Sentenze recenti violenza di genere

Ricerca semantica

Risultati di ricerca:

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MICCOLI Grazia - Presidente Dott. GUARDIANO Alfredo - Consigliere Dott. CANANZI Francesco - Consigliere Dott. PILLA Egle - rel. Consigliere Dott. SGUBBI Vincenzo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI TIVOLI; nel procedimento a carico di: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); avverso la sentenza del 18/11/2022 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di TIVOLI; udita la relazione svolta dal Consigliere EGLE PILLA; Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, LIDIA GIORGIO, che ha concluso per l'annullamento con rinvio limitatamente all'applicazione dell'articolo 165 c.p., eventualmente a seguito della pronunzia delle Sezioni Unite cui e' stata rimessa la questione con ordinanza della Sezione terza del 26/01/2023 n. 7239. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 18 novembre 2022, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Tivoli, ha applicato su richiesta delle parti, all'imputato (OMISSIS), con la diminuente del rito la pena di anni uno di reclusione, condizionalmente sospesa per: - il reato di lesioni personali nei confronti di (OMISSIS) aggravate dalla circostanza dei futili motivi e dell'aver commesso il fatto contro il coniuge (articoli 582 e 585 in relazione all'articolo 577 c.p., comma 2, articolo 61 c.p., n. 1). 2. Avverso la decisione ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli articolando il seguente motivo di censura. 2.1. Con il motivo di ricorso e' stata dedotta violazione di legge avuto riguardo all'articolo 165 c.p. e alla mancata subordinazione della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena agli obblighi di partecipazione a specifici corsi di recupero presso enti o associazioni qualificate. Lamenta il ricorrente che, in ragione della obbligatorieta' della previsione introdotta dalla L. n. 69 del 2019, articolo 6 (cd. codice rosso), essendo la stessa applicabile al caso in esame in quanto il fatto contestato e' stato commesso successivamente all'entrata in vigore della disposizione, il giudice non avrebbe potuto ratificare l'accordo. 2.2. Quanto alla riconducibilita' di siffatta violazione ai motivi per i quali e' possibile il ricorso per cassazione avverso le sentenze ex articolo 444 c.p.p., il Procuratore della Repubblica ha richiamato due opposti orientamenti giurisprudenziali. 2.2.1. Un primo indirizzo, che il Pubblico ministero condivide, ritiene che la omessa subordinazione della sospensione condizionale della pena all'adempimento di obblighi sia riconducibile alla nozione di pena illegale (Sez.4, n. 35906 del 14/09/2021; Sez. 4, n. 5064 del 06/11/2018 - dep. 2019 -, Bonomi, Rv. 275118). 2.2.2. Diversamente, un secondo indirizzo esclude che siffatta violazione costituisca motivo per ricorrere in cassazione ai sensi dell'articolo 448 c.p.p., comma 2 bis, trattandosi di vizio non riconducibile al concetto di illegalita' della pena (Sez. 6, n. 23416 del 10/03/2022, Abbondanza; Sez. 6 n. 9690 del 17/02/2022, Dudun; Sez. 3, n. 35485 del 27/08/21). 2.3. Il Procuratore evidenzia che argomenti a sostegno del primo orientamento possono rinvenirsi anche nella pronunzia delle Sez. Unite n. 37503 del 23/06/2022, Liguori, Rv. 283577, in quanto le Sezioni unite pongono l'accento sulla funzione della pena sospesa e sulla necessita' di consentire il libero esplicarsi dei suoi effetti in presenza di obblighi cui subordinare la concessione, sia se imposti per legge, sia se imposti dal giudice nell'ambito delle sue facolta' discrezionali. Evidenzia altresi' la giurisprudenza di questa Corte che riconosce al Pubblico Ministero la possibilita' di "sanare" una pena, sia pure illegittima, ed in particolare: la possibilita' di agire in sede esecutiva e ottenere dal giudice dell'esecuzione la revoca del beneficio concesso anche in presenza di una causa ostativa (Sez.6, n. 29950/2022); cosi' come la giurisprudenza che, al contrario, ritiene che il caso di specie sia da ricondurre alla nozione di pena illegale dal momento che in sede esecutiva la revoca della sospensione condizionale della pena e' possibile solo in due specifiche ipotesi (articolo 674 c.p.p.). 2.4. Il ricorso evidenzia altresi' che l'articolo 165 c.p., comma 5, come modificato dalla L. n. 69 del 2019 e ulteriormente "rafforzato" dalla L. n. 134 del 2021, trova la sua ratio nella volonta' di prevenire il rischio di recidiva e nella scelta di vincolare il giudice, in deroga alla discrezionalita' concessagli dall'articolo 165 c.p., comma 1. La indicazione normativa si colloca nel piu' vasto ambito di disposizioni che valorizzano la sottoposizione degli autori di violenza di genere a programmi di prevenzione o corsi di recupero per raggiungere gli obiettivi che sono alla base della norma (articolo 282 quater c.p.p.; L. n. 119 del 2013, articolo 5 bis; L. n. 354 del 1975, articolo 13 bis). Non ritenere illegale la pena e, dunque, impedire di intervenire con la impugnazione del Pubblico Ministero avverso le sentenze di pal:teggiamento ex articolo 448 c.p.p., comma 2, comporterebbe la limitazione degli effetti di una disposizione volta a prevenire la recidiva e, a fronte di ulteriori reati commessi dal soggetto, comporterebbe la condanna dell'Italia da parte della CEDU per non avere lo Stato italiano attuato tutte le misure previste a tutela delle vittime di reati di violenza di genere o domestici (Corte EDU Talpis c. Italia 2 marzo 2017; Landi c. Italia 7 aprile 2022). 2.5. Ha concluso il Procuratore per l'annullamento con rinvio della impugnata sentenza. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' fondato per le ragioni e nei limiti di seguito esposti. 1. La questione posta all'attenzione di questo Collegio richiede un sintetico, ma necessario inquadramento della stessa nell'ambito della piu' vasta tematica dei limiti di ricorribilita' delle sentenze di applicazione di pena su richiesta delle parti ai sensi dell'articolo 448 c.p.p., comma 2 bis. 1.1. Per quanto di specifico interesse, utili indicazioni da cui muovere possono rinvenirsi nell'articolato ragionamento delle Sezioni unite Boccardo (S.U, n. 23400 del 27/01/2022, Rv. 283191) chiamate a risolvere il contrasto relativo "(..)alla latitudine del potere del giudice che procede ai sensi dell'articolo 444 c.p.p. di subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena concordata dalle parti alla prestazione di attivita' non retribuita in favore della collettivita' nel caso in cui l'imputato abbia gia' usufruito in precedenza del beneficio(..)"; la pronunzia ha, infatti, approfondito il tema dei limiti del potere dispositivo delle parti e di quello del giudice cui e' affidata la omologa dell'accordo anche attraverso la ricostruzione del relativo panorama della giurisprudenza di legittimita' e costituzionale. Gia' la Consulta aveva affermato l'inscindibile legame esistente tra la componente negoziale del rito e lo spazio cognitivo del giudice, evidenziando che questi rimane vincolato al contenuto dell'accordo sul merito dell'imputazione e della commisurazione della pena concluso dalle parti, nel senso che gli e' consentito soltanto di accoglierlo nei termini proposti ovvero di rigettarlo e procedere oltre (Corte Cost. n. 66 del 1990; Corte Cost., sent. n. 251 del 1991; Corte Cost., sent. n. 155 del 1996 e, da ultima, Corte Cost., sent. n. 394 del 2002). 1.1.1.Le Sezioni Unite hanno successivamente definito i poteri del giudice del patteggiamento in ordine alla concessione della sospensione condizionale della pena. In particolare, Sez. U, n. 5882 del 11/05/1993, Iovine, Rv. 193417 ha escluso che il giudice possa, di sua iniziativa, concedere il beneficio, ritenendo tale decisione preclusa, per l'appunto, dal vincolo negativo costituito dai termini dell'accordo intervenuto tra le parti (il principio e' stato piu' volte ribadito dalla giurisprudenza successiva: ex multis, Sez. 2, n. 42973 del 13/06/2019, Demian, Rv. 277610; Sez. 2, n. 21071 del 15/04/2016, Dubets, Rv. 266694). Successivamente la pronunzia delle Sez. un. 10 del 1993, Zanlorenzi, ha, invece, escluso che nel rito speciale il giudice possa, alterando il contenuto dell'accordo intervenuto tra le parti, subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena all'adempimento di un obbligo, alla cui imposizione la legge lo autorizzi. Dopo aver ribadito il dictum delle Sezioni Unite "Iovine", la sentenza "Zanlorenzi" ha introdotto la distinzione tra determinazioni previste dalla legge "quale conseguenza di una decisione giurisdizionale senza fasciare al giudice facolta' di diversamente deliberare", che devono essere adottate con la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, anche se non comprese nei termini dell'accordo, "essendo implicito che le parti ne abbiano fatto oggetto di previsione, proprio per l'ineludibilita' della conseguenza", e determinazioni considerate dalla legge "quale esercizio di una facolta' del giudice". Queste ultime, se non previste dall'accordo (e, a maggior ragione, se escluse), non possono essere adottate dal giudice, al quale "non rimane altra opzione tra quelle di aderire al patto (..) ovvero, nell'ipotesi contraria, respingere il patto per procedere al giudizio ordinario, all'esito del quale sara' adottata decisione coerente allo schema previsto dalla legge, lasciando spazio alle parti per l'esercizio della facolta' di impugnazione anche nel merito, non prevista per il caso di definizione concordata". Le sentenze "Iovine" e "Zanlorenzi" hanno costituito la base della successiva elaborazione svolta dalle Sezioni Unite, quanto al rapporto tra il contenuto negoziale dell'accordo ed i poteri del giudice. 1.1.2. Le pronunzie che hanno concorso a definire l'ambito delle statuizioni che lo stesso giudice puo' autonomamente adottare, in quanto sottratte al potere dispositivo delle parti (Sez. U, n. 21369 del 26/09/2019, dep. 2020, Melzani, Rv. 279349, Sez. U, n. 20 del 21/06/2000, Cerboni, Rv. 217018 e Sez. U, n. 8488 del 27/05/1998, Bosio, Rv. 210981) hanno, ad esempio, ribadito che con la sentenza di patteggiamento devono essere sempre applicate le sanzioni amministrative accessorie che ne conseguono di diritto, mentre Sez. U, n. 20 del 27/10/1999, Fraccari, Rv. 214638 ha precisato come, con la stessa sentenza, il giudice sia tenuto a dichiarare, ai sensi dell'articolo 537 c.p.p., comma 1 l'accertata falsita' di atti o di documenti. 1.2. Negli ulteriori e piu' recenti interventi normativi che hanno interessato la disciplina del patteggiamento, il legislatore ha inequivocabilmente rivelato di voler ampliare i contenuti negoziali del rito. La giurisprudenza ha percepito negli interventi riformatori una progressiva mutazione del modulo consensuale di definizione del processo. La pronunzia Sez. U, n. 21368 del 26/09/2019 - dep. 2020 - Savin, Rv. 279348, ha ritenuto che dalla successione delle riforme emerga una piu' ampia valorizzazione della logica negoziale del rito, tesa a riconoscere anche all'accordo stipulato dalle parti la possibilita' di assumere contenuti che trascendono quello "necessario" definito dall'articolo 444 c.p.p., comma 1. E, facendo leva sull'esplicita evocazione delle misure di sicurezza nell'inedita disciplina della ricorribilita' della sentenza di patteggiamento introdotta nell'articolo 448 c.p.p., comma 2-bis la pronunzia menzionata e' conseguentemente giunta a riconoscere la facolta' delle parti di concordarne l'applicazione, con eguale valore vincolante per il giudice dell'accordo stipulato sulla pena, al quale, anche in tal caso, e' consentito solo recepire integralmente il patto ovvero rigettare la richiesta. 1.3. Dall'elaborazione compiuta dalle Sezioni Unite in ordine ai rapporti tra la base negoziale del rito ed il potere decisionale del giudice, la sentenza "Boccardo" ha quindi affermato che il perimetro decisionale e' definito dal contenuto dell'accordo raggiunto dalle parti, residuando in favore del giudice spazi cognitivi autonomi limitatamente a quei contenuti estranei, per loro natura o per espressa volonta' della legge, alla struttura negoziale del rito. Il patteggiamento, dunque, non e' caratterizzato unicamente dalla retribuzione premiale in ragione della rinunzia dell'imputato a contestare l'accusa ed al contraddittorio sulla prova, ma anche dalla prevedibilita' in concreto della decisione. Il divieto di ultra-petizione, assunto dalle Sezioni Unite "Zanlorenzi" a fondamento dell'esclusione del potere del giudice di integrare il patto intervenuto tra le parti nell'esercizio di mere facolta' conferitegli dalla legge e, in particolare, subordinando la concessione della sospensione condizionale della pena oggetto dell'accordo ad una delle prescrizioni previste dall'articolo 165 c.p., comma 1, e' stato condiviso dalle Sezioni Unite "Boccardo" con la conseguenza che il decidente e' tenuto autonomamente ad adottare con la sentenza di patteggiamento soltanto quelle statuizioni la cui applicazione gli e' imposta dalla legge. Tale principio e' intimamente connaturato all'impianto negoziale del rito e condizione della sua compatibilita' costituzionale e convenzionale. Ma proprio per tale ultima ragione deve esserne precisata la sua effettiva estensione. Non puo' dubitarsi che esso riguardi anzitutto quelle statuizioni di cui la legge impone l'adozione in quanto sottratte al potere dispositivo delle parti, come nel caso, ad esempio, dell'applicazione con la sentenza di patteggiamento delle sanzioni amministrative accessorie. Invero, in tal caso, nemmeno si pone il pericolo di un'alterazione dell'accordo, per il semplice motivo che le parti non possono disporre con effetto vincolante per il giudice dell'an o del quomodo di determinazioni che non rientrano nella base legale del negozio processuale. Il passaggio rilevante ai fini della presente decisione e' relativo all'ipotesi in cui la statuizione normativamente imposta incida su uno degli aspetti negoziabili dalle parti: le Sezioni Unite Boccardo intervengono chiarendo che il giudice puo' si' adottarla, anche prescindendo da una manifestazione di volonta' di queste ultime, ma a condizione che il suo contenuto sia predeterminato dalla legge. Soltanto in questo caso, infatti, puo' effettivamente ritenersi che il silenzio delle parti sul punto costituisca implicita adesione alla successiva determinazione giudiziale, in quanto, nella consapevolezza dell'imposizione normativa, le stesse sono state in grado di prevederne l'integrale contenuto. In altri termini, quando la legge impone al giudice di adottare una prescrizione non prevista dall'accordo (seppure negoziabile dalle parti), ma allo stesso tempo gli attribuisce il potere di determinarne in concreto il contenuto, non e' dubbio che l'esito della sua deliberazione sul punto non e' piu' prevedibile e non puo' pertanto ritenersi che l'imputato abbia avuto piena consapevolezza delle conseguenze giuridiche della sua scelta al momento in cui ha eletto il rito speciale e rinunziato all'esercizio dei propri diritti. 1.4. Sez. Un. Boccardo ha dunque stabilito che al giudice del patteggiamento non e' consentito subordinare motu proprio la concessione della sospensione condizionale concordata dalle parti ad uno degli obblighi previsti dall'articolo 165 c.p., anche nel caso di reiterazione del beneficio, atteso che la scelta della prescrizione da imporre e la modulazione del relativo contenuto non sono elementi predeterminati dalla legge, ma rimessi alla discrezionalita' del decidente, con la conseguente sottrazione alle parti della possibilita' di prevedere come verra' in concreto esercitato il relativo potere. La determinazione della prestazione e delle sue modalita' di esecuzione non possono, quindi, considerarsi la mera conseguenza di un automatismo normativo implicitamente accettato all'atto della subordinazione dell'accordo al riconoscimento della sospensione condizionale. Una volta ammessa la negoziabilita' della concessione della pena sospesa, una divergente decisione del giudice si risolverebbe comunque in una inammissibile alterazione dell'accordo, tale da rendere non piu' prevedibile il contenuto della sentenza. E' dunque evidente che anche in tal caso lo stesso giudice potra' o recepire l'accordo nella sua totalita' ovvero rigettare integralmente la richiesta di patteggiamento, valutando incongrue le scelte operate dalle parti. Rientra nel potere negoziale delle parti non solo l'indicazione dell'obbligo cui subordinare la concessione del beneficio, ma anche del suo contenuto. Con riguardo al caso della prestazione di attivita' non retribuita, cio' significa che le parti hanno dunque la facolta' di concordarne durata e modalita' di esecuzione, vincolando il giudice alla loro pattuizione. 2. Le argomentazioni contenute nella pronunzia delle Sezioni Unite Boccardo risultano pienamente applicabili anche all'ipotesi in esame di cui all'articolo 165 c.p., comma 5, che regola un ulteriore caso in cui la sospensione condizionale della pena puo' essere concessa unicamente se subordinata all'adempimento di obblighi il cui contenuto va determinato in sede di accordo (partecipazione a specifici corsi di recupero). Qualora le parti, come nel caso in esame, pur avendo ricompreso nel loro accordo negoziale il beneficio della pena sospesa, non ne abbiano subordinato la concessione all'adempimento di obblighi dal contenuto predeterminato, non resta altra alternativa al giudice dell'omologa che rigettare la richiesta concordata. 3. Le conclusioni raggiunte, tuttavia, non consentono - da sole - di ritenere risolta la questione sottoposta a questo Collegio. Preso atto, infatti, che l'accordo nei termini raggiunti non poteva essere recepito dal giudice ai sensi dell'articolo 448 c.p., comma 1, occorre verificare se e in che modo siffatto vizio possa essersi tradotto nel ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 448 c.p., comma 2-bis. La questione e' gia' stata affrontata da questa Corte in numerose pronunzie attraverso il ricorso alla categoria della "pena illegale", in quanto ricompresa tra i motivi per i quali e' possibile ricorrere per cassazione avverso la sentenza di applicazione su richiesta ai sensi dell'articolo 448 c.p.p., comma 2. Al riguardo la perimetrazione del concetto di "pena illegale" con riferimento alla sentenza di patteggiamento ha dato luogo ad un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte, all'ordinanza di rimessione alle Sezioni unite (Sez. 3, n. 7239 del 26/01/2023) e, successivamente al dispositivo di decisione del presente ricorso, alla fissazione della udienza del prossimo 28 settembre 2023 per la risoluzione del contrasto. 3.1. Secondo un primo orientamento l'ipotesi di specie non puo' essere ricondotta alla nozione di pena illegale (Sez. 6, n. 3677 del 12/09/22, Rv.283829; Sez. 3, n. 35485 del 23/04/2021, P., Rv. 281945; Sez. 6, n. 29950 del 23/06/2022, Sotgiu, non mass.; Sez. 6, n. 23416 del 10/03/2022, Abbondanza, non mass.; Sez. 6 n. 18976 del 22/02/2022, Dibisceglia, non mass.; Sez. 6, n. 9690 del 17/02/2022, Dudun, non mass.; Sez. 3 n. 35485 del 23/04/2021, Rv. 281945, non mass.). 3.1.1. Attraverso una articolata elaborazione giurisprudenziale, con il significativo contributo di numerose pronunzie anche delle Sezioni Unite (Sez. U., n. 18821 del 24/10/2013, Ercolano; Sez. U. n. 33040 del 26/2/2015, Jazouli, Rv. 264207; Sez. U. n. 47766 del 26/6/2015, Butera, Rv. 265108; Sez. U., n. 40986 del 19/7/2018, Pittala'; anche Sez. U, n. 21368 del 26/09/2019, dep. 2020, Savin, Sez. U. n. 877 del 14/07/2022 - dep. 2023 - Sacchettino, RV.283886), la nozione di pena illegale si e' andata gradualmente restringendo, riconoscendo un sempre piu' esteso campo alla qualificazione della pena come illegittima. La "illegalita'" della pena presuppone la totale estraneita' della stessa al sistema a differenza della "illegittimita'" della pena, configurabile quando la sanzione, pur astrattamente compatibile con le norme che la regolano, risulti in concreto contraria a specifiche prescrizioni che ne avrebbero condizionato l'operativita'. Cio' accade, per esempio, quando il giudice abbia omesso di subordinare la concessione della sospensione condizione della pena a condizioni che pure avrebbero dovuto essere apposte obbligatoriamente per legge, come appunto nel caso in esame. 3.1.2. Un ulteriore aspetto evidenziato e' l'estraneita' della ratio delle disposizioni sulla sospensione condizionale al nucleo della "pena". Se la pena va intesa come sofferenza inflitta per l'offesa cagionata mediante il reato, la disciplina della sospensione condizionale si pone in antitesi a siffatto patimento. L'istituto in esame blocca proprio l'effettivita' della pretesa punitiva in funzione chiaramente social - preventiva e di potenziale recupero del condannato. 3.2. Al richiamato orientamento si contrappone un orientamento di legittimita'- condiviso dal Procuratore della Repubblica di Tivoli nel presente ricorso- secondo cui la concessione della sospensione condizionale della pena al di fuori dei presupposti legislativamente indicati integra un'ipotesi di illegalita' della pena e come tale ricorribile in cassazione. 3.2.1. A talune condizioni, tale tesi riconduce al concetto di illegalita' della pena anche l'inosservanza di disposizioni genericamente preposte al trattamento sanzionatorio, e cioe' di norme che incidono sulla concreta ed effettiva applicazione delle sanzioni, quali, appunto, la sospensione condizionale (Sez.4, n. 47202 del 18/11/202 Loi; Sez.2, n. 11611 del 27/01/2020, Serpillo, Rv.278632-01; Sez.2, n. 17119 del 14/03/2019, P., Rv. 275898; Sez. 4, n. 5064 del 06/11/2018, (2019), Bonomi, Rv. 275118). 3.2.2. In particolare si osserva che una nozione restrittiva di pena illegale non puo' ritenersi imposta in relazione all'articolo 448 c.p.p., comma 2 bis, atteso che siffatta previsione deve essere interpretata bilanciando il principio costituzionale racchiuso nell'articolo 111 Cost., comma 7 (contro le sentenze (..) e' sempre ammesso ricorso in Cassazione (..)) e le esigenze di celerita' e deflazione proprie del rito speciale di cui all'articolo 444 c.p.p.. Il principio costituzionale non puo' considerarsi recessivo rispetto allo scopo di scoraggiare ricorsi defatigatori, con il rischio che una serie di violazioni di legge non siano deducibili in cassazione contrariamente al disposto di cui all'articolo 111 Cost. (In tal senso Sez.4 n. 47202, cit.). 3.2.3. La sospensione condizionale della pena ha un suo pur limitato contenuto afflittivo, che si traduce nell'ammonimento che, nell'ipotesi di mancata astensione dalla commissione di ulteriori reati, sara' data esecuzione alla pena comminata; siffatto contenuto e' sicuramente rafforzato nelle ipotesi, come quella in esame, in cui la sospensione e' condizionata anche all'adempimento di obblighi specifici. 3.2.4. La riconducibilita' dell'ipotesi in esame alla nozione cli pena illegale non e' in contrasto con i principi espressi dalle pronunzie delle Sez. Unite che si sono direttamente o indirettamente occupate della nozione di pena illegale (Sez.4 n. 47202, cit.) in quanto: - Sez. U. "Savini" affronta il tema della riduzione di pena nel giudizio abbreviato e dunque una ipotesi del tutto diversa; - Sez. U. "Sacchettino" attiene alle modalita' di calcolo della pena nella sentenza di patteggiamento e, quindi, attiene a vicende estranee al patto, il quale ha ad oggetto unicamente la pena finale; - Sez. U. "Miraglia" n. 38809 del 2022 attiene a sentenza diversa da quella ex articolo 444 c.p.p. e non si occupa dell'esatta perimetrazione delle censure proponibili ex articolo 448 c.p.p., oltre a riguardare una ipotesi di rilevabilita' di ufficio di una questione in ipotesi di ricorso inammissibile. 3.3. Con riferimento all'articolo 165 c.p., comma 5 assumono inoltre importanza alcuni rilievi contenuti nel presente ricorso avuto riguardo: - allo spirito riformatore dell'articolo 165 c.p. a fondamento della L. n. 69 del 2019 ulteriormente "rafforzato" dalla L. n. 134 del 2021, volto a prevenire il rischio di recidiva e a vincolare il giudice in deroga alla discrezionalita' concessagli dall'articolo 165 c.p., comma 1. L'indicazione normativa si colloca nel piu' vasto ambito di disposizioni che valorizzano la sottoposizione degli autori di violenza di genere a programmi di prevenzione o corsi di recupero per raggiungere gli obiettivi che sono alla base della norma (articolo 282 quater c.p.p.; L. n. 119 del 2013, articolo 5 bis; L. n. 354 del 1975, articolo 13 bis). Non ritenere illegale la pena e, dunque, impedire di intervenire con l'impugnazione del Pubblico Ministero avverso le sentenze di patteggiamento ex articolo 448 c.p.p., comma 2, comporterebbe la limitazione degli effetti di una disposizione volta a prevenire la recidiva e, a fronte di ulteriori reati commessi dal soggetto, potrebbe comportare la condanna dell'Italia da parte della CEDU per non avere lo Stato italiano attuato tutte le misure previste a tutela delle vittime di reati di violenza di genere o domestici (Corte EDU Talpis c. Italia 2 marzo 2017; Landi c. Italia 7 aprile 2022). 4. Conclusivamente vanno sintetizzate le considerazioni che, ad avviso di questo collegio, consentono di ritenere ammissibile il ricorso per cassazione proposto dal Procuratore della Repubblica di Tivoli avverso la sentenza impugnata, censurabile laddove l'accordo negoziale non ha tenuto in conto l'obbligo di subordinare la pena sospesa alle specifiche prescrizioni imposte dall'articolo 165 c.p. con conseguente illegalita' del trattamento sanzionatorio: - i principi di diritto fissati dalle Sezioni Unite "Boccardo"; - le argomentazioni a sostegno del secondo degli orientamenti di legittimita' richiamati, con particolare riferimento all'idea che il principio fissato dall'articolo 111 Cost., comma 7 non puo' considerarsi recessivo rispetto alle finalita' acceleratorie e deflattive che sorreggono l'articolo 448 c.p.p., comma 2 bis; - le specifiche ragioni che hanno condotto alle modifiche normative in tema di violenza di genere anche per adeguare la normativa interna alle indicazioni sovranazionali. 5. Per questi motivi la sentenza va annullata senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di Tivoli per nuovo giudizio. 6. Il rapporto di coniugio intercorrente tra l'imputato e la persona offesa impone l'oscuramento delle generalita' e degli altri dati identificativi. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Tivoli per nuovo giudizio. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BELTRANI Sergio - Presidente Dott. PELLEGRINO Andrea - Consigliere Dott. AIOLLI Giovanni - Consigliere Dott. PERROTTI Massimo - rel. Consigliere Dott. NICASTRO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti nell'interesse di: (OMISSIS), nato ad (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato ad (OMISSIS); (OMISSIS), nato ad (OMISSIS); (OMISSIS), nato in (OMISSIS); avverso la sentenza del 19/7/2021 della Corte di Appello di Torino; visti gli atti, il provvedimento impugnato, i ricorsi e le memorie; udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Massimo Perrotti; udito il Pubblico ministero, in persona del sostituto Procuratore generale Dott.ssa Dott. Lidia Giorgio, che ha concluso per la inammissibilita' dei ricorsi proposti nell'interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS), per il rigetto dei ricorsi proposti nell'interesse di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); udito il difensore della costituita parte civile, avv. (OMISSIS), che ha depositato conclusioni scritte, accompagnate da memoria argomentativa delle richieste e nota spese per Associazione " (OMISSIS)"; uditi i difensori degli imputati ricorrenti, avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS), avv.ti (OMISSIS), e (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), i quali tutti hanno illustrato diffusamente i motivi di ricorso, chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa dal Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Torino il 17 luglio 2020, all'esito del giudizio svoltosi con il rito abbreviato, era accertata, tra gli altri imputati, la penale responsabilita' di: - (OMISSIS), imputato del reato di cui all'articolo 378 c.p. (capo 30), esclusa l'aggravante delle finalita' mafiose di cui all'articolo 416 bis.1 c.p., riconosciute le circostanze attenuanti generiche in giudizio di equivalenza rispetto alla contestata e ritenuta recidiva; era condannato alla pena di un anno e sei mesi di reclusione; - (OMISSIS), imputato dei reati di cui agli articoli 416 bis c.p., in qualita' apicale (capo 1); articolo 629, aggravato dalle finalita' mafiose (capo 5); articolo 416 ter c.p. (capo 28), esclusa la recidiva e l'aggravante dell'essere l'associazione mafiosa armata, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, piu' grave il delitto di estorsione consumata sub 5, era condannato alla pena di anni 9 di reclusione, oltre la multa e le sanzioni accessorie; - (OMISSIS), imputato del reato di cui all'articolo 416 bis c.p. (capo 1) in qualita' di mero partecipe, esclusa l'aggravante di cui al comma 4 e la recidiva, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, era condannato alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione; - (OMISSIS), imputato dei reati di cui agli articoli 56, 629 c.p. (capo 24), esclusa l'aggravante dell'aver agito in piu' persone riunite; L. n. 497 del 1974, articoli 10, 12 e 14 (capo 25), riconosciute le circostanze attenuanti generiche in giudizio di equivalenza rispetto alla ulteriore aggravante, riconosciuto il vincolo della continuazione, era condannato alla pena di un anno e mesi quattro di reclusione, oltre la multa; - (OMISSIS), imputato del delitto di cui all'articolo 416 bis c.p. (capo 1) in qualita' di mero partecipe, esclusa l'aggravante di cui al comma 4 e la recidiva, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, era condannato alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione; - (OMISSIS), imputato dei reati di cui agli articoli 416 bis c.p., in qualita' apicale (capo 1), esclusa la circostanza aggravante dell'essere l'associazione armata (articolo 416 bis c.p., comma 4), Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74 (capo 6), articolo 73 (capi 7, 8, 9, 10, 11, 12, 16); violazione della legge che regola il regime sanzionatorio in materia di armi e connessa ricettazione di arma clandestina (capi 17, 18, 19 e 26); ritenuta subvalente la recidiva contestata rispetto alle circostanze attenuanti generiche, a loro volta giudicate prevalenti sulla aggravante ulteriore indicata al capo 6, esclusa l'aggravante mafiosa (ove contestata), riuniti tutti i reati sotto il vincolo della continuazione, piu' grave il delitto associativo sub 6, era condannato alla pena di dodici anni e otto mesi di reclusione, con le sanzioni accessorie interdittive previste dalla legge; - (OMISSIS), imputato dei delitti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73 (capo 12); articolo 378 c.p. (capo 20); articoli 56/629 c.p. (capo 21); articoli 48-479 c.p. (capo 23), esclusa l'aggravante mafiosa (ove contestata), riconosciute le circostanze attenuanti generiche, riuniti tutti i reati sotto il vincolo della continuazione, era condannato alla pena complessiva di anni quattro e sei mesi di reclusione, oltre la multa. - Seguivano le statuizioni civili in favore delle costituite parti. 1.1. Avverso tale sentenza proponevano appello gli imputati innanzi elencati, contestando i criteri e le forme di attribuzione della responsabilita' per i fatti ascritti, nonche' i criteri dosimetrici delle sanzioni inflitte e del trattamento circostanziale riconosciuto. 1.1.1. Proponeva altresi' ricorso per cassazione il Pubblico ministero presso il Tribunale, ma il ricorso era convertito in appello ai sensi di quanto dispone l'articolo 580 c.p.p.. 1.2. La Corte di appello di Torino, prima sezione penale, con la sentenza qui impugnata, per quanto in questa sede rileva: - dichiarava inammissibile il ricorso della parte pubblica; - dichiarava non doveri procedere nei confronti di (OMISSIS), limitatamente alla contravvenzione di cui al capo 26, essendo il reato estinto per prescrizione e rideterminava la sanzione in relazione ai residui reati; - confermava nel resto la sentenza impugnata, con le conseguenti statuizioni accessorie sulle spese del giudizio e la rifusione delle spese sostenute dalle parti civili nel grado di merito. 1.3. Quanto al contenuto degli addebiti, per quel che in questa sede rileva, il processo ha ad oggetto la contestazione (ai germani (OMISSIS), a (OMISSIS) e a (OMISSIS)) della partecipazione e direzione ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) al reato associativo di stampo mafioso di cui al capo 1, una "locale" di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta reggina (capo 1); reati scopo in materia di estorsione (capi 5, 21 e 24); nonche' quelli (contestati al (OMISSIS) e agli altri ricorrenti in materia di sostanze stupefacenti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73 e 74, capi da 6 a 12 e 16); sono inoltre contestati reati in materia di armi (capi 17, 18, 19, 25); partecipazione ad accordo mafioso politico elettorale (capo 28); favoreggiamento personale (capi 20 e 30); falso ideologico indotto (capo 23). 2. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati in epigrafe indicati, a mezzo dei rispettivi difensori, deducendo i motivi partitamente in appresso riportati secondo quanto dispone l'articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2.1. (OMISSIS) (capo 30) deduce: 2.1.1. Inosservanza della legge processuale penale e vizio esiziale di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c ed e) con riferimento alla affermazione di penale responsabilita' dell'imputato, avendo la Corte malinteso la qualita' grave, precisa e concordante degli indizi valorizzati in motivazione. Equivoco e' invece l'accadimento naturalistico emergente dalla lettura del compendio intercettivo, equivoca la dimostrazione di aver voluto favorire il soggetto sottoposto a indagini, rivelando che presso l'esercizio di ristorazione "(OMISSIS)" fossero in corso attivita' di occulta captazione delle conversazioni ivi intrattenute tra presenti; 2.1.2. violazione e falsa applicazione della legge penale (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b, in riferimento all'articolo 99 c.p.) quanto alla ritenuta recidiva qualificata (bilanciata in equivalenza con le attenuanti generiche). La recidiva contestata non poteva assumere la qualificazione di reiterata giacche' la piu' recente appostazione che si legge nel certificato del casellario afferisce a pena patteggiata con termine di cui all'articolo 445 c.p.p., comma 2, abbondantemente elasso alla data di commissione del fatto per cui si procede. I fatti residui (appostazioni nn. 1 e 2 del certificato del casellario) costituiscono eventi troppo datati al fine di essere apprezzati quali espressione di accresciuta pericolosita' e piu' intensa colpevolezza. 2.2. (OMISSIS), capi 1, 5, 28, deduce: 2.2.1-2. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, vizi esiziali di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b ed e), la Corte territoriale ha errato nel ritenere, con motivazione meramente apparente, se posta a confronto con i motivi di appello, consumata la estorsione contestata al capo 5, in quanto se pure minaccia vi fu questa non sorti' alcun effetto pregiudizievole per la persona offesa; 2.2.3. i medesimi vizi sono inoltre denunziati quanto a divisata sussistenza del fatto estorsivo contestato al capo 5, in quanto non si realizzo' alcun effetto intimidatorio per il destinatario della minaccia, legato peraltro all'agente da stretti rapporti di amicizia. 2.2.4. ancora violazione della legge penale e' denunziata quanto all'accordo politico mafioso, in termini di scambio elettorale, contestato al capo 28. Non e' prova di alcun precedente accordo rispetto alla competizione elettorale, come del resto dimostrato dalla assoluzione del concorrente (OMISSIS) dalla medesima imputazione (sentenza oggi irrevocabile per effetto della inammissibilita' del ricorso del Procuratore generale dichiarata da altra Sezione della Corte con sentenza del 26 gennaio del corrente anno). 2.2.5. ancora violazione di legge e vizi di motivazione sono dedotti in riferimento alla affermazione di responsabilita' per il fatto associativo di cui al capo 1, non avendo la Corte di merito svolto alcun concreto apprezzamento dei motivi di gravame con i quali si deduceva la mancanza di dimostrazione di episodi dai quali evincere il concreto manifestarsi del metodo mafioso e dell'assoggettamento omertoso dei soggetti che insistono in un determinato territorio. I fatti indicati tralatiziamente in sentenza, che riporta tal quale l'apparato motivazionale posto a sostegno della decisione di primo grado, non hanno infatti alcun concreto significato indiziante; 2.2.6. i medesimi vizi sono denunziati quanto a prova della sussistenza di una struttura associativa organizzata che opera in quel territorio; sotto il profilo della prova della partecipazione associativa il motivo evidenzia inoltre che lo stesso collaboratore di giustizia ( (OMISSIS)) valutato ed apprezzato nel giudizio abbreviato non ha riconosciuto il ricorrente in foto, pur avendo dichiarato di conoscerlo bene; 2.2.7. Ancora i medesimi vizi sono riferiti alla stimata qualita' dirigenziale del sodalizio mafioso, non essendovi in atti alcuna traccia di una tale qualita' spesa in atti dal ricorrente. 2.2.8. Con i motivi nuovi trasmessi a mezzo p.e.c. la difesa insiste ed amplia il quarto motivo di ricorso valorizzando la motivazione spesa da altra Corte di merito in ordine al medesimo fatto (accordo elettorale politico mafioso), con decisione irrevocabile, trasmette copia del dispositivo che ha dichiarato sul punto inammissibile il ricorso del Pubblico ministero. 2.3. (OMISSIS), capo 1, mero partecipe. 2.3.1. con il primo motivo di ricorso il ricorrente replica gli argomenti gia' portati all'attenzione della Corte distrettuale in tema di nullita' processuale degli atti di indagine compendiati in informativa depositata successivamente alla notifica dell'avviso ex articolo 415 bis c.p.p.. La medesima annotazione era stata infatti depositata in altro procedimento sin dall'(OMISSIS), era quindi disponibile all'ufficio di Procura ben prima della notifica degli avvisi di conclusione delle indagini preliminari (28/9/2029). La stessa argomentazione regge la denunzia di inutilizzabilita' degli atti cosi' ostensiti al processo; 2.3.2. Inosservanza della legge processuale e vizi di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c ed e) in ordine alla divisata attendibilita' dei collaboratori di giustizia escussi nel corso delle indagini preliminari; non avendo neppure in questo caso la Corte di merito prestato alcuna attenzione critica ai motivi di gravame spesi nel merito e sepolti nell'oblio della immotivata decisione di secondo grado; 2.3.3. Ancora i medesimi vizi ineriscono alla valutazione di merito che ha confermato la ontologica esistenza di una "locale" in Aosta, senza punto confrontarsi con gli specifici motivi di gravame spesi sul punto; 2.3.4. neppure la Corte ha saputo, se non ricopiando acriticamente le argomentazioni del primo giudice, offrire supporto argomentativo oppositivo ai motivi di appello in ordine alla dimostrazione del concreto apporto offerto dal ricorrente al sodalizio territoriale; 2.3.5. I medesimi vizi affliggono pure l'aspetto sanzionatorio della decisione di appello, per la negata continuazione con il precedente giudicato del 2011, afferente ad associazione tematica nel settore dello spaccio di stupefacenti. 2.3.6. La difesa trasmetteva da ultimo, a mezzo p.e.c., motivi nuovi, con i quali evidenziava il deficit motivazionale in ordine alla prova di sussistenza del "metodo mafioso" in questa ipotizzata "locale" di Aosta; evidenziava in proposito che di tale metodo di agire non e' traccia estrinseca in atti, tanto che altra sezione della Corte di legittimita' (Sezione 5, sent. n. 18793 del 24/1/2023) ha annullato la pronuncia di condanna emessa nell'ambito del processo celebrato con rito ordinario, mentre la cartina di tornasole della contiguita' politico amministrativa del gruppo con gli ambienti regionali, consolidatasi nel corso delle elezioni regionali si e' dissolta per effetto della richiesta di archiviazione proposta dal Pubblico ministero ed accolta dal Giudice per le indagini preliminari. 2.4. (OMISSIS), capi 24 e 25, deduce: 2.4.1. violazione di legge e vizi di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b ed e), per la omessa valutazione di prove favorevoli in ordine al porto ed alla esibizione della rivoltella posseduta illecitamente; il fatto descritto in imputazione si manifesta quanto mai equivoco e la sua effettiva realizzazione risulta sconfessata da numerose altre fonti di conoscenza acquisite al processo; 2.4.2. i medesimi vizi sono dedotti quanto a valutazione di attendibilita' delle persone offese, costituite parti civili nel processo, portatori di interessi privati che allontanano la fonte dalla indifferenza, il che impone misura di massima prudenza nell'apprezzamento e nella valutazione della fonte equivoca e contraddittoria; 2.4.3. ancora gli stessi vizi sono dedotti quanto ad omessa valutazione della prova decisiva in ordine alla richiesta qualificazione del fatto estorsivo in termini di ragion fattasi, potendo il teste del quale era stata richiesta l'escussione chiarire i termini delle ragioni sottostanti la richiesta di denaro; 2.4.4. sulla qualificazione giuridica della estorsione la motivazione appare inoltre intimamente contraddittoria, avendo apertamente valorizzato l'esistenza di una fondata ragione di credito posta a fondamento della domanda realizzata con modalita' illecite; 2.4.5. ancora, in punto di qualificazione giuridica, il diritto al risarcimento era certamente azionabile, trattandosi di un danno ingiusto subito dal figlio minore del soggetto istante ad opera del figlio del soggetto destinatario della richiesta di risarcimento; 2.4.6. nella decisione di conferma e' stata violata la regola "b.a.R.D." scolpita nel testo dell'articolo 533 codice di rito, in quanto era stato specificamente dedotto il mancato superamento della soglia del dubbio ragionevole, sulla base del compendio raccolto; 2.4.7. ancora violazione di legge e vizi esiziali di motivazione sono dedotti in ordine al mancato riconoscimento della attenuante della provocazione, evidente essendo la illiceita' del comportamento che avrebbe determinato il ricorrente ad avanzare la domanda di ristoro del danno subito. 2.5. (OMISSIS), capo 1, deduce: 2.5.1. Violazione della legge penale e vizi esiziali di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b ed e) in ordine alla ritenuta condotta partecipativa al sodalizio mafioso. La motivazione non rende esplicito il percorso logico seguito per assumere come dimostrato che il ricorrente avrebbe aiutato e supportato la permanenza in vita del sodalizio, piuttosto sto che singole individualita'; la Corte, cosi' come il primo giudice, ha valorizzato (stimandole quali sintomi della sodalita') condotte neutre, che, del resto, per altri indagati non sono state ritenute sintomatiche di sodalita'. 2.6. (OMISSIS), capi 1, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 16, 17, 18, 19, deduce: 2.6.1. violazione della legge penale e vizi di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b ed e), non avendo la Corte offerto logica e coerente risposta argomentativa ai motivi di appello che denunciavano evidente deficit probatorio in ordine alla dimostrazione della sua partecipazione al sodalizio mafioso di cui al capo 1; 2.6.2. i medesimi vizi sono denunciati con il secondo motivo di ricorso, nessuno degli ipotizzati componenti della "locale" sa della esistenza dell'altro, dunque, non sussiste la struttura organizzativa che compone la sodalita', sul punto la motivazione della Corte di merito e' mancata; 2.6.3. ancora, gli stessi vizi attingono la prova -e le argomentazioni poste a sostegno di essa-della sussistenza dei singoli episodi fine, tutti descritti dalla narrazione del (OMISSIS), ma non riscontrati da alcuna diversa evidenza per i chiamati. 2.7. (OMISSIS), capi 12, 20, 21, 23, deduce a ministero del primo difensore: 2.7.1. Violazione e falsa applicazione della legge penale (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b, in riferimento all'articolo 378 c.p.), e' stata violata la clausola di riserva con la quale si apre il precetto dell'art, 378 c.p., appartenente al genere dei c.d. "reati derivati", il ricorrente concorre nel reato di cui al capo 12 (episodio di cessione di stupefacenti), dunque non puo' al contempo commettere favoreggiamento di se stesso; 2.7.2. in ordine al fatto descritto al capo 21, il ricorrente tutelava le ragioni legittime del (OMISSIS), contro (OMISSIS); offre un contributo altruistico, senza perseguire alcuna finalita' di arricchimento personale, dunque, il fatto ben puo' essere qualificato in termini di ragion fattasi; 2.7.3. con il terzo motivo di ricorso si deduce inosservanza della norma processuale posta a pena di inutilizzabilita' (articolo 270 c.p.p.), in quanto sono state utilizzate, per la dimostrazione del reato di falso indotto descritto al capo 23, le conversazioni captate sulla base di decreti autorizzativi emessi in relazione a reati in alcun modo connessi a quello oggetto di valutazione. Per il reato di cui all'articolo 479 c.p. non e' previsto l'arresto obbligatorio in flagranza; Motivi sviluppati dal secondo difensore del (OMISSIS): 2.7.4. Travisamento della prova (articolo 606, comma 1, lettera c) consistente in osservazioni, pedinamenti, controlli e intercettazione di conversazioni, quanto al fatto in tema di stupefacenti descritto al capo 12; il motivo e' replicato con i motivi nuovi trasmessi da ultimo a mezzo p.e.c. dal medesimo difensore; la Corte di merito avrebbe travisato il significato evincibile dalle conversazioni e dai servizi di osservazioni effettuati, tanto da non coglierne l'intimo significato, tutt'altro che indiziante; 2.7.5. inosservanza della legge processuale stabilita a pena di inammissibilita' (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c., in riferimento all'articolo 270 cit. codice), avendo la Corte respinto con motivazione apparente la dedotta inutilizzabilita' delle conversazioni intercettate ad altro titolo al fine di dimostrare la sussistenza di un fatto-reato per il quale la legge processuale non prevede l'arresto obbligatorio in flagranza e neppure connesso a quelli per cui l'autorizzazione e' stata conferita. Il motivo viene ampliato con i motivi aggiunti da ultimo trasmessi a mezzo p.e.c. che valorizzano l'evidente inconcludenza degli indizi raccolti al fine di dimostrare il favoreggiamento contestato; 2.7.6. i medesimi vizi sono denunziati in riferimento al capo 21, che doveva essere qualificato in termini di ragion fattasi, per la evidente azionabilita' del titolo oggetto di domanda ritenuta estorsiva; 2.7.7. quanto al fatto descritto al capo 23, (falso indotto) ricorrerebbe la medesima ipotesi di inutilizzabilita' gia' dedotta per i fatti di cui al capo 20; 2.7.8. il vizio di motivazione e' dedotto anche con riferimento alla ritenuta affidabilita' soggettiva del collaboratore di giustizia (OMISSIS), cosi' come deve ritenersi per l'attendibilita' obiettiva del narrato, messa in discussione da assenza di riscontri al narrato; 2.7.9. ancora, vizio di motivazione e' dedotto in ordine alla valutazione del contenuto delle conversazioni utili a delineare elementi di responsabilita' per i fatti di cui al capo 12; 2.7.10. del pari e' a dirsi quanto ad elementi valorizzati in riferimento ai fatti descritti al capo 20; 2.7.11. ancora, violazione di legge e' denunziata in riferimento alla qualificazione del fatto estorsivo di cui al capo 21, meglio sussumibile nel tipo descritto all'articolo 393 c.p.; 2.7.12. vizi esiziali di motivazione sono comunque dedotti in tema di valutazione della sussistenza del fatto di cui al capo 21; 2.7.13. inutilizzabilita' patologica, ex articolo 270 c.p.p., attinge anche il momento valutativo del fatto di falso descritto al capo 23; 2.7.14. in ogni caso la Corte, in riferimento ai fatti di cui al capo 23 avrebbe violato il principio indicato all'articolo 533 del codice di rito, non potendo ritenersi superato il ragionevole dubbio della insussistenza del fatto. 2.7.15. Con i motivi aggiunti trasmessi a mezzo p.e.c. in data 31 marzo 2023 il secondo difensore del (OMISSIS) riprende ed amplifica i motivi di ricorso gia' proposti in relazione alla dimostrazione dei fatti di cui ai capi 12 e 20. Nei quattro paragrafi dedicati, con il primo motivo, a confutare la ritenuta univocita' dimostrativa della condotta descritta al capo 12 (mediazione svolta dal ricorrente (OMISSIS) nella transazione avente ad oggetto cocaina) il difensore si diffonde nell'evidenziare i vizi di motivazione, per illogicita' manifesta, contraddittorieta' intrinseca e travisamento della prova, realizzati nella valorizzazione dell'apporto conoscitivo offerto dal (OMISSIS) (gia' inattendibile quanto ad altre notizie riferite); con il secondo motivo, denunzia i medesimi vizi percorsi dalla Corte di merito nel valorizzare a fini probatori autonomi la conversazione tenuta intra alios il 29 marzo 2016, dalla cui lettura anzi non puo' trarsi altro che la smentita di quanto affermato dal (OMISSIS) con riferimento alla vicenda. Con il terzo motivo denunzia i medesimi vizi di motivazione con riferimento alla ritenuta dimostrazione dei fatti contestati al capo 20 (favoreggiamento personale, per aver diffuso la notizia riservata della collaborazione intrapresa dal (OMISSIS)); anche in questo caso la difesa evidenzia la manifesta illogicita' delle conseguenze indiziarie tratte dalla lettura della conversazione tenuta intra alios il 5 ottobre 2016, alle ore 13.13 (n. 3416). Conclude quindi il difensore per la evidente e manifesta illogicita' della motivazione che ha portato la Corte di merito a confermare la.responsabilita' di (OMISSIS) in riferimento ai reati indicati ai capi 12 e 20. Sulle conclusioni delle parti sopra riportate, la decisione e' stata assunta con lettura del dispositivo all'esito della camera di consiglio del 20 aprile 2023. CONSIDERATO IN DIRITTO Con riferimento alle questioni concretamente prospettate con i distinti ricorsi, il Collegio preliminarmente espone i criteri guida cui intende ispirarsi nella soluzione delle tematiche sollevate in diritto con i motivi di impugnazione. 1. In termini generali, con riguardo a tutti i ricorrenti, e' necessario ribadire che non e' consentito il motivo di ricorso che deduca la violazione di norme della Costituzione o della Convenzione EDU (Sez. U., n. 29541 del 24/7/2020, dep. 24/10/2020, ric. Filardo, punto 16.1.1, pag. 28 della motivazione; Sez. 2, n. 12623 del 13/12/2019, dep. 2020, Leone, Rv. 279059; Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014, dep. 2015, Di Vincenzo, Rv. 261551). L'inosservanza di disposizioni della Costituzione, non prevista tra i casi di ricorso dall'articolo 606 c.p.p., puo' soltanto costituire fondamento di questione di legittimita' costituzionale, nel caso di specie non proposta. Analoga sorte incontra la censura riguardante la presunta violazione di disposizioni della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, a sua volta proponibile in ricorso unicamente a sostegno di una questione di costituzionalita' di una norma interna, poiche' le norme della Convenzione EDU, cosi' come interpretate dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, rivestono il rango di fonti interposte, integratrici del precetto di cui all'articolo 117 Cost., comma 1, (sempre che siano conformi alla Costituzione e siano compatibili con la tutela degli interessi costituzionalmente protetti). Ma ancora una volta siffatta questione di legittimita' costituzionale non risulta proposta con i ricorsi oggi scrutinati. 1.1. Devono, pertanto, ritenersi inammissibili i motivi di ricorso per cassazione con i quali si deduca la violazione di norme della Costituzione o della Convenzione EDU, poiche' la loro inosservanza non e' prevista tra i casi di ricorso dall'articolo 606 c.p.p. e puo' soltanto costituire fondamento di una questione di legittimita' costituzionale. 2. Quanto ai limiti del sindacato di legittimita' sulla motivazione, la novella codicistica, introdotta con la L. del 20 febbraio 2006, n. 46 (che ha riconosciuto la possibilita' di deduzione del vizio di motivazione anche con il riferimento ad atti processuali specificamente indicati nei motivi di impugnazione), non ha mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimita' a critica vincolata, sicche' gli atti eventualmente indicati, che devono essere o specificamente allegati o "topograficamente" indicati nella affoliazione processuale per soddisfare il requisito di autosufficienza del ricorso, devono contenere elementi processualmente acquisiti, di natura certa ed obiettivamente incontrovertibili, che possano essere considerati. decisivi in rapporto esclusivo alla motivazione del provvedimento impugnato e nell'ambito di una valutazione unitaria, devono pertanto essere tali da inficiare ex se la struttura logica del provvedimento stesso. 2.1. Resta, comunque, esclusa per la Corte di legittimita' la possibilita' di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali (conversazioni intercettate o contenuti dichiarativi) o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilita' delle fonti di prova. Va infatti ribadito che, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, esula dai poteri della Corte di cassazione quello della rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e', in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita' la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu' adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U., 30/4/1997, n. 6402, Dessimone, Rv. 207944; Sez. 4, n. 4842 del 2/12/2003, dep. 2004, Elia, Rv. 229369). Si e' poi ulteriormente precisato che la modifica dell'articolo 606 c.p.p., lettera e), per effetto della L. n. 46 del 2006, non consente alla Corte di legittimita' di sovrapporre la propria valutazione a quella gia' effettuata dai giudici di merito, mentre comporta che la rispondenza delle dette valutazioni alle acquisizioni processuali puo' essere dedotta nella specie del cosiddetto travisamento della prova, a condizione che siano pero' indicati in maniera specifica e puntuale gli atti rilevanti e sempre che la contraddittorieta' della motivazione rispetto ad essi sia percepibile ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ictu ocuif, dovendo il sindacato di legittimita' al riguardo essere limitato ai rilievi di macroscopica evidenza, senza che siano apprezzabili minime incongruenze o differenti opinabili interpretazioni di contesti intercettivi o dichiarativi (Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2006, Francia, Rv. 234099; Sez. 4, n. 35683 del 10/07/2007, Servidei, Rv. 237652). Questa Corte, infatti, con orientamento (Sez. 6, n. 19710 del 3/2/2009, ric. p. civ. in proc. Buraschi, Rv. 243636; Sez. 2, n. 5336 del 9/1/2018, L. ed altro, Rv. 272018) che il Collegio condivide e ribadisce, ritiene che, in presenza della c.d. "doppia conforme", ovvero di una doppia pronuncia di eguale segno (nel caso degli odierni ricorsi, riguardante l'affermazione di responsabilita'), il vizio di travisamento della prova puo' essere rilevato in sede di legittimita' solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l'argomento probatorio asseritamente travisato e' stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado. Nel caso di specie la Corte di appello (che ha pressoche' integralmente confermato, salva la estinzione del reato descritto al capo 26 per la prescrizione maturata successivamente alla data della sentenza impugnata, la decisione di condanna di primo grado) ha riesaminato e valorizzato lo stesso compendio probatorio gia' sottoposto al vaglio del Tribunale e, dopo avere preso atto delle censure degli appellanti, e' giunta alla medesima conclusione in termini di sussistenza della responsabilita' degli appellanti o insussistenza dei vizi evidenziati con i motivi di gravame, reiterati con i motivi di ricorso che ripercorrono le doglianze gia' incensurabilmente disattese dalla Corte distrettuale. 2.2. In relazione poi al tema -specificamente proposto da piu' ricorrenti- della omessa motivazione in ordine agli argomenti dedotti con i motivi di gravame si richiama l'orientamento che ritiene essenziale la valutazione complessiva della intera motivazione, al fine di scrutinare se dal contesto della stessa possa evincersi l'implicita reiezione degli argomenti critici proposti all'attenzione della giurisdizione di merito (Sez. 3, n. 23097, del 8/5/2019, Capezzuto, Rv. 276199; Sez. 1, n. 26536, del 24/6/2020, Cilio, Rv. 279578). 2.3. Con riferimento, quindi, al delicato tema della valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, il Collegio condivide i ripetuti insegnamenti di questa Corte (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, P.g. c/Campo, Rv. 276744 - 01; Sez. 2, n. 10255, del 29/11/2019, ric. Fasciani ed altri) in tema di chiamata in correita', secondo i quali i riscontri dei quali necessita la narrazione, possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che sia indipendente dalla fonte che tende a confortare e a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioe' riguardare non soltanto il fatto-reato, ma anche la riferibilita' dello stesso all'imputato, mentre non e' richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova "autosufficiente" perche', in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correita' (precedenti conformi massimati: Sez. 6, n. 45733 del 11/7/2018, P., Rv. 274151 - 01; Sez. 4, n. 5821 del 10/12/2004, dep. 2005, Alfieri ed altri, Rv. 231301 01; Sez. 1, n. 1263 del 20/10/2006, dep. 2007, Alabiso ed altri, Rv. 235800 - 01; Sez. 3, n. 44882 del 18/7/2014, Cariolo ed altri, Rv. 260607). 2.3.1. Come detto, "... gli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilita'.", i c.d. riscontri esterni, ben possono essere costituiti anche da altre chiamate in correita' o in reita' (giacche' la lettera dell'articolo 192 codice di rito, comma 3 indica solo "altri" elementi che ne confermino l'attendibilita', non gia' "altri e diversi" elementi, come certa dottrina auspicherebbe), purche' resti accertato in fatto che la convergenza non sia frutto di collusioni o di reciproche nefande influenze. Quanto alla convergenza, il Collegio condivide il consolidato orientamento di legittimita' in forza del quale si afferma che essa non deve essere assoluta, poiche' non puo' pretendersi che dichiarazioni provenienti da diversi soggetti, soprattutto se articolate, siano sovrapponibili, ma la convergenza deve riguardare gli elementi essenziali del thema probandum (gia' Sez. 5, n. 9001 del 15/6/2000, Madonia ed altri, Rv. 217729, affermava che i riscontri esterni della chiamata in correita' possono essere ricavati anche da una pluralita' di chiamate convergenti; il requisito della convergenza tuttavia non va inteso come piena sovrapponibilita' delle diverse chiamate -che sarebbe, oltretutto, sospetta-, ma come concordanza dei nuclei essenziali delle dichiarazioni, in relazione al "thema decidendum", dovendo piuttosto il giudice verificare che tale consonanza non sia frutto di condizionamenti, collusioni e reciproche influenze). Corrisponde infatti a condivise massime di esperienza che dello stesso accadimento naturalistico ciascun osservatore registra e percepisce cio' che piu' lo colpisce e, soprattutto, ognuno lo "legge", lo registra nella memoria e lo richiama nel ricordo, secondo categorie cognitive e mnesiche sue proprie, cogliendo nel fatto storico catalogato nella memoria l'elemento che maggiormente lo ha interessato. E' quindi illusorio andare alla ricerca della "prova perfetta", per la assoluta consonanza delle distinte narrazioni di un fatto. Il lettore giudiziario dei fatti-reato deve invece ricercare e persuadersi della convergenza logica del possibile, dovendo entrare in allerta solo a fronte di divergenze tali da mettere in crisi la stessa plausibilita' del narrato da riscontrare. Le eventuali discordanze su aspetti non centrali della narrazione possono dunque, in alcuni casi, addirittura attestare la reciproca autonomia delle distinte dichiarazioni, in quanto fisiologiche per la disarmonia normalmente presente in racconti di soggetti diversi, come la storicizzata ermeneusi di questa Corte ha gia' affermato in tempi non recenti (Sez. 1, n. 2328 del 14/4/1995, Carbonaro, Rv. 201294) e "...la eventuale sussistenza... di smagliature e discrasie, anche di un certo peso, rilevabili tanto all'interno di dette dichiarazioni quanto nel confronto tra di esse, non implica, di per se', il venir meno della sostanziale affidabilita' quando, sulla base di adeguata motivazione, risulti dimostrata la complessiva convergenza nei rispettivi nuclei fondamentali..." (Sez. 6, n. 6422 del 18/2/1994, Goddi ed altri, Rv. 197854), mentre "...l'esigenza di convergenza e di concordanza fra le dichiarazioni accusatorie provenienti da diversi soggetti... in funzione di reciproco riscontro tra le dichiarazioni stesse, non puo' essere spinta al punto da pretendere che queste ultime siano totalmente sovrapponibili fra di loro, in ogni particolare spettando, invece pur sempre al Giudice il potere-dovere di valutare, dandone atto in motivazione, se eventuali discrasie possano trovare plausibile spiegazione in ragioni diverse da quelle ipotizzabili nel mendacio di uno o piu' fra i dichiaranti..." (Sez. 1, n. 1489 del 6/4/1993, Cafari ed altri, Rv. 193984). Tali criteri ermeneutici la Corte di Torino ha adeguatamente e ampiamente valorizzato nel giudizio di conferma della decisione del Tribunale assunta all'esito del giudizio abbreviato. 2.3.2. Ne', in relazione alla presente fase, puo' trascurarsi il fatto che il sindacato di legittimita' sulla valutazione delle chiamate di correo non consente il controllo sul significato concreto di ciascuna dichiarazione e di ciascun elemento di riscontro, perche' un tale esame invaderebbe inevitabilmente la competenza esclusiva del giudice di merito, potendosi solo verificare la coerenza logica delle argomentazioni con le quali sia stata dimostrata la valenza dei vari elementi di prova, in se stessi e nel loro reciproco collegamento (Sez. 5, n. 2086 del 17/09/2009, Lucchese ed altri, Rv. 245729). La violazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 3, non puo' quindi essere dedotta in sede di legittimita' ne' quale violazione di legge ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), ne' ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), non essendo prevista a pena di nullita', inutilizzabilita', inammissibilita' o decadenza, ma puo' essere fatta valere soltanto nei limiti indicati dalla lettera e) della stessa norma, ossia come mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti specificamente indicati nei motivi di gravame (Sez. 6, n. 4119 del 30/04/2019, Romeo Gestioni s.p.a., Rv. 278196). 2.4. Come pure in tema di valutazione della prova dichiarativa proveniente dalla persona offesa, il Collegio intende aderire agli insegnamenti espressi, sul tema, da questa Corte, sistematicamente riassunti nella decisione delle Sezioni Unite, n. 41461 del 19 luglio 2012, ric. Bell'Arte ed altri (Rv. 253214). L'autorevole arresto, nel ribadire che tale classe di elementi di natura dichiarativa non richiede, a fini di ottenere un risultato di prova, la necessaria compresenza di riscontri esterni (non essendo applicabile la particolare previsione di cui all'articolo 192 c.p.p., comma 3) ha tuttavia ribadito la assoluta necessita' - con idonea motivazione - di verifica della credibilita' soggettiva del dichiarante e della attendibilita' intrinseca del suo racconto, verifica da realizzarsi in modo piu' penetrante e rigoroso rispetto a quella richiesta in sede di apprezzamento di affermazioni rese dal teste "indifferente". Si tratta, pertanto, di un approdo interpretativo che, lungi dal poter essere considerato in termini di "disimpegno argomentativo", tende a rafforzare - nel quadro complessivo della tenuta logica della motivazione - l'onere di apprezzamento globale degli indici rivelatori di tale attendibilita' intrinseca, in mancanza dei quali non potra' dirsi raggiunta una effettiva consistenza probatoria della dichiarazione resa. 2.5. Ancora in termini generali, quanto a valida utilizzabilita' delle informazioni contenute in atti di polizia giudiziaria compiuti nell'ambito di diversi procedimenti e riversati nel presente solo dopo la notificazione degli avvisi di conclusione delle indagini preliminari, ad udienza preliminare gia' fissata, il Collegio intende dare continuita' al consolidato orientamento giurisprudenziale (Sez. 2, n. 31512 del 24/2/2012, Barbaro ed altri, Rv. 254029-01; Sez. 4, n. 8085 del 8/11/2018, dep. 2019, D'Arienzo, Rv. 275150; Sez. 5, n. 40667 del 16/4/2018, Torino ed altri, 273884; Sez. 2, n. 43927, del 17/10/2019, Bonanno, Rv. 277998) che non ravvisa inutilizzabilita' alcuna (tantomeno patologica) e, dunque, certamente non rilevante nel giudizio abbreviato, degli atti di indagine depositati in data successiva alla notifica dell'avviso di cui all'articolo 415-bis c.p.p. ed antecedente alla celebrazione dell'udienza preliminare; non determinandosi alcuna violazione del diritto di difesa. Nella presente fattispecie processuale, peraltro, la Corte ha avuto modo di precisare (pag. 42-43 della sentenza impugnata) che il Giudice per l'udienza preliminare ha disposto (in termini compatibili con il limite di fase della custodia) il differimento dell'udienza per consentire alla difesa di prendere visione ed esaminare l'informativa gia' depositata in altro procedimento. 2.6. Infine -in relazione alla specificita' della presente fattispecie processuale, originariamente unitaria (fino all'udienza preliminare, ove gli attuali ricorrenti elessero la via del rito abbreviato), che ha conosciuto nella sede di legittimita' esiti non convergenti, quanto a logicita' della motivazione che ha riconosciuto (nel merito) la esistenza di un "locale" organismo associativo di carattere mafioso nella citta' e nella provincia di Aosta, avendo la quinta sezione di questa Corte, con sentenza n. 18793 del 24/1/2023, annullato la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Torino- deve pure ricordarsi che l'esito divergente della originariamente unitaria regiudicanda e' del tutto fisiologico e non apre la stura ad un potenziale contrasto tra giudicati, dipendendo dalla variabile processuale del differente rito prescelto dagli imputati. E' infatti inevitabile che nel processo celebrato allo stato degli atti (a prova contratta) la piattaforma probatoria valutabile risenta del volume imperioso e non filtrato degli atti assunti nel corso delle indagini preliminari; laddove il processo ordinario celebrato in dibattimento vede valorizzare solo gli elementi di prova ivi formatisi, restando ad esso estranee le evidenze investigative non tradottesi in prove dibattimentali (da ultimo, Sez. 6, n. 16477 del 15/02/2022, Frisullo, Rv. 283317 - 01, che si richiama anche per la giurisprudenza assolutamente conforme indicata in nota CED; v. anche per la differente soluzione in caso di difetto del numero minimo legale per ritenere integrato il tipo associativo, Sez. 2, n. 24324, del 26/4/2022, De Matteis, Rv. 28353: in motivazione, a pag. 3, la Corte ha precisato che naturale e' il diverso epilogo in caso di decisioni assunte sulla base di riti diversi, che presuppongono un differente coefficiente di utilizzazione della prova). In ragione dei detti principi saranno quindi scrutinati i motivi di ricorso proposti nell'interesse di ciascuno dei ricorrenti. 3. (OMISSIS), capo 30. La Corte distrettuale tratta della valutazione probatoria, con riferimento ai motivi di gravame spesi nel merito, alle pagine da 773 a 780 della sentenza impugnata, ove tra le conclusioni logiche della valutazione del compendio intercettivo e narrativo esaminato, essendo lo stesso soggetto favorito ( (OMISSIS)) dalla condotta tenuta dal ricorrente ad aver affermato, nel corso dell'interrogatorio di garanzia, che l'informazione relativa all'attivita' di intercettazione in corso presso il ristorante "(OMISSIS)" da lui gestito ( (OMISSIS) ricorda la notizia di int. telefoniche, ma il dato non e' rilevante) proveniva da (OMISSIS). 3.1. Il primo motivo di ricorso, che censura i criteri adottati nel merito per la interpretazione del significato emergente dal contenuto colloquiale delle conversazioni intercettate, e' dunque all'evidenza volto a chiedere alla Corte di legittimita' una nuova valutazione di merito dei fatti contestati e riconosciuti dalla Corte territoriale con motivazione congrua e logica, cosi' scivolando verso la inammissibilita', secondo quanto gia' sopra (sub 2.1.) argomentato. La Corte di merito ha avuto comunque cura di evidenziare che la prova emergente dalla "lettura" delle conversazioni intercettate, per quanto euristicamente autosufficiente, e' rimasta confortata dalla chiamata in reita' svolta dal (OMISSIS), che ha confermato il dato storico della propalazione della informazione riservata, che lo favoriva nella "difesa" dalle investigazioni in corso a suo carico. 3.2. In tema di qualificazione circostanziale del fatto (recidiva qualificata dalla reiterazione) e conseguente trattamento sanzionatorio potenzialmente ingravescente, neutralizzato dalla ritenuta equivalenza tra circostanze di segno diverso (articolo 69 c.p.), non ulteriormente modificabile con l'invocata prevalenza, stante il divieto normativo indicato all'articolo 69 c.p., comma 4 (v. la motivazione spesa a pag. 814 della sentenza impugnata), il secondo motivo di ricorso, con il quale si chiede di porre rimedio alla svista della Corte di merito, che avrebbe apprezzato, ai fini della recidiva reiterata, anche una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, che invece segue il regime estintivo (ad ogni effetto) declinato all'articolo 445 c.p.p., comma 2 (v. Sez. 2, n. 994 del 25/11/2021, Raccuia, Rv. 282515), e' manifestamente infondato, in quanto il certificato del casellario di (OMISSIS) reca almeno altre due appostazioni idonee ad integrare i presupposti della recidiva reiterata, cosi' come ritenuta dalla Corte di merito. 3.3. Il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) va, pertanto, dichiarato inammissibile. 4. (OMISSIS), capi 12, 20, 21 e 23. 4.1. In riferimento all'episodio (capo 12) di concorso nella cessione (da (OMISSIS)) a (OMISSIS) e nel corrispondente acquisto di grammi 500 circa di cocaina, verso un corrispettivo di Euro 20.000,00, la Corte argomenta (quanto alla posizione di (OMISSIS)) alle pagine da 713 a 723 della sentenza impugnata. La Corte torinese, tenuto conto dei diffusi argomenti spesi dagli appellanti nel merito dell'accertamento del fatto-reato, si diffonde nel collegare minuziosamente l'oggetto delle conversazioni intercettate tra i protagonisti, i servizi di osservazione svolti dalla polizia giudiziaria nei luoghi teatro degli incontri tra i contraenti obbligati, e le propalazioni successive del (OMISSIS). Non e' quindi questione di apprezzare o svalutare la affidabilita' soggettiva del collaboratore (OMISSIS) (personaggio certamente equivoco ed animato da intenti quanto mai egoistici), quanto di verificare (come puntualmente fa la Corte di merito) l'attendibilita' obiettiva del narrato al banco di prova dei colloqui oggetto di occulta captazione, tenendo altresi' conto della ulteriore conferma ottica, che rinviene dai servizi di osservazione operati dalla polizia giudiziaria nei pressi del bar (ubicato a pochi metri dalla sede dello studio dell'avv. (OMISSIS)) ove i soggetti coinvolti nella transazione si incontravano. Dunque, una volta accertato l'oggetto della transazione e dei colloqui intercettati, verificata -attraverso l'osservazione- l'identita' dei soggetti vincolati all'accordo traslativo e interpretato il cuore dei colloqui alla luce del contesto e dell'unica logica ragione di articolare le comunicazioni tra le parti (con il che la Corte offre argomenti dirimenti per escludere che si tratti di conversazioni riguardanti una ipotizzata iniziativa editoriale), l'accertamento della responsabilita' per il fatto contestato resta confinato nel merito, efficacemente argomentato nella duplice conformita' verticale dell'accertamento e logicamente sostenuto dal persuasivo periodare. I motivi di censura spesi in merito alla motivazione che sorregge l'accertamento della responsabilita' per il fatto descritto al capo 12 (come replicati ed ampliati con i motivi nuovi di cui si e' detto sub 2.7.15. del ritenuto in fatto) si scontrano, pertanto, con l'ineccepibile argomentazione offerta dalla Corte di Torino alla ritenuta colpevolezza dell'imputato e restano avvinti alla inammissibilita' di tutti i motivi di ricorso per cassazione che censurano scelte di merito, sia quanto ad apprezzamento della prova e suo eventuale travisamento (v. sub 2., 2.1., 2.3.), che quanto alla inanita' della possibile, ma non decisiva alternativa ermeneutica (2.3.2.). 4.2. La medesima sorte processuale avvince i motivi di ricorso (replicati ed ampliati con il terzo dei motivi nuovi trasmessi a mezzo p.e.c.) spesi in riferimento alla accertata responsabilita' di (OMISSIS) per i fatti di favoreggiamento descritti al capo 20. 4.2.1. Le intercettazioni di conversazioni autorizzate in relazione a reati diversi ed asseritamente non connessi al favoreggiamento (semplice) per il quale e' intervenuta la condanna, sub iudice, ben potevano essere utilizzate per dimostrare la sussistenza di un fatto-reato (favoreggiamento aggravato dalle finalita' mafiose), per il quale era obbligatorio l'arresto in flagranza, senza che possa assumere rilievo la successiva derubricazione a favoreggiamento personale non aggravato (che non e' titolo atto a consentire l'arresto in flagranza), giacche', ai fini della utilizzabilita' nel processo, deve aversi riguardo alla qualificazione del fatto al momento della captazione (giur. costante da Sez. 6, n. 33751 del 24/06/2005, Bellato ed altri, Rv. 232046; fino a Sez. 1, n. 12749 del 19/03/2021, Cusumano, Rv. 280981; con specifico riferimento alla esclusione della aggravante mafiosa nel corso del processo, v. Sez. 6, n. 48320 del 12/04/2022, P.m. in proc. Manna, Rv. 284074 - 01). 4.2.2. Esplicita e' pure la motivazione, spesa dalla Corte territoriale alle pagine gia' sopra richiamate, che sostiene la irrilevanza della clausola che scolpisce nel favoreggiamento personale, come per tutti i reati c.d. derivati, il "privilegio del produttore", in quanto la condotta di disvelamento di attivita' investigative in corso (la collaborazione con la giustizia intrapresa dal (OMISSIS)) non ha favorito gli autori del reato descritto al capo 12 (cui concorre alche il (OMISSIS)), ma piu' in generale gli autori di reati associativi che non hanno visto partecipe il ricorrente. Del resto, la stessa formulazione del capo 20 indica quale oggetto dell'attivita' i reati di cui ai capi che precedono e non il solo capo 12. Non sussiste pertanto la dedotta incompatibilita' giuridica, giacche' l'autore del favoreggiamento non concorre nel reato presupposto. Ancora in riferimento al capo 20, le doglianze proposte con i motivi nuovi invitano la Corte ad una "nuova" e diversa lettura delle conversazioni intercettate, al fine di attribuire ad esse un significato alternativo. Il che esula dal panorama dei vizi deducibili nella sede di legittimita', ove, come nella presente fattispecie processuale, la lettura offerta da giudice del merito non appaia manifestamente illogica o travisante i contenuti colloquiali (v. sub 2.1.). 4.2.3. In ordine alla qualificazione giuridica del fatto-reato (tentativo di estorsione) descritto al capo 21 (p.o. (OMISSIS)), la Corte di merito, dopo aver riportato la narrazione dei tratti essenziali del fatto (pag. da 746 a 760), nelle successive pagine (da 760 a 765) accuratamente si diffonde sulle ragioni ostative alla piu' tenue qualificazione del fatto (esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alla persona, articolo 393 c.p.), invocata con i motivi di gravame. Richiama in proposito la Corte, sia l'assenza di "azione" per la riscossione dell'ipotizzato credito, sia la natura terza (rispetto al creditore) del soggetto in favore del quale il (OMISSIS) aveva speso le proprie "ragioni" costrittive. Il che consente di escludere in radice anche l'ipotesi che l'avv. (OMISSIS) si fosse attivato in forma squisitamente altruistica, nell'interesse esclusivo del creditore. Tale condotta integra, pertanto, perfettamente il paradigma del conato estorsivo, secondo l'insegnamento offerto dalle Sezioni unite di questa Corte, con la nota sentenza n. 29541 del 16/07/2019 (dep. 2020, ric. Filardo e altri, Rv. 280027, in motiv. sub 10.5.1. e 18.1). 4.2.4. Inammissibile e' anche il motivo (condiviso dai due difensori) con il quale si deduce inutilizzabilita' del compendio intercettivo, autorizzato in relazione al reato associativo, ai fini della dimostrazione del reato di falso indotto descritto al capo 23. Tra i due reati non ricorrerebbe alcun rapporto di connessione "forte", ne' il titolo del reato destinatario della prova consente l'arresto obbligatorio in flagranza. Operando fuori dal percorso segnato dall'articolo 270 del codice di rito, il fatto non potrebbe pertanto esser dimostrato. In via del tutto astratta, il motivo segue il percorso ermeneutico segnato dalla giurisprudenza di questa Corte, nella sua massima espressione collegiale (Sez. U, n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, Cavallo, Rv. 277395 - 01); ma non tiene conto del fatto che, come diffusamente argomenta la Corte di merito (pag. da 765 a 772 della sentenza impugnata), la dimostrazione del fatto descritto al capo 23 della imputazione rinviene, in via del tutto autonoma rispetto al contenuto delle conversazioni intercettate, dai documenti acquisiti, che, in uno agli accertamenti di polizia giudiziaria, consentono di ritenere dimostrato il fatto oggetto di imputazione. Resta pertanto insuperata la c.d. "prova di resistenza", cioe' il meccanismo logico fondato sull'autosufficienza probatoria di quanto non inutilizzabile, che consente di sostenere plausibilmente l'accusa sulla base di evidenze diverse da quelle patologicamente viziate (Sez. 2, n. 30271 del 11/05/2017, De Matteis, Rv. 270303; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, La Gumina e altro, Rv. 269218). 5. (OMISSIS), capi 1, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 16, 17, 18, 19. 5.1. Come sopra gia' riferito (2.6. del considerato in diritto), l'imputazione associativa di natura mafiosa descritta al capo 1, ha seguito (in cio' influenzata dalle scelte potestative degli imputati) percorsi euristici diversi; differenti essendo, nel rito ordinario e nel giudizio abbreviato, i criteri di assunzione ed acquisizione della prova; sostanzialmente riflettendosi (salvo condizioni apposte dall'imputato o necessita' ravvisate dal giudice, articolo 441 c.p.p., comma 5) il panorama probatorio sullo specchio lacustre racchiuso nel fascicolo delle indagini preliminari. Il che giustifica la possibile divergenza dimostrativa del medesimo fatto descritto in imputazione. In questo processo, svoltosi nel merito nelle forme del giudizio a prova contratta, le acquisizioni probatorie, non sgorgate dal contraddittorio dibattimentale per la prova e sulla prova in formazione, emergenti in via diretta ed immediata dagli atti contenuti nel fascicolo delle indagini preliminari, hanno consentito di accertare (come esaustivamente descritto alle pagine 403 e ss. della sentenza impugnata) che in Aosta (a differenza di quanto affermato all'esito del dibattimento da Sez. 5, n. 18793, del 24/1/2023) era operativa, negli anni in contestazione, una organizzazione mafiosa del crimine che affonda le sue radici nella ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta calabrese, ubicata nei settori fonici reggini. Il fenomeno sociale della esportazione al nord di dinamiche mediterranee corrispondenti al "tipo" descritto dal legislatore nel 1982 e' stato, del resto, gia' piu' volte analizzato da questa Corte (solo tra le piu' recenti oggetto di massimazione: Sez. 2, n. 47538 del 18/11/2022, Alvaro, Rv. 284182; Sez. 6, n. 6933 del 4/07/2018, dep. 2019, Audia, Rv. 275037 - 01; Sez. 2, n. 31920 del 4/06/2021, Alampi, Rv. 281811 - 01; Sez. 2, n. 38831 del 17/09/2021, Cicciu', Rv. 282199 - 04), che ha avuto modo di enucleare i canoni ermeneutici, condivisi dal Collegio, cui deve ispirarsi l'interprete nella valutazione di corrispondenza tra il fatto portato all'attenzione della giurisdizione ed il tipo scolpito nelle tavole della legge. Questa la lettera della legge (articolo 416 bis c.p., comma 3): "l'associazione e' di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgano della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omerta' che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attivita' economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per se' o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a se' o ad altri in occasione di consultazioni elettorali". Nel commentare detta norma la dottrina piu' avvertita ha sottolineato come l'attuale formulazione normativa dell'articolo 416 bis c.p. ritaglia una fattispecie di associazione mafiosa a forte connotazione sociologico-ambientale, come e' dimostrato dal fatto che il legislatore del 1982 ha notoriamente tipizzato -quali elementi costitutivi espliciti dell'articolo 416 bis c.p. - i requisiti della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omerta' che ne deriva: requisiti criminologici questi che hanno tradizionalmente caratterizzato le mafie agrarie, storicamente radicate nel sud Italia, sin dall'epoca risorgimentale, preunitaria, con funzione di mediazione tra una proprieta' concentrata in poche mani ed i fattori diffusi della produzione, ancora legati a tradizioni feudali. La giurisprudenza di questa Corte, quanto alla condizione di assoggettamento ed omerta' descritta dall'articolo 416 bis c.p., ha affermato che la consorteria deve potersi avvalere della pressione derivante dal vincolo associativo, nel senso che e' l'associazione in quanto tale, indipendentemente dal compimento di specifici atti di intimidazione da parte dei singoli associati, a esprimere il metodo mafioso e la sua capacita' di sopraffazione. Essa rappresenta l'elemento strumentale tipico del quale gli associati si servono in vista degli scopi propri dell'associazione, con la conseguenza che l'associazione deve aver conseguito in concreto, nell'ambiente circostante nel quale opera, una effettiva capacita' di intimidazione e che gli aderenti se ne siano avvantaggiati in modo effettivo, al fine di realizzare il loro programma criminoso. La violenza e la minaccia, dunque, rivestono natura strumentale della forza di intimidazione; costituiscono un accessorio eventuale, o meglio latente, della stessa, ben potendo derivare dalla semplice esistenza o notorieta' del vincolo associativo. Esse, quindi, non costituiscono modalita' con le quali deve puntualmente manifestarsi all'esterno la condotta degli agenti, dal momento che la condizione di assoggettamento e gli atteggiamenti omertosi, indotti nella popolazione, costituiscono, piu' che l'effetto di singoli atti di sopraffazione, la conseguenza del prestigio criminale della associazione che, per la sua fama negativa e per la capacita' di lanciare avvertimenti, anche simbolici ed indiretti, sia accreditata come temibile, effettivo ed "autorevole" centro di potere (Sez. 2, n. 21460 del 19/03/2019, Buglisi, Rv. 275586, in motivazione). Tale essendo il "tipo" descritto dal legislatore, l'imputazione del fatto ad esso corrispondente e' disegnata, in questa fattispecie, in relazione ad una cosca di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta operante nell'ambito di una espressione "locale" di criminalita' organizzata per la quale vale l'espresso richiamo contenuto nell'articolo 416 bis c.p., u.p. secondo cui "le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra, alla ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, anche straniere, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso". Pertanto, per tutte le manifestazioni "locali" di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta vale il disposto della norma incriminatrice, che stabilisce espressamente che tale struttura criminale agisce attraverso la forza di intimidazione del metodo mafioso, cosi' che sotto il profilo della prova di tale requisito la questione che si pone in ogni procedimento di tal genere non e' quella di provare la capacita' intimidatoria della ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta, disposta ex lege e notoria alla luce dei gravissimi fatti criminali succedutisi nel tempo in quel territorio intriso dal crimine, bensi' di dimostrare che una determinata cellula "esportata" sia riconducibile ad una precisa espressione "locale" e, quindi, alla casa madre di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta. Solo questo punto puo', pertanto, essere oggetto di contestazione, potendosi certamente porre in discussione che un determinato gruppo sia riconducibile alla ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta e costituisca una espressione "locale" di essa; ma, acclarato il radicamento a quella realta' criminale, la ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta appunto, ogni spazio di contestazione della natura mafiosa del gruppo cessa perche' ogni "locale" ed ogni cosca costituente tale realta' mutua dal gruppo madre il proprio potere intimidatorio. E cio' essenzialmente perche', come riconosciuto in diverse pronunce di questa Corte: ogni "locale" opera nella diffusa consapevolezza del collegamento con l'organizzazione principale dotata di propria capacita' intimidatoria, riconosciuta anche nella diversa realta' territoriale; vale al proposito il principio stabilito da questa Corte, secondo cui il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e' configurabile con riferimento ad una nuova articolazione periferica (c.d. "locale") di un sodalizio mafioso radicato nell'area tradizionale di competenza anche in difetto della commissione di reati-fine e della esteriorizzazione della forza intimidatrice, qualora emerga il collegamento della nuova struttura territoriale con quella "madre" del sodalizio di riferimento, ed il modulo organizzativo (distinzione di ruoli, rituali di affiliazione, imposizione di rigide regole interne, sostegno ai sodali in carcere, ecc.) presenti i tratti distintivi del predetto sodalizio, lasciando concretamente presagire una gia' attuale pericolosita' per l'ordine pubblico (Sez. 5, n. 31666 del 03/03/2015, Bandiera ed altri, Rv. 264471). Principio successivamente ribadito da altra pronuncia e secondo cui il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e' configurabile - con riferimento ad una nuova articolazione periferica (c.d. "locale") di un sodalizio mafioso radicato nell'area tradizionale di competenza anche in difetto della commissione di reati-fine e della esteriorizzazione della forza intimidatrice, qualora emerga il collegamento della nuova struttura territoriale con quella "madre" del sodalizio di riferimento, ed il modulo organizzativo (distinzione di ruoli, rituali di affiliazione, imposizione di rigide regole interne, ecc.) presenti i tratti distintivi del predetto sodalizio, con conseguente forza di intimidazione "intrinseca" alla accertata capacita' di egemonizzazione criminale del territorio. (Sez. 5, n. 47535 del 11/07/2018, "N. ", Rv. 274138). Ribadito quindi, anche nel presente giudizio, il criterio ed il valore dell'intimidazione diffusa, intrinsecamente connessa alla accertata capacita' di egemonizzazione criminale di un determinato territorio, valido per tutte le realta' operative delle c.d. mafie storiche (Cosa Nostra siciliana, ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta calabrese e camorra napoletana), puo' affermarsi che le "locali" di ndrangheta operanti nel territorio calabrese, e cioe' in quella stessa area geografica di riferimento della casa-madre, sono per cio' stesso dotate di capacita' intimidatoria in quanto realta' locali della struttura generale dalla quale mutuano i metodi e la capacita' intimidatoria. Laddove, le "locali" esportate in territori distanti, che non hanno storicamente sofferto il giogo mafioso, estrinsecantesi nel controllo capillare del territorio (distribuito per cellule interconnesse o in organismi piramidali), devono manifestare o un chiaro legame placentare con la casa madre, che ne disciplina anche le dinamiche interne, ovvero palesare nel territorio di esportazione una replica precisa di quel modello organizzativo fondato sull'assoggettamento omertoso del territorio e delle risorse umane e finanziarie che in quel territorio operano (Sez. 1, n. 55359 del 17/06/2016, P.g. in proc. Pesce ed altri, Rv. 269043 - 01). 5.2. Tanto premesso, le pronunce di primo e secondo grado, hanno dato conto, in assai estesi passaggi motivazionali (v. pag. 407 e ss. della sentenza impugnata), delle relazioni concrete, di carattere autorizzatorio-gerarchico tra esponenti di vertice della casa madre calabrese, di San Luca ed i soggetti ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) protesi a colonizzare il territorio vergine subalpino (pag. 408-410 della sentenza di secondo grado); la sentenza impugnata ha, in conformita' a quella di primo grado, ricostruito l'attivita' di (OMISSIS), dei fratelli (OMISSIS) ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) e del (OMISSIS), tesa ad assicurare l'operativita' della propria espressione "locale" radicata nella ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta calabrese. Oltre a cio', la sentenza impugnata, ha altresi' dato atto di una miriade di episodi specifici (pag. da 152 e ss., fino a 360 della sentenza impugnata), che hanno reso epifania del "metodo mafioso" praticato da tali soggetti nel territorio subalpino. Gli episodi specifici appena richiamati (con riferimento alle pagine della sentenza impugnata che diffusamente li descrive), al di la' della loro natura penalmente illecita, danno esplicita contezza del potere intimidatorio esercitato dal gruppo di imputati, con un metodo mutuato dalla associazione mafiosa di riferimento, nel caso di specie la ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta, e concretamente attuato anche nella gestione di attivita' commerciali lecite, come nel caso di specie verificatosi, perfino per la distribuzione delle aree di sosta valdostane ai mercanti provenienti dal sud carichi dei prodotti autoctoni da commercializzare a latitudini piu' elevate (pag. 232 e ss. della sentenza impugnata). Nella conformita' verticale del doppio giudizio di merito e' altresi' stato evidenziato che in ogni occasione di dissidio che ha visto coinvolti i partecipi o i loro prossimi congiunti o amici, in ogni caso di potenziale fibrillazione delle dinamiche di gruppo, i ricorrenti hanno fatto ricorso alla madre patria calabrese, che doveva evidentemente approvare o censurare le proposte avanzate dagli associati collocati nella dimensione "locale". Il processo svoltosi con rito abbreviato ha dunque consentito di dimostrare quanto descritto in imputazione, cioe' che la plurisoggettivita' organizzata (ancorche' a ristretta base sociale) di satelliti ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndranghetisti traslati in territorio valdostano (anche da piu' di una generazione) ha ivi replicato (dal 2014) un modello mafioso che si avvale dell'assoggettamento omertoso per controllare un determinato territorio e le attivita' (lecite o illecite) che in quel territorio hanno luogo. Alla luce delle predette considerazioni, i motivi di ricorso proposti in tema di assenza di prova della manifestazione esteriore di un metodo mafioso, replicato dalla casa madre calabrese, devono essere respinti. 5.3. In questo contesto associativo a (OMISSIS), cosi' come a (OMISSIS), e' stato riconosciuto il ruolo apicale di capo e promotore. La sentenza tratta della posizione associativa mafiosa del ricorrente alle pagine 468 e ss. della motivazione, ove sono compendiate tutte le evidenze (dichiarative ed intercettive) ritenute idonee a dare dimostrazione del suo "prender parte" al sodalizio mafioso in qualita' apicale. 5.3.1. Con i motivi di ricorso la difesa ha messo in discussione sia la prova del suo prender parte al sodalizio, che la qualita' apicale riconosciuta in sentenza. Come gia' sopra (punti 2.1. e 2.3) si e' chiarito i motivi sono destinati alla inammissibilita', invocando il ricorrente una nuova e diversa valutazione del compendio probatorio valorizzato nel merito. La Corte di merito, in perfetta consonanza con il giudice di primo grado, ha dato atto di un cospicuo e non equivocabile compendio di evidenze di diversa natura tutte convergenti verso la persona del ricorrente e la qualita' della sua partecipazione associativa. Cosi', oltre alle plurali evidenze dichiarative ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), la Corte ha valorizzato il contenuto di conversazioni intercettate che ne descrivono il ruolo apicale di risolutore delle controversie interne, referente diretto della madre patria, e indicatore delle strategie per assicurare un florido mantenimento della cosca. Sono, pertanto piu' che congruamente argomentati gli elementi atti a dimostrare il ruolo assunto dal (OMISSIS) nell'ambito "locale" valdostano del sodalizio di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta, in perfetta adesione ai criteri da ultimo delineati da questa Corte nella sua massima espressione di collegialita' (Sez. U, n. 36958 del 27/5/2021, Modaffari, Rv. 281889 - 01). 5.4. Le medesime considerazioni valgono quanto all'argomentare logico, aderente alle evidenze processuali, che caratterizza il percorso motivazionale della Corte torinese in riferimento alla sodalita' nel settore degli stupefacenti descritta al capo 6 (l'argomento e' trattato alle pag. 519 e ss. della sentenza impugnata). Anche in questo caso la dimostrazione del fatto descritto in imputazione e' stata argomentata dalla Corte sulla base del convergente molteplice, di natura dichiarativa ed intercettiva, cui ha fatto da pendant anche l'attivita' piu' squisitamente investigativa della polizia giudiziaria, che ha dato corpo e sostanza alla traccia colloquiale del fatto. Non e' dunque questione di conferire maggiore o minore attendibilita' al narrato del (OMISSIS), quanto di prender atto dello straripante vigore dimostrativo della prova intercettiva, che offre del fatto associativo di settore plastica epifania. E' stato infatti dimostrato l'impegno del ricorrente nell'organizzare uomini e mezzi al fine di portare avanti un diuturno commercio illecito di stupefacenti tra la Spagna e l'Italia, con piu' episodi concretamente dimostrati, che compongono un mosaico di tessere collimanti unite dal collante associativo. 5.5. Le medesime considerazioni valgono quanto ai reati fine in materia di stupefacenti (capi 7, 8, 9, 10, 11, 12, 16) ed ai reati in materia di armi e ricettazione delle stesse (capi 17, 18 e 19). La Corte torinese argomenta l'affermazione di responsabilita' sulla base del contenuto colloquiale delle conversazioni intercettate, dal significato quanto mai chiaro ed univoco; su questa piattaforma si innestano, con efficacia non essenziale, le chiamate in correita' del (OMISSIS), la cui dubitabile affidabilita' non appare dunque rilevante al fine di offrire dimostrazione dei fatti descritti nelle imputazioni relative ai delitti fine. La diretta disponibilita' delle differenti cose illecite commerciate e possedute e' riconosciuta dalla Corte di merito con argomentazioni che non sono apparse affatto illogiche, tanto meno in maniera manifesta. 5.6. Il ricorso di (OMISSIS) e' pertanto inammissibile. 6. (OMISSIS), capi 24 e 25. 6.1. I primi due motivi di ricorso, svolti in tema di illogicita' manifesta della motivazione, che sorregge la pronuncia di responsabilita' per il fatto descritto in imputazione al capo 25 (detenzione e porto illeciti di arma comune da sparo di tipo e calibro imprecisati) ed in ordine alla materialita' del fatto descritto al capo 24 (estorsione aggravata, tentata), sono manifestamente infondati. La prova dei fatti rinviene da duplice ed autonoma categoria di fonti (affermazioni delle persone minacciate anche dalla esibizione dell'arma e conversazioni intercettate, nel corso delle quali si fa univoco riferimento alla esibizione dell'arma corta, tipo rivoltella, alla presenza dei soggetti da intimidire). A fronte di tale argomentazione i motivi dedotti si risolvono pertanto nella riproposizione di ipotesi alternative, gia' sottoposte alla attenzione della Corte di merito e da questa reiette, con logica e compiuta motivazione. In riferimento ai fatti descritti al capo 25 il ricorso e' pertanto inammissibile. 6.2. I motivi di ricorso svolti in riferimento alla qualificazione giuridica del fatto contestato al capo 24 (estorsione aggravata tentata) sono, viceversa, fondati. 6.2.1. Nella incontestabile sussistenza ontologica del fatto (testimoniato da convergenti fonti dichiarative e intercettive), cio' che la Corte afferma in maniera del tutto assertiva, negando anche il supplemento istruttorio richiesto con insistenza dalla difesa, e' la avvenuta dimostrazione del profilo psicologico che ha mosso l'azione dell'imputato: la ferma volonta' di esigere, senza titolo giuridico alcuno, una somma di denaro (inizialmente, Euro 10.000) dagli offesi, con modalita' apertamente minacciose (anche attraverso l'esibizione dell'arma di cui al capo 25). 6.2.2. L'accadimento e' descritto, in termini generali, alle pag. 186 e ss. della sentenza impugnata. La valutazione di responsabilita' e' trattata dalla Corte, piu' avanti, alle pagine 486 e ss.. L'antefatto e' costituito dallo scontro violento intercorso tra il figlio (OMISSIS) (minore degli anni 18 al momento del fatto) del ricorrente ed il figlio, (OMISSIS), di (OMISSIS) (parti civili nel processo). Da tale fatto violento sortirono conseguenze lesive per il minore (OMISSIS), attestate da certificazione sanitaria, che la Corte non ha valutato. Il fatto oggetto di imputazione (capo 24) consegue proprio alla richiesta di scuse e di ristoro economico per le lesioni patite da (OMISSIS). La vicenda, peraltro, dara' occasione alle famiglie dei giovani litiganti di confrontarsi su piu' livelli di "composizione", giungendo a ricercare ed ottenere l'interessamento mediatorio dei referenti calabresi (di San Luca) degli odierni imputati della fattispecie associativa descritta al capo 1. L'episodio (che dara' luogo a trattative ed incontri ripetuti nel corso di alcuni mesi) costituisce, pertanto, anche uno dei piu' rilevanti "testimoni" del collegamento placentare in essere tra la cosca di San Luca e la "locale" valdostana (v. capo 1). 6.2.3. Alle richieste istruttorie ed argomentative svolte dall'imputato, tutte volte ad asseverare il tema della convinzione (plausibile) di agire (con minaccia evidente) per il soddisfacimento di una pretesa creditoria (la condotta illecita subita dal figlio minore, che pati' lesioni personali ad opera di (OMISSIS)), la Corte ha offerto risposta argomentativa illogica e meramente apparente, affermando, apoditticamente, che l'agente non aveva "azione" per riscuotere il credito, asseritamente vantato a causa delle lesioni subite dal figlio minore. Cio' che il ricorrente cercava invano di dimostrare nel processo era proprio il "titolo", che legittimava (articolo 2043 c.c., articolo 185 c.p.) la sua richiesta risarcitoria; una richiesta certamente "smodata", ma fondante su un titolo che l'agente riteneva legittimo. 6.2.4. Si e' gia' sopra (sub 4.2.3.) richiamata la pronuncia resa da questa Corte a Sezioni unite (n. 29541 del 16/07/2019, dep. 2020, ric. Filardo e altri, Rv. 280027-02) sul regolamento di confini tra la fattispecie di estorsione e quella di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, con violenza o minaccia alle persone. La fattispecie concreta prospettata con i motivi di ricorso sembra, dunque, attagliarsi precisamente al principio espresso da questa Corte "Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e quello di estorsione si differenziano tra loro in relazione all'elemento psicologico, da accertarsi secondo le ordinarie regole probatorie". 6.2.5. La sentenza impugnata va pertanto annullata, limitatamente alla affermazione di responsabilita' dell'imputato (OMISSIS) per il fatto descritto al capo 24. La Corte onerata del rinvio si conformera', nel valutare nuovamente le fonti di prova, in una dimensione plurale, al principio affermato da questa Corte nella massima espressione di collegialita' (cit., in particolare, si vedano in motiv., paragrafi 10.5.1. e 18.1); sara' quindi approfondito il tema dell'elemento psicologico che ha animato l'agente, verificando, anche sulla base della documentazione offerta dalla difesa, se, al momento del fatto, (OMISSIS) agi' nella convinzione di esercitare il diritto proprio (quale esercente la potesta' genitoriale sul figlio minore) ad ottenere il risarcimento del danno morale e materiale subito dal figlio minore ad opera di (OMISSIS). 7. (OMISSIS), capo 1, mero partecipe. La posizione del ricorrente e' trattata dalla Corte torinese alle pagine 448 e ss. della sentenza impugnata (paragrafi 5.5.2.2 e ss.). 7.1 il primo motivo di ricorso e' manifestamente infondato in diritto. Come gia' sopra (sub 2.5.) argomentato nessuna inutilizzabilita' patologica inficia il contenuto delle informative depositate in procedimenti diversi ed acquisite a questo procedimento, anche dopo la chiusura delle indagini preliminari. Alla difesa, del resto, e' stato assicurato un congruo termine per esaminare gli atti formati altrove ed acquisiti al processo. In ogni caso, se di nullita' e non di inutilizzabilita' si vuol discutere, per essere stati depositati nuovi atti di indagine dopo la chiusura delle indagini preliminari, tale nullita' (a regime intermedio) resta sanata dalla scelta del rito (Sez. 2, n. 20125 del 10/4/2018, Apice ed altro, Rv. 272901). Anche per questo ricorrente il motivo, comunque, non supera la prova di resistenza, omettendo di confrontarsi con i restanti elementi di prova esaminati e valorizzati dalla Corte territoriale. 7.2. La medesima sorte processuale avvince il secondo motivo di ricorso, speso in tema di valutazione di attendibilita' della prova dichiarativa acquisita presso i collaboratori di giustizia escussi nel corso delle indagini preliminari. Sul punto si richiama quanto gia' sopra esposto (sub 2.3), segnalando che nel merito.si e' ben chiarito come la dimostrazione del fatto descritto in imputazione sia effetto piu' dell'apprezzamento del patrimonio intercettivo, che di quello dichiarativo. 7.3. In ordine alla valutazione di esistenza ed operativita' (nel periodo oggetto di imputazione) della espressione "locale" di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta in Aosta si e' gia' diffusamente detto sopra (sub 5.1, 5.2). Il motivo e' dunque manifestamente infondato. 7.4. Del pari e' a dirsi quanto al manifestarsi, in atti concreti ed esteriorizzati, del prender parte alla detta "locale" valdostana. La Corte di merito, alle pagine 450 e seguenti della sentenza ha ben evidenziato l'apporto concreto prestato dal ricorrente alla consorteria mafiosa, attingendo ad un modello argomentativo calato nel formante giurisprudenziale che poi ha ricevuto autorevole conferma nel piu' recente arresto registrato sul tema (Sez. U., n. 36958/2021, Modaffari, cit.). E' stato cosi' valorizzato il ruolo assunto in occasione della "frizione" (OMISSIS)- (OMISSIS), che ha visto il ricorrente interloquire con (OMISSIS) e partire alla volta di San Luca, per ricevere direttive. Numerosissime sono le vicende (non necessariamente autonomamente rilevanti quali fattispecie di reato) riassunte dalla Corte, fino a pagina 458, in cui il ricorrente assume, nei confronti degli associati, come pure degli estranei al sodalizio, un ruolo fattivo, efficace ed evocativo di una plurisoggettivita' criminale che lo guida, lo tutela e lo orienta; entita' verso la quale l'agente si propone, si spende ed opera, anche per manifestarne all'esterno l'esistenza e la virulenza. Ne' puo' rilevare l'archiviazione disposta rispetto alla diversa ipotesi di voto di scambio politico-mafioso (articolo 416 ter c.p.), conchiusa peraltro in una diversa cronologia (anno (OMISSIS)). Anche il quarto motivo, replicato con i motivi aggiunti trasmessi in prossimita' dell'udienza, e' pertanto manifestamente infondato. 7.5. Non si discosta da tale china anche l'ultimo motivo, versato in tema di trattamento sanzionatorio. I criteri dosimetrici della pena sono esplicitati alle pag. 817 e 818 della sentenza impugnata. Sul minimo edittale e' stata calcolata la riduzione per le circostanze attenuanti generiche (nella misura di un quinto, in ragione del peso riconosciuto alle attenuanti), su tale pena e' stata quindi applicata la riduzione per il rito. Non puo' essere riconosciuta la disciplina della continuazione richiesta rispetto al precedente giudicato (associazione tematica in materia di stupefacenti, fatti giudicati con sentenza della Corte di appello di Torino del 20/7/2011) difettandone i presupposti; si tratta di fattispecie ontologicamente diverse, realizzate a distanza di anni l'una dall'altra; correttamente nel merito non e' stata apprezzata la medesimezza del disegno criminoso al momento del perfezionamento della prima fattispecie associativa. 7.6. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e' pertanto inammissibile. 8. (OMISSIS), capi 1, 5, 28. I primi quattro motivi di ricorso proposti nell'interesse di (OMISSIS) sono fondati. La sentenza impugnata va pertanto annullata, limitatamente alla conferma del giudizio di responsabilita' per i delitti di cui ai capi 5 e 28 della imputazione, con rinvio per nuovo giudizio. ad altra sezione della Corte di appello di Torino. 8.1. Al capo 5 e' descritta una ipotesi estorsiva consumata nel (OMISSIS) ai danni di (OMISSIS), titolare del ristorante "(OMISSIS)" in Aosta. L'agente avrebbe minacciato gravemente il committente (OMISSIS) al fine di costringerlo ad affidare i lavori di ristrutturazione del locale a persone a lui vicine, in luogo di quelle liberamene gia' scelte dal committente. La dimostrazione del fatto descritto in imputazione rinviene, nell'argomentare della Corte di merito, dalle conversazioni intercettate tra lo stesso (OMISSIS) ed altri soggetti, cui lo stesso rivelava le azioni compiute. La difesa, con i motivi di gravame spesi nel merito, aveva contestato sia la serieta' della intimidazione, rivolta peraltro a persona amica, che l'inefficacia della stessa, non avendo sortito alcun effetto sulla vittima, che scelse, per la realizzazione dei lavori di ristrutturazione, le stesse persone che aveva inizialmente ipotizzato di incaricare dei lavori di ristrutturazione e falegnameria ( (OMISSIS)). Il fatto non si sarebbe comunque consumato, restando al piu' certamente ancorato alla soglia del tentativo. Con i motivi di ricorso la difesa lamenta omessa motivazione sulla dedotta mancata consumazione del fatto e travisamento della prova in ordine alla stessa ipotesi di reato, non ricorrendo in atti la prova che i lavori siano stati affidati a persone diverse da quelle inizialmente elette dal committente. 8.1.1. La Corte argomenta il proprio convincimento sul fatto descritto al capo 5 alle pagine 478 e ss. della sentenza impugnata; in particolare, alle pagine 485 e ss. la Corte di merito trae le conseguenze in diritto della trascrizione delle conversazioni precedentemente riportate. Cosi' facendo, pero', la Corte omette di confrontarsi con i motivi di gravame spesi nel merito, ove si era evidenziato (con accurato corredo informativo e documentale) che, in ragione dei rapporti amicali -non contestati- tra preteso offensore e ipotizzata vittima, doveva ritenersi assolutamente astratta l'intimidazione di cui e' traccia fonica indiretta (conversazioni tra (OMISSIS) e terzi, cui il primo riferisce, vantandosi, cio' che avrebbe commesso), giacche' la ipotizzata vittima non aveva affatto scelto le maestranze indicate dal (OMISSIS), restando ancorato nella scelta alle sue iniziali autonome intenzioni (falegname (OMISSIS)); in ogni caso il fatto non si sarebbe ai consumato, non avendo la indicazione del (OMISSIS) sortito alcun concreto effetto intimidatorio. 8.1.2. La Corte ha dunque argomentato la propria decisione di conferma della affermazione di responsabilita', per il fatto descritto al capo 5, affidandosi totalmente al contenuto colloquiale delle conversazioni intrattenute tra (OMISSIS) e soggetti terzi, che ne ascoltavano i racconti, tenendo in assoluto non cale la rilevantissima circostanza che le maestranze (falegname (OMISSIS)) incaricate dei lavori sono esattamente le stesse cui il committente aveva ipotizzato di rivolgersi, come pure assai equivoca era l'indicazione dello (OMISSIS), quale progettista. Tutti elementi narrativi, questi, che la Corte aveva a disposizione e sui quali occorreva fare maggiore chiarezza, giacche' si pongono in aperto contrasto con quanto ipotizzato sulla base delle conversazioni intercettate, sostanzialmente, intra alios, non potendo altrimenti ritenersi integrata la fattispecie, vieppiu' nella dimensione consumata. Non e' certo questione di offrire o pretendere una differente "lettura" del materiale intercettivo, quanto piuttosto prendere atto della inconciliabilita' storica tra quanto oggetto di conversazioni dal contenuto piuttosto autocelebrativo e quanto storicamente emergente da fonti narrative e documentali (Sez. 3, n. 44938 del 5/10/2021, Rv. 282337). La Corte onerata del rinvio dovra' dunque compiutamente dare sostegno logico e storicamente compatibile alla scelta di prediligere (non supinamente) quanto emerge dal dato intercettivo a scapito dell'analisi dell'offerta probatoria narrativa e documentale 8.2. I medesimi vizi nella logica argomentativa che sostiene la decisione affliggono la decisione di conferma della responsabilita' per i fatti (accordo elettorale politico-mafioso) descritti al capo 28. 8.2.1. Il tipo incriminato dall'articolo 416 ter c.p., nella morfologia concreta descritta al capo 28, attrae alla penalita' l'accordo (la promessa reciproca tra candidato ed esponente mafioso o suo intermediario) intercorso prima della consultazione elettorale, avente ad oggetto la promessa di sostegno elettorale, in cambio di vantaggi patrimoniali o diverse utilita'. