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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 9329 del 2023, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Ra. De Vi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, contro l'Agenzia Nazionale per l'Amministrazione e la Destinazione dei Beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...), per la riforma della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima n. -OMISSIS-, resa tra le parti, sul ricorso per l'annullamento dell'ordinanza di sgombero ex art. 47, co. 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, di due immobili confiscati siti nel Comune di -OMISSIS-. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Agenzia Nazionale per l'Amministrazione e la Destinazione dei Beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata; Visti tutti gli atti della causa; Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2024, il Cons. Angelo Roberto Cerroni e uditi per le parti gli avvocati come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. - Il signor -OMISSIS- è stato attinto da un'ordinanza di sgombero ex art. 47, comma 2, del d.lgs. n. 159/2011 dell'Agenzia Nazionale per l'Amministrazione e la Destinazione dei Beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (di seguito, breviter, Agenzia) n. -OMISSIS-del 23 novembre 2022, notificata il 2 dicembre 2022, relativa a due beni immobili, acquisiti al patrimonio dello Stato in forza di confisca e siti nel Comune di -OMISSIS-, via -OMISSIS-, censiti nel N.C.E.U. di detto Comune al foglio -OMISSIS-particella -OMISSIS-subb. -OMISSIS- Il provvedimento è stato impugnato innanzi al TAR per il Lazio sull'addebito, articolato in un unico motivo, di violazione dell'art. 823, co. 2, cod. civ., carenza di motivazione, erroneità dei presupposti di fatto e difetto di istruttoria. Il giudice di prime cure ha rigettato la domanda demolitoria dopo aver motivatamente disatteso la censura incentrata sulla sussistenza del diritto di proprietà sui beni confiscati in capo al ricorrente, sia in forza di un titolo negoziale non trascritto, sia in forza di una indimostrata usucapione, sia in virtù di un successivo provvedimento di assegnazione della casa familiare al coniuge. 2. - Assumendo l'illegittimità della prima statuizione, il sig. -OMISSIS-ha interposto rituale appello, assistito da domanda cautelare, col quale lamenta, da un lato, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quella del giudice ordinario atteso che i provvedimenti di autotutela esecutiva ex art. 823, co. 2, cod. civ. si atteggiano a strumenti rimediali alternativi alle ordinarie azioni giudiziali petitorie e possessorie spettanti alla cognizione del G.O.; dall'altro lato, contesta la qualificazione di occupante sine titulo e rivendica la piena proprietà del bene, alternativamente, in forza di acquisto a titolo derivativo conseguente ad atto negoziale di compravendita (datato 18 gennaio 2001) o di maturata usucapione ordinaria in virtù di possesso pacifico, continuo e ininterrotto ventennale in corso di accertamento innanzi al giudice civile. L'appellante oppone, altresì, un provvedimento di assegnazione degli immobili in parola, a titolo di casa familiare, disposto in favore della coniuge e dei tre figli a seguito del procedimento di separazione consensuale e lamenta, al contempo, la conculcazione del diritto all'abitazione, protetto a livello costituzionale (art. 2 Cost.) e sovranazionale (art. 8 CEDU). 3. - Si è costituita in giudizio l'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei Beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata con comparsa di mero stile. 4. - All'esito della trattazione cautelare il Collegio, con ordinanza n. -OMISSIS-del 27 dicembre 2023, ha respinto la domanda di sospensione dell'efficacia della sentenza impugnata rilevando preliminarmente che il provvedimento di confisca è divenuto inoppugnabile in data 14 novembre 2019 e la conseguente acquisizione al patrimonio indisponibile dello Stato è stata regolarmente trascritta nei registri immobiliari come da risultanze ipotecarie versate in atti, sicché i titoli negoziali (atto di compravendita recato da scrittura privata non autenticata, né trascritta del 18 gennaio 2001), legali (usucapione ordinaria) e giudiziali (assegnazione della casa familiare a seguito di omologa dell'accordo di separazione del 17 novembre 2021) fatti valere dall'odierno appellante non paiono idonei a scalfire l'efficacia dell'acquisto a titolo originario disposto per confisca, vuoi perché inopponibili ai terzi (compravendita immobiliare non trascritta), vuoi perché successivi al perfezionarsi della fattispecie acquisitiva in favore dello Stato. 5. - L'Agenzia ha svolto attività difensiva in vista dell'udienza pubblica controdeducendo nel merito delle tre censure svolte in appello. Nulla ha ulteriormente dedotto la parte appellante. 6. - La causa è venuta in discussione all'udienza pubblica del 23 aprile 2024 all'esito della quale è stata spedita in decisione. 7. - L'appello è infondato per le ragioni che si espongono dappresso. 8. - In primis, va dichiarato inammissibile il motivo di appello teso a censurare il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo nel caso di impugnativa di provvedimenti adottati dall'amministrazione nell'esercizio della potestà di autotutela esecutiva di cui all'art. 823, co. 2, cod. civ.. La giurisprudenza amministrativa si è ormai consolidata nel ravvisare nella coltivazione di tale eccezione una condotta abusiva dello strumento processuale immeritevole di tutela da parte dell'ordinamento (ex multis, Cons. Stato, Ad. Plen., 29 novembre 2021, n. 19; Cons. Stato, Ad. plen., ord. 28 luglio 2017, n. 4): inammissibilità che non si fonda unicamente sul rilievo tecnico del difetto della qualità di soccombente in primo grado su quel capo decisorio, anche in via implicita (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 dicembre 2023, n. 10756), ma soprattutto sull'esigenza di sanzionare l'abuso del diritto di difesa ispirato a mere ragioni opportunistiche secundum eventum litis. Segnatamente, ponendosi nel solco della giurisprudenza civile (Cass., SS.UU., 20 ottobre 201-OMISSIS-n. -OMISSIS-; seguita poi dalle sentenze 19 gennaio 2017, n. 1907, 25 maggio 2018, n. 13192, e 24 settembre 2018, n. 22439), si opina che la parte che abbia adito la giurisdizione amministrativa con l'atto introduttivo del giudizio non sia legittimata a contestarla attraverso l'eccezione di difetto di giurisdizione in appello in spregio del divieto di venire contra factum proprium (cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 marzo 2023, n. 2362). 8.1. - La fattispecie in esame ricade de plano nel paradigma appena tratteggiato, con l'aggiunta che l'inammissibilità è ulteriormente aggravata dalla peculiare laconicità dell'atto introduttivo del giudizio in ordine ai profili di giurisdizione denunciati poi in appello, con particolare riguardo ai mezzi rimediali alternativi all'autotutela esecutiva e alla relativa devoluzione al giudice ordinario. 9. - Venendo ai profili più strettamente di merito giova ripercorrere succintamente i fatti secondo una scansione diacronica. I beni immobili oggetto dell'ordinanza di sgombero sono stati acquisiti al patrimonio indisponibile dello Stato, in virtù della confisca disposta dalla sentenza n. -OMISSIS-del Tribunale di Napoli, Quarta Sezione penale, depositata in data 28 dicembre 201-OMISSIS-parzialmente riformata con sentenza n. -OMISSIS-emessa in data 31 dicembre 2018 dalla Corte di Appello di Napoli, Sesta Sezione penale, corretta con ordinanza emessa dalla medesima sezione della Corte di Appello in data 11 gennaio 2019 e divenuta irrevocabile a far data dal 14 novembre 2019 a seguito di sentenza della Suprema Corte di Cassazione, Sezione V, n. 3368/2019. La fattispecie acquisitiva in esame, costituita da un provvedimento di confisca di prevenzione, integra un modo di acquisto a titolo originario che estingue e travolge qualsiasi posizione, reale o obbligatoria, come disposto dagli artt. 45 e 52 d.lgs. n. 159/2011 (art. 45: "A seguito della confisca definitiva di prevenzione i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato liberi da oneri e pesi"; art. 52: "la confisca definitiva di un bene determina lo scioglimento dei contratti aventi ad oggetto un diritto personale di godimento o un diritto reale di garanzia, nonché l'estinzione dei diritti reali di godimento sui beni stessi"), salva la tutela dei diritti dei terzi nelle forme previste dal titolo IV del codice antimafia, subordinata comunque all'anteriorità del titolo. Nel caso venuto in esame, l'appellante, a dispetto delle allegazioni svolte, non comprova la titolarità di titoli di proprietà piena opponibili all'Amministrazione e, segnatamente: a) il contratto di compravendita versato in atti, stipulato tra -OMISSIS- il giorno 18 gennaio 2001, è stato confezionato in forma di scrittura privata non autenticata, né trascritta nei registri immobiliari di tal ché non costituisce titolo opponibile erga omnes dispiegando efficacia solo inter partes; b) la fattispecie acquisitiva a titolo originario in forza di usucapione ordinaria resta allo stato di mera allegazione sguarnita di supporto probatorio, essendo tuttora in corso i riferiti giudizi civili volti al relativo accertamento. A tutto concedere, nell'esercizio della cognizione incidentale accordata al Collegio ex art. 8 cod. proc. amm. non si ravvisano neanche i presupposti per la maturazione dell'usucapione ordinaria ex art. 1158 cod. civ. giacché, assumendo come dies a quo di immissione nel possesso il 18 gennaio 2001, non consta il decorso del ventennio di possesso pacifico e non clandestino, interrotto dalla sopravvenienza del provvedimento di confisca, adottata nel 2016 e divenuta irrevocabile nel 2019; c) quanto infine al provvedimento di assegnazione giudiziale dell'immobile a titolo di casa familiare alla coniuge affidataria dei tre figli preme soggiungere che il documento versato in atti è un mero decreto di omologa non accompagnato dal verbale di udienza e dalle note depositate nel relativo giudizio per la definizione delle condizioni della separazione, indi non è chiaramente evincibile l'assegnazione dell'immobile a titolo di casa familiare, perplessità ulteriormente avvalorata dal tenore testuale del decreto di omologa che fa riferimento alla mera "cessione delle rendite immobiliari indicate nell'allegato accordo". A ciò si aggiunga che l'omologa decretata dal giudice delegato dal Presidente del Tribunale di Napoli Nord risale al 25 novembre 2021, dunque in data ampiamente successiva all'irrevocabilità della confisca di prevenzione intervenuta a far data dal 14 novembre 2019, in più non risulta trascritta ai fini dell'opponibilità a terzi, come invece prescritto dall'art. 337-sexies cod. civ. che richiama il regime di pubblicità immobiliare di cui all'art. 2643 cod. civ.. Tale notazione riveste valenza assorbente e consente di prescindere da ogni digressione sul delicato bilanciamento tra effetti della confisca di prevenzione e tutela del diritto all'abitazione, pur non sottacendo per incidens la condivisibilità delle argomentazioni di merito svolte sul punto dal primo giudice. 10. - Tutto ciò considerato, l'appello deve essere conclusivamente respinto. 11. - Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna l'appellante alla rifusione in favore dell'Agenzia resistente delle spese di lite, che si liquidano nell'importo di euro 3.000,00 (tremila/00) oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 19-OMISSIS-e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 201-OMISSIS-a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la persona dell'appellante. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Raffaele Greco - Presidente Giovanni Pescatore - Consigliere Nicola D'Angelo - Consigliere Luca Di Raimondo - Consigliere Angelo Roberto Cerroni - Consigliere, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni - Presidente Dott. MOCCI Mauro - Consigliere Dott. GRASSO Giuseppe - rel. Consigliere Dott. VARRONE Luca - Consigliere Dott. POLETTI Dianora - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso 15445/2018 R.G. proposto da: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS); - ricorrenti/ric.successivi- contro (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall'avvocato (OMISSIS); - controricorrenti - nonché contro (OMISSIS); -intimato- avverso la sentenza n. 1446/2017 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, depositata il 16/11/2017; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/1/2023 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI. FATTI DI CAUSA 1. (OMISSIS), quale procuratore generale di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quale procuratrice generale di (OMISSIS), citarono in giudizio (OMISSIS) e (OMISSIS). Prospettarono gli attori che i convenuti, avendo sopraelevato il tetto del loro immobile avevano cosi' limitato il diritto di veduta, acquisito per usucapione, goduto dagli esponenti, dalle vedute e dalle costruzioni: (OMISSIS) da un terrapieno sormontato da balaustra, posto al limitare della villa di proprieta'; (OMISSIS), da due alloggi e da un magazzino, facenti parte d'un immobile condominiale; (OMISSIS), da un alloggio facente parte del medesimo condominio. 2. Il Tribunale, rigettate le domande di (OMISSIS), nella qualita', e di (OMISSIS), accolse quella di (OMISSIS), nella qualita', e, di conseguenza, condanno' i convenuti a riportare la copertura del loro immobile al disegno planimetrico elaborato dal c.t.u.. 3. Avverso la sentenza di primo grado propose impugnazione (OMISSIS) e con altro ricorso principale, (OMISSIS) ed (OMISSIS). (OMISSIS) e (OMISSIS) proposero appello incidentale. 4. La Corte d'appello di Genova, accolto l'appello principale di (OMISSIS) ed (OMISSIS) e rigettato l'appello principale di (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche' quello incidentale di (OMISSIS), rigetto' integralmente le domande in origine proposte da (OMISSIS), quale procuratrice di (OMISSIS). 4.1. In sintesi, la Corte di merito riformo' la sentenza di primo grado, avendo addebitato al primo Giudice di avere incongruamente accolto la domanda della (OMISSIS), nonostante avesse negato espressamente violazione dell'articolo 873 e logicamente dell'articolo 907, avendo accertato esservi una distanza superiore a tre metri, assumendo sussistere una non meglio chiarita "rilevanza lesiva dei diritti" (della (OMISSIS)) in materia di distanze delle costruzioni dalle vedute (articolo 907 c.c.) e "non di meno", scrive la Corte d'appello, "ravvisava una "illecita compromissione d'una servitu' di veduta" per asserita limitazione "in termini significativi della veduta... di cui si puo' godere dall'abitazione della (OMISSIS)". Decisivamente, indi, la sentenza d'appello, esaminate le risultanze di causa (in specie gli elaborati peritali), giungeva alla conclusione che il ritenuto innalzamento al colmo del tetto di 50/65 cm non era suffragato dall'aerofotogrammetria, per le imprecisioni proprie di un tale strumento, in relazione all'ordine di misure qui in rilievo, e per carenze proprie di quelle specifiche foto. Al piu' lo scostamento poteva misurarsi, anche tenuto conto delle foto dei luoghi, nella misura di 10/20 cm. Poiche' non era mutata la volumetria della costruzione (il modestissimo scostamento era dipeso dai materiali utilizzati e dalla coibentazione), doveva escludersi la presenza di una sopraelevazione rilevante in materia di distanze. 5. (OMISSIS) e (OMISSIS), anche quali eredi di (OMISSIS) e di (OMISSIS), propongono ricorso avverso la sentenza d'appello sulla base di sette motivi, articolati in plurime censure. (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono, a loro volta ricorso, sulla base delle medesime censure. Resistono con controricorso (OMISSIS) ed (OMISSIS), anche quali eredi di (OMISSIS). Hanno depositato memorie i ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) e i controricorrenti. Il P.G. ha fatto pervenire le sue conclusioni scritte. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Va premesso che i due ricorsi depositati dai (OMISSIS) e da (OMISSIS) e (OMISSIS) sono esattamente sovrapponibili, sia pure predisposti su atti distinti e, quindi, vanno esaminati unitariamente. 2. Con i primi quattro motivi, tra loro correlati, i ricorrenti denunciano violazione degli articoli 873 e 907 c.c.; ancora, 873 e 907 c.c., l. 5/8/1978, n. 457, 31, comma 1, lettera d), Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, 3; ancora violazione degli articoli 873 e 907 c.c., l. 5/8/1978, n. 457, 31, primo co., lettera D), e Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, 3; 112 c.p.c., Decreto Ministeriale n. 1444 del 1968, 9, ancora, 873 e 907 c.c., omesso esame di un fato controverso e decisivo; 112 e 246 c.p.c.. Il complesso censuratorio, nella sostanza, al di la' di una certa elefantiasi espositiva, contesta, nel suo insieme, le conclusioni alle quali e' giunta la Corte di merito evidenziando, in sintesi, che: - senza che avesse rilievo l'entita' del pregiudizio, avrebbe dovuto assumere esclusivo rilievo la constatata violazione delle distanze stabilite dalla legge o dagli strumenti urbanistici locali; - non poteva condividersi l'asserto secondo il quale il c.t.u. aveva sovrastimato erroneamente la sopraelevazione, valendo in materi i principi giurisprudenziali, secondo i quali l'aumento di volumetria, a seguito di ristrutturazione, da' (OMISSIS) a una nuova costruzione; invece, la sentenza, sbagliando aveva affermato che non ogni sopraelevazione implica violazione delle distanze ed era stata la stessa sentenza ad avere accertato che una sopraelevazione, sia pure di 10/20 cm, si era avuta; - la decisione aveva omesso di tener conto della quota al colmo indicata nell'aerofotogrammetria, e di tutte le osservazioni del c.t.u., ne' aveva considerato che si era avuto un aumento di superficie, sagoma, altezza e volumetria, senza valutare le specifiche contestazioni delle odierne parti ricorrenti; - da qui il difetto assoluto di motivazione per omesso esame di fatti decisivi e per non avere accolto le istanze istruttorie; - constava dalla relazione del c.t.u. che le distanze di cui al Decreto Ministeriale n. 1144 del 1968, articolo 9 non erano state rispettate, nonche' quelle stabilite dagli articoli 873 e 907 c.c.; - siccome il Giudice di primo grado aveva reputato assodato tali violazioni si era formato il giudicato, in quanto. 2.1. L'insieme delle critiche sopra riprese non merita di essere accolto. Il profilo con il quale si propone un'alternativa ricostruzione dei fatti non e', all'evidenza, scrutinabile, essendo riservato esclusivamente al giudice del merito trarre le conclusioni dalla svolta istruttoria e descrivere la vicenda rilevante. Ne' una tale preclusione puo' essere aggirata evocando l'omesso esame di un fatto controverso e decisivo, in un caso come questo, nel quale i fatti controversi e decisivi sono stati sviscerati dal giudicante, giungendo a un risultato sgradito alla parte ricorrente. Anche il profilo attinente alla violazione di legge risulta privo di fondamento. E' del tutto evidente che attraverso la denunzia di violazione di legge il ricorrente sollecita - non determinando essa, nel giudizio di legittimita' lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l'accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all'evidenza, occorrente che l'accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente - un improprio riesame di merito (da ultimo, S.U. n. 25573, 12/11/2020, Rv. 659459). A prescindere dalla mancata precipua denuncia di violazione dell'articolo 115 c.p.c., deve ribadirsi deve rilevarsi lo scopo eccentrico perseguito dai ricorrenti, comunque diretto a contestare il vaglio probatorio, poiche', come noto, l'apprezzamento delle prove effettuato dal giudice del merito non e', in questa sede, sindacabile, in quanto, come noto, una questione di violazione o di falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. non puo' porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito (cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 27000, 27/12/2016, Rv. 642299). Punto di diritto, questo, che ha trovato recente conferma nei principi enunciati dalle Sezioni unite in epoca recente (sent. n. 20867, 30/09/2020, conf. Cass. n. 16016/2021), essendosi affermato che in tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell'articolo 116 c.p.c. e' ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato - in assenza di diversa indicazione normativa - secondo il suo "prudente apprezzamento", pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura e' ammissibile, ai sensi del novellato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimita' sui vizi di motivazione (Rv. 659037). E inoltre che per dedurre la violazione dell'articolo 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilita' di ricorrere al notorio), mentre e' inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attivita' valutativa consentita dall'articolo 116 c.p.c. (Rv. 659037). 2.2. L'ipotizzato contrasto giurisprudenziale prospettato dai ricorsi non ha fondamento. Invero, la decisione non pone in dubbio il principio secondo il quale l'aumento di volumetria, segui'ta alla ristrutturazione, comporta violazione delle distanze, dovendosi considerare nuovo il manufatto (cfr., ex multis, Cass. nn. 6809/00, 110/01, 16732/03, 21059/09, 15732/018). Ben diversamente, esclude, con apprezzamento di merito incensurabile, che un tale aumento volumetrico ci sia stato, essendosi riscontrato un lievissimo aumento d'altezza al colmo, dovuto a ragioni tecniche, dipendenti dai nuovi materiali utilizzati e dalla coibentazione. Soccorrono sul punto gli arresti di questa Corte, la quale ha spiegato che ai fini del computo delle distanze, nell'ipotesi di ristrutturazione con sopraelevazione di un fabbricato preesistente, l'altezza del nuovo edificio va calcolata considerando non la linea di gronda, ma quella di colmo (data dalla retta d'intersezione tra le due falde piane di un tetto inclinato), salvo l'ipotesi in cui il rialzo del sottotetto sia funzionale alla sola allocazione d'impianti tecnici non altrimenti situabili, trattandosi in questo caso di un mero volume tecnico non rilevante (Sez. 2, n. 11049, 27/05/2016, Rv. 639946). Ed ancora, puntualmente, in materia di distanze legali tra edifici, la modificazione del tetto di un fabbricato integra sopraelevazione e, come tale, una nuova costruzione soltanto se essa produce un aumento della superficie esterna e della volumetria dei piani sottostanti, cosi' incidendo sulla struttura e sul modo di essere della copertura; spetta al giudice di merito di volta in volta verificare, in concreto, se l'opera eseguita abbia le anzidette caratteristiche ovvero se, in ipotesi, avendo carattere ornamentale e funzioni meramente accessorie rispetto al fabbricato, vada esclusa dal calcolo delle distanze legali (Sez. 2, n. 20786, 25/09/2006, Rv. 592151; conf. Cass. n. 14932/2008). In altri termini, deve escludersi la violazione delle distanze non gia' per l'esiguita' dell'aumento di volume dell'immobile, ma in ragione del fatto che un tale aumento deve escludersi, trattandosi della creazione di un modestissimo innalzamento costituente volume tecnico, con la conseguenza che non si e' in presenza di una nuova costruzione. 3. Con il quinto motivo viene denunciata la violazione dell'articolo 112 c.p.c., assumendosi che, tempestivamente eccepita l'incapacita' a testimoniare del teste (OMISSIS), in quanto costui era dipendente della ditta che aveva effettuato i lavori, il Giudice nulla aveva risposto. 3.1. Il motivo e' inammissibile, stante che, a prescindere da ogni altra considerazione, i ricorrenti non spiegano se e perche' la deposizione in discorso abbia avuto rilievo decisivo. 4. Il sesto motivo, con il quale i ricorrenti si dolgono del mancato risarcimento del danno e il settimo, con il quale instano per la vittoria delle spese, restano assorbiti (in senso improprio) dalla reiezione degli altri. 5. Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualita' della causa, nonche' delle svolte attivita', siccome in dispositivo. 6. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si da' atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. Rigetta il ricorso il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimita', che liquida, in favore dei controricorrenti in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17), si da' atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti principali di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni - Presidente Dott. ORILIA Lorenzo - rel. Consigliere Dott. MOCCI Mauro - Consigliere Dott. ROLFI Federico V. A. - Consigliere Dott. CAPONI Remo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 9064/2018 R.G. proposto da: (OMISSIS), E (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avv.ti (OMISSIS), E (OMISSIS), ed elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso il Dott. (OMISSIS); - ricorrenti - contro (OMISSIS) srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti (OMISSIS), e (OMISSIS), con essi elettivamente domiciliata in (OMISSIS); - controricorrente - avverso la sentenza n. 103/2018 della Corte d'Appello di Venezia depositata il 18.1.2018; Udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. Lorenzo Orilia; Lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. TRONCONE Fulvio, che ha concluso per il rigetto del primo motivo di ricorso, del primo sub-motivo del secondo motivo di ricorso e della doglianza concernente la violazione dell'articolo 1051 c.c., comma 1, di cui al secondo sub-motivo del quarto motivo, con accoglimento del secondo sub-motivo del secondo motivo (concernente la valenza di giudicato attribuito alla sentenza della Corte di Appello n. 2676 del 2011), del terzo motivo e la doglianza concernente la violazione dell'articolo 1052 c.c., di cui al secondo sub-motivo del quarto motivo; lette le memorie depositate dalle parti. RITENUTO IN FATTO 1 La Corte d'Appello di Venezia, con sentenza n. 103/2018 resa pubblica il 18.1.2018, decidendo sul gravame avverso la decisione di primo grado (Tribunale di Verona n. 197/2017) proposto dai coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) contro la (OMISSIS) srl, ha rigettato la domanda di acquisto per usucapione della servitu' di passaggio pedonale e carrabile proposta dai coniugi contro la societa' (a favore dei fondi distinti nel NCT del Comune di Verona al foglio n. (OMISSIS) mappali nn. "(OMISSIS)" ed a carico del fondo contraddistinto col mappale (OMISSIS) di proprieta' della societa') ed ha respinto gli ulteriori motivi di appello. Il rigetto della domanda principale di acquisto della servitu' per usucapione e la conferma del rigetto della domanda di costituzione della servitu' coattiva di passaggio avanzata in subordine dagli attori e' stato argomentato attraverso i seguenti passaggi motivazionali: - la precedente sentenza n. 89/2004 del Tribunale di Verona (confermata dalla Corte d'Appello con la successiva sentenza n. 2676/2011), contrariamente a quanto asserito dagli appellanti, non aveva deciso su una servitu' personale, ma su un diritto reale di servitu'; - doveva ritenersi corretta la sentenza impugnata che aveva ritenuto inammissibile la domanda di acquisto per usucapione della servitu' di passaggio a carico del mappale n. (OMISSIS), per effetto del giudicato rappresentato dalla sentenza n. 2676/2011 della stessa Corte, che aveva utilizzato una duplice motivazione, una fondata sulla inammissibilita' della domanda in appello per novita' della stessa (ex articolo 345 c.p.c.) e l'altra fondata sulla sua manifesta infondatezza; - invece rispetto ai mappali n. (OMISSIS) di proprieta' degli attori non poteva esservi preclusione per precedente giudicato, trattandosi di immobili acquistati nel 2008 ed in relazione agli stessi non risultava decorso il termine di cui all'articolo 1158 c.c.; - gli appellanti non avevano provato il collegamento dello stradello insistente sul mappale (OMISSIS) con i mappali (OMISSIS) e neppure l'esistenza dello stesso o l'utilizzo da parte dei precedenti proprietari, essendo inammissibili i capitoli di prova articolati; - parimenti era infondata la censura sul rigetto della domanda subordinata perche' non ricorrevano i presupposti per la servitu' di passaggio coattivo, non ravvisandosi ne' l'interclusione assoluta dei fondi e neppure l'interclusione relativa (nel senso di accesso inadeguato o insufficiente). 2 Contro tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i coniugi soccombenti con tre motivi contrastati con controricorso dalla (OMISSIS) srl. Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Fulvio Troncone, ha concluso per il rigetto del primo motivo di ricorso, del primo sub-motivo del secondo motivo di ricorso e della doglianza concernente la violazione dell'articolo 1051 c.c., comma 1, di cui al secondo sub-motivo del quarto motivo, con accoglimento del secondo sub-motivo del secondo motivo (concernente la valenza di giudicato attribuito alla sentenza della Corte di Appello n. 2676 del 2011), del terzo motivo e la doglianza concernente la violazione dell'articolo 1052 c.c., di cui al secondo sub-motivo del quarto motivo. Le parti hanno depositato memorie in prossimita' dell'udienza. CONSIDERATO IN DIRITTO 1 Col primo motivo i ricorrenti denunziano la violazione degli articoli 190, 352 c.p.c., articoli 3, 24 e 111 Cost. - Nullita' del procedimento e della sentenza Delib. 10 ottobre 2017, e quindi prima della scadenza dei termini ex articolo 190 c.p.c., essendo state le conclusioni precisate all'udienza del 27.6.2017. Il motivo e' infondato. Dallo storico del fascicolo telematico presso la Corte d'Appello (che la natura del vizio denunziato consente di consultare) risulta la seguente annotazione di cancelleria "Rimesso fascicolo al giudice o al Collegio per la decisione" il 17 ottobre 2017. Risulta altresi' annotato che le memorie di replica vennero depositate dai difensori il 16 ottobre 2017.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNA Felice - Presidente Dott. PAPA Patrizia - Consigliere Dott. SCARPA Antonio - Consigliere Dott. GIANNACCARI Rossana - rel. Consigliere Dott. AMATO Cristina - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 10231/2018 R.G. proposto da: (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)); - ricorrente - contro (OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e nella qualita' di procuratore di (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), rappresentati e difesi dall'avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)); -controricorrenti- nonche' (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)); - controricorrente e ricorrente in via incidentale- avverso SENTENZA di CORTE D'APPELLO FIRENZE n. 2146/2017 depositata il 02/10/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2023 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI. FATTI DI CAUSA 1. (OMISSIS) convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Lucca (OMISSIS), esponendo di essere proprietario di una casa su tre piani con giardino ad uso orto ed annesso resede nella "(OMISSIS)", confinante con la proprieta' di (OMISSIS), il quale possedeva dei ruderi all'interno della "(OMISSIS)"; lamento' che il convenuto aveva ampliato i propri fabbricati in violazione delle distanze ed aveva delimitato con un muricciolo e dei pilastri in pietra sormontati da una rete metallica il passaggio in comune, individuato dal mappale (OMISSIS), che dall'interno della (OMISSIS) conduceva al portone ed al resede di sua proprieta', impedendone l'utilizzo. (OMISSIS) chiese, quindi, l'arretramento del fabbricato e la dichiarazione di comproprieta' del mappale numero (OMISSIS); in via subordinata chiese dichiararsi che era titolare di servitu' di passaggio costituita per destinazione del padre di famiglia o, in via ulteriormente subordinata, acquisita per usucapione; chiese, inoltre, il risarcimento dei danni consistenti nella diminuzione di valore della proprieta' a causa dell'illegittima realizzazione delle opere. 1.1. (OMISSIS) si costitui' per resistere alla domanda e, in via riconvenzionale chiese accertarsi l'esclusiva proprieta' del mappale (OMISSIS); chiese di essere autorizzato a chiamare in causa (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), suoi danti causa, dai quali aveva acquistato la proprieta' affinche', in caso di soccombenza, fossero condannati alla restituzione o alla riduzione del prezzo. 1.2. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) si costituirono ed eccepirono la carenza di legittimazione attiva di (OMISSIS), per non essere l'attore comproprietario del mappale (OMISSIS). 1.3. Il Tribunale di Lucca accolse, per quanto di ragione, la domanda dell'attore; accerto' la comproprieta' del mappale (OMISSIS) e la violazione delle distanze legali in quanto la sopraelevazione era stata realizzata senza rispettare la distanza prevista dal Decreto Ministeriale n. 1444 del 1968 e per avere il convenuto aperto vedute sulla proprieta' dell'attore; condanno' (OMISSIS) al risarcimento dei danni per il deprezzamento dell'immobile e per la perdita di aria e luce; rigetto' la domanda riconvenzionale e condanno' (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) alla riduzione del prezzo ed al risarcimento dei danni in favore di (OMISSIS). 1.4. Proposero appello (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), contestando il capo della sentenza con cui era stata accertata la comproprieta' del mappale (OMISSIS); dedussero che dopo l'atto di divisione del 1927 per notar (OMISSIS), con cui l'originario proprietario aveva attribuito agli eredi le quote della proprieta' della "(OMISSIS)", con atto per notar (OMISSIS) del 1964 il padre del proprio dante causa aveva acquistato le quote che comprendevano il mappale (OMISSIS). 1.5. Propose appello (OMISSIS), contestando il capo della sentenza che aveva accertato la comproprieta' del mappale (OMISSIS); in ogni caso, sul mappale (OMISSIS) non sarebbe stata costituita servitu' per destinazione del padre di famiglia in quanto mancava il requisito dell'apparenza della servitu'. Quanto alla violazione delle distanze, l'appellante rilevo' che l'intervento era inserito in un piano di recupero del patrimonio edilizio esistente in zona A e doveva essere qualificato come ristrutturazione e non come nuova costruzione. Chiese, in ogni caso, che, in relazione al mappale (OMISSIS) fosse accertata la sua proprieta' esclusiva per acquisto a titolo derivativo o per usucapione. 1.6. La Corte d'appello di Firenze, con sentenza del 2.10.2017, accolse per quanto di ragione l'appello del (OMISSIS); dichiaro' che la p.lla (OMISSIS) del foglio 2 era di esclusiva proprieta' di lui e dichiaro' esistente su detta particella una servitu' di passaggio costituita per destinazione del padre di famiglia in favore del fondo di (OMISSIS); accerto' il confine tra le due proprieta' e, per l'effetto ordino' al (OMISSIS) la rimozione delle opere realizzate sulla proprieta' (OMISSIS). 1.7. Per quel che ancora rileva in questa sede, la Corte d'appello affermo' che sin dall'inizio del 1900, i fondi costituenti la (OMISSIS) appartenevano ad un unico proprietario; nel 1927 la proprieta' venne divisa tra i figli e vennero formate quattro quote; la p.lla (OMISSIS) - che fiancheggiava i beni delle quote 2a e 3a - non rientrava nella quota 1a assegnata alla dante causa del (OMISSIS). La Corte distrettuale accerto' che per accedere al fondo del (OMISSIS) era necessario passare attraverso la p.lla (OMISSIS), salendo nell'abitazione per poi scendere nuovamente nell'orto attraverso una scala, sicche' ritenne che fosse stata costituita una servitu' di passaggio per destinazione del padre di famiglia; detta servitu' aveva i requisiti dell'apparenza per la presenza di una scala in pietra per l'accesso, come confermato dai testi escussi nel corso del giudizio. La Corte d'appello accerto' che (OMISSIS) aveva realizzato una sopraelevazione ed aperto delle vedute ad una distanza inferiore a dieci metri; aveva, inoltre, trasformato tre archi muniti di grigliato di mezzane, che non consentivano la veduta in finestre ad arco che prospettavano sulla proprieta' (OMISSIS). 1.8. Secondo la Corte di merito, la sopraelevazione, pur rispettando le distanze preesistenti, violava il DM 1444-68, articolo 9 e non era applicabile l'ultimo comma dell'articolo 9 del DM 1444-69 nella parte in cui consente di osservare una distanza inferiore a metri 10 per i gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate, in quanto il piano di recupero interessava solo la proprieta' (OMISSIS); conseguentemente, dovevano quindi essere disapplicate le norme illegittime con sostituzione automatica delle previsioni contenute nel DM1444-69. 1.9. La Corte d'appello confermo', infine, le statuizioni relative al risarcimento del danno derivante dalla violazione delle distanze e quelle relative al confine tra le due proprieta'. 2. Per la cassazione della sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), in qualita' di erede di (OMISSIS) sulla base di tredici motivi. 2.1. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con controricorso. 2.2. (OMISSIS) Yvan ha resistito con controricorso ed ha proposto appello incidentale sulla base di un unico motivo. 2.3. Il Sostituto Procuratore Generale nella persona del Dott. Aldo Ceniccola ha chiesto l'accoglimento del ricorso incidentale, con assorbimento dei motivi da uno a quattro del ricorso principale ed il rigetto dei restanti motivi del ricorso principale. 2.4. La ricorrente ha depositato istanza di trattazione orale, che e' stata rigettata con provvedimento del 19.1.2023. 2.5. Le parti hanno depositato memoria illustrativa in prossimita' dell'udienza. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Va, preliminarmente, ribadito il rigetto dell'istanza di trattazione orale del ricorso, proposta dal ricorrente con istanze depositate il 17 e 23 gennaio 2023, perche' la richiesta non era stata presentata entro il termine di 25 giorni antecedenti all'udienza, avendo la cancelleria informato le parti, in data 1 dicembre 2022 ed in data 23 dicembre 2022, che la fissata udienza del 31 gennaio 2023 si sarebbe svolta in pubblica udienza. 1.Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1061 c.c. e 1062 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche' la Corte di merito, dopo aver accertato la proprieta' esclusiva del mappale n. (OMISSIS) in capo a (OMISSIS), avrebbe ritenuto essersi costituita in favore del fondo di proprieta' del (OMISSIS) una servitu' di passaggio per destinazione del padre di famiglia, ai sensi degli articoli 1061 e 1062 c.c. alla data del 14.10.1927, quando l'originario proprietrio (OMISSIS) fu (OMISSIS) con atto per notar (OMISSIS) del 14.10.1927 divise la proprieta' tra i suoi quattro figli, disponendo delle quote con atti di donazione. La Corte d'appello non avrebbe considerato che il Codice Civile del 1865, vigente al tempo della divisione dei fondi, non prevedeva la possibilita' di costituire servitu' di passaggio per destinazione del padre di famiglia. 1.1. Il motivo e' fondato. 1.2. L'articolo 630 del codice civile del 1865 non consentiva la costituzione delle servitu' continue non apparenti e di quelle discontinue, siano o non apparenti, mediante usucapione o per destinazione del padre di famiglia (Cass. Civ. 23.12.2011 n. 28641) 1.3. Secondo l'orientamento consolidato di questa Corte, gli articoli 1061 e 1062 c.c. del Codice Civile vigente consentono l'acquisto per usucapione e per destinazione del padre di famiglia delle servitu' apparenti, anche se discontinue ed hanno carattere innovativo rispetto all'articolo 630 del codice civile del 1865, che disponeva che le servitu' continue non apparenti e le servitu' discontinue, apparenti o meno, non potevano costituirsi se non mediante titolo. 1.4. Ne consegue che le citate norme del vigente codice civile non possono trovare applicazione rispetto a situazioni esauritesi in epoca anteriore alla sua entrata in vigore (Cass. Civ. 29.04.2015 n. 8725) e, in caso di servitu' apparente di passaggio, questa puo' ritenersi costituita per destinazione del padre di famiglia solo quando la cessazione dell'appartenenza dei due fondi all'originario unico proprietario si sia verificata dopo l'entrata in vigore dell'attuale codice civile (Cass. Civ. 22 ottobre 1998 n. 10475; Cass. Civ. 13 giugno 1995, n. 6682; Cass., Civ. 5 gennaio 1983, n. 6; Cass. Civ., 6 giugno 1979, n. 3207). 1.5.Nel caso di specie, poiche' il momento costitutivo della servitu' risale ad epoca precedente alla vigenza dell'attuale codice civile - ovvero alla data del 14.10.1927, quando l'originario proprietario (OMISSIS) con atto per notar (OMISSIS) del 14.10.1927 divise la proprieta' tra i suoi quattro figli detta servitu' non poteva essere costituita per destinazione del padre di famiglia. 2. L'accoglimento del primo motivo comporta l'assorbimento del secondo e terzo motivo di ricorso, con i quali si censura il profilo dell'apparenza della servitu' e del quarto motivo di ricorso, con il quali si deduce la decisione della Corte di merito alla dichiarazione di incapacita' di due testi. 3. Sono, altresi', assorbiti il sesto motivo di ricorso (capo VIII; pag. 18 del ricorso; con cui si deduce, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, n. 3 e 4 c.p.c., la violazione degli articoli 1482 c.c., 1484 c.c. e 1489 c.c. e dell'articolo 112 c.p.c. in relazione alla domanda di garanzia nei confronti dei terzi chiamati) ed il settimo motivo di ricorso (capo decimo; pag. 19 del ricorso con cui si deduce la regolamentazione delle spese di lite con i terzi chiamati in garanzia). 4.Con il quinto motivo di ricorso (indicato come "CAPO SESTO"; pag. 17 del ricorso), si deduce la violazione degli articoli 936 c.c. e dell'articolo 112 c.pc., perche' la Corte di merito, stabilita la linea di confine tra le due proprieta', avrebbe ordinato la "rimozione di quanto realizzato dal (OMISSIS) sulla proprieta' (OMISSIS)" senza esaminare il profilo della buona fede e la circostanza che l'attore non ne avrebbe chiesto la restituzione entro sei mesi. 4.1. Il motivo e' inammissibile per difetto di specificita' in quanto la ricorrente non allega se la questione, che implica un accertamento di fatto, sia stata proposta nei gradi di merito. 5. Con l'ottavo motivo di ricorso (capo nono, pag.22 del ricorso), si deduce la violazione del Decreto Ministeriale n. 1444 del 1968, articolo 9, degli articoli 115 c.p.c. e 116 c.p.c., dell'articolo 112 c.p.c., oltre all'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, costituito dal mancato recepimento della CTU; la Corte d'appello avrebbe erroneamente applicato il Decreto Ministeriale n. 1444 del 1968, articolo 9, comma 1, n. 2, che prevede il rispetto della distanza di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, anziche' il n. 1 della stessa norma, nonostante si trattasse non di nuova costruzione ma di risanamento conservativo. A tali conclusioni, la corte di merito sarebbe giunta senza esaminare le conclusioni della CTU, che avrebbe concluso per la legittimita' delle opere realizzate dal convenuto (OMISSIS). 6. Con il nono motivo di ricorso si deduce la violazione del DM 1444 68, articolo 9, comma 1, n. 1, dell'articolo 112 c.p.c., del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 10, dell'articolo 79, comma 2 della Legge Regionale Toscana n. 1/2005, oltre all'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio; avrebbe errato la Corte di merito nel non ritenere applicabile il DM 1444 del 1968, articolo 9, comma 1, n. 1 in quanto l'intervento avrebbe interessato il patrimonio edilizio ricadente in zona A ed inserito nel Piano di Recupero, ragione per la quale l'intervento doveva essere qualificato come opera di risanamento conservativo o, al piu', come ristrutturazione, anche in base alla L. n. 457 del 1978 e dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001. Inoltre, non sarebbe rilevante la circostanza che fossero state aperte nuove vedute dal momento che le aperture erano state realizzate su una parete gia' finestrata. 7. Con il decimo motivo di ricorso si deduce la violazione dell'articolo 53 del Regolamento Edilizio del Comune di (OMISSIS), dell'articolo 112 c.p.c. per avere la Corte di merito omesso di esaminare la concreta applicabilita' del Regolamento Edilizio del Comune di (OMISSIS), che non sarebbe in contrasto con il Decreto Ministeriale n. 1444 del 1968 ma lo integrerebbe nella parte in cui prevede il recupero delle strutture originarie. 8. Con il dodicesimo motivo di ricorso si deduce, in via subordinata la violazione del DM 1444-68, articolo 9 e dell'articolo 907 c.c., per avere la Corte di merito disposto l'arretramento dell'immobile edificato da (OMISSIS) per violazione delle distanze dalle vedute, nonostante non si trattasse di edifici fronteggianti ma le vedute sarebbero poste su un'area non edificata. 9. I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati. 9.2. Nell'ambito delle opere edilizie, come puo' ricavarsi dal D.P.R n. 380 del 2001, articolo 3, comma 1, lettera d), che ha riprodotto della L. n. 457 del 1978, articolo 31, la semplice "ristrutturazione" si verifica soltanto se gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano e rimangano inalterate le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura. Viceversa, e' ravvisabile la "ricostruzione" allorche' dell'edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, tali componenti e l'intervento si traduca nell'esatto ripristino delle stesse senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria. In presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di "nuova costruzione", come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente al momento della medesima (Cass. S.U. n. 21578 del 2011; Cass. n. 14902 del 2013, Cass. n. 17043 del 2015 e Cass. n. 15041 del 2018, la quale ha qualificato come nuova costruzione un edificio che presentava, rispetto a quello preesistente, un lieve incremento della superficie ed un modesto aumento del volume). 9.3. La ristrutturazione edilizia, solo se non comporta aumenti di superficie o di volume, non integra una nuova costruzione e non e', pertanto, assoggettata alla disciplina in tema di distanze (Cass. n. 10873 del 2016). Viceversa, ove comporti aumenti di superficie o di volume, la ristrutturazione edilizia si configura come una nuova costruzione ed e', come tale, sottoposta alla disciplina in tema di distanze, vigente al momento della realizzazione dell'opera, e alla relativa tutela ripristinatoria (Cass. n. 17043 del 2015; Cass. n. 11049 del 2016; Cass. n. 4009 del 2022). 9.4. Rimane, pertanto, del tutto irrilevante la definizione di "ristrutturazione edilizia" contenuta negli strumenti urbanistici locali in quanto, ai fini del rispetto delle distanze, la nozione di costruzione e' unica e consiste in qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidita' ed immobilizzazione rispetto al suolo, indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata. 9.5. Peraltro, se la ristrutturazione di un fabbricato si concretizza nella sopraelevazione dell'edificio preesistente, tale sopraelevazione, a sua volta, anche se di dimensione ridotta, comporta pur sempre un aumento della volumetria e della superficie di ingombro ed e', dunque, tenuta, quale nuova costruzione, al rispetto della disciplina delle distanze. La sopraelevazione, infatti, anche se di ridotte dimensioni, comporta sempre un aumento della volumetria e della superficie di ingombro e va, pertanto, considerata a tutti gli effetti, e, quindi, anche per la disciplina delle distanze, come nuova costruzione (Cass. n. 21059 del 2009; Cass. n. 15528 del 2008; Cass. n. 17043 del 2015; Cass. n. 11049 del 2016; Cass. n. 15732 del 2018; Cass. n. 4009 del 2022). 9.6. La nozione di costruzione trova applicazione anche in relazione al rispetto delle distanze previste dal Decreto Ministeriale n. 1444 del 1968 (Cassazione civile sez. II, 24/06/2022, n. 20428), che, essendo stato emanato su delega della L. 17 agosto 1942, n. 1150, articolo 41-quinquies (c.d. legge urbanistica), aggiunto dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, articolo 17, ha efficacia di legge dello Stato, sicche' le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densita', altezza e distanza tra i fabbricati prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica (Cass. Sezioni Unite, sentenza n. 14953 del 07/07/2011 (Rv. 617949). 9.7. A tali principi si e' uniformata la Corte di merito, la quale ha accertato che il (OMISSIS) aveva realizzato vedute a distanza inferiore a dieci metri, trasformato tre archi muniti di mezzane (che originariamente non consentivano la veduta) in altrettante finestre ad arco che prospettavano direttamente la proprieta' (OMISSIS) a distanza inferiore di dieci metri e sopraelevato il suo fabbricato posto a distanza inferiore a dieci metri dalla porta finestrata della proprieta' (OMISSIS). 9.8. Correttamente, la Corte distrettuale ha affermato che il DM 1444-68, articolo 9 ha efficacia di legge dello Stato, sicche' le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densita', altezza e distanza tra i fabbricati prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica (Sez. Unite, 14953/2011 e, di recente, ex multis Cass. Civ., sez. II, 15/01/2021, n. 624). 9.9. Infine, la Corte di merito ha accertato che non era applicabile la deroga alla disciplina stabilita dalla normativa statale, apportata dagli strumenti urbanistici regionali nel caso di gruppi di edifici oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate - con previsioni planovolumetriche inseriti in strumenti urbanistici funzionali a soddisfare interessi pubblici legati al governo del territorio - in quanto gli edifici in questione, di proprieta' (OMISSIS) e (OMISSIS) non facevano parte del medesimo piano di recupero, che interessava solo la proprieta' (OMISSIS) (cfr. in tema, Cassazione civile sez. II, 30/03/2023, n. 8987). 10. Con l'undicesimo motivo di ricorso si deduce, in via gradata, la violazione del DM1444 68, articolo 9 e dell'articolo 112 c.p.c. per avere la Corte di merito imposto l'arretramento fino a dieci metri dalla proprieta' (OMISSIS) e non dalla parete finestrata e per aver imposto l'arretramento dell'intera porzione dell'edificio fronteggiante l'abitazione di (OMISSIS) e non della sola parte costituente la sopraelevazione. 10.1. Il motivo e' fondato. 10.2. Come affermato da questa Corte, in caso di violazione delle distanze, la condanna all'arretramento ha ad oggetto quanto successivamente edificato oltre i limiti del volume preesistente, ove il costruttore sia stato proprietario di un preesistente volume edilizio, o all'integrale eliminazione della nuova edificazione, qualora invece non sussista alcun preesistente volume (Cass. civile sez. II, 23/01/2018, n. 1616). 10.3. E' pertanto errata la decisione della Corte d'appello che ha disposto "la rimozione di quanto realizzato dal (OMISSIS) sulla proprieta' (OMISSIS)". 11. Con il tredicesimo motivo di ricorso, si deduce la violazione del DM 1444-68, articolo 9, comma 2, dell'articolo 872 c.c. e dell'articolo 2043 c.c., per avere la Corte d'appello disposto il risarcimento dei danni per il deprezzamento dell'immobile e per la diminuzione della luce e del panorama conseguenti alla violazione delle distanze sebbene non vi fosse stata alcuna violazione delle norme vigenti. 11.1. Il motivo e' infondato. 11.2. Il risarcimento dei danni e' conseguenza della violazione delle distanze accertata dalla Corte di merito sicche' e' corretta la statuizione di condanna nei confronti di (OMISSIS) che aveva commesso detta violazione. 12. Deve essere, quindi, esaminato l'unico motivo del ricorso incidentale, con il quale (OMISSIS) deduce l'omesso esame degli atti traslativi della proprieta' successivi all'atto di divisione del 14.10.1927, da cui si evincerebbe che i danti causa di (OMISSIS) non avevano la proprieta' del mappale (OMISSIS) ma la comproprieta'. Il ricorrente incidentale sostiene che nei successivi trasferimenti di proprieta' si faceva esplicito il riferimento al "passo a comune", sottolineando che la comproprieta' del passo sarebbe dimostrata dalle risultanze delle mappe catastale, esaminate dal CTU, delle quali la Corte di merito non avrebbe tenuto conto. Inoltre, nelle Norme Tecniche di Attuazione del Comune di (OMISSIS), il mappale (OMISSIS) sarebbe stato classificato all'interno della categoria degli "accessori comuni". La circostanza che nell'atto per notar (OMISSIS) del 22.4.1994 venisse fatto riferimento al trasferimento a (OMISSIS) nella piena proprieta' del mappale (OMISSIS) sarebbe determinata dalla soppressione di tale mappale e dall'incorporazione al mappale 249. 12.1. Il motivo e' infondato. 12.2. La Corte d'appello ha accertato che sin dall'inizio del 1900, i fondi costituenti la (OMISSIS) appartenevano ad un unico proprietario e che dopo la sua morte, con atto per notar (OMISSIS) del 1927, la proprieta' venne divisa tra i figli e vennero formate quattro quote. La p.lla (OMISSIS) venne assegnata in comune alla seconda e terza quota, poi pervenute a (OMISSIS) attraverso i successivi atti traslativi, mentre al dante causa di (OMISSIS) venne assegnata la prima quota. 12.3. Cosi' accertata la proprieta' esclusiva in capo a (OMISSIS), solo attraverso la prova di un atto costitutivo del condominio poteva essere rivendicata la comunione del mappale (OMISSIS), in quanto in occasione dell'atto di divisione, la proprieta' di un bene potenzialmente rientrante nell'ambito dei beni comuni era stata riservata a uno solo dei contraenti, sicche' deve escludersi che tale bene potesse rientrare nel novero di quelli comuni (Cassazione civile sez. II, 09/08/2018, n. 20693; Cass. 11812/2011) 12.4. Pur trattandosi di bene potenzialmente idoneo all'uso comune, perche' destinato al passaggio, la presunzione di comunione era superata dalla chiara ed univoca volonta' delle parti di riservare esclusivamente ad uno dei condomini la proprieta' di taluno di quei beni e tale volonta' era stata manifestata nell'atto di divisione. 12.5. Ne consegue che i successivi atti di trasferimento, in cui viene fatto riferimento al "passo a comune", non sono decisivi al fine di provare la comproprieta' del mappale, ne', tanto meno, hanno valore decisivo le risultanze delle mappe catastali, che costituiscono un sistema secondario e sussidiario di accertamento della proprieta'. 12.6. Il regime probatorio della proprieta', e della comproprieta', e' soddisfatto dall'accertamento compiuto sulla base degli iniziali titoli di acquisto, il cui contenuto non e' stato censurato e dal quale risultava la proprieta' esclusiva del mappale (OMISSIS) e l'assegnazione della particella ai danti causa di (OMISSIS). 12.7. Secondo l'accertamento della Corte di merito, quindi, il titolo d'acquisto escludeva in maniera inequivocabile la comunione del bene, mentre non sono utilizzabili i dati catastali, utili solo come concorrenti elementi indiziari (Cass. 8152/01; Cass. 5633/2002). 12.8. Nessun valore probatorio assumono, poi, le classificazioni contenute nei regolamenti edilizi, che costituiscono atti esterni alla volonta' contrattuale delle parti. 13.Vanno pertanto accolti, il primo e l'undicesimo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo, terzo, quarto, sesto e settimo motivo di ricorso; va dichiarato inammissibile il quinto motivo di ricorso, rigettati l'ottavo, nono, decimo, dodicesimo, tredicesimo ed il ricorso incidentale. La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d'appello di Firenze in diversa composizione. 13.1. Il giudice di rinvio regolera' le spese del giudizio di legittimita'. 14. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. Accoglie il primo e l'undicesimo motivo di ricorso, dichiara assorbiti il secondo, terzo, quarto, sesto e settimo motivo di ricorso; dichiarato inammissibile il quinto motivo di ricorso; rigetta l'ottavo, nono, decimo, dodicesimo, tredicesimo ed il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d'appello di Firenze in diversa composizione. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da' atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSI Elisabetta - Presidente Dott. AIELLI Lucia - Consigliere Dott. D'AURIA Donato - rel. Consigliere Dott. SARACO Antonio - Consigliere Dott. LEOPIZZI Alessandro - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 13/09/2022 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere DONATO D'AURIA; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ANDREA VENEGONI, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020 articolo 23 comma 8 e s.m.i. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di Appello di Caltanissetta con sentenza del 13/9/2022 confermava la sentenza pronunciata dal Tribunale di Caltanissetta in data 28/1/20222, che aveva condannato (OMISSIS), per il reato di cui all'articolo 631 c.p. alla pena di mesi due di reclusione ed Euro cento di multa, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile. 2. L'imputato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione, deducendo con il primo motivo la violazione di legge ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B), per inosservanza o erronea applicazione della legge penale, con riferimento all' articolo 631 c.p. e articolo 1158 c.c. Rileva, in particolare, che la Corte territoriale erra quando ritiene sussistente l'elemento oggettivo del reato, costituito dalla altruita' del bene. Ed invero, le due particelle di terreno per cui si procede sono state donate all'odierno imputato dai di lui genitori, che le avevano acquistate per usucapione ventennale. Dunque, non rileva il mancato accertamento giudiziale dell'usucapione, posto che ha natura accertativa e non costitutiva del diritto; ne' rileva l'iscrizione delle ipoteche sul bene e la loro conoscenza da parte del ricorrente, che al piu' consentono al creditore di far valere le proprie ragioni nei confronti del nuovo proprietario. 2.1 Con il secondo motivo eccepisce la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera E), Osserva che la sentenza si appalesa illogica e contraddittoria nella parte in cui afferma che, nell'apporre i termini, consistenti nella recinzione metallica, l'imputato aveva escluso le due particelle per cui si procede, con cio' escludendo i terzi dal godimento della sua proprieta', ma nel contempo escludendo se stesso dal godimento del fondo della persona offesa, cosi' riconoscendo implicitamente la sua proprieta'. Non si comprende allora la coerenza di un ragionamento giuridico che ritiene esistente la prova della mancata recinzione delle particelle oggetto della presunta usurpazione e di contro assume integrato il reato di cui all'articolo 631 c.p. per la rimozione di tali termini. 3. In data (OMISSIS), sono pervenute la memoria difensiva e le conclusioni scritte della parte civile. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per i motivi che seguono. 1.1 II primo motivo e' inammissibile perche' aspecifico, atteso che si confronta solo apparentemente con la motivazione del provvedimento impugnato, come si vedra'. Tenuto conto della peculiare modalita' di redazione del ricorso, che ha sostanzialmente riprodotto il contenuto dei motivi di appello, si rende opportuna una premessa: la funzione tipica dell'impugnazione e' quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce, tale revisione critica si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilita', debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale del ricorso in cassazione e', pertanto, il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento oggetto di impugnazione (per tutte, Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822). Il motivo di ricorso in cassazione e', infatti, caratterizzato da una duplice specificita', dovendo contenere l'indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta presentata al giudice dell'impugnazione e contemporaneamente enucleare in modo specifico il vizio denunciato, deducendo, in modo analitico, le ragioni della sua decisivita' rispetto al percorso logico seguito dal giudice del merito per giungere alla deliberazione impugnata, si' da condurre a decisione differente. La mancanza di specificita' del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non puo' ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificita' che conduce, a norma dell'articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), alla inammissibilita' della impugnazione (Sez. 6, n. 23014 del 29/4/2021, B., Rv. 281521 - 01; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Botartour Sami, Rv. 277710 01; Sez. 2, n. 45958 del 21/10/2022, Bocchino, non massimata). Risulta, pertanto, di chiara evidenza che, se il ricorso si limita, come nel caso oggetto di scrutinio, a riprodurre il motivo di appello, per cio' solo si destina all'inammissibilita', venendo meno in radice l'unica funzione per la quale e' previsto e ammesso, posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento impugnato, lungi dall'essere destinatario di specifica criticai argomentata, e' di fatto del tutto ignorato. Orbene, rileva il Collegio che, nel caso di specie, il ricorso e' del tutto fuori fuoco, atteso che da un lato si sofferma sulla natura costitutiva della usucapione e su quella dichiarativa del suo accertamento giudiziale e dall'altro sulla rilevanza delle iscrizioni ipotecarie, senza tuttavia confrontarsi con la motivazione dei giudici di merito (si e' in presenza di una cosiddetta doppia conforme, con la conseguenza che le due motivazioni si integrano vicendevolmente), che con un percorso logico argomentativo immune da vizi da' conto del perche' la usucapione non e' maturata (e' sufficiente, sul punto, tra i plurimi elementi indicati dai giudici di merito richiamare il dato per cui erano intercorse trattative tra imputato e persona offesa per l'acquisto delle due particelle non andate a buon fine) e, dunque, sussiste l'elemento oggettivo del reato contestato. 