Sentenze recenti violenza assistita

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  • REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. COSTANZO Angelo - Presidente Dott. RICCIARDELLI Massimo - Consigliere Dott. SILVESTRI Pietro - Consigliere Dott. D'ARCANGELO Fabrizio - Consigliere-Rel. Dott. DI GIOVINE Ombretta - Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso presentato da Pubblico Ministero presso il Tribunale di Bari nel procedimento a carico di Sc.Ge., nato a B il (Omissis); avverso l'ordinanza del 14 dicembre 2023 emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del consigliere D'Arcangelo Fabrizio; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Piccirillo Raffaele, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza impugnata il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, nel procedimento penale pendente nei confronti di Sc.Ge. per il delitto di maltrattamenti in famiglia, ha rigettato la richiesta di incidente probatorio presentata dal Pubblico Ministero, ai sensi dell'art. 392, comma 1 -bis, cod. proc. pen., per l'assunzione della testimonianza delle persone offese e, in particolare, della moglie della persona sottoposta ad indagine (La.Ma.) e delle due figlie minorenni (Sc.Vi. e Sc.Ca.). Il Giudice per le indagini preliminari nel provvedimento impugnato, citando i principi affermati da Sez. 1, n. 46821 del 08/06/2023, Favia, Rv. 285455 - 01, ha rilevato che la moglie e le figlie dell'indagato sono state già sentite nel corso delle indagini e non versano in condizioni di particolare vulnerabilità (in ragione dell'età prossima alla maggiore età delle figlie, dell'inserimento sociale e della reazione opposta all'aggressore); nel caso di specie, peraltro, la persona offesa sarebbe solo la moglie dell'indagato, in quanto il delitto di maltrattamenti in famiglia sarebbe aggravato solo dalla c.d. violenza assistita e non commessa ai danni delle figlie. L'art. 392, comma 1 -bis, cod. proc. pen., inoltre, non sancisce un obbligo per il giudice di accogliere la richiesta di prova anticipata in ragione dei reati per i quali si procede e/o delle condizioni di vulnerabilità della vittima e, comunque, il rigetto di tale richiesta, secondo l'ordinamento prevalente della giurisprudenza di legittimità, non determina l'abnormità dell'atto. 2. Il Pubblico Ministero ricorre avverso tale ordinanza e ne chiede l'annullamento, deducendone l'abnormità. Il Pubblico Ministero ricorrente, citando i principi affermati dalle sentenze Sez. 3, n. 34091 del 16/05/2019, P., Rv. 277686 - 01, e Sez. 3, n. 47572 del 10/10/2019, P., Rv. 277756 - 01, deduce l'abnormità dell'ordinanza del giudice per le indagini preliminari che respinga la richiesta di incidente probatorio formulata del pubblico ministero ai sensi dell'art. 392, comma 1 -bis, cod. proc. pen. Il provvedimento impugnato, infatti, disapplicherebbe una regola generale di assunzione anticipata della prova, introdotta in ottemperanza agli obblighi assunti dallo Stato e derivanti dalle convenzioni internazionali, per evitare la vittimizzazione secondaria delle persone offese di reati sessuali e di maltrattamenti; il giudice per le indagini preliminari sarebbe, dunque, obbligato a disporre l'incidente probatorio sulla base del mero titolo di reato iscritto. Il Giudice per le indagini preliminari, peraltro, avrebbe errato nell'escludere che le vittime fossero in condizione di particolare vulnerabilità, in quanto le figlie hanno una dipendenza affettiva dall'autore del reato e tutte le persone offese dal reato per cui si procede subirebbero una dipendenza economica dall'indagato, che le costringerebbe a vivere in condizioni di estrema difficoltà. Errata sarebbe, inoltre, l'esclusione della qualità di persone offese delle figlie minori, in quanto l'art. 572, quarto comma, cod. pen., sancisce che "Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato". 3. Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 23 aprile 2024, il Procuratore generale, Piccirillo Raffaele, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso. Con memoria depositata in data 29 marzo 2023, l'avvocato Di.Sa., difensore della persona sottoposta ad indagine, ha chiesto di rigettare il ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Ritiene la Corte che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, in quanto il motivo proposto è manifestamente infondato. 2. L'art. 392, comma 1 -bis cod. proc. pen., contempla un'ipotesi di incidente probatorio ritenuto "speciale o atipico" (come rilevato anche da Corte Cost., sentenza n. 92 del 2018), in quanto, essendo svincolato dall'ordinario presupposto della non rinviabilità della prova al dibattimento, deroga rispetto agli ordinari presupposti che governano la formazione anticipata della prova rispetto a tale fase. Tale disposizione, introdotta con la L. 15 febbraio 1996 n. 66, di contrasto alla violenza sessuale, e sostituita dalla L. 1 ottobre 2012 n. 172, di ratifica ed esecuzione della Convenzione firmata a Lanzarote nel 2007, per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, offre la possibilità alla persona sottoposta alle indagini e al pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, di chiedere l'assunzione della testimonianza della persona offesa minorenne, ovvero maggiorenne, che sia stata vittima di gravi reati, tra i quali il delitto di maltrattamenti in famiglia di cui all'art. 572 cod. pen., "anche al di fuori delle ipotesi del comma 1". La disposizione in esame è stata integrata, da ultimo, dal D.Lgs. 15 dicembre 2015, n. 212, che recepisce la direttiva 2012/29/UE, in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, consentendo l'audizione della vittima mediante incidente probatorio, indipendentemente dal reato per cui si procede, qualora essa "versi in condizione di particolare vulnerabilità". Come emerge dai lavori parlamentari, il legislatore, nel conformarsi all'assetto normativo sovranazionale con l'introduzione dell'incidente probatorio speciale, ha inteso perseguire una duplice finalità: anzitutto, evitare la vittimizzazione secondaria, ovvero "quel processo che porta il testimone persona offesa a rivivere i sentimenti di paura, di ansia e di dolore provati al momento della commissione del fatto" (come definito da C. Cost., sentenza n. 92 del 2018); in secondo luogo, salvaguardare, per quanto possibile, la genuinità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, specialmente là dove queste rappresentino la principale prova d'accusa, atteso che l'assunzione delle stesse in un momento quanto più prossimo alla commissione del fatto costituisce anche una garanzia per l'imputato, perché lo tutela dal rischio di deperimento dell'apporto cognitivo che contrassegna, in particolare, il mantenimento del ricordo del minore. 3. Controversa è statatila valutazione della giurisprudenza di legittimità la possibilità di considerare abnorme il provvedimento con cui il giudice delle indagini preliminari rigetti la richiesta di esame in incidente probatorio, ex art. 392, comma 1 - bis, cod. proc. pen., della persona offesa vulnerabile. Una sentenza della Terza Sezione ha ritenuto abnorme l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari che, in ragione dell'assenza di motivi di urgenza che non consentano l'espletamento della prova nel dibattimento, respinga l'istanza del pubblico ministero di incidente probatorio presentata ai sensi dell'art. 392, comma 1 -bis, cod. proc. pen. per l'assunzione della testimonianza della vittima di uno dei reati elencati dalla disposizione citata (che nella specie era quello di violenza sessuale), con ciò sostanzialmente disapplicando una regola generale di assunzione della prova, prevista in ottemperanza agli obblighi dello Stato derivanti dalle convenzioni internazionali per evitare la vittimizzazione secondaria delle persone offese di reati sessuali (Sez. 3, n. 34091 del 16/05/2019, P., Rv. 277686). Il principio affermato da questa sentenza è stato ripreso da un'altra pronuncia della stessa Sezione che ha ritenuto parimenti abnorme il provvedimento di rigetto della richiesta di assunzione della testimonianza della persona offesa nelle forme dell'incidente probatorio ai sensi del citato art. 392, comma 1 -bis, cod. proc. pen. perché non preceduta dall'acquisizione di sommarie informazioni testimoniali rese da parte della medesima persona offesa (Sez. 3, n. 47572 del 10/10/2019, P., Rv. 277756). Secondo tali pronunce l'art. 35 della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla protezione dei minori dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali, conclusa a L, in data 25 ottobre 2007, e ratificata dall'Italia con la L. 1 ottobre 2012, n. 172, l'art. 18 della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, firmata ad I, in data 11 maggio 2011, ratificata dall'Italia con L. 23 giugno 2013, n. 77, gli artt. 18 e 20 della Direttiva 2012/29/UE del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime del reato e sostituisce la precedente Decisione-quadro 2001/220/GAI, recepita nel nostro ordinamento con il D.Lgs. 15 dicembre 2015, n. 212 imporrebbero l'obbligatoria assunzione dell'incidente probatorio al fine di salvaguardare l'integrità fisica psicologica del soggetto vulnerabile e di contenere il rischio di vittimizzazione secondaria legato alla reiterazione dell'atto istruttorio. Entrambe le pronunce affermano, dunque, un vero e proprio obbligo del giudice di ammettere l'incidente probatorio finalizzato all'assunzione della deposizione di un soggetto vulnerabile richiesto ai sensi dell'art. 392, comma 1-bis, cod. pen. pen., consentendogli di rigettare la relativa richiesta esclusivamente qualora rilevi il difetto dei presupposti normativamente configurati che legittimano l'anticipazione dell'atto istruttorio (e cioè che la richiesta provenga dal pubblico ministero o dall'indagato, venga presentata nel corso delle indagini preliminari per uno dei reati elencati dalla disposizione citata, che abbia ad oggetto la testimonianza di un minore ovvero di un maggiorenne, se si tratta della persona offesa del reato o di soggetto che versa in stato di particolare vulnerabilità) anche in assenza delle condizioni generali stabilite dal comma 1 dello stesso articolo. Il giudice, nella fattispecie prevista dall'art. 392, comma 1 -bis, cod. proc. pen., sarebbe titolare di un mero onere di verifica della legittimità della richiesta e, al contempo, privo di qualsiasi potere discrezionale di valutarne la fondatezza in riferimento agli ordinari indici di ammissione della prova previsti dall'art. 190, comma 1, cod. proc. pen. 4. Secondo l'orientamento prevalente e ormai largamente dominante nella giurisprudenza di legittimità, non è, invece, abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari rigetta la richiesta, ex art. 392, comma 1 -bis, cod. proc. pen., di esame in incidente probatorio della persona offesa vulnerabile, trattandosi di provvedimento che non si pone al di fuori del sistema processuale, che rimette al potere discrezionale del giudice la decisione sulla fondatezza della istanza, né determina la stasi del procedimento (Sez. 3, n. 29594 del 28/05/2021, P. Rv. 281878; Sez. 3, n. 29594 del 28/05/2021, P., Rv. 281718; Sez. 6, n. 46109 del 28/10/2021, P., Rv. 282354 - 01; Sez. 4, n. 3982 del 21/01/2021, Pmt. contro Orlandini, Rv. 280378; Sez. 5, n. 2554 dell'I 1/12/2020, P., Rv. 280337; Sez. 6, n. 24996 del 15/07/2020, P., Rv. 279604). 5. Ritiene il Collegio di condividere quest'ultimo orientamento. Non ricorrono, infatti, nella specie gli estremi strutturali o funzionali dell'atto abnorme; secondo l'elaborazione delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 7 del 26/04/1989, Goria, Rv. 181303; Sez. U, n. 11 del 09/07/1997, Quarantelli, Rv. 208221; Sez. U, n. 17 del 10/12/1997, dep. 1998, Di Battista, Rv. 209603; Sez. Un., 24/11/1999, dep. 2000, Magnani, Rv 215094; Sez. U, n. 33 del 22/11/2000, Boniotti, Rv. 217244; Sez. U, n. 4 del 31/01/2001, Romano, Rv. 217760; Sez. Un., 31/5/2005 n. 22909, Minervini, Rv. 231163; Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007, dep. 2008, P.M. in proc. Battistella, Rv. 238240; Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, P.M. in proc. Toni e altro, Rv. 243590; Sez. U, n. 21243 del 25/03/2010, P.G. in proc. Zedda, Rv. 246910; Sez. U, n. 40984 del 22/03/2018, Gianforte, Rv. 273581) può, infatti, ritenersi abnorme il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del suo contenuto, risulti avulso dall'intero ordinamento processuale, ovvero che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste al di là di ogni ragionevole limite; il vizio di abnormità può riguardare sia il profilo strutturale, allorché l'atto si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, sia il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo. Alla luce di tali consolidate coordinate interpretative il provvedimento di rigetto dell'incidente probatorio richiesto ai sensi dell'art. 392, comma 1 - bis, cod. proc. pen., risulta riconducibile ad uno schema tipico contemplato dalla legge processuale (e, segnatamente, dall'art. 398 cod. proc. pen.) ed il suo contenuto non diverge in maniera irragionevole dai limiti che la stessa pone al giudice; men che meno determina, poi, una stasi del procedimento e, dunque, non può essere considerato abnorme, costituendo l'estrinsecazione di un potere discrezionale del giudice che risulta inidoneo a paralizzare lo sviluppo processuale (ex multis: Sez. 4, n. 2678 del 30/11/2000, dep. 2001, PM in proc. D'Amiano ed altri, Rv. 218480; Sez. 2, n. 47075 del 13/11/2003, Manzi, Rv. 227086). Al fine della qualificazione dell'atto come abnorme, del resto, non può attribuirsi rilevanza all'interesse "terzo" della persona offesa, di per sé è estraneo alla nozione della abnormità funzionale (Sez. 3, n. 29594 del 28/05/2012, P. Rv. 281878) e strutturale. Per il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, l'ordinanza di rigetto della richiesta di incidente probatorio è, del resto, inoppugnabile (ex multis Sez. 5 n. 49030 del 17/07/2017, Palmeri e altri, Rv. 271776) e tale regola non subisce eccezione solo perché l'incidente probatorio viene promosso ai sensi dell'art. 392, comma 1 - bis, cod. proc. pen., come questa Corte ha già avuto occasione di affermare (Sez. 3, n. 21930 del 13/03/2013, P.M. in proc. Bertolini, Rv. 25548301). Deve, dunque, ribadirsi che il provvedimento di rigetto dell'incidente probatorio non è impugnabile e non può considerarsi abnorme, nemmeno qualora la relativa richiesta sia stata proposta ai sensi ed ai fini di cui all'art. 392, comma 1 -bis, cod. proc. pen. 6. L'interpretazione adottata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto in ordine all'esistenza di un sindacato discrezionale del giudice sull'ammissione dell'incidente probatorio di persona vulnerabile, del resto, è pienamente legittima. La deroga introdotta dall'art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen. alla disciplina generale dell'ammissione dell'incidente probatorio attiene, infatti, esclusivamente all'irrilevanza in tale fattispecie del presupposto della non rinviabilità della prova al dibattimento e non già agli ulteriori profili della delibazione richiesta al giudice. Nell'esercizio del suo potere discrezionale di bilanciamento dei contrastanti interessi legati, da un lato, alle esigenze di tutela della vittima e, dall'altro, alle garanzie processuali del diritto di difesa dell'imputato, il giudice, al quale è rimessa la decisione sulla richiesta presentata ai sensi dell'art. 392, comma 1-bis cod. proc. pen., è tenuto a vagliare, in un primo momento, i requisiti di ammissibilità della richiesta e, successivamente, la fondatezza della stessa; valutazione, quest'ultima, che egli compie, nella prospettiva della rilevanza della prova ai fini della decisione dibattimentale, sulla base sia delle argomentazioni addotte dalla parte istante (ex art. 393, comma 1, cod. proc. pen.), sia delle eventuali deduzioni presentate dalla parte avversa, in ragione del contraddittorio cartolare sviluppatosi sulla richiesta, quale diritto egualmente riconosciuto alle parti dall'art. 396, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 24996 del 15/07/2020, P., Rv. 279604). 7. Gli obblighi internazionali invocati dal Pubblico Ministero ricorrente, del resto, vincolano lo Stato italiano e il giudice quanto allo scopo di evitare la vittimizzazione secondaria del soggetto debole per effetto della reiterazione dell'atto istruttorio, ma non sanciscono l'obbligo incondizionato di assunzione delle dichiarazioni di tale soggetto nelle forme dell'incidente probatorio, escludendo ogni sindacato giudiziale sul punto. L'art. 20, par. 1, della direttiva 2012/29/UE sancisce, infatti, che "fatti salvi i diritti della difesa e nel rispetto della discrezionalità giudiziale, gli Stati membri provvedono a che durante le indagini penali: a) l'audizione della vittima si svolga senza indebito ritardo dopo la presentazione della denuncia relativa a un reato presso l'autorità competente". Il diritto dell'Unione Europea, come evidenziato anche dal considerando 58 di tale direttiva, pertanto, non elide ma anzi lascia espressamente integro l'ambito di discrezionalità del giudice nella decisione in ordine all'assunzione della prova nelle forme dell'incidente probatorio. Proprio l'indefettibile assunzione dell'incidente probatorio potrebbe, del resto, risultare sproporzionata rispetto allo scopo legittimo di tutelare la personalità e la dignità del soggetto vulnerabile, ad esempio nei casi in cui la sua escussione si riveli irrilevante o superflua, perché la prova sia stata raggiunta aliunde, o perché le condizioni della vittima, per effetto della condotta delittuosa o di altra causa, sconsiglino l'immediata assunzione della testimonianza nella fase delle indagini. Il diritto dell'Unione Europea, dunque, riserva al giudice il bilanciamento tra contrapposti interessi, quali quello alla tutela della dignità e della personalità della vittima, all'accertamento processuale dei reati e alla tutela del diritto fondamentale di difesa della persona sottoposta ad indagini. Tale bilanciamento deve prioritariamente tendere a scongiurare il rischio di vittimizzazione secondaria del soggetto vulnerabile chiamato a deporre ma il perseguimento di tale fondamentale fine non fonda un obbligo di incondizionata assunzione dell'incidente probatorio. 8. L'assenza di un obbligo, in capo al giudice, di disporre l'assunzione delle prove dichiarative della persona offesa vulnerabile a seguito della presentazione di una richiesta di incidente probatorio formulata ai sensi dell'art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen. non è neppure censurabile sul piano costituzionale. La scelta discrezionale del legislatore - legata alla necessità di speditezza della fase delle indagini e a quella di non "appesantire oltre modo una parentesi istruttoria che la ratio del sistema vuole quanto più possibile snella" - non si pone in contrasto con le fonti internazionali, dalle quali emerge esclusivamente "un interesse primario all'adozione di misure finalizzate alla limitazione delle audizioni della vittima" e non anche un "automatismo probatorio legato all'introduzione di un vero e proprio obbligo, in capo al giudice, di disporre l'assunzione delle prove dichiarative della persona offesa vulnerabile a seguito della mera presentazione di una richiesta di incidente probatorio" (Sez. 6, n. 24996 del 15/07/2020, P., Rv. 279604). La Corte costituzionale nella sentenza n. 529 del 2002, del resto, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale della formulazione originaria dell'art. 392, comma 1 -bis, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 2 e 32 della Costituzione, nella parte in cui non prevedeva che si potesse procedere con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di un minore di anni sedici, ha significativamente affermato che "tutela della personalità del minore e genuinità della prova sono certo interessi costituzionalmente garantiti: non lo è però lo specifico strumento, consistente nell'anticipazione, con incidente probatorio, delle testimonianze in questione". Anche in tale prospettiva, dunque, il rilievo fondamentale accordato alla tutela della vittima vulnerabile non si traduce nella costituzionalizzazione dell'obbligo di procedere all'assunzione della prova nelle forme dell'incidente probatorio. 9. Una volta escluso che il provvedimento di rigetto della richiesta di incidente probatorio, anche se formulata ai sensi dell'art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen., possa integrare un atto abnorme, le modalità concrete di esercizio della discrezionalità accordata da tale disposizione al giudice esulano dal sindacato di legittimità della Corte di cassazione. 10. Alla stregua dei rilievi che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. P.Q.M. Dichiara il ricorso inammissibile. Così deciso in Roma, l'8 maggio 2024. Depositata in Cancelleria il 31 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente Dott. VIGNA Maria Sabina - Consigliere Dott. SILVESTRI Pietro - rel. Consigliere Dott. TRIPICCIONE Debora - Consigliere Dott. DI GIOVINE Ombretta - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Perugia il 03/12/2021; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere, Pietro Silvestri; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Ettore Pedicini, che ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Perugia ha confermato la sentenza con cui (OMISSIS) e' stato condannato per il reato di maltrattamenti in famiglia in danno della moglie. Il Tribunale aveva assolto l'imputato dal reato di lesioni personali volontarie, compreso nel fatto di maltrattamenti. 2. Ha proposto ricorso l'imputato articolando sei motivi. 2.1. Con il primo si lamenta violazione di legge processuale; il tema attiene alla mancata indicazione del fatto in forma chiara e corretta della imputazione e alla difformita' tra il fatto, come modificato in giudizio, e quello oggetto della sentenza di condanna. Il Tribunale, a seguito dell'eccezione difensiva relativa alla omessa indicazione dei singoli episodi di maltrattamenti e alla data di consumazione del reato, aveva invitato il Pubblico Ministero a precisare l'imputazione e a individuare il tempus commissi delicti genericamente indicato "in (OMISSIS)". Il Pubblico Ministero, si argomenta, avrebbe modificato l'imputazione "in sede di prima udienza dibattimentale (dopo l'udienza del 16.5.2016)" ma la modifica "non veniva mai contestata al prevenuto, ne' notificato il verbale di udienza" (cosi' il ricorso). Si aggiunge che il capo di imputazione modificato non sarebbe mai stato valutato dal Tribunale, avendo questi riportato in sentenza il "vecchio capo di imputazione" con l'indicazione del luogo di commissione del reato in (OMISSIS) "dal (OMISSIS)", dove, in realta', non sarebbe accaduto alcunche', essendo stati i fatti commessi a (OMISSIS). Anche la Corte di appello avrebbe fatto riferimento all'imputazione oggetto del decreto che dispone il giudizio, omettendo di valutare il fatto modificato in dibattimento. 2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge processuale per non avere la Corte di appello valutato l'eccezione ad essa devoluta relativa alla nullita' della sentenza per duplicazione del giudizio per il fatto accaduto il 3.5.(OMISSIS) per il quale vi era stata remissione di querela. La difesa avrebbe in piu' occasioni chiesto la riformulazione del capo di imputazione in tal senso, con la conseguente rideterminazione del periodo oggetto di contestazione, atteso che i residui fatti sarebbero stati solo quelli verificatisi in data 15.6.(OMISSIS), 23.6.(OMISSIS) e 14.7.(OMISSIS), cioe' dopo quattro anni rispetto a quello del (OMISSIS) per il quale, come detto, vi era stata remissione di querela. Dunque la condotta sarebbe stata commessa al piu' dal (OMISSIS) e non dal (OMISSIS). 2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge processuale; il presupposto dell'assunto difensivo e' che anche i fatti di cui al 3.5.(OMISSIS) siano oggetto della contestazione. Sulla base di tale presupposto il tema attiene alla incompetenza territoriale, essendo stato commesso detto fatto a (OMISSIS) sicche' sarebbe quello il luogo in cui il contestato reato di maltrattamenti sarebbe stato conoscibile e qualificabile. 2.4. Con il quarto motivo si lamenta vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilita', affermato sulla base delle sole dichiarazioni della parte civile, la cui attendibilita' sarebbe stata smentita dalle prove a discarico, documentali e dichiarative; l'unico teste oculare, cioe' il figlio della coppia, che sarebbe stato presente a tutti gli episodi, avrebbe in dibattimento negato di avere assistito personalmente ai fatti, riferendo invece di un clima di offese reciproche. Ne' sarebbe stato considerato che, a fronte do comportamenti violenti contestati, non vi sarebbe nessun riscontro documentale (foto, referti, testimonianze, precedenti querele). Le uniche prove confermative delle affermazioni della persona offesa sarebbero costituite dalle dichiarazioni dei genitori della stessa; tuttavia, si argomenta, il padre della donna, (OMISSIS), sarebbe stato animato da grande astio nei confronti dell'imputato, con il quale vi sarebbero state reciproche querele. Le dichiarazioni dei genitori della persona offesa, cosi' come quelle di questa, sarebbero "ciclostilate, vaghe, ripetitive nella descrizione di comportamenti indistinguibili ancorati a solo due o tre episodi dettagliati nell'arco di circa quattro anni". Tutti i testimoni indicati dalla persona offesa, in quanto presenti agli episodi descritti con maggiore precisione, avrebbero smentito gli assunti accusatori. Secondo l'imputato, i fatti per cui si procede sarebbero rivelatori solo di un clima di reciproca conflittualita', peraltro, acuito dalla presenza del padre della donna. La denuncia sarebbe stata solo strumentale al ricorso per separazione; il ricorrente avrebbe avuto in casa una presenza sporadica e, dunque, incompatibile con l'assunto secondo cui i fatti maltrattanti avrebbero avuto cadenza quotidiana; l'affidamento del figlio, dopo la separazione, sarebbe stato condiviso e, diversamente dagli assunti accusatori, non vi sarebbe prova dell'uso da parte dell'imputato di sostanze alcoliche o stupefacenti. La sentenza sarebbe viziata sul piano della valutazione delle prove e del ragionamento probatorio. 2.5. Con il quinto motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla contesta aggravante di cui all'articolo 61, n. 1, c.p., rispetto alla quale la motivazione sarebbe omessa. L'aggravante sarebbe stata ritenuta sub valente rispetto alle generiche, e, tuttavia, cio' non assumerebbe decisiva valenza, tenuto conto che nel procedimento di determinazione della pena la motivazione sarebbe silente. 2.6. Con il sesto motivo si lamenta violazione di legge penale: il tema attiene alla individuazione del tempus commissi delicti ed alla successione di leggi penali. Si fa riferimento alla sentenza delle Sezioni unite "Pittala'" che, in tema di successione di leggi e reato abituale e piu' in generale, reati di durata, secondo cui l'applicabilita' dello jus superveniens piu' sfavorevole sarebbe subordinata alla condizione per cui, dopo la modifica normativa peggiorativa, siano stati comunque realizzati tutti gli elementi costitutivi del reato. La Corte non avrebbe inoltre affrontato la questione di se la norma sfavorevole sopravvenuta si applichi solo alle condotte realizzate dopo la sua entrata in vigore ovvero anche a quelle pregresse; ne' sarebbe stato chiarito se il reato debba essere in tali casi considerato unitario oppure scisso in due segmenti fattuali autonomi, ciascun assoggettato alla norma vigente al momento. Sulla base di tali premesse si evidenzia come nel caso di specie una parte della condotta sarebbe stata commessa dopo la modifica peggiorativa dell'articolo 572 c.p. intervenuta con la L. 17 ottobre 2012, n. 1;72. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' fondato nei limiti di cui in motivazione. 2. E' inammissibile, perche' generico, il primo motivo. Ne' con l'atto di appello, ne' con il ricorso per cassazione l'imputato ha indicato: a) in quale udienza specifica l'imputazione sarebbe stata modificata; b) in cosa in concreto sarebbe consistita la modifica; c) se all'udienza in cui l'imputazione fu modificata l'imputato era presente; d) se, in presenza della ipotizzata omessa notifica del verbale contenente l'imputazione, la nullita' fu dedotta tempestivamente;: e) cosa accadde nelle udienze successive; f) quale sarebbe il pregiudizio in concreto subito. Un motivo del tutto aspecifico e dunque strutturalmente inammissibile 3. Non diversamente, e' inammissibile perche' manifestamente infondato, il secondo motivo di ricorso. La remissione della querela e' funzionale alla estinzione del reato avente ad oggetto il fatto specifico verificatosi il 3.5.2019, ma non produce effetti ulteriori anche rispetto al diverso reato di maltrattamenti in famiglia che contiene il fatto relativo all'episodio in questione ma rispetto ad esso e' autonomo e distinto. Il reato di maltrattamenti in famiglia integra una ipotesi di reato necessariamente abituale che si caratterizza per la sussistenza d: una serie di fatti, per lo piu' commissivi, i quali isolatamente considerati potrebbero anche essere non punibili (atti di infedelta', di umiliazione generica, etc.) ovvero, come nel caso di specie, non perseguibili d'ufficio (ingiurie, percosse o minacce lievi, procedibili solo a querela), ma che, tuttavia, acquistano rilevanza penale per effetto della loro reiterazione nel tempo. Fatti e condotte che, insieme tra loro, costituiscono I maltrattamenti e che possono singolarmente avere anche autonoma rilevanza penale, costituendo cosi' ipotesi di reati concorrenti. Quando tali condotte, di autonoma concorrente rilevanza penale, cessano di avere rilevanza, esse non sono cancellate o dissolte nella loro storicita' e mantengono piena valenza rispetto al diverso ed autonomo titolo costituito dal delitto di maltrattamenti (sul tema, Sez. 6, n. 39228, del 23/09/2011, S., Rv. 251050, ma anche Sez. 5, n. 3776 del 24/11/2020, G, Rv. 280416 secondo cui ai fini della configurabilita' del delitto di atti persecutori, che ha natura di reato abituale di danno, non rileva la non punibilita' o perseguibilita' per difetto di querela dei singoli fatti-reato previsti dalla fattispecie incriminatrice e costituenti l'unitaria sequenza criminosa determinativa di uno degli eventi previsti dall'articolo 612-bis cod. pen). 3. E' inammissibile anche il terzo motivo di ricorso. Sia che si faccia riferimento all'indirizzo secondo cui in tema di maltrattamenti in famiglia, la competenza per territorio, stante la natura di reato abituale, si radica innanzi al giudice del luogo in cui l'azione diviene complessivamente riconoscibile e qualificabile come maltrattamento e, quindi, nel luogo in culi la condotta venga consumata all'atto di presentazione della denuncia (Sez. F, n. 36132 del 13/08/2019, G, Rv. 276785), sia che invece si voglia aderire al diverso orientamento secondo cui il delitto di maltrattamenti, in quanto reato abituale, si consuma nel momento in cui ha luogo la cessazione della condotta (Sez. 6, n. 2979 del 03/12/2020, dep. 2021, C, Rv. 280590), non assume rilievo che il singolo episodio di cui al 3.5.(OMISSIS) sia avvenuto a (OMISSIS). Sul punto il motivo e' manifestamente infondato e generico. 4. E' inammissibile il quarto motivo relativo alla responsabilita'. La Corte di appello, con una motivazione puntuale, ha valutato le prove e ricostruito i fatti; si e' spiegato perche': a) le dichiarazioni della persona offesa debbano considerarsi attendibili; b) diversamente dagli assunti difensivi, le dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), fratello e cognata dell'imputato, pur non espressamente confermative di quelle della persona offesa, assumano nondimeno una indiretta valenza accusatoria; c) anche le dichiarazioni del figlio della coppia, che pure non ha confermato di avere assistito a specifici episodi, non abbiano affatto negato i fatti posti a fondamento del reato per cui si procede; d) le dichiarazioni dei genitori della persona offesa assumano una valenza oggettivamente confermativa delle dichiarazioni di questa, atteso che l'essere portatori di un sentimento ostile non consente di ritenere di per se' il dichiarante portatore di un interesse inquinato, ben potendo un soggetto rivelare fatti veri che, senza quel sentimento ostile, avrebbe potuto non riferire; e) anche le dichiarazioni del maresciallo (OMISSIS) indirettamente assumano va lenza confermativa del quadro accusatorio. In tale contesto, il motivo di ricorso rivela la sua inammissibilita', essendosi limitato l'imputato e sollecitare una diversa valutazione del quadro probatorio e, sostanzialmente, una diversa ricostruzione fattuale. Secondo i principi consolidati dalla Corte di cassazione la sentenza non puo' essere annullata sulla base di mere prospettazioni alternative che si risolvano in una rilettura orientata degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferire rispetto a quelli adottati dal giudice del merito, perche' considerati maggiormente plausibili, o perche' assertivamente ritenuti dotati cli una migliore capacita' esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si e' in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, rv. 234148). L'odierno ricorrente ha riproposto con il ricorso per cassazione la versione dei fatti dedotta in primo e secondo grado e disattesa dai Giudici del merito; compito del giudice di legittimita' nel sindacato sui vizi della motivazione non e' tuttavia quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, ma quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando completa e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre. E' possibile che nella valutazione sulla "tenuta" del ragionamento probatorio, la struttura motivazionale della sentenza di appello si saldi con quella precedente per formare un unico corpo argomentativo, atteso che le due decisioni di merito possono concordare nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, (cfr., in tal senso, tra le altre, Sez. 3, n. 44418 del 16/07/(OMISSIS), Argentieri, rv. 2574595; Sez. 2, n. 5606 dell'8/2/2007, Conversa e altro, Rv. 236181; Sez. 1, n. 8868 dell'8/8/2000, Sangiorgi, rv. 216906; Sez. 2, n. 11220 del 5/12/1997, Ambrosino, rv. 209145). Tale integrazione tra le due motivazioni si verifica allorche' i giudici di secondo grado, come nel caso in esame, esaminino le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con riferimenti alle determinazioni ed ai passaggi logico-giuridici della decisione di primo grado e, a maggior ragione, cio' e' legittimo quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze gia' esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione del primo giudice (Cfr. la parte motiva della sentenza Sez. 3, n. 10163 del 12/3/2002, Lombardozzi, Rv. 221116). Nel caso di specie, i giudici di appello hanno fornito una valutazione analitica ed autonoma sui punti specificamente indicati nell'impugnazione di appello, di talche' la motivazione risulta esaustiva ed immune dalle censure proposte. 5. E' invece fondato il sesto motivo di ricorso. 5.1. Dalla sentenza impugnata emerge che i fatti per cui si procede sono stati commessi dal (OMISSIS) fino al luglio del (OMISSIS). Dunque, una condotta che si e' protratta anche dopo l'entrata in vigore della L. 1 ottobre 2012, n. 172, che, come e' noto, ha modificato in senso peggiorativo la fattispecie incriminatrice. Il tema attiene alla individuazione del tempus commissi delicti nei reati abituali, come appunto quello di maltrattamenti in famiglia, al fine di determinare la legge applicabile nel caso di successione di leggi modificative. Non e' in contestazione, con specifico riguardo al reato necessariamente abituale (proprio), che questo puo' dirsi perfezionato quando si assista al compimento di quell'atto che, unendosi ai precedenti, sia in grado di superare una determinata soglia di intensita' di disvalore di azione e di evento, integrando quel minimum essenziale ai fini della realizzazione dell'offesa all'interesse giuridicamente protetto. Nel reato abituale, il tempo di commissione del delitto e' individuato nel momento in cui si pone in essere l'atto che, insieme al precedente, attribuisce agli episodi la soglia di rilevanza; rispetto a tale dato, tuttavia, assume rilievo il caso in cui la consumazione del reato si protragga nel tempo. Ci si riferisce ai casi in cui, nonostante si sia gia' realizzato il minimo rilevante livello di offesa dell'interesse tutelato, nuove azioni od omissioni vengano successivamente commesse; in tal caso, si afferma, il reato si consuma in via definitiva in un momento successivo, quando cioe' gli atti integrativi della condotta sono terminati. La questione, dunque, attiene alle ipotesi in cui succeda una legge creatrice, abrogatrice o meramente modificativa, rispettivamente di un nuovo reato abituale, di un reato abituale preesistente e di un reato abituale persistente (cosi', lucidamente, in dottrina). Ove si tratti di una legge creatrice di un nuovo reato abituale, le condotte compiute prima della introduzione della nuova fattispecie non possono essere considerate cumulativamente con le successive, cioe' quelle poste in essere nella vigenza della fattispecie incriminatrice di ultima introduzione, le quali, pertanto, nel rispetto del principio di irretroattivita', saranno punibili soltanto qualora da sole risultino sufficienti a costituire la serie minima richiesta dal nuovo reato. Non diversamente, in presenza di uri aboliti() criminis, la nuova legge abrogatrice di un reato abituale avra' efficacia retroattiva in relazione ai comportamenti commessi prima della sua pubblicazione e disciplinera' invece quelli posti in essere successivamente alla sua entrata in vigore. In questo quadro di riferimento, si pone la questione, obiettivamente intricata, riguardante i casi in cui, in presenza di una successione di leggi soltanto modificativa, si deve individuare la frazione di condotta rilevante al fine del tempus commissi delicti. In presenza di reati strutturalmente caratterizzati dalla proiezione temporale della condotta, la questione della individuazione del segmento di azione rilevante ai fini della regolazione degli effetti del fenomeno successorio della legge penale assume decisivo rilievo perche' da essa dipende l'applicazione del principio di irretroattivita'. Il riferimento e' non solo ai reati permanenti, per la cui sussistenza e' richiesto il protrarsi costante nel tempo della condotta e dell'offesa al bene giuridico tutelato (il sequestro di persona), ma, come nel caso di specie, anche ai reati abituali, per la cui sussistenza e' necessaria la reiterazione nel tempo di condotte della stessa specie (ad esempio, gli atti persecutori e i maltrattamenti in famiglia). Cio' che caratterizza io' casi in questione e' il fatto che la condotta e' ancora in corso quando sopravviene la nuova legge piu' sfavorevole. 5.2. Secondo l'orientamento del tutto maggioritario in dottrina e in giurisprudenza occorre fare riferimento al momento in cui la condotta si esaurisce, cioe' all'ultimo atto che protrae la situazione antigiuridica. Si tratta di un indirizzo fondato su due assunti costitutivi. Il primo, affermato in ogni occasione, e' che il reato abituale e' un reato unitario e dunque inscindibile, non scomponibile, strutturalmente non frazionabile. Il secondo e' che, rispetto all'unitarieta' del reato, la legge sopravvenuta piu' severa e' "la legge del tempo"; dunque, non vi sarebbe ne' una questione di successione di legge penale e neppure il rischio di violazione del principio di irretroattivita'. Sarebbe applicabile solo la disposizione vigente alla data della consumazione e la materia sarebbe esterna rispetto alla disciplina dell'articolo 2 c.p. (tra le molte, Sez. 5, n. 8026 del 14/12/2016, dep. 2017, Manzini, Rv. 269451 e, in tema di maltrattamenti in famiglia, Sez. 6, n. 2979 del 03/12/2020, del 2021, C., Rv. 280590). In dottrina, al fine di avallare la tesi indicata, si aggiunge che nei reati di durata, il soggetto agente che sta realizzando il reato si trova nelle condizioni di interrompere la condotta a fronte dell'intervento della legge piu' sfavorevole; la modifica sfavorevole, si evidenzia, porta con se' la possibilita' di un ripensamento dell'agente durante il periodo di vacatio legis, nel quale dunque il soggetto puo' autodeterminarsi nuovamente e decidere di persistere nella condotta, andando per tale ragione incontro alle piu' gravi conseguenze sanzionatorie introdotte dal legislatore. Coloro che persistono nella condotta, nel vigore della nuova disciplina, sarebbero "sordi all'ammonimento del legislatore". In tale contesto si colloca Sez. 6, n. 19832 del 06/04/2022, S, Rv. 283162 intervenuta in ordine all'introduzione dell'aggravante speciale della violenza assistita per i maltrattamenti in famiglia di cui all'articolo 572, comma 2, c.p., in luogo della circostanza aggravante comune che aveva un impatto sanzionatorio meno gravoso. Si e' chiarito nell'occasione che la "nuova" circostanza aggravante ex articolo 572, comma 2, c.p., trova applicazione anche nei casi in cui solo una condotta sia realizzata alla presenza di un minore dopo l'entrata in vigore della L. n. 69 del 2019. La motivazione della sentenza in esame chiarisce in modo condivisibile che la ratio dell'applicabilita' dell'aggravante non e' il carattere abituale del reato, ma il carattere non abituale dell'aggravante. Non si tratta, infatti, di un'aggravante strutturalmente abituale, che richiede la realiz zione di piu' atti di maltrattamento di fronte ad un minore, in quanto affinche' scatti trattamento sanzionatorio piu' grave, e' sufficiente che ci sia un solo episodio di maltrattamenti alla presenza di un minore. 5.3. L'orientamento esaminato, pur consolidato e autorevole, lascia tuttavia sullo sfondo rilevanti questioni. Si tratta di un indirizzo che ritiene applicabile la legge sopravvenuta sfavorevole anche nel caso in cui sotto la vigenza della nuova norma si sia compiuto un solo fatto maltrattante. In particolare, la legge sopravvenuta sfavorevole troverebbe applicazione anche nel caso in cui sotto la sua vigenza sia compiuto un solo atto della serie abituale, anche se di per se' non penalmente illecito. Il soggetto agente e', cioe', sottoposto alla nuova legge penale nonostante, sotto la sua vigenza, non abbia commesso nessun atto di per se' penalmente rilevante. 5.4. Una parte della dottrina da tempo sostiene che, al fine della individuazione del tempus commissi delicti nei reati abituali, occorra fare riferimento al momento in cui la condotta assume carattere di tipicita', ossia appena inizia la permanenza o l'abitualita' del reato: il tempus commissi delicti coincide dunque con il primo atto ripetitivo che segna il perfezionamento del reato e l'inizio della consumazione. Ne deriva, secondo l'impostazione in parola, che la legge piu' sfavorevole sopravvenuta regola e trova applicazione soltanto in relazione al nuovo "segmento di condotta", cioe' alla nuova parte di reato commessa successivamente alla entrata in vigore della modifica normativa. Il tema non e' nuovo. Gia' all'articolo 5, punto 9, dello Schema di disegno di legge-delega al Governo per l'emanazione di nuovo codice penale, redatto dalla Commissione ministeriale presieduta dal Prof. (OMISSIS) (1992), si leggeva che: "nei reati a condotta frazionata, permanenti o abituali, ove parte della condotta sia stata realizzata prima dell'entrata in vigore della legge piu' sfavorevole, questa si applica solo dopo decorsi quindici giorni dalla sua entrata in vigore". Nella Relazione alla bozza di articolato si precisava che tale previsione aveva lo scopo di sospendere temporaneamente l'applicazione "per dare al soggetto la possibilita' di cessare la condotta prima di sottoporlo ad un regime complessivo che investira' necessariamente anche la parte della condotta posta in essere in precedenza". Il termine indicato, corrispondente al periodo della c.d. vacatio legis, avrebbe cioe' dovuto soddisfare l'esigenza, in precedenza rappresentata, di consentire all'agente di riconoscere la modifica peggiorativa e, quindi, di porsi nella condizione di valutare se persistere nel reato o se arrestarsi allo scopo di evitare di essere sottoposto ad una sanzione maggiormente afflittiva rispetto a quella che avrebbe subito sotto il regime precedente. Si aggiunge, da una parte, che la prospettiva in esame non e' mai stata recepita normativamente, e, dall'altra, che, pur volendo ritenere la soluzione in questione ricavabile alla luce dei principi generali, nondimeno potrebbero esserci casi in cui l'autore del reato potrebbe non essere veramente libero di interrompere la condotta, poiche' cio' lo esporrebbe a conseguenze pregiudizievoli. 5.5. In tale articolato quadro di riferimento assumono rilievo le considerazioni compiute dalle Sezioni unite con la sentenza n. 40986 del 19/07/2018, P., secondo cui in tema di successione di leggi penali, nel caso in cui l'evento del reato intervenga nella vigenza di una legge penale piu' sfavorevole rispetto a quella in vigore al momento in cui e' stata posta in essere la condotta, deve trovare applicazione la legge vigente al momento della condotta. Al di la' della questione specifica su cui le Sezioni unite sono intervenute, nell'occasione si e' chiarito come il tema della individuazione del tempus commissi delicti e quello della successione delle legge penale siano ancorati al "criterio della condotta" e agli articoli 25, comma 2, e 27, commi 1 e 3, della Costituzione, e all'articolo 7 Cedu., in ragione della necessita' di assicurare effettivita' ai principi di legalita', colpevolezza e finalita' rieducativa della pena che si compendiano nella formula della calcolabilita' delle conseguenze giuridico - penali delle proprie condotte (cosi' in dottrina). Una sentenza, quella delle Sezioni unite, che afferma il carattere polifunzionale della nozione di tempo del commesso reato; un concetto che assume una propria dimensione a seconda della funzione che l'istituto al quale va ad applicarsi e' chiamato a svolgere, e dunque da conformare sulla scorta degli stessi principi che governano il funzionamento degli istituti di volta in volta rilevanti. Se, dunque, si e' lucidamente affermato, ai fini della prescrizione del reato puo' essere ragionevole la previsione di cui all'articolo 158, comma 1, c.p., che fa coincidere il tempus commissi delicti con il momento consumativo del reato, atteso che e' da quest'ultimo momento che vengono in rilievo quelle valutazioni attinenti al tempo dell'oblio ed alle crescenti difficolta' probatorie sulle quali si fonda l'istituto della prescrizione, viceversa l'applicazione della stessa logica alla disciplina della successioni di norme penali rischia di svuotare la funzione di garanzia del principio di irretroattivita' sfavorevole. Nell'ultima parte della motivazione le Sezioni unite per "esigenze di completezza" hanno affrontato un tema connesso a quello principale oggetto di rimessione, quello cioe' della individuazione del "tempo del commesso reato" - in presenza di un avvicendamento di leggi penali- con riguardo a "modelli di incriminazione" connotati dal protrarsi nel tempo della condotta, in cui cioe' e' la previsione legale a descrivere la condotta in termini di durata. E' utile riportare il testo della motivazione della sentenza delle Sezioni Unite: "esigenze di completezza, peraltro, impongono di esaminare, alla luce delle ragioni poste a fondamento dell'adesione al criterio della condotta, la questione dell'individuazione del tempus ai fini della successione di leggi penali con riguardo ad alcune figure di reato caratterizzate (non gia' dalla "distanza" tra condotta ed evento, bensi') dal protrarsi nel tempo della stessa condotta tipica. Una protrazione della condotta suscettibile di conoscere, nel suo svolgimento, il sopravvenire di una legge penale piu' sfavorevole si registra nel reato permanente, rispetto al quale la giurisprudenza di legittimita' individua il tempus commissi delicti, ai fini della successione di leggi penali, nella cessazione della permanenza posto che, qualora la condotta antigiuridica si protragga nel vigore della nuova legge, e' quest'ultima che deve trovare applicazione (ex plurinnis, Sez. 3, n. 43597 del 09/09/2015, Fiorentino, Rv. 265261; Sez. 5, n. 45860 del 10/10/2012, Abbatiello, Rv. 254458; Sez. 3, n. 13225 del 05/02/2008, Spera, Rv. 239847; Sez. 1, n. 20334 del 11/05/2006, Caffo, Rv. 234284; Sez. 1, n. 3376 del 21/02/1995, Gullo, Rv. 200697): il protrarsi della condotta sotto la vigenza della nuova, piu' sfavorevole, legge penale assicura la calcolabilita' delle conseguenze della condotta stessa che, come si e' visto, da' corpo alla ratio garantistica del principio di irretroattivita'. E' dunque la legge piu' sfavorevole vigente al momento della cessazione della permanenza che deve trovare applicazione, ferma restando la necessita' che sotto la vigenza della legge piu' severa si siano realizzati tutti gli elementi del fatto-reato (e, quindi, per il sequestro di persona, ad esempio, un'apprezzabile durata della limitazione della liberta' personale della vittima). Naturalmente, l'applicazione della legge piu' sfavorevole introdotta quando la permanenza del fatto delittuoso era gia' in atto presuppone, come ha rimarcato la dottrina, la colpevole violazione della nuova legge e, dunque, la possibilita' - di regola assicurata dalla vacatio legis - di conoscerla e, "calcolandone" le conseguenze penali, di adeguare la condotta dell'agente. I medesimi rilievi valgono anche per il reato abituale, in relazione al quale il tempus commissi delitti, ai fini della successione di leggi penali, coincide con la realizzazione dell'ultima condotta tipica integrante il fatto di reato. Il tema e' stato affrontato dalla piu' recente giurisprudenza di legittimita' soprattutto a proposito dell'introduzione del reato di atti persecutori e, dunque, in presenza - non gia' di uno ius superveniens portatore di un trattamento sanzionatorio piu' severo, bensi' - di una nuova incriminazione, la cui applicabilita' presuppone la realizzazione, dopo l'introduzione della nuova fattispecie incriminatrice, di tutti gli elementi costitutivi del reato di cui all'articolo 612-bis c.p. (e non solo, ad esempio, di un'ultima condotta persecutoria preceduta da altre intervenute prima della novella legislativa che ha previsto il reato): "per l'applicabilita' della nuova norma non e' quindi sufficiente che sia stato compiuto l'ultimo atto dopo la sua entrata in vigore, ma occorre che tale atto sia stato preceduto da altri comportamenti tipici ugualmente compiuti sotto la vigenza della nuova norma incriminatrice" (Sez. 5, n. 54308 del 25/09/2017), mentre atti posti in essere prima dell'introduzione del Decreto Legge 23 febbraio (OMISSIS), n. 11, convertito, con modificazioni, con la L. 23 aprile (OMISSIS), n. 38, "non possono rientrare nella condotta prevista e punita dall'articolo 612-bis c.p. ", ma neppure "possono proiettare la loro irrilevanza penale su atti successivi - degradandoli a post factum non punibile" (Sez. 5, n. 10388 del 06/11/2012 - dep. (OMISSIS), Rv. 255330; conf. Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014, Rv. 260410; Sez. 5, n. 48268 del 27/05/2016, Rv. 268162)". 5.6. Secondo le Sezioni unite della Corte, dunque, la individuazione nei reati di durata del tempus commissi delicti non e', diversamente da quanto ritenuto dall'orientamento maggioritario della giurisprudenza, questione esterna rispetto all'articolo 2 c.p., che non riguarda cioe' il fenomeno della successione della legge penale nel tempo. Prescindendo dal tema della vincolativita' delle affermazioni compiute nell'occasione dalle Sezioni unite e, in particolare, del se i principi in questione costituiscano un obiter dictum ovvero assumano rilievo ai sensi dell'articolo 618, comma 1 bis, c.p.p., il tema si pone. Si tratta di una questione che deve essere verificata avendo come punti di riferimento due elementi fondanti. Il primo e' costituito dalla ratio di garanzia del principio di irretroattivita' sfavorevole, che, secondo il consolidato insegnamento della Corte Costituzionale e della Corte di Strasburgo, si esprime in "un'istanza di preventiva valutabilita' da parte dell'individuo delle conseguenze penali della propria condotta, istanza, a sua volta, funzionale a preservare la libera autodeterminazione della persona". E' necessariamente la condotta - cosi' come chiarito dalle Sezioni unite della Corte - "il punto di riferimento temporale essenziale a garantire la "calcolabilita'" delle conseguenze penali e, con essa, l'autodeterminazione della persona". Dunque, occorre fare riferimento alla condotta e al tempo in cui essa si realizza. Il secondo elemento e' che la individuazione del tempus commissi delicti al momento della condotta deve essere ancorata alle funzioni della pena, segnata mente quella generai-preventiva, che, evidentemente, puo' esplicarsi soltanto nel momento in cui il soggetto agisce o omette di compiere l'azione doverosa, e quella rieducativa, la cui centralita' nella definizione del volto costituzionale del sistema penale e' stata di recente efficacemente rimarcata nella sentenza della Corte costituzionale n. 148 del 2018 (cosi' in dottrina, cfr. anche Corte Cost. n. 364/1988, Corte Cost. n. 306/1993, Corte Cost. n. 236/2011 e Corte cosi:. n. 230/2012). E' dunque fondato ritenere che sola la preesistenza rispetto alla condotta della norma incriminatrice, completa del suo compendio punitivo, puo' assicurare l'esplicazione della funzione di prevenzione generale e di quella rieducativa. Se, dunque, la individuazione del tempus commissi delicti assume particolare rilievo nei c.d. reati di durata e si collega strettamente con la necessita' di fare riferimento alla condotta e alla funzione della pena, il principio costituzionale di irretroattivita' impone di scongiurare il rischio di realizzare, attraverso il fenomeno successorio, una retroattivita' occulta della norma sopravvenuta sfavorevole in quanto sganciata dal criterio della condotta. Cio' che deve essere scongiurato e' cioe' il rischio che l'agente sia sottoposto alla norma penale piu' sfavorevole per una condotta commessa prima della sua entrata in vigore, cioe' che l'agente, per un reato sostanzialmente commesso in precedenza, venga punito da una norma successiva piu' sfavorevole, applicata senza essere saldamente ancorata al criterio della condotta. Il tema non attiene solo al rischio di retroattivita' occulta, ma anche al principio di colpevolezza e di prevedibilita'. La questione riguarda tutti i casi in cui la situazione preesistente alla modifica normativa produca gia' un effetto giuridico stabile che lo ius novurn rimuove o smentisce in senso peggiorativo, seppure in modo trasversale o indiretto. Se l'effetto per il reo e' gia' sorto, la rivalutazione in peius e' vietata. In ognuna di queste situazioni gli articoli 25, comma 2, - 27 Cost. impongono di far prevalere il "diritto" dei soggetti agenti all'applicazione del trattamento giuridico piu' favorevole gia' conseguito, il quale non puo' essere soppiantato da una legge posteriore, se sganciata dalla condotta, nemmeno se conosciuta dall'agente. Non assume decisivo rilievo il caso in cui il soggetto compia segmenti di condotta abituale autosufficienti prima e dopo la norma modificativa sfavorevole sopravvenuta, atteso che in tale situazione proprio l'unitarieta' del reato condurra' all'applicazione solo della norma sotto la cui vigenza il reato si sia consumato, cioe' di quella piu' sfavorevole sopravvenuta. Assumono invece rilievo le ipotesi in cui, ad esempio, sotto la vigenza della nuova legge si realizzi un segmento insignificante di "abitualita'", un singolo episodio, magari, come gia' detto, penalmente neutro,. che non aggiunge alcunche' e che ha tuttavia l'effetto di trascinare con se' e verso un trattamento punitivo piu' severo l'intera condotta abituale compiuta in precedenza, rispetto alla quale, essendosi il reato gia' perfezionato, era gia' sorto il diritto ad essere giudicato applicando la pregressa norma piu' favorevole. Si tratta di ipotesi in cui la condotta e' gia' pienamente sussumibile nella fattispecie di cui all'articolo 572 c.p., e dunque alla norma penale piu' favorevole, ma che, tuttavia, rischia di essere sanzionata dalla norma penale sfavorevole sopravvenuta, in ragione del fatto che un solo atto maltrattante, anche se penalmente irrilevante, sia commesso sotto la vigenza della nuova legge, che, in tal modo, finisce di fatto per operare retroattivamente. La Corte Europea dei diritti dell'uomo ha affrontato il tema del divieto di irretroattivita' sfavorevole nel caso di nuova incriminazione di un reato di durata e per stabilire se vi e' stata violazione dell'articolo 7 Cedu sembra fare riferimento ad una duplice verifica. Si richiede di verificare, da una parte, se quella condotta fosse gia' punibile prima dell'entrata in vigore della norma incriminatrice applicata nello Stato sulla base di altre norme penali e, dall'altra, se l'applicazione della norma abbia o meno determinato in concreto un trattamento sanzionatorio piu' gravoso rispetto a quello che sarebbe stato applicabile sanzionando ciascuna porzione di condotta sulla base della disciplina vigente al momento in cui e' stata realizzata. (Grande Camera, 27/01/2015, Rholena c. Repubblica Ceca) Si tratta di un accertamento finalizzato a preservare la prevedibilita' e l'affidamento riposto dal soggetto agente quantomeno in relazione al profilo sanzionatorio che gli potrebbe essere applicato. 5.7. Su tale delicate questioni, la sentenza e' silente e deve pertanto essere annullata. La Corte, applicati i principi indicati, verifichera' se e in che limiti nella fattispecie in esame la condotta in concreto tenuta dall'imputato, commessa in parte anche prima della entrata in vigore della L. 1 ottobre 2012, n. 172, debba essere sottoposta alla piu' grave e sfavorevole disciplina da questa introdotta. 6. Il quinto motivo di ricorso e' assorbito. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata per con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MICCOLI Grazia - Presidente Dott. GUARDIANO Alfredo - Consigliere Dott. PILLA Egle - Consigliere Dott. BORRELLI Paola - rel. Consigliere Dott. GIORDANO Rosaria - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nata a (OMISSIS); avverso la sentenza del 07/02/2022 della CORTE APPELLO di VENEZIA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. PAOLA BORRELLI; udite le conclusioni del Procuratore generale Dott. EPIDENDIO TOMASO, che ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata; udite le conclusioni dell'Avv. (OMISSIS), per la parte civile, che ha chiesto il rigetto del ricorso ed ha depositato conclusioni scritte e nota spese; udite le conclusioni dell'Avv. (OMISSIS), per la ricorrente, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La pronunzia impugnata e' stata deliberata dalla Corte di appello di Venezia il 7 febbraio 2022, quale Giudice del rinvio dopo annullamento della prima sezione penale di questa Corte, nel giudizio di revisione promosso nell'interesse di (OMISSIS). 2. Al fine di rendere quanto piu' chiara possibile l'illustrazione del percorso che ha guidato questa Corte alla decisione odierna, e' opportuno riepilogare sinteticamente le evoluzioni del procedimento. 2.1. Con sentenza del 17 novembre 2014, il Tribunale di Milano in composizione monocratica aveva assolto (OMISSIS) - di professione avvocato e difensore di (OMISSIS) nel procedimento a carico del marito (OMISSIS) per il reato di cui all'articolo 609-bis c.p. ai danni della figlia minore (OMISSIS), in cui la (OMISSIS) era costituita parte civile - dalle accuse di falsita' materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e frode processuale. All'imputata era contestata la formazione di atti falsi, confluiti nel processo a carico di (OMISSIS), poiche': - nei verbali di dichiarazioni acquisite in data (OMISSIS) (rectius, (OMISSIS)) ai sensi degli articoli 391-bis c.p.p. e ss., contraffaceva o faceva contraffare le firme e le sigle della dichiarante (OMISSIS) (moglie dell'imputato e madre della persona offesa e sua assistita); - il (OMISSIS) depositava presso la Procura di Milano due esemplari di tali verbali; - depositava altrettanti esemplari all'udienza del (OMISSIS) dinanzi al Tribunale di Milano nel processo (OMISSIS), con richiesta di lettura delle dichiarazioni della (OMISSIS) ai sensi dell'articolo 512 codice di rito, in considerazione dell'avvenuto decesso della teste, intervenuto nell'(OMISSIS). La frode processuale riguardava, invece, l'induzione in errore del perito nominato dal medesimo Tribunale nel processo (OMISSIS) per accertare l'autenticita' o falsita' delle firme e delle sigle della (OMISSIS) in calce ai predetti verbali; tale frode sarebbe stata realizzata - secondo la contestazione - fornendo al perito, quale scrittura comparativa, un atto di nomina di consulente di parte datato (OMISSIS), recante anch'esso la firma falsa della (OMISSIS), artatamente apposta per sviare gli accertamenti tecnici, dopo aver cancellato quella autentica sottostante. 2.2. A seguito di impugnazione della parte civile, del pubblico ministero presso il Tribunale di Milano e del Procuratore Generale presso la Corte di appello di Milano, la Corte territoriale aveva ribaltato la pronunzia liberatoria di prime cure, condannando l'imputata per i reati di falso limitatamente ai verbali prodotti all'udienza del (OMISSIS) e per il reato di frode processuale, mentre aveva ritenuto prescritte le altre condotte. Giova segnalare fin d'ora che, sia nel processo a carico di (OMISSIS), sia in quello poi sorto a carico della (OMISSIS), sono state espletate perizie (rispettivamente dal perito (OMISSIS) e dal perito (OMISSIS)) sull'autenticita' delle sottoscrizioni di (OMISSIS), che era stata esclusa da entrambi gli esperti nominati. 2.3. Questa sezione aveva rigettato il ricorso per cassazione proposto dalla (OMISSIS) contro la decisione della Corte di merito, sicche' la condanna a suo carico era divenuta definitiva. 2.4. Era stata, quindi, presentata richiesta di revisione contro la sentenza irrevocabile, che era fondata: - su nuovi scritti della (OMISSIS), mai prodotti in precedenza; - sullo studio del metrologo (OMISSIS) sull'atto di nomina a consulente tecnico di parte apparentemente sottoscritto dalla (OMISSIS) (e prodotto come scrittura di comparazione per la perizia (OMISSIS) nel processo (OMISSIS)) che aveva concluso che la firma della (OMISSIS) e quella apposta dal cancelliere in calce all'atto risalivano alla stessa epoca e che le firme apposte alla predetta nomina, ai verbali di cui all'articolo 391-bis c.p.p. e alle bozze dei medesimi erano tutte della stessa mano. - sullo studio del chimico Prof. (OMISSIS), che aveva esaminato l'alone che si vede in corrispondenza della firma dell'incarico di consulenza, fornendo elementi per escludere l'utilizzo di un solvente per cancellare una precedente firma della (OMISSIS); - sullo studio svolto dal chimico e grafologo Prof. (OMISSIS) e dalla psicologa Prof. (OMISSIS), che avrebbe dimostrato che, al momento dell'aggressione da parte del liquido, i documenti si trovavano impilati, che la nomina di consulente era capovolta sotto tutti i documenti e che si sarebbe trattato di un mero incidente e non di un'azione dolosa. Inoltre, da questo studio emergerebbe che il cancelliere, nell'apporre la propria firma attestante il deposito dell'atto, aveva evitato ogni sovraimpressione con quella della (OMISSIS), segno che quest'ultima gia' vi era prima che l'atto venisse depositato il (OMISSIS). Accanto ai contributi tecnici, la richiesta di revisione era fondata anche sulle dichiarazioni di: - (OMISSIS), pubblico ministero del procedimento a carico di (OMISSIS), che aveva riferito circa la superfluita' a fini accusatori delle dichiarazioni della (OMISSIS) cui si riferisce la falsificazione; - (OMISSIS), persona offesa nel processo per violenza sessuale, che aveva confermato gli abusi subiti dal padre e rivelato quanto sapeva dei contatti della madre con l'Avv. (OMISSIS); - (OMISSIS), difensore della (OMISSIS) nel giudizio di separazione, che aveva affermato che i verbali di dichiarazioni della predetta erano stati inviati anche a lei via mail e aveva riferito quanto ella aveva appreso dalla sua cliente circa i contatti di quest'ultima con l'Avv. (OMISSIS). La richiesta di revisione era stata dichiarata inammissibile dalla Corte di appello di Brescia il 19 febbraio 2018, ma la prima sezione penale di questa Corte - adita dalla richiedente - aveva annullato l'ordinanza dichiarativa di inammissibilita', ritenendo che la richiesta di revisione andasse inquadrata nell'ipotesi di cui all'articolo 630 c.p.p., lettera c e che la Corte distrettuale, nel vaglio preliminare sull'ammissibilita' della richiesta, non avesse congruamente motivato in ordine alla neutralita', nell'ottica della revisione del giudicato di condanna, delle nuove metodiche scientifiche prospettate dalla richiedente; in mancanza di siffatta, adeguata giustificazione, la Corte di cassazione aveva ritenuto che dovesse prendersi atto della valenza potenzialmente caducatoria degli esiti raggiunti con i nuovi accertamenti eseguiti e che l'effettiva incidenza doveva essere valutata anche nella prospettiva di un eventuale proscioglimento ex articolo 530 c.p.p., commi 2 e 3; donde la richiesta meritava la celebrazione del giudizio di revisione, nel cui ambito sarebbe stato possibile anche valutare gli apporti dichiarativi raccolti dalla difesa della condannata. Nel giudizio di rinvio e' stata espletata ulteriore perizia, affidata alla Dott.ssa Ciciani, che - riconoscendo affidabilita' alle nuove tecnologie adoperate dagli esperti della difesa - ha escluso la presunta opera di cancellazione della firma sottostante a quella della (OMISSIS) in calce alla nomina del consulente di parte, ma ha comunque ribadito la falsita' della sottoscrizione apposta all'atto predetto, nonche' alle dichiarazioni assunte dal difensore il 9 febbraio e il 12 dicembre 2005. Sulla base di queste conclusioni, ritenute dirimenti, la Corte di appello ha escluso la rilevanza di ogni altro novum - il riferimento e' a quelli non tecnici -proposto dalla richiedente. 3. Avverso detta sentenza la condannata ha proposto ricorso per cassazione con il ministero del proprio difensore e procuratore speciale. La poderosa illustrazione dei motivi di ricorso e' preceduta da una sintesi delle problematiche alla base del processo e delle nuove acquisizioni che avevano condotto alla richiesta di revisione, segnalando che la Corte d'appello di Venezia ha riconosciuto la portata innovativa delle metodiche proposte solo ai fini chimico-merceologici e non a fini grafologici; e che il perito era stato contraddittorio laddove aveva reputato innovative le tecniche adoperate, salvo poi appiattirsi sugli esiti delle perizie gia' svolte in ordine all'autenticita' delle sottoscrizioni, ancorche' effettuate con metodiche superate e obsolete (le argomentazioni di questa premessa saranno ampiamente ribadite nei motivi di ricorso di seguito sintetizzati). 3.1 Il primo motivo di ricorso lamenta violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera b), d) e e), dell'articolo 630 c.p.p., lettera c) e omessa, illogica e contraddittoria motivazione in ordine ai criteri della revisione, con riferimento al vincolo di rinvio gravante sulla Corte d'appello di Venezia. Nel primo paragrafo, denominato "Il ragionamento della Corte di cassazione che ha radicato il procedimento a Venezia e il ragionamento della Corte di appello di Venezia", la ricorrente osserva che, a dispetto del mandato della Corte regolatrice (che riassume), la Corte d'appello di Venezia - all'esito dell'incarico peritale conferito - aveva nuovamente omesso di valutare la potenzialita' predittiva e concreta dei nova, di considerare i risultati con essi raggiunti, di confrontarsi con il merito delle argomentazioni scientifiche della difesa in ambito grafologico, nonche' di illustrare e giustificare le proprie conclusioni. La Corte, inoltre, non aveva consegnato al perito grafologo nominato i documenti allegati alle relazioni tecniche che sostenevano la richiesta di revisione, aveva avvalorato le metodiche dei periti del merito dopo averle dichiarate inadeguate e obsolete e aveva omesso di illustrare e giustificare le proprie conclusioni. La Corte di Venezia, nell'esaminare il risvolto chimico merceologico delle nuove perizie, aveva altresi' mancato di motivare in ordine al nesso con il segmento grafologico degli accertamenti. La ricorrente - nel paragrafo "Prova scientifica. I criteri fondanti, il principio superiore del Ragionevole dubbio" - ha affermato che quattro sono i principi cardine che riguardano la valutazione della prova scientifica. Il primo e' quello secondo il quale il giudice deve valutare l'affidabilita' metodologica di una tesi scientifica. Il secondo e' che il giudice deve verificare l'autorevolezza scientifica dell'esperto e la sua qualificazione professionale e, dunque, la sua credibilita' soggettiva rispetto a quella di chi ha una tesi contraria; su questo aspetto la ricorrente si sofferma segnalando le qualifiche professionali anche accademiche degli esperti che, sia nella fase di merito che nella fase della revisione, avevano supportato la tesi della condannata, ponendola a raffronto con le qualifiche dei periti (OMISSIS) e (OMISSIS) (nominati nelle fasi di merito dai Giudici), evidenziandone le differenze. Riguardo al perito nominato nella fase della revisione, quest'ultimo aveva disapplicato i criteri segnalati nella parte metodologica della relazione e nelle pubblicazioni a sua firma, aveva disatteso i criteri della Best Practice in ambito grafologico e aveva concluso con genericita' e incompletezza senza illustrare la procedura seguita. Il terzo dovere del giudice - prosegue il ricorso - e' quello di valutare l'attendibilita' intrinseca ed estrinseca della prova scientifica dal momento che, come ritenuto dalle Sezioni Unite di questa Corte, la perizia non e' prova neutra portatrice di una verita' assoluta, ma va verificata mettendo a confronto i protocolli operativi adoperati dal perito con l'intero materiale probatorio acquisito. Infine - e siamo al quarto principio cardine - il giudice deve valutare la tenuta delle ipotesi alternative A tutti questi criteri la sentenza impugnata non si sarebbe attenuta. Insiste la ricorrente sul tema della affidabilita' scientifica dei contributi introdotti nel giudizio di revisione, fondati su metodiche prima non adoperate o sconosciute, rispetto alle attivita' di verifica svolte dagli esperti cui i giudici di merito e quelli della revisione si erano affidati. Si legge nel ricorso - nel paragrafo "Omissioni procedurali durante l'istruttoria" - che, all'udienza del 20 settembre 2021, la Corte d'appello di Venezia aveva ammesso i pochi documenti consegnati quella mattina, mentre non si e' mai pronunciata sulle richieste istruttorie concernenti prove documentali e testimoniali, queste ultime relative alla lista del 29 ottobre 2020, richieste articolate all'udienza del 12 novembre 2020; non aveva disposto l'interrogatorio dell'imputata chiesto all'udienza del 12 novembre 2020 e, in orario pomeridiano, aveva dichiarato chiusa l'istruttoria dibattimentale. Neanche in sentenza la Corte veneziana aveva spiegato perche' non avesse valutato i documenti allegati alle nuove relazioni tecniche e alle nuove testimonianze acquisiti in quanto allegati all'istanza di revisione e, pertanto, da utilizzare e valutare - e, sempre alla medesima udienza del 20 settembre 2021, aveva affermato che la questione dell'interpretazione del quesito e del corretto adempimento dell'incarico peritale riguardava la discussione e che tale tema sarebbe stato valutato dal giudice, motivo per il quale non erano stati escussi nuovamente i consulenti. A dispetto di cio', la Corte distrettuale non era tornata, in sentenza, sull'argomento nonostante il perito avesse esplicitato per la prima volta in udienza una interpretazione del quesito peritale mai espressa durante i lavori peritali e neppure nelle relazioni, il che aveva suscitato l'immediata e connessa richiesta della difesa di ulteriore audizione dei consulenti tecnici di parte anche eventualmente in confronto con il perito proprio sulla diversa interpretazione del quesito e sulla dinamica delle operazioni peritali e dei documenti utilizzati; cio' era accaduto malgrado i consulenti di parte avessero protestato spiegando che la loro ricostruzione delle operazioni peritali era coerente con il mandato difensivo e con tutto il lavoro svolto prima e durante la revisione; malgrado l'estrema rilevanza della questione, dato che il perito aveva svolto un accertamento grafologico di cui non si conosce la portata, andando fuori dal quesito, fuori dagli accordi con i tecnici di parte e, pertanto, fuori dal contraddittorio con i medesimi proprio sul tema della falsita'-autenticita'. Per questi motivi, la difesa aveva ripetutamente sollecitato un confronto tra perito e consulenti tecnici di parte e poi il conferimento di un nuovo incarico peritale. 3.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta i vizi di cui all'articolo 606 c.p.p., lettera b) e c), in particolare, motivazione omessa, illogica e contraddittoria quanto alla concludenza delle metodiche utilizzate dagli esperti di parte rispetto al ribaltamento del giudizio di falsita' delle firme. La Corte d'appello - si legge nel paragrafo del ricorso dedicato a "Il ragionamento della Corte di appello di Venezia" - aveva citato unicamente il consulente di parte (OMISSIS) e ne aveva circoscritto il contributo all'utilizzo di un microscopio, che aveva ritenuto prova nuova, trascurando tuttavia che l'utilizzo di quel microscopio era solo una parte della metodica inedita e tecnicamente avanzata adoperata dal consulente di parte e che tale metodica non aveva riguardato solo le macchie sulla nomina a consulente tecnico di parte della (OMISSIS), ma anche gli accertamenti grafologici. Inoltre la ricorrente osserva che: gli strumenti innovativi 3D e 2D - sbrigativamente e semplicisticamente definiti in sentenza "altri accorgimenti" applicati in ambito grafologico erano accreditati nella comunita' scientifica anche internazionale e che erano stati trascurati altri contributi. Di contro, la Corte territoriale non aveva apprezzato i risvolti grafologici delle consulenze di part, non aveva citato le nuove strumentazioni utilizzate da (OMISSIS) ed aveva trascurato le metodiche degli altri esperti della difesa. A seguire, nel paragrafo "Confronto con le perizie di merito. Novita' relativa", il ricorso ricorda che la difesa si era rivolta al metrologo (OMISSIS) con pluriennale esperienza grafologica, noto a livello nazionale e internazionale; quindi richiama le caratteristiche della strumentazione impiegata dai consulenti tecnici di parte per effettuare gli accertamenti a sostegno della revisione. Si tratta di tre strumenti di nuova generazione, tutti affinati, perfezionati e commercializzati negli anni successivi alle perizie espletate nella fase di merito, meglio indicati nel ricorso: un microscopio ottico digitale, un profilometro laser 3D e un video-comparatore multispettrale. La Corte della revisione aveva pero' ignorato gli ultimi due strumenti nonostante la rilevanza grafologica dei risultati con essi raggiunti. Il (OMISSIS), dal canto suo, oltre a una lampada UV, aveva utilizzato uno scanner CanoScan e una macchina fotografica e, grazie alla sua strumentazione, erano stati individuati ulteriore elementi cruciali per il parere grafologico. Osserva la parte che, a dispetto del fatto che il perito nominato dalla Corte della revisione e il suo ausiliario avessero utilizzato, nella loro relazione, anche le immagini di (OMISSIS) e (OMISSIS) e non quelle di (OMISSIS) e (OMISSIS) (i periti del merito), non avevano tuttavia considerato l'esistenza di una metodica innovativa, metodica su cui la sentenza impugnata tace. Per segnare le distanze, la ricorrente rivolge poi l'attenzione alla strumentazione utilizzata da (OMISSIS) e (OMISSIS), al fine di evidenziare il divario tecnico rispetto alla strumentazione piu' avanzata a disposizione dei consulenti di parte nel giudizio di revisione. La Corte di merito - osserva la ricorrente nel paragrafo "Riconoscimento della comunita' scientifica. Novita' assoluta" - avrebbe errato nel non citare gli strumenti 3D e 2D di (OMISSIS) perche' essi sono rilevanti in ambito grafologico ed innovativi e non erano stati utilizzati all'epoca delle perizie (OMISSIS) e (OMISSIS) per l'analisi della carta. A seguire la ricorrente cita alcune pubblicazioni internazionali che validerebbero l'affidabilita', con il misuratore 3D, della misurazione della profondita' del solco di scrittura, il che lascerebbe emergere delle caratteristiche non visibili ad occhio nudo e non imitabili. Nella sentenza impugnata, al contrario, non si legge alcuna spiegazione sul perche' la strumentazione utilizzata dal consulente tecnico di parte non sarebbe idonea a fornire elementi in grado di sovvertire il giudizio di falsita'. Il ricorso - nel paragrafo "Metodiche scientifiche. Quesito. Perizia (non) Grafologica", sotto paragrafo "Il ragionamento della Corte di appello di Venezia" - prosegue evidenziando che la Corte d'appello aveva conferito un incarico suddiviso in due passaggi. Il primo passaggio era focalizzato sulla verifica del rilievo scientifico e dell'affidabilita' delle nuove metodiche proposte e sulla loro idoneita' a condurre a conclusioni diverse da quelle accertate nel processo di merito; una seconda fase, che avrebbe dovuto essere riservata alla verifica in concreto delle metodiche e quindi alla loro effettiva capacita' in ambito grafologico, testata su documenti allegati alla richiesta di revisione non consegnati al perito nella fase iniziale. A dispetto di questi quesiti, il perito aveva ritenuto di dover esprimere subito un parere grafologico (che non le era stato richiesto), pur non avendo neanche la disponibilita' del materiale su cui lavorare, circostanza ripetutamente denunciata dalla difesa e dai consulenti tecnici di parte con argomentazioni che il collegio non aveva affrontato, concludendo genericamente che le relazioni dei consulenti di parte non avevano addotto elementi grafologici per giungere a conclusioni diverse rispetto a quelle del giudizio di falsita'. Il perito aveva ammesso, durante lo svolgimento delle operazioni, che non poteva o comunque non era in grado di rispondere in ambito grafologico e senza accertare effettivamente la rilevanza scardinante dei nova. L'istruttoria - si legge nel paragrafo "Idoneita' a far giungere a conclusioni diverse. Pareri discordanti di perito e Ausiliario" - aveva reso evidenti le contraddizioni anche fra il perito e il proprio ausiliario, dal momento che il primo si era espresso circa la rilevanza delle nuove metodiche in ambito merceologico e aveva risposto sempre quanto a quest'ultimo aspetto e non quanto al versante grafologico, mentre il perito aveva rinviato alla relazione del proprio ausiliario circa la rilevanza dei nuovi elementi per giungere a conclusioni diverse rispetto a quelle di falsita' delle firme. Il ricorso prosegue - al paragrafo 2.3. ("Quesito conferimento dalla Corte. Interpretazione") - evidenziando una cattiva interpretazione del quesito da parte del perito, fraintendimento che pero' non era stato chiarito neanche dalla Corte d'appello in sentenza, nonostante le sollecitazioni della difesa. In particolare il perito aveva bypassato la parte del quesito che concerneva il giudizio sulle metodiche, ritenendo di dover fornire un giudizio grafologico che, invece, non gli era stato richiesto, anche se - a detta del perito, di cui il ricorso riporta stralci di dichiarazioni - non si trattava di una vera e propria perizia, ma di una revisione del lavoro gia' fatto; senza tuttavia confrontarsi con il materiale probatorio in ambito grafologico che la difesa aveva fornito e, comunque, svolgendo un'opera di revisione della precedenti perizie che neppure le era stato domandato di effettuare, che non era stata svolta in contraddittorio e che non considerava tutto il nuovo materiale allegato alla richiesta di revisione, di cui il perito (OMISSIS) non disponeva. Il ricorso affronta poi criticamente - nel paragrafo "Documentazione utilizzata dal perito. Conclusione vincolata a priori" - la scelta della Corte d'appello di non far utilizzare al perito le nuove scritture di comparazione (limitando le valutazioni solo a quelle acquisite dai periti del merito) e di svilire i contributi degli esperti altamente qualificati della difesa, uno, addirittura, specializzato in grafologia oncologica, che aveva testimoniato sul progressivo aggravamento delle condizioni di salute della (OMISSIS) e sulla incidenza della sua condizione patologica sulla scrittura, tema su cui aveva riferito anche l'avvocato (OMISSIS), legale della (OMISSIS) nella causa di separazione e divorzio. Il perito aveva concluso che non vi fossero, nelle relazioni dei consulenti tecnici di parte della ricorrente, elementi per giungere a conclusioni diverse rispetto al giudizio di falsita' espresso in sede di merito in virtu' della documentazione che avevano a disposizione ma esclusa quella nuova. Per quanto riguarda l'ambito chimico-merceologico, il perito e l'ausiliario non avevano a disposizione i quaranta documenti riscontrati macchiati, ma avevano quantomeno i due documenti basilari - la nomina del consulente tecnico di parte e la nomina del difensore del (OMISSIS) - e gia' in base a quelli avrebbero potuto testare la fondatezza della tesi difensiva. Per quanto riguarda invece l'ambito grafologico, il perito non aveva a disposizione alcun nuovo documento. In coerenza con il quesito, il perito avrebbe solo potuto valutare la potenzialita' prognostica grafologica delle metodiche di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e la bonta' dei loro argomenti ma non aveva fatto ne' l'una cosa ne' l'altra e la Corte d'appello aveva acquisito il dato senza dire su quali basi lo convalidasse e aveva errato nel non rispondere alle sollecitazioni della richiesta di revisione ancorche' disponesse dell'intero materiale allegato all'istanza di revisione che avrebbe dovuto esaminare o fornire al suo perito. La ricorrente - nel capitolo "Metodiche scientifiche e grafologia. Autenticita' di tutte le firme contestate" - ha innanzitutto dato atto, ancora una volta, del "Ragionamento della Corte di appello di Venezia". Lamenta, in particolare, che la Corte d'appello abbia negato un'ulteriore perizia grafologica solo perche' il perito, nelle repliche alle osservazioni dei consulenti tecnici di parte, aveva chiarito come la conferma di apocrifia delle firme incriminate si fosse basata su elementi grafologici di difformita' emersi tra scrittura verificanda e comparative a disposizione dei periti nelle fasi di merito limitandosi ad un solo criterio - la difformita', appunto - e tacendo della prova scientifica circa la compatibilita' tra il pattern pressorio di verificanda e comparativa; ignorando la dimostrazione grafologica dei consulenti tecnici di parte nella revisione rispetto alle sorprendenti analogie tra verificanda e comparative; dimenticando la dimostrazione grafologica che gli elementi di difformita' indicati dal perito della Corte corrispondono, invece, a tratti individualizzanti pervasivi e caratteristici della mano-scrittura di (OMISSIS); non considerando tutti gli elementi qualitativi di conformita' individuati dei consulenti tecnici di parte anche nella fase del merito. Nel paragrafo "Contributi grafologici decisivi omessi dal Perito. Autenticita' di tutte le firme contestate", la parte sostiene che gli strumenti adoperati dal consulente (OMISSIS) rilevavano aspetti merceologici con alta valenza grafologica e che gli strumenti (OMISSIS) li integrano in entrambi i campi, donde la perizia grafologica della revisione avrebbe dovuto essere condotta applicando le nuove metodiche su nuovi e vecchi documenti. Sulle conclusioni delle consulenze tecniche di parte circa l'autenticita' delle sottoscrizioni legate alle differenze di pressione nel solco della (OMISSIS) che si assumono false - prosegue il ricorso - la sentenza tace (o, meglio, le relega al novero di "altri accorgimenti"), mentre il dato pressorio e' molto importante e talvolta decisivo per stabilire l'identita' di mano, siccome estraneo alle preoccupazioni imitative del falsario e difficilissimo da simulare. Segue un approfondimento sulla rilevanza della pressione nell'accertamento circa la paternita' di una scrittura, al fine di porre in rilievo l'errore commesso sia dal perito, che dalla Corte distrettuale nel minimizzarla, ancorche' essi avessero condotto ad un responso di autenticita' delle firme della (OMISSIS). Il perito della Corte di Venezia aveva trascurato questo dato, affermando che non aveva potuto prenderlo in considerazione perche' l'esercizio pressorio era forzato dallo sversamento del liquido. Su queste conclusioni pesano anche le omissioni dell'ausiliario chimico della Corte sulla natura del liquido, che la ricorrente ritiene essere acqua, che non avrebbe modificato l'andamento pressorio della scrittura consentendo una comparazione, con gli strumenti a disposizione dei consulenti tecnici di parte, tra solchi colpiti e solchi non colpiti dal liquido, come meglio chiarito nel ricorso. L'analogia nel pattern pressorio tra le varie firme della (OMISSIS), ancorche' vergate in momenti e condizioni diverse, e' particolarmente significativo. Nel capitolo "Metodiche scientifiche e grafologia. Nomina a ctp. Autenticita' firma. Datazione assoluta e relativa al 09.12.2005 e non il 19.10.2009", la ricorrente rievoca innanzitutto il ragionamento della Corte di appello. Nonostante la smentita della perizia (OMISSIS) quanto al dilavamento e la crepa nella affidabilita' del suo redattore che si era cosi' determinata, la Corte veneziana aveva comunque mantenuto la posizione dei giudici di merito. Il ricorso passa poi a contestare l'atteggiamento della Corte d'appello di Venezia allorche', adeguandosi alla minimizzazione del perito e dell'ausiliario, aveva ritenuto non rilevante a smentire la condanna il dato della datazione delle firme. Su questo aspetto, vi sarebbe un macroscopico errore della Corte territoriale, che aveva ritenuto che il tema fosse quello della contemporaneita' delle firme della (OMISSIS) e della (OMISSIS), mentre si trattava di verificare se la firma di quest'ultima fosse coeva a quella del Cancelliere che aveva depositato l'atto. Aveva errato anche il perito della revisione quando aveva affermato che tale verifica non era stata oggetto di quesito e che, comunque, non avrebbe avuto margini di sicurezza e affidabilita', a dispetto di quanto chiarito dai consulenti di parte, che avevano ricostruito sia l'esatta datazione, sia l'esatta successione di tutte le scritte rispetto al liquido che le ha colpite. La datazione della firma sulla nomina a consulente tecnico di parte - si legge ancora nel ricorso e' uno dei passaggi imprescindibili per la revisione atteso che la Corte d'appello di Milano, quando aveva ribaltato la sentenza di primo grado, aveva collocato la falsificazione della firma in calce alla nomina di consulente al (OMISSIS), evenienza, nell'ipotesi accusatoria, collegata strettamente alla datazione al (OMISSIS) delle firme e sigle sui verbali di sommarie informazioni testimoniali depositati in Tribunale quel giorno. A questo proposito la ricorrente cita le dichiarazioni dell'avvocato (OMISSIS), che aveva riferito di avere ricevuto da (OMISSIS) copia dei verbali delle sommarie informazioni testimoniali della (OMISSIS) con le sigle a (OMISSIS). La datazione al (OMISSIS) della firma della (OMISSIS) sulla nomina del consulente tecnico di parte nel processo (OMISSIS) comporta che tale sottoscrizione sia del mattino di quel giorno in quanto depositata in cancelleria in orario di apertura insieme alla nomina a difensore in pari data con pari timbro e firma del medesimo cancelliere. La Corte d'appello non spiega come sia possibile che, se la firma della (OMISSIS) sull'atto di conferimento incarico sia del mattino del (OMISSIS), essa possa ritenersi artatamente apposta per fungere da "comparativa ingannevole" per mascherare la falsita' di firme che sarebbero state apposte solo nel pomeriggio di quello stesso giorno. Segue un paragrafo intitolato "Gli studi alla base della revisione", in cui la ricorrente riepiloga gli accertamenti svolti dai consulenti di parte (sulla reazione al liquido di dilavamento) in fase di revisione a proposito della datazione della firma del (OMISSIS) apposta alla nomina del consulente tecnico di parte e come questi ultimi abbiano condotto a ritenere che la firma del Cancelliere attestante il deposito fosse coeva a quella della (OMISSIS) e che, quindi, giocoforza la sua apposizione debba essere collocata prima del (OMISSIS), data di deposito. Nel paragrafo "Metodiche scientifiche e grafologia. Verbali di indagini difensive. Datazione assoluta. Autenticita' di firme e sigle" vi sono diversi sotto paragrafi. Il primo di essi si intitola "Il ragionamento della Corte d'appello di Venezia - e, in esso, si afferma che la Corte d'appello della revisione aveva apoditticamente ritenuto la falsita' delle firme sui verbali di sommarie informazioni testimoniali della (OMISSIS) senza confrontarsi con i materiali allegati all'istanza di revisione. Nel paragrafo "Gli studi alla base della revisione", a sua volta suddiviso in sotto paragrafi, la ricorrente afferma che i documenti riportanti la mano-scrittura in corsivo di (OMISSIS) allegati all'istanza di revisione e il confronto tra le firme contestate sui verbali del (OMISSIS) con le firme sulle loro rispettive bozze e sul terzo originale, tutti documenti mai esaminati nel merito, avevano consentito di trovare - con la strumentazione avanzata utilizzata dai consulenti - dei micro dettagli ricorrenti preziosi a fini identificativi della grafia della (OMISSIS), dei personalissimi contrassegni e connotati pervasivi della sua abituale gestualita' grafica, connotati che comparivano in alta percentuale anche nelle firme contestate e che si aggiungevano alle 18 tipologie di corrispondenze tra scritture contestate e comparative enucleate con le precedenti consulenze grafologiche di parte, connotati individuali assenti nella grafia di (OMISSIS). Le anomalie e difformita' delle firme in verifica, valutate da due periti del merito e dal perito della revisione della sentenza veneziana come indici di falsita', sono invece prove di autenticita', in quanto frutto di movimenti incoercibili e inimitabili. Tali risultati delle consulenze di parte erano stati totalmente ignorati dal collegio della revisione, ancorche' quest'ultimo disponesse di tutti i documenti allegati alla relazione (OMISSIS)/ (OMISSIS), a sua volta allegata all'istanza di revisione. Poiche' i periti avevano ritenuto che le firme presenti sulle bozze dei verbali di sommarie informazioni testimoniali e sul terzo originale dei medesimi, nonche' la parola "cambiare" sulla bozza del verbale del (OMISSIS) fossero autentiche, non avrebbe avuto senso per l'Avv. (OMISSIS) depositare una copia falsificata; in piu' non avrebbe avuto senso operare una falsificazione giacche' l'imputata aveva avuto varie occasioni di incontrare la cliente (ricostruite nel ricorso), occasioni in cui avrebbe potuto chiederle di apporre le sigle e la firma che eventualmente mancavano. Inoltre, contrariamente alla logica e al buon senso, le firme che si assumono falsificate presentano dei tratti sovrabbondanti, non funzionali ad una falsificazione, che avrebbe dovuto tendere, invece, ad una omologazione con le firme autentiche. Analoghe considerazioni il ricorso svolge quanto alla firma sotto il verbale di conferimento incarico al consulente di parte. Il successivo capitolo del motivo di ricorso che si va illustrando e' denominato "Falsita' delle firme secondo il perito. Modus operandi contro revisione, scienza e grafologia" Il primo sotto paragrafo, dedicato al "Ragionamento della Corte d'appello di Venezia", sostiene che la Corte si sarebbe limitata ad accreditare le competenze del perito come "noto esperto nel settore grafologico", tacendo sulle violazioni metodologiche contestate dalla difesa. Nel successivo paragrafo "La perizia", si legge che l'esperto nominato dalla Corte d'appello aveva trattato superficialmente il tema della corrispondenza delle sottoscrizioni, affidando la relativa argomentazione ad affermazioni generiche e approssimative, mentre i consulenti tecnici di parte avevano riscontrato numerosissime analogie proprio rispetto agli elementi di difformita' indicati dal perito della revisione tra scritture contestate e scritture comparative. Il vizio di fondo della perizia della revisione e' consistito nel non aver considerato sia le consulenze che la documentazione ad esse allegata e nell'aver ripetutamente trasgredito alle regole operative e ai principi interpretativi previsti dalla metodologia peritale in ambito grafico. Un successivo sotto paragrafo e' destinato all'illustrazione delle Best Practice dell'European network of Forensic Science Institute (ENFSI), che la Corte d'appello, ancorche' le avesse acquisite, non aveva utilizzato e che avrebbero dovuto guidare anche il giudizio di revisione delle precedenti conclusioni peritali svolto dal perito nominato dalla Corte veneziana. Secondo l'analisi della difesa, il perito avrebbe violato otto volte le prescrizioni principali che emergono da tali Best Practice come da note depositate alla Corte d'appello e nove volte i criteri da lesi stessa indicate nelle pubblicazioni a sua firma. 3.3. Il terzo motivo di ricorso lamenta i vizi di cui all'articolo 606 c.p.p., lettera d) e e) e, in particolare, motivazione omessa, illogica e contraddittoria quanto alla decisivita' delle nuove prove dichiarative. Il primo paragrafo del terzo motivo si intitola "Il ragionamento della Corte d'appello di Venezia" e lamenta una valutazione parziale delle prove dichiarative, che la Corte d'appello avrebbe relegato al campo del solo movente mentre esse sarebbero state rilevanti anche al fine di stabilire l'epoca delle firme, le condizioni della (OMISSIS) e l'autenticita' delle sue sottoscrizioni. Da questo punto di vista, la Corte d'appello avrebbe tradito il mandato della sentenza rescindente. Nel secondo paragrafo - denominato "Nuove testimonianze" - vi e' un primo sotto paragrafo in cui la ricorrente si dedica alla rilevanza della testimonianza dell'avvocato (OMISSIS), la civilista che aveva assistito la (OMISSIS) nella causa di separazione e divorzio dal marito (OMISSIS), la quale aveva fornito la prova che i verbali che la Corte d'appello di Milano e quella di Venezia avevano ritenuto formati in data anteriore e prossima al (OMISSIS) esistevano gia' in quella identica formulazione al (OMISSIS), quando le erano stati inviati dalla collega penalista; inoltre l'Avv. (OMISSIS) aveva riferito delle notizie apprese dalla stessa (OMISSIS) circa la deposizione resa all'Avv. (OMISSIS). Aggiunge la ricorrente che agli atti vi e' comunque la prova che quei verbali comunque erano gia' definitivi con firma e sigle nel (OMISSIS), quando erano stati visti da testimoni sentiti dinanzi al tribunale (la dottoressa (OMISSIS), l'avvocato (OMISSIS) e l'avvocato (OMISSIS), all'epoca praticante). Il secondo sotto paragrafo riguarda la testimonianza del pubblico ministero (OMISSIS) - all'epoca pubblico ministero assegnatario del fascicolo (OMISSIS) fino alla definizione delle indagini preliminari - che aveva fornito elementi importanti per la datazione delle firme sui verbali e, comunque, per la loro autenticita', avendo affermato di aver saputo dell'esistenza di tali verbali il (OMISSIS) durante l'incidente probatorio e il (OMISSIS) a mezzo di una nota scritta depositata in segreteria dal difensore; tra l'altro - si legge sempre nel ricorso - il verbale del (OMISSIS) e' stato segnalato come prossimo al deposito dinanzi al giudice per le indagini preliminari e al pubblico ministero durante l'incidente probatorio. Il terzo sotto paragrafo riguarda la testimonianza di (OMISSIS), figlia di (OMISSIS), la quale ha collocato le dichiarazioni rese dalla madre nel (OMISSIS) e ha reso dichiarazioni che ne confermano la veridicita'. 3.4 Il quarto motivo di ricorso lamenta mancanza di motivazione in ordine alla smentita della tesi proposta dalla parte civile e all'assenza di danno subito dalla stessa. Il primo paragrafo - come sempre riservato al "Ragionamento della Corte d'appello di Venezia" - lamenta che quest'ultima avrebbe liquidato le spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di revisione omettendo di rispondere alle argomentazioni della richiedente quanto al disconoscimento dei diritti in capo alla parte civile. Nel sotto paragrafo "Tesi del ctp della parte civile" si legge che il giudizio del consulente della parte civile quanto al profilo chimico, nel giudizio di revisione, e' stato disconosciuto e contraddetto. L'esperto non ha attinto alla documentazione allegata alla richiesta di revisione e ha utilizzato solo fotocopie in bianco e nero. Segue un'elencazione di punti su cui il consulente della parte civile sarebbe stato smentito. Nel sotto paragrafo "Tesi della parte civile", la ricorrente sostiene che la parte civile non abbia subito alcun danno dal processo in quanto, in estrema sintesi, i documenti a cui era apposta la firma della (OMISSIS) in tesi falsificata non avevano avuto alcun rilievo processuale nel giudizio a carico di (OMISSIS). Con un atto successivamente depositato, l'Avvocato Esposito ha precisato che il primo motivo di ricorso va riferito anche alle ordinanze del 12 novembre 2020 e del 20 settembre 2021 e dell'8 marzo 2021. 4. Il 29 aprile 2023, l'Avv. (OMISSIS), per la condannata, ha presentato motivi nuovi. 4.1. Un primo capitolo si intitola "Sentenza di Venezia pro perito e contra Suprema Corte di Cassazione di rinvio". Esordisce la ricorrente ricordando alcuni passaggi della sentenza della prima sezione penale, sostenendo che la Corte di appello di Venezia ne avesse disatteso il mandato, in particolare il giudizio circa la potenzialita' caducatoria dei nuovi accertamenti tecnici. Il perito - lamenta la ricorrente - pur senza competenze specifiche, aveva eluso l'incarico, formulando apoditticamente una conclusione grafologica, senza esaminare l'istanza di revisione, la consulenza di parte e senza un nuovo esame grafologico, ancorche' il proprio ausiliario avesse ritenuto l'idoneita' del novum a far giungere il grafologo a conclusioni piu' strutturate ed eventualmente diverse. La Corte veneziana ha immotivatamente abbracciato le conclusioni del suo perito. Lo scarto rispetto al percorso tracciato dalla Corte di cassazione sarebbe tanto piu' tangibile laddove la valutazione a farsi doveva essere improntata al superamento del ragionevole dubbio, come indicato nella sentenza rescindente. La Corte d'Appello di Venezia, benche' vincolata (forse suo malgrado) a dar corso agli accertamenti in rito in ragione del criterio del non rigetto a priori, lo ha di fatto omettendo una motivazione congrua e specifica rispetto al merito del tema grafologico, che era stato male affrontato, giacche' sarebbe stato necessario svolgere nuove indagini tecniche (anche) grafologiche condotte con le nuove tecnologie e i nuovi documenti, mentre la Corte di merito ha svolto un accertamento solo sulla novita' delle metodiche e degli strumenti. Altro errore sarebbe consistito nell'aver considerato i nova testimoniali solo con riferimento al movente. 4.2. Nel secondo capitolo, denominato "Sentenza di Venezia idem Sentenza di Milano versus errori dei Periti", si legge che la Corte di appello di Milano aveva ribaltato l'assoluzione di primo grado sulla scorta di un atteggiamento preconcetto rispetto ai contributi dei consulenti di parte, prestando fede solo al proprio perito, in quanto nominato dalla Corte stessa. Lo stesso errore avrebbe fatto la Corte di appello di Venezia, omettendo di valutare i curricula degli esperti nominati dalla difesa, i loro argomenti e le cruciali censure al modus operandi del perito. La Corte distrettuale - si legge nel motivo in esame - non solo non ha collegato i dati provenienti dalle nuove prove con quelli della cognizione ordinaria, come previsto nella fase di revisione, ma ha addirittura frammentato i nuovi e vecchi dati, considerandone pochi in maniera isolata, e ha respinto i dubbi rifugiandosi in certezze dogmatiche e aprioristiche legate all'incontestabile affidabilita' dei periti, privando di significato l'intero processo di revisione che si fonda proprio sui nova e sulla loro applicazione. 4.3. Nel terzo snodo del ricorso - denominato "Sentenza di Venezia idem Sentenza di Milano contra logica sulla manipolazione" - l'attenzione della ricorrente si concentra sull'errore che la Corte distrettuale avrebbe commesso nel non apprezzare la portata logica della smentita - ammessa anche dal perito della Corte - dell'opera di dilavamento del foglio recante la nomina di consulente di parte da parte della (OMISSIS), da valutarsi in ordine alle implicazioni circa la falsificazione delle firme. Se nel 2009 non vi furono manipolazione ne' frode processuale poiche' la firma sulla nomina a consulente tecnico di parte e' autentica ed e' del 2005, allora cadrebbe anche il capo a) della rubrica, cui la commissione di quello sub b) sarebbe funzionale.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ANDREAZZA Gastone - Presidente Dott. SOCCI Angelo Matteo - Consigliere Dott. LIBERATI Giovanni - Consigliere Dott. ANDRONIO A. M. - rel. Consigliere Dott. ZUNICA Fabio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 2) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 3) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 4) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 5) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 6) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 7) (OMISSIS), nata a (OMISSIS); 8) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 9) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 10) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 11) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 12) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 13) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 14) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 15) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 16) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 17) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 18) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 19) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 20) (OMISSIS), nato in (OMISSIS); 21) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 22) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 10/11/2021 della Corte di appello di Lecce; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ANDRONIO Alessandro Maria; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa DI NARDO Marilia, che ha concluso chiedendo che i ricorsi siano dichiarati inammissibili; uditi i difensori, avv.ti: (OMISSIS), per (OMISSIS) e (OMISSIS); (OMISSIS), per (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); (OMISSIS), in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), per (OMISSIS); (OMISSIS), per (OMISSIS), e in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), per (OMISSIS); (OMISSIS), per (OMISSIS) e (OMISSIS); (OMISSIS) e (OMISSIS), per (OMISSIS); (OMISSIS) e (OMISSIS), per (OMISSIS) e (OMISSIS); (OMISSIS), per (OMISSIS) e (OMISSIS); (OMISSIS), per (OMISSIS); (OMISSIS) e (OMISSIS), per (OMISSIS); (OMISSIS) per (OMISSIS) e (OMISSIS). RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 21 novembre 2019 il Gup del Tribunale di Lecce ha condannato (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per i reati meglio specificati ai seguenti capi di imputazione: A) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, perche' si associavano allo scopo di commettere piu' delitti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e, in particolare, disponendo di due principali canali di approvvigionamento, vendevano, distribuivano, trasportavano, acquistavano e ricevevano consistenti quantitativi di cocaina, eroina, hashish e marjuana; 1) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso ed in esecuzione del programma dell'associazione, rifornivano di droga (OMISSIS) e (OMISSIS), che si servivano di (OMISSIS) per il trasporto da Brindisi nel basso Salento, dove la droga veniva destinata all'attivita' di distribuzione e spaccio; 2) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche' - con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso - (OMISSIS), da solo ovvero in concorso con (OMISSIS), cedeva consistenti quantitativi di hashish a (OMISSIS) e a tale (OMISSIS), che li ricevevano per la successiva attivita' di distribuzione e spaccio; 3) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, in almeno due occasioni, vendevano quantitativi di eroina a tale (OMISSIS), che li riceveva per il successivo spaccio; 4) (OMISSIS), articolo 81 c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, in almeno cinque occasioni, vendeva o comunque cedeva dosi di eroina a tale (OMISSIS), il quale le riceveva per il successivo spaccio; 6) (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso con tale (OMISSIS), ovvero con condotte indipendenti, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, in almeno undici occasioni, vendeva o comunque cedeva dosi di eroina a tale (OMISSIS), il quale le riceveva per il successivo spaccio; 8) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, in esecuzione del programma criminoso, (OMISSIS) e (OMISSIS) ricevevano da (OMISSIS) 5 chilogrammi di marijuana che facevano trasportare da (OMISSIS) nel basso Salento per la successiva attivita' di distribuzione e spaccio; 9) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ricevevano da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) considerevoli quantitativi di cocaina che trasportavano nel Salento e successivamente rivendevano a (OMISSIS); 10) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', dopo avere (OMISSIS) e (OMISSIS) ricevuto dai fornitori di (OMISSIS) 5 chilogrammi di cocaina dal valore di Euro 170.000,00, provvedevano a saldare il debito con rate di Euro 15.000,00 - anche per il tramite di (OMISSIS) - che (OMISSIS) ritirava e consegnava ai sodali di (OMISSIS), in esecuzione del programma criminoso; 11) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in esecuzione del programma criminoso, (OMISSIS) e (OMISSIS) trasportavano in Collemeto e successivamente vendevano a (OMISSIS) 250 grammi di cocaina e 22 grammi di hashish, acquistati dai fornitori di (OMISSIS); 12) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, detenevano a fini di spaccio consistenti quantitativi di cocaina e marijuana e in parte li rivendevano a tale (OMISSIS) detta " (OMISSIS)", che li acquistava per il successivo spaccio; 13) (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, cedeva in piu' occasioni quantitativi consistenti di marijuana a tale (OMISSIS), che li riceveva per la successiva attivita' di spaccio e corrispondeva il prezzo mediante pagamenti rateali posticipati; 14) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, in piu' occasioni vendevano quantitativi di marijuana a tali (OMISSIS) e (OMISSIS), che li ricevevano per la successiva attivita' di spaccio; 15) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano svariati quantitativi di cocaina, marijuana e hashish a tale (OMISSIS) che li riceveva per il successivo spaccio; 16) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche' i primi due, in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano quantitativi di cocaina a (OMISSIS) il quale li acquistava per il successivo spaccio; 17) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano quantitativi di marijuana a tale (OMISSIS) il quale li acquistava per il successivo spaccio; 18) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano quantitativi di hashish e marijuana a tale (OMISSIS), il quale li acquistava per il successivo spaccio; 19) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche' i primi due, in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano quantitativi di cocaina, marijuana e hashish a (OMISSIS) e (OMISSIS) che li acquistavano per il successivo spaccio; 20) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano a terzi quantitativi imprecisati di sostanza stupefacente di vario genere, tutti destinati al successivo spaccio; 21) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche' i primi due, in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano quantitativi imprecisati ma consistenti di marijuana e cocaina ad (OMISSIS), il quale li acquistava per il successivo spaccio; 22) (OMISSIS), articoli 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e articolo 80, comma 1, lettera b), in relazione all'articolo 112 c.p., comma 1, n. 4), perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendeva o comunque cedeva svariate dosi di cocaina a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Con l'aggravante di essersi avvalso del minore (OMISSIS) per la consegna dello stupefacente al fratello maggiorenne (OMISSIS); 23) (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendeva consistenti quantita' di stupefacente a (OMISSIS) e (OMISSIS), che li ricevevano per la successiva attivita' di spaccio; 24) (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendeva consistenti quantita' di stupefacente a tale (OMISSIS), che li riceveva per la successiva attivita' di spaccio; 25) (OMISSIS), articoli 81 e 629 c.p., perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, mediante ripetute minacce, costringeva (OMISSIS) a consegnargli la somma di Euro 600,00, quale debito probabilmente derivante da pregresse forniture di sostanze stupefacenti, procurandosi un ingiusto profitto con altrui danno; 26) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano quantitativi di marijuana a tale (OMISSIS); 27) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano quantitativi di marijuana e di hashish a tale (OMISSIS); 28) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano quantitativi di cocaina a tale (OMISSIS); 29) (OMISSIS), articolo 648 c.p., L. n. 895 del 1967, articoli 1, 4 e 7, perche' illegalmente deteneva e portava in luogo pubblico una pistola marca CZ semi automatica modello 75-SPO1 calibro 9x21, acquistata al prezzo di Euro 1.500,00; 37) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, il primo per avere fornito l'auto per il trasporto e gli altri due per avere fornito diversi quantitativi di eroina ad altri soggetti ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)); 40) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche' i primi due, in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vedevano o comunque cedevano imprecisati ma consistenti quantitativi di eroina a (OMISSIS) e tale (OMISSIS), che li ricevevano per la successiva attivita' di spaccio; 41) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche' i primi due, in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vedevano o comunque cedevano imprecisati ma consistenti quantitativi di eroina a (OMISSIS) e a tale (OMISSIS), che li ricevevano per la successiva attivita' di spaccio; 42) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, (OMISSIS) vedeva o comunque cedeva imprecisati ma consistenti quantitativi di eroina, fornita dal (OMISSIS), a (OMISSIS), (OMISSIS) e altri; 43) (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso con altri, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendeva o comunque cedeva dosi di eroina a (OMISSIS) e ad altri soggetti non meglio identificati. La Corte di appello di Lecce, con sentenza del 10 novembre 2021, ha parzialmente riformato il provvedimento di primo grado. All'esito del secondo grado di giudizio - per quanto qui rileva - sono state irrogate le seguenti pene: (OMISSIS), 7 anni e 8 mesi di reclusione; (OMISSIS), 1 anno e 10 mesi di reclusione ed Euro 4.000,00 di multa; (OMISSIS), 2 anni e 6 mesi di reclusione ed Euro 4.000,00 di multa; (OMISSIS), 4 anni e 4 mesi di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa; (OMISSIS), 8 anni e 4 mesi di reclusione; (OMISSIS), 4 anni e 4 mesi di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa; (OMISSIS), 6 anni di reclusione; (OMISSIS), 7 anni e 4 mesi di reclusione; (OMISSIS), 7 anni di reclusione; (OMISSIS), 4 anni e 10 mesi di reclusione; (OMISSIS), 3 anni di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa; (OMISSIS), 5 anni di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa; (OMISSIS), 2 anni e 8 mesi di reclusione ed Euro 16.000,00 di multa; (OMISSIS), 6 anni e 4 mesi di reclusione; (OMISSIS), 7 anni e 8 mesi di reclusione; (OMISSIS), un anno di reclusione ed Euro 1.800,00 di multa; (OMISSIS), 18 anni di reclusione; (OMISSIS), 3 anni di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa; (OMISSIS), 4 anni di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa; (OMISSIS), 4 anni di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa; (OMISSIS), 7 anni di reclusione; (OMISSIS), 7 anni e 4 mesi di reclusione. 