della responsabilita' su una valutazione di non improbabilita' della ipotesi per cui il primo sanguinamento risalisse a 24 ore prima ed aveva invitato il giudice del rinvio a confrontarsi, con metodologia corretta, con la prova scientifica in ordine ai temi del sanguinamento, dei valori della emoglobina, del significato del coagulo, della incompatibilita' delle lesioni riscontrate con l'atteggiamento tenuto dalla bambina nella giornata del 14 agosto e a condurre l'indagine causale con confronto fra ipotesi e fatti. La Corte di Appello, a fronte della sollecitazione della corte rescindente, era ancora una volta incorsa in uno scorretto approccio alla prova scientifica con riferimento a tutti i profili indicati. Invero: - sul tema del sanguinamento. Da un lato al fine di scartare l'ipotesi, peraltro non esclusa dalle Consulenti Tecniche del PM, della risalenza delle lesioni ad un momento prossimo e di poco precedente all'arrivo al PS, si sostiene che (OMISSIS) al momento del fatto doveva aver perso gran quantita' di sangue, piangere e gridare e dall'altro, per superare il mancato rinvenimento di sostanza ematica presso l'abitazione dell'imputato, si sostiene l'esatto contrario e cio' che (OMISSIS) non perse che poco sangue, non provo' molto dolore tanto da riaddormentarsi e non si agito' rimanendo immobile nel letto. La Corte, inoltre, poggia tale valutazione su alcuni dati, a torto ritenuti incontroversi, quale quello per cui (OMISSIS) al momento dell'abuso giacesse distesa e quello per cui alla ripresa del sanguinamento in ospedale venne constatata la presenza di coaguli. Il mancato rinvenimento delle tracce ematiche presso l'abitazione dell'imputato, giustificato dalla Corte con il fatto che era passato del tempo, non si conciliava con il rinvenimento delle tracce di sangue trovate su materasso della mamma e risultate poi appartenere alla stessa. La sentenza impugnata, dunque, aveva aderito, arricchendola di fatti nuovi mai accertati nel processo, alla medesima motivazione gia' ritenuta insufficiente e carente dalla corte rescindente e in ogni caso non aveva giustificato come mai la ferita cutanea superficiale, per la quale non potevano essere chiamati in causa fenomeni di coagulazione, non avesse sanguinato durante la giornata. - sul tema dell'andamento dei valori dell'emoglobina. La Corte, per giustificare la diminuzione sensibile della emoglobina nelle ore successive al ricovero presso il PS, significativa delle lesioni in momento prossimo al ricovero, era stata costretta ad ipotizzare che la bambina al momento dell'evento non avesse sanguinato in maniera abbondante: ma tale dato sarebbe stato smentito dalle Consulenti Tecniche del PM che avevano sempre parlato di sanguinamento abbondante ed era comunque irragionevole che una lesione di tal fatta sanguini poco nel momento in cui viene prodotta e sanguini in maniera profusa a distanza di 24 ore. Nell'affermare che l'abbassamento nella notte della emoglobina era dovuto ad ipotesi di emodiluzione, la Corte non si era confronta con l'opinione del CT (OMISSIS), il quale aveva categoricamente escluso che, per effetto della emodiluzione, l'emoglobina potesse scendere addirittura di tre punti; - sul tema del coagulo. Il fatto che il mancato sanguinamento della ferita fosse da imputare ad un arresto per l'avvio del processo di coagulazione, poi interrotto con successiva ripresa della emorragia, e' mera ipotesi e non dato certo; - sul tema della presenza nella ferita del tessuto di granulazione. La Corte fa riferimento al materiale fotografico e afferma che, seppure sarebbe stato necessario esame istologico, comunque anche dal punto di vista macroscopico si poteva apprezzare un tessuto criboso ai margini della ferita e non liscio. Il ricorrente obietta che la Corte in tal modo si sarebbe fatta creatrice di una sua tesi e che comunque il medico che ebbe ad operare la bambina aveva invece riferito di non aver visto tessuto di granulazione; - sul tema della incompatibilita' fra la presenza di una ferita quale quella riscontrata e le attivita' svolte da (OMISSIS) nella giornata del 14 agosto. La sentenza non aveva motivato in ordine alla possibilita' che la ferita, anche quella superficiale, non avesse sanguinato per tutta la giornata e sulla compatibilita' dello stato di benessere, tranquillita' e vivacita' della bambina con la presenza di lesioni del tipo di quelle riscontrate. In proposito la Corte non si era confrontata con le considerazioni della CT (OMISSIS), secondo cui alle puerpere con lacerazioni meno importanti viene raccomandato di stare ferme. Con il motivo in esame inoltre la difesa contesta, quale travisamento della prova, il passaggio della motivazione della sentenza impugnata nel quale la Corte ha riportato le dichiarazioni rese da (OMISSIS) in sede di rinnovazione dell'istruttoria: la Corte avrebbe riportato nella sentenza solo il brano in cui la teste aveva riferito di non aver aperto le cosce della bambina e non anche il brano successivo in cui la teste aveva riferito di "aver fatto una passata di crema normale... metto la crema.. ovviamente guardo dove la metto.. sdraiata.. ho fatto la passata di crema veloce sul corpo, sulla patatina con quella per le parti intime". La difesa contesta anche il riferimento nella sentenza impugnata al fatto che (OMISSIS) fosse dipendente, anche emotivamente, dal nonno materno, a giustificazione del fatto che la piccola anche durante il ricovero in ospedale avesse reclamato la sua presenza. 2.4. Con il quarto motivo ha dedotto vizio di motivazione e travisamento della prova in ordine alla valutazione della perizia psicologica della Dott.ssa (OMISSIS) ed alla valutazione delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) in sede di audizione protetta. La Dott.ssa (OMISSIS), invero, aveva concluso nel senso che i comportamenti compulsivi di masturbazione ed i comportamenti sessualizzati che si manifestavano negli stati dissociativi, cosi' come descritti da (OMISSIS), dovessero trovare spiegazione in circostanze traumatiche che avevano interessato parti del corpo, ma aveva anche precisato che non e' possibile dedurre dal legame dissociazione/trauma la certezza dell'abuso. I giudici, invece, avevano ritenuto la perizia della Dott.ssa (OMISSIS) fondante ai fini della affermazione della penale responsabilita' in quanto conforme alle conclusioni della Dott.ssa (OMISSIS) e della Dott.ssa (OMISSIS) (consulente tecnico del PM che aveva partecipato alla audizione protetta della minore). Sull'erroneo assunto che la Dott.ssa (OMISSIS) avrebbe confermato la tesi della Dott.ssa (OMISSIS), la sentenza impugnata aveva ritenuto erroneo il ragionamento del Tribunale nella parte in cui aveva sostenuto che le valutazioni psicologiche in atti devono cedere di fronte alle testimonianze di vita reale e vissuta circa il contesto famigliare. La difesa lamenta, inoltre, che la corte aveva valutato le dichiarazioni rese da (OMISSIS) in sede di audizione protetta come ricche di "spiragli informativi", ma non avrebbe considerato che la stessa bambina nel corso della intercettazione ambientale in ospedale il 16 agosto 2013 alla domanda del padre su come si fosse fatta male alla patatina, avesse risposto, con tono sereno come annotato dagli operanti, "guarda che mi sono fatta male da sola". Si tratterebbe - secondo la difesa - di omissione rilevante e decisiva, perche' si risolve nella mancata critica alla sentenza assolutoria di primo grado che anche su tale elemento di prova, oltre che sulle dichiarazioni della madre e del padre delle bambine nelle conversazioni intercettate nella immediatezza dei fatti, aveva fondato l'ipotesi alternativa per cui la ferita non era imputabile a qualsivoglia condotta abusante dell'imputato. 2.5 Con il quinto motivo ha dedotto il vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze generiche ed in ordine alla determinazione della pena. La difesa lamenta che la Corte nel motivare in ordine alla mancato riconoscimento delle attenuanti era partita dal rilievo per cui le stesse "non erano state neppure evocate, in via subordinata dalla difesa dell'imputato", in violazione del disposto di cui all'articolo 597 c.p.p., u.c. ed aveva anche affermato che la persona offesa si era trovata in situazione di minorata difesa in quanto sveglia durante il compimento dell'atto e non era riuscita ad opporre resistenza", in contraddizione con altro passaggio della sentenza, nella quale aveva affermato che durante la violenza (OMISSIS) era addormentata ed aveva percio' percepito in modo piu' attenuato il dolore. Infine la Corte aveva a tal fine anche valorizzato in maniera esorbitante rispetto al capo di imputazione la circostanza che il reato aveva cagionato una lesione personale alla minore. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso deve essere accolto, quanto ai seguenti rilievi che attengono ai primi tre motivi con assorbimento del quinto motivo. 2. Occorre, innanzitutto, prendere le mosse dalla sentenza rescindente di annullamento. La Corte di Cassazione, muovendo dalla premessa che, a fronte della indiscussa riconducibilita' delle lesioni ad un trauma da penetrazione (non negata neppure dai consulenti dell'imputato), la collocazione del momento esatto nel quale erano state prodotte le lesioni riscontrate sulla bambina in ospedale assumeva un ruolo centrale nella ricostruzione dei fatti e nell'accertamento della responsabilita' dell'imputato, aveva osservato che: 1) in ossequio al principio di presunzione di innocenza dell'imputato (articolo 27 Cost., comma 2), la condanna puo' essere pronunciata solo se l'imputato risulta colpevole al di la' di ogni ragionevole dubbio (articolo 533 c.p.p., comma 1), con la conseguenza che il giudice dell'impugnazione che condanna l'imputato assolto in primo grado deve escludere, prima di ogni altra cosa, la ragionevolezza del dubbio che ha determinato la prima decisione. Il che obbliga il giudice dell'appello a adottare la c.d. motivazione rafforzata volta a dimostrare l'incompletezza o la non correttezza ovvero l'incoerenza delle relative argomentazioni con rigorosa e penetrante analisi critica seguita da corretta, completa e convincente motivazione che, sovrapponendosi a tutto campo a quella del primo giudice, senza lasciare spazio alcuno, dia ragione delle scelte operate e del privilegio accordato ad elementi di prova diversi o diversamente valutati; 2) l'errore di metodo nel quale era incorsa la Corte di appello era stato quello di operare una diversa lettura del medesimo compendio probatorio, utilizzando i risultati della CT del PM e le dichiarazioni della Dott.ssa (OMISSIS) senza un serrato e compiuto confronto con gli argomenti indicati dal Tribunale a sostegno della decisione assolutoria. Acclarata la causa delle lesioni, la Corte di appello aveva piegato in senso accusatorio tutto il restante materiale probatorio affidandosi a giudizi di "compatibilita'/non incompatibilita'/verosimiglianza/inverosimiglianza", che, piuttosto che veicolare il dubbio, come logicamente dovrebbero, lo escludono. Nel caso in esame, le concrete acquisizioni probatorie che in qualche modo mettevano in discussione il giudizio di non improbabilita' della risalenza delle lesioni fino a 24 ore prima del ricovero di (OMISSIS) in pronto soccorso, erano state neglette o comunque scartate con motivazione insoddisfacente, con la conseguenza che il giudizio, piu' che sui fatti, si era fondato sul giudizio che di quei fatti era stato dato dai consulenti e da alcuni testimoni. L'ipotesi della natura modesta del sanguinamento al momento della lesione mal si conciliava, sul piano logico, con l'abbonamento sanguinamento al momento del ricovero e con le dichiarazioni della Dott.ssa (OMISSIS) che all'udienza del 04/06/2018 aveva affermato che al momento dell'evento la bambina doveva aver pianto e perso molto sangue: la questione - secondo la Corte - meritava un approfondimento e una spiegazione piu' rigorosi; 3) il mancato approfondimento, se non proprio dalla mancata valutazione, di vari aspetti della vicenda, alcuni dei quali avrebbero meritato quantomeno un ulteriore vaglio dibattimentale con riferimento alle dichiarazioni della madre della bambina, che aveva sempre riferito di non aver notato la ferita nelle plurime occasione in cui nella giornata del 14 aveva spogliato e addirittura lavato la bambina nelle parti intime; alla tranquillita' mostrata dalla bambina nel corso di tutta la giornata del 14 agosto, che costituisce un fatto certo il quale francamente mal si concilia, anche sul piano logico, con la presenza di una ferita cosi' invasiva e importante che non poteva non comportare senso di fastidio, durante la minzione o la defecazione; ai risultati negativi degli accertamenti effettuati nell'abitazione dell'imputato finalizzati alla ricerca di tracce di sangue e cio' senza nemmeno accertare in modo scientifico se una non modesta emorragia, quale quella ipotizzata dalla stessa Corte di appello, potesse essere rilevata con il Luminol anche a distanza di (pochi) mesi; ai valori dell'emoglobina, normali al momento del ricovero e scesi solo successivamente ad esso, il che mal si concilia con l'ipotizzato tamponamento artigianale della ferita da parte dell'imputato che avrebbe addirittura sortito effetti migliori delle terapie mediche; agli atteggiamenti affettuosi tenuti dalla bambina verso il nonno, giudicati dal tribunale assolutamente spontanei e genuini alla luce delle intercettazioni telefoniche e ambientali delle quali il primo giudice da' ampiamente conto e con le quali la Corte di appello non si confronta. La Corte di legittimita' aveva, dunque, invitato il giudice del rinvio, nei passaggi di cui paragrafi 7 e 8 della sentenza, a confrontarsi con i seguenti rilievi: - "il giudizio di "non improbabilita'" di una ipotesi (nel caso di specie l'immediato tamponamento del sanguinamento che a sua volta ipotizza come non improbabile un sanguinamento ottimamente gestito in modo artigianale) non esclude il contrario (il mancato tamponamento) e non puo' sorreggere una pronuncia di condanna al di la' di ogni ragionevole dubbio, perche' il mancato rinvenimento del sangue e' un fatto che contrasta la fondatezza della ipotesi ritenuta "non improbabile"; un fatto con il quale la Corte di appello non si e' misurata ispirandosi ai principi sopra enunciati. Altrettanto vale per la spiegazione fornita dalla Corte di appello circa il valore normale dell'emoglobina all'ingresso in pronto soccorso (spiegato in termini di immediato tamponamento in contrasto logico con l'abbassamento del valore nonostante l'intervento di personale medico e sanitario qualificato che quell'abbassamento non aveva scongiurato, laddove vi sarebbe riuscito il nonno) e il comportamento assolutamente normale tenuto dalla bambina nel corso della giornata (come detto difficilmente spiegabile in costanza di una ferita cosi' importante collocata nelle zone intime)"; - non era stata effettuata adeguata verifica della compatibilita' del sicuro sanguinamento della bambina al momento delle lesione e con l'esito negativo dell'accertamento mediante Luminol. - non erano state vagliate le valutazioni espresse dalla Dott.ssa (OMISSIS), pure teste qualificato, a proposito di quanto dalla stessa osservato nel corso dei colloqui con la bambina attraverso un approfondimento scientifico del tema di indagine (la causa delle masturbazioni e dei comportamenti tenuti dalla bambina ed osservati dalla testimone). 3.La Corte di Appello, al fine di ottemperare al dictum della sentenza rescindente, ha proceduto alla rinnovazione istruttoria con escussione dei testi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ed ha conferito incarico peritale alla psicologa Dott.ssa (OMISSIS) demandandole l'accertamento in ordine alla causa delle condotte masturbatorie e, piu' in generale, l'accertamento delle genesi dei comportamenti della bambina, come osservati dalla Dott. (OMISSIS). 3.1. Nella sentenza si da' atto delle risultanze della rinnovata istruttoria nei seguenti termini. 3.1.1. La madre e la nonna della bambina hanno confermato di aver avuto modo di effettuare lavaggi nelle parti intime della piccola (OMISSIS) nel corso della giornata del 14 agosto in diverse occasioni e di non avere riscontrato nulla di anomalo. La madre ha spiegato di avere, dopo il bagnetto, proceduto, come era solita fare, ad applicare la crema sui genitali della bambina, pur senza andare in profondita' e pur senza averle "aperto le coscine o controllato la patatina". 3.1.2. La Dott.ssa (OMISSIS), sulla base del materiale dichiarativo acquisito nel corso della rinnovata istruttoria e del materiale probatorio costituito dalle prove documentali e dichiarative formatasi nel corso dell'intero processo, ha concluso nel senso che i gesti automasturbatori manifestati da (OMISSIS) erano ascrivibili a fenomeni di dissociazione, ovvero a meccanismi difensivi, efficaci anche se disfunzionali, che consentono di risolvere conflitti inconciliabili e di isolarsi da esperienza catastrofiche attraverso la protezione del se'; che (OMISSIS), anche durante la degenza ospedaliera non aveva dato segni di provare dolore fisico, dimostrando in tal modo una condotta di dissociazione somatoforma; che i comportamenti osservati dalla Dott.ssa (OMISSIS) erano densi di riferimenti sessualizzati in cui il nonno risultava essere sempre un personaggio centrale, accompagnati da reazioni di tipo dissociativo di disgusto, di versi, di evocazioni orali, con forte agitazione motoria; che quanto osservato dalla Dott.ssa (OMISSIS) era stato riprodotto da (OMISSIS) nel corso del suo esame davanti al Pubblico Ministero alla presenza del consulente tecnico psichiatra Dott.ssa (OMISSIS); che (OMISSIS), dunque, presentava "una maturita' adeguata e, talvolta, descritta come superiore all'eta', buone competenze relazionali, autonomia e capacita' narrative per l'eta'; in presenza di stimoli specifici che riconducono a sollecitazioni della bocca, al sangue ed alla nudita' dei personaggi che ricerca in modo sistematico, ripetuto e compulsivo manifesta reazioni abnormi, talvolta dissociandosi dalla relazione in corso, talvolta producendo scariche emotive motorie fisiologiche che segnalano che tali stimoli costituiscono trigger legati ad esperienze traumatiche."; 3.2. Nella sentenza sono, quindi, riepilogate le risultanze del restante materiale probatorio utilizzabili per la decisione, ovvero le relazioni della Dott.ssa (OMISSIS), la consulenza tecnica della Dott.ssa (OMISSIS) che aveva assistito all'assunzione di informazioni da parte del PM, la documentazione medica acquisita presso i due presidi sanitari che ebbero in cura la minore e le dichiarazioni rese a dibattimento dai sanitari e dal personale infermieristico e, infine, le consulenze medico legali e le dichiarazioni rese dai consulenti nel corso del processo (davanti alla Corte di Appello che aveva emesso la sentenza poi annullata). I giudici hanno, quindi, proceduto alla operazione di destrutturazione della sentenza di primo grado, finalizzata a fornire compiuta indicazione delle ragioni in forza delle quali una determinata prova assume una valenza dimostrativa diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado, nonche' a conferire alla decisione una forza persuasiva superiore. A tale fine hanno osservato che l'esito negativo della perquisizione presso la dimora dell'imputato non costituiva una prova incompatibile con l'ipotesi accusatoria e si spiegava sia in ragione del fatto che fu eseguita in data 27/8/2013, ossia dopo che l'appartamento era rimasto nella disponibilita' dell'imputato per ulteriori quattordici giorni dopo la commissione del fatto di reato ascrittogli, sia in ragione del fatto che l'abuso era avvenuto durante la notte del (OMISSIS), mentre (OMISSIS) era a letto e dove era rimasta distesa, subito dopo il fatto, cosi' da circoscrivere fortemente il sanguinamento; l'appartamento era rimasto nella disponibilita' di (OMISSIS) per un lungo tempo dopo i fatti, prima di essere sottoposto a sequestro, di guisa che il risultato negativo dell'accertamento rappresentava un dato neutro, di certo non dimostrativo del fatto che in quel luogo non possa essere avvenuto un sanguinamento, ben potendo essere state le tracce agevolmente eliminate in modo definitivo in quel lasso cronologico. Il mancato rinvenimento di oggetti, ipoteticamente utilizzati per la commissione del reato, era irrilevante perche' non si contestava all'imputato l'utilizzo di oggetti e la penetrazione poteva essere avvenuta con le dita della mano dell'imputato, ovvero con il pene; sia le Consulenti Tecniche del PM, che quelli della difesa avevano concordato nel ritenere che la causa delle lesioni riportate da (OMISSIS) fosse stato un evento traumatico ed avevano escludendosi in modo categorico l'ipotesi formulata dal Tribunale, ovvero che la causa delle lesioni risiedesse in un atto "automastartubatorio". La minimizzazione del portato probatorio delle valutazioni psicologiche era errata, sia in fatto, sia in diritto, in quanto la neutralizzazione di tale prova era stata effettuata sull'inesatto presupposto che la prova dichiarativa assunta in istruttoria dovesse a priori prevalere sulle valutazioni che la Dott.ssa (OMISSIS) e la Dott.ssa (OMISSIS) avevano espresso nel corso della loro deposizione; ai fini del decidere, doveva in ogni caso tenersi conto del sopraggiunto valore probatorio della perizia della Dott.ssa (OMISSIS), la quale aveva confermato integralmente quanto gia' riferito nel corso del loro esame e dei loro scritti da (OMISSIS) e (OMISSIS). Era errato sostenere che i c.d. atti di automasturbazione praticati da (OMISSIS) consistessero nell'inserimento delle proprie dita e/o di oggetti nella vagina, si' da avere potuto provocarsi da sola una lesione di quella natura, posto che, come si e' incontrovertibilmente appreso attraverso le deposizioni di tutti coloro che erano informati su tale fatto, tali gesti si esaurivano nello sfregamento compulsivo della parte esterna dell'inguine contro oggetti duri o comunque rigidi, sicche' da tali manovre, diffusamente descritte dai famigliari con ricchezza di dettagli che il primo Giudice ha immotivatamente ignorato e che hanno formato oggetto di esame anche in a sede di rinnovata istruttoria, non poteva essere derivata alcuna lesione. 3.3. La Corte ha poi dedicato un autonomo paragrafo alle conclusioni tecniche medico legali. In prima battuta La Corte ha dato conto delle conclusioni delle consulenti del Pubblico Ministero. Queste ultime avevano rilevato che le lesioni erano state causate da un corpo contundente (che ben poteva essere stato l'organo genitale maschile, ovvero il dito di un uomo adulto), attraverso un meccanismo di compressione e strappo che aveva generato abrasioni ed ecchimosi con sanguinamento e che doveva escludersi l'ipotesi di causazione della lesione correlate a traumi accidentali dei genitali (in quanto si dovrebbe immaginare "... una caduta con penetrazione all'interno della vagina di un oggetto in un momento in cui la bambina fosse (stata) priva di indumenti: in caso contrario, si sarebbe verificata anche la lacerazione degli indumenti..."ed in ogni caso le lesioni avevano prodotto un "... immediato sanguinamento e dolore") ovvero a atti di "automasturbazione"; il quadro generale che presentava (OMISSIS) al momento dell'arrivo al pronto soccorso dell'ospedale di (OMISSIS), caratterizzato che da dolorabilita' circoscritta alla zona genitale, deponeva per un evento traumatico risalente, altrimenti la bambina avrebbe accusato un dolore lacerante e si sarebbe trovata in una condizione di incontrollata agitazione psicomotoria, percependo intensi dolori interni; i valori emocromocitometrici desumibili dai referti delle plurime analisi effettuate offrivano "indicazioni risolutive", in quanto vi era stata una perdita ematica che ha determinato una riduzione dell'emoglobina da 12.7 a 9.7 durante la notte tra il giorno 14 ed il giorno 15 agosto 2013; questo dato esprime sia l'emorragia sia in parte l'emodiluzione dovuta alla terapia infusiva; erano stati osservati dal parte del personale sanitario, all'accesso presso l'ospedale, plurimi coaguli che ben potevano avere arrestato il sanguinamento per parecchie ore e anche la presenza di un fibrinogeno gia' diminuito, seppure di poco alle 24:00, faceva propendere per tale ipotesi, In conclusione, nella relazione di consulenza tecnica, si affermava che "... non vi e' nulla che contrasti con l'ipotesi che la bambina possa essere stata vittima di violenza sessuale molte ore prima, fino a 24 ore prima dell'arrivo in P. S. Chivasso. Al momento del verificarsi delle lesioni, la bambina deve avere lamentato dolore, del tutto verosimilmente pianto e certamente sanguinato; poi, il processo dell'emostasi, probabilmente favorito anche da manovre di tamponamento, ha consentito all'emorragia di arrestarsi. A distanza di varie ore, magari per l'azione di sfregamento sul seggiolino, per l'azione di grattamento della bambina, l'escara era ancora fresca e si e' staccata: la bambina ha ripreso a sanguinare". Le consulenti tecniche - prosegue la Corte - nel corso dell'istruttoria rinnovata nel precedente giudizio di appello avevano chiarito che pur non essendo possibile formulare una diagnosi di presenza certa di tessuto di granulazione in assenza dei dati istologici, tuttavia, sulla base dei reperti fotografici era possibile vedere "una certa granulazione" e che la letteratura contempla casi di "stabilizzazione" del coagulo il quale, con trascorrere del tempo diventa "... adeso... puo' mantenere la funzione di tamponamento... in alcune situazioni si stacca e riprende a sanguinare...": nel caso in esame il sanguinamento si era generato nella parte piu' interna della vagina della bambina, sicche' si era trattato di un "... coagulo sufficientemente stabile in considerazione del fatto che le pareti vaginali sono collabite... questo puo' avere trattenuto la fuoriuscita del sangue per un periodo anche relativamente lungo...", come confermato dalle dichiarazioni delle infermiere che avevano visto "grumi di coagulo", indicativi di "coagulo stabilizzato" e non "fresco"; inoltre... la lesivita' era stata prodotta dal pene in erezione e non da un oggetto tagliente, sicche' il sangue non era uscito a fiotti (nell'immediatezza la persona coinvolta nei fatti doveva avere colto la presenza di sangue sul suo organo genitale ed a livello dei genitali della bambina) e se vi era stato un tamponamento con un asciugamano, non si era inondato il letto; a distanza di due mesi dal fatto (OMISSIS) presentava un valore di emoglobina di 13 g/dl poiche' in occasione della prima analisi effettuata all'ingresso al pronto soccorso, la bambina presentava un valore di emoglobina di 12.7 g/l, ovvero il suo valore normale, doveva ritenersi che il sanguinamento si fosse arrestato nell'immediato (donde la formazione di coaguli) e fosse poi ripreso; la diminuzione del valore dell'emoglobina (passato da 12.7 g/dl a 9.7 g/dl durante la degenza) poteva ritenersi fisiologica, in quanto la paziente era stata infusa e si erano generati fenomeni di emodiluzione. La Corte ha, indi, preso in considerazione gli apporti dei consulenti della difesa e quanto emerso in sede di esame dibattimentale in contraddittorio. Dalla relazione a firma del Dott. (OMISSIS) e della prof.ssa (OMISSIS) era emerso che al momento dell'arrivo al pronto soccorso dell'ospedale di (OMISSIS) vi era perdita di sangue con un coagulo in vagina: il fatto che la bambina rifiutasse di essere visitata nella vagina dimostrava che ella accusava un dolore notevole; il trauma generativo della lesione doveva ritenersi molto recente rispetto all'arrivo di (OMISSIS) al nosocomio in quanto dalle fotografie scattate dai sanitari nel momento in cui sottoposero ad intervento chirurgico la minore (dunque a varie ore dall'arrivo al pronto soccorso dell'ospedale di (OMISSIS)) si scorge un coagulo non recentissimo con stratificazione di fibrina, coerente con un sanguinamento avvenuto poche ora prima; i margini della lacerazione presentavano traccia di tessuto di granulazione: essi sono lineari e regolari; la lacerazione, non dotabile con precisione, non mostrava alcuna traccia di fenomeni ripartivi; al momento della dimissione dall'ospedale" (OMISSIS) presentava un valore di emoglobina assai prossimo a quello accertato al pronto soccorso dell'ospedale di (OMISSIS), mentre, per contro, i valori registrati successivamente al ricovero, attestanti una riduzione di concentrazione di emoglobina nel sangue, non potevano spiegarsi solo come effetto e conseguenza dell'emodiluzione per somministrazione di liquidi, ma semmai come conseguenza di un recente sanguinamento: nell'arco di 11 ore circa la bambina era passata da una concentrazione di emoglobina normale ad una diluzione conseguente all'emorragia, sicche' tale dato deponeva per una emorragia recente rispetto all'accesso al pronto soccorso di (OMISSIS)."; le testimonianze delle persone che erano state con la bambina a cena e che l'avevano descritta come in pieno benessere, sorridente e serena erano in stridente contrasto con l'ipotesi che la bambina avesse gia' riportato le gravi lesioni genitali poi riscontrate in ospedale. I consulenti tecnici dell'imputato avevano, pertanto, concluso sostenendo che "... il tempo intercorso tra l'uscita dal ristorante (ore 21:38) e l'arrivo in pronto soccorso (ore 23:00 circa) e' lungo e non ci risulta che quella fase di attivita' della bambina siano testimoniate da persone estranee all'ambito familiare. L'ipotesi che in quell'arco di tempo si sia prodotta la lesione e' non solo accettabile ma ci pare l'unica coerente con tutti i dati a disposizione". Nel corso dell'esame dibattimentale davanti al collegio che aveva pronunciato la sentenza annullata- ha proseguito la Corte - i C.C.TT della difesa hanno ribadito che la Dott.ssa (OMISSIS) e la prof.ssa (OMISSIS) avevano trascurato di valutare la ferita della pelle e della cute del perineo che avevano certamente sanguinato e non potevano essere state interessate da fenomeni di coagulazione; che non era possibile scorgere dai rilievi fotografici il "tessuto di granulazione", il quale si genera a distanza di tempo - certamente superiore a ventiquattro ore - dalla causazione della lesione; che il valore stabile dell'emoglobina di (OMISSIS) non era affatto 13 g/dl come ritenuto dalle consulenti tecniche del P.M. ma 11,8 g/dl come emerge da un referto di analisi eseguite dalla minore nel mese giugno 2013. 3.4 Nel paragrafo dedicato alle valutazioni conclusive, infine, la Corte di Appello afferma che le prove dichiarative portavano ad escludere categoricamente che la bambina potesse essersi procurata le lesioni personali nel corso della giornata del 14 agosto. Scrive la Corte:" Ed invero, durante quella giornata (OMISSIS) non e' rimasta mai da sola in quanto dalle ore 12.00 in avanti e' stata affidata alla madre (OMISSIS), la quale non solo non e' autrice del fatto delittuoso (come la sentenza di assoluzione, divenuta definitiva, della stessa ha acclarato), ma non ha neppure riferito di accadimenti lesivi dell'integrita' fisica della figlia. E' certo, in particolare, che all'interno del ristorante (OMISSIS) non solo non si feri' alle parti intime (atteso che non pianse e perse sangue, come ha riferito la titolare del ristorante), ma non pratico' neppure giochi traumatici che possano avere influito sul processo coagulativo in corso. Dalle intercettazioni telefoniche si coglie poi che, quando i famigliari della minore, cercarono di formulare delle ipotesi circa il momento ed il luogo ove potesse essersi verificato l'evento lesivo, l'ipotesi che (OMISSIS) si fosse "ferita" anche da sola nell'immediatezza dell'accesso pronto soccorso venne categoricamente esclusa. Si deve poi considerare che la lesione patita da (OMISSIS), come sostenuto dalle consulenti tecniche del Pubblico Ministero e non contestato dai consulenti tecnici della difesa, e' stata provocata da un oggetto, non tagliente ed affilato, ma smussato e penetrante ed, attesa la profondita' delle lesioni, non puo' essersi trattato della dita della bambina, la quale, peraltro, durante i gesti impropriamente definiti "automasturbatori" (che tali non erano, come si e' sopra spiegato) non si infilava mai nulla dentro la vagina (anche perche' all'eta' di tre anni le bambine non hanno consapevolezza della cavita' vaginale) e si limitava a strisciare la parte esteriore della zona vaginale contro oggetti come le cinghie del passeggino". Quando poi passa a confrontarsi con i rilievi dei Consulenti Tecnici della difesa, la Corte di Appello afferma: "Il fatto che debba categoricamente escludersi che la lesione patita da (OMISSIS) sia stata cagionata nell'arco temporale ricompreso dalle ore 12.00 in avanti del (OMISSIS) impone di disattendere, siccome non aderente ai dati processuali, la posizione espressa dai consulenti tecnici della difesa dell'imputato i quali con vizio logico, avendo ipotizzato che il momento generativo dell'evento traumatico si fosse verificato quando la minore non era piu' affidata all'imputato, si sono limitati a ricercare nella storia clinica di (OMISSIS) quei dati medico - legali compatibili con la loro ipotesi, trascurando, tuttavia, di valutare tutti quelli di segno opposto (quali, in primis, i plurimi coaguli osservati de visu dal personale sanitario), che, per contro, retrodatavano il momento generativo della lesione, screditando l'ipotesi che essa potesse essersi verificata a ridosso dell'accesso al pronto soccorso dell'ospedale di (OMISSIS)". 4. Cosi' riassunto il percorso argomentativo con il quale nella sentenza impugnata e' stata affermata la responsabilita' dell'imputato, in riforma di precedente sentenza assolutoria, non puo' non rilevarsi come, dallo stesso tessuto motivazionale della sentenza, emerga la centralita' che nel processo assume la datazione dell'evento che ha determinato le lesioni: la affermazione della responsabilita' dell'imputato, infatti, passa prioritariamente dall'accertamento della plausibilita' che il sanguinamento manifestato dalla bimba nella serata del 14 agosto fosse ricollegabile ad un trauma da penetrazione avvenuto nella notte precedente. Nella sentenza si da' atto che (OMISSIS) aveva manifestato, sia prima (secondo i genitori fin dall'eta' di tre mesi o poco piu') che dopo l'evento lesivo, disturbi dissociativi da ricollegare ad un vissuto traumatico, evidentemente risalente (e sembrerebbe anche reiterato). La bambina nel corso di un colloquio intercettato all'interno della stanza di ospedale ove era stata ricoverata a seguito della lacerazione aveva riferito al padre di essersi fatta male da sola, mentre nel corso della audizione davanti al pubblico ministero, pur in presenza dell'esperto in psichiatria infantile, aveva opposto un netto rifiuto a raccontare l'origine delle lesioni, assumendo un atteggiamento chiaramente evitante e limitandosi ad accennare ad una puntura effettuata dal padre; quale contraltare rispetto all'atteggiamento evitante, in atti vi sono i resoconti delle c.d. "drammatizzazioni di atti sessuali" inscenati da (OMISSIS) nel corso dei colloqui con la psicologa dell'ospedale, nei quali la figura centrale maschile era appunto il nonno. La sentenza, dunque, riepiloga le fonti dichiarative che descrivono l'andamento della giornata vissuta dalla bambina, prima dell'accesso al Pronto Soccorso, dando atto che nella notte aveva dormito con il nonno e che nella giornata successiva era stata in contatto solo con la madre, la sorellina, un amica della madre e, sempre in presenza della madre, con il compagno di quest'ultima in un ristorante in presenza di molte persone, palesando, secondo tutti i testimoni, nel corso dell'intera giornata, vivacita' e stato di benessere. I giudici, dunque, dopo che la sentenza di annullamento aveva invitato ad approfondire gli aspetti medico legali collegati a) alla plausibilita' di un immediato sanguinamento nella notte gestito dal nonno abusante in modo artigianale con l'assenza di qualsiasi traccia di sangue nella camera da letto anche alla rilevazione del luminol e con il benessere manifestato dalla bambina nel corso della giornata successiva, quando aveva anche ripetutamente giocato, chinandosi per terra, ruotando su se stessa senza mai sanguinare, neppure al momento del bagnetto pur a fronte di ferite anche superficiali non rimarginate al momento dell'intervento dei sanitari e b) all'andamento del valore dell'emoglobina ed in particolare il valore normale all'ingresso in pronto soccorso (spiegato in termini di immediato tamponamento in contrasto logico con l'abbassamento del valore nonostante l'intervento del personale medico e sanitario qualificato che quell'abbassamento non aveva scongiurato, laddove vi sarebbe riuscito il nonno), si sono limitati a prendere di nuovo in esame le conclusioni dei consulenti tecnici espresse nelle relazioni in atti e anche nel corso dell'esame dibattimentale e ad affermare, in ultima analisi, quelle delle CC TT del PM erano maggiormente fondate rispetto a quelle dei CC TT della difesa. 5. Siffatto approccio deve essere censurato sotto il duplice profilo della mancata rinnovazione della prova dichiarativa ex articolo 603 c.p.p., comma 3 bis e del vizio di motivazione in ordine alla datazione delle lesioni dal punto di vista scientifico. 5.1. Sotto il primo profilo si osserva che nella sentenza impugnata i giudici, in ossequio al dictum della sentenza di annullamento, si sono nuovamente confrontati con i contributi tecnici veicolati nel processo dagli esperti, medici legali e specialisti in ginecologia e con i passaggi argomentativi svolti ai fini della possibilita' o meno di retrodatare l'evento traumatico fino alla notte precedente rispetto al momento del sanguinamento e dell'accesso in ospedale. Cio' hanno fatto riesaminando non solo la prova documentale gia' in atti rappresentata dalle relazioni, ma anche i contributi dichiarativi dei consulenti resi nel corso del processo di appello esitato nella sentenza annullata, sul rilievo chiaramente esplicitato della utilizzabilita' delle prove assunte nel precedente grado di giudizio nel giudizio di rinvio (pag. 46). In tal modo, tuttavia, i giudici sono incorsi nella violazione del principio sancito dall'articolo 603 c.p.p., comma 3 bis, che deve essere osservato anche nel giudizio di rinvio. Nessun dubbio sussiste, in linea generale, sulla piena utilizzabilita' e sulla possibilita' di autonoma valutazione da parte del giudice del rinvio del compendio probatorio gia' analizzato dalla sentenza annullata. Tuttavia, tale principio deve essere conciliato con quello per cui, nel caso del ribaltamento di sentenza assolutoria avvenuto nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della Corte di Cassazione di sentenza di condanna pronunciata in secondo grado, deve, comunque, essere osservato il dettato di cui all'articolo 603 c.p.p., comma 3 bis, che impone la rinnovazione della prova dichiarativa, ritenuta decisiva, da parte dei giudici che confermino la condanna. 5.1.1. Sul tema si e' gia' espressa questa Corte con la sentenza citata nel ricorso (Sez. 5 n. 3007 del 24/11/2020, dep. 2021, Marino, Rv. 280257), il cui percorso argomentativo e' condiviso dal collegio e puo' essere cosi' ricostruito: - con la nota sentenza Dasgupta (n. 27620 del 28/04/2016, Rv. 267492) le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno evidenziato come la previsione contenuta nell'articolo 6, par. 3, lettera d) CEDU precluda in appello il ribaltamento di una sentenza di assoluzione senza una rinnovazione, anche di ufficio, dell'istruttoria dibattimentale attraverso l'esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo, ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado. Il dovere del giudice di appello, in vista di un ribaltamento del proscioglimento in condanna, di rinnovare, anche d'ufficio, l'esame delle fonti di prova dichiarative ritenute decisive in primo grado discende, oltre che dai principi della CEDU, anche dal principio per cui non puo' reputarsi superato il dubbio ogniqualvolta, di fronte ad una diversa valutazione della prova dichiarativa che conduca ad un risultato peggiorativo nei confronti dell'imputato, il giudice di appello non abbia provveduto, in attuazione dei canoni di oralita' e immediatezza, alla rinnovazione della istruttoria dibattimentale dinanzi a se'; - alla luce di tale precedente, il criterio della decisivita' va interpretato nel senso che la prova suddetta puo' dirsi decisiva laddove si tratti di un elemento che, sulla base della sentenza di primo grado, ha determinato o anche soltanto contribuito a determinare un esito liberatorio e che, se espunto dal complesso del materiale probatorio, si rivela potenzialmente idoneo a incidere sull'esito del giudizio di appello; - in continuita' con questa impostazione si colloca anche Sezioni Unite Pavan (Sez. U, n. 14426 del 28/01/2019, Rv. 275112), secondo cui le dichiarazioni rese dal perito o dal consulente tecnico nel corso del dibattimento, in quanto veicolate nel processo a mezzo del linguaggio verbale, costituiscono prove dichiarative, sicche' sussiste, per il giudice di appello che, sul diverso apprezzamento di esse, fondi la riforma della sentenza di assoluzione, l'obbligo di procedere alla loro rinnovazione dibattimentale attraverso l'esame del perito o del consulente, mentre analogo obbligo non sussiste ove la relazione scritta del perito o del consulente tecnico sia stata acquisita mediante lettura, ivi difettando la natura dichiarativa della prova; - tali principi hanno trovato corrispondente previsione normativa nel disposto di cui all'articolo 603 c.p.p., comma 3 bis, introdotto dalla L. n. 103 del 2017, articolo 1/58 a norma del quale "Nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale". L'obbligo della rinnovazione, ha chiarito la Corte di legittimita' con la sentenza su indicata - sussiste anche nel caso in cui quest'ultima sia gia' avvenuta da parte dei giudici che in appello hanno pronunciato la sentenza annullata, in quanto tale rinnovazione non e' avvenuta ad opera degli stessi Giudici - persone fisiche che hanno poi deciso il ribaltamento oggetto della sentenza impugnata. La giurisprudenza della Corte EDU, che si e' pronunziata sul tema dell'overturning in malam partem (le sentenze 29/06/2017, Lorefice c. Italia; 28/02/2017, Manoli c. Moldavia; 04/06/2013, Hanu c. Romania; 05/03/2013, Manolachi c. Romania; 21/09/2010, Marcos Barrios c. Spagna; 05/07/2011, Dan e. Moldavia), ha ritenuto necessario che il ribaltamento della sentenza di assoluzione di primo grado sia preceduto, in appello, dalla nuova escussione del teste sulla cui base tale overturning era avvenuto, pena a violazione dell'articolo 6 CEDU. Da ultimo con la sentenza Tondo c. Italia del 22/10/2020, l'Italia e' stata condannata per violazione dell'articolo 6, p. 1 della CEDU in un caso di mancata rinnovazione della prova dichiarativa in appello - a seguito di annullamento con rinvio da parte di questa Corte; nella pronunzia in parola, la Corte di Strasburgo ha affermato che, quando un giudice di appello deve rivalutare la colpevolezza o l'innocenza di un imputato, non puo', per motivi di equita' del procedimento, decidere su tali questioni senza una valutazione diretta delle dichiarazioni dei "testimoni che hanno reso una deposizione durante il procedimento e alle cui dichiarazioni il giudice vuole dare una nuova interpretazione". In definitiva, puo' affermarsi che il vulnus individuato dalla Corte EDU al principio dei giusto processo consiste nella violazione del principio di oralita' ed immediatezza quale metodo piu' corretto per lo scrutinio di una prova che sia rilevante ai fini del giudizio, metodo che non puo' essere surrogato solo sulla base di quanto risulti verbalizzato, ma che impone che il Giudice di appello "veda" e "senta" personalmente il testimone sulla cui base avviene il ribaltamento. 5.1.2. Gli stessi principi devono essere applicati nel caso in esame, in cui la Corte di Appello, in relazione al tema della possibile risalenza delle lesioni ad un evento verificatosi ventiquattro ore prima rispetto all'emorragia, ha attinto alle conclusioni formulate dalle CC TT del PM argomentando che dovevano prevalere rispetto a quelle dei CC TT della difesa, senza provvedere a riassumerne direttamente le dichiarazioni, eventualmente in un rinnovato contraddittorio. Viene in rilievo, invero, anche in questo caso la ratio posta a fondamento dell'obbligo della rinnovazione, che dovra' essere rinvenuta, in relazione alla peculiarita' della prova dichiarativa in esame, nella necessita' che i consulenti siano esaminati dai giudici chiamati a utilizzare il sapere scientifico veicolato nel processo in esame, in modo che siano tali giudici ad apprezzare direttamente la tenuta degli argomenti formulati a sostegno delle tesi, attraverso, ad esempio, richieste di chiarimenti o di precisazioni. 5.1.3 La sentenza citata dalla Corte di Appello (Sez. 5, n. 5209 del 11/12/2020 dep. 2021, Ottino, Rv. 280408) secondo la quale "nel giudizio di rinvio, a seguito di annullamento per vizio di motivazione, non ricorre alcun obbligo di rinnovazione d'ufficio della prova dichiarativa ai sensi dell'articolo 603 c.p.p., comma 3-bis, atteso che il giudice del rinvio, nell'ambito del perimetro delibativo fissato dalla pronuncia rescindente, e' libero di valutare autonomamente i dati probatori e la situazione di fatto concernente i punti oggetto di annullamento, mentre l'eventuale rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, ai sensi dell'articolo 627 c.p.p., comma 2, e' subordinata allo scrutinio in ordine alla rilevanza per la decisione delle prove nuovamente richieste dalle parti con i motivi di appello", non e' conferente rispetto al caso oggetto del processo, giacche' si riferisce alla diversa ipotesi dell'annullamento della sentenza di assoluzione pronunciata in appello, dopo sentenza di condanna pronunciata in primo grado, rispetto al quale non valgono, per espressa dizione normativa, i principi sopra richiamati. 