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, tale delitto -tanto nella sua originaria versione, inserita nella sistematica codicistica per effetto del Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 11-ter conv. dalla L. n. 356 del 1992, quanto a seguito della riformulazione operata dalla L. n. 62 del 2014, articolo 1 - si atteggia a reato di pericolo (Sez. 6, n. 37374 del 6/5/2014, Polizzi, Rv. 260167), incriminando l'accordo in forza del quale due o piu' soggetti si scambiano la promessa del procacciamento di voti presso l'elettorato e dell'erogazione di un corrispettivo (oggi non piu' necessariamente identificato nel denaro). L'introduzione nel testo normativo, per effetto della novella del 2014, della specifica previsione per cui l'oggetto della pattuizione illecita deve includere le modalita' di acquisizione del consenso elettorale con il metodo mafioso, come descritto all'articolo 416-bis c.p., comma 3 ha contribuito a meglio perimetrare l'illecito entro confini di piu' concreta ed apprezzabile offensivita'; l'estensione della punibilita', a titolo di concorrente necessario, a chi promette di procurare i voti, corrobora l'intento di rendere realmente efficace la sanzione anche nei confronti di chi non ha direttamente a cuore la "carriera" politica o amministrativa. Tale piu' stringente definizione dell'illecito era, del resto, gia' stata offerta dall'interprete che "leggeva" la formulazione ante novella (Sez. 6, n. 25302 del 19/5/2015, Albero, Rv. 263845). Si e' pure affermato che non e' necessario, ai fini della configurabilita' del delitto, che l'accordo politico-mafioso contempli l'attuazione, o l'esplicita programmazione, di una campagna elettorale mediante intimidazioni, allorquando il soggetto collettore dei suffragi sia persona affiliata a una consorteria di tipo mafioso e agisca per conto e nell'interesse di quest'ultima; essendo, in tal caso, immanente alla stessa illecita pattuizione il ricorso alle modalita' di acquisizione del consenso secondo i paradigmi di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 3, (Sez. 6, n. 16397 del 03/03/2016, La Rupa, Rv. 266738; Sez. 6, n. 25302 del 19/05/2015, Albero, Rv. 263845). La novella del 2014 ha invece fortemente innovato la strutture della incriminazione in ordine alla posizione del procacciatore del consenso elettorale, trasformando formalmente la fattispecie in reato plurisoggettivo proprio (reato in contratto). 8.2.2. Tanto premesso sotto il profilo dogmatico, cio' che nel merito occorreva dimostrare, senza fare eccessivo ricorso al meccanismo delle presunzioni, era l'intervenuto accordo tra soggetti portatori di interessi diversi, portati a convergere nell'accordo. La questione e' solo apparentemente di merito, in quanto in realta' involge l'essenziale questione della valutazione degli indicatori normativi dell'ipotesi di reato di cui si discute. Questa Corte ha in proposito recentemente chiarito che "in tema di scambio elettorale politico-mafioso, l'esistenza dell'intesa per il procacciamento di voti con modalita' mafiose puo' desumersi, in via indiziaria, da indicatori sintomatici quali la fama criminale del procacciatore, la forza intimidatrice promanante dagli affiliati ad associazione di tipo mafioso reclutati per la raccolta dei consensi e la valutazione di utilita' del loro apporto nella zona d'influenza dell'organizzazione criminale, risultando, per converso, irrilevante il post factum costituito dal mancato incremento delle preferenze" (Sez. 5, n. 26426 del 7/5/2019, Merola, Rv. 275638; in precedenza sez. 6, n. 9442 del 20/2/2019, P.m. in proc. Zullo, Rv. 275157). In applicazione del citato principio, la giurisprudenza ha ritenuto esente da censure la decisione adottata in un caso nel quale il procacciatore era stato consapevolmente individuato dal candidato in ragione della sua "prossimita'" al clan operante sul territorio. 8.2.3. Applicato tale canone ermeneutico alla fattispecie posta all'attenzione del Collegio con i motivi di ricorso, che censurano la decisione impugnata avuto riguardo alla valutazione delle prove, deve concludersi che sono fondate le deduzioni portate in punto di deficit motivazionale evidente sulla prova della materialita' dei fatti, desunta -all'opposto di quanto occorso al coimputato (OMISSIS), assolto dalla medesima imputazione con doppia pronuncia conforme di merito, irrevocabile a seguito della rilevata inammissibilita' del ricorso del P.g. (Sez. 5, n. 18793 del 24/1/2023)- dai colloqui (tra (OMISSIS) e terzi) successivi alle consultazioni elettorali del (OMISSIS) (Comune di (OMISSIS)), che testimoniano, a parere della Corte di merito, di una pregressa intesa tra (OMISSIS), (OMISSIS) (separatamente giudicato e assolto con sentenza irrevocabile) e la candidata (OMISSIS). L'argomento presuntivo fatto proprio dalla Corte territoriale prova troppo, in quanto, pur non volendo tener conto dell'assenza assoluta di contatti diretti tra ipotizzati "compromittenti", non e' chiarito in sentenza in quale misura ed in che modo l'affiato ipotizzato tra consigliere comunale eletta e locale indiziato di partecipazione mafiosa consenta di ritenere che -ante elezioni- si fosse realizzato lo scambio di promesse illecite sanzionato dalla norma incriminatrice, cosa questo accordo prevedesse e attraverso quali modalita' mafiose (note o concretamente ipotizzabili dalla candidata) si sarebbe realizzato l'aiuto elettorale. Su questi temi la motivazione dei giudici del merito e' meramente apparente e dovra' pertanto esser meglio sviluppata (con aderenza rigorosa alle evidenze utilizzabili) dalla Corte onerata del rinvio. 8.3. Quanto a partecipazione mafiosa alla "locale" di Aosta (capo 1) di (OMISSIS), in qualita' apicale, la Corte argomenta il proprio convincimento alle pagine 435 e ss. della sentenza impugnata, ove compone una articolata ricostruzione di un profluvio di elementi convergenti (di natura intercettiva, prevalentemente, e dichiarativa) verso la dimostrazione del ruolo attivo ed efficace svolto dal ricorrente nell'ambito della "locale" di Aosta. La Corte torinese principia dal vissuto dell'imputato ((OMISSIS)) per poi prendere in considerazione, al di la' della generica indicazione del (OMISSIS) (pag. 441 della sentenza impugnata), gli elementi emersi nel corso della indagine che ha dato luogo al processo in essere. Sono stati dunque apprezzati come indicativi: la conversazione intrattenuta con (OMISSIS) circa la necessita' e l'utilita' di affiliare (OMISSIS), meritevole di entrare nella "societa'" attraverso il rituale del "taglio della coda"; la conversazione del 28 marzo 2018, sempre con (OMISSIS), indicativa della precisa conoscenza delle dinamiche interne alla ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta e le numerose altre vicende descritte in sentenza, tutte indicative di capacita' deliberativa autonoma. Cosi' e' per la soluzione dei conflitti interni, per il continuo relazionarsi alla "locale" d'origine in Calabria, per le decisioni relative ai soggetti da promuovere nelle iniziative imprenditoriali e quelli da ostacolare. In conclusione, la Corte espone tutte quelle condotte apertamente paradigmatiche della partecipazione mafiosa, restando quindi logicamente argomentato anche il ruolo apicale, reso evidente proprio dalla autonomia nelle scelte deliberative e dalla parola decisiva assunta nella soluzione dei conflitti interni, in una parola, dalla logica analisi della posizione gerarchica assunta rispetto agli altri associati, resa manifesta dalle conversazioni intercettate (Sez. 6, n. 1162 del 14/10/2021, dep. 2022, Rv. 282661 - 01). A fronte di tali argomentazioni i motivi di ricorso si limitano a reiterare le doglianze gia' proposte con il periodare del gravame di merito ed insistono, quindi, nel lamentare l'assenza di manifestazioni esplicite esteriori causalmente efficaci, senza confrontarsi con la diffusa ed analitica motivazione che proprio tali elementi concretamente efficaci valorizza. 8.3.1. In riferimento alla affermazione di responsabilita' per i fatti di cui al capo i il ricorso e' pertanto inammissibile. 9. (OMISSIS), capo 1, mero partecipe. 9.1. La posizione del ricorrente e' trattata dalla Corte torinese alle pagine 458 e ss. della sentenza impugnata (paragrafi 5.6.2.3. e ss.). Il motivo unico di ricorso e' manifestamente infondato. 9.2. Quanto alla valutazione di esistenza ed operativita' (nel periodo oggetto di imputazione) della espressione "locale" di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta in Aosta si e' gia' diffusamente detto sopra (sub 5.1, 5.2). Il ricorrente lamenta vizi di motivazione nel ritenere integrato il tipo della incriminazione associativa mafiosa (in cio' si sostanzierebbe la denunziata violazione di legge), per il difetto del manifestarsi, in atti concreti ed esteriorizzati, del prender parte alla detta "locale" valdostana. La Corte di merito, alle pagine 458 e seguenti della sentenza ha, viceversa, ben evidenziato l'apporto concreto prestato dal ricorrente alla consorteria mafiosa locale, attingendo, anche in questo caso, al modello argomentativo, calato nel formante giurisprudenziale, che poi ha ricevuto autorevole conferma nel piu' recente arresto registrato 5u1 tema (Sez. U., n. 36958/2021, Modaffari, cit.). E' stato cosi' valorizzato il ruolo assunto in occasione della "frizione" (OMISSIS)- (OMISSIS), che ha visto il ricorrente interloquire con (OMISSIS) e convocarlo agli incontri previsti per la soluzione della spinosa questione. Numerosissime sono, inoltre, le vicende (non necessariamente autonomamente rilevanti quali fattispecie di reato) riassunte dalla Corte, fino a pagina 466, in cui il ricorrente assume, nei confronti degli associati (quasi sempre a lui sovraordinati gerarchicamente) un ruolo collaborativo, efficace ed evocativo di una plurisoggettivita' criminale che lo guida, lo tutela e lo orienta nelle azioni; entita' verso la quale l'agente si propone, si spende ed opera, anche per manifestarne all'esterno l'esistenza e la virulenza. Attivo e diretto e' il ruolo svolto, in occasione della assegnazione delle postazioni nelle piazzole di sosta ai mercanti alimentari provenienti dalla Calabria, che testimonia da se' solo di una appartenenza alla consorteria. Decisiva la vicenda dello scontro con l'omonimo (OMISSIS), espressione di altra famiglia calabrese di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta. Tutte tali vicende compongono un mosaico di tessere collimanti che inducono a ritenere dimostrata, ad avviso della Corte di merito la sua affectio verso quella particolare cellula "locale". 9.3. A fronte di tali argomentazioni i motivi di doglianza si limitano a reiterare le censure gia' proposte con l'appello ed insistono nel lamentare l'assenza di manifestazioni esplicite esteriori causalmente efficaci, senza confrontarsi con la diffusa ed analitica motivazione che proprio tali elementi concretamente efficaci valorizza. Anche il ricorso proposto da (OMISSIS) e' pertanto inammissibile. 10. Ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., alla inammissibilita' dei ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) consegue, oltre al pagamento delle spese processuali, il pagamento, a titolo di sanzione, sussistendo profili di colpa nella proposizione dei rispettivi motivi inammissibili, della somma di Euro tremila per ciascuno degli imputati ricorrenti in favore della Cassa delle ammende. 11. Le spese di rappresentanza in giudizio della costituita parte civile associazione " (OMISSIS)" vanno liquidate come da dispositivo, in ragione del numero delle parti, secondo le indicazioni normative vigenti, condannando alla rifusione gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nei soli confronti dei quali e' intervenuta costituzione della parte civile e richiesta risarcitoria. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente ai reati di cui ai capi 5) e 28), e nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al reato di cui al capo 24), con rinvio per nuovo giudizio sui predetti capi ad altra sezione della Corte di appello di Torino. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi dei predetti imputati. Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile " (OMISSIS)", che liquida in complessivi Euro cinquemila/00, oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ANDREAZZA Gastone - Presidente Dott. SOCCI Angelo Matteo - Consigliere Dott. LIBERATI Giovanni - Consigliere Dott. ANDRONIO A. M. - rel. Consigliere Dott. ZUNICA Fabio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 2) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 3) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 4) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 5) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 6) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 7) (OMISSIS), nata a (OMISSIS); 8) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 9) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 10) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 11) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 12) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 13) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 14) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 15) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 16) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 17) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 18) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 19) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 20) (OMISSIS), nato in (OMISSIS); 21) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 22) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 10/11/2021 della Corte di appello di Lecce; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ANDRONIO Alessandro Maria; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa DI NARDO Marilia, che ha concluso chiedendo che i ricorsi siano dichiarati inammissibili; uditi i difensori, avv.ti: (OMISSIS), per (OMISSIS) e (OMISSIS); (OMISSIS), per (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); (OMISSIS), in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), per (OMISSIS); (OMISSIS), per (OMISSIS), e in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), per (OMISSIS); (OMISSIS), per (OMISSIS) e (OMISSIS); (OMISSIS) e (OMISSIS), per (OMISSIS); (OMISSIS) e (OMISSIS), per (OMISSIS) e (OMISSIS); (OMISSIS), per (OMISSIS) e (OMISSIS); (OMISSIS), per (OMISSIS); (OMISSIS) e (OMISSIS), per (OMISSIS); (OMISSIS) per (OMISSIS) e (OMISSIS). RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 21 novembre 2019 il Gup del Tribunale di Lecce ha condannato (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per i reati meglio specificati ai seguenti capi di imputazione: A) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, perche' si associavano allo scopo di commettere piu' delitti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e, in particolare, disponendo di due principali canali di approvvigionamento, vendevano, distribuivano, trasportavano, acquistavano e ricevevano consistenti quantitativi di cocaina, eroina, hashish e marjuana; 1) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso ed in esecuzione del programma dell'associazione, rifornivano di droga (OMISSIS) e (OMISSIS), che si servivano di (OMISSIS) per il trasporto da Brindisi nel basso Salento, dove la droga veniva destinata all'attivita' di distribuzione e spaccio; 2) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche' - con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso - (OMISSIS), da solo ovvero in concorso con (OMISSIS), cedeva consistenti quantitativi di hashish a (OMISSIS) e a tale (OMISSIS), che li ricevevano per la successiva attivita' di distribuzione e spaccio; 3) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, in almeno due occasioni, vendevano quantitativi di eroina a tale (OMISSIS), che li riceveva per il successivo spaccio; 4) (OMISSIS), articolo 81 c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, in almeno cinque occasioni, vendeva o comunque cedeva dosi di eroina a tale (OMISSIS), il quale le riceveva per il successivo spaccio; 6) (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso con tale (OMISSIS), ovvero con condotte indipendenti, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, in almeno undici occasioni, vendeva o comunque cedeva dosi di eroina a tale (OMISSIS), il quale le riceveva per il successivo spaccio; 8) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, in esecuzione del programma criminoso, (OMISSIS) e (OMISSIS) ricevevano da (OMISSIS) 5 chilogrammi di marijuana che facevano trasportare da (OMISSIS) nel basso Salento per la successiva attivita' di distribuzione e spaccio; 9) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ricevevano da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) considerevoli quantitativi di cocaina che trasportavano nel Salento e successivamente rivendevano a (OMISSIS); 10) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', dopo avere (OMISSIS) e (OMISSIS) ricevuto dai fornitori di (OMISSIS) 5 chilogrammi di cocaina dal valore di Euro 170.000,00, provvedevano a saldare il debito con rate di Euro 15.000,00 - anche per il tramite di (OMISSIS) - che (OMISSIS) ritirava e consegnava ai sodali di (OMISSIS), in esecuzione del programma criminoso; 11) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in esecuzione del programma criminoso, (OMISSIS) e (OMISSIS) trasportavano in Collemeto e successivamente vendevano a (OMISSIS) 250 grammi di cocaina e 22 grammi di hashish, acquistati dai fornitori di (OMISSIS); 12) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, detenevano a fini di spaccio consistenti quantitativi di cocaina e marijuana e in parte li rivendevano a tale (OMISSIS) detta " (OMISSIS)", che li acquistava per il successivo spaccio; 13) (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, cedeva in piu' occasioni quantitativi consistenti di marijuana a tale (OMISSIS), che li riceveva per la successiva attivita' di spaccio e corrispondeva il prezzo mediante pagamenti rateali posticipati; 14) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, in piu' occasioni vendevano quantitativi di marijuana a tali (OMISSIS) e (OMISSIS), che li ricevevano per la successiva attivita' di spaccio; 15) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano svariati quantitativi di cocaina, marijuana e hashish a tale (OMISSIS) che li riceveva per il successivo spaccio; 16) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche' i primi due, in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano quantitativi di cocaina a (OMISSIS) il quale li acquistava per il successivo spaccio; 17) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano quantitativi di marijuana a tale (OMISSIS) il quale li acquistava per il successivo spaccio; 18) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano quantitativi di hashish e marijuana a tale (OMISSIS), il quale li acquistava per il successivo spaccio; 19) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche' i primi due, in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano quantitativi di cocaina, marijuana e hashish a (OMISSIS) e (OMISSIS) che li acquistavano per il successivo spaccio; 20) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano a terzi quantitativi imprecisati di sostanza stupefacente di vario genere, tutti destinati al successivo spaccio; 21) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche' i primi due, in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano quantitativi imprecisati ma consistenti di marijuana e cocaina ad (OMISSIS), il quale li acquistava per il successivo spaccio; 22) (OMISSIS), articoli 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e articolo 80, comma 1, lettera b), in relazione all'articolo 112 c.p., comma 1, n. 4), perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendeva o comunque cedeva svariate dosi di cocaina a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Con l'aggravante di essersi avvalso del minore (OMISSIS) per la consegna dello stupefacente al fratello maggiorenne (OMISSIS); 23) (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendeva consistenti quantita' di stupefacente a (OMISSIS) e (OMISSIS), che li ricevevano per la successiva attivita' di spaccio; 24) (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendeva consistenti quantita' di stupefacente a tale (OMISSIS), che li riceveva per la successiva attivita' di spaccio; 25) (OMISSIS), articoli 81 e 629 c.p., perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, mediante ripetute minacce, costringeva (OMISSIS) a consegnargli la somma di Euro 600,00, quale debito probabilmente derivante da pregresse forniture di sostanze stupefacenti, procurandosi un ingiusto profitto con altrui danno; 26) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano quantitativi di marijuana a tale (OMISSIS); 27) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano quantitativi di marijuana e di hashish a tale (OMISSIS); 28) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendevano quantitativi di cocaina a tale (OMISSIS); 29) (OMISSIS), articolo 648 c.p., L. n. 895 del 1967, articoli 1, 4 e 7, perche' illegalmente deteneva e portava in luogo pubblico una pistola marca CZ semi automatica modello 75-SPO1 calibro 9x21, acquistata al prezzo di Euro 1.500,00; 37) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, il primo per avere fornito l'auto per il trasporto e gli altri due per avere fornito diversi quantitativi di eroina ad altri soggetti ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)); 40) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche' i primi due, in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vedevano o comunque cedevano imprecisati ma consistenti quantitativi di eroina a (OMISSIS) e tale (OMISSIS), che li ricevevano per la successiva attivita' di spaccio; 41) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche' i primi due, in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vedevano o comunque cedevano imprecisati ma consistenti quantitativi di eroina a (OMISSIS) e a tale (OMISSIS), che li ricevevano per la successiva attivita' di spaccio; 42) (OMISSIS), (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, (OMISSIS) vedeva o comunque cedeva imprecisati ma consistenti quantitativi di eroina, fornita dal (OMISSIS), a (OMISSIS), (OMISSIS) e altri; 43) (OMISSIS), articoli 110 e 81 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche', in concorso con altri, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in esecuzione del programma criminoso, vendeva o comunque cedeva dosi di eroina a (OMISSIS) e ad altri soggetti non meglio identificati. La Corte di appello di Lecce, con sentenza del 10 novembre 2021, ha parzialmente riformato il provvedimento di primo grado. All'esito del secondo grado di giudizio - per quanto qui rileva - sono state irrogate le seguenti pene: (OMISSIS), 7 anni e 8 mesi di reclusione; (OMISSIS), 1 anno e 10 mesi di reclusione ed Euro 4.000,00 di multa; (OMISSIS), 2 anni e 6 mesi di reclusione ed Euro 4.000,00 di multa; (OMISSIS), 4 anni e 4 mesi di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa; (OMISSIS), 8 anni e 4 mesi di reclusione; (OMISSIS), 4 anni e 4 mesi di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa; (OMISSIS), 6 anni di reclusione; (OMISSIS), 7 anni e 4 mesi di reclusione; (OMISSIS), 7 anni di reclusione; (OMISSIS), 4 anni e 10 mesi di reclusione; (OMISSIS), 3 anni di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa; (OMISSIS), 5 anni di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa; (OMISSIS), 2 anni e 8 mesi di reclusione ed Euro 16.000,00 di multa; (OMISSIS), 6 anni e 4 mesi di reclusione; (OMISSIS), 7 anni e 8 mesi di reclusione; (OMISSIS), un anno di reclusione ed Euro 1.800,00 di multa; (OMISSIS), 18 anni di reclusione; (OMISSIS), 3 anni di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa; (OMISSIS), 4 anni di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa; (OMISSIS), 4 anni di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa; (OMISSIS), 7 anni di reclusione; (OMISSIS), 7 anni e 4 mesi di reclusione. 2. Avverso la sentenza (OMISSIS), tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. 2.1. Con un primo motivo di doglianza, si lamenta la violazione dell'articolo 192 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e). Piu' nel dettaglio, si afferma che l'ipotesi accusatoria ruota intorno alle fonti di prova acquisite durante le indagini della polizia giudiziaria, concretizzatesi in intercettazioni telefoniche ed ambientali, nonche' in mirati servizi di osservazione e controllo, comunque ritenute inidonee a fondare l'affermazione di responsabilita' penale, con specifico riferimento alla condotta partecipativa nell'associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, contestata al ricorrente, ma frutto dell'appiattimento alla sentenza emessa, all'esito del primo grado di giudizio, dal Gup del Tribunale di Lecce, il quale, senza svolgere una seria valutazione dell'effettiva sussistenza dell'elemento della consapevole adesione al gruppo organizzato, si sarebbe limitato ad una mera trasfusione del contenuto dell'ordinanza del 18 dicembre 2018 emessa in sede di riesame. Cosi', la Corte di appello avrebbe ritenuto di non convalidare la tesi difensiva secondo la quale (OMISSIS) non era nient'altro che un libero spacciatore al dettaglio che, in mancanza di ogni collegamento con soggetti diversi da (OMISSIS), nel 2016 aveva individuato in questi unicamente un nuovo canale di approvvigionamento, ignorando che lo stesso fosse inserito in un contesto associativo. Difetterebbe, conseguentemente, il necessario requisito della cosciente volonta' di partecipare, insieme ad almeno altre due persone aventi la medesima consapevolezza, ad una societa' criminosa strutturata, mentre si farebbe riferimento soltanto ai singoli episodi di acquisto da parte di (OMISSIS), contestati al capo 21) dell'imputazione, in relazione ai quali risulterebbe necessaria una diversa ricostruzione. Infatti, (OMISSIS) sarebbe stato solito avvalersi del supporto materiale e strumentale dei suoi accoliti (OMISSIS) e (OMISSIS), che, su richiesta del primo, si attivavano di volta in volta per il recupero dello stupefacente dai luoghi in cui questo era custodito per consegnarlo successivamente proprio al (OMISSIS) che a sua volta procedeva alla dazione all' (OMISSIS): quindi l' (OMISSIS) non avrebbe potuto avvedersi della partecipazione alla transazione di (OMISSIS) e (OMISSIS), per cui il rapporto tra lui e il (OMISSIS) si sarebbe ridotto a mere prestazioni sinallagmatiche, seppure illecite ma, non accompagnate dalla consapevole volonta' di acquistare stabilmente da un'associazione integrante i requisiti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Tutto questo sarebbe confermato anche: dai contatti telefonici per l'organizzazione degli incontri finalizzati all'approvvigionamento di droga limitati solo a (OMISSIS) e (OMISSIS), dal fatto che separatamente (OMISSIS) contattava (OMISSIS) e (OMISSIS), dalla circostanza che (OMISSIS) avrebbe conosciuto personalmente (OMISSIS) solo durante la detenzione in carcere a seguito dell'arresto e da quella ulteriore che (OMISSIS) avrebbe confessato di avere conoscenza di taluni coindagati, tra i quali non avrebbe annoverato (OMISSIS); costui, inoltre, sarebbe soggetto attivo nella commercializzazione di sostanza drogante gia' in un periodo ampiamente precedente alle forniture di (OMISSIS). Piu' specificatamente, l'esistenza di rapporti commerciali illeciti tra (OMISSIS) e (OMISSIS), dai quali si sarebbe dovuta ricavare la consapevolezza del primo di far parte dell'associazione criminale in cui era stabilmente inserito il secondo, sarebbe stata giustificata dalla compresenza degli stessi in due incontri finalizzati alla compravendita di sostanza stupefacente, avvenuti rispettivamente il 26 luglio 2016 e il 23 agosto 2016. Tale congettura pero' sarebbe contraddetta dall'interrogatorio dello stesso (OMISSIS), riscontrato dal servizio di osservazione dei carabinieri, il quale avrebbe riferito di essersi trovato fisicamente nello stesso luogo dell' (OMISSIS) solo in occasione dell'episodio del 23 agosto 2016, allorquando (OMISSIS) e (OMISSIS) si erano incontrati per concordare la fornitura di stupefacente; con cio' troverebbe smentita l'affermazione secondo cui (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano avuto contatti in due distinte occasioni, quando, al contrario, l'episodio sarebbe unico e si identificherebbe in quello del 23 agosto 2016. Una volta venuto meno l'episodio del 26 luglio 2016, l'affermazione dell'esistenza del rapporto tra (OMISSIS) e (OMISSIS) sarebbe erronea, perche' lo stesso (OMISSIS), nel corso del suo interrogatorio avente natura confessoria, avrebbe affermato che, mentre (OMISSIS) e (OMISSIS) si accordavano per una partita di marijuana, lui era rimasto in disparte a fumare e che soltanto in carcere, dopo l'arresto, aveva conosciuto l'odierno ricorrente. Conseguentemente, il collegio giudicante avrebbe apoditticamente affermato l'esistenza del rapporto di conoscenza tra (OMISSIS) e (OMISSIS), ricavando la prova della condotta partecipativa addebitata all' (OMISSIS) stesso, ma omettendo il vaglio critico delle contrarie dichiarazioni del (OMISSIS) e del contesto circostanziale del contatto tra (OMISSIS) e (OMISSIS), al quale costui sarebbe rimasto estraneo. In relazione, poi, al diverso episodio del 30 agosto 2016, esso non sarebbe stato considerato in sentenza, pur essendo l'episodio piu' rilevante, in quanto paradigmatico dello schema organizzativo adottato da (OMISSIS) per le cessioni ad (OMISSIS), incompatibile con l'esistenza di una struttura complessa dedita alla commercializzazione di stupefacente; il modus operandi infatti sarebbe stato il seguente: (OMISSIS) e (OMISSIS) si sarebbero accordati per un appuntamento, (OMISSIS) si sarebbe mosso circa un'ora prima verso il deposito per recuperare lo stupefacente e successivamente, alle 14:22, lo avrebbe occultato in un posto concordato informandone (OMISSIS), intorno alle 15:45 (OMISSIS) e (OMISSIS) si sarebbero incontrati, (OMISSIS) avrebbe ceduto la sostanza che aveva recuperato poco prima nel luogo in cui era stata depositata da (OMISSIS). Con riferimento, invece, al diverso episodio del 14 agosto 2016, mancherebbe l'esame di elementi, tra cui la geolocalizzazione dei soggetti, indispensabili a dimostrare come (OMISSIS) non avesse ricevuto lo stupefacente da (OMISSIS) ma piuttosto direttamente da (OMISSIS): infatti, la polizia giudiziaria avrebbe attestato la presenza, nel medesimo luogo, di (OMISSIS) e (OMISSIS); allo squillo di (OMISSIS) delle 20:11, con il quale questi preannunciava il suo arrivo, corrispondeva la comparsa sul luogo dell'incontro, dopo appena tre minuti, di (OMISSIS) che giungeva a bordo della sua autovettura in compagnia di (OMISSIS). Sarebbe illogica la conclusione dei giudici di merito che, malgrado lo strettissimo lasso di tempo che precede l'arrivo del (OMISSIS), avrebbero ritenuto che (OMISSIS) avesse gia' consegnato lo stupefacente a (OMISSIS), per converso non spiegando la ragione che giustificherebbe il sopraggiungere all'incontro anche di (OMISSIS) quando la consegna era gia' stata eseguita da (OMISSIS); mancherebbe inoltre ogni risposta alla contestazione in ordine al perche' (OMISSIS), gia' intervenuto sul luogo dell'incontro, avrebbe dovuto, 20 minuti piu' tardi, farsi dare dal (OMISSIS) una conferma dell'avvenuta cessione che era avvenuta sotto la sua diretta percezione. Secondo la ricostruzione della difesa, e' piu' probabile che la sequenza incriminata dei messaggi tra (OMISSIS) e (OMISSIS) abbia ad oggetto cessioni che, successivamente all'incontro tra (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) poteva avere effettuato a favore di soggetti diversi e ulteriori, rientrando tale impostazione operativa nel consueto schema organizzativo elaborato da (OMISSIS). Resterebbe quindi indimostrata la consapevolezza di (OMISSIS) di relazionarsi con una stabile associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, ne' questa potrebbe essere tratta dalla forma colloquiale "arriviamo" utilizzata da (OMISSIS) nella conversazione con il suo collaboratore, perche' sarebbe stato allora in compagnia della fidanzata (OMISSIS). Quanto, invece, all'episodio del 20 agosto 2016, l'incontro sarebbe stato caratterizzato dal cambiamento in corso del luogo dell'appuntamento; tuttavia, di tale variazione, concordata tra (OMISSIS) e (OMISSIS), non vi sarebbe traccia nelle comunicazioni intercorse tra quest'ultimo e (OMISSIS). Sarebbe quindi inspiegato come sia potuto accadere che (OMISSIS), in assenza di comunicazioni con (OMISSIS) il quale si accordava soltanto con (OMISSIS) circa il cambiamento dell'orario e del luogo di incontro, abbia poi incontrato (OMISSIS), se non applicando il solito schema, in virtu' del quale: (OMISSIS) si serviva di (OMISSIS) unicamente per recuperare lo stupefacente nel suo nascondiglio; reperita la sostanza, (OMISSIS) accompagnava (OMISSIS), nel luogo e nell'ora dell'incontro fissati, noti solo a (OMISSIS). Infine, con riferimento all'episodio del 31 agosto 2016, la Corte di appello assume che l' (OMISSIS) ha ricevuto l'approvvigionamento di stupefacente presso l'ospedale di (OMISSIS) direttamente da (OMISSIS) a cio' incaricato da (OMISSIS), tuttavia non sarebbe stato adeguatamente considerato il fatto che, dopo l'incontro, (OMISSIS) sarebbe stato controllato dai carabinieri che, avendolo perquisito, avrebbero constatato l'assenza di sostanza stupefacente. A cio' si aggiunga che nel testo della sentenza impugnata emergerebbe il travisamento del riferimento alla ripetuta consapevolezza dell' (OMISSIS) circa l'agire organizzato di (OMISSIS): la trascrizione di alcuni messaggi incompleti rispetto al testo complessivo sarebbe posta in modo da sostenere che (OMISSIS) avesse conoscenza della struttura organizzata nella quale si muovevano (OMISSIS) e altri; invece un piu' ampio stralcio della conversazione dimostrerebbe che in realta' la famiglia alla quale si riferiva Petracca non poteva essere il gruppo, asseritamente organizzato, del (OMISSIS). 2.2. Con una seconda doglianza, si censurano la violazione degli articoli 581 e 597 c.p.p. nonche' la mancata esclusione dell'aggravante Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74, comma 4. Il ricorrente sostiene di avere impugnato l'intero capo A) dell'imputazione per difetto del necessario requisito soggettivo della consapevolezza dell'adesione al gruppo criminale; dunque, se il tema devoluto alla competenza della Corte di appello era quello della consapevole partecipazione alla consorteria criminale, allora lo scrutinio si sarebbe dovuto estendere alla consorteria concretamente configurata, che fosse o meno armata, alla stregua della regola logica che pretende l'assorbimento del meno nel piu'. L'imputato non avrebbe avuto e non avrebbe potuto avere cognizione dell'esistenza dell'associazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74 e quindi non avrebbe potuto avere consapevolezza del fatto che taluno degli appartenenti alla stessa avesse anche disponibilita' di armi. Quindi, conformemente al disposto normativo di cui agli articoli 597 e 581 c.p.p., la devoluzione alla competenza del giudice superiore di un capo della sentenza non puo' che imporre l'automatica devoluzione allo stesso anche di tutti i punti che con il capo abbiano diretta ed essenziale connessione; nel caso di specie era d'obbligo che la decisione circa il reato associativo non si esimesse da una valutazione, sulla base degli elementi probatori gia' esistenti, anche della ascrivibilita' al singolo partecipe proprio dell'aggravante della disponibilita' di armi. Le stesse considerazioni varrebbero anche per la contestata aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 3. Infatti, il compendio probatorio esistente consentirebbe di affermare che (OMISSIS) aveva avuto coscienza del solo (OMISSIS), o al massimo, qualora non dovessero accogliersi le argomentazioni difensive, di solo due soggetti ulteriori, (OMISSIS) e (OMISSIS), cosi' da escludersi che l' (OMISSIS) fosse consapevole che l'associazione avesse un numero di adepti pari o superiore a dieci. 2.3. In terzo luogo, si lamenta la violazione dell'articolo 629 c.p. con riferimento al capo 25) dell'imputazione, difettando la prova degli elementi costitutivi del reato di estorsione. Il silenzio serbato da (OMISSIS) al cospetto del padre nulla direbbe sulla natura del debito, potendo esistere tra padre e figlio motivi diversi per i quali volere che il padre non ne fosse messo a conoscenza; allo stesso modo la mancanza di un titolo da azionare non consentirebbe l'automatica deduzione che lo (OMISSIS) avesse accumulato un debito per la fornitura di stupefacente non pagato. A titolo esemplificativo, la somma di Euro 600,00 pretesa da (OMISSIS), in mancanza di concreti elementi di segno negativo, potrebbe essere stata oggetto di un prestito di denaro non accompagnato da una pattuizione in forma scritta astrattamente azionabile in giudizio. Eppure la Corte territoriale avrebbe ritenuto implausibile l'esistenza di un debito di natura lecita e non sarebbe stata in grado di confutare una serie di elementi diversi, a fronte di una lunga articolata indagine preliminare protrattasi per l'intero arco temporale di contestazione del reato associativo, da aprile 2016 a maggio 2017: non sarebbe stato documentato nessun episodio di cessione di droga dall' (OMISSIS) allo (OMISSIS); un soggetto che accumula un debito di Euro 600,00 sarebbe certamente un assuntore abituale, pertanto sarebbe dovuta esistere una traccia dei rapporti di approvvigionamento almeno fino a luglio 2016, quando (OMISSIS) avrebbe avanzato la prima pretesa restitutoria a (OMISSIS); quest'ultimo si sarebbe riconosciuto effettivamente debitore nei confronti di (OMISSIS); ne' la persona offesa ne' sua madre, (OMISSIS), avrebbero ricollegato il debito all'acquisto di droga. Inoltre, erroneamente si sarebbe affermato in sentenza che le minacce perpetrate da (OMISSIS) fossero rivolte alla madre di (OMISSIS); sarebbe emerso piuttosto un atteggiamento clemente dell'odierno ricorrente nei confronti del suo debitore, proprio in ragione della richiesta alla (OMISSIS) la quale avrebbe pure chiarito che nel momento del pagamento sarebbero cessate le richieste e le pressioni, dunque nessun male ingiusto sarebbe stato mai perpetrato nei confronti di un soggetto terzo rispetto al rapporto sinallagmatico tra (OMISSIS) e (OMISSIS). Quindi, non essendo emersa la prova della natura illecita del debito, ne' della direzione delle minacce nei confronti di una persona diversa dal debitore, il fatto storico dovrebbe essere riqualificato ai sensi dell'articolo 390 c.p. non potendosi escludere che la volonta' di (OMISSIS) fosse diretta ad ottenere un bene che gli spettava, dovendo comunque essere prosciolto da questo per difetto della querela della persona offesa. 2.4. Con una quarta doglianza, si censura la violazione degli articoli 62-bis e 81 c.p.. Con riferimento al primo, si contesta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, sul rilievo che la valutazione della Corte si sarebbe incentrata sulla ritenuta mancanza di elementi positivi che ne avrebbero giustificato la concessione, non avendo dato conto, invece, dei motivi ostativi. Quanto al secondo, si ritiene che sia eccessivo l'aumento della pena a titolo di continuazione, anche in ragione del fatto che si sarebbe giustificata la misura applicata per essere l'associazione formata da piu' di dieci persone; aggravante da escludersi visto quanto gia' indicato nel secondo motivo di ricorso. 3. Avverso la sentenza (OMISSIS), tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. 3.1. In primo luogo, si lamentano la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e articolo 192 c.p.p., comma 2, oltre al vizio di motivazione del provvedimento impugnato. Nelle conversazioni captate tra il ricorrente e (OMISSIS), non si farebbe mai esplicito riferimento alla cessione di stupefacenti, che pertanto dovrebbe considerarsi esclusivamente ipotizzata dai giudici di merito. A sostegno della tesi difensiva, deporrebbero le due perquisizioni personali e domiciliari subite dall'indagato, entrambe con esito negativo. Il mero scambio di telefonate tra il ricorrente e il (OMISSIS) non sarebbe sufficiente a dimostrare che vi sia stata una reale cessione di stupefacenti, ne' ad identificarne l'effettivo tipo di stupefacente. Se anche si volesse astrattamente ipotizzare l'acquisto di stupefacenti da parte del (OMISSIS), questo sarebbe avvenuto esclusivamente per uso personale, essendo l'imputato tossicodipendente. La difesa richiede, solo in via subordinata, che i fatti vengano ricondotti ai casi di cessione ricompresi nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4 alla luce della carenza di elementi univoci ed obiettivi dai quali possa determinarsi con certezza la qualita' e la quantita' della sostanza stupefacente. 3.2. Con un secondo motivo di ricorso, si censurano la violazione degli articoli 62-bis, 99 e 133 c.p., e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato. La sanzione irrogata all'imputato sarebbe eccessiva, tenuto conto della marginalita' delle condotte poste in essere dallo stesso. I giudici di merito avrebbero erroneamente applicato l'aumento di pena derivante dalla recidiva senza prendere in adeguata considerazione la lontananza nel tempo dei precedenti; ovvero avrebbero dovuto adeguare la pena al concreto disvalore del fatto e alla personalita' del reo, riconoscendo allo stesso le circostanze attenuanti generiche, da reputarsi equivalenti rispetto alla contestata recidiva. 4. La sentenza e' stata impugnata, mediante il difensore, anche da (OMISSIS). 4.1. Con un primo motivo di doglianza, si lamenta la violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), in relazione all'articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera b) e articolo 179 c.p.p., comma 1, per errato esercizio dell'azione penale. Ad avviso della difesa, nel caso di specie, sebbene la contestazione riguardi un reato istantaneo, nel capo d'imputazione non c'e' alcuna indicazione di episodi specifici, tanto che il reato istantaneo sembrerebbe trasformarsi in reato permanente. Ne deriva - secondo la difesa - che, se manca l'enunciazione del fatto in relazione alla condotta tipica del reato, l'atto di esercizio dell'azione penale non e' idoneo ad instaurare il contraddittorio. Il compendio probatorio raccolto, infatti, puo' essere utilizzato esclusivamente per verificare la fondatezza dell'ipotesi accusatoria, mai invece per definire il perimetro della regiudicanda. 4.2. Con un secondo motivo di ricorso, si denunciano il travisamento del fatto, e della prova, nonche' la contraddittorieta' della motivazione. La difesa rileva preliminarmente come gli argomenti utilizzati a fondamento della condanna di (OMISSIS) traggano origine esclusivamente dalle conversazioni captate nei giorni 5, 8, 9, 10 e 12 ottobre 2016, nell'ambito di una piu' ampia operazione di polizia giudiziaria. Ebbene, nonostante la presunta partecipazione dell'imputato sembri circoscriversi all'interno di un arco temporale assai ridotto (solo una settimana a fronte di un'attivita' d'indagine particolarmente complessa) sia il giudice di primo grado che il giudice d'appello ne traggono conclusioni erronee. Le intercettazioni dimostrano - secondo la prospettazione difensiva - appena due episodi nei quali, peraltro, la cessione non e' stata superiore a 10 grammi, a quanto, cioe', necessario per un consumo personale giornaliero. Inoltre, laddove si volesse ammettere che nelle conversazioni intercettate si parli di droga, vi sarebbe mancanza di ulteriori riscontri. Infatti, ove oggetto della conversazione sia solo l'appuntamento tra l'imputato e l'interlocutore, si e' in una fase anticipata e preliminare delle trattative e, di conseguenza, non sussistono elementi di prova sufficienti per ritenere consumato il reato di cessione. Le trascrizioni delle intercettazioni attesterebbero quindi, secondo la difesa, unicamente la circostanza che (OMISSIS) - tossicodipendente - fosse alla ricerca di sostanza stupefacente per uso personale e non per la cessione a terzi. 4.3. Si lamenta, poi, la violazione di legge in relazione alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche e in relazione alla circostanza di cui all'articolo 62 c.p., n. 4). Piu' precisamente, secondo la difesa, non puo' in alcun modo affermarsi che l'odierno ricorrente ha posto in essere con frequenza un approvvigionamento di sostanze stupefacenti, in quanto, da una lettura logica e coerente delle stesse intercettazioni, emerge chiaramente un coinvolgimento di quest'ultimo di scarso rilievo, oltre che un dato minimale di sostanza stupefacente, al limite della dose giornaliera. 4.4. Infine, si denunciano la violazione di legge e vizi della motivazione in relazione all'applicazione della recidiva. Sostiene la difesa che, sebbene l'imputato sia gravato da cinque precedenti condanne, peraltro neppure recenti, la Corte distrettuale non opera il reale e concreto accertamento dell'episodio delittuoso, ne' verifica se la reiterazione dell'illecito sia effettivo sintomo di maggiore pericolosita'. Mancherebbe, quindi, qualunque verifica circa la sussistenza di una relazione qualificata tra i precedenti penali ed il reato per cui e' stata emessa la condanna. 5. La sentenza e' stata impugnata, tramite il difensore, anche da (OMISSIS), che ne ha chiesto l'annullamento. 5.1. Con una prima doglianza, si lamentano la violazione degli articoli 192 c.p.p. e della disposizione incriminatrice, nonche' il connesso vizio di motivazione, in ordine alla mancata riqualificazione del fatto, di cui al capo di imputazione 37), nell'ipotesi lieve di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5. Piu' nel dettaglio, la Corte di appello avrebbe omesso di considerare che, per il medesimo capo di imputazione, gli altri correi avevano definito la propria posizione processuale con sentenza di applicazione della pena su concorde richiesta delle parti, con si e' stata riconosciuta la sussistenza di un gruppo associativo, le cui condotte sono riconducibili all'interno delle fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, e articolo 74, comma 6, (sentenza n. 558 del 2019, RGNR 1477/2016), mentre, analizzando la posizione di (OMISSIS), avrebbe erroneamente valutato le medesime circostanze in modo evidentemente opposto, non tenendo in considerazione l'insegnamento della Corte di cassazione sul punto (Sez. 3, n. 16598 del 20/02/2020). 5.2. Con un secondo motivo, si contesta la violazione degli articoli 81 e 133 c.p., nonche' il connesso vizio di motivazione, in ordine al trattamento sanzionatorio. La difesa lamenta che i giudici di merito avrebbero omesso qualsiasi considerazione in ordine al comportamento post delictum, il quale, se valorizzato, avrebbe dovuto condurre all'applicazione di una pena entro il minimo edittale, o comunque a un ridimensionamento dell'aumento previsto ai sensi dell'articolo 81 c.p., per i capi di imputazione 40), 41) e 42). 6. Avverso la sentenza (OMISSIS), tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione. 6.1. Con una prima doglianza, si denunciano la violazione di legge, con riferimento alla mancata riduzione della pena nei confronti di (OMISSIS) quale partecipe dell'associazione a delinquere contestata al capo A) della rubrica, per effetto della ritenuta insussistenza dell'aggravante speciale relativa al "carattere armato dell'associazione", nonche' la manifesta illogicita' della motivazione. La Corte di Appello di Lecce avrebbe erroneamente evitato di escludere la suddetta aggravante per l'imputato, tenuto conto che questi non aveva proposto la relativa doglianza. Tale affermazione e' censurabile, a parere della difesa, poiche' l'esclusione dell'aggravante costituisce un dato oggettivo, essendo ineludibile conseguenza del fatto che solo due dei partecipi avevano a disposizione una pistola e che mai detta arma era stata usata per le finalita' associative. Non vi sarebbe alcun elemento di prova idoneo a dimostrare la consapevolezza da parte de (OMISSIS) dell'esistenza di un'associazione a delinquere dedita al traffico di droga, e cio' in quanto egli aveva rapporti solo ed esclusivamente con (OMISSIS). La dedotta inconsapevolezza circa l'esistenza dell'associazione comporterebbe logicamente la sua inconsapevolezza in merito al possesso di armi da parte di taluni sodali. Il gravame riguardante l'esistenza dell'associazione avrebbe dovuto intendersi logicamente esteso anche all'aggravante del carattere armato dell'associazione. La Corte territoriale avrebbe erroneamente desunto dal solo numero degli episodi di spaccio contestati al (OMISSIS) la consapevolezza, da parte dello stesso, dell'esistenza dell'associazione, prescindendo dalla valutazione dell'effettiva conoscenza da parte dell'imputato degli altri correi. 6.2. Si denuncia, poi, la violazione di legge in relazione alla mancata applicazione dell'articolo 62-bis c.p., con giudizio di prevalenza rispetto alle contestate aggravanti quale conseguenza dell'omessa applicazione dei parametri stabiliti dall'articolo 133 c.p. La sentenza impugnata avrebbe respinto il gravame, ritenendo generosa la concessione del beneficio delle circostanze attenuanti generiche da parte del giudice di primo grado. Tale valutazione prescinderebbe da una attenta disamina dei dati processuali, dai quali emergerebbe una personalita' dell'imputato meritevole di considerazione positiva, alla luce dei parametri indicati dall'articolo 133 c.p.. La personalita' del reo, incensurato e immediatamente disponibile ad assumersi le sue responsabilita', indicando agli inquirenti i dati a sua conoscenza, oltre che l'atteggiamento collaborativo tenuto nel corso del giudizio, avrebbero dovuto determinare una diversa valutazione, in melius, da parte della Corte. 7. Avverso la sentenza anche (OMISSIS), tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione. 7.1. Con un primo motivo di impugnazione, si denunciano il vizio di motivazione e il travisamento della prova. La Corte di appello sarebbe stata invitata ad ascoltare il contenuto dell'intercettazione ambientale n. 578 del 19 luglio 2016 ore 21:22 e, in particolare, il passaggio compreso tra i minuti 02:36 e 02:38 da cui emergerebbe che l'appellativo diminutivo " (OMISSIS)" non comparirebbe assolutamente nel corpo dell'espressione proferita da (OMISSIS); ragione per la quale non sarebbe stato possibile operare l'ipotizzato accostamento "tuo figlio (OMISSIS)", supportante il teorema accusatorio. Eppure, il giudice di secondo grado non avrebbe fornito adeguata motivazione, reputando veritiero il contenuto di una trascrizione operata dall'organo di polizia giudiziaria, senza porsi il problema che vi potesse essere un errore; cio' posto, neppure il rito prescelto, ossia quello abbreviato, avrebbe legittimato il mancato accoglimento della specifica richiesta di ascolto formulata dalla difesa senza spiegarne le ragioni. Un ulteriore vizio di motivazione sarebbe rinvenibile laddove non si da' risposta alle censure con cui si contesta che (OMISSIS) potesse essere individuato come figlio di (OMISSIS) sulla base di quanto riportato nelle annotazioni di polizia giudiziaria del 10 agosto 2017, essendo questo dato privo di qualsivoglia fondamento fattuale, considerato che sarebbe stato attestato unicamente un generico riferimento a voci correnti, che rimarrebbe quindi assolutamente incontrollabile, oltre che inutilizzabile a norma dell'articolo 203 c.p.p., comma 1-bis. 7.2. Con una seconda doglianza, ci si duole del vizio di motivazione con specifico riferimento al passaggio in cui si assume che la riferibilita' del diminutivo "figlio" o " (OMISSIS)" alla persona dell'imputato possa essere desunta da un dialogo intrattenuto da (OMISSIS) con un altro uomo; in tale dialogo non vi sarebbe alcun riferimento specifico ai diminutivi sopra richiamati a differenza di quanto erroneamente affermato dalla Corte di appello. Inoltre, non sarebbe dato sapere sulla base di quale pregressa conoscenza gli investigatori siano giunti a ritenere che la voce intercettata nella progressiva n. 1946 del 10 agosto 2016 appartenga proprio a (OMISSIS). Infine, la circostanza per cui l'incontro sarebbe avvenuto nello stesso luogo di un precedente appuntamento intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) non potrebbe essere ritenuta di per se' pregnante al fine di supportare l'assunto accusatorio secondo cui (OMISSIS) avrebbe coadiuvato (OMISSIS) negli affari illeciti; a parte l'irrilevanza di tale dato fattuale ai fini dell'individuazione della persona di (OMISSIS), l'iter argomentativo della sentenza conterrebbe un'evidente salto logico concretizzatosi nell'avere ritenuto che lo stesso fosse uno degli utilizzatori dell'utenza (OMISSIS), sulla quale risultavano essere captati diversi messaggi aventi ad oggetto incontri per presunte forniture e/o pagamenti di sostanza stupefacente: la Corte non sarebbe stata in grado di evidenziare alcun dato obiettivo per legare tale utenza telefonica al ricorrente quale suo effettivo utilizzatore. 7.3. In terzo luogo, si censura un ulteriore travisamento della prova nella misura in cui la Corte avrebbe omesso di considerare che la via (OMISSIS) non sarebbe mai stata il luogo ne' di residenza ne' di domicilio dell'imputato, come risulterebbe dal certificato storico di residenza, in grado di attestare che questo aveva risieduto, a far data dal 4 ottobre 2011, in strada della (OMISSIS), e che precedentemente a tale data risiedeva in piazza (OMISSIS); ed invero, l'unica persona che sarebbe indicata come residente alla via (OMISSIS) sarebbe (OMISSIS), figlio di (OMISSIS); soltanto quest'ultimo, proprio in quanto padre, avrebbe potuto avere la disponibilita' dell'immobile di proprieta' del figlio, come attestato nella nota del 3 dicembre 2018. Da quanto sopra discenderebbe un'importante conclusione: non si potrebbe affermare che (OMISSIS), nella giornata del 27 ottobre 2016, si era recato a (OMISSIS) ove risultava domiciliare (OMISSIS), poiche' si tratterebbe di una circostanza fattuale non corrispondente al vero. Infine, nessun concorso nel reato di cui al capo 1) della rubrica potrebbe ritenersi concretamente consumato; mancherebbe, infatti, la prova di una condotta attiva in termini concorsuali che consenta di ritenere (OMISSIS) uno dei richiamati fornitori brindisini. Non a caso, il Gip in sede cautelare avrebbe rilevato l'assenza della necessaria gravita' indiziaria, evidenziando come i riferimenti operati da parte di terzi a (OMISSIS) potevano considerarsi come semplici sospetti e, non essendo sufficienti i riferimenti indiretti contenuti nelle conversazioni. 7.4. Con memoria depositata il 5 gennaio 2023 il ricorrente insiste ulteriormente nell'accoglimento del ricorso, riproponendo gli stessi motivi gia' dedotti con l'atto introduttivo di giudizio. 8. La sentenza e' stata impugnata, tramite il difensore, anche (OMISSIS). 8.1. Con una prima censura, si denuncia la violazione degli articoli 12 preleggi, articoli 3, 24, 101, 102 e 111 Cost., articolo 125 c.p.p., comma 1, articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), e articolo 416 c.p.p., comma 2, nonche' il connesso vizio di motivazione. La difesa lamenta che - pur tempestivamente investito della questione preliminare relativa all'inutilizzabilita' delle intercettazioni telefoniche, in quanto i decreti autorizzativi consentivano il compimento delle operazioni per mezzo degli impianti installativi "in questa Procura della Repubblica", mentre risultava dai verbali di inizio intercettazione che le operazioni erano state compiute "presso la sala d'ascolto della Compagnia Carabinieri di Tricase a mezzo degli impianti ivi installati" - il Gup decideva su tale questione in sentenza: quindi, dopo avere ammesso gli imputati al rito abbreviato secco e avere ammesso l'acquisizione documentale richiesta dal Pubblico Ministero, relativamente a 41 note redatte dal funzionario responsabile del Centro Intercettazioni, dalle quali si evincerebbe che la registrazione avveniva tramite server ubicati nella citta' di Lecce e che presso la stazione dei Carabinieri di Tricase si sarebbe verificato il solo ascolto delle conversazioni intercettate. La sentenza impugnata mostrerebbe una lacuna motivazionale sul punto, non rispondendo alla specifica doglianza mossa in sede di appello, con cui si e' evidenziato che l'imputato, non ottenendo immediata risposta alla questione preliminare sollevata dinanzi al Gup, si troverebbe in una situazione di irragionevole disparita' rispetto all'imputato citato a giudizio ai sensi dell'articolo 550 c.p.p., che, invece, ha l'opportunita' di sollevare questioni preliminari e conoscere l'esito delle stesse, prima di scegliere il rito da adottare. Per la difesa, l'articolo 190 c.p.p. dispone anche che il giudice provvede senza ritardo con ordinanza, escludendo le prove vietate dalla legge e quelle manifestamente superflue o irrilevanti ed e' una norma che si applica a tutte le fasi del procedimento, anche nell'udienza preliminare, per cui il Gup avrebbe dovuto provvedere senza ritardo con ordinanza. In ordine all'acquisizione al fascicolo di atti non trasmessi con la richiesta di rinvio a giudizio (note redatte dal funzionario responsabile del Centro Intercettazioni), la sentenza della Corte di appello e' - per la difesa - illogica, in quanto erroneamente afferma che quegli atti gia' facevano parte del fascicolo. La ricorrente se ne duole in quanto ha accettato, con la richiesta di rito abbreviato, l'utilizzazione degli atti presenti nel fascicolo trasmesso a norma dell'articolo 416 c.p.p., comma 2, che impone al Pubblico Ministero la trasmissione al Gup di tutti gli atti di indagine e tale obbligo comporta che gli atti non trasmessi non possono essere utilizzati (Sez. 4, n. 33221 del 2020); pertanto, la questione preliminare avrebbe dovuto essere decisa sulla base del solo fascicolo posto a disposizione del giudice a norma dell'articolo 416 c.p.p., comma 2. 8.2. Si lamenta, in secondo luogo, la violazione dell'articolo 192 c.p.p. e articolo 530 c.p.p., comma 2, in ordine al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, nonche' il connesso vizio di motivazione, relativamente al capo A) di imputazione, in merito alla sussistenza di un sodalizio criminale e alla partecipazione dell'imputata. I giudici di merito avrebbero fondato il proprio convincimento su una motivazione contraddittoria, che si limita ad elencare acriticamente e genericamente alcuni elementi, senza procedere ad una disamina approfondita dell'intero compendio probatorio acquisito, da cui non si perviene alla certezza della sussistenza degli elementi richiesti per la configurabilita' del reato associativo, individuati dalla giurisprudenza di legittimita'. Infatti, la Corte di appello avrebbe omesso qualsivoglia valutazione in ordine all'assenza dei requisiti di stabilita' e permanenza, non considerando che due isolati episodi di cessione di sostanza stupefacente, avvenuti nell'arco di un mese, non possono giustificare l'ipotizzata continuita' di approvvigionamento dai fornitori di (OMISSIS). Si afferma anche l'esistenza di un ulteriore canale di approvvigionamento, quello brindisino, rappresentato da (OMISSIS) e (OMISSIS), a cui e' contestato il solo capo 1) dell'imputazione. Sul punto, la motivazione della sentenza impugnata risulterebbe illogica, in quanto si riconosce che i predetti soggetti hanno approvvigionato un sodalizio operante per un tempo superiore ad un anno, ma si sono accertate cessioni verificatesi nell'arco di soli tre mesi (dal 10 luglio al 27 ottobre 2016). Inoltre, sulla base di quanto sostenuto dagli inquirenti, le forniture si sarebbero interrotte a causa del debito contratto e non soddisfatto: circostanza che dimostra come nessuna affectio societatis legasse (OMISSIS) e (OMISSIS) a (OMISSIS) e (OMISSIS). Sempre secondo la prospettazione difensiva, la Corte di appello omette qualsiasi motivazione in ordine all'assenza di prova di un pactum sceleris, non rinvenendosi sufficienti elementi dimostrativi dell'esistenza di una stabile organizzazione: infatti, non risultano captati dialoghi aventi ad oggetto la regolamentazione dei proventi dell'attivita' di narcotraffico. In riferimento alla partecipazione di (OMISSIS), non sarebbe ravvisabile a suo carico alcun elemento caratterizzante la figura delittuosa associativa, in quanto risulta coinvolta in una sola, atomizzata ed estemporanea, intercettazione ambientale, relativa a un rifornimento di sostanza stupefacente, non essendo sufficiente neanche il riferimento ai capi 8), 9) e 10) di imputazione. In ogni caso, la sentenza risulterebbe essere carente in ordine alla sussistenza dell'elemento psicologico del delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, che e' rappresentato dalla coscienza e volonta' dell'associato di far parte dell'associazione: infatti, la sola partecipazione ad alcune sporadiche ed atomistiche, oltre che individuali, forniture di sostanza stupefacente non assume sufficiente rilevanza sul punto. 8.3. Con una terza doglianza, la ricorrente censura la violazione dell'articolo 192 c.p.p. e articolo 530 c.p.p., comma 2, in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, nonche' il connesso vizio di motivazione, in ordine alla mancata qualificazione dell'associazione come fattispecie di lieve entita', non emergendo dalle intercettazioni un'attivita' di spaccio di ingenti volumi di sostanza stupefacente. 8.4. Con un quarto motivo di ricorso, si lamentano la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, nonche' il vizio di motivazione, relativamente al capo 11) dell'imputazione. Secondo la ricostruzione difensiva, i giudici di merito si sarebbero limitati a riportare il contenuto delle intercettazioni senza apportare alcun apporto critico, nonostante il significato equivoco delle stesse, dato che le locuzioni intercettate non faceva alcun esplicito riferimento al tipo e alla quantita' della droga. Pertanto, avrebbero riportato pedissequamente il contenuto della richiesta dell'emissione di custodia cautelare, fornendo una motivazione solo apparente sul punto, poiche' vi e' una tale carenza indiziaria, da non potere ritenere fondata l'ipotesi accusatoria formulata. 8.5. Si censura, infine, la violazione dell'articolo 133 c.p. e articolo 533 c.p.p., comma 2, e articolo 546 c.p.p., lettera e), n. 2), nonche' la mancanza e illogicita' della motivazione, rispetto al trattamento sanzionatorio. Piu' nel dettaglio, si evidenzia che gli aumenti per la continuazione irrogati per i capi 8), 9) e 11) a (OMISSIS) sono pari a un mese e quindici giorni di reclusione ciascuno, mentre per i medesimi capi e' stato inflitto all'imputata un aumento di sei mesi ciascuno. La Corte di appello avrebbe reso una motivazione illogica sul punto, in quanto ha affermato che gli aumenti per (OMISSIS) sono stati inferiori nell'intento di calmierare una pena gia' molto elevata; inoltre, non avrebbe proceduto alla determinazione dei singoli aumenti per i reati satellite. 9. La sentenza e' stata impugnata, tramite il difensore, anche da (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali hanno proposto un unico atto di ricorso. 9.1. Con un primo motivo di doglianza, si lamentano: la violazione dell'articolo 110 c.p. e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74; la mancata applicazione dell'articolo 81 c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73; la violazione dell'articolo 192 c.p.p.; l'omessa motivazione rispetto al devoluto nonche' la carenza e manifesta illogicita' della motivazione. Secondo la difesa, la natura stabile del contributo di entrambi i ricorrenti e' stata affermata solo congetturalmente, nonche' in contraddizione con la complessiva incolpazione, in quanto, a fronte di ben 43 capi di imputazione, a (OMISSIS) e' contestato solo il capo 9 e a (OMISSIS) l'8 e il 9. La Corte d'appello, poi, non avrebbe neppure tenuto in considerazione il dato cronologico dei delitti di cessione indicati nel predetto capo 9, verificatisi nell'arco di soli 29 giorni, rispetto ad un'associazione operante per tre anni e sette mesi. In secondo luogo, la difesa evidenzia come la motivazione appaia apodittica, posto che si asserisce genericamente che le consegne di droga effettuate sarebbero di quantita' rilevanti, senza tuttavia indicare in cosa sarebbero consistiti i quantitativi interessati, in mancanza di sequestri a carico degli imputati. Analogamente, si evidenzia come la sentenza impugnata non contenga alcuna motivazione in merito alle modalita' dell'azione. Inoltre, la Corte territoriale, seppure afferma la necessita' di individuare ai fini della configurabilita' del reato associativo la coscienza e la volonta' di far parte dell'associazione, in concreto, non indica alcunche' rispetto all'elemento psicologico; mancherebbe, poi, secondo la difesa, un'adeguata motivazione sulla natura stabile del contributo dei partecipi. Non sarebbe rilevante, a tal fine, la corresponsione di somme settimanali alle mogli dei ricorrenti. 9.2. Con un secondo motivo di ricorso, riferito al solo (OMISSIS), si lamentano: la violazione dell'articolo 110 c.p. e articolo 73 del D.P.R.; la mancata applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 4 e 5; la mancata applicazione dell'articolo 530 c.p.p., comma 2; la violazione dell'articolo 192 c.p.p.; l'omessa motivazione rispetto al devoluto; la carenza e manifesta illogicita' della motivazione. La difesa asserisce che, tanto nella sentenza di primo grado quanto in quella di appello, non emerge alcuna circostanza denotante il concorso di (OMISSIS) negli episodi del 12 e del 30 luglio 2016, con conseguente violazione dell'articolo 110 c.p. e omessa motivazione rispetto al punto specificatamente devoluto. Ne discende che l'unico delitto a cui avrebbe partecipato l'imputato sarebbe quello del 6 agosto 2016, decisamente inidoneo ad integrare la natura stabile del contributo alla associazione. Inoltre, rispetto alle cessioni del 12 luglio 2016 del 30 luglio 2016, l'impossibilita' di individuare con la dovuta certezza sia la sostanza stupefacente sia il quantitativo e il principio attivo avrebbe dovuto indurre la Corte territoriale a qualificare il fatto nell'ambito del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 4 e 5. Quanto all'episodio del 6 agosto, l'interpretazione data dalla Corte d'appello all'intercettazione sarebbe comunque dubbia, essendo basata su un'arbitraria interpretazione della locuzione "ieri notte" usata da uno dei conversanti. 9.3. Con il terzo e il quarto motivo di ricorso, riferiti al solo (OMISSIS), si lamentano: la violazione dell'articolo 110 c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73; la mancata applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 4 e 5; la mancata applicazione dell'articolo 530 c.p.p., comma 2; la violazione degli articoli 192 e 533 c.p.p.; l'omessa motivazione rispetto al devoluto; la carenza e manifesta illogicita' della motivazione. A fronte di un esito negativo del controllo del ricorrente in data 24 luglio 2016 da parte degli inquirenti, a fronte di una generica captazione avvenuta tra terzi ritenuta apoditticamente chiara, a fronte dell'assenza dell'osservazione della consegna con i presunti compratori, non e' dato comprendere secondo la difesa la reale motivazione a sostegno del concorso del ricorrente. Infatti, il fatto che (OMISSIS) ritenga di aver scampato un pericolo avendo corso il rischio di essere fermato dagli inquirenti, nulla indica rispetto alla asserita consegna dello stupefacente, da parte del ricorrente, atteso che ogni progetto concorsuale puo' andare incontro a modifiche. Manifestamente illogica, poi, sarebbe la motivazione, laddove ritiene normale che "nella circostanza questi non venisse trovato in possesso di nulla", visto che, laddove avesse consegnato lo stupefacente, avrebbe dovuto possedere la contropartita in denaro. Inoltre l'unicita' dell'indizio a carico dell'imputato, proveniente da un dato captato ove quest'ultimo non e' interlocutore, non avrebbe dovuto consentire l'affermazione della penale responsabilita', con conseguente violazione degli articoli 192 e 530 c.p.p.. Infine, anche in questo caso, l'impossibilita' di individuare con la dovuta certezza sia la sostanza stupefacente sia il quantitativo che il principio attivo avrebbe dovuto indurre la Corte d'appello a riqualificare il fatto nella fattispecie di lieve entita'. Con riferimento al capo 9, mancherebbe la motivazione quanto agli episodi del 12 luglio e del 6 agosto 2016, mentre non vi sarebbe un'indicazione della prova a supporto delle condotte materiali ascritte all'imputato, quanto al fatto del 30 luglio 2016. 10. Avverso la sentenza anche (OMISSIS), tramite il difensore, ha proposto per cassazione, chiedendone l'annullamento. 10.1. Con un primo motivo di doglianza, si denunciano la nullita' della sentenza per violazione dell'articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), e articolo 192 c.p.p., comma 2, e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, nonche' il connesso vizio di motivazione. Secondo la ricostruzione difensiva, la Corte di appello non avrebbe raggiunto la prova in ordine alla partecipazione di (OMISSIS) al consesso criminale, in quanto ha omesso di considerare la estrema ristrettezza dell'arco temporale (circa un mese, dal 12 luglio 2017 al 11 agosto 2016), in cui il gruppo di (OMISSIS) avrebbe rifornito di sostanza stupefacente la consorteria: cio' comporterebbe l'assenza di un rapporto di collaborazione stabile e continuativo ai fini del perseguimento degli scopi illeciti della consorteria, con la coscienza e la volonta', di far parte dell'organizzazione. La Corte di appello non spiegherebbe le ragioni per cui ha ritenuto attendibile il contenuto delle propalazioni di (OMISSIS), a fronte di plurimi indicatori di segno contrario, che evidenzierebbero che il trio (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) era un'entita' diversa e separata rispetto all'organizzazione sottostante al (OMISSIS) (come dalla conversazione del 12/07/2016 di (OMISSIS) e dal dato investigativo che mostra che quest'ultimo ha descritto ai propri sodali nomi, ruoli e guadagni dei personaggi baresi, mentre nulla sapevano del trio di (OMISSIS)). Anche le dichiarazioni di (OMISSIS), ritenute dal Gup un infallibile strumento per decifrare il compendio indiziario, avrebbero dovuto essere oggetto di un'ulteriore analisi in sede di appello, in quanto egli non si sofferma a descrivere modalita', tempi e consistenza degli approvvigionamenti ne' il funzionamento della cellula terlizzese. Inoltre, si lamenta che i giudici di merito hanno omesso la valutazione dell'elemento soggettivo richiesto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74: non si e' valutato il tema introdotto dalla difesa, per cui (OMISSIS) risulterebbe essere inserito stabilmente in un organismo associativo dedito al traffico di droga operativo nel territorio barese (procedimento penale n. 16093/2016 R.G.N. R. per fatti commessi dal 2012); per cui risulterebbe paradossale ritenere sussistente la medesima condotta delittuosa evocativa della contestuale partecipazione a due distinti organigrammi associativi operanti contestualmente nel settore degli stupefacenti. Secondo la difesa, nella sentenza impugnata non vi e' traccia dell'esame di dati investigativi e del loro rapporto in un quadro organico, che dia esaustiva risposta alle eccezioni formulate. L'irragionevolezza dell'iter motivazionale emerge dal richiamo agli elementi di prova desumibili dalle intercettazioni, da cui si evince che (OMISSIS), ove pure fosse in un rapporto di affari con (OMISSIS), non puo' avere condiviso con quest'ultimo interessi associativi, avendo una propria autonomia e una propria presunta struttura associativa; ma la Corte di appello avrebbe omesso tale valutazione e anche l'accertamento dell'esistenza di un vincolo stabile e continuativo tra fornitore e acquirente, che si sostituisca alla mera relazione negoziale. 10.2. Con la seconda doglianza, si contestano la violazione dell'articolo 125 c.p.p., articolo 546 c.p.p., lettera e), e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, nonche' il connesso vizio di motivazione, in ordine al capo 9) dell'imputazione. La difesa si duole del fatto che la Corte di appello si sia avvalsa delle medesime asserzioni del Gup, che non vengono sottoposte ad un autonomo filtro critico, non risultando sufficiente il mero riferimento al contenuto della sola conversazione del 18 luglio 2016. Infatti, non vi sarebbe stata alcuna valorizzazione delle contestazioni difensive, che avevano evidenziato che: manca la prova che (OMISSIS) fosse presente all'incontro del 12 luglio 2016, che, secondo gli inquirenti, era finalizzato alla cessione di droga; il costante monitoraggio, effettuato dagli inquirenti, dell'operazione di cessione del 30 luglio 2016 consente di affermare che (OMISSIS) non ha partecipato fisicamente alle fasi prodromiche, deliberative ed esecutive della stessa, in quanto non risulta mai direttamente intercettato o semplicemente evocato dai partecipi quale dominus o complice di quell'operazione; egli non e' ne' intercettato ne' evocato dai loquenti nel corso delle intercettazioni del 6 agosto 2016, per cui non si e' incontrato con i protagonisti della vicenda de qua. 10.3. Con un terzo motivo, si censura la violazione dell'articolo 125 c.p.p., articolo 192 c.p.p., articolo 546 c.p.p., lettera e), e articoli 89, 62-bis c.p., articolo 81 c.p., comma 2, articoli 132 e 133 c.p., nonche' il connesso vizio di motivazione. In merito all'attenuante del vizio parziale di mente, la Corte di appello, pur aderendo alle conclusioni diagnostiche, avrebbe trascurato di soffermarsi sull'aspetto legato alla sfera cognitiva dell'imputato, per la quale e' emerso un QI totale classificabile in termini di ritardo mentale lieve, nonche' di valutare opportunamente e con sufficiente rigore le considerazioni mediche in ordine alla capacita' di autodeterminarsi. Infatti, sul versante della componente volitiva si coglie una spiccata incongruenza dell'apprezzamento giurisdizionale: il dato storico-clinico, la sussistenza di una patologia psichiatrica di rilevanza clinica, il dato psicometrico e l'incongruita' del comportamento, usato nel corso delle condotte che gli sono contestate, in unione con la personalita' dell'imputato e la cronica e prolungata dipendenza dell'uso di sostanze stupefacenti non possono ragionevolmente condurre a un giudizio di mera limitazione della capacita' di controllare gli impulsi. Pertanto, la condizione di forte malessere psicologico del ricorrente avrebbe dovuto indurre il giudicante a valutare ogni considerazione clinica, presente nella perizia, evitando di estrapolare quanto affermato nella parte finale della perizia. La Corte di appello si sarebbe basata su valutazioni discendenti da un esame condotto a distanza di molti anni rispetto al tempus commissi delicti, senza considerare che nel 2015 (momento storico maggiormente contiguo a quello di perpetrazione dei reati contestati ai capi A e 9 di imputazione) (OMISSIS) era stato ritenuto totalmente incapace di intendere e volere in un diverso procedimento. Secondo il ricorrente, in merito al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti, la Corte distrettuale omette l'esame della doglianza presentata con l'atto di appello, non valutando le considerazioni svolte in ordine alla personalita' del ricorrente, incapace di autoregolare le proprie azioni e di comprenderne le conseguenze negative. La difesa contesta, inoltre, l'illegittimita' della tecnica redazionale adoperata nella sentenza di primo grado, riverberatasi sull'iter motivazionale della decisione di appello, inidonea ad esternare il percorso logico che deve supportare il giudizio di apprezzamento della sussistenza delle condizioni di cui all'articolo 62-bis c.p.. In ordine al calcolo della pena, mancherebbe la motivazione sull'aumento apportato per la continuazione esterna, in quanto sarebbe stato piu' opportuno procedere alla riduzione di pena prevista dal vizio parziale di mente prima di effettuare l'aumento per la continuazione. 11. Avverso la sentenza ha proposto ricorso anche (OMISSIS), tramite il difensore. 11.1. Con un primo motivo di doglianza, si denuncia la violazione di legge in ordine alla ritenuta utilizzabilita' delle intercettazioni poste a fondamento della sentenza impugnata. Si lamenta, in primo luogo, la violazione dell'articolo 266 c.p.p., e s.s. da parte dei decreti autorizzativi e di proroga delle intercettazioni emessi dal Gip, in quanto difettano dell'adeguata motivazione prevista dalle norme in vigore; in secondo luogo, il primo decreto autorizzativo delle operazioni di intercettazioni e' stato emesso dal Gip in assenza delle condizioni legittimanti di cui al Decreto Legge n. 152 del 2001, articolo 13, che ai fini dell'autorizzazione de qua, richiede: 1) lo svolgimento di indagini relative ad un delitto di criminalita' organizzata, 2) la sussistenza di sufficienti indizi in ordine a quest'ultimo. In ordine al primo aspetto e' necessaria la presenza di un'organizzazione stabile: aspetto che non attiene al capo di imputazione 19), contestato al ricorrente, visto che di quest'ultimo non vi e' alcuna intercettazione, ne' egli risulta interessato in una evidente attivita' delittuosa sulla base di intercettazioni tra altri. La difesa afferma che negli atti processuali non vi e' alcuna prova di responsabilita' dell'imputato, tale da rendere utilizzabili le intercettazioni contro lo stesso. 11.2. In secondo luogo, si lamenta la violazione di legge in ordine al giudizio di responsabilita' per il capo 19, poiche' fondato su dichiarazioni inerenti alle intercettazioni, nonche' il connesso vizio di motivazione. Piu' nel dettaglio, la difesa sostiene l'insussistenza del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, sull'assunto che, da una lettura degli atti di giudizio, nessun riscontro oggettivo vi e' mai stato, da parte della polizia giudiziaria, in ordine a una presunta attivita' illecita che coinvolga (OMISSIS): infatti, non vi e' alcun elemento esterno che lasci ritenere che egli, unitamente a terze persone, abbia posto in essere una qualsivoglia azione di detenzione di sostanza stupefacente. 11.3. Con un terzo motivo, si denuncia la violazione di legge in ordine all'omesso riconoscimento della fattispecie di minore gravita' di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5. La difesa lamenta che l'impugnata sentenza non avrebbe fornito alcuna motivazione sul punto: avrebbe dovuto rilevare che la quantita' di cocaina e di marijuana detenuta era da ripartirsi tra due soggetti, per cui si sarebbe potuto trattare di una piccola scorta per uso personale. In senso convergente, depongono - per la difesa - anche le modalita', le circostanze ed i mezzi dell'azione delittuosa, trattandosi di un'attivita' di spaccio limitata e realizzata senza la predisposizione di mezzi specifici. 12. La sentenza e' stata impugnata anche da (OMISSIS), tramite il difensore. 12.1. Con una prima doglianza, si lamentano la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, nonche' dell'articolo 192 c.p.p., comma 2, e la manifesta illogicita' della motivazione del provvedimento impugnato. Non vi sarebbe alcuna prova idonea ad affermare con certezza che l'imputato abbia acquistato ovvero ricevuto ai fini di spaccio stupefacente e che lo abbia successivamente ceduto a terzi. Nelle conversazioni telefoniche captate sull'utenza del ricorrente non si farebbe mai esplicito riferimento alla cessione di sostanze stupefacenti e, ad ulteriore prova dell'estraneita' dell'imputato, concorrerebbero anche le perquisizioni effettuate al medesimo, tutte con esito negativo. La semplice circostanza che talvolta le conversazioni intercettate facciano riferimento a incontri con altri soggetti non sarebbe idonea a dimostrare che l'imputato abbia effettivamente ceduto dello stupefacente, se non in marginali occasioni, nelle quali avrebbe ceduto ad occasionali tossicodipendenti singole dosi, al solo fine di ricavare quanto necessario per far fronte al proprio fabbisogno di stupefacenti, essendo il (OMISSIS) tossicodipendente a sua volta. Con riguardo alle condotte contestate di cui al capo 37, ovvero la cessione di 520 grammi di eroina al (OMISSIS), non potrebbe ritenersi che tale sostanza sia stata ceduta dall'imputato: sia perche' non emergerebbe la prova inconfutabile della provenienza di detta sostanza, giacche' il sequestro e il conseguente arresto del (OMISSIS) sono avvenuti dopo che, per oltre trenta minuti, gli operatori di polizia giudiziaria sono stati costretti a interrompere il pedinamento a causa dell'elevato traffico; sia perche', anche volendo ipotizzare che la suddetta cessione sia avvenuta secondo le modalita' cristallizzate nel primo grado di giudizio, il soggetto cedente non sarebbe stato identificato e, in ogni caso, non sarebbe identificabile con (OMISSIS). 12.2. Con un secondo motivo di ricorso, si censurano la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, e articolo 133 c.p., nonche' la manifesta illogicita' della motivazione del provvedimento impugnato. Dinanzi all'attribuzione di responsabilita' dell'imputato per tutti i capi contestati, comunque si sarebbero dovuti ritenere i fatti di lieve entita', soprattutto alla luce del riconoscimento di tale ipotesi minore ad altri presunti correi, condannati anche per il reato associativo. La Corte di appello avrebbe illogicamente differenziato la condotta del ricorrente rispetto ai coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS), e sarebbe caduta in contraddizione in ordine ai rapporti dell'imputato con il coimputato (OMISSIS), con particolare riferimento all'episodio del capo di imputazione 37). Il ricorrente sarebbe un mero strumento subordinato al coimputato (OMISSIS), poiche' era quest'ultimo ad avere i contatti e a dover dare conto dei pagamenti al fornitore. Dall'analisi delle captazioni telefoniche si desumerebbe esclusivamente un ruolo di mediatore del ricorrente tra i coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS). La Corte di appello avrebbe, infine, fallacemente analizzato l'atto di impugnazione, ove si sarebbe fatto esplicito riferimento ad una rideterminazione della pena e ad un contenimento della stessa, oltre che degli aumenti ex articolo 81 c.p., nei minimi edittali. I giudici territoriali avrebbero rilevato esclusivamente la richiesta di contenimento nel minimo edittale degli aumenti ex articolo 81 c.p., senza valutare la generale richiesta di contenimento nel minimo edittale della pena. Alla luce di quanto esposto, e dunque del supposto ruolo marginale rivestito dal ricorrente, appare illogico il non aver applicato una riduzione della pena-base, ai sensi dell'articolo 133 c.p.. 13. Avverso la sentenza anche (OMISSIS), tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. Con un primo e unico motivo di ricorso si lamenta la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e articolo 74, comma 6, oltre al vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del fatto nell'ipotesi lieve di cui al medesimo articolo 73, comma 5. Piu' nel dettaglio, la Corte di appello avrebbe omesso di considerare che, per il medesimo capo di imputazione, gli altri correi avevano definito la propria posizione processuale con applicazione della pena su concorde richiesta delle parti, previa riqualificazione del fatto nell'ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, mentre, analizzando la posizione di (OMISSIS), avrebbe erroneamente valutato le medesime circostanze in modo evidentemente opposto, dando vita ad un palese conflitto di giudicati. 14. La sentenza e' stata impugnata, mediante il difensore, anche da (OMISSIS). 14.1. In primo luogo, si censurano la violazione di legge e la mancanza ed illogicita' della motivazione con riferimento all'articolo 192 c.p.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, in relazione alla ritenuta condotta di partecipazione al sodalizio contestato. Innanzitutto, sottolinea la difesa, l'apporto che avrebbe fornito l'imputato alla consorteria sarebbe di soli 24 giorni e precisamente dal 12 luglio al 6 agosto 2016, a fronte di un arco temporale che avrebbe visto operare l'associazione de qua dall'aprile del 2016 al maggio 2017. In secondo luogo la difesa - prendendo le mosse dalle considerazioni svolte nella sentenza impugnata, ove si sostiene che il prevenuto avrebbe svolto il ruolo di "corriere" in alcune circostanze ben individuate - sostiene che il contributo dell'imputato fosse privo dei caratteri della stabilita', tanto da risultare occasionale. Del resto, gli stessi esiti delle captazioni valorizzati dall'estensore darebbero contezza di un apporto del prevenuto certamente non sistematico ma occasionale. Per la difesa, dalle stesse intercettazioni ambientali emerge chiaramente che in data 30 luglio 2016 l'imputato non conosceva ne' il (OMISSIS) ne' il (OMISSIS); nonostante lo specifico motivo d'appello, la Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi sul punto. A cio' si aggiunga che neanche (OMISSIS), uno dei principali collaboratori del (OMISSIS), ha dichiarato di aver mai conosciuto (OMISSIS), se non in stato di detenzione dopo l'esecuzione dell'ordinanza custodiale. 14.2. In secondo luogo, si lamentano la violazione di legge nonche' la mancanza o manifesta illogicita' della motivazione con riferimento ai capi 1) e 9) della rubrica e in relazione alla corretta valutazione della prova ex articolo 192 c.p.p. e alla mancata riqualificazione della contestazione mossa ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4. Piu' precisamente, con riferimento al capo 9), la piattaforma probatoria in atti risulterebbe obiettivamente incerta e l'estensore incorrerebbe in un chiaro deficit di logicita' con conseguente scorretta valutazione della prova. In relazione, poi, al capo 1) della rubrica - e, quindi, con riferimento all'episodio del trasporto del 21 luglio 2016 - la sentenza sottovaluta le censure contenute nei motivi di appello e mostra certezza in ordine al solo trasporto di marijuana e hashish. 14.3. Con un terzo motivo, si lamentano la violazione di legge e la mancanza o manifesta logicita' della motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione, nonche' la necessaria riduzione degli aumenti combinati ex articolo 81 c.p.. Secondo la prospettazione difensiva, la pena inflitta all'imputato appare illogica ed eccessivamente severa, posto che la Corte d'appello ha omesso di considerare a suo favore lo status di totale incensuratezza, l'obiettivo brevissimo contributo associativo contestato, lo svolgimento di ininterrotta attivita' lavorativa. 15. Avverso la sentenza (OMISSIS), tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione. 15.1. Con una prima doglianza, si censurano l'assenza di motivazione e la violazione di legge in ordine al reato Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74, oltre alla violazione di legge in ordine all'aggravante del numero degli associati. La difesa, dopo aver riportato nel ricorso i vari capi di imputazione a carico dell'imputato, giunge alla conclusione secondo cui (OMISSIS), come confermerebbero le intercettazioni, ha commerciato ingenti quantita' di stupefacenti in proprio, poiche' il suo fine era quello di guadagnare quanto piu' possibile per se'. Il giudice di appello avrebbe erroneamente desunto il vincolo associativo dal mero contatto del ricorrente con gli spacciatori al minuto o con correi, senza calcolare che, commerciando il (OMISSIS) ingenti quantita' di stupefacenti, era inevitabile il contatto con soggetti interessati all'acquisto del medesimo, e che solo per tale circostanza non sarebbe configurabile il vincolo associativo. Risulterebbe inoltre pacifico che l'imputato avesse contatti esclusivamente con i correi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). L'associazione a delinquere non potrebbe configurarsi con il solo dolo eventuale e non vi sarebbe la prova della conoscenza da parte del (OMISSIS) della rete sottostante ai pochi soggetti ai quali vendeva lo stupefacente. In tale quadro, anche se si dovesse riconoscere l'associazione a delinquere nei confronti del ricorrente, non potrebbe essere applicata l'aggravante del numero, avendo l'imputato contatti esclusivamente con (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS); la difesa ritiene, comunque, che non vi sia la prova della piramide gerarchica e dello scambio di soldi dal vertice ai sottoposti. 15.2. In secondo luogo, si lamentano l'assenza e la contraddittorieta' della motivazione in ordine all'aggravante della presenza di armi in favore dell'associazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74. Il giudice del gravame avrebbe correttamente rilevato come l'arma da fuoco venisse rintracciata nel possesso del ricorrente solo in sede di perquisizione e che mai gli inquirenti avessero avuto idea che (OMISSIS) ne avesse la disponibilita'. 15.3. Con una terza censura, si denuncia la violazione di legge con riferimento alla supposta inutilizzabilita' di tutte le intercettazioni acquisite nel corso del procedimento. I decreti autorizzativi e di proroga delle intercettazioni emessi dal Gip difetterebbero dell'adeguata motivazione prevista dalle norme in vigore: in particolare il primo decreto autorizzativo delle operazioni di intercettazione sarebbe stato emesso dal Gip in assenza delle condizioni legittimanti di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 13. 15.4. Con un quarto motivo di ricorso, si lamenta la violazione di legge in ordine alla quantificazione della pena, sul rilievo che il giudice di primo grado avrebbe potuto riconoscere le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, in base al fatto che si tratterebbe pur sempre di un caso di "droga parlata" e di "associazione a delinquere parlata". 16. La sentenza e' stata impugnata, tramite il difensore, anche da (OMISSIS), il quale, con un unico motivo di ricorso, denuncia la violazione della legge penale. Secondo il difensore, la vicenda (capo 16 dell'imputazione) riguarda un caso di "droga parlata", in quanto non vi e' la prova che le 10 dosi oggetto dell'imputazione fossero effettivamente cocaina e non e' comunque dato conoscere il grado di purezza della stessa, oltre che la percentuale di principio attivo. Inoltre la Corte territoriale avrebbe violato, secondo la difesa, l'articolo 530 c.p.p., comma 2, non avendo tenuto conto che i redditi dell'imputato e il fatto che si lamentasse individualmente della qualita' dello stupefacente integrano un ragionevole dubbio. 17. La sentenza e' stata impugnata, tramite il difensore, anche da (OMISSIS). 17.1. Con un primo motivo di ricorso, si lamentano: la violazione dell'articolo 12 preleggi; la violazione degli articoli 3, 24 e 111 Cost. e dell'articolo 125 c.p.p., comma 1, articolo 190 c.p.p., comma 1, e articolo 178 c.p.p.; la violazione degli articoli 24, 101 e 102 Cost. e articolo 416 c.p.p., comma 2; la mancanza e illogicita' della motivazione. All'udienza preliminare il ricorrente lamentava la violazione dell'articolo 268 c.p.p., comma 3, e articolo 271 c.p.p., comma 1, dal momento che nei decreti autorizzativi di attivita' di intercettazione telefonica il Pubblico Ministero aveva disposto "che le operazioni siano compiute per mezzo degli impianti installati in questa Procura della Repubblica", mentre, da ogni verbale di inizio intercettazione risultava che le operazioni erano state compiute "presso la sala d'ascolto della Compagnia Carabinieri di Tricase a mezzo degli impianti ivi installati". Il Gup si riservava di decidere sull'eccezione all'esito dell'udienza preliminare e, dando seguito al processo, recepiva le istanze di rito abbreviato formulate dagli imputati, rinviando ad altra udienza per la trattazione. Dal canto suo, il Pubblico Ministero alla successiva udienza, quando, dunque, il rito abbreviato "secco" era gia' stato instaurato, chiedeva ed otteneva il deposito di 41 note redatte dal funzionario responsabile del Centro Intercettazioni dalle quali si evinceva che la registrazione era avvenuta tramite server ubicati nella citta' di Lecce e che presso la stazione dei Carabinieri di Tricase si era verificato il solo ascolto delle conversazioni intercettate. Con l'atto di appello, la difesa rilevava la nullita' dell'ordinanza relativa all'eccezione preliminare attinente all'utilizzabilita' delle intercettazioni telefoniche ed ambientali nonche' la nullita' della sentenza. La Corte territoriale secondo la difesa, nel rispondere alle doglianze difensive, avrebbe erroneamente valorizzato l'orientamento processuale secondo cui non vi e' alcuna norma processuale che imponga al Gup di trattare le questioni preliminari in un particolare momento, ben potendo egli decidere sulle stesse all'esito dell'udienza. L'imputato infatti, sollevata al Gup una questione preliminare, non ottenendo immediata risposta, si trova in una situazione di irragionevole disparita' rispetto all'imputato citato a giudizio ai sensi dell'articolo 550 c.p.p. che, invece, ha l'opportunita' di sollevare questioni preliminari, conoscere l'esito delle stesse e poi adottare le scelte del rito. In definitiva, secondo il difensore, si finirebbe per riservare maggiore garanzia ai reati di minore gravita'. Si sarebbe quindi dovuto applicare l'articolo 190 c.p.p., il quale in materia di prove dispone che il giudice provvede senza ritardo con ordinanza, escludendo le prove vietate dalla legge e quelle manifestamente superflue o irrilevanti. Non si considererebbe, poi, che la questione preliminare riguarda la composizione del fascicolo da utilizzare per la decisione. Non vi e' motivo, secondo la difesa, per ritenere che la fattispecie non sia regolamentata dal codice, visto che e' una disciplina generale applicabile al caso di specie esiste; ne' vi e' motivo per ritenere che la disciplina generale esistente debba essere disapplicata. Con riferimento, poi, alle 41 note acquisite quando il rito abbreviato era gia' instaurato, la difesa sostiene che quei documenti facevano forse parte delle indagini, ma che e' del tutto erroneo sostenere che gia' facevano parte del fascicolo: se quegli atti avessero fatto gia' parte del fascicolo trasmesso, non ci sarebbe stato alcun bisogno di chiederne l'acquisizione. La difesa prosegue svolgendo considerazioni analoghe a quelle della coimputata (OMISSIS). 17.2. Con un secondo motivo, si lamentano: la mancanza, la contraddittorieta' e la manifesta illogicita' della motivazione; l'inosservanza ed erronea applicazione della legge penale; la violazione dell'articolo 192 c.p.p. e articolo 530 c.p.p., comma 2, in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Piu' precisamente, secondo la difesa, la sentenza resa dalla Corte d'appello sarebbe giuridicamente viziata nella parte in cui ha ravvisato, non solo la sussistenza di un sodalizio criminale riconducibile alla fattispecie delittuosa di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, ma anche e soprattutto la partecipazione del (OMISSIS) quale promotore, organizzatore, dirigente e finanziatore, fondando il proprio convincimento su un'errata valutazione del compendio probatorio acquisito al processo. La Corte territoriale avrebbe omesso qualsiasi valutazione in merito all'assenza dei requisiti di stabilita' e permanenza i quali, sul piano del programma associativo, postulano un'attivita' delittuosa aperta e indeterminata, proiettata oltre la commissione di singoli determinati reati e che, dovrebbe perdurare anche dopo la consumazione di questi ultimi. Si osserva, in particolare, che l'odierno ricorrente, ritenuto addirittura figura apicale direttiva, risulta essere coinvolto solo in alcune intercettazioni e solo in un arco temporale molto ristretto, ossia tra maggio e settembre 2016, allorquando, invece, l'attivita' captativa investigativa si sarebbe protratta anche successivamente e alla quale, tuttavia, il ricorrente rimaneva sostanzialmente estraneo. Al contrario, e' notorio che il capo di un'associazione debba avere contatti diuturni e relazioni con gli adepti e poiche', nella specie, anche tale dato probatorio risulta assente, la Corte territoriale avrebbe dovuto assolvere l'imputato. Risulta infatti smentita dagli elementi probatori sia l'asserita partecipazione del ricorrente al sodalizio che il suo ruolo di capo. La difesa, infatti, osserva come non siano stati captati dialoghi aventi ad oggetto la regolamentazione dei supposti proventi derivanti dall'attivita' di narcotraffico. Pertanto, le modalita' attuative degli episodi delittuosi riferiti ai reati-fine e desunte dalle intercettazioni telefoniche, potrebbero apparire sintomatiche, al piu', di un accordo limitato ad un numero contenuto di episodi di cessione. Del resto, le asserite condotte tenute dal ricorrente sono caratterizzate da un agire assolutamente autonomo ed indipendente, orientato unicamente a realizzare un proprio personale interesse economico e non certamente un fine comune associativo. Inoltre, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'appello, la contabilita' cui si fa riferimento nelle intercettazioni non e' affatto riconducibile ad una cassa comune del gruppo criminale, quanto piuttosto alla persona del (OMISSIS). In aggiunta, evidenzia la difesa, il giudice di appello avrebbe omesso di confutare le manifeste incongruenze rilevate in merito alla contraddittorieta' della sentenza di primo grado, nella parte in cui sono stati assolti per il reato associativo i coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS) e non anche (OMISSIS) e (OMISSIS), visto che lo (OMISSIS), secondo la prospettazione accusatoria iniziale, era il ragazzo utilizzato dallo (OMISSIS) per cedere o ritirare la sostanza stupefacente e lo affiancava e coadiuvava nell'attivita' di spaccio, mentre il (OMISSIS) sarebbe stato un uomo di fiducia di (OMISSIS) ed assieme a lui rappresentava il c.d "canale brindisino", dal quale si sarebbe rifornito in maniera stabile il (OMISSIS). Infine, secondo la difesa, la sentenza resa dalla Corte territoriale risulta carente con riferimento alla sussistenza dell'elemento psicologico del reato, non potendo assumere rilevanza l'uso di un linguaggio criptico, la diffidenza nell'uso del telefono o le cautele adottate, in mancanza di un chiaro consapevole coinvolgimento nell'ambito di un gruppo criminale. 17.3. Con un terzo motivo di ricorso, si censurano: la mancanza, la contraddittorieta' e la manifesta illogicita' della motivazione; l'inosservanza e l'erronea applicazione della legge penale; la violazione dell'articolo 192 c.p.p. e articolo 530 c.p.p., comma 2, in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6. Piu' precisamente, la difesa evidenzia che dal contenuto delle molteplici intercettazioni non emerge con assoluta certezza un'attivita' di spaccio di ingenti volumi. 17.4. In quarto luogo, si denunciano: la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 3 e 4; la violazione dell'articolo 648 c.p., L. n. 895 del 1967, articoli 2, 4 e 7; vizi della motivazione. Piu' precisamente, il ricorrente evidenzia come, mentre al capo A) si contesta un sodalizio operativo per oltre un anno, ai capi 1), 8) e 9) si ipotizzano forniture verificatesi in appena tre mesi e, cio' nonostante, si afferma che vi sia stato uno stabile e duraturo apporto al sodalizio da parte dei fornitori baresi e brindisini. Se il sodalizio fosse stato composto anche dai fornitori, questi avrebbero avuto un ruolo per tutto o quanto meno larga parte del periodo di attivita'. Con riferimento invece alla contestazione in materia di armi, la difesa evidenzia come da nessuna delle conversazioni intercettate si possa risalire all'esatto modello dell'arma presuntivamente detenuta dall'imputato. Se, come contestato, quest'ultimo avesse avuto la disponibilita' di una pistola gia' dal 7 luglio 2016 "con permanenza", non avrebbe di certo manifestato al suo interlocutore la necessita' di procurarsi un'arma. Peraltro, secondo il difensore, la motivazione appare contraddittoria laddove la Corte territoriale ha esplicitamente ammesso che nei dialoghi intercettati non venivano mai menzionate le armi ed anzi emergeva che il (OMISSIS) era molto accorto affinche' lo (OMISSIS), che si accompagnava a lui, non venisse a sapere che aveva portato con se' una pistola. 17.5. Si lamentano, poi, la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e vizi della motivazione. Si rileva, in particolare, la totale mancanza di prova dell'acquisto di 400 g di eroina indicato in contestazione, in relazione al quale non poteva persino dirsi che venditore ed acquirente avessero mai trovato un accordo. Il (OMISSIS), quindi, non poteva essere sanzionato per essersi rifornito di quel quantitativo di eroina, dal momento che non e' rinvenibile in atti alcuna prova di cio'. Nel caso di specie, si sarebbe verificato un travisamento della prova, avendo i giudici di merito fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o e' incontestabilmente diversa dal reale. 17.6. Con un sesto motivo di doglianza, si denunciano la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e vizi della motivazione. In particolare, facendo il capo 11) riferimento a specifiche quantita' e qualita' di sostanza stupefacente, la prova dell'avvenuta detenzione e/o cessione non poteva ricavarsi da locuzioni impiegate dai coimputati intercettati, non contenenti alcun riferimento esplicito al tipo e alla qualita' di droga oggetto di commercio. Piu' precisamente, la difesa non comprende per quale motivo la frase "non riesco a cacciarti in un pacco lino... a questo prezzo non ci riesco a cacciarteli" sia idonea a dimostrare definitivamente l'avvenuta cessione di 250 grammi di cocaina e 22 grammi di hashish. 17.7. Infine, si lamentano la violazione dell'articolo 133 c.p., articolo 533 c.p.p., comma 2, e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), n. 2) e vizi della motivazione. Piu' precisamente, secondo la difesa, la Corte di appello da un lato riconosce che la motivazione in punto di aumenti per la continuazione era carente, ma dall'altro, non pone alcun rimedio sul punto, limitandosi a condividere l'operato del Gup. L'appellante, infatti, non chiedeva soltanto una seconda valutazione del trattamento sanzionatorio, ma esprimeva specifiche osservazioni su determinate anomalie dello stesso, chiedendo la riduzione della pena o quantomeno la giustificazione di quella inflitta, anche alla luce del principio secondo cui il giudice deve calcolare e motivare l'aumento di pena in modo distinto per ognuno dei reati-satellite. 18. Avverso la sentenza anche (OMISSIS), tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. 18.1. Con un primo motivo, si censura l'inutilizzabilita' delle intercettazioni telefoniche e ambientali poste a fondamento della declaratoria di responsabilita' penale. In primis la denunciata inutilizzabilita' discenderebbe dalla violazione dell'articolo 266 c.p.p., e s.s. in quanto tutti i decreti autorizzativi e di proroga delle intercettazioni emessi dal Gip difetterebbero dell'adeguata motivazione prevista e voluta dalle norme di legge; in secundis, il primo decreto autorizzativo delle operazioni di intercettazione sarebbe stato emesso dal Gip in assenza delle condizioni legittimanti di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 13 che, ai fini dell'autorizzazione de qua, richiede lo svolgimento di indagini relative ad un delitto di criminalita' organizzata e la sussistenza di sufficienti indizi in ordine a quest'ultimo. Infatti, sarebbe stata necessaria l'effettiva costituzione e l'operativita' di un'organizzazione stabile, posta in essere da tre o piu' persone, allo scopo di commettere piu' delitti tra quelli previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 70, commi 4, 6 e 10, ma tale condizione non riguarderebbe il capo d'imputazione 19) contestato. Infine, dallo stato degli atti processuali al momento delle richieste del Pubblico Ministero di autorizzazione delle intercettazioni, non sarebbe emerso alcun elemento rilevatore, pur in via ipotetica, di un gruppo delinquenziale organizzato; in tutti gli atti processuali, infatti, mancherebbe qualsiasi indizio in capo al ricorrente tale da giustificare l'utilizzabilita' delle intercettazioni contro lo stesso, in quanto questo non avrebbe mai fatto parte di alcuna compagine associativa. 18.2. Si censura, poi, la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, in considerazione della mancata integrazione della relativa fattispecie incriminatrice, posto che, da un'attenta analisi degli atti del giudizio e in particolare delle annotazioni di polizia giudiziaria, non vi sarebbe mai stato alcun riscontro oggettivo esterno della presunta attivita' di spaccio di cui al capo 19). 18.3. Con un terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, nella misura in cui non ha trovato applicazione la richiamata ipotesi lieve. Nel caso di specie, infatti, la quantita' di cocaina, pari a 100 grammi, e di marijuana, pari a 150 grammi, detenuta da (OMISSIS) e (OMISSIS), si sarebbe dovuta ripartire tra due soggetti; quindi, si tratterebbe di un quantitativo non particolarmente significativo perche' non lontano da quello massimo detenibile. Peraltro, sarebbe verosimile che il ricorrente avesse una piccola scorta per uso personale, e per di piu' dagli atti processuali si potrebbe desumere come la contestata condotta di cessione, mai provata, se esistente sarebbe certamente marginale rispetto al consumo personale da parte dell'imputato che svolgerebbe normale attivita' lavorativa, come dimostrato dalla circostanza che il (OMISSIS) aveva importanti debiti nei confronti di (OMISSIS); in senso convergente deporrebbero poi le modalita', le circostanze e i mezzi dell'azione delittuosa, che non desterebbe alcun allarme sociale trattandosi di un'attivita' di spaccio assolutamente modesta e limitata, realizzata senza predisposizione di mezzi specifici e soprattutto in assenza di comprovati traffici persistenti. 19. Avverso la sentenza (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto, con un unico atto, ricorsi per Cassazione, chiedendone l'annullamento. 19.1. Con un primo e un secondo motivo di ricorso, si lamentano la violazione degli articoli 3, 24 e 111 Cost., articolo 125 c.p.p., comma 1, articolo 190 c.p.p., comma 1, e articolo 178 c.p.p., nonche' la violazione degli articoli 24, 101 e 102 Cost. e articolo 416 c.p.p., comma 2, e la mancanza ed illogicita' della motivazione. La difesa lamenta che - pur tempestivamente investito della questione preliminare relativa all'inutilizzabilita' delle intercettazioni telefoniche, in quanto i decreti autorizzativi consentivano il compimento delle operazioni per mezzo degli impianti installati "in questa Procura della Repubblica", mentre risultava dai verbali di inizio intercettazione che le operazioni erano state compiute "presso la sala d'ascolto della Compagnia Carabinieri di (OMISSIS) a mezzo degli impianti ivi installati" - il Gup decideva su tale questione in sentenza: quindi, dopo aver ammesso gli imputati al rito abbreviato secco e aver ammesso l'acquisizione documentale richiesta dal Pubblico Ministero, relativamente a 41 note redatte dal funzionario responsabile, dalle quali si evincerebbe che la registrazione avveniva tramite server ubicati nella citta' di Lecce e che presso la stazione dei Carabinieri di Tricase si sarebbe verificato il solo ascolto delle conversazioni intercettate. Si sviluppano, sul punto, argomentazioni analoghe a quelle dei coimputati. 19.2. Con un terzo motivo di ricorso, si denuncia il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento, con riferimento alla posizione processuale di (OMISSIS), della connivenza non punibile. Piu' nel dettaglio, la difesa lamenta che la motivazione della sentenza impugnata risulterebbe insufficiente e in contrasto con gli orientamenti della giurisprudenza di legittimita', perche' sarebbe ritenuta idonea a integrare la connivenza una condotta meramente passiva, consistente nell'assistenza inerte, inidonea ad apportare un contributo causale alla realizzazione dell'illecito, di cui pur si conosca la sussistenza. Esaminando le intercettazioni telefoniche e lo stesso verbale di osservazione, emergerebbe una condotta del predetto ricorrente qualificabile come assistenza inerte e senza iniziative: infatti, il suo ruolo sarebbe stato quello di esecutore privo di autonomia decisionale. 19.3. Con una quarta doglianza, si lamenta il vizio di motivazione in relazione alla posizione processuale di (OMISSIS). Secondo la ricostruzione difensiva, la motivazione risulterebbe contraddittoria e apparente rispetto alle risultanze investigative da cui emergerebbe che la responsabilita' del (OMISSIS) e' circoscrivibile a quella di un mero intermediario, come dimostrano le intercettazioni che attestano che il predetto imputato avrebbe restituito la cocaina dopo averla acquistata dai fornitori di (OMISSIS) e avrebbe discusso in ordine al pagamento della sostanza stupefacente. 19.4. Si lamenta, poi, il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. La Corte di appello non avrebbe sopperito all'omessa indicazione da parte del Gup degli elementi individualizzanti dai quali ritenere gli imputati non meritevoli della concessione di predetto beneficio. Piu' nel dettaglio, la motivazione sulla concedibilita' delle attenuanti generiche non sarebbe dovuta ruotare esclusivamente sui precedenti penali degli imputati ma avrebbe dovuto considerare anche il comportamento processuale collaborativo ed improntato alla definizione del processo. Inoltre, in ordine alla posizione processuale del (OMISSIS), avrebbe dovuto tener conto anche del ruolo marginale da esso ricoperto nella commissione del fatto. 20. Avverso la sentenza (OMISSIS) ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. 20.1. Con un primo motivo, si denunciano la violazione dell'articolo 192 c.p.