2. Avverso la sentenza (OMISSIS), tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. 2.1. Con un primo motivo di doglianza, si lamenta la violazione dell'articolo 192 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e). Piu' nel dettaglio, si afferma che l'ipotesi accusatoria ruota intorno alle fonti di prova acquisite durante le indagini della polizia giudiziaria, concretizzatesi in intercettazioni telefoniche ed ambientali, nonche' in mirati servizi di osservazione e controllo, comunque ritenute inidonee a fondare l'affermazione di responsabilita' penale, con specifico riferimento alla condotta partecipativa nell'associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, contestata al ricorrente, ma frutto dell'appiattimento alla sentenza emessa, all'esito del primo grado di giudizio, dal Gup del Tribunale di Lecce, il quale, senza svolgere una seria valutazione dell'effettiva sussistenza dell'elemento della consapevole adesione al gruppo organizzato, si sarebbe limitato ad una mera trasfusione del contenuto dell'ordinanza del 18 dicembre 2018 emessa in sede di riesame. Cosi', la Corte di appello avrebbe ritenuto di non convalidare la tesi difensiva secondo la quale (OMISSIS) non era nient'altro che un libero spacciatore al dettaglio che, in mancanza di ogni collegamento con soggetti diversi da (OMISSIS), nel 2016 aveva individuato in questi unicamente un nuovo canale di approvvigionamento, ignorando che lo stesso fosse inserito in un contesto associativo. Difetterebbe, conseguentemente, il necessario requisito della cosciente volonta' di partecipare, insieme ad almeno altre due persone aventi la medesima consapevolezza, ad una societa' criminosa strutturata, mentre si farebbe riferimento soltanto ai singoli episodi di acquisto da parte di (OMISSIS), contestati al capo 21) dell'imputazione, in relazione ai quali risulterebbe necessaria una diversa ricostruzione. Infatti, (OMISSIS) sarebbe stato solito avvalersi del supporto materiale e strumentale dei suoi accoliti (OMISSIS) e (OMISSIS), che, su richiesta del primo, si attivavano di volta in volta per il recupero dello stupefacente dai luoghi in cui questo era custodito per consegnarlo successivamente proprio al (OMISSIS) che a sua volta procedeva alla dazione all' (OMISSIS): quindi l' (OMISSIS) non avrebbe potuto avvedersi della partecipazione alla transazione di (OMISSIS) e (OMISSIS), per cui il rapporto tra lui e il (OMISSIS) si sarebbe ridotto a mere prestazioni sinallagmatiche, seppure illecite ma, non accompagnate dalla consapevole volonta' di acquistare stabilmente da un'associazione integrante i requisiti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Tutto questo sarebbe confermato anche: dai contatti telefonici per l'organizzazione degli incontri finalizzati all'approvvigionamento di droga limitati solo a (OMISSIS) e (OMISSIS), dal fatto che separatamente (OMISSIS) contattava (OMISSIS) e (OMISSIS), dalla circostanza che (OMISSIS) avrebbe conosciuto personalmente (OMISSIS) solo durante la detenzione in carcere a seguito dell'arresto e da quella ulteriore che (OMISSIS) avrebbe confessato di avere conoscenza di taluni coindagati, tra i quali non avrebbe annoverato (OMISSIS); costui, inoltre, sarebbe soggetto attivo nella commercializzazione di sostanza drogante gia' in un periodo ampiamente precedente alle forniture di (OMISSIS). Piu' specificatamente, l'esistenza di rapporti commerciali illeciti tra (OMISSIS) e (OMISSIS), dai quali si sarebbe dovuta ricavare la consapevolezza del primo di far parte dell'associazione criminale in cui era stabilmente inserito il secondo, sarebbe stata giustificata dalla compresenza degli stessi in due incontri finalizzati alla compravendita di sostanza stupefacente, avvenuti rispettivamente il 26 luglio 2016 e il 23 agosto 2016. Tale congettura pero' sarebbe contraddetta dall'interrogatorio dello stesso (OMISSIS), riscontrato dal servizio di osservazione dei carabinieri, il quale avrebbe riferito di essersi trovato fisicamente nello stesso luogo dell' (OMISSIS) solo in occasione dell'episodio del 23 agosto 2016, allorquando (OMISSIS) e (OMISSIS) si erano incontrati per concordare la fornitura di stupefacente; con cio' troverebbe smentita l'affermazione secondo cui (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano avuto contatti in due distinte occasioni, quando, al contrario, l'episodio sarebbe unico e si identificherebbe in quello del 23 agosto 2016. Una volta venuto meno l'episodio del 26 luglio 2016, l'affermazione dell'esistenza del rapporto tra (OMISSIS) e (OMISSIS) sarebbe erronea, perche' lo stesso (OMISSIS), nel corso del suo interrogatorio avente natura confessoria, avrebbe affermato che, mentre (OMISSIS) e (OMISSIS) si accordavano per una partita di marijuana, lui era rimasto in disparte a fumare e che soltanto in carcere, dopo l'arresto, aveva conosciuto l'odierno ricorrente. Conseguentemente, il collegio giudicante avrebbe apoditticamente affermato l'esistenza del rapporto di conoscenza tra (OMISSIS) e (OMISSIS), ricavando la prova della condotta partecipativa addebitata all' (OMISSIS) stesso, ma omettendo il vaglio critico delle contrarie dichiarazioni del (OMISSIS) e del contesto circostanziale del contatto tra (OMISSIS) e (OMISSIS), al quale costui sarebbe rimasto estraneo. In relazione, poi, al diverso episodio del 30 agosto 2016, esso non sarebbe stato considerato in sentenza, pur essendo l'episodio piu' rilevante, in quanto paradigmatico dello schema organizzativo adottato da (OMISSIS) per le cessioni ad (OMISSIS), incompatibile con l'esistenza di una struttura complessa dedita alla commercializzazione di stupefacente; il modus operandi infatti sarebbe stato il seguente: (OMISSIS) e (OMISSIS) si sarebbero accordati per un appuntamento, (OMISSIS) si sarebbe mosso circa un'ora prima verso il deposito per recuperare lo stupefacente e successivamente, alle 14:22, lo avrebbe occultato in un posto concordato informandone (OMISSIS), intorno alle 15:45 (OMISSIS) e (OMISSIS) si sarebbero incontrati, (OMISSIS) avrebbe ceduto la sostanza che aveva recuperato poco prima nel luogo in cui era stata depositata da (OMISSIS). Con riferimento, invece, al diverso episodio del 14 agosto 2016, mancherebbe l'esame di elementi, tra cui la geolocalizzazione dei soggetti, indispensabili a dimostrare come (OMISSIS) non avesse ricevuto lo stupefacente da (OMISSIS) ma piuttosto direttamente da (OMISSIS): infatti, la polizia giudiziaria avrebbe attestato la presenza, nel medesimo luogo, di (OMISSIS) e (OMISSIS); allo squillo di (OMISSIS) delle 20:11, con il quale questi preannunciava il suo arrivo, corrispondeva la comparsa sul luogo dell'incontro, dopo appena tre minuti, di (OMISSIS) che giungeva a bordo della sua autovettura in compagnia di (OMISSIS). Sarebbe illogica la conclusione dei giudici di merito che, malgrado lo strettissimo lasso di tempo che precede l'arrivo del (OMISSIS), avrebbero ritenuto che (OMISSIS) avesse gia' consegnato lo stupefacente a (OMISSIS), per converso non spiegando la ragione che giustificherebbe il sopraggiungere all'incontro anche di (OMISSIS) quando la consegna era gia' stata eseguita da (OMISSIS); mancherebbe inoltre ogni risposta alla contestazione in ordine al perche' (OMISSIS), gia' intervenuto sul luogo dell'incontro, avrebbe dovuto, 20 minuti piu' tardi, farsi dare dal (OMISSIS) una conferma dell'avvenuta cessione che era avvenuta sotto la sua diretta percezione. Secondo la ricostruzione della difesa, e' piu' probabile che la sequenza incriminata dei messaggi tra (OMISSIS) e (OMISSIS) abbia ad oggetto cessioni che, successivamente all'incontro tra (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) poteva avere effettuato a favore di soggetti diversi e ulteriori, rientrando tale impostazione operativa nel consueto schema organizzativo elaborato da (OMISSIS). Resterebbe quindi indimostrata la consapevolezza di (OMISSIS) di relazionarsi con una stabile associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, ne' questa potrebbe essere tratta dalla forma colloquiale "arriviamo" utilizzata da (OMISSIS) nella conversazione con il suo collaboratore, perche' sarebbe stato allora in compagnia della fidanzata (OMISSIS). Quanto, invece, all'episodio del 20 agosto 2016, l'incontro sarebbe stato caratterizzato dal cambiamento in corso del luogo dell'appuntamento; tuttavia, di tale variazione, concordata tra (OMISSIS) e (OMISSIS), non vi sarebbe traccia nelle comunicazioni intercorse tra quest'ultimo e (OMISSIS). Sarebbe quindi inspiegato come sia potuto accadere che (OMISSIS), in assenza di comunicazioni con (OMISSIS) il quale si accordava soltanto con (OMISSIS) circa il cambiamento dell'orario e del luogo di incontro, abbia poi incontrato (OMISSIS), se non applicando il solito schema, in virtu' del quale: (OMISSIS) si serviva di (OMISSIS) unicamente per recuperare lo stupefacente nel suo nascondiglio; reperita la sostanza, (OMISSIS) accompagnava (OMISSIS), nel luogo e nell'ora dell'incontro fissati, noti solo a (OMISSIS). Infine, con riferimento all'episodio del 31 agosto 2016, la Corte di appello assume che l' (OMISSIS) ha ricevuto l'approvvigionamento di stupefacente presso l'ospedale di (OMISSIS) direttamente da (OMISSIS) a cio' incaricato da (OMISSIS), tuttavia non sarebbe stato adeguatamente considerato il fatto che, dopo l'incontro, (OMISSIS) sarebbe stato controllato dai carabinieri che, avendolo perquisito, avrebbero constatato l'assenza di sostanza stupefacente. A cio' si aggiunga che nel testo della sentenza impugnata emergerebbe il travisamento del riferimento alla ripetuta consapevolezza dell' (OMISSIS) circa l'agire organizzato di (OMISSIS): la trascrizione di alcuni messaggi incompleti rispetto al testo complessivo sarebbe posta in modo da sostenere che (OMISSIS) avesse conoscenza della struttura organizzata nella quale si muovevano (OMISSIS) e altri; invece un piu' ampio stralcio della conversazione dimostrerebbe che in realta' la famiglia alla quale si riferiva Petracca non poteva essere il gruppo, asseritamente organizzato, del (OMISSIS). 2.2. Con una seconda doglianza, si censurano la violazione degli articoli 581 e 597 c.p.p. nonche' la mancata esclusione dell'aggravante Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74, comma 4. Il ricorrente sostiene di avere impugnato l'intero capo A) dell'imputazione per difetto del necessario requisito soggettivo della consapevolezza dell'adesione al gruppo criminale; dunque, se il tema devoluto alla competenza della Corte di appello era quello della consapevole partecipazione alla consorteria criminale, allora lo scrutinio si sarebbe dovuto estendere alla consorteria concretamente configurata, che fosse o meno armata, alla stregua della regola logica che pretende l'assorbimento del meno nel piu'. L'imputato non avrebbe avuto e non avrebbe potuto avere cognizione dell'esistenza dell'associazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74 e quindi non avrebbe potuto avere consapevolezza del fatto che taluno degli appartenenti alla stessa avesse anche disponibilita' di armi. Quindi, conformemente al disposto normativo di cui agli articoli 597 e 581 c.p.p., la devoluzione alla competenza del giudice superiore di un capo della sentenza non puo' che imporre l'automatica devoluzione allo stesso anche di tutti i punti che con il capo abbiano diretta ed essenziale connessione; nel caso di specie era d'obbligo che la decisione circa il reato associativo non si esimesse da una valutazione, sulla base degli elementi probatori gia' esistenti, anche della ascrivibilita' al singolo partecipe proprio dell'aggravante della disponibilita' di armi. Le stesse considerazioni varrebbero anche per la contestata aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 3. Infatti, il compendio probatorio esistente consentirebbe di affermare che (OMISSIS) aveva avuto coscienza del solo (OMISSIS), o al massimo, qualora non dovessero accogliersi le argomentazioni difensive, di solo due soggetti ulteriori, (OMISSIS) e (OMISSIS), cosi' da escludersi che l' (OMISSIS) fosse consapevole che l'associazione avesse un numero di adepti pari o superiore a dieci. 2.3. In terzo luogo, si lamenta la violazione dell'articolo 629 c.p. con riferimento al capo 25) dell'imputazione, difettando la prova degli elementi costitutivi del reato di estorsione. Il silenzio serbato da (OMISSIS) al cospetto del padre nulla direbbe sulla natura del debito, potendo esistere tra padre e figlio motivi diversi per i quali volere che il padre non ne fosse messo a conoscenza; allo stesso modo la mancanza di un titolo da azionare non consentirebbe l'automatica deduzione che lo (OMISSIS) avesse accumulato un debito per la fornitura di stupefacente non pagato. A titolo esemplificativo, la somma di Euro 600,00 pretesa da (OMISSIS), in mancanza di concreti elementi di segno negativo, potrebbe essere stata oggetto di un prestito di denaro non accompagnato da una pattuizione in forma scritta astrattamente azionabile in giudizio. Eppure la Corte territoriale avrebbe ritenuto implausibile l'esistenza di un debito di natura lecita e non sarebbe stata in grado di confutare una serie di elementi diversi, a fronte di una lunga articolata indagine preliminare protrattasi per l'intero arco temporale di contestazione del reato associativo, da aprile 2016 a maggio 2017: non sarebbe stato documentato nessun episodio di cessione di droga dall' (OMISSIS) allo (OMISSIS); un soggetto che accumula un debito di Euro 600,00 sarebbe certamente un assuntore abituale, pertanto sarebbe dovuta esistere una traccia dei rapporti di approvvigionamento almeno fino a luglio 2016, quando (OMISSIS) avrebbe avanzato la prima pretesa restitutoria a (OMISSIS); quest'ultimo si sarebbe riconosciuto effettivamente debitore nei confronti di (OMISSIS); ne' la persona offesa ne' sua madre, (OMISSIS), avrebbero ricollegato il debito all'acquisto di droga. Inoltre, erroneamente si sarebbe affermato in sentenza che le minacce perpetrate da (OMISSIS) fossero rivolte alla madre di (OMISSIS); sarebbe emerso piuttosto un atteggiamento clemente dell'odierno ricorrente nei confronti del suo debitore, proprio in ragione della richiesta alla (OMISSIS) la quale avrebbe pure chiarito che nel momento del pagamento sarebbero cessate le richieste e le pressioni, dunque nessun male ingiusto sarebbe stato mai perpetrato nei confronti di un soggetto terzo rispetto al rapporto sinallagmatico tra (OMISSIS) e (OMISSIS). Quindi, non essendo emersa la prova della natura illecita del debito, ne' della direzione delle minacce nei confronti di una persona diversa dal debitore, il fatto storico dovrebbe essere riqualificato ai sensi dell'articolo 390 c.p. non potendosi escludere che la volonta' di (OMISSIS) fosse diretta ad ottenere un bene che gli spettava, dovendo comunque essere prosciolto da questo per difetto della querela della persona offesa. 2.4. Con una quarta doglianza, si censura la violazione degli articoli 62-bis e 81 c.p.. Con riferimento al primo, si contesta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, sul rilievo che la valutazione della Corte si sarebbe incentrata sulla ritenuta mancanza di elementi positivi che ne avrebbero giustificato la concessione, non avendo dato conto, invece, dei motivi ostativi. Quanto al secondo, si ritiene che sia eccessivo l'aumento della pena a titolo di continuazione, anche in ragione del fatto che si sarebbe giustificata la misura applicata per essere l'associazione formata da piu' di dieci persone; aggravante da escludersi visto quanto gia' indicato nel secondo motivo di ricorso. 3. Avverso la sentenza (OMISSIS), tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. 3.1. In primo luogo, si lamentano la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e articolo 192 c.p.p., comma 2, oltre al vizio di motivazione del provvedimento impugnato. Nelle conversazioni captate tra il ricorrente e (OMISSIS), non si farebbe mai esplicito riferimento alla cessione di stupefacenti, che pertanto dovrebbe considerarsi esclusivamente ipotizzata dai giudici di merito. A sostegno della tesi difensiva, deporrebbero le due perquisizioni personali e domiciliari subite dall'indagato, entrambe con esito negativo. Il mero scambio di telefonate tra il ricorrente e il (OMISSIS) non sarebbe sufficiente a dimostrare che vi sia stata una reale cessione di stupefacenti, ne' ad identificarne l'effettivo tipo di stupefacente. Se anche si volesse astrattamente ipotizzare l'acquisto di stupefacenti da parte del (OMISSIS), questo sarebbe avvenuto esclusivamente per uso personale, essendo l'imputato tossicodipendente. La difesa richiede, solo in via subordinata, che i fatti vengano ricondotti ai casi di cessione ricompresi nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4 alla luce della carenza di elementi univoci ed obiettivi dai quali possa determinarsi con certezza la qualita' e la quantita' della sostanza stupefacente. 3.2. Con un secondo motivo di ricorso, si censurano la violazione degli articoli 62-bis, 99 e 133 c.p., e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato. La sanzione irrogata all'imputato sarebbe eccessiva, tenuto conto della marginalita' delle condotte poste in essere dallo stesso. I giudici di merito avrebbero erroneamente applicato l'aumento di pena derivante dalla recidiva senza prendere in adeguata considerazione la lontananza nel tempo dei precedenti; ovvero avrebbero dovuto adeguare la pena al concreto disvalore del fatto e alla personalita' del reo, riconoscendo allo stesso le circostanze attenuanti generiche, da reputarsi equivalenti rispetto alla contestata recidiva. 4. La sentenza e' stata impugnata, mediante il difensore, anche da (OMISSIS). 4.1. Con un primo motivo di doglianza, si lamenta la violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), in relazione all'articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera b) e articolo 179 c.p.p., comma 1, per errato esercizio dell'azione penale. Ad avviso della difesa, nel caso di specie, sebbene la contestazione riguardi un reato istantaneo, nel capo d'imputazione non c'e' alcuna indicazione di episodi specifici, tanto che il reato istantaneo sembrerebbe trasformarsi in reato permanente. Ne deriva - secondo la difesa - che, se manca l'enunciazione del fatto in relazione alla condotta tipica del reato, l'atto di esercizio dell'azione penale non e' idoneo ad instaurare il contraddittorio. Il compendio probatorio raccolto, infatti, puo' essere utilizzato esclusivamente per verificare la fondatezza dell'ipotesi accusatoria, mai invece per definire il perimetro della regiudicanda. 4.2. Con un secondo motivo di ricorso, si denunciano il travisamento del fatto, e della prova, nonche' la contraddittorieta' della motivazione. La difesa rileva preliminarmente come gli argomenti utilizzati a fondamento della condanna di (OMISSIS) traggano origine esclusivamente dalle conversazioni captate nei giorni 5, 8, 9, 10 e 12 ottobre 2016, nell'ambito di una piu' ampia operazione di polizia giudiziaria. Ebbene, nonostante la presunta partecipazione dell'imputato sembri circoscriversi all'interno di un arco temporale assai ridotto (solo una settimana a fronte di un'attivita' d'indagine particolarmente complessa) sia il giudice di primo grado che il giudice d'appello ne traggono conclusioni erronee. Le intercettazioni dimostrano - secondo la prospettazione difensiva - appena due episodi nei quali, peraltro, la cessione non e' stata superiore a 10 grammi, a quanto, cioe', necessario per un consumo personale giornaliero. Inoltre, laddove si volesse ammettere che nelle conversazioni intercettate si parli di droga, vi sarebbe mancanza di ulteriori riscontri. Infatti, ove oggetto della conversazione sia solo l'appuntamento tra l'imputato e l'interlocutore, si e' in una fase anticipata e preliminare delle trattative e, di conseguenza, non sussistono elementi di prova sufficienti per ritenere consumato il reato di cessione. Le trascrizioni delle intercettazioni attesterebbero quindi, secondo la difesa, unicamente la circostanza che (OMISSIS) - tossicodipendente - fosse alla ricerca di sostanza stupefacente per uso personale e non per la cessione a terzi. 4.3. Si lamenta, poi, la violazione di legge in relazione alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche e in relazione alla circostanza di cui all'articolo 62 c.p., n. 4). Piu' precisamente, secondo la difesa, non puo' in alcun modo affermarsi che l'odierno ricorrente ha posto in essere con frequenza un approvvigionamento di sostanze stupefacenti, in quanto, da una lettura logica e coerente delle stesse intercettazioni, emerge chiaramente un coinvolgimento di quest'ultimo di scarso rilievo, oltre che un dato minimale di sostanza stupefacente, al limite della dose giornaliera. 4.4. Infine, si denunciano la violazione di legge e vizi della motivazione in relazione all'applicazione della recidiva. Sostiene la difesa che, sebbene l'imputato sia gravato da cinque precedenti condanne, peraltro neppure recenti, la Corte distrettuale non opera il reale e concreto accertamento dell'episodio delittuoso, ne' verifica se la reiterazione dell'illecito sia effettivo sintomo di maggiore pericolosita'. Mancherebbe, quindi, qualunque verifica circa la sussistenza di una relazione qualificata tra i precedenti penali ed il reato per cui e' stata emessa la condanna. 5. La sentenza e' stata impugnata, tramite il difensore, anche da (OMISSIS), che ne ha chiesto l'annullamento. 5.1. Con una prima doglianza, si lamentano la violazione degli articoli 192 c.p.p. e della disposizione incriminatrice, nonche' il connesso vizio di motivazione, in ordine alla mancata riqualificazione del fatto, di cui al capo di imputazione 37), nell'ipotesi lieve di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5. Piu' nel dettaglio, la Corte di appello avrebbe omesso di considerare che, per il medesimo capo di imputazione, gli altri correi avevano definito la propria posizione processuale con sentenza di applicazione della pena su concorde richiesta delle parti, con si e' stata riconosciuta la sussistenza di un gruppo associativo, le cui condotte sono riconducibili all'interno delle fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, e articolo 74, comma 6, (sentenza n. 558 del 2019, RGNR 1477/2016), mentre, analizzando la posizione di (OMISSIS), avrebbe erroneamente valutato le medesime circostanze in modo evidentemente opposto, non tenendo in considerazione l'insegnamento della Corte di cassazione sul punto (Sez. 3, n. 16598 del 20/02/2020). 5.2. Con un secondo motivo, si contesta la violazione degli articoli 81 e 133 c.p., nonche' il connesso vizio di motivazione, in ordine al trattamento sanzionatorio. La difesa lamenta che i giudici di merito avrebbero omesso qualsiasi considerazione in ordine al comportamento post delictum, il quale, se valorizzato, avrebbe dovuto condurre all'applicazione di una pena entro il minimo edittale, o comunque a un ridimensionamento dell'aumento previsto ai sensi dell'articolo 81 c.p., per i capi di imputazione 40), 41) e 42). 6. Avverso la sentenza (OMISSIS), tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione. 6.1. Con una prima doglianza, si denunciano la violazione di legge, con riferimento alla mancata riduzione della pena nei confronti di (OMISSIS) quale partecipe dell'associazione a delinquere contestata al capo A) della rubrica, per effetto della ritenuta insussistenza dell'aggravante speciale relativa al "carattere armato dell'associazione", nonche' la manifesta illogicita' della motivazione. La Corte di Appello di Lecce avrebbe erroneamente evitato di escludere la suddetta aggravante per l'imputato, tenuto conto che questi non aveva proposto la relativa doglianza. Tale affermazione e' censurabile, a parere della difesa, poiche' l'esclusione dell'aggravante costituisce un dato oggettivo, essendo ineludibile conseguenza del fatto che solo due dei partecipi avevano a disposizione una pistola e che mai detta arma era stata usata per le finalita' associative. Non vi sarebbe alcun elemento di prova idoneo a dimostrare la consapevolezza da parte de (OMISSIS) dell'esistenza di un'associazione a delinquere dedita al traffico di droga, e cio' in quanto egli aveva rapporti solo ed esclusivamente con (OMISSIS). La dedotta inconsapevolezza circa l'esistenza dell'associazione comporterebbe logicamente la sua inconsapevolezza in merito al possesso di armi da parte di taluni sodali. Il gravame riguardante l'esistenza dell'associazione avrebbe dovuto intendersi logicamente esteso anche all'aggravante del carattere armato dell'associazione. La Corte territoriale avrebbe erroneamente desunto dal solo numero degli episodi di spaccio contestati al (OMISSIS) la consapevolezza, da parte dello stesso, dell'esistenza dell'associazione, prescindendo dalla valutazione dell'effettiva conoscenza da parte dell'imputato degli altri correi. 6.2. Si denuncia, poi, la violazione di legge in relazione alla mancata applicazione dell'articolo 62-bis c.p., con giudizio di prevalenza rispetto alle contestate aggravanti quale conseguenza dell'omessa applicazione dei parametri stabiliti dall'articolo 133 c.p. La sentenza impugnata avrebbe respinto il gravame, ritenendo generosa la concessione del beneficio delle circostanze attenuanti generiche da parte del giudice di primo grado. Tale valutazione prescinderebbe da una attenta disamina dei dati processuali, dai quali emergerebbe una personalita' dell'imputato meritevole di considerazione positiva, alla luce dei parametri indicati dall'articolo 133 c.p.. La personalita' del reo, incensurato e immediatamente disponibile ad assumersi le sue responsabilita', indicando agli inquirenti i dati a sua conoscenza, oltre che l'atteggiamento collaborativo tenuto nel corso del giudizio, avrebbero dovuto determinare una diversa valutazione, in melius, da parte della Corte. 7. Avverso la sentenza anche (OMISSIS), tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione. 7.1. Con un primo motivo di impugnazione, si denunciano il vizio di motivazione e il travisamento della prova. La Corte di appello sarebbe stata invitata ad ascoltare il contenuto dell'intercettazione ambientale n. 578 del 19 luglio 2016 ore 21:22 e, in particolare, il passaggio compreso tra i minuti 02:36 e 02:38 da cui emergerebbe che l'appellativo diminutivo " (OMISSIS)" non comparirebbe assolutamente nel corpo dell'espressione proferita da (OMISSIS); ragione per la quale non sarebbe stato possibile operare l'ipotizzato accostamento "tuo figlio (OMISSIS)", supportante il teorema accusatorio. Eppure, il giudice di secondo grado non avrebbe fornito adeguata motivazione, reputando veritiero il contenuto di una trascrizione operata dall'organo di polizia giudiziaria, senza porsi il problema che vi potesse essere un errore; cio' posto, neppure il rito prescelto, ossia quello abbreviato, avrebbe legittimato il mancato accoglimento della specifica richiesta di ascolto formulata dalla difesa senza spiegarne le ragioni. Un ulteriore vizio di motivazione sarebbe rinvenibile laddove non si da' risposta alle censure con cui si contesta che (OMISSIS) potesse essere individuato come figlio di (OMISSIS) sulla base di quanto riportato nelle annotazioni di polizia giudiziaria del 10 agosto 2017, essendo questo dato privo di qualsivoglia fondamento fattuale, considerato che sarebbe stato attestato unicamente un generico riferimento a voci correnti, che rimarrebbe quindi assolutamente incontrollabile, oltre che inutilizzabile a norma dell'articolo 203 c.p.p., comma 1-bis. 7.2. Con una seconda doglianza, ci si duole del vizio di motivazione con specifico riferimento al passaggio in cui si assume che la riferibilita' del diminutivo "figlio" o " (OMISSIS)" alla persona dell'imputato possa essere desunta da un dialogo intrattenuto da (OMISSIS) con un altro uomo; in tale dialogo non vi sarebbe alcun riferimento specifico ai diminutivi sopra richiamati a differenza di quanto erroneamente affermato dalla Corte di appello. Inoltre, non sarebbe dato sapere sulla base di quale pregressa conoscenza gli investigatori siano giunti a ritenere che la voce intercettata nella progressiva n. 1946 del 10 agosto 2016 appartenga proprio a (OMISSIS). Infine, la circostanza per cui l'incontro sarebbe avvenuto nello stesso luogo di un precedente appuntamento intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) non potrebbe essere ritenuta di per se' pregnante al fine di supportare l'assunto accusatorio secondo cui (OMISSIS) avrebbe coadiuvato (OMISSIS) negli affari illeciti; a parte l'irrilevanza di tale dato fattuale ai fini dell'individuazione della persona di (OMISSIS), l'iter argomentativo della sentenza conterrebbe un'evidente salto logico concretizzatosi nell'avere ritenuto che lo stesso fosse uno degli utilizzatori dell'utenza (OMISSIS), sulla quale risultavano essere captati diversi messaggi aventi ad oggetto incontri per presunte forniture e/o pagamenti di sostanza stupefacente: la Corte non sarebbe stata in grado di evidenziare alcun dato obiettivo per legare tale utenza telefonica al ricorrente quale suo effettivo utilizzatore. 7.3. In terzo luogo, si censura un ulteriore travisamento della prova nella misura in cui la Corte avrebbe omesso di considerare che la via (OMISSIS) non sarebbe mai stata il luogo ne' di residenza ne' di domicilio dell'imputato, come risulterebbe dal certificato storico di residenza, in grado di attestare che questo aveva risieduto, a far data dal 4 ottobre 2011, in strada della (OMISSIS), e che precedentemente a tale data risiedeva in piazza (OMISSIS); ed invero, l'unica persona che sarebbe indicata come residente alla via (OMISSIS) sarebbe (OMISSIS), figlio di (OMISSIS); soltanto quest'ultimo, proprio in quanto padre, avrebbe potuto avere la disponibilita' dell'immobile di proprieta' del figlio, come attestato nella nota del 3 dicembre 2018. Da quanto sopra discenderebbe un'importante conclusione: non si potrebbe affermare che (OMISSIS), nella giornata del 27 ottobre 2016, si era recato a (OMISSIS) ove risultava domiciliare (OMISSIS), poiche' si tratterebbe di una circostanza fattuale non corrispondente al vero. Infine, nessun concorso nel reato di cui al capo 1) della rubrica potrebbe ritenersi concretamente consumato; mancherebbe, infatti, la prova di una condotta attiva in termini concorsuali che consenta di ritenere (OMISSIS) uno dei richiamati fornitori brindisini. Non a caso, il Gip in sede cautelare avrebbe rilevato l'assenza della necessaria gravita' indiziaria, evidenziando come i riferimenti operati da parte di terzi a (OMISSIS) potevano considerarsi come semplici sospetti e, non essendo sufficienti i riferimenti indiretti contenuti nelle conversazioni. 7.4. Con memoria depositata il 5 gennaio 2023 il ricorrente insiste ulteriormente nell'accoglimento del ricorso, riproponendo gli stessi motivi gia' dedotti con l'atto introduttivo di giudizio. 8. La sentenza e' stata impugnata, tramite il difensore, anche (OMISSIS). 8.1. Con una prima censura, si denuncia la violazione degli articoli 12 preleggi, articoli 3, 24, 101, 102 e 111 Cost., articolo 125 c.p.p., comma 1, articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), e articolo 416 c.p.p., comma 2, nonche' il connesso vizio di motivazione. La difesa lamenta che - pur tempestivamente investito della questione preliminare relativa all'inutilizzabilita' delle intercettazioni telefoniche, in quanto i decreti autorizzativi consentivano il compimento delle operazioni per mezzo degli impianti installativi "in questa Procura della Repubblica", mentre risultava dai verbali di inizio intercettazione che le operazioni erano state compiute "presso la sala d'ascolto della Compagnia Carabinieri di Tricase a mezzo degli impianti ivi installati" - il Gup decideva su tale questione in sentenza: quindi, dopo avere ammesso gli imputati al rito abbreviato secco e avere ammesso l'acquisizione documentale richiesta dal Pubblico Ministero, relativamente a 41 note redatte dal funzionario responsabile del Centro Intercettazioni, dalle quali si evincerebbe che la registrazione avveniva tramite server ubicati nella citta' di Lecce e che presso la stazione dei Carabinieri di Tricase si sarebbe verificato il solo ascolto delle conversazioni intercettate. La sentenza impugnata mostrerebbe una lacuna motivazionale sul punto, non rispondendo alla specifica doglianza mossa in sede di appello, con cui si e' evidenziato che l'imputato, non ottenendo immediata risposta alla questione preliminare sollevata dinanzi al Gup, si troverebbe in una situazione di irragionevole disparita' rispetto all'imputato citato a giudizio ai sensi dell'articolo 550 c.p.p., che, invece, ha l'opportunita' di sollevare questioni preliminari e conoscere l'esito delle stesse, prima di scegliere il rito da adottare. Per la difesa, l'articolo 190 c.p.p. dispone anche che il giudice provvede senza ritardo con ordinanza, escludendo le prove vietate dalla legge e quelle manifestamente superflue o irrilevanti ed e' una norma che si applica a tutte le fasi del procedimento, anche nell'udienza preliminare, per cui il Gup avrebbe dovuto provvedere senza ritardo con ordinanza. In ordine all'acquisizione al fascicolo di atti non trasmessi con la richiesta di rinvio a giudizio (note redatte dal funzionario responsabile del Centro Intercettazioni), la sentenza della Corte di appello e' - per la difesa - illogica, in quanto erroneamente afferma che quegli atti gia' facevano parte del fascicolo. La ricorrente se ne duole in quanto ha accettato, con la richiesta di rito abbreviato, l'utilizzazione degli atti presenti nel fascicolo trasmesso a norma dell'articolo 416 c.p.p., comma 2, che impone al Pubblico Ministero la trasmissione al Gup di tutti gli atti di indagine e tale obbligo comporta che gli atti non trasmessi non possono essere utilizzati (Sez. 4, n. 33221 del 2020); pertanto, la questione preliminare avrebbe dovuto essere decisa sulla base del solo fascicolo posto a disposizione del giudice a norma dell'articolo 416 c.p.p., comma 2. 8.2. Si lamenta, in secondo luogo, la violazione dell'articolo 192 c.p.p. e articolo 530 c.p.p., comma 2, in ordine al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, nonche' il connesso vizio di motivazione, relativamente al capo A) di imputazione, in merito alla sussistenza di un sodalizio criminale e alla partecipazione dell'imputata. I giudici di merito avrebbero fondato il proprio convincimento su una motivazione contraddittoria, che si limita ad elencare acriticamente e genericamente alcuni elementi, senza procedere ad una disamina approfondita dell'intero compendio probatorio acquisito, da cui non si perviene alla certezza della sussistenza degli elementi richiesti per la configurabilita' del reato associativo, individuati dalla giurisprudenza di legittimita'. Infatti, la Corte di appello avrebbe omesso qualsivoglia valutazione in ordine all'assenza dei requisiti di stabilita' e permanenza, non considerando che due isolati episodi di cessione di sostanza stupefacente, avvenuti nell'arco di un mese, non possono giustificare l'ipotizzata continuita' di approvvigionamento dai fornitori di (OMISSIS). Si afferma anche l'esistenza di un ulteriore canale di approvvigionamento, quello brindisino, rappresentato da (OMISSIS) e (OMISSIS), a cui e' contestato il solo capo 1) dell'imputazione. Sul punto, la motivazione della sentenza impugnata risulterebbe illogica, in quanto si riconosce che i predetti soggetti hanno approvvigionato un sodalizio operante per un tempo superiore ad un anno, ma si sono accertate cessioni verificatesi nell'arco di soli tre mesi (dal 10 luglio al 27 ottobre 2016). Inoltre, sulla base di quanto sostenuto dagli inquirenti, le forniture si sarebbero interrotte a causa del debito contratto e non soddisfatto: circostanza che dimostra come nessuna affectio societatis legasse (OMISSIS) e (OMISSIS) a (OMISSIS) e (OMISSIS). Sempre secondo la prospettazione difensiva, la Corte di appello omette qualsiasi motivazione in ordine all'assenza di prova di un pactum sceleris, non rinvenendosi sufficienti elementi dimostrativi dell'esistenza di una stabile organizzazione: infatti, non risultano captati dialoghi aventi ad oggetto la regolamentazione dei proventi dell'attivita' di narcotraffico. In riferimento alla partecipazione di (OMISSIS), non sarebbe ravvisabile a suo carico alcun elemento caratterizzante la figura delittuosa associativa, in quanto risulta coinvolta in una sola, atomizzata ed estemporanea, intercettazione ambientale, relativa a un rifornimento di sostanza stupefacente, non essendo sufficiente neanche il riferimento ai capi 8), 9) e 10) di imputazione. In ogni caso, la sentenza risulterebbe essere carente in ordine alla sussistenza dell'elemento psicologico del delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, che e' rappresentato dalla coscienza e volonta' dell'associato di far parte dell'associazione: infatti, la sola partecipazione ad alcune sporadiche ed atomistiche, oltre che individuali, forniture di sostanza stupefacente non assume sufficiente rilevanza sul punto. 8.3. Con una terza doglianza, la ricorrente censura la violazione dell'articolo 192 c.p.p. e articolo 530 c.p.p., comma 2, in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, nonche' il connesso vizio di motivazione, in ordine alla mancata qualificazione dell'associazione come fattispecie di lieve entita', non emergendo dalle intercettazioni un'attivita' di spaccio di ingenti volumi di sostanza stupefacente. 8.4. Con un quarto motivo di ricorso, si lamentano la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, nonche' il vizio di motivazione, relativamente al capo 11) dell'imputazione. Secondo la ricostruzione difensiva, i giudici di merito si sarebbero limitati a riportare il contenuto delle intercettazioni senza apportare alcun apporto critico, nonostante il significato equivoco delle stesse, dato che le locuzioni intercettate non faceva alcun esplicito riferimento al tipo e alla quantita' della droga. Pertanto, avrebbero riportato pedissequamente il contenuto della richiesta dell'emissione di custodia cautelare, fornendo una motivazione solo apparente sul punto, poiche' vi e' una tale carenza indiziaria, da non potere ritenere fondata l'ipotesi accusatoria formulata. 8.5. Si censura, infine, la violazione dell'articolo 133 c.p. e articolo 533 c.p.p., comma 2, e articolo 546 c.p.p., lettera e), n. 2), nonche' la mancanza e illogicita' della motivazione, rispetto al trattamento sanzionatorio. Piu' nel dettaglio, si evidenzia che gli aumenti per la continuazione irrogati per i capi 8), 9) e 11) a (OMISSIS) sono pari a un mese e quindici giorni di reclusione ciascuno, mentre per i medesimi capi e' stato inflitto all'imputata un aumento di sei mesi ciascuno. La Corte di appello avrebbe reso una motivazione illogica sul punto, in quanto ha affermato che gli aumenti per (OMISSIS) sono stati inferiori nell'intento di calmierare una pena gia' molto elevata; inoltre, non avrebbe proceduto alla determinazione dei singoli aumenti per i reati satellite. 9. La sentenza e' stata impugnata, tramite il difensore, anche da (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali hanno proposto un unico atto di ricorso. 9.1. Con un primo motivo di doglianza, si lamentano: la violazione dell'articolo 110 c.p. e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74; la mancata applicazione dell'articolo 81 c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73; la violazione dell'articolo 192 c.p.p.; l'omessa motivazione rispetto al devoluto nonche' la carenza e manifesta illogicita' della motivazione. Secondo la difesa, la natura stabile del contributo di entrambi i ricorrenti e' stata affermata solo congetturalmente, nonche' in contraddizione con la complessiva incolpazione, in quanto, a fronte di ben 43 capi di imputazione, a (OMISSIS) e' contestato solo il capo 9 e a (OMISSIS) l'8 e il 9. La Corte d'appello, poi, non avrebbe neppure tenuto in considerazione il dato cronologico dei delitti di cessione indicati nel predetto capo 9, verificatisi nell'arco di soli 29 giorni, rispetto ad un'associazione operante per tre anni e sette mesi. In secondo luogo, la difesa evidenzia come la motivazione appaia apodittica, posto che si asserisce genericamente che le consegne di droga effettuate sarebbero di quantita' rilevanti, senza tuttavia indicare in cosa sarebbero consistiti i quantitativi interessati, in mancanza di sequestri a carico degli imputati. Analogamente, si evidenzia come la sentenza impugnata non contenga alcuna motivazione in merito alle modalita' dell'azione. Inoltre, la Corte territoriale, seppure afferma la necessita' di individuare ai fini della configurabilita' del reato associativo la coscienza e la volonta' di far parte dell'associazione, in concreto, non indica alcunche' rispetto all'elemento psicologico; mancherebbe, poi, secondo la difesa, un'adeguata motivazione sulla natura stabile del contributo dei partecipi. Non sarebbe rilevante, a tal fine, la corresponsione di somme settimanali alle mogli dei ricorrenti. 9.2. Con un secondo motivo di ricorso, riferito al solo (OMISSIS), si lamentano: la violazione dell'articolo 110 c.p. e articolo 73 del D.P.R.; la mancata applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 4 e 5; la mancata applicazione dell'articolo 530 c.p.p., comma 2; la violazione dell'articolo 192 c.p.p.; l'omessa motivazione rispetto al devoluto; la carenza e manifesta illogicita' della motivazione. La difesa asserisce che, tanto nella sentenza di primo grado quanto in quella di appello, non emerge alcuna circostanza denotante il concorso di (OMISSIS) negli episodi del 12 e del 30 luglio 2016, con conseguente violazione dell'articolo 110 c.p. e omessa motivazione rispetto al punto specificatamente devoluto. Ne discende che l'unico delitto a cui avrebbe partecipato l'imputato sarebbe quello del 6 agosto 2016, decisamente inidoneo ad integrare la natura stabile del contributo alla associazione. Inoltre, rispetto alle cessioni del 12 luglio 2016 del 30 luglio 2016, l'impossibilita' di individuare con la dovuta certezza sia la sostanza stupefacente sia il quantitativo e il principio attivo avrebbe dovuto indurre la Corte territoriale a qualificare il fatto nell'ambito del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 4 e 5. Quanto all'episodio del 6 agosto, l'interpretazione data dalla Corte d'appello all'intercettazione sarebbe comunque dubbia, essendo basata su un'arbitraria interpretazione della locuzione "ieri notte" usata da uno dei conversanti. 9.3. Con il terzo e il quarto motivo di ricorso, riferiti al solo (OMISSIS), si lamentano: la violazione dell'articolo 110 c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73; la mancata applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 4 e 5; la mancata applicazione dell'articolo 530 c.p.p., comma 2; la violazione degli articoli 192 e 533 c.p.p.; l'omessa motivazione rispetto al devoluto; la carenza e manifesta illogicita' della motivazione. A fronte di un esito negativo del controllo del ricorrente in data 24 luglio 2016 da parte degli inquirenti, a fronte di una generica captazione avvenuta tra terzi ritenuta apoditticamente chiara, a fronte dell'assenza dell'osservazione della consegna con i presunti compratori, non e' dato comprendere secondo la difesa la reale motivazione a sostegno del concorso del ricorrente. Infatti, il fatto che (OMISSIS) ritenga di aver scampato un pericolo avendo corso il rischio di essere fermato dagli inquirenti, nulla indica rispetto alla asserita consegna dello stupefacente, da parte del ricorrente, atteso che ogni progetto concorsuale puo' andare incontro a modifiche. Manifestamente illogica, poi, sarebbe la motivazione, laddove ritiene normale che "nella circostanza questi non venisse trovato in possesso di nulla", visto che, laddove avesse consegnato lo stupefacente, avrebbe dovuto possedere la contropartita in denaro. Inoltre l'unicita' dell'indizio a carico dell'imputato, proveniente da un dato captato ove quest'ultimo non e' interlocutore, non avrebbe dovuto consentire l'affermazione della penale responsabilita', con conseguente violazione degli articoli 192 e 530 c.p.p.. Infine, anche in questo caso, l'impossibilita' di individuare con la dovuta certezza sia la sostanza stupefacente sia il quantitativo che il principio attivo avrebbe dovuto indurre la Corte d'appello a riqualificare il fatto nella fattispecie di lieve entita'. Con riferimento al capo 9, mancherebbe la motivazione quanto agli episodi del 12 luglio e del 6 agosto 2016, mentre non vi sarebbe un'indicazione della prova a supporto delle condotte materiali ascritte all'imputato, quanto al fatto del 30 luglio 2016. 10. Avverso la sentenza anche (OMISSIS), tramite il difensore, ha proposto per cassazione, chiedendone l'annullamento. 10.1. Con un primo motivo di doglianza, si denunciano la nullita' della sentenza per violazione dell'articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), e articolo 192 c.p.p., comma 2, e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, nonche' il connesso vizio di motivazione. Secondo la ricostruzione difensiva, la Corte di appello non avrebbe raggiunto la prova in ordine alla partecipazione di (OMISSIS) al consesso criminale, in quanto ha omesso di considerare la estrema ristrettezza dell'arco temporale (circa un mese, dal 12 luglio 2017 al 11 agosto 2016), in cui il gruppo di (OMISSIS) avrebbe rifornito di sostanza stupefacente la consorteria: cio' comporterebbe l'assenza di un rapporto di collaborazione stabile e continuativo ai fini del perseguimento degli scopi illeciti della consorteria, con la coscienza e la volonta', di far parte dell'organizzazione. La Corte di appello non spiegherebbe le ragioni per cui ha ritenuto attendibile il contenuto delle propalazioni di (OMISSIS), a fronte di plurimi indicatori di segno contrario, che evidenzierebbero che il trio (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) era un'entita' diversa e separata rispetto all'organizzazione sottostante al (OMISSIS) (come dalla conversazione del 12/07/2016 di (OMISSIS) e dal dato investigativo che mostra che quest'ultimo ha descritto ai propri sodali nomi, ruoli e guadagni dei personaggi baresi, mentre nulla sapevano del trio di (OMISSIS)). Anche le dichiarazioni di (OMISSIS), ritenute dal Gup un infallibile strumento per decifrare il compendio indiziario, avrebbero dovuto essere oggetto di un'ulteriore analisi in sede di appello, in quanto egli non si sofferma a descrivere modalita', tempi e consistenza degli approvvigionamenti ne' il funzionamento della cellula terlizzese. Inoltre, si lamenta che i giudici di merito hanno omesso la valutazione dell'elemento soggettivo richiesto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74: non si e' valutato il tema introdotto dalla difesa, per cui (OMISSIS) risulterebbe essere inserito stabilmente in un organismo associativo dedito al traffico di droga operativo nel territorio barese (procedimento penale n. 16093/2016 R.G.N. R. per fatti commessi dal 2012); per cui risulterebbe paradossale ritenere sussistente la medesima condotta delittuosa evocativa della contestuale partecipazione a due distinti organigrammi associativi operanti contestualmente nel settore degli stupefacenti. Secondo la difesa, nella sentenza impugnata non vi e' traccia dell'esame di dati investigativi e del loro rapporto in un quadro organico, che dia esaustiva risposta alle eccezioni formulate. L'irragionevolezza dell'iter motivazionale emerge dal richiamo agli elementi di prova desumibili dalle intercettazioni, da cui si evince che (OMISSIS), ove pure fosse in un rapporto di affari con (OMISSIS), non puo' avere condiviso con quest'ultimo interessi associativi, avendo una propria autonomia e una propria presunta struttura associativa; ma la Corte di appello avrebbe omesso tale valutazione e anche l'accertamento dell'esistenza di un vincolo stabile e continuativo tra fornitore e acquirente, che si sostituisca alla mera relazione negoziale. 10.2. Con la seconda doglianza, si contestano la violazione dell'articolo 125 c.p.p., articolo 546 c.p.p., lettera e), e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, nonche' il connesso vizio di motivazione, in ordine al capo 9) dell'imputazione. La difesa si duole del fatto che la Corte di appello si sia avvalsa delle medesime asserzioni del Gup, che non vengono sottoposte ad un autonomo filtro critico, non risultando sufficiente il mero riferimento al contenuto della sola conversazione del 18 luglio 2016. Infatti, non vi sarebbe stata alcuna valorizzazione delle contestazioni difensive, che avevano evidenziato che: manca la prova che (OMISSIS) fosse presente all'incontro del 12 luglio 2016, che, secondo gli inquirenti, era finalizzato alla cessione di droga; il costante monitoraggio, effettuato dagli inquirenti, dell'operazione di cessione del 30 luglio 2016 consente di affermare che (OMISSIS) non ha partecipato fisicamente alle fasi prodromiche, deliberative ed esecutive della stessa, in quanto non risulta mai direttamente intercettato o semplicemente evocato dai partecipi quale dominus o complice di quell'operazione; egli non e' ne' intercettato ne' evocato dai loquenti nel corso delle intercettazioni del 6 agosto 2016, per cui non si e' incontrato con i protagonisti della vicenda de qua. 10.3. Con un terzo motivo, si censura la violazione dell'articolo 125 c.p.p., articolo 192 c.p.p., articolo 546 c.p.p., lettera e), e articoli 89, 62-bis c.p., articolo 81 c.p., comma 2, articoli 132 e 133 c.p., nonche' il connesso vizio di motivazione. In merito all'attenuante del vizio parziale di mente, la Corte di appello, pur aderendo alle conclusioni diagnostiche, avrebbe trascurato di soffermarsi sull'aspetto legato alla sfera cognitiva dell'imputato, per la quale e' emerso un QI totale classificabile in termini di ritardo mentale lieve, nonche' di valutare opportunamente e con sufficiente rigore le considerazioni mediche in ordine alla capacita' di autodeterminarsi. Infatti, sul versante della componente volitiva si coglie una spiccata incongruenza dell'apprezzamento giurisdizionale: il dato storico-clinico, la sussistenza di una patologia psichiatrica di rilevanza clinica, il dato psicometrico e l'incongruita' del comportamento, usato nel corso delle condotte che gli sono contestate, in unione con la personalita' dell'imputato e la cronica e prolungata dipendenza dell'uso di sostanze stupefacenti non possono ragionevolmente condurre a un giudizio di mera limitazione della capacita' di controllare gli impulsi. Pertanto, la condizione di forte malessere psicologico del ricorrente avrebbe dovuto indurre il giudicante a valutare ogni considerazione clinica, presente nella perizia, evitando di estrapolare quanto affermato nella parte finale della perizia. La Corte di appello si sarebbe basata su valutazioni discendenti da un esame condotto a distanza di molti anni rispetto al tempus commissi delicti, senza considerare che nel 2015 (momento storico maggiormente contiguo a quello di perpetrazione dei reati contestati ai capi A e 9 di imputazione) (OMISSIS) era stato ritenuto totalmente incapace di intendere e volere in un diverso procedimento. Secondo il ricorrente, in merito al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti, la Corte distrettuale omette l'esame della doglianza presentata con l'atto di appello, non valutando le considerazioni svolte in ordine alla personalita' del ricorrente, incapace di autoregolare le proprie azioni e di comprenderne le conseguenze negative. La difesa contesta, inoltre, l'illegittimita' della tecnica redazionale adoperata nella sentenza di primo grado, riverberatasi sull'iter motivazionale della decisione di appello, inidonea ad esternare il percorso logico che deve supportare il giudizio di apprezzamento della sussistenza delle condizioni di cui all'articolo 62-bis c.p.. In ordine al calcolo della pena, mancherebbe la motivazione sull'aumento apportato per la continuazione esterna, in quanto sarebbe stato piu' opportuno procedere alla riduzione di pena prevista dal vizio parziale di mente prima di effettuare l'aumento per la continuazione. 11. Avverso la sentenza ha proposto ricorso anche (OMISSIS), tramite il difensore. 11.1. Con un primo motivo di doglianza, si denuncia la violazione di legge in ordine alla ritenuta utilizzabilita' delle intercettazioni poste a fondamento della sentenza impugnata. Si lamenta, in primo luogo, la violazione dell'articolo 266 c.p.p., e s.s. da parte dei decreti autorizzativi e di proroga delle intercettazioni emessi dal Gip, in quanto difettano dell'adeguata motivazione prevista dalle norme in vigore; in secondo luogo, il primo decreto autorizzativo delle operazioni di intercettazioni e' stato emesso dal Gip in assenza delle condizioni legittimanti di cui al Decreto Legge n. 152 del 2001, articolo 13, che ai fini dell'autorizzazione de qua, richiede: 1) lo svolgimento di indagini relative ad un delitto di criminalita' organizzata, 2) la sussistenza di sufficienti indizi in ordine a quest'ultimo. In ordine al primo aspetto e' necessaria la presenza di un'organizzazione stabile: aspetto che non attiene al capo di imputazione 19), contestato al ricorrente, visto che di quest'ultimo non vi e' alcuna intercettazione, ne' egli risulta interessato in una evidente attivita' delittuosa sulla base di intercettazioni tra altri. La difesa afferma che negli atti processuali non vi e' alcuna prova di responsabilita' dell'imputato, tale da rendere utilizzabili le intercettazioni contro lo stesso. 11.2. In secondo luogo, si lamenta la violazione di legge in ordine al giudizio di responsabilita' per il capo 19, poiche' fondato su dichiarazioni inerenti alle intercettazioni, nonche' il connesso vizio di motivazione. Piu' nel dettaglio, la difesa sostiene l'insussistenza del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, sull'assunto che, da una lettura degli atti di giudizio, nessun riscontro oggettivo vi e' mai stato, da parte della polizia giudiziaria, in ordine a una presunta attivita' illecita che coinvolga (OMISSIS): infatti, non vi e' alcun elemento esterno che lasci ritenere che egli, unitamente a terze persone, abbia posto in essere una qualsivoglia azione di detenzione di sostanza stupefacente. 11.3. Con un terzo motivo, si denuncia la violazione di legge in ordine all'omesso riconoscimento della fattispecie di minore gravita' di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5. La difesa lamenta che l'impugnata sentenza non avrebbe fornito alcuna motivazione sul punto: avrebbe dovuto rilevare che la quantita' di cocaina e di marijuana detenuta era da ripartirsi tra due soggetti, per cui si sarebbe potuto trattare di una piccola scorta per uso personale. In senso convergente, depongono - per la difesa - anche le modalita', le circostanze ed i mezzi dell'azione delittuosa, trattandosi di un'attivita' di spaccio limitata e realizzata senza la predisposizione di mezzi specifici. 12. La sentenza e' stata impugnata anche da (OMISSIS), tramite il difensore. 12.1. Con una prima doglianza, si lamentano la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, nonche' dell'articolo 192 c.p.p., comma 2, e la manifesta illogicita' della motivazione del provvedimento impugnato. Non vi sarebbe alcuna prova idonea ad affermare con certezza che l'imputato abbia acquistato ovvero ricevuto ai fini di spaccio stupefacente e che lo abbia successivamente ceduto a terzi. Nelle conversazioni telefoniche captate sull'utenza del ricorrente non si farebbe mai esplicito riferimento alla cessione di sostanze stupefacenti e, ad ulteriore prova dell'estraneita' dell'imputato, concorrerebbero anche le perquisizioni effettuate al medesimo, tutte con esito negativo. La semplice circostanza che talvolta le conversazioni intercettate facciano riferimento a incontri con altri soggetti non sarebbe idonea a dimostrare che l'imputato abbia effettivamente ceduto dello stupefacente, se non in marginali occasioni, nelle quali avrebbe ceduto ad occasionali tossicodipendenti singole dosi, al solo fine di ricavare quanto necessario per far fronte al proprio fabbisogno di stupefacenti, essendo il (OMISSIS) tossicodipendente a sua volta. Con riguardo alle condotte contestate di cui al capo 37, ovvero la cessione di 520 grammi di eroina al (OMISSIS), non potrebbe ritenersi che tale sostanza sia stata ceduta dall'imputato: sia perche' non emergerebbe la prova inconfutabile della provenienza di detta sostanza, giacche' il sequestro e il conseguente arresto del (OMISSIS) sono avvenuti dopo che, per oltre trenta minuti, gli operatori di polizia giudiziaria sono stati costretti a interrompere il pedinamento a causa dell'elevato traffico; sia perche', anche volendo ipotizzare che la suddetta cessione sia avvenuta secondo le modalita' cristallizzate nel primo grado di giudizio, il soggetto cedente non sarebbe stato identificato e, in ogni caso, non sarebbe identificabile con (OMISSIS). 12.2. Con un secondo motivo di ricorso, si censurano la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, e articolo 133 c.p., nonche' la manifesta illogicita' della motivazione del provvedimento impugnato. Dinanzi all'attribuzione di responsabilita' dell'imputato per tutti i capi contestati, comunque si sarebbero dovuti ritenere i fatti di lieve entita', soprattutto alla luce del riconoscimento di tale ipotesi minore ad altri presunti correi, condannati anche per il reato associativo. La Corte di appello avrebbe illogicamente differenziato la condotta del ricorrente rispetto ai coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS), e sarebbe caduta in contraddizione in ordine ai rapporti dell'imputato con il coimputato (OMISSIS), con particolare riferimento all'episodio del capo di imputazione 37). Il ricorrente sarebbe un mero strumento subordinato al coimputato (OMISSIS), poiche' era quest'ultimo ad avere i contatti e a dover dare conto dei pagamenti al fornitore. Dall'analisi delle captazioni telefoniche si desumerebbe esclusivamente un ruolo di mediatore del ricorrente tra i coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS). La Corte di appello avrebbe, infine, fallacemente analizzato l'atto di impugnazione, ove si sarebbe fatto esplicito riferimento ad una rideterminazione della pena e ad un contenimento della stessa, oltre che degli aumenti ex articolo 81 c.p., nei minimi edittali. I giudici territoriali avrebbero rilevato esclusivamente la richiesta di contenimento nel minimo edittale degli aumenti ex articolo 81 c.p., senza valutare la generale richiesta di contenimento nel minimo edittale della pena. Alla luce di quanto esposto, e dunque del supposto ruolo marginale rivestito dal ricorrente, appare illogico il non aver applicato una riduzione della pena-base, ai sensi dell'articolo 133 c.p.. 13. Avverso la sentenza anche (OMISSIS), tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. Con un primo e unico motivo di ricorso si lamenta la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e articolo 74, comma 6, oltre al vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del fatto nell'ipotesi lieve di cui al medesimo articolo 73, comma 5. Piu' nel dettaglio, la Corte di appello avrebbe omesso di considerare che, per il medesimo capo di imputazione, gli altri correi avevano definito la propria posizione processuale con applicazione della pena su concorde richiesta delle parti, previa riqualificazione del fatto nell'ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, mentre, analizzando la posizione di (OMISSIS), avrebbe erroneamente valutato le medesime circostanze in modo evidentemente opposto, dando vita ad un palese conflitto di giudicati. 14. La sentenza e' stata impugnata, mediante il difensore, anche da (OMISSIS). 14.1. In primo luogo, si censurano la violazione di legge e la mancanza ed illogicita' della motivazione con riferimento all'articolo 192 c.p.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, in relazione alla ritenuta condotta di partecipazione al sodalizio contestato. Innanzitutto, sottolinea la difesa, l'apporto che avrebbe fornito l'imputato alla consorteria sarebbe di soli 24 giorni e precisamente dal 12 luglio al 6 agosto 2016, a fronte di un arco temporale che avrebbe visto operare l'associazione de qua dall'aprile del 2016 al maggio 2017. In secondo luogo la difesa - prendendo le mosse dalle considerazioni svolte nella sentenza impugnata, ove si sostiene che il prevenuto avrebbe svolto il ruolo di "corriere" in alcune circostanze ben individuate - sostiene che il contributo dell'imputato fosse privo dei caratteri della stabilita', tanto da risultare occasionale. Del resto, gli stessi esiti delle captazioni valorizzati dall'estensore darebbero contezza di un apporto del prevenuto certamente non sistematico ma occasionale. Per la difesa, dalle stesse intercettazioni ambientali emerge chiaramente che in data 30 luglio 2016 l'imputato non conosceva ne' il (OMISSIS) ne' il (OMISSIS); nonostante lo specifico motivo d'appello, la Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi sul punto. A cio' si aggiunga che neanche (OMISSIS), uno dei principali collaboratori del (OMISSIS), ha dichiarato di aver mai conosciuto (OMISSIS), se non in stato di detenzione dopo l'esecuzione dell'ordinanza custodiale. 14.2. In secondo luogo, si lamentano la violazione di legge nonche' la mancanza o manifesta illogicita' della motivazione con riferimento ai capi 1) e 9) della rubrica e in relazione alla corretta valutazione della prova ex articolo 192 c.p.p. e alla mancata riqualificazione della contestazione mossa ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4. Piu' precisamente, con riferimento al capo 9), la piattaforma probatoria in atti risulterebbe obiettivamente incerta e l'estensore incorrerebbe in un chiaro deficit di logicita' con conseguente scorretta valutazione della prova. In relazione, poi, al capo 1) della rubrica - e, quindi, con riferimento all'episodio del trasporto del 21 luglio 2016 - la sentenza sottovaluta le censure contenute nei motivi di appello e mostra certezza in ordine al solo trasporto di marijuana e hashish. 14.3. Con un terzo motivo, si lamentano la violazione di legge e la mancanza o manifesta logicita' della motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione, nonche' la necessaria riduzione degli aumenti combinati ex articolo 81 c.p.. Secondo la prospettazione difensiva, la pena inflitta all'imputato appare illogica ed eccessivamente severa, posto che la Corte d'appello ha omesso di considerare a suo favore lo status di totale incensuratezza, l'obiettivo brevissimo contributo associativo contestato, lo svolgimento di ininterrotta attivita' lavorativa. 15. Avverso la sentenza (OMISSIS), tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione. 15.1. Con una prima doglianza, si censurano l'assenza di motivazione e la violazione di legge in ordine al reato Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74, oltre alla violazione di legge in ordine all'aggravante del numero degli associati. La difesa, dopo aver riportato nel ricorso i vari capi di imputazione a carico dell'imputato, giunge alla conclusione secondo cui (OMISSIS), come confermerebbero le intercettazioni, ha commerciato ingenti quantita' di stupefacenti in proprio, poiche' il suo fine era quello di guadagnare quanto piu' possibile per se'. Il giudice di appello avrebbe erroneamente desunto il vincolo associativo dal mero contatto del ricorrente con gli spacciatori al minuto o con correi, senza calcolare che, commerciando il (OMISSIS) ingenti quantita' di stupefacenti, era inevitabile il contatto con soggetti interessati all'acquisto del medesimo, e che solo per tale circostanza non sarebbe configurabile il vincolo associativo. Risulterebbe inoltre pacifico che l'imputato avesse contatti esclusivamente con i correi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). L'associazione a delinquere non potrebbe configurarsi con il solo dolo eventuale e non vi sarebbe la prova della conoscenza da parte del (OMISSIS) della rete sottostante ai pochi soggetti ai quali vendeva lo stupefacente. In tale quadro, anche se si dovesse riconoscere l'associazione a delinquere nei confronti del ricorrente, non potrebbe essere applicata l'aggravante del numero, avendo l'imputato contatti esclusivamente con (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS); la difesa ritiene, comunque, che non vi sia la prova della piramide gerarchica e dello scambio di soldi dal vertice ai sottoposti. 15.2. In secondo luogo, si lamentano l'assenza e la contraddittorieta' della motivazione in ordine all'aggravante della presenza di armi in favore dell'associazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74. Il giudice del gravame avrebbe correttamente rilevato come l'arma da fuoco venisse rintracciata nel possesso del ricorrente solo in sede di perquisizione e che mai gli inquirenti avessero avuto idea che (OMISSIS) ne avesse la disponibilita'. 15.3. Con una terza censura, si denuncia la violazione di legge con riferimento alla supposta inutilizzabilita' di tutte le intercettazioni acquisite nel corso del procedimento. I decreti autorizzativi e di proroga delle intercettazioni emessi dal Gip difetterebbero dell'adeguata motivazione prevista dalle norme in vigore: in particolare il primo decreto autorizzativo delle operazioni di intercettazione sarebbe stato emesso dal Gip in assenza delle condizioni legittimanti di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 13. 15.4. Con un quarto motivo di ricorso, si lamenta la violazione di legge in ordine alla quantificazione della pena, sul rilievo che il giudice di primo grado avrebbe potuto riconoscere le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, in base al fatto che si tratterebbe pur sempre di un caso di "droga parlata" e di "associazione a delinquere parlata". 16. La sentenza e' stata impugnata, tramite il difensore, anche da (OMISSIS), il quale, con un unico motivo di ricorso, denuncia la violazione della legge penale. Secondo il difensore, la vicenda (capo 16 dell'imputazione) riguarda un caso di "droga parlata", in quanto non vi e' la prova che le 10 dosi oggetto dell'imputazione fossero effettivamente cocaina e non e' comunque dato conoscere il grado di purezza della stessa, oltre che la percentuale di principio attivo. Inoltre la Corte territoriale avrebbe violato, secondo la difesa, l'articolo 530 c.p.p., comma 2, non avendo tenuto conto che i redditi dell'imputato e il fatto che si lamentasse individualmente della qualita' dello stupefacente integrano un ragionevole dubbio. 17. La sentenza e' stata impugnata, tramite il difensore, anche da (OMISSIS). 17.1. Con un primo motivo di ricorso, si lamentano: la violazione dell'articolo 12 preleggi; la violazione degli articoli 3, 24 e 111 Cost. e dell'articolo 125 c.p.p., comma 1, articolo 190 c.p.p., comma 1, e articolo 178 c.p.p.; la violazione degli articoli 24, 101 e 102 Cost. e articolo 416 c.p.p., comma 2; la mancanza e illogicita' della motivazione. All'udienza preliminare il ricorrente lamentava la violazione dell'articolo 268 c.p.p., comma 3, e articolo 271 c.p.p., comma 1, dal momento che nei decreti autorizzativi di attivita' di intercettazione telefonica il Pubblico Ministero aveva disposto "che le operazioni siano compiute per mezzo degli impianti installati in questa Procura della Repubblica", mentre, da ogni verbale di inizio intercettazione risultava che le operazioni erano state compiute "presso la sala d'ascolto della Compagnia Carabinieri di Tricase a mezzo degli impianti ivi installati". Il Gup si riservava di decidere sull'eccezione all'esito dell'udienza preliminare e, dando seguito al processo, recepiva le istanze di rito abbreviato formulate dagli imputati, rinviando ad altra udienza per la trattazione. Dal canto suo, il Pubblico Ministero alla successiva udienza, quando, dunque, il rito abbreviato "secco" era gia' stato instaurato, chiedeva ed otteneva il deposito di 41 note redatte dal funzionario responsabile del Centro Intercettazioni dalle quali si evinceva che la registrazione era avvenuta tramite server ubicati nella citta' di Lecce e che presso la stazione dei Carabinieri di Tricase si era verificato il solo ascolto delle conversazioni intercettate. Con l'atto di appello, la difesa rilevava la nullita' dell'ordinanza relativa all'eccezione preliminare attinente all'utilizzabilita' delle intercettazioni telefoniche ed ambientali nonche' la nullita' della sentenza. La Corte territoriale secondo la difesa, nel rispondere alle doglianze difensive, avrebbe erroneamente valorizzato l'orientamento processuale secondo cui non vi e' alcuna norma processuale che imponga al Gup di trattare le questioni preliminari in un particolare momento, ben potendo egli decidere sulle stesse all'esito dell'udienza. L'imputato infatti, sollevata al Gup una questione preliminare, non ottenendo immediata risposta, si trova in una situazione di irragionevole disparita' rispetto all'imputato citato a giudizio ai sensi dell'articolo 550 c.p.p. che, invece, ha l'opportunita' di sollevare questioni preliminari, conoscere l'esito delle stesse e poi adottare le scelte del rito. In definitiva, secondo il difensore, si finirebbe per riservare maggiore garanzia ai reati di minore gravita'. Si sarebbe quindi dovuto applicare l'articolo 190 c.p.p., il quale in materia di prove dispone che il giudice provvede senza ritardo con ordinanza, escludendo le prove vietate dalla legge e quelle manifestamente superflue o irrilevanti. Non si considererebbe, poi, che la questione preliminare riguarda la composizione del fascicolo da utilizzare per la decisione. Non vi e' motivo, secondo la difesa, per ritenere che la fattispecie non sia regolamentata dal codice, visto che e' una disciplina generale applicabile al caso di specie esiste; ne' vi e' motivo per ritenere che la disciplina generale esistente debba essere disapplicata. Con riferimento, poi, alle 41 note acquisite quando il rito abbreviato era gia' instaurato, la difesa sostiene che quei documenti facevano forse parte delle indagini, ma che e' del tutto erroneo sostenere che gia' facevano parte del fascicolo: se quegli atti avessero fatto gia' parte del fascicolo trasmesso, non ci sarebbe stato alcun bisogno di chiederne l'acquisizione. La difesa prosegue svolgendo considerazioni analoghe a quelle della coimputata (OMISSIS). 17.2. Con un secondo motivo, si lamentano: la mancanza, la contraddittorieta' e la manifesta illogicita' della motivazione; l'inosservanza ed erronea applicazione della legge penale; la violazione dell'articolo 192 c.p.p. e articolo 530 c.p.p., comma 2, in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Piu' precisamente, secondo la difesa, la sentenza resa dalla Corte d'appello sarebbe giuridicamente viziata nella parte in cui ha ravvisato, non solo la sussistenza di un sodalizio criminale riconducibile alla fattispecie delittuosa di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, ma anche e soprattutto la partecipazione del (OMISSIS) quale promotore, organizzatore, dirigente e finanziatore, fondando il proprio convincimento su un'errata valutazione del compendio probatorio acquisito al processo. La Corte territoriale avrebbe omesso qualsiasi valutazione in merito all'assenza dei requisiti di stabilita' e permanenza i quali, sul piano del programma associativo, postulano un'attivita' delittuosa aperta e indeterminata, proiettata oltre la commissione di singoli determinati reati e che, dovrebbe perdurare anche dopo la consumazione di questi ultimi. Si osserva, in particolare, che l'odierno ricorrente, ritenuto addirittura figura apicale direttiva, risulta essere coinvolto solo in alcune intercettazioni e solo in un arco temporale molto ristretto, ossia tra maggio e settembre 2016, allorquando, invece, l'attivita' captativa investigativa si sarebbe protratta anche successivamente e alla quale, tuttavia, il ricorrente rimaneva sostanzialmente estraneo. Al contrario, e' notorio che il capo di un'associazione debba avere contatti diuturni e relazioni con gli adepti e poiche', nella specie, anche tale dato probatorio risulta assente, la Corte territoriale avrebbe dovuto assolvere l'imputato. Risulta infatti smentita dagli elementi probatori sia l'asserita partecipazione del ricorrente al sodalizio che il suo ruolo di capo. La difesa, infatti, osserva come non siano stati captati dialoghi aventi ad oggetto la regolamentazione dei supposti proventi derivanti dall'attivita' di narcotraffico. Pertanto, le modalita' attuative degli episodi delittuosi riferiti ai reati-fine e desunte dalle intercettazioni telefoniche, potrebbero apparire sintomatiche, al piu', di un accordo limitato ad un numero contenuto di episodi di cessione. Del resto, le asserite condotte tenute dal ricorrente sono caratterizzate da un agire assolutamente autonomo ed indipendente, orientato unicamente a realizzare un proprio personale interesse economico e non certamente un fine comune associativo. Inoltre, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'appello, la contabilita' cui si fa riferimento nelle intercettazioni non e' affatto riconducibile ad una cassa comune del gruppo criminale, quanto piuttosto alla persona del (OMISSIS). In aggiunta, evidenzia la difesa, il giudice di appello avrebbe omesso di confutare le manifeste incongruenze rilevate in merito alla contraddittorieta' della sentenza di primo grado, nella parte in cui sono stati assolti per il reato associativo i coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS) e non anche (OMISSIS) e (OMISSIS), visto che lo (OMISSIS), secondo la prospettazione accusatoria iniziale, era il ragazzo utilizzato dallo (OMISSIS) per cedere o ritirare la sostanza stupefacente e lo affiancava e coadiuvava nell'attivita' di spaccio, mentre il (OMISSIS) sarebbe stato un uomo di fiducia di (OMISSIS) ed assieme a lui rappresentava il c.d "canale brindisino", dal quale si sarebbe rifornito in maniera stabile il (OMISSIS). Infine, secondo la difesa, la sentenza resa dalla Corte territoriale risulta carente con riferimento alla sussistenza dell'elemento psicologico del reato, non potendo assumere rilevanza l'uso di un linguaggio criptico, la diffidenza nell'uso del telefono o le cautele adottate, in mancanza di un chiaro consapevole coinvolgimento nell'ambito di un gruppo criminale. 17.3. Con un terzo motivo di ricorso, si censurano: la mancanza, la contraddittorieta' e la manifesta illogicita' della motivazione; l'inosservanza e l'erronea applicazione della legge penale; la violazione dell'articolo 192 c.p.p. e articolo 530 c.p.p., comma 2, in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6. Piu' precisamente, la difesa evidenzia che dal contenuto delle molteplici intercettazioni non emerge con assoluta certezza un'attivita' di spaccio di ingenti volumi. 17.4. In quarto luogo, si denunciano: la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 3 e 4; la violazione dell'articolo 648 c.p., L. n. 895 del 1967, articoli 2, 4 e 7; vizi della motivazione. Piu' precisamente, il ricorrente evidenzia come, mentre al capo A) si contesta un sodalizio operativo per oltre un anno, ai capi 1), 8) e 9) si ipotizzano forniture verificatesi in appena tre mesi e, cio' nonostante, si afferma che vi sia stato uno stabile e duraturo apporto al sodalizio da parte dei fornitori baresi e brindisini. Se il sodalizio fosse stato composto anche dai fornitori, questi avrebbero avuto un ruolo per tutto o quanto meno larga parte del periodo di attivita'. Con riferimento invece alla contestazione in materia di armi, la difesa evidenzia come da nessuna delle conversazioni intercettate si possa risalire all'esatto modello dell'arma presuntivamente detenuta dall'imputato. Se, come contestato, quest'ultimo avesse avuto la disponibilita' di una pistola gia' dal 7 luglio 2016 "con permanenza", non avrebbe di certo manifestato al suo interlocutore la necessita' di procurarsi un'arma. Peraltro, secondo il difensore, la motivazione appare contraddittoria laddove la Corte territoriale ha esplicitamente ammesso che nei dialoghi intercettati non venivano mai menzionate le armi ed anzi emergeva che il (OMISSIS) era molto accorto affinche' lo (OMISSIS), che si accompagnava a lui, non venisse a sapere che aveva portato con se' una pistola. 17.5. Si lamentano, poi, la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e vizi della motivazione. Si rileva, in particolare, la totale mancanza di prova dell'acquisto di 400 g di eroina indicato in contestazione, in relazione al quale non poteva persino dirsi che venditore ed acquirente avessero mai trovato un accordo. Il (OMISSIS), quindi, non poteva essere sanzionato per essersi rifornito di quel quantitativo di eroina, dal momento che non e' rinvenibile in atti alcuna prova di cio'. Nel caso di specie, si sarebbe verificato un travisamento della prova, avendo i giudici di merito fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o e' incontestabilmente diversa dal reale. 17.6. Con un sesto motivo di doglianza, si denunciano la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e vizi della motivazione. In particolare, facendo il capo 11) riferimento a specifiche quantita' e qualita' di sostanza stupefacente, la prova dell'avvenuta detenzione e/o cessione non poteva ricavarsi da locuzioni impiegate dai coimputati intercettati, non contenenti alcun riferimento esplicito al tipo e alla qualita' di droga oggetto di commercio. Piu' precisamente, la difesa non comprende per quale motivo la frase "non riesco a cacciarti in un pacco lino... a questo prezzo non ci riesco a cacciarteli" sia idonea a dimostrare definitivamente l'avvenuta cessione di 250 grammi di cocaina e 22 grammi di hashish. 17.7. Infine, si lamentano la violazione dell'articolo 133 c.p., articolo 533 c.p.p., comma 2, e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), n. 2) e vizi della motivazione. Piu' precisamente, secondo la difesa, la Corte di appello da un lato riconosce che la motivazione in punto di aumenti per la continuazione era carente, ma dall'altro, non pone alcun rimedio sul punto, limitandosi a condividere l'operato del Gup. L'appellante, infatti, non chiedeva soltanto una seconda valutazione del trattamento sanzionatorio, ma esprimeva specifiche osservazioni su determinate anomalie dello stesso, chiedendo la riduzione della pena o quantomeno la giustificazione di quella inflitta, anche alla luce del principio secondo cui il giudice deve calcolare e motivare l'aumento di pena in modo distinto per ognuno dei reati-satellite. 18. Avverso la sentenza anche (OMISSIS), tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. 18.1. Con un primo motivo, si censura l'inutilizzabilita' delle intercettazioni telefoniche e ambientali poste a fondamento della declaratoria di responsabilita' penale. In primis la denunciata inutilizzabilita' discenderebbe dalla violazione dell'articolo 266 c.p.p., e s.s. in quanto tutti i decreti autorizzativi e di proroga delle intercettazioni emessi dal Gip difetterebbero dell'adeguata motivazione prevista e voluta dalle norme di legge; in secundis, il primo decreto autorizzativo delle operazioni di intercettazione sarebbe stato emesso dal Gip in assenza delle condizioni legittimanti di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 13 che, ai fini dell'autorizzazione de qua, richiede lo svolgimento di indagini relative ad un delitto di criminalita' organizzata e la sussistenza di sufficienti indizi in ordine a quest'ultimo. Infatti, sarebbe stata necessaria l'effettiva costituzione e l'operativita' di un'organizzazione stabile, posta in essere da tre o piu' persone, allo scopo di commettere piu' delitti tra quelli previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 70, commi 4, 6 e 10, ma tale condizione non riguarderebbe il capo d'imputazione 19) contestato. Infine, dallo stato degli atti processuali al momento delle richieste del Pubblico Ministero di autorizzazione delle intercettazioni, non sarebbe emerso alcun elemento rilevatore, pur in via ipotetica, di un gruppo delinquenziale organizzato; in tutti gli atti processuali, infatti, mancherebbe qualsiasi indizio in capo al ricorrente tale da giustificare l'utilizzabilita' delle intercettazioni contro lo stesso, in quanto questo non avrebbe mai fatto parte di alcuna compagine associativa. 18.2. Si censura, poi, la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, in considerazione della mancata integrazione della relativa fattispecie incriminatrice, posto che, da un'attenta analisi degli atti del giudizio e in particolare delle annotazioni di polizia giudiziaria, non vi sarebbe mai stato alcun riscontro oggettivo esterno della presunta attivita' di spaccio di cui al capo 19). 18.3. Con un terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, nella misura in cui non ha trovato applicazione la richiamata ipotesi lieve. Nel caso di specie, infatti, la quantita' di cocaina, pari a 100 grammi, e di marijuana, pari a 150 grammi, detenuta da (OMISSIS) e (OMISSIS), si sarebbe dovuta ripartire tra due soggetti; quindi, si tratterebbe di un quantitativo non particolarmente significativo perche' non lontano da quello massimo detenibile. Peraltro, sarebbe verosimile che il ricorrente avesse una piccola scorta per uso personale, e per di piu' dagli atti processuali si potrebbe desumere come la contestata condotta di cessione, mai provata, se esistente sarebbe certamente marginale rispetto al consumo personale da parte dell'imputato che svolgerebbe normale attivita' lavorativa, come dimostrato dalla circostanza che il (OMISSIS) aveva importanti debiti nei confronti di (OMISSIS); in senso convergente deporrebbero poi le modalita', le circostanze e i mezzi dell'azione delittuosa, che non desterebbe alcun allarme sociale trattandosi di un'attivita' di spaccio assolutamente modesta e limitata, realizzata senza predisposizione di mezzi specifici e soprattutto in assenza di comprovati traffici persistenti. 19. Avverso la sentenza (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto, con un unico atto, ricorsi per Cassazione, chiedendone l'annullamento. 19.1. Con un primo e un secondo motivo di ricorso, si lamentano la violazione degli articoli 3, 24 e 111 Cost., articolo 125 c.p.p., comma 1, articolo 190 c.p.p., comma 1, e articolo 178 c.p.p., nonche' la violazione degli articoli 24, 101 e 102 Cost. e articolo 416 c.p.p., comma 2, e la mancanza ed illogicita' della motivazione. La difesa lamenta che - pur tempestivamente investito della questione preliminare relativa all'inutilizzabilita' delle intercettazioni telefoniche, in quanto i decreti autorizzativi consentivano il compimento delle operazioni per mezzo degli impianti installati "in questa Procura della Repubblica", mentre risultava dai verbali di inizio intercettazione che le operazioni erano state compiute "presso la sala d'ascolto della Compagnia Carabinieri di (OMISSIS) a mezzo degli impianti ivi installati" - il Gup decideva su tale questione in sentenza: quindi, dopo aver ammesso gli imputati al rito abbreviato secco e aver ammesso l'acquisizione documentale richiesta dal Pubblico Ministero, relativamente a 41 note redatte dal funzionario responsabile, dalle quali si evincerebbe che la registrazione avveniva tramite server ubicati nella citta' di Lecce e che presso la stazione dei Carabinieri di Tricase si sarebbe verificato il solo ascolto delle conversazioni intercettate. Si sviluppano, sul punto, argomentazioni analoghe a quelle dei coimputati. 19.2. Con un terzo motivo di ricorso, si denuncia il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento, con riferimento alla posizione processuale di (OMISSIS), della connivenza non punibile. Piu' nel dettaglio, la difesa lamenta che la motivazione della sentenza impugnata risulterebbe insufficiente e in contrasto con gli orientamenti della giurisprudenza di legittimita', perche' sarebbe ritenuta idonea a integrare la connivenza una condotta meramente passiva, consistente nell'assistenza inerte, inidonea ad apportare un contributo causale alla realizzazione dell'illecito, di cui pur si conosca la sussistenza. Esaminando le intercettazioni telefoniche e lo stesso verbale di osservazione, emergerebbe una condotta del predetto ricorrente qualificabile come assistenza inerte e senza iniziative: infatti, il suo ruolo sarebbe stato quello di esecutore privo di autonomia decisionale. 19.3. Con una quarta doglianza, si lamenta il vizio di motivazione in relazione alla posizione processuale di (OMISSIS). Secondo la ricostruzione difensiva, la motivazione risulterebbe contraddittoria e apparente rispetto alle risultanze investigative da cui emergerebbe che la responsabilita' del (OMISSIS) e' circoscrivibile a quella di un mero intermediario, come dimostrano le intercettazioni che attestano che il predetto imputato avrebbe restituito la cocaina dopo averla acquistata dai fornitori di (OMISSIS) e avrebbe discusso in ordine al pagamento della sostanza stupefacente. 19.4. Si lamenta, poi, il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. La Corte di appello non avrebbe sopperito all'omessa indicazione da parte del Gup degli elementi individualizzanti dai quali ritenere gli imputati non meritevoli della concessione di predetto beneficio. Piu' nel dettaglio, la motivazione sulla concedibilita' delle attenuanti generiche non sarebbe dovuta ruotare esclusivamente sui precedenti penali degli imputati ma avrebbe dovuto considerare anche il comportamento processuale collaborativo ed improntato alla definizione del processo. Inoltre, in ordine alla posizione processuale del (OMISSIS), avrebbe dovuto tener conto anche del ruolo marginale da esso ricoperto nella commissione del fatto. 20. Avverso la sentenza (OMISSIS) ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. 20.1. Con un primo motivo, si denunciano la violazione dell'articolo 192 c.p.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, nonche' il connesso vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta condotta di partecipazione al sodalizio contestato al capo A) dell'imputazione. La difesa lamenta che - dal confronto tra i dati probatori, valorizzati nella sentenza impugnata in ordine alla condotta di partecipazione contestata, e la riconducibilita' degli stessi al ricorrente - emerge la carenza strutturale di una condotta di partecipazione dello stesso al sodalizio contestato, in particolare in termini di stabilita', organicita' e dolo di partecipazione: nel caso di specie, l'ipotizzato apporto fornito dal ricorrente sarebbe stato limitato nel tempo, ossia dal 5 aprile 2016 al 27 ottobre 2016, a fronte di un arco temporale che avrebbe visto operare l'associazione de qua dall'aprile 2016 al maggio 2017, con permanenza. La Corte di appello avrebbe fondato il proprio iter motivazionale sulla base di un contributo del ricorrente, definito ampio ed articolato, in quanto si e' ritenuto che si occupasse del procacciamento delle schede telefoniche da utilizzare, nonostante il rifornitore delle stesse fosse un soggetto terzo, (OMISSIS), a cui (OMISSIS) richiedeva, in modo autonomo, venti schede. Infatti, dai messaggi intercorsi tra (OMISSIS) e (OMISSIS) e dalle intercettazioni ambientali, si evidenzia l'inesistenza di qualsivoglia vincolo di carattere stabile tra l'imputato e il sodalizio contestato. Inoltre, emergerebbe l'assoluta mancanza di coinvolgimento del ricorrente nei rapporti con il canale barese di approvvigionamento dello stupefacente, nonche' in relazione all'attivita' di reperimento dei luoghi per l'occultamento dello stupefacente e della relativa custodia, in quanto il ricorrente risulterebbe assolutamente assente: infatti, i giudici di merito sarebbero pervenuti a un convincimento della partecipazione dello stesso solo in virtu' dei rapporti con il canale brindisino e della contestazione dei reati-fine, mancando qualsiasi dato probatorio sul punto, cosi' rendendo viziata la motivazione resa. Dalla stessa motivazione della Corte di appello emergerebbero ulteriori elementi che delineano il contributo del ricorrente come privo dei caratteri necessari di stabilita', permanenza del vincolo e organicita': in sentenza si afferma che (OMISSIS) e' stato correttamente ritenuto solo un semplice partecipe dell'organizzazione, nonostante la mancanza di coinvolgimento dello stesso nella gran parte dei reati-scopo attribuibili al sodalizio; l'esclusione dell'aggravante soggettiva della disponibilita' di armi. 20.2. Con un secondo motivo, si lamentano la violazione di legge nonche' il vizio di motivazione, con riferimento ai capi 1), 2), 3), 4) e 6), sia in ordine alla corretta valutazione della prova ai sensi dell'articolo 192 c.p.p., sia in ordine alla mancata riqualificazione delle contestazioni mosse al capo 2) della rubrica nei termini di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, e ai capi 3), 4) e 6) della rubrica nei termini di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5. La Corte di appello avrebbe omesso, in ordine ai fatti contestati al capo 1) di imputazione, qualsivoglia valutazione in merito alla penale responsabilita' dell'imputato, sebbene le argomentazioni difensive avessero evidenziato un quadro probatorio connotato da una obiettiva incertezza sull'apporto concorsuale fornito. Infatti, vi sarebbe stata l'omessa valutazione di un dato incontrovertibile: rispetto all'unica transazione, oggetto di contestazione al predetto capo, realizzatasi in data 21 luglio 2016 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), i contributi offerti da (OMISSIS) sono individuabili solo in date successive, per cui sono del tutto estranei alla tipicita' delineata dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1. Parimenti illogica e' - per il ricorrente - la motivazione della sentenza impugnata in relazione al capo 2) della rubrica, che ha omesso la riqualificazione del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, visto che le ipotesi di cessione ivi contestate riguarderebbero sostanza stupefacente del tipo hashish. In ordine al capo 3) dell'imputazione, la motivazione della sentenza impugnata escluderebbe la configurabilita' dell'ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, nonostante si tratti di modiche quantita' di sostanza stupefacente cedute, omettendo qualsiasi valutazione in merito alla totale estraneita' di (OMISSIS) nell'episodio di cessione contestato ed avvenuto alla sola presenza di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). In ordine fatti contestati al capo 4) di imputazione, la Corte di appello incorrerebbe in una motivazione illogica e scarna a fronte di una reiterata consegna di quantitativi di eroina, compatibili con la fattispecie di lieve entita': occorre evidenziare come, secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, il carattere reiterato di una condotta di cessione non e' di per se' sufficiente a precludere la configurabilita' della fattispecie di cui all'articolo 73, comma 5, citato. In al capo 6) dell'imputazione, la motivazione addotta dai giudici di merito sembrerebbe del tutto sconnessa rispetto al predetto insegnamento della giurisprudenza di legittimita', per cui la reiterazione delle consegne non e' ostativa alla riqualificazione di cui all'articolo 73, comma 5. Inoltre, si ometterebbe di considerare che per i medesimi fatti (OMISSIS) e' stato destinatario di una riqualificazione dei fatti nell'ipotesi predetta. 20.3. Con una terza doglianza, si lamentano la violazione di legge e il vizio di motivazione, in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti di cui all'articolo 62-bis c.p. nella loro massima estensione, anche in virtu' dell'esclusione dell'aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 4, nonche' in relazione alla necessaria riduzione degli aumenti combinati ai sensi dell'articolo 81 c.p. e della corretta qualificazione giuridica delle contestazioni mosse ai capi 2), 3), 4) e 6) dell'imputazione nei termini di cui alla doglianza precedente. Non si sarebbero valutati lo status di totale incensuratezza del ricorrente, il brevissimo contributo associativo contestato e lo svolgimento di un'ininterrotta attivita' lavorativa. 21. Nell'interesse di (OMISSIS) sono stati proposti due distinti ricorsi per cassazione. 21.1. Il primo, a firma dell'avv. (OMISSIS), e' articolato in tre motivi. 21.1.1. Innanzitutto, si denuncia la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 73, 74, articoli 125, 192 c.p.p., articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), articolo 533 c.p.p. e articolo 110 c.p., oltre che il vizio di motivazione nella misura in cui non sarebbe stata fornita un'adeguata risposta alle censure sollevate con l'atto di appello. Piu' precisamente, l'imputato sarebbe stato condannato essendo stato riconosciuto il suo ruolo di fornitore brindisino nell'arco temporale, assai limitato, compreso tra il 19 luglio 2016 e il 27 ottobre 2016, senza che sia stata lui contestata alcuna specifica condotta partecipativi; dunque sarebbe stata applicata la fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 in luogo del concorso di persone, a fortiori ove si consideri che nei confronti del secondo fornitore brindisino, (OMISSIS), la soluzione adottata sarebbe stata quella di ritenerlo responsabile solo di una fattispecie continuata di violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, con esclusione di quella associativa, pur fondandosi l'accusa mossa nei confronti di entrambi sugli stessi identici risultati probatori, consistenti negli esiti degli accertamenti della polizia giudiziaria, mancando invece qualsiasi sequestro di sostanze stupefacenti, denaro o altro. Tale contraddittorieta', denunciata con l'atto di appello, non avrebbe ricevuto adeguata risposta ne' nella motivazione della sentenza di secondo grado ne', a monte, in quella di primo, infatti non si sarebbe spiegato come si sia attribuito l'uso di una certa utenza telefonica a (OMISSIS), cosi' come lo scambio di comunicazioni con (OMISSIS) e (OMISSIS), si siano ricondotti i riferimenti al figlio nelle conversazioni del 19 luglio 2016 - intercorse tra (OMISSIS) e (OMISSIS) - sempre al (OMISSIS), si sia sostenuta la responsabilita' di quest'ultimo quale correo nei fatti di reato di cui al capo 1) che altro non rappresenterebbero che la contestata condotta di partecipazione al sodalizio dedito al traffico di droga di cui al capo A), ma si sia proceduto ad assolvere (OMISSIS) e a condannare il (OMISSIS) che verserebbe in identica posizione processuale. Tra le altre circostanze, dedotte con l'atto di appello e rispetto alle quali sarebbe stata omessa ogni valutazione nella motivazione della sentenza impugnata si annoverano ancora: le presunte condotte illecite del ricorrente si limiterebbero a quanto emerge nelle intercettazioni del 19 luglio 2016, visto che gli ulteriori risultati probatori sarebbero riferiti alla posizione di (OMISSIS); l'imputato sarebbe stato assente dall'Italia dall'inizio sino alla meta' dell'ottobre 2016, da qui l'indisponibilita' da parte di costui del cellulare in questione; la riferibilita' della somma di Euro 10.000,00 consegnata a (OMISSIS) all'inizio dell'incontro del 19 luglio 2016, non per la fornitura di droga ma per altre situazioni commerciali in essere con tale (OMISSIS); i messaggi in partenza dall'utenza non sarebbero mai stati scritti in prima persona plurale ma in prima persona singolare; i messaggi in entrata sarebbero tutti indirizzati ad una singola persona; l'incontro del 10 ottobre 2016 sarebbe stato fissato presso l'abitazione di un fornitore; gli inquirenti avrebbero affermato che l'utenza sarebbe stata utilizzata da chi ha venduto l'auto a (OMISSIS), che non sarebbe (OMISSIS) ma (OMISSIS), atteso che in un messaggio il (OMISSIS) aveva fissato un incontro per i conti e per l'auto, come si darebbe atto nelle sentenze di primo e secondo grado; i colloqui captati dagli inquirenti non avrebbero permesso di lumeggiare la figura del ricorrente come quella di un partecipe che dava un contributo indispensabile di natura stabile e permanente alla vita del sodalizio in cui lo stesso si era consapevolmente, sistematicamente e con permanenza inserito, risolvendosi il tutto nell'unico episodio contestato del 19 luglio 2016. Da quanto precede deriverebbe anche la violazione dell'articolo 533 c.p.p., ovvero della regola di giudizio dell'oltre ogni ragionevole dubbio. 21.1.2. Con una seconda censura, si lamenta la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 73, 74, articoli 125, 192 c.p.p., articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), articolo 533 c.p.p. e articolo 110 c.p., oltre che il vizio di motivazione nella misura in cui e' stata ritenuta provata la penale responsabilita' del ricorrente anche con riferimento ai singoli episodi delittuosi di cui al capo 1), omettendo, per converso, di fornire adeguata spiegazione alle specifiche doglianze formulate nell'atto di appello. Piu' specificatamente, le conversazioni intercettate illustrerebbero una realta' differente, poiche', pur parlandosi in esse di droga, della stessa non sarebbe stata acquisita alcuna prova a carico del ricorrente. L'unica prova a suo carico discenderebbe dal contenuto della conversazione intercettata il 19 luglio 2016; quanto invece all'incontro del 10 agosto 2016 in Brindisi tra i brindisini e il (OMISSIS), esso riguarderebbe la vendita dell'auto di (OMISSIS) a (OMISSIS) e non la cessione di droga; il viaggio di (OMISSIS) e (OMISSIS) del 23 agosto a Brindisi nulla apporterebbe alla versione accusatoria, atteso che i predetti non sarebbero stati sottoposti a perquisizioni e giammai sarebbe stata rinvenuta sostanza stupefacente nella loro disponibilita'; la circostanza, poi, che (OMISSIS) abbia festeggiato il suo compleanno il (OMISSIS) dimostrerebbe la sua assenza dal territorio italiano. In altri termini, mancherebbe la prova del tipo di sostanza effettivamente ceduta, dell'efficacia drogante dello stupefacente non essendo stato operato alcun sequestro; inoltre, mancherebbero intercettazioni telefoniche dal contenuto sufficientemente esplicito. La ricostruzione difensiva sarebbe avvalorata dall'allegazione di documenti - che la difesa sostiene di aver effettuato - ad un foglio citato nell'atto di appello, con cui si sarebbe dimostrato che la somma di Euro 10.000,00, come indicato da (OMISSIS) nell'interrogatorio di garanzia, sarebbe stata attinente alla vendita di gioielli ed argenteria dal ricorrente a (OMISSIS). Anche per quanto concerne il capo 1) dell'imputazione, in assenza di qualsiasi prova certa circa l'avvenuto scambio di droga o denaro tra (OMISSIS) e l'odierno ricorrente, si sarebbe violato il principio del ragionevole dubbio. 21.1.3. In terzo luogo, si censura la violazione dell'articolo 62-bis c.p., per la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche. Infatti, tanto in primo quanto in secondo grado, si sarebbe omesso di considerare che le quantita' di stupefacente, nel caso di specie, sarebbero asserite e non dimostrate, mancando il sequestro della sostanza stupefacente di cui si conversa nelle intercettazioni, che avrebbe permesso di verificare qualita', quantita' e percentuale di principio attivo; inoltre non si sarebbe adeguatamente considerato che il ricorrente avrebbe avuto scarse operativita' e fattualita', nonche' certamente una posizione non di rilievo nella presente vicenda, circoscritta a limitati e sporadici episodi ai margini dell'ipotizzato gruppo criminale. Inoltre, al termine della discussione, all'udienza del 13 luglio 2021, sarebbe stata prodotta documentazione medica relativa alle condizioni psico-fisiche del ricorrente, accompagnata da una nota. Seppure dal verbale non risulti un formale provvedimento di acquisizione della documentazione, la stessa dovrebbe ritenersi sostanzialmente avvenuta, in primo luogo perche' la documentazione non e' stata restituita alla difesa e, in secondo luogo, in considerazione del fatto che della produzione si da' atto al foglio 16 della gravata sentenza. Dunque, il giudice di secondo grado sarebbe stato tenuto ad esaminare i documenti indicati in quanto indubbiamente rilevanti ai fini della determinazione e della quantificazione della sanzione, bilanciando la pena rispetto alla sofferenza e alla depressione, quali sintomi di consapevolezza dei propri errori, manifestati dal ricorrente, attraverso l'unico strumento possibile, ossia le circostanze attenuanti generiche. 21.2. Il secondo ricorso, a firma dell'avv. (OMISSIS), e' affidato a quattro motivi. 21.2.1. Con una prima censura, si lamenta il vizio di motivazione in ordine sia alla configurazione della condotta materiale che dell'elemento soggettivo del delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Quanto a questo secondo elemento, il giudice di secondo grado si sarebbe espresso in termini totalmente generici, limitandosi a citare soltanto alcuni passaggi delle intercettazioni e omettendo di confrontarsi con altri che viceversa darebbero atto del ruolo marginale svolto dal (OMISSIS): infatti, i riferimenti effettuati dagli interlocutori non sarebbero al ricorrente ma al figlio, identificato in sentenza con (OMISSIS), e proprio da questi discenderebbe che il rapporto contrattuale non fosse tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS), ma tra quest'ultimo e il (OMISSIS); tale profilo, secondo la Corte di appello, sarebbe giustificato dalla circostanza che tra i due vi fosse piena interscambiabilita' di ruoli, omettendo pero' di considerare che (OMISSIS) sia stato assolto dal reato associativo a differenza di quanto avvenuto per (OMISSIS). Ad ogni buon conto, la motivazione risulterebbe altresi' contraddittoria e carente sempre con riferimento alla ricorrenza dei due elementi della continuita' dei rapporti e della consapevolezza di essi, in quanto il giudice di secondo grado avrebbe omesso di confrontarsi con ulteriori circostanze emergenti in atti: mancherebbe la prova diretta della consegna della sostanza stupefacente oggetto delle intercettazioni del 19 luglio 2016; secondo la Corte di appello la stessa discenderebbe dal fatto che nell'intercettazione si farebbe riferimento al dato che il trasporto sarebbe avvenuto con una moto e che due giorni dopo, il 21 luglio 2016, in un'intercettazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS), il primo comunicava che la moto era tornata, ma rispetto alla presunta consegna della sostanza la Corte ometterebbe di misurarsi con l'assenza di qualsivoglia contatto tra i presunti fornitori brindisini e il (OMISSIS); vi sarebbe un'evidente discrasia nella tempistica tra l'attivita' dell'associazione e il contributo offerto dal (OMISSIS), a fronte di un'associazione che opererebbe sul territorio dal maggio 2016 al maggio 2017, il rapporti tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS) si registrerebbero soltanto da luglio ad ottobre 2016, tale circostanza andrebbe ad elidere in radice la parte motivazionale della sentenza laddove i giudici parlerebbero di fisso canale di approvvigionamento; sarebbe stata omessa la circostanza che il (OMISSIS) non sarebbe risultato intestatario di alcuna utenza dedicata, contrariamente al (OMISSIS), correo assolto dal reato associativo. Quindi il ricorrente non si sarebbe inserito all'interno dell'associazione dedita al traffico di stupefacenti ma, tuttalpiu', potrebbe essere chiamato a rispondere di singole condotte di cessione. 