1.2 Anche il secondo motivo e' inammissibile perche' palesemente infondato. Ed invero, il ragionamento seguito dalla Corte territoriale e' immune da vizi logici, con la conseguenza che non e' censurabile in sede di legittimita': i termini apposti dal (OMISSIS), dividevano, delimitandole, le due proprieta', per cui - facendoli rimuovere - il ricorrente si e' appropriato delle due particelle che erano di proprieta' del (OMISSIS). 1.3 Dall'esito del giudizio discende la condanna dell'imputato alla rifusione delle spese di costituzione e difesa sostenute dalla parte civile (OMISSIS), che si liquidano in complessivi Euro tremila settecento, oltre accessori di legge. 2. All'inammissibilita' del ricorso segue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonche', ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita', al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di Euro tremila, cosi' equitativamente fissata. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che liquida in complessivi Euro tremila settecento, oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. GUARDIANO Alfredo - Presidente Dott. SESSA Renata - rel. Consigliere Dott. CANANZI Francesco - Consigliere Dott. MOROSINI Elisabetta - Consigliere Dott. CIRILLO Pierangelo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza dei 14/04/2022 della CORTE APPELLO di NAPOLI; visti gli atti, ii provvedimento impugnato e ii ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. RENATA SESSA; udito i Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. LETTIERI NICOLA, che ha concluso chiedendo RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza del 14 aprile 2022, la Corte di appello cli Napoli ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Napoli Nord del 27 maggio 2021 nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), entrambi dichiarati colpevoli del reato di cui all'articolo 612 bis c.p. in danno di (OMISSIS) e condannati, rispettivamente, alla pena di anni uni e mesi sei di reclusione e alla pena di anni uno di reclusione, oltre al pagamento, in solido tra loro, del risarcimento del danno in favore della costituita parte civile; gli stessi erano stati invece assolti dal reato di atti persecutori nei confronti di (OMISSIS). L'accusa attiene a condotte persecutorie poste in essere dagli imputati nei confronti della persona offesa (OMISSIS), realizzate attraverso continui insulti e minacce, appostamenti, dispetti e aggressioni verbali che costringevano quest'ultima a limitare le proprie uscite da casa e a tenere le finestre della stessa perennemente chiuse. 2. Avverso l'indicata sentenza ricorrono per cassazione entrambi gli imputati, a mezzo dei propri difensori di fiducia, con distinti atti di impugnazione. 2.1. Il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) contesta con l'unico motivo articolato, il vizio di motivazione in relazione alla richiesta assolutoria e alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, nonche' violazione di legge in riferimento all'articolo 163 c.p.. Con riguardo alla prima censura, la Corte territoriale ha errato nel condividere pedissequamente il percorso motivazionale del Tribunale, omettendo di fornire un'adeguata motivazione su quanto dedotto dalla difesa nei motivi di appello, specie con riferimento alla attendibilita' della persona offesa, le cui dichiarazioni non sono state adeguatamente vagliate anche alla luce delle altre emergenze processuali tra le quali le deposizioni degli altri condomini che non le riscontrano e quelle degli stessi familiari che hanno parlato di meri dispetti, non avendo peraltro esse trovato alcun riscontro oggettivo all'interno del bagaglio probatorio. Con riguardo ai mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena, la difesa lamenta la carenza di motivazione sul punto, per non avere la Corte territoriale rispettato i parametri richiesti dall'articolo 133 c.p., valorizzando il solo requisito della reiterazione della condotta, dal quale non puo' certamente desumersi che l'imputata, peraltro soggetto incensurato, reiterera' anche in futuro gli atti persecutori e non decida, piuttosto, di cambiare condotta di vita onde evitare l'esecuzione della pena, sicche' avrebbe dovuto considerarsi anche la funzione di prevenzione sociale insita nel beneficio della sospensione condizionale della pena. Inoltre, si pone in evidenza come nonostante in sede di discussione fosse stata avanzata la richiesta della concessione dei benefici di legge, da intendersi comprensiva anche di quello della non menzione della condanna nel certificato penale a richiesta dei privati, sia stata del tutto pretermessa ogni valutazione in ordine a tale beneficio. 3. Il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) deduce due motivi. 3.1. Con il primo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'articolo 192 c.p.p., per avere ritenuto la Corte di appello, al pari del Tribunale, attendibili le dichiarazioni rese dalla persona offesa, senza tenere conto di quanto esposto dalla difesa in sede di motivi aggiunti di gravame in cui si evidenziavano le seguenti circostanze sopravvenute idonee a minare il giudizio di genuinita' ed attendibilita' delle suddette dichiarazioni: - successivamente alla sentenza di primo grado, nei confronti del ricorrente, veniva aggravata la misura cautelare in seguito ad una nuova denuncia - querela sporta dalla medesima persona offesa, in relazione alla quale e' sorto un autonomo procedimento penale a carico del (OMISSIS). In quell'occasione, la difesa presentava una memoria difensiva con annessa denuncia - querela nei confronti della (OMISSIS), nella quale si evidenziava come quest'ultima non avesse mai sporto querela nell'immediatezza dei fatti, non avesse mai reputato opportuno allertare le forze dell'ordine in suo soccorso e, ancora, non avesse mai indicato testimoni che avrebbero potuto assistere agli eventi oggetto di denuncia; - ogniqualvolta la persona offesa e' stata escussa ovvero ha sporto querela nei confronti dell'imputato, non ha mai indicato la data certa e precisa in cui' si sarebbero verificato i fatti contestati, riferendosi piuttosto a periodi ampi, in modo tale da non consentire all'imputato di difendersi adeguatamente, provando che in una determinata data egli si trovasse altrove. Ulteriore contraddizione si evidenzia in riferimento al fatto che la persona offesa sarebbe stata minacciata con un'arma, circostanza questa dapprima denunciata e poi dimenticata dalla stessa sia in sede di escussione a s.i.t., intervenuta solo sedici giorni dopo. 3.2. Con il secondo motivo si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'articolo 197-bis c.p.p., per non avere il Giudice di primo grado rivolto alla (OMISSIS), in qualita' di testimone assistito nella duplice veste di persona offesa e indagata in un procedimento connesso, tutti gli avvertimenti previsti dalla legge. Tale difetto procedurale, non e' stato comunque sanato alla successiva udienza in data 27.05.2021, laddove la persona offesa veniva richiamata a testimoniare, poiche' anche in quella sede alla stessa non venivano rivolti i dovuti avvisi di legge. Sul punto, la Corte territoriale non ha fornito adeguata motivazione, incorrendo cosi' nel vizio sopra indicato. 3. Il ricorso e' stato trattato, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, e succ. mod., senza l'intervento delle parti che hanno cosi' concluso per iscritto: il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibili i ricorsi; il difensore della parte civile si e' associata alle richieste del Procuratore generale, allegando note spese; il difensore dell'imputato (OMISSIS) ha insistito nell'accoglimento del ricorso, contro-deducendo agli argomenti spesi dal P.G. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi sono entrambi inammissibili. 1.1.I motivi che si fondano sulla valutazione della prova - comuni ad entrambi i ricorsi sono generici, meramente rivalutativi e in fatto,, in quanto tali non deducibili in sede di legittimita'. Essi, oltre che portati esclusivamente sulla valutazione del compendio probatorio, non gia' evidenziando effettive illogicita' o contraddittorieta' del discorso giustificativo, ma semplicemente invocandone uno di segno diverso, si fondano su censure costituenti mera reiterazione di quelle svolte in appello e qui pedissequamente riproposte senza un effettivo confronto con la sentenza impugnata che ha gia' fornito risposte esaurienti rispetto ad esse. Cio' vale sia per la doglianza di cui alla prima parte dell'unico motivo di ricorso articolato nell'interesse della (OMISSIS), che mira, peraltro genericamente, a mettere in discussione la valutazione di attendibilita' della persona offesa, sia per quella proposta col primo motivo nell'interesse di (OMISSIS) che parimenti attinge il giudizio di credibilita' della persona offesa. I motivi indicati sono anche manifestamente infondati perche' la Corte di appello ha dato conto adeguatamente delle ragioni della conferma del positivo giudizio di credibilita' della persona offesa evidenziando come essa si fosse diffusa sulla risalenza dei rapporti conflittuali con i componenti della famiglia (OMISSIS), inquilini di un immobile di proprieta' di (OMISSIS), madre della predetta, i quali a partire dagli anni 2007-2008 avevano sospeso il pagamento del canone di locazione e, richiesti di sanare la morosita' e di stipulare regolare contratto, avevano preteso la corresponsione di una somma di 40.000 Euro che' altrimenti avrebbero continuato ad occupare l'abitazione senza pagare il canone ed avrebbero promosso l'azione civile per ottenere la declaratoria di acquisto per usucapione. Ne' ha mancato di evidenziare, la sentenza impugnata, che la persona offesa nei primi tempi in cui si era trasferita ad abitare nello stabile situato di fronte a quello della famiglia (OMISSIS), (OMISSIS) si era dimostrato gentile con lei e l'aveva addirittura corteggiata, per poi cambiare atteggiamento quando ella lo aveva reso edotto dei suo rifiuto ad intraprendere una relazione sentimentale, rinfacciandogli tra l'altro la causa civile promossa contro sua madre per danni asseritamente subiti dalla caduta di calcinacci dal fabbricato di sua proprieta', con conseguente pignoramento della pensione della congiunta. Ha obbiettivamente operato dei distinguo e delle precisazioni in ordine alla posizione di ciascuno imputato descrivendo le condotte vessatorie ed ingravescenti tenute dal solo (OMISSIS), escludendo, d'altro canto, che le stesse fossero perdurate dopo la sottoposizione del medesimo alla misura del divieto di avvicinamento; ha precisato che solo a partire dal mese di settembre 2018 la (OMISSIS) aveva assunto un atteggiamento ostile e denigratorio nei suoi confronti mentre (OMISSIS) - assolto gia' in primo grado per non aver commesso il fatto - aveva mantenuto un contegno pacato interrotto solo da qualche sporadica e meno significativa condotta denigratoria. Sempre nella serena ed obbiettiva deposizione della persona offesa aveva trovato riscontro anche la ulteriore pronuncia favorevole per le condotte ascritte ai danni di (OMISSIS), cio' a testimonianza della assenza di una presa di posizione da parte della (OMISSIS), nei confronti della famiglia (OMISSIS) e dello stesso (OMISSIS), dettata da motivi di astio e di vicinato. Ne' la persona offesa aveva mancato di indicare gli episodi specifici occorsi che in considerazione dell'esteso lasso di tempo in cui si inserivano non erano evidentemente, sempre, collocati in un determinato giorno preciso ma erano comunque circoscritti temporalmente mediante indicazione del mese e dell'anno in cui si erano verificati (non mancando comunque indicazioni anche di date piu' precise cosi' per i fatti del (OMISSIS)); essi erano cio' nondimeno raccontati con dovizia di particolari, in tutte le loro sfaccettature ed implicazioni, con riferimenti al contesto in cui erano maturati e si erano verificati. Indi, ha concluso la corte di appello che il racconto reso fosse misurato nei toni, dettagliato, coerente con le dichiarazioni procedimentali, scevro da contraddizioni interne e contraddistinto da una ricostruzione dell'intera vicenda in termini precisi ed obbiettivi, e sotto un profilo temporale, e con riguardo alla riferibilita' soggettiva delle singole condotte. Non mancano poi elementi di validazione esterna - prosegue la sentenza impugnata - sia di natura dichiarativa rinvenibili nella testimonianza di (OMISSIS) e in quella di (OMISSIS) che ha riferito di avere sovente e su sua richiesta accompagnato a casa la (OMISSIS) terrorizzata dal poter imbattersi, rientrando, in (OMISSIS), sia di riscontro obiettivo, rappresentato dal rinvenimento, a seguito della perquisizione eseguita presso l'abitazione degli imputati, della pistola (a salve) cui la (OMISSIS) aveva fatto riferimento raccontando della minaccia subita nel (OMISSIS) da parte di (OMISSIS). Ne' un siffatto quadro probatorio granitico poteva essere scalfito - si legga ancora nella pronuncia impugnata dalle generiche e contenutisticamente irrilevanti dichiarazioni dei testi a discarico o dagli ulteriori argomenti e circostanze addotte dalla difesa nella memoria difensiva. Ebbene, a fronte di una siffatta motivazione congrua, affatto immune da illogicita' di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilita' di apprezzamento e valutazione (v. per tutte da ultimo, Sez. 4, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, rv. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimita', i rilievi, le deduzioni e le doglianze espresse dai ricorrenti si appalesano, oltre che aspecifici, anche manifestamente infondati difettando i vizi denunciati. 1.2. Passando quindi all'esame della doglianza sui benefici di legge pure sviluppata nel motivo unico articolato nell'interesse della Magliuio, deve innanzitutto osservarsi che il mancato riconoscimento della sospensione condizionale risulti sotteso da elementi utili per una corretta valutazione finalizzata ad un giudizio prognostico di ricaduta nel reato (ossia, reiterazione delle condotte, proseguite anche durante la pendenza del giudizio di primo grado), per cui il relativo rilievo sollevato in ricorso e' insindacabile nella presente sede di legittimita'. Ed invero, come ha piu' volta avuto modo di affermare questa Corte, in tema di sospensione condizionale della pena, il giudice dli merito, nel valutare la concedibilita' del beneficio, non ha l'obbligo di prendere in esame tutti gli elementi richiamati nell'articolo 133 c.p., potendo limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti in senso ostativo alla sospensione (Sez. 4, n. 48013 del 12/07/2018, Rv. 273995 - 01). Il riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena presuppone la formulazione di una prognosi favorevole in ordine al futuro comportamento dell'imputato in relazione ai fatti di reato per i quali ha riportato condanna, prognosi che nel caso di specie e' stata svolta in termini negativi in considerazione della pluralita' delle condotte poste in essere nel tempo dalla ricorrente anche in costanza di giudizio; il giudice di merito ha in buona sostanza ritenuto che a fronte della gravita' del fatto e della reiterazione della condotta non potesse assumere valore scriminante ai fini di una prognosi favorevole la sola circostanza dell'incensuratezza. Quanto infine al mancato riconoscimento della non menzione, la doglianza sembra rivolta al giudice di primo grado che nonostante la richiesta dei benefici di legge formulata dalla difesa in sede di discussione non si sarebbe pronunciato sul punto, laddove nell'atto di appello essa e' stata proposta in maniera del tutto generica tant'e' che la corte territoriale ha ritenuto inammissibili tutte le doglianze sul trattamento sanzionatorio, pur entrando poi comunque nel merito della loro - manifesta - infondatezza. In ogni caso deve ricordarsi che la pronuncia di diniego del beneficio previsto dall'articolo 175 c.p. puo' ritenersi implicita nella motivazione con cui il giudice non riconosce le attenuanti generiche, ne' il beneficio della sospensione condizionale della pena, evidenziando gli aspetti che non consentono di formulare un giudizio positivo nei confronti dell'imputato, dal momento che il legislatore fa dipendere la concessione della non menzione della condanna nei certificato del casellario giudiziale dalla valutazione degli stessi elementi indicati dall'articolo 133 c.p., valutazione comunque rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito essendo il beneficio della non menzione della condanna di cui all'articolo 175 c.p. fondato sul principio dell'"emenda", tendendo a favorire il processo di recupero morale e sociale del condannato (Sez. 2, n. 16366 del 28/03/2019, Rv. 275813 - 01). 1.3. Passando, infine, al secondo e ultimo motivo articolato nell'interesse di (OMISSIS), non possono che condividersi gli argomenti, tutti, spesi dalla Corte di appello a sostegno della manifesta infondatezza della censura, gia' dinanzi ad essa svolta, sulla assunta violazione dell'articolo 197-bis c.p.p. per non essere stati ritualmente rivolti alla persona offesa, indagata in procedimento connesso, prima della sua escussione, tutti gli avvisi previsti dalla legge. Di la' dell'assoluta genericita' dell'eccezione qui riproposta senza neppure indicarsi gli avvisi che, in occasione della seconda escussione, secondo la difesa, sarebbero stati pretermessi, deve rilevarsi che la Corte di appello ha innanzitutto posto in evidenza come la censura mossa sulla base di denunce-querele sporte dagli imputati nei confronti della (OMISSIS) per fatti di molestie, ingiurie e minacce indicati come commessi nei mesi di (OMISSIS) - in epoca successiva ai fatti attribuiti a (OMISSIS) - non avesse neppure specificato se quelle denunce avessero provocato l'esercizio dell'azione penale; precisando che comunque si era proceduto ad escutere la (OMISSIS) come teste assistita in quanto indagata in procedimento connesso, avvertendola della facolta' di non rispondere, facolta' della quale la persona offesa dichiarava di non volersi avvalere, confermando la precedente deposizione. In ogni caso la sentenza impugnata e' entrata nel merito della questione osservando che, secondo il piu' recente indirizzo delle Sezioni Unite, sono inutilizzabili le dichiarazioni rese in dibattimento da persona cui compete la qualifica di imputato indagato in procedimento connesso ex articolo 12 c.p.p. o collegato ex articolo 371 c.p.p., se l'esame non e' preceduto dall'avvertimento di cui all'articolo 64 c.p.p., comma 3 oltre che dell'avvertimento della facolta' di non rispondere (Sez. U, n. 33583 del 26/03/2015, Lo Presti). Cio' nondimeno ha ritenuto - non condividendo l'impostazione seguita dal giudice di primo grado - che nel caso di specie non ricorressero i presupposti previsti dall'articolo 12 c.p.p. e articolo 371 c.p.p., comma 2, lettera a) e b) affinche' la dichiarante potesse essere qualificata indagata in procedimento connesso o probatoriamente collegato. Avendo la sentenza impugnata motivato adeguatamente il rigetto del motivo di appello, riproposto come motivo di ricorso per cassazione, concernente le modalita' di escussione della persona offesa, se ne ripercorrono i passaggi salienti sul tema, ricostruttivi in diritto e in fatto la vicenda processuale in argomento. A norma dell'articolo 12 del codice di rito, integralmente richiamato dall'articolo 371 c.p.p., comma 2 lettera a) vi e' connessione nei casi di concorso di persone nel reato o di cooperazione nella determinazione del medesimo evento, di continuazione e di concorso formale di reati e di reati commessi per eseguire opere occultare gli altri reati. A norma dell'articolo 371, comma 2 lettera b) invece vi e' collegamento se si tratta di reati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri o per conseguirne o assicurarne al colpevole il profitto, il prezzo il prodotto o l'impunita' o che sono stati commessi da piu' persone in danno reciproco le une delle altre ovvero se la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un'altra circostanza (Sez. 1, n. 20972 del 09/06/2020 Ud. (dep. 15/07/2020), Rv. 279319 - 01; conformi Sez. 5, n. 31170 del 20/05/2009 - dep. 28/07/2009, Sganzerla, Rv. 244491; Sez. 5, n. 37321 del 08/07/2008 -dep. 01/10/2008, Sailis, Rv. 241636). Ora, nel caso in esame, va esclusa con immediatezza la configurabilita' dei presupposti per l'applicabilita' di una delle ipotesi di connessione rilevanti a norma dell'articolo 12 c.p.p. e articolo 371 c.p.p., comma 2, lettera a), ma - ad avviso della Corte territoriale - nemmeno sussistono i presupposti per la configurabilita' del collegamento ex articolo 371 c.p.p., comma 2, lettera b). Escluso il collegamento relativo al reati realizzati per conseguire e assicurare al colpevole il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunita' in ordine ad altri reati, il legame di occasionalita' ("reati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri") presuppone la sussistenza di un preciso e obiettivo legame spazio-temporale tra i reati, l'identita' soggettiva reciproca tra gli autori degli stessi nonche' la necessita' che tra i reati commessi nel medesimo contesto l'uno abbia favorito, consentito, propiziato o motivato l'altro. Nella specie - osserva ulteriormente la corte territoriale - non risulta acquisito, ne' e' stato allegato, alcun elemento dal quale possa desumersi che i reati denunciati come commessi in danno degli odierni imputati siano stati "consentiti", "favoriti", "propiziati" o "motivati" da quello oggetto del presente giudizio; cio' che risulta invece e' che ie condotte denunciate dagli imputati sarebbero state realizzate dopo che, a seguito dell'opposizione proposta dalla (OMISSIS) alla richiesta di archiviazione, con provvedimento del 1 luglio 2019, il giudice per ie indagini preliminari aveva gia' disposto la formulazione dell'imputazione a carico degli odierni appellanti per il reato di cui all'articolo 612-bis c.p. (cui era seguito l'esercizio dell'azione penale con richiesta di rinvio a giudizio del 11.7.2019) e, contestualmente, l'archiviazione del procedimento iscritto a carico della (OMISSIS), avente ad oggetto la stessa fattispecie delittuosa (atti persecutori) ipotizzata come commessa in danno di (OMISSIS). Ne' appaiono sussistere gli ulteriori due casi di collegamento previsti dall'articolo 371 c.p.p., comma 2 lettera b), Ed invero, il collegamento probatorio che determina l'incompatibilita' con l'ufficio di testimone "puro" deve riferirsi ad elementi oggettivi di modo che l'accertamento di un reato sia destinato ad influire su quello degli altri; detta incompatibilita' pertanto non puo' discendere dal solo stato di imputato/indagato di un reato in danno della persona nei confronti della quale si procede, essendo ravvisabile soltanto in costanza di un diretto e concreto rapporto di connessione probatoria tra il processo in trattazione e il procedimento in cui il dichiarante e' stato o e' sottoposto, ossia allorquando il collegamento tra i procedimenti sia oggettivamente fondato sull'identita' del fatto ovvero sull'identita' o sulla diretta rilevanza di uno degli elementi di prova dei reati oggetto dei procedimenti stessi (Sez. 1, n. 20972 del 09/06/2020, Rv. 279319 - 01; Sez. 5, n. 37321 del 08/07/2008, Rv. 241636 - 01). Ebbene tale diretto e concreto rapporto di connessione probatoria - si osserva logicamente nella sentenza impugnata - non e' stato dedotto ne' apprezzato dal primo decidente e nemmeno risulta emergere dagli atti, nessuna incidenza potendo attribuirsi in tal senso alla tesi difensiva, sviluppata a detrimento della credibilita' della persona offesa, dell'asserito astio nutrito dalla (OMISSIS) verso gli (OMISSIS), conseguente al positivo esito della causa civile dai predetti intentata contro la madre della parte lesa e che avrebbe determinato rapporti di vicinato conflittuali, deterioratisi nel tempo, cosi' confondendosi presunti atteggiamenti soggettivi con il dato concreto della reciproca interdipendenza probatoria tra i fatti-reato. Per quanto attiene, poi, all'ipotesi dei reati commessi da piu' persone in danno reciproco, le une delle altre, e' pacifico arresto nella giurisprudenza di legittimita' che, al di la' del mero dato formale della reciprocita', la persona offesa di un reato che sia stata poi a sua volta denunciata per altri reati dal soggetto che si assume essere l'autore del reato in suo danno non versa automaticamente in situazione di incompatibilita' con l'ufficio di testimone nel procedimento per il reato commesso in suo danno e puo' essere sentito senza le garanzie difensive qualora quei reati non siano stati commessi nel medesimo contesto spazio-temporale e quindi in stretto collegamento naturalistico o finalistico. Se cosi' non fosse si lascerebbe spazio alla possibilita' di denunce strumentalmente finalizzate a creare situazioni di incompatibilita' a testimoniare, mentre la negazione ai soggetti che versano nella descritta situazione di reciprocita' della piena capacita' di testimoniare deve ritenersi legittima unicamente se il presupposto dell'incompatibilita' sia ancorato ad un elemento oggettivo, come tale non soggettivamente determinabile a piacimento. Solo nelle fattispecie non ricorrenti nel caso al vaglio, nelle quali la reciprocita' si caratterizza per essersi realizzata in unita' di tempo e di luogo, trova giustificazione la limitazione della piena capacita' di testimoniare in quanto solo in tali ipotesi e' possibile ancorare il presupposto dell'incompatibilita' ad un dato oggettivo che non si presta ad essere manipolato. Logico corollario di quanto precede e' - prosegue la sentenza impugnata - che del tutto irrilevante e' il rilievo difensivo circa l'incompletezza degli avvertimenti di legge, non sussistendo situazioni di incompatibilita' con l'ufficio di testimone della (OMISSIS) per il reato commesso in suo danno diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice che sembra aver erroneamente valorizzato il mero dato formale della reciprocita', senza confrontarsi con gli approdi ermeneutici della giurisprudenza di legittimita'. Ma anche per come formulata la doglianza e' priva di pregio; ed invero, in tema di prova dichiarativa, il mancato avvertimento di cui all'articolo 64, comma 3, lettera c), all'imputato di reato probatoriamente collegato, costituito parte civile che renda testimonianza con l'assistenza del difensore nominato per l'esercizio dell'azione civile non determina l'inutilizzabilita' delle relative dichiarazioni in quanto la scelta del medesimo di deporre contro l'imputato e' implicita nell'atto costitutivo e nella presenza in dibattimento per rendere testimonianza (Sez. 1 n. 40705 del 10 gennaio 2018, Capitanio, Rv. 274337). 2. Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilita' dei ricorsi, cui consegue, per legge, ex articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di procedimento, nonche', trattandosi di causa di inammissibilita' determinata da profili di colpa emergenti dal medesimo atto impugnatorio, al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entita' delle questioni trattate. Nulla per le spese di parte civile, non risultando esplicitate le ragioni poste a sostegno delle richieste conclusive rassegnate genericamente nella memoria in atti, riportandosi esse alle conclusioni del P.G. (cfr. Sez. U del 14.7.2022, Sacchettino, dep. il 12.1.2023, n. 877/2023, che in motivazione ha affermato che in relazione al giudizio di legittimita' celebrato con rito camerale non partecipato, la parte civile ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali purche' abbia effettivamente esplicato, anche solo atl:raverso memorie scritte, un'attivita' diretta a contrastare la avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile e risarcitoria fornendo un utile contributo alla decisione). P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Nulla per le spese di parte civile.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROCCHI Giacomo - Presidente Dott. PALMA Talerico - Consigliere Dott. SANTALUCIA Giuseppe - Consigliere Dott. CAPPUCCIO Daniele - rel. Consigliere Dott. TOSXCANI Eva - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso il decreto del 05/11/2021 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA; udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELE CAPPUCCIO; lette le conclusioni del PG, il quale ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' dei ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Con decreto del 5 novembre 2021 la Corte di appello di Reggio Calabria ha rigettato l'impugnazione proposta da (OMISSIS), e, quale terzo interessato, da (OMISSIS), avverso il decreto con cui il Tribunale della stessa citta', il 4 marzo 2020, ha disposto la confisca di un terreno, sito nel quartiere (OMISSIS), intestato alla (OMISSIS), della quale e' stata incidentalmente ritenuta la pericolosita' sociale qualificata. 2. Stando alla ricostruzione dei fatti concordemente avallata dai giudici di merito, (OMISSIS), figlio del proprietario di un fondo sul quale sorgeva un opificio, comunemente denominato "La Fornace" e destinato alla produzione di laterizi e, quindi subentrato al genitore nella titolarita' di detto bene, ha subito, sin dall'ultimo dopoguerra, le vessazioni provenienti dalle famiglie di âEuroËœndrangheta stanziate su quel territorio - i (OMISSIS), i (OMISSIS) ed i (OMISSIS), - i quali, oltre a costringerlo a consegnare loro, con cadenza settimanale, quantitativi di prodotto, hanno abusivamente occupato i suoi terreni, sui quali hanno addirittura realizzato un fabbricato abusivo, dell'altezza di ben cinque piani, ascrivibile al noto boss (OMISSIS), detto "il supremo". (OMISSIS), essendo risultato impossibile cedere il fondo a prezzo di mercato e ad acquirenti estranei alle dinamiche mafiose, si e' infine risolto, nel 2007, a venderlo, a fronte di un corrispettivo molto contenuto, a (OMISSIS), il quale, vicino ai clan della zona, ne ha tollerato ed assecondato le pretese - tanto che (OMISSIS), ha realizzato, su quell'area, un ricovero per i cavalli che soleva destinare allo svolgimento di competizioni clandestine - e si e' espressamente obbligato a trovare un accordo con gli effettivi possessori di una parte, estesa 1.000 mq. dei terreni, tra cui i soggetti indicati come "eredi (OMISSIS)". Nel 2009, tuttavia, la quota di terreno da ultimo indicata e' stata trasferita, a titolo gratuito e transattivo, da (OMISSIS), unitamente ad una ulteriore porzione di 1.900 mq ed in forza di atto transattivo, ad (OMISSIS), nuora di (OMISSIS), (medio tempore deceduto), in quanto moglie di (OMISSIS). Tribunale e Corte di appello, valorizzando le dichiarazioni rese da (OMISSIS) e dallo stesso (OMISSIS), nonche' le risultanze di taluni procedimenti penali, hanno ricondotto ad unita' gli eventi susseguitisi nell'arco di decenni, intesi quale espressione di una precisa strategia estorsiva, attuata con metodo mafioso, finalizzata a sottrarre la disponibilita' e, infine, la titolarita' dell'immobile al legittimo proprietario, suggellata dalla sua intestazione in capo alla (OMISSIS), indicata quale concorrente nell'intera fattispecie criminosa. Hanno, pertanto, ritenuto la pericolosita' sociale qualificata della donna e, in presenza delle ulteriori condizioni di legge, disposto la confisca del fondo. 3. (OMISSIS) e (OMISSIS), propongono, con il ministero dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, con i quali eccepiscono, costantemente, violazione di legge. Con il primo motivo, lamentano che i giudici di merito abbiano arbitrariamente sussunto in un'unica fattispecie due distinte vicende, aventi ad oggetto autonome porzioni del terreno infine acquisito dalla Madaffari la quale, invece, e' rimasta del tutto estranea alla condotta, di natura asseritamente estorsiva, che ha riguardato, in un'epoca in cui ella non era ancora nata, il fondo dell'estensione di 1.000 mq., oggetto esclusivo dell'interesse del defunto (OMISSIS). Deducono, quindi, l'illegittimita' della decisione impugnata nella parte in cui addebita alla (OMISSIS) comportamenti posti in essere dal suocero, unico soggetto della cui pericolosita' sociale, a ben vedere, potrebbe, a loro modo di vedere, discutersi. Rilevano, al riguardo, che le conclusioni raggiunte dalla Corte di appello si imperniano sulla riconduzione della vicenda ad una ipotesi di estorsione a condotta frazionata o prolungata che, oltre a mal conciliarsi con la struttura del delitto sanzionato dall'articolo 629 c.p., di natura solitamente istantanea, e' contraddetta dall'intervento, nel caso di specie, di soggetti diversi e dall'imprevedibilita', all'atto dell'avvio delle prevaricazioni ipoteticamente ascrivibili a (OMISSIS) - che, ribadiscono, in alcun modo sono imputabili ad (OMISSIS), ignara di quanto compiuto, molti lustri prima, dal suocero - degli sviluppi che si sarebbero concretizzati a distanza di decenni. Con il secondo motivo, i ricorrenti obiettano che, dovendosi avere riguardo, in forza delle considerazioni teste' richiamate, alla pericolosita' sociale di (OMISSIS), anziche' a quella di (OMISSIS), i giudici di merito avrebbero dovuto prendere atto dell'improcedibilita' della proposta di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, presentata oltre il termine di legge di cinque anni a partire dalla morte del soggetto la confisca avrebbe dovuto essere disposta. Con il terzo motivo, si dolgono che l'azione di prevenzione sia stata esercitata nei confronti di soggetto privo di legittimazione, rilevando che, una volta individuato (OMISSIS), quale portatore della pericolosita' sociale qualificata, il procedimento avrebbe dovuto essere promosso, eventualmente, a carico del figlio (OMISSIS), in quanto erede, e non della nuora, terza interessata in quanto intestataria del bene della cui ablazione si discute. Con il quarto motivo, contestano, nel merito, che (OMISSIS), possa essere considerato portatore di pericolosita' sociale qualificata, non risultando che egli abbia militato in compagini mafiose o che egli abbia fatto ricorso a pressioni illecite al fine di conseguire la materiale disponibilita' dell'immobile sottoposto a confisca, essendo emerso, piuttosto, nel corso del giudizio di primo grado, che (OMISSIS) aveva volontariamente concesso ad alcuni dipendenti, e tra di loro a (OMISSIS), di adibire a scopi agricoli porzioni di terreno che non erano piu' sfruttabili per la produzione di mattoni per essere stato integralmente rimosso lo strato superficiale di argilla. Con il quinto motivo, (OMISSIS), e (OMISSIS), rilevano che la qualificazione in chiave estorsiva dell'area, estesa 1.900 mq., inserita nell'atto transattivo del 2009 e' dipesa dalla distorta interpretazione delle dichiarazioni di (OMISSIS).il quale si e' limitato a riferire di avere ceduto alla (OMISSIS), una porzione di terreno ulteriore rispetto a quella in relazione alla quale due anni prima, con l'atto di acquisto, si era impegnato a trovare un accordo con gli effettivi detentori "per quieto vivere", espressione che non puo' lecitamente essere inquadrata nel contesto della supposta, ed in realta' inesistente, estorsione ambientale. 3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' infondato e, pertanto, passibile di rigetto. 2. In via di premessa, occorre ricordare che nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione e' ammesso - con scelta ritenuta non irragionevole da Corte Cost. n. 321 del 2004 e n. 106 del 2015 - soltanto per violazione di legge, giusta il disposto del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 10, comma 3, e articolo 27, comma 2. Ne consegue, ha chiarito la giurisprudenza di legittimita', che, in tema di sindacato sulla motivazione, e' esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimita' l'ipotesi dell'illogicita' manifesta di cui all'articolo 606, lettera e), c.p.p., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiche' qualificabile come violazione dell'obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d'appello dal Decreto Legislativo n. 6 settembre 2011, n. 159, articolo 10, comma 8, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246; Sez. 6, n. 33705 del 15/06/2016, Caliendo, Rv. 270080; Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, Pandico, Rv. 266365), che ricorre anche "quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo prospettato da una parte che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio" (Sez. 6, n. 33705 del 15/06/2016, Caliendo, Rv. 270080 - 01), mentre il travisamento della prova rileva solo qualora abbia investito plurime circostanze decisive totalmente ignorate ovvero ricostruite dai giudici di merito in modo totalmente erroneo (Sez. 2, n. 20968 del 06/07/2020, Noviello, Rv. 279435 - 01). In detta prospettiva, oltre ad essere esclusi i vizi tipici concernenti la tenuta logica del discorso giustificativo, e' improponibile, sotto forma di violazione di legge, anche la mancata considerazione di prospettazioni difensive, quando le stesse, in realta', siano state prese in considerazione dal giudice o risultino assorbite dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato o comunque non siano potenzialmente decisive ai fini della pronuncia sul punto attinto dal ricorso. 3. Considerato in tale prospettiva, il provvedimento impugnato appare senz'altro esente dai lamentati vizi di violazione di legge. La Corte di appello, invero, ha imperniato la decisione sull'apporto di (OMISSIS), nitido nel tratteggiare una storia decennale di illecite imposizioni, da parte dei maggiorenti delle cosche di âEuroËœndrangheta egemoni sul territorio del popoloso rione di (OMISSIS), concretatesi, tra l'altro, nell'impossessarsi di una parte sempre piu' vasta del fondo sul quale insisteva la fabbrica di laterizi. Il racconto di (OMISSIS), che da' conto di uno strapotere sostanzialmente inarrestabile, al punto che (OMISSIS), si era fatto lecito di costruire un palazzo abusivo (condotta le cui conseguenze, sul piano penale, erano state sopportate dall'apparente proprietario), accredita la qualificazione della vicenda in termini di estorsione ambientale, ovvero in ossequio ad una risalente e consolidata elaborazione ermeneutica, cui la Corte di appello dedica ampi e pertinenti richiami. Le dichiarazioni di (OMISSIS), si saldano, d'altro canto, con quelle di (OMISSIS), soggetto vicino agli ambienti della locale criminalita' organizzata, che confermano - nell'esegesi, scevra da deficit logici di sorta, che ne hanno compiuto i giudici di merito - che la cessione dell'intero fondo in suo favore ha costituito il frutto di pressioni di franca natura estorsiva e che, successivamente all'acquisto, le "famiglie" mafiose non si sono limitate a pretendere l'assegnazione dell'area di 100 mq, indicata nell'atto di acquisito del 2007, ma hanno preteso il trasferimento di porzioni significativamente maggiori, richiesta che egli assecondato per "quieto vivere". Prive di pregio si palesano, in proposito, le contestazioni articolate dai ricorrenti che, peraltro, replicano quelle che, gia' sottoposte alla Corte di appello, sono state disattese in forza di un iter argomentativo in questa sede incensurabile. Se, infatti, i terreni su cui insisteva l'opificio sono stati oggetto degli appetiti dei piu' autorevoli esponenti della âEuroËœndrangheta reggina i quali, senza bisogno di ricorrere ad esplicite minacce, hanno costretto il legittimo titolare a subire, tra l'altro, il sostanziale spossessamento; se (OMISSIS), impossibilitato a trovare una diversa via d'uscita ad una situazione altamente incresciosa, si e' determinato, infine, a cedere il fondo, a prezzo vile, a soggetto, quale (OMISSIS), gradito alle cosche ed in grado di gestire i rapporti con loro; se (OMISSIS), a distanza di appena due anni, ha ceduto alla (OMISSIS) l'area sulla quale il suocero della donna aveva accampato inesistenti diritti, accresciuta, a titolo transattivo e per soddisfare le, pur infondate, pretese dei soggetti per conto della quale la donna ha agito (in questo senso dovendosi, logicamente, intendere l'allusione al "quieto vivere"), di un ulteriore fazzoletto di terra; se tutto questo e' vero - come i giudici di merito hanno ritenuto all'esito di un percorso argomentativo lineare e coerente - la scissione della vicenda in due distinte fasi, sulla quale i ricorrenti erigono l'intero castello difensivo, appare artificiosa e, in ultimo, contraria alla realta', che individua, invece, nella (OMISSIS), la beneficiaria finale di un'unica azione intimidatoria protrattasi nel corso del tempo, avviata, tra gli altri, dal suocero e portata a compimento con il suo decisivo apporto. Cristallina e', sul punto, la motivazione del decreto impugnato, che val la pena di trascrivere integralmente, rendendola riconoscibile dall'uso del corsivo: "Correttamente la proposta (OMISSIS) e' stata ritenuta concorrente nell'estorsione aggravata dal metodo mafioso avendo ella stipulato e sottoscritto l'atto di transazione con cui e' stata a lei - in quanto coniuge di (OMISSIS), erede di (OMISSIS) - trasferita la proprieta' del terreno. Cosi' facendo ella - pur intervenendo nella fase finale della complessa vicenda estorsiva, articolatasi nel corso di decenni - ha fornito un contributo necessario al compimento dell'attivita' delittuosa, consentendo la formalizzazione dell'acquisto della proprieta' di un immobile da decenni abusivamente occupato di fatto dai (OMISSIS), con le modalita' illecite sopra descritte. Di contro agli assunti difensivi, pertanto, non vale ad escludere il concorso della proposta nell'estorsione, il fatto che la condotta delittuosa sia iniziata quando la stessa non era ancora nata, e che, comunque, non siano state accertate condotte di intimidazione da lei poste in essere non solo nei confronti di (OMISSIS), ma anche nei confronti del (OMISSIS), anche al fine di ottenere la cessione di una parte di terreno, maggiore di quella asseritamente oggetto di usucapione da parte di (OMISSIS). E' infatti pacifico che integri il concorso nell'estorsione anche la partecipazione alla sola fase finale della riscossione dell'illecito provento dell'attivita' delittuosa, in quanto anche colui che, pur non essendo materialmente coinvolto nelle pregresse condotte intimidatorie, si sia limitato ad intervenire nella fase conclusiva, fornisce un contributo essenziale ai fini del conseguimento del profitto illecito (ex plurimis, Cass. Sez. 2, n. 36115 del 27.6.2017, Pacilli ed altro, Rv. 271005-01; Cass. Sez. 2 n. 10778 del 25.1.2022, Curto, Rv. 221123-01)". Alieno da qualsivoglia frattura razionale e', pertanto, l'assunto secondo cui (OMISSIS), nel momento in cui sottoscrisse l'atto che, senza imporle esborso di sorta, la rese proprietaria di un immobile con cui ella, pacificamente, non aveva mai avuto nulla a che vedere, agi' quale mandataria della famiglia del marito, responsabile, in primis per mano del suocero, delle pluridecennali vessazioni che sono scaturite nel trasferimento dell'area in suo favore e, dunque, nella piena consapevolezza della genesi illecita, remota e prossima, di quell'acquisto. Tale conclusione, nell'annichilire il principale pilastro della costruzione difensiva, si riverbera, a catena, sulle ulteriori doglianze dei ricorrenti, mosse, costantemente, sul presupposto, che si e' visto essere del tutto infondato, della netta separazione tra la condotta di (OMISSIS) e quella della nuora e che attengono, per un verso, all'individuazione del soggetto dalla cui pericolosita' sociale qualificata discende il contestato provvedimento ablatorio, da individuarsi in (OMISSIS), anziche' in (OMISSIS) e, per l'altro, al rispetto del termine quinquennale - nel caso di specie impropriamente evocato - che condiziona la procedibilita' dell'azione di prevenzione patrimoniale nei confronti degli eredi del defunto soggetto socialmente pericoloso. 4. Dal rigetto dei ricorsi discende la condanna di (OMISSIS) e (OMISSIS), al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'articolo 616, comma 1, primo periodo, c.p.p.. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CASA Filippo - Presidente Dott. CALASELICE Barbara - Consigliere Dott. POSCIA Giorgio - rel. Consigliere Dott. CAPPUCCIO Daniele - Consigliere Dott. GALATI Vincenzo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul conflitto di competenza sollevato dal: Tribunale di Roma, sezione misure di prevenzione, con ordinanza del 16/05/2022; nei confronti del: Tribunale Civile di Roma sez. lavoro; nel procedimento relativo a: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); A.N.B.S.C.; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. POSCIA GIORGIO; letta la requisitoria presentata ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa CENICCOLA ELISABETTA, ha concluso per la competenza del Tribunale di Roma sezione lavoro. RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di Roma, sezione misure di prevenzione, ha sollevato conflitto di competenza avanti questa Corte nei confronti del Tribunale di Roma, sezione lavoro, con riferimento alla domanda di ammissione del credito di lavoro, relativo al periodo dal dicembre 2009 sino all'ottobre 2015 con inquadramento nella qualifica di quadro A (preposto), avanzata da (OMISSIS) nell'ambito del procedimento di prevenzione instaurato a carico di (OMISSIS). 1.1. La domanda era stata gia' dichiarata improcedibile da parte del Tribunale di Roma, sezione lavoro, con sentenza n. 7022 del 2015, con la quale si era ritenuto che, nella fattispecie, dovessero applicarsi le disposizioni contenute nel Decreto Legislativo n. 159 del 2011 e, in particolare, quelle che stabiliscono che l'accertamento dei diritti di credito dei terzi nei confronti di una societa' sottoposta a misura di prevenzione debba necessariamente seguire la particolare procedura davanti al giudice delegato dal Tribunale penale, ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 52, e s.s.; la Corte di appello di Roma, sezione lavoro, aveva respinto l'appello proposto dal (OMISSIS) con sentenza n. 38/2018. 1.2. Il Tribunale di Roma, sezione misure di prevenzione, ritenendosi a sua volta incompetente, ha sollevato conflitto avanti questa Corte di legittimita' ai sensi dell'articolo 28 c.p.p., ed ha evidenziato che, nel caso di specie, (OMISSIS) aveva chiesto di accertare, preventivamente, la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato e, in particolare, la propria qualita' di "preposto" mediante l'articolazione di mezzi istruttori. Da cio' consegue che il rapporto di lavoro (contestato in sede civile dalla societa' datrice di lavoro, oggetto della confisca) e' controverso cosi' come anche il diritto di credito vantato dal (OMISSIS) e' incerto e controverso. 1.3. Pertanto, secondo il Tribunale che ha sollevato il conflitto, il giudice della prevenzione non e' competente ad accertare un diritto di credito nascente da un rapporto controverso, del quale si chiede l'accertamento in sede giudiziaria, non avendo un potere generalizzato di intervento ed essendo la sua competenza limitata alla verifica della sussistenza dei fatti costitutivi del diritto di credito desumibili dai documenti giustificativi allegati e di eventuali fatti estintivi, nonche' alla verifica della strumentalita' del credito rispetto all'attivita' illecita del proposto e, in caso affermativo, alla sussistenza in capo al creditore di un affidamento incolpevole. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Anzitutto va dichiarata l'ammissibilita' del conflitto in quanto entrambi i giudici hanno espressamente ricusato di procedere all'esame della domanda di (OMISSIS) e da cio' consegue una stasi del procedimento, che puo' essere superata solo con la decisione di questa Corte. Inoltre, deve ricordarsi che il giudice penale al quale vengano trasmessi gli atti dal giudice civile dichiaratosi incompetente, qualora ritenga di essere a sua volta non competente, deve trasmettere gli atti alla Corte di cassazione per la decisione del conflitto, vertendosi in una delle ipotesi di cui all'articolo 28 c.p.p., comma 2, (Sez. 1, Sentenza n. 31843 del 15/03/2019, Rv. 276822 - 01). 2. Cio' posto si osserva che, nella fattispecie, la competenza appartiene al Tribunale di Roma, sezione lavoro. 3. Invero, il presupposto per rivolgersi al giudice della prevenzione e' che i crediti gia' risultino da atti certi che siano antecedenti alla data del sequestro; nel caso in esame, manca tale condizione poiche' il credito di lavoro vantato dal (OMISSIS) non e' stato accertato ne' rispetto alla sua esistenza ne', tanto meno, rispetto al suo ammontare. Tale accertamento deve necessariamente essere svolto dal giudice del lavoro, in considerazione della sua competenza funzionale al riguardo prevista e disciplinata dall'articolo 409 c.p.c., e s.s.. 3.1. Al riguardo va ricordato che il legislatore non configura un generale "potere di accertamento" della esistenza della posizione creditoria (potenzialmente incisa dalla confisca) in capo al Tribunale della prevenzione, ma un piu' limitato "potere di verifica" (secondo le disposizioni del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 57, 58 e 59) delle condizioni di legge che governano la procedura di ammissione, sulla base di produzione documentale attestante i fatti generatori del credito. La lettera delle disposizioni di legge impone, pertanto, di ritenere che l'an del credito, cosi' come la sua tendenziale quantificazione, debbano risultare da "documenti giustificativi" che il creditore istante e' tenuto a produrre in sede di domanda ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 58, comma 2, lettera c. Nel caso di crediti di lavoro e' evidente che il documento giustificativo non puo' che essere una decisione cognitiva di accertamento della sussistenza del dedotto rapporto di lavoro intercorso con la societa' sequestrata (ovviamente prima del sequestro) e dell'ammontare dei crediti del lavoratore, che appartiene funzionalmente al giudice del lavoro. 3.2. In sostanza, quindi, la verifica spettante al giudice della prevenzione non puo' tener luogo di una procedura cognitiva circa l'an ed il quantum del credito, anche in ragione della struttura semplificata del contraddittorio (di natura cartolare) in sede di ammissione del credito, cosi' come risulta disegnato il procedimento ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 59. Al riguardo va, infatti, ricordato che; ai fini dell'accertamento della esistenza di un rapporto di lavoro di natura subordinata e' necessario accertare la sottoposizione del lavoratore al potere gerarchico e disciplinare del datore di lavoro e, ad esempio, se il prestatore di lavoro fosse tenuto a giustificare eventuali assenze o ritardi, quali fossero le mansioni concretamente svolte ai fini del corretto inquadramento nelle categorie previste dal contratto collettivo applicabile; circostanze la cui dimostrazione tra l'altro, mal si concilia, con un procedimento di natura scritta quale e' quello dell'accertamento dei crediti in sede di prevenzione. 3.3. Pertanto, ai fini dell'ammissione allo stato passivo, il giudice della confisca, in assenza di una disposizione di legge che estenda in modo generalizzato il suo ambito di intervento (come, invece, previsto nella procedura fallimentare dalla L. Fall., articolo 44), e' vincolato agli esiti dell'accertamento definitivo svolto dal competente giudice in sede civile in ordine all'an ed al quantum del credito, salvo il potere di verifica della sua strumentalita' rispetto alla attivita' illecita e dell'insussistenza delle condizioni di incolpevole affidamento del creditore. (Sez. 1, Sentenza n. 4691 del 28/01/2020, Rv. 278189 - 02; Sez. 1, Sentenza n. 22222 del 26/01/2022, Rv. 283123 - 01). 3.4. Deve poi ricordarsi che, in tema di misure di prevenzione patrimoniale, i terzi sprovvisti di titolo da opporre alla confisca, L. n. 575 del 1965, ex articolo 2-ter non possono investire il giudice dell'esecuzione al fine di accertare l'esistenza del loro diritto ed ottenere, in tal modo, la revoca della confisca, poiche' la questione attinente alla formazione del titolo deve essere devoluta alla cognizione del giudice civile. (Fattispecie in cui i terzi si affermavano titolari per intervenuta usucapione dei beni confiscati). (Sez., 5, Sentenza n. 33888 del 24/04/2018, Rv. 273890 - 01). 4. A conferma della ritenuta competenza del Tribunale del lavoro nel caso di accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, anche in ipotesi di fallimento del datore di lavoro (ipotesi assimilabile a quella oggetto del presente procedimento), deve poi ricordarsi che la giurisprudenza civile di questa Corte ha statuito che, nel riparto di competenza tra il giudice del lavoro e quello del fallimento il discrimine va individuato nelle rispettive speciali prerogative, spettando al primo, quale giudice del rapporto, le controversie riguardanti lo "status" del lavoratore, in riferimento ai diritti di corretta instaurazione, vigenza e cessazione del rapporto, della sua qualificazione e qualita', volte ad ottenere pronunce di mero accertamento oppure costitutive, come quelle di annullamento del licenziamento e di reintegrazione nel posto di lavoro; al fine di garantire la parita' tra i creditori, rientrano, viceversa, nella cognizione del giudice del fallimento, le controversie relative all'accertamento ed alla qualificazione dei diritti di credito dipendenti dal rapporto di lavoro in funzione della partecipazione al concorso e con effetti esclusivamente endoconcorsuali, ovvero destinate comunque ad incidere nella procedura concorsuale (Sez. L -, Ordinanza n. 7990 del 30/03/2018, Rv. 648263 - 01). Inoltre, e' stato ritenuto che, ove il lavoratore abbia agito in giudizio per l'accertamento della propria qualifica nei confronti del datore di lavoro dichiarato fallito, permane la competenza funzionale del giudice del lavoro, in quanto la domanda proposta non e' configurabile solo come mero strumento di diritti patrimoniali da far valere sul patrimonio del fallito, ma si fonda anche sull'interesse del lavoratore a tutelare la sua posizione all'interno della impresa fallita, sia per l'eventualita' della ripresa dell'attivita' lavorativa (conseguente all'esercizio provvisorio ovvero alla cessione dell'azienda, o a un concordato fallimentare), sia per tutelare i connessi diritti non patrimoniali, ed i diritti previdenziali, estranei all'esigenza della "par condicio creditorum" (Sez. L -, Sentenza n. 23418 del 06/10/2017, Rv. 645807 - 01). Alla luce delle complessive considerazioni che precedono, il Collegio ritiene di non poter condividere la decisione, peraltro isolata, con la quale altra Sezione di questa Corte ha affermato doversi devolvere al giudice delegato dal Tribunale della prevenzione, in ragione dell'autonomia dell'accertamento endo-prevenzionale, la verifica dei crediti e dei diritti dei terzi, ancorche' controversi nell'an, ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 52, e s.s. (Sez. 2, n. 24311 dell'1/4/2022, Coscia, Rv. 283626). 5. In conclusione, il conflitto deve essere risolto nel senso che la competenza appartiene al Tribunale di Roma, sezione lavoro cui vanno conseguentemente trasmessi gli atti. P.Q.M. Decidendo sul conflitto, dichiara la competenza del Tribunale ordinario di Roma, sezione lavoro, cui dispone trasmettersi gli atti.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RICCIARELLI Massimo - Presidente Dott. COSTANZO Angelo - Consigliere Dott. CAPOZZI Angelo - rel. Consigliere Dott. CALVANESE Ersilia - Consigliere Dott. GALLUCCI Enrico - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nata a (OMISSIS); (OMISSIS), nata a (OMISSIS); avverso il decreto del 29/10/2021 della Corte di appello di Reggio Calabria; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal componente Dr. Angelo Capozzi; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Giorgio Lidia, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' dei ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Con il decreto in epigrafe la Corte di appello di Reggio Calabria, a seguito di ricorso in appello dei proposti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e dei terzi interessati, per quanto in questa sede di interesse, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso il decreto emesso il 4 marzo 2020 dal locale Tribunale con il quale era stata disposta la confisca di un terreno sito in (OMISSIS) del comune di Reggio Calabria, identificato al foglio di mappa 20 particella 435 con annesse strutture murarie annesse, a seguito di giudizio di pericolosita', ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 4, comma 1 lettera b), di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in quanto indiziati di concorso in estorsione commessa con metodo mafioso. 2. Avverso il decreto ha proposto ricorso per cassazione il difensore dei predetti proposti e terzi interessati con unico atto con il quale si deduce: 2.1. Con il primo motivo violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) in relazione al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 4 essendo la decisione basata sia su una sopravvalutazione del dichiarato dell' (OMISSIS) e del (OMISSIS) sia da una ipovalutazione del dato documentale in atti. Le dichiarazioni dei primi sono imprecise, erronee e inconducenti rispetto alla verifica dei presupposti della misura ablatoria, facendo l' (OMISSIS) generico riferimento alla occupazione delle aree di proprieta' della sua famiglia alle famiglie (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonostante egli fosse costituito in giudizio nel procedimento civile per usucapione ritualmente instaurato dai (OMISSIS) nei suoi confronti e che egli aveva vinto nei due gradi di giudizio. Del resto tale giudizio e l'accordo transattivo sono in contrasto con la asserita condotta estorsiva ipotizzata a carico dei proposti nei confronti prima dell' (OMISSIS) e poi del (OMISSIS). Anche l'argomento secondo il quale sarebbero stati ceduti 770 mq a fronte dei 500mq indicati dall' (OMISSIS) nel rogito, doveva essere confrontato con l'oggetto della citazione per usucapione riguardante 1050mq di terreno ed in ragione della presenza sui 770mq di terreno di manufatti abusivi che avrebbero creato difficolta' ed oneri al (OMISSIS). Il coinvolgimento dei (OMISSIS) nelle "pregresse condotte intimidatorie" e' fondato sul solo legame parentale dei predetti con la famiglia (OMISSIS), senza che alcun ruolo attivo sia stato individuato a loro carico, essendosi limitati a stipulare un accordo transattivo a definizione del procedimento civile per l'acquisto a titolo originario della proprieta' di un terreno di modesto valore economico e di cui erano possessori i loro genitori da vari decenni, come del resto dimostra la condotta liberamente tenuta dell' (OMISSIS) sia in sede civile che transattiva nei confronti del (OMISSIS), di cui la Corte adita non tiene conto. Cosicche' il presupposto criminoso della ritenuta pericolosita' sociale si fonda su elementi insussistenti. 2.2. Con il secondo motivo violazione ai sensi dell'articolo 11 Cost., comma 6, articolo 125 c.p.p., comma 3, e Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 7, comma 1, in quanto il decreto impugnato consta nella mera reiterazione delle argomentazioni rese dal primo giudice ed esposizione delle ragioni difensive, alle quali seguono poche e scarne argomentazioni, del tutto assenti con riguardo alla posizione dei terzi interessati. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi sono inammissibili. 2. Il primo motivo e' genericamente proposto per ragioni in fatto non deducibili in sede di legittimita'. 