Sto cercando nella banca dati...
Risultati di ricerca:
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI BOLOGNA SECONDA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, nella persona del giudice Antonio Costanzo, ha pronunciato, dopo discussione orale ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c., la seguente SENTENZA definitiva nella causa civile n. 7918/2023 R.G. promossa da F_M. ((...)) ((...)); - ATTORE contro GS (..) (..); - CONVENUTA Oggetto: obbligazioni. CONCLUSIONI Per l'attore opponente: "NEL MERITO: - REVOCARE il decreto opposto perché infondato in fatto e diritto per le ragioni esposte in narrativa; - DICHIARARE la non esigibilità del credito ex adverso azionato con il monitorio opposto, in quanto, per i motivi esposti in narrativa, inesistente e pertanto non dovuto; - CONDANNARE la convenuta - opposta al risarcimento del danno ex Art. 96 C.P.C. per il tenuto contegno profondamente lesivo dei principi di buona fede contrattuale che devono animare le parti nonché per l'evidente abuso in mala fede e con colpa grave dello strumento processuale; - Con vittoria di spese e compensi di lite dei quali i difensori si dichiarano distrattari. IN VIA ISTRUTTORIA: Previa remissione della causa in istruttoria, chiede ammettersi prova per testi sui capitoli tutti, nessuno escluso, di cui alla narrativa dell'atto di citazione in opposizione da ritenersi qui integralmente riportati in forma positiva - espunti giudizi e valutazioni -preceduti dalla locuzione "vero che". Chiede, inoltre, chiedersi prova testimoniale sui seguenti capitoli di prova: 1) "vero che la sig.ra G. S. nel periodo 2019-2024 ha trovato e/o ricercato una occupazione lavorativa"; 2) "vero che la sig.ra G. ha richiesto al sig. F. di dichiararsi debitore nei suoi confronti dicendogli che le poteva essere utile far valere dei diritti di credito nei confronti del F. medesimo che era assoggettato all'esecuzione immobiliare Tribunale di Bologna n. 754/2017 Es. Imm."; 3) "vero che a seguito della richiesta di cui al capitolo che precede, la sig.ra G. predispose la scrittura privata datata 8/6/2020 che le viene rammostrata e che riconosce nel documento n.5 di parte opponente"; 4) "vero che la sig.ra G. dal 2019 a tutt'oggi ha continuamente fatto pressioni nei confronti del sig. F. per ottenere da quest'ultimo somme di denaro". Si indicano come testi i signori: - B. F., Bologna; - D. Gherardi, Bologna; - F. M., Bologna" Per la convenuta opposta: "Il patrocinio dell'opposta G., facendo seguito alle deduzioni già all'udienza del l'08.5.24 precisa le conclusioni come in memoria di replica istruttoria ex art. 183 c. 6 n. 3 c.p.c. ed in comparsa di costituzione, segnalando che è emersa in sede istruttoria la percezione da parte G. di Euro 3.925,70 - a seguito della vendita forzata dell'abitazione familiare di proprietà di controparte F. nella procedura r.g.e. Trib. Bo. 754/17- che va decurtata dalla sorte indicata nelle conclusioni della comparsa di costituzione di parte G., sorte pretesa che, pertanto, da Euro 40.000 originari è ora pari ad Euro 36.074,30. Peraltro, si segnala che alcuna attività di esecuzione si è compiuta in ragione del decreto ingiuntivo opposto che è immediatamente esecutivo. Inoltre, si evidenzia che proceduralmente ed ai fini dell'accoglimento delle domande di parte opposta Sig.ra G., si ritiene - e si conclude - che il decreto opposto da controparte vada revocato da sentenza che accolga le richieste di parte opposta Sig.ra G. recante solo l'importo di Euro 36.074,30 - invece che Euro 40.000 -, quale elemento di sorte capitale di condanna a carico dell'opponente controparte F. a cui aggiungere tutte le altre voci richieste in sede di comparsa di costituzione dell'opposta G.". Si richiamano la conclusioni di cui alla comparsa di risposta: "Per l'ingiungente G. (oggi convenuta) si rassegnano, pertanto, le seguenti conclusioni: - rigettare ogni avversa difesa ed istanza, anche con conferma dell'ingiunzione opposta da controparte, subordinatamente con condanna dell'opponente F. (attore nella presente fase di causa) di corrispondere a parte opposta G. (ingiungente nella monizione per cui è il presente giudizio) Euro 40.000 oltre interessi maturati e maturandi ex lege dall'emissione dell'ingiunzione oggi gravata sino al saldo (anche al tasso conseguente alla pendenza di lite giudiziaria); - in ogni caso: con ogni più ampia riserva, vinte le spese di lite e con richiesta di liquidazione dell'attività per gratuito patrocinio nella misura ritenuta di legge dal Giudice in favore dell'Avv. P. M. patrocinatore di parte G., nonché con condanna di controparte per responsabilità aggravata, anche per le affermazioni palesemente contraddittorie e la rilettura degli atti non conforme al contenuto degli stessi con rimessione a giustizia circa la relativa misura". MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Richiamati atti e documenti di causa, noti alle parti; rilevato che l'attore non ha fornito prova scritta a sostegno dell'opposizione; esaminate le conclusioni finali in epigrafe trascritte; si osserva quanto segue. 2. L'opposizione avverso il decreto ingiuntivo 7 aprile 2023 n. 1858 esecutivo ex art. 642 c.p.c. (emesso, su ricorso depositato il 1 dicembre 2022 che non risulta preceduto la richiesta stragiudiziale, per la somma capitale di euro 40.000,00 oltre accessori) proposta da M. F. con citazione notificata via PEC il 30 maggio 2023 all'ex coniuge S. G. (costituitasi il 27 luglio 2023), va respinta per infondatezza dei motivi dedotti dall'opponente, benché il decreto opposto vada revocato come richiesto, da ultimo, dalla stessa convenuta, avendo essa dato atto, esaurita l'istruttoria, che il debito era inferiore a quello oggetto di ricorso (si richiamano in proposito le conclusioni finali della convenuta). 2.1. La domanda monitoria proposta dall'odierna convenuta si fonda sulla scrittura privata 8 giugno 2020, recante riconoscimento di debito da parte dell'odierno attore e nella quale si legge: "(...) PREMESSO IN FATTO - che nell'ambito della separazione consensuale omologata il 7 luglio 2017 tra i coniugi F. e G. gli stessi pattuivano che: - la figlia della coppia, B., sarebbe stata collocata presso la madre nella casa familiare di X, Via ...4; - il sig. F. avrebbe versato un mantenimento per la figlia di Euro 300 mensili; - Nell'ipotesi di trasferimento a Bologna di moglie e figlia il F., alla data del trasferimento dalla casa coniugale si obbliga a trasferire l'usufrutto a S. G. per una durata non inferiore a 5 anni (clausola 11a verb. Sep), con diritto della Signora G. di locare l'appartamento a terzi (clausola 11c verb. Sep) e, a decorrere dal percepimento dei canoni di locazione il F. avrebbe cessato di corrisponderle l'importo di Euro 300,00 mensili, o a versare la differenza tra il canone percepito e l'importo di Euro 300,00 qualora l'importo del canone percepito fosse stato inferiore (clausola 11c verb. Sep); - in esecuzione dei predetti accordi raggiunti in sede di separazione, F. cedeva gratuitamente e trasferiva a S. G. l'usufrutto vitalizio sulla casa familiare per la durata di anni 8 in data 8 agosto 2017; - successivamente il sig. F. subiva il pignoramento immobiliare n. 754/2017 promosso da Intesa San Paolo Group per mancato pagamento delle rate del mutuo contratto per l'acquisto della casa familiare. Nell'ambito della procedura l'immobile è stato venduto mediante asta giudiziaria ed attualmente è fissata udienza, al 26.6.20, per la precisazione del credito e distribuzione delle somme; - a partire dal 2018 il sig. F., assieme alla figlia B. , si trasferiva nella casa locata dalla nonna paterna, in Via ... , provvedendo dunque lo stesso al mantenimento diretto della figlia, presso di lui collocata; - la signora G., nel mese di novembre/dicembre 2019 sporgeva denuncia ai danni del sig. F. per mancato pagamento dell'assegno di mantenimento della figlia B. e notificava al sig. F. atto di precetto per il pagamento, a titolo di mantenimento, della somma di Euro 10.709,38 che non veniva opposto; - successivamente la signora G. interveniva nel pignoramento immobiliare per la predetta somma privilegiata, oltre che alla somma di Euro 80.000 pari al valore forfettario del diritto di usufrutto non goduto. Tutto ciò premesso - il signor F. si impegna a non opporsi alla precisazione del credito della moglie; - il sig. F., con la sottoscrizione della presente, si riconosce debitore nei confronti della moglie della somma di Euro 40.000 a titolo di mancato godimento dell'usufrutto e di risarcimento del danno dalla stessa patito, da versarsi in rate mensili di Euro 200; - il sig. F. si impegna a versare alla moglie, entro il giorno 5 di ogni mese sul di lei conto corrente, a partire dal corrente mese di giugno - qualora egli non l'abbia già fatto - la somma di Euro 300 mensili a titolo di mantenimento in favore della stessa sino a che la moglie non avrà reperito una attività lavorativa che le consenta l'autosufficienza; - la signora G. si impegna a ritirare immediatamente la querela presentata ai danni del sig. F., rinunciando sin da ora a costituirsi parte civile in un eventuale procedimento penale nei confronti del marito per le circostanze denunciate". 2.2. Come pacifico in atti e riscontrato dai documenti acquisiti: a) in attuazione dei patti raggiunti in sede di separazione consensuale (verbale 7 giugno 2017) omologata con decreto 7 luglio 2017, con atto redatto dal notaio P. M. data 3 agosto 2017 denominato "trasferimento in esecuzione di accordi contenuti nel verbale di separazione consensuale" l'attore aveva costituito in favore della convenuta "a titolo gratuito" l'usufrutto per la durata di (almeno) otto anni sull'immobile in X già adibito a casa familiare ("(...) F. M., in esecuzione dei predetti accordi in sede di separazione, cede e trasferisce a titolo gratuito a G. S. che accetta ed acquista l'usufrutto per la durata di anni 8 (otto) da oggi o se successivo a detto termine fino al raggiungimento dell'autosufficienza economica della figlia minore F. B., della porzione di villetta trifamiliare (...)"): l'immobile era gravato da ipoteca iscritta il 17 novembre 2003 a garanzia di mutuo concesso all'attore da un istituto bancario di originari euro 120.000 (come si legge nell'atto notarile 3 agosto 2017, "F. M. dichiara che sull'immobile in oggetto grava l'ipoteca (...) che la parte acquirente dichiara di tollerare, ben sapendo che, ai sensi e alle condizioni di cui agli artt. 2858 c.c. e seguenti, in caso di mancato pagamento del debito garantito la Banca può promuovere esecuzione forzata sul bene acquistato col presente atto"); b) nel novembre 2017 su iniziativa del creditore ipotecario l'immobile in X già adibito a casa familiare, e sul quale era stato costituito l'usufrutto in favore di S. G., è stato colpito da pignoramento (doc. 9 di parte convenuta): come riportato anche nella scrittura privata 8 giugno 2020, nell'esecuzione immobiliare n. 754/2017 R.G. contro M. F. è intervenuta anche l'odierna convenuta sia quale creditrice di somme a titolo di concorso nel mantenimento della figlia (per tale credito al debitore era stato notificato precetto non opposto) sia quale titolare di diritto di usufrutto sull'immobile pignorato (art. 2812 c.c.; v. anche la proposta di piano di riparto 15 giugno 2020 elaborata dall'esperto contabile ausiliario del giudice dell'esecuzione, doc. 6 di parte attrice); c) la prima udienza per l'autorizzazione alla vendita nell'esecuzione immobiliare n. 754/2017 R.G. si è tenuta l'11 marzo 2019; la scrittura privata 8 giugno 2020 è stata sottoscritta dalle parti dopo la vendita forzata dell'immobile pignorato (il decreto di trasferimento era stato il 12 marzo 2020) e prima dell'udienza 26 giugno 2020 fissata per la precisazione dei crediti e la distribuzione del ricavato; con ordinanza 2 luglio 2020 il giudice dell'esecuzione ha dichiarato esaurita l'esecuzione immobiliare e ha ordina il pagamento delle somme come da progetto di distribuzione 15 giugno 2020, progetto che, per quanto qui rileva, prevedeva, una volta soddisfatti i crediti in prededuzione ed il credito assistito da ipoteca, l'attribuzione a S. G. della residua somma di euro 3.925,70 a parziale compensazione della perdita dell'usufrutto il cui valore era stato quantificato nel progetto di distribuzione in euro 72.000,00. Dalla lettura degli atti qui richiamati appare evidente che l'obbligazione assunta dall'attore verso la convenuta con la scrittura privata 8 giugno 2020 era volta a compensare la perdita economica subita da S. F. a seguito dell'estinzione dell'usufrutto costituito in suo favore solo pochi mesi prima del pignoramento (art. 2812, comma 2, c.c.). L'accordo documentato dalla scrittura privata ha natura transattiva in quanto, come si legge nelle premesse del testo, la convenuta era già intervenuta nell'esecuzione immobiliare affermandosi creditrice della "somma di Euro 80.000 pari al valore forfettario del diritto di usufrutto non goduto". Più che eloquente il passaggio in cui si afferma che "il sig. F., con la sottoscrizione della presente, si riconosce debitore nei confronti della moglie della somma di Euro 40.000 a titolo di mancato godimento dell'usufrutto e di risarcimento del danno dalla stessa patito, da versarsi in rate mensili di Euro 200", mentre l'inadempimento dell'attore ha determinato la decadenza dal beneficio del termine (in tal senso v. il ricorso per decreto ingiuntivo). 3. A sostegno dell'opposizione l'attore deduce la simulazione assoluta dell'accordo di cui alla scrittura privata 8 giugno 2020 perché "attesta un debito totalmente inesistente"; solleva eccezione di inadempimento adombrando una risoluzione per inadempimento della conventa: deduce la nullità dell'accordo sotto vari profili (illiceità della causa; frode alla legge; illiceità del motivo). 4. Così come proposta dall'attore, la prova per testi non può essere accolta, considerati le questioni controverse ed il fondamento della domanda monitoria: il capitolo 1 è generico e irrilevante ("vero che la sig.ra G. S. nel periodo 2019-2024 ha trovato e/o ricercato una occupazione lavorativa"); il capitolo 2 è generico e inammissibile nella parte in cui contrasta col tenore dell'accordo 8 giugno 2020 ("vero che la sig.ra G. ha richiesto al sig. F. di dichiararsi debitore nei suoi confronti dicendogli che le poteva essere utile far valere dei diritti di credito nei confronti del F. medesimo che era assoggettato all'esecuzione immobiliare Tribunale di Bologna n. 754/2017 Es. Imm."); il cap. 3 è irrilevante e inammissibile nella parte in cui si pone in collegamento col capitolo precedente ("vero che a seguito della richiesta di cui al capitolo che precede, la sig.ra G. predispose la scrittura privata datata 8/6/2020 che le viene rammostrata e che riconosce nel documento n. 5 di parte opponente"); il cap. 4 è generico e irrilevante ("vero che la sig.ra G. dal 2019 a tutt'oggi ha continuamente fatto pressioni nei confronti del sig. F. per ottenere da quest'ultimo somme di denaro"). 5. Non vi è alcuna prova (l'attore non l'ha fornita, art. 1417 c.c.) dell'accordo simulatorio sottostante alla scrittura privata 8 giugno 2020 posta a base del ricorso per decreto ingiuntivo e che, invero, richiama, ponendosi con essi in relazione, i patti conclusi in sede di separazione consensuale, l'atto attuativo 3 agosto 2017, le vicende relative all'esecuzione forzata sull'immobile già adibito a casa familiare. L'eccezione di simulazione assoluta è infondata. Da un lato, manca la prova dell'accordo simulatorio; dall'altro, sono pacifici i fatti posti a fondamento del credito della convenuta (in sintesi, l'estinzione del diritto di usufrutto per effetto dell'espropriazione immobiliare subita dall'attore, art. 2812 c.c.) il cui ammontare è stato definito dalla parti in via transattiva nella misura di euro 40.000,00. 6. L'opponente non ha provato fatti idonei a giustificare la risoluzione dell'accordo consacrato nella scrittura privata 8 giugno 2020: da un lato, non vi è alcun immediato nesso di corrispettività tra l'obbligazione assunta da M. F., previo riconoscimento del proprio debito nella misura di euro 40.000,00 "a titolo di mancato godimento dell'usufrutto e di risarcimento del danno dalla stessa (G., n.d.r.) patito", e l'impegno di S. G. a ritirare la querela presentata (pare a fine 2019) nei confronti dell'allora marito, essendo oltretutto pacifico che l'inadempimento di M. F. rispetto alle obbligazioni verso l'istituto bancario e la espropriazione immobiliare n. 754/17 R.G.E. hanno determinato l'estinzione del diritto di usufrutto, inopponibile al creditore ipotecario (Cass., sez. I, 27 marzo 1993, n. n. 3722), che era stato costituito in favore di S. G. per la durata di otto anni con l'atto pubblico 3 agosto 2017 a ministero notaio P. M. denominato "trasferimento in esecuzione di accordi contenuti nel verbale di separazione consensuale" (in altri termini, in sede di separazione consensuale, come da verbale 7 giugno 2017 omologato il 7 luglio 2017, M. F. aveva assunto una obbligazione attuata con l'atto pubblico 3 agosto 2017 ma di fatto il suo inadempimento verso l'istituto di credito, poi pignorante in forza di credito garantito da ipoteca iscritta nel 2003, ha precluso all'avente diritto S. G. la possibilità di godere dell'immobile in X già casa familiare); dall'altro, è pacifico che S. G., in conformità all'impegno assunto con la scrittura 8 giugno 2020, non si è costituita parte civile nel processo penale contro M. F., processo (n. 5530/20 R.G.N.R. - n. 1662/22 R.G. dibattimento) definito con sentenza di assoluzione sul presupposto che l'inadempimento di obbligazioni civili non integra di per sé gli estremi del reato di cui all'art. 570-bis c.p. (già art. 12-sex/'es, l. n. 898/1970) in relazione all'art. 570 c.p. (la sentenza Trib. Bologna, 27 febbraio - 28 marzo 2023 n. 965 è irrilevante in questa sede, tanto più che l'oggetto della presente causa non riguarda l'omesso versamento dell'assegno dovuto dal padre a titolo di contributo per il mantenimento della figlia come da accordi di separazione), mentre non vi è ragione di contestare all'odierna convenuta l'omessa rimessione di querela (le premesse della scrittura privata 8 giugno 2020 fanno riferimento ad una denuncia, la sentenza penale n. 965/2023 parla sia di querela presentata l'8 gennaio 2020 che di denuncia querela) perché condotta del tutto ininfluente rispetto all'esercizio dell'azione penale quando, come nel caso di specie, si verta in ipotesi di reato procedibile d'ufficio (cfr. Cass. pen., sez. VI, 30 gennaio - 24 febbraio 2020, n. 7277). 7. La questione relativa al contributo al mantenimento della figlia (nata il 7 maggio 2000, dunque ormai maggiorenne al tempo della scrittura 8 giugno 2020) non ha alcuna attinenza con l'obbligazione dedotta in giudizio, sorretta da una causa del tutto autonoma e meritevole di tutela, inerente al mancato godimento da parte della convenuta del diritto che l'attore le aveva riconosciuto in sede di separazione consensuale e volta appunto alla compensazione di quel mancato godimento mediante il pagamento di una somma di denaro (concordato nella misura di euro 40.000,00) di cui M. F. si è dichiarato debitore (v. supra; v. anche il verbale dell'udienza 2 marzo 2023 nel giudizio divorzile 14033/2022 R.G.). 8. Non vi è alcuna nullità dell'accordo sottostante l'impegno assunto da M. F. con la predetta scrittura 8 giugno 2020, accordo che trae origine dall'avventa estinzione del diritto di usufrutto alla costituzione del quale l'attore si era impegnato già in sede di separazione consensuale. 9. In conclusione, l'opposizione, così come proposta dall'attore, è infondata. 10. In comparsa di costituzione la convenuta ha chiesto la conferma del decreto ingiuntivo opposto o in subordine la condanna dell'attore al pagamento della somma di "Euro 40.000 oltre interessi maturati e maturandi ex lege dall'emissione dell'ingiunzione oggi gravata sino al saldo (anche al tasso conseguente alla pendenza di lite giudiziaria)". Nelle conclusioni finali la convenuta ha chiesto la revoca del decreto ingiuntivo e la condanna dell'attore al pagamento di una somma inferiore a quella oggetto di ingiunzione. Nell'esecuzione immobiliare n. 754/17 R.G.E., a seguito della vendita forzata (il decreto di trasferimento è stato emesso il 12 marzo 2020) e dell'approvazione del piano di riparto con ordinanza 7 luglio 2020 del giudice dell'esecuzione, la convenuta aveva ricevuto una somma di denaro (euro 3.925,70) a parziale soddisfacimento del credito da essa vantato in relazione all'estinzione del diritto di usufrutto. Come si legge nelle conclusioni finali, la convenuta chiede la revoca del decreto ingiuntivo con sentenza che condanni l'attore a pagare "solo l'importo di Euro 36.074,30 -invece che Euro 40.000 -, quale elemento di sorte capitale di condanna a carico dell'opponente controparte F. a cui aggiungere tutte le altre voci richieste in sede di comparsa di costituzione dell'opposta G.". Ne conseguono, da un lato, la revoca del decreto ingiuntivo limitatamente ai capi relativi all'ingiunzione di pagare "la somma di Euro 40.000,00" (capo 1) e "gli interessi come da domanda" (capo 2) (nel ricorso era chiesto il pagamento della "somma complessiva di Euro 40.000 oltre agli interessi maturati e maturandi ex lege dall'emissione dell'ingiunzione sino al saldo effettivo"), e non anche la condanna alle spese pronunciata in favore dell'erario (la ricorrente era stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato), capo rispetto al quale l'odierna convenuta non ha potere dispositivo; dall'altro, attese le conclusioni finali (che quanto agli accessori richiamano le conclusioni di cui alla comparsa di risposta), la condanna dell'attore al pagamento della somma di euro 36.074,30 oltre interessi legali da calcolarsi ai sensi dell'art. 1284, comma 4, c.c. dal 7 aprile 2023 sino al saldo. 11. Non vi sono i presupposti per la condanna dell'attore ex art. 96 c.p.c., come invece richiesto dalla convenuta in comparsa di risposta. 12. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in favore dell'erario (artt. 133, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115: "Il provvedimento che pone a carico della parte soccombente non ammessa al patrocinio la rifusione delle spese processuali a favore della parte ammessa dispone che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato"), in quanto la convenuta è ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato (v., fra le altre, Cass., sez. II, 19 gennaio 2021, n. 777). P.Q.M. Il Tribunale di Bologna in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, ogni diversa domanda, istanza ed eccezione respinta: - rigetta l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo 7 aprile 2023 n. 1858 proposta da F. M. contro G. S.; - revoca il decreto ingiuntivo 7 aprile 2023 n. 1858; - condanna F. M. a pagare a G. S. la somma di euro 36.074,30 oltre interessi legali da calcolarsi ai sensi dell'art. 1284, comma 4, c.c. dal 7 aprile 2023 sino al saldo; - rigetta la domanda di condanna ai sensi dell'art. 96 c.p.c. proposta da G. S. contro F. M.; - liquida le spese processuali a carico di F. M. in euro 3.809,00 per compenso, oltre rimborso forfettario 15%, oltra CPA e IVA come per legge. Bologna, 15 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE composta dai signori: Dott. BELTRANI Sergio - Presidente Dott. BORSELLINO Maria Daniela - Consigliere Dott. D'AURIA Donato - Consigliere Dott. SGADARI Giuseppe - Consigliere est. Dott. LEOPIZZI Alessandro - Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA Sul ricorso proposto da: Go.Ma., nata a N l'(Omissis), avverso l'ordinanza del 29/01/2024 del Tribunale di Napoli, visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari; sentito il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale Luigi Cuomo, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso; sentito il difensore, Avv. Ma.Au., anche in sostituzione dell'Avv. Ge.Ca., che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Napoli, in sede di riesame di provvedimenti impositivi di misura cautelare personale, ha confermato l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, emessa l'8 gennaio 2024, che aveva applicato alla ricorrente la misura degli arresti domiciliari in relazione al reato di estorsione aggravata, per avere costretto la persona offesa - una suora della (Omissis) - anche con violenza fisica, a consegnarle denaro a più riprese e a donarle l'usufrutto di un immobile, minacciandola che avrebbe rivelato alla madre superiora di quella congregazione la loro pregressa relazione sentimentale. 2. Ricorre per cassazione Go.Ma., deducendo: 1) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'assenza di autonoma valutazione del Tribunale degli indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, avendo l'ordinanza copiato interi passaggi del provvedimento genetico impositivo della misura, a sua volta ripetitivo rispetto al contenuto della richiesta avanzata dal Pubblico ministero. Nel ricorso, attraverso diversi richiami testuali, si evidenziano i punti specifici della operazione di copia-incolla, censurando come meramente terminologiche le rilevate differenze tra il primo ed il secondo provvedimento dei giudici della cautela e la richiesta di misura. Di tal che, l'ordinanza impugnata non si sarebbe confrontata con le doglianze difensive contenute agli atti ed esplicitate ai fgg. 16 - 21 del ricorso; 2) violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza quanto al segmento della incolpazione provvisoria inerente alla donazione dell'usufrutto di un appartamento. Anche in questo caso, il Tribunale non avrebbe offerto autonoma valutazione, fidandosi delle dichiarazioni della persona offesa sebbene contraddette da altre risultanze, indicate ai fgg. 23 - 25 del ricorso; 3) violazione di legge e vizio di motivazione quanto alle esigenze cautelari. Il ricorso ribadisce l'assenza di autonoma valutazione da parte del Tribunale, che non avrebbe valorizzato il tempo trascorso dai fatti (l'ultimo episodio risalendo al giugno 2021) idoneo ad escludere concretezza ed attualità al pericolo di recidiva. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso, proposto per motivi complessivamente infondati, deve essere rigettato. 1.1. Quanto ai primi due motivi, che possono essere trattati congiuntamente, deve ricordarsi, in punto di diritto, che l'ordinanza cautelare adottata dal tribunale del riesame non richiede, a pena di nullità, l'autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, in quanto tale requisito è previsto dall'art. 292, comma 2, cod. proc. pen. con riguardo alla sola decisione adottata dal giudice che emette la misura inaudita altera parte, essendo funzionale a garantire l'equidistanza tra l'organo requirente che ha formulato la richiesta e l'organo giudicante (in motivazione, la Corte ha precisato che, con riferimento ai provvedimenti cautelari diversi dall'ordinanza genetica ex art. 292, cod. proc. pen., possono farsi valere unicamente i vizi della motivazione o la motivazione assente o apparente). (Sez. 1 n. 8518 del 10/09/2020, dep. 2021, Galletta, Rv. 280603). Inoltre, in tema di impugnazioni avverso i provvedimenti de libertate, il ricorrente per cassazione che denunci la nullità dell'ordinanza cautelare per omessa autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza ha l'onere di indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali detta omissione abbia impedito apprezzamenti di segno contrario di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate (Sez. 1, n. 46447 del 16/10/2019, Firozpoor, Rv. 277496). 1.2. Nel caso in esame, pertanto, devono ritenersi non consentite tutte le censure con le quali la ricorrente lamenta il difetto di autonoma valutazione da parte del Tribunale. 1.3. Quanto alle restanti censure che ineriscono alla mancanza di autonoma valutazione da parte del Giudice per le indagini preliminari dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, il ricorso è generico - così come lo era l'istanza di riesame - perché si limita a richiamare alcuni insignificanti passaggi della richiesta di misura cautelare, avanzata dal Pubblico ministero, che sarebbero stati oggetto di copiatura non valutativa da parte del primo giudice, evitando ogni confronto con numerose risultanze ritenute decisive a sostegno dell'ordinanza genetica e poi ulteriormente valorizzate dal Tribunale, così da rendere sterile la censura sia dal punto di vista procedurale che in ordine ai vizi motivazionali riconducibili all'art. 606, comma 1,lett. e), cod. proc. pen. per quanto relativo alla valutazione della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Infatti, il ricorso prova a mettere in dubbio l'attendibilità della persona offesa senza confrontarsi con le numerose testimonianze a riscontro provenienti da soggetti terzi, indicati dal Tribunale nella sorella della vittima, nella teste De.Ma., nella teste Pi.Lu., nel teste Pu.Ge., nella teste In.Fi., oltre che da documenti e dalle dichiarazioni della madre superiora Co.An.; risultanze, tutte, idonee a corroborare interi segmenti del racconto della vittima, che il Tribunale ha analizzato anche cronologicamente senza incorrere in alcuna manifesta illogicità. Tanto assorbe e supera ogni altra considerazione difensiva. 2. È infondato anche il motivo di ricorso che inerisce alle esigenze cautelari, dal momento che non mette in luce la circostanza decisiva che ha indotto il Tribunale a ritenere sussistente il pericolo di recidiva, vale a dire la professionalità manifestata dalla ricorrente nel commettere una condotta illecita in modo continuativo per lungo tempo, ottenendo cospicui benefici attraverso una condotta marcatamente priva di scrupoli ed anche violenta (fg. 8 dell'ordinanza impugnata). Si tratta di motivazione congrua, non attaccata da alcuna specifica confutazione e idonea a superare ogni altro elemento a discarico. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio dell'8 maggio 2024. Depositata in Cancelleria il 30 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'APPELLO DI GENOVA Sezione III Civile Composto dai (...) Rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa RG (...)/2020 promossa da: (...) rappresentato e difeso dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliat (...) presso l'avv. (...) per mandato in atti (...) contro (...) e (...) rappresentati e difesi dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest'ultimo in (...), per mandato in atti (...)(...) "Voglia l'(...)ma Corte d'Appello adita, contrariis reiectis, in accoglimento del proposto gravame ed in riforma dell'impugnata sentenza n. (...)/2020 del 05.11.2020, depositata in pari data, notificata a mezzo pec in data (...), emessa dal Tribunale Civile della (...) in composizione monocratica, resa nel giudizio recante R.G. n. (...)/2015, per l'effetto: - in via principale: per le ragioni partitamente esposte nel corpo del presente atto, in accoglimento del proposto gravame e previa ammissione delle istanze istruttorie richieste e non ammesse in primo grado, ritrascritte di seguito in calce: - accertata e dichiarata la nullità dell'atto a rogito Notaio Dott. (...) di (...) del 04.03.2010 - Rep. n. (...), Racc. n. (...), registrato in data (...) - denominato "Vitalizio", stipulato tra la sig.ra (...) ed il sig. (...) giusta sentenza parziale n. (...)/2023 del 7/2/2023 emessa da codesta (...)ma Corte d'Appello nel presente giudizio RG (...)/2020; - Conseguentemente accertare e dichiarare, anche per accertata e dichiarata malafede del terzo, l'inesistenza/nullità/annullabilità, totale e parziale / inefficacia anche dei successivi atti dispositivi sull'immobile de quo, ovvero dei contratti di vitalizio a rogito Notaio Dott. (...) di (...) del 06.09.2013 - Rep. n. (...), Racc. n. (...), registrato a (...) il (...) e trascritto in pari data presso la (...) di (...) al (...) Gen. n. (...), Reg. Part. n. (...) - e di compravendita a rogito Notaio Dott. (...) del 12.02.14, stipulati tra il sig. (...) e la sig.ra (...) - Condannare il terzo possessore, anche per accertata e dichiarata malafede del terzo, condannare il terzo possessore alla restituzione ed all'immediato rilascio, libero da persone e vuoto da cose, dell'immobile sito in (...) n. 6, in favore dell'eredità della sig.ra (...) - ricostruire l'intera massa ereditaria (relictum e donatum) della de cuius, sig.ra (...) tenendo conto di tutti i cespiti ed in particolare dell'immobile de quo, con i relativi frutti, nonché dei denari dalla stessa posseduti derivanti dalla vendita degli immobili palermitani di cui in narrativa; - attribuire all'attore, (...) una quota pari ad un terzo dell'eredità, salva quota diversa ritenuta giusta ed equa; - condannare il sig. (...) nonché, in caso di accertata malafede, la sig.ra (...) al risarcimento, in solido o pro quota, dei danni patiti dall'attore in conseguenza del mancato godimento dell'immobile da quantificarsi nella misura di un terzo, salvo diversa quota ritenuta di giustizia, dell'indennità di occupazione, pari ad Euro. 550,00 mensili, salvo maggiore o minore determinazione in corso di causa, dalla data del decesso della sig.ra (...) (04.12.2012) fino all'effettivo rilascio, o in quella maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, se ed in quanto dovuta; - in ogni caso: con vittorie di spese e spettanze di entrambi i gradi di giudizio, nonché delle spese di Ctu espletata in primo grado. In via istruttoria: si insiste per l'ammissione dei mezzi istruttori già richiesti e non ammessi in primo grado e reiterati in sede di precisazione delle conclusioni ovvero: I) Si chiede ammettere interrogatorio formale della sig.ra (...) sui seguenti capitoli: a) alla data di settembre 2013 era disoccupata; b) dica comunque a quanto ammontavano le sue entrate mensili; c) alla data di febbraio 2014 era sempre disoccupata; d) dica comunque a quanto ammontavano le sue entrate mensili; e) ad oggi è tuttora disoccupata; f) dica comunque a quanto ammontano le sue entrate mensili; g) la sua relazione sentimentale con il sig. (...) è iniziata nel luglio 2012. Si chiede, altresì, ammettersi interrogatorio formale del sig. (...) sui seguenti capitoli: h) percepisce uno stipendio/pensione di circa Euro. 2.000,00 mensili. II) Si chiede ammettersi prova per testi sulle circostanze di seguito capitolate, da intendersi precedute dal rituale "vero che", ad eccezione di quelle vertenti su fatti che il (...) ritenesse già provati documentalmente e/o pacifici e/o incontestati: 1. DVC: conferma in ogni sua parte la perizia di stima che le viene rammostrata quale doc. 6 fasc. Avv. (...) Si indicano a testi, sui capitoli che precedono, il (...) da (...), salvo se altri. III) Si chiede ammettersi Ctu contabile, volta a ricostruire l'intero patrimonio della defunta (relictum e donatum) stabilendone la divisibilità o meno in quote, fissazione dell'entità delle quote, previa riduzione delle disposizioni lesive nei modi di legge, pervenendo alla quota da assegnare all'attore. - IV) Si chiede emettersi ordine d'esibizione, ex art. 210 cpc, nei confronti dell'ASL 5 "Spezzino", del fascicolo sanitario e dei nominativi dei medici che hanno seguito nei suoi ultimi cinque anni di vita la sig.ra (...) c.f. (...), già oggetto di specifica richiesta a mezzo pec del 10.05.17 e successivo rifiuto da parte dell'(...) (cfr. doc. 16 e 29, qui prodotti) al fine di sentirli a testimoni in ordine al quadro clinico ed alle eventuali patologie cui la stessa era affetta in detto periodo, ed in particolare sui seguenti capitoli, salvo di ulteriori a seguito dell'esame del fascicolo sanitario: 2. DVC: descriva il quadro clinico e dica di quali patologie era affetta la sig.ra (...) dall'anno 2008 sino alla data del decesso. Si chiede emettersi ordine d'esibizione, ex art. 210 cpc, nei confronti della sig.ra (...) e di (...) spa, dell'estratto di conto corrente dal quale è stato emesso l'assegno bancario non trasferibile n. 8234667749-09 tratto su banca (...) spa in data (...) in favore del sig. (...) nonché ordine d'esibizione, ex art. 210 cpc, nei confronti del medesimo (...) e di (...) spa, dell'estratto di conto corrente dal quale risulta l'incasso ed il successivo accreditamento del predetto assegno. - Si chiede emettersi, altresì, ordine d'esibizione, ex art. 210 cpc, nei confronti del sig. (...) e della banca (...) spa, dell'estratto di conto corrente avente (...) n.