21.2.2. Si lamenta, poi, la violazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 2, e articolo 530 c.p.p., comma 2, oltre al vizio di motivazione, nella parte in cui sarebbero stati violati i criteri concernenti la valutazione della prova per l'affermazione della responsabilita' penale, con specifico riferimento ai fatti di cui al capo 1) dell'imputazione, fondata esclusivamente sulla base dei risultati di intercettazioni telefoniche ed ambientali. Infatti, le conversazioni captate ed utilizzate avrebbero un contenuto tutt'altro che esplicito ma piuttosto ambiguo ed indefinibile, pertanto non sarebbero in grado di giustificare l'affermazione di responsabilita' penale, a fortiori alla luce delle deduzioni difensive. In particolare si sostiene che: nei messaggi che si sarebbero scambiati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), riguardo al debito del secondo, si fa esplicito riferimento, quale causa del debito, alla vendita di un' autovettura; il (OMISSIS) ha agito in piena autonomia; l'unico incontro accertato tramite il servizio di osservazione, controllo e pedinamento delle forze di polizia e' quello del 27 ottobre 2016, quando (OMISSIS) si e' recato presso l'abitazione di (OMISSIS); sugli altri incontri non vi sono invece accertamenti; la frase "la moto e' tornata" pronunciata da (OMISSIS) a (OMISSIS) nell'intercettazione n. 733 del 21 luglio 2016 e' estrapolata da una lunga conversazione in cui i due parlano di tale (OMISSIS) e di schede telefoniche e non si fa riferimento all'eventuale fornitura di sostanza da parte del (OMISSIS); nessun contatto e' stato captato tra (OMISSIS) o (OMISSIS) e la persona che avrebbe trasportato la sostanza ( (OMISSIS)), per la consegna della medesima. 21.2.3. In terzo luogo, ci si duole della violazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 2, e del conseguente vizio di motivazione nella parte in cui la Corte ha escluso la qualificazione giuridica del fatto nell'ipotesi lieve di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, in mancanza di un accertamento sulla sostanza oggetto di scambio e, quindi, sulla natura, sulla qualita', sulla quantita' e sul numero di dosi estraibili. 21.2.4. Con una quarta censura, si contesta la violazione dell'articolo 62-bis c.p. laddove e' stata negata la concessione delle circostanze attenuanti generiche omettendo di valutare tutti quegli elementi rilevanti per una commisurazione adeguata dalla pena al caso concreto, senza rilevare che i precedenti dell'imputato sarebbero molto risalenti e omettendo di valutare altri aspetti della personalita' e della vita del (OMISSIS) emersi nel corso del procedimento. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Va premesso che la quasi totalita' delle censure - all'esame delle quali si procedera' con riferimento alle posizioni dei singoli imputati - sono inammissibili perche' dirette, con argomentazioni in parte generiche e in parte manifestamente infondate, ad ottenere una rivalutazione di elementi gia' presi adeguatamente in considerazione dai giudici di merito, riducendosi ad una mera contestazione delle risultanze emerse dalla motivazione, senza la prospettazione di elementi puntuali, precisi e di immediata valenza esplicativa tali da dimostrare un'effettiva carenza motivazionale su punti decisivi del gravame (ex plurimis, Sez. 5, n. 34149 del 11/06/2019, Rv. 276566; Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rv. 276970). Nella maggior parte dei casi, a fronte della ricostruzione e della valutazione della Corte di appello, i ricorrenti non offrono la compiuta rappresentazione e dimostrazione, di alcuna evidenza (pretermessa ovvero infedelmente rappresentata dal giudicante) di per se' dotata di univoca, oggettiva e immediata valenza esplicativa, tale, cioe', da disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo della decisione impugnata, per l'intrinseca incompatibilita' degli enunciati. 1.1. Deve ricordarsi, in punto di diritto, che la rilevabilita' del vizio di motivazione soggiace alla verifica del rispetto delle seguenti regole: a) il vizio deve essere dedotto in modo specifico in riferimento alla sua natura (contraddittorieta' o manifesta illogicita' o carenza), non essendo possibile dedurre il vizio di motivazione in forma alternativa o cumulativa; infatti non puo' rientrare fra i compiti del giudice della legittimita' la selezione del possibile vizio genericamente denunciato, pena la violazione dell'articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera c), (ex plurimis, Sez. 2, n. 39138 del 10/09/2019; Sez. 2, n. 37298 del 28/06/2019); b) per il disposto dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), il vizio della motivazione deve essere desumibile dalla lettura del provvedimento impugnato, nel senso che esso deve essere "interno" all'atto-sentenza e non il frutto di una rivisitazione in termini critici della valutazione del materiale probatorio, perche' in tale ultimo caso verrebbe introdotto un giudizio sul merito valutativo della prova che non e' ammissibile nel giudizio di legittimita': di qui discende, inoltre, che e' onere della parte indicare il punto della decisione che e' connotata dal vizio, mettendo in evidenza nel caso di contraddittorieta' della motivazione i diversi punti della decisione dai quali emerga il vizio denunciato che presuppone la formulazione di proposizioni che si pongono in insanabile contrasto tra loro, si' che l'accoglimento dell'una esclude l'altra e viceversa (ex plurimis, Sez. 2, n. 11992 del 10/04/2020; Sez. 2, n. 20677 dell'11/04/2017, Rv. 270071); c) il vizio di motivazione deve presentare il carattere della essenzialita', nel senso che la parte deducente deve dare conto delle conseguenze del vizio denunciato rispetto alla complessiva tenuta logico-argomentativa della decisione. Infatti, sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', la stessa illogicita' quando non manifesta, cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (ex plurimis, Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021; Sez. 6, n. 2972 del 04/12/2020, dep. 2021, Rv. 28058902). 1.1.1. Inoltre, in tema di impugnazione, il requisito della specificita' dei motivi implica, a carico della parte impugnante, non soltanto l'onere di dedurre le censure che intenda muovere in relazione ad uno o piu' punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi fondanti le censure medesime, al fine di consentire al giudice di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (ex plurimis, Sez. 6, n. 17372 del 08/04/2021, Rv. 281112). Ne consegue che il ricorrente che intende denunciare contestualmente, con riguardo al medesimo capo o punto della decisione impugnata, i tre vizi della motivazione deducibili in sede di legittimita' ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), ha l'onere - sanzionato a pena di a-specificita', e quindi di inammissibilita', del ricorso - di indicare su quale profilo la motivazione asseritamente manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali manifestamente illogica, non potendo attribuirsi al giudice di legittimita' la funzione di rielaborare l'impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dei motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio, in quanto i motivi aventi ad oggetto tutti i vizi della motivazione sono, per espressa previsione di legge, eterogenei ed incompatibili, quindi non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento ad un medesimo segmento della motivazione (ex plurimis, Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, Rv. 277518). Inoltre, deve ricordarsi, che la mancanza di specificita' del motivo va ritenuta non solo per la sua indeterminatezza, ma anche per la mancata correlazione tra le ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non puo' ignorare le esplicitazioni del giudice censurato. Pertanto, e' inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l'atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicita' della motivazione (ex plurimis, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rv. 276970; Sez. 3, n. 44882 del 18/08/2014, Rv. 260608; Sez. 2, n. 29108 del 15/07/2011). 1.1.2. Parimenti, e' inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell'articolo 192 c.p.p., anche se in relazione all'articolo 125 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), per censurare l'omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all'ammissibilita' delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullita' (Sez. U., n. 29541 del 16/07/2020, Rv. 280027 - 04). 1.2. Tali principi trovano applicazione anche in relazione al sindacato sui vizi della motivazione relativa alla determinazione della pena e alla valutazione delle circostanze. 1.2.1. La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalita' del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, e' sufficiente che dia conto dell'impiego dei criteri di cui all'articolo 133 c.p. con espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure con il richiamo alla gravita' del reato o alla capacita' a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (ex multis, Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243). 1.2.2. Inoltre, al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente (ex plurimis, Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Rv. 279549 - 02; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Rv. 259899). 1.2.3. In terzo luogo, va ricordato che, ai fini della determinazione della pena, il giudice puo' tenere conto piu' volte del medesimo dato di fatto sotto differenti profili e per distinti fini senza che cio' comporti lesione del principio del ne bis in idem (ex plurimis, Sez. 3, n. 17054 del 13/12/2018, dep. 2019, Rv. 275904 - 03; Sez. 2, n. 24995 del 14/05/2015, Rv. 264378; Sez. 2, n. 933 del 11/10/2013, dep. 2014, Rv. 258011). 1.3. Nell'approcciarsi alla disamina che seguira', deve infine richiamarsi il costante insegnamento di questa Suprema Corte, secondo il quale, in presenza di un articolato compendio probatorio, non e' consentito limitarsi ad una valutazione atomistica e parcellizzata dei singoli elementi, ne' procedere ad una mera sommatoria di questi ultimi, ma e' necessario, preliminarmente, valutare i singoli elementi indiziari per verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti) e l'intrinseca valenza dimostrativa (di norma possibilistica) e successivamente procedere ad un esame globale degli elementi certi, per accertare se la - astratta - relativa ambiguita' di ciascuno di essi isolatamente considerato, possa in una visione unitaria risolversi, consentendo di attribuire il reato all'imputato "al di la' di ogni ragionevole dubbio" e cioe', con un alto grado di credibilita' razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all'ordine naturale delle cose e della normale razionalita' umana (ex multis, Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, dep. 2021, Rv. 280605 - 02; Sez. 1, n. 20461 del 12/04/2016, Rv. 266941; Sez. 1, n. 44324 del 18/04/2013, Rv. 258321). 1.3.1. A questo proposito, occorre ulteriormente rilevare - basandosi tutti i ricorsi, in misura piu' o meno estesa, su una richiesta di nuova valutazione delle risultanze probatorie - che l'interpretazione e la valutazione del contenuto di queste costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita', se non nei limiti della manifesta illogicita' ed irragionevolezza della motivazione (ex plurimis, Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Rv. 282337; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, Rv. 268389; Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Rv. 263715; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Rv. 257784). Con specifico riferimento all'interpretazione delle risultanze delle intercettazioni delle conversazioni ambientali e telefoniche, il giudice di merito e' libero di ritenere che l'espressione adoperata assuma, nel contesto della conversazione, un significato criptico, specie allorche' non abbia alcun senso logico nel contesto espressivo in cui e' utilizzata ovvero quando emerge, dalla valutazione di tutto il complesso probatorio, che l'uso di un determinato termine indica altro, anche tenuto conto del contesto ambientale in cui la conversazione avviene (Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, Rv. 267650). Inoltre, deve ricordarsi che, nell'attribuire significato ai contenuti delle intercettazioni, il giudice del merito deve dare mostra dei criteri adottati per attribuire un significato piuttosto che un altro. E tale iter argomentativo e' certamente censurabile in cassazione, ma soltanto ove si ponga al di fuori delle regole della logica e della comune esperienza mentre e' possibile prospettare una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformita' risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 5, n. 1532 del 09/09/2020). 1.3.2. Con particolare riferimento al caso di conversazioni intercorse tra l'imputato e altri soggetti intranei alla medesima associazione, inconsapevoli della captazione in corso, le stesse non sono assimilabili a dichiarazioni "de relato", soggette a verifica di attendibilita' della fonte primaria, ma hanno valore di prova diretta, in quanto i loro contenuti sono frutto di un patrimonio condiviso, derivante dalla circolazione, all'interno del sodalizio, di informazioni e notizie relative a fatti di interesse comune degli associati (ex plurimis, Sez. 2, n. 49082 del 17/04/2018, Rv. 274808). E va esclusa la necessita' di riscontri ai sensi dell'articolo 192 c.p.p., comma 3, nel caso di intercettazioni telefoniche captate fra terzi, dalle quali emergano elementi di accusa nei confronti dell'indagato, fatto salvo l'obbligo del giudice di valutare il significato delle conversazioni intercettate secondo criteri di linearita' logica (ex plurimis, Sez. 5, n. 48286 del 12/07/2016, Rv. 268414). Infine, va rilevato che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, (ex plurimis, Sez. U., n. 22471 del 26/02/2015, Rv. 263714). 2. Le considerazioni appena svolte si attagliano pienamente al ricorso proposto da (OMISSIS), il quale e' inammissibile. 2.1. Il primo motivo - con cui si lamenta la violazione dell'articolo 192 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), - e' inammissibile perche' diretto, con argomentazioni in parte generiche e in parte manifestamente infondate, ad ottenere una rivalutazione di elementi gia' presi adeguatamente in considerazione dai giudici di merito, riducendosi ad una mera contestazione delle risultanze emerse dalla motivazione, senza la prospettazione di elementi puntuali, precisi e di immediata valenza esplicativa tali da dimostrare un'effettiva carenza motivazionale su punti decisivi del gravame. 2.1.1. Piu' dettagliatamente, la Corte di appello rende conto di come gli esiti delle indagini abbiano fornito l'inconfutabile prova della partecipazione del ricorrente all'associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, facendo emergere i rapporti istaurati da questo anche con (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre che la consapevolezza che il (OMISSIS) fosse al vertice di un sodalizio dedito al traffico di droga. Infatti, in data 14 agosto 2016 egli aveva preso appuntamento per una fornitura con il (OMISSIS) a cui, ad un certo punto, comunicava un ritardo, del quale il (OMISSIS) informava conseguentemente (OMISSIS). I movimenti di quest'ultimo sono stati monitorati attraverso il Gps e cio' ha consentito di rilevare che, all'ordine impartito da (OMISSIS), (OMISSIS) partiva da via Bottego per giungere, percorrendo strade secondarie, nel solito luogo di incontro utilizzato da (OMISSIS) ed (OMISSIS), ove peraltro anche il (OMISSIS) giungeva unitamente alla sua fidanzata (OMISSIS) tre minuti dopo avere ricevuto lo squillo di (OMISSIS) che preannunciava il suo arrivo e che veniva localizzato in (OMISSIS) nel medesimo orario e nel medesimo luogo in cui si trovavano (OMISSIS) prima e (OMISSIS) poi. I successivi messaggi tra (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno dato conferma del buon esito della cessione; e' stato ritenuto evidente, quindi, che nella circostanza (OMISSIS) ebbe a ricevere la droga da (OMISSIS), nessun'altra spiegazione potendosi dare alla richiesta del (OMISSIS); a cio' e' stato aggiunto che il tutto avveniva sotto la supervisione proprio del (OMISSIS) e della (OMISSIS). D'altro canto, se alla cessione avesse dovuto provvedere il solo (OMISSIS) non vi sarebbe stata necessita' alcuna che sul luogo dell'appuntamento giungesse anche il (OMISSIS). Inoltre, l'intercettazione degli sms e la localizzazione del Gps della vettura del (OMISSIS) hanno provato come era sempre lui a consegnare la droga il 20 agosto 2016 all' (OMISSIS) nei pressi dell'ospedale di (OMISSIS) ove questo si era recato ad accompagnare la moglie che era in stato di gravidanza. Quanto, invece, all'episodio del 23 agosto 2016, il contestuale servizio di osservazione condotto unitamente al monitoraggio degli sms sui telefoni in uso al (OMISSIS) e diretti all' (OMISSIS) ha permesso di riscontrare come (OMISSIS) e (OMISSIS), a bordo dell'auto in uso a quest'ultimo, giungevano nelle vicinanze degli impianti sportivi presenti nella zona industriale di (OMISSIS) ove era stato fissato l'appuntamento con (OMISSIS) per la consegna della fornitura; i due dialogavano con questo fuori dalle rispettive autovetture per circa 40 minuti e successivamente ripartivano. Anche il 31 agosto 2016, dopo avere concordato l'incontro per una fornitura di droga, (OMISSIS) incaricava (OMISSIS) di recarsi all'appuntamento con (OMISSIS); (OMISSIS), come sempre, un'ora prima dell'appuntamento con (OMISSIS) si recava in via (OMISSIS) per prelevare lo stupefacente che temporaneamente portava con se' presso la propria abitazione di via (OMISSIS), dalla quale ripartiva subito dopo la conversazione telefonica avuta con (OMISSIS) alle 14:33 circa, alle successive 14:41 raggiungeva via (OMISSIS) e, davanti all'ingresso dell'ospedale di (OMISSIS), incontrava (OMISSIS). Dunque, del tutto correttamente, la Corte di appello, differentemente da quanto ipotizzato dalla difesa, ne ha dedotto che il ricorrente riceveva la propria fornitura da (OMISSIS) con una certa sistematicita', dopo avere preso accordi con il (OMISSIS); egli quindi ben sapeva che quest'ultimo poteva disporre della collaborazione del secondo, ossia non puo' negarsi che l' (OMISSIS) fosse ben consapevole di muoversi all'interno di un contesto associativo. Uno scambio di messaggi intercorso fra lui e (OMISSIS) prova come tale consapevolezza vi fosse anche in chi acquistava la droga dal ricorrente medesimo; in essi, infatti, Petracca, utilizzando un linguaggio criptico che faceva riferimento ad una fantomatica ragazza, in realta' intendeva consolidare i traffici commerciali che aveva gia' con (OMISSIS) e, per il suo tramite, con l'intera organizzazione guidata da (OMISSIS). Dopo aver ribadito la sua attenzione alla puntualita' nei pagamenti e garantito il rispetto di ogni obbligo legato all'illecita attivita', dimostrava la sua vicinanza ad (OMISSIS) e ai suoi sodali richiedendo forniture piu' consistenti di narcotico; (OMISSIS), dal canto suo, accettava la proposta stabilendo un incontro per la giornata successiva. Proprio il riferimento alla famiglia, in maniera perfettamente logica, e' stato ritenuto idoneo dal giudice di secondo grado a provare la consapevolezza anche dei clienti dell' (OMISSIS) che questi si muovesse all'interno di un contesto associativo del quale voleva fare parte. 2.2. La seconda doglianza - con cui si contesta la violazione degli articoli 581 e 597 c.p.p. nonche' la mancata esclusione dell'aggravante Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74, comma 4, - e' inammissibile. Preliminarmente e' necessario puntualizzare che la Corte di appello non ha escluso in radice, per tutti i sodali e quindi sul versante oggettivo, il carattere armato dell'associazione, ma si e' limitata, in accoglimento dei motivi di appello proposti da alcuni partecipi, con cui si intendeva far valere la mancata conoscenza della detenzione di armi quindi il carattere armato dell'associazione, a non applicare, solo nei loro confronti, la contestata aggravante con conseguente rideterminazione della pena. Quanto invece alla posizione di (OMISSIS), e' necessario rilevare come manchi nell'atto di appello la specifica contestazione in ordine alla consapevolezza del carattere armato dell'associazione, non potendosi ritenere questa implicita nel generico motivo formulato in ordine alla semplice consapevolezza della partecipazione all'associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Invero, in linea generale, costituisce orientamento consolidato nella giurisprudenza di questa Corte ritenere sistematicamente non consentita la proposizione per la prima volta in sede di legittimita' di uno dei possibili vizi della motivazione, con riferimento a profili richiamabili, ma non richiamati, nell'atto di appello, sia pur collegati, come e' ovvio, all'inquadramento giuridico del fatto di reato contestato al ricorrente ed alle sue circostanze. A ritenere altrimenti, infatti, il giudice di legittimita' potrebbe disporre un annullamento del provvedimento impugnato in relazione ad un punto della decisione in ipotesi inficiato dalla mancata, contraddittoria o manifestamente illogica considerazione di elementi idonei a fondare il dedotto vizio di motivazione, ma intenzionalmente sottratti alla cognizione del giudice di appello. Riconoscendo la possibilita' di estendere il suo sindacato anche a vizi della motivazione non dedotti in appello, invero, il giudice di legittimita' sarebbe anche indebitamente chiamato ad operare valutazioni di natura fattuale funzionalmente devolute alla competenza del giudice di merito di secondo grado; dall'altro canto, sarebbe facilmente diagnosticabile in anticipo un inevitabile difetto di motivazione della sentenza impugnata, avuto riguardo al punto della decisione oggetto di appello, in riferimento ad elementi che in quella sede non avevano costituito oggetto della richiesta di verifica giurisdizionale, ma siano stati richiamati solo ex post a fondamento del ricorso per cassazione (ex plurimis, Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, Rv. 280306; Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, Rv. 279903; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Rv. 276062; Sez. 3, n. 57116 del 29/09/2017, Rv. 271869; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Rv. 270316; Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, Rv. 269368). Sintetizzando all'essenziale, non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perche' non devolute alla sua cognizione (Sez. 5, n. 28514 del 23/4/2013, Rv. 255577). Nel caso di specie, il ricorrente, per sua stessa affermazione, si e' limitato a contestare esclusivamente la sussistenza della consapevolezza della partecipazione all'associazione e non, specificatamente, l'ulteriore consapevolezza del carattere armato dell'associazione stessa; correttamente dunque il giudice di secondo grado non si e' pronunciato su tale secondo profilo e, conseguentemente, non puo' non rilevarsi come oggi la questione sia preclusa in sede di legittimita', mancando qualsiasi onere di motivazione a monte in assenza di una specifica contestazione. Analoghe conclusioni devono trarsi con riferimento all'applicazione dell'aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 3. Essa non e' stata oggetto di specifico motivo in sede di appello; quindi, deve ritenersi assente qualsiasi onere di motivazione sul punto in capo al giudice di secondo grado, il quale, comunque, operando una puntuale ricostruzione dei fatti e richiamando le numerose intercettazioni ambientali e telefoniche ove compare anche il ricorrente, non ha mancato di rilevare come risulti infondata la doglianza - formulata da altri ricorrenti - relativa al numero di partecipanti superiore a dieci, tale essendo indubbiamente risultato il numero dei sodali. 2.3. Il terzo motivo di ricorso - con cui si deduce la violazione dell'articolo 629 c.p. con riferimento al capo 25) dell'imputazione, difettando la prova degli elementi costitutivi del reato di estorsione - e' inammissibile perche' diretto, con argomentazioni in parte generiche, ottenere una rivalutazione di elementi presi adeguatamente in considerazione dai giudici di merito. Valgono sul punto le considerazioni gia' svolte sub 2.1., da intendersi come richiamate. La Corte di appello ha infatti dato conto in modo chiaro e coerente di come il reato in esame riguardi la richiesta inoltrata, con violenza e minaccia, a (OMISSIS) e alla sua famiglia, di una somma di denaro pari a Euro 600,00, quale compenso per le forniture di droga effettuate dall' (OMISSIS). Logicamente e' stato ritenuto che la natura illecita del debito derivi dalla lettura congiunta di diversi elementi: in primis lo (OMISSIS) si preoccupava del fatto che il padre non venisse a sapere nulla del debito, segno che questo non aveva origini lecite; in secondo luogo, se fosse stato di natura lecita, l' (OMISSIS) avrebbe avuto un qualsivoglia titolo per azionarlo e riceverne soddisfacimento; in terzo luogo non sono emersi rapporti di altro genere - ne' la difesa li ha addotti in appello - che costituiscano una valida alternativa lettura delle emergenze investigative; la minaccia, poi, era assolutamente idonea a coartare la volonta' dello (OMISSIS) e della madre alla luce dell'insistenza, della prospettazione di attentare anche all'incolumita' fisica della persona offesa, dei pregressi rapporti fra i due, allorquando, in analoga situazione, lo (OMISSIS) era stato malmenato dall'imputato. Circostanza, quest'ultima, che e' stata dedotta dalle dichiarazioni della madre, (OMISSIS), ma anche dall'arrendevolezza dello (OMISSIS). che, nel corso di una delle conversazioni, al fine di tranquillizzare il suo creditore, dichiarava di essere pronto a prendere anche degli schiaffi. Considerata la natura illecita del debito e tenuto conto che le minacce venivano rivolte anche ad un soggetto terzo estraneo al rapporto debitorio, ossia la madre dello (OMISSIS), correttamente si e' ritenuto che il fatto non potesse essere ascritto alla fattispecie di cui all'articolo 393 c.p., come preteso dalla difesa. In punto di diritto, infatti, deve ricordarsi che e' configurabile il delitto di estorsione, e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone, in presenza di una delle seguenti condizioni relative alla condotta di esazione violenta o minacciosa di un credito: a) la sussistenza di una finalita' costrittiva dell'agente, volta non gia' a persuadere ma a costringere la vittima, annullandone le capacita' volitive; b) l'estraneita' al rapporto contrattuale di colui che esige il credito, il quale agisca anche solo al fine di confermare ed accrescere il proprio prestigio criminale attraverso l'esazione con violenza e minaccia del credito altrui; c) la condotta minacciosa e violenta finalizzata al recupero del credito sia diretta nei confronti non soltanto del debitore ma anche di persone estranee al sinallagma contrattuale (ex plurimis, Sez. 2, n. 5092 del 20/12/2017, dep. 2018, Rv. 272017; Sez. 2, n. 11453 del 17/02/2016, Rv. 267123; Sez. 2, n. 44657 del 08/10/2015, Rv. 265316). Nel caso di specie la Corte di appello, perfettamente in linea con la richiamata giurisprudenza, ha evidenziato come non potesse dirsi che l' (OMISSIS) avesse un titolo e men che meno che potesse eventualmente azionarlo nei confronti della madre dello (OMISSIS) cui egli si era rivolto per il soddisfacimento della sua pretesa, specificando ancora che ove l'origine fosse stata lecita, l'aver tentato il soddisfacimento con minaccia nei confronti della madre, terza estranea rispetto al rapporto debitorio che non aveva assunto alcuna garanzia ne' scritta ne' di fatto per il debito del figlio, integra comunque l'ipotesi estorsiva; e' stato infatti escluso che la (OMISSIS) avesse mai assunto volontariamente la posizione di garante, mentre la sua condotta era chiaramente diretta ad evitare che il figlio subisse le conseguenze, in termini di incolumita' fisica, derivanti dal suo inadempimento. Se ella ad un certo punto ammetteva che avrebbe provveduto personalmente all'estinzione, cio' avveniva solo a seguito delle minacce subite per far tacitare i propositi criminosi dell' (OMISSIS) che gia' in passato aveva malmenato il figlio; giammai quindi questa partecipo' alla genesi del rapporto obbligatorio e in nessuna occasione assunse la posizione debitoria del figlio. In considerazione di quanto sopra, anche ove la natura del credito fosse stata lecita, la condotta assunta nei suoi confronti, terza estranea al rapporto obbligatorio, correttamente e' stata ritenuta elemento costitutivo del reato di estorsione. 2.4. Il quarto motivo di ricorso - con cui si censura la violazione degli articoli 62-bis e 81 c.p. - e' parimenti inammissibile. Quanto al primo, la Corte territoriale ha riconosciuto l'assenza di elementi positivi che potessero giustificare la concessione delle invocate circostanze attenuanti generiche, aggiungendo che il ricorrente non ha mai assunto un atteggiamento collaborativo o anche solo ammissivo e non ha mai provveduto a risarcire il danno; per contro e' stato evidenziato come sussistessero elementi di segno contrario, che hanno correttamente indotto al rigetto della richiesta delle attenuanti generiche: il certificato del casellario giudiziale e' stato ritenuto particolarmente illuminante circa la personalita' negativa dell' (OMISSIS), avendo egli riportato diverse condanne, di cui tre per il medesimo titolo di reato. Quanto invece agli aumenti di pena a titolo di continuazione, e' stato considerato che in primo grado il giudice, a fronte della gravita' del reato estorsivo le cui modalita' sono risultate particolarmente invasive e dolorose avendo interessato anche la madre della vittima, si e' limitato ad indicare un aumento pari a soli 6 mesi di reclusione e che per ciascuno degli episodi di spaccio la stessa e' stata contenuta in 3 mesi di reclusione; conseguentemente la pena irrogata e' stata ritenuta congrua ed equa, anche tenendo conto del fatto che e' stato omesso qualsivoglia aumento per la contestata aggravante dall'essere l'associazione formata da piu' di dieci persone. 3. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. 3.1. Il primo motivo di doglianza, con il quale si denunciano - la violazione di legge con riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e all'articolo 192 c.p.p., comma 2, ed il vizio di motivazione del provvedimento impugnato - e' inammissibile. La difesa si e' limitata a sottoporre una serie di aspetti esclusivamente valutativi della vicenda in esame, e pertanto preclusi al sindacato di questa Suprema Corte. In ogni caso, deve essere considerata logica e coerente la valutazione degli elementi probatori operata dalla Corte di appello, da cui emerge come la droga acquistata dall'imputato non potesse essere utilizzata dallo stesso per il mero consumo personale, attraverso il richiamo puntuale a conversazioni telefoniche captate, nelle quali il (OMISSIS), rivolgendosi al ricorrente, faceva esplicito riferimento all'attivita' di pesatura, invitando l'interlocutore al controllo della quantita' della sostanza ricevuta. Da un'ulteriore intercettazione si desume con certezza che l'imputato possedesse nella sua abitazione un quantitativo di stupefacente superiore a quello necessario per soddisfare il suo fabbisogno personale, tanto che, ove la polizia giudiziaria fosse stata assistita, nella sua attivita' di perquisizione dell'abitazione del (OMISSIS), da unita' cinofile, lo stesso si sarebbe trovato in seri problemi con la giustizia; paura che non si sarebbe manifestata ove lo stesso avesse posseduto stupefacenti per il solo consumo personale. 3.2. La seconda censura - riferita alla pretesa violazione degli articoli 62-bis, 99 e 133 c.p., e al vizio di motivazione del provvedimento impugnato - e' inammissibile. La quantificazione della pena operata dalla Corte territoriale deve considerarsi adeguata, tenuto conto della gravita' delle condotte contestate all'imputato e del corretto riconoscimento della recidiva. Infatti - posto che il giudice e' tenuto a verificare in concreto se la reiterazione dell'illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza della condotta e di pericolosita' del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualita' e al grado di offensivita' dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneita' esistente tra loro, all'eventuale occasionalita' della ricaduta e ad ogni altro parametro individualizzante significativo della personalita' del reo e del grado di colpevolezza, al di la' del mero e indifferenziato riscontro formale dell'esistenza di precedenti penali - nel caso in esame il solo elemento della lontananza nel tempo delle condanne non e' sufficiente, poiche' concorrono, e risultano prevalenti, il numero elevato delle condanne per crimini in materia di sostanze stupefacenti, ben sette, e la mai dismessa capacita' criminale dell'imputato quale emerge dagli atti di causa, che rendono neutro il mero dato temporale ed inducono ad escludere le circostanze attenuanti generiche. 4. Il ricorso proposto da (OMISSIS) deve essere dichiarato inammissibile. 4.1. Il primo motivo - con cui si lamenta, in sostanza, la vaghezza dell'imputazione - e' manifestamente infondato. A differenza di quanto dedotto dalla difesa dell'imputato - e come ben evidenziato dalla Corte distrettuale - nel capo 40 e' specificatamente indicato ogni elemento costitutivo del reato ascritto in concorso. E' infatti richiamata la condotta illecita ("ricevevano per il successivo spaccio"), sono puntualizzate le modalita' ("ricevevano da (OMISSIS) e (OMISSIS)"), e' specificata la tipologia di droga consegnata ("imprecisati ma consistenti quantitativi di eroina"), sono fissati il luogo di commissione del reato ("in (OMISSIS)") e il periodo temporale ("dal 5 ottobre 2016 al 4 marzo 2017"). 4.2. Il secondo motivo di ricorso - con cui si lamentano il travisamento del fatto, il travisamento della prova e la contraddittorieta' della motivazione - deve anch'esso essere dichiarato inammissibile. La Corte territoriale infatti, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa - quale si limita a riproporre in cassazione una doglianza gia' motivatamente disattesa - ha coerentemente motivato in punto di responsabilita' degli imputati. Si e' accertato, in particolare, come dalle stesse dichiarazioni del (OMISSIS) fosse emerso che costui talvolta prendeva 10 grammi di droga per assumerne 5 e venderne 5. Dalle indagini poi evidenziano i giudici d'appello - erano emerse le modalita' di distribuzione della sostanza stupefacente, la cui prova della destinazione allo spaccio e' facilmente evincibile dalla frequenza degli incontri cui seguivano consegne di forniture, assolutamente incompatibili con il mero uso personale (pagg. 20-21 della sentenza). 4.3. Il terzo e il quarto motivo di ricorso - relativi alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e dell'attenuante di cui all'articolo 62 c.p., comma 4, e all'applicazione della recidiva - sono parimenti inammissibili. Infatti, come rilevato dalla Corte d'appello, il fatto ascritto all'imputato non puo' essere ritenuto di modesta rilevanza, alla luce della frequenza degli approvvigionamenti e delle quantita' smerciate. Inoltre, come sottolineato nella sentenza impugnata, non e' presente alcun elemento positivo di giudizio che giustifichi una mitigazione del trattamento sanzionatorio. L'imputato, infatti, non ha mai assunto un atteggiamento resipiscente e la parziale ammissione dei fatti offerta da quest'ultimo acquista valore neutro a fronte della chiarezza delle emergenze investigative e della sua negativa personalita', desumibile dal certificato del casellario. 5. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e' inammissibile. 5.1. Il primo motivo di ricorso - con cui ci si duole della mancata riqualificazione del fatto di cui al capo di imputazione 37) nell'ipotesi lieve di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, sul rilievo che i coimputati che hanno definito il procedimento con patteggiamento hanno visto riconosciuta tale ipotesi - e' inammissibile. La giurisprudenza di legittimita' ha affermato che in tema di concorso di persone nel reato di cessione di stupefacenti, il medesimo fatto storico puo' essere ascritto ad un imputato ai sensi dell'articolo 73, comma 1, e ad un altro a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, qualora il contesto complessivo nel quale si collochi la condotta assuma caratteri differenti per ciascun correo. Ad esempio, si e' applicato tale principio a fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l'esclusione della ipotesi di lieve entita' per il venditore della sostanza perche', a differenza del compratore, aveva contatti stabili e continuativi con i grandi canali di approvvigionamento (Sez. 3, n. 16598 del 20/02/2020, Rv. 278945; Sez. 6, n. 2157 del 09/11/2018, dep. 2019, Rv. 274961). Un orientamento difforme ha sostenuto che in tema di concorso di persone nel reato di detenzione o cessione di sostanze stupefacenti, il medesimo fatto storico non puo' essere qualificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 1 o 4, nei confronti di alcuni concorrenti e contemporaneamente ricondotto nell'ambito dell'articolo 73, comma 5, nei confronti di altri, stante l'unicita' del reato nel quale si concorre, che non puo', quindi, atteggiarsi in modo diverso rispetto ai singoli concorrenti (Sez. 4, n. 30233 del 07/07/2021, Rv. 281836; Sez. 4, n. 34413 del 18/06/2019, Rv. 276676 - 02). La predette pronunce non hanno pero' trovato seguito, in quanto la giurisprudenza di legittimita' successiva ha ribadito che il contesto complessivo nel quale si collochi la condotta, deve essere valutato tenendo conto della quantita' di stupefacente trattato, nonche' dei mezzi, delle modalita' e delle circostanze dell'azione, per cui non si puo' affermare che vi sia unicita' del reato, stante i caratteri differenti che assume per ciascun correo (Sez. 3, n. 20234 del 04/04/2022, Rv. 283203). Nel caso di specie, la Corte di appello ha evidenziato che deve escludersi che il fatto possa essere ritenuto di lieve entita' alla luce del ruolo di primo ordine svolto da (OMISSIS): egli, infatti, oltre ad essere stato colui che si era portato direttamente dal fornitore per l'acquisto della droga, era anche colui che aveva provveduto alla consegna al (OMISSIS), garantendosi che quest'ultimo lasciasse il luogo convenuto in sicurezza. A queste considerazioni, i giudici di merito mostrano come assumano rilevanza sia la quantita' di droga sequestrata, oltre mezzo chilo, sia la sua posizione di supremazia rispetto a (OMISSIS). 5.2. Il secondo motivo di ricorso - con si deduce la violazione degli articoli 81 e 133 c.p., nonche' il connesso vizio di motivazione, in ordine al trattamento sanzionatorio - e' inammissibile. La Corte d'appello ha ben evidenziato che, dato il ruolo del ricorrente e data la quantita' di droga smerciata, si doveva erogare una pena superiore al limite al minimo edittale, seppur inferiore a quella applicata in primo grado. In ordine agli aumenti di pena per i reati posti in continuazione, a fronte della personalita' dell'imputato, particolarmente attivo nel rifornimento, nell'approvvigionamento e nella distribuzione della sostanza stupefacente, e della quantita' di merce smerciata, si e' correttamente ritenuto congruo un aumento pari a 6 mesi di reclusione, in quanto la pena conseguentemente irrogata e' stata ritenuta congrua ed equa. A fronte di tale motivazione, le ragioni del ricorso appaiono meramente riproduttive di doglianze gia' disattese in secondo grado e comunque fondate sul generico richiamo ad un atteggiamento positivo dell'imputato post delictum, in realta' inesistente. 6. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. 6.1. La prima doglianza - con la quale si denunciano il vizio di legge con riferimento alla mancata riduzione della pena nei confronti di (OMISSIS) quale partecipe dell'associazione a delinquere contestata sub capo A) della rubrica per effetto della ritenuta insussistenza dell'aggravante speciale relativa al "carattere armato dell'associazione", nonche' l'illogicita' della motivazione - e' inammissibile. Essendo tale motivo di ricorso sostanzialmente sovrapponibile a quanto dedotto dal coimputato (OMISSIS), puo' farsi rinvio alle considerazioni gia' svolte sub 2.2. 6.2. Il secondo motivo di ricorso - con il quale si denuncia la mancata applicazione dell'articolo 62-bis c.p. con giudizio di prevalenza rispetto alle contestate aggravanti - e' inammissibile. Si tratta, anche in questo caso, della mera riproduzione di una censura di appello, gia' generosamente considerata dei giudici di secondo grado, i quali hanno rivisitato in diminuzione il trattamento sanzionatorio valutando lo stato di incensuratezza e l'atteggiamento parzialmente collaborativo dell'imputato, ma anche richiamando la ripetitivita' della condotta e il carattere parziale dell'ammissione degli addebiti; mentre la difesa non adduce elementi ulteriori rispetto a quelli che furono oggetto di gravame. 7. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e' infondato. 7.1. Il primo motivo - con cui si deduce il vizio di motivazione e l'avvenuto travisamento della prova in considerazione del mancato riascolto dell'intercettazione ambientale n. 578 del 19 luglio 2016 ore 21:22 - e' inammissibile, perche' generico. Il ricorrente, infatti, non contesta la parte della motivazione del gravato provvedimento in cui vengono riassunti i motivi di appello e dai quali non emerge la richiesta di nuovo ascolto della citata intercettazione ne' tantomeno indica, in modo specifico e puntuale, quando tale richiesta sia stata effettuata e con quale provvedimento la Corte di appello gli abbia risposto rigettandola. Cio' posto, appare opportuno ricordare che l'intercettazione e' una prova precostituita, che non si forma in dibattimento e viene semplicemente rimessa, in un momento successivo, al giudice di merito per le sue determinazioni. Nel caso di specie, per di piu', la Corte di appello ha anche dato prova di conoscere il contenuto della suddetta intercettazione, avendola utilizzata per la stesura dell'impianto motivazionale. Tutto cio' premesso, rilevata la genericita' del motivo di ricorso proposto, anche per la mancata indicazione del preteso contenuto dell'intercettazione travisata, deve comunque ribadirsi il principio di diritto secondo il quale l'interpretazione delle risultanze delle intercettazioni delle conversazioni ambientali e telefoniche costituisce valutazione di merito. E l'iter argomentativo e' certamente censurabile in cassazione, ma soltanto ove si ponga al di fuori delle regole della logica e della comune esperienza, mentre e' possibile prospettare un'interpretazione del significato di un'intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformita' risulti decisiva ed incontestabile, conformemente ai principi gia' illustrati sub. 1.3.1. e 1.3.2. Conclusivamente, la Corte, in modo assolutamente logico, ha affermato che le indagini esperite in fase preliminare hanno portato gli inquirenti ad acquisire un dato: il (OMISSIS), nel contesto criminale in cui maturavano i fatti, era indicato come figlio del (OMISSIS), pur essendone il nipote, e a lui era associato l'appellativo " (OMISSIS)". 7.2. La seconda censura - con cui si lamenta il vizio di motivazione con specifico riferimento al passaggio in cui si assume che la riferibilita' del diminutivo "figlio" o " (OMISSIS)" alla persona dell'imputato possa essere desunta da un dialogo intrattenuto da (OMISSIS) con un altro uomo - e' inammissibile; valgono sul punto le considerazioni gia' svolte sub 1.3.1., 1.3.2., da intendersi come richiamate. Piu' nel dettaglio, la Corte ha evidenziato come il dato che la persona indicata quale figlio di (OMISSIS) o con l'appellativo " (OMISSIS)" fosse certamente l'imputato potesse desumersi da altri elementi, quale, ad esempio, il fatto che il 10 agosto 2016 (OMISSIS), a bordo del veicolo Volkswagen Golf, si era recato a (OMISSIS), proprio nel medesimo punto in cui il 19 luglio 2016 si era incontrato con (OMISSIS); questa volta pero', dopo essere sceso dal mezzo, (OMISSIS) si era avvicinato momentaneamente allo stesso mentre era intento a dialogare con un altro uomo la cui voce veniva riconosciuta, senza alcun dubbio, dal personale dei carabinieri di Brindisi in quella di (OMISSIS), precedentemente intestatario dell'autovettura utilizzata dal (OMISSIS) e sottoposta ad intercettazione. Due, quindi, erano gli elementi che portavano con certezza all'odierno imputato: il riconoscimento della voce e la pregressa intestazione dell'autovettura del (OMISSIS) a suo nome. Inoltre, dai messaggi inviati da (OMISSIS) a (OMISSIS) si e' rilevato che fra i due vi fossero in corso due tipi di transazioni economiche: la prima riguardava la vendita dell'auto da quest'ultimo al primo e la seconda il pagamento di forniture di droga; proprio l'elemento della precedente intestazione dell'auto condotta dal (OMISSIS) in capo al (OMISSIS) ha consentito la corretta conclusioni dei giudici di merito, perche' egli era certamente l'utilizzatore dell'utenza (OMISSIS) sulla quale venivano captati diversi messaggi inviati dallo (OMISSIS) e dal (OMISSIS) contenenti richieste di incontri per forniture ed accordi per pagamenti. Ne ha fornito riscontro lo scambio di messaggi in data 14 ottobre 2016, con cui il (OMISSIS) chiedeva di pazientare ancora qualche giorno garantendo comunque la consegna di Euro 2.000,00 per l'autovettura ed Euro 5.000,00 o 6.000,00 per le pregresse forniture: nei giorni successivi si accertava che presso l'abitazione di (OMISSIS) avveniva il pagamento di una fornitura da parte del (OMISSIS) che si serviva, allo scopo, dello (OMISSIS). Il mirato servizio di osservazione, controllo e pedinamento consentiva quindi ai carabinieri di accertare che (OMISSIS), a bordo della sua autovettura Fiat Punto, all'orario pattuito, si recava a (OMISSIS) ove, dai successivi accertamenti, risultava domiciliare (OMISSIS). Con specifico riferimento, poi, al riconoscimento della voce da parte degli operanti - a fronte dello scetticismo palesato dal ricorrente, il quale non ha comunque contestando che egli fosse il reale dialogante - va evidenziata la coerenza della conclusione dei giudici di primo e secondo grado, secondo cui e' piu' che plausibile che gli appartenenti alla polizia giudiziaria, costantemente impegnati sul fronte della repressione del traffico di stupefacenti e pertanto perfettamente in grado di riconoscere il timbro della voce di soggetti a loro noti, avessero compreso a chi appartenesse quella voce. La Corte ha correttamente ritenuto che proprio quegli elementi dei quali la difesa adduce l'irrilevanza provano inconfutabilmente il ruolo del (OMISSIS) e la sua vicinanza al (OMISSIS); infatti, questo ha effettuato l'incontro con il suo acquirente esattamente nello stesso luogo in cui precedentemente era avvenuto con (OMISSIS): la circostanza, lungi dall'essere una mera causalita', e' stata correttamente ritenuta, al contrario, il segno dell'ascrivibilita' del fatto al medesimo contesto. 7.3. La terza doglianza - con cui si censura il travisamento della prova nella misura in cui la Corte avrebbe omesso di considerare che la via (OMISSIS) non sarebbe mai stata il luogo ne' di residenza ne' di domicilio dell'imputato - e' infondato. E' infatti sufficientemente dimostrato che l'odierno ricorrente non fosse residente alla via (OMISSIS), tanto che la Corte, in motivazione, si e' limitata a riconoscere che lo stesso abbia domiciliato nel luogo in occasione dell'incontro con lo (OMISSIS) al fine di ricevere, per il suo tramite, il denaro dovuto dal (OMISSIS) per la cessione dello stupefacente e la vendita dell'autovettura, senza mai giungere ad affermare che l'imputato fosse li' residente. In tale quadro, e' privo di pregio e' il tentativo di contestare il dato fattuale appreso dalla polizia giudiziaria in sede di indagini con un dato formale, quale il certificato storico di residenza, che di per se' potrebbe essere in astratto inidoneo a destituire di fondamento tale ricostruzione ma la cui valenza concreta gia' stata motivatamente esclusa dalla Corte di appello, anche per la mancata indicazione da parte della difesa di un luogo alternativo di reale domicilio. 8. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. 8.1. Il primo motivo - riferito alla violazione del diritto di difesa conseguente all'acquisizione delle note del funzionario responsabile del centro di intercettazioni relative allo svolgimento delle operazioni, che avrebbe negativamente influito sulla scelta del rito e avrebbe introdotto nel procedimento atti inutilizzabili - e' manifestamente infondato. Come rilevato correttamente dalla Corte di appello, solo le eccezioni di cui all'articolo 491 c.p.p. impongono al giudice la decisione immediata; mentre sede di udienza preliminare, il giudice puo' scegliere di valutare la fondatezza di altre eccezioni - fra le quali quella della inutilizzabilita' delle disposte intercettazioni - in esito alla discussione. Nel caso in esame la difesa, dopo aver sollevato la eccezione concernente la utilizzabilita' delle intercettazioni disposte nell'ambito del presente procedimento, ha poi optato per il rito abbreviato, cosi' accollandosi il rischio che la decisione si fondasse anche sul loro contenuto. La possibilita' di postergare la decisione in esito alla discussione non ha procurato nessuna lesione del diritto di difesa, atteso che, ove la eccezione fosse stata ritenuta fondata, il giudice avrebbe deciso senza tenere conto del contenuto di quelle intercettazioni, cosi' compiendo un'operazione favorevole agli imputati. In caso contrario, le avrebbe utilizzate, ma il contenuto di quegli atti di indagine era gia' noto agli appellanti, facendo parte del fascicolo delle indagini. Dunque, l'imputato non ha subito, ne' avrebbe potuto subire, alcun pregiudizio (e questa probabilmente e' la ragione sottesa alla scelta legislativa di consentire la decisione delle eccezioni unitamente al merito), visto che l'opzione di essere giudicati allo stato degli atti comporta l'accettazione del rischio della loro integrale utilizzazione. In ordine all'eccezione relativa all'acquisizione delle 41 schede redatte dal funzionario responsabile del centro intercettazioni, non si tratta di schede acquisite in epoca successiva dal giudice di prime cure, ma di atti facente parti delle indagini preliminari e in particolare di quelle esperite a mezzo di intercettazioni telefoniche, che gia' facevano parte del fascicolo e la cui utilizzabilita' totale deriva dal rito prescelto; ne' la loro mancata iniziale trasmissione influisce sulla loro utilizzabilita'. I giudici di merito hanno offerto ampia e articolata giustificazione della infondatezza della eccezione, precisando correttamente che la condizione necessaria per l'utilizzabilita' delle intercettazioni e' che la registrazione - che consiste nell'immissione nella memoria informatica centralizzata (server), dei dati captati nella centrale dell'operatore telefonico - sia avvenuta per mezzo degli impianti installati in Procura, anche se le operazioni di ascolto, verbalizzazione e riproduzione dei dati registrati siano eseguite negli uffici di polizia giudiziaria" (Cass., Sez. Un., 26 giugno 2008, n. 36359). Tutte le attivita' di intercettazione eseguite nel procedimento in oggetto sono state disposte con altrettanti decreti ex articolo 267 c.p.p., con i quali si e' ordinato che le operazioni di intercettazione fossero compiute per mezzo degli impianti installati nella Procura della Repubblica ed eseguite, per quelle telefoniche, con le modalita' tecniche concordate con gli operatori di telecomunicazioni. La funzione di raccordo con gli operatori di telecomunicazioni, determinante per il pieno controllo del pubblico ministero sulle attivita' di intercettazione/registrazione e per garantire e dare conto - anche successivamente - del rispetto della disposizione ex articolo 268 c.p.p., viene svolta dal Centro di Intercettazione delle Telecomunicazioni, unita' organizzativa alla quale, con i decreti dispositivi del pubblico ministero, per ciascun bersaglio e' stato demandato il compito di provvedere agli adempimenti tecnici ed amministrativi di competenza, necessari per il tempestivo avvio dell'attivita' di intercettazione disposta. Cosi', nel procedimento in questione, il funzionario responsabile ha provveduto alla redazione delle note con le quali sono stati comunicati di volta in volta agli operatori di telecomunicazioni coinvolti, oltre ai parametri necessari per l'individuazione dell'apparecchio radiomobile da intercettare e ai parametri delle risorse di rete cui trasmettere i dati captati. 8.2. La seconda doglianza - riferita al capo A) di imputazione, in merito alla sussistenza di un sodalizio criminale e alla partecipazione ad esso dell'imputata e' inammissibile, in quanto ripropone una valutazione alternativa dei fatti gia' disattesa in primo e secondo grado. I giudici di merito hanno rilevato che il contributo della (OMISSIS) in favore del sodalizio capeggiato dal compagno si palesava chiaramente in occasione dell'episodio di cui al capo 8). In tale circostanza, ella era con (OMISSIS) sia nella fase del sopralluogo per la individuazione del posto in cui operare lo scambio, cercando, insieme a lui, la presenza di eventuali telecamere, sia nella fase finale in cui accompagnava, facendo da staffetta, il sodale, incaricato del trasporto da (OMISSIS). Inoltre, condivideva con (OMISSIS) valutazioni in ordine alle operazioni di acquisto dai fornitori di (OMISSIS) e strategie di scelta degli approvvigionamenti. Il compagno, infatti, riferiva alla (OMISSIS) ogni problematica afferente alle consegne di droga e questa a sua volta era sempre pronta a suggerimenti e considerazioni, come nel caso in cui i fornitori di (OMISSIS) non sembravano in grado di soddisfare la ulteriore richiesta di droga del (OMISSIS). L'imputata aveva un ruolo fondamentale anche in occasione del rifornimento del 29 luglio 2016, allorquando (OMISSIS) e (OMISSIS) dovevano incontrarsi per lo scambio droga-denaro. Temendo di essere controllati ( (OMISSIS) perche' aveva visto auto della polizia in giro, (OMISSIS) perche' temeva che fossero state installate delle microspie all'interno della sua macchina) la fissazione dell'appuntamento avveniva attraverso le apparecchiature telefoniche delle rispettive compagne. Ulteriormente, non e' trascurabile che il (OMISSIS) in almeno due occasioni (capo 9) sceglieva il punto in cui si trovava la abitazione della (OMISSIS) per effettuare le operazioni relative agli scambi o agli incontri con il (OMISSIS) che, poi da li', partiva con la moto per il Salento. A cio', la Corte di appello aggiunge la circostanza secondo cui a lei sarebbe spettata, come alle mogli di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), una corresponsione mensile da parte dell'associazione. 8.3. Il terzo motivo - con cui si censura la mancata qualificazione dell'associazione nella fattispecie di lieve entita', non emergendo dalle intercettazioni un'attivita' di spaccio di ingenti volumi di sostanza stupefacente - e' inammissibile, sia perche' formulato in modo non specifico, sia perche' afferente a un profilo che non era stato devoluto nel giudizio di appello, come emerge dal riassunto delle doglianze proposte, che la difesa non ha contestato. 8.4. Il quarto motivo di ricorso - con cui si lamenta la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, nonche' il vizio di motivazione, relativamente al capo 11) di imputazione - e' inammissibile, perche' riproduttiva di un rilievo gia' motivatamente disatteso in secondo grado. La Corte di appello evidenzia come si debba escludere che le quantita' di sostanza stupefacente consegnate al (OMISSIS) fossero esigue: elemento che risulta chiaro dall'ordine effettuato, da cui si evince che si trattasse di 250 grammi di cocaina e di 22 grammi di hashish. Di conseguenza, la fattispecie correttamente non e' stata ricondotta al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5. In ordine alla partecipazione della (OMISSIS), questa e' confermata dall'attivita' della polizia giudiziaria, che nel pomeriggio del 5 ottobre 2016, aveva predisposto un apposito servizio di osservazione, attraverso il quale e' stata documentata la fase in cui il (OMISSIS) e la ricorrente si recavano in Collemeto per l'illecita cessione a favore di (OMISSIS); e la ricostruzione era stata confermata da un dialogo intercettato. 8.5. La quinta doglianza - sul trattamento sanzionatorio, con riferimento alla determinazione degli aumenti di pena per la continuazione - e' inammissibile. La gradazione della pena si fonda anche sulle modalita' dell'azione, che possono comportare una diversa quantificazione della sanzione, in relazione al ruolo svolto dal singolo correo. In ogni caso, la Corte di appello ha logicamente dato conto della ragione per la quale gli aumenti per (OMISSIS) sono stati inferiori, ovvero per l'unico obiettivo di calmierare una pena per lui gia' molto elevata e non perche' le sue condotte fossero meno gravi di quelle poste in essere dalla (OMISSIS). 9. I ricorsi proposti da (OMISSIS) e (OMISSIS) sono solo parzialmente fondati. 9.1. Il primo motivo di doglianza - con cui si contesta la natura stabile del contributo dei ricorrenti - deve essere dichiarato inammissibile. Come rilevato nella sentenza impugnata, all'esito delle indagini investigative sono emersi plurimi elementi atti a dimostrare non solo la sussistenza di un sodalizio criminoso dedito al traffico di sostanze stupefacenti, ma anche la partecipazione a quest'ultimo da parte degli odierni imputati. Rispetto a tale sodalizio - evidenzia la Corte territoriale - il (OMISSIS) e il (OMISSIS) si ponevano come fornitori stabili, consegnando ripetutamente al (OMISSIS) e agli altri sodali cospicui quantitativi di droga. L'accordo criminoso, peraltro, prevedeva che le mogli percepissero una sorta di indennita' di Euro 250,00 settimanali, che diventavano 500,00 solo per la moglie di (OMISSIS) in ragione del ruolo apicale svolto. Inoltre, evidenzia la Corte d'appello, dalle stesse intercettazioni emergono con chiarezza non solo la prova dell'avvenuta fornitura, ma anche le modalita' e il quantitativo delle sostanze oggetto di spaccio. Piu' in particolare, la sentenza evidenzia la rilevanza dell'incontro del 24 luglio 2016, nel quale era maturato lo stabile rapporto tra (OMISSIS) e (OMISSIS) (pagg. 40-41 della sentenza), oltre alla presenza di contatti con altri soggetti, al di fuori di (OMISSIS), ad esempio (OMISSIS). Il ruolo di fornitore stabile in capo a (OMISSIS), come tale partecipe dell'associazione, e' ben delineato alle pagg. 46-48 della sentenza impugnata, nelle quali si descrive il suo rapporto con (OMISSIS), che emerge dalle dinamiche degli incontri e dall'entita' del denaro consegnato, e si evidenzia l'irrilevanza della mancata conoscenza diretta da parte di (OMISSIS), spiegabile con l'estraneita' di quest'ultimo rispetto al "canale di (OMISSIS)". 9.2. Il secondo motivo di ricorso, riferito al solo (OMISSIS), con cui si lamenta, tra l'altro, l'impossibilita' di configurare il suo concorso negli episodi del 12 e del 30 luglio 2016 (capo 9 dell'imputazione), e' parzialmente fondato. A fronte di una specifica censura proposta con l'atto di appello, la sentenza impugnata non contiene una motivazione riferibile in modo specifico alla responsabilita' penale per tali due episodi, che non vengono analizzati ne' descritti compiutamente. Ne' puo' supplire sul punto la sentenza di primo grado (pagg. 87 e ss.), la quale si concentra sull'accertamento e la descrizione dell'apporto causale di altri soggetti. Quanto all'episodio del 6 agosto 2016 - anch'esso oggetto di doglianza - la sentenza di secondo grado risulta, invece, pienamente sufficiente e logicamente coerente, laddove descrive analiticamente il ruolo dell'imputato, i contatti con (OMISSIS), le modalita' di consegna del denaro e degli stupefacenti, la cui natura e' chiaramente desumibile dall'elevata entita' del corrispettivo (pagg. 4648 della sentenza di appello; pagg. 98-99 della sentenza di primo grado). Ne deriva l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente agli episodi del 12 e del 30 luglio 2016, di cui al capo 9 dell'imputazione, con rigetto nel resto del suo ricorso. 9.3. Il terzo e il quarto motivo di censura - riferiti alla posizione di (OMISSIS) devono anch'essi essere dichiarati parzialmente fondati. Con riferimento all'incontro del 24 luglio 2016, la Corte territoriale ha evidenziato tanto il particolare contesto in cui questo era maturato quanto lo stabile rapporto che (OMISSIS) aveva allacciato con altri due imputati, cui (OMISSIS) risultava inscindibilmente legato per comunanza di interessi, e cioe' (OMISSIS) e (OMISSIS). Come rilevato nella sentenza impugnata, infatti, dalle indagini e dalle intercettazioni e' emersa la sussistenza di un legame forte fra i tre, che (OMISSIS) indica come soci di uno stesso sodalizio. Piu' precisamente, in occasione del controllo dei carabinieri subito da (OMISSIS) il 24 luglio 2016, dopo l'incontro con (OMISSIS), questi, commentando l'accaduto in auto con (OMISSIS), faceva intendere che fra i tre vi fosse piena interscambiabilita', tanto che i militari procedevano al controllo dell'uno o degli altri a seconda di quando questi fossero presenti sul territorio. Conseguentemente diventa logico desumere, come rilevato dai giudici d'appello, che anche ove l'organizzazione per la transazione di droga con (OMISSIS) fosse intervenuta per la prima volta il 24 luglio 2016, cio' non implica che nelle circostanze precedenti il (OMISSIS) non avesse partecipato alle forniture di narcotico rivestendo altro ruolo. In quel frangente, infatti, gli era stato assegnato il compito di provvedere alla materiale consegna della droga, compito in precedenza svolto, per lo piu', dal (OMISSIS). A fronte di tale ricostruzione, che si pone in linea con quella della sentenza di primo grado, la prospettazione difensiva appare diretta, inammissibilmente, a sminuire il contenuto della richiamata intercettazione. Con riferimento al capo 9, la difesa deduce la mancanza la motivazione quanto agli episodi del 12 luglio e del 6 agosto 2016, mentre non vi sarebbe un'indicazione della prova a supporto, quanto al fatto del 30 luglio 2016. A fronte di una specifica censura proposta con l'atto di appello, la sentenza impugnata contiene una motivazione riferibile in modo specifico alla responsabilita' penale per l'episodio del 30 luglio 2016 (sinteticamente descritto alla pag. 44), dove si specifica che il monitoraggio delle conversazioni della mattina successiva prova che (OMISSIS) era andato a (OMISSIS) dove, grazie all'ausilio di (OMISSIS), che aveva fatto da staffetta, aveva trasportato il narcotico a Collemeto, dove lo aspettava (OMISSIS), mentre (OMISSIS) aveva seguito l'operazione. Tale ricostruzione conferma la ben piu' analitica descrizione dei fatti e del compendio probatorio, rappresentato essenzialmente da intercettazioni, operata dal giudice di primo grado (alle pagine 93 e ss.). Deve invece rilevarsi che gli episodi del 12 luglio e del 6 agosto 2016, pur essendo oggetto di impugnazione, non vengono analizzati ne' descritti compiutamente dalla Corte d'appello. Ne' puo' supplire sul punto la sentenza di primo grado (pagg. 87 e ss.), la quale si concentra sull'accertamento e la descrizione dell'apporto causale di altri soggetti. Ne deriva l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente agli episodi del 12 luglio e del 6 agosto 2016, di cui al capo 9 dell'imputazione, con rigetto nel resto del suo ricorso. 10. Il ricorso di (OMISSIS) e' solo parzialmente fondato. 10.1. Il primo motivo di doglianza - sostanzialmente riferito alla partecipazione del ricorrente all'ipotizzata associazione criminale - e' inammissibile. Quanto all'appartenenza dell'imputato a due sodalizi distinti ed operanti su territori distinti, deve rilevarsi che, in linea generale, la struttura dell'associazione per delinquere non e', di per se', incompatibile con la contemporanea adesione di uno stesso soggetto a piu' sodalizi criminosi: infatti, un soggetto puo' aderire al progetto criminoso di una associazione e, nel medesimo contesto temporale, fare propri anche i propositi criminosi di altro sodalizio. Cio' premesso, la Corte di appello ha ritenuto, sulla base di quanto rilevato anche in ordine a (OMISSIS) e (OMISSIS), che la funzione di (OMISSIS) di fornitore stabile (seppur non in via esclusiva) del gruppo capeggiato dal (OMISSIS) e' elemento che prova il suo inserimento nella compagine associativa, con cui condivideva il fine di profitto ed a cui era legato per stabilita' di ruolo. L'accordo criminoso prevedeva, peraltro, che sua moglie ( (OMISSIS)) percepisse la stessa indennita' di 250,00 Euro settimanali - che diventavano 500,00 solo per la moglie di (OMISSIS) in ragione del ruolo apicale - che prendevano le altre donne, di cui si ha contezza attraverso una conversazione del (OMISSIS) che lo confidava il 12 luglio 2016, e che lo sapeva con certezza poiche' anche la sua fidanzata era stata ammessa al beneficio: tale circostanza e' fortemente sintomatica della comune appartenenza al medesimo centro di interessi, con ruoli diversificati. Stando a quanto dichiarato da (OMISSIS) nel corso di una conversazione captata in ambientale all'interno della sua vettura in occasione di un rifornimento del 24 luglio 2016, era proprio (OMISSIS) che ordinariamente si occupava di organizzare gli incontri con lui e questi si fidava ormai ciecamente della sua persona, perche' gli lasciava spazio di intervento; tanto che, dovendosi incontrare con (OMISSIS), e non con (OMISSIS), egli palesava una leggera preoccupazione per il cambio di correo con cui interfacciarsi, che poteva comportare modifiche nella organizzazione. Pertanto, risulta evidente la continuita' e la frequenza dei rapporti con (OMISSIS) che agiva nella piena consapevolezza che (OMISSIS) fosse un centro di interessi a cui far riferimento nel caso di rifornimento di droga in (OMISSIS). Significativa, sul punto, e' anche l'intercettazione ambientale del 18 luglio 2016, riferita al prezzo praticato. Ne' tale conclusione e' inficiata dal mancato riferimento di (OMISSIS) al gruppo di (OMISSIS), perche' egli ben poteva non essere a conoscenza diretta di tale canale di rifornimento. 10.2. La seconda censura, riferita alla responsabilita' penale per il capo 9) dell'imputazione e' inammissibile, in quanto richiede una rivalutazione delle intercettazioni, senza compiutamente evidenziare i profili di manifesta illogicita' dell'interpretazione che i giudici di merito ne hanno fatto. Anche a prescindere da tale assorbente considerazione, deve rilevarsi che, sulla base del compendio istruttorio, la Corte di appello ha evidenziato che l'imputato partecipava ad un incontro, voluto dal (OMISSIS) e finalizzato a parlare della cattiva qualita' dello stupefacente, tenutosi il 12 luglio 2016 presso il ristorante (OMISSIS). Egli era presente, come risulta dal fatto che, subito dopo l'appuntamento, (OMISSIS) aggiornava il sodale (OMISSIS) degli esiti dell'incontro, riferendogli che il (OMISSIS) era molto infuriato per l'arresto di (OMISSIS). E' centrale, sul punto, la conversazione intercettata del 18 luglio 2016, la cui pregnanza e' tale da rendere irrilevanti le considerazioni difensive circa la pretesa estraneita' dell'imputato alle fasi prodromiche e la pretesa assenza dello stesso all'incontro preparatorio del 12 luglio 2016. 10.3. Il terzo motivo - con cui si censura, in particolare, la violazione degli articoli 89, 62-bis c.p., articolo 81 c.p., comma 2, articoli 132 e 133 c.p., nonche' il connesso vizio di motivazione - e' parzialmente fondato. In ordine all'attenuante del vizio parziale di mente, la Corte di appello correttamente ha fatto applicazione dei principi, per cui la dichiarazione di vizio di mente in un procedimento penale non comporta alcuna conseguenza su procedimenti contestuali o successivi, neppure nel caso in cui i fatti oggetto di procedimento siano da considerarsi temporalmente sovrapponibili. In ogni caso, acquisiti gli esiti dell'accertamento peritale, la Corte d'appello ha ritenuto prevalente l'attenuante del vizio parziale di mente sull'aggravante del numero dei partecipanti all'associazione e ha corrispondentemente diminuito la pena. Invece, quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, che era stato oggetto di specifico motivo di appello, deve rilevarsi che la sentenza impugnata non da' una motivazione. Quanto, poi, all'aumento di pena per la continuazione, questo era stato in primo grado di un anno di reclusione, laddove si era tenuto conto erroneamente di due reati satellite anziche' di uno solo, ed e' stato di sei mesi in secondo grado, pur essendo diminuita la pena base, e senza che sia stata fornita una motivazione sul punto della sua quantificazione. Da quanto precede consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio, nei confronti di (OMISSIS), limitatamente all'omessa statuizione sulle circostanze attenuanti generiche e all'aumento per la continuazione; il ricorso deve essere nel resto rigettato. 11. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. 11.1. Il primo motivo - con cui si lamenta la violazione della legge penale in ordine alla utilizzabilita' delle intercettazioni poste a fondamento della sentenza impugnata - e' inammissibile, in quanto generico, potendosi richiamare sul punto quanto osservato sub. 8.1. A cio' deve aggiungersi che la Corte di appello, evidenzia correttamente che il presupposto legittimante le intercettazioni e' la sussistenza di indizi di reato: e' sufficiente che siano stati acquisiti elementi che inducono a ritenere in corso un'attivita' illecita per un reato per il quale il legislatore consente il ricorso a tale strumento di ricerca della prova. Nel caso in esame, era certamente sufficiente il materiale probatorio, gia' acquisito dagli organi inquirenti ed offerto al Gip, per la sussistenza di indizi di reato di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, e di associazione finalizzata a tale illecita attivita'. 11.2. Il secondo motivo - con cui si lamenta la violazione di legge in ordine al giudizio di responsabilita', poiche' fondato su dichiarazioni inerenti alle intercettazioni, nonche' il connesso vizio di motivazione - e' inammissibile, in quanto richiede una rivalutazione dell'interpretazione delle conversazioni captate non ammissibile in sede di legittimita'. Puo' comunque rilevarsi che la Corte di appello evidenzia come (OMISSIS) nel corso di una conversazione, ignorando di essere sottoposto a intercettazione, dichiarava di essere creditore della somma di Euro 15.000,00 da parte di un soggetto che aveva avuto credito per le intermediazioni di (OMISSIS). Inoltre, si rileva che il 12 luglio 2016 (OMISSIS) e (OMISSIS) erano giunti presso un'abitazione di (OMISSIS), dove l'avevano incontrato in quanto il predetto ricorrente prelevava droga per venderla per conto del (OMISSIS). Ulteriormente, i giudici di merito evidenziano come il quantitativo di droga, pari a 100 gr di cocaina, che (OMISSIS) aveva fatto ad annotare in corrispondenza del nome dell'imputato, non era compatibile con un uso meramente personale, come anche emergeva dalle conversazioni intercettate il 12 agosto 2016. 11.3. Il terzo motivo - con cui si denuncia la violazione di legge in ordine all'omesso riconoscimento della fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, - e' inammissibile, perche' e' diretto a sovrapporre alla motivazione della sentenza una rivalutazione arbitraria del quadro istruttorio. Come evidenziato dalla Corte d'appello, depongono in senso contrario alla prospettazione difensiva le quantita' acquistate per la successiva vendita e la ripetitivita' delle condotte, testimoniata dai conteggi effettuati dal (OMISSIS), che depongono per la elevata frequenza dei contatti: infatti, le indagini provavano che le condotte ascritte agli imputati consistevano in ripetuti prelievi di droga destinati al successivo smercio, inseriti in un contesto criminale capace di gestire rilevanti forniture e movimenti di denaro. 12. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. 12.1. La prima doglianza - essenzialmente riferita alla motivazione circa la prova della responsabilita' penale - e' inammissibile. In punto di diritto, occorre fare quanto gia' osservato sub 1.3.1., 1.3.2. circa la valutazione del contenuto di conversazioni intercettate. A fronte di una prospettazione difensiva basata su una mera lettura alternativa del quadro istruttorio, la motivazione della sentenza impugnata risulta pienamente sufficiente e logicamente coerente, perche' delinea un ampio quadro indiziario dal quale risulta dimostrato che l'imputato, pur evitando di fare esplicito riferimento nelle conversazioni captate alle sostanze stupefacenti, intendesse comunque riferirsi ad attivita' concernenti le medesime. Il ricorrente, infatti, in una telefonata captata il 4.11.2016, rivolgendosi a (OMISSIS), faceva esplicito riferimento all'attivita' di pesatura dello stupefacente, invitando il suo interlocutore al controllo della sua quantita'. In una ulteriore conversazione, captata il 7.11.2016, sempre fra (OMISSIS) e (OMISSIS), si desume chiaramente l'avvenuta cessione da parte del ricorrente al coimputato di ingenti quantita' di stupefacenti, che, come confermato dagli interlocutori, non e' stata ritrovata a seguito di perquisizione domiciliare, solo per il mancato utilizzo da parte dei militari delle unita' cinofile. Ad ulteriore prova dell'esercizio, da parte del ricorrente, di un'attivita' di spaccio professionale, vanno richiamate due conversazioni intercettate il giorno 1.11.2016, ove il (OMISSIS) viene piu' volte sollecitato, dal coimputato (OMISSIS), ad intervenire per rifornire diversi acquirenti che erano in attesa di ricevere stupefacenti. Con specifico riguardo alla contestazione di cui al capo 37), deve richiamarsi il ragionamento operato dalla Corte territoriale, che risulta logicamente argomentato, con il quale si spiega che, sebbene il soggetto che ha concretamente ceduto la sostanza stupefacente al (OMISSIS) nel parcheggio dell'Eurospin di Lecce non sia identificabile nel (OMISSIS), e' provato che si tratti di un soggetto che era in collegamento con quest'ultimo. Ne e' prova il fatto che, lo stesso (OMISSIS), giunto sul luogo dell'appuntamento, contattasse il ricorrente per informarlo del suo arrivo con la richiesta di farlo presente a chi doveva incontrarlo, perche' si recasse quanto prima sul luogo convenuto. Anche in una precedente occasione i fatti si erano svolti nella stessa maniera; precisamente il 10.09.2016, quando (OMISSIS) aveva dato direttive ad un terzo soggetto che si era recato presso il parcheggio di un supermercato, dove aveva incontrato il (OMISSIS). 12.2. Il secondo motivo di ricorso - con il quale si censurano la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, e articolo 133 c.p., nonche' l'illogicita' della motivazione del provvedimento impugnato - e' inammissibile. Nella coerente conforme valutazione dei giudici di primo e secondo grado, risulta pacificamente dimostrato che (OMISSIS), insieme a (OMISSIS), occupava una posizione sovraordinata rispetto a quella dei suoi originari coimputati, essendo il loro fornitore e dando prova di disporre di maggiori quantitativi di stupefacenti; giustificandosi, pertanto, il differente trattamento sanzionatorio fra i coimputati. Va ribadito inoltre che, in materia di sostanze stupefacenti, e' legittimo il mancato riconoscimento della lieve entita' qualora la singola cessione di una quantita' modica, o non accertata, di droga costituisca manifestazione effettiva di una piu' ampia e comprovata capacita' dell'autore di diffondere in modo non episodico, ne' occasionale, sostanza stupefacente, non potendo la valutazione della offensivita' della condotta essere ancorata al solo dato statico della quantita' volta per volta ceduta, ma dovendo essere frutto di un giudizio piu' ampio che coinvolga ogni aspetto del fatto nella sua dimensione oggettiva (ex plurimis, Cass. Sez.4, n. 40720 del 2017, Rv. 270767; Cass. Sez. 3 n. 6871 del 2016, Rv.269149). Il principio trova applicazione nel caso in esame, in cui le cessioni non risultano isolate ne' aventi ad oggetto modiche quantita' di stupefacenti, ma anzi la Corte territoriale ha delineato un quadro altamente professionale e sistematico delle attivita' di spaccio di ingenti quantita' di stupefacenti poste in essere dall'imputato; pertanto non vi e' alcun elemento positivo dal quale desumere l'applicabilita' dell'ipotesi di lieve entita' prevista dal comma 5 richiamati. Manifestamente infondata risulta, poi, la doglianza relativa al trattamento sanzionatorio, perche' - al contrario di quanto asserito dalla difesa - la motivazione della sentenza riguarda evidentemente sia la pena-base sia gli aumenti per la continuazione, essendo ancorata alla gravita' dei singoli fatti e alla negativa personalita' del soggetto, a fronte di un trattamento sanzionatorio complessivamente modesto. 13. Anche il ricorso proposto da (OMISSIS) - riferito alla mancata riqualificazione del fatto nell'ipotesi lieve di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, - e' inammissibile. Infatti, richiamati principi gia' affermati sub 5.1., non puo' non rilevarsi come la contestazione appaia assolutamente generica, limitandosi, la difesa, a rievocare, senza alcuna ulteriore precisazione, la sentenza con cui asseritamente, per il medesimo capo di imputazione, gli altri correi avrebbero definito la propria posizione processuale con applicazione della pena su concorde richiesta delle parti previa riqualificazione del fatto nell'ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, senza indicarne il numero o preoccuparsi di allegarla al ricorso per cassazione. Tuttavia, anche a prescindere dalla totale genericita' del motivo di ricorso de quo, la Corte di appello, con motivazione perfettamente logica, ha chiarito che, in considerazione della gravita' del fatto, deducibile dalla circostanza che il soggetto si e' reso responsabile del trasporto di ben 520 grammi di cocaina, e delle modalita' della condotta che evidenziavano professionalita' e destrezza, non era possibile ravvisare i presupposti per l'applicazione dell'ipotesi minore. 14. Il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) e' inammissibile. 14.1. Il primo motivo di ricorso - con cui si lamentano la violazione di legge e la mancanza ed illogicita' della motivazione in relazione alla ritenuta condotta di partecipazione al sodalizio contestato - e' inammissibile. La difesa, infatti, non si confronta con la motivazione fornita nella sentenza impugnata, limitandosi a reiterare censure gia' avanzate in appello e rigettate dalla Corte territoriale. Come rilevato nella sentenza censurata, infatti, gli elementi di prova acquisiti con le indagini preliminari e - in particolare - con le intercettazioni vanno in senso diametralmente opposto a quanto sostenuto dalla difesa. La Corte di appello, infatti, rileva come sia emerso non soltanto che il (OMISSIS) si occupo' del trasporto della droga in alcune circostanze ben individuate, ma che cio' aveva fatto con sistematica regolarita' numerose altre volte, seppur non individuate nella data precisa. Inoltre, che (OMISSIS) potesse contare sul contributo di (OMISSIS) quale corriere che utilizzava un mezzo a due ruote era chiaro anche ai sodali di (OMISSIS), come emerso dall'intercettazione di una conversazione intercorsa il 18 luglio 2016. In tale quadro, del tutto prive di riscontro e, comunque, irrilevanti risultano le affermazioni difensive secondo cui l'imputato non conosceva (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). La ricostruzione della sentenza d'appello trova, del resto, ampia conferma in quella di primo grado (pagg. 238-239), con la quale si salda sul piano logico. 14.2. Il secondo motivo di ricorso - riferito alla responsabilita' penale per i capi 1) e 9) della rubrica e alla mancata riqualificazione della contestazione mossa ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4 - e' parimenti inammissibile. Anche in questo caso, la difesa si limita a reiterare censure apodittiche volte ad ottenere una rivalutazione dei fatti preclusa allo scrutinio di questa Corte. La Corte d'appello, del resto, ha correttamente rilevato come, diversamente da quanto ipotizzato dalla difesa, (OMISSIS) fosse coinvolto nella transazione di droga, essendogli stato affidato il solito compito di trasportarla con la sua moto. L'attivita' di trasporto era, del resto, svolta regolarmente (pagg. 71 e 72 della sentenza impugnata). Quanto alla tipologia di droga trasportata, deve rilevarsi come la censura difensiva, peraltro limitata al capo 1) dell'imputazione, attinge un profilo - quello della configurabilita' del solo Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, - che non era stato specificamente sottoposto alla Corte d'appello. 14.3. Il terzo motivo di ricorso - con cui si denunciano la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione nonche' l'entita' degli aumenti di pena ex articolo 81 c.p. - e' inammissibile. La Corte d'appello infatti, nell'accogliere il motivo di impugnazione sull'aggravante del carattere armato dell'associazione, ha gia' ricalibrato il trattamento sanzionatorio, riconoscendo alle circostanze attenuanti generiche la prevalenza sulla residua aggravante (relativa al numero di persone che forma l'associazione) e modulando di conseguenza la diminuzione della pena. Quanto agli aumenti per la continuazione, i giudici d'appello hanno logicamente affermato che, alla luce della gravita' dei reati commessi, in considerazione delle quantita' di narcotico trasportate, gli stessi non potevano essere ridotti. 15. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. 15.1. La prima doglianza - con la quale si censurano la ritenuta responsabilita' per il reato associativo e la configurabilita' dell'aggravante del numero degli associati maggiore di dieci unita' - e' inammissibile. La censura relativa alla mancata configurazione della fattispecie associativa deve considerarsi formulata in modo non specifico e, comunque, meramente ripetitiva di una doglianza puntualmente smentita dalla Corte di appello di Lecce, che con motivazione logicamente argomentata ha sottolineato come l'imputato garantisse le fonti di approvvigionamento di cocaina provenienti da spacciatori residenti presso il territorio di (OMISSIS); circostanza ampiamente dimostrata dallo stesso (OMISSIS) nella conversazione telefonica captata del 06/10/2016, ove questi raccomanda a un sodale di non tardare nel pagamento degli stupefacenti per non creargli problemi con il gruppo dei fornitori di (OMISSIS). Inoltre, a differenza di quanto dedotto con il ricorso, numerosi sono gli elementi che consentono di ritenere certo che l'imputato avesse piena consapevolezza di agire in un contesto associativo. E gli conosceva perfettamente la provenienza dello stupefacente acquistato per il tramite di (OMISSIS) e l'identita' dei suoi fornitori, era pienamente consapevole della procedura seguita da (OMISSIS) per far pervenire la droga presso di lui e sapeva dell'esistenza di altri soggetti, in numero certamente superiore a dieci, legati dal medesimo interesse illecito e dei ruoli loro assegnati. Il ricorrente prendeva parte alle scelte riguardanti il sodalizio, e cio' risulta dimostrato - tra l'altro dall'intercettazione ambientale del 18.07.2016, ove rassicurava un suo sodale in merito alla possibilita' di fornirgli una nuova utenza ed un nuovo telefono cellulare con tutti i contatti rilevanti, per continuare la comune attivita' di spaccio. 15.2. Il secondo motivo di ricorso - con il quale si lamentano l'assenza e la contraddittorieta' della motivazione in ordine all'aggravante della presenza di armi in favore dell'associazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74 - e' inammissibile per genericita'. La difesa spende mere affermazioni, che non sono in grado di contrastare il dato, pacifico secondo i giudici di primo e secondo grado, rappresentato dal fatto che l'arma era detenuta proprio dall'imputato, il quale svolgeva la sua attivita' nell'ambito dell'associazione di cui sopra. 15.3. La terza censura - con la quale si denuncia la violazione di legge con riferimento alla supposta inutilizzabilita' di tutte le intercettazioni telefoniche ed ambientali acquisite nel corso del procedimento - e' inammissibile. In punto di diritto deve ricordarsi che, in materia di intercettazioni, cosi' come i decreti, con i quali il Giudice per le indagini preliminari autorizza l'effettuazione di intercettazioni di comunicazioni telefoniche o ambientali, debbono contenere adeguata motivazione, allo stesso modo, il motivo con il quale l'imputato - ovvero il suo difensore - censuri la mancata trasmissione di tali decreti o di quelli di proroga deve essere accompagnato dall'indicazione delle attivita' processuali che si assumono viziate ovvero degli atti inerenti a tali attivita'. In tal senso, in sede di impugnazione, deve considerarsi generica la semplice deduzione di inutilizzabilita' di intercettazioni per mancanza dei relativi decreti autorizzativi, senza specificare a quali decreti ci si riferisca, siano essi di autorizzazione, di proroga o di convalida. In tal modo, si impedisce al giudice, chiamato ad esaminare la censura, di prendere compiuta conoscenza della stessa e di verificare - di conseguenza - il rispetto delle norme dettate in materia (ex plurimis, Sez. 6, n. 18187 del 14/12/2017, dep. 24/04/2018, Rv. 273007; Sez. 6, n. 46070 del 21/07/2015, Rv. 265535; Sez. 1, n. 25577 del 09/05/2003, Rv. 225005; Sez. 5, n. 13791 del 27/02/2002, Rv. 221182; Sez. 5, n. 133 del 13/01/2000, Rv. 215491). Nel caso di specie, il ricorrente si limita a contestare, in via del tutto generica, il vizio di motivazione dei decreti di autorizzazione e proroga delle operazioni di intercettazione ambientali e telefoniche, nonche' l'assenza delle condizioni legittimanti di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 13, senza provvedere, pero', a soddisfare il requisito della specificita' dei riferimenti a tali decreti mediante il richiamo o l'allegazione dei medesimi, precludendo, cosi', qualsiasi possibilita' di effettuare un esame piu' approfondito. Cio' posto, si rileva che comunque gia' la Corte di appello ha fornito adeguata motivazione sul punto, chiarendo che il presupposto legittimante le intercettazioni e' la sussistenza di indizi di reato. 15.4. La quarta doglianza - con la quale si lamenta la violazione di legge in ordine alla quantificazione della pena - e' inammissibile. La doglianza e' assolutamente generica, essendo priva di riferimenti ai dati istruttori, che vengono arbitrariamente sminuiti come se le risultanze delle intercettazioni costituissero una prova di minore efficacia. Valgono sul punto le considerazioni gia' svolte sub 1.1. e ss., da intendersi come richiamate. 16. Il ricorso proposto da (OMISSIS) deve essere dichiarato inammissibile. La difesa si limita a generiche asserzioni che non tengono conto della motivazione della sentenza impugnata, da cui emergono: la prova del reato contestato (capo 16), la valutazione della gravita' dello stesso, la tipologia dello stupefacente in relazione al prezzo, la personalita' dell'imputato, anche con riferimento alla sua situazione economica. In particolare, non viene contrastata l'affermazione confessoria resa dallo stesso soggetto (riportata alle pagg. 82-83 della sentenza). 17. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e' infondato. 17.1 Il primo motivo di doglianza e' inammissibile. In proposito valgono le considerazioni gia' effettuate per la posizione di (OMISSIS) al punto 8.1. 17.2. Il secondo motivo di ricorso - riferito alla ritenuta sussistenza della fattispecie associativa e alla responsabilita' apicale dell'imputato nel suo ambito e' inammissibile, perche' diretto ad ottenere una rivalutazione di elementi gia' adeguatamente presi in considerazione dai giudici di merito. Essi, infatti, hanno piu' volte evidenziato l'ampio riscontro probatorio, emerso dalle indagini e in particolare dalle intercettazioni, all'ipotesi accusatoria secondo cui il (OMISSIS) era al vertice dell'associazione dedita al traffico di droga nel basso Salento. Quest'ultimo, infatti, era colui che teneva i contatti con i fornitori baresi, con i fornitori brindisini e con i distributori della zona. Il ricorrente, inoltre, dava indicazioni ed impartiva ordini sulle operazioni da compiere, assoldava nuovi adepti e teneva la contabilita'. Infine, si era procurato il possesso di un'arma da utilizzare per il recupero dei crediti nei confronti di acquirenti poco puntuali nei pagamenti o, comunque, morosi ed era il soggetto sul quale gravava il "rischio di impresa", in caso di ritardi nei pagamenti dei suoi pusher, dovendo tenere i rapporti economici con i fornitori. Del resto, egli e' coinvolto in tutte le intercettazioni piu' rilevanti e costantemente indicato quale referente dai coimputati, avendo conversazioni concernenti tutti i profili relativi all'organizzazione del gruppo, ivi compresa la contabilita', e ai reati scopo. Ne' l'assoluzione di alcuni coimputati dal reato associativo puo' coinvolgere la sua posizione, trattandosi di soggetti che avevano evidentemente svolto ruoli minori, che si ponevano al margine dell'attivita' criminale. Ed e' qui superfluo ripercorre gli analitici riferimenti delle sentenze di primo e secondo grado ai molteplici e convergenti elementi di prova a carico, in mancanza di puntuali censure difensive in proposito. 17.3. Il terzo motivo di ricorso - con cui si lamenta il mancato riconoscimento dell'ipotesi attenuata di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, - deve essere parimenti dichiarato inammissibile. Invero, contrariamente a quanto asserito dalla difesa, che non sottopone a critica specifici passaggi motivazionali, la Corte d'appello e il giudice di primo grado hanno piu' volte evidenziato l'ingente quantitativo delle sostanze oggetto dell'attivita' di spaccio, oltre all'entita' dei corrispettivi e alla consistenza numerica e organizzativa del gruppo. 17.4. Il quarto motivo di ricorso - sostanzialmente riferito alle circostanze aggravanti del numero degli associati e della disponibilita' dell'arma - e' infondato. Come ben evidenziato dai giudici di primo e secondo grado, il computo del numero degli associati deve essere fatto tenendo conto dello stabile apporto al sodalizio da parte dei gruppi di fornitori e, nell'ambito di una relazione caratterizzata da stabilita' nel tempo e da sostanziale comunanza di interessi; elementi che emergono con chiarezza dal quadro istruttorio. Quanto all'arma, essa era utilizzata dal capo dell'associazione per il recupero dei crediti nei confronti di soggetti poco puntuali nei pagamenti, nell'evidente interesse dell'associazione stessa. Dalla stessa prospettazione difensiva emerge che l'arma alla quale l'imputazione si riferisce corrisponde ad un modello effettivamente esistente, mentre le affermazioni del ricorrente riferite alla necessita' espressa a un interlocutore di procurarsi una pistola non appaiono logicamente preclusive dell'accettata detenzione di tale arma, ben potendosi riferire ad una dotazione ulteriore. Quanto poi alla mancata conoscenza della detenzione e dell'uso dell'arma da parte di alcuni coimputati, la stessa e' stata tenuta in considerazione con riferimento alle posizioni di questi, per le quali e' stata esclusa soggettivamente la configurabilita' dell'aggravante del reato associativo. 17.5. Il quinto motivo di ricorso e' infondato. Esso e' riferito all'acquisto di g 400 eroina di cui al capo 1) dell'imputazione, sul rilievo della pretesa mancanza di prova di un effettivo accordo tra venditore e acquirente, i quali si sarebbero accordati solo su sostanze stupefacenti di altro tipo. La motivazione sul punto puo' essere rinvenuta, secondo il principio della reciproca integrazione fra la sentenza di secondo grado e quella di primo grado, alla pag. 44 di quest'ultima, dove e' riportata una conversazione univocamente riferibile a tale acquisto; mentre la prova dell'effettiva verificazione della cessione dell'eroina risulta dalla locuzione "la moto e' tornata", evidentemente riferito alla consegna, la cui interpretazione, in quanto non manifestamente illogica, e' insindacabile in sede di legittimita', anche sotto il profilo del travisamento della prova. 17.6. Il sesto motivo - con cui si lamentano la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e la mancanza ed illogicita' della motivazione in relazione al capo 11) dell'imputazione - e' infondato. Deve farsi riferimento, oltre che alla pag. 37 della sentenza di appello, anche alla motivazione della sentenza di primo grado (pagg. 115 116), la quale legittimamente interpreta una conversazione - riportata anche alla pag. 34 del ricorso - come idonea a dimostrare l'avvenuta cessione di 250 g di cocaina e 22 g di hashish, visto il suo esplicito richiamo ai quantitativi. 17.7. Il settimo motivo di ricorso - relativo all'entita' degli aumenti di pena per la continuazione - e' inammissibile. Invero, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la Corte d'appello ha motivato sugli aumenti per la continuazione, laddove ha evidenziato che essi non sono suscettibili di riduzione, poiche' gia' contenuti dal giudice di primo grado in misura esigua rispetto alla notevole gravita' dei fatti riconosciuti, apparendo semmai sproporzionati per difetto ed essendo comunque determinati in modo differenziato per ciascun reato. 18. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e' inammissibile. 18.1. Il primo motivo - con cui si censura l'inutilizzabilita' delle intercettazioni telefoniche e ambientali poste a fondamento della declaratoria di responsabilita' penale - e' inammissibile. Valgono sul punto le considerazioni gia' svolte sub 15.3., in relazione ad una censura analoga. 18.2. La seconda doglianza - con cui si lamenta la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 in considerazione della mancata integrazione della relativa fattispecie incriminatrice (per il capo 19) - e' parimenti inammissibile. Nel reiterare censure che attengono sostanzialmente al merito, il ricorrente non considera che il giudice di secondo grado ha dato conto dei numerosi elementi emersi nel corso delle indagini, tra cui assume rilievo una conversazione ambientale intercorsa nel pomeriggio del 16 luglio 2016, all'interno dell'autovettura monitorata, fra (OMISSIS) e la fidanzata (OMISSIS): essa prova come questi fosse creditore della somma di Euro 15.000,00 da parte di un soggetto che aveva avuto tale prestito grazie all'intermediazione del (OMISSIS) ma che alla fine era risultato debitore tanto del (OMISSIS) quanto del (OMISSIS); in quella circostanza il (OMISSIS) ipotizzava di poter fare ricorso all'intermediazione tanto del (OMISSIS) quanto del (OMISSIS), che riteneva corresponsabili per il recupero della somma stessa, in quanto l'ignoto debitore aveva potuto accumulare debiti anche nei loro confronti, dato che questi avevano concorso nell'attivita' di vendita dello stupefacente. Dunque, in maniera perfettamente logica, si e' ritenuto che non vi fosse motivo di dubitare della veridicita' delle propalazioni di (OMISSIS) che, parlando liberamente e ignorando di essere sottoposto ad intercettazione, non aveva motivo di dire cose non vere. In tal senso, correttamente, si e' ritenuto estremamente rilevante - soprattutto in considerazione della quantita' e dei prezzi incompatibili con un uso meramente personale - anche quanto emergeva dalle conversazioni intercettate sempre all'interno della vettura del (OMISSIS) il 12 agosto 2016 allorquando era stato concordato un incontro con (OMISSIS) di cui era a conoscenza anche (OMISSIS): alle 14:39 a bordo dell'autovettura del (OMISSIS) questi faceva riferimento alla promessa del (OMISSIS) di consegnare la somma di Euro 3.000,00, relativa a pregresse forniture di stupefacente; il (OMISSIS), proprio nel consegnare al (OMISSIS) Euro 1.300,00, spiegava che quella era la somma nella sua disponibilita', aggiungendo che aveva provato a chiamare (OMISSIS) per recuperare l'ulteriore somma mancante senza riuscirvi; il (OMISSIS) quindi faceva il resoconto del debito, da cui emergeva l'originaria fornitura di Euro 4.800,00, per la quale avevano gia' corrisposto Euro 1.800,00, oltre ad un'ulteriore somma di Euro 600,00 per l'ultima fornitura; (OMISSIS), dal canto suo, ribadiva che il debito, considerando l'ultima cessione di 150 grammi di stupefacente, ammontava ad Euro 3.600,00. Da quanto precede la Corte ha tratto logicamente la conclusione che la prova dei fatti ascritti all'imputato fosse effettivamente costituita da intercettazioni ambientali, le quali, per la chiarezza dei dialoghi e la specificita' dei contenuti, con precise indicazioni in ordine alla tipologia di doga trattata - bianca o fumo - e di conteggi relativi alle forniture effettuate dal (OMISSIS) in suo favore, non necessitavano di ulteriori riscontri esterni. 18.3. Il terzo motivo di ricorso - con cui si lamenta la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, nella misura in cui non ha trovato applicazione la richiamata fattispecie minore - e' parimenti inammissibile. Sul punto, nella motivazione dell'impugnato provvedimento, si legge che l'inapplicabilita' dell'ipotesi meno grave e' diretta conseguenza dalle quantita' acquistate per la successiva vendita, la cui attribuzione non puo' essere effettuata in misura pari alla meta' per ciascuno in ragione della riconosciuta ipotesi concorsuale, e della ripetitivita' delle condotte, testimoniata dai conteggi effettuati dal (OMISSIS) che depongono per l'elevata frequenza dei contatti. In particolare, e' stato evidenziato come le indagini provassero che le condotte ascritte all'imputato si sono realizzate in un arco temporale di quasi tre mesi, cosi' da escludere che potesse trattarsi di un unico reato, e sono consistite in ripetuti prelievi di droga destinata al successivo smercio. Conformemente ad un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, proprio tale ripetitivita' di condotte poste alla base del riconosciuto vincolo della continuazione induce a valutare in modo non atomistico mezzi, modalita' e circostanze di commissione dei singoli reati ai fini del riconoscimento della lieve entita' del fatto Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 73, comma 5, e consente di valorizzare le peculiarita' delle singole condotte, la comunanza di elementi significativi e le loro eventuali reciproche correlazioni, al fine di ricostruire una cornice complessiva in concreto idonea ad escludere un giudizio di lieve entita' rispetto ai fatti contestati (ex multis, Sez. 3, n. 13115 del 06/05/2020, Rv. 279657; Sez. 6, n. 7464 del 28/11/2019, dep. 2020, Rv. 278615; Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Rv. 274076). 19. I ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) sono inammissibili. 19.1. Il primo e il secondo motivo sono inammissibili; si richiama sul punto quanto rilevato sub 8.1. 19.2. Il terzo motivo - con cui si lamenta il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento, con riferimento alla posizione processuale di (OMISSIS), della connivenza non punibile - e' inammissibile. La distinzione tra l'ipotesi della connivenza non punibile e il concorso nel delitto, con specifico riguardo alla disciplina degli stupefacenti, va ravvisata nel fatto che, mentre la prima postula che l'agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso di persone ex articolo 110 c.p., e' invece richiesto un consapevole contributo che puo' manifestarsi anche in forme che agevolino il proposito criminoso del concorrente, garantendogli una certa sicurezza o, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale poter contare (Sez. 4, n. 34754 del 20/11/2020, Rv. 280244; Sez. 3, n. 34985 del 16/07/2015, Rv. 264454). Nel caso di specie - praticamente a quanto asserito dalla difesa - la Corte d'appello delinea logicamente le ragioni per cui non e' ravvisabile tale condotta meramente connivente: (OMISSIS) svolgeva una partecipazione attiva, essendo stato incaricato da (OMISSIS) di andare dal (OMISSIS) a fare le sue veci. Ulteriormente, all'appuntamento presso i fornitori di (OMISSIS), svoltosi in data 10 ottobre 2016, era proprio il predetto ricorrente a recarsi unitamente a (OMISSIS) e (OMISSIS), cosi' riscontrandosi ancora la sua compartecipazione al reato, espressione di una consonanza di interessi, come emerge anche da conversazioni intercettate (pag. 97 della sentenza). 19.3. Il quarto motivo - con cui si lamenta il vizio di motivazione in relazione alla posizione processuale di (OMISSIS) - e' inammissibile. La Corte di appello dettagliatamente evidenzia il ruolo svolto da (OMISSIS), che unitamente a (OMISSIS), acquistava sostanza stupefacente dai fornitori di (OMISSIS), per il tramite di (OMISSIS): infatti, (OMISSIS), non condividendo la scelta di cambiare accordi gia' presi, chiedeva di incontrare personalmente i fornitori. Contrariamente a quanto ritenuto dalla difesa, egli non era un mero intermediario, essendo coinvolto nel proprio interesse nei negozi illeciti. 19.4. Il quinto motivo - con cui si lamenta il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche - e' inammissibile. La Corte di appello ha evidenziato che non e' emerso alcun elemento positivo che legittimi tale riconoscimento; ne' la difesa ne prospetta la sussistenza con il ricorso per cassazione, al di la' di un generico riferimento ad una non meglio precisata volonta' di definire il processo. Inoltre, la condotta di entrambi gli imputati appare connotata da rilevante gravita' alla luce dei quantitativi di droga movimentati e le risultanze del certificato del casellario esaltano una personalita' negativa, specialmente per (OMISSIS), gravato da piu' condanne, due delle quali per lo stesso titolo di reato, ma anche per (OMISSIS) che e' stato condannato per un reato in materia di sostanze stupefacenti, seppure nel 1994. 20. Il ricorso di (OMISSIS) e' infondato. 20.1. Il primo motivo - con cui si denunciano la violazione dell'articolo 192 c.p.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, nonche' il connesso vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta condotta di partecipazione al sodalizio contestato al capo A) di imputazione - e' inammissibile. La Corte di appello evidenzia che gli esiti delle indagini provano che il ricorrente, a prescindere da chi avesse materialmente procurato le schede telefoniche, concorreva con (OMISSIS) alla loro detenzione e alla loro distribuzione, che erano attivita' fortemente sintomatiche dell'esistenza del sodalizio e del ruolo ricoperto da (OMISSIS). Inoltre, la partecipazione del ricorrente alla compagine associativa e' provata dalla stabile dedizione al traffico unitamente al (OMISSIS), secondo quanto ammesso da quest'ultimo nel corso di una conversazione intercettata. Pur dovendosi ribadire l'esclusione di qualsivoglia ruolo dirigenziale, l'imputato era pienamente inserito nel sodalizio, coadiuvando (OMISSIS) tanto nell'organizzazione del gruppo (distribuendo ai solidali e ai pusher schede telefoniche dedicate ed occupandosi dello spaccio con consegna di droga), quanto nella condivisione degli acquisti da Brindisi, mentre egli non si occupava dei rapporti con il gruppo barese e non aveva diretta conoscenza del carattere armato dell'associazione. 20.2. Il secondo motivo - con cui si lamenta la violazione di legge nonche' il vizio di motivazione, con riferimento ai capi 1), 2), 3), 4) e 6) di imputazione sia in ordine alla valutazione della prova, sia in ordine alla mancata riqualificazione delle contestazioni mosse al capo 2) della rubrica nei termini di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, e ai capi 3), 4) e 6) della rubrica nei termini di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, - e' infondato. La Corte d'appello, in ordine ai reati fine, ha motivato puntualmente, evidenziando la responsabilita' dell'imputato per tutti gli episodi delittuosi di cui ai capi 1), 2), 3) 4) e 6) dell'imputazione. Le quantita' di droga smerciate ed espressamente indicate nei capi 1) e 2) escludono di ritenere il fatto di lieve entita': le partite ordinate al (OMISSIS) e quelle ricevute insieme con (OMISSIS) per la successiva vendita sono pari ad almeno mezzo chilo, per cui sono evidentemente incompatibili con il concetto di lieve entita'. Quanto al capo 2), l'esame della configurabilita' della fattispecie del richiamato articolo 73, comma 4, richiesto dalla difesa con il ricorso per cassazione, sarebbe precluso dalla circostanza che una tale censura non era stata proposta in appello; e cio', a prescindere dal fatto che tale fattispecie e' quella gia' emerge dalla formulazione dell'imputazione, riferita ad hashish, per la quale e' effettivamente intervenuta condanna. Al capo 3 della rubrica, si addebita all'imputato di avere ceduto eroina a (OMISSIS). Un messaggio intercettato il 25 maggio 2016 faceva riferimento ad un acquirente di stupefacente, debitore di Euro 600,00 per pregresse forniture, che aveva bisogno di un quantitativo pari a 20 e che aveva proposto un rapporto commerciale costante ("20 ogni due giorni"), facendo anche riferimento al costo: (OMISSIS) dava conferma a tale accordo, incontrandosi e poi informando anche (OMISSIS). E non si puo' ritenere configurabile la fattispecie minore prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, trattandosi di piu' cessioni, che sono manifestazione effettiva di una piu' ampia e comprovata capacita dell'autore di diffondere in modo non episodico, ne' occasionale, sostanza stupefacente, non potendo la valutazione della offensivita' della condona essere ancorata al solo dato statico della quantita' volta per volta ceduta, ma dovendo essere frutto di un giudizio piu' ampio che coinvolga ogni aspetto del fatto nella sua dimensione oggettiva (ex multis, Sez. 4, n. 476 del 25/11/2021, dep. 12/01/2022, Rv. 282704; Sez. 3, n. 14017 del 20/02/2018, Rv. 272706). Le medesime considerazioni valgono per il capo 4), che concerne la reiterata consegna di sostanza del tipo eroina a (OMISSIS) in quantitativi da 10 a 40 grammi: secondo quanto dichiarato dallo stesso (OMISSIS), gli acquisti avvenivano ogni tre giorni per un corrispettivo in denaro di Euro 200,00 o 400,00, per quantitativi pari a 10 o 20 grammi. D'altro canto, le indagini effettuate dagli operanti consentivano di evidenziare diversi incontri tra i due (almeno cinque) e, considerato che in almeno una circostanza la quantita' di droga era pari a 40 g, la Corte di appello ha correttamente ritenuto che il fatto - inserito in una rete di spaccio ampia e organizzata - non possa essere ritenuto di lieve entita'. Il reato di cui al capo 6) riguarda la cessione di droga a (OMISSIS), che poi la destinava a terzi in almeno 11 occasioni, in una delle quali il quantitativo era pari a 20 grammi e nelle altre era imprecisato. La reiterazione delle consegne e, dunque, del reato esclude di ritenere il fatto di lieve entita', sulla base delle osservazioni gia' svolte. Ne' puo' essere presa in considerazione in senso contrario la circostanza che (OMISSIS) sia stato destinatario di una riqualificazione dei fatti nell'ipotesi di minore gravita', perche' quelli addebitati a quest'ultimo sono solo due ed egli ha un ruolo complessivamente piu' marginale. 