2.1. E' nota, invero, la limitazione del ricorso in materia al solo vizio di violazione di legge secondo il principio per il quale nel procedimento di prevenzione, secondo il disposto della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, articolo 4, richiamato dalla L. 31 maggio 1965, n. 575,, articolo 3-ter, comma 2, il ricorso per cassazione e' ammesso soltanto per violazione di legge, nozione nella quale va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo prospettato da una parte che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio(Sez. 6, n. 33705 del 15/06/2016 Rv. 270080); cosicche' le doglianze relative alla consistenza indiziaria ed alla valutazione dell'attualita' della pericolosita' sono inammissibili potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiche' qualificabile come violazione dell'obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d'appello dal comma 9 del predetto articolo 4, L. n. 1423 del 56 (ora Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 10, comma 2), il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246, che, in motivazione, ha ribadito che non puo' essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realta', siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato). Inoltre, deve essere ribadito, secondo quanto costantemente affermato da questa Corte, che il giudice della prevenzione non e' vincolato dall'esistenza di un giudizio penale ed e' invece abilitato, alla luce del principio, comunemente ricevuto, di autonomia del giudizio di prevenzione, ribadito anche in esito alla introduzione del codice antimafia (Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 28 e 29), a ricostruire, motu proprio ed anche in assenza di un procedimento penale correlato, gli episodi storici portati alla sua attenzione (cfr. da ultimo, Sez. 1, n. 36080 dellll/09/2020, Rv.280207). 2.2. Ritiene questo Collegio che la Corte di merito ha dato incensurabile conto delle ragioni dell'ablazione attraverso la complessa ricostruzione della articolata vicenda posta ineccepibilmente a base del giudizio di pericolosita' dei proposti. Il provvedimento impugnato ha avallato la prima decisione confermando l'incidentale affermazione di pericolosita' dei proposti, in base al quadro fattuale emergente dalle sovrapponibili dichiarazioni dell' (OMISSIS) e del (OMISSIS), di cui era saggiata la credibilita' soggettiva, e del riscontro documentale in atti. Ha quindi correttamente affermato che la consapevolezza da parte dell' (OMISSIS) e di suo padre del notorio spessore criminale del clan (OMISSIS) (essendo i (OMISSIS) cugini del boss (OMISSIS)) "abbia costituito un'efficace fonte di messaggio intimidatorio "silente", consentendo "ad esponenti della famiglia (OMISSIS) (come pure della famiglie (OMISSIS) e (OMISSIS)) il ricorso al metodo mafioso della forza intimidatoria non ricollegabile ad una specifica ed attuale condotta, ma ad una situazione creata da una risalente nel tempo, ma tuttora attuale, carica intimidatrice della cosca di âEuroËœndrangheta". Ha individuato l'estorsione aggravata dal metodo mafioso nella costrizione di (OMISSIS) prima e del figlio (OMISSIS) poi "a tollerare l'occupazione di fatto, da parte dei (OMISSIS), di consistenti porzioni dell'esteso terreno di loro proprieta' (complessivamente di 100mila mq), senza opporsi in alcun modo, per timore di ritorsioni, e senza rivolgersi alla Autorita' giudiziaria per tutela dei propri diritti". "Tale situazione, protrattasi nel corso degli anni anche dopo che la proprieta' dell'esteso terreno era stata trasferita da (OMISSIS) al figlio (OMISSIS), ha fatto si' che quest'ultimo - dopo aver vanamente tentato di alienare i fondi limitrofi alla c.d. (OMISSIS) al loro valore di mercato - si sia determinato a vendere (o meglio a svendere) tali terreni a (OMISSIS) - ad un prezzo di gran lunga inferiore al loro valore venale". Il (OMISSIS), imprenditore quantomeno contiguo alla locale criminalita' organizzata (risulta rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa dei (OMISSIS)) aveva accettato come risulta dallo stesso atto di compravendita del 2007 con l' (OMISSIS), ineccepibilmente considerato "legale consacrazione" della risalente occupazione sine titulo dei terreni in danno dell' (OMISSIS) - di farsi carico delle pretese delle famiglie mafiose che avevano occupato ampie porzioni del fondo, trasferendo ad alcuni loro esponenti - con formali atti di transazione - la proprieta' di terreni ancor piu' estesi di quelli che risultavano occupati in forza dell'atto di compravendita stipulato con (OMISSIS). Cosi' - prosegue la Corte "correttamente i proposti sono stati ritenuti concorrenti nell'estorsione aggravata dal metodo mafioso avendo stipulato e sottoscritto l'atto di transazione con cui e' stata loro trasferita la proprieta' del terreno" in quanto "pur intervenendo nella fase finale della complessa vicenda estorsiva, articolatasi nel corso di decenni, hanno fornito un contributo necessario al compimento dell'attivita' delittuosa, consentendo la formalizzazione dell'acquisto della proprieta' di un immobile da decenni abusivamente occupato di fatto dai (OMISSIS)", essendo "pacifico che integri il concorso nell'estorsione anche la partecipazione alla sola fase finale della riscossione dell'illecito provento dell'attivita' delittuosa". 2.3. E' evidente che l'argomentare della Corte appena richiamato non possa essere attaccato dalle inammissibili censure di merito sul portato delle dichiarazioni dell' (OMISSIS) e del (OMISSIS) oltre che della vicenda relativa al procedimento civile in materia di usucapione intentato dai (OMISSIS) nei confronti dell' (OMISSIS) e dell'accordo transattivo del 15 luglio 2009 stipulato in pendenza del giudizio di appello dal (OMISSIS). 3. Il secondo motivo e' manifestamente infondato oltre che genericamente proposto. Per quanto riguarda i proposti, deve farsi rinvio a quanto gia' sopra detto considerando la sostanziale reiterazione delle doglianze mosse in appello. Quanto alla posizione dei terzi interessati il provvedimento richiama il primo provvedimento (v. pg. 20) secondo il quale i terzi interessati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), titolari pro quota dei diritti sul terreno confiscato, "hanno acquistato tali diritti in conseguenza dell'avvenuto riconoscimento, a mezzo di scrittura privata, dell'acquisizione per usucapione del terreno che costituisce oggetto del diritto medesimo da parte dei rispettivi coniugi (poiche' in regime di comunione legale) o di un genitore (quindi a titolo di successione dalla madre, a sua volta in regime di comunione legale con il genitore acquirente)": un acquisto, quindi, a titolo gratuito correttamente considerato viziato da una condotta estorsiva e, pertanto, travolto nella sua interezza tanto da legittimare l'ablazione, dovendosi escludere la sussistenza dei presupposti per l'usucapione del terreno in ragione dell'esercizio della violenza nel conseguimento del possesso. 4. Alla declaratoria di inammissibilita' dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila alla Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PELLEGRINO Andrea - Presidente Dott. AIELLI Lucia - rel. Consigliere Dott. DI PISA Fabio - Consigliere Dott. PERROTTI Massimo - Consigliere Dott. NICASTRO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Morelli, di fiducia; avverso la sentenza del Tribunale di Matera quale giudice di appello, in data 15/3/2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, convertito nella L. 18 dicembre 2020 n. 176, (cosi' come modificato per il termine di vigenza del Decreto Legge 30 dicembre 2021, n. 228, articolo 16, convertito nella L. 25 febbraio 2022 n. 15); udita la relazione svolta dal consigliere Lucia Aielli: letta la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale Felicetta Marinelli ha chiesto l'inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS) ricorre avverso la sentenza in data 15.3.2022, del Tribunale di Matera, quale Giudice di appello, confermativa della sentenza del giudice di Pace di Pisticci del 3/3/2021 che lo aveva condannato alla pena di Euro 300,00 di multa per il delitto di cui all'articolo 633 c.p., chiedendone l'annullamento ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1 lettera b) ed e); Deduce, con il primo motivo, la violazione degli articoli 521 e 522 c.p.p.k rilevando come l'incipit della sentenza impugnata rechi la descrizione di un fatto diverso da quello riportato nel capo di imputazione. Lamenta, con il secondo motivo, che il giudice avrebbe affermato la responsabilita' del ricorrente per fatti diversi da quelli indicati nel capo di imputazione, circoscritto all'episodio del (OMISSIS). Deduce ancora, con il terzo motivo, vizio di motivazione poiche' il ricorrente sarebbe stato condannato erroneamente per una condotta posta in essere dal fratello (OMISSIS), ed eccepisce, con il quarto motivo, il vizio di violazione di legge per avere i giudici di merito posto a fondamento della decisione le dichiarazioni di (OMISSIS), inutilizzabili perche' rese da chi un quel momento aveva assunto al qualita' di indagato e comunque inattendibili. Rileva con il successivo motivo come il giudice di merito abbia erroneamente ravvisato il reato pur in presenza di una condotta circoscritta nel tempo che non ha causato il depauperamento delle facolta' di godimento del bene; contesta, infine, la legittimita' del possesso del terreno da parte della p.o. (OMISSIS) ed allega di essere l'effettivo possessore del bene acquisito per usucapione. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.I primi due motivi di ricorso sono palesemente infondati. Non si ravvisa la denunciata nullita' per la mancata correlazione della sentenza con il capo di imputazione. La decisione, infatti, ha riguardato solo l'episodio specifico dell'invasione verificatosi in (OMISSIS). Ne' l'errore materiale contenuto nell'incipit della sentenza impugnata, ha inciso sullo sviluppo della motivazione inficiandone il contenuto posto che la decisione ha riguardato i fatti e le prove allegate al fascicolo per cui e' causa. 2. Il ricorso e' pero' fondato avuto riguardo al terzo motivo e quinto motivo, il cui accoglimento determina l'assorbimento di tutti gli altri. Il Giudice di merito ha accertato, sulla base di quanto riferito dal verbalizzante e dalla p.o., che si era verificata l'invasione del terreno di (OMISSIS) e che detta invasione era stata posta in essere, materialmente, da (OMISSIS) che arava il terreno. Da questi dati il Tribunale, in maniera illogica ha ricavato che l'azione invasiva doveva essere ricondotta all'odierno ricorrente. Invero, a fronte di una specifica censura difensiva con la quale si contestava l'attribuibilita' a (OMISSIS) della condotta invasiva, il Tribunale non ha fornito alcuna risposta limitandosi a richiamare pregresse questioni tra le parti riguardanti la titolarita' del bene dalle quali ha desunto la responsabilita' del ricorrente la cui responsabilita' e' rimasta affidata alle sole propalazioni di chi effettivamente si trovava sul terreno del (OMISSIS), dando per certo un dato che invece doveva essere dimostrato. 3. Altrettanto carente appare la motivazione relativamente all'accertamento dell'elemento materiale del reato, non risulta infatti quali effetti pregiudizievoli avesse provocato l'azione invasiva contestata, consistita nell'eseguire non meglio precisati lavori di aratura. Preme rimarcare che integra il reato di invasione di terreni soltanto la turbativa del possesso che realizzi un apprezzabile depauperamento delle facolta' di godimento del terreno o dell'edificio da parte del titolare dello "ius excludendi", secondo quella che e' la destinazione economico-sociale del bene o quella specifica ad essa impressa dal "dominus" (Sez. 2,6492/2003, Rv. 223597; 31811/2012, Rv.Perit. 254330). La condotta di invasione costituisce, una ipotesi intermedia tra quelle di ingresso (articolo 637 c.p.) e di occupazione (articolo 508 c.p.). L'ingresso consiste nella mera penetrazione all'interno del fondo altrui, senza interferire sulle attivita' che il legittimo titolare (leso unicamente con riguardo alla pretesa di esclusivita' della propria presenza) puo' svolgervi. L'occupazione si concretizza in una vera e propria privazione del godimento dell'immobile, venendone il legittimo possessore spogliato e quindi in toto escluso da ogni attivita' che la disponibilita' di esso consentirebbe. L'invasione, quale ipotesi intermedia, consiste, invece, nell'introduzione nel fondo o edificio altrui con limitazione di determinate attivita' che il possessore puo' ivi svolgere e, quindi, nella riduzione del godimento dello stesso. Essa ostacola il possessore nello svolgimento delle ordinarie attivita' di godimento del bene, riducendole, pur senza spossessarlo in toto. Ebbene, questo dato non risulta acquisito agli atti del processo, essendosi i giudici di merito limitati a constatare solo l'invasione del terreno di (OMISSIS) senza verificare in che termini la condotta del (OMISSIS), avesse determinato un apprezzabile depauperamento delle facolta' di godimento del bene del proprietario. Riguardo a tali motivi dunque, l'impugnata sentenza deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione del Tribunale di Matera individuato quale giudice deI rinvio ex articolo 623 c.p.p., che dovra' porre rimedio al vizio a rilevato, uniformandosi al quadro dei principii di diritto in questa sede statuiti. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Matera, in diversa persona fisica.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MESSINI D'AGOSTINI Piero - Presidente Dott. AGOSTINACCHIO Luigi - Consigliere Dott. COSCIONI G. - rel. Consigliere Dott. PERROTTI Massimo - Consigliere Dott. NICASTRO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA Sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 28/09/2021 della CORTE APPELLO di FIRENZE; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COSCIONI GIUSEPPE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COSTANTINI FRANCESCA che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione; udito il difensore dell'imputato, Avv. MARENGHI FRANCESCO in sostituzione degli Avv. D'ASCOLA VINCENZO NICO e Avv. PADOVANI TULLIO, il quale ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. I difensori di (OMISSIS) ricorrono per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze del 28 settembre 2021, che aveva confermato la condanna dell'imputato per il reato di truffa. 1.1 Al riguardo i difensori reiterano l'eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Lucca in ordine al reato di truffa di cui al capo a) (i rimanenti reati contestati erano stati dichiarati estinti per prescrizione), rigettata in quanto si era ritenuto che il delitto di truffa doveva ritenersi consumato a Viareggio, al momento della conclusione dei contratti di compravendita, che avrebbero determinato il trasferimento del diritto reale, con immediato effetto di spoliazione patrimoniale del Comune di Santa Marinella e conseguente profitto illecito da parte di (OMISSIS), per cui non avrebbe avuto alcun rilievo la successiva trascrizione dei contratti presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Civitavecchia; cio' premesso, i difensori osservano che secondo la sentenza impugnata, nonostante i contratti di compravendita (come si ricavava dall'imputazione) fossero stipulati a non domino a causa della falsa dichiarazione di avvenuta usucapione di Lombardi, il criterio per individuare il locus commissi delicti avrebbe comunque dovuto essere quello del luogo di stipula dei contratti e del trasferimento del diritto reale, nonostante tale atti negoziali non avessero trasferito alcunche'; era pertanto competente il Tribunale di Civitavecchia, nel cui circondario aveva sede l'ufficio della Conservatoria dei Registri Immobiliari; del resto, significativamente, la denuncia che aveva dato luogo al procedimento era stata presentata dal Sindaco del Comune di Santa Marinella dal momento che era in tale luogo, mediante la trascrizione di compravendite mai effettuate dal Comune, che si era realizzato l'asserito danno, visto che soltanto con le trascrizioni l'attivita' degli imputati aveva potuto danneggiare la persona offesa cui altrimenti, in assenza di trascrizione, i contratti stipulati tra le parti non sarebbero stati nemmeno in astratto opponibili. 1.2 I difensori eccepiscono inoltre l'erronea applicazione dell'articolo 157 c.p., comma 2 e articolo 161 c.p., comma 2 in relazione all'articolo 99 c.p., comma 3 per effetto della recidiva qualificata erroneamente ritenuta sussistente nonostante l'intervenuta estinzione, ai sensi dell'articolo 445 c.p.p., comma 2 dei reati per cui era stata pronunciata sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, e comunque mancanza e manifesta illogicita' della motivazione; rilevano, quanto alla ritenuta inammissibilita' della richiesta, che la Corte di appello aveva ritenuto inammissibile la richiesta perche' avanzata con memoria difensiva depositata tardivamente, quando invece con il terzo motivo di appello era stato devoluto proprio il punto relativo all'applicazione della recidiva contestata e che comunque le cause di estinzione del reato sono deducibili in ogni stato e grado del procedimento. 1.3 I difensori eccepiscono l'erronea applicazione dell'articolo 640 c.p. in relazione alla ritenuta sussistenza della cooperazione artificiosa del soggetto passivo, alla ritenuta sussistenza dell'induzione in errore del soggetto passivo ed alla sussistenza di un danno per la persona offesa ed alla conseguente qualificazione del delitto in forma consumata e, comunque, la manifesta illogicita' della motivazione; in particolare, la qualificazione della condotta alla stregua del tentativo, incideva anche sul tempo necessario a prescrivere, che sarebbe maturato prima della pronuncia della Corte di appello. 1.4 I difensori lamentano l'erronea applicazione dell'articolo 110 c.p. in relazione al ritenuto concorso dell'imputato nei fatti contestati e, comunque, la manifesta illogicita' della motivazione. 1.5 I difensori eccepiscono la mancanza assoluta della motivazione in relazione alla applicazione della recidiva specifica infra-quinquennale da parte del giudice di primo grado e l'apparenza della motivazione sul punto da parte della Corte di appello. 1.6 I difensori eccepiscono l'erronea applicazione dell'articolo 185 c.p. in relazione all'articolo 640 c.p. in ordine alla condanna dell'imputato al risarcimento del danno a favore della parte civile costituita: come gia' rilevato in grado di appello, la palese infondatezza delle accuse escludeva che l'imputato potesse essere condannato al risarcimento del danno a favore della Regione Lazio, non essendo rinvenibile ne' un comportamento pregiudizievole ascrivibile all'imputato, ne' tantomeno un effettivo pregiudizio subito dalla parte civile; sul punto, la motivazione della sentenza impugnata risultava del tutto apparente. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' fondato. 1.1 E' noto che per la sussistenza del reato di truffa sono necessari un'induzione in errore del soggetto passivo, che deve compiere un atto dispositivo che porti conseguenzialmente al profitto dell'agente e al danno dell'offeso; nel caso in esame, e' agevole rilevare come non si sia verificato alcuno dei requisiti sopra indicati. Nessuna induzione in errore vi e' stata della Regione Lazio, proprietaria dei terreni e degli immobili oggetto del capo di imputazione, tanto che il Comune di Santa Marinella, che aveva iniziato gli atti preliminari al trasferimento dei suddetti beni alla Regione Lazio, una volta appurata l'esistenza di atti dispositivi sugli stessi, aveva avviato un giudizio innanzi al Tribunale civile di Civitavecchia; all'esito del giudizio, era stata accertata l'inesistenza del diritto di proprieta' in capo al coimputato Lombardi, che aveva poi alienato i beni alla (OMISSIS) s.r.l., la quale a sua volta li aveva prima locati e poi ceduti alla (OMISSIS) s.r.l. gestita dall'imputato, con conseguente nullita' di tutti i suddetti atti. Pertanto, oltre a non esservi stato alcuna induzione in errore, neppure vi era stato un atto dispositivo dei beni, ne' da parte del Comune di Santa Marinella, ne' da parte della Regione Lazio, visto che nessun valido atto traslativo dei beni era stato compiuto dai suddetti soggetti ma, come rilevato dalla difesa, vi era stata una iniziativa unilaterale di Lombardi che, una volta accertata la nullita' di cui sopra, era rimasta priva di qualsiasi effetto: si deve ribadire che il reato di truffa ricorre nel caso in cui il trasferimento del possesso della "res" si realizza con il consenso, seppure viziato dagli altrui artifici o raggiri, della vittima (vedi Sez. 4, n. 14609 del 22/2/2017, Piramide, Rv. 269537), in quanto solo quando l'apprensione della "res" deriva da un atto di disposizione viziato dagli altrui artifizi e/o raggiri, si e' in presenza di una condotta inscrivibile nella tipicita' della fattispecie di truffa. Non essendovi stato alcun consenso della persona offesa nel senso sopra indicato, ne' alcun atto dispositivo da parte della stessa, la sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio non sussistendo il fatto contestato, con conseguente revoca delle statuizioni civili. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche' il fatto non sussiste.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE SANTIS Anna Maria - Presidente Dott. DI PISA Fabio - Consigliere Dott. SGADARI Giuseppe - Consigliere Dott. TUTINELLI Vincenzo - Consigliere Dott. CERSOSIMO Emanuele - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI CATANZARO; nonche' dagli imputati: 1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 4. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 5. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 6. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 7. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 8. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 9. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 10. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 11. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 12. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 13. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 14. (OMISSIS), nato (OMISSIS); 15. (OMISSIS) , nato a (OMISSIS); e dalle terze interessate: 1. (OMISSIS); 2. (OMISSIS); 3. (OMISSIS); avverso la sentenza del 16/12/2020 della Corte di Assise di Appello di Catanzaro; Visti gli atti, il provvedimento impugnato, i ricorsi e le memorie prodotte da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CERSOSIMO Emanuele. Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. CIMMINO Alessandro che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza limitatamente alla confisca disposta nei confronti di (OMISSIS), alla condanna di (OMISSIS) in relazione al reato di cui all'articolo 416 bis c.p. ed alla confisca nonche' il rigetto dei restanti ricorsi; Uditi i difensori: - Avv. (OMISSIS) nella qualita' di difensore di fiducia dell'imputato (OMISSIS) ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso presentato dal P.G.; - Avv. (OMISSIS) nella qualita' di difensore di fiducia dell'imputato (OMISSIS) ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso presentato dal P.G.; - Avv. (OMISSIS) nella qualita' di difensore di fiducia della terza interessata (OMISSIS) ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso presentato dal P.G.; - Avv. (OMISSIS) nella qualita' di difensore di fiducia dell'imputato (OMISSIS) che ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso; - Avv. (OMISSIS) ed Avv. (OMISSIS) nella qualita' di difensori di fiducia dell'imputato (OMISSIS) che hanno insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso; - Avv. (OMISSIS) nella qualita' di difensore di fiducia dell'imputato (OMISSIS) che ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso ed il rigetto del ricorso proposto dal P.G.; - Avv. (OMISSIS) nella qualita' di difensore di fiducia dell'imputato (OMISSIS) che ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso ed il rigetto del ricorso proposto dal P.G.; - Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS) nella qualita' di difensori di fiducia dell'imputato (OMISSIS) che hanno insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso; - Avv. (OMISSIS) nella qualita' di difensore di fiducia dell'imputato (OMISSIS) che ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso; - Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), nella qualita' di difensori di fiducia dell'imputato (OMISSIS) che hanno insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso; - Avv. (OMISSIS) nella qualita' di difensore di fiducia dell'imputato (OMISSIS) che ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso; - Avv. (OMISSIS) nella qualita' di difensore di fiducia dell'imputato (OMISSIS) che ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso; - Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS) nella qualita' di difensori di fiducia dell'imputato (OMISSIS) che hanno insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso; - Avv. (OMISSIS) nella qualita' di difensore di fiducia dell'imputato (OMISSIS) che ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso; - Avv. (OMISSIS) nella qualita' di difensore di fiducia dell'imputato (OMISSIS) che ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso; - Avv. (OMISSIS) nella qualita' di difensore di fiducia della terza interessata (OMISSIS) che ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso; - Avv. (OMISSIS) nella qualita' di difensore di fiducia della terza interessata (OMISSIS) che ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso; - Avv. (OMISSIS) nella qualita' di difensore di fiducia della terza interessata (OMISSIS) che ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di Assise di Appello di Catanzaro, con sentenza emessa in data 16 dicembre 2020, ha confermato le condanne, inflitte nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) , dal Giudice dell'udienza preliminare di Catanzaro, con sentenza emessa in data 6 luglio 2018 a seguito di giudizio abbreviato. Contestualmente la Corte territoriale, in parziale riforma della sentenza appellata, ha rideterminato la pena inflitta all'imputato (OMISSIS) in anni 16 e mesi 2 di reclusione; ha assolto (OMISSIS) dal reato di cui al capo 1 e rideterminato la pena inflittagli in anni 7, mesi 2 di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa; ha assolto (OMISSIS) dai capi 5 e 6 e rideterminato la pena inflittagli in anni 10 di reclusione ed assolto (OMISSIS) e (OMISSIS) dal reato di cui al capo 1 e (OMISSIS) dal reato di cui al capo 15. I giudici di appello hanno, infine, confermato la confisca dei beni intestati a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e revocato il sequestro e la confisca dei beni intestati a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (limitatamente all'omonima azienda agricola e ad un terreno sito in (OMISSIS)). 2. Il Procuratore Generale della Corte di Appello di Catanzaro propone ricorso avverso la sentenza di appello relativamente alle pronunce assolutorie ed alle revoche di sequestro e confisca sopra elencate. 3. (OMISSIS) e' accusato di aver partecipato all'associazione di stampo mafioso di cui al capo 1 dell'imputazione con il compito di commettere estorsioni e mantenere i rapporti con i membri della cosca (OMISSIS) di (OMISSIS). 3.1. La parte pubblica lamenta, con il primo motivo di impugnazione ex articolo 606 c.p.p., lettera b), l'inosservanza dell'articolo 192 c.p.p. e articolo 416 bis c.p. in relazione all'assoluzione di (OMISSIS) dal reato di cui al capo 1) della rubrica. A giudizio del ricorrente la sentenza impugnata ha valutato in modo parcellizzato, incompleto ed atomistico gli indizi raccolti a carico del (OMISSIS) senza procedere ad un esame globale degli indizi e di tutte le intercettazioni utilizzabili per la decisione. I giudici di appello non hanno tenuto in considerazione le dichiarazioni accusatorie rese dal collaboratore di giustizia (OMISSIS) attestanti il coinvolgimento del (OMISSIS) nelle attivita' delinquenziali della âEuroËœndrina di (OMISSIS). La Corte territoriale ha, inoltre, escluso la partecipazione del (OMISSIS) al gruppo criminale affermando, in modo illogico e contraddittorio, che dalla lettura della intercettazione n. 1062 del 16 dicembre 2013 emerge un allontanamento del (OMISSIS) "dagli ambienti di (OMISSIS)", affermazione che non tiene conto del contenuto della conversazione nel corso della quale lo stesso imputato riferisce di essersi allontanato perche' aveva appreso dell'imminente esecuzione di misure cautelari nei confronti dei sangiovannesi. La Corte di merito ha ignorato, infine, numerose intercettazioni poste a fondamento della penale responsabilita' del (OMISSIS) dal giudice di primo grado ed idonee a fornire riscontro esterno individualizzante alle propalazioni accusatorie del collaboratore di giustizia (OMISSIS). 4. (OMISSIS) e' accusato di aver partecipato all'associazione dedita al narcotraffico di cui al numero 15 dell'imputazione come corriere, fornitore, spacciatore al minuto di sostanze stupefacenti. 4.1. Il P.g. ricorrente lamenta, con il secondo motivo di impugnazione ex articolo 606 c.p.p., lettera b), l'inosservanza dell'articolo 192 c.p.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 in relazione all'assoluzione di (OMISSIS) dal reato di cui al capo 15. La Corte territoriale ha erroneamente affermato che le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) sono generiche e non hanno trovato riscontro individualizzante nella deposizione della teste (OMISSIS). I giudici di appello non hanno tenuto conto dell'intercettazione ambientale n. 720 del 26 febbraio 2011 nel corso della quale il (OMISSIS) riferisce all' (OMISSIS) di aver dovuto restituire due chili di marijuana ad un fornitore di droga a causa della pessima qualita' della stessa, conversazione che riscontra quanto affermato dal collaboratore in ordine al coinvolgimento del (OMISSIS) nell'attivita' di spaccio gestita dall'associazione dedita al narcotraffico. La Corte di merito non ha adeguatamente valutato le dichiarazioni rese dalla teste (OMISSIS), la quale ha riconosciuto il (OMISSIS) come uno degli uomini ai quali il compagno consegnava la cocaina per spacciarla. 4.2. In data 12 settembre 2022 il difensore del (OMISSIS) ha depositato memoria con la quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso presentato dal Procuratore Generale. A giudizio della difesa la Corte territoriale ha assolto il (OMISSIS), con percorso motivazionale logico e coerente, in considerazione della genericita' delle propalazioni accusatorie dell' (OMISSIS) e della teste (OMISSIS). 5. (OMISSIS) e' accusato di aver partecipato all'associazione di stampo mafioso di cui al capo 1 dell'imputazione con il compito di commettere reati di estorsione e sequestro di persona. 5.1. Il P.g. impugnante lamenta, con il terzo motivo ex articolo 606 c.p.p., lettera b), l'inosservanza dell'articolo 192 c.p.p. e articolo 416 bis c.p. in relazione all'assoluzione di (OMISSIS) dal reato di cui al capo 1). La Corte territoriale ha erroneamente affermato che le dichiarazioni dei collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS) non si riscontrano vicendevolmente; i giudici di appello non hanno tenuto conto dell'orientamento costante della giurisprudenza di legittimita' secondo cui l'oggetto del riscontro e' rappresentato dall'appartenenza dell'accusato al sodalizio di stampo mafioso e non dalla specificazione dei delitti fine posti in essere dell'associato. La Corte di merito ha omesso la valutazione di numerose intercettazioni idonee a dimostrare la penale responsabilita' del (OMISSIS), specificamente indicate nella sentenza di primo grado, e non ha tenuto in considerazione quanto riferito dalla teste (OMISSIS) in ordine all'ospitalita' fornita dall'imputato nel periodo di latitanza dell' (OMISSIS). La parte pubblica ha, altresi', lamentato la mancanza di adeguata motivazione atta a confutare la portata gravemente indiziaria degli elementi logico-fattuali posti fondamento della sentenza di primo grado (elementi da cui si desume che il (OMISSIS) ha posto in essere condotte delittuose finalizzate a mantenere il controllo del territorio da parte del clan capeggiato dall' (OMISSIS) e si e' reso disponibile ad ospitare quest'ultimo nel periodo di latitanza). 6. (OMISSIS) e' stato accusato di essere partecipe della locale di (OMISSIS), partecipando attivamente alle strategie finanziarie della cosca nella veste di contabile del sodalizio criminale. 6.1. Il P.g. lamenta, con il quarto motivo di impugnazione ex articolo 606 c.p.p., lettera b), l'inosservanza dell'articolo 192 c.p.p. e articolo 416 bis c.p. in relazione all'assoluzione di (OMISSIS) dal reato di cui al capo 1) dell'imputazione. La Corte territoriale ha travisato il contenuto della conversazione intercettata in data 11 settembre 2012 nel corso della quale i germani (OMISSIS) ed (OMISSIS) manifestavano al capo della cosca di (OMISSIS) ( (OMISSIS)) il proprio interesse per l'illecita gestione del settore delle energie rinnovabili attraverso lo scalo portuale di (OMISSIS), ottenendo rassicurazioni da parte del loro interlocutore in ordine alla possibilita' di raggiungere un accordo continuativo volto ad acquisire sempre piu' spazi nel tessuto sociale ed economico. Contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata il (OMISSIS) non rimase silente ma prese parte attiva alla conversazione, dimostrando di essere a conoscenza dell'organigramma e della struttura organizzativa delle cosche della zona, dell'identita' di capi e gregari e dei luoghi di riunione e manifestando la volonta' di allearsi con il clan facente capo al (OMISSIS). I giudici di appello hanno affermato l'insussistenza di altre intercettazioni riguardanti il (OMISSIS), affermazione erronea in quanto non tiene conto delle conversazioni riportate nella sentenza emessa dal Tribunale di Crotone in data 24/10/2019 ed acquisita agli atti nel corso del giudizio di appello. 6.3. Il P.G. lamenta, con il sesto motivo di impugnazione ex articolo 606 c.p.p., lettera b), l'inosservanza dell'articolo 240 bis c.p. e articolo 416 bis c.p., comma 7 e Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 sexies in relazione alla revoca del sequestro e della confisca dei beni riconducibili a (OMISSIS) conseguente all'assoluzione per il reato di cui al capo 1) dell'imputazione, chiedendone il ripristino per effetto della riforma della pronunzia assolutoria. 7. (OMISSIS) e' accusato di essere il mandante dell'omicidio di (OMISSIS) descritto al numero 5) del capo di imputazione 7.1. Il ricorrente denunzia, con il quinto motivo di impugnazione ex articolo 606 c.p.p., lettera b), l'inosservanza degli articoli 192 e 266 c.p.p. e articoli 575-577 c.p. in relazione all'assoluzione di (OMISSIS) dai reati di cui ai capi 5) e 6) dell'imputazione. La Corte territoriale ha erroneamente affermato che le intercettazioni poste a fondamento dell'ipotesi accusatoria sono ambigue, incomplete e non dirimenti in ordine al mandato omicidiario ed ha travisato il contenuto dell'intercettazione n. 747 del 9 giugno 2003 nel corso della quale (OMISSIS) ammetteva implicitamente il proprio coinvolgimento nell'omicidio di (OMISSIS) con frasi che non venivano riportate dai giudici di appello (pag. 146 della sentenza impugnata). La Corte di merito ha del tutto ignorato le parti delle intercettazioni nn. 747 e 750 del 9 giugno 2003 dalla cui lettura si evince che il dialogo intercorso in tale data tra (OMISSIS) e (OMISSIS) ha ad oggetto proprio le indagini conseguenti all'omicidio di (OMISSIS) e l'imminente arresto dei fratelli (OMISSIS) per tali fatti. La motivazione non tiene, infine, conto dell'intercettazione n. 758 del 10 giugno 2003 nel corso della quale il (OMISSIS) ribadisce al (OMISSIS) che lo (OMISSIS) era determinato ad ucciderlo e che lo stesso era gia' pronto a fare il confidente per ottenere la carcerazione dei suoi amici. 7.2. In data 23 agosto 2022 il difensore di (OMISSIS) ha depositato memoria integrativa con la quale ha chiesto che il ricorso proposto dal Procuratore Generale venga dichiarato inammissibile in quanto connotato da una mera richiesta di rivalutazione del materiale probatorio effettuata dalla Corte, priva della necessaria indicazione della presenza di errori percettivi tali da rendere la motivazione contraddittoria con le premesse fattuali. Secondo la difesa la Corte territoriale ha correttamente ritenuto che la conversazione del 9 giugno 2003 non fornisca un riferimento certo ed individualizzato circa la partecipazione in qualita' di mandante del (OMISSIS) all'omicidio dello (OMISSIS) in quanto nel corso del colloquio gli interlocutori parlavano anche dell'omicidio di un soggetto soprannominato "(OMISSIS)". La sentenza impugnata ha correttamente valorizzato la circostanza che i riferimenti all'omicidio di (OMISSIS) intervenivano in fasi cronologicamente distanti della conversazione con conseguente impossibilita' di comprenderne l'esatto contenuto, anche in considerazione del fatto che la stessa si colloca a distanza di quattro anni dall'omicidio oggetto di giudizio. 8. La parte pubblica lamenta, con il settimo motivo di impugnazione ex articolo 606 c.p.p., lettera b), l'inosservanza dell'articolo 240 bis c.p. e Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 sexies in relazione alla parziale revoca del sequestro e della confisca disposta nei confronti di (OMISSIS). La Corte territoriale ha erroneamente affermato che il terreno sito in (OMISSIS) e' stato acquistato lecitamente dalla (OMISSIS), affermazione che si pone in contrasto con l'entita' irrisoria dei redditi denunciati dalla donna nel periodo 1997/2015, situazione reddituale sicuramente inidonea ad assicurare il sostentamento di un nucleo familiare composto da sette persone ed al contempo consentire l'accumulo patrimoniale necessario all'acquisto del predetto immobile. La motivazione e' contraddittoria nella parte in cui afferma la liceita' dell'acquisto dell'immobile oggetto di revoca del sequestro per poi disporre la confisca dei beni intestati alle figlie del (OMISSIS). 9. La parte pubblica censura, con l'ottavo motivo di impugnazione ex articolo 606 c.p.p., lettera b), l'inosservanza dell'articolo 240 bis c.p. e articolo 416 bis c.p., comma 7, e Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 sexies in relazione alla revoca del sequestro e della confisca del fabbricato sito in (OMISSIS) intestato a (OMISSIS) nonche' del fabbricato sito in (OMISSIS), del terreno sito in (OMISSIS) e dei due terreni siti in (OMISSIS) intestati all'imputato (OMISSIS). Secondo il ricorrente la Corte territoriale ha affermato, in modo apodittico e congetturale, che (OMISSIS) aveva la capacita' reddituale per acquistare il fabbricato ancora in sequestro, avendo lavorato come dipendente dal 1980 al 2001 e percepito la pensione integrativa del marito. Tale decisione si pone in contrasto con quanto affermato dal Tribunale del Riesame di Catanzaro secondo cui le fonti di reddito indicate nella sentenza impugnata erano servite a dimostrare la lecita provenienza degli immobili acquistati in Solaro e non anche di quelli restituiti dai giudici d'appello. I giudici territoriali hanno affermato che i medesimi redditi potevano giustificare anche gli acquisti degli immobili ubicati in Calabria senza che fossero intervenuti mutamenti della situazione reddituale della (OMISSIS) e sulla base di mere congetture in ordine all'utilizzo di redditi dei familiari del (OMISSIS). La motivazione si basa su mere ipotesi nella parte in cui afferma che gli immobili intestati al (OMISSIS) ancora in sequestro sono stati acquistati con l'aiuto economico dei familiari della coppia. La sentenza oggetto di ricorso ha ignorato che il (OMISSIS) nel corso degli ultimi dieci anni ha presentato dichiarazioni dei redditi solo nel 2010 per un importo di 2.046,00 Euro e che la convivente (OMISSIS) ha percepito redditi mai superiori ai 7.300,00 Euro l'anno. L'illecita provenienza dei beni in sequestro e', inoltre, dimostrata - secondo il ricorrente - dalle dichiarazioni rese dal collaboratore (OMISSIS), il quale ha indicato il (OMISSIS) come membro della âEuroËœndrina di (OMISSIS) e proprietario di beni acquistati con denaro del locale di (OMISSIS) (villa in costruzione a (OMISSIS), terreno con villetta a (OMISSIS) ed abitazione sita all'interno del villaggio (OMISSIS)). 10. (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, propone ricorso, ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), nella qualita' di terza interessata. Preliminarmente la ricorrente ha chiesto la correzione dell'errore materiale presente a pagina 223 della sentenza impugnata laddove viene disposta la confisca del terreno sito (OMISSIS) (foglio (OMISSIS)) e dell'azienda agricola a lei intestata in difformita' a quanto indicato nel dispositivo letto in udienza (pag. 225) con il quale e' stato disposto dissequestro e restituzione alla (OMISSIS) di tali beni. Nel corso della discussione orale il difensore della ricorrente ha rinunciato a tale motivo in quanto il predetto errore materiale e' stato corretto con ordinanza emessa dalla Corte di Appello di Catanzaro. 10.1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta l'erronea applicazione dell'articolo 240 bis c.p. e L. n. 356 del 1992, articolo 12 sexies. La Corte territoriale, con motivazione generica ed apodittica, ha affermato che gli immobili oggetto di sequestro ex articolo 321 c.p., comma 2, e L. n. 356 del 1992, articolo 12 sexies sono di provenienza illecita, ignorando una prova decisiva (la consulenza tecnica prodotta dalla difesa nel giudizio di appello) con la quale e' stata dimostrata la perequazione patrimoniale tra redditi percepiti dalla (OMISSIS) e valore dei beni sottoposti a confisca. I giudici di appello non hanno motivato in ordine alla doglianza difensiva avente ad oggetto la significativa distanza temporale tra le date di acquisto dei terreni (2004/205) e l'inizio dell'attivita' illecita contestata al marito della ricorrente (dal 2016 al 2018). 10.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta l'omessa motivazione in relazione alla prova decisiva costituita dalla consulenza e dagli allegati prodotti dalla difesa. La Corte territoriale non ha motivato in ordine alla documentazione prodotta dalla difesa attestante la percezione dal 1980 di redditi sufficienti a versare il prezzo degli immobili indicati negli atti pubblici di compravendita. I giudici di appello, inoltre, non hanno tenuto conto di quanto affermato nella consulenza tecnica di parte, prodotta dalla difesa, in ordine alla legittimita' dei flussi finanziari della (OMISSIS). La ricorrente ha, in particolare, evidenziato che le dichiarazioni dei redditi presentate non possono costituire elemento utile a determinare la sua capacita' finanziaria in quanto "l'esiguita' dei redditi imponibili a fini fiscali e' figlia di apposite disposizioni legislative che prevedono particolari modalita' di calcolo delle imposte dovute nel settore agricolo...non ha quindi alcun senso associare nel caso specifico, i redditi dichiarati al patrimonio disponibile" (pag. 13 e 14 del ricorso). 11. (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore e procuratore speciale, propone ricorso ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e) nella qualita' di terza interessata. 11.1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta, l'erronea applicazione dell'articolo 240 bis c.p. e L. n. 356 del 1992, articolo 12 sexies. La Corte territoriale, con motivazione generica, apparente ed apodittica, ha affermato che gli undici immobili sottoposti a confisca allargata sono fittiziamente intestati a (OMISSIS), fondando tale decisione su elementi non sufficienti a giustificarne la confisca. I giudici di appello, in particolare, hanno disposto la confisca in assenza di prova che la (OMISSIS) non fosse nelle condizioni di acquistare i beni con proventi propri, ignorando la consulenza tecnica prodotta dalla difesa attraverso la quale e' stato dimostrato il legittimo acquisto dei beni da parte della ricorrente in considerazione del fatto che gli stessi erano pervenuti alla di lei madre per usucapione e furono donati alla figlia (OMISSIS) nel maggio 2015. 11.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta l'omessa motivazione in relazione alla prova decisiva costituita dalla consulenza e dagli allegati prodotti dalla difesa. La Corte di merito ha del tutto ignorato la consulenza di parte limitandosi ad affermare che "la dichiarazione in atti di un presunto acquisto per usucapione non vale infatti a superare la necessita' di pronuncia giudiziale sul punto" (vedi pag. 223 della sentenza impugnata), affermazione apodittica, generica e contrastante con i principi di diritto elaborati sul punto dalla giurisprudenza di legittimita'. La difesa sostiene, inoltre, l'irrilevanza della sproporzione tra i redditi percepiti dalla (OMISSIS) ed il valore degli immobili in sequestro in quanto la ricorrente ha acquisito detti beni a titolo gratuito dalla madre in un momento antecedente all'inizio dell'ipotizzata attivita' illecita da parte del padre. 12. (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore e procuratore speciale, propone ricorso ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e) nella qualita' di terza interessata. 12.1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta, l'erronea applicazione dell'articolo 240 bis c.p. e L. n. 356 del 1992, articolo 12 sexies. La Corte territoriale, con motivazione generica ed apodittica, ha affermato che l'impresa individuale (OMISSIS) e le sei unita' immobiliari donate alla ricorrente dal nonno (OMISSIS), oggetto di sequestro ex articolo 321 c.p., comma 2, e L. n. 356 del 1992, articolo 12 sexies, sono di provenienza illecita, ignorando una prova decisiva (la consulenza tecnica prodotta dalla difesa nel giudizio di appello) con la quale e' stata dimostrata la perequazione patrimoniale tra i redditi percepiti dalla ricorrente e quelli della di lei madre (OMISSIS) e il valore dei beni sottoposti a confisca. 12.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta l'omessa motivazione in relazione alla prova decisiva costituita dalla consulenza e dagli allegati prodotti dalla difesa. La Corte di merito non ha motivato in ordine agli elementi probatori desumibili dalla consulenza di parte, limitandosi ad affermare in modo apodittico come l'azienda agricola "non sia stata in alcun modo finanziata" (vedi pag. 223 della sentenza impugnata). La difesa ha evidenziato, inoltre, che, al momento del sequestro, la ditta era stata iscritta nel registro delle imprese da appena cinque mesi e che l'attivita' agricola e' stata iniziata senza necessita' di ricorrere ad alcun finanziamento, avendo la (OMISSIS) acquisito i terreni a titolo gratuito dal nonno. 13. (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, propone ricorso, ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), avverso la sentenza di condanna con la quale e' stato ritenuto promotore, dirigente ed organizzatore della dell'associazione a delinquere di stampo mafioso di cui al capo 1) del capo di imputazione. 13.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 416 bis c.p. in relazione alla qualita' di promotore, dirigente ed organizzatore e l'apparenza della motivazione in ordine alla richiesta di riqualificazione della condotta ai sensi dell'articolo 416 bis, comma 1, c.p.. Secondo la prospettazione difensiva la motivazione e' contraddittoria perche', da un lato, riconosce che il boss (OMISSIS) era contrario all'assunzione di una posizione verticistica da parte dello (OMISSIS), dall'altro, afferma che quest'ultimo si presentava al suo cospetto come referente della cosca di (OMISSIS), e nessuno dei collaboratori di giustizia ha spiegato in che modo l'avversione del (OMISSIS) sia stata superata. La motivazione e' del tutto omessa in ordine alla mancata riqualificazione nella fattispecie di cui all'articolo 416 bis c.p., comma 1. A giudizio del ricorrente la sentenza ha ignorato la doglianza contenuta nell'atto di appello secondo cui mancavano elementi di prova idonei a dimostrare che l'imputato rivestiva un ruolo apicale nella cosca. 13.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 416 bis c.p., comma 2, e la contraddittorieta' della motivazione in relazione alla individuazione della pena applicabile in relazione al tempus commissi delicti. La motivazione e' contraddittoria nella parte in cui i giudici di appello affermano che la contestazione e' aperta e, quindi, la permanenza del reato associativo deve ritenersi protratta fino alla data di emissione della sentenza di primo grado (6 luglio 2018) per poi indicare che le intercettazioni rilevanti sono riferite al 2014 e che sempre nel 2014 sono terminati i contatti tra il ricorrente ed il fratello (OMISSIS). Siffatta valutazione ha comportato l'erronea applicazione del trattamento sanzionatorio previsto per la violazione dell'articolo 416 bis c.p. nonche' del principio di prevedibilita' della pena sancito dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo quale corollario dell'articolo 7 C.E.D.U. e di irretroattivita' della legge penale sfavorevole. Il ricorrente, all'epoca in cui ha avuto inizio la condotta illecita, non poteva certo prevedere l'entita' del trattamento sanzionatorio disposto dalla legge sopravvenuta nel 2015, di conseguenza l'intera condotta deve esser sussunta nell'alveo del trattamento sanzionatorio meno grave vigente prima del 2015 in applicazione del principio generale del favor rei. La motivazione non ha argomentato in ordine allo specifico motivo di appello con conseguente nullita' della sentenza per omessa motivazione in considerazione del fatto che non e' stato dimostrato che la condotta illecita del ricorrente si sia protratta nel periodo successivo al 2014. 14. (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, propone ricorso, ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), avverso la sentenza di condanna con la quale e' stato ritenuto partecipe dell'associazione a delinquere di stampo mafioso di cui al capo 1) ed autore del reato di estorsione di cui al capo 14) della rubrica. 14.1. Con l'unico motivo addotto il ricorrente lamenta la contraddittorieta' della motivazione in ordine alla penale responsabilita' in ordine ai reati contestati, la mancata applicazione dell'articolo 378 c.p. e la violazione del canone di giudizio dell'oltre ogni ragionevole dubbio. Secondo la prospettazione difensiva i giudici territoriali hanno ignorato il motivo di appello avente ad oggetto la mancata riqualificazione della condotta di cui al capo 1) nel meno grave reato di favoreggiamento personale da parte del giudice di primo grado, nonostante le prove raccolte dimostrassero che il ricorrente non era intraneo al sodalizio, rivestendo il ruolo di mero fiancheggiatore ed esecutore degli ordini del fratello (OMISSIS). La sentenza e' contraddittoria laddove utilizza le dichiarazioni etero-accusatorie dello (OMISSIS) per condannare i coimputati al contempo ignorando le medesime dichiarazioni nella parte in cui il ricorrente descrive il proprio ruolo di mero fiancheggiatore del sodalizio criminoso, sottoposto alla volonta' del fratello maggiore (OMISSIS). 15. (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, propone ricorso ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), avverso la sentenza avverso la sentenza di condanna con la quale e' stato ritenuto partecipe della associazione a delinquere dedita al narcotraffico di cui al capo 15) e autore del reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti di cui al capo 36) della contestazione. 15.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 2, 3 e 4, articolo 192 c.p.p., commi 1, 3 e 4, articolo 125 c.p.p. e articolo 544 c.p.p., comma 1, e la manifesta illogicita' della sentenza nella parte in cui ritiene il ricorrente partecipe al sodalizio di cui al capo 15) della rubrica. Secondo la prospettazione difensiva i giudici di appello hanno pedissequamente riprodotto il percorso motivazionale della sentenza di primo grado, fondando la condanna esclusivamente sulle dichiarazioni accusatorie rese da (OMISSIS) e sulle intercettazioni in atti, senza effettuare una disamina puntuale dell'apporto causale che l'imputato avrebbe fornito all'ipotizzata associazione. Le propalazioni dell' (OMISSIS), oltre ad essere caratterizzate da continui "vuoti di memorie", sono illogiche e contradditorie; il collaboratore inizialmente descrive il (OMISSIS) come un acquirente di modiche quantita' di stupefacente per poi arrivare a quantificare tali acquisti in dieci chilogrammi di droga. Le accuse dell' (OMISSIS) non hanno, peraltro, trovato conferma in alcuna delle dichiarazioni rese dagli altri collaboratori di giustizia nel presente procedi mento. I giudici di appello non hanno indicato quali siano gli elementi rivelatori del vincolo durevole tra il (OMISSIS) e l'associazione, limitandosi a dedurre, in modo generico ed apodittico, il ruolo di referente dell'intero sodalizio per il narcotraffico nel genovese dalle dichiarazioni dell' (OMISSIS) e dalle intercettazioni relative all'unico delitto di acquisto di sostanze stupefacenti effettuato nel 2011 di cui al capo 36) della rubrica. 15.2. La motivazione censurata si pone in contrasto con l'univoca giurisprudenza di legittimita' secondo cui la commissione di un singolo reato-fine non e' sufficiente a comprovare la partecipazione ad un consesso associativo laddove, come nel caso di specie, manchino ulteriori elementi da cui dedurre l'esistenza di rapporti continuativi con l'associazione (il (OMISSIS) ha avuto contatti estemporanei ed occasionali con l' (OMISSIS) per soli cinque giorni nell'anno 2011). La motivazione e', inoltre, carente ed illogica laddove non fornisce alcuna spiegazione in ordine al motivo per il quale il (OMISSIS) (presunto referente per il narcotraffico nella citta' di Genova) si sia determinato a trasferirsi a Crotone dopo pochi giorni dal suo arrivo nella citta' ligure. La motivazione e' apparente nella parte in cui la Corte territoriale deduce la partecipazione all'associazione dedita al narcotraffico dal fatto che il (OMISSIS) abbia trasportato la droga a bordo della propria autovettura. 15.3. Con il secondo motivo il (OMISSIS) eccepisce la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 1 e 4, articolo 192 c.p.p., commi 1, 3 e 4, articolo 125 c.p.p. e articolo 544 c.p.p., comma 1, e la manifesta illogicita' della sentenza nella parte in cui ritiene sussistente il delitto di cui al capo 36) della rubrica. Le conversazioni intercettate non sono idonee a dimostrare la presenza del (OMISSIS) all'interno della vettura di proprieta' della (OMISSIS) in occasione del trasporto di dieci chili di sostanza stupefacente nella citta' di (OMISSIS); in particolare nel corso delle conversazioni sono percepibili esclusivamente le voci della (OMISSIS) e dell' (OMISSIS). Le dichiarazioni dell' (OMISSIS) sono carenti ed illogiche in quanto il collaboratore, pur qualificandosi come capo della âEuroËœndrina di (OMISSIS), non e' in grado indicare in quale vettura si trovasse la droga trasportata e chi fossero i soggetti a bordo della seconda vettura che viaggiava insieme a lui. Il tenore della conversazione intercettata in data 22.04.2011 dimostra che la droga trasportata era nettamente inferiore al quantitativo di dieci chilogrammi indicati dall' (OMISSIS) in quanto quest'ultimo invitava la (OMISSIS) ad occultare la droga sul suo corpo. La Corte di merito ha ignorato tale circostanza addotta nei motivi di appello, limitandosi ad affermare in modo apodittico che le osservazioni della difesa "appaiono congetturali, potendo essere spiegate in vario modo" (pag. 205 della sentenza impugnata). Il ricorrente sottolinea, infine, che non e' stata rinvenuta sostanza stupefacente nel corso delle perquisizioni della vettura della (OMISSIS) e dell'abitazione del (OMISSIS). 16. (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, propone ricorso, ex articolo 606 c.p.p., lettera e), avverso la sentenza di condanna con la quale e' stato ritenuto partecipe della associazione a delinquere di cui al capo 1) dell'imputazione. 16.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la mancanza e manifesta illogicita' della motivazione in ordine alla partecipazione dello (OMISSIS) al sodalizio âEuroËœndranghetistico capeggiato dall' (OMISSIS) e la contraddittorieta' tra la condanna del ricorrente e l'assoluzione di numerosi imputati da parte del Giudice dell'udienza preliminare e del coimputato (OMISSIS) da parte dei giudici di appello. Il ricorrente eccepisce, inoltre, che la Corte territoriale non ha spiegato in che modo il sodalizio abbia potuto iniziare ad operare proprio nel periodo in cui l' (OMISSIS) era ristretto in carcere. Le dichiarazioni dell' (OMISSIS) sono generiche e prive di riscontri individualizzanti, il collaboratore si e' limitato ad affermare di aver saputo che lo (OMISSIS) era inserito nel sodalizio senza specificare il ruolo effettivamente svolto dallo stesso e le modalita' e tempi di investitura dell'imputato, affermazione smentita dal fatto che il ricorrente non ha partecipato alle conversazioni intercettate dagli inquirenti ovvero ad alcun incontro o summit con gli associati. Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) sono assolutamente generiche e prive di riscontri in quanto il collaboratore non e' stato in grado di fornire dettagli sull'asserita attivita' associativa dello (OMISSIS) cosi' come non ha fornito alcun elemento da cui desumere il proprio ruolo all'interno della cosca. Le propalazioni dello (OMISSIS) sono contraddittorie nella parte in cui lo stesso dapprima afferma che il ricorrente prendeva parte alle attivita' del sodalizio unitamente a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per poi riferire che l'attivita' dell'imputato veniva svolta solo in compagnia dei primi due complici. Le dichiarazioni dello (OMISSIS) e dell' (OMISSIS) sono in contrasto tra loro in quanto quest'ultimo non ha fatto alcun cenno al coinvolgimento del ricorrente nel settore delle estorsioni e nell'omicidio del (OMISSIS), diversamente da quanto invece affermato dallo (OMISSIS). 16.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la mancanza della motivazione in ordine alla ritenuta attendibilita' della chiamata di reita' dell' (OMISSIS) nonostante le contraddizioni presenti nelle sue dichiarazioni. Le dichiarazioni rese da (OMISSIS) non possono assurgere al ruolo di riscontro esterno, trattandosi di dichiarazioni che, oltre ad essere generiche e prive di reale portata probatoria, sono state rese oltre due anni dopo l'intrapresa collaborazione da parte del compagno (OMISSIS), con conseguente "verosimile contaminazione probatoria" della (OMISSIS). I giudici di appello non hanno tenuto conto di quanto affermato, in altro procedimento, dalla Corte di Appello di Genova in ordine all'inattendibilita' e genericita' delle dichiarazioni rese dall' (OMISSIS) nei confronti di un soggetto accusato di essere associato con il ruolo di "picciotto" addetto alle estorsioni. La sentenza impugnata e' illogica e carente laddove desume la partecipazione del ricorrente all'ipotizzata associazione dall'attivita' di gestione dello spaccio di stupefacenti, senza tenere in considerazione che gia' il Giudice dell'udienza preliminare aveva assolto lo (OMISSIS) per non averli commessi dai reati in materia di stupefacenti descritti ai capi 15 e 17 dell'imputazione. 16.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta che la motivazione oggetto di ricorso e' incongrua e carente in ordine alle modalita' di determinazione della pena e al mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche. 17. (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, propone ricorso ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), avverso la sentenza con la quale e' stato ritenuto partecipe della associazione a delinquere di cui al capo 1) dell'imputazione. 17.