5.1.4. Il collegio non ignora l'orientamento espresso da Sez. 3 n. 1336 del 21/02/2022, S., Rv.282841, secondo il quale il principio della necessaria rinnovazione della prova dichiarativa anche nel giudizio di rinvio puo' trovare deroga, quando sia comunque salvaguardata l'equita' complessiva del procedimento, anche in considerazione delle modalita' di acquisizione, formazione e valutazione delle prove, nonche' delle richieste formulate dalla difesa. Si ritiene, tuttavia, che il concetto stesso di salvaguardia di equita' del procedimento sia, per un verso, generico e, per altro verso, difficile da declinare in ragione della varieta' dei casi concreti e come tale suscettibile di applicazioni difformi. Il principio della rinnovazione di contro, proprio perche'. metodo di accertamento della responsabilita' fondato sulla constatazione per cui non puo' reputarsi superato il dubbio ogniqualvolta, di fronte ad una diversa valutazione della prova dichiarativa che conduca ad un risultato peggiorativo nei confronti dell'imputato, il giudice di appello non abbia provveduto, in attuazione dei canoni di oralita' e immediatezza, alla rinnovazione della istruttoria dibattimentale dinanzi a se', deve essere considerato come principio generale. 5.2. Come detto, la motivazione della sentenza impugnata deve essere censurata, inoltre, in rapporto alla utilizzazione da parte della Corte di Appello della prova scientifica, anche in rapporto alla prova dichiarativa rappresentata dalle testimonianze. Il problema della prova scientifica si presenta tutte le volte in cui l'inferenza probatoria che e' alla base dell'accertamento del fatto non puo' essere articolata sulla base delle conoscenze ordinarie e del sapere diffuso. In tali situazioni il sapere scientifico costituisce un indispensabile strumento al servizio del giudice di merito, che deve risolvere una serie di problemi che riguardano da un lato l'affidabilita', l'imparzialita' delle informazioni che i tecnici veicolano nel processo e dall'altro attengono alla logica correttezza delle inferenze che vengono elaborate facendo leva, appunto, sulle generalizzazioni esplicative elaborate dalla scienza. La sentenza Sez. 4, 43786 del 17/09/2010, Cozzini, citata sia dalla Corte di Cassazione nella sentenza rescindente, sia dalla Corte di Appello nella sentenza impugnata, precisa che "tali momenti topici dell'indagine fattuale vengono discussi nella dialettica processuale e conducono infine al giudizio critico che il giudice di merito e' chiamato ad esprimere sulle valutazioni tecniche compiute nel processo. La razionale ponderazione, naturalmente, trova il suo momento di obiettiva emersione nella motivazione della sentenza, in cui occorre in primo luogo dar conto del controllo esercitato sull'affidabilita' delle basi scientifiche del giudizio. Si tratta di valutare l'autorita' scientifica dell'esperto che trasferisce nel processo la sua conoscenza della scienza; ma anche di comprendere, soprattutto nei casi piu' problematici, se gli enunciati che vengono proposti trovano comune accettazione nella comunita' scientifica. Da questo punto di vista il giudice e' effettivamente, nel senso piu' alto, peritus peritorum: custode e garante della scientificita' della conoscenza fattuale espressa dal processo. Le indicate modalita' di acquisizione ed elaborazione del sapere scientifico all'interno del processo rendono chiaro che esso e' uno strumento al servizio dell'accertamento del fatto e, in una peculiare guisa, parte dell'indagine che conduce all'enunciato fattuale. Ne consegue con logica evidenza che la Corte di legittimita' non e' per nulla detentrice di proprie certezze in ordine all'affidabilita' della scienza, sicche' non puo' essere chiamata a decidere, neppure a Sezioni Unite, se una legge scientifica di cui si postula l'utilizzabilita' nell'inferenza probatoria sia o meno fondata. Tale valutazione, giova ripeterlo, attiene al fatto, e' al servizio dell'attendibilita' dell'argomentazione probatoria ed e' dunque rimessa al giudice di merito che dispone, soprattutto attraverso la perizia, degli strumenti per accedere al mondo della scienza. Al contrario, il controllo che la Corte Suprema e' chiamato ad esercitare attiene alla razionalita' delle valutazioni che a tale riguardo il giudice di merito esprime." Dunque, il giudice di legittimita' "non e' giudice del sapere scientifico, e non detiene proprie conoscenze privilegiate. Esso e' chiamata a valutare la correttezza metodologica dell'approccio del giudice di merito al sapere tecnico scientifico, che riguarda la preliminare, indispensabile verifica critica in ordine all'affidabilita' delle informazioni che utilizza ai fini della spiegazione del fatto"(Sez. 1, n. 58465 del 10/10/2018, T, Rv. 276151). 5.2.1. La premessa si rende necessaria avuto riguardo ai principi affermati nella sentenza rescindente nella quale la Corte di Cassazione aveva stigmatizzato l'errore di metodo nel quale era incorsa la Corte di appello, consistito nell'utilizzare i risultati della CT del PM e nel piegare "in senso accusatorio tutto il restante materiale probatorio affidandosi a giudizi di "compatibilita'/non incompatibilita'/verosimiglianza/inverosimiglianza" che piuttosto che veicolare il dubbio, come logicamente dovrebbero, lo escludono" e aveva invitato a confrontarsi con il rilievo per cui "il giudizio di "non improbabilita'" di una ipotesi (nel caso di specie l'immediato tamponamento del sanguinamento che a sua volta ipotizza come non improbabile un sanguinamento ottimamente gestito in modo artigianale) non esclude il contrario (il mancato tamponamento) e non puo' sorreggere una pronuncia di condanna al di la' di ogni ragionevole dubbio, perche' il mancato rinvenimento del sangue e' un fatto che contrasta la fondatezza della ipotesi ritenuta "non improbabile"; Altrettanto vale per la spiegazione fornita dalla Corte di appello circa il valore normale dell'emoglobina all'ingresso in pronto soccorso (spiegato in termini di immediato tamponamento in contrasto logico con l'abbassamento del valore nonostante l'intervento di personale medico e sanitario qualificato che quell'abbassamento non aveva scongiurato, laddove vi sarebbe riuscito il nonno) e il comportamento assolutamente normale tenuto dalla bambina nel corso della giornata (come detto difficilmente spiegabile in costanza di una ferita cosi' importante collocata nelle zone intime)". Nella sentenza impugnata, ancora una volta, manca un rigoroso confronto con i temi segnalati dal ricorrente, involgenti il sapere della medicina, e in particolare con il tema della compatibilita' delle attivita' compiute dalla piccola (OMISSIS) nella giornata del 14 agosto, ivi comprese le ripetute abluzioni ed il bagnetto, con la presenza di ferite quale quelle riscontrate al Pronto Soccorso, fra cui anche una ferita superficiale che doveva aver sanguinato e che non poteva presentare fenomeni riparativi; il tema della compatibilita' del sanguinamento prodotto all'atto della penetrazione con l'andamento dei valori della emoglobina registrati dopo l'ingresso in ospedale; il tema della possibilita' che il sanguinamento fosse stato tamponato nella immediatezza e fosse ripreso copiosamente solo in serata; il tema della risalenza dei coaguli osservati dal personale infermieristico alla notte antecedente; il tema della presenza o meno sulla ferita di tessuto di granulazione. Nella valutazione di tali profili, la Corte di Appello ha dovuto necessariamente fare ricorso al sapere scientifico veicolato nel processo dagli esperti e, nell'utilizzo di tale sapere, ha valutato come affidabili le conclusioni della consulenza tecnica del PM, ma, nel successivo indefettibile passaggio della confutazione della conclusioni della consulenza tecnica dell'imputato, e' incorsa nello stesso salto logico gia' rilevato dalla sentenza rescindente. Come si e' detto, invero, i giudici a tale proposito, hanno ritenuto che le conclusioni di tali consulenti non fossero fondate, in quanto "il fatto che debba categoricamente escludersi che la lesione patita da (OMISSIS) sia stata cagionata nell'arco temporale ricompreso dalle ore 12.00 in avanti del (OMISSIS) imponeva di disattendere" tali conclusioni "siccome non aderente ai dati processuali". In tal modo, tuttavia, la confutazione della prova scientifica e' stata attuata attraverso il richiamo ai fatti che dovevano essere oggetto dell'accertamento da effettuarsi anche tramite l'ausilio proprio di tale prova. Vero e' che non esiste nel nostro ordinamento una gerarchia fra diverse tipologie di prova e che il rapporto fra prova dichiarativa e prova scientifica deve essere modulato in ragione della specificita' del caso concreto. Nel caso di specie i consulenti della difesa dell'imputato si sono espressi, sulla base di precisi dati clinici, per la risalenza delle lesioni al massimo ad alcun ore prima dell'accesso al PS: se, per ipotesi, tale assunto dovesse risultare coperto da una legge scientifica universale, il modo in cui la bambina ha trascorso la giornata non servirebbe a confutarlo e le prove dichiarative assunte in proposito dovrebbero ritenersi necessariamente lacunose. In altri termini, i giudici, nel caso in esame, avrebbero dovuto in prima battuta soffermarsi sulla affidabilita' e sulla natura della prova scientifica e solo dopo, una volta chiarito il livello di certezza di tale prova, operare il confronto con la prova dichiarativa. 6. Deve invece essere rigettato il quarto motivo nella parte in cui censura la valutazione operata dalla Corte del contenuto della perizia della Dott. (OMISSIS). La Corte di appello ha dato conto in maniera dettagliata dei passaggi argomentativi della perizia e delle conclusioni conseguenti, in forza delle quali i gesti masturbatori manifestati da (OMISSIS) erano da ascrivere a fenomeni di dissociazione, peraltro precoci per l'eta', da ricondurre a disturbi dissociativi in riposta a conflitti inconciliabili e che le valutazioni espresse dalla Dott.ssa (OMISSIS) a proposito delle drammatizzazioni di atti sessuali erano condivisibili in quanto coerente con l'osservazione e convergenti con le valutazioni della Dott.ssa (OMISSIS), presente quale consulente Tecnico del PM al momento della audizione della minore. La circostanza, evidenziata nel ricorso, per cui il perito aveva comunque precisato che dal trauma riscontrato non poteva trarsi la certezza dell'abuso, non pare rilevante: nell'ambito dei processi per abuso sessuale, il perito incaricato di operare una valutazione psicodiagnostica, al fine di valutare precipuamente la idoneita' a testimoniare, sotto tutti i vari e possibili profili, della vittima, non puo', infatti, pronunciarsi in merito all'essere o meno avvenuto il fatto contestato, sicche' la precisazione della Dott.ssa (OMISSIS), altro non e' che la esplicitazione di tale principio rispondente alle regole della deontologia professionale. 7. Si impone, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Torino, che dovra' attenersi ai principi sopra enunciati (paragrafo 5). Al giudice del rinvio si demanda anche la regolamentazione fra le parti delle spese di questo giudizio di legittimita'. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Torino cui demanda anche la regolamentazione fra le parti delle spese di questo giudizio di legittimita'. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere Dott. PEZZELLA Vincenzo - rel. Consigliere Dott. RICCI Anna Luisa Angel - Consigliere Dott. DAWAN Daniela - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 22/11/2021 della CORTE APPELLO di TRIESTE; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere PEZZELLA VINCENZO; Lette le conclusioni scritte per l'udienza senza discussione orale (Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8 conv. dalla L. n. 176 del 2020, come prorogato Decreto Legge n. 228 del 2021, ex articolo 16 conv. con modif. dalla L. n. 15 del 2022 e successivamente il Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, ex articolo 94, comma 2, come sostituito dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199, articolo 5-duodecies, di conversione in legge del Decreto Legge n. 162 del 2022), del P.G., in persona del Sost. Proc. Gen. Lidia Giorgio, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di Appello di Trieste, con sentenza del 22/11/2021, pronunciando sull'appello proposto dall'odierno ricorrente (OMISSIS), pur riducendo la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente a mesi tre, ha confermato la sentenza con cui lo stesso era stato condannato alla pena condizionalmente sospesa di mesi tre di reclusione in quanto riconosciuto colpevole del reato di cui all'articolo 590-bis c.p., comma 1, "perche' per colpa generica consistita in imprudenza, imperizia e/o negligenza, nonche' per colpa specifica consistita nella violazione di norme sulla disciplina della circolazione stradale (articolo 141, comma 2, del Codice della Strada) cagionava a (OMISSIS) lesioni personali (nella specie: "frattura D8- D9- DIO amletica") giudicate guaribili in giorni 60 s.c. In particolare, postosi alla guida dell'autocarro Peugeot tg. (OMISSIS) percorreva Via (OMISSIS) (localita' Feletto Umberto) diretto verso Pagnacco; giunto all'altezza della progressiva chilometrica 1+200, avendo omesso di tenere una condotta di guida tale da compiere manovre in condizione di sicurezza e di arrestare tempestivamente il veicolo da lui condotto in presenza di ostacoli prevedibili, tamponava l'autovettura Ford Focus tg. (OMISSIS) condotta da (OMISSIS), ferma sulla corsia di percorrenza in coda ad altri veicoli nell'attesa che un mezzo completasse la manovra di svolta a sinistra per immettersi in un'area di rifornimento carburanti; per effetto della collisione, l'autovettura Ford Focus tg. (OMISSIS) veniva sbalzata in avanti e tamponava a sua volta il veicolo Audi A6 tg. (OMISSIS) condotto da (OMISSIS), che a causa dell'urto riportava le sopra menzionate lesioni personali. In (OMISSIS). 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, il (OMISSIS), deducendo, quale unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1, violazione di legge e vizio motivazionale in relazione alla prova del nesso causale tra la condotta dell'imputato e le lesioni riportate dalla persona offesa con riferimento all'omessa compiuta valutazione delle ricostruzioni alternative proposte dalla difesa. Secondo il ricorrente la motivazione dell'impugnata decisione appare viziata in quanto il giudice di merito avrebbe fondato il proprio convincimento circa la sussistenza del nesso causale fra la condotta dell'imputato e le lesioni cagionate alla persona offesa su massime di esperienza ritenute applicabili al caso di specie secondo un criterio di mera verosimiglianza omettendo un'adeguata disamina delle circostanze di fatto indicate dalla difesa contrastanti con l'ipotesi accusatoria. Si ricorda in ricorso che, in tema di valutazione della prova, il ricorso al criterio di verosimiglianza e alle massime d'esperienza conferisce al dato preso in esame valore di prova solo se puo' escludersi plausibilmente ogni spiegazione alternativa che invalidi l'ipotesi all'apparenza piu' verosimile (Sez. 6, n. 49029 del 22/10/2014). Nel caso di specie, all'opposto, la Corte territoriale avrebbe contrastato l'ipotesi alternativa prospettata dalla difesa con una ricostruzione fondata su dati indiziari o massime d'esperienza idonee a corroborare la tesi che l'urto cagionato dalla vettura dell'imputato avesse cagionato con certezza le lesioni contestate e cio' nonostante che la tesi difensiva fosse supportata dalle anomalie caratterizzanti la collisione in questione tenuto conto altresi' del fatto che la regola di giudizio, che richiede l'accertamento della sussistenza del reato "al la' di ogni ragionevole dubbio", implica che, in caso di prospettazione di un'alternativa ricostruzione dei fatti, siano individuati gli elementi di conferma dell'ipotesi accusatoria e sia motivatamente esclusa la plausibilita' della tesi difensiva. Nel dettaglio -prosegue il ricorso- la ricostruzione alternativa prospettata dalla difesa nei motivi d'appello si fonda sulle seguenti circostanze di fatto emerse nel corso dell'istruttoria. In primis, la condotta della persona offesa successiva al fatto appariva incompatibile con la natura e la gravita' delle lesioni riportate sia in quanto non venivano palesate conseguenze di sorta ai soccorritori sia in quanto il (OMISSIS) si prodigo' per portare aiuto agli altri soggetti coinvolti. Lo stesso si reco' inoltre solo 5 ore dopo il sinistro presso il Pronto Soccorso di Spilimbergo distante circa 30km da luogo del sinistro giungendovi autonomamente. Si lamenta che il giudice di merito abbia ritenuto tali circostanze affatto anomale sulla base della massima di esperienza secondo cui "a volte...incidenti di non grande violenza causano, magari per aver preso alla sprovvista gli occupanti delle vetture, delle lesioni di una certa entita'" (p. 5) nonche' in base alla considerazione secondo cui "e' altrettanto frequente che a seguito di alcuni incidenti (spesso proprio i tamponamenti), che inizialmente paiono non aver comportato lesioni per i soggetti coinvolti, poi a distanza di ore, a volte anche di giorni, si manifestino lesioni serie in un primo momento nascoste". La Difesa ritiene che la motivazione sul punto sia del tutto carente, in quanto il ricorso alle sopraindicate generiche massime di esperienza non appare sufficiente nel caso di specie a corroborare la tesi accusatorie ed a superare il limite del ragionevole dubbio. Si sostiene che il giudice di merito avrebbe, infatti, dovuto confrontarsi con la circostanza secondo cui una triplice frattura vertebrale comporta, nell'ordinarieta' dei casi, una compromissione immediata dell'efficienza fisica di chi ne e' vittima. Tale massima d'esperienza appare dotata della medesima plausibilita' rispetto a quella preferita dal giudice di merito come criterio di giudizio per corroborare la tesi accusatoria. Per tale ragione, la mancata indicazione delle ragioni per cui la prospettazione difensiva e' stata ritenuta meno plausibile integra il dedotto vizio di motivazione. Inoltre, i danni riportati dal veicolo Audi A6 condotto dal (OMISSIS) sono stati minimi ed il conducente indossava le cinture di sicurezza. Tali circostanze appaiono incompatibili con la gravita' delle lesioni riportate. Sul punto ci si duole che il giudice di merito (pag. 6) argomenti che non corrisponde al vero che si tratto' di un incidente di poco conto in quanto, se da un lato i danni del veicolo condotto dal (OMISSIS) non erano ingenti, il furgoncino condotto dall'imputato nonche' la Ford Focus oggetto di collisione diretta riportarono dei danni definiti dagli operanti "di un certo rilievo". Per il ricorrente la motivazione sul punto appare del tutto incongrua e il ragionamento del giudice di merito appare censurabile sotto 2 profili. In primo luogo, trattandosi di un "tamponamento a catena", e' certo che l'energia cinetica dell'urto cagionato dal (OMISSIS) si sia in gran parte dispersa nella collisione con il veicolo direttamente tamponato - ossia la Ford Focus condotta da (OMISSIS) - e di conseguenza l'urto con l'Audi A6 del (OMISSIS) sia stato molto meno violento. Tale considerazione -prosegue il ricorso- e' avvalorata dall'esiguita' dei danni riportati. Ulteriormente, a riprova della non eccessiva violenza dell'impatto, la conducente del veicolo oggetto di impatto diretto ha riportato lesioni guaribili in sette giorni. Conseguentemente il ragionamento del giudice di merito apparirebbe viziato nella parte in cui ricava elementi a conforto della gravita' della collisione con la vettura A6 da elementi di fatto, ossia dall'entita' del danno subito dalla vettura direttamente tamponata, privi di reale efficacia dimostrativa in relazione all'oggetto della prova. Conclusivamente si ritiene che giudice di merito pur palesando le ricostruzioni alternative prospettate dalla difesa abbia optato per quella confermativa dell'ipotesi accusatoria senza premurarsi di fornire al riguardo una specifica giustificazione. In tale ipotesi sarebbe ravvisabile sia un vizio inerente alla motivazione, riconducibile al paradigma di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), che una violazione di legge, riconducibile al paradigma di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), in quanto la decisione, che non risolve la pur esplicitata ambivalente lettura del compendio probatorio e lascia aperta l'interpretazione alternativa, si pone direttamente in contrasto con il cogente canone di valutazione, consacrato dalla norma processuale (Sez. 6 n. 10093/2019). Si rileva peraltro come ogni questione circa il nesso di causa fra la condotta del (OMISSIS) e le lesioni patite dal (OMISSIS) avrebbe potuto essere efficacemente risolta con un accertamento peritale sul punto richiesto dalla difesa sin dal giudizio di primo grado ed oggetto di specifica richiesta di ex articolo 603 c.p.p., comma 3, nei motivi d'appello. Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata. Le parti hanno concluso come riportato in epigrafe. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I motivi sopra illustrati tendono a sollecitare a questa Corte una rivalutazione del fatto non consentita in questa sede di legittimita'. Peraltro, gli stessi si sostanziano nella riproposizione delle medesime doglianze gia' sollevate in appello, senza che vi sia un adeguato confronto critico con le risposte a quelle fornite dai giudici del gravame del merito. Per contro, l'impianto argomentativo del provvedimento impugnato appare puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico seguito dal giudice e percio' a superare lo scrutinio di legittimita', avendo i giudici di secondo grado preso in esame le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalita', e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorieta' o di manifesta illogicita' e percio' insindacabili in sede di legittimita'. Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile. 2. In premessa va rilevato che, in ragione dell'inammissibilita' del ricorso, non assume rilievo l'entrata in vigore, dopo la proroga, del decreto legislativo che ha dato attuazione alla L. 27 settembre 2021, n. 134 (la cosiddetta "riforma Car-tabia") che ha previsto che il reato di cui all'imputazione sia procedibile soltanto a querela di parte. Cio' in quanto le Sezioni Unite di questa Corte di legittimita', alla cui condivisibile motivazione si rimanda, hanno chiarito che, in tema di condizioni di procedibilita', con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela (in quel caso per effetto del Decreto Legislativo 10 aprile 2018, n. 36, ma il principio ha portata generale) ed ai giudizi pendenti in sede di legittimita', l'inammissibilita' del ricorso esclude che debba darsi alla persona offesa l'avviso previsto dall'articolo 12, comma 2, del predetto decreto per l'eventuale esercizio del diritto di querela (Sez. Un. 40150 del 21/6/2018, Salatino, Rv. 273551). 3. Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della torte di appello, che appare logica e congrua, nonche' corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimita'. I giudici del gravame del merito hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilita' del prevenuto, per cui l'iter logico-giuridico della motivazione, posta a fondamento dell'affermazione della responsabilita', appare non manifestamente illogico e rispondente in particolare alla cornice ermeneutica in tema di ragionamento indiziario. La questione che oggi viene riproposta circa l'implausibilita' della triplice frattura vertebrale lamentata dalla persona offesa rispetto alla tardivita' del suo accesso al pronto soccorso e' del tutto generica e non si confronta criticamente con il concorde rilievo di entrambi i giudici di merito circa l'attendibilita' delle dichiarazioni della persona offesa corroborata dalla certificazione medica che attesta lesioni con prognosi di guarigione di 60 giorni. Non va trascurato, peraltro, che l'accesso in ospedale e' avvenuto, in ogni caso, lo stesso giorno dell'incidente. La sentenza impugnata, pertanto, si colloca nel solco del recente dictum di Sez. 1 n. 8863/2021 secondo cui, in tema di valutazione della prova indiziaria, il giudice di merito non puo' limitarsi ad una valutazione atomistica e parcellizzata degli indizi, ne' procedere ad una mera sommatoria di questi ultimi, ma deve, preliminarmente, valutare i singoli elementi indiziari per verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti) e l'intrinseca valenza dimostrativa (di norma solo possibilistica), e, successivamente, procedere ad un esame globale degli elementi certi, per accertare se la relativa ambiguita' di ciascuno di essi, isolatamente considerato, possa in una visione unitaria risolversi, consentendo di attribuire il reato all'imputato al di la' di ogni ragionevole dubbio e, cioe', con un alto grado di credibilita' razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all'ordine naturale delle cose e della normale razionalita' umana. Invero, la Corte territoriale, confutando analiticamente le deduzioni dell'odierno ricorrente, sembra aver valutato adeguatamente i singoli elementi a carico del (OMISSIS), effettuando una valutazione globale ed unitaria degli stessi e pervenendo all'esclusione di ricostruzione alternativa: non nel senso che queste debba essere impossibile "in rerum natura" ma nel senso che risulti priva del benche' minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell'ordine naturale delle cose e della normale razionalita' umana. E cio', in conformita' anche alla regola del ragionevole dubbio. 4. Appare parimenti generica e comunque manifestamente infondata la questione relativa al diniego della rinnovazione istruttoria mediante accertamento medico-legale. Cio' in quanto questa Corte di legittimita' che ha in piu' occasioni evidenziato la natura eccezionale dell'istituto della rinnovazione dibattimentale di cui all'articolo 603 c.p.p. ritenendo, conseguentemente, che ad esso possa farsi ricorso, su richiesta di parte o d'ufficio, solamente quando il giudice lo ritenga indispensabile ai fini del decidere, non potendolo fare allo stato degli atti (Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014 dep. 2015, Di Vincenzo, Rv. 261556; Sez.2, n. 41808 del 27/09/2013, Mongiardo, Rv. 25696801; Sez.2, n. 3458 del 1/12/2005, dep. 2006, Di Gloria, Rv. 23339101) precisando, altresi', che, considerata tale natura, una motivazione specifica e' richiesta solo nel caso in cui il giudice disponga la rinnovazione, poiche' in tal caso deve rendere conto del corretto uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non poter decidere allo stato degli atti, mentre in caso di rigetto e' ammessa anche una motivazione implicita, ricavabile dalla stessa struttura argomentativa posta a sostegno della pronuncia di merito, nella quale sia evidenziata la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in senso positivo o negativo sulla responsabilita', con la conseguente mancanza di necessita' di rinnovare il dibattimento (Sez. 6, n. 11907 del 13/12/2013, dep.2014, Coppola, Rv. 25989301; Sez. 6, n. 30774 del 16/07/2013, Trecca, Rv. 25774101; Sez. 3, n. 24294 del 07/04/2010, D.S.B., Rv. 24787201; Sez. 4, n. 47095 del 2/12/2009, Rv. 245996; Sez. 2, n. 41808 del 27/9/2013, Mongiardo, Rv. 256968). Come piu' volte chiarito da questa Corte di legittimita', la mancata rinnovazione in appello dell'istruttoria dibattimentale puo' essere censurata soltanto -il che nel caso che ci occupa non e' avvenuto- qualora si dimostri l'esistenza, nell'apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicita', ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all'assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014, dep. 2015, Di Vincenzo, Rv. 261556; Sez. 6, n. 1256 del 28/11/2013, dep. 2014, Rv. 258236). Nel caso che ci occupa l'esclusione del presupposto dell'impossibilita' di decidere allo stato degli atti -sul tema del nesso di causalita'- sembra oggetto di implicito diniego, non emergendo la decisivita' dell'invocato approfondimento (cfr., tra le altre, Sez. 6, n. 20095/2013). 5. Infine, va ricordato che, per assunto pacifico, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia - valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilita', determinazione dell'efficienza causale di ciascuna colpa concorrente - e' rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimita' se sorretti da adeguata motivazione (ex multis Sez. 4, n. 54996 del 24/10/2017, Baldisseri, Rv. 271679; Sez. 4, n. 10335 del 10/2/2009, Pulcini, non mass.; Sez. 4, n. 43403 del 17/10/2007, Azzarito, Rv. 238321). E in altra condivisibile pronuncia si e' chiarito che sono sottratti al sindacato di legittimita', se sorretti da adeguata motivazione, gli apprezzamenti di fatto necessari alla ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia quali la valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, l'accertamento delle relative responsabilita' e la determinazione dell'efficienza causale di ciascuna colpa concorrente (Sez. 4, n. 37838 del 01/07/2009, Tarquini, Rv. 245294). 6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'articolo 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita' (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere Dott. BRUNO Mariarosaria - Consigliere Dott. D'ANDREA Alessandro - rel. Consigliere Dott. DAWAN Daniela - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 10/02/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO D'ANDREA; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. COSTANTINI FRANCESCA. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 10 febbraio 2022 la Corte di appello di Firenze ha confermato la pronuncia del G.U.P. del Tribunale di Pisa del 20 novembre 2019 con cui (OMISSIS), in esito a giudizio abbreviato, era stato condannato, riconosciuta la circostanza attenuante di cui all'articolo 589-bis c.p., comma 7, in regime di equivalenza con l'aggravante di cui al successivo comma 8, alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione, con interdizione dai pubblici uffici, revoca della patente di guida e condanna al risarcimento dei danni alle parti civili costituite, in ordine al delitto di cui all'articolo 589-bis c.p., commi 3 e u.c.. 1.1. E' stata, in particolare, riconosciuta la penale responsabilita' del (OMISSIS) per avere per imprudenza, negligenza ed imperizia, oltre che per violazione del Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, articolo 141 nel circolare alla guida di un furgone in autostrada alla velocita' di circa 100 Km/h, omettendo di mantenere la necessaria attenzione e di porre in essere le manovre di emergenza utili ad evitare l'impatto, investito (OMISSIS) e (OMISSIS), che si trovavano a piedi all'interno della carreggiata nei pressi della linea delimitante la corsia di emergenza, cagionando, in conseguenza dell'urto, il decesso dell' (OMISSIS) e lesioni all' (OMISSIS) giudicate guaribili in un periodo superiore a 40 giorni, altresi' provocando, a seguito del tamponamento di un'autovettura ferma nella corsia di emergenza, lesioni a (OMISSIS), trasportata a bordo dell'auto guidata dal (OMISSIS). Con l'aggravante di aver commesso il fatto guidando in stato di alterazione da assunzione di alcol e di cocaina. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, deducendo tre motivi di ricorso. Con il primo ha eccepito mancanza e manifesta illogicita' della motivazione, lamentando che la Corte di appello avrebbe confermato il giudizio di colpevolezza all'esito di un'asettica riproposizione delle argomentazioni espresse dal giudice di primo grado, senza valutare, in chiave critica, i rilievi formulati da parte della difesa. Con la seconda doglianza il ricorrente ha lamentato violazione di legge in ordine all'erronea applicazione dell'articolo 589-bis c.p.. Ritiene il (OMISSIS) che la sua condotta non avrebbe violato nessuno dei tre fondamentali obblighi comportamentali - indicati dalla giurisprudenza di legittimita' - caratterizzanti il dovere di attenzione necessario ai fini dell'avvistamento dei pedoni, considerato che: aveva ben ispezionato la strada di percorrenza, trattandosi di un tratto rettilineo connotato da condizioni regolari e da una buona visibilita' per circa 300 metri; aveva mantenuto un costante controllo del veicolo, adeguandone la velocita' alla situazione specifica, con relativa riduzione di essa ben al di sotto del limito massimo consentito; aveva previsto tutte le situazioni che la comune esperienza comprende, considerato che l'urto si era verificato perche' con una manovra non consentita, del tutto improvvisa ed imprevedibile, era stato intralciato da un pedone intento ad attraversare la sede autostradale. L'anomalo e imprevedibile comportamento delle persone offese avrebbe, pertanto, determinato l'esclusione di ogni profilo di colpa ascrivibile all'imputato, con conseguente esonero di ogni sua responsabilita'. Con il terzo motivo il (OMISSIS) ha dedotto, infine, violazione di legge in ordine all'erronea applicazione dell'articolo 62-bis c.p.. L'impugnata sentenza avrebbe, infatti, erroneamente escluso il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche pur a fronte dello stato di incensuratezza dell'imputato, del buon comportamento processuale e della condotta collaborativa da lui mantenuta, nonche' dell'integrale risarcimento effettuato in favore dei soggetti danneggiati. 3. Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile. 4. La difesa ha depositato conclusioni scritte, con cui ha insistito per l'accoglimento del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' manifestamente infondato e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile. 2. L'esame della gravata sentenza consente, infatti, di constatare come le censure in questa sede proposte sostanzialmente ripropongano le medesime doglianze dedotte nel giudizio di appello, rispetto alle quali non puo' che ribadirsi quanto gia', piu' volte, chiarito da parte di questa Corte, per cui e' inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l'atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicita' della motivazione (cosi', tra le altre, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone, Rv. 243838-01). 3. In ogni modo, a prescindere dalla decisivita' della superiore argomentazione, il Collegio osserva come le prime due censure di fatto afferiscano alla ricostruzione della dinamica dell'incidente e all'interpretazione delle prove assunte - a dire del (OMISSIS) effettuata senza un adeguato vaglio delle proprie argomentazioni difensive - percio' inerendo ad aspetti non passibili di valutazione da parte di questa Corte. In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimita' non e' quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilita' delle fonti di prova, bensi' quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi - dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti - e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (cosi', tra le tante, Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv, 203428-01). Esula, quindi, dai poteri di questa Corte la rilettura della ricostruzione storica dei fatti posti a fondamento della decisione di merito, dovendo l'illogicita' del discorso giustificativo, quale vizio di legittimita' denunciabile mediante ricorso per cassazione, essere di macroscopica evidenza (cfr. Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794-01; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944-01). Sono precluse al giudice di legittimita', pertanto, la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita' esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., fra i molteplici arresti in tal senso: Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 28060101; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482-01; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507-01). E', conseguentemente, sottratta al sindacato di legittimita' la valutazione con cui il giudice di merito esponga, con motivazione logica e congrua, le ragioni del proprio convincimento. Per altro verso, in virtu' di un consolidato orientamento ermeneutico di questa Corte di legittimita', gli aspetti riguardanti la ricostruzione della dinamica di un sinistro stradale, che attengono necessariamente al fatto, sono rimessi all'apprezzamento del giudice della cognizione e risultano insindacabili ove non si individuino evidenti vizi di carattere logico nella motivazione (cfr., in particolare, Sez. 4, n. 54996 del 24/10/2017, Baldisseri, Rv. 271679-01, per la quale la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia e' rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimita' se sorretti da adeguata motivazione). 4. Ebbene, nel caso di specie puo' senz'altro ritenersi che la Corte territoriale, senza limitarsi ad un'acritica riproposizione delle motivazioni rese dal primo giudice, ed invece dando puntuale riscontro ai singoli motivi di appello dedotti dall'imputato, abbia fornito una chiara rappresentazione degli elementi di fatto considerati nella propria decisione, oltre che della modalita' maggiormente plausibile con cui il sinistro e' da ritenersi sia accaduto. Il giudice di appello, cioe', ha compiutamente ricostruito la dinamica del sinistro sulla base del complessivo quadro probatorio, evidenziando come l'investimento fosse certamente da addebitarsi al ricorrente che, considerate le condizioni di tempo e di strada, avrebbe avuto modo di avvedersi della presenza dei pedoni sul limite destro della semicarreggiata ed evitare l'impatto, allargando la propria traiettoria di marcia. E' risultato comprovato, infatti, come la carreggiata teatro del sinistro fosse rettilinea e come vi fosse una visibilita' totale, rispetto al punto di investimento, di circa 300 metri, rendendo oltremodo non credibile la versione resa dal (OMISSIS), per cui l'impatto sarebbe avvenuto per un'imprevedibile ed anomala condotta posta in essere dalle persone offese, che avrebbero improvvisamente attraversato la sede autostradale. Pur essendo certo che le vittime non si sarebbero dovute trovare in quel tratto di strada, la Corte di merito ha, infatti, accertato che vi erano tutte le condizioni per poter evitare il loro investimento, come poco prima effettuato alla loro vista dalla teste (OMISSIS), e come, invece, non operato da parte del (OMISSIS) che, per come congruamente ritenuto dai giudici di appello, ha colposamente provocato l'incidente per non aver tempestivamente avvistato i due pedoni sul margine della carreggiata, "perche' distratto, tanto e' vero che non ha ridotto la velocita' e non e' riuscito a spostarsi verso il centro della carreggiata, per evitare l'impatto; e' indimostrato che egli non avesse la possibilita' di compiere tale manovra, mentre e' del tutto probabile che egli non l'abbia neppure presa in considerazione. Nondimeno, l'imputato non ha dimostrato soltanto imprudenza, perche' la manovra di sterzata verso la destra della carreggiata e' stata piu' il frutto di una perdita di controllo del mezzo, posto che non puo' ritenersi esser stata dettata dalla necessita' di evitare un ostacolo", altresi' considerato che il (OMISSIS) era alla guida dopo avere assunto sostanze alcoliche e stupefacenti, con presumibile conseguente incidenza sulla sua capacita' di controllare il mezzo e di avere prontezza di riflessi nell'affrontare situazioni critiche. In ragione della rappresentata motivazione, allora, non appare esservi dubbio di sorta in ordine al fatto che le censure mosse dal (OMISSIS) circa l'erroneita' della ricostruzione dei fatti e la mancata considerazione di alcuni decisivi elementi di valutazione si appalesano, nella sostanza, come volte ad ottenere solo una rivalutazione del materiale probatorio raccolto in sede di merito, il che, avuto riguardo alla coerenza ed alla logicita' della motivazione resa, appare del tutto infondato. D'altro canto, gli elementi dedotti dal ricorrente possono, al piu', valere a suggerire una lettura alternativa delle emergenze probatorie, ma non di certo a ribaltarne l'esito in modo univoco, con cio' che ne consegue in termini di affermazione della penale responsabilita' dell'imputato. E' noto, in proposito, come il principio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio" non possa essere utilizzato, nel giudizio di legittimita', per valorizzare e rendere decisiva la duplicita' di ricostruzioni alternative del medesimo fatto emerse in sede di merito su segnalazione della difesa, se tale duplicita' sia stata oggetto di puntuale e motivata disamina da parte del giudice di appello (cosi', tra le altre, Sez. 1, n. 53512 del 11/07/2014, Gurgone, Rv. 261600-01). 5. Del pari privo di ogni fondamento e' anche l'ultimo motivo dedotto, con cui il ricorrente ha lamentato il mancato riconoscimento in suo favore delle circostanze attenuanti generiche. Ad avviso del Collegio, infatti, non appare ne' irragionevole ne' contraddittoria la motivazione con cui la Corte di appello ha ritenuto l'insussistenza dei presupposti per consentire la concessione del beneficio ex articolo 62-bis c.p., desumendo cio' dalla circostanza che l'imputato si era messo alla guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti e alcoliche, ed altresi' tenuto conto del fatto che il comportamento da lui tenuto nel corso del giudizio non si connoterebbe di particolare meritevolezza. Il diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche e', pertanto, giustificato da motivazione congrua ed esente da manifesta illogicita', in quanto tale insindacabile in sede di legittimita' (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi e altri, Rv. 242419-01). D'altro canto - in particolare dopo la modifica dell'articolo 62-bis c.p. disposta dal Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 2002, convertito con modifiche dalla L. 24 luglio 2008, n. 125 - e' assolutamente sufficiente che il giudice si limiti a dar conto, come implicitamente avvenuto nella situazione in esame, di avere valutato e applicato i criteri ex articolo 133 c.p. In tema di attenuanti generiche, infatti, posto che la ragion d'essere della relativa previsione normativa e' quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso piu' favorevole all'imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si e' reso responsabile, la meritevolezza di tale adeguamento non puo' mai essere data per scontata o per presunta, si' da imporre un obbligo per il giudice, ove ritenga di escluderla, di doverne giustificare, sotto ogni possibile profilo, l'affermata insussistenza. Al contrario, secondo una giurisprudenza consolidata di questa Corte, e' la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l'esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio (cosi', tra le tante, Sez. 1, n. 11361 del 19/10/1992, Gennuso, Rv. 192381-01). In altri termini, l'obbligo di analitica motivazione in materia di circostanze attenuanti generiche qualifica la decisione circa la sussistenza delle condizioni per concederle e non anche la decisione opposta (cfr. Sez. 2, n. 38383 del 10/07/2009, Squillace ed altro, Rv. 245241-01). 6. Il ricorso deve, conclusivamente, essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000). P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MOGINI Stefano - Presidente Dott. FIORDALISI Domenico - rel. Consigliere Dott. BIANCHI Michele - Consigliere Dott. SANTALUCIA Giuseppe - Consigliere Dott. ALIFFI Francesco - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI CATANZARO; dalla parte civile (OMISSIS); dalla parte civile (OMISSIS); nel procedimento a carico di: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); nel procedimento a carico di quest'ultimo; avverso la sentenza del 27/10/2021 della CORTE ASSISE APPELLO di CATANZARO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. FIORDALISI DOMENICO; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa ZACCO FRANCA, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di appello di Catanzaro, le sigg. (OMISSIS) e (OMISSIS), parti civili costituite e l'imputato (OMISSIS) ricorrono avverso la sentenza della Corte di assise di appello di Catanzaro del 27 ottobre 2021 che, in riforma della sentenza resa il 10 marzo 2019 dal G.u.p. del Tribunale di Vibo Valentia all'esito di giudizio abbreviato, riconosciute le circostanze attenuanti generiche all'imputato, lo ha condannato alla pena di anni dodici e mesi otto di reclusione e ha rimesso le costituite parti civili dinanzi al Giudice civile per la liquidazione del risarcimento del danno, in ordine ai seguenti reati, riuniti dal vincolo della continuazione e commessi il (OMISSIS): a) omicidio di (OMISSIS), ai sensi dell'articolo 575 c.p., perche', esplodendo verso la vittima numerosi colpi d'arma da fuoco, aveva attinto la stessa alle gambe e al fianco sinistro, cosi' da cagionarne il decesso; b) detenzione e porto illegale di arma comune da sparo, ai sensi della L. 2 ottobre 1967, n. 895, articoli 2, 4, 7 e articolo 61 c.p., comma 1, n. 2, perche', al fine di commettere il delitto di cui al capo a, aveva detenuto e portato in luogo pubblico una pistola semiautomatica, cal. 7,65, di marca non identificata. 2. Il Procuratore generale della Repubblica denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione della sentenza impugnata, perche' il giudice di secondo grado, nel riconoscere le circostanze attenuanti generiche, avrebbe erroneamente affermato che la situazione familiare di degrado in cui era maturato l'omicidio avesse inciso fortemente sull'apprezzamento dell'entita' del fatto e sulla capacita' a delinquere dell'imputato, nonostante, dall'analisi degli elementi probatori, era emerso che lo stesso, dopo aver pianificato l'azione delinquenziale, aveva esploso numerosi colpi d'arma da fuoco verso la vittima, si era reso irreperibile (costituendosi solo tre giorni dopo), non aveva indicato il soggetto dal quale aveva acquistato l'arma e non ne aveva consentito il ritrovamento. Secondo il ricorrente, pertanto, la prematura scomparsa del fratello dell'imputato e lo stato di profonda preoccupazione non erano elementi conferenti essendo del tutto scollegati con il fatto accertato, sicche' non erano idonei a giustificare l'applicazione delle circostanze ex articolo 62 bis c.p.. Il ricorrente, poi, lamenta la mancata comparazione con la recidiva in quanto non conforme ai canoni di cui all'articolo 133 c.p.. La mancata comparazione con tale aggravante risulta illogica e insufficiente, argomentata in modo contraddittorio e non conforme ai parametri dell'articolo 133 c.p.. 3. Le parti civili costituite, (OMISSIS) e (OMISSIS), articolano due motivi comuni. 