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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 245 del 2024, proposto dai sigg.ri Ca. Mi. ed altri, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Ma. Ze., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Regione Molise, Ministero dell'Agricoltura, Sovranità Alimentare e delle Foreste, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via (...); A.R.S.A.R.P. (Agenzia Regionale per lo sviluppo agricolo, rurale e della pesca), non costituita in giudizio; nei confronti della ditta individuale Pe. Ar., non costituito in giudizio; per l'annullamento della Determinazione del Direttore del Servizio Tutela e Valorizzazione della Montagna e delle Foreste, Biodiversità agricola e Gestione fito-sanitaria presso il Coordinamento Area Seconda della Regione Molise n. 2946 del 30.05.2024, avente ad oggetto: "Regolamento UE n. 2115/21 art. 71 PSP 2023/2027 approvato con Decisione di esecuzione della Commissione in data 2.12.2022. Complemento dello sviluppo rurale per la Regione Molise (SCR) 20232027 (DGR57 del 08.03.2023). SRB01 sostegno zone con svantaggi naturali di montagna. Bando Pubblico sotto condizione concernente le procedure per la presentazione e l'istruttoria delle domande di sostegno per l'annualità 2024" pubblicata all'Albo pretorio regionale in data 31.05.2024; - del bando allegato alla suddetta Determinazione, ad oggetto: "SRB01 - Sostegno zone con svantaggi naturali montagna (art. 71 Reg. UE 2115/2021). Bando attuativo per la presentazione delle domande - anno 2024"; - nonché di tutti gli atti preordinati, consequenziali, o comunque connessi. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Molise e del Ministero dell'Agricoltura, Sovranità Alimentare e Foreste; Visti tutti gli atti di causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2024 il dott. Roberto Ferrari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1.I ricorrenti sono tutti imprenditori agricoli operanti nella Regione Molise. Fino al 2023 gli stessi hanno avuto accesso all'indennità compensativa per le aree montane (misura SRB01), cumulativamente con quella per l'agricoltura integrata (misura SRA01) o quella per l'agricoltura biologica (misura SRB 29.1 e 29.2). Dette misure si situano tutte nell'ambito della programmazione degli interventi a sostegno del comparto agricolo previsti dal "Completamento programmazione per lo sviluppo rurale" C.S.R. 2023 - 2027 approvato con delibera della Giunta Regionale n. 57 dell'8 marzo 2023, emesso in adesione alle misure di sostegno di cui al Piano Strategico Nazionale della Politica Agricola Comune 2023-2027 attuativo della programmazione europea di Politica Agricola Comune (P.A.C.). Il bando oggetto dell'odierna impugnazione, attuativo dello specifico intervento SRB01 Sostegno zone con svantaggi naturali di montagna") per l'annualità 2024, approvato con la Determinazione Dirigenziale n. 2946 del 30-05-2024, ha tuttavia escluso la precedente cumulabilità delle misure in disamina, ora stabilendo, all'art. 7, co. 2, lett. g), l'irricevibilità delle domande per l'accesso alla su indicata indennità per l'intervento SRB01 qualora presentate da aziende che avessero già in corso una domanda attiva sugli interventi SRA 01 o SRA 29. 2. Ne è conseguita la proposizione del ricorso in epigrafe, con il quale gli interessati hanno impugnato il prefato bando allegando la portata immediatamente escludente della clausola di cui al suo art. 7 comma 2 lett. g), e affidandosi, avverso di essa, ai seguenti motivi di censura: "I. Violazione ed errata applicazione del Regolamento UE n. 2115/21 art. 71 - psp 2023/2027 approvato con decisione di esecuzione della Commissione Europea in data 2.12.2022; violazione ed errata applicazione del piano strategico nazionale della pac 2023-2027 (psnp 2023-2027); violazione ed errata applicazione del complemento di programmazione per lo sviluppo rurale (csr) 2023-2027 della Regione Molise approvato con deliberazione della giunta regionale n. 57 del 08-03-2023; incompetenza; 2. Violazione ed errata applicazione dell'art. 3 della l. 241/90: difetto di motivazione e di istruttoria - difetto dei presupposti di fatto e di diritto; violazione ed errata applicazione dei principi di cui all'art. 1 della l. 241/90, segnatamente dei principi di economicità e proporzionalità ; eccesso di potere per sviamento dal fine pubblico perseguito; 3. Violazione ed errata applicazione dell'art. 12 della l. 241/90; violazione del legittimo affidamento incolpevole; contraddittorietà tra più atti della stessa p.a.; eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifeste - ingiustizia manifesta". 3. L'Avvocatura Distrettuale dello Stato si è costituita in giudizio nell'interesse della Regione Molise e del Ministero intimato, eccependo, preliminarmente, l'estraneità dell'Amministrazione statale alla controversia e chiedendo, pertanto, la sua estromissione dal giudizio; la difesa pubblica ha dedotto, inoltre, l'inammissibilità del ricorso, oltre che l'incompletezza del contraddittorio, del quale ha chiesto venisse disposta l'integrazione; infine, nel merito, ha concluso per il rigetto del ricorso. 4. Alla camera di consiglio del 18.09.2024, sentite le rispettive difese, la causa è stata trattenuta in decisione previo avviso della possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.. 5. Il Collegio rileva che sussistono i presupposti per l'immediata definizione integrale del giudizio in applicazione dell'articolo appena citato: ciò a maggior ragione per il fatto che sulla medesima vicenda il Tribunale si è già pronunciato con la recente sentenza n. 284/2024, dalle cui conclusioni non vi sono ragioni per discostarsi (decisione che verrà più volte richiamata nel prosieguo). 6. Preliminarmente, in accoglimento della richiesta della difesa erariale, il Collegio deve estromettere dal presente giudizio il costituito Ministero dell'Agricoltura, Sovranità Alimentare e delle Foreste. Come si evince dagli atti di causa, non emerge difatti alcuna particolare censura avverso atti o comportamenti a questo ascrivibili, sicché il medesimo risulta carente di legittimazione passiva rispetto al processo. 7. Non colgono invece nel segno le altre eccezioni in rito prospettate dalla difesa pubblica. 7.1 Con un primo rilievo la Regione ha dedotto l'inammissibilità del gravame -se ben s'intende l'eccezione- sul presupposto che i ricorrenti avrebbero considerato la Delibera di Giunta Regionale n. 57/2023 come parametro di valutazione per affermare l'illegittimità del bando impugnato, laddove la citata delibera di Giunta avrebbe invece avuto natura meramente endoprocedimentale, e pertanto sarebbe stata priva dell'attitudine a dettare le regole della futura attività amministrativa (e segnatamente degli atti impugnati). Benché la Regione mediante la menzionata delibera avesse approvato il predetto PSR, quest'ultimo sarebbe stato definitivamente adottato solo mediante la successiva delibera di Consiglio Regionale n. 46 del 30.7.2024, non contestata dai ricorrenti e comunque successiva alla stessa determina di approvazione del bando n. 2946/2024 impugnata con il ricorso. Di qui l'affermazione dell'asserita inammissibilità del gravame. L'eccezione non ha pregio. 7.2. Indipendentemente da quanto sostenuto dalla difesa erariale, tutti gli atti impugnati del procedimento, e segnatamente la determinazione di approvazione del bando (n. 2946/2024), oltre che il bando stesso, contenevano un espresso richiamo al P.S.R. approvato con la citata delibera giuntale n. 57/2023. Quest'ultima, dunque, è stata dalla stessa Amministrazione considerata come un atto già dotato di una sua autonoma efficacia, e individuata, in sostanza, quale atto presupposto al bando, e, pertanto, quale parametro di riferimento delle disposizioni ivi contenute. Questa constatazione, di immediata evidenza, già esclude di poter apprezzare favorevolmente il rilievo. Il Collegio aggiunge poi che la difesa regionale, nel sollevare la propria eccezione, non ha indicato che l'atto consiliare avesse apportato innovazioni di sorta alla predetta delibera di giunta, rispetto alla quale si presentava come mera presa d'atto. Senza dire, infine, che il ricorso in esame, lungi dall'essere stato proposto avverso la delibera di Giunta Regionale n. 57/2023 (in tesi, ex se inefficace), si è richiamato ai contenuti del relativo P.S.R. unicamente per supportare alcune delle proprie censure avverso il bando in epigrafe. Ne consegue che quanto dedotto dalla difesa regionale per argomentare la propria eccezione non potrebbe in alcun modo portare a una conclusione di inammissibilità della presente impugnativa. 7.3 Parimenti infondata è l'eccezione della difesa dell'Amministrazione di non integrità del contraddittorio processuale, che si vorrebbe vedere integrato, al di là dell'unico soggetto individuato nel ricorso, nei confronti di -supposti- ulteriori controinteressati. 7.4 Per disattendere l'eccezione è sufficiente notare che alla data della proposizione del ricorso la procedura della Regione era stata appena avviata, e pertanto mancava una graduatoria già formata, la quale sarebbe stata invece necessaria a permettere la maturazione -e quindi la configurabilità - di posizioni d'interesse legittimo confliggenti con quella fatta valere in giudizio dai ricorrenti. In proposito, d'altra parte, con considerazioni pienamente estensibili, mutatis mutandis, alla fattispecie odierna, la recente giurisprudenza ha confermato il principio tradizionale per cui, "Al cospetto di un provvedimento di esclusione da una procedura concorsuale, impugnato prima della formazione della graduatoria e dell'individuazione dei soggetti beneficiari, non è ravvisabile la qualità di controinteressati in capo ai candidati ammessi, posto che essi non sono portatori di un interesse tutelabile a confrontarsi con una platea più ristretta di candidati, laddove, invece, sussiste un interesse pubblico alla più ampia partecipazione alla procedura selettiva in vista della più efficace selezione dei migliori concorrenti che, ove il provvedimento di esclusione sia illegittimo, è sacrificato assieme a quello del candidato escluso" (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, n. 2855/2024; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, n. 160/2024; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. IV, n. 3857/2023). 8. Una volta superate le eccezioni preliminari sollevate dall'Amministrazione, è ora subito possibile affrontare le questioni di merito poste dal ricorso, il quale si manifesta meritevole di accoglimento già per l'assorbente fondatezza del suo primo motivo. Il mezzo concerne l'illegittimità delle previsioni del bando recanti l'incompatibilità delle misure di ausilio finanziario dianzi già citate, e pertanto investe in particolare, in primo luogo, il suo art. 7, comma 2 lett. g): disposizione che, nel prevedere, tra le "condizioni di ammissibilità " per l'accesso all'intervento SRB01, quella di "non avere una domanda attiva di sostegno o conferma nell'ambito degli interventi SRA01 e SRA09 previsto nel CSR Molise 2023-2027. In caso di presenza di rilascio multiplo la domanda relativa alle condizioni del presente bando sarà resa non ricevibile", risulta porsi, illogicamente e senza congrua motivazione, in contrasto con i contenuti del C.S.R. Molise, strumento programmatorio che sancisce infatti, al punto 5.8, il principio della cumulabilità delle misure in disamina. 8.1 Il Tribunale, seguendo l'impostazione già utilizzata in occasione della propria sentenza n. 284/2024, reputa opportuno effettuare un richiamo introduttivo alle previsioni dello strumento programmatorio che si colloca "a monte" del bando impugnato e della delibera che lo ha approvato. La determinazione Dirigenziale n. 2946 del 30-05-2024 in epigrafe, avente ad oggetto "Regolamento Ue N. 2115/21 Art. 71 - Psp 2023/2027 approvato con Decisione di esecuzione della Commissione in data 2.12.2022. Complemento dello Sviluppo Rurale per la Regione Molise (CSR) 20232027 (Dgr 57 del 08-03- 2023). SRB01 Sostegno zone con svantaggi naturali montagna - Bando Pubblico sotto condizione concernente le procedure per la presentazione e l'istruttoria delle domande di sostegno per l'annualità 2024", a firma del Direttore coordinamento area seconda della Regione Molise, e pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Molise n. 27 del 15.06.2024, costituisce infatti attuazione, unitamente all'allegato bando attuativo riferito all'intervento SRB01 "Sostegno zone con svantaggi naturali di montagna", del Complemento di programmazione per lo Sviluppo Rurale (C.S.R. 2023¬ 2027), che costituisce l'atto di programmazione del Piano di sviluppo rurale 2023-2027 (con una dotazione finanziaria complessiva pari ad Euro 157.712.920,81). Quest'ultimo provvedimento è stato redatto e deliberato in conformità al Regolamento (UE) 2021/2115 del Parlamento europeo e del Consiglio del 2 dicembre 2021, recante norme sul sostegno ai piani strategici che gli Stati membri devono redigere nell'ambito della politica agricola comune (piani strategici della PAC) e che sono finanziati dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), coerentemente con quanto previsto dal Piano Strategico della PAC (PSP) 2023-2027 per l'Italia, approvato dalla Commissione Europea DG Agri, in data 2 dicembre 2022 con la decisione C (2022) 8645. All'interno del C.S.R. 2023-2027 è presente, tra le altre, la scheda 5.8 relativa all'intervento denominato "SRB01 - sostegno zone con svantaggi naturali montagna", quello che forma oggetto dell'odierno giudizio. Secondo quanto riportato nella suindicata scheda 5.8 per l'intervento SRB01 (cfr. allegato 1a alla memoria depositata dai ricorrenti in data 31.08.2024), l'indennità compensativa per le aree montane risponde a fabbisogni regionali multipli, che vanno "dal contrasto al fenomeno di erosione del capitale umano e delle attività economiche nelle zone montane al mantenimento e valorizzazione della biodiversità e delle risorse naturali", al fine di porre "un freno al trend di riduzione dei capi zootecnici lasciando lo spazio per l'attivazione di un fenomeno di controtendenza che oltre al mantenimento delle aziende agricole ha portato anche ad un aumento dei giovani ed ha consentito il mantenimento degli animali al pascolo salvaguardando la pratica del pascolamento e la biodiversità dei pascoli". Ora, decisivo ai fini della definizione della presente vicenda in senso favorevole alle doglianze proposte risulta l'inciso, contenuto nel C.S.R., il quale, con riferimento all'interazione della misura SRB01 con gli altri interventi di sostegno al comparto agricolo ivi previsti, ha espressamente affermato il principio della cumulabilità della misura in disamina sia con quella a sostegno dell'agricoltura biologica (SRA29), sia con la misura a sostegno dell'agricoltura integrata (SRA01). Si legge infatti nella scheda appena richiamata: "Condizioni migliorative vanno ricercate attraverso la combinazione con altri interventi quali quelli di lotta integrata, estensivizzazione dei pascoli e del biologico che sono compatibili con il presente". 8.2 Per converso, con la Determina dirigenziale n. 2946 del 30.05.2024 concernente l'intervento SRB01 - "Sostegno zone con svantaggi naturali di montagna" l'Amministrazione regionale, pur richiamandosi espressamente alla già citata delibera di approvazione del CSR (n. 57/2023), ha innovativamente stabilito che "per l'annualità 2024 la dotazione finanziaria è inferiore e pertanto si è ritenuto opportuno procedere con una restrizione delle possibilità previste nella scheda dell'intervento SRB01 di cui al CSRM 2023-2027 inserendo la non compatibilità del presente intervento SRB01 annualità 2024, con gli interventi SR/I 01 e SR/I 29 al fine di evitare rischi di sovra-compensazione dei premi e salvaguardare quelle aziende che vedono nell'intervento SRB 01 unico strumento di sostegno evitando riduzioni dei premi conseguenti ad una richiesta maggiore delle disponibilità finanziarie previste". E così, analogamente, il bando pubblico allegato alla determina dirigenziale ha ribadito, a pag. 4, che "per l'annualità 2024, tale intervento non è compatibile con gli interventi SRA 01 e SRA 29 del CSR Molise al fine di evitare sia effetti di sovra-compensazione dei premi con indebiti arricchimenti, sia una riduzione del premio conseguente a richieste maggiori della dotazione finanziaria del bando che si ripercuoterebbero su tutti i beneficiari con impatto maggiore su quelli che vedono l'intervento SRB 01 quale unico aiuto. Una condizione restrittiva rispetto alla scheda dell'intervento, ma necessaria in relazione alla ridotta dotazione finanziaria rispetto all'annualità precedente. La presenza di domanda attiva negli interventi SRA 01 e SRA 29 rende irricevibile quella rilasciata nel presente bando". L'art. 7 del bando, rubricato "condizioni di ammissibilità ", ha quindi previsto, al comma 2, lett. g), tra i requisiti di accesso al beneficio in parola, quello di "non avere una domanda attiva di sostegno o conferma nell'ambito degli interventi SRA 01 e SRA 29 previsto nel CSR Molise 2023-2027. In caso di presenza di rilascio multiplo la domanda relativa alle condizioni del presente bando sarà resa non ricevibile". 8.3 Tutto ciò premesso, il contrasto netto immediatamente rilevabile tra il principio della cumulabilità delle misure a sostegno del comparto agricolo previste dal C.S.R. Molise 2023-2027, compatibilità riconosciuta appunto da tale strumento programmatorio, e le previsioni contenute nel bando attuativo in questa sede impugnato, che invece escludono detta compatibilità, costituisce già di per sé indice della illegittimità delle suindicate disposizioni del bando, che, come detto, dovrebbe configurarsi quale coerente atto di attuazione del C.S.R. Molise. E il rilievo dell'evidenza del contrasto fin qui descritto consente di superare agevolmente l'obiezione formulata sul punto dalla difesa regionale, nella parte in cui la stessa ha affermato che il bando impugnato in nulla avrebbe innovato rispetto alle disposizioni programmatorie di riferimento, e si sarebbe invece limitato a introdurre "disposizioni attuative delle linee di programmazione generale di cui al CSR, precisandole e adeguandole alle fattispecie concrete su cui intervenire" (pag. 14 della memoria). 8.4 La limitazione illegittimamente disposta dal suddetto articolo 7 comma 2 del bando si correla, come condivisibilmente sottolineatosi nello stesso primo motivo di ricorso, all'illegittimità della correlata previsione del successivo art. 13, co. 7 del bando, nella parte vi è stato stabilito che "Con il rilascio della domanda il beneficiario dichiara di non avere domande attive nell'ambito degli interventi SRA 01 e SRA 29, accetta tutti gli impegni e le condizioni previste dal presente bando e certifica le informazioni riportate in domanda rinunciando a qualsiasi azione di rivalsa verso la regione in relazione ad errori o altre condizioni che determinano il mancato pagamento totale o parziale della stessa o relative ad esperienze e condizioni passate non più vigenti". La disposizione, difatti, ha fissato una norma di corollario anch'essa illegittimamente pregiudizievole per i ricorrenti, inducendo illegittimamente gli interessati a rinunciare a priori alla possibilità del cumulo tra i benefici complementari, nonostante ciò non fosse affatto conforme ai contenuti degli atti programmatici a monte del bando. Nel contempo, mediante la locuzione "rinunciando a qualsiasi azione di rivalsa verso la regione...", la norma ha imposto altresì un'ingiustificabile e quindi illegittimo sacrificio del diritto alla tutela giurisdizionale degli interessati, pur a fronte di una clausola avente natura immediatamente escludente nei loro confronti. 8.5 In aggiunta al contrasto già acclarato tra la previsione dello strumento programmatorio e la clausola di cui all'art. 7 comma 2 lett. g) del bando, è inoltre possibile affermare l'illegittimità della clausola in esame (come dal Tribunale rilevato con la propria citata sentenza n. 284/2024) "anche per il fatto che, come sta di seguito per osservarsi, la disposizione escludente la cumulabilità delle misure in discorso appare illogica e priva di una congrua motivazione, essendo scaturita da un iter istruttorio inidoneo a giustificare la scelta di disattendere il principio, fin qui invalso, della compatibilità delle misure a sostegno del comparto agricolo indicato dal C.S.R. Molise 2023-2027. La motivazione del provvedimento impugnato è manifestamente illogica e carente, in primo luogo, nella parte in cui vi si afferma che la compatibilità tra l'intervento SRB01 e gli interventi SRA 01 e SRA 02 deve essere preclusa "al fine di evitare... effetti di sovra-compensazione dei premi con indebiti arricchimenti". Ed invero, la misura compensativa per le aree montane, come si rileva dalla "scheda di intervento" del C.S.R. sopra richiamata, risponde ai fabbisogni regionali di contrasto al fenomeno dell'erosione del capitale umano e delle attività economiche nelle zone montane, ed è, pertanto, volta a compensare, con cadenza annuale, i maggiori costi per l'agricoltura esercitata in aree geomorfologicamente svantaggiate. Su un piano ben distinto, invece, la misura SRA01, finalizzata al sostegno dell'agricoltura integrata (SRA01), e l'intervento SRA29, a sostegno dell'agricoltura biologica, mirano a supportare l'impegno economico di singole imprese, ovunque attive, che sia connesso allo svolgimento di particolari e rigorosi regimi colturali (secondo gli onerosi protocolli, appunto, dell'agricoltura integrata o dell'agricoltura biologica), i quali richiedono un protratto impegno dell'impresa aderente per un periodo di tempo prolungato (5 anni). Da tanto consegue che si rivela allora subito del tutto illogico e irragionevole pretendere di giustificare l'incompatibilità delle misure in disamina -introdotta ora ex abrupto- con la necessità di evitare "indebiti arricchimenti" in capo ai rispettivi beneficiari: trattasi, infatti, di interventi a sostegno del comparto agricolo con finalità del tutto eterogenee, di cui, oltretutto, le imprese agricole molisane hanno beneficiato cumulativamente, quando ne avevano tutti i requisiti, fino al 2023, in conformità al principio della loro cumulabilità, affermato dallo strumento programmatorio. D'altronde, i bandi attuativi da ultimo pubblicati relativamente agli interventi SRA01 e SRA29 hanno espressamente ribadito la cumulabilità dei citati interventi con la misura SRB01 (cfr. all. 4 e 5 alla memoria depositata nell'interesse delle parti ricorrenti in data 31.08.2024). Sicché tale profilo di contraddittorietà tra più atti della medesima Amministrazione costituisce un ulteriore vizio che attesta l'illegittimità censurata dal ricorso oggetto di disamina" (T.A.R. Molise, n. 284/2024). 8.6 Il Tribunale, ribadendo ai fini del presente giudizio le conclusioni della decisione appena richiamata, non può qui che confermare anche l'illogicità della ulteriore motivazione data alla clausola introduttiva dell'incompatibilità tra l'intervento SRB01 e gli interventi SRA 01 e SRA 29 del C.S.R. Molise, lì dove l'Amministrazione ha fatto riferimento alla "ridotta dotazione finanziaria rispetto all'annualità precedente". 8.6.1 Invero, è stato lo stesso bando impugnato a fissare, all'articolo 12, in 3,5 milioni di euro la dotazione finanziaria per l'intervento SRB01, mentre il punto 5.8 del CSR 2023-2027 Molise aveva previsto, al paragrafo rubricato "Finalità e descrizione generale", che "La dotazione finanziaria annuale è quindi fissata a 5,6 MIO di euro. Considerando un periodo di 5 anni relativo alla durata del programma la dotazione complessiva dell'intervento è pari a 28 MIO di euro". 8.6.2 Tanto premesso, il Collegio osserva che non risultano in alcun modo esplicitate, nel provvedimento gravato, le cause che avrebbero determinato la improvvisa riduzione della dotazione finanziaria destinata all'intervento SRB01 per l'anno 2024, sulla base della quale si è inteso giustificare la disposizione recante l'incompatibilità tra la predetta misura e gli interventi SRA 01 e SRA 29. Né in proposito potrebbero valere, a favore dell'Amministrazione, gli elementi di maggior dettaglio illustrati dalla difesa regionale nella memoria del 13.9.2024 per giustificare la sua opzione in favore della non cumulabilità dell'intervento SRB01 con gli interventi SRA01 e SRA29. Le giustificazioni addotte dalla difesa erariale non risultano documentate, né, soprattutto, gli atti impugnati fanno di esse menzione alcuna: pertanto una loro ipotetica presa in considerazione ai fini dello scrutinio di legittimità dell'atto impugnato contrasterebbe con il divieto di motivazione postuma, in sede giudiziale, dei provvedimenti amministrativi (per tutte, cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3666/2021). 8.6.3 Il bando impugnato prevede, dunque, una riduzione della dotazione finanziaria per l'intervento SRB01, e su tale base introduce una radicale incompatibilità tra gli interventi a sostegno del comparto agricolo, senza però indicare per quali ragioni ed in che misura vi sarebbe stata una restrizione della dotazione finanziaria appostata per l'intervento SRB01. E, soprattutto, senza curarsi del fatto che il primo intervento e gli altri due hanno finalità ben distinte; senza valutare la praticabilità di alcuna soluzione alternativa a quella della drastica incompatibilità assoluta tra gli interventi in questione; e senza nemmeno tenere in debita considerazione la consequenziale frustrazione dei diversi obiettivi di pubblico interesse sottesi alla approvazione del C.S.R. e alla piena operatività di ciascuna delle distinte misure ivi previste. 8.6.4. E' poi appena il caso di aggiungere che, dato, appunto, che gli interventi in disamina perseguono dei differenti obiettivi di sostegno del comparto agricolo, e che il C.S.R. sancisce il principio della compatibilità degli interventi in disamina, le criticità finanziarie adombrate dai provvedimenti impugnati avrebbero comunque ben potuto essere affrontate senza rinnegare in radice la cumulabilità di principio degli interventi, bensì introducendo, anche con riguardo al caso di cumulo, delle idonee riduzioni percentuali o progressive dei contributi, piuttosto che negare tout court l'accesso alle misure a sostegno del comparto agricolo e ai correlati benefici economici (già adesso, del resto, l'art. 12 del bando, rubricato "Dotazione Finanziaria", prevede, al comma 2, che: "Laddove il valore dei premi richiesti dovesse superare la dotazione finanziaria del bando, si procederà ad una riduzione lineare del premio per tutti gli ammessi proquota"). Queste ultime osservazioni consentono di richiamare, anche in questo caso, la conclusione alla quale sul punto è pervenuta la sentenza n. 284/2024: "In definitiva, la penuria di mezzi finanziari genericamente addotta dall'Amministrazione avrebbe in ogni caso richiesto, da parte di questa, nel doveroso rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, una risposta che non andasse a sacrificare aprioristicamente e unilateralmente, oltre che senza congrua motivazione, finalità di pubblico interesse sottese all'approvazione del C.S.R., né ledesse le legittime aspettative dei ricorrenti, i quali, va ribadito, hanno dichiarato -senza contestazione ex adverso- di aver percepito, fino al 2023, la misura a sostegno delle zone svantaggiate, cumulativamente a quella prevista per il sostegno dell'agricoltura integrata (SRA01) o dell'agricoltura biologica (SRA29), in conformità al principio della cumulabilità di tali interventi di sostegno del comparto agricolo sancito dal C.S.R. Molise". 8.7. In definitiva, pertanto, la complessiva motivazione addotta dall'Amministrazione regionale per giustificare la nuova clausola di irricevibilità delle domande volte all'accesso all'intervento SRB01 da parte delle imprese aventi anche una "domanda attiva di sostegno o conferma nell'ambito degli interventi SRA01 e SRA29" risulta, praticamente sotto ogni profilo, carente di motivazione, manifestamente illogica e sproporzionata. 9. Coglie però nel segno anche la correlata censura, contenuta già nel primo motivo di ricorso, ma approfondita nel terzo, afferente la lesione degli affidamenti che gli imprenditori ricorrenti avevano ormai riposto sulla cumulabilità dei finanziamenti in discussione, poiché già prevista nei bandi ai quali essi avevano da poco partecipato per l'accesso agli interventi SRA 01 e SRA 29 avanzando domande che erano state proposte, per l'appunto, confidando sul presupposto, allora scontato, della loro compatibilità con l'intervento SRB01 oggetto, invece, della attuale controversia. 9.1 E deve aggiungersi che in materia di finanziamenti, come puntualmente sottolineato dagli odierni ricorrenti, un simile affidamento rinviene riconoscimento anche nell'art. 12 della L. n. 241/1990, nella parte in cui, al suo comma 1, questo prevede la trasparente predeterminazione, "da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi". L'effettività di tale previsione normativa risulta poi vieppiù garantita, a tutela dei destinatari, dal disposto del secondo comma dello stesso articolo 12, lì dove si prevede che i predetti criteri predeterminati debbano "risultare dai singoli provvedimenti relativi agli interventi di cui al medesimo comma 1". L'acclarato contrasto tra il bando e gli atti ad esso presupposti, i quali contenevano, per l'appunto, la predeterminazione dei criteri della materia senza indicare in alcun modo l'incompatibilità inserita, invece, solo da ultimo ed ex abrupto dall'Amministrazione regionale, consente quindi di ritenere fondato anche l'ulteriore profilo d'illegittimità appena esaminato. 