(...), risultante aperto sulla filiale di (...) (conto corrente sul quale sono stati effettuati da parte dell'attore i due bonifici delle somme spettanti al sig. (...) ed alla sig.ra (...) in virtù del verbale di conciliazione giudiziale di cui sub doc. 10) relativo al quinquennio antecedente la data di decesso della sig.ra (...) (04.12.12). Si chiede, da ultimo, emettersi ordine d'esibizione, ex art. 210 cpc, nei confronti di banca (...) spa, dell'estratto di conto corrente (da giugno 2007 a dicembre 2008) cointestato ai sigg.ri (...) e (...) sul quale risultano essere stati incassati i bonifici bancari della (...) di (...) spa, filiale di (...) in data (...) e in data (...), entrambi della somma di Euro. 40.000,00, aventi rispettivamente n. CRO (...) e n. CRO (...), risultanti dall'atto di compravendita a rogito (...) del 22.07.08 (cfr. doc. 7 fasc. Avv. (...). In caso d'ammissione di eventuali capitoli avversari, si chiede sin d'ora di sentire i testi in controprova sui medesimi capitoli avversari". (...) "Piaccia alla (...)ma Corte, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione reiecta, previa, ove ritenuto, ammissione delle prove per interpello e testi, di cui alla memoria ex art. 183, comma VI, n. 2, c.p.c. del 1/6/2017, rigettare l'appello ex adverso interposto nei confronti della sentenza del Tribunale della (...) n. 2(...)/2020, pubblicata in data (...), in quanto i residui motivi di gravame ex avverso proposti sin qui non esaminati da (...)ma Corte sono inammissibili e/o invalidi e/o infondati in fatto ed in diritto, nonché carenti di supporto probatorio, con conseguente conferma della predetta sentenza in parte qua. Vinte le spese, compensi e accessori del presente grado di giudizio. Clausola concessa come per legge". FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE Il sig. (...) conveniva in giudizio innanzi al Tribunale della (...) il fratello (...) e la signora (...) e, in contraddittorio con gli eredi della sorella (...) chiedeva: l'accertamento della qualità di erede della madre (...) la nullità dell'atto notarile denominato "vitalizio" del 4/3/2010 stipulato tra la madre (...) ed il fratello (...) per mancanza requisiti di legge e insussistenza della causa; (...) della malafede del terzo ((...) con conseguente invalidità dei successivi atti dispositivi dell'immobile, e cioè il vitalizio del 6/9/2013 stipulato tra il sig. (...) e la signora (...) e l'atto di compravendita stipulato tra il sig. (...) e la signora (...) del 12.2.2014; La condanna alla restituzione dell'immobile a carico del terzo possessore; La ricostruzione della massa ereditaria, attribuzione della quota di un terzo, il risarcimento dei danni per mancato godimento dell'immobile. Nel giudizio di primo grado si costituivano i signori (...) e (...) che chiedevano il rigetto della domanda, nonchè i signori (...) e (...) rispettivamente marito e figli della defunta signora (...) che formulavano domande analoghe a quelle di (...) Innanzi al Tribunale veniva esperita la mediazione obbligatoria, che dava esito negativo; veniva disposta CTU sul valore dell'immobile oggetto di vitalizio ed erano respinte tutte le altre istanze istruttorie. LA SENTENZA N. (...)/2020 PUBBLICATA IL (...) TRIBUNALE (...) dava atto dell'apertura della successione della signora (...) (madre); dichiarava la validità del contratto del 4/3/2010 di vitalizio stipulato tra la signora (...) ed il figlio convivente (...) riteneva il Tribunale che l'età anagrafica della signora (...) (88 anni) di per sé sola non costituisse elemento atto a far venir meno il requisito dell'alea; che non risultava che la (...) fosse affetta da malattie o patologie da far presumere un imminente decesso; che sussistesse dunque incertezza in merito alla possibilità di sopravvivenza, e che le addotte difficoltà di deambulazione non fossero rilevanti; che il prezzo indicato in atto pubblico fosse congruo, come confermato dalla CTU esperita in corso di causa; che risultava che il (...) avesse sempre assistito la madre, sostenendo le relative spese, mentre nessuna delle altre parti aveva prodotto ricevute di spese mediche; che con la pensione di Euro 1.300,00 la (...) potesse solo sostenere i costi vivi della badante signora (...) che assisteva l'anziana dal 2009, mentre per il periodo precedente risultava vi avesse provveduto il figlio convivente (...) respingeva la domanda di accertamento della malafede della signora (...) e di accertamento della nullità/invalidità/inefficacia del contratto di vitalizio del 6/9/2013 stipulato tra il sig. (...) e la signora (...) avente ad oggetto il diritto di usufrutto sull'immobile a suo tempo oggetto del vitalizio stipulato tra (...) e la propria madre in data (...), nonché dell'atto di compravendita del 12/2/2014 avente ad oggetto la nuda proprietà del medesimo immobile; il giudice rilevava in particolare che quest'ultimo atto risultasse giustificato da motivi fiscali comprovati dal fatto che due giorni dopo il (...) acquistava altro immobile in (...) il Tribunale della (...) non riteneva sussistenti elementi per valutare la malafede della (...) Il giudice respingeva la domanda subordinata di simulazione dell'atto di vitalizio del 2010; respingeva tutte le altre domande (di restituzione e rilascio immobile, ricostruzione massa ereditaria, attribuzione della quota e risarcimento del danno). Con atto d'appello il sig. (...) impugnava la predetta sentenza del Tribunale della (...) svolgendo sette motivi d'appello: 1° MOTIVO (...) censura la statuizione del Tribunale che ha qualificato l'atto del 4/3/2010 come vitalizio improprio e che ha rigettato le istanze istruttorie, consistenti nell'interrogatorio e prova per testi, nonché gli ordini di esibizione ex art. 210 c.p.c. Il Tribunale avrebbe illegittimamente e contraddittoriamente respinto le istanze istruttorie e contemporaneamente addebitato all'attore ed agli intervenuti il mancato assolvimento dell'onere probatorio; l'appellante insiste per l'ammissione delle prove per interrogatorio e testi, per l'ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. di documenti medici e bancari, ritenendo le richieste fondate e necessarie. 2° MOTIVO (...) contesta la sussistenza dell'alea del contratto di vitalizio, considerata l'età avanzata (88 anni) e le condizioni della signora (...) desumibili dalla assunzione di una badante, dal riconoscimento di una pensione di invalidità, dal fatto che avesse conferito procura per la stipula per la vendita degli immobili palermitani, che la predetta fosse stata sottoscritta presso la propria abitazione, che nel contratto di vitalizio si fosse dato atto dell'impossibilità di firmare. In considerazione di tali elementi, l'appellante insiste per l'ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. dei documenti medici. 3° MOTIVO Con il terzo motivo l'appellante contesta la sentenza nella parte in cui ha ritenuto irrilevante la dichiarazione del valore dell'immobile nell'atto di vitalizio; l'appellante richiama la valutazione del prezzo dell'immobile da parte del CTU in Euro 143.000,00, lamenta la fittizietà del prezzo indicato nell'atto di vitalizio (Euro 53.550,00) ed insiste nella domanda di nullità dell'atto per l'inesistenza del prezzo anche per la "confessione" del (...) di aver indicato la somma ai soli fini fiscali. La differenza del prezzo indicato in atto pubblico rispetto al valore dell'immobile sarebbe indicativa della simulazione del contratto di vitalizio del 4/3/2010; in ogni caso, sarebbe indicativa della sproporzione tra le prestazioni. 4° MOTIVO (...) contesta la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto insussistente la sproporzione tra il valore del bene e le prestazioni del (...) il sig. (...) contesta che solo il sig. (...) si sarebbe occupato della madre dal 2004 in quanto anch'egli avrebbe contribuito alle spese di assistenza; in ogni caso, rileva che la circostanza non sarebbe oggetto di esame nel presente giudizio; osserva che la signora (...) era assistita da una colf fino al 2009 e, dopo tale data, dalla badante ((...); che la madre godeva di pensione e poteva contare sulla rendita degli immobili palermitani. In definitiva, in detto contratto di vitalizio mancherebbe l'alea e la proporzionalità tra le prestazioni. 5° MOTIVO (...) censura la motivazione del Tribunale in ordine al rigetto dell'accertamento della mala fede del terzo signora (...) in relazione alla stipula dei successivi atti di disposizione dell'immobile, nonché al rigetto delle domande di restituzione, rilascio e risarcimento dei danni. Con riferimento al successivo atto di vitalizio del 6/9/2013 con cui il (...) aveva ceduto alla signora (...) la nuda proprietà nonché all'atto del 12/2/2014 di cessione dell'usufrutto dell'immobile oggetto del vitalizio, l'appellante lamenta la mancata prova del pagamento del prezzo da parte della (...) al (...) ed insiste sulle istanze istruttorie, cioè l'ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. nei confronti della (...) ed (...) dell'estratto del conto corrente dal quale è stato emesso l'assegno bancario in pagamento del prezzo, nonché analoga richiesta ex art. 210 c.p.c. nei confronti del (...) dedurrebbe la malafede della (...) dal fatto che nel contratto di vitalizio stipulato tra la (...) ed il sig. (...) si dava atto che la prima sin dal 2009 avrebbe fornito prestazioni assistenziali, in contraddizione con il fatto che nel contratto di vitalizio del 2010 il (...) affermava di aver fornito prestazioni assistenziali alla propria madre. 6° MOTIVO (...) insiste per l'accoglimento della domanda subordinata di simulazione del contratto del 4/3/2010 per essere una donazione o un vitalizio misto a donazione e per l'accoglimento della "conseguente domanda di riduzione ex art. 555 e ss c.c."; chiede che venga dichiarato che la predetta donazione dissimulata eccede la quota di cui la de cuius poteva disporre, al fine di reintegrare la quota di legittima spettante al (...) (1/3 del patrimonio). 7° MOTIVO (...) impugna la condanna alle spese, chiedendone la riforma in ragione dell'accoglimento dei motivi d'appello. Si costituivano in giudizio nel presente grado (...) e (...) che chiedevano il rigetto dell'appello. La Corte con ordinanza del 25/3/2021 la Corte dichiarava la contumacia di (...) e (...) All'udienza del 15/9/2022 le parti precisavano le conclusioni come in epigrafe trascritte e la Corte tratteneva la causa in decisione, concedendo i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche. Con sentenza parziale del 7/2/2023 la Corte, in parziale accoglimento dei motivi d'appello proposti e, in parziale riforma della sentenza del Tribunale della (...) n. (...)/2020 pubblicata il (...), così decideva: - dichiara la nullità dell'atto a rogito (...) di (...) del 04.03.2010 - Rep. n. 139.397, Racc. n. 29.320, registrato in data (...) - denominato "Vitalizio", stipulato tra la sig.ra (...) ed il sig. (...) - Rimette la causa in istruttoria con separata ordinanza; - Spese al definitivo. Con ordinanza in pari data, vista la domanda di ricostruzione dell'asse ereditario formulata dall'appellante e ritenuta incontestata la qualità di eredi delle odierne parti in causa, la Corte rimetteva la causa in istruttoria con separata ordinanza per il conferimento al CTU dell'incarico di ricostruire la massa ereditaria. Il CTU depositava la relazione peritale. All'udienza del 15/9/2023 le parti precisavano le conclusioni come in epigrafe trascritte e la Corte tratteneva la causa in decisione, concedendo i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche. Il presente giudizio trae origine dal contratto di c.d. "vitalizio alimentare" stipulato con atto per (...) dott. (...) in data (...), denominato "Vitalizio", con il quale la signora (...) cedeva al figlio sig. (...) l'intero diritto di proprietà del bene immobile sito in (...) privata (...) n. 6, riservandosi l'usufrutto; quale corrispettivo, il sig. (...) si impegnava a provvedere al completo mantenimento della cedente (...) per tutta la di lei vita, sia in stato di salute che di infermità, fornendole assistenza, alloggio, vitto e cure. Detto contratto è stato dichiarato nullo con la sentenza parziale di questa Corte del 7/2/2023 in quanto, considerata l'età della vitaliziata e l'aspettativa di vita, nonché le condizioni di estrema debolezza di cui essa era attinta, si riteneva ravvisabile una palese sproporzione tra le prestazioni di cura ed assistenza poste a carico del sig. (...) ed il valore del cespite oggetto di trasferimento, determinato dalla CTU esperita in primo grado, con riferimento alla nuda proprietà, alla data della stipula del contratto (2010), in Euro 143.000,00. Tali elementi consentivano di affermare l'insussistenza dell'alea e la sproporzione tra il valore del bene ceduto con il contratto di vitalizio e l'obbligo assunto dal (...) che era anche coadiuvato da una colf e/o da una badante, che viveva insieme alla madre nell'alloggio di proprietà di quest'ultima, non completamente priva di redditi, in quanto titolare di pensione; risultava inoltre che alcune spese erano state suddivise con il fratello (...) I primi quattro motivi d'appello sono stati esaminati e decisi dalla sentenza parziale del 7/2/23 che ha dichiarato la nullità dell'atto notarile denominato "vitalizio" del 4/3/2010 di cui sopra. La Corte esamina il motivo quinto e lo respinge in quanto infondato. Il sig. (...) proprietario dell'alloggio sito in (...) in virtù del vitalizio stipulato il (...) con la propria madre, dopo il decesso di quest'ultima avvenuto il (...), il (...) stipulava a sua volta un contratto di vitalizio con la signora (...) con detto vitalizio il sig. (...) cedeva l'usufrutto dell'alloggio di (...) in cambio dell'assistenza vita natural durante da parte della (...) con successivo atto pubblico del 12/2/2014 il (...) cedeva la nuda proprietà del medesimo alloggio alla signora (...) La domanda di nullità degli atti di vitalizio del 2013 e di vendita del 2014, previo accertamento della malafede del terzo signora (...) non può essere accolta per la mancanza di prova sul punto, in quanto la parte appellata non ha assolto all'onere probatorio e non risultano elementi dai quali desumere la mala fede della signora (...). 1445 c.c. prevede l'inopponibilità dell'annullamento ai terzi acquirenti in buona fede a titolo oneroso, fatti salvi gli effetti della preventiva trascrizione della domanda di annullamento rispetto all'atto d'acquisto. A riguardo va considerato che costituisce principio generale quello secondo cui la buona fede si presume (v. Cass. 8258/1997, secondo cui il principio della presunzione di buona fede ha portata generale). Pur essendo possibile offrire la prova contraria mediante presunzioni semplici ex art. 2729 c.c., la presunzione in questione non è vinta dall'allegazione del mero sospetto di una situazione illegittima essendo, invece, necessario che l'esistenza del dubbio promani da circostanze serie, concrete e non meramente ipotetiche, la cui prova deve essere fornita da colui che intenda contrastare detta presunzione legale di buona fede (v. Cass. 6648/2000). La signora (...) veniva assunta come badante della signora (...) nel 2009 e - per stessa impostazione delle difese dell'appellante - non ha rivestito alcun ruolo nella stipula del contratto di vitalizio del 2010 tra (...) e la madre (...) Deve sottolinearsi che il contratto di vitalizio del 4/3/2010 è stato dichiarato nullo in considerazione della mancanza dell'alea, in accoglimento della domanda in via principale formulata dal (...) rimanendo incontestato che (...) conviveva con la madre dal 2004 e che quantomeno da tale data, seppure con la collaborazione di una colf prima e della badante in seguito, le aveva prestato assistenza. Il contratto di vitalizio non va confuso con il mantenimento, che è circoscritto ad un esborso di denaro periodico; il dovere del vitaliziante non contiene una semplice prestazione materiale, e pertanto non riguarda solo la sfera economica, ma anche, e principalmente, interessa una continuativa assistenza ed altre utilità, come il sostegno morale e spirituale, essendo anzi questi secondi aspetti ritenuti prevalenti. Pertanto, alcuna contraddizione o anomalia come affermato dall'appellante - può rinvenirsi tra le prestazioni assistenziali prestate dal (...) alla propria madre, di natura anche affettiva ed oggetto del vitalizio e l'assistenza prestata dalla colf e dalla badante all'anziana, in quanto si tratta di prestazioni ontologicamente differenti e non sovrapponibili. Le stesse considerazioni valgano in relazione al contratto di vitalizio stipulato tra il sig. (...) e la signora (...) nel 2013, quando essa non era più badante dell'anziana, deceduta nel 2012. Alla data della stipula del vitalizio - che contemplava il trasferimento della nuda proprietà dell'immobile di (...) - il sig. (...) ne era legittimo proprietario da circa tre anni, né risultano avanzate eventuali richieste formali da parte dell'appellante sino al 28/9/2015, data dell'introduzione del presente giudizio, neppure preceduto dalla mediazione, esperita in corso di causa innanzi al Tribunale. Di nessun rilievo deve ritenersi la dichiarazione in atto pubblico da parte della (...) di aver prestato assistenza al (...) sin dal 2009, circostanza confermata dal fatto che ella continuava a risiedere presso l'abitazione di questi anche dopo il decesso della madre. Risulta documentale che il (...), solo due giorni dopo il successivo trasferimento dell'usufrutto dell'immobile alla signora (...) in data (...), il sig. (...) acquistava un altro immobile, a sé solo intestato; considerato la pressoché contestualità dei due atti, l'operazione appare giustificata dai motivi fiscali addotti dalle parti contraenti e richiamati dal Tribunale. Il prezzo di vendita dell'usufrutto sull'immobile indicato in atto pubblico (Euro 70.000,00) può considerarsi aderente al valore di mercato; le modalità di pagamento del prezzo, consistenti nel pagamento di un acconto di Euro 10.000,00, e saldo a mezzo pagamenti rateali, sono coerenti con la disponibilità patrimoniale della signora (...) A ciò si aggiunga che i signori (...) e (...) contraevano matrimonio dopo qualche mese, in data (...) (v. Atto matrimonio doc. 5 appellante), per cui i trasferimenti immobiliari descritti nel presente giudizio si inserivano nella definizione dei rapporti patrimoniali tra i predetti. (...) insiste nell'accoglimento delle prove orali, consistenti nella richiesta di interrogatorio formale di entrambi gli appellati, già ritenute irrilevanti ed inammissibili dal primo giudice con ordinanza del 16/10/2017: le circostanze capitolate con interrogatorio formale riguardano principalmente la condizione economica della signora (...) - in maniera generica - nonché l'inizio della relazione sentimentale della medesima con l'attuale coniuge (...) che - in ogni caso - viene individuata dagli stessi appellanti al 2012, cioè in epoca successiva alla stipula del vitalizio tra il (...) e la madre, avvenuta nel 2010. Devono essere altresì respinte le richieste ex art. 210 c.p.c. di ordine di esibizione dei conti correnti al fine di verificare l'incasso dell'assegno del pagamento del prezzo nel 2014 e la produzione di documenti medici della de cuius. Tali circostanze devono ritenersi tutte irrilevanti ai fini della prova della supposta mala fede della signora (...) di cui, anche considerando la mancanza di contestualità della stipula degli atti impugnati, non risultano evidenze. Il motivo deve pertanto essere respinto. La Corte ritiene assorbito il motivo sesto relativo alla domanda subordinata di simulazione del vitalizio del 2010, essendo già stata accolta la domanda principale di dichiarazione di nullità del vitalizio del 2010 per mancanza di alea. La Corte esamina la domanda di ricostruzione dell'intera massa ereditaria (relictum e donatum) della de cuius, sig.ra (...) da accogliersi per i motivi infra indicati. In conseguenza della dichiarazione di nullità del contratto di vitalizio del 4/3/2010, il bene immobile oggetto del predetto vitalizio rientra nell'asse ereditario della defunta signora (...) Il sig. (...) ha richiesto, in via sussidiaria, graduata e subordinata, già nell'atto di citazione in primo grado, di "ricostruire l'intera massa ereditaria (relictum e donatum) della de cuius, sig.ra (...) tenendo conto di tutti i cespiti ed in particolare dell'immobile de quo, con i relativi frutti, nonché dei denari dalla stessa posseduti derivanti dalla vendita degli immobili palermitani di cui in narrativa; - attribuire all'attore, (...) una quota pari ad un terzo dell'eredità, salva quota diversa ritenuta giusta ed equa". Nel presente grado è stata esperita (...) la quale ha ricostruito l'asse ereditario, che risulta costituito dall'immobile sito in (...) e dai denari provenienti dalla vendita degli immobili palermitani. Quanto all'esame di eventuali conti correnti intestati o cointestati alla defunta, il (...) in aderenza a quanto disposto dalla Corte con ordinanza dell'8/6/2023 in risposta a specifico quesito, non ha tenuto conto di documenti non prodotti ritualmente agli atti; la consulenza d'ufficio è difatti un mezzo di ausilio per il giudice e non mezzo di prova a disposizione delle parti. Il CTU ha stimato la proprietà in capo alla de cuius dell'immobile sito in (...) in (...) civ. 6 - che secondo quanto disposto con sentenza parziale rientra nell'asse ereditario attribuendole il valore di Euro 143.700,00, richiamandosi alla consulenza dell'arch. (...) all. 10; la predetta perizia è corredata da fotografie, planimetrie e calcoli, nonchè indagini di mercato da ritenersi attendibili e condivisibili. Il CTU ha ipotizzato spese per la regolarizzazione urbanistico/catastale dell'immobile in Euro 3.000,00 oltre eventuali oneri fiscali, nonchè il valore finale delle migliorie apportate dal sig. (...) in Euro 5.209,61 (Euro 5.850,00 per la sostituzione degli infissi, Euro 3.000,00 per l'impianto di climatizzazione ed Euro 5.000,00 per il rifacimento del servizio igienico, con applicazione del deprezzamento per la vetustà dei componenti e dell'usura); si tiene conto del valore dell'immobile alla data dell'espletamento della CTU secondo quanto statuito dalla Suprema Corte, Cassazione 8/11/23 (...), secondo cui "ai fini della determinazione della quota di legittima e della quota disponibile, deve aversi riguardo, ai sensi degli arti. 556 e 564 c.c., esclusivamente al valore dell'asse ereditario al tempo dell'apertura della successione, differentemente dalla stima dei beni per la formazione delle quote per la divisione ereditaria, che a norma dell'art. 726 c.c., deve farsi con riferimento al loro stato e valore venale al tempo della divisione anche quando si provveda alla reintegrazione della legittima (conforme Cass n. 739/1977)". Pertanto, detraendo dalla stima i costi necessari per la regolarizzazione nonchè le migliorie apportate, il valore finale dell'immobile ammonta ad Euro 135.490,39. Il CTU ha verificato l'importo ricavato dalla vendita degli immobili in (...) piazza (...) come ricostruito alle pagine 12 e ss, che ha tenuto in conto l'atto pubblico del 22/7/2008 (...) (doc. 7 appellante) ed il verbale di conciliazione 1 giugno 2011 (doc. 10 appellante). La signora (...) era proprietaria per una quota indivisa dei predetti immobili pari a 9/72 nonchè per l'usufrutto uxorio dell'intero; l'usufrutto deve essere calcolato per 1/3 in quanto l'immobile perveniva alla de cuius quale eredità del marito deceduto nel 1975, prima della riforma del diritto di famiglia . (...) l'art.127 del Codice civile anteriore alla riforma del diritto di famiglia del 1975: "(...) con il coniuge concorrono figli legittimi, soli o con figli naturali, il coniuge ha il diritto all'usufrutto di una quota di eredità. (...) è della metà dell'eredità, se alla successione concorre un solo figlio, e di un terzo negli altri casi. (...)". Pertanto, la somma spettante alla signora (...) e caduta in successione è pari ad Euro 31.162,00, e cioè Euro 9.900,00 (1/3 dell'usufrutto sull'intero) più Euro 21.262,50 (quota 9/72 della proprietà), come risulta dalla tabella del CTU alla pagina 15, che si richiama. La Corte ritiene la CTU esaustiva ed attendibile, basata sui documenti agli atti, espletata nel contraddittorio delle parti ed in aderenza al quesito posto. Pertanto, il valore della massa ereditaria può essere quantificato nella complessiva somma di Euro 166.652,39, così dettagliata: Euro 143.700,00 pari al valore dell'immobile in (...) da cui devono essere detratti Euro 3.000,00 per le necessarie spese da sostenere per la regolarizzazione ed Euro 5.209,61 per le migliorie apportate dall'appellato (...) giungendo alla somma di Euro 135.490,39. A tale cifra deve aggiungersi la quota spettante alla de cuius dalla vendita degli immobili palermitani, per Euro 31.162,00, secondo il dettaglio sopra specificato. La Corte accoglie la domanda del sig. (...) quale erede della madre (...) di attribuzione dell'eredità per la quota pari ad un terzo: la signora (...) non ha lasciato testamento e le succedono ex lege ex art. 566 c.c. in parti uguali i figli (...) e (...) (per quest'ultima, deceduta, i figli ed il marito). Non sono state formulate domande di condanna al pagamento e/o di divisione. La Corte respinge la domanda di risarcimento dei danni per mancato godimento dell'immobile in quanto il godimento del bene da parte del coerede non comporta di per sè, in assenza di titolo o di prova dell'opposizione degli altri eredi, alcun obbligo di corrispondere un'indennità per l'occupazione esclusiva (Cass. 9/2/2015 n. 2423 secondo cui "L' uso esclusivo del bene comune da parte di uno dei comproprietari, nei limiti di cui all'art. 1102 cod. civ., non è idoneo a produrre alcun pregiudizio in danno degli altri comproprietari che siano rimasti inerti o abbiano acconsentito ad esso in modo certo ed inequivoco, essendo l'occupante tenuto al pagamento della corrispondente quota di frutti civili ricavabili dal godimento indiretto della cosa solo se gli altri partecipanti abbiano manifestato l'intenzione di utilizzare il bene in maniera diretta e non gli sia stato concesso"), e considerato inoltre che l'immobile è divenuto di proprietà di un terzo che lo ha acquistato in buona fede. SPESE DEL GIUDIZIO All'esito del gravame, in virtù del parziale accoglimento dell'appello e della parziale soccombenza dell'appellante, consegue la condanna della parte appellata al pagamento delle spese di lite in favore della parte appellante, secondo i principi dell'art. 92 c.p.c., nella misura di un mezzo, con compensazione dell'altra metà; le spese si liquidano secondo i parametri di cui al DM 147/2022, con riferimento al valore indeterminabile, complessità bassa, tenuto conto delle questioni trattate e dell'impegno profuso dal legale. E precisamente, quanto al primo grado, per l'intero: 1.Fase di studio Euro 1.701,00; 2. Fase introduttiva Euro 1.204,00; 3. Fase istruttoria Euro 1.806 4.Fase decisionale Euro 2.905,00; Totale Euro 7.616,00 oltre rimb. forf. 15%, iva e cpa. Quanto al grado d'appello, per l'intero: 1.Fase di studio Euro 2.058,00; 2. Fase introduttiva Euro 1418,00; 3. Fase istruttoria 3045 Fase decisionale Euro 3470,00; Totale Euro 9.991,00 oltre rimb. forf. 15%, iva e cpa. P.Q.M. LA CORTE D'APPELLO DI GENOVA definitivamente deliberando, contrariis rejectis, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione: 1) in parziale accoglimento dell'appello proposto da (...) e in parziale riforma della gravata sentenza del Tribunale della (...) n. (...)/2020 del 05.11.2020 depositata in pari data attribuisce all'appellante (...) una quota pari ad un terzo dell'eredità della de cuius (...) come determinata dalla CTU esperita in grado d'appello richiamata in motivazione; 2) Dichiara tenuti e condanna (...) e (...) in solido tra loro, a pagare a (...) le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio pari ad un mezzo, con compensazione della residua metà; liquida detta frazione, quanto al primo grado, in Euro 3.808,00 oltre rimborso forf. 15% iva e cpa; quanto al secondo grado, liquida detta frazione in Euro 4.995,00 oltre rimb. forf 15%, iva e cpa; 3) Pone le spese di CTU a carico delle parti nella misura di 1/2 ciascuna. 4) Conferma nel resto l'impugnata sentenza.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO L A C O R T E D I C A S S A Z I O N E SEZIONE TRIBUTARIA Composta da Federico Sorrentino - Presidente - Oggetto Angelo Matteo Socci - Consigliere - R.G.N. 8966/2020 Ugo Candia - Consigliere - Cron. Giuseppe Lo Sardo - Consigliere - UP – 14/05/2024 Andrea Penta - Consigliere Rel. - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 8966/2020 proposto da: Baldassarra Matteo, nato a Frosinone in data 2 agosto 1984 e residente in Roma, alla Via Garigliano n. 72 (C.F.: BLDMTT84M02D810D), rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall'Avv. Antonio Baldassarra (C.F.: BLDNTN53R101838D) ed elettivamente domiciliato presso di lui in Roma, alla Piazza di Novella n. 1 (Studio Avv. Federico Lucci; recapito fax: 0776832466; e-mail pec: [email protected]); - ricorrente - contro Imposta di registro – Donazione usufrutto sottoposta a condizione sospensiva Agenzia delle Entrate (C.F.: 06363391001), in persona del Direttore Generale pro tempore; - intimata – -avverso la sentenza n. 4690/2019 emessa dalla CTR Lazio in data 30/07/2019 e non notificata; udite le conclusioni orali rassegnate dal P.G. Dott. Carmelo Celentano, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo del ricorso; uditi i difensori del ricorrente, Avv. Antonio Baldassarra, e della intimata, Avv. Mattia Cherubini. Ritenuto in fatto 1. Il notaio Baldassarra Matteo impugnava l’avviso di liquidazione con il quale l’Agenzia aveva richiesto, con riferimento ad un negozio da lui stipulato con cui Paolucci Sante, riservando il diritto di usufrutto per sé e dopo di sé, in caso di sua premorienza, in favore della moglie (che, presente in atto, accettava), aveva donato al figlio la nuda proprietà di un immobile, il pagamento dell’imposta di donazione di euro 200,00 in relazione alla prima donazione ‘condizionata’. Rappresentava che, trattandosi di donazione tra coniugi, nessuna imposta, neppure in misura fissa, fosse dovuta, in quanto la franchigia di un milione di euro copriva e rendeva esente anche l’apposizione degli elementi accidentali del negozio. 2. La CTP di Frosinone rigettava il ricorso. 3. Sull’impugnazione del contribuente, la CTR del Lazio rigettava il gravame, evidenziando che nella specie la donazione aveva dato vita a due distinti negozi (un trasferimento della nuda proprietà in favore del donatario e un’offerta di donazione di usufrutto in favore di terzo, improduttiva di effetti fino a quando non fosse intervenuta l’accettazione di quest’ultimo), e che, in presenza di donazione con riserva, accettata, di usufrutto a favore di un terzo, doveva essere ravvisata l’esistenza di due atti di liberalità distinti, passibili di essere separatamente ed autonomamente tassati, sicchè il contratto di donazione di usufrutto sottoposto a condizione sospensiva della premorienza del donante al beneficiario/donatario doveva essere assoggettato, in sede di registrazione, all’imposta di donazione nella misura fissa. 4. Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Baldassarra Matteo sulla base di due motivi. L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata, non avendo depositato e notificato, ai sensi dell’art. 370, primo comma, cod. proc. civ., alcun controricorso, non essendo tale la mera “nota di costituzione” depositata al dichiarato “solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza pubblica”. Considerato in diritto 1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per aver la CTR omesso di pronunciarsi in merito alle questioni sollevate, avuto particolare riguardo all’applicazione della franchigia di cui all’art. 2, commi 47 e 49, lett. a), d.l. 3 ottobre 2006, n. 262. 