3.1. Con il primo motivo, denunciano vizio di motivazione della sentenza impugnata, perche' il giudice di secondo grado avrebbe dovuto dichiarare l'inammissibilita' dell'appello dell'imputato per aspecificita', nella parte in cui quest'ultimo aveva censurato la quantificazione degli importi liquidati a titolo di risarcimento civile. Le ricorrenti, inoltre, contestano il provvedimento impugnato, laddove il giudice di secondo grado avrebbe in maniera errata annullato le statuizioni civili senza che vi fosse stata una specifica richiesta dell'imputato in tal senso, il quale, invero, nel proprio atto di appello, non aveva contestato il fatto che il G.u.p. potesse liquidare il danno senza rinvio al giudice civile, come sostenuto dalla Corte di assise di appello. L'imputato, infatti, si era limitato a chiedere una rideterminazione degli importi liquidati. 3.2. Con il secondo motivo, denunciano vizio di motivazione della sentenza impugnata, perche' il giudice di secondo grado, in ogni caso, avrebbe omesso di considerare che il G.u.p. aveva specificato le ragioni alla base della liquidazione del danno in via equitativa, tra le quali l'eta' della vittima ((OMISSIS) anni), la tipologia del rapporto parentale (figlio e fratello delle parti civili) e la convivenza dell'intero nucleo familiare. 3.3. Con memoria del 28 novembre 2022, le ricorrenti insistono per l'accoglimento dei propri motivi di ricorso e chiedono la rifusione delle spese processuali del presente giudizio. 4. L'imputato, (OMISSIS), articola tre motivi di ricorso. 4.1. Con il primo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all'articolo 192 c.p.p., comma 3, articoli 530, 546 e 584 c.p.p., e vizio di motivazione della sentenza impugnata, perche' la Corte di assise di appello, in ordine alla ritenuta sussistenza del dolo omicidiario, travisando gli elementi probatori agli atti, avrebbe erroneamente affermato che l'imputato aveva monitorato gli spostamenti della vittima (sostenendo che, in caso contrario, non avrebbe mai potuto sapere che questi si trovasse all'interno del circolo nel quale si era consumato il delitto), senza considerare che, dal verbale degli accertamenti urgenti del 22 ottobre 2018, si evinceva che l'autovettura della vittima era stata parcheggiata davanti al circolo, cosi' che qualsiasi persona avrebbe potuto vederla. Nel ricorso, inoltre, si evidenzia che, durante la fase delle indagini preliminari, la difesa aveva sollecitato l'espletamento di un'attivita' investigativa suppletiva, dalla quale si sarebbe potuto evincere che l'imputato, nelle ore che avevano preceduto il delitto, si era recato presso un bar di zona, dal quale era uscito solo perche' aveva dovuto spostare la sua autovettura. Solo dopo aver lasciato la piazza del bar, sulla strada per far rientro a Vibo Valentia, si era casualmente imbattuto nell'autovettura del cognato. Il giudice di secondo grado, inoltre, avrebbe erroneamente affermato che l'imputato era entrato nella stanza del circolo con la pistola gia' sfoderata. Tale circostanza contrasterebbe con quanto riferito da (OMISSIS), il quale si era limitato ad affermare che, girato di spalle, si era voltato dopo che la vittima gli aveva gridato di spostarsi. Il ricorrente, poi, evidenzia che il giudice di secondo grado avrebbe omesso di accertare la ridotta offensivita' dell'arma utilizzata, la reiterazione dei colpi verso parti del corpo della vittima non vitali e la minima distanza tra l'imputato e la stessa vittima, che avrebbe consentito a chiunque, mosso dall'intento omicidiario, di attingere - diversamente da quanto avvenuto - parti vitali. Il giudice di merito, inoltre, non avrebbe considerato che l'imputato aveva proseguito a esplodere colpi d'arma da fuoco anche all'esterno della struttura nella convinzione che, all'interno della sala del circolo, la vittima non fosse stata attinta da precedenti colpi (come anche dimostrato dall'assenza di tracce ematiche all'interno del locale): l'imputato, infatti, avendo visto la vittima correre, aveva creduto di non averla ferita; per tale ragione aveva continuato a sparare con l'intendo di colpirla alle gambe e, solo per un errore, l'aveva colpita anche al fianco. L'imputato, poi, aveva affermato di aver abbandonato l'autovettura in prossimita' di un distributore di benzina (e non sotto casa della sorella), circostanza che non avrebbe permesso - come effettuato, invece, dai giudici di merito - di escludere che la pistola fosse stata presa da terze persone. La Corte di assise di appello, per di piu', avrebbe erroneamente affermato che la vittima era stata attinta da quattro colpi d'arma da fuoco, quando, dalla lettura della relazione di consulenza tecnica redatta dalla Dott.ssa (OMISSIS), si evinceva che i colpi che avevano attinto la vittima erano stati soltanto tre. Nel ricorso, infine, si evidenzia che il giudice di merito non avrebbe offerto alcuna motivazione in ordine alla conciliabilita' della prevedibilita' in concreto dell'azione delinquenziale dell'imputato con il suo basso quoziente intellettivo, cosi' come certificato dal consulente tecnico di parte e recepito dal perito. 4.2. Con il secondo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullita' con riferimento all'articolo 89 c.p., articoli 220 e 230 c.p.p., e mancata assunzione di una prova decisiva, perche' la Corte di assise di appello avrebbe dovuto disporre una perizia collegiale, posto che il perito nominato in sede di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale non aveva le necessarie competenze tecniche (proprie degli psicologi e degli psichiatri), tali da consentirgli di espletare in maniera autonoma e completa la perizia, essendo del tutto irrituale che venisse consentito, come avvenuto nel caso di specie, che l'attivita' del consulente tecnico di parte potesse sopperire alle competenze specifiche del perito. La Corte di assise di appello, infine, avrebbe trascurato di attribuire la giusta rilevanza ai risultati della risonanza magnetica alla quale si era sottoposto l'imputato, nonostante lo stesso perito aveva evidenziato la presenza di una malattia degenerativa cerebrale. 4.3. Con il terzo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all'articolo 62 c.p., comma 1, n. 2, perche' la Corte di assise di appello avrebbe omesso di applicare al caso di specie la circostanza attenuante della c.d. provocazione per accumulo senza offrire sul punto alcuna valida motivazione e nonostante ve ne fossero tutti i presupposti di fatto. In particolare, nel ricorso si evidenzia che (OMISSIS) aveva posto in essere ai danni dell'imputato continue vessazioni senza soluzione di continuita' e, cinque giorni prima dell'omicidio, senza alcuna valida motivazione, era entrato nel bar nel quale si trovava l'imputato, circostanza che aveva allarmato anche il nipote dello stesso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi sono infondati. 2. Il ricorso del Procuratore generale non puo' trovare accoglimento. La concessione delle circostanze attenuanti generiche, infatti, e' giustificata da motivazione esente da manifesta illogicita', che, pertanto, e' insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non e' necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego o la concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163). Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche, infatti, il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549). Nel caso di specie, il giudice di secondo grado, fornendo sul punto ampia motivazione, ha rilevato in modo ineccepibile il drammatico contesto familiare nel quale era maturato l'omicidio e lo stato di profonda preoccupazione (manifestato, da ultimo, nell'episodio del tamponamento del (OMISSIS)) in cui l'imputato da anni viveva a causa delle condotte persecutorie poste in essere ai danni della sorella e dei nipoti. Per la Corte di assise di appello, pertanto, la pena da irrogare all'imputato, il quale era gravato da precedenti risalenti nel tempo, andava adeguata alle obiettive peculiarita' della vicenda in esame, strettamente collegate con una drammatica storia familiare. E' infondato altresi' la denuncia di omessa comparazione con la recidiva atteso che il giudice di primo grado ne' quello di appello hanno ritenuto di aumentare la pena per la recidiva ai sensi dell'articolo 99 c.p.. 3. I ricorsi delle parti civile costituite, (OMISSIS) e (OMISSIS), sono infondati. 3.1. Le ricorrenti, infatti, non si confrontano con il provvedimento impugnato, nella parte in cui la Corte di assise di appello ha evidenziato che il giudice di primo grado non aveva esplicitato le ragioni in forza delle quali aveva quantificato il risarcimento dei danni patiti dalle costituite parti civili, anche considerando il contesto e le concrete dinamiche del fatto, cosi' come accertate, in forza delle quali la vittima, con i suoi comportamenti, aveva creato i presupposti di contrasto con l'imputato, mediante vessazioni nei confronti della sorella di questi. Il giudice di secondo grado sul punto ha correttamente rimesso la liquidazione dei danni al giudice civile, applicando al caso di specie il principio di diritto secondo cui, ai fini della liquidazione del risarcimento del danno non patrimoniale subito dalla parte civile, il giudice deve tenere conto di tutti gli aspetti che caratterizzano la gravita' del reato compiuto, ivi compreso il fatto ingiusto posto in essere dalla vittima, che, anche al di fuori delle ipotesi di cui all'articolo 62 c.p., comma 1, n. 5, rileva sul piano oggettivo creando l'occasione o determinando l'insorgere del movente dell'azione delittuosa commessa nei suoi confronti (Sez. 1, n. 4821 del 14/06/2018, dep. 2019, Caruso, Rv. 276926). La pronuncia del giudice di appello e' coerente con l'ultimo motivo di appello dell'imputato riportato a pag. 17 della sentenza impugnata, nel quale (OMISSIS) aveva contestato la quantificazione della somma liquidata a titolo di risarcimento dei danni, la mancata indicazione dei coefficienti utilizzati per la determinazione degli importi e l'assenza di valutazione delle dinamiche che hanno creato i presupposti motivazionali del delitto. 3.2. In forza di quanto sopra, i ricorsi devono essere rigettati, cosi' come deve essere rigettata la richiesta di rifusione delle spese presentata dalle parti civili. Ne consegue la condanna di queste ultime al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell'articolo 616 c.p.p.. 4. Il ricorso dell'imputato e' infondato. 4.1. Il primo motivo di ricorso non puo' essere accolto in sede di legittimita', essendo costituito da mere doglianze in punto di fatto. Va evidenziato, invero, come le doglianze sollevate siano tese a sovrapporre un'interpretazione delle risultanze probatorie diversa da quella recepita dai decidenti di merito, piu' che a denunciare un vizio rientrante in una delle categorie individuate dall'articolo 606 c.p.p.. In particolare, il ricorrente non si confronta con il provvedimento impugnato nella parte in cui il giudice di secondo grado ha evidenziato che la valutazione di molteplici, univoci e convergenti elementi, complessivamente considerati, portavano a una ricostruzione della dinamica dell'azione del tutto incompatibile con la tesi difensiva. Il criterio distintivo tra l'omicidio volontario e l'omicidio preterintenzionale risiede nell'elemento psicologico, nel senso che nell'ipotesi della preterintenzione la volonta' dell'agente e' diretta a percuotere o a ferire la vittima, con esclusione assoluta di ogni previsione dell'evento morte, mentre nell'omicidio volontario la volonta' dell'agente e' costituita dall'animus necandi, ossia dal dolo intenzionale, nelle gradazioni del dolo diretto o eventuale, il cui accertamento e' rimesso alla valutazione rigorosa di elementi oggettivi desunti dalle concrete modalita' della condotta (Sez. 1, n. 35369 del 04/07/2007, Zheng, Rv. 237685). Nel caso in esame, il Collegio deve rilevare che il giudice di merito ha escluso la tesi della preterintenzionalita', in base a un percorso argomentativo del tutto logico e coerente e pienamente aderente alle risultanze processuali, evidenziando che l'imputato, su sua stessa ammissione, aveva acquistato una pistola calibro 7,65 circa tre giorni prima dell'omicidio (senza indicare da chi l'avesse acquistata) e l'aveva caricata con almeno nove colpi. Contrariamente a quanto gia' lamentato nell'atto di appello, il giudice di secondo grado in modo ineccepibile ha evidenziato che l'imputato, dopo aver monitorato gli spostamenti della vittima (posto che, altrimenti, questi non avrebbe potuto sapere che (OMISSIS) si trovasse all'interno del circolo, a nulla rilevando che la sua macchina era parcheggiata in vista), nel momento in cui era entrato nel locale, aveva gia' impugnato l'arma, posto che, dalle dichiarazioni rilasciate da (OMISSIS), si evinceva che la vittima, non appena (OMISSIS) era entrato nel locale, aveva immediatamente compreso le sue intenzioni omicidiarie, tanto da aver urlato allo stesso (OMISSIS) di spostarsi. (OMISSIS), inoltre, aveva affermato che, non appena giratosi, aveva notato che l'imputato aveva qualcosa in mano e che, subito dopo, aveva iniziato a sparare. Tale assunto era confermato dal fatto che l'azione omicidiaria era iniziata immediatamente dopo l'ingresso dell'imputato nel locale. Il giudice di secondo grado ha opportunamente evidenziato che l'imputato, senza essere stato in nessun modo provocato, aveva iniziato a sparare e aveva proseguito la sua azione, in maniera continuativa anche all'interno dello stesso locale (come dichiarato dal teste (OMISSIS) e come si evinceva dai bossoli ritrovati all'interno dell'esercizio), pur vedendo che la vittima, in quel momento completamente disarmata, stava cercando di fuggire e allontanarsi, senza tentare di porre in essere una qualsiasi azione difensiva. Lo stesso, per di piu', aveva continuato nell'azione delinquenziale anche all'esterno del locale, dopo aver colpito la vittima alle gambe, fino a quanto la stessa era caduta a terra esanime, dopo aver subito uno sparo all'addome, che si era rivelato fatale. Tali circostanze, quindi, secondo il giudice di merito, erano sintomatiche della sussistenza del dolo omicidiario. La Corte di appello, contrariamente a quanto gia' lamentato nell'atto di appello, ha evidenziato che una pistola calibro 7,65 caricata con nove munizioni, usata sparando i colpi a distanza ravvicinata, aveva un'elevata offensivita', tanto che - come avvenuto nel caso di specie - era idonea a cagionare il decesso di una persona. Su tali punti, pertanto, il ricorso dell'imputato non puo' trovare accoglimento, posto che l'epilogo decisorio non puo' essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una "mirata rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perche' illustrati come maggiormente plausibili, o perche' assertivamente dotati di una migliore capacita' esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si e' in concreto realizzata (Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148). Tale motivo di ricorso e' infondato anche nella parte in cui il ricorrente lamenta il mancato espletamento di indagini suppletive richieste dalla difesa e volte all'escussione di un teste che avrebbero potuto chiarire quale fosse stato il comportamento dell'imputato prima dell'omicidio, posto che quest'ultimo, scegliendo il rito abbreviato, aveva rinunciato a sentire i testi in dibattimento. 4.2. Il secondo motivo di ricorso e' infondato. In tema di mezzi di prova, la giurisprudenza di questa Corte ha gia' avuto modo di chiarire che, nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilita' sanitaria, la nomina di un solo perito, anziche' di un collegio, in violazione della L. 8 marzo 2017, n. 24, articolo 15, comma 1, non e' causa di nullita' dell'elaborato peritale, in quanto non espressamente prevista, ne' incide sulla sua affidabilita', risultando esso comunque idoneo a offrire al giudice le conoscenze scientifiche necessarie per una compiuta valutazione dei fatti oggetto di giudizio (Sez. 5, n. 45719 del 09/11/2022, M., Rv. 283891), tanto piu' - come nel caso di specie - quando il perito ha tenuto conto nel proprio elaborato gli esiti espletati dal consulente di parte. Nella sentenza impugnata, infatti, si legge che il perito medico-legale nominato dal giudice di secondo grado, in sede di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, aveva valutato la consulenza di parte redatta nell'interesse dell'imputato nel corso del primo grado dalla Dott.ssa Stilo, nonche' le risultanze del diario clinico riportante tutte le cure e i trattamenti terapeutici alle quali si era sottoposto (OMISSIS). Da tali documenti risultava certificato che quest'ultimo soffriva di una sindrome ansioso-depressiva (trattata con farmaci ansiolitici) che non aveva mai raggiuto la soglia di alcuna patologia psichiatrica. A seguito del colloquio con (OMISSIS), inoltre, il perito ha evidenziato che questi aveva agito in una condizione di chiara consapevolezza del disvalore e del significato delle condotte poste in essere, avendo dichiarato di aver attentamente verificato, prima di iniziare a sparare, se lungo la traiettoria dei colpi che stava per esplodere vi fossero altre persone che potessero essere attinte accidentalmente, aveva indirizzato la mira in maniera precisa, per evitare di colpire una persona che si trovava alla destra della vittima, quando questa si trovava all'interno del locale, appurando per di piu' che all'esterno del locale non vi fossero altre persone. 4.3. Anche il terzo motivo di ricorso e' infondato. Il ricorrente non si confronta con la sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte di assise di appello ha evidenziato che non vi erano i presupposti per il riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione, sia pure nella forma c.d. per accumulo, poiche' non vi era prova del fatto che, quando l'imputato il (OMISSIS) aveva portato a compimento i suoi propositi, vi era stato un ultimo episodio scatenante, non potendo considerarsi tale l'avvenuto tamponamento verificatosi mesi prima (il (OMISSIS)). Il giudice di secondo grado, quindi, ha correttamente applicato al caso di specie il principio di diritto secondo cui l'applicazione della circostanza attenuante della provocazione, pur nella forma cosiddetta "per accumulo", richiede pur sempre la prova dell'esistenza del permanere di uno stato di ira in ragione di un fatto che giustifichi l'esplosione, in occasione di un ultimo episodio pur apparentemente minore, della carica di dolore o sofferenza che si assume sedimentata nel tempo (Sez. 1, n. 4695 del 13/01/2011, Galati, Rv. 249558). 4.4. In forza di quanto sopra, anche tale ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell'articolo 616 c.p.p.. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BRUNO Mariarosaria - Presidente Dott. VIGNALE Lucia - rel. Consigliere Dott. RICCI Anna L. A. - Consigliere Dott. CIRESE Marina - Consigliere Dott. ANTEZZA Fabio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 17/01/2022 della CORTE APPELLO di ANCONA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. LUCIA VIGNALE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. TAMPIERI LUCA, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso; uditi i difensori di fiducia del ricorrente, avvocato (OMISSIS), del foro di ROMA e avvocato (OMISSIS), del foro di ANCONA i quali hanno insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso e l'annullamento della sentenza impugnata. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 17 gennaio 2022 la Corte di Appello di Ancona ha confermato la sentenza pronunciata il 12 febbraio 2019 dal Tribunale di Pesaro con la quale (OMISSIS) e' stato ritenuto responsabile del reato di cui all'articolo 589 c.p. - commesso in (OMISSIS) - per aver cagionato, per colpa, la morte di (OMISSIS). 2. Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, il decesso fu causato da una lesione iatrogena del pericardio e dell'arteria polmonare sinistra originatasi nell'esecuzione di un drenaggio toracico urgente a seguito della quale una ingente quantita' di sangue si riverso' nel cavo pericardico provocando un quadro di tamponamento cardiaco che condusse a morte il paziente. Dalle sentenze di primo e secondo grado emerge che (OMISSIS) persona affetta da tetraparesi spastica derivante da una risalente lesione cervicale, obesa, ipertesa e con un solo rene - era, a causa di tali patologie, soggetto a ricorrenti episodi di broncopneumopatia e il (OMISSIS) fu accompagnato al pronto soccorso del presidio ospedaliero (OMISSIS) per una seria difficolta' respiratoria. La radiografia del torace evidenzio' un "totale opacamento del campo polmonare di sinistra" e (OMISSIS), che prestava la propria opera di medico chirurgo e fu chiamato a consulto dai colleghi del Pronto Soccorso, decise, in accordo con costoro, di procedere al posizionamento di un drenaggio toracico. I giudici di merito hanno individuato a carico di (OMISSIS) diversi profili di colpa. Aver omesso di eseguire ulteriori accertamenti diagnostici (in specie una ecotomografia o una ecografia pleurica) che avrebbero consentito di stabilire la reale entita' del versamento pleurico, non verificabile con certezza attraverso gli accertamenti radiologici eseguiti presso il Pronto Soccorso, e di valutare se il drenaggio fosse realmente necessario. Avere eseguito l'intervento senza attenersi a regole di prudenza e perizia che raccomandano: di utilizzare una guida ultrasonografica; di eseguire, prima del drenaggio, una toracentesi diagnostica; di procedere alla dissezione per via smussa delle strutture anatomiche della parete toracica e alla palpazione digitale del cavo pleurico; di retrarre il mandrino appuntito del drenaggio immediatamente dopo l'ingresso in cavo pleurico. Le condotte colpose ritenute sussistenti sono dunque in parte omissive e in parte attive. I giudici di merito hanno ritenuto accertata una condotta omissiva colposa sottolineando che un maggior approfondimento diagnostico avrebbe potuto evidenziare che il posizionamento del drenaggio non era necessario o, comunque, consentire di meglio valutare la peculiare condizione del paziente, il cui emitorace sinistro aveva un volume ridotto a causa delle pregresse fratture vertebrali (cio' che comportava anche una anomala dislocazione dei grandi vasi). Hanno ritenuto sussistente, inoltre, una condotta colposa commissiva consistita nell'aver materialmente eseguito l'intervento in difformita' dalle leges artis e nell'aver posizionato il drenaggio senza retrarre immediatamente il mandrino appuntito. Fu proprio questa punta che, secondo le sentenze di merito, determino' la lesione del pericardio e dell'arteria.2. L'imputato ha proposto tempestivo ricorso contro la sentenza della Corte di appello articolandolo in due motivi che di seguito si riportano nei limiti strettamente necessari alla decisione come previsto dal Decreto Legislativo 28 luglio 1989, n. 271, articolo 173, comma 1. 2.1. Col primo motivo la difesa deduce violazione del Decreto Legge 13 settembre 2012, n. 158, articolo 3 convertito con modificazioni dalla L. 8 novembre 2012, n. 189 (c.d. "legge Balduzzi") per essere stata ritenuta una colpa grave conseguente al mancato rispetto di linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunita' scientifica nell'esecuzione degli accertamenti diagnostici necessari a stabilire la reale entita' del versamento pleurico. Sottolinea che la sentenza impugnata, pur avendo preso atto che tali ulteriori esami diagnostici non potevano essere eseguiti presso il nosocomio di (OMISSIS) per limiti tecnici e di competenze professionali, ha comunque ritenuto il mancato rispetto delle linee guida affermando la possibilita' di trasferire il paziente presso altra struttura piu' specializzata. La difesa sostiene che tale affermazione, formulata per la prima volta dai giudici di appello, sarebbe frutto di travisamento della prova essendo emerso nel corso del giudizio che, a causa delle sue gravi condizioni cliniche, il paziente non era trasferibile neppure all'interno dello stesso nosocomio e non lo era dunque, a maggior ragione, in altra struttura. Secondo la difesa, il denunciato travisamento della prova avrebbe carattere decisivo perche' il dato relativo all'impossibilita' di eseguire una ecotomografia o una ecografia pleurica senza spostare il paziente e' stato acquisito nel corso dell'istruttoria, atteso che, anche secondo i periti, all'epoca dei fatti, l'ecografia pleurica non era nella disponibilita' di tutti gli ospedali italiani. La difesa sottolinea che, come risulta dalla documentazione acquisita agli atti, tra il 2009 e il 2014 nell'ospedale di (OMISSIS) non furono mai eseguite ecografie toraciche ne' drenaggi toracici ecoguidati e questo, unitamente alle deposizioni dei testimoni, conferma l'indisponibilita' delle attrezzature necessarie. Sostiene, dunque, che il travisamento della prova, operato dal giudice di secondo grado, sarebbe stato decisivo nell'indurre la Corte territoriale a ritenere una colpa grave e a non applicare la c.d. "legge Balduzzi". 2.2. Col secondo motivo, il ricorrente deduce, sotto diverso profilo, violazione di legge e difetto di motivazione per la ritenuta esistenza di una colpa grave e la mancata applicazione del Decreto Legge n. 158 del 2012, articolo 3, comma 1. La difesa sostiene che i giudici di merito avrebbero ritenuto applicabile la disposizione in esame ai soli casi di imperizia e non anche a quelli di negligenza e imprudenza, come affermato invece dalla prevalente giurisprudenza di legittimita'. Sottolinea che l'intera equipe medica (radiologo anestesista e chirurgo), "con orientamento multidisciplinare", ritenne necessario il drenaggio toracico e che anche i periti hanno valutato tale decisione opinabile, ma non errata. Ricorda che, come piu' volte affermato dalla giurisprudenza di legittimita', la colpa grave dell'esercente attivita' sanitaria puo' essere ravvisata solo in presenza di una deviazione ragguardevole dall'agire appropriato rispetto al parametro dato dal complesso delle raccomandazioni contenute nelle linee guida di riferimento e che, quanto piu' la vicenda risulti problematica oscura ed equivoca, tanto maggiore deve essere la propensione a considerare lieve l'addebito. Osserva che, nel caso di specie, i limiti della struttura ospedaliera sono stati trascurati dai giudici di merito e avrebbero invece dovuto essere considerati, perche' "la carenza delle risorse disponibili e il limitato grado di esperienza e conoscenze tecniche rendevano irrecuperabile la regola cautelare, incidendo sulla configurabilita' dell'elemento psicologico o, quanto meno, sulla rilevanza del rimprovero". Secondo la difesa tali carenze hanno influito anche sulle modalita' tecniche di esecuzione dell'intervento perche' un drenaggio eco-guidato non era possibile. Quanto ai profili di colpa riguardanti le concrete modalita' esecutive del drenaggio, la difesa lamenta che tale comportamento colposo sia stato ritenuto solo perche' dalla cartella clinica risulta che, dopo l'incisione dei tegumenti, l'operatore avrebbe inserito direttamente il trocar. Sostiene che si tratta di un dato insufficiente e tutti gli adempimenti che si assumono omessi furono invece eseguiti, ma non annotati in cartella, trattandosi di "una tecnica scontata che non necessita di essere riportata pedissequamente". Rileva che la lesione dei grandi vasi e' una possibile complicanza del drenaggio toracico e fu favorita, nel caso di specie, dal "sovvertimento delle condizioni anatomiche del paziente, che presentava l'usuale topografia degli organi mediastinici distorta, tanto da portare l'arteria polmonare in posizione prossimale alla parete toracica". Secondo la difesa cio' fece si' che "il tubo "mandrinato"" impattasse immediatamente il vaso senza incontrare resistenza e senza consentire la retrazione all'operatore. La complicanza sarebbe stata dunque inevitabile in ragione della peculiarita' della situazione e non sarebbe stata prevedibile neppure con un approfondimento ecografico, peraltro inattuabile. Il ricorrente si duole che la sentenza impugnata non abbia compiuto alcun approfondimento sul punto e, oltre a ritenere l'evento prevedibile ed evitabile, abbia anche considerato non lieve il grado della colpa cosi' escludendo l'applicazione del citato Decreto Legge n. 158 del 2012, articolo 3. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilita'. Aggrediscono infatti, solo marginalmente, il nucleo centrale della decisione dei giudici di merito, secondo i quali (OMISSIS) si rese responsabile della morte di (OMISSIS), non soltanto a cagione di condotte omissive colpose, ma soprattutto, realizzando una condotta commissiva colposa che fu causa diretta del decesso e fu gravemente difforme rispetto alle regole accreditate nella comunita' scientifica per l'esecuzione di una toracentesi. 2. Per ragioni di logica espositiva, deve essere esaminato per primo il tema, comune ad entrambi i motivi di ricorso, della concreta inesigibilita' di un comportamento conforme alle linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunita' scientifica per indisponibilita' delle apparecchiature necessarie. Il ricorrente lo affronta sia con riferimento alla condotta omissiva - e, quindi, alla mancata esecuzione di un'ecotomografia o di una ecografia pleurica - sia con riferimento alla condotta attiva e quindi al mancato utilizzo di una guida ultrasonografica nell'inserimento del tubo di drenaggio. La difesa sostiene che, nell'esaminare la questione, la Corte di appello sarebbe incorsa in un travisamento della prova avendo affermato che, quando il paziente giunse al pronto soccorso, le sue condizioni non erano di assoluta gravita' e furono comunque stabilizzate, prima presso quel reparto, poi presso la U.O. di Anestesia e Rianimazione (dove egli fu assistito con ventilazione e raggiunse parametri clinici di stabilita'), sicche' nulla impediva di trasferirlo presso altra struttura specializzata. Secondo la difesa, il dato probatorio asseritamente travisato e' stato introdotto per la prima volta come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado. I difensori sostengono, di conseguenza, che, in questo caso - pur in presenza di due conformi sentenze di condanna - il vizio del travisamento della prova per utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, puo' essere dedotto per la prima volta col ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), (cfr. tra le tante: Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, M., Rv. 283777; Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, Tassoni, Rv. 280155). Argomentando in tal senso, pero', la difesa non considera che il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati, e' ravvisabile ed efficace "solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell'elemento frainteso o ignorato" (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758; Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774; Sez. 1, n. 24667 del 15/06/2007, Musumeci, Rv. 237207) e cosi' non e' nel caso di specie. Dalla sentenza di primo grado (pag. 19 della motivazione), risulta, infatti - e il dato non e' controverso - che nell'ospedale di (OMISSIS) era presente nell'intero arco delle ventiquattr'ore "una figura professionale in grado di eseguire ecografia e Tac". La relazione predisposta dal collegio peritale (trascritta, in parte, nelle pagine da 22 a 24 della sentenza del Tribunale) riferisce, inoltre, che l'ecotomografia puo' essere eseguita al letto del paziente ed e' un esame "semplice, rapido e non invasivo che avrebbe potuto confermare e quantificare la presenza di un versamento pleurico". A questo proposito il giudice di primo grado ha anche sottolineato che l'ecografia avrebbe consentito di meglio comprendere la particolare anatomia endotoracica del paziente, gia' intuibile sulla base dell'accertamento radiografico e, pertanto, sarebbe stata utile anche "ai fini della collocazione in sicurezza del drenaggio" (pag. 19 della motivazione). Nel ricorso si riferisce (pag. 7) che, come ribadito dai periti nel corso dell'esame; l'ecografia pleurica non era all'epoca nella disponibilita' di tutti gli ospedali italiani e si ricorda che gli stessi periti hanno detto "di non sapere quali fossero le possibilita' presso il nosocomio di (OMISSIS)". Si omette, pero', di precisare che queste considerazioni sono state formulate con riferimento alla "ecotomografia pleurica operativa" (e, quindi, alla possibilita' di eseguire un "drenaggio eco-guidato" utilizzando una "guida ultrasononografica"). Secondo i periti, questa pratica operativa, all'epoca dei fatti, "non era recepita in tutti i centri ospedalieri in modo routinario ed estensivo", e tuttavia nessuna analoga dichiarazione e' stata resa con riferimento all'ecografia diagnostica. Come risulta dall'estratto della relazione peritale trascritto nella sentenza di primo grado, infatti, i periti hanno affermato che questo esame poteva e doveva essere richiesto dall'operatore "per verificare l'entita' del versamento pleurico (ed eventualmente contrassegnare il punto per l'inserzione del drenaggio, raccomandazione C del BTS)" (dove BTS sta per "Linee guida della British Thoracics Society"). Proprio al fine di "evitare confusioni", a pag. 20 della motivazione, il giudice di primo grado ha ritenuto di dover sottolineare la diversita' dei due accertamenti e ha cosi' individuato quale condotta omissiva causalmente rilevante (e connotata da negligenza e imprudenza) non la mancata effettuazione del drenaggio sotto guida ultrasonografica, bensi' la mancata esecuzione di una ecografia a fini diagnostici. 2.1. Per quanto esposto, il travisamento della prova dedotto dal ricorrente non appare idoneo a disarticolare il ragionamento probatorio e a rendere illogica la motivazione. La difesa censura, infatti, come travisamento della prova una argomentazione aggiuntiva che i giudici di appello hanno ritenuto di dover sviluppare a sostegno dell'impianto motivazionale della sentenza di primo grado: un impianto che la Corte territoriale ha mostrato di condividere integralmente. A cio' deve aggiungersi che il giudice di primo grado aveva gia' sostenuto (pag. 5 e pag. 17 della motivazione) che, grazie alla terapia adottata presso l'U.O. Anestesia e Rianimazione, il paziente aveva raggiunto parametri clinici e respiratori di stabilita' e cio' consentiva di completare l'iter diagnostico terapeutico con tempestivita', ma senza criteri di emergenza. A ben guardare, dunque, l'affermazione secondo la quale il paziente poteva essere trasferito, se non in altra struttura, almeno in altro reparto, quand'anche frutto di travisamento della prova, non e' stata introdotta per la prima volta nella motivazione del provvedimento di secondo grado, ma era gia' presente nella motivazione della sentenza di primo grado. 3. E' noto che una sentenza di appello non puo' essere censurata sol perche' come e' avvenuto nel caso di specie - esamina i motivi di appello con criteri omogenei a quelli del primo giudice e rimanda ai passaggi logico giuridici della prima sentenza. In questi casi, infatti, poiche' vi e' concordanza tra i giudici del gravame e il giudice di primo grado nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado per formare un unico complessivo corpo argomentativo (cfr. tra le tante: Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747; Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595). Tanto premesso, si deve rilevare che le sentenze di merito attribuiscono il decesso del paziente, oltre che a condotte omissive (proprie della fase diagnostica precedente all'intervento) anche a una condotta commissiva, consistita nell'eseguire il drenaggio senza rispettare le comuni procedure di sicurezza raccomandate per questo tipo di intervento. Com'e' evidente, anche rispetto alla condotta attiva vengono in considerazione le componenti omissive della colpa. A questo proposito i giudici di merito hanno evidenziato che, nell'inserire il drenaggio toracico, (OMISSIS) non si attenne a comuni regole di prudenza e perizia. A differenza di quanto sostenuto nel ricorso, le regole violate non sono state individuate nel mancato ricorso alla guida ultrasonografica, che non era possibile in quel reparto (e i giudici di merito lo riconoscono), ma, piuttosto, nel non aver provveduto, prima di inserire il tubo di drenaggio, ad eseguire una toracentesi diagnostica. Come risulta dalla sentenza di primo grado (che riporta testualmente il contenuto della perizia), cio' avrebbe comportato l'incisione "col bisturi della cute e dei tegumenti" e la progressiva divaricazione "per via smussa (de)i piani muscolari, fino ad aprire la pleura parietale". Cosi' facendo, sarebbe stato possibile eseguire la "palpazione digitale del cavo pleurico" per escludere che strutture viscerali fossero prossime alla parete e "introdurre il drenaggio senza necessita' di spingerlo con forza, ritirando il mandrino per qualche centimetro dopo l'ingresso in cavo pleurico per far rientrare la punta" e non e' irragionevole sostenere che, cosi' operando, la lesione iatrogena avrebbe potuto essere evitata con elevato grado di credibilita' razionale (cfr. Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002, Franzese, Rv. 222138). 3.1. Nel secondo motivo di ricorso la difesa osserva (come gia' aveva fatto nei motivi di appello): da un lato, che non puo' desumersi dalla mancata annotazione in cartella di alcune procedure che le stesse non siano state seguite; dall'altro che la lesione dei grandi vasi e' una complicanza possibile del drenaggio toracico e, nel caso concreto, fu resa possibile dal "sovvertimento delle condizioni anatomiche del paziente, che presentava l'usuale topografia degli organi mediastinici distorta, tanto da portare l'arteria polmonare in posizione prossimale alla parete toracica". Secondo la difesa fu a causa di questa situazione che "il tubo "mandrinato"" impatto' immediatamente il vaso "senza incontrare resistenza e senza consentire la retrazione all'operatore" (pag. 13 del ricorso). Cosi' argomentando il ricorrente non si confronta con le motivazioni della sentenza impugnata che, dopo aver ricordato la natura di atto pubblico fidefacente della cartella clinica, sottolinea che l'omessa retrazione del mandrino e' stata desunta, non soltanto dal fatto che tale manovra non e' indicata nel diario dell'intervento, "ma anche dalle concrete conseguenze dell'operazione, cosi' come verificate dal collegio peritale". La sentenza di primo grado riferisce, inoltre, che l'autopsia ha evidenziato "due ferite di ingresso sulla pleura viscerale e due ferite sul pericardio" e che, questo dato, secondo i periti, "corrisponde a due diverse inserzioni del drenaggio" (pag. 23 della sentenza del Tribunale). Si tratta di un dato incompatibile con le argomentazioni difensive e, tuttavia, non contestato nei motivi di ricorso. Per quanto riguarda l'asserita imprevedibilita' e inevitabilita' dell'evento, che sarebbe dipeso dalle particolari "condizioni anatomiche" di (OMISSIS), basta ricordare che questi, tetraplegico e obeso, aveva difficolta' di corretto decubito e che, come gia' illustrato, tra i profili di colpa ritenuti sussistenti vi e' anche quello di non aver disposto una ecografia diagnostica che avrebbe consentito di meglio comprendere la particolare anatomia endotoracica del paziente (prevedibile perche' l'accertamento radiografico eseguito consentiva di intuirla). 4. Il motivo di ricorso col quale si chiede l'applicazione del Decreto Legge n. 158 del 2012, articolo 3, comma 1, e' inammissibile perche' non si confronta criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, ma si limita a lamentare, in maniera generica, una presunta carenza o illogicita' della motivazione (tra le tante: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970; Sez. 3, n. 3953 del 26/10/2021, dep. 2022, Berroa Telleria Rv. 282949). I giudici di merito hanno ampiamente argomentato sul punto. Hanno osservato, infatti, che (OMISSIS) non si uniformo' alle linee guida o buone tecniche assistenziali, ma - sia nella decisione di eseguire un drenaggio toracico senza previo approfondimento diagnostico, sia nella concreta esecuzione dell'intervento - violo' alcune regole cautelari riconosciute dalla comunita' scientifica. Hanno sottolineato, poi che, proprio perche' vi fu un significativo discostamento rispetto all'agire appropriato, la colpa non puo' definirsi lieve. La motivazione e' congrua, non contraddittoria ne' manifestamente illogica, ed e' conforme ai principi ermeneutici dettati dalla giurisprudenza di legittimita'. Come e' stato opportunamente osservato, infatti, l'articolo 3 della c.d. "Legge Balduzzi" riguarda "il professionista (che) si orienti correttamente in ambito diagnostico o terapeutico, si affidi cioe' alle strategie suggeritegli dal sapere scientifico consolidato, inquadri correttamente il caso nelle sue linee generali e tuttavia, nel concreto farsi del trattamento, commetta qualche errore pertinente proprio all'adattamento delle direttive di massima alle evenienze ed alle peculiarita' che gli si prospettano nello specifico caso clinico" (Sez. 4, n. 16237 del 29/01/2013, Cantore, Rv. 255105 pag. 16 della motivazione). In coerenza con tale impostazione, si e' sostenuto che "la limitazione della responsabilita' del medico in caso di colpa lieve, prevista dalla L. 8 novembre 2012, n. 189, articolo 3, comma 1, opera, in caso di condotta professionale conforme alle linee guida ed alle buone pratiche, anche nella ipotesi di errori connotati da profili di colpa generica diversi dall'imperizia. (In motivazione la Corte ha precisato che tale interpretazione e' conforme al tenore letterale della norma, che non fa alcun richiamo al canone della perizia e risponde alle istanze di tassativita' dello statuto della colpa generica delineato dall'articolo 43 c.p., comma 3)" (Sez. 4, n. 23283 del 11/05/2016, Denegri, Rv. 266903; Sez. 4, n. 53453 del 15/11/2018, Rv. 274499). Perche' il Decreto Legge n. 158 del 2012, articolo 3, comma 1, possa operare, tuttavia, e' sempre necessario (e sul punto non vi sono voci discordi) che siano state rispettate le linee guida o le regole di comportamento accreditate nella comunita' scientifica e, nel caso di specie, proprio il rispetto di queste regole e' stato escluso dai giudici di merito. Se e' vero, inoltre, che "in tema di colpa, la valutazione in ordine alla prevedibilita' dell'evento va compiuta avendo riguardo anche alla concreta capacita' dell'agente di uniformarsi alla regola cautelare in ragione delle sue specifiche qualita' personali, in relazione alle quali va individuata la specifica classe di agente modello di riferimento" (Sez. 4, n. 20270 del 06/03/2019, Palmeri, Rv. 276238; Sez. 4, n. 9745 del 12/11/2020, dep. 2021, Dutu, Rv. 280696); e' pur vero che il ricorrente (medico chirurgo di esperienza, in servizio presso l'ospedale di (OMISSIS)) non ha certo sostenuto di non avere le competenze necessarie al corretto inserimento di un catetere per il drenaggio toracico, pur reso difficoltoso dalla peculiarita' del caso. Ha sottolineato, anzi, che la sede di inserzione del trocar e il calibro utilizzato sono stati reputati corretti dai periti e ha sostenuto che un inserimento eco-guidato non era possibile per l'indisponibilita' dell'apparecchiatura, ma l'inserimento del drenaggio (ancorche' non eco-guidato) era comunque possibile e ha difeso la scelta di eseguire l'intervento. I giudici di merito, peraltro, hanno argomentato in proposito ponendo in luce: da un lato, che le condizioni del paziente richiedevano particolare cautela nell'introduzione del catetere e invece la toracentesi diagnostica non fu eseguita; dall'altro, che comuni regole di prudenza impongono al medico di scegliere la soluzione meno pericolosa per la salute del paziente, e tale non era quella di procedere immediatamente all'esecuzione di un drenaggio che opportuni approfondimenti diagnostici avrebbero dimostrato non necessario. 5. Poiche' il ricorso e' inammissibile, non deve essere dichiarata la prescrizione del reato che sarebbe maturata dopo la sentenza d'appello.La giurisprudenza di questa Corte di legittimita', infatti, ha piu' volte ribadito che l'inammissibilita' dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilita' di rilevare e dichiarare le cause di non punibilita' a norma dell'articolo 129 c.p.p. (Sez. U. n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266; conformi, Sez. U., n. 23428 del 2/3/2005, Bracale, Rv. 231164, e Sez. U. n. 19601 del 28/2/2008, Niccoli, Rv. 239400; Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, Ciaffoni, Rv. 256463). 6. All'inammissibilita' del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita', deve essere disposto a suo carico, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere di versare la somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, somma cosi' determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilita'. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BONI Monica - Presidente Dott. MAGI Raffaello - Consigliere Dott. ALIFFI Francesco - Consigliere Dott. CAPPUCCIO Daniele - rel. Consigliere Dott. TOSCANI Eva - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS) SPA (OMISSIS); avverso la sentenza del 23/06/2021 della CORTE ASSISE APPELLO di FIRENZE; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CAPPUCCIO DANIELE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. GAETA PIETRO, che ha concluso chiedendo il rigetto di tutti i ricorsi. uditi i difensori di parte civile: avvocato Pinucci, il quale conclude chiedendo la conferma della sentenza impugnata e l'inammissibilita' o in subordine il rigetto dei ricorsi, deposita le conclusioni e la nota spese; avvocato Gramigni, il quale conclude chiedendo l'inammissibilita' dei ricorsi e la conferma della sentenza impugnata, deposita le conclusioni e la nota spese; avvocato Verrucchi, il quale conclude chiedendo l'inammissibilita' o in subordine il rigetto dei ricorsi e la conferma della sentenza impugnata, deposita le conclusioni e la nota spese; avvocato Maggiora, il quale conclude chiedendo l'inammissibilita' o in subordine il rigetto dei ricorsi e la conferma della sentenza impugnata, deposita le conclusioni e la nota spese; avvocato Parenti, il quale conclude chiedendo la conferma della sentenza impugnata, deposita le conclusioni e la nota spese; avvocato Accettola, il quale conclude chiedendo la conferma della sentenza impugnata e il rigetto dei ricorsi, deposita le conclusioni e la nota spese; uditi i difensori dei ricorrenti: avvocato Cianferoni Luca, il quale conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso e l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata alla Corte di Appello competente; avvocato Ali' Elisabetta, la quale conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso; avvocato Muncibi' Nicola, il quale conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il dispositivo della pronunzia impugnata. Con sentenza del 23 giugno 2021, la Corte di assise di appello di Firenze, in accoglimento delle impugnazioni presentate dal locale Procuratore della Repubblica e dalle parti civili ed in parziale riforma della sentenza emessa dalla Corte di assise di Firenze il 30 giugno 2020, ha, tra l'altro: - dichiarato (OMISSIS) ed (OMISSIS) colpevoli del delitto di tentato omicidio in pregiudizio di (OMISSIS) e li ha condannati alla pena di sette anni di reclusione ciascuno, oltre che alle sanzioni accessorie previste per legge; - confermato le condanne pronunziate, in primo grado, nei confronti di (OMISSIS), in relazione al reato di tentata violenza privata continuata, commessa minacciando di morte (OMISSIS) al fine di costringerlo a riparare all'estero, nonche' dello stesso (OMISSIS), di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ritenuti responsabili: del tentato omicidio di (OMISSIS); dell'omicidio volontario di (OMISSIS); delle lesioni personali arrecate a (OMISSIS); - confermato la condanna di (OMISSIS) alla pena di venticinque anni e due mesi di reclusione e di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) alla pena di venticinque anni di reclusione ciascuno, oltre che al risarcimento dei danni ed al pagamento delle provvisionali in favore delle costituite parti civili; - condannato il responsabile civile (OMISSIS) S.p.a., quale impresa designata dal (OMISSIS) in relazione al veicolo Volvo S60 targato (OMISSIS), in solido con gli imputati, al risarcimento dei danni ed al pagamento delle provvisionali in favore delle parti civili costituite. 2. Le coordinate generali della vicenda di interesse, nella ricostruzione dei giudici di merito. Le menzionate sentenze sono state rese nell'ambito del procedimento penale scaturito dai fatti accaduti la mattina del (OMISSIS) in (OMISSIS) e, in specie, dall'inseguimento tra veicoli procedenti ad elevatissima velocita', culminato, con esito tragico, nei violentissimi urti verificatisi all'altezza dell'incrocio tra le vie (OMISSIS) e (OMISSIS). I giudici di merito hanno, in proposito, concordemente stimato che la vicenda di interesse processuale ha tratto origine dalla crisi intervenuta tra i coniugi (OMISSIS) ed (OMISSIS), che si e' riverberata nei rapporti tra l'uomo e la famiglia della moglie, e, specificamente, dal proditorio atteggiamento serbato la sera dell'(OMISSIS) da (OMISSIS) il quale, in replica alle contestazioni dei parenti della donna, aveva osato percuotere il suocero (OMISSIS), leader della comunita' rom insediata nel campo nomadi del (OMISSIS). L'increscioso contegno serbato da (OMISSIS) aveva determinato la reazione di (OMISSIS) e dei suoi congiunti, tradottasi, oltre che nelle esplicite minacce rivoltegli da (OMISSIS), figlio di (OMISSIS), via chat il 9 giugno 2018, nella spedizione punitiva organizzata ed eseguita l'indomani mattina, domenica (OMISSIS). Quel giorno, stando all'impostazione accusatoria, recepita nelle sentenze di primo e secondo grado - che divergono soltanto in ordine alla responsabilita' concorsuale di (OMISSIS), pure lui figlio di (OMISSIS), ed (OMISSIS), nipote della sorella di (OMISSIS), in ordine al tentato omicidio di (OMISSIS) - (OMISSIS) venne sorpreso, mentre si trovava, a bordo della sua Opel Zafira, nel parcheggio del supermercato (OMISSIS) di Via (OMISSIS), da (OMISSIS) (anche lui figlio di (OMISSIS), benche' portante un diverso cognome) il quale, posto alla guida della Lancia Lybra sulla quale viaggiava anche la moglie, (OMISSIS), cerco' di sbarrargli la via d'uscita sospingendo la Opel Zafira verso l'area in cui erano allocati i carrelli della spesa. (OMISSIS), a quel punto, sperono', a sua volta, la Lancia Lybra, cosi' riuscendo ad allontanarsi ed a immettersi, a tutto gas, sulla Via (OMISSIS), non senza avere, prima, superato l'ostacolo rappresentato da altri due veicoli, il furgone Opel Vivaro occupato da (OMISSIS) e (OMISSIS) e la Volvo S60 sulla quale si trovavano il conducente (OMISSIS) (figlio di (OMISSIS)) ed i passeggeri (OMISSIS) (nipote di (OMISSIS), perche' figlio del di lui fratello (OMISSIS)), il quale occupava il sedile anteriore destro, (OMISSIS) e (OMISSIS), assisi sui sedili posteriori. Il fuggiasco, per farsi largo tra i veicoli, urto' sia la Volvo S60 che il furgone Opel Vivaro, che subi' un danno ad un pneumatico, tale da minarne l'efficienza, e si lancio', quindi, a fortissima velocita', lungo la Via (OMISSIS), seguito da presso dalla Volvo S60 e, a breve distanza, dalla Lancia Lybra. L'inseguimento, condotto all'andatura di circa 100 km/h, in piena citta', a meta' mattinata della domenica, mise a repentaglio l'incolumita', oltre che delle persone che ne erano protagoniste, di tutti gli utenti della strada e dei passanti: cio' nonostante, la Opel Zafira e la Volvo S60 non esitarono ad occupare la corsia di marcia riservata ai mezzi che transitavano in senso inverso, al punto da rischiare la collisione con un ciclomotore, fortunatamente evitata grazie alla manovra di emergenza effettuata dalla Volvo S60 - che, scartando, riusci' a riguadagnare la propria corsia, senza tuttavia rallentare e, anzi, rilanciando l'andatura per proseguire l'inseguimento - dal cui finestrino destro sporgeva la mazza da baseball che (OMISSIS) agitava con chiaro intento minatorio nei confronti di (OMISSIS). Di li' a poco, in prossimita' dell'intersezione con la Via (OMISSIS), la Volvo S60 colpi' la vettura guidata da (OMISSIS) che, entrata in rotazione, abbatte' un palo segnaletico, sali' sul marciapiede e termino' la sua corsa contro alcuni arbusti piantati a lato della strada, per poi venire parzialmente attinta dalle fiamme. (OMISSIS), riuscito, provvidenzialmente, ad abbandonare l'abitacolo e nascostosi alla vista degli inseguitori mimetizzandosi tra gli alberi, riporto', nell'occorso, lesioni tanto gravi da determinare un lungo periodo di convalescenza e postumi invalidanti. La Volvo S60 urto', altresi', il ciclomotore Honda SH, guidato da (OMISSIS) - il quale, fermo al semaforo, venne scaraventato alla distanza di quarantacinque metri e, in conseguenza del violentissimo impatto con il suolo, pati' lesioni di tale gravita' da provocarne, il giorno seguente, il decesso - per poi colpire, danneggiandola, la Hyundai guidata da (OMISSIS) (il quale portava seco i figli minori), invadere l'opposta corsia di marcia ed ivi andare a collidere frontalmente con la Volvo V40 condotta da (OMISSIS), pure rimasto ferito, sulla quale sedeva anche la moglie (OMISSIS). Sul luogo del sinistro giunsero, di li' a poco, a bordo del furgone Opel Vivaro, (OMISSIS) ed (OMISSIS) il quale, sceso dal mezzo, si avvicino' alla Opel Zafira di (OMISSIS). Sulla base di questa ricostruzione dei fatti, la Corte di assise ha affermato la penale responsabilita' di tutti gli occupanti della Volvo S60 e del conducente della Lancia Lybra (nei confronti della cui passeggera, (OMISSIS), non risulta, per quanto consta, essere stata elevata alcuna contestazione) per i reati di omicidio volontario e tentato e di lesioni personali in pregiudizio, rispettivamente, di (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS), nonche' quella di (OMISSIS) anche per la tentata violenza privata commessa in danno di (OMISSIS); ha, invece, assolto (OMISSIS) ed (OMISSIS) dal fatto loro ascritto. Avuto riguardo all'individuazione del soggetto chiamato, in solido con gli imputati, al risarcimento, quale responsabile civile, dei danni cagionati dalla Volvo S60, che, in quel frangente, circolava con targa di prova, la Corte di assise ha ritenuto che soggetto passivo dell'obbligazione fosse l' (OMISSIS) S.p.a., societa' che copriva i rischi connessi alla circolazione con targa di prova e che, essendo stata detta societa' estromessa dal giudizio, in accoglimento di specifica eccezione, nelle fasi preliminari, la questione dovesse essere affrontata nella competente sede civilistica, ed ha, per contro, respinto le domande formulate dalle parti civili nei confronti della (OMISSIS) S.p.a., quale impresa designata dal (OMISSIS). 3. La motivazione della sentenza impugnata. La Corte di assise di appello ha disatteso in toto le impugnazioni degli imputati sul rilievo che le emergenze istruttorie raccolte nel corso del giudizio di primo grado e quelle assunte mediante parziale rinnovazione in appello comprovino la reale dinamica degli accadimenti, nonche' la falsita' delle dichiarazioni rese dagli imputati e dai testimoni escussi su loro indicazione, ed impongano, piuttosto, la riforma della sentenza di primo grado nel senso dell'estensione a (OMISSIS) ed (OMISSIS) della responsabilita' per il tentato omicidio di (OMISSIS). Tanto, in ragione della conclamata sussistenza di un previo accordo tra tutti gli imputati, reso evidente dalle condotte pregresse e dalla seriazione causale degli eventi, dimostrative: di una vera e propria ricerca della vittima; di una chiamata a raccolta, una volta che la stessa era stata individuata; di una volonta' omicidiaria comune e condivisa tra tutti gli imputati, i quali hanno concorso, sul piano sia materiale che morale, alla realizzazione del fatto in contestazione. La Corte di assise di appello ha, in primis, stimato priva di fondamento la versione dei fatti offerta dagli imputati in relazione: a) alla natura, asseritamente fortuita e occasionale, dell'incontro di (OMISSIS) con (OMISSIS) all'interno del parcheggio dell'(OMISSIS); b) alla reale dinamica degli scontri, all'interno del parcheggio, tra le vetture di (OMISSIS) e (OMISSIS); c) al significato e al contenuto della telefonata partita dall'utenza di (OMISSIS), in quel momento nella disponibilita' della moglie, verso quella di (OMISSIS) e, piu' in generale, di quelle intercorse, tra i soggetti di interesse processuale, a partire dal primo passaggio della Opel Zafira della vittima lungo la Via (OMISSIS); e) alla presenza degli imputati, quella mattina, nell'area del centro commerciale (OMISSIS) ed alle ragioni che la hanno giustificata; f) all'assenza di qualsivoglia previo accordo fra di loro; g) ai termini del coinvolgimento di ciascuno degli occupanti dei tre veicoli; h) all'assenza di intento omicidiario o di vendetta verso (OMISSIS). Ha, in particolare, ritenuto, in accordo con il primo giudice, che (OMISSIS) fosse presente all'interno della Volvo S60 sia nel tragitto percorso tra il campo nomadi ed il supermercato (OMISSIS) che durante la successiva fase di inseguimento della Opel Zafira e che la sua diretta e personale partecipazione sia coerente con il prestigio riconosciutogli in seno alla comunita' rom, messo in discussione dall'aggressione perpetrata dal genero nei suoi confronti, dalla quale era derivato l'intento di porre in essere una cruenta azione ritorsiva, articolatasi proprio attraverso le condotte ricostruite nel processo. I giudici di secondo grado, del pari, respinto le prospettazioni difensive relative: a) all'essersi (OMISSIS) avvicinato alla vittima, nel parcheggio dell'(OMISSIS), in modo civile e non ostile; b) alla corretta interpretazione da attribuire ai messaggi che (OMISSIS) aveva scambiato con (OMISSIS); c) alle pulsioni che hanno spinto (OMISSIS) ad esibire, in costanza di inseguimento, la mazza da baseball, facendola sporgere dal finestrino, e ad impugnarla, dopo l'incidente, appena sceso dalla macchina, all'atto di appropinquarsi a quella della vittima; d) alle ragioni che hanno indotto (OMISSIS) a porsi alle calcagna del cognato; e) al motivo che ha spinto (OMISSIS) ed (OMISSIS) a portarsi, a dispetto dell'avaria dell'Opel Vivaro, sul luogo del sinistro. La Corte di assise di appello ha ritenuto che la riscontrata presenza di (OMISSIS) all'interno della Volvo S60 renda insostenibile l'intera ricostruzione difensiva, caratterizzata da profili di irrazionalita' e smentita da circostanze obiettive, emergenti dal contributo di testi pienamente attendibili anche perche' neutrali, e dagli espletati accertamenti tecnici. In quest'ottica, la convergenza dei tre veicoli al centro commerciale, lungi dall'essere frutto del caso, costituisce momento attuativo di una vera e propria spedizione punitiva, pianificata e voluta da tutti gli imputati, avente come movente l'affronto che (OMISSIS) aveva riservato all'indiscusso capo del clan a base familiare, secondo quanto, del resto, confermato dai messaggi gravemente intimidatori inviati alla vittima da (OMISSIS), nonche' dagli appostamenti sotto casa della vittima. In questo senso depongono, hanno ribadito i giudici di appello, sia le dichiarazioni rese dai testimoni oculari indifferenti ai fatti, e massimamente credibili, che collocano (OMISSIS), immediatamente dopo l'incidente, accanto alla Volvo S60 incidentata, che le informazioni assunte in ordine alla coincidenza, dal punto di vista cronologico, tra le minacce rivolte da (OMISSIS) al cognato via Messenger e lo stazionamento, sotto casa della vittima, di due veicoli, di colore corrispondente a quello delle macchine in uso a (OMISSIS) ed (OMISSIS), che induce a reputare inverosimile l'obiezione che riconduce le parole di (OMISSIS) ad un mero e liberatorio sfogo di rabbia. La Corte di assise di appello ha, del pari, reputato l'inverosimiglianza delle giustificazioni offerte dagli imputati circa le ragioni che hanno determinato la loro contestuale presenza all'interno del parcheggio del supermercato (OMISSIS). In proposito, ha rilevato che (OMISSIS) ed i suoi congiunti, essendo edotti delle abitudini di (OMISSIS), non hanno avuto difficolta', quella mattina, a reperirlo e ad avviare, quindi, la programmata spedizione punitiva nei suoi confronti: (OMISSIS) lo ha, per primo, raggiunto nel parcheggio del centro commerciale, dopodiche', tramite un giro di telefonate, i correi hanno lasciato il campo nomadi, a bordo della Volvo S60 e dell'Opel Vivaro, in direzione dell'(OMISSIS). La successione dei contatti telefonici, letta in combinazione, anche cronologica, con le immagini estratte dai sistemi di video sorveglianza installati in quella zona, dimostra compiutamente, a giudizio della Corte di assise di appello, che gli spostamenti dei veicoli sono stati compiuti in funzione delle informazioni via via fornite da (OMISSIS), dalla moglie e da (OMISSIS) e priva di qualsivoglia plausibilita' la versione difensiva, secondo cui (OMISSIS) ed i suoi congiunti si sarebbero trovati, in gran numero, nell'arco di poche decine di metri senza avere prima concordato l'incontro e senza che la loro contestuale presenza fosse collegata al malanimo nutrito nei confronti di (OMISSIS) ed alla ritenuta necessita' di sanzionare a dovere l'atto di arrogante irriverenza del quale egli si era reso autore appena due giorni prima. La Corte di assise di appello ha mutuato le conclusioni raggiunte dal giudice di primo grado anche in ordine agli accadimenti avvenuti all'interno del parcheggio, non essendo revocabile in dubbio che la condotta tenuta da (OMISSIS), a dispetto di quanto da lui riferito, sia stata aggressiva e funzionale ad un'azione di contenimento della vittima, in attesa del sopraggiungere dei correi, grazie al cui intervento sarebbe stato possibile infliggere a (OMISSIS) la meritata punizione. Ha, per contro, svalutato l'assunto difensivo volto a negare che la vittima sarebbe stata colta, in conseguenza dell'improvvisa aggressione, da panico, scarsamente compatibile con il contesto socio-culturale che ha fatto da sfondo alla vicenda e con il complessivo contegno degli imputati, intenzionati ad evitare che il dissidio fosse composto in forme pacifiche e civili. Ha, vieppiu', ricordato che le autovetture impegnate nell'inseguimento hanno viaggiato a velocita' piu' che doppia rispetto a quella consentita e percorso la carreggiata, con continue azioni di speronamento e cambi di corsia, secondo quanto definitivamente comprovato dalle testimonianze raccolte e dalle immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza. La Corte di assise di appello ha, quindi, ritenuto, in diritto, che l'accertata dinamica degli accadimenti consente di ravvisare la sussistenza sia dell'elemento materiale, inteso come idoneita' e direzione non equivoca degli atti tenuti, del contestato delitto di tentato omicidio in danno di (OMISSIS) che del profilo psicologico doloso dell'animus necandi, ricostruito nella forma del dolo diretto alternativo. A tal fine, ha osservato che vi e' prova certa: a) che i tre veicoli si sono trovati contemporaneamente nello stesso luogo per effetto di un chiaro e ben preciso accordo o, comunque, per una volonta' condivisa ed in vista del conseguimento del comune obiettivo di offrire una congrua risposta all'irrispettoso comportamento tenuto da (OMISSIS) nei riguardi del suocero; b) che l'azione violenta iniziata da (OMISSIS) e' stata funzionale al contenimento della vittima ed a permettere ai coimputati di raggiungerlo e dargli manforte; c) che la fuga a gran velocita' non ha rappresentato un evento imprevisto e imprevedibile ed ha, al contrario, costituito un'evenienza ordinaria, che non ha colto di sorpresa gli imputati, lesti a mettersi immediatamente sulle tracce di (OMISSIS); d) che la condotta di guida, scellerata e di inaudita pericolosita', tenuta dai veicoli inseguitori integra sia il profilo di idoneita' che quello di direzione non equivoca degli atti. Parimenti sussistente deve ritenersi, secondo la Corte, l'elemento psicologico del reato, atteso che un inseguimento di tal fatta, contraddistinto da tentativi di sorpasso contromano e da speronamenti, a quella folle velocita', mirava non gia' a costringere (OMISSIS) ad arrestare la marcia ma, piuttosto, a conseguire l'obiettivo, unico ed univoco, di mandarlo fuori strada, rappresentandosi e volendo, alternativamente, da parte degli agenti, la morte o le lesioni gravi della vittima. La Corte di assise di appello ha concluso nel senso della concorrente responsabilita' di tutti gli imputati in ordine al tentato omicidio, sul rilievo, in specie, che e' stata la Lancia Lybra a dare il la all'operazione punitiva con la condotta di contenimento violento della Opel Zafira della vittima all'interno del parcheggio del supermercato e che la stessa autovettura, seguendo la Volvo S60, prima inseguitrice, a velocita' pressocche' identica, ha operato sorpassi contromano ed evoluzioni di analoga pericolosita' e di univoca significanza nel senso della partecipazione diretta e attiva all'inseguimento. La responsabilita' concorrente per il delitto e' stata estesa, oltre che ai conducenti dei veicoli, (OMISSIS) e (OMISSIS), agli occupanti della Volvo S60: (OMISSIS), autore dell'iniziativa minatoria attuata brandendo, in costanza di inseguimento, la mazza; (OMISSIS), che aveva occupato le giornate precedenti alla ricerca spasmodica della vittima, indirizzandogli reiterate e pesanti minacce di morte; (OMISSIS), per vendicare il quale l'azione delittuosa e' stata deliberata e portata a compimento e che si e' unito ai familiari per consumare l'atto di ritorsione. La Corte di assise di appello ha, poscia, riformato la sentenza di primo grado in ordine alla penale responsabilita' di (OMISSIS) ed (OMISSIS) in ordine al delitto di tentato omicidio. A tal fine, ha valorizzato, innanzitutto, la corrispondenza tra i passaggi della vittima sotto la telecamera posta a copertura di Via (OMISSIS), le telefonate tra gli imputati e l'uscita dal campo nomadi, a pochi secondi di distanza l'una dall'altra, della Volvo S60 e dell'Opel Vivaro, nonche' la diretta e personale partecipazione al fatto di (OMISSIS), falsamente e costantemente negata, quali elementi di prova logica univoci e connotati da gravita', precisione e concordanza. Ha giustificato con la concitazione del momento la contraddizione in cui, nel corso delle indagini preliminari, e' incorso (OMISSIS) con riferimento all'indicazione degli occupanti dei vari veicoli. Ha, ulteriormente, notato che la panoramica dello stato dei luoghi sviluppata dalla polizia giudiziaria durante le indagini preliminari, che tiene conto delle distanze relative e del posizionamento del furgone condotto da (OMISSIS) rispetto ai veicoli interessati dal sinistro, dimostra, da un canto, che l'Opel Vivaro e' giunto sulla scena del delitto immediatamente dopo la sua verificazione e prima che l'area venisse interdetta al traffico veicolare e, dall'altro, che (OMISSIS) ha dovuto percorrere svariate decine di metri per raggiungere la siepe dentro la quale era finita l'autovettura di (OMISSIS), cosi' rendendosi protagonista di un contegno espressivo di volonta' offensiva. Ha rilevato che non puo', in proposito, credersi, come prospettato da (OMISSIS), che egli si sia avvicinato all'auto di (OMISSIS) perche' preoccupato della sua incolumita' e nonostante egli, per sua stessa ammissione, avesse subito notato che all'interno della vettura non vi era nessuno e che il veicolo era interessato da un principio di incendio. La Corte di assise di appello ha, analogamente, condiviso i giudizi espressi dai giudici di primo grado circa la sussistenza dell'elemento psicologico del dolo eventuale in relazione all'omicidio di (OMISSIS) ed alle lesioni arrecate a (OMISSIS). Ha ritenuto pacifica la sussistenza, in capo a tutti gli occupanti dei veicoli e secondo la regola propria della fattispecie plurisoggettiva eventuale del concorso di persone nel reato, della penale responsabilita' per l'evento di danno causalmente determinato, sorretta da dolo eventuale. L'azione delittuosa in danno di (OMISSIS), ha rimarcato, e' stata pianificata, concordata e voluta da tutti i concorrenti, con fine omicidiario, ed ha costituito motivo unico dell'iniziale aggressione all'interno del parcheggio del centro commerciale, della convergenza degli altri due veicoli a rinforzo dell'operato della Lancia Lybra, del folle inseguimento lungo la pubblica Via (OMISSIS), con un dolo diretto alternativo cosi' forte e determinato da superare, avvolgendolo, ogni evento collaterale. Il video richiamato e visionato non consente, osservano i giudici fiorentini, interpretazioni alternative e, oltre ad offrire uno spaccato delle modalita' dell'inseguimento, dimostra come gli imputati abbiano vissuto un'anticipazione concludente ed univoca degli eventi collaterali che il protrarsi di tale azione in una strada urbana ad alta densita' di circolazione, in pieno giorno, avrebbe determinato: due motorini, proprio al momento del passaggio delle auto, stavano percorrendo la via (OMISSIS) in direzione opposta; il primo, in particolare, si era trovato in quel tratto di strada durante uno dei molteplici tentativi di sorpasso e speronamento da parte della Volvo S60 che, con la ricordata manovra di emergenza ed il conseguente sbandamento, con fatica era riuscita a scansarlo e rientrare nella corsia di pertinenza, rifacendosi immediatamente sotto alla Opel del fuggitivo. Il filmato, continua la Corte toscana, mostra il conducente dello scooter che, sconvolto per il pericolo appena scampato, arresta la marcia in mezzo alla corsia e si gira per seguire con gli occhi il percorso delle autovetture impegnate nella inquietante gimkana. I giudici di secondo grado rilevano che (OMISSIS), colpito da tergo subito dopo essersi arrestato al semaforo dell'incrocio con la via (OMISSIS), non ha avuto la stessa fortuna e che la descritta manovra di rientro non documenta una prova di abilita' del conducente della Volvo - che, nella ricostruzione difensiva, costituirebbe una mal riposta fiducia nelle proprie attitudini di guida e, dunque, una non volonta' dell'evento collaterale - ma, piuttosto, l'evidente rappresentazione e presa di coscienza del tipo di evento collaterale di danno che, proseguendo con tale scellerata condotta di guida, concretamente si prospettava. Una rappresentazione che, tuttavia, non ha comportato il sorgere negli imputati della volonta' di fermarsi o di interrompere l'inseguimento: al contrario, immediatamente dopo il mancato impatto, vi e' stato lo sbracciare di (OMISSIS), il suo brandire la mazza da baseball, con la Volvo che immediatamente si e' di nuovo avvicinata alla Opel Zafira, sotto l'impulso di (OMISSIS) che, all'evidenza, ha ordinato di proseguire l'azione; un contesto illecito dell'azione, del movente, del fine ultimo della condotta tenuta, di tale pregnanza criminogena da superare, avvolgendolo, ogni evento collaterale. Inquadrate da questa angolatura, la morte di (OMISSIS) e le lesioni patite da (OMISSIS) non costituiscono, continuano i giudici di appello, solo eventi di danno prevedibili ed evitabili con una condotta di guida alternativa, corretta, esigibile e doverosa, giacche' vi e' prova processualmente certa dell'atteggiamento interiore degli imputati verso gli stessi, dell'indifferenza per la loro verificazione, ritenuta subvalente rispetto alla priorita' della consumazione del delitto principale avuto di mira, dunque dell'accettazione consapevole della loro verificazione, atteggiamento di assoluta indifferenza indubbiamente dimostrativo della sussistenza del dolo eventuale. La Corte di assise di appello ha, poi, rigettato il motivo di impugnazione con il quale era stato invocato il riconoscimento, in favore di (OMISSIS), dello stato di necessita', per essere egli stato costretto a porsi sulle tracce del figlio, conducente della Volvo S60, allo scopo di convincerlo ad arrestare la marcia che, in quelle condizioni, lo avrebbe esposto, in caso di incidente, al rischio di subire conseguenze pregiudizievoli rese ancor piu' gravi, se non addirittura letali, dalla grave forma di emofilia che lo affligge. Al riguardo, ha stimato che (OMISSIS), lungi dall'essere animato dall'affetto paterno, ha invece deliberatamente partecipato ad una azione previamente concertata che, in quel frangente, era finalizzata all'obiettivo, comune a tutti gli inseguitori, di raggiungere e scaraventare fuori strada la Opel Zafira guidata dal reprobo (OMISSIS). I giudici di appello hanno, altresi', escluso l'applicazione, nei confronti degli imputati condannati per l'omicidio di (OMISSIS), della circostanza attenuante ex articolo 116 c.p., comma 2, sul rilievo che l'istruttoria - sia orale che documentale - ha, piuttosto, dimostrato il previo accordo ed il pieno concorso degli imputati nei fatti delittuosi, caratterizzati dalla ricorrenza del dolo diretto alternativo rispetto al delitto di tentato omicidio e del dolo eventuale per l'omicidio consumato. Hanno, parimenti, disatteso la richiesta di riconoscimento della circostanza di cui all'articolo 114 c.p., che presuppone che il ruolo assunto da taluno dei concorrenti, nella fase preparatoria o in quella esecutiva, abbia avuto un'efficacia causale del tutto marginale nella verificazione dell'evento, nel senso che il reato sarebbe stato egualmente posto in essere anche senza l'attivita' del correo, laddove invece, nel caso di specie, all'originaria condivisione del disegno criminoso omicidiario in danno di (OMISSIS) e alla rappresentazione ed accettazione degli eventi collaterali che vi sono frapposti ha fatto pendant un apporto, in capo a ciascuno dei soggetti coinvolti, di sicura e non minimale efficienza causale. La Corte di assise di appello ha condiviso la scelta del primo giudice di negare a tutti gli imputati le circostanze attenuanti generiche, avuto riguardo all'esistenza di un legame del clan familiare talmente forte e coeso da avere, non soltanto, determinato gli imputati all'azione, con le modalita' ricordate, ma di averli portati a concordare una falsa ricostruzione dei fatti, a fornire una versione adattativa, fortemente sintomatica della assenza di una reale resipiscenza, di effettiva comprensione dell'enorme disvalore penale e sociale di quanto commesso, della tragedia provocata con l'intenzionale accettazione degli eventi collaterali. Ha aggiunto, sul punto, che non e' sufficiente partecipare a tutte le udienze per rivendicare un corretto comportamento processuale, a fronte dell'introduzione di versioni surrettizie, insinuanti, costruite a tavolino per attribuire la responsabilita' unica dei fatti a (OMISSIS), per fattispecie colpose. Il processo, ha osservato, ha restituito una realta' diversa: la morte di (OMISSIS), le lesioni provocate a (OMISSIS) sono rimaste sullo sfondo e non hanno determinato in nessuno degli imputati un sussulto di dignita', un segnale obiettivo di pentimento, uno sforzo risarcitorio o anche soltanto conciliativo con le persone offese ed i superstiti. (OMISSIS), benche' uscito incolume dall'incidente, si e' infatti dileguato, disinteressandosi delle conseguenze delle proprie azioni, di (OMISSIS) giacente a terra moribondo, di (OMISSIS) bloccato in auto per le lesioni riportate, mentre (OMISSIS), appena giunto sul posto a bordo del furgone condotto da (OMISSIS), non ha esitato a portarsi subito all'esterno del veicolo di (OMISSIS), proferendo al suo indirizzo minacce di morte. La Corte di assise di appello ha, infine, accolto l'impugnazione proposta dalle parti civili con riferimento al rigetto della domanda risarcitoria avanzata nei confronti del responsabile civile (OMISSIS) S.p.a., quale impresa designata dal (OMISSIS). Si e' adeguata, sul punto, ad un recente arresto giurisprudenziale secondo il quale i veicoli gia' immatricolati e regolarmente circolanti non hanno la possibilita' di circolare con la targa di prova sicche', in caso di danni conseguenti al loro indebito utilizzo con targa di prova, tenuto al risarcimento e' l'assicuratore del mezzo e non quello della targa di prova, il quale provvede alla copertura dei soli veicoli non ancora immatricolati. Ne discende, in relazione al caso di specie - in cui la Volvo S60, pur immatricolata e dotata di propria targa, non era coperta da assicurazione per la responsabilita' civile - l'individuazione, quale soggetto obbligato in solido con il proprietario ed il conducente, dell'impresa, la (OMISSIS) S.p.A., designata dal (OMISSIS), che e' stata, pertanto, condannata al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili costituite. 4. I ricorsi per cassazione. 4.1. (OMISSIS) propone, con l'assistenza degli avv.ti Ali' Elisabetta e Muncibi' Nicola, ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, dei quali, al pari di quanto accadra' per i ricorsi degli altri imputati, per i motivi nuovi e per gli altri atti difensivi, si dara' conto, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1, nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Con il primo motivo, denuncia vizio di motivazione in relazione all'affermazione della sua penale responsabilita' per il tentato omicidio ai danni di (OMISSIS). Rileva, innanzitutto, che i ricordi dei soggetti (i testimoni (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) che lo hanno riconosciuto tra i soggetti presenti a bordo della Volvo S60 possono essere stati negativamente influenzati da una serie di variabili che, unitariamente considerate, ben potrebbero aver prodotto un fenomeno di "traslazione inconscia", tale da determinare l'involontaria sovrapposizione delle percezioni sensoriali e da imporre, in sede giudiziale, una piu' accurata verifica della veridicita' delle dichiarazioni dei testi oculari, da compiersi alla luce di ulteriori elementi probatori di natura logica, documentale o scientifica. In tal senso, obietta, possono avere influito sia il contegno serbato dallo stesso imputato (OMISSIS) che, giunto sul luogo del sinistro nell'immediatezza del fatto, ha informalmente riferito di essere il conducente della Volvo S60, perche' animato da istinto di protezione verso il nipote, che egli sapeva essere affetto da grave patologia, che l'estrema concitazione dell'evento, a causa della quale ben potrebbero essersi sovrapposte, a cagione della peculiare condizione emotiva degli astanti, tracce mnestiche legate a momenti successivi. Aggiunge che la perizia e gli accertamenti sulle tracce biologiche eseguiti sulla Volvo S60 non hanno condotto al rinvenimento di segni della sua presenza sul veicolo che deve, d'altro canto, escludersi in ragione dell'assenza, sul suo corpo, di tracce dell'esplosione degli airbags, conseguente al sinistro, che, qualora egli fosse effettivamente stato a bordo del veicolo, lo avrebbe senz'altro investito. Piu' in generale, il ricorrente obietta che le disastrose condizioni in cui la Volvo S60 e' stata ridotta a seguito dei violentissimi impatti rendono del tutto irrealistico che egli - vieppiu' perche' anziano, corpulento ed in precarie condizioni di salute - non abbia patito la benche' minima lesione. Lamenta, ancora, che la Corte di assise di appello abbia sottostimato le risultanze dell'analisi dei tabulati, precipuamente nella parte in cui attesta che (OMISSIS), subito dopo l'incidente, ha chiamato il padre (OMISSIS) il quale, deve ragionevolmente inferirsi, non si trovava, in quel momento, insieme a lui. Con il secondo motivo, (OMISSIS) eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al presunto contributo agevolatore che gli si addebita di avere fornito, che si fonda su un assunto - quello secondo cui la convergenza dei tre veicoli al centro commerciale non e' stata casuale ma, al contrario, frutto del previo accordo tra gli imputati, intenzionati a porre in essere una spedizione punitiva nei confronti di (OMISSIS) - che, come gia' dedotto con i motivi di appello, e' aprioristico e congetturale. Al riguardo, obietta, innanzitutto, che la tesi che interpreta i contatti telefonici tra gli imputati, temporalmente collegati nei minuti in cui la vittima designata sarebbe stata individuata nel parcheggio dell'(OMISSIS), alla stregua di vera e propria chiamata alle armi e' plasticamente contraddetta dal contegno serbato dai conducenti della Volvo 560 e del furgone Opel Vivaro i quali, lungi dal portarsi direttamente e nel minor tempo possibile nel punto in cui (OMISSIS) e la moglie avevano trovato (OMISSIS), hanno percorso, uscendo dal campo nomadi, tragitti diversi, entrambi mantenendo, per di piu', una velocita' moderata. La ridotta valenza indiziaria della geo-localizzazione ottenuta attraverso l'identificazione delle celle telefoniche cui gli apparati telefonici degli imputati si sono via via agganciati, situate in zone molto prossime tra di loro, nelle quali la copertura tra i vari ponti radio finisce, inevitabilmente, con l'intersecarsi, concorre a mettere in luce, nella prospettiva del ricorrente, la fragilita' della motivazione del provvedimento impugnato, poco rispettosa del principio che impone, prima della valutazione unitaria e globale degli indizi, l'autonoma considerazione di ciascuno di essi, presi in esame e saggiati individualmente nella loro intrinseca valenza quantitativa e nel grado di precisione e gravita' previsto dalla legge. Il deficit logico della sentenza impugnata risiede, dunque, nella indebita esaltazione di un dato - essersi trovato, nei frangenti topici della vicenda in esame, (OMISSIS) a bordo della Volvo S60 - quantomeno controverso, venuto meno il quale non emergono ulteriori elementi specificatamente riguardanti la posizione del capofamiglia ed ipotetico istigatore del raid ai danni del genero. Con il terzo motivo, (OMISSIS) deduce violazione di legge per avere la Corte di assise di appello ritenuto la sua penale responsabilita' per le lesioni volontarie di (OMISSIS) e l'omicidio volontario di (OMISSIS). In proposito, ascrive ai giudici di merito di avere, nell'affrontare il tema dell'elemento psicologico, attribuito a tutti gli imputati il dolo eventuale facendo riferimento, principalmente, alla rappresentazione dell'evento, come se da questa dovesse giocoforza discendere anche l'adesione volontaristica allo stesso. Procedendo lungo questo crinale - prosegue - il piano della rappresentazione diviene assorbente, nell'applicazione della norma, rispetto a quello della volizione, con buona pace dell'insegnamento della giurisprudenza di legittimita', ferma nel ritenere che la rappresentazione, elemento comune a dolo eventuale e colpa cosciente, non vale a distinguere i due ambiti. Il principale vizio della sentenza risiede, a giudizio del ricorrente, nell'avere i giudici di merito rinunziato a confrontarsi con l'argomento, di carattere scardinante, secondo cui la rappresentazione dell'evento, non accompagnata dalla sua volizione, non basta a comprovare l'atteggiamento doloso dell'agente. Del resto, si aggiunge, le emergenze istruttorie depongono nel senso che il solo (OMISSIS) abbia agito in condizione psicologica di colpa cosciente: in tal senso, rileverebbe, innanzitutto, la desistenza dalla manovra di sorpasso operata dalla Volvo S60, significativa di una scelta volta a non sacrificare interessi ulteriori e diversi rispetto a quello presuntivamente individuato come primario e, quindi, dell'assenza di volonta' di cagionare eventi collaterali. D'altro canto, ancor meno ortodossa appare l'applicazione a questo segmento della vicenda della clausola generale di incriminazione prevista dall'articolo 110 c.p., che non puo' operare indiscriminatamente con riguardo a tutti gli eventi prodotti dall'esecutore materiale, in forza di una dinamica che conduce, se portata alle estreme conseguenze, ad ampliare la responsabilita' a titolo di dolo ad eventi accessori rispetto a quello a cui la compartecipazione criminosa era diretta, persino laddove tale evento accessorio non sia stato effettivamente oggetto di rappresentazione e volizione da parte di ogni singolo partecipe. Cio' e' tanto piu' vero, specifica il ricorrente, nel caso, configurato dalla Corte di assise di appello - che ha ritenuto che (OMISSIS), conducendo l'auto Volvo S60 a folle velocita' nel tentativo di raggiungere e speronare l'auto di (OMISSIS) con lo scopo di ucciderlo, ponendo in essere una condotta stradale altamente spericolata, avrebbe accettato il rischio di ferire o uccidere un terzo utente della strada pur di raggiungere il suo scopo - di dolo eventuale in itinere in relazione ai delitti di omicidio volontario e di lesioni volontarie in danno, rispettivamente, di (OMISSIS) ed (OMISSIS). Al cospetto di una fattispecie concorsuale, occorre, infatti, considerare il momento in cui e' intervenuta l'adesione rispetto all'evento collaterale da parte non solo del materiale esecutore ma anche di ciascun compartecipe, compito al quale la Corte di assise di appello si e' ingiustificatamente sottratta, estendendo ai soggetti presenti sulla Volvo S60, oltre che a (OMISSIS), la sussistenza di un dolo eventuale in itinere asseritamente accertato con riferimento al solo conducente dell'auto. Cio' sarebbe tanto piu' vero in relazione alla posizione di (OMISSIS), non risultando che egli, forte dell'autorevolezza riconosciutagli in seno al clan, abbia ordinato o avallato la prosecuzione dell'inseguimento anche dopo che era stato schivato l'impatto con il ciclomotore che percorreva la Via (OMISSIS) in senso opposto alla Volvo S60, che, nell'intento di superare la Opel Zafira guidata da (OMISSIS), aveva superato la linea di mezzeria. Stando cosi' le cose, l'ossequio al canone in dubio pro reo si sarebbe dovuto tradurre, quantomeno, nell'applicazione, nei confronti di (OMISSIS) e degli altri imputati che viaggiavano sulla Volvo 560 quali trasportati, della diminuente prevista dall'articolo 116 c.p., comma 2. Con il quarto motivo, (OMISSIS) denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'esclusione della circostanza attenuante della provocazione, giustificata attraverso un percorso argomentativo contraddittorio che, pur muovendo dal postulato che l'iniziativa degli imputati e' derivata dalla grave offesa recata da (OMISSIS) a (OMISSIS), colpendolo violentemente con un pugno, che gli ha cagionato una ferita al volto e l'avulsione di un dente, e configurando, quindi, un rapporto di causalita' psicologica tra l'offesa e la reazione, nega la riduzione di pena connessa all'operativita', in relazione al tentato omicidio di (OMISSIS), della correlata circostanza attenuante. Con il quinto ed ultimo motivo, (OMISSIS) deduce vizio di motivazione per avere la Corte di assise di appello rigettato l'impugnazione quanto alle circostanze attenuanti generiche, il cui diniego discende essenzialmente da un argomento - avere gli imputati negato, all'unisono, la presenza di (OMISSIS) a bordo della Volvo S60 - che attiene a profilo affetto, come indicato con il primo motivo di ricorso, da un vizio motivazionale di solare evidenza, illogicamente ritenuto prevalente rispetto al positivo contegno da lui serbato lungo tutto l'arco del procedimento e del processo. 4.2. (OMISSIS) propone, con l'assistenza degli avv.ti Ali' Elisabetta e Muncibi' Nicola, ricorso per cassazione affidato a cinque motivi che ricalcano, in larga parte, quelli articolati nell'interesse di (OMISSIS), dei quali si e' gia' dato conto e che attengono, rispettivamente: alla consapevole ed efficiente partecipazione di (OMISSIS) alla supposta spedizione punitiva; alla responsabilita' per il tentato omicidio di (OMISSIS); all'imputazione, a titolo doloso, della morte di (OMISSIS) e delle lesioni patite da (OMISSIS); al diniego delle circostanze attenuanti generiche e di quelle del contributo di minima importanza e della provocazione. Con specifico riferimento alla propria posizione, (OMISSIS), dopo aver ribadito il deficit dell'apparato motivazionale della sentenza in relazione alla presenza di (OMISSIS) all'interno della Volvo S60, assume che la sentenza impugnata e' viziata da illogicita' laddove omette di distinguere l'elemento oggettivo del concorso di persone (la pluralita' di agenti, la realizzazione del fatto tipico, il contributo di ciascun soggetto alla realizzazione del fatto) da quello soggettivo (dolo di partecipazione). Aggiunge che ulteriore aspetto di illogicita' manifesta della motivazione si rinviene nell'essere stato il suo concorso morale nel tentato omicidio desunto dall'avere egli brandito, sporgendo il braccio dal finestrino, una mazza da baseball senza confrontarsi con la deduzione afferente alla disponibilita', reale o putativa, in capo a (OMISSIS), di un'arma da sparo, che ha determinato la sua istintiva ed irrazionale reazione, posta in essere grazie alla contingente ed occasionale detenzione di un oggetto, la mazza, che - come confermato da (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) - (OMISSIS) aveva acquistato mesi prima a scopo ludico-ricreativo e lasciato nell'autovettura. Il ricorrente, oltre a replicare le considerazioni svolte da (OMISSIS) in merito alla sussistenza del dolo eventuale in relazione all'omicidio di (OMISSIS) ed alle lesioni personali arrecate a (OMISSIS), lamenta la mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all'articolo 114 c.p., che avrebbe dovuto discendere dall'apprezzamento della marginalita' del contributo morale da lui asseritamente garantito, in qualita' di passeggero della Volvo S60, rivelatosi collaterale rispetto ad un reato che, all'evidenza, sarebbe comunque stato realizzato anche senza la sua partecipazione. 