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta l'erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 3, il travisamento della prova in ordine al ruolo ricoperto dallo (OMISSIS) nell'ipotizzata consorteria nonche' la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine alla attendibilita' intrinseca ed estrinseca dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS). Il ricorrente lamenta la genericita' delle dichiarazioni accusatorie dello (OMISSIS), il quale ha riferito di aver saputo che lo (OMISSIS) era inserito nel contesto criminale oggetto di indagine senza saper specificare il ruolo effettivamente svolto dallo stesso, non riuscendo, peraltro, ad indicare con esattezza il proprio ruolo all'interno della medesima consorteria. Le dichiarazioni dei due collaboratori sono difformi su un punto di sostanziale importanza; infatti, mentre lo (OMISSIS) ha indicato il ricorrente come autore materiale dell'omicidio di (OMISSIS), evento letale che trovava fondamento in una questione sentimentale estranea agli interessi della cosca, l' (OMISSIS) ha riferito che l'omicidio sarebbe da ricondursi a problematiche legate al controllo del territorio da parte del clan di (OMISSIS) e che lo (OMISSIS) lo avrebbe aiutato ad occultare il cadavere del (OMISSIS), omettendo di indicare lo stesso come coautore materiale dell'omicidio. La Corte territoriale ha omesso di considerare il motivo di appello che segnalava tale divergenza sostanziale tra le propalazioni dei due collaboratori di giustizia da cui consegue la violazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 3, in mancanza di un reciproco riscontro tra le dichiarazioni rese dai predetti. I giudici di appello hanno, inoltre, travisato la prova dichiarativa in quanto ne' l' (OMISSIS) ne' lo (OMISSIS) hanno fatto riferimento a circostanze utili a comprovare la partecipazione dello (OMISSIS) al narcotraffico, limitandosi ad affermare una generica e pregressa partecipazione al clan nel settore del narcotraffico. Tali accuse del tutto generiche trovano conferma solo in pseudo-riscontri (l'interessamento dello (OMISSIS) per trovare un difensore all'arrestato (OMISSIS), la consegna di una piccola somma di denaro alla moglie dell' (OMISSIS) mentre quest'ultimo si trovava in carcere e la denuncia presentata da (OMISSIS) in data 05/04/2010 relativa ad una condotta estorsiva posta in essere dal ricorrente), elementi che erano stati ritenuti dal Giudice per le indagini preliminari insufficienti a giustificare l'applicazione di una misura cautelare nei confronti del ricorrente. Le intercettazioni in atti non sono idonee ad assurgere alla funzione di riscontri esterni individualizzanti, dimostrando al contrario che, sin dal 2009, lo (OMISSIS) era considerato inaffidabile dagli appartenenti al sodalizio criminale e che l' (OMISSIS) era pronto ad eliminarlo qualora fosse stato necessario (intercettazione n. 24058, rit. 930/08). 17.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli articoli 132, 133 e 62 bis c.p.p. e la carenza e manifesta illogicita' della motivazione in ordine alla determinazione della pena ed alla mancata prevalenza delle attenuanti generiche sulle contestate aggravanti. La Corte territoriale ha determinato la pena con esclusivo riferimento al ruolo ricoperto dal ricorrente ed alla partecipazione all'omicidio del (OMISSIS), affermazione del tutto illogica in quanto tale ultima condotta non e' stata contestata all'imputato. 18. (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, propone ricorso, ex articolo 606 c.p.p., lettera b), c) ed e), avverso la sentenza con la quale e' stato ritenuto tra i soggetti al vertice della associazione a delinquere di cui al capo 1) del capo di imputazione. 18.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 416 bis c.p., commi 1, 2, 3, 4, 5 e 8 e la contraddittorieta' ed illogicita' della motivazione nella parte in cui ritiene che il ricorrente rivesta un ruolo verticistico nell'ambito della cosca. I giudici di appello hanno affermato la penale responsabilita' del ricorrente esclusivamente sulla base delle contrastanti e contraddittorie dichiarazioni rese dall' (OMISSIS), assolutamente inidonee a dimostrare la stabile e volontaria compenetrazione del (OMISSIS) nel tessuto organizzativo del sodalizio. Le dichiarazioni accusatorie rese dall' (OMISSIS) sono prive di riscontri esterni individualizzanti in quanto le conversazioni intercettate poste a fondamento della decisione dei giudici di appello non sono idonee a dimostrare la partecipazione del (OMISSIS) alla cosca capeggiata dal collaboratore di giustizia. La motivazione e' carente in quanto i giudici di appello non hanno tenuto conto del fatto che il (OMISSIS) nel periodo 2004-2009 era detenuto in carcere; della mancanza di prova che il ricorrente abbia avuto contatti con gli altri affiliati e del fatto che il (OMISSIS) non ha posto in essere alcun reato-fine dell'associazione. 18.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l'assoluta carenza della motivazione in relazione alla confisca disposta ai sensi dell'articolo 416 bis c.p., comma 7; i giudici di appello non hanno indicato gli elementi atti a dimostrare che il (OMISSIS) sia il titolare dei beni confiscati e che l'imputato si sia servito di tali beni per la realizzazione del progetto criminale associativo. 19. (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, propone ricorso, ex articolo 606 c.p.p., lettera b), c) ed e), avverso la sentenza con la quale e' stato ritenuto referente della âEuroËœndrina di (OMISSIS) e, quindi, in posizione apicale nella associazione a delinquere di cui al capo 1). Con l'unico motivo il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 416 bis c.p., commi 1, 2, 3, 4, 5 e 8 e dell'articolo 192 c.p.p. nonche' la contraddittorieta' e carenza della motivazione in relazione all'accertamento della penale responsabilita' ed in ordine alla valutazione dell'attendibilita' del collaboratore di giustizia (OMISSIS). 19.1. Secondo la prospettazione difensiva la motivazione e' palesemente illogica e contraddittoria nella parte in cui i giudici di appello hanno ritenuto il ricorrente partecipe del sodalizio criminale ed al contempo hanno assolto il (OMISSIS) dall'accusa di esser il mandante dell'omicidio di (OMISSIS), stante la mancanza di riscontri esterni alle dichiarazioni dell' (OMISSIS) e la frammentarieta' ed ambiguita' delle conversazioni intercettate poste a base della sentenza di primo grado. La motivazione e' carente in quanto la condanna trova fondamento unico nell'affermazione dell' (OMISSIS) secondo cui il (OMISSIS) sarebbe un "santista" affiliato alla cosca di (OMISSIS); tale affermazione e' insufficiente a comprovare la stabile compenetrazione dell'imputato nel tessuto organizzativo del sodalizio e la messa a disposizione dell'organizzazione necessarie per la dimostrazione del vincolo associativo. Le dichiarazioni accusatorie dell' (OMISSIS), oltre ad essere generiche ed inattendibili, non hanno trovato alcun riscontro nelle sporadiche intercettazioni in atti; non e' stato dimostrato alcun contatto o incontro di qualsiasi tipo tra il dichiarante e l'imputato ne' sono stati indicati i termini in cui si sarebbe esplicato il ruolo apicale svolto dalla (OMISSIS) all'interno della cosca oggetto di giudizio. Le conversazioni intercorse tra il ricorrente e (OMISSIS) poste a fondamento della condanna (prog. nn. 15487 e 15488 dell'08 novembre 2018) sono in larga parte incomprensibili, disturbate ed inidonee a dimostrare l'esistenza dello stretto legame di collaborazione mafiosa tra i due interlocutori, legame che viene, invece, affermato dai giudici di merito con motivazione del tutto apodittica ed illogica. La Corte territoriale non ha adeguatamente motivato in ordine alla doglianza difensiva avente ad oggetto l'indeterminatezza temporale della contestazione del reato associativo, indeterminatezza cui consegue la nullita' per assoluta genericita' del capo di imputazione. I giudici di appello si sono limitati ad affermare l'infondatezza dell'eccezione difensiva in considerazione della natura "aperta" della contestazione senza tenere conto che il giudice di primo grado aveva arbitrariamente indicato il 2006 come anno di inizio dell'operativita' dell'associazione a delinquere ipotizzata. Il ricorrente lamenta, inoltre, che i giudici di merito sono venuti meno all'obbligo motivazionale in ordine alla natura del contributo alla vita dell'organizzazione fornito dal (OMISSIS) nel periodo di detenzione protrattosi sino al 2009 a seguito di una precedente condanna quale partecipe ad organizzazione criminale attiva nel periodo 2003-2009 e capeggiata da (OMISSIS). 20. (OMISSIS), a mezzo dei propri difensori, propone ricorso, ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), avverso la sentenza con la quale e' stato condannato in relazione ai reati di cui ai capi 15) e 26) dell'imputazione. 20.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta l'inosservanza e l'erronea applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e articolo 192 c.p.p. nonche' la contraddittorieta' e illogicita' della motivazione in relazione alla valutazione della prova della penale responsabilita' del ricorrente in ordine al delitto di cui al capo 26) dell'imputazione. La prova della responsabilita' del ricorrente e' stata desunta esclusivamente dal contenuto dell'intercettazione n. 1524 del 28 maggio 2013 nel corso della quale il (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) di aver offerto delle "cose" a (OMISSIS) al prezzo di settantacinque. La Corte territoriale con motivazione presuntiva e illogica ha ritenuto che detta intercettazione avesse ad oggetto una compravendita di sostanza stupefacente del tipo cocaina in quanto gli interlocutori non hanno fornito una spiegazione alternativa. I giudici di appello non hanno motivato in ordine alla sussistenza di pregressi accordi tra il (OMISSIS) e (OMISSIS) in tema di narcotraffico, alla riconducibilita' del termine "cose" alle sostanze stupefacenti ed al fatto che il (OMISSIS) fosse assuntore di droga. 20.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 416 bis.1 c.p. nonche' la carenza della motivazione in quanto i giudici di appello non hanno motivato in ordine alla sussistenza della circostanza aggravante dell'agevolazione mafiosa. 20.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione ed erronea applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 e articolo 192 c.p.p. nonche' la contraddittorieta' e illogicita' della motivazione in relazione alla penale responsabilita' del ricorrente in ordine al reato associativo. La partecipazione al sodalizio criminoso e' stata desunta esclusivamente dalle dichiarazioni dei coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS) e della teste (OMISSIS), dichiarazioni che avrebbero trovato riscontro esterno in tre conversazioni intercettate in data 28 maggio 2013, 7 luglio 2013 e 10 novembre 2014 (pag. 167 della sentenza impugnata). I due collaboratori di giustizia e la teste (OMISSIS) hanno reso dichiarazioni contraddittorie, in particolare l' (OMISSIS) ha indicato il ricorrente come spacciatore di droga ad (OMISSIS), la (OMISSIS) come fornitore di cocaina dell' (OMISSIS) e lo (OMISSIS) come acquirente di sostanza stupefacente dagli zingari di (OMISSIS) e dalla cosca (OMISSIS). I giudici di appello hanno dedotto, in modo illogico ed apodittico, la collaborazione del ricorrente con l'associazione dedita al narcotraffico di cui al capo 15) dell'imputazione dal contenuto di una conversazione (prog. 4380 del 10 novembre 2014) nel corso della quale il (OMISSIS) si limita ad invitare il suo interlocutore a mostrargli un campione di stupefacente e da una intercettazione (prog. 1660 del 7 luglio 2013) in occasione della quale l'imputato parla con il suo interlocutore della necessita' di recarsi a (OMISSIS) per farsi qualche "botta" di cocaina. La sentenza impugnata non fornisce alcuna motivazione in ordine allo stabile e duraturo coinvolgimento del (OMISSIS) nell'attivita' dell'ipotizzata associazione, non indica alcun contatto significativo del ricorrente con presunti appartenenti al sodalizio criminale ne' specifica quale sia il contributo causale fornito dal (OMISSIS) all'attivita' dell'associazione stessa, limitandosi a fondare la declaratoria di responsabilita' penale su intercettazioni dal contenuto neutro e privo di pregnante significato indiziario. 20.4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione ed erronea applicazione degli articoli 62 bis e 133 c.p. nonche' la carenza della motivazione con riguardo alla determinazione del trattamento sanzionatorio. I giudici di appello non hanno motivato in merito ai criteri seguiti per calcolare la pena, limitandosi a quantificare in dieci anni e due mesi la pena base per il delitto associativo. La motivazione con la quale e' stato negato il riconoscimento delle attenuanti generiche e' del tutto apparente, facendo esclusivo riferimento alla gravita' delle condotte del (OMISSIS) ed alla sua "biografia criminale", disattendo l'obbligo di motivare in merito all'eventuale insussistenza di elementi positivi idonei a giustificare la concessione delle attenuanti di cui all'articolo 62 bis c.p.. 21. (OMISSIS), a mezzo dei propri difensori, propone due ricorsi ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), avverso la sentenza con la quale e' stato condannato in relazione ai reati di cui ai capi 1), 12), 15) e 26) dell'imputazione. I ricorsi possono esser esposti unitariamente stante la sostanziale sovrapponibilita' delle doglianze dedotte. 21.1. Con il primo motivo dei due ricorsi il (OMISSIS) lamenta la violazione dell'articolo 416 bis c.p. stante la mancata partecipazione del ricorrente all'associazione a delinquere di cui al capo 1) della rubrica e la violazione dell'articolo 192 c.p.p. in relazione alla valutazione dell'attendibilita' dei collaboratori di giustizia. La Corte di appello ha ritenuto attendibili (OMISSIS) e (OMISSIS) senza motivare in ordine alle doglianze contenute nell'atto di appello (annullamento della misura cautelare per carenza indiziaria da parte del Tribunale del Riesame, inidoneita' delle conversazioni intercettate a dimostrare la partecipazione del (OMISSIS) all'ipotizzata associazione, mancanza di rapporti tra il ricorrente ed i presunti sodali di (OMISSIS)). La difesa sottolinea che l' (OMISSIS) non ha menzionato mai il (OMISSIS) e che le sue dichiarazioni si riferiscono a fatti antecedenti al 2012 e quindi coperti dal giudicato derivante dalla sentenza emessa in data 18 luglio 2013 dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro. La motivazione e' carente in quanto i giudici di appello non hanno adeguatamente verificato la credibilita' soggettiva ed oggettiva del dichiarante, superando con motivazione meramente apparente l'annullamento della misura cautelare applicata al (OMISSIS) disposto dal Tribunale del Riesame. Il percorso argomentativo dei giudici di appello e' carente nella parte in cui desume l'attendibilita' del collaboratore (OMISSIS) dalla contemporanea accusa nei confronti del proprio fratello, dalla assenza di intenti calunniatori e dalla convergenza con le dichiarazioni accusatorie rese dall' (OMISSIS). La difesa lamenta, infine, che lo (OMISSIS) ha riferito dati appresi dalla lettura del fascicolo processuale (ed in particolare il soprannome del (OMISSIS), l'imposizione dell'acquisto di frutta a vari locali nonche' la presenza del ricorrente presso il locale (OMISSIS)). I giudici di appello hanno erroneamente ritenuto le conversazioni intercettate idonee a riscontrare le dichiarazioni accusatorie dello (OMISSIS) nonostante l'evidente genericita' dei colloqui intercorsi con i coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS), colloqui che non dimostrano, in alcun modo, la partecipazione del (OMISSIS) alla contestata associazione mafiosa. La Corte di merito non ha tenuto in considerazione quanto eccepito dalla difesa in ordine al fatto che le frasi pronunziate dal (OMISSIS) fossero frutto di vanterie e millanterie, in contrasto con quanto affermato sul punto dal Tribunale del Riesame in sede di annullamento dell'ordinanza cautelare. La motivazione e' illogica e contraddittoria in quanto non spiega quali siano le affermazioni veritiere e quali le dichiarazioni eccessive e millantatorie; i giudici di merito dopo aver affermato che il (OMISSIS), pur manifestando un atteggiamento megalomane e millantatore, era a conoscenza delle dinamiche associative non hanno illustrato gli aspetti in cui si sarebbe estrinsecata la partecipazione dell'imputato al sodalizio di stampo mafioso, limitandosi a riportare intercettazioni dal contenuto generico e ad evidenziare comportamenti non univoci quali la prenotazione di un tavolo al ristorante e l'intervento risolutore richiestogli da (OMISSIS) e da (OMISSIS). La motivazione e' erronea nella parte in cui afferma che i contatti tra il (OMISSIS) e gli esponenti della cosca (OMISSIS) sarebbero dimostrati dal contenuto dell'intercettazione n. 139 del 19 giugno 2013 e dell'intercettazione 6145 del 29 luglio 2013, assunto illogico in considerazione della genericita' e millanteria delle frasi pronunciate dal ricorrente. La motivazione e' contraddittoria nella parte in cui sostiene che il (OMISSIS) e' un mero partecipe con compiti esecutivi nel settore delle estorsioni per poi far riferimento a conversazioni nel corso delle quali il ricorrente si vanta di conoscere personaggi di rilievo e di esser stimato ad alti livelli (intercettazioni nn. 6145 e 6620 del 29 luglio 2013, 12192 del 16 gennaio 2014 e 10774 del 25 ottobre 2013). La Corte territoriale non ha confutato la doglianza con la quale la difesa aveva affermato che i fatti riferiti dal (OMISSIS) nel corso delle intercettazioni nn. 6145 e 6620 del 29 luglio 2013 e 10774 del 25 ottobre 2013 sono palesemente inventati. I giudici di appello hanno erroneamente ritenuto le intercettazioni nn. 6035, 6046, 6052, 6080, 6086 e 6088 idonee a dimostrare il coinvolgimento del (OMISSIS) nell'ipotizzata tentata estorsione in danno dell'esercizio commerciale (OMISSIS), non tenendo in adeguata considerazione il contenuto delle dichiarazioni rese da (OMISSIS). La Corte di merito non ha, inoltre, motivato in ordine alla censura difensiva secondo cui la mera gestione della security di un locale non puo' rientrare nel programma dell'associazione ma puo' esser definita un interesse personale, come peraltro affermato dallo stesso (OMISSIS). 21.2. Con il secondo motivo di entrambi i ricorsi, il (OMISSIS) lamenta la violazione degli articoli 56 e 629 c.p. in relazione alla mancata riqualificazione nei meno gravi reati di violenza privata e danneggiamento nonche' la violazione dell'articolo 192 c.p.p. in relazione alla erronea valutazione delle intercettazioni nn. 6035, 6046, 6052, 6080, 6086 e 6088 e delle dichiarazioni rese da (OMISSIS). I giudici di appello hanno erroneamente rigettato la richiesta di riqualificazione dei fatti nei reati di cui agli articoli 610 e 635 c.p., affermando, con motivazione sommaria ed apodittica, che l' (OMISSIS) ha effettuato il danneggiamento su indicazione del (OMISSIS) e di (OMISSIS) senza affrontare in alcun modo la doglianza avente ad oggetto la mancata prospettazione di richieste estorsive fondate su condotte violente o minatorie. La conversazione n. 6035 del 18 luglio 2013 non dimostra il compimento di alcuna condotta estorsiva in quanto assolutamente generica e priva di riferimenti univoci al proprietario del locale in questione. La motivazione e' contraddittoria nella parte in cui desume la sussistenza della tentata estorsione dal contenuto dell'intercettazione 6052 pur riconoscendo che il (OMISSIS) ha dichiarato di aver chiesto ad (OMISSIS) di pagargli i danni procuratigli. La sentenza e' illogica nella parte in cui afferma che il (OMISSIS) ha solo tentato di ridimensionare i fatti, mentre il predetto ha escluso di aver subito minacce e tentativi di estorsione, versione che trova conferma nell'intercettazione n. 6080, da cui si evince che il proprietario del locale non e' stato intimidito e che addirittura lo stesso intendeva chiedere un risarcimento del danno. Le conversazioni richiamate nelle sentenze di merito non spiegano i motivi della visita dell' (OMISSIS) presso il locale (OMISSIS) ne' la Corte territoriale motiva in alcun modo su tale doglianza contenuta nell'atto di appello. 21.3. Con il terzo motivo di entrambi i ricorsi il (OMISSIS) lamenta la violazione dell'articolo 192 c.p.p. in relazione alla valutazione delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) in ordine all'associazione dedita al narcotraffico di cui al capo 15) dell'imputazione ed il travisamento delle intercettazioni nn. 1524 del 28 maggio 2013 e 2457 del 2013. Le dichiarazioni di (OMISSIS) sono generiche e fanno riferimento pressoche' esclusivo a circostanze, apprese dallo (OMISSIS), inidonee a dimostrare il coinvolgimento del (OMISSIS) nell'attivita' di narcotraffico e la stabile adesione del predetto all'ipotizzata associazione, indicando condotte che al piu' possono qualificarsi come una mera conseguenza della partecipazione all'associazione di cui al capo 1 della rubrica. La sentenza non ha compiutamente affrontato e risolto le doglianze difensive basate sulla genericita' delle dichiarazioni rese dallo (OMISSIS) solo dal 2017 e, quindi, in data posteriore alla sua conoscenza degli atti di causa. La Corte ha travisato le uniche intercettazioni poste a riscontro del riconoscimento della partecipazione al sodalizio dedito al narcotraffico (n. 457 e n. 1524 del 28 maggio 2013), intercettazioni assolutamente inidonee a dimostrare che il (OMISSIS) abbia mai aderito in modo stabile all'associazione di cui al capo 15) dell'imputazione. La Corte territoriale ha desunto la partecipazione del (OMISSIS) al sodalizio dedito al narcotraffico esclusivamente dalla commissione del reato-fine descritto al capo 26, in assenza di ulteriori elementi a sostegno di un vincolo associativo diverso ed ulteriore rispetto a quello con il sodalizio di cui al capo 1) della rubrica. La Corte di merito ha ignorato il motivo di appello che denunciava la contraddittorieta' della sentenza di primo grado nella parte in cui ha condannato il (OMISSIS) per il reato associativo ed al contempo lo ha assolto per i reati di cui ai capi 27 e 28 della rubrica. La motivazione e' assolutamente carente in relazione alla richiesta di riqualificazione della condotta contestata nella fattispecie attenuata di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, basata sull'incertezza in ordine alla qualita' e quantita' della sostanza che sarebbe stata spacciata dall'ipotizzata associazione. 21.4. Con il quarto motivo di entrambi i ricorsi il (OMISSIS) lamenta, la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 in relazione alla mancata riqualificazione ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, della condotta descritta al capo 26 dell'imputazione. L'unica intercettazione posta a base del riconoscimento della partecipazione del (OMISSIS) alla commissione di tale reato (n. 1524 del 28 maggio 2013) e' inidonea a dimostrare la natura delle "cose" di cui parlano il (OMISSIS) ed il (OMISSIS); non vi e' certezza che si tratti di sostanze stupefacenti e meno che mai di cocaina. Sul punto la sentenza e' incongrua limitandosi a desumere la natura della sostanza dal prezzo di mercato della cocaina e ad affermare, in modo apodittico, che questa fosse l'unica interpretazione possibile della conversazione in esame. I giudici di appello non hanno motivato in ordine alla richiesta di riqualificazione della condotta contestata nella fattispecie attenuata di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, basata sulla manifesta incertezza in ordine alla qualita' e quantita' delle sostanze di cui si ipotizza la cessione con conseguente ulteriore vizio di violazione di legge. I giudici di appello non hanno confutato in modo logico la lamentata contraddittorieta' della sentenza di primo grado nella parte in cui ha condannato il (OMISSIS) per il reato di cui al capo 26 dell'imputazione ed al contempo lo ha assolto per i reati di cui ai capi 27 e 28 della rubrica. 21.5. Con il quinto motivo del ricorso presentato dall'Avv. (OMISSIS), il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 416 bis c.p., commi 4 e 5. La motivazione e' carente in ordine alla ritenuta consapevolezza del (OMISSIS) in ordine all'aggravante dell'uso di armi; i giudici di appello si sono limitati a desumere tale aggravante dalla contestazione di omicidi e di delitti in materia di armi nei confronti di alcuni coimputati nonche' dalle dichiarazioni rese dall' (OMISSIS) relative a condotte illecite risalenti al 2012, senza indicare gli elementi da cui desumere la consapevolezza del (OMISSIS) e l'attualita' della disponibilita' di armi. 21.6. Con il sesto motivo del ricorso presentato dall'Avv. (OMISSIS) ed il quinto e sesto motivo del ricorso redatto dall'Avv. (OMISSIS), viene eccepita la violazione degli articoli 2, 416 bis, 62 bis, 69 e 133 c.p. in ordine all'applicazione della pena prevista dall'articolo 416 bis c.p. nonche' la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti contestate ed alla mancata applicazione del minimo della pena. Le condotte contestate al (OMISSIS) si fermano al 2014 con conseguente erronea applicazione della pena prevista per la violazione dell'articolo 416 bis c.p. nei termini indicati dalla L. 27 maggio 2015, n. 69. La Corte territoriale non ha motivato in ordine allo specifico motivo di appello con conseguente nullita' della sentenza per omessa motivazione. La sentenza non e' adeguatamente motivata in ordine al mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle contestate aggravanti: i giudici di appello si sono limitati a condividere quanto affermato dal giudice di primo grado "in considerazione della gravita' delle accuse e del ruolo rivestito" senza valutare in alcun modo gli elementi favorevoli indicati nell'atto di appello (svolgimento di attivita' lavorativa, incensuratezza, apporto minimale, personalita' e comportamento processuale del ricorrente). 22. (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, propone ricorso, ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), avverso la sentenza con la quale e' stato condannato in relazione ai reati di cui ai capi 1), 15), 24), 25) e 38) dell'imputazione. 22.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 192 c.p.p. nonche' la mancanza e illogicita' della motivazione in relazione alla partecipazione all'associazione a delinquere di stampo mafioso descritta al capo 1). Le dichiarazioni accusatorie del collaboratore di giustizia (OMISSIS) sono assolutamente generiche e aspecifiche nonche' prive di riscontri; i giudici di appello non hanno argomentato in ordine all'attendibilita' del dichiarante con conseguente carenza di motivazione sul punto. La Corte territoriale non si e' confrontata con quanto eccepito con l'atto di appello in ordine all'inconciliabilita' tra quanto riferito dall' (OMISSIS) e quanto dichiarato dalla sua compagna (OMISSIS), la quale ha indicato il ricorrente con un soprannome mai usato dall' (OMISSIS) e non ha riconosciuto il figlio del (OMISSIS) in occasione dell'individuazione fotografica svolta nel corso delle indagini. I giudici di appello non hanno adeguatamente confutato la doglianza difensiva secondo cui il (OMISSIS) ha affrontato il (OMISSIS) per impedirgli di "minacciare anche i suoi beni" e non per imporre il controllo del territorio da parte dell'ipotizzato sodalizio. La Corte territoriale non ha affrontato in alcun modo l'eccezione difensiva secondo cui il (OMISSIS) aveva un rilevante interesse ad accusare il (OMISSIS) al fine di "allontanare possibili accuse dai suoi prossimi congiunti" e doveva essere sentito come indagato in reato connesso. La sentenza impugnata omette di confrontarsi con il passaggio dell'intercettazione riportata a pagina 40 della sentenza nel corso della quale il (OMISSIS) invitava il suo interlocutore ad assumere buttafuori autorizzati. La motivazione e' illogica e congetturale nella parte in cui afferma che il (OMISSIS) ha finto di aver paura per intimorire maggiormente il suo interlocutore (OMISSIS). La Corte di merito non confuta adeguatamente il rilievo difensivo secondo cui la proposta fatta al (OMISSIS) di diventare un associato era in realta' di natura scherzosa; appare evidente l'illogicita' di un percorso motivazionale che ritiene possibile una tale proposta pochi minuti dopo che lo stesso (OMISSIS) aveva cercato di intimorire il (OMISSIS). La motivazione e' radicalmente assente in relazione alle doglianze elencate nella memoria difensiva prodotta all'udienza del 16 dicembre 2020 ed allegata al ricorso in Cassazione. 22.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 192 c.p.p. nonche' la mancanza e illogicita' della motivazione in relazione alla partecipazione del ricorrente all'associazione dedita al narcotraffico di cui al capo 15) dell'imputazione. I collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS) non sono stati in grado di indicare il ruolo svolto dal (OMISSIS) e le condotte che lo stesso avrebbe posto in essere in qualita' di associato; il principale riscontro indicato dalla Corte territoriale (rinvenimento di sostanza stupefacente in un terreno del ricorrente) non dimostra in alcun modo la partecipazione al sodalizio dedito al narcotraffico ma al piu' una semplice violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73. Le intercettazioni indicate in sentenza nulla dicono in ordine all'eventuale coinvolgimento del (OMISSIS) nell'attivita' associativa. La motivazione e', inoltre, radicalmente assente in relazione alle doglianze elencate nella memoria difensiva prodotta all'udienza del 16.12 2020. 22.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta l'illogicita' della motivazione in relazione alla mancata riqualificazione della condotta descritta al capo 25) della rubrica nel reato meno grave di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5. La mancanza di elementi probatori da cui dedurre i quantitativi di droga oggetto delle conversazioni imponeva ai giudici di appello di procedere alla riqualificazione giuridica invocata dalla difesa, istanza che e' stata rigettata in modo sbrigativo ed apodittico in considerazione della natura associativa dell'attivita' di narcotraffico. 22.4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la carenza della motivazione in relazione al ruolo apicale che il (OMISSIS) avrebbe rivestito all'interno dell'associazione di stampo mafioso di cui al capo 1) dell'imputazione. La Corte territoriale non ha motivato in ordine alle specifiche censure contenute nell'atto di appello e nella successiva memoria difensiva in ordine all'inattendibilita' del collaboratore (OMISSIS), quale ad esempio l'illogicita' dell'affermazione del dichiarante secondo cui lo stesso territorio sarebbe stato controllato da due gruppi criminali (i (OMISSIS) e gli (OMISSIS)). 22.5. Con il quinto motivo il ricorrente lamenta, ex articolo 606 c.p.p., lettera e), la carenza della motivazione con riguardo alla determinazione del trattamento sanzionatorio. I giudici di appello non hanno motivato in merito ai criteri seguiti per calcolare l'aumento per la continuazione con conseguente vizio di motivazione analogo a quello che contraddistingue la sentenza di primo grado. La motivazione con la quale e' stato negato il riconoscimento delle attenuanti generiche e' del tutto apparente in quanto i giudici di merito, utilizzando formule di stile prive di concreto contenuto, si sono limitati a far riferimento al ruolo apicale ricoperto dal (OMISSIS) all'interno del sodalizio. 23. (OMISSIS), a mezzo dei propri difensori, propone ricorso, ex articolo 606 c.p.p., lettera b), c) ed e), avverso la sentenza con la quale e' stato condannato in relazione al reato di cui al capo 1). 23.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta l'inosservanza e l'erronea applicazione dell'articolo 416 bis c.p. e degli articoli 125, 192, 533 e 546 c.p.p. nonche' la carenza della motivazione in relazione alla contestata partecipazione al reato associativo di stampo mafioso. La Corte territoriale non ha svolto alcuna motivazione in ordine alle doglianze contenute nella memoria difensiva datata 3 novembre 2020 (allegata al ricorso e non menzionata dai giudici di appello). I giudici di appello si sono limitati a riportare, in termini meramente ripetitivi del percorso motivazionale seguito dal giudice di primo grado, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e le tre intercettazioni poste a base della affermazione di responsabilita', senza farsi carico di argomentare sulla inconsistenza dei motivi di appello con conseguente elusione dell'obbligo di motivazione previsto a pena di nullita' dagli articoli 111 e 125 Cost.. La sentenza impugnata e' assolutamente carente e non indica quali crimini il (OMISSIS) abbia commesso o contribuito a compiere nonche' quali rapporti abbia intrattenuto con il sottobosco criminale operante nella zona di (OMISSIS). La sentenza impugnata non si e' confrontata in maniera logica e congrua con le doglianze contenute nell'atto di appello inerenti la genericita' delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), caratterizzate da genericita' e superficialita', e la mancata prova della partecipazione del (OMISSIS) all'ipotizzato sodalizio criminale, doglianze che sono state disattese con generiche formule di stile. L' (OMISSIS) si e' limitato ad affermare di aver messo il (OMISSIS), camorrista di sgarro, a capo della âEuroËœndrina di (OMISSIS) e di averlo mandato anche a rappresentare la famiglia "non alle riunioni, lo mandavo tipo al matrimonio"; il dichiarante, peraltro, non ha specificato in alcun modo il ruolo ed il coinvolgimento del (OMISSIS) nella commissione di azioni criminose o comunque nell'effettiva attivita' di direzione della âEuroËœndrina. Il ruolo verticistico del (OMISSIS) riferito dall' (OMISSIS) e' smentito dalla mancata menzione del ricorrente da parte degli altri collaboratori di giustizia inseriti nel contesto criminale della zona. Anche le dichiarazioni dello (OMISSIS) non descrivono adeguatamente il ruolo apicale del (OMISSIS), il quale viene indicato come soggetto che ricopriva un ruolo preminente nel gruppo criminale nel settore del narcotraffico ed era tenuto in notevole considerazione dal gruppo dei sangiovannesi, tanto da organizzare presso la sua abitazione un incontro svoltosi nel 2009 cui partecipavano lo (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS). Le dichiarazioni dello (OMISSIS) non hanno trovato riscontro nelle propalazioni dell' (OMISSIS) il quale non ha fatto menzione alcuna del coinvolgimento del ricorrente nell'attivita' legata agli stupefacenti ne' dell'incontro descritto dallo (OMISSIS). Il coinvolgimento del (OMISSIS) nell'attivita' di narcotraffico e' smentito dall'assoluzione dal reato ascritto al capo 15. Le dichiarazioni accusatorie dei due collaboratori di giustizia non trovano, peraltro, riscontro nelle intercettazioni indicate dai giudici di merito in considerazione dell'assoluta episodicita' delle stesse e del tenore letterale delle conversazioni intercorse tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) in occasione del matrimonio celebratosi nel 2009. La Corte territoriale ha ignorato l'intercettazione n. progr. 4472 del 2 giugno 2014 nel corso della quale il capo della âEuroËœndrina di Castelsilano si lamenta dell'assenza di una figura apicale in (OMISSIS) e l'intercettazione n. progr. 29987 nel corso del quale un capo del territorio di (OMISSIS) si lamenta della mancanza di una persona di riferimento a (OMISSIS). Anche le dichiarazioni rese dalla (OMISSIS) non sono idonee ad assurgere al ruolo di riscontri individualizzanti in quanto la stessa si limita ad affermare in modo del tutto generico che il (OMISSIS) faceva "affari illeciti con (OMISSIS)". 23.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), l'erronea applicazione dell'articolo 62 bis c.p. ed il vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. La Corte territoriale non ha tenuto conto degli elementi positivi che dovevano condurre al riconoscimento delle attenuanti generiche (incensuratezza del ricorrente, soggetto ultrasettantenne che ha sempre svolto l'attivita' di infermiere, mancata contestazione di reati-fine). La motivazione e' apodittica, illogica e contraddittoria nella parte in cui si limita a richiamare in termini generici per tutti gli imputati la gravita' delle condotte rubricate e l'elevato allarme sociale che ne deriva, affermazione che si pone in insanabile contrasto con quanto affermato dalla Corte di Appello nel provvedimento di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliare, fondata sulla incensuratezza e sulla ridotta capacita' delinquenziale del (OMISSIS). 23.3. In data 19 luglio 2022 il difensore ha depositato motivi nuovi con i quali ha ulteriormente illustrato le censure svolte nel primo motivo di ricorso in ordine alla violazione degli articoli 125 e 192 c.p.p.. A giudizio della difesa le dichiarazioni rese da (OMISSIS), secondo il quale al territorio di (OMISSIS) era preposto il fratello (OMISSIS), e dallo (OMISSIS) smentiscono quanto affermato dall' (OMISSIS) sul ruolo apicale del (OMISSIS), soggetto che viene indicato dallo (OMISSIS) quale semplice partecipe ad una attivita' di narcotraffico. La seconda doglianza addotta con i motivi nuovi ha ad oggetto il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in considerazione della mancata differenziazione tra le posizioni di singoli imputati e del generico riferimento alla gravita' dei fatti ascritti. (OMISSIS) ha riferito di aver scelto il (OMISSIS) come capo della âEuroËœndrina a causa della sua eta' e non per le sue specifiche capacita' delinquenziali con conseguente ridimensionamento del ruolo del ricorrente. La decisione della Corte territoriale si pone in contrasto logico con quanto affermato dalla medesima autorita' giudiziaria, in data 24 novembre 2021, allorquando ha disposto la sostituzione della misura degli arresti domiciliari con l'obbligo di presentazione in ragione del fatto che il (OMISSIS), soggetto ultrasettantenne e incensurato, ha sempre svolto attivita' lavorativa di infermiere ed ha tenuto un comportamento ossequioso degli obblighi imposti dai giudici della cautela. 24. (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, propone ricorso, ex articolo 606 c.p.p., lettera e), avverso la sentenza con la quale e' stato condannato in relazione ai reati di cui ai capi 3), 4), 7), 8), 15), 36), 39), 40), 41) e 42) dell'imputazione. 24.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la mancanza e insufficienza della motivazione in relazione alle specifiche censure contenute nell'atto di appello riguardanti l'applicazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 3, articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 546 c.p.p., comma 1 nonche' articoli 101 e 111 Cost.. La Corte territoriale ha disatteso i motivi di appello aventi ad oggetto punti decisivi per la ricostruzione e valutazione dei fatti, con motivazione meramente apparente, venendo meno all'obbligo di motivare in modo puntuale ed analitico su ogni doglianza ad essa devoluta con conseguente nullita' della sentenza impugnata. 24.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), l'inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 3, articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 546 c.p.p., comma 1 e articolo 649 c.p.p., articoli 101 e 111 Cost., nonche' la mancanza ed insufficienza della motivazione in relazione alle specifiche censure contenute nell'atto di appello relative all'omessa declaratoria ex articolo 649 c.p.p. in relazione al reato di cui al capo 15 della rubrica. L' (OMISSIS) e' stato gia' giudicato per i fatti oggetto del presente giudizio con sentenza irrevocabile di condanna emessa dalla Corte di Appello di Catanzaro in data 6 febbraio 2014; la Pubblica Accusa ha erroneamente contestato la medesima condotta di partecipazione in relazione ad una associazione dedita al narcotraffico. I giudici di appello, non avendo colto che il ricorrente era gia' stato condannato in altro procedimento per un reato associativo "collegato e connesso con il presente in quanto esattamente la sua premessa" (pag. 8 del ricorso), non hanno effettuato alcuna comparazione tra i fatti oggetto di giudizio e quelli gia' giudicati con conseguente vizio di motivazione. La motivazione e' erronea ed illogica in quanto il ricorrente doveva esser assolto dai delitti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 73 e 74, ex articolo 649 c.p.p. o quantomeno le condotte rubricate dovevano esser ricondotte all'ipotesi di cui al comma 6 dello stesso articolo. Il ricorrente lamenta, altresi', la mancanza di motivazione in ordine alla richiesta di riconoscimento dell'attenuante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 7. I giudici di appello hanno escluso detta attenuante in considerazione del fatto che le dichiarazioni dell' (OMISSIS) sarebbero intervenute "in un momento in cui l'associazione era gia' portata alle sue estreme conseguenze" (pag. 131 della sentenza impugnata). Tale affermazione e' inesatta in quanto l'imputato ha iniziato a rendere le sue dichiarazioni nel 2012 mentre il processo, conclusosi con la condanna del ricorrente, e' stato incardinato soltanto nel 2017. La motivazione e' erronea anche nella parte in cui non e' stata ritenuta applicabile la predetta attenuante, stante il contestuale riconoscimento della circostanza ad effetto speciale di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 8, affermazione che si pone in insanabile contrasto con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita' che ritiene possibile la contemporanea applicazione di entrambe le circostanze attenuanti. Il ricorrente lamenta, infine, l'omessa motivazione in ordine alla mancata concessione dell'attenuante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 7, anche in relazione alla porzione di pena posta in continuazione, con conseguente vizio di motivazione. 24.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), l'inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 3, articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 546 c.p.p., comma 1 e articolo 649 c.p.p., articoli 62 bis e 133 c.p., articoli 101 e 111 Cost., nonche' la mancanza ed insufficienza della motivazione in relazione al mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti e sulla recidiva contestate all' (OMISSIS). I giudici di appello hanno apoditticamente ritenuto congrua la pena irrogata dal giudice di primo grado senza tenere in adeguata considerazione l'elevato contributo collaborativo fornito dal ricorrente e la resipiscenza manifestata dall' (OMISSIS) nel corso della sua collaborazione con le autorita'. 24.4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta, ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), l'inosservanza ed erronea applicazione degli articoli 69 e 133 c.p. nonche' la mancanza ed insufficienza della motivazione in relazione alla determinazione del trattamento sanzionatorio. La motivazione e' erronea nella parte in cui afferma che il riconoscimento dell'attenuante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 8 non elide il raddoppio dei termini di prescrizione conseguente all'applicazione della L. n. 203 del 1991, articolo 7, affermazione che si pone in contrasto con l'opposto principio di diritto affermato nella sentenza n. 10713 del 2010 delle Sezioni Unite. Dalla corretta applicazione di tale principio di diritto discende la prescrizione dei reati di cui ai capi 4), 8), 36) dell'imputazione, essendo decorso il termine massimo dalla rispettiva data di commissione (i reati di cui ai capi 4) ed 8) riguardano armi comuni da sparo commessi nel 2008 e nel 2006; il reato di cui al numero 36) riguarda un episodio di illecita detenzione di hashish commesso nel 2011 in relazione al quale nulla e' stato statuito dai giudici di merito in ordine alla recidiva specifica contestata nel capo di imputazione). Anche il delitto di illecita detenzione del fucile a canne mozze di cui al capo 40) della rubrica e', secondo la difesa, prescritto, avendo i giudici di appello escluso la sussistenza dell'aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 ed essendo il primo atto interruttivo intervenuto in data successiva al decorso del termine ordinario di 6 anni dalla data di commissione del reato ((OMISSIS)). Il ricorrente lamenta, inoltre, l'omessa motivazione sulle statuizioni civili in quanto non risulta provato il grado di parentela delle costituite parti civili. L' (OMISSIS) si duole, infine, dell'eccessivita' dell'aumento della pena a titolo di continuazione con la pena irrogata con la sentenza irrevocabile di condanna emessa dalla Corte di Appello di Catanzaro in data 6 febbraio 2014. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso presentato dal Procuratore generale in relazione alla posizione di (OMISSIS). 1. Il ricorso e' fondato e deve esser accolto per le ragioni che seguono. 1.1. La Corte territoriale ha ritenuto generiche e prive di riscontri le propalazioni accusatorie rese dal collaboratore di giustizia (OMISSIS); secondo i giudici di appello, le intercettazioni in atti non sarebbero idonee a specificare il ruolo rivestito dal (OMISSIS) all'interno della cosca di (OMISSIS), essendo rimasto indimostrato che il ricorrente fosse stato incaricato dall' (OMISSIS) di svolgere la funzione di intermediario con la famiglia mafiosa (OMISSIS) (pag. 56 della sentenza impugnata). Tale motivazione, estremamente succinta e assertiva, non risulta rispettosa dell'onere di motivazione rafforzata che grava sul giudice di appello che addivenga al ribaltamento della decisione presa dal giudice di prime cure. Questo collegio condivide il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita' secondo cui il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio alternativo ragionamento probatorio e di confutare specificamente i piu' rilevanti argomenti della motivazione della sentenza di primo grado, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato con adeguato standard di persuasivita'. Ne consegue che il giudice di appello, allorche' prospetti ipotesi ricostruttive del fatto alternative a quelle ritenute dal giudice di prima istanza, non puo' limitarsi a formulare una mera possibilita', come esercitazione astratta del ragionamento disancorata dalla realta' processuale, deve riferirsi a concreti elementi processualmente acquisiti, posti a fondamento di un "iter" logico che conduca, senza affermazioni apodittiche, a soluzioni divergenti da quelle prospettate da altro giudice di merito (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679 - 01; Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, Troise, Rv. 272430 - 01, Sez. U. n. 14426 del 02/04 2019, Pavan; Sez. U., n. 22065 del 28/01/2021, C, Rv. 281228-02). L'assenza di una motivazione dotata di una struttura argomentativa completa e logicamente persuasiva, in ipotesi di progressione sfavorevole, puo' refluire nel vizio di violazione di legge ai sensi dell'articolo 125 c.p.p., ove la giustificazione della decisione sia lacunosa rispetto alla necessaria riconsiderazione degli elementi dimostrativi ritenuti decisivi per l'opposto epilogo decisorio. Invero, nella specie il deficit motivazionale denunciato s'appalesa di significativa rilevanza e tale da rendere il percorso giustificativo logicamente inappagante in quanto non adeguatamente confutativo della statuizione riformata. Infatti, la sentenza impugnata non ha specificamente contrastato le ragioni poste dal giudice di primo grado a sostegno della decisione ne' ha dimostrato puntualmente l'insostenibilita' sul piano logico e giuridico degli argomenti piu' rilevanti in quella sede valorizzati, omettendo di dare ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversamente valutati. La Corte territoriale si e' limitata ad affermare in modo apodittico la mancanza di elementi da cui desumere che il (OMISSIS) agiva in esecuzione di ordini dell' (OMISSIS), senza tuttavia procedere alla necessaria analisi critica delle dichiarazioni dei collaboratori e alla esaustiva indicazione delle ragioni per cui le dichiarazioni degli stessi e le conversazioni intercettate, in assenza di mutamenti del materiale probatorio acquisito, si prestano ad assumere una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado. Ne' risponde alle esigenze di una motivazione dotata di una coerenza e compiutezza logica capace di dar conto del ribaltamento decisorio la pretermissione di molte delle intercettazioni che il giudice di primo grado aveva ritenuto fondamentali elementi di riscontro alle dichiarazioni accusatorie dell' (OMISSIS) (intercettazione n. 2329 del 13 luglio 2013 nel corso della quale (OMISSIS) ed (OMISSIS) condividono la possibilita' di concordare strategie criminali comuni; intercettazione del 10 giugno 2013 in occasione della quale (OMISSIS) riconosce il ruolo di mediatore svolto dal (OMISSIS); intercettazione n. 11 del 10.05.2013 nel corso della quale il (OMISSIS) riferisce di aver ospitato presso la sua abitazione rurale l'autore dell'omicidio di (OMISSIS) nonche' le altre intercettazioni poste a fondamento della decisioni del giudice dell'udienza preliminare riportate nelle pagine da 94 a 101 della sentenza di primo grado). Siffatto vulnus si rivela, pertanto, decisivo, disarticolando la ratio decidendi posta a fondamento del verdetto assolutorio, che non supera, con un piu' pregnante grado di persuasivita', l'opposta statuizione resa dal giudice di primo grado, in tal modo rendendo il percorso giustificativo di fatto incompleto e lacunoso con conseguente integrazione del denunziato vizio di motivazione. Pertanto, in aderenza ai principi affermati dalla giurisprudenza di legittimita' secondo cui, in caso di ribaltamento della decisione di primo grado, la cognizione del giudice di appello deve esser caratterizzata dal confronto con i passaggi argomentativi decisivi offerti dalla sentenza appellata e dal persuasivo superamento degli stessi (Sez. 2, n. 38823 del 25/06/2019, Esposito, Rv. 277094 - 01), la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio in relazione alla penale responsabilita' del (OMISSIS) in ordine al reato di cui al capo 1). Il ricorso presentato dal Procuratore generale in relazione alla posizione di (OMISSIS). 2. Il ricorso deve essere rigettato perche' infondato. 2.1. I giudici di appello, con motivazione esaustiva, logica e coerente con le risultanze processuali, hanno evidenziato la genericita' delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia (OMISSIS) in ordine al coinvolgimento del (OMISSIS) nell'attivita' di narcotraffico, sottolineando che il dichiarante si e' limitato a riferire che il (OMISSIS), pur non essendo affiliato alla cosca, era un "fedelissimo" di (OMISSIS), un associato molto attivo nel settore del traffico di stupefacenti e che il (OMISSIS), in passato, era stato coinvolto nell'attivita' di cessione, terminata, tuttavia a causa dell'abuso di sostanze stupefacenti da parte dell'imputato stesso. La Corte territoriale ha ritenuto, inoltre, che le propalazioni dell' (OMISSIS) non hanno trovato adeguato riscontro esterno, affermazione che trova corretto fondamento nell'assenza di dichiarazioni accusatorie nei confronti del (OMISSIS) da parte del collaboratore (OMISSIS); nella genericita' delle dichiarazioni rese dalla (OMISSIS) (la quale si e' limitata ad affermare che l' (OMISSIS), nel periodo in cui dimorava in (OMISSIS), consegnava della cocaina da spacciare al (OMISSIS) e che in una occasione i due uomini avevano trasportato della cocaina a bordo di una autovettura) e nella natura de relato delle sue asserzioni (la donna ha, infatti, riportato notizie apprese dal compagno ma "non ha saputo riferire episodi specifici ai quali abbia assistito", come argomentato a pagina 183 della sentenza di appello). La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del consolidato orientamento di legittimita' secondo cui per la configurabilita' della condotta di partecipazione ad un'associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti e' necessario che risulti provato che l'imputato abbia consapevolmente posto in essere concrete attivita' funzionali, apprezzabili come effettivo e operativo contributo all'esistenza e al rafforzamento dell'associazione (Sez. 3, n. 22124 del 29/04/2015, Borraccino, Rv. 263662 - 01), connotato non ravvisabile nel caso di specie, anche in considerazione del fatto che le condotte del (OMISSIS) sembrano essere frutto di relazioni di tipo diretto ed immediato con l' (OMISSIS) ed il (OMISSIS), e non forme di consapevole interazione con il sodalizio capeggiato dall' (OMISSIS). L' (OMISSIS) e la (OMISSIS) non hanno, inoltre, descritto specifici comportamenti che possano ritenersi, sul piano logico, significativi di un consapevole apporto del (OMISSIS) al perseguimento degli interessi del sodalizio, non essendo possibile trarre prova concludente della condotta partecipativa esclusivamente dall'episodico coinvolgimento nell'attivita' di cessione di sostanze stupefacenti riferito dai predetti. Questa Corte ha chiarito che l'appartenenza ad una associazione a delinquere puo' essere comprovata anche dalla partecipazione ad un solo reato-fine ma solo nel caso in cui il ruolo svolto e le modalita' dell'azione siano tali da evidenziare la sussistenza del vincolo, condizione che puo' verificarsi allorquando il soggetto abbia agito come membro del sodalizio e non gia' come persona che si e' messa occasionalmente a disposizione per la commissione di singoli reati scopo (in proposito, Sez. 1, n. 29093 del 24/05/2022, Barillari, Rv. 283311 - 01; Sez. 3, n. 9036 del 31/01/2022, Santoro, Rv. 282838 - 01). 2.2. L'ulteriore doglianza addotta dal P.G. relativa alla mancata valutazione della portata indiziaria dell'intercettazione n. 720 del 26 febbraio 2011 e' gia' stata confutata dalla Corte territoriale con un percorso argomentativo privo di illogicita' e conforme alle risultanze processuali; i giudici di appello hanno, infatti, sottolineato che tale conversazione non fornisce alcun elemento di prova in ordine alla partecipazione del (OMISSIS) all'attivita' associativa in quanto dal tenore letterale del colloquio emerge la totale estraneita' dell' (OMISSIS) rispetto all'acquisto di marijuana effettuato dal (OMISSIS) nel 2011, estraneita' che gia' aveva indotto il giudice di primo grado ad assolvere l' (OMISSIS) dall'ipotizzato concorso nella commissione della violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 descritta al capo 35 dell'imputazione (pag. 184 della sentenza di appello). La Corte di appello ha sviluppato una puntuale quanto autonoma ricostruzione della vicenda contestata cui e' seguita una coerente e ragionevole valutazione dei dati cosi' emersi, che ha condotto al contestato esito assolutorio. La valutazione finale della Corte territoriale circa la mancanza di prova in ordine alla partecipazione del (OMISSIS) all'associazione a delinquere in esame risulta, in conclusione, immune da rilievi censori sul piano logico e da aporie di carattere giuridico, con conseguente infondatezza del ricorso avanzato dal Pubblico Ministero. Il ricorso presentato dal Procuratore generale in relazione alla posizione di (OMISSIS). 3. Il ricorso e' fondato e deve essere accolto per le ragioni che seguono. 3.1. La Corte territoriale ha ritenuto che le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS) non si riscontrano vicendevolmente in quanto il primo ha riferito di un coinvolgimento del (OMISSIS) nell'attivita' estorsiva della âEuroËœndrina di (OMISSIS) mentre il secondo ha fatto riferimento al narcotraffico. I giudici di appello hanno, inoltre, affermato che la partecipazione del (OMISSIS) al matrimonio di un esponente della cosca (OMISSIS) non dimostra il suo coinvolgimento nell'ipotizzata associazione in quanto la sua partecipazione non e' stata frutto di una iniziativa dell' (OMISSIS) e che la (OMISSIS) ha reso dichiarazioni del tutto irrilevanti in quanto si e' limitata a riconoscere il (OMISSIS) (pagg. 60 e 61 della sentenza impugnata). Anche in relazione alla posizione del (OMISSIS) la diversa valutazione delle prove acquisite e' stata effettuata in difetto di motivazione rafforzata; la sentenza impugnata, infatti, non e' basata su un percorso argomentativo dissenziente dotato di adeguata e maggiore persuasivita' ma su una motivazione assertiva che non ha confutato specificamente gli argomenti esposti nella sentenza di primo grado. La Corte di merito ha, inoltre, ignorato alcune delle intercettazioni poste a base della decisione di primo grado in quanto ritenute dotate di univoca portata accusatoria (in particolare intercettazione n. 76273 del 17 aprile 2009 nel corso della quale (OMISSIS) autorizzava (OMISSIS) a farsi accompagnare dal (OMISSIS) al matrimonio dei (OMISSIS); intercettazione del 4 marzo 2009 nel corso del quale (OMISSIS) riferiva a (OMISSIS) che il (OMISSIS) era suo amico e collaboratore per poi ragguagliare l' (OMISSIS), in presenza dell'imputato, circa l'andamento delle attivita' del sodalizio e ricevere dal suo capo indicazioni in ordine ai comportamenti da tenere), carenza che non trova, peraltro, alcuna giustificazione nella succinta motivazione inerente la posizione del (OMISSIS). Allo stesso modo la Corte territoriale ha immotivatamente trascurato un elemento di prova potenzialmente decisivo in quanto idoneo a fornire riscontro alle dichiarazioni accusatorie rese dall' (OMISSIS) e dallo (OMISSIS), costituito dalle dichiarazioni della teste (OMISSIS), la quale ha indicato il (OMISSIS) come soggetto che ha fornito rifugio all' (OMISSIS) in occasione della latitanza di quest'ultimo, non limitandosi a riconoscere la persona dell'imputato come affermato nella sentenza oggetto di ricorso. La carenza di valutazione di due elementi logico-fattuali che secondo il giudice di primo grado erano gravemente indizianti dell'appartenenza del (OMISSIS) al sodalizio di stampo mafioso ridonda sulla completezza e tenuta logica della motivazione, essendo i giudici di appello tenuti ad esplicare le ragioni che li hanno indotti a ritenere irrilevanti le circostanze di fatto sopra richiamate, suscettibili di incidere in senso dirimente nella formulazione del giudizio in relazione all'addebito associativo. La giurisprudenza di legittimita' con riguardo alla condotta di agevolazione della latitanza di un appartenente alla criminalita' organizzata ha rimarcato che la stessa puo' integrare la condotta di partecipazione di cui all'articolo 416 bis c.p. ovvero l'elemento materiale del reato di favoreggiamento a seconda se detto comportamento di ausilio sia fondato o meno sulla volonta' di agevolare non solo il soggetto latitante ma l'intera associazione (in proposito Sez. 6, n. 2533 del 26/11/2009, Gariffo, Rv. 245703 - 01) con conseguente onere del giudice di merito di accertare i caratteri della condotta al fine dell'esatto inquadramento giuridico, verifica nella specie omessa. Allo stesso modo la Corte territoriale avrebbe dovuto adeguatamente valutare il complesso delle intercettazioni e specificare i motivi in base ai quali ha ritenuto ininfluente la comprovata partecipazione del (OMISSIS) a conversazioni intercorse tra soggetti intranei all'associazione mafiosa, aventi ad oggetto notizie relative a fatti di interesse comune degli associati, quali sono i temi affrontati dall' (OMISSIS), dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS) nel corso del colloquio trascurato dai giudici di appello. Va rilevato, inoltre, che la Corte territoriale non ha fatto corretto governo del principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimita' secondo cui le dichiarazioni dei collaboratori o l'elemento di riscontro individualizzante non devono necessariamente riguardare singole attivita' attribuite all'imputato, giacche' il fatto da provare non e' il singolo comportamento dell'associato bensi' la sua appartenenza al sodalizio (Sez. 5, n. 17081 del 26/11/2014, Bruni, Rv. 263699 01). Nel caso di specie, essendo oggetto della contestazione il solo reato associativo, il thema decidendum in relazione al quale vanno applicate le regole dell'articolo 192 c.p.p., consiste nella condotta partecipativa e cioe' nella stabile e volontaria compenetrazione del soggetto nel tessuto organizzativo del sodalizio e non nella tipologia di reati-fine attribuiti al (OMISSIS). Non rileva, pertanto, in senso decisivo che le dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia non si riferiscano alla medesima attivita' illecita attribuita all'imputato, giacche' il fatto da riscontrare e' l'esistenza di uno stabile contributo al sodalizio, che i singoli comportamenti ben possono soltanto concorrere a dimostrare (Sez. 2, n. 23687 del 03/05/2012, D'Ambrogio, Rv. 253221 - 01). In conclusione, le criticita' rilevate impongono un rinnovato scrutinio delle dichiarazioni dei collaboratori che tenga conto dei richiamati principi di diritto e consideri il diverso ruolo ricoperto dall' (OMISSIS) e dallo (OMISSIS) all'interno della cosca e la conseguente differenza del rispettivo patrimonio cognitivo. Anche su questo aspetto la motivazione appare deficitaria e non in grado di scardinare il percorso argomentativo seguito dal primo giudice alla luce della carente analisi dell'attendibilita' intrinseca delle propalazioni degli accusatori del (OMISSIS). La fondatezza del ricorso impone, pertanto, l'annullamento della sentenza assolutoria emessa nei confronti del (OMISSIS) con rinvio ad altra sezione della Corte di Assise di Appello di Catanzaro per nuovo giudizio. Il ricorso presentato dal Procuratore generale in relazione alla posizione di (OMISSIS). 