20.3. La terza doglianza - con cui si lamenta la violazione di legge, nonche' il vizio di motivazione, in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti di cui all'articolo 62-bis c.p. nella loro massima estensione, nonche' in relazione alla necessaria riduzione degli aumenti combinati ai sensi dell'articolo 81 c.p. e della corretta qualificazione giuridica delle contestazioni mosse ai capi 2), 3), 4) e 6) dell'imputazione nei termini di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 4 e 5, - e' inammissibile, in quanto attinente al merito della valutazione della Corte d'appello. Quanto alle circostanze attenuanti generiche, deve rilevarsi che le stesse sono gia' state riconosciute con giudizio di prevalenza sulle aggravanti, tenuto conto della gravita' dei fatti e della personalita' del reo. Quanto agli aumenti per la continuazione, gli stessi appaiono assai contenuti gia' nella sentenza di primo grado; mentre la riqualificazione dei fatti richiesta dalla difesa deve essere esclusa, in forza di quanto osservato sub 20.2. 21. I ricorsi proposti nell'interesse di (OMISSIS) sono entrambi inammissibili. 21.1. Il primo ricorso, a firma dell'avv. (OMISSIS), e' inammissibile. 21.1.1. La prima censura - con cui si lamenta l'applicazione della fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 in luogo del concorso di persone nel reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 - e' inammissibile perche' diretta ad ottenere una rivalutazione di elementi presi adeguatamente in considerazione dai giudici di merito, valgono sul punto le considerazioni gia' svolte sub 1.1. e ss., e 2.1. da intendersi come richiamate. Preliminarmente occorre rilevare che, per giurisprudenza di legittimita' consolidata, integra la condotta di partecipazione ad un'associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilita' a fornire le sostanze oggetto del traffico del sodalizio, tale da determinare un durevole rapporto tra fornitori e spacciatori che immettono la droga nel consumo al minuto, sempre che si accerti la coscienza e volonta' di far parte dell'associazione, di contribuire al suo mantenimento e di favorire la realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga (ex plurimis, Sez. 4, n. 19272 del 12/06/2020, Rv. 279249; Sez. 6, n. 41612 del 19/06/2013, Rv. 257798; Sez. 2, n. 6261 del 23/01/2013, Rv. 254498). Perfettamente in linea con il richiamato principio di diritto, la Corte rende conto di come le indagini abbiano consegnato un quadro chiaro dei rapporti fra il (OMISSIS), il suo gruppo e (OMISSIS) affiancato, nella sua attivita', da (OMISSIS), con il quale, peraltro, esisteva anche un rapporto affettivo, tanto da essere conosciuti nell'ambiente come "padre" e "figlio". Cio' che e' emerso in modo inconfutabile sono la continuita' e la frequenza dei contatti legati ai traffici di droga: le conversazioni captate, infatti, disvelano come siano stati ripetuti i viaggi fino a Brindisi di (OMISSIS) e (OMISSIS) per chiudere trattative relative all'acquisto di forniture di droga, del tipo leggera ma anche di cocaina. Particolare importanza, sul punto, hanno rivestito le conversazioni del 19 luglio 2016, nel corso delle quali (OMISSIS), dopo avere riferito ad un suo interlocutore che il duo (OMISSIS) - (OMISSIS) organizzava viaggi con gli scafi fino all'Albania, con impressionante regolarita' ed in forma massiccia, per prelevare droga leggera, parte della quale era destinata a loro, come concordato con lo (OMISSIS), passava agli accordi per le forniture con lo stesso (OMISSIS). Emergeva chiaramente come i due fossero in costante rapporto per gli approvvigionamenti anche attraverso lo (OMISSIS) e come il (OMISSIS) poteva fare stabile riferimento nel (OMISSIS) e, per suo tramite, anche al (OMISSIS) per forniture di ogni tipo di droga. Peraltro, si e' anche chiarito come non rispondesse al vero quanto addotto dalla difesa secondo cui gli accordi venivano presi con il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) era confinato ad un mero ruolo marginale, quasi di semplice spettatore dei traffici del "figlio"; interpretando correttamente i dialoghi, la Corte di merito ha appurato che, al contrario, gli affari procedevano sempre con il ricorrente che ne era il dominus, tanto che nei casi in cui la trattativa aveva avuto inizio con il (OMISSIS) egli veniva posto al corrente dei termini e delle condizioni. Proprio l'essere identificato quale stabile fornitore per il gruppo, che faceva riferimento alla sua perenne disponibilita', nella piena consapevolezza di agire in un contesto associativo in cui si perseguiva l'identico interesse economico corrispondente alla vendita di droga e' stato correttamente ritenuto, dal giudice di secondo grado, presupposto necessario e sufficiente per qualificare il (OMISSIS) come parte integrante del sodalizio criminoso. 21.1.2. La seconda censura - riferita alla penale responsabilita' del ricorrente per il capo 1) di imputazione - e' parimenti inammissibile. Nell'impugnato provvedimento, infatti - in risposta alle doglianze formulate con l'atto d'appello e pedissequamente riproposte con il ricorso per cassazione, il cui unico fine e' quello di proporre un'alternativa ricostruzione dei fatti insindacabile in questa sede, come gia' chiarito sub 2.1. - si delineano gli specifici episodi di cui le conversazioni intercettate forniscono prova inconfutabile: in un'occasione (OMISSIS) procedeva alla consegna di Euro 10.000,00 a favore del fornitore con il quale si innescava una trattativa riguardante una nuova fornitura di stupefacente alla quale avrebbe partecipato anche (OMISSIS); ripetuti, infatti, erano i riferimenti a quest'ultimo e al fatto che la trattativa che lo vedeva coinvolto riguardava la fornitura di stupefacente di ogni tipo; (OMISSIS), a tal fine, dapprima contrattava l'acquisto di marijuana che il fornitore era pronto a consegnare in un quantitativo pari a un chilogrammo e mezzo, accettando la proposta e facendo riferimento ad un terzo soggetto indicato quale figlio del fornitore, nonche' a (OMISSIS) con cui doveva concordare l'acquisto. Chiari erano i riferimenti a forniture pregresse, alla qualita' della droga acquistata prima, ad un prezzo praticato per quella precedente e per quella in corso di acquisto; la confidenza fra i due era tale che (OMISSIS), avanzando un'ulteriore richiesta di mezzo chilogrammo di eroina, indicata come "nera", che era intenzionato ad acquistare sempre insieme a (OMISSIS), chiedeva a (OMISSIS) di mettere da parte quella appena concordata cosi' da prelevarla unitamente alla "nera": l'intento era evidentemente quello di ammortizzare i costi del trasporto effettuandone uno soltanto. Nel proseguo (OMISSIS) faceva un'ulteriore richiesta di una fornitura di hashish e la conversazione si concludeva con un accordo preciso concernente la fornitura di tre chilogrammi di hashish e tre chilogrammi e mezzo di marijuana, con riserva di comunicare l'eventuale acquisto di un pacco di eroina dal peso di circa 400 grammi; poi effettivamente acquistato. E' stato ritenuto evidente quindi, come gia' ampiamente illustrato con riferimento al motivo che precede, che (OMISSIS) fosse un punto di riferimento stabile e fisso per il rifornimento di ogni tipo di droga e che, in molte occasioni, era sostituito dal figlio (OMISSIS), alle sue dirette dipendenze, tanto che il (OMISSIS) riferiva a lui dell'eventuale insoddisfazione per la droga acquistata con il tramite dell'altro. Le intercettazioni hanno documentato che il 27 luglio 2016 (OMISSIS) consegnava a (OMISSIS), previ accordi anche con (OMISSIS), tre chilogrammi di hashish, tre chilogrammi e mezzo di marijuana e 400 grammi di eroina che (OMISSIS) trasportava da Brindisi a bordo di una moto, secondo gli accordi presi due giorni prima, e che nei giorni 8, 10 e 27 ottobre 2016 (OMISSIS) e (OMISSIS) si portavano in Brindisi per il pagamento diluito nel tempo del debito contratto per quella consistente cessione. Il giudice di secondo grado ha anche chiarito come non colga nel segno la difesa nella parte in cui contesta l'assenza di prova con riferimento sia alla consegna di droga, il cui acquisto era stato concordato il 19 luglio 2016, sia all'identita' del soggetto che vi provvide: la prova della consegna della droga puo' dedursi dalla congiunta lettura di diverse circostanze, tra cui il fatto che, nel corso della trattativa, il (OMISSIS) aveva dichiarato al (OMISSIS) che al trasporto avrebbe provveduto attraverso l'utilizzo di una moto; il 20 luglio 2016 si documentavano scambi di appuntamenti fra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), colui che si occupava proprio del trasporto a mezzo del suo motociclo; il 21 luglio 2016 (OMISSIS) informava il (OMISSIS) che la moto era tornata, facendo chiaro riferimento ad un viaggio compiuto da tale mezzo di trasporto. D'altro canto, le conversazioni dei mesi successivi provano che piu' volte (OMISSIS) e (OMISSIS) si siano recati a Brindisi per saldare un debito diluito nel tempo, che nessun'altra origine poteva avere se non tale fornitura, ne' vale ad escludere il ruolo del (OMISSIS) il non avere accertato il fatto se alla materiale consegna della droga provvide egli stesso o il (OMISSIS). A fronte di tale quadro probatorio, del tutto logicamente la Corte ha ritenuto che nessuna rilevanza assuma la circostanza, addotta dalla difesa, secondo cui il (OMISSIS) non avrebbe mai fatto dichiarazioni relative alla posizione del (OMISSIS), posto che questi non era affatto addetto ai rapporti con i fornitori, sicche' era normale che nulla sapesse sulla loro identita'. 21.1.3. Il terzo motivo - con cui si censura la violazione dell'articolo 62-bis c.p. - e' inammissibile. La Corte, con motivazione perfettamente adeguata, ha dato conto del mancato concessione delle circostanze attenuanti generiche facendo leva sull'assenza di profili positivamente valutabili, stante il fatto che l'imputato non ha mai assunto una condotta resipiscente e collaborativa, per converso valorizzando la sussistenza di elementi negativi rappresentati dai numerosissimi precedenti per reati contro il patrimonio, ma anche per associazione mafiosa, evasione, falso e violazione delle leggi doganali, nonche' dalla gravita' della condotta desumibile dai quantitativi di droga ceduti al (OMISSIS). Irrilevante, inoltre, risulta la censura in ordine alla documentazione medica asseritamente depositata all'udienza del 13 luglio 2021, relativa alle condizioni psico-fisiche del ricorrente, della quale, come indicato da quest'ultimo, non risulterebbe un formale provvedimento di acquisizione nel verbale, non potendo ritenersi la stessa sostanzialmente avvenuta semplicemente perche' non restituita alla difesa o in considerazione del generico riferimento al deposito di documentazione, senza alcuna specificazione del suo contenuto, al foglio 16 della gravata sentenza. Si tratta, del resto, di documentazione che la difesa afferma di avere depositato dopo la chiusura della discussione, all'udienza del 13 luglio 2021; con la conseguenza che la Corte d'appello non aveva comunque l'onere di prendere in considerazione. 21.2. Il secondo ricorso, riportante la firma dell'avv. (OMISSIS), e' parimenti inammissibile. 21.2.1. La prima censura - con cui si lamenta il vizio di motivazione in ordine sia alla configurazione della condotta materiale che dell'elemento soggettivo con riferimento alla condanna per il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 - e' inammissibile. Valgono sul punto le considerazioni gia' svolte sub 21.1.1. da intendersi come richiamate. 21.2.2. Il secondo motivo - con cui si lamenta la violazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 2, e articolo 530 c.p.p., comma 2, oltre al vizio di motivazione nella parte in cui sarebbero stati violati i criteri e i principi concernenti la valutazione della prova per l'affermazione della responsabilita' penale con specifico riferimento ai fatti di cui al capo 1) dell'imputazione - e' inammissibile. Valgono sul punto le considerazioni gia' svolte sub 21.1.2. da intendersi come richiamate. 21.2.3. La terza doglianza - con cui ci si duole della violazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 2, e del conseguente vizio di motivazione nella parte in cui la Corte ha escluso la qualificazione giuridica del capo 1) nell'ipotesi lieve di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, - e' inammissibile. Preliminarmente e' necessario rilevare come manchi nell'atto di appello la specifica contestazione de qua, che risulta proposta per la prima volta con il ricorso per cassazione; conseguentemente, non puo' non rilevarsi come oggi la questione sia preclusa in sede di legittimita', mancando qualsiasi onere di motivazione in capo al giudice di secondo grado in assenza di una specifica doglianza. Invero, in linea generale, costituisce orientamento consolidato nella giurisprudenza di questa Corte ritenere sistematicamente non consentita la proponibilita' per la prima volta in sede di legittimita' di uno dei possibili vizi della motivazione, con riferimento a profili richiamabili, ma non richiamati, nell'atto di appello, sia pur collegati, come e' ovvio, all'inquadramento giuridico del fatto di reato contestato al ricorrente ed alle sue circostanze (ex plurimis, Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, Rv. 280306; Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, Rv. 279903; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Rv. 276062; Sez. 3, n. 57116 del 29/09/2017, Rv. 271869; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Rv. 270316; Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, Rv. 269368). Sintetizzando all'essenziale, non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perche' non devolute alla sua cognizione (Sez. 5, n. 28514 del 23/4/2013, Rv. 255577). E cio', a prescindere dal fatto che la censura risulta comunque inammissibile, perche' diretta ad ottenere una rivalutazione del compendio istruttorio, a fronte di fatti la cui significativa gravita' e' stata ampiamente descritta nelle sentenze di primo e secondo grado. 21.2.4. La quarta censura - con cui si contesta la violazione dell'articolo 62-bis c.p. - e' parimenti inammissibile. Valgono sul punto le considerazioni gia' svolte sub 21.1.3. da intendersi come richiamate. 22. In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce: con riferimento a (OMISSIS), limitatamente agli episodi del 12 luglio e 6 agosto 2016, di cui al capo 9 di imputazione; con riferimento a (OMISSIS), limitatamente agli episodi del 12 luglio e 30 luglio 2016, di cui al capo 9 di imputazione; nei confronti di (OMISSIS), limitatamente alla omessa statuizione sulle circostanze attenuanti generiche e all'aumento di pena per la continuazione. I ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) devono essere rigettati nel resto. Devono essere rigettati i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Devono essere dichiarati inammissibili i ricorsi restanti. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", alla declaratoria dell'inammissibilita' medesima consegue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonche' quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 3.000,00. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, con riferimento a (OMISSIS), limitatamente agli episodi del 12 luglio e 6 agosto 2016 di cui al capo 9 di imputazione; con riferimento a (OMISSIS), limitatamente agli episodi del 12 luglio e 30 luglio 2016, di cui al capo 9 di imputazione; e nei confronti di (OMISSIS), limitatamente alla omessa statuizione sulle circostanze attenuanti generiche e all'aumento di pena per la continuazione, e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. Rigetta nel resto i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Rigetta i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibili i ricorsi dei restanti ricorrenti, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RAMACCI Luca - Presidente Dott. SOCCI Angelo Matteo - Consigliere Dott. DI STASI Antonella - rel. Consigliere Dott. REYNAUD Gianni Filippo - Consigliere Dott. NOVIELLO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI BRESCIA; (OMISSIS), nata in (OMISSIS); (OMISSIS), nato in (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato in (OMISSIS); (OMISSIS), nata a (OMISSIS); (OMISSIS), nato in (OMISSIS); (OMISSIS), nato in (OMISSIS); (OMISSIS), nato in (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato in (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato in (OMISSIS); (OMISSIS), nato in (OMISSIS); (OMISSIS), (alias (OMISSIS)), nato in (OMISSIS); avverso la sentenza del 28/04/2022 della Corte di appello di Brescia; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa DI STASI Antonella; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PICCIRILLO Raffaele, che ha concluso chiedendo: il rigetto dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ed in alternativa rimessione alle Sezioni Unite per la decisione in ordine al capo 20); declaratoria di inammissibilita' dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e per quest'ultimo annullamento con rinvio per i reati di cui ai capi 23) e 28); rigetto del ricorso nei confronti dell'imputato (OMISSIS); udito per gli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) l'avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso o rimessione alle Sezioni Unite; udito per l'imputato (OMISSIS) l'avv. (OMISSIS) e l'avv. (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo l'annullamento con rinvio; udita per l'imputato (OMISSIS) l'avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 28/04/2022, la Corte di appello di Brescia, per quanto rileva in questa sede, in parziale riforma della sentenza emessa in data 30/09/2021, all'esito di giudizio abbreviato, dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Brescia (la sentenza di primo grado aveva riconosciuto la sussistenza dell'associazione criminosa finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti contestata al capo 52) dell'imputazione, della quale facevano parte (OMISSIS), con funzioni di capo e organizzatore, e, quali partecipi, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e dei reati-fine contestati), in accoglimento della richiesta del P.G. e dell'imputato ex articolo 599-bis c.p.p. rideterminava la pena inflitta (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); ritenuta per (OMISSIS) la continuazione tra i fatti di cui alla sentenza della Corte di appello di Brescia del 2.3.2021 (irrevocabile il 14.12.2021) e quelli oggetto nel presente procedimento, confermava la pena allo stesso inflitta nella complessiva misura di anni 23, mesi quattro di reclusione ed Euro 800,00 di multa; riqualificati i fatti contestati ai capi 40) e 41) a (OMISSIS) e (OMISSIS) nei termini dell'originaria imputazione, confermava la pena loro inflitta; revocava la dichiarazione di delinquenza professionale nei confronti di (OMISSIS) e confermava nel resto. 2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia ed i suindicati imputati, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, articolando i seguenti motivi, enunciati in base al disposto dell'articolo 173 disp. att. c.p.p.. Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia propone un unico motivo di ricorso, con il quale deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all'articolo 102 c.p.. Argomenta che erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto che (OMISSIS) non fosse nelle condizioni di essere dichiarato delinquente abituale poiche' l'ultimo precedente risaliva al 10.11.2004 e dunque oltre il termine di legge dei dieci anni dai fatti contestati, collocabili tra il maggio ed il luglio del 2018; secondo il disposto dell'articolo 102 c.p., comma 2, nei dieci anni in questione non va computato il tempo in cui il condannato ha scontato pene detentive o e' stato sottoposto a misure di sicurezza detentive; nella specie, come evincibile dal certificato del casellario giudiziale, (OMISSIS) aveva scontato pena detentiva dal 10.11.2004 al 29.2.2016 e, quindi, computando nel conteggio tale periodo, i fatti per i quali il predetto ha riportato condanna nel presente procedimento erano stati commessi entro il termine di cui all'articolo 102 c.p.. (OMISSIS), a mezzo del difensore di fiducia, propone un unico motivo di ricorso, con il quale deduce vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Argomenta che con l'atto di appello si censurava la decisione del primo giudice sul punto relativo alla ritenuta sussistenza del sodalizio criminoso, sottolineando, in particolare, che i cinque soggetti, ritenuti partecipi dell'associazione, avessero tra loro stretti rapporti parentali; la (OMISSIS) era la moglie di (OMISSIS), ritenuto il promotore del sodalizio, e la sua presenza in giudizio era frutto piu' di dinamiche familiari che di progetti criminali; secondo la giurisprudenza di legittimita' nel caso di sovrapposizione tra struttura familiare e organizzazione criminale e' necessario procedere ad una valutazione particolarmente prudente, poiche' la frequentazione ed i vincoli di solidarieta' che legano componenti dello stesso gruppo familiare non possono essere recepiti come prova dell'affectio societatis ma occorre provare la costituzione di un'altra struttura organizzativa dotata di distinta e autonoma attivita' criminosa; nella specie, mancavano del tutto elementi indicativi di una struttura organizzativa, sia pure minimale, quali la disponibilita' di mezzi e strutture, atteso che i luoghi ove era gestito il traffico illecito era l'abitazione dello (OMISSIS) e quella della moglie e le autovetture ed i telefoni cellulari erano beni personali dei singoli imputati; le intercettazioni non comprovavano il ruolo attribuito alla ricorrente, quello di "portavoce" del marito nei rapporti con gli altri soggetti coinvolti nell'attivita' illecita; la Corte di appello si era limitata a ribadire tale ruolo senza confrontarsi con le censure mosse con l'atto di appello in ordine alla inconsistenza di tale ipotesi; in particolare, la sentenza impugnata non si confrontava con la necessita' di provare l'esistenza di una struttura organizzativa stabile e permanente, dotata di mezzi predisposti alla realizzazione del programma, elemento che costituiva il vero elemento di discrimine con l'ipotesi del concorso di piu' persone nel reato; non poteva valere da sola a supportare l'ipotesi associativa l'assistenza legale prestata in occasione degli arresti di (OMISSIS) e (OMISSIS), alla luce dei rapporti di parentela intercorrenti tra gli imputati. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), propongono un unico motivo di ricorso, con il quale deducono violazione dell'articolo 129 c.p.p. e correlato vizio di motivazione, lamentando che la Corte di appello, nel ritenere meritevoli di accoglimento le richieste di concordato all'articolo 599-bis c.p.p., aveva omesso di motivare in ordine alla ritenuta insussistenza delle cause di non punibilita' indicate dall'articolo 129 c.p.p.; esistevano, al contrario, le condizioni per pronunciare sentenza di proscioglimento nei confronti degli imputati per non aver commesso il fatto, non risultando univocamente provata la penale responsabilita' degli stessi in ordine ai fatti contestati in considerazione del contenuto ambiguo e fraintendibile delle conversazioni telefoniche. (OMISSIS) propone un unico motivo di ricorso, con il quale lamenta vizio di motivazione della sentenza di condanna pronunciata a seguito di concordato ex articolo 599-bis c.p.p.. (OMISSIS) propone due motivi di ricorso. Con il primo motivo deduce vizio di motivazione, lamentando che la Corte di appello, nel ritenere meritevole di accoglimento la richiesta di concordato di cui all'articolo 599-bis c.p.p., aveva omesso di motivare sia in ordine al profilo della responsabilita' che in ordine al profilo di congruita' della pena irrogata, apparendo la pena irrogata appariva eccessiva in relazione al contesto illecito e piu' adeguata una pena base fissata in misura vicina al minimo edittale. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione con riferimento al mancato vaglio del processo di formazione della volonta' della parte di accedere al concordato; lamenta che la volonta' della parte di aderire al concordato sarebbe stata viziata dalla necessita' di contenere l'asperita' del trattamento sanzionatorio disposto in primo grado; essa era, quindi, frutto di una coercizione mentale che aveva determinato l'adesione al concordato per il timore di vedersi riconfermata la pena irrogata dal primo giudice. (OMISSIS) propone un unico motivo, con il quale deduce l'erronea qualificazione giuridica del fatto in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73; lamenta che la Corte di appello avrebbe dovuto assolvere il ricorrente dal reato di vendita di sostanza stupefacente perche' difettava la prova della materiale consegna della sostanza stupefacente; i Giudici di appello, invece, si erano limitati a dare conto della non sussistenza dei presupposti per l'applicabilita' dell'articolo 129 c.p.p.. (OMISSIS), propone due motivi di ricorso. Con un primo motivo, con il quale deduce vizio di motivazione in relazione all'identificazione dell'imputato in relazione al reato di cui al capo 72) dell'imputazione. Argomenta che la Corte di appello era incorsa nello stesso errore di fatto contenuto nella sentenza di primo grado, che aveva ritenuto certa l'identificazione del ricorrente nel soggetto che, in data 25.07.2018, si era incontrato con il coimputato (OMISSIS) presso il Centro Commerciale (OMISSIS) per definire le condizioni di un futuro scambio di sostanza stupefacente; come dedotto con i motivi di appello la semplice lettura dell'allegato n. 267 smentiva la presenza del ricorrente all'appuntamento, avendo l'operante riconosciuto con certezza solo uno dei due magrebini presenti e, cioe', (OMISSIS); inoltre, il richiamo effettuato dalla Corte di merito a ripetuti servizi di osservazioni al quale era stato sotto posto il ricorrente era generico. Con un secondo motivo deduce inosservanza ed erronea applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 in relazione all'articolo 1376 c.c.. Espone che in tema di sostanze stupefacenti vige il principio consensualistico, in base al quale integra il reato di cessione di sostanze stupefacenti l'accordo tra piu' soggetti, mentre la traditio resta un post factum non punibile; il ricorrente non era responsabile del reato ascrittogli perche' non era presente alle trattative con il coimputato italiano e nemmeno in auto al momento del fermo dei connazionali operato dalla Polizia; l'intercettazione telefonica 556 del 28/07/2018 analizzata dalla Corte di merito, poi, non era riferibile al ricorrente ma a (OMISSIS) che aveva utilizzato l'utenza e, comunque, aveva un contenuto che dava atto solo di una preoccupazione per la sorte degli amici arrestati. (OMISSIS) propone due motivi di ricorso. Con il primo motivo deduce vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell'associazione criminosa di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Argomenta che con l'atto di appello si censurava la decisione del primo giudice sul punto relativo alla ritenuta sussistenza del sodalizio criminoso, sottolineando, in particolare, che i cinque soggetti, ritenuti partecipi dell'associazione, avessero tra loro stretti rapporti parentali; (OMISSIS) (cosi' come (OMISSIS)) era il nipote di (OMISSIS), ritenuto il promotore del sodalizio, e la sua collaborazione era limitata ad un periodo di due mesi; secondo la giurisprudenza di legittimita' nel caso di sovrapposizione tra struttura familiare e organizzazione criminale e' necessario procedere ad una valutazione particolarmente prudente, poiche' la frequentazione ed i vincoli di solidarieta' che legano componenti dello stesso gruppo familiare non possono essere recepiti come prova dell'affectio societatis ma occorre provare la costituzione di un'altra struttura organizzativa dotata di distinta e autonoma attivita' criminosa; nella specie, mancavano del tutto elementi indicativi di una struttura organizzativa, sia pure minimale, quali la disponibilita' di mezzi e strutture, atteso che i luoghi ove era gestito il traffico illecito era l'abitazione dello (OMISSIS) e quella della moglie e le autovetture ed i telefoni cellulari erano beni personali dei singoli imputati; la sentenza impugnata non si confrontava con la necessita' di provare l'esistenza di una struttura organizzativa stabile e permanente, dotata di mezzi predisposti alla realizzazione del programma, elemento che costituiva il vero elemento di discrimine con l'ipotesi del concorso di piu' persone nel reato; non poteva valere da sola a supportare l'ipotesi associativa l'assistenza legale prestata in occasione degli arresti di (OMISSIS) e (OMISSIS), alla luce dei rapporti di parentela intercorrenti tra gli imputati. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli aumenti di pena stabiliti a titolo di continuazione per i reati satellite del delitto associativo. Argomenta che la Corte territoriale aveva giustificato gli aumenti di pena in questione con motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria limitandosi a richiamare il contesto associativo ed un particolare protagonismo del ricorrente, che in realta' risulta smentito dalla stessa sentenza di appello; inoltre, gli aumenti di pena erano illogici ed irragionevoli se confrontati a quelli disposti per i medesimi capi di imputazione al coimputato (OMISSIS), ritenuto organizzatore del sodalizio. (OMISSIS) propone diciannove motivi di ricorso. Con il primo motivo deduce violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 in relazione al capo 52) della imputazione. Argomenta che la sentenza di appello, confermativa della sentenza di primo grado, risultava viziata dalla violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 nella parte in cui aveva ritenuto sussistente il reato associativo contestato, pur in difetto degli elementi costituitivi della fattispecie criminosa; difettava la prova sia dell'esistenza del sodalizio criminoso che della condotta partecipativa, con ruolo apicale, attribuita al ricorrente, dovendo distinguersi l'occasionale concorso dato per la realizzazione di singoli reati dalla partecipazione punibile ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 2; quanto alla configurabilita' dell'associazione criminosa, non vi era prova, al di la' di ogni ragionevole dubbio, dell'esistenza di una struttura organizzativa che consentisse la realizzazione del programma criminoso, del pactum sceleris, di una apprezzabile continuita' temporale dell'associazione, della sussistenza di ruoli di indispensabile preminenza, di un preciso programma criminoso susseguente al pactum sceleris; in particolare, gli episodi che coinvolgevano di soggetti indicati in imputazione come intranei al sodalizio criminoso riguardavo un lasso temporale di pochi mesi, i mezzi finalizzati alla realizzazione del programma criminoso erano, in realta', beni personali e destinati ad un uso personale, non risultavano provati i canali di fornitura dello stupefacente e difettava una struttura stabile; non vi era prova che i reati fine contestati al ricorrente erano collegati all'associazione e, comunque, non potevano costituire prova dell'esistenza dell'associazione, in quanto erano stati storicamente determinati di volta in vola e non si collocavano nell'ambito di esecuzione di un programma criminoso associativo; difettava un continuativo e permanente accordo fra i soggetti protagonisti della vicenda, il compendio intercettivo non consentiva di evincere la condotta partecipativa contestata al ricorrente, non risultava circostanza dirimente il ravvisato sistema di "mutuo soccorso" che sarebbe intervenuto dopo l'arresto dei coimputati (OMISSIS) ed (OMISSIS), l'operata riqualificazione da parte del primo giudice in termini di favoreggiamento delle condotte di cui agli articoli 40) e 41) collideva con la sussistenza del pactum sceleris; la condotta del ricorrente poteva al piu' qualificarsi come concorso in reati di spaccio, difettando, anche sul piano soggettivo, una societas sceleris. Con il secondo motivo deduce violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 in relazione al capo 52) della imputazione in punto di mancata riqualificazione della condotta apicale in quella di mero partecipe dell'associazione. Argomenta che la sentenza di appello, confermativa della sentenza di primo grado, aveva erroneamente ritenuto che il ricorrente svolgesse il ruolo di promotore ed organizzatore dell'asserito sodalizio criminoso, non emergendo alcuna prova in tal senso dal compendio probatorio, costituito prevalentemente dalle conversazioni intercettate; i Giudici di merito avevano solo genericamente affermato il predetto ruolo, non dimostrato in concreto attraverso specifiche condotte sintomatiche di un potere di direzione e controllo dell'asserito gruppo associativo da parte dell'imputato; nella sentenza impugnata non emergeva prova che il ricorrente avesse personalmente contatti con i fornitori ne' che egli godesse di autonomia decisionale ne' che coordinasse l'azione degli altri coimputati; indimostrata, poi, era la circostanza che il ricorrente avesse mantenuto il ruolo di promotore ed organizzatore anche nel corso della propria carcerazione. Con il terzo motivo deduce violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 in relazione al capo 52) della imputazione in punto di sussistenza della condotta di mero partecipe dell'associazione. Argomenta che la sentenza di appello, confermativa della sentenza di primo grado, aveva erroneamente ritenuto che il ricorrente fosse un partecipe dell'associazione criminosa, difettando sia l'elemento oggettivo che quello soggettivo della cd affectio societatis; in particolare non vi era prova di uno stabile ed organico inserimento nella struttura organizzativa dell'associazione; inoltre, la preesistenza del legame familiare ed amicale escludeva che potesse configurarsi una volontaria adesione ad una societas sceleris; ancora la condotta del ricorrente risultava essere stata una condotta autonoma e sostanzialmente egoistica, volta al perseguimento di obiettivi e vantaggi personali. Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione in relazione al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 contestato al capo 52) dell'imputazione. Argomenta che la motivazione della sentenza impugnata era viziata e carente nella parte in cui si era limitata a richiamare la sentenza di primo grado senza fornire adeguate risposte alle specifiche censure difensive di cui al pag. 10 dell'atto di appello; in particolare, con riferimento al breve lasso temporale in cui l'ipotizzata associazione avrebbe operato, la Corte affermava la non rilevanza di tale circostanza alla luce della circostanza che l'attivita' era stata interrotta per effetto dei provvedimenti repressivi adottati dall'autorita' giudiziaria e non per cause naturali; inoltre tale argomentazione si poneva in contraddizione con il successivo rilievo che l'attivita' delittuosa continuava anche dopo l'arresto dello (OMISSIS), il quale, grazie ai colloqui carcerari con la (OMISSIS), continuava a gestire l'organizzazione; era, poi, illogica e contraddittoria, l'affermazione della Corte territoriale in ordine alla esistenza di rodati meccanismi interni in grado di reperire nuovi canali di approvvigionamento, a fronte del breve lasso temporale della durata dell'associazione. Con il quinto motivo deduce violazione degli articoli 63, 64, 191 e 350 c.p.p. in relazione al capo 20) dell'imputazione. Argomenta che, contrariamente a quanto affermato dai Giudici di merito, erano inutilizzabili ai fini dell'affermazione di responsabilita' per il reato di cui al capo 20) dell'imputazione le dichiarazioni rese dal coimputato (OMISSIS) in data 5.3.2018 presso il Comando Compagnia Carabinieri di Brescia dopo il furto subito presso la propria abitazione il 4.3.2018, in quanto non emergeva la prova che fossero state rese spontaneamente e liberamente ed erano state solo riportate in un'annotazione di servizio non sottoscritta dal dichiarante; inoltre, le dichiarazioni avrebbero dovuto essere rese ed acquisite con le formalita' e le garanzie di cui all'articolo 63 c.p., essendovi in atto plurimi eventi investigativi a carico del dichiarante; tali dichiarazioni, infine, erano rilevanti in quanto le residue risultanze probatorie erano insufficienti a giustificare l'identico convincimento dei giudici di merito, come gia' ritenuto, in sede cautelare, dal Giudice per le indagini preliminari, che aveva ritenuto inutilizzabili le dichiarazioni rese dal (OMISSIS) e, quindi, escluso la gravita' indiziaria in ordine al reato contestato. Con il sesto motivo deduce violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 in relazione al capo 20) dell'imputazione. Argomenta che la prova della sussistenza del reato di cui al capo 20) si fonda principalmente sulle dichiarazioni inutilizzabili del coimputato (OMISSIS) del 5.3.2018; le ulteriori risultanze probatorie (analisi dei tabulati del traffico telefonico del (OMISSIS) non comprovavano l'effettiva importazione in Italia di sostanza stupefacente, difettando i sequestri ed intercettazioni successive alle ipotizzate importazioni; gli elementi indiziari, di valenza generica, erano stati valutati dai giudici di merito con argomentazioni apodittiche, illogiche, congetturali e prive di riscontro nel complessivo compendio probatorio (modalita' di accompagnamento del trasporto del carico con un'altra auto in funzione di staffetta, esito negativo del controllo del 2.12.2017, timore palesato dal (OMISSIS) alla fidanzata, immediata consegna dell'auto da parte del (OMISSIS) alla (OMISSIS), moglie di (OMISSIS), al momento del rientro in Italia, conversazione ambientale tra (OMISSIS) e (OMISSIS), attivita' di spaccio che sarebbe stata posta in essere dal (OMISSIS) solo il 24.11.2017). Con il settimo motivo deduce violazione dell'articolo 110 c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 in relazione al capo 21) dell'imputazione. Argomenta che l'affermazione di responsabilita' dello (OMISSIS) per il contestato acquisto di sostanza stupefacente da tale (OMISSIS) era stata fondata su un manoscritto con contabilita' rinvenuto presso l'abitazione dello (OMISSIS) e sul contenuto di una conversazione dello (OMISSIS) ad un suo connazionale; la valutazione dei predetti elementi da parte dei Giudici di merito era stata basata su argomentazioni illogiche e congetturali, senza individuazione del quantitativo della sostanza stupefacente oggetto della presunta cessione. Con l'ottavo motivo deduce violazione dell'articolo 110 c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 in relazione al capo 23) dell'imputazione. Argomenta che l'affermazione di responsabilita' del ricorrente per la contestata importazione dall'Olanda di 14 Kg di cocaina era stata basata su elementi indiziari costituiti dai tabulati telefonici dell'utenza tedesca in uso al corriere rimasto ignoto, che davano conto di alcuni viaggi all'estero dello stesso corriere e di (OMISSIS) verso l'Italia nel periodo dal 10 gennaio al 28 febbraio 2018; i Giudici di merito, con argomentazioni apodittiche e congetturali avevano tratto da tale elementi che le modalita' di viaggio dei due soggetti rientravano nell'abituale modus operandi riscontrato nel corso dell'indagine; non risultava adempiuto l'onere di motivazione rafforzato che sussiste nelle ipotesi in cui manchi il sequestro della sostanza stupefacente; difettava, inoltre, ogni riscontro in ordine alla ipotizzata attivita' di smercio della sostanza stupefacente. Con il nono motivo deduce violazione dell'articolo 133 c.p. in relazione ai capi 25, 26, e 27 dell'imputazione. Argomenta che la pena irrogata dai Giudici di merito a titolo di continuazione per i reati in oggetto, pari ad anni uno e mesi sei di reclusione, era eccessiva e non giustificata in maniera razionale e logica, in quanto il rilievo del dato quantitativo dello stupefacente si basava solo sulla comparazione di fotogrammi tratti dalle riprese video in via (OMISSIS). Con il decimo motivo deduce violazione dell'articolo 110 c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 in relazione al capo 30) dell'imputazione. Argomenta che l'affermazione di responsabilita' del ricorrente per la contestata cessione di stupefacente era stata basata principalmente sulle conversazioni ambientali intercettate, dal cui contenuto non si evinceva, pero', la prova del perfezionamento della cessione ne' dell'oggetto della stessa; i Giudici di merito aveva espresso in merito argomentazioni contraddittorie e congetturali non risultava adempiuto l'onere di motivazione rafforzato che sussiste nelle ipotesi in cui manchi il sequestro della sostanza stupefacente. Con l'undicesimo motivo deduce violazione degli articoli 81 cpv. e 133 c.p. in relazione al capo 32) dell'imputazione. Argomenta che la pena irrogata dai Giudici di merito a titolo di continuazione per il reato in oggetto, pari a mesi quattro e giorni quindici di reclusione, era eccessiva e non giustificata in maniera razionale e logica in relazione al quantitativo della sostanza stupefacente, in quanto basata su un'interpretazione non condivisibile dell'intercettazione ambientale n. 1125 e non correlata alla effettiva gravita' del fatto. Con il dodicesimo motivo deduce violazione degli articoli 81 cpv. e 133 c.p. in relazione al capo 41) dell'imputazione. Argomenta che la pena irrogata dai Giudici di merito a titolo di continuazione per il reato in oggetto, pari ad anni uno e mesi uno di reclusione, era eccessiva e dovrebbe essere diminuita in ragione della tipologia della sostanza stupefacente (marijuana) e della scarsa qualita' della stessa; inoltre, essa non era giustificata in maniera razionale e logica, in quanto, in maniera generica ed apodittica, si argomentava che il quantitativo della sostanza stupefacente comprovava l'intraneita' del gruppo criminale nell'ambiente del traffico di sostanze stupefacenti anche di tipo leggero. Con il tredicesimo motivo deduce vizio di motivazione in relazione al capo 22) dell'imputazione con riferimento al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione ex articolo 81 c.p., comma 2. Argomenta che la Corte territoriale aveva escluso il requisito dell'unicita' del disegno criminoso con riferimento al reato di furto aggravato contestato al capo 22) dell'imputazione, pur riconoscendo che tale reato si inquadrava nel tentativo di recuperare un credito per le pregresse cessioni di cocaina, cosi' riconoscendo la medesima natura degli altri reati contestati; inoltre, emergeva anche il contenuto intervallo temporale tra il reato in oggetto e le altre fattispecie criminose contestate. Con il quattordicesimo motivo deduce violazione dell'articolo 133 c.p. in relazione al capo 22) dell'imputazione. Argomenta che la Corte territoriale, nel determinare la pena per il reato di cui al capo 22) dell'imputazione, aveva giustificato il discostamento dal minimo edittale con argomentazioni illogiche, limitandosi a richiamare la gravita' dei fatti ed il contesto criminale nel quale si inquadrava la vicenda. Con il quindicesimo motivo deduce vizio di motivazione in relazione al capo 22) dell'imputazione, lamentando la mancata applicazione di una pena base coincidente con il minimo edittale ed evidenziando che, nonostante specifica richiesta difensiva contenuta nell'atto di appello, la Corte di appello non vagliava tale circostanza. Con il sedicesimo motivo deduce violazione dell'articolo 99 c.p., lamentando che i Giudici di merito avevano ritenuto sussistente la contestata recidiva, limitandosi a determinare un automatico aumento del trattamento sanzionatorio, senza verificare in concreto se la reiterazione del reato esprimeva o meno una criminosita' piu' accentuata. Con il diciassettesimo motivo di ricorso deduce violazione degli articoli 78, 81, 133 c.p. nonche' degli articoli 442 e 671 c.p.p., in relazione al riconoscimento della continuazione con i fatti di cui alla sentenza della Corte di appello di Brescia del 2.3.21 ed i fatti per cui e' processo. Lamenta l'illegalita' della pena stabilita, chiedendo che, in base al criterio moderatore di cui all'articolo 78 c.p., venga rideterminata nella pena finale di anni venti di reclusione. Con il diciottesimo motivo lamenta l'illogicita' della motivazione con riferimento alla declaratoria di professionalita' nel reato e all'applicazione della misura di sicurezza, lamentando che i Giudici di merito avevano omesso l'accertamento in concreto della pericolosita' sociale del condannato, essendosi limitati a richiamare la pericolosita' dell'imputato in riferimento alle contestazioni alle stesse ascritte, con particolare riferimento al ruolo associativo contestato. Con il diciannovesimo motivo deduce vizio di motivazione con riferimento all'applicazione della sanzione prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 86, lamentando che la Corte territoriale, con motivazione carente, aveva giustificato l'applicazione della misura di sicurezza dell'espulsione dal territorio dello Stato, basando la valutazione di pericolosita' sociale del prevenuto sulla gravita' dei fatti e sul ruolo attivo svolto nelle attivita' di mutuo soccorso finalizzate a garantire la sopravvivenza della presunta associazione; la Corte di merito, inoltre, aveva valutato la pericolosita' sociale del prevenuto senza procedere ad un esame comparativo della condizione familiare dell'imputato. Con memoria trasmessa il 3.4.2023 il difensore di (OMISSIS) ha proposto motivi nuovi, approfondendo le ragioni poste a fondamento dei motivi secondo e sedicesimo ed insistendo per l'annullamento della sentenza impugnata. (OMISSIS) propone dodici motivi di ricorso. Con il primo motivo deduce violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 in relazione al capo 52) della imputazione. Argomenta che la sentenza di appello, confermativa della sentenza di primo grado, risultava viziata dalla violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 nella parte in cui aveva ritenuto sussistente il reato associativo contestato, pur in difetto degli elementi costituitivi della fattispecie criminosa; difettava la prova sia dell'esistenza del sodalizio criminoso che della condotta partecipativa attribuita al ricorrente, soggetto autonomo nell'approvvigionamento dello stupefacente, dovendo distinguersi l'occasionale concorso dato per la realizzazione di singoli reati dalla partecipazione punibile ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 2; quanto alla configurabilita' dell'associazione criminosa, non vi era prova, al di la' di ogni ragionevole dubbio, dell'esistenza di una struttura organizzativa che consentisse la realizzazione del programma criminoso, del pactum sceleris, di una apprezzabile continuita' temporale dell'associazione, della sussistenza di ruoli di indispensabile preminenza, di un preciso programma criminoso susseguente al pactum sceleris; in particolare, gli episodi che coinvolgevano di soggetti indicati in imputazione come intranei al sodalizio criminoso riguardavo un lasso temporale di breve durata (quattro mesi, nel periodo febbraio 2018-maggio 2018), i mezzi finalizzati alla realizzazione del programma criminoso erano, in realta', beni personali e destinati ad un uso personale, non risultavano provati i canali di fornitura dello stupefacente e difettava una struttura stabile; non vi era prova che i reati fine contestati al ricorrente erano collegati all'associazione e, comunque, non potevano costituire prova dell'esistenza dell'associazione; difettava un continuativo e permanente accordo fra i soggetti protagonisti della vicenda; il compendio intercettivo non consentiva di evincere la condotta partecipativa contestata al ricorrente; non risultava circostanza dirimente il ravvisato sistema di "mutuo soccorso" che sarebbe intervenuto dopo l'arresto dei coimputati (OMISSIS) ed (OMISSIS); l'operata riqualificazione da parte del primo giudice in termini di favoreggiamento delle condotte di cui agli articoli 40) e 41) collideva con la sussistenza del pactum sceleris. Con il secondo motivo deduce violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 in relazione al capo 52) della imputazione in punto di sussistenza della condotta di mero partecipe dell'associazione. Argomenta che la sentenza di appello, confermativa della sentenza di primo grado, aveva erroneamente ritenuto che il ricorrente fosse un partecipe dell'associazione criminosa, difettando sia l'elemento oggettivo che quello soggettivo della cd affectio societatis; in particolare non vi era prova di uno stabile ed organico inserimento nella struttura organizzativa dell'associazione, essendo le intercettazioni, valorizzate a tal fine dalla Corte territoriale, brevi ed incomprensibili; inoltre, la preesistenza del legame familiare ed amicale escludeva che potesse configurarsi una volontaria adesione ad una societas sceleris; ancora la condotta del ricorrente risultava essere stata una condotta autonoma e sostanzialmente egoistica, volta al perseguimento di obiettivi e vantaggi personali; l'essersi attivato, poi, per assicurare ai familiari assistenza legale e per reperire un'abitazione finalizzata alla sostituzione della misura cautelare imposta a due dei coimputati era spiegabile nell'ottica del legame familiare ed amicale preesistente; la qualificazione ai sensi dell'articolo 378 c.p. delle condotte contestate ai capi 40) e 41) operata dal primo giudice, del tutto condivisibile, escludeva la sussistenza del pactum sceleris. Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione in relazione al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 contestato al capo 52) dell'imputazione. Argomenta che la motivazione della sentenza impugnata era viziata e carente nella parte in cui si era limitata a richiamare la sentenza di primo grado senza fornire adeguate risposte alle specifiche censure difensive di cui al pag. 10 dell'atto di appello; in particolare, con riferimento al breve lasso temporale in cui l'ipotizzata associazione avrebbe operato, la Corte affermava la non rilevanza di tale circostanza alla luce della circostanza che l'attivita' era stata interrotta per effetto dei provvedimenti repressivi adottati dall'autorita' giudiziaria e non per cause naturali; inoltre tale argomentazione si poneva in contraddizione con il successivo rilievo che l'attivita' delittuosa continuava anche dopo l'arresto dello (OMISSIS), il quale, grazie ai colloqui carcerari con la (OMISSIS), continuava a gestire l'organizzazione; era, poi, illogica e contraddittoria, l'affermazione della Corte territoriale in ordine alla esistenza di rodati meccanismi interni in grado di reperire nuovi canali di approvvigionamento, a fronte del breve lasso temporale della durata dell'associazione. Con il quarto motivo deduce violazione della norma di cui all'articolo 378 c.p. in relazione ai capi 40) e 41) dell'imputazione. Argomenta che il Tribunale aveva riqualificato i fatti contestati ai capi 40) e 41) dell'imputazione nel delitto di cui all'articolo 378 c.p. e che la Corte di appello aveva, invece, confermato l'originaria imputazione per il delitto di cui all'articolo 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73; la valutazione del primo giudice era corretta in quanto emergeva dalle risultanze istruttorie che il ricorrente era stato mosso dall'intento di disfarsi della droga al fine di eludere le investigazioni dell'autorita' nei confronti del familiare (OMISSIS); tale corretta valutazione renderebbe insussistente il pactum sceleris e la condotta partecipativa attribuita al ricorrente. Con il quinto motivo deduce violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, in relazione al capo 40) dell'imputazione. Argomenta che la Corte di appello aveva ritenuto sussistente la condotta originariamente contestata con argomentazioni illogiche e congetturali, affermando che il ricorrente aveva la diretta ed immediata disponibilita' della sostanza stupefacente, difettando il sequestro della sostanza stupefacente. Con il sesto motivo deduce vizio di motivazione in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, con riferimento al capo 40) dell'imputazione. Argomenta che la Corte di appello aveva ritenuto sussistente la condotta originariamente contestata con argomentazioni contraddittoria, in quanto l'affermazione che il ricorrente aveva la diretta ed immediata disponibilita' della sostanza stupefacente si poneva in contrasto con la circostanza che il pregresso acquisto era rimasto indimostrato e che dello stupefacente erano rimasti solo gli involucri vuoti. Con il settimo motivo deduce violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, in relazione al capo 43). Argomenta che, come gia' dedotto con il relativo motivo di appello, non risultava provato il perfezionamento della fornitura della sostanza stupefacente, in quanto l'affermazione di responsabilita' si basava unicamente sulle intercettazioni ambientali e non vi era prova che il viaggio del ricorrente avesse avuto ad oggetto un quantitativo di droga, non essendo stato effettuato alcun sequestro e non essendo stato identificato l'acquirente ed i trasferimenti di denaro. Con l'ottavo motivo deduce violazione dell'articolo 133 c.p. con riferimento al capo 41) dell'imputazione. Il ricorrente lamenta l'eccessivita' dell'aumento di pena disposto a titolo di continuazione in relazione al reato di cui al capo 41) dell'imputazione, aumento che meriterebbe di essere diminuito in considerazione della tipologia della sostanza stupefacente (marijuana) e della scarsa qualita' della stessa, emergente dalle conversazioni intercettate; la motivazione espressa dalla Corte di merita, che giustificava l'entita' dell'aumento in ragione del dato quantitativo dello stupefacente era lacunosa, generica ed apodittica. Con il nono motivo deduce violazione dell'articolo 133 c.p. con riferimento ai capi 42) e 51) dell'imputazione. Il ricorrente lamenta l'eccessivita' dell'aumento di pena disposto a titolo di continuazione in relazione ai reati in oggetto, aumento, pari a mesi sei di reclusione per ciascun reato, che andrebbe diminuito, non essendo emersa prova - come genericamente affermato dalla Corte di merito - che i fatti fossero maturati in un contesto finalizzato a garantire la sopravvivenza della presunta associazione. Con il decimo motivo deduce vizio di motivazione in relazione al capo 22) dell'imputazione con riferimento al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione ex articolo 81 c.p., comma 2. Argomenta che la Corte territoriale aveva escluso il requisito dell'unicita' del disegno criminoso con riferimento al reato di furto aggravato contestato al capo 22) dell'imputazione, pur riconoscendo che tale reato si inquadrava nel tentativo di recuperare un credito per le pregresse cessioni di cocaina, cosi' riconoscendo la medesima natura degli altri reati contestati; inoltre, emergeva anche il contenuto intervallo temporale tra il reato in oggetto e le altre fattispecie criminose contestate. Con l'undicesimo motivo deduce violazione dell'articolo 133 c.p. con riferimento al capo 22) dell'imputazione. Argomenta che la Corte territoriale, nel determinare la pena per il reato di cui al capo 22) dell'imputazione, aveva giustificato il discostamento dal minimo edittale con argomentazioni illogiche, limitandosi a richiamare la gravita' dei fatti ed il contesto criminale nel quale si inquadrava la vicenda. Con il dodicesimo motivo deduce vizio di motivazione con riferimento all'applicazione della sanzione prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 86, lamentando che la Corte territoriale, con motivazione carente, aveva giustificato l'applicazione della misura di sicurezza dell'espulsione dal territorio dello Stato, basando la valutazione di pericolosita' sociale del prevenuto sulla gravita' dei fatti e sul ruolo attivo svolto nelle attivita' di mutuo soccorso finalizzate a garantire la sopravvivenza della presunta associazione; la Corte di merito, inoltre, aveva valutato la pericolosita' sociale del prevenuto senza procedere ad un esame comparativo della condizione familiare dell'imputato. Con memoria trasmessa il 3.4.2023 il difensore di (OMISSIS) ha proposto motivi nuovi, approfondendo le ragioni poste a fondamento del secondo motivo di ricorso ed insistendo per l'annullamento della sentenza impugnata. (OMISSIS) propone due motivi di ricorso. Con il primo motivo deduce violazione dell'articolo 191 c.p.p.. Argomenta che, contrariamente a quanto affermato dai Giudici di merito, erano inutilizzabili ai fini dell'affermazione di responsabilita' per il reato di cui al capo 20) dell'imputazione le dichiarazioni rese dal coimputato (OMISSIS) in data 5.3.2018 presso il Comando Compagnia Carabinieri di Brescia dopo il furto subito presso la propria abitazione il 4.3.2018, in quanto non emergeva la prova che fossero state rese spontaneamente e liberamente ed erano state solo riportate in un'annotazione di servizio non sottoscritta dal dichiarante; inoltre, le dichiarazioni avrebbero dovuto essere rese ed acquisite con le formalita' e le garanzie di cui all'articolo 63 c.p.p.; la non utilizzabilita' delle dichiarazioni in questione costituiva patrimonio del presente procedimento, in quanto, in sede cautelare, il Giudice per le indagini preliminari aveva ritenuto inutilizzabili le dichiarazioni rese dal (OMISSIS), escludendo la gravita' indiziaria per l'applicazione di custodia cautelare in carcere. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilita', lamentando che la Corte di appello, con argomentazioni illogiche, aveva fondato la decisione basandosi sulle dichiarazioni inutilizzabili di (OMISSIS) e su elementi meramente indiziari, non decisivi per provare la colpevolezza del ricorrente. (OMISSIS) propone sette motivi di ricorso. Con il primo motivo deduce violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e vizio di motivazione in relazione al capo 54) dell'imputazione. Argomenta che la cessione di mezzo chilogrammo di sostanza stupefacente del tipo cocaina in favore di (OMISSIS) doveva ritenersi quale post factum non punibile rispetto alla piu' grave condotta di acquisto a fini di spaccio, contestata al capo 53) dell'imputazione; erroneamente la Corte di appello, confermando la decisione del primo giudice, aveva ritenuto, con argomentazioni inadeguate, che la divergenza del dato quantitativo tra le due condotte ed il lasso temporale intercorso tra le stesse, evidenziava la pluralita' dei reati; in realta' il lasso temporale era breve, quattro giorni, ed il dato quantitativo non era rilevante in quanto era possibile- e fisiologico - che lo stupefacente venga reimmesso sul mercato in modo frazionato. Con il secondo motivo deduce violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e vizio di motivazione in relazione al capo 57) dell'imputazione. Argomenta che la cessione di un chilogrammo di sostanza stupefacente del tipo cocaina in favore di (OMISSIS) doveva ritenersi quale post factum non punibile rispetto alla piu' grave condotta di acquisto a fini di spaccio, contestata al capo 58) dell'imputazione; il lasso temporale tra le due condotte era breve, due giorni, ed il dato quantitativo della sostanza stupefacente era lo stesso; la Corte di appello aveva ritenuto la sussistenza di una pluralita' di reati, senza chiarire perche' un intervallo di pochi giorni determinasse una soluzione di continuita' tra le due condotte criminose. Con il terzo motivo deduce violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e vizio di motivazione in relazione al capo 60) dell'imputazione. Argomenta che la cessione di mezzo chilogrammo di sostanza stupefacente del tipo cocaina del 30.05.2018 doveva ritenersi quale post factum non punibile rispetto alla piu' grave condotta di acquisto a fini di spaccio, contestata al capo 53) dell'imputazione; il lasso temporale tra le due condotte pur non era breve, quindici giorni era spiegabile in considerazione dei tempi tecnici connaturati alla natura dell'attivita' illecita; la Corte di appello aveva ritenuto la sussistenza di una pluralita' di reati, limitandosi a richiamare la differenza del dato quantitativo e il lasso temporale tra le due condotte criminose. Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione in relazione ai fatti di cui al capo 62) dell'imputazione. Argomenta che la Corte territoriale aveva confermato l'affermazione di responsabilita' per l'acquisto e detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina da parte del ricorrente in concorso con (OMISSIS) richiamando conversazioni telefoniche intercettate in data 5.6.2018 precedenti al fatto contestato come posto in essere in data 9.6.2018; inoltre, in maniera congetturale i Giudici di appello avevano evidenziato che il venditore, (OMISSIS), era persona inserita nel gruppo di cittadini stranieri che riforniva di sostanze stupefacenti il ricorrente; il Tribunale del riesame aveva escluso la sussistenza della gravita' indiziaria rimarcando l'assenza di conversazioni ambientali coeve che confermassero il contestato acquisto di stupefacente. Con il quinto motivo deduce inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all'articolo 384 c.p. con riferimento ai fatti di favoreggiamento personale di cui al capo 68) dell'imputazione. Argomenta che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto non applicabile l'esimente di cui all'articolo 384 c.p., in quanto tale esimente trova applicazione anche nel caso il cui l'agente, come nella specie avvenuto, compie un favoreggiamento personale a favore di un terzo per tutelare la propria liberta' intesa come esigenza di evitare un'accusa penale, cioe' un procedimento penale o soltanto delle indagini penali nei propri confronti. Con il sesto motivo deduce vizio di motivazione in relazione ai fatti di cui al capo 76) dell'imputazione. Argomenta che la Corte territoriale aveva ritenuto dimostrato che la spedizione punitiva oggetto del capo 76) dell'imputazione era stata organizzata dal ricorrente, senza pero', confrontarsi ne' con gli atti di indagine che smentivano la ricostruzione operata nella sentenza di primo grado ne' con l'ordinanza genetica della misura cautelare che aveva ritenuto la telefonata del (OMISSIS) al (OMISSIS) del 26 giugno era elemento insufficiente a sostenere la contestazione; la Corte territoriale, inoltre, aveva richiamato le dichiarazioni di (OMISSIS), ritenendole indispensabili per l'affermazione di penale responsabilita' del ricorrente senza, pero', confrontarsi con gli atti di indagine e le valutazioni del giudice cautelare. Con il settimo motivo deduce vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento della continuazione tra il reato di favoreggiamento personale di cui al capo 68) dell'imputazione, i reati di lesioni personali e violenza privata di cui al capo 76) dell'imputazione e i reati di cui agli altri reati contestati. Argomenta che la Corte territoriale aveva escluso il vincolo della continuazione tra i reati in questione con motivazione carente e parziale ed in violazione del principio di diritto secondo cui la continuazione presuppone l'anticipata e unitaria ideazione di piu' violazioni della legge penale, presente nella mente dell'agente almeno a grandi linee; tale unitaria ideazione deve essere ricavata da indici esteriori significativi (omogeneita' delle condotte, il bene giuridico oggetto, il contenuto intervallo temporale, la sistematicita', le abitudini programmate di vita la presenza di compartecipi); espone, quindi, che nel momento in cui si organizza un'attivita' di narcotraffico e' verosimile programmare, seppure in maniera generica, le ulteriori condotte correlate e necessarie per svolgere il commercio illecito, in particolare quelle per garantire l'impunita', la prosecuzione dell'approvvigionamento di sostanza ed evitare che terzi possano intralciare la stessa attivita'. (OMISSIS) propone undici motivi di ricorso. Con il primo motivo deduce error in procedendo in jure per vizio di travisamento per omissione di una risultanza probatoria. Argomenta che, contrariamente a quanto affermato dai Giudici di merito, erano inutilizzabili ai fini dell'affermazione di responsabilita' per il reato di cui al capo 20) dell'imputazione le dichiarazioni rese da (OMISSIS) in data 5.3.2018 presso il Comando Compagnia Carabinieri di Brescia dopo il furto subito presso la propria abitazione il 4.3.2018, in quanto riportate in un'annotazione di servizio non sottoscritta dal dichiarante, in violazione del disposto articolo 357 c.p.p., comma 2, lettera b). Con il secondo motivo deduce error in procedendo in jure per inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilita' delle fonti probatorie di accusa ex articolo 191 c.p.p., lamentando che le dichiarazioni rese da (OMISSIS) in data 5.3.2018 presso il Comando Compagnia Carabinieri di Brescia dopo il furto subito presso la propria abitazione il 4.3.2018, erano inutilizzabili perche' riportate in un'annotazione di servizio non sottoscritta dal dichiarante, come da condivisibile orientamento di legittimita' che la Corte territoriale aveva disatteso; si osserva che in base al disposto dell'articolo 357 c.p.p., comma 2, le dichiarazioni del (OMISSIS) avrebbero dovuto essere documentate mediante "verbale" per la tutela dei diritti fondamentali dell'indagato. Con il terzo motivo deduce error in procedendo in jure per inosservanza dell'articolo 191 c.p.p., comma 1. Argomenta che, contrariamente a quanto affermato dai Giudici di merito, erano inutilizzabili ai fini dell'affermazione di responsabilita' per il reato di cui al capo 20) dell'imputazione le dichiarazioni rese dal coimputato (OMISSIS) in data 5.3.2018 presso il Comando Compagnia Carabinieri di Brescia dopo il furto subito presso la propria abitazione il 4.3.2018, in quanto esse avrebbero dovuto essere rese ed acquisite con le formalita' e le garanzie di cui agli articoli 63 e 64 c.p.p.. Con il quarto motivo deduce error in procedendo in jure per inosservanza dell'articolo 191 c.p.p., comma 1. Argomenta che, contrariamente a quanto affermato dai Giudici di merito, erano inutilizzabili ai fini dell'affermazione di responsabilita' per il reato di cui al capo 20) dell'imputazione le dichiarazioni rese da (OMISSIS) in data 5.3.2018 presso il Comando Compagnia Carabinieri di Brescia dopo il furto subito presso la propria abitazione il 4.3.2018, in quanto il contributo informativo fornito dal (OMISSIS) non era indubbiamente apporto libero e spontaneo in quanto il predetto si era recato presso la Caserma dei Carabinieri non di sua iniziativa ma determinato ed indotto dal padre; dalla annotazione della Polizia Giudiziaria emergeva che le dichiarazioni e le informazioni rese da (OMISSIS) erano state sollecitate, e meglio stimolate ed indotte dalla volonta' paterna e, quindi, la narrazione era frutto del condizionamento paterno. Con il quinto motivo deduce error in procedendo in jure per inosservanza dell'articolo 191 c.p.p., comma 1. Argomenta che, contrariamente a quanto affermato dai Giudici di merito, erano inutilizzabili ai fini dell'affermazione di responsabilita' per il reato di cui al capo 20) dell'imputazione le dichiarazioni rese dal coimputato (OMISSIS) in data 5.3.2018 presso il Comando Compagnia Carabinieri di Brescia dopo il furto subito presso la propria abitazione il 4.3.2018, in quanto esse avrebbero dovuto essere rese ed acquisite con le formalita' e le garanzie di cui agli articoli 63 e 64 c.p.p., perche' contenenti indizi autoincriminanti; pertanto, erano stati violati il principio del nemo tenetur se detegere, il diritto a non collaborare con l'autorita' procedente, il diritto di difesa giudiziaria a mezzo di difensore tecnico. Con il sesto motivo deduce vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilita' per il reato di cui al capo 20) dell'imputazione - importazione di 8 Kg di cocaina dall'Olanda -, lamentando che la Corte territoriale aveva ritenuto la colpevolezza del ricorrente basandosi non su prove storiche dirette ma sulle dichiarazioni inutilizzabili del (OMISSIS) e su indicia leviora, labili ed indeterminati, utilizzati come riscontro alle dichiarazioni del (OMISSIS). Con il settimo motivo deduce vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilita' per il reato di cui al capo 20) dell'imputazione - importazione di 8 Kg di cocaina dall'Olanda -, lamentando che la Corte territoriale aveva ritenuto la colpevolezza del ricorrente sulla base di una prova logica fondata sul semplice sospetto di reato ed ancorata a generiche congetture. Con l'ottavo motivo deduce vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilita' per il reato di cui al capo 16) dell'imputazione, lamentando che la Corte territoriale aveva ritenuto la colpevolezza del ricorrente, in difetto di una prova storica diretta, ma sulla base di brevi ed irrilevanti messaggi scambiati tra i due coimputati e su una semplice frase "vecio fai mezza pensione per domani", interpretata in maniera strumentale e capziosa dai Giudici di merito. Con il nono motivo deduce vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilita' per il reato di cui al capo 16) dell'imputazione, lamentando che la Corte territoriale aveva basato l'affermazione di responsabilita' su indicia laeviora emersi dalle intercettazioni telefoniche e dalle chat non suffragati da riscontri esterni oggettivi; in caso di "droga parlata", come nella specie, difettando il sequestro della sostanza stupefacente la prova della colpevolezza non poteva desumersi dalle mere congetture elaborate dagli inquirenti. Con il decimo motivo deduce violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, in relazione al capo 18) dell'imputazione. Argomenta che non poteva ritenersi configurata la contestata cessione di sostanza stupefacente, in quanto non era stata con certezza acclarata la tipologia della sostanza stupefacente, il dato ponderale della stessa e non era stato operato alcun sequestro; agli atti processuali era presente solo una conversazione telefonica intercettata e la valutazione di colpevolezza era stata basata su una frase estrapolata dalla conversazione telefonica. Con l'undicesimo motivo deduce vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilita' in relazione al reato di cui al capo 16)- rectius capo 18) - dell'imputazione, argomentando che, in presenza di una prova indiziaria aporetica ed insufficiente, i Giudici di merito avrebbero dovuto assolvere l'imputato perche' il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto e non riqualificarlo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5; la sentenza impugnata era, dunque, viziata sul punto per violazione dell'articolo 530 c.p.p., comma 2. 3. Gli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno chiesto, a norma del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, conv. in L. n. 176 del 2020, la trattazione orale del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Vanno, in primo luogo, precisate le ragioni per le quali sono state disattese le comunicazioni di adesione alla astensione dalle udienze proclamata in data 27.3.2023 dall'Unione della Camere Penali Italiane per le giornate del 19,20,21 aprile 2023, trasmesse dall'avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), e dall'avv. (OMISSIS), difensore di fiducia di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)). Va rimarcato che il presente procedimento si caratterizza per la presenza di piu' soggetti sottoposti a misura custodiate (tra i quali anche (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), difesi dai predetti avvocati). Vanno, pertanto, richiamati i principi fissati dalla Corte Costituzionale con la nota pronunzia n. 180 del 10-27 luglio 2018, ha dichiarato l'incostituzionalita' della L. 13 giugno 1990, n. 146, articolo 2-bis (relativa all'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali), nella parte in cui consente che il codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, nel regolare l'astensione nei procedimenti e processi in relazione ai quali l'imputato si trovi in stato di custodia cautelare, interferisca con la disciplina della liberta' personale dell'imputato. Dal tenore complessivo della motivazione della sentenza emerge come la dichiarazione di incostituzionalita' faccia, comunque, venire meno il diritto del difensore di astenersi dall'attivita' processuale quando il suo assistito si trovi in stato di custodia cautelare. Sebbene la pronuncia incida espressamente sulla facolta' dell'imputato di prestare acquiescenza alla volonta' del difensore di esercitare il suo diritto di astensione, onde evitare che tale "assenso" interferisca con la disciplina della sua liberta' personale, l'effetto concreto di questa decisione e' nel senso che il processo non possa subire sospensioni o differimenti in conseguenza della astensione del difensore. Come si legge nella sentenza la tutela della liberta' personale, che si realizza attraverso i limiti massimi di custodia cautelare, che l'articolo 13 Cost., comma 5), demanda alla legge di stabilire, e' "un valore unitario e indivisibile, che non puo' subire deroghe o eccezioni riferite a particolari e contingenti vicende processuali" (Corte Cost., sent. n. 299 del 2005). E' chiaro che l'astensione dalle udienze dei difensori di imputati in stato di custodia cautelare finisce inevitabilmente per interferire con la disciplina della durata massima della custodia stessa presidiata da riserva di legge. In definitiva, alla luce di questi principi, si puo', quindi, affermare che l'astensione dalle udienze proclamata dalle associazioni di categoria, che costituisce un diritto costituzionale (articolo 18 Cost.) del difensore che trova la sua base giuridica non nel codice di rito ma in una legge speciale (combinato disposto della L. n. 146 del 1990 come modificata dalla L. n. 83 del 2000 e del codice di autoregolamentazione), non puo' rilevare nei processi con imputati sottoposti a custodia cautelare, onde evitare un vulnus alla liberta' personale dell'imputato ossia al diritto fondamentale espressamente definito inviolabile dall'articolo 13 Cost., comma 1. Ulteriore corollario che ne discende e' che nell'ipotesi di processo con piu' imputati, solo alcuni dei quali in custodia cautelare, con posizioni processuali tra loro connesse e non separabili - come nella specie -, anche i difensori degli imputati liberi non potranno astenersi dall'udienza (cfr. Sez. 2, n. 23890 del 01/04/2021, Rv. 281463 - 01). 2. Vanno, poi, previamente esaminati i ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Nei confronti dei predetti ricorrenti la Corte di appello di Brescia ha emesso sentenza ex articolo 599-bis c.p.p., rideterminando la pena per i reati contestati, previa rinuncia concordata ai motivi di appello relativi all'affermazione di responsabilita' (vedi pag. 233, 234, 235, 236 e 237 della sentenza impugnata). 2.1. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono doglianze afferenti all'affermazione di responsabilita', alla qualificazione giuridica ovvero alla mancata pronuncia di sentenza di proscioglimento nei loro confronti per non aver commesso il fatto ex articolo 129 c.p.p.. Le doglianze dedotte sono inammissibili perche' relative a motivi oggetto di rinuncia in sede di giudizio di appello. Trovano, infatti, applicazione i seguenti principi di diritto: e' inammissibile il ricorso per cassazione relativo a questioni, anche rilevabili d'ufficio, alle quali l'interessato abbia rinunciato in funzione dell'accordo sulla pena in appello, in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla parte dal nuovo articolo 599-bis c.p.p., introdotto dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado ai motivi non oggetto di rinuncia, ma ha effetti preclusivi sull'intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimita', analogamente a quanto avviene nella rinuncia all'impugnazione (Sez. 4, n. 53565 del 27/09/2017, Ferro, Rv. 271258; Sez. 5, n. 29243, del 04/06/2018, Rv.273194 - 01; Sez.5, n. 46850 del 11/11/2022, Rv. 283878 - 01); le questioni attinenti alla qualificazione giuridica dei fatti, attengono chiaramente al profilo della responsabilita', con la conseguenza che, in caso di rinuncia dell'imputato ai motivi di appello relativi all'affermazione della responsabilita' penale, la relativa questione non puo' essere oggetto di censura in sede di legittimita' ne' di rilievo d'ufficio (cfr. Sez. 2, n. 47698 del 18/09/2019, Rv. 278006 - 01); in tema di "patteggiamento in appello" come reintrodotto ad opera della L. 23 giugno 2017, n. 103, articolo 1, comma 56, il giudice di secondo grado, nell'accogliere la richiesta di pena concordata, non deve motivare sul mancato proscioglimento dell'imputato per una delle cause previste dall'articolo 129 c.p.p., ne' sull'insussistenza di cause di nullita' assoluta o di inutilizzabilita' delle prove, in quanto, in ragione dell'effetto devolutivo proprio dell'impugnazione, una volta che l'imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice e' limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 13/01/2020, Rv. 278170 - 01; Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, Rv. 276102 - 01; Sez. 4, n. 52803 del 14/09/2018, Rv. 274522 - 01; Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018, Rv. 272853 - 01), con la precisazione che e' consentito proporre ricorso per cassazione con il quale si deduca l'estinzione per prescrizione del reato, maturata anteriormente la pronuncia di secondo grado - ipotesi che qui non ricorre -, come affermato dalla recente sentenza delle Sezioni Unite n. 19415/20203, in quanto a proposizione dell'accordo non implica di per se' rinuncia alla prescrizione, causa estintiva alla quale consegue l'obbligo di immediata declaratoria previsto dall'articolo 129 c.p.p., comma 1. 2.2. Del pari inammissibile e' l'ulteriore doglianza proposta da (OMISSIS) con il primo motivo di ricorso con il quale si contesta la congruita' della pena concordata perche' eccessiva. Va, infatti, richiamato il principio di diritto, secondo cui, in tema di "patteggiamento in appello" ex articolo 599-bis c.p.p., introdotto dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, articolo 1, comma 56, e' inammissibile il ricorso per cassazione proposto in relazione alla misura della pena concordata, atteso che il negozio processuale liberamente stipulato dalle parti, una volta consacrato nella decisione del giudice, non puo' essere unilateralmente modificato, salva l'ipotesi di illegalita' della pena concordata - ipotesi che qui non ricorre (Sez. 5, n. 7333 del 13/11/2018, dep. 18/02/2019, Rv. 275234 - 01; Sez. 5, n. 7333 del 13/11/2018, dep. 18/02/2019, Rv. 275234 - 01). 2.3. Inammissibile e' anche la doglianza oggetto del secondo motivo di ricorso di (OMISSIS), con la quale si deduce che la volonta' della parte di aderire al concordato sarebbe stata viziata dalla necessita' di contenere l'asperita' del trattamento sanzionatorio irrogato in primo grado. Va osservato che con la richiesta dell'imputato di concordare la pena ai sensi dell'articolo 599-bis c.p.p. e di rinunciare ai motivi di impugnazione la parte chiede, attraverso l'accordo, una determinata pena rispetto al quadro normativo in quel momento vigente; dal contenuto di tale richiesta, raggiunto l'accordo, non puo' piu' recedere per ragioni di convenienza, salvo il caso in cui l'oggetto del patto sia illegale sin dall'inizio (pena illegale) o per fatti sopravvenuti (es. dichiarazione di illegittimita' costituzionale). Secondo il condivisibile orientamento di questa Corte, pur ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex articolo 599-bis c.p.p. che deduca motivi relativi alla formazione della volonta' della parte di accedere al concordato, non puo', invece, attribuirsi rilevanza, rispetto alla volonta' dichiarata, ai motivi individuali, cioe' alla convenienza soggettiva del patto (Sez. 6, n. 16765 del 18/11/2019, dep. 03/06/2020, non massimata sul punto, nella quale si afferma l'irrilevanza dei motivi individuali, cioe' alla convenienza soggettiva; nonche' Sez. 6, n. 1409 del 02/12/2014, dep. 2015, Minardi, non massimata sul punto, in cui e' ribadita l'irrilevanza, in ordine all'accordo sottostante la sentenza di applicazione di pena, dei vizi della volonta' - salvo il caso del dolo della controparte - e dei motivi; sul tema vedi anche Sez. 5, n. 7445 del 03/10/2013, Sassanelli, Rv. 259512); deve, dunque, rimarcare l'indifferenza dei motivi che inducono ciascuna delle parti a considerare per se' conveniente la sanzione concordata, sempreche' naturalmente l'accordo sia stato accettato con la consapevolezza del suo oggetto e delle sue conseguenze, presupposti questi non contestati dal ricorrente. Nel caso di specie, dunque, non e' ravvisabile alcun vizio relativo alla formazione della volonta', prospettando il ricorrente esclusivamente la rilevanza dei motivi individuali che lo avrebbero determinato alla conclusione del concordato. 2.4. Del tutto generico e', infine, il motivo di ricorso di (OMISSIS), con il quale si lamenta, genericamente, un difetto di motivazione della sentenza impugnata. Il motivo, caratterizzandosi per assoluta genericita', integra la violazione dell'articolo 581 c.p.p., lettera d), che nel dettare, in generale, quindi anche per il ricorso per cassazione, le regole cui bisogna attenersi nel proporre l'impugnazione, stabilisce che nel relativo atto scritto debbano essere enunciati, tra gli altri, "I motivi, con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta"; violazione che, ai sensi dell'articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), determina, per l'appunto, l'inammissibilita' dell'impugnazione stessa (cfr. Sez. 6, 30.10.2008, n. 47414, Rv. 242129; Sez. 6, 21.12.2000, n. 8596, Rv. 219087). 3. Prima di procedere all'esame dei restanti ricorsi, ragioni di economia processuale e di ordine sistematico impongono di svolgere alcune considerazioni di carattere generale allo scopo sia di evitare inutili ripetizioni che di illustrare i criteri cui questo Collegio intende attenersi nella valutazione dei motivi di ricorso presentati dagli imputati. 3.1. E' pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni gia' discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificita' del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericita', intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non puo' ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificita' che conduce, a norma dell'articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), alla inammissibilita' della impugnazione (in tal senso sez. 2, n. 29108 del 15.7.2011, Cannavacciuolo non mass.; conf. Sez. 5, n. 28011 del 15.2.2013, Sammarco, Rv. 255568; Sez. 4, n. 18826 del 9.2.2012, Pezzo, Rv. 253849; sez. 2, n. 19951 del 15.5.2008, Lo Piccolo, Rv. 240109; Sez. 4, n. 34270 del 3.7.2007, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 1, n. 39598 del 30.9.2004, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, n. 15497 del 22.2.2002, Palma, Rv. 221693). Ancora di recente, questa Corte di legittimita' ha ribadito come sia inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l'appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l'insindacabilita' delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericita' delle doglianze che, cosi' prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (sez. 3, n. 44882 del 18.7.2014, Cariolo e altri, Rv. 260608). 3.2. Va, poi, evidenziato che ci si trova di fronte ad una "doppia conforme" affermazione di responsabilita' - per quanto rileva in questa sede - e che, legittimamente, in tale caso, e' pienamente ammissibile la motivazione della sentenza di appello per relationem a quella della sentenza di primo grado, sempre che le censure formulate contro la decisione impugnata non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli gia' esaminati e disattesi. E', infatti, giurisprudenza pacifica di questa Suprema Corte che la sentenza appellata e quella di appello, quando non vi e' difformita' sui punti denunciati, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entita' logico-giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruita' della motivazione, integrando e completando con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella di appello (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595; Sez. 2 n. 34891 del 16.05.2013, Vecchia, Rv. 256096, non massimata sul punto; conf. Sez. 3, n. 13926 del 1.12.2011, dep. 12.4.2012, Valerio, Rv. 252615: sez. 2, n. 1309 del 22.11.1993, dep. 4.2. 1994, Albergano ed altri, Rv. 197250). Ne consegue che il giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella appellata, puo' limitarsi a rinviare per relationem a quest'ultima sia nella ricostruzione del fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure, dovendo soltanto rispondere in modo congruo alle singole doglianze prospettate dall'appellante. In questo caso il controllo del giudice di legittimita' si estendera' alla verifica della congruita' e logicita' delle risposte fornite alle predette censure. Inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nella motivazione della sentenza il giudice del gravame di merito non e' tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo (Sez. 4, n. 26660 del 13/05/2011, Caruso e altro, Rv. 250900; Sez. 5, n. 8411 del 21/05/1992, Chirico ed altri, Rv. 191488). Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr. Sez. 6, n. 49970 del 19.10.2012, Muia' ed altri Rv. 254107, Sez. 3, n. 7406 del 15/01/2015, dep. 19/02/2015, Rv. 262423). La motivazione della sentenza di appello e' del tutto congrua, in altri termini, se il giudice d'appello abbia confutato gli argomenti che costituiscono "l'ossatura" dello schema difensivo dell'imputato, e non una per una tutte le deduzioni difensive della parte, ben potendo, in tale opera, richiamare alcuni passaggi dell'iter argomentativo della decisione di primo grado, quando appaia evidente che tali motivazioni corrispondano anche alla propria soluzione alle questioni prospettate dalla parte (Sez. 6, n. 1307 del 26.9.2002, dep. 14.1.2003, Delvai, Rv. 223061). E' stato anche sottolineato da questa Corte che in tema di ricorso in cassazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), la denunzia di minime incongruenze argomentative o l'omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione, ma che non siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisivita', non possono dar luogo all'annullamento della sentenza, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto, ma e' solo l'esame del complesso probatorio entro il quale ogni elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisivita' degli elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell'impianto argomentativo della motivazione (Sez. 2, n. 9242 dell'8.2.2013, Reggio, Rv. 254988). Non e', dunque, censurabile in sede di legittimita' la sentenza che indichi con adeguatezza e logicita' le circostanze e le emergenze processuali che siano state determinanti per la formazione del convincimento del giudice, consentendo cosi' l'individuazione dell'iter logico-giuridico seguito per addivenire alla statuizione adottata. Pertanto, anche il silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame non rileva qualora questa sia stata disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata perche' non e' necessario che il giudice confuti esplicitamente la specifica tesi difensiva disattesa, ma e' sufficiente che evidenzi nella sentenza una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione implicita di tale deduzione senza lasciare spazio ad una valida alternativa (cfr. Sez. 2, 12/02/2009, n. 8619). 3.3. Infine, ulteriore causa di inammissibilita' del ricorso per cassazione deve individuarsi nella esposizione di censure che si risolvono in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, senza individuare vizi di logicita' tali da evidenziare la sussistenza di ragionevoli dubbi, ricostruzione e valutazione, quindi, in quanto tali precluse in sede di giudizio di cassazione (cfr. Sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, De Vita, Rv. 235507; sez. 6, 3.10.2006, n. 36546, Bruzzese, Rv. 235510; Sez. 3, 27.9.2006, n. 37006, Piras, Rv. 235508). Va, quindi, ribadito, che, anche a seguito delle modifiche dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), introdotte dalla L. n. 46 del 2006, articolo 8 non e' consentito dedurre il "travisamento del fatto", stante la preclusione per il giudice di legittimita' di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 6, n. 27429 del 04/07/2006, Rv. 234559; Sez. 5, n. 39048/2007, Rv. 238215; Sez. 6, n. 25255 del 2012, Rv. 253099) ed in particolare di operare la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (cfr. Sez. 6, 26.4.2006, n. 22256, Rv. 234148). La Corte di Cassazione deve circoscrivere il suo sindacato di legittimita', sul discorso giustificativo della decisione impugnata, alla verifica dell'assenza, in quest'ultima, di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole della logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della realta' degli appartenenti alla collettivita', o connotati da vistose e insormontabili incongruenze tra loro, oppure inconciliabili, infine, con "atti del processo", specificamente indicati dal ricorrente e che siano dotati autonomamente di forza esplicativa o dimostrativa, tale che la loro rappresentazione disarticoli l'intero ragionamento svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilita', cosi' da vanificare o da rendere manifestamente incongrua la motivazione (Sez. 4 08/04/2010 n. 15081; Sez. 6 n. 38698 del 26/09/2006, Rv. 234989; Sez. 5, n. 6754 del 07/10/2014, dep. 16/02/2015, Rv. 262722). 4. Cio' posto, vanno, quindi, esaminati congiuntamente il motivo unico di (OMISSIS), il primo motivo di (OMISSIS), i motivi primo, secondo (e correlato motivo nuovo), terzo e quarto di (OMISSIS), i motivi primo, secondo (e correlato motivo nuovo) e terzo di (OMISSIS), tutti motivi che afferiscono all'affermazione di responsabilita' per il contestato reato associativo. Appare opportuna una preliminare disamina dei principi di diritto affermati da questa Corte in subiecta materia. Va ricordato che, ai fini della configurabilita' di un'associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico, questa Corte ha chiarito che e' necessaria la presenza di tre elementi fondamentali: a) l'esistenza di un gruppo, i membri del quale siano aggregati consapevolmente per il compimento di una serie indeterminata di reati in materia di stupefacenti; b) l'organizzazione di attivita' personali e di beni economici per il perseguimento del fine illecito comune, con l'assunzione dell'impegno di apportarli anche in futuro per attuare il piano permanente criminoso; c) sotto il profilo soggettivo, l'apporto individuale apprezzabile e non episodico di almeno tre associati, che integri un contributo alla stabilita' dell'unione illecita (Sez. 4, n. 44183 del 02/10/2013, Rv. 257582 Sez. 1, n. 10758 del 18.02.2009, Rv. 242897). Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, alla base della figura dell'associazione finalizzata a traffici di sostanze stupefacenti (Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74) e' identificabile un accordo destinato a costituire una struttura permanente in cui i singoli associati divengono - ciascuno nell'ambito dei compiti assunti o affidati - parti di un tutto finalizzato a commettere una serie indeterminata di delitti ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, preordinati alla cessione o al traffico di droga. Ai fini della configurabilita' dell'associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, non e' richiesto un patto espresso fra gli associati, ben potendo desumersi la prova del vincolo dalle modalita' esecutive dei reati-fine e dalla loro ripetizione, dai rapporti tra gli autori, dalla ripartizione dei ruoli fra i vari soggetti in vista del raggiungimento di un comune obiettivo e dall'esistenza di una struttura organizzativa, sia pure non particolarmente complessa e sofisticata, indicativa della continuita' temporale del vincolo criminale (Sez. 6, n. 40505 del 17/06/2009, Rv. 245282; Sez. 6, n. 10781 del 13/12/2000, dep. 16/03/2001, Rv. 218731); si e' precisato, inoltre, che, il patto associativo puo' costituirsi di fatto fra soggetti consapevoli che le attivita' proprie ed altrui ricevono vicendevole ausilio e tutte insieme contribuiscono all'attuazione dello scopo comune (Sez.3, n. 32485 del 24/05/2022,Rv.283691 - 02). Si e', inoltre, affermato che la commissione dei "reati-fine", di qualunque tipo essa sia, non e' necessaria ne' ai fini della configurabilita' dell'associazione ne' ai fini della prova della sussistenza della condotta di partecipazione (Sez. 4, n. 11470 del 09/03/2021, Rv. 280703 - 02; Sez. 3, n. 9459 del 06/11/2015, dep. 08/03/2016, Rv. 266710 - 01). In considerazione dell'autonomia tra reato associativo e reato-fine, derivante dal fatto che il primo prescinde dalla commissione degli illeciti oggetto del programma criminoso, la commissione di reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, non puo', da sola ed automaticamente, costituire prova della commissione del reato associativo, costituendo al piu' indice sintomatico dell'esistenza dell'associazione (cosi' Sez. 4, n. 23518 del 29/04/2008, Saracini, Rv. 240843; nello stesso senso anche Sez. 6, n. 9898 del 21/06/1995, Tolone, Rv. 202646); si e' anche precisato che la ripetuta commissione, in concorso con i partecipi al sodalizio criminoso, di reati-fine integra, per cio' stesso, gravi, precisi e concordanti indizi in ordine alla partecipazione al reato associativo, superabili solo con la prova contraria che il contributo fornito non e' dovuto ad alcun vincolo preesistente con i correi e fermo restando che detta prova, stante la natura permanente del reato "de quo", non puo' consistere nell'allegazione della limitata durata dei rapporti intercorsi (Sez. 3, n. 42228 del 03/02/2015, Prota, Rv. 265346; Sez. 2, n. 5424 del 22/01/2010, Sindyal, Rv. 246441; Sez. 5, 10 n. 6026 del 25/03/1997, Puglia, Rv. 208088); Inoltre, l'elemento oggettivo del reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti prescinde dal numero di volte in cui il singolo partecipante ha personalmente agito, per cui il coinvolgimento in un solo episodio criminoso non e' incompatibile con l'affermata partecipazione dell'agente all'organizzazione di cui si e' consapevolmente servito per commettere il fatto (Sez. 1, n. 43850 del 03/07/2013, Rv. 257800; Sez. 4, n. 45128 del 11/11/2008 Rv. 241927). E si e' anche precisato che, in tema di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, ai fini della verifica degli elementi costitutivi della partecipazione al sodalizio, ed in particolare dell'affectio di ciascun aderente ad esso, non rileva la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che puo' essere anche breve, purche' dagli elementi acquisiti possa inferirsi l'esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito, benche' per un periodo di tempo limitato (Sez. 6 n. 42937 del 23/09/2021, Rv. 282122 - 01). Quanto all'elemento organizzativo, si e' precisato che, per la configurabilita' dell'associazione dedita al narcotraffico, non e' richiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilita' economiche, ma e' sufficiente l'esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi, per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli associati (Sez. 2, n. 19146 del 20/02/2019, Rv. 275583 01). Tanto premesso, va osservato che i motivi in esame sono manifestamente infondati, secondo le argomentazioni che seguono. 4.1. I Giudici di merito, facendo buon governo dei summenzionati principi di diritto, accertavano l'esistenza di un'associazione finalizzata a commettere una serie indeterminata di delitti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, operante nel territorio della provincia di Brescia fino al maggio del 2018; in particolare, in aderenza alle risultanze istruttorie, si evidenziava, con congrue e logiche argomentazioni, che: la struttura associativa si avvaleva di un'organizzazione che, sebbene rudimentale, risultava idonea al perseguimento del preordinato programma criminoso di realizzazione di una continua attivita' di commercio di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente del tipo cocaina (cfr. pag. 273-277 e ss della sentenza della Corte di appello e pagg 97-113 della sentenza di primo grado, richiamate dalla Corte territoriale); i mezzi destinati alla realizzazione del programma criminoso si individuavano nell'appartamento sito in via (OMISSIS) (ove i sodali ricevevano fornitori e clienti, stoccavano lo stupefacente e lo suddividevano nei quantitativi destinati alla vendita), nelle autovetture in uso agli associati e nella strumentazione destinata al peso, taglio e confezionamento dello stupefacente (rinvenuta e sequestrata presso l'abitazione di (OMISSIS) in occasione dell'arresto di (OMISSIS) e (OMISSIS), unitamente al "libro mastro della contabilita'", ove erano riportate operazioni per oltre centomila Euro, riconducibili agli acquisti di cocaina, nonche' operazioni per decine di migliaia di Euro, riconducibili alla successiva vendita dello stupefacente ai clienti); l'esistenza del pactum sceleris era dimostrata, oltre che dalla condivisione del piano di azione, relativo alla scambio tra consociati di informazioni sui clienti, sui prezzi da praticare e sui quantitativi delle cessioni delle sostanze stupefacenti, dalla sinergica attivita' dei sodali, rimasta operante anche dopo l'arresto di alcuni sodali; rilevante era anche la capacita' del sodalizio di realizzare in tempi piuttosto ristretti una serie di reati-fine, consistenti nell'importazione di rilevanti partite di cocaina dall'estero con modalita' seriali e sovrapponibili (utilizzo di corriere con staffetta e presenza di un referente al momento del carico all'estero) con ingenti movimentazioni di denaro; ulteriore circostanza significativa dell'accordo associativo era costituita dall'attivita' di mutuo soccorso posta in essere dopo l'arresto dei predetti sodali (messa a disposizione del legale di fiducia del denaro necessario per l'attivita' difensiva, reperimento di domicilio idoneo per la collocazione dei detenuti agli arresti domiciliari, attivita' di riscossione dei crediti ancora in essere). Venivano ritenuti partecipi dell'associazione criminosa, secondo i ruoli contestati ed accertati, (OMISSIS), (OMISSIS) (non impugnante in questa sede), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali associati, e (OMISSIS), con funzioni di capo e organizzatore. La Corte territoriale, nel richiamare e condividere le valutazioni del primo giudice, valutava, poi, partitamente le singole posizioni dei partecipi all'associazione criminosa, esaminando compiutamente le fonti di prova in linea con i suesposti principi di diritto e fornendo adeguata risposta alle censure difensive riproposte in sede di legittimita', come di seguito esposto. 4.2. Posizione di (OMISSIS). La Corte territoriale, nel confermare la valutazione del giudice di primo grado, evidenziava che (OMISSIS), in aderenza alle risultanze istruttorie, era stabilmente inserita nella struttura associativa, con un ruolo attivo, quale portavoce e consigliere di (OMISSIS), al quale era legata da rapporto do coniugio, nonche' custode della sostanza stupefacente presso l'abitazione di via (OMISSIS). L'adesione all'associazione e lo stabile inserimento nel contesto associativo veniva desunto, con argomentazioni congrue e logiche, da plurimi dati fattuali emergenti dalle risultanze istruttorie: contatti in prima persona con i corrieri della droga, su delega del coniuge (OMISSIS); consegna diretta della sostanza stupefacente; custodia della sostanza stupefacente riposta nel sottotetto della lavanderia del fabbricato ove si trovava l'abitazione di via (OMISSIS); attivita' di recupero dei crediti vantati dallo (OMISSIS) verso i clienti per la droga ceduta, curata direttamente dalla (OMISSIS), unitamente al sodale (OMISSIS), dopo l'arresto del predetto. I Giudici di appello esaminavano, poi, le censure difensive rimarcandone l'infondatezza con argomentazioni adeguate e prive di vizi logici. In particolare, i Giudici di merito desumevano correttamente la prova dell'appartenenza della ricorrente all'associazione dalla lettura dell'intero compendio probatorio, escludendo ogni automatismo tra la sussistenza di un vincolo familiare tra la stessa e lo (OMISSIS), capo dell'associazione, e l'appartenenza a quest'ultima; in risposta alle doglianze difensive va, in ogni caso, ribadito il principio secondo il quale l'esistenza di una associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, una volta verificata la sussistenza dei requisiti inerenti alla continuita' e sistematicita' dello spaccio ed alla predisposizione di una struttura operativa stabile, non e' esclusa per il fatto che il sodalizio sia per lo piu' imperniato attorno a componenti dello stesso nucleo familiare, poiche', al contrario, i rapporti parentali o coniugali, sommandosi al vincolo associativo, lo rendono ancora piu' pericoloso (ex multis Sez. 1, n. 35992 del 14 giugno 2011, De Witt e altri, Rv. 250773 - 01; Sez. n. 5, n. 6782 del 16/01/2015, Amante, Rv. 262733 - 01, in cui si afferma che "integra gli estremi costitutivi dell'associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti lo svolgimento continuativo, da parte di un nucleo familiare, di un'attivita' di spaccio presso l'abitazione dotata di una stabile clientela, di una rudimentale organizzazione fondata sull'interscambio dei ruoli esecutivi e sulla predisposizione di un nascondiglio funzionale al deposito dello stupefacente nelle pertinenze dell'abitazione nonche' di stabili canali di rifornimento"; e da ultimo Sez. 3, n. 48568 del 25/02/2016, Zineddine, Rv. 268184 - 01). Ne' coglie nel segno la deduzione difensiva, secondo cui dalla sentenza impugnata non emergerebbe prova della sussistenza di una struttura organizzativa stabile e permanente, elemento di discrimine con il concorso di persone. Va ricordato che l'elemento aggiuntivo e distintivo del delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, rispetto alla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti, va individuato nel carattere dell'accordo criminoso, avente ad oggetto la commissione di una serie non preventivamente determinata di delitti e nella permanenza del vincolo associativo nonche' nell'esistenza di una organizzazione che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso (Sez. 6 n. 17467 del 21/11/2018, dep. 23/04/2019, Rv. 275550 - 01), elementi, nella specie, tutti ricorrenti. La Corte di appello ha ampiamente valutato la sussistenza di tali elementi, come gia' evidenziato, e la doglianza difensiva e' meramente contestativa e priva di confronto critico con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata. Ne' la circostanza che i sodali si servissero di beni personali, puo' escludere l'esistenza del sodalizio criminoso, in quanto l'organizzazione puo' avere carattere rudimentale ed avere ad oggetto beni personali (abitazioni, autovetture, telefoni cellulari), in quanto cio' che rileva e' l'utilizzazione degli stessi per l'attuazione degli scopi illeciti del sodalizio criminoso. 4.3. Posizione di (OMISSIS). La Corte territoriale, nel confermare la valutazione del giudice di primo grado, evidenziava, con argomentazioni congrue e logiche, che (OMISSIS), in aderenza alle risultanze istruttorie, era stabilmente inserito nella struttura associativa, nella quale operava con il ruolo di supporto al corriere della sostanza stupefacente proveniente dall'Olanda e provvedendo anche (in almeno due casi) all'immediato smercio e distribuzione della cocaina, secondo le direttive ricevute dallo (OMISSIS); inoltre, il (OMISSIS), assumeva anche l'importante ruolo di accompagnare un nuovo intermediario ( (OMISSIS)n) per l'apertura di un nuovo canale di approvvigionamento della sostanza stupefacente. Esaminava, quindi, le censure difensive rimarcandone l'infondatezza con argomentazioni adeguate e prive di vizi logici. In particolare, si evidenziava che la condotta del (OMISSIS) non poteva ritenersi occasionale in quanto avente ad oggetto concrete attivita' funzionali, apprezzabili come effettivo e operativo contributo all'esistenza e al rafforzamento dell'associazione; il (OMISSIS), infatti, aveva preso parte a tutta una serie di reati-fine, concernenti sia l'approvvigionamento che lo smercio della sostanza stupefacente, si era coordinato con gli altro sodali per tutta una serie di attivita' strategiche per l'esistenza dell'associazione, quali la risoluzione delle problematiche con alcuni clienti per crediti non ancora riscossi, aveva raccolto il denaro necessario ai pagamenti delle forniture, si era occupato anche dell'attivita' di depistaggio delle forze di polizia; ne' rilevava in senso negativo la durata limitata nel tempo dell'apporto associativo, in quanto l'interruzione del rapporto con gli altri sodali veniva determinata dalla circostanza che il sodalizio criminoso era stato disarticolato per effetto dell'intervento repressivo delle forze dell'ordine. La valutazione e' in linea con il principio di diritto, secondo cui per la configurabilita' della condotta di partecipazione ad un'associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti non e' richiesto un atto di investitura formale, ma e' necessario che il contributo dell'agente risulti funzionale per l'esistenza stessa dell'associazione in un dato momento storico (Sez. 3, n. 22124 del 29/04/2015, Rv. 263662 - 01; Sez. 4, n. 51716 del 16/10/2013, Rv. 257905 - 01); e', quindi, indispensabile la volontaria e consapevole realizzazione di concrete attivita' funzionali, apprezzabili come effettivo e operativo contributo all'esistenza e al rafforzamento dell'associazione (Sez. 6, n. 34563 del 17/07/2019, Rv. 276692 01). Risulta, inoltre, evidente che la Corte territoriale, nel valutare la condotta associativa escludeva ogni automatismo tra la sussistenza di un vincolo familiare tra il (OMISSIS) e lo (OMISSIS) ( (OMISSIS) era il nipote di (OMISSIS)), capo dell'associazione, risultando, quindi, manifestamente infondata la relativa doglianza difensiva e sul tale aspetto vanno richiamate le argomentazioni ed il principio di diritto evidenziate al paragrafo 4.2. Neppure coglie nel segno la deduzione difensiva, secondo cui dalla sentenza impugnata non emergerebbe prova della sussistenza di una struttura organizzativa stabile e permanente, elemento di discrimine con il concorso di persone, potendosi, anche su tale aspetto e su quello correlato dell'esistenza del pactum sceleris vanno richiamate le argomentazioni esposte ai paragrafi 4.1. e 4.2. 4.4. Posizione di (OMISSIS). La Corte territoriale, nel confermare la valutazione del giudice di primo grado, evidenziava, con argomentazioni congrue e logiche, in aderenza alle risultanze istruttorie, che (OMISSIS) era stabilmente inserito nella struttura associativa quale soggetto che, unitamente ai sodali (OMISSIS) e (OMISSIS), provvedeva alla distruzione degli importanti quantitativi di cocaina importati dal sodalizio criminoso; inoltre, si era dimostrato soggetto particolarmente attivo sia nella realizzazione dei reati-fine che nell'attivita' di recupero del denaro non ancora riscosso dalla cessione della sostanza stupefacente, secondo le direttive ricevute dal carcere da (OMISSIS) ed in sinergia con la sodale (OMISSIS). Esaminava, quindi, le censure difensive, qui riproposte, rimarcandone l'infondatezza con argomentazioni adeguate e prive di vizi logici. In particolare, quanto alla prova della sussistenza di una struttura organizzativa stabile e permanente, elemento di discrimine con il concorso di persone, e del pactum sceleris vanno richiamate le argomentazioni gia' svolte ai paragrafi 4.1. e 4.2.; ed analogo richiamo va effettuato con riferimento alla valutazione dei legami familiari esistenti tra alcuni dei sodali. Ne' coglie nel segno la deduzione difensiva che contesta la rilevanza ai fini della prova del vincolo associativo del sistema di mutuo soccorso posto in essere successivamente all'arresto di (OMISSIS) e di (OMISSIS). Secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte, infatti, in tema di associazione a delinquere finalizzata al commercio di sostanze stupefacenti, la prova dell'appartenenza al sodalizio criminoso puo' essere desunta anche dall'accertamento dell'assistenza legale fornita ad un partecipe e dell'aiuto economico assicurato ai suoi familiari, una volta che costui sia tratto in arresto, consistendo in condotte prestate a vantaggio dell'intera consorteria e non solo della persona assistita; al fine del consolidamento dell'organizzazione criminale assume, infatti, una importanza vitale la circostanza che l'associato abbia consapevolezza di poter contare, in caso di arresto, sulla continuita' del vincolo associativo e sul rapporto di solidarieta' tra gli associati (Sez. 3, n. 12705 del 15/02/2019, Rv. 275478 - 01). 