2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2, commi 47 e 49, lett. a), d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per aver la CTR omesso di considerare che nel caso di specie il valore della donazione tra coniugi non eccede il milione di euro e, quindi, non è soggetta all’imposta sulle donazioni poiché rientra nella franchigia. 3. I due motivi, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono infondati, sebbene si renda necessario, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 384 cod. proc. civ., correggere la motivazione. In osservanza del principio di autosufficienza, il ricorrente, a pagina 4 del ricorso, ha richiamato l’atto di appello con il quale, a pagina 3, aveva denunciato l’omessa pronuncia, da parte della CTP di Frosinone, sull’unico motivo posto alla base del ricorso introduttivo, secondo cui non sarebbe soggetto ad imposta di registro l’atto di donazione tra coniugi, in franchigia, sottoposto a condizione sospensiva. Non è revocabile in dubbio che la CTR non si sia pronunciata, neppure implicitamente, sullo specifico motivo di gravame, in tal guisa incorrendo in una palese violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. 4. E’ noto, peraltro, che nel giudizio di legittimità, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell'attuale art. 384 cod. proc. civ., una volta verificata l'omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (cfr., di recente, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 17416 del 16/06/2023). Questa Corte (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 3407 del 08/03/2002; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 4425 del 26/03/2003) ha già in passato chiarito che: A) - Il soggetto che, per spirito di liberalità, riservi a favore di una terza persona l'usufrutto su beni donati ad altri in (nuda) proprietà pone in essere sia una donazione del dominio (destinato a diventare pieno nel momento della cessazione del cennato diritto reale parziario), sia (nella ricorrenza dei relativi presupposti, e, segnatamente, della accettazione del beneficiato) una donazione dell'usufrutto (cfr., al riguardo, Cass. Sez. 2^ civ., sent. n. 3413 del 24.8.1957, id., sent. n. 2899 del 24.7.1975). In presenza di donazione con riserva, accettata, di usufrutto a favore di un terzo, pertanto, deve essere ravvisata la sussistenza di due atti di liberalità distinti, passibili, a mente del combinato disposto degli artt. 60 d.lgs. 31.10.1990 n. 346 (e prima dell'art. 56 d.p.r. 26.10.1972 n. 637) e 21 d.p.r. 26.IV.1986 n. 131, di essere separatamente ed autonomamente tassati. B) - Sotto altro profilo, è da dire che, nel caso di donazione con riserva (accettata) di usufrutto a favore, anche, di un terzo, secondo la previsione dell'art. 796 cod. civ., ossia nell'ipotesi, configuratasi nella fattispecie, in cui il donante abbia riservato l'usufrutto, in un primo tempo, a sè e, dopo la sua morte, ad un'altra persona, l'atto di liberalità posto in essere in favore di quest'ultima si rivela differito nei suoi effetti e condizionato alla premorienza del donante medesimo al beneficiato, e, perciò, a mente dell'art. 27 d.p.r. n. 131 del 1986, cit., operante in materia di imposta sulle donazioni ex art. 60 d.lgs. n. 346 del 1990, dianzi ricordato, l'imposta proporzionale ad esso relativa viene riscossa dopo l'avveramento dell'evento dedotto in condizione, e deve essere applicata su base imponibile determinata con riferimento alla data in cui, a seguito di detto avveramento, il negozio diventa realmente efficace (art. 43, comma 1, lett. a, d.p.r. n. 131 del 1986) ed effettivamente costitutivo del diritto reale parziario donato. 4.1. Secondo il ricorrente, trattandosi di donazione tra coniugi di valore compreso nella franchigia di un milione di euro, nessuna imposta sarebbe dovuta (in quanto le dette donazioni sono soggette alla relativa imposta solo per la parte eccedente il menzionato limite) e la franchigia coprirebbe e renderebbe esente altresì l’apposizione degli elementi accidentali del negozio giuridico, come, nella fattispecie, la condizione sospensiva. Il rilievo non coglie nel segno. Invero, va evidenziato che, essendo in discussione la debenza (sia pure nella misura fissa) o meno dell’imposta di registro anche con riferimento alla seconda donazione (rispetto alla prima, operata in favore del figlio, avente ad oggetto la nuda proprietà dell’immobile con riserva dell’usufrutto) dell’usufrutto operata in favore della moglie e subordinata alla condizione sospensiva della premorienza del donante rispetto al beneficiario, non trova diretta applicazione l’art. 2 d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito nella legge 24 novembre 2006, n. 286, che, al comma 49, lett. a), prevede una franchigia di 1.000.000 di euro per le donazionia favore del coniuge. Le disposizioni che vanno richiamate nel caso di specie sono le seguenti: L’art. 27 del dPR n. 131/1986, secondo cui <<Gli atti sottoposti a condizione sospensiva sono registrati con il pagamento dell'imposta in misura fissa.>> (e solo quando la condizione si verifica, o l'atto produce i suoi effetti prima dell'avverarsi di essa, si riscuote la differenza tra l'imposta dovuta secondo le norme vigenti al momento della formazione dello atto e quella pagata in sede di registrazione). L’art. 41 dello stesso dPR, a mente del quale <<1. L'imposta, quando non è dovuta in misura fissa, è liquidata dall'ufficio mediante la applicazione dell'aliquota indicata nella tariffa alla base imponibile, determinata secondo le disposizioni del titolo quarto, con arrotondamento a lire 10 mila, per difetto se la frazione non è superiore a lire 5 mila e per eccesso se superiore. 2. L'ammontare dell'imposta principale non può essere in nessun caso inferiore alla misura fissa indicata nella tariffa.>> Gli artt. 55 e 60 del d.lgs. n. 346/1990, a tenore dei quali <<1. Gli atti di donazione sono soggetti a registrazione secondo le disposizioni del testo unico sulla imposta di registro, approvato con decreto del presidente della repubblica 26 aprile 1986, n. 131, concernenti gli atti da registrare in termine fisso. […]>> (art. 55) e <<1. Per le modalità e i termini della liquidazione dell'imposta o maggiore imposta determinata a norma degli articoli 56 e 57, per la rettifica del valore dei beni e dei diritti, per l'applicazione dell'imposta in caso di omissione della richiesta di registrazione, per la riscossione e il rimborso dell'imposta, per i divieti e gli obblighi a carico di terzi e per le sanzioni si applicano, in quanto non diversamente disposto in questo titolo e nell'art. 34, commi quarto e ottavo, le disposizioni del testo unico sull'imposta di registro, approvato con decreto del presidente della repubblica 26 aprile 1986, n. 131.>> (art. 60). Nel solco di questa impostazione, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 6100 del 2016 ha condivisibilmente chiarito che l'imposta di registro sull'atto pubblico è distinta e diversa dall'imposta sull'incremento patrimoniale conseguente alla donazione. Le imposte in parola sono difatti sorrette da presupposti autonomi e differenti - e cioè l'obbligo di registrazione e l'incremento gratuito di ricchezza - nella sussistenza dei quali le rispettive leggi sul registro e sulle donazioni assoggettano l'atto e l'arricchimento sine causa alle corrispondenti imposte. Nella sostanza, l'art. 55, comma 1, d.lgs. n. 346 cit. soltanto ribadisce che il «servizio» di registrazione degli atti di donazione deve essere pagato in misura fissa, appunto secondo quanto previsto dal d.p.r. n. 131 cit. E quindi secondo quanto stabilito per gli atti pubblici come la donazione, dal rammentato combinato disposto di cui agli artt. 41, comma 2, d.p.r. n. 131 cit. e 11, Parte I, della Tariffa allegata al d.p.r. n. 131 cit., lasciando invece al d.lgs. n. 346 cit. l'imposizione sul gratuito incremento di ricchezza. 4.2. Per quanto la CTR abbia erroneamente qualificato l’imposta in esame come di donazione (anziché di registro), la sentenza qui impugnata è immune da censure quanto al dispositivo. 5. Alla stregua delle considerazioni che precedono, correttamente l’Agenzia ha sottoposto ad imposta di registro in misura fissa la donazione dell’usufrutto successivo, sicchè il ricorso si rivela infondato. Nessuna pronuncia va adottata in ordine alle spese del presente giudizio, non avendo l’Agenzia svolto difese. P.Q.M. rigetta il ricorso; ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione il 14.05.2024. Il Consigliere estensore Dott. Andrea Penta Il Presidente Dott. Federico Sorrentino
REPUBBLICA ITALIANA In Nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE CIVILE composta dagli Ill.mi Magistrati: Felice Manna - Presidente - Patrizia Papa - Consigliere - R.G.N. 3806/2018 Giuseppe Fortunato - Consigliere Rel. - P.U. – 23.4.2024. Mauro Criscuolo - Consigliere - Riccardo Guida - Consigliere - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 3806/2018 R.G. proposto da CHINCARINI MONICA, rappresentata e difesa dall'avv. Marco Busti e dall’avv. Maurizio Vinci, con domicilio in Roma alla Via Lusena N. 9. -RICORRENTE– contro BENAMATI MARISA E CHINCARINI CARLO FRANCESCO, rappresentati e difesi dall’avv. Alberto Rinaldi e dall’avv. Cristina Zen, con domicilio in Verona, via Rubele n. 30. – CONTRORICORRENTI avverso la sentenza n. 2617/2017 della Corte d'appello di Venezia, depositata il 15.11.20217. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23.4.2024 dal Consigliere Giuseppe Fortunato. Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Rosa Maria Dell’Erba, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Uditi gli avv.ti. Alberto Rinaldi e Cristina Zen. FATTI DI CAUSA 1.Monica Chincarini ha convenuto in giudizio la cugina Marisa Benamati e il coniuge di quest'ultima, Carlo Francesco Chincarini, per ottenere lo scioglimento delle due diverse masse ereditarie del nonno Giuseppe Chincarini, deceduto il 28 marzo 2007, e della nonna Augusta Andreoli, deceduta il 21 luglio 2009, agendo in qualità di erede per rappresentazione dei genitori premorti. Ha esposto che con atto del 18.4.1997 Giuseppe Chincarini aveva venduto a Marisa Benamati e a Francesco Chincarini l’abitazione familiare, con riserva a sé e alla moglie dell’usufrutto vitalizio, e che con lo stesso atto Augusta Andreoli aveva trasferito ai convenuti la piena proprietà di un terreno per il prezzo di £. 1.500.000, atti che – secondo l’attrice - integravano vere e proprie donazioni o negozi misti con donazione, di cui ha chiesto la riduzione per lesione di legittima, instando infine per il risarcimento dei danni conseguenti all'utilizzo esclusivo dell'intero compendio caduto in successione da parte dei convenuti. Marisa Benamati e Francesco Chincarini hanno resistito, proponendo riconvenzionale per il rimborso delle spese funebri o, in subordine, per ottenere il controvalore delle migliorie apportate agli immobili comuni. Esaurita la trattazione, il Tribunale di Verona ha stabilito che entrambe le vendite del 18.4.1997 costituivano negozi misti con donazione, ha dichiarato inammissibile l'azione di riduzione proposta nei confronti di Carlo Francesco Chincarini relativamente alla massa di Giuseppe Chincarini, non avendo l’attrice accettato l’eredità del nonno paterno con beneficio di inventario, e ha respinto nel merito la domanda di riduzione verso Marisa Beneamati; ha accolto la domanda di riduzione relativamente all’eredità di Augusta Andreoli, condannando i convenuti, a tale titolo, al pagamento di € 69.000,00; ha infine diviso l’asse ereditario di Giuseppe Chincarini e ha assegnato le porzioni, con previsione di un conguaglio di €. 15880,00 a carico dell’attrice, respingendo ogni altra domanda e compensando le spese di giudizio. Su appello di Monica Chincarini, la Corte distrettuale di Venezia ha confermato la decisione. Anche a parere del Giudice distrettuale le due compravendite del 18 aprile del 1997 integravano negozi misti con donazione, evidenziando che i venditori aveva rilasciato quietanza e che non vi era prova del mancato pagamento del prezzo, avendo l’attrice allegato quale unico elemento presuntivo contrario la presenza di due testimoni al momento del rogito, insufficiente a provare la sussistenza di una vera e propria donazione del compendio immobiliare. Dopo aver stabilito che il valore della donazione indiretta relativamente alla vendita effettuata dal Giuseppe Chincarini era pari ad € 85.718,00, corrispondente alla metà del valore del nuda proprietà, detratta la metà del prezzo pagato (data l’impossibilità di ridurre la disposizione in favore di Francesco Chincarini), la sentenza ha escluso che la suddetta donazione indiretta, di cui era stata beneficiaria Marisa Beneamati, avesse leso la quota di riserva spettante all’attrice, confermando la riduzione della sola donazione effettuata dalla Andreoli ai due convenuti. Riguardo al valore dell’abitazione in località Dunes nel Comune di Malcesine, la Corte territoriale ha condiviso la stima dei beni effettuata dal c.t.u., affermando di non poter tener conto della vocazione edificatoria dell'immobile poiché, a suo parere, i beni ricadenti nell’asse dovevano essere valutati con riferimento alla situazione esistente al momento del perfezionamento dell’atto lesivo della legittima. Ha esonerato Francesco Carlo Chincarini dalla collazione dei beni ricevuti in donazione, sul rilievo che l'art. 737 c.c. si applica non a tutti i donatari ma solo ai coeredi, e ha stabilito che la riduzione doveva avvenire per equivalente, poiché la lesione era effetto di una donazione indiretta. Ha ritenuto infondate le doglianze dell’appellante in merito al criterio di assegnazione dei restanti beni in natura, evidenziando che la decisione del Tribunale – che aveva disatteso il progetto elaborato dal c.t.u. e che aveva attribuito all’attrice dei lotti 1 e 2 e i restanti tre lotti alla convenuta, con previsione di un conguaglio – consentiva di evitare la costituzione di servitù mentre la soluzione proposta dall’appellante finiva per attribuire a ciascun coerede beni di valore non proporzionato alle singole quote. Ha infine respinto la domanda di pagamento dei frutti dei beni, rilevando che nulla poteva pretendere l’attrice rispetto agli immobili oggetto delle vendite del 18.4.1997, trasferiti in proprietà agli acquirenti, e che non vi era prova, per le altre consistenze, del possesso esclusivo da parte dei convenuti. Per la cassazione della sentenza Monica Chincarini ha proposto ricorso affidato ad 8 motivi; Marisa Benamati e Carlo Francesco Chincarini resistono con controricorso. Le parti hanno depositato memorie illustrative. Il Procuratore generale ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte. RAGIONI DELLA DECISIONE 1.Sono infondate le eccezioni d’inammissibilità del ricorso. Non risulta indispensabile l’indicazione degli atti su cui si fonda l’impugnazione, atti il cui contenuto è illustrato in ricorso con la dovuta specificità, unitamente alle vicende di causa, alle difese proposte dalle parti e ai rilievi mossi alla decisione di appello. L’impugnazione propone, poi, anche quesiti in diritto scrutinabili in cassazione (quanto, in particolare, agli elementi che vengono in considerazione ai fini del calcolo della quota di riserva e alla necessità di computare nell’asse anche le donazioni fatte a terzi, ove non suscettibili di riduzione, e riguardo ai criteri di accertamento del carattere simulato degli atti dispositivi impugnati), non solo deduzioni precluse ai sensi di cui all’art. 348, commi IV e V c.p.c.. Sussiste, infine, l’interesse ad impugnare da parte di Monica Chincarini per le conseguenze che la decisione è suscettibile di produrre ai fini del calcolo della legittima. 2.Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 1414, comma secondo, 2727, 2729, comma primo e secondo c.c., 115,100 16,132 c.p.c., e l’omesso ed insufficiente esame di un fatto decisivo per il giudizio, per aver la Corte d'appello escluso che le due compravendite costituissero vere e proprie donazioni per mancanza di prova della simulazione della quietanza e del mancato versamento del prezzo, in tal modo trascurando una pluralità di elementi convergenti. Sostiene la ricorrente che al momento della morte dei nonni non era stata rinvenuta alcuna somma, che i venditori non erano titolari di rapporti bancari o postali, che nessuna prova delle modalità di pagamento del prezzo era stata fornita dagli attori e che, inoltre, le due compravendite erano state stipulate con la presenza di due testimoni a riprova di una chiara volontà donativa dei disponenti. Il motivo è inammissibile. Deve premettersi che, agli effetti della prova della simulazione di atti posti in essere da de cuius, bisogna distinguere fra la situazione del legittimario che agisce a tutela della quota di riserva e quella del legittimario che propone una mera istanza di collazione. Nel primo caso questi, anche se chiamato a una quota di eredità, ha la veste di terzo, purché, congiuntamente con la domanda di simulazione, proponga, nello stesso giudizio, un'azione diretta a far dichiarare che il bene fa parte dell'asse ereditario e che la quota a lui spettante va calcolata tenendo conto di detto cespite. Nel secondo caso egli agisce come successore a titolo universale del de cuius per l'acquisizione al patrimonio ereditario del bene oggetto del contratto simulato e, rivestendo la medesima posizione del dante causa, soggiace ai limiti imposti ai contraenti per la prova della simulazione (Cass. 2093/2000; Cass. 7134/2001; Cass. 4021/2007; Cass. 3932/2016; Cass. 7237/2017). In definitiva, il legittimario ha la veste di terzo ai fini delle agevolazioni probatorie della simulazione purché la lesione della quota di riserva assurga a causa petendi, accanto al fatto della simulazione, e che condizioni l'esercizio del diritto alla reintegra (Cass. 5947/1986; Cass. 24134/2009; Cass. 12317/2019; Cass. 11659/2023). Giova poi ribadire, in dissenso con quanto sostenuto in ricorso, che non competeva ai convenuti provare di aver versato il prezzo o le modalità solutorie adottate, essendo onere della parte che agisce in riduzione dimostrare il carattere simulato della vendita, facendo ricorso ad ogni mezzo di prova, incluse le presunzioni, e dimostrare la sussistenza della lesione, quali fatti costitutivi della chiesta riduzione; solo ove fosse stata assolta tale prova, i convenuti avrebbero dovuto dar prova del contrario. Posti tali principi e ritenuta in astratto ammissibile (diversamente da quanto dedotto dai resistenti), la prova per presunzioni del carattere simulato degli atti di vendita, il motivo appare comunque inammissibile, non essendo specificato dove e quando gli elementi presuntivi da cui dovrebbe desumersi il carattere simulato delle compravendite e la natura di veri e propri atti donativi siano stati allegati in giudizio, avendo la Corte d'appello, per contro, specificato che l'unico elemento addotto a riprova del carattere simulato della quietanza era la presenza di testimoni, compatibile con il perfezionamento di un negozio misto con donazione. Né potrebbe comunque contestarsi alla Corte d’appello di non aver fatto ricorso al ragionamento presuntivo sulla base di fatti noti emersi in istruttoria, violazione che non è denunciabile ai sensi dell’art. 2729 c.c. (secondo le istruzioni della sentenza delle S.U. n. 8053/2014), ma che può integrare l’omesso esame di un fatto secondario ove sussistano i requisiti che ne condizionano lo scrutinio ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 5 c.p.c. (Cass. 17720/2018; Cass. 7861/2022; Cass. 2546/2024), occorrendo considerare che, nel caso di specie, la deducibilità di tale vizio in cassazione è comunque preclusa ai sensi dell’art. 348 ter, comma IV e V, c.p.c., poiché la sentenza impugnata appare fondata in proposito sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione di primo grado (Cass. 17720/2018; Cass. 34415/2022; Cass. 31323/2023; Cass. 35718/2023; Cass. 706/2024). 3. Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 115, 116, 132, 196 c.p.c., l'erronea valutazione delle risultanze probatorie in punto di stima dei beni oggetti di causa, nonché l'omesso insufficiente esame di un fatto decisivo per il giudizio, sostenendo che il CTU, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d'appello, si era limitato ad elencare gli elementi presi in considerazione per la stima, ossia fonti, parametri e statistiche da cui aveva tratto i prezzi unitari, elementi che sarebbero stati solo apparentemente esaminati, mentre né nella bozza, né nell'elaborato definitivo il c.t.u. avrebbe dato conto delle conclusioni assunte o anche solo preso in esame la documentazione esibita dalla ricorrente, tanto da stimare una villa con ampio terreno pertinenziale situato in una pregiatissima area turistica, in €. 1200,00 mq., a fonte di valori accertati dalle reti commerciali di intermediazione immobiliare per oltre 3.000 €/mq.. La pronuncia sarebbe inoltre viziata per aver negato rilievo alla vocazione edificatoria del terreno ricadente nell’asse, di cui si doveva tener conto per correttamente stimarne il valore con riferimento al momento dell'apertura della successione. Il motivo è parzialmente fondato. La censura difetta nuovamente di specificità nel punto in cui è diretta ad affermare che nessun elemento valutativo avrebbe, in realtà, preso in considerazione il CTU nelle operazioni di stima del compendio ereditario, non essendo riprodotto il contenuto della relazione nelle parti rilevanti per la decisione, considerato che anzi il giudice distrettuale ha espressamente affermato che il consulente aveva valutato i beni con metodo analitico, ne aveva comparato i valori con quelli di immobili similari, aveva acquisito informazioni presso agenzie e dall’OMI, ed aveva tenuto conto dell'ubicazione, dell’epoca di costruzione, della tipologia costruttiva e soprattutto dello stato di manutenzione degli immobili e dell'obsolescenza degli impianti. E’ principio pacifico che, in tema di ricorso per cassazione per vizio di motivazione, la parte che lamenti l'acritica adesione del giudice di merito alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio non può limitarsi a far valere genericamente lacune di accertamento o errori di valutazione commessi dal consulente o dalla sentenza che ne abbia recepito l'operato, ma, in ossequio al principio di specificità del ricorso per cassazione e al carattere limitato del mezzo di impugnazione, ha l'onere di indicare specificamente le circostanze e gli elementi rispetto ai quali invoca il controllo di logicità, trascrivendo integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il contenuto specifico delle critiche sollevate, al fine di consentire l'apprezzamento dell'incidenza causale del difetto di motivazione.” (Cass. 7078/2006; Cass. 13845/2007; Cass. 3224/2014; Cass. 16638/2014; Cass. 19989/2021; Cass. 15733/2022). La pronuncia è invece errata nella parte in cui ha ritenuto di non poter considerare la potenzialità edificatoria del terreno rientrante nell’asse, sull'assunto che, per accertare la lesione di legittima, debba guardarsi esclusivamente alla situazione esistente al momento del negozio impugnato e valutare il rapporto di proporzione tra il valore di mercato ed il prezzo pagato. Occorre obiettare che, per accertare la lesione della quota di riserva, va determinato il valore della massa ereditaria, quello della quota disponibile e della quota di legittima e che, a tal fine, occorre procedere alla formazione del compendio dei beni relitti e alla determinazione del loro valore al momento dell'apertura della successione quindi, alla detrazione dal "relictum" dei debiti, da valutare con riferimento alla stessa data e, ancora, alla riunione fittizia, cioè meramente contabile, tra attivo netto e "donatum", costituito dai beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, da stimare, in relazione ai beni immobili ed ai beni mobili, ugualmente secondo il loro valore al momento dell'apertura della successione (artt. 747 e 750 c.c.) e, con riferimento al valore nominale, quanto alle donazioni in denaro (Cass. 12919/2012; Cass. 27352/2014; Cass. 24755/2015; Cass. 8174/2022; Cass. 35738/2023). Le descritte operazioni valutative andavano compiute avendo riguardo alla situazione dei beni al momento dell’apertura della successione e non a quello delle vendite, includendo nella valutazione anche il fattore costituito dall’eventuale vocazione edificatoria del terreno, potenzialmente incidente, in misura significativa, sul valore dei terreni e dell’asse nel suo complesso, specie in considerazione della zona di pregio in cui detti immobili sono ubicati. 4. Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 553, 554,555, 556,559 e 560 c.c., lamentando che la Corte d'appello abbia escluso dalla valutazione dall'asse il valore della quota immobiliare donata a Carlo Chincarini e non abbia correttamente stabilito il valore dell’asse e quello della quota di riserva sulla base del patrimonio risultante dalla unione tra relictum e donatum, comprese le donazioni ricevute da soggetti diversi dai coeredi. Anche tale motivo è meritevole di accoglimento. 4.1. La censura non è preclusa dal giudicato interno per non aver la ricorrente appellato la pronuncia di primo grado nel punto in cui ha affermato l’intangibilità dell’acquisto siccome caduto in comunione legale (come si sostiene nel controricorso), argomentazione – quest’ultima - illustrata sinteticamente e in via puramente ipotetica dal Tribunale e che non è apprezzabile quale automa ratio decidendi suscettibile di giudicato interno, avendo il primo giudice respinto l’azione di riduzione per la dichiarata insussistenza della lesione di legittima ai danni della ricorrente (cfr. sentenza di primo grado, pag. 13). 4.2. La Corte di merito ha escluso che la donazione ricevuta da Francesco Chincarini dovesse essere conteggiata per il calcolo del valore dell’asse e della quota di riserva, poiché quest’ultimo non rientrava nel novero dei soggetti tenuti alla collazione ai sensi dell’art. 737 c.c.. Tale assunto è errato in diritto, poiché, pur non essendo Francesco Chincarini figlio o discendente di Giuseppe Chincarini e pur non essendo tenuto alla collazione, occorreva comunque considerare il valore delle suddette donazioni per stabilire il valore del patrimonio relitto al momento dell'apertura della successione, valore che deve essere pari a quello dei beni che si rinvengono nel patrimonio del defunto e quelli che ne siano usciti per effetto di tutte le donazioni, a favore di chiunque effettuate, come Monica Chincarini aveva correttamente sostenuto nell’atto di appello (cfr. pag. 9-11), dove, pur evocando impropriamente un obbligo di collazione, aveva però chiaramente chiesto di determinare il valore della massa ereditaria, ricomprendendovi quanto ricevuto da Francesco Chincarini per effetto della vendita del 18.4.1997, integrante una donazione indiretta. La riunione fittizia, quale operazione meramente contabile di sommatoria tra attivo netto e "donatum", cioè tra il valore dei beni relitti al tempo dell'apertura della successione, detratti i debiti, ed il valore dei beni donati, sempre al momento dell'apertura della successione, è finalizzata alla determinazione della quota disponibile e di quella di legittima, per accertare l'eventuale lesione della quota riservata al legittimario; ne deriva che l'inammissibilità della domanda di riduzione proposta (nei confronti del donatario non coerede) dal legittimario che non abbia accettato l'eredità con il beneficio d'inventario, è – a tale scopo - del tutto ininfluente (Cass. 8174/2022; Cass. 12919/2012). L'art. 556 c.c. dispone, infatti, che sono incluse nel calcolo tutte le donazioni, chiunque ne sia il beneficiario, indipendentemente dal fatto che si tratti di congiunto, di erede o di estraneo (Cass. 14193/2022). E’ opportuno, invece, puntualizzare che l’attrice non poteva certamente ottenere la riduzione della donazione ricevuta dal Chincarini, non avendo accettato l’eredità del nonno paterno con beneficio di inventario, e che del valore di tale disposizione dovrà tenersi conto, oltre per le operazioni di stima dell’eredità, anche per la quantificazione della riduzione da compiersi ai danni della Benamati. In linea generale le donazioni si riducono secondo l’ordine cronologico inderogabile fissato dall’art. 559 c.c., partendo dalle ultime effettuiate e risalendo a quelle anteriori; se coeve, esse vanno ridotte proporzionalmente. In virtù di tale preclusione, la scelta del legittimario di ridurre una donazione anteriore senza previamente aggredire quella più recente incontra il limite rappresentato dall'onere di scomputare dal valore della riduzione richiesta quello della riduzione che il legittimario avrebbe potuto richiedere al donatario posteriore, giacché egli non può recuperare, a scapito di un donatario anteriore, quanto potrebbe conseguire agendo in riduzione nei confronti del donatario più recente. Tale principio vale anche quando l’azione di riduzione verso un donatario sia preclusa per mancata accettazione del beneficio di inventario: in tal caso, il legittimario non può aggredire la donazione meno recente a favore del coerede se non nei limiti in cui risulti dimostrata l'insufficienza della donazione più recente, sebbene resa intangibile ai sensi dell’art. 564 c.c., a reintegrare la quota di riserva (Cass. 3500/19775; Cass. 22632/2013). Analogo principio trova applicazione nel caso in cui le donazioni da ridurre siano contestuali o coeve, dovendosi tenersi conto, ove si proceda alla riduzione di una di esse di quanto il legittimario avrebbe potuto ottenere dalla riduzione proporzionale di quella non riducibile per mancata accettazione dell’eredità con beneficio di inventario. In conclusione, la Corte di merito avrebbe dovuto computare nell’asse di Giuseppe Chincarini anche il valore della donazione indiretta ricevuta da Francesco Chincarini e stabilire, all’esito della riunione di relictum e donatum, il valore della legittima e della disponibile, procedendo all’eventuale riduzione tenendo conto di quanto la ricorrente avrebbe potuto ottenere dalla riduzione della donazione indiretta ricevuta sempre da Francesco Chincarini ove l’eredità di cui si discute fosse stata accettata con beneficio di inventario, accertando inoltre se le donazioni lesive siano o meno coeve. 5. Il quarto motivo denuncia la violazione dell'art. 560 c.c., per aver la Corte d'appello respinto la richiesta di reintegrazione della quota di riserva in natura sull’errato presupposto che gli atti di vendita del 18 aprile 1997 costituissero negozi misti con donazione, anziché donazioni vere e proprie. Il motivo è infondato, poiché, come si è già precisato nell’esame del primo motivo di ricorso, è incensurabile l'accertamento in fatto svolto dalla Corte d'appello riguardo alla natura delle due vendite immobiliari del 18 aprile 1997. Resta da evidenziare che il "negotium mixtum cum donatione" costituisce una donazione indiretta attuata attraverso l'utilizzazione della compravendita al fine di arricchire il compratore della differenza tra il prezzo pattuito e quello effettivo (Cass. 1214/1997; Cass. 642/2000; Cass. 19601/2004; Cass. 23297/2009 n. 23297). In tal caso la riduzione si attua per equivalente e non in natura, poiché l'azione di riduzione non mette in discussione la titolarità del bene e l'acquisizione alla massa è circoscritta al loro controvalore mediante il metodo dell'imputazione (cfr., in tema di donazione indiretta immobiliare mediante dazione della provvista: Cass. 12563/2000; Cass. 11496/2010). 5. Il quinto motivo denuncia la violazione degli artt. 718,720 e 727 c.c.. Assume la ricorrente che, nell'assegnare i beni relitti del patrimonio di Giuseppe Chincarini, costituiti dai terreni adiacenti all'abitazione della resistente e da due ulteriori terreni montani, su uno sui quali insisteva un piccolo fabbricato rurale per l'allevamento del bestiame, la Corte d'appello abbia assegnato alla ricorrente una parte dei terreni di Dunes adiacenti al fabbricato e i restanti fondi alla Benamati, in violazione dei criteri di assegnazione di beni omogenei, che avrebbero consigliato di ricomporre in un'unica proprietà il complesso edificato e scoperto di Dunes e di assegnare alla Benamati i terreni ivi ubicati e alla ricorrente gli altri terreni con il sovrastante rustico, costituenti corpi del tutto staccati ed autonomi rispetto all'abitazione, tenendo anche conto delle prescrizioni della normativa urbanistica locale. Il motivo è assorbito poiché il giudice del rinvio dovrà procedere alla nuova stima anche dei terreni, valutandone le potenzialità edificatoria al momento della apertura della successione e dovrà eventualmente procedere ad un nuovo progetto di divisione, tenendo conto anche delle donazioni effettuate a favore di Francesco Chincarini. 6. Il sesto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per aver la Corte d'appello respinto la domanda di pagamento dei frutti, ritenendo indimostrato il possesso esclusivo dei beni in capo ai coniugi Chincarini e Benamati. Espone la ricorrente che il suddetto possesso esclusivo degli immobili da parte dei convenuti era pacifico, avendone essi goduto ancor prima della morte dei nonni, con i quali vivevano come un’unica famiglia. Il motivo non merita di essere condiviso. Riguardo agli immobili venduti, essendo oggetto di negozi misti con donazione, la riduzione poteva aver luogo per equivalente, non in natura, sicché su tali beni non si era affatto costituita, neppure parzialmente, una situazione di comunione tra i legittimari, non essendo posto nel nulla o reso inefficace il trasferimento attuato con le vendite. Di conseguenza nessuna pretesa poteva coltivare la ricorrente per l’utilizzo esclusivo dei beni da parte degli acquirenti, né poteva pretendere il pagamento dei frutti in assenza di una comunione scaturita dalla riduzione delle donazioni immobiliari. Se la riduzione avviene per equivalente è invece necessario, per assicurare al legittimario l'esatto equivalente del bene che avrebbe avuto il diritto di conseguire, liquidare a suo favore una somma di danaro pari al valore di detto bene, la cui stima deve essere eseguita con riguardo alla data della pronuncia giudiziaria, senza che da ciò derivi una violazione dell'art. 557 cod. civ. (Cass. 13003/2001). Quanto ai terreni non oggetto delle vendite, il motivo, che finisce per sollevare questioni in fatto circa l’esistenza di un possesso esclusivo dopo l’apertura della decisione, non illustra il contenuto delle difese formulate nei gradi di merito e non consente di valutare se effettivamente l’esercizio di un possesso esclusivo fosse circostanza pacifica, conclusione - quest’ultima – negata esplicitamente dalla pronuncia impugnata, dovendo osservare che, qualora con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata "pacifica" tra le parti, è onere del ricorrente, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica (Cass. 15961/2007; Cass. 10853/2012; Cass. 17474/2018; Cass. 24062/2017; Cass. 10761/2022). 7. Il settimo motivo denuncia la violazione dell’art. 92 c.p.c. lamentando che la Corte distrettuale abbia confermato la compensazione delle spese di primo grado, non considerando il pressoché integrale accoglimento delle domande e l’ingiusta resistenza dei convenuti, che avevano dato causa al processo. L’ottavo motivo denuncia l’erroneità della condanna e la violazione dell’art. 91 c.p.c. con riferimento alla condanna al pagamento delle spese di appello. I due motivi sono assorbiti, dovendo il giudice riesaminare gli atti di causa e rivalutare l’entità della lesione, statuendo nuovamente sulle spese di entrambi i gradi di causa. Sono, quindi, accolti il secondo ed il terzo motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione, sono respinti il primo, il quarto e il sesto motivo, sono assorbiti il quinto, il settimo e l’ottavo. La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio della causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà a regolare le spese di legittimità. P.Q.M. accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione, respinge il primo, il quarto e il sesto motivo e dichiara assorbiti il quinto, il settimo e l’ottavo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà a regolare le spese di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Suprema Corte di Cassazione, in data 23.4.2024. IL CONSIGLIERE ESTENSORE IL PRESIDENTE Giuseppe Fortunato Felice Manna