4. Il ricorso e' fondato e deve essere accolto per le ragioni che seguono. 4.1. La Corte territoriale ha ritenuto che le dichiarazioni accusatorie rese dal collaboratore di giustizia (OMISSIS) siano prive di riscontro esterno idoneo a dimostrare il ruolo di partecipe di (OMISSIS) alla cosca oggetto di giudizio. Secondo i giudici di appello la prova della partecipazione del (OMISSIS) al sodalizio di stampo mafioso non puo' essere desunta dalla sua presenza all'incontro con il boss (OMISSIS) in considerazione del ruolo sostanzialmente passivo tenuto nel corso della conversazione da parte dell'imputato e del fatto che il (OMISSIS) non risulta partecipe di ulteriori conversazioni indizianti. La decisione della Corte territoriale presta il fianco a censura in quanto si fonda su una lettura riduttiva della conversazione intercettata in data 11 settembre 2012 nella parte in cui i giudici di appello affermano - contrariamente a quanto desumibile dal tenore dell'intercettazione - che il (OMISSIS) tenne un atteggiamento passivo nel corso del dialogo e su una incompleta analisi del complesso delle captazioni utilizzabili per la decisione laddove sostengono che "in nessun'altra occasione si parla di (OMISSIS)" (pag. 89 della sentenza impugnata). La svalutazione probatoria dei richiamati atti ha portata decisiva, cosi' da inficiare sotto il profilo logico la coerenza del percorso argomentativo posto a fondamento della decisione assolutoria, palesandosi nel contempo inidonea a superare l'opposta statuizione resa dal giudice di primo grado. Nel caso di specie la sentenza impugnata non ha adeguatamente scrutinato le implicazioni relative alla partecipazione del (OMISSIS) ad un summit con il boss (OMISSIS), evento suscettibile di assurgere al ruolo di riscontro esterno individualizzante alle dichiarazioni accusatorie dell' (OMISSIS) in considerazione del fatto che, nel corso del colloquio, furono affrontate tematiche inerenti settori vitali delle cosche di riferimento quali l'infiltrazione mafiosa nei settori dell'economia e la spartizione degli affari tra le famiglie di ndrangheta. Infatti, non pare logicamente congruente che un soggetto estraneo alle dinamiche associative sia messo nelle condizioni di interloquire su tematiche di rilievo con un esponente apicale quale (OMISSIS) ovvero di proporre soluzioni operative come fatto dal (OMISSIS) nel corso dell'incontro del settembre 2012, stante il livello di riservatezza che contraddistingue il funzionamento delle cosche calabresi. La giurisprudenza di legittimita' con indirizzo costante ritiene che costituisca riscontro individualizzante un qualunque elemento di prova che provenga da fonte diversa, che riguardi la sfera personale dell'accusato e che sia riconducibile al fatto da provare, o perche' direttamente lo rappresenta o perche' ne fornisce conferma, in via indiretta, attraverso un procedimento logico-deduttivo. Questa Corte ha, in particolare, affermato che l'accertamento di una relazione qualificata con esponenti della organizzazione criminale che rivestono posizioni di vertice puo' assumere il valore di riscontro esterno ad una intrinsecamente attendibile chiamata di correita', laddove tale relazione sia espressione del ruolo effettivo e dinamico del singolo nel gruppo criminale e non emerga un possibile significato alternativo a tale elemento logico-fattuale (Sez. 2, n. 31541 del 30/05/2017, Abbamundo, Rv. 270468 - 01; Sez. 2, n. 18940 del 14/03/2017, Musacco, Rv. 269659 - 01). I giudici di appello non hanno, inoltre, considerato l'indirizzo ermeneutico secondo cui l'essere stato ammesso a partecipare a summit, nel corso dei quali si pianificano le strategie criminali delle associazioni di stampo mafioso, rappresenta comportamento concludente, idoneo a costituire indizio di intraneita' al sodalizio criminale e, quindi, utilizzabile come riscontro ad una chiamata di correita' (Sez. 1, n. 26684 del 12/04/2013, De Paola, Rv. 256045 - 01; Sez. 5, n. 25838 del 23/07/2020, Prestia, Rv. 279597 - 02). 4.2. La sentenza impugnata e' censurabile nella parte in cui afferma l'assenza di ulteriori intercettazioni inerenti la posizione del (OMISSIS), nonostante il richiamo da parte del primo giudice dell'intercettazione ambientale n. 8991 del 30 ottobre 2014 e delle intercettazioni nn. 88284, 88390 e 92231 del 10 agosto 2015, conversazioni che non sono state analizzate e valutate dai giudici di appello, i quali avrebbero dovuto spiegare perche' le stesse non siano idonee a fornire riscontro individualizzante a quanto dichiarato dal collaboratore di giustizia (OMISSIS) in ordine al ruolo ricoperto dal (OMISSIS) nella locale di (OMISSIS). 4.3. La motivazione e', infine, carente ed illogica anche nella parte in cui la partecipazione del (OMISSIS) all'ipotizzata associazione e' ritenuta incompatibile con quanto affermato dal fratello (OMISSIS) nel corso della conversazione intercettata (progr. 747 del 2003) avente ad oggetto l'inaspettato coinvolgimento del germano nelle indagini relative all'omicidio di (OMISSIS). I giudici di appello hanno, infatti, ritenuto tale conversazione significativa della estraneita' del (OMISSIS) alle attivita' della cosca nonostante il dialogo avesse ad oggetto uno specifico episodio di omicidio del tutto sganciato dall'attivita' di "consigliere" in ambito economico-finanziario di cui ha fatto esclusiva menzione il collaboratore (OMISSIS) e, quindi, almeno all'apparenza, poco conferente rispetto al thema probandum oggetto di valutazione. Le carenze ed illogicita' riscontrate danno conto della fondatezza dell'impugnazione del P.g. ricorrente in punto di deficit giustificativo della decisione sicche' la sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata in relazione alla penale responsabilita' del (OMISSIS) in ordine al reato di cui al capo 1) con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Assise di Appello di Catanzaro. L'accoglimento del motivo relativo all'accertamento della partecipazione all'ipotizzato sodalizio di stampo mafioso assorbe le censure inerenti alla revoca del sequestro e della confisca dei beni riconducibili a (OMISSIS), in quanto logicamente conseguenti alla rivalutazione dei profili inerenti la responsabilita' per l'addebito associativo. Il ricorso presentato dal Procuratore generale in relazione alla posizione di (OMISSIS). 5. Il ricorso e' fondato e deve essere accolto per le ragioni che seguono. La Corte territoriale ha ritenuto che le dichiarazioni accusatorie rese dal collaboratore di giustizia (OMISSIS) siano prive di riscontro esterno idoneo a dimostrare il ruolo di mandante di (OMISSIS) in relazione all'omicidio di (OMISSIS) in considerazione dell'ambiguita' ed incompletezza delle intercettazioni poste a fondamento della decisione di primo grado. Secondo i giudici di appello la trascrizione parziale della conversazione intercorsa tra il (OMISSIS) e (OMISSIS) il 9 giugno 2003, la mancanza di parti intermedie del colloquio e la presenza di numerose frasi incomprensibili rendono incerta la correlazione tra le varie parti del discorso e non permettono di affermare con certezza che la frase del (OMISSIS) "meglio in carcere che in cimitero" sia riferibile all'omicidio di (OMISSIS) piuttosto che all'altro assassinio di cui pure discutono i due interlocutori. La Corte territoriale ha anche escluso che l'accertato incendio di un capannone di proprieta' del (OMISSIS) sia elemento idoneo a fornire riscontro alle dichiarazioni dell' (OMISSIS). 5.1. La decisione della Corte di merito e' caratterizzata da un percorso argomentativo che non si confronta in termini esaustivi con il compendio probatorio acquisito e con la possibilita' di emendare officiosamente l'addotta incompletezza della trascrizione della conversazione intercorsa in data 9 giugno 2003 posta a fondamento della decisione oggetto di ricorso. Questa Corte al riguardo ha chiarito che in caso di ribaltamento e connessa necessita' di motivazione rafforzata puo' incidere negativamente sulla convalida della tenuta logica della decisione una motivazione fondata sulla decisiva valorizzazione della assenza di una prova acquisibile (Sez. 2, n. 41784 del 18/07/2018, Rv. 275416 - 02). La sentenza impugnata mette in dubbio che le ammissioni implicite del (OMISSIS) abbiano ad oggetto proprio l'omicidio di (OMISSIS), effettuando una lettura non perspicua del contenuto delle intercettazioni e, in particolare, dell'intercettazione n. 747 nella parte in cui il (OMISSIS) spiega al (OMISSIS) che le misure cautelari in itinere riguardano proprio l'omicidio dello (OMISSIS), mentre l'imputato, che non si mostra sorpreso del suo coinvolgimento, rende dichiarazioni reputate dal primo giudice di tenore sostanzialmente confessorio (pag. 141: " (OMISSIS): Stanno indagando sull'omicidio di (OMISSIS). (OMISSIS): Di chi-. (OMISSIS): Di (OMISSIS) e della guardia...io non ci sono... (OMISSIS) non c'e', (OMISSIS) non c'e' nemmeno c'e' lui...c'e' iddu ( (OMISSIS)). (OMISSIS): e mio fratello che c'entra-. (OMISSIS): Ci sei tu... (OMISSIS)...inc... (OMISSIS), a chi chiamano al compare (OMISSIS)-. (OMISSIS): Si, ma (OMISSIS) da dove e' uscito- lo bonu...bonu...(Va bene) ma mio fratello-. (OMISSIS): Gusti... (OMISSIS): Se va dentro mio fratello siamo rovinati" e pag. 142 della sentenza di appello "la pratica gliel'hanno portata gliela hanno mostrata a quella che indagava quando hanno ammazzato a (OMISSIS) ma non c'era lei... pero' c'era un'altra questa qua ha firmato tutti i mandati di cattura dell'operazione (OMISSIS), puo' darsi pure che li firma stasera"). I giudici di appello non si sono fatti carico dell'onere di affrontare e confutare i passaggi argomentativi decisivi offerti dalla sentenza appellata, effettuando una valutazione antagonista inidonea al persuasivo superamento del percorso motivazionale del primo giudice, anche in considerazione della mancata valutazione dell'insieme di elementi logico-fattuali su cui poggiava l'affermazione di penale responsabilita' del (OMISSIS). La Corte di merito si e', infatti, limitata a ritenere ambigue e frammentarie le conversazioni intercettate in data 9 giugno 2003 (progressivi 747, 748 e 750) senza motivare in ordine alla attendibilita' intrinseca dell' (OMISSIS) e agli elementi di riscontro desumibili da ulteriori intercettazioni in atti, dagli accertamenti balistici e medico-legali relativi all'omicidio dello (OMISSIS) e dalla sentenza emessa nel procedimento denominato "(OMISSIS)", acquisita agli atti del giudizio. I giudici di appello hanno ritenuto le conversazioni intercettate il 9 giugno 2003 prive dei requisiti di univocita' e precisione necessari a farle assurgere alla funzione di riscontro esterno alle propalazioni dell' (OMISSIS), limitandosi ad una ricostruzione di tipo atomistico e congetturale che non ha tenuto in considerazione il complesso degli elementi logico-probatori che, secondo la valutazione del primo giudice, rendevano univoco il significato delle predette captazioni. In tal modo la Corte di merito non ha fatto buon uso del principio di diritto affermato, in piu' occasioni, dalla Suprema Corte secondo cui il giudice di merito non puo' limitarsi ad una valutazione atomistica e parcellizzata degli indizi ma deve procedere ad un esame globale degli stessi per accertare se la relativa ambiguita' di ciascuno di essi, isolatamente considerato, possa in una visione unitaria risolversi, consentendo di attribuire il reato all'imputato con un alto grado di credibilita' razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali (Sez. 1, n. 20461 del 12/04/2016, P.C. in proc. Graziadei, Rv. 266941; Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, S., Rv. 280605 - 02). I giudici del gravame hanno, in particolare, ignorato l'ulteriore intercettazione posta a base della decisione di primo grado in quanto ritenuta idonea a riscontrare quanto affermato dall' (OMISSIS) in ordine al movente dell'omicidio di (OMISSIS) (in particolare intercettazione n. 758 del 10 giugno 2003 ore 21.43: " (OMISSIS): sul piano di (OMISSIS) era ben altro...cominciava o insomma...incomprensibile...a tutti quelli che erano vicini a lui, li doveva eliminare...comunque carcerati. (OMISSIS): Va bene, allora, finche' parliamo di carcerare e' un discorso, pero' lui non voleva non mi voleva fare andare carcerato, a me mi voleva ammazzare cioe' forse non mi hai capito"). La motivazione impugnata ha, altresi', trascurato la valutazione di un ulteriore elemento di riscontro alle dichiarazioni con le quali l' (OMISSIS) ha ricostruito i motivi che hanno condotto all'omicidio dello (OMISSIS), obliterando quanto accertato dalla Corte di Assise di Catanzaro nel procedimento "(OMISSIS)" con riguardo alla rottura dei rapporti tra (OMISSIS) e la cosca di appartenenza e la conseguente alleanza da lui stretta con il sodalizio âEuroËœndranghetistico di (OMISSIS) al fine di iniziare una guerra fra cosche, strategia che aveva trovato prima esplicazione nell'uccisione di (OMISSIS), all'epoca capo della famiglia (OMISSIS), circostanze che il primo giudice ha ritenuto compatibili con la ricostruzione dell'omicidio fornita dall' (OMISSIS) e con l'interpretazione delle intercettazioni nn. 747, 748 e 750 e che, di conseguenza necessitavano di un adeguato esame da parte della Corte di merito e di necessaria specificazione dei motivi di un'eventuale irrilevanza. La sentenza impugnata, infine, non ha tenuto in alcun conto l'ulteriore elemento indiziario posto a fondamento della decisione adottata dal Giudice dell'udienza preliminare costituito dalla compatibilita' tra le modalita' di esecuzione dell'omicidio descritte dall' (OMISSIS) e quanto emerso dagli accertamenti balistici e medico-legali posti in essere nell'immediatezza dei fatti (utilizzo da parte degli esecutori materiali di un fucile da caccia calibro 12, esplosione di due fucilate a notevole distanza dalla vittima seguite da un ulteriore colpo esploso a poco piu' di un metro di distanza dallo (OMISSIS)), compatibilita' che doveva essere opportunamente ricompresa nel giudizio di attendibilita' intrinseca ed estrinseca delle propalazioni dell' (OMISSIS). La mancata considerazione di elementi che -secondo il giudice di primo grado-erano rilevanti al fine della prova del coinvolgimento di (OMISSIS) nell'omicidio nei termini indicati dall' (OMISSIS) ridonda in una motivazione incompleta e lacunosa, non rispondente alle esigenze di un apparato giustificativo rafforzato, facendo carico ai giudici di appello l'onere di esplicitare i motivi che li hanno indotti a ritenere insignificanti gli elementi logico-fattuali che il giudice di primo grado aveva ritenuto idonei a riscontrare in modo individualizzante le dichiarazioni accusatorie del collaboratore di giustizia e, quindi, decisivi al fine di fondare la penale responsabilita' dell'imputato. Sulla scorta delle considerazioni sopra svolte la sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio per nuovo giudizio in relazione alla penale responsabilita' di (OMISSIS) in ordine ai reati di cui ai capi 5) e 6) dell'imputazione. Il ricorso presentato dal Procuratore generale in relazione alla revoca parziale della confisca disposta nei confronti di (OMISSIS). 6. Il ricorso deve essere rigettato perche' infondato non ravvisandosi la violazione di legge eccepita dalla parte pubblica ricorrente ed attenendo le doglianze alla verifica in concreto dei presupposti di fatto dell'articolo 240 bis c.p. e del Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 sexies. I giudici di appello, con motivazione esaustiva, logica e coerente con le risultanze processuali, hanno evidenziato la compatibilita' della situazione reddituale della (OMISSIS) al momento dell'acquisto del terreno sito in (OMISSIS) con il prezzo versato pari a 17.400.000 Lire nonche' la produttivita' e la capacita' di autofinanziarsi dell'azienda agricola e la conseguente provenienza lecita di tali beni. La Corte di merito ha fondato la propria decisione sugli ulteriori elementi probatori desumibili dalla consulenza tecnica prodotta dalla difesa della (OMISSIS) e ha rassegnato un percorso motivazionale sintetico ma idoneo a sovvertire la decisione del giudice di primo grado; in particolare i giudici di appello hanno evidenziato che la sproporzione tra i redditi percepiti dalla (OMISSIS) e la somma necessaria all'acquisto del terreno nei termini affermati all'esito del giudizio di primo grado trova smentita nella circostanza che la moglie del (OMISSIS) nel periodo 1980-1992 ha percepito redditi superiori ai settanta milioni di Lire, somma ritenuta compatibile con la spesa affrontata nel 1992 per l'acquisto del terreno dissequestrato. Da cio' e' stata evinta - con ragionamento adeguato a sorreggere la prognosi da effettuarsi in sede di confisca allargata - l'insussistenza della sproporzione tra il valore dei beni acquistati e il reddito disponibile. 6.1. Quanto al giudizio sulla sperequazione tra il valore di acquisto del bene e i redditi della (OMISSIS), la Corte di appello oppone a quelli utilizzati dal giudice di primo grado elementi ancorati a un razionale intreccio di dati oggettivi e differenti criteri di valutazione, di cui ha congruamente argomentato l'affidabilita' posto che la norma sulla cd. confisca allargata non individua parametri unitari del giudizio di sproporzione, limitandosi a indicare il presupposto dell'ablazione, ossia che il condannato non possa giustificare la provenienza di determinati beni, di cui egli risulta essere titolare a qualsiasi titolo, in valore sproporzionato al proprio reddito o alla propria attivita' economica. I giudici di appello hanno, quindi, correttamente applicato l'articolo 240 bis c.p. e Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 sexies nella parte in cui richiedono, per l'applicazione della confisca allargata, che sia provata l'esistenza di una sproporzione tra il reddito dichiarato dal titolare del bene ed il valore economico dei beni da confiscare, sproporzione che deve sussistere non al momento della misura rispetto all'intero patrimonio del soggetto, ma nel momento dei singoli acquisti rispetto al valore dei beni di volta in volta acquisiti (Sez. 3, n. 38009 del 10/05/2019, Assisi, Rv. 278166 - 10). In applicazione di tale principio deve considerarsi del tutto irrilevante, ai fini dell'eventuale rilievo di violazioni di legge nella decisione della Corte di appello, la questione proposta dal ricorrente avente ad oggetto la contraddittorieta' della motivazione nella parte in cui ritiene superata la presunzione di illecita accumulazione patrimoniale solo in relazione a tali beni e non in relazione agli altri beni intestati alla (OMISSIS) e alle figlie (OMISSIS) e (OMISSIS), in quanto trattasi di beni di diverso valore ed acquistati in periodi diversi con conseguente possibilita' di una valutazione autonoma sulla base delle concrete risultanze processuali. In proposito merita continuita' l'orientamento di legittimita' secondo cui non e' censurabile in questa sede la valutazione relativa alla sproporzione tra il valore di acquisto dei beni e i redditi percepiti dal titolare del bene, ove la stessa, come nel caso di specie, sia congruamente motivata dal giudice del gravame con il ricorso a parametri suscettibili di verifica e sia preceduta da un adeguato e razionale confronto con le risultanze processuali (Sez. 3, n. 1555 del 21/09/2021, Arcuri, Rv. 282407 - 02; Sez. 3, n. 20432 del 04/03/2009, Puppa, Rv. 244074 - 01). La valutazione finale della Corte territoriale circa la lecita provenienza del terreno e dell'azienda agricola oggetto di revoca della confisca risulta, in conclusione, immune da rilievi censori sul piano logico e da aporie di carattere giuridico, con conseguente infondatezza del ricorso avanzato dal Pubblico Ministero. Il ricorso presentato dal Procuratore generale in relazione alla revoca della confisca dei beni intestati a (OMISSIS) e (OMISSIS). 7. Il ricorso e' fondato e deve essere accolto per le ragioni di seguito precisate. La Corte territoriale ha ritenuto, con motivazione assertiva e priva di specifica confutazione del percorso argomentativo seguito dal giudice di primo grado, che le condizioni economiche della (OMISSIS) erano compatibili con l'acquisto dell'immobile sito in (OMISSIS) e che gli ulteriori beni immobili intestati al (OMISSIS) erano di provenienza lecita in quanto acquistati con l'aiuto dei familiari dell'imputato. 7.1. La motivazione e' meramente apparente nella parte in cui afferma che i redditi percepiti dalla (OMISSIS) (mai superiori ai 7.300,00 Euro annui), gia' ritenuti proporzionati alle spese affrontate per gli altri immobili acquistati in (OMISSIS), sarebbero compatibili anche con l'acquisto dell'immobile ubicato in (OMISSIS). I giudici del gravame hanno affermato tale compatibilita' senza che sia sopravvenuto alcun elemento logico-fattuale da cui desumere un mutamento della situazione reddituale della (OMISSIS) rispetto al compendio probatorio analizzato dal giudice di primo grado. Peraltro, i giudici di appello non hanno spiegato le ragioni che li hanno indotti a superare il percorso motivazionale posto a fondamento della prima decisione con riguardo al mancato superamento della presunzione iuris tantum di illecita accumulazione patrimoniale. 7.2. La motivazione risulta congetturale nella parte in cui ipotizza che i beni intestati al (OMISSIS) siano stati acquistati con l'aiuto dei prossimi congiunti dell'imputato, affermazione che non trova alcun riscontro indiziario nelle risultanze processuali mentre appaiono pretermesse le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), il quale ha indicato il (OMISSIS) come membro della âEuroËœndrina di (OMISSIS), divenuto proprietario di diversi beni immobili utilizzando denaro del locale di (OMISSIS) (villa in costruzione a (OMISSIS), terreno con villetta a (OMISSIS) ed abitazione sita all'interno del villaggio (OMISSIS)). La mancata valutazione di elementi logico-fattuali che secondo il giudice di primo grado erano gravemente indizianti della illecita provenienza incide in senso decisivo sulla correttezza e congruenza della motivazione resa in ordine ai presupposti per la confiscabilita' dei beni nella disponibilita' del (OMISSIS) e della sua compagna, avendo i giudici di appello vagliato in modo parziale ed inadeguato sia gli aspetti relativi alla sproporzione dei valori che i profili inerenti la mancata giustificazione della lecita provenienza. La necessita' di procedere alla ricostruzione dei valori rilevanti ai fini del giudizio di sproporzione impone di annullare la sentenza impugnata con riguardo alla revoca della confisca dei beni disposta nei confronti del (OMISSIS) e della (OMISSIS), con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro per nuovo giudizio sul punto. I ricorsi presentati dalle terze interessate (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 8. I ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che possono essere trattati congiuntamente avendo ad oggetto doglianze sovrapponibili, devono essere accolti per le ragioni che seguono. La sentenza impugnata e' priva di qualsiasi indicazione dei motivi che hanno indotto i giudici di appello a disporre la confisca degli immobili intestati alla (OMISSIS) mentre l'illecita provenienza dei beni intestati alle sorelle (OMISSIS) e' fondata esclusivamente sull'affermazione secondo cui "la dichiarazione in atti di un presunto acquisto per usucapione non vale infatti a superare la necessita' di pronuncia giudiziale sul punto. Riguardo infine all'azienda agricola di (OMISSIS) risulta che la stessa non sia stata in alcun modo finanziata" (pag. 223 della sentenza di appello). Tale assunto non consente di ricostruire in termini di completezza e ragionevolezza l'iter logico seguito dalla Corte territoriale per addivenire alla confisca. Ne' i giudici territoriali hanno adeguatamente spiegato le ragioni dell'irrilevanza della documentazione prodotta dalla difesa inerente i redditi percepiti dalle ricorrenti e le modalita' di acquisto dei beni oggetto di confisca, elemento potenzialmente idoneo a determinare un esito opposto del giudizio, infirmando i dati favorevoli all'accusa. Le necessita' di procedere alla ricostruzione dei valori rilevanti ai fini del giudizio di sproporzione impone di annullare nel complesso le disposizioni in materia di confisca nei confronti delle terze interessate, rinviando per nuovo giudizio sul punto, nel rispetto dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimita' in tema di presupposti della confisca allargata, ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro. I ricorsi presentati dagli imputati. 9. I motivi di ricorso presentati nell'interesse degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sono in parte manifestamente infondati ed in parte reiterativi di medesime doglianze inerenti la ricostruzione dei fatti e l'interpretazione del materiale probatorio gia' formulate in sede di appello ed affrontate e disattese dai giudici territoriali in esito ad adeguato scrutinio, trasfuso in una motivazione priva di aporie e illogicita' manifeste. 9.1. Appare opportuno premettere in via generale che si e' in presenza di una c.d. doppia conforme con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stato rispettato sia il parametro del richiamo da parte della sentenza d'appello a quella del Tribunale sia l'ulteriore parametro costituito dal fatto che entrambe le decisioni adottano i medesimi criteri nella valutazione delle prove (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595, Sez. 2, n. 6560 del 08/10/2020, Capozio, Rv. 280654 - 01). E', infatti, giurisprudenza pacifica della Suprema Corte che la sentenza appellata e quella di appello, quando non vi e' difformita' sui punti denunciati, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entita' logico-giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruita' della motivazione, integrando e completando con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella di appello (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, Musumeci, Rv. 191229; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Furlan, Rv. 276062, in motivazione; Sez. 2, n. 29007 del 09/10/2020, Casamonica, non mass.). Questa Corte, con orientamento che il Collegio condivide e ribadisce, ha ulteriormente osservato che in presenza di una doppia conforme il vizio di travisamento della prova puo' essere rilevato in sede di legittimita' solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l'argomento probatorio asseritamente travisato e' stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009, Rv. 243636-01, e n. 4060 del 12/12/2013, Rv. 25843801). 9.2. Va, altresi', sottolineato come la gran parte delle doglianze formulate dai ricorrenti siano dirette - nei casi che verranno specificamente indicati - a contestare, nella sostanza, la ricostruzione del fatto non illogicamente operata dal tessuto motivazionale della sentenza impugnata in termini sovrapponibili a quelli effettuati nella sentenza di primo grado; cio' senza considerare che, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), al controllo di legittimita' sulla motivazione non appartengono la rilettura degli elementi fattuali posti a fondamento della decisione impugnata, il giudizio sulla rilevanza e attendibilita' delle fonti di prova e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita' esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, D'Ippedico, Rv. 271623-01; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362-01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482-01), essendo invece tale controllo circoscritto alla verifica che il provvedimento impugnato contenga l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo sorreggono, che il discorso giustificativo sia effettivo ed idoneo a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata e, infine, che nella motivazione non siano riscontrabili contraddizioni ne' illogicita' evidenti (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Longo, Rv. 251516-01). L'indagine di legittimita' sul discorso giustificativo della decisione, infatti, ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volonta' del legislatore, a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilita' di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali e senza che sia possibile dedurre nel giudizio di legittimita' il travisamento del fatto (Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099-01). 9.3. Tenuto conto della peculiare modalita' di redazione dei ricorsi, che hanno sostanzialmente riprodotto il contenuto dei motivi di appello, si rende opportuna un ulteriore premessa: la funzione tipica dell'impugnazione e' quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce, tale revisione critica si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilita', debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale del ricorso in cassazione e', pertanto, il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento oggetto di impugnazione (per tutte, Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822). Il motivo di ricorso in cassazione e', infatti, caratterizzato da una duplice specificita', dovendo contenere l'indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta presentata al giudice dell'impugnazione e contemporaneamente enucleare in modo specifico il vizio denunciato, deducendo, in modo analitico, le ragioni della sua decisivita' rispetto al percorso logico seguito dal giudice del merito per giungere alla deliberazione impugnata, si' da condurre a decisione differente. La mancanza di specificita' del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non puo' ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificita' che conduce, a norma dell'articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), alla inammissibilita' della impugnazione (in tal senso Sez. U. Galtelli e Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Rv. 255568; Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Rv. 259425). Risulta, pertanto, di chiara evidenza che se il ricorso si limita, come nei gravami oggetto di scrutinio, a riprodurre il motivo di appello, per cio' solo si destina all'inammissibilita', venendo meno in radice l'unica funzione per la quale e' previsto e ammesso, posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento impugnato, lungi dall'essere destinatario di specifica critica argomentata, e' di fatto del tutto ignorato. 9.4. Deve essere, infine, rimarcato che i giudici di primo e secondo grado hanno, motivato adeguatamente in ordine alla attendibilita' intrinseca delle dichiarazioni accusatorie rese dai collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS) ed al reciproco riscontro fornito dalle convergenti propalazioni dei due imputati, facendo buon uso dei principi di diritto pacificamente individuati da questa Corte in materia di valutazione della attendibilita' delle chiamate di correita' (fra tante, Sez. 6, n. 40899 del 14/06/2018, Salzano, Rv. 274149 - 02). Entrambe le sentenze contengono, invero, una approfondita e coerente valutazione della credibilita' soggettiva dei dichiaranti in base ai criteri di specificita', coerenza, conoscenza diretta, costanza e spontaneita' nei termini delineati dalla giurisprudenza di legittimita'; i giudici di merito hanno, quindi, accertato la convergenza delle chiamate che si riscontrano reciprocamente in maniera individualizzante e valorizzato correttamente la presenza di riscontri esterni in relazione alle circostanze rilevanti del thema probandum (nei termini che verranno indicati in relazione agli specifici motivi di ricorso). La Corte territoriale ha fatto, quindi, buon uso del principio ermeneutico elaborato dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui l'articolo 192 c.p.p., comma 3, attribuisce alla chiamata del correo valore di prova e non di mero indizio, pur subordinando il giudizio di attendibilita' della stessa alla presenza di riscontri esterni. Tali riscontri possono essere di qualsiasi tipo o natura. Il riscontro, percio', puo' consistere in un'altra chiamata di correo poiche' ogni chiamata e' fornita di autonoma efficacia probatoria e capacita' di sinergia nel reciproco incrocio con le altre. Il riscontro individualizzante non e', pertanto, prova autonoma, bensi' elemento che attribuisce valore definitivo ad una prova c.d. "debole" costituita dalla sola chiamata di correita' che tanto piu' e' diretta e precisa tanto minori rischi di errore comporta. Il ricorso presentato dall'imputato (OMISSIS). 10. Il ricorso e' inammissibile perche' meramente reiterativo di identiche questioni poste con l'atto di appello, alle quali la pronuncia impugnata ha fornito puntuale ed adeguata risposta. La Corte di appello, infatti, non si e' limitata a richiamare la sentenza di primo grado, ma ha risposto specificamente alle doglianze oggi riproposte con argomentazioni adeguate, logiche ed omogenee rispetto a quelle del primo giudice. 10.1. Il primo motivo di ricorso, oltre ad essere reiterativo, e' manifestamente infondato. La Corte territoriale ha indicato, con motivazione logica ed esaustiva, la pluralita' di elementi probatori (dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), dichiarazioni del teste (OMISSIS), intercettazioni ambientali e telefoniche) in base ai quali e' stato riconosciuto il ruolo di referente ricoperto dallo (OMISSIS) all'interno della âEuroËœndrina di (OMISSIS). I giudizi di merito hanno, in particolare, affermato che le attendibili e convergenti dichiarazioni accusatorie rese dal fratello (OMISSIS) e dall' (OMISSIS), oltre a riscontrarsi vicendevolmente, hanno trovato riscontro esterno individualizzante nelle conversazioni intercettate dalle quali si desume il ruolo apicale dello (OMISSIS), il quale non solo ha partecipato ad un summit con il boss (OMISSIS) proprio nella sua qualita' di referente della cosca di (OMISSIS) ma, in piu' occasioni, ha fatto valere il suo carisma criminale per risolvere delicate questioni connesse al controllo del territorio da parte del clan di appartenenza. Tale affermazione trova fondamento in una motivazione priva di illogicita' e coerente con il compendio probatorio (pagg. da 111 a 119 della sentenza di appello e pagg. da 184 a 195 della sentenza di primo grado). Entrambe le sentenze hanno, con percorso argomentativo congruo e privo di illogicita' manifeste, ritenuto irrilevante la doglianza difensiva secondo cui le dichiarazione dei collaboratori di giustizia in ordine al ruolo ricoperto dalla (OMISSIS) sarebbero smentite dalle intercettazioni che documentano la contrarieta' a tale nomina del boss (OMISSIS); i giudici di merito hanno, infatti, chiarito i motivi dell'avversione di quest'ultimo nei confronti del ricorrente e specificato in modo coerente con le risultanze processuali che il (OMISSIS) ha manifestato il proprio disappunto per non esser stato preventivamente avvisato della nomina dello (OMISSIS) e per l'indebita intromissione dei "cosentini" nell'organizzazione della âEuroËœndrina di (OMISSIS) (pagg. 114 della sentenza di appello e pagina 185 della sentenza di primo grado), senza, peraltro, riuscire ad influire sulla concreta attribuzione del ruolo apicale all'imputato. Il ricorrente, senza confrontarsi con quanto motivato dai giudici del gravame al fine di confutare le censure difensive, si e' limitato a reiterare le medesime doglianze asseritamente pretermesse, chiedendo a questa Corte una non consentita rivalutazione delle emergenze probatorie. In considerazione dei principi giuridici sopra esposti e della ricostruzione logico-fattuale riportata nella sentenza impugnata, deve concludersi che le censure enunciate nel primo motivo di ricorso appaiono insussistenti. 10.2. Anche il secondo motivo di ricorso e' manifestamente infondato. Il Giudice di secondo grado, pur investito della doglianza in ordine all'individuazione della pena applicabile in relazione al tempus commissi delicti, non ha fornito espressa risposta al riguardo. Deve, tuttavia, ribadirsi il principio, di costante affermazione giurisprudenziale, in forza del quale e' inammissibile, per carenza d'interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile ab origine per manifesta infondatezza, in quanto l'eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, Rv. 277281 - 01; Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, Rv. 276745 01; Sez. 6, n. 47722 del 06/10/2015 Rv. 265878 - 01). Con il motivo di appello il ricorrente si era limitato a sostenere che la condotta posta in essere dallo (OMISSIS) doveva ritenersi cessata in data anteriore al 4 gennaio 2015, sicche' a questi doveva essere applicato il trattamento sanzionatorio previsto a quella data dalla legge. Sulla base di tale considerazione, la difesa sosteneva che la disciplina sanzionatoria applicabile all'imputato era quella di cui al Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92 e non gia' quella, piu' gravosa, di cui alla L. 27 maggio 2015, n. 69, articolo 5, comma 1, lettera c), cosi' come ritenuto dal giudice di primo grado. Tale doglianza e' manifestamente infondata in quanto smentita dal consolidato orientamento della Corte di legittimita' in tema di accertamento del tempus commissi delicti in caso di c.d. contestazione aperta e conseguente determinazione della pena da applicare in caso di successione nel tempo di leggi penali. Per giurisprudenza costante, condivisa da questo Collegio, in relazione ai reati associativi, l'accertamento contenuto nella sentenza di condanna delimita la protrazione temporale della permanenza del reato con riferimento alla data finale cui si riferisce l'imputazione ovvero alla diversa data ritenuta in sentenza, o, nel caso di contestazione c.d. aperta (come nel caso di specie), alla data della pronuncia di primo grado (Sez. 6, n. 3054 del 14/12/2017, P.G. in proc. Olivieri e altri, Rv. 27213801). Il Giudice di primo grado ha affermato, con motivazione logica e coerente con le risultanze processuali, che l'associazione a delinquere de qua ha operato anche in data successiva al gennaio del 2015, affermazione che trova adeguato fondamento nelle dichiarazioni rese sul punto dal collaboratore di giustizia (OMISSIS) e nella mancanza di elementi logico-fattuali da cui desumere l'interruzione del vincolo associativo da parte del ricorrente. Per questa ragione, dunque, deve ritenersi corretta la determinazione della pena nei termini previsti dalla L. n. 69 del 2015, vigente al momento della pronuncia della sentenza di primo grado, anche in considerazione del fatto che la difesa non ha dedotto argomenti concreti per ritenere che successivamente al gennaio 2015 sia venuta meno la condotta partecipativa dell'imputato all'associazione criminale di riferimento, non essendo sufficiente il mero trasferimento in altra regione, come ribadito dal primo giudice. I giudici di merito hanno fatto buon uso del principio di diritto secondo cui, in assenza di elementi idonei a dimostrare la rescissione del vincolo associativo da parte dell'imputato, deve applicarsi il trattamento sanzionatorio vigente al momento della sentenza di primo grado ogniqualvolta il reato permanente sia stato contestato, come nel caso di specie, senza specificazione del termine finale della condotta (in tal senso, Sez. 2, n. 20098 del 03/06/2020, Buono, Rv. 279476 - 01; n. 680 del 19/11/2019, D'Alessandro, Rv. 277788 - 01; n. 2709 del 13/07/2018, Suarino, Rv. 274893 - 01). Da quanto sopra consegue la conformita' alla legge della decisione dei giudici di merito che, ratione temporis, hanno ritenuto di applicare allo (OMISSIS) il trattamento sanzionatorio previsto dalla L. n. 69 del 2015, vigente al momento della pronuncia della sentenza di primo grado con conseguente manifesta infondatezza della doglianza proposta in appello e correlata inammissibilita' dell'analogo motivo di ricorso in cassazione. Il ricorso presentato dall'imputato (OMISSIS). 11. Il ricorso e' inammissibile perche' meramente reiterativo di identiche questioni poste con l'atto di appello, alle quali la pronuncia impugnata ha fornito puntuale ed adeguata risposta nonche' affetto da diffusa genericita' ed aspecificita'. Relativamente agli elementi di fatto su cui fonda l'attribuzione a (OMISSIS) della condotta di partecipe dell'associazione per delinquere e del concorso nella tentata estorsione in danno del locale (OMISSIS), la sentenza indica una pluralita' di circostanze ritenute indizianti. In particolare, i giudici di merito hanno sottolineato il contributo del ricorrente all'attivita' di controllo del territorio mediante l'imposizione dei servizi di sicurezza ai proprietari dei locali notturni e la partecipazione a condotte estorsive volte a ribadire la posizione dominante della cosca nonche' il fondamentale ruolo di collegamento tra il fratello (OMISSIS), referente della âEuroËœndrina di (OMISSIS), e gli altri associati; condotte che trovano fondamento nelle dichiarazioni confessorie rese dallo stesso (OMISSIS) e nel contenuto gravemente indiziante delle intercettazioni ambientali e telefoniche in atti (pagg. da 196 a 1999 e pagg. da 283 a 292 della sentenza di primo grado nonche' pagg. da 132 a 137 della sentenza di appello). Le conclusioni della Corte d'appello sono immuni da vizi. Ed infatti, la sentenza impugnata indica puntuali elementi da cui ha desunto che (OMISSIS) ha realizzato in modo continuativo e consapevole comportamenti concretizzanti una attiva, stabile ed importante partecipazione alle attivita' del sodalizio, anche mediante la commissione di reati conformi al piano associativo. Si tratta, infatti, di condotte tutte funzionali all'esercizio e all'espansione coordinata delle attivita' "imprenditoriali" della cosca, mediante il sistematico e continuativo ricorso alla commissione di reati. Ne' siffatte conclusioni possono essere messe in crisi dalle censure contenute nel ricorso. Si tratta, infatti, di doglianze le quali, in realta', propongono una lettura alternativa delle risultanze istruttorie, senza confrontarsi compiutamente con le plurime indicazioni fornite dalla sentenza impugnata. 11.1. L'ulteriore doglianza avente ad oggetto la mancanza di motivazione in ordine alla richiesta di riqualificazione del fatto nella fattispecie meno grave di cui all'articolo 378 c.p. e' manifestamente infondata. Deve essere preliminarmente ricordato che il giudice di appello non e' tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti ed a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo. Nel caso di specie, in considerazione della completezza e logica consequenzialita' del percorso motivazionale seguito dai giudici di merito per affermare la responsabilita' dell'imputato, percorso che non lascia spazio ad alternative logico-fattuali di pari valore, risultano correttamente ed implicitamente disattese le deduzioni difensive incompatibili in punto di logica con la decisione adottata (Sez. 2, n. 35817 del 10/07/2019, Sirica, Rv. 276741; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, Curro', Rv. 275500). I giudici di merito hanno affermato, con motivazione esaustiva, esente da vizi logici e coerente con il compendio probatorio, che lo (OMISSIS) ha interagito organicamente e sistematicamente con gli associati e fornito un significativo e stabile contributo all'attivita' della cosca di (OMISSIS), con esclusione, implicita ma inequivoca, della possibilita' di riqualificazione ex articolo 378 c.p.. Ebbene, contrariamente alla parcellizzazione valutativa accreditata dal ricorrente, secondo cui le condotte enucleabili sarebbero ascrivibili ad un mero favoreggiamento personale, la Corte territoriale ha motivatamente ritenuto che le condotte fossero espressive di un fatto partecipativo all'associazione mafiosa. Le valutazioni della sentenza impugnata in ordine al ruolo fiduciario svolto dall'imputato in seno al gruppo criminale quale alter ego del fratello (OMISSIS) nel periodo in cui lo stesso si trovava lontano da (OMISSIS) ed alla continuita' che contraddistingueva l'attivita' svolta dal ricorrente per conto della cosca, rendono ragione, infatti, dell'attribuzione allo (OMISSIS) di una posizione stabile della struttura organizzativa del sodalizio criminoso, posizione incompatibile di per se' con quella di mero autore di aiuti episodici al singolo associato che costituisce l'elemento materiale del reato di favoreggiamento (Sez. 5, n. 35277 del 16/06/2017, Panebianco, Rv. 270654 - 01, Sez. 1, n. 43249 del 13/04/2018, Russo, Rv. 274374-01), incompatibilita' che, di conseguenza, priva di fondamento l'invocata ascrizione del fatto nell'alveo del favoreggiamento personale. In conclusione, non sussiste l'erronea applicazione dell'articolo 378 c.p. di cui si duole il ricorrente, condividendo questo Collegio il consolidato principio di diritto elaborato dalla giurisprudenza di legittimita' secondo cui non e' censurabile la sentenza, per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame, quando la doglianza risulta disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, essendo sufficiente, per escludere la ricorrenza del vizio previsto dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca, come nel caso di specie, implicitamente alla reiezione della prospettazione difensiva (Sez. 2, n. 1405 del 10/12/2013, Cento, Rv. 259643; Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, Cammi, Rv. 277593 - 01). Il ricorso presentato dall'imputato (OMISSIS). 12. Il ricorso e' inammissibile perche' i motivi dedotti sono meramente reiterativi di identiche questioni poste con l'atto di appello, alle quali la pronuncia impugnata ha fornito puntuale ed adeguata risposta nonche' manifestamente infondati. Le concordi decisioni di merito hanno valorizzato la piena attendibilita' intrinseca delle dichiarazioni accusatorie del collaboratore di giustizia (OMISSIS) il quale, in modo dettagliato e privo di significative contraddizioni, ha indicato il (OMISSIS) come il soggetto che, per conto della cosca capeggiata dall' (OMISSIS), si occupava dell'organizzazione del traffico di stupefacenti nella citta' di (OMISSIS). Tale affermazione non viene scalfita dalle doglianze difensive con le quali viene affermata, in modo generico, la contraddittorieta' ed illogicita' delle propalazioni dell' (OMISSIS). I giudici di merito hanno ritenuto, con motivazione immune da illogicita' e conforme alle risultanze processuali, che le propalazioni dell' (OMISSIS) hanno trovato riscontro esterno individualizzante nelle "plurime conversazioni ambientali e telefoniche poste a fondamento della imputazione", che dimostrano il coinvolgimento del (OMISSIS) nel trasporto della cocaina contestato al capo 36) della rubrica, e nei dati di localizzazione documentati dal sistema GPS. La sentenza impugnata ha rimarcato la valenza probatoria della fonte captativa in quanto il contenuto delle conversazioni e' chiaro nel significato intrinseco e nei riferimenti al ricorrente ed al ruolo ricoperto dallo stesso nell'ambito dell'associazione dedita al narcotraffico in esame. Il carattere di abitualita' dei rifornimenti di sostanze stupefacenti e la concreta dimensione del rapporto fra il (OMISSIS) e la cosca di (OMISSIS) riferiti dall' (OMISSIS) vengono, peraltro, coerentemente ricostruiti dalla decisione impugnata anche attraverso il riferimento alla conversazione n. 2287 del 22 aprile 2011 nel corso della quale il ricorrente fa riferimento esplicito ad un precedente sequestro di 12 kg. di droga ed alla conversazione n. 2343 del 24 aprile 2011 in cui il (OMISSIS) riferisce al suo interlocutore di esser riuscito, in passato, a "piazzare" due chilogrammi di sostanze stupefacenti a settimana e di esser pronto a tornare a tali livelli di spaccio (pagg. da 197 a 205 della sentenza impugnata), motivazione priva di illogicita' che smentisce quanto affermato dalla difesa in ordine alla mancata indicazione da parte della Corte degli elementi rivelatori della partecipazione del (OMISSIS) al sodalizio criminale. La valutazione finale della Corte territoriale circa l'esistenza di un durevole apporto di rafforzamento e di progressione nel conseguimento delle finalita' dell'associazione criminosa risulta immune da rilievi censori sul piano logico e da aporie di carattere giuridico. Il contributo attivo del (OMISSIS) e', infatti, correttamente desunto dal livello di importanza delle forniture, dalla durata della relazione con una connotazione fiduciaria, comprovata dall'affidamento di rilevanti quantitativi, e dal rapporto personale intrattenuto con l' (OMISSIS). Siffatte emergenze avvalorano la conclusione dei giudici territoriali in ordine alla concreta consapevolezza del (OMISSIS) dell'esistenza dell'associazione diretta dall' (OMISSIS), dell'attivita' da questi esercitata e della concreta adesione dell'imputato, con il trasporto e la successiva vendita in (OMISSIS) di partite di droga, al programma criminoso dell'associazione in esame. Di conseguenza e' manifestamente infondata la doglianza difensiva che lamenta la carenza motivazionale in ordine alla natura dell'apporto causale fornito dal (OMISSIS) al sodalizio. 12.1. Con le ulteriori censure (quali la mancata spiegazione dei motivi dell'allontanamento del (OMISSIS) dalla citta' di (OMISSIS) o la brevita' del periodo temporale in cui vennero intercettati i colloqui tra (OMISSIS) e l'imputato) il ricorrente invoca una rilettura degli elementi di fatto, posti a fondamento della decisione, e l'adozione di diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Occorre ribadire, in proposito, che il sindacato di legittimita' non ha per oggetto la revisione atomistica del giudizio di merito, bensi' la verifica della struttura logica del provvedimento e non puo' quindi estendersi all'esame ed alla valutazione dei singoli elementi di fatto acquisiti al processo, riservati alla competenza del giudice di merito. Parimenti irrilevante e' la circostanza addotta dalla difesa secondo cui l'attendibilita' dell' (OMISSIS) e' confutata dal fatto che lo (OMISSIS) non abbia riferito alcunche' sul (OMISSIS), affermazione che non tiene del fatto che (OMISSIS), sulla base di quanto processualmente accertato, non era partecipe dell'associazione dedita al narcotraffico oggetto di scrutinio e non poteva, di conseguenza, fornire il proprio apporto conoscitivo in relazione all'attivita' del gruppo criminale di cui al capo 15). 12.2. Il secondo motivo e' aspecifico in quanto il ricorrente propone argomentazioni assertive e di merito, senza confrontarsi con la motivazione elaborata sul punto dai giudici dell'appello. La Corte di merito ha sviluppato, in maniera scevra da censure di manifesta illogicita' e, ancor piu', di mera apparenza del compendio motivazionale, la ricostruzione dell'intera fase preparatoria ed esecutiva dell'operazione di trasporto di cocaina dalla Lombardia alla Liguria di cui al capo 36 dell'imputazione, effettuando in maniera puntuale e persuasiva l'analisi complessiva delle conversazioni intercettate nell'aprile del 2011, in cui e' valorizzato il rilievo indiziario del viaggio a Genova compiuto dal ricorrente assieme a (OMISSIS) su input dell' (OMISSIS) (pagg. da 196 a 205 della sentenza oggetto di ricorso). A fronte di tale compendio ricostruttivo, che si salda coerentemente con quello proposto dalla sentenza di primo grado, il motivo di ricorso e' palesemente diretto a contestare, attraverso una lettura parcellizzata della motivazione, la rilevanza probatoria dei singoli dati indiziari (quali il mancato sequestro della sostanza stupefacente e la mancata indicazione da parte dell' (OMISSIS) dei nominativi di tutti i soggetti coinvolti nel trasporto della droga) cosi' proponendo una loro lettura alternativa che, collocandosi nella sfera degli apprezzamenti di merito, esula dal perimetro cognitivo del giudizio di legittimita'. Quanto alle critiche difensive sull'interpretazione delle conversazioni intercettate in data 21 e 22 aprile 2011, e' sufficiente ricordare, per sottolinearne la manifesta infondatezza, che l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle intercettazioni costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento puo' essere sindacato in sede di legittimita' solo in presenza di travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformita' risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, Di Maro, Rv. 272558; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Gregoli, Rv. 282337 - 01), sicche' sono inammissibili le generiche censure sviluppate nel ricorso inerenti la presunta illogicita' dell'interpretazione delle conversazioni intercettate, stante la mancanza di alcun travisamento del loro contenuto da parte dei giudici di merito. Il ricorso presentato dall'imputato (OMISSIS). 13. Il ricorso e' inammissibile per le ragioni di seguito esposte. Le doglianze esposte nel primo e secondo motivo di ricorso, che possono essere trattate congiuntamente in quanto inerenti all'attendibilita' intrinseca ed estrinseca dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), risultano reiterative di identiche questioni poste con l'atto di appello, alle quali la sentenza impugnata ha fornito puntuale ed adeguata risposta. 13.1. La doglianza con il quale il ricorrente lamenta l'illogicita' della motivazione in considerazione dell'assoluzione di altri coimputati accusati di analoghe condotte partecipative e' manifestamente infondata stante la diversita' delle singole posizioni processuali e la ininfluenza dei richiamati proscioglimenti in relazione alla logicita' e completezza della motivazione con la quale i giudici di appello hanno confermato il riconoscimento della penale responsabilita' dello (OMISSIS) in ordine al reato di cui al capo 1) dell'imputazione. I giudici di merito hanno, pertanto, fatto corretto uso del principio dell'autonomia dei rapporti processuali in virtu' del quale gli elementi di prova utilizzabili per la decisione devono essere valutati in modo distinto in relazione a ciascuna delle posizioni processuali. 13.2. Destituita di fondamento e' anche la doglianza con la quale la difesa lamenta che i giudici di appello non hanno tenuto conto del fatto che l' (OMISSIS) sarebbe stato ritenuto inattendibile da altra autorita' giudiziaria. La Corte territoriale, con motivazione priva di vizi di illogicita', ha precisato che la decisione adottata dal Tribunale di Genova e' fondata sull'assenza di riscontri idonei a confermare le dichiarazioni accusatorie rese dall' (OMISSIS) nel procedimento pendente innanzi all'autorita' giudiziaria ligure, affermando al contempo che tale valutazione si configura come "precedente non vincolante" riguardando fatti diversi rispetto a quelli oggetto del presente giudizio (pag. 91 della sentenza di appello). I giudici di appello hanno confutato la doglianza difensiva con percorso argomentativo adeguato alle risultanze processuali, in particolare valorizzando l'attendibilita' intrinseca ed estrinseca delle dichiarazioni rese dall' (OMISSIS) nel presente procedimento e la presenza di numerosi e significativi riscontri individualizzanti nonche' rimarcando come l' (OMISSIS) "a fronte di pochi contrari avvisi sia stato ritenuto attendibile in numerosi processi tra cui in particolare quello che ha riguardato i precedenti storici dell'associazione operante in (OMISSIS)" (pag. 90 della sentenza impugnata). La difesa si e' limitata a reiterare quanto eccepito in sede di appello, senza confrontarsi con le argomentazioni della Corte di merito inerenti alla completezza ed attendibilita' delle propalazioni accusatorie dell' (OMISSIS) con conseguente aspecificita' del motivo di ricorso. 13.3. E' manifestamente infondata anche la doglianza con cui il ricorrente eccepisce l'illogicita' della motivazione nella parte in cui ritiene lo (OMISSIS) partecipe dell'associazione di cui al capo 1) della rubrica nonostante la pregressa assoluzione in relazione alla partecipazione all'associazione contestata al capo 15 ed al reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti di cui al capo 17 dell'imputazione. Va, in primo luogo, sottolineata l'assoluta autonomia tra le due associazioni a delinquere oggetto del presente giudizio in quanto sodalizi con diversa composizione e diverso programma criminoso; inoltre il percorso argomentativo seguito dai giudici di merito e' fondato su diversi elementi probatori e, pertanto, la ritenuta insufficienza probatoria in ordine alla partecipazione dello (OMISSIS) al gruppo criminale dedito al narcotraffico non puo' incidere in alcun modo sulle fonti alla base della declaratoria di responsabilita' in ordine al reato sub 1) dell'imputazione, anche in considerazione del fatto che ne' l' (OMISSIS) ne' lo (OMISSIS) hanno fatto menzione della partecipazione dello (OMISSIS) al gruppo criminale dedito al narcotraffico. Allo stesso modo la pregressa assoluzione in ordine alla detenzione illecita di stupefacente di cui al capo 17 della rubrica e' inconferente rispetto all'accertata partecipazione alla associazione di stampo mafioso capeggiata dall' (OMISSIS) in considerazione del fatto che il giudice di primo grado ha fondato tale proscioglimento esclusivamente sull'inidoneita' delle conversazioni intercettate a dimostrare che lo (OMISSIS) ed il suo interlocutore (OMISSIS) stessero parlando di sostanze stupefacenti e non su una valutazione di inattendibilita' delle dichiarazioni accusatorie rese dall' (OMISSIS) nei confronti del ricorrente (pag. 325 della sentenza di primo grado) con conseguente insussistenza della lamentata contraddittorieta' della motivazione. 13.4. Le concordi decisioni di merito hanno valorizzato la piena attendibilita' intrinseca delle dichiarazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS) i quali, in modo dettagliato e privo di significative contraddizioni, hanno indicato lo (OMISSIS) come partecipe della cosca capeggiata dall' (OMISSIS), indicando i settori in cui lo stesso forniva il proprio apporto (estorsioni, traffico di droga ed omicidi), affermazione non contrastata in senso decisivo dalle doglianze difensive, segnate da diffusa genericita'. La replica contenuta nel ricorso si limita, infatti, ad ignorare gli elementi probatori valorizzati dai giudici di merito propugnando alternative ricostruzioni fattuali a fronte di un apparato argomentativo privo di palesi incongruenze ed illogicita'. In relazione alla doglianza avente ad oggetto la ritenuta contraddittorieta' delle dichiarazioni rese dai due collaboratori di giustizia in ordine ai settori in cui lo (OMISSIS) forniva il proprio contributo attivo all'associazione di stampo mafioso (secondo l' (OMISSIS) il ricorrente era "armiere" della cosca mentre lo (OMISSIS) lo ha indicato come attivo nelle condotte estorsive e di narcotraffico nonche' nell'omicidio del (OMISSIS)), va rimarcato che la Corte territoriale ha correttamente applicato il consolidato principio di diritto secondo cui le dichiarazioni dei collaboratori per riscontrarsi vicendevolmente non devono necessariamente riguardare le medesime condotte illecite attribuite all'imputato in quanto il fatto da provare non e' il singolo comportamento dell'associato bensi' la sua appartenenza al sodalizio (in proposito Sez. 5, n. 17081 del 26/11/2014, Bruni, Rv. 263699 - 01). Nel caso di specie, essendo oggetto della condanna il solo reato associativo, il thema decidendum in relazione al quale deve esser valutato il rispetto delle regole previste dall'articolo 192 c.p.p., e' costituito dalla stabile e volontaria compenetrazione dell'imputato nel tessuto organizzativo del sodalizio e non dalla tipologia di reati-fine attribuitigli dai chiamanti in correita'. Non puo', dunque accordarsi valore dirimente al fatto che le dichiarazioni dell' (OMISSIS) e dello (OMISSIS) non si riferiscano alla medesima attivita' illecita svolta dall'imputato, giacche' il fatto da riscontrare e' l'esistenza di uno stabile contributo al sodalizio, che i differenti comportamenti descritti dai dichiaranti possono soltanto concorrere a dimostrare. La valutazione della Corte di merito non di discosta dai principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimita', dal momento che le dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia, stimate attendibili, hanno ad oggetto proprio la partecipazione dello (OMISSIS) al sodalizio criminale oggetto di indagine, seppur indicando la partecipazione a diverse tipologie di reati-scopo (Sez. 2, n. 23687 del 03/05/2012, D'Ambrogio, Rv. 253221 - 01). Non puo', inoltre, trascurarsi, al fine di escludere qualsivoglia frizione logica, che la doglianza difensiva non tiene conto del diverso ruolo ricoperto dall' (OMISSIS) e dallo (OMISSIS) all'interno del clan âEuroËœndranghetistico e del differente patrimonio cognitivo di cui ciascuno e' portatore. 