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, nonche' il connesso vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta condotta di partecipazione al sodalizio contestato al capo A) dell'imputazione. La difesa lamenta che - dal confronto tra i dati probatori, valorizzati nella sentenza impugnata in ordine alla condotta di partecipazione contestata, e la riconducibilita' degli stessi al ricorrente - emerge la carenza strutturale di una condotta di partecipazione dello stesso al sodalizio contestato, in particolare in termini di stabilita', organicita' e dolo di partecipazione: nel caso di specie, l'ipotizzato apporto fornito dal ricorrente sarebbe stato limitato nel tempo, ossia dal 5 aprile 2016 al 27 ottobre 2016, a fronte di un arco temporale che avrebbe visto operare l'associazione de qua dall'aprile 2016 al maggio 2017, con permanenza. La Corte di appello avrebbe fondato il proprio iter motivazionale sulla base di un contributo del ricorrente, definito ampio ed articolato, in quanto si e' ritenuto che si occupasse del procacciamento delle schede telefoniche da utilizzare, nonostante il rifornitore delle stesse fosse un soggetto terzo, (OMISSIS), a cui (OMISSIS) richiedeva, in modo autonomo, venti schede. Infatti, dai messaggi intercorsi tra (OMISSIS) e (OMISSIS) e dalle intercettazioni ambientali, si evidenzia l'inesistenza di qualsivoglia vincolo di carattere stabile tra l'imputato e il sodalizio contestato. Inoltre, emergerebbe l'assoluta mancanza di coinvolgimento del ricorrente nei rapporti con il canale barese di approvvigionamento dello stupefacente, nonche' in relazione all'attivita' di reperimento dei luoghi per l'occultamento dello stupefacente e della relativa custodia, in quanto il ricorrente risulterebbe assolutamente assente: infatti, i giudici di merito sarebbero pervenuti a un convincimento della partecipazione dello stesso solo in virtu' dei rapporti con il canale brindisino e della contestazione dei reati-fine, mancando qualsiasi dato probatorio sul punto, cosi' rendendo viziata la motivazione resa. Dalla stessa motivazione della Corte di appello emergerebbero ulteriori elementi che delineano il contributo del ricorrente come privo dei caratteri necessari di stabilita', permanenza del vincolo e organicita': in sentenza si afferma che (OMISSIS) e' stato correttamente ritenuto solo un semplice partecipe dell'organizzazione, nonostante la mancanza di coinvolgimento dello stesso nella gran parte dei reati-scopo attribuibili al sodalizio; l'esclusione dell'aggravante soggettiva della disponibilita' di armi. 20.2. Con un secondo motivo, si lamentano la violazione di legge nonche' il vizio di motivazione, con riferimento ai capi 1), 2), 3), 4) e 6), sia in ordine alla corretta valutazione della prova ai sensi dell'articolo 192 c.p.p., sia in ordine alla mancata riqualificazione delle contestazioni mosse al capo 2) della rubrica nei termini di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, e ai capi 3), 4) e 6) della rubrica nei termini di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5. La Corte di appello avrebbe omesso, in ordine ai fatti contestati al capo 1) di imputazione, qualsivoglia valutazione in merito alla penale responsabilita' dell'imputato, sebbene le argomentazioni difensive avessero evidenziato un quadro probatorio connotato da una obiettiva incertezza sull'apporto concorsuale fornito. Infatti, vi sarebbe stata l'omessa valutazione di un dato incontrovertibile: rispetto all'unica transazione, oggetto di contestazione al predetto capo, realizzatasi in data 21 luglio 2016 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), i contributi offerti da (OMISSIS) sono individuabili solo in date successive, per cui sono del tutto estranei alla tipicita' delineata dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1. Parimenti illogica e' - per il ricorrente - la motivazione della sentenza impugnata in relazione al capo 2) della rubrica, che ha omesso la riqualificazione del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, visto che le ipotesi di cessione ivi contestate riguarderebbero sostanza stupefacente del tipo hashish. In ordine al capo 3) dell'imputazione, la motivazione della sentenza impugnata escluderebbe la configurabilita' dell'ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, nonostante si tratti di modiche quantita' di sostanza stupefacente cedute, omettendo qualsiasi valutazione in merito alla totale estraneita' di (OMISSIS) nell'episodio di cessione contestato ed avvenuto alla sola presenza di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). In ordine fatti contestati al capo 4) di imputazione, la Corte di appello incorrerebbe in una motivazione illogica e scarna a fronte di una reiterata consegna di quantitativi di eroina, compatibili con la fattispecie di lieve entita': occorre evidenziare come, secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, il carattere reiterato di una condotta di cessione non e' di per se' sufficiente a precludere la configurabilita' della fattispecie di cui all'articolo 73, comma 5, citato. In al capo 6) dell'imputazione, la motivazione addotta dai giudici di merito sembrerebbe del tutto sconnessa rispetto al predetto insegnamento della giurisprudenza di legittimita', per cui la reiterazione delle consegne non e' ostativa alla riqualificazione di cui all'articolo 73, comma 5. Inoltre, si ometterebbe di considerare che per i medesimi fatti (OMISSIS) e' stato destinatario di una riqualificazione dei fatti nell'ipotesi predetta. 20.3. Con una terza doglianza, si lamentano la violazione di legge e il vizio di motivazione, in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti di cui all'articolo 62-bis c.p. nella loro massima estensione, anche in virtu' dell'esclusione dell'aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 4, nonche' in relazione alla necessaria riduzione degli aumenti combinati ai sensi dell'articolo 81 c.p. e della corretta qualificazione giuridica delle contestazioni mosse ai capi 2), 3), 4) e 6) dell'imputazione nei termini di cui alla doglianza precedente. Non si sarebbero valutati lo status di totale incensuratezza del ricorrente, il brevissimo contributo associativo contestato e lo svolgimento di un'ininterrotta attivita' lavorativa. 21. Nell'interesse di (OMISSIS) sono stati proposti due distinti ricorsi per cassazione. 21.1. Il primo, a firma dell'avv. (OMISSIS), e' articolato in tre motivi. 21.1.1. Innanzitutto, si denuncia la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 73, 74, articoli 125, 192 c.p.p., articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), articolo 533 c.p.p. e articolo 110 c.p., oltre che il vizio di motivazione nella misura in cui non sarebbe stata fornita un'adeguata risposta alle censure sollevate con l'atto di appello. Piu' precisamente, l'imputato sarebbe stato condannato essendo stato riconosciuto il suo ruolo di fornitore brindisino nell'arco temporale, assai limitato, compreso tra il 19 luglio 2016 e il 27 ottobre 2016, senza che sia stata lui contestata alcuna specifica condotta partecipativi; dunque sarebbe stata applicata la fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 in luogo del concorso di persone, a fortiori ove si consideri che nei confronti del secondo fornitore brindisino, (OMISSIS), la soluzione adottata sarebbe stata quella di ritenerlo responsabile solo di una fattispecie continuata di violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, con esclusione di quella associativa, pur fondandosi l'accusa mossa nei confronti di entrambi sugli stessi identici risultati probatori, consistenti negli esiti degli accertamenti della polizia giudiziaria, mancando invece qualsiasi sequestro di sostanze stupefacenti, denaro o altro. Tale contraddittorieta', denunciata con l'atto di appello, non avrebbe ricevuto adeguata risposta ne' nella motivazione della sentenza di secondo grado ne', a monte, in quella di primo, infatti non si sarebbe spiegato come si sia attribuito l'uso di una certa utenza telefonica a (OMISSIS), cosi' come lo scambio di comunicazioni con (OMISSIS) e (OMISSIS), si siano ricondotti i riferimenti al figlio nelle conversazioni del 19 luglio 2016 - intercorse tra (OMISSIS) e (OMISSIS) - sempre al (OMISSIS), si sia sostenuta la responsabilita' di quest'ultimo quale correo nei fatti di reato di cui al capo 1) che altro non rappresenterebbero che la contestata condotta di partecipazione al sodalizio dedito al traffico di droga di cui al capo A), ma si sia proceduto ad assolvere (OMISSIS) e a condannare il (OMISSIS) che verserebbe in identica posizione processuale. Tra le altre circostanze, dedotte con l'atto di appello e rispetto alle quali sarebbe stata omessa ogni valutazione nella motivazione della sentenza impugnata si annoverano ancora: le presunte condotte illecite del ricorrente si limiterebbero a quanto emerge nelle intercettazioni del 19 luglio 2016, visto che gli ulteriori risultati probatori sarebbero riferiti alla posizione di (OMISSIS); l'imputato sarebbe stato assente dall'Italia dall'inizio sino alla meta' dell'ottobre 2016, da qui l'indisponibilita' da parte di costui del cellulare in questione; la riferibilita' della somma di Euro 10.000,00 consegnata a (OMISSIS) all'inizio dell'incontro del 19 luglio 2016, non per la fornitura di droga ma per altre situazioni commerciali in essere con tale (OMISSIS); i messaggi in partenza dall'utenza non sarebbero mai stati scritti in prima persona plurale ma in prima persona singolare; i messaggi in entrata sarebbero tutti indirizzati ad una singola persona; l'incontro del 10 ottobre 2016 sarebbe stato fissato presso l'abitazione di un fornitore; gli inquirenti avrebbero affermato che l'utenza sarebbe stata utilizzata da chi ha venduto l'auto a (OMISSIS), che non sarebbe (OMISSIS) ma (OMISSIS), atteso che in un messaggio il (OMISSIS) aveva fissato un incontro per i conti e per l'auto, come si darebbe atto nelle sentenze di primo e secondo grado; i colloqui captati dagli inquirenti non avrebbero permesso di lumeggiare la figura del ricorrente come quella di un partecipe che dava un contributo indispensabile di natura stabile e permanente alla vita del sodalizio in cui lo stesso si era consapevolmente, sistematicamente e con permanenza inserito, risolvendosi il tutto nell'unico episodio contestato del 19 luglio 2016. Da quanto precede deriverebbe anche la violazione dell'articolo 533 c.p.p., ovvero della regola di giudizio dell'oltre ogni ragionevole dubbio. 21.1.2. Con una seconda censura, si lamenta la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 73, 74, articoli 125, 192 c.p.p., articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), articolo 533 c.p.p. e articolo 110 c.p., oltre che il vizio di motivazione nella misura in cui e' stata ritenuta provata la penale responsabilita' del ricorrente anche con riferimento ai singoli episodi delittuosi di cui al capo 1), omettendo, per converso, di fornire adeguata spiegazione alle specifiche doglianze formulate nell'atto di appello. Piu' specificatamente, le conversazioni intercettate illustrerebbero una realta' differente, poiche', pur parlandosi in esse di droga, della stessa non sarebbe stata acquisita alcuna prova a carico del ricorrente. L'unica prova a suo carico discenderebbe dal contenuto della conversazione intercettata il 19 luglio 2016; quanto invece all'incontro del 10 agosto 2016 in Brindisi tra i brindisini e il (OMISSIS), esso riguarderebbe la vendita dell'auto di (OMISSIS) a (OMISSIS) e non la cessione di droga; il viaggio di (OMISSIS) e (OMISSIS) del 23 agosto a Brindisi nulla apporterebbe alla versione accusatoria, atteso che i predetti non sarebbero stati sottoposti a perquisizioni e giammai sarebbe stata rinvenuta sostanza stupefacente nella loro disponibilita'; la circostanza, poi, che (OMISSIS) abbia festeggiato il suo compleanno il (OMISSIS) dimostrerebbe la sua assenza dal territorio italiano. In altri termini, mancherebbe la prova del tipo di sostanza effettivamente ceduta, dell'efficacia drogante dello stupefacente non essendo stato operato alcun sequestro; inoltre, mancherebbero intercettazioni telefoniche dal contenuto sufficientemente esplicito. La ricostruzione difensiva sarebbe avvalorata dall'allegazione di documenti - che la difesa sostiene di aver effettuato - ad un foglio citato nell'atto di appello, con cui si sarebbe dimostrato che la somma di Euro 10.000,00, come indicato da (OMISSIS) nell'interrogatorio di garanzia, sarebbe stata attinente alla vendita di gioielli ed argenteria dal ricorrente a (OMISSIS). Anche per quanto concerne il capo 1) dell'imputazione, in assenza di qualsiasi prova certa circa l'avvenuto scambio di droga o denaro tra (OMISSIS) e l'odierno ricorrente, si sarebbe violato il principio del ragionevole dubbio. 21.1.3. In terzo luogo, si censura la violazione dell'articolo 62-bis c.p., per la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche. Infatti, tanto in primo quanto in secondo grado, si sarebbe omesso di considerare che le quantita' di stupefacente, nel caso di specie, sarebbero asserite e non dimostrate, mancando il sequestro della sostanza stupefacente di cui si conversa nelle intercettazioni, che avrebbe permesso di verificare qualita', quantita' e percentuale di principio attivo; inoltre non si sarebbe adeguatamente considerato che il ricorrente avrebbe avuto scarse operativita' e fattualita', nonche' certamente una posizione non di rilievo nella presente vicenda, circoscritta a limitati e sporadici episodi ai margini dell'ipotizzato gruppo criminale. Inoltre, al termine della discussione, all'udienza del 13 luglio 2021, sarebbe stata prodotta documentazione medica relativa alle condizioni psico-fisiche del ricorrente, accompagnata da una nota. Seppure dal verbale non risulti un formale provvedimento di acquisizione della documentazione, la stessa dovrebbe ritenersi sostanzialmente avvenuta, in primo luogo perche' la documentazione non e' stata restituita alla difesa e, in secondo luogo, in considerazione del fatto che della produzione si da' atto al foglio 16 della gravata sentenza. Dunque, il giudice di secondo grado sarebbe stato tenuto ad esaminare i documenti indicati in quanto indubbiamente rilevanti ai fini della determinazione e della quantificazione della sanzione, bilanciando la pena rispetto alla sofferenza e alla depressione, quali sintomi di consapevolezza dei propri errori, manifestati dal ricorrente, attraverso l'unico strumento possibile, ossia le circostanze attenuanti generiche. 21.2. Il secondo ricorso, a firma dell'avv. (OMISSIS), e' affidato a quattro motivi. 21.2.1. Con una prima censura, si lamenta il vizio di motivazione in ordine sia alla configurazione della condotta materiale che dell'elemento soggettivo del delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Quanto a questo secondo elemento, il giudice di secondo grado si sarebbe espresso in termini totalmente generici, limitandosi a citare soltanto alcuni passaggi delle intercettazioni e omettendo di confrontarsi con altri che viceversa darebbero atto del ruolo marginale svolto dal (OMISSIS): infatti, i riferimenti effettuati dagli interlocutori non sarebbero al ricorrente ma al figlio, identificato in sentenza con (OMISSIS), e proprio da questi discenderebbe che il rapporto contrattuale non fosse tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS), ma tra quest'ultimo e il (OMISSIS); tale profilo, secondo la Corte di appello, sarebbe giustificato dalla circostanza che tra i due vi fosse piena interscambiabilita' di ruoli, omettendo pero' di considerare che (OMISSIS) sia stato assolto dal reato associativo a differenza di quanto avvenuto per (OMISSIS). Ad ogni buon conto, la motivazione risulterebbe altresi' contraddittoria e carente sempre con riferimento alla ricorrenza dei due elementi della continuita' dei rapporti e della consapevolezza di essi, in quanto il giudice di secondo grado avrebbe omesso di confrontarsi con ulteriori circostanze emergenti in atti: mancherebbe la prova diretta della consegna della sostanza stupefacente oggetto delle intercettazioni del 19 luglio 2016; secondo la Corte di appello la stessa discenderebbe dal fatto che nell'intercettazione si farebbe riferimento al dato che il trasporto sarebbe avvenuto con una moto e che due giorni dopo, il 21 luglio 2016, in un'intercettazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS), il primo comunicava che la moto era tornata, ma rispetto alla presunta consegna della sostanza la Corte ometterebbe di misurarsi con l'assenza di qualsivoglia contatto tra i presunti fornitori brindisini e il (OMISSIS); vi sarebbe un'evidente discrasia nella tempistica tra l'attivita' dell'associazione e il contributo offerto dal (OMISSIS), a fronte di un'associazione che opererebbe sul territorio dal maggio 2016 al maggio 2017, il rapporti tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS) si registrerebbero soltanto da luglio ad ottobre 2016, tale circostanza andrebbe ad elidere in radice la parte motivazionale della sentenza laddove i giudici parlerebbero di fisso canale di approvvigionamento; sarebbe stata omessa la circostanza che il (OMISSIS) non sarebbe risultato intestatario di alcuna utenza dedicata, contrariamente al (OMISSIS), correo assolto dal reato associativo. Quindi il ricorrente non si sarebbe inserito all'interno dell'associazione dedita al traffico di stupefacenti ma, tuttalpiu', potrebbe essere chiamato a rispondere di singole condotte di cessione. 21.2.2. Si lamenta, poi, la violazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 2, e articolo 530 c.p.p., comma 2, oltre al vizio di motivazione, nella parte in cui sarebbero stati violati i criteri concernenti la valutazione della prova per l'affermazione della responsabilita' penale, con specifico riferimento ai fatti di cui al capo 1) dell'imputazione, fondata esclusivamente sulla base dei risultati di intercettazioni telefoniche ed ambientali. Infatti, le conversazioni captate ed utilizzate avrebbero un contenuto tutt'altro che esplicito ma piuttosto ambiguo ed indefinibile, pertanto non sarebbero in grado di giustificare l'affermazione di responsabilita' penale, a fortiori alla luce delle deduzioni difensive. In particolare si sostiene che: nei messaggi che si sarebbero scambiati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), riguardo al debito del secondo, si fa esplicito riferimento, quale causa del debito, alla vendita di un' autovettura; il (OMISSIS) ha agito in piena autonomia; l'unico incontro accertato tramite il servizio di osservazione, controllo e pedinamento delle forze di polizia e' quello del 27 ottobre 2016, quando (OMISSIS) si e' recato presso l'abitazione di (OMISSIS); sugli altri incontri non vi sono invece accertamenti; la frase "la moto e' tornata" pronunciata da (OMISSIS) a (OMISSIS) nell'intercettazione n. 733 del 21 luglio 2016 e' estrapolata da una lunga conversazione in cui i due parlano di tale (OMISSIS) e di schede telefoniche e non si fa riferimento all'eventuale fornitura di sostanza da parte del (OMISSIS); nessun contatto e' stato captato tra (OMISSIS) o (OMISSIS) e la persona che avrebbe trasportato la sostanza ( (OMISSIS)), per la consegna della medesima. 21.2.3. In terzo luogo, ci si duole della violazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 2, e del conseguente vizio di motivazione nella parte in cui la Corte ha escluso la qualificazione giuridica del fatto nell'ipotesi lieve di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, in mancanza di un accertamento sulla sostanza oggetto di scambio e, quindi, sulla natura, sulla qualita', sulla quantita' e sul numero di dosi estraibili. 21.2.4. Con una quarta censura, si contesta la violazione dell'articolo 62-bis c.p. laddove e' stata negata la concessione delle circostanze attenuanti generiche omettendo di valutare tutti quegli elementi rilevanti per una commisurazione adeguata dalla pena al caso concreto, senza rilevare che i precedenti dell'imputato sarebbero molto risalenti e omettendo di valutare altri aspetti della personalita' e della vita del (OMISSIS) emersi nel corso del procedimento. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Va premesso che la quasi totalita' delle censure - all'esame delle quali si procedera' con riferimento alle posizioni dei singoli imputati - sono inammissibili perche' dirette, con argomentazioni in parte generiche e in parte manifestamente infondate, ad ottenere una rivalutazione di elementi gia' presi adeguatamente in considerazione dai giudici di merito, riducendosi ad una mera contestazione delle risultanze emerse dalla motivazione, senza la prospettazione di elementi puntuali, precisi e di immediata valenza esplicativa tali da dimostrare un'effettiva carenza motivazionale su punti decisivi del gravame (ex plurimis, Sez. 5, n. 34149 del 11/06/2019, Rv. 276566; Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rv. 276970). Nella maggior parte dei casi, a fronte della ricostruzione e della valutazione della Corte di appello, i ricorrenti non offrono la compiuta rappresentazione e dimostrazione, di alcuna evidenza (pretermessa ovvero infedelmente rappresentata dal giudicante) di per se' dotata di univoca, oggettiva e immediata valenza esplicativa, tale, cioe', da disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo della decisione impugnata, per l'intrinseca incompatibilita' degli enunciati. 1.1. Deve ricordarsi, in punto di diritto, che la rilevabilita' del vizio di motivazione soggiace alla verifica del rispetto delle seguenti regole: a) il vizio deve essere dedotto in modo specifico in riferimento alla sua natura (contraddittorieta' o manifesta illogicita' o carenza), non essendo possibile dedurre il vizio di motivazione in forma alternativa o cumulativa; infatti non puo' rientrare fra i compiti del giudice della legittimita' la selezione del possibile vizio genericamente denunciato, pena la violazione dell'articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera c), (ex plurimis, Sez. 2, n. 39138 del 10/09/2019; Sez. 2, n. 37298 del 28/06/2019); b) per il disposto dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), il vizio della motivazione deve essere desumibile dalla lettura del provvedimento impugnato, nel senso che esso deve essere "interno" all'atto-sentenza e non il frutto di una rivisitazione in termini critici della valutazione del materiale probatorio, perche' in tale ultimo caso verrebbe introdotto un giudizio sul merito valutativo della prova che non e' ammissibile nel giudizio di legittimita': di qui discende, inoltre, che e' onere della parte indicare il punto della decisione che e' connotata dal vizio, mettendo in evidenza nel caso di contraddittorieta' della motivazione i diversi punti della decisione dai quali emerga il vizio denunciato che presuppone la formulazione di proposizioni che si pongono in insanabile contrasto tra loro, si' che l'accoglimento dell'una esclude l'altra e viceversa (ex plurimis, Sez. 2, n. 11992 del 10/04/2020; Sez. 2, n. 20677 dell'11/04/2017, Rv. 270071); c) il vizio di motivazione deve presentare il carattere della essenzialita', nel senso che la parte deducente deve dare conto delle conseguenze del vizio denunciato rispetto alla complessiva tenuta logico-argomentativa della decisione. Infatti, sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', la stessa illogicita' quando non manifesta, cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (ex plurimis, Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021; Sez. 6, n. 2972 del 04/12/2020, dep. 2021, Rv. 28058902). 1.1.1. Inoltre, in tema di impugnazione, il requisito della specificita' dei motivi implica, a carico della parte impugnante, non soltanto l'onere di dedurre le censure che intenda muovere in relazione ad uno o piu' punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi fondanti le censure medesime, al fine di consentire al giudice di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (ex plurimis, Sez. 6, n. 17372 del 08/04/2021, Rv. 281112). Ne consegue che il ricorrente che intende denunciare contestualmente, con riguardo al medesimo capo o punto della decisione impugnata, i tre vizi della motivazione deducibili in sede di legittimita' ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), ha l'onere - sanzionato a pena di a-specificita', e quindi di inammissibilita', del ricorso - di indicare su quale profilo la motivazione asseritamente manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali manifestamente illogica, non potendo attribuirsi al giudice di legittimita' la funzione di rielaborare l'impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dei motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio, in quanto i motivi aventi ad oggetto tutti i vizi della motivazione sono, per espressa previsione di legge, eterogenei ed incompatibili, quindi non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento ad un medesimo segmento della motivazione (ex plurimis, Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, Rv. 277518). Inoltre, deve ricordarsi, che la mancanza di specificita' del motivo va ritenuta non solo per la sua indeterminatezza, ma anche per la mancata correlazione tra le ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non puo' ignorare le esplicitazioni del giudice censurato. Pertanto, e' inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l'atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicita' della motivazione (ex plurimis, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rv. 276970; Sez. 3, n. 44882 del 18/08/2014, Rv. 260608; Sez. 2, n. 29108 del 15/07/2011). 1.1.2. Parimenti, e' inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell'articolo 192 c.p.p., anche se in relazione all'articolo 125 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), per censurare l'omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all'ammissibilita' delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullita' (Sez. U., n. 29541 del 16/07/2020, Rv. 280027 - 04). 1.2. Tali principi trovano applicazione anche in relazione al sindacato sui vizi della motivazione relativa alla determinazione della pena e alla valutazione delle circostanze. 1.2.1. La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalita' del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, e' sufficiente che dia conto dell'impiego dei criteri di cui all'articolo 133 c.p. con espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure con il richiamo alla gravita' del reato o alla capacita' a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (ex multis, Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243). 1.2.2. Inoltre, al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente (ex plurimis, Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Rv. 279549 - 02; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Rv. 259899). 1.2.3. In terzo luogo, va ricordato che, ai fini della determinazione della pena, il giudice puo' tenere conto piu' volte del medesimo dato di fatto sotto differenti profili e per distinti fini senza che cio' comporti lesione del principio del ne bis in idem (ex plurimis, Sez. 3, n. 17054 del 13/12/2018, dep. 2019, Rv. 275904 - 03; Sez. 2, n. 24995 del 14/05/2015, Rv. 264378; Sez. 2, n. 933 del 11/10/2013, dep. 2014, Rv. 258011). 1.3. Nell'approcciarsi alla disamina che seguira', deve infine richiamarsi il costante insegnamento di questa Suprema Corte, secondo il quale, in presenza di un articolato compendio probatorio, non e' consentito limitarsi ad una valutazione atomistica e parcellizzata dei singoli elementi, ne' procedere ad una mera sommatoria di questi ultimi, ma e' necessario, preliminarmente, valutare i singoli elementi indiziari per verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti) e l'intrinseca valenza dimostrativa (di norma possibilistica) e successivamente procedere ad un esame globale degli elementi certi, per accertare se la - astratta - relativa ambiguita' di ciascuno di essi isolatamente considerato, possa in una visione unitaria risolversi, consentendo di attribuire il reato all'imputato "al di la' di ogni ragionevole dubbio" e cioe', con un alto grado di credibilita' razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all'ordine naturale delle cose e della normale razionalita' umana (ex multis, Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, dep. 2021, Rv. 280605 - 02; Sez. 1, n. 20461 del 12/04/2016, Rv. 266941; Sez. 1, n. 44324 del 18/04/2013, Rv. 258321). 1.3.1. A questo proposito, occorre ulteriormente rilevare - basandosi tutti i ricorsi, in misura piu' o meno estesa, su una richiesta di nuova valutazione delle risultanze probatorie - che l'interpretazione e la valutazione del contenuto di queste costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita', se non nei limiti della manifesta illogicita' ed irragionevolezza della motivazione (ex plurimis, Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Rv. 282337; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, Rv. 268389; Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Rv. 263715; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Rv. 257784). Con specifico riferimento all'interpretazione delle risultanze delle intercettazioni delle conversazioni ambientali e telefoniche, il giudice di merito e' libero di ritenere che l'espressione adoperata assuma, nel contesto della conversazione, un significato criptico, specie allorche' non abbia alcun senso logico nel contesto espressivo in cui e' utilizzata ovvero quando emerge, dalla valutazione di tutto il complesso probatorio, che l'uso di un determinato termine indica altro, anche tenuto conto del contesto ambientale in cui la conversazione avviene (Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, Rv. 267650). Inoltre, deve ricordarsi che, nell'attribuire significato ai contenuti delle intercettazioni, il giudice del merito deve dare mostra dei criteri adottati per attribuire un significato piuttosto che un altro. E tale iter argomentativo e' certamente censurabile in cassazione, ma soltanto ove si ponga al di fuori delle regole della logica e della comune esperienza mentre e' possibile prospettare una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformita' risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 5, n. 1532 del 09/09/2020). 1.3.2. Con particolare riferimento al caso di conversazioni intercorse tra l'imputato e altri soggetti intranei alla medesima associazione, inconsapevoli della captazione in corso, le stesse non sono assimilabili a dichiarazioni "de relato", soggette a verifica di attendibilita' della fonte primaria, ma hanno valore di prova diretta, in quanto i loro contenuti sono frutto di un patrimonio condiviso, derivante dalla circolazione, all'interno del sodalizio, di informazioni e notizie relative a fatti di interesse comune degli associati (ex plurimis, Sez. 2, n. 49082 del 17/04/2018, Rv. 274808). E va esclusa la necessita' di riscontri ai sensi dell'articolo 192 c.p.p., comma 3, nel caso di intercettazioni telefoniche captate fra terzi, dalle quali emergano elementi di accusa nei confronti dell'indagato, fatto salvo l'obbligo del giudice di valutare il significato delle conversazioni intercettate secondo criteri di linearita' logica (ex plurimis, Sez. 5, n. 48286 del 12/07/2016, Rv. 268414). Infine, va rilevato che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, (ex plurimis, Sez. U., n. 22471 del 26/02/2015, Rv. 263714). 2. Le considerazioni appena svolte si attagliano pienamente al ricorso proposto da (OMISSIS), il quale e' inammissibile. 2.1. Il primo motivo - con cui si lamenta la violazione dell'articolo 192 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), - e' inammissibile perche' diretto, con argomentazioni in parte generiche e in parte manifestamente infondate, ad ottenere una rivalutazione di elementi gia' presi adeguatamente in considerazione dai giudici di merito, riducendosi ad una mera contestazione delle risultanze emerse dalla motivazione, senza la prospettazione di elementi puntuali, precisi e di immediata valenza esplicativa tali da dimostrare un'effettiva carenza motivazionale su punti decisivi del gravame. 2.1.1. Piu' dettagliatamente, la Corte di appello rende conto di come gli esiti delle indagini abbiano fornito l'inconfutabile prova della partecipazione del ricorrente all'associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, facendo emergere i rapporti istaurati da questo anche con (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre che la consapevolezza che il (OMISSIS) fosse al vertice di un sodalizio dedito al traffico di droga. Infatti, in data 14 agosto 2016 egli aveva preso appuntamento per una fornitura con il (OMISSIS) a cui, ad un certo punto, comunicava un ritardo, del quale il (OMISSIS) informava conseguentemente (OMISSIS). I movimenti di quest'ultimo sono stati monitorati attraverso il Gps e cio' ha consentito di rilevare che, all'ordine impartito da (OMISSIS), (OMISSIS) partiva da via Bottego per giungere, percorrendo strade secondarie, nel solito luogo di incontro utilizzato da (OMISSIS) ed (OMISSIS), ove peraltro anche il (OMISSIS) giungeva unitamente alla sua fidanzata (OMISSIS) tre minuti dopo avere ricevuto lo squillo di (OMISSIS) che preannunciava il suo arrivo e che veniva localizzato in (OMISSIS) nel medesimo orario e nel medesimo luogo in cui si trovavano (OMISSIS) prima e (OMISSIS) poi. I successivi messaggi tra (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno dato conferma del buon esito della cessione; e' stato ritenuto evidente, quindi, che nella circostanza (OMISSIS) ebbe a ricevere la droga da (OMISSIS), nessun'altra spiegazione potendosi dare alla richiesta del (OMISSIS); a cio' e' stato aggiunto che il tutto avveniva sotto la supervisione proprio del (OMISSIS) e della (OMISSIS). D'altro canto, se alla cessione avesse dovuto provvedere il solo (OMISSIS) non vi sarebbe stata necessita' alcuna che sul luogo dell'appuntamento giungesse anche il (OMISSIS). Inoltre, l'intercettazione degli sms e la localizzazione del Gps della vettura del (OMISSIS) hanno provato come era sempre lui a consegnare la droga il 20 agosto 2016 all' (OMISSIS) nei pressi dell'ospedale di (OMISSIS) ove questo si era recato ad accompagnare la moglie che era in stato di gravidanza. Quanto, invece, all'episodio del 23 agosto 2016, il contestuale servizio di osservazione condotto unitamente al monitoraggio degli sms sui telefoni in uso al (OMISSIS) e diretti all' (OMISSIS) ha permesso di riscontrare come (OMISSIS) e (OMISSIS), a bordo dell'auto in uso a quest'ultimo, giungevano nelle vicinanze degli impianti sportivi presenti nella zona industriale di (OMISSIS) ove era stato fissato l'appuntamento con (OMISSIS) per la consegna della fornitura; i due dialogavano con questo fuori dalle rispettive autovetture per circa 40 minuti e successivamente ripartivano. Anche il 31 agosto 2016, dopo avere concordato l'incontro per una fornitura di droga, (OMISSIS) incaricava (OMISSIS) di recarsi all'appuntamento con (OMISSIS); (OMISSIS), come sempre, un'ora prima dell'appuntamento con (OMISSIS) si recava in via (OMISSIS) per prelevare lo stupefacente che temporaneamente portava con se' presso la propria abitazione di via (OMISSIS), dalla quale ripartiva subito dopo la conversazione telefonica avuta con (OMISSIS) alle 14:33 circa, alle successive 14:41 raggiungeva via (OMISSIS) e, davanti all'ingresso dell'ospedale di (OMISSIS), incontrava (OMISSIS). Dunque, del tutto correttamente, la Corte di appello, differentemente da quanto ipotizzato dalla difesa, ne ha dedotto che il ricorrente riceveva la propria fornitura da (OMISSIS) con una certa sistematicita', dopo avere preso accordi con il (OMISSIS); egli quindi ben sapeva che quest'ultimo poteva disporre della collaborazione del secondo, ossia non puo' negarsi che l' (OMISSIS) fosse ben consapevole di muoversi all'interno di un contesto associativo. Uno scambio di messaggi intercorso fra lui e (OMISSIS) prova come tale consapevolezza vi fosse anche in chi acquistava la droga dal ricorrente medesimo; in essi, infatti, Petracca, utilizzando un linguaggio criptico che faceva riferimento ad una fantomatica ragazza, in realta' intendeva consolidare i traffici commerciali che aveva gia' con (OMISSIS) e, per il suo tramite, con l'intera organizzazione guidata da (OMISSIS). Dopo aver ribadito la sua attenzione alla puntualita' nei pagamenti e garantito il rispetto di ogni obbligo legato all'illecita attivita', dimostrava la sua vicinanza ad (OMISSIS) e ai suoi sodali richiedendo forniture piu' consistenti di narcotico; (OMISSIS), dal canto suo, accettava la proposta stabilendo un incontro per la giornata successiva. Proprio il riferimento alla famiglia, in maniera perfettamente logica, e' stato ritenuto idoneo dal giudice di secondo grado a provare la consapevolezza anche dei clienti dell' (OMISSIS) che questi si muovesse all'interno di un contesto associativo del quale voleva fare parte. 2.2. La seconda doglianza - con cui si contesta la violazione degli articoli 581 e 597 c.p.p. nonche' la mancata esclusione dell'aggravante Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74, comma 4, - e' inammissibile. Preliminarmente e' necessario puntualizzare che la Corte di appello non ha escluso in radice, per tutti i sodali e quindi sul versante oggettivo, il carattere armato dell'associazione, ma si e' limitata, in accoglimento dei motivi di appello proposti da alcuni partecipi, con cui si intendeva far valere la mancata conoscenza della detenzione di armi quindi il carattere armato dell'associazione, a non applicare, solo nei loro confronti, la contestata aggravante con conseguente rideterminazione della pena. Quanto invece alla posizione di (OMISSIS), e' necessario rilevare come manchi nell'atto di appello la specifica contestazione in ordine alla consapevolezza del carattere armato dell'associazione, non potendosi ritenere questa implicita nel generico motivo formulato in ordine alla semplice consapevolezza della partecipazione all'associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Invero, in linea generale, costituisce orientamento consolidato nella giurisprudenza di questa Corte ritenere sistematicamente non consentita la proposizione per la prima volta in sede di legittimita' di uno dei possibili vizi della motivazione, con riferimento a profili richiamabili, ma non richiamati, nell'atto di appello, sia pur collegati, come e' ovvio, all'inquadramento giuridico del fatto di reato contestato al ricorrente ed alle sue circostanze. A ritenere altrimenti, infatti, il giudice di legittimita' potrebbe disporre un annullamento del provvedimento impugnato in relazione ad un punto della decisione in ipotesi inficiato dalla mancata, contraddittoria o manifestamente illogica considerazione di elementi idonei a fondare il dedotto vizio di motivazione, ma intenzionalmente sottratti alla cognizione del giudice di appello. Riconoscendo la possibilita' di estendere il suo sindacato anche a vizi della motivazione non dedotti in appello, invero, il giudice di legittimita' sarebbe anche indebitamente chiamato ad operare valutazioni di natura fattuale funzionalmente devolute alla competenza del giudice di merito di secondo grado; dall'altro canto, sarebbe facilmente diagnosticabile in anticipo un inevitabile difetto di motivazione della sentenza impugnata, avuto riguardo al punto della decisione oggetto di appello, in riferimento ad elementi che in quella sede non avevano costituito oggetto della richiesta di verifica giurisdizionale, ma siano stati richiamati solo ex post a fondamento del ricorso per cassazione (ex plurimis, Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, Rv. 280306; Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, Rv. 279903; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Rv. 276062; Sez. 3, n. 57116 del 29/09/2017, Rv. 271869; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Rv. 270316; Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, Rv. 269368). Sintetizzando all'essenziale, non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perche' non devolute alla sua cognizione (Sez. 5, n. 28514 del 23/4/2013, Rv. 255577). Nel caso di specie, il ricorrente, per sua stessa affermazione, si e' limitato a contestare esclusivamente la sussistenza della consapevolezza della partecipazione all'associazione e non, specificatamente, l'ulteriore consapevolezza del carattere armato dell'associazione stessa; correttamente dunque il giudice di secondo grado non si e' pronunciato su tale secondo profilo e, conseguentemente, non puo' non rilevarsi come oggi la questione sia preclusa in sede di legittimita', mancando qualsiasi onere di motivazione a monte in assenza di una specifica contestazione. Analoghe conclusioni devono trarsi con riferimento all'applicazione dell'aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 3. Essa non e' stata oggetto di specifico motivo in sede di appello; quindi, deve ritenersi assente qualsiasi onere di motivazione sul punto in capo al giudice di secondo grado, il quale, comunque, operando una puntuale ricostruzione dei fatti e richiamando le numerose intercettazioni ambientali e telefoniche ove compare anche il ricorrente, non ha mancato di rilevare come risulti infondata la doglianza - formulata da altri ricorrenti - relativa al numero di partecipanti superiore a dieci, tale essendo indubbiamente risultato il numero dei sodali. 2.3. Il terzo motivo di ricorso - con cui si deduce la violazione dell'articolo 629 c.p. con riferimento al capo 25) dell'imputazione, difettando la prova degli elementi costitutivi del reato di estorsione - e' inammissibile perche' diretto, con argomentazioni in parte generiche, ottenere una rivalutazione di elementi presi adeguatamente in considerazione dai giudici di merito. Valgono sul punto le considerazioni gia' svolte sub 2.1., da intendersi come richiamate. La Corte di appello ha infatti dato conto in modo chiaro e coerente di come il reato in esame riguardi la richiesta inoltrata, con violenza e minaccia, a (OMISSIS) e alla sua famiglia, di una somma di denaro pari a Euro 600,00, quale compenso per le forniture di droga effettuate dall' (OMISSIS). Logicamente e' stato ritenuto che la natura illecita del debito derivi dalla lettura congiunta di diversi elementi: in primis lo (OMISSIS) si preoccupava del fatto che il padre non venisse a sapere nulla del debito, segno che questo non aveva origini lecite; in secondo luogo, se fosse stato di natura lecita, l' (OMISSIS) avrebbe avuto un qualsivoglia titolo per azionarlo e riceverne soddisfacimento; in terzo luogo non sono emersi rapporti di altro genere - ne' la difesa li ha addotti in appello - che costituiscano una valida alternativa lettura delle emergenze investigative; la minaccia, poi, era assolutamente idonea a coartare la volonta' dello (OMISSIS) e della madre alla luce dell'insistenza, della prospettazione di attentare anche all'incolumita' fisica della persona offesa, dei pregressi rapporti fra i due, allorquando, in analoga situazione, lo (OMISSIS) era stato malmenato dall'imputato. Circostanza, quest'ultima, che e' stata dedotta dalle dichiarazioni della madre, (OMISSIS), ma anche dall'arrendevolezza dello (OMISSIS). che, nel corso di una delle conversazioni, al fine di tranquillizzare il suo creditore, dichiarava di essere pronto a prendere anche degli schiaffi. Considerata la natura illecita del debito e tenuto conto che le minacce venivano rivolte anche ad un soggetto terzo estraneo al rapporto debitorio, ossia la madre dello (OMISSIS), correttamente si e' ritenuto che il fatto non potesse essere ascritto alla fattispecie di cui all'articolo 393 c.p., come preteso dalla difesa. In punto di diritto, infatti, deve ricordarsi che e' configurabile il delitto di estorsione, e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone, in presenza di una delle seguenti condizioni relative alla condotta di esazione violenta o minacciosa di un credito: a) la sussistenza di una finalita' costrittiva dell'agente, volta non gia' a persuadere ma a costringere la vittima, annullandone le capacita' volitive; b) l'estraneita' al rapporto contrattuale di colui che esige il credito, il quale agisca anche solo al fine di confermare ed accrescere il proprio prestigio criminale attraverso l'esazione con violenza e minaccia del credito altrui; c) la condotta minacciosa e violenta finalizzata al recupero del credito sia diretta nei confronti non soltanto del debitore ma anche di persone estranee al sinallagma contrattuale (ex plurimis, Sez. 2, n. 5092 del 20/12/2017, dep. 2018, Rv. 272017; Sez. 2, n. 11453 del 17/02/2016, Rv. 267123; Sez. 2, n. 44657 del 08/10/2015, Rv. 265316). Nel caso di specie la Corte di appello, perfettamente in linea con la richiamata giurisprudenza, ha evidenziato come non potesse dirsi che l' (OMISSIS) avesse un titolo e men che meno che potesse eventualmente azionarlo nei confronti della madre dello (OMISSIS) cui egli si era rivolto per il soddisfacimento della sua pretesa, specificando ancora che ove l'origine fosse stata lecita, l'aver tentato il soddisfacimento con minaccia nei confronti della madre, terza estranea rispetto al rapporto debitorio che non aveva assunto alcuna garanzia ne' scritta ne' di fatto per il debito del figlio, integra comunque l'ipotesi estorsiva; e' stato infatti escluso che la (OMISSIS) avesse mai assunto volontariamente la posizione di garante, mentre la sua condotta era chiaramente diretta ad evitare che il figlio subisse le conseguenze, in termini di incolumita' fisica, derivanti dal suo inadempimento. Se ella ad un certo punto ammetteva che avrebbe provveduto personalmente all'estinzione, cio' avveniva solo a seguito delle minacce subite per far tacitare i propositi criminosi dell' (OMISSIS) che gia' in passato aveva malmenato il figlio; giammai quindi questa partecipo' alla genesi del rapporto obbligatorio e in nessuna occasione assunse la posizione debitoria del figlio. In considerazione di quanto sopra, anche ove la natura del credito fosse stata lecita, la condotta assunta nei suoi confronti, terza estranea al rapporto obbligatorio, correttamente e' stata ritenuta elemento costitutivo del reato di estorsione. 2.4. Il quarto motivo di ricorso - con cui si censura la violazione degli articoli 62-bis e 81 c.p. - e' parimenti inammissibile. Quanto al primo, la Corte territoriale ha riconosciuto l'assenza di elementi positivi che potessero giustificare la concessione delle invocate circostanze attenuanti generiche, aggiungendo che il ricorrente non ha mai assunto un atteggiamento collaborativo o anche solo ammissivo e non ha mai provveduto a risarcire il danno; per contro e' stato evidenziato come sussistessero elementi di segno contrario, che hanno correttamente indotto al rigetto della richiesta delle attenuanti generiche: il certificato del casellario giudiziale e' stato ritenuto particolarmente illuminante circa la personalita' negativa dell' (OMISSIS), avendo egli riportato diverse condanne, di cui tre per il medesimo titolo di reato. Quanto invece agli aumenti di pena a titolo di continuazione, e' stato considerato che in primo grado il giudice, a fronte della gravita' del reato estorsivo le cui modalita' sono risultate particolarmente invasive e dolorose avendo interessato anche la madre della vittima, si e' limitato ad indicare un aumento pari a soli 6 mesi di reclusione e che per ciascuno degli episodi di spaccio la stessa e' stata contenuta in 3 mesi di reclusione; conseguentemente la pena irrogata e' stata ritenuta congrua ed equa, anche tenendo conto del fatto che e' stato omesso qualsivoglia aumento per la contestata aggravante dall'essere l'associazione formata da piu' di dieci persone. 3. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. 3.1. Il primo motivo di doglianza, con il quale si denunciano - la violazione di legge con riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e all'articolo 192 c.p.p., comma 2, ed il vizio di motivazione del provvedimento impugnato - e' inammissibile. La difesa si e' limitata a sottoporre una serie di aspetti esclusivamente valutativi della vicenda in esame, e pertanto preclusi al sindacato di questa Suprema Corte. In ogni caso, deve essere considerata logica e coerente la valutazione degli elementi probatori operata dalla Corte di appello, da cui emerge come la droga acquistata dall'imputato non potesse essere utilizzata dallo stesso per il mero consumo personale, attraverso il richiamo puntuale a conversazioni telefoniche captate, nelle quali il (OMISSIS), rivolgendosi al ricorrente, faceva esplicito riferimento all'attivita' di pesatura, invitando l'interlocutore al controllo della quantita' della sostanza ricevuta. Da un'ulteriore intercettazione si desume con certezza che l'imputato possedesse nella sua abitazione un quantitativo di stupefacente superiore a quello necessario per soddisfare il suo fabbisogno personale, tanto che, ove la polizia giudiziaria fosse stata assistita, nella sua attivita' di perquisizione dell'abitazione del (OMISSIS), da unita' cinofile, lo stesso si sarebbe trovato in seri problemi con la giustizia; paura che non si sarebbe manifestata ove lo stesso avesse posseduto stupefacenti per il solo consumo personale. 3.2. La seconda censura - riferita alla pretesa violazione degli articoli 62-bis, 99 e 133 c.p., e al vizio di motivazione del provvedimento impugnato - e' inammissibile. La quantificazione della pena operata dalla Corte territoriale deve considerarsi adeguata, tenuto conto della gravita' delle condotte contestate all'imputato e del corretto riconoscimento della recidiva. Infatti - posto che il giudice e' tenuto a verificare in concreto se la reiterazione dell'illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza della condotta e di pericolosita' del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualita' e al grado di offensivita' dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneita' esistente tra loro, all'eventuale occasionalita' della ricaduta e ad ogni altro parametro individualizzante significativo della personalita' del reo e del grado di colpevolezza, al di la' del mero e indifferenziato riscontro formale dell'esistenza di precedenti penali - nel caso in esame il solo elemento della lontananza nel tempo delle condanne non e' sufficiente, poiche' concorrono, e risultano prevalenti, il numero elevato delle condanne per crimini in materia di sostanze stupefacenti, ben sette, e la mai dismessa capacita' criminale dell'imputato quale emerge dagli atti di causa, che rendono neutro il mero dato temporale ed inducono ad escludere le circostanze attenuanti generiche. 4. Il ricorso proposto da (OMISSIS) deve essere dichiarato inammissibile. 4.1. Il primo motivo - con cui si lamenta, in sostanza, la vaghezza dell'imputazione - e' manifestamente infondato. A differenza di quanto dedotto dalla difesa dell'imputato - e come ben evidenziato dalla Corte distrettuale - nel capo 40 e' specificatamente indicato ogni elemento costitutivo del reato ascritto in concorso. E' infatti richiamata la condotta illecita ("ricevevano per il successivo spaccio"), sono puntualizzate le modalita' ("ricevevano da (OMISSIS) e (OMISSIS)"), e' specificata la tipologia di droga consegnata ("imprecisati ma consistenti quantitativi di eroina"), sono fissati il luogo di commissione del reato ("in (OMISSIS)") e il periodo temporale ("dal 5 ottobre 2016 al 4 marzo 2017"). 4.2. Il secondo motivo di ricorso - con cui si lamentano il travisamento del fatto, il travisamento della prova e la contraddittorieta' della motivazione - deve anch'esso essere dichiarato inammissibile. La Corte territoriale infatti, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa - quale si limita a riproporre in cassazione una doglianza gia' motivatamente disattesa - ha coerentemente motivato in punto di responsabilita' degli imputati. Si e' accertato, in particolare, come dalle stesse dichiarazioni del (OMISSIS) fosse emerso che costui talvolta prendeva 10 grammi di droga per assumerne 5 e venderne 5. Dalle indagini poi evidenziano i giudici d'appello - erano emerse le modalita' di distribuzione della sostanza stupefacente, la cui prova della destinazione allo spaccio e' facilmente evincibile dalla frequenza degli incontri cui seguivano consegne di forniture, assolutamente incompatibili con il mero uso personale (pagg. 20-21 della sentenza). 4.3. Il terzo e il quarto motivo di ricorso - relativi alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e dell'attenuante di cui all'articolo 62 c.p., comma 4, e all'applicazione della recidiva - sono parimenti inammissibili. Infatti, come rilevato dalla Corte d'appello, il fatto ascritto all'imputato non puo' essere ritenuto di modesta rilevanza, alla luce della frequenza degli approvvigionamenti e delle quantita' smerciate. Inoltre, come sottolineato nella sentenza impugnata, non e' presente alcun elemento positivo di giudizio che giustifichi una mitigazione del trattamento sanzionatorio. L'imputato, infatti, non ha mai assunto un atteggiamento resipiscente e la parziale ammissione dei fatti offerta da quest'ultimo acquista valore neutro a fronte della chiarezza delle emergenze investigative e della sua negativa personalita', desumibile dal certificato del casellario. 5. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e' inammissibile. 5.1. Il primo motivo di ricorso - con cui ci si duole della mancata riqualificazione del fatto di cui al capo di imputazione 37) nell'ipotesi lieve di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, sul rilievo che i coimputati che hanno definito il procedimento con patteggiamento hanno visto riconosciuta tale ipotesi - e' inammissibile. La giurisprudenza di legittimita' ha affermato che in tema di concorso di persone nel reato di cessione di stupefacenti, il medesimo fatto storico puo' essere ascritto ad un imputato ai sensi dell'articolo 73, comma 1, e ad un altro a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, qualora il contesto complessivo nel quale si collochi la condotta assuma caratteri differenti per ciascun correo. Ad esempio, si e' applicato tale principio a fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l'esclusione della ipotesi di lieve entita' per il venditore della sostanza perche', a differenza del compratore, aveva contatti stabili e continuativi con i grandi canali di approvvigionamento (Sez. 3, n. 16598 del 20/02/2020, Rv. 278945; Sez. 6, n. 2157 del 09/11/2018, dep. 2019, Rv. 274961). Un orientamento difforme ha sostenuto che in tema di concorso di persone nel reato di detenzione o cessione di sostanze stupefacenti, il medesimo fatto storico non puo' essere qualificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 1 o 4, nei confronti di alcuni concorrenti e contemporaneamente ricondotto nell'ambito dell'articolo 73, comma 5, nei confronti di altri, stante l'unicita' del reato nel quale si concorre, che non puo', quindi, atteggiarsi in modo diverso rispetto ai singoli concorrenti (Sez. 4, n. 30233 del 07/07/2021, Rv. 281836; Sez. 4, n. 34413 del 18/06/2019, Rv. 276676 - 02). La predette pronunce non hanno pero' trovato seguito, in quanto la giurisprudenza di legittimita' successiva ha ribadito che il contesto complessivo nel quale si collochi la condotta, deve essere valutato tenendo conto della quantita' di stupefacente trattato, nonche' dei mezzi, delle modalita' e delle circostanze dell'azione, per cui non si puo' affermare che vi sia unicita' del reato, stante i caratteri differenti che assume per ciascun correo (Sez. 3, n. 20234 del 04/04/2022, Rv. 283203). Nel caso di specie, la Corte di appello ha evidenziato che deve escludersi che il fatto possa essere ritenuto di lieve entita' alla luce del ruolo di primo ordine svolto da (OMISSIS): egli, infatti, oltre ad essere stato colui che si era portato direttamente dal fornitore per l'acquisto della droga, era anche colui che aveva provveduto alla consegna al (OMISSIS), garantendosi che quest'ultimo lasciasse il luogo convenuto in sicurezza. A queste considerazioni, i giudici di merito mostrano come assumano rilevanza sia la quantita' di droga sequestrata, oltre mezzo chilo, sia la sua posizione di supremazia rispetto a (OMISSIS). 5.2. Il secondo motivo di ricorso - con si deduce la violazione degli articoli 81 e 133 c.p., nonche' il connesso vizio di motivazione, in ordine al trattamento sanzionatorio - e' inammissibile. La Corte d'appello ha ben evidenziato che, dato il ruolo del ricorrente e data la quantita' di droga smerciata, si doveva erogare una pena superiore al limite al minimo edittale, seppur inferiore a quella applicata in primo grado. In ordine agli aumenti di pena per i reati posti in continuazione, a fronte della personalita' dell'imputato, particolarmente attivo nel rifornimento, nell'approvvigionamento e nella distribuzione della sostanza stupefacente, e della quantita' di merce smerciata, si e' correttamente ritenuto congruo un aumento pari a 6 mesi di reclusione, in quanto la pena conseguentemente irrogata e' stata ritenuta congrua ed equa. A fronte di tale motivazione, le ragioni del ricorso appaiono meramente riproduttive di doglianze gia' disattese in secondo grado e comunque fondate sul generico richiamo ad un atteggiamento positivo dell'imputato post delictum, in realta' inesistente. 6. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. 6.1. La prima doglianza - con la quale si denunciano il vizio di legge con riferimento alla mancata riduzione della pena nei confronti di (OMISSIS) quale partecipe dell'associazione a delinquere contestata sub capo A) della rubrica per effetto della ritenuta insussistenza dell'aggravante speciale relativa al "carattere armato dell'associazione", nonche' l'illogicita' della motivazione - e' inammissibile. Essendo tale motivo di ricorso sostanzialmente sovrapponibile a quanto dedotto dal coimputato (OMISSIS), puo' farsi rinvio alle considerazioni gia' svolte sub 2.2. 6.2. Il secondo motivo di ricorso - con il quale si denuncia la mancata applicazione dell'articolo 62-bis c.p. con giudizio di prevalenza rispetto alle contestate aggravanti - e' inammissibile. Si tratta, anche in questo caso, della mera riproduzione di una censura di appello, gia' generosamente considerata dei giudici di secondo grado, i quali hanno rivisitato in diminuzione il trattamento sanzionatorio valutando lo stato di incensuratezza e l'atteggiamento parzialmente collaborativo dell'imputato, ma anche richiamando la ripetitivita' della condotta e il carattere parziale dell'ammissione degli addebiti; mentre la difesa non adduce elementi ulteriori rispetto a quelli che furono oggetto di gravame. 7. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e' infondato. 7.1. Il primo motivo - con cui si deduce il vizio di motivazione e l'avvenuto travisamento della prova in considerazione del mancato riascolto dell'intercettazione ambientale n. 578 del 19 luglio 2016 ore 21:22 - e' inammissibile, perche' generico. Il ricorrente, infatti, non contesta la parte della motivazione del gravato provvedimento in cui vengono riassunti i motivi di appello e dai quali non emerge la richiesta di nuovo ascolto della citata intercettazione ne' tantomeno indica, in modo specifico e puntuale, quando tale richiesta sia stata effettuata e con quale provvedimento la Corte di appello gli abbia risposto rigettandola. Cio' posto, appare opportuno ricordare che l'intercettazione e' una prova precostituita, che non si forma in dibattimento e viene semplicemente rimessa, in un momento successivo, al giudice di merito per le sue determinazioni. Nel caso di specie, per di piu', la Corte di appello ha anche dato prova di conoscere il contenuto della suddetta intercettazione, avendola utilizzata per la stesura dell'impianto motivazionale. Tutto cio' premesso, rilevata la genericita' del motivo di ricorso proposto, anche per la mancata indicazione del preteso contenuto dell'intercettazione travisata, deve comunque ribadirsi il principio di diritto secondo il quale l'interpretazione delle risultanze delle intercettazioni delle conversazioni ambientali e telefoniche costituisce valutazione di merito. E l'iter argomentativo e' certamente censurabile in cassazione, ma soltanto ove si ponga al di fuori delle regole della logica e della comune esperienza, mentre e' possibile prospettare un'interpretazione del significato di un'intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformita' risulti decisiva ed incontestabile, conformemente ai principi gia' illustrati sub. 1.3.1. e 1.3.2. Conclusivamente, la Corte, in modo assolutamente logico, ha affermato che le indagini esperite in fase preliminare hanno portato gli inquirenti ad acquisire un dato: il (OMISSIS), nel contesto criminale in cui maturavano i fatti, era indicato come figlio del (OMISSIS), pur essendone il nipote, e a lui era associato l'appellativo " (OMISSIS)". 7.2. La seconda censura - con cui si lamenta il vizio di motivazione con specifico riferimento al passaggio in cui si assume che la riferibilita' del diminutivo "figlio" o " (OMISSIS)" alla persona dell'imputato possa essere desunta da un dialogo intrattenuto da (OMISSIS) con un altro uomo - e' inammissibile; valgono sul punto le considerazioni gia' svolte sub 1.3.1., 1.3.2., da intendersi come richiamate. Piu' nel dettaglio, la Corte ha evidenziato come il dato che la persona indicata quale figlio di (OMISSIS) o con l'appellativo " (OMISSIS)" fosse certamente l'imputato potesse desumersi da altri elementi, quale, ad esempio, il fatto che il 10 agosto 2016 (OMISSIS), a bordo del veicolo Volkswagen Golf, si era recato a (OMISSIS), proprio nel medesimo punto in cui il 19 luglio 2016 si era incontrato con (OMISSIS); questa volta pero', dopo essere sceso dal mezzo, (OMISSIS) si era avvicinato momentaneamente allo stesso mentre era intento a dialogare con un altro uomo la cui voce veniva riconosciuta, senza alcun dubbio, dal personale dei carabinieri di Brindisi in quella di (OMISSIS), precedentemente intestatario dell'autovettura utilizzata dal (OMISSIS) e sottoposta ad intercettazione. Due, quindi, erano gli elementi che portavano con certezza all'odierno imputato: il riconoscimento della voce e la pregressa intestazione dell'autovettura del (OMISSIS) a suo nome. Inoltre, dai messaggi inviati da (OMISSIS) a (OMISSIS) si e' rilevato che fra i due vi fossero in corso due tipi di transazioni economiche: la prima riguardava la vendita dell'auto da quest'ultimo al primo e la seconda il pagamento di forniture di droga; proprio l'elemento della precedente intestazione dell'auto condotta dal (OMISSIS) in capo al (OMISSIS) ha consentito la corretta conclusioni dei giudici di merito, perche' egli era certamente l'utilizzatore dell'utenza (OMISSIS) sulla quale venivano captati diversi messaggi inviati dallo (OMISSIS) e dal (OMISSIS) contenenti richieste di incontri per forniture ed accordi per pagamenti. Ne ha fornito riscontro lo scambio di messaggi in data 14 ottobre 2016, con cui il (OMISSIS) chiedeva di pazientare ancora qualche giorno garantendo comunque la consegna di Euro 2.000,00 per l'autovettura ed Euro 5.000,00 o 6.000,00 per le pregresse forniture: nei giorni successivi si accertava che presso l'abitazione di (OMISSIS) avveniva il pagamento di una fornitura da parte del (OMISSIS) che si serviva, allo scopo, dello (OMISSIS). Il mirato servizio di osservazione, controllo e pedinamento consentiva quindi ai carabinieri di accertare che (OMISSIS), a bordo della sua autovettura Fiat Punto, all'orario pattuito, si recava a (OMISSIS) ove, dai successivi accertamenti, risultava domiciliare (OMISSIS). Con specifico riferimento, poi, al riconoscimento della voce da parte degli operanti - a fronte dello scetticismo palesato dal ricorrente, il quale non ha comunque contestando che egli fosse il reale dialogante - va evidenziata la coerenza della conclusione dei giudici di primo e secondo grado, secondo cui e' piu' che plausibile che gli appartenenti alla polizia giudiziaria, costantemente impegnati sul fronte della repressione del traffico di stupefacenti e pertanto perfettamente in grado di riconoscere il timbro della voce di soggetti a loro noti, avessero compreso a chi appartenesse quella voce. La Corte ha correttamente ritenuto che proprio quegli elementi dei quali la difesa adduce l'irrilevanza provano inconfutabilmente il ruolo del (OMISSIS) e la sua vicinanza al (OMISSIS); infatti, questo ha effettuato l'incontro con il suo acquirente esattamente nello stesso luogo in cui precedentemente era avvenuto con (OMISSIS): la circostanza, lungi dall'essere una mera causalita', e' stata correttamente ritenuta, al contrario, il segno dell'ascrivibilita' del fatto al medesimo contesto. 7.3. La terza doglianza - con cui si censura il travisamento della prova nella misura in cui la Corte avrebbe omesso di considerare che la via (OMISSIS) non sarebbe mai stata il luogo ne' di residenza ne' di domicilio dell'imputato - e' infondato. E' infatti sufficientemente dimostrato che l'odierno ricorrente non fosse residente alla via (OMISSIS), tanto che la Corte, in motivazione, si e' limitata a riconoscere che lo stesso abbia domiciliato nel luogo in occasione dell'incontro con lo (OMISSIS) al fine di ricevere, per il suo tramite, il denaro dovuto dal (OMISSIS) per la cessione dello stupefacente e la vendita dell'autovettura, senza mai giungere ad affermare che l'imputato fosse li' residente. In tale quadro, e' privo di pregio e' il tentativo di contestare il dato fattuale appreso dalla polizia giudiziaria in sede di indagini con un dato formale, quale il certificato storico di residenza, che di per se' potrebbe essere in astratto inidoneo a destituire di fondamento tale ricostruzione ma la cui valenza concreta gia' stata motivatamente esclusa dalla Corte di appello, anche per la mancata indicazione da parte della difesa di un luogo alternativo di reale domicilio. 8. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. 8.1. Il primo motivo - riferito alla violazione del diritto di difesa conseguente all'acquisizione delle note del funzionario responsabile del centro di intercettazioni relative allo svolgimento delle operazioni, che avrebbe negativamente influito sulla scelta del rito e avrebbe introdotto nel procedimento atti inutilizzabili - e' manifestamente infondato. Come rilevato correttamente dalla Corte di appello, solo le eccezioni di cui all'articolo 491 c.p.p. impongono al giudice la decisione immediata; mentre sede di udienza preliminare, il giudice puo' scegliere di valutare la fondatezza di altre eccezioni - fra le quali quella della inutilizzabilita' delle disposte intercettazioni - in esito alla discussione. Nel caso in esame la difesa, dopo aver sollevato la eccezione concernente la utilizzabilita' delle intercettazioni disposte nell'ambito del presente procedimento, ha poi optato per il rito abbreviato, cosi' accollandosi il rischio che la decisione si fondasse anche sul loro contenuto. La possibilita' di postergare la decisione in esito alla discussione non ha procurato nessuna lesione del diritto di difesa, atteso che, ove la eccezione fosse stata ritenuta fondata, il giudice avrebbe deciso senza tenere conto del contenuto di quelle intercettazioni, cosi' compiendo un'operazione favorevole agli imputati. In caso contrario, le avrebbe utilizzate, ma il contenuto di quegli atti di indagine era gia' noto agli appellanti, facendo parte del fascicolo delle indagini. Dunque, l'imputato non ha subito, ne' avrebbe potuto subire, alcun pregiudizio (e questa probabilmente e' la ragione sottesa alla scelta legislativa di consentire la decisione delle eccezioni unitamente al merito), visto che l'opzione di essere giudicati allo stato degli atti comporta l'accettazione del rischio della loro integrale utilizzazione. In ordine all'eccezione relativa all'acquisizione delle 41 schede redatte dal funzionario responsabile del centro intercettazioni, non si tratta di schede acquisite in epoca successiva dal giudice di prime cure, ma di atti facente parti delle indagini preliminari e in particolare di quelle esperite a mezzo di intercettazioni telefoniche, che gia' facevano parte del fascicolo e la cui utilizzabilita' totale deriva dal rito prescelto; ne' la loro mancata iniziale trasmissione influisce sulla loro utilizzabilita'. I giudici di merito hanno offerto ampia e articolata giustificazione della infondatezza della eccezione, precisando correttamente che la condizione necessaria per l'utilizzabilita' delle intercettazioni e' che la registrazione - che consiste nell'immissione nella memoria informatica centralizzata (server), dei dati captati nella centrale dell'operatore telefonico - sia avvenuta per mezzo degli impianti installati in Procura, anche se le operazioni di ascolto, verbalizzazione e riproduzione dei dati registrati siano eseguite negli uffici di polizia giudiziaria" (Cass., Sez. Un., 26 giugno 2008, n. 36359). Tutte le attivita' di intercettazione eseguite nel procedimento in oggetto sono state disposte con altrettanti decreti ex articolo 267 c.p.p., con i quali si e' ordinato che le operazioni di intercettazione fossero compiute per mezzo degli impianti installati nella Procura della Repubblica ed eseguite, per quelle telefoniche, con le modalita' tecniche concordate con gli operatori di telecomunicazioni. La funzione di raccordo con gli operatori di telecomunicazioni, determinante per il pieno controllo del pubblico ministero sulle attivita' di intercettazione/registrazione e per garantire e dare conto - anche successivamente - del rispetto della disposizione ex articolo 268 c.p.p., viene svolta dal Centro di Intercettazione delle Telecomunicazioni, unita' organizzativa alla quale, con i decreti dispositivi del pubblico ministero, per ciascun bersaglio e' stato demandato il compito di provvedere agli adempimenti tecnici ed amministrativi di competenza, necessari per il tempestivo avvio dell'attivita' di intercettazione disposta. Cosi', nel procedimento in questione, il funzionario responsabile ha provveduto alla redazione delle note con le quali sono stati comunicati di volta in volta agli operatori di telecomunicazioni coinvolti, oltre ai parametri necessari per l'individuazione dell'apparecchio radiomobile da intercettare e ai parametri delle risorse di rete cui trasmettere i dati captati. 8.2. La seconda doglianza - riferita al capo A) di imputazione, in merito alla sussistenza di un sodalizio criminale e alla partecipazione ad esso dell'imputata e' inammissibile, in quanto ripropone una valutazione alternativa dei fatti gia' disattesa in primo e secondo grado. I giudici di merito hanno rilevato che il contributo della (OMISSIS) in favore del sodalizio capeggiato dal compagno si palesava chiaramente in occasione dell'episodio di cui al capo 8). In tale circostanza, ella era con (OMISSIS) sia nella fase del sopralluogo per la individuazione del posto in cui operare lo scambio, cercando, insieme a lui, la presenza di eventuali telecamere, sia nella fase finale in cui accompagnava, facendo da staffetta, il sodale, incaricato del trasporto da (OMISSIS). Inoltre, condivideva con (OMISSIS) valutazioni in ordine alle operazioni di acquisto dai fornitori di (OMISSIS) e strategie di scelta degli approvvigionamenti. Il compagno, infatti, riferiva alla (OMISSIS) ogni problematica afferente alle consegne di droga e questa a sua volta era sempre pronta a suggerimenti e considerazioni, come nel caso in cui i fornitori di (OMISSIS) non sembravano in grado di soddisfare la ulteriore richiesta di droga del (OMISSIS). L'imputata aveva un ruolo fondamentale anche in occasione del rifornimento del 29 luglio 2016, allorquando (OMISSIS) e (OMISSIS) dovevano incontrarsi per lo scambio droga-denaro. Temendo di essere controllati ( (OMISSIS) perche' aveva visto auto della polizia in giro, (OMISSIS) perche' temeva che fossero state installate delle microspie all'interno della sua macchina) la fissazione dell'appuntamento avveniva attraverso le apparecchiature telefoniche delle rispettive compagne. Ulteriormente, non e' trascurabile che il (OMISSIS) in almeno due occasioni (capo 9) sceglieva il punto in cui si trovava la abitazione della (OMISSIS) per effettuare le operazioni relative agli scambi o agli incontri con il (OMISSIS) che, poi da li', partiva con la moto per il Salento. A cio', la Corte di appello aggiunge la circostanza secondo cui a lei sarebbe spettata, come alle mogli di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), una corresponsione mensile da parte dell'associazione. 8.3. Il terzo motivo - con cui si censura la mancata qualificazione dell'associazione nella fattispecie di lieve entita', non emergendo dalle intercettazioni un'attivita' di spaccio di ingenti volumi di sostanza stupefacente - e' inammissibile, sia perche' formulato in modo non specifico, sia perche' afferente a un profilo che non era stato devoluto nel giudizio di appello, come emerge dal riassunto delle doglianze proposte, che la difesa non ha contestato. 8.4. Il quarto motivo di ricorso - con cui si lamenta la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, nonche' il vizio di motivazione, relativamente al capo 11) di imputazione - e' inammissibile, perche' riproduttiva di un rilievo gia' motivatamente disatteso in secondo grado. La Corte di appello evidenzia come si debba escludere che le quantita' di sostanza stupefacente consegnate al (OMISSIS) fossero esigue: elemento che risulta chiaro dall'ordine effettuato, da cui si evince che si trattasse di 250 grammi di cocaina e di 22 grammi di hashish. Di conseguenza, la fattispecie correttamente non e' stata ricondotta al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5. In ordine alla partecipazione della (OMISSIS), questa e' confermata dall'attivita' della polizia giudiziaria, che nel pomeriggio del 5 ottobre 2016, aveva predisposto un apposito servizio di osservazione, attraverso il quale e' stata documentata la fase in cui il (OMISSIS) e la ricorrente si recavano in Collemeto per l'illecita cessione a favore di (OMISSIS); e la ricostruzione era stata confermata da un dialogo intercettato. 8.5. La quinta doglianza - sul trattamento sanzionatorio, con riferimento alla determinazione degli aumenti di pena per la continuazione - e' inammissibile. La gradazione della pena si fonda anche sulle modalita' dell'azione, che possono comportare una diversa quantificazione della sanzione, in relazione al ruolo svolto dal singolo correo. In ogni caso, la Corte di appello ha logicamente dato conto della ragione per la quale gli aumenti per (OMISSIS) sono stati inferiori, ovvero per l'unico obiettivo di calmierare una pena per lui gia' molto elevata e non perche' le sue condotte fossero meno gravi di quelle poste in essere dalla (OMISSIS). 9. I ricorsi proposti da (OMISSIS) e (OMISSIS) sono solo parzialmente fondati. 9.1. Il primo motivo di doglianza - con cui si contesta la natura stabile del contributo dei ricorrenti - deve essere dichiarato inammissibile. Come rilevato nella sentenza impugnata, all'esito delle indagini investigative sono emersi plurimi elementi atti a dimostrare non solo la sussistenza di un sodalizio criminoso dedito al traffico di sostanze stupefacenti, ma anche la partecipazione a quest'ultimo da parte degli odierni imputati. Rispetto a tale sodalizio - evidenzia la Corte territoriale - il (OMISSIS) e il (OMISSIS) si ponevano come fornitori stabili, consegnando ripetutamente al (OMISSIS) e agli altri sodali cospicui quantitativi di droga. L'accordo criminoso, peraltro, prevedeva che le mogli percepissero una sorta di indennita' di Euro 250,00 settimanali, che diventavano 500,00 solo per la moglie di (OMISSIS) in ragione del ruolo apicale svolto. Inoltre, evidenzia la Corte d'appello, dalle stesse intercettazioni emergono con chiarezza non solo la prova dell'avvenuta fornitura, ma anche le modalita' e il quantitativo delle sostanze oggetto di spaccio. Piu' in particolare, la sentenza evidenzia la rilevanza dell'incontro del 24 luglio 2016, nel quale era maturato lo stabile rapporto tra (OMISSIS) e (OMISSIS) (pagg. 40-41 della sentenza), oltre alla presenza di contatti con altri soggetti, al di fuori di (OMISSIS), ad esempio (OMISSIS). Il ruolo di fornitore stabile in capo a (OMISSIS), come tale partecipe dell'associazione, e' ben delineato alle pagg. 46-48 della sentenza impugnata, nelle quali si descrive il suo rapporto con (OMISSIS), che emerge dalle dinamiche degli incontri e dall'entita' del denaro consegnato, e si evidenzia l'irrilevanza della mancata conoscenza diretta da parte di (OMISSIS), spiegabile con l'estraneita' di quest'ultimo rispetto al "canale di (OMISSIS)". 9.2. Il secondo motivo di ricorso, riferito al solo (OMISSIS), con cui si lamenta, tra l'altro, l'impossibilita' di configurare il suo concorso negli episodi del 12 e del 30 luglio 2016 (capo 9 dell'imputazione), e' parzialmente fondato. A fronte di una specifica censura proposta con l'atto di appello, la sentenza impugnata non contiene una motivazione riferibile in modo specifico alla responsabilita' penale per tali due episodi, che non vengono analizzati ne' descritti compiutamente. Ne' puo' supplire sul punto la sentenza di primo grado (pagg. 87 e ss.), la quale si concentra sull'accertamento e la descrizione dell'apporto causale di altri soggetti. Quanto all'episodio del 6 agosto 2016 - anch'esso oggetto di doglianza - la sentenza di secondo grado risulta, invece, pienamente sufficiente e logicamente coerente, laddove descrive analiticamente il ruolo dell'imputato, i contatti con (OMISSIS), le modalita' di consegna del denaro e degli stupefacenti, la cui natura e' chiaramente desumibile dall'elevata entita' del corrispettivo (pagg. 4648 della sentenza di appello; pagg. 98-99 della sentenza di primo grado). Ne deriva l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente agli episodi del 12 e del 30 luglio 2016, di cui al capo 9 dell'imputazione, con rigetto nel resto del suo ricorso. 9.3. Il terzo e il quarto motivo di censura - riferiti alla posizione di (OMISSIS) devono anch'essi essere dichiarati parzialmente fondati. Con riferimento all'incontro del 24 luglio 2016, la Corte territoriale ha evidenziato tanto il particolare contesto in cui questo era maturato quanto lo stabile rapporto che (OMISSIS) aveva allacciato con altri due imputati, cui (OMISSIS) risultava inscindibilmente legato per comunanza di interessi, e cioe' (OMISSIS) e (OMISSIS). Come rilevato nella sentenza impugnata, infatti, dalle indagini e dalle intercettazioni e' emersa la sussistenza di un legame forte fra i tre, che (OMISSIS) indica come soci di uno stesso sodalizio. Piu' precisamente, in occasione del controllo dei carabinieri subito da (OMISSIS) il 24 luglio 2016, dopo l'incontro con (OMISSIS), questi, commentando l'accaduto in auto con (OMISSIS), faceva intendere che fra i tre vi fosse piena interscambiabilita', tanto che i militari procedevano al controllo dell'uno o degli altri a seconda di quando questi fossero presenti sul territorio. Conseguentemente diventa logico desumere, come rilevato dai giudici d'appello, che anche ove l'organizzazione per la transazione di droga con (OMISSIS) fosse intervenuta per la prima volta il 24 luglio 2016, cio' non implica che nelle circostanze precedenti il (OMISSIS) non avesse partecipato alle forniture di narcotico rivestendo altro ruolo. In quel frangente, infatti, gli era stato assegnato il compito di provvedere alla materiale consegna della droga, compito in precedenza svolto, per lo piu', dal (OMISSIS). A fronte di tale ricostruzione, che si pone in linea con quella della sentenza di primo grado, la prospettazione difensiva appare diretta, inammissibilmente, a sminuire il contenuto della richiamata intercettazione. Con riferimento al capo 9, la difesa deduce la mancanza la motivazione quanto agli episodi del 12 luglio e del 6 agosto 2016, mentre non vi sarebbe un'indicazione della prova a supporto, quanto al fatto del 30 luglio 2016. A fronte di una specifica censura proposta con l'atto di appello, la sentenza impugnata contiene una motivazione riferibile in modo specifico alla responsabilita' penale per l'episodio del 30 luglio 2016 (sinteticamente descritto alla pag. 44), dove si specifica che il monitoraggio delle conversazioni della mattina successiva prova che (OMISSIS) era andato a (OMISSIS) dove, grazie all'ausilio di (OMISSIS), che aveva fatto da staffetta, aveva trasportato il narcotico a Collemeto, dove lo aspettava (OMISSIS), mentre (OMISSIS) aveva seguito l'operazione. Tale ricostruzione conferma la ben piu' analitica descrizione dei fatti e del compendio probatorio, rappresentato essenzialmente da intercettazioni, operata dal giudice di primo grado (alle pagine 93 e ss.). Deve invece rilevarsi che gli episodi del 12 luglio e del 6 agosto 2016, pur essendo oggetto di impugnazione, non vengono analizzati ne' descritti compiutamente dalla Corte d'appello. Ne' puo' supplire sul punto la sentenza di primo grado (pagg. 87 e ss.), la quale si concentra sull'accertamento e la descrizione dell'apporto causale di altri soggetti. Ne deriva l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente agli episodi del 12 luglio e del 6 agosto 2016, di cui al capo 9 dell'imputazione, con rigetto nel resto del suo ricorso. 10. Il ricorso di (OMISSIS) e' solo parzialmente fondato. 10.1. Il primo motivo di doglianza - sostanzialmente riferito alla partecipazione del ricorrente all'ipotizzata associazione criminale - e' inammissibile. Quanto all'appartenenza dell'imputato a due sodalizi distinti ed operanti su territori distinti, deve rilevarsi che, in linea generale, la struttura dell'associazione per delinquere non e', di per se', incompatibile con la contemporanea adesione di uno stesso soggetto a piu' sodalizi criminosi: infatti, un soggetto puo' aderire al progetto criminoso di una associazione e, nel medesimo contesto temporale, fare propri anche i propositi criminosi di altro sodalizio. Cio' premesso, la Corte di appello ha ritenuto, sulla base di quanto rilevato anche in ordine a (OMISSIS) e (OMISSIS), che la funzione di (OMISSIS) di fornitore stabile (seppur non in via esclusiva) del gruppo capeggiato dal (OMISSIS) e' elemento che prova il suo inserimento nella compagine associativa, con cui condivideva il fine di profitto ed a cui era legato per stabilita' di ruolo. L'accordo criminoso prevedeva, peraltro, che sua moglie ( (OMISSIS)) percepisse la stessa indennita' di 250,00 Euro settimanali - che diventavano 500,00 solo per la moglie di (OMISSIS) in ragione del ruolo apicale - che prendevano le altre donne, di cui si ha contezza attraverso una conversazione del (OMISSIS) che lo confidava il 12 luglio 2016, e che lo sapeva con certezza poiche' anche la sua fidanzata era stata ammessa al beneficio: tale circostanza e' fortemente sintomatica della comune appartenenza al medesimo centro di interessi, con ruoli diversificati. Stando a quanto dichiarato da (OMISSIS) nel corso di una conversazione captata in ambientale all'interno della sua vettura in occasione di un rifornimento del 24 luglio 2016, era proprio (OMISSIS) che ordinariamente si occupava di organizzare gli incontri con lui e questi si fidava ormai ciecamente della sua persona, perche' gli lasciava spazio di intervento; tanto che, dovendosi incontrare con (OMISSIS), e non con (OMISSIS), egli palesava una leggera preoccupazione per il cambio di correo con cui interfacciarsi, che poteva comportare modifiche nella organizzazione. Pertanto, risulta evidente la continuita' e la frequenza dei rapporti con (OMISSIS) che agiva nella piena consapevolezza che (OMISSIS) fosse un centro di interessi a cui far riferimento nel caso di rifornimento di droga in (OMISSIS). Significativa, sul punto, e' anche l'intercettazione ambientale del 18 luglio 2016, riferita al prezzo praticato. Ne' tale conclusione e' inficiata dal mancato riferimento di (OMISSIS) al gruppo di (OMISSIS), perche' egli ben poteva non essere a conoscenza diretta di tale canale di rifornimento. 10.2. La seconda censura, riferita alla responsabilita' penale per il capo 9) dell'imputazione e' inammissibile, in quanto richiede una rivalutazione delle intercettazioni, senza compiutamente evidenziare i profili di manifesta illogicita' dell'interpretazione che i giudici di merito ne hanno fatto. Anche a prescindere da tale assorbente considerazione, deve rilevarsi che, sulla base del compendio istruttorio, la Corte di appello ha evidenziato che l'imputato partecipava ad un incontro, voluto dal (OMISSIS) e finalizzato a parlare della cattiva qualita' dello stupefacente, tenutosi il 12 luglio 2016 presso il ristorante (OMISSIS). Egli era presente, come risulta dal fatto che, subito dopo l'appuntamento, (OMISSIS) aggiornava il sodale (OMISSIS) degli esiti dell'incontro, riferendogli che il (OMISSIS) era molto infuriato per l'arresto di (OMISSIS). E' centrale, sul punto, la conversazione intercettata del 18 luglio 2016, la cui pregnanza e' tale da rendere irrilevanti le considerazioni difensive circa la pretesa estraneita' dell'imputato alle fasi prodromiche e la pretesa assenza dello stesso all'incontro preparatorio del 12 luglio 2016. 10.3. Il terzo motivo - con cui si censura, in particolare, la violazione degli articoli 89, 62-bis c.p., articolo 81 c.p., comma 2, articoli 132 e 133 c.p., nonche' il connesso vizio di motivazione - e' parzialmente fondato. In ordine all'attenuante del vizio parziale di mente, la Corte di appello correttamente ha fatto applicazione dei principi, per cui la dichiarazione di vizio di mente in un procedimento penale non comporta alcuna conseguenza su procedimenti contestuali o successivi, neppure nel caso in cui i fatti oggetto di procedimento siano da considerarsi temporalmente sovrapponibili. In ogni caso, acquisiti gli esiti dell'accertamento peritale, la Corte d'appello ha ritenuto prevalente l'attenuante del vizio parziale di mente sull'aggravante del numero dei partecipanti all'associazione e ha corrispondentemente diminuito la pena. Invece, quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, che era stato oggetto di specifico motivo di appello, deve rilevarsi che la sentenza impugnata non da' una motivazione. Quanto, poi, all'aumento di pena per la continuazione, questo era stato in primo grado di un anno di reclusione, laddove si era tenuto conto erroneamente di due reati satellite anziche' di uno solo, ed e' stato di sei mesi in secondo grado, pur essendo diminuita la pena base, e senza che sia stata fornita una motivazione sul punto della sua quantificazione. Da quanto precede consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio, nei confronti di (OMISSIS), limitatamente all'omessa statuizione sulle circostanze attenuanti generiche e all'aumento per la continuazione; il ricorso deve essere nel resto rigettato. 11. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. 11.1. Il primo motivo - con cui si lamenta la violazione della legge penale in ordine alla utilizzabilita' delle intercettazioni poste a fondamento della sentenza impugnata - e' inammissibile, in quanto generico, potendosi richiamare sul punto quanto osservato sub. 8.1. A cio' deve aggiungersi che la Corte di appello, evidenzia correttamente che il presupposto legittimante le intercettazioni e' la sussistenza di indizi di reato: e' sufficiente che siano stati acquisiti elementi che inducono a ritenere in corso un'attivita' illecita per un reato per il quale il legislatore consente il ricorso a tale strumento di ricerca della prova. Nel caso in esame, era certamente sufficiente il materiale probatorio, gia' acquisito dagli organi inquirenti ed offerto al Gip, per la sussistenza di indizi di reato di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, e di associazione finalizzata a tale illecita attivita'. 11.2. Il secondo motivo - con cui si lamenta la violazione di legge in ordine al giudizio di responsabilita', poiche' fondato su dichiarazioni inerenti alle intercettazioni, nonche' il connesso vizio di motivazione - e' inammissibile, in quanto richiede una rivalutazione dell'interpretazione delle conversazioni captate non ammissibile in sede di legittimita'. Puo' comunque rilevarsi che la Corte di appello evidenzia come (OMISSIS) nel corso di una conversazione, ignorando di essere sottoposto a intercettazione, dichiarava di essere creditore della somma di Euro 15.000,00 da parte di un soggetto che aveva avuto credito per le intermediazioni di (OMISSIS). Inoltre, si rileva che il 12 luglio 2016 (OMISSIS) e (OMISSIS) erano giunti presso un'abitazione di (OMISSIS), dove l'avevano incontrato in quanto il predetto ricorrente prelevava droga per venderla per conto del (OMISSIS). Ulteriormente, i giudici di merito evidenziano come il quantitativo di droga, pari a 100 gr di cocaina, che (OMISSIS) aveva fatto ad annotare in corrispondenza del nome dell'imputato, non era compatibile con un uso meramente personale, come anche emergeva dalle conversazioni intercettate il 12 agosto 2016. 11.3. Il terzo motivo - con cui si denuncia la violazione di legge in ordine all'omesso riconoscimento della fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, - e' inammissibile, perche' e' diretto a sovrapporre alla motivazione della sentenza una rivalutazione arbitraria del quadro istruttorio. Come evidenziato dalla Corte d'appello, depongono in senso contrario alla prospettazione difensiva le quantita' acquistate per la successiva vendita e la ripetitivita' delle condotte, testimoniata dai conteggi effettuati dal (OMISSIS), che depongono per la elevata frequenza dei contatti: infatti, le indagini provavano che le condotte ascritte agli imputati consistevano in ripetuti prelievi di droga destinati al successivo smercio, inseriti in un contesto criminale capace di gestire rilevanti forniture e movimenti di denaro. 12. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. 12.1. La prima doglianza - essenzialmente riferita alla motivazione circa la prova della responsabilita' penale - e' inammissibile. In punto di diritto, occorre fare quanto gia' osservato sub 1.3.1., 1.3.2. circa la valutazione del contenuto di conversazioni intercettate. A fronte di una prospettazione difensiva basata su una mera lettura alternativa del quadro istruttorio, la motivazione della sentenza impugnata risulta pienamente sufficiente e logicamente coerente, perche' delinea un ampio quadro indiziario dal quale risulta dimostrato che l'imputato, pur evitando di fare esplicito riferimento nelle conversazioni captate alle sostanze stupefacenti, intendesse comunque riferirsi ad attivita' concernenti le medesime. Il ricorrente, infatti, in una telefonata captata il 4.11.2016, rivolgendosi a (OMISSIS), faceva esplicito riferimento all'attivita' di pesatura dello stupefacente, invitando il suo interlocutore al controllo della sua quantita'. In una ulteriore conversazione, captata il 7.11.2016, sempre fra (OMISSIS) e (OMISSIS), si desume chiaramente l'avvenuta cessione da parte del ricorrente al coimputato di ingenti quantita' di stupefacenti, che, come confermato dagli interlocutori, non e' stata ritrovata a seguito di perquisizione domiciliare, solo per il mancato utilizzo da parte dei militari delle unita' cinofile. Ad ulteriore prova dell'esercizio, da parte del ricorrente, di un'attivita' di spaccio professionale, vanno richiamate due conversazioni intercettate il giorno 1.11.2016, ove il (OMISSIS) viene piu' volte sollecitato, dal coimputato (OMISSIS), ad intervenire per rifornire diversi acquirenti che erano in attesa di ricevere stupefacenti. Con specifico riguardo alla contestazione di cui al capo 37), deve richiamarsi il ragionamento operato dalla Corte territoriale, che risulta logicamente argomentato, con il quale si spiega che, sebbene il soggetto che ha concretamente ceduto la sostanza stupefacente al (OMISSIS) nel parcheggio dell'Eurospin di Lecce non sia identificabile nel (OMISSIS), e' provato che si tratti di un soggetto che era in collegamento con quest'ultimo. Ne e' prova il fatto che, lo stesso (OMISSIS), giunto sul luogo dell'appuntamento, contattasse il ricorrente per informarlo del suo arrivo con la richiesta di farlo presente a chi doveva incontrarlo, perche' si recasse quanto prima sul luogo convenuto. Anche in una precedente occasione i fatti si erano svolti nella stessa maniera; precisamente il 10.09.2016, quando (OMISSIS) aveva dato direttive ad un terzo soggetto che si era recato presso il parcheggio di un supermercato, dove aveva incontrato il (OMISSIS). 12.2. Il secondo motivo di ricorso - con il quale si censurano la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, e articolo 133 c.p., nonche' l'illogicita' della motivazione del provvedimento impugnato - e' inammissibile. Nella coerente conforme valutazione dei giudici di primo e secondo grado, risulta pacificamente dimostrato che (OMISSIS), insieme a (OMISSIS), occupava una posizione sovraordinata rispetto a quella dei suoi originari coimputati, essendo il loro fornitore e dando prova di disporre di maggiori quantitativi di stupefacenti; giustificandosi, pertanto, il differente trattamento sanzionatorio fra i coimputati. Va ribadito inoltre che, in materia di sostanze stupefacenti, e' legittimo il mancato riconoscimento della lieve entita' qualora la singola cessione di una quantita' modica, o non accertata, di droga costituisca manifestazione effettiva di una piu' ampia e comprovata capacita' dell'autore di diffondere in modo non episodico, ne' occasionale, sostanza stupefacente, non potendo la valutazione della offensivita' della condotta essere ancorata al solo dato statico della quantita' volta per volta ceduta, ma dovendo essere frutto di un giudizio piu' ampio che coinvolga ogni aspetto del fatto nella sua dimensione oggettiva (ex plurimis, Cass. Sez.4, n. 40720 del 2017, Rv. 270767; Cass. Sez. 3 n. 6871 del 2016, Rv.269149). Il principio trova applicazione nel caso in esame, in cui le cessioni non risultano isolate ne' aventi ad oggetto modiche quantita' di stupefacenti, ma anzi la Corte territoriale ha delineato un quadro altamente professionale e sistematico delle attivita' di spaccio di ingenti quantita' di stupefacenti poste in essere dall'imputato; pertanto non vi e' alcun elemento positivo dal quale desumere l'applicabilita' dell'ipotesi di lieve entita' prevista dal comma 5 richiamati. Manifestamente infondata risulta, poi, la doglianza relativa al trattamento sanzionatorio, perche' - al contrario di quanto asserito dalla difesa - la motivazione della sentenza riguarda evidentemente sia la pena-base sia gli aumenti per la continuazione, essendo ancorata alla gravita' dei singoli fatti e alla negativa personalita' del soggetto, a fronte di un trattamento sanzionatorio complessivamente modesto. 13. Anche il ricorso proposto da (OMISSIS) - riferito alla mancata riqualificazione del fatto nell'ipotesi lieve di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, - e' inammissibile. Infatti, richiamati principi gia' affermati sub 5.1., non puo' non rilevarsi come la contestazione appaia assolutamente generica, limitandosi, la difesa, a rievocare, senza alcuna ulteriore precisazione, la sentenza con cui asseritamente, per il medesimo capo di imputazione, gli altri correi avrebbero definito la propria posizione processuale con applicazione della pena su concorde richiesta delle parti previa riqualificazione del fatto nell'ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, senza indicarne il numero o preoccuparsi di allegarla al ricorso per cassazione. Tuttavia, anche a prescindere dalla totale genericita' del motivo di ricorso de quo, la Corte di appello, con motivazione perfettamente logica, ha chiarito che, in considerazione della gravita' del fatto, deducibile dalla circostanza che il soggetto si e' reso responsabile del trasporto di ben 520 grammi di cocaina, e delle modalita' della condotta che evidenziavano professionalita' e destrezza, non era possibile ravvisare i presupposti per l'applicazione dell'ipotesi minore. 14. Il ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) e' inammissibile. 14.1. Il primo motivo di ricorso - con cui si lamentano la violazione di legge e la mancanza ed illogicita' della motivazione in relazione alla ritenuta condotta di partecipazione al sodalizio contestato - e' inammissibile. La difesa, infatti, non si confronta con la motivazione fornita nella sentenza impugnata, limitandosi a reiterare censure gia' avanzate in appello e rigettate dalla Corte territoriale. Come rilevato nella sentenza censurata, infatti, gli elementi di prova acquisiti con le indagini preliminari e - in particolare - con le intercettazioni vanno in senso diametralmente opposto a quanto sostenuto dalla difesa. La Corte di appello, infatti, rileva come sia emerso non soltanto che il (OMISSIS) si occupo' del trasporto della droga in alcune circostanze ben individuate, ma che cio' aveva fatto con sistematica regolarita' numerose altre volte, seppur non individuate nella data precisa. Inoltre, che (OMISSIS) potesse contare sul contributo di (OMISSIS) quale corriere che utilizzava un mezzo a due ruote era chiaro anche ai sodali di (OMISSIS), come emerso dall'intercettazione di una conversazione intercorsa il 18 luglio 2016. In tale quadro, del tutto prive di riscontro e, comunque, irrilevanti risultano le affermazioni difensive secondo cui l'imputato non conosceva (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). La ricostruzione della sentenza d'appello trova, del resto, ampia conferma in quella di primo grado (pagg. 238-239), con la quale si salda sul piano logico. 14.2. Il secondo motivo di ricorso - riferito alla responsabilita' penale per i capi 1) e 9) della rubrica e alla mancata riqualificazione della contestazione mossa ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4 - e' parimenti inammissibile. Anche in questo caso, la difesa si limita a reiterare censure apodittiche volte ad ottenere una rivalutazione dei fatti preclusa allo scrutinio di questa Corte. La Corte d'appello, del resto, ha correttamente rilevato come, diversamente da quanto ipotizzato dalla difesa, (OMISSIS) fosse coinvolto nella transazione di droga, essendogli stato affidato il solito compito di trasportarla con la sua moto. L'attivita' di trasporto era, del resto, svolta regolarmente (pagg. 71 e 72 della sentenza impugnata). Quanto alla tipologia di droga trasportata, deve rilevarsi come la censura difensiva, peraltro limitata al capo 1) dell'imputazione, attinge un profilo - quello della configurabilita' del solo Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, - che non era stato specificamente sottoposto alla Corte d'appello. 14.3. Il terzo motivo di ricorso - con cui si denunciano la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione nonche' l'entita' degli aumenti di pena ex articolo 81 c.p. - e' inammissibile. La Corte d'appello infatti, nell'accogliere il motivo di impugnazione sull'aggravante del carattere armato dell'associazione, ha gia' ricalibrato il trattamento sanzionatorio, riconoscendo alle circostanze attenuanti generiche la prevalenza sulla residua aggravante (relativa al numero di persone che forma l'associazione) e modulando di conseguenza la diminuzione della pena. Quanto agli aumenti per la continuazione, i giudici d'appello hanno logicamente affermato che, alla luce della gravita' dei reati commessi, in considerazione delle quantita' di narcotico trasportate, gli stessi non potevano essere ridotti. 15. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. 15.1. La prima doglianza - con la quale si censurano la ritenuta responsabilita' per il reato associativo e la configurabilita' dell'aggravante del numero degli associati maggiore di dieci unita' - e' inammissibile. La censura relativa alla mancata configurazione della fattispecie associativa deve considerarsi formulata in modo non specifico e, comunque, meramente ripetitiva di una doglianza puntualmente smentita dalla Corte di appello di Lecce, che con motivazione logicamente argomentata ha sottolineato come l'imputato garantisse le fonti di approvvigionamento di cocaina provenienti da spacciatori residenti presso il territorio di (OMISSIS); circostanza ampiamente dimostrata dallo stesso (OMISSIS) nella conversazione telefonica captata del 06/10/2016, ove questi raccomanda a un sodale di non tardare nel pagamento degli stupefacenti per non creargli problemi con il gruppo dei fornitori di (OMISSIS). Inoltre, a differenza di quanto dedotto con il ricorso, numerosi sono gli elementi che consentono di ritenere certo che l'imputato avesse piena consapevolezza di agire in un contesto associativo. E gli conosceva perfettamente la provenienza dello stupefacente acquistato per il tramite di (OMISSIS) e l'identita' dei suoi fornitori, era pienamente consapevole della procedura seguita da (OMISSIS) per far pervenire la droga presso di lui e sapeva dell'esistenza di altri soggetti, in numero certamente superiore a dieci, legati dal medesimo interesse illecito e dei ruoli loro assegnati. Il ricorrente prendeva parte alle scelte riguardanti il sodalizio, e cio' risulta dimostrato - tra l'altro dall'intercettazione ambientale del 18.07.2016, ove rassicurava un suo sodale in merito alla possibilita' di fornirgli una nuova utenza ed un nuovo telefono cellulare con tutti i contatti rilevanti, per continuare la comune attivita' di spaccio. 15.2. Il secondo motivo di ricorso - con il quale si lamentano l'assenza e la contraddittorieta' della motivazione in ordine all'aggravante della presenza di armi in favore dell'associazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74 - e' inammissibile per genericita'. La difesa spende mere affermazioni, che non sono in grado di contrastare il dato, pacifico secondo i giudici di primo e secondo grado, rappresentato dal fatto che l'arma era detenuta proprio dall'imputato, il quale svolgeva la sua attivita' nell'ambito dell'associazione di cui sopra. 15.3. La terza censura - con la quale si denuncia la violazione di legge con riferimento alla supposta inutilizzabilita' di tutte le intercettazioni telefoniche ed ambientali acquisite nel corso del procedimento - e' inammissibile. In punto di diritto deve ricordarsi che, in materia di intercettazioni, cosi' come i decreti, con i quali il Giudice per le indagini preliminari autorizza l'effettuazione di intercettazioni di comunicazioni telefoniche o ambientali, debbono contenere adeguata motivazione, allo stesso modo, il motivo con il quale l'imputato - ovvero il suo difensore - censuri la mancata trasmissione di tali decreti o di quelli di proroga deve essere accompagnato dall'indicazione delle attivita' processuali che si assumono viziate ovvero degli atti inerenti a tali attivita'. In tal senso, in sede di impugnazione, deve considerarsi generica la semplice deduzione di inutilizzabilita' di intercettazioni per mancanza dei relativi decreti autorizzativi, senza specificare a quali decreti ci si riferisca, siano essi di autorizzazione, di proroga o di convalida. In tal modo, si impedisce al giudice, chiamato ad esaminare la censura, di prendere compiuta conoscenza della stessa e di verificare - di conseguenza - il rispetto delle norme dettate in materia (ex plurimis, Sez. 6, n. 18187 del 14/12/2017, dep. 24/04/2018, Rv. 273007; Sez. 6, n. 46070 del 21/07/2015, Rv. 265535; Sez. 1, n. 25577 del 09/05/2003, Rv. 225005; Sez. 5, n. 13791 del 27/02/2002, Rv. 221182; Sez. 5, n. 133 del 13/01/2000, Rv. 215491). Nel caso di specie, il ricorrente si limita a contestare, in via del tutto generica, il vizio di motivazione dei decreti di autorizzazione e proroga delle operazioni di intercettazione ambientali e telefoniche, nonche' l'assenza delle condizioni legittimanti di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 13, senza provvedere, pero', a soddisfare il requisito della specificita' dei riferimenti a tali decreti mediante il richiamo o l'allegazione dei medesimi, precludendo, cosi', qualsiasi possibilita' di effettuare un esame piu' approfondito. Cio' posto, si rileva che comunque gia' la Corte di appello ha fornito adeguata motivazione sul punto, chiarendo che il presupposto legittimante le intercettazioni e' la sussistenza di indizi di reato. 15.4. La quarta doglianza - con la quale si lamenta la violazione di legge in ordine alla quantificazione della pena - e' inammissibile. La doglianza e' assolutamente generica, essendo priva di riferimenti ai dati istruttori, che vengono arbitrariamente sminuiti come se le risultanze delle intercettazioni costituissero una prova di minore efficacia. Valgono sul punto le considerazioni gia' svolte sub 1.1. e ss., da intendersi come richiamate. 16. Il ricorso proposto da (OMISSIS) deve essere dichiarato inammissibile. La difesa si limita a generiche asserzioni che non tengono conto della motivazione della sentenza impugnata, da cui emergono: la prova del reato contestato (capo 16), la valutazione della gravita' dello stesso, la tipologia dello stupefacente in relazione al prezzo, la personalita' dell'imputato, anche con riferimento alla sua situazione economica. In particolare, non viene contrastata l'affermazione confessoria resa dallo stesso soggetto (riportata alle pagg. 82-83 della sentenza). 17. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e' infondato. 17.1 Il primo motivo di doglianza e' inammissibile. In proposito valgono le considerazioni gia' effettuate per la posizione di (OMISSIS) al punto 8.1. 17.2. Il secondo motivo di ricorso - riferito alla ritenuta sussistenza della fattispecie associativa e alla responsabilita' apicale dell'imputato nel suo ambito e' inammissibile, perche' diretto ad ottenere una rivalutazione di elementi gia' adeguatamente presi in considerazione dai giudici di merito. Essi, infatti, hanno piu' volte evidenziato l'ampio riscontro probatorio, emerso dalle indagini e in particolare dalle intercettazioni, all'ipotesi accusatoria secondo cui il (OMISSIS) era al vertice dell'associazione dedita al traffico di droga nel basso Salento. Quest'ultimo, infatti, era colui che teneva i contatti con i fornitori baresi, con i fornitori brindisini e con i distributori della zona. Il ricorrente, inoltre, dava indicazioni ed impartiva ordini sulle operazioni da compiere, assoldava nuovi adepti e teneva la contabilita'. Infine, si era procurato il possesso di un'arma da utilizzare per il recupero dei crediti nei confronti di acquirenti poco puntuali nei pagamenti o, comunque, morosi ed era il soggetto sul quale gravava il "rischio di impresa", in caso di ritardi nei pagamenti dei suoi pusher, dovendo tenere i rapporti economici con i fornitori. Del resto, egli e' coinvolto in tutte le intercettazioni piu' rilevanti e costantemente indicato quale referente dai coimputati, avendo conversazioni concernenti tutti i profili relativi all'organizzazione del gruppo, ivi compresa la contabilita', e ai reati scopo. Ne' l'assoluzione di alcuni coimputati dal reato associativo puo' coinvolgere la sua posizione, trattandosi di soggetti che avevano evidentemente svolto ruoli minori, che si ponevano al margine dell'attivita' criminale. Ed e' qui superfluo ripercorre gli analitici riferimenti delle sentenze di primo e secondo grado ai molteplici e convergenti elementi di prova a carico, in mancanza di puntuali censure difensive in proposito. 17.3. Il terzo motivo di ricorso - con cui si lamenta il mancato riconoscimento dell'ipotesi attenuata di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, - deve essere parimenti dichiarato inammissibile. Invero, contrariamente a quanto asserito dalla difesa, che non sottopone a critica specifici passaggi motivazionali, la Corte d'appello e il giudice di primo grado hanno piu' volte evidenziato l'ingente quantitativo delle sostanze oggetto dell'attivita' di spaccio, oltre all'entita' dei corrispettivi e alla consistenza numerica e organizzativa del gruppo. 17.4. Il quarto motivo di ricorso - sostanzialmente riferito alle circostanze aggravanti del numero degli associati e della disponibilita' dell'arma - e' infondato. Come ben evidenziato dai giudici di primo e secondo grado, il computo del numero degli associati deve essere fatto tenendo conto dello stabile apporto al sodalizio da parte dei gruppi di fornitori e, nell'ambito di una relazione caratterizzata da stabilita' nel tempo e da sostanziale comunanza di interessi; elementi che emergono con chiarezza dal quadro istruttorio. Quanto all'arma, essa era utilizzata dal capo dell'associazione per il recupero dei crediti nei confronti di soggetti poco puntuali nei pagamenti, nell'evidente interesse dell'associazione stessa. Dalla stessa prospettazione difensiva emerge che l'arma alla quale l'imputazione si riferisce corrisponde ad un modello effettivamente esistente, mentre le affermazioni del ricorrente riferite alla necessita' espressa a un interlocutore di procurarsi una pistola non appaiono logicamente preclusive dell'accettata detenzione di tale arma, ben potendosi riferire ad una dotazione ulteriore. Quanto poi alla mancata conoscenza della detenzione e dell'uso dell'arma da parte di alcuni coimputati, la stessa e' stata tenuta in considerazione con riferimento alle posizioni di questi, per le quali e' stata esclusa soggettivamente la configurabilita' dell'aggravante del reato associativo. 17.5. Il quinto motivo di ricorso e' infondato. Esso e' riferito all'acquisto di g 400 eroina di cui al capo 1) dell'imputazione, sul rilievo della pretesa mancanza di prova di un effettivo accordo tra venditore e acquirente, i quali si sarebbero accordati solo su sostanze stupefacenti di altro tipo. La motivazione sul punto puo' essere rinvenuta, secondo il principio della reciproca integrazione fra la sentenza di secondo grado e quella di primo grado, alla pag. 44 di quest'ultima, dove e' riportata una conversazione univocamente riferibile a tale acquisto; mentre la prova dell'effettiva verificazione della cessione dell'eroina risulta dalla locuzione "la moto e' tornata", evidentemente riferito alla consegna, la cui interpretazione, in quanto non manifestamente illogica, e' insindacabile in sede di legittimita', anche sotto il profilo del travisamento della prova. 17.6. Il sesto motivo - con cui si lamentano la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e la mancanza ed illogicita' della motivazione in relazione al capo 11) dell'imputazione - e' infondato. Deve farsi riferimento, oltre che alla pag. 37 della sentenza di appello, anche alla motivazione della sentenza di primo grado (pagg. 115 116), la quale legittimamente interpreta una conversazione - riportata anche alla pag. 34 del ricorso - come idonea a dimostrare l'avvenuta cessione di 250 g di cocaina e 22 g di hashish, visto il suo esplicito richiamo ai quantitativi. 17.7. Il settimo motivo di ricorso - relativo all'entita' degli aumenti di pena per la continuazione - e' inammissibile. Invero, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la Corte d'appello ha motivato sugli aumenti per la continuazione, laddove ha evidenziato che essi non sono suscettibili di riduzione, poiche' gia' contenuti dal giudice di primo grado in misura esigua rispetto alla notevole gravita' dei fatti riconosciuti, apparendo semmai sproporzionati per difetto ed essendo comunque determinati in modo differenziato per ciascun reato. 18. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e' inammissibile. 18.1. Il primo motivo - con cui si censura l'inutilizzabilita' delle intercettazioni telefoniche e ambientali poste a fondamento della declaratoria di responsabilita' penale - e' inammissibile. Valgono sul punto le considerazioni gia' svolte sub 15.3., in relazione ad una censura analoga. 18.2. La seconda doglianza - con cui si lamenta la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 in considerazione della mancata integrazione della relativa fattispecie incriminatrice (per il capo 19) - e' parimenti inammissibile. Nel reiterare censure che attengono sostanzialmente al merito, il ricorrente non considera che il giudice di secondo grado ha dato conto dei numerosi elementi emersi nel corso delle indagini, tra cui assume rilievo una conversazione ambientale intercorsa nel pomeriggio del 16 luglio 2016, all'interno dell'autovettura monitorata, fra (OMISSIS) e la fidanzata (OMISSIS): essa prova come questi fosse creditore della somma di Euro 15.000,00 da parte di un soggetto che aveva avuto tale prestito grazie all'intermediazione del (OMISSIS) ma che alla fine era risultato debitore tanto del (OMISSIS) quanto del (OMISSIS); in quella circostanza il (OMISSIS) ipotizzava di poter fare ricorso all'intermediazione tanto del (OMISSIS) quanto del (OMISSIS), che riteneva corresponsabili per il recupero della somma stessa, in quanto l'ignoto debitore aveva potuto accumulare debiti anche nei loro confronti, dato che questi avevano concorso nell'attivita' di vendita dello stupefacente. Dunque, in maniera perfettamente logica, si e' ritenuto che non vi fosse motivo di dubitare della veridicita' delle propalazioni di (OMISSIS) che, parlando liberamente e ignorando di essere sottoposto ad intercettazione, non aveva motivo di dire cose non vere. In tal senso, correttamente, si e' ritenuto estremamente rilevante - soprattutto in considerazione della quantita' e dei prezzi incompatibili con un uso meramente personale - anche quanto emergeva dalle conversazioni intercettate sempre all'interno della vettura del (OMISSIS) il 12 agosto 2016 allorquando era stato concordato un incontro con (OMISSIS) di cui era a conoscenza anche (OMISSIS): alle 14:39 a bordo dell'autovettura del (OMISSIS) questi faceva riferimento alla promessa del (OMISSIS) di consegnare la somma di Euro 3.000,00, relativa a pregresse forniture di stupefacente; il (OMISSIS), proprio nel consegnare al (OMISSIS) Euro 1.300,00, spiegava che quella era la somma nella sua disponibilita', aggiungendo che aveva provato a chiamare (OMISSIS) per recuperare l'ulteriore somma mancante senza riuscirvi; il (OMISSIS) quindi faceva il resoconto del debito, da cui emergeva l'originaria fornitura di Euro 4.800,00, per la quale avevano gia' corrisposto Euro 1.800,00, oltre ad un'ulteriore somma di Euro 600,00 per l'ultima fornitura; (OMISSIS), dal canto suo, ribadiva che il debito, considerando l'ultima cessione di 150 grammi di stupefacente, ammontava ad Euro 3.600,00. Da quanto precede la Corte ha tratto logicamente la conclusione che la prova dei fatti ascritti all'imputato fosse effettivamente costituita da intercettazioni ambientali, le quali, per la chiarezza dei dialoghi e la specificita' dei contenuti, con precise indicazioni in ordine alla tipologia di doga trattata - bianca o fumo - e di conteggi relativi alle forniture effettuate dal (OMISSIS) in suo favore, non necessitavano di ulteriori riscontri esterni. 