4.5. Posizione di (OMISSIS). La Corte territoriale, nel confermare la valutazione del giudice di primo grado, evidenziava che (OMISSIS), sulla base delle convergenti risultanze istruttorie ricopriva il ruolo apicale del gruppo associativo, quale capo ed organizzatore dell'associazione: egli compiva direttamente i piu' rilevanti reati-fine e dirigeva tutta l'attivita' associativa mediante l'organizzazione dell'attivita' degli altri partecipi, fornendo direttive ai consociati in relazione ai tempi e modalita' di approvvigionamento e vendita dello stupefacente ed assumendo ogni iniziativa volta alla prosecuzione dell'attivita' illecita e all'attuazione del programma criminoso. La Corte territoriale rispondeva, poi, con argomentazioni congrue e logiche alle censure difensive, qui riproposte. In particolare, quanto alla prova della sussistenza di una struttura organizzativa stabile e permanente, elemento di discrimine con il concorso di persone, e del pactum sceleris, vanno richiamate le argomentazioni gia' svolte ai paragrafi 4.1. e 4.2.; ed analogo richiamo va effettuato con riferimento alla valutazione dei legami familiari esistenti tra alcuni dei sodali; quanto alla rilevanza ai fini alla prova del vincolo associativo del sistema di mutuo soccorso posto in essere successivamente all'arresto di (OMISSIS) e di (OMISSIS), vanno richiamate le argomentazioni gia' svolte al paragrafo 4.4. La valutazione dei Giudici di merito, che hanno attribuito allo (OMISSIS) un ruolo apicale di direzione e di organizzazione dell'associazione criminosa, e' congruamente e logicamente motivata e, quindi, insindacabile in questa sede. Il ruolo apicale dello (OMISSIS), trovava esplicita dimostrazione, in particolare, nella circostanza, emersa dalle intercettazioni, che le decisioni risolutive per la vita dell'associazione, le direttive e le indicazioni strategiche dell'attivita' illecita erano di competenza esclusiva del predetto (cfr. pag. 277 della sentenza impugnata, ove si menzionano le decisioni di sospendere l'attivita' di importazione della cocaina tramite (OMISSIS) e dell'apertura di un nuovo canale di rifornimento della cocaina all'estero a mezzo di corrieri stranieri, di individuare altri fornitori della sostanza stupefacente; e si da' atto degli innumerevoli contatti telefonici attraverso i quali (OMISSIS), personalmente o per il tramite di (OMISSIS), impartiva agli associati ordini e direttive vincolanti per la gestione delle fasi operative dell'attivita' illecita, ricevendo i relativi proventi); ulteriore conferma del ruolo apicale dello (OMISSIS) veniva desunta dalla circostanza che, all'indomani della carcerazione dello (OMISSIS) e del sequestro della contabilita' del sodalizio criminoso, gli associati (OMISSIS) e (OMISSIS) si rivolgevano al predetto per sapere quali fossero i crediti ancora da riscuotere (informazione necessaria per poter reperire il denaro necessario al pagamento delle spese legali ed alla prosecuzione dell'attivita' illecita), cosi' rimarcandone il ruolo di vertice dell'organizzazione criminosa. Correttamente, quindi, la Corte territoriale dava rilievo al contenuto concreto dell'attivita' svolta dallo (OMISSIS) nel sodalizio criminoso, caratterizzata dalla preminenza rispetto a quella svolta dagli altri associati con funzioni decisionali e di direzione, nonche' di organizzazione dell'attivita' illecita. Va ricordato che questa Corte ha affermato che, in tema di associazione per delinquere, l'attivita' dei soggetti, che si ritengano capi o promotori di essa, deve essere valutata in considerazione del suo contenuto concreto e caratterizzato dalla preminenza di quei soggetti rispetto a quella svolta dagli altri associati (Sez. 2, n. 11957 del 09/04/1987, Rv. 177131 - 01) e che "capo" e' non solo il vertice dell'organizzazione, quando questo esista, ma anche colui che abbia incarichi direttivi e risolutivi nella vita del gruppo criminale e nel suo esplicarsi quotidiano in relazione ai propositi delinquenziali realizzati (Sez. 4, n. 29628 del 21/06/2016, Rv. 267464 - 01; Sez. 2, n. 7839 del 12/02/2021, Rv. 280890 - 01); e si e' precisato che la qualifica di organizzatore spetta a colui che, in autonomia, cura il coordinamento e l'impiego delle strutture e delle risorse associative nonche' reperisce i mezzi necessari alla realizzazione del programma criminoso, ponendo in essere un'attivita' che assume i caratteri dell'essenzialita' e dell'infungibilita'; (Sez. 1, n. 47741 del 29/11/2017, dep. 19/10/2018, Rv. 274369 - 01; Sez. 3, n. 2039 del 02/02/2018, dep. 17/01/2019, Rv. 274816 - 03, nonche' da ultimo da Sez. 2, n. 20098 del 03/06/2020, Rv. 279476 - 02, che ribadito che la qualifica di "organizzatore" spetta a chi coordina l'attivita' degli associati ed assicura la funzionalita' delle strutture del sodalizio). 4.6. In definitiva, risultano puntualmente evidenziati in motivazione, con argomentazioni adeguate e non manifestamente illogiche, plurimi elementi fattuali che comprovano lo stabile coinvolgimento dei ricorrenti nelle dinamiche del gruppo associativo di riferimento, emergendo dalla valutazione di tali elementi probatori una condotta di consapevole ed efficace partecipazione associativa, in coerenza con i singoli ruoli contestati. 5. Vanno, quindi, esaminati i motivi di ricorso afferenti all'affermazione di responsabilita' per i singoli reati contestati. 6. Vanno, innanzitutto, esaminati congiuntamente i motivi di ricorso quinto e sesto di (OMISSIS), i due motivi di ricorso di (OMISSIS), i primi sette motivi di ricorso di (OMISSIS), tutti afferenti all'affermazione di responsabilita' per il reato di cui al capo 20) dell'imputazione - acquisto in Olanda, in piu' occasioni, e successivi trasporto in Italia ed illecita detenzione, di un quantitativo complessivo pari ad 8 Kg di sostanza stupefacente del tipo cocaina. La Corte di appello, con argomentazioni congrue e prive di vizi logici, rimarcava che le risultanze istruttorie (dichiarazioni spontanee rese da (OMISSIS), analisi dei tabulati telefonici dell'utenza in uso ed intestata al (OMISSIS), analisi delle conversazioni telefoniche sull'utenza del predetto, controllo di Pg che riscontrava la presenza, a bordo dell'auto del (OMISSIS), di (OMISSIS) e (OMISSIS), rinvenimento nell'autovettura del (OMISSIS) di un sofisticato doppio fondo elettronico, ricavato nel cruscotto; rinvenimento da parte della Pg di contabilita' manoscritta dello (OMISSIS) relativa al traffico illecito di stupefacenti), complessivamente valutate, comprovavano che (OMISSIS) e (OMISSIS), quali corrieri, e (OMISSIS), in qualita' di importatore, avevano posto in essere le condotte contestate ( (OMISSIS) e (OMISSIS) con riferimento ai soli due episodi di importazione del 10 novembre e del 19 novembre 2017 ed il (OMISSIS) con riferimento a tali episodi ed anche a quello del 3.12.2017). I motivi proposti sono infondati ed in parte inammissibili. Le censure con le quali si lamenta l'inutilizzabilita' ai fini dell'affermazione di responsabilita' delle dichiarazioni rese dal coimputato (OMISSIS) in data 5.3.2018 presso il Comando Compagnia Carabinieri di Brescia sono infondate. Va osservato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, le dichiarazioni spontanee rese dall'indagato alla polizia giudiziaria o comunque da questa recepite sono pienamente utilizzabili nella fase delle indagini preliminari, e dunque nell'incidente cautelare e negli eventuali riti a prova contratta, perche' l'articolo 350 c.p.p., comma 7, ne limita l'inutilizzabilita' esclusivamente al dibattimento (S.U., n. 1150 del 25/09/2008 dep. 2009, Correnti, Rv. 241884; Sez. 5, n. 32015 del 15/03/2018, Carlucci, Rv. 273642). Ed e' stato precisato che deve emergere con chiarezza che l'indagato abbia scelto di rendere dette dichiarazioni liberamente, ossia senza alcuna coercizione o sollecitazione (Sez. 2, n. 26246 del 03/04/2017, Rv. 271148 - 01; Sez. 2, n. 22962 del 31/05/2022, Rv. 283409 - 01). E' chiaro, infatti, che le dichiarazioni "sollecitate", rese dall'indagato nell'immediatezza dei fatti ed in assenza di garanzie, a differenza di quelle "spontanee", non sono in alcun modo utilizzabili, neanche a favore del dichiarante (Sez. 1, n. 15197 del 08/11/2019, dep. 15/05/2020, Rv. 279125 - 01 Sez. 2 n. 3930 del 12/01/2017, Rv. 269206; Cass. Sez. un. 1150 del 25/09/2008, dep. 2009, Rv. 241884). Secondo la condivisibile giurisprudenza maggioritaria, inoltre, nel caso di dichiarazioni spontanee ex articolo 350 c.p.p., comma 7, non rileva l'assenza di difensore ed il difetto degli avvisi di cui all'articolo 64 c.p.p., in quanto al soggetto indagato non si applicano le disposizioni dell'articolo 63 c.p.p., comma 1, e dell'articolo 64 c.p.p., giacche' la prima concerne l'esame di persona non imputata o non sottoposta ad indagini, mentre la seconda attiene all'interrogatorio, atto diverso dalle spontanee dichiarazioni (Sez. 3, n. 29641 del 14/03/2018, Rv. 273209 - 01; Sez. 1, 15197 del 08/1/2019, Rv. 279125; Sez. 2, n. 47580 del 23/09/2016, Rv. 268509 - 01); si e', inoltre, precisato che non trova applicazione il disposto dell'articolo 63 c.p.p., comma 2, in quanto l'articolo 350 c.p.p., comma 7, costituisce espressa eccezione a tale regola, che trova la sua la ratio nella natura eminentemente "difensiva" e "libera" delle dichiarazioni spontanee (cfr. Sez. 2, n. 14320 del 13/03/2018, Rv. 272541 - 01, che ha chiarito che la lettera dell'articolo 350 c.p.p., comma 7 e' esplicita nel prevedere l'inutilizzabilita' "relativa", ovvero solo dibattimentale delle dichiarazioni spontanee, il che impedisce di ritenere che la regola specifica in essa prevista possa essere "vanificata" dalla disciplina generale che sancisce l'inutilizzabilita' assoluta delle dichiarazioni rese dall'indagato senza garanzie e che la norma si configura piuttosto come un espressa eccezione a tale regola, che trova la sua la ratio nella natura eminentemente "difensiva" e "libera" delle dichiarazioni spontanee). In definitiva, le dichiarazioni spontanee rese, ai sensi dell'articolo 350 c.p.p., comma 7, dall'indagato alla polizia giudiziaria in assenza delle garanzie difensive, devono ritenersi utilizzabili nel procedimento cautelare o nel rito abbreviato in ragione della prevalenza riconosciuta alla disciplina di cui all'articolo 350 c.p.p., comma 7 - che limita l'inutilizzabilita' al dibattimento - su quella prevista dall'articolo 63 c.p.p., comma 2, attinente all'interrogatorio, atto diverso dalle spontanee dichiarazioni (ex multis, Sez. 4, n. 2124 del 27/10/2020, dep. 2021, Minauro, Rv. 28024201; Sez. 1, n. 15197 del 08/11/2019, dep. 2020 -, Fornaro, Rv. 27912501; Sez. 3, n. 20466 del 03/04/2019, S., Rv. 27575201; Sez. 5, n. 32015 del 15/03/2018, Carlucci, Rv. 273642 01; Sez. 3, n. 29641 del 14/03/2018, Ermo, Rv. 273209; Sez. 2, n. 14320 del 13/03/2018, Basso, Rv. 27254101; Sez. 2, n. 26246 del 03/04/2017, Di Stefano, Rv. 27114801; Sez. 5, n. 13917 del 16/02/2017, Pernicola, Rv. 26959801: Sez. 5, n. 44829 del 12/06/2014, Fabbri, Rv. 262192; Sez. 5, n. 6346 de116/01/2014, Pagone, Rv. 258961). Quanto alla questione della mancata verbalizzazione delle dichiarazioni rese spontaneamente dal coindagato riportate dalla polizia giudiziaria in annotazioni o relazioni di servizio, redatte e sottoscritte dall'ufficiale di polizia giudiziaria, il Collegio condivide l'orientamento piu' diffuso di questa Corte (cfr. Sez. 2, n. 22962 del 31/05/2022, Rv. 283409; Sez. 3, n. 15798, del 30/4/2020, Rv. 279422; Sez. 6, n. 51503 del 11/10/2018, Rv. 274155-01; Sez. 1, n. 33819 del 20/06/2014, Rv. 261093-01; Sez. 1, n. 15563 del 22/01/2009, Rv. 243734-01; Sez. 3, n. 5777 del 17/01/2014, Rv. 258916-01; Sez. 1, n. 36842, del 14/4/2021, n. m.; Sez. 3, n. 12534 del 2022, n. m.; Sez. 4, n. 10113 del 2023. n. m., Sez. 3, n. 12151 del 2023, n. m, Sez.5, n. 19392 del 2023), che afferma l'utilizzabilita' di tali dichiarazioni, ancorche' non verbalizzate. Come chiarito da Sez. 3, 30 aprile 2020, n. 15798, Musolino, Rv. 279422, "le dichiarazioni non verbalizzate assunte dalla polizia giudiziaria dalle persone informate sui fatti o spontaneamente rese alla stessa dall'indagato o dal coindagato, riportate in un'annotazione di servizio o in un'informativa di reato, sono riconducibili, tutte, a un unico genus perche' le regole che prevedono e disciplinano la redazione del verbale in caso di informazioni assunte da persone informate sui fatti e di spontanee dichiarazioni rese dalla persona nei cui confronti sono svolte le indagini, sono identiche, come reso evidente dall'articolo 357 c.p.p., comma 2, lettera b), che le accomuna "; tali dichiarazioni devono ritenersi "valide ed utilizzabili nella fase procedimentale anche se non verbalizzate, ma riportate nelle informative ovvero nelle annotazioni e relazioni di servizio. E' stato osservato, innanzitutto, che risulta da escludere la configurabilita' di nullita'. Per un verso, infatti, la legge non prevede alcuna nullita' espressa in caso di omessa redazione del verbale nelle ipotesi previste dall'articolo 357 c.p.p., comma 2. Per l'altro, poi, la situazione appena descritta non risulta sussumibile nelle fattispecie previste dall'articolo 178 c.p.p.; in particolare, le disposizioni relative alla redazione del verbale con riguardo a dichiarazioni di una persona informata sui fatti o di un coindagato in sede di indagini preliminari non sembrano qualificabili nemmeno come concernenti "l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato", anche perche' si riferiscono ad un soggetto diverso da questo, ed in relazione ad una escussione che avviene fisiologicamente al di fuori del contraddittorio. Risulta, poi, da escludere che la mancata verbalizzazione dia luogo ad una inutilizzabilita'. A tal proposito, in primo luogo, va ribadito, come del resto non e' posto in discussione nemmeno da alcuna delle decisioni affermative della tesi della inutilizzabilita', che alle dichiarazioni rese in fase di indagini alla polizia giudiziaria sia applicabile la disciplina relativa alla testimonianza di cui all'articolo 194 c.p.p., e s.s., posto che, come puntualmente rilevato da diverse pronunce, tale regolamentazione attiene alle dichiarazioni rese in dibattimento (o nell'incidente probatorio). Va in secondo luogo rilevato che non sembra persuasivo nemmeno ipotizzare una violazione del divieto di cui all'articolo 191 c.p.p.. Da un lato, infatti, questa soluzione implicherebbe l'adozione di una interpretazione molto estesa e dai confini non facilmente definibili della proibizione posta dall'articolo 191 c.p.p.: essa, infatti, presupporrebbe, da un punto di vista logico e sistematico, non solo l'inclusione, tra i "divieti stabiliti dalla legge", anche dei divieti impliciti, ma, ulteriormente, ed in aggiunta, l'ascrizione, tra i divieti impliciti, di tutte le disposizioni riguardanti le forme degli atti. Dall'altro, poi, la soluzione in questione sembra davvero eccessiva e sproporzionata se si considera che, nell'ambito della disciplina generale sui verbali, la nullita' e' prefigurata, salvo diverse e particolari disposizioni di legge, soltanto "se vi e' incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manca la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha redatto" (articolo 142 c.p.p.), ma non anche per l'ipotesi di mancata sottoscrizione delle persone intervenute, pur essendo questo adempimento espressamente previsto, nel medesimo Titolo 3 del Libro 2 del Codice di rito, per i verbali diversi da quelli relativi al dibattimento (articolo 137 c.p.p.)". Il diverso orientamento, che afferma l'inutilizzabilita' delle dichiarazioni spontanee assunte dalla polizia giudiziaria e non verbalizzate (Sez. 6, n. 14843 del 17/02/2021, Rv. 280880 - 01, Sez. 1, n. 12752 del 27/02/2019, Rv. 276176 e Sez. 1 n. 37676 del 03/05/2022, Rv. 283740 - 01), ritiene, invece, che "la polizia giudiziaria, a norma dell'articolo 357 c.p.p., comma 2, deve redigere verbale, tra l'altro, degli atti non ripetibili compiuti e delle dichiarazioni spontanee ricevute dalla persona nei cui confronti vengono svolte indagini. Pur non essendo richiesto che la polizia giudiziaria rediga un autonomo verbale per ciascuna delle attivita' svolte, specialmente se in contestualita' spazio-temporale, resta fermo che le dichiarazioni spontaneamente rese dall'indagato, proprio perche' allo stesso riferibili come espressione della sua volonta' di rendere una dichiarazione, devono trovare confezione formale in un verbale che sia dal medesimo sottoscritto, non potendo essere sostituito detto atto dall'annotazione di polizia giudiziaria che di dette dichiarazioni fornisca contezza o riassunto". Quando, invece, "le dichiarazioni vengano rese alla polizia giudiziaria mentre procede a perquisizione o sequestro, le stesse ben possono essere inserite nel verbale di perquisizione o di sequestro, senza che occorra redigere distinto e autonomo verbale (ex plurimis: Sez. 1, n. 15563 del 22/01/2009, Perrotta, Rv. 243734; Sez. 6, n. 8675 del 26/10/2011 dep. 2012, Labonia, Rv. 252279), ma proprio perche' il relativo verbale viene sottoscritto dall'indagato" (cosi' in motivazione, Sez. 1, n. 12752 del 2019, ripresa pedissequamente dalla piu' recente Sez. 6, n. 14843 del 2021). Deve, invero, al contrario, osservarsi che, come affermato di recente da questa Suprema Corte (Sez. 3, n. 12534 del 2022, cit.), il dovere della polizia giudiziaria di redigere il verbale delle sommarie informazioni rese e delle dichiarazioni spontanee ricevute dalla persona nei cui confronti sono svolte le indagini, previsto dall'articolo 357 c.p.p., comma 2, lettera a), non e' sancito a pena di nullita' o inutilizzabilita' della prova (Sez. 1, n. 33821 del 20/06/2014, Rv. 263218-01 che esclude sia ravvisabile una nullita' per la mancata redazione del verbale stante la sua mancata previsione; Sez. 5, n. 6346 de116/01/2014, Pagone, non mass. sul punto, che rileva che l'articolo 357 c.p.p. regola soltanto un onere di forma di tali dichiarazioni in vista della loro utilizzabilita' in dibattimento; Sez. 1, n. 15437 del 16/03/2010, Rv. 246837-01). L'articolo 357 c.p.p., comma 2 non esclude il ricorso alle modalita' di documentazione degli atti di polizia giudiziaria previsti dal comma 1 del medesimo articolo. In nessun caso una forma di verbalizzazione diversa da quella prevista dall'articolo 357 c.p.p., comma 2, determina l'inutilizzabilita' della prova, non trattandosi di prova acquisita in violazione dei divieti di legge, bensi' di prova documentata con modalita' diverse da quelle specificamente previste dalla legge. Quando il legislatore ha inteso imporre una ben precisa e specifica modalita' di documentazione dell'atto a pena di inutilizzabilita' della prova, lo ha fatto espressamente (articolo 141-bis c.p.p.); se dovesse spiegarsi la ragione di fondo per la quale il fatto storicamente certo della dichiarazione spontaneamente resa dalla persona sottoposta alle indagini debba essere considerata processualmente inesistente sol perche' documentata da un'annotazione di servizio, essa non potrebbe che rinvenirsi nella sostanziale diffidenza che imporrebbe l'adozione di forme tali da dare certezza al requisito, soprattutto, della spontaneita' della dichiarazione. La sottoscrizione, da parte del dichiarante, del verbale redatto ai sensi dell'articolo 357 c.p.p., comma 2, lettera b), fornirebbe maggiori garanzie di certezze sul punto, salvo pero' metterle in crisi ove il dichiarante per un qualsiasi motivo non voglia o non sia in grado di sottoscrivere il verbale (articolo 137 c.p.p., comma 2). Da questo punto di vista, anche l'autonoma verbalizzazione delle dichiarazioni spontaneamente rese alla polizia giudiziaria potrebbe porre, secondo una linea di pensiero qui non condivisa, il problema della loro utilizzabilita' se il dichiarante dovesse rifiutare di sottoscrivere il verbale. Occorre piuttosto distinguere il "fatto-prova" (le dichiarazioni) dal "documento-prova" (il verbale o l'annotazione); quando l'esistenza del fatto-prova (sostanza) non e' condizionata (ne' imposta dal legislatore, ai fini della sua utilizzazione) dalle modalita' della sua verbalizzazione (forma), non v'e' ragione alcuna per escludere il fatto-prova dalla platea degli atti utilizzabili dal giudice ai fini della decisione. L'utilizzabilita' delle dichiarazioni spontaneamente rese alla polizia giudiziaria ai sensi dell'articolo 350 c.p.p., comma 7 e' condizionata al sol fatto che siano, appunto, spontanee: e' questo il fatto processuale che determina l'utilizzabilita' (limitata) della prova. L'autonoma verbalizzazione di tali dichiarazioni e la sottoscrizione del relativo verbale costituiscono indice di maggiore certezza dell'esistenza del requisito, ma non si vede perche' tale requisito debba essere escluso in radice per il sol fatto che delle dichiarazioni e della loro spontaneita' dia atto un pubblico ufficiale in verbale fidefacente la cui falsita' (ideologica) e' severamente punita (articolo 479 cpv. c.p.). La mancata autonoma verbalizzazione di tali dichiarazioni comportera' una piu' pregnante verifica della natura spontanea di tali dichiarazioni, senza precluderne per cio' solo l'utilizzo. Il Collegio condivide, pertanto, tale principio, che risulta essere prevalente nonche' validamente ed articolatamente argomentato (con argomentazioni non superate dall'orientamento difforme) ed al quale va dato continuita'. Va, quindi, ribadito che la mancata redazione del verbale da parte della polizia giudiziaria per documentare le dichiarazioni raccolte in fase di indagini costituisce mera irregolarita', sempre che siano precisamente individuati il pubblico ufficiale che ha formato l'atto contenente tali dichiarazioni, e i soggetti da cui queste ultime provengono. La mancata verbalizzazione delle dichiarazioni spontaneamente rese alla polizia giudiziaria ai sensi dell'articolo 350 c.p.p., comma 7, non osta alla loro utilizzazione se: a) il contenuto di tali dichiarazioni viene sintetizzato in un'annotazione di polizia giudiziaria; b) non v'e' dubbio della loro natura spontanea (Sez. 3, n. 15798 del 30/04/2020, Rv. 279422 - 02). Nella specie, le doglianze in tema di mancanza di spontaneita' nelle dichiarazioni del (OMISSIS) sono formulate in fatto e sollecitano una diversa interpretazione degli elementi congruamente valutati dalla Corte di merito. Va osservato che i Giudici di appello esaminavano congruamente le obiezioni difensive, che avevano contestato la natura spontanea delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS), poi poste alla base dell'accertamento di responsabilita', ritenendo corretta e incensurabile tale qualificazione. In particolare, veniva rimarcato che il (OMISSIS) si era presentato spontaneamente ai Carabinieri di Brescia, in compagnia del genitore, allarmato per il furto subito presso la sua abitazione e da lui percepito come un possibile atto ritorsivo per il mancato soddisfacimento integrale del debito contratto con il sodalizio criminoso facente capo a (OMISSIS); inoltre, dall'annotazione di PG si evinceva in modo chiaro che non vi era stata alcuna sollecitazione o indicazione da parte dei militari nei confronti del (OMISSIS): il giovane si era presentato senza alcuna sollecitazione alla P.g. ed il genitore che lo aveva accompagnato, preoccupato che la situazione potesse degenerare, lo aveva aiutato a superare l'iniziale ritrosia mostrata nell'affrontare l'argomento a monte della vicenda che lo vedeva come persona offesa. La Corte di merito stimava, di conseguenza, che tali dichiarazioni spontanee, potessero essere poste legittimamente a base della decisione nel giudizio abbreviato. D'altro canto e' pacifico che spetti al giudice accertare, sulla base di tutti gli elementi a sua disposizione, la effettiva natura spontanea delle dichiarazioni raccolte dalla polizia giudiziaria ai sensi dell'articolo 350 c.p.p., comma 7, dando atto di tale valutazione con motivazione che, se espressa in modo congruo e adeguato, come quella contenuta nella sentenza impugnata, non e' sindacabile in questa sede (Sez. 3 n. 2627 del 19/11/2013, P.M. in proc. Cuberi, Rv. 258368:" Le dichiarazioni rese dall'indagato, non possono essere ritenute "spontanee" solo perche' cosi' qualificate dalla polizia giudiziaria che le ha raccolte, essendo invece necessario che il giudice accerti d'ufficio, sulla base di tutti gli elementi a sua disposizione, l'effettiva natura libera e volontaria delle stesse, dando atto di tale valutazione con motivazione congrua ed adeguata). Ne' puo' avere rilievo ostativo alla valutazione di spontaneita' delle dichiarazioni e, quindi, alla loro utilizzabilita' nel presente giudizio, la circostanza che le stesse siano state agevolate dall'intervento di un terzo (nella specie, il padre del (OMISSIS) che lo aveva accompagnato presso la stazione dei Carabinieri). Come correttamente osservato dalla Corte territoriale, infatti, la spontaneita' richiede che vi sia un'autonoma determinazione volitiva da parte dell'indagato, non provocata da richieste degli stessi organi di indagine. Le ulteriori doglianze mosse dai ricorrenti si profilano quali inammissibili censure in fatto: attraverso una formale denuncia di vizio di motivazione si, richiede sostanzialmente una rivisitazione, non consentita in questa sede, delle risultanze processuali, esponendo censure le quali si risolvono in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, precluse in sede di giudizio di cassazione. Su punto, al fine di evitare inutili ripetizioni, si richiamano i principi di diritto esposti al paragrafo 3.3. 7. Vanno, poi, esaminati i due motivi di ricorso di (OMISSIS), i sette motivi di ricorso di (OMISSIS), i motivi settimo, ottavo e decimo di (OMISSIS), i motivi dall'ottavo all'undicesimo di ricorso di (OMISSIS), i motivi quarto, quinto, sesto, settimo di (OMISSIS), motivi tutti afferenti all'affermazione di responsabilita' per gli altri reati contestati. 7.1. I due motivi di ricorso di (OMISSIS) sono manifestamente infondati. La Corte territoriale, nel richiamare e confermare le valutazioni del giudice di primo grado, affermava, con apprezzamento di fatto sorretto da argomentazioni congrue e logiche e, dunque, insindacabile in sede di legittimita', che (OMISSIS), nelle circostanze di tempo e di luogo contestate al capo 72) dell'imputazione, aveva concordato la vendita di sostanza stupefacente del tipo cocaina del peso di 514 grammi a (OMISSIS) e (OMISSIS); il chiaro ed inequivoco contenuto delle conversazioni intercettate nonche' i servizi di osservazione che ne costituivano riscontro, comprovavano che (OMISSIS), unitamente al coimputato (OMISSIS), in data 25.7.2018, si incontrava con (OMISSIS)- incaricato per tale incontro da (OMISSIS) - presso il centro commerciale (OMISSIS) per accordarsi in ordine ai termini ed alle modalita' della cessione dello stupefacente; tale incontro era stato programmato il giorno precedente, a seguito di intesa a mezzo telefono, tra (OMISSIS) e (OMISSIS); dopo l'incontro il (OMISSIS) si recava a casa di (OMISSIS) per informarlo dell'accordo raggiunto ed il (OMISSIS) subito dopo contattava telefonicamente (OMISSIS) per avere conferma della fornitura il sabato successivo; il giorno convenuto per la consegna, il 28.07.2018, dopo alcuni contatti telefonici avvenuti nell'immediatezza tra coloro che dovevano presenziare e, in particolare tra (OMISSIS) che doveva ricevere lo stupefacente e (OMISSIS) che, unitamente a (OMISSIS), doveva provvedere alla consegna, la consegna non avveniva per l'intervento degli operanti, che procedevano sequestro dei 514 grammi di cocaina rinvenuti all'interno del borsello che il (OMISSIS) portava a tracolla nonche' delle utenze telefoniche utilizzate per da (OMISSIS) e (OMISSIS); si procedeva, quindi, all'arresto di (OMISSIS) e di (OMISSIS) ed alla denuncia a piede libero di (OMISSIS) e dopo l'arresto intercorrevano una serie di telefonate concitate tra (OMISSIS) e (OMISSIS). Sulla base di tali risultanze istruttorie, quindi, si riteneva integrato il contestato reato di vendita di sostanza stupefacente. La Corte territoriale esprimeva congrua e logica motivazione anche in ordine all'interpretazione del contenuto delle conversazioni intercettate, evidenziando la chiara evidenza ed il risconto operato dai correlati servizi di osservazione. Del pari congrua e logica e' la motivazione relativa alla identificazione di (OMISSIS); la Corte di merito, in aderenza alle risultanze istruttorie, rimarcava come il predetto era stato oggetto di servizi di osservazione che lo avevano visto sopraggiungere in data 25.7.2018 nel luogo concordato per l'incontro con (OMISSIS) ed era stato ripreso anche dalle telecamere di videosorveglianza del centro commerciale (OMISSIS) e, quindi, riconosciuto dagli operanti, in quanto gia' attenzionato nel corso di pregresse attivita' infoinvestigative della Sezione Antidroga della Squadra Mobile di Brescia; inoltre, l'utenza n. (OMISSIS), utilizzata per i contatti telefonici con (OMISSIS), prima e dopo l'incontro del 25.7.2018 e dopo l'arresto dei coimputati in data 28.7.2018, era gia' stata rinvenuta nella disponibilita' di (OMISSIS) nel corso di uno specifico controllo operato dalle forze dell'ordine in data 19.07.2018. I Giudici di appello, pertanto, correttamente confermavano la valutazione del primo giudice, ritenendo provato che (OMISSIS) aveva concorso nella vendita di 514 grammi di cocaina a (OMISSIS) e (OMISSIS), in quanto aveva svolto un ruolo primario nella conclusione dell'accordo di compravendita. Va ricordato che la consumazione del reato di acquisto e cessione di sostanze stupefacenti si consuma nel momento in cui e' raggiunto il consenso tra venditore ed acquirente, indipendentemente dall'effettiva consegna della merce e del pagamento del prezzo, perfezionandosi la compravendita con il solo incontro delle volonta' del compratore e del venditore (Sez. 2, n. 30374 del 16/05/2019, Rv. 276981 - 01; Sez. 4, n. 3950 del 11/10/2011, dep. 31/01/2012, Rv. 251736 - 01). A fronte di tale adeguato, logico e corretto percorso argomentativo, le censure proposte sono, quindi, manifestamente infondate, riproduttive delle medesime doglianze prospettate in appello e, peraltro, orientate a sollecitare una diversa valutazione in fatto delle risultanze istruttorie, preclusa in sede di legittimita'. 7.2. I sette motivi di ricorso di (OMISSIS) sono manifestamente infondati o inammissibili. Con i primi tre motivi si lamenta il mancato assorbimento della condotta di cessione di cui al capo 54) nella piu' grave condotta di acquisto a fini di spaccio di cui al capo 53), della condotta di cessione di cui al capo 57) in quella piu' grave di acquisto a fini di spaccio di cui al capo 58), della condotta di cessione di cui al capo 60) nella piu' grave condotta di acquisto a fini di spaccio di cui al capo 53). Tali motivi sono manifestamene infondati. La Corte territoriale, disattendendo le censure qui riproposte, ha rimarcato come le condotte in questione risultavano essere tutte ontologicamente distinte sotto il profilo temporale e dell'oggetto materiale, specificando, quanto al primo profilo, che le condotte erano state poste in essere in tempi diversi e, con riferimento al secondo profilo, la diversita' del dato quantitativo oggetto di acquisto e detenzione rispetto a quello oggetto di cessione (pag. 253- 254-255 della sentenza impugnata). La valutazione, insindacabile in fatto in quanto congruamente e logicamente motivata, e' corretta in diritto. Costituisce ius receptum che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 ha natura giuridica di norma a piu' fattispecie, con la conseguenza che, da un lato, il reato e' configurabile allorche' il soggetto abbia posto in essere anche una sola delle condotte ivi previste, dall'altro, deve escludersi il concorso formale di reati quando un unico fatto concreto integri contestualmente piu' azioni tipiche alternative previste dalla norma, poste in essere senza apprezzabile soluzione di continuita' dallo stesso soggetto ed aventi come oggetto materiale la medesima sostanza stupefacente (Sez. 3, n. 8999 del 05/12/2019, dep. 05/03/2020, Rv. 278418 - 0101; Sez. 4, n. 109 del 28/11/2018, dep. 03/01/2019, Rv. 275075 - 01; Sez. 3, n. 7404 del 15/01/2015, Rv. 262421). E perche' possa escludersi il concorso formale, occorre la presenza di piu' circostanze: a) che si tratti dello stesso oggetto materiale; b) che le attivita' illecite minori siano compiute dallo stesso soggetto che ha commesso quelle maggiori o dagli stessi soggetti che ne rispondono a titolo di concorso; c) che vi sia identita' spazio- temporale tra le condotte e, cioe', si verifichi il susseguirsi di vari atti, sorretti da un unico fine, senza apprezzabili soluzioni di continuita'. Ne consegue che qualora le differenti azioni tipiche siano distinte sul piano ontologico e cronologico, esse costituiscono, conseguentemente, piu' violazioni della stessa disposizione di legge e, dunque, reati distinti, eventualmente unificabili per continuazione, se commessi dagli stessi soggetti in concorso tra loro ed in presenza di un disegno criminoso unitario (Sez. 3, n. 8163 del 26/11/2009, dep. 02/03/2010, Rv. 246211; Sez. 3, n. 7404 del 15/01/2015, Rv. 262421). Il quarto motivo e' inammissibile. La Corte territoriale, condividendo la valutazione del primo giudice, confermava l'affermazione di responsabilita' relativa alla condotta di acquisto e detenzione di sostanza stupefacente del tipo cocaina contestata al capo 62) dell'imputazione, richiamando le convergenti risultanze istruttorie, in particolare, il contenuto delle conversazioni intercettate, l'informativa di Pg e la relativa annotazione di monitoraggio di autovetture, il sistema di videosorveglianza cittadino, nonche' la chiamata in correita' di (OMISSIS); tali risultanze istruttorie, complessivamente valutate, comprovavano l'incontro in data (OMISSIS) presso il parcheggio di via (OMISSIS), tra il venditore della sostanza stupefacente, (OMISSIS), e gli acquirenti (OMISSIS) e (OMISSIS) nonche' la consegna dello stupefacente, che veniva, poi, ceduto, nello stesso giorno, dal (OMISSIS) nel comune cremonese di (OMISSIS) ad un cliente abituale (cliente che nei giorni precedenti aveva contattato telefonicamente il (OMISSIS) per chiedere, insistentemente, una fornitura di cocaina). A fronte di tale adeguata e logica motivazione, il ricorrente propone censure in fatto, finalizzate ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa in sede di legittimita'. Il quinto motivo e' manifestamente infondato. I Giudici di merito, in aderenza alle risultanze istruttorie, ritenevano integrato il reato di favoreggiamento personale contestato al (OMISSIS) al capo 68) dell'imputazione; il (OMISSIS), assunto a sommarie informazioni testimoniali dai Carabinieri di Verolanuova a seguito dei fatti di cui ai capi 66) e 67) - rapina e lesioni personali commesse in danno dello stesso (OMISSIS)- dichiarava falsamente di non conoscere l'identita' dei suoi aggressori ne' i motivi del gesto, cosi' aiutando (OMISSIS), (OMISSIS) ed un terzo soggetto non identificato ad eludere le indagini. Il ricorrente lamenta che la Corte di appello avrebbe erroneamente denegato l'applicazione dell'esimente di cui all'articolo 384 c.p.. Deve osservarsi che la Corte territoriale motivava ampiamente in ordine al diniego in questione, rimarcando che il (OMISSIS), come emergente dalle conversazioni intercettate, aveva riconosciuto almeno uno dei suoi aggressori ed osservando che riferire tale circostanza agli inquirenti non avrebbe comportato alcun nocumento per la sua liberta', trattandosi di circostanza del tutto eventuale e incerta, legata a sviluppi investigativi del tutto aleatori. Le argomentazioni sono congrue e non manifestamente illogiche, e, pertanto, non sindacabili in questa sede. Va ricordato che, secondo il pacifico orientamento di questa Corte, l'operativita' dell'esimente di cui all'articolo 384 c.p. non puo' essere invocata dall'imputato per il semplice timore, prospettato anche solo in forma presunta o ipotetica, di essere coinvolto nella vicenda criminosa, occorrendo invece un effettivo pericolo di danno nella liberta' o nell'onore, il cui concreto verificarsi puo' essere evitato solo con la commissione di uno dei reati in relazione ai quali opera l'esimente in questione (Sez. 6, n. 2806 del 20/11/2006, dep. 25/01/2007, Rv. 235723). Siffatta esimente, invero, implica un rapporto di derivazione del fatto commesso dall'esigenza di tutela di quei beni, che va in concreto rilevato sulla base di un criterio di immediata ed inderogabile consequenzialita', e non certo di semplice supposizione (Sez. 6, n. 10271 del 15/11/2012, dep. 05/03/2013, Rv. 255716, nonche', piu' di recente, Sez. 6, n. 27604 del 18/03/2016, Rv. 267405 01, che ha ribadito che l'esimente prevista dall'articolo 384 c.p., comma 1, non puo' essere invocata sulla base del mero timore, anche solo presunto o ipotetico, di un danno alla liberta' o all'onore, implicando essa un rapporto di derivazione del fatto commesso dalla esigenza di tutela di detti beni che va rilevato sulla base di un criterio di immediata ed inderogabile consequenzialita' e non di semplice supposizione); e si precisato che il correlativo apprezzamento presuppone una valutazione di merito, come tale non consentita in sede di legittimita' (Sez. 2, n. 22362 del 19/04/2013, dep. 24/05/2013, Rv. 255940). Il sesto motivo e' inammissibile. La Corte territoriale, condividendo la valutazione del primo giudice, confermava l'affermazione di responsabilita' relativa ai reati di lesioni personali e violenza privata posti in essere in data 25.6.2018 in danno di (OMISSIS) contestati al capo 76) dell'imputazione. Innanzitutto, deve osservarsi, quanto alla procedibilita' dei reati, che la procedibilita' a querela disposta dalla novella legislativa (Decreto Legislativo n. 150 del 2022) e' esclusa ove ricorra, per il reato di lesione personale, una delle aggravanti previste dall'articolo 585 (fatto commesso con armi improprie o da persona travisata o da piu' persone riunite; ipotesi dell'articolo 576 c.p.) e, per il reato di cui all'articolo 610 c.p. la circostanza che la persona offesa e' incapace, per eta' o per infermita', oppure se concorrono le condizioni previste dall'articolo 339 c.p. (nuovo comma 3: violenza commessa mediante il lancio o l'utilizzo di corpi contundenti o altro oggetti atti ad offendere, compresi gli artici pirotecnici, in modo da creare pericolo per le persone). Ne consegue che, essendo stata le condotte commesse con l'utilizzo di una mazza da baseball, oggetto atto ad offendere, e da piu' persone riunite, il reato deve ritenersi tuttora procedibile d'ufficio. Cio' posto, la Corte di appello, confermava l'affermazione di responsabilita' del (OMISSIS), richiamando le convergenti risultanze istruttorie (conversazioni intercettate, sms, chiamata in correita' di (OMISSIS)) e rimarcando il ruolo di mandante ed istigatore del (OMISSIS) delle condotte illecite materialmente poste in essere da (OMISSIS) e (OMISSIS); in particolare, i Giudici di appello rimarcavano come era emerso il desiderio di vendetta del (OMISSIS) estrinsecatosi nella spasmodica ricerca volta ad identificare tutti coloro che avevano preso parte all'aggressione ai suoi danni (capi 66 e 67 dell'imputazione) ed evidenziavano che all'aggressione in danno della donna aveva partecipato anche (OMISSIS), uomo di fiducia del (OMISSIS), il quale aveva contattato nei giorni precedenti il compartecipe (OMISSIS), dandone, poi, conferma al (OMISSIS), poco prima dell'aggressione, a mezzo sms (al quale riferisce di aver trovato "gli operai" per fare il trasloco); richiamavano inoltre, la circostanza che (OMISSIS), in un successivo colloquio in carcere con il proprio figlio, aveva indicato (OMISSIS) come mandante della spedizione punitiva organizzata ai danni del (OMISSIS), nonche' la chiamata in correita' di (OMISSIS). La motivazione espressa dalla Corte di appello risulta adeguata e priva di vizi logici e si sottrae al sindacato di legittimita', mentre il ricorrente propone censure in fatto, finalizzate ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa in sede di legittimita'; da tanto discende l'inammissibilita' della doglianza. Il settimo motivo e' manifestamente infondato. Deve evidenziarsi che l'unicita' del disegno criminoso costituente l'indispensabile condizione per la configurabilita' della continuazione non puo' identificarsi con la generale inclinazione a commettere reati, sotto la spinta di fatti e circostanze occasionali piu' o meno collegati tra loro, ovvero di bisogni e necessita' di ordine contingente, e neanche con la tendenza a porre in essere reati della stessa indole o specie, determinata o accentuata da talune condizioni psico-fisiche, dovendo le singole violazioni costituire parte integrante di un unico programma criminoso deliberato fin dall'inizio nelle linee essenziali per conseguire un determinato fine, a cui di volta in volta si aggiungera' l'elemento volitivo necessario per l'attuazione del programma medesimo; l'identita' del disegno criminoso, che caratterizza l'istituto disciplinato dall'articolo 81 c.p., comma 2, postula, pertanto, che l'agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose (Sez. U n. 28659 del 18/05/2017, Rv. 270074 - 01; Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Rv.266615 - 01; Sez. 1, n. 5618 del 21/12/1993, dep. 22/02/1994, Rv. 196545 - 01). Va, invece, esclusa l'unicita' del disegno criminoso per quei tipi di reati che, non essendo stati preventivamente inizialmente, sono il risultato di decisioni assunte solo nel corso dell'esecuzione del programma (cfr. Sez. 3, n. 896 del 17/11/2015, dep. 13/01/2016, Rv. 266179 - 01, che ha affermato che, ai fini della configurabilita' della unicita' del disegno criminoso e' necessario che le singole violazioni costituiscano parte integrante di un unico programma deliberato fin dall'inizio per conseguire un determinato fine, con la conseguenza che tale unicita' e' da escludere quando la successione degli episodi criminosi, malgrado la contiguita' spazio-temporale e il nesso funzionale riscontrabile tra i distinti reati, evidenzia l'occasionalita' di uno di questi; nella specie, e' stato ritenuto corretto il mancato riconoscimento della continuazione tra il reato di cessione di sostanza stupefacente e quello successivo di resistenza a pubblico ufficiale, sul presupposto che l'imputato, al momento della consegna dello stupefacente, non poteva aver gia' deliberato di porre in essere la resistenza) e, quindi, qualora i reati successivi al primo "risultino frutto di determinazione estemporanea" (Sez. U n. 28659 del 18/05/2017, cit.). Nella specie, la Corte territoriale riteneva non sussistente il vincolo della continuazione tra i reati di reati di cui ai capi 68) e 76) e dei predetti con gli altri reati, in materia di stupefacenti, contestati al (OMISSIS), rimarcando che i reati in questione non potevano costituire sviluppi, deliberati e prevedibili, della programmata attivita' di cessione di stupefacenti, in quanto frutto di determinazione estemporanea per l'imprevedibilita' dell'evento presupposto che ne era a monte (l'aggressione subita in data (OMISSIS) dal (OMISSIS)). Da tali considerazioni in fatto, con congrue e logiche argomentazioni, e' stata tratta la conseguenza che non emergeva l'identita' del disegno criminoso e, quindi, non poteva riconoscersi l'esistenza del vincolo della continuazione tra i reati in questione. La motivazione si sottrae, pertanto, al sindacato di legittimita'; le doglianze mosse dal ricorrente sono, peraltro, anche orientate ad una diversa lettura delle risultanze istruttorie, non consentita in sede di legittimita'. 7.3. I motivi quarto, quinto, sesto e settimo di (OMISSIS) sono inammissibili. Il ricorrente lamenta l'errata qualificazione giuridica delle condotte di cui ai capi 40) e 41) nel delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, operata dalla Corte di appella in conformita' all'originaria contestazione. La Corte territoriale, nel riqualificare gli addebiti come contestati, evidenziava che, dalla complessiva valutazione delle risultanze istruttorie, emergeva per entrambe le ipotesi di reato un ruolo di (OMISSIS) pienamente attivo nelle operazioni dirette a disfarsi della sostanza stupefacente o dei relativi involucri (cfr. pag. 79, 80 e 81 della sentenza di primo grado), perfettamente aderente al suo coinvolgimento nella detenzione della sostanza stupefacente oggetto dei due reati contestati; le condotte, quindi, dovevano qualificarsi come concorso nella detenzione della sostanza stupefacente, unitamente agli altri associati, profilandosi una diretta e materiale disponibilita' della sostanza stupefacente da parte di (OMISSIS), evincibile dalla possibilita' di poter accedere al luogo di custodia e di poterne disporre senza intermediazioni. La Corte, quindi, valorizzava la circostanza che (OMISSIS) aveva agito in autonomia ben conoscendo il luogo di custodia della sostanza stupefacente, tanto da ritenersi dimostrato che egli avesse un'autonoma disponibilita' della stessa e, quindi, la sua piena partecipazione al reato. Le censure mosse dal ricorrente sono orientate a sollecitare una diversa valutazione delle risultanze probatorie effettuata dalla Corte di appello con congrua e non manifestamente illogica motivazione, valutazione di merito preclusa in sede di legittimita'. Quanto al reato di cui al capo 43) - illecita detenzione di 100 grammi del tipo cocaina e vendita ad un connazionale di Scutari-, la Corte di appello nel disattendere la censura difensiva qui riproposta, rimarcava che le risultanze istruttorie (intercettazioni ambientali effettuate nell'autovettura di (OMISSIS)) comprovavano che (OMISSIS) si era accordato con (OMISSIS) per portare 100 grammi di cocaina ad un cliente che risiedeva nel veronese; nell'occasione lo (OMISSIS) aveva fornito all' (OMISSIS) 50 grammi di cocaina, avendo la disponibilita' immediata solo di tale quantita', mentre la restante parte era stata gia' fornita ad (OMISSIS) da altro soggetto, tale Cimi; (OMISSIS) riferiva allo (OMISSIS) che avrebbe portato la droga al cliente l'indomani; a riscontro di tale ultima affermazione, (OMISSIS) effettivamente effettuava l'indomani il viaggio a Verona e, al suo ritorno, divideva con lo (OMISSIS) il ricavato della vendita; la Corte territoriale confermava, quindi, l'affermazione di responsabilita' di (OMISSIS) in relazione al reato contestato al capo 43) dell'imputazione, in aderenza al chiaro dato probatorio. A fonte di tale adeguato e logico percorso argomentativo, le censure mosse dal ricorrente risultano meramente contestative e prive di confronto critico con le argomentazioni dei Giudici di appello. 7.4 I motivi ottavo, nono, decimo ed undicesimo di (OMISSIS) sono inammissibili. La Corte territoriale, condividendo la valutazione del primo giudice, confermava l'affermazione di responsabilita' relativa alla condotta di cessione di sostanza stupefacente del tipo cocaina contestata al capo 16) dell'imputazione, richiamando le chiare risultanze istruttorie: in particolare, la messaggistica scambiatasi a mezzo whatsapp dai protagonisti della vicenda (il (OMISSIS) quale cedente ed il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) quali cessionari della sostanza stupefacente) e comprovava una serrata trattativa, a far data dal 21.9.2017 per l'acquisto di una sostanza stupefacente del tipo cocaina di ottima qualita'; la conclusione dell'accordo veniva desunta dal fatto che, al termine di concitate consultazioni, dalle quali emergeva che (OMISSIS) e (OMISSIS) non disponevano della somma necessaria all'acquisto dell'intera partita di cocaina (pari a Euro 36.000,00) e concordavano l'acquisto di mezzo chilo della sostanza stupefacente; l'analisi dei tabulati telefonici, poi, dava atto sia del viaggio del (OMISSIS) per recuperare la partita di droga che della consegna dello stupefacente al (OMISSIS) (pagg 240 e 241 della sentenza impugnata). La Corte territoriale, poi, condividendo la valutazione del primo giudice, confermava l'affermazione di responsabilita' anche in relazione alla condotta di cessione di sostanza stupefacente del tipo cocaina contestata al capo 18) dell'imputazione, richiamando le chiare risultanze istruttorie: in particolare, le conversazioni intercorse tra il (OMISSIS) quale venditore e (OMISSIS) quale acquirente della sostanza stupefacente, comprovavano una serrata trattativa, a far data dal 21.9.2017 per l'acquisto di una sostanza stupefacente del tipo cocaina, poi consegnata dal (OMISSIS) al (OMISSIS), quando i due si erano incontrati nel garage di quest'ultimo (pagg 248 e 249 della sentenza impugnata). A fronte di tale adeguata e logica motivazione, il ricorrente propone censure in fatto, meramente ripropositive di doglianze disattese con congrua e logica motivazione dai Giudici di merito, finalizzate ad una rivalutazione delle risultanze preclusa in sede di legittimita'. In particolare, quanto alle censure relative all'interpretazione del contenuto della messaggistica scambiatasi a mezzo WhatsApp dai protagonisti della vicenda, va ricordato che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (tra le tante, Sez. 6, n. 17619, del 08/01/2008, Gionta, Rv. 239724), in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, e' questione di fatto rimessa all'apprezzamento del giudice di merito e si sottrae al giudizio di legittimita', se la valutazione risulta congruamente motivata, come nella specie (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015 Rv. 263715). 7.5. I motivi settimo, ottavo e decimo di (OMISSIS) sono inammissibili. La Corte territoriale, condividendo la valutazione del primo giudice e disattendendo le censure difensive qui riproposte, confermava l'affermazione di responsabilita' in relazione alla condotta di acquisto e detenzione illecita di sostanza stupefacente del tipo cocaina del peso di circa 10 Kg - contestata al capo 21) dell'imputazione -, richiamando le chiare risultanze istruttorie: in particolare, l'arresto in flagranza dello (OMISSIS) nella detenzione del quantitativo di due chilogrammi di cocaina, da poco ricevuto dai suoi fornitori, nonche' il contestuale rinvenimento di materiale cartaceo, manoscritto, riferibile ad una chiara e importante contabilita' di smercio di cocaina, ed il contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate (il quale, correlato alla documentazione contabile rinvenuta, attestante un debito dello (OMISSIS) del valore complessivo di Euro 240.000,00,) comprovavano che la sostanza stupefacente complessivamente acquistata dallo (OMISSIS) corrispondeva a circa 10 Kg di cocaina (corrispondente all'entita' del debito emergente dal materiale cartaceo manoscritto). La Corte territoriale, poi, confermava l'affermazione di responsabilita' in relazione alle condotte di importazione di sostanza stupefacente del tipo cocaina del peso di complessivi Kg 14 - contestate al capo 23) dell'imputazione richiamando le chiare risultanze istruttorie (tabulati telefonici, accertamenti e controlli di Pg, intercettazione di conversazioni telefoniche sulle utenze in uso a (OMISSIS) e (OMISSIS), dichiarazioni del coimputato (OMISSIS)), dalle quali si evinceva che, a seguito dell'interruzione prudenziale delle modalita' di approvvigionamento della droga dall'Olanda tramite il (OMISSIS) e il (OMISSIS), il gruppo capeggiato dallo (OMISSIS) aveva fatto ricorso ad altre modalita' direttamente riconducibili al fornitore, con trasporto della merce affidato ad una coppia di albanesi (uno dei quali identificato in (OMISSIS)) che utilizzavano due distinte autovetture, una con targa belga e l'altra con targa tedesca. A fronte di tale adeguata e logica motivazione (pagg. 270, 271, 272 e 273 della sentenza impugnata), il ricorrente propone censure in fatto, finalizzate ad una rivalutazione delle risultanze preclusa in sede di legittimita'. Con riferimento, infine, alla conferma dell'affermazione di responsabilita' in relazione alle cessioni di sostanza stupefacente del tipo cocaina - contestate al capo 30) dell'imputazione - la Corte territoriale rimarcava, con congrue e logiche argomentazioni, come le chiare e convergenti risultanze istruttorie (intercettazione ambientali e visione delle registrazioni delle telecamere montate in via (OMISSIS)) comprovavano plasticamente le condotte illecite (cfr. pag. 272 e 273 della sentenza impugnata); a fronte di tale percorso argomentativo, il ricorrente propone censure che non si confrontano con specificita' censoria con le argomentazioni espresse dai Giudici di appello (confronto doveroso per l'ammissibilita' dell'impugnazione, ex articolo 581 c.p.p., perche' la sua funzione tipica e' quella della critica argomentata avverso il provvedimento oggetto di ricorso, (cfr. Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Rv. 243838; Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, Rv. 244181). 8. Vanno, poi, esaminati i motivi nono, undicesimo, dodicesimo, tredicesimo, quattordicesimo, quindicesimo, sedicesimo, diciassettesimo, diciottesimo e diciannovesimo di (OMISSIS) (ed il motivo nuovo correlato al sedicesimo motivo di ricorso), i motivi dall'ottavo al dodicesimo di (OMISSIS), il secondo motivo di (OMISSIS), tutti afferenti al trattamento sanzionatorio. 8.1. I motivi nono, undicesimo, dodicesimo e tredicesimo di (OMISSIS) sono manifestamente infondati. La Corte territoriale ha ritenuto congruo e confermato l'aumento di pena a titolo di continuazione per i reati di cui ai capi 25), 26) e 27), nella misura di mesi quattro e giorni quindici di reclusione per ogni singolo capo, ritenendolo proporzionato alla gravita' dei fatti in ragione della tipologia di sostanza stupefacente (di tipo "pesante") e del contesto organizzato ed altamente criminogeno in cui le cessioni si collocavano; ha, del pari, ritenuto congruo e confermato l'aumento di pena a titolo di continuazione per il reato di cui al capo 32), nella misura di mesi quattro e giorni quindici di reclusione, ritenendolo proporzionato alla gravita' del fatto, in ragione del consistente quantitativo della sostanza stupefacente oggetto della cessione; ha, poi, ritenuto congruo e confermato l'aumento di pena a titolo di continuazione per il reato di cui al capo 41), nella misura di anni uno e mesi uno in considerazione del consistente dato ponderale. I Giudici di appello, con argomentazioni adeguate e non manifestamente illogiche, hanno, quindi, fatto corretto uso dei criteri di cui all'articolo 133 c.p., ritenuti sufficienti dalla Giurisprudenza di legittimita', per la congrua motivazione in termini di determinazione della pena. Va, a tal proposito, richiamato il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite, secondo il quale, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato piu' grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l'aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, in quanto il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena e' correlato all'entita' degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall'articolo 81 c.p. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Rv.282269 - 01; Sez. U, n. 7930/94, Rv 201549-01). Manifestamente infondata e' anche la doglianza relativa al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione in relazione al reato di cui al capo 22) dell'imputazione. La Corte territoriale riteneva non sussistente il vincolo della continuazione tra il reato di cui al capo 22) e i reati, in materia di stupefacenti, contestati allo (OMISSIS), rimarcando che il reato in questione (tentativo di recuperare il credito maturato nei confronti del coimputato (OMISSIS) mediante il contestato furto) non poteva costituire sviluppo, deliberato e prevedibile, della programmata attivita' di cessione di stupefacenti, risultando imprevedibile l'evento presupposto che ne era a monte; tale reato, quindi, non poteva far parte dell'iniziale programma criminoso volto alla costituzione di un sodalizio criminoso avente ad oggetto il traffico di rilevanti quantitativi di sostanze stupefacenti, essendo frutto di determinazione estemporanea. Da tali considerazioni in fatto, con congrue e logiche argomentazioni, insindacabili in sede di legittimita', e' stata tratta la conseguenza che non emergeva l'identita' del disegno criminoso e, quindi, non poteva riconoscersi l'esistenza del vincolo della continuazione tra i reati in questione. La motivazione e' conforme al principio di diritto gia' esposto al paragrafo 7.2., con riferimento al settimo motivo di (OMISSIS) relativo ad analoga questione, principio che qui va richiamato per evitare inutili ripetizioni. 8.2. Il quattordicesimo ed il quindicesimo motivo di ricorso di (OMISSIS) sono manifestamente infondati. La Corte di appello riteneva congrua la pena determinata dal primo giudice con riferimento al reato contestato al capo 22), richiamando la gravita' del fatto in considerazione del piu' ampio contesto criminale nel quale si collocava la condotta. Va ricordato che, ai fini del trattamento sanzionatorio, e' sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare la determinazione della pena; e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l'adeguamento della pena concreta alla gravita' effettiva del reato e alla personalita' del reo, non e' censurabile in sede di legittimita' se congruamente motivato. Del resto costituisce principio consolidato che la motivazione in ordine alla determinazione della pena base (ed alla diminuzione o agli aumenti operati per le eventuali circostanze aggravanti o attenuanti) e' necessaria solo quando la pena inflitta sia di gran lunga superiore alla misura media edittale, ipotesi che non ricorre nella specie. Fuori di questo caso anche l'uso di espressioni come "pena congrua", "pena equa", "congrua riduzione", "congruo aumento" o il richiamo alla gravita' del reato o alla capacita' a delinquere dell'imputato sono sufficienti a far ritenere che il giudice abbia tenuto presente, sia pure globalmente, i criteri dettati dall'articolo 133 c.p. per il corretto esercizio del potere discrezionale conferitogli dalla norma in ordine al "quantum" della pena (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009 Rv. 245596; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Rv.256197). 8.3. Il sedicesimo motivo di ricorso (ed il correlato motivo nuovo ripropositivo della doglianza) di (OMISSIS) e' manifestamente infondato. L'applicazione dell'aumento di pena per effetto della recidiva facoltativa attiene all'esercizio di un potere discrezionale del giudice, del quale deve essere fornita adeguata motivazione, con particolare riguardo all'apprezzamento dell'idoneita' della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacita' a delinquere del reo, conseguendo da cio' un preciso onere motivazionale da parte del giudice nell'ipotesi di aggravamento della pena per effetto della ritenuta recidiva (Sez. 6, n. 34702 del 16/07/2008, Rv. 240706; Sez. 5, n. 46452 del 21/10/2008, Rv. 242601; Sez. 6, n. 42363 del 25/09/2009, Rv. 244855; Sez. 6, n. 14550 del 15/03/2011, Bouzid Orna, Rv. 250039; Sez. 3, n. 19170 del 17/12/2014, dep. 08/05/2015, Rv. 263464). Nella specie, la Corte di appello ha compiutamente adempiuto all'onere motivazionale, rimarcando non solo i precedenti specifici dell'imputato ma anche la loro gravita' e le modalita' dell'azione dei nuovi reati dimostrative di un radicato inserimento nel traffico delle sostanze stupefacenti, quali elementi che davano atto che i nuovi delitti commessi fossero espressione di una elevata e spiccata capacita' a delinquere dell'imputato. 8.4. Il diciassettesimo motivo di ricorso di (OMISSIS) e' fondato e va accolto, secondo le argomentazioni che seguono. La Corte di appello riconosceva il vincolo della continuazione tra i reati oggetto del presente giudizio (ad eccezione di quello di cui al capo 22) e quelli di cui alla sentenza della Corte di appello di Brescia del 2.3.2021 (irrevocabile il 14.12.2021), reati che unificava ex articolo 81 cpv. c.p.; al contrario, avendo rigettato la relativa doglianza difensiva, escludeva dal vincolo della continuazione il reato di cui al capo 22) con le predette violazioni omogenee, unificate ex articolo 81 cpv. c.p.. Nel rideterminare la pena complessiva, i Giudici di appello violavano il disposto dell'articolo 78 c.p.. Tale norma pone un limite legale al massimo della pena irrogabile in caso di concorsi di reati, secondo il criterio del cumulo materiale temperato; secondo il dictum delle Sezioni Unite, la riduzione conseguente alla scelta del rito abbreviato deve operarsi dopo che la pena e' stata determinata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene stabilite dall'articolo 71 c.p., e s.s., tra cui vi e' anche la disposizione limitativa del cumulo materiale di cui all'articolo 78 c.p., in forza della quale la pena della reclusione non puo' essere superiore ad anni trenta (cfr. Sez. U. n. 45583 del 25/10/2007, Rv. 237692; e piu' di recente, cfr. Sez. I n. 40280 del 21/05/2013, Rv. 257325), e cio' anche nella ipotesi di applicazione della continuazione tra il reato per cui si procede ed altro reato per il quale sia intervenuta sentenza irrevocabile (Sez. 4, n. 48820 del 19/10/2016, Rv. 268332 01). Nella specie, la Corte territoriale determinava la pena per le violazioni omogenee unificate ex articolo 81 cpv. c.p. in anni trentuno, mesi sette e giorni quindici di reclusione e la riportava nel limite legale di anni trenta ex articolo 78 c.p., applicando, poi, la riduzione per il rito, giungendo alla pena di anni venti; escludeva, pero', erroneamente, dalla verifica del rispetto del limite legale del criterio del cumulo materiale temperato la pena determinata in via autonoma per il reato di cui al capo 22) in anni cinque di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa, poi ridotta per la scelta del rito in anni tre, mesi quattro di reclusione ed Euro 800,00 di multa. In tal modo determinava una pena finale detentiva di anni ventitre' e mesi quattro di reclusione, che solo apparentemente, risulta conforme al disposto dell'articolo 78 c.p., n. 1. Invero, la corretta determinazione della pena detentiva deve effettuarsi nei seguenti termini: alla pena detentiva determinata in anni trentuno, mesi sette e giorni quindici di reclusione per le violazioni omogenee unificate ex articolo 81 cpv. c.p., va sommata quella determinata in via autonoma per il reato di cui al capo 22) in anni cinque di reclusione; la pena detentiva complessiva, quindi, risulta pari ad anni trentasei, mesi sette e giorni quindici di reclusione; tale pena va, poi, ridotta ad anni trenta di reclusione in base al disposto dell'articolo 78 c.p. e, quindi, ad anni venti, per la ulteriore riduzione di 1/3 conseguente alla scelta del rito abbreviato. La sentenza deve essere, pertanto, annullata senza rinvio, limitatamente al trattamento sanzionatorio, nei confronti dell'imputato (OMISSIS), con rideterminazione della pena ai sensi dell'articolo 620 c.p.p., lettera l) in anni venti di reclusione ed Euro 800,00 di multa. 8.5. Il diciottesimo motivo di ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. La Corte territoriale ha evidenziando plurimi elementi fattuali (ruolo apicale del sodalizio criminoso dedito al traffico di sostanze stupefacenti, alta professionalita' nella commissione degli illeciti, vasta rete di contatti attraverso la quale il gruppo criminoso capeggiato dallo (OMISSIS) si assicurava con estrema duttilita' ed elasticita' il reperimento di sempre nuovi canali di riferimento per l'importazione della sostanza stupefacente; direzione del sodalizio criminoso anche a seguito della carcerazione subita dallo (OMISSIS)), dai quali, valutati complessivamente, e' stata coerentemente desunta l'elevata pericolosita' sociale dello (OMISSIS). Rispetto a tale adeguato e logico percorso argomentativo, il ricorrente propone una doglianza meramente contestativa, priva di specifico confronto critico con le diffuse argomentazioni dei Giudici di appello, e, pertanto, inammissibile perche' aspecifica. Trova, infatti, applicazione il consolidato principio di diritto secondo cui, in tema di inammissibilita' del ricorso per cassazione, i motivi devono ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresi' quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008, Rv. 240109; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Rv. 255568; Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Rv. 259425). 8.6. I motivi ottavo, nono, decimo ed undicesimo di (OMISSIS) sono manifestamente infondati. La Corte territoriale ha ritenuto congruo e confermato l'aumento di pena a titolo di continuazione per i reati di cui ai 42) e 51), ritenendolo proporzionato alla gravita' del fatto in ragione della tipologia di sostanza stupefacente (di tipo "pesante") e del consistente quantitativo della stessa; ha, del pari, ritenuto congruo e confermato l'aumento di pena a titolo di continuazione per il reato di cui al capo 41) in considerazione del consistente dato ponderale. I Giudici di appello, con argomentazioni adeguate e non manifestamente illogiche, hanno fatto corretto uso dei criteri di cui all'articolo 133 c.p., ritenuti sufficienti dalla Giurisprudenza di legittimita', per la congrua motivazione in termini di determinazione della pena. Va, a tal proposito, richiamato ancora una volta il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite, secondo il quale, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato piu' grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l'aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, in quanto il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena e' correlato all'entita' degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall'articolo 81 c.p. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Rv. 282269 - 01; Sez. U, n. 7930/94, Rv 201549-01). Manifestamente infondata e' anche la doglianza relativa al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione in relazione al reato di cui al capo 22) dell'imputazione. La Corte territoriale riteneva non sussistente il vincolo della continuazione tra il reato di cui al capo 22) e i reati, in materia di stupefacenti, contestati ad (OMISSIS), rimarcando che il reato in questione (tentativo di recuperare il credito maturato nei confronti del coimputato (OMISSIS)) non potevano costituire sviluppo, deliberato e prevedibile, della piu' ampia attivita' di cessione di stupefacenti, risultando imprevedibile l'evento presupposto che ne era a monte; tale reato, quindi, non poteva far parte dell'iniziale programma criminoso volto alla costituzione di un sodalizio criminoso avente ad oggetto il traffico di rilevanti quantitativi di sostanze stupefacenti. Da tali considerazioni in fatto, con congrue e logiche argomentazioni, insindacabili in sede di legittimita', e' stata tratta la conseguenza che non emergeva l'identita' del disegno criminoso e, quindi, non poteva riconoscersi l'esistenza del vincolo della continuazione tra i reati in questione. La motivazione e' conforme al principio di diritto gia' esposto al paragrafo 7.2., con riferimento al settimo motivo di (OMISSIS) relativo ad analoga questione, principio che qui va richiamato per evitare inutili ripetizioni. 8.7. Il diciannovesimo motivo di (OMISSIS) ed il dodicesimo motivo di ricorso di (OMISSIS), che si trattano congiuntamente perche' oggettivamente connessi, sono inammissibili. Va ricordato che, ai fini dell'applicazione della misura di sicurezza dell'espulsione dello straniero Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 86 per la avvenuta commissione di reati in materia di stupefacenti, e' necessario non solo il previo accertamento della sussistenza in concreto della pericolosita' sociale del condannato, in conformita' all'articolo 8 CEDU in relazione all'articolo 117 Cost., ma anche l'esame comparativo della condizione familiare dell'imputato, ove ritualmente prospettata, con gli altri criteri di valutazione indicati dall'articolo 133 c.p., in una prospettiva di bilanciamento tra interesse generale alla sicurezza sociale ed interesse del singolo alla vita familiare (Sez. 4, n. 52137 del 17/10/2017, Rv. 271257). Corollario di tale principio (ribadito da ultimo da Sez. 4, n. 9697 del 01/12/2021, dep. 2022) e' che, quant'anche l'ordinamento non sia insensibile alla salvaguardia del nucleo familiare sul territorio nazionale dell'imputato astrattamente destinatario di provvedimento di espulsione, non e' sufficiente tuttavia ad impedire l'allontanamento dallo Stato l'esistenza di un coniuge italiano, nell'assenza di qualsivoglia informazione fattuale ulteriore (la cui introduzione e' onere della parte interessata, cfr. Sez. 4, n. 50379 del 25/11/2014, e da Sez. 4, n. 52317 del 17/10/2017, cit.). Nella specie, i ricorrenti non propongono specifiche deduzioni sulla effettiva stabilita' e composizione del nucleo familiare e sulle probabili conseguenze della espulsione, e sotto questo profilo il ricorso si presenta generico, assertivo e privo di qualsiasi elemento che possa consentire una valutazione, in termini comparativi, delle esigenze familiari, meramente enunciate, ferma restando la acclarata condizione di rilevantissima pericolosita' sociale dell'istante valutata dalla Corte territoriale con diffuse argomentazioni (sez.5, n. 1953 del 29/11/2018, Neagu, Rv.274439; sez.3, n. 30289 del 20/04/2021, Gega, Rv. 281921). 8.8. Il secondo motivo di (OMISSIS) e' manifestamente infondato. La Corte territoriale ha ritenuto congruo e confermato l'aumento di pena a titolo di continuazione per i reati- satellite ritenendolo proporzionato alla gravita' dei fatti in ragione della gravita' del contesto in cui i reati si erano realizzati, come desumibile da una reiterata attivita' di spaccio di sostanza stupefacente di tipo pesante su scala organizzata e dalla personalita' negativa dell'imputato dimostrata dalle modalita' dell'azione che lo vedevano sovente al centro delle attivita' illecite del gruppo criminoso; ha, poi, precisato, quanto all'aumento disposto a titolo di continuazione con il reato di cui al capo 38), che esso era congruo in considerazione dell'eccezionale quantitativo di sostanza stupefacente detenuto. La motivazione e' congrua e non manifestamente illogica ed il linea con il principio di diritto di cui alla sentenza (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Rv. 282269 - 01), in precedenza esposto e si sottrae, quindi, al sindacato di legittimita'. Ne' coglie nel segno la doglianza che gli aumenti di pena sarebbero irragionevoli perche' di identica misura a quelli disposti per i medesimi capi di imputazione al coimputato (OMISSIS), ritenuto capo ed organizzatore del sodalizio. Va ricordato che, questa Corte ha affermato, in tema di ricorso per cassazione, che non puo' essere considerato come indice del vizio di motivazione il diverso trattamento sanzionatorio riservato nel medesimo procedimento ai coimputati, anche se correi, salvo che il giudizio di merito sul diverso trattamento del caso, che si prospetta come identico, sia sostenuto da asserzioni irragionevoli o paradossali (Sez. 3, n. 27115 del 19/02/2015, Rv. 264020 - 01), ipotesi che qui non ricorre, avendo la Corte territoriale argomentato congruamente in ordine alle ragioni giustificatrici dell'aumento di pena richiamando non solo la gravita' del contesto criminoso in cui avvenivano i fatti ma anche specifici profili soggettivi attinenti alle modalita' della condotta ed alla personalita' dell'imputato. 9. Il ricorso del Procuratore generale della Repubblica presso il Tribunale di Brescia e' fondato. Osserva il Collegio che l'articolo 105 c.p. contempla una figura di pericolosita' qualificata, quella del delinquente professionale, che si configura come una forma speciale di abitualita' criminosa caratterizzata dal proposito di vivere dei proventi del reato. Cio' comporta che, ricorrendo i presupposti stabiliti da tale disposizione, il reo viene sottoposto non solo alla pena prevista per i reati commessi ma anche allo strumento deputato specificamente a perseguire la finalita' special-preventiva e cioe' la misura di sicurezza. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ai fini della declaratoria di professionalita' nel reato, il soggetto deve trovarsi nelle condizioni richieste per la dichiarazione di abitualita' e deve avere riportato la condanna per un altro reato. A tale ultimo riguardo va puntualizzato che non occorre che l'imputato commetta un altro reato oltre a quelli gia' richiesti per la dichiarazione di abitualita'. Ed invero i precedenti sono quelli stabiliti dall'articolo 102 c.p. (abitualita' presunta dalla legge) e articolo 103 c.p. (abitualita' ritenuta dal giudice) mentre l'altro successivo reato e' quello che potra' discrezionalmente condurre alla dichiarazione di abitualita' o di professionalita'. A tale conclusione si perviene sia sulla base del dato testuale dell'articolo 105 c.p. ove non si fa riferimento a condanne aggiuntive, limitandosi a richiamare le medesime condizioni per la dichiarazione di abitualita', che alla stregua di un'interpretazione esegetica dell'istituto tesa evidentemente a valorizzare aspetti criminologici qualitativi e non solo meramente quantitativi. L'ulteriore presupposto imprescindibile e' rappresentato dall'accertamento giudiziale che il reo "viva abitualmente, anche in parte soltanto, dei proventi del reato" (Sez. 4, n. 13463 del 05/11/2019, dep. 30/04/2020, Rv. 278919 - 01; Sez. 1, n. 23194 del 2022, non massimata; Sez. 2, n. 43650 del 2021, non massimata; Sez. 2, n. 33612 del 2020, non massimata). Inoltre, la professionalita' nel reato non puo' essere presunta sulla base delle condanne anteriori, ma e' una qualifica che si attribuisce solo ove risulti dimostrato che il delinquente abituale tragga fonte di guadagno pressoche' costante dalla reiterazione delle sue azioni criminose. La ratio di tale forma di pericolosita' qualificata va infatti ravvisata nel "sistema di vita" e, quindi, nella maggiore pericolosita' ed allarme sociale che suscita questa particolare categoria di soggetti (Sez. 5, n. 13933 del 24/09/1986, Rv. 174558; Sez. 2, n. 2483 del 15/12/1969 - dep. 1970 - Rv. 114612). Nella specie, la Corte territoriale, accogliendo il relativo motivo di appello di (OMISSIS), ha ritenuto la declaratoria di professionalita' non conforme al disposto dell'articolo 102 c.p., cosi' riqualificandone il presupposto applicativo. Va osservato (cfr. Sez. 2, n. 6344 del 16/01/1974, Rv. 128045 - 01) che in tema di abitualita' nel reato presunta dalla legge, secondo il dettato dell'articolo 102 c.p. i decenni da prendersi in considerazione sono due: nel primo l'imputato deve aver commesso tre o piu' delitti non colposi della stessa indole, non contestualmente e riportato condanna ad oltre cinque anni di reclusione; nel secondo, con inizio dalla data dell'ultimo dei precedenti delitti, deve aver commesso altro delitto colposo della stessa indole per il quale abbia riportato condanna. Il computo dei precedenti penali non va fatto quindi a ritroso, ma in avanti, dopo essersi accertata la sussistenza, nel primo decennio, della prima condizione (cioe' la condanna ad oltre cinque anni di reclusione per tre o piu' delitti non colposi della stessa indole, commessi non contestualmente). La Corte territoriale ha ritenuto non sussistente il presupposto temporale del secondo decennio, rimarcando che l'ultimo precedente era stato commesso dal (OMISSIS) in data 10.11.2004 e, quindi, i fatti per cui si procede (commessi tra il maggio ed il luglio 2018) si porrebbero oltre il limite del secondo decennio previsto dalla norma con inizio dalla data dell'ultimo dei precedenti delitti. Tale affermazione e' erronea, in quanto non tiene conto del disposto dell'articolo 102 c.p., comma 2, secondo cui "Nei dieci anni indicati nella disposizione precedente non si computa il tempo in cui il condannato ha scontato pene detentive o e' stato sottoposto a misure di sicurezze detentive". Tale disposizione trova applicazione nella specie, atteso che, come evincibile dal certificato del casellario giudiziale in atti e prodotto anche dal ricorrente, il (OMISSIS) si era trovato a scontare pene detentive nel periodo dal 10/11/2004 al 29/02/2016, circostanza che non e' stata considerata dalla Corte di appello. La sentenza, pertanto, in accoglimento del ricorso del Procuratore generale della Repubblica presso il Tribunale di Brescia, va annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia limitatamente alla disposta revoca della declaratoria di delinquenza professionale nei confronti di (OMISSIS). 10. In definitiva, all'esito dell'esame dei ricorsi, deve cosi' statuirsi: la sentenza impugnata va annullata con rinvio limitatamente al punto concernente la revoca della dichiarazione di delinquenza professionale nei confronti di (OMISSIS); la sentenza impugnata va annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al punto concernente il trattamento sanzionatorio con rideterminazione della pena al medesimo inflitta in anni venti di reclusione ed Euro 800,00 di multa, con rigetto del ricorso nel resto (il ricorrente non deve essere condannato al pagamento delle spese processuali, stante il parziale annullamento della sentenza impugnata); vanno rigettati i ricorsi (OMISSIS) e (OMISSIS), nel complesso infondati, con condanna dei ricorrenti, in base al disposto dell'articolo 616 c.p.p. al pagamento delle spese processuali; vanno dichiarati inammissibili i ricorsi (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (alias (OMISSIS)), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), e, conseguentemente, in base al disposto dell'articolo 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita' (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), i predetti vanno condannati al pagamento delle spese del procedimento e della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente la revoca della dichiarazione di delinquenza professionale nei confronti di (OMISSIS) e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al punto concernente il trattamento sanzionatorio e ridetermina la pena al medesimo inflitta in anni venti di reclusione ed Euro 800,00 di multa. Rigetta nel resto il ricorso di (OMISSIS). Dichiara inammissibili i ricorsi (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (alias (OMISSIS)), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Rigetta i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSI Elisabetta - Presidente Dott. PELLEGRINO Andre - rel. Consigliere Dott. FLORIT Francesco - Consigliere Dott. MINUTILLO T. Marzia - Consigliere Dott. CERSOSIMO Emanuele - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS) rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 4. (OMISSIS), nato in (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 5. (OMISSIS), nata a (OMISSIS), rappresentata ed assistita dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 6. (OMISSIS), nato ad (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS) e dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 7. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 8. (OMISSIS), nato a (OMISSIS) rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 9. (OMISSIS), nato ad (OMISSIS) rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS) e dall'avv. Raffaele (OMISSIS), di fiducia; 10. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 11. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 12. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS) e dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 13. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 14. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 15. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 16. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 17. (OMISSIS), nato ad (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; avverso la sentenza n. 2761/22 in data 26/01/2022 della Corte di appello di Venezia, seconda sezione penale; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; preso atto che e' stata ritualmente richiesta da talune delle parti la discussione orale ai sensi dell'articolo 611 c.p.p., comma 1-bis, Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato da ultimo in forza del Decreto Legge 31 ottobre 2022, n. 162, articolo 5-duodecies, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199, ed i ricorrenti sono stati ammessi alla richiesta trattazione orale in presenza; lette le memorie difensive nell'interesse di (OMISSIS) in data 16/03/2023, nell'interesse di (OMISSIS) in data 05/04/2023, nell'interesse di (OMISSIS) in data 11/04/2023 e nell'interesse di (OMISSIS) in data 11/04/2023; letti i motivi aggiunti di (OMISSIS) in data 05/04/2023; udita la relazione svolta dal consigliere Dr. Andrea Pellegrino; udita la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale, Dr. Pedicini Ettore, ha cosi' concluso: disporsi annullamento senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) per morte del reo; accogliersi il ricorso di (OMISSIS) limitatamente al secondo motivo relativo al trattamento sanzionatorio con conseguente annullamento con rinvio e declaratoria di inammissibilita' nel resto; accogliersi il ricorso di (OMISSIS) limitatamente al quinto motivo relativo al trattamento sanzionatorio con conseguente annullamento con rinvio e declaratoria di inammissibilita' nel resto; dichiararsi l'inammissibilita' dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); udita la discussione delle parti civili e segnatamente: dell'avv. (OMISSIS), dell'Avvocatura Generale dello Stato, per conto di Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell'Interno, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi, la conferma delle statuizioni civili e la condanna alla rifusione delle spese; dell'avv. (OMISSIS), comparso in sostituzione dell'avv. (OMISSIS) per conto di Libera, Associazioni, Nomi e Numeri contro le Mafie APS, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibili o di rigettare i ricorsi degli imputati, con condanna alle statuizioni civili irrogate nei precedenti gradi di giudizio e la rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel complessivo importo di Euro 5.065,60, oltre accessori di legge; dell'avv. (OMISSIS) per conto di Confederazione Generale Italiana del Lavoro-CGIL Venezia e di Confederazione Generale Italiana del Lavoro-CGIL Veneto, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi degli imputati, con condanna degli stessi al pagamento delle spese sostenute nel grado da liquidarsi a favore di ciascuna parte civile rappresentata nell'importo di Euro 3.686,00 oltre accessori di legge; dell'avv. (OMISSIS) per conto di (OMISSIS), che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibili o di rigettare i ricorsi degli imputati, con condanna alle spese rimesse alla valutazione equitativa della Suprema Corte; udita la discussione delle difese dei ricorrenti, e segnatamente: dell'avv. (OMISSIS) e dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), dell'avv. (OMISSIS), presente anche in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); dell'avv. (OMISSIS) e dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); dell'avv. (OMISSIS), in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) ed anche in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e di (OMISSIS); dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e di (OMISSIS), che si sono riportati ai rispettivi motivi di ricorso chiedendone l'accoglimento. RITENUTO IN FATTO 1. Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Venezia, con sentenza in data 11/11/2020, resa all'esito di giudizio abbreviato, dichiarava: - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riqualificata la condotta di cui al capo A1) come mera partecipazione, disapplicata la recidiva e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni dodici di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle aggravanti contestate, disapplicata la recidiva e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni tre, mesi otto di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza alle aggravanti contestate e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni sei e mesi otto di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza alle aggravanti contestate e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni otto e mesi sei di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti, esclusa quanto al capo F1, l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza alle aggravanti contestate e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni dieci di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza alle aggravanti contestate e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni nove di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle aggravanti contestate, lo condannava alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti ai capi A1, D4, E2, E12, F3 e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle aggravanti contestate, disapplicata la recidiva e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni sei e mesi sei di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti ai capi A1, D3, D5, E7, E9, E13, G1, G2, G3, G4, G5, G6, G7, G8, G9, G10 e, riconosciuta l'attenuante speciale di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., comma 3, e le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti contestate, ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni cinque e mesi dieci di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni sei, mesi sei di reclusione ed Euro 25.000 di multa; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza alle aggravanti contestate e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni otto e mesi sei di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle aggravanti contestate e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni cinque di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle aggravanti contestate e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni tre, mesi tre di reclusione; - (OMISSIS), responsabile del reato a lei ascritto limitatamente alle condotte del 2009 e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, la condannava alla pena di mesi otto di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle aggravanti contestate e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni quattro e mesi otto di reclusione; - (OMISSIS), responsabile del reato a lui ascritto e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di anni quattro, mesi otto di reclusione ed Euro 4.000 di multa; - (OMISSIS), responsabile del reato a lui ascritto di cui all'articolo 628 c.p. e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di anni tre di reclusione ed Euro 1.500 di multa. 2. Con sentenza in data 26/01/2022, l'adita Corte d'appello di Venezia cosi' disponeva: - ritenuta la condotta contestata ad (OMISSIS) nel capo A1 cessata prima del maggio 2015, riduceva la pena ad anni cinque e mesi due di reclusione; - assolveva (OMISSIS) dal capo A1 per non aver commesso il fatto e rideterminava la pena in anni due, mesi due, giorni venti di reclusione ed Euro 1.600 di multa; - esclusa l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., dichiarava non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) in ordine al reato ascrittole perche' estinto per prescrizione; -riduceva la pena nei confronti di (OMISSIS) in anni quattro, mesi cinque e giorni dieci di reclusione; - ritenuti assorbiti i fatti contestati al capo G5 in quelli contestati al capo G2, riduceva la pena nei confronti di (OMISSIS) in anni cinque e mesi otto di reclusione; - riduceva la pena nei confronti di (OMISSIS) in anni tre, mesi uno e giorni dieci di reclusione. Confermava nel resto. 3. Avverso la predetta sentenza d'appello, nell'interesse di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sono stati proposti ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p.. 4. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: A1) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. B3) articoli 81 e 697 c.p., L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7, articolo 416-bis.1 c.p.; G8) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, nn. 1 e 2, articolo 219, comma 1 e comma 2, n. 1, articolo 223, comma 1, articolo 416-bis.1 c.p.. G9) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 219, comma 1 e comma 2, n. 1, articolo 223 c.p., comma 1, 416-bis. 1 G13) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 217, comma 1, n. 3, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, articolo 223, commi 1 e 2, articolo 416-bis.1 c.p.. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: carente o illogica motivazione per erronea valorizzazione ai fini dell'aggravante mafiosa di elementi probatori e per mancata valorizzazione di altri e ben piu' numerosi elementi probatori indicati in appello. Non vi e' alcuna intercettazione in cui l'imputato spenda l'appartenenza al clan mafioso, e il fatto di fare da prestanome con un ruolo riconosciuto di mero esecutore di attivita' per se' stesse non mafiose, lo rende al piu' partecipe di un reato associativo semplice. La consapevolezza di essere un prestanome non integra consapevolezza, automaticamente, di far parte di un'associazione asseritamente mafiosa, posto che per la commissione del reato il (OMISSIS) si e' limitato a far gestire da altri le societa', ma in questa (pur illecita) condotta, egli non ha mai utilizzato, ne' per commetterla, ne' per rafforzarla, l'ascendente mafioso ne' tantomeno condotto ad un'omerta' derivante dal timore. Mancano, pertanto, i tre elementi fondamentali: la forza d'intimidazione del vincolo associativo, la condizione di assoggettamento e la condizione di omerta'. La mafiosita' non ha in alcun modo alterato o rafforzato, ne' agevolato la mera interposizione fittizia nella copertura di cariche sociali; inoltre, (OMISSIS) non ha mai partecipato ad azioni intimidatorie o ad estorsioni, essendo stato inizialmente egli stesso vittima di usura. Le intercettazioni non lo vedono mai implicato in episodi di tal sorta e, anzi, dimostrano che non era lui la persona di fiducia del (OMISSIS). Una sola volta, quest'ultimo riferisce di "mandare (OMISSIS) che non sa cosa dire", ma (OMISSIS) non era presente e non si sa nemmeno a cosa ci si riferisse, perche' mai alcun episodio concreto lo ha visto partecipe. Il (OMISSIS) non veniva incaricato di azioni violente, per le quali erano preposti principalmente (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e mai egli prese parte ad intimidazioni. Il (OMISSIS) non ha mai preso parte ad attivita' che non fossero limitate alla mera intestazione di societa', attivita' che ha ammesso e che ha svolto senza mai avvalersi della forza di intimidazione di un sodalizio criminoso. Non vi e' una sola intercettazione dove qualcuno parli di (OMISSIS) come uomo di fiducia e tuttofare di (OMISSIS), mentre ve ne sono decine in cui tale ruolo viene attribuito (e se lo attribuiscono loro stessi) a (OMISSIS) e (OMISSIS). (OMISSIS) mai si interfaccia con (OMISSIS), anzi, l'unica volta che (OMISSIS) lo chiama suggerendo come comportarsi con una societa' (la (OMISSIS) s.r.l.), (OMISSIS) dice che faranno come dice lui perche' la societa' e' sua e deve prendere i soldi dei fallimenti. Mai (OMISSIS) ha espresso parole di lode su (OMISSIS), mentre su (OMISSIS) ha sempre detto essere lui il suo braccio destro. Secondo motivo: erronea applicazione della legge penale e segnatamente dell'articolo 416-bis c.p.. Mai il (OMISSIS) spende il nome di un clan mafioso per agevolare o compiere la condotta, ne' fa leva su tale ascendente per fomentare omerta' (inesistente) e mai nelle intercettazioni egli utilizza un gergo mafioso. Terzo motivo: vizio di motivazione in merito al diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Le attenuanti generiche sono negate ritenendosi il (OMISSIS) soggetto permanentemente a disposizione di (OMISSIS) e dal medesimo incaricato delle intimidazioni. Il riferimento all'episodio della "(OMISSIS)" e' del tutto errato, in quanto l' (OMISSIS) coinvolto non era il (OMISSIS), bensi' il (OMISSIS). In realta', negli episodi di violenza e nelle intimidazioni non si riscontra mai la presenza del ricorrente che e' il soggetto con minor trasversalita' di condotta, essendosi limitato, come detto, alla sola intestazione di societa'. La Corte territoriale avrebbe dovuto, a parita' di condizioni, riconoscere anche al (OMISSIS) (come avvenuto per gli altri coimputati) le attenuanti generiche. 5. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: Al) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. G9) articoli 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, articolo 216 c.p., comma 1, n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, articolo 223, comma 1, e articolo 416-bis.1 c.p.. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: erronea applicazione di legge in relazione all'articolo 416-bis c.p. e vizio di motivazione. La Corte territoriale omette di motivare in ordine alla concreta condotta associativa posta in essere dal ricorrente. Secondo motivo: violazione di legge in merito alla ritenuta ricorrenza dell'aggravante del "metodo mafioso", per la cui configurabilita' occorre una condotta specificamente evocativa di forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo: in tal senso la sentenza impugnata e' anche priva di motivazione. 6. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: A1) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. B11) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 2, L. n. 895 del 1967, articoli 1 e 4, articolo 416-bis.1 c.p. (assolto in primo grado per non aver commesso il fatto). C1) articoli 512-bis e 416-bis. 1 c.p. (assolto in primo grado per non aver commesso il fatto); D3) articoli 81 c.p. cpv., articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 1, 644, commi 1 e 5 n. 1, 2, 3 e 4, articolo 416-bis.1 c.p.. E7) articoli 56 e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis.1 c.p.. E9) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis.1 c.p.. E13) articolo 61 c.p., n. 2, articoli 81 e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 416-bis.1 c.p.. G1) articolo 416 c.p.. G2) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, articolo 223, commi 1 e 2, articolo 416-bis.1 c.p.. G3) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, articolo 223, commi 1 e 2 e articolo 416-bis.1 c.p.. G4) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, articolo 223 commi 1 e 2, n. 1, articolo 416-bis.1 c.p.. G5) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, articolo 223, comma 1, articolo 416-bis.1 c.p. (in appello, il capo G5 veniva ritenuto assorbito nel capo G2); G6) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, articolo 223 comma 1 e articolo 416-bis.1 c.p.. G7) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, articolo 223, commi 1 e 2, n. 1 e articolo 416-bis.1 c.p.. G8) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, articolo 223, comma 1 e articolo 416-bis.1 c.p.. G9) articolo 110, articolo 112 c.p., n. 1 e 2, articolo 216 c.p., comma 1, n. 1 e 2, articolo 219 c.p., commi 1 e 2, n. 1, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 223, comma 1, articolo 416-bis.1 c.p.. G10) articolo 110, articolo 112 c.p., n. 1 e 2, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 223, comma 1 e articolo 416-bis.1 c.p.. H2) articoli 55, 81 e 110 c.p., articolo 648-bis c.p., comma 1, articolo 416-bis.1 c.p. (assolto in primo grado per non aver commesso il fatto). Lamenta il ricorrente quanto segue. Motivo unico: inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in particolare degli articoli 110 e 629 c.p.; mancanza, contraddittorieta' e/o manifesta illogicita' di motivazione in ordine alla sussistenza del contributo causale del ricorrente nel reato di cui al capo E7, con travisamento della prova sul punto. I giudici di merito hanno ritenuto ascrivibile all'imputato il reato contestatogli nonostante quest'ultimo non abbia assistito alla telefonata dai toni minacciosi del (OMISSIS) tra (OMISSIS) e (OMISSIS), ne' l'abbia approvata, ne' abbia avuto un ruolo attivo nell'incontro del (OMISSIS). Come e' noto, ai fini della configurabilita' di un concorso di persone nel reato, occorrono: una pluralita' di agenti, una realizzazione in chiave plurisoggettiva di un fatto materiale di reato, un contributo causale da parte di ciascun concorrente alla realizzazione della fattispecie di reato e l'elemento soggettivo tipico da parte di ciascun concorrente. Nella fattispecie, lo (OMISSIS) non ha contribuito in alcun modo a rafforzare il proposito criminale del (OMISSIS), ne' ad agevolarne l'esecuzione. Pur mancando da parte del ricorrente un'esplicita dissociazione a parole, e' tuttavia vero che la mera "risata" registrata non puo' fungere da rafforzamento di un altrui proposito criminoso. Seguendo il ragionamento della Corte territoriale, si finisce inevitabilmente per attribuire allo (OMISSIS) una "responsabilita' di posizione" in quanto asseritamente dirigente del sodalizio e, come tale, necessariamente a conoscenza del modus operandi del (OMISSIS). In realta', sarebbe stato invece necessario valutare ed adeguatamente motivare su quale fosse stato in ipotesi l'effettivo contributo causale del ricorrente rispetto al reato fine. Allo stesso modo non si puo' attribuire al ricorrente alcuna responsabilita' per il reato in quanto socio della (OMISSIS) s.a.s., creditrice della (OMISSIS) e pertanto interessata al recupero del credito. Sul punto v'e' carenza ed illogicita' della motivazione, avendo le risultanze probatorie confermato il ruolo marginale dello (OMISSIS) sia all'interno della societa', ma soprattutto all'incontro del (OMISSIS), cui prese parte per pochi minuti, senza contribuire alla condotta estorsiva. Dalle stesse dichiarazioni della persona offesa, non emerge alcuna condotta violenta o minacciosa ai danni della stessa. In ogni caso, quand'anche la valutazione della Corte territoriale venisse ritenuta immune da vizi logico-giuridici in ordine alla sussistenza del reato di estorsione, la stessa non precisa quale sia stato l'effettivo contributo causale del ricorrente ai sensi dell'articolo 110 c.p., precisandosi che, affinche' la mera presenza integri un concorso nel reato, e' indispensabile che si palesi in una chiara adesione alla condotta dell'autore materiale e che questi ne abbia tratto motivo di rafforzamento, stimolo o maggiore senso di sicurezza. Concludendo, sussiste una manifesta violazione degli articoli 110 e 649 c.p. oltre che del principio di personalita' della responsabilita' penale, laddove di fatto si attribuisce al ricorrente una responsabilita' in quanto a conoscenza del "metodo (OMISSIS)"; altresi', si concreta una manifesta illogicita' della motivazione per la mancanza di un elemento esplicativo suffragato da risultanze probatorie che espliciti l'effettivo contributo causale dello (OMISSIS) in termini rafforzativi, di adesione o rafforzamento dell'altrui proposito criminoso. 7. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: F3) articolo 56 c.p., articolo 61 c.p., n. 5, 11 e 11-quinquies, articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 605, articolo 628, commi 1 e 3, n. 1, commi 3 e 3-bis, articolo 416-bis.1 c.p. (assolto in primo grado dal reato di cui agli articoli 56 e 605 c.p. per non aver commesso il fatto) F4) articolo 61 c.p., n. 2, articoli 81 e 110, articolo 112 c.p., comma 1, n. 1 e 2, L. n. 497 del 1974, articoli 10 e 12, L. n. 110 del 1975, articolo 23, commi 3 e 4, articolo 416-bis.1 c.p.. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 61 c.p., n. 5 (minorata difesa). L'aggravante de qua deve essere esclusa in applicazione del principio affermato dalla Suprema Corte (Sez. U, n. 40275/2021), secondo cui, in caso di commissione del reato in tempo di notte, ai fini dell'integrazione dell'aggravante della minorata difesa, e' sempre necessario che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto. Secondo motivo: inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 61 c.p., n. 11-quinquies (presenza di minore). L'aggravante in parola non sussiste, giacche' la concreta presenza di minore non e' stata accertata; la predisposizione di forze di polizia a presidio dell'abitazione del (OMISSIS) ha escluso qualunque possibilita' di percezione del pericolo da parte del minore. Terzo motivo: inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 416-bis.1 c.p. (delitto commesso al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni previste dall'articolo 416-bis c.p.). Il ricorrente non ha agito con la finalita' di favorire il sodalizio, cui non solo non appartiene, ma che neppure conosce, ne' e' in grado di conoscere in base a generiche affermazioni, prove di riscontri fattuali. Quarto motivo: inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 628 c.p., comma 3, n. 3 (violenza o minaccia posta in essere da persona che fa parte dell'associazione di cui all'articolo 416-bis c.p.). Essendo il ricorrente estraneo e non conoscendo affatto l'associazione criminosa facente capo a (OMISSIS), e' irragionevole ed errato desumere da semplici dichiarazioni di quest'ultimo, prive di riscontri oggettivi, la conoscenza, da parte del ricorrente, dell'appartenenza ad un'associazione mafiosa di uno dei correi. Quinto motivo: inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 62-bis c.p., articolo 65 c.p., n. 3. La riduzione di pena per le attenuanti generiche e' stata operata in misura inferiore ad un terzo: si ritiene che l'attenuazione della gravita' delle contestazioni e la valutazione della generale condotta del ricorrente giustifichi una riduzione pari ad un terzo. Sesto motivo: inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 43 c.p., L. n. 110 del 1975, articolo 23, L. n. 895 del 1967, articoli 2, 4 e 7 (elemento oggettivo e soggettivo del reato; concorso tra i delitti di detenzione e porto illegale in luogo pubblico o aperto al pubblico di arma comune da sparo e di detenzione e porto in luogo pubblico a aperto al pubblico della stessa arma clandestina: capo F4). Si ritiene che al ricorrente non possa essere contestata la partecipazione a titolo di concorso morale perche' assolutamente ignaro della disponibilita' di armi in capo ai correi. Sulla base della perizia in atti, deve essere escluso il carattere clandestino dell'arma rinvenuta, perche' non alterata, ma semplicemente vetusta. Si ritiene, inoltre, che non possa essere contestato il concorso di reati, in virtu' del principio di specialita'. Settimo motivo: inosservanza degli articoli 163 e 164 c.p. (sospensione condizionale della pena). Con l'esclusione delle aggravanti e dei reati di cui ai superiori motivi, considerata la corretta condotta processuale ed extraprocessuale, l'assenza di precedenti penali, il carattere marginale della sua partecipazione, e' ragionevole ritenere che il ricorrente si asterra' dal commettere reati. 8. Ricorso di (OMISSIS). La ricorrente e' imputata del capo: A11) articolo 81 cpv. c.p., articolo 378, commi 1 e 2, articolo 416-bis.1 c.p. (in appello, esclusa l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., nei confronti dell'imputata veniva pronunciata sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione). Lamenta la ricorrente quanto segue. Primo motivo: inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p. con riferimento all'episodio (OMISSIS). La prova della condotta illecita asseritamente tenuta dall'avv. (OMISSIS) e' costituita dalle dichiarazioni del coimputato (OMISSIS). La telefonata intercettata puo' al piu' fornire riscontro dell'avvenuto colloquio tra la (OMISSIS) ed il (OMISSIS), ma mai potra' essere considerata riscontro, per di piu' individualizzante, al riferito contenuto dell'incontro. Se le dichiarazioni dello (OMISSIS) non sono corroborate da riscontri esterni, non assurgono a rango di prova, con la conseguenza che mancherebbe ogni prova in ordine alla circostanza che la (OMISSIS) avrebbe riferito qualcosa al (OMISSIS) nel corso dell'incontro del (OMISSIS). Secondo motivo: inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 2, con riferimento ad entrambi gli episodi ( (OMISSIS) e (OMISSIS)). La notizia fornita, in entrambi gli episodi, dall'avv. (OMISSIS) al (OMISSIS) non e' e non potra' mai essere considerata un "elemento d'indagine" perche' e' semplicemente il racconto di quanto gli arrestati hanno ritenuto di comunicare al proprio difensore. 9. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato del capo: A4) articolo 110 c.p., articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all'articolo 416-bis c.p., commi 1 e 3 e articolo 192 c.p.p., mancanza, contraddittorieta' ed illogicita' della motivazione in relazione all'articolo 125 c.p.p., comma 2, e all'articolo 111 Cost.. Manca in sentenza l'indicazione su quando si sarebbe configurata l'esteriorizzazione della capacita' d'intimidazione dell'associazione. Tutti gli episodi e i dialoghi menzionati in sentenza sono nettamente posteriori al periodo (seconda meta' 2006-inizio 2007) nel quale il (OMISSIS) avrebbe posto in essere le condotte concretanti il ritenuto concorso esterno. In altre parole, la sentenza d'appello e' il frutto di un'erronea applicazione dell'articolo 416-bis c.p. sotto il profilo della necessaria sussistenza dei requisiti idonei a configurare la fattispecie di reato associativo contestata, quantomeno con riguardo al periodo temporale in cui il sodalizio mafioso avrebbe ricevuto il contributo esterno del (OMISSIS); la sentenza e', in ogni caso, totalmente carente di motivazione in proposito, confondendo la disamina delle condotte del (OMISSIS) ai fini della sussistenza del concorso esterno con la valutazione preliminare di esistenza e concretizzazione del sodalizio mafioso, ed essendo viziata da una lettura che ha la pretesa di essere "olistica", ma svaluta ed ignora il profilo diacronico, pretendendo di retrodatare l'esteriorizzazione del sodalizio mafioso attingendo a circostanze di fatto riferibili ad anni ben successivi a quelli che riguardano il (OMISSIS). Secondo motivo: inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all'articolo 110 c.p. e articolo 416-bis c.p., commi 1 e 3 e articolo 192 c.p.p., mancanza, contraddittorieta' ed illogicita' della motivazione in relazione all'articolo 125 c.p.p., comma 2, e all'articolo 111 Cost.. Nella sentenza impugnata manca qualsivoglia riferimento al concreto, specifico, consapevole e volontario contributo che, valutato ex post, riveli un'effettiva incidenza causale sulla conservazione, agevolazione o sul rafforzamento delle capacita' operative dell'associazione o di un suo particolare settore, ramo o articolazione territoriale, presupposto necessario ai fini della configurazione del reato contestato. Come evidenziato dalle sezioni unite (sent. n. 33748 del 12/07/2005, Mannino), non basta la mera disponibilita' o vicinanza del politico al sodalizio, ne' la serieta' e concretezza degli impegni presi dal politico a favore dell'associazione mafiosa. Invero, e' configurabile il concorso esterno nel reato di associazione mafiosa nell'ipotesi di scambio elettorale politico mafioso, in forza del quale il personaggio politico, a fronte del richiesto appoggio dell'associazione nella competizione elettorale si impegna ad attivarsi una volta eletto a favore del sodalizio criminale a condizione che: a) gli impegni assunti dal politico per l'affidabilita' dei protagonisti dell'accordo, per i caratteri strutturali dell'associazione, per il contesto di riferimento e per la specificita' dei contenuti, abbiano il carattere della serieta' e della concretezza; b) all'esito della verifica probatoria ex post della loro efficacia causale, risulti accertata sulla base di massime di esperienza dotate di empirica plausibilita' che gli impegni assunti dal politico abbiano inciso effettivamente e significativamente di per se' sulla conservazione o sul rafforzamento delle capacita' operative dell'intera organizzazione. Peraltro, laddove risulti indimostrata ex post l'efficienza causale dell'impegno e della promessa di aiuto del politico sul piano oggettivo del potenziamento della struttura organizzativa dell'ente, non e' consentito - come avvenuto nella fattispecie - convertire surrettiziamente la fattispecie di concorso materiale oggetto di imputazione in una sorta di apodittico ed empiricamente inafferrabile contributo al rafforzamento dell'associazione mafiosa in chiave psicologica, nel senso che in virtu' del sostegno del politico risulterebbero quindi automaticamente sia all'esterno aumentato il credito del sodalizio nel contesto ambientale di riferimento che all'interno rafforzati il senso di superiorita' ed il prestigio dei capi e la fiducia di sicura impunita' dei partecipi. Nella fattispecie, si sarebbe dovuto dimostrare - ma cio' non e' avvenuto - che il sodalizio nel 2006, periodo della campagna elettorale di (OMISSIS), versasse in una condizione di "emergenza", che (OMISSIS) ne fosse stato consapevole, che solo grazie al suo contributo "infungibile" l'associazione abbia potuto mantenersi in vita. Terzo motivo: inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all'articolo 110 c.p. e articolo 416-bis c.p., commi 1 e 3, mancanza, contraddittorieta' ed illogicita' della motivazione in relazione all'articolo 125 c.p.p., comma 2, e all'articolo 111 Cost. in riferimento alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo; mancata assunzione di prova decisiva consistente nell'esame del teste (OMISSIS), creditore della (OMISSIS) s.r.l. che per primo aveva sollecitato l'intervento del (OMISSIS) nella vicenda. La punibilita' il dolo diretto avrebbe richiesto il rigoroso accertamento che il (OMISSIS), ponendo in essere attivita' di mero contatto con potenziali acquirenti dell'hotel (OMISSIS): a) fosse a conoscenza, in quel momento, dell'esistenza di un'associazione a delinquere di stampo mafioso con a capo il (OMISSIS); b) fosse a conoscenza, sempre in quel momento, che (OMISSIS), socio di maggioranza della (OMISSIS) s.r.l., proprietaria dell'hotel, rivestisse la natura di partecipe della predetta associazione; c) fosse a conoscenza che il suo comportamento avrebbe certamente agevolato o rafforzato l'associazione. Quarto motivo: inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all'articolo 110 c.p. e articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, mancanza, contraddittorieta' ed illogicita' della motivazione in relazione all'articolo 125 c.p.p., comma 2, e all'articolo 111 Cost. in riferimento alla ritenuta applicazione delle circostanze aggravanti dell'uso delle armi e dell'aver ottenuto il controllo di attivita' economiche finanziate con il prodotto, il profitto o il prezzo dei delitti. Il (OMISSIS) non aveva alcun contatto ne' con il (OMISSIS) ne' con i fratelli (OMISSIS), ne' con i coimputati ai quali sono contestati reati di detenzione di armi ne' con quelli ritenuti partecipi dell'associazione. Inoltre, le attivita' economiche erano riconducibili al (OMISSIS) e, in tesi, all'associazione criminale, ma non risultano costituite o mantenute mediante la forza di intimidazione del vincolo associativo, con la conseguenza che la seconda aggravante in parola non andava applicata. Quinto motivo: inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all'articolo 110, articolo 416-bis, comma 1, come modificato dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, articolo 1, comma 2, articolo 69 c.p., articolo 133 c.p., articolo 442 c.p.p., comma 2, articolo 25 Cost. in riferimento alla erronea individuazione della pena edittale minima applicabile in relazione al tempus delicti commissi, nonche' mancanza, contraddittorieta' ed illogicita' della motivazione in violazione dell'articolo 125 c.p.p., comma 2, e all'articolo 111 Cost.. 10. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: A1) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. C1) articolo 512-bis c.p., articolo 416-bis.1 c.p.. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: errata applicazione della legge penale con riferimento all'articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. Appare del tutto carente il vincolo di subordinazione gerarchica e l'esistenza di un giuramento a sugellare il vincolo criminoso, ne' si rintracciano direttive impartite, ne' precise organizzazioni e distribuzioni di ruoli ed un fine unitario comune. Secondo motivo: errata applicazione della legge penale con riferimento all'articolo 512-bis c.p.. Non vi sono elementi che possano far ritenere che il ricorrente abbia concorso, nel ruolo di interposto acquirente, nel trasferimento fittizio dell'appartamento e del garage siti in (OMISSIS), la cui proprieta' sarebbe riconducibile al (OMISSIS). Terzo motivo: errata applicazione della legge penale in ordine all'articolo 133 c.p., ovvero eccessiva quantificazione della pena ed insufficienza di motivazione. Nessun guadagno e' stato accertato ne' alcun collegamento e' stato provato con i soggetti dediti ai contestati traffici illegali. Sono altresi' scarne le motivazioni date dalla Corte territoriale in ordine alle doglianze circa la pena inflitta (recidiva, continuazione, aggravanti), limitandosi a cassarne i motivi di gravame senza meglio specificare le ragioni della scelta. 11. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: A1) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. B14) articoli 81, 110 e 697 c.p., L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7, L. n. 110 del 1975, articolo 23, articolo 416-bis.1 c.p.. E7) articoli 56 e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis. 1 c.p.. G11) articoli 61 c.p., n. 2, articolo 110 c.p., articolo 423 c.p., comma 1, articolo 425 c.p., comma 1, n. 2, articolo 416-bis.1 c.p.. G12) articoli 56, 110 e 640 c.p., articolo 61 c.p., n. 7, articolo 416-bis.1 c.p.. H3) articoli 81 e 110 c.p., articolo 453 c.p., comma 1, n. 3 e 4, articolo 416-bis.1 c.p.. J2) articoli 81 e 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: errata applicazione della legge penale con riferimento alla ritenuta sussistenza dell'aggravante del c.d. metodo mafioso. Il ricorrente non conosceva e non ha esercitato alcuna forza di intimidazione in alcuna occasione. Egli ha svolto attivita' lavorativa alle dipendenze della societa' del (OMISSIS) per diversi anni, dietro regolare corrispettivo. Nella specie, difetta il vincolo di subordinazione gerarchica che caratterizza l'associazione mafiosa nonche' il vincolo di giuramento. Nei confronti del (OMISSIS) appare del tutto indimostrata la circostanza secondo la quale lo stesso avrebbe svolto il ruolo di guardia-spalle e/o accompagnatore del (OMISSIS) e/o di altri appartenenti al supposto sodalizio nel corso di riunioni con esponenti della criminalita' locale e con altri soggetti cui fare bene intendere la potenza e la capacita' lesiva dell'associazione, ne' appare provata la circostanza secondo la quale, in occasione delle sue passate carcerazioni, la presunto consorteria mafiosa avrebbe provveduto alle spese legali nonche' al mantenimento dei familiari ed al suo sostentamento in carcere. In ogni caso, al piu', si sarebbe in presenza di un aggregato autonomo che richiederebbe la rigorosa prova di tutti i presupposti di cui all'articolo 416-bis c.p., che non paiono in alcun modo provati nella fattispecie. Manca, inoltre, l'accertamento dell'effettiva avvenuta agevolazione del sodalizio mafioso e dell'uso in concreto della forza di intimidazione, non essendo al riguardo sufficiente un semplice "dolo" di farvi ricorso o la mera probabilita' di farvi ricorso. Il (OMISSIS) non ha mai partecipato ad alcun evento che possa essere ricondotto al controllo del territorio, ne' ha mai partecipato ad alcun appalto od opera pubblica, anche perche' il suo modesto reddito non glielo permetteva. Secondo motivo: vizio di motivazione in relazione ai capi B14, E7, G11, G12, H3 e J2. In merito al reato di cui al capo 1314, il protagonismo del (OMISSIS) e' del tutto marginale, non avendo egli mai detenuto armi per conto del (OMISSIS) e/o di altri cosiddetti sodali. Il ricorrente era del tutto inconsapevole dei propositi criminosi del (OMISSIS) e non aveva partecipato ne' all'ideazione ne' alla fase esecutiva della rapina al punto SNAI di (OMISSIS). Quanto al capo E7, si evidenzia innanzitutto come il delitto viene contestato a distanza di quasi venti anni dallo svolgersi dei fatti. Appare del tutto arduo provare il protagonismo del deducente in base alle sole dichiarazioni autoaccusatorie rilasciate dal (OMISSIS) ed intercettate dagli inquirenti, anche perche' le suggestioni accusatorie vengono smentite da elementi oggettivi di cui non si e' tenuto conto. Ai capi G11 e G12 vengono contestati al deducente le responsabilita' concorsuali per l'incendio dei camion nella disponibilita' della societa' (OMISSIS) s.r.l. nonche' per la conseguente tentata truffa volta ad ottenere il risarcimento assicurativo del danno ai predetti mezzi. Anche se risulta comprovata la natura dolosa dell'incendio, non lo e' affatto il coinvolgimento dell'imputato. Al capo H3 viene contestato al ricorrente di aver reperito in Campania un numero imprecisato di banconote contraffatte nei tagli da 100 e 200 Euro, utilizzandole come campioni ed esibendole a potenziali acquirenti: sul punto, si contesta l'assoluta indeterminatezza del capo d'imputazione, atteso che non si intende quali e quanti campioni sarebbero stati acquistati, da chi, in quali circostanze di tempo e di luogo e chi sarebbero i potenziali acquirenti ai quali tali campioni sarebbero poi stati esibiti. Al (OMISSIS) viene altresi' contestato di aver acquistato e detenuto a fini di spaccio quantitativi di cocaina non inferiori a 200 gr. per volta. Non si ritiene provato il suo coinvolgimento non essendo certa l'identificazione fatta da (OMISSIS), ovvero uno degli acquirenti di stupefacente ed anche (OMISSIS) ha escluso il suo coinvolgimento. Terzo motivo: erronea applicazione della legge in relazione all'articolo 133 c.p. ed eccessiva quantificazione della pena inflitta. Il ricorrente e' stato coinvolto suo malgrado nelle vicende per cui e' processo, essendo stato in buona fede in quanto legato da amicizia con il (OMISSIS). Nessun guadagno e' stato accertato, ne' alcun collegamento con i soggetti dediti a traffici illegali di cui si e' tanto parlato e' stato provato; inoltre, il ricorrente non risulta intestatario di alcun bene immobile o mobile registrato di rilievo. 12. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: A1) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. B7) articoli 110, 81 e 697 c.p., L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7, L. n. 110 del 1975, articoli 3 e 23, articolo 416-bis.1 c.p. (assolto in primo grado per non aver commesso il fatto). D4) articoli 81 cpv. e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 1, articolo 644 c.p., commi 1 e 5 n. 1, 2, 3 e 4, articolo 416-bis.1 c.p.. E2) articoli 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, art- 416-bis.1 c.p.. E12) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629, comma 2, 416-bis.1 c.p.. F3) articolo 56 c.p., articolo 61 c.p., n. 5, 11 e 11-quinquies, articolo 110, articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 605, articolo 628 c.p., commi 1 e 3, n. 1, 3 e 3-bis, articolo 416-bis.1 c.p.. F4) articolo 61 c.p., n. 2, articoli 81 e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 1 e 2, L. n. 497 del 1974, articoli 10 e 12, L. n. 110 del 1975, articolo 23, commi 3 e 4, articolo 416-bis.1 c.p. (assolto in primo grado per non aver commesso il fatto). J4) articoli 81 e 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 (riqualificato il fatto nell'ipotesi di cui all'articolo 73, comma 5, Decreto del Presidente della Repubblica cit., veniva dichiarato prescritto il reato in primo grado) Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di associazione a delinquere di stampo mafioso con riferimento all'articolo 192 c.p.p. In sostanza, ferma restando l'esistenza di plurime attivita' illecite nella zona di (OMISSIS), ruotanti intorno alla figura di (OMISSIS), il problema da risolvere in via pregiudiziale era quello relativo alla configurabilita' o meno di un gruppo avente caratteristiche mafiose, dopo aver valutato se tale presenza sul territorio fosse estrinsecazione di un'autonoma valenza criminale del gruppo, nella proiezione dell'illecito mafioso, ovvero se quella attivita' fosse riconducibile ad altra associazione mafiosa, storicamente e giudiziariamente assestata, di cui quel gruppo fosse espressione specifica e diretta (nella specie, il clan dei (OMISSIS)). In realta', le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) individuano generici rapporti di conoscenza evocati attraverso il richiamo a singole vicende, ma non operano alcuna descrizione del rapporto di affiliazione del (OMISSIS) al clan dei (OMISSIS). Se non vi e' prova di una compenetrazione tra il clan dei (OMISSIS) ed il gruppo di (OMISSIS), allora il riferimento all'esistenza di un'associazione mafiosa non poteva che essere ricostruito attraverso la evidenza di elementi che, di per se' soli ed autonomamente, avrebbero dovuto dare contezza dell'esistenza di un gruppo avente le caratteristiche tutte di cui all'articolo 416-bis c.p.. La Corte territoriale non si misura con la questione, assorbendo ogni considerazione nell'evocazione generica di conversazioni che, in assenza di riscontri specifici, possono al piu' supportare la ricorrenza di singoli reati e non gia' della struttura associativa mafiosa. Altro punto non adeguatamente affrontato era quello relativo alla possibile qualificazione del fatto quale associazione a delinquere ordinaria, al piu' aggravata dal metodo mafioso. La motivazione della Corte territoriale che riscostruisce i singoli episodi delittuosi induce al piu' a ricondurre l'ipotesi a quella di cui all'articolo 416 c.p., mancando l'evidenza di quella generale condizione di assoggettamento e di omerta' che dovrebbe fare la differenza per il delitto ritenuto in sentenza. In merito alla posizione del (OMISSIS), si evidenzia come lo stesso risulti presente in alcune specifiche circostanze grazie ad un rapporto di collegamento parentale proprio con il (OMISSIS) (quest'ultimo ha sposato una sorella del padre). La sua andata in Veneto viene ricostruita dalla Corte territoriale come necessitata dall'esigenza di andare via dai luoghi di origine ove si era fatto molti nemici: il dato oggettivo acquisito e', tuttavia, di ben altra natura, non essendovi stato un accertamento nemmeno generico sulla caratura criminale del (OMISSIS) e la sua posizione appare ancorata ad elementi di estrema genericita' che, se riescono a giustificare il coinvolgimento in singole attivita' illecite, non riescono a dare l'idea di una sua concreta ed effettiva partecipazione al sodalizio stesso. In particolare, non emerge in alcun modo una affectio del (OMISSIS) ad una struttura mafiosa organizzata, ne' un ruolo allo stesso attribuito che, comunque, andava ricostruito nelle sue coordinate essenziali, non potendo essere relegato alla evidenza di rapporti di natura professionale e di parentela, ne' all'esaltazione di una presenza in circostanze specifiche, ove il ruolo del (OMISSIS) non e' esplicativo di alcun segmento della condotta che possa essere rilevante proprio nella costruzione dello schema partecipativo. Secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai capi D4, E2, E12 e F3. In relazione ai reati fine, la difesa aveva essenzialmente sottolineato la mancanza di una specifica prova di concorso in ordine agli stessi, non potendosi essa desumere dalle circostanze di fatto, per come obiettivamente ricostruite. In pratica, il mero svolgimento di attivita' materiali, ovvero esecutive, in assenza di un coinvolgimento effettivo nella predisposizione o nella determinazione delle condotte illecite, non consente di ravvisare quella colpevole partecipazione ai reati fine, presupposto indefettibile dell'accertamento di responsabilita'. La motivazione sui reati fine appare in concreti disancorata da una lettura complessiva e coerente degli atti. Manca, in pratica, qualsiasi motivazione sulla consapevolezza dell'illiceita' delle condotte, in ordine ai reati di cui ai capi D4, E12, F3; cosi' come, in relazione alla vicenda di cui al capo E2, defetta qualsiasi elemento di riscontro alla chiamata in correita' dell' (OMISSIS) su cu la Corte territoriale no si sofferma affatto. Orbene, pur volendo prescindere dal tema relativo alla motivazione, ovvero alla qualificazione giuridica del delitto associativo, comunque la motivazione in ordine agli elementi propri del ritenuto concorso nei reati fine doveva essere ancorato ad un'evidenza motivazionale che tenesse conto della alternativa ricostruzione difensiva. Terzo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.. L'aggravante viene automaticamente ritenuta sussistente poiche' i reati fine, risultando tutti commessi all'interno dell'associazione, non potrebbero che condividerne le illecite finalita'. Il ragionamento della Corte territoriale non convince, data la piena autonomia strutturale e funzionale dei reati fine rispetto al delitto associativo, nel senso che la sussistenza dell'aggravante non e' una proiezione necessaria della partecipazione associativa. Pertanto, quando il reato fine e' commesso con la finalita' agevolativa, e' necessario dimostrare tale finalita', individuando le coordinate di fatto che portino a ritenere sussistente il collegamento necessario tra la partecipazione e la condotta oggetto della incriminazione specifica. I reati di cui ai capi D4, E2, E12 ed F3 sono tutti svincolati da qualsiasi rferimento a finalita' agevolative del clan. Quarto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai reati di cui ai capi E2, E12 ed F3. Come e' noto, l'aggravante delle piu' persone riunite scatta tutte le volte in cui la violenza o la minaccia venga esercitata in maniera contestuale da piu' soggetti: su tale aspetto, la motivazione della Corte territoriale non si confronta con l'effettivo svolgimento dei fatti, dal momento che non emerge alcun elemento che possa supportare la ricorrenza dei presupposti dell'aggravante ne', tantomeno, la motivazione indica quali siano stati i riferimenti per ritenerne la individuazione. Anche in ordine alla qualifica soggettiva del (OMISSIS), non puo' non rilevarsi come lo stesso non avesse riportato, all'atto della commissione dei reati contestati, alcuna condanna per delitti associativi. Quinto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'articolo 416-bis.1 c.p., comma 3; mancato riconoscimento dell'attenuante della collaborazione. L'esame delle dichiarazioni del (OMISSIS) ed i contenuti dei suoi interrogatori consentono di apprezzare la consistenza e l'effettivita' del contributo collaborativo fornito dal ricorrente, che ha consentito di ricostruire in maniera compiuta le responsabilita' in ordine ai delitti commessi con armi; ha consentito, inoltre, l'individuazione dell'altro soggetto coinvolto nelle rapine ai danni del (OMISSIS); ha rilevato come, presso il punto SNAI si procedesse ad attivita' di ripulitura di soldi recuperati in nero; ha spiegato il funzionamento delle carte prepagate, fornendo cosi' elementi specifici proprio in ordine ai profili di operativita' economica, oltre che criminale riconducibili al gruppo (OMISSIS). Il contributo di conoscenze fornito dal (OMISSIS) e' stato assolutamente significativo e rilevante per la definizione di alcuni particolari aspetti delle vicende oggetto di contestazione. Il (OMISSIS), attraverso le proprie dichiarazioni, ha manifestato in maniera inequivoca un allontanamento dal gruppo di appartenenza, rispetto al quale ha posto in essere una concreta attivita' di dissociazione, fornendo quei precisi e chiari contributi di ordine probatorio, rientranti nella sua sfera di conoscenza, considerato anche il ruolo certamente non primario rivestito nel gruppo di riferimento. Sesto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 62-bis, 81, 114 e 133 c.p.. La marginalita' del ruolo del (OMISSIS) e la sua fungibilita' appaiono in tutta la loro consistenza dalla stessa ricostruzione operata in motivazione dalla Corte territoriale. Il ricorrente non assunse mai alcuna determinazione per la realizzazione degli eventi, limitandosi ad eseguire in tutti i reati fine protocolli operativi indicatigli dal (OMISSIS) ovvero da altri sodali. La marginalita' del ruolo emerge altresi' dalla fungibilita' dello stesso e dalla mancanza di una specificita' attributiva di funzioni che ne avrebbero reso la partecipazione di sicura rilevanza per il mantenimento del clan. 13. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: D1) articoli 81 cpv. e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 1, articolo 644 c.p., commi 1 e 5, n. 1, 2, 3 e 4, articolo 416-bis.1 c.p.. E16) articoli 61 c.p., n. 2, articolo 81 c.p., articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis.1 c.p.. 32) articoli 81 e 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73. 33) articoli 81 e 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, articolo 644 c.p., commi 1 e 5, n. 1 e 4, articolo 416-bis.1 c.p., articolo 629, comma 2 con riferimento all'articolo 628 c.p., comma 3, n. 1 e 3, articolo 416-bis.1 c.p.. Il (OMISSIS) contesta l'affermazione di penale responsabilita' per ogni reato ritenuto a suo carico, precisando di non aver fatto altro che pretendere il pagamento delle sue legittime spettanze connesse ai lavori eseguiti dalle sue squadre di operai nell'interesse del (OMISSIS), ed osservando che il semplice fatto di essere un "collega" del (OMISSIS), non voleva dire che lo stesso concorra nelle condotte delinquenziali di quest'ultimo. Secondo motivo: violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in relazione ai parametri di cui all'articolo 133 c.p., in realta' ampiamente concedibili, tenuto conto della scelta difensiva di chiedere il rito abbreviato nonche' del contributo dato attraverso le dichiarazioni spontanee rese in udienza che hanno agevolato l'organo giudicante nella ricostruzione dei fatti. 14. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato del capo: E1) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis.1 c.p.. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla ricorrenza dell'aggravante della cd. agevolazione mafiosa. La Corte territoriale ha del tutto omesso di indagare l'effettiva sussistenza in capo al (OMISSIS) della volonta' di agevolare non il singolo associato bensi' l'associazione mafiosa in quanto tale, secondo il criterio di imputazione in termini di dolo specifico ai fini di una attribuzione immediata, ovvero di dolo diretto ai fini di un'eventuale estensione quale correo della finalita' altrui. Secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla qualificazione giuridica del fatto ex articolo 393 c.p.. La Corte territoriale ha totalmente incentrato il proprio ragionamento sul presunto utilizzo del "metodo mafioso" che avrebbe comportato l'utilizzo di una minaccia spropositata e di una forza coercitiva eccessiva nei confronti della vittima, determinando in tal modo la qualificazione giuridica del fatto. In tal modo, tuttavia, la Corte territoriale ha innanzitutto omesso di indagare quale fosse l'elemento psicologico posto a fondamento dell'azione e non ha considerato, come il (OMISSIS) avesse agito per conto del (OMISSIS) al fine di ottenere dallo (OMISSIS) esattamente quanto a questi spettante secondo il suo diritto, vale a dire il pagamento dei canoni di locazione scaduti e non pagati nel loro preciso ammontare, senza esigere alcun sacrificio o pregiudizio ulteriore o aggiuntivo da parte della vittima, quanto richiesto corrispondeva esattamente all'oggetto della tutela apprestata in concreto dall'ordinamento giuridico. L'affermazione secondo cui il (OMISSIS) ebbe a conseguire un profitto personale dalla vicenda, identificato con i 2000 Euro che egli avrebbe certamente trattenuto per se', e' il frutto di una deduzione manifestamente illogica, in quanto fondata su un elemento "esterno" alla sfera di disponibilita' e di intervento del soggetto agente e, in quanto tale, inidoneo a rendere contezza effettiva del substrato psicologico caratterizzante la condotta del (OMISSIS). Le sezioni unite hanno ritenuto la necessita' di indagare l'elemento psicologico dell'agente, quale accertamento preliminare ed indifferibile rispetto alla corretta qualificazione giuridica del fatto: nel caso di specie, la Corte territoriale avrebbe dovuto indagare, con valutazione ex ante, quale fosse stata l'intenzione del (OMISSIS) al momento dell'interessamento nella vicenda, vale a dire nel momento in cui aveva suggerito al (OMISSIS) di rivolgersi al (OMISSIS) quale "intermediario", e se gia' in quel momento egli avesse la finalita' di perseguire un interesse personale ed ulteriore rispetto a quello dell'amico. Tale accertamento e' stato completamente omesso e, in piu', la componente volitiva della condotta del (OMISSIS) e' stata desunta, in maniera del tutto illogica, da un elemento esterno al suo comportamento e alla sua sfera di azione, senza specificarne tuttavia il coefficiente psicologico di collegamento. Terzo motivo: violazione di legge in riferimento all'articolo 629 c.p., comma 2 in relazione all'articolo 628 c.p., comma 3, n. 1 e 3 alla luce del combinato disposto degli articoli 59 e 118 c.p.; vizio di motivazione in relazione ai requisiti di imputabilita' soggettiva delle aggravanti del reato di estorsione. Le aggravanti di tipo oggettivo, come quelle in esame, non possono essere trasmesse ed applicate ai concorrenti "estranei" in maniera automatica, prescindendo dalla constatazione della sussistenza in capo a loro di quel coefficiente "minimo" di imputabilita' caratterizzato dalla conoscenza o, quantomeno, della conoscibilita' delle suddette aggravanti. In applicazione di detti principi, la Corte territoriale avrebbe dovuto motivare, almeno, in relazione alla possibilita' di attribuire le suddette circostanze in capo al (OMISSIS) quantomeno a titolo di colpa. 15. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: A1) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. E19) articolo 61 c.p., n. 2, articoli 81 e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis.1 c.p.. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: violazione di legge in relazione al capo A1) per ritenuta sussistenza della fattispecie di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6; vizio di motivazione in relazione al capo A1) per ritenuta sussistenza della fattispecie di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6 anche in relazione alla violazione dell'articolo 192 c.p.p., commi 1, 2 e 3 e articolo 533 c.p.p.; vizio di motivazione con riferimento agli specifici motivi di impugnazione che hanno censurato in modo puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado (da pag. 12 a pag. 31 dell'atto di appello). La Corte territoriale ritiene la sussistenza del sodalizio mafioso sulla base di tre elementi: i plurimi e convergenti indicatori della c.d. gemmazione; il perdurante collegamento con il clan dei (OMISSIS); la costante esteriorizzazione del metodo mafioso. Tuttavia, i giudici nulla chiariscono sugli indicatori della gemmazione. La Corte territoriale ha del tutto omesso di confrontarsi con i motivi di appello nei quali si eccepiva, che esistono o "mafie nuove" (autonome e indipendenti) o mafie delocalizzate (in vincolo funzionale con la casa madre, che pure esercita funzioni di controllo). Nella fattispecie, non vi e' prova in ordine agli accordi di costituzione di una "derivazione della casa madre" al tempo, nel luogo e tra quali soggetti in cui sarebbero intercorsi; difetta, altresi', quel costante e permanente collegamento funzionale e sinergico con la camorra di (OMISSIS) ed in tal senso: vengono illogicamente e contraddittoriamente sostenute dalla Corte due teorie inconciliabili tra loro, ancora diverse dalla ricostruzione fornita in primo grado (talora sarebbe stata decisa, costituita ed alimentata/accresciuta in (OMISSIS), dopo il trasferimento di (OMISSIS) e di un gruppo di suoi paesani, talora si tratterebbe di una "propria cellula operativa" capeggiata da (OMISSIS) e (OMISSIS) gia' operante in (OMISSIS) che sarebbe stata dislocata in (OMISSIS) agli inizi degli anni 90); vengono spesi della Corte territoriale elementi neutri, quali le "origini" casalesi di (OMISSIS) e di (OMISSIS), l'essere conosciuti nel paese natio o il vantare dei legami strettamente familiari con persone astrattamente collegate a famiglie camorristiche; vengono genericamente valorizzati elementi rimasti privi di riscontri individualizzanti. La motivazione, poi, si rivela illogica e contraddittoria nella parte in cui, pur insistendo sul persistente e costante collegamento funzionale tra la derivata e la casa madre, sminuisce artatamente la portata dichiarativa dei collaboratori campani (OMISSIS) e (OMISSIS) che nemmeno conoscono (OMISSIS) e (OMISSIS). Manchevole e' la motivazione anche in ordine al metodo mafioso e ai requisiti dell'assoggettamento diffuso e dell'omerta'. Elementi a sostegno vengono estrapolati esclusivamente dall'attivita' intercettizia del (OMISSIS), dal contenuto palesemente autoreferenziale. Secondo motivo: violazione di legge in riferimento al capo A1) per la ritenuta sussistenza delle circostanze aggravanti di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6 e articolo 416-bis.1 c.p.; vizio di motivazione con riferimento agli specifici motivi di impugnazione che hanno censurato in modo puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado (da pag. 32 a pag. 37 dell'atto di appello). Con riferimento all'aggravante delle armi, la sentenza impugnata introduce in maniera suggestiva un presupposto asseritamente sotteso all'atto di appello, ovvero che l'associazione avrebbe negli anni sempre detenuto le stesse armi e incaricato della loro custodia sempre lo stesso soggetto, cosa non rispondente al vero. Nessuna intercettazione vi e' agli atti da cui si possa ritenere provato o dalla quale poter dedurre che al (OMISSIS) siano state affidate armi in custodia. Anche in relazione all'aggravante del reimpiego finanziario si riscontra omessa motivazione. La Corte territoriale non ha, se non con motivazione apparente, affrontato le censure d'appello, a mezzo delle quali si sottolineava la mancanza dei relativi presupposti, essendo il (OMISSIS), anche quale amministratore di (OMISSIS) s.r.l. e di (OMISSIS) s.r.l.s., forse coinvolto in episodiche singole operazioni di fatturazione falsa e/o fittizia assunzione di personale dipendente, direttamente curate da (OMISSIS), e mancando in ogni caso la prova del reinvestimento delle corrispettive utilita' di tali operazioni illecite in strutture produttive dirette a prevalere nel territorio d'insediamento sulle altre strutture offrenti gli stessi beni o servizi. Nessun cenno vi e' poi sul reinvestimento delle utilita' illecite in strutture produttive lecite. Terzo motivo: violazione di legge in relazione al capo A1) per ritenuta sussistenza della fattispecie di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6, e alla partecipazione del ricorrente al reato associativo; vizio di motivazione in relazione al capo A1) per ritenuta sussistenza della fattispecie di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6 anche in relazione alla violazione dell'articolo 192 c.p.p., commi 1, 2 e 3 e articolo 533 c.p.p.; vizio di motivazione con riferimento agli specifici motivi di impugnazione che hanno censurato in modo puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado in ordine alla sussistenza dello status di partecipe da parte del ricorrente (da pag. 12 a pag. 31 dell'atto di appello). Non sono state esplicitate le ragioni da cui desumere la prova di un contributo dell'imputato funzionale alla conservazione e al rafforzamento della capacita' operativa del sodalizio nonche' dell'affectio. In difetto di atti di intimidazione, l'intestazione della carica di amministratore della (OMISSIS) s.r.l. e della (OMISSIS) s.r.l.s. non integra circostanza autonomamente sufficiente a suffragare la consapevolezza dell'imputato di partecipare ad un sodalizio mafioso, elemento essenzialmente costituente il dolo richiesto per la configurabilita' della condotta partecipativa al reato associativo in esame. Quarto motivo: violazione di legge in ordine al capo E19) relativo alla ritenuta responsabilita' concorsuale del ricorrente in ordine al reato fine di cui all'articolo 61, n. 2, articoli 81 e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2 con riferimento all'articolo 628 c.p., comma 3, n. 1 e 3, articolo 416-bis.1 c.p.; vizio di motivazione in relazione al capo E19) e alla ritenuta responsabilita' del ricorrente; vizio di motivazione con riferimento agli specifici motivi di impugnazione che hanno censurato in modo puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado in ordine alla sussistenza dello status di concorrente nell'estorsione da parte del ricorrente (da pag. 44 a pag. 54 dell'atto di appello). Non vi e' agli atti una sola prova che il ricorrente abbia, nell'estorsione tentata ai danni del (OMISSIS): svolto la funzione di guardiaspalle di (OMISSIS); svolto presenze intirnidatorie; svolto la funzione di latore di messaggi; partecipato ad adunate allo scopo di dimostrare la supremazia numerica e violenta nei confronti della vittima. Quinto motivo: vizio di motivazione in ordine alle doglianze sollevate in atto di appello (pagg. 54-58) in relazione alla ritenuta inattendibilita' dei collaboratori dichiaranti. Sesto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 62-bis, 99, 81, 114 e 133 c.p. Pur essendo stata disapplicata la recidiva, la Corte di appello ha confermato il trattamento sanzionatorio irrogato in primo grado. La pena base per il capo A1) e' stata indicata in anni dodici, misura significativamente superiore rispetto al minimo edittale di anni dieci, senza dare conto delle specifiche ragioni di tale scelta, con irrogazione di una pena del tutto ingiusta se raffrontata con quelle irrogate agli altri imputati. In modo del tutto illogico, non si e' tenuto conto del limitato arco temporale della contestata partecipazione, dell'aver l'imputato cooperato per l'accertamento dei fatti, della risalenza e della non eccessiva gravita' dei precedenti iscritti a casellario. Il ricorrente ha presentato in data 05/04/2023 memoria contenente motivi aggiunti. 16. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: Al) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6 (per detto capo,l'imputato veniva assolto in appello) E12) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis.1 c.p.. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: violazione di legge in relazione all'articolo 629 c.p., articolo 192 c.p.p., comma 1 e articolo 125 c.p.p., comma 3; carenza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in relazione alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato. In presenza di un'accertata estorsione ambientale, la Corte territoriale avrebbe dovuto verificare se la vittima del reato (tale (OMISSIS)), pur non conoscendo i soggetti presenti al presidio ne' il clan di appartenenza, avesse effettivamente percepito la carica intimidatoria di quella condotta come proveniente da soggetti notoriamente inseriti in pericolosi gruppi criminali e, soprattutto, potesse averla ricollegata ad una organizzazione operante in quel determinato territorio. Secondo motivo: violazione di legge in relazione all'articolo 629 c.p. e articolo 442 c.p.p., comma 2; erronea determinazione della pena pecuniaria. Per quanto riguarda la pena pecuniaria, la Corte territoriale parte dalla pena base di Euro 2.250 di multa, la riduce per le circostanze attenuanti generiche ad Euro 1.500 di multa e su tale importo applica la riduzione per il rito. Tuttavia nel dispositivo viene indicata una pena finale pari ad Euro 1.600 di multa, anziche' nell'importo corretto di Euro 1.000 di multa. 17. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: A5) articolo 110 c.p. e articolo 416-bis c.p., commi 1, 3, 4 e 6. A6) articoli 81 cpv. e 110 c.p., articolo 615-ter c.p., commi 1, 2, n. 1 e 3, articolo 416-bis.1 c.p., L. n. 121 del 1981, articolo 12. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al capo A5, con riferimento agli articoli 110 e 416-bis c.p., articolo 192 c.p.p., comma 1 e articolo 125 c.p.p., comma 3; insussistenza del sodalizio mafioso. Se gia' si evidenzia una giuridica confusione in ordine alla qualificazione del fenomeno mafioso, che non si capisce se generatosi per gemmazione o sorto spontaneamente per mani del (OMISSIS), quello che inficia la motivazione della Corte territoriale e' l'intenzionale e macroscopica omissione della valutazione delle censure difensive e la conseguente lacunosita' della motivazione. Invero, i giudici di secondo grado hanno motivato l'esistenza della mafia ad (OMISSIS) sulla base di qualche articolo di giornale pubblicato nell'arco di venti anni e sulla base delle dichiarazioni di (OMISSIS). Tuttavia, non ci sono altre dichiarazioni di cittadini, membri delle Istituzioni, politici locali che avessero solamente il sospetto dell'esistenza di una presunta cosca. La Corte territoriale si e' ben guardata dall'indicare le ragioni per le quali non ha ritenuto di valorizzare aspetti sollevati dalla difesa, rendendo sul punto una motivazione insufficiente. In ogni caso, la stessa ha omesso di motivare su una serie di elementi che avrebbe in ogni caso dovuto confutare, ovvero: l'insussistenza di un clima di assoggettamento generalizzato da parte di membri della cosiddetta societa' civile; l'insussistenza di un clima di omerta' e di intimidazione nell'ambito di una collettivita' piu' o meno estesa; la mancanza di prove che i membri della collettivita' avessero percepito l'esistenza di un sodalizio criminoso dello spessore tale da interferire nella vita pubblica del paese; l'inidoneita' del gruppo criminale a porsi ed agire come mafia locale. Secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 110 e 416-bis c.p., articolo 192 c.p.p., comma 1 e articolo 125 c.p.p., comma 3, con riferimento alla messa a disposizione da parte del (OMISSIS) al sodalizio mafioso; insussistenza di un contributo causalmente rilevante ai fini della conservazione e del rafforzamento del sodalizio. La Corte territoriale non ha tenuto conto degli insegnamenti della giurisprudenza secondo cui la figura del concorrente esterno si caratterizza per un rapporto effettivo e strutturale con l'intero gruppo, della cui natura e funzione l'agente ha una conoscenza complessiva che gli consente di cogliere l'assoluta funzionalita' del proprio intervento, ancorche' unico, alla sopravvivenza o vitalita' del gruppo. Il (OMISSIS) e' risultato essere un soggetto per molti versi ingenuo e sprovveduto: il fatto stesso che alle proprie nozze avesse invitato sia (OMISSIS) che tutti i suoi colleghi del Commissariato della Polizia di Stato dimostra chiaramente che, ancora nel 2013, lo stesso non avesse minimamente compreso con chi avesse realmente a che fare. In questa chiave di lettura assume un significato totalmente diverso da quello ritenuto, l'interessamento del ricorrente all'apertura del punto SNAI: condotta finalizzata a favorire esclusivamente l'amico (OMISSIS) e il di lui figlio (OMISSIS), e non l'associazione. Allo stesso modo, l'episodio della rissa del (OMISSIS) richiede una lettura differente: alla stessa partecipano (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) ed il (OMISSIS) interviene nell"immediatezza dei fatti richiedendo l'intervento di una pattuglia di polizia. Anche in relazione agli accessi abusivi allo SDI, non vi e' comunque prova che il (OMISSIS) sapesse delle esigenze cognitive dell'associazione e che abbia eseguito tali accessi per favorire l'associazione. Quanto ai vari benefici che il (OMISSIS) avrebbe percepito dal mettersi a disposizione del (OMISSIS), la sentenza omette di valutare le prove documentali della difesa, omettendo di considerare come si trattasse di semplici favori fatti da un amico ad un altro, rapporto di amicizia comprovato dalle dichiarazioni di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Terzo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 110 e 416-bis c.p., articolo 192 c.p.p., comma 1 e articolo 125 c.p.p., comma 2, con riferimento alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del reato. I giudici di secondo grado si limitano ad affermare che la consapevolezza del (OMISSIS) si desume dalle intercettazioni successive all'episodio della rissa, sintomatico dell'intervento protettivo del (OMISSIS). Appare francamente un po' poco richiamare per relationem il contenuto di intercettazioni che, peraltro, coinvolgono due soli soggetti, l'imputato ed il (OMISSIS), per sostenere la lucida consapevolezza di essere concorrente esterno di un clan, tanto piu' a fronte di un vero e proprio deserto di altri elementi da cui si potrebbe desumere l'elemento soggettivo: ci si riferisce a prove anche solo indiziarie, quali la partecipazione a riunioni, a conversazioni telefoniche con altro sodali, la frequentazione con associati del (OMISSIS), tutte circostanze che si possono con certezza escludere esaminando gli atti di indagine. Il tutto, nuovamente rammentando che, in tema di associazione di stampo mafioso, ai fini della configurabilita' del concorso esterno, occorre che il dolo investa sia il fatto tipico oggetto della previsione incriminatrice, sia il contributo causale recato dalla condotta dell'agente alla conservazione o al rafforzamento dell'associazione, agendo l'interessato nella consapevolezza e volonta' di recare un contributo alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio. La difesa ha puntualmente evidenziato l'inefficacia dell'intervento dell'imputato, dettato piu' dalla necessita' di fare una cortesia che dalla consapevolezza di poter fare qualcosa di effettivamente utile. Quarto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'articolo 192 c.p.p., comma 1 e articolo 125 c.p.p., comma 2, con riferimento alla valutazione del periodo di permanenza del reato. La Corte territoriale non analizza le modalita' della condotta posta in essere dal ricorrente in occasione della richiesta del porto d'armi ad uso sportivo da parte del (OMISSIS), che ne evidenziano la natura di cortesia e che integrano il solo elemento probatorio da analizzare ai fini della qualificazione del comportamento oggetto di indagine. L'imputato, infatti, ha semplicemente accompagnato fisicamente il (OMISSIS) all'Ufficio di competenza senza fare alcunche' che attendere il conoscente all'esterno dello stabile. Infine, in sentenza non viene data alcuna importanza alla cessazione dei rapporti tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), quantomeno tracciati e ritenuti degni di indagine, dal 2013 al 2017. Quinto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'articolo 416-bis.1 c.p., articolo 192 c.p.p., comma 1 e articolo 125 c.p.p., comma 3, in riferimento alla sussistenza dell'aggravante contestata. Allorche' non sia configurabile il dolo diretto, tale da investire sia il fatto tipico della fattispecie incriminatrice sia il contributo causale recato dal soggetto agente, cosi' non puo' configurarsi l'aggravante agevolatrice dell'attivita' criminosa prevista dall'articolo 416-bis.1 c.p., di natura soggettiva e caratterizzata da dolo intenzionale. 18. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: A1) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. E2) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis. 1 c.p.. E14) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis.1 c.p.. E17) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis.1 c.p.. E19) articolo 61 c.p., n. 2, articoli 81 e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis.1 c.p.. Fi) articolo 61 c.p., n. 5, articoli 110 e 605 c.p., articolo 628 c.p., commi 1 e 3, n. 1, articolo 416-bis.1 c.p.. F2) articolo 61 c.p., n. 2, articoli 81 e 110 c.p., L. n. 497 del 1974, articoli 10 e 12, articolo 416-bis.1 c.p.. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: violazione di legge relativamente all'inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia in riferimento al Decreto Legge n. 8 del 1991, articolo 16-quater, commi 1, 3 e 9, e articolo 438 c.p.p., comma 6-bis. Non vi e' prova che i verbali illustrativi dei contenuti della collaborazione siano stati predisposti secondo i canoni prescritti dalla legge, in quanto non sono stati depositati ai sensi dell'articolo 416 c.p.p., comma 2; non e' dato sapere, pertanto, se per i diversi collaboratori di giustizia interrogati nel presente procedimento, le cui dichiarazioni hanno avuto un ruolo determinante nel riconoscimento del reato associativo nonche' di alcuni reati fine, siano state rispettate le norme di legge in tema di "collaborazione" (ci si riferisce, in particolare, alle dichiarazioni rese da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)). Secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 192, 530 e 533 c.p.p. e articolo 416-bis c.p. con riferimento alla contestazione di partecipazione al sodalizio criminoso. L'intera motivazione poggia su un assioma smentito dagli stessi esiti delle indagini: la "cellula" o "colonia" investigata non era affatto una promanazione o "gemmazione" della "casa madre" casalese ed il (OMISSIS) non era a suo capo. Terzo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 192, 530 e 533 c.p.p. e articolo 416-bis c.p. con riferimento alla natura del presunto sodalizio in contestazione e della mancanza delle matrici identitarie tipiche dei sodalizi mafiosi. Al fine di non dover dare rigorosa prova dell'esteriorizzazione del metodo mafioso e della fama criminale del sodalizio ed attecchimento sul territorio, la Corte territoriale, con motivazione non solo apparente, ma anche giuridicamente scorretta, conclude per l'esistenza dell'ipotesi della "gemmazione" con riferimento al gruppo eracleense. L'impostazione contraddice quella della Procura della Repubblica che aveva ipotizzato un progressivo "smarcamento" ed acquisizione di una posizione d indipendenza del sodalizio, dopo le varie operazioni campane che avevano causato l'indebolimento del clan (OMISSIS). Per sostenere la tesi della "gemmazione" si sarebbero dovuti verificare i c.d. "marcatori identitari", capaci di conferire una riconoscibilita' obiettiva da cui promanerebbe una vis intimidatrice evocatrice della matrice originaria. Tra questi marcatori identitari, vi sarebbero: la composizione dell'articolazione locale con soggetti provenienti dalla zona d'origine del sodalizio piu' strutturato; una divisione di regole e ruoli ben precisa all'interno della struttura; delle cariche interne mutuate da quelle tradizionali della "casa madre" e delle gerarchie interne; il sostegno dei detenuti; il rispetto rigoroso di rituali tipici della casa madre; la mutuazione delle concrete modalita' di esecuzione dei reati fine del sodalizio originario. La gran parte di questi marcatori sono, nella fattispecie, inesistenti, con conseguente inconfigurabilita' della dedotta "locale". Quarto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 192, 530 e 533 c.p.p. e articolo 416-bis c.p. con riferimento all'assoggettamento del territorio, della capacita' e fama criminale e degli episodi dai quali la stessa dovrebbe essere desunta. Senza entrare nel merito di ciascuno dei fatti citati dalla Corte territoriale, e' agevole rilevare come non vi sia un solo episodio concreto da cui possa desumersi l'esistenza di una "fama criminale" o un indice di effettivo assoggettamento del territorio al volere del presunto sodalizio: gli eventi descritti sono tutti privi di riconoscibilita' all'esterno o di riconducibilita' all'associazione, vuoi perche' mai portati a termine, vuoi perche' ridicoli e privi di qualsivoglia vis evocativa di potenza criminale; di contro, vi e' il dato (OMISSIS) che il territorio e' rimasto, per trent'anni, impermeabile alle forme estorsive tipiche camorriste. Quinto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai capi E2), E14), E17) ed E19) in punto di mancata riqualificazione delle estorsioni nel delitto di cui all'articolo 393 c.p. In tutte e quattro le contestazioni, uno dei ricorrenti vantava sempre una pretesa giuridicamente tutelabile: al capo E2), il credito dell' (OMISSIS) verso il (OMISSIS), nel capo E14), la violazione dell'accordo tra la (OMISSIS) ed il (OMISSIS) in merito all'incasso dell'assegno poi protestato, nel capo E17), il credito di 10.000 Euro del (OMISSIS) nei confronti del (OMISSIS) e, infine, al capo E19), la restituzione dell'investimento effettuato a (OMISSIS) da parte del (OMISSIS). E' evidente e provato agli atti di indagine che gli imputati perseguivano il conseguimento di un profitto nella convinzione, assolutamente ragionevole, e non meramente arbitraria di esercitare un proprio diritto. I giudici di merito avrebbero dovuto valutare la dinamica dei fatti contestati, le parole proferite, la tipologia della comunicazione verbale e non verbale, in quanto questi rappresentano il parametro di riferimento se la condotta intimidatrice sia rivolta al perseguimento di una pretesa ragionevolmente ritenuta legittima o, diversamente, una pretesa non tutelabile in via giudiziaria. Nella fattispecie, si e' al cospetto della prima ipotesi, proprio in relazione a come vengono trattate anche nelle fasi iniziali le questioni relative alle pretese vantate. Sesto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla condanna per il capo E2) ovvero, in subordine, per inosservanza o erronea applicazione della legge penale in punto di mancata riqualificazione nel tentativo di estorsione. Risulta (OMISSIS) che il bene oggetto dell'estorsione non e' mai stato consegnato dalla persona offesa rispetto all'eventuale richiesta estorsiva. Settimo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla condanna per il capo E14). La condanna si basa esclusivamente sull'errata interpretazione dell'intercettazione tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), senza valutare le altre prove determinanti, quali le dichiarazioni della persona offesa (OMISSIS). Ottavo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla condanna per il capo E17). La Corte territoriale, nel motivare la condanna, si e' basata quasi esclusivamente sul contenuto delle intercettazioni telefoniche, senza prendere in considerazione gli altri atti d'indagine. Nono motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla condanna per il capo E19). Ancora una volta la sentenza basa la condanna sul contenuto delle intercettazioni, dandone un'interpretazione errata e senza considerare le specifiche doglianze difensive. Decimo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla condanna per il capo F1), anche in merito alla dedotta violazione del diritto di difesa. Si contesta il palese vizio motivazionale sulla conversazione intercorsa tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) il 24/07/2014. Si denuncia la correzione in modifica dell'imputazione intervenuta all'udienza del 15/10/2020 su istanza del pubblico ministero ad abbreviato gia' ammesso. Undicesimo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla condanna per il capo F2). Non vi e' prova della detenzione e del porto in luogo pubblico dell'arma: la Corte territoriale motiva la condanna sulla base di una conversazione tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) molto risalente nel tempo, nella quale i due discutono in termini generici di armi. Si denuncia la correzione in modifica dell'imputazione intervenuta all'udienza del 15/10/2020 su istanza del pubblico ministero ad abbreviato gia' ammesso. Dodicesimo motivo: vizio di motivazione in punto determinazione del trattamento sanzionatorio. La Corte territoriale sembra tratteggiare il profilo di un criminale "a luce intermittente": spregiudicato quando si tratta di "obbedire a precisi interessi e ordini di (OMISSIS)", cittadino-modello, quando si tratta, invece, di perseguire i propri interessi personali. 19. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: A1) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. H4) articoli 81 e 110 c.p., articolo 453 c.p., comma 1, n. 1, articolo 416-bis.1 c.p.. H5) articoli 81 e 110 c.p., articolo 453 c.p., comma 1, n. 1, articolo 416-bis.1 c.p. (assolto in primo grado per non aver commesso il fatto). Lamenta il ricorrente quanto segue. Motivo unico: vizio di motivazione in relazione all'articolo 52-bis c.p. da riconoscersi con giudizio di prevalenza e all'articolo 114 c.p., avuto riguardo al ruolo marginale rivestito dall'imputato. 20. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato del capo: Al) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'affermazione di penale responsabilita'. Gia' in imputazione non si dice quale sia stata in concreto l'attivita' di supporto e di agevolazione posta in essere dall'imputato a sostegno dell'attivita' criminosa, non avendo egli mai partecipato ad episodi di violenza ed essendo esclusivamente emerso che costui era solo una testa di legno priva di ogni capacita' operativa. Secondo motivo: violazione di legge in relazione alla mancata applicazione della L. n. 69 del 2015, non essendovi state condotte a lui riferibili dopo il 2015. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS) sono fondati nei limiti di cui in dispositivo ed inammissibili nel resto; nei confronti di (OMISSIS) va pronunciata sentenza di annullamento senza rinvio per more dell'imputato; i ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS) sono infondati e, come tali, vanno rigettati; i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sono manifestamente infondati e, come tali, vanno dichiarati inammissibili. Le domande civili vanno accolte e le spese liquidate come da dispositivo. Va, inoltre, evidenziato che il Collegio, in sede di atti preliminari, ha respinto con ordinanza le istanze avanzate da taluni difensori di astensione dall'udienza, giusta la Delib. Unione Nazionale delle Camere penali del 27 marzo 2023, precisando come nel presente procedimento "quanto ai ricorrenti in stato di custodia cautelare non e' ammessa la facolta' del difensore di aderire all'astensione (Sez. 5, n. 54509 del 2018) e quanto ai ricorrenti imputati a piede libero, va osservato che le loro posizioni risultano connesse e non separabili rispetto a quelle degli imputati detenuti (Sez. 2, n. 23890 del 2021)...". 2. Alcune premesse correlate alle tipologie di vizio da molte parti denunciate e alle ricadute sulla decisione impugnata si rendono doverose. 2.1. Innanzitutto, va evidenziato come la Corte territoriale, in relazione alla configurabilita' di nuove cellule mafiose dislocate in territori differenti da quelli di originaria localizzazione, abbia riportato in sintesi i contenuti dei due distinti orientamenti giurisprudenziali formatisi: il primo, secondo cui si rende necessario accertare in concreto, in termini di effettiva attualita', l'utilizzo del metodo mafioso da parte della cellula delocalizzata, non essendo sufficiente che l'associazione territoriale attinga alla fama criminale della "casa madre", essendo invece necessario che questa agisca ed operi nel contesto sociale in cui e' insediata mediante forza intimidatrice verso soggetti terzi da cui derivi una loro reale condizione di omerta' ed assoggettamento; il secondo, che, invece, ritiene sufficiente la prova del collegamento tra la "casa madre" e l'articolazione periferica, nonche' la mutuazione da parte di quest'ultima delle caratteristiche strutturali della prima che le conferiscano una potenziale valenza e carica intimidatoria, idonea a porre in condizioni di assoggettamento ed omerta' coloro che vengano a contatto con questa. In tal senso, la cellula delocalizzata viene quindi riconosciuta a prescindere dall'effettiva esplicazione del metodo mafioso, per il solo fatto di costituire nel territorio di riferimento una ramificazione dell'associazione principale. In realta', come e' noto, si e' in presenza di un contrasto piu' fittizio che reale, come riconosciuto dalla Prima presidenza della Corte di Cassazione che, in ben due occasioni (rispettivamente in data 28/04/2015 e 17/07/2019) ha sostanzialmente osservato come la differenza tra i due orientamenti non attiene alla capacita' intimidatrice del sodalizio, che rappresenta requisito imprescindibile dell'associazione di stampo mafioso, quanto alla forma dell'esteriorizzazione del metodo mafioso. In particolare, si e' affermato che, sul piano probatorio, il confine tra nuove formazioni mafiose e articolazioni periferiche (gemmazioni) della "casa madre", risiede nel fatto che, mentre per le nuove formazioni si dovrebbe sempre riscontrare l'esteriorizzazione del metodo mafioso nel contesto sociale di appartenenza, tramite violenze e minacce, per le gemmazioni di un originale sodalizio, sarebbe sempre sufficiente la prova dell'esistenza di un collegamento "funzionale ed organico", tale da trasporre nella cellula i tratti distintivi dell'associazione mafiosa d'origine. Dette conclusioni non sono state superate ne' smentite dalla sentenza nota con il nome di "Mafia capitale" (Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019) con la quale si e' ribacito che la forza di intimidazione rappresenta all'interno della fattispecie associativa mafiosa, un requisito di tipicita' a forma libera, declinabile in modi eterogenei a seconda della sotto-tipologia mafiosa considerata e non predeterminabile tassativamente ex ante dal legislatore. Nella fattispecie, come si vedra' piu' approfonditamente nel prosieguo, i giudizi di merito hanno disvelato l'esistenza in Veneto (e precisamente in (OMISSIS) e dintorni) di un'associazione a delinquere di stampo mafioso dedita alla commissione di una vasta congerie di reati e fiancheggiata da esponenti del mondo politico, bancario ed istituzionale. In detta organizzazione, (OMISSIS) rivestiva un ruolo di primazia in ragione della sua caratura criminale che ha strutturato intrinsecamente quella del gruppo e con essa ha finito per confondersi. In sostanza, il profondo radicamento sul territorio acquisito dal sodalizio negli anni, con esercizio di condotte violente ed intimidatorie, ha portato progressivamente a riconoscere, temere e rispettare il nome del suo "numero uno" (ovvero uno dei sue due "numeri uno", come si vedra' in seguito), quale elemento di identificazione con il gruppo criminale di riferimento, in virtu' del compimento di successivi atti di intimidazione emulativi di quelli dei clan camorristici e dei metodi da loro utilizzati. Il processo ha svelato un vero e proprio "sistema di potere" finalizzato ad esercitare un controllo pervasivo del territorio, attraverso l'infiltrazione nei centri di potere economico, imprenditoriale e politico. In particolare, si e' assistito ad una ripetuta usurpazione delle funzioni statali, ad esempio presentandosi agli imprenditori della zona come alternativa al potere giudiziario per procedere alla riscossione dei crediti sia di soggetti partecipanti al sodalizio o ad esso contigui (cfr, i capi ad E14 ad E18); sia di imprenditori al medesimo estranei (cfr. i capi El, E2, E3), ergendosi cosi' a vera e propria autorita' regolatrice dei conflitti tra privati. La portata eversiva dell'organizzazione criminale descritta nel capo A1, emerge ancora con maggior evidenza considerando che la medesima non solo si e' posta come organismo di regolazione delle controverse individuali in concorrenza con lo Stato (si vedano in via esemplificativi i casi dell'episodio estorsivo in danno dell'imprenditore (OMISSIS) e quelli concernenti la risoluzione del dissidio intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione al traffico di stupefacenti), ma e' arrivata anche ad insinuarsi nelle stesse istituzioni democraticamente elette, condizionando l'esito della competizione elettorale svoltasi il (OMISSIS) in favore di (OMISSIS) (capo Al2, stralciato). Al contempo, oltre ad inquinare i meccanismi di esternazione della volonta' popolare e, con essi, la stessa legittimazione popolare delle istituzioni democratiche, l'associazione de qua e' stata in grado di infiltrarsi negli stessi organi dello Stato, condizionandone l'operato, come verificatosi in relazione alla figura dell'Assistente Capo della Polizia di Stato (OMISSIS). Ed ancora. Il fenomeno malavitoso ha determinato anche un pervasivo inquinamento dell'economia legale, come dimostrato dai reati economici, societari e fallimentari contestati nei capi da G1 a G13, come anche dai delitti di riciclaggio e contraffazione di valute descritti nei capi d'imputazione da H1 ad H5, tutti volti a frustrare il ruolo rivestito dallo Stato come garante della concorrenza e promotore di equi rapporti economici e sociali. Fermo quanto precede, nella fattispecie la Corte territoriale, senza alcuna contraddizione logica o dogmatica, ha "ravvisa(to) da un lato la sussistenza di plurimi e convergenti indicatori della "gemmazione" e del perdurante collegamento della associazione di cui al capo A1 con l'associazione mafiosa nota come i (OMISSIS), fatto sociale e criminale cristallizzato in plurime sentenze irrevocabili e, dall'altro, anche quella costante esteriorizzazione del metodo mafioso..." ai fini del controllo del territorio. E, in relazione a detto controllo, la Corte territoriale ha ricordato che lo stesso non va inteso come assoggettamento di ogni singola "casa" e suoi occupanti, bensi' come visibilita' pubblica della presenza, della sua natura, dei suoi scopi, dei suoi metodi violenti ed intimidatori, requisiti tutti sussistenti nella associazione di cui al capo A1, nota ai cittadini, argomento di titoli di stampa ed oggetto di dibattito politico gia' nel 2006 in occasione della rielezione del Sindaco (OMISSIS). Conclusivamente deve riconoscersi la configabilita' del reato di cui all'articolo 416-bis c.p. in presenza di un'articolazione territoriale di una mafia storica (nella specie, la delocalizzazione del Clan dei (OMISSIS)), allorche' la stessa, per effetto del collegamento organico-funzionale con la casa-madre, dotato del carattere della riconoscibilita' esterna e non limitato, pertanto, a forme di collegamento che si consumino soltanto al suo interno sul piano dell'adozione di moduli organizzativi e di rituali di adesione, si avvalga - come avvenuto nella fattispecie - di una forza di intimidazione intrinseca che, pur non necessitando di forme eclatanti di esteriorizzazione del metodo mafioso, non consiste nella mera potenzialita', non esercitata e quindi meramente presuntiva, dell'impiego della forza, ma nella spendita e dall'ostentazione di una vera e propria fama criminale ereditata dalla predetta casa-madre (Sez. 1, n. 51489 del 29/11/2019, Albanese, Rv. 277913 - 01). 2.2. Con riferimento, poi, ai requisiti necessari per ritenere integrato il reato di partecipazione ad associazione a delinquere di stampo mafioso, va ricordato il risalente insegnamento della giurisprudenza di legittimita', secondo cui la condotta puo' essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalita' di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi la appartenenza nel senso indicato, purche' si tratti di indizi gravi e precisi - tra i quali, esemplificando, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di "osservazione" e "prova", l'affiliazione rituale, l'investitura della qualifica di "uomo d'onore", la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici, e pero' significativi "facta concludentia", idonei senza alcun automatismo probatorio a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall'imputazione (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231670 - 01; in tal senso, piu' di recente, Sez. 5, n. 45840 del 14/06/2018, M., Rv. 274180 - 01). Da ultimo, le Sezioni unite hanno ribadito che la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa dell'associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua messa a disposizione in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889 - 01), e che l'affiliazione rituale puo' costituire grave indizio della condotta partecipativa, ove la stessa risulti, sulla base di consolidate e comprovate massime d'esperienza e degli elementi di contesto che ne evidenzino serieta' ed effettivita', espressione di un patto reciprocamente vincolante e produttivo di un'offerta di contribuzione permanente tra affiliato ed associazione. Tra gli indici valutabili in tal senso dal giudice, vanno inclusi la qualita' dell'adesione ed il tipo di percorso che l'ha preceduta, la dimostrata affidabilita' criminale dell'affiliando, la serieta' del contesto ambientale in cui la decisione e' maturata, il rispetto delle forme rituali, con riferimento, tra l'altro, ai poteri di chi propone l'affiliando, di chi lo presenta e di chi officia il rito, la tipologia del reciproco impegno preso e la misura della disponibilita' pretesa od offerta. E cosi', la partecipazione non si esaurisce ne' in una mera manifestazione di volonta' unilaterale ne' in una affermazione di status; essa, al contrario, implica un'attivazione fattiva a favore della consorteria che attribuisca dinamicita', concretezza e riconoscibilita' alla condotta che si sostanzia nel "prendere parte". L'opera di concretizzazione giurisprudenziale del significato della locuzione normativa "fa parte" di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 1, non puo' pertanto lasciare spazio ad ipotesi di identificazione della condotta punibile che risultino del tutto svincolate dalla verifica di un contributo, anche in forme atipiche, ma effettivo, concreto e visibile reso dal partecipe alla vita dell'organizzazione criminosa: verifica che, nella fattispecie, nei confronti degli imputati condannati per il reato associativo e' stato correttamente connpiutok ed il relativo scrutinio ha sortito esito positivo. 2.3. Quanto ai limiti del sindacato di legittimita' sulla motivazione, la novella codicistica, introdotta con la L. 20 febbraio 2006, n. 46 (che ha riconosciuto la possibilita' di deduzione del vizio di motivazione anche con il riferimento ad atti processuali specificamente indicati nei motivi di impugnazione), non ha mutato la natura dl giudizio di cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimita' a critica vincolata, sicche' gli atti eventualmente indicati, che devono essere specificamente allegati per soddisfare il requisito di autosufficienza del ricorso, devono contenere elementi processualmente acquisiti, di natura certa ed obbiettivamente incontrovertibili, che possano essere considerati decisivi in rapporto esclusivo alla motivazione del provvedimento impugnato e nell'ambito di una valutazione unitaria, devono pertanto essere tali da inficiare ex se la struttura logica del provvedimento stesso. 2.3.1. Resta, comunque, esclusa per la Corte di legittimita' la possibilita' di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali (conversazioni intercettate o contenuti dichiarativi) o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilita' delle fonti di prova. Va, infatti,, ribadito che, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, esula dai poteri del giudice di legittimita' quello della âEuroËœrilettura' degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e', in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita' la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu' adeguata, valutazione delle risultanze processuali (cfr., Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 - 01; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, dep. 2004, Elia, Rv. 229369 - 01). La Corte di legittimita', infatti, non puo' sostituire una propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedent gradi di giudizio, dovendo saggiare la tenuta logica della pronuncia sottoposta alla sua cognizione senza oltrepassare i limiti di un accertamento della coerenza strutturale della sentenza in se' e per se' considerata, accertamento che deve necessariamente condursi alla stregua degli stessi parametri valutativi che genel:icamente le danno corpo, ancorche' questi siano, in ipotesi, sostituibili da altri. L'indagine sul discorso giustificativo della decisione impugnata, pertanto, ha un orizzonte percettivo delimitato al riscontro dell'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari temi ivi apprezzati, non potendosi mai sovrapporre nella verifica dell'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si e' giovato per sostenere il suo convincimento o della loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Si e' poi ulteriormente precisato che la modifica dell'articolo 606 c.p.p., lettera e) per effetto della L. n. 46 del 2006 non consente alla Corte di legittimita' di sovrapporre la propria valutazione a quella gia' effettuata dai giudici di merito, mentre comporta che la rispondenza delle dette valutazioni alle acquisizioni processuali puo' essere dedotta nella specie del cosiddetto travisamento della prova, a condizione che siano pero' indicati in maniera specifica e puntuale gli atti rilevanti e sempre che la contraddittorieta' della motivazione rispetto ad essi sia percepibile "ictu oculi", dovendo il sindacato di legittimita' al riguardo essere limitato ai rilievi di macroscopica evidenza, senza che siano apprezzabili minime incongruenza o differenti opinabili interpretazioni di contesti intercettivi o dichiarativi (cfr., Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2006, Francia, Rv. 234099 - 01; Sez. 4, n. 35683 del 10/07/2007, Servidei, Rv. 237652 - 01). Questa Suprema Corte, infatti, con orientamento (Sez. 6, n. 19710 del 03/02/2009, Buraschi, Rv. 243636 - 01; Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018 - 01) che il Collegio condivide e ribadisce, ritiene che, in presenza della c.d. "doppia conforme", ovvero di una doppia pronuncia di eguale segno (nel caso degli odierni ricorsi, riguardante l'affermazione di responsabilita'), il vizio di travisamento della prova puo' essere rilevato in sede di legittimita' solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l'argomento probatorio asseritamente travisato e' stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado. Nel caso di specie, la Corte di appello (che ha pressoche' integralmente confermato - salvo una valutazione circostanziale ed una rivisitazione classificatoria di taluni episodi - la decisione di condanna di primo grado) ha riesaminato e valorizzato lo stesso compendio probatorio gia' sottoposto al vaglio del Tribunale e, dopo avere preso atto delle censure degli appellanti, e' giunta, nella quasi totalita' dei casi, alla medesima conclusione in termini di sussistenza della responsabilita' degli imputati o di insussistenza dei vizi evidenziati con i motivi di gravame, reiterati con i motivi di ricorso che ripercorrono le doglianze gia' incensurabilmente disattese dalla Corte distrettuale. 2.3.2. In relazione poi al tema della omessa motivazione in ordine agli argomenti dedotti con i motivi di gravame, si richiama l'orientamento che ritiene essenziale la valutazione complessiva della intera motivazione, al fine di scrutinare se dal contesto della stessa possa evincersi l'implicita reiezione degli argomenti critici proposti all'attenzione della giurisdizione di merito (cfr., Sez. 3, n. 23097 del 08/05/2019, Capezzuto, Rv. 276199 - 01; Sez. 1, n. 26536 del 24/06/2020, Cilio, Rv. 279578 - 01). 2.4. Con riferimento, poi, all'ulteriore delicato tema della valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia con riferimento alle chiamate in reita' o correita', il Collegio condivide i ripetuti insegnamenti di questa Suprema Corte (cfr., Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, Campo, Rv. 276744 - 01; Sez. 2, n. 10255, del 29/11/2019, dep. 2020, Fasciani, non massimata sul punto), secondo cui i riscontri dei quali necessita la narrazione, possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che sia indipendente dalla fonte che tende a confortare e a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioe' riguardare non soltanto il fatto-reato, ma anche la riferibilita' dello stesso all'imputato, mentre non e' richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova "autosufficiente" perche', in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correita' (v. precedenti conformi: Sez. 6, n. 45733 del 11/07/2018, P., Rv. 274151 - 01; Sez. 4, n. 5821 del 10/12/2004, dep. 2005, Alfieri, Rv. 231301 - 01; Sez. 1, n. 1263 del 20/10/2006, dep. 2007, Alabiso, Rv. 235800 - 01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260607 - 01). 2.4.1. Come detto, "... gli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilita'", i c. d. riscontri esterni, ben possono essere costituiti anche da altre chiamate in correita' o in reita' (giacche' la lettera del comma 3 dell'articolo 192 indica solo "altri" elementi che ne confermino l'attendibilita', non gia' "altri e diversi" elementi, come certa dottrina auspicherebbe), purche' resti accertato in fatto che la convergenza non sia frutto di collusioni o di reciproche nefande influenze. Quanto alla convergenza, il Collegio condivide il consolidato orientamento di legittimita' in forza del quale si afferma che essa non deve essere assoluta, poiche' non puo' pretendersi che dichiarazioni provenienti da diversi soggetti, soprattutto se articolate, siano sovrapponibili, ma la convergenza deve riguardare gli elementi essenziali del thema probandum (gia' Sez. 5, n. 9001 del 15/06/2000, Madonia, Rv. 217729 - 01, affermava che i riscontri esterni della chiamata in correita' possono essere ricavati anche da una pluralita' di chiamate convergenti; il requisito della convergenza tuttavia non va inteso come piena sovrapponibilita' delle diverse chiamate - che sarebbe, oltretutto, sospetta -, ma come concordanza dei nuclei essenziali delle dichiarazioni, in relazione al "thema decidendum", dovendo piuttosto il giudice verificare che tale consonanza non sia frutto di condizionamenti, collusioni e reciproche influenze). Corrisponde, infatti, a condivise massime di esperienza che, dello stesso accadimento naturalistico, ciascun osservatore registra e percepisce cio' che piu' lo colpisce e, soprattutto, ognuno lo "legge", lo registra in memoria e lo richiama nel ricordo, secondo categorie cognitive e mnesiche sue proprie, cogliendo altresi' nel fatto storico catalogato nella memoria l'elemento che maggiormente lo ha interessato. E', quindi, illusorio andare alla ricerca della "prova perfetta", per la assoluta consonanza delle distinte narrazioni di un fatto. Il lettore giudiziario dei fatti-reato deve, invece, ricercare e persuadersi della convergenza logica del possibile, dovendo entrare in allerta solo a fronte di divergenze tali da metter in crisi la stessa plausibilita' del narrato da riscontrare. Le eventuali discordanze su aspetti non centrali della narrazione possono dunque, in alcuni casi, addirittura attestare la reciproca autonomia delle distinte dichiarazioni, in quanto fisiologiche per la disarmonia normalmente presente in racconti di soggetti diversi, come la storicizzata ermeneusi di questa Suprema Corte ha gia' affermato in tempi non recenti (Sez. 1, n. 2328 del 14/04/1995, Carbonaro, Rv. 201294 - 01) e "...la eventuale sussistenza...di smagliature e discrasie, anche di un certo peso, rilevabili tanto all'interno di dette dichiarazioni quanto nel confronto tra di esse, non implica, di per se', il venir meno della sostanziale affidabilita' quando, sulla base di adeguata motivazione, risulti dimostrata la complessiva convergenza nei rispettivi nuclei fondamentali..." (Sez. 6, n. 6422 del 18/02/1994, Goddi, Rv. 197854 - 01), mentre "...l'esigenza di convergenza e di concordanza fra le dichiarazioni accusatorie provenienti da diversi soggetti...in funzione di reciproco riscontro tra le dichiarazioni stesse, non puo' essere spinta al punto da pretendere che queste ultime siano totalmente sovrapponibili fra di loro, in ogni particolare spettando, invece pur sempre al Giudice il potere-dovere di valutare, dandone atto in motivazione, se eventuali discrasie possano trovare plausibile spiegazione in ragioni diverse da quelle ipotizzabili nel mendacio di uno o piu' fra i dichiaranti..." (Sez. 1, n. 1489 del 06/04/1993, Cafari, Rv. 193984 - 01). Tali criteri ermeneutici la Corte di merito ha adeguatamente e ampiamente valorizzato nel giudizio di conferma della decisione di primo grado. 2.4.2. Ne', in relazione alla presente fase, puo' trascurarsi il fatto che il sindacato di legittimita' sulla valutazione della chiamate in correo non consente il controllo sul significato concreto di ciascuna dichiarazione e di ciascun elemento di riscontro, perche' un tale esame invaderebbe inevitabilmente la competenza esclusiva del giudice di merito, potendosi solo verificare la coerenza logica delle argomentazioni con le quali sia stata dimostrata la valenza dei vari elementi di prova, in se stessi e nel loro reciproco collegamento (Sez. 5, n. 2086 del 17/09/2009, Lucchese, Rv. 245729 - 01). La violazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 3, non puo' quindi essere dedotta in sede di legittimita' ne' quale violazione di legge ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), ne' ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), non essendo prevista a pena di nullita', inutilizzabilita', inammissibilita' o decadenza, ma puo' essere fatta valere soltanto nei limiti indicati dalla lettera e) della stessa norma, ossia come mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti specificamente indicati nei motivi di gravarne (Sez. 6, n. 4119 del 30/04/2019, Romeo Gestioni, Rv. 278196 - 02). 2.5. Ulteriore doverosa premessa, alla luce del tenore dei numerosi comuni motivi svolti, attiene al fatto che questa Suprema Corte ha gia' chiarito che non e' consentito il motivo con il quale si deduca la violazione dell'articolo 192 c.p.p., anche se in relazione all'articolo 125 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), per censurare l'omessa od erronea valutazione di ogni elemento di prova acquisito o acquisibile, in una prospettiva atomistica ed indipendentemente da un raffronto con il complessivo quadro istruttorio, in quanto i limiti all'ammissibilita' delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), nella parte in cui consente di dolersi dell'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullita' (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027 - C)4). D'altro canto, per quel che concerne il significato da attribuire alla locuzione "oltre ogni ragionevole dubbio" presente nel testo novellato dell'articolo 533 c.p.p. quale parametro cui conformare la valutazione inerente all'affermazione di responsabilita' dell'imputato, e' opportuno evidenziare che, al di la' dell'icastica espressione, mutuata dal diritto anglosassone, ne costituiscono fondamento il principio costituzionale della presunzione di innocenza e la cultura della prova e della sua valutazione, di cui e' permeato il nostro sistema processuale. Si e', in proposito, esattamente osservato che detta espressione ha una funzione meramente descrittiva piu' che sostanziale, giacche', in precedenza, immanente nel nostro ordinamento costituzionale ed ordinario (tanto da essere gia' stata adoperata dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema - per tutte, Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002, Franzese, Rv. 222139 - 01 - e solo successivamente recepita nel testo novellato dell'articolo 533 c.p.p.), secondo cui la condanna e' possibile soltanto quando vi sia la certezza processuale assoluta della responsabilita' dell'imputato (cfr., Sez. 2, n. 19575 del 21/04;2006, Serino, Rv. 233785 - 01; Sez. 2, n. 16357 del 02/04/2008, Crisiglione, Rv. 239795 - 01). In argomento, si e' anche affermato (Sez. 2, n. 7035 del 09/11/2012, dep. 2013, De Bartolomei, Rv. 254025 - 01) che "la previsione normativa della regola di giudizio dell'"al di la' di ogni ragionevole dubbio", che trova fondamento nel principio costituzionale della presunzione di innocenza, non ha introdotto un diverso e piu' restrittivo criterio di valutazione della prova ma ha codificato il principio giurisprudenziale secondo cui la pronuncia di condanna deve fondarsi sulla certezza processuale della responsabilita' dell'Imputato". 2.6. Altro tema meritevole di trattazione generale riguarda la valutazione del contenuto di intercettazioni telefoniche o ambientali. Gli indizi raccolti in tale ambito possono costituire fonte diretta di prova della colpevolezza dell'imputato e non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni, qualora siano gravi, precisi e concordanti, fermo restando che l'interpretazione del linguaggio e del contenuto delle singole conversazioni costituisce una questione di fatto, che e' rimessa alla valutazione del giudice di merito, che si sottrae al sindacato di legittimita', se motivata in conformita' ai criteri della logica e delle massime di esperienza, alla verifica dei quali questo Collegio si deve attenere rigorosamente (cfr., Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258164 - 01; Sez. 6, n. 15396 del 11/12/2007, dep. 2008, Sitzia, Rv. 239636 01). Ne discende che non e' possibile operare una reinterpretazione complessiva del contenuto di tali conversazioni in sede di legittimita', sulla scorta di quanto tendenzialmente prospettato dalle parti ricorrenti, essendo una tale operazione di ermeneutica processuale preclusa a questo Collegio, conformemente al seguente principio di diritto: "In materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita' se non nei limiti della manifesta illogicita' ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite" (Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784 - 01; si veda anche, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 6, n. 11794 del 11/02/2013, Melfi, Rv. 254439 - 01). In questo contesto, occorre ribadire il consolidato principio di diritto secondo il quale, a seguito della riformulazione normativa dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), mentre e' consentito dedurre con il ricorso per cassazione il vizio di travisamento della prova, non e' consentito dedurre il vizio di travisamento del fatto, stante la preclusione per il giudice di legittimita' di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella che e' stata compiuta nei giudizi di merito. Se cosi' non fosse, si domanderebbe a questa Corte il compimento di un'operazione estranea al giudizio di legittimita', come quella della reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (cfr., Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, Belluccia, Rv. 244623 - 01; Sez. 4, n. 21602 del 17/04/2007, Ventola, Rv. 237588 - 01). Discorso, questo, che vale anche con riferimento alla lettura del contenuto delle conversazioni e delle comunicazioni captate durante le indagini preliminari, rispetto alle quali l'interpretazione delle frasi e del linguaggio usato dai soggetti interessati a quelle intercettazioni costituisce una questione esclusivamente fattuale, rimessa all'apprezzamento del giudice di merito, che si sottrae al giudizio di legittimita' se e nella misura in cui le valutazioni effettuate dai giudici di merito risultano logiche e coerenti in rapporto alle massime di esperienza utilizzate per l'interpretazione di tali captazioni. Sul punto, allo scopo di circoscrivere con maggiore puntualita' gli ambiti di intervento del giudice di legittimita' in relazione all'operazione di ermeneutica processuale compiuta dai Giudici di merito sui risultati delle intercettazioni ambientali censurate, si ritiene utile richiamare il seguente principio di diritto: "In tema di valutazione della prova, con riferimento ai risultati delle intercettazioni di comunicazioni, il giudice di merito deve accertare che il significato delle conversazioni intercettate sia connotato dai caratteri di chiarezza, decifrabilita' dei significati e assenza di ambiguita', di modo che la ricostruzione del significato delle conversazioni non lasci margini di dubbio sul significato complessivo della conversazione" (Sez. 6, n. 29530 del 03/05/2006, Rispoli, Rv. 235088 - 01; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche, Sez. 5, n. 48286 del 12/07/2016, Cigliola, Rv. 268414 - 01). Questa posizione ermeneutica e' stata ulteriormente ribadita dalle Sezioni unite, che, nel solco della giurisprudenza di legittimita' che si e' richiamata, hanno affermato il seguente principio di diritto: "In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita'" (Sez. U, n. 22741 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 - 01). 2.7. Infine, va evidenziato come, per giurisprudenza assolutamente consolidata, deve ritenersi inammissibile il ricorso fondato su motivi di doglianza che si limitano a riproporre pedissequamente quelli avanzati in sede di gravame ed ivi adeguatamente superati. Detti motivi - nella specie assai frequentemente riproposti - sono da ritenersi del tutto aspecifici, in quanto soltanto apparenti finendo per omettere di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso. 3. Ricorso di (OMISSIS). 3.1. Manifestamente infondati sono i primi due collegati motivi di ricorso, perche', oltre a presentare profili di aspecificita', non si confrontano adeguatamente con le argomentazioni della Corte territoriale attinenti essenzialmente al merito della decisione impugnata. La Corte territoriale ha riconosciuto come il (OMISSIS) si sia personalmente speso a favore del sodalizio criminale, fornendo la propria permanente "messa a disposizione" a sostegno dell'associazione innanzitutto per realizzare comprovate azioni violente che necessitavano al sodalizio, rendendo evidente la propria affectio societatis. In tal senso, a proposito della disponibilita' offerta dall'imputato alla commissione di attivita' violente, la Corte territoriale richiama le convergenti dichiarazioni di (OMISSIS) e di (OMISSIS): il primo ha riferito che il (OMISSIS) era incaricato dal (OMISSIS) di occuparsi delle intimidazioni e che, per realizzare quanto delegatogli, era in grado di mettere a disposizione interi gruppi di persone; la (OMISSIS), da parte sua, ha riferito che lo stesso (OMISSIS) si vantava con (OMISSIS) di essere in grado di risolvere ogni cosa con la violenza e si metteva in tale veste a disposizione di lui. Ma il contributo del ricorrente non si e' esaurito in questo, avendo costui altresi' svolto le funzioni di "braccio destro" del (OMISSIS), svolgendo l'attivita' di amministratore per un elevato numero di societa' (v. pagg. 121 e ss. della sentenza di primo grado). Al riguardo, si e' affermato come "l'attivita' di amministratore di societa' da svuotare ed avviare al fallimento... non e' l'attivita' di un amministratore maldestro o sfortunato, ma e' stata concepita e realizzata insieme al (OMISSIS): significativa, tra le altre, l'intercettazione menzionata a pag. 620 della sentenza di primo grado, laddove (OMISSIS) e (OMISSIS) discutono della necessita' di trovare prestanome fidati e (OMISSIS) commenta con (OMISSIS) "vedono che e' un sistema. Un sistema che stiamo facendo noi". La c.d. attivita' di recupero crediti e' stata delegata dal (OMISSIS) al (OMISSIS) perche' questi "sa cosa dire" (intercettazione del 24/01/2011...) e lo stesso (OMISSIS), nel rapportarsi con (OMISSIS), commenta il metodo che usera' per convincere il debitore di (OMISSIS) a pagare: "io ho le mie usanze. lo vado la', sono abituato a parlare. Tre parole per fargli capire" (intercettazione del 21/01/2012...). Dunque, (OMISSIS) faceva evidentemente riferimento, e a cio' gli bastavano "tre parole", alla forza di intimidazione del sodalizio del quale faceva parte, con una condotta partecipativa di livello prossimo a quello degli organizzatori, come del resto emerge da altre condotte significative di una vicinanza rilevante al capo (OMISSIS)...". 3.2. Manifestamente infondato e' il terzo motivo. Il diniego del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e' stato giustificato sulla base di molteplici motivazioni: innanzitutto, in considerazione del curriculum criminale dell'imputato, avendo lo stesso riportato condanne per diversi gravi reati dal 1992 al 2010 (tra questi, favoreggiamento personale, violazione delle norme in materia di lavoro, ricettazione, reati tributari, sottrazione di cose sottoposte a pignoramento, estorsione) ed essendo stato anche coinvolto nell'attivita' di sfruttamento della prostituzione nella zona del (OMISSIS), rapportandosi con organizzazioni criminali concorrenti a partire dal 2012, anno in cui e' stato incaricato dal (OMISSIS) di comporre i contrasti tra due gruppi contrapposti operanti in quel settore con l'autorita' che gli veniva conferita dal rappresentante del sodalizio mafioso. Poi, e' stato valorizzato il numero e la gravita' delle condotte poste in essere nonche' la lunga durata e la dimostrata poliedricita' della sua militanza in seno all'associazione ("un altro (OMISSIS) non lo troveremo mai... quello pure che firmava 50.000 cambiali", nelle parole intercettate del (OMISSIS)). Si e' cospetto di una motivazione ampiamente giustificata. Invero, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimita', al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche, il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 - 02). 4. Ricorso di (OMISSIS). 4.1. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il primo motivo. La Corte territoriale, dopo aver rilevato come l'imputato non abbia contestato ne' il giudizio di attendibilita' delle fonti di prova, ne' i passaggi della sentenza di prime cure nei quali la forza persuasiva delle fonti di prova e' stata positivamente argomentata, ha evidenziato come nei confronti del (OMISSIS), la prova della responsabilita' non sia stata tratta solo sulla base delle generiche dichiarazioni dei collaboratori, bensi' anche sul riscontro costituito dalle attivita' svolte dall'imputato a favore del sodalizio in ben cinque societa' a servizio del gruppo, con la consapevolezza di essere a cio' deputato dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS). Di tal che, si afferma che "intestarsi quote societarie o addirittura svolgere l'incarico di amministratore di societa' che devono essere sistematicamente svuotate per portare denaro all'associazione... costituisce attivita' partecipativa, dal momento che quanto posto in essere contribuisce in maniera determinante al finanziamento e alla sussistenza del sodalizio". 4.2. Manifestamente infondato e' il secondo motivo. La censura, in relazione al capo G9 contesta la sussistenza degli elementi integrativa dell'aggravante del "metodo mafioso". Trattasi di doglianza del tutto eccentrica in quanto, in relazione al fatto di cui al capo G9 e' stata contestata e ritenuta la diversa aggravante dell'agevolazione mafiosa. 5. Ricorso di (OMISSIS). 5.1. Infondato e' l'unico motivo. Ritiene il Collegio come la valutazione dei giudici del merito sia stata conforme nel ritenere decisivi, ai fini della responsabilita' del ricorrente, gli esiti dell'attivita' intercettiva, nonche' le dichiarazioni rilasciate dalle persone offese (OMISSIS) e (OMISSIS), soci con (OMISSIS) (sorella del primo e moglie del secondo) dell'agenzia immobiliare (OMISSIS) s.r.l., le cui vetrine furono attinte da colpi di arma da fuoco la notte del (OMISSIS), evento a seguito del quale venne arrestato (OMISSIS). La Corte territoriale evidenzia che le fonti di prova non sono costituite solo dalle dichiarazioni delle vittime, svolgendo ruolo fondamentale le intercettazioni (v. pagg. 320-324 della sentenza impugnata). Scrivono i giudici di appello: " (OMISSIS) ha condiviso e rinforzato il proposito criminoso di (OMISSIS) e correi e ha concorso personalmente alla prospettazione alle persone offese che le intimidazioni ricevute erano condivise da un "gruppo", un sodalizio con specifiche caratteristiche, capacita', uomini e mezzi per attuare violenza contro cose o persone...". Con specifico riferimento alla partecipazione all'incontro del (OMISSIS), che pacificamente va letto come estremo tentativo di piegare l'altrui volonta' dopo le minacce profferite, gia' la sentenza di primo grado ha ricostruito l'apporto materiale e psichico dello (OMISSIS), concludendo che "la risata di (OMISSIS) nel corso della telefonata 09/08/2002 con (OMISSIS), dopo aver sentito le minacce che erano state rivolte a (OMISSIS), non puo' ragionevolmente avere alcun altro significato che quello di ulteriore piena adesione al tentativo di estorsione aggravata... proprio perche' e' lo stesso (OMISSIS) che ha ammesso di sapere che (OMISSIS) recuperava i suoi soldi con le buone o con le cattive; nel corso di quella telefonata (OMISSIS) non solo non si e' dissociato rispetto alle minacce ma nemmeno ha espresso stupore o incredulita' o percezione di un contesto di inverosimiglianza o ridicolaggine (OMISSIS) era socio della subappaltatrice (OMISSIS) ed era dunque interessato anche personalmente e direttamente al recupero del denaro da parte della (anche) sua societa'... dopo l'incontro infruttuoso e' stato proprio (OMISSIS) a informare (OMISSIS) dell'esito vano ossia del fatto che le sue minacce non avevano sortito il risultato sperato...". La pronuncia si pone cosi' in linea coerente con l'arresto giurisprudenziale secondo cui "ai fini della configurabilita' del concorso di persone nel delitto di estorsione e' sufficiente anche la semplice presenza, purche' non meramente casuale, sul luogo della esecuzione del reato, quando sia servita a fornire all'autore del fatto stimolo all'azione o maggior senso di sicurezza nel proprio agire, palesando chiara adesione alla condotta delittuosa" (Sez. 2, n. 28895 del 13/07/2020, Massaro, Rv. 279807 - 01). (OMISSIS) - precisano i giudici di appello - "non risponde per posizione, nelle sue asserite vesti di ignaro sottoposto e braccio destro di (OMISSIS) (...) risulta dalle telefonate con (OMISSIS) che e' stato a conoscenza delle minacce rivolte alle vittime e del fine cui le stesse erano preordinate, ha aderito moralmente al progetto criminoso, ha fatto propria la volonta' estorsiva di (OMISSIS) e si e' prestato a contribuire alla pressione intimidatrice "anche numerica" del gruppo incaricato dell'ultimo tentativo di recupero credito (del 19/08/2002) che ha preceduto la sparatoria del 30/08/2002, nella piena consapevolezza del fatto che l'incontro era stato preceduto dalle esplicite minacce di (OMISSIS)... e del fatto che il committente dei lavori asseritamente impagati era la subappaltante (OMISSIS) di (OMISSIS), non certo la (OMISSIS) o la (OMISSIS)". Deve trovare allora applicazione il principio costantemente affermato da codesta Suprema Corte, secondo cui: "Il vizio di travisamento della prova puo' essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta "doppia conforme", sia nell'ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contradaittorio delle parti" (cosi', Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018 - 01; v. anche, Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, Tassoni, Rv. 280155 - 01; Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, M., Rv. 283777 - 01). Ne deriva l'infondatezza del vizio denunciato, giacche' non ricorre ne' la prima ipotesi, posto che non vi e' alcun dato rilevante esaminato solo dal giudice di appello e non dal primo giudice, ne' la seconda, atteso che alcuna macroscopica o manifesta distorsione valutativa della realta' probatoria emerge dalle sentenze di merito. 6. Ricorso di (OMISSIS). 6.1. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il primo motivo. Invero, entrambe le decisioni rese dai giudici del merito appaiono coerenti rispetto al recentissimo insegnamento di questa Suprema Corte, secondo cui la commissione del reato in tempo di notte puo' integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, l'aggravante della cd. minorata difesa, "sempre che sia stata raggiunta la prova che la possibilita' di pubblica o privata difesa ne sia rimasta in concreto ostacolata e che ne ricorrano circostanze ulteriori, di qualunque natura, idonee a neutralizzare il predetto effetto" (Sez. U, n. 40275 del 15/07/2021, Cardellini, Rv. 282095 - 01). Dalle intercettazioni ambientali (in particolare quella del 2 marzo 2015) che vedono coinvolto l'odierno ricorrente, infatti, emerge che le modalita' esecutive programmate dai correi prevedevano di approfittare dell'oscurita' notturna per raggiungere la casa e penetrare attraverso il varco del portone del garage aperto con privata difesa minorata per assenza del padrone di casa e presenza all'interno di persone dormienti, fra cui almeno un minore. Prive di pregio debbono considerarsi, inoltre, le censure difensive volte ad escludere la sussistenza nel caso di specie dell'aggravante de qua facendo leva sulla presenza in loco delle forze di polizia. Trattasi di un elemento fattuale debitamente considerato dalla Corte territoriale, la quale ne esclude la rilevanza alla luce di una valutazione globale e non atomistica. Invero, il contesto esecutivo prescelto, in piena notte, con ampi spazi aperti e vie di fuga, prova che anche la difesa pubblica era concretamente ostacolata, tanto e' vero che anche il pedinamento dei correi (OMISSIS) e (OMISSIS) e' stato reso piu' difficile dall'oscurita'. 6.2. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il secondo motivo. Occorre subito dire che, secondo un orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Suprema Corte "La circostanza aggravante dell'essere stato il delitto commesso alla presenza del minore, nelle ipotesi previste dall'articolo 61 c.p., n. 11-quinquies, e' configurabile tutte le volte in cui il minore degli anni diciotto percepisca la commissione del reato, anche quando la sua presenza non sia visibile all'autore dello stesso, sempre che questi ne abbia la consapevolezza ovvero avrebbe dovuto averla usando l'ordinaria diligenza" (cfr., ex multis, Sez. 1, n. 44965 del 25/06/2018, R., Rv. 274027 - 01). Tale principio risulta correttamente declinato nel caso di specie dal giudice d'appello, atteso che la prova della consapevolezza (o quanto meno della conoscibilita' attraverso l'uso dell'ordinaria diligenza) da parte di (OMISSIS) circa la presenza nell'abitazione di minore e' correttamente desunta dall'intercettazione ambientale del 2 marzo 2015. Dalla stessa emerge che la rapina commessa in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS) ai danni della persona offesa (OMISSIS) sia stata preceduta da un attento sopralluogo effettuato dallo stesso (OMISSIS) (alias " (OMISSIS)" nell'intercettazione citata), il quale riferiva ai correi gli orari in cui la vittima e i familiari (tra cui venivano indicati con precisione i figli minori del (OMISSIS)) potevano trovarsi nella villa. 6.3. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il terzo motivo. Nelle conversazioni intercettate in cui l' (OMISSIS) si relaziona con il (OMISSIS), i dialoghi hanno ad oggetto una rapina per la quale e' necessario l'apporto di un membro del sodalizio facente capo al (OMISSIS), che per cio' solo -a diritto alla meta' del provento. Si tratta di un'operazione che, nelle intenzioni, deve consentire in un colpo solo un importante flusso di denaro nelle casse del gruppo e proprio per tale ragione (OMISSIS) se ne occupa in prima persona. In particolare, si afferma la necessita' di "uno che ha coraggio", "che ha un po' di esperienza" e che porti con se' l'arma. Ed e' lo stesso (OMISSIS) che, in presenza dell' (OMISSIS), dice che non serve null'altro, sebbene il (OMISSIS) metta subito in (OMISSIS) che ci vogliono tre persone di fiducia, gente che non si faccia prendere dal panico, uno che se lo prendono non faccia i nomi: sangue freddo, professionalita' ed omerta'. Ed e' lo stesso (OMISSIS) che elogia i suoi uomini definiti quali "camorristi e mafiosi". Osserva la Corte territoriale come "non ha alcun fondamento l'osservazione secondo cui (OMISSIS) in quel momento non era in grado di rendersi conto della veridicita' dell'affermazione del (OMISSIS), sia perche' proprio (OMISSIS) viene scelto come interlocutore per l'operazione in ragione della sua nota disponibilita' di uomini e mezzi per perpetrare delitti di tale gravita' sia perche' e' risaputo che solo grazie a (OMISSIS) e (OMISSIS), il trio operativo disporra' di un'arma necessaria per minacciare le persone offese e farsi aprire le cassaforti. Nel 2015 la notorieta' di (OMISSIS) e' diffusa nel territorio del litorale veneziano e dell'entroterra e quel che (OMISSIS) (ndr., che e' in Italia da tempo e dimostra di conoscere la lingua italiana a sufficienza) puo' non sapere, glielo spiega esplicitamente e chiaramente proprio (OMISSIS), che avanti a lui rivendica la matrice camorristica e mafiosa sua e dei suoi uomini. Gente che se viene arrestata non fa nomi, non tradisce". 6.4. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il quarto motivo. La Corte territoriale riconosce che l'oggetto della "contrattazione" con (OMISSIS), oltre alla spartizione del sodalizio e' proprio l'apporto dell'associazione di almeno un sodale nella fase esecutiva: persona che, dalla intercettazione del 24 marzo 2015, si apprende essere "un camorrista, un mafioso, uno che ha fatto i carri blindati, con la mente allenata a livello di strada... a livello di mafia". La circostanza aggravante prevista dall'articolo 628 c.p., comma 3, n. 3 si concreta nel solo fatto dell'appartenenza del rapinatore ad un sodalizio criminoso del tipo descritto dall'articolo 416-bis c.p. e non richiede che costui per commettere il reato manifesti o faccia intendere alla vittima tale sua qualita' e si avvalga, quindi, della forza intimidatrice di tali associazioni (principio chiarito dalla Suprema Corte gia' da prima che l'emergenza della lotta alla criminalita' organizzata conducesse al varo della normativa di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991: v. Sez. 6, n. 3792 del 26/10/1989, Casaroli, Rv. 183722 - 01); inoltre, ai fini della configurabilita' dell'aggravante de qua, non e' necessario che l'appartenenza dell'agente ad un'associazione di tipo mafioso sia accertata con sentenza definitiva, ma e' sufficiente che tale accertamento sia avvenuto nel contesto del provvedimento di merito in cui si applica la citata aggravante (cfr., Sez. 5, n. 26542 del 08/04/2009, Vatiero, Rv. 244096 - 01; Sez. 1, n. 6533 del 01/02/2012, Santapaola, Rv. 252084 - 01; Sez. 2, n. 33775 del 04/05/2016, Bianco, Rv. 267850 - 01). 6.5. Generico e comunque manifestamente infondato e' il quinto motivo. Lo stesso non si confronta con la puntuale motivazione esposta nella sentenza impugnata, con la quale si giustifica la mancata riduzione della pena nel massimo consentito attraverso argomentazioni del tutto logiche e coerenti con le risultanze processuali (per realizzare un piu' equilibrato bilanciamento di prevalenza "temperata" da numero, peso e qualita' delle aggravanti ricorrenti). Il giudizio espresso e' coerente con l'insegnamento della Suprema Corte che esclude il vizio di contraddittorieta' della motivazione nel caso in cui il giudice, in sede di giudizio di bilanciamento, "pur ritenendo le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, non operi la riduzione di pena nella massima misura possibile in ragione della sussistenza delle aggravanti che continuano a costituire elementi di qualificazione della gravita' della condotta" (Sez. 2, n. 37061 del 22/10/2020, Nunziato, Rv. 280359 - 01; v. anche Sez. 4, n. 48391 del 05/11/2015, Armuzzi, Rv. 265:332 - 01; Sez. 3, n. 13210 del 11/03/2010, Puzzo, Rv. 246820 - 01). 6.6. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il sesto motivo. La Corte territoriale evidenzia come le captate intercettazioni provino il pieno accordo e il sostegno da parte di (OMISSIS) e dei correi al fatto che (OMISSIS) si procurasse e detenesse l'arma in questione fino al momento della prevista rapina. In particolare, si afferma che "la detenzione dell'arma non e' temporalmente coincisa con il suo porto, essendo previsto che uno degli esecutori materiali ne acquisisse la disponibilita' e la tenesse a disposizione del gruppo fino al momento in cui non venisse deciso, come e' stato, il momento piu' propizio per agire". Su queste premesse, il giudice di appello ha evidenziato come gia' il giudice di primo grado avesse riconosciuto la sostanziale irrilevanza della questione dedotta sotto il profilo sanzionatorio, trattandosi di reati meno gravi oggetto di aumenti in continuazione, operando per il capo F4 un solo aumento di mesi sei di reclusione ed Euro 250 di multa (su cui poi e' stata operata la riduzione per il rito) evincendosi, pertanto, come la detenzione dell'arma, pur ritenuta come diversa fattispecie non assorbita, non ha avuto alcuna incidenza sulla determinazione della pena. 6.7. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il settimo motivo. La Corte territoriale ha ritenuto di essere in presenza di fatti oggettivamente gravi, tenuto dei parametri forniti dall'articolo 133 c.p., nonche', soprattutto, della ricorrenza nel caso di specie di plurime circostanze aggravanti ad effetto speciale e a cd. "blindatura forte" (articolo 628 c.p., comma 3, nn. 3 e 3-bis e u.c. e articolo 416-bis.1 c.p.): un contesto, quindi, di assoluta gravita' nei confronti del quale, gia' l'appello aveva omesso di fornire specifica critica confutatoria. 7. Ricorso di (OMISSIS). 7.1. Aspecifici e comunque manifestamente infondati sono i due collegati motivi. Di fatto, la parte sollecita una pronuncia assolutoria ex articolo 129 c.p.p., comma 2, Come e' noto, la richiamata disposizione postula che le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, cosi' che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga piu' al concetto di "constatazione", ossia di percezione ictu oculi, che a quello di "apprezzamento" e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessita' di accertamento o di approfondimento (cfr., Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274 - 01; Sez. 3, n. 6027 del 18/11/2016, dep. 2017, Mazzarol, Rv. 269236 - 01; Sez. 6, n. 10284 del 22/01/2014, Culicchia, Rv. 259445 - 01). Ne consegue che l'imputato ha un preciso onere di dedurre specifici motivi a sostegno della ravvisabilita' in atti - in modo autoevidente e non contestabile di elementi idonei ad escludere la sussistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte sua, la ravvisabilita' dell'elemento soggettivo o la configurabilita' di un illecito penale, affinche' possa immediatamente pronunciarsi sentenza di assoluzione a norma dell'articolo 129 c.p.p., comma 2, ponendosi cosi' rimedio all'errore circa il mancato riconoscimento di tale ipotesi in cui sia incorso il giudice di primo grado. Se, dunque, il ricorso non contenga questi specifici motivi - e operi invece una critica radicale ed approfondita della sentenza impugnata, articolata in motivi che richiedono un'approfondita disamina l'impugnazione e' inammissibile ai sensi del combinato disposto dell'articolo 581, lettera c) (attuale lettera d, a seguito della sostituzione della disposizione intervenuta con L. 23 giugno 2017, n. 103, articolo 1, comma 55) e articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c). La particolare natura della valutazione imposta dall'articolo 129 c.p.p., comma 2, - l'unica nella specie praticabile da parte del giudice dell'impugnazione - esclude, infatti, che possano richiamarsi quei principi, in altre occasioni elaborati da questa Suprema Corte, per affermare che, in tema di impugnazioni, la regola della specificita' dei motivi deve essere interpretata in conformita' del principio di favor impugnationis e deve tenere conto sia del tipo di mezzo proposto sia della consistenza degli argomenti del provvedimento censurato, con la conseguenza che, in caso di appello, attesa la natura del rimedio, i motivi possono anche consistere in un motivato invito alla rilettura delle prove (cfr., Sez. 6, n. 9093 del 14/01/2013, Lattanzi, Rv. 255718 - 01; Sez. 6, n. 3721 del 24/11/2015, dep. 2016, Sanna, Rv. 265827 - 01; Sez. 5, n. 42841 del 26/05/2014, Tarasconi, Rv. 262183 - 01), ponendosi la valutazione della specificita' dei motivi di impugnazione in termini differenti e meno stringenti rispetto a quanto e' necessario per il ricorso per cassazione in ragione del carattere di mezzo di gravame di tipo devolutivo del primo rimedio, atto a provocare un nuovo esame del merito (cfr., Sez. 1, n. 1445 del 14/10/2013, dep. 2014, Spada, Rv. 258357 - 01; Sez. 5, n. 41082 del 19/09/2014, Sforzato, Rv. 260766 - 01; Sez. 5, n. 5619 del 24/11/2014, dep. 2015, Stankovic, Rv. 262814 - 01). Nella presente sede di legittimita', ove risulta interdetto un nuovo e completo, esame del merito della regiudicanda, ai fini della pronuncia de qua occorre il rilevo - da effettuarsi con il metro della mera "constatazione" ictu oculi, piuttosto che di quello di "apprezzamento" che richiede una qualche necessita' di accertamento o di approfondimento - dell'evidenza di alcuna delle cause di proscioglimento nel merito richiamate nell'articolo 129 c.p.p., comma 2: l'impossibilita' dell'indagine ovvero l'esito negativo della stessa come rilevato, deve necessariamente condurre all'esito della declaratoria di inammissibilita' del ricorso. 