REPUBBLICA ITALIANA In Nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE CIVILE composta dagli Ill.mi Magistrati: Felice Manna - Presidente - Patrizia Papa - Consigliere - R.G.N. 18315/2018 Giuseppe Fortunato - Consigliere Rel. - P.U. – 23.4.2024. Mauro Criscuolo - Consigliere - Riccardo Guida - Consigliere - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 18315/2018 R.G. proposto da PIPIA CATERINA, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Torre, con domicilio in Roma, Via Circonvallazione Clodia n. 145/A, presso l’avv. Leonardo Zipoli. -RICORRENTE– contro PIPIA MARIA, elettivamente domiciliata in Roma, Corso Trieste n. 199, presso lo studio dell'avv. Antonietta Giannuzzi, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Valentino. – CONTRORICORRENTE- PIPIA MICHELE. -INTIMATO- avverso la sentenza n. 848/2017 della Corte d'appello di Palermo, depositata il 10/05/2017. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 24.10.2023 dal Consigliere Giuseppe Fortunato. Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Maria Rosaria Dell’Erba, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso. Uditi gli avv.ti Giuseppe Torre e Francesca Falachi. FATTI DI CAUSA 1.Con citazione notificata il 14 aprile 2003, Maria Pipia ha evocato in giudizio la sorella Caterina Pipia, esponendo che la propria madre Angela di Giacinto - deceduta il 30.9.2002- in data 11.5.2001 aveva donato alla convenuta un appezzamento di terreno sito nel territorio del Comune di Casteldaccia, contrada Nutricato, meglio identificato in atti, e che detta disposizione era lesiva dei diritti di legittima. Ha chiesto la riduzione della donazione in natura, con la resa del conto e il pagamento dei frutti. Instaurato il contraddittorio, Caterina Pipia ha sostenuto che l'attrice aveva ricevuto dalla madre €. 61.814,85 quale controvalore dell'usufrutto, riservato alla Di Giacinto, sull'immobile che l’attrice aveva ricevuto in nuda proprietà dal padre, sito in Bagheria, alla via Ruggero Settimo n. 5, nonché l'ulteriore somma di €. 24.647,91 ricavato dalla vendita di alcuni terreni e taluni gioielli dal valore complessivo di €. 20.658,28, mentre il fratello Michele non aveva mai versato alla madre, trattenendone l’importo, il controvalore dell'usufrutto spettante alla de cuius sull'appartamento sito in Bagheria alla via Ruggiero Settimo n. 4, per l’importo di € 61.814,85, oltre ad €. 24.647,91 menzionati nella scrittura del 25 settembre 2002 a firma della de cuius ed il controvalore di taluni gioielli, pari ad €. 10.000. Ha eccepito che il terreno ricevuto dalla madre aveva il valore di € 167.848,42 mentre Michele Pipia aveva incamerato beni e somme di denaro per €. 91.627,13 e l’attrice Maria Pipia un controvalore complessivo di €. 107.111,04, come risultava dal testamento pubblico del 23 aprile 2001. Espletata consulenza tecnica grafologica sulla scrittura del 25.9.2002 e consulenza tecnica d'ufficio per la valutazione del complesso ereditario, il Tribunale, con sentenza non definitiva n. 1482 del 2010, ha ritenuto sussistente la lesione della quota di legittima spettante a Maria Pipia, per un importo di €. 53.198,05, sostenendo che il valore dell’usufrutto la de cuius aveva donato all’attrice era pari ad €. 3870,00 e non ad €. 61.335,00, poiché l'appartamento di via Ruggero Settimo n. 5 di Bagheria, gravato di usufrutto, era stato locato solo per il periodo aprile\settembre 2002. Con successiva sentenza definitiva n. 875/2012, ha disposto la riduzione della donazione del 23.4.2001, ordinando la retrocessione del bene alla comunione e la divisione del patrimonio ereditario. La sentenza non definitiva n. 1482/2010 è stata impugnata in via principale da Caterina Pipia, lamentando che il Tribunale non aveva conteggiato nella divisione l'intero importo che Maria Pipia aveva ricevuto dalla madre, pari ad €. 82.472,28; Maria Pipia ha proposto appello incidentale, chiedendo di dichiarare che la quota di riserva assommava ad € 78.566,23, chiedendo di respingere la domanda di riduzione. Con sentenza n. 848/2017, la Corte distrettuale ha dichiarato inammissibile l’appello principale ed inefficace quello incidentale, affermando che Caterina Pipia si era limitata ad esporre lo svolgimento del giudizio di primo grado ed aveva riproposto gli argomenti già sviluppati in primo grado, mancando il gravame di una parte argomentativa specificamente diretta a confutare i punti fondamentali della motivazione del Tribunale nella parte in cui era accertata la lesione di legittima ai danni di Maria Pipia. Per la cassazione della sentenza Caterina Pipia ha proposto ricorso affidato a due motivi, cui Maria Pipia ha resistito con controricorso. Michele Pipia non ha proposto difese. La causa, inizialmente avviata alla trattazione camerale dinanzi alla Sesta sezione civile, è stata rimessa in pubblica udienza con ordinanza interlocutoria n. 16473/2019. Le parti hanno depositato memorie illustrative. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Il primo motivo di ricorso denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, sostenendo che la Corte distrettuale non avrebbe dato conto in motivazione delle ragioni per cui ha ritenuto non specifici i motivi di appello, pur avendo l’appellante illustrato in modo argomentato le critiche alla pronuncia di primo grado, evidenziando che il Tribunale aveva erroneamente quantificato in € 3870,00 il controvalore della donazione dell’usufrutto sulla casa paterna ricevuta in vita da Maria Pipia, poiché il testamento del 23.8.1991, dichiarati autentico, risultava che il valore dell’usufrutto sull’immobile assommava ad €. 61.814,00 e che le dichiarazioni del teste escusso, che aveva riferito di aver condotto in locazione l’immobile dall’aprile 2003 al settembre 2003, non erano rilevanti, riguardando un periodo successivo alla morte di Angela Di Giacinto. Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per aver la Corte di merito ritenuto che il valore dell’usufrutto sulla casa paterna oggetto di donazione in favore della resistente ascendesse ad € 3870,00, in contrasto con le risultanze documentali. 2.Deve dichiararsi l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 340, comma secondo, c.p.c.. E’ evidenziato nel controricorso e trova riscontro nell’esame degli atti di causa che la ricorrente aveva dichiarato nell’atto di appello di aver formulato riserva di impugnazione avverso la sentenza non definitiva n. 1482/2010 all’udienza del 19.4.2010 (cfr. atto di appello pag. 9 e controricorso, pag. 9). Nonostante la suddetta riserva di impugnazione, che la ricorrente ha esplicitamente ammesso di aver formulato, quest’ultima ha proposto appello immediato avverso la sentenza non definitiva di primo grado con atto notificato in data 13.9.2010, mentre la successiva sentenza definitiva n. 875/2012 è stata pubblicata solo il 22.2.2012. La natura non definitiva della sentenza oggetto di appello immediato discendeva dalla esplicita qualificazione in tal senso operata dal Tribunale (cfr. Cass. s.u. 10242/2021), e peraltro il primo giudice aveva rinviato alla pronuncia definitiva anche la regolazione delle spese (cfr. sentenza di primo grado, pag. 9), limitandosi a dichiarare la sussistenza della lesione di legittima, disponendo con ordinanza per l’individuazione delle porzione da retrocedere alla massa ereditaria, per la formazione delle quote e per le operazioni divisionali (cfr., per la natura non definitiva delle pronunce adottate nel corso del giudizio di divisione, eccettuata l'ultima che provvede, ai sensi degli artt. 789 e 791 c.p.c., alla formazione definitiva dei lotti, anche quanto rimetta alla fase successiva le operazioni relative al sorteggio delle quote: Cass. 29829/2011; Cass. 15446/2016; Cass. 24300/2023). Deve ribadirsi che l'impugnazione immediata di una sentenza non definitiva di cui la parte si sia riservata l'impugnazione differita è inammissibile, pur non precludendo, dopo la sentenza definitiva, l'esercizio del potere di impugnare anche quella non definitiva (Cass. 18498/2015; Cass. 17233/2010; Cass. 1200/2003), essendo – in tal caso - inefficace anche l’impugnazione incidentale tardiva (Cass. 21173/2021). In conclusione, decidendo sul ricorso, va dichiarata l’inammissibilità dell’appello proposto da Caterina Pipia avverso la sentenza non definitiva n. 1482/2010 del Tribunale di Palermo, confermando l’inefficacia dell’impugnazione incidentale tardiva; la sentenza impugnata è cassata senza rinvio, perché il giudizio di appello non poteva essere proposto, con regolazione delle spese in dispositivo. Si dà atto, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13, se dovuto. P.Q.M. decidendo sul ricorso, dichiara inammissibile l’appello proposto da Caterina Pipia avverso la sentenza del Tribunale di Palermo n. 1482/2010, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di appello, liquidate in €. 2700,00 per compenso ed € 150,00 per esborsi, nonché al pagamento delle spese di legittimità, liquidate in €. 7500,00 per compenso ed €. 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%. Dà atto, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Suprema Corte di Cassazione, in data 23.4.2024. IL CONSIGLIERE ESTENSORE IL PRESIDENTE Giuseppe Fortunato Felice Manna
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Urbino Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al R.G. (...)/2020 promossa da: (...) S.R.L., rappresentata dalla mandataria (...) s.p.a., con il patrocinio dell'Avv.ta (...) ed elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore, sito in (...) alla via (...) n. (...) ATTORE (...) con il patrocinio dell'Avv.ta (...) ed elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore, sito in (...) alla via (...) n. 17 CONVENUTA (...) e (...) con il patrocinio dell'Avv. (...) e dell'Avv.ta (...) ed elettivamente domiciliati presso lo studio dei difensori, sito in (...) alla via (...) n. 151, CONVENUTI (...) CONVENUTA CONTUMACE (...) CONVENUTA CONTUMACE Oggetto: divisione di beni non caduti in successione (...) (come da atto di citazione, non avendo la parte precisato le sue conclusioni): "Piaccia all'(...)mo Tribunale Adito, contrariis rejectis, pronunciarsi sulla divisione giudiziale richiesta, facendo comunque salvi e lasciando impregiudicati i diritti spettanti (...) srl, cessionaria di (...) delle (...) spa, creditrice ipotecaria dei beni oggetto di divisione, prevedendo pertanto, nel caso di divisione materiale o di assegnazione dell'immobile ad uno dei comproprietari il permanere delle ipoteche iscritte ed individuate nella narrativa del presente atto o nel caso di vendita del cespite e(...) art. 720 c.c., l'assegnazione della somma ricavata in via privilegiata ipotecaria a (...) spa sino alla concorrenza del credito azionato, salvo aggiornamento da effettuarsi prima della distribuzione della somma ricavata. Con vittoria di spese ed onorari" (...) e (...) "nel merito: (...) l'(...)mo Tribunale Adito, pronunziarsi sulla divisione giudiziale dei beni come meglio individuati nell'ordinanza del 20/04/2020 della procedura esecutiva immobiliare 130/2012." (...) ""(...) mo Giudice adito, contrariis reiectis (...) In via principale -(...) e dichiarata la comoda divisibilità degli immobili pignorati, oggetto del presente giudizio: -rigettare la domanda di vendita del bene indiviso formulata da (...) s.r.l. in quanto infondata in fatto e diritto per le ragioni evidenziate negli atti difensivi del sottoscritto procuratore su indicati; - pronunziarsi sulla divisione giudiziale del compendio immobiliare oggetto di causa; - provvedere sullo scioglimento della comunione e in accoglimento dell'istanza di assegnazione del (...) A), formulata dalla sig.ra (...) procedere all'assegnazione dell'intera proprietà dei beni di cui al lotto A) dell'elaborato peritale redatto dall'ing. (...) dietro pagamento della somma Euro 241,92 a titolo di conguaglio per la differenza di valore tra il lotto A) e il lotto B) come da valutazione di stima dell'(...) di seguito descritti: -immobili siti in Comune di (...) in (...) n. 56 e, distinto nel (...) di detto Comune come segue: -Foglio N.29 particella N.344, sub. 11 (Categoria (...), (...) 3, (...) 9 vani, (...) 191 mq. (...) 627,50 Piano T-1-3; -Frustolo di terreno sito nel capoluogo di (...) lungo via (...) ed ubicato all'uscita del capoluogo di (...) in direzione del Comune di (...) sul lato sinistro della strada provinciale N.257 Apecchiese censito al CT del Comune di (...) come segue; - Foglio N.25 particella n. 1281 (Qualità Seminativo Arborato, (...) 1, (...) 26 mq., Reddito Dominicale 0,10 Euro, (...) 0,11 Euro; In subordine (...) denegata ipotesi di mancato accoglimento dell'istanza di assegnazione formulata in via principale, -pronunziarsi sulla divisione giudiziale del compendio immobiliare oggetto di causa e a scioglimento della comunione, assegnare a (...) una parte materiale dei beni di valore non inferiore alla quota astratta di comproprietà pari al 50% In ogni caso - (...) conto della concentrazione del pignoramento sui beni che verranno attribuiti al condividendo esecutato sig. (...) ordinare la cancellazione delle ipoteche iscritte e del pignoramento trascritto, limitatamente ai beni eventualmente assegnati alla sig.ra (...) - Con vittoria di spese e compensi, rimborso forfettario per spese generali oltre IVA e CPA come per legge". Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Il presente giudizio di divisione endoesecutiva è sorto dalla procedura di esecuzione immobiliare iscritta al ruolo con R.G. 130/2012 ed è stata introdotto con atto di citazione depositato il 9 ottobre 2020, con cui (...) premesso che in data 29 novembre 2010 erano stati sottoposti a pignoramento, da parte di (...) delle (...) diversi beni appartenenti pro quota a (...) ha chiesto la divisione giudiziale degli stessi. Con comparsa di risposta del 15 ottobre 2020 si sono costituiti in giudizio (...) e (...) quali successori della (...) s.a.s., creditrice della debitrice esecutata (...) che hanno aderito alla domanda di divisione giudiziale presentata da (...) Si è altresì costituita in giudizio (...) comproprietaria non esecutata dei beni oggetto della divisione endoesecutiva, la quale ha domandato in via principale la divisione in natura e l'assegnazione dei beni identificati nella relazione di stima al lotto A) verso il versamento, a titolo di conguaglio, della somma di Euro241,92, a favore della debitrice esecutata, la quale acquisirebbe in questo modo la proprietà piena dei beni di cui al lotto B), con conseguente concentrazione del pignoramento su detti beni. In via subordinata, (...) ha domandato la divisione materiale del compendio immobiliare in quote omogenee ed autonome, secondo l'ipotesi di frazionamento formulata dall'esperto stimatore nel corso del procedimento esecutivo, in ogni caso con cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli limitatamente ai beni assegnati ad essa. La domanda di assegnazione presentata da (...) ha trovato avallo da parte dei creditori (...) e (...) viceversa, (...) variamente argomentando, ha rilevato che l'assegnazione causerebbe un pregiudizio alla pretesa creditoria, non permettendo di conseguire il maggior ricavo possibile, ed ha dunque chiesto procedersi alla vendita del bene indiviso. All'udienza del 5 marzo 2024, le parti hanno rassegnato le proprie conclusioni ed hanno rinunciato alla concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c., sicché la causa è stata trattenuta in decisione. --- Occorre in primo luogo specificare che il giudizio di divisione riguarda quattro diversi beni pignorati pro quota; in particolare, ad essere pignorati sono state: due quote, entrambe pari ad 1/2, di nuda proprietà di due porzioni di fabbricato siti in (...) via (...) in (...) n. 56 (catastalmente identificati al (...) 29, (...) 344, subalterno 11 e 10); una quota di 1/2 di nuda proprietà del fabbricato sito in (...) via (...) n. 65 (catastalmente identificato al (...) 25, particella 1628, subalterno 4); la quota di 1/4 di proprietà piena di un terreno sito in (...) (catastalmente identificato al (...) 25, particella 1281). Nelle more della procedura esecutiva, l'usufruttuaria e comproprietaria per 2/4 dell'ultimo bene menzionato, (...) è deceduta, con conseguente estinzione del diritto di usufrutto e consolidamento del diritto di proprietà pieno in capo ad (...) e (...) per i primi tre beni sopra menzionati. La relazione di stima depositata dall'esperto stimatore nella procedura esecutiva dà atto della situazione di comproprietà sopra menzionata e, nel periziare i beni attualmente oggetto della divisione, afferma che il compendio è costituito da quattro unità immobiliari, di cui la prima è costituita da un alloggio di civile abitazione e da un magazzino, la seconda da un garage, la terza da un alloggio di civile abitazione e la quarta da un piccolo terreno di valore irrisorio. Il valore dei predetti beni è pari ad Euro 305.581,99 (di cui Euro 212.260,77 per l'alloggio ed Euro 93.321,22 per il magazzino) per la prima unità immobiliare, Euro 22.893,80 per la seconda unità immobiliare, Euro 95.562,90 per la terza unità immobiliare ed Euro 1,00 per la quarta. In considerazione di ciò, l'esperto stimatore ha predisposto un'ipotesi di divisione in natura, tramite la suddivisione di due lotti: il lotto A, costituito dall'alloggio in via (...) in (...) n. 56, del valore di Euro 212.261,77 e dal frustolo di terreno dal valore simbolico di Euro 1,00, ed il lotto B) costituito dal magazzino e dal garage di via (...) in (...) n. 56 e dall'alloggio di via dante (...) n. 65, pari ad Euro 211.777,92, specificando che, data la non identità dei due lotti, l'assegnataria del lotto A è tenuta al versamento all'assegnataria del lotto B della differenza, pari ad Euro 241,92. Tanto premesso, va dichiarata la contumacia della comproprietaria esecutata (...) e del creditore (...) delle (...) i quali, pur ritualmente evocati in giudizio, non si sono costituiti. Il giudizio di divisione endoesecutiva, ai sensi dell'art. 600 c.p.c., è l'esito obbligato in tutti i casi in cui, a seguito del pignoramento di una quota di un bene di titolarità del debitore esecutato, non è possibile procedere alla separazione del bene in natura (con attribuzione al debitore di un bene in proprietà piena) e non è possibile la vendita della quota indivisa ad un prezzo pari o superiore al valore della stessa. Il rinvio formulato dall'art. 600 c.p.c. alle norme del Codice Civile che regolamentano la divisione dei beni in comproprietà va considerato rivolto sostanzialmente alle poche norme che regolamentano lo scioglimento della comunione ordinaria (artt. 1111 e ss. c.c.), che a sua volta, all'art. 1116 c.c., rinvia alle norme relative alla divisione ereditaria (art. 713 e ss. c.c.). Il legislatore, nel disciplinare le varie forme di divisione, sia nel codice di rito che nel Codice Civile, ha sempre privilegiato la divisione in natura rispetto alle altre modalità di scioglimento della comunione, indicando la vendita dell'intero quale e(...)trema ratio: l'art. 600 c.p.c. afferma che occorre procedere al giudizio di divisione endoesecutiva solo "quando la separazione in natura non è chiesta o non è possibile"; l'art. 1114 c.c., a conferma, prevede che "la divisione ha luogo in natura, se la cosa può essere comodamente divisa in parti corrispondenti alle quote dei partecipanti"; infine, a mente dell'art. 718 c.c. (facente parte del costrutto normativo a cui l'art. 1116 c.c. rinvia), "ciascun coerede può chiedere la sua parte in natura dei beni mobili e immobili dell'eredità, salve le disposizioni degli articoli seguenti", aggiungendo al successivo art. 720 c.c. che se i beni non sono comodamente divisibili, essi devono essere assegnati ad uno dei coeredi con addebito dell'eccedenza e, in caso di indisponibilità di questo, "si fa luogo alla vendita all'incanto". Orbene, occorre altresì precisare che la separazione in natura menzionata nell'art. 600 c.p.c. e la divisione in natura prevista dagli artt. 1114 e 718 c.c., pur coincidendo sovente nella pratica, rappresentano forme in astratto diverse di scioglimento della comunione. Invero, la separazione in natura prevista dal codice di rito in caso di pignoramento di una quota di bene indiviso si sostanzia nella separazione di un bene e l'attribuzione dello stesso per l'intero al debitore esecutato, con sopravvivenza della comunione fra gli altri comproprietari sui beni non assegnati al debitore esecutato. La divisione in natura, viceversa, si configura quale scioglimento della comunione in cui a ciascun comproprietario viene assegnato uno o più beni per l'intero (salva la possibilità di prevedere il pagamento di un conguaglio in denaro secondo quanto previsto dall'art. 728 c.c.), cosicché non venga più mantenuto un regime di contitolarità su nessun bene precedentemente caduto in comunione. Va da sé che le due diverse forme di scioglimento di comunione tendono a coincidere laddove i comproprietari siano solo due, non potendo sopravvivere alcuna comunione qualora alcuni beni vengano assegnati in via esclusiva al comproprietario esecutato all'esito della separazione di cui all'art. 600 c.p.c.. Va altresì rimarcato che, come visto, l'art. 720 c.c. indica il limite della non comoda divisibilità come ostacolo alla divisione in natura. Tale concetto, che rappresenta una norma di aperta interpretazione, è stata inteso dalla giurisprudenza di legittimità, che si condivide nelle motivazioni e nelle conclusioni, nel senso che "in tema di divisione giudiziale di un compendio immobiliare ereditario, l'art. 718 c.c. trova deroga, ai sensi dell'art. 720 c.c., qualora i beni - secondo accertamento di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua, coerente e completa - non siano "comodamente" divisibili e cioè, nel caso in cui sia elevata la misura dei conguagli dovuti tra le quote da attribuire, ovvero quando, pur risultando il frazionamento materialmente possibile sotto l'aspetto strutturale, non siano tuttavia realizzabili porzioni suscettibili di formare oggetto di autonomo e libero godimento - non compromesse da servitù, pesi o limitazioni eccessive e non richiedenti opere complesse o di notevole costo - o, infine, tali che, sotto l'aspetto economico-funzionale, risultino sensibilmente deprezzate in proporzione al valore dell'intero (Cass. 27984/2023). Considerate tali premesse, occorre valutare se nel caso in esame vi siano tutti gli estremi per la divisione in natura dei beni oggetto del presente giudizio di divisione endoesecutiva. Orbene, va in primo luogo considerato che non è di ostacolo alla divisione in natura la domanda dell'attrice, la creditrice (...) che, pur avendo originariamente genericamente domandato la divisione anche per mezzo della divisione materiale o di assegnazione ad uno dei comproprietari, ha successivamente, nel corso del giudizio, chiesto che il compendio immobiliare venisse venduto per l'intero e non si facesse dunque luogo alla divisione in natura. Come visto, infatti, il legislatore privilegia la via della divisione in natura, sicché l'istanza del creditore volta ad ottenere la vendita del compendio pignorato non può imporre e (...) se una particolare modalità di scioglimento della comunione (come peraltro convenuto anche da Cass. 1423/2000). Quantunque il giudizio di divisione endoesecutiva origini dal procedimento esecutivo e quindi sia funzionalmente indirizzato al soddisfacimento del credito vantato da chi ha agito in e(...)ecutivis, non può non rilevarsi come il legislatore, con le norme sopra menzionate, abbia a tutti gli effetti indicato un favor per il comproprietario non esecutato, che solitamente si trova a subire la procedura esecutiva del condividente inadempiente e che invece, tramite la divisione in natura, riesce a salvaguardare la quota di sua pertinenza e a mantenere la proprietà piena di una parte del compendio di sua titolarità. Né può condividersi quanto sostenuto da (...) secondo cui la divisione in natura causerebbe un pregiudizio alla legittima aspettativa di massimizzare il soddisfacimento del credito azionato: invero, l'attore creditore può comunque far valere le sue ragioni sul ricavato della vendita dei beni assegnati in via esclusiva al comproprietario esecutato. Senza considerare altresì che, anche qualora fosse stato venduto l'intero compendio immobiliare indiviso, al comproprietario non esecutato sarebbe spettata, come è noto, la metà del ricavato della vendita, al netto delle spese sostenute per la divisione e dunque, considerato che l'esito della vendita coatta è interamente soggiogata alle dinamiche del mercato di riferimento, non può dirsi con certezza che la vendita del bene indiviso sia maggiormente satisfattiva della vendita di un bene di esclusiva titolarità della debitrice. Venendo al limite della comoda divisibilità sopra menzionato, tenuto conto dell'interpretazione dominante di tale formula da parte della giurisprudenza della Suprema Corte e a cui si intende aderire, non può che rilevarsi come non vi siano ostacoli nel caso in esame che rendono non comoda la divisibilità: da un lato, infatti, i beni oggetto di divisione sono del tutto autonomi e suscettibili di libero godimento; dall'altro lato, il conguaglio dovuto dall'assegnataria del lotto A, tenuto conto del valore dell'intero compendio oggetto del giudizio, è di valore irrisorio e dunque tale da rendere comodamente divisibile in natura i beni in comunione. Alla luce di quanto detto, non sussistono ostacoli allo scioglimento della comunione tramite divisione in natura e, ritenuto condivisibile il progetto descritto nella relazione a firma dell'esperto stimatore, nel prosieguo del giudizio di divisione, previo pagamento del conguaglio, potrà procedersi all'assegnazione del lotto A ad (...) come da quest'ultimo richiesto, con conseguente assegnazione del lotto B alla convenuta rimasta contumace, (...) Le spese di giudizio sono liquidate a favore di ciascuno dei convenuti ed a carico della (...) attrice, ai sensi del D.M. 55/2014, avuto riguardo al valore della quota in contestazione (Cass. 6765/2012), per determinare la quale si ricorre alla valutazione eventualmente effettuata dal consulente tecnico (Cass. 22016/2018). Va quindi considerato lo scaglione fra Euro 52.001,00 ed Euro 260.000,00, con riferimento ai valori minimi per tutte le fasi del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica, non definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1. Dichiara la contumacia di (...) e di (...) delle (...) 2. Dichiara che gli immobili siti in (...) via (...) in (...) n. 56 e via (...) n. 65, catastalmente identificati al (...) 29, (...) 344, subalterno 11 e 10, (...) 25, particella 1628, subalterno 4 e (...) 25, particella 1281 sono comodamente divisibili; 3. Dispone con separata ordinanza in ordine alla prosecuzione del giudizio; 4. Condanna altresì (...) a rimborsare le spese di lite, che si liquidano in complessivi Euro7.052,00, oltre spese generali, c.p.a. ed i.v.a., a ciascuno dei convenuti costituiti.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 9005 del 2021, proposto da An. Br., rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Fe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Gse - Gestore Servizi Energetici S.P.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Pu. e Ma. Or., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione terza ter n. 08241/2021, resa tra le parti; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Gse - Gestore Servizi Energetici S.P.A; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2024 il Cons. Carmelina Addesso e udito per la parte appellata l'avv. Ma. Lu. Ci. in sostituzione dell'avv. Ma. Or.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Il signor An. Br. impugna la sentenza in epigrafe indicata che ha respinto il ricorso avverso l'atto di annullamento in autotutela del provvedimento di ammissione alle tariffe incentivanti per il periodo intercorrente tra il 3 marzo 2015 ed il 24 maggio 2016 con conseguente recupero, mediante compensazione, degli incentivi riconosciuti nel suindicato periodo. 1.1 In punto di fatto l'appellante espone che: - in data 24 gennaio 2001 acquistava la proprietà dell'immobile sito in Comune di (omissis) (SV), Frazione (omissis), riportato nel N.C.T. alla partita (omissis), sezione ca., foglio (omissis), mappale (omissis); - con successivo contratto di affitto del 29 gennaio 2008 acquisiva, altresì, la disponibilità di un appezzamento di terreno limitrofo a quello acquistato, sito al mappale (omissis); -in data 21 maggio 2012 stipulava con il GSE la convenzione per il riconoscimento delle tariffe incentivanti di cui al d.m. 5 maggio 2011 (quarto conto energia) in relazione all'impianto fotovoltaico insistente su entrambi i terreni, quello acquistato e quello condotto in affittanza agraria; - a seguito della comunicazione di disdetta dal contratto di affitto agrario da parte dei proprietari del mappale (omissis), cui seguiva una vertenza giudiziaria conclusa con sentenza del Tribunale di Savona n. 667/2015 che dichiara risolto il contratto e condannava il signor Br. al rilascio dell'immobile, il GSE annullava in autotutela il provvedimento di ammissione delle tariffe incentivanti per il periodo intercorrente tra il 3 marzo 2015 (data della domanda giudiziale di risoluzione) e il 24 maggio 2016 (data dell'atto di acquisto della proprietà del terreno da parte del ricorrente), periodo in cui l'interessato aveva perso la disponibilità del terreno. 1.2 Il signor Br. impugnava il sopra indicato provvedimento con ricorso al TAR, lamentandone l'illegittimità in quanto aveva mantenuto inalterata la disponibilità del terreno per tutto il periodo considerato, come comprovato dalla documentazione versata in atti attestante la mancata esecuzione dello sfratto e le trattative intercorse con i proprietari, poi sfociate nell'acquisto della proprietà del mappale da parte del ricorrente. 1.3 Il TAR adito respingeva il ricorso, rilevando che il ricorrente aveva perso la disponibilità giuridica del terreno a seguito di risoluzione del contratto di affitto, mentre alcun rilievo può avere la mera detenzione di fatto. Il giudice di primo grado escludeva, inoltre, in ragione dell'unicità dell'impianto e della richiesta di ammissione all'incentivo, che l'interessato potesse invocare il beneficio per la parte dell'impianto fotovoltaico insistente sul terreno limitrofo di sua proprietà . 2. Con l'appello in trattazione il ricorrente chiede la riforma della sentenza per "Violazione e falsa applicazione dell'art. 12 comma 4bis, d.lgs. 29 dicembre 2003 n. 387. Violazione e falsa applicazione Decreto ministeriale 5 maggio 2011 - "Quarto Conto Energia". Violazione del Principio di Proporzionalità ex art. 97 Costituzione e art. 1 Legge 7 agosto 1990, n. 241.Violazione di Legge, eccesso di potere per sviamento ed illogicità manifesta". 3. Si è costituito in giudizio il GSE che, con successiva memoria, ha insistito per la reiezione del gravame. 4. Con ordinanza n. 6178 del 17 novembre 2021 questa Sezione ha respinto l'istanza di sospensione dell'esecutività del provvedimento impugnato. 