18.3. Il terzo motivo di ricorso - con cui si lamenta la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, nella misura in cui non ha trovato applicazione la richiamata fattispecie minore - e' parimenti inammissibile. Sul punto, nella motivazione dell'impugnato provvedimento, si legge che l'inapplicabilita' dell'ipotesi meno grave e' diretta conseguenza dalle quantita' acquistate per la successiva vendita, la cui attribuzione non puo' essere effettuata in misura pari alla meta' per ciascuno in ragione della riconosciuta ipotesi concorsuale, e della ripetitivita' delle condotte, testimoniata dai conteggi effettuati dal (OMISSIS) che depongono per l'elevata frequenza dei contatti. In particolare, e' stato evidenziato come le indagini provassero che le condotte ascritte all'imputato si sono realizzate in un arco temporale di quasi tre mesi, cosi' da escludere che potesse trattarsi di un unico reato, e sono consistite in ripetuti prelievi di droga destinata al successivo smercio. Conformemente ad un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, proprio tale ripetitivita' di condotte poste alla base del riconosciuto vincolo della continuazione induce a valutare in modo non atomistico mezzi, modalita' e circostanze di commissione dei singoli reati ai fini del riconoscimento della lieve entita' del fatto Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 73, comma 5, e consente di valorizzare le peculiarita' delle singole condotte, la comunanza di elementi significativi e le loro eventuali reciproche correlazioni, al fine di ricostruire una cornice complessiva in concreto idonea ad escludere un giudizio di lieve entita' rispetto ai fatti contestati (ex multis, Sez. 3, n. 13115 del 06/05/2020, Rv. 279657; Sez. 6, n. 7464 del 28/11/2019, dep. 2020, Rv. 278615; Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Rv. 274076). 19. I ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) sono inammissibili. 19.1. Il primo e il secondo motivo sono inammissibili; si richiama sul punto quanto rilevato sub 8.1. 19.2. Il terzo motivo - con cui si lamenta il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento, con riferimento alla posizione processuale di (OMISSIS), della connivenza non punibile - e' inammissibile. La distinzione tra l'ipotesi della connivenza non punibile e il concorso nel delitto, con specifico riguardo alla disciplina degli stupefacenti, va ravvisata nel fatto che, mentre la prima postula che l'agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso di persone ex articolo 110 c.p., e' invece richiesto un consapevole contributo che puo' manifestarsi anche in forme che agevolino il proposito criminoso del concorrente, garantendogli una certa sicurezza o, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale poter contare (Sez. 4, n. 34754 del 20/11/2020, Rv. 280244; Sez. 3, n. 34985 del 16/07/2015, Rv. 264454). Nel caso di specie - praticamente a quanto asserito dalla difesa - la Corte d'appello delinea logicamente le ragioni per cui non e' ravvisabile tale condotta meramente connivente: (OMISSIS) svolgeva una partecipazione attiva, essendo stato incaricato da (OMISSIS) di andare dal (OMISSIS) a fare le sue veci. Ulteriormente, all'appuntamento presso i fornitori di (OMISSIS), svoltosi in data 10 ottobre 2016, era proprio il predetto ricorrente a recarsi unitamente a (OMISSIS) e (OMISSIS), cosi' riscontrandosi ancora la sua compartecipazione al reato, espressione di una consonanza di interessi, come emerge anche da conversazioni intercettate (pag. 97 della sentenza). 19.3. Il quarto motivo - con cui si lamenta il vizio di motivazione in relazione alla posizione processuale di (OMISSIS) - e' inammissibile. La Corte di appello dettagliatamente evidenzia il ruolo svolto da (OMISSIS), che unitamente a (OMISSIS), acquistava sostanza stupefacente dai fornitori di (OMISSIS), per il tramite di (OMISSIS): infatti, (OMISSIS), non condividendo la scelta di cambiare accordi gia' presi, chiedeva di incontrare personalmente i fornitori. Contrariamente a quanto ritenuto dalla difesa, egli non era un mero intermediario, essendo coinvolto nel proprio interesse nei negozi illeciti. 19.4. Il quinto motivo - con cui si lamenta il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche - e' inammissibile. La Corte di appello ha evidenziato che non e' emerso alcun elemento positivo che legittimi tale riconoscimento; ne' la difesa ne prospetta la sussistenza con il ricorso per cassazione, al di la' di un generico riferimento ad una non meglio precisata volonta' di definire il processo. Inoltre, la condotta di entrambi gli imputati appare connotata da rilevante gravita' alla luce dei quantitativi di droga movimentati e le risultanze del certificato del casellario esaltano una personalita' negativa, specialmente per (OMISSIS), gravato da piu' condanne, due delle quali per lo stesso titolo di reato, ma anche per (OMISSIS) che e' stato condannato per un reato in materia di sostanze stupefacenti, seppure nel 1994. 20. Il ricorso di (OMISSIS) e' infondato. 20.1. Il primo motivo - con cui si denunciano la violazione dell'articolo 192 c.p.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, nonche' il connesso vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta condotta di partecipazione al sodalizio contestato al capo A) di imputazione - e' inammissibile. La Corte di appello evidenzia che gli esiti delle indagini provano che il ricorrente, a prescindere da chi avesse materialmente procurato le schede telefoniche, concorreva con (OMISSIS) alla loro detenzione e alla loro distribuzione, che erano attivita' fortemente sintomatiche dell'esistenza del sodalizio e del ruolo ricoperto da (OMISSIS). Inoltre, la partecipazione del ricorrente alla compagine associativa e' provata dalla stabile dedizione al traffico unitamente al (OMISSIS), secondo quanto ammesso da quest'ultimo nel corso di una conversazione intercettata. Pur dovendosi ribadire l'esclusione di qualsivoglia ruolo dirigenziale, l'imputato era pienamente inserito nel sodalizio, coadiuvando (OMISSIS) tanto nell'organizzazione del gruppo (distribuendo ai solidali e ai pusher schede telefoniche dedicate ed occupandosi dello spaccio con consegna di droga), quanto nella condivisione degli acquisti da Brindisi, mentre egli non si occupava dei rapporti con il gruppo barese e non aveva diretta conoscenza del carattere armato dell'associazione. 20.2. Il secondo motivo - con cui si lamenta la violazione di legge nonche' il vizio di motivazione, con riferimento ai capi 1), 2), 3), 4) e 6) di imputazione sia in ordine alla valutazione della prova, sia in ordine alla mancata riqualificazione delle contestazioni mosse al capo 2) della rubrica nei termini di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, e ai capi 3), 4) e 6) della rubrica nei termini di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, - e' infondato. La Corte d'appello, in ordine ai reati fine, ha motivato puntualmente, evidenziando la responsabilita' dell'imputato per tutti gli episodi delittuosi di cui ai capi 1), 2), 3) 4) e 6) dell'imputazione. Le quantita' di droga smerciate ed espressamente indicate nei capi 1) e 2) escludono di ritenere il fatto di lieve entita': le partite ordinate al (OMISSIS) e quelle ricevute insieme con (OMISSIS) per la successiva vendita sono pari ad almeno mezzo chilo, per cui sono evidentemente incompatibili con il concetto di lieve entita'. Quanto al capo 2), l'esame della configurabilita' della fattispecie del richiamato articolo 73, comma 4, richiesto dalla difesa con il ricorso per cassazione, sarebbe precluso dalla circostanza che una tale censura non era stata proposta in appello; e cio', a prescindere dal fatto che tale fattispecie e' quella gia' emerge dalla formulazione dell'imputazione, riferita ad hashish, per la quale e' effettivamente intervenuta condanna. Al capo 3 della rubrica, si addebita all'imputato di avere ceduto eroina a (OMISSIS). Un messaggio intercettato il 25 maggio 2016 faceva riferimento ad un acquirente di stupefacente, debitore di Euro 600,00 per pregresse forniture, che aveva bisogno di un quantitativo pari a 20 e che aveva proposto un rapporto commerciale costante ("20 ogni due giorni"), facendo anche riferimento al costo: (OMISSIS) dava conferma a tale accordo, incontrandosi e poi informando anche (OMISSIS). E non si puo' ritenere configurabile la fattispecie minore prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, trattandosi di piu' cessioni, che sono manifestazione effettiva di una piu' ampia e comprovata capacita dell'autore di diffondere in modo non episodico, ne' occasionale, sostanza stupefacente, non potendo la valutazione della offensivita' della condona essere ancorata al solo dato statico della quantita' volta per volta ceduta, ma dovendo essere frutto di un giudizio piu' ampio che coinvolga ogni aspetto del fatto nella sua dimensione oggettiva (ex multis, Sez. 4, n. 476 del 25/11/2021, dep. 12/01/2022, Rv. 282704; Sez. 3, n. 14017 del 20/02/2018, Rv. 272706). Le medesime considerazioni valgono per il capo 4), che concerne la reiterata consegna di sostanza del tipo eroina a (OMISSIS) in quantitativi da 10 a 40 grammi: secondo quanto dichiarato dallo stesso (OMISSIS), gli acquisti avvenivano ogni tre giorni per un corrispettivo in denaro di Euro 200,00 o 400,00, per quantitativi pari a 10 o 20 grammi. D'altro canto, le indagini effettuate dagli operanti consentivano di evidenziare diversi incontri tra i due (almeno cinque) e, considerato che in almeno una circostanza la quantita' di droga era pari a 40 g, la Corte di appello ha correttamente ritenuto che il fatto - inserito in una rete di spaccio ampia e organizzata - non possa essere ritenuto di lieve entita'. Il reato di cui al capo 6) riguarda la cessione di droga a (OMISSIS), che poi la destinava a terzi in almeno 11 occasioni, in una delle quali il quantitativo era pari a 20 grammi e nelle altre era imprecisato. La reiterazione delle consegne e, dunque, del reato esclude di ritenere il fatto di lieve entita', sulla base delle osservazioni gia' svolte. Ne' puo' essere presa in considerazione in senso contrario la circostanza che (OMISSIS) sia stato destinatario di una riqualificazione dei fatti nell'ipotesi di minore gravita', perche' quelli addebitati a quest'ultimo sono solo due ed egli ha un ruolo complessivamente piu' marginale. 20.3. La terza doglianza - con cui si lamenta la violazione di legge, nonche' il vizio di motivazione, in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti di cui all'articolo 62-bis c.p. nella loro massima estensione, nonche' in relazione alla necessaria riduzione degli aumenti combinati ai sensi dell'articolo 81 c.p. e della corretta qualificazione giuridica delle contestazioni mosse ai capi 2), 3), 4) e 6) dell'imputazione nei termini di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 4 e 5, - e' inammissibile, in quanto attinente al merito della valutazione della Corte d'appello. Quanto alle circostanze attenuanti generiche, deve rilevarsi che le stesse sono gia' state riconosciute con giudizio di prevalenza sulle aggravanti, tenuto conto della gravita' dei fatti e della personalita' del reo. Quanto agli aumenti per la continuazione, gli stessi appaiono assai contenuti gia' nella sentenza di primo grado; mentre la riqualificazione dei fatti richiesta dalla difesa deve essere esclusa, in forza di quanto osservato sub 20.2. 21. I ricorsi proposti nell'interesse di (OMISSIS) sono entrambi inammissibili. 21.1. Il primo ricorso, a firma dell'avv. (OMISSIS), e' inammissibile. 21.1.1. La prima censura - con cui si lamenta l'applicazione della fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 in luogo del concorso di persone nel reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 - e' inammissibile perche' diretta ad ottenere una rivalutazione di elementi presi adeguatamente in considerazione dai giudici di merito, valgono sul punto le considerazioni gia' svolte sub 1.1. e ss., e 2.1. da intendersi come richiamate. Preliminarmente occorre rilevare che, per giurisprudenza di legittimita' consolidata, integra la condotta di partecipazione ad un'associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilita' a fornire le sostanze oggetto del traffico del sodalizio, tale da determinare un durevole rapporto tra fornitori e spacciatori che immettono la droga nel consumo al minuto, sempre che si accerti la coscienza e volonta' di far parte dell'associazione, di contribuire al suo mantenimento e di favorire la realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga (ex plurimis, Sez. 4, n. 19272 del 12/06/2020, Rv. 279249; Sez. 6, n. 41612 del 19/06/2013, Rv. 257798; Sez. 2, n. 6261 del 23/01/2013, Rv. 254498). Perfettamente in linea con il richiamato principio di diritto, la Corte rende conto di come le indagini abbiano consegnato un quadro chiaro dei rapporti fra il (OMISSIS), il suo gruppo e (OMISSIS) affiancato, nella sua attivita', da (OMISSIS), con il quale, peraltro, esisteva anche un rapporto affettivo, tanto da essere conosciuti nell'ambiente come "padre" e "figlio". Cio' che e' emerso in modo inconfutabile sono la continuita' e la frequenza dei contatti legati ai traffici di droga: le conversazioni captate, infatti, disvelano come siano stati ripetuti i viaggi fino a Brindisi di (OMISSIS) e (OMISSIS) per chiudere trattative relative all'acquisto di forniture di droga, del tipo leggera ma anche di cocaina. Particolare importanza, sul punto, hanno rivestito le conversazioni del 19 luglio 2016, nel corso delle quali (OMISSIS), dopo avere riferito ad un suo interlocutore che il duo (OMISSIS) - (OMISSIS) organizzava viaggi con gli scafi fino all'Albania, con impressionante regolarita' ed in forma massiccia, per prelevare droga leggera, parte della quale era destinata a loro, come concordato con lo (OMISSIS), passava agli accordi per le forniture con lo stesso (OMISSIS). Emergeva chiaramente come i due fossero in costante rapporto per gli approvvigionamenti anche attraverso lo (OMISSIS) e come il (OMISSIS) poteva fare stabile riferimento nel (OMISSIS) e, per suo tramite, anche al (OMISSIS) per forniture di ogni tipo di droga. Peraltro, si e' anche chiarito come non rispondesse al vero quanto addotto dalla difesa secondo cui gli accordi venivano presi con il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) era confinato ad un mero ruolo marginale, quasi di semplice spettatore dei traffici del "figlio"; interpretando correttamente i dialoghi, la Corte di merito ha appurato che, al contrario, gli affari procedevano sempre con il ricorrente che ne era il dominus, tanto che nei casi in cui la trattativa aveva avuto inizio con il (OMISSIS) egli veniva posto al corrente dei termini e delle condizioni. Proprio l'essere identificato quale stabile fornitore per il gruppo, che faceva riferimento alla sua perenne disponibilita', nella piena consapevolezza di agire in un contesto associativo in cui si perseguiva l'identico interesse economico corrispondente alla vendita di droga e' stato correttamente ritenuto, dal giudice di secondo grado, presupposto necessario e sufficiente per qualificare il (OMISSIS) come parte integrante del sodalizio criminoso. 21.1.2. La seconda censura - riferita alla penale responsabilita' del ricorrente per il capo 1) di imputazione - e' parimenti inammissibile. Nell'impugnato provvedimento, infatti - in risposta alle doglianze formulate con l'atto d'appello e pedissequamente riproposte con il ricorso per cassazione, il cui unico fine e' quello di proporre un'alternativa ricostruzione dei fatti insindacabile in questa sede, come gia' chiarito sub 2.1. - si delineano gli specifici episodi di cui le conversazioni intercettate forniscono prova inconfutabile: in un'occasione (OMISSIS) procedeva alla consegna di Euro 10.000,00 a favore del fornitore con il quale si innescava una trattativa riguardante una nuova fornitura di stupefacente alla quale avrebbe partecipato anche (OMISSIS); ripetuti, infatti, erano i riferimenti a quest'ultimo e al fatto che la trattativa che lo vedeva coinvolto riguardava la fornitura di stupefacente di ogni tipo; (OMISSIS), a tal fine, dapprima contrattava l'acquisto di marijuana che il fornitore era pronto a consegnare in un quantitativo pari a un chilogrammo e mezzo, accettando la proposta e facendo riferimento ad un terzo soggetto indicato quale figlio del fornitore, nonche' a (OMISSIS) con cui doveva concordare l'acquisto. Chiari erano i riferimenti a forniture pregresse, alla qualita' della droga acquistata prima, ad un prezzo praticato per quella precedente e per quella in corso di acquisto; la confidenza fra i due era tale che (OMISSIS), avanzando un'ulteriore richiesta di mezzo chilogrammo di eroina, indicata come "nera", che era intenzionato ad acquistare sempre insieme a (OMISSIS), chiedeva a (OMISSIS) di mettere da parte quella appena concordata cosi' da prelevarla unitamente alla "nera": l'intento era evidentemente quello di ammortizzare i costi del trasporto effettuandone uno soltanto. Nel proseguo (OMISSIS) faceva un'ulteriore richiesta di una fornitura di hashish e la conversazione si concludeva con un accordo preciso concernente la fornitura di tre chilogrammi di hashish e tre chilogrammi e mezzo di marijuana, con riserva di comunicare l'eventuale acquisto di un pacco di eroina dal peso di circa 400 grammi; poi effettivamente acquistato. E' stato ritenuto evidente quindi, come gia' ampiamente illustrato con riferimento al motivo che precede, che (OMISSIS) fosse un punto di riferimento stabile e fisso per il rifornimento di ogni tipo di droga e che, in molte occasioni, era sostituito dal figlio (OMISSIS), alle sue dirette dipendenze, tanto che il (OMISSIS) riferiva a lui dell'eventuale insoddisfazione per la droga acquistata con il tramite dell'altro. Le intercettazioni hanno documentato che il 27 luglio 2016 (OMISSIS) consegnava a (OMISSIS), previ accordi anche con (OMISSIS), tre chilogrammi di hashish, tre chilogrammi e mezzo di marijuana e 400 grammi di eroina che (OMISSIS) trasportava da Brindisi a bordo di una moto, secondo gli accordi presi due giorni prima, e che nei giorni 8, 10 e 27 ottobre 2016 (OMISSIS) e (OMISSIS) si portavano in Brindisi per il pagamento diluito nel tempo del debito contratto per quella consistente cessione. Il giudice di secondo grado ha anche chiarito come non colga nel segno la difesa nella parte in cui contesta l'assenza di prova con riferimento sia alla consegna di droga, il cui acquisto era stato concordato il 19 luglio 2016, sia all'identita' del soggetto che vi provvide: la prova della consegna della droga puo' dedursi dalla congiunta lettura di diverse circostanze, tra cui il fatto che, nel corso della trattativa, il (OMISSIS) aveva dichiarato al (OMISSIS) che al trasporto avrebbe provveduto attraverso l'utilizzo di una moto; il 20 luglio 2016 si documentavano scambi di appuntamenti fra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), colui che si occupava proprio del trasporto a mezzo del suo motociclo; il 21 luglio 2016 (OMISSIS) informava il (OMISSIS) che la moto era tornata, facendo chiaro riferimento ad un viaggio compiuto da tale mezzo di trasporto. D'altro canto, le conversazioni dei mesi successivi provano che piu' volte (OMISSIS) e (OMISSIS) si siano recati a Brindisi per saldare un debito diluito nel tempo, che nessun'altra origine poteva avere se non tale fornitura, ne' vale ad escludere il ruolo del (OMISSIS) il non avere accertato il fatto se alla materiale consegna della droga provvide egli stesso o il (OMISSIS). A fronte di tale quadro probatorio, del tutto logicamente la Corte ha ritenuto che nessuna rilevanza assuma la circostanza, addotta dalla difesa, secondo cui il (OMISSIS) non avrebbe mai fatto dichiarazioni relative alla posizione del (OMISSIS), posto che questi non era affatto addetto ai rapporti con i fornitori, sicche' era normale che nulla sapesse sulla loro identita'. 21.1.3. Il terzo motivo - con cui si censura la violazione dell'articolo 62-bis c.p. - e' inammissibile. La Corte, con motivazione perfettamente adeguata, ha dato conto del mancato concessione delle circostanze attenuanti generiche facendo leva sull'assenza di profili positivamente valutabili, stante il fatto che l'imputato non ha mai assunto una condotta resipiscente e collaborativa, per converso valorizzando la sussistenza di elementi negativi rappresentati dai numerosissimi precedenti per reati contro il patrimonio, ma anche per associazione mafiosa, evasione, falso e violazione delle leggi doganali, nonche' dalla gravita' della condotta desumibile dai quantitativi di droga ceduti al (OMISSIS). Irrilevante, inoltre, risulta la censura in ordine alla documentazione medica asseritamente depositata all'udienza del 13 luglio 2021, relativa alle condizioni psico-fisiche del ricorrente, della quale, come indicato da quest'ultimo, non risulterebbe un formale provvedimento di acquisizione nel verbale, non potendo ritenersi la stessa sostanzialmente avvenuta semplicemente perche' non restituita alla difesa o in considerazione del generico riferimento al deposito di documentazione, senza alcuna specificazione del suo contenuto, al foglio 16 della gravata sentenza. Si tratta, del resto, di documentazione che la difesa afferma di avere depositato dopo la chiusura della discussione, all'udienza del 13 luglio 2021; con la conseguenza che la Corte d'appello non aveva comunque l'onere di prendere in considerazione. 21.2. Il secondo ricorso, riportante la firma dell'avv. (OMISSIS), e' parimenti inammissibile. 21.2.1. La prima censura - con cui si lamenta il vizio di motivazione in ordine sia alla configurazione della condotta materiale che dell'elemento soggettivo con riferimento alla condanna per il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 - e' inammissibile. Valgono sul punto le considerazioni gia' svolte sub 21.1.1. da intendersi come richiamate. 21.2.2. Il secondo motivo - con cui si lamenta la violazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 2, e articolo 530 c.p.p., comma 2, oltre al vizio di motivazione nella parte in cui sarebbero stati violati i criteri e i principi concernenti la valutazione della prova per l'affermazione della responsabilita' penale con specifico riferimento ai fatti di cui al capo 1) dell'imputazione - e' inammissibile. Valgono sul punto le considerazioni gia' svolte sub 21.1.2. da intendersi come richiamate. 21.2.3. La terza doglianza - con cui ci si duole della violazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 2, e del conseguente vizio di motivazione nella parte in cui la Corte ha escluso la qualificazione giuridica del capo 1) nell'ipotesi lieve di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, - e' inammissibile. Preliminarmente e' necessario rilevare come manchi nell'atto di appello la specifica contestazione de qua, che risulta proposta per la prima volta con il ricorso per cassazione; conseguentemente, non puo' non rilevarsi come oggi la questione sia preclusa in sede di legittimita', mancando qualsiasi onere di motivazione in capo al giudice di secondo grado in assenza di una specifica doglianza. Invero, in linea generale, costituisce orientamento consolidato nella giurisprudenza di questa Corte ritenere sistematicamente non consentita la proponibilita' per la prima volta in sede di legittimita' di uno dei possibili vizi della motivazione, con riferimento a profili richiamabili, ma non richiamati, nell'atto di appello, sia pur collegati, come e' ovvio, all'inquadramento giuridico del fatto di reato contestato al ricorrente ed alle sue circostanze (ex plurimis, Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, Rv. 280306; Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, Rv. 279903; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Rv. 276062; Sez. 3, n. 57116 del 29/09/2017, Rv. 271869; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Rv. 270316; Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, Rv. 269368). Sintetizzando all'essenziale, non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perche' non devolute alla sua cognizione (Sez. 5, n. 28514 del 23/4/2013, Rv. 255577). E cio', a prescindere dal fatto che la censura risulta comunque inammissibile, perche' diretta ad ottenere una rivalutazione del compendio istruttorio, a fronte di fatti la cui significativa gravita' e' stata ampiamente descritta nelle sentenze di primo e secondo grado. 21.2.4. La quarta censura - con cui si contesta la violazione dell'articolo 62-bis c.p. - e' parimenti inammissibile. Valgono sul punto le considerazioni gia' svolte sub 21.1.3. da intendersi come richiamate. 22. In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce: con riferimento a (OMISSIS), limitatamente agli episodi del 12 luglio e 6 agosto 2016, di cui al capo 9 di imputazione; con riferimento a (OMISSIS), limitatamente agli episodi del 12 luglio e 30 luglio 2016, di cui al capo 9 di imputazione; nei confronti di (OMISSIS), limitatamente alla omessa statuizione sulle circostanze attenuanti generiche e all'aumento di pena per la continuazione. I ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) devono essere rigettati nel resto. Devono essere rigettati i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Devono essere dichiarati inammissibili i ricorsi restanti. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", alla declaratoria dell'inammissibilita' medesima consegue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonche' quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 3.000,00. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, con riferimento a (OMISSIS), limitatamente agli episodi del 12 luglio e 6 agosto 2016 di cui al capo 9 di imputazione; con riferimento a (OMISSIS), limitatamente agli episodi del 12 luglio e 30 luglio 2016, di cui al capo 9 di imputazione; e nei confronti di (OMISSIS), limitatamente alla omessa statuizione sulle circostanze attenuanti generiche e all'aumento di pena per la continuazione, e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. Rigetta nel resto i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Rigetta i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibili i ricorsi dei restanti ricorrenti, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ZAZA Carlo - Presidente Dott. MICCOLI Grazia - rel. Consigliere Dott. ROMANO Michele - Consigliere Dott. BRANCACCIO Matilde - Consigliere Dott. CARUSILLO Elena - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 19/04/2021 della CORTE APPELLO di PALERMO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere GRAZIA ROSA ANNA MICCOLI; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIUSEPPE RICCARDI, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 19 aprile 2021, la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, ha dichiarato estinto per prescrizione il reato di molestie (capo D), confermando l'affermazione di responsabilita' di (OMISSIS) in relazione ai reati di lesioni personali (capo A), violenza privata (capo B) e minaccia (capo C). 2. Avverso la suindicata sentenza ha proposto ricorso l'imputato, con atto sottoscritto dal difensore ed articolato nei motivi qui di seguito sintetizzati a norma dell'articolo 173, disp. att. c.p.p., comma 1. 2.1. Con il primo motivo si denunziano violazione di legge penale e vizi motivazionali in relazione all'affermazione della responsabilita' dell'imputato per il reato di violenza privata (capo B). Sostiene la difesa che la ricostruzione del fatto operata dalla Corte territoriale non trova riscontro nel materiale probatorio acquisito e soprattutto nelle dichiarazioni rese dalla stessa persona offesa che ha, invece, affermato di essere liberamente uscita di casa. 2.2. Con il secondo motivo si denunziano violazione della legge penale e vizi motivazionali in relazione all'affermazione della responsabilita' dell'imputato per il reato di minaccia (capo C). La pronuncia di condanna e' stata fondata sulle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa e sui tabulati telefonici dimostrativi dell'invio di messaggi intimidatori, messaggi che, essendo stati acquisiti in violazione della procedura prevista, devono essere ritenuti inutilizzabili. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile. 2. Il primo motivo, con il quale si denunzia violazione dell'articolo 610 c.p. e correlato vizio di motivazione, oltre ad essere generico, e' manifestamente infondato. La Corte territoriale ha fondato l'affermazione di responsabilita' in relazione al delitto di violenza privata avendo riguardo alla condotta tenuta dal ricorrente, il quale ha sottratto il cellulare dalle mani della persona offesa, al fine di impedirle di chiedere aiuto con riferimento all'aggressione subita. In proposito, va ribadito che integra il delitto di violenza privata la condotta preordinata a rendere anche solo disagevole una lecita modalita' di esplicazione del diritto della persona offesa (Sez. 5, n. 1053 del 06/10/2021, dep. 2022, Cinefra, Rv. 282467; si veda anche Sez. 3, n. 29901 del 09/06/2011, Rv. 250660, relativa al caso di violenza privata consistita nella condotta di asportazione del telefono cellulare di mano alla persona offesa al fine di impedire a questa di invocare aiuto). 3. Il secondo motivo, con il quale si denunzia l'insussistenza del reato di minaccia (capo C) per inutilizzabilita' dei messaggi whatsapp a fini probatori, acquisiti in violazione dell'articolo 234 c.p.p., e' nuovo, perche' non risulta dedotto in appello, giacche' con tale atto di impugnazione l'imputato si e' limitato a contestare la valutazione di attendibilita' della persona offesa. In proposito, va rammentato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che le regole dettate dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilita' dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilita' soggettiva del dichiarante e dell'attendibilita' intrinseca del suo racconto, che, peraltro, deve in tal caso essere piu' penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte, Rv. 253214). Nel caso in esame la Corte territoriale ha formulato un giudizio di attendibilita' della persona offesa, evidenziando che la stessa non si e' costituita parte civile e che si e' limitata a raccontare i fatti accaduti, senza aggravare la posizione dell'imputato. Le dichiarazioni della persona offesa sono state valutate come precise e puntuali, nonche' riscontrate dai messaggi whatsapp e dalle numerose chiamate ricevute in un ristretto arco temporale a entrambi i suoi numeri telefonici, mostrati in occasione della presentazione della querela alla polizia giudiziaria, che ha scattato le immagini della schermata del telefono cellulare, acquisite all'udienza del 18 gennaio 2018. Peraltro, quanto ai messaggi whatsapp, va rilevata la legittimita' della loro acquisizione come documenti mediante la realizzazione di una fotografia dello schermo di un telefono cellulare sul quale gli stessi sono leggibili (Sez. 3, n. 8332 del 06/11/2019, dep. 2020, Rv. 278635; Sez. 5, n. 12062 del 05/02/2021, Rv. 280758). Inoltre, ai fini dell'utilizzabilita' della trascrizione delle conversazioni a mezzo whatsapp effettuata dalla persona offesa, la necessita' di acquisire il supporto telematico o figurativo contenente la relativa registrazione deve essere valutata in concreto, tenendo conto della credibilita' della persona offesa e dell'attendibilita' delle sue dichiarazioni accusatorie (si veda Sez. 5, n. 2658 del 06/10/2021, dep. 2022, Rv. 282771, che, in tema di atti persecutori, ha affermato che correttamente il giudice di merito aveva ritenuto superflua la richiesta difensiva di accertamento tecnico e di estrazione dei dati del traffico telefonico delle utenze interessate, non essendovi ragione di dubitare dell'attendibilita' delle dichiarazioni della persona offesa in merito alla provenienza e al contenuto dei messaggi). 4. Sebbene non sia stato dedotto dalla difesa del ricorrente, questo Collegio ritiene di dover evidenziare d'ufficio che nella specie si pone la questione dell'eventuale illegittimita' dell'aumento applicato dai giudici di merito a titolo di continuazione in termini di pena detentiva per i reati satellite (lesioni e minaccia) al delitto di violenza privata sanzionati con pena alternativa, propria dei reati di competenza del giudice di pace. Il problema si pone perche' le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 40983 del 21/06/2018, Giglia, Rv. 273751) hanno affermato che, in tema di concorso di reati puniti con sanzioni eterogenee sia nel genere che nella specie per i quali sia riconosciuto il vincolo della continuazione, l'aumento di pena per il reato "satellite" va effettuato secondo il criterio della pena unica progressiva per "moltiplicazione", rispettando tuttavia, per il principio di legalita' della pena e del favor rei, il genere della pena prevista per il reato "satellite", nel senso che l'aumento della pena detentiva del reato piu' grave dovra' essere ragguagliato a pena pecuniaria ai sensi dell'articolo 135 c.p.. Peraltro, le Sezioni Unite di recente hanno affermato pure che spetta alla Corte di cassazione, in attuazione degli articoli 3, 13, 25 e 27 Cost., il potere, esercitabile anche -come nella specie- in presenza di ricorso inammissibile, di rilevare l'illegalita' della pena determinata dall'applicazione di sanzione "ab origine" contraria all'assetto normativo vigente perche' di specie diversa da quella di legge o irrogata in misura superiore al massimo edittale (Sez. U, n. 38809 del 31/03/2022, Miraglia, Rv. 283689). Fatta questa premessa, ritiene il Collegio di non discostarsi dai principi affermati nella pronunzia di questa Sezione n. 49865 del 14/09/2018 (Rv. 274375), successiva a Sezioni Unite Giglia, secondo cui non viola il principio di legalita' della pena l'aumento a titolo di continuazione della sanzione detentiva - prevista per il reato base - in presenza di reati satellite di competenza del giudice di pace sanzionati in via alternativa con pena equiparata a quella detentiva ai sensi del Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274, articolo 58. Il Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 52, comma 2, lettera b), prevede che, quando il reato e' punito con la sola pena della reclusione o dell'arresto, si applica la pena pecuniaria della specie corrispondente da Euro 516 a Euro 2.582, o la pena della permanenza domiciliare da quindici giorni a quarantacinque giorni, ovvero la pena del lavoro di pubblica utilita' da venti giorni a sei mesi. Dunque, come condivisibilmente argomentato dalla suindicata pronunzia n. 49865 del 14/09/2018, il Decreto Legislativo 28 agosto 2000 n. 274, articolo 52, non prevede per i reati di competenza del giudice di pace solo la pena pecuniaria, bensi' anche quelle della permanenza in casa o con il lavoro di pubblica utilita', che, a norma del Decreto Legislativo n. 274, articolo 58, comma 1, si considerano come pena detentiva ad ogni effetto di legge (Sez. 5, n. 8268 del 11/01/2008, Bignozzi, Rv. 239469; Sez. 5, n. 35252 del 13/06/ 2007, Ioli, Rv. 237701). Ne consegue che, nella specie, l'aumento ex articolo 81 c.p. in termini di pena detentiva non comporta una illegalita' della pena, data la natura omogenea di due delle possibili sanzioni applicabili per i reati di lesioni e minaccia rispetto a quella detentiva prevista per il piu' grave reato di violenza privata. Tale interpretazione certamente non confligge con quella adottata dalla pronunzia Sez. U n. 40983 del 21 giugno 2018 Giglia, che non si e' occupata delle sanzioni paradetentive e, comunque, in ragione dei principi enunciati e della casistica enucleata (anche se non perfettamente aderente al caso di specie) non si puo' affermare che sia illegittimo l'aumento in termini di pena detentiva su quella prevista per il reato-base, quando il reato satellite sia punito con pena alternativa omogenea a quella detentiva. D'altronde, va in proposito ricordato che, alla stregua dei principi affermati da Sezioni Unite n. 33040 del 2015 Jazouli (Rv. 264205), e' illegale solo la pena: a) che non corrisponde, per specie ovvero per quantita' (sia in difetto che in eccesso), a quella astrattamente prevista per la fattispecie incriminatrice in questione, cosi' collocandosi al di fuori del sistema sanzionatorio come delineato dal codice penale; b) derivante da un procedimento di commisurazione basato su parametri edittali riconosciuti come incostituzionali. In tal senso si e' pronunziata anche la recente sentenza Sezioni Unite Miraglia, che ha concluso "nel senso che la pena che non sia prevista, nel genere, nella specie o nella quantita', dall'ordinamento, e' una pena che attesta un abuso del potere discrezionale attribuito al giudice, con l'usurpazione dei poteri esclusivi del legislatore" (cosi' in motivazione a pag. 24). Peraltro, gia' Sezioni Unite Acquistapace (n. 7578 del 17/12/2020 - dep. 2021) avevano precisato che quella di "pena illegale" e' categoria che la giurisprudenza utilizza con esclusivo riferimento ai casi in cui la sanzione applicata dal giudice sia di specie piu' grave di quella prevista dalla norma incriminatrice o superiore ai limiti edittali indicati dalla stessa; l'illegalita' della pena, dunque, ricorre solo quando essa eccede i valori (espressi sia qualitativamente: genere e specie, che quantitativamente: minimo e massimo) assegnati dal legislatore al tipo astratto nel quale viene sussunto il fatto storico reato (si veda anche la sentenza Sez. U, n. 6240 del 27/11/2014, dep- 2015, B., che ha sottolineato che l'illegalita' della pena rivela la mutazione subita dalla discrezionalita' giudiziale, che da espressione e strumento della migliore attuazione della legge diviene il suo opposto). Gli stessi principi sono stati pure ribaditi di recente da Sez. U, n. 47182 del 31/03/2022, Savini, Rv. 283818 (che si e' occupata dell'erronea applicazione da parte del giudice di merito della misura della diminuente, prevista per un reato contravvenzionale giudicato con rito abbreviato), la quale ha sottolineato la fondatezza del principio tradizionalmente enunciato dal giudice di legittimita': "gli errori nell'applicazione delle diverse discipline che entrano in gioco nella commisurazione della pena danno luogo ad una pena illegale solo se la risultante (ovvero la pena indicata in dispositivo) e' per genere, specie o per valore minimo o massimo diversa da quella che il legislatore ha previsto per il tipo (o sottotipo) astratto al quale viene ricondotto il fatto storico reato. Fuori da tale caso, la pena e' illegittima, ove commisurata sulla base della errata applicazione della legge o non giustificata secondo il modello argomentativo normativamente previsto" (cosi' in motivazione, pagg. 21-22). 5. Alla declaratoria di inammissibilita' del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di Euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VILLONI O. - Presidente Dott. PACILLI - rel. Consigliere Dott. PATERNO' RADDUSA B. - Consigliere Dott. DI NICOLA TRAVAGLINI P. - Consigliere Dott. DI GIOVINE O. - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza emessa il 4 ottobre 2022 dal Tribunale di Catanzaro; visti gli atti, l'ordinanza e il ricorso; udita nell'udienza camerale del 6 aprile 2023 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Giuseppina Anna Rosaria Pacilli; udito il Sostituto Procuratore Generale Dott. Gargiuli Raffaele, che ha concluso chiedendo di rigettare il ricorso; uditi gli avv.ti (OMISSIS), e (OMISSIS), difensori del ricorrente, che hanno chiesto l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 4 ottobre 2022 il Tribunale di Catanzaro - Sezione per il riesame delle misure cautelari ha confermato il provvedimento emesso il 2 agosto 2022 dal Giudice per le indagini preliminari della stessa citta', con cui ad (OMISSIS) e' stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere in relazione a una estorsione aggravata anche dall'articolo 416 bis.1 c.p.. 2. Avverso l'ordinanza del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'indagato, che ha dedotto i seguenti motivi: 2.1 vizi della motivazione, per avere il Giudice del riesame pronunciato una ordinanza del tutto sovrapponibile al provvedimento applicativo della misura cautelare. Il Tribunale, poi, nel ritenere che la figura e il ruolo del ricorrente venivano in rilievo "nell'appena indicato quadro investigativo", concernente, pero', il delitto associativo, avrebbe trascurato di considerare che il ricorrente non e' indagato per quest'ultimo reato; 2.2 vizi della motivazione, per avere il Tribunale errato nel ritenere che la conversazione tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), avvenuta il giorno prima di quella concernente l'odierno ricorrente, facesse riferimento all'estorsione oggetto di quest'ultima conversazione (ossia ai danni di (OMISSIS)) e al ricorrente. Dalla prima conversazione, invece, emergerebbe che (OMISSIS) voleva dimostrare al suo interlocutore la propria capacita' di mantenere i fili delle vicende cittadine e ricordava una vicenda diversa da quella ascritta al ricorrente stesso; 2.3 inosservanza della legge penale e mancanza di motivazione in relazione alla contestata aggravante di cui all'articolo 416 bis.1 c.p. Premesso che l'aggravante ha natura oggettiva ed e' valutabile a carico dei concorrenti sempre che siano stati a conoscenza dell'impiego del metodo mafioso ovvero l'abbiano ignorato per colpa o per errore determinato da colpa, il ricorrente ha dedotto che, nel caso in esame, egli non era l'esecutore materiale del delitto e, quindi, non avrebbe avuto consapevolezza della condotta posta in essere da altri. Dalla conversazione intercettata emergerebbe che egli poco sapesse di consorterie e quant'altro; 2.4 mancanza di motivazione in relazione alla sussistenza della presunzione relativa di pericolosita' del ricorrente a causa della contestazione dell'aggravante di cui all'articolo 416 bis.1 c.p. Il Tribunale avrebbe trascurato di considerare la risalenza dei fatti di reato e la totale lontananza da circa 25 anni del ricorrente da fatti criminosi: elementi, questi, idonei a superare la richiamata presunzione di pericolosita'. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile. 2. Il primo motivo e' privo di specificita'. Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, il Tribunale di Catanzaro non si e' limitato a richiamare il provvedimento impugnato, che ha condiviso, ma ha proceduto ad un vaglio critico delle deduzioni della difesa, pervenendo alla decisione impugnata attraverso una disamina completa ed approfondita delle risultanze processuali. Nel condividere il significato complessivo del quadro indiziario, posto in risalto nell'ordinanza del primo Giudice, il Tribunale ha puntualmente disatteso la diversa ricostruzione prospettata dalla difesa, dando conto delle risultanze offerte dalle intercettazioni, il cui contenuto ha ritenuto "esplicito" e "univocamente comprovante l'ipotesi accusatoria". Giova poi precisare che il Tribunale di Catanzaro, in premessa, ha indicato il quadro in cui si inseriscono le vicende in disamina ma cio' al solo fine di delineare il contesto in cui e' avvenuta l'estorsione addebitata provvisoriamente al ricorrente, senza che da cio' possa trarsi - come invece dedotto dal ricorrente che il menzionato Tribunale abbia inteso inserire il ricorrente nella confederazione di ‘ndrangheta, operante nel territorio cosentino. 3. Anche il secondo motivo del ricorso non coglie nel segno. Secondo il Tribunale, le due intercettazioni, poste a base della ritenuta sussistenza dei gravi indizi a carico del ricorrente, avevano il medesimo oggetto, ossia l'estorsione ai danni di (OMISSIS), effettuata da soggetti contigui al clan degli zingari, i quali, evocando l'appartenenza al clan di Cosenza e la vicinanza a (OMISSIS), avevano creato confusione nella persona offesa, che era gia' vittima di estorsione da parte di (OMISSIS) e aveva consegnato il denaro, temendo che la richiesta provenisse proprio da quest'ultimo. Tale evento aveva adirato (OMISSIS), che ne aveva parlato con (OMISSIS) e (OMISSIS), il quale aveva poi veicolato il messaggio del boss agli zingari, tanto che il giorno successivo si era presentato al cospetto del (OMISSIS) l'odierno indagato, che si era scusato per l'azione improvvida del ragazzo ventenne, che, parlando a nome di quelli di Cosenza, si era fatto consegnare da (OMISSIS) "7 carte", che erano confluite direttamente nelle mani del (OMISSIS). Il Tribunale ha quindi sottolineato che dal compendio delle intercettazioni emergeva che (OMISSIS) era indubbiamente a conoscenza della richiesta estorsiva ed aveva ammesso di avere incassato il provento estorsivo: cio' lo rendeva partecipe del reato e dominus dell'azione delittuosa in ragione del fatto che era stato proprio lui a recarsi al cospetto del boss per rispondere delle condotte dei suoi sottoposti. A fronte di siffatte argomentazioni il ricorrente si e' limitato a svilire il contenuto degli elementi valorizzati dal Tribunale e a prospettare una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, senza tener conto, pero', che l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e' rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o nella assoluta mancanza, manifesta illogicita' o contraddittorieta' della motivazione, rimanendo "all'interno" del provvedimento impugnato (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Rv. 270628 - 01, Sez. 6, n. 11194 dell'8/3/2012, Rv. 252178 - 01). 4. Anche il terzo motivo del ricorso e' privo di specificita'. L'aggravante di cui all'articolo 416 bis.1 c.p. e' stata ritenuta sotto il profilo sia del metodo mafioso che dell'agevolazione mafiosa. Il Tribunale ha rimarcato che la richiesta estorsiva era stata realizzata con la carica intimidatoria tradizionalmente riconosciuta alla consorteria mafiosa, implicita nell'evocazione del sodalizio operante sul territorio ("quelli di Cosenza"), e la minaccia velata di azioni ritorsive in caso di mancato pagamento, tale da incutere timore del destinatario, cosi' da integrare l'aggravante sotto il profilo del metodo mafioso. Siffatte argomentazioni sfuggono a ogni rilievo, dovendosi ricordare che la giurisprudenza di legittimita' ha statuito che la circostanza aggravante del cosiddetto "metodo mafioso" e' configurabile anche a carico di un soggetto che non faccia parte di un'associazione di tipo mafioso, ma ponga in essere, nella commissione del fatto a lui addebitato, un comportamento minaccioso tale da richiamare alla mente e alla sensibilita' del soggetto passivo quello comunemente ritenuto proprio di chi appartenga a un sodalizio del genere anzidetto (Sez. 2, n. 38094 del 5/6/2013, Rv. 257065-01; Sez. 1, n. 4898 del 26/11/2008, dep. 2009, Rv. 243346-01); non necessita che sia stata dimostrata o contestata l'esistenza di un'associazione per delinquere, essendo sufficiente che la violenza o la minaccia richiamino alla mente e alla sensibilita' del soggetto passivo la forza intimidatrice tipicamente mafiosa del vincolo associativo (Sez. 2, n. 27548 del 17/05/2019, Rv. 276109 -01; Sez. 2, n. 16053 del 25/03/2015, Rv. 263525 01). 4.1 Deve poi rilevarsi che correttamente l'aggravante e' stata ritenuta sussistente anche sotto il profilo dell'agevolazione. Il Tribunale ha affermato al riguardo che la condotta era volta al raggiungimento di un vantaggio remunerativo illecito, finalizzato al soddisfacimento degli interessi lucrativi e impositivi del clan di riferimento. Il conseguimento del profitto estorsivo da parte dell'indagato indicava di per se' la piena adesione alla condotta delittuosa materialmente posta in essere da altri e, quindi, la configurabilita' dell'elemento soggettivo richiesto per la sussistenza dell'aggravante. 5. Nessun rilievo puo' muoversi all'ordinanza impugnata nemmeno con riguardo alle ritenute esigenze cautelari. Il Tribunale ha non solo richiamato la presunzione relativa di concretezza ed attualita' del pericolo di recidiva, non superata nella specie, non essendo stati forniti elementi specifici positivamente valutabili nel senso di un'attenuazione delle esigenze di prevenzione, ma ha anche evidenziato che il concreto pericolo di reiterazione delle condotte delittuose era desumibile sia dalle modalita' della condotta, che disvelavano la contiguita' del ricorrente al sodalizio mafioso operante nel territorio, sia dalla personalita' dell'indagato, che si rapportava direttamente con il capo clan, spinto da una legittimazione che solo la contiguita' a un contesto mafioso poteva attribuire. Cosi' argomentando, il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati da questa Corte (Sez. 5, n. 26371 del 24/07/2020, Rv. 279470 - 01) secondo cui la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all'articolo 275 c.p.p., comma 3, e' prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall'articolo 274 c.p.p., sicche', se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall'articolo 275 c.p.p., comma 3, detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, i caratteri di attualita' e concretezza del pericolo. La giurisprudenza di legittimita' ha anche precisato che la regola generale, contenuta nell'articolo 275 c.p.p., comma 3 -bis, secondo cui il giudice, nel disporre la custodia in carcere, deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonea, nel caso concreto, la misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo elettronico, non trova applicazione quando la custodia in carcere venga disposta per uno dei delitti per i quali opera la presunzione relativa di adeguatezza di tale misura, ai sensi del predetto articolo 275, comma 3 (Sez. 2, n. 3899 del 20/01/2016, Rv. 265598- 01; Sez. 2, n. 4951 del 12/01/2016, Rv. 266152-01; Sez. 1, n. 19234 del 22/12/2015, dep. 2016, Rv. 266692-01). 6. Deve aggiungersi che i motivi nuovi non sono consentiti, essendo state dedotte censure non connesse al ricorso originario, quali l'errata identificazione del soggetto indagato, la mancata iscrizione nel registro ex articolo 335 c.p.p. del soggetto attinto da misura cautelare, con conseguente ripercussione sui termini di cui all'articolo 407 c.p.p., o ancora la mancata indicazione della condotta concorsuale del ricorrente. Questa Corte (Sez. 3, n. 2873 del 30/11/2022, Rv. 284036 - 01), infatti, e' ferma nel ritenere che il principio generale delle impugnazioni, concernente la necessaria connessione tra i motivi originariamente proposti e i motivi nuovi, non e' derogato nell'ambito del ricorso per cassazione contro i provvedimenti "de libertate", l'unica diversita' attenendo al termine per la proposizione dei motivi nuovi, che non e' quello di quindici giorni prima dell'udienza, ma e' spostato all'inizio della discussione. 7. La declaratoria di inammissibilita' del ricorso comporta, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche' - apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa di inammissibilita' per colpa (Corte Cost., 13 giugno 2000 n. 186) - della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria. 8. La cancelleria e' onerata degli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente Dott. RICCIARELLI Massi - rel. Consigliere Dott. VILLONI Orlando - Consigliere Dott. CALVANESE Ersilia - Consigliere Dott. DI NICOLA TRAV.P. - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); avverso la sentenza in data 14/06/2022 della Corte di appello di Catanzaro; visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Massimo Ricciarelli; udita la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giuseppe Riccardi, che ha concluso per l'inammissibilita' dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) e per l'inammissibilita' dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS); udito l'Avv. (OMISSIS) per la parte civile, che ha depositato le conclusioni e la nota spese; uditi i difensori, Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS) per (OMISSIS), Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), i Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), che hanno chiesto l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 14/06/2022 la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma di quella del Tribunale di Vibo Valentia del 27/03/2019, ha prosciolto per intervenuta prescrizione (OMISSIS) dal reato di estorsione di cui al capo C), confermando la condanna dello stesso (OMISSIS) per il reato di usura di cui al capo B), quella di (OMISSIS) per il reato di cui all'articolo 31.9-quater c.p.. cosi' gia' riqualificato il capo D), e per il reato di corruzione di cui al capo quella di (OMISSIS) e di (OMISSIS) per i reati di cui all' articolo 513-bis e articoli 56, 629 c.p. aggravati ai sensi della L. 203 del 1991, articolo 7, contestati ai capi a) e b), del riunito procedimento n 419/14, rideterminando le pene nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e confermando quella irrogata a (OMISSIS). 2. Ha proposto ricorso (OMISSIS), che ha rinunciato alla prescrizione, tramite i suoi difensori, Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS). 2.1. Dopo un'ampia ricognizione degli elementi valorizzati nelle sentenze di merito e di quelli invocati a discolpa, con il primo motivo deduce mancanza e vizio di motivazione in ordine alla credibilita' intrinseca della persona offesa (OMISSIS) in relazione al capo D). La Corte si era limitata ad una sintetica valutazione di attendibilita' del dichiarante nonostante l'andamento discontinuo e contraddittorio delle sue dichiarazioni in ordine al fatto di aver rimesso la querela a seguito di pressioni di (OMISSIS) o a seguito delle ammissioni fatte da (OMISSIS), al cospetto di (OMISSIS). Nell'omettere una rigorosa valutazione, la Corte aveva anche disatteso l'indicazione di rinvenire riscontri a conferma delle dichiarazioni della persona offesa, costituitasi parte civile. 2.2. Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione in relazione alla credibilita' estrinseca di (OMISSIS) e all'affermazione di penale responsabilita' in presenza di prova contraddittoria e incerta con riguardo al capo D). Contesta la valutazione della Corte incentrata sulla conferma riveniente dalla conversazione intercettata, nella quale Punita avrebbe descritto la vicenda in termini sovrapponibili. La sentenza impugnata non si era confrontata con due elementi difensivamente dedotti, le dichiarazioni di (OMISSIS), che aveva negato la condotta minacciosa e attribuito a (OMISSIS) un ruolo di paciere, e la relazione di servizio di (OMISSIS), redatta il giorno in cui (OMISSIS) lo aveva telefonicamente contattato per dolersi della minaccia di (OMISSIS). Le dichiarazioni di (OMISSIS) erano da sole idonee a smentire le accuse, ma la Corte si era limitata a prenderne atto senza motivare sulla loro valenza e attendibilita', cio' che aveva comportato una condanna resa in presenza di una situazione di ragionevole dubbio. Quanto alla relazione di servizio nella quale si dava conto della minaccia segnalata da (OMISSIS), la Corte aveva ritenuto rilevante la conversazione intercettata nella quale (OMISSIS) aveva affermato di essere stato contattato da (OMISSIS), che nella relazione di servizio aveva invece affermato di aver ricevuto una telefonata da (OMISSIS). Ma si trattava di profilo irrilevante, al fine di stabilire se vi fosse stata o meno da parte di (OMISSIS), una minaccia, in concreto esclusa da (OMISSIS). 2.3. Con il terzo motivo denuncia vizio di motivazione in odine all'elemento materiale del reato di cui all'articolo 319-quater c.p., a fronte delle dichiarazioni spontanee del ricorrente e della documentazione difensiva prodotta. La Corte non aveva dato conto dell'abuso induttivo attribuibile a (OMISSIS) e non si era confrontata con le dichiarazioni spontanee di costui, volte a ricostruire la vicenda e con la documentazione prodotta, da cui risultavano equi controlli nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS), anche successivi alla denuncia, circostanza in contrasto con l'asserita pressione sottesa alla prospettazione di "scrivere contro" (OMISSIS), nel caso di mancata remissione della denuncia contro (OMISSIS). In realta' il ricorrente si era adoperato per una bonaria composizione dei dissidi privati, da ritenersi del tutto legittima. 2.4. Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione in relazione alla condotta abusiva di (OMISSIS). Per quanto gia' rilevato non avrebbe potuto configurarsi un abuso di poteri o della funzione e tutt'al piu' avrebbe potuto ricondursi la condotta nell'alveo della previsione dell'articolo 323 c.p., prima della recente riforma della fattispecie, dovendosi comunque escludere una condotta contra legem o praeter legem. 2.5. Con il quinto motivo deduce vizio di motivazione con riguardo al capo E), in relazione ai mancati accertamenti bancari per verificare il versamento di somma da parte di (OMISSIS) ed ai contatti telefonici tra (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche' in relazione alla testimonianza di (OMISSIS) e al travisamento della conversazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS). La Corte aveva omesso un'adeguata verifica della valenza di conversazioni che non vedevano tra i conversanti il ricorrente. Alla conversazione del (OMISSIS), in cui si parlava della dazione di 16/17 mila Euro, non erano seguiti i necessari accertamenti bancari, mentre non erano stati verificati contatti telefonici attraverso l'acquisizione dei tabulati. Relativamente alla conversazione del (OMISSIS) tra (OMISSIS) e (OMISSIS), la Corte aveva travisato il senso della stessa a fronte di quanto riferito sul punto dal teste (OMISSIS), non in grado di spiegare la responsabilita' del ricorrente per il rapporto corruttivo con (OMISSIS). Relativamente alla conversazione del (OMISSIS) tra (OMISSIS) e (OMISSIS), la Corte aveva dato rilievo ad una parte di essa, senza considerare la parte successiva, nella quale (OMISSIS) aveva riferito il rapporto tra (OMISSIS) e (OMISSIS) ai rapporti di ufficio che si tengono con gli istituti di vigilanza. 2.6. Con il sesto motivo deduce mancanza di motivazione in ordine all'attendibilita' delle conversazioni intercettate di (OMISSIS), in assenza di confronto con le doglianze difensive. Era stata contestata l'attendibilita' delle affermazioni di (OMISSIS) che non solo aveva detto di aver versato somme a (OMISSIS), ma aveva anche prospettato di poter chiamare noti personaggi politici e aveva sostenuto di aver fatto avere a (OMISSIS) dei giorni di malattia: la Corte aveva illogicamente ritenuto che il riferimento ai personaggi politici fosse un dato neutro, mentre con riguardo ai giorni di malattia, circostanza esclusa dal Dott. (OMISSIS), la Corte aveva ritenuto che il predetto non era l'unico medico che poteva effettuare un accertamento, senza peraltro aver dato seguito alla richiesta di approfondire il tema presso l'ufficio personale della Questura. 2.7. Con il settimo motivo denuncia vizio di motivazione in ordine alla vicenda Ecoscark e all'omessa motivazione sulla produzione documentale. La Corte aveva indebitamente collegato la vicenda al capo D), incentrato sulla remissione di querela, senza che quest'ultima sia menzionata nel capo E). In ogni caso la vicenda Ecoscark non era riconducibile ad un rapporto corruttivo. La Corte aveva motivato contraddittoriamente, in quanto dopo aver descritto l'operato di (OMISSIS), conforme alle regole e all'incarico affidatogli, aveva apoditticamente affermato che si era trattato di attivita' istituzionale finalizzata a favorire (OMISSIS), senza peraltro confrontarsi con la documentazione prodotta. 3. Ha proposto ricorso (OMISSIS) con atti separati a firma dei suoi difensori. 3.1. Nel ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS), con il primo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' per il delitto di usura. La Corte si era fondata sulle sole dichiarazioni della persona offesa senza averne valutato l'attendibilita' e in assenza di idonei riscontri e di conversazioni intercettate o di conclusioni di tipo peritale. Era stata omessa una verifica dei conti correnti e della concreta partita contabile costituita da assegni ma anche da erogazioni in contanti. Era incerto il rapporto di finanziamento della somma di Euro 10.000,00, protrattosi dal 2003 al 2008. Cio' valeva con riguardo alle tre operazioni nelle quali si era suddivisa la vicenda in base al rinnovo del prestito accompagnato dalla pattuizione di interessi, vicenda risultante solo dalle dichiarazioni generiche e non riscontrate della persona offesa, costituitasi parte civile. 3.2. Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle circostanze aggravanti contestate. La Corte aveva del tutto omesso di dar conto delle ragioni per cui erano state applicate le aggravanti relative al delitto in danno di esercente attivita' imprenditoriale e in stato di bisogno. 3.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio e al diniego delle attenuanti generiche. La Corte non aveva fornito una idonea e completa motivazione in ordine alla pena irrogata e non aveva adeguatamente giustificato il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, facendo riferimento ad un unico elemento, a fronte del fatto che non erano emerse altre condotte illecite dopo il 2008. 3.4. Nel ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS), con il primo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione con travisamento della prova in ordine alle ipotesi di usura di cui al capo B). Nel trattare congiuntamente anche di ipotesi di minaccia estorsiva, il ricorrente segnala che la condanna si era basata solo sulle dichiarazioni della persona offesa (OMISSIS), a fronte di una riduttiva indagine conoscitiva e di un'imprecisa ricostruzione del contenuto delle prove, in assenza di indagini bancarie e di verifiche peritali. Il motivo si sviluppa poi con riferimento alla tripartizione delle condotte di usura con cadenze e argomenti corrispondenti al primo motivo del ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS). 3.5. Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alle contestate e ritenute aggravanti. La Corte non aveva fornito motivazione a sostegno delle aggravanti del fatto in danno di esercente attivita' imprenditoriale e in stato di bisogno. 3.6. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e Vizio di motivazione in relazione agli articoli 62-bis, 69 e 133 c.p. Anche in questo caso sono formulati argomenti che riflettono temi e cadenze del terzo motivo del ricorso a firma dell'Avv. (OMISSIS). 4. Ha proposto ricorso (OMISSIS) tramite il difensore, Avv. (OMISSIS). 4.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e difetto di motivazione in relazione agli articoli 210, 64 e 197-bis c.p.p. e all'inutilizzabilita' delle dichiarazioni di (OMISSIS). Posto che (OMISSIS) aveva segnalato di aver ricevuto dall'Avv. (OMISSIS) e da un poliziotto l'offerta di una grossa cifra, perche' non deponesse, da cio' era nato un procedimento a carico di (OMISSIS) per calunnia, reato che aveva formato oggetto di decreto di rinvio a giudizio. A fronte di cio' la Corte aveva omesso di. motivare sul collegamento probatorio esistente tra il reato di calunnia e quelli oggetto del presente processo, collegamento alla cui stregua avrebbe dovuto applicarsi l'articolo 210 c.p.p., chiedendo al dichiarante se intendesse o meno avvalersi della facolta' di non rispondere: in mancanza di cio' la deposizione deve ritenersi inutilizzabile. 4.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge in relazione alla configurabilita' dei reati di cui agli articoli 513-bis e 56, 629 c.p.. Era stato segnalato che la minaccia aveva riguardato soggetti estranei alla persona offesa, nei cui confronti avrebbero dovuto collocarsi le bombe, non potendosi dunque ritenere lesa la liberta' della persona offesa. La motivazione sul punto faceva riferimento alla perdita dei contratti che (OMISSIS), avrebbe potuto subire, ma non era stato spiegato perche' i danneggiamenti ad attivita' commerciali potessero determinare l'interruzione dei rapporti contrattuali, fermo restando che si trattava di circostanza non emersa nell'istruttoria dibattimentale. Era semmai ravvisabile in luogo della tentata estorsione, il delitto di tentata violenza privata, trattandosi di condotta minacciosa finalisticamente diretta a privare la persona offesa delle iniziative legali nei confronti di (OMISSIS). Relativamente all'ulteriore delitto contestato, che richiede condotta volta a scoraggiare l'altrui concorrenza con violenza o minaccia ed e' collocato tra i delitti a tutela dell'ordine economico, esso non e' ravvisabile se la limitazione della liberta' di concorrenza e' solo la mira teleologica dell'agente. La Corte aveva dato rilievo al fatto che il ricorrente avrebbe rivolto minacce alle guardie giurate di (OMISSIS), dicendo che (OMISSIS) non doveva lavorare, e si sarebbe recato presso gli esercizi commerciali per conto dei quali (OMISSIS), svolgeva servizio di vigilanza, dicendo di non sottoscrivere il contratto con il predetto. Ma la Corte non aveva indicato gli elementi di prova e aveva fatto riferimento a condotte di (OMISSIS), nei confronti delle guardie giurate, senza alcuna formale contestazione e senza indicazione dei nomi delle guardie giurate. 4.3. Con il terzo motivo denuncia vizio di motivazione in relazione agli articoli 513-bis e 56, 629 e difetto di motivazione in ordine alla responsabilita' concorsuale. La Corte non aveva attribuito al ricorrente alcuna concreta azione che potesse integrare il concorso nei reati, non essendo sufficiente la presenza fisica, fermo restando che nessuna condotta aveva al riguardo descritto la persona offesa, al di la' della mera connivenza. 4.4. Con il quarto motivo denuncia vizio di motivazione in ordine alla valutazione della testimonianza della persona offesa. La Corte non aveva tenuto conto degli elementi che attestavano la litigiosita' tra (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche' la circostanza che la persona offesa era imputato per calunnia in danno dell'Avv. (OMISSIS) e l'ulteriore circostanza che, per quanto riferito dal Pubblico ministero, il predetto era stato sottoposto ad indagini per accesso abusivo allo S.D.I. Le dichiarazioni di (OMISSIS) avrebbero dunque avuto la necessita' di riscontri che la Corte non aveva indicato, non risultando che (OMISSIS) avesse ricevuto da (OMISSIS) confidenze sulle minacce ricevute. 4.5. Con il quinto motivo deduce violazione di legge e travisamento della prova in relazione all'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.. La minaccia della collocazione di ordigni esplosivi non aveva a che fare con la persona di (OMISSIS) ma semmai con gli esercizi commerciali e non poteva ingenerare timore particolare nella persona offesa. Non ricorreva dunque la contestata aggravante, implicante l'ulteriore condizione di soggezione legata all'evocazione dell'organizzazione mafiosa. 5. Ha presentato ricorso (OMISSIS), tramite i difensori, Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS). 5.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla valutazione della prova. La Corte non aveva debitamente vagliato l'attendibilita' della persona offesa, costituita parte civile, avendo semplicemente richiamato la valutazione formulata con riguardo all'attendibilita' del dichiarante in ordine ad altri reati commessi in diverso contesto, a fronte di doglianze incentrate non solo sull'importo e la data dell'assegno, ma anche su altri profili, a cominciare dal mancato riconoscimento in aula dell'imputato (OMISSIS), che era dunque dubbio potesse aver ingenerato una condizione di timore. 5.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'aggravante di cui alla L. 203 del 1991, articolo 7. Erroneamente era stato ritenuto sussistente il metodo mafioso, a fronte del fatto che l'atteggiamento minatorio non era stato avvertito dal teste (OMISSIS), secondo il quale la persona offesa era nervosa perche' non aveva i soldi per pagare le divise, cosicche' sul punto le dichiarazioni cali (OMISSIS), pur reputato attendibile,non valevano a riscontrare la persona offesa, di cui peraltro non era stato valutato il risentimento verso il coimputato (OMISSIS). 5.3. Con il terzo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'articolo 533 c.p.p.. La Corte aveva omesso di conformarsi alla regola di giudizio dell'oltre ogni ragionevole dubbio, non fornendo una motivazione in merito alla capacita' del compendio probatorio di soddisfare lo standard richiesto per eliminare ogni dubbio. 5.4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 62-bis, 69 e 133 c.p.. La Corte aveva omesso di motivare in ordine al diniego delle attenuanti generiche, non fornendo spiegazione circa la sussistenza di prevalenti elementi ostativi. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. Il ricorso presentato nell'interesse di (OMISSIS) e' nel suo complesso infondato. 2. E' in particolare infondato il primo motivo, incentrato sull'attendibilita' del dichiarante. La Corte territoriale ha dato conto delle deduzioni difensive, ma ha ritenuto di condividere le valutazioni del primo Giudice in ordine all'attendibilita' di (OMISSIS), di cui e' stata segnalata la peculiare condizione esistenziale e sono stati illustrati i tratti di personalita' nonche' l'uso di toni talvolta polemici e talvolta ironici, al fine di inquadrare la sua deposizione e la sostanziale coerenza del suo racconto. In particolare, la Corte ha inteso suffragare il giudizio del Tribunale fondato su un'attenta valutazione del problematico andamento della deposizione di (OMISSIS), in un primo momento dichiaratosi non disponibile al controesame, ma successivamente sottopostovisi, senza mutare la sostanza della sua narrazione. D'altro canto, sia il Tribunale sia la Corte hanno riportato alcuni passaggi della deposizione, in modo da far comprendere la reale dinamica della testimonianza, a fronte delle domande via via formulate dalle parti, giungendo alla non illogica conclusione della rappresentazione da parte di (OMISSIS) di un quadro coerente e credibile, connotato dal decisivo intervento di (OMISSIS), volto a convincere il predetto a ritirare la denuncia presentata contro (OMISSIS). Ne' possono dirsi idonee a sovvertire tale valutazione le deduzioni difensive incentrate su profili di apparente contraddittorieta', in quanto i giudici di merito hanno valutato il complesso della testimonianza, nel corso della quale (OMISSIS) ha dichiarato di aver ricevuto pressioni da (OMISSIS) e nel contempo ha affermato di aver voluto che (OMISSIS) ribadisse al cospetto del predetto le minacce rivoltegli, fermo restando che egli ha comunque ricondotto l'intero sviluppo della vicenda alle richieste di (OMISSIS) e alle sollecitazioni da lui rivoltegli, evocando la prospettiva di segnalazioni e relazioni sfavorevoli nell'ambito dei compiti di Polizia amministrativa ("scrivere contro"), affinche' si convincesse a rimettere la querela. In tal modo deve escludersi che i Giudici di merito si siano sottratti al compito di scrutinare rigorosamente la credibilita' del dichiarante e l'attendibilita' intrinseca della dichiarazione, in conformita' con il costante orientamento secondo cui "la deposizione della persona offesa puo' essere assunta, anche da sola, come prova della responsabilita' dell'imputato, purche' sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilita' e senza la necessita' di applicare le regole probatorie di cui all'articolo 192 c.p.p., commi 3 e 4, che richiedono la presenza di riscontri esterni; tuttavia, qualora la persona offesa si sia anche costituita parte civile e sia, percio', portatrice di pretese economiche, il controllo di attendibilita' deve essere piu' rigoroso rispetto a quello generico cui si sottopongono le dichiarazioni di qualsiasi testimone e puo' rendere opportuno procedere al riscontro di t:ali dichiarazioni con altri elementi" (Sez. 5, n. 12920 del 13/02/2020, Ciotti, Rv. 279070, in linea con Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte, Rv. 253214): deve in tale ottica rilevarsi che l'incidenza dell'istanza economica sottesa alla costituzione di parte civile non puo' essere valutata pregiudizialmente, a prescindere da una specifica contestualizzazione della vicenda, ancorata alla dimensione storica del fatto e al tipo di relazioni intercorrenti tra i soggetti coinvolti, e che comunque la valutazione dell'attendibilita' inerisce al giudizio di merito, ove non implausibile e non viziata da profili di manifesta illogicita' (Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609), cio' nel caso di specie deve escludersi. 3. Altrettanto infondato risulta il secondo motivo. Proprio alla luce della complessiva ricostruzione della vicenda, connotata dall'intento di (OMISSIS) di indurre (OMISSIS) a rimettere la querela, non assumono rilievo ne' la testimonianza di (OMISSIS) ne' la relazione di servizio redatta dal ricorrente. I Giudici di merito hanno in realta' descritto il contesto e scandito le fasi nelle quali si e' sviluppata la condotta induttiva del ricorrente: in tale quadro hanno sottolineato che a detta del teste (OMISSIS) (OMISSIS) aveva inteso fare da paciere, ma tale elemento non risulta idoneo a smentire l'assunto accusatorio, incentrato sull'intendimento del ricorrente di convincere (OMISSIS) a rimettere la querela. Ed invero assume primario rilievo in tale prospettiva il riferimento alla conversazione prog. 455 del 18/03/2011 (richiamata dalla Corte a pag. 20), nel corso della quale (OMISSIS), richiamando l'episodio, aveva riferito che dopo la denuncia di (OMISSIS) (OMISSIS) lo aveva subito chiamato, segnalandogli un'urgenza: si tratta di elemento che, da un lato, smentisce il contenuto della relazione di servizio di (OMISSIS), che aveva segnalato invece di aver ricevuto una chiamata da (OMISSIS), e dall'altro disvela l'inequivoco sbilanciamento di (OMISSIS) in favore di (OMISSIS), soggetto che la condotta induttiva del ricorrente mirava a favorire, propiziando la remissione di querela. Di qui la non illogica valutazione dei Giudici di merito, che hanno ritenuto attendibile e in concreto riscontrata la versione di (OMISSIS), reputando subvalente, in tale quadro, la deposizione di (OMISSIS), giacche' la volonta' di conciliare i contendenti in quello specifico contesto sottendeva pur sempre la volonta' del ricorrente di giungere ad un risultato favorevole a (OMISSIS). 4. In tale prospettiva risultano altresi' infondati il terzo e il quarto motivo di ricorso. La Corte ha infatti tutt'altro che illogicamente ritenuto, avallando la valutazione del primo Giudice, che il ricorrente, abusando dei poteri inerenti alla funzione di addetto alla Divisione di Polizia amministrativa, avesse indotto (OMISSIS) a rimettere la querela sporta contro (OMISSIS), obiettivo costituente per lui una concreta utilita', in quanto maggiormente sensibile agli interessi del predetto, come ampiamente dimostrato anche dal sottostante rapporto corruttivo che forma oggetto del capo E), sul quale si tornera'. Va invero rimarcato che (OMISSIS) svolgeva funzioni cruciali per (OMISSIS) e per (OMISSIS), titolari di agenzie di vigilanza, sottoposti al potere di controllo spettante alla Divisione cui apparteneva (OMISSIS), e che l'evocazione di controlli e verifiche era tale da ingenerare nel (OMISSIS) una condizione di assoggettamento. Inoltre, si e' gia' rilevato come gli elementi acquisiti abbiano attestato il pregiudiziale sbilanciamento di (OMISSIS) in favore di (OMISSIS). Proprio in tale quadro e' stata dunque letta dai Giudici di merito la vicenda che ha condotto alla remissione della querela da parte di (OMISSIS), a seguito delle sollecitazioni rivoltegli da (OMISSIS), il quale, in base a tale ricostruzione, invece di limitarsi a dare corso alla volonta' punitiva manifestata da (OMISSIS), peraltro con riguardo ad un episodio connotato dalla formulazione di una non lieve minaccia, si era direttamente e attivamente ingerito nella vicenda al punto da chiamare immediatamente (OMISSIS) e da propiziare poi la conciliazione, ben oltre il limite della composizione di dissidi privati, dissidi non arrestatisi ad una soglia di mero pericolo per sviluppi illeciti, ma tradottisi nella commissione di un reato per il quale a quel punto avrebbe dovuto seguirsi il percorso ordinario nell'esercizio di funzioni di polizia giudiziaria. Ne' puo' dirsi che fosse semmai ravvisabile il reato di cui all'articolo 323 c.p. sia pur nella formulazione vigente all'epoca dei fatti, giacche' la condotta, cosi' come ricostruita dai Giudici di merito, risulta connotata dall'abuso dei poteri e della funzione del pubblico ufficiale, che, avvalendosi della condizione di assoggettamento del suo interlocutore, l'ha indotto al risultato perseguito, ipotesi riconducibile alla fattispecie delineata originariamente dall'articolo 317 c.p., ma riqualificata dai Giudici di merito ai sensi della L. 190 del 2012, articolo 319-quater, introdotto con cui sono state sottratte alla sfera di operativita' di cui all'articolo 317 c.p. le condotte di tipo induttivo, diverse da quelle connotate da un vero e proprio abuso di tipo costrittivo (secondo la distinzione valorizzata dalla giurisprudenza di legittimita': Sez. U, n. 12228 del 24/10/2013, dep. 2014, Maldera, Rv. 258470). 5. Il quinto, il sesto e il settimo motivo, valutabili congiuntamente, in quanto riferiti nel loro complesso all'imputazione di corruzione di cui al capo E), risultano in larga misura inammissibili e comunque infondati. 6.1. I tre motivi, nello sforzo di parcellizzare il ragionamento probatorio, finiscono per sfuggire al canone dell'argomentata critica della complessiva motivazione, risolvendosi nella sollecitazione di una lettura alternativa degli elementi di prova. In ogni caso gli stessi risultano inidonei a vulnerare la motivazione della Corte, ancora una volta conforme a quella del primo Giudice. Nel quadro di una valutazione incentrata sullo sbilanciamento di (OMISSIS) in favore di (OMISSIS), e' stato valorizzato un dato probatorio di rilievo indiscutibile, costituito dalla conversazione prog. 431 del 17/03/2011, nel corso della quale (OMISSIS) aveva affermato di aver erogato in favore di (OMISSIS), soggetto inequivocamente menzionato, circa 16/17 mila Euro. A fronte di cio' le deduzioni difensive, riproposte anche in questa sede, hanno riguardato, da un lato, la mancanza di accertamenti bancari e, dall'altro, l'inattendibilita' di (OMISSIS). Ma i Giudici di merito hanno rilevato come la mancata verifica bancaria non assumesse alcun rilievo, a fronte del nitido tenore della conversazione, che evocava plurime dazioni ed era in concreto riscontrata, da un lato, dall'effettiva situazione debitoria di (OMISSIS), dedito al gioco (situazione confermata da una conversazione prog. 86 del 15/04/2011), e, dall'altro, da quanto confidato a (OMISSIS) da (OMISSIS), tema che non ha formato oggetto di alcun rilievo difensivo. Inoltre, la Corte ha sottolineato come, a fronte della conversazione del (OMISSIS), non assumesse alcun rilievo la circostanza che in altra conversazione del (OMISSIS), avente diverso oggetto, (OMISSIS) avesse prospettato la possibilita' di chiamare alcuni personaggi politici del calibro di Berlusconi o Gasparri, circostanza inidonea ad attestare la radicale inattendibilita' di (OMISSIS), quale soggetto dedito a gratuite millanterie. Deve, altresi', aggiungersi che al rammarico palesato nel corso della citata conversazione da (OMISSIS) verso (OMISSIS), cui a suo dire, egli aveva anche fatto avere giorni di malattia, non puo' decisivamente contrapporsi la deposizione dibattimentale del Dott. (OMISSIS), responsabile dell'ufficio sanitario della Questura, giacche', come osservato dalla Corte, costui non era l'unico medico deputato ad emettere certificazioni sanitarie, circostanza che, nel ridimensionare non illogicamente la portata della deduzione difensiva, vale a ribadire la complessiva rilevanza delle conferme del rapporto corruttivo rivenienti dalle conversazioni intercettate. 6.2. Gli assunti accusatori sono stati contestati anche attraverso doglianze concernenti il valore attribuibile ad alcune conversazioni intercettate, intercorse tra (OMISSIS) e (OMISSIS) (prog. 11 del 12/04/2011) e tra (OMISSIS) e (OMISSIS) (prog. 654 del 13/05/2011): in particolare si e' segnalato come (OMISSIS) Onofrio, responsabile della Divisione di Polizia Amministrativa, fosse stato sentito nel corso del dibattimento e avesse attribuito alla conversazione del (OMISSIS) un significato diverso da quello prospettato dai Giudici di merito, facendo leva sul tono scherzoso delle frasi scambiate con (OMISSIS); inoltre si e' cercato di cogliere nell'altra conversazione riferimenti non coerenti con l'ipotesi accusatoria. Ma, in realta', si tratta di tentativi di frammentazione del quadro probatorio, funzionali ad una diversa valutazione di cio' che inerisce al merito, in assenza della effettiva deduzione di vizi della motivazione. Ed invero e' stato sottolineato dalla Corte come nella conversazione del 12/04/2011, successiva all'arresto di (OMISSIS), si fosse fatto subito riferimento a (OMISSIS) e alle "mazzette" e come in quella del 13/05/2011, al di la' di talune precisazioni di (OMISSIS), fosse stato posto l'accento sul fatto che (OMISSIS) "mangiava e beveva" con (OMISSIS) e sul fatto che in concreto i controlli potevano non essere approfonditi. Si tratta di elementi che risultano coerenti con il quadro desumibile dalle altre risultanze e in linea con l'ipotesi accusatoria incentrata sulla sussistenza di un rapporto corruttivo tra (OMISSIS) e (OMISSIS). 6.3. Correttamente su tali basi e' stato ravvisato il delitto di cui all'articolo 319 c.p.. In senso contrario e' stata invocata la correttezza dei =troni eseguiti da (OMISSIS), risultante dalla documentazione prodotta, concernente anche la vicenda Ecoscark, nella quale, dopo una Prima segnalazione dei Carabinieri, (OMISSIS) aveva effettuato un controllo sulla base di quanto dedotto da (OMISSIS) in una memoria, confermando gli assunti difensivi di quest'ultimo in ordine alle ragioni della presenza di un lavoratore rumeno. Sta di fatto che l'ipotesi corruttiva e' stata delineata con riguardo ai favori che (OMISSIS), all'occorrenza, avrebbe potuto rendere nell'esercizio delle funzioni, peraltro nel quadro di un rapporto continuativo che faceva registrare il gia' rilevato sbilanciamento del pubblico ufficiale a vantaggio del privato corruttore: a ben guardare, l'accusa ha avuto ad oggetto una forma di messa a libro paga e di asservimento della funzione, tale da prescindere da singoli specifici atti e dalla loro eventuale rispondenza a canoni normativi, nel presupposto che comunque il ricorrente fosse disponibile, prendendo in carico l'interesse di (OMISSIS). In tale prospettiva e' stata correttamente delineata la continuita' tra l'episodio dell'abuso induttivo descritto da (OMISSIS), pur di per se' non richiamato nel capo E), e la fase successiva, suggellata dalla conversazione nella quale (OMISSIS) aveva ammesso di aver versato somme di denaro al pubblico ufficiale: si inscrive in tale quadro anche la vicenda Ecoscark, comunque connotata da un utile intervento di (OMISSIS), che, a fronte della prima diversa segnalazione dei Carabinieri, aveva sulla base di una propria attivita', in linea con gli assunti esposti in una memoria difensiva, accreditato la tesi di (OMISSIS) in ordine al ruolo del lavoratore rumeno, diversamente inquadrato dai Carabinieri. Deve aggiungersi che alla formulazione dell'ipotesi di controlli non sempre approfonditi, emergente dalla conversazione intercettata a ridosso dell'arresto di (OMISSIS), avrebbero fatto seguito iniziative volte a ritirare la licenza tanto a (OMISSIS) quanto a (OMISSIS). Cio' posto, si osserva che l'ipotesi dell'asservimento della funzione e della messa a libro paga, secondo un costante orientamento interpretativo, anteriore alle modifiche introdotte dalla L. 190 del 2012, era ricondotta al reato di cui all'articolo 319 c.p., a prescindere dall'individuazione di uno specifico atto contrario ai doveri di ufficio (sul punto, ex plurimis, Sez. 6, 2714 del 30/11/1995, dep. 1996, Varvarito, Rv. 204126; Sez. 6, n. 3444 del 19/11/1997, dep. 1998, Cunetto, Rv. 210084; Sez. 6, n. 21943 del 07/04/2006, Carusc, Rv. 234619; Sez. 6, n. 16/05/2012, Di Giorgio, Rv. 253216). Dopo la modifica dell'articolo 318 c.p., si e' invece ritenuto che il mercimonio della funzione debba essere ricondotto a tale fattispecie, salvo che emergano specifici atti contrari ai doveri di ufficio (Sez. 6, n. 49226 del 25/09/2014, Chisso, Rv. 261352; Sez. 6, n. 4486 del 11/12/2018, dep. 2019, Palozzi, Rv. 274984; Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Bolla, Rv. 279555). Sta di fatto che, dovendosi aver riguardo alla norma piu' favorevole in relazione a condotte risalenti al 2011, non ha alcuna influenza a favore del ricorrente, che ha comunque rinunciato alla prescrizione, la riconducibilita' del reato sub E) -che non e' quello piu' grave ai fini del calcolo della pena base- alla sopravvenuta fattispecie di cui all'articolo 318 c.p., punito con pena edittale massima piu' elevata di quella all'epoca prevista dall'articolo 319 c.p.. Di qui, in conclusione, il rigetto del ricorso di (OMISSIS). 7. Il ricorso presentato nell'interesse di (OMISSIS) e' parimenti infondato, oltre che, in gran parte, generico. 8. I due atti di ricorso seguono un percorso comune, ma risultano entrambi inidonei a vulnerare le valutazioni della Corte, anche perche' connotati da aspecificita'. Con il primo motivo i difensori del ricorrente contestano il giudizio di penale responsabilita' in ordine al reato di usura" riproponendo questioni in concreto esaminate, riguardanti la necessita' di verifiche bancarie e di riscontri che sarebbero mancati nonche' la genericita' delle dichiarazioni di (OMISSIS). Si tratta di deduzioni che non tengono conto dell'effettivo tenore della motivazione, con cui la Corte, avvalendosi del giudizio formulato in primo grado e muovendo dalla riconosciuta attendibilita' della persona offesa, ha ricostruito il rapporto intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) tra il 2003 e il 2008, a partire dall'originario prestito di Euro 10.000,00, con la previsione della dazione di Euro 1.000,00 con cadenza mensile, fino ai due rinnovi, parimenti connotati dalla previsione di esosi interessi nonche' dalla dazione di cambiali, a fronte delle quali il ricorrente, come segnalato dal Tribunale, aveva versato piu' di Euro 19.000,00, peraltro senza ottenere la restituzione dei titoli. I Giudici di merito hanno dato conto anche delle gravi minacce poste in essere dal ricorrente, allorche' (OMISSIS), non riusciva a pagare le somme previste alla scadenza stabilita, minacce coinvolgenti la famiglia e perfino il bimbo che la compagna della persona offesa aveva ancora in grembo. In tale quadro hanno valorizzato anche le conformi dichiarazioni della compagna (OMISSIS), che ha confermato non solo de relato ma anche per scienza diretta sia le minacce, sia, almeno nelle linee essenziali, i termini economici del rapporto, facendo riferimento alla dazione delle cambiali e allo sforzo fatto da (OMISSIS) per far fronte alle scadenze. Le censure difensive si muovono soprattutto su un piano astratto e comunque non vulnerano la ricostruzione operata dalla Corte sulla base degli elementi acquisiti, per giunta omettendo di considerare il valore di riscontro attribuibile alle dichiarazioni di (OMISSIS) e al riferimento alle minacciose pressioni esercitate dal ricorrente. In tal modo, a fronte della ricostruzione della Corte in ordine alla configurabilita' delle contestate ipotesi di usura, correlata alla pattuizione di interessi fuori misura, di gran lunga superiori, sia ab origine sia in occasione dei rinnovi, a qualsivoglia tasso soglia previsto, il motivo contenuto in ciascuno dei due atti si limita a prospettare la necessita' di accertamenti bancari e di riscontri ulteriori, tema che la Corte ha non illogicamente reputato superato dalle risultanze acquisite, sufficienti per la formulazione del giudizio di penale responsabilita'. 9. Il secondo motivo, come formulato in ciascuno dei due atti di ricorso, risulta inammissibile. Lo stesso e' incentrato sulla mancata spiegazione delle ragioni per cui avrebbero potuto ritenersi applicabili le contestate aggravanti: si tratta tuttavia di tema precluso, in quanto su di esso si era idoneamente soffermato il primo giudice, senza che sul punto fossero stati poi proposti specifici motivi di appello. 10. Il terzo motivo, sostanzialmente corrispondente nei due atti di ricorso, riguarda il diniego delle attenuanti generiche e il trattamento sanzionatorio: lo stesso e' parimenti inammissibile, in quanto volto a sollecitare un diverso giudizio di merito, non consentito in questa sede. Va infatti rimarcato che la Corte non si e' sottratta allo scrutinio cui era stata chiamata, ma ha tutt'altro che arbitrariamente escluso la possibilita' di concedere al ricorrente le attenuanti generiche in ragione della gravita' della condotta, protrattasi in un ampio arco di tempo e tale da procurare un rilevante danno alla persona offesa: si tratta di valutazione in linea con il principio per cui "nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non e' necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione": Cass. Sez. 3, n. 28535 del 19/3/2014, Lule, rv. 259899; Cass. Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, rv. 248244). Tale valutazione risulta peraltro idonea anche a dar conto della concreta entita' della pena e non puo' dirsi vulnerata da censure generiche, con cui si e' cercato di sollecitare un giudizio piu' favorevole, peraltro inerente al merito e non consentito in questa sede. 11. I ricorsi presentati nell'interesse di (OMISSIS) e di (OMISSIS) possono essere esaminati congiuntamente, in quanto concernono i reati di cui ai capi a) e b): gli stessi risultano infondati. 12. E', in primo luogo, manifestamente infondato il primo motivo del ricorso di (OMISSIS), incentrato sull'incompatibilita' a testimoniare di (OMISSIS), in conseguenza dell'emissione di decreto di rinvio a giudizio per il delitto di calunnia in danno dell'Avv. (OMISSIS). Deve al riguardo considerarsi che, nel caso in esame, esclusa qualsivoglia ipotesi di connessione, deve valutarsi l'eventuale configurabilita' di profili di collegamento tra i reati ai sensi dell'articolo 371 c.p.p., comma 2, lettera b). Orbene, non ricorre l'ipotesi di reati commessi gli uni in occasione degli altri e neppure quella di reati commessi da piu' persone in danno reciproco le une delle altre: sono, invero, le ipotesi con riguardo alle quali e' stato posto in evidenza che ai fini della sussistenza di un effettivo collegamento deve ricorrere un profilo strutturale riconducibile all'unita' del contesto spaziale e temporale (sul punto Sez. 6, n. 6938 del 22/01/2019, Ricciardi, Rv. 275081), profilo rilevante al fine di scongiurare il rischio discendente da solo strumentali e rtorsive denunce di calunnia nei confronti della persona offesa del reato oggetto di accertamento. Ma non ricorre neppure un collegamento probatorio. E' stato al riguardo osservato che "in tema di incompatibilita' a testimoniare, il collegamento probatorio di cui all'articolo 371 c.p.p., comma 2, lettera b), che determina l'incompatibilita' con l'ufficio di testimone di cui all'articolo 197 c.p.p., comma 1, lettera b) e la conseguente necessita' di acquisire elementi di riscontro alle dichiarazioni ex articolo 192 c.p.p. - ricorre soltanto quando nei diversi procedimenti sussiste l'identita' del fatto o di uno degli elementi di prova ovvero quando e' ravvisabile la diretta rilevanza di uno degli elementi di prova acquisiti in un procedimento su uno dei reati oggetto dell'altro procedimento" (Sez. 2, n. 24570 del 14/05/2015, Torcasio, Rv. 264397). Si tratta di situazione non configurabile, in quanto la dichiarazione di cui e' stato ipotizzato il contenuto calunnioso, avente ad oggetto un'offerta di denaro proveniente da un legale, perche' (OMISSIS) non rendesse la testimonianza, non ha alcuna correlazione con dati fattuali riguardanti i reati oggetto di contestazione nel presente processo. 13. Sono infondati e in parte inammissibili il quarto motivo del ricorso di (OMISSIS), nonche' il primo e il terzo motivo del ricorso di (OMISSIS), concernenti la valutazione della prova e l'attendibilita' di (OMISSIS), nonche' la configurabilita' di un ragionevole dubbio. I Giudici di merito, come gia' rilevato in relazione all'analisi del capo D), contestato a (OMISSIS), hanno ampiamente valutato l'attendibilita' (OMISSIS) sia in termini generali sia in relazione agli specifici fatti narrati. Secondo la ricostruzione operata dal Tribunale e avvalorata dalla Corte, (OMISSIS) si era messo in viaggio con (OMISSIS) per recarsi a cambiare un assegno, com'era sua abitudine, date le difficolta' finanziarie nelle quali si imbatteva. Nel luogo convenuto si era imbattuto in due individui che lo attendevano, uno dei quali era (OMISSIS). (OMISSIS), sceso dalla macchina, aveva consegnato la busta con l'assegno all'altro individuo. Ma i due avevano chiesto che si presentasse personalmente (OMISSIS). Quest'ultimo, mentre (OMISSIS) era tornato in macchina, aveva dialogato, alla presenza di (OMISSIS), con il predetto individuo, che gli aveva intimato di non contrastare l'attivita' di (OMISSIS), perche' costui gli apparteneva e dava da mangiare alle persone e alle famiglie, minacciando di collocare bombe presso gli esercizi che (OMISSIS) controllava e aggiungendo che egli era stato in prigione ed apparteneva ai (OMISSIS). A fronte di tale racconto, sono state difensivamente riproposte doglianze incentrate sui contrasti esistenti con (OMISSIS) e sulle incertezze palesate da (OMISSIS) in merito all'importo dell'assegno e alla provenienza dello stesso, posto che (OMISSIS) aveva fatto riferimento ad assegno di tale (OMISSIS), il quale aveva negato la circostanza. Inoltre, sono stati formulati rilievi in ordine all'individuazione del soggetto da parte di (OMISSIS) e alla incidenza, sull'attendibilita' del dichiarante, del rinvio a giudizio per calunnia e del procedimento avviato nei confronti di (OMISSIS) per indebito accesso al sistema S.D.I.. Con valutazioni immuni da vizi e non manifestamente illogiche i Giudici di merito hanno debitamente osservato che le deduzioni erano riferite a profili irrilevanti e marginali, inidonei a vulnerare l'attendibilita' del dichiarante con riguardo al nucleo essenziale della deposizione, avente ad oggetto un episodio specificamente definito e suffragato anche dalla deposizione di (OMISSIS), che non aveva indugiato ad esprimere giudizi negativi anche sul conto di (OMISSIS), a dimostrazione dell'assenza di pregiudizi alla base della sua deposizione. Ne' possono nutrirsi dubbi sull'individuazione dei protagonisti, giacche' il teste (OMISSIS), come rilevato dai Giudici di merito, ha riconosciuto in udienza (OMISSIS) come il soggetto che aveva parlato con (OMISSIS), non rilevando per contro che (OMISSIS), risalito in macchina, non avesse direttamente ascoltato le parole pronunciate da (OMISSIS) e di seguito avesse colto il nervosismo di (OMISSIS), che non aveva potuto ottenere il cambio dell'assegno, su cui contava per pagare le divise delle guardie operanti per la sua agenzia. In conseguenza di cio' il giudizio sull'attendibilita' dei dichiaranti implica la legittima attribuzione di valenza probatoria alle loro dichiarazioni, il cui significato e' stato ricostruito in modo coerente e logico, anche alla luce del contesto nel quale l'episodio veniva ad inserirsi, connotato dal conflittuale rapporto tra (OMISSIS) e (OMISSIS). Ne' sono stati specificamente prospettati elementi idonei a vulnerare la concludenza della motivazione, risultando del tutto aspecifico il quarto motivo del ricorso di (OMISSIS) nel quale si prospetta assertivamente il mancato superamento del ragionevole dubbio. 14. E' infondato il terzo motivo del ricorso di (OMISSIS), riguardante la responsabilita' concorsuale di quest'ultimo. Risulta invero del tutto irrilevante che in occasione dell'incontro il ricorrente non avesse parlato. E' stato invece valorizzato il fatto che in quello specifico contesto, riguardante, a rigore, il mero cambio di un assegno, fosse non casualmente comparso anche (OMISSIS), accanto a (OMISSIS), e che il ricorrente, gongolando, come segnalato dal Tribunale, avesse assistito all'intero colloquio, durante il quale veniva minacciato un suo diretto concorrente, al fine di farlo desistere dal continuare ad operare. Tutt'altro che illogica risulta dunque la conclusione che anche (OMISSIS), attraverso la sua presenza, univocamente significativa, avesse concorso, fornendo un contributo efficiente, nei reati commessi nel suo primario interesse, cio' che si pone in linea con il consolidato orientamento secondo cui "ai fini della configurabilita' del concorso di persone nel delitto di estorsione e' sufficiente anche la semplice presenza, purche' non meramente casuale, sul luogo della esecuzione del reato, quando sia servita a fornire all'autore del fatto stimolo all'azione o maggior senso di sicurezza nel proprio agire, palesando chiara adesione alla condotta delittuosa" (Sez. 2, n. 28895 del 13/07/2020, Massaro, Rv. 279807; Sez. 2, n. 50323 del 22/10/2013, Aloia, Rv. 257979). 15. E' altresi' infondato il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS), riguardante la configurabilita' dei reati di cui ai capi a) e b). Posto che la vicenda e' stata ricostruita sulla base dei dati orobatori di cui si e' gia' dato conto e che dunque deve aversi riguardo al colloquio intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) alla presenza di (OMISSIS), nonche' al contesto nel quale si inseriva l'operativita' delle due agenzie di vigilanza privata, in concorrenza tra loro, risulta immune da vizi il giudizio della Corte, che ha avallato quello del Tribunale, in ordine alla configurabilita' e al concorso dei due reati di tentata estorsione ex articoli 56, 629 c.p. e di illecita concorrenza con minaccia o violenza ex articolo 513-bis c.p.. Deve sul punto richiamarsi l'autorevole insegnamento delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 13178 del 28/11/2019, dep. 2020, Guadagni, Rv. 278735), che hanno sottolineato come il delitto di cui all'articolo 513-bis c.p., inserito tra quelli contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio, vada interpretato alla luce di un sistema nazionale ed Europeo fondato sulla liberta' di concorrenza a salvaguardia della liberta' di determinazione di chi svolge un'attivita' economica, sistema che tuttavia non tollera atti che si pongano al di fuori della correttezza professionale e siano connotati da idoneita' offensiva. In tale prospettiva la fattispecie implica una condotta, che puo' risolversi in un unico atto o in una serie coordinata di atti e che si correla allo svolgimento di un'attivita' imprenditoriale, assumendo rilievo non tanto sotto il profilo teleologico, ma sotto il profilo della qualificazione in senso concorrenziale: occorre dunque individuare un rapporto di tale genere, nel quale l'atto illecito deve essere ulteriormente connotato dalla violenza o dalla minaccia, in modo che l'atto risulti idoneo a contrastare o ostacolare la liberta' di determinazione dell'impresa concorrente, potendo assumere rilievo comportamenti competitivi sia in forma attiva sia impeditiva dell'esercizio dell'altrui liberta' di concorrenza, che possano essere realizzati in forme minacciose o violente, cosi' da consentire l'acquisizione di posizioni di vantaggio o di predominio, che prescindano dal puro merito imprenditoriale. Le Sezioni Unite hanno rilevato inoltre che gli elementi costitutivi del reato impediscono di ritenere che la condotta possa dirsi assorbita nel piu' grave delitto di estorsione, che dunque puo' concorrere, incidendo nel secondo caso la condotta sul patrimonio del soggetto passivo con la previsione dell'elemento di fattispecie costituito dall'ottenimento di un ingiusto profitto con altrui danno, senza tradursi di per se' in una manipolazione dei meccanismi di funzionamento del mercato e dell'attivita' economica concorrente. Sulla scorta di tali premesse, deve ritenersi che correttamente i Giudici di merito abbiano ritenuto che nel caso di specie siano configurabili entrambi i reati contestati. E' in primo luogo incontestabile la configurabilita' di una cogente minaccia, avendo (OMISSIS), alla presenza di (OMISSIS), concretamente e attivamente interessato, sollecitato (OMISSIS) ad astenersi dall'arrecare disturbo all'attivita' concorrenziale di (OMISSIS), prospettando la collocazione di ordigni esplosivi presso gli esercizi che avevano rapporti con l'agenzia di (OMISSIS): del tutto infondata risulta sul punto la deduzione difensiva secondo cui, essendo evocato un danno nei confronti di terzi, non avrebbe potuto configurarsi una minaccia in danno di (OMISSIS), giacche' non si trattava di terzi estranei all'operativita' della persona offesa, ma di soggetti legati a (OMISSIS), che a tutela degli stessi curava la vigilanza, cosicche' il male evocato si sarebbe tradotto in un pregiudizio per (OMISSIS), esposto al rischio di perdere la propria clientela e di non poter svolgere utilmente la propria attivita'. Nel contempo e' indiscutibile che tale minaccia fosse da inquadrare nello specifico contesto concorrenziale delle due agenzie di vigilanza e che la minaccia fosse volta a condizionare la liberta' di impresa di (OMISSIS), essendo destinata a costringere quest'ultimo ad astenersi dal proseguire la propria attivita' a scapito di (OMISSIS), in tale quadro dovendo inserirsi anche gli ulteriori profili segnalati dalla Corte e peraltro posti in evidenza anche dal Tribunale, in ordine alle minacce rivolte da (OMISSIS) alle guardie operanti per (OMISSIS) e ai contatti avuti da (OMISSIS) con clienti di (OMISSIS), cui intimava di non rinnovare i contratti con il predetto. Inoltre, deve ritenersi che quel tipo di minaccia fosse orientata ad assicurare al soggetto beneficiario, cioe' (OMISSIS), un ingiusto profitto, derivante dall'ampliamento della sfera di operativita' e dai maggiori guadagni, in danno di (OMISSIS), costretto a subire il pregiudizio riveniente dalla cessazione dell'attivita' e dall'abbandono della clientela. Posto che (OMISSIS) aveva nondimeno continuato a svolgere la propria attivita', prima di riconsegnare la licenza solo nel corso del 2011, deve ritenersi che la condotta descritta si fosse risolta in illecita attivita' concorrenziale connotata da minaccia e incidente sulla altrui liberta' di impresa e che al tempo stesso la stessa fosse idonea e inequivocamente volta ad assicurare un ingiusto profitto con altrui danno, evento peraltro non verificatosi per la resistenza ostinatamente frapposta da (OMISSIS). Di qui la configurabilita' sia del delitto di cui all'articolo 513-bis c.p. sia del delitto di tentata estorsione. Deve solo aggiungersi che le valutazioni della Corte in ordine ai contatti di (OMISSIS) con le guardie operanti per (OMISSIS) e con i titolari degli esercizi per i quali (OMISSIS) svolgeva attivita' di vigilanza hanno in concreto assunto rilievo esplicativo non essenziale, rispetto ad una condotta che, come correttamente segnalato dal Tribunale, era di per se' idonea, alla luce di quanto avvenuto in occasione dell'incontro con (OMISSIS), ad integrare i due reati contestati, fermo restando che, contrariamente a quanto difensivamente prospettato, i Giudici di merito, in particolare il Tribunale, hanno dato conto degli elementi probatori a tal fine valorizzati, facendo riferimento alle dichiarazioni di (OMISSIS), che ha in particolare indicato almeno taluni degli esercizi contattati da (OMISSIS). 16. Sono manifestamente infondati il quinto motivo del ricorso di (OMISSIS) e il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS), riguardanti l'aggravante del metodo mafioso. Secondo la ricostruzione condivisa dalla Corte territoriale, nel corso dell'incontro con (OMISSIS), avvenuto in presenza di (OMISSIS), (OMISSIS), nel formulare la minaccia di cui si e' gia' detto, ebbe a sottolineare che (OMISSIS) portava il pane alle loro famiglie e aggiunse che egli era stato in prigione ed apparteneva ai (OMISSIS). In tal modo la minaccia veniva ad essere accompagnata e rafforzata dall'evocazione di un clan di âEuroËœndrangheta, noto in quella zona, e dunque dalla condizione di assoggettamento derivante dal pericolo di trovarsi a fronteggiare la forza di un sodalizio criminale di quel livello. Si tratta di situazione riconducibile all'utilizzo del metodo mafioso, che vale ad integrare l'aggravante oggi prevista dall'articolo 416-bis.1 c.p. in conformita' con il consolidato orientamento secondo cui "ricorre la circostanza aggravante dell'utilizzo del metodo mafioso, di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p., quando l'azione incriminata, posta in essere evocando la contiguita' ad una associazione mafiosa, sia funzionale a creare nella vittima una condizione di assoggettamento, come riflesso del prospettato pericolo di trovarsi a fronteggiare le istanze prevaricatrici di un gruppo criminale mafioso, piuttosto che di un criminale comune" (Sez. 5, n. 14867 del 26/01/2021, Marciano', Rv. 281027; Sez. 2, n. 39424 del 09/09/2019, Pagnotta, Rv. 277222). A fronte di cio' le deduzioni difensive risultano generiche ed assertive, oltre che del tutto inconsistenti, in quanto incentrate su profili inconferenti, come la riferibilita' della minaccia ai titolari degli esercizi, cioe' a soggetti diversi da (OMISSIS), o il fatto che (OMISSIS) non avesse confermato il colloquio intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS), cio' che avrebbe dovuto ricondursi al fatto che egli si trovava in macchina dopo l'esordio di quel colloquio. 17. E' infine inammissibile il quarto motivo del ricorso di (OMISSIS). Contrariamente ai generici assunti difensivi, la Corte ha in realta' dato conto delle ragioni in forza delle quali ha negato le attenuanti generiche e determinato la pena, dando conto della gravita' del fatto e dei precedenti del ricorrente. 18. In conclusione, i ricorsi devono essere rigettati con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. I ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) devono essere inoltre condannati a rifondere, in solido tra loro, le spese di rappresentanza e difesa sostenute nel grado dalla parte civile (OMISSIS), liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Condanna inoltre (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento in solido delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 3.686., oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VESSICHELLI Maria - Presidente Dott. DE GREGORIO Eduardo - Consigliere Dott. BELMONTE T. Maria - rel. Consigliere Dott. ROMANO Michele - Consigliere Dott. CAPUTO Angelo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato in (OMISSIS); avverso la SENTENZA del 23/06/2022 della CORTE di APPELLO di MILANO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Maria Teresa BELMONTE; udita la requisitoria del Procuratore generale in persona del sostituto MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata relativamente alla posizione di (OMISSIS), limitatamente al giudizio sulla recidiva, e per l'inammissibilita', nel resto, del ricorso dello stesso (OMISSIS) e di quelli nell'interesse di (OMISSIS) E (OMISSIS). Letta la memoria dell'avvocato (OMISSIS), che, nell'interesse di (OMISSIS), insiste, in particolare, sulla qualificazione giuridica e conclude per l'accogli mento del ricorso. Letta la memoria dell'avvocato (OMISSIS), che, nell'interesse di (OMISSIS), insiste nei motivi e conclude per l'accoglimento del ricorso. Il Difensore (OMISSIS) del foro di MILANO chiede l'annullamento della sentenza impugnata. Il Difensore (OMISSIS) del foro di MILANO si riporta ai motivi del ricorso e insiste per l'annullamento con rinvio dell'impugnata sentenza. RITENUTO IN FATTO 1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Milano ha confermato la decisione del Tribunale di quella stessa citta', che, nel giudizio abbreviato, aveva dichiarato (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) colpevoli dei reati a loro rispettivamente ascritti. 1.1. La condanna ha riguardo ai furti denunciati dai titolari di tre esercizi commerciali operanti in Milano, commessi tra il luglio e il novembre 2017, tutti in orario notturno, con violenza sulle cose, e qualificati ai sensi dell'articolo 624 bis c.p., in quanto gli agenti si erano introdotti in ambienti destinati ad atti della vita privata (uffici e spogliatoi del personale). 2. I tre imputati hanno proposto ricorso per cassazione, con il ministero del rispettivo difensore, proponendo motivi in parte comuni. 2.1. Tutti i ricorrenti denunciano erronea applicazione dell'articolo 624-bis e correlati vizi della motivazione, con riguardo alla qualificazione giuridica del fatto, sostenendo che gli episodi predatori in esame, secondo le coordinate declinate dalle Sezioni Unite "D'Amico", non possano essere ricondotti alla fattispecie del furto in luogo di privata dimora, in ragione delle specifiche e concrete modalita' di commissione, per essersi gli agenti introdotti in orario notturno all'interno di locali commerciali, ordinariamente chiusi e privi della presenza di persone. Si sostiene, anche, che i beni oggetto dei furti non appartenessero ai dipendenti, ma alle aziende nei cui locali sono stati perpetrati i furti. 3. Nell'interesse di (OMISSIS), l'avvocato (OMISSIS), si duole, inoltre, del vizio di motivazione con riguardo al riconoscimento effettuato dagli operanti di polizia giudiziaria attraverso le video riprese dei sistemi di sorveglianza installati presso i locali in cui sono stati perpetrati i furti. Deduce la Difesa che il riconoscimento a carico di (OMISSIS) sarebbe avvenuto in termini di verosimiglianza e non di certezza, tanto che lo stesso personale di p.g., che ha immediatamente riconosciuto Propolizio, non ha, invece, riconosciuto l' (OMISSIS), sebbene i due, in passato, fossero stati tratti in arresto insieme. Inoltre, risulta, dalle videoriprese, che i tre autori del furto ai danni dell'esercizio denominato (OMISSIS) si chiamassero per nome (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) - nessuno corrispondente al nome di (OMISSIS). Gli elementi di prova sui quali si e' fondata la condanna sarebbero, dunque, privi di consistenza, e tali da non escludere il ragionevole dubbio. 4. Anche l'avvocato (OMISSIS), nell'interesse di (OMISSIS), deduce la illogicita' della motivazione posta a sostegno del giudizio di responsabilita', giacche' fondato su un riconoscimento avvenuto sulla base di immagini parziali e sfocate; manca, peraltro, la prova della pregressa conoscenza del (OMISSIS) con (OMISSIS). 5. Quanto al trattamento sanzionatorio, nell'interesse di (OMISSIS) ci si duole del riconoscimento della circostanza della minorata difesa, di fatto non configurabile in relazione a furti commessi ai danni di esercizi commerciali siti nel centro di Milano, non potendo essere sufficiente il solo orario notturno. 