4.3. (OMISSIS) propone, con il ministero degli avv.ti Ali' Elisabetta e Muncibi' Nicola, ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, con il primo dei quali deduce vizio di motivazione per essere la Corte di assise di appello pervenuta all'affermazione della sua responsabilita', a titolo di concorso, nel tentato omicidio di (OMISSIS) in ragione, essenzialmente, della sola presenza a bordo del furgone Opel Vivaro, che comproverebbe il suo consapevole coinvolgimento nella strategia architettata da (OMISSIS) e dagli altri correi allo scopo di infliggere una adeguata sanzione a (OMISSIS), autore di una inaccettabile, violenta ed oltraggiosa ribellione all'autorita' del suocero. Al riguardo, ascrive alla Corte di assise di appello di avere trascurato che egli, non legato da stretto rapporto parentale al diretto portatore della presunta. causale, non fu autore, nei giorni precedenti, di minacce di sorta nei confronti della vittima, verso cui non nutriva alcun risentimento, ne' partecipo' agli ipotizzati appostamenti ed all'attivita' di perlustrazione del territorio. Aggiunge, riprendendo un'obiezione sviluppata anche nei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS), che l'incrocio di telefonate intercorse con il fratello (OMISSIS) - il quale, stando all'impostazione accusatoria, avrebbe assunto, unitamente a (OMISSIS), moglie di (OMISSIS), il ruolo di "vedetta", deputata ad avvertire i complici della localizzazione di (OMISSIS) - non puo', secondo logica, essere interpretato alla stregua di chiamata a raccolta dei componenti del commando, avuto riguardo, specificamente, ai movimenti effettuati dalla Volvo S60 e dal furgone Opel Vivaro ed all'assenza di qualsivoglia contatto tra gli occupanti di tali automezzi. Riprende le obiezioni articolate dagli altri ricorrenti anche in ordine all'errore compiuto dai giudici di merito nel vagliare la sussistenza delle condizioni indicate all'articolo 192 c.p.p., comma 2, senza acquisire, preventivamente, certezza dell'attitudine indiziante dei singoli elementi raccolti e, in particolare, del contenuto delle comunicazioni intercorse tra i soggetti censiti a partire dalle ore 11:57 del (OMISSIS). (OMISSIS) si duole, sotto altro aspetto, della patente di attendibilita' rilasciata attribuita a (OMISSIS) dalla Corte di assise di appello. In proposito, dopo avere ricordato che la verifica in merito alla credibilita' soggettiva della persona offesa, specie se costituitasi parte civile, deve essere piu' rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni degli altri testimoni, segnala che (OMISSIS) e' caduto in errore, sia a ridosso dei fatti che nel corso del giudizio di appello (cio' che, nota incidentalmente, impedisce di giustificare l'imprecisione con la particolare concitazione del momento), laddove lo ha indicato quale autista della Volvo S60, oltre che nell'esporre, nelle originarie dichiarazioni, che (OMISSIS) si trovava insieme ai genitori sulla Lancia Lybra anziche' alla guida della Volvo S60. Le perplessita' sull'effettivo coefficiente di attendibilita' da riconoscere alla vittima avrebbero consigliato, sostiene (OMISSIS), maggiore cautela nel vagliare la parte del suo racconto in cui lo accusa di avergli rivolto, appena giunto, dopo il sinistro, in prossimita' della Opel Zafira, esplicita minacce di morte ("ora ti ammazzo io"). Il ricorrente contesta, poi, ai giudici di merito di avere fatto malgoverno della funzione estensiva dell'incriminazione propria della norma generale sul concorso di persone nel reato e rammenta, con argomentazione comune ai correi, che qualsiasi operazione ermeneutica di attribuzione della responsabilita' deve essere sempre compiuta nell'ambito di rigidi criteri imposti dai principi di legalita' e di personalita' della responsabilita' penale. Obietta che appare illogico, nello specifico, ascrivere il reato di tentato omicidio ad un gruppo di individui che ha agito senza la disponibilita' di armi da fuoco, senza occultare il proprio agire, in pieno giorno, in una strada cittadina e sotto gli occhi di decide di persone, confidando di raggiungere l'obiettivo tramite una condotta di guida pericolosa per gli altri e se' stessi. Ne', aggiunge, e' plausibile che egli abbia aderito ad un eventuale accordo istantaneo, intervenuto in un frangente in cui era trasportato su un furgone rimasto, peraltro, all'esterno del parcheggio che e' stato teatro dell'agguato ordito in pregiudizio della vittima, in funzione, vieppiu', di un'impresa criminosa alla quale egli non ha apportato un concreto e tangibile apporto morale o materiale. Da un canto, infatti, non vi e' prova, a giudizio del ricorrente, di una qualsiasi condivisione o agevolazione di un progetto criminoso, atteso che allorquando egli e (OMISSIS), fermi nel vialetto di accesso al parcheggio dell'(OMISSIS), sono stati colpiti dall'autovettura guidata da (OMISSIS), lo scontro tra questi ed (OMISSIS) era gia' avvenuto e, soprattutto, che i soggetti posti a bordo dei tre veicoli (la Opel Zafira, la Volvo S60 e la Lancia Lybra) impegnati, rispettivamente, nella fuga e nell'inseguimento non hanno tenuto conto, nelle diverse ed opposte prospettive, della loro collocazione e del fatto che, nel giro di qualche minuto, l'Opel Vivaro sarebbe giunta sul luogo dell'incidente. Proprio la carenza di prova in merito all'avere egli garantito un apporto di tipo istigatorio o agevolatorio aveva, del resto, indotto la Corte di assise - conclude, sul punto, il ricorrente - ad emettere, nei suoi confronti suoi e di (OMISSIS), sentenza assolutoria. Con il secondo motivo, (OMISSIS) lamenta vizio di motivazione con riferimento all'omessa applicazione della circostanza attenuante di cui all'articolo 114 c.p., che avrebbe dovuto essere riconosciuta in considerazione, quantomeno, della sua estraneita' al segmento della vicenda svoltosi all'interno del parcheggio ed alla fase di inseguimento, nonche' del mancato raccordo tra gli spostamenti del furgone e quelli degli altri mezzi. Con il terzo motivo, il ricorrente si duole del diniego dell'attenuante della provocazione, che sarebbe stata imposta dalla commissione del reato in stato di ira, ovvero in una condizione psicologica caratterizzata da un impulso incontenibile tale da determinare la perdita dei poteri di autocontrollo e da consentire l'enucleazione di un preciso rapporto di causalita' psicologica tra l'offesa e la reazione. Con il quarto motivo, (OMISSIS) eccepisce l'illegittimita' della sentenza impugnata nella parte relativa al diniego delle circostanze attenuanti generiche, che non e' accompagnato dall'indicazione degli elementi che, in concreto, hanno orientato la decisione in senso a lui sfavorevole, laddove numerosi e pregnanti sono, al contrario, gli indici rivelatori di un minor disvalore del comportamento illecito e di una personalita' incline al lavoro ed al rispetto delle regole piuttosto che alla commissione di reati. 4.4. (OMISSIS) propone, con l'assistenza dell'avv. Manca Massimo, ricorso per cassazione articolato su quattro motivi, cui ha fatto seguito il deposito, il 20 giugno 2022, di atto contenente tre motivi nuovi, sottoscritto dall'avv. Cianferoni Luca. Con il primo motivo, deduce vizio di motivazione per essere la Corte di assise di appello pervenuta alla conferma della decisione di primo grado in ordine al contestato delitto di tentata violenza privata sulla scorta di argomentazioni manifestamente illogiche e contraddittorie, specie in merito all'effettiva volonta' di attuare le minacce di morte rivolte al cognato tramite chat, di fatto smentita dall'atteggiamento da lui serbato nelle reiterate occasioni in cui egli, trovandosi al cospetto di (OMISSIS), si e' astenuto dall'aggredirlo. Con il secondo motivo, (OMISSIS) lamenta, al pari dei correi, carenza di motivazione in relazione alla presenza di (OMISSIS) sulla Volvo S60, nonche' violazione della legge penale con riferimento alla disciplina del concorso di persone nel reato e, specificamente, alla deviazione dal modello della c.d. accessorieta' minima, che richiede l'accertamento, in concreto, del contributo causale della condotta atipica alla realizzazione del fatto materialmente commesso da altri. Rileva, al riguardo, che egli non ha avuto il controllo del mezzo, guidato da (OMISSIS), utilizzato per il compimento del tentativo di omicidio mediante plurimi speronamenti del veicolo condotto da (OMISSIS). Eccepisce che l'assunto, fatto proprio dal giudice di appello, secondo cui egli avrebbe partecipato agli appostamenti eseguiti tra l'8 ed il (OMISSIS) sotto l'abitazione della vittima trova contraddizione nelle emergenze istruttorie, che riconducono tale attivita' - iscritta nella strategia ritorsiva culminata nei tragici fatti per cui e' processo e propedeutica, innanzitutto, al rintraccio del bersaglio della progettata vendetta - a coloro i quali disponevano della Lancia Lybra e della Opel Vivaro, veicoli che, il (OMISSIS), erano guidati ed occupati da persone diverse. Deduce, ancora, l'illogicita' della valorizzazione, a supporto della ricostruzione che lo vede partecipare alla spedizione punitiva, delle minacce dirette al cognato, espressione di intemperanza verbale ma non anche di franca volonta' omicida. Con il terzo motivo, (OMISSIS) prospetta, in relazione alla qualificazione in termini di dolo eventuale del requisito psicologico che supporta la condotta che ha determinato la morte di (OMISSIS) ed il ferimento di (OMISSIS), obiezioni non dissimili da quelle sollevate dagli altri ricorrenti. Osserva, in specie, che la clausola generale consacrata nell'articolo 110 c.p. non puo' rappresentare il grimaldello per una estensione ad libitum della responsabilita' penale dei concorrenti del reato per tutti gli eventi in qualche modo legati causalmente all'azione dell'esecutore materiale, sicche' non e' possibile desumere dalla sussistenza di un contributo causale agevolatore al tentato omicidio di (OMISSIS) la compartecipazione criminosa alle successive fattispecie criminose di natura dolosa. Per quanto concerne il tema del dolo eventuale in itinere, configurato dalla Corte di assise di appello in relazione ai delitti di omicidio volontario e di lesioni volontarie, segnala che, nell'accertare la sussistenza di tale requisito psicologico con riferimento ad una fattispecie concorsuale, occorre prendere in considerazione il momento in cui l'adesione rispetto all'evento collaterale e' intervenuta. Tale analisi, se non si vuole correre il rischio di assegnare all'articolo 110 c.p. una funzione incriminatrice indiscriminata, deve essere rivolta, a giudizio del ricorrente, non solo al materiale esecutore ma anche al compartecipe, dovendosi verificare se di effettiva adesione all'evento collaterale e di parimenti effettivo contributo rispetto alla sua produzione possa discorrersi anche per il concorrente che non abbia materialmente eseguito il delitto; operazione, questa, che i giudici di merito avrebbero, in buona sostanza, eluso, estendendo a tutti i soggetti presenti sulla Volvo S60 la sussistenza del dolo eventuale in itinere asseritamente accertato in capo al solo conducente dell'auto, per di piu' omettendo di rispondere alle considerazioni, ampiamente sviluppate con l'atto di appello, riferite agli insistenti inviti rivolti dai passeggeri della Volvo S60 a (OMISSIS) a decelerare ed a rinunziare ad un inseguimento rivelatosi foriero di rischi eccessivi. Con il quarto motivo, il ricorrente si duole del rigetto dell'impugnazione in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche, che la Corte di assise di appello ha ricollegato, oltre che all'essersi egli allontanato dal luogo del sinistro, alla sua insincerita' nell'affermare che (OMISSIS) non si trovava a bordo della Volvo S60, ovvero ad un aspetto fattuale che, come rilevato anche dai correi, appare tutt'altro che certo, trascurando, per contro, pregnanti indici, di segno contrario, che, se opportunamente considerati, avrebbero dovuto portare alla mitigazione del trattamento sanzionatorio, quali la sua dedizione al lavoro ed il positivo contegno processuale. Con i motivi nuovi, (OMISSIS) lamenta, in primo luogo, violazione di legge per avere i giudici di merito erroneamente ricostruito l'antefatto della vicenda in contestazione, qualificando le condotte degli imputati come attuative di una deliberata strategia punitiva, in realta' insussistente, per di piu' addebitando agli agenti a titolo di dolo eventi che, a bene vedere, si sono verificati per effetto di colpa. A tal fine, riprende e sviluppa alcune delle argomentazioni introdotte con l'originario atto di impugnazione e sottopone, in particolare, a revisione critica la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui trae conferma della sua responsabilita' concorsuale in ordine al tentato omicidio di (OMISSIS) dallo scambio di messaggi offensivi con la vittima, condotta che, espressione di fermo risentimento nei confronti dell'ex-cognato, che aveva umiliato la sorella e malmenato l'anziano padre, reputa inidonea a dimostrare che egli abbia partecipato all'inseguimento animato da dolo diretto alternativo e, dunque, indifferentemente accettando di uccidere o ferire (OMISSIS). Ricorda, sotto altro aspetto, come, in tema di concorso di persone nel reato, il giudice sia tenuto a motivare circa la prova dell'esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato ed a precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalita' efficiente con le attivita' poste in essere dagli altri concorrenti, non potendosi confondere l'atipicita' della condotta criminosa concorsuale con l'indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realta'. Per quanto attiene, poi, all'omicidio di (OMISSIS) ed alle lesioni in danno di (OMISSIS), ribadisce, anche in questo caso eccependo violazione di legge, che la Corte di assise di appello e' caduta in errore in relazione alla sussistenza del dolo eventuale, venendo meno al dovere di ricostruire, sulla base degli elementi disponibili, l'elemento soggettivo in maniera coerente, congrua ed esente da errori logico-giuridici, alla luce degli indicatori enucleati dalla giurisprudenza di legittimita' nella nota sentenza n. 38343 del 18/09/2014 ed alle concrete connotazioni della vicenda in esame. Il terzo ed ultimo motivo nuovo spiegato da (OMISSIS) attiene alle circostanze attenuanti generiche, che egli, si sostiene, avrebbe meritato per il comportamento, corretto e collaborativo, serbato nel corso del procedimento, assumendosi la paternita' dei messaggi inviati a (OMISSIS), spiegandone l'origine ed i contenuti, ammettendo di essere stato a bordo della Volvo S60 e mai indulgendo in un contegno reticente. 4.5. (OMISSIS) propone, con il ministero dell'avv. Manca Massimo, ricorso per cassazione articolato su quattro motivi, con il primo dei quali eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione sul rilievo che la ricostruzione dell'intera vicenda operata si impernia su una serie di aprioristiche deduzioni, connotate dall'illogica e contraddittoria ricognizione di gravita', precisione e concordanza di ciascun elemento indiziario, anche dichiarativo, che ha indotto la Corte di assise di appello a conclusioni fallaci. Tanto, con riferimento, innanzitutto, alla pretesa spedizione punitiva orchestrata da (OMISSIS), la cui presenza a bordo della Volvo S60 condotta dal nipote e' stata ritenuta sulla base di una unilaterale esegesi di emergenze istruttorie che, ad una lettura serena, si rivelano tutt'altro che univoche e senza tenere nella debita considerazione la possibilita' che i testimoni che hanno affermato di avere visto, in quell'occasione, un soggetto riconosciuto nell'anziano capofamiglia siano caduti, a causa dell'estrema concitazione susseguente al sinistro, nella trappola della c.d. "traslazione inconscia", che ha fatto si' che confondessero sensazioni e percezioni sensoriali. Ancora, altrettanto illogiche sarebbero, a giudizio del ricorrente - il quale svolge, in proposito, considerazioni non dissimili da quelle sottese ai ricorsi dei coimputati, ed in primis a quello di (OMISSIS) - le deduzioni della Corte in merito alla "chiamata alle armi" che lo avrebbe coinvolto. (OMISSIS) nota, poi, con specifico riferimento alla telefonata con la quale, la mattina del (OMISSIS) (alle ore 12:16:43) (OMISSIS), trovandosi sulla Lancia Lybra insieme al marito (OMISSIS), gli ha comunicato, a viva voce ed in lacrime, di avere incontrato (OMISSIS) ("...abbiamo beccato (OMISSIS)... ci sta battendo..."), che tale locuzione non puo' essere interpretata esclusivamente nel senso di "imbattersi in cio' che si ricerca", ben potendo assumere, al contrario, il significato di "incontrare, incappare, incorrere", del tutto scevro dall'idea del cercare o ricercare. Vero e' - sostiene il ricorrente - che egli, udendo le grida di aiuto della cognata e preoccupato per le sorti del fratello (OMISSIS), ha deciso di recarsi al centro commerciale (OMISSIS), iniziativa che, tuttavia, lungi dal costituire la positiva risposta alla presunta convocazione dei soggetti coinvolti nel progetto ritorsivo, e' stata dettata da umana e comprensibile preoccupazione connessa al legame familiare, non disgiunta dal timore maturato in conseguenza del trattamento che (OMISSIS) aveva riservato, due giorni prima, al padre. (OMISSIS) sottolinea, ulteriormente, che dopo che il furgone da lui guidato e' stato investito, sulla parte anteriore sinistra lato conducente, dal fuggiasco (OMISSIS), egli ha deciso di spostarsi seguendo la direzione percorsa dalle autovetture impegnate nell'inseguimento - ad onta del danneggiamento di una gomma, che lo costringeva a procedere a velocita' ridotta - perche' preoccupato dall'evolversi degli eventi ed e' giunto sul luogo del sinistro a distanza di alcuni minuti dal suo verificarsi, cosi' rendendosi autore di un contegno del tutto avulso dall'attuazione dell'ipotizzato proposito criminoso. Ne discende, continua, la manifesta illogicita' delle conclusioni raggiunte, in dissenso dal primo giudice, dalla Corte di assise di appello che, pur prendendo le mosse dal condiviso principio secondo cui i concorrenti sono responsabili anche a fronte di condotte atipiche purche' sia ravvisabile un contributo, materiale o morale, anche soltanto agevolativo dell'altrui fine illecito, ha ritenuto, in chiave del tutto congetturale, che egli abbia condiviso un piano criminoso univocamente diretto all'uccisione di (OMISSIS). In altri termini, pacifico che egli non ha partecipato alla fase esecutiva del delitto, la contestazione si risolve, a giudizio del ricorrente, in un apporto di natura morale, arrecato nella fase preparatoria: cio' che, tuttavia, presuppone la prova certa, nel caso di specie insussistente, che lo sviluppo dell'azione criminosa da parte dell'esecutore materiale fosse non solo specificamente dettagliato, quale concreta evenienza delittuosa, nella presunta fase di ideazione ed organizzazione, ma discendesse da un accordo criminoso ad hoc occorso con determinatori ed istigatori. Con il secondo motivo, (OMISSIS) denuncia vizio di motivazione per avere la Corte di assise di appello omesso di applicare la circostanza attenuante di cui all'articolo 114 c.p. pur al cospetto di un contributo di mera natura morale e concretamente ininfluente nella dinamica dei fatti. Con il terzo motivo, si duole, in termini sovrapponibili a quelli sviluppati dagli altri ricorrenti (e, tra gli altri, da (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS)), del mancato riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione. Con il quarto ed ultimo motivo, denuncia l'illogicita' della sentenza in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, profilo cui la Corte di assise di appello non ha dedicato il dovuto impegno motivatorio, per di piu' trascurando di considerare elementi, quale la sua dedizione al lavoro, che avrebbero imposto la mitigazione del trattamento sanzionatorio. 4.6. (OMISSIS) propone, con l'assistenza dell'avv. Cianferoni Luca, ricorso per cassazione vertente su tre motivi, seguiti da quelli nuovi, sviluppati con atto del 20 giugno 2022. Con il primo motivo, eccepisce violazione di legge per essere la Corte di assise di appello pervenuta all'affermazione della sua penale responsabilita' in ordine ai reati ascrittigli ad onta della carenza di prova in ordine all'avere egli apportato un contributo causale, specie con riguardo all'omicidio di (OMISSIS) ed alle lesioni arrecate a (OMISSIS), nonche' al dolo omicidiario o, comunque, di offesa all'integrita' fisica altrui. Per quanto concerne il tentato omicidio di (OMISSIS), condivide le obiezioni articolate dagli altri ricorrenti in ordine all'arbitrarieta' dell'assunto secondo cui gli imputati avrebbero ideato, organizzato ed eseguito una spedizione punitiva, connotata da finalita' omicida, in pregiudizio del congiunto. Nota, ulteriormente, che egli, nel seguire la Volvo S60 guidata dal figlio, ha posto in essere condotte che non sono state dirette a cagionare in modo consapevole eventi lesivi di particolare intensita' ed aggiunge che l'eventuale presenza di (OMISSIS) a bordo della Volvo S60 costituisce, a dispetto di quanto affermato nella sentenza impugnata, univoca conferma dell'erroneita' dell'impostazione accusatoria, concordemente recepita dai giudici di merito, che, portata alle estreme conseguenze, conduce, illogicamente, a ritenere che l'autorevole esponente della comunita' rom, pur di vendicare l'affronto subito, ha accettato il rischio di restare personalmente coinvolto, con esiti potenzialmente disastrosi, in un eventuale sinistro. Evidenzia, con riferimento alle vicende lesive in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS), che la Corte di assise di appello non si e' confrontata con i principi affermati della sentenza Thyssenkrupp in tema di elemento psicologico del reato e, specificamente, di delimitazione dei confini tra la colpa cosciente ed il dolo eventuale, attribuendogli la responsabilita' per le lesioni patite da (OMISSIS) e la morte di (OMISSIS) a titolo, in buona sostanza, di actio libera in causa ed in spregio al principio di personalita' della responsabilita' penale. Denuncia, a monte, la violazione dell'articolo 110 c.p., la cui applicazione presuppone che il concorrente abbia realizzato un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l'agevolazione dell'opera degli altri concorrenti, e che, per effetto della sua condotta, abbia aumentato la possibilita' della produzione del reato. Segnala, in proposito, che nel caso di specie si e' fuori dalla tipicita' della condotta di concorso, atteso, da un canto, che la condotta da lui realizzata ponendosi alla guida della Lancia Lybra non ha concorso alla realizzazione degli eventi lesivi che ne sono derivati e, dall'altro, che egli non ha effettuato spericolati affiancamenti o speronamenti ed ha soltanto seguito la Opel Zafira e la Volvo S60 a velocita' che, quantunque sostenuta, era inferiore a quella di detti veicoli. Spiega di essere stato mosso dal timore che il figlio (OMISSIS), data l'andatura eccessivamente sostenuta, restasse coinvolto in un incidente, le cui conseguenze sarebbero state aggravate, per il ragazzo, dalla patologia che lo affligge. Taccia di erroneita', in difetto di elementi di adeguato e certo sostegno probatorio, la traslazione dell'elemento soggettivo dal tentato omicidio alle azioni lesive successive, qualificate come intenzionali. Nota, in proposito, che la Corte di assise di appello, nell'enucleare le condotte dalle quali sarebbero derivati gli eventi lesivi a carico di (OMISSIS) ed (OMISSIS), nulla ha indicato a suo carico, cio' che conferma come egli non abbia in alcun modo contribuito al verificarsi dei suddetti eventi lesivi ne', tantomeno, accettato il rischio di concorrere alla verificazione di eventi ulteriori dei quali non ha avuto la benche' minima consapevolezza. Con il secondo motivo, (OMISSIS) si duole, in chiave di violazione di legge, della qualificazione dei fatti ascrittigli in termini di omicidio e lesioni personali dolose anziche' delle corrispondenti fattispecie di omicidio e lesioni personali stradali. Osserva, al riguardo, che la condotta contestata si inquadra nell'ambito della circolazione stradale e si caratterizza per una deviazione dalle prescritte regole di prudenza che, pretestuosamente, i giudici di merito hanno ricollegato alla finalita' lesiva in pregiudizio di (OMISSIS) che, pero', egli non ha condiviso e fatta propria nel momento in cui, preoccupato per l'incolumita' del figlio, si e' messo sulle sue tracce per convincerlo a ridurre la velocita', astenendosi, per contro, da qualsivoglia tentativo di speronamento della Opel Zafira. Deduce, a piu' ampio raggio, che a seguire l'ipotesi di accusa si perviene all'assurda conclusione secondo cui gli inseguitori - accecati dal desiderio di infliggere a (OMISSIS) la meritata lezione - avrebbero messo a repentaglio la loro stessa incolumita'. Il ricorrente lamenta, ancora, che i giudici di merito abbiano tratto argomento, a supporto della proposta ricostruzione dei fatti in chiave eminentemente dolosa, dal contegno da lui serbato dopo il fatto, ovvero in un frangente in cui egli era, comprensibilmente, sgomento, stravolto ed in stato di choc. Con il terzo motivo, (OMISSIS) denuncia violazione di legge in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Ascrive alla Corte di assise di appello di non avere profuso il dovuto impegno nella valutazione degli elementi, di segno positivo, che erano stati prospettati e che attengono sia all'avere egli accompagnato personalmente il figlio a costituirsi dinanzi all'autorita' giudiziaria che all'assenza di precedenti penali che, ancora, alla dedizione al lavoro. Con i motivi nuovi, il ricorrente - oltre a riprendere, con il conforto di autorevoli voci dottrinali, i temi gia' introdotti con il ricorso - addebita alla Corte di assise di appello di non avere proceduto, come sarebbe stato lecito attendersi, al ripartito ed analitico esame delle condotte di ciascuno dei pretesi concorrenti, che ha accomunato su un unico piano, in forza di un approccio di stampo eminentemente congetturale, inteso a definire nel senso della condanna per i fatti maggiori eventi che avrebbero dovuto essere, invece, ricondotti alle omologhe fattispecie colpose. In tal modo si e' consumato, a giudizio di (OMISSIS), un vero e proprio scambio di etichette che, operato dalla pubblica accusa, e' stato acriticamente recepito dalle corti di merito, che hanno deliberatamente evitato di confrontarsi con il tema delle ipotesi comparative tra fatto colposo e fatto doloso con riferimento sia alle lesioni cagionate a (OMISSIS) che alla morte di (OMISSIS) ed alle lesioni patite da (OMISSIS). Il ricorrente obietta inoltre, in relazione al primo fatto, che la tesi secondo cui il clan guidato da (OMISSIS) avrebbe progettato, organizzato ed eseguito una vera e propria missione punitiva in pregiudizio di (OMISSIS) non e' debitamente supportata a livello probatorio, ancor piu' per quanto concerne la posizione di colui che guidava un veicolo, la Lancia Lybra, che si e' costantemente mantenuto alla distanza di circa cento metri dalla Volvo condotta dal figlio. Eccepisce come ancor piu' fragile sia il ragionamento che conduce a qualificare in termini di dolo eventuale l'atteggiamento psicologico che ha sorretto l'azione ascritta, a lui come ai presunti correnti, con riferimento alla morte di (OMISSIS). 4.7. (OMISSIS) propone, con il ministero dell'avv. Cianferoni Luca, ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, seguito dal deposito, il 26 settembre 2022, di atto contenente motivi nuovi. Con il primo motivo, eccepisce violazione della legge processuale per avere la Corte di assise di appello illegittimamente rigettato la richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale mediante l'assunzione di prove finalizzate a chiarire le ragioni della presenza, all'interno dell'abitacolo della Volvo S60, di attrezzatura sportiva, tra cui la mazza da baseball utilizzata da (OMISSIS) in funzione minatoria. Rileva, sul punto, che le prove di cui egli ha invano sollecitato l'acquisizione sono sopravvenute alla decisione di primo grado, sicche' la richiesta deve intendersi formulata ai sensi dell'articolo 603 c.p.p., comma 2, anziche' del comma precedente. Ascrive alla Corte di assise di appello di avere formulato un giudizio di irrilevanza della prova che, pero', avrebbe potuto corroborare quelle gia' acquisite in argomento e ritenute inattendibili, riferite, peraltro, ad un dato di fatto che gli stessi giudici di merito hanno esaltato in quanto confermativo dell'esistenza di un previo accordo tra gli imputati, radunatisi presso il parcheggio del centro commerciale allo scopo di attuare la deliberata ritorsione nei confronti di (OMISSIS). Con il secondo motivo, (OMISSIS) denuncia violazione della legge penale. in relazione alla qualificazione giuridica dei fatti contestati, che sottopone a serrata revisione critica in termini assimilabili, in linea generale, a quelli spesi dal padre (OMISSIS), e nell'ottica della riconducibilita' delle condotte illecite alle fattispecie disciplinate dagli articoli 589-bis e 590-bis c.p.. Svolge articolate contestazioni - che, specie in relazione all'accertamento del dolo eventuale e dolo di concorso, sono state riprese sviluppate con i motivi nuovi - attinenti, tra l'altro: alla necessita' di separare, nell'opera di distinzione tra il dolo eventuale e la colpa cosciente, l'elemento volitivo da quello della rappresentazione, al fine di valorizzare autonomamente il primo piuttosto che farlo derivare dalla semplice rappresentazione dell'evento; alla attitudine dimostrativa della manovra di scansamento che, rettamente intesa, e' indice di assenza di dolo, perche' attesta che egli, lungi dall'accettare il rischio di collisione, ha preferito - anche perche' conscio che, in caso di sinistro, la sua condizione di emofiliaco lo avrebbe a maggiori pericoli - desistere dal sorpasso e rientrare nella corsia di sua pertinenza anche a costo di rinunziare al raggiungimento dell'obiettivo illecito che, in quei drammatici istanti, egli era impegnato a perseguire; alla rilevanza, in chiave esclusiva del dolo, della fiducia che egli nutriva in ordine alle proprie doti di pilota che, come gia' accaduto una prima volta, gli avrebbero consentito di proseguire l'inseguimento e, al contempo, di evitare carambole e rocambolesche e rovinose collisioni. (OMISSIS) ascrive, ancora, alla Corte di assise di appello di avere assegnato valenza decisiva, in vista della qualificazione giuridica della sua condotta, alla supposta presenza, a bordo della Volvo S60, del nonno (OMISSIS), che avrebbe orientato la dimensione dell'intera vicenda, con decisivi riflessi sulla condizione psicologica di tutti i soggetti coinvolti, compreso chi, come lui, ha assunto una posizione del tutto peculiare nell'ambito della vicenda, essendo rimasto, peraltro, del tutto estraneo all'offesa arrecata da (OMISSIS) al nonno ed ai dissidi tra la vittima del tentato omicidio e la moglie (OMISSIS). In termini complessivi, si duole che la Corte di assise di appello abbia rinunciato a confrontarsi con le ampie devoluzioni contenute nell'atto di appello e preferito appiattirsi su un percorso motivazionale coerente con l'impostazione accusatoria ma, in ultimo, non accompagnato dal necessario approfondimento delle questioni controverse. Con il terzo motivo, (OMISSIS) deduce violazione di legge per avere la Corte di assise di appello avallato l'assunto accusatorio, stando al quale gli imputati avrebbero repentinamente coordinato i rispettivi spostamenti in forza della preventiva adesione al progetto ritorsivo che, pure, era stato disatteso dal giudice di primo grado con argomentazioni ben piu' stringenti sul piano logico e giuridico, essendosi ritenuto, in quella sede, che gli imputati avessero dato vita ad un'azione coordinata di inseguimento basata esclusivamente su di una sorta di prontezza operativa in loro albergante, destinata a scattare, automaticamente, al momento dell'incontro, su strada, con (OMISSIS). Il ricorrente - che riprende e sviluppa l'argomento con il secondo ed ultimo dei motivi nuovi - esprime forti perplessita' su una simile prospettiva, imperniata su considerazioni tutt'altro che convincenti dal punto di vista razionale e poco coerenti con il tenore delle emergenze istruttorie, dichiarative, documentali e tecniche, ed imputa ai giudici di merito di essere pervenuti a conclusioni errate e non condivisibili in ordine alle circostanze, di primaria importanza, che afferiscono, rispettivamente, alla casualita' della convergenza dei veicoli nel parcheggio dell'(OMISSIS) ed alla presenza di (OMISSIS) sulla Volvo S60. (OMISSIS) reputa, del pari, illogiche le conclusioni che la Corte di assise di appello ha tratto in merito ai ripetuti contatti tra la Opel Zafira e la Volvo S60, l'ultimo dei quali ha segnato la fine dell'inseguimento, e che poggiano sul travisamento dell'apporto del teste (OMISSIS), il quale e' stato, vieppiu', smentito da altro testimone, guardia giurata in servizio all'(OMISSIS), latore di informazioni che militano nel senso di assenza di uno speronamento tra i due mezzi del quale, peraltro, le immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza non recano traccia. Tanto, desume, a riscontro del fatto che egli, come lealmente dichiarato sin dall'avvio del procedimento, intendeva superare la Opel Zafira per bloccarne la marcia e non gia' speronarla o sospingerla fuori strada - obiettivo che egli, se lo avesse voluto, avrebbe potuto facilmente raggiungere in altro modo - e che l'urto finale e' stato provocato dall'improvvisa frenata del veicolo inseguito, tanto repentina da non consentirgli di evitare l'impatto. Il ricorrente condivide, poi, con i coimputati le doglianze relativa alla patente di affidabilita' che i giudici di merito hanno riservato alla persona offesa, il cui contributo - infarcito di contraddizioni e menzogne, che egli analiticamente indica attraverso il pedissequo richiamo alle pertinenti emergenze istruttorie - avrebbero dovuto vagliare con maggiore prudenza anche in considerazione dell'interesse, economico e non solo, di (OMISSIS) ad accreditare una determinata ricostruzione dei fatti di causa. Con il quarto ed ultimo motivo, (OMISSIS) denuncia violazione di legge penale per avere la Corte di assise di appello respinto l'impugnazione con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche, che egli avrebbe meritato, oltre che per la dedizione ad onesto lavoro, in virtu' della spontanea presentazione agli organi inquirenti e della pronta confessione, ingiustificatamente tacciata di falsita' dai giudici di merito. 4.8. La (OMISSIS) S.p.a., quale impresa designata dal (OMISSIS) propone, con l'assistenza dell'avv. Cei Filippo, ricorso per cassazione - seguito da atto contenente motivi nuovi - chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente al capo in cui afferma la legittimazione passiva della societa', quale responsabile civile, e la condanna al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite. Eccepisce l'illegittimita' delle conclusioni raggiunte, in proposito, dalla Corte di assise di appello, in quanto contrastanti la normativa di riferimento e, specificamente, con il Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, articoli 93 e 98 (Codice della Strada). Rileva, in specie, che il citato articolo 93 stabilisce che gli autoveicoli possono circolare solo se muniti di circolazione e immatricolazione, salva la deroga della circolazione in prova di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 2001, n. 474, articolo 1, mentre l'articolo 98 prevede l'irrogazione di una sanzione amministrativa per chiunque adibisca un veicolo in circolazione di prova ad uso diverso. Nota, dunque, che la previsione di una sanzione amministrativa per la circolazione dei veicoli in prova fuori dai casi consentiti sarebbe inutile qualora la targa prova potesse essere apposta solo su veicoli sprovvisti di immatricolazione: difatti, chi circolasse con un veicolo fuori dai casi consentiti dal Decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 2001, n. 474, articolo 1, sarebbe sanzionato non perche' viola le disposizioni che regolano la circolazione in prova, ma perche' viola il Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, articolo 93, avendo immesso in strada un veicolo non immatricolato. Nel caso in esame, il veicolo Volvo S60, per quanto gia' immatricolato, ben poteva, a giudizio della societa' ricorrente, essere dotato di targa prova, dal momento che oggetto dell'assicurazione non e' il veicolo ma, l'attivita' del professionista qualificato che comporta la circolazione in prova. La (OMISSIS) S.p.a. aggiunge che, nelle more del ricorso, il Decreto Legge 10 settembre 2021, n. 121, ha stabilito che l'autorizzazione alla circolazione di prova puo' essere utilizzata per la circolazione sia dei veicoli non immatricolati che di quelli gia' muniti della carta di circolazione, sicche', di conseguenza, grava, in ogni caso, sull'assicuratore dell'autorizzazione alla circolazione di prova l'obbligo di risarcire i danni cagionati dal veicolo in circolazione di prova, anche se munito della carta o del certificato di circolazione. L'introduzione di una disposizione di tale natura - finalizzata a sterilizzare l'orientamento esegetico affermatosi presso la giurisprudenza di legittimita' - si pone, a giudizio del ricorrente, nel campo delle leggi di interpretazione autentica, alle quali la giurisprudenza costituzionale riconosce indiscussa efficacia retroattiva e deve, pertanto, essere applicata anche al caso in esame. Con atto contenente motivi nuovi, la societa' ricorrente segnala che, in corso di giudizio, e' intervenuta la conversione in legge del Decreto Legge 10 settembre 2021, n. 121, operata dalla L. 9 novembre 2021, n. 156, norma di interpretazione autentica approvata allo scopo di superare il pregresso indirizzo ermeneutico. Ricorda che le eccezioni che l'impresa che abbia assicurato l'autorizzazione alla circolazione di prova puo' muovere al proprio cliente in relazione allo scorretto impiego della targa di prova rilevano, per costante giurisprudenza, solo nei rapporti interni tra assicuratore ed assicuratore e non sono, invece, opponibili al terzo danneggiato. Ribadisce come sia sistematicamente distonico che l'intervento solidaristico di garanzia del (OMISSIS) addossi alla collettivita' il risarcimento del danno dipendente da una erronea scelta del contraente da parte della singola impresa assicuratrice. 4.9. Le parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS) (rappresentate dall'avv. Verrucchi Michele), (OMISSIS) (a mezzo dell'avv. Maggiora Luca) e (OMISSIS) (difeso dall'avv. Gramigni Lapo) ed il responsabile civile (OMISSIS) S.p.a., quale impresa assicuratrice per la R.C.A. della Lancia Lybra condotta da (OMISSIS) (con l'assistenza dell'avv. Bianco Marina) hanno depositato memorie con le quali hanno interloquito, in relazione ai profili di rispettivo interesse, su talune delle questioni introdotte con i ricorsi per cassazione. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. I ricorsi sono imperniati su censure infondate e, pertanto, passibili di rigetto, fatta eccezione per quella vertente sull'applicazione, nei confronti degli imputati, diversi da (OMISSIS), che sono stati condannati per i reati di cui al capo B) della rubrica, della disciplina dettata dall'articolo 116 c.p.. 2. Preliminarmente all'esame dei motivi, avendo i ricorrenti articolato doglianze anche ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), appare opportuno rilevare che detta disposizione, nel prevedere il sindacato sulla motivazione dei provvedimenti oggetto di ricorso per cassazione, non abilita il giudice di legittimita' ad effettuare un'indagine sul discorso giustificativo della decisione, finalizzata a sovrapporre la propria valutazione a quella gia' effettuata dai giudici di merito, dovendo la Corte di cassazione limitarsi a verificare l'adeguatezza delle considerazioni svolte dal giudice di merito per motivare il suo convincimento. La mancanza, la manifesta illogicita' e la contraddittorieta' della motivazione, come vizi denunciabili in sede di legittimita', devono, invero, possedere una consistenza tale da risultare percepibili ictu oculi, restando il sindacato al riguardo circoscritto a rilievi di macroscopica evidenza, mentre restano ininfluenti le minime incongruenze e devono considerarsi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano concettualmente incompatibili con la decisione adottata; sempre che, ovviamente, siano spiegate in modo razionale ed adeguato, e senza vizi giuridici, le ragioni del convincimento (in tal senso, conservano validita' i principi affermati da Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). Deve, ancora, escludersi per il giudice di legittimita' la possibilita' di "un'analisi orientata ad esaminare in modo separato ed atomistico i singoli atti, nonche' i motivi di ricorso su di essi imperniati" e quindi "di fornire risposte circoscritte ai diversi atti ed ai motivi ad essi relativi", cio' che "si risolverebbe in una impropria riedizione del giudizio di merito e non assolverebbe alla funzione essenziale del sindacato sulla motivazione" (Sez. 6, n. 14624 del 20/03/2006, Vecchio, Rv. 233621), ovvero di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o di adottare nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099; Sez. 6, n. 27429 del 04/07/2006, Lobriglio, Rv. 234559). 3. Dal punto di vista metodologico, va rilevato che, avendo i ricorrenti - fatta eccezione, ovviamente, per la (OMISSIS) S.p.a., che ha interloquito su un tema di natura squisitamente civilistica - svolto considerazioni che attengono a temi in gran parte comuni e che sono per larga parte sovrapponibili, la disamina delle obiezioni sara' compiuta seguendo un unico filo logico, coerente con quello della sentenza impugnata, ed analizzandone, per ciascun passaggio, la tenuta alla luce delle eccezioni sollevate da ciascuno dei ricorrenti. La ricostruzione della vicenda di interesse processuale operata dalla Corte di assise di appello muove dal postulato - posto a fondamento, sia pure in termini parzialmente divergenti su alcuni profili salienti, anche della decisione di primo grado - che le condotte poste in essere dagli imputati il (OMISSIS) si iscrivono nella cornice della strategia ritorsiva ordita da (OMISSIS) e dai suoi familiari in conseguenza del proditorio comportamento del genero (OMISSIS) il quale, la sera dell'(OMISSIS), essendo stato redarguito dal suocero per il comportamento tenuto nei confronti della moglie (OMISSIS), che, dopo alterne vicende, si era da lui allontanata per fare ritorno presso la famiglia di origine, ha reagito colpendolo al volto e cagionandogli una ferita lacero-contusa e l'avulsione di un dente. La circostanza e' pacifica, cosi' come il fastidio mostrato dai congiunti di (OMISSIS), testimoniato dalle contumelie, tracimanti in espresse minacce di morte, rivolte, via Messenger, a (OMISSIS) dal cognato (OMISSIS) tra le 00:14 e le 02:36 del 9 giugno 2018 (" (OMISSIS) ti fotto in bocca, sei morto" "fotto tutto quello che hai".. "sei morto" "dove sei-... ascolta sono io, te e altre due persone"; "ascolta non sto dormendo ti cerchero'"; "ascolta ti scopo le tue nuore.... tu mi conosci.... o ti ammazzo io o mi ammazzi tu.... devi lasciare l'Italia una volta per tutte.. lo sono come te... ascoltami ti prendero' il tuo sangue... se ci sei sul territorio italiano ti cerchero'..."; "ancora non ti ho trovato, va bene comunque sei morto;... devi lasciare le passere e le pistole... altrimenti lo ti taglio... fotto tuo padre in bocca e tutti gli altri (...) dove sei - scendi giu'... tu ti cerco e come ti trovo ti strappo il cuore fuori... adesso non ti ammazzo pero' ti dimostrero' che ho intenzione di ammazzarti.... ti piscio addosso. hai paura di venire adesso sul campo... vieni fuori per scontrarci. ti voglio strappare le tonsille, gli occhi e la testa"), tra le 14:15 e le 14:51 dello stesso 9 giugno 2018 ("... sei un bastardo (OMISSIS), morirete... noi siamo giu'... ascolta siamo giu'... ascolta... ma non ti vergogni hai tirato a uno di 65 anni infame") e, infine, la notte del (OMISSIS), alle ore 01:06 ("questo e' solo fin quando ti nascondi dentro. pero' se ti trovo fuori, ti strappo il cuore... dolce uomo.... merda che sei, ti nascondi"). Le reiterate, insistite ed eloquenti minacce rivolte da (OMISSIS) al cognato e la concomitante attivita' di incessante ricerca del reprobo, attestata sia dalle parole sopra trascritte che dalla presenza, in prossimita' dell'abitazione della vittima, di veicoli corrispondenti a quelli utilizzati dagli imputati la mattina del (OMISSIS), dimostrano che i parenti di (OMISSIS), adirati per l'oltraggioso episodio di due giorni prima, avviarono immediatamente le iniziative finalizzate ad applicare all'aggressore di (OMISSIS) una adeguata sanzione per la gravissima mancanza di rispetto di cui egli era stato protagonista la sera dell'(OMISSIS). 