5. All'udienza del 14 maggio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione. 6. L'appello è affidato alle seguenti censure: i) il giudice di primo grado è incorso in errore laddove, richiamando l'art. 12 comma 4 bis del D. Lgs. 387/2003 nella parte in cui dispone che "il proponente deve dimostrare nel corso del procedimento, e comunque prima dell'autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l'impianto", non ha tenuto conto delle argomentazioni e delle allegazioni del ricorrente da cui risulta che lo stesso è sempre stato legittimo detentore del terreno sulla base dell'assenso dei proprietari. Questi ultimi non hanno mai portato ad esecuzione lo sfratto per la pendenza delle trattative concluse con atto di compravendita del 19 maggio 2016, ove espressamente si dichiara che l'immobile è condotto in affitto dal signor Br.: ii) la sentenza merita di essere riformata anche laddove ha respinto la censura di difetto di proporzionalità del provvedimento senza tenere conto della situazione sostanziale complessiva, delle evoluzioni nella vicenda giudiziaria intercorsa tra l'odierno appellante e la precedente proprietà del fondo, dell'unitarietà dell'impianto fotovoltaico, esteso sul compendio unico rappresentato dai due fondi finitimi, e del fatto che esso ha sempre continuato ad operare anche durante la pendenza della vicenda giudiziaria e delle trattative riguardanti il mappale (omissis). 7. Le censure sono infondate. 8. Ai sensi dell'art. 12 comma 4 bis d.lgs 387/2003 il rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione degli impianti fotovoltaici è subordinato alla dimostrazione, da parte del proponente, della disponibilità del suolo su cui realizzare l'impianto. 8.1 L'autorizzazione sopra indicata deve essere, una volta rilasciata, trasmessa al Gestore ai fini dell'ammissione all'incentivo (allegato 3-c punto a.2 d.m. 5 maggio 2011). 8.2 Le "Regole Applicative per il Riconoscimento delle Tariffe Incentivanti" (doc. 10 fascicolo appello GSE), stabiliscono, inoltre, al paragrafo 4.2 che: "per richiedere l'incentivo il Soggetto Responsabile dell'impianto deve caricare sul sistema informatico del GSE i seguenti documenti: (...) 4. Dichiarazione di essere proprietario dell'immobile destinato alla installazione dell'impianto, ovvero autorizzazione all'installazione dell'impianto sottoscritta dal/i proprietario/i dell'immobile". 8.3 Non è revocabile in dubbio che la legittima disponibilità giuridica del suolo e, quindi, dell'impianto su di esso realizzato assurga a presupposto condizionante il diritto al riconoscimento e al mantenimento dell'incentivo poiché soggetto responsabile di impianto può essere solo colui che, essendo legittimamente detentore dell'impianto medesimo, è anche giuridicamente responsabile del relativo esercizio e della relativa manutenzione ai sensi dell'art. 3 lett s) del d.m. 5 maggio 2011). 8.4 Solo il titolo giuridico, infatti, è suscettibile di verifica documentale da parte del Gestore, laddove il possesso o la detenzione privi di titolo si risolvono in una situazione di fatto che non solo è connotata da precarietà, ma è anche logicamente incompatibile con il sistema dei regimi di sostegno, fondato su evidenze documentali su cui si innesta l'attività di verifica e controllo del GSE. E' evidente, peraltro, che il potere di verifica non può estendersi all'indagine sull'animus possidendi, disancorata da qualunque atto costitutivo del diritto. 8.5 Per tale ragione, l'art. 10 comma 4 del citato decreto assegna rilievo unicamente alle vicende circolatorie dell'immobile che siano assistite da titolo idoneo a costituirne la legittima disponibilità, imponendo un onere di comunicazione al gestore dell'atto di cessione entro trenta giorni dalla registrazione. Tale disposizione è espressamente richiamata all'art. 7 della convenzione sottoscritta dal ricorrente (doc. 4 fascicolo primo grado ricorrente). 8.6 Pur ricordando la giurisprudenza che, in senso ancora più restrittivo, ha statuito che la disponibilità dell'area su cui realizzare l'impianto "postula necessariamente la sussistenza di una relazione qualificata a contenuto reale con il bene (come diritto di proprietà, di superficie, usufrutto), anche se in formazione, non essendo sufficiente il solo rapporto obbligatorio, in quanto il diritto ad ottenere l'autorizzazione ad edificare l'impianto de quo consiste in una proiezione del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento che autorizza a disporre dell'area in modo esclusivo" (Cons. Stato sez. V, n. 4331 del 31 luglio 2012), il Collegio sottolinea che ciò che è indispensabile è la legittima disponibilità del bene, derivante o dalla titolarità di un diritto reale sullo stesso, ovvero, quantomeno, una disponibilità derivante da altro valido titolo (come può essere, appunto, il contratto di affitto), e della cui congruenza con i presupposti di legge e con le finalità dell'ammissione al contributo, sarà il GSE a valutare. 8.7 Ciò che è certo è che il quadro normativo e giurisprudenziale non assegna rilevanza alcuna alla disponibilità materiale del suolo su cui sorge l'impianto, sia che si tratti di possesso di buona fede sia che si tratti di detenzione tollerata o consentita -sempre ex facto- dai proprietari, circostanza, quest'ultima, che consente di qualificare come detentore "de facto" (piuttosto che come possessore) il soggetto che esercita il potere sulla res, ma non è sufficiente a trasformare la detenzione da non titolata in titolata. 9. Nel caso di specie è pacifico che l'appellante abbia perso la disponibilità giuridica del bene a far data, quanto meno, dalla trascrizione della domanda giudiziale (03/03/2015) che è stata accolta dalla sentenza del Tribunale di Savona n. 667/2015 - la quale ha dichiarato "risolto il contratto di affittanza agraria in seguito alla tempestiva disdetta" e condannato il convenuto al rilascio del fondo -per riacquisirla solo al momento dell'acquisto della proprietà del mappale avvenuta con contratto del 24/05/2016. 9.1 Privo di rilievo è il richiamo da parte dell'appellante alle trattative intercorrenti con i proprietari del mappale, comprovate dalle mail versate in atti, alla mancata esecuzione dello sfratto e anche alla scrittura privata del 12/1/2016 (ove al punto 4 si precisa, peraltro, che "il possesso giuridico dell'immobile decorrerà dalla data del rogito notarile con l'assunzione da parte dell'acquirente di tutte le spese relative all'immobile: doc. 13 fascicolo primo grado ricorrente) con cui l'accordo transattivo è stato formalizzato, in quanto si tratta di circostanze e documenti che confermano la disponibilità materiale, ma non quella giuridica del mappale, comunque venuta meno con la disdetta del contratto di locazione agraria e recuperata solo con l'acquisto della proprietà del terreno. 9.2 Ne discende che correttamente il giudice di primo grado ha ritenuto la legittimità del provvedimento impugnato per difetto in capo all'interessato di un valido titolo giuridico che confermi la natura giuridica e non solo fattuale di tale disponibilità . 10. Parimenti infondata- in disparte l'inammissibilità per violazione del divieto di nova eccepita da GSE con memoria del 12.11.2021-è la censura di difetto di proporzionalità del provvedimento impugnato poiché, come osservato dal TAR, l'impianto fotovoltaico, realizzato su entrambe le particelle catastali, è unitario: la perdita di disponibilità del terreno corrispondente alla particella n. 44 si è tradotta nella perdita della disponibilità dell'intero impianto che, in quanto unitario, non può che essere unitariamente inteso ai fini non solo dell'ottenimento ma anche del mantenimento dei benefici richiesti. 10.1 Il provvedimento, inoltre, disponendo la revoca e il recupero dell'incentivo unicamente per il periodo di tempo in cui il ricorrente ha perso la disponibilità giuridica del bene, non appare affetto da manifesta sproporzione poiché la perdita dei requisiti per il riconoscimento dell'incentivo ne preclude in maniera vincolata l'erogazione. 10.2 Esso, pur qualificato come annullamento d'ufficio, costituisce, piuttosto, espressione del potere di decadenza per il venir meno dei presupposti dell'incentivazione. Al riguardo, la stessa convenzione sottoscritta dal ricorrente precisa all'art. 9 (Verifiche, controlli e sopralluoghi) che il Gestore si riserva di effettuare attività di controllo al fine di accertare, tra l'altro, la permanenza del diritto all'incentivo. 10.3 Il venir meno del requisito in questione ha determinato necessariamente la decadenza dal diritto per il periodo considerato, senza alcuna possibilità di modulazione della decurtazione atteso che, per pacifica giurisprudenza, il provvedimento di decadenza non ha alcuna connotazione sanzionatoria e si configura come atto vincolato di accertamento dell'assenza dei requisiti cui è subordinata l'erogazione del beneficio (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. II 2254 del 7/03/2014; Ad Plen. n. 18 del 11 settembre 2020). 11. Per le ragioni sopra indicate l'appello deve essere respinto. 12. Sussistono giustificati motivi in ragione della peculiarità della controversia per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Oberdan Forlenza - Presidente Giovanni Sabbato - Consigliere Carmelina Addesso - Consigliere, Estensore Maria Stella Boscarino - Consigliere Ugo De Carlo - Consigliere
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta da: FEDERICO SORRENTINO Presidente ORONZO DE MASI Consigliere GIACOMO MARIA STALLA Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI Consigliere-Rel. LIBERATO PAOLITTO Consigliere Oggetto: imposta di registro Ud.13/02/2024 PU ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 33040/2019 R.G. proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso lo studio dell’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO. (ADS80224030587) che la rappresenta e difende -ricorrente- contro DE ROSA TERESA, domiciliata ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato DI CESARE GABRIELLA (DCSGRL70R45E058N) -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. ABRUZZO n. 677/2019 depositata il 12/07/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/02/2024 dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI. FATTI DI CAUSA 1. De Rosa Teresa impugnava l’avviso di liquidazione dell’imposta fissa di registro in relazione ad un atto di liberalità nel quale il donante, riservandosi per sé, e dopo di sé al coniuge (che interveniva nell’atto e accettava) l’usufrutto attribuiva alle figlie la nuda proprietà degli immobili descritti nell’atto notarile; l’Agenzia delle entrate aveva ritenuto si configurassero due distinti negozi giuridici (uno il trasferimento della nuda proprietà e l’altro la donazione dell’usufrutto al coniuge sottoposto a condizione sospensiva della premorienza del donante). La Commissione tributaria provinciale di Teramo accoglieva il ricorso; la Commissione regionale dell’Abruzzo respingeva l’appello dell’Agenzia con la sentenza indicata in epigrafe. 2. Ricorre in cassazione l’Agenzia delle entrate con un unico motivo di ricorso. 3. Resiste con controricorso Teresa De Rosa (articolato in due motivi), rappresentando che il secondo negozio (la donazione dell’usufrutto alla moglie nell’ipotesi di premorienza del donante) configura non un diritto, ma una mera aspettativa che si concreta solo alla morte del donante (la stessa circolare n. 44/E 2011 prevede l’assenza di tassazione, registro, per gli atti di donazione). Per l’art. 25, del d.P.R. 131 del 1986 sussiste alternatività tra imposta di registro e imposta sulle successioni e donazioni. Conseguentemente per la registrazione degli atti contenenti una o più disposizioni di donazione, di valore inferiore alla franchigia, non deve essere corrisposta l’imposta di registro. La donazione dell’usufrutto dopo di sé al coniuge non supera certamente la franchigia delle imposte di successione e donazione. Inoltre, le Agenzie delle entrate di altre Città dell’Abruzzo e quella Di Santa Maria Capua Vetere, non applicano a negozi simili l’imposta di registro fissa. Ha chiesto, pertanto, il rigetto del ricorso dell’Agenzia delle entrate. 4. La Procura generale, sostituto procuratore generale Carmelo CELENTANO, ha depositato memoria con conclusioni, ribadite in udienza, di accoglimento del ricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con l’unico motivo l’Agenzia delle entrate denuncia violazione di legge (art. 11, 21 e 27 del d.P.R. 26/04/1986, n. 131 e 60, d. lgs. del 31/10/1990 n. 346, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.). Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve cassarsi, con la decisione nel merito da parte di questa Corte di legittimità. non essendo necessari accertamenti di fatto (art. 384, secondo comma, cod. proc. civ.). L’atto con il quale il donante trasferisce la nuda proprietà riservandosi l’usufrutto e dopo la sua morte l’usufrutto ad altra persona (nel caso il coniuge), configura due distinti negozi di donazione: il primo la donazione della nuda proprietà, il secondo la donazione dell’usufrutto, sottoposta alla condizione sospensiva della premorienza (del donante al donatario): «Mentre la donazione con riserva di usufrutto in favore del donante configura un negozio unitario, avente ad oggetto il trasferimento immediato della nuda proprietà ed, a termine, il trasferimento dei diritti corrispondenti all'usufrutto, mantenuti temporaneamente dal donante, la donazione con riserva di usufrutto in favore di un terzo dà luogo a due distinti negozi: un trasferimento della nuda proprietà in favore del donatario, ed un'offerta di donazione dell'usufrutto in favore del terzo, improduttiva di effetti fino a che non intervenga l'accettazione del terzo medesimo, prima della morte del costituente, nella prescritta forma dell'atto pubblico. Da tanto consegue che, qualora il donante riservi l'usufrutto sui beni donati a proprio vantaggio e, dopo di lui, a vantaggio di un terzo, come consentito dall'art 796 cod. civ, il donatario della nuda proprietà acquista il pieno dominio alla cessazione dell'usufrutto del donante, se il terzo riservatario non abbia accettato prima della morte del donante stesso; consegue altresì la non configurabilità di una riserva di usufrutto in favore di un soggetto non determinato al momento della donazione, ma da nominarsi con testamento, stante l'inammissibilità di un'offerta contrattuale in favore di persona indeterminata, e comunque l'impossibilita del perfezionamento della donazione dell'usufrutto, con l'accettazione da parte del donatario dell'offerta del donante, prima della morte di quest'ultimo» ( V 2609/54; Sez. 2, Sentenza n. 2899 del 24/07/1975, Rv. 376943 – 01; vedi anche Sez. 2, Sentenza n. 7710 del 19/04/2016, Rv. 639450 - 01). L’atto contenente la donazione dell’usufrutto (nel caso in giudizio, peraltro, con accettazione della beneficiaria) è soggetto alla tassa fissa di registro, come ritenuto da questa Corte di Cassazione con giurisprudenza costante («In tema di imposta sulle donazioni, in presenza di donazione con riserva (accettata) di usufrutto a favore di un terzo, deve essere ravvisata la sussistenza di due distinti atti di liberalità, suscettibili di essere separatamente ed autonomamente sottoposti ad imposizione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 55 e 56, secondo comma, d.lgs. 31 ottobre 1990, n.346, e, in virtù del rinvio operato dall'art. 55, primo comma, d.lgs. cit., degli artt.20 e 21 d.P.R. 26 aprile 1986, n.131» Sez. 5, Sentenza n. 2980 del 27/02/2003, Rv. 560754 – 01; vedi anche Sez. 5, Sentenza n. 3407 del 08/03/2002, Rv. 552927 – 01 e Sezione Tributaria del 2/03/2009 n. 4984, ric. Uva e altri, non massimata). La controricorrente deve condannarsi alle spese del grado di legittimità; le spese dei giudizi di merito, in una valutazione complessiva del processo, possono compensarsi interamente. … P.Q.M. Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del giudizio proposto dalla contribuente; Condanna la controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore della ricorrente, che liquida in euro 900,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Compensa le spese dei giudizi di merito. Così deciso in Roma, il 13/02/2024. Il Consigliere estensore Il Presidente Angelo Matteo SOCCI FEDERICO SORRENTINO
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta da: FEDERICO SORRENTINOPresidente ORONZO DE MASIConsigliere GIACOMO MARIA STALLAConsigliere ANGELO MATTEO SOCCIConsigliere-Rel. LIBERATO PAOLITTOConsigliere Oggetto: *IRPEF ILOR ACCERTAMENTO Ud.13/02/2024 PU ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 8200/2020 R.G. proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che la rappresenta e difende -ricorrente- contro DE ROSA TERESA, domiciliata ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato DI CESARE GABRIELLA (DCSGRL70R45E058N) -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. ABRUZZO n. 902/2019 depositata il 29/10/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/02/2024 dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI. FATTI DI CAUSA 1. De Rosa Teresa impugnava l’avviso di liquidazione dell’imposta fissa di registro in relazione ad un atto di liberalità nel quale il donante, riservandosi per sé, e dopo di sé al coniuge (che interveniva nell’atto e accettava) l’usufrutto attribuiva alle figlie la nuda proprietà degli immobili descritti nell’atto notarile; l’Agenzia delle entrate aveva ritenuto si configurassero due distinti negozi giuridici (uno il trasferimento della nuda proprietà e l’altro la donazione dell’usufrutto al coniuge sottoposto a condizione sospensiva della premorienza del donante). La Commissione tributaria provinciale di Teramo accoglieva il ricorso; la Commissione regionale dell’Abruzzo respingeva l’appello dell’Agenzia con la sentenza indicata in epigrafe. 2. Ricorre in cassazione l’Agenzia delle entrate con un unico motivo di ricorso. 3. Resiste con controricorso Teresa De Rosa (articolato in due motivi), rappresentando che il secondo negozio (la donazione dell’usufrutto alla moglie nell’ipotesi di premorienza del donante) configura non un diritto, ma una mera aspettativa che si concreta solo alla morte del donante (la stessa circolare n. 44/E 2011 prevede l’assenza di tassazione, registro, per gli atti di donazione). Per l’art. 25, del d.P.R. 131 del 1986 sussiste alternatività tra imposta di registro e imposta sulle successioni e donazioni. Conseguentemente per la registrazione degli atti contenenti una o più disposizioni di donazione, di valore inferiore alla franchigia, non deve essere corrisposta l’imposta di registro. La donazione dell’usufrutto dopo di sé al coniuge non supera certamente la franchigia delle imposte di successione e donazione. Inoltre, le Agenzie delle entrate di altre Città dell’Abruzzo e quella Di Santa Maria Capua Vetere, non applicano a negozi simili l’imposta di registro fissa. Ha chiesto, pertanto, il rigetto del ricorso dell’Agenzia delle entrate. 4. La Procura generale, sostituto procuratore generale Carmelo CELENTANO, ha depositato memoria con conclusioni, ribadite in udienza, di accoglimento del ricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con l’unico motivo l’Agenzia delle entrate denuncia violazione di legge (art. 11, 21 e 27 del d.P.R. 26/04/1986, n. 131 e 60, d. lgs. del 31/10/1990 n. 346, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.). Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve cassarsi, con la decisione nel merito da parte di questa Corte di legittimità. non essendo necessari accertamenti di fatto (art. 384, secondo comma, cod. proc. civ.). L’atto con il quale il donante trasferisce la nuda proprietà riservandosi l’usufrutto e dopo la sua morte l’usufrutto ad altra persona (nel caso il coniuge), configura due distinti negozi di donazione: il primo la donazione della nuda proprietà, il secondo la donazione dell’usufrutto, sottoposta alla condizione sospensiva della premorienza (del donante al donatario): «Mentre la donazione con riserva di usufrutto in favore del donante configura un negozio unitario, avente ad oggetto il trasferimento immediato della nuda proprietà ed, a termine, il trasferimento dei diritti corrispondenti all'usufrutto, mantenuti temporaneamente dal donante, la donazione con riserva di usufrutto in favore di un terzo dà luogo a due distinti negozi: un trasferimento della nuda proprietà in favore del donatario, ed un'offerta di donazione dell'usufrutto in favore del terzo, improduttiva di effetti fino a che non intervenga l'accettazione del terzo medesimo, prima della morte del costituente, nella prescritta forma dell'atto pubblico. Da tanto consegue che, qualora il donante riservi l'usufrutto sui beni donati a proprio vantaggio e, dopo di lui, a vantaggio di un terzo, come consentito dall'art 796 cod. civ, il donatario della nuda proprietà acquista il pieno dominio alla cessazione dell'usufrutto del donante, se il terzo riservatario non abbia accettato prima della morte del donante stesso; consegue altresì la non configurabilità di una riserva di usufrutto in favore di un soggetto non determinato al momento della donazione, ma da nominarsi con testamento, stante l'inammissibilità di un'offerta contrattuale in favore di persona indeterminata, e comunque l'impossibilita del perfezionamento della donazione dell'usufrutto, con l'accettazione da parte del donatario dell'offerta del donante, prima della morte di quest'ultimo» ( V 2609/54; Sez. 2, Sentenza n. 2899 del 24/07/1975, Rv. 376943 – 01; vedi anche Sez. 2, Sentenza n. 7710 del 19/04/2016, Rv. 639450 - 01). L’atto contenente la donazione dell’usufrutto (nel caso in giudizio, peraltro, con accettazione della beneficiaria) è soggetto alla tassa fissa di registro, come ritenuto da questa Corte di Cassazione con giurisprudenza costante («In tema di imposta sulle donazioni, in presenza di donazione con riserva (accettata) di usufrutto a favore di un terzo, deve essere ravvisata la sussistenza di due distinti atti di liberalità, suscettibili di essere separatamente ed autonomamente sottoposti ad imposizione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 55 e 56, secondo comma, d.lgs. 31 ottobre 1990, n.346, e, in virtù del rinvio operato dall'art. 55, primo comma, d.lgs. cit., degli artt.20 e 21 d.P.R. 26 aprile 1986, n.131» Sez. 5, Sentenza n. 2980 del 27/02/2003, Rv. 560754 – 01; vedi anche Sez. 5, Sentenza n. 3407 del 08/03/2002, Rv. 552927 – 01 e Sezione Tributaria del 2/03/2009 n. 4984, ric. Uva e altri, non massimata). La controricorrente deve condannarsi alle spese del grado di legittimità; le spese dei giudizi di merito, in una valutazione complessiva del processo, possono compensarsi interamente. … P.Q.M. Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del giudizio proposto dalla contribuente; Condanna la controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore della ricorrente, che liquida in euro 900,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Compensa le spese dei giudizi di merito. Così deciso in Roma, il 13/02/2024. Il Consigliere estensore Il Presidente Angelo Matteo SOCCI FEDERICO SORRENTINO
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 6834 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Gi. Lu. Le., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...); Commissione Esame Concorso A 300 Posti di Notaio di Cui al D.D. 16.11.2018, non costituito in giudizio; nei confronti -OMISSIS-, non costituiti in giudizio; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima n. -OMISSIS-, resa tra le parti Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2024 il Pres. Michele Corradino e viste le conclusioni delle parti come da verbale di udienza; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con sentenza n. -OMISSIS-, il Tar per il Lazio ha rigettato il ricorso avanzato dal Dott. -OMISSIS-, odierno appellante, avverso il provvedimento di mancata ammissione alle prove orali del concorso per esame a 300 posti di notaio, indetto con decreto del Direttore generale della giustizia civile del 16 novembre 2018, nonché gli atti presupposti. Nello specifico, l'interessato non è stato ammesso a sostenere le prove orali del concorso notarile per essere stato dichiarato non idoneo a conclusione della disamina di due delle tre prove scritte. Ed, infatti, la Commissione, avendo ravvisato, nella lettura dell'elaborato relativo all'atto mortis causa, ipotesi di grave insufficienza ai sensi dell'art. 11 D.lgs. n. 166/2006, non ha proceduto alla lettura del terzo elaborato e ha dichiarato non idoneo il candidato. Segnatamente, la Commissione ha dichiarato inidoneo il candidato "in quanto l'elaborato è gravemente insufficiente per travisamento della traccia, consistito, nell'atto mortis causa, nell'aver costruito il legato di azienda in favore del minore -OMISSIS-sotto la condizione risolutiva che il padre -OMISSIS-non abbia l'usufrutto legale 'ai sensi e per gli effetti dell'art. 324 c.c.', cosi ottenendo l'effetto contrario all'intento della testatrice indicato dalla traccia", rilevando altresì "che l'elaborato è insufficiente per difetto di completezza e/o di coerenza logica e/o di ordine e/o di chiarezza e/o di esattezza sotto il profilo giuridico, sia in relazione alla motivazione delle scelte compiute, sia in relazione allo svolgimento della parte teorica, consistiti: nell'atto inter vivos di diritto civile il candidato ha: 1. strutturato l'atto prevedendo un conguaglio in danaro senza indicare i valori delle prestazioni corrispettive pattuite tra le parti; 2. motivato la presenza in atto dei testimoni sull'assunto, non congruamente motivato, secondo cui l'alienazione di uno dei beni costituiti in fondo patrimoniale determinerebbe una modifica della convenzione matrimoniale; 3. ha previsto l'acquisto delle azioni delle società -OMISSIS-s.p.a. da parte di Tizio utilizzando lo strumento del patto di opzione senza prevedere la prescritta autorizzazione assembleare; nell'atto mortis causa il candidato ha previsto il legato in favore dell'ex coniuge -OMISSIS-a tacitazione dell'assegno divorzile a lui spettante, senza considerare che il diritto a tale assegno si estingue con la morte dell'obbligato". Con ricorso notificato il 26 luglio 2022 al Ministero della Giustizia e alla Commissione di esame e il 27 luglio 2022 ai Dott. -OMISSIS- e depositato in data 25 agosto 2022, l'odierno appellante ha gravato la sentenza -OMISSIS-del 9 febbraio 2022 del Tar per il Lazio. Il medesimo ha impugnato la sentenza per un duplice ordine di motivi, con i quali ha lamentato, sotto diversi aspetti, che la pronuncia del giudice di prime cure fosse affetta da "error in iudicando" per "violazione degli artt. 97 e 116 Cost., violazione della l. n. 241/1990, violazione e falsa applicazione del R.D. 14 novembre 1926 n. 1953 come modificato dal R.D. 22.12.1932 n. 1728 e da ultimo dal D. Lgs 24.04.2006 n. 166 e s.m.i., irragionevolezza, eccesso di potere, difetto assoluto di motivazione, inesistenza dei presupposti in fatto e in diritto, illegittimità derivata". Nella prospettazione dell'appellante, il Tar, pur ritenendo che la Commissione esaminatrice sia incorsa in un errore materiale, invece di accogliere il ricorso, si sarebbe inammissibilmente sostituita alla stessa, integrando la motivazione del giudizio di non idoneità, pervenendo a giudizi non condivisibili sotto il profilo giuridico. Con il secondo motivo di ricorso, viene contestata, dal punto di vista formale, la verbalizzazione della correzione laddove non risulta esplicitato se il giudizio di inidoneità sia stato espresso a maggioranza ovvero all'unanimità . In data 29 agosto 2022, il Ministero della Giustizia si è costituito in giudizio. In data 16 settembre 2022, l'appellante ha depositato una memoria difensiva, in vista dell'udienza del 22 settembre 2022, con la quale si è sostanzialmente riportato al contenuto dell'atto di appello. All'udienza del 8 febbraio 2024, la causa è stata trattenuta per la decisione. DIRITTO L'appello è infondato. I motivi di ricorso, per la loro stretta connessione sul piano logico e giuridico, possono trattarsi congiuntamente. Preliminarmente, si rende opportuno ribadire che, per pacifica giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, il giudizio della Commissione in materia di prove concorsuali comporta una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attenendo alla sfera della discrezionalità tecnica. Pertanto, il sindacato nei confronti degli atti di correzione di tali prove è limitato al riscontro di evidenti errori di fatto e di giudizio da parte della Commissione, che lascino intravedere il manifesto travisamento dei fatti sui quali il giudizio è stato svolto, oppure la manifesta illogicità o irragionevolezza del compimento di questa attività (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 13 luglio 2023, n. 8319; Cons. Stato, Sez. III, 18 maggio 2023 n. 4962; Cons. Stato, Sez. IV, 30 agosto 2018, n. 5117). Facendo applicazione di tali condivisibile principi al caso di specie, il Collegio ritiene di non concordare con la prospettazione dell'appellante e che le doglianze dal medesimo avanzate non siano meritevoli di positivo apprezzamento. Anzitutto, la valutazione operata dalla Commissione risulta logicamente ben motivata, esaustiva, circostanziata e ben articolata su una pluralità di aspetti che integrano autonomi profili di insufficienza degli elaborati, in coerenza con i criteri di valutazione dalla stessa predeterminati, alla stregua di quanto previsto dall'art. 10, comma 2, del D. Lgs. n. 166/2006. Benché l'appellante ribadisca che le proprie doglianze sono volte ad enucleare profili di eccesso di potere, difetto assoluto di motivazione e irragionevolezza nel giudizio, dal contenuto dell'atto di appello - sopra sinteticamente riportato - emerge chiaramente che i molteplici profili di critica articolati con le censure avanzate dall'interessato sono essenzialmente finalizzati a richiedere al Giudice amministrativo di intraprendere una nuova correzione dell'elaborato, entrando indebitamente nel merito di quanto scritto dal candidato e, dunque, del giudizio di non idoneità formulato dall'amministrazione. Con particolar riguardo alla prima doglianza, avente ad oggetto l'errore ostativo riscontrato nell'atto mortis causa, al fine di confutare il giudizio della Commissione, l'appellante tende a sostituire le proprie ricostruzioni giuridiche degli istituti, nonché le proprie interpretazioni degli elaborati, a quelle formulate dalla Commissione, sicché le brevi osservazioni del giudice di primo grado sono state volte, non a giustificare il giudizio di non idoneità, ma ad affermare che, fermo l'errore materiale commesso dalla Commissione, questi non ha in alcun modo inciso sul giudizio espresso, dal momento che "il compito evidenzia un errore di travisamento, essendo il risultato finale antitetico rispetto alla volontà del de cuius indicata nella traccia". Diversamente da quanto sostenuto da parte appellante, tali osservazioni non si risolvono, quindi, in un'indebita cognizione di merito da parte del Tar, tanto meno concretizzano una inammissibile integrazione postuma degli atti posti in essere dalla Commissione. Esse sono, bensì, esemplificative dell'inconsistenza delle doglianze avanzate dall'interessato, essendosi il Tar limitato a ribadire, senza nulla aggiungere, che la grave insufficienza per travisamento della traccia non sia stata motivata sulla scorta dell'erronea formulazione letterale adottata dal candidato (di qui, l'irrilevanza della mancata considerazione della cancellazione dell'avverbio), ma si è avuto riguardo al risultato finale ottenuto dal candidato, incompatibile con quello richiesto dalla traccia. Parimenti, le doglianze poste a fondamento della riproposizione dei motivi del ricorso di primo grado non sono da ritenersi meritevoli di positivo apprezzamento. In disparte il fatto che queste risultano irrilevanti dal momento che si tratta di errori "non ostativi" (e, pertanto, non dirimenti avendo riguardo al giudizio che ci occupa), si richiama nuovamente il costante orientamento giurisprudenziale che, in conformità al principio della separazione dei poteri, esclude che il G.A. possa sostituire le proprie valutazioni a quelle effettuate dall'Autorità amministrativa nell'esercizio della sua sfera di discrezionalità tecnica (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 4 marzo 2021, n. 1846). In altri termini, le critiche rivolte all'atto impugnato in primo grado si risolvono in un tentativo di ottenere una riedizione delle valutazioni espresse dalla Commissione sulle prove e non sono volte, invece, a stimolare un legittimo sindacato sulla logicità dei rilievi dell'amministrazione, sulla loro rispondenza ai parametri valutativi generali, sulla sufficienza della motivazione complessiva da essi desumibile e posta a fondamento del giudizio di inidoneità . Deve, in definitiva, escludersi che si sia al cospetto dell'invocata irragionevolezza della procedura di valutazione o di una delle altre ipotesi nelle quali è ammissibile il sindacato giudiziale sulla discrezionalità tecnica dell'amministrazione. Da ultimo, il Collegio rileva altresì l'infondatezza del secondo motivo di censura, laddove il Tar ha correttamente evidenziato come, sul piano formale, la circostanza per la quale il verbale riporti la sottoscrizione del Presidente e del Segretario (così come dagli altri componenti della sottocommissione) è da sola sufficiente a garantire la legittimità della deliberazione. Invero, come evidenziato dal giudice di prime cure, in conformità a quanto previsto dall'art. 11, comma 6, D. lgs. n. 166/2006, così come in aderenza ai principi generali in materia di attività collegiali, il principio della maggioranza dei componenti è canone idoneo a garantire il quorum strutturale per la validità delle riunioni di modo da assicurare l'opportuna partecipazione di tutti i membri e la riferibilità agli stessi della votazione finale. In conclusione, la correzione di cui è causa resiste alle censure mosse da parte appellante. Per le suesposte considerazioni, l'appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza ivi impugnata. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio. Nulla per le spese nei confronti della Commissione esaminatrice del concorso indetto con d.d. 16 novembre 2018 e dei controinteressati non costituiti in giudizio. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità . Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati: Michele Corradino - Presidente, Estensore Stefania Santoleri - Consigliere Giovanni Pescatore - Consigliere Giovanni Tulumello - Consigliere Angelo Roberto Cerroni - Consigliere