5.1. La Difesa di (OMISSIS) denuncia vizi della motivazione in merito alla dosimetria della pena, che avrebbe dovuto esse piu' adeguatamente conformata alla effettiva responsabilita' del ricorrente, attraverso il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, altresi', lamentando la mancanza di giustificazione del consistente aumento (sei mesi) effettuato a titolo di continuazione. 5.2. Vizi di motivazione lamenta anche la Difesa di (OMISSIS) con riguardo alla mancata esclusione della recidiva semplice, e ai diniego delle circostanze attenuanti generiche. 6. Il difensore di (OMISSIS) ha depositato memoria con motivi nuovi relativi alla qualificazione giuridica del fatto, sottolineando il travisamento della prova che ha comportato l'erronea applicazione dell'articolo 624-bis c.p.; le condotte furtive, infatti, non sarebbero avvenute negli spogliatoi, come erroneamente indicato dalla Corte di Appello, ma, al contrario, nel locale cassaforte, in un caso, e nella sala principale e nel locale tecnico nell'altro furto in cui e' coinvolto l'imputato. Non ricorre la fattispecie contestata, che afferisce a locali non aperti al pubblico ne' accessibili a terzi senza il consenso del titolare, ove si svolgano non occasionalmente atti della vita privata. Ha depositato memoria anche il difensore di (OMISSIS), avvocato (OMISSIS), che si riporta ai motivi insistendo per l'accoglimento del ricorso e sottolineando come quelli sottratti siano tutti beni che, per il genere e la allocazione, si trovavano negli uffici e non negli spogliatoi, e sono di proprieta' quindi, della societa' e non dei dipendenti. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.I ricorsi sono parzialmente fondati, per quanto si dira', e la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo esame al Giudice di merito, nei confronti di tutti e tre i ricorrenti, limitatamente alla circostanza aggravante della minorata difesa, e, per il solo (OMISSIS), anche con riguardo al punto della recidiva. Nel resto, i ricorsi risultano infondati e devono essere rigettati. 2. Non e' fondata la comune doglianza che involge la qualificazione giuridica dei reati, e che sviluppa una censura gia' prospettata, con le medesime argomentazioni, con l'atto di appello, e disattesa con congrua motivazione, nella sentenza impugnata. 2.1. Gli elementi delineati dalla giurisprudenza costituzionale come caratterizzanti il "domicilio" e ritenuti indefettibili per garantire la copertura costituzionale dell'articolo 14 Cost.,(ovvero che si tratti di un luogo in cui sia inibito l'accesso ad estranei e sia tale da garantire la riservatezza ovvero la impossibilita' di essere "percepito" dall'esterno anche senza necessita' di una intrusione fisica) sono stati evidenziati gia' nella sentenza delle Sezioni Unite n. 26795 del 28/03/2006, Prisco, Rv. 234269, secondo cui per " luogo di privata dimora", deve intendersi quello adibito ad esercizio di attivita' che ognuno ha il diritto di svolgere liberamente e legittimamente, senza turbativa da parte di estranei, precisando che il concetto di domicilio individua un particolare rapporto con il luogo in cui si svolge la vita privata, in modo da sottrarre la persona da ingerenze esterne, indipendentemente dalla sua presenza. Questo non implica, peraltro, che tutti i locali dai quali il possessore abbia diritto di escludere le persone a lui non gradite possano considerarsi luoghi di privata dimora, in quanto lo ius excludendi alios rilevante ex articolo 614 c.p., non e' fine a se stesso, ma serve a tutelare il diritto alla riservatezza, nello svolgimento di alcune manifestazioni della vita privata della persona, che l'articolo 14 Cost. garantisce, proclamando l'inviolabilita' del domicilio, cosicche', " il concetto di domicilio non puo' essere esteso fino a farlo coincidere con un qualunque ambiente che tende a garantire intimita' e riservatezza" (Sez. Un. Prisco, cit.; conf. Sez. 6, n. 49286 del 07/07/2015, Di Franco, Rv. 265703; Sez. 6, n. 1707 del 10/11/2011, dep. 2012, Trapani, Rv. 251563; Sez. 1, n. 24161 del 13/05/2010, Accomando, Rv. 247942; Sez. 1 n. 30566 del 07/03/2019, Lucarelli, Rv. 276603). In un successivo approdo, le Sezioni Unite hanno esaminato specificamente la questione della applicabilita' della nozione di privata dimora di cui all'articolo 624 bis c.p. ai luoghi di lavoro, e sulla premessa che "E' indiscutibile che nei luoghi di lavoro il soggetto compia atti della vita privata", sebbene essi, generalmente, siano accessibili ad una pluralita' di soggetti anche senza il preventivo consenso dell'avente diritto, cosicche', ad essi e' "estraneo ogni carattere di riservatezza, essendo esposti, per definizione, alla "intrusione" altrui, come, esemplificativamente, gli esercizi commerciali o gli studi professionali o gli stabilimenti industriali, accessibili a un numero indeterminato di persone, che possono pertanto prendere contatto (e non solo visivo) con il luogo senza alcun filtro o controllo". L'attivita' privata svolta in detti luoghi" - precisano le Sezioni Unite - "avviene a contatto con un numero indeterminato di altri soggetti e, talvolta, in rapporto con gli stessi. Con riferimento ad essi e', pertanto, fuor di luogo parlare di riservatezza o di necessita' di tutela della sfera privata dell'individuo". Nel caso al suo esame, in effetti, il Massimo Consesso nomofilattico ha osservato che "Non risulta dagli atti che l'esercizio commerciale, in cui fu commesso il furto, avesse un locale con le caratteristiche in precedenza delineate, in cui cioe' si potessero svolgere atti della vita privata del titolare, in modo riservato e senza possibilita' di accesso da parte di estranei. Risulta, piuttosto, che la somma di denaro sottratta si trovava nella cassa dell'esercizio e la macchina fotografica su un tavolo, vale a dire in luogo accessibile al pubblico." In realta', la regola di giudizio affermata in quell'approdo ritiene che il concetto di "privata dimora" sia "estensibile ai luoghi di lavoro soltanto se essi abbiano le caratteristiche proprie dell'abitazione", rimettendo anche con riguardo ai luoghi di lavoro la valutazione circa la loro natura privata o meno, alla discrezionalita' del Giudice di merito, previo scrutinio da condursi sulla base di tre indefettibili elementi: "a) utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata (riposo, svago, alimentazione, studio, attivita' professionale e di lavoro in genere), in modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne; b) durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilita' e non da mera occasionalita'; c) non accessibilita' del luogo, da parte di terzi, senza il consenso del titolare". "Potra', quindi, essere riconosciuto il carattere di privata dimora ai luoghi di lavoro se in essi, o in parte di essi, il soggetto compia atti della vita privata in modo riservato e precludendo l'accesso a terzi (ad esempio, retrobottega, bagni privati o spogliatoi, area riservata di uno studio professionale o di uno stabilimento " (Sez. Un. "D'Amico", cit.). Nella successiva giurisprudenza di legittimita', si e' conseguentemente escluso che possa considerarsi luogo di privata dimora ogni luogo al quale e' consentito l'accesso ad un numero indiscriminato di persone, come nel caso di una stanza di degenza di un ospedale (Sez. 5 n. 53200 del 11/10/2018, Mignone, Rv. 274592), o di una caserma (Sez. 1 -, n. 30566 del 07/03/2019, Lucarelli, Rv. 276603), o in relazione ad ambienti quali i locali di un istituto scolastico (Sez. 6, n. 14150 del 14/02/2019, M., Rv. 275464). Al contrario, si e' coerentemente ravvisata una tale connotazione nella stanza di degenza di una casa di riposo, trattandosi di luogo destinato ad uno stabile utilizzo da parte dei degenti e al quale e' interdetto l'accesso di terzi (Sez. 5 n. 1555 del 15/10/2019 (dep. 2020), Gagliotti, Rv. 278135) o in luoghi non pubblici, diversi dall'abitazione, che servano all'esplicazione della vita professionale, culturale e politica (Sez. 5, n. 50192 del 04/11/2019, Amoresano, Rv. 277959 in relazione ai locali di un'agenzia in cui l'utilizzatore svolgeva attivita' professionale), nonche', sul presupposto che ai fini della configurabilita' del reato di cui all'articolo 624-bis c.p., la nozione di privata dimora e' piu' ampia di quella di abitazione, riferendosi al luogo in cui la persona compia, anche in modo transitorio e contingente, atti della vita privata, si e' ritenuto che esso puo' essere rappresentato anche da un bene mobile, quale la cabina di un camion, adibita a camera da letto(Sez. 4 n. 48767 del 24/10/2019, Topcic, Rv. 277875). 2.2. Sulla scia di tali coordinate, si osserva che, nel caso in scrutinio, rientra nella delineata cornice ermeneutica la valutazione operata dalla Corte territoriale, che ha ravvisato il presupposto della fattispecie incriminatrice oggetto di contestazione nella qualificabilita' come privata dimora degli ambienti in cui gli imputati si sono introdotti, in quanto caratterizzati dallo ius excludendi alios da parte del titolare, trattandosi di uffici e spogliatoi, o locali tecnici, e non di locali degli esercizi commerciali aperti al pubblico, come emerge dalla stessa lettura dei capi di imputazione. In particolare, in occasione del furto ai danni di "(OMISSIS)", gli agenti si introducevano in locali adibiti a uffici, a spogliatoi dei dipendenti, e magazzino, dove sradicavano dal muro al cassaforte che asportavano con il suo contenuto al cui interno rovistavano; il furto ai danni dell'Enoteca Regionale Lombardia', veniva commesso mettendo a soqquadro lo spogliatoio dei dipendenti, aprendo gli armadietti e rovistando all'interno, impossessandosi gli agenti anche delle mance del personale; anche in occasione dei due furti ai danni dell'esercizio "(OMISSIS)", l'azione predatoria ha preso di mira locali adibiti ad ufficio peraltro situati nel piano interrato, non aperto al pubblico - e anche in quest'occasione i ladri strappavano dal muro la cassaforte, portandola via. Sono tutti luoghi in cui, per comune esperienza, possono essere compiuti atti della vita privata, e che, quindi, presentando le medesime caratteristiche di esclusivita' e di non accessibilita' di cui gode l'abitazione, vanno intesi come "privata dimora" ai sensi dell'articolo 624 bis c.p.. Nella giurisprudenza di questa Corte, in effetti, si e' gia' riconosciuto agli spogliatoi del personale la caratteristica propria di cui all'articolo 624 bis c.p. (Sez. 4 -, n. 37795 del 21/09/2021, Rv. 281952, in relazione allo spogliatoio di operari edili, nonche' Sez. 5, n. 35788 del 4/5/2018, Seferovic, Rv. 273894, con riferimento a un furto commesso all'interno di un locale adibito a spogliatoio di uno ‘stand' fieristico; nonche' (Sez. 5, n. 12180 del 10/11/2014 dep.2015, Dello Buono, Rv. 262815, in relazione all'introduzione furtiva all'interno dello spogliatoio di un circolo sportivo). Cosi' come vi sono precedenti, come sopra richiamati, che rinvengono tali caratteristiche nel locale - ufficio di un esercizio commerciale (Sez. 5, n. 50192 del 04/11/2019, Amoresano, Rv. 277959 cit). L'avere da parte dei giudici di merito ritenuto "privata dimora" i locali adibiti a spogliatoio dei dipendenti, gli uffici privati dei titolari, dove si svolgevano atti della loro vita professionale, nonche' gli spazi tecnici (cucine e locale cassaforte) degli esercizi commerciali presi di mira, e', dunque, coerente - pur nella vaghezza del lemma "privata dimora" adoperato dal legislatore, che impone all'interprete il compito di definirne il significato, individuando il contenuto offensivo tipico dell'ipotesi delittuosa onde comprendere se la condotta contestata presenti un disvalore sufficiente a giustificarne la collocazione entro la fattispecie disciplinata con maggior rigore, giustifichi la maggiore gravita' del fatto e l'incremento della sanzione che ne deriva. (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, in motivazione) - con la ratio della norma, che e' quella della tutela "forte" del domicilio "in quanto proiezione spaziale della persona, cioe' ambito primario ed imprescindibile della libera estrinsecazione della personalita' individuale", e correlativamente della tutela dei beni di particolare rilievo personale che vi si trovano. D'altronde, la decisione impugnata e' allineata, come si e' visto, all'orami consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimita', che va qui riaffermata, secondo cui, ai fini della privata dimora, occorre verificare se il furto sia stato compiuto in luoghi aperti al pubblico o in luoghi in cui il soggetto compia, in modo non occasionale, atti della vita privata in modo riservato e precludendo l'accesso a terzi. Tale caratteristica possono presentare, per comune cognizione, certamente sia gli spogliatoi del personale, sia quelle aree che i titolari delle attivita' commerciali riservino per se', adibendole a proprio ufficio, inteso, appunto, come spazio nel quale si svolgano, anche non continuativamente, atti della vita privata in modo riservato (riposo e attivita' connesse, quali navigazione internet, ascolto radio o Tv, conversazioni private, fruizione di servizi igienici), che siano preclusi a terzi non autorizzati, e comunque non accessibili liberamente agli utenti dell'esercizio commerciale. 3. Non hanno pregio neppure le doglianze, svolte dai difensori di (OMISSIS) e di (OMISSIS), che afferiscono alle modalita' del riconoscimento fotografico effettuato dalla polizia giudiziaria nei riguardi dei predetti ricorrenti: si sostiene, infatti, che l'unico riconoscimento certo sia avvenuto nei confronti di (OMISSIS). La censura e' manifestamente infondata, oltre che reiterativa di quanto gia' rappresentato nel giudizio di appello, e priva del dovuto confronto con la sentenza impugnata, che ha sottolineato, invece, come la colpevolezza del (OMISSIS) poggi su indizi gravi, precisi e concordanti, enucleati alle pg. 7 e ss., e la identificazione certa di (OMISSIS) sia stata scandita nelle sue fasi peculiari gia' dalla sentenza di primo grado e ripercorsa da quella impugnata a pg. 9. La sentenza della Corte di Appello ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto affermati dalla giurisprudenza di legittimita', peraltro, espressamente richiamati dai giudici di merito, secondo cui il riconoscimento fotografico operato in sede di indagini di polizia giudiziaria, non regolato dal codice di rito, costituisce un accertamento di fatto, come tale, utilizzabile nel giudizio in base al principio della non tassativita' delle prove (Sez. 5 n. 6456 del 01/10/2015, Rv. 266023). Corrisponde a principio consolidato, del resto, l'affermazione che l'individuazione fotografica di un soggetto, effettuata dalla polizia giudiziaria, costituisce una prova atipica la cui affidabilita' non deriva dal riconoscimento in se', ma dalla credibilita' della deposizione di chi, avendo esaminato la fotografia, si dica certo della sua identificazione (cfr. Sez. 6, n. 49758 del 27/11/2012, Aleksov, Rv. 253910), e cio' vale anche quando la conclusione della certezza si raggiunga attraverso il richiamo di un giudizio espresso in precedenza. Nel ritenere pienamente utilizzabile il riconoscimento fotografico informale, la Corte territoriale si e' attenuta alla consolidata giurisprudenza di legittimita', che anche in questa circostanza va ribadita, secondo cui i riconoscimenti fotografici effettuati durante le indagini di polizia giudiziaria, e i riconoscimenti informali dell'imputato operati dai testi in dibattimento, costituiscono accertamenti di fatto utilizzabili nel giudizio in base ai principi della non tassativita' dei mezzi di prova e del libero convincimento del giudice (cfr. Sez. 2, n. 17336 del 29/03/2011, Bianconi Rv. 250081). Questo vuol dire che l'identificazione effettuata in sede dibattimentale non obbedisce alle formalita' previste per la ricognizione in senso proprio, di cui all'articolo 213 e ss. c.p.p., siccome riferibili esclusivamente al contenuto di identificazioni orali del testimone, per cui vige la disciplina dell'articolo 498 e ss. c.p.p., si' che da esse, come da ogni elemento indiziario o di prova, il giudice puo' trarre il proprio libero convincimento (cfr. Sez. 5, n. 37497 del 13/05/2014, Romano Rv. 260593). Ne discende che, in tali evenienze, il convincimento del giudice puo' ben fondarsi su tale riconoscimento, seppure privo delle cautele e delle garanzie delle ricognizioni, trattandosi di accertamento di fatto liberamente apprezzabile dal giudicante in base al principio della non tassativita' dei mezzi di prova. Il momento ricognitivo costituisce, invero, parte integrante della testimonianza, di tal che l'affidabilita' e la valenza probatoria dell'individuazione informale discendono dall'attendibilita' accordata al teste e alla deposizione dal medesimo resa, valutata alla luce del prudente apprezzamento del decidente che, ove sostenuto da congrua motivazione, sfugge al sindacato di legittimita'. (Conf. Sez. 6, n. 12501 del 27/01/2015, Rv. 262908; Sez. 6, n. 49758 del 27/11/2012 Rv. 253910) La decisione impugnata non presenta, dunque, sotto tale profilo, i vizi denunciati, dal momento che la motivazione e' adeguata, peraltro, in doppia conforme, e immune da vizi argomentativi, tenuto conto che la circostanza che, in un primo momento, l' (OMISSIS) non sia stato riconosciuto dall'operante che nel 2015 lo aveva arrestato assieme al (OMISSIS) con la medesima certezza con cui ebbe a riconoscere quest'ultimo, non appare logicamente riconducibile alla assenza dello stesso imputato nel luogo del delitto, alla luce della successiva attivita' investigativa svolta per l'identificazione dell'imputato quale autore dei furti, analiticamente esaminata dai giudici; in specie, il Tribunale ha proceduto alla visione diretta delle immagini della videosorveglianza pervenendo ad un convincimento pieno dell'affidabilita' delle operazioni eseguite per l'identificazione dell'imputato, cui si aggiunge l'ulteriore attivita' accertativa riguardante il nome " (OMISSIS)" pronunciato dagli imputati durante le condotte oggetto di video-audioriprese esaminate dagli operanti. 4. Parimenti infondata la doglianza del difensore di (OMISSIS), avente riguardo al trattamento sanzionatorio, che, come e' noto, costituisce apprezzamento discrezionale non censurabile ove adeguatamente motivato e condotto senza evidenti illogicita'. Nel caso di specie, la censura che si fonda sulla ritenuta insussistenza della fattispecie di cui all'articolo 624 bis c.p. per argomentare in ordine all'eccessiva severita' del trattamento sanzionatorio, resta del tutto assorbita dalla, invece, affermata, correttezza della qualificazione giuridica. Riguardo il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, si ritiene che il giudizio reso in proposito sia immune da critiche, apparendo piu' che ragionevole l'aver valutato, quali ragioni ostative, oltre alla gravita' dei fatti singolarmente considerati, anche la reiterazione delle condotte compiute in un limitato lasso temporale e la pericolosita' sociale dell'imputato desunta dai suoi precedenti penali. 5. Analoghe osservazioni valgono per la stessa doglianza formulata anche nell'interesse di (OMISSIS), per cui i giudici di merito hanno valorizzato la "cospicua gravita'" dei fatti considerati, e l'assenza di elementi positivamente apprezzabili, a tali fini, mentre la difesa non ha dedotto l'esistenza di elementi favorevoli eventualmente offerti alla cognizione dei giudici di merito e da questi pretermessa. 6. Come premesso, risulta fondata, la doglianza specificamente formulata dal difensore di (OMISSIS), con riguardo al riconoscimento della recidiva, del tutto immotivata nelle sentenze di merito, nonostante lo specifico motivo di appello. 6.1.E' noto ‘insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, secondo cui, in tema di recidiva - intesa quale elemento sintomatico di un'accentuata pericolosita' sociale del prevenuto, e non come fattore meramente descrittivo dell'esistenza di precedenti penali per delitto a carico dell'imputato - si richiede al giudice uno specifico dovere di motivazione sia ove egli ritenga sia ove egli escluda la rilevanza della stessa (Sez. U, n. 5859 del 27/10/2011, Marciano', Rv. 251690), essendo il giudice tenuto a verificare in concreto, in base ai criteri di cui all'articolo 133 c.p., il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, e a valutare se la reiterazione dell'illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza della condotta e di pericolosita' del suo autore, escludendo l'aumento di pena, con adeguata motivazione sul punto, ove non ritenga che dal nuovo delitto possa desumersi una maggiore capacita' delinquenziale. (Sez. F, n. 35526 del 19/08/2013, Rv. 256713; Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, Rv. 270419). E' vero che tale onere motivazionale puo' essere adempiuto anche implicitamente (Sez. 6, n. 14937 del 14/03/2018 Ud. (dep. 04/04/2018) Rv. 272803) ove si sia in concreto apprezzata l'insussistenza dei requisiti di riprovevolezza della condotta e di pericolosita' del suo autore (Sez. 3, n. 4135 del 12/12/2017 (dep. 2018) Rv. 272040). Tuttavia, di tali apprezzamenti non v'e' traccia, neppure implicita, nella sentenza impugnata, ne' e' rinvenibile in quella di primo grado, del tutto generica sul punto (pg. 9). Sotto tale profilo, la sentenza impugnata deve essere, quindi, annullata, con rinvio per nuovo esame al Giudice di merito. 7. E' altresi' fondata la doglianza riguardante l'avvenuto riconoscimento della circostanza aggravante della minorata difesa, formulata dalla Difesa di (OMISSIS): 7.1. La decisione impugnata - va ricordato - ha rilevato come l'aver eseguito i furti in orario notturno abbia inciso sulla possibilita' di vigilanza e di intervento, senza altra specificazione fattuale, opponendo, la Difesa, la circostanza che tutti i locali derubati si trovano a Milano, e, comunque, l'insufficienza della mera circostanza della commissione del fatto in orario notturno. Come e' noto, con un recente approdo, le Sezioni Unite "Cardellini" hanno accolto la soluzione che, ferma l'astratta idoneita' della commissione del reato in tempo di notte ad integrare la circostanza aggravante di cui all'articolo 61 c.p., comma 1, n. 5, presuppone l'accertamento della sua effettiva incidenza sulle possibilita' di difesa nel caso concreto (Sez. U, Sentenza n. 40275 del 15/07/2021 Ud. (dep. 08/11/2021), Cardellini, Rv. 282095 - 01). 7.2. Le Sezioni Unite "Cardellini" hanno affermato i seguenti principi: "ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante della c. d. "minorata difesa", prevista dall'articolo 61 c.p., comma 1, n. 5, le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l'agente ha profittato in modo tale da ostacolare la predetta difesa, devono essere accertate alla stregua di concreti e concludenti elementi di ratto atti a dimostrare la particolare situazione di vulnerabilita' oggetto di profittamento - in cui versava il soggetto passivo, essendo necessaria, ma non sufficiente, l'idoneita' astratta delle predette condizioni a favorire la commissione del reato"; "la commissione del reato "in tempo di notte" puo' configurare la circostanza aggravante in esame, sempre che sia raggiunta la prova che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto". L'autorevole Consesso di legittimita' ha ricordato che: "Il fondamento della circostanza aggravante della c.d. minorata difesa, in riferimento a ciascuna delle tipologie di elementi fattuali che possono integrarla, e' stato generalmente ravvisato nel maggior disvalore che la condotta assume nei casi in cui l'agente approfitti delle possibilita' di facilitazione dell'azione delittuosa offerte dal particolare contesto in cui quest'ultima viene a svolgersi", richiamando la necessita' di "interpretare le preesistenti norme penali di sfavore (quale e' certamente quella che prevede un circostanza aggravante) nel rispetto della sopravvenuta Costituzione repubblicana"; ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante della c.d. "minorata difesa", e' pacificamente sufficiente anche il ricorrere di una sola circostanza di tempo, di luogo o di persona, se astrattamente idonea ad ostacolare le possibilita' di pubblica o privata difesa, e sempre che in concreto tale effetto ne sia effettivamente conseguito; indicato le tre verifiche da compiersi al fine di configurare a circostanza aggravante de qua, riguardanti, nell'ordine: a) l'esistenza di una circostanza di tempo, di luogo o di persona in astratto idonea ad ingenerare una situazione di "ostacolo alla pubblica o privata difesa"; b) la produzione in concreto dell'effetto di "ostacolo alla pubblica o privata difesa" che ne sia effettivamente derivato; c) il fatto che l'agente ne abbia concretamente "profittato" (avendone, quindi, consapevolezza). Dunque, "solo un accertamento in concreto, caso per caso, delle condizioni che consentono, attraverso una complessiva valutazione, di ritenere effettivamente realizzata una diminuita capacita' di difesa, sia pubblica che privata, e' idoneo ad assicurare la coerenza dell'applicazione della circostanza aggravante con il suo fondamento giustificativo", dovendo l'interprete rifuggire dalla prospettiva anche implicita della valorizzazione di presunzioni assolute, non potendosi limitare a richiamare il dato astratto della commissione del reato in tempo di notte, ma dovendo considerare lo specifico contesto spazio-temporale in cui si sono verificate le vicende storico-fattuali oggetto d'imputazione, si' da enucleare, in concreto, l'effettivo ostacolo alla pubblica e privata difesa che sia, in ipotesi, derivato dalla commissione del reato nella circostanza in concreto valorizzata (in questo caso, di tempo), nonche' l'approfittamento di essa da parte del soggetto agente. E' vero - si afferma - che "di norma, il "tempo di notte" costituisce di per se' circostanza di tempo astrattamente idonea ad ingenerare una situazione di "ostacolo alla pubblica o privata difesa", perche' di notte, cala l'oscurita' e le strade sono poco illuminate; le persone sono dedite al riposo; la maggior parte delle attivita' (lavorative e ricreative) cessa, e di conseguenza le strade e gli uffici sono molto meno frequentati; la vigilanza pubblica e' meno intensa ed e' quindi piu' difficile ricevere soccorso. Tuttavia, ai fini della sussistenza della circostanza aggravante di cui all'articolo 61 c.p., comma 1, n. 5, non e' sufficiente ritenere l'astratta idoneita' di una situazione, quale il tempo di notte, ad incidere sulle capacita' di difesa, riducendole, ma occorre "individuare ed indicare in motivazione tutte quelle ragioni che consentano di ritenere che in una determinata situazione si sia in concreto realizzata una diminuita capacita' di difesa sia pubblica che privata" ed, in particolare, che la commissione del reato in tempo di notte abbia in concreto agevolato il soggetto agente nell'esecuzione del reato stesso, ostacolando (pur senza annullarle del tutto) le possibilita' di difesa pubblica o privata. L'interprete deve, pertanto, stabilire in concreto l'effetto di "ostacolo alla pubblica o privata difesa" che sia in ipotesi derivato dalla commissione del fatto in tempo di notte. L'onere della prova grava naturalmente sul Pubblico Ministero. 7.3. L'assenza, nella decisione impugnata, di uno scrutinio coerente con i principi di diritto appena richiamati, espone la motivazione alle denunciate censure, con la conseguenza che, sul punto, la sentenza della Corte di appello deve essere annullata con rinvio, affinche', nel rinnovato esame, si colmi la indicata lacuna motivazionale, fornendo adeguata argomentazione dimostrativa della individuazione, in concreto, di specifici elementi di fatto, che abbiamo potuto integrare, nella situazione data, la circostanza aggravante di cui all'articolo 61 c.p., n. 5. 8. L'annullamento della sentenza nei confronti di (OMISSIS), produce l'effetto estensivo, ai sensi dell'articolo 587 c.p.p., anche nei confronti dei coimputati non ricorrenti sul punto. Invero, come e' stato ribadito anche nella sentenza "Cardellini", "La giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal collegio, ritiene che la circostanza aggravante in questione abbia natura oggettiva, e sia, pertanto, integrata per il solo fatto, obiettivamente considerato, del ricorrere di condizioni utili a facilitare il compimento dell'azione criminosa, a nulla rilevando che dette condizioni siano maturate occasionalmente o indipendentemente dalla volonta' dell'agente (Sez. Un. Cardellini cit. par. 11.2.). 9. L'epilogo del presente scrutinio di legittimita' e', dunque, l'annullamento, con rinvio, della sentenza impugnata, limitatamente alla circostanza aggravante della minorata difesa, nei confronti di tutti i ricorrenti, e della recidiva, limitatamente a (OMISSIS). Nel resto i ricorsi risultano infondati e vanno rigettati. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di tutti i ricorrenti, anche in virtu' dell'effetto estensivo, limitatamente alla aggravante ex articolo 61 c.p., n. 5; annulla, altresi' la sentenza nei confronti del solo (OMISSIS) limitatamente al punto della recidiva, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano; rigetta nel resto i ricorsi.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BELTRANI Sergio - Presidente Dott. PARDO Ignazio - Consigliere Dott. PACILLI G. Anna R. - Consigliere Dott. D'AURIA Donato - Consigliere Dott. NICASTRO Giuseppe - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS) (OMISSIS), nato a (OMISSIS) avverso la sentenza del 14/02/2022 della Corte d'appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE NICASTRO; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. MARINELLI FELICETTA, che ha concluso chiedendo che i ricorsi siano dichiarati inammissibili; udito l'Avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), la quale ha concluso, anche per il collega (OMISSIS) - il quale, come rilevato dal Presidente, ha rinunciato all'incarico di difensore di (OMISSIS), senza che risultino nuovi difensori nominati - insistendo per l'accoglimento dei motivi dei rispettivi ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 14/02/2022, la Corte d'appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del 16/09/2021 del G.i.p. del Tribunale di Milano, emessa in esito a giudizio abbreviato, confermava la condanna di (OMISSIS) per il reato tentata estorsione pluriaggravata (tra l'altro, dal cosiddetto "metodo mafioso") in concorso con (OMISSIS) (capo A dell'imputazione) ai danni di (OMISSIS) e la condanna di (OMISSIS) per il reato di estorsione continuata e aggravata dal "metodo mafioso" sempre ai danni di Davide (OMISSIS) (capo C dell'imputazione), rideterminando la pena irrogata a quest'ultimo imputato. Secondo i capi d'imputazione, i menzionati reati erano stati contestati ai due imputati: a) quello di tentata estorsione di cui al capo A, contestato a (OMISSIS), (in concorso con (OMISSIS) e con (OMISSIS) e (OMISSIS), queste ultime due assolte dal G.i.p. del Tribunale di Milano): "perche', in concorso tra loro e con altre persone allo stato non identificate, con piu' atti idonei e diretti in modo non equivoco, mediante minaccia idonea ad incutere timore ed a coartare la volonta' della persona offesa avuto riguardo alle circostanze concrete e alla personalita' degli agenti, consistita nel prospettare la possibilita' di ritorsioni di natura fisica ed economica impedendogli di svolgere liberamente l'attivita' di venditore di gelati, tentavano di costringere (OMISSIS), coadiuvante della gelateria "(OMISSIS)" sita in (OMISSIS), di cui la moglie e' titolare, a consegnare la somma dli denaro pari a 250 Euro, al fine di procurarsi un ingiusto profitto; in particolare: - (OMISSIS), detto "(OMISSIS)", nella meta' di maggio dell'anno 2020, si presentava con (OMISSIS) (ex compagna di (OMISSIS)) che dapprima chiedeva al titolare se andasse tutto bene e poi lo accusava di aver usato il loro cognome per fare affari illeciti, specificando che l'utilizzo del loro cognome era come un mandato di arresto; il (OMISSIS) a quel punto chiedeva alla (OMISSIS) se il titolare della gelateria gia' pagasse il cd. "pizzo" ed entrambi ne parlavano con un atteggiamento arrogante e spavaldo; - (OMISSIS) tornava anche da sola presso la gelateria, almeno un paio di volte, facendosi consegnare alcune vaschette di gelato senza pagarne il corrispettivo, dicendo che sarebbe poi passato (OMISSIS) a pagarle; - (OMISSIS) in data 9-12-2020 riceveva da (OMISSIS), al momento dell'esecuzione della o.c.c. nei suoi confronti, l'incarico di punire il denunciante ed eseguire una vendetta; - successivamente (OMISSIS) ritornava altre tre/quattro volte, nel periodo compreso tra maggio e fine luglio, presso la medesima gelateria in compagnia di (OMISSIS) (sua compagna) consumando gelati senza pagare; - in data (OMISSIS), verso le 20.50 circa, (OMISSIS) si presentava presso la gelateria precisando, con tono intimidatorio e minaccioso, che la stessa si trovava nel loro territorio e pertanto avrebbe dovuto pagare, prospettando alla vittima seri problemi per la sua attivita' commerciale, affermando nel contempo che avrebbe messo la vittima sotto stretto controllo ed osservazione oltre ad accusarlo del fatto che vendesse droga in gelateria che gli veniva fornita da alcuni tunisini, utilizzando e spendendo il cognome della famiglia criminale (OMISSIS); - in data (OMISSIS), (OMISSIS) faceva ritorno nel locale, dopo essersi accertato che fossero soli, raggiungeva (OMISSIS) dietro al bancone, dopo averlo apostrofato con l'epiteto "pezzo di merda" ed aver continuato ad accusarlo di utilizzare il nome della famiglia (OMISSIS) per consumare affari illeciti nell'ambito dei reati in materia di stupefacenti, lo colpiva con pugni al volto e si impossessava della somma di 50,00 Euro che prelevava direttamente dal registratore di cassa, affermando che sarebbe tornato il giorno seguente per riscuotere un'ulteriore somma pari a 250 Euro; - in data (OMISSIS), (OMISSIS) ritornava nel locale, chiedendo alla vittima se avesse preparato i 250,00 Euro da consegnargli; evento non verificatosi in quanto interveniva (OMISSIS) che conosceva i fratelli (OMISSIS) e si attivava per una mediazione con questi ultimi, ricevendo come compenso dal (OMISSIS) per l'attivita' prestata una collana in oro bianco del valore di 500,00 Euro sostituita da un'altra collanina in oro giallo del valore di 239,00 Euro, a fronte della suindicata "mediazione" che aveva dovuto esercitare con i fratelli (OMISSIS) al fine di evitare atti di violenza e garantirsi la cosiddetta "protezione". Con l'aggravante di cui all'articolo 416 bis.1 c.p. per avere commesso il fatto in piu' persone riunite, avvalendosi delle condizioni di cui all'articolo 416 bis c.p. e con metodo mafioso. In (OMISSIS)"; b) quello di estorsione continuata di cui al capo C, contestato a (OMISSIS), "perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso commesse anche in tempi diversi, mediante minaccia idonea ad incutere timore ed a coartare la volonta' della persona offesa avuto riguardo alle circostanze concrete e alla personalita' degli agenti, consistita nel prospettare la possibilita' di ritorsioni di natura fisica ed economica impedendogli di svolgere liberamente l'attivita' di venditore di gelati, costringeva (OMISSIS), coadiuvante della gelateria "(OMISSIS)" sita in Cormano alla (OMISSIS), di cui la moglie e' titolare, a consegnare la somma di denaro pari a 3.500,00 Euro e una collanina d'oro giallo del valore di 239 Euro, cosi' procurandosi un ingiusto profitto. In particolare nel mese di settembre 2020, (OMISSIS) si faceva consegnare da (OMISSIS) la somma di denaro pari a 3.500 Euro, oltre a una collana in oro bianco del valore di 500,00 Euro sostituita da un'altra collanina in oro giallo del valore di 239,00 Euro a fronte della "mediazione" che aveva dovuto esercitare con i fratelli (OMISSIS) al fine di evitare atti di violenza e garantirsi la cosiddetta "protezione" e dettava alla medesima vittima l'accettazione di un accordo per il versamento, entro la fine dell'anno 2021, di una somma di denaro non dovuta pari a 25.000 Euro, affermando "chi investe mensilmente denaro con lui gode della sua protezione" e che in caso di rifiuto avrebbe avuto seri problemi. Con l'aggravante di cui all'articolo 416 bis.1 c.p. per avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni di cui all'articolo 416 bis c.p. e comunque con metodo mafioso. In Cormano da (OMISSIS)". 2. Avverso l'indicata sentenza della Corte d'appello di Milano, hanno proposto ricorsi per cassazione, con distinti atti e per il tramite dei propri rispettivi difensori, (OMISSIS) e (OMISSIS). 3. Il ricorso di (OMISSIS) e' affidato a sei motivi. 3.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), la mancanza della motivazione "con riferimento all'omessa valutazione delle censure difensive in punto di contraddittorieta' della sentenza di primo grado". Il ricorrente lamenta che la Corte d'appello di Milano avrebbe del tutto omesso di motivare in ordine alle censure, sollevate con il proprio atto cli appello, relative all'asserita contraddittorieta' della sentenza di primo grado la' dove essa, da un lato, ha assolto le coimputate (OMISSIS) e (OMISSIS) e, dall'altro lato, con irragionevole difformita' di trattamento, lo ha, invece, condannato per lo stesso reato, atteso che: "(s)e le condotte in contestazione andavano considerate, ad avviso del GIP, quali semplici "atteggiamenti arroganti" con riferimento alle due imputate, gli stessi agiti non potevano ragionevolmente assumere un significato diverso per (OMISSIS), che non ha fornito contributo ulteriore rispetto alle concorrenti"; nell'assolvere la (OMISSIS), il predetto G.i.p. del Tribunale di Milano ebbe ad affermare che "appare difficile che l'uomo alludesse al pagamento del pizzo dal momento che quella era la prima volta che i (OMISSIS) accedevano alla gelateria del (OMISSIS) per estorcergli il pizzo, sicche' appare logico che in precedenza la persona offesa non lo pagasse". 3.1. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione degli articoli 56 e 629 c.p., nonche' il "vizio di motivazione" "in merito all'evidenziata insussistenza del contributo concorsuale dell'imputato per mancanza dei requisiti di idoneita' e di univocita' degli atti tipici della figura del delitto tentato. Contraddittorieta' della motivazione rispetto all'individuazione del dolo specifico di estorsione". Il ricorrente rappresenta in proposito che: come sarebbe stato confermato dal (OMISSIS), egli "non ha mai rivolto nessuna minaccia esplicita alla persona offesa ne' ha mai preteso che questa gli consegnasse del denaro", in quanto la propria "condotta materiale (...) e' consistita nell'aver effettuato due o tre accessi nella gelateria in occasione dei quali non avrebbe mai assunto un atteggiamento intimidatorio nei confronti della persona offesa, con la conseguenza che dovrebbe "essere attentamente scrutinato il tema della compatibilita' di tale condotta con i requisiti di idoneita' e univocita' degli atti tipici della figura del tentativo di delitto"; la sentenza impugnata sarebbe affetta da manifesta contraddittorieta' con riguardo all'individuazione del dolo specifico del reato, atteso che essa "afferma che il (OMISSIS) non avrebbe agito con l'intento di non pagare il gelato ma con quello di affermare un "predominio" sulla persona offesa intento che, peraltro, secondo la sentenza di primo grado, non sarebbe stato neppure finalizzato ad ottenere il pagamento del pizzo". 3.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'articolo 606, comma 1, lettera e), c.p.p., la carenza e illogicita' della motivazione "in merito al collegamento probatorio ed eziologico tra la condotta delittuosa di (OMISSIS) e quella del fratello (OMISSIS)". Il ricorrente lamenta che la Corte d'appello di Milano avrebbe fornito una spiegazione anapodittica, oltre che indimostrata sul piano probatorio, del fatto che egli avrebbe asseritamente agito in modo coordinato con il proprio fratello (OMISSIS), condividendo con lui la stessa finalita' illecita, atteso che "dagli atti non e' mai emerso nulla che potesse far presumere ad un'azione criminosa congiunta e coordinata", che tra le condotte dei due fratelli "(n)on sussiste (...) alcuna contiguita' temporale", che la persona offesa (OMISSIS) aveva escluso che (OMISSIS) avesse mai fatto riferimento a precedenti richieste di denaro avanzate dal fratello (OMISSIS) e che sarebbe illogica la valorizzazione, operata dalla Corte d'appello di Milano, del riferimento, da lui fatto il giorno dell'esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare nei propri confronti, alla divisione in tre persone del profitto del reato di Euro 250,00. 3.4. Con il quarto motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), il "vizio di motivazione" con riguardo al giudizio di attendibilita' delle dichiarazioni rese dalla persona offesa (OMISSIS) e la "(v)iolazione dei canoni giurisprudenziali in tema di valutazione della testimonianza della persona offesa". Il ricorrente evidenzia in proposito che: non risponderebbe al vero quanto affermato dalla Corte d'appello di Milano circa il fatto che la persona offesa (OMISSIS) avrebbe riferito di avere avuto contatti quotidiani con l'imputato (OMISSIS), atteso che il (OMISSIS) riferi' invece che aveva contattato il (OMISSIS) in una sola occasione e che, alla luce dell'esame dei tabulati telefonici, quest'ultima circostanza era risultata in realta' falsa; il (OMISSIS), nel colloquio informale con la polizia giudiziaria del 6 ottobre 2020, aveva affermato di avere visionato le immagini registrate dal sistema di videosorveglianza della gelateria, laddove, nel corso del proprio esame testimoniale, su domande della difesa, aveva ammesso che l'accesso al predetto sistema di videosorveglianza richiedeva l'intervento di un tecnico specializzato e che, in seguito alla rapina (a opera di (OMISSIS)) tale intervento non era stato in realta' richiesto. 3.5. Con il quinto motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), "vizio di motivazione" in ordine "alle circostanze che avrebbero indotto la persona offesa a denunciare le presunte richieste estorsive subite". Il ricorrente lamenta che la Corte d'appello di Milano, nel considerare l'iniziale riluttanza del (OMISSIS) a denunciare i fatti come indicativa dello stato di timore in cui versava la persona offesa, avrebbe del tutto trascurato di considerare la tesi difensiva, prospettata nel proprio atto di appello, secondo cui "dietro agli indugi della persona offesa si celasse in realta' il timore che le Forze dell'Ordine potessero scoprire - e successivamente investigare - l'attivita' di spaccio di stupefacenti intrattenuta dal (OMISSIS) stesso". 3.6. Con il sesto motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), la violazione dell'articolo 641 c.p., nonche' il "vizio di motivazione" "con riferimento alla mancata riqualificazione del delitto di tentata estorsione nel reato di insolvenza fraudolenta". Il ricorrente lamenta che la Corte d'appello di Milano non avrebbe dato alcun riscontro alla tesi difensiva, prospettata nel proprio atto di appello, secondo cui, alla luce delle dichiarazioni del (OMISSIS) - il quale, alla domanda sul perche' avesse lasciato che il (OMISSIS) consumasse del gelato senza pagarlo, aveva risposto "(i)o non penso che una persona si perda per un cono da 2 Euro e 50" - sarebbe stato "chiaro che il gelataio ha lasciato che l'imputato consumasse "a credito" non perche' intimidito dalla sua asserita caratura criminale, ma poiche' (...) faceva affidamento che lo stesso "non si sarebbe perso per due coni gelato" e quindi che avrebbe pagato quanto dovuto in un secondo momento"; ricostruzione "che smentisce la tesi dell'assoggettamento della persona offesa e consente di ravvisare nella condotta del ricorrente gli estremi del meno grave reato di insolvenza fraudolenta". 4. Il ricorso di (OMISSIS) e' affidato a quattro motivi. 4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), la nullita' della sentenza per mancanza della motivazione in ordine allo specifico motivo di appello, "dotat(o) del requisito della decisivita'", con il quale era stata chiesta l'assoluzione dell'imputato, quanto meno ai sensi del comma 2 dell'articolo 530 c.p.p. "per l'omessa considerazione delle prove inequivocabili che dimostrano essere mendace l'accusa". 4.1.1. Sotto un primo profilo - relativo all'asserita mendacita' delle dichiarazioni della persona offesa relativamente alla richiesta di versamento, che le sarebbe stata avanzata dall'imputato, della somma di Euro 25.000,00, e alla carenza della motivazione "sugli elementi, specificamente indicati nell'atto principale di appello, che dimostrano la falsita' del racconto" del (OMISSIS) - il ricorrente lamenta che la Corte d'appello di Milano avrebbe del tutto omesso di pronunciarsi sul proprio specifico motivo di appello con il quale avrebbe dimostrato la predetta mendacita'. Il ricorrente rappresenta, in particolare, che con tale motivo aveva evidenziato come la falsita' delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) nella querela da lui sporta il 19 ottobre 2020 (come pure di quelle rese dalla stessa persona offesa il 14 ottobre 2020 e verbalizzate nell'annotazione di servizio del 16 ottobre 2020) secondo cui la richiesta della somma di Euro 25.000,00 gli sarebbe stata avanzata dall'imputato il 10 ottobre 2020 presso l'abitazione in Rho del (OMISSIS), il cui indirizzo gli era stato inviato da tale imputato tramite un messaggio poi cancellato, fosse comprovata dal fatto che la predetta richiesta di denaro non poteva essere stata fatta il 10 ottobre 2020, atteso che il (OMISSIS) ne aveva fatto menzione ai Carabinieri di (OMISSIS) gia' durante la sua audizione del 6 ottobre 2020 (verbalizzata nell'annotazione di servizio del 13 ottobre 2020), descrivendola come avvenuta il (OMISSIS) e nel luogo, del tutto diverso, costituito dalla propria gelateria, nonche' dai fatti che, dall'analisi del telefono cellulare del (OMISSIS), non era risultata traccia del messaggio che, secondo il (OMISSIS), il (OMISSIS) gli avrebbe inoltrato e che, dalle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) il (OMISSIS), risultava che egli conosceva l'indirizzo del (OMISSIS) ben prima del 10 ottobre 2020, per essersi recato a casa dell'imputato gia' il (OMISSIS). 4.1.2. Sotto un secondo profilo - relativo all'asserita mendacita' delle dichiarazioni della persona offesa relativamente alla richiesta di versamento, che le sarebbe stata avanzata dall'imputato, della somma di Euro 3.500,00, e alla carenza della motivazione "sugli elementi, specificamente indicati nell'atto principale di appello, che dimostrano la falsita' del racconto" del (OMISSIS) - il ricorrente lamenta che la Corte d'appello di Milano avrebbe del tutto omesso di pronunciarsi sul proprio specifico motivo di appello con il quale avrebbe dimostrato la predetta mendacita'. Il ricorrente rappresenta anzitutto che il racconto reso dal (OMISSIS) nella querela da lui sporta il 19 ottobre 2020 in ordine alla predetta richiesta del versamento di Euro 3.500,00 sarebbe smentito dalla risultanze dell'analisi delle celle telefoniche agganciate dai cellulari dalle quali risultava che il 23 settembre 2020, il (OMISSIS) non si trovava a (OMISSIS) ma a (OMISSIS) (in Provincia di (OMISSIS), dove, alla luce delle stesse risultanze, si era trattenuto dal (OMISSIS) fino alla mattina del (OMISSIS)), con la conseguenza che "non puo' essere vero che i due si siano incontrati nel pomeriggio del (OMISSIS) a (OMISSIS)"; il (OMISSIS), cioe' il giorno in cui il (OMISSIS) avrebbe consegnato all'imputato la collanina d'oro e avrebbe ricevuto dallo stesso imputato la richiesta di Euro 3.500,00, come si e' gia' detto, il (OMISSIS) si trovava tutto il giorno a (OMISSIS), sicche' "non e' verosimile quanto indicato in querela ovvero che abbia consegnato la collana d'oro bianco di circa 50 cm il pomeriggio del (OMISSIS)". Pertanto, osserva ancora il ricorrente, "se l'utenza del (OMISSIS) dal (OMISSIS) a tutta la mattina del (OMISSIS) aggancia le celle della provincia di (OMISSIS), il (OMISSIS) non puo' averlo incontrato in gelateria", con la conseguenza che sarebbe "altrettanto impossibile che il 26 di settembre 2020 consegni la prima tranche di 2.500,00 Euro posto che, non essendosi incontrati il (OMISSIS), certamente non puo' avergli richiesto i 3.500,00 Euro ne' tantomeno puo' avergli consegnato la collana d'oro; somma che comunque non potrebbe avere richiesto il 25 di settembre 2020 (ma nemmeno il 23 o il 24 di settembre) quantomeno con le modalita' descritte in querela". Con la conseguenza che "quanto affermato in querela e avallato dal Tribunale sembrerebbe non trovare valido riscontro nel dato obiettivo". Il ricorrente aggiunge che dalle due annotazioni di attivita' di indagine del 1(OMISSIS) e del 1(OMISSIS) che hanno raccolto dichiarazioni del (OMISSIS), rispettivamente, del (OMISSIS) e del 14 ottobre 2020 "emergerebbe una ricostruzione spazio-temporale del fatto completamente diversa". Il ricorrente sottolinea in particolare che: nelle dichiarazioni rese il (OMISSIS) "il (OMISSIS) incredibilmente non fa menzione ne' della richiesta del denaro (i 3.500,00 Euro) da parte del (OMISSIS) ne' tantomeno della consegna di detta somma"; premesso che, quando venne sentito il (OMISSIS), "rispetto all'episodio della richiesta e della consegna della collana d'oro quale equivalente dei 500,00 Euro anticipati per l'"imbasciata" (che e' strettamente collegato alla richiesta dei 3.500 Euro)", il (OMISSIS) riferi' che la richiesta della collana d'oro sarebbe avvenuta la mattinata del 28 settembre 2020 in gelateria, la consegna della collana a mani del (OMISSIS) sarebbe avvenuta il 2 ottobre 2020 e la restituzione della stessa collana al (OMISSIS) sarebbe avvenuta il successivo (OMISSIS), "posto che secondo la ricostruzione proposta in querela la consegna materiale delle due tranche di 3.500,00 Euro e' avvenuta il 26 e il 27 settembre 2020, la richiesta estorsiva della somma deve necessariamente essere avvenuta prima e quindi la data del 28 settembre 2020 e' inverosimile" e "(p)osto che in querela la P.O. ha dichiarato che la richiesta dei 3.500,00 Euro sarebbe avvenuta in concomitanza alla consegna da parte del (OMISSIS) della prima collana (...) se assumiamo come attendibili le dichiarazioni rese ai carabinieri il (OMISSIS), e quindi la consegna della collana sarebbe avvenuta il 2 ottobre 2020, e' facile eccepire che la circostanza e' del tutto inverosimile anzi e' impossibile perche' il (OMISSIS) ha riferito che la consegna del denaro e' avvenuta il (OMISSIS) quindi in data precedente". 4.1.3. Sotto un terzo profilo, il ricorrente lamenta che la Corte d'appello di Milano non avrebbe risposto alle doglianze difensive relative alla mendacita' della dichiarazione resa ai Carabinieri di (OMISSIS) dalla persona offesa (OMISSIS) il (OMISSIS) di avere ricevuto, il 28 ottobre 2020 alle ore 13:10, una telefonata dal (OMISSIS), comprovata dal fatto che "il riscontro telefonico e' negativo perche' sono agli atti i tabulati telefonici che dimostrano che:...) non vi e' stata alcuna telefonata tra (OMISSIS) e (OMISSIS) il (OMISSIS) alle ore 13.10 (la prima sara' in serata)". 4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), la nullita' della sentenza per mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione "con riferimento all'omessa valutazione dell'attendibilita' oggettiva della parte lesa, sotto i diversi profili dell'incostanza dichiarativa, e dell'illogicita' intrinseca del discorso", con omessa motivazione anche in ordine alle specifiche e decisive doglianze avanzate nel proprio atto di appello al riguardo. 4.2.1. Sotto un primo profilo, relativo al "requisito della costanza dichiarativa", il ricorrente evidenzia quanto segue. Quanto all'episodio della richiesta della collana d'oro, che, nella propria querela, il (OMISSIS) riferi' che detta richiesta gli fu fatta dall'imputato il (OMISSIS) e che la collana fu da lui consegnata al (OMISSIS) il (OMISSIS), circostanze che, tuttavia, sono contraddette dall'analisi delle celle telefoniche dalla quale risulta che il (OMISSIS), sia il 23 sia il (OMISSIS), si trovava fuori regione. Quanto agli episodi della richiesta di Euro 500,00 quale prezzo dell'"imbasciata" e della rapina, il ricorrente evidenzia come le dichiarazioni rese dal (OMISSIS) nella propria querela e recepite dalla sentenza impugnata sarebbero in contrasto con quanto riferito dalla stessa persona offesa ai Carabinieri il (OMISSIS), atteso che: "1) la rapina avviene il 25 settembre (e non il (OMISSIS) come in querela) scompare quindi la circostanza della visione della videoregistrazione e della certezza della data e dell'ora; 2) il giorno della rapina il (OMISSIS) si reca dai carabinieri e trovando chiuso andra' dal (OMISSIS) a (OMISSIS). In sentenza invece verra' al contrario precisato che il (OMISSIS) dopo la rapina non va in caserma a citofonare, ne' tantomeno va a casa del (OMISSIS), ma sara' il (OMISSIS) a raggiungerlo presso la gelateria; 3) il (OMISSIS) verra' indicato che il (OMISSIS) giungera' in gelateria su richiesta del (OMISSIS) dopo avere esposto il problema al (OMISSIS) quest'ultimo gli chiedeva quale prezzo per il proprio interessamento la somma di Euro 500; 4) il (OMISSIS) non chiede i soldi, 500 Euro, per l'"imbasciata" il giorno della rapina; 5) il (OMISSIS) chiede direttamente la collana d'oro (e non gia' prima il denaro e poi la collana) il (OMISSIS) in gelateria due giorni dopo la rapina". Secondo il ricorrente, la persona offesa avrebbe percio' fornito "inconciliabili versioni che non solo collocano fatti di reato in tempi e luoghi diversi, ma descrivono circostanze di reato tra loro inconciliabili"; incostanza dichiarativa che era stata denunciata nel proprio atto di appello, in ordine alla cui doglianze la Corte d'appello di Milano avrebbe omesso di rispondere. 4.2.2. Sotto un secondo profilo, relativo al "requisito della logicita' intrinseca del discorso", il ricorrente ribadisce come nei precedenti motivi abbia evidenziato le plurime ragioni di intrinseca illogicita' e inverosimiglianza del racconto della persona offesa e lamenta che la Corte d'appello di Milano non avrebbe considerato tali rilievi e, in particolare, non avrebbe "formulato alcun giudizio critico sull'attendibilita' soggettiva della P.O., mettendo in disparte le prove, travisando i dati processuali, non prendendo in esame i motivi di impugnazione rimettendosi al suo immotivato soggettivistico pregiudizio". 4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la violazione degli articoli 62-bis, 132 e 133 c.p., nonche' la carenza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione. Il ricorrente rappresenta al riguardo: a) il carattere estremamente sintetico e anapodittico della motivazione della sentenza impugnata relativamente al dinego della concessione delle circostanze attenuanti generiche, "laddove non sembra tenersi in alcun conto della personalita' del (OMISSIS) e della sua incensuratezza a 50 anni"; b) l'incongruita' dell'irrogazione di una pena superiore al minimo edittale "soprattutto se paragonata alla pena irrogata ai due correi ai quali, malgrado i numerosissimi precedenti specifici, l'asserita gravita' della condotta soprattutto con riferimento al (OMISSIS) a cui sono state contestate sia la rapina consumata (con l'uso della violenza verso la P.O.) sia la tentata estorsione, la pena irrogata e' inferiore"; c) l'incongruita' dell'aumento operato per l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. "in misura superiore al minimo di legge nonche' superiore a quanto determinato per i due coimputati ai quali l'aumento e' stato maggiormente contenuto e la pena certamente piu' mite nonostante la contestazione fosse di paritetica gravita' se non superiore posto l'uso della violenza contestata". 4.4. Con il quarto motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), l'erronea applicazione dell'articolo 416-bis.1 c.p.. A proposto dell'attribuita aggravante del "metodo mafioso",, prevista da tale disposizione, il ricorrente ne rappresenta l'insussistenza nella specie, deducendo al riguardo che: all'eta' di 53 anni egli e' incensurato, non e' mai stato rinviato a giudizio ne' arrestato, con la conseguenza che "affermare che (...) frequenti con abitualita' ambienti criminali e' un dato indimostrato"; "nessuno dei parenti del (OMISSIS), nessuno dei numerosi 8 fratelli, e' mai stato coinvolto in procedimenti penali di nessun genere (...) e cosi' i figli del (OMISSIS) entrambi incensurati"; il fatto che egli sia nato a (OMISSIS), cioe' in una localita' ad alto tasso criminale, non consente di per se' di affermare "che tutti coloro che provengano da una certa zona d'Italia siano per sfortuna di nascita criminali"; le risultanze processuali e, in particolare, i tabulati telefonici e l'analisi forense della propria utenza cellulare, avevano escluso che vi fossero stati contatti tra egli stesso e i (OMISSIS), atteso che egli "non aveva registrato in rubrica il telefono dei (OMISSIS), ne' i nominativi o i numeri di telefono delle loro compagne. Ne' vi sono chiamate o messaggi di telefono o watthzzap prima dei fatti contestati o successivamente. Ne' vi sono contatti successivamente al loro arresto tra i famigliari dei (OMISSIS) e quelli del (OMISSIS). Inoltre tutti gli imputati, comprese le compagne, hanno dichiarato di non conoscere il (OMISSIS) e di non averlo mai visto"; "il capo d'imputazione da' conto di questa circostanza visto che le condotte contestate sono autonome"; la motivazione della sentenza di primo grado, "piu' che provare il metodo mafioso sembra dare conto di un articolato proposito truffaldino da parte dell'astuto (OMISSIS) che, una volta carpita la fiducia della P.O., si intrufola in un intreccio di cui non e' parte per ottenere un illecito guadagno. Piu' che di forza intimidatrice dell'organizzazione mafiosa, di cui il (OMISSIS) non fa parte, sembra l'astuta architettura di una truffa fatta e finita. Non c'e' violenza da parte del (OMISSIS), non un alterco, non una minaccia reale"; non "c'e' un esplicito riferimento del (OMISSIS) al potere criminale dell'associazione mafiosa, non solo perche' nel territorio non vi e' radicata alcuna organizzazione storica criminale, sia perche' non appartenendo il (OMISSIS) a nessuna associazione criminale la sua inesistente caratura criminale (inesistente visto che si tratta di un incensurato) non poteva fungere da forza intimidatrice non essendo il (OMISSIS) riconosciuto, dalla collettivita', come un criminale"; il tutto "sembrerebbe piu' una questione legata a prestiti di denaro ed a irrisolte questioni debitorie piuttosto che l'azione mirata del mafioso per costringere il commerciante a pagare il pizzo"; "nelle parole asseritamente pronunciate dal (OMISSIS) (non) vi e' un esplicito rimando alla sua appartenenza a consorterie mafiose salvo la frase "io sono di (OMISSIS)", salvo il fatto che il (OMISSIS) non e' di (OMISSIS)". CONSIDERATO IN DIRITTO 1. In via preliminare rispetto all'esame dei due ricorsi, e' opportuno richiamare alcuni principi affermati dalla Corte di cassazione in tema di cosiddetta "doppia conforme" e di limiti del sindacato della stessa Corte sul vizio della motivazione e sulla valutazione di credibilita' soggettiva e oggettiva delle persone offese dal reato e, piu' in generale, dei testimoni. 1.1. Costituisce un orientamento consolidato della Corte di cassazione quello secondo cui, ai fini del controllo di legittimita' sul vizio di motivazione, ricorre la cosiddetta "doppia conforme" quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest'ultima sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (tra le tante: Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218-01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595-01; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 25261501). E' parimenti consolidato, nella giurisprudenza di legittimita', il principio secondo cui, nel caso di cosiddetta "doppia conforme", il vizio di travisamento della prova puo' essere dedotto con il ricorso per cassazione sia nell'ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, Tassoni, Rv. 280155-01; Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018-01; Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Buonfine, Rv. 256837-01). 1.2. Costituisce, ancora, un principio pacificamente accolto dalla Corte di cassazione - e anch'esso, come i precedenti, condiviso dal Collegio - quello secondo cui, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita', dalla sua contraddittorieta' (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali a imporre una diversa conclusione del processo, sicche' sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', la stessa illogicita' quando non manifesta, cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 28074701; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965-01). 1.3. Occorre effettuare un rigoroso riscontro della credibilita' soggettiva ed oggettiva della persona offesa, specie se costituita parte civile, accertando l'assenza di elementi che facciano dubitare della sua obiettivita', senza la necessita', pero', della presenza di riscontri esterni, stabilita dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, per il dichiarante coinvolto nel fatto (ex plurimis: Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte, Rv. 253214-01; Sez. 5, n. 12920 del 13/02/2020, Ciotti, Rv. 279070-01; Sez. 5, n. 21135 del 26/03/2019, S., Rv. 275:312-01; Sez. 2, n. 41751 del 04/07/2018, Capraro, Rv. 274489-01; Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, Manzini, Rv. 265104-01; Sez. 5, n. 1666 del 08/07/2014, dep. 2015, Pirajno, Rv. 261730-01). Le Sezioni Unite hanno anche statuito che "la valutazione della credibilita' della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non puo' essere rivalutata in sede di legittimita', salvo che il giudice non sia inc:orso in manifeste contraddizioni" (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, cit.; piu' di recente: Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609-01). Cosi' come, piu' in generale, non e' sindacabile in sede di legittimita', salvo il controllo sulla congruita' e logicita' della motivazione, la valutazione della prova testimoniale operata dal giudice di merito, al quale spetta il giudizio sulla rilevanza e sull'attendibilita' di tale fonte di prova (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, D'Ippedico, Rv. 271623-01; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 25036201). 2. Il ricorso di (OMISSIS). Richiamati tali principi, il ricorso di (OMISSIS) - i cui sei motivi, attenendo tutti all'affermazione di responsabilita' dell'imputato, possono essere esaminati congiuntamente - e' inammissibile perche' si risolve nella richiesta di rivalutare la capacita' dimostrativa del compendio probatorio e, in particolare, tra l'altro, la credibilita' della persona offesa (OMISSIS). Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la Corte d'appello di Milano, dopo avere richiamato la conforme sentenza del G.i.p. del Tribunale di Milano, ha fornito una motivazione accurata ed esaustiva della sussistenza del contestato delitto di tentata estorsione, ribadendo, senza incorrere in contraddizioni: la credibilita' soggettiva della persona offesa (OMISSIS) e l'attendibilita' intrinseca delle sue dichiarazioni - ritenendo spiegabili alcune divergenze tra le successive dichiarazioni rese in sede di indagini preliminari e le dichiarazioni rese nel corso dell'udienza dell'11 giugno 2021 - (pagg. 15, 16 e 17 della sentenza impugnata); la sussistenza di (ancorche' non necessari) riscontri alle stesse dichiarazioni (pag. 18 della sentenza impugnata); l'inattendibilita' del testimone della difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS) (pag. 17 della sentenza impugnata). In modo del pari corretto, la Corte d'appello di Milano ha ritenuto che le condotte poste in essere dall'imputato integrassero il delitto di tentata estorsione, atteso che, posto anche il logicamente ritenuto coordinamento delle condotte dei due fratelli (OMISSIS) (l'odierno imputato (OMISSIS) ed (OMISSIS)), i riferimenti all'utilizzo, a opera del (OMISSIS), del "loro cognome" e al fatto che la gelateria si trovasse nel "loro territorio", il consumo di gelato senza pagare (volto a mettere in chiaro la sottomissione del (OMISSIS)), il riferimento al pagamento del "pizzo" e la richiesta di esso poi esplicitata, integravano gli estremi del reato contestato (pag. 18 della sentenza impugnata). Si tratta di una motivazione che, nel confermare l'accurata valutazione del merito gia' effettuata dal giudice di primo grado, non presenta criticita' sul piano logico e che, pertanto, si sottrae a censure in questa sede di legittimita'. 3. Il ricorso di (OMISSIS). 3.1. I primi due motivi del ricorso di (OMISSIS) - i quali, attenendo entrambi all'affermazione di responsabilita' dell'imputato, possono essere esaminati congiuntamente - sono inammissibili perche' si risolvono anch'essi nella richiesta di rivalutare la capacita' dimostrativa del compendio probatorio e, in particolare, tra l'altro, la credibilita' della persona offesa (OMISSIS), o nell'evidenziazioni di ragioni in fatto. A tale proposito, si deve: da un lato, richiamare anche in questo caso la giurisprudenza della Corte di cassazione che si e' esposta al punto 1; dall'altro lato, ribadire quanto si e' gia' detto al punto 2, nell'esaminare i motivi del ricorso di (OMISSIS), a proposito della valutazione, priva di contraddizioni, compiuta dalla Corte d'appello di Milano relativamente alla credibilita' soggettiva della persona offesa (OMISSIS), all'attendibilita' intrinseca delle sue dichiarazioni, alla sussistenza di riscontri alle stesse e all'inattendibilita' del testimone della difesa (OMISSIS). In modo, poi, del tutto corretto, la Corte d'appello di Milano ha ritenuto che le condotte poste in essere dall'imputato integrassero il delitto di estorsione, con il parziale ottenimento del profitto (la somma di 3.500,00 e la collanina del valore di Euro 239,00) e la formulazione di una richiesta pure estorsiva per la superiore somma di Euro 25.000,00 (pag. 19 e 20 della sentenza impugnata). Anche la motivazione della responsabilita' del (OMISSIS), nel confermare l'accurata valutazione del merito gia' effettuata dal giudice di primo grado, risulta esente da criticita' sul piano logico e, pertanto, si sottrae anch'essa a censure in questa sede di legittimita'. 3.2. Il terzo motivo e' manifestamente infondato. 3.2.1. Con riguardo alle attenuanti generiche, la Corte di cassazione ha statuito che il mancato riconoscimento delle stesse puo' essere legittimamente motivato dal giudice con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo come ha fatto, nella specie, la Corte d'appello di Milano - a maggior ragione dopo la modifica dell'articolo 62-bis disposta con il Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92, conv. con modif. dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non e' piu' sufficiente il solo stato di incensuratezza dell'imputato (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, Guarnieri; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986-01; Sez. 3 n. 44071 del 25/09/2014, Papini, Rv. 260610-01), come pure e' stato correttamente affermato dalla Corte d'appello di Milano, che ha anche evidenziato l'assenza di qualsiasi resipiscenza del (OMISSIS). 3.2.2. Con riguardo alla determinazione della pena, la giurisprudenza della Corte di cassazione e' costante nell'affermare che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti e attenuanti, rientra nella discrezionalita' del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, e' sufficiente che dia conto dell'impiego dei criteri di cui all'articolo 133 c.p. con espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure con il richiamo alla gravita' del reato o alla capacita' a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243-01). Nel caso di specie: a) la pena base irrogata di sette anni di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa e' al di sotto della media edittale della pena per il delitto di estorsione (pari a sette anni e sei mesi di reclusione ed Euro 2.500,00 di multa), con la conseguenza che l'obbligo di motivazione ben puo' ritenersi assolto dai giudici di merito mediante il richiamo alla gravita' del reato (pag. 27 della sentenza di primo grado), con l'ulteriore argomento che l'applicazione di una pena base superiore a quella minima e a quella applicata agli altri imputati si giustificava anche in relazione alla maggiore entita' delle richieste estorsive avanzate dal (OMISSIS) (peraltro, nel caso degli altri imputati, fermatesi allo stadio del tentativo); b) l'aumento di pena per l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. di due anni e nove mesi di reclusione (ed Euro 600,00 di multa) e' di poco superiore al minimo di un terzo (pari due anni e quattro mesi di reclusione). 3.3. Il quarto motivo e' manifestamente infondato. Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, la circostanza aggravante dell'utilizzo del cosiddetto "metodo mafioso", prevista dal Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, comma 1, (ora dall'articolo 416.bis.1 c.p., comma 1), ha la funzione di reprimere il "metodo delinquenziale mafioso" ed e' connessa non alla struttura e alla natura del delitto rispetto al quale la circostanza e' contestata, quanto, piuttosto, alle modalita' della condotta che evochino la forza intimidatrice tipica dell'agire mafioso (Sez. 5, n. 22554 del 09/03/2018, Marando, Rv. 27319001). L'aggravante de quo e' configurabile nel caso di condotte che presentano un nesso eziologico immediato rispetto all'azione criminosa, in quanto logicamente funzionali alla piu' pronta e agevole perpetrazione del crimine (non essendo pertanto integrata dalla sola connotazione mafiosa dell'azione o dalla mera ostentazione, evidente e provocatoria, dei comportamenti di tale organizzazione) (Sez. 1, n. 26399 del 28/02/2018, Barbra, Rv. 273365-01). La giurisprudenza di legittimita' ha altresi' statuito che la circostanza aggravante del cosiddetto "metodo mafioso": e' configurabile anche a carico di un soggetto che non faccia parte di un'associazione di tipo mafioso, ma ponga in essere, nella commissione del fatto a lui addebitato, un comportamento minaccioso tale da richiamare alla mente e alla sensibilita' del soggetto passivo quello comunemente ritenuto proprio di chi appartenga a un sodalizio del genere anzidetto (Sez. 2, n. 38094 del 05/06/2013, De Paola, Rv. 257065-01; Sez. 1, n. 4898 del 26/11/2008, dep. 2009, Cutolo, Rv. 243346-01); non necessita che sia stata dimostrata o contestata l'esistenza di un'associazione per delinquere, essendo sufficiente che la violenza o la minaccia richiamino alla mente e alla sensibilita' del soggetto passivo la forza intirnidatrice tipicamente mafiosa del vincolo associativo (Sez. 2, n. 27548 del 17/05/2019, Gallelli, Rv. 276109-01; Sez. 2, n. 16053 del 25/03/2015, Campanella, Rv. 263525-01). La Corte d'appello di Milano ha ritenuto la configurabilita' dell'aggravante del metodo mafioso in quanto il (OMISSIS), nel proporsi come "mediatore", una volta apprese le richieste estorsive di cui era vittima il (OMISSIS) da parte dei (OMISSIS), aveva evocato la sua contiguita' con la consorteria di tipo mafioso degli stessi, sfruttando il timore della persona offesa di potere subire la prevaricazione da parte del predetto gruppo criminoso, e aveva utilizzato atteggiamenti riconducibili a quelli delle consorterie mafiose, millantando la possibilita' di offrire "protezione" (in cambio di denaro) e minacciando "seri problemi" nel caso di mancata accettazione delle sue richieste. Tale motivazione, oltre che rispettosa dei principi sopra ricordatati, appare coerente e priva di illogicita', sicche' si sottrae a censure in questa sede di legittimita'. 4. In conclusione, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la conseguente condanna dei ricorrenti, ai sensi dell'articolo 616, c.p.p., comma 1 al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Sentenza a motivazione semplificata.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente Dott. COSTANZO Angelo - Consigliere Dott. VILLONI Orlando - Consigliere Dott. GIORDANO Emilia - rel. Consigliere Dott. DI NICOLA T. Paola - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 4. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 5. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 6. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 7. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 8. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 9. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 10. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 11. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 12. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 06/04/2022 della Corte di appello di Caltanissetta; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa GIORDANO Emilia Anna; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. LETTIERI Nicola che ha concluso chiedendo il rigetto di tutti i ricorsi; uditi, per le parti civili, i difensori avvocato (OMISSIS), in difesa della Confederazione Italiana del Lavoro Camera Del Lavoro e in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS) in difesa della Confederazione Generale Italiana del Lavoro, che si associa alla richiesta per la conferma delle statuizioni civili e deposito delle conclusioni e nota spese; l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e F.A.I Antiracket (OMISSIS) si associa alle richieste del PG, chiede l'inammissibilita' o in subordine il rigetto dei ricorsi, deposita conclusioni e nota spese; uditi, per i ricorrenti, l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche', in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e dell'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS) in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); l'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS) i quali insistono per l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) impugnano la sentenza con la quale la Corte di appello di Caltanissetta ne ha confermato la condanna, con la diminuente del rito abbreviato, alla pena ritenuta di giustizia per i reati rispettivamente ascritti. Secondo le sentenze di merito, convergenti, a meno di aspetti del tutto marginali, nella ricostruzione dei fatti lungo una comune linea interpretativa, i risultati delle indagini hanno consentito di enucleare la esistenza di due associazioni a delinquere, una di stampo mafioso che si riconosce nella (OMISSIS) e l'altra dedicata alla commissione di reati in materia di sostanze stupefacenti, operanti in (OMISSIS) e altri comuni della provincia di Caltanissetta. Il capo dell'associazione mafiosa e' stato individuato in (OMISSIS) che, gia' condannato per omicidio, associazione mafiosa e altri reati di mafia, nel gennaio 2014 era tornato in liberta' riprendendo in mano le redini dell'associazione mafiosa e governando il gruppo dedito al traffico di droga coadiuvato, nel ruolo direttivo, dal fratello (OMISSIS), scarcerato qualche mese dopo (e nei confronti del quale si procede separatamente). La sentenza di primo grado ha individuato i connotati di stabilita', la struttura organizzativa e il programma criminoso dell'associazione di stampo mafioso, di cui al capo A), descrivendone le modalita' operative, mutuate dalla struttura madre "(OMISSIS)" e connotate dall'impiego della forza di intimidazione e delle conseguenti condizioni di assoggettamento ed omerta' che ne derivano. La struttura mafiosa era volta, secondo tale ricostruzione, alla commissione di delitti di vario genere e, in particolare, alla commissione di reati in materia di stupefacenti, attraverso la collegata struttura di cui al capo B) della rubrica, ma anche in ambiti diversi, mediante l'imposizione ai titolari di esercizi commerciali dell'acquisto di prodotti necessari per le loro attivita' dalle ditte create da (OMISSIS) e il reinvestimento in altre lecite attivita' dei proventi dei traffici e guadagni illeciti. Sono dunque connessi al reato associativo, i reati di estorsione e tentata estorsione, ma anche alcuni episodi intimidatori volti a creare il condizionamento per le successive imposizioni economiche, contestati a (OMISSIS) ai capi C), D), H) I) L), R) T), reati in materia di armi (capo S), e quelli di intestazione fittizia e autoriciclaggio sub capi HHH), in) e KKK). In relazione al reato associativo sub capo A) sono contestate le aggravanti di associazione armata (articolo 416-bis c.p., comma 4) e quella di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6 per avere gli associati finanziato, in tutto o in parte, le attivita' economiche da controllare o controllate con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti. Le violente modalita' di imposizione che connotano le condotte estorsive, volte alla imposizione delle forniture del (OMISSIS), integrano la ricorrenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. sotto l'aspetto dell'impiego del metodo mafioso, nonche' la inequivoca direzione delle condotte al finanziamento delle attivita' dell'associazione, finalita' che appare ravvisabile anche in relazione ai reati di intestazione fittizia e alla gestione del traffico di droga, attraverso un gruppo di persone (tra i ricorrenti, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) preposte alla gestione dei covi - ben tre ove venivano custodite droga e armi - e alle operazioni di acquisto della droga sui mercati disponibili (il napoletano, ma anche (OMISSIS)) (fra questi, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)). Anche con riguardo al reato associativo di cui al capo B) i giudici di merito hanno individuato e descritto le caratteristiche di stabilita' e la organizzazione di una struttura dedita all'acquisto, stoccaggio e smistamento dello stupefacente in favore di una vasta rete di acquirenti preposti alla vendita al dettaglio, settore nel quale erano attivi i ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) (che non rispondono del reato associativo sub capo A). I ricorrenti contatti, personali e telefonici, oggetto di osservazione e intercettazione, fra i correi; l'utilizzo di un sistema di comunicazioni telefoniche con terminologia convenzionale; l'utilizzo di un sistema di schermatura, attraverso le intestazioni fittizie dei conti - operazione, questa, alla quale era inteso, in particolare, (OMISSIS) - costituiscono tutti elementi sintomatici della esistenza di una rodata struttura operativa, ancillare e servente rispetto alla struttura mafiosa, dedita alla commissione di reati in materia di stupefacenti, contestati ad alcuni ricorrenti, in particolare a (OMISSIS) (ai capi RR), SS), ad (OMISSIS), ai capi BB), DD), FF), GG), JJ), MM), al (OMISSIS), al capo NN. Questi, al capo QQ), (OMISSIS), ai capi W), TT) e VV) rispondono anche dei reati in materia di armi e relativa ricettazione. 2. Tutti i ricorrenti, con motivi sintetizzati ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, chiedono l'annullamento della sentenza impugnata denunciandone vizi di violazione di legge, processuale e sostanziale, e cumulativi vizi di motivazione. In particolare: 2.1 (OMISSIS) classe (OMISSIS) denuncia: Motivo 1: violazione di legge penale (articolo 416-bis c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74) ed erronea interpretazione delle risultanze processuali, principalmente conversazioni aventi contenuto criptico e ricalcate sulla presenza del ricorrente nel cd. covo di via (OMISSIS) in quanto punto di approvvigionamento dello stupefacente. La saltuaria presenza dell'imputato in tale abitazione non giustifica razionalmente la condanna in mancanza di elementi dai quali inferire il contenuto degli incontri con riferimento all'oggetto ed allo scopo dei contatti con gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e altri imputati anche tenuto conto che il ricorrente, assuntore di stupefacenti, si recava in via (OMISSIS) per acquisti a titolo personale. La Corte ha valorizzato, con riferimento alle conversazioni n. 2239 de118/04/2017 e 1159 del 18/2/2017 elementi generici, non riconducibili a sostanze stupefacenti; circostanze ambigue, come la sua presenza in via Tucidide, giustificata dal fatto che ivi si trovavano le abitazioni della madre e di un cugino del ricorrente. Quindi gli elementi valorizzati non consentono di individuare la condotta partecipativa e il contributo del ricorrente al reato associativo; Motivo 2: violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata riqualificazione del reato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, non essendo stato accertato il quantitativo degli approvvigionamenti in modo da ritenerlo cospicuo piuttosto che di modica entita'; 2.2 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge (articolo 111 Cost., articolo 125 c.p.p., comma 3, articoli 192, 533 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1) e nullita' della sentenza che consiste nella mera trasposizione del contenuto dell'ordinanza di applicazione della misura cautelare, in assenza di confronto con i motivi di impugnazione e che, pertanto, si risolve in una motivazione apparente, in punto di responsabilita' dell'imputato; Motivo n. 2: cumulativi vizi di motivazione in ordine alla responsabilita' dell'imputato con riferimento alla sua partecipazione consapevole all'associazione di stampo mafioso, contestata al capo A) e sussistenza delle ritenute aggravanti. La sentenza impugnata, in linea con quella di primo grado, si affanna nella ricostruzione della "storicita'" del gruppo mafioso operante nella citta' di (OMISSIS) ma non compie un'accurata disamina della sussistenza, nel caso concreto, della esplicazione, in relazione ai cd. reati fine contestati, del metodo mafioso che costituisce l'in se del reato di cui all'articolo 416-bis c.p.. Difetta, nel caso in esame, qualsiasi elemento di collegamento tra l'associazione, oggetto di indagine, e la (OMISSIS) o le associazioni che l'avevano preceduta sul territorio di interesse e manca la prova della condotta di partecipazione del ricorrente, a lungo detenuto e nuovamente raggiunto dalla misura nel presente procedimento e destinatario di una sentenza irrevocabile (la n. 26 del 2019) che ha escluso proprio l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. agganciata alle dichiarazioni, ritenute non credibili, degli stessi collaboratori, oggi, viceversa, ritenuti tali. Difetta, in relazione allo stesso reato associativo, la prova che si trattava di una struttura che si avvaleva del metodo mafioso. Le condotte accertate attraverso le intercettazioni, di cui non vengono specificamente analizzati i contenuti comunicativi, non sono idonee ad inferirne il contributo partecipativo che viene ricondotto alla presenza dell'imputato nel covo di via (OMISSIS) (frequentato in ragione delle sue amicizie extraconiugali), presenza che ne denota, al piu', rispetto alla droga ivi sequestrata, una fattispecie di connivenza non punibile e valorizzandone i rapporti con il cugino (OMISSIS), ovvero attraverso il coinvolgimento nei reati fine, ascritti ad altri imputati essendo del tutto neutri i contenuti dei suoi controlli in loro compagnia. L'altro pilastro della ricostruzione accusatoria si fonda sulle dichiarazioni dei collaboratori, (OMISSIS) e (OMISSIS), gia' ritenuti non attendibili nella sentenza indicata e di (OMISSIS), estraneo, per sua stessa ammissione, alle frequentazioni degli (OMISSIS). Tali dichiarazioni, con riguardo all'imputato, non hanno trovato riscontri nella frequentazione dei capi della cosca ma solo in quella del cugino e di altri presunti appartenenti. Nessun elemento rinvia, quanto all'imputato, ad episodi ulteriori e diversi da quelli in materia di stupefacenti. Insussistenti anche le aggravanti armata (articolo 416-bis c.p., comma 4) in mancanza di un collegamento funzionale della disponibilita' di armi con i reati oggetto dell'associazione e quella di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6. Non vi e' in atti alcun riferimento ad attivita' economiche, ascrivibili all'imputato, collegabili finanziariamente a reddito guadagni derivanti dall'attivita' dell'associazione; Motivo n. 3: violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza dell'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 14, 15 e 16. La Corte di appello, in forza del bilanciamento tra le circostanze, non ha motivato la sussistenza di tali aggravanti, dalle quali discendono pesanti conseguenze in sede di esecuzione. Nel caso in esame, in forza della sottoposizione dell'imputato a regime detentivo, il decreto di applicazione della sorveglianza speciale (emesso il 5 luglio 2000 e che si dice notificato a 19 anni dai fatti), e' rimasto "sospeso" e, pertanto, non era produttivo degli effetti giuridici presupposto dell'aggravante e, comunque, non era stato rinotificato dopo la scarcerazione; Motivo n. 4: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla partecipazione al reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, peraltro insussistente non essendo comprovati gli elementi strutturali tipici di tale reato. Nel caso in esame ricorrono solo elementi negativi (mai operati sequestro, se non quello del covo di via (OMISSIS); mai sono stati sentiti gli acquirenti; mai e' stata individuata il tipo di sostanza; le perquisizioni si sono rivelate sempre negative; non e' provata la esistenza di una piazza di spaccio e nessun elemento in positivo coinvolge il ricorrente nella supposta attivita' di gestione dello spaccio; nessun elemento denota la sussistenza di un comune profitto). Generici sono gli elementi che, attraverso le intercettazioni, coinvolgono il ricorrente e, al piu', riconducibili ad una mera connivenza non punibile. Insussistenti sono le aggravanti di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. che richiede la consapevolezza dell'apporto a favore dell'associazione e quella del numero di persone nonche' della disponibilita' di armi. (OMISSIS), cugino del ricorrente e gia' condannato per reati di armi, in relazione a quelle rinvenute nel covo di via (OMISSIS), ha escluso il coinvolgimento nei fatti del ricorrente; Motivo n. 5: con riferimento al reato contestato al capo RR) (Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, articolo 80, comma 2) la condanna del ricorrente non e' fondata su elementi si prova che ne denotino il coinvolgimento nella gestione del covo, quindi la disponibilita' dello stupefacente in esso rinvenuto in occasione dell'arresto di (OMISSIS), reo confesso, che ne ha escluso il coinvolgimento nei fatti. E', comunque, insussistente, non essendo provato il superamento del valore soglia di 4000 volte rispetto al valore drogante, della droga rinvenuta (kg. 52 di hashish) che e' risultata contenere principio attivo pari a gr. 15,077 ca. Ne' ricorrono i presupposti per la contestazione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1, c.p.; Motivo n. 6: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, e correlate aggravanti, ascrittogli al capo SS) della rubrica; Motivo n. 7: violazione di legge (L. n. 895 del 1967, articoli 2, 4 e 7 e L. n. 110 del 1975, articolo 23, commi 1, 3, 4) in relazione ai reati contestati ai capi W) e TT) tenuto conto dei principi sentenza delle Sezioni unite che hanno escluso il concorso materiale e formale tra i reati indicati, in presenza di armi comuni da sparo e clandestine. Anche in tale caso la condanna dell'imputato, al confronto con le dichiarazioni del (OMISSIS) che ne ha escluso ogni coinvolgimento nei fatti, e' immotivata. Illegittima per violazione di legge la contestazione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p.; Motivo n. 8: erronea applicazione della legge penale (articolo 648 c.p.) in relazione al reato di cui al Capo UU). La condanna dell'imputato, al confronto con le dichiarazioni del (OMISSIS) che ne ha escluso ogni coinvolgimento nei fatti, e' immotivata. Non e' comunque, provata la impossibilita' di ripristinare il numero seriale dell'arma; Motivo n. 9: violazione di legge per mancata sussunzione del fatto di cui al capo B) nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, in assenza di indici significativi della maggiore gravita' del reato; Motivo n. 10: cumulativi vizi di motivazione sula mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti; Motivo n. 11: violazione di legge e vizio di motivazione sulla misura di aumento della pena per la continuazione fra reati, in relazione a quelli contesati ai capi A), W), RR) SS), TT) UU). Infine e' erronea all'applicazione della pena base che dovrebbe far riferimento, quanto al reato sub A) alla pena prevista in relazione a condotte dal 2012 al 2015 e tenuto conto che la fine delle indagini risale al 2017/2018. L' (OMISSIS) e' detenuto dai primi mesi del 2018 e non ci sono ulteriori elementi che ne collocano la sua presenza al di fuori dell'episodio di via (OMISSIS) (del 2017 e dell'arresto, nel 2018, per altro procedimento. Non sussistono, quindi, elementi per applicare una pena successiva al 2015, se non la fictio iuris della contestazione della permanenza. 2.3 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: nullita' della sentenza ex articolo 521 c.p.p. per la diversita' del fatto tra le condotte oggetto di contestazione (delitto di autoriciclaggio di cui al capo KKK) e intestazione fittizia, capo JJJ) quanto alla individuazione del tempus commissi delicti e della condotta erroneamente ricondotta, quanto al delitto JJJ), alla costituzione della societa' (OMISSIS) (avvenuta il 29 settembre 2014) e all'intervento di (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS) nella gestione della stagione invernale 2015/2016. Il tempus commissi delicti (prossimo e successivo al 29/09/2014) non coincide con quello per cui vi e' stata dichiarazione di responsabilita'; analogo vizio inficia la contestazione sub capo KKK; Motivo n. 2: erronea applicazione dell'articolo 512-bis c.p. perche' il delitto di autoriciclaggio non e' ricompreso tra i reati che possono essere agevolati attraverso il reato di intestazione fittizia. Sul punto la motivazione e' contraddittoria attribuendo ai concorrenti la partecipazione nel reato proprio e trascurando che, anche nel frangente relativo alla gestione della stagione 2015/2016, l'imputato aveva, comunque, investito propri capitali; Motivo n. 3: erronea applicazione dell'articolo 648-ter c.p. a carico dell'imputato, reato proprio perche' presuppone in capo a chi lo commette, la precedente commissione di reati da cui originano i proventi delittuosi riciclati). La Corte ha ritenuto configurabile, in relazione a tale fattispecie, il concorso dell'extraneus pur non essendo acclarata la provenienza delittuosa dei capitali investiti. La conversazione del 18 novembre 2015 (n. 8044) denota, inoltre, che non vi fu alcun investimento di capitali dal momento che (OMISSIS) incaricava (OMISSIS) di riferire al (OMISSIS) che non poteva emettere l'assegno e che voleva tirarsi fuori dalla vicenda. E' contraddittoria la valutazione della prova in relazione al contenuto delle conversazioni del 16/10/2015 e 19/5/2016. 2.4 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1:: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in ordine alla partecipazione del ricorrente all'associazione (OMISSIS) di cui al capo A) frutto della erronea valutazione delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) che, esterno alla (OMISSIS), non poteva essere ritenuto attendibile sulla portata delle sue accuse che necessitavano di adeguato riscontro esterno anche in relazione al contributo partecipativo che non puo' essere fatto discendere dalla mera affiliazione, alla quale rinviano, quanto a (OMISSIS), le dichiarazioni del collaboratore. In relazione a tali dichiarazioni, in merito gli atti incendiari ed all'episodio ritorsivo in danno di (OMISSIS), fatti per i quali procedeva l'autorita' giudiziaria ordinaria, non e' spiegata in sentenza la veste del dichiarante (OMISSIS), che sarebbe stato presente ai fatti e, soprattutto, quale vizio di travisamento della prova, la Corte di merito non ha eseguito il debito confronto fra le dichiarazioni di (OMISSIS) (secondo il quale l'attentatore era una sola persona, (OMISSIS) che si trovava a bordo di una smart) e il frame sviluppato a pag. 440 dell'ordinanza cautelare, dal quale si rileva la presenza di piu' persone e che l'autovettura utilizzata non e' una Smarticolo In poche parole, la prova a carico del ricorrente si risolve nella mera indicazione del (OMISSIS) che lo individua come affiliato del clan; Motivo n. 2: violazione di legge e vizio di motivazione per la ritenuta sussistenza delle aggravanti di cui all'articolo 461-bis c.p., comma 2, in mancanza di elementi di riscontro al dictum del collaboratore. Il ruolo del ricorrente viene agganciato all'episodio della rissa presso il locale (OMISSIS) che vide coinvolto (OMISSIS), ma la cui frase rivela la mancanza di obbedienza interna al clan correlata al ruolo dell'imputato. Ne' la Corte individua ulteriori iniziative assunte dall'imputato. Anche gli alti episodi indicati dalla Corte sono neutri agli effetti della dimostrazione del ruolo verticistico dell'imputato quale quello in danno di (OMISSIS), rispetto al quale e' evidenziata la indifferenza dell'imputato; cosi' e' fallace l'argomentazione della Corte ricondotta all'episodio di aggressione ad alcuni operi della (OMISSIS). In caso di esclusione di siffatta aggravante si impone il ricalcolo della pena; Motivo n. 3: violazione di legge in relazione all'applicazione dell'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71 perche' l'imputato non e' mai stato effettivamente sottoposto alla misura di prevenzione: difetta, quindi, il presupposto per l'applicazione di detta aggravante; Motivo n. 4: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in merito all'episodio del danneggiamento del Bar (OMISSIS) di cui al capo C). E' erronea la conclusione della Corte di appello in merito alla valutazione del danneggiamento al Bar (OMISSIS) e la Corte ha trascurato la valutazione delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) che collegavano i fatti con riferimento all'acrimonia che il dichiarante poteva nutrire verso l'imputato dal momento che l'attivita' dell'imputato non era in concorrenza con quella del (OMISSIS) ma lo era quella del bar (OMISSIS), supportato dal (OMISSIS); Motivo n. 5: violazione di legge e vizio di motivazione nella ricostruzione in fatto in relazione al reato di estorsione di cui al capo D) in conseguenza della erronea interpretazione del contenuto della conversazione n. 1833 del 4/01/2019 tenuto conto che l'imputato non fece alcuna richiesta ai fratelli (OMISSIS) di acquisire prodotti che egli stesso commercializzava. La sentenza non valorizza i motivi di acrimonia nutriti dai denuncianti verso l'imputato per effetto del crollo del loro giro di affari dopo che l'imputato si era inserito nelle attivita' di vendita di alcolici e bibite; Motivo n. 6: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione ai reati di tentata estorsione aggravata e detenzione e porto di armi oggetto di contestazione ai capi H) ed I) in danno del bar (OMISSIS) e della pasticceria (OMISSIS). La Corte sviluppa le sue argomentazioni su mere impressioni o congetture (l'esito delle comparazioni balistiche su alcune armi appartenenti al (OMISSIS)) ed omette di valutare che nessun ordine era stato impartito dal (OMISSIS) e il contenuto delle captazioni, n. 45 del 24/3/2017 in cui (OMISSIS) parla con il padre che gli dice di lasciar perdere (OMISSIS) e della conversazione di (OMISSIS) che esterna alla figlia il sospetto che l'attentato fosse stato determinato dalla consegna delle immagini del sistema di sorveglianza in ordine a un tentato furto. Non e' motivata la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416.bis.1 c.p.; Motivo 7: violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata valutazione, in punto di giudizio di attendibilita', delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) che costituiscono la base probatoria del reto di cui al capo L). La Corte non ha verificato il plausibile movente del dichiarante avesse voluto tenere indenne da responsabilita' il fratello e non ha debitamente valutato le dichiarazioni della persona offesa che parlo' di insistenze (e non di minacce) dell'imputato. Anche in tal caso e' omessa la motivazione sulla sussistenza dell'aggravante speciale; Motivo n. 8: omessa motivazione sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione al reato sub capo R); Motivo n. 9: violazione di legge e motivazione apparente sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1. c.p. in relazione ai reati di cui ai capi S) e R), ricondotti dal Tribunale del Riesame ad un ambito familiare ed avendo pertanto escluso la finalita' di agevolazione dell'associazione; Motivo n. 10: violazione di legge e vizio di motivazione nonche' travisamento della prova, in relazione alla configurabilita' del reato di trasferimento fraudolento di valori di cui al capo JJJ): l'imputato non aveva motivo di ritenere che potesse essere applicata nei sui confronti la misura della sorveglianza speciale atteso che quella che gli era stata applicata con sentenza del 28 maggio 1999 nonche' la liberta' vigilata applicatagli con sentenza del 17 marzo erano state revocate dal Tribunale di Sorveglianza in data 6 marzo 2014 e 24 settembre 2015. Quanto ai reati di cui ai capi M) e KKK) la Corte omette di valutare le dichiarazioni di (OMISSIS) che ha riferito che, nel periodo in contestazione, il locale era gestito da persone diverse dal ricorrente ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) e non dal (OMISSIS). Omessa e' la motivazione sulla sussistenza dell'aggravante dell'agevolazione mafiosa. Motivo n. 11: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in ordina alla partecipazione del ricorrente all'associazione di cui al capo B) frutto della erronea valutazione delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) che sono prive di riscontri esterni che non rinvengono dalle conversazioni intercettate a carico dell'imputato indicate a pag. 16 e ss. - e dalle quali non emerge ne' la univoca riconducibilita' all'imputato ne' la Corte esamina ragioni per le quali i riferimenti alla carta di cui alle conversazioni intercettate possano far riferimento a stupefacenti; Motivo n. 12: violazione di legge per mancata sussunzione del fatto contestato al capo B), nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, in assenza di indici significativi della maggiore gravita' del reato; Motivo n. 13: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione per la mancata applicazione della continuazione esterna con i fatti di cui alla sentenza del 17 marzo 2000, per il reato di omicidio aggravato L. n. 203 del 1990, ex articolo 7 commesso il (OMISSIS) e alla sentenza del 28 maggio 1999 che ne attesta la partecipazione all'associazione (OMISSIS), clan (OMISSIS)- (OMISSIS) gia' nel lontano 1991. A fronte della richiesta in tal senso del procuratore generale sono illogiche le considerazioni della Corte che ha ritenuto carente la dimostrazione dell'unicita' del disegno criminoso valorizzando la discontinuita' temporale tenuto conto della risalente adesione alla (OMISSIS) del ricorrente, rispetto alla quale non ha mai receduto. Il difensore ha depositato una memoria alla quale allega la sentenza del Tribunale di Gela del 6 aprile 2022, intervenuta nel rito ordinario, con la quale a (OMISSIS), che versava nella medesima situazione di fatto, e' stata riconosciuta la continuazione esterna con le sentenze indicate sub motivo n. 13. Il difensore ha chiesto la esclusione, ai sensi dell'articolo 80 c.p.p., della costituita parte civile FAI, Antiracket (OMISSIS) Associazione (OMISSIS)" essendo intervenuta la cancellazione della predetta associazione dall'elenco dele Associazioni e Fondazioni antiracket e antiusura della Prefettura di Caltanissetta, come appreso dai giornali. Insiste sui motivi di ricorso e, in particolare sul motivo relativo alla contestazione del reato sub capo D), parti offese (OMISSIS), e con riferimento ai restanti reati. 2.5 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione per la ritenuta partecipazione del ricorrente all'associazione (OMISSIS) di cui al capo A) frutto della erronea valutazione delle prove e della generalizzazione di rapporti dell'imputato con il cugino, (OMISSIS), o di rapporti commerciali leciti (la vendita di un auto e non la vendita di armi o stupefacenti, equivocando sul tenore della conversazione n. 330 del 20/09/2016) con (OMISSIS) e con (OMISSIS), una sola conversazione (n. 889 del 3/10/2016) e generalizzando la rilevanza degli elementi di prova che rinviano ai reati in materia di stupefacenti. La Corte di merito ha sopravvalutato la valenza di tali elementi incorrendo, cosi', anche nel vizio di violazione del canone dell'oltre ogni ragionevole dubbio che deve connotare la valutazione, ai fini di condanna e che, con riguardo al reato associativo, postula l'accertamento della condivisione e contributo consapevole al programma associativo. Non emergono, dal compendio intercettativo, riferimenti degli altri imputati al ricorrente; il (OMISSIS) non fa riferimento alcuno dall'imputato che, prima delle descritte conversazioni, era "estraneo" a qualsiasi indagine e che e' scomparso, dopo tali intercettazioni, dalle investigazioni. La Corte di merito non ha valorizzato, incorrendo nel vizzo di violazione di legge in relazione all'articolo 192 c.p., comma 2, nessuno degli elementi a favore operando una lettura frammentaria e funzionale alla condanna dell'imputato; Motivo n. 2: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione per la ritenuta partecipazione del ricorrente all'associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 contestata al capo B). Anche in tale caso sono stati generalizzati gli sporadici contatti dell'imputato con (OMISSIS) e con (OMISSIS) per inferirne che egli gestisse il covo di via (OMISSIS). Contrasta con le conclusioni la unicita' dell'episodio oggetto di accertamento; la esistenza di un rapporto familiare del ricorrente con (OMISSIS); la unicita' del contatto con (OMISSIS). Motivo n. 3: erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione per la ritenuta sussistenza, con riguardo ai reati di cui ai capi B), NN), PP), QQ) dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. per le ragioni innanzi esposte: Motivo n. 4: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di cui all'articolo 648 c.p. in relazione alla detenzione di armi, sub capo QQ). E' frutto della generalizzazione che connota la motivazione di tutta la sentenza impugnata la prova del coinvolgimento dell'imputato nella detenzione delle armi ritrovate nel covo di via (OMISSIS). Le conclusioni della Corte di appello, come per le altre imputazioni, contrastano con lo stato di minorata abilita' fisica dell'imputato; non sono stati svolti accertamenti sulle impronte presenti sulle stesse; l'unicita' dell'episodio che lo coinvolge nella presenza nel covo; valorizzando la captazione ambientale (quella del 20/09/2016 n. 33) rispetto alla quale non vi certezza della riconducibilita' all'imputato; Motivo n. s: violazione di legge, con riferimento al reato sub capo PP) che, non compare nel decreto di citazione in appello, pur essendo motivata, a riguardo (pagg. 137, 243 e ss.) la responsabilita' del ricorrente. Tale carenza inficia di nullita' la sentenza impugnata. 2.6 (OMISSIS) denuncia: Motivo 1: violazione di legge e mancanza di motivazione (ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), articolo 121 c.p.p. e articolo 125 c.p.p., comma 3) per omesso esame della memoria difensiva depositata all'udienza del 6/04/2022; Motivo 2: violazione di legge e omessa motivazione sul motivo di appello che denunciava l'apoditticita' della sentenza di primo grado in quanto risultato della mera traslazione dell'ordinanza di applicazione della misura cautelare; la Corte di appello non ha fornito adeguata motivazione al motivo di appello traslando, nella propria motivazione, quella di primo grado; Motivo 3: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta configurabilita' del concorso tra reati in relazione alle contestazioni associative di cui ai capi A) e B). La Corte di merito ha esaminato superficialmente le censure difensive ed ha sviluppato una motivazione "cumulativa" della responsabilita' degli imputati. Con i motivi aggiunti, in riferimento a tale motivo, premesso che all'imputato viene addebitata, con effetto sulla contestazione di entrambi i reati associativi, la gestione dei covi di via (OMISSIS) e via (OMISSIS), evidenzia che difettano gli elementi della sussistenza del reato associativo sub capo B), che presenta elementi specializzanti rispetto al reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, in particolare, della consapevolezza, in capo all'imputato, che il traffico fosse gestito dall'associazione mafiosa e quindi la consapevolezza di contribuire alla realizzazione delle finalita' tipiche. I locali erano frequentati da persone di famiglia. Difetta, inoltre, la prova dell'affiliazione al clan mafioso. Motivo 4: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta configurabilita' della condotta partecipativa del ricorrente con riferimento ade entrambi i reati. La Corte, con motivazione apparente, struttura la condotta partecipativa sulla mera frequentazione con alcuni imputati senza confrontarsi anche con il contenuto delle conversazioni intercettate che, invece, denotano l'estraneita' del ricorrente al contesto associativo; valorizzando l'elenco degli ingressi del ricorrente allo stabile di via (OMISSIS) e il contenuto allusivo o criptico di altre conversazioni. La Corte trascura che l'imputato non si confrontava con imputati diversi da (OMISSIS) e (OMISSIS); Motivo 5: apparenza della motivazione sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. in ragione dell'applicazione e bilanciamento delle generiche, aggravante ricostruita sulla mera appartenenza all'associazione mafiosa laddove la giurisprudenza richiede un quid pluris e, comunque, mutuandone le caratteristiche da quelle del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 con motivazione circolare e senza adeguata giustificazione logica; Motivo n. 6: violazione di legge e vizio di motivazione sul bilanciamento delle circostanze attenuanti generiche con la recidiva specifica reiterata e infraquinquennale che residua dalla esclusione delle rimanenti aggravanti e dosimetria della pena. Con i motivi aggiunti censura, altresi', l'eccessivo aumento di pena per la continuazione esterna in primo grado, tenuto conto della stessa natura dei reati e della misura di aumento per la continuazione interna e allega le note difensive gia' depositate all'udienza in appello del 5 aprile 2022. 2.7 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in ordina alla partecipazione del ricorrente all'associazione (OMISSIS) di cui al capo A) frutto della erronea valutazione delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) che, esterno alla (OMISSIS), non poteva essere ritenuto attendibile sulla portata delle sue accuse e che necessitavano di adeguato riscontro esterno anche in relazione al contributo partecipativo che non puo' essere fatto discendere dalla mera affiliazione, alla quale rinviano le dichiarazioni del (OMISSIS) quanto al ricorrente. Tali dichiarazioni, in merito gli atti incendiari ed all'episodio ritorsivo in danno di (OMISSIS), fatti per i quali procedeva l'autorita' giudiziaria ordinaria, non e' spiegata in sentenza la veste del dichiarante (OMISSIS), che sarebbe stato presente ai fatti e, soprattutto, il dato rileva quale vizio di travisamento della prova, la Corte non ha proceduto al confronto fra le dichiarazioni di (OMISSIS) (secondo il quale l'attentatore era una sola persona, (OMISSIS) che si trovava a bordo di una smart) e il frame sviluppato a pag. 440 dell'ordinanza cautelare, dal quale si rileva la presenza di piu' persone a che l'autovettura utilizzata non e' una Smarticolo In poche parole, la prova a carico del ricorrente si risolve nella mera indicazione del (OMISSIS) che lo individua come affiliato del clan; Motivo n. 2: violazione di legge e vizio di motivazione per la ritenuta sussistenza delle aggravanti armata (articolo 416-bis c.p., comma 4) in mancanza di un collegamento funzionale della disponibilita' di armi con i reati oggetto dell'associazione: la Corte ha erroneamente valorizzato il contenuto di un'unica conversazione (8228 del 19/06/2016) che fa riferimento al coinvolgimento del ricorrente in una diatriba che lo opponeva, unitamente a (OMISSIS) e (OMISSIS), a (OMISSIS) ma la conversazione nulla dice sulla disponibilita' di un'arma da parte dell'imputato comprovando, anzi che il ricorrente alla ricerca di un'arma. Analoghi vizi inficiano la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416 bis c.p., comma 6: non vi e' in atti alcun riferimento ad attivita' economiche, ascrivibili all'imputato, collegabili finanziariamente a reddito guadagni derivanti dall'attivita' dell'associazione; Motivo n. 3: violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in ordine alla partecipazione del ricorrente all'associazione di cui al capo B) frutto della erronea valutazione delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) che sono prive di riscontri esterni che non rinvengono dalle conversazioni intercettate a carico dell'imputato indicate a pag. 9- e dalle quali non emerge alcun collegamento funzionale agli interessi del gruppo da parte dell'imputato. La sentenza impugnata non spiega in maniera convincente le ragioni per cui l'imputato non potesse ritenersi "autonomo" nella gestione dello spaccio e si rifugia dietro inesistenti massime di esperienza a fronte dei numerosi procedimenti penali presso la Procura di Gela riconducibili ad iniziative di spacciatori autonomi, anche a fronte dell'investimento di consistenti capitali. Non chiariscono il coinvolgimento del ricorrente nell'associazione le dichiarazioni dei collaboratori, (OMISSIS) e (OMISSIS) e lo iato temporale fra le conversazioni intercettate (alcune riferite al 2012, altre al 2016) e' significativo della mancanza di continuita' temporale fra le condotte. La sentenza impugnata incorre nel vizio di omessa pronuncia con riferimento al contenuto dell'ordinanza cautelare emessa nel procedimento penale n. 1455/2014, annullata dal Tribunale del riesame che escludeva, contrariamente all'affermazione che la zona (OMISSIS) costituisse la zona di spaccio del ricorrente, la gravita' indiziaria a carico del (OMISSIS). Ulteriore dato oggetto di travisamento e' rilevabile in relazione al provvedimento con il quale veniva disposta, a favore del (OMISSIS), la restituzione di somme sequestrategli in occasione del suo ferimento, il (OMISSIS), dato, questo, erroneamente valorizzato come riscontro anche in primo grado a carico del ricorrente. La sentenza impugnata non motiva la configurabilita' dell'aggravante dell'associazione armata, se non in termini apodittici e quella di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e, comunque, omettendo il confronto con i motivi di appello sul punto; Motivo n. 4: violazione di legge per la mancata riqualificazione dei fatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, reato che maggiormente si confa' alla individuazione del ricorrente come pusher per conto della (OMISSIS); Motivo n. 5 violazione di legge in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, per mancata sussunzione del fatto, nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, in assenza di indici significativi della maggiore gravita' del reato; Motivo n. 6 violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione per la mancata applicazione della continuazione esterna con i fatti di cui alle sentenze del 9 aprile 2003; 14 marzo 2006 e 18 giugno 2003 (tutte di uffici minorili). A fronte della richiesta in tal senso del procuratore generale sono illogiche le considerazioni della Corte che ha ritenuto carente la dimostrazione dell'unicita' del disegno criminoso valorizzando la discontinuita' temporale tra i fatti tenuto conto che il ricorrente non ha commesso reati comuni ma solo tali reati che, con riferimento alle sentenze 28/2003 e 12/2006 sono aggravate dalla finalita' di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. a favore della (OMISSIS) a comprova della continuita' e unitarieta' dell'adesione dell'imputato alla (OMISSIS) anche da minorenne e senza soluzione di continuita', un elemento questo che prevale sull'apparente discontinuita' della condotta, riconducibile anche alle vicende cautelari che lo hanno visto coinvolto; Motivo n. 6: violazione di legge e vizio di motivazione nella determinazione del trattamento punitivo calibrato sul ruolo di partecipe con la pena di anni quindici di reclusione pur essendo stato escluso il ruolo di promotore, organizzatore e capo del gruppo dedito allo spaccio. La pena e' incongrua e immotivata perche' non calibrata attraverso indici personologici. Il difensore ha depositato una memoria alla quale allega la sentenza del Tribunale di (OMISSIS) del 6 aprile 2022, intervenuta nel rito ordinario, con la quale per (OMISSIS) e' stata riconosciuta la continuazione esterna con le sentenze indicate sub motivo n. 6. Ha chiesto la esclusione, ai sensi dell'articolo 80 c.p.p., della costituita parte civile FAI, Antiracket (OMISSIS) Associazione (OMISSIS)" essendo intervenuta la cancellazione della predetta associazione dall'elenco dele Associazioni e Fondazioni antiracket e antiusura della Prefettura di Caltanissetta, come appreso dai giornali. 