10.1 In conclusione, alla luce di tutto quanto sopra esposto, la fondatezza delle censure esaminate comporta che il ricorso debba essere accolto, assorbite le residue doglianze, con il conseguente annullamento del bando attuativo dell'intervento SRB01 per l'annualità 2024, approvato con la determinazione dirigenziale n. 2946 del 30.05.2024, nella parte in cui è stata illegittimamente esclusa la compatibilità di tale misura con gli interventi SRA01 e SRA29 del C.S.R. Molise, disponendosi altresì, all'art. 7 del citato bando, al punto 2 lett. g), quale requisito di ammissibilità della domanda di accesso alla misura SRB01, quello di " non avere una domanda attiva di sostegno o conferma nell'ambito degli interventi SRA01 e SRA09 previsto nel CSR Molise 2023-2027. In caso di presenza di rilascio multiplo la domanda relativa alle condizioni del presente bando sarà resa non ricevibile". Ai fini di conformazione della futura azione amministrativa alla presente decisione, e in aderenza al principio di retroattività delle pronunce costitutive favorevoli alla parte ricorrente, si precisa che l'Amministrazione dovrà porre i ricorrenti in una condizione tale da consentire loro la presentazione delle domande di partecipazione al bando impugnato, attuativo dell'intervento SRB01 per l'annualità 2024. 11. La novità e complessità delle questioni oggetto del giudizio induce a ravvisare le eccezionali ragioni previste dalla legge perché le spese processuali vadano compensate tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, previa estromissione dal giudizio del Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, lo accoglie nei termini di cui in motivazione e, per l'effetto, annulla il bando attuativo dell'intervento SRB01 per l'annualità 2024, approvato con la determinazione dirigenziale n. 2946 del 30.05.2024, limitatamente alla parte in cui l'Amministrazione ha escluso la compatibilità di tale misura con gli interventi SRA01 e SRA29 del C.S.R. Molise, e ha altresì disposto, all'art. 7 del bando, quale requisito di ammissibilità della domanda di accesso alla misura SRB01, quello del " non avere una domanda attiva di sostegno o conferma nell'ambito degli interventi SRA01 e SRA09 previsto nel CSR Molise 2023-2027. In caso di presenza di rilascio multiplo la domanda relativa alle condizioni del presente bando sarà resa non ricevibile". Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Gaviano - Presidente Roberto Ferrari - Referendario, Estensore Sergio Occhionero - Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 27 del 2020, proposto dal sig. Um. Sa. Pi., rappresentato e difeso dagli avvocati Mi. Co. e Gu. Pe., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registri di Giustizia; contro Finmolise s.p.a. - Finanziaria Regionale per lo Sviluppo del Molise, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. De Ru. e Ma. Lu., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; Regione Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, alla via (...). per l'annullamento del Bando pubblicato in data 14 novembre 2019 per la vendita di immobile di proprietà della Società Finmolise s.p.a.,e destinato all'attività artigianale industriale; nonché per la condanna della stessa società al risarcimento dei danni subiti. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Finmolise s.p.a. e della Regione Molise; Visti tutti gli atti di causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 settembre 2024 il dott. Roberto Ferrari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Visto l'art. 73 del cod. proc. amm. Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1.Viene alla decisione del Collegio il ricorso proposto dall'imprenditore sig. Um. Sa. Pi. per l'annullamento del bando con il quale la società pubblica regionale Finmolise s.p.a. ha indetto la procedura di vendita di un immobile ad uso produttivo, sito in (omissis) Zona Industriale. 2. Il ricorrente, imprenditore operante nel settore caseario, è stato socio della società "Pr. Ve. sas", la quale, nell'anno 2004, a seguito di un bando indetto dalla stessa Fimolise aveva acquisito in leasing un capannone industriale limitrofo a quello oggetto della presente causa, nel quale era stata ubicata l'attività di produzione di latticini ancora oggi svolta, nello stesso capannone, dal ricorrente. 2.1 La società si era resa difatti inadempiente al pagamento dei canoni locativi, al punto di indurre la concedente a chiedere la risoluzione del contratto e, infine, ad agire per il rilascio del capannone, che poi era stato alienato nell'ambito di una procedura di esecuzione immobiliare definitasi con l'acquisto dello stesso capannone da parte dell'odierno ricorrente, il quale, in tal modo, aveva continuato, come imprenditore individuale, l'attività già svolta dalla società esecutata. 3. Nel contempo, un'altra società, denominata "Pr. Ve. srl", aveva a sua volta ottenuto in leasing il capannone limitrofo e di più modeste dimensioni, allora adibito, a quanto sostiene il ricorrente, ad un'attività di produzione di caseari stagionati. Più precisamente, il sig. Pincieri ha esposto in corso di causa che questo secondo capannone sarebbe stato adibito a "cabina di stagionatura" per le produzioni casearie realizzate nel più ampio locale già utilizzato dalla "Pr. Ve. sas", ed oggi in capo alla sua impresa individuale. Anche questo secondo contratto di leasing non veniva adempiuto dalla società conduttrice: e anche in tale caso la Finmolise aveva agito sia per la risoluzione del relativo contratto, sia per il rilascio dell'immobile. Una volta ritornatane in possesso, infine, la Finmolise, mediante il bando impugnato ha posto in vendita il capannone. 4. Avverso tale bando è insorto allora il ricorrente dinanzi a questo T.A.R. lamentandone l'illegittimità sotto diversi profili, e segnatamente deducendo i seguenti tre motivi di gravame: "1) Nullità della indizione del bando, ex art. 31 c.p.a. e 21 septies della l.241/90 per carenza assoluta di potere e di attribuzione, nonché per violazione dell'interesse legittimo oppositivo in relazione a mancanza del presupposto di "rustico modulare disponibile" e per inesistenza del "rustico modulare" costituendo il bene posto in vendita, parte integrante dell'impresa e dell'azienda del ricorrente; mancanza di motivazione, sviamento dell'interesse pubblico. violazione di legge: art. 2555 c.c.; 670 c.c. violazione l.124/2017 in specie artt. 136 c. 1 art. 139; violazione art. 41 Cost. sulla libertà di iniziativa economica.; 2) Motivo Subordinato; 3) Violazione dello statuto della Finmolise s.p.a. in specie art. 5.4. violazione l. 124/2017, in specie art. 1 commi 136 -137- 138 - 139". 4.1 Si sono costituite in giudizio in resistenza al ricorso la Finmolise s.p.a. e la Regione Molise. La prima ha opposto l'infondatezza nel merito del ricorso, mentre la seconda ha eccepito l'insussistenza della propria legittimazione passiva, stante l'autonoma personalità giuridica della suddetta società . 4.2 All'esito della camera di consiglio del 26.2.2020 l'istanza cautelare formulata in via incidentale nel ricorso è stata respinta in ragione della carenza di un apprezzabile periculum in mora. 4.3 Nel prosieguo, a causa del decesso del procuratore costituito del ricorrente il processo è stato interrotto con ordinanza n. 117/2022, e successivamente riassunto a seguito della costituzione in giudizio dei nuovi difensori della parte. In vista dell'udienza pubblica fissata per il 7.2.2024 i procuratori appena subentrati ne hanno chiesto il rinvio, rappresentando di essere ancora in attesa degli esiti di un'istanza di accesso nel frattempo proposta, dalla quale ritenevano di poter trarre argomenti per l'eventuale proposizione di un atto di motivi aggiunti. La causa è stata quindi rinviata all'odierna udienza del 18.9.2024. Nell'approssimarsi di quest'ultima parte ricorrente, oltre ad insistere per l'accoglimento del ricorso, ha chiesto al Tribunale di disporre un'istruttoria finalizzata a verificare la natura di "rustico modulare" del capannone oggetto di controversia. 4.4 Nel corso dell'udienza il Collegio ha dato avviso alle parti, come previsto dall'art. 73 del cod. proc. amm., del rilievo d'ufficio della possibile inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione. Le parti, dal canto loro, preso atto del rilievo, si sono comunque riportate alle loro rispettive conclusioni, e pertanto la causa è stata trattenuta in decisione. 5. Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione. 5.1 Il ricorrente allega che il capannone oggetto del bando di vendita costituirebbe una componente di un unitario complesso aziendale, dovendosi ritenere inscindibilmente connesso all'attività di produzione della propria impresa individuale, ubicata nel più ampio capannone da egli stesso recentemente acquisito in sede di esecuzione immobiliare a seguito delle vicende già riferite. Più precisamente, parte ricorrente sostiene che la Finmolise non avrebbe, in realtà, la disponibilità del bene alienando, poiché lo stesso farebbe parte dell'anzidetto più ampio complesso aziendale, il cui capannone principale era ormai tornato nella propria disponibilità . In proposito, nell'atto introduttivo (pag. 9) il Pincieri ha richiamato una propria comunicazione nella quale aveva chiesto alla Regione e alla Finmolise di non alienare, appunto, il bene, al fine di "preservare e rispettare il regime ed il legame del detto capannone alla filiera produttiva da sé organizzata (ed ora riorganizzata) per la produzione e trasformazione del latte e di confermare la destinazione del bene alla funzione unitaria della filiera produttiva". Ebbene, le censure poste così a base del ricorso integrano una doglianza di fondo ascrivibile alla lesione di un preteso diritto soggettivo derivante dall'allegata appartenenza del capannone ad un complesso aziendale, a dire del ricorrente, unitario: complesso di beni che sarebbe stato costituito, per l'appunto, da un manufatto di maggiori dimensioni, oggi di proprietà e nella disponibilità del ricorrente, e dal capannone minore oggetto, invece, della contestata procedura di alienazione. Nella sua ricostruzione delle vicende di causa, il ricorrente ha attinto il presupposto dell'unitarietà del complesso aziendale dalle previsioni di cui all'art. 2555 del c.c. (pag. 5 del ricorso): detta norma, difatti, definisce l'azienda come "il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio di un'impresa". 5.2. Il Tribunale, lungi dal voler prendere posizione sulla fondatezza di questa impostazione, reputa di tutta evidenza che la vicenda fuoriesca dalla propria cognizione, rientrando invece nella giurisdizione del Giudice ordinario. 5.3. Il "petitum sostanziale" del presente giudizio è costituito, difatti, da una domanda di tutela di un preteso diritto soggettivo che viene correlato alla qualità d'imprenditore individuale del ricorrente e alla pretesa natura "aziendale" del bene oggetto di controversia. E costituisce orientamento ormai consolidato, dal quale il Collegio non vede alcuna ragione per discostarsi, quello secondo cui "la decisione sulla giurisdizione è determinata dall'oggetto della domanda e, ai fini del suo riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il cosiddetto "petitum sostanziale", il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto sulla base della "causa petendi", ovvero dell'intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione, indagando sull'effettiva natura della controversia, in relazione alle caratteristiche del particolare rapporto fatto valere in giudizio ed alla consistenza delle situazioni giuridiche soggettive su cui esso si articola e si svolge. L'applicazione del criterio del petitum sostanziale comporta quindi la devoluzione della controversia alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo oppure del giudice ordinario in relazione alla qualificazione della natura della situazione giuridica soggettiva di cui si chiede la tutela (tra le più recenti cfr. TAR Marche, n. 413/2024 che richiama Cons. St., Sez. III, n. 3896/2023; Cass. Civ., Sez. Un., n. 156/2020; Tar Campania, Napoli, Sez. V, n. 2353/2019). D'altro canto, se davvero la società resistente non avesse una piena disponibilità giuridica iure civili del bene alienando, e stesse dunque vendendo un diritto di pertinenza in una certa misura "altrui", gli atti impugnati, in tal caso, non sarebbero certo suscettibili di degradare la posizione vantata dal Pincieri, poiché il bando, non costituendo esercizio di potestà pubbliche, non potrebbe in alcun modo sacrificare un preesistente diritto soggettivo. Sicché anche sotto tale profilo la cognizione della controversia non potrebbe che ascriversi alla giurisdizione del Giudice ordinario. A questa conclusione si perviene difatti agevolmente seguendo i principi più volte espressi dalle SS.UU. della Corte di Cassazione, che in sede regolatoria della giurisdizione hanno precisato: "Ogni qual volta la "causa petendi", in funzione della quale viene identificato il "petitum" sostanziale, sia ricollegabile a una situazione soggettiva di diritto perfetto (non suscettibile di essere degradato a interesse legittimo), la giurisdizione non spetta al g.a., quale giudice degli interessi legittimi, bensì al g.o., quale giudice naturale dei diritti" (Cassazione civile sez. un., 01/07/2004, n. 12087). 5.4 Per completezza espositiva, può aggiungersi che in analoghe vicende concernenti la contestazione di provvedimenti incidenti su beni di cui l'Amministrazione intendeva disporre, e dei quali, tuttavia, era controversa l'appartenenza, è stata affermata la sussistenza della giurisdizione ordinaria in base alle argomentazioni che seguono: "La controversia tra privato e P.A., concernente la proprietà di un immobile, sia quando se ne debba accertare la natura demaniale, sia quando si contesti il potere dell'Amministrazione di modificarla, è devoluta alla giurisdizione del G.O., a nulla rilevando che le doglianze del privato siano dirette ad impugnare i relativi provvedimenti, oppure a denunciare i vizi procedurali per carenza e incompletezza dell'attività istruttoria o errori di valutazione (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, n. 640/2020; e cfr. anche Consiglio di Stato sez. VI, n. 4110/2010). A non diverse conclusioni, mutatis mutandis, deve quindi pervenirsi anche rispetto all'odierna vicenda, nella quale l'impugnazione del bando in epigrafe ha costituito per il ricorrente l'occasione per cercare di ottenere una statuizione di riconoscimento della pretesa natura indisponibile dell'immobile oggetto di vendita discendente -in tesi- dalla sua reclamata afferenza ad un complesso aziendale a lui riconducibile. 5.5 Il ricorrente, per dimostrare che la società Finmolise non ha l'effettiva disponibilità del bene che intenderebbe alienare, dovrà dunque far valere le proprie doglianze innanzi al Giudice ordinario. 6. Per le ragioni esposte il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo in favore del Giudice ordinario, innanzi al quale il giudizio andrà riassunto, con salvezza degli effetti della domanda, entro tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza, così come previsto dall'art. 11 cod. proc. amm.. Le spese seguono la soccombenza, sono quindi poste a carico del ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo in favore del Giudice ordinario, innanzi al quale andrà riassunto entro tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza, con salvezza degli effetti della domanda. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore delle resistenti, liquidandone l'ammontare in Euro 2.000 oltre agli accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Gaviano - Presidente Roberto Ferrari - Referendario, Estensore Sergio Occhionero - Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 290 del 2021, proposto dalla Società Cooperativa Sociale "Vi. Ba.", in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Ze., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; contro Regione Molise, Ministero della Salute, Commissario e sub commissario ad acta per la Sanità della Regione Molise, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, alla via (...); nonchè Azienda Sanitaria Regionale del Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ca. Ro., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; nei confronti della Societá Cooperativa Sociale S.C.., non costituita in giudizio; sul ricorso numero di registro generale 291 del 2021, proposto dal Ce. per i Se. So. Società Coop. Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Ze., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; contro Regione Molise, Ministero della Salute, Commissario e sub commissario ad acta per la Sanità della Regione Molise, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, alla via (...); nonchè Azienda Sanitaria Regionale del Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ca. Ro., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; nei confronti della Societá Cooperativa Sociale S.C.., non costituita in giudizio; sul ricorso numero di registro generale 292 del 2021, proposto dalla Società Cooperativa La Va., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Ze., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; contro Regione Molise, Ministero della Salute, Commissario e sub commissario ad acta per la Sanità della Regione Molise, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, alla via (...); nonchè Azienda Sanitaria Regionale del Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ca. Ro., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; sul ricorso numero di registro generale 293 del 2021, proposto dalla Società Cooperativa Sociale Na., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Ze., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; contro Regione Molise, Ministero della Salute, Commissario e sub commissario ad acta per la Sanità della Regione Molise, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, alla via (...); nonchè Azienda Sanitaria Regionale del Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ca. Ro., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; nei confronti della Societá Cooperativa Sociale S.C.., non costituita in giudizio; sul ricorso numero di registro generale 294 del 2021, proposto dalla Società Cooperativa Sociale a R.L. Sa. Ma., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Ze., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; contro Regione Molise, Ministero della Salute, Commissario e sub commissario ad acta per la Sanità della Regione Molise, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, alla via (...); nonchè Azienda Sanitaria Regionale del Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ca. Ro., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; nei confronti della Societá Cooperativa Sociale S.C.., non costituita in giudizio; sul ricorso numero di registro generale 295 del 2021, proposto dalla Società Cooperativa Sociale S.C.., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Ze., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; contro Regione Molise, Ministero della Salute, Commissario e sub commissario ad acta per la Sanità della Regione Molise, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, alla via (...); nonchè Azienda Sanitaria Regionale del Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ca. Ro., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; nei confronti della Societá Cooperativa Sociale S.C.., non costituita in giudizio; sul ricorso numero di registro generale 296 del 2021, proposto dalla società S.C.. Acli Coop. Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Ze., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; contro Regione Molise, Ministero della Salute, Commissario e sub commissario ad acta per la Sanità della Regione Molise, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, alla via (...); nonchè Azienda Sanitaria Regionale del Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ca. Ro., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; nei confronti della Societá Cooperativa Sociale S.C.., non costituita in giudizio; sul ricorso numero di registro generale 297 del 2021, proposto dalla Societá Cooperativa Sociale S.C.., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Ze., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; contro Regione Molise, Ministero della Salute, Commissario e sub commissario ad acta per la Sanità della Regione Molise, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, alla via (...); nonchè Azienda Sanitaria Regionale del Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ca. Ro., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; nei confronti della Società Coop. Sociale Ce. per i Se. So. Soc. Coop. Sociale, non costituita in giudizio; sul ricorso numero di registro generale 298 del 2021, proposto dalla Società Cooperativa Se. per i Se. So., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Ze., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; contro Regione Molise, Ministero della Salute, Commissario e sub commissario ad acta per la Sanità della Regione Molise, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, alla via (...); nonchè Azienda Sanitaria Regionale del Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ca. Ro., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; nei confronti della Societá Cooperativa Sociale S.C.., non costituita in giudizio; per l'annullamento, quanto a tutti i ricorsi: della nota della Struttura Commissariale per la sanità della Regione Molise prot. n. 54371/2021, avente ad oggetto "autorizzazione provvisoria delle attività sanitarie afferenti alla macroarea della riabilitazione e dell''assistenza socio sanitaria per le strutture sanitarie private accreditate della regione Molise -anno 2021"; di tutti gli atti presupposti, consequenziali e/o connessi, inclusi, ove occorra: i) la comunicazione dell'Asrem, U.O.C. Programmazione e Controllo, con la quale è stata trasmessa alle ricorrenti la nota impugnata in via principale; ii) la nota Asrem prot. 41658/2021, di contenuto sconosciuto; Visti tutti i ricorsi ed i loro relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate; Visti gli artt. 35, co. 1, lett. c, e 85, co. 9, cod. proc. amm.; Visti tutti gli atti di causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 settembre 2024 il dott. Roberto Ferrari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Mediante i ricorsi in esame le strutture sanitarie in epigrafe hanno impugnano la nota prot. n. 54371/2021 della Struttura Commissariale per la sanità della Regione Molise, avente ad oggetto la "autorizzazione provvisoria delle attività sanitarie afferenti alla macroarea della riabilitazione e dell'assistenza socio sanitaria per le strutture sanitarie private accreditate della regione Molise -anno 2021". Con detta nota, nella sua parte impugnata, la Regione aveva comunicato, in particolare, "Ai Centri privati accreditati convenzionati ASREM per prestazioni di riabilitazione ex art. 26 ed assistenza socio sanitaria e riabilitativa psichiatriche", che, "nelle more della emanazione degli appositi decreti commissariali di fissazione dei tetti di spesa e dell'approvazione dello schema contrattuale di budget, valevole per l'annualità 2021, si dispone, in ordine ai rapporti con le Strutture Sanitarie Private Accreditate della Regione, di procedere in continuità ed ai sensi di quanto previsto dal DCA 41 del 25/06/2020". Con il che l'Ente regionale aveva conseguentemente autorizzato l'ASREM, destinataria principale della stessa comunicazione, "a liquidare, in via provvisoria, le prestazioni sanitarie fatturate dalle Strutture Sanitarie Private Accreditate della Regione entro il termine del 90% dei tetti di spesa fissati dal DCA n. 41 del 25/06/2020, su base mensile, fatto salvo l'adeguamento a eventuali successive disposizioni" 2. I centri sopra indicati erano inizialmente insorti avverso la detta nota proponendo identici ricorsi straordinari innanzi al Capo dello Stato, nei quali avevano veicolato un'unica e articolata censura così rubricata: "1. Violazione ed errata applicazione dell'art. 21 septies della l. 241/90: nullità per violazione e/o elusione del giudicato; violazione ed errata applicazione della l.r. 30/2002 e del regolamento regionale attuativo n. 1/2004; violazione ed errata applicazione dell'art. 8 quinquies e ss. d.lgs. 502/92; violazione ed errata applicazione dell'art. 3 della l. 241/90: difetto di motivazione e di istruttoria; violazione ed errata applicazione degli artt. 3, 24, 32, e 97 Cost. e dei principi di imparzialità e buon andamento della p.a.; eccesso di potere: difetto dei presupposti di fatto e di diritto; contraddittorietà tra più atti della stessa p.a.; ingiustizia manifesta; disparità di trattamento". 2.1 A seguito dell'opposizione formalizzata dalle Amministrazioni intimate, i loro ricorsi sono stati poi tempestivamente trasposti innanzi a questo Tribunale ai sensi dell'art. 48 cod. proc. amm.. 2.2 Le Amministrazioni evocate in giudizio vi si sono costituite. La difesa dell'A.S.RE.M, in particolare, già con la memoria di costituzione, ma in maniera più incisiva nella memoria di merito, ha eccepito che le disposizioni contenute nella nota impugnata non avrebbero potuto riguardare le strutture ricorrenti, i cui gravami sarebbero quindi mancati dell'indefettibile presupposto processuale dell'interesse ad agire. 2.3 Con le ordinanze presidenziali del 6.5.2024 (dalla n. 16 alla n. 24), rese ai sensi degli artt. 65 cod.proc.amm e 8 disp. att. del cod. proc. amm., il Tribunale ha disposto che le ricorrenti facessero pervenire, ai fini della prosecuzione dei singoli giudizi, una tempestiva dichiarazione di eventuale permanenza dell'interesse alla decisione della causa. Quest'ultima è stata indi resa da tutte le strutture sanitarie, sicché per i ricorsi è stata fissata l'udienza pubblica di discussione del 18.9.2024. 2.4 Nell'approssimarsi dell'udienza le parti hanno depositato rispettive memorie e scritti di replica. Le Amministrazioni, richiamandosi anche ad un'esplicita nota interpretativa resa dall'A.S.Re.M. nel mese di luglio del 2022 (di cui a breve si dirà ), hanno ribadito l'assunto che le strutture ricorrenti dovevano ritenersi estranee alla portata applicativa della nota gravata, tanto che le loro spettanze relative all'anno 2021 - oggetto di contestazione nel presente giudizio - erano state medio tempore regolarmente pagate. 2.5 Nelle rispettive memorie di replica le strutture ricorrenti hanno insistito affinché il Tribunale emettesse, comunque, una pronuncia di merito, eventualmente anche in termini di decisione interpretativa di rigetto dei ricorsi, onde chiarire definitivamente la loro estraneità rispetto all'ambito di applicazione del provvedimento impugnato. In ogni caso, attesa la tardività dei chiarimenti amministrativi ottenuti, forniti solo in corso di causa, le ricorrenti hanno concluso per la condanna alle spese delle Amministrazioni resistenti, sottolineando di essere state indotte ad introdurre i loro rispettivi giudizi proprio a causa dell'incertezza ingenerata dalla nota impugnata circa il suo effettivo ambito soggettivo di applicazione. Dal canto loro, la Regione e l'ASREM, ribadendo che la nota stessa non sarebbe stata in alcun modo riferibile alle ricorrenti, hanno concluso per l'inammissibilità dei ricorsi per carenza d'interesse, chiedendo altresì la condanna alle spese di giudizio a carico delle strutture istanti. 2.6 All'udienza pubblica del 18.9.2024, sentite le parti, i ricorsi sono stati posti infine in decisione. 3. Preliminarmente il Tribunale dispone la riunione degli intestati giudizi, reputando ampiamente soddisfatti i requisiti di connessione oggettiva e parzialmente soggettiva previsti dall'art. 70 cod. proc. amm.. 4. Tanto premesso, i ricorsi riuniti devono essere dichiarati improcedibili per un difetto d'interesse (quantomeno) sopravvenuto in corso di causa. 4.1 Giova ricordare che la nota commissariale in questa sede impugnata aveva disposto per l'anno 2021 l'autorizzazione provvisoria in favore delle strutture sanitarie accreditate operanti in Molise, appartenenti alla "macroarea della riabilitazione e dell'assistenza socio sanitaria", a proseguire (in attesa della contrattualizzazione annuale) nell'espletamento delle attività previste nei precedenti contratti, regolandone altresì in via provvisoria la remunerazione. 4.2. Ciò posto, non risulta controverso che l'attività svolta dai Centri di Riabilitazione Psichiatrica (C.R.P.), species alla quale appartengono tutte le odierne ricorrenti, rientri concettualmente nel più ampio genus della riabilitazione e dell'assistenza socio sanitaria, cui si è riferito il provvedimento commissariale oggetto di contestazione. Quest'ultima macroarea, quantomeno prima facie, poteva allora ben presentarsi coinvolta nella sua interezza dalle disposizioni contenute nella nota impugnata, le quali definivano le prestazioni erogabili in regime di accreditamento per la riabilitazione e assistenza socio sanitaria senza contemplare deroghe espresse, e determinavano le percentuali di pagamento parziale delle strutture in funzione dei budget annuali da definire nel corso dell'anno. 4.3 Non può allora essere recepita la tesi difensiva con la quale l'A.S.RE.M, nella sua memoria di merito, si è spesa nel sostenere che la nota oggetto di gravame sarebbe stata ben chiara già ab origine nel non coinvolgere le strutture ricorrenti, il che avrebbe reso i presenti ricorsi inammissibili per carenza d'interesse fin dalla loro proposizione (in particolare, la difesa dell'Azienda ha affermato che "nella Regione Molise l'attività terapeutica socio-riabilitativa prestata dagli enti che gestiscono le CRP (e, quindi, anche dalla ricorrente), pur rientrando tra le attività di Assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale alle persone con disturbi mentali previste dall'art. 33 del DPCM 12 gennaio 2017, non è e non è mai stata inclusa, ai fini della fissazione dei relativi tetti di spesa, nella macroarea della riabilitazione e dell'assistenza socio-sanitaria"). A conferma, del resto, della equivocità della situazione creatasi con l'avvento della nota impugnata vale ricordare come il testo della medesima sia stato a suo tempo trasmesso anche ai soggetti ricorrenti, "per opportuna conoscenza", proprio dagli uffici dirigenziali dell'Azienda Sanitaria Regionale del Molise. 