4. Cio' posto, la Corte di assise di appello ha rinvenuto primario elemento di collegamento tra i dissapori intercorsi tra (OMISSIS), da un lato, e la famiglia della moglie, dall'altro, e la tragica vicenda per cui si procede a carico degli odierni ricorrenti nella presenza di (OMISSIS) a bordo della Volvo S60, guidata dal nipote (OMISSIS). Ha reputato tale circostanza icasticamente rappresentativa del fatto che l'individuazione della vittima, la concentrazione dei soggetti coinvolti all'esterno del centro commerciale, il tentativo, posto in essere da (OMISSIS) e fallito, di bloccare (OMISSIS), la fuga di quest'ultimo, il folle inseguimento lungo le vie cittadine hanno costituito la fase attuativa di un proposito criminoso di natura omicidiaria sorto subito dopo che (OMISSIS) era stato colpito e ferito dal genero. Sul punto, di centrale rilevanza nella complessiva economia della decisione, la motivazione della sentenza impugnata appare solida e senz'altro resistente a tutte le obiezioni dei ricorrenti, in quanto incentrata, oltre che sulle dichiarazioni rese nell'immediatezza, e poi ritrattate, dal diretto interessato (il quale sostenne addirittura di essere stato alla guida della Volvo S60), su quelle di numerosi e qualificati testimoni. In tal senso sono stati valorizzati i contributi: dell'Appuntato (OMISSIS), il quale, in dibattimento, ha riconosciuto nella fotografia di (OMISSIS) colui che, subito dopo il fatto, si trovava accanto alla Volvo S60, in prossimita' di un giovane che impugnava una mazza, identificato in (OMISSIS), e camminava con passo leggermente claudicante (difficolta' che, ha notato la Corte di assise di appello, e' stata visivamente apprezzata anche nel corso del processo e, specificamente, all'udienza del 17 dicembre 2019, nel cui verbale si e' dato atto che l'imputato si sorreggeva aiutandosi con un bastone); del Carabiniere (OMISSIS) il quale, serbando ricordi sovrapponibili a quelli del collega, ha individuato (OMISSIS) in fotografia, per poi riconoscerlo de visu, quale soggetto osservato nell'atto di uscire dalla Volvo S60 insieme al ragazzo che brandiva il bastone; del testimone (OMISSIS), coinvolto nel sinistro per essersi trovato, insieme ai figli, a bordo della Hyundai X20 che, nell'occorso, riporto' danni, il quale, pure, ha ricordato che, subito dopo l'impatto, accanto alla Volvo S60 si trovavano solo il giovane con la mazza da baseball ed un uomo piu' anziano, che ha riconosciuto vedendo la fotografia di (OMISSIS); del Maresciallo (OMISSIS) il quale, postosi, con l'autovettura di servizio, sulla scia della auto partite a tutta velocita' dal parcheggio dell'(OMISSIS), noto', giungendo sul luogo della tragedia, due persone, uno dei quali ha riconosciuto in fotografia in (OMISSIS) il quale, ha precisato, indossava, nella circostanza, una maglia scura a maniche corte, indumento che, in effetti, si nota nei fotogrammi estrapolati dai video registrati dalle telecamere di sorveglianza. A fronte di un compendio indiziario che puo' a buon diritto definirsi granitico - perche', come debitamente indicato dalla Corte di assise di appello, frutto di una pluralita' di apporti attendibili, reciprocamente autonomi e pienamente sovrapponibili - i ricorrenti ripropongono obiezioni di natura meramente congetturale, adombrando ipotetici e del tutto improbabili fenomeni di inconscia traslazione dei ricordi e ponendo l'accento sull'assenza, sulla persona di (OMISSIS), di lesioni o segni dell'impatto, che pure sarebbe stato lecito attendersi, date la violenza dell'urto, la collocazione dell'imputato all'interno dell'abitacolo e le deformazioni subite dalla carrozzeria, nonche' sull'omesso rinvenimento, sul veicolo, di tracce biologiche a lui riconducibili, ovvero su profili che, non oltrepassando la sfera della plausibilita', non appaiono in alcun modo idonei ad incrinare la coerenza logica del ragionamento seguito dai giudici di merito. Ne', va opportunamente aggiunto, puo' darsi credito, in proposito, alla versione concordemente offerta dagli imputati, con ogni evidenza intesa a preservare la posizione del capostipite del clan, ovvero a testimonianze, quali quelle di (OMISSIS) e (OMISSIS) (entrambi legati agli imputati perche' fratelli, rispettivamente, di (OMISSIS) e (OMISSIS)), la cui palese inattendibilita' e' stata attestata, in termini della cui congruita' non vi e' ragione di dubitare, gia' dal giudice di primo grado (cfr., in specie, pagg. 93-101), alla cui decisione puo' farsi utilmente rinvio in considerazione della conformita', sul punto, delle pronunzie di merito, che determina la confluenza delle relative motivazioni, che, fondendosi, si integrano a vicenda, in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruita' della motivazione (in questo senso cfr., tra le altre, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615). Considerato, ulteriormente, che l'avere (OMISSIS), poco dopo l'incidente, contattato telefonicamente il padre (OMISSIS) - il quale, e' bene rammentare, ha partecipato all'azione delittuosa a bordo di veicolo diverso da quello guidato dal figlio - non incrinerebbe (il condizionale e' d'obbligo, posto che lo stesso (OMISSIS), ha esposto, all'udienza del 17 dicembre 2019, che alla telefonata delle 12:25:12, indirizzata ad utenza intestata al padre, rispose, tuttavia, la madre, che ne aveva la contingente disponibilita') minimamente la logicita' della ricostruzione avallata dai giudici di merito, deve concludersi nel senso della manifesta infondatezza delle doglianze articolate dai ricorrenti in ordine alla diretta e personale partecipazione di (OMISSIS) ai fatti del (OMISSIS). 5. Esente da fratture razionali si palesa, ugualmente, il giudizio di attendibilita' che i giudici di merito hanno riservato alla persona offesa (OMISSIS) che, chiamato, in fase di appello, a rendere nuovamente testimonianza per chiarire alcune contraddizioni emerse dalla sua precedente deposizione, relative, in particolare, all'indicazione degli occupanti delle diverse autovetture, e' stato autore di una deposizione che la Corte di assise di appello non ha esitato a definire come "chiara, lineare, ferma" e, per di piu', riscontrata dalle dichiarazioni rilasciate dallo stesso (OMISSIS). La legittimita' di tale valutazione e' sindacata dai ricorrenti - in particolar modo, da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) - attraverso obiezioni che, per quanto radicali, non colgono nel segno. Se e' vero, infatti, che il vaglio dell'apporto della vittima, tanto piu' qualora, come nel caso di specie, costituita parte civile, deve essere improntato a spiccata cautela, non e' men vero che, nel caso in esame, la Corte di assise di appello, lungi dal sottrarsi al compito affidatole, ha analizzato, nell'apporto di (OMISSIS), i passaggi di minore linearita', che ha delibato sulla scorta delle sue piu' recenti e cristalline dichiarazioni e delle residue emergenze istruttorie. I giudici fiorentini hanno debitamente contestualizzato la successione delle versioni offerte dalla vittima e ritenuto, in termini che sfuggono alle censure dei ricorrenti, che le iniziali imprecisioni hanno costituito il portato della concitazione del momento e che le residue, marginali incongruenze non intaccano, comunque, la piena utilizzabilita' del suo apporto, precipuamente nella parte relativa agli speronamenti patiti ad opera della Volvo S60 guidata da (OMISSIS) ed al contegno serbato da (OMISSIS) e, ancor piu', (OMISSIS) non appena sopraggiunti sull'area che e' stata teatro del tragico sinistro. In questa luce devono essere, del resto, filtrate le ulteriori obiezioni difensive, articolate soprattutto da (OMISSIS), il quale ha posto l'accento su profili (cfr. pagg. 65-76 del suo ricorso) che, in quanto marginali rispetto alla globalita' delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), non valgono ad incrinare la credibilita' del testimone. Cosi', in specie, le residuali discrasie tra il racconto della vittima e quello del figlio in ordine allo scambio di messaggi ostili con (OMISSIS) (in relazione, specificamente, all'ausilio prestato dal ragazzo, piu' versato del padre in ambito tecnologico) non escludono in alcun modo l'attitudine probatoria, dal punto di vista accusatorio, dell'iniziativa di (OMISSIS), che si e' gia' detto rientrare nella strategia ritorsiva ordita da (OMISSIS) e dai suoi congiunti, cui il destinatario delle minacce reagi' con un atteggiamento di apparente spavalderia, dietro cui si nascondeva il comprensibile, intimo timore che i familiari della moglie passassero dalle parole alle vie di fatto, che si concretizzera', in forma particolarmente violenta, la mattina del (OMISSIS). Allo stesso modo, l'adombrata reticenza di (OMISSIS) nell'indicare il tempo dell'ultima assunzione della sostanza stupefacente, le cui tracce sono state rilevate dagli esami ematochimici effettuati all'atto del ricovero, non incide sul coefficiente della sua attendibilita' ne' smentisce che egli, nell'intervallo cronologico, di poco superiore alle trentasei ore, intercorso tra l'inflizione, coram populo, delle percosse al suocero e l'incontro con (OMISSIS) all'esterno del centro commerciale, cerco' di barcamenarsi tra l'esigenza di reggere il confronto con i contraddittori - sottesa alle espressioni di scherno e disprezzo rivolte, via chat, al cognato - e quella di sottrarsi, nei limiti del possibile (compatibilmente, cioe', con la propria routine di vita che lo portava, giocoforza, a recarsi in luoghi frequentati dai parenti della moglie o nei quali costoro potevano facilmente prevedere che egli si sarebbe recato), all'indesiderato rendez vous, cosi' da prendere tempo e sperare nel progressivo affievolimento del desiderio di vendetta. Le precedenti considerazioni inducono, in conclusione, a comprovare l'infondatezza delle censure rivolte dai ricorrenti alla motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui assume la complessiva attendibilita' della narrazione di (OMISSIS). 6. Non miglior sorte meritano le insistite obiezioni che i ricorrenti dedicano alla ricostruzione, da parte della Corte di assise di appello, della genesi prossima dei fatti del (OMISSIS). Una volta acclarato, invero, che (OMISSIS), primo portatore dell'interesse ad infliggere al genero adeguata sanzione per la condotta posta in essere in pregiudizio della moglie, prima, e del suocero, poi, si trovava a bordo della Volvo S60 e che il torno di tempo intercorso tra la sera dell'(OMISSIS) e la mattina del (OMISSIS) fu dedicato, secondo quanto univocamente emergente dai messaggi redatti da (OMISSIS) e dalla presenza dei veicoli in uso agli imputati sotto casa della vittima (circostanza, questa, emersa dalla deposizione dibattimentale di (OMISSIS), figlio della persona offesa), alla ricerca dell'affine, in vista di un redde rationem che lavasse l'onta arrecata all'autorevole capo del clan e, per suo tramite, all'intera comunita' a base familiare, del tutto lineare appare la ricostruzione dell'acme della vicenda effettuata dalla Corte di assise di appello. Privo di decisiva rilevanza si palesa, al riguardo, il parziale - e, a ben vedere, minimo - dissenso tra le Corti di merito circa la preventiva preordinazione dell'intervento, in funzione offensiva, di un certo numero di persone e di una pluralita' di mezzi, che la Corte di assise di appello interpreta quale momento attuativo di un preciso piano operativo e che il giudice di primo grado ascrive, piuttosto, ad una sorta di prontezza, che ha consentito agli agenti di rispondere quasi istantaneamente all'allerta lanciato da (OMISSIS) e dalla moglie. La sentenza impugnata e', infatti, nitida nell'individuare l'avvio della fase esecutiva del delitto alle ore 11:57:45, momento, di pochi secondi posteriore al transito della Opel Zafira guidata da (OMISSIS) in prossimita' del supermercato, in cui l'utenza intestata a (OMISSIS), che impegna la cella contigua all'(OMISSIS), contatta quella intestata al figlio (OMISSIS), che si trova, invece, nell'area del campo nomadi del (OMISSIS).La comunicazione - che, in forza di deduzione del tutto ragionevole, tenuto conto anche di quanto sarebbe, di li' a poco, accaduto, e' stata intesa quale avviso al giovane (OMISSIS) del reperimento (poco importa se fortuito o meno), di (OMISSIS) - e' stata seguita, a distanza di una manciata di secondi, da altra telefonata, effettuata, stavolta, dall'utenza di (OMISSIS), pure collocata nelle vicinanze del centro commerciale, e diretta all'utenza di (OMISSIS), che, a sua volta, impegna una cella compatibile con la sua presenza all'interno del campo nomadi del (OMISSIS). Il dato e' altamente significativo, perche' (OMISSIS) e (OMISSIS) sono i soggetti che, alla guida, rispettivamente, della Volvo S60 e del furgone Opel Vivaro, escono, dopo pochi minuti ed in rapida successione (rispettivamente, alle ore 12:04:36 e 12:05:38) dal campo nomadi per dirigersi, entrambi, verso l'(OMISSIS), cio' che indotto i giudici di merito ad inferire che i soggetti che notarono il transito dell'odiato (OMISSIS) avvertirono immediatamente i congiunti che si trovavano al campo nomadi i quali, in tempi assai rapidi, si mossero alla volta del centro commerciale. Circostanza, questa, che, come acutamente notato dalla Corte di assise di appello, avalla l'impostazione accusatoria nella parte in cui assume che tutti i soggetti che, in quel frangente, risposero, in tempi rapidissimi, all'appello (vale a dire (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), a bordo della Volvo S60, e (OMISSIS) ed (OMISSIS), sull'Opel Vivaro) erano perfettamente consapevoli dell'obiettivo della missione cui erano stati chiamati a cooperare fattivamente, per come, del resto, confermato dalla direzione intrapresa, dalla collocazione prescelta una volta raggiunta la destinazione, dal contegno serbato a seguito della fuga della vittima designata. Coerenti con questa esegesi degli accadimenti sono, del resto, gli ulteriori contatti telefonici, concentrati a partire dalle 12:14:36 (momento in cui la Opel Zafira di (OMISSIS) transita nuovamente nei pressi dell'(OMISSIS)), che vedono, in primis, (OMISSIS) chiamare alle 12:14:50, dall'utenza del marito (OMISSIS), (OMISSIS) per riferirgli - secondo quanto ammesso da (OMISSIS), il quale si trovava, in macchina, in compagnia del destinatario della telefonata - che ella ed il marito avevano "beccato" (OMISSIS). Seguono, in stretta successione, i quattro contatti tra l'utenza di (OMISSIS) e quelle di (OMISSIS) ed (OMISSIS) e, quindi, l'ulteriore telefonata, risalente alle 12:16:43, effettuata dall'utenza di (OMISSIS) verso quella di (OMISSIS), nella quale, secondo quanto stimato dai giudici di merito, (OMISSIS) avverti' l'interlocutore degli scontri tra le due macchine. A distanza di circa due minuti, cioe' alle 12:18:52, e' (OMISSIS) a chiamare il figlio (OMISSIS), poco prima di tentare, dopo appena sei secondi, la fuga, venendo, tuttavia, inseguito dai veicoli guidati, rispettivamente, da (OMISSIS) e (OMISSIS).Ora, a fronte della ricostruzione avallata dalla Corte di assise di appello, stando alla quale (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (irrilevante restando la circostanza che la seconda ed il terzo non siano stati inseriti dalle autorita' inquirenti nel novero dei responsabili) hanno avvertito (OMISSIS) ed i sodali della possibilita' di portare a compimento la programmata, violenta reazione ai danni di (OMISSIS), cosi' fornendo loro il destro per portarsi, rapidamente, verso l'area indicata dai segnalatori ed accerchiare la vittima designata, i ricorrenti frappongono obiezioni che si imperniano sulla frammentata considerazione delle evidenze istruttorie e, in ultimo, su un approccio di stampo eminentemente confutativo, che non tiene conto della successione degli eventi e, in particolare, delle condotte che precedettero e seguirono la concentrazione di veicoli e persone nel parcheggio esterno al centro commerciale. A dispetto di quanto eccepito dai ricorrenti, deve, invero, rilevarsi che la non totale circolarita' dei contatti telefonici - e, in particolare, l'assenza di comunicazioni tra gli occupanti delle due autovetture che, dal campo nomadi del (OMISSIS), si portarono nel luogo in cui (OMISSIS) e la moglie avevano incontrato (OMISSIS) - la diversita' del tragitto seguito, rispettivamente, dalla Volvo S60 e dal furgone Opel Vivaro, l'andatura, non particolarmente elevata, tenuta dai conducenti dei due veicoli non contraddicono, logicamente, il ragionamento svolto dalla Corte di assise di appello. In proposito, occorre considerare come, nel frangente in cui (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) chiamarono (OMISSIS) ed (OMISSIS), (OMISSIS) era transitato in prossimita' del supermercato senza arrestare la marcia, sicche' non deve sorprendere che i due equipaggi prontamente allestiti all'interno del campo nomadi abbiano avviato, in prima battuta, un'azione di attenta perlustrazione (affidata, e' bene ribadire, a veicoli condotti, rispettivamente, dal figlio e dal nipote di (OMISSIS)), fisiologicamente caratterizzata dall'autonomia dei percorsi seguiti, tale da moltiplicare le chances di reperire la vittima, e da una velocita' non eccessiva. D'altro canto, il fatto che dalla Lancia Lybra - alla cui guida, si rammenta, era altro figlio di (OMISSIS), a sua volta padre del conducente della Volvo S60 - siano partite telefonate rivolte ai conducenti sia della Volvo S60 che dell'Opel Vivaro dimostra, una volta di piu', che tali comunicazioni sono state dirette a favorire la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti ad una iniziativa, di sicura natura illecita, che i giudici di merito, con argomentazioni non illogiche ne' contraddittorie, hanno stimato tutt'altro che estemporanea ed improvvisata e frutto, piuttosto, di una preventiva deliberazione, gia' comprovata dagli eloquenti messaggi rivolti, nelle precedenti trentasei ore ed in serrata consecuzione, da (OMISSIS) a (OMISSIS). 7. In linea di piena continuita' con l'interpretazione delle emergenze istruttorie privilegiata dalla Corte di assise di appello e', d'altro canto, la successiva evoluzione degli accadimenti. Da un lato, infatti, (OMISSIS) abbandona lo sfrontato atteggiamento che lo aveva spinto, ancora poche ore prima, ad offendere il suocero e canzonare il cognato e, avendo percepito che i contraddittori intendono riservargli un trattamento di inusitata ferocia, si risolve ad una fuga - nella quale, evidentemente, egli vede l'unico modo per sottrarsi a pesantissime ripercussioni - tanto precipitosa da mettere a repentaglio, innanzitutto, la sua vita, non esitando, a tal fine, a colpire ripetutamente la Lancia Lybra condotta da (OMISSIS) e, di li' a poco, l'Opel Vivaro e la Volvo S60 che tentano di sbarrargli l'uscita dal parcheggio. Una scelta, quella della vittima designata, che, sul piano logico, non puo' che scaturire dalla consapevolezza che, qualora il suocero ed i suoi accoliti lo avessero bloccato, egli sarebbe rimasto, se non altro per la palese superiorita' numerica degli avversari, allo loro merce' ed esposto, quindi, al rischio di essere ucciso o, quantomeno, di patire gravissime lesioni. Dall'altro lato, (OMISSIS) ed i suoi complici, ulteriormente esacerbati dagli sforzi profusi da (OMISSIS) allo scopo di sottrarsi alla punizione che, dal loro punto di vista, egli merita per quanto compiuto due giorni prima, sono ormai decisi ad attuare, ad ogni costo, il proposito criminoso, cio' che li induce a dar vita all'inseguimento sfociato nei violentissimi urti avvenuti dopo pochi minuti. Con specifico riferimento agli eventi accaduti all'interno del parcheggio del centro commerciale, i giudici di merito hanno esaminato funditus la contrapposta versione propinata da (OMISSIS), il quale ha sostenuto di essersi appropinquato al cognato con intenzioni pacifiche e di essere stato inopinatamente fatto bersaglio della furia di (OMISSIS), il quale aveva scagliato la sua vettura contro la Lancia Lybra. Al riguardo, ha precipuamente rilevato che, a prescindere dalla precisa individuazione del primo urto tra i veicoli, le dichiarazioni rese dai testimoni (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) convergono univocamente nel comprovare che, nell'occasione, non fu (OMISSIS) a dare la stura allo scontro, che non si svolse su basi paritarie e si risolse, piuttosto, in "una intenzionale condotta violenta, di contenzione del (OMISSIS) in danno del (OMISSIS), attraverso reiterati colpi al frontale della Opel portati a marcia indietro, fino a bloccarlo tra la propria vettura Lancia Lybra ed i carrelli, in attesa dei rinforzi, azione alla quale aveva reagito il (OMISSIS), sgommando, cercando di allontanare la Lybra e crearsi lo spazio indispensabile per fuggire, condotta immediatamente realizzata una volta ottenute le condizioni minime". La sentenza impugnata, traendo spunto dal contributo dei testimoni oculari, che ha apprezzato in termini che, ancora una volta, sfuggono alle censure dei ricorrenti, ha quindi ritenuto che "Nessuno spazio residua per interpretazioni alternative o diverse da quella che ascrive al (OMISSIS) un'azione di contenimento del (OMISSIS), portata con intenzionalita' e particolare violenza, usando l'auto come strumento di offesa, contestualmente operando, di concerto con il (OMISSIS) che si trovava nei paraggi, la chiamata a raccolta degli altri imputati, cosi' creando il panico tra i soggetti presenti all'interno del centro commerciale". 8. (OMISSIS), appena riuscito a liberarsi dalla morsa della Lancia Lybra, si e' dato a precipitosa fuga, sottraendosi all'alt intimatogli dal M.llo (OMISSIS) e venendo subito inseguito da (OMISSIS), noncurante della sollecitazione ad arrestare la marcia rivoltagli dal L.te (OMISSIS) il quale, anzi, ha rischiato di essere investito. La Corte di assise di appello ha offerto, in proposito, ineccepibile spiegazione del comportamento serbato, rispettivamente, da (OMISSIS) ed (OMISSIS) - entrambi determinati, nelle rispettive ed opposte prospettive, a risolvere la contesa senza affidarsi all'ausilio delle forze dell'ordine, presenti in loco - e, in particolare, dello stato di terrore in cui il primo e' precipitato una volta compreso che i parenti della moglie intendevano tradurre in atto i propositi ritorsivi preconizzati, con parole di solare chiarezza, dal cognato (OMISSIS). L'atteggiamento mostrato dal fuggiasco e dagli inseguitori non lascia spazio, nella coerente, analitica e lucida esposizione dei giudici di merito, ad interpretazioni diverse da quella che vede i protagonisti della contesa impegnati ad imprimervi una decisa accelerazione in vista di una soluzione che, ad onta della tattica adoperata da (OMISSIS), oscillante tra l'attendismo, la cautela e la provocazione, sarebbe stata, a quel punto, necessariamente definitiva. Coglie nel segno, d'altro canto, la Corte di assise di appello quando afferma, in replica ad apposita obiezione difensiva, che (OMISSIS), nel momento in cui ha informato (OMISSIS) che ella ed il marito avevano "beccato" (OMISSIS), ha inteso riferirsi al conseguimento dell'obiettivo sperato e non gia' ad un fortuito ed occasionale incontro, sicche' e' logico inferire, come fanno i giudici di merito, che la convergenza della Volvo S60 e dell'Opel Vivaro all'imbocco del parcheggio dell'(OMISSIS) si e' armonicamente inserita nello sviluppo della fase attuativa di un preciso proposito criminoso. 9. La Corte di assise di appello ha, subito dopo, dato conto del percorso seguito da tutti i veicoli coinvolti, articolando considerazioni che, per la massima parte, non sono state oggetto di contestazione, in fatto, perche' imperniate su evidenze obiettive (quali le immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza installate lungo il tragitto, che documentano, tra l'altro, le invasioni di corsia, le azioni di speronamento e l'avere (OMISSIS) agitato la mazza da baseball) o su accertamenti tecnici (quale la determinazione della velocita' raggiunta dagli automezzi lungo la Via (OMISSIS)), oltre che sulle dichiarazioni, largamente convergenti, dei testimoni (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali hanno tratteggiato, in termini del tutto espliciti, la scena cui hanno avuto modo di assistere, id est al transito di tre veicoli che, alla velocita' di oltre 100 km/h, hanno dato vita, in area urbana, ad una folle gimkana, connotata da reiterati tentativi di speronamento, alcuni dei quali coronati da successo, e dalla percorrenza di tratti di strada contromano. Ha spiegato, ulteriormente, che (OMISSIS), al pari del conducente della Volvo S60, non ha esitato ad effettuare sorpassi invadendo la corsia di marcia opposta, secondo quanto riferito, in termini della cui attendibilita' non vi e' motivo di dubitare, dal teste (OMISSIS). A quest'ultimo proposito, ha disatteso, con dovizia di argomentazioni (cfr. pagg. 87-88), le censure che gli odierni ricorrenti - in particolare, (OMISSIS) e (OMISSIS), conducenti delle autovetture impegnate nell'inseguimento della Opel Zafira - hanno formulato con riferimento all'attitudine del racconto di (OMISSIS) a dimostrare, da un canto, che anche la Lancia Lybra, seguendo a breve distanza la Opel Zafira e la Volvo S60, si sposto', ad elevatissima velocita', contromano per superare il veicolo da lui condotto e, dall'altro, che la vettura guidata da (OMISSIS) sperono' deliberatamente quella su cui procedeva (OMISSIS) allo scopo di provocarne l'uscita di strada. In tal senso, ha assegnato valenza confermativa delle dichiarazioni di (OMISSIS) a quelle della persona offesa, che ha ricordato di avere subito reiterati tamponamenti, l'ultimo dei quali le aveva fatto perdere il controllo del mezzo, ed alla sostanziale ammissione di (OMISSIS) il quale, rendendo interrogatorio, il cui verbale e' stato acquisito al fascicolo per il dibattimento ai sensi dell'articolo 513 c.p.p., espose, sia pure nel contesto di un'esposizione quantomeno reticente, quando non addirittura mendace, che suo cugino (cioe' (OMISSIS), che, per la precisione, e' figlio di (OMISSIS), cugino primo di (OMISSIS)) aveva colpito (OMISSIS). La Corte di assise di appello ha avuto, del resto, agio nel descrivere uno dei momenti topici della sequenza, compiutamente registrato dalle telecamere installate sulla Via (OMISSIS), che ha visto la Volvo S60 spostarsi sulla corsia di marcia opposta, nel tentativo di superare e colpire la Opel Zafira, per poi virare bruscamente sulla destra, rinunziando al sorpasso, stante il sopraggiungere di un mezzo a due ruote, che altrimenti sarebbe stato senz'altro colpito, ed il cui conducente, sconvolto per il pericolo appena scampato - mortale, secondo ragione, e tenuto conto di quanto occorso, poco dopo, a (OMISSIS) - e, presumibilmente, incredulo per la condotta dei conducenti dei tre veicoli che gli erano sfrecciati accanto, ha sentito l'incomprimibile esigenza di arrestare la marcia. L'impatto miracolosamente sfiorato non ha, tuttavia, indotto i protagonisti dell'inseguimento a piu' miti consigli, se e' vero, da un lato, che tutte le autovetture hanno proseguito la marcia senza decelerare e, dall'altro, che (OMISSIS), sporgendo il braccio dal finestrino, ha agitato la mazza da baseball all'indirizzo del fuggitivo, cosi' lasciandogli intendere, una volta di piu', quali fossero le intenzioni che animavano il gruppo di persone impegnate nell'azione criminosa. 10. A quest'ultimo proposito, incensurabile appare il rigetto, da parte della Corte di assise di appello, della richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale avanzata da (OMISSIS) in relazione alle ragioni della collocazione, all'interno della Volvo S60, della mazza da baseball che, nella prospettazione difensiva, sarebbe stata parte di un piu' ampio corredo, comprendente anche una palla ed una borsa da palestra, che l'imputato avrebbe lasciato in macchina perche' aduso alla pratica sportiva anziche' in vista dell'aggressione in danno di (OMISSIS); tanto, a riprova del carattere estemporaneo e non organizzato della condotta posta in essere la mattina del (OMISSIS). La Corte toscana ha, in particolare, stimato l'irrilevanza del sollecitato approfondimento, volto all'accertamento di una circostanza di fatto che non varrebbe, comunque, a revocare in dubbio le conclusioni raggiunte in ordine alla previa concertazione delle azioni compiute, quel giorno, dagli imputati ed all'impiego, in funzione minatoria, di uno strumento che, evidentemente, era stato reperito e messo a pronta disposizione del passeggero dell'autovettura e non, come adombrato da (OMISSIS), causalmente rinvenuto sul sedile anteriore. Ha, in altre parole, ritenuto che il compendio raccolto consenta di pervenire a sicuri approdi in merito al dato che, attraverso il supplemento istruttorio, si vorrebbe rimettere in discussione e che l'elemento fattuale del quale si propugna l'accertamento (riferito all'inclinazione di (OMISSIS) per il baseball, alla disponibilita' di idonea attrezzatura ed alla sua collocazione sulla Volvo S60) sia, gia' in chiave prognostica, privo di influenza sulla piattaforma probatoria. A dispetto di quanto eccepito dal ricorrente, la motivazione che sorregge la decisione soddisfa appieno i canoni normativi che regolano la rinnovazione istruttoria in appello che, nel caso di prove sopravvenute, e' condizionata, in forza del combinato disposto dell'articolo 603 c.p.p., comma 2, articolo 495 c.p.p., comma 1, e articolo 190 c.p.p., comma 1, all'apprezzamento, che in questo caso ha sortito esito negativo, della rilevanza della prova offerta. 11. La Corte di assise di appello ha, poscia, dato conto, accompagnando l'esposizione scritta con pertinente documentazione fotografica, del tragico epilogo della corsa delle tre macchine, segnato dall'ultimo, definitivo tamponamento della Opel Zafira e dalla prolungata derapata della Volvo S60 che, non piu' governata dal conducente, ha colpito il ciclomotore sul quale viaggiava (OMISSIS), l'autovettura di (OMISSIS) e, infine, la Volvo V40 condotta da (OMISSIS). I giudici toscani hanno considerato, sul punto, l'argomento difensivo secondo cui la carambola sarebbe stata innescata da una brusca ed improvvisa frenata della Opel Zafira condotta da (OMISSIS), del quale hanno, nondimeno, ritenuto l'infondatezza. In proposito, si sono orientati in ragione, oltre che del racconto della vittima, delle dichiarazioni di (OMISSIS), chiaro nell'attestare, in replica ad apposita sollecitazione, che la Volvo e' sopraggiunta in completa derapata, condizione che ha provocato lo stridore che, nell'opposta prospettazione, avrebbe dovuto essere ricondotto all'attivazione, da parte di (OMISSIS), del sistema frenante della Opel Zafira; tema, questo, che e' stato ripreso con i ricorsi per cassazione in termini che, pero', non si emancipano da un'ottica di contro-argomentazione, del tutto inidonea ad eccitare i poteri censori del giudice di legittimita', che, come anticipato all'esordio del "considerato in diritto", possono e devono essere esercitati solo al cospetto di profili di illogicita' manifesta e contraddittorieta' dei quali, nel caso in esame, non vi e' traccia. 12. La Corte di assise di appello ha, infine, approfondito gli accadimenti immediatamente posteriori al tragico sinistro, a partire dall'arrivo, dopo circa due minuti, del furgone Opel Vivaro guidato da (OMISSIS) che, come attestato dalla documentazione fotografica in atti, ha attraversato il tratto coinvolto dalla carambola, oltrepassato i punti in cui si erano arrestate la Lancia Lybra, la Opel Zafira, la Hyundai e le due Volvo per fermarsi - prima dell'intervento della pattuglia dei Carabinieri che, presente presso il parcheggio del centro commerciale, si era spostata sulle orme dei veicoli che avevano dato vita all'inseguimento e dell'inibizione dell'area al traffico veicolare - all'incrocio con la Via (OMISSIS). Ricordato che (OMISSIS), che viaggiava sul furgone quale trasportato, e' sceso dal mezzo, per sua stessa ammissione, per avvicinarsi alla Opel Zafira, ha stimato l'attendibilita' delle dichiarazioni rese al riguardo, nel corso del giudizio di appello, da (OMISSIS), a dire del quale (OMISSIS) aveva aperto la portiera, nella convinzione che egli si trovasse ancora all'interno del veicolo, e proferito espressioni minatorie ("ora ti ammazzo io") che egli, nascosto dietro alcuni arbusti, aveva nitidamente udito. La Corte di assise di appello ha confutato, all'esito di un iter argomentativo cristallino, le obiezioni articolate dagli imputati - i quali le hanno riproposte con i ricorsi per cassazione, esponendo considerazioni critiche che, ancora una volta, non riescono a scardinare la tenuta razionale della motivazione del provvedimento impugnato, frutto di un apprezzamento alieno dai vizi denunziati anche perche' saldamente ancora al compendio istruttorio - che si appuntano, oltre che sulle perplessita' a piu' riprese manifestate in ordine alla sincerita' della persona offesa, sulla versione ammannita da (OMISSIS) ed (OMISSIS), i quali hanno sostenuto di essere sopraggiunti in loco quando l'area era gia' presidiata dalle forze dell'ordine, cio' che avrebbe, evidentemente, reso piu' arduo, se non in radice precluso, il compimento, da parte di (OMISSIS), dell'attivita' descritta da (OMISSIS). Ha, d'altro canto, stigmatizzato l'illogicita' del racconto di (OMISSIS), il quale ha sostenuto di essersi avvicinato alla Opel Zafira perche' preoccupato per l'incolumita' dell'affine, che pure egli immaginava disponesse di una pistola, ovvero perche' spinto da un affiato filantropico che, in quello specifico contesto, appare davvero impossibile attribuirgli. 13. La compiuta e - si e' detto - nitida enucleazione delle condotte poste in essere, nei vari segmenti, dai protagonisti della vicenda portata al vaglio delle corti fiorentine costituisce, nell'architettura della sentenza impugnata, il pilastro che sorregge la qualificazione giuridica dei comportamenti accertati, aspetto in ordine al quale i ricorrenti hanno sottoposto a severa e serrata revisione critica la decisione della Corte di assise di appello. Procedendo per ordine, e prendendo le mosse dalla tentata violenza privata ascritta, al capo A), a (OMISSIS), esente da qualsivoglia deficit razionale ed ossequioso della lettera e dello spirito della norma incriminatrice e' il ragionamento svolto dalla Corte di assise di appello. Dopo avere richiamato il tenore delle espressioni che l'imputato ha rivolto alla persona offesa e ribadito che (OMISSIS), ove avesse voluto sottrarsi alla punizione che il clan, vulnerato nella sua persona piu' rappresentativa e carismatica, aveva in animo di infliggergli, avrebbe dovuto allontanarsi dall'Italia, la Corte toscana ha riconosciuto l'attitudine delle formulate minacce ad incutere timore e conseguire l'obiettivo sperato e ricordato che, per giurisprudenza consolidata, la configurazione del tentativo di violenza postula l'astratta idoneita' della condotta alla coartazione della liberta' morale del destinatario e non anche la produzione di un reale ed effettivo timore, tale da determinare la costrizione (Sez. 5, n. 34124 del 06/05/2019, C., Rv. 276903 - 01; Sez. 5, n. 40782 del 11/07/2013, C., Rv. 257201 - 01; Sez. 5, n. 15977 del 04/03/2005, Colangelo, Rv. 232129 - 01). Al cospetto di un iter argomentativo di meridiana linearita', il ricorrente, con il primo motivo, si limita ad eccepire, in termini tangibilmente generici, che valgono a colorare di inammissibilita' la doglianza, che la Corte di assise di appello non avrebbe adeguatamente vagliato il motivo di impugnazione vertente sulla carenza di dolo. In tal modo, formalizza una contestazione che, con ogni evidenza, non si confronta con l'ampia argomentazione che sorregge la decisione impugnata e fa leva, tra l'altro, sulla piena consapevolezza, in capo all'agente, della direzione delle asperrime contumelie riservate al cognato, che egli invita, senza esitazione di sorta, a lasciare il territorio nazionale, unica alternativa ad una reazione tanto cruenta da contemplare anche la morte dell'affine, quale giusta riparazione, nell'aberrante prospettiva degli odierni imputati, al vile e disdicevole contegno serbato da (OMISSIS). Totalmente sganciata dalle emergenze istruttorie si palesa, dunque, la riduzione ad un mero, vacuo sfogo di rabbia di una iniziativa che, inquadrata nel contesto dei fatti di causa, riveste, invece, sicuro carattere criminale e che, per di piu', offre una preziosa e precisa chiave di lettura degli accadimenti di interesse processuale. L'inaspettato, inaudito, inconcepibile - agli occhi di chi lo ha subito e del suo entourage, s'intende - accesso di violenza del quale (OMISSIS) e' stato autore in danno del suocero ha rappresentato, per (OMISSIS) ed i suoi familiari, un punto di non ritorno nella tormentata relazione con un uomo dimostratosi, da ultimo nel riservare alla moglie una gratuita mortificazione sulla piazza virtuale dei social media, inaffidabile, violento e, soprattutto, irrispettoso dell'autorita' dell'anziano (OMISSIS), nei cui confronti ha agito in modo che, a prescindere dalla vilta' dimostrata facendo valere la maggiore prestanza fisica legata all'eta', lo rende passibile di una ritorsione tanto drastica da rivelarsi, in potenza, letale. Le minacce di (OMISSIS) - che, e' bene sottolineare, egli dedica al cognato con messaggi che si susseguono, ad intervalli piu' o meno regolari, a partire dalla notte successiva all'evento che scatenato la furia di (OMISSIS) e dei suoi congiunti e fino a poche ore prima dello scontro finale - si palesano tanto piu' rilevanti in quanto provengono dal figlio del capoclan. (OMISSIS), per di piu', fara' parte dell'equipaggio che, il (OMISSIS), rispondera', a bordo della Volvo S60, alla sollecitazione intesa a portarsi sul luogo in cui e' stato, finalmente, reperito (OMISSIS) e, quando questi tentera' una fuga disperata, si mettera' alle sue calcagna, a sprezzo di ogni pericolo, anche di quello di uccidere ignari ed incolpevoli utenti della strada, quale (OMISSIS). Le condotte oggetto di addebito rappresentano, dunque, il frutto del pervicace intento di tradurre in pratica le iniziative che erano state preannunziate, via Messenger, da (OMISSIS) e che avevano incontrato, in prima istanza, la noncurante tracotanza del contraddittore. Detto contegno, e' facile notare a posteriori, non puo' che avere ulteriormente esasperato l'animo degli odierni ricorrenti i quali, non intendendo incorrere in una disastrosa ed umiliante retromarcia, sono stati ispirati da una vis ancora piu' intensa, dalla quale e' scaturita l'azione coordinata innescata dalla segnalazione di (OMISSIS) e (OMISSIS). 14. Illuminata attraverso questa lente, la qualificazione, concordemente operata dai giudici di merito (la cui valutazione diverge con esclusivo riferimento alla responsabilita' concorsuale di (OMISSIS) e (OMISSIS)) dei comportamenti realizzati il (OMISSIS) in chiave di tentato omicidio si palesa scevra da fratture razionali e conforme ai canoni ermeneutici, ampiamente evocati da entrambe le Corti di assise, che orientano l'apprezzamento degli elementi costitutivi del delitto sanzionato dagli articolo 56 e 575 c.p.. Le principali obiezioni mosse, al riguardo, dai ricorrenti attengono, per un verso, all'univocita' della condotta e, per l'altro, all'animus necandi e si appuntano, in primis, sulle peculiari modalita' esecutive dell'azione criminosa, che non hanno contemplato l'utilizzo di armi da fuoco, delle quali gli imputati, per quanto consta, non avevano disponibilita', e che si e' risolta, in ultimo, in tentativi di speronamento protrattisi per poche decine di secondi e lungo un'arteria stradale non piu' lunga di un chilometro. Trattasi di doglianze che, va tuttavia notato, non tengono conto delle concrete connotazioni della vicenda, dalla genesi sino all'epilogo, che, per come tratteggiate dalla Corte di assise di appello, supportano senz'altro il proposto inquadramento giuridico. In proposito, e' opportuno ricordare, preliminarmente, in diritto, che "In tema di omicidio tentato, in assenza di esplicite ammissioni da parte dell'imputato, ai fini dell'accertamento della sussistenza dell'"animus necandi" assume valore determinante l'idoneita' dell'azione, che va apprezzata in concreto, con una prognosi formulata "ex post" ma con riferimento alla situazione che si presentava "ex ante" all'imputato, al momento del compimento degli atti, in base alle condizioni umanamente prevedibili del caso" (Sez. 1, n. 11928 del 29/11/2018, dep. 2019, Comelli, Rv. 275012 01). Cio' posto, deve segnalarsi che: se l'azione del (OMISSIS) costitui' l'attuazione di una deliberazione che prevedeva l'inflizione a (OMISSIS) di una durissima reprimenda, secondo quanto attestato dalle gravissime minacce indirizzategli da (OMISSIS), il quale gli aveva prospettato, quale unica alternativa alla morte, l'immediato espatrio; se la coordinata convergenza di tre veicoli e di (almeno) sette complici, innescata dal reperimento del soggetto ricercato, induce a ritenere che (OMISSIS) ed i sodali fossero fermamente intenzionati a risolvere, una volta per tutte, il dissidio con la controparte; se la reazione della vittima, concretizzatasi nell'avviare un duello a suon di sportellate con (OMISSIS), finalizzato a guadagnare la fuga, e' stata frutto di una condizione di terrorizzata disperazione; se inseguito ed inseguitori si lanciarono sulla Via (OMISSIS) a velocita' folle pur di conseguire i rispettivi, ed opposti, obiettivi; se, durante la corsa, (OMISSIS) cerco' in tutti i modi, infine riuscendoci, di colpire la Opel Zafira, cosi' cagionandone l'uscita di strada; se (OMISSIS), appropinquatosi al veicolo al cui interno supponeva vi fosse (OMISSIS), ha rinnovato l'intenzione omicidiaria (gia' resa palese anche da (OMISSIS) nel roteare la mazza da baseball e, successivamente, nello scendere dalla Volvo S60, dopo il sinistro, impugnando il medesimo bastone), che egli avrebbe attuato, ove si fosse trovato faccia a faccia con lui (e pur avendo motivo di ritenere che la vittima disponesse di un'arma da fuoco); se, dunque, tutto questo e' vero - come logicamente esposto dalla Corte di assise di appello - non pare che la sussistenza degli elementi costitutivi del contestato delitto di tentato omicidio possa essere seriamente messa in discussione. Per un verso, deve, infatti, concordarsi con i giudici di merito laddove assumono che gli imputati, preso definitivamente atto del rifiuto di (OMISSIS) di assoggettarsi al formulato diktat, hanno inteso attuare, mediante l'inseguimento e gli speronamenti, la piu' severa delle ritorsioni, che non consisteva, secondo quanto adombrato con i ricorsi per cassazione, nel costringerlo a fermarsi ed a subire una piu' o meno dura rampogna, e si traduceva, piuttosto, nel provocare la sua uscita di strada. Coerentemente, la Corte di assise di appello indica lo sbalzamento della Opel Zafira al di fuori della carreggiata come "obiettivo unico ed univoco" per poi aggiungere, con parole ineccepibili, che gli agenti hanno usato "i veicoli come armi, come strumenti di offesa, rappresentandosi e volendo, indifferentemente, la sua morte ovvero le lesioni gravi, inevitabilmente connesse e dipendenti dalla perdita di controllo dell'auto a quella velocita'", onde condivisibile si palesa, in definitiva, la riconduzione dell'elemento psicologico del reato alla categoria del dolo diretto alternativo. Per altro verso, e stavolta sul piano dell'elemento materiale del reato, i giudici di merito hanno convenientemente dato conto dell'idoneita' dell'azione compiuta, quantunque protrattasi per il lasso temporale circoscritto alla percorrenza del tratto stradale intercorrente tra il parcheggio del centro commerciale ed il logo del sinistro, ad esporre a pericolo il bene tutelato dalla norma incriminatrice attraverso una condotta che, ove non interrotta dall'uscita di strada della Opel Zafira e dai plurimi urti della Volvo S60, sarebbe stata senz'altro portata alle estreme conseguenze, nonche' della chiara, e non altrimenti interpretabile, direzione degli atti posti in essere, finalizzati, si ripete, a cagionare la morte o, alternativamente, ad arrecare gravi lesioni alla persona offesa. 15. Dopo avere acclarato che lo sfrontato gesto di ribellione consumato, la sera dell'(OMISSIS), da (OMISSIS) nei confronti del suocero ha indotto (OMISSIS) ed i suoi congiunti a replicare immediatamente ad un affronto gravissimo e, evidentemente, reputato intollerabile e, di conseguenza, a porre in essere iniziative miranti ad escludere definitivamente l'autore dal contesto fiorentino, inducendolo a cercare riparo all'estero ovvero neutralizzandolo fisicamente e, se del caso, uccidendolo, la Corte di assise di appello ha esteso a tutti gli imputati la responsabilita' concorsuale per il delitto sanzionato dagli articoli 56 e 575 c.p.. Il percorso argomentativo seguito, al riguardo, dai giudici di merito appare scevro dai profili di illegittimita' segnalati dai ricorrenti. Incontrovertibile la responsabilita' di (OMISSIS), conducente della Volvo S60 ed autore materiale dell'azione lesiva consistita nei plurimi tentativi di sospingere fuori strada la Opel Zafira, la riscontrata presenza del nonno (OMISSIS) a bordo del veicolo costituisce la migliore riprova dell'impulso garantito, sul piano morale, da tale imputato, che, ha logicamente inferito la Corte di assise di appello, ha dato pieno avallo ad un'operazione volta a salvaguardare, suo tramite, l'onore dell'intero clan. In questo senso depone, del resto, il carattere icasticamente corale dell'intera operazione criminosa, ulteriormente testimoniato - ha acutamente osservato la Corte di assise di appello - dall'utilizzo, da parte di (OMISSIS), del plurale ("sei un bastardo (OMISSIS)... noi siamo giu'... ascolta, noi siamo giu'"). La pressante attivita' minatoria svolta dal citato (OMISSIS), i reiterati e veementi riferimenti al destino che attendeva il cognato ("...come ti trovo ti strappo il cuore... ti voglio strappare le tonsille, gli occhi e la testa... ti prendero' il tuo sangue, ti dimostrera' che ho intenzione di ammazzarti") e la fisica presenza a bordo della Volvo S60 non lasciano dubbi di sorta in merito al suo consapevole e fattivo concorso nel reato. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi per quanto concerne la posizione di (OMISSIS), il quale, da un canto, ha mostrato di condividere gli intenti lesivi nei confronti di (OMISSIS) agitando la mazza da baseball, dopo averla esposta fuori dal finestrino, in modo da chiarire al fuggiasco (il quale, puo' incidentalmente notarsi, era, a quel punto, perfettamente consapevole che, se raggiunto e bloccato, avrebbe patito conseguenze draconiane) cosa lo attendeva, e, successivamente, scendendo dalla Volvo S60 impugnando lo strumento offensivo e, dall'altro, ha istigato l'autore materiale a perseverare nell'intrapresa azione criminosa. I giudici di merito hanno concordemente stimato la responsabilita' concorsuale di (OMISSIS), conducente della Lancia Lybra (a bordo della quale prendeva posto anche la moglie (OMISSIS) la quale invece, si e' gia' detto, non e' stata, per quanto consta, chiamata a rispondere dei reati in contestazione) in ragione, innanzitutto, del fondamentale ruolo da lui svolto a seguito dell'incontro con (OMISSIS), dal quale sono scaturiti la chiamata a raccolta dei correi, favorita dalla collaborazione di (OMISSIS) e (OMISSIS), e, nel volgere di pochi minuti, l'azione di violento contenimento della Opel della vittima, evidentemente diretta a bloccare (OMISSIS) e ad infliggergli, con l'ausilio dei sodali, la punizione stabilita. Che (OMISSIS) sia stato ab origine partecipe, con piena consapevolezza, del progetto ritorsivo in pregiudizio del cognato e' ulteriormente comprovato dal contegno da lui tenuto dopo che la persona offesa, riuscita a trovare una via di fuga, si e' allontanata a tutto gas, tradottosi nel seguire la Opel Zafira e la Volvo S60 a velocita' pressoche' identica e nell'effettuare sorpassi contromano ed evoluzioni univocamente significative della diretta ed attiva partecipazione all'inseguimento. Comportamento, questo, che ha senz'altro rafforzato il proposito criminoso di (OMISSIS) e degli altri correi, i quali sapevano di poter contare sulla solidarieta' di altro soggetto che, disponendo di autonomo veicolo, avrebbe potuto facilitare l'attuazione del disegno criminoso. La sentenza impugnata si rivela, vieppiu', esente da pecche di sorta laddove, spendendo considerazioni pienamente condivise, ritiene del tutto inattendibile l'assunto difensivo che, partendo dalla condizione di emofilia di (OMISSIS), interpreta l'atteggiamento del padre quale espressione della volonta' di convincere il figlio a desistere da una condotta di guida altamente spericolata che, in caso di sinistro e di sanguinamento, lo avrebbe esposto al rischio di patire conseguenze letali. Versione, questa, che, a prescindere dalla sua intrinseca irrazionalita' e dall'assenza di qualsiasi elemento di riscontro obiettivo (che avrebbe potuto essere rappresentato, ad esempio, dall'attivazione del segnalatore acustico, della quale non vi e' traccia nelle deposizioni raccolte), e' plasticamente smentita dalla combinata e sinergica considerazione delle condotte realizzate da (OMISSIS), tutte protese al conseguimento di un risultato illecito comune a tutti i correi e, quindi, anche al figlio, che egli ben sapeva essere coinvolto nel progetto, onde manifestamente infondata e' la censura vertente sull'omesso riconoscimento, in favore di (OMISSIS), della scriminante dello stato di necessita'. 