2.8 (OMISSIS) denuncia: Motivo 1: violazione di legge, articolo 15 c.p. e del divieto di ne bis in idem sostanziale poiche' la medesima condotta di cassiere e/o gestore della movimentazione di un conto nella disponibilita' di (OMISSIS) e' oggetto di contestazione si in relazione al reato sub capo A), articolo 416-bis c.p. che di quello sub capo B), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. E' erronea e generica la motivazione sul punto della sentenza impugnata; Motivo 2: violazione di legge, in relazione all'articolo 603 c.p.p., comma 3 per la mancata risposta della Corte di Appello sulla richiesta di acquisizione di una prova decisiva, l'acquisizione della documentazione bancaria. Il giudizio di colpevolezza e' stato espresso sulla base del contenuto delle captazioni ma non e' stata acquisita la documentazione bancaria, afferente alla gestione del conto per accertare operazioni riconducibili all'imputato; Motivo 3: violazione di legge, ai fini della configurabilita' della condotta associativa di cui all'articolo 416-bis c.p. ricostruita sulla stregua di conversazioni intercettate valorizzandone, oltre alla gestione del conto, la partecipazione a spedizione punitive ricostruite sulla base di intercettazioni intercorse non il capo dell'associazione, (OMISSIS), ma solo con (OMISSIS). L'ordinanza cautelare aveva evidenziato che altri contatti non risultavano dai brogliacci e solo una decina erano intervenuti con (OMISSIS) sono valorizzati anche nella sentenza che, impropriamente, ne enfatizza numero e contenuto per inferirne la messa a disposizione del ricorrente; in presenza del contenuto ambiguo e della mancanza di riscontri, con riferimento alla partecipazione dell'imputato alla spedizione punitiva presso il (OMISSIS). Rileva che alcuno dei collaboratori ha fatto riferimento all'imputato come partecipe dell'associazione e, quindi, la carenza di elementi fattuali dai quali inferne la partecipazione all'associazione; Motivo n. 4: violazione di legge e vizio di motivazione perla mancata qualificazione del fatto come concorso esterno. La risposta della Corte di appello al rilievo difensivo non si confronta con i principi in materia tenuto conto dei modesti elementi che denoterebbe il coinvolgimento dell'imputato nelle attivita' della consorteria mafiosa; Motivo n. 5: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta configurabilita' del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 in carenza di elementi idonei a denotarne il contributo associativo. Oltre alle incertezze sulla effettiva titolarita' e gestione del conto non si conoscono la destinazione del conto; mancano prove del suo collegamento con il capoclan e solo 4 operazioni sono individuate come sospette. Le condotte dell'imputato, contestate come in attuale permanenza, si arrestano, come da intercettazioni al 6 novembre 2015; Motivo n. 6: violazione di legge e' vizio di motivazione per la mancata riqualificazione del reato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, non essendo stato accertato il quantitativo degli approvvigionamenti in modo da ritenerlo cospicuo e non di modica entita'; Motivo n. 7: violazione di legge e vizio di motivazione erronea applicazione dei criteri in materia di determinazione della pena, per insussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. e mancata applicazione dele circostanze attenuanti generiche. 2.9 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge, in relazione all'articolo 649 c.p.p. e al divieto di bis in idem sostanziale in relazione alla contestazione di concorso fra i reati di cui ai capi A), articolo 416-bis c.p. e capo B), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, in carenza di elementi che rinviano, quanto al reato sub capo B), ad una fattispecie associativa potendo le condotte, in mancanza di prova dell'affectio societatis, ricondursi a episodi di spaccio, inidonei a configurare la fattispecie associativa. E' carente la prova della compartecipazione dell'imputato ad entrambe le compagini e, aspetto sottolineato con i motivi nuovi, la prova delle circostanze di fatto riconducibili agli elementi costitutivi dei due reati sottolineando come sia comune ad entrambi i reati associativi, la funzione di tutela del medesimo bene giuridico, riconducibile all'ordine pubblico; Motivo n. 2: violazione di legge penale sostanziale (articolo 416-bis c.p.). La sentenza impugnata, mera "riedizione" di quella di primo grado, ne condivide l'impostazione valorizzando episodi (l'atto ritorsivo in danno di (OMISSIS); l'episodio occorso presso il locale (OMISSIS); la conversazione tra il ricorrente e (OMISSIS) del 19/06/2016) inidonee a configurare gli elementi costitutivi del reato. Il primo episodio e' stato oggetto di diverso procedimento penale che non ne ha acclarato il movente ritorsivo e la connessione con finalita' agevolativa dell'associazione; ne e' incerta - perche' riportata solo dal collaboratore (OMISSIS), la presenza dell'imputato essendo smentite le dichiarazioni dalle risultanze, attestate dal sistema di videoripresa, sull'auto utilizzata. Sono equivoche le asserite affermazioni dell'imputato (intercettazione del 26/04/2016) che rinviano a tale fatto. La esistenza di rapporti di parentela con le persone che vi sono coinvolte esclude che possa conferirsi valenza indiziaria all'episodio (OMISSIS). Non sono conferenti i contatti del ricorrente con i coimputati che non trovano riscontro nei tabulati. Irrilevante l'ulteriore contenuto della conversazione del 19/04/2016 sui propositi di minaccia e tentato omicidio di (OMISSIS): si tratta di mero proposito e, come tale, irrilevante. Non sono acquisiti elementi positivi: il ricorrente non partecipa ne' al summit del 10/05/2016 ne' a quello del 1/12/2016 e sono carenti, se rapportati alla persona del ricorrente elementi che rinviano al contributo partecipativo ed alla consapevolezza dell'agente sul carattere mafioso del contesto nel quale si inseriscono suoi contatti personali, giustificati anche rapporti di parentela: non ricorrono, pertanto, gli indici di mafiosita' imposti dalla giurisprudenza; Motivo 3: violazione di legge sulla ritenuta configurabilita' delle aggravanti di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 4 e 5, configurati con criteri di automaticita' rispetto alla natura mafiosa del gruppo. Con i motivi nuovi evidenzia che la sentenza impugnata nulla dice in merito alla concreta possibilita' di conoscenza, da parte del ricorrente, della disponibilita' delle armi che, peraltro, la sentenza impugnata riconduce al personale esclusiva disponibilita' dei partecipi che detenevano le armi stesse; Motivo n. 4: violazione di legge in relazione alla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6. La sentenza impugnata ha "enfatizzato" l'attivita' economica svolta da (OMISSIS) ma non reca alcun riferimento al reinvestimento delle utilita' procurate dalle attivita' illecite, che costituisce l'elemento indefettibile dell'aggravante, richiesto dalla giurisprudenza. Rileva, con i motivi nuovi che la sentenza impugnata non riesce a far transitare sulla posizione del ricorrente il contenuto dell'aggravante in parola che la giurisprudenza ha configurato non in termini di finanziamento di singole iniziative economiche ma in un intervento in strutture produttive dirette a prevalere, nel territorio di insediamento, su altre che offrano servizi. I giudici di merito hanno valorizzato, sulla base di criteri presuntivi, (piuttosto che in applicazione di massime costituenti fatto notorio) la mera appartenenza al sodalizio per inferirne la sussistenza dell'aggravante in capo all'agente in assenza di una verifica delle dimensioni delle attivita' economiche acquisite o sostenute attraverso le risorse illecite; Motivo n. 5: violazione di legge penale con riferimento alla configurabilita' della condotta partecipativa al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Il ricorrente non e' stato coinvolto in altre indagini ((OMISSIS)) che si sono intersecate con le indagini del presente procedimento e che nell'ultima, vedono il ricorrente ancora sottoposto a procedimento penale per detenzione di stupefacenti costituiti da droghe leggere, la somma sequestrata in tale occasione, gli e' stata restituita. La Corte valorizza le dichiarazioni del (OMISSIS) prive di riscontri, non potendo ritenersi tali gli esiti della descritta indagine. Difettano le prove di un contributo partecipativo e la Corte non spiega la riconducibilita' degli elementi acquisiti alla fattispecie associativa, piuttosto che alla ricorrenza di concorso del ricorrente nel reato continuato di cessione; Motivo n. 6: violazione di legge, per la mancata riqualificazione del fatto si sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6. Le argomentazioni della Corte di merito sono, a tale riguardo, insufficienti. Motivo n. 7: violazione di legge per la mancata riqualificazione del fatto sub capo B) nel reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, tenuto conto dell'esito della perquisizione de 25/05/2016; violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione al reato sub capo B), risultato di automatismo applicativo e non essendo ravvisabile nella condotta il metodo mafioso; Motivo n. 8: violazione di legge in relazione al diniego di applicazione delle circostanze attenuanti generiche: e' inadeguata ad assolvere l'onere motivazione in relazione ai criteri di cui all'articolo 133 c.p. il riferimento alla congruita' della pena. In data 11 marzo 2023 sono pervenuti "Motivi Nuovi" in sostanza reiterativi di quelli in atti. 2.10 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge e mancanza di motivazione (ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), articolo 121 c.p.p. e articolo 125 c.p.p., comma 3) per omesso esame della memoria difensiva depositata all'udienza del 6/04/2022; Motivo n. 2: violazione di legge e omessa motivazione sul motivo di appello che denunciava l'apoditticita' della sentenza di primo grado in quanto risultato della mera traslazione dell'ordinanza di applicazione della misura cautelare; la Corte di appello non ha fornito adeguata motivazione al motivo di appello traslando, nella propria motivazione, quella di primo grado; Motivo 3: violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta configurabilita' del concorso tra reati in relazione alle contestazioni associative di cui ai capi A) e B). La Corte di merito ha esaminato superficialmente le censure difensive ed ha sviluppato una motivazione "cumulativa" della responsabilita' degli imputati. Con i motivi aggiunti, in riferimento a tale motivo, premesso che all'imputato viene addebitata, con effetto sulla contestazione di entrambi i reati associativi, la gestione dei covi di via (OMISSIS) e via (OMISSIS), evidenzia che difettano gli elementi della sussistenza del reato associativo sub capo B), che presenta elementi specializzanti rispetto al reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, in particolare, della consapevolezza, in capo all'imputato, che il traffico fosse gestito dall'associazione mafiosa e quindi la consapevolezza di contribuire alla realizzazione delle finalita' tipiche. I locali erano frequentati da persone di famiglia. Difetta, inoltre, la prova dell'affiliazione al clan mafioso. Motivo 4: violazione di legge e vizio di motivazione sul punto della ritenuta configurabilita' della condotta partecipativa dell'imputato sia al clan camorristico che all'associazione dedita al traffico di stupefacenti: impropriamente la Corte ha valorizzato le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS); ha ritenuto erroneamente sintomatica del contributo partecipativo la conversazione n. 2149 del 22/10/2016 nel corso della quale l'imputato prendeva le distanze dal duo (OMISSIS)- (OMISSIS) e valorizzato la conversazione intrattenuta dal ricorrente con (OMISSIS) nel corso della quale i due commentavano la diatriba tra (OMISSIS) e (OMISSIS). La sentenza non considera che l'imputato aveva preso le distanze dalla gestione dei covi di via (OMISSIS) e di via (OMISSIS). Non e' chiarito, perche' rimasto sconosciuto, il contenuto della presunta partecipazione del ricorrente a summit mafiosi; Motivo n. 5: apparenza della motivazione sulla sussistenza delle aggravanti di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.; articolo 416-bis c.p., comma 6 e Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71; Motivo n. 6: vizio di motivazione sull'applicazione delle circostanze attenuanti generiche che, escluse quelle speciali, andavano applicate con prevalenza sulla recidiva contestata e dosimetria della pena. 2.11 (OMISSIS) denuncia: 1. Motivo n. 1: cumulativi vizi di motivazione e vizio di violazione di legge (articolo 192 c.p.p. e articolo 416-bis c.p.) per la ritenuta sussistenza della condotta di partecipazione e adesione al programma associativo, anche sotto il profilo soggettivo sulla base del contenuto di intercettazioni telefoniche prive dei caratteri di chiarezza, decifrabilita' dei significati, assenza di ambiguita', viceversa tali da comportare il ragionevole dubbio sulla sussistenza dei presupposti materiale e giuridico del reato associativo. Il ricorrente esamina, in particolare, il contenuto delle conversazioni intercettate che fanno riferimento alla vicenda di (OMISSIS) - valorizzata per inferirne la partecipazione del ricorrente alla vita criminale della consorteria prendendo le difese del (OMISSIS), coinvolto in una rissa in occasione della quale (OMISSIS) era intervenuto in difesa del (OMISSIS), figliastro di (OMISSIS)). Il ricorrente denuncia il travisamento dei fatti nella interpretazione del contenuto della conversazione del 12 agosto 2014 durante la quale il ricorrente aveva lamentato il disinteresse di (OMISSIS), fratello (OMISSIS), mostrandosi deluso perche' la vicenda riguardava il "nipote" e palesando il timore di subire ritorsioni a causa del suo intervento e non a titolo di partecipazione alle vicende della consorteria: la conclusione della sentenza impugnata e' vieppiu' contraddetta dal proseguo della motivazione in cui si attribuisce rilievo ad altri aspetti parimenti contraddittorio quali la partecipazione dello (OMISSIS) ai preparativi per l'azione punitiva contro (OMISSIS) quale ritorsione per il ferimento di (OMISSIS). Rileva il ricorrente che i giudici del merito hanno affasciato le conversazioni intercettate (quella del 24 aprile 2016 nel corso della quale il ricorrente rassicurava l' (OMISSIS) sull'approntamento di un auto) con un equivoca conversazione intercettata in ambientale il 27 aprile 2016 - nel corso della quale il ricorrente rassicurava il suo interlocutore sul suo attivismo che arbitrariamente viene posta in correlazione con la pregressa intercettazione telefonica e con altra, intercettata il 26 aprile 2016 dalla quale sembra emergere (ma si tratta di conversazione fortemente disturbata) che il ricorrente si rechi a far visita al (OMISSIS) in ospedale, in nome della coesione del gruppo. Analoga erroneita' di interpretazione connota la lettura della conversazione del 7 maggio 206, in stretto dialetto gelese, e la arbitraria valorizzazione dei contatti del ricorrente con (OMISSIS) (oltre 1300 dal 23 agosto 2014 al 22 agosto 2015) e poi cessati e che andrebbero depurati di quelli solo in apparenza riferibili all'imputato che, in alcune occasioni, aveva prestato l'apparecchio ad altra persona e da quelli ascrittigli sol perche' il loquente viene chiamato con il nome (OMISSIS); valorizzando le dichiarazioni di (OMISSIS) inferendone che l'espressione "camminare" debba essere intesa come condotta partecipativa che, per altri, il (OMISSIS) ha, invece, indicato come "(OMISSIS)". Lo stesso collaboratore ha precisato che l'imputato si era poi allontanato dal (OMISSIS) per spacciare, attivita' che il ricorrente non svolgeva per conto ma con il beneplacito della (OMISSIS). Da qui il travisamento delle dichiarazioni del (OMISSIS). La Corte di appello, trascurando i rilievi difensivi, non aveva valorizzato l'attentato intimidatorio subito al (OMISSIS) (il (OMISSIS)) su mandato del (OMISSIS) come ritorsione per il mancato acquisto dei prodotti venduti dal (OMISSIS); essere stata vittima di intimidazioni mafiose anche la famiglia del ricorrente, il fratello (OMISSIS), in relazione alla gestione della discoteca (OMISSIS). Alcun elemento positivo di partecipazione al reato emerge a carico del ricorrente che e' estraneo ai summit mafiosi connessi alla gestione della plastica, perche' mai presente alle conversazioni intercettate; ne e' del tutto casuale la presenza a casa di (OMISSIS), immortalata dalle telecamere, perche' si era recato a casa di questi per consegnargli delle chiavi. Infine, in conversazioni intercettate fra altri soggetti ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), cosi' nella conversazione del Di Maggio, risulta che i loquenti si interrogano sul se sia "(OMISSIS)"; Motivo 2: cumulativi vizi di motivazione e vizio di violazione di legge (articolo 192 c.p.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74) per la ritenuta sussistenza della condotta di partecipazione e adesione al programma associativo, anche sotto il profilo soggettivo sulla base del contenuto di intercettazioni telefoniche. La Corte ha valorizzato, per inferirne il contributo associativo del ricorrente, la semplice disponibilita' anche dello (OMISSIS) dell'utenza telefonica utilizzata nelle conversazioni con (OMISSIS), pur prescindendo dal contenuto delle conversazioni intercettate, ed il contenuto di conversazioni, quella del 31 marzo 2012 con il (OMISSIS), in assenza della individuazione dei soggetti ai quali si fa riferimento (il (OMISSIS)) e da intercettazioni ambientali dalle quali non emerge la esistenza di un vincolo permanente e di elementi che denotassero l'interno comune e strutturato (a tal riguardo segue elenco delle conversazioni); Motivo 3: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla interpretazione del contenuto della conversazione del 8 novembre 2015, intervenuta con (OMISSIS), valorizzata quale fondamento probatorio del reato di detenzione e porto di armi sub capo V) per l'impropria identificazione della persona di cui si parla nella conversazione con (OMISSIS), arrestato, per possesso di armi, il 23 ottobre 2014. Violazione di legge, articolo 192 c.p., comma 2, connota anche l'interpretazione della conversazione del 15 luglio 2016 per mancanza di chiarezza del contenuto: in realta' (OMISSIS) non aveva un'arma ma era interessato ad acquistarne una; Motivo n. 4: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla interpretazione delle conversazioni intercettate, in realta' prive dei connotati di chiarezza e decifrabilita' dei significativi e impropriamente ricondotte ad attivita' di spaccio, in relazione ai capi BB) ambientale del 7 dicembre 2016 intercorsa con (OMISSIS); in relazione al capo DD), conversazioni del 6 e 7 maggio 2016, per presunte cessioni a favore di (OMISSIS); in relazione al capo FF) conversazione del 6 ottobre 2014, con (OMISSIS); in relazione al capo GG) le intercettazioni, in ambientale, del 24 novembre 2014, intervenute con (OMISSIS); apparenza di motivazione per la mancata esclusione delle aggravanti di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. per i reati di cui all'articolo 73, comma 5 cit. ricondotta alla mera appartenenza al clan mafioso; alla mancata applicazione delle attenuanti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 e articolo 74, comma 6, escluse, in presenza di droga parlata, sol perche' lo stupefacente era destinato al successivo spaccio e dei connotati, minimali, dell'attivita' di spaccio, descritti con i motivi di appello e rudimentalita' dell'associazione; Motivo 5: apparenza della motivazione connota anche la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. e dell'aggravante armata, ricostruite su quella della mafiosita' del gruppo e in mancanza di prova della "costante e non episodica" disponibilita' di armi che non e' suffragata dal mero risultato positivo delle perquisizioni dovendosi provare la destinazione delle armi alla realizzazione delle finalita' associative. 2.12 (OMISSIS) denuncia: Motivo n. 1: violazione di legge (Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 e articolo 416-bis c.p.), erronea applicazione della legge processuale e vizi di motivazione nell'apprezzamento delle risultanze processuali, le conversazioni captate (in particolare le conversazioni 2229 del 28/11/2015) interpretate in maniera illogica e fuorviante, ai fini della configurabilita' del reato ascrittogli al capo B) avendo ritenuto l'imputato erroneamente a disposizione del sodalizio criminoso della (OMISSIS) finalizzato al narcotraffico e direttamente coinvolto nei traffici e nella gestione del covo di Via (OMISSIS). Non si confronta, la sentenza impugnata, con le obiezioni difensive sul punto dell'interesse del ricorrente in merito all'arresto di (OMISSIS), sconosciuto al (OMISSIS); al linguaggio deferente verso lo (OMISSIS), in quanto suo datore di lavoro; alla genericita' dei riferimenti a pantaloni, patate e o altro erroneamente ricondotti a stupefacenti. E' stato travisato dalla Corte il contenuto delle conversazioni 37447 del 19/03/2016 e 4095 del 26 agosto 2016 e nessun elemento ne denota il contributo partecipativo all'associazione. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione all'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2022, articolo 71, che va eliminata nonche' nei confronti di (OMISSIS) con riferimento al reato di cui alla L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7, come contestato al capo W), relativamente alla detenzione di arma comune da sparo perche' assorbito in quello di detenzione di arma clandestina oggetto di contestazione al capo TT) riqualificando, altresi', la condotta di detenzione di munizioni ai sensi dell'articolo 697 c.p. aggravato ai sensi dell'articolo 416-bis.1 c.p. con rinvio, per la rideterminazione della pena in relazione tale reato contravvenzionale alla Corte di Assise di Caltanissetta. Sono inammissibili nel resto i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, nei confronti di (OMISSIS), in relazione al reato di cui all'articolo 648-ter c.p. riqualificato ai sensi dell'articolo 648-bis c.p.. Il ricorso di (OMISSIS) deve essere rigettato nel resto. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A), nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena, per ciascun imputato, come di seguito precisato. I ricorsi dei predetti imputati devono essere dichiarati inammissibili nel resto. Sono inammissibili i ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 2.E' generico il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) e il secondo motivo dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) che denunciano la illegittimita' della sentenza impugnata in quanto mera riedizione, analogamente a quella di primo grado, dell'ordinanza di applicazione della misura di custodia cautelare e per carenza dell'esame dei motivi specifici devoluti al giudice dell'impugnazione. Ma tale rilievo e' anche manifestamente infondato. La sentenza impugnata ha correttamente disatteso le censure difensive proposte con riferimento alla "duplicazione" nella sentenza di primo grado dell'ordinanza cautelare evidenziandone la completa e analitica disamina delle prove e della loro interconnessione, non essendo invece necessaria, ai fini dell'osservanza dell'obbligo di motivazione, l'originalita' della scrittura, nozione alla quale sembrano riferirsi le deduzioni difensive. La sentenza impugnata, a propria volta, si sottrae, anche dal punto di vista stilistico, ai rilievi difensivi sol che si rifletta sul dato che i giudici di appello hanno efficacemente riassunto (in poco piu' di 150 pagine) la molto piu' ponderosa sentenza di primo grado, attraverso un'operazione selettiva che ha specificamente individuato, in fatto e in diritto, il nucleo delle contestazioni e delle condotte ascritte a ciascun imputato, nonche' i motivi di appello sugli specifici punti ma, soprattutto, sul dato che, in ragionato confronto critico con le censure difensive, la Corte di merito ha proceduto alla specifica analisi della posizione di ciascun imputato pervenendo a conclusioni logiche e corrette dal punto di vista giuridico sula base di precisi elementi in fatto dei quali con i ricorsi le difese propongono una lettura alternativa e parcellizzata, come meglio si dira' in prosieguo. La sentenza impugnata, pertanto, si sottrae a rilievi ed eccezioni involgenti la denuncia del vizio di omessa motivazione, motivazione apparente ovvero omesso esame dei rilievi difensivi oltre a porsi sul piano oggettivo della tecnica redazionale, come documento del tutto autonomo e nel quale sono confluiti gli esiti, selezionati con riferimento alla posizione di ciascun appellante, delle attivita' di polizia necessari ai fini della ricostruzione della responsabilita' degli imputati. E' altresi', manifestamente infondato il motivo comune di ricorso proposto dal (OMISSIS) e (OMISSIS), ribadito anche con la memoria depositata in vista dell'odierna udienza e concernente l'omesso esame della memoria difensiva depositata all'udienza del 6 aprile 2022, in quanto si trattava di censure reiterative di quelle proposte e compiutamente esaminate sicche' non rileva che a tale memoria non sia stato dato specifico risalto. Va, infine, precisato, in relazione alla denuncia del vizio di motivazione apparente, che propongono su specifici punti anche i motivi di altri ricorrenti, che tale vizio (che, come noto, si risolve in vizio di violazione di legge perche' la motivazione e', in tal caso, inesistente) e' sussistente solo quando la motivazione sia del tutto avulsa dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioe', in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e percio' sostanzialmente inesistente (Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014, dep. 2015, Vassallo, Rv. 263100). In generale lo sviluppo della sentenza di appello, soprattutto quando conforme a quella di primo grado e questa sia non meramente compilativa delle risultanze processuali ma, a propria volta, risultato di un dialettico confronto con gli argomenti difensivi nell'analisi del risultato di prova, non comporta che i giudici siano tenuti a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghino, in modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo e' stato tenuto presente, si' da potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata. Ai fini della rilevanza del vizio di omessa motivazione e' indispensabile, e i ricorsi sono, invece, generici, che sia prospettata e dimostrata la rilevanza e decisivita', sull'esito della decisione, dell'omesso esame o specifica confutazione di argomentazioni difensive. Ne consegue la manifesta infondatezza, alla luce della complessiva motivazione dispiegata dalla Corte di territoriale (alle pagg. 197 e ss., descrivendo le modalita' e finalita' delle condotte illecite dell'imputato in quanto capo del clan) dei motivi di ricorso (motivi nn. 6, 7, 8, 9) proposti da (OMISSIS) nella parte in cui deduce la mancanza di motivazione sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione ai reati-fine dei quali e' stato ritenuto responsabile. 3. Ritiene il Collegio, replicando l'iter seguito dalla Corte di merito perche' razionale e funzionale ai poteri di controllo rimessi alla Corte di Cassazione a fronte di motivi di ricorso che in buona parte riproducono (anche dal punto di vista grafico) i motivi di appello, che sono condivisibili le conclusioni alle quali i giudici di merito sono pervenuti sia nell'inquadramento in diritto che nelle implicazioni pratiche che sono state tratte sui temi devoluti. Si tratta di conclusioni in buona parte ineccepibili perche' corrispondenti ai consolidati principi elaborati, nelle specifiche materie, dalla giurisprudenza di legittimita' ed ai piu' recenti aggiornamenti che, su alcuni temi controversi, sono vi via intervenuti. Le risultanze processuali valorizzate dai giudici di merito, con decisioni conformi, discendono dal contenuto delle intercettazioni telefoniche, analizzate anche attraverso il contributo dei verbalizzanti che avevano effettuato le operazioni di ascolto e svolto indagini a riscontro, e dalle dichiarazioni rese da (OMISSIS), un affiliato dell'associazione mafiosa (OMISSIS), incaricato di compiti manuali e subalterni che, pertanto, aveva conoscenze limitate delle dinamiche interne e dei rapporti fra i componenti del gruppo. Seguendo lo schema logico della sentenza impugnata appare opportuno esaminare i temi comuni posti dai ricorsi sul tema della valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori e della prova derivante da operazioni di intercettazione passando, poi, all'esame specifico dei motivi di ciascun ricorrente dopo avere esaminato le strutture associative di cui ai capi A) e B), sia con riferimento agli elementi costitutivi di ciascuna e delle rispettive aggravanti sia dei rapporti tra le fattispecie che i giudici del merito hanno ritenuto tra loro in continuazione, ai sensi dell'articolo 81 c.p., comma 2, individuando il reato piu' grave in quello di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. 4. Sono manifestamente infondati i motivi di ricorso (motivo n. 1, (OMISSIS); motivi n. 1 e 3, (OMISSIS); motivo 4, (OMISSIS); motivo 5, (OMISSIS)) che denunciano vizio di violazione di legge in relazione all'articolo 192 c.p.p. nella valutazione delle dichiarazioni di (OMISSIS) . Nella sentenza impugnata e' sviluppata una premessa metodologica corretta ed in linea con i principi giurisprudenziali da ultimo richiamati nella sentenza a Sezioni Unite di questa Corte che ha operato una compiuta ricognizione del percorso argomentativo del giudice del merito sulle tappe che contrassegnano il procedimento di ricostruzione e valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Si fa riferimento al principio secondo cui nella valutazione della chiamata in correita' o in reita', il giudice, ancora prima di accertare l'esistenza di riscontri esterni, deve verificare la credibilita' soggettiva del dichiarante e l'attendibilita' oggettiva delle sue dichiarazioni, precisando che tale percorso valutativo non deve muoversi attraverso passaggi rigidamente separati, in quanto la credibilita' soggettiva del dichiarante e l'attendibilita' oggettiva del suo racconto devono essere vagliate unitariamente, non indicando l'articolo 192 c.p.p., comma 3, alcuna specifica tassativa sequenza logico-temporale (Sez. U, Sentenza n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina, Rv. 255145). Specifiche, in risposta alle deduzioni difensive dei singoli imputati, sono state le osservazioni con le quali la Corte di appello, in linea con le conclusioni del giudice dell'udienza preliminare, ha proceduto alla verifica di attendibilita' delle dichiarazioni di (OMISSIS), sia per quanto concerne l'associazione di cui al capo A), riguardanti l'operativita' del sodalizio e il ruolo dei singoli imputati, che il reato associativo di cui al capo B) procedendo, di volta in volta, al confronto con ulteriori evidenze di prova (le intercettazioni telefoniche o le risultanze dei servizi di videoripresa). Con argomentazioni logiche e ineccepibili i giudici del merito hanno valutato l'attendibilita' delle dichiarazioni esaminando anche la concreta incidenza, su tale giudizio, di marginali incongruenze di cui sono state fornite ragionevoli spiegazioni. Tanto e' a dirsi con riferimento alla ricostruzione da parte di (OMISSIS) del ferimento del (OMISSIS), attuato dal clan in chiave ritorsiva rispetto a quello di (OMISSIS), e in merito all'autovettura utilizzata per l'attentato che il dichiarante aveva detto essere stata una smarticolo La Corte di appello (v. pag. 196) ha, infatti, giustificato il motivo di confusione del (OMISSIS) evidenziando che questi aveva indicato un tipo di auto, effettivamente in uso al (OMISSIS) e che, anche a fronte della contestazione che l'auto era di tipo diverso, aveva insistito nel suo ricordo con atteggiamento che non era sintomatico di precostituzione dell'accusa, di malafede o di inattendibilita' ma di mera imprecisione del racconto e nel quale un dato noto al dichiarante era stato sovrapposto ad altro. Sono, dunque, da respingersi perche' generiche e manifestamente infondate quelle censure con le quali i ricorrenti hanno contestato un non corretto modo di procedere dei giudici del merito e l'inosservanza, in generale, della normativa e dei principi giurisprudenziali. Rimane ovviamente da valutare - e solo a questo piu' ristretto ambito vanno ricondotti i rilievi difensivi che saranno di seguito esaminati - l'avvenuto rispetto, per ogni posizione, dei criteri di valutazione correttamente enunciati e la rispondenza a logica delle operate valutazioni. 5. Un tema che sotto diverse prospettazioni, ritorna nei ricorsi e' quello della denuncia di violazione di legge (articolo 192 c.p.p.) in relazione all'applicazione delle coordinate normative che sovraintendono alla valutazione delle intercettazioni telefoniche e che, nel procedimento in esame, riproducono contatti tra gli imputati inerenti all'organizzazione dele attivita' connesse ad operazioni di acquisto, occultamento e organizzazione delle cessioni di droga. Secondo i ricorrenti tali risultanze necessitano di riscontri esterni, ma si tratta di una conclusione non condivisibile. E', invero, risalente l'affermazione che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714). Le ulteriori censure difensive, inerenti alla chiarezza delle conversazioni intercettate, sono formulate in termini generici e non si confrontano con la ricostruzione dei giudici di merito che, viceversa, ne hanno confermato la chiarezza e la decifrabilita' dei significati e assenza di ambiguita', di modo che la ricostruzione del significato delle conversazioni non lasci margini di dubbio sul significato complessivo della conversazione. A ben vedere, le cesure difensive a tal riguardo, di seguito richiamate, lungi dal denotare la manifesta illogicita' del ragionamento probatorio, si risolvono nella richiesta di una valutazione alternativa, preclusa alla Corte di legittimita', sul merito delle risultanze di prova anche nella parte in cui attaccano il contenuto delle conversazioni intercettate con riferimento alla ricostruzione degli episodi minatori ed estorsivi ascritti agli imputati e, in particolare, a (OMISSIS). 6. Sono manifestamente infondati i motivi di ricorso sulla sussistenza e configurabilita' del reato associativo di cui all'articolo 416-bis c.p. contestato al capo A). Val bene esaminare, in via del tutto preliminare, il motivo di ricorso proposto nell'interesse di (OMISSIS) che propone un criterio interpretativo erroneo ai fini della configurabilita' del reato di cui all'articolo 416-bis c.p.. Il ricorrente, infatti, sulla scia delle problematiche interpretative che hanno riguardato la individuazione dei requisiti necessari ai fini della configurabilita' del reato associativo in relazione alle cd. nuove mafie - concetto riferibile anche a cellule associative di mafie cd. storiche radicatesi in ambienti lontani e diversi da quelle di tradizionale e risalente operativita' - ha riportato la giurisprudenza di questa Corte in materia. In realta' le sentenze che hanno esaminato la problematica hanno richiamato l'interprete ad una ricostruzione degli elementi costitutivi di tali gruppi associativi che richiede la dimostrazione dell'imprescindibile connotato dell'avvalersi del metodo mafioso; quindi, della prova che il sodalizio faccia effettivo, concreto, attuale e percepibile uso - ancorche' non necessariamente con metodi violenti o minacciosi - della suddetta forza. E' noto che il delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso e' un reato a struttura mista che, rispetto al mero dato dell'organizzazione di una pluralita' di persone accomunate dalla volonta' di perseguire le finalita' illecite indicate dalla norma, si avvale, per il perseguimento dei suoi scopi, della condizione di assoggettamento e quella di omerta' cumulate fra loro le quali siano entrambe conseguenza della forza di intimidazione del vincolo associativo da cui derivano causalmente, aspetti, questi, che segnano la differenziazione di detta ipotesi criminosa dal delitto associativo puro. Per completare il quadro di riferimento giurisprudenziale in materia, tenuto conto delle particolarita' che emergono dalla concreta vicenda e della sicura affiliazione alla "(OMISSIS)" di (OMISSIS) attestata dalla sua condanna, va altresi' precisato che anche il tema della valenza dell'affiliazione ad un'associazione di tipo mafioso - oggetto di controversa interpretazione ai fini della ricostruzione del contributo partecipativo - e' stato affrontato e deciso dalle Sezioni Unite di questa Corte che hanno affermato che la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa dell'associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua "messa a disposizione" in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889). In conclusione, l'affiliazione rituale puo' costituire grave indizio della condotta partecipativa, ove la stessa risulti, sulla base di consolidate e comprovate massime d'esperienza e degli elementi di contesto che ne evidenzino serieta' ed effettivita', espressione di un patto reciprocamente vincolante e produttivo di un'offerta di contribuzione permanente tra affiliato ed associazione. La struttura associativa descritta al capo A) della rubrica e' univocamente riconducibile ad una categoria concettuale non perfettamente sovrapponibile al fenomeno delle cc.dd. "nuove mafie": nel caso in esame, infatti, e le sentenze dei giudici del merito non hanno mancato di sottolineare questo dato, si e' in presenza dell'accertamento di operativita' di un clan gia' tradizionalmente operante (la (OMISSIS)) nell'area gelese che aveva acquisito nuova e intensa operativita' in forza del ritorno sulla scena di (OMISSIS) che, dopo diciannove anni di detenzione in carcere, era tornato in liberta'. La giurisprudenza ha precisato che, in questo caso, quando oggetto del giudizio sia l'accertamento relativo alla ricorrenza di nuova formazione in rapporto di continuita' con una cosca storica, oggetto di passati accertamenti irrevocabili, puo' prescindersi da specifici accertamenti in ordine all'esteriorizzazione del metodo mafioso solo in presenza di univoci elementi che dimostrino che la formazione oggetto di indagine sia priva di reali elementi di novita' (nei programmi, nella comunanza dei territori oggetto di azione, nella coincidenza dei soggetti coinvolti), e, come tale, continui ad operare su un determinato territorio, replicando o, comunque, sfruttando, un contesto riconducibile all'alveo dell'articolo 416-bis c.p., comma 3. L'affermazione si accompagna alla precisazione che tanto piu' e' sfumata l'indagine sull'effettivo ricorso ad attivita' o metodi improntati all'intimidazione e conseguente assoggettamento ed omerta', tanto piu' rigoroso e solida deve risultare acquisizione probatoria dimostrativa delle caratteristiche strutturali del sodalizio (Sez. 2, n. 38831 del 17/09/2021, Cicciu', Rv. 282199). L'accertamento giudiziale, in tal caso, ad avviso del Collegio, deve concentrarsi sulla verifica della capacita' intimidatoria del gruppo in quanto tale, non potendosi desumere la stessa dalla sola fama criminale del singolo associato. La sentenza di primo grado (pag. 19) ha descritto la struttura associativa sub capo A), indicata come "(OMISSIS)" gelese individuandone i requisiti strutturali sussumibili nel reato di cui all'articolo 416-bis c.p., innanzi precisati, desunti dalle modalita' operative della consorteria nel campo del traffico degli stupefacenti e nel controllo delle attivita' lecite, attraverso le estorsioni, e descrivendo altresi' la penetrazione di (OMISSIS) nel tessuto produttivo cittadino, aspetti che efficacemente denotano la vocazione al controllo del territorio attraverso la particolare intimidazione che promana dal vincolo associativo non solo del singolo ma del gruppo a questi facente capo. L'organizzazione, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, aveva a disposizione un vero e proprio esercito (circa 500 leoni), giovani pronti a tutto per affermare l'egemonia del clan sul territorio, come rivelato da (OMISSIS) nel corso di una delle intercettazioni in carcere dove si trovava ristretto. La consorteria - prosegue la sentenza di primo grado - si rendeva responsabile di una seriale attivita' estorsiva messa in atto facendo pure ricorso a danneggiamenti incendiari e finalizzata a dare progressivo sviluppo ad iniziative commerciali che intraprendeva a mezzo di alcune societa' intestati a compiacenti prestanome e anche a donne degli stessi capomafia, societa' operanti nel settore della distribuzione di prodotti per la ristorazione (piatti e bicchieri di plastica nonche' materiale per il confezionamento), di prodotti alimentari (fornitura di cornetti imposta a bar ed esercizi pubblici di (OMISSIS)), nei settori della organizzazione di eventi in discoteca e in quello immobiliare. Anche la sentenza impugnata (pag. 1 e ss.) ha passato in rassegna numerosi episodi e spedizioni punitive in danno di componenti del clan o di gruppi avversi e si tratta di un aspetto che acquista rilevanza ai fini della ricostruzione della struttura operativa e della individuazione dei suoi componenti, come si dira' esaminando il coinvolgimento di alcuni dei ricorrenti nella ritorsione in danno di (OMISSIS) o' (OMISSIS), in quanto rivelatore dell'appartenenza al sodalizio - e ha illustrato alcuni episodi che registravano l'intervento di (OMISSIS) per risolvere questioni tra privati cittadini, anche sostituendosi alle autorita' di polizia, come quando alcuni cittadini si rivolgevano al vertice del clan o ai suoi uomini piu' vicini per il recupero di beni, aspetto, questo, di rilievo proprio ai fini della individuazione della incidenza della consorteria, attraverso il ricorso al metodo mafioso, nel territorio sfruttando la fama criminale e facendo ricorso a metodi violenti solo quando strettamente necessario. A questo riguardo sono descritti numerosi episodi che rivestono particolare importanza, ai fini della ritenuta sussistenza del reato associativo, perche' denotano la esteriorizzazione, nel contesto cittadino di riferimento, del potere mafioso al pari delle condotte estorsive (numerose e contestate ai capi C), D) I), L), che saranno nel prosieguo oggetto di analisi), anche queste di particolare rilevanza perche' emblematiche del controllo esercitato sulle attivita' economiche. La sentenza di primo grado (pag. 23) ha precisato come le intercettazioni avessero comprovato la esistenza di un'organizzazione composita nella quale accanto a soggetti che militavano nell'ala cd. criminale - quella che continuava ad essere predominante, occupandosi del traffico di droga; di estorsioni mediante danneggiamento, incendi e traffico di armi - potesse individuarsi un'ala prettamente imprenditoriale, facente a (OMISSIS), interessata all'esercizio di attivita' in vari settori economici anche in forza di imprese intestate a prestanome - all'imputato sono ascritti i reati "tipici" di tale modalita' operativa ai capi HHH), JJJ), KKK) - commessi comunque avvalendosi della forza di intimidazione che promana dal vincolo associativo funzionale a eliminare ogni forma di concorrenza nonche' ad imporre anche in maniera estremamente violenta la propria presenza sul territorio. L'associazione mafiosa capeggiata da (OMISSIS) si poneva, secondo la sintesi compiuta dai giudici del merito, in linea di continuita' con la risalente (OMISSIS) di cui aveva ereditato l'ambito di riferimento territoriale e le modalita' operative proseguendone ed attualizzandone, con il ricorso al metodo mafioso, le attivita' illecite nel settore degli stupefacenti e del controllo delle attivita' economiche. I giudici del merito hanno infatti descritto come si fosse formato, in anni risalenti, il gruppo della (OMISSIS) costituito da soggetti (cosiddetti posati) che non volendo piu' prendere ordine dai carismatici mafiosi di "cosa nostra" avevano deciso di dare vita ad una nuova organizzazione criminale speculare e contrapposta alla mafia tradizionale, che pero' ne replicava le modalita' organizzative, per esempio attraverso le affiliazioni degli adepti. E, tale organizzazione dopo una contrapposizione armata con "(OMISSIS)" era stata, infine, riconosciuta dagli stessi vertici di "(OMISSIS)" che avevano posto fine alla contrapposizione armata stimola stipulando con gli irriducibili nemici accordi finalizzati ad impedire la ripresa della mattanza che aveva contrassegnato gli anni 80 del secolo scorso. I collaboratori escussi avevano riferito come la (OMISSIS) fosse divenuta un'unica famiglia con quella di "(OMISSIS)" dovendo esserci tra loro fratellanza in modo da evitare il deflagrare di sanguinose faide. Raggiunta la pax mafiosa (la cd. pace di Riesi, nell'anno 1991), le due organizzazioni mafiose avevano continuato ad assicurarsi il controllo delle attivita' imprenditoriali e, mutuando modelli organizzativi istituzionali, avevano garantito il coordinamento delle rispettive attivita' istituendo una sorta di sala operativa, volta ad ottimizzare le energie e a dividere equamente i profitti. Emblematica, in questo senso, la vicenda denunciata dagli imprenditori di gelesi operativi nel settore della raccolta dei rifiuti che avevano dovuto ripetutamente versare a "(OMISSIS)" e (OMISSIS), operanti sinergicamente, ingenti somme di denaro, come accertato nel processo penale per tale fatto. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, nell'associazione (OMISSIS), per effetto della detenzione di alcuni esponenti di rilievo, fra questi l'odierno ricorrente, (OMISSIS), e la collaborazione di altri, si fosse determinato un vuoto di potere e come, una volta recuperata la liberta', (OMISSIS) aveva avviato sia azioni vendicative nei confronti di coloro che avevano contribuito all'arresto di uomini della consorteria e riaggregato nel gruppo sia coloro che gia' operavano all'interno del sodalizio, come (OMISSIS) e (OMISSIS), attivi nel settore degli stupefacenti sia persone, via via rimesse in liberta', tra i quali (OMISSIS), cugino di (OMISSIS), pure questo sodale, tutti operanti nel traffico di droga, rimasto fiorente nel corso degli anni, attivita', queste, ricostruite attraverso le intercettazioni disposte dopo pochi mesi dalla rimessione in liberta' di (OMISSIS) che avevano portato alla scoperta di tre basi logistiche (in via (OMISSIS); via (OMISSIS) e via (OMISSIS) della citta' di (OMISSIS)) dove venivano rinvenute droga e armi. Conclusivamente, la prospettiva esegetica a base della sentenza impugnata e di quella di primo grado e' condivisibile e corretta, perche' in linea con la cornice di riferimento ai fini della individuazione degli elementi strutturali del reato di cui all'articolo 416-bis c.p.. Con chiarezza gia' la sentenza di primo grado ha descritto una struttura nella quale erano individuabili i requisiti tipici del reato di cui all'articolo 416-bis c.p., disegno criminoso unitario; forza di intimidazione e, correlativamente, condizione di assoggettamento e omerta', dei quali la struttura associativa si avvaleva per il perseguimento delle finalita' e gli obiettivi dell'associazione, senza "acquietarsi" degli aspetti che, in linea di continuita' con il passato, ne denotavano la derivazione dal gruppo nel quale, prima del lungo periodo di carcerazione, aveva militato (OMISSIS), aspetto âââEurošÂ¬Ã‹Å"che pure non e' irrilevante ma che si salda alle piu' recenti acquisizioni in modo da escludere ogni automatismo nella sovrapposizione tra gruppi criminali egemoni nel territorio solo in forza della coincidenza dei soggetti coinvolti (nel caso (OMISSIS)) e fondato sull'avvalersi, in concreto, all'attualita' e nella percezione esterna, del metodo mafioso e con riferimento al periodo temporale oggetto di contestazione ai singoli imputati. 6.1. I ricorrenti (motivo 4 ricorso (OMISSIS); ma anche motivo 2 del ricorso (OMISSIS) e motivo 5, ricorso (OMISSIS)) hanno dedotto l'erronea applicazione dell'aggravante dell'associazione armata, di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 4. I giudici del merito, sulla scorta del rinvenimento di armi nella base logistica di via (OMISSIS) (sub capo W e PP), e degli episodi di danneggiamento con armi, contestati ai capi H), I), L), S) hanno fatto corretta applicazione dell'aggravante poiche' tale circostanza, di natura oggettiva, e' configurabile a carico di ogni partecipe che sia consapevole del possesso di armi da parte degli associati o lo ignori per colpa, accertamento per il quale assume rilievo anche il fatto notorio della stabile detenzione di tali strumenti di offesa da parte del sodalizio mafioso, riconducibile all'associazione mafiosa "(OMISSIS)" (cfr. Sez. 2, n. 50714 del 07/11/2019, Caputo, Rv. 278010), in forza dei descritti connotati storici di tale associazione, descritti al punto che precede, ma attualizzati dalle metodologie che, ripreso il controllo dell'organizzazione, (OMISSIS) aveva pienamente ripristinato. 6.2. Sono manifestamente infondati i motivi di ricorso (motivo 4, ricorso (OMISSIS); motivo 3 ricorso (OMISSIS); motivo 2, ricorso (OMISSIS)) che denunciano l'erronea applicazione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6. Anche con riferimento a detta aggravante, sulla scorta delle attivita' economiche intraprese da (OMISSIS) nelle quali si registrava anche il diretto coinvolgimento di altri sodali e della massima di esperienza enunciata nella giurisprudenza di questa Corte, e' stata correttamente ritenuta sussistente la circostanza aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6, che si configura ove le attivita' economiche di cui gli associati intendano assumere o mantenere il controllo siano finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti. Anche questa aggravante, come quella armata, ha natura oggettiva e va riferita all'attivita' dell'associazione e non necessariamente alla condotta del singolo partecipe, il quale, nel caso di associazioni cd. storiche come mafia, camorra e âââEurošÂ¬Ã‹Å"ndrangheta, ne risponde per il solo fatto della partecipazione, ascritta a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), dato che, appartenendo da anni al patrimonio conoscitivo comune che dette associazioni operano nel campo economico utilizzando ed investendo i profitti di delitti che tipicamente attuano in esecuzione del suo programma criminoso, un'ignoranza al riguardo in capo ad un soggetto che sia ad alcuna di tali associazioni affiliato e' inconcepibile (Sez. 2, n. 23890 del 01/04/2021, Aieta, Rv. 281463). 7. Sono manifestamente infondati i motivi di ricorso sviluppati da numerosi ricorrenti che, oltre alla insussistenza del contributo partecipativo, che sara' esaminato trattando le singole posizioni, contestano la configurabilita' del reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, in relazione al reato di cui al capo B). Sono chiare le coordinate che delineano i requisiti della sussistenza del reato associativo per distinguerlo dal fenomeno del concorso nelle operazioni di acquisto, anche reiterate. L'esistenza di un'associazione a delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti non puo' essere dedotta da un unico episodio, seppure rilevante, di acquisto di sostanze stupefacenti per la cessione a terzi, il quale puo' costituire indizio ma non prova piena dell'accordo finalizzato alla commissione di una pluralita' indistinta di reati in materia di stupefacenti (Sez. 4, n. 36341 del 15/05/2014, Savasta e altri, Rv. 260268) ne' l'attivita' di reiterate condotte di spaccio puo', da sola, costituire prova dell'integrazione del reato associativo, rappresentando al piu' indice sintomatico dell'esistenza dell'associazione, che pero' va accertata con riferimento all'accordo tra i sodali, alla struttura organizzativa ed alle affectio societatis (Sez. 6, n. 24379 del 04/02/2015, Bilacaj e altri, Rv. 264177). Con maggiore precisione questa Corte ai fini della configurabilita' del reato associativo ne ha descritto i requisiti imprescindibili nel senso che e' necessario: a) che almeno tre persone siano tra loro vincolate da un patto associativo (sorto anche in modo informale e non contestuale) avente ad oggetto un programma criminoso nel settore degli stupefacenti, da realizzare attraverso il coordinamento degli apporti personali; b) che il sodalizio abbia a disposizione, con sufficiente stabilita', risorse umane e materiali adeguate per una credibile attuazione del programma associativo; c) che ciascun associato, a conoscenza quantomeno dei tratti essenziali del sodalizio, si metta stabilmente a disposizione di quest'ultimo (Sez. 6, n. 7387 del 03/12/2013, dep. 2014, Pompei, Rv. 258796). Non esistono seri motivi per non concordare con le riportate enunciazioni di principio che, tuttavia, vanno coordinate con i reiterati arresti di questa Corte in materia di reati associativi che precisano come l'associazione penalmente rilevante non richieda necessariamente formalita' costitutive, divisione formale dei ruoli, organigramma imponente, strutture specificamente dedicate. Appare sufficiente, a questo fine, rammentare il principio secondo cui, per la configurabilita' dell'associazione dedita al narcotraffico non e' richiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilita' economiche, ma e' sufficiente l'esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi, per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli associati (Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso e altri, Rv. 258165). In ogni caso, si afferma, l'associazione per delinquere e' un fatto materiale, con precise connotazioni strutturali, al quale si connettono pertinenti profili soggettivi e i cui profili di prova, involgono la individuazione di un patto e che questo abbia ad oggetto un determinato programma criminoso, da perseguire attraverso il coordinamento di singoli apporti personali. E', dunque, il patto che genera un vincolo e spetta al giudice, ai fini della pronuncia di condanna, l'accertamento del fatto in tutti gli elementi essenziali, come avvenimento storico definito e per cio' stesso distinto da fenomeni contigui - come il concorso di persone nel reato - e da situazioni penalmente irrilevanti e il giudizio di condanna presuppone l'accertamento del fatto in tutti gli elementi essenziali, come avvenimento storico. Sulla base di tali coordinate in diritto sono corrette le conclusioni alle quali sono pervenuti i giudici del merito applicandole al fenomeno descritto dal (OMISSIS) e sulla scorta delle risultanze delle operazioni di intercettazioni telefoniche e dei controlli che avevano condotto, nel volgere di pochi mesi, alla individuazione e sequestro di tre covi utilizzati dall'associazione per custodirvi droga e armi, in aggiunta ad esiti che documentano i contatti, anche telefonici e gestiti attraverso il ricorso a modalita' comunicative convenzionali e criptiche, fra i coimputati. Si tratta del sequestro di quasi 13 chilogrammi di marijuana e hashish, di una pistola cal. 7,65 e di una pistola con matricola abrasa, rinvenuti il g. 8 luglio 2016 nell'immobile di via (OMISSIS); del sequestro eseguito il l'8 novembre 2016 nell'immobile di via (OMISSIS), ove venivano rinvenuti 52 chilogrammi di hashish, 920 gr. di cocaina e una pistola con matricola abrasa (i fatti sono oggetto di contestazione ai capi NN), PP) e QQ) a (OMISSIS) e (OMISSIS) e ai capi RR), SS), TT) e UU) a (OMISSIS)); del sequestro in data 7 giugno 2017 di altra droga, rivenuta nell'immobile di via (OMISSIS), nella disponibilita' del coimputato (OMISSIS), immobile descritto come "luogo di incontro dei sodali e di spaccio di stupefacenti, ove venivano tagliati e confezionati". La sentenza impugnata (pag. 43) descrive anche il sistema economico adottato per il pagamento (uso di carte prepagate e poste pay; il coinvolgimento di un commercialista, (OMISSIS), al quale era attribuito il compito di creare un sistema di fatture, per coprire e giustificare le movimentazioni economiche facenti capo al (OMISSIS) e a (OMISSIS), separatamente processati; l'esistenza di una cassa comune). E' stato oggetto di particolare analisi nelle sentenze di merito, il sistema di acquisto e approvvigionamento della droga che viene ricostruito a partire dall'anno 2012 attraverso le risultanze delle operazioni di intercettazioni telefoniche che documentavano i contatti delle persone preposte, per conto della (OMISSIS), al reperimento delle sostanze stupefacenti attraverso vari e variegati canali: la sentenza impugnata, a questo riguardo, sintetizza quella di primo grado enucleando i passaggi nei quali sono coinvolti gli odierni ricorrenti, in particolare (OMISSIS) e (OMISSIS), ricostruendo anche le "specifiche" operazioni di acquisto e rifornimento e cessione. I due imputati sono stati individuati come il particolare anello di congiunzione tra l'associazione mafiosa e quella preposta alla gestione della droga. Le risultanze probatorie consentono di ritenere acquista la prova della esistenza di una stabile organizzazione, fotografata negli anni 2016 e 2017 con riferimento proprio alla individuazione di elementi strutturali inequivoci (i covi; il sistema per il pagamento), che qualificano l'aspetto organizzativo della struttura non le mere operazioni di rifornimento che pure sono significative e rilevanti, ai fini che ci occupano, quando, come nel caso in esame, la loro reiterazione nel tempo e ricorrenza, denotano la esistenza di una struttura che ne dirige e regola la dinamica, al di la' del variabile e contingente coinvolgimento dei singoli. Resta solo da aggiungere che, ai fini della ricostruzione del consapevole partecipativo, la partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e' un reato a forma libera, la cui condotta costitutiva puo' realizzarsi in forme diverse, purche' si traduca in un apprezzabile contributo alla realizzazione degli scopi dell'organismo, posto che in tal modo si verifica la lesione degli interessi salvaguardati dalla norma incriminatrice (Sez. 3, n. 35975 del 26/05/2021, Caterino, Rv. 282139). A prescindere dalle modalita' di realizzazione del contributo (se ad esempio intervenuto nella fase di fornitura; nelle operazioni di acquisto; nelle altre operazioni connesse allo stoccaggio, conservazione e smercio) cio' che rileva e' che la condotta denoti un rilevante apporto causale al raggiungimento del fine di profitto perseguito dall'organizzazione, effettuato con la consapevolezza di fare parte di un gruppo dedito ad attivita' in materia di stupefacenti ed avvalendosi continuativamente delle sue risorse. 7.1. Le evidenze innanzi descritte (in particolare, gli esiti delle perquisizioni e sequestro eseguiti presso i covi di via (OMISSIS), e via (OMISSIS)) rendono manifestamente infondati i motivi di ricorso con i quali i ricorrenti contestano la ritenuta sussistenza della circostanza aggravante, di natura oggettiva, prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 4. Va - in premessa - ricordato che per la sussistenza dell'aggravante in questione, diversamente da quella analoga, ipotizzata dall'articolo 416-bis c.p., comma 4, e' richiesta unicamente la disponibilita' di armi e non anche la correlazione tra queste ultime e gli scopi perseguiti dall'associazione criminosa (cfr. Sez. 5, n. 11101 del 04/02/2015, Platania, Rv. 262714), con la conseguenza che e' sufficiente la consapevolezza, da parte del partecipe, che l'associazione sia armata, perche' gli sia imputabile l'aggravante dell'articolo 74, comma 4, Decreto del Presidente della Repubblica cit.. Cionondimeno tale aggravante puo' essere riconosciuta in capo ai partecipi del sodalizio solo se puo' postularsi una loro colpevolezza anche in relazione a tale aspetto, che richiede, in base a quanto previsto dall'articolo 59 c.p., comma 2, quantomeno un coefficiente di prevedibilita' concreta da parte loro della disponibilita' delle armi da parte dell'associazione (Sez. 6, n. 49458 del 21/10/2015, Arianiello, Rv. 266041). I Giudici del merito, con ineccepibili argomentazioni, sono pervenuti a ritenere sussistente l'aggravante in esame sottolineando la natura funzionale della detenzione delle armi alla struttura e organizzazione del traffico di droga e al coinvolgimento dei singoli imputati in attivita' collegate alla presenza e gestione dei covi, come si seguito precisato. 7.2. Il motivo diretto a confutare la sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, sub capo B), comune alla maggior parte degli imputati che hanno avanzato, al riguardo, rilievi per lo piu' sovrapponibili, e' manifestamente infondato. L'aggravante in esame richiede che la condotta illecita sia posta in essere al fine specifico di favorire l'attivita' dell'associazione di tipo mafioso, sicche' alla oggettiva agevolazione della consorteria mafiosa determinata dalla condotta incriminata deve accompagnarsi il cosciente ed univoco intendimento del soggetto agente di agire proprio per il raggiungimento di tale specifico fine agevolatore (indirizzando ad esso la sua condotta): in buona sostanza non e' sufficiente la sola mera realizzazione di un contributo oggettivamente utile per l'operativita' del sodalizio mafioso. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno concluso la risalente discussione sulla natura dell'aggravante in esame affermandone la natura soggettiva trattandosi di aggravante che inerisce ai motivi a delinquere e precisando che tale aggravante si comunica al concorrente nel reato che, pur non animato da tale scopo, sia consapevole della finalita' agevolatrice perseguita dal compartecipe (Sez. U., n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, Chioccini, Rv. 278734). A precisazione di tale connotato hanno rilevato come la forma aggravata in esame esige che l'agente deliberi l'attivita' illecita nella convinzione di apportare un vantaggio alla compagine associativa: e' necessario pero', affinche' l'aggravante non sia priva di offensivita', che tale rappresentazione si fondi su elementi concreti, inerenti, in via principale, all'esistenza di un gruppo associativo avente le caratteristiche di cui all'articolo 416-bis c.p. ed alla effettiva possibilita' che l'azione illecita si inscriva nelle possibili utilita', anche non essenziali al fine del raggiungimento dello scopo di tale compagine, secondo la valutazione del soggetto agente, non necessariamente coordinata con i componenti dell'associazione. Trattandosi invero di un'aggravante che colpisce la maggiore pericolosita' di una condotta, ove finalizzata all'agevolazione, e' necessario che la volizione che la caratterizza possa assumere un minimo di concretezza, anche attraverso una mera valutazione autonoma dell'agente, che non impone un raccordo o un coordinamento con i rappresentanti del gruppo e, soprattutto, non prevede che il fine rappresentato sia poi nel concreto raggiunto, pur essendo presenti tutti gli elementi di fatto, astrattamente idonei a tale scopo. Tale finalita', inoltre, non deve essere esclusiva, ben potendo accompagnarsi ad esigenze egoistiche quali, ad esempio, la volonta' di proporsi come elemento affidabile al fine dell'ammissione al gruppo o qualsiasi altra finalita' di vantaggio, assolutamente personale, che si coniughi con l'esigenza di agevolazione. La ricostruzione del motivo a delinquere in tal senso - si osserva - non e' mai esclusiva, poiche' plurimi possono essere gli stimoli all'azione; quel che rileva e' che tra questi sussistano elementi che consentono di ravvisare anche quello valutato necessario dalla norma incriminatrice essenziale alla configurazione del dolo intenzionale, La ricostruzione ermeneutica impone quindi un approccio alla fattispecie, che vada al di la' della classificazione formale, e l'intenzione dell'agente deve assumere una connotazione oggettiva, esplicitando gli effetti della condotta e comprende anche elementi di carattere obiettivo, "quali misuratori della specifica offensivita', e quali garanzie di un ordinamento che, per necessita' costituzionale, deve rimanere distante dai modelli del diritto penale dell'intenzione e del tipo d'autore" (Sez. 6, n. 28009 del 15/05/2014, Alberto, Rv. 260077). Ebbene: la consapevolezza di operare nell'ambito di un unico gruppo per il raggiungimento dello scopo comune, costituito dalla possibilita' di realizzare un sufficientemente tranquillo svolgimento dei traffici di droga in determinate zone e dal conseguimento da tali traffici. - per ciascuno degli imputati, come di seguito precisato - di un profitto seppure diversificato, e il diretto collegamento di ciascuno dei ricorrenti nelle operazioni di reperimento, acquisto e successivo smercio costituiscono elementi correttamente vagliati ai fini della ravvisabilita' della circostanza aggravante in questione e sulla base di elementi che dimostrano come il contributo oggettivamente agevolatore sia stato realizzato al fine specifico di favorire il detto sodalizio sulla base di rapporti diretti, continui e consolidati sia con i vertici dei sodalizi - nel caso (OMISSIS) - che con i soggetti preposti al reperimento della droga. Non solo, dunque, per gli imputati che erano anche affiliati al clan mafioso, come (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ma anche per gli imputati che avevano con il clan rapporti consolidati e fiduciari essendo addetti proprio al reperimento, pagamento, conservazione e stoccaggio della droga ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) o in ragione dei compiti svolti quali addetti alla distribuzione dello stupefacente, come (OMISSIS) e (OMISSIS). 7.3. Le risultanze delle operazioni di perquisizione e sequestro; la capacita' finanziaria (nella sentenza impugnata sono descritte, per un breve periodo, operazioni di acquisto accendenti ad oltre 140.000,00 Euro; la diversificazione delle fonti di acquisto; l'ampio bacino di rifornimento su (OMISSIS)) sono ontologicamente incompatibili con l'applicazione alla fattispecie in esame della fattispecie incriminatrice prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, comma 6, configurabile a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entita', predisponendo modalita' strutturali e operative incompatibili con fatti di maggiore gravita' e che, in concreto, l'attivita' associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, (Sez. 6, n. 1642 del 09/10/2019, dep. 2020, Degli Angioli, Rv. 278098). 7.4. La centralita' del descritto elemento organizzativo, descritto al punto 7. che precede, e' ostativa alla configurabilita' nei fatti accertati di condotte sussumibili nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commessa in concorso e continuata, allegata da taluni dei ricorrenti. L'elemento differenziale tra l'ipotesi associativa Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74 e quella del concorso ai sensi dell'articolo 110 c.p. e articolo 73 del citato Decreto del Presidente della Repubblica risiede, infatti, principalmente nell'elemento organizzativo, in quanto la condotta punibile a titolo di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti non si riduce ad un semplice accordo delle volonta' (sul cui deficit probatorio si attarda la difesa di molti ricorrenti che allegano la mancanza di prova del pactum sceleris) ma consiste in un quid pluris, che si sostanzia nella predisposizione di una struttura organizzata stabile che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso (Sez. 6, n. 27433 del 10/01/2017, Avellino, Rv. 270396). Da qui la infondatezza evidente dei motivi della difesa che attaccano le corrette - perche' rispondenti a logica e coordinate in diritto- conclusioni dei giudici del merito. 8. I ricorrenti (OMISSIS) (motivo n. 3), (OMISSIS) (motivo 1), (OMISSIS) (motivo n. 3) e (OMISSIS) (motivo n. 1) denunciano violazione di legge in relazione al divieto di bis in idem per la ritenuta configurabilita', in presenza di un medesimo fatto, del concorso formale tra i reati di cui ai capi A) e B): in buona sostanza, i ricorrenti sostengono che, in presenza dello stesso fatto materiale sono stati condannati per due fattispecie di reato. La Corte di appello di Caltanissetta ha esaminato (pag. 158 e ss.) il tema della configurabilita' e compatibilita' dei reati associativi di cui al capo A) - il reato di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 2, 4, 5 e 6 ascritto a (OMISSIS), (OMISSIS), con il ruolo di capo del clan, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) e al capo B), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 1, 2, 3 e 4, ascritti ai medesimi ricorrenti (oltre che ad altri soggetti, in entrambi i casi e, in particolare, quanto al reato sub capo B, nel presente procedimento a (OMISSIS) e (OMISSIS)). In particolare, nel capo sub A) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) vengono individuati come sodali di fiducia di (OMISSIS) (e del fratello (OMISSIS)) in quanto collaboravano per lo sviluppo dell'illecito commercio di droga riferito al clan sotto gli ordini e le direttive dei capi clan e assicuravano il controllo della gestione delle attivita' economiche gestite dal clan in vari settori, edilizia, fornitura di prodotti da bar e, fra questi, la gestione della discoteca (OMISSIS), collaborando anche alla partecipazione di atti di intimidazione e a spedizioni punitive volte ad assicurare la manifesta presenza del clan. Quanto a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), ne e' evidenziato il ruolo di partecipi al clan in ordine al traffico organizzato di droga perche' fornivano il proprio contributo concorrendo nella gestione dei covi "(OMISSIS)" di via (OMISSIS) e via (OMISSIS) utilizzati dall'associazione mafiosa per la custodia di droga e armi a disposizione del clan. Quanto al (OMISSIS), gli viene contestata la collaborazione al clan oltre che in ordine al traffico di droga, al rafforzamento della associazione gestendo la movimentazione bancaria di un conto nella disponibilita' di (OMISSIS) (capo del clan, separatamente giudicato) per finanziare le attivita' illecite, fra cui il traffico di droga, oltre la partecipazione a spedizioni punitive. Il reato associativo sub capo A), e' contestato come commesso in (OMISSIS) e altri comuni della provincia di (OMISSIS) in permanenza almeno fino a maggio 2019. Al capo B) vengono piu' puntualmente descritte le attivita' di collaborazione svolte nel settore degli stupefacenti in particolare, il (OMISSIS) con ruolo di dirigente e organizzatore della struttura adibita allo spaccio con l'apporto di (OMISSIS), viene individuato come l'organizzatore delle forniture attraverso (OMISSIS) fino alla rimessione in liberta', il 27 gennaio 2014, di (OMISSIS); allo (OMISSIS) quello di partecipe essendosi occupato di acquisto della droga su varie piazze alla distribuzione e anche allo spaccio, nel periodo di gestione di (OMISSIS); quanto a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), ne e' evidenziato il ruolo di partecipi al clan concorrendo nella gestione dei covi "(OMISSIS)" di via (OMISSIS) e via (OMISSIS) utilizzati dall'associazione mafiosa per la custodia di droga e armi a disposizione del clan; (OMISSIS) quale partecipe coinvolto nella traffico di droga sull'asse (OMISSIS) e cassiere della (OMISSIS); (OMISSIS), quale partecipe, perche' coinvolto nella spaccio e consegna. Il reato associativo sub capo B), e' contestato come commesso in (OMISSIS) e altri comuni della provincia di (OMISSIS) in permanenza almeno fino a maggio 2019 e, quanto a (OMISSIS) dal 2014 in permanenza almeno fino a maggio 2019. La sentenza impugnata ha ritenuto compatibile il concorso fra i due reati associativi, escludendo la violazione del divieto di bis in idem, mancando, nel rapporto tra le due fattispecie associative, piena coincidenza degli elementi costitutivi "in quanto la contestata associazione di cui all'articolo 416-bis c.p. persegue scopi criminosi - quale ad es. il controllo da acquisire anche attraverso metodi intimidatori, di alcuni settori commerciali nel territorio di (OMISSIS) - del tutto diversi dal traffico di stupefacenti, che costituisce un ambito di operativita' in se', autonomamente strutturato ma organico all'associazione". In tale ipotesi, rileva la Corte di appello, correttamente vengono applicati i principi del concorso formale e, a tal riguardo, ha richiamato principi affermati nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui e' configurabile il concorso tra un'associazione di stampo mafioso e un'associazione per delinquere dotata di un'autonoma struttura organizzativa che, avvalendosi del contributo di sodali anche diversi dai soggetti affiliati al sodalizio mafioso, persegua un proprio programma delittuoso (nella specie, traffico di sostanze stupefacenti), dalla cui attuazione discende il concomitante conseguimento dell'interesse del clan (Sez. 2, n. 41736 del 09/04/2018, M, Rv. 274077). La Corte di appello ha richiamato altro ricorrente principio secondo cui i reati di associazione per delinquere, generica o di stampo mafioso, concorrono con il delitto di associazione per delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti, anche quando la medesima associazione sia finalizzata alla commissione di reati concernenti il traffico degli stupefacenti e di reati diversi (Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258163). In conclusione, e' stato ritenuto configurabile il concorso formale tra il reato associativo sub capo A) e quello sub capo B) e la conseguente punibilita' degli imputati per entrambi i reati dal momento che il programma del sodalizio mafioso (sub capo A) abbraccia sia il traffico di stupefacenti che altri reati. I due reati sono stati poi unificati ai sensi dell'articolo 81 c.p., comma 2, ricorrendo la continuazione e il trattamento punitivo e' stato individuato in quella previsto per il reato, piu' gravemente punito, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Secondo la tesi difensiva, invece, per i ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) la condotta che viene in rilievo, nelle due contestazioni, e' la medesima ed e' quella relativa al supporto fornito al gruppo che si occupava di spaccio che, tuttavia, viene addebitata ai ricorrenti anche come condotta partecipativa al reato associativo sub capo A). La prospettazione difensiva, ad avviso del Collegio, e' fondata non emergendo, rispetto agli elementi addebitabili a ciascun ricorrente ai fini della partecipazione all'associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, indici ulteriori di partecipazione anche all'associazione mafiosa. Ne consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in relazione al reato sub capo A) ascritto ai predetti imputati, con formula per non avere commesso il fatto e conseguente rideterminazione della pena. Per tali ricorrenti i motivi relativi alla contestazione delle aggravanti sub articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, sono assorbiti. Nella prospettiva della Corte di merito, ha assunto rilievo, ai fini della individuazione dell'idem factum, il rapporto tra fattispecie legali, escludendo, in applicazione dei principi di cui all'articolo 15 c.p., che si versi in ipotesi di concorso apparente bensi' in presenza di concorso formale di reati in quanto nel rapporto tra le due fattispecie manca la piena coincidenza degli elementi costitutivi ed essendo volte alla tutela di beni giuridici differenti. Piu' complessa l'analisi condotta nella sentenza di primo grado strutturata, ai fini del concorso tra fattispecie, sul concreto apporto dei singoli (pagg. 1024). In particolare, in fatto, tale sentenza ha rilevato che: - i due sodalizi erano riconducibili alla medesima reggenza dei fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); - era ravvisabile una parziale, ma importante sovrapposizione fra i soggetti attivi nell'una e nell'altra consorteria, fra i quali (OMISSIS) e (OMISSIS) cui vengono attribuiti compiti organizzativi sia nel settore della droga che in quelli del controllo delle attivita' economiche o delle azioni di carattere intimidatorio; - l'attivita' del riciclaggio dei proventi derivanti dal traffico di droga come dimostrato dai flussi finanziari gestiti sul conto di (OMISSIS); - la circostanza che nelle basi logistiche di via (OMISSIS) e Via (OMISSIS) destinati alla custodia dello stupefacente - in cui erano coinvolti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) - sono state rinvenute anche le armi a disposizione della "(OMISSIS)", evidentemente affidate alla custodia dei predetti indagati in quanto organici al sodalizio; - la circostanza che (OMISSIS) gestisse la movimentazione di un conto corrente bancario riconducibile a (OMISSIS) e non solo per finanziare gli approvvigionamenti di droga sul mercato catanese ma per qualsivoglia esigenza del capomafia; - i membri del gruppo dedito agli stupefacenti mostravano il chiaro assoggettamento gerarchico ai fratelli (OMISSIS). La sentenza di primo grado ha valorizzato, in particolare, l'accertata custodia, nei medesimi covi, di droga e armi, la cui custodia era diretta ad agevolare l'operativita' dell'associazione mafiosa. Rileva il Collegio che, tuttavia, le sentenze in esame non hanno esaminato il tema posto dalla difesa sotto la prospettiva del ne bis in idem connesso all'esame del concorso formale alla stregua dei principi recati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 200 del 2016. Secondo le Sezioni Unite di questa Corte, ai fini della preclusione connessa al principio del ne bis in idem, l'identita' del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona (Sez. U, n. 34655 del 28/6/2005, P.G. in proc. Donati ed altro, Rv. 231799). Si tratta di un'affermazione indiscussa alla quale ha aderito anche la giurisprudenza costituzionale con la richiamata sentenza n. 200 del 31 maggio 2016 che ha dichiarato illegittimita' costituzionale dell'articolo 649 c.p.p. limitatamente alla parte in cui esclude la medesimezza del fatto di reato per la sola circostanza che ricorra un concorso formale di reati tra res indicata e res iudicanda, per contrasto con l'articolo 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU, che vieta invece di procedere nuovamente quando il fatto storico e' il medesimo. Rispetto alla esegesi svolta dai giudici del merito l'eccezione proposta dai ricorrenti va esaminata tenuto conto della nozione di idem factum e dei suoi criteri di individuazione. Come ben evidenziato nella sentenza del Giudice delle leggi, ai fini dell'applicazione dell'articolo 81 c.p., l'interprete deve, infatti, prioritariamente sciogliere il nodo dell'eventuale concorso apparente delle norme incriminatrici, nel quale vengono in rilievo gli elementi del fatto materiale giuridicamente rilevanti, e, fra questi, l'evento del reato, concetto, questo, che possiede un'accezione non meramente empirica ed in cui assume rilievo anche l'interesse giuridico tutelato. Tale operazione non esaurisce l'esame dell'interprete ai fini dell'applicazione del divieto di bis in idem anche nell'ipotesi in cui si sia in presenza di fattispecie penali che, sul piano astratto, si pongono in concorso formale tra loro. Il punto controverso nella giurisprudenza di legittimita' - al di la' della nitidezza dell'affermazione di principio contenuto nella risalente sentenza Donati - e posto alla base della sentenza della Corte Costituzionale del 2016, si gioca, in particolare, sulla incidenza dell'evento naturalistico e/o giuridico del reato e dell'interesse giuridico oggetto di tutela nell'ordinamento sulla nozione di idem factum e, quindi, nel discernimento, del rilievo (del limite) della qualificazione giuridica (l'idem legale) rispetto alla nozione storico-naturalistica alla quale rinvia la nozione di idem factum, inequivocabilmente posta a base del Protocollo a n. 4 alla CEDU. Orbene, la pronuncia del Giudice delle leggi ha riscontrato l'erroneita' dell'opinione prevalente nella giurisprudenza che concentra l'attenzione sulla dimensione giuridica del fatto e consente la celebrazione di un nuovo giudizio nei confronti dello stesso imputato quando siano differenti le norme giuridiche che lo incriminano, dando luogo ad un'ipotesi di concorso formale. Sulla base delle sollecitazioni provenienti dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo (Grande Camera, 10/2/2009, Zolotoukhine contro Russia), la Corte costituzionale ha quindi ribadito la necessita' di prendere in considerazione il fatto naturalistico nella sua materialita' e concretezza, da individuarsi in base alle coordinate spazio-temporali della sua commissione. Il Giudice delle leggi ha osservato che: "Il fatto storico-naturalistico rileva, ai fini del divieto di bis in idem, secondo l'accezione che gli conferisce l'ordinamento, perche' l'approccio epistemologico fallisce nel descriverne un contorno identitario dal contenuto necessario. Fatto, in questa prospettiva, e' l'accadimento materiale, certamente affrancato dal giogo dell'inquadramento giuridico, ma pur sempre frutto di un'addizione di elementi la cui selezione e' condotta secondo criteri normativi. Non vi e', in altri termini, alcuna ragione logica per concludere che il fatto, pur assunto nella sola dimensione empirica, si restringa all'azione o all'omissione, e non comprenda, invece, anche l'oggetto fisico su cui cade il gesto, se non anche, al limite estremo della nozione, l'evento naturalistico che ne e' conseguito, ovvero la modificazione della realta' indotta dal comportamento dell'agente. E' chiaro che la scelta tra le possibili soluzioni qui riassunte e' di carattere normativo, perche' ognuna di esse e' compatibile con la concezione dell'idem factum. Questo non significa che le implicazioni giuridiche delle fattispecie poste a raffronto comportino il riemergere dell'idem legale. Esse, infatti, non possono avere alcun rilievo ai fini della decisione sulla medesimezza del fatto storico. Ad avere carattere giuridico e' la sola indicazione dei segmenti dell'accadimento naturalistico che l'interprete e' tenuto a prendere in considerazione per valutare la medesimezza del fatto". Si trae dalle affermazioni della Corte costituzionale la conseguenza che, sebbene non riconosciuto espressamente dalla lettera della Costituzione, il principio del ne bis in idem sia "immanente alla funzione ordinante cui la Carta ha dato vita, perche' non e' compatibile con tale funzione dell'ordinamento giuridico una normativa nel cui ambito la medesima situazione giuridica possa divenire oggetto di statuizioni giurisdizionali in perpetuo divenire. Nel diritto penale, la Corte Costituzionale ha da tempo arricchito la forza del divieto, proiettandolo da una dimensione correlata al valore obiettivo del giudicato (sentenze n. 6 e n. 69 del 1976, n. 1 del 1973 e n. 48 del 1967) fino a investire la sfera dei diritti dell'individuo, in quanto "principio di civilta' giuridica" (ordinanza n. 150 del 1995; inoltre, sentenze n. 284 del 2003 e n. 115 del 1987), oltretutto dotato di "forza espansiva" (sentenza n. 230 del 2004), e contraddistinto dalla natura di "garanzia" personale (sentenza n. 381 del 2006)". Proseguendo nella disamina dei principi e del loro bilanciamento, la Corte ha inoltre osservato come "le sempre opinabili considerazioni sugli interessi tutelati dalle norme incriminatrici, sui beni giuridici offesi, sulla natura giuridica dell'evento, sulle implicazioni penalistiche del fatto e su quant'altro concerne i diversi reati, oggetto dei successivi giudizi, non si confanno alla garanzia costituzionale e convenzionale del ne bis in idem e sono estranee al nostro ordinamento" concludendo "in definitiva l'esistenza o no di un concorso formale tra i reati oggetto della res iudicata e della res iudicanda e' un fattore ininfluente ai fini dell'applicazione dell'articolo 649 c.p.p., una volta che questa disposizione sia stata ricondotta a conformita' costituzionale, e l'ininfluenza gioca in entrambe le direzioni, perche' e' permesso, ma non e' prescritto al giudice di escludere la medesimezza del fatto, ove i reati siano stati eseguiti in concorso formale. Ai fini della decisione sull'applicabilita' del divieto di bis in idem rileva infatti solo il giudizio sul fatto storico". Riconducendola all'ipotesi classica dell'articolo 649 c.p.p. (in presenza, cioe' di un giudicato) E, con chiarezza, rispetto alla situazione rimessa al giudizio, concludeva nei senso che l'autorita' giudiziaria "sara' tenuta a porre a raffronto il fatto storico, secondo la conformazione identitaria che esso abbia acquisito all'esito del processo concluso con una pronuncia definitiva, con il fatto storico posto dal pubblico ministero a base della nuova imputazione. A tale scopo e' escluso che eserciti un condizionamento l'esistenza di un concorso formale, e con essa, ad esempio, l'insieme degli elementi indicati dal rimettente nel giudizio, principale quali la natura del reato; il bene giuridico tutelato; l'evento in senso giuridico". E', dunque, alla luce di tali coordinate che devono essere esaminate le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata in risposta alle deduzioni difensive soprattutto nella parte in cui sono stati richiamati risalenti principi giurisprudenziali che devono essere attualizzati sulla scorta di questa nuova cornice che, al di la' di incertezze pure segnalate dalla dottrina, costituisce un imprescindibile punto di arrivo del sistema nella individuazione dell'idem factum come fatto storico, che va accertato, in riferimento alla singola posizione dell'imputato, con riferimento alle specifiche contestazioni potendo, invece, sicuramente escludersi l'idem factum in presenza di contestazioni di condotte che abbiano diversa perimetrazione temporale. Una simile evenienza, che sarebbe ostativa ex se all'applicazione del divieto di bis in idem, deve certamente escludersi, con riguardo alla posizione degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con riferimento ai quali, i fatti oggetto di addebito nelle due contestazioni per reato associativo si concentrano (e coincidono) con le attivita' poste in essere negli anni 2015 e seguenti, oggetto di intercettazione. I giudici di appello hanno valorizzato, al fine di scongiurare il rischio di una inammissibile duplicazione di processo per i medesimi fatti, la diversita' dei ben giuridici oggetto dei reati ed hanno insistito sulla configurabilita' del concorso tra un'associazione di stampo mafioso e un'associazione per delinquere che, avvalendosi del contributo di sodali affiliati al sodalizio mafioso, persegue un programma delittuoso, imperniato sul traffico di stupefacenti, dalla cui attuazione discende il concomitante conseguimento dell'interesse del clan non potendo configurarsi la violazione del ne bis in idem, mancando, nel rapporto tra le due fattispecie associative, piena coincidenza degli elementi costitutivi. Ma non si tratta di una conclusione valida in generale e in astratto. Diversamente e' a dirsi, invece, quando, come nel caso in esame con riferimento ai ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), si registra una piena coincidenza e corrispondenza tra la condotta materiale oggetto di addebito, quali componenti dell'associazione dedita allo spaccio, e quella partecipativa degli imputati al reato associativo di cui al capo A), condotte materiali, storiche e fattuali perfettamente sovrapponibili. In tal caso si seguirebbe un approccio formalistico e si assumerebbe a parametro dell'idem factum una nozione astratta dell'evento limitandosi ad affermare che le condotte ledono beni giuridici non coincidenti anche perche' la tutela del bene salute, che rientra nello spettro di tutela della previsione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, si accompagna, anche in tale fattispecie incriminatrice, alla tutela del bene ordine pubblico. I fatti ricostruiti nella loro concreta dimensione fenomenica e materiale posti a base della dichiarazione di responsabilita' degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) non possono essere sussunti, ostandovi il divieto di bis in idem, nel reato sub capo A) non emergendo ulteriori indici della partecipazione al reato di mafia, ma esclusivamente in relazione al reato di cui al capo B) avendo fornito, come di seguito precisato, un apprezzabile e consapevole contributo al conseguimento delle finalita' tipiche dell'organizzazione intesa allo spaccio ancorche' asservita alla realizzazione del profitto a vantaggio dell'associazione mafiosa, aspetto, questo, che rientra nel focus soggettivo e oggettivo dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.. Deve, infine, precisarsi che gli altri ricorrenti, anche in fattispecie apparentemente simili a quella di ricorrenti innanzi indicati, non hanno specificamente posto il tema della violazione del bis in idem limitandosi a contestare la configurabilita' dei reati e la sussunzione delle condotte accertate nelle fattispecie incriminatrici, anche contestandone il concorso, senza porre specificamente il tema della violazione di legge, in relazione all'articolo 649 c.p.p. che, pertanto, in applicazione principio devolutivo dell'impugnazione, non e' stata oggetto di esame. 9.Con riguardo ai motivi di ricorso che investono il trattamento sanzionatorio, perche' eccessivo; al diniego di applicazione delle circostanze attenuanti generiche; al giudizio di bilanciamento tra circostanze ordinarie e alla misura dell'aumento a titolo di continuazione fra reati prospettati sotto plurimi aspetti quali il vizio di violazione di legge, in relazione agli articoli 62-bis, 81 e 133 c.p., nonche' il vizio di motivazione, anche per omesso esame delle deduzioni difensive a riguardo, va, in generale, rilevato che si tratta della denuncia di vizi che involgono un profilo della regiudicanda, rimesso all'esclusivo apprezzamento del giudice di merito e sottratto a scrutinio di legittimita' quando risulti sorretto da esauriente e logica motivazione. Nel caso della sentenza in esame la motivazione risulta incentrata sul complessivo giudizio di gravita' dei fatti, i negativi precedenti penali, plurimi ed anche specifici, a carico degli imputati e, infine, il giudizio negativo sulla loro personalita', quale evincibile dai fatti e dalla loro dinamica, il piu' delle volte perdurante nel tempo e, dunque espressiva di un piu' elevato giudizio di pericolosita' sociale collegato alla capacita' a delinquere di ciascuno. Puo' ritenersi, pertanto, che la Corte territoriale ha fatto buon governo delle regole rimesse all'apprezzamento del giudice del merito nell'esercizio del potere sanzionatorio effettuando una globale valutazione del fatto e della personalita' dell'imputato, esprimendo sul punto una ragionata motivazione che non e' inficiata sol perche' il giudice non abbia preso in considerazione tutti i parametri indicati dall'articolo 133 c.p. purche', come nel caso in esame, abbia valorizzato anche aspetti soggettivi che orientano la scelta del trattamento punitivo. Al confronto con tali argomenti appaiono meramente assertivi, in chiave di pretesa minore gravita' del fatto, i motivi di ricorso che denunciano la eccessivita' della pena, ovvero la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, soffermandosi ora sull'"asprezza" del trattamento sanzionatorio ora evocando il contributo modesto o talvolta marginale, o addirittura lieve prestato al sodalizio ora il contenuto arco temporale dell'adesione al gruppo ora il comportamento processuale enucleando parametri di valutazione che non possiedono maggiore e o migliore efficacia dimostrativa della capacita' a delinquere degli imputati rispetto a quelli valorizzati dai giudici del merito. 10. Le posizioni dei singoli ricorrenti. 10.1. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. I motivi di ricorso che contestano il giudizio di responsabilita' sono generici e consistono nella mera riproduzione dei motivi di impugnazione che la Corte di merito ha compiutamente esaminato facendo corretta applicazione delle coordinate ermeneutiche (descritte al punto 7. del Considerato in diritto) ai fini della configurabilita' del consapevole contributo partecipativo del ricorrente al reato associativo di cui al capo B). In particolare, non hanno fondamento le censure che contestano la "cripticita'" delle conversazioni intercettate e la erronea valutazione della "presenza", asseritamente saltuaria, del ricorrente nella base logistica di via (OMISSIS) e di quella di via (OMISSIS), presenze collegate, nella prospettazione difensiva, all'acquisto di stupefacenti dei quali il ricorrente e' assuntore e alla circostanza che egli si recava in via (OMISSIS) perche' ivi abitano i congiunti. La Corte di merito (pag. 172 e ss.) ha evidenziato come il ricorrente abbia fatto riferimento (cosi' con il ricorso) ad un'unica conversazione (in questa sede si tratta di due conversazioni del 18 febbraio 2017 e 8 aprile 2017) isolandole pero' dall'intero compendio intercettativo che comprende numerose conversazioni (a partire dal 27 settembre 2016) affatto riconducibili alla "mera frequentazione fra congiunti", con il cugino, (OMISSIS), o a frequentazioni con (OMISSIS) e (OMISSIS) determinate dall'acquisto di droga per uso personale. Risulta corretta l'affermazione della Corte di merito secondo la quale il ricorso al linguaggio criptico, immediatamente chiaro ai loquenti, denota il carattere illecito dell'oggetto delle conversazioni che devono essere correlate le une alle altre e con gli altri elementi acquisiti per inferirne il contenuto che, per quanto concerne i frequenti rapporti e contatti fra il ricorrente e i sodali dell'associazione, (OMISSIS) e (OMISSIS), preposti alle attivita' di organizzazione dello spaccio, non appare sovrapponibile a lecite attivita' occultando, viceversa, la gestione di affari illeciti ne' tale contenuto rimanda a mere operazioni di acquisto di droga da parte del ricorrente quanto piuttosto al suo coinvolgimento nelle operazioni di procacciamento della droga, consegna ai correi e, in altre circostanze, cessione a terzi. Ad affari illeciti inequivocabilmente rimanda la conversazione, intervenuta con (OMISSIS) il 18 febbraio 2017 nel corso della quale (OMISSIS) rimproverava il ricorrente per il ritardo ma gli raccomandava, con una certa insistenza - si precisa in sentenza - di stare attento e farsi un giro con un chiaro significato di controllare attivita' di polizia in corso e, cosi', ulteriori conversazioni e contatti con (OMISSIS) che ruotano intorno ad incontri per scambi di "cose" portate da (OMISSIS) al (OMISSIS); il coinvolgimento dell' (OMISSIS) in operazioni di "preventivi"; appuntamenti presso il "covo" (cosi' testualmente nelle conversazioni) e, infine, a dimostrazione della conoscenza, da parte del ricorrente, del sistema di gestione dei flussi facenti capo all'associazione, il contenuto della conversazione del 10 aprile 2017 che la Corte di appello legge in una a quella dell'8 aprile 2017 e dalle quali emerge il contrappunto mostrato dall'imputato in merito all'arrivo e ritardo di (OMISSIS), che gestiva i flussi del conto corrente in uso all'associazione, atteggiamento incompatibile con le asserite operazioni di acquisto di droga per uso personale. Ne' e' provata una causale lecita sottostante ai rapporti finanziari con il (OMISSIS). 10.1.1. Anche il secondo motivo di ricorso e' manifestamente infondato poiche' la sentenza impugnata, con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, ha evidenziato, rispetto alla deduzione difensiva che non era accertato il quantitativo degli approvvigionamenti di droga, che era, invece, accertata la capacita' di approvvigionamento continuo e sistematico di sostanze stupefacenti in piu' zone della Sicilia ed anche fuori da tale regione (in Campania), modalita' incompatibile con una organizzazione volta alla commissione di fatti di lieve entita'. 10.2. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) in relazione all'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2022, articolo 71, che va eliminata, nonche' con riferimento al reato di cui alla L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7, come contestato al capo W), relativamente alla detenzione di arma comune da sparo perche' assorbito in quello di detenzione di arma clandestina oggetto di contestazione al capo TT) riqualificando, altresi', la condotta di detenzione di munizioni ai sensi dell'articolo 697 c.p. aggravato ai sensi dell'articolo 416-bis.1 c.p. con rinvio, per la rideterminazione della pena in relazione tale reato contravvenzionale alla Corte di Assise di Caltanissetta. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile nel resto. 10.2.1. Il secondo motivo di ricorso, di cui si e' (sopra al p. 6) denunciato l'errore metodologico con conseguente declaratoria di manifesta infondatezza e' anche generico perche' riproduce motivi di impugnazione che la Corte di merito, in linea con le valutazioni compiute nella sentenza di primo grado, ha compiutamente esaminato facendo corretta applicazione delle coordinate ermeneutiche (descritte al punto 7. del Considerato in diritto) ai fini della configurabilita' del consapevole contributo partecipativo del ricorrente al reato associativo di cui al capo A). Va solo precisato che, diversamente che per gli altri imputati in relazione ai quali e' stato esaminato il tema della violazione del divieto di ne bis in idem, il ricorrente non ha specificamente proposto tale motivo. Anche ai fini dell'esame del vizio di violazione di legge, il ricorso deve, infatti, essere specifico non essendo sufficiente, a connotarlo in termini di specificita', il mero richiamo al capo della decisione (nella specie, la condanna per il reato di cui al capo A) ma necessario il riferimento alle norme di legge che si assumono violate. La condanna del ricorrente per il reato associativo di cui al capo A) e' pienamente giustificata in ragione del suo contributo strutturato sulle condotte in materia di stupefacenti, traffico nel quale il ricorrente era versato. Il ricorrente ha evidenziato come, rispetto ad una contestazione che parte dall'anno 2012, non ne viene registrato alcun contributo fattivo tenuto conto del periodo di detenzione subito; che, in altro processo, e' stata esclusa a suo carico l'aggravante di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. contestatagli sulla base delle stesse dichiarazioni, valorizzate nella sentenza impugnata, dei pentiti. Il ricorrente, infine, ritiene che sia irrilevante la sua presenza nel "covo" di via (OMISSIS), giustificata dalle sue frequentazioni extra coniugali e non configurabile il coinvolgimento nei reati-fini dell'associazione, perche' sussumibili in una forma di connivenza non punibile o, comunque, estranei al suo contributo. La Corte di appello (pagg. 161 e ss.) pur dando atto della genericita' dei motivi di impugnazione, per il mancato confronto con le evidenze di prova illustrate nella sentenza di primo grado, ha ricostruito i colloqui (intercettati) del ricorrente intercorsi con (OMISSIS) e (OMISSIS) e ne ha ricostruito il rapporto a doppio filo con il (OMISSIS), rapporto che consente di approfondire, e conferire maggiore significato, alla presenza del ricorrente nel covo di via (OMISSIS) dove era in corso una intensa attivita' illecita che, secondo la sentenza impugnata, preoccupava (OMISSIS) che si riprometteva di parlare della cosa con (OMISSIS). La Corte di merito ha esaminato, inoltre, i rapporti del ricorrente con (OMISSIS), meglio descritti in prosieguo, riconducibili ad attivita' in materia di stupefacenti di cui il (OMISSIS) era fornitore e cessionario, non mancando di evidenziare che effettivamente (OMISSIS) non fa riferimento al ricorrente come partecipe del reato associativo, discrasia spiegata con il fatto che (OMISSIS) non aveva conoscenza, per la brevita' e caratteristiche della sua partecipazione dell'organigramma associativo, ma non certificativa della mancata partecipazione del ricorrente all'associazione stessa, secondo l'interpretazione proposta con il ricorso. Si sono illustrate ai punti 6.1. e 6.2 del Considerato in diritto le ragioni che hanno giustificato, secondo le corrette argomentazioni dei giudici del merito, la sussistenza delle aggravanti di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 4 e 6, con ragioni pienamente estensibili al ricorrente che, del resto, frequentava il covo di via (OMISSIS) dove, in esito alla irruzione dell'8 novembre 2016, venivano rinvenute droga e armi (una pistola cal. 7,65 e munizioni), argomento che refluisce anche in punto di responsabilita' del reato di cui al capo A) potendo ricondursi all'imputato la gestione del "covo" e di quanto in esso rinvenuto. 10.2.2. Il quarto motivo di ricorso e' generico e manifestamente infondato. Si sono illustrate, al punto 7. del Considerato in diritto, le ragioni per le quali la Corte di merito, con corrette argomentazioni giuridiche, ha ritenuto sussistente il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, in presenza della esistenza (comprovata dalle intercettazioni; dei servizi di osservazione; delle risultanze delle operazioni di perquisizione e sequestro) di una struttura operativa alla quale era riconducibile una seriale e continuativa attivita' di reperimento, acquisto, stoccaggio e vendita di stupefacenti, associazione alla quale e' riconducibile il contributo partecipativo dell'imputato piuttosto che l'ipotesi della "connivenza non punibile", allegata in ricorso. Infatti, la Corte (pag. 167) ha valorizzato i contatti del ricorrente con (OMISSIS) e, a comprova del contributo partecipativo dell'imputato, ha evidenziato la conversazione dell'8 ottobre 2016, in cui (OMISSIS), fratello di (OMISSIS), lamentava il comportamento di questi e di (OMISSIS) e il ricorrente lo rassicurava dicendogli che "avrebbe provveduto a metterli a posto". "Ricompaiono", osserva la sentenza di appello, "il linguaggio e le gerarchie tipiche dell'organizzazione mafiosa in cui l'imputato occupava un posto di rilievo tanto da poter intervenire su persone collocate ad un piu' basso livello dell'organizzazione piramidale". Inoltre, la Corte ne ha descritto il commento in occasione della perdita della droga, sequestrata nel covo di via (OMISSIS), sul mancato pagamento di questo dovuto al (OMISSIS), al quale il ricorrente si riprometteva di "rifilare un bel tappo" non pagandogli quanto ancora dovuto, proposito che ne esprimeva non solo la consapevolezza della perdita della droga ma la gestione, in prima persona, delle implicazioni di tale vicenda e dei suoi costi economici. Al di la' della sinteticita' della motivazione della Corte in merito alle aggravanti (del numero delle persone, coinvolte nel reato associativo sub capo B) e dell'automatica sussistenza anche dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. (in tal senso la sentenza impugnata a pag. 168) la ricostruzione svolta al punto 7.2 del Considerato in diritto e gli elementi in fatto illustrati nella sentenza impugnata danno pienamente conto della sussistenza degli elementi che integrano l'aggravante dell'agevolazione mafiosa a carico dell'imputato, ritenuto responsabile anche del reato di cui al capo A) e a pieno titolo coinvolto, con un ruolo affatto marginale, nella gestione del covo e nella rivendicazione delle conseguenze connesse alla perdita della droga. Manifestamente infondato il motivo di ricorso sub 9, con il quale il ricorrente censura la mancata riqualificazione del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6. A tal riguardo e' sufficiente richiamare le considerazioni svolte al punto 7.3 del Considerato in diritto, immediatamente applicabili all'imputato in ragione degli elementi quantitativi del traffico che concernono i reati ascrittigli ai capi RR) e SS). 10.2.3. (OMISSIS) risponde, altresi', del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4 e articolo 80 (capo RR); del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 (capo SS) e dei reati in materi di armi (contestati ai capi W), TT e UU) che fanno riferimento al rinvenimento di droga (52 chilogrammi di hashish; 920,2 gr. di cocaina; una pistola semiautomatica, con matricola abrasa, marca "Attila fleg" e 16 cartucce di vario genere nonche' materiale di taglio e confezionamento) in occasione della perquisizione eseguita l'8 novembre 2016 nel cd. covo di via (OMISSIS). A queste contestazioni fanno riferimento, in punto di responsabilita', configurabilita' dei reati e delle aggravanti, i motivi di ricorso sviluppati sub 5), 6) 7) e 8), motivi che involgono problematiche comuni e che, pertanto, possono essere trattati congiuntamente. Le prospettazioni difensive svolte dal ricorrente a confutazione del giudizio di colpevolezza per la riconducibilita' del possesso di droga (hashish e cocaina) e armi (l'occasionale presenza dell'imputato presso il covo, dovuta alla necessita' di riparare in un immobile per gestire le sue relazioni extraconiugali; la circostanza che (OMISSIS) lo avesse scagionato dall'essere correo nella detenzione) si risolvono in inammissibili motivi volti a contrastare le argomentazioni con le quali i giudici di merito hanno gia' disatteso le tesi della difesa escludendo che la presenza del ricorrente nel covo di via (OMISSIS) fosse tutt'altro che occasionale e la credibilita' del (OMISSIS), che lo ha scagionato. La sentenza impugnata ha evidenziato che l'irruzione era stata preceduta da osservazioni, durate circa una settimana, che constatavano la ricorrente presenza dell'imputato nel covo (v. pag. 878 della sentenza di primo grado in piu' occasioni, perlomeno il 31 ottobre, occasione in cui apre, con le chiavi in suo possesso, il portone dello stabile; il 2 novembre; il 3 novembre, anche in piu' occasioni, sempre utilizzando la chiave in suo possesso per aprire il portone e portando in mano un vasetto che sembrava contenere mannitolo; il 5, 6 e 7 novembre). Le valutazioni della Corte di merito, lungi dal connotarsi come manifestamente illogiche, sono precise, con riferimento alle circostanze di fatto che hanno accertato la ricorrente presenza dell'imputato nel covo di cui il ricorrente propone una diversa e alternativa lettura con un'operazione che non e' sperimentabile in questa sede anche tenuto conto che il legame di parentela dell'imputato con (OMISSIS) finisce con il condizionarne, in senso negativo, il giudizio di attendibilita'. Ma e' esaustiva, a smentita della riduttiva versione che il ricorrente propone, la circostanza che, come si e' anticipato trattando le sue argomentazioni difensive in relazione al reato associativo, l'imputato "rivendica", rovesciandole a danno del (OMISSIS), le conseguenze economiche negative della perdita della droga, un'operazione che puo' compiere solo il soggetto che ne aveva la disponibilita' e corrispondente al suo potere dispositivo. I motivi di ricorso che contestano la sussistenza delle aggravanti (quella di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80 in relazione al reato di cui al capo RR) e quella di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. per tutti i reati sono manifestamente infondati. L'applicazione dell'aggravante, nel caso in esame, a prescindere dall'ampiezza del superamento del valore soglia, appare pienamente giustificata, in relazione alla obiettiva gravita' del fatto, a fronte del numero davvero imponente di dosi (281.044) che potevano estrarsi dall'hashish caduto in sequestro. Sull'aggravante della finalita' agevolativa di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. si rinvia, fermi i requisiti per la configurabilita' dell'aggravante innanzi illustrati, alle circostanze di fatto ed alla intervenuta condanna, per il ricorrente, in relazione al reato di cui al capo A). Non hanno fondamento giuridico, le deduzioni difensive sulla configurabilita' e sussistenza del reato di cui all'articolo 648 c.p., fattispecie che e' ritenuta pacificamente sussistente in presenza di arma abrasa poiche' il possesso di un'arma clandestina integra di per se' la prova del delitto di ricettazione, poiche' l'abrasione della matricola, che priva l'arma medesima di numero e dei contrassegni di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, articolo 11, essendo chiaramente finalizzata ad impedirne l'identificazione, dimostra, in mancanza di elementi contrari, il proposito di occultamento del possessore e la consapevolezza della provenienza illecita dell'arma (Sez. 1, n. 37016 del 28/05/2019, Spina, Rv. 276868). 10.2.4. E' fondato il motivo di ricorso sub 7, in merito al reato di detenzione dell'arma comune da sparo, ascritto al ricorrente al capo W), in applicazione della regula iuris secondo cui il reato di cui alla L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7 come sostituiti dalla L. n. 497 del 1974, articoli 10 e 14, deve ritenersi assorbito in quello di detenzione di arma clandestina, di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, articolo 23, commi 1 e 3, per il quale e' intervenuta condanna al capo sub TT). Ne consegue la riqualificazione della detenzione delle munizioni indicata al capo W) ai sensi dell'articolo 697 c.p., aggravato ex articolo 416-bis 1, c.p. con rinvio per la rideterminazione della pena per detto reato, come ritenuto, ad altra Sezione della Corte di appello di Caltanissetta. Deve rilevarsi che la sentenza impugnata ha ricondotto a mesi uno di reclusione l'aumento di pena per il reato di cui al capo W), valorizzando anche la natura clandestina dell'arma, mentre per ciascuno dei reati sub capi RR), SS) e TT) ha determinato, per ciascuno, la pena di giorni dieci di reclusione. La pena per il reato contravvenzionale deve, pertanto, essere rideterminata con un'operazione che, involgendo una operazione di carattere discrezionale, non puo' essere compiuta da questa Corte. 