13.5. In relazione all'ulteriore doglianza avente ad oggetto la difformita' tra le dichiarazioni rese dai due collaboratori in ordine alla partecipazione dello (OMISSIS) all'omicidio (OMISSIS) va evidenziato che la censura e' palesemente diretta a contestare, attraverso una lettura disarticolata del compendio dimostrativo, la rilevanza probatoria dei singoli dati indiziari, cosi' proponendo una loro lettura alternativa che, collocandosi nella sfera degli apprezzamenti di merito, fuoriesce completamente dal perimetro del sindacato di legittimita', non risultando la lamentata difformita' in alcun modo idonea a determinare il dedotto vizio motivazionale. La sentenza impugnata ha dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto i giudici di appello a ritenere credibile che lo (OMISSIS) abbia fatto parte del gruppo criminale che ha partecipato all'organizzazione ed esecuzione dell'omicidio del (OMISSIS) a seguito di una valutazione degli elementi probatori che appare congrua e rispettosa dei canoni della logica e dei principi di diritto che governano l'apprezzamento delle prove. La Corte territoriale ha illustrato gli elementi idonei a supportare il coinvolgimento del ricorrente nell'episodio delittuoso, e, in particolare, le dettagliate propalazioni rese da (OMISSIS), riscontrate dalle dichiarazioni della teste (OMISSIS), valorizzando la convergenza tra le affermazioni dei dichiaranti. Il percorso argomentativo seguito dai giudici di appello risulta, pertanto, logico, coerente con le risultanze processuali e con l'apprezzamento probatorio del Giudice di primo grado. I giudici di appello hanno adeguatamente argomentato che le dichiarazioni dello (OMISSIS), oltre ad essere intrinsecamente credibili in quanto dotate dei requisiti di precisione, coerenza, spontaneita' e conoscenza diretta dei fatti riferiti, hanno trovato sicuro riscontro esterno nelle affermazioni della (OMISSIS), la quale ha descritto il ruolo di autista svolto dallo (OMISSIS) in occasione dell'omicidio del (OMISSIS) nonche' nelle dichiarazioni rese dall' (OMISSIS) in ordine alla materiale esecuzione dell'agguato in cui ha perso la vita il predetto. La Corte di merito ha, peraltro, dato atto, con motivazione congrua e priva di illogicita' manifesta, delle ragioni secondo cui la materiale partecipazione all'omicidio non e' stata menzionata dall' (OMISSIS), il quale si e' limitato a descrivere le fasi esecutive dell'omicidio e la conseguente distruzione del cadavere senza affrontare in modo dettagliato il ruolo svolto da tutti i soggetti coinvolti nell'agguato (pag. 124 della sentenza impugnata). La motivazione e', quindi, rispettosa dell'univoco orientamento della Corte di Cassazione secondo cui non e' necessario che il riscontro individualizzante fornisca prova diretta della responsabilita' dell'imputato per quel determinato fatto di reato, ma e' sufficiente che dimostri con certezza un collegamento tra imputato e contestazione che ne dimostri il coinvolgimento ed escluda la possibilita' di affermare la responsabilita' sulla base di accuse false e non altrimenti dimostrabili. Di conseguenza, ove gli elementi di riscontro corrispondano a tale nozione, la loro valenza confermativa costituisce oggetto di una valutazione in fatto, che sfugge al sindacato di legittimita', sempre che il giudice, come nel caso oggetto di scrutinio, dia conto con motivazione congrua e completa del proprio apprezzamento (Sez. 5, n. 36451 del 24/06/2004, Vullo, Rv. 230240). 13.6. Anche la doglianza con la quale il ricorrente mette in dubbio la veridicita' delle dichiarazioni rese dalla teste (OMISSIS) inerenti il coinvolgimento dello (OMISSIS) nell'omicidio del (OMISSIS) e' manifestamente infondata poiche' la difesa si limita a contestare la valutazione di attendibilita' della teste (OMISSIS), ampiamente giustificata dai giudici di merito, con argomenti di natura congetturale e assertivi come laddove adombra una possibile contaminazione probatoria in maniera del tutto svincolata dai dati processuali. La difesa fa leva su elementi di prova ipotetici e negativi, su considerazioni, cioe', generiche ed astratte, abbandonando il piano dell'esperienza fenomenica per privilegiare ipotesi alternative allo scopo di sostanziare vizi di illogicita' manifesta e sollecitare una diversa interpretazione e valutazione del compendio probatorio, in termini non ammissibili in sede di legittimita'. 13.7. Analoghe considerazioni valgono con riferimento alla doglianza con la quale il ricorrente lamenta l'illogicita' della motivazione nella parte in cui non spiega come l' (OMISSIS) sia riuscito a "riattivare" la cosca di (OMISSIS) proprio nel periodo in cui si trovava detenuto in carcere e lamenta la contraddittorieta' delle dichiarazioni rese dallo (OMISSIS) in ordine alla partecipazione del (OMISSIS) alle attivita' del gruppo di (OMISSIS). Anche in questo caso il ricorrente, mosso da una considerazione atomistica e parcellizzata delle risultanze probatorie, fonda il motivo di ricorso su elementi negativi, inconsistenti e del tutto inidonei a confutare la ricostruzione logico-fattuale fornita dai giudici di appello, al fine di prospettare una diversa ed inammissibile ricostruzione di merito, come tale preclusa in questa sede. E cio' a fronte di un completo iter argomentativo, coerente con le emergenze investigative e scevro da vizi logici, il quale valorizza una serie di elementi fattuali che accreditano l'attendibilita' della ricostruzione dei fatti fornita dall' (OMISSIS) e dallo (OMISSIS). 13.8. Il motivo inerente alla determinazione del trattamento sanzionatorio e' del tutto generico dal momento che il ricorrente omette di specificare in forza di quali elementi la Corte di merito avrebbe dovuto formulare un giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche, nonche' di confrontarsi con gli indici attinenti alla gravita' del reato posti a fondamento del giudizio di comparazione. Il motivo e' contraddistinto dalla mera declinazione di argomentazioni prive di un reale nesso critico con il percorso argomentativo della sentenza impugnata che ha portato alla determinazione del trattamento sanzionatorio, peraltro contenuto nei minimi edittali. La difesa si e' limitata a reiterare la generica doglianza proposta in sede di appello senza confrontarsi con la motivazione del provvedimento impugnato con conseguente aspecificita' del motivo di ricorso. Il ricorso presentato dall'imputato (OMISSIS). 14. Il ricorso e' inammissibile per le ragioni che seguono. Le doglianze elencate nel primo motivo di ricorso sono manifestamente infondate e meramente reiterative di identiche questioni poste con l'atto di appello, alle quali la sentenza impugnata ha fornito puntuale ed adeguata risposta. Il motivo di ricorso, al cospetto di una motivazione del tutto congrua e priva di vizi di manifesta illogicita', si segnala per la sua genericita', in quanto solo apparentemente si presta a criticare la sentenza di secondo grado, limitandosi invece a riproporre le stesse censure sollevate in precedenza e motivatamente disattese, censure che non di rado tracimano nel merito. Le sentenze di merito espongono plurimi, significativi e convergenti elementi, a sostegno dell'intraneita' del ricorrente al clan oggetto di scrutinio, in primis le convergenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS) che, a differenza di quando sostenuto dalla difesa, sono state ritenute connotate da coerenza, precisione, specificita' e convergenza in assenza di elementi di sospetto di accordi fraudolenti o reciproche suggestioni. Lo (OMISSIS) ha indicato lo (OMISSIS) come uno dei componenti del gruppo di fuoco che ha posto in essere l'omicidio di (OMISSIS) nella sua qualita' di partecipe della cosca di (OMISSIS). Tali dichiarazioni hanno trovato riscontro nelle dichiarazioni dell' (OMISSIS) che ha ricordato come il ricorrente fosse un camorrista di sgarro che lo aveva aiutato a portare via il cadavere del (OMISSIS) nei frangenti immediatamente successivi al suo assassinio. La Corte di merito ha correttamente applicato l'indirizzo ermeneutico secondo cui attendibili e convergenti dichiarazioni di collaboranti di giustizia che si limitino ad affermare la generica appartenenza di un soggetto ad un'associazione di stampo mafioso (nel caso di specie la âEuroËœndrina di (OMISSIS)) sono idonee a configurare gravi indizi di colpevolezza allorquando almeno una di esse indichi specifici atti o comportamenti che siano indicativi del consapevole apporto materiale dell'accusato al perseguimento degli interessi della consorteria, circostanza ravvisabile nel caso di specie nella partecipazione dello (OMISSIS) all'omicidio riferita -seppur con diverse connotazioni materiali- da parte di entrambi i collaboratori di giustizia (Sez. 6, n. 38117 del 09/07/2013, Fusco, Rv. 256334 - 01;Sez. 1, n. 4087 del 06/02/2018, dep. 2019, Rv. 275164 - 01). Deve in proposito aggiungersi che le dichiarazioni rese dall' (OMISSIS) e dallo (OMISSIS) relative alla partecipazione del ricorrente al sodalizio di stampo mafioso sono concordanti nel loro nucleo essenziale, risultando irrilevanti le divergenze relative agli elementi circostanziali del fatto evidenziate dalla difesa in quanto inidonee a mettere in dubbio l'attendibilita' intrinseca dei dichiaranti (cfr. Sez. 1, n. 10561 del 28/10/2020, Siani, Rv. 280741 - 01) con conseguente carenza d'interesse del prevenuto alla censura in punto di omessa motivazione al riguardo. La doglianza, inoltre, non tiene in considerazione il diverso ruolo ricoperto dall' (OMISSIS) e dallo (OMISSIS) all'interno del sodalizio mafioso e la conseguente differenza del rispettivo patrimonio cognitivo che cio' comporta; entrambi i collaboratori, infatti, hanno descritto il coinvolgimento del ricorrente nell'omicidio (OMISSIS), fornendo indicazioni diverse in ordine al movente dell'assassinio; diversita' che trova fondamento logico nel ruolo di capo del locale di (OMISSIS) ricoperto dall' (OMISSIS) e, quindi, in una maggiore consapevolezza delle strategie della cosca rispetto a quella manifestata dallo (OMISSIS) che rivestiva un ruolo subalterno all'interno della âEuroËœndrina di (OMISSIS). La Corte territoriale ha, inoltre, indicato ulteriori, significativi e convergenti elementi indiziari desumibili dalle intercettazioni in atti e dalle dichiarazioni rese da (OMISSIS) da cui inferire che lo (OMISSIS) ha posto in essere in modo continuativo comportamenti concretizzanti una attiva e stabile partecipazione alle attivita' dei sodali, elementi che in virtu' della loro univocita' e concordanza indiziaria sono stati ritenuti, con motivazione priva di manifesta illogicita', idonei a riscontrare le dichiarazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia (pagg. 127 e 128 della sentenza di appello). I giudici di appello hanno, in particolare, valorizzato l'intercettazione n. 1163 del 9 gennaio 2012 e l'intercettazione n. 1929 del 22 febbraio 2011 da cui si desume che lo (OMISSIS) si e' impegnato a versare delle somme di denaro alla compagna dell' (OMISSIS) nel periodo di detenzione del capo della cosca e si e' attivato per trovare un difensore di fiducia all'affiliato (OMISSIS) nei frangenti immediatamente successivi al suo arresto. La Corte di merito ha, quindi, fatto buon uso dell'orientamento della Corte di Cassazione secondo cui la partecipazione ad una associazione di stampo mafioso riferita da un collaboratore di giustizia puo' trovare riscontro in elementi fattuali, che, anche se non illeciti, sono funzionali al mantenimento in vita del sodalizio quali la raccolta o la dazione di denaro alle famiglie degli associati detenuti ovvero la garanzia di tempestiva assistenza legale a favore dell'intraneo (Sez. 5, n. 35997 del 05/06/2013, Rv. 256947; Sez. 3, n. 18137 del 26/11/2015, Berlingieri, Rv. 266937), risolvendosi in una condotta prestata a vantaggio dell'intera consorteria, nell'ambito dei doveri solidaristici incombenti sui compartecipi, in conformita' allo stipulato pactum sceleris, risultando di vitale importanza, per il consolidamento dell'organizzazione criminale, che l'affiliato abbia la consapevolezza, che, una volta tratto in arresto, non sara' abbandonato dall'associazione, potendo contare su una forma di assistenza continuativa per se' stesso e per la propria famiglia. Va ricordato, in proposito, che ai fini dell'integrazione della condotta di partecipazione all'associazione di tipo mafioso storico non e' necessario che l'affiliato si renda protagonista di specifici atti esecutivi della condotta criminosa programmata, perche' il reato associativo, secondo la struttura tipica dei reati di pericolo presunto, si consuma anche con la sola adesione all'associazione da parte del singolo, il quale mettendosi a disposizione per il perseguimento dei comuni fini criminosi accresce, per cio' solo, la potenziale capacita' operativa e la temibilita' dell'associazione e che ben puo' manifestarsi in condotte di reciproca assistenza tra gli adepti dell'associazione (Sez. 2, n. 53477 del 15/06/2017, Benedetto, Rv. 271930 - 01, in motivazione). Quale ulteriore conferma della partecipazione del ricorrente all'associazione, la Corte territoriale ha, altresi', valorizzato, senza incorrere in alcun vizio logico, il coinvolgimento dello (OMISSIS) e dell'associato (OMISSIS) nel grave episodio estorsivo denunciato da (OMISSIS) in data 5 aprile 2010, considerato, anche dal giudice di primo grado, manifestazione dell'attivita' di controllo del territorio svolta dai membri della âEuroËœndrina di (OMISSIS). Allo stesso fine sono state valorizzate le conversazioni intercettate, dalle quali si evince che il ricorrente, nel 2009, era divenuto soggetto inviso ai capi della cosca per aver violato le regole del sodalizio, posizione che sotto il profilo logico postula l'intraneita', come ritenuto dai giudici territoriali. Il percorso argomentativo dei giudici di appello non e' validamente contrastato dalle critiche contenute nel ricorso, le quali mirano ad una lettura alternativa delle risultanze istruttorie e non si confrontano compiutamente con le argomentazioni spese dalla sentenza impugnata. 14.2. La doglianza con il quale il ricorrente lamenta il travisamento delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia da parte dei giudici di appello e' infondata; in particolare la motivazione impugnata nella parte in cui descrive le modalita' di partecipazione del ricorrente al sodalizio criminale non contiene, a differenza di quanto affermato dalla difesa, alcun riferimento a dichiarazioni dello (OMISSIS) e dell' (OMISSIS) attestanti il coinvolgimento di (OMISSIS) nel traffico di stupefacenti con conseguente inesistenza dell'eccepito travisamento (pagg. da 124 e 128 della sentenza di appello). 14.3. Quanto alla critica con la quale la difesa valorizza il rigetto della richiesta di applicazione della misura cautelare nei confronti di (OMISSIS) come elemento logico-fattuale da cui dedurre il lamentato vizio di motivazione, e' agevole rilevare che il compendio indiziario sottoposto al giudice della cautela era sostanzialmente diverso da quello posto a fondamento delle sentenze di condanna, in particolare va ricordato che lo (OMISSIS) ha reso le sue dichiarazioni accusatorie in un momento successivo a quello in cui e' stata rigettata la richiesta cautelare con conseguente manifesta infondatezza della predetta doglianza. 14.4. Il motivo inerente alla determinazione del trattamento sanzionatorio e' del tutto generico in quanto il ricorrente omette di specificare in forza di quali elementi la Corte di merito avrebbe dovuto riconoscere la prevalenza delle attenuanti generiche, nonche' di confrontarsi con gli indici attinenti alla gravita' del reato posti a fondamento del giudizio di comparazione. La doglianza e' contraddistinta dalla mera declinazione di argomentazioni apodittiche in ordine alla presunta illogicita' del giudizio di equivalenza prive di un reale nesso critico con il percorso argomentativo della sentenza impugnata. Il ricorrente si e' limitato a reiterare la generica doglianza proposta in sede di appello, con osservazioni altrettanto aspecifiche, senza confrontarsi con la motivazione del provvedimento impugnato con conseguente aspecificita' del motivo di ricorso (Sez. 2, n. 5253 del 15/01/2019, C., Rv. 275522 - 01). I giudici di appello per confermare l'adeguatezza del trattamento sanzionatorio - contenuto nei minimi edittali - e del giudizio di bilanciamento operato in primo grado, hanno sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma dell'articolo 133 c.p., valorizzando il parametro della gravita' delle condotte poste in essere dal ricorrente (pag. 221 della sentenza impugnata). La motivazione in ordine al bilanciamento delle attenuanti generiche con le contestate aggravanti appare, dunque, congrua ed esente da manifesta illogicita' ed, e' pertanto, insindacabile in sede di legittimita'. Il giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti ed attenuanti costituisce, infatti, esercizio di un potere valutativo riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimita' se congruamente motivato, alla stregua di anche solo alcuni dei parametri previsti dall'articolo 133 c.p. e la relativa motivazione non postula un'analitica esposizione dei criteri di valutazione utilizzati (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Martinenghi, Rv. 279838 - 02). Il ricorso presentato dall'imputato (OMISSIS). 15. Il ricorso e' inammissibile in quanto le doglianze esposte dalla difesa sono meramente reiterative di identiche questioni poste con l'atto di appello, alle quali la sentenza impugnata ha fornito puntuale ed adeguata risposta. Il ricorso si segnala, inoltre, per la sua genericita', in quanto solo apparentemente si presta a criticare la sentenza impugnata, limitandosi a riproporre le identiche censure sollevate con il primo gravame e disattese con motivazione coerente, esaustiva ed esente da illogicita' dai giudici di appello. Il ricorso e' improntato ad una valutazione delle prove raccolte nella fase di merito del tutto parcellizzata, caratterizzata dall'analisi dei singoli elementi in maniera del tutto avulsa dal contesto, prescindendo dagli evidenti elementi di coerenza palesati e valorizzati nelle sentenze di merito. 15.1. Con il primo motivo il (OMISSIS), a fronte delle argomentazioni, logiche e coerenti, formulate dalla Corte di appello, invoca una rilettura degli elementi di fatto, posti a fondamento della decisione, e l'adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione, preclusa in sede di legittimita'. Il ricorrente, pur lamentando formalmente violazione di legge e motivazione manifestamente illogica e contraddittoria, contesta in realta' la concreta ricostruzione in fatto resa dalla Corte territoriale ed ancor prima dal Giudice di primo grado. E cio' a fronte di un completo iter argomentativo, coerente con le emergenze investigative e scevro da vizi logici, il quale valorizza una serie di elementi fattuali che attestano la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della penale responsabilita' dell'imputato. La spiegazione alternativa indicata in ricorso riposa su affermazioni meramente apodittiche, su congetture sganciate dal compendio probatorio ovvero su assunti giuridicamente destituiti di pregio come quello che pretende di desumere l'estraneita' ai fatti del (OMISSIS) dalla mancata contestazione di reati-fine e, quindi, da un elemento del tutto inidoneo a confutare la ricostruzione logico-fattuale fornita dai giudici di appello. Infatti, il reato di partecipazione all'associazione per delinquere e' del tutto autonomo rispetto alla consumazione dei reati-fine e puo' persino prescinderne in considerazione del fatto che detta fattispecie delittuosa e' a forma libera richiedendo esclusivamente la prestazione di un contributo apprezzabile, ancorche' minimo ma non insignificante, alla realizzazione del progetto criminoso perseguito dal sodalizio. Va, dunque, ribadito il principio di diritto secondo il quale la prova della partecipazione di un imputato al reato associativo puo' essere data con ogni mezzo, non essendo necessaria la condanna per alcuno dei reati fine, stante l'autonomia del reato associativo (Sez. 3, n. 9459 del 06/11/2015, Venere, Rv. 266710 - 01; Sez. 4, n. 11470 del 09/03/2021, Scarcello, Rv. 280703 - 02). Nel caso di specie la partecipazione e' stata ritenuta dai giudici di merito sulla base di un percorso argomentativo coerente rispetto alle risultanze probatorie ed esente da illogicita', atteso il ruolo apicale nella gestione degli affari della cosca riferito dall' (OMISSIS) e i riscontri provenienti dall'attiva interlocuzione del (OMISSIS) con il boss (OMISSIS) nel corso del summit in cui fu concordata la spartizione degli affari illeciti nei territori di rispettiva competenza e l'imputato dette piena dimostrazione dei propri poteri decisionali ed organizzativi all'interno della cosca di (OMISSIS). 15.1.1. La doglianza avente ad oggetto la genericita' e contraddittorieta' delle dichiarazioni dell' (OMISSIS) e la mancanza di elementi probatori da cui desumere l'esistenza di contatti tra il ricorrente ed altri componenti di clan di âEuroËœndrangheta, trova smentita nell'approfondita analisi delle propalazioni del predetto collaboratore di giustizia svolta dai giudici di appello e nel contenuto delle intercettazioni che fotografano in tempo reale i contatti tra il (OMISSIS) ed i vertici dell'organizzazione criminale (cfr. pagg. da 76 a 80 e da 90 a 101 della sentenza impugnata). La sentenza impugnata ha dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto i giudici di appello ad affermare la piena attendibilita' intrinseca ed estrinseca delle propalazioni dell' (OMISSIS) a seguito di una valutazione degli elementi probatori che appare congrua e rispettosa dei canoni della logica e dei principi di diritto che governano l'apprezzamento delle prove. 15.1.2. La doglianza con la quale la difesa eccepisce che l' (OMISSIS) e' stato giudicato inattendibile in altri procedimenti e' stata adeguatamente confutata dai giudici di appello, i quali hanno evidenziato che le dichiarazioni rese dal predetto collaboratore di giustizia non sono mai state ritenute intrinsecamente inattendibili e che le decisioni indicate dalla difesa hanno trovato esclusivo fondamento nella mancanza di adeguati riscontri relativi agli specifici fatti oggetto di giudizio da parte delle rispettive autorita' giudiziarie e che, al contrario, l' (OMISSIS) e' stato ritenuto attendibile nei numerosi processi inerenti la cosca operativa a (OMISSIS). La Corte territoriale ha, inoltre, fatto espresso e corretto riferimento al principio della frazionabilita' delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, principio in virtu' del quale ogni chiamata in reita' deve esser valutata esclusivamente in relazione agli specifici fatti oggetto del thema probandum del singolo procedimento ed alla correlata attendibilita' intrinseca ed estrinseca (Sez. 6, n. 25266 del 03/04/2017, Polimeni, Rv. 270153 - 01; Sez. 6, n. 35327 del 18/07/2013, Arena, Rv. 256097 - 01). La motivazione sul punto si presenta, quindi, coerente con le indicazioni ermeneutiche offerte dalla Corte di legittimita' oltre che priva di contraddizioni interne e di manifesti vizi logici, sottraendosi, di conseguenza, ad ogni censura in questa sede. La lamentata carenza di motivazione in ordine alla compatibilita' tra la detenzione cui il (OMISSIS) e' stato sottoposto dal 2004 al 2009 e il preteso ruolo associativo e' manifestamente infondata poiche' i giudici di appello hanno adeguatamente argomentato l'irrilevanza di tale elemento fattuale al fine di escludere la partecipazione alla cosca di riferimento in assenza di qualsiasi indicatore di una sopravvenuta dissociazione del ricorrente. La motivazione impugnata e', quindi, congrua, priva di illogicita' e coerente con il principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimita' secondo cui lo stato detentivo dell'affiliato non determina la necessaria cessazione della partecipazione al sodalizio criminoso di appartenenza, atteso che i periodi di detenzione sono accettati dai sodali come prevedibili eventualita' le quali, da un lato non impediscono totalmente la partecipazione alle vicende del gruppo e alla programmazione delle sue attivita' e, dall'altro, non fanno cessare la disponibilita' a riassumere un ruolo attivo non appena venga meno il forzato impedimento (Sez. 6, n. 1162 del 14/10/2021, Di Matteo, Rv. 282661 - 02; Sez. 2, n. 8461 del 24/01/2017, De Notaris, Rv. 269121 - 01). 15.1.3. La doglianza con la quale la difesa eccepisce l'inidoneita' delle intercettazioni poste a fondamento della sentenza impugnata a fornire riscontro esterno alle dichiarazioni accusatorie dell' (OMISSIS) e' del tutto generica e meramente valutativa; il ricorrente si limita, in modo apodittico, ad attribuire un diverso valore indiziario alle conversazioni intercettate e, di conseguenza, a chiedere alla Corte adita un'inammissibile rivalutazione in fatto del compendio probatorio. Va, in proposito, evidenziato che la giurisprudenza di legittimita' ha costantemente evidenziato che l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazioni costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita' se non in presenza del travisamento della prova ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformita' risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, Di Maro, Rv. 272558; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Gregoli, Rv. 282337 - 01). Nel caso di specie il ricorrente non ha mai rappresentato la divergenza tra il contenuto delle conversazioni trascritte e quelle registrate ma si e' limitato a obiettare circa l'efficacia dimostrativa della sua partecipazione al sodalizio, sicche' devono ritenersi inammissibili le generiche censure sviluppate nel ricorso inerenti la presunta illogicita' della motivazione, stante l'assenza di travisamento del contenuto delle intercettazioni da parte dei giudici di merito. 15.2. Il secondo motivo di ricorso, oltre ad essere del tutto generico ed aspecifico cosi' come l'analogo motivo di appello, e' inammissibile per carenza di interesse non essendo il (OMISSIS) titolare del diritto alla restituzione dei beni oggetto di confisca, beni intestati alle terze interessate (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Va ricordato in proposito che le norme di carattere generale del libro 9 sulle impugnazioni e nel Titolo I sulle "disposizioni generali" prevedono che l'impugnazione nei confronti dei provvedimenti ablatori puo' essere proposta solamente da chi, in caso di accoglimento, abbia diritto alla restituzione del bene; occorre cioe' che la riforma della decisione gravata renda possibile il conseguimento di un risultato giuridicamente favorevole all'impugnante. Tale interesse, richiesto dall'articolo 568 c.p.p., comma 4, come condizione di ammissibilita' di qualsiasi impugnazione, deve essere peraltro attuale e concreto, e cioe' mirare a rimuovere l'effettivo pregiudizio che la parte asserisce di aver subito con il provvedimento impugnato. Esso, pertanto, deve persistere sino al momento della decisione e sussiste soltanto se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l'eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione immediata piu' vantaggiosa per l'impugnante rispetto a quella esistente. L'applicazione di tali principi all'ipotesi di confisca allargata Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, ex articolo 12 sexies (ora articolo 240 bis c.p.) ha dato origine al costante e condivisibile orientamento giurisprudenziale secondo cui l'imputato non ha interesse a proporre impugnazione nei confronti del provvedimento ablatorio avente ad oggetto beni intestati a terzi poiche', non potendo vantare alcun diritto alla loro restituzione, non puo' ottenere alcun effetto favorevole dalla decisione con conseguente inammissibilita' del ricorso per carenza di interesse (vedi in proposito Sez. 5, n. 18508 del 16/02/2017, Fulco, Rv. 270209). E cio' anche nell'ipotesi in cui si tratti di beni confiscati nel presupposto della disponibilita' indiretta dell'imputato poiche' e' solo il terzo che ha interesse personale e diretto a provare la legittima acquisizione dei beni ovvero l'assenza di fittizia intestazione degli stessi (Sez. 2, n. 4160 del 19/12/2019, Bevilacqua, Rv. 278592 - 01). Il ricorso presentato dall'imputato (OMISSIS). 16. Il ricorso e' inammissibile in quanto le doglianze proposte dalla difesa sono manifestamente infondate e meramente reiterative di identiche questioni poste con l'atto di appello, alle quali la sentenza impugnata ha fornito puntuale ed adeguata risposta con motivazione coerente, esaustiva ed esente da illogicita'. Le doglianze sono caratterizzate da un approccio alle prove poste a fondamento delle decisioni di merito di tipo atomistico, caratterizzato dall'analisi di specifici elementi in maniera del tutto avulsa dal contesto, prescindendo dagli elementi di coerenza valorizzati nelle sentenze di merito. 16.1.1. La doglianza con la quale il ricorrente lamenta la contraddittorieta' della motivazione nella parte in cui ritiene il (OMISSIS) partecipe con ruolo apicale della cosca di (OMISSIS) per poi assolverlo dall'accusa di essere il mandante dell'omicidio di (OMISSIS) e' manifestamente infondata e non tiene conto delle valutazioni in base alle quali i giudici di appello hanno assolto l'imputato dal reato di cui al capo 5). Va osservato, infatti, che la Corte di merito non e' addivenuta a tale proscioglimento valutando inattendibili le dichiarazioni accusatorie dell' (OMISSIS) ma in considerazione della ritenuta mancanza di riscontri individualizzanti alla specifica condotta descritta al capo 5) della rubrica (cfr. pagg. da 140 a pag. 147 della decisione oggetto di ricorso); affermazione, peraltro, gia' censurata per le ragioni esposte nel paragrafo inerente il ricorso proposto dal Pubblico Ministero avverso detta assoluzione. Deve essere in proposito rimarcato che non sussiste la lamentata contraddittorieta' in considerazione dell'autonomia del reato di partecipazione all'associazione per delinquere di stampo mafioso rispetto alla consumazione dei reati-fine, partecipazione che richiede esclusivamente la prestazione di un contributo apprezzabile alla realizzazione del progetto criminoso associativo. Non vi e' dubbio, pertanto, che la ritenuta mancanza di riscontri in ordine ad uno specifico reato-scopo non puo' di per se' comportare la mancanza di prova in ordine al reato di cui all'articolo 416 bis c.p. laddove, come nel caso di specie, i giudici di merito indichino con motivazione congrua e priva di illogicita' gli elementi da cui desumere la partecipazione al sodalizio (cfr. pagg. da 77 ad 88 della sentenza impugnata). 16.1.2. La doglianza con la quale la difesa eccepisce la genericita' ed inattendibilita' delle propalazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) e l'inesistenza di elementi idonei a dimostrare che il (OMISSIS) ricopriva un ruolo apicale all'interno del clan di âEuroËœndrangheta, e' confutata dall'approfondita valutazione svolta dai giudici di merito delle dichiarazioni dell' (OMISSIS) il quale ha dettagliatamente indicato il ricorrente come soggetto che svolgeva compiti di direzione dell'attivita' degli altri affiliati (pagg. da 76 a 79 della sentenza impugnata). La motivazione espone in modo logico e coerente le ragioni che hanno indotto i giudici di appello ad affermare la piena attendibilita' intrinseca ed estrinseca delle propalazioni con le quali l' (OMISSIS) accusa il (OMISSIS) di rivestire un ruolo apicale all'interno del sodalizio mafioso a seguito di una valutazione degli elementi probatori che appare congrua e rispettosa dei canoni della logica e dei principi di diritto che governano l'apprezzamento delle prove dichiarative. La Corte territoriale ha, in particolare, valorizzato il contenuto delle conversazioni intercettate che comprovano i rapporti tra il (OMISSIS) ed altri esponenti di punta della âEuroËœndrangheta (in particolare con (OMISSIS), capo della cosca di (OMISSIS)) e forniscono pieno riscontro alle dichiarazioni rese dall' (OMISSIS) in ordine al ruolo decisionale e di composizione delle controversie interne svolto dall'imputato in qualita' di reggente della âEuroËœndrina di (OMISSIS) (pagg. da 79 a 87 della sentenza impugnata). Dette interlocuzioni riservate su tematiche di rilievo con uno dei massimi esponenti della âEuroËœndrangheta calabrese quale (OMISSIS) riscontrano le dichiarazioni accusatorie dell' (OMISSIS) in considerazione del livello di riservatezza e di rigore gerarchico che contraddistingue il funzionamento delle cosche calabresi. 16.1.3. La doglianza avente ad oggetto l'asserita inidoneita' delle intercettazioni indicate nella sentenza impugnata come riscontro esterno alle dichiarazioni accusatorie dell' (OMISSIS) e' generica in quanto la difesa si limita a sostenere, apoditticamente, che le conversazioni intercettate risultano incomprensibili ed ambigue e ad invocare una rilettura delle stesse rispetto a quella prospettata dai giudici di merito. Valga in proposito il gia' operato richiamo (par. 12.2.) ai principi di diritto enunziati da questa Corte in materia di interpretazione delle conversazioni intercettate e dei limiti di sindacabilita' delle stesse. Nel caso di specie il ricorrente non ha contestato alcun travisamento del contenuto delle intercettazioni ma si e' limitato a ritenerle inidonee a dimostrare la partecipazione del (OMISSIS) alla cosca di (OMISSIS), con conseguente inammissibilita' delle generiche censure sviluppate nel ricorso in considerazione del fatto che la motivazione impugnata non e' contraddistinta da alcun travisamento della prova. 16.1.4. Il lamentato vizio di motivazione in ordine alla compatibilita' tra la detenzione cui il (OMISSIS) e' stato sottoposto dal 2003 al 2009 e lo svolgimento di un ruolo attivo nella cosca capeggiata dall' (OMISSIS) e' manifestamente infondato in considerazione dell'insussistenza di qualsiasi elemento logico-fattuale da cui desumere un allontanamento del ricorrente dal sodalizio di appartenenza. La motivazione censurata e', quindi, coerente con il principio di diritto in virtu' del quale la detenzione di un associato non determina automaticamente la cessazione della partecipazione al clan di riferimento. Valga in proposito il gia' operato richiamo (par. 15.1.) ai principi di diritto affermati da questa Corte sul punto. I giudici di merito, peraltro, hanno correttamente specificato che la precedente sentenza irrevocabile di condanna riportata dal (OMISSIS) per il reato di associazione mafiosa all'esito del processo convenzionalmente denominato "Operazione (OMISSIS)" copre un arco temporale (2000-2003) precedente a quello oggetto del presente giudizio, "attestando e confermando l'esistenza di un sodalizio di stampo âEuroËœndranghetistico nei territori di (OMISSIS), (OMISSIS) di Neto e comuni limitrofi" all'epoca capeggiato da (OMISSIS) (pag. 30 della sentenza di appello e pagine da 31 a 34 della sentenza di primo grado). 16.1.5 L'eccepita indeterminatezza del capo di imputazione in relazione al periodo di permanenza della condotta associativa e' manifestamente infondata, la doglianza difensiva e' stata confutata dai giudici di appello con motivazione sintetica ma esauriente, conforme all'indirizzo ermeneutico secondo cui, in caso di contestazione aperta, la mancata indicazione degli estremi temporali della condotta non comporta il vizio denunziato. L'affermazione dei giudici di merito trova riscontro nel tenore letterale della contestazione elevata dall'ufficio del Pubblico Ministero che descrive, in maniera chiara e sufficientemente dettagliata, le condotte poste in essere dai singoli associati nel periodo antecedente e successivo al 2016 sicche' deve escludersi la compromissione del diritto di difesa dell'imputato (pag. 88 della sentenza impugnata: "e' certamente riscontrabile la partecipazione sino al momento dell'emissione della sentenza di primo grado -trattandosi di contestazione aperta, atteso che le conversazioni con (OMISSIS) sono della fine del 2012"). La valutazione dei giudici di primo e secondo grado e', peraltro, coerente con il principio di diritto elaborato dalla giurisprudenza di legittimita' in virtu' del quale non vi e' incertezza sui fatti descritti quando l'imputazione contenga, con adeguata specificita', i tratti essenziali del fatto di reato contestato; l'indeterminatezza e la genericita' sussiste, infatti, solo allorquando dette caratteristiche siano assolute e totali e cioe' tali da impedire o rendere inattuabile l'esercizio del diritto di difesa (ex multis, Sez. 5, n. 16993 del 02/03/2020, Latini, Rv. 279090-01). Il ricorso presentato dall'imputato (OMISSIS). 17. Il ricorso e' inammissibile in quanto i motivi dedotti sono manifestamente infondati e reiterativi di identiche doglianze descritte nell'atto di appello, alle quali i giudici territoriali hanno fornito puntuale ed adeguata risposta con un percorso argomentativo immune da illogicita' e coerente con le risultanze processuali. Il ricorrente, proponendo una valutazione delle prove di tipo atomistico, analizza gli specifici elementi indiziari in modo del tutto avulso dalla complessiva e coerente ricostruzione logico-fattuale descritta dai giudici di merito, senza tener conto del preciso e convergente materiale valorizzato nelle conformi sentenze di merito e posto a fondamento del giudizio di responsabilita' del prevenuto per i capi 15 e 26. 17.1. Il primo motivo con il quale il ricorrente lamenta la mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui al capo 26 e' manifestamente infondato e, per taluni aspetti, generico, non confrontandosi con le puntuali argomentazioni della decisione impugnata. Sul punto va ricordato che, in tema di intercettazioni di conversazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita' se non nei limiti della manifesta illogicita' ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite in relazione alle massime di esperienza utilizzate (Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Gregoli, 282337- 01; Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715-01). Nel caso di specie i giudici di appello, dopo aver considerato le censure dell'appellante, sono giunti alla medesima conclusione della sentenza di primo grado applicando un metodo di valutazione conforme ai principi giurisprudenziali e scevro da vizi logici. Il percorso argomentativo seguito dalla Corte di merito e' fondato su una interpretazione della conversazione intercettata in data 28 maggio 2013 conforme a consolidate massime di esperienza e fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di manifesta illogicita' e percio' insindacabili in questa sede. In particolare, i giudici di appello hanno valorizzato la cripticita' delle espressioni utilizzate dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS), la corrispondenza tra il prezzo di mercato della cocaina e la somma pretesa dagli imputati per la vendita e, infine, la mancanza di elementi di natura logico-fattuale idonei a far ipotizzare una diversa e lecita natura della trattativa oggetto di conversazione. Attraverso il motivo in esame il ricorrente intende prospettare una diversa ed alternativa lettura dei fatti che non puo' trovare ingresso in questa sede di legittimita' a fronte di una sentenza, come quella impugnata, che appare congruamente e coerentemente motivata in punto di responsabilita' del ricorrente. Il ricorrente ha, inoltre, sostenuto che i giudici di appello non hanno motivato in ordine alla sussistenza di una pregressa collaborazione nel narcotraffico tra il (OMISSIS) e (OMISSIS), affermazione che trova smentita nella lettura della sentenza impugnata nella parte in cui vengono testualmente riportate le dichiarazioni rese sul punto dal collaboratore (OMISSIS) (pag. 167 della sentenza impugnata: " (OMISSIS) e (OMISSIS) sono dediti al narcotraffico per conto della (OMISSIS)... conosco alcuni degli spacciatori della nostra cosca che vendono al dettaglio lo stupefacente trasportato e procurato da (OMISSIS) e (OMISSIS)"). 17.2. Il secondo motivo di ricorso e' inammissibile ex articolo 606 c.p.p., comma 3, in quanto ha ad oggetto una doglianza non dedotta ne' deducibile in sede di appello. Dalla lettura del gravame avverso la sentenza di primo grado emerge che i motivi di appello non lamentavano alcunche' in ordine all'aggravante dell'agevolazione mafiosa di cui all'articolo 416 bis.1 c.p., scelta coerente con la decisione del primo giudice che aveva espressamente escluso la sussistenza di tale aggravante in relazione al reato di cui al capo 26 (pagina 410 della sentenza di primo grado). 17.3. Il terzo motivo di ricorso e' articolato esclusivamente in fatto. Il ricorrente lungi dal proporre un travisamento delle prove, vale a dire una incompatibilita' tra l'apparato motivazionale del provvedimento impugnato ed il contenuto degli atti del procedimento, tale da disarticolare la coerenza logica dell'intera motivazione, sostiene una ipotesi di "travisamento dei fatti" oggetto di analisi, sollecitando un'inammissibile rivalutazione dell'intero materiale istruttorio, rispetto al quale e' stata proposta dalla difesa una spiegazione alternativa alla semantica privilegiata dalla Corte territoriale nell'ambito di un sistema motivazionale logicamente completo ed esauriente. Va, in proposito, ricordato che non e' compito del giudice di legittimita' stabilire se la decisione di merito proponga o meno la migliore ricostruzione dei fatti ne' condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa giustificazione sia, come nel caso di specie, compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilita' di apprezzamento. La difesa ha affermato apoditticamente che le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS) e dalla testimone (OMISSIS) sarebbero tra loro contrastanti solo perche' i predetti hanno indicato diverse modalita' con le quali il (OMISSIS) partecipava all'attivita' di narcotraffico. In realta' i giudici di merito hanno concordemente e coerentemente ritenuto la sostanziale sovrapponibilita' delle accuse rese dai dichiaranti in ordine al nucleo essenziale del thema probandum, non assumendo alcuna decisivita' le parziali difformita' in ordine alle modalita' con cui il (OMISSIS) si riforniva delle sostanze da lui spacciate per conto del sodalizio capeggiato dall' (OMISSIS), in quanto la precisione e convergenza delle dichiarazioni rese escludono, in punto di logica, che i dichiaranti abbiano alterato il narrato al fine di sostenere un'accusa di natura calunniatoria, risultando, inoltre, del tutto attendibile il ricorso a diverse fonti di approvvigionamento. Questo Collegio condivide, in proposito l'orientamento della giurisprudenza di legittimita' secondo cui non puo' validamente prospettarsi come motivo di ricorso in cassazione il solo fatto che le dichiarazioni accusatorie presentino fra loro divergenze e discrasie, quando queste attengano ad elementi di natura circostanziale inidonei, come nel caso di specie, a mettere in dubbio l'attendibilita' intrinseca dei dichiaranti. Non puo', infatti, pretendersi una completa sovrapponibilita' degli elementi d'accusa forniti dai dichiaranti, dovendosi invece privilegiare l'aspetto sostanziale della loro concordanza sul nucleo centrale e significativo della questione fattuale da decidere (Sez. 1, n. 10561 del 28/10/2020, Siani, Rv. 280741-01; Sez. 6, n. 47108 del 08/10/2019, Bombardino, Rv. 277393 - 01). 17.4. Anche l'ulteriore doglianza avente ad oggetto la illogicita' della interpretazione e valutazione delle intercettazioni indicate dai giudici di merito a riscontro delle dichiarazioni accusatorie dell' (OMISSIS), dello (OMISSIS) e della (OMISSIS), e' manifestamente infondata in quanto, come piu' volte ricordato, la valutazione del contenuto delle conversazioni intercettate puo' essere oggetto di esame in sede di giudizio di legittimita' solo nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e tale difformita' risulti decisiva ed incontestabile (vedi Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, Di Maro, Rv. 272558; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Gregoli, Rv. 282337 - 01), sicche' e' inammissibile la censura sviluppata dal ricorrente in ordine alla presunta illogicita' dell'interpretazione data dai giudici di appello alle conversazioni intercettate in data 28 maggio 2013, 7 luglio 2013 - prog. 1660 - e 10 novembre 2014 - prog. 4380 - non sussistendo alcun travisamento del contenuto delle conversazioni. A differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, i giudici di appello hanno motivato in modo esauriente e privo di illogicita' in ordine allo stabile e duraturo coinvolgimento del (OMISSIS) nell'attivita' del sodalizio dedito al narcotraffico descritto al capo 15). I giudici di merito hanno, altresi', dato adeguato conto dell'attendibilita' intrinseca delle dichiarazioni accusatorie rese dai collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), dichiarazioni che - oltre a riscontrarsi reciprocamente - trovano ulteriore conferma nelle dichiarazioni rese dalla teste (OMISSIS) e nelle conversazioni intercettate riconducibili alle attivita' di narcotraffico della cosca oggetto di giudizio. Entrambe le sentenze hanno, quindi, accertato la convergenza delle chiamate che si riscontrano reciprocamente in maniera individualizzante e valorizzato correttamente la presenza di riscontri esterni in relazione alle circostanze rilevanti del thema probandum con conseguente manifesta infondatezza della doglianza. 17.5 Anche il quarto motivo di ricorso e' manifestamente infondato. Diversamente da quanto affermato dal ricorrente, i giudici di merito hanno motivato, in modo adeguato ed esaustivo, in ordine alla concreta determinazione della pena, individuata in misura leggermente superiore al minimo edittale e ritenuta "equa" in considerazione della intensa capacita' criminale del (OMISSIS) desumibile dalla reiterata partecipazione all'attivita' di narcotraffico. La Corte territoriale ha, pertanto, fatto corretto uso del principio di diritto secondo cui il giudice non e' tenuto a una specifica e dettagliata motivazione nel caso in cui venga irrogata, come nel caso di specie, una pena al di sotto della media edittale, essendo sufficiente che la motivazione dia conto del ricorso ai criteri di cui all'articolo 133 c.p. con espressioni del tipo: "pena equa" o "congrua" (tra tante, Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa, Rv. 276288 01; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243 - 01). Anche il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e' fondato su motivazione adeguata ed esente da manifesta illogicita' ed e', pertanto, insindacabile in sede di legittimita', dovendosi ribadire il principio affermato da questa Corte secondo cui e' sufficiente che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche faccia riferimento agli elementi ritenuti decisivi o comunque rilevanti - nella specie: gravita' delle condotte reiterate nel tempo e precedenti penali -, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, Bianchi, Rv. 282693 01; Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 - 02). I ricorsi presentati dall'imputato (OMISSIS). 18. I ricorsi proposti dai difensori del (OMISSIS) sono inammissibili perche' meramente reiterativi di identiche questioni poste con l'atto di appello, alle quali la pronuncia impugnata ha fornito puntuale ed adeguata risposta. La Corte di appello non si e' limitata a richiamare la sentenza di primo grado, ma ha risposto specificamente alle doglianze proposte dalla difesa, sviluppando argomentazioni adeguate ed omogenee rispetto a quelle del primo giudice, con la conseguenza che la struttura giustificativa della sentenza oggetto di ricorso deve essere valutata congiuntamente a quella appellata, trattandosi di provvedimenti che concordano nell'analisi e nella valutazione degli elementi probatori posti a fondamento della decisione con un percorso privo di contraddittorieta' ed illogicita' manifeste. 18.1. Il primo motivo dei ricorsi, oltre ad essere reiterativo, e' manifestamente infondato. I giudici di merito hanno indicato, con motivazione logica ed esaustiva, la pluralita' di elementi in base ai quali e' stata ritenuta la piena attendibilita' delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia (OMISSIS). Diversamente da quanto affermato dal ricorrente, i giudici di appello hanno adeguatamente confutato le doglianze difensive (inidoneita' delle conversazioni intercettate a dimostrare la partecipazione del (OMISSIS) all'ipotizzata associazione, mancanza di rapporti tra il ricorrente ed i presunti sodali di (OMISSIS), annullamento della misura cautelare emessa nei confronti del (OMISSIS) da parte del Tribunale del Riesame che aveva ritenuto carente il compendio indiziario posto a fondamento dell'ordinanza genetica). La Corte territoriale, con motivazione coerente con le risultanze probatorie e priva di manifesta illogicita', ha valorizzato il tenore, reputato "confessorio", delle frasi pronunciate dal (OMISSIS) nel corso delle conversazioni intercettate dalle quali ha desunto il pieno coinvolgimento del ricorrente nell'attivita' criminale della âEuroËœndrina di (OMISSIS). I giudici di merito hanno adeguatamente motivato in ordine alla partecipazione del (OMISSIS) alla cosca oggetto di giudizio, enucleando una pluralita' di circostanze ritenute idonee ad attestare l'attiva e stabile partecipazione del ricorrente alle attivita' del sodalizio; prime fra tutte le propalazioni rese dal collaboratore (OMISSIS) che ha indicato il ricorrente come membro attivo della âEuroËœndrina di (OMISSIS) (pagg. da 82 a 87 della sentenza di primo grado e pagg. da 50 a 55 della sentenza di appello). La Corte territoriale ha affermato, con percorso argomentativo convergente con quello seguito dal giudice di primo grado ed esente da vizi logici, la piena attendibilita' intrinseca delle dichiarazioni accusatorie dello (OMISSIS). Entrambe le sentenze contengono, infatti, una approfondita valutazione della credibilita' soggettiva del dichiarante, in base ai criteri di specificita', coerenza, conoscenza diretta, costanza e spontaneita' nei termini delineati dalla giurisprudenza di legittimita', dimostrando di aver fatto buon uso dei principi di diritto individuati da questa Corte in materia di valutazione della attendibilita' delle chiamate in correita' (Sez. 6, n. 40899 del 14/06/2018, Salzano, Rv. 274149 - 02). Tale motivazione non risulta scalfita dalle doglianze difensive con le quali viene denunziata la genericita' ed illogicita' delle propalazioni dello (OMISSIS) senza confrontarsi specificamente con le argomentazioni contenute nelle sentenze di merito. Appare destituita di fondamento la doglianza con la quale viene eccepita la carenza di motivazione in ordine all'attendibilita' dello (OMISSIS) dal momento che il ricorrente, in contrasto con i principi ermeneutici in tema di valutazione della chiamata in reita', sostiene l'irrilevanza degli elementi indicati dai giudici di merito (contemporanea accusa nei confronti del fratello, assenza di intenti calunniatori, convergenza con le dichiarazioni dell' (OMISSIS)), come decisivi al fine di dimostrare la piena credibilita' del collaboratore di giustizia. I giudici di merito hanno, quindi, ritenuto, con motivazione immune da illogicita' e conforme alle risultanze processuali, che le propalazioni dello (OMISSIS) in ordine alle circostanze rilevanti del thema probandum (partecipazione attiva alla cosca del (OMISSIS), il quale si occupava del traffico di stupefacenti e delle estorsioni poste in essere in danno dei titolari degli esercizi pubblici attivi nel territorio di (OMISSIS)) hanno trovato riscontro esterno individualizzante nelle numerosissime conversazioni intercettate nel corso delle indagini, le quali, a differenza di quanto sostenuto dalla difesa, appaiono idonee a corroborare le accuse dei predetti in considerazione dei chiari ed univoci riferimenti al ruolo ricoperto dal (OMISSIS) nell'ambito dell'associazione di stampo mafioso in esame. La Corte territoriale, procedendo ad una valutazione unitaria delle prove raccolte, ha correttamente applicato il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui puo' assurgere a riscontro individualizzante ogni elemento probatorio, diretto o indiretto, idoneo a corroborare, anche sul piano della mera consequenzialita' logica, la dichiarazione accusatoria del chiamante in reita', non essendo necessario che l'elemento di riscontro sia di per se' sufficiente a fondare la responsabilita' dell'accusato in considerazione della natura gregaria del riscontro stesso (Sez. U., n. 20804 del 29/11/2012, Aquilina, Rv. 255145 01). 18.1.1. E' destituita di fondamento l'affermazione difensiva secondo cui l'annullamento, in sede di riesame, dell'ordinanza cautelare emessa nei confronti del (OMISSIS) comporterebbe l'illogicita' della motivazione con la quale i giudici di appello hanno condannato il ricorrente. La difesa non tiene conto del fatto che il collaboratore di giustizia (OMISSIS) ha reso le sue dichiarazioni accusatorie in un momento successivo alla decisione del Tribunale del Riesame; il compendio indiziario analizzato dai giudici della cautela era, pertanto, sostanzialmente diverso da quello posto a fondamento delle sentenze di merito con conseguente irrilevanza della lamentata difformita' delle decisioni in esame e manifesta infondatezza della censura. 18.1.2. Del tutto priva di fondamento e' l'ulteriore asserzione difensiva secondo cui lo (OMISSIS) avrebbe riferito circostanze a lui note non per conoscenza diretta ma derivanti dalla lettura degli atti di indagine. Si tratta di un rilievo di natura meramente congetturale ed apodittica che non trova fondamento in alcun elemento processuale e resta, pertanto, confinato nel campo delle ipotesi alternative non valutabili in sede di legittimita'. 18.1.3. Deve esser rimarcato, inoltre, che e' del tutto irrilevante l'ulteriore obiezione circa l'inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese dal collaboratore (OMISSIS) in quanto, facendo riferimento a fatti antecedenti al 2012, sarebbero coperte dal passaggio in giudicato della sentenza emessa in data 18 luglio 2013 dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro. Basti evidenziare al riguardo che entrambe le sentenze di merito (nella parte in cui motivano in ordine alla partecipazione del (OMISSIS) al sodalizio di stampo mafioso di cui al capo 1 dell'imputazione) non contengono alcun riferimento alle dichiarazioni rese dall' (OMISSIS) con conseguente inammissibilita' della specifica doglianza. 18.1.4. Con le residue censure (mancata specificazione da parte dell' (OMISSIS) del ruolo associativo svolto dal ricorrente, assenza di contatti con i sodali ad eccezione dei coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS), erronea interpretazione delle conversazioni intercettate nel corso delle quali il (OMISSIS) avrebbe reso dichiarazioni non veritiere, millantando la sua partecipazione al clan) la difesa invoca una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'adozione di diversi parametri di ricostruzione e valutazione, profili estranei al perimetro del giudizio di legittimita'. Il ricorso fornisce una lettura frazionata delle risultanze probatorie nel tentativo di accreditare una ricostruzione in fatto alternativa rispetto a quella recepita nelle sentenze di merito, senza confrontarsi con le coerenti argomentazioni sulle quali si fonda la condanna. Con particolare riguardo alle critiche difensive sull'interpretazione delle conversazioni captate, e' sufficiente ricordare, per sottolinearne la manifesta infondatezza, che l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle intercettazioni, costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento puo' essere sindacato in sede di legittimita' solo in presenza di travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformita' risulti decisiva ed incontestabile cosi' da rendere manifesta illogicita' ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (vedi Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, Di Maro, Rv. 272558; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Gregoli, Rv. 282337 - 01), ipotesi non riscontrabili nel caso oggetto di scrutinio. Infatti, i giudici di merito, con motivazione adeguata ed esente da manifesta illogicita', hanno chiarito che, sebbene il (OMISSIS) cercasse nel corso delle conversazioni di "ingigantire" il proprio ruolo all'interno della cosca, il contenuto delle sue affermazioni e' comunque idoneo a dimostrare che l'imputato aveva rapporti con gli esponenti apicali della cosca (OMISSIS)- (OMISSIS); aveva un legame di stretta contiguita' con i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), contribuiva all'imposizione dei servizi di security ai titolari dei locali notturni di (OMISSIS), veniva messo a conoscenze di problematiche organizzative della consorteria nonche' contattato da diversi soggetti interessati ad ottenere protezione ed alla risoluzione di questioni varie, grazie all'influenza del gruppo criminale di appartenenza. Di conseguenza i giudici di appello, con argomentazioni plausibili e logicamente coerenti, hanno ritenuto tali intercettazioni idonee a riscontrare quanto affermato dal collaboratore (OMISSIS) in ordine al ruolo svolto dal (OMISSIS) nella cosca di (OMISSIS). La valutazione finale della Corte territoriale circa l'esistenza di un durevole apporto di rafforzamento e di progressione nel conseguimento delle finalita' dell'associazione criminosa posto in essere dal (OMISSIS) risulta, in conclusione, immune da rilievi censori sul piano logico e da aporie di carattere giuridico con conseguente manifesta infondatezza del motivo di ricorso. 18.2. Il secondo motivo di ricorso, oltre ad essere reiterativo dell'analogo motivo di appello, e' manifestamente infondato. 18.2.1. La doglianza avente ad oggetto la carenza della motivazione in ordine alla richiesta di qualificazione giuridica della condotta estorsiva descritta ai capi 12 e 13 dell'imputazione nelle meno gravi fattispecie delittuose di violenza privata e danneggiamento e' stata radicalmente contrastata dai giudici di merito che hanno indicato, con motivazione congrua e priva di vizi logici, gli elementi probatori da cui desumere la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di estorsione e, in particolare, hanno valorizzato l'esplicito ed inequivoco significato delle conversazioni intercorse tra il (OMISSIS) e l' (OMISSIS) (pagg. da 270 a 279 della sentenza di primo grado e pagg. da 147 a 149 a della sentenza di appello). La Corte territoriale ha correttamente qualificato le condotte poste in essere dal (OMISSIS) e dal suo complice (OMISSIS), esecutore materiale del danneggiamento e dalla conseguente richiesta estorsiva, in considerazione dell'idoneita' di tali comportamenti a coartare la volonta' la persona offesa e costringerla ad assumere il personale indicato dagli associati al clan di (OMISSIS), condotta peraltro caratterizzata dall'uso del metodo mafioso. I giudici di appello hanno, in modo logico e conseguenziale, sottolineato che la natura estorsiva dell'azione dell' (OMISSIS) e' stata immediatamente percepita dal (OMISSIS) il quale non si e' sottomesso alle richieste degli imputati solo in quanto gia' protetto da (OMISSIS), circostanza di cui i correi erano ignari e che ha, in concreto, ostacolato la realizzazione del piano criminoso. Il ricorrente si limita a contestare la sussistenza del reato di estorsione in considerazione della mancata prospettazione di minacce da parte dell' (OMISSIS) senza confrontarsi con il percorso argomentativo seguito dai giudici di merito e con il concreto contenuto delle conversazioni intercettate, da cui si e' desunta la realizzazione della contestata minaccia implicita. E cio' a fronte di un completo iter argomentativo, coerente con le emergenze investigative e scevro da vizi logici, il quale valorizza una serie di elementi fattuali che danno conto della sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all'articolo 629 c.p.. I giudici di merito hanno, in particolare, fatto buon uso del principio di diritto secondo cui l'idoneita' e l'univocita' degli atti posti in essere dall'estorsore devono essere valutate con giudizio prognostico ex ante con conseguente irrilevanza dei comportamenti tenuti dalla persona offesa una volta esauritasi la condotta minatoria. Le sentenze hanno, in proposito, sottolineato l'irrilevanza della reazione del (OMISSIS), il quale ha chiesto il risarcimento dei danni subiti dall' (OMISSIS) in un momento successivo alla prospettazione della minaccia con condotta non significativa dell'inidoneita' delle condotte estorsive in precedenza poste in essere (in proposito Sez. 2, n. 12568 del 05/02/2013, Aiello, Rv. 255538 - 01; Sez. 2, n. 24166 del 20/03/2019, Maggiorelli, Rv. 276537 - 01). La motivazione e' ugualmente convincente, in punto di logica, nella parte in cui sostiene l'irrilevanza del tentativo del (OMISSIS) di sminuire la vicenda oggetto di scrutinio; i giudici di merito hanno negato la genuinita' delle dichiarazioni con le quali persona offesa ha escluso di aver subito minacce da parte dell' (OMISSIS), valorizzando l'assoluta incompatibilita' delle stesse con il contenuto delle conversazioni intercettate e il timore conseguente alla piena consapevolezza nutrita dal (OMISSIS) in ordine all'appartenenza degli estorsori alla cosca di (OMISSIS). 