16. Esente dai denunciati vizi e', del pari, la motivazione attraverso la quale la Corte di assise di appello, in dissenso dal giudice di primo grado ed in accoglimento dell'impugnazione del pubblico ministero, ha affermato la concorrente responsabilita' di (OMISSIS) ed (OMISSIS) in ordine al tentato omicidio. I giudici di appello hanno, innanzitutto, dato conto dell'itinerario argomentativo seguito da quelli di primo grado, imperniato su cardini logici e fattuali che hanno rimesso in discussione in ragione, a seconda dei casi, di una diversa esegesi del dato probatorio, del differente apprezzamento del condizionamento discendente dalle determinazioni dell'organo di accusa ovvero dell'attribuzione di specifica valenza a talune circostanze di fatto. Hanno, in particolare, ricordato che (OMISSIS) ha offerto, nel giudizio di appello, chiarimenti idonei a superare le perplessita' manifestate dalla Corte di assise in ordine alla credibilita' delle accuse da lui mosse a (OMISSIS), con precipuo riferimento alle parole che l'imputato gli avrebbe rivolto dopo essersi avvicinato, appena pervenuto sul luogo del sinistro, alla Opel Vivaro; circostanza, questa, in relazione alla quale e' stata, sopra, gia' sancita l'infondatezza delle critiche sollevate dal ricorrente rispetto ad una motivazione non manifestamente illogica ne' contraddittoria. Hanno, altresi', osservato che il mancato esercizio dell'azione penale nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) non costituisce elemento ostativo alla valutazione, in chiave corrispondente al postulato di accusa, del comportamento di soggetti il cui intervento nell'area antistante il supermercato e' stato stimolato dalle segnalazioni operate dalla (OMISSIS) e da (OMISSIS), atteso che, hanno correttamente rilevato, "la scelta di quali soggetti perseguire, in quali tempi e con quali modalita' resta attribuita, in via esclusiva, al rappresentante della pubblica accusa senza che determinate opzioni, piu' o meno condivisibili, possano in alcun modo condizionare la valutazione di rilevanza penale di altre condotte e, in particolare, di quelle degli imputati nei confronti della cui assoluzione e' stato spiegato ricorso di appello". Operate, dunque, le opportune precisazioni, hanno stimato che i due imputati abbiano volontariamente arrecato un significativo apporto, sul piano sia materiale che morale, all'impresa criminosa, non eliso dall'omessa partecipazione al clou della vicenda, sintetizzato dal folle inseguimento e dal tragico, plurimo impatto. Premesso, invero, il carattere concertato - del quale si e' ampiamente detto - della reazione collettiva all'offesa arrecata da (OMISSIS) a (OMISSIS), l'estensione a (OMISSIS) della comunicazione relativa alla presenza del bersaglio da colpire in prossimita' dell'(OMISSIS), l'uscita, in rapida sequenza, della Volvo S60 e del furgone Opel Vivaro dal campo nomadi di Via (OMISSIS), l'arrivo di entrambi i mezzi (poco importa, per le ragioni in precedenza indicate, se attraverso autonomi percorsi ed a velocita' non particolarmente sostenuta) sul luogo indicato, il posizionamento in un punto tale da ostacolare la fuga del soggetto braccato concorrono a dimostrare, secondo la Corte di assise di appello, che i due occupanti del veicolo commerciale, uno dei quali e', per di piu', figlio del soggetto nel cui nome l'azione criminosa e' stata ideata, organizzata ed eseguita, erano parte integrante del progetto, cui hanno garantito, sino al danneggiamento della ruota, un contributo tutt'altro che evanescente sul piano sia materiale che morale. Sul punto, la Corte di assise di appello ha, specificamente, rammentato che "Il contributo rilevante ai sensi dell'articolo 110 c.p., invero, puo' consistere sia nell'agevolazione dell'aggressione contro la vittima, in ragione della superiorita' numerica e della concomitante condotta dei concorrenti di neutralizzazione delle difese altrui (ipotesi questa di concorso materiale, sicuramente sussistente nella fase iniziale dell'azione, con la convergenza al parcheggio del centro commerciale dove il fratello stava contenendo, con la violenza, la vittima), sia nel rafforzamento del proposito criminoso dell'esecutore, che spalleggiato ed incoraggiato dalla concomitante azione degli altri, dando cosi' vita al concorso morale di tipo agevolatore...". I giudici di appello hanno, inoltre, ritenuto che gli occupanti della Volvo S60 ed (OMISSIS), consci della presenza in zona, a bordo dell'Opel Vivaro, di (OMISSIS) ed (OMISSIS), "confidassero sulla loro presenza e la disponibilita' all'azione per qualunque evenienza si potesse presentare, anche nel corso dell'inseguimento, venendo rafforzati nel proponimento delittuoso da tale consapevolezza alla quale corrispondeva, in (OMISSIS) e in (OMISSIS), l'animus necandi negli stessi esatti termini in cui era presente nei coimputati". Hanno indicato, ad ennesima riprova della strettissima solidarieta' tra i due imputati ed i correi, la condotta serbata da (OMISSIS) appena arrivato sul teatro della tragedia, che e' tale da neutralizzare uno degli argomenti utilizzati dal giudice di primo grado a sostegno dell'assoluzione, in quanto attesta che l'imputato, lungi dall'essere animato da innocente curiosita' o preoccupato per l'incolumita' dei soggetti coinvolti nell'inseguimento, voleva sincerarsi del buon esito della rappresaglia e, se necessario, contribuire ad infliggere alla vittima la sanzione stabilita. Nella medesima direzione milita, hanno aggiunto, la mendace asserzione, da parte dei due occupanti dell'Opel Vivaro cosi' come di tutti gli altri imputati, dell'assenza di (OMISSIS) a bordo della Volvo S60, sintomo di piena condivisione dell'intera operazione illecita che, va ribadito in replica a specifica eccezione difensiva, contemplava ab initio, cioe' sin dal momento dell'avvio delle ricerche di (OMISSIS), la possibilita' dell'uccisione della vittima, resa ancor piu' concreta dalla spavalderia con la quale ella aveva reagito alle minacce di (OMISSIS). Per tale via, la Corte di assise di appello ha soddisfatto l'onere di motivazione rafforzata imposto al giudice di secondo grado che intenda riformare in toto la decisione adottata dal giudice di prima istanza, sancito, in linea generale, dalla giurisprudenza di legittimita' nella sua composizione di maggiore autorevolezza (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679 - 01) e ribadito, con precipuo riferimento al ribaltamento, in appello, della pronunzia liberatoria, dalla successiva produzione, ferma nel richiedere la puntuale dimostrazione dell'insostenibilita', sul piano logico e giuridico, degli argomenti piu' rilevanti della sentenza di primo grado, e nell'imporre, per non incorrere nel vizio di motivazione, l'esposizione delle ragioni poste a sostegno della decisione riformata, da vagliarsi anche in rapporto ai rilievi eventualmente svolti dalla difesa nel giudizio di appello, e la confezione di una motivazione che, sovrapponendosi pienamente a quella della decisione riformata, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati (Sez. 5, n. 42033 del 17/10/2008, Pappalardo, Rv. 242330 - 01; Sez. 6, n. 6221 del 20/04/2005, dep. 2006, Aglieri, Rv. 233083 - 01), in modo da conferire alla decisione una forza persuasiva superiore (Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, P., Rv. 278056 - 01), senza limitarsi ad esporre la propria valutazione del compendio probatorio, ritenuta preferibile a quella coltivata nel provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 10130 del 20/01/2015, Marsili, Rv. 262907 - 01). A fronte di una trama argomentativa solida ed armonica, i ricorrenti frappongono obiezioni che, vertenti soprattutto sulle contestazioni sollevate in punto di fatto, che si e' visto essere prive di pregio, e sulle considerazioni addotte dal giudice di primo grado a supporto dell'assoluzione, che la Corte di assise di appello ha scardinato in forza di un ragionamento impeccabile, non appaiono idonee ad introdurre crepe di spessore sufficiente ad incrinare la compattezza del costrutto che sostiene la decisione impugnata. 17. I giudici di merito hanno, con decisioni concordi, ascritto agli occupanti della Volvo S60 e a (OMISSIS) la responsabilita', a titolo doloso, per la morte di (OMISSIS) e le lesioni personali arrecate a (OMISSIS). La Corte di assise di appello, premessa l'adesione all'impostazione prescelta dal giudice di primo grado, che aveva scrutinato l'episodio sulla scorta dei criteri enunciati dalle Sezioni unite della Corte di cassazione nella nota sentenza n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, ha assegnato rilevanza decisiva, in vista della qualificazione in chiave francamente dolosa della condotta, dalla quale sono derivati eventi collaterali rispetto a quello in origine rappresentato e voluto dagli agenti, a quanto accaduto, lungo la Via (OMISSIS), nel frangente in cui la Volvo S60 guidata da (OMISSIS), nel tentativo di sorpassare la Opel Zafira, ha occupato l'opposta corsia di marcia, sulla quale procedevano due ciclomotori, uno dei quali si trovava in piena rotta di collisione con l'autovettura, il cui conducente, per evitare l'impatto, e' stato costretto ad una manovra di emergenza di rientro verso destra, tanto repentina da determinare un visibile sbandamento, e fortunatamente coronata da successo per essere riuscito (OMISSIS) a scansare, sia pure a fatica, il malcapitato il quale ha, come si suol dire, visto la morte con gli occhi. Al riguardo, i giudici di appello hanno scritto che "La manovra di rientro descritta (per la cui esatta comprensione si rinvia alla visione del filmato, in atti) documenta non gia' una prova di abilita' del conducente della Volvo che, nella ricostruzione difensiva, costituirebbe una malriposta fiducia nelle proprie attitudini di guida e, dunque, una non volonta' dell'evento collaterale (e quindi, al piu', una colpa cosciente quale giudizio di rimproverabilita' per l'imprudenza commessa) ma, piuttosto, l'evidente rappresentazione del tipo di evento collaterale di danno che, proseguendo con tale scellerata condotta di guida, concretamente si prospettava". Hanno, subito dopo, aggiunto che siffatta rappresentazione "tuttavia, non aveva comportato il sorgere negli imputati della volonta' di fermarsi, di rallentare, di interrompere l'inseguimento: al contrario, immediatamente dopo il mancato impatto (sopra documentato a mezzo dei relativi fotogrammi), vi era stato lo sbracciare del (OMISSIS), il suo brandire la mazza da baseball, con la Volvo che immediatamente si era rifatta sotto la Opel Zafira, con l' (OMISSIS) che, all'evidenza, aveva ordinato di proseguire nell'azione. Dunque un contesto pacificamente illecito dell'azione, del movente, del fine ultimo della condotta tenuta, di tale pregnanza criminogena da superare, avvolgendolo, ogni evento collaterale". La Corte di assise di appello ha, quindi, indicato, quali elementi confermativi della piena accettazione del rischio, in capo agli agenti, di cagionare la morte di ignari ed incolpevoli utenti della strada: l'enorme iato tra la condotta di guida tenuta dai conducenti delle macchine e quella imposta dalla normativa in materia di circolazione stradale; la durata, tutt'altro che minimale, dell'intero inseguimento, che ha fornito agli imputati il destro per un provvidenziale ripensamento; la fortissima solidarieta' tra i soggetti coinvolti ed il carisma di (OMISSIS), uniti nell'obiettivo di infliggere, a qualunque costo, a (OMISSIS) la sanzione stabilita; la caratura criminale di taluni dei soggetti coinvolti e la carica aggressiva palesata a partire dalla sera dell'(OMISSIS); la noncuranza della condizione di emofiliaco di (OMISSIS), fattore recessivo rispetto alla "primaria ed assorbente volonta' di raggiungimento dello scopo delittuoso avuto di mira (la punizione del (OMISSIS)) che travolgeva e faceva perdere di rilievo ogni evenienza collaterale"; il contegno tenuto dagli imputati dopo l'impatto, univocamente espressivo "della scarsa considerazione, della irrilevanza per gli agenti degli eventi collaterali provocati rispetto alla determinazione volitiva diretta verso il fine primario di punire il (OMISSIS), di ucciderlo". Considerato, ulteriormente, che "la verificazione di un sinistro per far uscire di strada il veicolo inseguito era proprio quello che, con i sorpassi contromano e gli speronamenti a quella velocita' tutti gli imputati a bordo delle due auto, non solo i conducenti, cercavano e volevano accettando per se' possibili conseguenze dannose e, rispetto ai terzi, la verificazione di eventi collaterali di danno", la Corte di assise di appello ha escluso che l'uccisione di (OMISSIS) possa essere qualificata come omicidio stradale con colpa cosciente, atteso che "la verificazione di un sinistro per far uscire di strada il veicolo inseguito era proprio quello che, con i sorpassi contromano e gli speronamenti a quella velocita' tutti gli imputati a bordo delle due auto, non solo i conducenti, cercavano e volevano accettando per se' possibili conseguenze dannose e, rispetto ai terzi, la verificazione di eventi collaterali di danno". Ritiene il Collegio che il ragionamento articolato dalla Corte di assise di appello - e sottoposto a profonda revisione critica dai ricorrenti - sia, in linea generale, esente da vizi di legittimita', dovendosi, nondimeno, distinguere la posizione di (OMISSIS) da quella dei passeggeri del veicolo alla cui guida egli si trovava e del padre (OMISSIS), conducente della Lancia Lybra che seguiva da presso l'Opel Zafira e la Volvo S60. Per quanto i giudici di merito abbiano preso spunto, nell'indagine sull'elemento soggettivo del reato, dalla vicenda di interesse processuale, vista nella sua interezza, ed in particolare dal suo culmine, che parte dall'incontro tra (OMISSIS) e (OMISSIS), deve sottolinearsi come, nel caso in esame, sia stato riconosciuto il dolo eventuale in itinere, condizione psicologica che si assume essere sopravvenuta in costanza di svolgimento dell'azione delittuosa e, precipuamente, a seguito dello schivato impatto con il ciclomotore documentato dal filmato registrato dalle telecamere di sorveglianza. La Corte di assise di appello non ha mancato di enfatizzare, a piu' riprese, la rilevanza del dato, che ha messo i protagonisti di fronte all'evidenza costituita dalle piu' che probabili, se non certe, conseguenze di una condotta di guida eccezionalmente scellerata, offrendo loro una plastica ed inequivocabile rappresentazione dell'evento collaterale che, nella persistenza dell'originario proposito delittuoso e delle modalita' prescelte per realizzarlo, si sarebbe necessariamente verificato. Nella fattispecie, si assiste, dunque, all'arricchimento - o, se si preferisce, ad una sorta di interversione - dell'ambito di consapevolezza degli imputati i quali, nel corso del folle inseguimento, si rendono conto, de visu ed in termini che non e' eccessivo definire drammatici, del fatto che la disperata determinazione mostrata dal fuggitivo e l'invincibile ostinazione nell'impedirgli di sottrarsi alla ritorsione condurranno, nel volgere di pochi attimi, ad un esito tragico, che potra' attingere, indifferentemente, l'inseguito, gli inseguitori e/o chi, a piedi o con mezzi meccanici, avra' la sfortuna di trovarsi sul tragitto delle autovetture che, alla velocita' di 100 km/h, percorrono, a mezzogiorno di una domenica di tarda primavera, un'arteria urbana di una citta' abitata da centinaia di migliaia di persone. Sotto questo aspetto, l'applicazione dei criteri mirabilmente enunciati dalla giurisprudenza di legittimita', nella sua composizione piu' autorevole, si rivela utile ma non decisiva, posto che, nel caso di specie, l'investigazione sul requisito psicologico concerne agenti che sono strenuamente impegnati nel compimento di un'attivita' di per se' illecita. Il confine tra colpa cosciente e dolo eventuale deve essere, dunque, tracciato in ossequio alla tradizionale e consolidata linea di indirizzo secondo cui "In tema di elemento soggettivo del reato, ricorre il dolo eventuale quando si accerti che l'agente, pur essendosi rappresentato la concreta possibilita' di verificazione di un fatto costituente reato come conseguenza della propria condotta, avrebbe agito anche se avesse avuto certezza del suo verificarsi, accettandone la realizzazione a seguito della consapevole subordinazione di un determinato bene ad un altro; si versa invece nella colpa con previsione allorquando la rappresentazione come certa del determinarsi del fatto avrebbe trattenuto l'agente dall'agire (In applicazione di tale principio la Corte ha censurato la qualificazione come colposa della condotta del conducente di un grosso furgone, da lui rubato, che, per sottrarsi all'arresto, dopo aver superato ad elevata velocita' una serie di semafori rossi, aveva travolto un'autovettura provocando la morte di uno dei passeggeri e il ferimento degli altri)" (Sez. 1, n. 10411 del 01/02/2011, Ignatiuc, Rv. 258021 - 01; nello stesso senso cfr. anche Sez. 4, n. 11222 del 18/02/2010, Lucidi, Rv. 249492 - 01; Sez. 4, n. 28231 del 24/06/2009, Montalbano). Sulla stessa scia si pongono, tra le altre, le successive decisioni che hanno ribadito come "In tema di elemento soggettivo del reato, ricorre il dolo eventuale quando si accerti che l'agente, pur essendosi rappresentato la concreta possibilita' di verificazione di un fatto costituente reato come conseguenza del proprio comportamento, persiste nella sua condotta, accettando il rischio che l'evento si verifichi; si versa invece nella colpa con previsione quando l'agente prevede in concreto che la sua condotta possa cagionare l'evento ma ha il convincimento di poterlo evitare" (Sez. 4, n. 24612 del 10/04/2014, Izzo, Rv. 259239 - 01; Sez. 2, n. 7027 del 23/10/2013, dep. 2014, Lafleur, Rv. 259064 - 01; Sez. 4, n. 39898 del 03/07/2012, Giacalone, Rv. 254673 - 01).Il dolo eventuale, come correttamente ricordato dai ricorrenti, postula, pertanto, la concomitante presenza delle componenti, rispettivamente, di rappresentazione e di volonta', costituita, quest'ultima, dall'accettazione del rischio di verificazione dell'evento lesivo, id est, come affermato dalla giurisprudenza di legittimita' in una delle massime teste' riportate, della consapevole subordinazione del bene posto a repentaglio (nel caso di specie: la vita e l'incolumita' personale degli utenti della strada) rispetto al risultato preso di mira (nel caso di specie: lo speronamento della Opel Zafira e la definitiva neutralizzazione del suo autista). Correttamente, la Corte di assise di appello rimarca che l'improvvisa apparizione, di fronte alla Volvo S60 che procedeva contromano, del ciclomotore che, ove (OMISSIS) non avesse effettuato una immediata manovra di scarto verso destra, sarebbe stato scaraventato a decine di metri di distanza, ha offerto a tutti i soggetti impegnati, a vario titolo, nell'inseguimento (fatta, ovviamente, eccezione per gli occupanti del furgone Opel Vivaro che, in quel momento, procedevano attardati per il malfunzionamento di una gomma) la nitida rappresentazione del fatto che la sua prosecuzione avrebbe giocoforza determinato conseguenze tragiche. Parimenti incensurabile si palesa, del resto, l'interpretazione, operata dalla Corte di assise di appello, del comportamento tenuto da (OMISSIS) dopo essersi nuovamente accodato alla Opel Zafira, frutto della precisa ed unica scelta di portare a compimento, a qualunque costo, l'avviata impresa criminosa, ovverosia dell'attribuzione di assoluta prevalenza all'obiettivo illecito rispetto ai beni che, con la prosecuzione dell'investimento, sarebbero stati inevitabilmente compromessi. Razionalmente irreprensibile e', d'altro canto, l'ulteriore notazione della Corte di assise di appello, che ha escluso che (OMISSIS) possa aver tratto dalla dimostrata capacita' di evitare lo scontro con il ciclomotore che gli si e' posto improvvisamente davanti il positivo convincimento di potere ripetere la manovra, con egual successo, all'eventuale ripresentarsi di analoga situazione ed ha, in particolare, osservato che l'estemporaneita' della brusca sterzata, che ha cagionato lo sbandamento della mathina, e l'esorbitanza della velocita', da apprezzarsi anche in relazione all'andamento, contraddistinto dall'alternarsi di tratti rettilinei a curve ed intersezioni, rendevano pressoche' certo che, come in effetti accaduto di li' a poco, il mantenimento di quella condotta di guida, tanto piu' in quanto finalizzata a provocare l'uscita di strada della Opel Zafira, avrebbe orientato lo sviluppo degli eventi nella direzione del dramma. La motivazione della sentenza impugnata appare, pertanto, tetragona alle censure dei ricorrenti nella parte in cui conferma, in accordo con le conclusioni raggiunte dal giudice di primo grado, che (OMISSIS), posto innanzi alla diretta ed immediata rappresentazione di cosa sarebbe successo se egli non avesse rinunziato all'inseguimento o, almeno, ridotto la velocita', non ha avuto esitazioni nel perseverare nel contegno sino a quel momento tenuto, cosi' mostrando di accettare senza riserve il rischio di verificazione dell'evento collaterale, a prescindere dalla fiducia nelle proprie capacita' di guida che, nelle condizioni date, non avrebbero mai potuto supportare una ragionevole prognosi di salvaguardia della vita e dell'incolumita' dei terzi. Il percorso argomentativo seguito dalla Corte di assise di appello trova, del resto, perfetto aggancio nell'insegnamento della evocata sentenza n. 38343 del 2014 delle Sezioni unite che, in un passaggio gia' mutuato dalla Corte di assise di primo grado, hanno affermato che, nelle fattispecie caratterizzate dal dolo eventuale, "vi e' la chiara prospettazione di un fine da raggiungere, di un interesse da soddisfare, e la percezione del nesso che puo' intercorrere tra il soddisfacimento di tale interesse e il sacrificio di un bene diverso", giacche', "in sostanza l'agente compie anticipatamente un bilanciamento, una valutazione comparata degli interessi in gioco (suoi ed altrui) ed i piatti della bilancia risultano, a seguito di tale valutazione, a livelli diversi: ve n'e' uno che sovrasta l'altro. Il risultato intenzionalmente perseguito trascina con se' l'evento collaterale, il quale viene dall'agente coscientemente collegato al conseguimento del fine. Non basta, quindi, la previsione del possibile verificarsi dell'evento; e' necessario anche - e soprattutto - che l'evento sia considerato come prezzo (eventuale) da pagare per il raggiungimento di un determinato risultato. Anche l'evento collaterale appare, in tal modo, all'agente "secondo l'intenzione"". 18. A diverse conclusioni deve, invece, pervenirsi con riferimento alla posizione dei residui imputati i quali, stando alla ricostruzione avallata da entrambi i giudici di merito, "vedono ed hanno modo di apprezzare cio' che puo' verosimilmente accadere con elevata probabilita' e tuttavia si determinano a proseguire nell'inseguimento" (cosi', in particolare, la Corte di primo grado, a pag. 70). Ritiene, al riguardo, il Collegio che la condizione psicologica di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) non possa essere legittimamente equiparata a quella di (OMISSIS), ovvero di colui che, rinvigorendo l'inseguimento pure dopo avere evitato, a malapena, uno scontro foriero, con ogni probabilita', di immani conseguenze pregiudizievoli, ha mostrato, come detto, di accettare il rischio di verificazione di un evento di tal fatta. Se e' vero, infatti, che l'episodio criminoso e' contraddistinto da una fortissima solidarieta' tra gli agenti, i quali, condividendo l'obiettivo finale, si sono mostrati pronti ad attivarsi, all'unisono, per riparare, a modo loro, al torto subito da (OMISSIS), non e' men vero, per converso, che le condotte poste in essere in pregiudizio di (OMISSIS) ed (OMISSIS) sono state sussunte nell'ambito applicativo delle rispettive norme incriminatrici a titolo di dolo in virtu' di quanto accaduto nel momento in cui la Volvo S60, viaggiando contromano, si e' parata innanzi allo scooter che procedeva, in senso inverso, lungo la Via (OMISSIS). Discorrendosi, pertanto, di dolo eventuale in itinere, la verifica della componente psicologica che ha animato ciascuno dei concorrenti deve essere compiuta con riferimento a quello specifico frangente, cui gli stessi giudici di merito hanno assegnato rilevanza decisiva. Conscia di cio', la Corte di assise di appello ha stimato che i quattro imputati abbiano contribuito alla realizzazione dell'evento lesivo assecondando e rinvigorendo l'intento del conducente della Volvo S60 il quale, in altri termini, avrebbe proseguito l'inseguimento, subito dopo lo scampato pericolo, contando sull'incitamento dei correi, reso evidente dall'esibizione della mazza da parte di (OMISSIS), dall'omessa attivazione dei poteri di interdizione riconosciuti al leader (OMISSIS), dal mantenimento di elevatissima velocita' da parte di (OMISSIS). Trattasi, a giudizio del Collegio, di ragionamento che, in quanto basato, in misura non marginale, su congetture ed ipotesi, sconta un certo coefficiente di fragilita', che incide sulla tenuta probatoria dell'ipotesi di accusa, quantomeno nel senso di accreditare un significativo margine di dubbio. Pacifico che tutti gli imputati ebbero modo di rappresentarsi, in conseguenza della mancata collisione, quale sarebbe stato lo sviluppo degli eventi in assenza di una moderazione della velocita', la prova della componente volitiva del dolo eventuale, cioe' dell'accettazione del rischio, e' affidata, per costoro, a comportamenti che - fatta eccezione per il gesto compiuto da (OMISSIS) e per l'andatura tenuta da (OMISSIS) - non e' stato possibile enucleare in termini sufficientemente delineati e che, cio' che piu' conta, impegnano un torno di tempo circoscritto a pochi secondi. La tangibile difficolta' di comprendere se ed in quale misura l'azione di (OMISSIS), condizionata dall'ardore giovanile (egli era, all'epoca, appena diciannovenne), sia stata influenzata da comportamenti posti in essere dai correi negli istanti successivi al mancato impatto con il ciclomotore induce, in definitiva, ad escludere, in un'ottica garantistica, che detti imputati possano essere ritenuti responsabili, a titolo di dolo eventuale, della morte di (OMISSIS) e delle lesioni inferte a (OMISSIS). Tali fatti devono, invece, essere loro ascritti ai sensi dell'articolo 116 c.p., in quanto conseguenza della deliberata e fattiva partecipazione al tentato omicidio in pregiudizio di (OMISSIS).Una volta acclarata la legittimita' della decisione impugnata con specifico riferimento alla connotazione dolosa dell'omicidio commesso da (OMISSIS) ed alla piena responsabilita' per il tentato omicidio di (OMISSIS) di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) i quali, pero', non hanno voluto, nel senso prima indicato, il piu' grave e diverso reato, l'indagine si dirige sulla prevedibilita' ex ante ed in concreto, in capo agli odierni ricorrenti, del tragico sviluppo e sull'eventuale sopravvenienza di fattori eccezionali. Tanto, in ossequio al canone ermeneutico, costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimita', per cui "In tema di concorso di persone nel reato, la configurabilita' del concorso cosiddetto "anomalo" di cui all'articolo 116 c.p. e' soggetta a due limiti negativi e cioe' che l'evento diverso non sia voluto neppure sotto il profilo del dolo alternativo o eventuale e che l'evento piu' grave, concretamente realizzato, non sia conseguenza di fattori eccezionali, sopravvenuti, meramente occasionali e non ricollegabili eziologicamente alla condotta criminosa di base" (Sez. 1, n. 44579 del 11/09/2018, B., Rv. 273977; Sez. 6, n. 20667 del 12/02/2008, Scambia, Rv. 240060). Ora, e' agevole notare come la spontanea adesione ad un progetto criminoso che contemplava un inseguimento finalizzato ad uccidere o, comunque, ad arrecare gravi lesioni alla vittima designata e l'impiego degli autoveicoli quali strumenti di morte rendeva certamente prevedibile che l'inesperienza, oltre che l'animosita' e l'eccitazione del giovanissimo guidatore, accresciute dalla dimensione collettiva dell'impresa criminosa e dal desiderio di vendicare l'onta subita dal venerato capostipite, potessero indurlo ad accettare il rischio di provocare, al fine di avere la meglio sul fuggiasco e di assicurarne la fisica eliminazione, un sinistro mortale ai danni di altri protagonisti della circolazione. L'abbandono, da parte di (OMISSIS), di qualsivoglia remora pur di interrompere la fuga di (OMISSIS) ha costituito, deve ritenersi, sviluppo normalmente prevedibile dell'iniziale accordo criminoso - che, va opportunamente ricordato, si connotava per analoga portata omicidiaria - e non gia' fattore sopravvenuto autonomo, talmente eccezionale da sfuggire alle capacita' di previsione del concorrente nel reato originariamente programmato. Tanto, in ossequio al pacifico indirizzo per cui la responsabilita' del compartecipe ai sensi dell'articolo 116 c.p. presuppone che il reato diverso commesso dal concorrente si rapporti alla psiche dell'agente, nell'ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti umani, come uno sviluppo logicamente e concretamente prevedibile di quello voluto, in tal modo configurandosi l'elemento necessario della colpevolezza, sotto le forme del dolo per il reato concordato e della colpa per l'evento realizzato (cosi', tra le tante, Sez. 1, n. 12740 del 09/11/1995, Fortebraccio, Rv. 203347 - 01). Nel caso in esame, deve escludersi che la sequenza degli accadimenti sia stata influenzata da circostanze eccezionali, imprevedibili e non ricollegabili all'azione criminosa, tali da interrompere il nesso causale tra la condotta voluta ed il reato piu' grave, restando, piuttosto, confermato che (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) si posero, rispetto all'omicidio di (OMISSIS), in un atteggiamento psicologico che, avuto riguardo alla contingente condizione dell'esecutore materiale ed al contesto fattuale in cui l'azione si e' svolta, va ricondotto alla prevedibilita' e, in ultimo, alla colpa in concreto (in questo senso, cfr. Sez. 5, n. 306 del 18/11/2020, Tasca, dep. 2021, Rv. 280489; Sez. 5, n. 34036 del 18/06/2013, Malgeri, Rv. 257251).In argomento, pertinente si rivela, del resto, il richiamo al risalente, ma ancora attuale, insegnamento secondo cui "Il fondamento della particolare ipotesi di concorso nel reato di cui all'articolo 116 c.p., deve essere ravvisato nel fatto che, mentre colui il quale commetta da solo il reato e' in grado, in ogni momento, di controllare lo sviluppo della sua condotta e dirigere la stessa verso l'evento previsto e voluto, invece colui il quale si unisce ad altri per porre in essere un'azione criminosa e' costretto ad affidarsi anche alla condotta e alla volonta' dei complici, quale che ne sia il grado di partecipazione e il ruolo, per il compimento dell'azione stessa. Ne deriva che in tale situazione egli non deve sottovalutare il pericolo che i compartecipi o taluno di essi abbiano a deviare dall'azione principale con l'assumere iniziative per fronteggiare eventuali difficolta' sopravvenute improvvisamente, cosi' eccedendo dai limiti del concordato concorso e realizzando un reato diverso e piu' grave di quello inizialmente dovuto" (Sez. 1, n. 10795 del 25/06/1999, Gusinu, Rv. 214113 - 01). Le precedenti considerazioni impongono, in definitiva, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) limitatamente alla circostanza attenuante di cui all'articolo 116 c.p. in riferimento ai reati di omicidio volontario e lesioni personali volontarie di cui al capo B), fermo restando, ovviamente, che la diminuzione di pena ex articolo 116 c.p., comma 2, dovra' essere applicata nei limiti ed alle condizioni ivi previste, cioe' in relazione al solo reato piu' grave di quello voluto. Dall'imputazione dell'omicidio, nei riguardi dei ricorrenti de quibus agitur, a titolo di concorso anomalo discende la necessita' di rideterminare il trattamento sanzionatorio, adempimento che, comportando tipiche valutazioni di merito, va devoluto al giudice del rinvio, individuato in altra Sezione della Corte di assise di appello di Firenze.19. Manifestamente infondate sono le doglianze che (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno articolato in relazione al diniego della circostanza attenuante del contributo di minima importanza ex articolo 114 c.p., comma 1. (OMISSIS) ed (OMISSIS) deducono, in proposito, di non avere offerto all'impresa criminosa alcun apporto materiale e che quello morale risulta, ove pure ritenuto sussistente, assolutamente collaterale nell'economia generale del reato loro contestato. (OMISSIS), dal canto suo, eccepisce che l'incidenza causale del contributo istigatorio che egli avrebbe apportato e' del tutto marginale, posto che il reato sarebbe stato, comunque, realizzato anche senza la sua diretta partecipazione. Cosi' facendo, i ricorrenti non tengono conto del carattere condiviso ed organizzato dall'azione criminosa, che ha visto tutti gli imputati convergere nello spazio di pochi minuti, al segnale convenuto, presso il parcheggio dell'(OMISSIS) per cooperare all'attuazione di una preventiva deliberazione. Gli occupanti del furgone Opel Vivaro sono stati, del resto, ritenuti corresponsabili del tentato omicidio in forza della loro fattiva adesione al progetto delinquenziale, che li ha indotti a portarsi nel luogo loro indicato e ad integrare il gruppo di persone deputato all'esecuzione del delitto, condotta della cui sicura e non minimale efficienza causale si e' gia' detto. (OMISSIS), dal canto suo, affiancando (OMISSIS) nell'azione di inseguimento e roteando, doppo il mancato impatto con lo scooter, la mazza da baseball all'indirizzo del fuggiasco, si e' reso autore di un comportamento dalla innegabile attitudine eziologica. In diritto, pertinente, in vista della declaratoria di inammissibilita' della censura difensiva, si palesa il richiamo al consolidato e condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "In tema di concorso di persone nel reato, ai fini dell'integrazione della circostanza attenuante della minima partecipazione di cui all'articolo 114 c.p., non e' sufficiente una minore efficacia causale dell'attivita' prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto e' necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell'assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale cosi' lieve rispetto all'evento da risultare trascurabile nell'economia generale dell'iter criminoso" (Sez. 4, n. 49364 del 19/07/2018, P., Rv. 274037). Nella medesima direzione, va, inoltre, ricordato come la circostanza attenuante invocata dai ricorrenti non trovi applicazione, ai sensi dell'articolo 114 c.p., comma 2, nei casi indicati nell'articolo 112 c.p., che comprendono quello, oggetto di espressa contestazione al capo B) della rubrica, della commissione del fatto in piu' di cinque persone. 20. Parimenti destituite di fondamento sono le censure che (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) rivolgono alla sentenza impugnata con riferimento al diniego della circostanza attenuante della provocazione. La Corte di assise di appello ha orientato la decisione sul punto al principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimita', secondo cui ai fini della configurabilita' dell'attenuante e' richiesta, tra l'altro, la sussistenza di "un rapporto di causalita' psicologica e non di mera occasionalita' tra l'offesa e la reazione, indipendentemente dalla proporzionalita' tra esse, sempre che sia riscontrabile una qualche adeguatezza tra l'una e l'altra condotta" (Sez. 1, n. 21409 del 27/03/2019, Leccisi, Rv. 275894; Sez. 5, n. 604 del 14/11/2013, dep. 2014, D'Ambrogi, Rv. 258678; Sez. 1, n. 47840 del 14/11/2013, Saieva, Rv. 258454). Ha stimato che tale relazione sia, nel caso di specie, senz'altro insussistente, giacche' gli imputati hanno tratto occasione da un'offesa oggettivamente modesta - quale e' quella che si risolve in lesioni personali lievi - per rivendicare la supremazia del clan nei confronti di chi, come (OMISSIS), aveva mostrato un disprezzo ed una protervia meritevoli di una reazione che, nondimeno, (OMISSIS) ed i suoi accoliti hanno inteso, evidentemente, commisurare al proprio autonomo sistema di valori, che li ha indotti ad apprestare una risposta che, valutata, come doveroso, nella chiave dell'ordinamento giuridico statuale, appare sicuramente inadeguata ed ingiustificatamente eccessiva, sicche' ineccepibile si rivela, in conclusione, l'omessa applicazione della circostanza attenuante. 21. Parimenti infondati sono i motivi di ricorso che vertono sul rigetto, da parte dei giudici di merito, della richiesta di applicazione delle circostanze attenuanti generiche. Il tema e' stato debitamente sviscerato, alle pagg. 118-123 della sentenza impugnata, dalla Corte di assise di appello che, dato analiticamente atto delle obiezioni articolate da ciascun imputato rispetto alla decisione di primo grado, ha minutamente spiegato, con ampie e coerenti argomentazioni, quali siano le ragioni ostative alla mitigazione del trattamento sanzionatorio, collegate, tra l'altro: alla capacita' a delinquere palesata, in passato, da alcuni ricorrenti ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), gravati da condanne definitive per gravi reati; alla notevolissima determinazione criminale che ha caratterizzato l'azione; all'assenza, sin dagli istanti immediatamente successivi al devastante impatto, di tangibili sintomi di autentica resipiscenza; alla scarsa linearita' del contegno tenuto in dibattimento, connotato dall'esposizione di una versione dei fatti mendace, specie con riferimento alla partecipazione ai fatti del capostipite (OMISSIS). La Corte di assise di appello si e' determinata in ossequio al pacifico indirizzo ermeneutico secondo cui "In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione" (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269) ed ha seguito un iter argomentativo che si mantiene all'interno della fisiologica discrezionalita' e che non soffre delle incoerenze segnalate dai ricorrenti i quali, va ancora una volta ribadito, sollecitano un intervento che il giudice di legittimita' non puo' compiere al cospetto di una motivazione esente da vizi logici e che tiene debitamente conto delle conquiste processuali. A fronte, infatti, delle censure rivolte alla decisione impugnata, che si risolvono, in buona sostanza, nella reiterazione delle considerazioni gia' sottoposte al giudice di merito, che le ha respinte in forza di argomenti non manifestamente illogici ne' contraddittori, occorre ricordare, in linea con l'insegnamento della giurisprudenza di legittimita', che "Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente" (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269) e "In tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la "ratio" della disposizione di cui all'articolo 62 bis c.p. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti" (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826). 22. Il ricorso della (OMISSIS) S.p.a. e' infondato. La Corte di assise di appello ha accolto l'impugnazione proposta dalle parti civili nei confronti della predetta societa', designata dal (OMISSIS), in adesione all'indirizzo ermeneutico, recepito dalla giurisprudenza di legittimita', secondo cui "L'autorizzazione ministeriale alla circolazione con "targa prova", regolata dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 474 del 2001, articolo 1, e' consentita ai veicoli privi della carta di circolazione e non immatricolati la cui circolazione sia necessaria per prove tecniche, sperimentali o costruttive o per dimostrazioni finalizzate alla vendita, previa stipula di polizza assicurativa per la responsabilita' civile da parte dei titolari della specifica autorizzazione (officine, concessionari, costruttori, ecc.), con la quale viene assicurato ogni veicolo dotato della targa prova; nel caso in cui, come nella specie, un veicolo gia' immatricolato, regolarmente targato e munito di copertura assicurativa per la r.c.a. - circolante con targa di prova del titolare dell'officina di riparazione per essere controllato o a scopo dimostrativo o per collaudo abbia cagionato danni, di questi risponde solo l'assicuratore del mezzo e non quello della targa di prova in quanto la finalita' di quest'ultima non e' quella di sostituirsi all'assicurazione del veicolo, bensi' quella di munire di copertura assicurativa i veicoli non ancora immatricolati" (Sez. 3, n. 17665 del 25/08/2020, Rv. 658824 - 01).Considerato che la Volvo 560 condotta da (OMISSIS) era, al tempo dei fatti, veicolo gia' immatricolato (con targa (OMISSIS)), l'apposizione su di esso, al momento del sinistro, della targa di prova (OMISSIS) e' stata ritenuta inidonea ad impegnare la responsabilita' dell'assicuratore della targa di prova, l' (OMISSIS) S.p.a., che, nelle fasi precedenti, e' stato estromesso dal presente procedimento penale. L'assenza, in relazione al veicolo de quo agitur, di valida copertura assicurativa per la responsabilita' civile da circolazione stradale (per non avere il proprietario provveduto alla sottoscrizione, quantunque obbligatoria, di apposita polizza) ha, di conseguenza, determinato, a norma di legge, l'intervento, quale responsabile civile, del (OMISSIS) e, per esso, dell'impresa designata, la (OMISSIS) S.p.a.. Con il ricorso per cassazione, detta societa' ha propugnato una diversa interpretazione delle disposizioni illo tempore vigenti, riproponendo, in sostanza, gli argomenti addotti a sostegno di un indirizzo ermeneutico contrastante con quello cui la Corte di assise di appello ha inteso conformarsi ma che, tuttavia, la giurisprudenza di legittimita', con la pronunzia richiamata dalla Corte di secondo grado, ha nettamente confutato, in termini che questo Collegio condivide e fa propri. Tanto, in ragione della completezza e della pregnanza dell'apparato argomentativo sotteso alla menzionata sentenza n. 17665 del 2020 che, muovendo dall'analitica ed esaustiva ricognizione del quadro normativo, ha dato atto delle discrasie ravvisate nella prassi, debitamente segnalate dalle competenti autorita' amministrative, e le ha risolte nel senso della limitazione ai veicoli non ancora immatricolati della possibilita' di utilizzo della targa di prova per poi trarre le conseguenti conclusioni in ordine all'individuazione del responsabile civile. Ne' giova al ricorrente l'estensione ai veicoli gia' muniti della carta di circolazione, per effetto di modifica normativa - operata con Decreto Legge 10 settembre 2021, n. 121, convertito dalla L. 9 novembre 2021, n. 156 - successiva all'emissione della sentenza impugnata, della possibilita' di fruire dell'autorizzazione alla circolazione di prova. La novella, lungi dal costituire, come preteso dalla (OMISSIS) S.p.a., disposizione interpretativa di quella previdente, ha una evidente portata innovativa, in quanto volta a consentire cio' per il futuro cio' che la legislazione, sino a quel momento, expressis verbis vietava, come chiarito dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 17665 del 2020, nitida nell'esplicare che la prassi "estensiva" che ha avuto, in passato, notevole diffusione doveva intendersi contra legem e che il quadro normativo del tempo era sufficientemente definito e scevro da elementi di oscurita', incertezze ermeneutiche o oscillazioni applicative non altrimenti superabili e di tale consistenza da giustificare l'intervento, a scopo interpretativo e, dunque, con portata retroattiva, del legislatore. 