4.4 L'evoluzione dei rapporti inter partes verificatasi nelle more del giudizio ha confermato, tuttavia, che effettivamente la nota in epigrafe non era intesa a valere anche per i soggetti ricorrenti: e su questa base il Tribunale può quindi già avviarsi a pervenire a una declaratoria di improcedibilità dei ricorsi. Come ricordato anche dall'ASREM, in ragione di quanto previsto dall'art. 11 comma 1 della L.R. del Molise n. 30/2002 le peculiari attività dei Centri ricorrenti, che si rivolgono alla promozione e alla tutela della salute mentale, sono finanziate "con uno stanziamento di norma non inferiore al 5% del Fondo sanitario regionale, o in ogni caso commisurato alle risorse esistenti ed agli obiettivi di piano di ogni A.S.L.". Più nel dettaglio, il Regolamento regionale attuativo n. 1/2004, che ha disciplinato le modalità di erogazione delle attività svolte dai CRP, prevede (art. 19.1) che la loro remunerazione avvenga mediante rette parametrate sui singoli giorni di ricovero degli assistiti, pagate mensilmente dal Servizio Sanitario, e segnatamente dall'ASL. Il 90 % di queste rette deve essere poi corrisposto entro il quinto giorno di ogni mese, a titolo di anticipazione, mentre il restante 10% va erogato entro i successivi sessanta giorni. E tali regole speciali integrano il nucleo della disciplina speciale che, pur nel quadro della "macroarea della riabilitazione e dell'assistenza socio sanitaria", si rende applicabile alle strutture ricorrenti. 4.5 Come si è già notato, però, il testo della laconica nota impugnata non faceva affatto trasparire che la Regione avesse inteso sottrarre la remunerazione delle odierne ricorrenti all'applicazione del più generale sistema dei budget. 4.6. Ed è stato solo ben dopo la proposizione degli originari ricorsi straordinari, e la loro trasposizione innanzi al Tribunale, che l'A.S.Re.M., a mezzo della comunicazione prot. n. 71774/2022 del 7.7.2022 (doc. n. 9 depositato dalla Regione il 5.7.2024), ha finalmente chiarito che la nota impugnata, in ragione della disciplina normativa vigente, non si era riferita ai Centri di recupero psichiatrico (CRP), ossia alla categoria d'appartenenza delle strutture oggi ricorrenti. E, del pari, soltanto in pendenza di questo giudizio l'Amministrazione ha provveduto alla remunerazione di quanto spettante ai CPR ricorrenti, per le prestazioni da loro erogate nell'anno in rilievo, il 2021, facendo applicazione della loro specifica disciplina di pertinenza, e ha reso così tangibile, a quel punto, la oggettiva carenza di un loro interesse alla decisione di merito del giudizio, confermata dalla trasparente ammissione del loro scritto di replica (pag. 2) del "corretto adempimento da parte dell'azienda sanitaria dell'accordo contrattuale... nei confronti della ricorrente". 5. Alla luce di quanto emerso in corso di causa, i ricorsi non possono allora essere giudicati che improcedibili per sopravvenuta carenza d'interesse. Il Collegio deve infatti evidenziare che oggettivamente, in forza delle sopravvenienze medio tempore intervenute, e sopra descritte, le ricorrenti non risultano avere più interesse alla decisione di merito della controversia. A seguito dell'interpretazione amministrativa fornita dall'A.S.Re.M. con la citata nota prot. n. 71774/2022, dell'avvenuta satisfattiva retribuzione delle ricorrenti per l'anno per cui è causa, e delle convergenti considerazioni svolte da tutte le difese delle parti in causa, risultano invero complessivamente integrati in modo pieno i presupposti per la declaratoria in rito di sopravvenuta carenza di interesse ai sensi dell'art. 35, comma 1, lett. c), cod.proc.amm.. 5.1. Né la conclusione cui il Collegio è pervenuto può trovare ostacolo nell'assenza di un'espressa e conforme dichiarazione di sopravvenuta carenza d'interesse promanante dalle ricorrenti (che nelle loro memorie hanno invece chiesto al Tribunale di valutare la possibilità di emettere una sentenza di merito, da rendersi anche a soli fini interpretativi). Il venir meno delle condizioni dell'azione, e segnatamente dell'interesse al ricorso, è difatti rilevabile d'ufficio dal Giudice, per consolidato principio generale, in ogni stato e grado del processo ("Ai sensi dell'art. 35 comma 1, c. proc. amm. l'accertamento sull'interesse alla decisione può essere compiuto dal giudice in qualunque stato e grado del processo, anche d'ufficio, e quindi a prescindere da ogni eccezione sollevata dalle parti": Consiglio di Stato sez. III, n. 4039/2013), giacché dette condizioni costituiscono i fattori ai quali l'ordinamento subordina l'esercizio dei poteri giurisdizionali (TAR Emilia Romagna, sez. Parma, n. 48/2020). E, come si è visto, l'interesse delle ricorrenti, in ragione delle sopravvenienze richiamate, è oggettivamente venuto meno (quantomeno) in corso di causa: il che appunto basta, al Collegio, per riscontrare le condizioni per dichiarare l'improcedibilità dei ricorsi per sopravvenuto difetto d'interesse. 6. La conclusione in punto di mero rito del giudizio, unita al complessivo comportamento processuale di sostanziale convergenza delle parti, induce il Collegio a disporre la compensazione delle spese di lite tra tutte le parti in causa. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, previa loro riunione, li dichiara improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse. Compensa integralmente le spese tra tutte le parti in causa. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Gaviano - Presidente Roberto Ferrari - Referendario, Estensore Sergio Occhionero - Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 98 del 2021, proposto dalla società Fr. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato El. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; contro - la Regione Molise, il Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo finanziario del settore sanitario della Regione Molise, il Ministero della Salute, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via (...); - l'Azienda Sanitaria Regionale del Molise - A.S.Re.M., non costituita in giudizio; nei confronti della R.S. Sa. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Sa. Di Pa. e Ca. Ve., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; per l'annullamento del provvedimento n. 19703 del 4.02.2021, con il quale il Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo finanziario del settore sanitario della Regione Molise ha dichiarato l'impossibilità di accoglimento della istanza di accreditamento istituzionale presentata dalla ricorrente in data 3 gennaio 2017, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente; e per la condanna al risarcimento del danno derivante dal ritardo con il quale è stata valutata l'istanza di accreditamento della ricorrente. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle intimate Amministrazioni e della controinteressata; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 maggio 2024 il dott. Luigi Lalla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. La Fr. s.r.l. gestisce la residenza protetta per anziani "Villa le Gi." con sede in (omissis), ed è autorizzata all'esercizio dell'attività sanitaria di cui trattasi per 50 posti letto ai sensi dell'art. 8 della legge regionale n. 18 del 2008, giusta Determina del Direttore Generale per la Salute della Regione Molise n. 244 del 6 dicembre 2016. Una volta così autorizzata, il 4 gennaio 2017 l'interessata ha avanzato all'Amministrazione regionale una domanda di accreditamento istituzionale ai sensi della L.R. Molise n. 18/2008. 1.1. La società ha poi sollecitato ulteriormente l'Amministrazione, con la comunicazione del 28 maggio 2018, perché provvedesse sulla sua istanza. Ma con la nota n. 1375157 del 30 ottobre 2018 la Struttura Commissariale comunica all'istante "l'impossibilità di rilasciare accreditamenti al di fuori della Programmazione Sanitaria Regionale prevista dal POS 2015-2021, riservandosi tale possibilità nella futura programmazione sanitaria regionale 2019-2021" (cfr. all. n. 5 alla produzione della difesa erariale dell'11 aprile 2024). La società con la nota del 21 ottobre 2019 ha poi sollecitato nuovamente l'Amministrazione per vedersi riconoscere l'accreditamento istituzionale in precedenza richiesto. Nuovamente la Struttura Commissariale ha fornito però riscontro negativo con la nota 137309 dell'8 novembre 2019, rappresentando l'impossibilità, allo stato attuale, del rilascio dei provvedimenti di accreditamento istituzionale per la mancata costituzione dell'Organismo Tecnicamente Accreditante (OTA), organo competente alla verifica dei requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi all'uopo richiesti, con l'avvertenza che l'istanza sarebbe stata successivamente valutata tenuto conto, in particolare, della programmazione sanitaria stabilita dal redigendo Programma Operativo 2019-2021. Con diffida inoltrata in data 11 dicembre 2019 l'interessata ha diffidato allora l'Amministrazione a concludere il procedimento di nomina dell'OTA, presentando contestualmente una formale istanza di accesso agli atti ex art. 22 della legge n. 241/1990, anche in relazione agli atti con i quali si era eventualmente proceduto medio tempore all'accreditamento e convenzionamento di strutture sanitarie diverse dall'istante a partire dal 2012. La Struttura Commissariale, con la nota di risposta n. 105307 del 2 luglio 2020, ha comunicato l'impossibilità di evadere la richiesta di accesso agli atti per la sua genericità e la mancata esplicitazione delle ragioni sottese alla richiesta ostensiva, contestualmente osservando, da un lato, che tutti gli atti relativi all'accreditamento delle strutture socio-sanitarie della Regione Molise erano comunque disponibili sul sito web della Regione stessa, e, dall'altro, che medio tempore si era provveduto all'individuazione dell'OTA (cfr. all. n. 9 alla produzione della difesa erariale dell'11 aprile 2024). 2. La società, insoddisfatta di siffatto riscontro, ha proposto indi ricorso contro il silenzio serbato dall'Amministrazione, così incardinando il giudizio n. r.g. 71 del 2020, che veniva prontamente deciso da questo Tribunale, in parziale accoglimento del gravame, con la sentenza n. 302 del 9 novembre 2020. Il T.A.R. reputava improcedibile la parte di ricorso concernente l'accesso agli atti per l'omessa impugnativa da parte della ricorrente della nota n. 105307 del 2 luglio 2020, con la quale il Servizio Autorizzazione e Accreditamento della Direzione Generale della Salute della Regione aveva fornito riscontro alla richiesta di accesso agli atti n. 4276/20 dichiarandone l'inammissibilità . In quella sede veniva, invece, parzialmente accolta la domanda rivolta alla declaratoria dell'illegittimità del silenzio serbato dall'Amministrazione regionale, risultando "pacifico tra le parti che l'Amministrazione non ha concluso il procedimento, adottando invece meri atti soprassessori ed essendo spirato pacificamente il termine per provvedere in via definitiva ex art. 17 Legge regionale n. 18/2008" (cfr. T.A.R. Molise, sentenza n. 302 del 2020): sicché il Tribunale addiveniva alla seguente condanna dell'Amministrazione all'adozione di un provvedimento espresso sull'istanza della ricorrente entro il termine di sessanta giorni. Spirato il termine di sessanta giorni fissato dalla citata sentenza, l'interessata instava quindi per la nomina di un commissario ad acta che agisse in sostituzione dell'Amministrazione inadempiente. 3. Ma prima che questo Tribunale si pronunciasse su tale istanza di nomina, la Struttura Commissariale -in esecuzione della citata sentenza- adottava il provvedimento n. 19703 del 4 febbraio 2021, con il quale dichiarava espressamente "l'impossibilità di accoglimento dell'istanza formulata in favore della Residenza Protetta "Villa Le Gi.", per mancanza, ai sensi dell'art. 8 quater del D.Lgs. n. 502/1992 e dell'art. 16 della L.R. n. 18/2008, delle condizioni per il rilascio dell'accreditamento istituzionale" (cfr. all. n. 10 alla produzione ricorrente del 31 marzo 2021). Alla luce dell'avvento di tale determinazione, questo T.A.R., con l'ordinanza n. 86 del 12 marzo 2021, dichiarava allora l'improcedibile l'istanza di nomina di un commissario ad acta, svolgendo al riguardo le seguenti considerazioni: "Rilevato che la Struttura commissariale, da ultimo, con nota prot. n. 19703 del 4 febbraio 2021 ha dichiarato "l'impossibilità di accoglimento dell'istanza" di accreditamento proposta dalla ricorrente, per le ragioni ivi specificamente rappresentate; Ritenuto che, stante il sopravvenuto formale riscontro fornito dalla Struttura commissariale sull'istanza di accreditamento della ricorrente, il relativo procedimento si è ormai concluso con provvedimento espresso (ancorché negativo), e, di conseguenza, l'istanza per la nomina di un commissario ad acta formulata ai sensi dell'art. 117, comma 3, cod. proc. amm. risulta improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse; Osservato, infatti, che la nota del 4 febbraio 2021 ha contenuto dispositivo significativamente diverso dalle precedenti, già qualificate da questo Tribunale di natura soprassessoria, ed è idonea a concludere il procedimento, manifestando una determinazione definitiva dell'Amministrazione da cui promana" (cfr. ordinanza n. 86 del 2021). 4. L'interessata ha quindi proposto la presente impugnativa contro la determinazione amministrativa n. 19703 del 4 febbraio 2021 da ultimo richiamata, affidandosi ai motivi di ricorso così rubricati: I- "VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 2, 3, 32, 41 E 97 COSTITUZIONE. VIOLAZIONE DEGLI ART. 2, 2 bis e 3 DELLA L. 241/90 E S.M.I. SVIAMENTO DI POTERE. DIFETTO DI ISTRUTTORIA. DIFETTO ASSOLUTO DI MOTIVAZIONE. INGIUSTIZIA MANIFESTA. DISPARITA' DI TRATTAMENTO. VIOLAZIONE E FALSA 6 APPLICAZIONE DEL D. LGS. N. 502/1992 E S.M.I. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA L.R. MOLISE N. 18/2008"; II- "STESSA CENSURA SOTTO DIVERSO PROFILO. ARBITRARIETA'. CONTRADDITTORIETA'. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL'ART. 8 QUATER DEL D. LGS. N. 502/92 E DELL'ART. 16 DELLA L.R. MOLISE N. 18/2008". III- "IN VIA SUBORDINATA, NULLITA' PER ELUSIONE DEL GIUDICATO DI CUI ALLA SENTENZA N. 302/2020 DELLA PRIMA SEZIONE DEL T.A.R. MOLISE". Con lo stesso ricorso la ricorrente ha proposto anche una domanda di risarcimento del danno ex art. 2 bis della legge n. 241 del 1990, correlata al ritardo con il quale l'Amministrazione aveva concluso il proprio procedimento in asserita violazione della tempistica stabilita dalla legge regionale n. 18 del 2008. In particolare, la domanda risarcitoria è stata riferita alle seguenti conseguenze dannose: - al danno emergente derivante dalle spese sostenute dalla società sia per gli investimenti necessari all'adeguamento strutturale dell'edificio destinato all'attività in questione (documentate nella somma di 88.346,29), sia per gli esborsi legali affrontati per l'istaurazione del precedente giudizio avverso il silenzio n. r.g. 71/2020), il tutto per la complessiva somma stimata in Euro 94.346,29 oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali; - al lucro cessante dovuto alla impossibilità di ottenere il rimborso delle prestazioni già effettuate, quantificato dalla ricorrente nella misura stimata di Euro 705.600,00. Si sarebbe trattato, in tesi, di un complessivo danno da comportamento da ascriversi alla Struttura Commissariale, e solo eventualmente e parzialmente al Ministero della Salute e al Ministero dell'Economia e delle Finanze, per l'eventuale loro ritardo nelle sequenze procedimentali di loro rispettiva competenza. A sostegno delle proprie ragioni, la ricorrente ha dedotto anche una disparità di trattamento evincibile dall'opposto epi, favorevole, del procedimento di accreditamento attivato dalla società R.S. Sa. s.r.l., che è stata contestualmente evocata in giudizio in quanto identificata come controinteressata. 5. In resistenza al ricorso si è costituita per le Amministrazioni in epigrafe l'Avvocatura Distrettuale dello Stato, la quale ha eccepito il difetto di legittimazione passiva della Regione Molise chiedendone l'estromissione, nonché l'infondatezza complessiva del gravame. Resisteva al ricorso anche la R.S. Sa. s.r.l., la quale eccepiva l'irricevibilità, l'improcedibilità, l'inammissibilità e l'infondatezza del gravame, ma in primo luogo il proprio difetto di legittimazione passiva, assumendo di non rivestire la qualifica di controinteressato. Sicché anch'essa chiedeva l'estromissione dal giudizio. 6. Nel corso del processo sono state depositate ulteriori memorie e documenti. In particolare, la parte ricorrente ha dato atto da ultimo dell'adozione del D.C.A. n. 42 del 22 marzo 2024, con il quale essa ha ottenuto l'accreditamento istituzionale per 30 posti letto (cfr. allegato alla produzione ricorrente dell'11 aprile 2024). La stessa società, infine, con la richiesta di passaggio in decisione depositata il 17 maggio 2024 ha osservato che il sopravvenire del provvedimento favorevole appena detto avrebbe comportato una cessazione della materia del contendere rispetto alla domanda di annullamento del provvedimento amministrativo impugnato con il ricorso; e tuttavia essa allegava di avere residuo interesse alla pronuncia sulla domanda risarcitoria formulata ai sensi dell'art. 2 bis della legge n. 241 del 1990 per il danno patito in considerazione del ritardo con il quale con il quale l'Amministrazione aveva concluso il proprio (precedente) procedimento. 7. All'udienza pubblica del 22 maggio 2024 il Collegio ha rilevato d'ufficio, ai sensi dell'art. 73 cod. proc. amm., la verosimile tardività della domanda risarcitoria in relazione ai termini prescritti dall'art. 30, comma 2, 3 e 4 del cod. proc. amm.. La causa è stata indi trattenuta in decisione. 8. In limine litis vanno scrutinate le due eccezioni di difetto di legittimazione passiva avanzate rispettivamente dalla Regione Molise e dalla R.S. Sa. s.r.l.. 8.1. Come correttamente eccepito dalla Regione in sede di costituzione in giudizio, la stessa risulta sprovvista della necessaria legittimazione passiva al ricorso, poiché la relazione intercorrente tra la Regione e il Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario non va qualificata come interorganica, ma come intersoggettiva: sicché gli atti del Commissario non si imputano all'Ente regionale, che è privo di legittimazione passiva ad interloquire sugli atti commissariali (cfr. Cons. Stato, Ad.Pl. n. 8/2018). Al riguardo vanno in questa sede ribaditi i principi già espressi sul tema da questo stesso Tribunale -peraltro, in una controversia attivata dalla medesima parte odierna ricorrente-, il quale ha già chiarito che quanto segue: "occorre distinguere il caso in cui il commissario venga nominato per sostituirsi nell'esercizio di una competenza generale, in luogo di un organo di cui difetti radicalmente il funzionamento, da quello in cui - come nel caso di specie - egli, su impulso di un organo avente funzione di vigilanza, sia incaricato di provvedere all'adozione di una specifica attività . Nella prima ipotesi, quando cioè il commissario è nominato per consentire lo svolgimento delle funzioni dell'ente, senza l'indicazione degli specifici atti che deve emanare, il provvedimento da lui adottato va qualificato come atto di un organo dell'ente stesso, sia pure straordinario (e quindi può anche essere rimosso dallo stesso ente nella via dell'autotutela); quando invece - come nel caso all'esame del Collegio - egli è nominato per l'adozione di un atto specifico o l'attuazione di uno specifico piano, la relazione che si stabilisce fra il commissario e l'ente sostituito è di natura intersoggettiva e non interorganica (tanto che si ritiene che le determinazioni del commissario possano essere impugnate dall'ente sostituito innanzi al G. A.). Al Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro del settore sanitario la legge affida poteri straordinari di gestione appunto ad acta, per l'attuazione di uno specifico piano di rientro dai disavanzi, ma non sul sistema sanitario regionale nel suo complesso, che resta di competenza della Regione (Cons. Stato Sez. III, Sent., 28 ottobre 2013, n. 5174); così che il rapporto che si instaura tra la struttura commissariale e la Regione sostituita acquisisce la caratura di un rapporto intersoggettivo e non interorganico." (cfr. T.A.R. Molise, ordinanza n. 209 del 23 luglio 2020). Ne consegue che, in accoglimento dell'eccezione avanzata dalla difesa erariale, la Regione Molise deve essere estromessa dal presente giudizio per difetto di legittimazione passiva. 8.2. Va parimenti estromessa, in accoglimento dell'eccezione all'uopo avanzata, la parte R.S. Sa. s.r.l., la quale non riveste effettivamente una posizione di interesse contrario all'accoglimento del ricorso, e pertanto qualità di controinteressata, dal momento che il presente gravame non investe affatto gli atti regionali che ne hanno disposto a suo tempo l'accreditamento. Infatti, secondo la giurisprudenza amministrativa, "Per controinteressato s'intende il soggetto, contemplato o individuabile nell'atto impugnato, che ha un interesse sostanziale antitetico a quello del ricorrente" Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd., 21/10/2021, n. 891; "La figura del controinteressato in senso formale, peculiare del processo amministrativo, ricorre soltanto nel caso in cui l'atto sul quale è richiesto il controllo giurisdizionale di legittimità si riferisca direttamente ed immediatamente a soggetti, singolarmente individuabili, i quali per effetto di detto atto abbiano già acquistato una posizione giuridica di vantaggio; per definizione, tale figura non è ravvisabile nei riguardi dell'atto generale, atteso che esso non riguarda specifici destinatari, che sia a priori che a posteriori non sono individuabili" (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 15 dicembre 2014, n. 6153). Pertanto, non assumendo la R.S. Sa. s.r.l. la posizione di controinteressata, anche la medesima va estromessa dal presente giudizio. 9. Proseguendo la disamina dell'impugnativa va subito rilevato che il ricorso, nella parte in cui ha domandato l'annullamento del provvedimento n. 19703 del 4 febbraio 2021, risulta improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse. Il provvedimento impugnato, invero, risulta essere stato definitivamente superato dalle determinazioni amministrative da ultimo intervenute: rileva, infatti, il nuovo corso dell'azione amministrativa culminato nell'adozione del D.C.A. n. 42 del 22 marzo 2024, recante finalmente l'accreditamento istituzionale della Fr. s.r.l., provvedimento il cui avvento ha indotto la stessa ricorrente a dichiarare conclusivamente la cessazione della materia del contendere con riguardo alla propria domanda di annullamento. Non è superfluo rimarcare, però, che il nuovo provvedimento di accreditamento è stato concesso dall'Amministrazione con limitato riferimento ad un modulo di 30 posti, rispetto ai 50 posti agognati dall'interessata. Un simile dato numerico, denotando una soddisfazione soltanto parziale della pretesa inizialmente avanzata dalla Fr. s.r.l., osta a una declaratoria della cessazione della relativa materia del contendere, conclusione per la quale l'art. 34, comma 5, cod. proc. amm. richiede che la pretesa di parte sia stata invece "pienamente soddisfatta". Nondimeno, l'oggettiva circostanza dell'adozione del provvedimento favorevole di accreditamento manifesta, come attestano le conclusioni rassegnate dalla stessa ricorrente, la sopravvenuta carenza di interesse, da parte sua, alla decisione della parte caducatoria del gravame. Al Collegio non resta, pertanto, che definire questa parte della controversia con la pertinente pronuncia in rito ai sensi dell'art. 35, comma 1, lett. c) del cod. proc. amm.. 10. Resta da esaminare, a questo punto, la parte di ricorso con la quale la ricorrente ha formulato la propria richiesta di risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2 bis della legge n. 241 del 1990. Si rammenta che il Tribunale ha rilevato d'ufficio, in udienza, ai sensi dell'art. 73 cod. proc. amm., la possibile tardività della relativa domanda risarcitoria (peraltro, anche la parte R.S. Sa. s.r.l. ha eccepito nel costituirsi in giudizio l'irricevibilità del ricorso). 10.1. Ora, la circostanza che all'udienza la parte ricorrente non fosse presente non esclude che il Collegio possa portare a conseguenza il rilievo d'ufficio appena detto. In proposito vale infatti il condivisibile orientamento del Consiglio di Stato di seguito esposto: "questo Giudice ritiene di potere porre a fondamento della propria decisione la questione rilevata d'ufficio di cui sopra nel momento in cui di questa possibilità si è dato atto a verbale, anche se in concreto nessuna delle parti era presente all'udienza in cui ciò è avvenuto. In tal senso, depongono due argomenti, l'uno letterale e l'altro logico.... Sotto il profilo letterale, la norma dell'art. 73 comma 3 c.p.a. prevede che una questione siffatta sia semplicemente indicata in udienza dal Giudice, e che di ciò si dia atto a verbale, senza altre formalità . La necessità di darne avviso alle parti con ordinanza e di dar loro un termine per dedurre in proposito è prevista solo per la diversa ipotesi in cui la questione stessa sia rilevata dopo il passaggio in decisione, e non è evidentemente possibile estendere questa formalità, che comporta un apprezzabile aggravio dei tempi del processo, a casi non previsti.... Sotto il profilo sistematico, l'avviso di cui all'art. 73 comma 3 c.p.a. ha lo scopo di evitare, per così dire, la sorpresa processuale, ovvero la situazione in cui la parte veda decidere la controversia in modo per essa imprevedibile, perdendo quindi senza propria colpa la possibilità di far valere il proprio punto di vista in proposito. Si deve però rilevare che questa logica non sussiste nel momento in cui la parte, ritualmente avvisata, non si presenti all'udienza, accettando quindi il rischio che un avviso siffatto venga pronunciato in sua assenza" (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 novembre 2022, n. 10348). 10.2. Ebbene, il ricorso, nella parte in cui veicolante la domanda risarcitoria proposta ai sensi dell'art. 2 bis della legge n. 241/90, risulta effettivamente irricevibile per tardività rispetto ai termini di cui all'art. 30, comma 2, 3 e 4 del cod. proc. amm.. Il perimetro dell'azione risarcitoria sottoposta all'odierno esame del Collegio va infatti circoscritto alla sola pretesa al risarcimento del danno da ritardo, la quale è stata incentrata sull'assunto di parte ricorrente per il quale l'interessata "avrebbe dovuto ottenere una pronuncia sulla propria istanza di accreditamento sin da quando detta istanza fu avanzata (4.01.2017)" (cfr. pag. 17 del ricorso), mentre il procedimento "è giunto ad una formale (negativa) conclusione con grave ritardo rispetto alla tempistica imposta dalla normativa regionale di riferimento, come già questo Tribunale ha sancito nella sentenza n. 302/2020" (cfr. pag. 17 del ricorso). Nella prospettiva della stessa società, del resto, "a ben guardare, la nuova nota commissariale altro non è che l'ennesima "scusa" per non valutare l'istanza della ricorrente, in palese elusione del dictum sopra riportato" (cfr. pag. 15 del ricorso), e "l'avvio del procedimento di valutazione della struttura ricorrente, continua ad essere negato del tutto illegittimamente sulla base di motivazioni pretestuose e che dimostrano il carattere meramente dilatorio delle risposte del Commissario ad acta" (cfr. pag. 18 del ricorso). L'azione risarcitoria in questa sede attivata è stata pertanto univocamente costruita, alla luce di quanto sopra illustrato, come domanda di risarcimento del danno da ritardo, come confermano le conclusioni ricorsuali della stessa ricorrente secondo cui "Le somme indicate potranno, dunque, riconoscersi ex art. 2 bis della L. n. 241/90 per il ritardo della Struttura Commissariale nell'avvio (e nella conclusione) dell'iter finalizzato alla valutazione dell'istanza della ricorrente, iter per la verità mai avviato ma direttamente concluso con una "impossibilità " a procedere avvenuta dopo ben quattro anni dalla richiesta svolta dalla Fr. s.r.l. e dopo solleciti, diffide e contenziosi" (cfr. pag. 21 del ricorso). Tale configurazione della domanda di parte risulta infine ribadita dalla memoria della stessa parte del 22 aprile 2024, la quale ha concluso come segue: "La sopravvenuta adozione del provvedimento favorevole potrebbe ritenersi foriera di una parziale cessazione della materia del contendere, con riferimento, appunto, alla domanda di annullamento della nota-provvedimento del Commissario ad acta con la quale era stata manifestata l'impossibilità di accoglimento della istanza di accreditamento istituzionale formulata dalla ricorrente nel 2017, evidentemente superata dall'accoglimento della stessa. Resta fermo, tuttavia, l'interesse della ricorrente ad una pronuncia sulla domanda risarcitoria formulata, domanda che, proprio alla luce dell'intervenuto accoglimento dell'istanza di accreditamento, si appalesa come certamente fondata. La ricorrente, infatti, avrebbe dovuto ottenere una pronuncia sulla propria istanza di accreditamento sin da quando detta istanza fu avanzata, vale a dire dal 04.01.2017" (cfr. pag. 3 della memoria del 22 aprile 2024). 