18.2.2. Anche la censura con la quale il ricorrente lamenta l'illogicita' della motivazione nella parte in cui esclude che il (OMISSIS) fosse portatore di un interesse personale alla gestione della security dei locali di (OMISSIS) e' manifestamente infondata in quanto basata su una argomentazione meramente valutativa ed ipotetica volta ad una rivisitazione dell'interpretazione dei fatti adottata dai giudici di merito, che, come piu' volte ribadito in precedenza, non puo' avere spazio in sede di legittimita'. 18.2.3. Con le ulteriori censure il ricorrente lamenta l'illogicita' e contraddittorieta' della valutazione delle conversazioni intercettate effettuata dai giudici di merito, invocando una rilettura di tali fonti di prova poste a fondamento della decisione e l'adozione di diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Tale doglianza e' inammissibile in considerazione del fatto che il sindacato di legittimita' ha per oggetto la verifica della struttura logica del provvedimento e non la valutazione dei singoli elementi di prova acquisiti al processo, riservata alla competenza esclusiva del giudice di merito. Devono essere al riguardo ribaditi i principi di diritto esposti al precedente punto 18.1.6 in virtu' dei quali il ricorso che si limita a proporre una diversa interpretazione delle intercettazioni, lamentando la contraddittorieta' ed illogicita' di quella adottata dai giudici di merito, e' inammissibile in sede di legittimita', ogniqualvolta, come nel caso di specie, non siano prospettati dettagliatamente effettivi e decisivi travisamenti del contenuto delle conversazioni captate. 18.3. Il terzo motivo di ricorso e' inammissibile per difetto di specificita' poiche' il ricorrente, in particolare, non si e' confrontato con la motivazione elaborata dai giudici dell'appello. A fronte delle considerazioni svolte dalla sentenza impugnata, che si saldano coerentemente con quelle della sentenza di primo grado, il motivo di ricorso e' palesemente diretto a contestare, attraverso una lettura atomistica e disarticolata della motivazione, la rilevanza probatoria dei singoli dati indiziari, cosi' proponendo una loro lettura alternativa che, collocandosi nella sfera degli apprezzamenti di merito, esula dal perimetro cognitivo del giudizio di legittimita'. Il ricorrente eccepisce la genericita' delle dichiarazioni accusatorie rese dal collaboratore (OMISSIS), ipotizzando che quest'ultimo si sia limitato a riferire notizie apprese dalla consultazione degli atti processuali, senza tenere in conto le argomentazioni che i giudici di merito hanno posto a base della penale responsabilita' del (OMISSIS) in ordine al reato associativo di cui al capo 15) dell'imputazione. Deve essere ribadito quanto argomentato nei punti 18.1.2. e 18.1.4 in ordine all'approfondita e coerente valutazione della credibilita' soggettiva del dichiarante effettuata dai giudici di merito ed alla natura meramente congetturale della deduzione con la quale la difesa ipotizza la carenza di genuinita' delle propalazioni dello (OMISSIS). 18.3.1. La successiva doglianza con la quale la difesa lamenta, in modo del tutto generico, il travisamento delle intercettazioni poste a riscontro delle dichiarazioni accusatorie rese dallo (OMISSIS) e' manifestamente infondato alla luce dei principi piu' volte richiamati che presidiano l'interpretazione e valutazione degli esiti captativi. La motivazione adottata dai giudici di merito e' fondata, infatti, su una interpretazione delle conversazioni intercettate che riposa su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di manifesta illogicita' e su consolidate massime di esperienza. Attraverso il motivo in esame la difesa invoca una diversa ed alternativa lettura dei fatti di causa desumibili dalle intercettazioni in atti, che non puo' trovare ingresso in sede di legittimita' a fronte di sentenze di merito congruamente e logicamente motivate in punto di responsabilita' del (OMISSIS). A differenza di quanto affermato dal ricorrente, i giudici di appello hanno motivato in modo esauriente e privo di illogicita' in ordine al coinvolgimento del (OMISSIS) nell'attivita' del sodalizio dedito al narcotraffico descritto al capo 15), valutando le fonti probatorie da cui desumere l'attiva e stabile partecipazione del ricorrente alle attivita' del sodalizio, prime fra tutte le specifiche propalazioni rese dal collaboratore (OMISSIS), che ha indicato il ricorrente come soggetto dedito al narcotraffico per conto della cosca di (OMISSIS) (pagg. da 308 a 309 della sentenza di primo grado e pagg. da 161 a 165 della sentenza di appello). La sentenza impugnata ha, altresi', adeguatamente confutato quanto affermato dalla difesa in ordine alla natura de relato delle dichiarazioni rese dallo (OMISSIS), affermando, con motivazione pienamente conforme alle risultanze processuali, che il dichiarante ha raccontato quanto da lui direttamente percepito, in quanto intraneo alla âEuroËœndrina di (OMISSIS) e fedelissimo collaboratore del fratello (OMISSIS), esponente apicale del sodalizio criminale oggetto di giudizio. I giudici di merito hanno, inoltre, motivato in modo congruo in ordine alla attendibilita' estrinseca delle dichiarazioni accusatorie rese dallo (OMISSIS), le quali che hanno trovato riscontro individualizzante nelle conversazioni intercettate i cui contenuti, a differenza di quanto sostenuto dalla difesa, risultano idonei a corroborare le accuse del collaboratore di giustizia in considerazione dei chiari ed univoci riferimenti alla partecipazione del (OMISSIS) ai traffici di droga posti in essere dall'associazione di cui al capo 15 dell'imputazione. I giudici di merito hanno fatto buon uso dell'univoco orientamento della giurisprudenza di legittimita' secondo cui l'appartenenza ad una associazione a delinquere dedita al narcotraffico puo' essere comprovata anche dalla partecipazione ad un solo reato-fine nel caso in cui il ruolo svolto e le modalita' dell'azione, come nel caso di specie, siano tali da evidenziare la sussistenza del vincolo, condizione che puo' verificarsi allorquando il soggetto abbia agito come membro del sodalizio e non gia' come persona che si e' messa occasionalmente a disposizione per la commissione di singoli reati scopo (Sez. 1, n. 29093 del 24/05/2022, Barillari, Rv. 283311 - 01; Sez. 3, n. 9036 del 31/01/2022, Santoro, Rv. 282838 - 01; Sez. 3, n. 36381 del 09/05/2019, Cruzado, Rv. 276701-06). 18.3.2. L'ulteriore doglianza con la quale il ricorrente eccepisce la contraddittorieta' della motivazione nella parte in cui i giudici di merito hanno condannato il (OMISSIS) in relazione alla fattispecie associativa al contempo assolvendolo in relazione ai singoli episodi di detenzione illecita di sostanze stupefacenti descritte ai capi 27 e 28 della rubrica e' manifestamente infondata, non potendo condividersi il generico assunto per cui l'assoluzione del (OMISSIS) da due dei reati scopo contestatigli sarebbe sintomatica dell'infondatezza dell'ipotesi accusatoria in merito al rubricato reato associativo. L'insussistenza della lamentata contraddittorieta' emerge dal fatto che la decisione del giudice di primo grado ha correttamente preso atto della diversa portata indiziaria delle prove utilizzabili per la decisione in relazione alle diverse condotte contestate, fornendo congrua giustificazione degli esiti decisori attinti per ciascuna incolpazione in assenza di frizioni logiche. Deve essere, in proposito, ribadito che la pronuncia assolutoria in relazione ai reati fine di un sodalizio criminale non assume necessariamente rilievo ai fini dell'accertamento della responsabilita' dell'imputato per il reato associativo, atteso che per la configurazione di quest'ultimo non e' necessario il perfezionamento di reati scopo, ma soltanto l'adesione attiva ad un generico programma criminoso che preveda la loro consumazione (Sez. 4, n. 8092 del 28/01/2014, Prezioso, Rv. 259129 - 01). 18.3.3. La doglianza con la quale il ricorrente lamenta la mancata riqualificazione della condotta descritta al capo 15 dell'imputazione nella fattispecie prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, e' reiterativa e manifestamente infondata. I giudici di merito hanno motivato, seppur in modo implicito, in ordine alla sicura inapplicabilita' del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, alla fattispecie in esame in considerazione della ritenuta gravita' dell'attivita' di narcotraffico posta in essere dal sodalizio capeggiato dall' (OMISSIS). Entrambe le sentenze di merito hanno, infatti, affermato, con motivazione aderente alle risultanze probatorie, che l'associazione oggetto di scrutinio era dedita ad un significativo e continuativo traffico di stupefacenti del tipo cocaina e marijuana, sostanze che venivano acquistate in quantita' rilevante in diversi paesi esteri e fatte giungere in Italia per essere successivamente vendute al dettaglio; tali caratteristiche organizzative (desumibili dalle attendibili dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), riscontrate dalle numerose intercettazioni indicate nelle sentenze di merito e dai sequestri di sostanze stupefacenti posti in essere dagli inquirenti) risultano incompatibili con la lieve entita' che deve contraddistinguere l'attivita' dell'associazione dedita al narcotraffico per addivenire al riconoscimento della fattispecie autonoma di reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, (pagg. da 292 a 297 della sentenza di primo grado e pagg. da 154 a 158 della sentenza di appello). I giudici di merito hanno, in particolare, enucleato una serie di indici rivelatori della gravita' dell'attivita' di narcotraffico posta in essere dalla cosca di (OMISSIS) ed, in particolare: la molteplicita' dei fatti di acquisto, trasporto, detenzione e smercio di sostanze stupefacenti; l'indeterminata estensione della clientela; la disponibilita' di numerosi canali di approvvigionamento in Belgio ed Olanda e l'elevata ed anomala disponibilita' di denaro, elementi tutti convergenti nel delineare l'associazione in esame come gruppo criminale dotato di elevata pericolosita' e professionalita'. La valutazione della Corte di merito e' coerente con la consolidata giurisprudenza di legittimita' secondo cui l'associazione prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, e' configurabile solo nel caso in cui gli associati abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entita', predisponendo modalita' strutturali e operative incompatibili con fatti di maggiore gravita' e quando, in concreto, l'attivita' associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione dell'articolo 73, comma 5, del medesimo decreto (Sez. 6, n. 1642 del 09/10/2019, P.G. contro Degli Angioli, Rv. 278098 - 01; Sez. 6, n. 49921 del 25/01/2018, C., Rv. 274287 - 02). Lo specifico motivo di ricorso e', pertanto, inammissibile in conformita' al principio per cui non e' censurabile in sede di legittimita' la sentenza che resti silente su una specifica deduzione prospettata in appello quando la doglianza risulti disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, essendo sufficiente, per escludere la ricorrenza del vizio previsto dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), che la sentenza evidenzi, come nel caso di specie, una ricostruzione dei fatti che conduca implicitamente alla reiezione della prospettazione difensiva (Sez. 2, n. 35817 del 10/07/2019, Sirica, Rv. 276741; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, Curro', Rv. 275500). 18.4. Il quarto motivo di ricorso con il quale il ricorrente lamenta l'insussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui al capo 26 e la mancata riqualificazione nella fattispecie attenuata di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, e' inammissibile. La Corte territoriale ha confermato le valutazioni del primo giudice, conformandosi ai principi giurisprudenziali in materia e rendendo una motivazione scevra da vizi logici. Il percorso argomentativo seguito dai giudici di merito e' contraddistinto da una interpretazione della conversazione intercettata in data 28 maggio 2013 rispettosa di consolidate massime di esperienza e fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di manifesta illogicita'. In particolare i giudici di appello hanno valorizzato la cripticita' delle espressioni utilizzate dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS), la corrispondenza tra il prezzo di mercato della cocaina e la somma pretesa dagli imputati per la vendita e, infine, la mancanza di elementi di natura logico-fattuale idonei a far ipotizzare una diversa e lecita natura della trattativa oggetto di conversazione, effettuando una valutazione congruamente giustificata e insindacabile in questa sede. Sul punto va ribadito il principio di diritto secondo cui l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita' se non nei limiti del travisamento della prova ovvero della manifesta illogicita' ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite in relazione alle massime di esperienza utilizzate, vizi entrambi non rinvenibili nel caso oggetto di scrutinio (Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Gregoli, 282337- 01; Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715-01). 18.4.1. Del tutto priva di fondamento e' l'ulteriore doglianza con la quale il ricorrente eccepisce la contraddittorieta' della motivazione nella parte in cui i giudici di merito hanno condannato il (OMISSIS) in relazione alla fattispecie di cui al capo 26 dell'imputazione, nel contempo assolvendolo in relazione alle ulteriori violazioni del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 descritte ai capi 27 e 28 della rubrica. L'insussistenza della lamentata contraddittorieta' consegue al rilievo che il giudice di primo grado ha valorizzato a fini assolutori la genericita' delle conversazioni intercorse tra il (OMISSIS) ed i suoi interlocutori (OMISSIS) e (OMISSIS), ritenendo l'insufficienza del compendio probatorio a dimostrare, al di la' di ogni ragionevole dubbio, la sussistenza dei reati di cui ai capi 27 e 28 (pagg. 337, 338 e 339 della sentenza di primo grado), genericita' non riscontrata in relazione alla conversazione di carattere indiziante intercorsa con il (OMISSIS). 18.4.2. La doglianza avente ad oggetto la mancata riqualificazione del fatto nella fattispecie attenuata di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, e' inammissibile per carenza di interesse. Sebbene la Corte territoriale non abbia fornito esplicita risposta al gravame difensivo deve, tuttavia, rilevarsi la radicale genericita' della devoluzione secondo cui "la mancanza di certezza in ordine alla qualita' e quantita' doveva muovere il G.U.P. a riqualificare i fatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5", cui si aggiunge l'assenza di pregio giuridico della censura. Al di la' dell'inefficacia devolutiva derivante dalla genericita' del gravame, deve ribadirsi il principio di diritto in forza del quale e' inammissibile, per carenza d'interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile ab origine per manifesta infondatezza, in quanto l'eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (tra molte, Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, Bercigli, Rv. 277281 - 01; Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, Liberti, Rv. 276745 - 01). Deve, inoltre, rimarcarsi che il giudice di appello non e' tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti ed a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo. Nel caso di specie il giudice di prime cure, con motivazione sintetica ma coerente con il compendio probatorio ed esente da vizi logici, ha affermato che l'episodio di detenzione e messa in vendita di cocaina descritta al capo 26 dell'imputazione costituisce reato fine collegato alla significativa attivita' di narcotraffico svolta dall'associazione di cui il (OMISSIS) faceva parte (pag. 308 della sentenza di primo grado), cosi' implicitamente escludendo la possibilita' di riqualificare la condotta del (OMISSIS) nella fattispecie attenuata di cui all'articolo 73, comma 5 Decreto del Presidente della Repubblica in considerazione del fatto che il singolo episodio contestato rientra in una continuativa attivita' criminale caratterizzata dalla gestione di significativi quantitativi di sostanze stupefacenti, come logicamente desumibile dalle dichiarazioni rese sul punto dal collaboratore (OMISSIS) e dal rinvenimento di ben 2,8 chilogrammi di marijuana nella disponibilita' dell'associato (OMISSIS) (capo 24) e, quindi, in considerazione delle specifiche modalita' e circostanze dell'azione. La fattispecie attenuata puo' essere riconosciuta, infatti, solo in caso di minima offensivita' penale della condotta, caratteristica che, anche in assenza di una precisa individuazione del quantitativo di sostanza stupefacente illecitamente detenuta, puo' esser esclusa in presenza di uno degli altri parametri richiamati espressamente dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, (mezzi, modalita' e circostanze dell'azione); ne consegue che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti, come nel caso di specie, negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (Sez.3, n. 27064 del 19/03/2014, P.G. in proc. Fontana, Rv. 259664; Sez. 6, n. 39977 del 19/09/2013, Tayb, Rv. 256610, Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Murolo). 18.5. Il quinto motivo del ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS) e' manifestamente infondato, non confrontandosi con la costante giurisprudenza di questa Corte, che merita continuita', secondo cui, in tema di associazione per delinquere di stampo mafioso la circostanza aggravante della disponibilita' di armi, prevista dall'articolo 416-bis c.p., comma 4, e' configurabile a carico di ogni partecipe che sia consapevole del possesso di armi da parte degli associati o lo ignori per colpa. La giurisprudenza di legittimita' ha, infatti, reiteratamente affermato che neppure l'ignoranza colpevole in ordine alla disponibilita' di armi in capo all'associazione esclude la configurabilita' dell'aggravante laddove, come nel caso di specie, la detenzione sia desumibile da indicatori concreti - quali fatti di sangue ascrivibili al sodalizio o risultanze di titoli giudiziari, intercettazioni, dichiarazioni o altre fonti - di cui i giudici di merito hanno specificamente dato conto in motivazione (Sez. 2, n. 50714 del 7/11/2019, Caputo, Rv. 278010; Sez. 1, n. 7392 del 12/09/2017, Di Majo Rv. 272403 - 01). Occorre aggiungere che, con specifico riguardo alle cosiddette "mafie storiche", la giurisprudenza ha ritenuto che la stabile dotazione di armi costituisca un fatto notorio non ignorabile, proprio perche' la stessa rappresenta un elemento caratterizzante tali particolari tipologie di associazioni criminali (con riguardo all'associazione denominata alla "âEuroËœndrangheta", Sez. 1, n. 44704 del 5/15/2015, Lana, Rv. 265254). I giudici di merito hanno fatto corretta applicazione dei richiamati principi perche' il locale di (OMISSIS) costituisce un'articolazione territoriale dell'associazione mafiosa denominata âEuroËœndrangheta, rispetto alla quale, la notoria disponibilita' di armi ha trovato puntuale conferma nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) e nel contenuto delle intercettazioni indicate dai giudici di merito, fonti probatorie dalle quali e' emerso che il sodalizio era in possesso di armi e materiali esplodenti al fine di realizzare gli omicidi e le estorsioni oggetto di giudizio (pagg. da 55 a 57 della sentenza di primo grado e pagg. 33 e 34 della sentenza di appello). La motivazione inerente all'aggravante dell'associazione armata e' priva di vizi logici, coerente con le indicazioni ermeneutiche di legittimita' e con le emergenze processuali, sottraendosi, di conseguenza, ad ogni censura in questa sede. 18.6. Il quinto ed il sesto motivo del ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS) ed il sesto motivo del ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS), che possono esser affrontati congiuntamente avendo ad oggetto doglianze sovrapponibili in tema di determinazione del trattamento sanzionatorio e mancata concessione delle attenuanti generiche, sono manifestamente infondati. Il Giudice di secondo grado, pur investito della doglianza in ordine all'individuazione della pena applicabile in relazione al tempus commissi delicti, sull'assunto che la condotta posta in essere dal (OMISSIS) fosse cessata nel 2014, sicche' doveva essere applicato il trattamento sanzionatorio meno grave previsto dal Decreto Legge n. 92 del 2008 e non gia' quello di cui alla L. 27 maggio 2015, n. 69, articolo 5, comma 1, lettera c), cosi' come ritenuto dal giudice di primo grado, non ha fornito espressa risposta alla doglianza che, ad ogni buon conto, era radicalmente infondata alla luce della giurisprudenza di legittimita' secondo cui, in caso di contestazione aperta, la protrazione temporale della permanenza del reato si estende fino alla data della pronuncia di primo grado (tra molte, Sez. 6, n. 3054 del 14/12/2017, Olivieri, Rv. 27213E01). Nel caso di specie il Giudice di primo grado ha ritenuto, con motivazione logica e coerente con le risultanze processuali, che l'associazione a delinquere contestata ha operato anche in data successiva al 2014; affermazione che trova adeguato fondamento nelle dichiarazioni rese sul punto dal collaboratore di giustizia (OMISSIS) e nella mancanza di elementi logico-fattuali da cui desumere l'interruzione del vincolo associativo da parte del (OMISSIS). Di conseguenza deve ritenersi corretta la determinazione della pena nei termini previsti dalla L. n. 69 del 2015 vigente al momento della pronuncia della sentenza di primo grado, anche in considerazione del fatto che la difesa non ha dedotto argomenti concreti sulla cui base poter ritenere che successivamente al 2014 sia venuta meno la condotta partecipativa del (OMISSIS) al sodalizio criminale di riferimento. I giudici di merito hanno fatto buon uso del principio di diritto secondo cui, in assenza di elementi idonei a dimostrare la rescissione del vincolo associativo da parte dell'imputato, deve applicarsi il trattamento sanzionatorio vigente al momento della sentenza di primo grado, ogniqualvolta il reato permanente sia stato contestato, come nel caso di specie, senza specificazione del termine finale della condotta (Sez. 2, n. 20098 del 03/06/2020, Buono, Rv. 279476 - 01; n. 680 del 19/11/2019, D'Alessandro, Rv. 277788 - 01; n. 2709 del 13/07/2018, Suarino, Rv. 274893 - 01). 18.7. L'ulteriore doglianza con la quale il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle contestate aggravanti e' manifestamente infondata. I giudici di merito hanno contenuto la pena nei minimi edittali ed escluso la prevalenza delle attenuanti generiche in considerazione della gravita' delle condotte poste in essere dal ricorrente e del ruolo rivestito dal (OMISSIS). La motivazione in ordine al bilanciamento delle attenuanti generiche con le contestate aggravanti e', pertanto, congrua, aderente alle risultanze processuali ed esente da manifesta illogicita' e, in quanto tale insindacabile in sede di legittimita', trattandosi di giudizio in fatto rimesso alla discrezionalita' del giudice di merito. Il ricorso presentato dall'imputato (OMISSIS). 19. Il ricorso e' inammissibile in quanto i motivi addotti sono reiterativi di identiche doglianze contenute nell'atto di appello, alle quali la Corte territoriale ha fornito puntuale ed adeguata risposta con un percorso argomentativo immune da illogicita' e coerente con le risultanze processuali. Il ricorrente, pur eccependo formalmente violazione di legge e motivazione manifestamente illogica e contraddittoria, contesta in realta' la ricostruzione dei fatti svolta dai giudici di merito, sollecitando una rilettura degli elementi posti a fondamento della decisione mediante l'adozione di diversi parametri di ricostruzione e valutazione, richiesta preclusa in sede di legittimita'. 19.1. L'eccezione difensiva avente ad oggetto la mancata valutazione da parte dei giudici di appello della memoria depositata in data 16 dicembre 2020 e', manifestamente infondata. Questa Corte ha in proposito chiarito che l'omessa valutazione di una memoria non comporta alcuna nullita', potendo esclusivamente influire sulla congruita' e correttezza logico-giuridica della motivazione oggetto di ricorso (in tal senso, Sez. 1, n. 26536 del 24/06/2020, Cilio, Rv. 279578 - 01) In applicazione del richiamato principio l'omesso esame, da parte del giudice di merito, di una memoria difensiva e' deducibile in sede di legittimita' solo come vizio di motivazione laddove il ricorrente rappresenti puntualmente la decisivita' e la concreta idoneita' scardinante dei temi della memoria pretermessa rispetto alla pronunzia avversata, evidenziando il collegamento tra le argomentazioni innovative della memoria e gli specifici profili di carenza, argomentativa della sentenza impugnata (tra molte, Sez. 5, n. 24437 del 17/01/2019, Armeli, Rv. 276511 - 01). Nel caso di specie il (OMISSIS), venendo meno al dovere di specificita' che grava sul ricorrente, si e' limitato a lamentare, in termini generici, la mancata valutazione della memoria depositata in data 16 dicembre 2020, senza illustrare la decisivita' degli argomenti che si assumono pretermessi e senza cenno alcuno alla c.d. prova di resistenza della motivazione nella eventualita' della sussistenza del vizio procedurale denunciato (Sez. 5, n. 5443 del 18/12/2020; Bagala', Rv. 28067001). Deve, in ogni caso, rilevarsi che la memoria richiamata dalla difesa risulta priva di decisive, autonome ed inedite censure del provvedimento impugnato rispetto a quelle gia' dedotte con l'atto di gravame, limitandosi all'approfondimento di argomentazioni gia' svolte (con particolare riferimento alla ritenuta inattendibilita' ed illogicita' delle dichiarazioni accusatorie rese dall' (OMISSIS) e dal (OMISSIS)) ovvero alla prospettazione di elementi logico-fattuali inconferenti rispetto al thema probandum (assoluzione del (OMISSIS) in altro procedimento penale nel quale era accusato del reato di estorsione, assoluzione del figlio del ricorrente dal reato associativo, assoluzione del co-imputato (OMISSIS) nello stralciato giudizio ordinario). Considerata la natura dei rilievi, il mancato specifico riferimento alla memoria non e' suscettibile di invalidare il percorso logico-motivazionale del provvedimento decisorio, non essendo il giudice tenuto a confutare tutti gli argomenti avanzati dalle parti, anche se del tutto incongrui, marginali e addirittura dilatori (Sez. 4, n. 18385 del 09/01/2018, Mascaro, Rv. 272739 - 01). 19.2. Il primo ed il quarto motivo di ricorso possono esser trattati congiuntamente in quanto hanno ad oggetto la penale responsabilita' del (OMISSIS) in ordine al reato di cui al capo 1) dell'imputazione. Le doglianze inerenti alla partecipazione dell'imputato al sodalizio di stampo mafioso oggetto di giudizio nel ruolo di capo della âEuroËœndrina di (OMISSIS) hanno carattere reiterativo, e per taluni aspetti risultano generiche e manifestamente infondate, non confrontandosi con le puntuali argomentazioni della decisione impugnata. I giudici di merito, a differenza di quanto affermato nel ricorso, hanno adeguatamente valutato le fonti probatorie da cui hanno desunto il ruolo apicale del (OMISSIS) all'interno del sodalizio âEuroËœndranghetistico, prime fra tutte le dichiarazioni accusatorie del collaboratore (OMISSIS) che ha indicato il ricorrente come capo della âEuroËœndrina di Castelsilano. Le conformi sentenze di merito hanno effettuato una approfondita e coerente valutazione della credibilita' soggettiva dell' (OMISSIS) nonche' della attendibilita' intrinseca delle sue dichiarazioni accusatorie e con motivazione priva di vizi logici, hanno, in particolare, affermato che le propalazioni del collaboratore di giustizia sono caratterizzate dai necessari requisiti di specificita', coerenza, conoscenza diretta, costanza e spontaneita' e sono, pertanto, pienamente utilizzabili per la decisione in quanto riscontrati ab externo da plurimi riscontri individualizzanti. Il convincente iter motivazionale seguito dai giudici di merito non viene in alcun modo scardinato dalle doglianze difensive con le quali si sostiene la contraddittorieta' ed illogicita' delle propalazioni dell' (OMISSIS) sulla base di una alternativa ricostruzione fattuale delle vicende scrutinate. In proposito deve essere ribadito il principio di diritto secondo cui il sindacato di legittimita' non consente il controllo sul significato concreto di ciascuna chiamata di correo e di ciascun elemento di riscontro, perche' un tale esame invaderebbe inevitabilmente la competenza esclusiva del giudice di merito, potendosi solo verificare la coerenza logica delle argomentazioni con le quali sia stata dimostrata la valenza dei vari elementi di prova, in se' stessi e nel loro reciproco collegamento (ex plurimis Sez. 6, n. 33875 del 12/05/2015, Beruschi, Rv. 264577; Sez. 1 n. 36087 del 13/11/2020 Guarino Rv. 280058 - 01). Nel caso in verifica, l'apparato argomentativo del provvedimento impugnato e' immune da vizi logici rilevabili nella sede di legittimita'. Il Tribunale, dopo avere escluso, sul piano strettamente soggettivo, che l' (OMISSIS) fosse animato da specifici motivi di risentimento od astio nei confronti del (OMISSIS), invero nemmeno indicati dall'odierno ricorrente, ha preso in esame le dichiarazioni del collaboratore ed i riscontri desumibili dalle conversazioni intercettate, dalle dichiarazioni accusatorie del teste (OMISSIS), dalle dichiarazioni rese dalla teste (OMISSIS) e dalla denuncia sporta da (OMISSIS). Le valutazioni della sentenza impugnata in ordine al ruolo svolto dall'imputato in seno alla âEuroËœndrina di (OMISSIS) ed alla continuita' che contraddistingueva l'attivita' svolta dal ricorrente per conto della cosca, rendono ragione, infatti, dell'attribuzione al (OMISSIS) di una posizione apicale nella struttura organizzativa del sodalizio criminoso di cui al capo 1 dell'imputazione. La Corte territoriale, con motivazione priva di illogicita', ha valorizzato l'apporto dichiarativo del teste (OMISSIS), il quale, in assenza di qualsiasi motivo di risentimento nei confronti del ricorrente, ha riferito di esser stato gravemente minacciato dal (OMISSIS) il quale, facendo esplicito riferimento al suo ruolo di capo del territorio di (OMISSIS), gli ha intimato di interrompere la sua attivita' predatoria in quanto sgradita ai vertici della âEuroËœndrangheta. La difesa propone una interpretazione alternativa delle frasi minatorie profferite dal (OMISSIS) e dei motivi che avrebbero spinto il (OMISSIS) ad accusare il ricorrente che, oltre a risultare irricevibile in questa sede in quanto volta ad una diversa valutazione fattuale del materiale probatorio, e' del tutto congetturale, priva di riscontri ed incompatibile con il tenore letterale delle precise dichiarazioni del (OMISSIS). Peraltro, entrambe le sentenze hanno evidenziato che le dichiarazioni del (OMISSIS), oltre a fornire significativo riscontro alle dichiarazioni accusatorie dell' (OMISSIS), hanno dignita' di prova diretta del fatto in considerazione della natura sostanzialmente "confessoria" delle frasi pronunciate dal ricorrente in relazione al ruolo dominante nel territorio di (OMISSIS) nel corso del colloquio con il (OMISSIS). 19.2.1. La Corte territoriale, inoltre, ha puntualmente confutato l'eccezione difensiva secondo cui il (OMISSIS) andava escusso quale indagato in reato connesso in considerazione della commissione da parte del dichiarante di una serie di furti che avevano interessato anche il (OMISSIS). I giudici di appello hanno, in proposito, affermato, con motivazione giuridicamente ineccepibile, che i reati posti in essere dal (OMISSIS) sono del tutto slegati dalle vicende delittuose oggetto del presente giudizio (pag. 39 della sentenza impugnata) con conseguente insussistenza di alcun tipo di connessione e collegamento probatorio rilevante ai fini degli articoli 12 e 371 bis c.p.p.. La Corte di merito si e', in particolare, correttamente conformata al principio di diritto elaborato dalla giurisprudenza di legittimita' secondo cui il rapporto di connessione probatoria di cui all'articolo 371 c.p.p., comma 2, lettera b), e' ravvisabile quando un unico elemento di fatto proietti la sua efficacia probatoria in relazione ad una molteplicita' di illeciti penali e non quando semplicemente la prova dei reati connessi discenda dalla medesima fonte (Sez. 5, n. 10445 del 14/12/2011, Protoduari Rv. 252006 - 01). 19.2.1. I giudici di merito hanno, inoltre, ritenuto, con motivazione conforme alle risultanze processuali e priva di illogicita', che le propalazioni accusatorie dell' (OMISSIS) hanno trovato riscontro individualizzante in ordine al ruolo di capo della âEuroËœndrina di (OMISSIS) nell'intercettazione n. 2840 del 06.07.2011, nel corso della quale il (OMISSIS) riferiva a (OMISSIS) che nessuno nel suo territorio poteva occuparsi di sicurezza nei locali senza la sua approvazione; nell'intercettazione n. 6382 del 26.04.2011 nel corso della quale (OMISSIS) e (OMISSIS) si scambiavano informazioni sul controllo dei rispettivi territori nonche' nella denuncia sporta da (OMISSIS) in data 2 dicembre 2012, avente ad oggetto una serie di condotte estorsive poste in essere dal ricorrente e finalizzate ad acquistare a prezzo vile dei terreni confinanti con quelli di sua proprieta'. Ulteriore elemento di riscontro e' stato individuato dai giudici di merito nel contenuto delle conversazioni intercorse tra il (OMISSIS) e (OMISSIS) nel corso delle quali quest'ultimo si rivolgeva al ricorrente per ottenerne la disponibilita' ad intercedere in suo favore con gli (OMISSIS) dopo aver subito un attentato dinamitardo ed il (OMISSIS) proponeva al (OMISSIS) di divenire referente del territorio di (OMISSIS), intercettazioni caratterizzate da espliciti riferimenti alle cosche a giudizio, ai soggetti posti al vertice delle singole realta' territoriali, al ruolo direttivo ricoperto dall'imputato ed ai progetti di ampliamento della sfera territoriale di influenza perseguiti dal (OMISSIS) (pagg. da 70 a 76 della sentenza di primo grado e pag. 40 della sentenza di appello). Il giudizio di merito espresso nella doppia decisione conforme, pertanto, non presenta aspetti di illogicita' o contraddittorieta', posto che il tenore delle conversazioni intercettate e delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS), dalla (OMISSIS) e dall'ABBAGNATO, fornendo riscontro individualizzante alle dichiarazioni accusatorie del collaboratore (OMISSIS), consente di affermare la correttezza della valutazione dei giudici territoriali che hanno ritenuto provato il ruolo di capo svolto dal (OMISSIS) nella âEuroËœndrina di (OMISSIS). 19.2.2. Del tutto priva di pregio e' la doglianza avente ad oggetto la ritenuta contraddittorieta' tra quanto affermato dall' (OMISSIS) in ordine al ruolo apicale ricoperto dal (OMISSIS) nella âEuroËœndrina di (OMISSIS) e quanto dichiarato dalla (OMISSIS) in ordine alla attivita' da lei svolta su incarico dell' (OMISSIS) stesso (consegna al (OMISSIS) di lettere inviate dal carcere dal compagno). Non pare sussistere, ad avviso del Collegio, la "inconciliabilita'" tra le distinte dichiarazioni, non essendovi alcun contrasto logico tra quanto riferito dall' (OMISSIS) e dalla (OMISSIS), ma esclusivamente una difformita' su un elemento circostanziale (il soprannome del (OMISSIS)) ed il mancato riconoscimento della fotografia del figlio del ricorrente da parte della donna. Anche in questo caso deve esser ribadito il principio di diritto secondo cui, in presenza di plurime fonti dichiarative, non puo' pretendersi la piena sovrapponibilita' dei rispettivi contenuti narrativi, dovendosi piuttosto privilegiare l'aspetto sostanziale della concordanza sul nucleo centrale e significativo della questione fattuale da decidere e nel caso di specie le dichiarazioni della (OMISSIS) hanno riscontrato l'effettiva esistenza di rapporti tra il capo clan ed il (OMISSIS) unitamente alle intercettazioni delle conversazioni intercorse tra questi ultimi. Deve essere, peraltro, rammentato che gli altri elementi di prova che, ai sensi dell'articolo 192 c.p.p., comma 3, il giudice deve valutare unitariamente alle dichiarazioni del chiamante in reita', non devono valere a provare il fatto-reato e la responsabilita' dell'imputato perche' in tal caso la suddetta disposizione sarebbe del tutto pleonastica: la funzione processuale dei medesimi e' semplicemente di confermare l'attendibilita' delle dichiarazioni accusatorie. Conseguentemente siffatti elementi sono in posizione subordinata ed accessoria rispetto alla chiamata potendo non avere alcuna idoneita' probatoria rispetto al thema decidendum, ma solo in riferimento a tale chiamata per quella parte in cui quest'ultima costituisce accusa nei confronti dell'imputato (Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, Campo, Rv. 276744 - 01; Sez. 1, n. 31205 del 23/10/2020 in motivazione, Fortuna Rv. 279790 - 01). 19.2.4. Con le ulteriori censure (omessa valutazione dell'intercettazione riportata a pagina 40 della sentenza di appello nel corso della quale il (OMISSIS) invita il suo interlocutore ad assumere buttafuori autorizzati, illogicita' della motivazione nella parte in cui afferma che il (OMISSIS) ha finto di aver paura degli (OMISSIS) per intimorire maggiormente il suo interlocutore (OMISSIS), natura scherzosa della richiesta avanzata dal (OMISSIS) di affiliarsi alla cosca, illogicita' della affermazione dell' (OMISSIS) secondo cui il territorio di (OMISSIS) sarebbe stato controllato sia dai (OMISSIS) che dagli (OMISSIS)) il ricorrente invoca, in modo del tutto aspecifico, una rilettura di elementi di fatto e l'adozione di diversi parametri di ricostruzione e valutazione con particolare riguardo al contenuto delle conversazioni intercettate poste a fondamento delle decisioni di condanna. Occorre ribadire, in proposito, che il sindacato di legittimita' non ha ad oggetto la revisione atomistica del giudizio di merito, bensi' la verifica della struttura logica del provvedimento, verifica che non puo' quindi estendersi alla valutazione dei singoli elementi di fatto acquisiti al processo, compito riservato alla competenza del giudice di merito. Quanto alle censure difensive inerenti al contenuto delle intercettazioni e' qui sufficiente richiamare quanto gia' argomentato (par. 12.2.) in ordine ai principi di diritto affermati da questa Corte in materia di interpretazione delle conversazioni intercettate e dei limiti di sindacabilita' delle stesse. La valutazione finale della Corte territoriale in ordine alla penale responsabilita' del (OMISSIS) in ordine al reato di cui al capo 1) dell'imputazione risulta, in conclusione, immune da rilievi censori sul piano logico e da aporie di carattere giuridico. 19.3. Il secondo motivo di ricorso e' del tutto aspecifico in quanto il ricorrente si e' limitato ad affermare la genericita' delle dichiarazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS) e dei riscontri ritenuti significativi dai giudici di merito (intercettazioni e sequestro della sostanza stupefacente di cui al capo 24 della rubrica) senza confrontarsi in modo specifico e concreto con le argomentazioni del provvedimento oggetto di impugnazione. La Corte territoriale e', infatti, pervenuta alla conferma della sentenza di primo grado attraverso una disamina completa ed approfondita delle risultanze processuali, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalita', sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorieta' o di manifesta illogicita' e percio' insindacabili in questa sede. I giudici di merito hanno indicato, con motivazione logica ed esaustiva, la pluralita' di elementi probatori (le attendibili dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS) inerenti la partecipazione del (OMISSIS) all'associazione dedita al narcotraffico capeggiata dallo stesso (OMISSIS) sono state riscontrate dal rinvenimento ed dal sequestro, proprio grazie alle indicazioni del collaboratore di giustizia, di 2,8 chilogrammi di marijuana occultati in un terreno nella disponibilita' del (OMISSIS) e dalle intercettazioni attestanti la detenzione illecita di ulteriori quantitativi di droga da parte dell'imputato) idonei a ritenere provata la penale responsabilita' del ricorrente in ordine alla fattispecie associativa di cui al capo 15 dell'imputazione. La motivazione oggetto di ricorso contiene, pertanto, una valutazione globale e completa in ordine a tutti gli elementi rilevanti acquisiti e s'appalesa esente da errori nell'applicazione delle regole della logica come pure da contraddizioni interne tra i diversi momenti di articolazione del giudizio, sottraendosi pertanto a rilievi in questa sede. 19.4. Il terzo motivo di ricorso avente ad oggetto la mancata riqualificazione della condotta descritta al numero 25) della rubrica nel reato meno grave di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, e' manifestamente infondato. I giudici di appello hanno affermato, con motivazione esaustiva, esente da vizi logici e coerente con il compendio probatorio, che la detenzione di imprecisati quantitativi di marijuana descritta al capo 25 dell'imputazione e' collegata alla significativa attivita' di narcotraffico svolta dal (OMISSIS), attivita' caratterizzata dalla gestione di apprezzabili quantitativi di sostanze stupefacenti come, peraltro, desumibile dalle dichiarazioni rese dal collaboratore (OMISSIS) e dal rinvenimento di ben 2,8 chilogrammi di marijuana nella disponibilita' dell'imputato (capo 24 dell'imputazione) con conseguente impossibilita' di riqualificazione nella fattispecie attenuata di cui all'articolo 73, comma 5, D.P.R., configurabile solo in caso di minima offensivita' penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla disposizione (mezzi, modalita' e circostanze dell'azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (in tal senso Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076; Sez.3, n. 27064 del 19/03/2014, P.G. in proc. Fontana, Rv. 259664; Sez. 6, n. 39977 del 19/09/2013, Tayb, Rv. 256610). La sentenza impugnata risulta aver fatto puntuale applicazione di tale principio, laddove ha evidenziato, al fine di escludere la configurabilita' di ipotesi di particolare levita', che, anche in assenza di una precisa individuazione dell'ulteriore quantitativo di sostanza stupefacente nella disponibilita' del (OMISSIS), le modalita' e le circostanze del fatto costituivano indicatori sintomatici di una condotta "inserita nell'ambito di una organizzazione volta al traffico di sostanze stupefacenti, sicche' non puo' ricondursi ad una attivita' cd. di piccolo spaccio" (pag. 161 della sentenza di appello). Il ricorrente, senza confrontarsi con quanto motivato dalla Corte territoriale al fine di confutare la censura prospettata in sede di appello, si e' limitato a reiterare le medesime doglianze asseritamente pretermesse, sollecitando la Corte adita a un rinnovato apprezzamento in fatto delle emergenze scrutinate. 19.5. Il quinto motivo di ricorso avente ad oggetto la carenza della motivazione con riguardo alla determinazione del trattamento sanzionatorio e' manifestamente infondato. Deve, innanzitutto, evidenziarsi che il ricorrente ha articolato la doglianza inerente la determinazione degli aumenti di pena a titolo di continuazione in maniera del tutto astratta e generica, senza considerare che nella specie non e' possibile dubitare del rispetto del limite legale del triplo della pena base stabilito dall'articolo 81 c.p., comma 1, a causa della misura contenuta degli aumenti di pena irrogati. La motivazione in ordine alla individuazione degli aumenti di pena a titolo di continuazione, a differenza di quanto affermato dal ricorrente, contiene una adeguata indicazione degli specifici aumenti relativi ai tre reati satellite di cui ai capi 15, 24 e 25 dell'imputazione, i quali sono stati calibrati in relazione alla gravita' delle singole fattispecie criminose (1 anno per il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, 6 mesi per il reato di detenzione illecita di 2,8 chilogrammi di marijuana e 3 mesi per il reato di detenzione illecita di stupefacenti di cui al capo 25 dell'imputazione). I reati avvinti dal nesso della continuazione sono stati, pertanto, oggetto di un complessivo apprezzamento discrezionale da parte dei giudici di merito che appare rispettoso dei principi di caratterizzazione del fatto storico nella sua interezza, proporzione e finalismo rieducativo. 19.5.1. La doglianza avente ad oggetto il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e' manifestamente infondata. Diversamente da quanto affermato dal ricorrente, i giudici di appello nel motivare il rigetto della censura non hanno fatto esclusivo riferimento al ruolo apicale ricoperto dal (OMISSIS) all'interno del sodalizio di stampo mafioso, ma hanno fondato la loro decisione anche sulla gravita' dei fatti, sull'intensita' del dolo e della capacita' criminale manifestata dall'imputato, facendo esplicito riferimento a quanto gia' motivato dal giudice di primo grado. Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e' fondato, quindi, su motivazione adeguata ed esente da manifesta illogicita' ed e', pertanto, insindacabile in questa sede, dovendosi ribadire il principio secondo cui e' sufficiente che il giudice di merito, nel motivare il diniego delle circostanze ex articolo 62 bis c.p., faccia riferimento agli elementi ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri eventualmente ravvisabili (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244). Il ricorso presentato dall'imputato (OMISSIS). 20. Il ricorso proposto dal (OMISSIS) deve esser accolto limitatamente alla lamentata carenza della motivazione in ordine al ruolo apicale rivestito dall'imputato nell'associazione a delinquere di cui al capo 1) dell'imputazione. 20.1. Deve essere preliminarmente disattesa, in quanto manifestamente infondata, la doglianza avente ad oggetto la mancata valutazione da parte dei giudici di appello della memoria depositata dalla difesa in data 3 novembre 2020. Questo Collegio condivide, infatti, l'orientamento della giurisprudenza di legittimita' secondo cui la mera omessa valutazione di una memoria non comporta alcuna nullita' ma puo' influire sulla congruita' e correttezza logico-giuridica della motivazione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive (Sez. 1, n. 26536 del 24/06/2020, Cilio, Rv. 279578 - 01). Infatti l'omesso esame, da parte del giudice di merito, di una memoria difensiva puo' rilevare in sede di legittimita' come vizio di motivazione purche' l'interessato rappresenti puntualmente la decisivita' e la concreta idoneita' scardinante dei temi della memoria pretermessa rispetto alla pronunzia avversata, evidenziando il collegamento tra le argomentazioni innovative della memoria e gli specifici profili di carenza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' argomentativa della sentenza impugnata (tra le altre, Sez. 5, n. 24437 del 17/01/2019, Armeli, Rv. 276511 01). Nel caso di specie il ricorrente lamenta in termini generici la mancata valutazione di una memoria priva di decisive, autonome ed inedite censure del provvedimento impugnato rispetto a quelle gia' addotte con gli atti di gravame dal momento che i rilievi che si assumono pretermessi si limitano ad approfondire argomenti gia' prospettati con i motivi indicati negli appelli redatti dagli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), motivi che sono stati puntualmente affrontati dalla Corte territoriale con conseguente insussistenza in concreto della lamentata omessa valutazione e difetto di specificita' della doglianza (Sez. 4, n. 18385 del 09/01/2018, Mascaro, Rv. 272739 - 01). 20.1.1. Le doglianze inerenti alla condotta di partecipazione dell'imputato al sodalizio di stampo mafioso di cui al capo 1 (dedotte con il primo motivo di ricorso e ribadite ed approfondite con il primo dei motivi nuovi depositati il 19 luglio 2022) hanno carattere reiterativo e sono, comunque, manifestamente infondate. Questa Corte ha, in piu' occasioni, chiarito che e' inammissibile una censura che deduca l'erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 3, sulla base di argomentazioni che si pongono in confronto diretto con il materiale probatorio, e non basate sulla denuncia di uno dei vizi logici, tassativamente previsti dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), riguardanti la motivazione della sentenza di merito in ordine alla ricostruzione del fatto (Sez. 6, n. 13442 del 08/03/2016, De Angelis, Rv. 266924). Il ricorrente, a fronte di una adeguata ed analitica valutazione in ordine alla attendibilita' e credibilita' dei collaboratori di giustizia ed alla presenza di riscontri individualizzanti, attraverso una non consentita opera di parcellizzazione dei dati probatori complessivamente valutati, tenta di accreditare la presenza di lacune e contraddizioni che, ove presenti, attengono a particolari niente affatto determinanti in ordine al thema probandum. I giudici di merito hanno adeguatamente motivato in ordine alla partecipazione del (OMISSIS) alla cosca oggetto di giudizio; entrambe le sentenze indicano, infatti, una pluralita' di elementi di significativo spessore probatorio da cui si e' desunta l'attiva e stabile partecipazione del (OMISSIS) alle attivita' del sodalizio; prime fra tutti le convergenti propalazioni rese dai collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS) che hanno indicato il ricorrente come membro attivo della âEuroËœndrina di (OMISSIS) (pagg. da 171 a 182 della sentenza di primo grado e pagg. da 102 a 111 della sentenza di appello). I giudici di merito hanno valutato positivamente l'attendibilita' intrinseca delle dichiarazioni accusatorie rese dai collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS) e motivato adeguatamente in ordine al reciproco riscontro fornito dalle convergenti propalazioni dei predetti, facendo buon uso dei principi di diritto enunziati da questa Corte in materia di valutazione della attendibilita' delle chiamate in correita' (fra le altre, Sez. 6, n. 40899 del 14/06/2018, Salzano, Rv. 274149 - 02). Entrambe le sentenze contengono una approfondita e persuasiva valutazione della credibilita' soggettiva dei dichiaranti, in base ai criteri di specificita', coerenza, conoscenza diretta, costanza e spontaneita' nei termini delineati dalla giurisprudenza di legittimita' nonche' un accurato vaglio dell'attendibilita' intrinseca delle dichiarazioni accusatorie e della convergenza delle chiamate che si riscontrano reciprocamente in relazione alle circostanze rilevanti del thema probandum (partecipazione del (OMISSIS) alla cosca capeggiata dall' (OMISSIS)). Il solido percorso argomentativo seguito dai giudici di appello non viene scalfito dalle doglianze difensive che sostengono la contraddittorieta' ed illogicita' delle propalazioni dell' (OMISSIS) e dello (OMISSIS), essendosi la difesa limitata ad una confutazione di principio che ignora gli elementi probatori valorizzati dai giudici di merito. D'altra parte, e con specifico riferimento ai confini entro i quali puo' svolgersi lo scrutinio della Corte di Cassazione sulla valutazione delle chiamate di correo operata dal giudice del merito, la giurisprudenza di legittimita' ha in piu' occasioni avuto modo di sottolineare che non e' consentito al giudice di legittimita' un controllo sul significato concreto di ciascuna dichiarazione e di ciascun elemento di riscontro, perche' un tale esame invaderebbe inevitabilmente la competenza esclusiva del giudice del merito. Alla Corte di legittimita' e' conferito soltanto il compito di verificare l'adeguatezza e la coerenza logica delle argomentazioni con le quali sia stata dimostrata la valenza dei vari elementi di prova, in se stessi e nel loro reciproco collegamento (Sez. 1, n. 586 del 04/12/2017, Callea, Rv. 27203701). 20.1.2. In relazione alla doglianza avente ad oggetto la ritenuta contraddittorieta' delle dichiarazioni rese dai due collaboratori di giustizia in ordine al coinvolgimento del (OMISSIS) nell'ambito del narcotraffico (circostanza riferita dal solo (OMISSIS) e non dall' (OMISSIS)), la Corte territoriale ha correttamente applicato il consolidato principio di diritto secondo cui le dichiarazioni dei collaboratori per riscontrarsi vicendevolmente non devono necessariamente riguardare le medesime condotte illecite attribuite all'imputato in quanto il fatto da provare non e' il singolo comportamento dell'associato bensi' la sua appartenenza al sodalizio, senza che possa pretendersi la piena sovrapponibilita' dei rispettivi contenuti narrativi, dovendosi piuttosto privilegiare l'aspetto sostanziale della concordanza sul nucleo centrale e significativo della questione fattuale da decidere (Sez. 5, n. 17081 del 26/11/2014, Bruni, Rv. 263699 - 01), spettando comunque al giudice il potere-dovere di valutare se eventuali discrasie possano trovare plausibile spiegazione in ragioni diverse da quelle ipotizzabili nel mendacio di uno o piu' dichiaranti e che proprio le eventuali discrasie su alcuni punti possono talora confermarne la reciproca autonomia delle dichiarazioni, perche' fisiologiche in presenza di narrazioni dello stesso fatto provenienti da soggetti diversi (Sez. 6, n. 27784 del 05/04/2017, Abbinante, Rv. 270399 - 01). Non costituisce, pertanto, un decisivo punto di frizione che le dichiarazioni dell' (OMISSIS) e dello (OMISSIS) non si riferiscano alla medesima attivita' illecita svolta dall'imputato, giacche' il fatto da riscontrare e' l'esistenza di uno stabile contributo al sodalizio, che i differenti comportamenti descritti dai dichiaranti ben possono soltanto concorrere a dimostrare, atteso che le propalazioni dei due collaboratori di giustizia hanno ad oggetto proprio la partecipazione del (OMISSIS) al sodalizio criminale oggetto di indagine. La decisione impugnata risulta rispettosa del principio ermeneutico elaborato dalla giurisprudenza di legittimita' secondo cui l'articolo 192 c.p.p., comma 3, attribuisce alla chiamata del correo valore di prova e non di mero indizio, pur subordinando il giudizio di attendibilita' della stessa alla presenza di riscontri esterni (vedi tra le altre Sez. 2, n. 23687 del 03/05/2012, D'Ambrogio, Rv. 253221 - 01) che possono essere di qualsiasi tipo o natura e, di conseguenza, consistere in un'altra chiamata di correo poiche' ogni chiamata e' fornita di autonoma efficacia probatoria e capacita' di sinergia nel reciproco incrocio con le altre (Sez. 6, n. 47108 del 08/10/2019, Bombardino, Rv. 277393 - 01; Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, P.G. c. Campo, Rv. 276744 - 01). Nel caso di specie i giudici di merito hanno ritenuto, con motivazione esaustiva e priva di illogicita', che le dichiarazioni dell' (OMISSIS) e dello (OMISSIS) si riscontrano reciprocamente in ordine alla partecipazione attiva del (OMISSIS) all'attivita' dell'associazione di cui al capo 1) in quanto connotate dai requisiti di convergenza della narrazione, specificita' sul nucleo centrale della questione fattuale da decidere, autonomia genetica intesa quale derivazione da diversa fonte cognitiva nonche' indipendenza in quanto non fondate su pregresse intese fraudolente o condizionamenti inquinanti. 20.1.3. I giudici di merito hanno, infine, correttamente proceduto alla verifica dell'attendibilita' delle dichiarazioni rese dall' (OMISSIS) e dallo (OMISSIS) attraverso l'esame degli elementi estrinseci di riscontro acquisiti nel corso del giudizio. La Corte territoriale ha affermato, con motivazione conforme alle risultanze processuali e priva di illogicita', che le propalazioni accusatorie dei due collaboratori sono corroborate dalle dichiarazioni rese dalla teste (OMISSIS) in ordine ai rapporti illeciti esistenti tra il (OMISSIS) e l' (OMISSIS) nonche' dalle intercettazioni dettagliatamente indicate nel provvedimento impugnato attestanti la partecipazione del ricorrente a conversazioni durante le quali il (OMISSIS) si confrontava con altri componenti della medesima consorteria mafiosa su argomenti interni al gruppo. Ulteriore riscontro di tipo logico e' stato desunto dai giudici di appello dalla partecipazione del (OMISSIS) al matrimonio di (OMISSIS). Anche in questo caso la Corte di merito ha fatto buon uso dell'indirizzo giurisprudenziale secondo cui le relazioni qualificate con esponenti apicali dell'associazione e la sporadica partecipazione ad eventi quali matrimoni, funerali e "mangiate" ed in generale ad eventi ai quali sono presenti affiliati al clan di appartenenza o ad altri gruppi di stampo mafioso, pur non essendo di per se' elementi sintomatici dell'appartenenza all'associazione, possono essere utilizzati come riscontro esterno qualora connotati, come avvenuto nel caso di specie, dal necessario carattere individualizzante (Sez. 2, n. 55141 del 16/07/2018, Galati, Rv. 274250 - 01; Sez. 2, n. 6272 del 19/01/2017, Corigliano, Rv. 269294 - 01). I giudici di merito, procedendo ad una valutazione unitaria delle prove raccolte, hanno correttamente applicato il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui puo' assurgere a riscontro individualizzante ogni elemento probatorio, diretto o indiretto, idoneo a corroborare, anche sul piano della mera consequenzialita' logica, la dichiarazione accusatoria del chiamante in reita', non essendo necessario che l'elemento di riscontro sia di per se' sufficiente a fondare la responsabilita' dell'accusato in considerazione della natura gregaria del riscontro stesso (Sez. U., n. 20804 del 29/11/2012, Aquilina, Rv. 255145 01). 