8. Ricorso di (OMISSIS). 8.1. Manifestamente infondati sono i primi due collegati motivi. L'imputato e' stato condannato per concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso, per attivita' commesse nella qualita' di Sindaco di (OMISSIS) a vantaggio del sodalizio capeggiato dal (OMISSIS). Si e' affermato in giurisprudenza che, ai fini della configurabilita' del reato di scambio elettorale politico-mafioso e' sufficiente un accordo elettorale tra l'uomo politico e l'associazione mafiosa, avente per oggetto la promessa di voti in cambio del versamento di denaro, mentre non e' richiesta la conclusione di ulteriori patti che impegnino l'uomo politico ad operare in favore dell'associazione in caso di vittoria elettorale, sicche', nell'ipotesi in cui tali ulteriori patti vengano conclusi, occorre accertare se la condotta successivamente posta in essere a sostegno degli interessi dell'associazione assuma i caratteri della partecipazione ovvero del concorso esterno all'associazione medesima, configurandosi, oltre il reato sopra indicato, anche quello di cui all'articolo 416-bis c.p. (Sez. 1, n. 19092 del 09/03/2021, Zambetti, Rv. 281410 - 01). Il concorso esterno nel reato di associazione ex articolo 416-bis c.p. e' stato altresi' configurato nell'ipotesi della promessa di un esponente politico di favorire, in cambio del sostegno elettorale, il sodalizio nei futuri rapporti con la pubblica amministrazione, non rilevando peraltro che l'impegno assunto sia stato successivamente rispettato o gli obiettivi dell sodalizio effettivamente raggiunti (cfr., Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231673 - 01; Sez. 2, n. 45402 del 02/07/2018, Lombardo, Rv. 275510 - 02). Perche' si ravvisi concorso esterno nei reati associativi occorre che il concorrente: - sia privo della c.d. affectio societatis e non sia inserito nella struttura organizzativa del sodalizio, del quale altrimenti farebbe parte a pieno titolo come partecipe "interno"; - sia consapevole dei metodi, delle finalita' dell'associazione e dell'efficacia causale del proprio ausilio, contribuendo al consolidamento o anche scio al mantenimento dell'organizzazione; - fornisca, ai fini della conservazione o del rafforzamento dell'associazione, un contributo concreto, specifico, consapevole e volontario, a carattere indifferentemente occasionale o continuativo, dotato di un'effettiva rilevanza causale, e che quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacita' operative del sodalizio o, per le associazioni operanti su larga scala, di un suo particolare settore o ramo d'attivita', o di una sua articolazione territoriale (cfr., Sez. U, n. 22327 del 30/10/2002, dep. 2003, Carnevale, Rv. 224181 - 01; Sez. U, n. 33748/2005, cit.); - pur non richiedendosi la completa realizzazione del risultato illecito finale perseguito dell'associazione, la condotta del concorrente si espliciti in una concreta messa a disposizione dei sodali delle competenze professionali o comunque conoscitive possedute (Sez. 6, n. 32902 del 23/06/2021, Raso, Rv. 281841 - 01); - si rappresenti, nella forma del dolo diretto, l'utilita' del contributo fornito alla societas sceleris, ai fini della realizzazione anche parziale del programma criminoso attraverso l'esecuzione puntuale delle prestazioni richieste. Fermo quanto precede, e' opinione del Collegio come la Corte territoriale abbia fatto piana applicazione di detti principi, riconoscendo innanzitutto come fosse del tutto evidente la consapevolezza da parte del (OMISSIS) delle caratteristiche del sodalizio capeggiato dal (OMISSIS) e della sua presenza nel territorio di sua pertinenza all'epoca dei fatti contestati. In particolare, si legge in sentenza che "risale addirittura al 1992 la prima aggressione eclatante, perche' riferita ad un gruppo criminale campano insediatosi nel territorio di (OMISSIS): ci si riferisce all'aggressione al geometra (OMISSIS) della (OMISSIS)...; al 1996 risale l'insediamento nel territorio di (OMISSIS) di (OMISSIS) e la sua attivita' nel settore edile. Certamente, nel biennio 2001-2002 la presenza di un gruppo, riconducibile a (OMISSIS) e che adoperava metodi mafiosi, e' stata chiarissima: nel 2001 e' avvenuto un episodio non certo comune nella zona, quale un attentato dinamitardo ai danni dell'Agenzia immobiliare (OMISSIS), a seguito di un diverbio tra (OMISSIS) e il titolare dell'agenzia. Poco dopo, un altro attentato al panificio (OMISSIS) (maggio 2002), con l'esplosione di due colpi di fucile a pallettoni ai danni della vetrina (...). Metodi e strumenti eclatanti, che non passavano inosservati (in particolare per chi svolgesse attivita' politica o amministrativa a livello locale) e che anzi servivano a "marcare il territorio", da parte del (OMISSIS) al quale (OMISSIS) si sarebbe di li' a poco rivolto. Del resto, in quello stesso periodo il (OMISSIS) forniva squadre di operai per lo svolgimento di lavori edili, nel piccolissimo centro di (OMISSIS), e dunque partecipava alla crescita economica del luogo. Il suo ufficio era nella stessa piazza ove (OMISSIS) aveva il suo; in quella stessa piazza ostentavano perennemente la loro minacciosa presenza i casalesi, che ricevevano ospiti quali il (OMISSIS) ed anche (OMISSIS), criminale molto noto nella zona. Che di tutto questo avesse piena cognizione, per esempio, (OMISSIS) (il quale, aggredito l'(OMISSIS), decise di non presentare denuncia perche' ricollegava senza dubbio quanto a lui accaduto con quanto avvenuto anni prima, dall'incendio dell'agenzia (OMISSIS) fino all'incendio dell'auto di (OMISSIS)...) e non invece il (OMISSIS). Per lungo tempo Sindaco del piccolo comune, e' fuori dalla sfera del dubbio ragionevole...". Appaiono cosi' dimostrati i fitti legami esistenti tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS), dai quali emerge come il primo abbia sollecitato voti al gruppo del (OMISSIS) e ottenuto dal (OMISSIS) sostegno economico alla propria campagna elettorale. 8.2. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il terzo motivo. Evidenzia la Corte territoriale come le attivita' poste in essere dal (OMISSIS) nella vicenda (OMISSIS), non altrimenti spiegabili se non quale forma di estrinsecazione dell'impegno preso a fronte del sostegno elettorale ricevuto dal sodalizio criminale, dimostrano ancora una volta la presenza di una situazione sussumibile sotto la forma del concorso esterno, rendendo del tutto superfluo (o, quantomeno, non necessario ai fini del decidere) l'esame dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS): quanto al primo, la circostanza che egli fosse creditore della societa' proprietaria dell'albergo, e' fuori discussione ed e' irrilevante rispetto all'interesse del (OMISSIS); quanto alla seconda, laddove pure avesse riferito in ordine all'assenza di richieste provenienti dalle societa' gravitanti intorno al (OMISSIS), si tratterebbe comunque di dichiarazioni non in grado di scalfire il giudizio di rilevanza penale della condotta del ricorrente. Risulta cosi' dimostrato come il (OMISSIS) abbia svolto indebite pressioni, attraverso un evidente uso privato della funzione pubblica rivestita, affinche' avvenisse a qualsiasi costo la vendita dell'Hotel (OMISSIS) per far rientrare (OMISSIS) dell'ingente esborso economico fino a quel momento avuto (due milioni di Euro). 8.3. Inammissibile per carenza di interesse e' il quarto motivo. Non sussiste sul punto (la contestazione riguarda l'applicazione delle circostanze aggravanti dell'uso delle armi e dell'aver ottenuto il controllo delle attivita' economiche finanziate con il prodotto, il profitto o il prezzo dei delitti) alcun interesse ad impugnare ai sensi dell'articolo 568 c.p.p., comma 4. La Corte territoriale, infatti, non ha operato alcun aumento di pena (ovvero penalizzato l'eventuale riduzione) in quanto ha ritenuto la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche riconosciute all'imputato. Si afferma in giurisprudenza che e' inammissibile, per carenza di interesse, l'impugnazione dell'imputato volta esclusivamente ad ottenere l'esclusione di una circostanza aggravante, quando la stessa sia gia' stata ritenuta subvalente rispetto alle circostanze attenuanti concorrenti (cfr., Sez. 5, n. 2311 del 13/01/2015, dep. 2016, Cicala, Rv. 266056 - 01; Sez. 2, n. 38697 del 24/06/2015, Ndiaye, Rv. 264803 - 01; Sez. 3, n. 3214 del 22/10/2014, dep. 2015, A., Rv. 262022 - 01; Sez. 3, n. 16717 del 09/03/2011, Khadim, Rv. 250000 - 01; Sez. 1, n. 16398 del 14/01/2008, Civita, Rv. 239579 - 01). Pur in presenza di orientamento contrario (cfr., Sez. 1, n. 35429 del 24/06/2014, Mileti, Rv. 261453 - 01; Sez. 1, n. 27826 del 13/06/2013, Bisogno, Rv. 255991 - 01; Sez. 6 n. 19188 de.l 10/01/2013, P., Rv. 255071 - 01; Sez. 6, n. 3174 del 11/01/2012, Merlo, Rv. 251575 - 01; Se. 5, n. 37095 del 22/04/2009, G., Rv. 246580 - 01), si riconosce, tuttavia, che sussiste l'interesse dell'imputato all'impugnazione volta ad ottenere l'esclusione di una circostanza aggravante, solo quando l'accoglimento del gravame porterebbe ad una situazione, non solo sanzionatoria, a lui piu' favorevole (Sez. 4, n. 45353 del 23/11/2010, Chiesa, Rv. 249070): quindi, solo la produzione di specifici svantaggi per l'imputato conseguenti alla mancata eliminazione dell'aggravante (svantaggi, nella specie, non dedotti dal ricorrente) potrebbe legittimare l'interesse ad una pronuncia volta ad ottenerne l'esclusione. 8.5. Fondato e', invece, il quinto motivo. La condotta contestata al (OMISSIS) e' stata posta in essere dal 2006 al 2007. In tale periodo la formulazione dell'articolo 416-bis c.p. era quella introdotta dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, articolo 1, comma 2, ai sensi del quale "al comma 1, le parole: da tre a sei anni, sono sostituite dalle seguenti: da cinque a dieci anni". La pena minima edittale viene elevata ad anni sette solo a seguito dell'entrata in vigore del Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni dalla L. 24 luglio 2008, n. 125. La sentenza d'appello, nel riconoscere al (OMISSIS) la riduzione massima di pena per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle circostanze aggravanti e nel prevedere espressamente una pena da applicarsi nel minimo edittale, irroga all'imputato una pena di anni tre, mesi uno e giorni dieci di reclusione, muovendo da una pena edittale di anni sette di reclusione, piuttosto che di anni cinque di reclusione. Evidente appare la conseguenza pregiudizievole per l'imputato: invero, ove il minimo edittale fosse stato correttamente applicato, il (OMISSIS) si sarebbe visto applicare una pena finale pari ad anni due, mesi due e giorni venti di reclusione (partendo da anni cinque di reclusione, ridotta per le attenuanti generiche ad anni tre e mesi quattro di reclusione, ulteriormente ridotta come sopra per il rito). Ed in questo senso, la pena irrogata con la sentenza di appello, va emendata. 9. Ricorso di (OMISSIS). In assenza dei presupposti per emettere sentenza ex articolo 129 c.p.p., va pronunciata sentenza di annullamento senza rinvio essendo i reati ascritti all'imputato estinti per sopravvenuta morte del predetto, avvenuta in data (OMISSIS), come da certificato del Comune di (OMISSIS) in atti. 10. Ricorso di (OMISSIS). 10.1. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il primo motivo. Come e' agevole constatare dalla motivazione del provvedimento impugnato, sono le dichiarazioni dei due coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS), ritenuti da entrambi i giudici del merito attendibili, a descrivere il (OMISSIS) come "braccio armato di (OMISSIS)", da lui incaricato di commettere episodi violenti e di prestarsi all'intestazione di societa'. La consapevolezza del (OMISSIS) circa il proprio ruolo e la natura del gruppo criminale guidato dal (OMISSIS) e' altresi' comprovata da un'intercettazione (tel. (OMISSIS) richiamata a pagina 92 della sentenza impugnata), che riprende una conversazione significativa intercorsa tra l'imputato e il leader del gruppo. Ed ancora, va ricordato l'attentato mafioso commentato dal primo giudice (pagg. 9599 della sentenza di primo grado): rintracciata una vittima di usura che aveva a suo tempo denunciato (OMISSIS) e (OMISSIS), i due decidono la ritorsione, programmano un attentato e ne danno incarico a (OMISSIS) e a (OMISSIS). Il primo si accorda con gli inquirenti e poi si ritira, sicche' l'attentato non avra' luogo, sebbene gli inquirenti ne verificheranno esattamente il progetto. Il (OMISSIS), intercettato, ne racconta i dettagli (l'incarico ricevuto da (OMISSIS), il compenso pattuito, la necessita' di acquistare una moto e due caschi per compiere l'azione): si tratta di un'azione in puro stile mafioso, che dimostra, da parte del ricorrente, perfetta consapevolezza, accettazione e partecipazione del metodo e delle finalita' del sodalizio di cui faceva parte. 10.2. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il secondo motivo. Il motivo accorpa questioni di merito attinenti ai criteri di valutazione della prova, che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimita'. Il ricorrente si limita, infatti, in massima parte, a proporre una versione alternativa della valutazione probatoria adottata in doppia conforme dai giudici del merito, senza evidenziare specifiche illogicita' motivazionali che risultino dallo stesso testo della decisione impugnata. Si intende proporre al giudice di legittimita' una revisione delle risultanze processuali di entrambi i gradi di giudizio, selezionando discrezionalmente parte del compendio probatorio. Tale meccanismo difensivo e' per definizione precluso in questa sede, ove i motivi di ricorso devono rispettare i necessari requisiti di specificita', al fine di consentire l'esatta ed autonoma individuazione delle questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimita' (cfr., ex multis, Sez. 2, n. 9029 del 05/11/2013, dep. 2014, Mirra, Rv. 258962 - 01): considerazioni di pieno merito che inammissibilmente mettono in discussione l'ampiamente giustificato convincimento del giudice, nella fattispecie sorretto da una doppia conforme immune da evidenti illogicita' e caratterizzata, al contrario, da una evidente conseguenzialita' logica tra i fatti materiali ed il loro significato probatorio, univocamente convergente verso la conferma di una piena partecipazione al sodalizio criminoso nonche' della commissione dei reati fine di cui ai capi B14, E7, G11, G12, H3 e 32 (v. pagg. 208 e 209 della sentenza impugnata). 10.3. Manifestamente infondato e' il terzo motivo. Si e' in presenza di pena base determinata nel minimo edittale, con aumenti ex articolo 81 c.p. ampiamente giustificati, con osservanza dei criteri di cui all'articolo 133 c.p.. 11. Ricorso di (OMISSIS). 11.1. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il primo motivo. La sentenza impugnata precisa come il (OMISSIS) sia entrato nell'associazione nel 2010 all'atto dell'uccisione di (OMISSIS), referente del clan (OMISSIS). I (OMISSIS) erano in stretti e risalenti rapporti con (OMISSIS); (OMISSIS) era entrato nel mirino di altri appartenenti alla camorra casalese per una serie di rapine che avevano destato allarme e fastidio nel territorio; godendo della protezione di (OMISSIS), con la morte di quest'ultimo, la sua stessa vita rimaneva a rischio: questa e' la ragione per cui (OMISSIS), che ha sposato una (OMISSIS), lo porta ad (OMISSIS) e lo fa entrare nell'associazione con i ruoli e le mansioni in contestazione, quali ampiamente provate. In particolare, lo stesso, nonostante il suo carattere violento ed irruente oltre che tendenzialmente irrispettoso delle regole, si e' prestato: - a partecipare alle riunioni e contribuire sotto ogni forma alla riscossione dei crediti; - a richiedere il preventivo permesso allo zio (il (OMISSIS)) per compiere azioni dimostrative o violente ovvero per mettersi a disposizione per il relativo compimento; - ad accettare ruoli di rappresentanza legale delle cartiere via via utilizzate, ad eseguire false attestazioni rilasciate a cittadini stranieri che versavano compensi variabili, a compiere assunzioni fittizie; - ad assumere la funzione di appositore di firme a richiesta e comunque a fornire stabile e reiterato contributo al funzionamento della macchina generatrice di denaro costituita dalle cartiere; - a tenere comportamenti volti a ribadire che egli non si sottometteva all'autorita' di nessuno; - ad effettuare intimidazioni e minacce reiterate, a partecipare a risse e a possedere armi; - a partecipare alle riunioni con il compito di fornire il proprio apporto causale fondamentale all'assunzione di decisioni vitali per l'associazione o i sodali, dimostrando piena conoscenza dei rapporti tra i sodali e l'esterno. 11.2. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il secondo motivo. 11.2.1. In relazione al capo D4 (usura nei confronti di (OMISSIS): (OMISSIS) concorre per aver materialmente ricevuto alcuni pagamenti dei ratei usurari e per aver concorso alla materiale riscossione operata dai compartecipi di altri ratei), va evidenziato in premessa (e cio' anche ai fini delle ulteriori contestazioni, con considerazioni che in dette sedi devono intendersi come riprese) come nelle azioni collettive - quale e' quella oggetto del presente capo - la compartecipazione a singole fasi di una condotta complessa accresce le possibilita' di verificazione dell'evento e, soprattutto, rafforza nei co-esecutori la volonta' collettiva di pervenire nel modo piu' agevole possibile al risultato, ponendosi come ingrediente idoneo ad essere qualificato in termini di "componente" di una piu' ampia "causalita' psichica" intesa come reciproco condizionamento volitivo tra piu' soggetti agenti, (OMISSIS) a stabilizzare e rafforzare un proposito criminoso (sul tema della causalita' psichica, sia pure in contesto relazionale non di tipo associativo, vanno richiamate le affermazioni di principio contenute in Sez. 4, n. 12478 del 19/11/2015, dep. 2016, Barberi, Rv. 267812 - 01). In altre parole, posto che l'attivita' esecutiva implica una adesione al progetto comune, e' evidente che il maggior numero dei soggetti coinvolti e' di per se' fattore di reciproco rafforzamento della volonta' collettiva, in quanto rassicura gli agenti sulla effettiva assunzione e ripartizione di rischi e sopportazione delle conseguenze dell'azione intrapresa, in cio' ponendosi come forma di rafforzamento anche soltanto psichico (in ipotesi di scarsa rilevanza dell'apporto materiale), penalmente rilevante ai sensi dell'articolo 110 c.p. (v., Sez. 1, n. 8193 del 06/07/1987, Mango, Rv. 178884 - 01, secondo cui tema di reato concorsuale, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel delitto, va individuata in cio': mentre la connivenza, che e' la scienza che altri sta per commettere o commetta un reato, e come tale non basta a dar vita ad una forma di concorso, postula che l'agente mantenga un comportamento meramente passivo, la condotta di partecipazione, invece, deve manifestarsi in un comportamento che arrechi un contributo alla realizzazione del delitto, sia pure, mediante il rafforzamento del proposito criminoso degli altri compartecipi, o di agevolazione dell'opera degli altri concorrenti, o che l'agente per effetto della sua condotta idonea a facilitarne l'esecuzione, abbia aumentato la possibilita' della sua produzione; da ultimo, v. Sez. 1, n. 6237 del 15/09/2021, dep. 2022, Dell'Aquila, Rv. 282620 - 01). Non a caso, nella giurisprudenza di questa Suprema Corte e' costante l'insegnamento per cui nelle azioni collettive a consumazione prolungata il semplice abbandono o l'interruzione dell'azione criminosa da parte di uno dei compartecipi non e' ritenuto sufficiente ad integrare la desistenza, occorrendo un âEuroËœquid pluris' consistente nell'annullamento del contributo dato alla realizzazione collettiva dell'illecito (cfr., Sez. 6, n. 6619 del 07/04/1999, Corriere, Rv. 214747 - 01; Sez. 1, n. 8980 del 08/07/1997, Arnone, Rv. 208472 - 01; Sez. 6, n. 27323 del 20/05/2008, Portoghese, Rv. 240737 - 01). Va, dunque, ribadito che l'azione collettiva e' caratterizzata tanto da una convergenza di attivita' materiali che da un fenomeno di reciproco rafforzamento psichico che si realizza tra i soggetti coinvolti in frazioni esecutive della deliberazione, al di la' del tradizionale rapporto di "dipendenza psichica" inquadrabile nella - sola - relazione intercorsa tra il "mandante" e l'esecutore materiale. Fermo quanto precede, constatata la corretta applicazione delle regole giurisprudenziali in materia di concorso di persone, evidenzia il Collegio come la Corte territoriale abbia riconosciuto come le conversazioni intercettate, di natura inequivoca, dimostrino che (OMISSIS) sapesse della natura usuraria del prestito e del fatto che le usure (cosi' come le estorsioni e le rapine) fossero uno degli strumenti di generazione di profitti illeciti per l'associazione. Ma non solo: comprovano altresi' che l'imputato si fosse personalmente messo a disposizione per riscuotere i ratei per conto del (OMISSIS), dimostrando non solo adesione psichica e rinforzo dell'altrui proposito, ma anche volonta' di apportare un contributo materiale ben determinato. 11.2.2. In relazione al capo E2 (estorsione (OMISSIS): (OMISSIS) partecipa ad atti di estrinsecazione di condotte minatorie verso la vittima, in particolare ad un accesso alla casa della vittima con (OMISSIS) e (OMISSIS)). La Corte territoriale richiama i contenuti della sentenza di primo grado (pagg. 316 e ss.) riconoscendo che "quanto emerge dalle intercettazioni collima perfettamente con la precisa chiamata in correita' di (OMISSIS)... e con le dichiarazioni della moglie e del figlio del (OMISSIS) che hanno confermato che a casa loro si presentarono tre persone, di cui sono state fornite caratteristiche che confortano la chiamata in correita'... (OMISSIS) ha ammesso di conoscere nei dettagli la vicenda estorsiva e ha anche ammesso di essere stato presente nel momento in cui (OMISSIS) ha dato l'ordine di andare a casa di (OMISSIS) a intimidire/sollecitare con (OMISSIS) ed (OMISSIS). Non e' credibile nella parte in cui afferma di non essere andato e quindi sostanzialmente di aver disatteso l'ordine dello "zio" in quanto tutto il complesso delle conversazioni e delle dichiarazioni dei collaboratori dimostra costante e piena sottomissione alle direttive del capo". 11.2.3. In relazione al capo E12 (estorsione ai danni di (OMISSIS); (OMISSIS) concorre, tra gli altri, con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)), la Corte territoriale evidenzia come "le dichiarazioni della vittima, di (OMISSIS) (che seguiva la pratica per conto di (OMISSIS), in quel momento all'estero) e di altri sommari informatori si fondono coerentemente rispetto al contenuto delle conversazioni intercettate: (OMISSIS) concorre perche' si presta a far parte del gruppo intimidatorio che - prima della gara ((OMISSIS)) e il giorno della gara - esercita nei confronti di (OMISSIS), con la propria presenza fisica e compatta, di presidio, una indiretta me evidente minaccia, nella piena consapevolezza che non di dovevano creare ostacoli al risultato perseguito e voluto dal gruppo (OMISSIS) (...) ". Invero, si precisa come "... dalle conversazioni intercettate... si evince che (OMISSIS) decide di incaricare un suo gruppo di persone proprio per aumentare la pressione intimidatoria mafiosa nell'imminenza dell'asta in quanto non si e' riusciti fino ad allora a dissuadere (OMISSIS) dal partecipare...". Infine, si precisa che "... le convergenti chiamate in correita'... da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS)... sono sorrette da plurimi riscontri individualizzanti...". 11.2.4. In relazione al capo F3 (tentata rapina a (OMISSIS)), evidenzia la Corte territoriale come "le intercettazioni provano che (OMISSIS) e' stato preventivamente e correttamente informato del piano e delle sue modalita' esecutive e ha anche partecipato, rinforzando il proposito criminoso di (OMISSIS), alla scelta del compartecipe del sodalizio (ndr., (OMISSIS)) che doveva partecipare al delitto". 11.3. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il terzo motivo. La censura non si confronta con la motivazione dei giudici di merito sul fatto che l'usura ai danni di (OMISSIS), le estorsioni ai danni di (OMISSIS) e di (OMISSIS) nonche' la tentata rapina ai danni di (OMISSIS) sono fatti delittuosi per i quali il (OMISSIS) concorre nella piena consapevolezza che si tratta di delitti-scopo dell'associazione cui appartiene, commessi avvalendosi della capacita' intimidatrice del gruppo, della disponibilita' di suoi uomini e mezzi ed estrinsecatisi di gravi manacce ai danni delle vittime, funzionali ad assicurare al gruppo l'altrui assoggettamento e omerta', come significativamente testimoniato dal limitato apporto dichiarativo delle vittime. Detti fatti, non solo sono risultati funzionali al perseguimento degli illeciti profitti conseguiti consentendo il mantenimento in vita dell'associazione ma hanno costituito anche il mezzo per il consolidamento del prestigio e della fama criminale della stessa. 11.4. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il quarto motivo. La Corte territoriale ha fatto applicazione dell'orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimita' secondo cui "in tema di rapina, la circostanza aggravante speciale delle piu' persone riunite richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione della violenza o della minaccia, non rilevando che la persona offesa abbia percepito o meno la presenza anche di un secondo soggetto poiche' la "ratio" dell'aggravamento non deriva necessariamente dalla maggiore costrizione esercitata simultaneamente sulla vittima, ma piuttosto dalla maggiore potenzialita' criminosa correlata all'oggettiva compresenza di piu' persone nel luogo del delitto" (cosi', Sez. 2, n. 33210 del 15/06/2021, Guariglia, Rv. 281916 - 01; nello stesso senso, Sez. 2, n. 10695 del 30/10/2019, dep. 2020, Jakimi, Rv. 278521 - 01; Sez. 2, n. 36926 del 04/07/2018, Sabatino, Rv. 273520 - 01). Cio' considerato, la Corte territoriale ha ritenuto che in relazione a tutti i reati satellite ascritti al (OMISSIS) a titolo di concorso, la realizzazione sia avvenuta mediante oggettiva compresenza di piu' persone nel luogo di consumazione nei termini enunciati dalla Suprema Corte ed il (OMISSIS) fosse pienamente consapevole di questa specifica modalita' di estrinsecazione delle condotte, per aver volontariamente e consapevolmente aderito all'attuazione di frazioni essenziali dello sviluppo esecutivo dei delitti-scopo. 11.5. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il quinto motivo. La Corte territoriale ha fatto puntuale applicazione della consolidata giurisprudenza di legittimita' secondo cui, in tema di collaborazione con la giustizia, il riconoscimento dell'attenuante prevista dal Decreto Legge 13 maggio 1991 n. 152, articolo 8 convertito con L. 12 luglio 1991, n. 203, presuppone la dissociazione e l'utilita' del contributo dichiarativo prestato dall'imputato, prescindendo dalla qualita' degli elementi probatori gia' emersi e dalla spontaneita' da parte del collaborante della revisione critica del proprio operato (Sez. 1, n. 48646 del 19/06/2015, Marti, Rv. 265851 - 01; nello stesso senso, v. Sez. 1, n. 52513 del 14/06/2018, L., Rv. 274190 - 01, secondo cui l'applicazione della circostanza attenuante della collaborazione, prevista dal Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 8 convertito nella L. 12 luglio 1991, n. 203, non puo' essere legata ad un mero atteggiamento di resipiscenza, ad una confessione delle proprie responsabilita' o alla descrizione di circostanze di secondaria importanza, ma richiede una concreta e fattiva attivita' di collaborazione dell'imputato, volta ad evitare che l'attivita' delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori e a coadiuvare gli organi inquirenti nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e la cattura degli autori dei delitti). Cio' premesso, la Corte territoriale ha evidenziato come il (OMISSIS), nel corso degli interrogatori dopo l'esecuzione dell'ordinanza cautelare, non ha inteso "dissociarsi" dagli altri, in particolare dallo zio (OMISSIS) e da (OMISSIS) e non ha nemmeno messo a disposizione per intero il proprio bagaglio di conoscenze. Prova di tutto questo si ricava principalmente dalla reticente risposta in ordine alla natura dell'associazione costituita dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS), dalla proclamata e ripetuta adesione ai valori mafiosi e dalla riduttiva ricostruzione del proprio apporto e del proprio ruolo in seno all'associazione e alla negazione della partecipazione ai delitti-scopo, anche in contrasto con evidenze probatorie inconfutabili, funzionali proprio ad assicurarsi la possibilita' di contestare il giudizio di penale responsabilita' in relazione a tutti gli addebiti. Ed ancora. Si e' riconosciuto come il "silenzio" del (OMISSIS) abbia impedito l'esecuzione di tempestive ed efficaci perquisizioni ed il suo narrato e' stato sempre alquanto reticente, comunque finalizzato a negare o minimizzare la propria responsabilita' ed il proprio ruolo in seno al gruppo. 11.6. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il sesto motivo. La pena e' stata determinata in entita' prossima al minimo e tiene necessariamente conto della durata della partecipazione, della qualita' dell'apporto, del ruolo fiduciario e prossimo al capo, dell'esecuzione seriale di compiti funzionali al consolidamento e alla sopravvivenza del gruppo sia in relazione alle attivita' economico-patrimoniali sia per l'esecuzione di essenziali delitti-scopo nonche' della condotta violenta e prevaricatrice: un apporto quello dell'imputato, tutt'affatto che trascurabile, in quanto connotato da versatilita', fedelta' ed essenzialita'. 12. Ricorso di (OMISSIS). 12.1. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il primo motivo. Ancora una volta si e' in presenza di doglianze sostanzialmente orientate a riprodurre una serie di deduzioni gia' ampiamente vagliate e correttamente disattese dalla Corte distrettuale, ovvero a sollecitare una rivisitazione meramente fattuale delle correlative risultanze processuali, poiche' imperniate sul presupposto di una valutazione alternativa delle fonti di prova, in tal guisa richiedendo l'esercizio di uno scrutinio improponibile in questa sede, a fronte della linearita' e della logica conseguenzialita' che caratterizzano la scansione delle sequenze motivazionali dell'impugnata decisione. Sotto tali profili, dunque, il pur articolato motivo non e' volto a rilevare mancanze argomentative ed illogicita' ictu oculi percepibili, bensi' ad ottenere un non consentito sindacato su scelte valutative compiutamente giustificate dal Giudice di appello, che ha adeguatamente ricostruito il compendio storico-fattuale posto a fondamento dei temi d'accusa enucleati con riferimento alle condotte oggetto dei rispettivi capi d'imputazione in narrativa richiamati. Cio' considerato, la Corte territoriale ha ritenuto che "quanto ai fatti di cui al capo 33, e' senz'altro vero che la conversazione riepilogata alle pagine 596 e 597 della sentenza impugnata, ed avvenuta quasi "in chiaro" laddove gli interlocutori si riferiscono ai fornitori... e, con riferimento a termini dell'ediliza, indicano in 200 e 250 grammi la quantita' di stupefacente da acquistare, interviene tra (OMISSIS) e (OMISSIS), senza dunque il coinvolgimento del (OMISSIS). Nella conversazione immediatamente successiva, pero' (pag. 598 della sentenza impugnata), (OMISSIS) e (OMISSIS) discutono del medesimo argomento, con identica terminologia e facendo riferimento al prezzo al grammo... Le telefonate, dunque, confermano le accuse di (OMISSIS) e (OMISSIS) (pag. 593 della sentenza appellata) e non possono certo essere attribuite a lavori edilizi; in pari tempo rappresentano un fortissimo riscontro alle dichiarazioni eteroaccusatorie del correo (OMISSIS) (...) Quanto al capo J2, basti considerare che non vi e' alcuna possibilita' di confondere (OMISSIS) con altra persona. (OMISSIS) ha individuato l'imputato come il " (OMISSIS) che collabora con il (OMISSIS) e abita a (OMISSIS) vicino al semaforo"... L'unica persona che corrisponde a tali caratteristiche si chiama (OMISSIS) e non puo' certo bastare l'eventuale errore sul nome di battesimo (ferma l'indicazione del cognome) a far ritenere che (OMISSIS) si riferisse a persona diversa. Ben tre ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) sono state le persone che hanno indicato il (OMISSIS) come uno dei componenti del gruppo che dal 2008 operava ad (OMISSIS) facendo arrivare forniture di cocaina di 50-100 grammi l'una con cadenza quindicinale o mensile...". In relazione alle altre contestazioni, la Corte territoriale evidenzia come le accuse non si fondino sulle sole dichiarazioni della vittima (OMISSIS), ma anche su quelle della moglie di lui, su quelle dei coindagati (OMISSIS) e (OMISSIS) e sulle intercettazioni. Quanto a queste ultime, e', in particolare, chiarissima la richiesta, da parte della vittima, dell'intercessione di (OMISSIS) affinche' calmi le pretese di (OMISSIS) e (OMISSIS) (la vicenda e', peraltro, raccontata anche da (OMISSIS) e da (OMISSIS)). Infine, quanto alla richiesta di riqualificazione, vengono riportate le condivisibili valutazioni operate da Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, secondo cui "nei casi in cui ricorra la circostanza aggravante della c.d. "finalita' mafiosa" (articolo 416-bis.1 c.p.: essere "i delitti punibili con pena diversa dall'ergastolo commessi (...) al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni previste" dall'articolo 416-bis c.p.), la finalizzazione della condotta alla soddisfazione di un interesse ulteriore (anche se di per se' di natura non patrimoniale) rispetto a quello di ottenere la mera soddisfazione del diritto arbitrariamente azionato, comporta la sussumibilita' della fattispecie sempre e comunque nella sfera di tipicita' dell'articolo 629 c.p., con il concorso dello stesso creditore, per avere agevolato il perseguimento (anche o soltanto) di una finalita' (anche soltanto lato sensu) di profitto di terzi. D'altro canto, questa Corte ha gia' chiarito che non e' configurabile il reato di ragion fattasi, bensi' quello di estorsione (in concorso con quello di partecipazione ad associazione per delinquere), allorche' si sia in presenza di una organizzazione specializzata in realizzazione di crediti per conto altrui, la quale operi, in vista del conseguimento anche di un proprio profitto, mediante sistematico ricorso alla violenza o ad altre forme di illecita coartazione nei confronti dei soggetti indicatile come debitori (Sez. 2, n. 1556 del 01/04/1992, Dionigi, Rv. 189943 - 01; Sez. 2, n. 12982 del 16/02/2006, Caratozzolo, Rv. 234117 - 01)". 12.2. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il secondo motivo. Le circostanze attenuanti generiche sono state negate sia perche' il ricorrente non ha fornito alcun contributo in ordine alla ricostruzione dei fatti sia anche per la gravita', molteplicita', eterogeneita' e durata nel tempo delle condotte. Nessun rilievo in tale prospettiva e' stato attribuito alla scelta del rito alternativo, in ossequio alla consolidata giurisprudenza (Sez. 3, n. 46463 del 17/09/2019, Di Puccio, Rv. 277271 - 01, secondo cui, in tema di determinazione del trattamento sanzionatorio, l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche non puo' fondarsi sulla scelta di definire il processo nelle forme del rito abbreviato che implica "ex lege" il riconoscimento di una predeterminata riduzione della pena, poiche', in caso contrario, la stessa circostanza comporterebbe due distinte conseguenze favorevoli all'imputato). 13. Ricorso di (OMISSIS). 13.1. Del tutto tardivo e' il primo motivo. Occorre rilevare, sul punto, come l'appello proposto dinanzi alla Corte territoriale fosse incentrato esclusivamente sull'aggravante del metodo mafioso, e non su quella dell'agevolazione mafiosa (cfr. p. 6-7 dell'atto di appello e p. 107 della sentenza impugnata). Ne discende l'inammissibilita' del motivo di ricorso, essendo la contestazione proposta per la prima volta in sede di legittimita', circostanza che ne impedisce il relativo scrutinio. 13.2. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il secondo motivo. Ed invero, le censure difensive appaiono viziate da genericita', a fronte di una motivazione resa in doppia conforme dai giudici del merito, dalla quale si evincono numerosi elementi ostativi alla riqualificazione del fatto contestato all'imputato nella fattispecie di esercizio arbitrario delle proprie ragioni di cui all'articolo 393 c.p.. Entrambi i giudici affermano, infatti, come il (OMISSIS) abbia agito perseguendo il conseguimento di un profitto ulteriore rispetto al rientro del debito, nella piena consapevolezza della sua ingiustizia. Il ricorrente, rileva la Corte territoriale, sapeva che affidare a (OMISSIS) l'operazione di riscossione del credito nei confronti di (OMISSIS) consentiva altresi' di procurare un vantaggio indebito a (OMISSIS) stesso (10.000 Euro), al sodale (OMISSIS) (3.000 Euro) e di percepire per se' 2.000 Euro, vantaggio che esula dalla possibile tutela apprestata dall'ordinamento giuridico. 13.3. Del tutto tardivo e' anche il terzo motivo. Lo stesso risulta inammissibilmente per la prima volta proposto nella presente sede di legittimita', circostanza che ne impedisce lo scrutinio. 14. Ricorso di (OMISSIS). 14.1. Aspecifici e comunque manifestamente infondati sono sia il primo che il (collegato) terzo motivo. Le intercettazioni e le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia hanno consentito di acclarare come il ricorrente abbia partecipato in piu' occasioni a plurime riunioni nelle quali erano state assunte decisioni operative essenziali per l'associazione; che lo stesso fosse una presenza costante a fianco del (OMISSIS), anche grazie al ruolo della sua convivente, (OMISSIS), collaboratrice e factotum del (OMISSIS). In particolare, (OMISSIS) "ha accettato l'intestazione a proprio nome delle quote di due societa' vitali per il mantenimento in vita degli affari illeciti dell'associazione, la (OMISSIS) s.r.l. e la (OMISSIS) s.r.l., ed in questa veste ha dato costante e fedele esecuzione agli ordini che venivano impartiti quali emissione di fatture per operazioni inesistenti, fittizie assunzioni di dipendenti e conseguenti frodi erariali e ai danni di enti previdenziali, reati e attivita' illecite essenziali per la sopravvivenza dell'associazione. A suo nome sono stati accesi rapporti di conto corrente e bancari, in relazione ai quali ha direttamente operato, sempre in esecuzione di precise direttive che gli venivano impartite, contribuendo stabilmente, a partire dal 2016 a costituire una sorta di "cassa" per l'associazione... Ha partecipato con altri sodali a atti di violenza fisica e iniziative intimidatorie Cio' consente di ritenere l'esistenza di plurimi ed un voci indicatori del costante e volontario contributo di (OMISSIS) alla conservazione e al rafforzamento della capacita' operativa della consorteria criminale oltre che dell'affectio societatis, che, in qualche modo, il ricorrente riconosce, avendo affermato di essersi messo a disposizione integralmente e senza riserve del (OMISSIS) nel 2016, a causa delle sue difficolta' economiche e delle precarie condizioni di salute della figlia. Il ricorrente e' un associato con un profilo estremamente versatile, venendo impiegato in mansioni e con funzioni estremamente eterogenee: rientra tra gli uomini su cui il (OMISSIS) puo' contare per qualsiasi operazione, una sorta di appartenente alla squadra "intervento rapido"; resta a disposizione in attesa di ordini per eseguire le piu' varie operazioni (tra cui: accompagnare e fiancheggiare il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) nella vicenda Eurolegnami; procurare mezzi per consumare reati contro il patrimonio; accompagnare soggetti - ndr., il (OMISSIS) - a Padova nell'ambito di azioni intimidatorie; partecipare ad azioni violente in cui e' necessario ribadire la supremazia "militare" del gruppo, v. minacce al proprietario della pizzeria "Un posto al sole" del 26/06/2018); si presta a fungere da "portamessaggi" di (OMISSIS) (v. vicenda (OMISSIS)) o da prestanome eseguendo via via gli ordini che gli vengono impartiti (formazione di fatture, firme di verbali di assemblee sociali; nessun dubbio, infine, residua sul fatto che lo stesso fosse perfettamente consapevole che la (OMISSIS) e la (OMISSIS) fossero strumentali alla commissione di attivita' illecite). 14.2. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il secondo motivo. Ricorrono entrambe le aggravanti censurate. Il ricorrente non si confronta con plurimi e convergenti elementi di prova che hanno dimostrato come il (OMISSIS) sia stato fra i (tanti) custodi delle armi dell'associazione (si vedano, in particolare, le convergenti dichiarazioni di (OMISSIS), di (OMISSIS) e di (OMISSIS)). La giurisprudenza ha evidenziato la natura oggettiva dell'aggravante e la conseguente sua configurabilita' nei confronti di ciascun partecipe, anche nei casi in cui la disponibilita' delle armi risulti provata nei confronti di un solo soggetto (Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, dep. 2019, Battaglia, non mass. sul punto). La sentenza riconosce come l'associazione avesse assunto il predominio, dopo dieci anni di "guerre" in territorio casalese, in piu' settori, ed in particolare in quello edilizio, in quello del recupero credito privato, in quello delle usure, della sicurezza provata e del controllo del territorio. Il fatto che singole persone non si siano piegate alla forza di intimidazione del gruppo gravitante sul (OMISSIS), costituisce la rara eccezione alla regola di un generale assoggettamento da parte di coloro che venivano a confliggere con gli interessi del (OMISSIS) e dei soggetti che a costui chiedevano protezione: da qui la rinuncia a denunciare o querelare, la rinuncia a far ricorso alla giurisdizione per far valere i propri diritti, la rinuncia a chiedere difesa alle forze dell'ordine. 14.3. Aspecifico e comunque manifestamente infondate e' il quarto motivo. La Corte territoriale ha evidenziato come, nella vicenda dell'estorsione tentata ai danni di (OMISSIS), protrattasi per mesi, il (OMISSIS) abbia svolto, in modo perdurante ed essenziale, la funzione di guarclaspalle, presenza intimidatrice, latore di messaggi, forza compositrice del gruppo che doveva dimostrare supremazia numerica e violenta nei confronti del debitore (v. pagg. 235 e 236 della sentenza impugnata). 14.4. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il quinto motivo. La difesa si duole del difetto di motivazione quanto alla ritenuta attendibilita' dei collaboratori dichiaranti ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)). Il motivo involge, inammissibilmente, aspetti meramente fattuali (di cui richiede una diversa valutazione in punto di merito) esaminati in modo analitico e del tutto logico dalla Corte territoriale, valorizzando, in particolare, i rapporti sussistenti tra i collaboratori di giustizia di cui e' stata verificata l'attendibilita' e l'imputato (v. pagg. 224-225 della sentenza impugnata). 14.5. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il sesto motivo. I giudici di appello hanno riconosciuto come la sentenza di primo grado ha valutato in termini congrui i vari parametri dell'articolo 133 c.p., sia quanto alla determinazione della pena base sia quanto al contenutissimo aumento, inferiore al limite legale di cui all'articolo 81 c.p., comma 4 rispetto alla gravita' del fatto e all'apporto conferito dall'imputato. In particolare, la determinazione di una pena base superiore al minimo edittale (comunque prossima ad esso ed inferiore rispetto al valore intermedio dei suoi estremi) si giustifica per durata e qualita' dell'apporto all'associazione che l'imputato ha protetto anche in sede procedimentale oltre che processuale, limitando all'evidenza di ostendere il proprio contributo di conoscenze che sarebbe stato utile per l'accertamento dei fatti. Va, in particolare, ricordato che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalita' del giudice di merito, che la esercita, cosi' come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 c.p.; ne discende che e' inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruita' della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142 - 01), cio' che - nel caso di specie - non ricorre. Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantita' di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, e' necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell'impiego dei criteri di cui all'articolo 133 c.p. le espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure il richiamo alla gravita' del reato o alla capacita' a delinquere (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596 - 01). 14.6. Va, infine, rilevato come la dichiarata inammissibilita' dei motivi del ricorso principale cui si ricolleghino i motivi aggiunti, idonei, in astratto, a colmarne i difetti, travolge anche questi ultimi, non potendo essere tardivamente sanato il vizio radicale dell'impugnazione originaria; e cio' vale anche nel caso in cui il ricorso non sia integralmente inammissibile (cfr., Sez. 5, n. 8439 del 24/01/2020, L., Rv. 278387 - 01; Sez. 2, n. 6897 del 28/01/2022, Lomolino, non mass.). 15. Ricorso di (OMISSIS). 15.1. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il primo motivo. La Corte territoriale ha chiarito che, nel contesto di un quotidiano contatto tra (OMISSIS) e (OMISSIS), quest'ultimo costituisse per il primo un uomo di fiducia ed un segretario che veniva ammesso a riunioni nelle quali si discutevano affari illeciti. Si legge nella sentenza impugnata: "il giorno in cui e' avvenuto il reato di cui al capo E12, (OMISSIS) ha chiamato (OMISSIS) e lo ha convocato in ufficio in anticipo rispetto all'orario in cui questi pensava di presentarsi. Ottenuta dunque la sua presenza in ufficio, evidentemente (OMISSIS) gli ha spiegato cosa si sarebbe dovuto fare da li' a poco. Infatti, gli inquirenti hanno osservato in diretta, dinanzi allo studio ove doveva svolgersi l'asta, l'arrivo di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), a bordo della medesima auto, alle 16.20, ed hanno descritto, come, appena giunti, i tre si siano posizionati in modo tale da controllare l'accesso allo studio. Dopo circa venti minuti e' sopraggiunto un altro gruppo di persona: in una macchina, (OMISSIS) e (OMISSIS)...; in un'altra, (OMISSIS) e (OMISSIS). Gli occupanti della seconda auto sono saliti nello studio per partecipare all'asta, mentre i primi si sono uniti ai tre gia' arrivati (...) (OMISSIS) si ritiro' dalla gara, impaurito anche dai "tre personaggi poco raccomandabili" trovati dinanzi allo studio, da lui ricollegati senza dubbio alle minacce gia' ricevuti. Dopo la vicenda, (OMISSIS) ha sentito il bisogno di rassicurare (OMISSIS) sul buon esito dell'operazione (...) La ricostruzione svolta dal primo giudice alle pagine 368-376 e' dunque pienamente condivisibile e, del resto, persino quanto ammesso dal (OMISSIS) nel proprio interrogatorio sul punto costituisce una confessione di concorso in estorsione aggravata " (OMISSIS) aveva spiegato che bisognava andare a fare un presidio per fare in modo che (OMISSIS) ci vedesse e fargli intendere il messaggio di comportarsi bene e lasciare aggiudicare l'asta alla figlia della (OMISSIS). (OMISSIS) disse che bastava solo la nostra presenza". Infatti, la presenza silenziosa e' bastata, prova ulteriore del metodo mafioso...". 15.2. Fondato e', invece, il secondo motivo. La Corte territoriale ha errato nel quantificare la pena pecuniaria nei confronti del ricorrente. Invero, i giudici di secondo grado, dopo essere partiti dalla pena base di Euro 2.250 di multa, hanno correttamente ridotto la stessa per il riconoscimento delle prevalenti circostanze attenuanti generiche ad Euro 1.500 di multa e poi disposto la riduzione di un terzo per la scelta del rito abbreviato. La pena pecuniaria di Euro 1.500 di multa si sarebbe, pertanto, dovuta fissare in Euro 1.000 di multa e non nel diverso - errato e maggiore - importo, di Euro 1.600, che va emendato. 16. Ricorso di (OMISSIS). 16.1. Aspecifici e comunque manifestamente infondati sono i primi quattro (collegati) motivi. La Corte territoriale ha accertato la condotta di concorrente esterno del (OMISSIS) come sussistente dal 2009 fino (quantomeno) al 2017. Gia' il giudice di primo grado aveva evidenziato come il ricorrente, quale appartenente alle forze dell'ordine, nel 2010, per ben quattro volte, si fosse attivato per favorire il rilascio dell'autorizzazione all'apertura della sala scommesse SNAI; nel 2013 era intervenuto su richiesta del (OMISSIS) in occasione di una rissa fra alcuni sodali (fra cui (OMISSIS), (OMISSIS) ed il figlio di (OMISSIS)) e degli skinheads; aveva effettuato periodicamente i richiesti accessi allo SDI, riportando ai committenti gli esiti delle sue ricerche; nell'agosto 2017 aveva avvisato (OMISSIS) dell'imminente perquisizione negli uffici del sodalizio nonche' di altra operazione anti-droga nei confronti di alcuni albanesi, uno dei quali era dipendente di una societa' controllata dal gruppo; sempre nell'agosto del 2017, su richiesta di (OMISSIS), il (OMISSIS) si era interessato presso gli uffici preposti del suo stesso Corpo per "raccomandare" il rilascio del porto d'armi ad uso sportivo in favore di (OMISSIS); ha inoltre accettato regalie da parte di (OMISSIS), facendosi fare - per ricambiare il favore ricevuto lavori edilizi gratuiti nella propria dimora, acquisendo anche la disponibilita' di un immobile a titolo gratuito, valutando l'interessamento del (OMISSIS) ad assumere la compagna (OMISSIS) e a procurarle, per vie diverse da quelle ordinarie, un diploma da ragioniera. 16.1.1. In particolare, in relazione all'apertura del punto SNAI ad (OMISSIS), la sentenza di appello evidenzia come detta attivita' costituisse uno snodo importantissimo per l'associazione, consentendo, al di la' della presenza e visibilita', di fungere da collettore e, al tempo stesso, di costituire uno strumento di emersione di denaro. In detta vicenda, il (OMISSIS) si presta a "raccomandare" l'interessato con un collega, come disvelato da una conversazione intercettata tra il (OMISSIS) ed il figlio (OMISSIS) (" (OMISSIS) era seccato per il ritardo nella apertura del pubblico esercizio conseguente ad una inaspettata lentezza procedurale e si compiace con il figlio del fatto che (OMISSIS) lo abbia accompagnato in occasione di un accesso agli uffici del commissariato di lesolo proprio per sollecitare la definizione della richiesta dicendo che l'addetto, vedendo che (OMISSIS) era accompagnato da un poliziotto, avrebbe avuto un occhio di riguardo...)". 16.1.2. In relazione al porto d'armi sportivo e' lo stesso (OMISSIS) ad ammettere che ha bisogno di quel porto, anche se solo ad uso sportivo perche' lo legittima a detenere e portare comunque uno strumento di offesa, legittimazione che all'epoca non aveva e di cui ammette la necessita' con i propri interlocutori. 16.1.3. Con riferimento alla rissa con gli skinheads, nel corso della quale (OMISSIS) aveva rischiato di perdere un occhio, si e' evidenziato come i rissanti sentivano l'esigenza di evitare di essere individuati, non dovendo in ogni caso emergere che la rissa aveva provocato in uno dei partecipi lesioni gravissime: e le intercettazioni disvelano che, mossi dal timore delle conseguenze giuridiche del fatto, sia (OMISSIS) che (OMISSIS) contattano immediatamente (OMISSIS), che a suo volta pensa subito ad interessare il (OMISSIS) a cui lo stesso si rivolge chiedendogli un preciso intervento protettivo: (OMISSIS), nell'occasione, si spende con il Comandante della locale Stazione dei carabinieri per fornire referenze ed informazioni positive su (OMISSIS) ed (OMISSIS). Anche questo episodio rivela l'esistenza di un momento cruciale per l'associazione per le possibili conseguenze nefaste che ne possono derivare, momento che impone la richiesta di intervento protettivo esterno da parte del terzo. 16.1.4. Fermo quanto precede, va ribadito che secondo una indicazione ormai consolidata nell'esperienza interpretativa di questa Suprema Corte, deve ritenersi concorrente esterno "il soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell'associazione e privo delraffectio societatis", fornisce un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo esplichi un'effettiva rilevanza causale, e quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacita' operative dell'associazione (o, per quelle operanti su larga scala come quella qui d'interesse, di un suo particolare settore e ramo di attivita' o articolazione territoriale) e sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima" (Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, Mannino, Rv. 231671 - 01). La figura in questione presuppone, dunque, da parte del concorrente "un rapporto effettivo e strutturale con il gruppo, della cui natura e funzione ha una conoscenza complessiva, che gli consente di cogliere l'assoluta funzionalita' del proprio intervento, ancorche' unico, alla sopravvivenza o vitalita' del gruppo. Inoltre, perche' possa dirsi realizzata la fattispecie delittuosa si richiede che si verifichi il risultato positivo per l'organizzazione illecita, conseguente a tale intervento esterno, che si caratterizza per la sua infungibilita'. Non a caso elemento differenziale della condotta e' l'intervento non tipico dell'attivita' associativa, ma maturato in condizioni particolari (la cd. fibrillazione o altrimenti definita situazione di potenziale capacita' di crisi della struttura), che rendono ineludibile un intervento esterno, per la prosecuzione dell'attivita'" (cosi' in motivazione, Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, Chioccini, Rv. 278734 - 01). Tale ultima indicazione trova, peraltro, corrispondenza nel piu' remoto assunto secondo cui al concorrente esterno l'associazione si rivolge "sia per colmare vuoti temporanei in un determinato ruolo, sia, soprattutto, nel momento in cui la "fisiologia" dell'associazione entra in fibrillazione, attraversando una fase "patologica" che, per essere superata, richiede il contributo temporaneo, limitato anche ad un unico intervento, di un esterno" (Sez. U, n. 16 del 5/10/1994, Dernitry, Rv. 199386/01). La particolare struttura della fattispecie concorsuale, presuppone, inoltre, quale essenziale requisito, che il dolo del concorrente esterno investa, nei momenti della rappresentazione e della volizione, sia tutti gli elementi essenziali della figura criminosa tipica, sia il contributo causale recato dal proprio comportamento alla realizzazione del fatto concreto, con la consapevolezza e la volonta' di interagire, sinergicamente, con le condotte altrui nella produzione dell'evento lesivo del "medesimo reato". Pertanto, il concorrente esterno, pur sprovvisto dell'affectio societatis e, cioe', della volonta' di far parte dell'associazione, deve essere consapevole dell'esistenza della compagine mafiosa e dunque dei metodi e dei fini della stessa (a prescindere dalla condivisione, avversione, disinteresse o indifferenza per siffatti metodi e fini, che lo muovono nel foro interno); deve inoltre rendersi compiutamente conto dell'efficacia causale della sua attivita' di sostegno, vantaggiosa per la conservazione o il rafforzamento dell'associazione (in motivazione, Sez. 1, n. 21642 del 08/01/2016, Caravello, Rv. 266886 - 01; Sez. 6, n. 32902 del 23/06/2021, Raso, Rv. 281841 - 01). In questa cornice, le suddette indicazioni di principio hanno trovato una puntuale declinazione con riguardo all'ipotesi in cui la prestazione funzionale all'esigenze del consorzio, ma resa dall'esterno, si sostanzi in determinati contributi professionali diretti ad avvantaggiare l'azione criminale del gruppo. E' stato infatti rilevato che "in tema di associazione di tipo mafioso, integra la condotta di "concorso esterno" l'attivita' del professionista che, in esecuzione di una promessa fatta ai vertici dell'associazione mafiosa, assicuri il suo concreto impegno nell'irregolare gestione di un procedimento giudiziario" (Sez. 6, n. 32373 del 04/06/2019, Aiello, Rv. 276831 - 01). Parimenti, si e' ritenuto concorrente il professionista che "senza limitarsi a fornire al proprio cliente-associato consigli, pareri ecc. mantenendosi nell'ambito di quanto legalmente consentito - si trasformi in un "consigliori" della cosca, assicurando un'assistenza tecnico-legale finalizzata a suggerire sistemi e modalita' di elusione fraudolenta della legge (nella specie, diretti a far acquisire agli esponenti del sodalizio il controllo di una societa')" (Sez. 2, n. 17894 del 08/04/2014, Alvaro, Rv. 259257 - 01). 16.1.5. Detti principi, tenuto conto delle "competenze" e delle "influenze" in capo al ricorrente, hanno trovato puntuale applicazione nella fattispecie. Invero, il (OMISSIS) viene descritto "come persona costantemente a disposizione del gruppo, pur non facendone parte; interviene a richiesta nei casi in cui sono necessarie informazioni riservate o interessamenti. Ha grande familiarita' con (OMISSIS) che gli confida le vicende del clan dei (OMISSIS) senza reticenze (in via esemplificativa (OMISSIS) racconta nei dettagli anche a (OMISSIS), che e' un poliziotto con obblighi precisi di stendere relazioni su qualsivoglia notizia di reato appresa, come ha fatto trasferire il nipote (OMISSIS) dal (OMISSIS) dopo l'assassinio di (OMISSIS) che fino ad allor lo aveva protetto, per evitare che lo ammazzassero; gli spiega quali sono le origini del suo gruppo criminale, il livello di efferatezza cui possono arrivare gli appartenenti, il concetto avere o di non avere la "protezione"). La sentenza (ndr., di primo grado) mette in evidenza proprio il rapporto fiduciario che (OMISSIS) aveva nei confronti di (OMISSIS), confermato dal fatto che il primo ha riferito al secondo particolari specifici relativi al contesto criminale di sua provenienza che ad un appartenente delle forze dell'ordine avrebbe dovuto suscitare immediatamente l'interruzione di ogni rapporto e l'astensione da ogni promiscuita'..., mentre invece il (OMISSIS) ha continuato a contravvenire ai suoi doveri, a rendere favori illeciti e a violare il segreto d'ufficio ricavandone in cambio benefici di natura economica...". Scrivono i giudici di appello: "... la finalita' di agevolazione dell'attivita' del gruppo e la piena consapevolezza della sua esistenza ed operativita' si evincono anche dal fatto che (OMISSIS), pur disponendo della comproprieta' di un immobile, dimora altrove e occupa con la moglie un appartamento che e' formalmente di proprieta' di (OMISSIS) e (OMISSIS), sorella di (OMISSIS) che viene arrestato nel 2009 con in mano l'arma di (OMISSIS)... Tenuto conto del fatto che il dedotto rapporto di locazione immobiliare... non e' mai stato registrato, che non sono mai stati documentati i dedotti pagamenti del canone..., che (OMISSIS) quando ha voluto far effettuare alcuni lavori nell'immobile occupato ha conferito direttamente con (OMISSIS)... si deve concludere che, a prescindere dalla qualificazione della disponibilita' di quell'immobile come remunerazione o meno per i "servigi" resi all'associazione, e' da ritenere certo che avere quella casa, a quelle condizioni, era un vantaggio per 14Pasqual (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)14Pasqual (OMISSIS) (OMISSIS)15Fabozzi Giacomo (OMISSIS) (OMISSIS)42Vaccaro Vincenzo (OMISSIS)43Manfredi Umberto (OMISSIS)44Calabretta Giuseppe (OMISSIS)27Bianco Franco (OMISSIS)28Laiso Salvatore (OMISSIS)29Vargas Roberto(OMISSIS)30Piccolo Raffaele (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)27Bianco Franco (OMISSIS)42Vaccaro(OMISSIS)3Sgnaolin (OMISSIS)9Puoti 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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CIAMPI Francesco Mari - Presidente Dott. FERRANTI Donatella - Consigliere Dott. VIGNALE Lucia - rel. Consigliere Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere Dott. DAWAN Daniela - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nata a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 02/12/2021 della CORTE APPELLO di TORINO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. LUCIA VIGNALE; lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore Dr. CASELLA GIUSEPPINA, che ha chiesto il rigetto del ricorso proposto da (OMISSIS) e la dichiarazione di inammissibilita' del ricorso proposto da (OMISSIS). RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 2 dicembre 2021, la Corte di appello di Torino ha riformato, quanto alla ritenuta sussistenza della recidiva e alla conseguente determinazione della pena inflitta a (OMISSIS), la sentenza pronunciata il 18 giugno 2019 dal Tribunale di Asti a carico della (OMISSIS) e di (OMISSIS). La sentenza del Tribunale e' stata confermata nel resto. (OMISSIS) e' stata ritenuta responsabile: - del reato di cui all'articolo 624 bis c.p., commesso il (OMISSIS) introducendosi nell'abitazione di (OMISSIS) e (OMISSIS) ed impossessandosi di gioielli ivi custoditi (capo a); - del reato di cui all'articolo 81 c.p., comma 2, Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5, e articolo 80, lettera a) (il fatto di cui al capo b) e' stato cosi' diversamente qualificato nella sentenza di primo grado) per avere, in piu' occasioni, offerto e ceduto a titolo gratuito alla minore (OMISSIS) marijuana e hashish invitandola a farne uso insieme a lei; e per avere, in piu' occasioni, ceduto cocaina a (OMISSIS) ("fatti commessi ad (OMISSIS)"). (OMISSIS) e' stato ritenuto responsabile del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, (il fatto di cui al capo c) e' stato cosi' diversamente qualificato nella sentenza di primo grado) per avere offerto a titolo gratuito della cocaina a (OMISSIS), sostanza che veniva consumata da lui stesso e dalla (OMISSIS) nel corso di una festa svoltasi all'interno dell'abitazione di quest'ultima. L'aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, lettera a) inizialmente contestata, e' stata esclusa gia' nel corso del giudizio di primo grado non essendovi prova della consapevolezza da parte di (OMISSIS) della minore eta' della (OMISSIS). Il Tribunale di Asti, inoltre, ha assolto (OMISSIS) dall'accusa di avere, in occasione della medesima festa, offerto a terzi sostanze stupefacenti di tipo leggero; accusa che era stata formulata nel medesimo capo c). Per i reati di cui ai capi a) e b), (OMISSIS) e' stata condannata, ritenuta la continuazione e piu' grave il furto di cui al capo a), esclusa la sussistenza della contestata recidiva, alla pena di anni due, mesi quattro di reclusione ed Euro 1.400,00 di multa, senza concessione delle attenuanti generiche. Per il reato di cui al capo c) (OMISSIS), applicata la recidiva reiterata e specifica, e' stato condannato alla pena di anni due, mesi sei di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa, senza concessione delle attenuanti generiche. 2. Contro la sentenza della Corte di appello entrambi gli imputati hanno proposto tempestivi ricorsi che di seguito si riportano nei limiti strettamente necessari alla decisione come previsto dal Decreto Legislativo 28 luglio 1989, n. 271, articolo 173, comma 1. 3. Il ricorso proposto da (OMISSIS) si articola in quattro motivi. 3.1. Col primo motivo, la ricorrente deduce manifesta illogicita' della motivazione con la quale e' stata affermata la responsabilita' per il reato di cui al capo b). La difesa rileva che, non essendo mai stato eseguito alcun sequestro e non essendo stati svolti, di conseguenza, accertamenti sulle sostanze che, in ipotesi accusatoria, la (OMISSIS) avrebbe ceduto, non e' possibile sostenere che l'ipotizzata cessione abbia avuto ad oggetto stupefacenti. Secondo la difesa, la motivazione con la quale la Corte territoriale ha risposto alla analoga doglianza che era stata sollevata con l'atto di appello sarebbe palesemente illogica perche' fondata sul fatto che ne' l'imputata - che cedette la sostanza - ne' (OMISSIS) e (OMISSIS) (che la ricevettero) ne hanno mai contestato l'efficacia drogante. La difesa sostiene che si tratta di un dato neutro perche' (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno ne' affermato ne' negato la tossicita' di quanto avevano ricevuto e, in ogni caso, si tratterebbe di un indizio da se solo inidoneo all'affermazione della responsabilita'. 3.2. Col secondo motivo, la ricorrente deduce manifesta illogicita' della motivazione relativa al furto di cui al capo a). La difesa osserva che la (OMISSIS) e' stata ritenuta responsabile del furto perche' una collana che lei aveva regalato alla (OMISSIS) e' stata riconosciuta dalle persone offese come facente parte dei gioielli rubati. Osserva in proposito che quella collana non era stata indicata in sede di denuncia e che (OMISSIS) ha fornito una descrizione delle caratteristiche del monile differente rispetto a quella fornita dal marito, (OMISSIS). Secondo la difesa, inoltre, ai fini dell'affermazione della penale responsabilita', i giudici di merito avrebbero ingiustificatamente valorizzato le indicazioni che la (OMISSIS) forni' alla (OMISSIS) riguardo alla provenienza della collana e la vicinanza tra l'abitazione della (OMISSIS) e quella delle persone offese. 3.3. Col terzo motivo, la ricorrente deduce violazione di legge e vizi di motivazione con riferimento alla mancata applicazione delle attenuanti generiche che sarebbero state invece concedibili trattandosi di una giovane tossicodipendente gravata da un'unica condanna per furto. La difesa sostiene che la Corte territoriale e' incorsa in contraddizione perche', da un lato, ha escluso l'esistenza di elementi positivi valutabili favorevolmente ai fini dell'applicazione delle attenuanti generiche; dall'altro, ha sostenuto che tali elementi positivi sarebbero recessivi rispetto a quelli sfavorevoli senza spiegare quali elementi sarebbero stati valutati e perche' non sarebbero sufficienti ad un'attenuazione della pena. Sottolinea che, dopo aver escluso la sussistenza della recidiva perche' la precedente condanna si riferiva a un reato estinto ex articolo 445 c.p.p., comma 2, la Corte territoriale ha tenuto conto di tale precedente condanna per escludere l'applicazione dell'articolo 62 bis c.p.. 3.4. Col quarto motivo, la ricorrente deduce manifesta illogicita' della motivazione relativa alla determinazione della pena base. Nel confermare la decisione del giudice di primo grado, infatti, la Corte territoriale ha fatto riferimento anche alla precedente condanna per furto, pur avendo rilevato che quel reato era estinto ai sensi dell'articolo 445 c.p.p.. 4. Il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) si articola in dieci motivi. 4.1. Col primo e secondo motivo, la difesa deduce violazione di legge per essere state ritenute utilizzabili ai fini della decisione le testimonianze rese da (OMISSIS) e (OMISSIS), che avrebbero dovuto essere sentiti come indagati in procedimento connesso o collegato, dopo aver ricevuto gli avvisi di cui all'articolo 64 c.p.p. e con l'assistenza del difensore, cio' che invece non e' avvenuto. La difesa sostiene che, avendo ricevuto dalla (OMISSIS) una collana provento del furto di cui al capo a) e avendo dichiarato al pubblico ministero che la (OMISSIS) le disse di averla rubata, la (OMISSIS) avrebbe dovuto essere indagata per la ricettazione del furto della collana e avvisata che aveva facolta' di non rispondere. Sostiene inoltre che, gia' nel corso delle indagini (allega a tal fine alcuni verbali di sommarie informazioni testimoniali), era emerso che (OMISSIS) deteneva e trasportava stupefacente per conto della (OMISSIS) sicche' avrebbe dovuto essere indagata in concorso con quest'ultima e, quando fu sentita in giudizio, avrebbe dovuto essere assistita da un difensore e avvisata ai sensi dell'articolo 64 c.p.p. Ne desume che tutte le dichiarazioni rese dalla (OMISSIS) sarebbero inutilizzabili ai fini della decisione. Nel ricorso si svolgono analoghe argomentazioni con riferimento alle dichiarazioni rese in giudizio da (OMISSIS), che avrebbe concorso con (OMISSIS) nella cessione della cocaina a (OMISSIS) perche' sapeva che questi era in possesso di tale sostanza e lo invito' a casa della amica, ove, in concreto, l'ipotizzata cessione ebbe luogo. Il ricorrente osserva che, quand'anche non informato del fatto che (OMISSIS) aveva con se' della sostanza stupefacente, (OMISSIS) sapeva di certo che la (OMISSIS) aveva un pezzo di hashish (lo ha dichiarato in giudizio) e acconsenti' ad accompagnarla in macchina a casa di (OMISSIS) (che conosceva come consumatrice di tale sostanza) cosi' fornendo un contributo materiale a una delle cessioni contestate alla (OMISSIS) al capo b). Secondo la difesa, la motivazione con la quale la Corte territoriale ha respinto analoghe eccezioni sollevate nell'atto di appello sarebbe carente. La Corte ha ritenuto che a (OMISSIS) non possa essere attribuita la posizione di concorrente, ne' quella di indagata in reati connessi o collegati a quelli commessi dalla (OMISSIS) perche' "le circostanze evocate dalla difesa" sarebbero in gran parte "estranee e non pertinenti" ai fatti di causa e (quanto alla collana che la (OMISSIS) ricevette) perche' la consapevolezza in capo alla minore della provenienza illecita del monile non e' certa alla luce delle diverse spiegazioni che la (OMISSIS) forni' alla (OMISSIS) sul modo in cui ne era entrata in possesso. Ha rilevato inoltre, quanto alla posizione di (OMISSIS), che non integra il concorso nel reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 ascritto a (OMISSIS) e a (OMISSIS) l'averli accompagnati in macchina a casa della (OMISSIS). La difesa obietta che le versioni rese dalla (OMISSIS) divergevano sull'autore del furto, ma non sulla provenienza delittuosa della collana, sicche' non v'e' dubbio che la (OMISSIS) l'abbia ricevuta essendo consapevole dell'illecita provenienza del bene e il furto presupposto di tale ricettazione e' esattamente uno dei fatti per cui si procede. Rileva poi, quanto a (OMISSIS), che, accompagnando la (OMISSIS) a casa della (OMISSIS), egli forni' un contributo materiale alla cessione perche' sapeva che (OMISSIS) era consumatrice di hashish e che la (OMISSIS) ne aveva con se'. 4.2. Col terzo e quarto motivo, il ricorrente deduce violazione di legge per essere state ritenute utilizzabili ai fini della decisione le dichiarazioni rese da tutti i testimoni che hanno riferito su quanto raccontato da (OMISSIS). Sostiene, infatti, che l'inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese dalla giovane renderebbe inutilizzabili anche quelle rese dai testi de relato. 4.3. Col quinto motivo, la difesa osserva che (OMISSIS) e' la madre di (OMISSIS) e (OMISSIS) ne e' la zia. Rileva che le due donne non avrebbero potuto essere chiamate a deporre su fatti da cui emergevano estremi di reato a carico della minore senza essere avvisate ai sensi dell'articolo 199 c.p.p.. Ricorda che, in assenza di tale avviso, le dichiarazioni rese dai prossimi congiunti sono affette da nullita' per espressa previsione di legge. Su questo punto la difesa lamenta violazione di legge e carenza della motivazione. Osserva infatti che analoghe eccezioni proposte nei motivi di appello sono state respinte affermando, illogicamente e apoditticamente, che dalle dichiarazioni in parola non sarebbero emersi estremi di reato a carico di (OMISSIS). Il difensore sostiene che, in dibattimento, sia la madre che la zia della minore hanno riferito di reati commessi dalla ragazza (fughe da ristoranti per non pagare il conto, furti in negozi di abbigliamento, cessioni di stupefacenti alla (OMISSIS)) e che, se i prossimi congiunti non vengono avvisati della facolta' di astenersi, la loro testimonianza e' nulla a prescindere dalla connessione tra i fatti riferiti e quelli oggetto della testimonianza stessa. 4.4. Col sesto e settimo motivo, la difesa deduce violazione dell'articolo 192 c.p.p. e vizi di motivazione per essere stata ritenuta la responsabilita' dell'imputato per la cessione gratuita di cocaina in presenza di deposizioni testimoniali non univoche. Osserva che - come la sentenza impugnata riferisce la (OMISSIS) ha dichiarato di non aver aderito alla proposta di consumare cocaina che (OMISSIS) le rivolse; ha sostenuto che questi fu l'unico a consumarla e, "solo per sbaglio", lei "ebbe a fumare una sigaretta intinta nella sostanza" (pag. 7 della sentenza impugnata). La difesa sostiene che le dichiarazioni rese da (OMISSIS) contraddicono questa ricostruzione perche' egli ha dichiarato che (OMISSIS) mise la cocaina a disposizione di chi volesse utilizzarla, ma non ha detto di aver visto la (OMISSIS) fumare una sigaretta intinta nella sostanza. Il ricorrente censura la motivazione della sentenza impugnata sottolineando che, in ragione della particolare posizione rivestita da (OMISSIS) nella vicenda (e del fatto che ella aveva collaborato alle attivita' di spaccio svolte dalla (OMISSIS)), le dichiarazioni della giovane avrebbero dovuto essere vagliate con particolare attenzione, cio' che, in concreto, non sarebbe avvenuto. 4.5. Con l'ottavo motivo, la difesa deduce vizi di motivazione quanto alla mancata applicazione dell'articolo 131 bis c.p. Rileva che, nel ritenere non applicabile tale causa di non punibilita', la Corte territoriale ha tenuto conto della minore eta' della (OMISSIS) ancorche' la sentenza di primo grado avesse ritenuto non esservi prova della consapevolezza da parte di (OMISSIS) di tale condizione soggettiva. 4.6. Col nono e col decimo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge per essere stata ritenuta applicabile la recidiva qualificata di cui all'articolo 99 c.p., comma 4, senza fornire sul punto adeguata motivazione e per essere stato dichiarato inammissibile un motivo di appello nuovo proposto su questo tema. La difesa osserva: da un lato, che l'applicazione della recidiva richiede una specifica motivazione, mancante nel caso di specie; dall'altro, che, nell'atto di appello, erano stati formulati motivi sulla dosimetria della pena e sulla mancata concessione delle attenuanti generiche e la richiesta di disapplicare la recidiva, ancorche' formulata solo in un motivo aggiunto, era strettamente connessa alla richiesta di applicare l'articolo 62 bis c.p.. Si duole, infine, della mancata applicazione delle attenuanti generiche e del fatto che questa scelta sia stata motivata sulla minore eta' della (OMISSIS) (della quale, come detto, (OMISSIS) non puo' essere ritenuto consapevole) e sulla ritenuta offerta della sostanza a piu' persone che non sarebbe provata. 5. Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso proposto da (OMISSIS). Quanto al ricorso proposto da (OMISSIS), ha chiesto che ne sia dichiarata l'inammissibilita'. Il difensore di (OMISSIS) ha replicato con memoria del 3 maggio 2023. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Nessuno dei motivi di ricorso proposti nell'interesse di (OMISSIS) supera il vaglio di ammissibilita'. I motivi di ricorso proposti nell'interesse di (OMISSIS) sono infondati. 2. La ricorrente (OMISSIS) deduce, col primo motivo, manifesta illogicita' della motivazione con la quale e' stata affermata la responsabilita' per il reato di cui al capo b) sottolineando che ne' l'imputata (in ipotesi accusatoria cedente della sostanza) ne' (OMISSIS) e (OMISSIS) (che l'avrebbero ricevuta) hanno mai subito perquisizioni o sequestri sicche' non e' noto se si trattasse realmente di sostanze stupefacenti. Ad analoga osservazione, formulata nei motivi di appello, la sentenza impugnata ha replicato che l'imputata non ha mai negato di aver ceduto stupefacenti a (OMISSIS) e alla (OMISSIS) e costoro hanno detto di aver ricevuto rispettivamente cocaina e hashish senza mai sostenere che quanto ricevuto non aveva efficacia drogante. La motivazione e' congrua e non presenta profili di contraddittorieta' o manifesta illogicita' atteso che, in quanto tossicodipendenti, i due giovani cessionari si sarebbero accorti dell'inefficacia di cio' che avevano ricevuto. A cio' deve aggiungersi che, per giurisprudenza costante, il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 puo' essere ritenuto sussistente anche in casi in cui le cessioni di stupefacenti siano desumibili solo dal contenuto di intercettazioni telefoniche (c.d. "droga parlata") (fra le tante: Sez. 6, n. 27434 del 14/02/2017, Albano, Rv. 270299; Sez. 4, n. 20129 del 25/06/2020, De Simone, Rv. 279251) ed anche in assenza di analisi idonee a documentare la quantita' di principio attivo (sull'argomento: Sez. 4, n. 4324 del 27/10/2015, dep. 2016, Mele, Rv.265976) purche' le ipotesi ricostruttive alternative siano prive di plausibilita' o meramente congetturali. Proprio questo e' avvenuto nel caso di specie essendosi ipotizzato che la (OMISSIS) potesse avere ceduto a (OMISSIS) e (OMISSIS) qualcosa che erroneamente gli stessi, pur tossicodipendenti, potevano aver scambiato per sostanza stupefacente. 3. Col secondo motivo, la ricorrente (OMISSIS) deduce manifesta illogicita' della motivazione con la quale e' stata affermata la responsabilita' per il furto di cui al capo a). La difesa riferisce che la (OMISSIS) e' stata ritenuta responsabile del furto perche' una collana che lei aveva regalato alla (OMISSIS) e' stata riconosciuta dalle persone offese come facente parte dei gioielli rubati. Osserva in proposito che quella collana non era stata indicata in sede di denuncia e che (OMISSIS) ha descritto le caratteristiche del monile in termini diversi dal marito, (OMISSIS), atteso che solo quest'ultimo ha parlato di una rottura esistente nel fermaglio. Secondo la difesa, inoltre, ai fini dell'affermazione della penale responsabilita', i giudici di merito avrebbero ingiustificatamente valorizzato le indicazioni che la (OMISSIS) forni' alla (OMISSIS) riguardo alla provenienza della collana e la vicinanza tra l'abitazione della (OMISSIS) e quella delle persone offese. Come noto, il ricorso per Cassazione deve contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica e non puo' limitarsi a generiche critiche di dissenso sulla risposta fornita dal giudice di appello alle questioni sollevate con il gravame (tra tante, Sez. 3, n. 8065 del 21/09/2018, dep. 2019, C, Rv. 275853). Non e' consentito pertanto - pena l'inammissibilita' per aspecificita' del ricorso - che i motivi prospettati con l'atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, siano reiterati senza che ci si confronti criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, ed e' inammissibile un ricorso che si limiti a lamentare, in maniera generica, una presunta carenza o illogicita' della motivazione (tra le tante: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970). Proprio questo e' avvenuto nel caso di specie. Dalle sentenze di merito - che possono essere lette congiuntamente e costituiscono un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595) - emerge, infatti, che (OMISSIS) ha spiegato perche' la collana non fosse stata indicata tra i gioielli mancanti in sede di denuncia. I giudici di merito hanno fornito, inoltre, puntuale spiegazione della diversa descrizione delle caratteristiche del monile fornita dalla (OMISSIS) e dal marito. Non e' irragionevole, infine, l'aver valorizzato, ai fini dell'affermazione della penale responsabilita': che il furto sia stato commesso nel breve lasso di tempo (circa un'ora) nel quale a casa delle vittime non c'era nessuno; che di tale assenza l'imputata fosse informata; che la (OMISSIS) fosse presente nello stabile quando il furto fu commesso. 4. Col terzo motivo, la ricorrente deduce violazione di legge e vizi di motivazione con riferimento alla mancata applicazione delle attenuanti generiche. Secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimita', al fine di ritenere o escludere tali circostanze attenuanti, il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente e atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato e alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare sufficiente allo scopo (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014; Lule, Rv. 259899). Nel caso di specie, la sentenza di primo grado ha ritenuto decisiva per escludere l'applicabilita' delle attenuanti generiche l'entita' "non trascurabile" del danno cagionato alle persone offese e la reiterazione delle cessioni di stupefacenti a persona minorenne. La Corte territoriale ha condiviso tale valutazione e ha sottolineato due dati (peraltro gia' richiamati anche dal Tribunale): l'esistenza di un precedente per furto e la constatazione che, dopo la commissione dei fatti per cui si procede, la (OMISSIS) fu attinta da misura cautelare per cessioni di stupefacenti. E' appena il caso di rilevare che l'estinzione di un reato ai sensi dell'articolo 445 c.p.p. ne fa venir meno gli effetti penali e fa si' che di quel reato non si possa tenere conto ai fini della recidiva, ma certamente non impedisce di valutare il fatto ai fini di cui all'articolo 133 c.p., comma 2, n. 2. 5. Col quarto motivo, la ricorrente deduce manifesta illogicita' della motivazione relativa alla determinazione della pena. A questo proposito e' sufficiente osservare che la pena base e' stata indicata nella misura di anni uno, mesi sei di reclusione ed Euro 500,00 di multa, con riferimento al furto di cui al capo a) (ritenuto il piu' grave tra i reati in continuazione). Si tratta di una pena di poco superiore al minimo edittale previsto, all'epoca dei fatti, per la violazione dell'articolo 624 bis c.p. e tale lieve discostamento e' stato congruamente motivato, oltre che con riferimento alla precedente condanna, anche - e soprattutto - con riferimento alla gravita' del fatto, che fu commesso in danno di vicini di casa e provoco' loro un danno non minimo. 6. Col primo e secondo motivo del ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) il difensore del ricorrente deduce violazione di legge per essere state ritenute utilizzabili ai fini della decisione le testimonianze rese da (OMISSIS) e (OMISSIS), che avrebbero dovuto essere sentiti come indagati in procedimento connesso o collegato, con l'assistenza del difensore e dopo aver ricevuto gli avvisi di cui all'articolo 64 c.p.p., cio' che invece non e' avvenuto. Si deve subito osservare che - come la difesa ha sottolineato nella memoria del 3 maggio 2023 - il motivo ha ad oggetto l'utilizzabilita' delle dichiarazioni che la (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno reso in dibattimento e non quelle che i due giovani hanno reso nel corso delle indagini. La difesa sostiene, infatti, che la (OMISSIS) e (OMISSIS) avrebbero dovuto essere esaminati in giudizio quali testimoni assistiti ai sensi dell'articolo 197 bis c.p.p. essendo emersi a loro carico indizi di reati connessi ai sensi dell'articolo 12 o collegati ai sensi dell'articolo 371, comma 2, lettera b). Con riferimento alla posizione di (OMISSIS), la difesa sostiene che, avendo dichiarato di aver accompagnato (OMISSIS) e la (OMISSIS) a casa della (OMISSIS), egli avrebbe ammesso un concorso nelle cessioni di stupefacenti che i due imputati avrebbero commesso quella sera. La difesa sostiene che, poiche' sapeva che la (OMISSIS) aveva con se' un pezzo di hashish e sapeva che la (OMISSIS) faceva uso di tale sostanza, accompagnando la prima a casa della seconda (OMISSIS) avrebbe concorso nella successiva cessione di hashish. Sostiene che ad analoghe conclusioni dovrebbe giungersi quanto alla ipotizzata cessione di cocaina compiuta da (OMISSIS), atteso che questi non conosceva la (OMISSIS) e fu proprio (OMISSIS) a portarlo a casa della ragazza. L'argomento e' privo di pregio. La circostanza di aver accompagnato (OMISSIS) e (OMISSIS) a casa della (OMISSIS), infatti, non e' da sola sufficiente ad integrare un concorso nelle violazioni del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 che costoro sono accusati di aver commesso (rispettivamente ai capi b) e c)). Ed invero, perche' sia ravvisabile il concorso nel delitto di cessione di sostanze stupefacenti, e' necessario conoscere il proposito criminoso del concorrente e agevolarlo collaborando alla sua realizzazione (sull'argomento, tra le tante: Sez. 4, n. 34754 del 20/11/2020, Abbate, Rv. 280244; nello stesso senso: Sez. 3, n. 41055 del 22/09/2015, Rapushi, Rv. 265167; Sez. 3, n. 34985 del 16/07/2015, Caradonna, Rv. 264454). Dalle dichiarazioni di (OMISSIS), invece, non emerge che egli abbia portato gli imputati a casa della (OMISSIS) per consentire loro di cedere ad altri le sostanze della quali erano in possesso. La valutazione compiuta dai giudici di merito, che hanno ritenuto di attribuire a (OMISSIS) la veste di testimone e non quella di indagato in procedimento connesso o collegato, non e' pertanto censurabile. Quanto ai reati che la (OMISSIS) avrebbe commesso (ricettazione della collana e concorso nelle attivita' di spaccio realizzate dalla (OMISSIS)), tra questi ipotizzati illeciti e quello ascritto a (OMISSIS) non puo' ravvisarsi una connessione ai sensi dell'articolo 12 c.p.p. Non si comprende, inoltre, ne' il ricorrente lo spiega, in che modo tali reati sarebbero collegati dal punto di vista soggettivo o probatorio. 6.1. Alle considerazioni svolte si deve aggiungere che "l'inutilizzabilita' assoluta, ai sensi dell'articolo 63 c.p.p., comma 2, delle dichiarazioni rese da soggetti che fin dall'inizio avrebbero dovuto essere sentiti in qualita' di imputati o di persone sottoposte ad indagini richiede che, a carico degli stessi, risulti l'originaria esistenza di precisi, anche se non gravi, indizi di reita' e tale condizione non puo' automaticamente farsi derivare dal solo fatto che il dichiarante risulti essere stato coinvolto in vicende potenzialmente suscettibili di dar luogo alla formulazione di addebiti penali a suo carico" (Sez. 1, n. 48861 del 11/07/2018, Mero, Rv. 280666; Sez. 2, n. 51732 del 19/11/2013, Carta, Rv. 258109). Va ricordato, inoltre, che l'omissione dell'avvertimento previsto dall'articolo 64 c.p.p., comma 3, lettera c), nei confronti del soggetto che riveste la qualita' di indagato o di imputato in un procedimento connesso o collegato "da' luogo all'inutilizzabilita' delle dichiarazioni assunte, a condizione che la situazione di incompatibilita' a testimoniare, ove non gia' risultante dagli atti, sia stata dedotta prima dell'esame" (Sez. 5, n. 13391 del 23/01/2019, Bazzurri, Rv. 275624; Sez. 6, n. 12379 del 26/02/2016, Picciolo, Rv. 266422) e il ricorrente non ha documentato di aver formulato tale eccezione nel corso del giudizio. 7. Al rigetto del primo e secondo motivo di ricorso consegue il rigetto del terzo e del quarto motivo, con i quali la difesa ha sostenuto che non potrebbero essere utilizzate ai fini della decisione le dichiarazioni rese dai testi che hanno narrato quanto riferito loro da (OMISSIS). 8. Col quinto motivo, la difesa deduce violazione dell'articolo 199 c.p.p.. Sostiene che, prima di essere sentite come testimoni in giudizio, (OMISSIS) e (OMISSIS) (rispettivamente madre e zia di (OMISSIS)) avrebbero dovuto essere avvisate della facolta' di astenersi dal deporre e non lo furono. A questo proposito basta osservare: che la facolta' di astenersi dal deporre e' attribuita dall'articolo 199 c.p.p. ai prossimi congiunti dell'imputato ed e' volta "a prevenire situazioni nelle quali l'eventuale falsa testimonianza sarebbe scriminata dall'articolo 384 c.p." (Sez. 1, n. 42337 del 21/03/2019, B., Rv. 277227); non puo' riguardare quindi dichiarazioni rese a carico di un imputato in reato collegato o connesso quale sarebbe - nella prospettazione difensiva (OMISSIS). In altri termini, il mancato avviso potrebbe comportare la nullita' delle dichiarazioni con le quali le testimoni hanno riferito di condotte illecite realizzate dalla loro congiunta, ma non comportano la nullita' delle dichiarazioni rese con riferimento al reato ascritto a (OMISSIS). Si deve ricordare inoltre che, quand'anche la ipotizzata nullita' si fosse verificata, si sarebbe trattato comunque di una nullita' relativa che la parte avrebbe dovuto eccepire, avendo assistito al compimento dell'esame testimoniale, subito prima dell'atto o immediatamente dopo, ai sensi dell'articolo 182 c.p.p., comma 2, e dal ricorso non risulta che cio' sia avvenuto (sull'argomento: Sez. 3, n. 21374 del 16/01/2018, S., v. 273219; Sez. 5, n. 48693 del 19/09/2014. Boccoli, Rv. 261437). 9. Col sesto e settimo motivo, la difesa deduce violazione dell'articolo 192 c.p.p. e vizi di motivazione. Sostiene che l'imputato e' stato ritenuto responsabile sulla base di deposizioni testimoniali non attendibili e tra loro non coerenti quali sono quelle rese da (OMISSIS) e (OMISSIS). Nell'illustrare il motivo di ricorso, la difesa non spiega perche' vi sarebbe contraddizione tra le dichiarazioni rese da (OMISSIS) - secondo il quale (OMISSIS) mise la cocaina su un tavolo a disposizione di tutti - e quelle rese dalla (OMISSIS) che ha detto di aver rifiutato l'offerta di (OMISSIS) (che fu l'unico a consumare la cocaina) e di averne fatto uso per errore fumando "una sigaretta intinta nella sostanza" (pag. 7 della sentenza impugnata). Ed invero, la circostanza che la cocaina fosse su un tavolo a disposizione di tutti non contrasta col fatto che la (OMISSIS) abbia deciso di non accettare l'offerta, ma abbia poi intinto una sigaretta nella sostanza. A cio' deve aggiungersi che il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e' integrato non solo dalla cessione, ma anche dall'offerta e che, secondo i giudici di merito, la sostanza fu consumata dalla (OMISSIS) (per errore o con intenzione) perche' una sigaretta fu intinta nella cocaina. 10. Con l'ottavo motivo, la difesa deduce vizi di motivazione quanto alla mancata applicazione dell'articolo 131 bis c.p.. Rileva che, nel ritenere non applicabile tale causa di non punibilita', la Corte territoriale ha contraddittoriamente tenuto conto della minore eta' della (OMISSIS) della quale (come la sentenza stessa ha riconosciuto) (OMISSIS) non era consapevole. Si osserva in proposito che non e' illogico ne' contraddittorio aver ritenuto di non minima offensivita' una condotta che - come la sentenza impugnata sottolinea - si concretizzo' nell'offrire cocaina a tutte le persone presenti, se non minorenni certamente assai giovani. 11. Col nono e col decimo motivo, la difesa lamenta: da un lato, che l'applicazione della recidiva non sia stata specificamente motivata; dall'altro, che la richiesta di disapplicare la recidiva contenuta in un motivo nuovo sia stata valutata inammissibile senza considerare che, nell'atto di appello, erano stati formulati motivi sulla dosimetria della pena e sulla mancata concessione delle attenuanti generiche (motivi ai quali la richiesta di disapplicare la recidiva era strettamente connessa). Si duole, infine, della mancata applicazione delle attenuanti generiche. Per quanto riguarda l'applicazione della recidiva si deve osservare che la sentenza di primo grado ha motivato tale decisione sostenendo che, in ragione dei numerosi precedenti e della diversa natura degli stessi (condanne in materia di cessione di sostanze stupefacenti, evasione, violenza privata, minaccia e stalking, si legge a pag. 23 della sentenza), il reato per cui si procede era ulteriore manifestazione di una "condotta criminosa protrattasi (...) nel tempo" e percio' indicativa di una accentuata propensione a delinquere. La sentenza impugnata non ha ulteriormente argomentato sul punto perche' ha ritenuto che, essendo stata sollevata in un motivo aggiunto, la questione relativa all'applicazione della recidiva non dovesse essere esaminata. Tale decisione e' conforme al principio di diritto, che questo Collegio ritiene di dover condividere, secondo il quale "il motivo inerente alla configurabilita' della recidiva costituisce un punto autonomo della decisione, sicche', ove l'appello originario abbia avuto riguardo ad altri aspetti del trattamento sanzionatorio (la configurabilita' di un'aggravante, il riconoscimento delle attenuanti generiche, il bilanciamento tra le circostanze e la misura della pena), non ci si puo' dolere, con i motivi aggiunti, dell'insufficiente motivazione o della violazione delle disposizioni in tema di recidiva" (Sez. 5, n. 40390 del 19/09/2022, Milucci, Rv. 283803). Per quanto riguarda la mancata applicazione delle attenuanti generiche e la dosimetria della pena, basta ricordare che, secondo un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti e attenuanti, rientra nella discrezionalita' del giudice di merito, il quale assolve al relativo obbligo di motivazione se da' conto dell'impiego dei criteri di cui all'articolo 133 c.p. o richiama alla gravita' del reato o alla capacita' a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 256197). Nel caso di specie la pena base e' stata determinata nella misura di anni uno, mesi sei di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa, inferiore alla media edittale, e lo scostamento dal minimo e' stato motivato con riferimento ai plurimi precedenti penali e alle modalita' della condotta, che, secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, si concretizzo' nel mettere la cocaina su un tavolo offrendola a tutte le persone presenti in casa. Tale motivazione non puo' ritenersi contraddittoria ne' illogica e non e' pertanto censurabile in questa sede. La mancata applicazione delle attenuanti generiche e' stata poi congruamente motivata, valorizzando i precedenti penali oltre che sulla base dei medesimi argomenti gia' illustrati con riferimento alla mancata applicazione della causa di non punibilita' prevista dall'articolo 131 bis c.p.: argomenti che, come si e' detto, non sono contraddittori ne' manifestamente illogici. 12. Per quanto esposto il ricorso proposto da (OMISSIS), non puo' trovare accoglimento. Cio' comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. All'inammissibilita' del ricorso proposto da (OMISSIS) consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, somma cosi' determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilita'. Ed invero, non sussistono elementi per ritenere che la (OMISSIS) non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'. P.Q.M. Rigetta il ricorso di (OMISSIS) e condanna il predetto ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS) e condanna la predetta ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIDELBO Giorgio - Presidente Dott. CRISCUOLO Anna - rel. Consigliere Dott. GIORDANO Emilia A. - Consigliere Dott. GALLUCCI Enrico - Consigliere Dott. ROSATI Martino - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 22/11/2022 della Corte d'appello di Napoli; letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere Dott. Anna Criscuolo; udite le richieste del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Molino Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito il difensore, avv. (OMISSIS), che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il difensore di (OMISSIS) ricorre per l'annullamento della sentenza in epigrafe con la quale la Corte d'appello di Napoli, in parziale riforma di quella emessa il 3 marzo 2022 dal G.u.p. del Tribunale di Torre Annunziata, preso atto della rinuncia ai motivi assolutori, ha ridotto la pena inflitta all'imputato a 3 anni 4 mesi e giorni 20 di reclusione e, revocate le pene accessorie, ha confermato nel resto la sentenza appellata che aveva condannato l'imputato per i reati riuniti di maltrattamenti aggravati e lesioni in danno della convivente. 1.1 Con il primo motivo denuncia l'erronea applicazione dell'articolo 572, comma 2, e dell'articolo 61 c.p., n. 11 quinquies nonche' la mancanza di motivazione in relazione alla mancata esclusione dell'aggravante. La Corte di appello non ha valutato le argomentazioni difensive e le circostanze in base alle quali si chiedeva l'esclusione dell'aggravante ad effetto speciale; in particolare, non ha considerato che la stessa persona offesa aveva dichiarato che i figli avevano assistito solo ad alcune aggressioni; che, quando il ricorrente iniziava a non controllarsi, ella chiamava la suocera o un'amica affinche' prelevassero i bambini per non farli assistere alle liti; che le persone sentite dal difensore in sede di indagini difensive escludevano la presenza dei bambini durante i litigi e che le relazioni degli assistenti sociali della struttura che ospitava la persona offesa escludono ripercussioni sullo sviluppo di crescita dei bambini, la cui tenera eta' rendeva, peraltro, impossibile la comprensione del disvalore delle condotte paterne. La Corte di appello non ha assolto l'obbligo di motivazione ne' considerato che la configurabilita' dell'aggravante richiede la reiterazione delle condotte dinanzi ai minori, mentre nel caso di specie avevano assistito ad episodi isolati e mancava la prova che le condotte violente nei confronti della madre avessero prodotto effetti negativi nel processo di crescita dei minori, esclusi dalle relazioni prima indicate, sicche' poteva al piu' configurarsi l'aggravante comune. 1.2 Con il secondo motivo denuncia l'erronea applicazione della continuazione, l'assenza di motivazione in relazione all'aumento di pena per i capi b) e c) e la mancata applicazione della riduzione per il rito. La sentenza contiene numerosi errori relativamente al trattamento sanzionatorio, in quanto la pena base e' fissata in 3 anni di reclusione, aumentata fino alla meta' per l'aggravante di cui all'articolo 572 c.p., comma 2 a 4 anni e 6 mesi di reclusione e ulteriori 20 giorni di reclusione, presumibilmente a titolo di continuazione, atteso che, stante il concorso della recidiva qualificata, non e' stato applicato l'aumento facoltativo. Tuttavia, non risulta indicata la misura degli aumenti ne' operata la riduzione di un terzo per il rito abbreviato. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' infondato per le ragioni di seguito illustrate. Il primo motivo con il quale si contesta la sussistenza dell'aggravante speciale di cui all'articolo 572 c.p., comma 2 e' infondato, ai limiti della inammissibilita', in quanto solo formalmente denuncia una violazione di legge, in realta', propone una lettura alternativa del fatto nella parte in cui rimarca circostanze di fatto, asseritamente non considerate dalla Corte di appello. La difesa fa leva sulle dichiarazioni della persona offesa, secondo le quali i figli minori dei sei anni avevano assistito ad alcune delle aggressioni descritte e proprio per evitare che assistessero ai litigi ella chiedeva l'intervento dei parenti non appena si rendeva conto che il compagno stava perdendo il controllo. Sebbene sintetica la motivazione sul punto non puo' dirsi mancante e all'evidenza va letta congiuntamente a quella resa dal primo giudice, avendo la Corte di appello ad essa fatto richiamo e fondato la valutazione sugli elementi risultanti dalla sentenza di primo grado, che, oltre a riportare le dichiarazioni della persona offesa (pag. 7), da' atto dell'ammissione dell'imputato di avere piu' volte schiaffeggiato e insultato anche davanti ai figli la compagna, di avere reazioni spropositate e di fare uso di rnarijuana (pag. 12), di ritenere la convivente responsabile dell'allontanamento della figlia (OMISSIS), che non vedeva da cinque anni (pag.13) e di averla colpita piu' volte (pag. 15). Su tali ammissioni, del tutto trascurate nel ricorso, nonche' sulle dichiarazioni della persona offesa coerentemente i giudici hanno fondato la sussistenza dell'aggravante, attribuendo rilievo alla richiesta di intervento dei parenti cui la persona offesa ricorreva proprio per sottrarre i figli alle esplosioni aggressive del ricorrente (sempre che vi fosse tempo per affidarli a loro, essendo improvvisi, imprevedibili e ingiustificati gli scatti d'ira del compagno, cosi' testualmente pag. 15 sentenza di primo grado). La circostanza depone per l'abitualita' delle condotte aggressive e maltrattanti dell'imputato nei confronti della compagna alla presenza dei figli minori, nei quali provocava reazioni di sconforto e di pianto e ripercussioni sullo sviluppo psichico conseguente al vissuto loro imposto dal padre, come indicato dal primo giudice (pag. 15). In presenza di tali circostanze e dati di fatto risulta giustificata la valutazione dei giudici di merito, che hanno valorizzato la capacita' dei minori, di due e tre anni, di comprendere il disvalore delle condotte paterne e di subire turbamenti e ripercussioni sul piano psicologico e sul percorso di crescita. Questa Corte ha gia' ritenuto configurabile il reato di maltrattamenti nei confronti di un infante che assista alle condotte maltrattanti poste in essere in danno di altri componenti della sua famiglia, a condizione che tali condotte siano idonee ad incidere sull'equilibrio psicofisico dello stesso (Fattispecie di genitori che avevano fatto assistere reiteratamente una bambina dell'eta' di un anno agli atti di violenza e minaccia posti in essere nei confronti dei fratelli, Sez. 6, n. 27901 del 22/09/2020, S., Rv. 279620). La finalita' della norma e' quella di tutelare l'incolumita' psicofisica dei minori nell'ambiente familiare, che dovrebbe assicurare un armonioso sviluppo psichico, invece, compromesso da condotte violente e umilianti e dal clima di sopraffazione instaurato dal maltrattante nei confronti di un componente della famiglia, sicche' e' configurabile il delitto di maltrattamenti anche nel caso in cui i minori non siano vittime dirette dei maltrattamenti, ma ne siano vittime forzate, coinvolte indirettamente, come involontari spettatori delle liti tra i genitori che si svolgono all'interno delle mura domestiche (c.d. violenza assistita), sempre che sia stata accertata l'abitualita' delle condotte e la loro idoneita' a cagionare uno stato di sofferenza psicofisica nei minori spettatori passivi. Sez. 6, n. 18833 del 23/02/2018, Rv. 272985). 2. Anche il secondo motivo e' infondato, in quanto, pur sussistendo una discrasia tra dispositivo e motivazione, l'errore di calcolo della pena puo' essere rettificato, ricavandosi dalla motivazione contestuale i fattori di calcolo ed essendo ricostruibile il percorso seguito per la determinazione della pena, non versandosi in ipotesi di illegalita' della stessa. Tenuto conto del motivo non rinunciato. sul trattamento sanzionatorio punto D) dell'atto di appello-, a differenza di quanto dedotto nel ricorso, dalla motivazione della sentenza risulta sia il diniego delle attenuanti generiche, sia la mancata esclusione della recidiva qualificata, sia la determinazione della pena base nel minimo edittale, sia operata la riduzione per il rito. E' ben vero che la coesistenza di due aggravanti ad effetto speciale avrebbe dovuto comportare ex articolo 63 c.p., comma 4, l'applicazione dell'aumento previsto per la piu' grave, nella specie costituita dalla recidiva reiterata specifica infraquinquennale per la quale e' previsto un aumento di due terzi, con eventuale applicazione dell'aumento facoltativo di un terzo per l'aggravante meno grave, ma la Corte di appello ha applicato unicamente l'aumento fino alla meta' per la circostanza aggravante di cui all'articolo 572 c.p., comma 2 senza applicare alcun aumento per la recidiva (invece, applicato dal primo giudice), sicche' l'errore denunciato e' in favor rei e, in assenza di ricorso del P.G., non e' emendabile ne' sorretto da concreto interesse. Anche la deduzione relativa all'omessa motivazione dell'aumento di 20 giorni di reclusione non e' sorretta da interesse, essendo l'aumento pacificamente riferito al reato di lesione (unico reato in continuazione), peraltro, determinato in misura inferiore a quella stabilita dal primo giudice (1 mese di reclusione); risulta operata anche la riduzione per il rito, a differenza di quanto dedotto nel ricorso, sebbene sia errato il calcolo, in quanto alla pena finale di 3 anni 4 mesi e 20 giorni di reclusione, indicata nel dispositivo, si perviene riducendo di un terzo la pena di 4 anni, 6 mesi e 6 giorni di reclusione ed in tal senso deve rettificarsi il calcolo della pena. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIDELBO Giorgio - Presidente Dott. GIORDANO Emilia Anna - Consigliere Dott. VIGNA Maria S. - rel. Consigliere Dott. SILVESTRI Pietro - Consigliere Dott. D'ARCANGELO Fabrizio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); avverso la sentenza del 21/06/2021 della Corte di appello di Messina; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Maria Sabina Vigna; sentite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Cimmino Alessandro, che ha chiesto l'inammissibilita' del ricorso; udito l'avvocato (OMISSIS) in sostituzione dell'avvocato (OMISSIS), che ha insistito nel ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Messina, all'esito di rito abbreviato, in parziale riforma della sentenza del 5 ottobre 2020 emessa dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Messina, previa esclusione della contestata recidiva, ha rideterminato la pena inflitta a (OMISSIS) in anni due e mesi otto di reclusione, confermando la condanna al risarcimento della parte civile e revocando le condanne alle pene accessorie. L'imputato e' stato condannato per maltrattamenti ai danni della propria moglie, (OMISSIS), anche in presenza dei figli minori. In particolare, gli si contesta, oltre ad avere posto in essere, fino a novembre 2019, ai danni della donna frequenti aggressioni verbali e fisiche accompagnate da esplicite minacce di morte, di averle impedito di mantenere i contatti con chiunque, compresi i propri familiari, privandola del possesso e dell'uso di un telefono cellulare ed esercitando, quindi, un controllo costante sulla vita della stessa. Il compendio probatorio e' costituito dalle dichiarazioni della persona offesa, ritenuta pienamente attendibile, da quelle della madre, alla quale la figlia aveva raccontato la sua situazione familiare e dalla quale si era piu' volte rifugiata in cerca di aiuto, dai certificati medici e da quanto attestato dagli operanti, i quali in una occasione, si erano recati presso l'abitazione dei coniugi, a seguito di chiamata della donna, e avevano visto lo stato di alterazione dell'imputato, in altra occasione erano intervenuti a seguito dell'aggressione della madre della (OMISSIS) da parte dell'imputato. 2. Avverso la sentenza, (OMISSIS) ricorre per cassazione, a mezzo dell'avvocato (OMISSIS), deducendo i seguenti motivi: 2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione nella decisione di rigetto della richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, per la mancata audizione della persona offesa, nonche' per l'illogica e omissiva valutazione del contenuto della missiva inviata, successivamente alla sentenza di primo grado, dalla predetta all'imputato. La necessita' di disporre l'audizione e' stata ricollegata alla produzione in atti di una lettera, dalla quale poteva evincersi una realta' diversa da quella descritta dalla sentenza, oltre che alle dichiarazioni rese dalla (OMISSIS) il 7 aprile 2021 nell'ambito del procedimento pendente dinnanzi al Tribunale per i Minorenni di Messina, sottoposte a(l'attenzione della Corte territoriale con i motivi aggiunti. L'elemento sul quale si doveva procedere a ulteriore accertamento riguardava la effettiva sudditanza psicologica della donna determinata dalle vessazioni e dalle ire dell'imputato, tale da poter escludere che gli episodi litigiosi fossero frutto di costanti dinamiche familiari. 2.2.Violazione di legge in relazione all'affermazione della penale responsabilita', al di la' di ogni ragionevole dubbio, dell'imputato con riferimento alla integrazione del requisito dell'abitualita' della condotta ascrittagli. La contestazione dei fatti e' indeterminata quanto al tempo del commesso reato, in particolare modo con riferimento al momento iniziale dei maltrattamenti. I fatti denunciati, dal punto o' di vista temporale, si concentrano tra aprile 2019 e novembre 2019. Per quanto concerne i periodi precedenti non vi e' alcuna indicazione di atti maltrattanti e dal contesto della motivazione non si evince l'elemento della abitualita'. 