10.3. Ciò posto, l'art. 2 bis della legge n. 241 del 1990, al comma 1, recita: "Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all'articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento". Ma l'art. 30 del cod. proc. amm. subordina una siffatta azione risarcitoria a particolari termini di decadenza, dettando le seguenti disposizioni. - "Può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria. Nei casi di giurisdizione esclusiva può altresì essere chiesto il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi. Sussistendo i presupposti previsti dall'articolo 2058 del codice civile, può essere chiesto il risarcimento del danno in forma specifica" (cfr. art. 30, comma 2, cod.proc.amm.); - "La domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi è proposta entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo. Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti" (cfr. art. 30, comma 3, cod.proc.amm.); - "Per il risarcimento dell'eventuale danno che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, il termine di cui al comma 3 non decorre fintanto che perdura l'inadempimento. Il termine di cui al comma 3 inizia comunque a decorrere dopo un anno dalla scadenza del termine per provvedere" (cfr. art. 30, comma 4, cod.proc. amm.). 10.4. In base alle suesposte regole la pretesa risarcitoria de qua risulta allora tardivamente proposta, in quanto introdotta quando era ormai spirato il termine di centoventi giorni di cui all'art. 30, comma 3, cod.proc.amm., il quale nel concreto aveva cominciato a decorrere, giusta il seguente comma 4 dell'articolo, dopo un anno dalla scadenza del termine per provvedere. 10.5. Nel pregresso contenzioso relativo al caso di specie questo Tribunale ha già avuto modo di rilevare come fosse "pacifico tra le parti che l'Amministrazione non ha concluso il procedimento, adottando invece meri atti soprassessori ed essendo spirato pacificamente il termine per provvedere in via definitiva ex art. 17 Legge regionale n. 18/2008" (cfr. T.A.R. Molise, sentenza n. 302 del 9 novembre 2020). Ed è proprio dallo spirare del termine per provvedere ex art. 17 della legge regionale n. 18 del 2008 che ha già avuto avvio, a suo tempo, il decorso del termine da osservare per la proposizione della domanda di condanna al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 30, comma 4, cod. proc.amm.. Sul tema del termine per provvedere da rispettarsi nella vicenda occorre però qui un maggior approfondimento. Non guasta allora ricordare che la procedura per l'accreditamento istituzionale delineata dall'art. 17 della citata L.R. n. 18/2008 è la seguente: a) "Le strutture sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche e private, autorizzate ai sensi degli articoli 7 ed 8, che intendono chiedere l'accreditamento istituzionale di cui all'art. 15, inoltrano la relativa domanda alla competente struttura della Regione, secondo le modalità di cui all'art. 16, comma 2, lettera c)" (art. 17 cit., comma 1); b) "L'accreditamento istituzionale è rilasciato dalla Regione alle strutture sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche e private, che ne facciano richiesta, previa verifica positiva, effettuata dal C.R.A.S.S. o dall'organo competente istituito da apposito provvedimento di giunta regionale, circa la rispondenza ai requisiti generali e specifici di cui all'art. 16, comma 1, lettere a), b) e c)" (art. 17 cit., comma 2); c) "In caso di esito negativo della valutazione di cui all'art. 16, comma 1, lettera a), la struttura competente della Regione comunica l'esito alla giunta regionale nel termine di trenta giorni dal ricevimento della domanda medesima" (cfr. art. 17 cit., comma 3); d) "In caso di esito positivo della valutazione di cui all'art. 16, comma 1, lettera a), il C.R.A.S.S. avvalendosi del G.A.R., o l'organo competente istituito da apposito provvedimento di giunta regionale effettua, nel termine di dodici mesi dal ricevimento della richiesta di cui al comma 1, apposito sopralluogo presso la struttura da accreditare" (cfr. art. 17 cit., comma 4); e) "Qualora nel sopralluogo sia stata rilevata una parziale insussistenza dei requisiti richiesti, sono comunicati al richiedente le prescrizioni ed il termine entro il quale è tenuto ad adeguarvisi. Trascorso detto termine il G.A.R. effettua un ulteriore sopralluogo, da ultimarsi nel termine dei successivi trenta giorni" (cfr. art. 17 cit., comma 5); f) "Entro trenta giorni dalla data in cui si è completato il sopralluogo di cui al comma 4, o l'ulteriore sopralluogo di cui al comma 5, il C.R.A.S.S., o l'organo competente istituito da apposito provvedimento di giunta regionale, comunica alla struttura competente della Regione la propria valutazione tecnica in merito alla richiesta di accreditamento" (cfr. art. 17 cit., comma 6); g) "L'accreditamento è disposto o negato con deliberazione della giunta regionale entro trenta giorni dal ricevimento delle valutazioni di cui al comma 6" (cfr. art. 17 cit., comma 7); h) "L'accreditamento può essere rilasciato anche con prescrizioni. In tal caso il provvedimento stabilisce il termine entro il quale si provvede ad una nuova verifica" (cfr. art. 17 cit., comma 8); i) "I soggetti accreditati, con cadenza triennale, ed almeno sei mesi prima della scadenza del triennio, inviano alla competente struttura della Regione una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà concernente la permanenza del possesso dei requisiti. La domanda di rinnovo dell'accreditamento si intende accolta con la conferma della precedente classificazione qualora entro centottanta giorni dalla presentazione della domanda stessa non venga comunicato all'interessato il provvedimento di diniego o variazione circa la qualità e quantità di prestazioni erogabili, nel rispetto degli indirizzi della programmazione regionale" (cfr. art. 17 cit., comma 9). Ebbene, dalle disposizioni appena richiamate si evince che il termine di conclusione del procedimento di cui si tratta è diverso a seconda dell'esito positivo o negativo delle valutazioni di cui all'art. 16, comma 1, lett. a) della medesima L.R. n. 18/2008, regola la quale dispone a sua volta che: "L'accreditamento viene concesso ai soggetti già in possesso dell'autorizzazione all'esercizio subordinatamente alla sussistenza delle seguenti condizioni: a) coerenza delle funzioni svolte con gli indirizzi della programmazione regionale" (art. 16, comma 1, lett. a, L.R. n. 18/2008). Nel primo caso, ossia quando la citata valutazione sia risultata positiva, il comma 4 dell'art. 17 cit. riconosce il termine di ulteriori dodici mesi per l'espletamento del sopralluogo in loco, l'esito del quale viene indi tempestivamente comunicato alla Struttura regionale competente: dopo di che, "L'accreditamento è disposto o negato con deliberazione della giunta regionale entro trenta giorni dal ricevimento delle valutazioni di cui al comma 6" (cfr. art. 17 cit., comma 7). Nel secondo caso, vale a dire quando la citata valutazione sia risultata invece negativa, "la struttura competente della Regione comunica l'esito alla giunta regionale nel termine di trenta giorni dal ricevimento della domanda medesima" (cfr. art. 17 cit., comma 3), in modo da consentire alla Giunta Regionale di determinarsi conclusivamente sull'istanza entro il termine che, in applicazione analogica dell'art. 17 comma 7 citato, deve essere individuato in ulteriori trenta giorni (del resto la regola generale di cui all'art. 2, comma 2, della legge n. 241 del 1990, dispone che: "Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni"). In conclusione: - se la valutazione più volte detta è positiva, il termine massimo di conclusione del procedimento risulta essere di dodici mesi e sessanta giorni a far data dalla presentazione dell'istanza; - se, di contro, l'esito della citata valutazione risulta essere negativo, il termine di conclusione del procedimento è di complessivi sessanta giorni dalla proposizione della domanda. 10.6. Tornando alla specifica vicenda all'odierno esame del Collegio, la domanda di accreditamento di parte ricorrente è stata proposta in data 4 gennaio 2017 (cfr. all. n. 4 della produzione della difesa erariale dell'11 aprile 2024), mentre il ricorso è stato notificato in data 31 marzo 2021: ossia a distanza di quattro anni e poco meno di tre mesi. Nel caso di specie, non avendo avuto esito positivo le valutazioni di cui al citato art. 16, comma 1, lett. a) della L.R. n. 18/2008, il termine di conclusione del procedimento va individuato, in coerenza con quanto sopra illustrato, nel decorso di sessanta giorni dalla data di presentazione dell'istanza da parte della struttura interessata (cfr. il citato art. 17, commi 3 e 6 della L.R. n. 18 del 2008). Applicando, quindi, la regola dell'art. 30, comma 4, cod.proc.amm., in base alla quale il termine di centoventi giorni per la proposizione della domanda risarcitoria decorre comunque dopo un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento, risulta evidente la tardività della domanda di risarcimento del danno da ritardo nella conclusione del procedimento di accreditamento de quo. Siffatto termine da rispettare era difatti da tempo spirato al tempo della notificazione del ricorso, come già osservato avvenuta a distanza di quattro anni e poco meno di tre mesi dalla data di proposizione dell'istanza: infatti, il termine di centoventi giorni per la proposizione della domanda risarcitoria ha cominciato a decorrere, ai sensi dell'art. 30, comma 4, cod.proc.amm., dopo un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento (da individuare, nei termini dianzi esposti, in sessanta giorni dalla presentazione della domanda di accreditamento). Non resta, allora, al Collegio che rilevare l'irricevibilità per tardività della domanda risarcitoria in esame. 11. Conclusivamente, quindi, previa estromissione della Regione Molise e della R.S. Sa. s.r.l., il ricorso introduttivo va dichiarato: - improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse nella parte in cui ha veicolato la domanda di annullamento; - irricevibile per tardività nella parte in cui ha avanzato la domanda di risarcimento del danno da ritardo ex art. 2 bis della legge n. 241 del 1990. 12. Le spese processuali, sussistendone le eccezionali ragioni di legge, possono essere compensate tra tutte le parti costituite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, e una volta estromesse per difetto di legittimazione la Regione Molise e la R.S. Sa. s.r.l. così provvede: - dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso nella parte in cui recante la domanda di annullamento del provvedimento impugnato; - dichiara irricevibile la restante parte del ricorso, veicolante la domanda di risarcimento del danno da ritardo ex art. 2 bis della legge n. 241 del 1990. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Gaviano - Presidente Roberto Ferrari, Referendario Luigi Lalla - Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 342 del 2020, proposto dalla società "Ce. di Ch. Am. Oc. Dr. Fr. La." s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Sa. Di Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; contro la Regione Molise, il Consiglio dei Ministri, il Ministero della Salute, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, la Conferenza Permanente Stato Regioni e Province Autonome, il Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario della Regione Molise, il sub Commissario ad acta, ciascuno in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via (...); nei confronti dell'A.S.Re.M. (Azienda Sanitaria Regionale per il Molise) e della società Ge. Me. s.r.l. unip., entrambe non costituite in giudizio; sul ricorso numero di registro generale 344 del 2020, proposto dalla società "Istituto Of. Pe." s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Sa. Di Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; contro la Regione Molise, il Consiglio dei Ministri, il Ministero della Salute, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, la Conferenza Permanente Stato Regioni e Province Autonome, il Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario della Regione Molise, il sub Commissario ad acta, ciascuno in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via (...); nei confronti dell'A.S.Re.M. (Azienda Sanitaria Regionale per il Molise) e della società Ge. Me. s.r.l. unip., entrambe non costituite in giudizio; sul ricorso numero di registro generale 351 del 2020, proposto dalla Ca. di Cu. "Vi. Es." s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Sa. Di Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; contro la Regione Molise, il Consiglio dei Ministri, il Ministero della Salute, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, la Conferenza Permanente Stato Regioni e Province Autonome, il Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario della Regione Molise, il sub Commissario ad acta, ciascuno in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via (...); nei confronti dell'A.S.Re.M. (Azienda Sanitaria Regionale per il Molise) e della società Ge. Me. s.r.l. unip., entrambe non costituite in giudizio; sul ricorso numero di registro generale 353 del 2020, proposto dalla Ca. di Cu. "Vi. Ma." s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Sa. Di Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; contro la Regione Molise, il Consiglio dei Ministri, il Ministero della Salute, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, la Conferenza Permanente Stato Regioni e Province Autonome, il Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario della Regione Molise, il sub Commissario ad acta, ciascuno in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via (...); nei confronti dell'A.S.Re.M. (Azienda Sanitaria Regionale per il Molise) e della società Ge. Me. s.r.l. unip., entrambe non costituite in giudizio; per l'annullamento tutti i ricorsi: - del D.C.A. n. 56 del 30.09.2020, avente ad oggetto la "Definizione dei limiti massimi di finanziamento per le prestazioni sanitarie di assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale erogate dagli operatori privati accreditati, acquistabili dal Sistema Sanitario Regionale per l'anno 2020"; - del D.C.A. n. 60 dell'8.10.2020, avente ad oggetto "Approvazione dello Schema di contratto per l'acquisto delle strutture private operanti in regime di accreditamento di prestazioni sanitarie di assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale per l'anno 2020"; - nonché di tutti gli atti presupposti, consequenziali e/o comunque connessi. Visti i ricorsi e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 aprile 2024 il dott. Luigi Lalla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Vengono all'odierno esame del Collegio alcune delle cause intraprese (sulla base di censure del tutto analoghe) dalle Strutture sanitarie regionali autorizzate e accreditate ai sensi del D.Lgs. n. 502 del 1992, e contrattualizzate dall'Azienda Sanitaria Regionale del Molise (A.S.RE.M.), contro le determinazioni programmatorie del Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo finanziario nel settore sanitario della Regione Molise con riferimento all'imposizione dei tetti di spesa per l'acquisto di prestazioni sanitarie sul mercato degli operatori privati per l'anno 2020. 2. Va rammentato che in base agli accordi relativi al triennio 2016-2018, l'A.S.RE.M. ha acquistato dalle strutture sanitarie accreditate in questione delle prestazioni sanitarie per un budget complessivo, ripartito in specifiche voci e correlativi tetti di spesa. La programmazione 2016-2018 si caratterizzava -senza qui entrare nel dettaglio delle previsioni- per la non sottoposizione a un invalicabile tetto di spesa delle prestazioni rese in favore dei pazienti extraregionali, siccome regolate da una clausola (ex artt. 4 e 6) che condizionava però la loro remunerazione all'effettivo conseguimento della relativa compensazione finanziaria in sede interregionale. 3. Alla scadenza del precedente contratto, l'A.S.RE.M. con comunicazione n. 98198 del 24.12.2018, pur con l'avvertimento che il budget complessivo annuale avrebbe potuto subire variazioni- ha provveduto alla proroga della precedente disciplina, autorizzando "in via provvisoria e fino all'adozione dei nuovi provvedimenti di fissazione dei tetti di spesa ed alla stipula degli accordi contrattuali per l'anno 2018, un volume di prestazioni mensili del valore pari ad 1/12 del limite di spesa dei contratti stipulati sulla base dei tetti di spesa indicati con D.C.A. n. 37 del 28/06/2017 e secondo le modalità di erogazione previste per la scorsa annualità ". 4. Nel 2020, tuttavia, il Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione Molise, nell'espletamento dei suoi compiti di attuazione del piano di rientro, decideva di modificare il descritto assetto regolatorio e negoziale, intraprendendo una politica di revisione degli equilibri contrattuali con l'apposizione di tetti di spesa rigidamente invalicabili. Questa definizione, ora non più superabile, della consistenza delle diverse tipologie di prestazioni in acquisto perseguiva il risanamento economico attraverso la soppressione degli onerosi esborsi "extra budget". Conseguentemente l'A.S.RE.M. ha sostituito al precedente accordo 2016-2018 dei nuovi schemi contrattuali, conformati alla nuova impostazione programmatoria commissariale. Le strutture private accreditate, vedendo di conseguenza contrarsi l'ambito delle loro prestazioni remunerabili, hanno allora impugnato le relative determinazioni regolatorie di volta in volta susseguitesi, agendo in giudizio ai fini della conservazione dello status quo ante. Nel dettaglio, la nuova impostazione regolatoria commissariale è stata attuata mediante: - la previsione di un budget leggermente ridotto e invalicabile; - la sottoposizione, quindi, anche delle prestazioni per l'utenza extraregionale ad un tetto massimo invalicabile; - l'eliminazione dello specifico budget precedentemente previsto per le prestazioni "integrative". 5. Con riguardo alla disciplina da applicare per le prestazioni dell'anno 2019, il Commissario ad acta adottava (ora per allora) il decreto n. 10 del 5.02.2020, avente appunto ad oggetto la "Definizione dei limiti massimi di finanziamento per le prestazioni sanitarie di assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale erogate dagli operatori privati accreditati, acquistabili dal Sistema Sanitario Regionale per l'anno 2019", unitamente al decreto n. 11 dello stesso giorno, recante "Approvazione dello schema di contratto per l'acquisto dalle strutture private operanti in regime di accreditamento di prestazioni sanitarie di assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale per l'anno 2019". Tali provvedimenti commissariali, a suo tempo impugnati anche dalle strutture ricorrenti, sono stati annullati dal T.A.R. Molise con le sentenze n. 85 del 2021 (confermata dal Consiglio di Stato, sez. III, con sentenza n. 4381 del 30 maggio 2022); n. 93 del 2021 (confermata dal Consiglio di Stato, sez. III, con sentenza n. 4377 del 30 maggio 2022) n. 94 del 2021 (confermata in appello con la sentenza n. 4370 del 30 maggio 2022); n. 95 del 2021 (confermata in appello con sentenza n. 4375 del 30 maggio 2022). L'annullamento dei decreti commissariali nn. 10 e 11 del 5.02.2020 è dipeso principalmente dalla carente istruttoria e dalla tardività dell'avvento della nuova disciplina dei tetti di spesa, introdotti ad esercizio 2019 ormai chiuso e pertanto in via completamente retroattiva. 6. Per le prestazioni sanitarie del successivo anno 2020 sono stati assunti dei decreti commissariali dai contenuti analoghi a quelli dei decreti nn. 10 e 11/2020, e segnatamente il n. 56 del 30.9.2020 e il n. 60 del 8.10.2020, anch'essi impugnati dalle odierne ricorrenti, che hanno proposto i relativi nuovi gravami sulla base dei seguenti motivi di ricorso: I- "VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA LEGGE 241/90: PER MANCATA PARTECIPAZIONE DELLA RICORRENTE AL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO"; II- "ILLEGITTIMITA' DEGLI ATTI IMPUGNATI PER ECCESSO DI POTERE CARENZA DI ISTRUTTORIA, ERRONEITA' DEI PRESUPPOSTI, CARENZA DI MOTIVAZIONE. CONTRADDITTORIETA' RISPETTO A PRECEDENTI MANIFESTAZIONI DI VOLONTA' RESE DALLA STESSA P.A. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL'ACCORDO CONTRATTUALE DI BUDGET. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 8 QUINQUIES DEL D.LGS. 502/92. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI AFFIDAMENTO, DI BUONA FEDE E DI LEALTA' NEI RAPPORTI TRA PRIVATI E P.A., DEL PRINCIPIO DI CERTEZZA DEI RAPPORTI GIURIDICI, DI BUON ANDAMENTO DELL'AZIONE AMMINISTRATIVA CHE IMPLICA L'IMPARZIALITÀ, LA PROPORZIONALITÀ E LA RAGIONEVOLEZZA E LA PIANIFICAZIONE PREVENTIVA DELLA SPESA SANITARIA. L'ILLEGITTIMITÀ DEGLI ATTI IMPUGNATI PER LA PORTATA RETROATTIVA"; III- "ILLEGITTIMITA' DEGLI ATTI IMPUGNATI PER ECCESSO DI POTERE PER CARENA DI ISTRUTTORIA, ERRONEITA' DEI PRESUPOPSTI, ILLOGICITA', IRRAGIONEVOLEZZA. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 8-QUATER DEL D.LGS. 502/1992"; IV- "ILLEGITTIMITA' DEGLI ATTI IMPUGNATI PER ECCESSO DI POTERE PER ILLOGICITA', IRRAGIONEVOLZZA IN RAGIONE DI QUANTO STABILITO DAGLI STRUMENTI DI PROGRAMMAZIONE REGIONALE". 7. Nella sostanza, le ricorrenti si sono dolute del fatto che la Struttura commissariale, trascurando l'effettivo fabbisogno sanitario e la relativa domanda storica, abbia: - violato i diritti partecipativi degli operatori interessati, nonché il loro affidamento; - assegnato un budget complessivamente ridotto, nonostante si trattasse del periodo relativo all'emergenza pandemica da Covid-19; - modificato l'assetto negoziale rispetto al 2018 introducendo un limite di spesa invalicabile per le prestazioni erogate in favore di pazienti extra regionali, con la conseguente indebita locupletazione da parte della Regione Molise (che ne avrebbe tratto comunque un utile, continuando a riportare in sede di compensazione interregionale le voci di costo sostenute per le cure dei pazienti di altre Regioni somministrate al di là del tetto di spesa fissato, pur senza riconoscerne la remunerazione alle strutture sanitarie erogatrici); - in alcuni casi, mancato di riproporre alcune specifiche voci di budget per "prestazioni integrative". 7.1. Le istanze di sospensiva contestualmente proposte dalle ricorrenti sono state respinte da questo Tribunale con le ordinanze cautelari adottate nei rispettivi giudizi (in particolare, le ordinanze nn. 16, 17, 18 e 25 del 16.01.2021). 8. Le Amministrazioni intimate, costituitesi in giudizio in resistenza alle impugnative, dopo aver sollevato svariate eccezioni di inammissibilità ne hanno dedotto anche l'infondatezza nel merito. 9. Le varie parti costituite hanno depositato nel prosieguo plurime e articolate memorie, insieme a cospicue produzioni documentali. In particolare l'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con la produzione in giudizio del 7.03.2024, ha depositato le copie dei contratti di budget per l'anno 2020 sottoscritti individualmente da ciascuna ricorrente, con i quali le stesse avrebbero accettato anche la clausola di salvaguardia di cui all'art. 12 delle singole convenzioni, implicante tuttavia la rinuncia alle azioni/impugnazioni già intraprese avverso i provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa ovvero ai contenziosi instaurabili contro i provvedimenti già adottati e conoscibili. Se ne è così dedotta l'improcedibilità del gravame per tutti i rispettivi giudizi. Da ultimo, le ricorrenti hanno avanzato un'istanza di rinvio della trattazione delle cause prevista per l'udienza pubblica del 24.04.2024, motivata con l'esigenza di attendere l'esito dei giudizi di appello proposti innanzi al Consiglio di Stato con riguardo alle sentenze emesse da questo T.A.R. nel 2023 sui ricorsi impugnatori dei D.C.A. di imposizione dei tetti di spesa per la successiva annualità del 2021 (decreti di contenuto sostanzialmente ana a quelli all'odierno esame del Collegio). 10. Le argomentate posizioni delle parti sono state da ultimo precisate in vista dell'udienza pubblica del 24 aprile 2024, al cui esito, dopo la discussione, la causa è passata in decisione. 11. Il Collegio, in via preliminare, confermata l'insussistenza di ragioni idonee a giustificare la concessione dell'invocato rinvio delle cause in esame poiché questo è subordinato, dal comma 1 bis dell'art. 73 cod.proc.amm., all'esistenza di "casi eccezionali", nella fattispecie chiaramente non configurabili, ritiene opportuno disporre la riunione dei ricorsi ai sensi dell'art. 70 cod.proc.amm., ravvisandone i presupposti di connessione oggettiva in quanto tali gravami investono i medesimi atti e pongono le medesime questioni di diritto. 12. Tutti i ricorsi sono improcedibili per la sopravvenuta acquiescenza prestata dalle ricorrenti in corso di giudizio agli atti impugnati. 12.1. Difatti, le strutture ricorrenti hanno manifestato la propria acquiescenza in occasione della sottoscrizione dei rispettivi contratti di budget per l'anno 2020, tutti recanti, all'art. 12, apposite "clausole di salvaguardia" implicanti un'accettazione espressa degli atti amministrativi in questa sede gravati, con annessa rinuncia alle azioni giurisdizionali già intraprese avverso gli stessi. 12.2. In particolare, dalla produzione della difesa erariale del 7.03.2024 si desume che: a) per il Ce. di Ch. Am. Oc. Dr. Fr. La., il legale rappresentante p.t. risulta avere sottoscritto il contratto per gli acquisti relativi al 2020 in data 9.05.2022 (cfr. "All.1-ct1761-2020ContrattoLAURELLI.pdf" allegato nel giudizio n. r.g. 342/2020); b) per l'Istituto Of. Pe. s.r.l., il legale rappresentante p.t. risulta avere sottoscritto il contratto per gli acquisti relativi al 2020 in data 19.05.2022 (cfr. "All.1-ct1764-2020CONTRATTOISTITUTOOFTALICOPENTRO." allegato nel giudizio n. r.g. 344/2020); c) per la Ca. di Cu. "Vi. Es." s.r.l., il legale rappresentante p.t. risulta avere sottoscritto il contratto per gli acquisti relativi al 2020 in data 25.10.2023 (cfr. "All.1-ct1784-2020ContrattoVi..pdf" allegato nel giudizio n. r.g. 351/2020; d) per la Ca. di Cu. "Vi. Ma." s.r.l., il legale rappresentante p.t. risulta avere sottoscritto il contratto per gli acquisti relativi al 2020 in data 30.05.2023 (cfr. "All.1-ct1762-2020ContrattoVI..pdf" allegato nel giudizio n. r.g. 353/2020). 12.3. La menzionata clausola di salvaguardia presente nei relativi contratti ha il seguente tenore: "1. Con la sottoscrizione del presente contratto la struttura accetta espressamente, completamente ed incondizionatamente il contenuto e gli effetti dei provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa, di determinazione delle tariffe e ogni altro atto agli stessi collegato o presupposto, modificativo o integrativo, anche qualora intervenuto successivamente alla sottoscrizione del presente in quanto atti che determinano il contenuto del contratto. 2. In considerazione dell'accettazione dei provvedimenti indicati sub comma 1 (ossia i provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa, delle tariffe ed ogni altro atto agli stessi collegato o presupposto) con la sottoscrizione del presente contratto, la struttura privata rinuncia alle azioni e impugnazioni già intraprese avverso i predetti provvedimenti ovvero ai contenziosi instaurabili contro i provvedimenti già adottati e conoscibili. 3. In caso di emanazione di norme legislative incidenti sul contenuto del contratto stipulato, lo stesso deve ritenersi automaticamente modificato ed integrato. fatti salvi gli effetti prodotti" (così l'art. 12 dei contratti sottoscritti medio tempore). 12.4. Di conseguenza le strutture sanitarie ricorrenti, sottoscrivendo i relativi contratti, hanno incondizionatamente accettato, ai sensi della "clausola di salvaguardia" ivi prevista, il contenuto e gli effetti dei provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa e delle tariffe, nonché di ogni altro atto agli stessi collegato o presupposto, in quanto atti che definiscono la disciplina del contratto, addivenendo anche a contestuale rinuncia alle "azioni e impugnazioni già intraprese" avverso gli atti medesimi. 12.5. Ora, le impugnative in esame, come, naturalmente, i D.C.A. così impugnati, sono precedenti alla sottoscrizione da parte delle ricorrenti dei rispettivi contratti per l'acquisto delle prestazioni relative al 2020. Ne consegue che l'accettazione da parte dei privati delle relative condizioni -tra cui, in particolare, quella riflettente la clausola di salvaguardia- non può non determinare l'improcedibilità dei loro precedenti gravami per intervenuta acquiescenza, rientrando in pieno tale vicenda nella fattispecie della rinuncia alle azioni già intraprese di cui all'art. 12, comma 2, dei nuovi testi contrattuali. Difatti, il contratto di budget sottoscritto dalle ricorrenti nelle more processuali è la fedele riproduzione dello schema approvato con il D.C.A. n. 60 del 2020, e i contenuti contrattuali sono univocamente riferibili alle determinazioni di cui al D.C.A. n. 56 del 2020 parimenti qui citato in epigrafe, decreto peraltro richiamato nelle stesse premesse contrattuali formanti - ai sensi dell'art. 1 dei contratti- "parte integrante e sostanziale" dei contratti medesimi. Del resto, in base all'incipit dell'art. 4, comma 1, "il Committente... acquista dall'Erogatore le prestazioni descritte nella tabella riportata all'art. 2 del presente schema che con l'applicazione delle tariffe vigenti, al momento della sottoscrizione del presente contratto, (cioè quelle stabilite con decorrenza 1° gennaio 2020 dal D.C.A. n. 56/2020 gravato), richiamate in premessa...determinano il valore del contratto (budget)". Da questi richiami si desume, dunque, che i decreti commissariali impugnati, e particolarmente quello n. 56/2020, hanno costituito un presupposto fondamentale dei menzionati contratti, in quanto hanno contribuito a definire un loro elemento essenziale, quello del valore/corrispettivo delle prestazioni che venivano contrattualmente acquistate dall'A.S.Re.M.. 12.6. Su queste basi, deve allora ritenersi che la controversia oggi all'esame rientri senz'altro nell'ambito di applicazione delle previsioni delle clausole di salvaguardia dell'art. 12 dei contratti di budget, in quanto le odierne impugnative ricadono appieno nel novero delle impugnazioni "già intraprese" (cfr. il comma 2 di tale articolo) avverso il "contenuto e gli effetti dei provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa, di determinazione delle tariffe...che determinano il contenuto del contratto" (cfr. comma 1). Impugnazioni che hanno così formato oggetto, pertanto, di rinuncia contrattuale espressa, integrale e incondizionata. 