10.2.5. E' fondato, ma in concreto privo di rilevanza sulla determinazione della pena il terzo motivo di ricorso. All'imputato sono state applicate, con giudizio di equivalenza, a meno che con l'aggravante ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., le circostanze attenuanti generiche. La Corte di merito (pag. 169) ha ritenuto irrilevanti le aggravanti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80 in relazione alla detenzione dell'hashish e quella di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, non esaminandone la sussistenza perche' la questione era assorbita e sul rilievo che il giudizio di equivalenza andava confermato con riferimento alle circostanze non contestate (il Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, in relazione alla detenzione di cocaina; quelle di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, oltre alla recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale). Premesso che, su piano ontologico, altra cosa, rispetto al giudizio di bilanciamento, e' la valutazione della sussistenza o meno di una circostanza aggravante, l'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, non potrebbe ritenersi correttamente applicata in carenza dell'esame del motivo di impugnazione con il quale il ricorrente ne contestava la sussistenza. Ma, come anticipato, si tratta di un rilievo superato dall'operazione di determinazione della pena poiche' la Corte di merito (cfr. pag. 169) ha escluso la predetta aggravante (irrilevanti, le ragioni corrette o meno di tale affermazione) confermando il giudizio di bilanciamento "solo" con le residue aggravanti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, in relazione alla detenzione di cocaina; quelle di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, oltre alla recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale. 10.2.6. Gli ulteriori rilievi difensivi, sulla mancata applicazione della prevalenza delle generiche; determinazione della pena per il reato sub capo A) e aumento per la continuazione (motivi sub 10) sono manifestamente infondati. Le argomentazioni della Corte di merito - l'oggettiva gravita' della condotta sub capo SS) per la tipologia e qualita' della droga detenuta (gr. 920 di cocaina); le considerazioni sulla personalita' criminologica dell'imputato, in ragione dei suoi precedenti; la misura di pena applicata in aumento per il capo A) (contenuta in mesi 5) di reclusione) non consentono di ritenere che il giudice abbia fatto malgoverno dei poteri discrezionali riconosciutigli dall'articolo 133 c.p. e men che mai che sia stata applicata la pena, prevista per la partecipazione all'associazione armata dopo l'aumento per le condotte successive al 2015. 10.3. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS), in relazione al reato di cui agli articoli 110, 648-ter.1 c.p. riqualificato ai sensi dell'articolo 648-bis c.p.. Il ricorso di (OMISSIS) deve essere rigettato nel resto. 10.3.1 Non e' fondata ed e' stata correttamente impostata nella sentenza impugnata (pag. 180 e ss.) la censura del ricorrente sulla pretesa diversita' dei fatti contestatigli ai capi JJJ), relativo alla intestazione fittizia della societa' (OMISSIS) (costituita il 29 settembre 2014) e le condotte di autoriciclaggio (articolo 648-ter.1 c.p.) ascrittegli al capo KKK). Il tema, cosi' come proposto, e' estraneo alla fattispecie processuale della diversita' del fatto e rimanda, invece, alla valutazione delle risultanze probatorie acquisite attraverso le operazioni di intercettazioni telefoniche, eseguite nel periodo 6 ottobre 2015/19 maggio 2016, che sono effettivamente successive alla costituzione della societa' (OMISSIS) s.r.l.s. di cui era formalmente unico titolare (al 100% delle quote) (OMISSIS), figlio del ricorrente e amministratrice la moglie del ricorrente ( (OMISSIS)). Le conversazioni intercettate sono, tuttavia, utili per comprovare l'operazione di ingresso, nel capitale della societa' gia' costituita nel 2014, di (OMISSIS) e (OMISSIS) e le attivita' di gestione della discoteca (OMISSIS), riconducibili sia all'odierno ricorrente che a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nel periodo autunno/inverno 2015. (OMISSIS) (e non il figlio, titolare formale delle quote societarie) e' l'autore dei contatti funzionali alle operazioni necessarie per realizzare l'ingresso occulto dei (OMISSIS) nel capitale sociale della (OMISSIS) s.r.l. ed e' il soggetto che aveva perfetta conoscenza della identita' dei soci e delle loro caratteristiche soggettive e, quindi, pienamente consapevole che le operazioni svolte erano funzionali a celare l'ingresso dei soci nel capitale sociale al fine di eludere l'applicazione di misure di prevenzione patrimoniale. In poche parole, l'imputato s(e' adoperato per portare a termine le operazioni di ingresso di nuovi soci nella societa' del figlio, gia' operativa, lasciandone immutata la titolarita' formale in capo a (OMISSIS) che acquistava, cosi' il ruolo di soggetto interposto. La sentenza impugnata, a questo fine, ha riprodotto le conversazioni intercettate che documentano le operazioni di trasferimento di denaro verso l'imputato finalizzate all'ingresso nel capitale sociale: di rilievo, ai fini che ci occupano, quella del 16 ottobre 2015, nel corso della quale, dopo alcune conversazioni in cui si discuteva espressamente della regolarizzazione cartolare della societa', (OMISSIS) comunicava a (OMISSIS) l'avvenuta consegna del denaro all'imputato. Questa e' solo la prima di una serie di conversazioni dalle quali emergono le richieste di consegna di denaro, per partecipare alla titolarita' della societa' e, infine, anche alla gestione, richieste avanzate da (OMISSIS) a (OMISSIS) e da questi "girate" a (OMISSIS). Rileva la Corte di appello come non si sia trattato di un investimento ingente e, del resto, le questioni ben presto insorte fra (OMISSIS) e i fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), avevano riguardato i mancati stellari introiti che gli investitori si erano immaginati e che non trovavano corrispondenza negli incassi effettivi. Le questioni culminavano nell'aggressione a mano armata consumata da (OMISSIS) ai danni di (OMISSIS), riprodotta nella conversazione intercettata il 19 maggio 2016 (pagg. 216 e ss. della sentenza impugnata). La conversazione segue quelle, di cui e' spesso autore (OMISSIS), sui mancati introiti (sperati) dalla gestione della discoteca e la pretesa di (OMISSIS) di avere in restituzione le somme sborsate. Nel corso della conversazione del 19 maggio 2016, (OMISSIS) intimava a (OMISSIS) di fargli avere indietro i soldi perche' aveva un assegno in scadenza aggiungendo che, se fosse andato protestato, lo avrebbe distrutto e gli avrebbe sparato quattro colpi. Premesso che il reato di trasferimento fraudolento di valori di cui all'articolo 512-bis c.p., funzionale all'operazione di ingresso dei fratelli (OMISSIS) nella societa' (OMISSIS) s.r.l. cosi' schermata, ha natura istantanea con effetti permanenti, il reato e' configurabile non solo in fase di creazione ab origine di una societa' ma anche nel caso di operazioni economiche volte a realizzare una modifica della compagine sociale attraverso il conferimento di capitali, compagine in cui subentra un nuovo soggetto. Le operazioni di intercettazione documentano inequivocabilmente, il riferimento al subingresso nelle quote societarie - ovviamente mascherato e non dichiarato - di (OMISSIS) e (OMISSIS), con perfetta sovrapposizione alla contestazione, che reca l'indicazione della commissione del fatto in epoca prossima e successiva al 29 settembre 2014, data di costituzione della societa', e sino al novembre 2015. Come noto, il delitto di trasferimento fraudolento di valori di cui all'articolo 512-bis c.p. non ha natura di reato plurisoggettivo improprio, ma rappresenta una fattispecie a forma libera in cui la condotta di concorso puo' realizzarsi attraverso forme variegate: nel caso in esame, l'imputato, che non era il titolare interposto del bene, ha fornito il suo contributo consapevole alla consumazione del reato occupandosi delle operazioni funzionali alla realizzazione dell'ingresso, schermato, dei (OMISSIS) nella titolarita' della societa' (che restava formalmente intestata al figlio e non modificata) al fine di eludere misure ablatorie delle quali i (OMISSIS) potevano essere destinatari. Anche se le successive operazioni commerciali risultanti dalle intercettazioni, che attengono alla normale dinamica societaria nelle quali il ricorrente e' pure coinvolto, non sono direttamente riferibili alla commissione del reato, ormai perfezionatosi, esse sono nondimeno rilevanti a comprova dell'effettivita' dell'ingerimento del (OMISSIS) nella gestione dell'attivita' economica facente capo alla societa', per come si evince dai contatti frequenti con (OMISSIS) per seguire l'organizzazione delle serate danzanti, e che corrispondono all'esercizio effettivo dei poteri gestori derivanti dalla partecipazione alla societa'. 10.3.2. Da tanto consegue anche la infondatezza del secondo motivo di ricorso proposto da (OMISSIS) poiche' appaiono pienamente integrati, attraverso le descritte condotte sorrette dal necessario coefficiente psicologico, tutti gli elementi costitutivi del reato al cui perfezionamento non osta che l'imputato avesse comunque investito nell'iniziativa proprie somme. 10.3.3. E', inoltre, accertato dalle conversazioni innanzi riportate che l'imputato ha ricevuto dai fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS) e impiegato nel finanziamento della societa' e nella gestione delle attivita' economiche facenti capo alla (OMISSIS) s.r.l. somme di denaro, per lo piu' in contante o costituite da assegni sottoscritti da altre persone, derivanti dalle illecite attivita' dei fratelli (OMISSIS) in quanto provento dei guadagni di traffico di stupefacenti o altre attivita' illecite, illecite attivita' alle quali l'imputato era estraneo, come precisato fin dal capo di imputazione. Tale condotta integra, piuttosto che il concorso nel delitto di autoriciclaggio, ascrivibile a (OMISSIS) che, nella partecipazione alla societa' aveva investito i guadagni derivatigli dalle illecite attivita' svolte con il traffico di droga ed estorsioni, il reato di riciclaggio previsto dall'articolo 648-ter c.p.. Il reato di cui all'articolo 648-ter.1 c.p. e' un delitto a forma libera realizzabile attraverso condotte caratterizzate da un tipico effetto dissimulatorio e finalizzate ad ostacolare l'accertamento o l'astratta individuabilita' dell'origine delittuosa del denaro, dei beni o delle altre utilita' che si intendono occultare. E' un reato proprio, attribuibile, cioe' al soggetto che abbia commesso il reato presupposto, fonte degli illeciti guadagni poi reinvestiti. Si e', tuttavia, discusso in ordine alla qualificazione giuridica della condotta posta in essere dal soggetto extraneus (ovvero che non abbia commesso, ne' concorso a commettere, il delitto non colposo presupposto), il quale abbia fornito un contributo concorsuale causalmente rilevante alla condotta di autoriciclaggio posta in essere dal soggetto intraneus. (ovvero che abbia commesso o concorso a commettere il delitto non colposo presupposto). E', questo, un tema controverso al quale la giurisprudenza di questa Corte ha dato una risposta non univoca, come precisato anche nella sentenza impugnata. Il Collegio ritiene di aderire all'orientamento secondo cui in tema di autoriciclaggio, il soggetto che, non avendo concorso nel delitto-presupposto non colposo, ponga in essere la condotta tipica di autoriciclaggio o contribuisca alla realizzazione da parte dell'autore del reato - presupposto delle condotte indicate dall'articolo 648-ter.1 c.p., risponde di riciclaggio e non di concorso nel delitto di autoriciclaggio essendo questo configurabile solo nei confronti dell'intraneus. (Sez. 2, n. 17235 del 17/01/2018, Tucci, Rv. 272652). Risolutivo, nel percorso ermeneutico tracciato da tale decisione ai fini della qualificazione giuridica della condotta, il rilievo che per il soggetto che non abbia preso parte al reato-presupposto, ed abbia successivamente posto in essere una condotta lato sensu riciclatoria (tipica, ex articolo 648-ter.1 c.p., od anche atipica), agendo in concorso con l'intraneus chiamato a rispondere di autoriciclaggio sarebbe sottoposto ad un trattamento punitivo meno severo ma, soprattutto, il rilievo che la condotta dell'extraneus, che pacificamente prima della introduzione del reato di autoriciclaggio si riteneva integrasse il delitto di cui all'articolo 648-ter c.p. sarebbe sostanzialmente abrogata. D'altro canto, prima dell'introduzione dell'articolo 648-ter.1 c.p. nessun dubbio era mai stato nutrito con riferimento alla configurabilita' del reato previsto e punito dall'articolo 648-bis c.p. in casi nei quali l'autore del delitto-presupposto, pur non punibile, avesse fornito un contributo rilevante alla condotta tipica del riciclatore extraneus; ed, invero, il concorso nell'attivita' riciclatoria del soggetto responsabile del reato presupposto e', secondo l'id quod plerumque accidit, ordinario (essendo naturale che la predetta attivita' illecita venga generalmente ordita su impulso e nell'interesse di quest'ultimo); Le operazioni di intercettazione documentano che il ricorrente ha ricevuto le somme di denaro, funzionali a realizzare il subingresso nelle quote societarie, di (OMISSIS) e (OMISSIS), e altre somme per la gestione della societa', condotte integrano quella di riciclaggio essendo pienamente consapevole della provenienza delle somme dalle attivita' illecite di (OMISSIS). L'operazione di qualificazione giuridica, sulla base di questi elementi di fatto ben noti all'imputato, non comporta lesione dei diritti di difesa ne' la modifica del trattamento punitivo che, del resto, il ricorrente non ha contestato. 10.4. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) in relazione all'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2022, articolo 71, aggravante che va eliminata senza che da tale modifica derivi la necessita' di procedere alla revisione del trattamento punitivo. Il ricorso di (OMISSIS) e', nel resto, inammissibile perche' proposto per motivi generici sia per aspecificita', in quanto non si confrontano con la ricostruzione delle risultanze probatorie compiuta nella sentenza impugnata sia perche' meramente riproduttivo di argomentazioni, sulla configurabilita' dei reati e del contributo del ricorrente, sia perche' propone, di tali risultanze, una rivalutazione essenzialmente di merito, in assenza di evidenti illogicita' della motivazione della sentenza impugnata che alle pagg. 187 e ss. ha puntualmente esaminato tutte le deduzioni difensive. Anche le ulteriori argomentazioni difensive svolte con la memoria ex articolo 611 c.p.p. replicano i medesimi vizi quando non sono indeducibili, come quella che concerne la richiesta di esclusione della parte civile F.A.I.- Antiracket (OMISSIS) Associazione (OMISSIS) in quanto priva di qualsiasi evidenza documentale a sostegno. 10.4.1. Il primo motivo di ricorso e' generico e manifestamente infondato. Il ricorso si concentra sul giudizio di inattendibilita' delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), aspetto sul quale, in aggiunta alle argomentazioni sviluppate al punto 4. del Considerato in diritto, va solo rilevato che la Corte di merito ha precisamente circoscritto la rilevanza del contributo dichiarativo del (OMISSIS) evitando di generalizzarne la valenza (al ruolo dell'imputato, per es. o ad aspetti che esulavano da quelli che il (OMISSIS) aveva descritto per avervi preso parte) e valorizzandoli con riferimento alla diretta conoscenza del dichiarante la cui partecipazione a episodi specifici (l'attentato incendiario al bar "(OMISSIS)") ha trovato precisi riscontri nelle dichiarazioni rese dal titolare dell'esercizio, (OMISSIS), "divenuto" cliente del (OMISSIS) a seguito delle insistenti richieste dell'imputato. Correttamente, poi, la Corte di appello ha ritenuto irrilevante che per taluni degli episodi oggi addebitati al ricorrente abbia proceduto, in fase di indagini, l'autorita' giudiziaria ordinaria, iter affatto incompatibile con il procedere delle acquisizioni investigative, anche attraverso le operazioni di intercettazioni e la loro pubblicazione in fasi successive. Ne' possono ascriversi a mendacio aspetti del racconto del (OMISSIS) non collimanti con la riproduzione (oggettiva) dell'evento del ferimento di (OMISSIS) ricondotte a marginali discrasie che non inficiano il giudizio di attendibilita' o la ricostruzione dei fatti e la loro ascrivibilita' agli autori materiali o individuabili come mandanti ( (OMISSIS) non era presente ne' al ferimento di (OMISSIS) ne' alla spedizione punitiva in danno di (OMISSIS)): la sentenza impugnata, sulla scorta delle intercettazioni e, in particolare di quella del 25 aprile 2016, ha ricostruito, attraverso la viva voce dell'imputato, sia la sua presenza presso l'ospedale dove era stato ricoverato (OMISSIS) che le successive iniziative intraprese per ritorsione, contro il (OMISSIS). 10.4.2. Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla ritenuta sussistenza della qualificata condotta di direzione del sodalizio ascritta all'imputato - che e' in realta' figura autonoma di reato e non circostanza aggravante della condotta di partecipazione di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 1 - e' caratterizzato da strutturale indeterminatezza e genericita': il ricorrente esamina le risultanze processuali offrendone una valutazione riduttiva con riferimento agli episodi (la rissa presso il locale "(OMISSIS)" in cui era rimasto coinvolto (OMISSIS); l'episodio " (OMISSIS)" l'aggressione agli operai (OMISSIS)), ma omette il confronto con le complessive argomentazioni della Corte di appello che ha contestualizzato la rissa al locale "(OMISSIS)" come un vero e proprio scontro tra "personaggi" appartenenti a diversi clan mafiosi e ha valorizzato l'interesse mostrato dal (OMISSIS) (conversazione del 16 novembre 206 intervenuta con (OMISSIS)) volto a conoscere esattamente quali fossero state le parole pronunciate da (OMISSIS) (negate dal (OMISSIS)) secondo cui (OMISSIS) ne aveva contestato l'autorita' (...a mia un minni futti i (OMISSIS)), la reazione violenta dell'imputato e le successive iniziative (la convocazione di uno dei partecipi, (OMISSIS)) per conoscere la dinamica della rissa e dispiegare un intervento volto alla riportare la calma, anche a costo di qualche "schiaffo". Non e' manifestamente illogica la conclusione che, in relazione a tale ultimo episodio, trae la sentenza impugnata quando osserva che (OMISSIS), in forza della propria autorevolezza e carisma aveva organizzato un incontro per comporre un confitto, riportando cosi' la calma tra i corrissanti, il che corrisponde proprio al ruolo di un capo ed ai poteri che questi esercita nella vita del gruppo criminale e rapporto tra partecipi e tra costoro e i terzi. La sentenza impugnata ha esaminato anche le ulteriori deduzioni difensive che sottolineavano la estraneita' del ricorrente ad una vicenda che aveva coinvolto il nipote, (OMISSIS) (il fatto sorprende anche (OMISSIS) che, invece, era intervenuto a difesa dello (OMISSIS)) e, anche in tale caso, i giudici di merito hanno evidenziato come, a prescindere dalle concrete ragioni che avevano determinato il disinteresse di (OMISSIS), cio' che rilevava era la "sorpresa" dei sodali per il suo mancato intervento che era proprio quello che si attendeva dal capo del gruppo. E, evidenziano i giudici, non si trattava di interventi attesi per il risalente carisma del (OMISSIS) - che, invece, in altri episodi, non immediatamente riconducibili a fatti di mafia come l'aggressione a utenti della strada, per questioni di traffico; l'aggressione agli operai della (OMISSIS) interviene rivelando un tratto caratteriale, violento e autoritario - ma proprio di interventi funzionali e corrispondenti a quelli del capo del clan, perfettamente sovrapponibili a quelli esercitati in occasione del ferimento di (OMISSIS), per conoscerne le ragioni e apprestare i rimedi. Le conclusioni dei giudici di merito che hanno individuato in (OMISSIS) il "capo" dell'associazione ne hanno descritto il ruolo direttivo sulla base di corretti presupposti fattuali e di ineccepibili argomentazioni giuridiche poiche' "capo" e' non solo il vertice dell'organizzazione, quando questo esista, ma anche colui che abbia incarichi direttivi e risolutivi nella vita del gruppo criminale e nel suo esplicarsi quotidiano in relazione ai propositi delinquenziali realizzati (Sez. 2, n. 7839 del 12/02/2021, Serio, Rv. 280890). La riconducibilita' a (OMISSIS) del ruolo di capo dell'organizzazione ma anche dominus delle ditte utilizzate per la fornitura di merce consente, infine, di ricondurre all'imputato la circostanza aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. sia con riferimento alla finalita' agevolativa del clan che del metodo mafioso, contestata in relazione a tutti i reati-fine ascritti a (OMISSIS) ai capi da C) a T), aggravanti imputabili al ricorrente sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo in quanto le condotte sono volte immediatamente al rafforzamento del suo potere e idonee, in concreto, a evocare, nei confronti dei consociati, la forza intimidatrice tipica dell'agire mafioso funzionale a una piu' agevole e sicura consumazione del reato. Con riferimento alle condotte estorsive, non e' superfluo richiamare le dichiarazioni rese da (OMISSIS), persona offesa del reato sub capo L), reato commesso il (OMISSIS), secondo le quali si era diffusa, tra i commercianti di (OMISSIS), "la voce che se prendevi il materiale che (OMISSIS) ti proponeva non si andava incontro a incendi, o danneggiamenti di altra natura": una voce notoria ma evocata di volta in volta attraverso le "proposte" di fornitura avanzate dall'imputato o da suoi emissari ai titolari di esercizi commerciali interessati, quali (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) o suggerita dai coevi attentati con esplosione di colpi di arma da fuoco contro i negozi (persone offese (OMISSIS) e (OMISSIS)). 10.4.3. Il motivo di ricorso che contesta il giudizio di colpevolezza in relazione al reato di tentata estorsione di cui al capo C) - in danno di (OMISSIS), titolare della pasticceria "(OMISSIS)" - si sviluppa attraverso valutazioni di puro merito perche' imperniate sul giudizio di attendibilita' delle dichiarazioni di (OMISSIS), animato da acrimonia, si sostiene, contro il ricorrente, perche' la ditta del (OMISSIS) riforniva un concorrente del (OMISSIS), il bar (OMISSIS). Le dichiarazioni del (OMISSIS), al quale l'imputato aveva tentato di imporre la fornitura dei prodotti di confezionamento che (OMISSIS) gia' acquistava con un buon prezzo presso altri rivenditori accompagnate dalle parole "cu mangia assai s' affuca" sono state del tutto logicamente valorizzate come un avvertimento con una portata intimidatoria ben colta dal (OMISSIS), che conosceva anche lo spessore criminale e mafioso del (OMISSIS). Inconferente, rispetto alla fattispecie in esame, la denuncia del vizio di travisamento della prova dichiarativa ovvero omesso esame delle deduzioni difensive, in merito al verbale di sommarie informazioni del (OMISSIS), nel quale sarebbe incorsa la sentenza impugnata, vizio smentito dalla precisa ricostruzione in fatto sia del contenuto dichiarativo del (OMISSIS) che del denunciato profilo di "concorrenza", che i giudici del merito non hanno ricondotto al rapporto (OMISSIS)- (OMISSIS), ma proprio alla ditta (OMISSIS) sulla base del rapporto di frequentazione dell'imputato con (OMISSIS), titolare del bar (OMISSIS), come riferito dal (OMISSIS). Vi e', dunque, piena corrispondenza tra il senso probatorio della dichiarazione, quale ricostruito in sentenza, e il contenuto complessivo della dichiarazione stessa. 10.4.4. Anche le censure difensive in merito alla motivazione con la quale la Corte di appello ha confermato il giudizio di colpevolezza in relazione al reato di estorsione di cui al capo D), in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS), titolari del bar Milano, per imporre loro l'acquisto di prodotti di pasticceria presso la (OMISSIS) di (OMISSIS) in cui lavorava (OMISSIS), cognato di, (OMISSIS), si sviluppano attraverso valutazioni di puro fatto perche' imperniate sul giudizio di attendibilita' delle dichiarazioni sottoposte ad attento scrutinio dalle sentenze di merito che hanno, altresi', ricostruito l'iter della dichiarazioni rese dai (OMISSIS) valorizzando, a comprova dell'attendibilita' sulle intimazioni ricevute, il contenuto delle intercettazioni. Solo a fronte di tali contestazioni i (OMISSIS) avevano ammesso di avere subito le pressioni del ricorrente che, con atteggiamento deciso e tale da non ammettere obiezioni o repliche, aveva imposto la propria fornitura, facendo, cosi', valere il proprio carisma mafioso con connotazioni della condotta correttamente sussunte nell'aggravante del metodo mafioso ritenute idonee, in concreto, a evocare, nei confronti delle persone offese, poi costituitesi parti civili, la forza intimidatrice tipica dell'agire mafioso. 10.4.5 E' generico il motivo di ricorso sub 6) che contesta la motivazione con o' la quale e' stato confermato il giudizio di colpevolezza di (OMISSIS) in relazione ai reati di tentata estorsione aggravata e detenzione porto di armi contestati ai capi H) ed I) in danno, rispettivamente, di (OMISSIS), titolare del bar (OMISSIS) e di (OMISSIS), titolare della pasticceria (OMISSIS), individuando nel ricorrente il mandate del danneggiamento, mediante esplosione di colpi d'ama da fuoco, delle vetrine dei negozi materialmente eseguito, e con la stessa arma, da (OMISSIS). In entrambi i casi, le vittime dei danneggiamenti, (OMISSIS) e (OMISSIS), riconducono alla fornitura dei prodotti il movente dei danneggiamenti. La (OMISSIS), in particolare, conversando con la figlia, non manca di ricondurre il danneggiamento alla visita di (OMISSIS) che, nei giorni precedenti, le aveva proposto l'acquisto di vassoi e altri prodotti, cioe' i prodotti commercializzati dal (OMISSIS), circostanza che la stessa aveva, invece, taciuto agli inquirenti. Contiguita' temporale e comuni modalita' sono stati, nella immediatezza, evidenziati anche da (OMISSIS) nelle conversazioni intercettate e nelle quali fa velato riferimento all'acquisto di forniture: si tratta degli stessi elementi che, senza evidenti cadute logiche, anche i giudici del merito hanno valorizzato, unitamente alla identita' dell'esecutore materiale, per ricondurre ad unico mandante, (OMISSIS), i due episodi, conclusioni genericamente contestate dal ricorso che propone una inammissibile lettura frazionata e decontestualizzata delle conversazioni suggerendo la individuazione di una pista alternativa. 10.4.6. E' generico e manifestamente infondato il motivo di ricorso sub 7) che contesta la motivazione in punto di condanna per i reati di danneggiamento seguito da incendio e estorsione aggravata in danno del bar "(OMISSIS)" (capo L) sulla scorta delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), che, su mandato di (OMISSIS), era stato esecutore materiale di un atto intimidatorio (l'incendio del laboratorio del bar) e dalla persona offesa dal reato, (OMISSIS) che aveva descritto come, dopo l'atto intimidatorio, (OMISSIS) fosse tornato alla carica per la fornitura di prodotti di plastica, alfine commissionatagli. Non aveva mancato, (OMISSIS), poi costituitosi parte civile, di riferire che, nel frattempo si era diffusa, tra i commercianti di (OMISSIS), "la voce che se prendevi il materiale che (OMISSIS) ti proponeva non si andava incontro a incendi, o danneggiamenti di altra natura". Anche a questo riguardo, le valutazioni delle convergenti dichiarazioni di (OMISSIS) e del (OMISSIS) offrono una solida base indiziaria correttamente valorizzata e che rimanda immediatamente alla condotta estorsiva e alle aggravanti del metodo e dell'agevolazione mafiosa. 10.4.7 E' Manifestamente infondato il motivo di ricorso sub 8 che contesta la mancanza di motivazione in relazione all'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. per il reato sub capo R), il reato di tentata violenza privata in danno di (OMISSIS): la struttura della motivazione della sentenza impugnata e le argomentazioni svolte alle pagg. 208 e ss. esimevano dalla replica, per ciascuno dei reati sovrapponibili nella loro dinamica intimidatoria - sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.. 10.4.8. E' aspecifica la censura del ricorrente sulla mancata esclusione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione ai reati di cui ai capi S), reati in materia di armi, e T), minaccia aggravata, perche' trattasi di reati commessi in un contesto familiare il che', secondo la prospettazione del ricorrente, escluderebbe, come gia' opinato dal Tribunale del riesame che aveva escluso l'aggravante, la finalita' agevolativa dell'associazione. La Corte di appello, con argomentazioni prive di illogicita', ha ritenuto configurabile nelle modalita' della condotta per le sue particolari connotazioni (clandestinita'; uso di arma; aggressione all'abitazione personale della vittima e conseguente carica intimidatoria della condotta), il metodo mafioso con conseguente irrilevanza della finalita' agevolativa verso l'associazione, contestata con il ricorso. 10.4.9. Il motivo 9 del ricorso, in relazione ai reati di cui all'articolo 512-bis c.p. (capo HHH, relativo alla fittizia attribuzione di proprieta' delle ditte individuali (OMISSIS), (OMISSIS) s.r.l.s e (OMISSIS) s.r.l.s; DJ) fittizia attribuzione della titolarita' della societa' (OMISSIS) s.r.l.; KKK), articolo 648-ter.1 c.p., in relazione al reinvestimento di capitali illeciti nella societa' (OMISSIS) s.r.l.s.) e' complessivamente indeterminato, generico perche' articolato in fatto e manifestamente infondato. Le sentenze di merito hanno esaminato (cfr. la sintetica ricostruzione a pag. 209 della sentenza impugnata) la vicenda costitutiva delle ditte e delle societa' con attribuzione della titolarita' in capo a (OMISSIS), coniuge del ricorrente. Ma, come ben osservato, era riconducibile a (OMISSIS) solo la veste formale delle societa' poiche', invece, era proprio (OMISSIS) ad occuparsi della reale attivita' economica: ne sono buon esempio, secondo i giudici di merito, le condanne per i reati estorsivi e le condotte di danneggiamento che dimostrano la politica di espansione commerciale seguita di (OMISSIS) e il contenuto delle intercettazioni, sia di quelle con gli operai incaricati di consegne che quelle che ne comprovano l'ingerimento nelle operazioni di fatturazione: emblematica quella del 21 novembre 2018 in cui l'imputato e' pronto ad avvedersi di un errore nella fatturazione ad un panificio, piuttosto che al (OMISSIS). Ma di interesse, a questi fini, anche il contenuto di quella del 21 agosto 2015 nella quale il ricorrente comunicava a (OMISSIS) di essere soddisfatto di un affare appena concluso e contabilizzava in 27/28 locali quelli gia' acquisiti, quindi le conversazioni nel corso delle quali l'imputato rivendica il successo delle iniziative imprenditoriali che va allestendo. Il ricorrente contesta il giudizio di responsabilita' sul rilievo che, essendogli state revocate la misura di prevenzione e la misura di sicurezza della liberta' vigilata all'atto della lunga carcerazione subita, non temeva ulteriori iniziative giudiziarie a suo carico: ma, come gia', rilevato nella sentenza impugnata, si tratta di un rilievo manifestamente infondato. Il reato di cui all'articolo 512-bis c.p. sorretto dal dolo specifico, puo' essere commesso anche da chi non sia ancora sottoposto a misure di prevenzione patrimoniali e ancora prima che il relativo procedimento sia iniziato, occorrendo solo, ai fini della configurabilita' del dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale, che l'interessato possa fondatamente presumere l'avvio di detto procedimento (Sez. 5, n. 1886 del 07/12/2021, Delli Carri, Rv. 282645), evento che, osserva la Corte di appello, le condanne non solo per il reato di omicidio ma soprattutto per quello di cui all'articolo 416-bis c.p. rendevano tutt'altro che imprevedibile all'esito della scarcerazione dal momento che la lunga detenzione aveva solo escluso l'attualita' del giudizio di pericolosita' sociale. Era, viceversa, indispensabile per l'imputato l'occultamento di tutte le sue iniziative economiche che avrebbero, dopo la lunga detenzione, immediatamente creato sospetti, in mancanza dello svolgimento di lecita attivita' lavorativa, sulla provenienza delle somme investite. Le operazioni di intercettazioni telefoniche, eseguite nel periodo 6 ottobre 2015/19 maggio 2016, che sono effettivamente successive alla costituzione della societa' (OMISSIS) s.r.l.s. di cui era formalmente unico titolare (al 100% delle quote) (OMISSIS), figlio di (OMISSIS) e amministratrice la moglie di questi comprovano l'operazione di ingresso, nel capitale della societa' del ricorrente e del fratello (OMISSIS), gestite attraverso (OMISSIS), direttamente con (OMISSIS). Si tratta di conversazioni che documentano proprio le operazioni di trasferimento di denaro finalizzate all'ingresso nel capitale sociale: di rilievo, in tal senso, quella del 16 ottobre 2015, nel corso della quale dopo alcune conversazioni in cui si discuteva espressamente della regolarizzazione cartolare della societa' e (OMISSIS) comunicava a (OMISSIS) l'avvenuta consegna del denaro a (OMISSIS). Un'operazione riconducibile anche all'odierno ricorrente che, in mancanza degli introiti che si era ripromesso di conseguire, e' autore diretto della minaccia (documentata dalla intercettazione del 19 maggio 2016) con la quale intimava a (OMISSIS) di fargli avere indietro i soldi perche' aveva un assegno in scadenza aggiungendo che, se fosse andato protestato, lo avrebbe distrutto e gli avrebbe sparato quattro colpi. Irrilevante, dunque, rispetto al thema probandum, la circostanza, riferita da (OMISSIS), che dal 2014 al 2015 la discoteca era "gestita" da (OMISSIS) e dal figlio (OMISSIS), tanto piu' che oggetto di queste iniziative economiche era la gestione di eventi "stagionali". La sentenza impugnata ha analizzato (cfr. pag. 211) specifiche evidenze di prova (il contenuto della conversazione del 22 febbraio 2017, intervenuta con (OMISSIS) ma anche altre conversazioni con clienti e con incaricati della consegna) attraverso le quali ha esaminato - strutturandone la configurabilita' rispetto alle condotte in esame - la ricorrenza del metodo mafioso che il ricorrente contesta con affermazioni indeterminate e meramente evocative del vizio di omessa motivazione. Per tale aspetto, si rinvia a quanto gia' precisato al punto 10.4.2 che precede. 10.4.10. Sono generiche e versate in fatto le censure difensive sulla sussistenza della prova della partecipazione del ricorrente al reato di cui al capo B). Il ricorrente contesta il giudizio di attendibilita' formulato sulle dichiarazioni rese da (OMISSIS) - che lo ha indicato come capo della "(OMISSIS)" anche in relazione ai traffici di stupefacenti pur evidenziandone il ruolo "defilato" che manteneva - e deduce che le conversazioni che lo vedono interessato come loquente non sono significative di un suo diretto inserimento nel traffico di droga e che non sono univocamente a lui riconducibili altri riferimenti, evincibili dalle conversazioni intercorse fra soggetti diversi anche quando evocano il nome di (OMISSIS), dal momento che non ne viene indicato il cognome. Quanto al (OMISSIS) vanno richiamate le osservazioni svolte al punto 4. del Considerato in diritto posta la precisazione che il contenuto delle sue dichiarazioni ha trovato riscontro significativo sia nella ricostruzione delle triangolazioni dei rapporti dell'imputato con gli altri ricorrenti, preposti alla gestione diretta del settore nel quale, effettivamente, il ricorrente non appare direttamente coinvolto (non viene, ad es. mai notato nei pressi dei covi) sia nel contenuto delle conversazioni e nella lettura sinottica e incrociata della conversazioni intercettate e dei messaggi che le hanno precedute e accompagnate. La Corte di appello (pag. 222) ha descritto l'operazione di acquisto di droga effettuata il 24 ottobre da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS) recatisi a Palermo per perfezionare l'acquisto, preceduta dai contatti con i quali (OMISSIS) conveniva l'incontro con (OMISSIS) e accompagnata, durante il viaggio a Palermo e al rientro, da numerose conversazioni nelle quali (OMISSIS) si informava del viaggio e del suo esito. Uno schema che viene replicato, preceduto dalle chiamate di (OMISSIS) e seguito dalla visita a casa di (OMISSIS), in occasione di altro viaggio a Catania presso (OMISSIS), effettuato il 28 novembre 2014. Sulla scorta della significativita' di questi elementi ne risulta consolidata l'interpretazione dei giudici di appello secondo cui (OMISSIS) al quale, piu' volte i correi avevano fatto riferimento nel corso delle conversazioni, fosse proprio l'imputato e si tratta di conversazioni rilevanti per la inerenza dei riferimenti al traffico di droga. In tal senso e' stato valorizzato il riferimento di (OMISSIS) alla fine della carta nel corso della telefonata con (OMISSIS) del 19 marzo 2015; il riferimento al ricorrente ( (OMISSIS), nel corso della conversazione del 22 ottobre 2016 tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in cui (OMISSIS) contesta a (OMISSIS), rispetto al prezzo di vendita della droga, che proprio (OMISSIS) lo aveva autorizzato e che ora detta condizioni diverse; quella del 7 novembre 2016 in cui (OMISSIS) lamenta con (OMISSIS), entrambi erano gestori del covo di via (OMISSIS), che si stava esagerando e che la cosa doveva essere segnalata a (OMISSIS) che e' poi univocamente individuabile come il ricorrente nella conversazione (del 30 settembre 2016) quando i due ne evocano le gesta criminali consistite nell'aggressione degli operai della (OMISSIS). Non occorre aggiungere altro rispetto alle valutazioni con le quali, al punto 7.3 del Considerato in diritto, e' stata ritenuta correttamente esclusa dalla Corte di appello la configurabilita' nei fatti, cosi' come accertati, della fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, disattendendo, cosi', il motivo di ricorso sub 12. 10.4.11. Sono ineccepibili le argomentazioni con le quali la Corte di appello ha respinto la richiesta di applicazione della continuazione esterna tra i fatti del presente procedimento e quelli oggetto delle sentenze del 17 marzo 2000 (relativa al reato di omicidio) e del 28 maggio 1999 con le quali il ricorrente era stato condannato per il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. in relazione alla partecipazione alla (OMISSIS). La Corte di appello ha valorizzato il lungo iato temporale tra le risalenti condanne e i fatti odierni, inframmezzati dalla lunga detenzione durata diciannove anni, ed ha ritenuto che la "costante e mai interrotta partecipazione al fenomeno mafioso" cui fa riferimento il difensore non costituisca indice univoco e apprezzabile del medesimo disegno criminoso piuttosto che espressione di una personalita' delinquenziale, incline alla commissione di reati, tanto sul corretto presupposto che l'identita' del disegno criminoso comporta una unitaria deliberazione, sin dall'inizio, per conseguire un determinato fine. La Corte di appello ha richiamato un principio secondo cui ai fini della configurabilita' del vincolo della continuazione tra reati di associazione per delinquere di stampo mafioso non e' sufficiente il riferimento alla tipologia del reato ed all'omogeneita' delle condotte, ma occorre una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operativita' e sulla loro continuita' nel tempo, al fine di accertare l'unicita' del momento deliberativo e la sua successiva attuazione attraverso la progressiva appartenenza del soggetto ad una pluralita' di organizzazioni ovvero ad una medesima organizzazione (Sez. 6, n. 51906 del 15/09/2017, Carpentieri, Rv. 271569). Alla stregua di tale principio non puo' essere valorizzata l'operativita' nel medesimo ambito territoriale ma vanno altresi' considerate le modifiche intervenute nel tempo quanto alla compagine sociale ed al programma delinquenziale, per effetto di circostanze contingenti ed occasionali, non preventivabili al momento dell'iniziale affiliazione del ricorrente e che, con riferimento ai fatti per i quali si procede, sono approdati all'ingerimento dell'imputato nel traffico di sostanze stupefacenti. Come si e' evidenziato al punto 3. del Considerato in diritto, la "(OMISSIS)" gelese alla quale aveva aderito l'imputato era stata coinvolta in una vera e propria guerra di mafia con "(OMISSIS)" e nel corso degli anni ne sono mutate compagini, progetti e finalita' di volta in volta perseguite e il ritorno sulla scena dell'imputato ha coinciso non solo con una riaggregazione dei vecchi esponenti ma con una "rinnovata" riorganizzazione di cui sono esempio l'immissione di nuove leve; lo sviluppo del traffico di sostanze stupefacenti e, soprattutto il "nuovo volto", versato nel settore imprenditoriale, che (OMISSIS) si e' dato inserendosi di prima mano nel settore produttivo: un programma delinquenziale concreto che nulla aveva a che fare con le modalita' della partecipazione del ricorrente alla vecchia "(OMISSIS)" alla quale si riferiscono le risalenti condanne e che trova ulteriore e insuperabile conferma sul rilievo che non e' provato che tale settore rientrasse nel focus della condotta di partecipazione del ricorrente alla vecchia "(OMISSIS)". E' superfluo aggiungere che e' irrilevante la circostanza che per il fratello altro giudice del merito abbia, invece, ritenuto sussistente la continuazione cd. esterna. 10.4.11. E' fondato, ma in concreto privo di rilevanza sulla determinazione della pena il terzo motivo di ricorso che concerne la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, sulla cui condizione di applicabilita' la Corte di merito non si e' pronunciata. Premesso che, su piano ontologico, altra cosa, rispetto al giudizio di bilanciamento, e' la valutazione della sussistenza o meno di una circostanza aggravante, l'aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, non potrebbe ritenersi correttamente applicata in carenza dell'esame del motivo di impugnazione con il quale il ricorrente ne contestava la sussistenza. Ma, come anticipato, si tratta di un motivo superato dalle modalita' della determinazione della pena poiche' la Corte di merito (cfr. pag. 269) ha escluso la gia' menzionata aggravante (irrilevanti, le ragioni corrette o meno di tale affermazione) e, correggendo il calcolo della pena, ha individuato in quella di anni 24 di reclusione la pena inflitta all'imputato e applicato l'aumento per la sola circostanza ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. oltre all'aumento per la continuazione fra reati di fatto. Tale aggravante va, pertanto, solo formalmente esclusa. 10.5. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS) per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena come di seguito precisato. Il ricorso e' inammissibile nel resto. 10.5.1. E' manifestamente infondato il motivo di ricorso con il quale il ricorrente denuncia la nullita' della sentenza impugnata sul rilievo che, nel decreto di citazione notificatogli in appello, non compariva la indicazione del capo PP) che, per vero, e' omesso anche nella intestazione della sentenza impugnata. La nullita' del decreto di citazione al giudizio di appello e' integrata, per espressa previsione, solo dalla omessa indicazione degli atti rilevanti ai fini della vocatio in iudicium (articolo 601 c.p.p., comma 6 in rel. all'articolo 429 c.p.p., comma 1, lettera f)). In ogni caso la carenza di tale indicazione non e' idonea ad integrare alcuna violazione dei diritti di difesa qualora l'enunciazione dei fatti e delle circostanze ascritte all'imputato, rilevanti ai fini della decisione, possa essere desunta dal contenuto complessivo della motivazione come, nel caso in esame, evincibile dalla intestazione della sentenza di primo grado; dalla motivazione di tale sentenza e dal dispositivo di conferma della sentenza emesso dalla Corte di appello. 10.5.2. E' fondato il primo motivo di ricorso relativo ai cumulativi vizi di motivazione che inficiano la condanna del ricorrente per il reato associativo di cui al capo A) e che, in assenza di ulteriori elementi che ne denotino la partecipazione al sodalizio mafioso appare ricalcata su quella di partecipazione all'associazione dedita allo smercio di sostanze stupefacenti senza la individuazione di altri elementi che denotino la partecipazione dell'imputato anche alla "(OMISSIS)". 10.5.3. Il secondo motivo di ricorso e', invece, generico e manifestamente infondato. La Corte di appello (cfr. pag. 242 della sentenza impugnata) ha ricostruito a carico dell'imputato l'episodio del 7 luglio 2016, quando il ricorrente disabile e alla guida dell'autovettura munita di dispositivi atti a consentire la guida a portatori di handicap, sopraggiungeva in via (OMISSIS) dove il cugino e coimputato, (OMISSIS), scendeva dall'auto con la quale era a propria volta giunto sul posto e prelevava dall'auto del (OMISSIS) un sacco che veniva poi portato presso il covo dove, il giorno successivo, veniva sequestrato. Il sacco risultava contenere oltre dodici chilogrammi di hashish e una pistola, cal. 7,65, fatti, questi, oggetto delle contestazioni ascritte all'imputato ai capi NN) (la detenzione dello stupefacente), PP), relativo alla detenzione dell'arma avente matricola abrasa, QQ), relativamente al reato di ricettazione dell'arma clandestina. Nel covo veniva rinvenuta anche un'altra arma, la cui detenzione non e' ascritta al ricorrente. Sono state, inoltre, intercettate le conversazioni del ricorrente con (OMISSIS). Il convergente risultato di prova ha fondato le conclusioni della Corte di ritenere (OMISSIS) partecipe dell'associazione anche perche' il contenuto dei dialoghi intrattenuti dal ricorrente con (OMISSIS), in cui si faceva frequente riferimento alla vendita di una punto a favore di altro soggetto e di cui non sono stati trovati riscontri documentali, e' stato ritenuto univocamente riconducibile alla cessione della droga nella quale si era interposto l'odierno imputato, che l'aveva consegnata al (OMISSIS). Grava, infine, sull'imputato, il contenuto di una conversazione del 20 settembre 2016 nel corso della quale (OMISSIS) si rammaricava con il (OMISSIS) per la perdita di due pistole aggiungendo che, con quello che aveva fatto, voleva garantirsi una base economica, ma che gli era andata male. La sentenza impugnata ha evidenziato che, a prescindere dal riferimento alle due pistole trovate in via (OMISSIS), il ricorrente lamentasse l'esito negativo di tutta l'operazione nella quale era stato coinvolto, operazione il cui esito negativo (val bene ricordarlo) ritorna anche nelle conversazioni altri imputati, come (OMISSIS), che fa riferimento proprio alla impossibilita' di pagare il (OMISSIS) (e alla sua intenzione di addebitare a questi il costo dell'operazione) di quanto fornito, visto quanto successo. Le descritte evidenze - di cui il ricorrente fornisce una lettura alternativa, ma indimostrata sulla causale lecita dei suoi rapporti con (OMISSIS) - non rendono manifestamente illogica la conclusione della Corte sul coinvolgimento dello (OMISSIS) nell'operazione di fornitura della droga, funzionale, attraverso le descritte modalita' del trasporto con un'auto speciale, ad evitare i controlli di polizia ma ritenuta non occasionale sulla scorta degli ulteriori elementi che denotano i rapporti del ricorrente con il cugino, (OMISSIS) e con (OMISSIS). 10.5.4. Sono aspecifiche, e ricostruite come direttamente derivanti dalla mancanza di elementi significativi sul coinvolgimento dell'imputato nel gruppo associativo viceversa accertato, le censure di cui al motivo sub 3 che contestano la sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. in relazione ai reati di cui ai capi B), NN), PP) e QQ). 10.5.5. Tendono ad una alternativa valutazione delle risultanze di merito i rilievi del ricorrente sul coinvolgimento nella detenzione della pistola rinvenuta proprio nel sacco consegnato presso il covo di via (OMISSIS), come innanzi ricostruita e sulla scorta della individuazione del ricorrente come la persona impegnata nella conversazione del 20 settembre 2016 con (OMISSIS), contestata in termini meramente assertivi, nonche' sulla configurabilita' del reato di cui all'articolo 648 c.p. in presenza di arma avente matricola abrasa poiche' il possesso di un'arma clandestina integra di per se' la prova del delitto di ricettazione (Sez. 1, n. 37016 del 28/05/2019, Spina, Rv. 276868). 10.5.6. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stata determinata in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei e giorni dieci di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni sei, mesi uno e giorni ventitre' di reclusione. 10.6. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS) per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena come di seguito precisato. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile nel resto. 10.6.1. E' fondato, alla stregua dei rilievi esposti al punto 8. del Considerato in diritto, il primo motivo di ricorso relativo alla denuncia del vizio di violazione di legge, per violazione del divieto di bis in idem, in relazione al reato associativo di cui al capo A) poiche' la condotta ascrittagli, in assenza di ulteriori elementi che ne denotino la partecipazione al sodalizio mafioso, appare ricalcata su quella di partecipazione all'associazione dedita allo smercio di sostanze stupefacenti. 10.6.2. E', invece, manifestamente infondato, oltre che aspecifico nella sua formulazione, il quarto motivo di ricorso in merito alla valutazione della prova della partecipazione del ricorrente al reato di cui al capo B): la Corte di appello esclusa la rilevanza della "mancata "conoscenza, da parte di (OMISSIS), delle attivita' dell'associazione in merito al traffico di stupefacenti ha, invece, valorizzato quale sintomatica del consapevole apporto dell'imputato al sodalizio criminoso dedito al traffico di droga e capeggiato da (OMISSIS) il contenuto della conversazione del 7 novembre 2016 (intercorsa tra il ricorrente e (OMISSIS)) nel corso della quale il (OMISSIS) segnala la necessita' di dire o, comunque, far sapere a " (OMISSIS)" che si stava esagerando, cosa che, alle insistenze del (OMISSIS), (OMISSIS) sosteneva avrebbe fatto nel pomeriggio e prospettando che, comunque, sarebbe stato opportuno "spostarsi o scendere", con evidenti riferimenti ad una diversa modalita' di organizzazione delle attivita' di conservazione della droga. A comprova della solidita' del rapporto del ricorrente con (OMISSIS) e rilevanza del ruolo del ricorrente, con argomentazioni privi di evidenti vizi logici, la sentenza impugnata ha altresi' valorizzato le numerose visite del ricorrente anche al covo di via (OMISSIS), luogo di custodia della droga e il contenuto di altra conversazione del 22 settembre 2016, intrattenuta con (OMISSIS) in cui i due conversanti discutono di guadagno che, ragionevolmente, la Corte ha ricondotto ai proventi delle attivita' illecite in cui i due erano coinvolti. Al di la' del denunciato tenore criptico del contenuto delle conversazioni sono eloquenti, nel descritto complessivo quadro probatorio che ne chiarisce i riferimenti, secondo le logiche conclusioni che ne trae la sentenza impugnata, le risultanze che comprovano la presenza del ricorrente nella base logistica; i suoi rapporti con (OMISSIS); i contatti con (OMISSIS) e il rapporto con (OMISSIS), descritto al punto che precede trattando la posizione del (OMISSIS) in occasione del trasporto del sacco (contenente droga e pistola nel covo di via (OMISSIS)), elementi che rinviano univocamente alla conoscenza dei sodali e a contatti funzionali ad allestire e organizzare, la base logistica in vista delle attivita' di cessione e, quindi, elementi che efficacemente denotano l'inserimento del ricorrente nel contesto associativo. 10.6.3. Logicamente ineccepibile e completa nella ricostruzione dei presupposti di atto, da qui la infondatezza del motivo di ricorso n. 5, la motivazione della sentenza impugnata sull'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., che residua anche dopo la esclusione della colpevolezza del ricorrente dal reato di cui al capo A), come illustrato al punto 7.2 del Considerato in diritto. 10.6.4. Non e' suscettibile di censura il mancato giudizio di prevalenza delle pur concesse circostanze attenuanti generiche in relazione al negativo giudizio sulla personalita' del ricorrente evincibile dai suoi precedenti, motivazione, questa, adeguata a giustificare la scelta punitiva anche con riferimento all'aumento per la continuazione, in anni quattro e mesi due di reclusione, pienamente rapportato alla gravita' dei fatti. 10.6.5. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stata determinata in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei e giorni dieci di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni undici e mesi dieci di reclusione. 10.7. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile perche' proposto per motivi generici sia per aspecificita', in quanto non si confrontano con la ricostruzione delle risultanze probatorie compiuta nella sentenza impugnata, sia perche' propone, di tali risultanze, una rivalutazione di merito, in assenza di evidenti illogicita' della motivazione della sentenza impugnata che alle pagg. 187 e ss. ha puntualmente esaminato tutte le deduzioni difensive. I giudici di appello, in risposta alle deduzioni difensive, hanno sviluppato un'argomentazione corretta da punto di vista giuridico esaminando l'aspetto del contributo partecipativo dell'imputato sia al reato associativo sub capo A) che di quello ascrittogli al capo B). Anche le ulteriori argomentazioni difensive svolte con la memoria ex articolo 611 c.p.p. replicano i medesimi vizi quando non sono indeducibili, come quella che concerne la richiesta di esclusione della parte civile F.A.I.- Antiracket (OMISSIS) Associazione (OMISSIS) che e' indimostrata limitandosi a evocare, ai fini della dedotta carenza di legittimazione, mere notizie di stampa. 10.7.1. In particolare, con riferimento al reato di cui al capo A), il primo motivo di ricorso si concentra sul giudizio di inattendibilita' delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), aspetto sul quale, in aggiunta alle argomentazioni sviluppate al 4 del Considerato in diritto, va solo rilevato che la Corte di merito ha precisamente circoscritto la rilevanza del contributo dichiarativo del (OMISSIS) evitando di generalizzarne la valenza (al ruolo dell'imputato, per es.). Il ricorrente ha insistito sulla circostanza che le risultanze del sistema di videoripresa in atti avevano "smentito" le dichiarazioni del (OMISSIS) in merito all'aggressione di (OMISSIS), alla identificazione dell'attentatore ( (OMISSIS)) che si sarebbe trovato a bordo di una smart risultando, invece, la presenza di piu' persone e l'utilizzazione di una vettura diversa. Le specifiche valutazioni sul punto ad opera della Corte di merito, che non ha mancato di confrontarsi con tale contrasto, escludono che, con riferimento all'esercizio dei poteri discrezionali del giudice nella valutazione della prova, possa venire in rilievo il vizio di travisamento della prova, dedotto dal ricorrente, che e' nozione precisa riconducibile al senso intrinseco della singola dichiarazione assunta e quello che il giudice ne abbia inopinatamente tratto ed e' pertanto da escludere che integri il suddetto vizio un presunto errore nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012, dep. 2013, Maggio, Rv. 255087). Significativamente, invece, quale prova della condotta di partecipazione al reato associativo sub capo A), la Corte di appello ha valorizzato a carico del ricorrente le iniziative intraprese dai correi per l'immediata ritorsione contro l'autore del suo ferimento, individuato in (OMISSIS) e univocamente ritenute espressive della solidarieta' che si instaura tra i componenti di un sodalizio, nel caso mafioso. 10.7.2. Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla ritenuta sussistenza dell'aggravante armata di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 4, e di quella di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6, e' versato in fatto in quanto sollecita, al fin di escludere la sussistenza dell'aggravante, la rilettura di una conversazione intercettata (del 19 giugno 2016) sulla disponibilita' o meno di un'arma da parte dell'imputato in occasione dell'aggressione di (OMISSIS). Ma il motivo di ricorso e' anche manifestamente infondato poiche', come si e' anticipato al punto 6.1 del Considerato in diritto, l'aggravante armata non postula che l'arma sia nella specifica disponibilita' del singolo partecipe. Sull'aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6, si rinvia, invece, a quanto precisato nella parte generale (6.2 del Considerato in diritto) non essendo allegato elementi ulteriori dal ricorrente. 10.7.3. Il terzo e quarto motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente. Il ricorrente sostiene che e' stato ritenuto responsabile del reato associativo di cui al capo B) solo sulla scorta delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) . Tali dichiarazioni non sono state riscontrate e i giudici del merito non hanno esaminato le risultanze processuali (le intercettazioni telefoniche; il suo coinvolgimento in attivita' di spaccio; l'enorme iato temporale delle stesse intercettazioni) omettendo anche la valutazione dell'ordinanza cautelare intervenuta in altro procedimento (e poi annullata) che ne indicava la zona di spaccio nel quartiere (OMISSIS) e la circostanza, incompatibile con la sua condotta partecipativa, che in occasione del suo ferimento gli era stata sequestrata una somma di denaro, perche' sospetta di provenire da spaccio, poi restituitagli. Il ricorso prosegue con la indicazione di tutti gli elementi ostativi all'affermazione del suo coinvolgimento nell'attivita' di spaccio quali la mancata presenza intorno ai covi e il contenuto delle conversazioni che non ne denotano la condivisione dello spaccio ma, al piu', meri contatti con alcuni dei coimputati. Le modalita' di valutazione del compendio indiziario proposte nel ricorso non possono essere seguite perche' decontestualizzate e perche' non si confrontano con il tenore e contenuto della contestazione neppure con riferimento alla sua perimetrazione temporale che viene indicata come risalante all'anno 2012 e ricostruite sulla base delle dichiarazioni dei collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS) e sulle risultanze di operazioni di intercettazioni anche precedenti quelle disposte nel presente procedimento, dopo la scarcerazione di (OMISSIS). Le dichiarazioni del (OMISSIS), sul fatto che (OMISSIS) si rifornisse da (OMISSIS), un fornitore operante in Sicilia dal napoletano, suo territorio di provenienza, e in commercio anche con esponenti di "(OMISSIS)" per cessioni di droga, hanno trovato riscontro nel contenuto delle coeve intercettazioni (risalenti al 21 aprile 2012 a seguire) e nella circostanza che proprio in una di queste, (OMISSIS), contrattando l'acquisto di una partita di droga, dal (OMISSIS), facesse riferimento a tale (OMISSIS) (individuato in (OMISSIS)): un elemento correttamente valorizzato come sintomatico del fatto che il ricorrente non agisse per suo conto ma in rappresentanza della (OMISSIS). Non era stata quella ora indicata l'unica operazione conclusa dal ricorrente che, anche in occasione di altra operazione (del 23 aprile 2012) aveva fatto riferimento alla necessita' di rifornimento dei "carusi" e l'interesse dell'imputato (conversazione del 28 aprile 2012) a venire a conoscenza della tipologia di droga che (OMISSIS) aveva consegnato a "(OMISSIS)". Le conversazioni intercettate, che consentono anche di individuare pacificamente l' (OMISSIS) in (OMISSIS) (in quanto contattato direttamente dal (OMISSIS) per avere il numero di telefono del (OMISSIS)) si sono susseguite per alcuni mesi e sono emblematiche, secondo la logica inferenza che ne hanno tratto i giudici merito che ne hanno esaminato il contenuto in piu' occasioni riferito ad interessi di terzi soggetti anche contrapposti al (OMISSIS), ad interventi del ricorrente funzionali a reperire droga per la "(OMISSIS)" e non per la sua autonoma attivita' di pusher, un ruolo confermato dal (OMISSIS) (intercettazione del 19 maggio 2012) quando ricostruiva le sue attivita' di rifornimento a due famiglie e a due capi zona, parlando dei problemi di questa sua attivita' e indicando uno dei due in (OMISSIS) (che e' poi il nome di battesimo del ricorrente) e precisandone modalita' di incontro e conoscenza (in un carcere nel quale era detenuto lo zio di (OMISSIS), cioe' (OMISSIS)), riscontrate dalle indagini svolte. La Corte di merito ha esaminato anche le risultanze processuali, relative ai procedimenti richiamati dalla difesa, ma ne ha disatteso le conclusioni favorevoli al ricorrente sul rilievo che la restituzione della somma sequestrata il (OMISSIS), in occasione del controllo che aveva portato in effetti al sequestro di droga materialmente detenuta dal solo (OMISSIS), non aveva tenuto conto delle risultanze delle intercettazioni che, viceversa, comprovavano il contatto fra i due come finalizzato ad una cessione a favore dell'odierno ricorrente. Cosi' la ragione della disponibilita' della somma sequestrata al (OMISSIS) in occasione del ferimento, era stata oggetto di spiegazione alternativa, che il ricorrente si era peritato di formulare nel relativo procedimento, laddove le intercettazioni documentavano l'allestimento di "spiegazioni" che, non irragionevolmente, la Corte ha ritenuto false confermando, cosi', il sospetto della provenienza illecita. Ne' risultano manifestamente illogiche, sulla base di tali elementi processualmente acquisiti, le conclusioni della Corte di appello nella parte in cui hanno valorizzato i contatti telefonici e personali intercorsi con (OMISSIS), gestore di uno dei covi ove erano custoditi droga e armi. Sono manifestamente infondati, sulla scorta di quanto si e' illustrato ai punti 7.1 e 7.2 del Considerato in diritto, i motivi di ricorso sulla "apoditticita'" della motivazione della sentenza impugnata sulle aggravanti dell'associazione armata e di quella di cui all'articolo 461-bis.1. c.p. (motivo 3, in fine) vieppiu' alla luce del ruolo del ricorrente in entrambi i gruppi nonche' i motivi di ricorso - motivi 4 e 5-meramente assertivi, sulla configurabilita' nei fatti del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73. Le evidenze di prova non comprovano il ruolo di pusher ma, come si e' illustrato, quello di procacciatore di stupefacenti per conto della "(OMISSIS)" ne' che si versi in ipotesi di associazione esclusivamente finalizzata alla commissione di fatti lievi. 10.7.5. Manifestamente infondato il motivo che contesta la determinazione della pena in anni quindici di reclusione perche' non coincidente con il minimo edittale. La Corte di merito ha, infatti, "personalizzato" il giudizio proprio richiamando specifici indici attitudinali e criminologici dell'imputato evidenziandone il ruolo "centrale" calibrato sulla sua "serieta'" espressa in un settore centrale dell'associazione mafiosa quale quello di procurare la droga da immettere sul mercato. 10.7.6. Ineccepibili anche le argomentazioni con le quali la Corte di appello ha disatteso la richiesta di continuazione fra i fatti oggetto del presente giudizio e le precedenti condanne non ravvisando elementi significativi del medesimo disegno fra i vecchi fatti di spaccio e il reato associativo sul rilievo che la medesima indole dei reati non e' da se dimostrativa dell'unicita' e anteriorita' dell'ideazione che, invero, appare del tutto priva di una base ragionevole tenuto conto che, diversamente dai casi in cui tale unificazione viene riconosciuta, nel caso in esame occorrerebbe presumere che, gia' al momento in cui, da minore, cedeva droga, l'imputato si prefiggeva di far parte dell'associazione (OMISSIS) e di quella dedita allo spaccio, poi delineatasi nelle sue componenti soggettive e dinamiche associative, a enorme distanza dai fatti commessi dall'imputato. 10.8. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS), per non avere commesso il fatto in accoglimento del primo motivo di ricorso nel quale sono assorbiti il terzo, quarto e settimo motivo di ricorso, e rideterminazione della pena come di seguito precisato. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile nel resto. 10.9.1. E' manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso che denuncia la mancata risposta della Corte di appello in relazione alla richiesta di acquisizione di una prova decisiva, costituita dalla documentazione bancaria. Nel giudizio abbreviato d'appello le parti sono titolari di una mera facolta' di sollecitazione del potere di integrazione istruttoria, esercitabile dal giudice "ex officio" nei limiti della assoluta necessita' ai sensi dell'articolo 603 c.p.p., comma 3, atteso che in sede di appello non puo' riconoscersi alle parti la titolarita' di un diritto alla raccolta della prova in termini diversi e piu' ampi rispetto a quelli che incidono su tale facolta' nel giudizio di primo grado. (Sez. 2, n. 5629 del 30/11/2021, Granato, Rv. 282585): ne' sono evincibili contraddizioni o carenze di motivazione tali che la stessa mancanza di motivazione si traduce in un vulnus del giudizio in tema di responsabilita' fondato su dati evincibili dalle intercettazioni che ne rivelano il fattivo contributo in una delle operazioni economiche di interesse del sodalizio. 10.8.2. E' fondato, alla stregua dei rilievi esposti al punto 8. del Considerato in diritto, il quarto motivo di ricorso relativo al vizio di violazione di legge derivante dalla violazione del divieto di bis in idem, in relazione al reato associativo di cui al capo A) poiche' la condotta ascrittagli, in assenza di ulteriori elementi che ne denotino la partecipazione al sodalizio mafioso, appare ricalcata su quella di partecipazione all'associazione dedita allo smercio di sostanze stupefacenti. Restano assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso sull'aggravante di detto reato (motivo sub 5). 10.8.3. Lo stesso motivo, invece, e' manifestamente infondato, oltre che aspecifico nella sua formulazione, in merito alla prova della partecipazione del ricorrente al reato di cui al capo B). Le argomentazioni difensive sono volte ad un'alternativa ricostruzione e rivalutazione degli elementi di prova. La Corte di merito ha valorizzato la disponibilita' dell'imputato a rendersi titolare del conto corrente e una delle operazioni ricostruite (cfr. pag. 271 della sentenza impugnata) e' inequivocabilmente ricondotto all'operazione di acquisto di droga nelle operazioni intercorse con il (OMISSIS). Il 28 novembre 2014. Plurimi sono anche gli elementi valorizzati che inquadrano il ricorrente come persona di fiducia di (OMISSIS) (separatamente giudicato) uomo di vertice del clan con il quale il ricorrente e' impegnato in alcune conversazioni che ne documentano l'attivita' di capo della squadretta di picchiatori a disposizione dei fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (la Corte di merito richiama il contenuto, chiaro, delle conversazioni del 21 settembre 2015, 21 e 22 settembre 2015). 10.8.4. Sono ineccepibili, da qui la infondatezza del motivo di ricorso n. 6, le argomentazioni della sentenza impugnata sulla impossibilita' di configurare il reato associativo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, come precisato al punto 7.3 del Considerato in diritto e sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. che residua anche dopo la esclusione della colpevolezza del ricorrente dal reato di cui al capo A), come illustrato al punto 7.2 del Considerato in diritto. 10.8.5. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stata determinata in anni tredici e mesi quattro, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei e giorni dieci di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. 10.9. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS) per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena come di seguito precisato. Il ricorso e', nel resto, inammissibile. La posizione del ricorrente, in relazione al reato sub capo A) e' stata esaminata al punto 8 del Considerato in diritto, a cui si rinvia, in accoglimento del primo motivo di ricorso. Restano, pertanto, assorbiti i motivi sub 2,3 e 4. 10.9.1 Il motivo di ricorso sub 5), relativo alla condanna per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 e' generico e manifestamente infondato. La sentenza di appello, che rinvia alle comuni posizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), ne ha evidenziato il ruolo emerso in occasione dell'episodio di ritorsione verso (OMISSIS), a seguito dell'aggressione a (OMISSIS), cugino del ricorrente che, come precisa la sentenza impugnata (pag. 239) rientrava nella sfera di controllo del cugino. Il rapporto di parentela con la vittima del ferimento, tenuto conto dei sodali che concorrono alla organizzazione della e' stata correttamente ritenuta espressive della solidarieta' che si instaura tra i componenti del sodalizio e dell'attivita' che in esso il ricorrente svolgeva. A pag. 96 i giudici di appello nel illustrano l'inserimento nel settore dello spaccio documentato sia dall'inserimento dell'imputato nell'indagine, denominata (OMISSIS), che nelle intercettazioni del periodo 15 maggio/26 giugno 2016, elemento che si salda al contributo dichiarativo di (OMISSIS), che lo ha indicato come partecipe. 10.9.2. Ineccepibile, da qui la infondatezza del motivo di ricorso n. 6, la motivazione della sentenza impugnata sulla impossibilita' di configurare il reato associativo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, evocata dal ricorrente ma non configurabile in relazione ad una organizzazione che, come quella in esame, si occupava del rifornimento su piu' piazze e movimentava i quantitativi caduti in sequestro in occasione delle perquisizioni dei covi. 10.9.3. Non e' suscettibile di censura il mancato giudizio di prevalenza delle pur concesse circostanze attenuanti generiche in relazione al negativo giudizio sulla personalita' del ricorrente evincibile dai suoi precedenti, motivazione, questa, adeguata a giustificar e la scelta sanzionatoria. 10.9.4. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stato determinato in tredici e mesi quattro, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. 10.10. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione al reato di cui al capo A) nei confronti di (OMISSIS) per non avere commesso il fatto, con rideterminazione della pena, come di seguito precisato. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile nel resto. 10.10.1. E' fondato, alla stregua dei rilievi esposti al punto 8. del Considerato in diritto, il quinto motivo di ricorso relativo al vizio di violazione di legge derivante dalla violazione del divieto di bis in idem, in relazione al reato associativo di cui al capo A) poiche' la condotta ascrittagli, in assenza di ulteriori elementi che ne denotino la partecipazione al sodalizio mafioso, appare ricalcata su quella di partecipazione all'associazione dedita allo smercio di sostanze stupefacenti. Restano assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso sull'aggravante di detto reato. Lo stesso motivo, invece, e' manifestamente infondato, oltre che aspecifico nella sua formulazione, in merito alla prova della partecipazione del ricorrente al reato di cui al capo B): la Corte esclusa la rilevanza della "mancata "conoscenza, da parte di (OMISSIS), delle attivita' dell'associazione in merito al traffico di stupefacenti ha, invece, valorizzato quale sintomatica del consapevole apporto dell'imputato al sodalizio criminoso capeggiato da (OMISSIS) e dedito al traffico di droga il contenuto della conversazione del 22 ottobre 2016 (intercorsa tra il ricorrente e (OMISSIS)) spiegando come il contenuto della conversazione non fosse espressivo di una presa di distanza da (OMISSIS) ma fosse relativo ad una discussione sul prezzo al quale l'imputato avrebbe dovuto attenersi nella vendita, "regola" che ne denota la piena conoscenza della dinamiche interne al gruppo e, pertanto, espressiva della sua partecipazione. Il ricorrente propone una lettura alternativa del contenuto della conversazione intercettata che la Corte di merito ha ricostruito adeguatamente offrendone una spiegazione logica e in linea con il suo tenore letterale. 10.10.2. Sono ineccepibili, da qui la infondatezza del motivo di ricorso n. 6, le argomentazioni della sentenza impugnata sulla impossibilita' di configurare il reato associativo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, come precisato al punto 7.3 del Considerato in diritto e sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. che residua anche dopo la esclusione della colpevolezza del ricorrente dal reato di cui al capo A), come illustrato al punto 7.2 del Considerato in diritto. 10.10.3. Non e' suscettibile di censura il mancato giudizio di prevalenza delle pur concesse circostanze attenuanti generiche in relazione al negativo giudizio sulla personalita' del ricorrente evincibile dai suoi precedenti, motivazione, questa, logica e concludente ai fini della motivazione della scelta punitiva. 10.10.4. L'annullamento della statuizione di condanna, in relazione al capo A) impone la rideterminazione della pena alla quale puo' procedere questa Corte elidendo, rispetto alla immutata pena base che, con giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti ordinarie e aumento per quella ad effetto speciale di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. e' stata determinata anni tredici e mesi quattro di reclusione, l'aumento praticato per la continuazione con il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e, quindi, la pena di mesi sei e giorni dieci di reclusione. La pena finale, con l'aumento per la continuazione dei residui reati e la diminuente del rito e' quella di anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. 10.11. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile perche' proposto per motivi generici e manifestamente infondati. Il primo motivo di ricorso, per contestare il giudizio di responsabilita' del reato associativo sub capo A), propone una inammissibile rilettura delle conversazioni intercettate, di contenuto chiaro anche quando in dialetto gelese - afferma la sentenza impugnata - e di cui viene proposta una lettura ineccepibile, dal punto di vista logico, nella ricostruzione degli episodi, e della loro valenza, ai fini della ritenuta condotta partecipativa quale quello che registra il coinvolgimento nell'aggressione e ferimento di (OMISSIS), per ritorsione e vendetta a seguito di quello di (OMISSIS). A questo riguardo la Corte di appello (pag. 281 e ss. della sentenza impugnata) ha valorizzato il contenuto delle conversazioni intercettate il 24 e 27 aprile 2016 (questa omessa nella ricostruzione difensiva) leggendole in sequenza temporale e con preciso riferimento al contenuto (che e', dunque chiaro), valorizzandone a capacita' dimostrativa ai fini della prova del reato associativo poiche' il contenuto delle conversazioni non va limitato al coinvolgimento del ricorrente nel procacciamento dell'auto (documentato dalla conversazione del 24 aprile) ma anche al condiviso progetto ritorsivo in danno del (OMISSIS) quale emerge dalla "rivendicazione" che, in chiave polemica con l'atteggiamento di (OMISSIS) (che dice di armarsi e partire, rimanendo fuori dalle operazioni) l'odierno ricorrente ha fatto nella conversazione del 27 aprile 2016: Ne' depotenzia la valenza del suo impegno a favore del gruppo la circostanza che nell'anno 2016 si fosse ormai consumato il rapporto personale con (OMISSIS). I giudici di appello hanno, infatti, rilevato come a partire dal 22 agosto 2015 non fossero stati piu' registrati contatti telefonici (prima addirittura frenetici e interrotti, si precisa in sentenza, per questioni di donne e tradimenti), una interruzione che "spiega" le ragioni di acrimonia verso (OMISSIS), registrate anche in occasione della vicenda (OMISSIS) per la quale (OMISSIS) contestava a (OMISSIS) il mancato intervento a favore del nipote, ma non anche quelli di solidarieta' mafiosa di cui e' emblematica la vicenda del ferimento del (OMISSIS) e del suo coinvolgimento nella "punizione" ritorsiva. Emblematica della rilevanza di tale vicenda per l'associazione ed il vincolo di solidarieta' mafiosa che collegava gli imputati, la circostanza che (OMISSIS) assicurasse la sorveglianza al degente e i contatti personali con (OMISSIS) intrattenuti dal ricorrente anche dopo il ferimento ma anche i timori connessi alla collaborazione dei (OMISSIS) (le cui dichiarazioni, secondo il ricorrente, avevano determinato le perquisizioni che avevano comportato il sequestro di una somma a casa dello stesso (OMISSIS)). Sostiene il ricorrente che la Corte ha equivocato le dichiarazioni di (OMISSIS) che, in contrapposizione ad altri soggetti indicati come "(OMISSIS)", si era limitato a indicarlo come una persona che "camminava" con gli (OMISSIS). L'espressione non e' di per se' significativa della portata che il ricorrente vi collega. Come si e' detto, la Corte di merito ha ricostruito l'evoluzione del rapporto dell'imputato con (OMISSIS) passato da un intenso rapporto di frequentazione, risalente agli anni 2014 e 2105, alle condotte estorsive subite dallo (OMISSIS) (al (OMISSIS), capo H, reato commesso il (OMISSIS), ascritto a (OMISSIS)) e dal fratello, (OMISSIS) (si tratta del reato di tentata violenza privata ascritto a (OMISSIS) al capo R), commesso a dicembre 2018). Una evoluzione, riconducibile all'equilibrio dei poteri a proprio favore imposto da (OMISSIS) e che non smentisce la comune affiliazione del ricorrente alla "(OMISSIS)" perlomeno negli anni dal 2014 al 2016, periodo a cui si riferisce la vicenda (OMISSIS), le conversazioni intercettate e in parallelo con il coinvolgimento dello (OMISSIS) nella gestione del parcheggio della discoteca (OMISSIS). Emblematico il commento al riguardo di (OMISSIS) che, secondo la ricostruzione della sentenza impugnata, a chi gli faceva notare la gelosia o invidia dello (OMISSIS), rispondeva che questi aveva potuto aprire il (OMISSIS). 10.10.1. Anche il secondo motivo di ricorso, che si dilunga nell'analisi delle conversazioni irrilevanti ai fini della prova del reato di partecipazione all'associazione dedita allo spaccio, e' generico e manifestamente infondato. Gia' la Corte di appello (pag. 285 della sentenza impugnata) ha indicato il ricorso dell'imputato come un chiaro esempio di impugnazione generica perche' concentrato sulla tesi degli acquisti per uso personale che lo (OMISSIS) avrebbe fatto e sul contenuto equivoco dei riferimenti nelle conversazioni intercettate a prodotti alimentari aveva, invece, trascurato che il compendio probatorio valorizzato fin dalla sentenza di primo grado ne delineava a i rapporti con i fornitori di droga del clan, (OMISSIS) e (OMISSIS), nell'anno 2012, sull'asse (OMISSIS), nel quale erano inseriti anche (OMISSIS) e (OMISSIS); nel periodo successivo, anno 2014, sull'asse (OMISSIS), con forniture assicurate da (OMISSIS) Traina, operazioni nelle quali veniva parimenti registrato il coinvolgimento di (OMISSIS) e dei fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS) e, sempre nell'anno 2014, con forniture da Catania, attraverso (OMISSIS), compagno di detenzione di (OMISSIS) e per conto del quale, come emissario, agiva il cugino, (OMISSIS). Sempre all'anno 2014 risalivano i contatti del ricorrente per forniture di cocaina da (OMISSIS) e di acquisti, attraverso il canale ragusano, da (OMISSIS) e da (OMISSIS), operante sulla piazza di Niscemi: le correlative complesse operazioni sono state esaminate nella sentenza di primo grado (che ha dedicato un corposo capitolo alla ricostruzione delle attivita' in materia di stupefacenti) ma che sono state sintetizzate, trattando la posizione dei singoli imputati che rispondono del reato associativo, anche nella sentenza di appello (alle pagg. 280 e ss). Come si e' detto esaminando la posizione di (OMISSIS), la Corte di appello ha valorizzato il contenuto di risalenti intercettazioni (effettuate fin dall'anno 2012) dalle quali emergeva il ruolo del ricorrente nelle trattative per la fornitura di droga agli "(OMISSIS)": inequivoco, secondo la sentenza impugnata il contenuto della trattativa sul prezzo della droga evincibile dalla conversazione intercettata il 2 aprile 2012 nel corso della quale (OMISSIS) si dice preoccupato della situazione conflittuale che sembrava delinearsi tra la "(OMISSIS)" (equiparata agli scissionisti napoletani) e "(OMISSIS)" e le conversazioni del 13 aprile 2012 nel corso delle quali, prima parlando con il ricorrente poi con altro interlocutore, (OMISSIS) lamenta il ritardo nei pagamenti. Dalle conversazioni del 24 ottobre 2014 emergono, invece, i contatti del ricorrente con (OMISSIS) in un contesto nel quale chiaramente (OMISSIS), che si trovava in auto con (OMISSIS), indicava lo scopo del viaggio in quello di prendere dell'hashish con una operazione che era preceduta da scambio di messaggi e incontri con (OMISSIS) e seguita direttamente da (OMISSIS) che si informava dei movimenti del ricorrente. (OMISSIS) viene chiaramente indicato da (OMISSIS) come suo emissario nei contatti con (OMISSIS) (conversazione del 12 novembre 2014) e la sentenza impugnata ricostruisce almeno tre viaggi del ricorrente a Catania per fornirsi di droga (oltre a quello del 22 novembre il viaggio del 27 novembre e 12 dicembre): anche in relazione a tali viaggi la sentenza impugnata descrive i contatti preliminari con il fornitore, gestiti da (OMISSIS); il viaggio, giustificato, in termini criptici, da operazioni del tutto inconferenti con la finalita' effettiva e il cui raggiungimento era comprovato da conversazioni successive che indicavano la natura della merce trattata (in occasione del viaggio del 12 dicembre e' proprio ricorrente ad affermare che e' in possesso di un tipo di sostanza, indicata come "pongo" cioe' un tipo di hashish, di provenienza marocchina molto morbido e facilmente modellabile), operazioni che, evidenzia la sentenza impugnata, venivano seguite dai fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS). In parallelo, ma con modalita' sovrapponibili che registravano, in alcune operazioni, la presenza di (OMISSIS) e (OMISSIS), i viaggi a Catania, presso (OMISSIS), per procurarsi sostanza stupefacente tipo cocaina. Si tratta delle conversazioni del 22 dicembre 2014, 18 gennaio e 25 gennaio 2015 che registrano in alcune occasioni anche la presenza di (OMISSIS), operazioni proseguite anche nei mesi estivi del 2016 e nell'autunno 2016. Nell'estate e autunno del 2015 (conversazioni del 23 agosto 2015; 19 settembre e 18 novembre 2015) sono intercettate le conversazioni intercorse con (OMISSIS) il cui oggetto e' sempre relativo a questioni di droga con relativi rifornimenti e pagamenti e rilevanti perche' dal loro contenuto (al netto di quelle relative agli appuntamenti e modalita' di contatti) rileva per il riferimento a peso, qualita' e prezzo della droga (particolarmente significativa, in questo senso la conversazione del 23 agosto 2015 illustrata a pag. 295 della sentenza impugnata di inequivoco contenuto). Non meno chiari i contatti del ricorrente, intercettati nell'anno 2017, con (OMISSIS), uno dei personaggi centrali nell'organizzazione dello spaccio a (OMISSIS) e piu' volte arrestato per spaccio di droga. Un compendio probatorio che rende del tutto priva di fondamento la richiesta di sussumere i fatti nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6. Pienamente sussistenti, invece, le aggravanti dell'associazione armata e di quella di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. alla luce delle descritte evidenze di prova e delle coordinate in diritto, tracciate ai punti 7.2 e 7.3 del Considerato in diritto. 10.11.2. Sono generiche le argomentazioni difensive svolte con il motivo n. 4 in relazione ai reati in materia di stupefacenti contestati ai capi BB), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, riferito all'acquisto da (OMISSIS) di un non meglio precisato quantitativo di cocaina, in Catania e (OMISSIS) il 6 dicembre 2016; DD), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, in relazione all'acquisto di un non meglio precisato quantitativi di cocaina da (OMISSIS) reato commesso in (OMISSIS); FF) Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, accertato in (OMISSIS); GG) Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, in concorso con (OMISSIS), per la detenzione illecita di un non meglio precisato quantitativo di droga al fine di cessione, condotta accertata in (OMISSIS) il 24 novembre 2014. La ricostruzione dei fatti (alle pagg. 296 e ss. della sentenza impugnata) e' stata sviluppata secondo una modalita' che individua, per ciascun reato, il contenuto delle correlative intercettazioni telefoniche o ambientali, di cui il ricorrente contesta la chiarezza e decifrabilita' del significato con argomentazioni che si rivelano generiche e che, premessa per ciascuna, la perfetta ricostruzione del contenuto (oggetto di pressoche' riproduzione testuale nella sentenza impugnata) sono, in realta', volte ad una alternativa ricostruzione del contenuto. Cosi', con riferimento al capo BB) la sentenza impugnata (pag. 292) riporta la conversazione, intercettata in ambientale tra il ricorrente e (OMISSIS) nel corso della quale si riferisce ad un pezzo che sembra "neve" e ne decanta la qualita' precisando di averla ricevuta, il giorno primo da (OMISSIS); quanto al capo DD) la sentenza impugnata ripercorre il contenuto delle conversazioni intercorse il 6 e 7 maggio 2016 con (OMISSIS) sull'appuntamento convenuto e modalita' di prelievo dell' (OMISSIS) attraverso i "carusi"; i contatti con (OMISSIS) e il riferimento a consegne di the e fattura che sono immediatamente evocativi di uno scambio il cui tenore non puo' che rinviare alla merce di cui il 6 ottobre 2014 l'imputato si interessava e, cioe' cocaina di cui l'imputato doveva liberarsi prima di un controllo (questo con riferimento al capo FF). I motivi di ricorso, con riferimento agli ulteriori reati sub capi GG), 3)), MM) sono apodittici e si limitano ad una generica censura di vizio di motivazione della sentenza impugnata. Il descritto contesto di acquisto e consistenza giustifica la conclusione della Corte di appello di non poter sussumere i fatti nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 ma anche la mancata esclusione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. sub specie di agevolazione dell'associazione mafiosa nella quale, come precisato, era parte integrante il ricorrente. 10.11.4 Il ricorrente censura l'affermazione di responsabilita' in relazione al reato sub capo V) per illecita detenzione di armi non meglio identificate, condotta accertata in epoca antecedente al 8 novembre 2015: anche con riguardo a tale motivo di ricorso la censura difensiva si risolve in una inammissibile richiesta di lettura alternativa della conversazioni intercettate (quella del 25 luglio 2016 che va posta in relazione ad una pregressa conversazione con (OMISSIS)) di cui la sentenza impugnata ha fornito una valutazione logica e coerente con il contenuto delle conversazioni stesse. 10.11. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. I motivi di ricorso che contestano il giudizio di responsabilita' in ordine al reato sub capo B) sono generici e consistono nella mera riproduzione dei motivi di appello che la Corte di merito, in linea con le valutazioni compiute nella sentenza di primo grado, ha compiutamente esaminato facendo corretta applicazione delle coordinate ermeneutiche (descritte al punto 7.1 del Considerato in diritto) ai fini della configurabilita' del consapevole contributo partecipativo del ricorrente al reato associativo. In particolare, non hanno fondamento le censure che contestano la "cripticita'" delle conversazioni intercettate e la erronea valutazione della "presenza", asseritamente saltuaria, del ricorrente nella base logistica di via (OMISSIS), genericamente contestate allegando la interpretazione "illogica e fuorviante" delle conversazioni che lo coinvolgono. La Corte di merito (pag. 304 e ss.) ha evidenziato come il ricorrente abbia fatto riferimento solo ad alcune delle conversazioni intercettate (quelle del 18 febbraio 2017 e 8 aprile 2017) isolandole pero' dall'intero compendio intercettativo che ha consentito di ricostruire la partecipazione del ricorrente al viaggio a (OMISSIS), collegato all'acquisto di droga, partecipazione emersa non solo dal contenuto della conversazione intercettata il 1 dicembre 2015 - e che denota la partecipazione anche di altri soggetti smentendo, cosi', la tesi difensiva che il ricorrente si rapportava solo con (OMISSIS), suo datore di lavoro - ma anche quella del 3 dicembre 2015 - in ambientale, presenti oltre al ricorrente (OMISSIS) e (OMISSIS)- in cui e' chiaro l'oggetto dell'acquisto (sette pani di hashish) convenuto con l'interlocutore e da quella del 19 marzo 2016 da cui risulta che il ricorrente accettava la richiesta dello (OMISSIS) di mettersi addosso la droga per occultarla. Il ricorrente propone, di tale conversazione, una lettura "depotenziata" evadendo, pero' il significato che l'incombente sottendeva. Le intercettazioni comprendono numerose conversazioni (a partire dal 27 settembre 2016) affatto riconducibili alla "mera frequentazione fra congiunti", con (OMISSIS), suo cugino, o a frequentazioni con (OMISSIS) e (OMISSIS), riconducibili all'acquisto di droga per uso personale. Appare corretta l'affermazione della Corte di merito secondo la quale il ricorso al linguaggio criptico, immediatamente chiaro ai loquenti, denota il carattere illecito dell'oggetto delle conversazioni che devono essere correlate le une alle altre e con gli altri elementi acquisiti per inferirne il contenuto che, per quanto concerne i frequenti rapporti e contatti fra il ricorrente e i sodali dell'associazione, (OMISSIS) e (OMISSIS), non appare sovrapponibile a lecite attivita' occultando, viceversa, la gestione di affari illeciti. Ne' tale contenuto rimanda a operazioni di acquisto di droga da parte del ricorrente quanto piuttosto al suo coinvolgimento nelle operazioni di procacciamento della droga, consegna ai correi e, in altre circostanze, cessione a terzi, attivita' stabilmente svolte e, pertanto, funzionali al raggiungimento delle finalita' dell'associazione con la piena consapevolezza da parte dell'imputato di concorrere alla realizzazione delle finalita' del gruppo stesso. 11. Alla inammissibilita' dei ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma, liquidata come in dispositivo, a favore della Cassa delle Ammende. Segue alla conferma della sentenza, la condanna (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili Confederazione generale italiana del lavoro e Confederazione generale Camera del Lavoro della provincia di Caltanissetta che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge; la condanna (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile FAI antiracket (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge; la condanna di (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge. Compensa per il resto le spese nei confronti delle parti civili, tenuto conto del parziale esito assolutorio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione alla aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 71, aggravante che elimina. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) con riferimento al reato di cui alla L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7 come contestato al capo W) relativamente al reato di detenzione di arma comune da sparo, reato da ritenersi assorbito in quello di detenzione di arma clandestina di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 23, commi 1 e 3, di cui al capo TT) e riqualifica la detenzione delle munizioni ai sensi dell'articolo 697 c.p. aggravato ai sensi dell'articolo 416-bis.1 c.p. con rinvio per rideterminazione della pena per tale ultimo reato, come ritenuto, ad altra sezione della corte di appello di Caltanissetta. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) riqualificato il reato di cui al capo KKK) come reato p. e p. dall'articolo 648-bis c.p. Rigetta nel resto il suo ricorso. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni sei, mesi uno e giorni ventitre' di reclusione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni undici e mesi dieci di reclusione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo A) per non avere commesso il fatto e, per l'effetto, elimina la pena di mesi sei di reclusione e, con la diminuente del rito, determina la pena finale in anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili CGIL Confederazione Generale Italiana del Lavoro e CGIL Confederazione generale - Camera Del Lavoro della Provincia di Caltanissetta che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge. Condanna (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile F.A.I Antiracket (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge. Condanna (OMISSIS) al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 3686 oltre accessori di legge. Compensa per il resto le spese nei confronti delle parti civili.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PETRUZZELLIS Anna - Presidente Dott. CALVANESE Ersilia - Consigliere Dott. DI NICOLA T. Paola - Consigliere Dott. SILVESTRI Pietro - rel. Consigliere Dott. DI GERONIMO Paolo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Palermo il 14/10/2021; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere, Pietro Silvestri; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Giuseppe Riccardi, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile; lette le conclusioni dell'avv. (OMISSIS), difensore dell'imputato, che ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Palermo, in riforma della sentenza di assoluzione, ha condannato (OMISSIS) per i reati previsti dagli articoli 56- 610 e 341 bis c.p. All'imputato e' contestato: -di avere con minacce tentato di costringere il maresciallo (OMISSIS) a "riceverlo" per potergli riferire del sequestro di ombrelloni da noleggio compiuto il giorno precedente nei confronti della cognata (OMISSIS) (capo a); - di avere, sulla pubblica via e in presenza di piu' persone, offeso l'onore e il prestigio del maresciallo (OMISSIS) con una serie di frasi, riportate nella imputazione. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato articolando tre motivi. 2.1. Con il primo si deduce violazione di legge quanto al reato di tentata violenza privata di cui al capo a), aggravato ai sensi dell'articolo 61, n. 10, c.p., di cui non sarebbero configurabili i requisiti strutturali, non essendo stato peraltro contestati i reati previsti dagli articoli 336 e 337 c.p., tipicamente destinati alla incriminazione dei comportamenti minacciosi nei confronti di un pubblico ufficiale. L'articolo 610 c.p., si evidenzia, farebbe riferimento a condotte commesse in danno di privati. 2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge quanto all'articolo 341 bis c.p.; sostiene l'imputato che, nel caso di specie, il pubblico ufficiale non sarebbe stato impegnato in nessuna attivita' d'ufficio al momento della condotta, commessa, in realta', con modalita' estemporanee, mentre il pubblico agente transitava su una via, verso l'arenile. 2.3. Con il terzo motivo si deduce vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilita' per il capo a). Dalle stesse dichiarazioni del Maresciallo (OMISSIS), sentito dalla Corte, emergerebbe come la condotta dell'imputato fosse inidonea a determinare una forma di costrizione dell'agire del destinatario. (OMISSIS), abituato a gestire situazioni del genere, non avrebbe nutrito nessun timore nei riguardi dell'imputato e avrebbe voluto solo scongiurare la circostanza che alcuni "forestieri" continuassero ad assistere ad un turpiloquio nei confronti di un pubblico ufficiale in divisa (vengono riportate alcune delle dichiarazioni della parte civile). 3. Sono state depositate note nell'interesse dell'imputato con cui si evidenzia che, a seguito della entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 150 del 10 ottobre 2022, il delitto di violenza privata e' divenuto a procedibilita' condizionata e si chiede pertanto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' nel complesso infondato, ai limiti della inammissibilita'. 2. La Corte di appello ha ricostruito i fatti spiegando come, a seguito del sequestro, eseguito il 6 agosto 2015, da parte della Guardia Costiera di (OMISSIS) comandata dal Maresciallo (OMISSIS)- di ombrelloni e lettini ad alcuni esercenti titolari di concessione demaniale, tra cui anche prossimi congiunti dello stesso (OMISSIS), l'imputato il giorno successivo si presento' presso gli uffici della delegazione di spiaggia della Guardia Costiera al fine di chiedere a (OMISSIS) spiegazioni del suo operato. Ha chiarito la Corte come l'imputato, con una condotta oltraggiosa e minacciosa-puntualmente descritta in sentenza - pretendeva di costringere il militare a "dare spiegazioni" quanto al sequestro; si e' aggiunto che i fatti si verificarono alla presenza di piu' persone. 3. Sulla base della ricostruzione dei fatti, il primo e il terzo motivo rivelano la loro inammissibilita'. E' stato spiegato come gli atti compiuti fossero idonei ed univocamente volti a condizionare il militare; dalla ricostruzione fattuale emerge inoltre come la condotta non fosse volta a costringere il pubblico ufficiale a compiere un atto contrario ai doveri d'ufficio o ad omettere un atto dell'ufficio, quanto, piuttosto, a ricevere "spiegazioni", non, dunque, ad inquinare la funzione pubblica. Ne' dubbi possono sussistere sulla idoneita' della minaccia, neppure contestata dal ricorrente, dovendo questa essere valutata "ex ante", tenendo conto delle circostanze oggettive e soggettive del fatto, con la conseguenza che l'impossibilita' di realizzare il male minacciato, a meno che non tolga al fatto qualsiasi parvenza di serieta', non esclude il reato, dovendo riferirsi alla potenzialita' costrittiva del male ingiusto prospettato (tra le tante, Sez. 6, n. 32705 del 17/04/2014, Coccia, Rv. 260324). E' irrilevante, quindi, che il pubblico ufficiale possa non essere stato in concreto intimorito. 3. Inammissibile e' anche il secondo motivo, non avendo dedotto il ricorrente alcunche' di specifico e non essendosi confrontato con la motivazione della sentenza impugnata 4. Quanto al mutato regime di procedibilita' del delitto di violenza privata, assume rilievo l'articolo 85 del Decreto Legislativo n. 150 del 2022, secondo il quale per i reati perseguibili a querela della persona offesa in base alle disposizioni del decreto in questione, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato. Il tema che si pone e' se, come nel caso di specie, la persistente costituzione di parte civile equivalga alla volonta' di punire e quindi alla sussistenza della querela. Le Sezioni unite della Corte (n. 40150 del 21/06/2018, Salatino) sono intervenute sul tema allorche' si sono occupate degli effetti del mutato regime di punibilita' introdotto per alcuni reati dal Decreto Legislativo n. 36 del 10 aprile 2018, sui fatti commessi prima e per i quali era gia' iniziato il procedimento penale. Nell'occasione le Sezioni hanno spiegato come, per effetto del mutato regime di procedibilita', fosse stata predisposta una disciplina transitoria (articolo 12) per regolare le modalita' con le quali, in relazione ai reati per i quali era mutato il regime di procedibilita', la persona offesa veniva posta nelle condizioni di valutare l'opportunita' di esercitare nei termini il diritto di formulare l'atto propulsivo. In particolare, la Corte ha chiarito come la disciplina transitoria indicata dovesse interpretarsi secondo i principi gia' indicati da Sez. U, n. 5540 del 17/04/1982, Corapi, Rv. 154076 in relazione alla corrispondente norma, formulata in termini sovrapponibili, nel contesto della L. 24 novembre 1981, n. 689 (articolo 99). Si e' affermato "come gia' condivisibilmente posto in evidenza nella sentenza Corapi, onde evitare conseguenze aberranti derivanti da una interpretazione formalistica della norma transitoria, l'avviso alla persona offesa non debba essere dato quando risulti dagli atti che il diritto di querela sia gia' stato formalmente esercitato; che l'offeso abbia, in qualsiasi atto del procedimento, manifestato la volonta' di instare per la punizione dell'imputato". In senso conforme, la giurisprudenza di legittimita' ha affermato che la sussistenza della volonta' di punizione da parte della persona offesa, non richiedendo formule particolari, puo' essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione; ne consegue che tale volonta' puo' essere riconosciuta anche nell'atto con il quale la persona offesa si costituisce parte civile, nonche' nella persistenza di tale costituzione nei successivi gradi di giudizio (cfr., Sez. 2, n. 19077 del 03/05/2011, Maglia, Rv. 250318; Sez. 5, n. 15691 del 06/12/2013, dep. 2014, Anzalone, Rv. 260557; Sez. 5, n. 21359 del 16/10/2015, dep. 2016, Giammatteo, Rv. 267138; Sez. 5, n. 29205 del 16/02/2016, Rahul Jetrenda, Rv. 267619; Sez. 2, n. 8823 del 04/02/2021, Sanfilippo, Rv. 280764; Sez. 2, n. 12410 del 13/02/2020, De Giorgio, Rv. 279057). 5. Nel caso in esame, la persona offesa si e' costituita parte civile e ha partecipato al giudizio di appello, ottenendo la condanna degli imputati alla rifusione delle spese sostenute anche in quel grado di giudizio. Dunque una chiara volonta' di punizione nei confronti dell'imputato in ordine ai fatti per cui si procede. 6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CATENA Rossella - Presidente Dott. GUARDIANO Alfredo - rel. Consigliere Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere Dott. CIRILLO Pierangelo - Consigliere Dott. FRANCOLINI Giovanni - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 30/06/2022 della CORTE APPELLO di TORINO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere GUARDIANO ALFREDO; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIORDANO LUIGI. IN FATTO E IN DIRITTO 1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza con cui il tribunale di Biella, in data 19.3.2019, aveva condannato (OMISSIS) alla pena ritenuta di giustizia, oltre al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita parte civile, in relazione ai reati di minaccia, di danneggiamento su beni esposti alla pubblica fede, di violazione di domicilio, di lesione personale volontaria e di tentata violenza privata, commessi in danno di (OMISSIS), in rubrica ascrittigli, assolveva l'imputato dai reati di cui all'articolo 635 c.p., come contestati al capo e) e al capo g) - limitatamente al danneggiamento della cassetta delle lettere - esclusa l'esposizione alla pubblica fede, perche' il fatto non e' piu' previsto come reato; dichiarava, altresi', non doversi procedere nei confronti del (OMISSIS) in ordine ai reati ex articolo 612, c.p., contestato al capo e), e articolo 614 c.p., contestato al capo f), per tardivita' della querela, con conseguente rideterminazione dell'entita' del trattamento sanzionatorio in favore dell'imputato, confermando, nel resto, la sentenza impugnata. 2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l'annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, lamentando: 1) violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante della esposizione alla pubblica fede, in relazione alla condotta di danneggiamento, di cui al capo g) dell'imputazione, avente a oggetto lo specchietto retrovisore dell'autovettura della persona offesa, in quanto, tenuto conto delle circostanze di fatto, l' (OMISSIS) era in grado di esercitare una sorveglianza continua sul bene di sua proprieta'; 2) violazione di legge in punto di determinazione della pena, in quanto il giudice di merito, una volta riconosciuta la sussistenza della continuazione, ha operato un aumento della pena detentiva della reclusione fissata per il reato piu' grave di cui agli articoli 56 e 610, c.p., pur in presenza di un reato-satellite di competenza del giudice di pace; 3) violazione di legge, dovendosi considerare nulla la sentenza per omessa motivazione sulla ritenuta sussistenza della contestata recidiva. 3. Con requisitoria scritta del 27.12.2022, depositata sulla base della previsione del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, che consente la trattazione orale in udienza pubblica solo dei ricorsi per i quali tale modalita' di celebrazione e' stata specificamente richiesta da una delle parti, i cui effetti sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2022, per effetto del Decreto Legge 30 dicembre 2021, n. 228, articolo 16, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. 25 febbraio 2022, n. 15 il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, chiede che il ricorso venga rigettato. 4. Il ricorso non puo' essere accolto, essendo sorretto da motivi, in parte infondati, in parte inammissibili. 5. Infondato appare il primo motivo di ricorso. Vero e' che, come affermato da un orientamento della giurisprudenza di legittimita', peraltro non incontrastato, nel caso di danneggiamento di parti di un'autovettura compiuto alla presenza del proprietario, che a bordo del veicolo ne esercita la custodia, non si configura l'aggravante di cui all'articolo 625 c.p., comma 1, n. 7, e il fatto non e' punibile non essendo previsto dalla legge come reato (cfr. Sez. 2, n. 5251 del 15/01/2019, Rv. 276620). Ritiene, tuttavia, il Collegio che il principio affermato nell'arresto ora menzionato, cui ha fatto esplicito riferimento il ricorrente, non trovi applicazione nel caso in esame, apparendo ad esso maggiormente attinente quanto affermato dalla stessa giurisprudenza di legittimita' (cfr. Sez. 2, n. 15604 del 25/03/2021, Rv. 281120), con insegnamento risalente nel tempo, secondo cui, in tema di danneggiamento, sussiste la circostanza aggravante di cui all'articolo 625 c.p., comma 1, n. 7, qualora l'agente abbia fatto affidamento sull'ordinaria impossibilita' del titolare del bene di sorvegliare la cosa propria, senza che rilevi l'accidentale presenza del medesimo al momento della commissione del fatto. (In motivazione la Corte ha precisato che l'esposizione alla fede pubblica non e' ravvisabile solo qualora la presenza del titolare sia rivelatrice della possibilita' di esercitare in modo costante la vigilanza sul bene (Conf., Sez. 4, n. 10367 del 1990, Rv. 184911). Tenuto conto delle circostanze di fatto, non contestate dal ricorrente, in cui l'imputato ha danneggiato lo specchietto retrovisore della persona offesa, con la quale egli aveva avuto in passato una breve relazione sentimentale, non puo' non rilevarsi come la presenza dell' (OMISSIS) all'interno della propria autovettura, fosse stata del tutto occasionale. In quanto determinata dalla necessita' di sottrarsi all'aggressione perpetrata in suo danno dal prevenuto, il quale, la mattina del 31 gennaio del 2012, quando la persona offesa era uscita di casa per recarsi al lavoro, le aveva scagliato addosso la cassetta delle lettere, dopo averla sradicata dal muro; aveva inseguito la donna, insultandola e prendendola a calci; le aveva impedito di salire in macchina, iniziando a colpirla con calci, pugni e schiaffi e, nonostante l' (OMISSIS) fosse riuscita a entrare nel veicolo, non si era fermato, ma aveva tentato di sradicarne la portiera, colpendo con calci la carrozzeria e rompendo lo specchietto laterale, sino a quando la persona offesa non era riuscita ad allontanarsi a bordo dell'autovettura per recarsi presso il piu' vicino Pronto Soccorso (cfr. pp. 3-4 della sentenza impugnata). Evidente, dunque, come l' (OMISSIS) non fosse materialmente in grado di esercitare una effettiva costante vigilanza sul bene danneggiato, esposta com'era alla furia aggressiva dell'imputato. Va, inoltre, rilevato che l'episodio di danneggiamento in precedenza indicato era stato contestato al capo g) dell'imputazione come commesso su cosa esposta alla pubblica fede, giusta la previsione dell'articolo 635 c.p., comma 2, n. 1), nella parte in cui tale disposizione normativa rimanda alle altre cose indicate nel numero 7) dell'articolo 625 c.p., tra cui, per l'appunto, sono ricomprese le cose esposte per consuetudine, necessita' o destinazione alla pubblica fede (nel caso che ci occupa l'autovettura e le sue componenti). Quando la contestazione venne elevata la fattispecie di danneggiamento di cui all'articolo 635, c.p., era perseguibile d'ufficio, mentre oggi, in virtu' della modifica operata dal Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, articolo 2, comma 1, lettera n), a decorrere dal 30 dicembre 2022, il Decreto Legge 31 ottobre 2022, n. 162, ex articolo 6, ai sensi del nuovo dell'articolo 635 c.p., comma 8, sono perseguibili d'ufficio solo le ipotesi di cui al comma 2 del citato articolo 635 c.p., il cui n. 2) ricomprende, per l'appunto, il caso di danneggiamento commesso su cose esposte per consuetudine, necessita' o destinazione alla pubblica fede, ai sensi dell'articolo 625 c.p., n. 7), mentre risulta perseguibile a querela il caso di danneggiamento commesso con violenza alla persona, di cui all'articolo 635 c.p., comma 1, peraltro contestato in fatto, essendo nella imputazione di cui al capo g) riportati tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di cui all'articolo 635 c.p., comma 1, in guisa da avere reso possibile l'adeguato esercizio del diritto di difesa anche con riferimento a tale ipotesi (cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 15999 del 18/12/2019, Rv. 279335). Sicche', ove anche si volesse escludere l'ipotesi di cui all'articolo 635 c.p., comma 2, n. 2), non potrebbe mai concludersi per l'irrilevanza penale del fatto, che manterrebbe comunque intatta la sua rilevanza penale e sarebbe perseguibile a querela della persona offesa, ai sensi dell'articolo 635 c.p., comma 1, la quale, come si e' visto, si e' costituita parte civile, manifestando la chiara volonta' di perseguire il (OMISSIS). 