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Grosseto Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. (...) dott. (...) rel. dott.ssa (...) ha pronunziato la seguente SENTENZA nel procedimento per (...) giudiziale instaurato da (...) (C.F. (...)) con l'assistenza dell'Avv. (...) contro (...) (C.F. (...)) con l'assistenza dell'Avv. (...) con l'intervento del Pubblico Ministero CONCLUSIONI Per parte ricorrente: "(...) l'(...)mo Tribunale adito contrariis reiectis disporre l'affido condiviso del figlio (...) ad entrambi i genitori con facoltà dello stesso di frequentarli con la massima libertà in ragione dell'età del minore, disporre altresì che il padre versi alla signora (...) a titolo di contribuito nel mantenimento del figlio la somma di euro 300,00 in ragione delle condizioni economiche del (...) e degli obblighi alimentari a suo carico, oltre al 50 per cento delle spese straordinarie per la cui corretta individuazione e disciplina si rinvia al protocollo attualmente in uso al Tribunale di Grosseto . Disporre che ciascuno dei coniugi provveda al proprio mantenimento in quanto economicamente autosufficienti con rinuncia alla domanda di addebito della separazione. Con vittoria di spese e competenze di lite". Per parte resistente: "in via principale (...) la separazione personale dei coniugi con addebito di colpa al marito, avendo lo stesso, per tutto quello già dimostrato in istruttoria, violato gli obblighi e doveri coniugali. Affidamento esclusivo del figlio (...) alla madre, presso la quale dovrà essere domiciliata (...)profondo rifiuto psicologico del minore di avere rapporti con il padre. Si evidenzia come il (...)# anche a seguito della sentenza penale depositata abbia con ripetuti comportamenti fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore corrispondendo a titolo di mantenimento. (...) ha omesso di corrispondere la propria quota parte del rateo di mutuo gravante sull'abitazione (...) familiare ed ha venduto la sua quota di proprietà, ½, della abitazione familiare alla allora compagna (...) che adesso è stata sottoposta a vendita giudiziaria per cui (...) e la di lui madre dovranno, a seguito della vendita della casa, trovarsi una nuova abitazione. In via subordinata sul punto disporre l'affidamento condiviso del figlio (...) di 14 anni con domicilio presso l'abitazione della madre in (...) n. 43. Assegnare, comunque, l'uso esclusivo della casa coniugale sita in (...) n. 43 e di tutti i mobili che la arredano alla (...)ra (...) ed al minore (...) come da Ordinanza presidenziale del 24.10.2018 e trascritta il (...) Reg. Gen. 1390 e Reg. Part. 1062. (...) stabilire che, non appena il (...) dei (...) di (...) avrà venduto all'asta la ex casa coniugale, il (...) corrisponda la metà del canone di affitto per una nuova abitazione delle stesse dimensioni e caratteristiche di quella attuale e nella stessa loc. di (...) dove (...) ha tutte le amicizie. Attribuire la riscossione degli assegni familiari al genitore domiciliatario, quindi alla (...)ra (...) come per legge, mentre adesso vengono percepiti dal (...) confermare l'erogazione dell'assegno di mantenimento (Euro 350,00) per il figlio (...) a carico del padre disposto dal (...) del Tribunale in via provvisoria, oltre alla corresponsione del 50% delle spese straordinarie come da protocollo del Tribunale di Grosseto. Dichiara di non accettare il contraddittorio su domande ed eccezioni nuove della parte convenuta. Con vittoria delle spese, competenze onorari del presente giudizio" MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE La presente sentenza si pone a definizione dei giudizi riuniti RG n. (...)/ 2017 e (...)/2017. Su questo presupposto occorre brevemente ricordare che: - in data (...) è stato iscritto al ruolo da, (...) il ricorso ex art.709 ter c.p.c. (distinto al Registro Generale del contenzioso civile del Tribunale di Grosseto con il n. (...)/2017) con cui - rappresentato che (...) aveva in precedenza avviato "due distinti ricorsi per separazione giudiziale: il primo davanti a questo Tribunale (..)" e l'altro "avanti al Tribunale di Viterbo", poi non coltivati - il ricorrente ha chiesto al Tribunale di disporre "l'espletamento di perizia socio familiare che coinvolga soprattutto il minore volta ad accertare e verificare 1) la condotta alienante della madre; 2) gli effetti di essa sul minore; 3) gli interventi di sostegno alla genitorialità da porre in essere a tutela del minore (...) funzionali al superamento dell'atteggiamento di vendetta e rancore che anima la ricorrente e a rendere civili i rapporti tra genitori" e di assumere "nei confronti di (...) inadempiente agli obblighi cha la onerano in tema di responsabilità genitoriale, affidamento, collocamento (di fatto) e tempi di permanenza "; - in questo procedimento si è costituita (...) la quale, contestando le pretese avversarie, ha chiesto al Tribunale di "dichiarare inammissibile ed improcedibile il ricorso proposto ex art 709 ter c.p.c., poiché tra i coniugi non vi è mai stata e non è pendente allo stato alcuna separazione e perché non sono mai stai presi provvedimenti che regolino l'affidamento condiviso ... nel merito... rigettarlo in quanto infondato in fatto ed in diritto"; - successivamente, sul medesimo giudizio instaurato ex art. 709 ter c.p.c., con ordinanza del 2.11.2017, è stat disposta CTU sul seguente quesito: "esaminati gli atti di causa, sentite le parti, separatamente, congiuntamente e con i figli ove possibile, i minori, ed i loro eventuali consulenti, nonché sentiti e coinvolti i (...) territoriali e il personale scolastico dell'istituto frequentato dai minori medesimi nonché eseguiti, con il metodo che riterrà adeguato al caso, servendosi di ausiliari ove lo ritenga necessario, le opportune indagini ed accertamenti, dica il (...) a) quale sia lo stato psicologico e la personalità delle parti, la condizione psicofisica e la situazione familiare, sociale e scolastica dei minori con particolare riferimento alla conflittualità fra i coniugi ed alle possibili ricadute sul processo formativo dei minori; b) quali siano i rapporti dei minori con entrambi i genitori ed i relativi ambienti familiari, evidenziando eventuali situazioni di disagio degli stessi minori rispetto a questi ultimi; c) se sussistano condotte della madre ovvero del padre idonee a pregiudicare lo sviluppo psichico dei minori e a ostacolare il rapporto con l'altro genitore;) nel caso di riscontro di elevata conflittualità tra i genitori nella gestione dei minori o di altro motivo che arrechi pregiudizio allo stesso, suggerisca il CTU se sia opportuno che i genitori avvalendosi di esperti, tentino un percorso di mediazione familiare nell'interesse dei minori stessi e la presumibile durata di tale percorso, indicando altresì le soluzioni, compatibili le condizioni delle parti, che meglio salvaguardino l'interesse dei minori"; - nella stessa data del 2.11.2017, (...) ha depositato, presso l'intestato Tribunale, ricorso per la separazione giudiziale dei coniugi, distinto al registro generale del contenzioso civile con il n. (...)/2017; - la resistente si è costituita in tale giudizio in data (...); - celebratasi l'udienza dinanzi al (...) del Tribunale, quest'ultimo ha emesso l'ordinanza del 24.1.2018.2019 con cui, in via temporanea ed urgente, ha affidato il figlio minore (...) ad entrambi i genitori, in modo condiviso, con domiciliazione prevalente presso la madre, ha assegnato a quest'ultima il diritto d'uso della casa familiare ed ha determinato in euro 350,00 mensili oltre rivalutazione (...) ed oltre al 50% delle spese straordinarie, il contributo del padre al mantenimento del figlio, con riserva di provvedere sulle modalità di frequentazione tra padre e figlio all'esito della relazione che avrebbe successivamente definito "la CTU disposta nell'ambito del procedimento ex art 709 ter c.p.c. pendente tra le stesse parti"; - la relazione peritale è stata depositata, in data 30 luglio 2018, sul fascicolo R.G. n. (...)/2017; tale procedimento è stato poi riunito (all'udienza del 18.1.2019) al fascicolo R.G. n. (...) del 2017; - nelle more, su tale ultimo procedimento (prima della detta riunione), il giudice istruttore, acquisita la relazione peritale di cui sopra, ha adottato l'ordinanza del seguente tenore: "letti gli atti di causa, nonché la relazione peritale del dr. (...) disposta nel giudizio n. R.G. (...)/2017 pendente tra le stesse parti; rilevato che appare necessario dare mandato ai servizi territorialmente competenti in relazione al luogo di residenza del minore affinché sia fornito sostengo ai genitori ed al minore, per il superamento della conflittualità manifestata tra i coniugi e delle ripercussioni negative che la stessa ha avuto su (...) e per la ripresa dei rapporti tra quest'ultimo e il padre; dispone che il servizio socio assistenziale competente: - previo ascolto del minore e delle parti, attivi ogni opportuno intervento di sostegno al nucleo familiare, al fine di consentire al minore il superamento delle difficoltà psicologiche sorte in conseguenza della conflittualità genitoriale, indicando in sede di relazione ogni evoluzione sullo stato psicologico del minore, sulle cause della permanenza di eventuali condizioni di disagio e sulla qualità della relazione del minore con i genitori; - compia ogni opportuna valutazione sulla capacità genitoriale delle parti, fornendo, alla luce dell'indagine socio-familiare ad esso demandata, ogni elemento utile alla definizione del regime di affidamento del minore e proponendo le modalità di collocamento e frequentazione dell'uno e dell'altro genitore più idonee nel caso di specie, che, nel tutelare l'interesse del figlio al mantenimento di un continuativo rapporto con ciascuno dei genitori e di rapporti significativi con gli ascendenti, realizzi, in concreto, questo interesse e protegga il minore dalla conflittualità genitoriale; - depositi relazione fino a 5 giorni prima dell'udienza cui la causa verrà rinviata. Quanto al contributo del padre al mantenimento per il figlio (...) conferma l'ordinanza del 24.1.2018 precisando, con riferimento alle spese straordinarie, che l'assegno di mantenimento è comprensivo delle voci di spesa caratterizzate dall'ordinarietà o comunque dalla frequenza, in modo da consentire al genitore beneficiario una corretta ed oculata amministrazione del budget di cui sa di poter disporre. Al di fuori di queste spese ordinarie vi sono le spese straordinarie, cosiddette non soltanto perché oggettivamente imprevedibili nell'an, ma altresì perché, anche quando relative ad attività prevedibili sono comunque indeterminabili nel quantum ovvero attengono ad esigenze episodiche e saltuarie. Tra le spese straordinarie, vanno distinte le spese che devono considerarsi obbligatorie perché di fatto conseguenziali a scelte già concordate tra i coniugi (es. libri di testo spesa consequenziale alla scelta della scuola o acquisto farmaci conseguenti alla prescrizione del medico scelto di comune accordo) oppure connesse a decisioni talmente urgenti da non consentire la previa concertazione, da quelle invece subordinate al consenso di entrambi i genitori. Compiuta tale premessa deve essere evidenziato che tra le spese comprese nell'assegno di mantenimento devono essere considerate: vitto, abbigliamento, contributo per spese dell'abitazione, spese per tasse scolastiche (eccetto quelle universitarie) e materiale scolastico di cancelleria, mensa, medicinali da banco (comprensivi anche di antibiotici, antipiretici e comunque di medicinali necessari alla cura di patologie ordinarie e/o stagionali), spese di trasporto urbano (tessera autobus e metro), carburante, ricarica cellulare, uscite didattiche organizzate dalla scuola in ambito giornaliero; prescuola, doposcuola e baby sitter se già presenti nell'organizzazione familiare prima della cessazione della convivenza; trattamenti estetici (parrucchiere, estetista, ecc.). Le spese straordinarie subordinate al consenso di entrambi i genitori, sono suddivise nelle seguenti categorie: scolastiche: iscrizioni e rette di scuole private e, iscrizioni, rette ed eventuali spese alloggiative ove fuori sede, di università pubbliche e private, ripetizioni, viaggi di istruzione organizzati dalla scuola, prescuola, doposcuola e baby sitter se l'esigenza nasce con la separazione e deve coprire l'orario di lavoro del genitore che li utilizza; spese di natura ludica o parascolastica: corsi di lingua o attività artistiche (musica, disegno, pittura), corsi di informatica, centri estivi, viaggi di istruzione, vacanze trascorse autonomamente senza i genitori, spese di acquisto e manutenzione straordinaria di mezzi di trasporto (mini-car, macchina, motorino, moto); spese sportive: attività sportiva comprensiva dell'attrezzatura e di quanto necessario per lo svolgimento dell'eventuale attività agonistica; spese medico sanitarie: spese per interventi chirurgici, spese odontoiatriche, oculistiche e sanitarie non effettuate tramite (...) spese mediche e di degenza per interventi presso strutture pubbliche o private convenzionate, esami diagnostici, analisi cliniche, visite specialistiche, cicli di psicoterapia e logopedia. Con riguardo alle spese straordinarie da concordare, il genitore, a fronte di una richiesta scritta dell'altro, dovrà manifestare un motivato dissenso per iscritto nell'immediatezza della richiesta (massimo 15 gg.); in difetto il silenzio sarà inteso come consenso alla richiesta. Le spese straordinarie "obbligatorie", per le quali non è richiesta la previa concertazione, che possono dunque essere effettuate da ciascun genitore anche in assenza del consenso dell'altro sono: spese per libri scolastici, spese sanitarie urgenti, per acquisto di farmaci prescritti ad eccezione di quelli da banco, spese per interventi chirurgici indifferibili sia presso strutture pubbliche che private, spese ortodontiche, oculistiche e sanitarie effettuate tramite il SSN in difetto di accordo sulla terapia con specialista privato, spese di bollo e di assicurazione per il mezzo di trasporto"; - tale ordinanza è stata successivamente oggetto di modifica da parte dello stesso giudice istruttore, il quale ha disposto che "le spese straordinarie per il minore devono individuarsi in base a quanto previsto dal (...) concluso tra l'intestato Tribunale e il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di (...) nel febbraio 2017 (invita i (...)ri Avvocati a fornirne copia ai propri assistiti)"; - il giudizio, istruito documentalmente, mediante l'assunzione di prove orali e con l'ascolto del minore, è stato trattenuto in decisione all'udienza del 17.10.2023 con assegnazione alle parti dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. (...) in via preliminare (...) resistente ha insistito, invero soltanto con la comparsa conclusionale, per la pronuncia "sulla inammissibilità ed improcedibilità del ricorso ex art. 709 ter c.p.c." in quanto "introdotto irritualmente e, conseguentemente" per la condanna di "(...) alla rifusione delle spese di lite". Anche a non voler ritenere la domanda rinunciata (poiché non riproposta in sede (...)può trovare accoglimento. Come ricordato, infatti, con ordinanza del 2.11.2017, il Collegio ha accolto la domanda del (...) nella parte in cui chiedeva di disporre "l'espletamento di perizia socio familiare che coinvolga soprattutto il minore volta ad accertare e verificare 1) la condotta alienante della madre; 2) gli effetti di essa sul minore; 3) gli interventi di sostegno alla genitorialità da porre in essere a tutela del minore (...) funzionali al superamento dell'atteggiamento di vendetta e rancore che anima la ricorrente e a rendere civili i rapporti tra genitori", così parzialmente definendo il giudizio introdotto ex art 709 ter c.p.c.. Il provvedimento, avente natura decisoria e latamente cautelare, ha dunque definitivamente, seppure implicitamente, affermato la ammissibilità della domanda cui ha dato parziale accoglimento, cosicché l'eventuale sua censura avrebbe dovuto essere necessariamente veicolata da una immediata impugnazione. Mutatis mutandis, infatti, appare applicabile alla descritta fattispecie il condivisibile principio secondo cui per comprendere se un provvedimento debba o meno essere oggetto di impugnazione immediata "è necessario avere riguardo non alla sua forma esteriore o alla denominazione adottata, bensì al suo contenuto e, conseguentemente, all'effetto giuridico che esso è destinato a produrre, sicché hanno natura di sentenze - soggette agli ordinari mezzi di impugnazione e suscettibili, in mancanza, di passare in giudicato - i provvedimenti che, ai sensi dell'art. 279 cod. proc. civ., contengono una statuizione di natura decisoria (sulla giurisdizione, sulla competenza, ovvero su questioni pregiudiziali del processo o preliminari di merito), anche quando non definiscono il giudizio" (cfr. Corte di Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 27127 del 19/12/2014) Le domande di merito. La separazione personale dei coniugi. Sul punto il Tribunale ha emesso sentenza non definitiva, pubblicata in data (...). Alcuna ulteriore statuizione deve essere pertanto adottata in merito allo status. (...) della separazione. Stante la rinuncia da parte del ricorrente alla propria domanda di addebito, può analizzarsi soltanto la omologa domanda dispiegata da (...) A sostegno della propria richiesta la resistente ha allegato che "i rapporti tra i coniugi si sono deteriorati solamente per colpa del marito che ha lasciato la moglie ed il figlio per un'altra donna, la sig.ra (...) non occupandosi più di loro e per andare a convivere con la stessa in casa di costei in (...) n. 14 e con i loro due gemelli"; in particolare, ha evidenziato la resistente che "il (...) e la (...) hanno concepito i loro figli tra febbraio e marzo, proprio poco dopo il ritorno da un viaggio fatto con la moglie e Dennis". Sul punto relativo alla cessazione della comunione materiale e spirituale tra i coniugi il ricorrente si è limitato ad allegare quanto segue: "il matrimonio non è mai stato felice a causa della condotta della moglie, ostile al nucleo familiare da cui il marito proviene e morbosamente dipendente dalla di lei madre. Il fatto che il ricorrente e la moglie (così come la suocera del ricorrente) abbiano, ..., lavorato presso la stessa azienda in (...) ((...) ha aggravato tale situazione di conflitto. La moglie inoltre ha manifestato tratti psicologici complessi, manifestando un'attrazione verso il mondo della magia (...). Per tali motivi è cessata la comunione materiale e morale tra i coniugi, il marito ha deciso di lasciare la casa familiare (i litigi erano divenuti troppo frequenti e rischiavano di arrecare pregiudizio a (...), e conosciuta una donna (la sig.ra (...) con questa ha allacciato una relazione da cui sono nati due gemelli nati il 23 dicembre del 2016 di nome (...) e (...)". Sulla scorta di quanto precede la domanda di addebito dispiegata dalla resistente deve essere accolta. E' noto, infatti, il condivisibile insegnamento della Corte di Cassazione "secondo cui l'abbandono del tetto coniugale è causa di per sè sufficiente di addebito della separazione, in quanto conduce all'impossibilità della convivenza, salvo che il coniuge che ha posto in essere l'abbandono "provi" che siffatta condotta è stata da lui posta in essere a cagione del comportamento dell'altro coniuge, ovvero in una situazione - ed a causa della stessa - di conclamata ed irreversibile crisi del rapporto coniugale." (Corte di Cassazione Sez. 1 - , Ordinanza n. 11792 del 05/05/2021). Ebbene, nel caso di specie risulta pacifico che il ricorrente si sia volontariamente allontanato dalla casa familiare nel 2016, ed anzi, più precisamente, è rimasto incontestato che " a fine settembre, verso il 26 o 27, improvvisamente il (...) se ne andava di casa senza farvi più ritorno" (vds. pag. 4 comparsa di costituzione e risposta (...) A fronte di ciò il ricorrente non ha offerto la prova di una preesistente conclamata ed irreversibile crisi del rapporto coniugale, che risulta invero smentita dal viaggio compiuto dalla famiglia agli inizi dello stesso 2016. Nessun rilievo in proposito, poi, possono avere le dichiarazioni testimoniali rilasciate da (...) all'udienza del 28.4.2021, in quanto "de relato actoris" e vertenti, dunque, su fatti e circostanze di cui il teste è stato informato dal soggetto che ha proposto il giudizio, cosicché la rilevanza del loro assunto è sostanzialmente nulla (cfr. Corte di Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 569 del 15/01/2015). Affidamento del minore, sua collocazione ed assegnazione della casa familiare. All'udienza del 28.6.2023 (...) ormai quattordicenne, ha espresso un chiaro e fermo rifiuto ad avere rapporti con il padre. Tale rifiuto è stato fondato dal ragazzo principalmente in ragione dell'episodio relativo alla presentazione da parte di quest'ultimo della sua nuova compagna; in particolare, con riferimento al rapporto con il padre, (...) ha dichiarato: "meno lo vedo è meglio è; avevo 6 o 7 anni, lui mi aveva proposto di andare all'(...) per prendere un gioco, invece mi ha portato a casa di quella con cui stava e mi ha detto questa è la tua nuova mamma, hai due fratelli; poi mi chiude in bagno (non so perché); poi sono arrivati i carabinieri perché era arrivata la mia mamma...". Invero, già la consulenza tecnica d'ufficio evidenziava come la "frequentazione della nova compagna promossa dal padre e la nascita dei fratelli a breve distanza di tempo dalla separazione dei propri genitori, sembrano aver costituito per il minore una serie di eventi stressanti superiori alle sue capacità elaborative" (vds. pag 24 CTU) e che "in seguito alle difficoltà di frequentazione con il figlio ed all'attribuzione da parte del (...) dell'intera responsabilità di tale situazione alla ex compagna, questi ha agito la propria conflittualità in modo controproducente alimentando, attraverso alcune discutibili scelte sul piano simbolico ed economico (ad es. la vendita della metà della casa coniugale alla nuova compagna e la richiesta alla (...) del pagamento di un affitto per l'usufrutto) che non hanno fatto altro che rafforzare nella madre di (...) il timore di una sua volontà di tutelare il nuovo nucleo familiare a scapito dell'interesse del figlio. Timore che la madre, in modo forse inconsapevole, sembra aver veicolato in modo diretto e non filtrato a (...) alimentando così la propria ostilità nei confronti del padre" (vds. pag. 25 CTU). Sulla scorta di quanto sopra e delle ulteriori emergenze che si seguito si andranno ad elencare, ritiene questo Collegio che il rifiuto del minore di avere rapporti con il padre non possa che apparire consapevole e motivato e non possa, peer questo essere disatteso. Tale determinazione appare infatti maturata in via principale in ragione dello stress emotivo patito dal minore a fronte degli "incongrui agiti" da parte del padre, quali "la precoce esposizione alla figura della nuova compagna e la minimizzazione del potenziale impatto su figlio della gravidanza e della nascita dei fratelli a pochi mesi di distanza dalla separazione coniugale" (cfr. pag. 24 della consulenza tecnica d'ufficio). Proprio tali agiti appaiono aver verosimilmente innescato il coinvolgimento del minore "in maniera attiva e disfunzionale all'interno" della dinamica conflittuale in atto tra i genitori; dinamica in cui "(...) sembra essersi caricato della funzione di contenitore emotivo della madre e della sua pur comprensibile sofferenza, interrompendo la frequentazione con un padre percepito come abbandonico e come principale responsabile di tale sofferenza" (cfr. pag. 24 della consulenza tecnica d'ufficio). Sul punto deve ancora rilevarsi che le relazioni depositate dal (...) nel corso del giudizio hanno restituito un quadro caratterizzato dalla aderenza, meramente astratta, dei genitori al progetto condiviso per la ripresa dei rapporti tra padre e figlio (progetto che ipotizzava "1. incontri singoli di conoscenza; 2. incontri di coppia con il consultorio; 3. sostegno psicologico al minore; 4 nuove modalità comunicative tra il minore e il padre inizialmente tramite messaggi telefonici, successivamente con contatti diretti; 5. incontri preparatori "protetti" con educatore professionale; 6. successivi incontri monitorati con educatore professionale"), la cui realizzazione è stata, però, purtroppo, di fatto, del tutto inficiata dalla difficoltà degli adulti "ognuno con motivazioni diverse ... a porsi in un atteggiamento di cambiamento rispetto al passato" e dall' "insormontabile atteggiamento di rabbia reciproca" della coppia genitoriale, "dovuto al percorso giudiziario", articolatosi in almeno quattro procedimenti "riguardanti conflitti successivi alle separazione" (vds. relazione del 10.12.2019- depositata in data (...)). In questo contesto emerge la figura di (...) come quella di un minore dotato di "autonomia decisionale" che rifiuta di vedere il padre "non tanto (perché) indotto dalla figura materna, quanto dall'esperienza "abbandonica" vissuta attraverso il comportamento avuto dalla figura paterna in modo repentino nei suoi confronti"; minore che "vive la figura paterna con moti di rabbia e con la ferma volontà di non volerlo incontrare, neanche in modalità "protetta", al fine di potersi sollevare attraverso un incontro monitorato dalla parte "irrisolta" e non detta", che "si sente offeso per il comportamento avuto dal padre in questi anni, sente(ndo) di essere stato repentinamente sostituito con un'altra famiglia" e che, ancora, ha via via inasprito le proprie reazioni alla possibilità di incontrare il padre, in tal senso giungendo - di fronte alle proposte del (...) - sino ad agire "con gesti dimostrativi di aggressività sia contro gli operatori, sia contro la madre, la sua reale rabbia nei confronti del padre" (vds. relazione del 7.10.2020). Tali circostanze rendono evidente che la "posizione di rabbia e di indisposizione del minore" verso il padre sia di fatto rimasta immutata nel corso di tutto il giudizio. Le successive relazioni dei (...) infatti - pur dando conto di una possibilità di riavvicinamento per il tramite di un compagno di (...) poi non concretizzatasihanno sempre confermato il forte disagio del minore nel relazionarsi al padre, tale da giustificare la richiesta dei genitori di "non sottoporlo ad ulteriori stress" (vds. relazione di aggiornamento dell'8.10.2020) e l'interruzione della programmazione volta al riavvio dei rapporti padre-figlio (vds. relazione di aggiornamento del 20.3.2023). In tal senso deve ancora rilevarsi che, "seppure in sedi e momenti separati, la coppia genitoriale si è mostrata concorde ed ha espresso la volontà di attendere la crescita e la conseguente maturazione di (...) senza forzare ulteriormente il riavvicinamento alla figura genitoriale paterna" . Insomma, "nel corso degli anni i (...) ... hanno effettuato numerosi tentativi di riavvicinamento tra (...) e il padre che si sono mostrati tutti fallimentari se non addirittura controproducenti e che hanno solo alimentato lo status emotivo di rabia provato dal minore nei confronti del padre" cosicché, nonostante gli interventi posti in essere "per riavvicinare il minore al padre, con la piena collaborazione di entrambi i genitori... è possibile affermare che ad oggi non sembrano esserci gli estremi per poter procedere con ulteriori interventi che non fanno altro che creare pregiudizio al minore alimentando rabbia e opposizione" (vds. relazione di aggiornamento del 20.3.2023). Ebbene, sulla scorta di quanto precede, ritiene il Collegio, orientato dal preminente interesse del minore, di dover disporre l'affidamento esclusivo di (...) in favore della madre, e ciò al fine di ridurre al massimo il pregiudizio derivante dalla disgregazione del nucleo familiare e di assicurare il migliore sviluppo possibile della personalità del minore. Preme precisare che il regime di affido esclusivo disposto non deve confondersi con il regime di affido c.d. super-esclusivo. Nella presente fattispecie, dunque, il padre rimane titolare del potere di adottare, assieme alla madre, le decisioni di vita più importanti per il minore. Il padre, inoltre, a norma di legge ex art. 337 quater co. 3 c.c., manterrà il potere-dovere di vigilare sulla istruzione ed educazione del figlio, potendo ricorrere al (...) quando ritenga che siano state assunte dalla madre affidataria decisioni pregiudizievoli all'interesse del minore stesso, a norma del medesimo art. 337 quater co. 3 c.c. La deroga alla regola dell'affidamento condiviso si giustifica, nel caso di specie, in ragione della radicata volontà del minore di non avere rapporti con il padre. In ragione di tale ferma determinazione di (...) infatti, il coinvolgimento paterno in quelle decisioni che non siano di maggiore importanza potrebbe verosimilmente essere vissuto dal minore come pregiudizievole in quanto percepito come l'intrusione nella sua sfera personale da parte di una figura con cui non ha più alcuna condivisione ormai dal 2017 e che ha mostrato, in passato, "di non essere in grado di sintonizzarsi in modo sufficientemente adeguato rispetto ai vissuti ed ai comprensibili timori del figlio" (vds. pag. 29 CTU). Tale percezione, verosimilmente, non permetterebbe al minore di svincolarsi ed emanciparsi dalla sua attuale posizione di profonda rabbia nei confronti del padre e - in considerazione della latente conflittualità tra i genitori, che proprio nelle decisioni di minor rilievo potrebbe trovare maggiore sfogo - di essere sollevato (per usare le parole della (...) "dalla funzione assunta di contenitore emotivo e di difensore della madre". Preme precisare, a questo punto, che, pur a fronte delle dinamiche disfunzionali venutesi a creare a seguito della disgregazione della coppia genitoriale, non possono sorgere dubbi sulla idoneità genitoriale della madre, e ciò anche sotto il punto di vista dell'accesso all'altro genitore; emerge infatti, dalle diverse relazioni dei (...) che entrambi i genitori abbiano prestato la piena collaborazione agli interventi di volta in volta ipotizzati, seppure, poi, la reciproca conflittualità ne abbia disinnescato gli effetti. Stante l'assenza di rapporti con il padre, è naturale che il minore sia collocato presso la madre, in favore della quale deve essere confermata l'assegnazione della casa coniugale. (...)à dei presupposti su cui si fonda la domanda di "stabilire che, non appena il (...) dei (...) di (...) avrà venduto all'asta la ex casa coniugale, il (...) corrisponda la metà del canone di affitto per una nuova abitazione delle stesse dimensioni e caratteristiche di quella attuale e nella stessa loc. di (...) dove (...) ha tutte le amicizie" nei impone il rigetto. Quanto al regime di frequentazione, state quanto sopra, non può che prevedersi che gli incontri padre-figlio siano subordinati alla effettiva disponibilità in ipotesi manifestata da (...) allo stato, peraltro, ancora in ragione della ferma opposizione del minore, appare inopportuna la previsione di ulteriori incarichi al (...) Le domande aventi contenuto economico. Nessuna rilevante modificazione ha interessato nel corso del giudizio le capacità reddituali del ricorrente, che con la nota del 20 maggio 2020 ha manifestato la propria disponibilità "a consensualizzare la causa di separazione... alle condizioni in corso" per come stabilite, dunque, in sede presidenziale. Considerate le condizioni economiche del padre, per come emergenti dagli atti, non sussistono pertanto ragioni per discostarsi, in punto di richieste economiche, da quanto già previsto con ordinanza del 24.1.2018. Invero, gli oneri gravanti sul ricorrente, anche per il mantenimento dei suoi due ulteriori figli, non permettono di individuare un contributo al mantenimento più elevato rispetto a quello già in essere. Le spese del presente giudizio. Stante il comune interesse delle parti alla pronuncia sullo status ed alla disciplina relativa all'esercizio della responsabilità genitoriale, le spese di lite debbono essere compensate per la quota di 3/4 ; in ragione della soccombenza di parte ricorrente sulla domanda di addebito, la restante quota di 1/4 essere posta a suo carico. Quest'ultima è liquidata come da dispositivo in ragione dei parametri medi di cui al D.M. 55 del 2014, tenuto conto del valore indeterminabile della causa. Le spese di CTU debbono essere poste a definitivo carico solidale delle parti. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita così dispone: -addebita la separazione a (...) - assegna la casa coniugale a (...) che la abiterà con il figlio; -affida in via esclusiva il minore, (...) alla madre, prevedendo che il padre possa vedere e tenere con sé il figlio soltanto a seguito dell'eventuale disponibilità manifestata dal minore stesso, secondo i tempi ed i modi dal medesimo individuati; - dispone che (...) versi a (...) entro il giorno cinque del mese, a titolo di contributo al mantenimento del figlio, la somma di Euro 350,00; l'importo è soggetto a rivalutazione annuale secondo gli indici (...) far data dal maggio 2025; -le spese straordinarie del figlio saranno sostenute da ciascun genitore per la quota del 50% ; - compensa per la quota di 3/4 le spese del presente giudizio; - condanna (...) a rifondere a (...) la restate quota di 1/4 delle spese legali, che liquida in euro 1.904,00 oltre spese generali al 15%, oltre c.p.a. e IVA se dovuta come per legge; - pone a definitivo carico solidale delle parti le spese di CTU già liquidate con decreto del 18.10.2018, emesso sul fascicolo R.G. n. (...)/2017 Così deciso nella camera di consiglio del giorno 18/04/2024.
REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE Composta da Dott. CIRILLO Ettore - Presidente Dott. NAPOLITANO Lucio - Consigliere Dott. MACAGNO Gian Paolo - Consigliere Dott. CRIVELLI Alberto - Consigliere Dott. NAPOLITANO Angelo - Relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 26069/2021 R.G. proposto da Lo.Ba. (C.F. omissis), rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale allegata al ricorso, dall'Avv. Gi.Po., elettivamente domiciliato in Roma (...); - ricorrente - contro Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12; - controricorrente - avverso la sentenza n. 44/2021 della Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia, depositata in data 19/3/2021, non notificata; udita la relazione della causa svolta dal dott. Angelo Napolitano nella pubblica udienza del 20 marzo 2024; udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott. Rosa Maria Dell'Erba, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; udito l'Avv. Gi.Po. per il ricorrente e l'Avvocato dello Stato Ma.Se. per l'Agenzia delle Entrate; FATTO In data 31/10/2003 fu presentata la dichiarazione Mod. Unico 2003, completo di Quadro RM ("redditi a tassazione separata"), nella cui sezione III furono indicati redditi pari ad Euro 3.957.817, derivanti dalla liquidazione della società "(...) Srl", con indicazione del credito di imposta limitato di Euro 462.147 e del credito d'imposta pieno pari ad Euro 2.128.167. Lo.Ba. (d'ora in poi, anche "la contribuente" o "la ricorrente") si aspettava la liquidazione di un credito d'imposta pari ad Euro 1.411.650, poi rideterminato in Euro 1.113.136. Essendo rimasta inerte l'amministrazione, la contribuente presentò istanza di rimborso. L'Agenzia delle Entrate non diede seguito alla domanda di rimborso. Avverso il silenzio rifiuto, la contribuente propose ricorso dinanzi alla C.T.P. di P. La Lo.Ba. era nuda proprietaria delle quote della "(...) Srl", dalla cui liquidazione volontaria fu distribuito un residuo attivo, dopo il pagamento di tutti i debiti. La contribuente sostiene la tesi che il residuo attivo risultante dalla liquidazione volontaria della società spetti al socio nudo proprietario, non all'usufruttuario. Nella fase di scioglimento del vincolo sociale, la posta di patrimonio netto dalla quale vengono prelevate le somme diverrebbe irrilevante: al socio che ha conferito denaro verrebbe conferito denaro in esito alla liquidazione della società, e qualora vi sia un "plusvalore", esso apparterrebbe al socio, sicché il rapporto di imposta generatore del credito d'imposta si instaurerebbe tra l'Agenzia delle Entrate e il socio nudo proprietario, non tra l'Agenzia delle Entrate e l'usufruttuario. La C.T.P. rigettò il ricorso, con sentenza confermata in appello. Avverso la sentenza della C.T.R. la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo. Resiste l'Agenzia delle Entrate con controricorso. Il sostituto Procuratore Generale, dott. Rosa Maria Dell'Erba, ha depositato requisitoria scritta. La contribuente ha depositato memoria. DIRITTO 1. Con l'unico motivo di ricorso, rubricato "Violazione e falsa applicazione degli artt. 981, 982, 984, 1000 e 2352 c.c., 44, comma 7 e 14 Tuir (vigenti ratione temporis), in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c.", la contribuente censura la sentenza impugnata in merito alla spettanza del diritto al rimborso fatto valere. La contribuente sostiene che, una volta che si addivenga alla liquidazione volontaria della società, il residuo attivo che risulta dalla soddisfazione di tutti i creditori sociali deve essere distribuito ai soci e diventa una "massa patrimoniale indistinta", all'interno della quale non possono distinguersi gli utili, sicché quella massa patrimoniale indistinta spetterebbe interamente al socio nudo proprietario. Aggiunge la contribuente che la preoccupazione che l'usufruttuario veda svanire il suo diritto reale non sussiste, in quanto l'art. 1000 c.c. prevede il mantenimento dell'usufrutto sulle somme assegnate al socio, il quale potrà disporne solo col consenso dell'usufruttuario. Il residuo attivo altro non sarebbe che capitale da restituire al socio, tant'è vero che non viene distribuito in seguito ad una delibera assembleare, ma quale "ultimo necessitato atto della vita sociale". Le somme derivanti dal residuo attivo di liquidazione non costituiscono tecnicamente un dividendo e, non essendo tali, non spetterebbero all'usufruttuario, bensì al nudo proprietario. Sostanzialmente, per il contribuente il diritto dell'usufruttuario della partecipazione sociale si estenderebbe solo ai dividendi la cui distribuzione sia deliberata dall'assemblea. 2. Il ricorso è infondato. Le questioni di diritto che pone la ricorrente sono due. 2.1. In primo luogo, occorre stabilire quando cessi il diritto di usufrutto che abbia ad oggetto una partecipazione sociale di una società a responsabilità limitata. 2.2. In secondo luogo, occorre stabilire quali siano i diritti patrimoniali, collegati alla partecipazione sociale, spettanti al soggetto in favore del quale sia stato costituito un usufrutto sulla stessa. 3.1. Si deve premettere che in tema di società a responsabilità limitata, ai fini che qui ci interessano, l'art. 2471-bis c.c. opera un rinvio formale all'art. 2352 c.c., che a sua volta non contiene alcuna disposizione circa le cause di estinzione dell'usufrutto su partecipazioni sociali. Con riferimento, poi, ai diritti patrimoniali connessi alle partecipazioni sociali, il citato articolo si limita a disporre che al socio, e non all'usufruttuario, spetta il diritto di opzione attribuito dalle partecipazioni costituite in usufrutto; che, nel caso di aumento gratuito del capitale sociale, l'usufrutto si estende alle azioni di nuova emissione; che, se sono richiesti versamenti sulle partecipazioni costituite in usufrutto, l'usufruttuario deve provvedere al versamento, salvo il suo diritto alla restituzione al termine dell'usufrutto. Orbene, osserva il Collegio che le disposizioni di cui all'art. 2352 c.c. contengono delle norme che si pongono in un rapporto di specie a genere rispetto alle norme generali del codice civile in tema di usufrutto, con la conseguenza che, fuori dal campo di applicazione delle norme speciali, si applicano le norme generali, con i necessari adattamenti resi necessari dal peculiare oggetto (la partecipazione sociale) del diritto di usufrutto. In assenza, dunque, di una norma ad hoc che disciplini l'estinzione del diritto di usufrutto su una partecipazione sociale, non si può che applicare la disciplina generale di cui all'art. 1014 c.c., sicché l'usufrutto sulla partecipazione sociale non cessa con la messa in liquidazione della società: se non sia scaduto il termine di durata (non superiore al tempo di vita dell'usufruttuario persona fisica o ai trent'anni se l'usufruttuario è una persona giuridica), ed a parte i casi di cui ai nn. 1) e 2) dell'art. 1014 c.c., l'usufrutto cessa "per il totale perimento della cosa su cui è costituito" "n. 3) dell'art. 1014 cit.". Quando, cioè, viene totalmente a mancare l'oggetto dell'usufrutto, il diritto si estingue. Sicché, anche quando l'usufrutto sulla partecipazione sociale sia costituito per tutta la vita del beneficiario persona fisica, il venir meno della partecipazione sociale nella sua consistenza giuridica determina, comunque, in base alle norme generali, l'estinzione dell'usufrutto. Non vi è dubbio, d'altra parte, che la partecipazione sociale di una società a responsabilità limitata, quale bene immateriale che rappresenta la misura dei diritti e degli obblighi di un socio, non viene meno (non "perisce", per usare il termine normativo) con la liquidazione volontaria della società, bensì con la cancellazione di quest'ultima dal registro delle imprese, che ne determina l'estinzione. 3.2. Se dunque, da una parte, l'usufrutto su una partecipazione sociale di una Srl si estingue certamente con la cancellazione della società dal registro delle imprese, d'altra parte non vi è alcuna norma che limiti l'estensione oggettiva dei diritti dell'usufruttuario ai dividendi che si sia deciso di distribuire durante la vita "ordinaria" (prima della messa in liquidazione) della società. In altri termini, non si può affermare che i diritti dell'usufruttuario di una partecipazione sociale siano limitati ai dividendi: l'usufruttuario fa suoi tutti i frutti civili prodotti dalla partecipazione sociale in costanza di usufrutto, sicché, una volta chiarito che l'usufrutto (se non si estingue prima per una delle altre cause enunciate nell'art. 1014 c.c.) si estingue certamente con l'estinzione della società (e dunque, per la Srl, con la cancellazione di quest'ultima dal registro delle imprese), il problema da risolvere è se anche dopo la messa in liquidazione della società la partecipazione sociale possa produrre utili. A tale problema deve darsi risposta positiva. L'individuazione di quali siano i frutti civili prodotti da un bene giuridico, infatti, deve essere risolto in base all'intero ordinamento giuridico, compreso quello tributario. Orbene, sovviene a questo punto, ai nostri fini, l'art. 47 (ex art. 44), comma 7, del Tuir (d.P.R. n. 917 del 1986), a norma del quale "le somme ricevute dai soci in caso di liquidazione delle società costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l'acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate". Ne consegue che, quando si tratta di determinare il reddito imponibile di un socio di società di capitali, deve essere considerata anche la quota di patrimonio netto attribuitagli risultante dalla liquidazione, nella misura prevista dal citato comma 7 dell'art. 47 (ex art. 44) del Tuir. Tale misura, allora, in quanto "utile", rappresenta un frutto civile della partecipazione sociale, sicché esso spetta, in costanza di usufrutto, all'usufruttuario di detta partecipazione (cfr. l'art. 1008 c.c., a norma del quale, per la durata del suo diritto, l'usufruttuario è tenuto al pagamento delle imposte che gravano sul "reddito"). Il fatto, dunque, che, sul piano delle nozioni strettamente commercialistiche, vi sia una netta distinzione tra "utili netti" e "patrimonio netto risultante dalla liquidazione" (art. 2350 c.c.) non esclude che la differenza tra la somma spettante in caso di liquidazione e il prezzo pagato per l'acquisto o la sottoscrizione della quota costituisca un "reddito", cioè un frutto civile della partecipazione sociale, con la conseguenza che, nel caso in cui tale partecipazione sociale sia costituita in usufrutto, quel reddito spetta all'usufruttuario e non al socio. 4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, in base al seguente principio di diritto: "nel caso in cui la quota sociale di una società a responsabilità limitata sia costituita in usufrutto, le somme ricavate dalla liquidazione volontaria della società, costituenti un utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l'acquisto o la sottoscrizione delle quote, spettano all'usufruttuario, con la conseguenza che il rapporto d'imposta avente ad oggetto tale utile sorge, ad ogni effetto, tra l'amministrazione e l'usufruttuario". 5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna Lo.Ba. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell'Agenzia delle Entrate, che si liquidano in Euro diciottomila per onorari, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso, in Roma, il 20 marzo 2024. Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI VERONA TERZA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott.ssa (...) ha pronunciato la seguente: SENTENZA nella causa civile di (...) iscritta al n. (...)/2018 R.G.; promossa con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. da: (...) (C.F. (...)), residente (...), (...) (C.F. (...)), residente (...)/b, (...) (C.F. (...)), residente (...), (...) (C.F. (...)), residente (...)e (...) (C.F. (...)), residente (...), con il patrocinio degli avv.ti (...) e (...) del (...) di (...) giusta procura speciale in calce al ricorso ex art. 702 bis c.p.c.; e da: (...) (C.F. (...)), residente (...), in qualità di erede di (...) con il patrocinio degli avv.ti (...) di (...) e (...) di (...) giusta procura speciale allegata alla comparsa di costituzione di (...) -parte ricorrente/odierna attrice contro: (...) (C.F. (...)), residente in (...) di (...), via (...) n. 2, con il patrocinio dell'avv. (...) di (...) giusta procura speciale a margine della comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale; -parte resistente/odierna convenuta ed attrice in via riconvenzionale recante riunita la causa civile di (...) iscritta al n. (...)/2019 R.G., promossa con atto di citazione da: (...) (C.F. (...)), residente in (...) di (...), via (...) n. 2, con il patrocinio dell'avv. (...) di (...) giusta procura speciale a margine dell'atto di citazione; -parte attrice contro: (...) (C.F. (...)), residente (...), (...) (C.F. (...)), residente (...)/b, (...) (C.F. (...)), residente (...), (...) (C.F. (...)), residente (...)e (...) (C.F. (...)), residente (...), con il patrocinio degli avv.ti (...) e (...) del (...) di (...) giusta procura speciale in calce alla comparsa di costituzione e risposta; -parte convenuta e contro: (...) (C.F. (...)), residente (...), in qualità di erede di (...) con il patrocinio degli avv.ti (...) di (...) e (...) di (...) giusta procura speciale allegata alla comparsa di costituzione per il convenuto (...) -parte convenuta avente ad oggetto: contratto preliminare di compravendita immobiliare; azione di risoluzione contrattuale; adempimento in forma specifica del contratto ex art. 2932 c.c. CONCLUSIONI DELLE PARTI Le parti hanno precisato le proprie conclusioni a verbale d'udienza del 12.10.2023 mediante richiamo a quelle di cui ai rispettivi fogli agli atti, conclusioni da intendersi tutte nella presente sede integralmente richiamate per relationem. MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Par..I. Visto e richiamato integralmente il contenuto assertivo del ricorso ex art. 702 bis c.p.c. iscritto al n. (...)/2018 R.G., oltre che della comparsa di costituzione e risposta depositata il (...) nel fascicolo riunito iscritto al n. (...)/2019 R.G., con i quali gli odierni ricorrenti (...)(...) e (...) hanno esposto, in fatto: - che (...) e (...) (quali proprietari), nonché (...) e (...) (quali nudi proprietari della quota in usufrutto a (...) sono tutti titolari pro quota, insieme a (...) di un complesso immobiliare a destinazione residenziale, commerciale e direzionale sito in (...) piazza (...) angolo via (...) censito presso il N.C.T. del predetto Comune al foglio (...), (...), oltre che identificato presso il N.C.E.U. del medesimo Comune al (...) da (...) (...),(...), (...), subalterni da (...) di avere sottoscritto, in data (...), la scrittura privata autenticata nelle firme dal (...) di (...) ai numeri (...)/(...) di repertorio e 27258 di raccolta, trascritta il (...), con cui hanno promesso di vendere al resistente (...) il quale si è contestualmente impegnato ad acquistarlo, il complesso immobiliare sovra descritto, verso il corrispettivo convenuto di ? 2.600.000,00, con la previsione di un controvalore in aggiunta ovvero in riduzione rispetto al prezzo concordato per il caso in cui la cubatura realizzabile approvata fosse risultata, rispettivamente, superiore o inferiore al 15% rispetto ai 13000 mc preventivati; - di avere subordinato la compravendita, ai sensi dell'art. 3 della menzionata scrittura privata autenticata del 28.01.2016, al verificarsi, entro il termine del 31.12.2017 prorogabile solo su accordo delle parti, delle condizioni consistenti nell'approvazione da parte del Comune scaligero del progetto di edificazione del nuovo edificio redatto a cura della parte promissaria acquirente, oltre che nella liberazione a cura della parte promittente venditrice dell'edificio e dell'area circostante da persone e/o cose; - di avere inoltre stabilito, all'art. 4 del preliminare, il termine per la stipula del contratto definitivo di compravendita dell'immobile in novanta giorni dall'approvazione del progetto ad opera del Comune di (...) riservando in favore degli alienanti, sulla scorta del successivo art. 7, il "diritto di scelta con promessa di acquisto di unità immobiliari facenti parte della nuova costruzione", da esercitare "sulla base degli elaborati progettuali, entro trenta giorni dal ritiro del permesso di costruire", al prezzo concordato di ? 2.100,00 al mq commerciale per le unità residenziali e di euro 2.200,00 al mq per quelle commerciali; - di avere dovuto provvedere, in vista della sottoscrizione del compromesso, alla disdetta dei contratti con i quali erano state integralmente concesse in locazione dagli odierni attori pressoché tutte le unità immobiliari del complesso verso canoni corrispondenti ad un importo annuo complessivo di ? 150.000,00; - che, in particolare, (...) e (...) in solido tra loro ed il primo dei tre anche in proprio, hanno esercitato con lettere raccomandate datate 6.04.2018 tale diritto di scelta ricadente, rispettivamente, sulle unità immobiliari da costruire a destinazione commerciale identificate con le lettere (...) e (...) nella (...) 5 rev. 03 allegata al P.d.C. n. 06.03/(...)/2016 rilasciato dal Comune di (...) il (...), oltre che in relazione alle due unità immobiliari a destinazione residenziale da costruire (con riserva, per quest'ultime, di loro esatta identificazione alla consegna delle planimetrie definitive e con priorità rispetto ad ogni altro potenziale acquirente); I.b. hanno dedotto, in diritto: - l'infondatezza della pretesa dell'odierno resistente manifestata con missiva dell'11.06.2018 tesa ad ottenere, in occasione del rogito, anche la sottoscrizione del contratto definitivo di compravendita delle realizzande unità immobiliari selezionate dai ricorrenti, con conseguente compensazione tra le reciproche posizioni di credito e debito, sull'assunto che il "diritto di scelta con promessa di acquisto" di cui all'art. 7 del contratto, lungi dal poter essere qualificato come patto d'opzione ex art. 1331 c.c., integri nella sostanza un patto di prelazione convenzionale in favore dei ricorrenti per l'acquisto delle unità immobiliari di nuova costruzione; - l'arbitrarietà del prezzo unilateralmente determinato dal resistente per l'acquisto delle citate unità immobiliari; - la mancata comparizione di (...) all'appuntamento fissato davanti al (...) per il giorno 18.07.2018 e finalizzato alla conclusione del definitivo, dal che l'intervenuta risoluzione di diritto del preliminare sottoscritto il (...) per inutile decorso del termine da sé assegnato al resistente con la diffida ad adempiere del 25.06.2018; - in subordine, il grave inadempimento del resistente giustificante l'invocata pronuncia giudiziale di risoluzione e consistente principalmente nel rifiuto ad intervenire al rogito per dare attuazione al compromesso; I.c. hanno precisato le proprie conclusioni definitive chiedendo, nel merito: - accertare e dichiarare l'intervenuta risoluzione di diritto, ai sensi dell'art. 1454 c.c., del contratto preliminare stipulato con la scrittura privata autenticata del 28.01.2016 per effetto del mancato rispetto da parte del convenuto del termine fissato nella diffida ad adempiere datata 25.06.2018; - in subordine, dichiarare la risoluzione giudiziale ai sensi dell'art. 1453 c.c. del contratto preliminare; - conseguentemente, ordinare al (...) dei (...) di (...) la cancellazione della trascrizione del contratto preliminare ai sensi dell'art. 2668, comma 4, c.c.; - sempre nel merito, condannare (...) a risarcire in favore di (...)(...) in solido tra loro, tutti i danni subiti in ragione del lamentato inadempimento contrattuale; - ancora nel merito, condannare in ogni caso (...) a rifondere in favore di (...)(...) in solido tra loro, la somma di ? 82.188,26 dagli stessi corrisposta al Comune di (...) per il pagamento della terza e quarta rata del contributo di costruzione relativo al P.d.C. n. 06.03/(...)/2016 del 16.03.2018, oltre che della sanzione per ritardato pagamento della terza rata; - rigettare, comunque, tutte le domande riconvenzionali formulate sia in via principale, sia in via subordinata da (...) - il tutto con vittoria di spese processuali; Par..II. Visto e richiamato integralmente il contenuto confutativo della memoria difensiva tempestivamente depositata il (...) (peraltro pienamente confermato nell'atto di citazione introduttivo della causa più recente iscritta al n. (...)/2019 R.G., qui riunita ed avente tenore sostanzialmente speculare) con cui il resistente (...) I ha rappresentato, in fatto: - che le parti hanno concordato una proroga rispetto al termine originario per il definitivo, da ultimo al 14.06.2018, stante le lungaggini riscontrate nell'iter di approvazione del progetto da parte del Comune di (...) - di avere versato l'1.03.2018 in favore di tale ente locale l'importo di ? 37.358,30 a titolo di oneri di urbanizzazione, nonché la somma di ? 1.500,00, quale premio della polizza fideiussoria a garanzia del pagamento delle rate per i medesimi oneri; - di avere invitato formalmente i promittenti venditori ad indicare il (...) di fronte al quale comparire per la stipula del contratto, ricevendone riscontro unicamente il (...), quando era già scaduto il termine a suo tempo convenuto per il rogito, tramite una comunicazione contenente altresì la contestazione per cui l'art. 7 del preliminare avrebbe previsto quale condizione per la cessione delle unità immobiliari opzionate l'ultimazione dei lavori ed il rilascio delle dichiarazioni di agibilità da parte del competente Comune; - di avere, a quel punto, agito ai sensi dell'art. 2932 c.c. instaurando il procedimento n. (...)/2019 R.G., successivamente riunito a quello in esame, così da ottenere apposita sentenza costitutiva produttiva degli effetti del contratto definitivo di compravendita, ovvero in subordine la risoluzione del rapporto con il rimborso di tutte le spese da sé sostenute ed oltre al risarcimento del danno, domanda specificamente riproposta anche in via riconvenzionale nel presente e più risalente procedimento; II.b. ha eccepito, in diritto: - che la clausola di cui all'art. 7 del preliminare, lungi dal configurare un patto di prelazione (secondo l'assunto dei ricorrenti), va bensì qualificata come diritto di opzione in favore dei promittenti venditori contemplante la facoltà di acquistare le unità immobiliari di futura costruzione ad un prezzo inferiore a quello di mercato (ossia ad ? 2.100,00 al mq per le unità residenziali e ad ? 2.200,00 al mq per quelle commerciali); - che pertanto (...) ed (...) in seguito all'adesione alla proposta di cui all'art. 7 (comunicata con missive del 6.04.2018), avrebbero maturato in favore del resistente un debito pari a complessivi ? 2.997.723,00 lordi, di cui ? 1.983.781,00 lordi per le unità immobiliari a destinazione commerciale opzionate dai predetti in solido, ed ? 1.013.942,00 lordi per le unità abitative opzionate da (...) in proprio; - che inoltre sussiste la buona fede in capo al resistente, provata dall'avere sostenuto ingenti spese in vista della conclusione dell'affare ammontanti nel complesso ad ? 168.692,95, di cui ? 75.348,60 a titolo di oneri comunali comprensivi di diritti e bolli, ? 88.064,00 per spese e compensi progettuali, ? 3.230,35 per compensi ai professionisti, ? 1.850,00 quali premi per polizze fideiussorie ed ? 200,00 quale pratica (...) del (...) per autorimesse; - che peraltro risultano infondate sia l'asserita intervenuta risoluzione di diritto del preliminare, stante l'invalidità e/o l'inefficacia della diffida ad adempiere del 25.06.2018 in difetto dei requisiti prescritti dall'art. 1454 c.c., sia la domanda di risoluzione giudiziale ai sensi dell'art. 1453 c.c. per carenza di una condotta inadempiente a sé ascrivibile; - che infine sussiste il grave inadempimento dei ricorrenti rispetto agli impegni assunti con il preliminare per avere i medesimi, da un lato, riscontrato il proprio invito ad adempiere (di cui alla missiva dell'11.06.2018) solo successivamente allo spirare del termine prestabilito per la stipula del definitivo, dall'altro, espressamente rifiutato di corrispondere il controvalore di quanto dovuto in ragione del perfezionamento dell'opzione; - che di conseguenza va ravvisato il proprio diritto ai sensi dell'art. 2932 c.c. ad ottenere l'esecuzione in forma specifica del contratto di compravendita mai concluso; II.c. ha precisato le proprie conclusioni definitive chiedendo, nel merito: - in via principale, rigettare il ricorso proposto da (...)(...) e (...) - rigettare le domande risarcitorie formulate da (...) - in via riconvenzionale/principale, emettere sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. che trasferisca in proprio favore la proprietà delle unità immobiliari oggetto del contratto preliminare per cui è causa, contestualmente condannando i ricorrenti a liberare da ipoteche, gravami ed ogni altro vincolo esistente gli immobili oggetto del compromesso; - in ragione dei diritti di opzione esercitati dagli stessi ricorrenti per un controvalore di ? 2.997.723,00, ovvero per la maggiore o minore somma risultante in corso di causa, ridurre il corrispettivo di acquisto dovuto dal resistente in misura pari al controvalore delle unità oggetto di opzione, condannando i ricorrenti a corrispondere a (...) l'eventuale eccedenza tra il corrispettivo di compravendita indicato nel contratto preliminare ed il controvalore delle unità opzionate; - in via subordinata, per l'ipotesi di impossibilità giuridica e/o di fatto di adempimento in forma specifica, accertare e dichiarare la risoluzione del contratto preliminare di compravendita datato 28.01.2016 per inadempimento, fatto e colpa dei ricorrenti, così condannandoli a restituire a (...) per sé e/o per conto della (...) s.a.s. di cui è socio accomandatario, l'importo di ? 168.692,95, ovvero la maggiore o minore somma emergente in giudizio, a titolo di esborsi funzionali al preliminare rimasto inadempiuto, al contempo condannandoli al risarcimento integrale dei danni patiti e patiendi dal resistente; - il tutto con vittoria di spese processuali; Par..III. Visto e richiamato integralmente il contenuto parzialmente assertivo della comparsa di costituzione depositata il (...), con cui il ricorrente (...) si è costituito con nuovo difensore, integrato dalla memoria ex art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c. depositata il (...), atti interamente recepiti e richiamati, dopo il suo decesso, dall'erede (...) costituitosi con memoria depositata il (...): II sostenendo, in fatto e in diritto: - che (...) non ha esercitato alcun diritto di opzione né ha espresso alcuna scelta, a qualsiasi titolo, ai sensi dell'art. 7 del contratto preliminare, di talché ha diritto all'intero prezzo dovuto per la sua quota di immobile oggetto di compravendita; - che non corrisponde al vero l'assunto di (...) secondo cui i (...) si sarebbero opposti al suo invito al rogito, essendosi gli stessi dichiarati contrari unicamente all'entità del corrispettivo, risultando invero che tutti i ricorrenti hanno invano atteso il resistente in data (...) di fronte al (...) individuato per il rogito; - che in ogni caso non è a sé ascrivibile alcun inadempimento contrattuale e che, anzi, nelle more dei giudizi riuniti, ha dovuto sostenere, in solido agli altri promittenti venditori, l'esborso di complessivi ? 74.716,60 a titolo di terza e quarta rata di oneri di urbanizzazione, per una quota parte a carico di (...) corrispondente ad ? 9.339,57 per ciascuna rata; - che (...) si è reso inadempiente, non avendo mai offerto a (...) il pagamento della quota di prezzo per l'acquisto del compendio immobiliare corrispondente ad ? 650.000,00, nonostante la disponibilità da quest'ultimo espressa all'esecuzione del preliminare, con la precisazione che, in caso di risoluzione del preliminare a fare data dal 18.07.2018, il ricorrente (...) avrà subito anche il danno da mancato incasso della quota dei canoni di locazione di propria competenza (circa ? 37.500,00 annuali), quantificata in ? 300.000,00; III.b. in ragione di quanto sopra, in sede di precisazione delle conclusioni, ha chiesto, nel merito: - in via principale, rigettare ogni domanda avanzata da (...) in tutti gli atti delle cause riunite (nn. (...)/2018 e (...)/2019 R.G.) nei confronti di (...) e dell'erede costituito (...) - previo accertamento e declaratoria dell'inadempimento contrattuale di (...) nei confronti di (...) dichiarare risolto per inadempimento il contratto preliminare e condannare (...) a risarcire a (...) (in veste di erede di (...) i danni sofferti e le spese sostenute, anche per oneri di urbanizzazione, da liquidare nell'importo complessivo di ? 300.000,00 od in quello diverso ritenuto provato, oltre interessi ex d.lgs. n. 231/2002 e comunque entro il limite massimo pari ad ? 500.000,00; - in via subordinata e per la denegata ipotesi di accoglimento della domanda avanzata da (...) in via principale ai sensi dell'art. 2932 c.c., determinare la quota prezzo spettante a (...) in ? 650.000,00 (o nel diverso importo risultante), così condannando (...) alla sua corresponsione, oltre interessi moratori ex d.lgs. n. 231/2002 dal 18.07.2018 al saldo ed oltre rimborso oneri di urbanizzazione; - in via di ulteriore subordine e per la denegata ipotesi in cui venisse accolta la domanda di (...) volta alla risoluzione per inadempimento contrattuale da parte dei (...) dichiarare che nessuna responsabilità sussiste in capo a (...) e quindi all'erede costituito (...) escludendolo da qualsiasi condanna risarcitoria in favore di (...) - conseguentemente, condannare (...)(...) e (...) in solido tra loro, al risarcimento, in favore di (...) nella sua qualità di erede, del danno derivatogli dalla mancata percezione della quota dei canoni di locazione quantificati in ? 300.000,00 (o diverso ammontare riconosciuto), oltre al rimborso degli oneri di urbanizzazione e con interessi ex d.lgs. n. 231/2002, sempre entro il limite complessivo di ? 