13. Le conclusioni derivanti dall'interpretazione logico-letterale delle riferite previsioni contrattuali sono corroborate dalla loro interpretazione funzionale, dal momento che le clausole di salvaguardia sono funzionalizzate proprio ad arginare il proliferare dei contenziosi e porre termine a quelli già insorti. In definitiva, nella fattispecie in scrutinio viene in rilievo lo schema tipico dell'acquiescenza, in quanto le strutture ricorrenti, con la sottoscrizione dei rispettivi contratti, e l'approvazione specifica anche del loro art. 12, compiuta ai sensi degli artt. 1341 e 1342 del cod.civ., hanno mostrato in maniera inequivocabile, attraverso manifestazioni espresse, la loro intenzione di rinunciare, sul piano sostanziale, alla posizione giuridica (asseritamente) lesa dal provvedimento, e, sul piano processuale, al loro correlativo diritto a ricorrere. 13.1. La legittimità generale delle clausole di salvaguardia è, del resto, riconosciuta da un costante insegnamento giurisprudenziale (cfr. ex plurimis Cons. St., III, nn. 7479/2019, 2075/2019, 787/2019, 5039/2018; 4936/2018, n. 138/2018). E' stato, invero, condivisibilmente evidenziato che gli operatori privati - in quanto impegnati, insieme alle strutture pubbliche, a garantire l'essenziale interesse pubblico alla corretta e appropriata fornitura del primario servizio della salute - non possono considerarsi estranei ai vincoli oggettivi e agli stati di necessità propri del piano di rientro, al cui rispetto la Regione è obbligata. Chi intenda operare nell'ambito della sanità pubblica deve difatti accettare i limiti cui la stessa è astretta, dovendo comunque e in primo luogo assicurare, pur in presenza di restrizioni finanziarie, beni costituzionali di superiore valore, quale i livelli essenziali relativi al diritto alla salute. In alternativa, agli operatori resta pur sempre, come già anticipato, la scelta di agire quali privati nel privato (cfr. ex multis Cons. St., III, n. 3744/2022; id., III, n. 8879/2019). La legittimità delle clausole di salvaguardia è stata più volte riconosciuta anche sotto il profilo che dette pattuizioni sono essenzialmente funzionali alla tutela stessa del diritto alla salute quale bene superiore costituzionalmente garantito, e, per converso, nient'affatto foriere di una indebita compressione del diritto di agire in giudizio dell'operatore privato, il quale ben può valutare il proprio interesse a coltivare il contenzioso in atto e, quindi, a non sottoscrivere il contratto munito della clausola in discussione; fermo restando, infine, che, anche sottoscrivendo la clausola, il privato manterrebbe intatto il proprio diritto d'azione in giudizio, costituzionalmente garantito, in relazione alle sopravvenienze (cfr. ex multis Cons. St., II, n. 8676/2021; id. III, n. 6662/2019; III, 10 maggio 2023, n. 4715). La manifestazione di volontà abdicativa che si esprime nell'adesione al contratto che contempli le clausole in questione costituisce, quindi, il frutto di una valutazione di convenienza della parte privata che, sebbene di fatto non integralmente "libera", non si presenta però certo connotata da profili di condizionamento trasmodanti i fisiologici limiti che si manifestano anche nei rapporti tra privati (dotati, eventualmente, di non identica forza contrattuale) (cfr. Cons. St., III, n. 8318/2019). D'altra parte, le clausole di salvaguardia possono essere reputate meramente ricognitive dell'effetto preclusivo/rinunciatorio dell'iniziativa impugnatoria che normalmente si produce, per generale opinione giurisprudenziale, nei casi in cui il soggetto pregiudicato da un dato provvedimento ponga in essere atti, comportamenti o dichiarazioni univoci, che dimostrino la sua chiara e incondizionata volontà di accettarne comunque gli effetti e l'operatività (cfr. ex multis Cons. St., III, n. 8318/2019; id., nn. 6279/2021, 5529/2020, 2075/2019, 5039/2018, 4936/2018, 3617/2017). Non vi è dubbio, infatti, che l'assenso alla stipulazione di un accordo - che, come nella specie, assuma a suo inequivocabile presupposto un provvedimento ipoteticamente lesivo - si atteggi quale comportamento univocamente indicativo della volontà del privato stipulante di accettarne gli effetti, tanto da acquisire i diritti ed assumere gli obblighi, in maniera ugualmente volontaria, che si riconnettono e sono funzionali all'esecuzione della prestazione alle condizioni economiche predeterminate dall'Amministrazione nell'esercizio del suo potere programmatorio in materia sanitaria (cfr. Cons. St., III, n. 4157/2022). In tutti questi casi viene in rilievo un prevalente interesse pubblico, munito di valore costituzionale, che si riporta al valore del pur difficile equilibrio tra la preservazione del diritto alla salute, nel suo nucleo irriducibile, e le esigenze di contenimento della spesa nel settore della sanità pubblica in una fase sfavorevole del ciclo economico (art. 81 Cost., come sostituito dalla l. cost. n. 1/2012). La giurisprudenza della Corte Costituzionale ha peraltro riconosciuto che il diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale può ben essere limitato in presenza di un interesse pubblico riconoscibile come potenzialmente preminente sul principio di cui all'art. 24 Cost. (cfr. C. Cost. n. 238/2014), quali quelli del rispetto dei livelli essenziali di assistenza, e, in un periodo di stringenti restrizioni finanziarie, del controllo della spesa sanitaria, che costituisce una condicio sine qua non al fine di garantire la tutela dell'essenziale interesse pubblico alla corretta e appropriata fornitura del primario servizio della salute alla popolazione. 13.2. Inoltre, la giurisprudenza amministrativa ha costantemente qualificato come "legittimo (...) l'inserimento nei contratti di clausole che contemplino l'accettazione incondizionata dei tetti di spesa fissati e delle tariffe, nonché la relativa rinuncia alle azioni, dovendosi necessariamente evitare che il rispetto dei vincoli finanziari, attuato con la sottoscrizione di accordi compatibili con le risorse disponibili, rimanga esposto ad iniziative in sede giurisdizionale in grado di compromettere o porre in pericolo gli obiettivi perseguiti" (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, sentenze n. 518 del 7 marzo 2019 e n. 440 del 6 marzo 2020; Consiglio di Stato, Sez. III, sentenze nn. 3617 del 21 luglio 2017 e n. 836 del 22 febbraio 2017). E anche il Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire che, in ipotesi analoghe a quella in esame, viene in rilievo lo schema tipico dell'acquiescenza, in quanto il soggetto privato aderente in maniera inequivocabile, attraverso manifestazioni espresse, manifesta così la sua intenzione di rinunciare, sul piano sostanziale, alla posizione giuridica (asseritamente) lesa dal provvedimento, rinunciando altresì, sul piano processuale, al proprio diritto a ricorrere (Consiglio di Stato, Sez. III, 10 maggio 2023, n. 4715). Né, secondo la giurisprudenza amministrativa, può essere negata l'esistenza, in una Regione sottoposta a Piano di Rientro, di un interesse pubblico prevalente a prevedere, nella contrattazione con gli operatori privati, una tale tipologia di clausola, che risponde alla duplice finalità di garantire il necessario contenimento della spesa sanitaria nelle Regioni che presentino un deficit economico -finanziario, e di evitare che il rispetto dei vincoli finanziari, attuato con la sottoscrizione di accordi contrattuali compatibili con le risorse regionali disponibili, possa essere esposto a iniziative in sede giurisdizionale in grado di compromettere o porre in pericolo gli obiettivi perseguiti dalla Regione. D'altra parte, "chi intende operare nell'ambito della sanità pubblica deve pur accettare i limiti in cui la stessa sanità pubblica è costretta, dovendo comunque e in primo luogo assicurare, persino in presenza di restrizioni finanziarie, beni costituzionali di superiore rango quali i livelli essenziali relativi al diritto alla salute. Le strutture private, che operano e cooperano in regime di accreditamento all'erogazione del servizio sanitario, non possono ignorare questa fondamentale esigenza pubblica, di preminente valore costituzionale perché implicante un difficile equilibrio tra la preservazione del diritto alla salute (art. 32 Cost.), nel suo nucleo irriducibile, e le esigenze di contenimento della spesa nel settore della sanità pubblica in una fase sfavorevole del ciclo economico (art. 81 Cost., come sostituito dalla l. cost. n. 1 del 2012). Tale esigenza pubblica è sottesa alla previsione sia di stringenti tetti di spesa che, parimenti, delle clausole di salvaguardia con le quali le Regioni sottoposte a piano di rientro dal disavanzo nel settore sanitario tendono a favorire - non già ad imporre - la rinuncia ai relativi contenziosi da parte delle strutture accreditate" (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 21 luglio 2017, n. 3617; si veda anche, più di recente, Sez. III, 24 settembre 2020 n. 5559). La parte pubblica, infatti, in difetto di una valida e incondizionata accettazione della clausola di salvaguardia non avrebbe interesse alla conclusione del singolo contratto, non potendo essa programmare efficacemente la spesa sanitaria nella permanenza e continuo rischio di contestazioni giudiziali sui tetti di spesa. 13.3. Né può condividersi l'assunto, proposto in udienza dalle ricorrenti, secondo il quale la "clausola di salvaguardia" non si applicherebbe al caso di specie. Nel contratto da loro firmato era chiaramente indicato il budget assegnato a ciascuna struttura: sicché le medesime, se l'avessero ritenuto non congruo o comunque non coerente, avrebbero potuto non sottoscrivere il contratto, ed eventualmente far valere in giudizio le proprie ragioni. Invece, acconsentendo alla stipulazione del contratto ne hanno accettato gli effetti (anche ove per qualche aspetto eventualmente pregiudizievoli). Conseguentemente, le ricorrenti non possono, una volta accettati gli effetti della quantificazione del budget di loro pertinenza, pretendere di poter nondimeno proseguire l'impugnativa di atti che ne costituivano il presupposto e definivano il contenuto. Ammettere una simile possibilità significherebbe rimettere in discussione, per altra via, lo stesso budget che si è dichiarato di voler accettare, frustrando integralmente gli effetti giuridici della clausola di salvaguardia e svuotandola di ogni utilità . Né, del resto, rileverebbero eventuali riserve apposte all'atto della sottoscrizione del contratto (nel caso di specie, peraltro, non risultanti): in proposito, il Consiglio di Stato ha chiarito che la formulazione, da parte delle strutture sanitarie, di dichiarazioni di riserva con le quali si afferma di sottoscrivere i contratti al solo scopo di non incorrere nella sospensione del rapporto di accreditamento, ma riservandosi tuttavia ogni più ampia tutela, se non contemplata nello stesso modello contrattuale, non è idonea a impedire la formazione dell'accordo (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 10 maggio 2023, n. 4715). 13.4. Non è superfluo ribadire, infine, su di un piano generale, che la clausola di salvaguardia non influisce negativamente sulla libera formazione della volontà negoziale delle strutture sanitarie, in quanto queste ultime possono liberamente optare per l'accettazione delle condizioni contrattuali che la contemplano o per la rinuncia alla stipulazione. A tale stregua, le valutazioni che le strutture sanitarie sono chiamate a fare non differiscono dalle valutazioni di convenienza che ciascun contraente compie per decidere se sottoscrivere o meno pressoché qualunque accordo negoziale (cfr. in tal senso ex multis Cons. St., III, n. 3744/2022; T.A.R. Molise, sentenza n. 141 del 2.05.2023). Ben si può quindi dire che l'adesione volontaria delle strutture ricorrenti agli accordi di budget, alla cui stipula esse non erano affatto costrette, ha suggellato la priorità dell'esigenza di contenimento della spesa pubblica, funzionale alla continuità dell'erogazione delle prestazioni sanitarie. Le strutture ricorrenti, infatti, qualora avessero ritenuto insostenibili i tetti di spesa stabiliti con i D.C.A. impugnati, avrebbero potuto allora ben scegliere di operare in regime di libera concorrenza, accettando il rischio d'impresa connesso alle normali dinamiche competitive del mercato, in luogo di optare per un regime protetto da riserva e sostenuta dal finanziamento pubblico. 14. In conclusione, i ricorsi vanno dunque ritenuti improcedibili a motivo della ricomprensione della controversia in esame entro l'ambito applicativo della clausola di salvaguardia prevista dall'art. 12 dei contratti di budget per il 2020, per avere le strutture ricorrenti oggettivamente manifestato, con la sottoscrizione in corso di giudizio di tali contratti, la loro intenzione di rinunciare, sul piano sostanziale, alla posizione giuridica (potenzialmente) incisa dai provvedimenti in questa sede già impugnati, e, sul piano processuale, al loro relativo diritto a ricorrere. 15. La radice pattizia e la natura sopravvenuta della causa che impone la definizione in rito della controversia giustifica, infine, l'integrale compensazione delle spese di lite inter partes. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima, definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, li dichiara, previa loro riunione, tutti improcedibili. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Gaviano - Presidente Roberto Ferrari - Referendario Luigi Lalla - Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 56 del 2024, proposto dalla società Re Pl. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Ro., Ma. Bu. e Si. Vi., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; contro il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, il Ministero della Cultura e la Regione Molise, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via Insorti D'Ungheria, n.74; nei confronti per l'annullamento - del silenzio serbato dal Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica e, ove occorrer possa, anche di quello del Ministero della Cultura, rispetto all'istanza di VIA presentata dalla ricorrente per il progetto di un impianto eolico denominato “Parco Eolico Campomarino”, da realizzarsi nei Comuni di (Omissis) (CB) e (Omissis) (CB), cui è stato attribuito il codice pratica ID (…); e per la condanna del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica e, ove occorrer possa, anche del Ministero della Cultura, a concludere il procedimento entro un breve termine perentorio. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2024 il dott. Federico Giuseppe Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. In data 25 marzo 2022, con nota prot. (…), la società Re Pl. s.r.l. (d’ora in avanti “Re Pl.”) presentava ai sensi dell’art. 27 del D.lgs. n. 152/2006 un’istanza per il rilascio del provvedimento di VIA in relazione a un progetto, denominato “Parco Eolico Campomarino”, di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica costituito da 5 aereogeneratori con potenza complessiva di 32.5 MW nei territori dei Comuni di (Omissis) e (Omissis) (CB), 2. In data 9 settembre 2022, con nota prot. (…), il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) richiedeva al proponente la riformulazione dell’istanza. 3. Re Plus il successivo 30 settembre 2022 trasmetteva allora una nuova istanza, la quale veniva ritenuta procedibile dal Ministero procedente con la nota prot. (…) del 26 gennaio 2023, con il conseguente avvio della relativa consultazione pubblica. 4. In data 16 febbraio 2023, con nota prot. (…), veniva acquisito il parere, non favorevole, del Comune di (Omissis). Il successivo 22 febbraio, con nota prot. (…), il Comune di (Omissis) rendeva le proprie osservazioni, con le quali ravvisava la presenza di notevoli criticità. L’ARSARP - “Agenzia Regionale Per Lo Sviluppo Agricolo, Rurale e Della Pesca” trasmetteva le proprie osservazioni il 27 febbraio 2023, con le quali evidenziava l’inidoneità dell’area. 5. In data 2 marzo 2023, con nota prot. (…), il MIC richiedeva integrazioni documentali ai fini dell’istruttorio di competenza. In ragione di ciò il MASE procedeva alla pubblicazione della documentazione mancante e riapriva il termine per le consultazioni il 28 marzo 2023. In data 20 aprile 2023 il Comune di (Omissis) rendeva nuovamente il proprio parere sfavorevole. 6. Sul fronte, invece, paesaggistico, con nota dell’11 maggio 2023 la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per il Molise inoltrava il proprio parere endoprocedimentale di competenza alla Soprintendenza speciale per il Piano nazionale di ripresa e resilienza, anche questo di contenuto negativo. 7. Da allora il procedimento entrava in una (nuova) fase di stallo, senza che giungessero da nessuna delle amministrazioni intimate ulteriori atti, nonostante il circostanziato sollecito inoltrato nelle more dalla Re Pl. il 29 gennaio 2024. 8. Da qui la proposizione del ricorso in epigrafe, per mezzo del quale la società Re Pl. chiedeva a questo T.A.R. l’accertamento dell’illegittimità del silenzio amministrativo ai sensi del combinato disposto degli artt. 31 e 117 del c.p.a. e dell'art. 2 della legge n. 241/1990 e s.m.i., e pertanto dell'obbligo del MASE e, per quanto competenza, del Ministero della Cultura, di provvedere con un provvedimento espresso sulla detta istanza, con la nomina di un Commissario ad acta nel caso di perdurante inerzia. Il ricorso era affidato ai seguenti motivi: I. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 della legge 241/1990 e degli articoli 23, 24 e 25 del d.lgs. 152/2006; dell’art. 1 della direttiva 2011/92/UE; dell’art. 5 del d.lgs. 152/2006 e dell’art. 20 della legge 241/1990; II. La violazione della disciplina in materia di V.I.A. degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. In estrema sintesi, la ricorrente lamentava che la procedura di V.I.A. non fosse stata ancora definita, in violazione dei principi regolanti il relativo procedimento amministrativo e dei termini per esso fissati dal combinato disposto di cui agli artt. 2 della l. n. 241/1990, nonché 23 e 25 del D. lgs. n. 152/2006 (T.U.A.). La stessa Re Plus sottolineava inoltre la circostanza che, con riferimento alla realizzazione di infrastrutture energetiche da F.E.R., la perentorietà del termine di conclusione del procedimento di V.I.A. fosse stata elevata dal legislatore nazionale e dalla giurisprudenza euro-unitaria alla stregua di principio fondamentale della materia. 9. Le Amministrazioni intimate si costituivano in giudizio per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, che chiedeva l’estromissione dal giudizio del Ministero della Cultura e, comunque, l’integrale rigetto del ricorso. 10. Alla camera di consiglio dell’8 maggio 2024, all’esito della discussione tra le parti costituite, la controversia è stata trattenuta per la decisione. 11. La trattazione della controversia, a partire dalla questione preliminare della legitimatio ad causam del Ministero della Cultura, richiede al Collegio di intrattenersi introduttivamente sulle disposizioni applicabili al procedimento di V.I.A. riguardante lo specifico settore in rilievo. 12. Innanzitutto, occorre ricordare che il progetto di impianto eolico presentato dalla Re Pl. con la denominazione “Parco Eolico Campomarino” rientra nella tipologia elencata, nell'Allegato II alla Parte Seconda del D.lgs. n. 152/2006, al punto 2, denominata “impianti eolici per la produzione di energia elettrica con potenza complessiva superiore a 30 MW”, e, al tempo stesso, tra i progetti ricompresi nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), nella tipologia elencata nell'Allegato I-bis alla Parte Seconda del D.Lgs.152/2006, al punto 1.2.1, denominata “Generazione di energia elettrica: impianti idroelettrici, geotermici, eolici e fotovoltaici (in terraferma e in mare), solari a concentrazione, produzione di energia dal mare e produzione di bioenergia da biomasse solide, bioliquidi, biogas, residui e rifiuti”, e anche nella tipologia elencata nell’Allegato II oppure nell’Allegato II-bis. Ne consegue, come peraltro già indicato dal M.A.S.E. nella comunicazione del 26 gennaio 2023 di procedibilità dell’istanza della ricorrente, che per il progetto in questione si applicano i tempi e le modalità previsti per i progetti di cui al citato art. 8, comma 2-bis, nonché degli articoli 23, 24 e 25 del medesimo D.lgs. n. 152/2006, e l’istruttoria tecnica di valutazione di impatto ambientale è affidata alla Commissione Tecnica PNRR-PNIEC. 13. Principiando, allora, dalla prima delle disposizioni appena menzionate, l’articolo 8 del D.lgs. n. 152/2006 disciplina l’istituzione e il funzionamento della Commissione tecnica di verifica dell’impianto ambientale VIA e VAS (comma 1), nonché della più specifica Commissione Tecnica PNRR-PNIEC (comma 1 e 2-bis). Con particolare riguardo alla seconda, la Commissione Tecnica PNRR-PNIEC, occorre ricordare che: a) tale Commissione opera con le modalità previste dagli articoli 20, 21, 23, 24, 25, 27 e 28 dello stesso decreto; b) nella trattazione dei procedimenti di sua competenza ai sensi della normativa vigente, la Commissione di cui al comma 2-bis dà “precedenza ai progetti aventi un comprovato valore economico superiore a 5 milioni di euro ovvero una ricaduta in termini di maggiore occupazione attesa superiore a quindici unità di personale, nonché ai progetti cui si correlano scadenze non superiori a dodici mesi, fissate con termine perentorio dalla legge o comunque da enti terzi, e ai progetti relativi ad impianti già autorizzati la cui autorizzazione scade entro dodici mesi dalla presentazione dell'istanza” (comma 1); c) con particolare riferimento “alle procedure di valutazione ambientale di competenza statale relative ai progetti attuativi del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, individuati dall'allegato I-bis alla parte seconda del presente decreto tra quelli a cui, ai sensi del periodo precedente”, “deve essere data precedenza, “hanno in ogni caso priorità, in ordine decrescente, i progetti che hanno maggior valore di potenza installata o trasportata prevista, nonché i progetti concernenti impianti di produzione di idrogeno verde ovvero rinnovabile di cui al punto 6-bis) dell'allegato II alla parte seconda e i connessi impianti da fonti rinnovabili, ove previsti” (comma 1). 14. I profili più prettamente funzionali dell’azione amministrativa di settore, con l’individuazione delle fasi del procedimento di VIA e le relative tempistiche, sono fissati dai successivi articoli 23, 24 e 25 del T.U.A. 14.1. L’articolo 23 delinea la fase introduttiva dell’istanza da parte dell’operatore economico, la quale deve essere provvista, in via generale, dei seguenti documenti: “a) il progetto di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g); b) lo studio di impatto ambientale; c) la sintesi non tecnica; d) le informazioni sugli eventuali impatti transfrontalieri del progetto ai sensi dell'articolo 32; e) l'avviso al pubblico, con i contenuti indicati all'articolo 24, comma 2; f) copia della ricevuta di avvenuto pagamento del contributo di cui all'articolo 33; g) i risultati della procedura di dibattito pubblico eventualmente svolta ai sensi dell'articolo 22 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. g-bis) la relazione paesaggistica prevista dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 dicembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 2006, o la relazione paesaggistica semplificata prevista dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31” (art. 23, comma 1 del T.U.A.). Una volta ricevuta l’istanza, entro quindici giorni l'autorità competente verifica la completezza della documentazione con riferimento a quanto previsto dal comma 1 dell’articolo, l'eventuale ricorrere della fattispecie di cui all'articolo 32, comma 1, nonché l'avvenuto pagamento del contributo dovuto ai sensi dell'articolo 33 (comma 3). La documentazione di cui al comma 1 è indi immediatamente pubblicata e resa accessibile, con modalità tali da garantire la tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali o commerciali indicate dal proponente, in conformità a quanto previsto dalla disciplina sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale, nel sito web dell'autorità competente all'esito delle verifiche di cui al comma 3. Il 4° comma dell’art. 23 precisa poi, in relazione ai progetti di cui all'articolo 8, comma 2-bis, che, “contestualmente alla pubblicazione della documentazione di cui al comma 1, la Commissione di cui all'articolo 8, comma 2-bis, avvia la propria attività istruttoria”. 14.2. Il successivo articolo 24 affronta più specificamente la fase di “consultazione del pubblico, acquisizione dei pareri e consultazioni transfrontaliere”. L’articolo, in primo luogo, nel comma 1° impone all’Amministrazione competente di pubblicare uno specifico avviso pubblico sul proprio sito web, avente come contenuto la presentazione dell'istanza, la documentazione alla stessa allegata, nonché le comunicazioni di cui all'articolo 23: forma di pubblicità che tiene luogo delle comunicazioni di cui agli articoli 7 e 8, commi 3 e 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il comma precisa, nel suo ultimo capoverso, che “dalla data di pubblicazione sul sito web dell'avviso al pubblico decorrono i termini per la consultazione, la valutazione e l'adozione del provvedimento di VIA”. Il comma 3° dell’art. 24 prevede, poi, che entro il termine di trenta giorni, per i progetti di competenza della Commissione Tecnica PNRR-PNIEC, dalla pubblicazione dell'avviso al pubblico, “chiunque abbia interesse può prendere visione, sul sito web, del progetto e della relativa documentazione e presentare le proprie osservazioni all'autorità competente, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi”. E che entro il medesimo termine “sono acquisiti per via telematica i pareri delle Amministrazioni e degli enti pubblici che hanno ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 23, comma 4”. Entro i quindici giorni successivi alla scadenza del suddetto termine, il proponente ha inoltre la facoltà di presentare all'autorità competente le proprie controdeduzioni alle osservazioni e ai pareri pervenuti. Qualora, poi, all'esito della consultazione, ovvero della presentazione delle controdeduzioni da parte del proponente, si renda necessaria la modifica o l'integrazione degli elaborati progettuali o della documentazione acquisita, a tenore del comma 4° dello stesso articolo, “la Commissione di cui all'articolo 8, comma 2-bis, entro i venti giorni successivi, ovvero entro i dieci giorni successivi per i progetti di cui all'articolo 8, comma 2-bis può, per una sola volta, stabilire un termine non superiore ad ulteriori venti giorni, per la trasmissione, in formato elettronico, degli elaborati progettuali o della documentazione modificati o integrati”. Su richiesta motivata del proponente, la Commissione di cui all'articolo 8, comma 2-bis, “può concedere, per una sola volta, la sospensione dei termini per la presentazione della documentazione integrativa per un periodo non superiore a sessanta giorni ovvero a centoventi giorni nei casi di integrazioni che richiedono maggiori approfondimenti su motivata richiesta del proponente in ragione della particolare complessità tecnica del progetto o delle indagini richieste. E, “nel caso in cui il proponente non ottemperi alla richiesta entro il termine perentorio stabilito, l'istanza si intende respinta ed è fatto obbligo alla Commissione di procedere all'archiviazione dell’istanza” (comma 4). L'autorità competente, ricevuta la documentazione integrativa, la pubblica immediatamente sul proprio sito web e, tramite proprio apposito avviso, avvia una nuova consultazione del pubblico. In relazione alle sole modifiche o integrazioni apportate agli elaborati progettuali e alla documentazione si applica il termine di trenta giorni ovvero quindici giorni per i progetti di cui all'articolo 8, comma 2-bis per la presentazione delle osservazioni e la trasmissione dei pareri delle Amministrazioni e degli enti pubblici che hanno ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 23, comma 4. Entro i dieci giorni successivi il proponente ha facoltà di presentare all'autorità competente le proprie controdeduzioni alle osservazioni e ai pareri pervenuti (comma 5). 