6. Del pari infondato deve ritenersi il secondo motivo di ricorso. Il ricorrente lamenta che la corte territoriale abbia unificato sotto il vincolo della continuazione con il piu' grave reato di cui agli articoli 56 e 610, c.p., un reato (senza peraltro indicare quale) punito esclusivamente con pena pecuniaria, per cui, in presenza di un caso di concorso di pene eterogenee, si sarebbe dovuto applicare il principio affermato dalla giurisprudenza di legittimita', alla luce del quale in tema di concorso di reati puniti con sanzioni eterogenee sia nel genere che nella specie per i quali sia riconosciuto il vincolo della continuazione, l'aumento di pena per il reato "satellite" va effettuato secondo il criterio della pena unica progressiva per "moltiplicazione", rispettando tuttavia, per il principio di legalita' della pena e del favor rei, il genere della pena prevista per il reato "satellite", nel senso che l'aumento della pena detentiva del reato piu' grave dovra' essere ragguagliato a pena pecuniaria ai sensi dell'articolo 135, c.p. (cfr. Sez. U, n. 40983 del 21/06/2018, Rv. 273751). Si tratta, tuttavia di un presupposto erroneo. Premesso che dei due reati-satellite, solo il reato di lesione personale volontaria rientra nella competenza per materia del giudice di pace, ai sensi della previsione del Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274, articolo 4, lettera a), laddove la cognizione del delitto di danneggiamento, sempre ai sensi di tale disposizione normativa, e' attribuita al giudice di pace solo nell'ipotesi dell'articolo 635 c.p., comma 1, va rilevato come per il reato di cui all'articolo 582, c.p., la pena prevista, ai sensi del disposto del Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274, articolo 52, comma 2, lettera b), sia quella, alternativa, della pena pecuniaria, della permanenza domiciliare ovvero del lavoro di pubblica utilita' (peraltro applicabile anche all'ipotesi di cui all'articolo 635 c.p., comma 1). Orbene, come sancito espressamente dal Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274, articolo 58, comma 1, la permanenza domiciliare e il lavoro di pubblica utilita' vanno considerate per ogni effetto giuridico come pena detentiva della specie corrispondente a quella della pena originaria, che, nel caso che ci occupa, e' la pena della reclusione, sicche' esse non possono considerarsi pene eterogenee rispetto alla pena detentiva. Ne consegue, come affermato dalla giurisprudenza di legittimita', che non viola il principio di legalita' della pena l'aumento a titolo di continuazione della pena detentiva - prevista per il reato base - in presenza di uno o piu' reati satellite di competenza del giudice di pace sanzionati in via alternativa con pena equiparata a quella detentiva ai sensi del Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274, articolo 58, (cfr. Sez. 5, n. 49865 del 14/09/2018, Rv. 274375). 7. Manifestamente infondato appare il terzo motivo di ricorso. A tale proposito si osserva che secondo l'orientamento prevalente nella giurisprudenza di legittimita', in tema di recidiva facoltativa, e' richiesta al giudice una specifica motivazione sia che egli affermi sia che escluda la sussistenza della stessa, che, tuttavia, puo' essere adempiuto anche implicitamente ovvero con argomentazione succinta, con cui si dia conto del fatto che la condotta costituisce significativa prosecuzione di un processo delinquenziale gia' avviato (cfr. Cass., Sez. 6, n. 14937 del 14/03/2018, Rv. 272803; Cass., Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018, Rv. 274782). La decisione impugnata (cfr. p. 6) risulta del tutto conforme a tali principi, posto che la corte territoriale non si e' limitata a fare riferimento ai numerosi precedenti penali dell'imputato (peraltro evidenziandone la gravita'), ma ha sottolineato come essi, unitamente alla pluralita' dei fatti di rilievo penale per cui si procede nei suoi confronti, denotino il permanere della sua inclinazione delittuosa e la sua incapacita' di trarre insegnamento dalle precedenti vicende giudiziarie e dai benefici penitenziari di cui ha potuto fruire, valutazione che si traduce in un evidente giudizio di pericolosita' sociale del prevenuto (cfr. Cass., Sez. U., 27.5.2010, n. 35738, rv. 247838; Cass., sez. VI, 23.11.2010, n. 43438, rv. 248960). 8. Al rigetto del ricorso, segue la condanna della ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento. Va, infine, disposta l'omissione delle generalita' e degli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento, ai sensi del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, articolo 52, comma 5. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RAMACCI Luca - Presidente Dott. PAZIENZA Vittorio - Consigliere Dott. REYNAUD Gianni - rel. Consigliere Dott. GALANTI Alberto - Consigliere Dott. NOVIELLO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello de l'Aquila nel procedimento contro (OMISSIS), nato a (OMISSIS), + 1; avverso la sentenza della Corte di appello de L'Aquila del 31/05/2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Alberto Galanti; lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale D.ssa Marilia Di Nardo, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi; lette le conclusioni scritte, per la parte civile ammessa al gratuito patrocinio, dell'Avv. (OMISSIS) del foro de L'Aquila, che ha concluso per l'annullamento della sentenza. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 31/05/2022 la Corte di appello de L'Aquila, in riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale de L'Aquila in data 26/03/2019, assolveva, perche' il fatto non sussiste, (OMISSIS), nato a (OMISSIS), e (OMISSIS), nato a (OMISSIS), in ordine al delitto di cui all'articolo 609-octies c.p., asseritamente commesso nei confronti della minore (OMISSIS) (all'epoca (OMISSIS)) in (OMISSIS). Il Giudice per le indagini preliminari aveva, al contrario, condannato i due imputati, in esito a giudizio abbreviato, alla pena di quattro di reclusione. 2. Avverso tale sentenza propongono ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso la corte di appello de L'Aquila e, tramite il difensore di fiducia, la parte civile. 2.1. Il ricorso del Procuratore generale: 2.1.1. con il primo motivo di ricorso, lamenta la sussistenza del vizio di cui all'articolo 606 lettera e), c.p.p. per mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione per travisamento della prova costituita dalle indagini tecniche svolte dal R.I.S. dei Carabinieri di (OMISSIS) con le informative 27/07/2017 e 30/11/2017 (articoli 609-octies c.p., 192, 546, 603, 605 c.p.p.). Sostiene il ricorrente P.G. che nel caso in esame ci si trova di fronte ad un clamoroso caso di infedelta' della motivazione rispetto al processo, con conseguente distorsione del patrimonio conoscitivo valorizzato dalla motivazione rispetto a quello effettivamente acquisito nel giudizio (v., ex plurimis, Sez. 5, sentenza n. 26455 del 9 giugno 2022 in terna di travisamento della prova). In particolare, lamenta il ricorrente che la Corte di appello avrebbe totalmente travisato il significato scientifico della prova costituita dai risultati dell'indagine genetica svolta dai carabinieri del R.I.S. di Roma, dedicando solo poche righe agli esiti di tale accertamento e liquidandoli mediante l'attribuzione agli stessi di un valore sostanzialmente neutro, posta l'ammissione da parte dei due imputati dell'avvenuto incontro sessuale. Le relazioni citate concludevano nel senso che delle tre tracce biologiche rinvenute sulla maglietta che la persona offesa indossava la sera del fatto, due contenevano un profilo genetico misto attribuibile ai due imputati ed una terza un profilo genetico misto attribuibile ai due imputati ed alla saliva della persona offesa. Con la definizione "profilo genetico misto" si deve intendere "il risultato di una commistione di materiale genetico generato da due o piu' individui che si determina quando tali soggetti partecipano alla formazione di una traccia biologica fisicamente non separabile nei differenti contributi"; in altre parole i materiali genetici, per condurre ad un profilo "misto", debbono essersi mischiati in una situazione di immediatezza o quasi contemporaneita'. Tale Circostanza rende inverosimile la tesi difensiva di rapporti consensuali, avvenuti in tempi diversi e per di piu', per quanto riguarda il (OMISSIS), indossando il profilattico. L'evidenza della prova scientifica appare al contrario compatibile esclusivamente con la versione dei fatti narrata dalla giovane (OMISSIS); 2.1.2. con il secondo motivo di ricorso, lamenta la sussistenza del vizio di cui all'articolo 606 lettera e), c.p.p. per mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione per avere omesso di indicare in modo chiaro e analitico le evidenze ritenute decisive senza confutare in maniera puntuale le emergenze istruttorie poste dal primo giudice a fondamento della sentenza di condanna (articoli 609-bis, 609-octies c.p., 192,, 546, 603, 605 c.p.p.). Lamenta il ricorrente che la Corte d'appello non ha proceduto ad un'analisi che non fosse superficiale della consulenza tecnica redatta dalla dottoressa (OMISSIS), della documentazione sanitaria del reparto psichiatrico delll'ospedale "(OMISSIS)" e dei verbali di sommarie informazioni testimoniali resi dai sanitari della clinica psichiatrica (OMISSIS) (da cui era possibile evincere che la persona offesa presentava "gravi e indiscutibili segni rivelatori di abuso sessuale"), dando al contrario decisivo valore probatorio alle scarne considerazioni redatte dalla dottoressa (OMISSIS), incaricata peraltro di valutare la mera capacita' a testimoniare della ragazza e non anche la sua attendibilita'. Contesta inoltre il P.G. l'affermazione secondo cui la giovane ragazza avrebbe patito una condizione interiore di "profondo disagio psicologico" gia' in epoca precedente al fatto, laddove tutta la documentazione sanitaria si riferisce ad un periodo successivo al maggio del 2015. Ha inoltre fatto, l'impugnata sentenza, riferimento ai soli passi delle deposizioni rese dalla Dott.ssa (OMISSIS) e dalla psicologa Dott.ssa (OMISSIS), funzionali alla demolizione dell'attendibilita' della persona offesa, astraendoli dal tenore complessivo delle stesse, da cui emergeva invece lo stato di acuto dolore nel disvelamento della violenza patita; 2.1.3. Con il terzo motivo di ricorso, lamenta la sussistenza del vizio di cui all'articolo 606 lettera e), c.p.p. per mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione per avere il giudice di seconde cure svolto una motivazione con macroscopici deficit di adeguatezza, congruita' e logica, omettendo di conformarsi al canone della c.d. "motivazione rafforzata" (articoli 609-bis, 609-octies c.p., 192, 546, 603, 605 c.p.p.). Sostiene in particolare il ricorrente che l'inusuale integrazione probatoria in appello da abbreviato e per reati contro la liberta' sessuale non ha in realta' apportato alcun contributo di novita' rispetto alla messe probatoria analizzata dal giudice di primo grado. Cio' avrebbe reso necessario uno sforzo motivazionale particolarmente intenso da parte della Corte di appello dell'Aquila per ribaltare la valutazione effettuata da detto giudice. Operazione che la Corte di appello svolge in circa sei pagine parcellizzando e banalizzando il quadro probatorio delineato nella sentenza di condanna. In altre parole, si e' proceduto a una vera e propria "desertificazione" del poderoso impianto probatorio, negligendo le pregnanti prove a carpco, quali, ad esempio, le dichiarazioni dei genitori della vittima, anestetizzate per abbassarne la portata probatoria. La Corte di Appello omette totalmente di confrontarsi con dati di fatto oggettivi valorizzati dal giudice di prima cura, quali i capelli bagnati della vittima la sera del fatto, le macchie di sangue sul letto nei giorni successivi, le ecchimosi riscontrate sulle braccia della ragazza per giorni dopo il fatto, i pantaloni strappati e la maglietta conservata per oltre un anno, per concentrarsi sui soli dati che demolirebbero l'attendibilita' del narrato della ragazza (evidenzia infatti la Corte "l'insanabile contrasto tra la sua ricostruzione dei fatti e le altre emergenze processuali"): i tabulati telefonici, le dichiarazioni della (OMISSIS), la (dedotta) mancata conoscenza pregressa tra i due imputati. In Conclusione, La Corte di appello accoglie passivamente la narrazione degli imputati che, a tacere della totale negazione dei fatti nella fase delle indagini preliminari da parte del Belha', in sede di udienza preliminare raccontano la loro versione di contatti sessuali consenzienti con la minore, avvenuti separatamente a distanza di oltre un'ora, in palese contrasto con gli esiti della prova genetica. 2.2. Il ricorso della parte civile: 2.2.1. Con il primo motivo di ricorso, lamenta la sussistenza del vizio di cui all'articolo 606 lettera e), c.p.p. per contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in relazione all'articolo 192 c.p.p., con riferimento alla valutazione di credibilita' della persona offesa; sostiene la ricorrente che la Corte di appello avrebbe desunto l'inattendibilita' della giovane (OMISSIS) sulla base della ritenuta "particolare condizione di fragilita' psichica preesistente e successiva ai fatti", e della "condizione interiore di profondo disagio psicologico gia' all'epoca dei fatti", anziche' considerare tale condizione quale "conseguenza" del patito stupro, come invece emergerebbe dalla complessiva analisi della documentazione clinica in atti; 2.2.2. Con il secondo motivo di ricorso, lamenta la sussistenza del vizio di cui all'articolo 606 lettera e), c.p.p. per contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in relazione all'articolo 192 c.p.p., con riferimento alla valutazione di attendibilita' della persona offesa. Il motivo si articola in realta' in diverse censure. En primo luogo, sostiene la ricorrente che la Corte di appello non avrebbe minimamente impedito, nel corso della disposta nuova audizione della persona offesa, quel processo di "vittimizzazione secondaria" che e' invece vietato dalla Convenzione di Istanbul e dalla successiva legge di ratifica. In secondo luogo, la Corte di appello avrebbe fondato il giudizio di inattendibilita' ritenendo che la minore avrebbe "reso sui fatti oggetto di imputazione versioni progressivamente e sensibilmente diverse", circostanza che la ricorrente smentisce sia con riferimento alla data del fatto, sempre indicate nella giornata di sabato (OMISSIS), sia dinanzi alla D.ssa (OMISSIS), che alle D.sse (OMISSIS) e (OMISSIS), che in sede di incidente probatorio e infine anche dianzi alla Corte di appello, che alle sue circostanze di accadimento; invece, inopinatamente, la Corte di appello afferma che la ragazza aveva inizialmente dichiarato di avere conosciuto i due imputati solo la sera del fatto. Sostiene inoltre 1a ricorrente che la Corte avrebbe fondato il giudizio di sostanziale inattendibilita' della persona offesa anche sulle dichiarazioni della sua ex amica (OMISSIS), che solo dopo una lunga serie di risposte vaghe e dimenticanze ("non so", "non ricordo"), colloca i fatti cui ha direttamente assistito al giorno (OMISSIS) 2015 anziche' il 15, come sostenuto dalla persona offesa e come in precedenza aveva dichiarato. La Corte di appello, in sostanza, effettua una narrazione del fatto totalmente alternativa a quella sempre raccontata dalla persona offesa senza contraddizioni, incorrendo peraltro in stereotipi culturali sedimentati; 2.2.3. Con il terzo motivo di ricorso, lamenta la sussistenza del vizio di cui all'articolo 606 lettera e), c.p.p., per mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione per la omessa valutazione in ordine al "consenso" richiesto dall'articolo 609-bis c.p.. La Corte di appello non prende mai in considerazione, in alcun momento della sentenza, l'aspetto della volizione o meno del rapporto da parte della persona offesa, nonostante la sua mancanza sia l'elemento costitutivo cardine del delitto. Trattandosi di ribaltamento totale della sentenza di primo grado, in tal modo la Corte di appello e' venuta meno al suo dovere di motivare in modo rigoroso in ordine alle "difformi ragioni assunte". 2.2.4. Con il quarto motivo lamenta la mancanza di motivazione in ordine alla revoca delle statuizioni civili. 3. In data 5 aprile 2022 l'Avv. (OMISSIS), del Foro di Parma, difensore di fiducia di (OMISSIS), faceva pervenire dichiarazione di adesione all'astensione proclamata dalla Giunta della Unione delle Camere Penali Italiane con delibera del 27 marzo 2023. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Preliminarmente, la Corte osserva come l'adesione del difensore all'astensione proclamata dall'Unione delle Camere Penali non possa determinare il rinvio dell'udienza, cui il difensore ha diritto nel solo caso in cui abbia formulato richiesta di 1:rattazione orale ai sensi dell'articolo 23, comma 8-bis, del Decreto Legge n. 137/2020 (ai'rg. ex Sez. 4, n. 32462 del 07/07/2022, Shaba), nel caso di specie non formulata. Il ricorso presentato dal P.G. 2. Il primo motivo di ricorso, relativo ad un presunto travisamento della prova/manifesta illogicita' della motivazione in riferimento alla prova genetica, e' fondato. 2.1. La Corte ritiene (v., ex multis, Sez. 2, n. 32113 del 02/07/2021, Dhayba, n. m.) che il travisamento della prova che e' consentito dedurre in cassazione puo' consistere: a) nella contraddittorieta' della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato, ovvero da altri atti del processo indicati nei motivi di gravame; b) dall'errore cosiddetto "revocatorio", che, cadendo sul "significante" e non sul "significato" della prova, si traduce nell'utilizzo di una prova inesistente per effetto di una errata percezione di quanto riportato dall'atto istruttorio (Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano; Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, Carone; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano; Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, Grancini; Sez. 2, n. 27929 del 12/06/2019, PG c/ Borriello). Per aversi vizio di travisamento della prova "e' necessario, insomma, che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformita' tra il senso intrinseco della dichiarazione (o di altro elemento di prova) e quello tratto dal giudice". Tale vizio, inoltre, e' ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a "disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell'elemento frainteso o ignorato" (cosi' anche Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, Rv. 281085 - 01, secondo cui il vizio di motivazione rileva nei limiti in cui "possa scardinare la logica del provvedimento, creando una insanabile frattura tra il giudizio e le sue basi fattuali").. 2.2. Cio' premesso, circa la prova genetica, la cui valutazione (e finanche percezione) si asserisce manifestamente travisata, la sentenza di primo grado riferisce che "dagli esami scientifici effettuati dai Carabinieri RIS di Roma emergeva che sulla stessa vi fossero tre tracce biologiche: due tracce di sperma riconducibili senza alcun dubbio ai due indagati, mentre una terza traccia biologica, inizialmente non identificata, era successivamente ricondotta a tracce biologiche appartenenti ai due indagati ed alla persona offesa. Tale elemento probatorio risulta essere di particolare rilevanza in quanto, in maniera oggettiva e scientifica e' idoneo ad accertare che i due imputati ebbero rapporti sessuali con la minore (OMISSIS) ed e' idoneo ad evidenziare la contraddittorieta' delle loro dichiarazioni rese. In parl:icolar modo quelle del Semir, il quale in sede di primo interrogatorio negava di conoscere e di avere avuto rapporti di alcun genere con la (OMISSIS)". A pagina 38 della sentenza impugnata si legge invece che "la maglietta e' stata sottoposta ad analisi da parte del RIS di Roma il cui esito ha riscontrato la presenza di due tracce di sperma riconducibile al (OMISSIS) ed al (OMISSIS) e di una terza tracciai biologica appartenente a questi ultimi ed alla (OMISSIS)". Tuttavia, a pagina 44 del provvedimento impugnato la Corte territoriale, riferendosi a tale prova, afferma che "la sua indubbia valenza e' stata neutralizzata dalle sia pur tardive ammissioni degli imputati sul rapporto sessuale separatamente consumato quella sera con la (OMISSIS) e le dichiarazioni rese da (OMISSIS) sulle condizioni della figlia apprezzate la sera del (OMISSIS)". Appare evidente come la Corte di appello abbia ritenuto che rapporti sessuali occorsi in momenti successivi (a circa un'ora di distanza uno dall'altro, secondo la ricostruzione alternativa offerta dagli imputati e ritenuta attendibile dai giudici di appello) siano compatibili con la presenza di "materiale genetico misto", conclusione ritenuta totalmente illogica dal ricorrente, secondo cui un profilo genetico "misto" si puo' realizzare solo laddove le fonti che lo hanno prodotto siano contemporanee o quasi, altrimenti dovrebbero rinvenirsi campioni genetici separati. La censura proposta dal ricorrente P.G. appare confermata dalla relazione del R.I.S. di Roma, debitamente allegata sub 2) al ricorso, dove, alla pag. 4.91, dedicata all'esito della tipizzazione genetica, si chiarisce che in punto di "attribuzione" dei profili genetici: - per "profilo genetico maschile" si intende il profilo genetico attribuibile ad un soggetto di sesso maschile; - per "profilo genetico femminile" si intende il profilo genetico attribuibile ad un soggetto di sesso femminile; - per "profilo genetico misto" si intende "il risultato di una commistione di materiale genetico generato da due o piu' individui che si determina quando tali soggetti partecipano alla formazione di una traccia biologica fisicamente non separabile nei differenti contributi. Il risultato e' la presenza di un numero di alleli superiore a due in molti loci STRs del profilo genetico". La relazione relativa alla profilazione genetica sembra quindi evidenziare, nonostante il lessico tecnico e non di agevole comprensione, come il rilascio delle impronte genetiche da parte dai tre contribuenti sia avvenuto in modo simultaneo giacche', altrimenti, si sarebbero dovuti rinvenire tre profili genetici distinti: due di sesso maschile e uno di sesso femminile. Ritiene la Corte che la sentenza impugnata sia incorsa nel vizio dedotto, essendo emersa una evidente contraddizione tra il significato della prova e la percezione che di essa ha tratto la Corte distrettuale, che, sul punto, e' silente. La censura dedotta dal ricorrente, inoltre, risulta incompatibile con la versione fornita dai due imputati e valorizzata dalla Corte di appello per "sterilizzare" la portata probatoria della prova genetica (sia per quanto concerne l'asserita non contestualita' dei rapporti sessuali, sia per quanto concerne la circostanza che il (OMISSIS), come da lui riferito e indicato nel ricorso, indossasse un profilattico), risultando cosi' in grado di scardinare hl percorso argomentativo della sentenza. La sentenza va quindi annullata con rinvio per nuova valutazione circa la compatibilita' della presenza di profili genetici "misti" sull'indumento indossato dalla vittima al momento della lamentata violenza con la ricostruzione del fatto operata dalla sentenza annullata. 3. Il secondo e il terzo motivo di ricorso del Procuratore generale e i primi due motivi di ricorso della parte civile (ad eccezione del profilo relativo alla violazione della Convenzione di Istanbul, che sara' trattato separatamente) possono essere trattati congiuntamente in quanto articolati su un percorso argomentativd sostanzialmente sovrapponibile, poiche' tutti i motivi censurano il percorso logico seguito dalla Corte di appello: i primi concernono infatti l'asserita violazione dell'obbligo di "motivazione rafforzata" in caso di ribaltamento della sentenza di primo grado, mentre gli altri due lamentano la violazione delle regole di valutazione della prova in riferimento alla attendibilita' della persona offesa. 3.1. In linea generale, la Corte osserva come il compito del giudizio di legittimita' non e' stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la "migliore possibile" ricostruzione dei fatti, ma limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilita' di apprezzamento (v., tra le tante: Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999 - dep. 31/01/2000, Moro, Rv. 215745). Ancora, il vizio di motivazione in tanto sussiste se ed in quanto si dimostri che il testo del provvedimento sia manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e non invece quando si opponga alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica (Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205621; Sez, 3, n. 46475 del 13/07/2017, Zeppola, non massimata sul punto). Ancora, il lamentato vizio logico deve essere altresi' "decisivo", ovverosia idoneo ad incidere sul compendio indiziario cosi' da incrinarne la capacita' dimostrativa, non potendo il sindacato di legittimita', riservato a questa Corte, dilatarsi nella indiscriminata rivalutazione dell'intero materiale probatorio che si risolverebbe in un nuovo giudizio di merito. Il vizio in esame, essendo la contraddittorieta' logica intrinseca al testo stesso del provvedimento impugnato, comporta pertanto un esame in sede di legittimita' limitato al controllo se la motivazione dei giudici del merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e spiegare l'iter logico seguito (Cass. Sez. U. n. 6402 del 30.4.1997, Dessimone, Rv 207944, Cass. Sez. 2" n. 30918 del 07/05/2015, Falbo, Rv. 264441, Cass., sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, De Vita, Rv. 235507, Cass., Sez.4" n. 4842 del 2.12.2003, Elia, Rv 229369,). 3.2. Se tale e' il principio generale (la cui applicazione comporterebbe l'inammissibilita' dei motivi di ricorso relativi alla valutazione di attendibilita' della persona offesa), la giurisprudenza della Corte ha tuttavia previsto regole piu' stringenti per il caso di overturning tra la sentenza di primo grado e quella di appello, imponendo sui giudici un obbligo di "motivazione rafforzata". In proposito, gia' Sez. 3, n. 15756 del 3 aprile 2003, Contrada, ebbe a stabilire il principio secondo cui "la decisione del giudice di appello, che comporti totale riforma della sentenza di primo grado, impone la dimostrazione dell'incompletezza o della non correttezza ovvero dell'incoerenza delle relative argomentazioni con rigorosa e penetrante analisi critica seguita da completa e convincente dimostrazione che, sovrapponendosi "in toto" a quella del primo giudice, dia ragione delle scelte operate e del privilegio accordato ad elementi di prova diversi o diversamente valutati (...)", confermata dalle Sez. Un., n. 33748 del 29 settembre 2005, Mannino: "il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i piu' rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato". Sez. 6 n. 14586 del 2/02/2021, Pozza, n. m., ha stabilito che "il giudice d'appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado... (omissis)... e' tenuto ad offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata, anche riassumendo, se necessario, la prova dichiarativa decisiva (Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, Troise, Rv. 272430). E' quello che, nel comune lessico giudiziario, suole essere indicato come dovere di "motivazione rafforzata" e che consiste nella compiuta indicazione delle ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado, nonche' in un apparato giustificativo che dia conto degli specifici passaggi logici relativi alla disamina degli istituti di diritto sostanziale o processuale, in modo da conferire alla decisione una forza persuasiva superiore rispetto a quella riformata (Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, P., Rv. 278056)". Secondo la Corte, la sentenza che procede a ribaltare la condanna non puo' limitarsi ad offrire una diversa lettura complessiva del materiale istruttorio, senza una specifica indicazione delle evidenze ritenute decisive, dovendo anzi confutare le emergenze istruttorie poste dal primo giudice a fondamento invece dell'opposto assunto condannatorio. Pertanto, in caso di ribaltamento della pronuncia di prime cure, oltre al normale percorso logico che deve caratterizzare il tessuto motivazionale di tutte le sentenze, i giudici sono tenuti ad un quid pluris, che dia conto in modo chiaro e analitico delle ragioni per cui ritiene di distaccarsi dalle conclusioni cui e' pervenuto il giudice del grado precedente. Tale operazione ermeneutica presuppone, pertanto, da un lato il costante confronto con la decisione di segno opposto, e dall'altro il "corretto" (e non piu' "non manifestamente illogico") utilizzo degli strumenti di valutazione della prova, soprattutto quella indiziaria (invero assai frequente nei delitti contro la liberta' sessuali solitamente caratterizzati dalla solitudine, durante il fatto, tra la vittima e l'autore del fatto). 3.3. A tale ultimo proposito la Corte sottolinea come la "prova logica" richieda la valutazione da parte del giudice di una serie di elementi di fatto, che sara' il frutto di una sintesi, quanto meno possibile "intuitiva", degli indici stessi, in esito a un processo di tipo induttivo. Come noto, la scienza epistemologica considera, quali metodi di verifica dell'attendibilita' di una scienza, due fondamentali sistemi: - il "metodo deduttivo", che parte dalla sussistenza assiomatica cli una legge generale che applica al caso particolare; tale metodo, ovviamente, appare piu' adatto ad un sistema processuale basato sulla sussistenza delle c.d. "prove legali" (quali l'ordalia del diritto germanico o, per restare al diritto processuale civile contemporaneo, al giuramento decisorio) che ad uno che si basa sul libero convincimento del giudice; - il "metodo induttivo", che si sostanzia nell'osservazione della realta' fenomenica da cui astrarre enunciati generali sulla regolarita' dei fenomeni, che verranno denominati come leggi. Tale sistema e' stato negli anni temperato attraverso la formulazione del c.d. "principio ipotetico", che si impernia sulla possibile erroneita' delle leggi derivate dall'osservazione del reale, in ipotesi fallace o incompleta, sottolineando la necessita' di continua verifica, sul campo e in concreto, della fondatezza delle leggi regolari ricavate, che non possono assumere valore "universale", ma solo "generale" (l'ipotesi di scuola e' quella dell'osservazione di migliaia di cigni bianchi da cui si ricava la legge secondo cui tutti i cigni sono bianchi, che sara' considerata valida finche' non si osservera' un "cigno nero"). 3.4. Trasportando dall'epistemologia alla pratica giurisprudenziale le categorie logiche summenzionate, e' evidente che il metodo ipotetico/induttivo come metodo di ricerca e valutazione della prova logica (rectius: di osservazione della messe probatoria al fine di ricavarne una costante regolare con valore di prova) si traduce in un sistema di inferenza probabilistica della verita' processuale, in modo del tutto analogo a quanto avviene nei processi per delitti colposi commissivi (ad esempio in tema di "colpa medica"), in cui la catena delle inferenze sul particolare permette di formulare un generale plausibile. Non e' quindi attraverso lo schema logico della deduzione che si raggiunge la prova logica, bensi' attraverso quello della induzione/deduzione: analizzare la pluralita' dei fatti concreti per ricavarne una regola generale - soggetta al vaglio costante dell'esperienza - da applicare (stavolta con metodo deduttivo) al caso particolare. Tale processo logico e' sintetizzato dall'articolo 192, comma 2, c.p.p., laddove si stabilisce che "l'esistenza di un fatto non puo' essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti". Nella valutazione degli indizi il giudice potra' far ricorso in chiave ausiliaria a "fatti notori" e "massime di comune esperienza" (Sez. 5, n. 602, del 14/11/2013, dep. 2014, Ungureanu, Rv. 258677 - 01), che si differenziano dalla mera congettura perche' la valutazione e' formulata sulla scorta dell'id quod plerumque accidit come risultato di una verifica empirica dell'elemento preso in considerazione (Sez. VI, 07/07/2009, n. 27862, in proc. De Noia, Rv. 244439 - 01). Inoltre, il metodo induttivo richiede la lettura dapprima unitaria di ogni singolo elemento di prova, e quindi e quindi una valutazione complessiva dell'intero compendio probatorio "in una prospettiva globale e unitaria, tendente a porne in lince i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo" (Sez. 2, 19/09/2013, n. 42482, Kuzmanovic, Rv. 256967 01). L'ultima sentenza citata precisava che "il procedimento logico di valutazione degli indizi si articola in due distinti momenti. Il primo e' diretto ad accertare il maggiore o minore livello di gravita' e di precisione degli indizi, ciascuno considerato isolatamente, tenendo presente che tale livello e' direttamente proporzionale alla forza di necessita' logica con la quale gli elementi indizianti conducono al fatto da dimostrare ed e' inversamente proporzionale alla molteplicita' di accadimenti che se ne possono desumere secondo le regole di esperienza. Il secondo momento del giudizio indiziario e' costituito dall'esame globale e unitario tendente a dissolverne la relativa ambiguita', posto che "nella valutazione complessiva ciiascun indizio (notoriamente) si somma e, di piu', si integra con gli altri, talche' il limite della valenza di ognuno risulta superato sicche' l'incidenza positiva probatoria viene esaltata nella composizione unitaria, e l'insieme puo' assumere il pregnante e univoco significato dimostrativo, per il quale puo' affermarsi conseguita la prova logica del fatto... che - giova ricordare - non costituisce uno strumento meno qualificato rispetto alla prova diretta (o storica) quando sia conseguita con la rigorosita' metolodogica che giustifica e sostanzia il principio del c.d. libero convincimento del giudice (Sez. U., n. 6682 del 04/02/1992, Musumeci, Rv. 191231). Le linee dei paradigmi valutativi della prova indiziaria sono state recentemente ribadite dalle Sezioni Unite che hanno evidenziato che il metodo di lettura unitaria e complessiva dell'intero compendio probatorio non si esaurisce in una mera sommatoria degli indizi e non puo', percio', prescindere dalla operazione propedeutica che consiste nel valutare ogni prova indiziaria singolarmente, ciascuna nella propria valenza qualitativa, tendente a porre in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo (Cass. Sez. Un. 12/07/2005, n. 33748, Mannino, Rv. 231678)". In sostanza, la valutazione della prova indiziaria e' "bifasica", essendo in prima battuta il giudice tenuto a verificare il livello di "gravita' e precisione" di ciascun indizio, isolatamente considerato e, in seconda battuta, ad esaminare unitariamente tutte le circostanze emerse per valutarne la "concordanza". Sez. 2, n. 18149 dell'11/11/2015, Korkaj, Rv. 266882, ha poi precisato che "ciascun indizio deve corrispondere a un fatto certo, e cioe' realmente esistente e non soltanto verosimile o supposto (Sez. 1, n. 44324 del 18/04/2013, Rv. 258321), munito di una valenza dimostrativa di regola solo possibilistica, dalla cui lettura, coordinata sinergicamente con quella degli altri elementi indiziari ricavati da fatti altrettanto certi nella loro esistenza storica, deve essere possibile pervenire, attraverso un ragionamento di tipo induttivo basato su regole di esperienza consolidate ed affidabili che consenta di superare l'ambiguita' residua dei singoli indizi attraverso il loro apprezzamento unitario, alla dimostrazione del fatto ignoto oggetto di prova, secondo lo schema del c.d. "sillogismo giudiziario"". 3.5. E cosi', applicando il metodo anzidetto al caso in esame, i dati oggettivi scaturenti dalla messe probatoria, andavano confrontati, singolarmente e poi unitariamente, con quegli indici rivelatori che presentano una "regolarita'" di presenza nella realta' fenomenica e possano secondo un giudizio probabilistico costituire rappresentazione di una "regola", sempre suscettibile di essere superata qualora risultasse fallace (ossia quando dovesse comparire un "cigno nero"). Nel caso dei delitti a base sessuale, gli elementi piu' frequentemente ricorrenti e tali da assurgere a regole di comune esperienza (ovviamente a titolo esemplificativo e non esaustivo) sono costituiti dalla presenza di tracce genetiche o liquido seminale sulla persona o sugli indumenti della vittima; di lesioni od ecchimosi nelle zone attinte da violenza o comunque sul corpo della vittima; di sanguinamento dalla zona anale o genitale, soprattutto in caso di deflorazione; dalla presenza di malattie trasmissibili per via sessuale; dalla lacerazioni negli indumenti; da cambiamenti nel comportamento o nell'umore della vittima. 3.6. Chiaramente, tra gli elementi di prova piu' importanti vi e' il narrato della persona offesa, la cui valutazione di attendibilita' e' estremamente delicata, essendo intrinsecamente influenzabile, nei reati di questo tipo, da numerosi fattori quali (ancora a titolo esemplificativo) l'eta', lo stress post-traumatico, la vergogna, un naturale tendenza a ricordare i fatti in modo che cagionino meno sofferenza, la eventuale presenza di patologie della psiche o del comportamento, la presenza di cause di risentimento verso l'asserito agente, eventuali influenze esterne. La giurisprudenza della Corte in proposito ha, nel corso degli anni, indicato una precisa scansione logica nel processo valutativo delle dichiarazioni della p.o. (v. da ultimo, Sez. 1, n. 13016 del 06/03/2020, Fakhri, n. m.), dovendo il giudice: - in primo luogo, procedere all'analisi della "capacita' a testimoniare", da intendersi come l'abilita' soggettiva a recepire le informazioni, ricordarle, raccordarle e riferirle in modo coerente e compiuto, che e' presunta fino a prova del contrario (Sez. 3, n. 43898 del 3/10/2012, L.T.U., n. m.), salvo che ricorrano specifiche situazioni che possano porla in dubbio (dall'eta' del dichiarante, alle sue particolari condizioni psichiche); - in secondo luogo, procedere alla disamina della "credibilita'" soggettiva, onde verificare che il narrato non sia inquinato da situazioni, attinenti alla sfera personale del dichiarante, in grado di alterarne, finanche in maniera inconsapevole, la genuinita'; come e' noto, le persone vulnerabili, soprattutto se in tenera eta', possono divenire malleabili in presenza di suggestioni esterne, arrivando a conformarsi alle aspettative dell'interlocutore quando interrogati. A tal proposito, di particolare rilievo appare l'analisi del c.d. "disvelamento" (v. successivo par. 3.10); - quindi, procedere al vaglio della attendibilita' "intrinseca" (intesa come capacita' del racconto di offrire una rappresentazione coerente e logicamente congrua degli eventi evocati); in proposito la Corte rinvia al par. 3.10 in riferimento al fenomeno della c.d. "progressione dichiarativa"; - ed infine, ove presenti, ai riscontri oggettivi al fine di valutare l'attendibilita' "estrinseca" del dichiarato; in proposito, la Corte rammenta che (Sez. U, n. 41461 del 19/7/2012, Bell'Arte, Rv. 253214), le dichiarazioni della persona offesa possono da sole, senza la necessita' di riscontri estrinseci, essere poste a fondamento dell'affermazione di responsabilita' penale dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilita' soggettiva del dichiarante e dell'attendibilita' intrinseca del suo racconto, le quali, specie nei casi in cui la persona offesa sia anche costituita quale parte civile, devono essere valutate in maniera piu' penetrante e rigorosa rispetto al vaglio cui vengono sottoposte le dichiarazioni 5 Corte di Cassazione - copia non ufficiale di qualsiasi testimone (conf.: Sez. 5, n. 21135 del 26/3/2019, S., Rv. 275312; Sez. 2, n. 43278 del 24/9/2015, Manzini, Rv. 265104; Sez. 5, n. 1666 del 8/7/2014, dep. 2015, Pirajno, Rv. 261730). 3.7. Il corretto percorso logico consiste, quindi: - nel valutare il dichiarato della persona offesa nei termini di cui al paragrafo che precede; - nell'incrociare tali risultanze con gli ulteriori elementi di prova o gli indizi forniti dalla prova testimoniale o materiale, in una sorta di ideale "prova di resistenza"; non puo' infatti dimenticarsi che gli stessi elementi esterni che fungono da riscontro estrinseco del dichiarato costituiscono essi stessi "indizi", da valutare ai sensi dell'articolo 192, comma 2, c.p.p. nei termini detti al par. 3.3; - nel caso di overturning in appello, nell'interpolare i propri risultati con quelli della sentenza di primo grado, dando atto analiticamente dei motivi per cui si intende ribaltare l'esito del processo. 3.8. Nei paragrafi che precedono si e' impostata una sorta di "roacimap" che dovra' fungere da guida nella revisione del percorso logico seguito nella sentenza impugnata. Scendendo in concreto, il punto di partenza non puo' che essere costituito dalla sentenza pronunciata in rito abbreviato. La pronuncia del Giudice per le indagini preliminari riassume cosi' il momento saliente dei fatti: "la (OMISSIS) riferiva dettagliatamente le modalita' con cui i due perpetravano la violenza: le strappavano i pantaloni, la costringevano ad avere prima un rapporto sessuale con penetrazione e successivamente orale e si alternavano nel bloccarla e nel penetrarla. Inoltre, aggiunge che, essendo prima di allora vergine e considerata la particolare violenza e aggressivita' manifestata dai due imputati, aveva del sangue che colava dalla vagina ed in particolare riportava dolori ed ecchimosi lungo le braccia, lo stomaco ed il seno. Subito dopo la violenza, i due si allontanavano. La (OMISSIS) riferiva di essere rimasta qualche minuto in uno stato confusionale. In seguito contattava la madre necessitando di un passaggio per potere tornare a casa... Nel dettaglio e' da considerare come elemento utile alla ricostruzione dei fatti anche la narrazione della madre, dalla quale si inferiva come la (OMISSIS) avesse subito un evento traumatico, tenendo un comportamento inusuale e sospettoso; infatti all'arrivo della madre, la (OMISSIS) saliva immediatamente nei sedili posteriori dell'autovettura pur essendo libero il sedile di fianco al guidatore, presentava capelli bagnati, jeans strappati che la stessa cercava di coprire ponendo la felpa sulle gambe; soprattutto la madre riferisce che i giorni successivi alla violenza la stessa minore, come anche riportato sopra, ebbe comportamenti ambigui, di cui all'inizio non diede alcuna importanza, ma che alla luce di quanto raccontato successivamente dalla stessa minore erano sintomatici della violenza subita. Nello specifico rilevava delle ecchimosi lungo il corpo della figlia e trovava delle abbondanti macchie dli sangue sulle lenzuola del letto; la madre in merito chiedeva alla stessa come si fosse procurate tale ecchimosi e perche' ci fosse tutto quel sangue sul letto. In quella occasione la (OMISSIS) riferiva di esseri fatta male in palestra ed il sangue fosse dovuto ad un abbondante ciclo mestruale". La ricostruzione veniva operata sulla base della ritenuta attendibilita' intrinseca ed estrinseca della persona offesa. Quanto al primo aspetto, il Giudice di primo grado affermava che "per quanto concerne l'accertamento della violenza sessuale e l'attendibilita' delle dichiarazioni della minore p.o. risulta rilevante la consulenza medica psichiatrica effettuata dalla Dott.ssa (OMISSIS), incaricata dalla procura sullo specifico quesito posto: "Accerti il consulente tecnico applicando le migliore metodologie e le linee guida e previa somministrazione dei test psicologici ritenuti piu' opportuni, anche mediante audizione della minore se vi siano segni rivelatori di abuso sessuale su (OMISSIS), nata a (OMISSIS) il (OMISSIS) specificandone importanza e univocita'", affermava che " (OMISSIS) presentava gravi e indiscutibili rilevatori di abuso sessuale"". Quanto alla attendibilita' estrinseca, gli elementi oggettivi valorizzati dal giudice di primo grado ai fini della positiva valutazione, e da valutare anche individualmente quali indizi, erano costituiti da: 1) una maglietta con tre tracce genetiche riconducibili a "profili genetici misti", due riconducibili a entrambi gli imputati e una a tutti e tre i protagonisti; 2) la circostanza che detta maglietta fosse stata custodita per oltre un anno dalla persona offesa, senza che fosse lavata; 3) la presenza di abbondanti macchie di sangue nel letto della ragazza nei giorni successivi al fatto (circostanza narrata dalla madre della ragazza), elemento che potrebbe confermare che la ragazza all'epoca fosse vergine; 3) la presenza di ecchimosi sul corpo della ragazza nei giorni successivi al fatto; 4) la presenza di strappi sui pantaloni indossati dalla ragazza, che la stessa cercava di nascondere alla madre durante il ritorno a casa coprendoli con la felpa; 5) il fatto che, contrariamente agli accordi presi con la madre, la persona offesa non sia tornata a casa utilizzando il bus navetta, ma abbia chiesto di essere presa con la macchina; 6) il fatto che la ragazza, quando venne riaccompagnata a casa dalla madre la sera del fatto, si fosse seduta, insolitamente, sui sedili di dietro, ed avesse i capelli completamente bagnati nonostante non piovesse (elemento da riferire all'avvenuta violenza dentro una pozzanghera); 7) l'esistenza di un rapporto sessuale con entrambi gli imputati, negato inizialmente dal (OMISSIS) (che anzi proponeva querela per calunnia nei confronti della persona offesa); 8) il fatto che la ragazza avesse bevuto molto, elemento indotto dal (OMISSIS) in una intercettazione telefonica con il padre ("lei era ubriaca... e' una ragazza di quindici anni"), circostanza confermata anche dalla (OMISSIS) (la sentenza di primo grado precisa a pagina 5 che "la (OMISSIS) avesse bevuto diverse bevande alcoliche tale da procurargli uno stato confusionale, o cosi' come dichiarato dall'amica (OMISSIS), le due erano "brille""); 9) le risultanze dei tabulati telefonici; 10) il comportamento post-factum della persona offesa, sorpresa dalla madre (v. relazione della D.ssa (OMISSIS), allegata al ricorso del P.G.) in atteggiamenti inediti e insoliti, come fare la doccia vestita, che e' arrivata a tentare piu' volte il suicidio nei mesi successivi al fatto; 11) il comportamento processuale degli imputati, che riferiscono dell'avvenuto rapporto sessuale solo dopo che le intercettazioni telefoniche e i risultati del test del DNA non potevano avvalorare ipotesi alternative. Quanto all'ultimo aspetto, il giudice di prima cura afferma che "lo stesso (OMISSIS) piu' volte cambiava versione circa i suoi rapporti di conoscenza e di intimita' cori la minore; difatti, come sopra descritto, inizialmente lui dichiarava di non conoscere affatto la minore. Invero dalle intercettazioni telefoniche emergeva l'opposto; ossia che i due ebbero in rapporto sessuale. Per converso, il (OMISSIS) e la sua difesa sostenevano che lo stesso avesse avuto un rapporto sessuale completo e consenziente con la minore il giorno di sabato (OMISSIS). Anche questa versione e' inattendibile, in quanto risulta del tutto ingiustificato ed illogico che lui in sede di primo interrogatorio si avvaleva della facolta' di non rispondere e considerata la sua attuale versione dei fatti avrebbe potuto sin dall'inizio dichiarare quanto sopra. Infine, la versione difensiva di entrambi, consistita nell'ammettere che i due ebbero rapporti sessuali con la minore ma in segmenti temporali diversi e singolarmente, non puo' essere considerata attendibile poiche' e' inverosimile che la minore nel breve tempo intercorso tra quando lasciava le amiche circa alle ore 20/20.30 e quando chiamava la madre circa alle ore 23.00 abbia potuto avere due rapporti sessuali distinti, prima con l'uno e poi con l'altro, considerando anche la giovane eta' e che la stessa fosse ancora vergine. Tale elemento e' fondamentale, infatti la stessa minore prima della violenza subita non aveva mai avuto rapporti sessuali completi, essendo ancora vergine. Questo rafforzerebbe l'inattendibilita' della versione secondo cui ebbe due rapporti sessuali distinti nel breve lasso temporale in considerazione, considerando anche le circostanze di luogo e tempo descritto". Con questi dati la Corte si sarebbe dovuta confrontare, al fine di ottemperare all'obbligo di motivazione rafforzata. 3.9. La sentenza, sul punto, nella parte dedicata alla "valutazione" (pagg. 39-45) esordisce riportando gli elementi salienti da cui il giudice del giudizio abbreviato ha ritratto la colpevolezza degli indagati: "il giudice di primo grado ha essenzialmente valorizzato: -le dichiarazioni della persona offesa e la consulenza tecnica della d.ssa (OMISSIS), nella parte in cui ha attribuito credibilita' indubbia alle dichiarazioni della minore; -le risultanze delle analisi del R.I.S sulle tracce di sperma dei due imputati lasciate sulla maglietta indossata quella sera dalla (OMISSIS); - le dichiarazioni rese da (OMISSIS) e da (OMISSIS); il contenuto della chat intercorsa tra il (OMISSIS) e la (OMISSIS) ed il contenuto delle intercettazioni relative alle telefonate intercorse tra il (OMISSIS) e (OMISSIS) e tra il (OMISSIS) ed il padre; - il comportamento processuale degli imputati", cosi' dando formalmente conto di avere valutato tutti gli elementi posti dal giudice di primo grado a fondamento della condanna. Analizza quindi, in successione, alcuni degli aspetti anzidetti, partendo (correttamente) dalla attendibilita' della persona offesa, operazione secondo la corte di appello "estremamente complessa", non tanto e non solo per la minore eta' della persona offesa, quanto per la "particolare condizione di fragilita' psichica preesistente e successiva ai fatti", che la Corte di appello ritrae dalla anamnesi risultante dalla documentazione dell'ospedale (OMISSIS) del giugno 2016 (in cui peraltro si da' atto che le "bouffe' bulimiche" erano aumentate nell'"ultimo periodo" e che la ragazza aveva posto in essere due tentativi di suicidio ad ottobre 2015, ossia pochi mesi dopo i fatti, e poi, di nuovo, nel 2016), tanto da definirla come ragazza che "viveva una condizione interiore di profondo disagio psicologico, gia' all'epoca dei fatti". Nella sua valutazione sull'attendibilita' intrinseca della ragazza la Corte esclude qualsiasi valore probatorio alla relazione della D.ssa (OMISSIS) (sottolineando apoditticamente, a pag. 11, che "la dottoressa (OMISSIS) si era trovata al cospetto di una persona affetta da disturbi mentali preesistenti ai fatti in contestazione"), a tutto vantaggio della relazione della D.ssa (OMISSIS), nominata per assistere la ragazza nel corso della sua deposizione (che si esprime in termini molto dubitativi sulla credibilita' della minore), per concludere nel senso che "l'analisi del compendio dichiarativo rivela chiaramente come la (OMISSIS) abbia reso sui fatti oggetto di imputazione, versioni progressivamente e sensibilmente diverse, non solo con riferimento alla identita' dei due violentatori, inizialmente indicati come "due sconosciuti", e poi individuati negli odierni imputati, ma anche in ordine alla complessiva dinamica dell'episodio", cosi' pervenendo ad una valutazione di complessiva inattendibilita' della narrazione. 3.10. Partendo dalla valutazione di intrinseca attendibilita' della minore (oggetto del secondo motivo di censura della parte civile), evidenza la Corte come non possa tacciarsi di manifesta illogicita' la decisione della Corte territoriale di attribuire maggior peso alle valutazioni effettuate dalla D.ssa (OMISSIS) rispetto a quelle della D.ssa (OMISSIS), trattandosi di valutazione di fatto non suscettibile di sindacato di legittimita'. Al contrario, la Corte di appello non ha fatto buon governo della regola di giudizio relativa alla c.d. "progressione dichiarativa", fenomeno caratteristico delle dichiarazioni delle vittime di reati sessuali, ritenendo apoditticamente che proprio tale progressione costituisca indice di una loro inattendibilita', e cio' (anche e soprattutto) alla luce di una parziale e distorta lettura della documentazione sanitaria. Come rilevato in dottrina, le dichiarazioni accusatorie raramente si presentano come immediatamente esaustive ed omogenee, in quanto le giovani vittime non riescono a concedere immediatamente ed in un'unica soluzione l'intera rappresentazione dei fatti per cui si procede, anche in considerazione del fatto che si trovano a doversi confrontare con gli effetti del trauma primario denunciato e con gli esiti del trauma secondario scaturente dal processo. Lo svelamento e' infatti (quasi sempre) progressivo e le dichiarazioni rese dal minore nelle varie audizioni non sono (quasi mai) perfettamente sovrapponibili, ragion per cui l'attendibilita' complessiva del dichiarato si ricava dalla analisi congiunta, giudiziale e tecnico-psicologica, della progressione dichiarativa. Sul tema, la Corte ha evidenziato (Sez. 3, n. 6710 del 18/12/2020, Pratola, Rv. 281005 02) che "le dichiarazioni accusatorie della vittima di un trauma spesso non si esauriscono in un'unica soluzione, ma si sviluppano attraverso un complesso percorso di disvelamento che, dalla prima dichiarazione di denuncia, prosegue attraverso le dichiarazioni rese nelle altre fasi processuali. Le dichiarazioni accusatorie provenienti da vittime traumatizzate difficilmente sono infatti immediatamente esaustive. Esse emergono a seguito di faticosi itinerari di rivisitazione e Superamento del trauma patito. In genere, tali dichiarazioni sono emesse nella inconsapevolezza degli effetti processuali che producono. Appaiono dunque frammentarie, simboliche, non veritiere (per timore, vergogna, soggezione, induzione). E' raro che la vittima conceda immediatamente ed in un'unica soluzione la intera rappresentazione dei fatti per cui si procede, dato che essa dovra' confrontarsi con gli effetti del trauma primario denunciato e con gli esiti del trauma (secondario) scaturente dal processo, di regola condizionate dall'affidamento (o dal rifiuto) che la vittima maturera' nei confronti dell'autorita' procedente durante un percorso giudiziario che si intreccera' e confondera' con quello psicologico di rielaborazione e superamento del trauma da reato. La progressione in questione si articola spesso attraverso dichiarazioni non sovrapponibili, che valutate con alcuni parametri di giudizio spesso utilizzati nella prassi relativa alla valutazione della attendibilita' (cui si e' richiamata la difesa del ricorrente), potrebbero anche condurre ad una valutazione giudiziale negativa. In realta', il tratto specifico del dato dichiarativo proveniente dall'offeso traumatizzato e' proprio la dichiarazione per stadi successivi, che ripercorre e visualizza anche il percorso interiore di affidamento (o piuttosto di rifiuto) della vittima alla giurisdizione. La progressione dichiarativa della vittima di un trauma da reato deve pertanto essere valutata nel suo complesso, ed il giudizio sull'attendibilita' del dichiarato e' una valutazione d'insieme che comprende tutti gli stadi di tale percorso". Ancora, si e' ritenuto che "e' affetta dal vizio di manifesta illogicita' la motivazione della sentenza nella quale la valutazione sull'attendibilita' e credibilita' delle dichiarazioni del minore vittima di abusi sessuali venga condotta esclusivamente riferendosi all'intrinseca coerenza del racconto, senza tenere adeguatamente conto di tutte le circostanze concrete che possono influire su tale valutazione" (Sez. III, n. 39405/2013)". Applicando tali principi al caso di specie, la Corte evidenzia come, da un lato, il "disvelamento", sia pure lontano dall'epoca dei fatti, e' avvenuto all'interno di una struttura sanitaria (la clinica San Siebhental di Genzano), allorche' la persona offesa si trovava ricoverata per effetto di disturbi del comportamento tali da rendere necessario nei giorni successivi il ricovero d'urgenza presso l'ospedale (OMISSIS) di (OMISSIS), e sotto il verosimile effetto di farmaci (v. pag. 7 della relazione della D.ssa (OMISSIS), dove si menziona la terapia psicofarmacologia) in grado di annebbiare il ricordo, gia' di per se' difficile da far emergere, dell'abuso ivi denunciato. Inoltre, a pag. 1 della motivazione della sentenza di primo grado, nel ricostruire la genesi del disvelamento, il GUP sottolinea come la ragazza, in un primo momento, non ricordasse il nome dei due aggressori e che solo in un secondo tempo, grazie ad un messaggio inviatole dal (OMISSIS), ella ebbe a riconoscere lo stesso come uno dei due autori del fatto, tanto da indurre la madre a sostituirsi a lei e "chattare" con lo stesso. Il (OMISSIS) veniva poi successivamente identificato grazie ai tabulati telefonici. A pagina 42 della sentenza di appello, si legge invece come la Loco avrebbe reso versioni "sostanzialmente e sensibilmente diverse" non solo con riferimento alla identita' dei due violentatori, inizialmente indicati come due sconosciuti e poi individuati negli odierni imputati, ma anche in ordine alla complessiva dinamica dell'episodio. Tale affermazione si pone in aperto contrasto con la pronuncia di primo grado, con cui i giudici di seconda cura non si confrontano affatto. Va aggiunto che la sentenza di appello non chiarisce se non in modo confuso se lo stato di profondo disagio psichico in cui la 1..21g, avrebbe versato gia' prima del fatto abbia influenzato negativamente la sua capacita' di testimoniare, la sua credibilita' o solo la sua attendibilita' intrinseca. 3.11. Sul versante dell'attendibilita' estrinseca, la sentenza impugnata conclude nel senso dell'"insanabile contrasto" tra la ricostruzione dei fatti da parte della persona offesa e "le altre emergenze processuali", costituite dalle dichiarazioni rese dalla (OMISSIS) (pag. 42), dai tabulati telefonici (pag. 43, da cui emerge un contatto con il Belhai verso le 23 e due precedenti contatti con la (OMISSIS) attorno alle 21,45), e dalla circostanza che i due imputati si conoscessero (pag. 43, ritratta dalle loro dichiarazioni e da una telefonata, peraltro interpretata in modo opposto dal giudice di prima cura, che non e' compito di questa Corte valutare nel suo esatto significato semantico). Non si confronta, tuttavia, con i numerosi elementi fattuali ed oggettivi evidenziati dal giudice di prime cure, evidenziati al par. 3.8, i quali andavano considerati sia come elementi di riscontro che quali indizi da valutare ai sensi dell'articolo 192, comma 2, c.p.p.. 3.11. Omette, inoltre, la Corte di appello (che pure dedica ben 21 pagine all'illustrazione dei motivi di appello), di compiere qualsiasi valutazione sulla credibilita' della versione alternativa fornita dai due imputati (salvo affermare, a pag. 44" che il fatto che non si siano mai sentiti telefonicamente dopo il fatto costituirebbe elemento in grado di dimostrare che il fatto non e' successo), anche in relazione al loro comportamento processuale, elemento su cui pure si era speso il primo giudice, il quale ha sostanzialmente ritenuto che, a fronte di una serie di dati oggettivi che confermavano la tesi della persona offesa, il silenzio del (OMISSIS) e l'asserito mendacio del (OMISSIS) avrebbero di fatto costituito un riscontro dell'ipotesi accusatoria. In proposito va evidenziato che, se da un lato non e' consentito al giudice utilizzare come decisivo elemento di prova a carico dell'imputato il legittimo esercizio di facolta' correlate al diritto di difesa, quali il silenzio (soprattutto, per quanto riguarda l'iniziale silenzio del (OMISSIS), in una fase caratterizzata da mancata discovery) e il mendacio, dall'altro e' ben possibile trarre dal contegno processuale indicazioni sul versante probatorio. Accorta dottrina ha evidenziato come la differenza fra silenzio e mendacio non e' "quantitativa", nel senso che il piu' (silenzio) contenga il meno (mendacio), ma "qualitativa". Il silenzio, infatti, implica il rifiuto, anche solo parziale, del dialogo e della collaborazione con l'autorita' giudiziaria; il rifiuto, in altre parole, ad essere "soggetto di prova" oltre che "oggetto" della stessa, mentre il mendacio rientra a pieno titolo nella dialettica processuale. In altre parole, pur costituendo entrambe le ipotesi un esercizio del diritto di difesa, il silenzio configura una scelta autodifensiva "passiva", mentre il mendacio esprime la volonta' di autodifesa "attiva". Circa il valore da attribuire a tale forma di autodifesa, secondo l'orientamento prevalente in giurisprudenza, sia il silenzio che la menzogna possono formare oggetto di una valutazione giudiziale negativa per l'imputato sotto il profilo probatorio, sia pure in modo estremamente limitato, potendo essere al piu' utilizzati dal giudice il primo quale "argomento di prova", mero elemento integrativo di prove gia' acquisite, il secondo quale "indizio" di reita' ove corroborato da altri indizi gravi, precisi e concordanti; in sostanza, potrebbe al piu' costituire un "riscontro obiettivo" ad un quadro probatorio sfavorevole gia' sufficientemente delineato dall'accusa (Sez. 6, n. 3241 del 09/02/1996, Federici, Rv. 204546: "il silenzio dell'imputato viene ad assumere valore di mero riscontro obiettivo"; Sez. U., n. 1653 del 21/10/1992, Marino, Rv. 192469: "Il giudice, invero, puo' trarre argomenti di prova anche dalle giustificazioni manifestamente infondate dell'imputato, ma solo in presenza di univoci elementi probatori di accusa, sicche' l'utilizzazione di quelle giustificazioni assume un carattere residuale e complementare"), soluzione coerente anche con l'orientamento della Corte EDU in terna di diritto al silenzio (8 febbraio 1996, Murray c. Regno Unito, § 46-47; Corte e.d.u., 6 giugno 2000, Averi c. Regno Unito, § 42-43, secondo cui lo ius tacendi, pur essendo al centro della nozione di processo equo, non e' espressione di un diritto assoluto. Difatti, qualora lo svolgimento del processo abbia evidenziato un quadro probatorio sfavorevole all'imputato, che gia' dimostri sufficientemente la colpevolezza, tale comunque da esigergli concretamente di dare spiegazioni in chiave difensiva, l'esercizio della facolta' di non rispondere ben potra' costituire un elemento apprezzabile come "riscontro" a suo carico). Tale valutazione, compiuta dal giudice di primo grado, e' stata totalmente omessa nel giudizio di appello. 3.12. Ritiene il Collegio che i giudici di appello abbiano omesso, nella loro valutazione, di confrontarsi con i dati valorizzati dalla prima sentenza: hanno infatti proceduto alla demolizione dell'attendibilita' intrinseca delle dichiarazioni della persona offesa per poi esaminare i soli dati estrinseci che confortavano la soluzione adottata, con un approccio contrario a quello che deve caratterizzare il "metodo scientifico" di ricerca della prova. Elide, la Corte distrettuale, ogni valenza alle tracce genetiche, in quanto gli indagati avevano entrambi ammesso di avere un rapporto sessuale con la ragazza, nonche' tutti gli altri elementi non funzionali rispetto alla decisione di inattendibilita' delle dichiarazioni della (OMISSIS). Come si legge a pagina 44 e 45 della sentenza impugnata, infatl:i, "lo stato di malessere apprezzato quella sera dalla madre certamente riscontra le condizioni di una ragazza profondamente turbata ma tale dato, di indubbia valenza in chiave accusatoria, non puo' ritenersi sufficiente, se valutato nel contesto di tutte le altre acquisizioni processuali, a dimostrare la fondatezza del quadro di accusa; cosi' come non possono ritenersi sufficienti i riferimenti della (OMISSIS) sulle ecchimosi notate, peraltro nei giorni successivi ai fatti (la teste non ha fornito ulteriori informazioni sul dato temporale), sul corpo della figlia". Tutti gli altri elementi oggettivi vengono omessi, a partire dai pantaloni strappati fino alle macchie di sangue sul letto (sentenza di primo grado: "tale elemento e' fondamentale, infatti la stessa minore prima della violenza subita non aveva mai avuto rapporti sessuali completi, essendo ancora vergine. Questo rafforzerebbe l'inattendibilita' della versione secondo cui ebbe due rapporti sessuali distinti nel breve lasso temporale in considerazione, considerando anche le circostanze di luogo e tempo descritto"), mentre le lesioni sulle braccia vengono considerate ininfluenti, cosi' come nessuna valenza viene attribuita alla pregressa verginita' della persona offesa (che la Corte di appello non nega apertamente, ma sembra mettere in dubbio citando le dichiarazioni della (OMISSIS)), difficilmente compatibile con la scelta di intrattenere due rapporti sessuali completi nell'arco di un'ora con due soggetti conosciuti il giorno prima, mentre le dichiarazioni della (OMISSIS) vengono genericamente bollate di inattendibilita'. La sentenza, quindi (si ribadisce che non compete alla Corte stabilire la colpevolezza o l'innocenza degli imputati, valutazione di esclusiva spettanza dei giudici del merito), compiendo un'opera di "elisione selettiva" degli elementi di prova non funzionali alle tesi sposata, viene meno a quell'obbligo di "compiuta indicazione delle ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado", che consentono di conferire alla decisione una forza persuasiva superiore rispetto a quella riformata. Non procede, in altri termini, a quella "motivazione rafforzata" richiesta dalla legge, operando al contrario una accurata selezione dei soli elementi indiziari funzionali alla propria decisione. La sentenza, inoltre, viene meno all'obbligo di valutazione degli indizi secondo lo schema "bifasico" menzionato in narrativa, escludendone alcuni e non ponendo gli stessi, tutti, in correlazione tra loro in relazione di intima coerenza. Essa va pertanto annullata con rinvio per nuovo giudizio. Il ricorso della parte civile 4. Dei primi due motivi si e' gia' detto al paragrafo che precede. Tuttavia, con riferimento al secondo motivo, la ricorrente lamenta che la Corte di appello di L'Aquila non abbia impedito la "vittimizzazione secondaria" della vittima, come invece avrebbe dovuto fare in ossequio agli strumenti internazionale ratificati dall'Italia, in cio' paventando una violazione di legge, che la ricorrente riconduce all'articolo 192 c.p.p.. Con la locuzione "vittimizzazione secondaria" si intende quel meccanismo per il quale la vittima di reato (persona vulnerabile) e' portata a rivivere i sentimenti di paura, di ansia e di dolore provati al momento della commissione del fatto (Corte Costituzionale, sentenza n. 92/2018, riferita in quel caso a minore vittima di maltrattamenti: "I fattori atti a provocare una maggiore tensione emozionale sono il dover deporre in pubblica udienza nell'aula del tribunale, l'essere sottoposti all'esame e al controesame condotto dal pubblico ministero e dai difensori e il trovarsi a testimoniare di fronte all'imputato, la cui sola presenza puo' suggestionare e intimorire il dichiarante. Se il minore e' vittima del reato, d'altra parte, il dover testimoniare contro l'imputato si presta a innescare un meccanismo di cosiddetta "vittimizzazione secondaria", per il quale egli e' portato a rivivere i sentimenti di paura, di ansia e di dolore provati al momento della commissione del fatto. Il trauma cui il minore e' esposto durante l'esame testimoniale si ripercuote, d'altronde, negativamente sulla sua capacita' di comunicare e di rievocare correttamente e con precisione i fatti che lo hanno coinvolto, o ai quali ha assistito, rischiando cosi' di compromettere la genuinita' della prova. Far si' che la testimonianza del minorenne venga acquisita in condizioni tali da tutelare la serenita' del teste e', dunque, necessario anche al fine di una piu' completa e attendibile ricostruzione dell'accaduto"). Il legislatore italiano si e' fatto carico di tutelare la persona vittima di reati sessuali. In primo luogo, ratificando la Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (meglio nota come "Convenzione di Istanbul") adottata dal Consiglio d'Europa l'11 maggio 2011 ed entrata in vigore il 1 agosto 2014, a seguito del raggiungimento del prescritto numero di dieci ratifiche, sottoscritta dall'Italia il 27 settembre 2012 e ratificata con L. n. 77/2013. In secondo luogo, recependo con il Decreto Legislativo n. 212 del 15/12/2015 la direttiva 2012/29/UE, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, ha introdotto all'articolo 90-quater c.p.p., la nozione di "condizione di particolare vulnerabilita' della persona offesa" (tra cui si puo' far rientrare pacificamente la condizione del minore che abbia subito abusi sessuali), cui e' ricondotta la possibilita' di servirsi di particolari strumenti processuali, disciplinati dagli articoli 351, comma 1-ter, 3152, comma 1-bis (i quali prevedono che la polizia giudiziaria o il pubblico ministero, nell'assumere sommarie informazioni da una vittima particolarmente vulnerabile, si avvalgano di un esperto in psicologia o psichiatria infantile), 392, comma 1-bis, in tema di incidente probatorio, e 498, comma 4-quater, c.p.p., che disciplina l'esame dibattimentale della persona offesa che versi in condizione di particolare vulnerabilita' (prevedendosi la possibilita' che esso avvenga con l'adozione di modalita' protette). La vittimizzazione secondaria della giovane (OMISSIS), sicuramente da considerarsi quale persona particolarmente vulnerabile, si e' in effetti verificata ed e' iniziata con la decisione di riassumere in contraddittorio l'esame della persona offesa, gia' escussa in incidente probatorio, scelta ancor piu' eccentrica laddove si consideri che gli imputati avevano optato per il rito abbreviato. Tuttavia, la rinnovazione dell'istruttoria in appello e' strumento espressamente previsto dall'articolo 603 c.p.p. sulla base di una valutazione discrezionale del requisito dell'indispensabilita', insindacabile in sede di legittimita'. In parte qua, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. 5. Il terzo motivo di ricorso e' fondato. Secondo costante giurisprudenza della Corte (v., ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 22127 del 23/06/2016, Rv. 270500 - 01) "integra l'elemento oggettivo del reato di violenza sessuale non soltanto la condotta invasiva della sfera della liberta' ed integrita' sessuale altrui realizzata in presenza di una manifestazione di dissenso della vittima, ma anche quella posta in essere in assenza del consenso, non espresso neppure in forma tacita, della persona offesa, come nel caso in cui la stessa non abbia consapevolezza della materialita' degli atti compiuti sulla sua persona. (Fattispecie in tema di atti sessuali realizzati nei confronti di una persona dormiente). La Corte ha altresi' affermato (Sez. 3, n. 7873 del 19/01/2022, De Souza, Rv. 282834 02) che "l'esimente putativa del consenso dell'avente diritto non e' configurabile nel delitto di violenza sessuale, in quanto la mancanza del consenso costituisce requisito esplicito della fattispecie e l'errore sul dissenso si sostanzia, pertanto, in un errore inescusabile sulla legge penale (Sez. 3, n. 2400 dei 05/10/2017, Rv. 272074 - 01; Sez. 3, n. 17210 del 10/03/2011, Rv. 250141 - 01). Ai fini della consumazione del reato di violenza sessuale, e' richiesta la mera mancanza del consenso, non la manifestazione del dissenso, ben potendo il reato essere consumato ai danni di persona dormiente (Sez. 3, n. 22127 del 23/06/2016, Rv. 270500 - 01). Ne' e' sufficiente il mero consenso all'atto sessuale, e' altresi necessario che il consenso riguardi la specifica persona che quell'atto compie (arg. ex articolo 609-bis, comma 2, n. 2, c.p.)". Ancora, si e' affermato (Sez. 3, n. 12628 del 17/12/2019, dep. 2020, n. m.) che "non e' ravvisabile in alcuna fra le disposizioni legislative introdotte a seguito dell'entrata in vigore della L. n. 66 del 1996, (...) un qualche indice normativo che possa imporre, a carico del soggetto passivo del reato (...) un onere, neppure implicito, di espressione del dissenso alla intromissione di soggetti terzi nella sua sfera di intimita' sessuale, dovendosi al contrario ritenere (...) che tale dissenso sia da presumersi e che pertanto sia necessaria, ai fini dell'esclusione dell'offensivita' della condotta, una manifestazione di consenso dell soggetto passivo che quand'anche non espresso, presenti segni chiari ed univoci che consentano di ritenerlo esplicitato in forma tacita (Sez. 3, n. 49597 del 09/03/2016, Rv. 268186 - 01)". In sostanza, nei reati contro la liberta' sessuale, il dissenso e' sempre presunto, salva prova contraria. Tale interpretazione appare anche conforme alla succitata Convenzione di Istanbul, il cui articolo 36 impegna gli Stati a punire qualsiasi "atto sessuale non consensuale con penetrazione vaginale, anale o orale" nonche' "altri atti sessuali compiuti su una persona senza il suo consenso". La Corte di appello de L'Aquila, nel valutare complessivamente inattendibile la deposizione della vittima, non spiega in alcun modo "come" i due imputati ne avrebbero raccolto il consenso o non ne abbiano percepito il dissenso, posto che il dato innegabile e' che entrambi gli imputati hanno avuto rapporti sessuali con la vittima la stessa sera. La sentenza, affermando a pagina 45 che "la stessa persona offesa ha riferito di avere bevuto qualche bicchiere di vino insieme agli imputati, ma non tanto da ubriacarsi e non ragionare" (circostanza, peraltro, smentita dalla succitata telefonata intercettata al (OMISSIS), che afferma essere la persona offesa ubriaca al momento del fatto), sembrerebbe lasciare intendere, sia pure in modo larvato, una sorta di "consenso implicito", soluzione ermeneutica che sembrerebbe ravvisare la non punibilita' degli atti sessuali compiuti in mancanza di un esplicito dissenso della vittima, finendo cosi' per porre in capo ad essa l'onere di resistere all'atto sessuale che le viene imposto, quasi gravasse sulla vittima una "presunzione di consenso" agli atti sessuali da dover di volta in volta smentire, cio' che si risolverebbe in una supina accettazione di stereotipi culturali ampiamente superati. Ne consegue, anche in riferimento a tale motivo, l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame. 6. Dall'accoglimento dei motivi in precedenza analizzati discende anche l'accoglimento del quarto motivo di ricorso della parte civile, relativo alla revoca delle statuizioni civili, con conseguente rinvio per nuovo esame. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente Dott. COSTANZO Angelo - Consigliere Dott. VILLONI Orlando - rel. Consigliere Dott. GIORDANO Emilia Anna - Consigliere Dott. DI NICOLA T. Paola - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 13/05/2022 emessa dalla Corte di appello di Torino; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera Paola Di Nicola Travaglini; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Nicola Lettieri, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso con conseguente annullamento con rinvio; letta la memoria dell'avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), che ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Torino ha confermato la pronuncia con la quale il Tribunale aveva assolto (OMISSIS) dal delitto di maltrattamenti ai danni della moglie, aggravati dalla presenza dei figli minorenni (capo a), dichiarato l'estinzione del delitto di cui all'articolo 615-bis c.p. per remissione di querela (capo b) e condannato alla pena di tre mesi di reclusione per i delitti di tentata violenza privata e violazione reiterata della misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare. 2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS), con atto sottoscritto dal difensore, deducendo i seguenti tre motivi. 2.1. Dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 387-bis c.p. in relazione alla Cost., articoli 2,13,25 e 27 in quanto, nel caso di specie, la persona offesa era stata ritenuta inattendibile in relazione al delitto di cui all'articolo 572 c.p., tanto da determinarne l'assoluzione di (OMISSIS), delitto per il quale era stata applicata la misura cautelare del divieto di avvicinamento successivamente violata dal ricorrente. Alla luce di detto sviluppo processuale appare incoerente che l'articolo 387-bis c.p. non preveda come condizione di punibilita' la sussistenza del reato presupposto della misura cautelare violata, altrimenti difetta l'offensivita' in contrasto con la Carta costituzionale. 2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione, per mancata applicazione della causa di non punibilita' di cui all'articolo 131-bis c.p. in quanto l'offensivita' del bene giuridico e' particolarmente lieve alla luce del complessivo contesto in cui si sono sviluppati i fatti per come all'esito accertati, dell'occasionalita', della remissione di querela e revoca della costituzione di parte civile, dell'unicita' della violazione articolatasi in pochi giorni. 2.3. Vizio di motivazione con riferimento al capo c) in quanto la sentenza impugnata aveva erroneamente ritenuto sussistente il reato sulla base delle sole dichiarazioni della persona offesa che era stata ritenuta non credibile e nonostante l'opposta versione dell'imputato. 3. Il procedimento e' stato trattato nell'odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalita' di cui al Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, commi 8 e 9, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I primi due motivi di ricorso sono inammissibili per manifesta infondatezza e genericita'. 2. E' necessario premettere che la sentenza di primo grado, confermata da quella impugnata, a fronte della denuncia della persona offesa per maltrattamenti fisici e psicologici, commessi nell'arco di anni dal marito tossicodipendente, odierno ricorrente, gia' da quando era incinta e poi anche alla presenza dei tre figli minorenni, ha assolto (OMISSIS) per insussistenza del fatto, ai sensi dell'articolo 530, comma 2, c.p.p., qualificando i fatti come "rapporto conflittuale, particolarmente litigioso" (pag. 10) in quanto, da un lato, gli schiaffi erano stati descritti dalla moglie in modo generico e dall'altro la teste aveva omesso di riferire, nella fase iniziale dell'indagini, che il reale movente dell'aggressivita' del marito derivava da una relazione extra coniugale da lei intrattenuta. Invece erano stati accertati gli altri delitti, procedibili di ufficio, cioe' la tentata violenza privata consistente nella minaccia di toglierle i figli se non avesse ritirato la querela (capo c) e la violazione continuata degli obblighi e dei divieti connessi alle misure cautelari non custodiali applicategli in ordine al delitto di maltrattamenti (capo d). 3. Il primo motivo e' manifestamente infondato. Il ricorso chiede a questa Corte di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 387-bis c.p. per violazione della Cost., articoli 2, 13, 25 e 27 in quanto il delitto di maltrattamenti contro familiari, per il quale erano state applicate le misure cautelari violate, si era concluso con l'assoluzione dell'imputato per la ritenuta inattendibilita' della persona offesa, tanto da rendere sostanzialmente irragionevole la norma penale per contrasto con il principio di offensivita'. Ai fini della configurabilita' del reato di cui all'articolo 387-bis c.p., introdotto dalla L. n. 69 del 2019, articolo 4, e' ininfluente l'assoluzione dal reato per il quale e' stata applicata la misura (cosi' come l'improcedibilita' per remissione della querela o l'eventuale annullamento in sede di riesame della misura cautelare), anche alla luce del suo carattere plurioffensivo perche' il bene giuridico protetto si individua sia nella tutela della vittima, sotto il profilo fisico, psichico ed economico, sia nella corretta esecuzione dei provvedimenti dell'autorita' giudiziaria. La ratio della norma corrisponde alla necessita' di maggior tutela della vittima di reati di violenza di genere, conformemente a quanto previsto dall'intera legge, allorche' vengano applicate misure cautelari non custodiali (articoli 282-bis e 282-ter c.p.p.) o la misura precautelare di cui all'articolo 384-bis c.p.p. che sono fondate esclusivamente sulla spontanea osservanza dell'indagato imputato e hanno, quindi, una minore efficacia in termini di prevenzione e reiterazione della condotta criminosa. Non vi sono profili di censura costituzionale non solo perche' vi sono nell'ordinamento plurime disposizioni che sanzionano penalmente la violazione di obblighi imposti dall'autorita' giudiziaria (e dall'autorita' amministrativa), come nell'articolo 385, comma 4, c.p., e del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 75, ma anche perche' e' volta a dare applicazione a plurimi articoli della Convenzione di Istanbul (articolo 51 e 52), ma soprattutto l'articolo 53 par. 3, secondo cui "Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che la violazione delle ordinanze di ingiunzione o di protezione emesse ai sensi del par. 1 sia oggetto di sanzioni penali o di altre sanzioni legali efficaci, proporzionate e dissuasive". 4. Manifestamente infondato e reiterativo e' il secondo motivo di ricorso. La Corte di appello, con sintetica ma completa e congrua motivazione, ha escluso di applicare la causa di non punibilita' di cui all'articolo 131-bis c.p. proprio alla luce delle reiterate violazioni delle misure cautelari, oltre che dell'essere il (OMISSIS) recidivo reiterato e specifico. Alla valutazione della sentenza impugnata il ricorrente, peraltro, non ha opposto alcun elemento concreto limitandosi ad una generica e apodittica asserzione circa la sussistenza dei presupposti della causa di non punibilita', riproposta negli stessi termini gia' valutati dai giudici di primo e secondo grado, per il ridimensionamento dei fatti dovuto soltanto a condotte riferite non a lui ma alla persona offesa che ha rimesso la querela e revocato la costituzione di parte civile. 5. Il terzo motivo di ricorso e' fondato. Il delitto di tentata violenza privata di cui al capo c) non e' puntualmente motivato dalla sentenza impugnata alla luce delle censure del ricorrente. Infatti, a prescindere dal fatto che la testimonianza della persona offesa non sia stata ritenuta adeguata a supportare un altro delitto, quale l'articolo 572 c.p., i cui presupposti sono totalmente differenti e peraltro si collocano in ambiti temporali autonomi rispetto al delitto di cui agli articoli 56 e 610 c.p., gli argomenti utilizzati dalla Corte di appello appaiono espressi in termini apodittici. Invero, la sentenza, a fronte della contestazione del fatto da parte di (OMISSIS), da un lato si limita a ritenere lo stesso "indubbio", senza delinearne in modo completo il contesto; dall'altro a sostenere che potesse essere commesso "solo con fare minaccioso", senza indicare ne' il contenuto delle minacce, ne' l'effetto di queste sulla vittima, ne' la diversa valenza, anche processuale, tra la dichiarazione di questa e quella dell'imputato, che ha espressamente negato di averle rivolte. 6. In conclusione, il ricorso va accolto limitatamente a detto capo di imputazione, capo c), con conseguente annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente Dott. COSTANZO Angelo - Consigliere Dott. VILLONI Orlando - Consigliere Dott. GIORDSNO E.Anna - Consigliere Dott. DI NICOLA TRAV.P - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 06/10/2022 emessa dal Tribunale di Catanzaro; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera Paola Di Nicola Travaglini; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Nicola Lettieri, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso limitatamente al punto sulle esigenze cautelari con conseguente annullamento con rinvio e rigetto nel resto; letta la memoria difensiva dell'avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), che ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza sopra indicata il Tribunale di Catanzaro, adito ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., confermava il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere di (OMISSIS), alla convivente, (OMISSIS), per il delitto di maltrattamenti commesso dall'ottobre 2020 con condotta perdurante. 2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso l'indagato, con atto sottoscritto dal suo difensore, articolando i motivi enunciati nei limiti strettamente necessari alla motivazione ex articolo 173, comma 1, disp. att. coord. c.p.p.. 2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento ai gravi indizi di colpevolezza in relazione agli articoli 192, 273, 274 e articolo 275, comma 3, articolo 292 c.p.p., e articoli 572, 582, 583, 585 in relazione all'articolo 576, comma l c.p., n. 5, in quanto il provvedimento del Tribunale richiama acriticamente la decisione del Giudice per le indagini preliminari sia per la ricostruzione del fatto che per le valutazioni sui gravi indizi e le esigenze cautelari, senza valutare i motivi di impugnazione. In particolare, non ha verificato l'attendibilita' intrinseca ed estrinseca delle dichiarazioni rese dalla persona offesa alla luce delle censure di riesame con riguardo a diverse contraddizioni. Innanzitutto, la modifica della versione relativa alle lesioni all'occhio, indicando due date diverse, e non risultando confermata dalle dichiarazioni della sorella, (OMISSIS), che non menzionava di aver visto una vistosa macchia di sangue nell'occhio il giorno del compleanno del padre. Inoltre la persona offesa aveva dichiarato di non essersi mai recata in ospedale per farsi refertare le lesioni del convivente, mentre la sorella aveva dichiarato che era stata ricoverata per coliche renali. Peraltro, (OMISSIS), pur essendo l'unica con cui la persona offesa si confidava ha reso dichiarazioni molto generiche, cosi' da non renderle adeguato riscontro. Nella relazione di servizio del 25 giugno 2021 si da' atto del clima di reciproca gelosia all'interno della coppia, comprovato anche dalle dichiarazioni dell'indagato che non era vittima a tal punto da dover subire da parte della compagna il continuo controllo del telefonino e degli account sui social network, tanto da dimostrare il palese intento calunniatorio di (OMISSIS), rispetto all'accusa di maltrattamenti, espressamente richiamato nell'atto di riesame, ma non valutato dal provvedimento impugnato. Il provvedimento impugnato difetta di motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza anche circa l'abitualita' delle condotte e il periodo in cui queste si sono sviluppate, oltre che in assenza di riscontri esterni. Infine, e' omessa la motivazione sulle esigenze cautelari fondata esclusivamente sull'utilizzo di una formula stereotipata che non ha dato conto del contesto, del clima di gelosia subito dal ricorrente e dallo stato di tossicodipendenza della persona offesa e di (OMISSIS). Non sussiste alcun pericolo di reiterazione del reato in quanto il ricorrente non ha piu' rapporti con (OMISSIS), che e' tornata a vivere con la famiglia in un quartiere distante ed e' privo di precedenti penali specifici. Sebbene la cautela possa essere mantenuta attraverso gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico ed autorizzazione a lavorare presso la pescheria del supermercato di Lamezia Terme, il Tribunale ha omesso di spiegare la necessita' di mantenere la custodia cautelare in carcere non bastando il generico richiamo alla gravita' della condotta. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.II ricorso e' infondato. 2. Il motivo di ricorso sui gravi indizi di colpevolezza e' manifestamente infondato, generico e meramente confutativo. 2.1. Innanzitutto, il censurato difetto di autonoma valutazione e' infondato in quanto il Tribunale del riesame, con motivazione immune da censure, ha dato atto di un intervento autonomo di valutazione, richiamando la consolidata giurisprudenza secondo cui questa e' compatibile con la tecnica di redazione basata sul richiamo per relationem, nonche' sull'incorporazione, di parte sia della richiesta cautelare che della misura impugnata. Cio' che rileva, infatti, e' che il Tribunale abbia dato conto di aver svolto un vaglio critico del materiale esaminato, alla luce degli argomenti difensivi, come risulta essere avvenuto. Il motivo si diffonde su vizi della motivazione concernenti sia i gravi indizi di colpevolezza sia le esigenze cautelari in termini sovrapposti e confusi, contestando sostanzialmente la valutazione di attendibilita' e credibilita' delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, vittima di reiterate e gravissime violenze. Premesso che il controllo di questa Corte concerne soltanto il rispetto dei canoni della logica e dei principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze, l'ordinanza impugnata supera detto vaglio attraverso una ricostruzione, immune da censure, delle ragioni del suo convincimento, richiamando il contenuto della denuncia della persona offesa e delle sommarie informazioni della sorella, testualmente ed integralmente riportate nell'ordinanza cautelare, oltreche' delle sostanziali ammissioni rese dall'indagato nell'interrogatorio di garanzia e della relazione di servizio degli operanti intervenuti. 2.2. Alla luce di questi elementi e' stata accertato che (OMISSIS) avesse usato da sempre nei confronti della fidanzata convivente condotte umilianti e sopraffattorie, sotto il profilo fisico e psicologico, commesse anche con l'impiego di un coltello o di pezzo di vetri taglienti, spegnendole sigarette sul corpo, picchiandola con una mazza da baseball, il tutto alla presenza del figlio minorenne (OMISSIS). In questa cornice, il tentativo difensivo di parcellizzare le violenze senza menzionare il sistematico atteggiamento sopraffattorio e proprietario tenuto da (OMISSIS), nei confronti della convivente, assume aspetti di assoluta genericita'. Invero, il ricorso, a fronte di gravi violenze durate circa due anni, si limita a censurare l'assenza di abitualita' e la valutazione di attendibilita' e credibilita' della persona offesa, questa di per se' bastevole ma confermata anche dai messaggi dell'indagato e dalle annotazioni di servizio degli operanti, in base a frammenti del tutto irrilevanti quali la data precisa delle lesioni all'occhio o il mancato ricordo di un ricovero per coliche renali. Infine, il ricorso tenta di accreditare la tesi che la responsabilita' della sistematica violenza subita da (OMISSIS), sia da attribuirsi alla sua gelosia e alla volonta' calunniosa che avrebbe mosso la denuncia. Come risulta dai capi di incolpazione, la donna oltre alle violenze nel corso della convivenza era stata sottoposta a vere e proprie forme persecutorie e allo speronamento dell'auto - fermato soltanto dall'intervento della polizia stradale -per la scelta di interrompere la relazione con il ricorrente, cosi' facendo venire meno l'irragionevole lettura difensiva. Ma, al di la' di questo, assume contorni a dir poco paradossali il tentativo difensivo di ridimensionare la sistematica e reiterata violenza del ricorrente a banale questione di coppia ascrivibile alla gelosia della vittima, attribuendole persino la volonta' di incolpare falsamente un innocente, a fronte di univoci elementi dimostrativi della gravita' indiziaria del delitto contestato, peraltro nella forma aggravata, primo tra tutti la puntualita' del contenuto della denuncia della persona offesa. Il provvedimento fonda correttamente la valutazione sul comportamento dell'indagato, sulla sua personalita', sulla modalita' del fatto e sul rischio di reiterazione (Sez. 6, n. 29688 del 06/06/2022, P., non massimata; Sez. 3, n. 209 del 17/09/2020, Marotta, Rv.281047), come richiesto dall'articolo 274 c.p.p. cosicche' lo spostamento dell'osservazione sulla condotta della vittima, rispetto ad atti e fatti del tutto legittimi quali quello di provare un sentimento di gelosia, per paventare una sorta di provocazione rispetto alle crudeli violenze su di lei praticate, che costituiscono lesioni al suo diritto umano di vivere libera dalla violenza (articolo 3 della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ratificata con L. 27 giugno 2013, n. 77) e' indice inequivoco dell'ammissione e della rivendicazione di queste come dovute, proprio in una logica punitiva della moglie che non si e' assoggettata alla sua volonta', e tanto vale a costituire, al contrario, anche prova del pericolo di reiterazione del delitto. 3. Il motivo di ricorso sulle esigenze cautelari e' infondato. L'ordinanza, con motivazione sintetica, ma congrua e completa, ha rilevato che (OMISSIS) ha dimostrato, nei fatti, una progressione della violenza ai danni della convivente, ulteriormente facilitata dall'uso di sostanze stupefacenti, oltre che per i numerosi precedenti che ne comprovano l'indole violenta, tanto da rendere lo stesso incapace di autocontrollo. Peraltro, correttamente, sono state valorizzato le minacce di morte ai danni di (OMISSIS) anche con l'uso di armi improprie. Si tratta di elementi oggettivi e soggettivi da cui desumere che (OMISSIS) non sia in grado di rispettare alcun provvedimento che ne richieda la collaborazione, compresi gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, visto che e' arrivato persino ad attribuire le gravi violenze praticate per anni su (OMISSIS), peraltro alla presenza del figlio piccolo, alla responsabilita' della vittima prospettandone persino la natura calunniosa. Si tratta, dunque, di un contesto gia' in origine di grave pericolo per la persona offesa e per il suo bambino, fondato su una cosi' radicata determinazione criminale del ricorrente da rendere inidoneo qualsiasi presidio cautelare diverso da quello applicato e del tutto irrilevante l'assenza di coabitazione. L'ordinanza del Tribunale di Catanzaro, nell'escludere correttamente l'adeguatezza e la proporzionalita' di altra misura cautelare, si pone pienamente in linea con gli obblighi sovranazionali in materia di violenza di genere, gravanti sull'Autorita' giudiziaria, specialmente nella fase delle indagini, come sancito dagli articoli 51 e 52 della Convenzione di Istanbul che impone da un lato una corretta valutazione dei rischi di letalita' e di reiterazione dei comportamenti violenti e, dall'altro, un apparato cautelare volto a "dare priorita' alla sicurezza delle vittime o delle persone in pericolo" (articolo 52). 4. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p..

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSI Elisabetta - Presidente Dott. CERRONI Claudio - rel. Consigliere Dott. LIBERATI Giovanni - Consigliere Dott. DI STASI Antonella - Consigliere Dott. ANDRONIO Alessandro M. - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 15/06/2021 della Corte di Appello di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CERRONI Claudio; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CUOMO Luigi, che ha concluso chiedendo l'inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 15 giugno 2021 la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del 30 ottobre 2017 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ha rideterminato in anni uno mesi quattro di reclusione la pena, con i doppi benefici, inflitta a (OMISSIS) per il reato, cosi' riqualificato, di cui all'articolo 81 cpv. c.p., articolo 61 c.p., n. 5, articolo 609-bis c.p., u.c. in danno della minore (OMISSIS). 2. Avverso la predetta decisione e' stato proposto ricorso per cassazione articolato su due motivi di impugnazione. 2.1. Col primo motivo il ricorrente, adducendo vizio motivazionale ed in relazione al rigetto - a suo tempo formulato - della richiesta di procedere a giudizio abbreviato condizionato all'acquisto dell'integralita' delle conversazioni intercorse tra l'imputato e la persona offesa costituita parte civile, nonche' all'escussione di persona offesa ed imputato (al fine di ricostruire la vicenda alla luce del tenore dell'intera conversazione cosi' acquisita), ha osservato che il vaglio preliminare su detta istanza doveva riguardare la necessita' della richiesta istruttoria, e quindi successivamente la compatibilita' della richiesta stessa con le esigenze di economia processuale proprie del procedimento, avuto riguardo alla complessita' dell'istruttoria dibattimentale. L'errore interpretativo compiuto dal primo Giudice consisteva dunque nell'omissione di ogni riferimento alla valutazione del criterio della necessita' della prova integrativa richiesta dalla difesa, mentre in ogni caso la Corte territoriale aveva omesso di valutare detto parametro, nulla osservando altresi' sull'errore del Tribunale quanto al mancato raffronto tra abbreviato condizionato e rito ordinario, laddove l'incombente siccome richiesto non avrebbe determinato alcuna incongrua dilatazione dei tempi processuali (come invece era accaduto nel processo ordinario, tramite l'audizione di tutti i testi introdotti dalla pubblica accusa e le acquisizioni documentali). Al riguardo la motivazione doveva intendersi come apparente, e senza alcun riferimento appunto alla necessita' dell'integrazione. 2.2. Col secondo motivo, allegando parimenti contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione, il ricorrente si e' doluto della mancata rigorosa verifica delle dichiarazioni della persona offesa, tra l'altro in considerazione dell'interesse economico da costei vantato e derivante dalla sua costituzione di parte civile. In particolare, la giovane (OMISSIS) era stata smentita quanto alla dedotta assenza di conversazioni di natura sessuale prima dell'episodio del (OMISSIS), nonche' in relazione alle circostanze del fatto. A questo proposito, la ragazza aveva infatti in un primo tempo dichiarato di avere subito costrizioni fisiche finalizzate all'atto masturbatorio sulla persona dell'imputato, poi aveva affermato di essere stata minacciata di venire abbandonata nel posto appartato nel quale era stata condotta dall'imputato (circostanza assurda, dati il possesso del cellulare e la vicinanza della pubblica via), mentre parimenti - a fronte del lamentato preteso turbamento successivo - la mamma della giovane ne aveva ricordato invece la piena tranquillita' nei momenti immediatamente successivi alla pretesa molestia. Laddove la ragazza aveva raccontato all'amica differenti contenuti della pretesa minaccia, mentre allo stesso tempo - quanto alla successiva chat tra il ricorrente e la persona offesa - era stata la (OMISSIS) a ricontattare l'imputato sostenendo di averlo fatto per raccogliere prove in ordine alla violenza, di cui peraltro non vi era traccia nelle conversazioni. A questo proposito la Corte territoriale aveva inteso rispondere in relazione alle singole lamentate contraddizioni, senza operare una veduta d'insieme per valutare la tenuta complessiva delle dichiarazioni, trincerandosi dietro affermazioni e formule di stile. In realta' il percorso argomentativo si era mosso dalla gravita' intrinseca del racconto piu' che dalla effettiva disamina delle risultanze istruttorie, dando per scontata l'intangibilita' del narrato e banalizzando le contraddizioni emerse. In tal senso era stata considerata la deposizione della madre della ragazza, che comunque aveva riferito di una situazione di normalita' della figlia nell'immediatezza del preteso abuso; del pari era stato malamente invocato il lasso temporale intercorso, per smentire la deposizione della teste (OMISSIS), mentre infine la chat con l'imputato non poteva assurgere a valenza decisiva, essendo stata mantenuta dalla ragazza, su consiglio dei Carabinieri, al solo scopo di incastrare il ricorrente. Cio' posto, le denunciate incongruenze non erano strumentali ad una rivalutazione del fatto bensi' alla censura in ordine all'omessa rigorosa verifica di attendibilita' della persona offesa. 3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell'inammissibilita' del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 4. Il ricorso e' inammissibile. 4.1. In relazione al primo motivo di censura, e' nozione risalente contrariamente ai rilievi del ricorrente - che, in tema di giudizio abbreviato condizionato, la compatibilita' della integrazione probatoria con le finalita' di economia processuale proprie del procedimento va valutata con riferimento alla situazione esistente al momento della richiesta del rito e non ex post, in base ai tempi del dibattimento tenutosi a seguito del rigetto della stessa (Sez. 3, n. 3993 del 01/12/2020, dep. 2021, Trapanese, Rv. 280873; Sez. 3, n. 7961 del 13/01/2011, Troiani, Rv. 249387). Infatti il giudice dell'udienza preliminare deve disporre il giudizio abbreviato, condizionato all'integrazione probatoria, solo in presenza di due requisiti dell'integrazione probatoria richiesta: la sua necessita' ai fini del giudizio finale sull'imputazione e la sua compatibilita' con la finalita' di economia processuale proprie del rito (cfr. Sez. 3, n. 219 del 21/10/2004, dep. 2005, Bertelli, Rv. 230915). In specie non puo' essere ravvisato alcun vizio nella sentenza impugnata, atteso che la doglianza del ricorrente (strumentale infine a conseguire comunque lo sconto di pena di cui all'articolo 442 c.p.p., nell'ipotesi di ingiustificato rifiuto dell'istanza di rito abbreviato cosi' formulata) si e' mossa da un presupposto errato in diritto, ossia la necessita' che il vaglio di ammissibilita' della richiesta di giudizio abbreviato condizionato sia effettuato in relazione agli esiti del dibattimento, e non avuto riguardo al momento della richiesta del rito. Detto errore e' stato correttamente evidenziato dalla Corte territoriale, che infatti - in tal modo rigettando il motivo di gravame - ha richiamato la giurisprudenza contraria alla prospettazione dell'imputato, cosi' condividendo la motivazione del primo Giudice (il quale invero aveva annotato come la - disattesa - richiesta di rito abbreviato condizionato confliggesse appunto con la finalita' di economia processuale propria di detto rito). La carenza di detto requisito si presentava dunque assorbente in senso negativo, rispetto alla richiesta del rito speciale e quindi alla riduzione della dosimetria della pena. 4.2. Per quanto poi riguarda il secondo motivo di censura, vero e' che, ai fini della formazione del libero convincimento del giudice, sussiste un effettivo contrasto fra le opposte versioni rese dall'imputato e dalla persona offesa, oggetto di valutazione da parte del giudice anche al fine di verificare l'attendibilita' di quest'ultima, solo nel caso in cui sia l'imputato personalmente ad aver fornito la contrastante versione dei fatti, non essendo sufficiente invece una mera prospettazione da parte del suo difensore (Sez. 3, n. 20884 del 22/11/2016, dep. 2017, A., Rv. 270123). Cio' posto, in effetti nel dibattimento vi e' stato il diretto intervento dell'odierno ricorrente, che ha confermato il fatto assumendone peraltro la consensualita'. Va, altresi', ricordato che questa Corte di legittimita' ha ripetutamente chiarito che la valutazione delle dichiarazioni testimoniali del minore persona offesa di reati sessuali presuppone un esame della sua credibilita' in senso onnicomprensivo, dovendo tenersi conto a tal riguardo dell'attitudine, in termini intellettivi ed affettivi, a testimoniare, della capacita' a recepire le informazioni, ricordarle e raccordarle, delle condizioni emozionali che modulano i rapporti col mondo esterno, della qualita' e natura delle dinamiche familiari e dei processi di rielaborazione delle vicende vissute, con particolare attenzione a certe naturali e tendenziose affabulazioni (Sez. 3, n. 29612 del 05/05/2010, R. e altri, Rv. 247740). Con la conseguenza che deve considerarsi affetta dal vizio di manifesta illogicita' la motivazione della sentenza nella quale la valutazione sull'attendibilita' e credibilita' delle dichiarazioni del minore vittima di abusi sessuali venga condotta esclusivamente riferendosi all'intrinseca coerenza del racconto, senza tenere adeguatamente conto di tutte le circostanze concrete che possono influire su tale valutazione (Sez. 3, n. 39405 del 23/05/2013, B., Rv. 257094; Sez. 3, n. 4069 del 17/10/2007, dep. 2008, S., Rv. 238543). 4.2.1. La sentenza impugnata e' palesemente esente da vizi al riguardo, laddove i motivi di censura coltivati nel presente giudizio - al fine di contestare l'attendibilita' della persona offesa - replicano pedissequamente le doglianze gia' formulate avanti alla Corte territoriale. In proposito, infatti, la Corte territoriale ha correttamente evidenziato l'errata prospettiva dell'appellante, laddove le dichiarazioni della giovane (tra l'altro del tutto coincidenti in via fattuale con quanto narrato dall'imputato, fatta eccezione ovviamente in ordine all'esistenza o meno del consenso all'indotto atto di autoerotismo) sono state lette dal ricorrente partendo dalla premessa inespressa ma del tutto evidente, ed il passaggio della sentenza impugnata che cio' ricorda non e' stato fatto oggetto di rilievo alcuno - di una completa maturita' sessuale e comportamentale della quindicenne. Al contrario, invece, la sentenza impugnata - con iter motivazionale certamente non illogico, ed ancor meno manifestamente illogico - ha sottolineato l'oggettiva modestia delle esperienze sessuali della ragazza, la sua contrarieta' (emergente dall'esame non contestato della messaggistica precedente al fatto) ad approcci spinti e la ricerca, a quindici anni, dell'"anima gemella". In definitiva la persona offesa ebbe a squadernare sentimenti ed aspirazioni che fatalmente entravano in rotta di collisione con le pulsioni sessuali ben piu' vigorose - ed onestamente ammesse dall'interessato - dell'odierno ricorrente, poco piu' che diciottenne all'epoca dei fatti. Ed in proposito la sentenza impugnata ne ha tratto corretto e non illogico argomento per avvalorare la versione della giovane la quale - coerentemente con quanto rappresentato via social allo (OMISSIS) prima del fatto - ha esternato anche in seguito all'imputato la propria vivace contrarieta' rispetto all'accaduto, e alle richieste del ragazzo di replicare l'esperienza sessuale gia' vissuta lo accusava di essere "malato". Al di la' di tali aggettivazioni, la Corte territoriale ha interpretato siffatte ulteriori conversazioni come richiesta di analoghe prestazioni sessuali, per le quali effettivamente l'odierno ricorrente aveva formulato esplicita domanda suscitando la risentita reazione negativa della ragazza, la quale in tempi non sospetti aveva palesato al giovane la propria ben limitata disponibilita' ad accedere ad istanze del genere. In proposito, e proprio in relazione alla condizione personale della persona offesa, la sentenza impugnata ha valutato la credibilita' della giovane anche a riguardo della minaccia siccome percepita di essere abbandonata in luogo isolato, nell'ipotesi di rifiuto alle richieste sessuali dell'imputato, e delle condizioni della stessa in presenza della madre pochi minuti dopo il fatto, ben diverse rispetto a quanto ricordato dalla stessa genitrice in relazione al giorno successivo. 4.2.2. Anche per detto secondo profilo di doglianza la sentenza impugnata ha sviluppato un coerente percorso argomentativo, sottolineando invero proprio le criticita' del gravame. Al riguardo, per un verso, in tema di motivi di ricorso per cassazione non hanno rilevanza le censure che si limitino ad offrire una lettura alternativa delle risultanze probatorie, dal momento che il sindacato della Corte di cassazione si risolve pur sempre in un giudizio di mera legittimita' (Sez. 6, n. 36546 del 03/10/2006, Bruzzese, Rv. 235510). Mentre, d'altro canto, l'emersione di una criticita' su una delle molteplici valutazioni contenute nella sentenza impugnata, laddove le restanti offrano ampia rassicurazione sulla tenuta del ragionamento ricostruttivo, non puo' comportare l'annullamento della decisione per vizio di motivazione, potendo lo stesso essere rilevante solo quando, per effetto di tale critica, all'esito di una verifica sulla completezza e sulla globalita' del giudizio operato in sede di merito, risulti disarticolato uno degli essenziali nuclei di fatto che sorreggono l'impianto della decisione (Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M. e altri, Rv. 271227). Infatti la denunzia di minime incongruenze argomentative o l'omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione, ma che non siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisivita', non possono dar luogo all'annullamento della sentenza, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto, ma e' solo l'esame del complesso probatorio entro il quale ogni elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisivita' degli elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell'impianto argomentativo della motivazione (Sez. 2, n. 9242 del 08/02/2013, Reggio, Rv. 254988). 4.2.3. Al riguardo le pretese criticita' contenute nelle deposizioni della madre della persona offesa (la quale ha si' ricordato che nell'immediatezza la figlia appariva del tutto normale, salvo poi dare conto che il giorno successivo le era stato confessato l'accaduto, e che nel prosieguo la ragazza aveva evidenziato disagio nei rapporti con l'altro sesso e col fidanzato dell'epoca) e dell'amica (OMISSIS) (la quale dopo quattro anni aveva ricordato in modo approssimativo le confidenze ricevute) non appaiono in grado ictu oculi di disarticolare il ragionato complesso probatorio. Il quale ha attribuito credibilita' alle dichiarazioni della giovane molestata proprio in esito ad una complessiva valutazione di attendibilita', che ha tratto spunto dall'oggettivita' delle dichiarazioni accusatorie ma poi si e' fatta carico - a differenza del ricorso - delle circostanze ulteriori che, legate altresi' all'eta' della minore, inclinavano a rendere credibile la narrazione. 4.2.4. Anche in relazione al secondo motivo di ricorso, quindi, l'impugnazione non coglie appieno la ratio decisoria, in tal modo non confrontandosi funditus con la motivazione censurata. 5. La manifesta infondatezza dell'impugnazione complessivamente intesa non puo' che condurre all'inammissibilita' del ricorso. Tenuto altresi' conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", alla declaratoria dell'inammissibilita' medesima consegue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonche' quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, ai sensi del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

Ricerca rapida tra migliaia di sentenze
Trova facilmente ciò che stai cercando in pochi istanti. La nostra vasta banca dati è costantemente aggiornata e ti consente di effettuare ricerche veloci e precise.
Trova il riferimento esatto della sentenza
Addio a filtri di ricerca complicati e interfacce difficili da navigare. Utilizza una singola barra di ricerca per trovare precisamente ciò che ti serve all'interno delle sentenze.
Prova il potente motore semantico
La ricerca semantica tiene conto del significato implicito delle parole, del contesto e delle relazioni tra i concetti per fornire risultati più accurati e pertinenti.
Tribunale Milano Tribunale Roma Tribunale Napoli Tribunale Torino Tribunale Palermo Tribunale Bari Tribunale Bergamo Tribunale Brescia Tribunale Cagliari Tribunale Catania Tribunale Chieti Tribunale Cremona Tribunale Firenze Tribunale Forlì Tribunale Benevento Tribunale Verbania Tribunale Cassino Tribunale Ferrara Tribunale Pistoia Tribunale Matera Tribunale Spoleto Tribunale Genova Tribunale La Spezia Tribunale Ivrea Tribunale Siracusa Tribunale Sassari Tribunale Savona Tribunale Lanciano Tribunale Lecce Tribunale Modena Tribunale Potenza Tribunale Avellino Tribunale Velletri Tribunale Monza Tribunale Piacenza Tribunale Pordenone Tribunale Prato Tribunale Reggio Calabria Tribunale Treviso Tribunale Lecco Tribunale Como Tribunale Reggio Emilia Tribunale Foggia Tribunale Messina Tribunale Rieti Tribunale Macerata Tribunale Civitavecchia Tribunale Pavia Tribunale Parma Tribunale Agrigento Tribunale Massa Carrara Tribunale Novara Tribunale Nocera Inferiore Tribunale Busto Arsizio Tribunale Ragusa Tribunale Pisa Tribunale Udine Tribunale Salerno Tribunale Verona Tribunale Venezia Tribunale Rovereto Tribunale Latina Tribunale Vicenza Tribunale Perugia Tribunale Brindisi Tribunale Mantova Tribunale Taranto Tribunale Biella Tribunale Gela Tribunale Caltanissetta Tribunale Teramo Tribunale Nola Tribunale Oristano Tribunale Rovigo Tribunale Tivoli Tribunale Viterbo Tribunale Castrovillari Tribunale Enna Tribunale Cosenza Tribunale Santa Maria Capua Vetere Tribunale Bologna Tribunale Imperia Tribunale Barcellona Pozzo di Gotto Tribunale Trento Tribunale Ravenna Tribunale Siena Tribunale Alessandria Tribunale Belluno Tribunale Frosinone Tribunale Avezzano Tribunale Padova Tribunale L'Aquila Tribunale Terni Tribunale Crotone Tribunale Trani Tribunale Vibo Valentia Tribunale Sulmona Tribunale Grosseto Tribunale Sondrio Tribunale Catanzaro Tribunale Ancona Tribunale Rimini Tribunale Pesaro Tribunale Locri Tribunale Vasto Tribunale Gorizia Tribunale Patti Tribunale Lucca Tribunale Urbino Tribunale Varese Tribunale Pescara Tribunale Aosta Tribunale Trapani Tribunale Marsala Tribunale Ascoli Piceno Tribunale Termini Imerese Tribunale Ortona Tribunale Lodi Tribunale Trieste Tribunale Campobasso

Un nuovo modo di esercitare la professione

Offriamo agli avvocati gli strumenti più efficienti e a costi contenuti.