23. Dall'integrale rigetto dei ricorsi presentati da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e di (OMISSIS) S.p.a., quale impresa designata dal (OMISSIS), discende, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., comma 1, primo periodo, la loro condanna al pagamento delle spese processuali, nonche' quella alla rifusione, in favore delle costituite parti civili e nella misura indicata in dispositivo, delle spese di lite relative all'azione civile ed alla presente fase. Resta, invece, riservata al giudizio di rinvio la regolamentazione delle spese, anche della presente fase, relativa all'azione civile esercitata dalle parti civili nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e del responsabile civile (OMISSIS) S.p.a., quale assicuratore della responsabilita' civile per la Lancia Lybra condotta da (OMISSIS). P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) limitatamente alla circostanza attenuante di cui all'articolo 116 c.p. in riferimento ai reati di omicidio volontario e lesioni personali volontarie di cui al capo B), attenuante che applica. Annulla la sentenza impugnata nei confronti dei predetti imputati quanto al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di assise di appello di Firenze. Rigetta nel resto i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Rigetta i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e di (OMISSIS) S.p.a. (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali. Condanna altresi' (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e il responsabile civile (OMISSIS) S.p.a. alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle seguenti parti civili: (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 15.000,00, oltre accessori di legge; (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 7.500,00, oltre accessori di legge; (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 6.030,00, oltre accessori di legge; (OMISSIS) e (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 7.900,00, oltre accessori di legge; Comune di Firenze, che liquida in complessivi Euro 7.900,00, oltre accessori di legge; Comune di Firenze, che liquida in complessivi Euro 6.030,00, oltre accessori di legge; (OMISSIS) Onlus, che liquida in complessivi Euro 4.563,00, oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BRUNO Mariarosaria - Presidente Dott. VIGNALE Lucia - rel. Consigliere Dott. RICCI Anna L. A. - Consigliere Dott. CIRESE Marina - Consigliere Dott. ANTEZZA Fabio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); e da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI CATANZARO; nel procedimento a carico di: (OMISSIS) nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 04/05/2022 della CORTE APPELLO di CATANZARO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. LUCIA VIGNALE; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. TAMPIERI LUCA, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' di entrambi i ricorsi; RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 4 maggio 2022, la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza pronunciata il 28 aprile 2021 dal G.u.p. del Tribunale di Castrovillari all'esito di giudizio abbreviato.Con la sentenza confermata in appello, (OMISSIS) e' stato ritenuto responsabile del reato di cui all'articolo 589 bis c.p., comma 1, in danno di (OMISSIS). Esclusa l'aggravante di cui al comma 2 (inizialmente contestata), riconosciuta l'attenuante di cui all'articolo 589 bis, comma 7, e applicata la diminuente per il rito prescelto, (OMISSIS) e' stato condannato: alla pena di anni due di reclusione; al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese in favore delle parti civili costituite (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); al pagamento di una provvisionale di Euro 40.000 in favore del coniuge della vittima ( (OMISSIS)); di Euro 30.000,00 in favore di ciascuno dei figli ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)); di Euro 5.000,00 in favore di ciascuno dei nipoti ( (OMISSIS) e (OMISSIS)). E' stata inoltre applicata all'imputato la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida. 2. Il procedimento ha ad oggetto un incidente stradale verificatosi il (OMISSIS) sulla strada statale n. (OMISSIS) nel territorio del (OMISSIS). Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, (OMISSIS), che si trovava alla guida della Fiat Scudo targata (OMISSIS), si approssimo' ad un incrocio tra la strada statale e la provinciale n. (OMISSIS) ad una velocita' di circa 123 km/h, superiore al limite indicato in quel tratto di strada (pari a 70 km/h) e comunque eccessiva, ed entro' in collisione col ciclomotore Ape Piaggio condotto da (OMISSIS) che proveniva dalla strada provinciale, al termine della quale c'e' un segnale di Stop, e si era immesso sulla statale alla velocita' di circa 10-15 km/h. Per effetto dell'urto, che si verifico' non ostante una frenata protrattasi per circa 43 metri, il ciclomotore Ape si ribalto' sulla fiancata e fu proiettato in avanti rispetto alla direzione di marcia dell'auto, raggiungendo la posizione statica finale dopo circa 35 metri. Il corpo del conducente fu sbalzato fuori dall'abitacolo e (OMISSIS) riporto' gravissime lesioni che ne causarono l'immediato decesso. 3. Contro la sentenza hanno proposto tempestivo ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di Catanzaro e il difensore dell'imputato. 3.1. Con l'unico motivo di ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello deduce erronea applicazione dell'articolo 589 bis c.p., comma 7. Sostiene che la vittima tenne un comportamento rispettoso delle disposizioni in materia di circolazione stradale perche' si immise sulla strada statale quando il veicolo condotto da (OMISSIS) era molto distante e non poteva immaginare che l'auto viaggiasse ad una velocita' cosi' elevata. Osserva inoltre che, se l'imputato avesse mantenuto la velocita' entro il limite di 70 km/h, avrebbe avuto uno spazio di frenata di circa 56 metri avrebbe quindi arrestato la propria marcia a 15 metri dal punto dell'impatto. Sostiene, in sintesi, che l'evento fu esclusiva conseguenza dell'azione dell'imputato. 3.2. La difesa di (OMISSIS) articola due motivi di ricorso. Col primo motivo deduce vizio di motivazione con riferimento alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche delle quali l'imputato sarebbe stato meritevole in ragione del comportamento tenuto nell'immediatezza dei fatti. Sostiene che il riconoscimento del concorso di colpa della vittima non puo' essere invocato come giustificazione per non applicare le attenuanti generiche e i giudici di merito avrebbero, invece, argomentato in tal senso. Col secondo motivo, la difesa deduce vizio di motivazione per il mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena. Osserva che i precedenti, valutati ostativi dalla Corte territoriale, non sarebbero tali, trattandosi di "precedenti risalenti nel tempo" e di reati "ampiamente prescritti". 4. Il 26 gennaio 2023 il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto di entrambi i ricorsi. Il Procuratore generale osserva:- quanto al ricorso proposto dall'imputato, che la sentenza impugnata motiva ampiamente sulla non meritevolezza di un trattamento sanzionatorio piu' benevolo e sulla mancanza dei presupposti per la concessione della sospensione condizionale;- quanto al ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello, che il ricorrente non censura (ne' potrebbe farlo) la motivazione della sentenza impugnata in ordine al riconoscimento dell'attenuante, ma solo la violazione di legge, e tale violazione non sussiste atteso che l'attenuante e' stata ricondotta alla incauta manovra di impegno della carreggiata da parte della vittima. 5. Con memoria del 9 febbraio 2023 il difensore di (OMISSIS) ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso proposti nell'interesse dell'imputato. 6. Il 14 febbraio 2023 il difensore delle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ha chiesto accogliersi il ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello. Il difensore sostiene che, nel caso di specie, la motivazione fornita dalla Corte territoriale per ritenere sussistente l'attenuante sarebbe cosi' carente da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante, e tale da integrare violazione di legge ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., lettera b). Quanto al ricorso proposto dall'imputato, la difesa di parte civile si e' limitata a chiederne il rigetto senza argomentare. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Nessuno dei motivi di ricorso supera il vaglio di ammissibilita'. 2. Deve essere esaminato per primo il ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Catanzaro, il quale deduce violazione di legge per erronea applicazione dell'articolo 589 c.p., comma 7. Basta in proposito rilevare che, secondo la costante interpretazione che ne e' stata fornita, poiche' fa riferimento ad ipotesi in cui l'evento non e' esclusiva conseguenza dell'azione od omissione del colpevole, l'attenuante in parola "ricorre nel caso in cui sia stato accertato un comportamento colposo, anche di minima rilevanza, della vittima o di terzi, o qualunque concorrente causa esterna, anche non costituita da condotta umana, al di fuori delle ipotesi di caso fortuito o forza maggiore" (Sez. 4, n. 54576 del 07/11/2018, La Rana, Rv. 274504; Sez. 4, n. 13103 del 21/12/2018, dep. 2019, Stauber, Rv. 276254; Sez. 4, n. 20091 del 19/01/2021, Brunetti, Rv. 281173). E' coerente con questa impostazione l'affermazione del principio, speculare, secondo il quale "la circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all'articolo 589 bis c.p., comma 7, non ricorre nel caso in cui sia stato accertato un comportamento della vittima perfettamente lecito e completamente estraneo al decorso causale dell'evento colposo. (Nella specie, la Corte ha confermato la sentenza che aveva escluso l'attenuante in relazione ad un tamponamento violento che aveva causato la morte di una persona che, munita di cintura di sicurezza, si trovava alla guida di un'autovettura ferma al semaforo rosso, escludendo che potesse considerarsi fattore concausale, cui rapportare la minore gravita' della condotta, il tipo di autovettura della vittima - d'epoca e priva di "air bag", con telaio leggero e assetto estremamente basso - dotata, comunque, dei requisiti di sicurezza previsti dalla legge per circolare)" (Sez. 4, n. 13587 del 26/02/2019, Mendoza, Rv. 275873). La motivazione fornita dalla Corte territoriale in ordine alla sussistenza dell'attenuante fa buon governo di questi principi. La sentenza impugnata osserva, infatti, che "la vittima si immise nella strada statale non rispettando la segnaletica di stop", sottovaluto' il sopraggiungere del veicolo condotto dall'imputato e occupo' la carreggiata con una velocita' "particolarmente bassa (10-15 km/h) e quindi ancor piu' pericolosa durante l'imbocco di un bivio stradale". Nessuna violazione di legge puo' dunque essere ipotizzata nel caso di specie ne' puo' ritenersi sussistente un vizio di motivazione. Si deve ricordare, peraltro, che il processo e' stato definito nelle forme del giudizio abbreviato e che la sentenza di condanna pronunciata all'esito di giudizio abbreviato non puo' essere appellata dal pubblico ministero salvo che si tratti di sentenza che modifica il titolo di reato (articolo 438 c.p.p., comma 3). In questi casi, quando l'imputato propone appello, il ricorso per cassazione eventualmente proposto dal pubblico ministero si converte in appello in applicazione dell'articolo 580 c.p.p., "ma conserva la propria natura di impugnazione di legittimita' sicche' la Corte di appello deve sindacarne l'ammissibilita' secondo i parametri dell'articolo 606 c.p.p. ed i suoi poteri di cognizione sono limitati alle censure di legittimita'" (tra le tante: Sez. 1, n. 15025 del 14/02/2006, Di Petrillo, Rv. 234039; Sez. 1, n. 40280 del 21/05/2013, Agostino, Rv. 257326; Sez. 2, n. 34487 del 21/06/2019, Alletto, Rv. 276739). Per quanto esposto il ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Catanzaro deve essere dichiarato inammissibile. 3. Il primo motivo del ricorso proposto dall'imputato e' manifestamente infondato. Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche, il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente e atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato e alle modalita' di esecuzione dello stesso puo' risultare sufficiente allo scopo (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014; Lule, Rv. 259899). Nel caso di specie, il giudice di primo grado ha sostenuto che "la gravita' e la pluralita' dei profili di colpa" non giustificava il riconoscimento delle attenuanti generiche e la Corte di appello ha condiviso tale argomentazione osservando che "il contegno processuale collaborativo" non era sufficiente in tal senso e che il concorso di colpa della vittima era gia' stato preso in considerazione ad altro titolo. Il ricorrente non si confronta con queste motivazioni e ripropone, ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche, gli stessi elementi gia' sottoposti all'attenzione dei giudici di merito e disattesi con argomentazioni congrue, esenti da profili di contraddittorieta' o manifesta illogicita'. 4. Manifestamente infondato e' anche il motivo col quale (OMISSIS) si duole della mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale. Dalla sentenza impugnata risulta che l'imputato ha goduto del beneficio due volte. In particolare, sono state condizionalmente sospese: una condanna alla pena di mesi quattro di reclusione inflitta con sentenza del G.i.p. del Tribunale di Cosenza del 21 gennaio 1988 (irrevocabile il 16 marzo 1988); una condanna alla pena di mesi 4 di reclusione inflitta dal Tribunale di Castrovillari con sentenza del 17 aprile 2002 (irrevocabile il 15 luglio 2002). A fronte di tali puntuali rilievi, il ricorrente si limita ad osservare che le condanne si riferiscono a reati prescritti e risalenti nel tempo. Si deve ricordare allora che, ai sensi dell'articolo 164 c.p.p., la concessione della sospensione condizionale della pena e' in ogni caso preclusa a chi abbia riportato due precedenti condanne a pena detentiva per delitto e tale preclusione opera indipendentemente dal fatto che la durata complessiva della reclusione non superi i limiti stabiliti dall'articolo 163 c.p.. 5. All'inammissibilita' del ricorso proposto dall'imputato consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita', deve essere disposto a suo carico, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere di versare la somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, somma cosi' determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilita'. 6. Il Collegio ritiene di dover aderire all'orientamento giurisprudenziale secondo cui, nel giudizio di legittimita', quando il ricorso dell'imputato viene rigettato o dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile ha diritto ad ottenere la liquidazione delle spese processuali senza che sia necessaria la sua partecipazione all'udienza, purche' abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un'attivita' diretta a contrastare la pretesa avversa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria. Nel caso in esame, la parte civile ha formulato le proprie conclusioni chiedendo l'accoglimento del ricorso proposto dalla Procura generale presso la Corte di appello di Catanzaro (e, per questa parte, le sue richieste sono state disattese), ma si e' limitata a chiedere il rigetto, per infondatezza, del ricorso depositato dall'imputato. Non ha quindi contrastato specificamente i motivi di impugnazione proposti dalla controparte e non ha fornito un reale contributo alla decisione. Pertanto, la liquidazione delle spese processali riferibili alla fase di legittimita' in favore della parte civile non e' dovuta (in tal senso, da ultimo, Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, Sacchettino, Rv. 283886, pag. 23 e 24 della motivazione e giurisprudenza ivi citata). P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi proposti dal Procuratore generale e dall'imputato. Condanna (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Nulla sulle spese alle parti civili.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere Dott. RICCI Anna L. - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS) nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 22/02/2022 della CORTE APPELLO di CAGLIARI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere ANNA LUISA ANGELA RICCI; lette le conclusioni del PG che ha chiesto il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte d'Appello di Cagliari ha confermato la sentenza emessa dal Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di Cagliari di condanna, ex articolo 442 c.p.p., di (OMISSIS) in ordine al reato di omicidio stradale (articolo 589 bis c.p.) in danno di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), in esso assorbito quello di lesioni gravi in danno di (OMISSIS), commesso in (OMISSIS) il (OMISSIS) alla pena di anni 6 mesi 6 di reclusione con la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida. Il procedimento ha ad oggetto un incidente stradale ricostruito nelle conformi sentenze di merito nel modo seguente. Nelle prime ore del mattino del (OMISSIS) l'imputato, alla guida dell'autoveicolo (OMISSIS) sul quale erano trasportai (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), stava percorrendo viale (OMISSIS) in direzione dell'abitato di (OMISSIS), quando, nell'imboccare la bretella che gli avrebbe consentito di accedere ad una rotatoria, a causa della presenza di un dosso e della elevata velocita' stimata dallo stesso consulente della difesa del (OMISSIS) in 124 Km/h a fronte di un limite presente il loco di 50 km/h, aveva perso il controllo del mezzo; l'autovettura, sollevatasi dal pavimento stradale, era andata a schiantarsi contro il guardrail sistemato sulla destra della carreggiata, oltre il quale era infisso un palo in metallo di rilevante diametro posto a servizio di una rete elettrica, e si era ribaltata numerose volte; in esito alla schianto i passeggeri avevano riportato gravi ferite a seguito delle quali (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) erano deceduti. All'imputato, quali addebiti di colpa, sono stati contestati l'imprudenza, la negligenza e l'imperizia e la violazione del Decreto Legislativo n. 30 aprile 1002 n. 285, articoli 140, 141 commi 1, 2, 3 e 142. 2. Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso l'imputato, a mezzo di difensore, formulando due motivi. 3.1 Con il primo, ha dedotto la violazione dei legge per il mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'articolo 589 bis comma 7 c.p. in relazione alla condotta omissiva imprudente dei passeggeri che non avevano indossato le cinture di sicurezza e in relazione alla presenza del palo. Il difensore rileva che la Corte di Appello aveva negato tale circostanza sulla base di una interpretazione della norma errata, tale per cui l'evento ivi menzionato sarebbe l'incidente stradale e non la morte. Pacifico - secondo il ricorrente- che con l'utilizzo del termine "evento" il legislatore abbia inteso riferirsi all'evento del reato di omicidio stradale, ovvero alla morte della persona offesa. Nel caso in esame doveva ritenersi che il mancato utilizzo delle cintura da parte dei trasportati fosse stata concausa della morte della vittima, in quanto lo stesso Consulente Tecnico del Pubblico Ministero aveva affermato che, laddove gli occupanti avessero indossato i dispositivi di protezione, il sinistro anche per loro, oltre che per l'imputato che indubbiamente indossava le cinture, non avrebbe avuto esito infausto. 2.2. Con il secondo motivo/ ha dedotto il vizio di motivazione in ordine alla omessa pronuncia sulla richiesta formulata dalla difesa dell'imputato di perizia volta ad accertare se il palo a ridosso della barriera di protezione fosse stato posizionato in modo corretto e nel rispetto delle normative vigente. In particolare il difensore ribadisce che secondo il consulente della difesa nella apposizione del palo non era stata rispettata la normativa vigente, ovvero il DM 21 giugno 2004 Ministero Infrastrutture e Trasporti, e che tale scorretto posizionamento era stato concausa dell'evento infausto: nonostante fosse stato richiesto, con i motivi di appello, un approfondimento peritale a fronte delle contrastanti argomentazioni degli altri consulenti, la Corte aveva omesso di pronunciarsi in ordine alla relativa richiesta. 3. Il Procuratore Generale, in persona del sostituto Sabrina Passafiume, ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' fondato quanto al primo motivo attinente al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'articolo 589 bis comma 7 c.p.. 2. A norma di tale articolo, "qualora l'evento non sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole, la pena e' diminuita fino alla meta'". Ricorre, dunque, tale circostanza attenuante ad effetto speciale nel caso in cui sia stato accertato un comportamento colposo, anche di minima rilevanza, della vittima o di terzi, o qualunque concorrente causa esterna, anche non costituita da condotta umana, al di fuori delle ipotesi di caso fortuito o forza maggiore. 2.1.La Corte di appello, in replica all'analogo motivo formulato con l'impugnazione, ha ritenuto che nel caso di specie non vi fossero i presupposti normativi di applicabilita' della circostanza attenuante in esame. Secondo i giudici l'articolo 589 bis comma 7 c.p., nel prevedere la diminuzione della pena fino alla meta' nelle ipotesi in cui l'evento non sia esclusiva conseguenza della azione o della omissione del colpevole, farebbe riferimento all'evento-incidente e non gia' all'evento-morte, in coerenza con il fatto che soltanto il concorso di altri fattori, umani o naturali nella determinazione del sinistro e' suscettibile di attenuare il disvalore della condotta e giustifica un minore trattamento sanzionatorio: diversamente opinando, proseguono i giudici, l'attenuante in parola diventerebbe quasi obbligatoria, posto che la morte e' sempre la conseguenza di una pluralita' di cause contingentemente necessarie. 2.2. La interpretazione della Corte di Appello non appare coerente con la formulazione letterale della norma che ha introdotto detta attenuante e con la ratio ad essa sottesa. Nel reato di cui all'articolo 589 bis cod. pen l'evento, per come e' costruita la fattispecie, e' la "morte causata per colpa con violazione delle norme sulla circolazione stradale", che dovra' essere punito in maniera attenuata nelle ipotesi in cui concausa della morte sia stata oltre alla condotta colposa dell'autore del reato anche un comportamento colposo della vittima o di terzi o qualunque concorrente causa esterna. 2.3. Pacifico, prima della introduzione della circostanza attenuante di cui all'articolo 589 bis, comma 7, c.p. che, in caso di incidente stradale, il mancato uso da parte della vittima delle cinture di sicurezza integrasse una condotta colposa concorrente della quale si doveva tenere conto nella determinazione della pena e nella determinazione della somma da liquidare ai fini del risarcimento del danno (ex plurimis Sez. 4, n. 42492 del 03/10/2012, Campailla, Rv. 253737 secondo cui "in tema di omicidio colposo conseguente a sinistro stradale, il mancato uso, da parte della vittima, della cintura di sicurezza non vale di per se' ad escludere il nesso di causalita' tra la condotta del conducente di un'autovettura che, violando ogni regola di prudenza e la specifica norma del rispetto dei limiti di velocita', abbia reso inevitabile l'impatto con altra autovettura sulla quale viaggiava la vittima, e l'evento, non potendo considerarsi abnorme ne' del tutto imprevedibile il mancato uso delle cinture di sicurezza, il quale puo', tuttavia, riflettersi sulla quantificazione della pena e sull'ammontare risarcitorio"). La introduzione della circostanza attenuante in esame, stante la sua ampia formulazione letterale, vale a ricomprendere una pluralita' di situazioni nelle quali il disvalore della condotta colposa dell'autore del reato si ritiene minore per essere stato determinato l'evento morte anche da concomitanti fattori, quali comportamenti colposi della vittima o di terzi o anche concorrenti cause esterne. Non vi e' ragione di non ricomprendere fra i concomitanti fattori dell'evento anche la condotta colposa della persona offesa consistita nel non aver ottemperato all'obbligo, pure previsto dal Codice della Strada, di indossare le cinture di sicurezza nelle ipotesi in cui tale condotta abbia avuto un ruolo concorsuale nella determinazione della morte. Una rassegna dei casi in cui tale attenuante e' stata ravvisata nella giurisprudenza di legittimita' vale a confermare tale assunto. La Corte di Cassazione ha precisato che la circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all'articolo 589-bis, comma 7, c.p. e' configurabile: - nel caso della violazione dell'articolo 190 C.d.S. da parte del pedone che, nel percorrere una strada a doppio senso di circolazione priva di marciapiedi, non proceda sul margine della carreggiata opposto al senso di marcia dei veicoli, (Sez. 4 n. 46668 del 08/11/2022, Sola, Rv. 283766); - nel caso in cui sia stata accertata qualunque concorrente causa esterna, anche non costituita da condotta umana, al di fuori delle ipotesi di caso fortuito o forza maggiore (Fattispecie relativa all'investimento di un pedone da parte del conducente di un'autovettura, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che non aveva riconosciuto l'attenuante omettendo di valutare l'incidenza, sulla visibilita' dello stato dei luoghi, della forte precipitazione in corso al momento del fatto) (Sez. 4, n. 24910 del 27/05/2021, Gottimer, Rv. 281559 nella quale si fa riferimento anche alla condotta colposa dei sanitari quale possibile concausa dell'evento da valutare ai sensi dell'articolo 589 bis comma 7 c.p.); - nel caso della condotta colposa del ciclista che, viaggiando in prossimita' del centro e non del margine destro della carreggiata, era stato investito da un'autovettura che procedendo nello stesso senso di marcia, stava rientrando da un sorpasso effettuato in un tratto di strada curvilineo (Sez. 4, n. 20091 del 19/01/2021, Brunetti, Rv. 281173); - in ogni ipotesi in cui l'evento sia dipeso dalla condotta di altri conducenti e da altri fattori esterni da individuarsi di volta in volta (Sez. 4, n. 13103 del 21/12/2018, dep.2019, Stauber, Rv. 276254); - nel caso di attraversamento della carreggiata da parte di animali selvatici (Sez. 4, n. 54576 del 07/11/2018, La Rana, Rv. 274504). La Corte di Cassazione ha, invece, escluso fosse configurabile la circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all'articolo 589-bis, comma 7, c.p. nel caso di un tamponamento violento da cui era derivata la morte di una persona che, munita di cintura di sicurezza, si era trovata alla guida di un'autovettura ferma al semaforo rosso, confermando che non poteva considerarsi fattore concausale, cui rapportare la minore gravita' della condotta, il tipo di autovettura della vittima - d'epoca e priva di "air bag", con telaio leggero e assetto estremamente basso - dotata, comunque, dei requisiti di sicurezza previsti dalla legge per circolare (Sez. 4, n. 13587 del 26/02/2019, Mendoza, Rv. 275873). 2.4.Nel caso in esame, dunque, la Corte di Appello avrebbe dovuto valutare i fattori segnalati con i motivi di appello, quali possibili concause in concreto della morte della vittima, e verificare conseguentemente l'applicabilita' nel caso in esame della circostanza di cui all'articolo 589 comma 7 bis c.p.. 3.I1 secondo motivo, con cui si censura il mancato espletamento della perizia volta a verificare se il palo, sul quale, infine, la macchina era andata ad impattare, fosse stato apposto correttamente in conformita' alla normativa di settore, deve essere considerato inammissibile per difetto di specificita' e comunque manifestamente infondato. E' principio consolidato quello per cui nel giudizio di appello avverso la sentenza emessa all'esito di rito abbreviato e' ammessa la rinnovazione istruttoria esclusivamente ai sensi dell'articolo 603, comma 3, c.p.p. e, quindi, solo nel caso in cui il giudice ritenga l'assunzione della prova assolutamente necessaria, perche' potenzialmente idonea ad incidere sulla valutazione del complesso degli elementi acquisiti. Secondo il consolidato orientamento di legittimita' tale accertamento e' rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimita' se correttamente motivata (Sez. 6 n. 48093 del 10/10/2018, Aniello, Rv. 274230; Sez. 6, n. 8936 del 13/01/2015, Leoni, Rv. 262620; Sez. 4, n. 18660 del 19/02/2004, Montanari, Rv. 228353). Nel caso in esame la Corte di appello ha rilevato che il supposto fattore causale rappresentato dalla presenza del palo non poteva aver interrotto il nesso di causa fra la condotta colposa del conducente dell'auto e l'evento ed ha implicitamente rigettato la relativa istanza istruttoria, in quanto non influente ai fine della affermazione di responsabilita', con un percorso logico e coerente e, pertanto, non censurabile. 4.La sentenza deve, pertanto, essere annullata limitatamente alla omessa concessione della circostanza attenuante di cui all'articolo 589 bis comma 7 c.p. con rinvio, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte di Appello di Cagliari che nel nuovo giudizio dovra' attenersi al principio su indicato. Il ricorso deve essere rigettato nel resto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla omessa concessione della circostanza attenuante di cui all'articolo 589 bis comma 7 c.p. e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, ad altra ezione della Corte di Appello di Cagliari. Rigetta nel resto il ricorso.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ZAZA Carlo - Presidente Dott. MICCOLI Grazia - Consigliere Dott. BELMONTE Maria T. - Consigliere Dott. MOROSINI E. M. - rel. Consigliere Dott. MAURO Anna - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 17/02/2022 della CORTE di APPELLO di ROMA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere Dott. Elisabetta Maria Morosini; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Venegoni Andrea, che ha chiesto di dichiarare inammissibile o di rigettare il ricorso; lette le conclusioni del difensore della parte civile, avv. Monica Rossi, che ha chiesto di dichiarare inammissibile o comunque di rigettare il ricorso con condanna dell'imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha confermato, anche agli effetti civili, la condanna di (OMISSIS) per il reato di atti persecutori, commesso in danno della ex convivente (OMISSIS) (capo A), nonche' per il reato di cui all'articolo 635 c.p. consistito nel danneggiare, mediante tamponamento volontario, le autovetture condotte dalla (OMISSIS) e dallo zio di questa (capo B). 2. Avverso la sentenza ricorre l'imputato, tramite il difensore, articolando quattro motivi, di seguito enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. 2.1 Con il primo denuncia violazione di legge processuale e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza dei reati in contestazione. La motivazione sarebbe: - meramente apparente perche' non fornirebbe risposta alle specifiche doglianze difensive circa la portata applicativa degli articoli 612-bis e 635 c.p.; - internamente contraddittoria laddove, per un verso, giudica irrilevanti le deposizioni dei testimoni dedotti dalla difesa ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) in quanto vertenti su fatti antecedenti a quegli oggetto del processo mentre, per altro verso, valorizza le dichiarazioni di un testimone di accusa ( (OMISSIS)) afferenti al medesimo periodo; inoltre nega pregnanza alla deposizione del teste (OMISSIS) perche' riguardante un unico episodio, che, pero', rappresenta una delle condotte in contestazione; - manifestamente illogica nella parte in cui utilizza come riscontri le dichiarazioni dei parenti della parte civile o quelle concernenti fatti pregressi al thema probandum; non valuta ne' quanto riferito dal teste di polizia giudiziaria ( (OMISSIS)) circa la protesta di falsita' della denuncia da parte dell'imputato nella immediatezza del fatto ne' il ridimensionamento dei riscontri gia' operato dal giudice di primo grado. 2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge sostanziale e vizio di motivazione sulla ritenuta integrazione dell'evento del delitto di atti persecutori. La Corte di appello avrebbe omesso di prendere in considerazione una serie di elementi decisivi offerti con il gravame, i quali deporrebbero nel senso di: - escludere la configurabilita' di un turbamento psicologico (nuova relazione intrapresa con altro uomo, vacanza con le amiche e cambio dell'utenza telefonica, chiarimento avvenuto con l'imputato, mancato ricorso alle cure di uno specialista, chiamate effettuate sull'utenza di lavoro monitorata dai familiari, svilimento degli atteggiamenti dell'imputato definiti dalla stessa persona offesa "puerili tentativi di impietosirla"); - escludere la idoneita' degli atti a cagionare uno dei suddetti eventi per: mancanza di ossessivita' della condotta; breve lasso temporale di protrazione della condotta; mancanza di dolo (dato che l'imputato intendeva soltanto recuperare il rapporto sentimentale con la persona offesa e ha sofferto per il tradimento subito ad opera della stessa); - escludere l'abitualita' della condotta e, comunque, la sussistenza di uno degli eventi alternativi previsti dalla norma incriminatrice, perche' mai dimostrati. 2.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), l'inosservanza dell'articolo 635 c.p., per mancanza di motivazione sulle condotte di violenza e minaccia che devono connotare il reato di danneggiamento, secondo la nuova formulazione dell'articolo 635 c.p. ad opera del Decreto Legislativo n. 7 del 2016. 2.4. Con il quarto si duole, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), della mancata concessione della sospensione condizionale della pena e del giudizio di bilanciamento tra circostanze espresso in termini di mera equivalenza, anziche' di prevalenza delle attenuanti generiche. 3. Il ricorso e' stato trattato, senza intervento delle parti, nelle forme di cui alla L. n. 176 del 2020, articolo 23, comma 8 e successive modifiche. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' infondato. 2. Anzitutto va rilevata la inammissibilita' dei motivi nuovi (che, peraltro, presentano ulteriori profili di inammissibilita') coltivati con il ricorso per cassazione senza essere mai stati sottoposti alla disamina del giudice di appello. Invero non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciarsi perche' non devolute alla sua cognizione (cfr. tra le altre Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, Grazioli Gauthier, Rv. 255577; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316). 2.1. L'odierno ricorrente aveva impugnato la sentenza di primo grado, affidandosi solo a due motivi: - con il primo formulava richiesta dell'assoluzione dal reato di cui al capo A) "per travisamento della prova"; non contestava l'attendibilita' di (OMISSIS) e di (OMISSIS) (sorella della prima), sostenendo invece che i fatti riferiti non fossero riconducibili nell'alveo precettivo dell'articolo 612-bis c.p. per difetto di abitualita' (due sole condotte circoscritte ad un periodo di appena quindici giorni), dell'evento del reato e dell'elemento soggettivo. - il secondo motivo era attinente al diniego della sospensione condizionale della pena. 2.2. Ne consegue che sono inammissibili perche' inediti: - il primo motivo di ricorso che, peraltro, presenta altri profili di inammissibilita' (cfr. infra); - il terzo motivo che riguarda il reato di cui al capo B) non impugnato in sede di gravame; - il quarto motivo nella parte concernente il giudizio di bilanciamento. 3. Il primo motivo e' inedito (per le ragioni gia' esposte), esso inoltre e' generico. 3.1. Va rammentato che, in caso di cd. "doppia conforme", non possono giustificare l'annullamento minime incongruenze argomentative o l'omessa esposizione di elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero potuto dar luogo ad una diversa decisione, sempreche' tali elementi non siano muniti di un chiaro e inequivocabile carattere di decisivita' e non risultino, di per se', obiettivamente e intrinsecamente idonei a determinare una diversa decisione. In argomento, si e' spiegato che non costituisce vizio della motivazione qualsiasi omissione concernente l'analisi di determinati elementi probatori, in quanto la rilevanza dei singoli dati non puo' essere accertata estrapolandoli dal contesto in cui essi sono inseriti, ma devono essere posti a confronto con il complesso probatorio, dal momento che soltanto una valutazione globale e una visione di insieme permettono di verificare se essi rivestano realmente consistenza decisiva oppure se risultino inidonei a scuotere la compattezza logica dell'impianto argomentativo, dovendo intendersi, in quest'ultimo caso, implicitamente confutati (Sez. 5, n. 3751 del 23/3/2000, Re Carlo, Rv. 215722; Sez. 5, n. 3980 del 15/10/2003, Fabrizi, Rv. 226230; Sez. 5, n. 7572 del 11/6/1999, Maffeis, Rv. 213643). Le posizioni della giurisprudenza di legittimita' rivelano, dunque, che non e' considerata automatica causa di annullamento la motivazione incompleta ne' quella implicita quando l'apparato logico relativo agli elementi probatori ritenuti rilevanti costituisca diretta ed inequivoca confutazione degli elementi non menzionati, a meno che questi presentino determinante efficienza e concludenza probatoria, tanto da giustificare, di per se', una differente ricostruzione del fatto e da ribaltare gli esiti della valutazione delle prove. 3.2. Il motivo proposto si riferisce, in maniera indistinta, a entrambi i capi di imputazione e si sostanzia in una critica, non consentita, alla complessiva valutazione del quadro probatorio. In particolare il ricorso si appunta su elementi di contorno senza confrontarsi con il perno della c.d. doppia conforme di condanna: le dichiarazioni della persona offesa, le quali, anche da sole, possono sorreggere l'affermazione di responsabilita'. 4. Il secondo motivo e' in parte infondato e in parte inammissibile. 4.1. Nello sviluppo del motivo si da' espressamente atto che la condotta non e' mai stata negata dal ricorrente (cfr. pag. 17), il che introduce un ulteriore elemento di inammissibilita' di tutte quelle censure che afferiscono al profilo della condotta materiale posta in essere dall'imputato. Si pone in discussione (come gia' era avvenuto con l'atto di appello) soltanto l'abitualita' del reato, la sussistenza di uno degli eventi del reato, l'elemento soggettivo. 4.2. Al fine della verifica della consistenza dei rilievi mossi con il motivo in rassegna, e' necessario ricordare che la decisione non puo' essere isolatamente valutata, ma deve essere esaminata in stretta correlazione con la sentenza di primo grado, dal momento che la motivazione di entrambe sostanzialmente si dispiega secondo l'articolazione di sequenze logico-giuridiche pienamente convergenti. Siffatta integrazione tra le due motivazioni si verifica non solo allorche' i giudici di secondo grado abbiano esaminato le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni assunte e ai passaggi logico-giuridici della decisione, ma anche, e a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze gia' esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di primo grado (tra le ultime Sez. 2, n. 19619 del 13/02/2014, Bruno, Rv. 259929 - 01). Ne consegue che sono inammissibili le censure rivolte alla sentenza di secondo grado, quando le stesse denuncino una mancata risposta rispetto a questioni gia' esaurientemente risolte dalla sentenza di primo grado. 4.3. Dal complesso delle emergenze probatorie, sia analiticamente che globalmente valutate, i giudici di merito hanno coerentemente esposto un motivato apprezzamento dei numerosi elementi di prova ritenuti dimostrativi della responsabilita' dell'imputato in ordine al reato di cui all'articolo 612-bis c.p., rilevando come la reiterazione dei comportamenti minatori e molesti (chiamate e messaggi assillanti anche a numeri telefonici di familiari; minacce di morte indirizzate alla persona offesa e al suo nuovo compagno; pedinamenti e appostamenti) abbia determinato nella persona offesa, in ragione dell'oggettivo profilo delle condotte patite, un grave e perdurante stato d'ansia e abbia inoltre costretto la donna ad alterare le proprie abitudini di vita (in particolare ridurre le occasioni di uscita dalla propria abitazione). In tal senso la decisione dei giudici di merito - certamente insindacabile in questa sede quanto all'apprezzamento in fatto delle risultanze processuali, in quanto adeguatamente e logicamente motivata, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso - appare ineccepibile. 4.3.1. Circa le obiezioni di carattere giuridico mosse dal ricorrente, va ricordato che integrano il delitto di atti persecutori di cui all'articolo 612-bis c.p. anche due sole condotte di minacce, molestie o lesioni, pur se commesse in un breve arco di tempo, idonee a costituire la "reiterazione" richiesta dalla norma incriminatrice, non essendo invece necessario che gli atti persecutori si manifestino in una prolungata sequenza temporale (Sez. 5, n. 33842 del 03/04/2018, P., Rv. 273622 - 01). 4.3.2. Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimita', nel delitto previsto dell'articolo 612-bis c.p. l'evento deve essere il risultato della condotta persecutoria nel suo complesso, in quanto dalla reiterazione degli atti deriva nella vittima un progressivo accumulo di disagio che, solo alla fine della sequenza, degenera in uno stato di prostrazione psicologica in grado di manifestarsi in una delle forme previste dalla norma incriminatrice (Sez. 5, n. 51718 del 05/11/2014, T., Rv. 262636); la prova dello stato d'ansia o di paura denunciato dalla vittima del reato puo' essere dedotta anche dalla natura dei comportamenti tenuti dall'agente, qualora questi siano idonei a determinare in una persona comune tale effetto destabilizzante (Sez. 5, n. 24135 del 09/05/2012, G., Rv. 253764 - 01). Invero la sussistenza del grave e perdurante stato di turbamento emotivo preso in considerazione dall'articolo 612-bis c.p. prescinde dall'accertamento di uno stato patologico, che puo' assumere rilevanza solo nell'ipotesi di contestazione del concorso formale con l'ulteriore delitto di lesioni. La fattispecie prevista dall'articolo 612-bis c.p., infatti, non puo' essere ridotta ad una sorta di mera ripetizione di quella contenuta nell'articolo 582 cit. codice - il cui evento e' configurabile sia come malattia fisica sia come malattia psichica - e per la sua consumazione deve ritenersi dunque sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto comunque destabilizzante dell'equilibrio psicologico della vittima (Sez. 5 n. 16864 del 10 gennaio 2011, C., Rv 250158; Sez. 5, n. 24135 del 09/05/2012, in motivazione). "Tale effetto deve avere indubbiamente una qualche consistenza, come suggerisce il ricorso da parte del legislatore agli aggettivi "grave" e "perdurante" per qualificare gli elementi selezionati per caratterizzare l'evento in questione, ma cio' non significa che necessariamente ansia o paura debbano corrispondere ad un preciso stato patologico, nel senso proprio del termine. Sotto il profilo probatorio tutto cio' significa che l'effetto destabilizzante deve risultare in qualche modo oggettivamente rilevabile e non rimanere confinato nella mera percezione soggettiva della vittima del reato, ma in tal senso anche la ragionevole deduzione che la peculiarita' di determinati comportamenti suscitino in una persona comune l'effetto destabilizzante descritto dalla norma corrisponde alla segnalata esigenza di obiettivizzazione, costituendo valido parametro di valutazione critica di quella percezione" (Sez. 5, n. 24135 del 09/05/2012, cit. in motivazione). Nel caso di specie, i giudici di merito hanno fatto buon governo di tali principi: hanno individuato indicatori oggettivi dello stato di ansia o paura come sopra connotati: accumulo nel tempo della situazione di estremo disagio psicologico sofferto alla vittima; percezione esterna della prostrazione psicologica vissuta dalla persona offesa. Peraltro e' stato ritenuto sussistente anche l'evento, alternativo e da solo sufficiente ad integrare il reato, della alterazione delle abitudini di vita. 4.3.3. Quanto all'elemento soggettivo del reato, il ricorrente sostiene di aver agito con l'unico proposito di riallacciare il rapporto con la ex compagna. E' evidente che, cosi' prospettata, la censura e' generica poiche' investe il movente e non l'elemento soggettivo del reato. La decisione dei giudici di merito e' rispettosa dei principi delineati nelle pronunce di legittimita', secondo cui: "Nel delitto di atti persecutori, che ha natura di reato abituale di evento, l'elemento soggettivo e' integrato dal dolo generico, il cui contenuto richiede la volonta' di porre in essere piu' condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneita' a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell'abitualita' del proprio agire, ma non postula la preordinazione di tali condotte - elemento non previsto sul fronte della tipicita' normativa - potendo queste ultime, invece, essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne presenti l'occasione" (Sez. 5, n. 43085 del 24/09/2015, A., Rv. 265230 - 01). 5. Il terzo motivo sul reato di danneggiamento di cui al capo B) e' inammissibile. La censura attiene ad un capo non investito da gravame e, quindi, mai devoluto alla cognizione del giudice di appello. 6. Il quarto motivo e' inammissibile. 6.1. La censura sul diniego del beneficio ex articolo 163 c.p. e' manifestamente infondata. La sentenza impugnata (si veda, in particolare, pag. 3) ha posto a base del rigetto della richiesta del beneficio argomentazioni immuni da vizi logici che, facendo leva su specifici e concreti elementi, hanno indotto il giudice di merito a compiere una prognosi negativa circa la futura astensione dell'imputato dalla commissione di ulteriori reati. 6.2. La questione sul giudizio di bilanciamento e' inedita. In ogni caso le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimita' qualora, come nella specie (cfr. pag. 3), non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell'equivalenza si sia limitata a ritenerla la piu' idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931). 7. Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. L'imputato deve essere condannato, inoltre, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, ammessa al patrocinio a spese dello Stato. Dette spese, da versarsi a favore dell'erario Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, ex articolo 110, comma 3 verranno liquidate dalla Corte di appello di Roma con separato decreto di pagamento ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 82 e 83 (Sez. U, n. 5464 del 26 settembre, 2019, dep. 2020, De Falco, Rv. 277760). L'inerenza della vicenda a rapporti familiari impone, in caso di diffusione della presente sentenza, l'omissione delle generalita' e degli altri dati identificativi. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili ammesse al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sara' liquidata dalla Corte di appello di Roma con separato decreto di pagamento ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 82 e 83 disponendo il pagamento in favore dello Stato. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

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