14.3. L’articolo 25, infine, delinea la fase di chiusura del procedimento e puntualizza la natura dei termini sopra esposti. Per i progetti sottoposti alla competenza della Commissione tecnica PNRR-PNIEC la disciplina è, in particolare, definita nei commi dal 2-bis al 2-sexies dell’articolo. Il comma 2-bis impone alla detta Commissione di esprimersi “entro il termine di trenta giorni dalla conclusione della fase di consultazione di cui all'articolo 24 e comunque entro il termine di centotrenta giorni dalla data di pubblicazione della documentazione di cui all'articolo 23 predisponendo lo schema di provvedimento di VIA”. Nei successivi trenta giorni, prosegue il comma, “il direttore generale del Ministero della transizione ecologica adotta il provvedimento di VIA, previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del Ministero della cultura entro il termine di venti giorni, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 22, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199” (comma 2-bis). Per il caso di inerzia nella conclusione del procedimento da parte della stessa Commissione, il successivo comma 2-quater introduce l’istituto del “potere sostituivo”, in conformità con la disciplina generale di cui all’art. 2, comma 9-bis e ss. della l. n. 241/1990, con riguardo ai provvedimenti di competenza tanto della Commissione tecnica quanto del Ministero della Cultura (nello specifico, della competente Soprintendenza speciale per il PNRR). Il comma recita, a tal fine, che “il titolare del potere sostitutivo, nominato ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, acquisito, qualora la competente commissione di cui all'articolo 8 non si sia pronunciata, il parere dell'ISPRA entro il termine di trenta giorni, provvede all'adozione dell'atto omesso entro i successivi trenta giorni. In caso di inerzia nella conclusione del procedimento da parte del direttore generale del Ministero della transizione ecologica ovvero in caso di ritardo nel rilascio del concerto da parte del direttore generale competente del Ministero della cultura, il titolare del potere sostitutivo, nominato ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 241 del 1990, provvede al rilascio degli atti di relativa competenza entro i successivi trenta giorni”. Il comma 2-quinquies chiarisce, da parte sua, che il concerto del competente direttore generale del Ministero della cultura “comprende l'autorizzazione di cui all'articolo 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ove gli elaborati progettuali siano sviluppati a un livello che consenta la compiuta redazione della relazione paesaggistica”. In ogni caso, l'adozione del parere e del provvedimento di V.I.A. non sono subordinate alla conclusione delle attività di verifica preventiva dell'interesse archeologico ai sensi dell'articolo 25 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 o all'esecuzione dei saggi archeologici preventivi prevista dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (comma 2-sexies). L’articolo 25 dispone infine, a sugello della procedura, al comma 7, che “tutti i termini del procedimento di VIA si considerano perentori ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2, commi da 9 a 9-quater, e 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241”. 15. Una volta conclusa la disamina delle norme di riferimento, il Collegio può ora procedere all’esame dell’eccezione preliminare, sollevata dall’Avvocatura dello Stato, di difetto di legittimazione passiva del Ministero della Cultura. La difesa erariale poggia in sintesi l’eccezione sui seguenti rilievi: a) nel ricorso non risulta impugnato, né menzionato, alcun atto del Ministero; b) le doglianze espresse dalla ricorrente sono imputabili unicamente ad aspetti procedimentali e condotte del MASE, con riferimento all’attività della Commissione. 16. L’eccezione non può essere accolta. 17. Re Plus ha correttamente convenuto in giudizio anche il Ministero della Cultura (pur con la prudente formula “ove occorrer possa”), poiché, ai sensi dell’art. 25 del Codice dell’Ambiente, il provvedimento di VIA è rimesso alla co-decisione dei Ministeri dell’Ambiente e della Cultura. Come si è visto, infatti, il comma 2-bis dell’art. 25 stabilisce che il Direttore Generale del Ministero della transizione ecologica adotta il provvedimento di VIA, previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del Ministero della cultura. Ciò premesso, deve ricordarsi che la giurisprudenza ha chiarito che la domanda giudiziale di annullamento deve essere rivolta contro tutte le Amministrazioni che abbiano concertato il provvedimento impugnato (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21 agosto 2002, n. 4245). Già da questo principio si desume, quindi, il corollario che anche l’azione contro il silenzio, che mira a ottenere la conclusione del procedimento tramite un provvedimento espresso, non possa essere rivolta, in caso di atti da assumere secondo lo schema del concerto, che contro tutte le Amministrazioni titolari del relativo potere decisionale. Diversamente, del resto, la tutela ottenibile dal Giudice adìto sarebbe del tutto incompleta, in quanto inidonea a munire chi ricorra di un titolo idoneo a pretendere la effettiva conclusione del procedimento. In conclusione, quindi, la natura decisionale pluristrutturata del provvedimento di VIA esclude che il Ministero della Cultura possa essere estromesso dal presente giudizio. 18. Venendo al merito di causa, il ricorso è fondato. 19. Il Collegio deve subito prendere in esame l’obiezione della difesa erariale per cui, con riguardo ai progetti sottoposti alla competenza della Commissione tecnica PNRR – PNIEC, in forza dell’art. 8, comma 1 del T.U.A. non sussisterebbe alcun termine perentorio del procedimento. 19.1. La resistente difesa fa notare che il progetto della Re Plus, di circa 32.5 MW, si colloca in una fascia di bassa rilevanza, a fronte di una media di potenza dei progetti presentati di circa 70 MW, e non soddisfa alcun criterio ulteriore di preferenza definito dalla legge, o suscettibile di essere preso in considerazione dall’Amministrazione nell’ambito della sua discrezionalità organizzativa (quali ad es. quelli della compresenza di sistemi di produzione di idrogeno verde, finanziamenti PNRR, idoneità dell’area, eventuali cluster). La stessa difesa sottolinea che l’art. 8, comma 1 del T.U.A. impone alla Commissione di dare priorità alla trattazione dei progetti di maggiore potenza nominale, che, ove autorizzati, consentirebbero il conseguimento degli obiettivi, e pertanto sottende con ciò la conseguente necessaria postergazione dei procedimenti relativi ai progetti di minor potenza, tra cui quello oggetto del ricorso. E aggiunge che il citato art. 8, “definendo criteri di priorità per le FER, senz’altro deroga, in virtù della sua specialità e della sua rilevanza strategica sul piano delle politiche energetiche, al criterio cronologico e alla norma che in generale definisce i termini della VIA come perentori, in quanto ne produce l’obbligatoria sospensione per il rispetto dei predetti criteri di priorità. Tale sospensione è destinata a cessare solo nel momento in cui l’ordine di priorità legalmente stabilito consentirà la trattazione del singolo progetto in ossequio alla voluntas legis” (così la memoria erariale, pagg. 13-14). Sicché, conclude l’Amministrazione, nella fattispecie concreta non potrebbe reputarsi formato il silenzio inadempimento. 19.2. L’obiezione non coglie nel segno, in quanto la disciplina dei criteri di priorità dettati dal suddetto art. 8 nulla toglie alla perentorietà dei termini procedimentali concernenti la trattazione delle istanze di VIA di pertinenza della Commissione Tecnica PNRR - PNIEC. Osserva al riguardo il Collegio che non appare superabile il chiaro tenore del precetto normativo del comma 7 dell’art. 25, secondo il quale “tutti i termini del procedimento di VIA si considerano perentori ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2, commi da 9 a 9-quater, e 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241”. 19.3. Né può essere attribuito, nel silenzio della legge, alcuna capacità “derogatoria” della regola appena vista ai criteri di priorità enucleati dall’art. 8, comma 1 del T.U.A. A norma di quest’ultimo, si ricorda, “Con riferimento alle procedure di valutazione ambientale di competenza statale relative ai progetti attuativi del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, individuati dall'allegato I-bis alla parte seconda del presente decreto tra quelli a cui, ai sensi del periodo precedente deve essere data precedenza, hanno in ogni caso priorità, in ordine decrescente, i progetti che hanno maggior valore di potenza installata o trasportata prevista, nonché i progetti concernenti impianti di produzione di idrogeno verde ovvero rinnovabile di cui al punto 6-bis) dell'allegato II alla parte seconda e i connessi impianti da fonti rinnovabili, ove previsti”. Ora, in proposito può immediatamente rilevarsi come la ragione di priorità indicata per prima dalla disposizione appena trascritta non sia stata completata dalla previsione di una norma generale, almeno di natura regolamentare, che individui con chiarezza i progetti provvisti di priorità in ragione della potenza dell’impianto. Come la più recente giurisprudenza in materia ha osservato, “la “priorità” imposta nell’esame dei progetti rientranti nel PNNR non risulta, invero, ulteriormente specificata e, per quanto rileva nella presente sede, alcuna preferenza in base alla potenza sviluppata dall’impianto risulta predefinita, né a mezzo di atti normativi né a mezzo di atti organizzativi” (cfr. T.A.R. Campania-Napoli, sez. V, 4 aprile 2024, n. 2204). In assenza, quindi, dell’univoca predeterminazione normativa di una soglia di potenza per individuare “la “priorità” di trattazione delle pratiche, non sarebbe possibile individuare in concreto alcun criterio di “priorità” ai fini dell’articolo 8 in analisi. Soprattutto, però, nel silenzio della legge positiva sul punto, non sarebbe comunque predicabile l’invocato “effetto sospensivo” del procedimento di VIA che discenderebbe, in tesi, dall’applicazione dei criteri di priorità contemplati dall’art. 8 del T.U.A. “Effetto sospensivo” oltretutto incompatibile con l’enfasi posta dalla normativa vigente sulla necessità del rispetto delle specifiche tempistiche procedimentali: anche perché porterebbe procedimenti di particolare importanza a non avere più alcuna effettiva e trasparente regolamentazione di durata. Come osservato dalla pronuncia appena citata, il seguire l’interpretazione dell’Amministrazione circa la presunta sospensione ex lege dei termini di tutti i procedimenti relativi a progetti di potenza inferiore “condurrebbe a conseguenze assurde e dunque logicamente non perseguibile” (T.A.R. Campania-Napoli, n. 2204/2024 cit.): questo anche alla luce del fatto che, “per rendere efficace l’implementazione degli interventi nei tempi previsti, e più in generale per “incrementare la quota di energia prodotta da fonti di energia rinnovabile” e abilitare lo sviluppo di impianti rinnovabili in linea con i target nazionali, lo stesso PNNR prevede non già il rallentamento dei procedimenti “ordinari” ma, piuttosto, misure aggiuntive di “riforma”, anche attraverso la “semplificazione delle procedure di autorizzazione per gli impianti rinnovabili onshore e offshore, nuovo quadro giuridico per sostenere la produzione da fonti rinnovabili (...)” (pag. 129 e seguenti; cfr. riforma 1.1.)” (T.A.R. Campania n. 2204/2024 cit.). 19.4. La disciplina vigente annette tuttora, dunque, una ferma natura perentoria ai termini tesi a scandire le fasi del procedimento di V.I.A. anche in rapporto ai progetti (della più diversa potenza) da istruirsi da parte della Commissione Tecnica PNRR-PIEC. Disciplina preordinata, invero, ad assicurare l’essenziale valore della certezza dei tempi di gestione delle incombenze di settore da parte delle Autorità titolari dei relativi procedimenti e del correlativo potere di provvedere, “che non può essere eliso dalla emergenza di difficoltà operative che spetta alla stessa Amministrazione risolvere” (T.A.R. Campania-Napoli, n. 2204/2024 cit.). 20. Superata la questione preliminare di merito testé trattata, è agevole constatare che nel caso di specie, con riferimento all’istanza di V.I.A. del “Parco Eolico Campomarino”, il termine di conclusione del procedimento sia decorso nell’inerzia delle Amministrazioni tenute a esprimersi. 21. Si ricorda, in proposito, che il Codice dell’Ambiente non indica un termine unitario per il procedimento, bensì termini distinti per le singole fasi in cui lo stesso si articola. In particolare: - “dalla data di pubblicazione sul sito web dell'avviso al pubblico decorrono i termini per la consultazione, la valutazione e l'adozione del provvedimento di VIA” (art. 24, comma 1); - “entro il termine di (…) trenta giorni (…) dalla pubblicazione dell'avviso al pubblico (…), chiunque abbia interesse può (…) presentare le proprie osservazioni all'autorità competente (…). Entro il medesimo termine sono acquisiti per via telematica i pareri delle Amministrazioni e degli enti pubblici (…)” (art. 24, comma 3); - la Commissione Tecnica PNRR-PNIEC si esprime “entro il termine di trenta giorni dalla conclusione della fase di consultazione di cui all'articolo 24 e comunque entro il termine di centotrenta giorni dalla data di pubblicazione della documentazione di cui all'articolo 23 predisponendo lo schema di provvedimento di VIA. Nei successivi trenta giorni, il direttore generale del Ministero della transizione ecologica adotta il provvedimento di VIA, previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del Ministero della cultura entro il termine di venti giorni, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 22, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199” (art. 25, comma 2-bis). Ricapitolando, quindi, il Codice dell’Ambiente stabilisce che il termine “per la consultazione, la valutazione e l'adozione del provvedimento di VIA” decorre dalla pubblicazione online dell’avviso di avvio del procedimento, ed entro i successivi 130 giorni la Commissione tecnica deve esprimere il parere di compatibilità ambientale e predisporre lo schema di provvedimento, su cui il Ministero della Cultura è chiamato a rendere il proprio concerto; infine, il MASE adotta il provvedimento finale entro 30 giorni. In definitiva, dunque, il procedimento deve concludersi entro 160 giorni (130 + 30 giorni) dalla pubblicazione online dell’avviso al pubblico. Sicché, considerato che nel caso in esame due sono state le pubblicazioni (avvenute il 26 gennaio e il 28 marzo 2023), il procedimento avrebbe dovuto essere concluso entro il 5 luglio 2023, o al più tardi il 4 settembre 2023. 22. Ciò posto, il presente ricorso, oltre a manifestarsi tempestivo (siccome notificato il 6 marzo 2024, e pertanto entro l’anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento di cui si lamenta il ritardo), si appalesa anche fondato. 23. E’ difatti pacifico che l’esame del progetto risulti ancora fermo alla fase preistruttoria. Nonostante l’adempimento della fase di consultazione pubblica, con la ricezione dei pareri di competenza, da ultimo quello della Soprintendenza per i profili paesaggistici dell’11 maggio 2023, la Commissione Tecnica PNRR - PNIEC non ha ancora avviato l’istruttoria sul progetto, né tantomeno adottato lo schema di provvedimento di VIA. E nemmeno figura assunto alcun provvedimento di “sospensione” del procedimento. Sicché risulta senz’altro ingiustificato il ritardo del M.A.S.E., che non ha proceduto alla definizione del procedimento nei termini di legge, e nemmeno dopo la sollecitazione della stessa Re Pl. del gennaio del 2024. Né può rivestire valenza giustificativa del silenzio l’argomento del gran numero di provvedimenti in corso presso le Amministrazioni competenti, elemento che in sé “evidentemente integra una mera questione organizzativa interna alle amministrazioni coinvolte, che non può ridondare a danno del privato istante né giustificare uno “sforamento” dei tempi normativamente imposti” (cfr. T.A.R. Campania, n. 2204/2024 cit.). 24. Il ricorso deve pertanto essere accolto, dovendosi ordinare all’Amministrazione di trattare e concludere il procedimento con le modalità che di seguito si precisano. Il Collegio ricorda che, ai sensi dell’art. 25, comma 2-quater del T.U.A., in caso di inerzia nella conclusione del procedimento da parte della Commissione, “il titolare del potere sostitutivo, nominato ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, acquisito, qualora la competente commissione di cui all'articolo 8 non si sia pronunciata, il parere dell'ISPRA entro il termine di trenta giorni, provvede all'adozione dell'atto omesso entro i successivi trenta giorni”. Si rammenta altresì che il M.A.S.E., all’atto di dichiarare la procedibilità dell’istanza della ricorrente, ha informato “ ... che con Decreto n. 56 del 06/03/2020, questo Ministero ha individuato il Capo del Dipartimento Sviluppo Sostenibile, quale titolare del potere sostitutivo in caso di inerzia nella conclusione dei procedimenti di competenza di questa Direzione Generale, ai sensi dell’art. 2, comma 9-bis, della legge 241/1990 e ss.mm.ii., il cui indirizzo di posta elettronica certificata è (…)”. Ebbene, non risulta agli atti del giudizio che da parte dell’Amministrazione sia stato ancora attivato il suddetto potere sostitutivo; né questo è stato all’uopo sollecitato dalla ricorrente. Dalla vigenza della norma, appena citata, dell’art. 25, comma 2-quater del T.U.A., discende però che l’accertamento dell’obbligo di provvedere in capo al MASE debba in via di principio tradursi nella necessaria propedeutica attivazione del potere sostituivo di cui si è detto. 25. Il Collegio, dunque, ordina al MASE, nella persona del Capo del Dipartimento Sviluppo Sostenibile, quale titolare del potere sostitutivo, di procedere alla definizione della fase del procedimento di competenza della Commissione tecnica PNRR-PNIEC con l’acquisizione del parere dell’ISPRA entro il termine di trenta giorni, e indi alla successiva adozione dello schema del provvedimento conclusivo di VIA di cui all’art. 25, comma 2-bis del TUA entro i successivi 30 giorni. 26. La novità e la complessità delle questioni giuridiche trattate giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto ordina al Ministero dell’Ambiente e della Transizione energetica, nonché, per quanto di ragione, il Ministero della Cultura, di provvedere sull’istanza di parte ricorrente nei termini e con le modalità prescritti in parte motiva. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Gaviano, Presidente Luigi Lalla, Referendario Federico Giuseppe Russo, Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 25 del 2024, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla società "La Ro." - Società Cooperativa Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG A0407458A2, rappresentata e difesa dagli avvocati Se. De. Ro. e Ja. Fe., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Se. De. Ro. in Pescara, via (...); contro - il Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gu. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; - la Centrale Unica di Committenza dei Comuni di (omissis), non costituita in giudizio; - il Ministero per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e P.n. r.r., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via (...); nei confronti la società "Si." - Società Cooperativa Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Mi. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; Per quanto riguarda il ricorso introduttivo per l'annullamento: - della determinazione dirigenziale della Centrale Unica di Committenza dei Comuni di (omissis) n. 258/2023; - della determinazione dirigenziale della stessa Centrale Unica di Committenza n. 865 del 19 dicembre 2023, avente a oggetto "GARA A PROCEDURA NEGOZIATA Affidamento dei servizi aggregativi per e con gli anziani, servizi di assistenza domiciliare agli anziani e infermiere di comunità e ostetrica di comunità e relative infrastrutture tecnologiche CUP: B65E22001420006 CIG: A0407458A2 DETERMINA DIRIGENZIALE N° 865 DEL 19/12/2023 DISCIPLINARE DI GARA", con cui la stazione appaltante ha reso nota l'indizione di una gara mediante procedura negoziata sotto soglia ai sensi dell'art. 50, comma 1, lett. e), in combinato disposto con l'art. 14, comma 2, lett. c) del D.Lgs. n. 36/2023, per l'affidamento dei Servizi aggregativi per e con gli anziani, servizi di assistenza domiciliare agli anziani e infermiere di comunità e ostetrica di comunità e relative infrastrutture tecnologiche, e ha pubblicato il relativo Disciplinare di gara, nella parte in cui questo, a pag. 11, detta i criteri di natura quantitativa di cui ai punti nn. 2, 4 e 5 per l'attribuzione dei punteggi relativi all'offerta tecnica; - del Capitolato di gara; - del Verbale del 19 dicembre 2023 di presa d'atto degli operatori economici da invitare alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando di gara per l'affidamento dei servizi del Progetto "Giovani dentro" - Servizi Affidamento dei servizi aggregativi per e con gli anziani, servizi di assistenza domiciliare agli anziani e infermiere di comunità e ostetrica di comunità e relative infrastrutture tecnologiche; - dell'Avviso "Affidamento dei servizi aggregativi per e con gli anziani, servizi di assistenza domiciliare agli anziani e infermiere di comunità e ostetrica di comunità e relative infrastrutture tecnologiche" CUP: B65E22001420006 CIG: A0407458A2 FAQ al 22/12/2023, contenente le risposte della stazione appaltante alle richieste di chiarimento degli operatori; - della determinazione dirigenziale della Centrale Unica di Committenza dei Comuni di (omissis) n. 10 del 28 dicembre 2023, di nomina della Commissione; - di tutti i verbali della Commissione di gara, nessuno eccettuato, e così, a titolo esemplificativo e non esaustivo, del Verbale n. 1 del 28 dicembre 2023, del Verbale n. 2 del 29 dicembre 2023, del Verbale n. 3 del 29 dicembre 2023 e del Verbale n. 4 del 29 dicembre 2023; - della determinazione dirigenziale della stessa Centrale Unica di Committenza n. 11 del 29 dicembre 2023, avente a oggetto la medesima Procedura negoziata, con cui la stazione appaltante ha approvato i Verbali di gara e ha proposto di aggiudicare il servizio in favore di Si. Società Cooperativa Sociale; - della nota della Centrale Unica di Committenza prot. n. 50 del 2 gennaio 2024 contenente la proposta di aggiudicazione del servizio in favore di Si. Società Cooperativa Sociale; - della nota della stessa Centrale Unica prot. n. 0000065 del 2 gennaio 2024, con la quale è stata comunicata alla ricorrente la proposta di aggiudicazione della commessa contenuta nella nota prot. n. 50 del 2 gennaio 2024; - di ogni altro atto presupposto e/o conseguente e/o connesso, anche se al momento non conosciuto, e, in particolare, del provvedimento finale di aggiudicazione dell'appalto, se già adottato, e al momento non noto alla ricorrente; e per la declaratoria di annullamento e/o inefficacia del contratto di appalto che sia stato medio tempore stipulato con la ditta controinteressata, con dichiarazione di disponibilità della ricorrente al subentro; o, in subordine, il risarcimento del danno per equivalente monetario per la somma che potrà essere determinata in corso di causa. Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 15/3/2024 per l'annullamento: - della nota del Comune di (omissis) prot. n. 1399 del 1° febbraio 2024, R.A. n. 119 del 1° febbraio 2024, contenente "Avviso di aggiudicazione definitiva", con cui la stazione appaltante ha comunicato alla ricorrente l'aggiudicazione della procedura di gara CIG: A0407458A2 in favore di Si. Società Cooperativa Sociale; - della nota del Comune di (omissis) del 1° febbraio 2024, a firma del responsabile del Settore Tecnico, avente a oggetto "Comunicazione di aggiudicazione dell'appalto. articolo 90 del D.Lgs. n. 36/2023", con cui la stazione appaltante ha comunicato alla ricorrente di aver aggiudicato la procedura di gara alla Si. Società Cooperativa Sociale; - del provvedimento di aggiudicazione, dagli estremi sconosciuti, con cui la stazione appaltante ha aggiudicato la gara in favore di Si. Società Cooperativa Sociale; e per la declaratoria di annullamento e/o inefficacia del contratto di appalto che sia stato medio tempore stipulato con la ditta controinteressata, con dichiarazione di disponibilità della ricorrente al subentro; o, in subordine, il risarcimento del danno per equivalente monetario per la somma che potrà essere determinata in corso di causa. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis), del Ministero per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e Pnrr, e della controinteressata; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 aprile 2024 il dott. Federico Giuseppe Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con determinazione dirigenziale n. 865 del 19 dicembre 2023 la Centrale Unica di Committenza (CUC) per i Comuni di (omissis) indiceva, in qualità di centrale di committenza per conto della stazione appaltante costituita dal Comune di (omissis) (CB) ("Stazione Appaltante"), una procedura evidenziale negoziata sotto soglia di cui al combinato disposto degli artt. 14, comma 2, lett. c), e 50, comma 1, lett. e) del nuovo Codice degli appalti (CIG: A0407458A2 - CUP: B65E22001420006) per l'affidamento dei "Servizi aggregativi per e con gli anziani, servizi di assistenza domiciliare agli anziani e infermiere di comunità e ostetrica di comunità e relative infrastrutture tecnologiche" ("Gara"), gara con importo a base d'asta pari a Euro 528.688,52 e criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa ex art. 108, comma 2, lett. e) del D.lgs. n. 36/2023. La commessa risultava integralmente finanziata a valere sulle risorse previste dal P.N.R.R.: Missione n. 5 "Inclusione e Coesione" del Piano nazionale ripresa e resilienza (PNRR), Componente 3: "Interventi speciali per la coesione territoriale" - Investimento 1: "Strategia nazionale per le aree interne" - Linea di intervento 1.1.1 "Potenziamento dei servizi e delle infrastrutture sociali di comunità ". 1.1. Nel dettaglio, il Disciplinare di gara declinava i criteri per l'aggiudicazione relativi all'offerta tecnica abilitando la Commissione all'attribuzione di complessivi 80 punti max secondo la seguente modulazione: a) max 30 punti in relazione a 5 criteri/sub-criteri di natura quantitativa; b) max 50 punti in relazione a 7 criteri/sub-criteri di natura qualitativa. Quanto ai criteri/sub-criteri c.d. "quantitativi", la lex specialis li identificava nei seguenti termini: 1. Esperienza, del soggetto candidato oppure del capofila in caso di raggruppamento, nella gestione di un Servizio Sociale Professionale a favore di un Comune, o altro Ente Pubblico, a seguito di una gara ad evidenza pubblica. Saranno attribuiti punti 1,00 per ogni anno intero. QN - Criterio/Subcriterio di natura quantitativa Punteggio massimo: 5 2. Esperienza, del soggetto candidato oppure del capofila in caso di raggruppamento, nella gestione di servizi domiciliari a favore di persone anziane. Punti 1,00 per ogni servizio/progetto affidato da un Ente Pubblico. Sarà valutato un solo servizio/progetto per Ente Pubblico. QN - Criterio/Subcriterio di natura quantitativa Punteggio massimo: 10 3. Esperienza, del soggetto candidato oppure del capofila in caso di raggruppamento, nella gestione di servizi aggregativi con e per le persone anziane, affidato da un Ente Pubblico. Punti 1,00 per ogni anno intero. QN - Criterio/Subcriterio di natura quantitativa Punteggio massimo: 5 4. Esperienza, del soggetto candidato oppure del capofila in caso di raggruppamento, nella gestione di servizi di infermiere e ostetrica di comunità, affidato da un Ente Pubblico. Punti 1,00 per ogni anno intero. QN - Criterio/Subcriterio di natura quantitativa Punteggio massimo: 5 5. Esperienza, del soggetto candidato oppure del capofila in caso di raggruppamento, nella gestione di servizi di infermiere e ostetrica di comunità, affidato da un Ente Pubblico. Punti 1,00 per ogni anno intero. QN - Criterio/Subcriterio di natura quantitativa Punteggio massimo: 5 TOTALE MAX: 30 (cfr. pagina 11 del Disciplinare). 1.2. La formulazione dei criteri nn. 4 e 5 veniva poi rettificata dalla CUC in occasione delle risposte ai chiarimenti richiesti dai concorrenti con nota del 22 dicembre 2023, nel senso che: "- punto 4: 4. Esperienza, del soggetto candidato oppure del capofila in caso di raggruppamento, nella gestione di servizi di infermiere di comunità, affidato da un Ente Pubblico (max punti 5); - punto 5: 5. Esperienza, del soggetto candidato oppure del capofila in caso di raggruppamento, nella gestione di servizi di ostetrica di comunità, affidato da un Ente Pubblico (max punti 5)". 