20.1.4. Le doglianze difensive si incentrano, inoltre, sul fatto che i giudici di merito hanno valorizzato un numero assai limitato di intercettazioni, peraltro ritenute dalla difesa generiche e non idonee a dimostrare la fattiva partecipazione del (OMISSIS) al sodalizio di stampo mafioso. Il motivo e' manifestamente infondato, in quanto, pur cogliendo un aspetto oggettivo non contestabile e cioe' il limitato numero di captazioni, non si confronta adeguatamente con il contenuto delle stesse. Dalle intercettazioni riportate in motivazione (pagg. da 104 a 110 della sentenza oggetto di ricorso) i giudici di merito hanno desunto, con motivazione ineccepibile in punto di logica, che (OMISSIS) intratteneva stretti contatti con i sodali (in particolare con (OMISSIS) ed il capo clan (OMISSIS)) nel corso dei quali veniva messo a conoscenza dell'evoluzione dei rapporti interni alla cosca e dimostrava, con la sua interlocuzione, di farne integralmente parte. Il giudizio di merito espresso nella doppia decisione conforme, pertanto, non presenta aspetti di illogicita' o contraddittorieta', posto che il tenore delle conversazioni intercettate consente di apprezzare che l'imputato non si pone come soggetto che, solo episodicamente, entra in contatto con il sodalizio, bensi' dimostra di condividerne le sorti e di essere costantemente partecipe, fornendo cosi' riscontro individualizzante alle attendibili e convergenti dichiarazioni accusatorie dell' (OMISSIS) e dello (OMISSIS). Deve aggiungersi, alla luce dei principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimita' in materia di interpretazione e valutazione dei contenuti intercettati, che le conversazioni valorizzate dai giudici di merito risultano correttamente apprezzate in assenza di profili di illogicita' o irragionevolezza. Le doglianze difensive enunciano, dunque, proposizioni distoniche rispetto alla decisione impugnata, la quale, attraverso un percorso valutativo lineare e giuridicamente corretto, espone in maniera adeguata gli elementi che corroborano il quadro indiziario asseverante la partecipazione del ricorrente al clan oggetto di giudizio. Le valutazioni della sentenza impugnata in ordine al ruolo svolto dall'imputato in seno al gruppo criminale quale uomo di fiducia dell' (OMISSIS) ed alla continuita' che contraddistingueva l'attivita' svolta dal ricorrente per conto della cosca, rendono ragione, infatti, dell'attribuzione al (OMISSIS) di una posizione stabile nella struttura organizzativa del sodalizio criminoso in piena coerenza con la costante affermazione della giurisprudenza di legittimita' secondo cui la condotta di partecipazione all'associazione di cui all'articolo 416 bis c.p., e' a forma libera, nel senso che il comportamento del partecipe puo' realizzarsi in forme e contenuti diversi, purche' si traduca in un contributo non marginale ma apprezzabile alla realizzazione degli scopi dell'organismo. Non e' necessario, pertanto, che il membro del sodalizio si renda protagonista di specifici atti esecutivi del programma criminoso, essendo sufficiente che lo stesso assuma o gli venga riconosciuto il ruolo di componente del sodalizio e aderisca consapevolmente al programma criminoso, accrescendo per cio' solo la potenziale capacita' operativa dell'associazione (Sez. 2, n. 35185 del 21/09/2020,Cangiano, Rv. 280458 - 02; Sez. 5, n. 27672 del 03/06/2019, Geraci, Rv. 276897 - 01). Le Sezioni Unite definiscono, infatti, come partecipe "colui che, risultando inserito stabilmente e organicamente nella struttura organizzativa dell'associazione mafiosa, non solo "e'" ma "fa parte" della stessa: locuzione questa da intendersi non in senso statico, come mera acquisizione di uno status, bensi' in senso dinamico e funzionalistico, con riferimento all'effettivo ruolo in cui si e' immessi e ai compiti che si e' vincolati a svolgere perche' l'associazione raggiunga i suoi scopi, restando a disposizione per le attivita' organizzate della medesima" (Sez. U. n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, RV. 231671-01). Ebbene, nel caso di specie, la Corte di merito ha adeguatamente sottolineato che l'apporto del (OMISSIS) non si esaurisce nel ruolo statico-formale di affiliato ma assume la veste dinamica di soggetto stabilmente a disposizione per le attivita' organizzate del clan. La partecipazione alle conversazioni intercettate non viene considerata dai giudici di merito come un episodio isolato, ma viene logicamente posta in correlazione con le attendibili e convergenti dichiarazioni rese dall' (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine al ruolo attivo svolto dal (OMISSIS) all'interno della âEuroËœndrina di (OMISSIS) con la conseguenza che l'apparato giustificativo della sentenza impugnata appare al riguardo del tutto resistente alle censure difensive. La conclusione raggiunta e' pienamente rispondente ai principi elaborati della giurisprudenza di legittimita' secondo cui va considerato comportamento concludente idoneo a costituire grave indizio di intraneita' al sodalizio criminale, l'essere a conoscenza dell'organigramma e della struttura organizzativa della cosca, dell'identita' dei capi e gregari, dei luoghi di riunione, degli argomenti trattati e l'essere stato ammesso a partecipare a degli incontri in contesti deputati alla soluzione di problematiche organizzative del sodalizio (Sez. 1, n. 4937 del 19/12/2012, Modafferi, Rv. 254915). In modo del tutto logico e consequenziale i giudici di merito hanno rilevato che, stante la delicatezza e riservatezza del contesto e degli argomenti trattati, di cui si e' acquisita prova grazie all'attivita' captativa, e considerato il vincolo di segretezza che contraddistingue i clan di âEuroËœndrangheta, solamente un partecipe avrebbe potuto essere coinvolto nelle conversazioni di carattere indiziante. Nel caso in esame e', dunque, emersa - secondo la ricostruzione delle sentenze di merito - la chiara e consapevole adesione al clan, manifestata dal ricorrente in occasione dei colloqui richiamati. In particolare, nella conversazione n. 61938 del 4 marzo 2009 e' proprio il (OMISSIS) a far espresso riferimento a problemi insorti sul territorio conseguenti alla lontananza del capo-cosca, problemi che inducevano l' (OMISSIS) ad invitare il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) a recarsi da lui per la necessaria soluzione della controversia (pag. 108 della sentenza di appello). Nelle conformi decisioni di merito sono stati, inoltre, valorizzati i colloqui intercettati tra il (OMISSIS) e l' (OMISSIS), all'epoca esponente di vertice dell'associazione mafiosa, nel corso dei quali il ricorrente dimostra di essere pienamente a conoscenza delle dinamiche interne e delle problematiche relative alle attivita' del clan di (OMISSIS). A fronte della lettura datane dai giudici di appello, il ricorrente sostiene che le conversazioni con l' (OMISSIS) ed il (OMISSIS) consistevano in generiche interlocuzioni non connesse all'attivita' del sodalizio, cosi' accreditando una lettura alternativa e parziale delle risultanze istruttorie che non si confronta con la dettagliata ricostruzione dei rapporti tra gli imputati e con l'indicazione dei passaggi dai quali si evince chiaramente la subordinazione del (OMISSIS) rispetto all' (OMISSIS) nonche' la reciproca consapevolezza che le vicende oggetto di discussione si inserivano nell'ambito dell'attivita' mafiosa che interessava il territorio di riferimento. Ne deriva che la manifestazione di adesione al gruppo accompagnata dalla individuazione da parte dei collaboratori di giustizia di compiti funzionali alla operativita' del sodalizio costituisce un compendio probatorio idoneo a supportare l'ipotesi della partecipazione punibile ex articolo 416 bis c.p., comma 1. 20.1.5. Sempre nell'ambito del primo motivo di ricorso la difesa ha ravvisato ulteriore vulnus motivazionale della sentenza impugnata nella mancata partecipazione del (OMISSIS) ai rubricati reati-scopo. Ritiene il Collegio che la motivazione sul punto non risulta connotata da illogicita' manifesta, avendo i giudici di merito fatto corretto uso del principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimita' secondo cui la commissione dei reati-fine dell'associazione non e' necessaria ne' ai fini della configurabilita' ne' ai fini della prova della sussistenza della condotta di partecipazione (Sez. 3, n. 8459 del 06/11/2015, Venere, Rv. 266710-01, Sez. 3, n. 40749 del 12/10/2015, Sabella, Rv. 264826-01). Nel caso di specie, infatti, l'insieme degli elementi complessivamente analizzati dai giudici di merito risulta adeguatamente rappresentativa della condotta di partecipazione alla associazione mafiosa contestata. 20.1.6. La Corte di merito ha, inoltre, persuasivamente confutato la doglianza difensiva secondo cui quanto riferito dallo (OMISSIS) in ordine alla partecipazione del (OMISSIS) all'attivita' di narcotraffico sarebbe smentita dall'assoluzione dal reato di cui al capo 15. I giudici di appello hanno, infatti, evidenziato che la pronuncia assolutoria e' fondata sull'insussistenza di riscontri esterni attestanti il coinvolgimento del (OMISSIS) nella distinta associazione dedita allo spaccio di droga e non sull'inattendibilita' intrinseca delle propalazioni dello (OMISSIS). 20.1.7. Con le ulteriori doglianze (incensuratezza ed eta' avanzata del (OMISSIS), svolgimento di attivita' lavorativa, titolarita' del porto d'armi, residenza in luogo diverso, mancato coinvolgimento nei processi svolti in precedenza nei confronti delle cosche, mancata indicazione da parte di altri collaboratori giustizia, mancata individuazione della data di ingresso del (OMISSIS) nel gruppo criminale) il ricorrente invoca una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, e l'adozione di diversi parametri di ricostruzione e valutazione che esulano dal perimetro del giudizio di legittimita'. Il ricorrente fornisce una lettura frazionata delle risultanze probatorie nel tentativo di accreditare una ricostruzione in fatto alternativa rispetto a quella recepita nelle sentenze di merito, senza confrontarsi con le coerenti argomentazioni sulle quali si fonda la condanna. La valutazione finale della Corte territoriale circa l'esistenza di un durevole apporto di rafforzamento e di progressione nel conseguimento delle finalita' dell'associazione criminosa risulta, in conclusione, immune da rilievi censori sul piano logico e da aporie di carattere giuridico. 20.2. Fondata e', invece, la doglianza con la quale il ricorrente ha eccepito la carenza della motivazione in ordine al ruolo apicale asseritamente ricoperto dal (OMISSIS) all'interno della âEuroËœndrina di (OMISSIS). Questo Collegio condivide, infatti, il principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimita' secondo cui, ai fini dell'attribuzione della qualifica di capo e' necessaria la verifica dell'effettivo esercizio del ruolo di vertice che lo renda riconoscibile, sia pure sotto l'aspetto sintomatico, sia all'esterno che nell'ambito del sodalizio, realizzando un effettivo risultato di assoggettamento (Sez. 6, n. 40530 del 31/05/2017, P.G. in proc. Abbianante, Rv. 271482). Deve essere in proposito rimarcato che il ruolo organizzativo, direttivo e la funzione di capo competono solo a chi risulti al vertice di una entita' criminale autonoma, sia essa famiglia, cosca o clan ovvero sia incaricato di organizzare l'esecuzione di un settore delle attivita' illecite del gruppo criminale e cio' abbia fatto in concreto, cosi' dimostrando l'esecuzione di attivita' individuabili come organizzative perche' frutto di poteri deliberativi e decisionali autonomi (Sez. 4, n. 29628 del 21/06/2016, Pugliese, Rv. 267464-01, Sez. 2, n. 19917 del 15/01/2013, Bevilacqua, Rv. 255915-01). Pertanto, indipendentemente da generici riconoscimenti di ruoli decisivi, e' necessario che posizioni dirigenziali e ruoli apicali risultino in concreto esercitati, riconoscibili e riconosciuti nell'ambito del sodalizio oltre che, se espletati a livello locale, dalle strutture gerarchicamente sovraordinate. Nel caso di specie l'affermazione dell' (OMISSIS) secondo il quale il (OMISSIS) sarebbe stato investito della funzione di capo della âEuroËœndrina di (OMISSIS) in quanto uomo anziano e saggio non pare supportata da riscontri esterni in ordine all'effettivo esercizio di tale compito direttivo da parte del ricorrente. La motivazione impugnata e', infatti, carente in ordine alla dimostrazione che il (OMISSIS) abbia posto in essere condotte direttive ed organizzative connotate dall'esplicazione di poteri decisionali. Il concreto esercizio del ruolo direttivo da parte del (OMISSIS), al di la' quanto affermato sul punto dall' (OMISSIS), riposa esclusivamente su tre intercettazioni e sulle dichiarazioni della teste (OMISSIS), dalle quali emerge il sicuro coinvolgimento del (OMISSIS) nell'attivita' del sodalizio mafioso ma non anche l'esercizio di una effettiva attivita' gestoria e dirigenziale. Nessuna considerazione, inoltre, la Corte di merito ha riservato agli elementi indiziari che, secondo la prospettazione difensiva, dimostrerebbero, in punto di logica, che il (OMISSIS) non ha mai svolto un ruolo apicale nel sodalizio di (OMISSIS). Ci si riferisce in particolare all'intercettazione n. progr. 4472 del 2 giugno 2014 nel corso della quale il capo della âEuroËœndrina di (OMISSIS) si lamentava dell'assenza di una figura apicale in (OMISSIS); all'intercettazione n. progr. 29987 del 9 febbraio 2013 in occasione della quale il boss (OMISSIS) recriminava circa la mancanza di una persona di riferimento a (OMISSIS) nonche' alle dichiarazioni rese dal collaboratore (OMISSIS) secondo il quale la âEuroËœndrina di (OMISSIS) era capeggiata dal fratello (OMISSIS) e da (OMISSIS), elementi segnalati dalla difesa del ricorrente come sintomatici della estraneita' del (OMISSIS) alle funzioni direttive del clan e che abbisognavano di adeguata valutazione ed eventuale confutazione da parte dei giudici di appello. Il provvedimento impugnato deve, dunque, essere annullato con riguardo alla posizione del ricorrente, limitatamente alla ipotesi di cui all'articolo 416 bis c.p., comma 2, con rinvio ad altra sezione della Corte di Assise Appello di Catanzaro perche' proceda a nuovo esame sul punto, attenendosi ai principi richiamati. 20.3. Ferma la considerazione che la dosimetria della pena resta inscindibilmente legata al giudizio rescissorio sul ruolo associativo, deve qui rilevarsi che le doglianze addotte dal (OMISSIS) con il secondo motivo di ricorso, ribadite ed approfondite con il secondo dei motivi nuovi depositati il 19 luglio 2022, sono generiche in quanto la difesa si e' limitata a riproporre quanto lamentato in sede di appello senza confrontarsi con la motivazione del provvedimento impugnato. La giurisprudenza di legittimita' ha da tempo chiarito che le circostanze attenuanti generiche non possono essere intese come oggetto di benevola e discrezionale concessione del giudice, ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese, cioe', tra le circostanze da valutare ai sensi dell'articolo 133 c.p., che presentano tuttavia connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una piu' incisiva, particolare, considerazione ai fini della quantificazione della pena. I giudici di merito si sono correttamente conformati a tale principio di diritto valorizzando, ai fini del diniego, l'assenza di congrui profili di meritevolezza, la gravita' delle condotte contestate e l'intensita' del dolo che caratterizza i comportamenti del (OMISSIS). La Corte di merito, inoltre, ha correttamente escluso, in conformita' al consolidato orientamento di questa Corte, che - dopo la riforma dell'articolo 62 bis c.p., disposta con il Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 luglio 2008, n. 125 - la concessione delle attenuanti generiche possa conseguire automaticamente alla condizione di incensuratezza dell'imputato. Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e' fondato, quindi, su motivazione esente da manifesta illogicita' e, pertanto, insindacabile, dovendosi qui ribadire che ai fini del diniego non e' necessario che il giudice di merito prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244). Il ricorso presentato dall'imputato (OMISSIS). 21. Il primo motivo del ricorso proposto dall' (OMISSIS) e' inammissibile perche' del tutto generico e privo dei requisiti prescritti dall'articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera c); a fronte di una motivazione esaustiva e logicamente corretta, il ricorrente non fa riferimento a specifici passaggi della decisione, limitandosi a lamentare l'omessa valutazione dei motivi di appello, senza indicare specifiche carenze argomentative ovvero illogicita' della motivazione idonee ad incidere negativamente sulla capacita' dimostrativa del compendio probatorio posto a fondamento della decisione. Appare evidente che il ricorso cosi' formulato non si sostanzia in una ragionata censura del provvedimento impugnato ma si risolve in una generalizzata critica, che non permette al giudice di legittimita' di individuare con esattezza l'oggetto delle censure (Sez. 2, n. 30918 del 07/05/2015, Falbo, Rv. 264441 - 01; Sez. 6, n. 10250 del 11/10/2017, Valle, Rv. 272725 - 01). Questa Corte ha in proposito evidenziato che il ricorso e' inammissibile per difetto di specificita' dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, Galtelli, Rv. 268822 - 01) e che il requisito della specificita' dei motivi implica l'onere di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi fondanti le censure addotte, al fine di consentire al giudice di legittimita' di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (Sez. 6, n. 17372 del 08/04/2021, Cipolletta, Rv. 281112 - 01). Nel caso in esame risulta, invero, la mera declinazione di argomentazioni apodittiche e prive di un reale nesso critico con il percorso argomentativo delle sentenze di merito. Il difensore, infatti, si e' limitato a sostenere una generica apparenza della motivazione, rassegnando poi le conclusioni favorevoli al proprio assistito senza alcuna valida confutazione delle argomentazioni espresse dai giudici di merito, cosi' venendo meno al predetto onere di specificita'. V'e' da aggiungere che le sentenze di merito hanno dato adeguatamente conto delle ragioni alla base dell'affermata penale responsabilita' dell' (OMISSIS) in relazione ai reati per i quali l'imputato ha reso dichiarazioni attendibili e pienamente confessorie, a seguito di una valutazione degli elementi probatori che appare congrua e rispettosa dei canoni della logica e dei principi di diritto che governano l'apprezzamento delle prove con conseguente manifesta infondatezza del motivo di ricorso. Deve esser, peraltro, ricordato che non e' censurabile, in sede di legittimita', la sentenza per il suo silenzio su una deduzione prospettata col gravame, quando la doglianza risulti disattesa dalla motivazione complessivamente considerata; per escludere la ricorrenza del vizio previsto dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), e', infatti, sufficiente che la sentenza evidenzi, come nel caso di specie, una ricostruzione dei fatti che conduca -anche implicitamente - alla reiezione della prospettazione difensiva, senza lasciare spazio ad una valida alternativa logico-ricostruttiva (Sez. 2, n. 35817 del 10/07/2019, Sirica, Rv. 276741; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, Curro', Rv. 275500). 21.1. Il secondo motivo del ricorso che lamenta il mancato proscioglimento dell' (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo 15 in violazione dell'articolo 649 c.p.p. e' manifestamente infondato. Deve essere, in proposito, evidenziato che la Corte di Appello di Catanzaro in data 6 febbraio 2014 ha condannato il ricorrente in relazione al reato di cui all'articolo 416 bis c.p. e, quindi, per una condotta associativa diversa da quella descritta al capo 15) con conseguente insussistenza della dedotta identita' del fatto. La difesa si e' limitata a denunziare che la Pubblica Accusa avrebbe contestato nuovamente la medesima condotta di partecipazione ad una associazione dedita al narcotraffico per poi sostenere che il ricorrente e' gia' stato condannato per un reato associativo "collegato e connesso con il presente in quanto esattamente la sua premessa" (pag. 8 del ricorso in cassazione). La Corte territoriale ha, peraltro, illustrato, con motivazione adeguata e priva di illogicita', la differenza tra l'associazione di stampo mafioso in relazione al quale l' (OMISSIS) e' gia' stato giudicato e l'associazione dedita al narcotraffico descritta al capo 15 della rubrica (pag. 131 e pagg. da 154 a 158 della sentenza oggetto di ricorso), indicando in modo esaustivo e dettagliato gli elementi logico-fattuali da cui desumere la diversita' dei due sodalizi delinquenziali (diversa composizione e distribuzione dei ruoli, diverso ambito territoriale di azione, differente estensione del programma criminoso). Di conseguenza non e' ravvisabile alcuna violazione dell'articolo 649 c.p.p. in considerazione della diversita' dei fatti contestati all' (OMISSIS) e tenuto conto che la giurisprudenza di legittimita' ritiene con indirizzo univoco che l'idem factum sia ravvisabile unicamente nei casi in cui vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione di piu' reati, considerati in tutti i loro elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona, non essendo sufficiente la generica identita' della sola condotta (Sez. 2, n. 52606 del 31/10/2018, Biancucci, Rv. 275518 - 02; Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, Donati, Rv. 231799 - 01). I giudici di appello hanno, inoltre, fatto corretto uso del principio di diritto affermato da questa Corte secondo cui il delitto di associazione di stampo mafioso e l'associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 possono concorrere laddove il sodalizio previsto dall'articolo 416 bis c.p. abbia, come nel caso di specie, un'operativita' ulteriore rispetto al narcotraffico (vedi Sez. 6, n. 31908 del 14/05/2019, Perrone, Rv. 276469 - 01; Sez. 1, n. 4071 del 04/05/2018, Rumbo, Rv. 278583 - 01). In conclusione, la sentenza impugnata ha correttamente disatteso l'eccezione difensiva, dovendosi escludere la ricorrenza dell'idem factum invocato dal ricorrente alla stregua delle considerazioni che precedono. 21.2. Il secondo motivo del ricorso e' fondato con riguardo al mancato riconoscimento dell'attenuante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 7, e dell'attenuante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 7. La Corte territoriale ha erroneamente affermato che le attenuanti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e articolo 74, comma 7, non sono concedibili al ricorrente avendo l'attivita' di collaborazione intrapresa dall' (OMISSIS) gia' comportato il riconoscimento della circostanza ad effetto speciale di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 8. Tale statuizione si pone in insanabile contrasto con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita' che ritiene possibile la simultanea applicazione della circostanza attenuante prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 e della circostanza attenuante prevista dal Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 8 laddove, come nel caso di specie, l'imputato sia chiamato a rispondere sia del reato di cui all'articolo 416 bis c.p. che del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 (Sez. 6, n. 27784 del 05/04/2017, Abbinante, Rv. 270399 - 01; Sez. 6, n. 1395 del 14/10/2014, Valentino, Rv. 261797 - 01) nonche' il contemporaneo riconoscimento della circostanza attenuante prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 7, e della circostanza attenuante prevista dal Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 8 in considerazione della diversa natura delle stesse (Sez. 5, n. 24712 del 23/04/2002, Apicella, Rv. 222299 - 01). Ne discende che i giudici del gravame avrebbero dovuto valutare la ricorrenza in concreto dei requisiti delle invocate diminuenti. La Corte territoriale ha escluso la sussistenza dei presupposti per l'applicabilita' della attenuante della collaborazione prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 sul presupposto che le dichiarazioni dell' (OMISSIS) sono sopravvenute in un momento in cui "l'associazione era gia' portata alle sue estreme conseguenze". La motivazione e' lacunosa e illogica in quanto non argomenta in alcun modo in ordine alla concreta utilita' e proficuita' dell'attivita' di collaborazione intrapresa dall' (OMISSIS) e non da' conto della sussistenza dei presupposti logico-fattuali dell'invocata circostanza, non indicando gli elementi in base ai quali e' stato escluso che l' (OMISSIS) si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato ovvero per sottrarre all'associazione risorse decisive per la commissione dei delitti. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Assise Appello di Catanzaro per verificare l'applicabilita' nei confronti dell' (OMISSIS) degli invocati elementi circostanziali. 21.3. La doglianza dedotta con il quarto motivo del ricorso avente ad oggetto l'omessa motivazione sulle statuizioni civili e' reiterativa di analogo motivo di appello del tutto generico ed aspecifico, essendosi l' (OMISSIS) limitato a sostenere, in modo apodittico e senza addurre alcun elemento a sostegno di tale affermazione, che non risulterebbe provato il grado di parentela fra le costituite parti civili e le persone offese. Il motivo di appello era, quindi, inammissibile per difetto di specificita' non risultando esplicitamente argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione di primo grado (Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, Greco, Rv. 277811 - 01) nonche' tardivo in quanto le questioni relative alla costituzione di parte civile devono essere poste, ai sensi dell'articolo 491 c.p.p., subito dopo che sia stato compiuto, per la prima volta, l'accertamento della regolare costituzione delle parti e, comunque, non possono piu' essere rilevate ne' dedotte dopo la deliberazione della sentenza di primo grado (Sez. 6, n. 49057 del 26/09/2013, Andriulo, Rv. 258129 - 01, Sez. 5, n. 2071 del 25/11/2008, Romanelli, Rv. 242359 - 01). Cio' premesso deve ribadirsi il principio, di costante affermazione giurisprudenziale, in forza del quale e' inammissibile, per carenza d'interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza che non abbia correttamente preso in considerazione un motivo di appello inammissibile ab origine per manifesta infondatezza, in quanto l'eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (tra le molte vedi Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, Bercigli, Rv. 277281-01; Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, Liberti, Rv. 276745-01; Sez. 6, n. 47722 del 06/10/2015, Arcone, Rv. 265878-01). 21.4. La doglianza con il quale il ricorrente deduce l'eccessivita' dell'aumento della pena a titolo di continuazione con la pena irrogata, con sentenza gia' passata in giudicato, dalla Corte di Assise di Appello di Catanzaro, e' assorbito giacche' l'entita' del trattamento sanzionatorio e' condizionato alle determinazioni da assumere sui punti oggetto d'annullamento sicche' dovra' farsene carico il giudice di rinvio. 21.5. Il quarto motivo del ricorso proposto dall' (OMISSIS) deve esser, invece, accolto in relazione alla lamentata erronea applicazione del Decreto Legge n. 152 del 1991, articoli 7 ed 8. La Corte territoriale ha rigettato le doglianze difensive inerenti l'eccepita prescrizione di alcuni dei reati rubricati sull'erroneo presupposto del raddoppio dei termini di prescrizione conseguente al riconoscimento della circostanza aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, effetto che, secondo i giudici di appello, non sarebbe escluso dalla contemporanea concessione della circostanza attenuante della collaborazione operosa previsto dall'articolo 8 del medesimo D.L.. La motivazione non tiene conto del consolidato principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimita' secondo cui il riconoscimento dell'attenuante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 8 comporta l'elisione automatica della circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del medesimo Decreto Legge (Sez. 1, n. 26826 del 05/05/2011, Greco, Rv. 250795 - 01; Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo). E', dunque, errata la ragione per la quale la Corte di appello ha respinto la richiesta difensiva di declaratoria di prescrizione in relazione ai capi 4, 8, 36, 40. L'accertamento omesso non puo' esser svolto di ufficio dalla Corte in quanto strettamente correlato ai profili circostanziali oggetto di annullamento e postulante accertamenti di fatto con riguardo alla contestata sussistenza della recidiva, con diverse gradazioni e non in relazione a tutti i capi. Pertanto, assorbite le doglianze in ordine alla commisurazione della pena, deve disporsi l'annullamento della sentenza impugnata in relazione alle diminuenti Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74, comma e articolo 73, comma 7 nonche' con riguardo all'eccepita prescrizione dei reati aggravati a norma del L. n. 203 del 1991, articolo 7 con rinvio ad altra sezione della Corte di Assise Appello di Catanzaro. 22. Alla luce delle considerazioni che precedono la sentenza impugnata deve essere parzialmente annullata, in accoglimento del ricorso del P.g. in relazione alle posizioni di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) in relazione all'addebito associativo sub 1), e per il (OMISSIS) e il (OMISSIS) anche con riguardo alla confisca; in relazione alla posizione di (OMISSIS) per i capi 5 e 6, nonche' con riferimento alle posizioni di (OMISSIS) con riguardo al trattamento sanzionatorio, di (OMISSIS) limitatamente al ruolo apicale, delle terze interessate (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sulle statuizioni di confisca, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Assise Appello di Catanzaro. Devono essere, invece, dichiarati inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) con conseguente condanna dei proponenti al pagamento delle spese del procedimento nonche', ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita', al pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro tremila, equitativamente fissata. P.Q.M. In accoglimento del ricorso del P.G. annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e, quanto al (OMISSIS), anche con riferimento alla confisca dei beni, in relazione al delitto di cui all'articolo 416bis c.p. con rinvio ad altra sezione della Corte di Assise Appello di Catanzaro per nuovo giudizio; annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione ai capi 5 e 6, con rinvio ad altra sezione della Corte di Assise Appello di Catanzaro per nuovo giudizio; annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) con riguardo alla confisca dei beni e rinvia ad altra sezione della Corte di Assise Appello di Catanzaro per nuovo giudizio, rigetta nel resto il ricorso del P.G.; annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Assise Appello di Catanzaro, dichiara inammissibile nel resto il ricorso di (OMISSIS); annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al reato di cui all'articolo 416bis c.p., comma 2, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Assise Appello di Catanzaro, dichiara inammissibile nel resto il ricorso di (OMISSIS); annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Assise Appello di Catanzaro. Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e condanna i predetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BELTRANI Sergio - Presidente Dott. CIANFROCCA Pierlui - rel. Consigliere Dott. PERROTTI Massimo - Consigliere Dott. RECCHIONE Sandra - Consigliere Dott. MONACO Marco Maria - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS), nato a (OMISSIS); contro l'ordinanza del Tribunale di Bari del 9-22.6.2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Pierluigi Cianfrocca; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Molino Pietro, che ha concluso per il rigetto dei ricorso; letta la memoria trasmessa dalla difesa del (OMISSIS). RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 9-22.6.2022 il Tribunale di Bari ha in parte (limitatamente alla misura adottata) accolto l'appello che era stato proposto dal PM contro l'ordinanza del GIP presso ii Tribunale di Foggia che, in data 8.6.2021, aveva respinto la richiesta di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere avanzata (con riguardo alla sole imputazioni rubricate ai capi 1, 2 e 4) nei confronti di (OMISSIS) in quanto gravemente indiziato in ordine al delitto di estorsione continuata e aggravata in danno di (OMISSIS), di cui al capo 1) della provvisoria incolpazione, di quello di atti persecutori di cui al capo 2), di danneggiamento aggravato di cui al capo 3), di porto illegale d'arma comune da sparo di cui al capo 4); 2. ricorre per cassazione il difensore del (OMISSIS) lamentando: 2.1 violazione di legge processuale con riferimento agii articoli 303, 568 e 591 c.p.p.: richiama l'eccezione di inammissibilita' dell'appello del PM che era stata sollevata con riferimento alla impugnazione della ordinanza del GIP limitatamente alla sussistenza della aggravante dell'uso dell'arma contestata in relazione al delitto di estorsione, e la risposta che e' stata fornita dal Tribunale: osserva che il PM non ha interesse a impugnare l'ordinanza - in punto di esclusione della aggravante - invocando evenienze future; 2.2 violazione di legge con riferimento agli articoli 628 e 612bis c.p. e vizio di motivazione: ribadisce che, a fronte delle considerazioni svolte dal Tribunale del Riesame, il pascolo del bestiame e' sempre avvenuto senza ricorrere alla violenza o alla minaccia e senza alcuna compressione della liberta' di autodeterminazione della persona offesa, come dimostrato proprio dalla moltitudine di denunce presentate alla autorita'; segnala, inoltre, che il delitto di cui all'articolo 612bis c.p. e' in concorso apparente con quello di cui all'articolo 629 c.p. sia sotto il profilo della condotta che sotto il profilo dell'elemento psicologico; richiama la giurisprudenza della S.C. in ordine all'evento del delitto di atti persecutori, ribadendo che ii (OMISSIS) ha sempre difeso i propri diritti e si e' sempre opposto alle presunte condotte vessatorie del (OMISSIS); evidenzia, con riferimento alle ulteriori implicazioni della condotta di atti persecutori previste dalla norma incriminatrice, che nessun soggetto diverso dal (OMISSIS) ha manifestato timore per la propria incolumita' ed e' stato toccato dalle condotte del ricorrente, il quale e' stato assolto con riguardo alla aggressione denunziata in danno del Carbonelli; sottolinea che, ai fini della configurabilita' del reato di cui all'articolo 612bis c.p., occorre la prova del nesso causale tra la condotta e taluno degli eventi di danno ivi descritti, laddove, nel caso di specie, il turbamento psicologico della persona offesa e' stato ritenuto "in re ipsa" e senza alcun accertamento o alcun cenno ai vari indici non riconducibili a mero fastidio, irritazione o insofferenza rispetto alle presunte condotte dell'agente; 2.3 violazione di legge processuale con riferimento all'articolo 192 c.p.p. quanto alla valutazione della attendibilita' della persona offesa: richiama il tenore del provvedimento impugnato e rileva che la doglianza difensiva aveva ad oggetto in realta' la mancata valutazione di circostanze specifiche e rilevanti ai fini della attendibilita' e, a tal proposito, rileva che nella denuncia del 23.6.2020, il (OMISSIS) aveva descritto due episodi, quello dei 18.6.2020 e quello del 20.1.2020, su cui non aveva fornito particolari; aggiunge che dopo 7 mesi il (OMISSIS) aveva riferito nuovamente sull'episodio del 20.1.2020 senza nemmeno in tal caso specificarne le modalita' ed i mezzi; rileva che sul punto aveva reso dichiarazioni anche tale (OMISSIS), sentito il 29.1.2021, e che il (OMISSIS), risentito il giorno 4.2.2021, aveva allora, e per la prima volta, riferito non soltanto dello schiaffo ma anche delle parole dei (OMISSIS), il quale avrebbe minacciato di "sparare" descrivendo il gesto dell'indagato di portare la mano dietro la schiena come per impugnare una pistola; 2.4 violazione di legge con riferimento all'articolo 629 c.p., comma 2 per la assenza di indizi sulla presenza dell'arma; per violazione del giudicato cautelare sul capo 4 e sulla connessione tra il capo 4 ed i capi 1 e 2 dell'ordinanza; vizio di motivazione: rileva che il PM non aveva impugnato l'ordinanza cautelare sul capo 4 e che il Tribunale non poteva percio' ritenere la aggravante dell'uso dell'arma, contestata sul capo 1 e sul capo 2; aggiunge che soltanto dopo la ricostruzione del (OMISSIS), il quale aveva riferito che il (OMISSIS) aveva detto loro "vi brucio", il (OMISSIS) aveva sostenuto che l'indagato aveva aggiunto "vi sparo"; 2.5 violazione di legge processuale con riferimento all'articolo 274 c.p.p. e vizio di motivazione: rileva che, fermo restando che non sono contestati fatti di violenza o minaccia successivi al 2020, dall'ultimo di essi alla emissione della misura e' trascorso un anno senza che fosse intervenuta alcuna condotta in danno della persona offesa che, lungi dall'essere stata ormai assoggettata al (OMISSIS), lo aveva sempre puntualmente denunciato; quanto all'arma, sottolinea che ai fini del superamento del "tempo silente", sarebbe stato rilevante il porto e non il mero possesso e segnala l'erroneita' e la illogicita' delle argomentazioni svolte da Tribunale quanto alla interferenza tra la misura reale e la concretezza del rischio di reiterazione di condotte delittuose; 3. la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, cui il Sostituto Procuratore Generale si e' riportato in sede di discussione orale, concludendo per il rigetto del ricorso: rileva, in primo luogo, l'esistenza di un interesse concreto ad impugnare il provvedimento del GIP sulla esclusione della aggravante contestata sul delitto di estorsione; aggiunge che il secondo, il terzo ed il quarto motivo si risolvono in una non consentita rivalutazione delle emergenze fattuali illogicamente valutate dal GIP perche' vagliate in maniera separata e non tenendo conto della natura complessiva ed unitaria della vicenda; rileva, infine, la correttezza della valutazione operata dal Tribunale anche con riguardo al profilo del "periculum"; 4. la difesa del (OMISSIS) ha trasmesso una memoria difensiva con cui insiste nell'accoglimento del ricorso contestando le argomentazioni del PG: rileva, quanto alle considerazioni svolte sul primo motivo, che l'orientamento ivi evocato e' contrastato da altre decisioni di segno opposto; con riguardo al secondo, terzo e quarto motivo del ricorso segnala che, contrariamente a quanto ritenuto dal PG, la difesa non solleva questioni di merito ma evidenzia profili di illogicita' e carenza della motivazione in punto di configurabilita' delle ipotesi di reato delineate nella provvisoria incolpazione; in ordine ai quinto motivo, evidenzia la erroneita' e la risalenza dei precedenti evocati dal PG con riguardo al profilo della attualita' e concretezza delle esigenze cautelari con riguardo, in particolare, al profilo riguardante il rischio di reiterazione. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' fondato nei termini e per la ragioni di seguito esposte. 1. Con provvedimento dell'8.6.2021 il GIP presso il Tribunale di Foggia aveva respinto la richiesta di applicazione, nei confronti di (OMISSIS), della misura cautelare della custodia in carcere per fatti di estorsione continuata, atti persecutori e detenzione illegale di arma da fuoco. Il GIP aveva sinteticamente ricostruito la vicenda relativa ai rapporti tra l'indagato e (OMISSIS), proprietario di un terreno confinante con quello dell'indagato il quale, nel lontano 2003, aveva chiuso una pista interpoderale che consentiva il passaggio tra le due proprieta', suscitando una serie di iniziative della controparte, che si erano risolte in condotte di minaccia e violenza fisica, le ultime delle quali risalenti al gennaio del 2020; a fianco di questi episodi specifici, quindi, il GIP aveva fatto riferimento ai ripetuti sconfinamenti ed ai conseguenti danneggiamenti di colture addebitabili al bestiame del (OMISSIS) (in realta' intestato alla di lui moglie ed alla nuora) e che erano stati di volta in volta oggetto di denunce del (OMISSIS) e di interventi da parte dei Carabinieri Forestali sempre intervenuti sul posto. Presso la abitazione dei (OMISSIS), inoltre, in data 8.4.2021, i militari avevano rinvenuto e sequestrato una pistola semiautomatica Tanfolio con caricatore con sei colpi, di cui uno gia' in canna con cane armato, pronta a far fuoco, occultata in un borsello che l'indagato deteneva nonostante il divieto emesso dal Prefetto in data 29.5.2020. Il GIP aveva ritenuto l'esistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti ipotizzati nella provvisoria incolpazione e, tuttavia, tracciato una demarcazione temporale tra gli ultimi fatti di aggressione, risalenti al gennaio dei 2020, e gli sconfinamenti di bestiame (ed il possesso dell'arma) ritenendo che i primi fossero idonei a configurare sia il delitto di estorsione che quello di atti persecutori; aveva pero' sostenuto che gli ulteriori episodi, successivi alla aggressione del gennaio del 2020, apparivano piu' che altro rivendicazioni "teatrali" della proprieta' dei terreni contesi, mentre la disponibilita' dell'arma costituisce circostanza eccentrica rispetto a questi, dal momento che, anche in occasione della aggressione del gennaio del 2020, la persona offesa non aveva potuto esprimere alcuna certezza circa il fatto che il (OMISSIS) impugnasse una pistola. Aveva percio' rigettato la richiesta di emissione della misura personale e disposto il sequestro del bestiame. 2. Il PM aveva proposto appello contro il suddetto provvedimento di rigetto, sottolineando come il rinvenimento dell'arma rappresentasse un chiaro riscontro ai termini in cui il (OMISSIS) aveva riferito delle minacce del gennaio dei 2020 gia', peraltro, intervenute, con espressioni simili, nel 2003; per altro verso, aveva sottolineato la attualita' delle esigenze cautelari dal momento che l'arma era stata sequestrata nell'aprile del 2021 e che, nel contempo, i delitti di estorsione e di atti persecutori erano stati contestato sino alla attualita' e "con condotta in corso". 3. Il Tribunale di Bari ha accolto l'appello e disposto la misura degli arresti domiciliari nei confronti del (OMISSIS) ritenendo, in primo luogo, la complessiva attendibilita' del (OMISSIS), le cui dichiarazioni, oltre che precise e lineari, risultano riscontrate da varie fonti, mentre la pluralita' di episodi riferiti rappresenta, a suo avviso, il sintomo di un sistema di assoggettamento posto in essere dal (OMISSIS) per la risoluzione autoritativa di controversie sui terreni confinanti ed in origine appartenenti alla medesima famiglia. Ha spiegato che la pacifica disponibilita' dell'arma da parte del (OMISSIS) (idonea a radicare l'aggravante contestata in relazione al delitto di estorsione e ad incidere sulla durata della misura cautelare) integra un riscontro oggettivo rispetto alle dichiarazioni della persona offesa quanto all'episodio del gennaio dei 2020 ed ai termini in cui era stata nell'occasione profferita la minaccia di morte alla presenza anche di un terzo. Ha sottolineato che le condotte del (OMISSIS) erano finalizzate a costringere la vittima a tollerare il pascolo sui suoi terreni ovvero a cederli a condizioni di favore ed ha ritenuto sussistente anche il delitto di atti persecutori "... in ragione dell'evento, ingenerato nelle persone offese, di un perdurante stato di ansia e paura che puo', verosimilmente, comportare l'abbandono dei terreni in oggetto" (cfr., pag. 11 dell'ordinanza in verifica). Quanto al periculum libertatis, il Tribunale ha fatto presente la necessita' di tener conto della peculiarita' della vicenda, che non consente di valutare distintamente le condotte estorsive e di uso dell'arma rispetto agli sconfinamenti anche piu' recenti ed ha sostenuto che, ai fini della concretezza del rischio di reiterazione di condotte violente o minatorie, non puo' rilevare l'avvenuto sequestro del bestiame, sia perche' si tratta di una misura sempre revocabile sia perche' proprio la sua adozione puo' indurre il (OMISSIS) a gesti di ulteriore violenza e ritorsione nei confronti del denunciante. 4.1 Tanto premesso, il collegio rileva la infondatezza dei primo motivo del ricorso con cui la difesa ripropone, in questa sede, l'eccezione - gia' disattesa dal Tribunale - di difetto di interesse del PM ad impugnare sulla esclusione della aggravante dell'uso dell'arma contestata sul capo 1) della incolpazione provvisoria; si tratta, infatti, di una aggravante senz'altro idonea ad incidere sul termine di durata della misura ai sensi del combinato disposto dell'articolo 278 c.p.p., comma 1 e articolo 303 c.p.p., comma 1, lettera b) e c) (cfr., cfr., Sez. 2 -, n. 37977 del 24/11/2020, Guerra, Rv. 280469 01; Sez. 2, n. 45459 del 06/10/2016, Vilau, Rv. 268272 - 01). 4.2 Il secondo, il terzo ed il quarto motivo possono essere trattati congiuntamente. A tal proposito, non e' inutile ribadire i limiti alla sindacabilita', in questa sede, dei provvedimenti adottati dal Tribunale del Riesame sulla liberta' personale; e', infatti, consolidato il principio, condiviso dal Collegio, secondo cui, in tema di misure cautelari personali, allorche' sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale dei riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, alla Corte Di Cassazione spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimita', se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravita' del quadro indiziario e della permanenza delle esigenze cautelari a carico dell'indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie. Il ricorso per Cassazione, con il quale si deduca la (in)sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, e' ammissibile soltanto se con esso venga denunciata la violazione di specifiche norme di legge, ovvero si deduca la manifesta illogicita' della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, e non si ci limiti a proporre e sviluppare censure che attengono alla ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una richiesta di diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr., Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. 5, n. 46124 del 08/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, Lupo, Rv. 252178; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Di Iasi, Rv. 269884). E', altresi', pacifico che il ricorso per cassazione per vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimita' la sola verifica delle censure inerenti alla adeguatezza delle ragioni addotte rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze gia' esaminate dal giudice di merito (cfr., Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976; Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, Terranova, Rv. 237012; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, Merja, Rv. 248698). Detto questo, va rilevato, in primo luogo, come, in via di principio, il delitto di atti persecutori possa concorrere con quello di estorsione da momento che il primo, diversamente dal secondo, non richiede l'uso della violenza e contempla un evento - l'alterazione delle abitudini di vita della vittima - di ampiezza molto maggiore rispetto alla costrizione della vittima necessario ad integrare il delitto previsto dall'articolo 629 c.p. (cfr., Sez. 3, Sentenza n. 25889 del 20/03/2013, Ayari, Rv. 255561 - 01, che ha affermato tale principio in relazione al delitto di violenza privata con argomentazioni che, tuttavia, ben possono valere anche per il delitto di estorsione; conf., Sez. 5 -, Sentenza n. 22475 del 18/04/2019, P., Rv. 276631 - 01; Sez. 5, Sentenza n. 2283 dei 11/11/2014, C., Rv. 262727 01). Certo e' che il delitto di atti persecutori e' reato abituale che differisce dai reati di molestie e di minacce, che pure possono in concreto integrarne delle modalita' esecutive, per la produzione di un peculiare evento di "danno" consistente nell'alterazione delle abitudini di vita della vittima o in un perdurante e grave stato di ansia o di paura, o, in alternativa, di un evento di "pericolo", consistente nel fondato timore per l'incolumita' propria o di un prossimo congiunto o di persona ai medesimo legata da relazione affettiva (cfr., Sez. 3, Sentenza n. 9222 del 16/01/2015, PG in proc. G., Rv. 262517 - 01; cfr., anche, Sez. 5 - Sentenza n. 17552 del 10/03/2021, B., Rv. 281078 - 01, in cui si e' chiarito che l'evento tipico della alterazione o cambiamento delle abitudini di vita della persona offesa puo' essere anche transitorio, ma non occasionale; conf., sul punto, Sez. 5 -, Sentenza n. 1541 del 17/11/2020, L., Rv. 280491 -- 01, in cui si e' ribadito che l'alterazione o il cambiamento delle abitudini di vita, che costituisce uno dei possibili eventi alternativi contemplati dalla fattispecie criminosa di cui all'articolo 612-bis c.p., non e' integrato dalla percezione di transitori disagi e fastidi nelle occupazioni di vita della persona offesa, ma deve consistere in una costrizione qualitativamente apprezzabile delle sue abitudini quotidiane). Il provvedimento impugnato ha ritenuto di poter collegare l'evento di danno tipico della fattispecie contemplata dall'articolo 612bis c.p. allo stato di ansia e di paura che avrebbe attanagliato il (OMISSIS) quale diretta conseguenza delle condotte violente e/o minatorie tenute dai (OMISSIS) e che risalgono, il primo, al 2003 (cfr., pag. 4 dell'ordinanza); l'altro al 2009, quando il medesimo (OMISSIS) avrebbe minacciato un dipendente del (OMISSIS) e, per suo tramite, la stessa persona offesa (cfr., ivi); al 2013 risale un episodio di cui si era reso protagonista il figlio del (OMISSIS); un ulteriore episodio aveva visto come destinatario il Carbonelli, dipendente del (OMISSIS) ma, relativamente ad esso, l'odierno ricorrente, come risulta dalla sentenza allegata al ricorso, e' stato assolto per insussistenza del fatto; altro episodio risali, infine, al 2016, quando sia il (OMISSIS) che il suo agronomo erano stati minacciati dal (OMISSIS) (cfr., ivi, ancora, pag. 5). L'ultimo episodio, quindi, sui quale occorrera' tornare, e' quello del gennaio del 2020 quando il (OMISSIS) aveva espresso la convinzione "... che la famiglia (OMISSIS) voglia costringermi a tollerare questo loro comportamento ai fine di avere qualsiasi vantaggio nei miei terreni, di far pascolare i propri animali e di impossessarsi di tutto cio' che e' di mia proprieta' loro vogliono che lo abbandoni completamente tutto, diventando loro stessi proprietari" e "... sono sicuro che qualora volessi vendere tutto non troverei nessun acquirente perche' nessuno vuole mettersi contro tale famiglia in quanto impauriti dai loro comportamenti mafiosi" (cfr., ivi, pag. 5). Ebbene, ferma restando la possibilita', nella fase di merito, di operare ogni opportuno approfondimento circa la finalita' estorsiva che avrebbe animato le condotte minatorie del (OMISSIS), va detto che, come rilevato dal GIP e come dato atto dallo stesso (OMISSIS), quello del gennaio del 2020 e' stato l'ultimo episodio in cui egli era stato direttamente minacciato ed era venuto in contatto con il ricorrente, circostanza che aveva indotto il GIP a ritenere insussistente il profilo della attualita' e concretezza delle esigenze cautelari che, invece, il Tribunale ha ravvisato evidenziando come non fosse condivisibile una lettura parcellizzata della vicenda, che trascurasse il fatto che anche successivamente erano proseguite le condotte di sconfinamento. In quest'ottica, allora, si impone un approfondimento, da parte del Tribunale, circa la effettiva consistenza e dinamica dell'episodio del 20.1.2020 attesa la assoluta mancanza di ogni riscontro, nel provvedimento impugnato, alle puntuali contestazioni difensive circa la difformita' delle versioni di volta in volta fornite dal (OMISSIS), il quale soltanto nell'ultima occasione aveva fatto riferimento alle parole profferite del (OMISSIS) il quale avrebbe minacciato di "sparargli" facendo nel contempo il gesto di portare la mano dietro la schiena "come se volesse prendere qualcosa..." (cfr., pag. 6). Secondo il Tribunale, infatti, la disponibilita' dell'arma da parte del (OMISSIS), in quell'occasione, sarebbe stata riscontrata dal suo rinvenimento presso la abitazione del ricorrente che, tuttavia, risaie a piu' di un anno dopo e, comunque, finirebbe per riscontrare non altro che una mera "sensazione" dei (OMISSIS) che, pacificamente, pur nelle sue diverse versioni fornite, non ha mai potuto affermare di aver visto un'arma nelle mani del (OMISSIS) essendosi limitato a "supporre" che costui, in quel momento, ne avesse la disponibilita'. La motivazione sulla attualita' delle esigenze cautelari risulta, inoltre, fondata sull'indimostrato presupposto che la prosecuzione delle condotte di "sconfinamento", protrattasi sino in prossimita' della adozione della misura cautelare, pur in assenza di condotte violente o minatorie, abbia sortito, ovvero sia stata idonea a sortire, l'effetto di esercitare sulla persona del (OMISSIS) una indebita "pressione" al fine di costringere quest'ultimo a "tollerare" le prepotenze del (OMISSIS) e, per altro verso, a determinare quello stato d'animo e quella condizione tipica dell'evento del delitto di cui all'articolo 612bis c.p. su cui, invero, unitamente al rinvenimento dell'arma, e' stata fondata a diagnosi operata dal Tribunale. E' lo stesso provvedimento impugnato, tuttavia, che ha dato conto del fatto che il (OMISSIS) ha sempre e puntualmente denunziato le condotte del (OMISSIS) mostrando in tal modo di non voler affatto "tollerare" le prepotenze di costui che, d'altra parte, si sarebbero protratte per quasi un ventennio senza alcun apprezzabile effetto persuasivo nei confronti della persona offesa che, dal canto suo, aveva anche intrapreso un giudizio di usucapione sui terreni in questione o parte di essi (cfr. doc. all. al ricorso). In sede di rinvio andra', percio', verificato, in punto di periculum, se la prosecuzione delle condotte di pascolo abusivo e di danneggiamento sia stata idonea a determinare la "estensione" temporale dell'evento del reato di cui all'articolo 612bis c.p. dovendosi ribadire che il "perdurante e grave stato di ansia o di paura", che consiste in un profondo turbamento con effetto destabilizzante della serenita' e dell'equilibrio psicologico della vittima, non puo' risolversi in una sensazione di mero fastidio, irritazione o insofferenza per le condotte minatorie o moleste subite. 3. L'ordinanza va dunque annullata con rinvio al Tribunale di Bari che procedera' ad una nuova valutazione concernente la consistenza degli indizi e la attualita' delle esigenze cautelari con riferimento specifico ai delitti di estorsione ed atti persecutori anche alla luce degli elementi addotti dalla difesa e non riscontrati nel provvedimento impugnato. P.Q.M. annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Bari competente ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., comma 7.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BELTRANI Sergio - Presidente Dott. CIANFROCCA Pierluigi - Consigliere Dott. PERROTTI Massimo - Consigliere Dott. RECCHIONE Sandra - rel. Consigliere Dott. MONACO Marco Maria - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 14/02/2020 della CORTE di APPELLO di MESSINA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. RECCHIONE SANDRA; il procedimento si celebra con contraddittorio scritto ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8; il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MOLINO Pietro ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Messina, dichiarando l'estinzione per prescrizione del reato contestato, decidendo solo ai fini civili, confermava le responsabilita' del ricorrente per il reato di truffa. Si contestava al (OMISSIS) di avere concorso a stipulare compravendita di immobili dei quali non aveva la disponibilita', incassando fraudolentemente il corrispettivo. 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva: 2.1. violazione di legge (articolo 521 c.p.p., articolo 483 c.p.) e vizio di motivazione: la Corte di appello non avrebbe trattato il tema della riqualificazione della condotta contestata nella fattispecie prevista dall'articolo 483 c.p.. Si deduceva che il (OMISSIS) si sarebbe limitato a dichiarare falsamente di avere conseguito la titolarita' dei beni per usucapione, ma non avrebbe preso parte alle condotte successive, che sarebbero state poste in essere esclusivamente dai coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS). 2.2. Vizio di motivazione: non sarebbe stato trattato il motivo di appello con il quale si deduceva che le parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS) non avrebbero nessun titolo di proprieta' sugli immobili oggetto della truffa, tenuto conto del fatto che pendeva giudizio civile per il riconoscimento della usucapione; la motivazione sarebbe viziata anche nella parte in cui si riconosceva che avevano titolo al risarcimento (a) la (OMISSIS), che avrebbe agito esclusivamente come procuratrice di (OMISSIS) e (OMISSIS), (b) (OMISSIS), che avrebbe agito in qualita' di procuratore generale dell'erede di (OMISSIS), che non sarebbe stato identificato dalla procura come persona offesa; si deduceva inoltre che il (OMISSIS) non si era costituito nei confronti del ricorrente, ma solo nei confronti dei tre coimputati. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo di ricorso non e' consentito in quanto si risolve nella richiesta di rivalutazione della capacita' dimostrativa delle prove e non individua vizi logici manifesti e decisivi del percorso logico argomentativo posto alla base della sentenza impugnata. In materia di estensione dei poteri della Cassazione in ordine alla valutazione della legittimita' della motivazione si riafferma che la Corte di legittimita' non puo' effettuare alcuna valutazione di "merito" in ordine alla capacita' dimostrativa delle prove, o degli indizi raccolti, dato che il suo compito e' limitato alla valutazione della tenuta logica del percorso argomentativo e della sua aderenza alle fonti di prova che, ove si ritenessero travisate devono essere allegate in ossequio al principio di autosufficienza (tra le altre: Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965). Nel caso in esame, contrariamente a quanto dedotto la Corte di appello offriva una esaustiva ed accurata motivazione in ordine alle ragioni che legittimavano l'inquadramento giuridico contestato: rilevava infatti che l'avere mendacemente dichiarato di avere conseguito per usucapione ultraventennale la proprieta' dei beni oggetto di compravendita costituiva solo uno dei molteplici atti illeciti posti in essere dall'imputato nell'ambito di un piu' generale e complesso disegno delittuoso perseguito un concorso con i coimputati. La motivazione, che individua una complessa attivita' fraudolenta, si sottrae ad ogni censura in questa sede. 1. Il secondo motivo di ricorso e' fondato limitatamente alla dedotta omissione della valutazione del motivo di appello relativo alla posizioni delle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS). Manca infatti una esplicita valutazione della legittimazione del (OMISSIS) e del (OMISSIS) alla costituzione di parte civile, nonostante la stessa fosse stata espressamente contestata con l'atto di appello (pag. 2 della prima impugnazione). Sul punto la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio giudice civile competente per valore in grado d'appello, cui va rimessa anche la liquidazione delle spese tra le parti. 3. Le questioni relative alle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), come anche quella relativa al (OMISSIS), sono non consentite dato che venivano proposte solo con il ricorso per cassazione, sicche' non possono essere considerate in quanto si registra una insanabile frattura della catena devolutiva in violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 3. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili, limitatamente al punto della legittimazione delle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado d'appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimita'. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SARNO Giulio - Presidente Dott. GENTILI Andrea - Consigliere Dott. DI STASI Antonella - Consigliere Dott. NOVIELLO Giuseppe - rel. Consigliere Dott. MENGONI Enrico - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la ordinanza del 27/07/2022 del tribunale di Vibo Valentia; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. NOVIELLO Giuseppe; letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIORDANO Luigi, che ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilita' del ricorso. lette le conclusioni del difensore del ricorrente avv.to (OMISSIS) che ha chiesto l'annullamento del provvedimento impugnato. RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il tribunale di Vibo Valentia adito nell'interesse di (OMISSIS) ex articolo 322 c.p.p. avverso il decreto di sequestro probatorio emesso dal P.M. del medesimo tribunale su un'area ritenuta interessata da lavori edilizi abusivi, confermava il decreto impugnato. 2. Avverso la pronuncia sopra indicata del tribunale, propone ricorso mediante il proprio difensore (OMISSIS), deducendo quattro motivi di impugnazione. 3. Con il primo motivo deduce l'erroneita' delle particelle oggetto di sequestro, rilevando la nullita' del decreto di sequestro siccome inerente ad una particella, la n. (OMISSIS), non interessata da lavori ne' da originario sequestro di iniziativa della polizia giudiziaria, poi non convalidato. Il sequestro probatorio sarebbe nullo anche per erronea quantificazione dell'area sottoposta a vincolo. Inoltre mancherebbero le esigenze probatorie nel caso in esame. 4. Con il secondo motivo deduce la nullita' del sequestro per mancato accertamento, della corrispondenza a ghiaia del materiale sversato, ad opera degli organi comunali che emisero l'ordinanza di ripristino dei luoghi. 5. Con il terzo motivo rappresenta l'indebita intromissione della Procura in questioni civilistiche, riguardanti una causa di usucapione in corso, per cui non si comprenderebbe la ragione per cui secondo la Procura sarebbe in atto una detenzione illecita. Ne' la Procura potrebbe procedere a sequestro probatorio per individuare prove a sostegno di una delle parti in causa. 6. Con il quarto motivo deduce la non configurabilita' del reato a fronte di un intervento sul terreno interessato dal sequestro del tutto lecito. 7. Il ricorso e' inammissibile. Esso e' del tutto incentrato sulla critica al decreto di sequestro probatorio del P.M., trascurando qualsivoglia passaggio motivazionale della ordinanza del tribunale, pur costituendo quest'ultima l'oggetto unico e diretto del ricorso. Trova quindi applicazione il principio per cui i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili "non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresi' quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato" (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568) e le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l'atto di impugnazione risiedono nel fatto che il ricorrente non puo' trascurare le ragioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425). 8. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi e' ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Sentenza a motivazione semplificata.

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