500.000,00; - il tutto con vittoria di spese processuali; Par..IV. Osservato che, all'esito dell'udienza tenutasi il (...) e stante la natura non sommaria del giudizio, anche alla luce della domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto, è stato disposto il mutamento del rito in ordinario, dopo di che, concessi alle parti i chiesti termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la causa è stata istruita tramite diffuse produzioni documentali (cfr. l'ordinanza istruttoria emessa il (...), al cui contenuto si fa integrale rinvio per adesione), venendo altresì esperito un tentativo di conciliazione dall'esito negativo, a seguito del quale la causa è stata trattenuta in decisione all'udienza del 12.10.2023, previa concessione alle parti dei chiesti termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di conclusionali e repliche; Par..IV.a. Ritenuto che la domanda di risoluzione formulata dall'odierna parte attrice sia fondata e debba trovare accoglimento nei limiti delle considerazioni di cui in prosieguo; IV.a. Premesso che la motivazione deve necessariamente muovere dalla qualificazione della clausola di cui al punto 7 del contratto preliminare, mette conto rilevare che: - la lettera della convenzione stipulata tra le parti, interpretata ai sensi dell'art. 1362 c.c., non può prefigurare un patto di opzione, contrariamente a quanto sostenuto dall'odierno convenuto (...) - invero, il patto di opzione consta di un negozio giuridico bilaterale in cui le parti convengono, ai sensi dell'art. 1331 c.c., che una di esse resti obbligata dal vincolo della propria proposta e che l'altra possa accettarla o meno; - in tale prospettiva, una convenzione, per potersi configurare quale patto di opzione implicante l'esercizio del diritto da parte dell'opzionario mediante la sola sua dichiarazione di accettazione, deve contenere tutti gli elementi necessari per individuare con esattezza il contenuto essenziale del contratto che si va a perfezionare, tra cui all'evidenza l'oggetto, il prezzo e le condizioni di pagamento; - infatti, il patto di opzione è caratterizzato dalla previsione di due contratti, il primo in attesa di formazione e fondato sulla proposta la quale, per ciò stesso, deve contenere tutti gli elementi essenziali alla conclusione del contratto finale, il secondo nel contratto di opzione vero e proprio, idoneo a rendere la proposta irrevocabile ed a condurre al perfezionamento del negozio tra le parti; - effettivamente, condivisibile giurisprudenza di legittimità definisce l'opzione differenziandola dal contratto preliminare unilaterale, che è autonomo e perfetto rispetto al contratto definitivo, valorizzandone di contro il carattere di segmento in una più estesa fattispecie a formazione successiva estrinsecantesi, in prima battuta, in un accordo avente ad oggetto l'irrevocabilità della proposta di una parte e, nella fase finale, nell'accettazione ad opera dell'altra parte che saldandosi con la proposta perfeziona il contratto (cfr. Cass. civ., n. 28762/2017; n. 15142/2003; n. 2017/1998) laddove espressa nella forma prescritta per lo stesso, con l'ovvio corollario per cui, in caso di contratto dall'efficacia traslativa immobiliare, si impone la forma scritta ad substantiam dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata; - ora, la pattuizione di cui al punto 7 del contratto preliminare sottoscritto inter partes va annoverata tra gli accordi preparatori alla predisposizione di un contratto, ma quest'ultimo non può certo dirsi perfezionato e concluso con la mera dichiarazione di accettazione della proposta da parte degli interessati, perché di fatto la dichiarazione dei ricorrenti ha dovuto integrare la specificazione dell'oggetto del contratto, che nel patto di cui al punto 7 del preliminare (cfr. doc. 1 fasc. ricorrenti e fasc. resistente) difetta (senza considerare, più nello specifico, che la dichiarazione di (...) in proprio manca addirittura dell'individuazione puntuale dei beni); - peraltro, la raccomandata datata 6.04.2018 (cfr. doc. 7 fasc. resistente), con la quale i ricorrenti hanno comunicato la propria adesione alla proposta di cui al punto 7 del contratto preliminare, individua in linea di massima le unità immobiliari prescelte, non indicate nella clausola suddetta, e riporta espressa richiesta di una bozza di contratto preliminare al fine di confermare l'accordo; - ancora più generica risulta, addirittura, la missiva personale di (...) il quale esprime la propria intenzione di acquistare a titolo individuale due ulteriori unità immobiliari ancora da costruire e non individuate in alcun modo, così ribadendo l'attesa di una bozza di contratto preliminare (cfr. doc. 8 fasc. resistente); - ebbene, la Corte di Cassazione, con l'arresto già sopra citato, pienamente condiviso da questo Tribunale, precisa che un patto di opzione avente ad oggetto il trasferimento di proprietà di beni immobili impone ai fini della propria validità, oltre al requisito della forma scritta ad substantiam prevista ai sensi degli artt. 1350 e 1351 c.p.c., almeno l'accordo delle parti sugli elementi essenziali del futuro contratto, come ad esempio l'identificazione inequivoca dell'oggetto consistente in beni determinati o determinabili, la cui indicazione sia quanto meno logicamente ricostruibile (cfr. Cass. civ., n. 28762/2017); - quindi, le missive di accettazione rivolte dai ricorrenti al resistente, lungi dal configurare accettazione al perfezionamento di un contratto tra le parti, contengono piuttosto una meglio dettagliata proposta, necessitante tuttavia dell'incontro di volontà e dell'espressione dei rispettivi consensi nelle forme previste per i contratti di trasferimento di beni immobili, quindi nella forma scritta ad substantiam tramite un atto che definisca con precisione tra le parti anche gli altri elementi del contratto, quali ad esempio i termini di pagamento e gli importi degli stessi, oltre alla circostanziata determinazione degli immobili da trasferire; - quanto sopra è ancor più vero se si considera che, in concreto, il contratto definitivo si sarebbe sostanziato in una permuta tra le parti, con il trasferimento da parte dei ricorrenti al resistente dell'intero compendio immobiliare di cui al contratto preliminare e con la vendita da parte di quest'ultimo ai primi di alcune unità immobiliari in via di costruzione (a cura dello stesso (...) e della società che rappresenta) dietro un conguaglio in denaro basato sul valore degli immobili stessi; - dalle suddette evidenze risulta comprensibile l'aspettativa dei ricorrenti alla stipula di un ulteriore contratto preliminare o quanto meno di una puntuazione più specifica delle condizioni contrattuali prima di procedere al rogito, ben potendo, pertanto, i ricorrenti medesimi declinare l'invito a concludere direttamente un contratto definitivo dalle condizioni ancora incerte quanto all'acquisto delle unità immobiliari realizzate da (...) non potendo consistere la riserva convenuta nell'art. 7 del preliminare in un patto di opzione in cui l'adesione dei promittenti venditori sia di per sé sufficiente a perfezionare il preliminare di acquisto delle unità immobiliari appartenenti al nuovo complesso in via di costruzione; - di contro, la più volte citata clausola del preliminare non può neppure essere letta come un patto di prelazione alla stregua dell'interpretazione attorea, giacché il diritto di prelazione consta di un accordo per cui, a parità di condizioni, ad una parte è riservato il diritto di essere preferita ai terzi in una compravendita, senza peraltro far sorgere alcun obbligo positivo immediato in capo al promittente venditore; - quest'ultimo, poi, rimane libero di non procedere affatto alla vendita e solo nel caso in cui decida di darvi corso è tenuto a comunicarlo a coloro che godono del diritto di prelazione, così che quest'ultimi possano, se del caso, fare valere il proprio diritto di preferenza (cfr. Cass. civ., ss. uu., n. 6023/2016; Cass. civ., n. 3571/1999); - venendo, in concreto, alla proposta di acquisto di alcune delle unità immobiliari in via di costruzione sul fondo oggetto del preliminare che ci occupa, è emerso in corso di causa il carattere di mero accordo prodromico alla formazione di un futuro e solo eventuale contratto con oggetto il trasferimento delle unità immobiliari erigende a cura del convenuto, che non costituisce, tuttavia, un patto di opzione e nell'ambito del quale l'intenzione espressa dagli attori di volere acquisire alcune unità immobiliari sortisce l'effetto di vincolarle alla conclusione di un contratto definitivo, unicamente previo incontro di volontà tra tutte le parti e su tutti gli elementi contrattuali non oggetto di specifica previsione antecedente (si pensi, ad esempio, alla contestazione insorta sulle aree gravate da servitù pubbliche come il porticato ed i parcheggi esterni, sui quali i ricorrenti/attori hanno lamentato oneri non previsti, che tuttavia concorrono a determinare il prezzo di vendita delle unità immobiliari, ovvero sulla monetizzazione dei parcheggi, ritenuta al contrario dai ricorrenti ricompresa nel prezzo di vendita pattuito al metro quadro sulle unità immobiliari; cfr., a tale proposito, docc. 9 e 10 fasc. resistente/convenuto); - in una siffatta ottica, non si possono certo ritenere "inequivocabili" le manifestazioni di volontà espresse da (...) e (...) con le missive del 6.04.2018, le quali si inseriscono, piuttosto, nell'iter progressivo di determinazione degli elementi di un futuro contratto, di cui la clausola al punto 7 del contratto preliminare di compravendita del 28.01.2016 costituisce un mero intendimento preparatorio con la funzione di fissare soltanto alcuni elementi già pattuiti (docc. 7 e 8 fasc. resistente/convenuto); - nella fattispecie concreta emerge documentalmente che l'intesa sugli altri elementi del futuro contratto - che avrebbe comportato la conclusione di un nuovo accordo nella sostanza consistente in una permuta del complesso edilizio con alcune unità immobiliari ancora da costruire, dietro conguaglio in denaro sulla differenza di valore tra i rispettivi beni posti in compravendita - non sia stata raggiunta tra le parti e come, pertanto, la riserva prevista dal punto 7 del preliminare sia rimasta priva di effetti in mancanza di raggiungimento dell'accordo (cfr. doc. 1 fascc. attori e convenuto); IV.b. Alla luce di quanto testé premesso in punto qualificazione della clausola contenuta all'art. 7 del contratto del 28.01.2016, si deve perciò ritenere che fosse rimasto efficace in tutte le altre clausole il contratto preliminare di compravendita del complesso edilizio sottoscritto da (...)(...) e (...) in veste di promittenti venditori, e (...) in qualità di promissario acquirente, con le seguenti conseguenze: - in primo luogo, scaduto il termine di cui all'art. 4 del preliminare senza che sia stato raggiunto tra le parti alcun accordo sulla cessione delle unità immobiliari da costruire e senza che il resistente/convenuto abbia provveduto a trasmettere una bozza di preliminare di cessione, ovvero di permuta tra il complesso edilizio e le unità immobiliari in fase di costruzione (come espressamente richiesto dai ricorrenti/attori nelle missive del 6.04.2018), legittimamente quest'ultimi gli hanno intimato l'adempimento dell'impegno di acquisto assunto nel compromesso, mediante inoltro di diffida a presentarsi per il rogito dinanzi al (...) il (...), ai sensi dell'art. 1454 c.c. (cfr. doc. 12 fasc. resistente/convenuto); - invero, il termine suddetto non può essere considerato essenziale, perché dagli atti e dai documenti di causa non emerge né in favore di quale parte dovesse ritenersi essenziale la scadenza ivi prevista, né che le parti potessero considerare persa l'utilità della transazione in caso di mancato rispetto del termine stesso (del resto, secondo un consolidato e condivisibile orientamento giurisprudenziale, per tributare natura essenziale al termine non è sufficiente la semplice espressione "entro e non oltre", cfr. Cass. civ., n. (...)/2018); - orbene, pur in presenza di un termine non essenziale e nonostante i rispettivi indugi iniziali ad addivenire al contratto definitivo, si deve rilevare nel comportamento del convenuto un non lieve inadempimento, dal momento che quest'ultimo ha, di fatto, condizionato la sottoscrizione del rogito all'acquisto da parte degli attori, peraltro alle proprie condizioni, delle unità immobiliari in costruzione proposte, senza accogliere in alcun modo l'invito degli stessi ad addivenire alla stipula di un nuovo contratto preliminare ed opponendo infine un rifiuto alla conclusione del contratto definitivo di compravendita del complesso immobiliare, in ragione della mancata accettazione degli attori a concludere, a loro volta, la compravendita delle unità erigende (cfr. doc 13 fasc. convenuto); - a tale proposito, condivisibile giurisprudenza di legittimità afferma che il mancato adempimento del debitore entro il termine pattuito, sebbene non essenziale e nonostante l'iniziale tolleranza del creditore, non inficia la valutazione di gravità dell'inadempimento, ove lo stesso si sia protratto oltre un ragionevole tempo e sempre che persista l'interesse della parte creditrice all'adempimento (cfr., tra le altre, Cass. civ., n. 14409/2018); - di fatto, il contratto preliminare del gennaio 2016 esplica i propri effetti indipendentemente dalla facoltà prevista dal proprio art. 7, avendo come oggetto principale la compravendita del complesso immobiliare al prezzo pattuito, con l'ovvio corollario per cui il rifiuto opposto a concludere il contratto definitivo rappresenta un indubbio inadempimento di (...) all'impegno a suo tempo assunto con il preliminare; - viceversa, (...) non ha alcun diritto di chiedere, in via riconvenzionale, l'esecuzione in forma specifica volta al trasferimento delle unità immobiliari da costruire in base all'esercizio della riserva contenuta nell'art. 7 del contratto preliminare, così come non sussiste alcuna impossibilità giuridica all'adempimento di quest'ultimo, né può essere imputata alcuna colpa alla parte promittente venditrice tale da giustificare la domanda subordinata di risoluzione del contratto con il rimborso delle somme versate per le spese sostenute a titolo di pratiche edilizie delle quali il promissario acquirente si era accollato l'onere in sede di contrattazione preliminare, perché il compromesso ben poteva trovare adempimento in un definitivo avente ad oggetto il complesso immobiliare appartenente agli attori, impedito proprio dal rifiuto posto dal resistente/convenuto; - ne discende che la risoluzione del contratto preliminare, seguita al rifiuto ad adempiere a quanto intimato giusta diffida attorea, è imputabile al convenuto, che è pertanto tenuto a risarcire il danno emergente patito dai promittenti venditori, ai sensi dell'art. 1223 c.c., rimasto provato unicamente nella somma pari ad ? 82.188,26 (cfr. docc. 18, 19 e 21 fasc. attoreo) per il pagamento delle rate terza e quarta del contributo di costruzione relativo al P.d.C. n. 06.03/(...)/2016 del 16.03.2018, oltre che della sanzione per il ritardo nel pagamento della terza rata, oneri per l'espletamento dei quali aveva assunto impegno il convenuto, giacché la stipulazione di un contratto a prestazioni corrispettive e l'inadempimento dello stesso da parte di un contraente sono fatti idonei ad integrare il diritto dell'altra parte contraente a conseguire la risoluzione del contratto ovvero l'adempimento con, in ogni caso, il risarcimento del danno (cfr., in via esemplificativa, Cass. civ., n. 9926/2005); IV.c. Ovviamente, le surriferite motivazioni si attagliano anche alla posizione del ricorrente/attore (...) e, per lui, a quella dell'erede succeduto (...) con il rigetto di tutte le domande di parte resistente/convenuta anche nei confronti di quest'ultimo e con le seguenti conseguenze: - analogamente a quanto argomentato per gli attori, anche nei confronti di (...) quale erede di (...) va dichiarato risolto il contratto preliminare del 28.01.2016, vuoi ai sensi dell'art. 1454 c.c., vuoi comunque per inadempimento di (...) con il risarcimento del danno emergente e con la scaturente restituzione degli importi pagati per la rata terza e quarta rata degli oneri di urbanizzazione, come adeguatamente attestato dai bonifici di rimborso effettuati dallo stesso (...) in favore di (...) (cfr. docc. 11 e 12 fasc. (...); - coglie invece nel segno l'eccezione sollevata dal resistente/convenuto in merito alle pretese di (...) quale erede di (...) in ordine al risarcimento per il lucro cessante dovuto in conseguenza della risoluzione dei contratti di locazione, per essere rimasto indimostrato in corso di causa che tale risoluzione sia avvenuta come conseguenza immediata e diretta all'inadempimento del contratto preliminare di compravendita, visto che le lettere di disdetta dei contratti di locazione risultano per lo più anteriori alla stipula del preliminare stesso (cfr. doc. 4 fasc. attoreo), da che l'infondatezza della relativa pretesa nell'an, prima ancora che nel quantum; Par..V. Ritenuto, da ultimo, che le spese processuali, liquidate come da dispositivo, tenuto conto del valore del decisum e di natura e quantità dell'attività difensiva svolta, seguano la sostanziale soccombenza del convenuto; P.Q.M. Il Tribunale di Verona in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel giudizio iscritto al n. (...)/2018 R.G. (recante riunita la causa iscritta al n. (...)/2019 R.G.), nel contraddittorio delle parti, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così statuisce: - dichiara, per le ragioni di cui in parte motiva, la risoluzione del contratto preliminare stipulato tra le parti con scrittura privata autenticata del 28.01.2016 e, per l'effetto, - condanna (...) a corrispondere la somma di ? 82.188,26 in favore di (...)(...) e (...) (quest'ultimo in qualità di erede di (...), in solido tra loro; - rigetta le domande, anche riconvenzionali, avanzate da (...) in via principale e subordinata; - dichiara assorbite le restanti domande avanzate da (...)(...) e (...) quale erede di (...) - ordina al (...) dei (...) di (...) ai sensi dell'art. 2668, comma 4, c.c., la cancellazione della trascrizione del contratto preliminare di cui alla scrittura privata inter partes autenticata dal (...) di (...) del 28.01.2016, nn. (...)/(...) di repertorio e n. 27258 di raccolta; - condanna (...) a rifondere le spese processuali del presente procedimento in favore di (...)(...) liquidate in complessivi ? 16.000,00 per compensi ed in ? 870,00 per esposti, oltre rimborso forfettario spese generali come per legge ed oltre i.v.a. e c.p.a., se dovute, come per legge; - condanna (...) a rifondere le spese processuali del presente procedimento in favore di (...) liquidate in complessivi ? 5.700,00 per compensi, oltre rimborso forfettario spese generali come per legge ed oltre i.v.a. e c.p.a., se dovute, come per legge.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: MAGDA CRISTIANOPresidente MAURO DI MARZIOConsigliere PAOLA VELLAConsigliere-Rel. COSMO CROLLAConsigliere EDUARDO CAMPESEConsigliere Oggetto: FALLIMENTO Ud.25/10/2023 PU ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 30731/2019 R.G. proposto da: FALLIMENTO BETON SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FILIPPO CORRIDONI 14, presso lo studio dell’avvocato CARLONI SILVIO (CRLSLV72A27H501Y) che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato RAVINALE MARIO (RVNMRA55S29L219E) -ricorrente e controricorrente al ricorso successivo- contro INERTI VARAITA SRL, rappresentato e difeso dall'avvocato SCOLA MICHELE (SCLMHL73D10L219V), indirizzo PEC: [email protected] -controricorrente e ricorrente successivo- nonchè contro MEDIOCREDITO ITALIANO SPA -intimato- avverso il DECRETO del TRIBUNALE di CUNEO n. 1452/2019 depositato il 06/09/2019; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/10/2023 dal Consigliere PAOLA VELLA. FATTI DI CAUSA 1. – Oggetto del giudizio è l’acquisto per accessione, rivendicato da Inerti Varaita s.r.l. (di seguito Inerti), della proprietà̀ dell’impianto di lavorazione materiali inerti e produzione di calcestruzzo (di seguito Impianto) installato da Beton s.p.a. (di seguito Beton) su terreni destinati all’estrazione di materiali inerti di proprietà̀ della prima e concessi in comodato registrato alla seconda – dietro suo impegno all’acquisto della materia prima estratta in loco – dei quali Inerti ha richiesto la restituzione in sede di accertamento del passivo del Fallimento Beton s.p.a. (di seguito Fallimento), in forza di domanda tardiva di rivendica, respinta dal Giudice delegato. 1.1. – In particolare, in data 4 marzo 2016 Inerti depositava istanza ai sensi dell’art. 101 l.fall. chiedendo al Fallimento Beton, tra l’altro, di disporre in suo favore, previo accertamento del suo diritto di proprietà, la riconsegna di taluni terreni siti nel comune di Ruffia (CN) e distinti al Catasto, Foglio 2, mappali 115 – 181 – 112 – 170 – 107 e 108, “liberi e sgomberi da rifiuti, fanghi, limi ed ogni altro materiale inerte risultante dall’attività di lavorazione inerti e produzione sabbie e ghiaie condotta dalla Beton in bonis”. 1.2. – Il Curatore fallimentare proponeva il rigetto integrale della domanda, osservando tra l’altro che i Terreni 115 e 181, sui quali insisteva l’impianto industriale di lavorazione e selezione inerti «di proprietà del Fallimento», erano stati «concessi in godimento a Beton con contratto di comodato registrato in data 10 ottobre 2006» e contestando «l’applicabilità al contratto dell’art. 1810 c.c., posto che il contratto prevede la possibilità di disdetta a mezzo raccomandata a.r. con preavviso di 18 mesi; ad oggi tale circostanza non si è verificata e conseguentemente il contratto in oggetto è tuttora valido ed efficace. Contestata l’interpretazione degli artt. 1804 e 1811 c.c. offerta da Inerti Varaita che ha considerato valido ed efficace il contratto di comodato quantomeno sino al febbraio 2016». 1.3. – Le predette argomentazioni venivano recepite dal Giudice Delegato, che conseguentemente rigettava la domanda di rivendica e ammissione al passivo di Inerti. 1.4. – Inerti proponeva opposizione ai sensi dell’art. 98 l.fall. innanzi al Tribunale di Cuneo, insistendo per l’accoglimento delle domande di rivendica dei terreni, ed il Fallimento eccepiva, per quanto qui rileva: i) l’inammissibilità della domanda di rivendica dell’Impianto ai sensi degli artt. 98 e 99 l.fall.; ii) l’infondatezza della domanda di rivendica dei Terreni 181 e 115, su cui insiste l’Impianto, a fronte della perdurante efficacia del contratto di comodato; iii) l’infondatezza nel merito della rivendica dell’Impianto, a fronte della mancata realizzazione dell’accessione, tanto dal punto di vista materiale che – sulla scorta del contratto di comodato – sotto il profilo giuridico. 1.5. – In data 3 novembre 2016 interveniva volontariamente nel giudizio Mediocredito «ad adiuvandum delle ragioni e conclusioni fatte valere da Inerti Varaita relativamente soltanto alla domanda di rivendica di questa con relativa richiesta di riconoscimento dell’acquisto per accessione dell’impianto industriale realizzato da Beton sui terreni di Inerti costituiti in garanzia ipotecaria di Mediocredito Italiano». 1.6. – Con il decreto indicato in epigrafe, il Tribunale di Cuneo ha accolto la domanda di rivendica dei terreni di cui ai mappali 107, 112 e 170, dei quali ha disposto l’immediata restituzione, ed ha dichiarato «acquistato per accessione» in favore di Inerti, ai sensi dell’art. 935 c.c., l’Impianto esistente sui terreni di cui ai mappali 115 e 181, condannando Inerti a corrispondere immediatamente al Fallimento la somma di euro 2.790.000,00 (erroneamente indicata nella parte dispositiva del decreto in euro 2.790,00), pari al valore dell’impianto come quantificato in sede peritale; ha invece respinto «tutte le altre domande di Inerti (…) oggetto anche di domanda di Mediocredito (…) che ha svolto intervento adesivo». 1.7. – Detta decisione è stata impugnata sia dal Fallimento che da Inerti, con separati ricorsi affidati ciascuno a quattro motivi, ai quali le stesse parti hanno replicato con controricorso, mentre l’intimato Mediocredito Italiano s.p.a. non ha svolto difese. In vista della pubblica udienza il Fallimento ha prodotto memoria illustrativa, mentre Inerti ha prodotto una mera nota di richiamo integrale a quanto già osservato in controricorso . 2. – Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l’accoglimento del ricorso di Inerti ed il rigetto del ricorso del Fallimento. RAGIONI DELLA DECISIONE 3. – Questi i motivi del ricorso del Fallimento. 3.1. – Con il primo motivo si deduce violazione degli artt. 93, 94, 98 e 99 l.fall. nonché dell’art. 112 c.p.c. per avere il tribunale ritenuto ammissibile la domanda di rivendica dell’Impianto formulata da Inerti per la prima volta con il ricorso ex art. 99 l.fall. 3.2. – Con il secondo mezzo si censura l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, e cioè le clausole del contratto di comodato con cui le parti avevano convenuto l’installazione dell’Impianto sui terreni di Inerti, con conseguente violazione dell’art. 934 c.c. nella parte in cui prevede che il principio generale dell’accessione possa essere derogato mediante idoneo titolo. 3.3. – Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 935 c.c., laddove il tribunale ha ritenuto applicabile al caso in esame tale norma di legge, però dettata per fattispecie radicalmente differente, nonché violazione dell’art. 934 c.c., per avere il tribunale ritenuto che l’accessione possa dirsi realizzata sulla base di un criterio di valorizzazione funzionale ed economica della costruzione, e non già sul criterio dell’incorporazione stabile previsto dalla norma. 3.4. – Il quarto mezzo lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per non avere il tribunale tenuto in considerazione la perizia definitiva del CTU, limitandosi a far riferimento – per ciò che concerne la quantificazione della somma dovuta al Fallimento – alla bozza depositata dallo stesso. 4. – Vengono ora indicati i motivi del ricorso di Inerti. 4.1. – Con il primo motivo ci si duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 934, 1350 n. 2, 1376 e 2729 comma 2 c.c. con riferimento all’errata pronuncia dichiarativa dapprima della proprietà dell’Impianto in capo a Beton, e solo successivamente, della proprietà dello stesso, per accessione, in favore di Inerti. 4.2. – Il secondo mezzo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 934 e 935 c.c. con riferimento all’errata pronuncia dichiarativa di accessione della proprietà dell’impianto in favore di Inerti ai sensi dell’art. 935 c.c. 4.3. – Il terzo lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, con riguardo al contratto di comodato d’uso del terreno stipulato dalle parti in data 1.10.2006. 4.4. – Con il quarto motivo si deduce violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., per aver il tribunale condannato Inerti al pagamento del valore dell’Impianto in favore del Fallimento in assenza di una specifica domanda da parte di quest’ultimo, la quale sarebbe stata peraltro inammissibile in sede di accertamento del passivo. 5. – Il primo motivo del ricorso del Fallimento è infondato. 5.1. – E’ pacifico che con la domanda tardiva di rivendica si chiedeva la restituzione dei soli Terreni «liberi e sgomberi da rifiuti, fanghi, limi ed ogni altro materiale inerte risultante dall’attività di lavorazione inerti e produzione sabbie e ghiaie condotta dalla Beton in bonis», senza alcun riferimento all’Impianto o all’istituto delle accessioni. E’ altrettanto pacifico che solo con il ricorso in opposizione allo stato passivo Inerti ha chiesto di dichiararsi intervenuto l’acquisto per accessione dell’Impianto, con richiesta di restituzione dei terreni «e di ogni relativa accessione». Al riguardo il Fallimento sottolinea che fino ad allora l’Impianto era stato inequivocabilmente riconosciuto bene di proprietà della massa dalla stessa Inerti, la quale nell’estate del 2015 aveva financo proposto al Curatore di prenderlo in affitto dal Fallimento. 5.2. – Tuttavia, l’apparente mutamento di petitum (che è passato a comprendere anche l’Impianto) e causa petendi (estesa all’accertamento della pretesa accessione), in base a presupposti di fatto e di diritto non considerati in sede di verifica – non rileva nel caso di specie, in cui si discute di un diritto c.d. autodeterminato, quale è il diritto di proprietà. Al riguardo questa Corte ha autorevolmente chiarito (Cass. Sez. U, 3873/2018) che il diritto di proprietà e gli altri diritti reali di godimento sono individuati solo in base al loro contenuto (ossia con riferimento al bene che ne costituisce l'oggetto), cosicché la causa petendi della domanda con la quale è chiesto l'accertamento di tali diritti si identifica con il diritto stesso (c.d. "diritti autodeterminati") e non, come nel caso dei diritti di credito, con il titolo che ne costituisce la fonte (contratto, successione, usucapione etc.). Pertanto, nei "diritti autodeterminati" la deduzione del titolo è bensì necessaria ai fini della prova del diritto, ma non ha alcuna funzione di specificazione della domanda (Cass. 11293/2007, 40/2015), per cui non ricorre alcuna violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ove il giudice accolga la domanda, accertando la sussistenza di un diritto c.d. "autodeterminato", sulla scorta di un titolo diverso da quello invocato dalla parte (Cass. 24702/2006, 24141/2007, 23851/2010). Allo stesso modo in cui va escluso la configurabilità del vizio di extrapetizione, deve essere escluso anche il dedotto vizio di novità della domanda, fermo restando che, con riguardo ai "diritti eterodeterminati" (Cass. 1857/2015), il giudizio di opposizione allo stato passivo, in quanto giudizio di natura impugnatoria retto dal principio dell’immutabilità della domanda (Cass. 5167/2012, 26225/2017, 27930/2018), non tollera non solo la mutatio libelli (Cass. 6279/2022), ma nemmeno l’emendatio libelli (Cass. 32750/2022), a differenza del giudizio ordinario (Cass. Sez. U, 12310/2015 e 22404/2018; da ultimo, Cass. 5631/2023). Nell’ottica del vizio contestato ciò significa, per un verso, che la domanda di rivendicazione di un terreno non deve necessariamente includere la specifica richiesta di restituzione di ciò che vi insista, e, per altro verso, che nel caso in cui il convenuto in rivendicazione non contesti il diritto di proprietà sul terreno ma deduca un dominio utile, il thema decidendum verte sull’accertamento di quest’ultimo, e, in caso di esclusione dell’esistenza del diritto di godimento sulla cosa altrui così dedotto, si determina la riespansione del diritto di proprietà (Cass. 6592/1986 con riferimento al diritto di enfiteusi). 6. – Il primo motivo del ricorso di Inerti è invece fondato. E’ infatti illogico e contraddittorio dapprima affermare, a pag. 1 del decreto impugnato, che l’Impianto per cui è causa «è di proprietà di Beton» (sulla scorta del contenuto di un precedente ricorso per concordato preventivo di Beton che includeva l’Impianto nell’attivo, della proposta di locazione dell’impianto formulata a luglio 2015 dalla stessa Inerti e dell’inventario fallimentare che lo comprende) e poi dichiarare, alla successiva pag. 4, che Inerti lo ha acquistato «per accessione ai sensi dell’art. 935 cc». Difatti, al netto dell’erroneo riferimento all’art. 935 c.c. (di cui si dirà), il principio dell’accessione posto dall’articolo 934 c.c. configura una fattispecie di acquisto a titolo originario della proprietà, conseguente alla incorporazione di una cosa nel fondo altrui, che opera ipso iure al momento in cui la piantagione, costruzione od opera si incorpora al suolo, tanto che la pronuncia dell’accessione da parte del giudice ha natura meramente dichiarativa (ex multis Cass. 21683/2015). 6.1. – Solo a margine di tali rilievi mette conto di rilevare che è la stessa Inerti a dare atto, a pag. 22 del ricorso, che Beton «intendeva rilocalizzare i propri impianti sui terreni di Inerti» e che l’accordo trovato tra le parti «era proprio quello di concedere alla Beton la dislocazione di tali impianti sui terreni della ricorrente». 7. – Sono fondati e vanno accolti anche il secondo motivo del ricorso di Inerti ed il terzo motivo di ricorso del Fallimento, da esaminare congiuntamente. 7.1. – Entrambi censurano giustamente l’errore commesso dal tribunale nell’evocare il disposto dell’art. 935 c.c., che disciplina la diversa fattispecie di costruzione sul fondo proprio con materiali altrui, essendo invece pacifico che nel caso di specie Beton abbia installato sul terreno di Inerti l’Impianto, realizzato con materiali propri, con conseguente applicabilità, in tesi, dell’art. 934 c.c., che prevede il principio generale di accessione in uno alla possibilità di derogarvi mediante idoneo titolo, che nel caso in esame il Fallimento ravvisa nel contratto di comodato del 10 ottobre 2006. 8. – Parimenti fondati e connessi sono il secondo motivo del ricorso del Fallimento ed il terzo motivo del ricorso di Inerti. 8.1. – Entrambi lamentano, sia pure in direzioni opposte, l’omessa valutazione da parte del tribunale delle clausole contenute nel contratto di comodato d’uso del 10 ottobre 2006. Secondo il Procuratore generale, la regola dell’accessione di cui all’art 934 c.c. non ha carattere di assolutezza, ma è limitata alle sole ipotesi in cui non risulti, dal titolo o dalla legge, che l’opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene ad un soggetto diverso dal proprietario di questo. In altri termini, si tratta di una norma la cui operatività ben può essere derogata, seppure solo da una specifica disposizione di legge ovvero da un altrettanto specifica pattuizione tra le parti (e quindi non anche, ad esempio, da un negozio unilaterale come ad esempio il testamento: così Cass. 6078/2002). In presenza di un accordo con cui le parti regolino la proprietà delle costruzioni in deroga al principio dell’accessione ex art. 934 c.c., l’eventuale costituzione di un diritto di superficie è soggetto al requisito della forma scritta ad substantiam ex art. 1350 n. 2, in relazione all’art. 952 c.c. (Cass. 1811/1984). Peraltro, il diverso titolo cui fa riferimento l’art. 934 c.c., può avere non solo “efficacia reale” (ad es., titolo costituivo del diritto di superficie o di trasferimento della proprietà superficiaria), ma anche “efficacia obbligatoria”. Le Sezioni unite di questa Corte hanno infatti chiarito che la rinuncia all’accessione può scaturire non solo da un diritto reale di superficie, ma anche da un «contratto atipico di concessione "ad aedificandum" di natura personale, con rinuncia del concedente agli effetti dell'accessione, con il quale il proprietario di un'area concede ad altri il diritto personale di edificare sulla stessa, di godere e disporre dell'opera edificata per l'intera durata del rapporto e di asportare tale opera al termine del rapporto. Tale contratto è soggetto alla disciplina dettata, oltre che dai patti negoziali, dalle norme generali contenute nel titolo II del libro IV del codice civile (art. 1323 c.c.), nonché, per quanto non previsto dal titolo, dalle norme sulla locazione, tra cui quelle dettate dagli artt. 1599 c.c. e 2643, n. 8, c.c.» (Cass. Sez. U, 8434/2020). E’ allora evidente che il tribunale avrebbe dovuto esaminare ed interpretare le clausole contenute nel ridetto contratto di comodato del terreno, per verificare – secondo le diverse prospettazioni delle parti – se esse integrassero o meno una rinuncia all’accessione o comunque un impedimento dei suoi effetti. In questa prospettiva, ad esempio, il Fallimento ha segnalato che secondo gli accordi tra le parti Beton avrebbe potuto rilocalizzare a proprie cure e spese “i propri impianti” sui terreni de quibus e, una volta cessato il contratto, avrebbe dovuto restituire a Inerti quegli stessi terreni “liberi da impianti”, salvo diverso accordo tra le parti. 8.2. – Ma soprattutto non deve trascurarsi che in realtà l’art. 936 c.c. contempla il rapporto tra il proprietario di un immobile e il terzo che vi ha compiuto opere con materiali propri, determinandone l’acquisto a titolo originario in capo al primo, secondo il principio dell’accessione ex art. 934 c.c., fin dal momento in cui esse vengono eseguite e incorporate nel suolo. A ben vedere, la norma si preoccupa di regolare le conseguenze economiche derivanti dalla acquisizione in proprietà delle opere eseguite dal terzo con propri materiali, per il vantaggio che ne deriva automaticamente al proprietario. Sennonché, ai fini dell’art. 936 c.c. è terzo chi non abbia con il proprietario del fondo alcun rapporto giuridico di natura reale o personale che gli attribuisca la facoltà di costruire sul suolo (Cass. 5086/2022, 481/2019, 27900/2017, 25499/2015, 11835/2003, 10699/1994, 970/1983). Pertanto, l'istituto dell'accessione ex art. 936 c.c. presuppone che i soggetti coinvolti non siano legati da un vincolo contrattuale. Ne consegue, ad esempio, che deve escludersi l'applicabilità della relativa disciplina allorché l'attività costruttiva costituisca non già l'esercizio di un diritto, ma l'adempimento di un'obbligazione; in tal caso, infatti, l'obbligo restitutorio ex art. 1458 c.c., nascente dalla risoluzione del contratto, è incompatibile con il diritto potestativo del proprietario di ritenere la costruzione avvalendosi dell'accessione (Cass. 27088/2021 e Cass. 27900/2017). La decisione della causa non può allora trascurare l’insegnamento nomofilattico (Cass. Sez. U, 3873/2018) in base al quale, ove sussista un diritto reale o personale che assegni al terzo la facoltà di edificare su suolo altrui, viene meno la stessa ragione di applicare la disciplina dell'accessione – intesa come ipotesi di soluzione del conflitto tra contrapposti interessi – perché il conflitto risulta assoggettato ad una disciplina specifica (ad es. gli artt. 1592 e 1593 c.c. in tema di miglioramenti e addizioni nel rapporto di locazione, o gli artt. 983, 985 e 986 in tema di usufrutto). E nel caso di specie la disciplina specifica dei rapporti inter partes va appunto individuata nel contratto di comodato concluso. 9. – Il quarto motivo del ricorso di Inerti è fondato. 9.1. – Il tribunale, nel condannare Inerti a corrispondere un’indennità al Fallimento, non solo è incorso in vizio di ultrapetizione, stante la pacifica assenza di una domanda della curatela fallimentare in tal senso, ma non ha nemmeno considerato che una simile domanda, se proposta, avrebbe dovuto dichiararsi radicalmente inammissibile, poiché il giudizio di opposizione allo stato passivo non contempla e non ammette l'introduzione di domande riconvenzionali da parte della curatela fallimentare (Cass. 27902/2020, 21490/2020, 19003/2017, 8929/2012). 9.2. – Ne resta assorbito il quarto motivo del ricorso del Fallimento, circa i criteri di quantificazione della stessa indennità. 10. – Segue la cassazione del decreto impugnato, con rinvio al Tribunale di Cuneo in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo del ricorso del Fallimento, rigetta il primo e dichiara assorbito l’ultimo. Accoglie il ricorso di Inerti. Cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia al tribunale di Cuneo, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25/10/2023. IL CONSIGLIERE ESTENSORE LA PRESIDENTE Paola Vella Magda Cristiano
Offriamo agli avvocati gli strumenti più efficienti e a costi contenuti.