2.3.Motivazione apparente o illogica nella parte in cui si ritiene integrata l'aggravante prevista dall'articolo 61 c.p., n. 11 quinquies, in relazione alle dichiarazioni - sottoposte all'attenzione della Corte di appello con i motivi aggiunti rese dai figli minorenni. La motivazione fornita si fonda esclusivamente su prove indirette e cioe' la presenza di minori all'interno del nucleo familiare o il fatto che la (OMISSIS) portasse con se' i minori ogni qualvolta andava a vivere in casa della madre. La Corte non si e' confrontata con le dichiarazioni rese dai figli della coppia al Tribunale per i Minorenni, nel corso delle quali i predetti precisavano che i genitori litigavano solo a parole, che le liti riguardavano unicamente le loro condotte e che i genitori erano d'accordo nel rimproverarli. 2.4. Violazione di legge con riferimento all'applicazione dell'aumento di pena conseguente all'aggravante di cui all'articolo 572 c.p., comma 2, in aperta violazione del principio del divieto di reformatio in peius. Il giudice di primo grado ha determinato una pena base pari ad anni quattro di reclusione, aumentata per la recidiva ad anni sei di reclusione e ridotta ad anni quattro per la scelta del rito. Il Tribunale di Messina non ha, quindi, ritenuto di dovere applicare alcun aumento per l'aggravante contestata ai sensi dell'articolo 61 c.p., n. 11 quinquies, ne' tantomeno ai sensi dell'articolo 572 c.p., comma 2, norma che viene considerata dalla Corte d'appello applicabile, malgrado la modifica normativa che vige a far data dal luglio 2019, e, dunque, a cavallo della condotta incriminata collocata, quantomeno al momento finale, nel novembre 2019. La Corte d'appello ritiene, per altro verso, doversi escludere la recidiva, indicando come pena base quella di anni tre di reclusione, aumentata ad anni quattro per la sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 572 c.p., comma 2 ridotta per il rito ad anni due e mesi otto di reclusione. 2.5. Violazione di legge in relazione all'applicazione della circostanza aggravante di cui all'articolo 572 c.p., comma 2, per il periodo di reato fino al 19 luglio 2019, e cio' in violazione del principio di irretroattivita' della legge penale. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni di seguito indicate. 2. Il primo motivo e' infondato. 2.1.Occorre osservare che costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimita' quello secondo il quale, nel giudizio abbreviato di appello, le parti non hanno un diritto all'assunzione di prove nuove, ma hanno solo il potere di sollecitare l'esercizio dei poteri istruttori di cui all'articolo 603 c.p.p., comma 3, essendo rimessa al giudice la valutazione dell'assoluta necessita' dell'integrazione probatoria richiesta (Sez. 6, n. 51901 del 19/09/2019, Graziano, Rv. 278061 - 01). Nel caso in esame, facendo buon governo di tale quadro di principii, la sentenza impugnata ha motivatamente escluso - alla luce della completezza della base cognitiva oggetto del compendio probatorio in atti, dallo stesso ricorrente, peraltro, apprezzato ai fini della opzione da lui, a suo tempo espressa, per lo specifico rito semplificato, al quale ha chiesto di accedere, rigettata la richiesta di integrazione probatoria, nella sua forma incondizionata - la presenza dell'indispensabile requisito della assoluta necessita' del dato probatorio oggetto della suindicata richiesta di rinnovazione, ritenendolo non adatto a realizzare un effettivo ampliamento delle capacita' cognitive nella prospettiva della potenziale incidenza sulla valutazione del complesso degli elementi gia' acquisiti. Come correttamente evidenziato nella sentenza impugnata, la lettera indirizzata dalla (OMISSIS) all'imputato, pur essendo indicativa dell'affetto che, ancora, la legava allo stesso, rende manifesta la sua assoluta sottomissione all'imputato nella parte in cui sosteneva che l'uomo aveva fatto bene a picchiarla quando lei, nel corso di una lite, aveva dato ragione al figlio, nonche' la circostanza che (OMISSIS) era effettivamente uso a picchiarla. Quanto alle dichiarazioni rese dalla (OMISSIS) e dai figli minori al Tribunale per i Minorenni, la Corte territoriale ha puntualmente sottolineato che le stesse erano state irritualmente introdotte nel presente giudizio e che, in ogni caso, si limitavano unicamente a minimizzare l'entita' e le modalita' dei litigi, comunque ammessi. 3. Il secondo motivo e' manifestamente infondato. Deve premettersi che, nell'atto di appello, il ricorrente non aveva formulato alcuna censura circa l'individuazione del dies a quo, che, peraltro, viene indicato chiaramente in sentenza: risulta, infatti che la persona offesa, nel corso della denuncia del 2019, aveva dichiarato che i maltrattamenti erano iniziati quattro anni prima. Si appalesa ineccepibile l'inquadramento giuridico della fattispecie, avendo i giudici di merito accertato la sistematica volonta' dell'imputato di imporre alla moglie un regime di vita mortificante e violento. La Corte territoriale, nel fare buon governo degli esiti delle prove, ha evidenziato le continue angherie psicologiche e le ingravescenti manifestazioni di violenza fisica sofferte dalla moglie a seguito degli atteggiamenti aggressivi del coniuge. La Corte ha, inoltre, rilevato come le dichiarazioni della teste fossero riscontrate dalle certificazioni mediche in atti e dai rilievi operanti dalla polizia giudiziaria, che, in una occasione fu allertata dalla figlia piu' grande della coppia degli atti violenti perpetrati dal padre in danno della madre. Ogni ulteriore argomento difensivo e' portatore di una lettura alternativa dei fatti, inammissibile in questa Sede. 4. Il terzo e quarto motivo - da trattarsi con (OMISSIS)mente in quanto entrambi inerenti alla sussistenza dell'aggravante della commissione del fatto in presenza dei figli minori della coppia - sono infondati. Rileva il Collegio che nel capo di imputazione e' contestata l'aggravante di cui all'articolo 61, n. 11-quinquies e che, dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza di primo grado, risulta pacificamente il riconoscimento della sussistenza della stessa. Il Giudice dell'udienza preliminare di Messina ha richiamato, infatti, analiticamente, nella ricostruzione della condotta di cui all'articolo 572 c.p., quanto dichiarato in denuncia dalla (OMISSIS), la quale, nel raccontare i maltrattamenti subiti, riferiva anche che: - la figlia (OMISSIS) era vittima di minacce da parte dell'imputato; - che i figli erano terrorizzati quando assistevano agli eccessi di ira del padre, che rompeva tutti gli oggetti in casa; - che quando si trovava a casa della madre e l'imputato ruppe gli infissi per potere entrare in casa, la figlia, atterrita, chiamo' i carabinieri. Di tale circostanza aggravante il Giudice ha, ovviamente, tenuto conto anche nella determinazione della pena, indicando, come pena base, quella di anni quattro di reclusione, da ritenersi gia' comprensivi dell'aumento per l'aggravante (e, quindi, anni tre di reclusione, aumentata di 1/3 per l'aggravante). La Corte di appello ha ritenuto "contestata in fatto", l'aggravante della violenza assistita, anche se erroneamente riconducendola alla fattispecie di cui all'articolo 572 c.p., comma 2, senza pero' dare atto dell'abitualita' degli episodi di violenza assistita. 4.1. Rileva il Collegio l'erroneita' della considerazione secondo la quale, per i casi di violenza assistita successivi all'entrata in vigore della L. n. 69 del 2019, debba trovare automaticamente applicazione la circostanza aggravante di cui all'articolo 572, comma 2, c.p., che "sostituirebbe" la circostanza aggravante di cui all'articolo 61 c.p., n. 11 quinquies. In realta', entrambe le circostanze possono trovare tuttora applicazione a seconda della fattispecie di cui trattasi. In altre parole: il reato di maltrattamenti, aggravato dalla circostanza dell'essere stato commesso alla presenza di un minore, prevista dall'articolo 61 c.p., n. 11-quinquies, si differenzia dal reato di maltrattamenti in famiglia in danno di minore, vittima di violenza cd. assistita, perche', ai soli fini della configurabilita' dell'aggravante, non e' necessario che gli atti di sopraffazione posti in essere alla presenza del minore rivestano il carattere dell'abitualita' (Sez. 6, n. 8323 del 09/02/2021, G., Rv. 281051 - 01). 4.2. Conclusivamente, ritenendo che il Giudice dell'udienza preliminare di Messina, nel calcolo della pena, sia partito da quella di anni tre di reclusione (poi aumentata ad anni quattro, per la circostanza aggravante di cui all'articolo 61, n. 11-quinquies, unica configurabile nel caso di specie), non e' ravvisabile alcuna reformatio in peius da parte del Collegio di appello, che e' partito dalla stessa pena base ed ha effettuato lo stesso aumento di pena per la circostanza aggravante, diversamente qualificata per errore, pervenendo ad una pena piu' mite in virtu' dell'esclusione della recidiva. 5. Al rigetto del ricorso segue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MARINI Luigi - Presidente Dott. SOCCI A.Matteo - rel. Consigliere Dott. CORBO Antonio - Consigliere Dott. MENGONI Enrico - Consigliere Dott. ZUNICA Fabio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato il 17/05/1974; E' presente l'avvocato (OMISSIS), di Parte Civile, che chiede la conferma della sentenza della Corte di Appello e si rimette alle Conclusioni che deposita in aula insieme alla Nota Spese. E' presente l'avvocato (OMISSIS) che si riporta ai motivi del ricorso e chiede l'annullamento della sentenza. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza della Corte di appello di Milano del 18 ottobre 2021, in riforma della decisione del Tribunale di Varese del 21 giugno 2018 si e' dichiarato (OMISSIS), colpevole del reato di cui all'articolo 572 c.p. (capo A, commesso fino al 17 febbraio 2013) nei confronti di (OMISSIS), e del reato di cui al capo B (articolo 81, 609 bis c.p., commesso nell'(OMISSIS)), con la condanna ad anni 4 di reclusione, riconosciute le circostanze attenuanti generiche; la sentenza, inoltre, dichiarava di non doversi procedere nei confronti dell'imputato per intervenuta prescrizione in ordine ai reati di maltrattamenti, lesioni e corruzione di minorenne nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS), assolveva l'imputato dal reato di cui agli articolo 81, 609 bis e articolo 609 ter c.p., n. 5 (capo C) perche' il fatto non sussiste. 2. L'imputato ha proposto ricorso in cassazione, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'articolo 173, disp. att. c.p.p., comma 1. 2. 1. Violazione di legge (articolo 192 e 194 c.p.p.). La condanna e' intervenuta solo ed esclusivamente sulle dichiarazioni della parte offesa, costituita parte civile. La testimonianza della parte civile deve essere valutata con particolare rigore con una verifica accurata e minuziosa della sua credibilita' soggettiva. La donna ha reso dichiarazioni contraddittorie e imprecise, e mancano, peraltro, i riscontri oggettivi alle sue dichiarazioni. Le dichiarazioni confuse e generiche della parte offesa avevano portato il Tribunale ad assolvere l'imputato, per tutte le imputazioni. La stessa Corte di Appello ammette che le dichiarazioni della donna sono contraddittorie, ma giustifica tale contraddittorieta' con la non conoscenza della lingua italiana al momento della denuncia, circostanza in cui le dichiarazioni vennero assunte con l'ausilio di Google translate. Osserva ancora il ricorrente, per l'episodio dell'(OMISSIS), che nella denuncia la donna dichiarava di essere stata ferita con un coltello dal marito, mentre in dibattimento dichiarava che si era trattato di un incidente (autolesioni). Nessun referto medico e' presente per le lesioni indicate nell'imputazione (ad eccezione di un solo referto), ed esistono solo delle foto autoprodotte di lividi e lesioni, senza nessuna data certa. Tutte le altre dichiarazioni sono de relato, senza nessun valore probatorio (teste (OMISSIS), assistente sociale). Non ha trovato riscontro neanche la dichiarazione della donna, laddove afferma di aver mostrato i lividi all'autista del pullman, che portava il figlio a scuola. Per i reati di violenza sessuale, mentre nella denuncia la parte offesa aveva riferito di due episodi di sodomizzazione, in dibattimento, udienza del 22 febbraio 2018, ha descritto gli episodi come un errore (un incidente) del marito che le aveva anche chiesto scusa. 2. 2. Motivazione inesistente o manifestamente illogica. La Corte di appello motiva in modo contraddittorio e manifestamente illogico, afferma che sarebbero numerosi gli episodi di violenza sessuale, ma evidenzia che la stessa vittima aveva riferito unicamente due episodi. La donna aveva dichiarato che, giunta in Italia, i rapporti sessuali con il marito erano sempre graditi e belli, "e dopo no". I rapporti sessuali non graditi non possono essere collocati nel tempo in maniera precisa, dall'istruttoria non e' possibile accertare con ragionevole certezza le date dei commessi delitti di violenza sessuale. La Corte di appello afferma che un episodio sarebbe stato commesso nell'agosto del 2012, mentre un secondo episodio sarebbe collocabile nel gennaio del 2013. La violenza sessuale commessa nell'agosto del 2012 sarebbe comunque gia' prescritta, non trovando applicazione il raddoppio dei termini di prescrizione (L. n. 172 del 23 ottobre 2012). Anche per il reato di maltrattamenti, ad eccezione della data del 17 febbraio 2013, quando la donna fuggiva di casa, non risultano ben specificati i tempi delle condotte contestate. Per gli episodi di violenza la Corte di appello fa riferimento solo all'episodio del gennaio 2013. Tutti i reati antecedenti all'entrata in vigore della L. 172 del 2012 risultano estinti per prescrizione. La donna in dibattimento e' stata assistita da un interprete e, pertanto, illogica risulta l'affermazione della Corte di appello che ha giustificato le contraddizioni dei suoi racconti per la scarsa conoscenza della lingua italiana. Ha chiesto pertanto l'annullamento della sentenza impugnata. CONSIDERATO IN DIRITTO 3. Il ricorso e' infondato e deve respingersi con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. 3. 1. La decisione della Corte di appello contiene ampia e adeguata motivazione (rafforzata), senza contraddizioni e senza manifeste illogicita', sulla responsabilita' del ricorrente, e sulla piena attendibilita' della donna, parte offesa, peraltro con numerosi e convergenti riscontri alle sue dichiarazioni. In tema di giudizio di Cassazione, sono precluse al giudice di legittimita' la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita' esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015 - dep. 27/11/2015, Musso, Rv. 265482). In tema di motivi di ricorso per Cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita', dalla sua contraddittorieta' (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che contestano la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', la stessa illogicita' quando non manifesta, cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento. (Sez. 2 -, Sentenza n. 9106 del 12/02/2021 Ud. (dep. 05/03/2021) Rv. 280747 - 0; vedi anche Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015 - dep. 31/03/2015, 0., Rv. 262965). Del resto una rivalutazione del fatto risulta preclusa in sede di legittimita'. 4. La Corte di appello ha con esauriente motivazione, immune da vizi di manifesta illogicita' o contraddizioni, dato conto del suo ragionamento che ha portato alla valutazione di attendibilita' della parte offesa, moglie dell'imputato sia per la violenza sessuale e sia per gli altri reati. Infatti, in tema di reati sessuali, poiche' la testimonianza della persona offesa e' spesso unica fonte del convincimento del giudice, e' essenziale la valutazione circa l'attendibilita' del teste; tale giudizio, essendo di tipo fattuale, ossia di merito, in quanto attiene il modo di essere della persona escussa, puo' essere effettuato solo attraverso la dialettica dibattimentale, mentre e' precluso in sede di legittimita', specialmente quando il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile della sua analisi probatoria. (Vedi Sez. 3 -, Sentenza n. 3239 del 04/10/2022 Ud. (dep. 25/01/2023) Rv. 284061 - 0; Sez. 3 -, Sentenza n. 6710 del 18/12/2020 Ud. (dep. 22/02/2021) Rv. 281005 - O e Sez. 3, n. 41282 del 05/10/2006 - dep. 18/12/2006, Agnelli e altro, Rv. 235578). Le dichiarazioni della persona offesa possono da sole, senza la necessita' di riscontri estrinseci, essere poste a fondamento dell'affermazione di responsabilita' penale dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilita' soggettiva del dichiarante e dell'attendibilita' intrinseca del suo racconto, che peraltro deve, in tal caso, essere piu' penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. A tal fine e' necessario che il giudice indichi le emergenze processuali determinanti per la formazione del suo convincimento, consentendo cosi' l'individuazione dell'iter logico-giuridico che ha condotto alla soluzione adottata; mentre non ha rilievo, al riguardo, il silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame qualora si tratti di deduzione disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, non essendo necessaria l'esplicita confutazione delle specifiche tesi difensive disattese ed essendo, invece, sufficiente una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione implicita di tale deduzione senza lasciare spazio ad una valida alternativa. (Sez. 5, n. 1666 del 08/07/2014 - dep. 14/01/2015, Pirajno e altro, Rv. 261730); le regole dettate dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilita' dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilita' soggettiva del dichiarante e dell'attendibilita' intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere piu' penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012 - dep. 24/10/2012, Bell'Arte ed altri, Rv. 253214). 4. 1. Nel caso in giudizio le motivazioni sono precise, puntuali e rigorose nell'affrontare l'attendibilita' della parte offesa, rilevando come i fatti di violenza sessuale sono emersi dalle lineari e coerenti deposizioni della donna. La donna, ascoltata nuovamente nel giudizio di appello quale teste, in quanto il procedimento nei suoi confronti era stato nel frattempo archiviato, ha riferito della natura violenta dell'uomo, che la picchiava cagionandole lesioni e offendendola (lesioni riscontrate anche da foto scattate dalla parte offesa). Peraltro, il giorno 17 febbraio 2013 la donna scappava di casa e veniva casualmente soccorsa da una pattuglia della Polizia ed accompagnata nell'ospedale, dove le erano riscontrate lesioni, perfettamente compatibili con il racconto delle violenze subite (pugni e percosse con il soffione della doccia). La Polizia annotava le condizioni della donna: "signora in evidente stato di shok che chiedeva aiuto dichiarando di essere stata picchiata dal marito (...) presentava un ematoma al viso e terrorizzata dall'eventuale arrivo del marito". 5. Relativamente ai maltrattamenti la Corte di appello ha rilevato, con motivazione adeguata ed immune da contraddizioni e da manifeste illogicita', come le violenze e vessazioni siano state continue per un lungo periodo e si erano manifestate anche con la violenza sessuale, le lesioni e le reiterate ingiurie. La condotta dell'imputato e' stata reiterata e tale da cagionare la dolorosa e mortificante convivenza coniugale. Su questi aspetti il ricorso, articolato in fatto e in maniera del tutto generica, reitera le motivazioni dell'atto di appello senza confrontarsi con la sentenza impugnata. Sostanzialmente non contiene motivi di legittimita' nei confronti delle articolate e complete motivazioni della sentenza impugnata. Ripropone acriticamente dubbi soggettivi, adeguatamente risolti dalle decisioni di merito, e non contesta neanche i fatti di cui al reato di maltrattamenti, limitandosi solo a contestare l'attendibilita' della parte offesa sulle violenze sessuali. 5. Sulla prescrizione dei reati di violenza sessuale (episodio dell'agosto 2012) deve rilevarsi che la sentenza condanna solo per un episodio ("pena base anni cinque di reclusione per la violenza sessuale aumentata ex articolo 81 c.p. ad anni sei per il reato di maltrattamenti"); infatti, nessun aumento per la continuazione interna dell'imputazione di violenza sessuale e' stato applicato. Conseguentemente e' stata affermata la responsabilita' solo per l'episodio del gennaio 2013 non prescritto, non sussistendo interesse del ricorrente a specifiche valutazioni circa il precedente episodio criminoso. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 3.700,00 oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati significativi, a norma dell'articolo 52 del Decreto Legislativo n. 196 del 2003 in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CRISCUOLO Anna - Presidente Dott. DE AMICIS Gaetano - Consigliere Dott. COSTANTINI Antonio - Consigliere Dott. ROSATI Martino - rel. Consigliere Dott. TRIPICCIONE Debora - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nata a (OMISSIS); avverso la sentenza del 14/04/2022 della Corte di appello di Torino; letti gli atti il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Martino Rosati; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giuseppe Riccardi, che ha chiesto di rigettare il ricorso; lette le conclusioni del difensore delle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), nella qualita' di genitori del minore (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha chiesto di rigettare il ricorso; lette le conclusioni del difensore della ricorrente, avv. (OMISSIS), che ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Attraverso il proprio difensore, (OMISSIS) impugna la sentenza della Corte di appello di Torino del 14 aprile 2022, nella parte in cui ne ha confermato la condanna per il delitto di maltrattamenti, a lei addebitato per aver tenuto abitualmente condotte violente, minacciose ed umilianti nei confronti di diversi bambini di eta' compresa tra i (OMISSIS) anni, affidatile nella sua qualita' di insegnante presso una scuola dell'infanzia. Con la medesima sentenza, ne e' stata confermata altresi' la condanna generica al risarcimento dei danni in favore dei genitori di alcune delle vittime, costituitisi nel processo quali parti civili in loro rappresentanza. 2. Il ricorso consta di cinque motivi. 2.1. Con il primo si lamentano vizi di motivazione in punto di elemento oggettivo del reato, con particolare riferimento all'abitualita' delle condotte. I giudici di merito avrebbero valorizzato esclusivamente il numero di episodi e, sul piano della prova, soltanto le videoregistrazioni, tuttavia insufficienti, poiche' non affiancate dall'esame delle persone offese, dei loro genitori e/o delle altre maestre. Peraltro, quella prova sarebbe stata pure travisata, emergendo da essa un comportamento frequentemente accudente ed affettuoso dell'imputata verso i bambini: talche' l'affermazione, contenuta in sentenza, per cui questi ultimi hanno reputato quei comportamenti della maestra come "naturale conseguenza della frequentazione dell'asilo", si rivelerebbe una mera opinione indimostrata. Inoltre, la sentenza giudica irrilevanti le manifestazioni di stima ed affetto dei genitori verso l'imputata, senza tuttavia motivare tale giudizio; nonche' trascura, altresi', gli esiti della consulenza difensiva sulla personalita' di costei. Infine, la motivazione si presenterebbe contraddittoria in piu' punti: ovvero la' dove parla di esclusivita' della condotta violenta della (OMISSIS) verso i bambini, ma poi da' atto dei momenti in cui ella si mostrava accudente verso costoro; come pure quando riferisce di manifestazioni di paura e disagio di questi ultimi, ma attesta che gli stessi, dopo alcuni episodi, riprendevano tranquillamente le loro occupazioni ed apparivano affettuosi verso la maestra. 2.2. Con il secondo motivo, vizi di motivazione vengono denunciati anche per quel che riguarda il dolo. La Corte d'appello si sarebbe limitata a valorizzare l'inevitabile possesso, da parte dell'imputata, di un'adeguata formazione professionale, e dunque la sua consapevolezza del ripudio della violenza come strumento correttivo da parte della scienza pedagogica. Non avrebbe considerato, pero', che ella ha agito in un contesto gravemente deficitario, per carenze imputabili al datore di lavoro, in particolare con un rapporto numerico tra bambini ed insegnanti sbilanciato e non consentito. Inoltre, mancherebbe una motivazione sulla consapevolezza e volonta' della ricorrente di infliggere sofferenze ai bambini, non richiamandosi in sentenza alcuna circostanza specifica in tal senso. 2.3. Con il terzo ed il quarto motivo si deducono, rispettivamente, la violazione del c.d. "divieto di reformatio in peius" e l'insufficienza della motivazione, nella parte in cui la sentenza d'appello, pur escludendo, a differenza del primo giudice, la responsabilita' dell'imputata anche per le ipotesi omissive originariamente contestatele (quelle, cioe', in cui non sarebbe intervenuta in occasione degli analoghi comportamenti tenuti verso i medesimi bambini da altra sua collega), non ha apportato una corrispondente riduzione di pena. Erra, infatti, la sentenza impugnata, allorche' si limita a rilevare che, per esse, il giudice di primo grado non ha disposto alcun aumento di pena, avendone quegli comunque tenuto conto ai fini del giudizio di bilanciamento con le attenuanti generiche e per la quantificazione degli aumenti per continuazione. 2.4. Con l'ultimo motivo, si lamentano l'insufficienza e la contraddittorieta' della motivazione in punto di ritenuta equivalenza e non prevalenza delle attenuanti generiche. La Corte d'appello ha giustificato tale sua decisione in ragione della gravita' dei fatti e dell'assenza di resipiscenza da parte dell'imputata. Ma il primo dato risulterebbe smentito dal contenimento della pena nel minimo edittale e dalla riduzione delle responsabilita' dell'imputata da parte di quegli stessi giudici, che l'hanno esclusa per le condotte omissive ed in relazione ad alcuni bambini. Il secondo, invece, omette di considerare specifici comportamenti di segno contrario, come la parziale ammissione degli addebiti in sede d'interrogatorio e la lettera di scuse inviata ai genitori dei bambini. Infine, la Corte d'appello ha trascurato l'adeguatezza della personalita' dell'imputata, attestata dalla consulente della difesa, e le sue disagiate condizioni di lavoro per ragioni a lei non imputabili. 3. Ha depositato requisitoria scritta il Procuratore generale, concludendo per il rigetto del ricorso. 4. Ha depositato argomentate conclusioni scritte la difesa delle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), genitori del minore (OMISSIS), concludendo anch'essa per il rigetto dell'impugnazione. 5. Ha depositato conclusioni scritte la difesa ricorrente, insistendo per l'accoglimento dei motivi di ricorso e ribadendone i relativi argomenti. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo di ricorso e' complessivamente infondato, al limite dell'ammissibilita'. 1.1. In particolare, la' dove denuncia l'inesatta interpretazione delle videoriprese, esso reclama da questa Corte la valutazione di un dato probatorio, e dunque un giudizio di fatto, che le sono preclusi. Vero e' che, sul punto, la ricorrente formalmente lamenta un travisamento di tale elemento di prova: vizio che, se davvero esistente, potrebbe essere rilevato anche in questa sede. Ma occorre ricordare che, per potersi parlare di "travisamento", e' necessaria la palese e non controvertibile difformita' tra il senso intrinseco dell'elemento di prova e quello tratto dal giudice, con conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori da questi commessi nella valutazione del significato dimostrativo di tale elemento (tra molte, Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, Grancini, Rv. 272406; Sez. 4, n. 1219 del 14/09/2017, Colomberotto, Rv. 271702). Inoltre, tale vizio e' ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, in quanto rende illogica la motivazione per l'essenziale forza dimostrativa dell'elemento frainteso o ignorato (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758), gravando sul ricorrente l'onere di indicare le ragioni per cui l'atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilita' all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, F., Rv. 281085). Di tutto questo, invece, il ricorso non reca traccia. Cosi' come non spiega in quale modo potrebbero essere capaci di disarticolare la motivazione le manifestazioni di stima dei genitori, non illustrandone i contenuti ed accennandovi in termini del tutto decontestualizzati. 1.2. Il motivo e' generico, inoltre, allorche' si duole delle carenze istruttorie, limitandosi a reiterare, per questa parte, l'analogo motivo di appello, peraltro senza neppure addurre, ne' tanto meno spiegare, la decisivita' per un diverso esito del giudizio del dato probatorio non acquisito. 1.3. E' manifestamente infondato, invece, nella parte in cui rappresenta carenze o contrasti di motivazione (sulla valenza, cioe', della consulenza tecnica di parte; sull'atteggiamento accudente dell'imputata; sul comportamento dei bambini), perche' la sentenza impugnata, anche attraverso il richiamo recettizio dei corrispondenti passaggi della decisione appellata, motiva su tali aspetti, spiegandone l'irrilevanza in modo convincente alla luce del complessivo compendio probatorio: dal quale - stando alla ricostruzione dei fatti ivi illustrata, e qui non sindacabile - emergono comportamenti oggettivamente violenti, minacciosi, umilianti, ripetutamente tenuti dall'imputata verso i bambini affidatile. 1.4. Il motivo di ricorso non e' fondato, infine, nel punto in cui contesta la configurabilita' del delitto di maltrattamenti, per non essersi manifestato nei bambini uno stato di timore, soggezione od anche soltanto prostrazione, non soltanto transitorio ed occasionale, per effetto dell'altrui comportamento abitualmente vessatorio e prevaricante. La doglianza non e' fondata, anzitutto in fatto, poiche' la sentenza impugnata da' atto di reazioni disperate dei bambini alle condotte violente della maestra, di moti di pianto nonche' di comportamenti consolatori da parte dei loro compagni, come pure di contegni violenti tenuti tra loro, ad imitazione di quelli messi in atto dalla loro insegnante. E correttamente la Corte d'appello ha ravvisato in tali manifestazioni gli epifenomeni di una condizione di acuto disagio di costoro, ancorche' da essi non elaborata e rappresentata come tale all'esterno (ad esempio, ai loro genitori), in ragione della loro tenerissima eta'. Ma, ancor prima, la censura non e' fondata in diritto. Il delitto di maltrattamenti non e' un reato di evento, ma di condotta. Perche' esso si configuri, dunque, e' sufficiente che il comportamento dell'agente sia idoneo sotto il profilo oggettivo a determinare nella vittima l'anzidetta condizione di sofferenza psico-fisica non semplicemente transitoria, ma non anche che tale stato emotivo concretamente si realizzi e si manifesti. Semmai cosi' fosse, infatti, si finirebbe per conferire alla fattispecie una connotazione relativistica, in ragione della diversa sensibilita' della vittima o del suo grado di resistenza psichica individuale: dato, quest'ultimo, tuttavia legato ad una serie di variabili non predeterminabili ed eterogenee (non soltanto, cioe', fisiche e psicologiche, ma anche sociali e culturali), che finirebbe per assegnare o meno penale rilevanza a condotte oggettivamente identiche, in tal modo inficiando la tassativita' della disposizione incriminatrice, peraltro mediante l'introduzione di un elemento da essa non richiesto (in questo senso, in motivazione, Sez. 6, n. 809 del 17/10/2022, dep. 2023, P., Rv. 284107) Non puo' non essere suggestiva, a sostegno di quanto appena osservato, la diversa struttura normativa riservata dal legislatore, ad esempio, al "contiguo" delitto di atti persecutori (articolo 612-bis, c.p.), questo si' costruito espressamente come reato di evento ed a forma vincolata ("chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno, in modo da..." determinare una serie di situazioni psicologiche o comportamentali specificamente definite). Del resto, per quel che riguarda specificamente i maltrattamenti verso bambini di piccolissima eta', costituisce espressione di una medesima lettura normativa, muovendo anch'essa dalla necessita' e sufficienza di una condotta oggettivamente maltrattante, la giurisprudenza formatasi in tema di c.d. "violenza assistita", secondo cui il reato si configura nei confronti dell'infante che assista alle condotte maltrattanti poste in essere in danno di altri componenti della famiglia, qualora esse siano idonee ad incidere sul suo equilibrio psico-fisico (Sez. 6, n. 27901 del 22/09/2020, S., Rv. 279620). Avuto riguardo, dunque, alla specifica vicenda in rassegna, dev'essere affermato il principio per cui; "in presenza di condotte obiettivamente maltrattanti, perche' caratterizzate da violenza fisica o psichica, da eccessiva aggressivita' verbale o, comunque, da connotazione umiliante per la vittima, il reato si configura anche nel caso in cui quest'ultima, in ragione del suo insufficiente grado di maturita' psichica, non le percepisca come lesive della sua personalita' e, di conseguenza, non manifesti reazioni sintomatiche da stress post-traumatico". 2. Il secondo motivo di ricorso, in tema di dolo e dei relativi presupposti di fatto, oltre a chiedere anche in questo caso alla Corte di legittimita' un'inammissibile rivalutazione del dato probatorio, risulta generico, perche' si limita ad evocare "gravi lacune" organizzative dell'istituto scolastico, senza tuttavia specificarne tipologia e consistenza e, soprattutto, senza spiegare in qual modo esse potrebbero condurre ad escludere la volontarieta' delle condotte tenute dall'indagata verso i bambini. A tal proposito, va rilevata la manifesta infondatezza dell'assunto difensivo per cui il dolo debba essere inteso come volonta' d'infliggere sofferenze. Per giurisprudenza consolidata, infatti, l'elemento soggettivo del reato di maltrattamenti non implica l'intenzione di sottoporre la persona offesa, in modo continuo e abituale, ad una serie di sofferenze fisiche e morali, ma solo la consapevolezza e la volonta' dell'agente di persistere in un'attivita' obiettivamente vessatoria (cosi', tra molte: Sez. 3, n. 1508 del 16/10/2018, dep. 2019, C., Rv. 274341; Sez. 6, n. 16836 del 18/02/2010, M., Rv. 246915). 3. Manifestamente infondati sono anche il terzo ed il quarto motivo, con cui si denuncia una "reformatio in peius", per effetto della mancata riduzione della pena in conseguenza dell'esclusione di responsabilita' per alcuni episodi maltrattanti invece ritenuti dal primo giudice. Il reato abituale - qual e' quello di maltrattamenti ex articolo 572, c.p. rimane comunque unico, ancorche' esso si realizzi necessariamente attraverso una pluralita' di singole condotte. L'esclusione di alcune di queste, di conseguenza, non comportando comunque il venir meno del reato, potrebbe incidere, al piu', solo sulla gravita' del medesimo e, dunque, sulla misura della pena: la quale, pero', nello specifico e' stata gia' fissata in primo grado nel minimo edittale e, pertanto, non si sarebbe potuta ulteriormente ridurre in appello. D'altro canto, l'assunto difensivo per cui il primo giudice avrebbe tenuto conto di quelle condotte nello stabilire gli aumenti di pena per la continuazione con le condotte verso altri bambini, nonche' nel giudizio di bilanciamento con le attenuanti generiche, e' puramente assertivo: non solo, infatti, esso non e' sorretto da specifica allegazione, ma semmai e' smentito dal rilievo per cui gli episodi esclusi sarebbero soltanto due, a fronte di alcune decine di essi confermati (vds. pagg. 16 e 14, sent.). 4. Inammissibile, infine, e' l'ultimo motivo d'impugnazione, con cui si contesta l'esito del giudizio di bilanciamento tra le circostanze del reato. In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' non sia contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133, c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione. Tale onere motivazionale e' stato adeguatamente assolto dalla sentenza impugnata, che ha ragionevolmente ritenuto di assegnare rilievo decisivo alla gravita' delle condotte, alla tenace negazione di responsabilita' da parte dell'imputata pur a fronte di immagini eloquenti, nonche' all'assenza di iniziative risarcitorie di costei nei confronti dei danneggiati e non solamente di generiche manifestazioni di contrizione (quali potrebbero essere la lettera di scuse ai genitori o l'asserito riconoscimento parziale di responsabilita': l'una e l'altro, tuttavia, neppure illustrati in ricorso). Ne' tale giudizio puo' reputarsi contraddetto dal contenimento della pena nel minimo edittale, sul quale la Corte d'appello non poteva intervenire in assenza d'impugnazione del Pubblico ministero, ma che, cio' nonostante, ha stigmatizzato come "particolarmente favorevole" per l'imputata, cosi' conferendo un'indiscutibile coerenza logica interna alla sua decisione. 5. Il ricorso, in conclusione, dev'essere respinto, con conseguente condanna dell'imputata alle spese di giudizio (articolo 616, c.p.p.). 6. La conferma della responsabilita' penale dell'imputata e la sua conseguente soccombenza nei confronti delle costituite parti civili comportano altresi' l'obbligo di tenere indenni queste ultime dalle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado di giudizio, che si liquidano in misura prossima al minimo tariffario, considerando la limitata attivita' svolta. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), nella qualita' di genitori del minore (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 3.700, oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ACETO Aldo - Presidente Dott. GAI Emanuela - Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio - rel. Consigliere Dott. CORBO Antonio - Consigliere Dott. MACRI' Ubalda - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 10/11/2021 della CORTE APPELLO di PALERMO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. SCARCELLA ALESSIO; letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RICCARDI GIUSEPPE, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso; lette le conclusioni scritte, unitamente alle note spese, depositate dall'Avv. (OMISSIS), divenuto unico difensore delle parti civili costituite; lette le conclusioni scritte, depositate nell'interesse del ricorrente, dall'Avv. (OMISSIS), che ha insistito nell'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza 10.11.2021, la Corte d'appello di Palermo ha confermato la sentenza 13.12.2018 del tribunale di Agrigento appellata da (OMISSIS), che lo aveva condannato alla pena di quattro anni di reclusione oltre alle pene accessorie di legge ed al risarcimento danni in favore delle parti civili costituite per i reati di violenza sessuale continuata nei confronti di una ragazza, abusando delle sue condizioni di inferiorita' psichica al momento del fatto (contestato come commesso dal (OMISSIS)), e di violenza sessuale tentata nei confronti di altra ragazza che non aveva ancora compiuto i (OMISSIS) anni al momento dei fatti (contestati come commessi in data (OMISSIS)). 2. Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo tre motivi, di seguito sommariamente indicati. 2.1. Deduce, con il primo motivo di ricorso, il vizio di violazione di legge in relazione all'articolo 495 c.p.p., comma 2, e di mancata assunzione di prova decisiva di cui si e' fatta richiesta nel corso dell'istruttoria dibattimentale. In sintesi, si duole la difesa per aver respinto la Corte territoriale la richiesta di perizia volta a verificare l'idoneita' fisica e mentale nonche' il grado di maturita' psichica delle pp.oo. per determinarne la capacita' a testimoniare nonche' l'assenza di condizionamenti etero - indotti sulle dichiarazioni rese. Si censura la motivazione posta a fondamento del rigetto, avendo la Corte d'appello ritenuto le dichiarazioni delle pp.oo. coerenti e intrinsecamente credibili e prive di significative contraddittorieta', contestando le riserve mosse dalla difesa stessa circa le valutazioni espresse dal c.t. del PM nominato a norma dell'articolo 359 c.p.p.. Si sostiene che la ritenuta assenza di contraddizioni da parte della Corte d'appello sarebbe figlia di una lettura parziale ed a macchia di leopardo delle dichiarazioni delle parti che avrebbero reso otto versioni differenti su dati fondamentali, aggiungendosene una nona in sede di audizione in appello, laddove si consideri anche l'assenza di riscontri esterni; la motivazione sarebbe poi censurabile per aver disatteso le doglianze difensive tentando di paralizzarne la portata sostenendone l'inutilita' (il riferimento e' alla ispezione dei luoghi, all'escussione di altri testimoni, all'acquisizione dei tabulati, alle indagini sugli ambienti familiari, al mancato esame dell'imputato). A fronte di tale quadro sarebbe stata necessaria la perizia, non essendo sufficiente la consulenza tecnica del PM, trattandosi di atto non garantito e per il quale non si e' esperito il necessario contraddittorio preventivo, violando il diritto alla prova del ricorrente ex articolo 495 c.p.p., comma 2, nullita' insuscettibile di essere sanata mediante l'audizione in contraddittorio del c.t.. 2.2. Deduce, con il secondo motivo di ricorso, il vizio di violazione di legge e correlato vizio di motivazione in merito al rigetto della richiesta di improcedibilita' per difetto di querela quanto al capo a) della rubrica. In sintesi, si duole la difesa per essere stata rigettata la richiesta di pronuncia di proscioglimento per difetto di valida querela quanto al capo a), atteso che la p.o. al momento della sua presentazione era maggiorenne, essendo quindi invalida la querela presentata da parte della madre. I giudici non avrebbero tenuto conto che detta improcedibilita' era motivata dalla mancanza di connessione con il reato sub b) della rubrica, che non avrebbe consentito di ritenere procedibile d'ufficio ex articolo 609-septies c.p., comma 4, n. 1, il reato sub a), non sussistendo tra i detti capi una connessione processuale ex articolo 12 c.p.p. ne' essendo le indagini relative al capo a) conseguenza delle indagini relative al capo b), discendendo le prime da un'unica querela da considerarsi invalida. Essendo l'unica connessione ravvisabile quella meramente probatoria ex articolo 371 c.p.p., comma 2, lettera c), il fatto sub a) sarebbe stato improcedibile non essendo del resto contestata la connessione tra i due reati, ne' essendo applicabile l'ipotesi dell'articolo 609-septies c.p., comma 4, n. 1, al capo b) trattandosi di delitto tentato ne' essendo peraltro contestata tale ipotesi di procedibilita' d'ufficio nel capo di imputazione. 2.3. Deduce, con il terzo motivo di ricorso, il vizio di motivazione con riferimento alla mancata valutazione di una serie di elementi (descritti a pag. 10 del ricorso), idonei a ritenere la sentenza contraddittoria o assente e comunque illogica, essendo i giudici pervenuti ad un giudizio di condanna a fronte di un carente ed inutilizzabile quadro probatorio. 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato in data 5.12.2022 la propria requisitoria scritta con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. In particolare, secondo il PG: a) quanto al primo motivo e' pacifico che, in tema di violenza sessuale nei confronti di minori, il mancato espletamento della perizia in ordine alla capacita' a testimoniare non determina l'inattendibilita' della testimonianza della persona offesa, poiche' tale accertamento non costituisce un presupposto indispensabile per la valutazione di attendibilita', ove non emergano elementi patologici che possano far dubitare della predetta capacita' (Sez. 3, n. 25800 del 01/07/2015, dep. 2016, Rv. 267323); in tema di reati sessuali, e' illegittimo il rifiuto del giudice di disporre una perizia psicologica al fine di accertare l'attitudine della persona offesa a testimoniare o l'attendibilita' delle sue dichiarazioni solo quando la condotta illecita offenda minori in tenera eta' e l'accertamento serva a valutare il rischio di eventuali elaborazioni fantasiose proprie dell'eta' o della struttura personologica del bambino (Sez. 3, n. 948 del 07/10/2014, dep. 2015, Rv. 261926: Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimo il diniego di perizia psicologica su minore avente, all'epoca di apertura del procedimento, un'eta' di anni sedici). Nella fattispecie la Corte territoriale non soltanto ha formulato una valutazione di attendibilita' e credibilita' delle due persone offese, una soltanto delle quali minore, ma si e' altresi' avvalsa delle valutazioni cliniche del consulente tecnico nominato dal PM; le doglianze del ricorrente appaiono dunque del tutto prive di fondamento, non essendovi alcun obbligo di disporre perizia; b) il secondo motivo e' manifestamente infondato, essendo evidente il collegamento del fatto con il reato contestato al capo B, procedibile d'ufficio in quanto ai danni di minore. In materia di delitti di violenza sessuale, la procedibilita' d'ufficio determinata dalla ipotesi di connessione prevista dall'articolo 609-septies c.p., comma 4, n. 4 si verifica non solo quando vi e' connessione in senso processuale (articolo 12 c.p.p.), ma anche quando v'e' connessione in senso materiale, cioe' ogni qualvolta l'indagine sul reato perseguibile di ufficio comporti necessariamente l'accertamento di quello punibile a querela, in quanto siano investigati fatti commessi l'uno in occasione dell'altro, oppure l'uno per occultare l'altro oppure ancora quando ricorrono i presupposti di uno degli altri collegamenti investigativi indicati nell'articolo 371 c.p.p. (Sez. 3, n. 37166 del 18/05/2016, Rv. 268313); e, fra le ipotesi di connessione che determinano la procedibilita' d'ufficio ai sensi dell'articolo 609-septies c.p., comma 4, n. 4, e' ricompresa quella in cui il fatto sia legato ad altro delitto, per il quale si deve procedere d'ufficio, in ragione del vincolo della continuazione, previsto dall'articolo 12 c.p.p., comma 1, lettera b), (Sez. 3, n. 31512 del 14/09/2020, Rv. 280267). Nella fattispecie, oltre alla evidente connessione in senso materiale, e' stata riconosciuta la continuazione tra i due reati; c) il terzo motivo e' inammissibile, in quanto generico e diretto a proporre doglianze eminentemente di fatto, che sollecitano una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimita'. 4. In data 9.12.2022, l'Avv. (OMISSIS), nell'interesse del ricorrente, ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte, e, richiamando quanto gia' ampiamente dedotto in relazione al primo ed al secondo motivo, ha insistito nell'accoglimento del ricorso. 5. In data 12.12.2022, l'Avv. (OMISSIS), difensore della parte civile (OMISSIS), nella qualita' di esercente la potesta' genitoriale sulla figlia (OMISSIS), ha depositato telematicamente le proprie conclusioni scritte, unitamente alla nota spese, chiedendo l'inammissibilita' e/o il rigetto del ricorso. Il predetto difensore, in data 14.12.2022, si costituiva in giudizio con comparsa di costituzione in sostituzione dell'Avv. (OMISSIS), nell'interesse dell'altra parte civile (OMISSIS) e, in data 15.12.2022, ha fatto pervenire conclusioni scritte e nota spese, associandosi alle conclusioni del PG. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso, trattato ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, e successive modifiche ed integrazioni, e' inammissibile. 2. Per una migliore intellegibilita' della vicenda, necessaria in considerazione delle plurime censure di vizio motivazionale proposte con il ricorso, e' necessaria una ricostruzione in fatto della vicenda. 3. L'attuale ricorrente veniva tratto a giudizio dinanzi al Tribunale di Agrigento in data 17.07.2017 per rispondere dei reati descritti nei capi di imputazione riportati in epigrafe. Il procedimento aveva preso avvio da un episodio avvenuto il (OMISSIS), allorquando le ragazze, figlie di (OMISSIS) (venditrice di prodotti ortofrutticoli, convivente con (OMISSIS), padre di (OMISSIS), che era stato sposato con una nipote del (OMISSIS), mentre (OMISSIS) era nata da un precedente rapporto), le quali frequentavano la casa dell'imputato per risalenti rapporti di familiarita', specie essendo rimasto lui da solo. Dopo averlo aiutato nelle faccende di casa avevano raccontato di essere state entrambe vittime di approcci sessuali da parte dello stesso: tanto la (OMISSIS) aveva appreso perche' nel tornare verso casa la (OMISSIS) era apparsa visibilmente contrariata e al (OMISSIS), che sopraggiungeva con (OMISSIS), rivolgeva sdegnati epiteti (ad es., bastardo), sfidandolo ad avere il coraggio di dire la verita' a sua madre; a questa lui aveva spiegato che era arrabbiata per colpa sua perche' l'aveva rimproverata. Una volta giunte a casa la ragazzina, sollecitata dalla madre che non era convinta della spiegazione, aveva pero' raccontato che lo aveva visto avere un rapporto sessuale con (OMISSIS), portando il suo membro verso la sua bocca, mentre a lei aveva cercato di abbassare i pantaloni, fermandosi soltanto per via della sua reazione a calci e pugni. Il giorno successivo, poi, il (OMISSIS) aveva ammesso con una certa riluttanza, alla donna indignata di quanto le era stato raccontato, di essere stato preso da "un momento di debolezza", pregandola di non dire nulla ai suoi figli; ma ripensando invece ai precedenti racconti di parenti circa una risalente relazione morbosa che costui mostrava nei confronti di (OMISSIS), fatta di baci, toccamenti, carezze libidinose, la donna si era determinata a sporgere querela. Nelle indagini che ne erano seguite, la piccola (OMISSIS), assistita da una psicologa, aveva raccontato che quella volta, mentre era distesa a riposare sul divano, il (OMISSIS) le si era mostrato con il membro denudato e in stato di erezione, ed aveva cercato di sfilarle i pantaloncini causando una sua immediata reazione. Aveva visto intanto che nella stanza accanto lo stesso stava consumando un rapporto orale con la sorella (OMISSIS), quest'ultima che aveva confermato tutto, raccontando come la sorellina avesse reagito in modo veemente all'evento occorso. Aveva pure raccontato che in passato effettivamente lo "zio" (cosi' familiarmente chiamato), la cui casa loro due frequentavano mentre la madre era al lavoro allo scopo di aiutarlo nelle faccende domestiche (ricevendo sia pure modesti compensi, che lui prometteva di aumentare in cambio di quello che chiedeva loro), era solito rivolgerle toccamenti lascivi dappertutto, eccitandosi e facendo, anche per telefono, insinuanti discorsi erotici. (OMISSIS), padre di (OMISSIS), aveva confermato poi di aver saputo da parenti delle risalenti attenzioni particolari del (OMISSIS) verso la ragazza. Peraltro, la Dott.ssa (OMISSIS), consulente del Pubblico Ministero, aveva messo in luce i termini di attendibilita' di una adolescente come (OMISSIS), affetta da disturbi comportamentali, confermando la piena competenza a testimoniare del racconto la parte della stessa e di (OMISSIS), la cui capacita' di discernimento esprimeva un quadro clinico di piena compatibilita' con esperienze di molestie sessuali. Il Tribunale di Agrigento, sulla base di risultanze tra loro perfettamente concordanti e tali da non reclamare ulteriori accertamenti tecnici, giudicando realizzate le fattispecie contestate, con sentenza del 13.12.2012, condannava dunque il (OMISSIS), riconoscendogli le attenuanti generiche, alla pena di anni 4 di reclusione oltre alle statuizioni accessorie per legge. 4. Contro tale decisione il difensore dell'imputato proponeva appello, articolato in cinque motivi, preceduti da una dettagliata analisi critica della decisione gravata, asseritamente viziata da "ipervalutazione delle prove" (invece carenti) e da "ipovalutazione" di altre non ammesse in un contesto di carenza di indagini processuali (come: (1) una necessaria perizia sulle persone offese, non avendo la Dott.ssa (OMISSIS) indicato i metodi scientifici utilizzati; (2) un necessario raffronto tra le fonti di prova a fronte della loro reciproca contraddittorieta'; (3) il fatto che la (OMISSIS) non aveva espressamente parlato di atti di penetrazione; (4) la esistenza di rilevanti acquisizioni non valutate, come una annotazione di un Commissario di Polizia che aveva aperto un importante scenario, per il fatto che (OMISSIS) aveva dichiarato di avere interrotto i rapporti con quella famiglia a seguito di una sua deposizione in una inchiesta a carico di (OMISSIS), padre di (OMISSIS); (5) la contraddizione tra le varie versioni delle dichiarazioni processuali; (6) la ipotetica possibilita' che la (OMISSIS) si fosse vendicata per un suo rifiuto di prestarle del denaro; (7) la necessita' di un approfondimento sulla veridicita' del racconto della (OMISSIS) e sulla verosimile sua volontaria autodeterminazione nella vicenda degli atti sessuali; (8) la erronea decisione del Tribunale in ordine alla eccepita mancanza di querela, dato il difetto di collegamento tra le due imputazioni contestate. Con il primo motivo, la difesa sosteneva che il fatto di cui al capo b) avrebbe dovuto essere inquadrato nella fattispecie dell'articolo 609-quater c.p., in difetto di alcuna forma di coartazione della volonta' della persona offesa. Con un secondo motivo si chiedeva la rinnovazione dell'istruttoria con la perizia sulla capacita' di testimoniare delle persone offese. Con il terzo, veniva formalizzata l'eccezione di mancanza di querela, sul rilievo che peraltro la (OMISSIS) era nelle more divenuta maggiorenne. Con il quarto motivo di appello il difensore denunciava in dettaglio le contraddizioni reciproche tra le varie dichiarazioni testimoniali, in particolare accedendo a ben otto versioni tra loro diverse, senza che il Tribunale ne avesse tenuto alcun conto. Con il quinto motivo di appello, infine, si invocava in via subordinata la configurabilita' della ipotesi di minore gravita' di cui all'articolo 609-bis c.p., u.c., e in via gradata una migliore graduazione della pena ai fini del beneficio della sospensione condizionale. 5. La Corte di Appello di Palermo procedeva ad attivita' istruttorie, escutendo la (OMISSIS), (OMISSIS) e, con l'assistenza della psicologa (OMISSIS), la persona offesa (OMISSIS) a conferma della modalita' dei fatti e nella prospettiva delle riserve esposte in sede di appello. Con riguardo al primo motivo di appello (1 - erronea qualificazione giuridica del reato di cui al capo b) di imputazione, ossia violenza sessuale aggravata ex articoli 56, 609-bis c.p. e articolo 609-ter c.p., comma 1, n. 1), richiamando anche alcune pronunce di legittimita' (Sez. 3, sentenza n. 46170 del 18/07/2014 - dep. 10/11/2014, Rv. 260985 - 01), la Corte di seconda istanza affermava che "la valutazione ex ante della condotta, quale risulta posta in essere attraverso le risultanze del processo sopra esaminate, consente di ritenere provata la volonta' del predetto imputato nel costringere la minore a subire atti sessuali (...) e di affermare la idoneita' ed univocita' dell'azione in relazione al momento in cui la condotta stessa era stata interrotta per la pronta reazione della bambina che aveva reagito colpendolo con calci e pugni" (pag. 4 sentenza Corte App. Palermo). Relativamente al secondo motivo (2 - rinnovazione dell'istruttoria con espletamento di perizia per capacita' a testimoniare e la maturita' psichica delle persone offese), viene affermata l'opportunita' di un esame contestuale con il quarto motivo (4 - denuncia di una serie di contraddizioni nell'ambito delle rispettive deposizioni denunciando come sarebbero state sottoposte al giudice ben otto versioni tutte diverse tra loro, tutte pero' relative a tre testimoni, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ciascuna delle quali avrebbe una lettura autonoma), indagine che consente di "cogliere nel processo univoci elementi che rafforzano il convincimento accusatorio, risolvendosi intanto la doglianza difensiva in parte qua nella finale proposizione di una asseritamente intuibile induzione, al racconto arricchito di particolari inesistenti, da parte della madre delle due vittime (invece smentito dai dati processuali)" (pag. 10 sentenza Corte App. Palermo). Con riguardo al terzo motivo di appello (3 - eccezione di mancanza di querela in ordine al reato di cui al capo a) di imputazione), la difesa sosteneva che il reato sarebbe stato a querela di parte, che avrebbe dovuto essere proposto dalla (OMISSIS) in quanto gia' maggiorenne e comunque dotata di piena capacita' di intendere, sicche' erronea sarebbe stata sul punto la motivazione del Tribunale, che ha osservato come la questione non si ponesse essendo il reato connesso con quello di cui al capo b) di imputazione perseguibile di ufficio ex articolo 609-septies c.p., comma 4, n. 1; riqualificata, in sostanza, quest'ultima condotta nei termini di cui al primo motivo di appello (1 - erronea qualificazione giuridica del reato di cui al capo b) di imputazione, ossia violenza sessuale aggravata ex articoli 56, 609-bis c.p. e articolo 609-ter c.p., comma 1, n. 1) ed essendo il reato del 609-quater perseguibile solo a querela di parte, difetterebbe il presupposto per la procedibilita' d'ufficio del reato di cui al capo a) di imputazione. La Corte di Appello di Palermo, sul punto, ricorda che "la questione e' comunque superata ed assorbita dalle precedenti considerazioni, ai margini del primo motivo di appello, restando cosi' corretta la soluzione indicata dal Tribunale della connessione tra i due reati, certamente ricorrendo - al di la' degli sterili tentativi della difesa di una diversa lettura della (invece chiara ed univoca) nozione di "connessione" - l'ipotesi di cui all'articolo 609-septies c.p., comma 4, n. 4" (pag. 4 sentenza Corte App. Palermo), citando peraltro anche giurisprudenza di legittimita' a favore della considerazione che il fatto e' evidentemente connesso con altro delitto (capo b) di imputazione) invece procedibile d'ufficio (si veda Sez. 3, sentenza n. 37166 del 18/05/2016 - dep. 07/09/2016, Rv. 268313 - 01). Riguardo al quinto motivo (5 - ipotesi di minore gravita' ex articolo 609-bis c.p., u.c.; in subordine, pena piu' bassa; in ulteriore subordine, riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ex articolo 62-bis c.p.), la Corte di Appello conclude, dopo aver ricordato come "va dunque confermata l'appellata sentenza" (pag. 12 sentenza Corte App. Palermo), che "tali istanze, in elezione a quanto si e' verificato anche in relazione alla personalita' dell'imputato, alla gravita' estrema della condotta contestatagli ed allo stesso suo comportamento processuale, non possono trovare ingresso in alcun modo, emergendo al contrario una totale assenza perfino di resipiscenza e pentimento, di cui si erano manifestati segni nella ricordata conversazione telefonica con la madre delle vittime" (pag. 12 sentenza Corte App. Palermo). Si ricordano infine anche alcune pronunce di legittimita' riguardo: (1) configurabilita' della circostanza attenuante del fatto di minore gravita', prevista dall'articolo 609-bis c.p., comma 3, (Sez. 3, sentenza n. 23913 del 14/05/2014, Rv. 259196 - 01; Sez. 3, sentenza n. 34236 del 12/07/2012 - dep. 07/09/2012, A., Rv. 253172 - 01); (2) mancata configurabilita' della circostanza attenuante del fatto di minore gravita', prevista dall'articolo 609-bis c.p., comma 3, essendo sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravita' (Sez. 3, sentenza n. 6784 del 18/11/2015 - dep. 16/02/2015, P.G. in proc. D., Rv. 266272 - 01; Sez. 3, sentenza n. 21623 del 15/04/2015 - dep. 25/05/2015, K., Rv. 263821 - 01; Sez. 4, sentenza n. 16122 del 12/10/2016 - dep. 19/04/2016, L., Rv. 269600 - 01), al fine di affermare che "nella specie va senz'altro escluso il fatto di minore gravita' tenuto conto delle circostanze dell'azione, della commissione ai danni di piu' persone offese; della fragilita' delle stesse" e, quanto al riconoscimento delle generiche, che "non appaiono utilmente valutabili le generiche argomentazioni addotte dall'appellante, prive di specifico riferimento a dati sui quali fondare la relativa valutazione, che non consentono di supportare favorevolmente la richiesta di concessione delle attenuanti generiche e di riduzione del trattamento sanzionatorio, che, del resto, non sarebbe giustificata dalla ricorrenza di alcun elemento di giudizio positivo (ex multis, anche Sez. 1, sentenza n. 39566 del 16/10/2017 - dep. 30/08/2017, Rv. 270986 - 01) in assenza di alcun segno di resipiscenza" (pag. 13 sentenza Corte App. Palermo). Veniva, dunque, confermata la decisione del Tribunale di Agrigento, e (OMISSIS) veniva condannato al pagamento delle ulteriori spese di fase e di quelle sostenute dalle parti civili liquidate come da dispositivo. 6. Tanto premesso, puo' quindi procedersi all'esame dei singoli motivi di ricorso, che, come anticipato, si appalesano inammissibili in quanto generici per aspecificita' e manifestamente infondati. La sentenza della Corte di Appello, infatti, analizza gia' con la dovuta attenzione tutti i profili di doglianza mossi, apparendo quindi le censure tradottesi nei motivi di ricorso come meramente reiterative e prive di apprezzabili elementi di novita' critica rispetto a quelle gia' sviluppate in sede di appello e sulle quali la Corte territoriale ha adeguatamente argomentato. 7. Quanto al primo motivo, e' sufficiente leggere le motivazioni della sentenza di appello per cogliere la assoluta mancanza di pregio del motivo relativo alla necessita' della richiesta perizia e del vizio di mancata assunzione di prova decisiva, difettando proprio la decisivita' degli elementi rappresentati. I giudici analizzano, peraltro, gli asseriti elementi di contraddittorieta' tra le versioni rese (si veda, in particolare quanto alla prima e seconda versione, le pagg. 5-6; quanto alla terza, quarta e quinta versione, le pagg. 6-8; quanto alla settima e ottava versione, le pagg. 8-9), donde del tutto condivisibili sono anche le argomentazioni sviluppate dal P.G. nella sua requisitoria. E infatti, le prime due versioni indicate dalla difesa sono quelle rese da (OMISSIS) riguardo al racconto dei fatti appresi da (OMISSIS), in particolare: (1) eventi occorsi il (OMISSIS), nell'immediatezza dei fatti (palpeggiamenti e tentativo di rapporto orale); (2) eventi occorsi il (OMISSIS), relativi alla (OMISSIS) (nuovo tentativo di rapporto orale, impedito dalla reazione di (OMISSIS)). Riguardo a queste, la Corte afferma che "non e' dato cogliere tra queste versioni, esattamente corrispondenti tra loro, alcuna contraddittorieta', ne' incoerenza con quanto poi avrebbe raccontato la minore nel corso delle indagini e del processo (...), trattandosi di segmenti di racconti rispettivamente sintetizzati di una vicenda che dal contesto complessivo e' agevole ricostruire nel senso che la (OMISSIS)" aveva sostanzialmente scoperto il (OMISSIS) mentre aveva un rapporto sessuale con la (OMISSIS), "che, affetta da instabilita' psicologica, non aveva affatto reagito ad alcuna iniziativa sessuale dell'imputato" (pag. 6 sentenza Corte App. Palermo). La terza, la quarta e la quinta versione asseritamente contraddittorie sarebbero quelle rese dalla stessa (OMISSIS): (1) eventi occorsi il (OMISSIS) (tentativo di rapporto sessuale impedito dalla reazione di (OMISSIS) - tentativo di rapporto orale e poi violenza sessuale completa su (OMISSIS), passivamente sottomessa per la sua incapacita' psichica di reagire); (2) eventi occorsi il (OMISSIS), in periodo piu' vicino ai fatti (tentativo di rapporto sessuale impedito dalla reazione di (OMISSIS) - tentativo di rapporto orale e poi violenza sessuale completa su (OMISSIS), passivamente sottomessa per la sua incapacita' psichica di reagire, con l'unica aggiunta da parte del (OMISSIS) di un "se no ce n'e' pure per te", rivolto alla (OMISSIS) mentre consumava con la (OMISSIS)); (3) alla presenza della Dott.ssa (OMISSIS), la (OMISSIS) aveva confermato la versione relativa al tentativo di rapporto orale e successiva consumazione con la (OMISSIS). La Corte di Appello di Palermo affermava allora che "le tre versioni sono dunque esattamente compatibili, perche' descrivono i momenti significativi della vicenda, nei termini sopra riepilogati" (pag. 7 sentenza Corte App. Palermo). La sesta, settima e ottava versione indicate dalla difesa come contraddittorie riguardano infine le dichiarazioni di (OMISSIS), riguardo: (1) eventi occorsi il (OMISSIS) (tentativo di rapporto orale del (OMISSIS) sulla (OMISSIS), scoperto dalla (OMISSIS)); (2) eventi occorsi il (OMISSIS) (nuovo tentativo di rapporto orale sulla (OMISSIS), nonche' nuovo tentativo di rapporto sessuale con la stessa). A questo riguardo, la Corte di Appello di Palermo afferma che "le versioni dei fatti descrivono in maniera eloquente lo svolgimento dei fatti di quel giorno (...) nel coerente senso che (...) il (OMISSIS) aveva cercato di approfittare dell'una e dell'altra alternativamente; l'una, (OMISSIS), remissiva per la sua inferiorita' psicologica e comunque avvezza agli approcci risalenti fatti di toccamenti lascivi, l'altra, (OMISSIS), molto piu' giovane e propensa a reazioni anche violente per impedire i tentativi del (OMISSIS)" (pag. 9 sentenza Corte App. Palermo). 8. E', poi, pacifico che, in tema di violenza sessuale nei confronti di minori, il mancato espletamento della perizia in ordine alla capacita' a testimoniare non determina l'inattendibilita' della testimonianza della persona offesa, poiche' tale accertamento non costituisce un presupposto indispensabile per la valutazione di attendibilita', ove non emergano elementi patologici che possano far dubitare della predetta capacita' (Sez. 3, n. 25800 del 01/07/2015, dep. 22/06/2016, C., Rv. 267323 - 01). In tema di reati sessuali, e' pertanto illegittimo il rifiuto del giudice di disporre una perizia psicologica al fine di accertare l'attitudine della persona offesa a testimoniare o l'attendibilita' delle sue dichiarazioni "solo quando la condotta illecita offenda minori in tenera eta' e l'accertamento serva a valutare il rischio di eventuali elaborazioni fantasiose proprie dell'eta' o della struttura personologica del bambino" (Sez. 3, n. 948 del 07/10/2014, dep. 13/01/2015, F., Rv. 261926 - 01, in una fattispecie in cui la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il diniego di perizia psicologica su minore avente, all'epoca di apertura del procedimento, un'eta' di anni sedici). Nella fattispecie qui in esame, la Corte territoriale non soltanto ha formulato una valutazione di attendibilita' e credibilita' delle due persone offese, una soltanto delle quali minore (la (OMISSIS)), ma si e' altresi' avvalsa delle valutazioni cliniche del consulente tecnico nominato dal P.M., Dott.ssa (OMISSIS). Le doglianze del ricorrente appaiono, dunque, del tutto prive di fondamento, non essendovi alcuna necessita' di disporre perizia. 9. Quanto al secondo motivo, valgano le considerazioni esposte alle pagg. 4-5 della sentenza impugnata, che giustificano la procedibilita' d'ufficio per il delitto sub capo a), del resto condivise dallo stesso P.G. nella sua requisitoria. Esso e', infatti, manifestamente infondato, essendo evidente il collegamento del fatto con il reato contestato al capo b), procedibile d'ufficio in quanto ai danni di minore. La Corte di Appello di Palermo, sul punto, ricorda che "la questione e' comunque superata ed assorbita dalle precedenti considerazioni, ai margini del primo motivo di appello, restando cosi' corretta la soluzione indicata dal Tribunale della connessione tra i due reati, certamente ricorrendo - al di la' degli sterili tentativi della difesa di una diversa lettura della (invece chiara ed univoca) nozione di "connessione" - l'ipotesi di cui all'articolo 609-septies c.p., comma 4, n. 4" (pag. 4 sentenza Corte App. Palermo), citando peraltro anche giurisprudenza di legittimita' a favore della considerazione che il fatto e' evidentemente connesso con altro delitto (capo b) di imputazione) invece procedibile d'ufficio (si veda Sez. 3, sentenza n. 37166 del 18/05/2016 - dep. 07/09/2016, Rv. 268313 - 01). In materia di delitti di violenza sessuale, la procedibilita' d'ufficio determinata dalla ipotesi di connessione prevista dall'articolo 609-septies c.p., comma 4, n. 4 si verifica non solo quando vi e' connessione in senso processuale (articolo 12 c.p.p.), ma anche quando e' riscontrabile una connessione in senso materiale, cioe' ogni qualvolta l'indagine sul reato perseguibile di ufficio comporti necessariamente l'accertamento di quello punibile a querela, in quanto siano investigati fatti commessi l'uno in occasione dell'altro, oppure l'uno per occultare l'altro oppure ancora quando ricorrono i presupposti di uno degli altri collegamenti investigativi indicati nell'articolo 371 c.p.p. (Sez. 3, n. 37166 del 18/05/2016 - dep. 07/09/2016, B. e altri, Rv. 268313 - 01); e, fra le ipotesi di connessione che determinano la procedibilita' d'ufficio ai sensi dell'articolo 609-septies c.p., comma 4, n. 4, e' ricompresa quella in cui il fatto sia legato ad altro delitto, per il quale si deve procedere d'ufficio, in ragione del vincolo della continuazione, previsto dall'articolo 12 c.p.p., comma 1, lettera b), (Sez. 3, n. 31512 del 14/09/2020 - dep. 11/11/2020, M., Rv. 280267 01). Nella fattispecie, oltre alla evidente connessione in senso materiale, e' stata dunque riconosciuta la continuazione tra i due reati. 10. Quanto, infine, al terzo motivo, lo stesso risulta del tutto aspecifico, come bene evidenzia il P.G. nella sua requisitoria del 05.12.2022, in quanto generico e diretto a proporre doglianze eminentemente di fatto, che sollecitano una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimita'. In particolare, la Corte di Appello conclude, dopo aver ricordato come "va dunque confermata l'appellata sentenza" (pag. 12 sentenza Corte App. Palermo), nel senso che "tali istanze, in elezione a quanto si e' verificato anche in relazione alla personalita' dell'imputato, alla gravita' estrema della condotta contestatagli ed allo stesso suo comportamento processuale, non possono trovare ingresso in alcun modo, emergendo al contrario una totale assenza perfino di resipiscenza e pentimento, di cui si erano manifestati segni nella ricordata conversazione telefonica con la madre delle vittime" (pag. 12 sentenza Corte App. Palermo). Si ricordano infine anche alcune pronunce di legittimita' riguardo: (1) configurabilita' della circostanza attenuante del fatto di minore gravita', prevista dall'articolo 609-bis c.p., comma 3, (Sez. 3, sentenza n. 23913 del 14/05/2014, Rv. 259196 - 01; Sez. 3, sentenza n. 34236 del 12/07/2012 - dep. 07/09/2012, A., Rv. 253172 - 01); (2) mancata configurabilita' della circostanza attenuante del fatto di minore gravita', prevista dall'articolo 609-bis c.p., comma 3, essendo sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravita' (Sez. 3, sentenza n. 6784 del 18/11/2015 - dep. 16/02/2015, P.G. in proc. D., Rv. 266272 - 01; Sez. 3, sentenza n. 21623 del 15/04/2015 - dep. 25/05/2015, K., Rv. 263821 - 01; Sez. 4, sentenza n. 16122 del 12/10/2016 - dep. 19/04/2016, L., Rv. 269600 - 01), al fine di affermare che "nella specie va senz'altro escluso il fatto di minore gravita' tenuto conto delle circostanze dell'azione, della commissione ai danni di piu' persone offese; della fragilita' delle stesse" e, quanto al riconoscimento delle generiche, che "non appaiono utilmente valutabili le generiche argomentazioni addotte dall'appellante, prive di specifico riferimento a dati sui quali fondare la relativa valutazione, che non consentono di supportare favorevolmente la richiesta di concessione delle attenuanti generiche e di riduzione del trattamento sanzionatorio, che, del resto, non sarebbe giustificata dalla ricorrenza di alcun elemento di giudizio positivo (ex multis, anche Sez. 1, sentenza n. 39566 del 16/10/2017 - dep. 30/08/2017, Rv. 270986 - 01) in assenza di alcun segno di resipiscenza" (pag. 13 sentenza Corte App. Palermo). La motivazione, conclusivamente, non presta il fianco alle censure svolte, presentandosi altresi' coerente con la giurisprudenza di questa Corte. 11. Alla dichiarazione di inammissibilita' del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche', in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilita', al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. 12. Alla condanna, infine, seguono anche le spese nel presente grado relative all'azione civile, liquidate in favore delle parti civili costituite ( (OMISSIS), in qualita' di esercente la potesta' genitoriale sulla figlia (OMISSIS), e (OMISSIS)), in base ai parametri disciplinati dal Decreto Ministeriale n. 55 del 2014 recante: "Determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense ai sensi della L. 31 dicembre 2012, n. 247, articolo 13, comma 6", aggiornati al Decreto Ministeriale 13 agosto 2022, n. 147 e determinate in Euro 3.167,00 oltre ad accessori di legge, quanto alla parte civile (OMISSIS). Per quanto concerne, invece, (OMISSIS), parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, trova applicazione il principio, gia' affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in tema di liquidazione, nel giudizio di legittimita', delle spese sostenute dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, compete alla Corte di cassazione, ai sensi dell'articolo 541 c.p.p. e Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 110, pronunciare condanna generica dell'imputato al pagamento di tali spese in favore dell'Erario, mentre e' rimessa al giudice del rinvio, o a quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato, la liquidazione delle stesse mediante l'emissione del decreto di pagamento ai sensi degli articoli 82 e 83 del citato Decreto del Presidente della Repubblica (Sez. U, ordinanza n. 5464 del 26/09/2019 - dep. 12/02/2020, Rv. 277760 - 01). P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila Euro in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello stato, (OMISSIS), nella misura che sara' liquidata dalla Corte di appello di Palermo, con separato decreto di pagamento ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 82 e 83, disponendo il pagamento in favore dello stato. Condanna, altresi', l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 3.167,00, oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto disposto d'ufficio e/o imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MICCOLI Grazia - Presidente Dott. GUARDIANO Alfredo - Consigliere Dott. CANANZI Francesco - Consigliere Dott. PILLA Egle - Consigliere Dott. SGUBBI Vincenzo - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS) parte offesa; nel procedimento c/; (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 24/10/2022 del TRIBUNALE di TRENTO; udita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO SGUBBI; lette le conclusioni del PG che ha chiesto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata; letta la memoria del difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che ha chiesto il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS), persona offesa costituitasi parte civile in un processo che la vedeva vittima di violenza privata commessa il 26.9.2020, ricorre contro le ordinanze con le quali il Tribunale di Trento ha ammesso gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) alla sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell'articolo 168-bis c.p.. 2. La ricorrente deduce violazione di legge con riguardo all'articolo 464-quater c.p.p.: in particolare, in violazione della norma di cui al comma 7 del citato articolo, l'ordinanza che ha ammesso gli imputati alla sospensione del procedimento con messa alla prova non sarebbe stata preceduta dall'audizione della persona offesa, pur presente. Dagli atti allegati al ricorso risulta che (OMISSIS) si era costituita parte civile in vista della prima udienza del 14.3.2022 ed aveva depositato documenti ed una memoria difensiva. Gli imputati avevano in tal sede chiesto l'ammissione alla messa alla prova e il giudice aveva disposto un rinvio. Anche alla successiva udienza, in data 11.10.2022, la parte civile ed il suo difensore erano presenti. Il giudice si era riservato di decidere sull'istanza ed aveva provveduto fuori udienza, con ordinanza notificata alle parti. La ricorrente richiama un precedente di questa Sezione (n. 26205 del 15/06/2022) che ha annullato simile ordinanza per mancata audizione della persona offesa. 2. Il Procuratore generale ha concluso per iscritto nel senso dell'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata. L'imputato (OMISSIS) ha depositato memoria nella quale ha chiesto rigettarsi il ricorso della persona offesa. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' infondato. 1. La ricorrente, persona offesa, lamenta che il Tribunale di Trento abbia provveduto sulla richiesta degli imputati, volta ad ottenere la sospensione del procedimento con messa alla prova, senza procedere alla sua audizione, come previsto dall'articolo 464-quater c.p.p., comma 1. La mancata audizione della persona offesa legittima quest'ultima ad immediato ricorso per cassazione, come previsto dal comma 7 del citato articolo. La ricorrente ricorda che la disciplina della messa alla prova "sottolinea le finalita' ripristinatorie e risarcitorie dell'istituto e valorizza l'audizione della persona offesa. La stessa infatti puo' riferire al Giudice non solo e non tanto in merito ai fatti contestati, quanto in particolare in ordine alla portata del programma di trattamento, alle condotte riparatorie adottabili e piu' in generale alle prescrizioni da inserire nel programma, affinche' la vantaggiosa alternativa offerta all'indagato non si concluda in un annientamento di ogni ruolo di chi e' vittima del reato". 2. Il precedente giurisprudenziale citato dalla ricorrente (Sez. 5, n. 26205 del 15/06/2022, Naddeo, non massimata) si riferiva ad un caso nel quale la persona offesa si era presentata in udienza ed aveva espressamente chiesto di essere sentita; il giudice non aveva tenuto in conto la sua richiesta ed aveva ammesso l'imputato alla messa alla prova senza motivare in ordine alla sussistenza dei presupposti applicativi indicati nell'articolo 168-bis c.p.. La Corte aveva dunque rilevato violazione dell'articolo 464-quater c.p.p. che, laddove prevede che il giudice debba sentire le parti e la persona offesa, appare dettato "a tutela dell'integrita' del contraddittorio e della conseguente necessita' di acquisire e valutare i contrapposti interessi coinvolti nel procedimento". Se questa e' indubbiamente la finalita' della norma, occorre pero' considerare le caratteristiche del caso concreto, cui si attaglia piuttosto un altro precedente della Corte di cassazione, che ha dichiarato inammissibile un ricorso come quello oggi presentato "in quanto risulta che la persona offesa abbia partecipato attivamente al procedimento rappresentando il suo interesse al risarcimento" (Sez. 7, n. 39655 del 19/07/2016, Distante, non massimata). Risulta infatti dal verbale dell'udienza dell'11 ottobre 2022 che, assenti gli imputati, rappresentati dal difensore di fiducia, e presente la parte civile ed il suo difensore: a) il giudice abbia interloquito con le parti sulla misura del risarcimento, indicando come congrua la somma di 200 Euro per ciascuno degli imputati e ritenendo invece insufficiente la minor somma inizialmente proposta; b) il difensore degli imputati abbia assentito alla proposta, nulla opponendo il pubblico ministero; c) il difensore della parte civile abbia rilevato "che visti i fatti commessi ai danni della p.o. come da documentazione fotogrammi il risarcimento risulta insufficiente". Sentite le parti nel modo appena evidenziato, il giudice si e' riservato di decidere con separata ordinanza, la quale ha compiutamente motivato in ordine ai presupposti della richiesta misura. Dunque, il caso e' completamente diverso da quello citato come tertium comparationis dalla persona offesa ricorrente: li' vi era stato il rifiuto del giudice di dar corso al contraddittorio espressamente richiesto dalla persona offesa; qui la persona offesa si e' costituita parte civile, ha presenziato all'udienza ed e' stata assistita dal difensore che ha interloquito proprio sugli elementi, rilevanti ai sensi del combinato disposto dell'articolo 133 c.p. e articolo 464-quater c.p.p., comma 3, che il giudice doveva considerare in vista della sua decisione. Infatti, il difensore della parte civile ha evidenziato la ritenuta gravita' dei fatti come risultante proprio dai documenti che la persona offesa aveva depositato, nonche' la ritenuta insufficienza del risarcimento. Risulta inoltre, come si diceva in premessa, che la persona offesa abbia depositato una memoria scritta. Non risulta invece che il difensore della parte civile, presente all'udienza, abbia chiesto espressamente che la parte assistita, pure presente, rendesse dichiarazioni ulteriori rispetto a quanto gia' argomentato e dedotto con la memoria, con i documenti, con l'atto di costituzione di parte civile e con la breve difesa orale, sul punto specifico, di cui e' traccia nel citato verbale. 3. Gia' la sentenza Rigacci delle Sezioni Unite (n. 33216 del 31/03/2016) aveva evidenziato la necessita' "di una lettura coerente di tutti i segmenti della disciplina, in grado di garantire all'interessato il massimo livello di accessibilita' al nuovo istituto e a questo il conseguimento delle finalita' deflattive che gli sono proprie". Oggi, la necessita' di una lettura del genere e' ancora piu' evidente a fronte del rinnovato favore del legislatore rispetto all'istituto, cui e' stato dato ulteriore impulso dalla c.d. riforma Cartabia che non soltanto ne ha esteso l'operativita' anche a reati di maggior gravita' rispetto a quelli che sinora lo rendevano accessibile, ma ha anche previsto un potere di sollecitazione da parte del pubblico ministero, che puo' persino farsi promotore della proposta di ammissione della persona sottoposta ad indagini alla messa alla prova: in tal caso e' previsto che alla persona offesa venga semplicemente dato un avviso della facolta' di depositare una memoria (nuovo articolo 464-ter.1 c.p.p., introdotto dal Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, articolo 29, comma 1 lettera b)). 4. Conclusivamente, quanto riassunto rende evidente che, nel caso di specie, la persona offesa non e' stata privata del diritto al contraddittorio la cui violazione legittima il ricorso per cassazione contro l'ordinanza di ammissione dell'imputato alla messa alla prova, ed anzi lo abbia esercitato in misura piena. Ha esercitato, in particolare, il suo diritto ad esprimersi sui fatti costituenti oggetto del processo penale (e rilevanti, nell'ottica sopra evidenziata, ai fini della decisione sulla messa alla prova) e sull'ammontare del risarcimento, cosi' come e' previsto dagli articoli 10 e 16 della Direttiva 2012/29/UE (cfr. Sez. U, n. 36754 del 14/07/2022, O., pagg. 15 e ss., per un esame dei diritti della persona offesa nel procedimento penale). Il ricorso va, pertanto, rigettato. 5. Va disposto - ai sensi del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, articolo 52 e in caso di diffusione del presente provvedimento - l'oscuramento delle generalita' e degli altri dati identificativi delle parti del processo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RAGO Geppino - Presidente Dott. BORSELLINO Maria D. - rel. Consigliere Dott. PARDO Ignazio - Consigliere Dott. PACILLI Giuseppina A. - Consigliere Dott. ARIOLLI Giovanni - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA Sui ricorsi proposti da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nata a (OMISSIS); Avverso la sentenza resa il 10 settembre 2021 dalla Corte di appello di Roma; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere BORSELLINO MARIA DANIELA; sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Cuomo Luigi, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi, dell'avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) e dell'avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) che insistono nei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza resa il 10 luglio 2020 dal Tribunale di Roma che ha dichiarato la responsabilita' di (OMISSIS) e (OMISSIS) per concorso nel reato di rapina aggravata. Si addebita ad (OMISSIS) di avere strappato una catenina d'oro dal collo della persona offesa consegnandola immediatamente a (OMISSIS), che si allontanava, mentre il (OMISSIS) tratteneva la persona offesa strattonandola e la minacciava per consentire alla (OMISSIS) di allontanarsi assicurandosi il possesso della cosa sottratta. 2. Avverso detta sentenza propone ricorso il difensore di fiducia di (OMISSIS), deducendo: 2.1 violazione dell'articolo 628 c.p., n. 1 e 3, articoli 62 bis e 133 c.p. e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica della condotta ascritta all'imputato come rapina aggravata, poiche' avrebbe dovuto essere contestato il reato di furto con strappo o, al piu', il reato di rapina impropria, in quanto non e' stata pronunziata alcuna minaccia finalizzata all'appropriazione e la stessa persona offesa ha fatto presente che poteva essersi trattato di una sua impressione soggettiva. Nessuna efficacia intimidatrice puo' invece essere riconosciuta alle parole proferite dall'imputato anche perche' la persona offesa ha dichiarato di avere avuto l'impressione di sentirle. Osserva il ricorrente che la corte avrebbe al piu' dovuto valutare la condotta come rapina impropria mentre con motivazione illogica ha qualificato il fatto come rapina ex articolo 628 c.p., comma 1. 3. (OMISSIS), con atto sottoscritto dal proprio difensore di fiducia, deduce: 3.1 violazione dell'articolo 148 c.p., comma 4, articoli 157 e 161 c.p., articoli 178 e 179 c.p.p. poiche' all'udienza del 20 febbraio 2019 il tribunale dava atto dell'irritualita' della notifica del decreto di citazione che era stata effettuata ex articolo 161 c.p.p., comma 4, al difensore dell'imputata, prima ancora di effettuare un tentativo di notifica nel domicilio dichiarato dell'imputata, poi risultato inidoneo. Il tribunale per sanare detta nullita', dopo avere preso atto dell'impossibilita' di notifica del decreto di citazione nel domicilio dichiarato dall'imputata, che si evince dalla relata di notifica del 5 ottobre 2018, disponeva la rinnovazione della notifica, mediante consegna di copia al difensore presente in aula, e alla successiva udienza del 15 Aprile 2019 dichiarava l'assenza dell'imputata. Osserva la ricorrente che nell'atto allegato al verbale di udienza manca la specificazione dei reati contestati agli imputati e l'attestazione della conformita' all'originale delle copie da notificare. Per questi motivi la notifica era comunque inidonea a fornire sufficiente conoscenza del procedimento a favore della prevenuta e comportava la nullita' del decreto di citazione. Inoltre alla stregua delle numerose pronunzie della giurisprudenza di legittimita', tale prima notificazione del decreto che dispone il giudizio non poteva fondare la dichiarazione di assenza dell'odierna ricorrente, in quanto effettuata a mani del suo difensore di fiducia. A sostegno di tale assunto il ricorrente richiama la pronunzia delle Sezioni Unite di questa Corte Innaro del 28 Febbraio 2019 e la sentenza Ismail del 28/11/2018. Solo quando ha ricevuto a mani proprie la notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello, l'imputata ha avuto contezza del processo in corso e ha nominato un nuovo difensore. Chiede pertanto dichiararsi la nullita' assoluta della notifica del decreto che dispone il giudizio e l'annullamento di entrambe le sentenze di merito. 3.2 Violazione dell'articolo 179 c.p.p., comma 2, articoli 493 e 495 c.p.p., articolo 525 c.p.p., comma 2, poiche' dai verbali di udienza emerge che il processo si e' svolto dinanzi a un collegio ma la sentenza e' stata deliberata all'udienza del 10 luglio 2020 da un collegio diverso, senza procedere ad alcuna rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in violazione del principio di immutabilita' del giudice. 3.3 violazione degli articoli 110, 379 e 628 c.p. e dell'articolo 125 c.p.p., poiche' il tribunale ha affermato il concorso dell'imputata nel reato di rapina, sul rilievo che la stessa e' intervenuta nell'immediatezza per assicurare il profitto del reato. Osserva il ricorrente che la (OMISSIS) si era presentata spontaneamente in Commissariato per chiedere notizie del suo fidanzato e che la ricostruzione della vicenda condivisa dalla corte avrebbe dovuto portare a qualificare la sua condotta come favoreggiamento reale, poiche' la stessa e' intervenuta solo per assicurare il profitto del reato, non avendo tratto alcuna utilita' dalla condotta del suo correo. 3.4 Violazione di legge in ordine al trattamento sanzionatorio poiche' i giudici di merito hanno reso una motivazione illogica valorizzando per un verso la giovane eta' e la condizione di incensurati dei due imputati, ma determinando la pena in misura superiore al minimo edittale in ragione delle modalita' della condotta. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi non possono trovare accoglimento. Occorre premettere che al Giudice di legittimita' e' preclusa - in sede di controllo della motivazione - la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti e del relativo compendio probatorio, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perche' ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita' esplicativa. Tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell'ennesimo giudice del fatto, mentre questa Corte Suprema, anche nel quadro della nuova disciplina introdotta dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, e' - e resta - giudice della motivazione. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita', dalla sua contraddittorieta' (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', la stessa illogicita' quando non manifesta, cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965). 2. (OMISSIS). Il ricorso e' inammissibile. L'unico motivo di ricorso e' generico poiche' reitera il motivo di appello e non si confronta con la motivazione resa dalla sentenza impugnata. La corte, rispondendo alla censura formulata con l'appello in ordine alla qualificazione giuridica del reato attribuito all'imputato, ha spiegato che il tribunale ha effettivamente e correttamente sussunto il fatto nell'ipotesi della rapina impropria, ritenendo la sussistenza di una condotta violenta e di una condotta minacciosa posta in essere subito dopo la sottrazione della collana per garantirsi la refurtiva. Giova ricordare che le figure criminose previste, rispettivamente, nel primo e nel comma 2 dell'articolo 628 c.p. (rapina propria e impropria) individuano due distinte, autonome ipotesi di reato, in quanto, pur avendo entrambe ad oggetto la medesima condotta volta all'impossessamento della cosa mobile altrui, l'elemento psicologico si atteggia in modo differente giacche', mentre nella rapina propria la violenza o la minaccia hanno lo scopo di coartare la volonta' della persona offesa, che viene spossessata del bene, in quella impropria esse vengono esercitate per scoraggiare la reazione della persona offesa che ne ha gia' subito lo spossessamento. Con il ricorso la difesa lamenta che la corte non abbia qualificato la condotta come rapina impropria. La censura deve pertanto ritenersi generica e manifestamente infondata. 3. (OMISSIS). 3.1 Il primo motivo di ricorso e' infondato. Deve al riguardo precisarsi che la notifica destinata all'imputata ed effettuata ex articolo 161 c.p.p., comma 4, al difensore, prima di verificare la inidoneita' del domicilio dichiarato della stessa, gia' emersa nel precedente grado di giudizio, non e' certamente inesistente ma e' stata correttamente ritenuta irregolare dal Tribunale. La sua irregolarita' e' stata sanata provvedendo alla consegna al difensore di fiducia dell'imputata presente in aula di copia del decreto di citazione. Dal verbale di udienza emerge che il difensore di fiducia che ha ricevuto in aula la notifica della citazione per la sua assistita non ha eccepito alcunche' in ordine al contenuto del documento che gli e' stato consegnato e della cui autenticita' non poteva di certo dubitare, sicche' certamente non puo' dolersene in questa sede senza neppure allegare l'atto in questione In aperta violazione del principio di autosufficienza del ricorso. Il difensore non ha eccepito alcuna nullita' nemmeno in sede di conclusioni o con i motivi di appello mentre, avendo ricevuto ex articolo 161 c.p.p. la notifica destinata alla sua assistita, avrebbe dovuto tempestivamente eccepirne l'eventuale irregolarita'. Anche recentemente questa Corte ha ribadito che e' legittima la notificazione eseguita mediante consegna al difensore, ai sensi dell'articolo 161 c.p.p., comma 4, nel caso in cui l'addetto al servizio postale incaricato della notificazione (nella specie, dell'avviso di deposito fuori termine della sentenza) attesti l'irreperibilita' del destinatario nel domicilio dichiarato o eletto, atteso che, ai fini dell'integrazione del presupposto dell'impossibilita' della notificazione in tale domicilio, legittimante la notificazione sostitutiva al difensore, sono sufficienti anche solo la temporanea assenza dell'imputato al momento dell'accesso dell'ufficiale notificatore o la non agevole individuazione dello specifico luogo. (Sez. 1, Sentenza n. 23880 del 05/05/2021 Cc. (dep. 17/06/2021) Rv. 281419 - 01; Sez. U, Sentenza n. 58120 del 22/06/2017 Ud. (dep. 29/12/2017) Rv. 271772 - 01). Le pronunce delle Sezioni unite di questa Corte richiamate dalla difesa non si attagliano al caso di specie in cui la (OMISSIS) era assistita da un difensore di fiducia e aveva indicato un domicilio. Ed infatti la sentenza Darwish fa riferimento all'ipotesi di notifica del decreto di citazione al difensore di ufficio ed afferma che ai fini della dichiarazione di assenza non puo' considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio, da parte dell'indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l'effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l'indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest'ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa. (Sez. U -, Sentenza n. 23948 del 28/11/2019 Ud. (dep. 17/08/2020) Rv. 279420 - 01). La sentenza Innaro ha invece precisato che ai fini della restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale ex articolo 175 c.p.p., comma 2, nella formulazione antecedente alla modifica operata con L. 28 aprile 2014, n. 67, l'effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all'accusa contenuta in un provvedimento formale di "vocatio in iudicium" sicche' tale non puo' ritenersi la conoscenza dell'accusa contenuta nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, fermo restando che l'imputato non deve avere rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione oppure non deve essersi deliberatamente sottratto a tale conoscenza. (Sez. U, Sentenza n. 28912 del 28/02/2019 Cc. (dep. 03/07/2019) Rv. 275716 - 01) Ma nel caso in esame l'imputata risultava assistita da un difensore di fiducia che ha preso parte al giudizio e ha anche chiesto un rinvio di udienza per consentire alla sua assistita di sottoporsi ad esame e non puo' sostenersi che la notifica mani del difensore di fiducia non sia idonea a garantire la conoscenza del processo da parte dell'imputata proprio in ragione del rapporto fiduciario che intercorre con il difensore. 3.2 La seconda censura e' infondata. Dalla lettura dei verbali di udienza si desume che l'ultima udienza del giudizio di primo grado fu celebrata da un collegio parzialmente diverso rispetto a quello che aveva assunto le prove: tuttavia, prima che il collegio si ritirasse per decidere, nessuna delle parti aveva avanzato richieste di rinnovazione delle prove assunte. In merito alla suddetta censura, va rilevato che le S.U. n. 41736 del 30/05/2019 hanno stabilito che: l'avvenuto mutamento della composizione del giudice attribuisce alle parti il diritto di chiedere, ai sensi degli articoli 468 e 493 c.p.p., sia prove nuove sia la rinnovazione di quelle assunte dal giudice diversamente composto, in quest'ultimo caso indicando specificamente le ragioni che impongano tale rinnovazione, ferma restando la valutazione del giudice, ai sensi degli articoli 190 e 495 c.p.p., anche sulla non manifesta superfluita' della rinnovazione stessa; il consenso delle parti alla lettura ex articolo 511 c.p.p., comma 2, degli atti assunti dal collegio in diversa composizione, a seguito della rinnovazione del dibattimento, non e' necessario con riguardo agli esami testimoniali la cui ripetizione non abbia avuto luogo perche' non chiesta, non ammessa o non piu' possibile: infatti "la disposizione di cui all'articolo 525 c.p.p., comma 2, prima parte, non comporta la necessita', a pena di nullita' assoluta, di rinnovare formalmente tutte le attivita' previste dagli articoli 492, 493 e 495 c.p.p., poiche' i relativi provvedimenti in precedenza emessi dal giudice diversamente composto conservano efficacia se non espressamente modificati o revocati. Resta ferma anche la possibilita' che il giudice ritenga necessaria, d'ufficio, la ripetizione, anche pedissequa, delle predette attivita'. Invero, la garanzia dell'immutabilita' del giudice attribuisce alle parti il diritto, non di vedere inutilmente reiterati, pedissequamente e senza alcun beneficio processuale, attivita' gia' svolte e provvedimenti gia' emessi, con immotivata dilazione dei tempi di definizione del processo cui la parte puo' in astratto avere di fatto un interesse che, tuttavia, l'ordinamento non legittima e non tutela, bensi' di poter nuovamente esercitare, a seguito del mutamento della composizione del giudice, le facolta' previste dalle predette disposizioni, ad esempio chiedendo di presentare nuove richieste di prova, che andranno ordinariamente valutate. Ne' puo' ritenersi che la rinnovazione del dibattimento debba essere espressamente disposta, poiche' le parti, con l'insostituibile ausilio della difesa tecnica, sulla quale incombe il generale dovere di adempiere con diligenza il mandato professionale, sono certamente in grado, con quel minimum di diligenza che e' legittimo richiedere, di rilevare il sopravvenuto mutamento della composizione del giudice ed attivarsi con la formulazione delle eventuali, conseguenti richieste, se ne abbiano, chiedendo altresi', ove necessario, la concessione di un breve termine (la cui fruizione puo', ad esempio, rivelarsi ineludibile quando la necessita' della rinnovazione del dibattimento non sia stata prevista ed anticipata, ma si sia palesata soltanto in udienza, senza preavviso alcuno, ed occorra quindi consentire l'eventuale presentazione di una nuova lista ai sensi dell'articolo 468 c.p.p., senz'altro legittima e, peraltro, necessaria ai fini della altrettanto legittima formulazione di nuove richieste di prova ex articolo 493 c.p.p.. Di conseguenza, in considerazione del comportamento silente tenuto dalle parti pur a fronte dell'evidente sopravvenuto mutamento della composizione del giudice, la dedotta nullita' deve ritenersi insussistente. 3.3 Il terzo motivo e' generico poiche' non si confronta con la motivazione resa dalla corte la quale ha osservato che l'imputata ha offerto un evidente contributo al reato di rapina che ha agevolato l'esecuzione del delitto in corso; pertanto la sua condotta non puo' certamente qualificarsi come favoreggiamento reale in quanto tale fattispecie presuppone l'esecuzione e l'avvenuta consumazione di un reato. 3.4 Il motivo relativo al trattamento sanzionatorio e' inammissibile poiche' con l'atto di appello la difesa si era limitata a chiedere che le circostanze attenuanti generiche fossero riconosciute come prevalenti sull'aggravante, senza considerare che il giudizio di prevalenza era gia' stato effettuato dal tribunale, e non aveva avanzato censure in ordine al trattamento sanzionatorio che devono ritenersi inammissibili poiche' non dedotte con i motivi di appello. La censura e' comunque manifestamente infondata poiche' il tribunale ha valorizzato la giovane eta' e la condizione di incensurati dei due imputati per concedere le attenuanti generiche in misura prevalente sulla contestata aggravante e la corte ha correttamente osservato che la pena e' stata determinata in misura prossima al minimo edittale considerato che il massimo edittale e' di 10 anni e la pena e' stata fissata in anni tre mesi tre di reclusione ed Euro e ottocento Euro di multa. All'inammissibilita' del ricorso di (OMISSIS) segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche', ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita' emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000 n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di Euro 3000 a favore della Cassa delle Ammende. Il rigetto del ricorso di (OMISSIS) impone la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso di (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIDELBO Giorgio - Presidente Dott. GALLUCCI Enrico - rel. Consigliere Dott. COSTANTINI Antonio - Consigliere Dott. VIGNA Maria Sabina - Consigliere Dott. TRIPICCIONE Debora - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 12/05/2022 della Corte di appello di Torino; visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Enrico Gallucci; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Epidendio Tomaso, che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile; letta la memoria scritta depositata dal difensore della Parte civile (OMISSIS), Avvocata (OMISSIS), che conclude per l'inammissibilita' o il rigetto del ricorso, con liquidazione delle spese di giudizio. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Torino con sentenza del 12 maggio 2022 ha confermato quella di condanna in primo grado - emessa dal Gip del Tribunale di Torino in sede di giudizio abbreviato - alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, oltre alle statuizioni civili in favore della Parte civile (OMISSIS) in riferimento alla imputazione di maltrattamenti in famiglia a danno della moglie, aggravati dalla "violenza assistita" da parte dei figli minori, e di lesioni personali sempre a danno della moglie. La Corte di appello precisa che il Gip aveva escluso l'aggravante e ritenute assorbite le lesioni all'interno della fattispecie di cui all'articolo 572 c.p.. 2. Avverso la indicata sentenza di appello l'imputato, a mezzo del proprio difensore, ha presentato ricorso nel quale deduce un unico motivo, relativo a violazione di legge penale e vizio di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza di cui all'articolo 572 c.p. Cio' in quanto difettava l'elemento della "abitualita'" delle condotte maltrattanti e comunque il dolo dei maltrattamenti, essendosi peraltro trattato di reciproche condotte aggressive scaturite all'interno di un rapporto di coppia in crisi. 3. Il giudizio di cassazione si e' svolto a trattazione scritta, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, convertito dalla L. n. 176 del 2020 e le parti hanno depositato le conclusioni come in epigrafe indicate. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' infondato. 2. Preliminarmente, e' opportuno ribadire che in tema di giudizio di cassazione sono precluse al giudice di legittimita' la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita' esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020 - dep. 2021, F., Rv. 280601). 3. La Corte di appello motiva in modo adeguato e non illogico in ordine alla abitualita' della condotta maltrattante del ricorrente (costituita da ingiurie, minacce, percosse e umiliazioni a danno della moglie, alla quale in due occasioni ha cagionato delle lesioni personali); condotta ritenuta provata, oltre che sulla base delle attendibili dichiarazioni della persona offesa e degli altri soggetti sentiti nel corso delle indagini (uno dei quali vide un "bozzo" sulla fronte della persona offesa), sui referti medici attestanti le conseguenze patite - il 21 novembre e il 22 novembre del 2020 - dalla donna per effetto delle condotte violente e aggressive dell'imputato, nonche' su messaggi e registrazioni. In riferimento all'episodio da ultimo indicato, la sentenza impugnata indica l'esistenza di un ulteriore riscontro, rappresentato da un messaggio inviato nell'occasione dalla figlia della coppia ad una amica alla quale chiedeva aiuto perche' "mio padre ha appena picchiato mia madre e sta arrivando la polizia". 3.1. Peraltro, come gia' riportato, la sentenza di primo grado, pur valutando sussistenti i due episodi di lesioni, ha ritenute le stesse "assorbite" all'interno della fattispecie di cui all'articolo 582 c.p. La statuizione sul punto del Gip e' errata, risultando violato il principio secondo cui "e' configurabile il concorso formale - e non l'assorbimento - tra le fattispecie incriminatrici previste dagli articoli 572 e 582 c.p. quando le lesioni risultano consumate in occasione della commissione del delitto di maltrattamenti, con conseguente sussistenza dell'aggravante dell'articolo 576 c.p., comma 1, n. 5: in tal caso, infatti, non ricorre l'ipotesi del reato complesso, per la cui configurabilita' non e' sufficiente che le particolari modalita' di realizzazione in concreto del fatto tipico determinino un'occasionale convergenza di piu' norme e, quindi, un concorso di reati, ma e' necessario che sia la legge a prevedere un reato come elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro" (cosi', Sez. 6, n. 17782 del 22 aprile 2022, C., Rv. 283154). Di cio' si rende perfettamente conto la Corte di appello (pag. 8) che pero' da' atto della mancata impugnazione sul punto del PM e della conseguente impossibilita' di correggere l'errore, stante il divieto di reformatio in peius. 4. Per quanto concerne il profilo delle dedotte "condotte aggressive reciproche", va osservato che, da un lato, la Corte di appello ha escluso che la (OMISSIS) avesse posto in essere condotte violente nei confronti del marito. Dall'altro lato, questa Sezione ha precisato che il reato di maltrattamenti in famiglia e' configurabile anche nel caso in cui le condotte violente e vessatorie siano poste in essere dai familiari in danno reciproco gli uni degli altri (Sez. 6, n. 12026 del 24 gennaio 2020, M., Rv. 278968: in motivazione, la Corte ha precisato che il reato di cui all'articolo 572 c.p. non prevede il ricorso a forme di sostanziale autotutela, mediante un regime di "compensazione" fra condotte penalmente rilevanti e reciprocamente poste in essere). 5. Infine, per quanto concerne il dolo di fattispecie, la sentenza impugnata ha fatto buon governo del principio secondo cui nel delitto di maltrattamenti in famiglia, il dolo non richiede la sussistenza di uno specifico programma criminoso, verso il quale sia finalizzata, fin dalla loro rappresentazione iniziale, la serie di condotte tale da cagionare le abituali sofferenze fisiche o morali della vittima, essendo, invece, sufficiente la sola consapevolezza dell'autore del reato di persistere in un'attivita' vessatoria, gia' posta in essere in precedenza, idonea a ledere la personalita' della vittima (Sez. 1, n. 13013 del 28 gennaio 2020, Rv. 279326). 6. Il rigetto del ricorso comporta - ai sensi dell'articolo 616 c.p.p. la condanna dell'imputato al pagamento delle spese del procedimento nonche' alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa della parte civile nel presente giudizio, liquidate come da dispositivo. Infine, si deve disporre nel caso di diffusione della presente sentenza l'oscuramento delle generalita' e degli altri dati identificativi delle parti private a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche' alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio della parte civile, (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 3.686, oltre accessori di legge.

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