2. Quanto alla procedura evidenziale, a seguito della seduta pubblica del 19 dicembre 2023 - in cui la CUC riportava l'elenco delle manifestazioni di interesse pervenute da parte di 8 imprese - le operazioni di gara avevano concretamente inizio il successivo 28 dicembre. In tale occasione la Commissione di gara dava conto dell'intervenuta presentazione, entro le tempistiche di gara, delle offerte complete di soli 2 operatori economici, rispetto agli 8 precedentemente interessati: "La Ro." Società Cooperativa Sociale ("La Ro.") e "Si." Società Cooperativa Sociale ("Si.") (cfr. verbale n. 1 del 28 dicembre 2023). Nel prosieguo, la Commissione esaminava le offerte tecniche delle due citate concorrenti assegnando, conclusivamente, alla "La Ro." il punteggio complessivo di 59,06 - di cui 18 per criteri di natura quantitativa e 41,06 per criteri di natura qualitativa-, e a "Si." quello di 65,17 punti - di cui 20 per criteri di natura quantitativa e 45,17 per criteri di natura qualitativa-. Con specifico riguardo ai criteri quantitativi nn. 2, 4 e 5, particolarmente rilevanti ai fini di causa, la Commissione attribuiva i seguenti punteggi: A) Concorrente n° 1 - "La Ro.": 2. Esperienza, del soggetto candidato oppure del capofila in caso di raggruppamento, nella gestione di servizi domiciliari a favore di persone anziane. Punti 1,00 per ogni servizio/progetto affidato da un Ente Pubblico. Sarà valutato un solo servizio/progetto per Ente Pubblico. Punteggio max 10 Punteggio 8 Coefficiente parziale 0,800 Punteggio parziale 8,00 4. Esperienza, del soggetto candidato oppure del capofila in caso di raggruppamento, nella gestione di servizi di infermiere e ostetrica di comunità, affidato da un Ente Pubblico. Punti 1,00 per ogni anno intero. Punteggio max 5 Punteggio 0 Coefficiente parziale 0,000 Punteggio parziale 0,00 5. Esperienza, del soggetto candidato oppure del capofila in caso di raggruppamento, nella gestione di servizi di infermiere e ostetrica di comunità, affidato da un Ente Pubblico. Punti 1,00 per ogni anno intero. Punteggio max 5 Punteggio 0 Coefficiente parziale 0,000 Punteggio parziale 0,00 B) Concorrente n° 2 - "Si.": 2. Esperienza, del soggetto candidato oppure del capofila in caso di raggruppamento, nella gestione di servizi domiciliari a favore di persone anziane. Punti 1,00 per ogni servizio/progetto affidato da un Ente Pubblico. Sarà valutato un solo servizio/progetto per Ente Pubblico. Punteggio max 10 Punteggio 10 Coefficiente parziale 1,000 Punteggio parziale 10,00 4. Esperienza, del soggetto candidato oppure del capofila in caso di raggruppamento, nella gestione di servizi di infermiere e ostetrica di comunità, affidato da un Ente Pubblico. Punti 1,00 per ogni anno intero. Punteggio max 5 Punteggio 0 Coefficiente parziale 0,000 Punteggio parziale 0,00 5. Esperienza, del soggetto candidato oppure del capofila in caso di raggruppamento, nella gestione di servizi di infermiere e ostetrica di comunità, affidato da un Ente Pubblico. Punti 1,00 per ogni anno intero. Punteggio max 5 Punteggio 0 Coefficiente parziale 0,000 Punteggio parziale 0,00 (cfr. verbale n. 3 del 29 dicembre 2023). Le operazioni di gara si concludevano lo stesso giorno 29 dicembre 2023, allorché la Commissione, dopo aver esaminato anche la proposta economica delle concorrenti, attribuendo 20 punti a quella di "La Ro." e 13,97 a "Si.", individuava questa quale prima graduata in ragione della seguente graduatoria finale: "1. Si. Società Cooperativa Sociale 79,14 2. La Ro. Società Cooperativa 79,06" (cfr. verbale n. 4 del 29 dicembre 2023). 3. Sicché la stessa CUC, con determinazione dirigenziale n. 11 del 29 dicembre 2023, approvati i verbali di gara, proponeva l'aggiudicazione della commessa a favore della società "Si.", effettuando la relativa comunicazione di pertinenza a "La Ro." con note prot. nn. 50 e 65 del 2 gennaio 2024. 4. Da qui la proposizione del ricorso introduttivo del presente giudizio, notificato per mezzo P.E.C. il 17 gennaio 2024, con il quale "La Ro." impugnava innanzi a questo Tribunale la suddetta proposta di aggiudicazione e la presupposta lex specialis, unitamente agli altri atti in epigrafe indicati, chiedendone l'annullamento, con la conseguente "declaratoria di annullamento e/o inefficacia del contratto di appalto che fosse stato medio tempore stipulato con il RTI aggiudicatario, e subentro in esso della ricorrente La Ro. o, in subordine, con condanna della stazione appaltante al risarcimento del danno per equivalente monetario, con più ampia riserva di quantificazione in corso di causa". Il ricorso veniva affidato, a tal fine, a un unico e articolato motivo di gravame, così rubricato: "VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 1, 3 E 5 DEL D.LGS. N. 36/2023. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 26, 34 E 56 DEL TRATTATO SUL FUNZIONAMENTO DELL'UNIONE EUROPEA (TFUE). VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 97 COST. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI EUROUNITARI DI LIBERA CONCORRENZA, NON DISCRIMINAZIONE, PARITÀ DI TRATTAMENTO DEGLI OPERATORI ECONOMICI E FAVOR PARTECIPATIONIS. ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA E SVIAMENTO". 4.1. In estrema sintesi, il ricorso rappresentava come l'illegittima formulazione dei criteri di natura quantitativa per la valutazione dell'offerta tecnica di cui ai nn. 2, 4 e 5 di pag. 11 del Disciplinare avesse finito per viziare i lavori della Commissione, incidendo così sulla graduatoria finale, che vedeva "Si.", odierna controinteressata, conseguire la prima posizione, e quindi la commessa, con soli 0,8 punti di scarto rispetto a quelli ottenuti da "La Ro.". La ricorrente, in particolare, con una prima sotto-censura, contestava il criterio di valutazione quantitativa n. 2 del Disciplinare (che prevedeva l'attribuzione di 10 punti per "Esperienza, del soggetto candidato oppure del capofila in caso di raggruppamento, nella gestione di servizi domiciliari a favore di persone anziane. Punti 1,00 per ogni servizio/progetto affidato da un Ente Pubblico. Sarà valutato un solo servizio/progetto per Ente Pubblico"), ritenendolo illogico e limitativo della partecipazione alla gara, in quanto imperniato sull'attribuzione dei punteggi per servizio espletato per singola Amministrazione, e non già per quantità di servizi comunque prestati. La ricorrente formulava poi una seconda sotto-censura con la quale si doleva della illegittimità della legge di gara con riguardo al criterio di valutazione quantitativo n. 4 (premiante, col riconoscimento fino a un massimo di 5 punti, l'operatore che avesse dimostrato di detenere un'esperienza per i servizi di infermiere di comunità a favore di Enti Pubblici), in ragione della oggettiva impossibilità, per i concorrenti, di conseguire il punteggio massimo previsto per il suddetto criterio. Con una terza sotto-censura, infine, la ricorrente eccepiva la legittimità del criterio di valutazione "quantitativo" n. 5, relativo al possesso di esperienza nella gestione di servizi di ostetrica di comunità per un Ente Pubblico, deducendo che sarebbe stato impossibile per qualsiasi operatore ottenere un punteggio, ancorché minimo, per la voce richiesta, in ragione dell'inesistenza della figura professionale di "ostetrica di comunità ". 5. Poco dopo, la stessa "La Ro." impugnava con motivi aggiunti notificati il 1° marzo 2024, corredati di istanza cautelare, il sopravvenuto provvedimento formale di aggiudicazione definitiva dell'appalto alla "Si.", emesso dal Comune di (omissis) con determina prot. n. 1399 del 1° febbraio 2024 (R.A. n. 119). Dell'aggiudicazione veniva dedotta l'illegittimità derivata rispetto agli atti già gravati con il ricorso introduttivo, con la pedissequa riproposizione dei medesimi motivi di ricorso ("ILLEGITTIMITÀ DERIVATA DEI PROVVEDIMENTI IMPUGNATI CON IL PRESENTE RICORSO PER MOTIVI AGGIUNTI PER VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 1, 3 E 5 DEL D.LGS. N. 36/2023. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 26, 34 E 56 DEL TRATTATO SUL FUNZIONAMENTO DELL'UNIONE EUROPEA (TFUE). VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 97 COST. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI EUROUNITARI DI LIBERA CONCORRENZA, NON DISCRIMINAZIONE, PARITÀ DI TRATTAMENTO DEGLI OPERATORI ECONOMICI E FAVOR PARTECIPATIONIS. ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA E SVIAMENTO"). 6. Si costituivano in giudizio ex adverso il Comune di (omissis) e la "Si.", eccependo la complessiva inammissibilità dell'impugnativa e, comunque, la sua integrale infondatezza. L'aggiudicataria notificava anche un ricorso incidentale, che però non sarebbe mai stato depositato agli atti di causa. 7. Alla camera di consiglio del 10 aprile 2024, fissata per la trattazione della domanda cautelare recata dall'atto di motivi aggiunti, la ricorrente chiedeva l'abbinamento della propria istanza cautelare al merito, frattanto già calendarizzato per l'udienza pubblica del 24 aprile 2024. A seguito di sollecitazione del Collegio resa a verbale, la ricorrente provvedeva poi subito alla notifica del ricorso all'Agenzia per la Coesione Territoriale e al Ministero per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e PNRR, ai fini di quanto previsto dall'art. 12-bis, comma 4 del D.L. n. 68/2022. 8. All'udienza pubblica del 24 aprile 2024, all'esito della discussione delle parti costituite, il Collegio ha trattenuto infine la controversia per la decisione. 9. Il Collegio ritiene di poter passare direttamente alla trattazione del merito della controversia, potendo prescindere dallo scrutinio delle molteplici eccezioni di inammissibilità sollevate dalle parti resistenti per la sicura l'infondatezza della complessiva impugnazione proposta. Sempre in via preliminare, il Collegio osserva che, poiché i motivi aggiunti riproducono le censure già sviluppate nel ricorso introduttivo, i primi e le seconde non solo possono essere trattati unitariamente, ma, soprattutto, possono essere sin d'ora decisi: il deposito dei motivi aggiunti, proprio perché sostanzialmente non innovativi, bensì riproduttivi del precedente ricorso, non ha fatto invero sorgere nuove esigenze difensive, che sole avrebbero potuto giustificare il rinvio della trattazione della presente controversia. 10. Il ricorso e i motivi aggiunti sono infondati per le ragioni che si esporranno. 11. Come si è poc'anzi avvertito, le doglianze mosse da "La Ro." investono i criteri di aggiudicazione di ordine quantitativo nn. 2, 4 e 5 contemplati dal Disciplinare. 12. Principiando con la prima sotto-censura, la ricorrente denuncia l'illegittimità della lex specialis e degli atti consequenziali per violazione degli artt. 1 e 3 del Codice, nonché dei principi euro-unitari del favor participationis e di ragionevolezza, nella parte in cui il criterio di valutazione di ordine "quantitativo" n. 2 avrebbe cagionato in concreto un'eccessiva e illogica restrizione della concorrenza. Il criterio n. 2, come si è visto, riconosce all'operatore economico un massimo di 10 punti per l'esperienza maturata nella gestione di servizi domiciliari a favore di persone anziane: e prevede che i relativi punti vengano quantificati per un numero di 1,00 per ogni servizio/progetto affidato da un Ente Pubblico, con la precisazione che "sarà valutato un solo servizio/progetto per Ente Pubblico". Ora, a detta della ricorrente, l'attribuzione del punteggio per servizio espletato per singola Amministrazione, anziché per quantità di servizi comunque prestati, avrebbe "fattualmente precluso la partecipazione alla gara a una buona parte delle ditte interessate, mediante l'indicazione di requisiti sproporzionati e incongrui rispetto all'oggetto dell'appalto, o, comunque, come nel caso dell'odierna ricorrente, reso assai difficoltosa la partecipazione, precludendole di fatto (alla luce dello scarto di soli 0,8 punti dalla prima graduata) la possibilità di ottenere l'aggiudicazione della commessa pubblica, pur avendo La Ro. comunque svolto ben dieci servizi domiciliari a favore di persone anziane come previsto per tutti gli altri criteri" (cfr. pag. 11 - 12 del ricorso). "La Ro." ha dimostrato di avere prestato dieci servizi domiciliari a favore di persone anziane presso otto diversi enti pubblici, ossia: 1) ADS 11 Frentano; 2) Comune di Lanciano; 3) ADS 7 Vastese - Comune di Vasto; 4) ADS 7 Vastese - Unione dei Miracoli; 5) Unione dei Comuni del Medio Vomano, 6) ASL 2 Lanciano Vasto Chieti; 7) ASL 4 Teramo; 8) AULSS 9 Scaligera di Verona. Qualora, quindi, l'Amministrazione avesse elaborato il criterio n. 2 nel senso di dare rilevanza al solo "dato quantitativo oggettivo" dei servizi prestati per anno, come del resto fatto per gli altri criteri "quantitativi" nn. 1, 3, 4 e 5 (1 punto per ogni anno di servizio svolto), prescindendo quindi dal numero degli Enti presso i quali i servizi indicati erano stati svolti, "La Ro." avrebbe sicuramente conseguito il punteggio massimo di 10 punti (invece degli 8 ottenuti), e, pertanto, ottenuto l'aggiudicazione della commessa. 13. La censura non coglie nel segno. 13.1. Come ben evidenziato dal Comune resistente, nell'architettura della commessa di cui si tratta il servizio domiciliare di assistenza agli anziani riveste uno dei punti principali, anche dal punto di vista quantitativo, della complessiva prestazione da fornire. Il Capitolato d'oneri, invero, descrive il suddetto servizio nei seguenti termini: "Il servizio di assistenza domiciliare è un servizio rivolto ad anziani fragili, con limitata autonomia, che vivono da soli e/o che vivono con famiglie che non sono in grado di assicurare un buon livello di assistenza per la cura e l'igiene della persona e della casa e per il mantenimento delle condizioni di autonomia. La finalità del servizio è quella di favorire la permanenza dell'anziano nel suo ambiente abitativo e sociale e di accrescere la sua capacità di autodeterminazione, attraverso sia attività socializzanti, limitando il rischio di emarginazione sociale, sia prestazioni assistenziali, atte a prevenire malattie cronico-degenerative. Il servizio dovrà comprendere un pacchetto di prestazioni, indirizzate al sostegno di carattere organizzativo per lo svolgimento tanto delle attività di base della vita quotidiana dell'anziano quanto per lo svolgimento di attività strumentali. Lo stesso sarà attivato sia su informazione dei Servizi Sociali sia su richiesta del possibile utente e/o di un caregiver, tramite avviso pubblico a cura del soggetto affidatario, coordinandosi con i servizi sociali del Comune di (omissis). L'istruttoria per l'ammissione al servizio sarà curata dall'Assistente Sociale che prenderà in carico la richiesta attivando un Piano di Assistenza Personalizzato ad hoc anche in accordo con gli altri specialisti (MMG; ecc) e con i servizi sociali del Comune. Sarà necessario compilare una domanda con cui si chiederà l'attivazione del servizio di assistenza domiciliare su apposito modulo. A seguito di tale domanda l'assistente sociale effettuerà una visita domiciliare ed avvierà il processo di definizione del programma personalizzato di intervento. I beneficiari del servizio saranno almeno 26 anziani fragili, residenti a (omissis)" (cfr. pag. 8 del Capitolato d'oneri). La rilevanza rivestita dal servizio domiciliare di assistenza nella dinamica dell'appalto è sugellata dal connesso valore attribuito, in termini di punteggio, dai criteri di valutazione dell'offerta tecnica. La lex specialis attribuisce difatti al criterio n. 2 un valore fino a 10 punti, ossia il più alto nel contesto dei 5 criteri quantitativi previsti. 13.2. Con tale criterio, non vi è dubbio, l'Amministrazione ha inteso premiare la capacità organizzativa e professionale della singola impresa, come desumibile dai servizi dalla medesima già resi. Quel che alla ricorrente sembra sfuggire, tuttavia, nella sua logica esasperatamente quantitativa ("il servizio, indipendentemente dall'ente in favore del quale è stato erogato, sempre quello è ": pag. 12 del ricorso), è la circostanza che, a parità del numero di servizi globalmente assicurati, la cifra dei medesimi possiede una capacità espressiva di pregio superiore (in termini di maggior elasticità e ricchezza del bagaglio esperienziale dell'organizzazione) ove gli stessi siano stati erogati a beneficio di committenti pubbliche differenti, e, di riflesso, comunità diverse, in luogo di un'unica Amministrazione. La razionalità del criterio in analisi è pertanto insuscettibile di essere posta in discussione, avendo la Stazione Appaltante, nell'esercizio della propria discrezionalità, non implausibilmente scelto di conferire maggiori punteggi ai concorrenti che avessero dimostrato di aver operato nel settore a beneficio di una più ampia gamma di interlocutori istituzionali. Il Collegio evidenzia, inoltre, come risulti sostanzialmente inconferente, a sostegno della sotto-censura in trattazione, il richiamo del ricorso -peraltro solo apodittico sul punto- ai valori della tutela della concorrenza e del favor participationis. Tali valori, invero, assumono rilevanza nel procedimento evidenziale precipuamente in relazione ai requisiti di partecipazione alle gare. La doglianza in esame, invece, investendo specificamente il criterio di valutazione di ordine quantitativo stabilito dalla S.A., sottopone allo scrutinio di questo T.A.R. la diversa fase procedimentale di attribuzione del punteggio, da parte della Commissione di gara, a operatori la cui verifica dei requisiti di partecipazione era stata già favorevolmente superata (come peraltro desumibile dal II verbale del 29 dicembre 2023). 13.3. Ne consegue, in conclusione, che non possono nutrirsi dubbi sulla legittimità, ragionevolezza e logicità del criterio n. 2 in questione, con conseguente reiezione della relativa prima sotto-censura. 14. Passando alla seconda sotto-censura, la ricorrente contesta qui la legittimità del criterio di ordine quantitativo di cui al n. 4 del Disciplinare (che attribuisce un punteggio, in relazione all'esperienza del candidato nella gestione di servizi di "infermiere di comunità " affidati da un Ente Pubblico, pari a 1 punto per ogni anno svolto) adducendo l'oggettiva impossibilità, per i concorrenti, di conseguire in concreto il punteggio massimo previsto dalla lex specialis di 5 punti. 14.1. A detta della ricorrente la figura del c.d. infermiere di comunità (o di famiglia), specificamente posta a base del criterio n. 4, è stata introdotta nell'ordinamento nazionale solamente con l'art. 1, comma 5, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 341, entrato in vigore lo stesso giorno e convertito con legge n. 77/2020. Essendo, quindi, detta figura professionale esistente da meno di quattro anni, non vi sarebbe dubbio alcuno che nessuno degli operatori, "La Ro." inclusa, avrebbe potuto conseguire il punteggio massimo di 5 punti. 14.2. Il rilievo è inammissibile per difetto di interesse. 14.3. Effettivamente il criterio in analisi, così come congegnato dall'Amministrazione, non avrebbe potuto permettere il conseguimento del punteggio massimo di 5 punti, per essere la figura professionale di infermiere di comunità presente nell'ordinamento nazionale solo a partire dal 2020: sicché il punteggio massimo conseguibile in astratto non avrebbe potuto essere comunque superiore ai 4 punti. Nondimeno, il verbale n. 3 del 29 dicembre 2023 attesta che tanto a "La Ro." quanto a "Si." la Commissione ha attribuito, per il criterio in discussione, un punteggio pari a 0, non reputando quindi dimostrato in concreto da alcuna delle concorrenti il fatto di aver prestato un servizio di infermiere di comunità . Ciò posto, la ricorrente non ha dato prova alcuna né del concreto pregiudizio da essa patì to per l'applicazione del criterio in argomento, né del vantaggio ipoteticamente conseguito dalla controinteressata. E appare del resto evidente che, anche ove la dote di 5 punti correlati al criterio n. 4 fosse stata parametrata, dalla lex specialis, a un periodo non superiore al quadriennio, il risultato pratico della specifica gara sarebbe stato pur sempre in parte qua quello, ininfluente, dell'assegnazione a entrambe le contendenti, per tale criterio, di un punteggio pari a 0. Se ne desume, allora, che un ipotetico annullamento giurisdizionale della clausola di lex specialis in contestazione, dal momento che questa si è rivelata priva di effetti causali sull'esito della gara, non sarebbe suscettibile ex se di inficiare in alcun modo il provvedimento di aggiudicazione. Deve poi aggiungersi che la ricorrente non ha offerto alcun argomento per sostenere che dalla ben circoscritta invalidità dedotta a carico del capitolato possa scaturirne una eventuale invalidazione addirittura integrale della disciplina di gara, a partire dal suo stesso bando: né del resto ha con chiarezza richiesto al Tribunale di pervenire a una siffatta conclusione di annullamento totale della procedura di appalto. In assenza, dunque, della prospettazione di una chiara utilità conseguibile in concreto da una pronunzia favorevole sul punto, deve affermarsi l'evidente difetto d'interesse di parte ricorrente al vaglio del merito della sotto-censura in analisi, atteso che il giudizio amministrativo richiede che chi ricorre sia portatore di un interesse personale concreto e attuale a sostegno delle sue singole critiche, e non già di un interesse alla mera ed astratta legittimità della legge di gara. 14.4. Da qui la conseguente inammissibilità della seconda sotto-censura. 15. Giungendo, infine, alla terza sotto-censura, la ricorrente lamenta con essa l'illegittimità della lex specialis con riguardo al criterio, sempre di ordine quantitativo, di cui al n. 5 del Disciplinare, diretto a premiare con un punteggio massimo di 5 punti l'esperienza maturata dall'operatore economico concorrente nella gestione pregressa di servizi di "ostetrica di comunità " a favore di un ente pubblico. 15.1. "La Ro." afferma qui la patente impossibilità, per qualsiasi operatore, di ottenere qualsivoglia punteggio, ancorché solo minimo, in applicazione di quest'ultimo criterio, in ragione dell'inesistenza della figura professionale richiesta. Infatti il disegno di legge n. 2076 presentato in Senato nel 2021, e relativo all'istituzione della figura professionale dell'ostetrica di comunità, non è mai stato approvato dal Parlamento. Non essendo quindi stata ancora introdotta nell'ordinamento nazionale la relativa figura professionale, la ricorrente deduce, in pratica, l'insensatezza logica della previsione della disciplina di gara tesa all'attribuzione ai concorrenti di un punteggio di 1 punto per ogni anno di svolgimento del relativo servizio. 15.2. Ora, anche tale censura risulta essere inammissibile, oltre che, come si vedrà, infondata. 15.3. La ricorrente pone in evidenza come il criterio in esame non potesse in concreto rivestire alcuna efficacia ai fini dell'aggiudicazione della commessa, atteso che nessuna delle due concorrenti avrebbe potuto vantare, e tantomeno dimostrare, il possesso di un'esperienza nella gestione di servizi di ostetrica di comunità a favore di un ente pubblico. L'illustrata assenza nell'ordinamento giuridico nazionale della figura professionale dell'ostetrica di comunità, nonché la mancanza, nella lex specialis, di una qualche clausola di assimilabilità alla detta figura di altre, portano allora, ad avviso del Collegio, all'inevitabile conseguenza dell'inefficacia pratica del criterio n. 5 in analisi, rivelatosi nei fatti, in sostanza, come tamquam non esset. Del resto, sul piano propriamente pratico della vicenda, risulta dagli atti che la Commissione, nella seduta di valutazione del 29 dicembre 2023, abbia nei fatti disconosciuto ogni rilevanza e utilità al criterio, attribuendo per esso a entrambe le imprese concorrenti un punteggio pari a 0. 15.4. In questo contesto, la censura di legittimità dedotta con riguardo a quest'ultimo criterio si palesa quindi inammissibile, alla stessa stregua di quanto appena evidenziato con riguardo al criterio quantitativo n. 4, non essendo nemmeno in questo caso desumibile l'esistenza di alcuna utilità, neppure mediata, che la ricorrente possa trarre dall'accoglimento della doglianza. E, difatti, dinanzi all'attribuzione del punteggio di "0", anche per questo ulteriore criterio, a entrambe le contendenti, la ricorrente non ha fornito neanche in questo frangente prova alcuna né del concreto pregiudizio da essa subì to dall'applicazione del criterio in argomento, né del vantaggio ipoteticamente conseguito dalla controinteressata. Né "La Ro." ha offerto, anche in questo caso, argomenti in forza dei quali dalla presunta invalidità del criterio in analisi dovrebbe discendere una ipotetica invalidazione integrale della disciplina di gara. Ne consegue che, alla luce delle superiori considerazioni, non residua alcun vantaggio utile dall'impugnativa del criterio in analisi: donde l'inammissibilità per difetto di interesse anche della terza sotto-censura. 15.5. Oltre a essere inammissibile, questa conclusiva censura può ritenersi, infine, anche infondata nel merito, in forza dell'applicazione del principio del risultato di cui all'art. 1 del Codice dei contratti pubblici. Il principio del risultato è definito dall'articolo 1, comma 3 del Codice, quale "attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità ". Esso, continua lo stesso comma, "è perseguito nell'interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell'Unione europea". E, soprattutto, il successivo comma 4 evidenzia che tale principio costituisce "criterio prioritario per l'esercizio del potere discrezionale e per l'individuazione della regola del caso concreto". Siffatto principio riveste quindi, nel contesto del Codice, una primaria valenza gerarchica, atteso che lo stesso, unitamente ai principi della fiducia (art. 2) e dell'accesso al mercato, costituisce, in forza del successivo art. 4, criterio applicativo e interpretativo della generalità delle disposizioni codicistiche. E' inoltre il caso di ricordare che, secondo la recente giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. III, 26 marzo 2024, n. 2866), l'importanza del "risultato" nella disciplina dell'attività dell'amministrazione "non va riguardata ponendo tale valore in chiave antagonista rispetto al principio di legalità, rispetto al quale potrebbe realizzare una potenziale frizione: al contrario, come pure è stato efficacemente sostenuto successivamente all'entrata in vigore del richiamato d.lgs. n. 36 del 2023, il risultato concorre ad integrare il paradigma normativo del provvedimento e dunque ad'ampliare il perimetro del sindacato giurisdizionale piuttosto che diminuirlò, facendo 'transitare nell'area della legittimità, e quindi della giustiziabilità, opzioni e scelte che sinora si pensava attenessero al merito e fossero come tali insindacabilà " (cfr. Cons. Stato, sez. III, 2866/3023 cit., richiamata anche da T.A.R. Toscana, sez. II, 23 aprile 2024, n. 493). Ponendosi, dunque, il valore del "risultato" quale elemento costitutivo della cognitio di questo G.A., ad avviso del Collegio il medesimo deve essere declinato, nel caso di impugnativa avente a oggetto appalti pubblici, nel senso di "privilegiare l'effettivo e tempestivo conseguimento degli obiettivi dell'azione pubblica, prendendo in considerazione i fattori sostanziali dell'attività amministrativa", e pertanto "escludendo che la stessa sia vanificata, in tutti quei casi in cui non si rinvengano obiettive ragioni che ostino al suo espletamento" (cfr. T.A.R. Campania - Napoli, sez. I, 15 gennaio 2024, n. 377). Ebbene, ad avviso del Collegio le suddette coordinate ermeneutiche conducono nel caso di specie, nel merito, alla conclusione della salvezza dell'intera procedura di gara proprio in virtù dell'applicazione del principio del risultato. Le offerte di gara nella specifica vicenda sono state analiticamente confrontate, e la valutazione della commissione non è stata attinta da vizi sostanziali, né da forme di illegittimità derivata di cui sia stata allegata e dimostrata l'attitudine a inficiare l'intera procedura. D'altra parte, il criterio ora in disamina, in concreto, non è stato dalla Commissione operativamente applicato, non essendo valso a conferire a nessuno dei contendenti alcun punteggio e, dunque, alcuna utilità . Da qui dunque la conclusione, alla stregua del predetto principio di cui all'art. 1 del Codice, della prevalenza del dato di legittimità sostanziale dell'avvenuto perseguimento dell'interesse pubblico, per mezzo della commessa, sulla problematica sollevata dalla ricorrente a carico del criterio di valutazione n. 5, in questa sede, in termini di regolarità solo formale e del tutto astratta. 15.5. Sicché, per gli argomenti sopra esposti, anche la terza sotto-censura deve essere nel suo complesso respinta. 16. In conclusione, alla luce di tutto quanto precede, il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti di parte ricorrente devono essere integralmente respinti. La novità delle questioni sottoposte nel presente contenzioso giustifica la compensazione delle spese tra le parti costituite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima, definitivamente pronunciando sulla controversia in epigrafe, respinge il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Gaviano - Presidente Luigi Lalla - Referendario Federico Giuseppe Russo - Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA NON DEFINITIVA sul ricorso numero di registro generale 27 del 2021, proposto dalla società Li. 24 s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato An. St. Da., con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia; contro Regione Molise, nonché Ministero della Cultura - Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Molise, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, alla via (...); nei confronti del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, alla via (...); Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gi. Di Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento - della determinazione del Direttore del IV Dipartimento della Regione Molise n. 154 del 16.11.2020, recante in oggetto "determinazione di conclusione negativa della conferenza di servizi ex art. 14-quater l. n. 241/90 e ss.mm.ii. Rigetto istanza tesa a ottenere l'autorizzazione unica ai sensi dell'art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 per la realizzazione e l'esercizio di un impianto fotovoltaico della potenza nominale di 20,78 MW, da ubicarsi in c/da (omissis) nel Comune di (omissis) (CB) e relative opere di connessione alla RTN. Società proponente: Li. 24 s.r.l."; - di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ancorché non conosciuto dall'odierna ricorrente, ivi compresi, ove occorrer possa: a. la nota della Regione Molise prot. n. 140333 del 12.9.2020 adottata ai sensi dell'art. 10-bis della legge n. 241/1990, con la quale è stato comunicato il preavviso di diniego dell'istanza; b. il parere negativo reso dalla Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio del Molise con nota prot. n. 7291 del 10.8.2020, comunicato unitamente al preavviso di diniego; c. il parere negativo reso dal Comune di (omissis) con nota prot. 10975 del 13.8.2020, comunicato sempre unitamente al preavviso di diniego, nonché, ove occorra, i relativi atti presupposti, ossia le deliberazioni del Consiglio comunale n. 30 del 7.8.2020, con i relativi allegati, e n. 36 del 29.10.2010; d. la nota di riscontro della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio del 21.10.2020, con la quale viene formulato parere negativo alla realizzazione del progetto; e. nei limiti dell'interesse in questa sede azionato, e solo ove occorra, il Piano Territoriale Paesistico Ambientale di Area Vasta adottato ai sensi della legge regionale n. 24/1989. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 aprile 2024 il dott. Roberto Ferrari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Visto l'art. 36, co. 2, cod. proc. amm.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Viene alla decisione del Collegio il ricorso con il quale la Li. 24 s.r.l. ha impugnato la determinazione regionale n. 154 del 6.11.2020 con la quale è stata respinta la sua istanza finalizzata alla realizzazione di un impianto fotovoltaico nel territorio del Comune di (omissis). E' utile brevemente ripercorrere i momenti più salienti dell'iter amministrativo che ha preceduto l'adozione del provvedimento. 2. Con nota assunta al prot. regionale n. 147544 del 28.11.2019 la società aveva presentato istanza per il rilascio dell'autorizzazione unica ai sensi dell'art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 per "la costruzione e l'esercizio di un impianto fotovoltaico della potenza nominale di 20,78 MWp, da ubicarsi in c/da (omissis) nel Comune di (omissis) e relative opere di connessione alla RTN nella SE elettrica di trasformazione 380/150 kV di (omissis), mediante la realizzazione di un cavidotto interrato della lunghezza di circa 2,5 km". 3. Con determinazione n. 1960 del 16.4.2020 la Regione Molise aveva escluso la sottoposizione del progetto alla procedura di valutazione di impatto ambientale, e, di seguito, con successiva nota del 18.5.2020 aveva convocato la conferenza dei servizi in modalità asincrona ai sensi dell'art. 14-bis della legge n. 241/1990. 3.1 Nell'ambito della Conferenza, così come previsto dall'art. 12 del D.lgs. n. 387/2003 (e come confermano le premesse del provvedimento conclusivo del procedimento), la Regione aveva disposto che, tra gli altri, dovessero confluire i seguenti pareri, in ragione del regime vincolistico che riteneva sussistere nell'area dell'intervento progettuale: "1) Verifica di Assoggettabilità a Valutazione di Impatto ai sensi dell'art. 19 del d.lgs. n. 152/2006; 2) Autorizzazione Paesaggistica ai sensi dell'art. 146 del D.lgs. n. 42/2004 in quanto l'area oggetto di intervento risultava sottoposta a pianificazione paesistica di cui al PTPAAV n. 2 "Lago di Gu. - (omissis)", la cui approvazione equivale a dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi della legge n. 1497 del 1939 (Rif. Art. 8 comma 1 della L.R. n. 24 del 16.12.1989); 3) Autorizzazione ai sensi dell'art. 21 del d.lgs. 42/2004 per gli aspetti relativi alla tutela archeologica per quanto riguarda l'allestimento del cavidotto lungo il Tratturo (omissis); 4) Concessione sull'utilizzo dei Demani Tratturali ai sensi della L.R. n. 9 del 11/04/1997, Regolamento di attuazione n. 1 del 08/01/2003 e Delibera di Giunta Regionale n. 468 del 29/11/2009, conseguente all'acquisizione dell'autorizzazione da parte della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per il Molise ai sensi dell'art. 21 del d.lgs. n. 42/2004" (cfr la premessa "Constatato che" del provvedimento impugnato) 4. Con nota prot. n. 7291 del 10.8.2020 perveniva il parere negativo della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Molise, che, in ragione della motivazione che in seguito verrà più diffusamente richiamata, così concludeva: "Per quanto sopra esposto, e per le ragioni evidenziate, questa Soprintendenza esprime parere negativo ai sensi dell'art. 146 del D.lgs. 42/2004 per gli aspetti paesaggistici alla realizzazione dell'impianto fotovoltaico, oltre che a formulare il diniego ai sensi dell'art. 21 del D.Lgs. 42/2004 per gli aspetti relativi alla tutela archeologica per quanto riguarda l'allestimento del cavidotto lungo il Tratturo (omissis)". 5. A tale parere la società replicava con nota di riscontro assunta al prot. della Regione Molise n. 144804 del 21.9.2020, con la quale, contestando le motivazioni espresse nel parere negativo della Soprintendenza, ne affermava comunque la natura non vincolante, sottolineando che "l'Amministrazione procedente detiene il potere di rilasciare il titolo autorizzativo, anche alla luce dell'interesse pubblico sotteso alla realizzazione dell'impianto..." 5.1 A seguito delle osservazioni svolte dall'interessata la Soprintendenza emetteva l'ulteriore parere n. prot. 9794 del 21.10.2020, nel quale, valutando le osservazioni e le proposte di modifica progettuale che la società s'impegnava a formulare, essa confermava comunque il proprio precedente parere negativo, sottolineando che, "Per quanto sopra detto, né la modifica progettuale inerente il percorso del cavidotto, pur salvaguardando il tratturo, né le osservazioni formulate, sono tali da poter indurre questa Soprintendenza ad una riformulazione del parere vincolante già espresso con nota prot. n. 7291 del 10/08/2020". 6. A conclusione del percorso procedimentale veniva quindi emesso il provvedimento impugnato in via principale nell'odierno giudizio, ossia la determina n. 154 del 16.11.2020, con la quale la Regione decideva: "1) di prendere atto del parere vincolante del MIBACT - Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Molise prot. n. 7291 del 10/08/2020 e dell'elevata potenzialità produttiva e di pregio dell'area interessata dall'intervento", e, di conseguenza, "rigettare l'istanza della Società LI. 24 SRL con sede legale nel Comune di Milano in Via (omissis), P.I.(omissis), assunta al prot. Regionale n. 147544 del 28/11/2019 per la costruzione e all'esercizio di un impianto fotovoltaico della potenza nominale di 20,78 MWp, da ubicarsi in c/da (omissis) nel Comune di (omissis) e relative opere di connessione alla RTN nella SE elettrica di trasformazione 380/150 kV di (omissis), mediante la realizzazione di un cavidotto interrato della lunghezza di circa 2,5 km" 7. Avverso tale provvedimento conclusivo e gli atti da esso presupposti la Li. 24 s.r.l. ha quindi proposto l'attuale ricorso, affidato a sei motivi così rubricati: 1) Sull'intervenuto parere favorevole del ministero e del comune per carenza di dissenso costruttivo: Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3, 14-bis e 14-ter della legge n. 241/90. Violazione dell'art. 12 del d.lgs. n. 387/2003. Violazione del D.M. 10.9.2010. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione degli artt. 3 e 97 Cost. Violazione del principio di proporzionalità dell'azione amministrativa. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione del principio di leale collaborazione. Violazione del divieto di aggravio procedimentale. Eccesso di potere per contraddittorietà dell'azione amministrativa. Violazione del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili.; 2) Sulla illegittimità del provvedimento di diniego in ragione del carattere non vincolante del parere ministeriale. In via subordinata: sulla rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 8 della l.r. n. 24/1989; 3) Sulla illegittimità del provvedimento di diniego in relazione alle posizioni prevalenti espresse dagli enti coinvolti e sulla rilevanza del provvedimento di via e del piano energetico regionale: Violazione e falsa applicazione dell'art. 12 del d.lgs. n. 387/2003. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3 e 14-bis e seguenti della legge n. 241/90. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 152/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità e irragionevolezza dell'azione amministrazione. Violazione degli art. 3 e 97 Cost. Violazione del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili. Violazione della direttiva 2009/28/CE. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità dell'azione amministrativa. Travisamento dei fatti rilevanti. Violazione e falsa applicazione del Piano. Violazione e falsa applicazione del PEAR; 4) Sulla illegittimità del parere ministeriale e della nota di controdeduzioni: Violazione e falsa applicazione dell'art. 12 del d.lgs. n. 387/2003. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, e 14-bis e seguenti della legge n. 241/90. Violazione e falsa applicazione dell'art. 10-bis della legge n. 241/90. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 42/2004. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità e irragionevolezza dell'azione amministrazione. Violazione del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili. Violazione della direttiva 2009/28/CE. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità dell'azione amministrativa. Travisamento di fatti rilevanti. Violazione e falsa applicazione del Piano. Violazione e falsa applicazione del PEAR; 5) Sulla illegittimità del provvedimento di diniego in relazione al parere comunale; 6) Sugli ulteriori profili di illegittimità per difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento di diniego". 8. In resistenza all'impugnativa si sono costituite le Amministrazioni intimate, le quali hanno eccepito in via preliminare l'irricevibilità parziale del ricorso, per tardività dell'impugnazione dei pareri negativi espressi dalla Soprintendenza sui quali si era in gran parte fondata la motivazione del diniego della Regione. Dall'affermazione di tale parziale irricevibilità e della conseguente inoppugnabilità degli anzidetti pareri, le resistenti hanno altresì desunto l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d'interesse, attesa la natura plurimotivata del provvedimento impugnato. In subordine le Amministrazioni hanno comunque rilevato l'infondatezza nel merito del ricorso. Nella fase cautelare la causa è stata chiamata alla camera di consiglio del 10.2.2021, al cui esito, su richiesta della ricorrente, è stata rinviata al merito. In vista dell'udienza pubblica del 24.4.2024, successivamente fissata, le parti hanno depositato le rispettive memorie e gli scritti di replica. Nel corso dell'indicata udienza, sentiti i difensori come da verbale in atti, la causa è stata quindi trattenuta in decisione. 9. Il Collegio rileva subito come, allo stato, e per le ragioni che di qui a poco si preciseranno, non sia possibile giungere immediatamente a una decisione completa sul merito di causa. Pertanto con la presente sentenza viene definita solo una parte della controversia. Il Tribunale si pronuncerà sulle eccezioni preliminari sollevate in rito dalle resistenti e sul primo motivo di ricorso, per il resto disponendo invece incombenti istruttori, nei sensi e per le motivazioni di cui ai successivi paragrr. 12 e 13. 10.Va in primo luogo esaminata l'eccezione d'irricevibilità parziale del ricorso, e quella, connessa, di sopravvenuta improcedibilità dello stesso gravame, sollevate sia dall'Avvocatura dello Stato che dal Comune di (omissis) sul presupposto che la ricorrente non avrebbe tempestivamente impugnato i pareri MIBAC prot. n. prot. 7291 del 10.8.2020 e prot.n. 9794 del 21/10/2020. 10.1 L'eccezione non coglie nel segno. Simili pareri, infatti, nella generale considerazione della giurisprudenza assumono di regola rilievo come atti solo endo-procedimentali, e quindi privi di un'immediata efficacia lesiva, in quanto la lesione della sfera giuridica dell'interessato si determina soltanto, all'esito della Conferenza dei Servizi, con l'emissione dell'atto conclusivo del procedimento amministrativo. In argomento, da ultimo le SS.UU. della Corte di Cassazione (con sentenza resa in materia di competenza del Tribunale delle acque, ma con considerazioni di carattere generale) hanno difatti decisivamente osservato: "Il dissenso motivato espresso dal MIBAC (Ministero dei beni culturali ed ambientali), ai sensi dell'art. 26, comma 2, del d.lgs. n. 42 del 2004, in seno alla conferenza di servizi di cui all'art. 12, comma 3, d.lgs. n. 387 del 2003, per il rilascio dell'autorizzazione alla costruzione di impianti di energia elettrica da fonti rinnovabili, svolge una mera funzione di rappresentazione degli interessi affidati alla sua tutela e non preclude, dunque, la prosecuzione del procedimento verso la decisione conclusiva, ai sensi dell'art. 25 del citato d.lgs. n. 42 del 2004" (Cass. Civ. SS.UU. n. 10054/2023, già richiamata in T.A.R. Molise n. 346/2023). L'eccezione va quindi disattesa. 10.2 Con il rigetto di tale eccezione cadono altresì quelle ad essa collegate. Secondo questi ulteriori rilievi delle resistenti difese, stante la mancata impugnazione immediata dei predetti pareri, e tenuto conto della natura plurimotivata del provvedimento finale impugnato, la ricorrente avrebbe ormai tecnicamente perduto ogni interesse alla disamina dei propri motivi di ricorso. Questa prospettazione dà tuttavia per presupposta quella stessa pretesa irricevibilità per tardività dell'impugnazione dei pareri del MIBAC che è stata qui appena esclusa. Quanto appena osservato, pertanto, circa l'insussistenza di un onere d'immediata impugnazione dei pareri de quibus risulta già sufficiente a disattendere anche quest'ulteriore eccezione. 11. Sgomberato il campo dalle eccezioni preliminari, si può così passare alla disamina dell'unica questione di merito, quella posta dal primo motivo di ricorso, della quale il Collegio può occuparsi anche prima di aver soddisfatto le esigenze istruttorie che di seguito verranno precisate. La Soprintendenza, secondo la prospettiva ricorsuale, nell'esprimere i suoi due pareri negativi sul progetto proposto dalla ricorrente avrebbe violato il disposto dell'art. 14 ter L. n. 241/1990, nella parte in cui questo prevede che "ciascun ente o amministrazione convocato alla riunione è rappresentato da un unico soggetto abilitato ad esprimere definitivamente e in modo univoco e vincolante la posizione dell'amministrazione stessa su tutte le decisioni di competenza della conferenza, anche indicando le modifiche progettuali eventualmente necessarie ai fini dell'assenso". Segnatamente, la ricorrente lamenta che il dissenso dell'Amministrazione preposta alla tutela dei vincoli rilevanti nel procedimento sarebbe stato espresso in maniera innanzitutto non esaustiva, e, comunque, non costruttiva, come invece prescritto dalla parte conclusiva del precetto appena trascritto. Questa critica, imperniata sul c.d. dissenso costruttivo, non può però trovare adesione. 11.1 In primo luogo, in via generale il Collegio, richiamandosi all'avviso già recentemente espresso dal Tribunale su analoga censura, non ritiene condivisibile l'affermazione - che nella prospettazione attorea vorrebbe invece ergersi a regola ineludibile - secondo la quale il dissenso dovrebbe sempre e indefettibilmente avere, alla stregua del disegno legislativo, un necessario contenuto alternativo (T.A.R. Molise n. 346/2023). La preferibile interpretazione più elastica si fonda su quanto significativamente rilevato nei principi espressi nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, e così declinati: "non è vietato esprimere un dissenso assoluto: la commendevole prassi di imporre prescrizioni, o comunque di pervenire ad una anticipazione dei correttivi che potrebbero far giungere al superamento del dissenso (modus operandi, questo, senz'altro corretto e lodevole) ovviamente non può costituire una evenienza invariabile: essa non si giustifica, laddove l'amministrazione prospetti l'assoluta impossibilità di eseguire l'opera in quell'area (in questi casi, ovviamente, il vaglio, che dovrà essere particolarmente accurato e stringente si incentrerà sulla motivazione dell'assolutezza del diniego" (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 6923/2018). 11.2 Quanto appena detto non contrasta con l'orientamento, parimenti consolidato in giurisprudenza, in base al quale il contraddittorio tra le parti pubbliche e private nel procedimento finalizzato al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica "si distingue per una peculiare declinazione dei principi della collaborazione e della buona fede cui è improntato il rapporto amministrativo (art. 1, co. 2 - bis, l. n. 241/1990 e s.m.i.), i quali, in presenza di ragioni ostative all'accoglimento dell'istanza, debbono assumere, ove possibile, la veste del c.d. "dissenso costruttivo", vale a dire dell'obbligo delle amministrazioni coinvolte di collaborare lealmente con la parte privata per consentirle di apportare al progetto le modifiche necessarie a renderlo compatibile con i valori tutelati dal vincolo". (Consiglio di Stato Sez. IV, n. 8038/2023). Come sottolineato, difatti, nella medesima decisione, peraltro emessa in vicenda con connotazioni simili a quella odierna, "tale obbligo non si traduce necessariamente nel farsi carico delle modifiche occorrenti a conformare il progetto, ma nel fornire all'interessato le indicazioni e le coordinate necessarie per orientarsi con cognizione di causa fra le diverse alternative praticabili in astratto, nella ricerca della soluzione compatibile con la disciplina vincolistica". 11.3 Orbene, in disparte la complessiva valutazione dell'attendibilità e legittimità delle motivazioni del diniego fornite dall'Amministrazione e costituenti oggetto del corrente giudizio - la cui analisi sarà demandata alla sentenza definitiva -, in questa sede può senz'altro osservarsi che la Soprintendenza preposta, in esito al percorso procedimentale intrapreso, ha ritenuto, nella propria prospettiva tutoria, non ravvisabili modifiche progettuali idonee a rendere ammissibile l'intervento proposto dalla ricorrente. Nella sua ottica, infatti, come emerge dai due pareri espressi nel corso del procedimento, la Soprintendenza ha rilevato la sostanziale assenza di una soluzione effettivamente prospettabile per poter realizzare l'impianto in controversia allocandolo nell'area di destinazione prescelta dalla ricorrente. In questo quadro, dunque, il punto di vista espresso dall'Amministrazione, al cospetto della pretesa attorea di ottenere da essa comunque un dissenso costruttivo, e perciò la prospettazione di una diversa soluzione progettuale, non si presenta censurabile (fermo restando che rimane impregiudicata la disamina delle critiche di merito sollevate dalla ricorrente avverso la posizione della Soprintendenza, delle quali il Tribunale si farà carico, come predetto, nella sentenza definitiva). 11.4 A tale conclusione il Collegio addiviene proprio alla luce dei contenuti dei due pareri espressi dal MIBAC, le cui motivazioni sono poi rifluite nel provvedimento impugnato. Ebbene, già nel suo primo parere (prot. 7291 del 10.8.2020) la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Molise aveva affermato l'incompatibilità del progetto nel suo complesso con le esigenze di tutela dei valori di interesse sia archeologico che paesaggistico ad essa affidati. Dal primo punto di vista l'Amministrazione aveva infatti ritenuto che tutta l'area prescelta per la localizzazione dell'impianto si dovesse considerare "ad altissimo rischio archeologico come dimostrato dalle ricognizioni intensive e sistematiche effettuate a partire dal lavoro portato avanti tra gli anni settanta e gli anni ottanta dall'é quipe dell'Università di Leicester diretta dal Prof. G. Barker, che ha edito un importante studio che riguarda la valle del Biferno". Sotto il profilo paesaggistico, anche in questo caso con considerazioni idonee ad investire l'intera area, e quindi a incidere negativamente sul complessivo progetto, la Soprintendenza aveva poi sottolineato che: "l'area in questione è classificata come Pa, ossia caratterizzata da aree di interesse produttivo agricolo di valore elevato, a sottolineare l'importanza della valenza agraria del paesaggio". Da qui l'Amministrazione aveva poi ravvisato l'incompatibilità dell'impianto nella sua interezza rispetto all'area interessata, poiché "L'impianto sia per il suo carattere industriale che per la sua estensione, di circa 25 Ha, è in grado di determinare uno stravolgimento per quanto riguarda la percezione del paesaggio agrario tutelato". Infine, il parere aveva precisato: "La realizzazione dell'impianto, infatti, è in grado di riconnotare completamente l'aspetto agrario dei luoghi che, in questo ristretto ambito, risulta ancora compatibile con la zonizzazione industriale prevista dallo strumento urbanistico. Tale alterazione, inoltre, è dovuta anche all'effetto cumulo con un preesistente impianto fotovoltaico a distanza di circa 700 metri". 11.5 Non va poi trascurato che l'Amministrazione aveva anche valutato se fosse stato possibile il superamento di alcune delle criticità di impatto generale già rilevate nel suo primo parere quando la società, a fronte dei rilievi connessi al valore archeologico dell'area, aveva espresso la volontà di realizzare un percorso alternativo del cavidotto, e, "al fine di superare l'interferenza con il tratturo Sant'Andrea - Biferno il Servizio, con nota prot. n. 154839 del 09/10/2020, ha trasmesso l'elaborato progettuale recante la modifica al MIBACT - Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio al fine di valutarne la compatibilità ". Ebbene, anche rispetto a questa prospettazione la Soprintendenza, con la nota prot. n. 9794 del 21/10/2020, nel ribadire il parere negativo alla modifica del tracciato del cavidotto, aveva espresso ulteriori considerazioni, tendenti comunque ad escludere in senso assoluto la realizzabilità dell'impianto nell'area in questione. In particolare, con questo suo secondo elaborato essa aveva osservato che: "il PEAR, pur non individuando zone non idonee per la realizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, fornisce degli indirizzi ben precisi tali a favorire la realizzazione di tali impianti "... in aree dismesse, tetti di edifici civili e/o industriali, ex cave". Questa considerazione, per il suo carattere generale, contribuiva quindi a escludere la fattibilità dell'intervento nell'area in cui la società aveva previsto di realizzarlo. E lo stesso parere, inoltre, nel riscontrare le considerazioni sotto il profilo paesaggistico svolte dall'interessata con riferimento all'impatto visivo dell'impianto, rimarcava: "la ditta propone un riferimento al buffer visivo delle norme regionali della Puglia, che non può essere condiviso, tenuto in conto il diverso contesto morfologico del territorio in questione ben evidenziato nel parere reso da questo Ufficio; né la ditta produce alcun ulteriore studio sull'intrusione visiva dell'impianto in oggetto in relazione al contesto in cui lo si vorrebbe collocare". E nel contempo infine sottolineava che: "La ditta, quindi, erroneamente ritenendo illegittimo il parere espresso dalla Soprintendenza in merito agli aspetti paesaggistici, propone una modifica progettuale riguardante solamente il tracciato del cavidotto che nella nuova versione proposta andrebbe solamente ad attraversare il tratturo senza costeggiarlo". 11.5.1 Al di là della plausibilità e correttezza intrinseca delle motivazioni fin qui rievocate, la cui legittimità, giova ribadirlo, sarà scrutinata dal Tribunale nella propria sentenza definitiva, il complesso degli elementi vagliati dimostra pertanto come all'Amministrazione non possa essere ascritto, nella fattispecie, l'addebito di avere violato il canone del dissenso costruttivo. Quest'ultimo, come già detto, costituisce una declinazione del principio di leale collaborazione tra le parti pubbliche e private del procedimento, cui è improntato il rapporto amministrativo (art. 1 co. 2-bis l. n. 241/1990). In presenza di ragioni ostative all'accoglimento dell'istanza del privato, il suddetto canone determina un obbligo a carico delle Amministrazioni che "non si traduce, evidentemente, nel farsi carico delle modifiche occorrenti a conformare il progetto, ma nel fornire all'interessato le indicazioni necessarie per orientarsi con cognizione di causa fra le più alternative praticabili in astratto, nella ricerca della soluzione compatibile con la disciplina vincolistica" (T.A.R. Toscana sez. II, n. 353/2022). Il punto è, però, che nel caso concreto l'Amministrazione non aveva ritenuto possibile alcuna soluzione diversa da quella della non realizzabilità tout court dell'opera. E basti ricordare a tal proposito che, anche a fronte della prospettata modifica del percorso del cavidotto, cui, come detto, la società era pervenuta dopo il primo parere negativo, il MIBAC aveva nuovamente escluso la possibile realizzazione dell'opera, permanendo, a suo dire, anche dopo la prospettata modifica, il pregiudizio dei valori archeologici e ambientali ivi esistenti. In questo quadro, facendo dunque applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza, deve concludersi che la Soprintendenza, nell'esprimere il proprio duplice parere negativo, non abbia violato il principio del dissenso costruttivo. Come osservato dal Consiglio di Stato in una simile vicenda nella già citata sentenza della IV Sezione n. 8038/2023, non viola i principi del dissenso costruttivo l'Amministrazione che "in esito al percorso procedimentale intrapreso ha (nella sua visione) coerentemente ritenuto non ravvisabili modifiche progettuali idonee a rendere ammissibile l'intervento proposto e che l'unica soluzione ammissibile sarebbe stata la soluzione negativa estrema, ovvero la delocalizzazione dell'impianto". Quanto sopra conduce allora a respingere, nei termini fin qui delineati, il primo motivo di ricorso. 12. A questo punto, come si è già anticipato, in relazione alle residue censure ascritte al provvedimento impugnato il Tribunale ravvisa, invece, delle esigenze istruttorie, le quali andranno soddisfatte secondo le indicazioni che seguono. 13. Giova premettere, al riguardo, che le parti controvertono, in particolare, sull'esistenza puntuale, o meno, di vincoli specifici insistenti sull'area d'interesse in ragione del PTAAAV (Piano di Area Vasta n. 2 "Il lago di Gu. - (omissis)"). Le contrapposte impostazioni sostenute in giudizio si ripercuotono quindi sull'assegnabilità o meno di una natura vincolante al parere negativo espresso dalla Soprintendenza, e perciò, di riflesso, sul preciso grado d'influenza a questo assegnabile sulle determinazioni conclusive della Regione. In merito la ricorrente insiste nell'affermare che la superficie di intervento non sarebbe interessata da vincoli paesaggistici e archeologici puntualmente individuati, bensì localizzata in un'area del tutto idonea a ospitare impianti per la produzione di energie rinnovabili, in base alle previsioni di cui all'art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 e del D.M. 10 settembre 2010. Secondo questa visuale, ai fini della qualificazione dell'area come vincolata, contrariamente a quanto sostenuto dalla Regione, non basterebbe il dato della sua inclusione all'interno del Piano Paesaggistico Territoriale di Area Vasta (il PTPAAV n. 2 "Lago di Gu. - (omissis)"). Tale ordine di idee ha peraltro trovato riscontro nella giurisprudenza di questo Tribunale, ed in particolare nella sentenza n. 392/2022, emessa su analoga tematica, nella quale è stato affermato che "per la configurazione del vincolo non è sufficiente la mera ricomprensione di un dato territorio nel Piano, ma è necessario il supporto costituito da un'attività di individuazione degli elementi e delle caratteristiche occorrenti a giustificare la dichiarazione di notevole interesse pubblico". Ciò posto, ad avviso della ricorrente, secondo la L.R. Molise n. 24/1989, sulla cui base detto Piano è stato emanato, la dichiarazione di notevole interesse pubblico riguarderebbe non già l'intero territorio regionale, ma soltanto beni puntualmente individuati, e segnatamente quelli ubicati nell'area in cui è stato progettato l'impianto, non essendo perciò sufficiente il mero ricadere di quest'ultima nel perimetro del Piano Territoriale di Area Vasta. Tale conclusione scaturirebbe da un'interpretazione letterale e sistematica della citata legge regionale. In particolare, il suo art. 8, comma 1, effettivamente riconnette la dichiarazione di notevole interesse pubblico (e l'applicazione del relativo regime vincolistico) non già alla generalità delle zone comunque ricomprese nei vari Piani territoriali relativi alle varie zone regionali, ma solo ai "contenuti dei Piani territoriali paesistico - ambientali di area vasta relativi alla lettera a) dell'articolo 4", e pertanto alle porzioni di territorio qualificate dagli specifici elementi corrispondenti ai singoli "tematismi" rilevanti, individuati e descritti nei loro caratteri costitutivi. Dette disposizioni vanno lette poi congiuntamente all'art. 3 della medesima legge regionale, rubricato "oggetto" del Piano, secondo cui quest'ultimo contiene "gli elementi (puntuali, lineari, areali) del territorio, la cui tutela riveste interesse pubblico in quanto condizione del permanere dei caratteri costitutivi, paesistici ed ambientali, del territorio stesso". Il medesimo articolo prosegue prevedendo che gli elementi (puntuali, lineari, areali) che concorrono in modo interrelato alla definizione dei suddetti caratteri, e che dunque sono meritevoli di tutela, possono riguardare una serie di cd. Tematismi, e cioè, sostanzialmente, specifici valori (archeologici, ambientali, paesaggistici, storici, culturali) da tutelare in via prioritaria. 13.1 Tanto premesso, il Collegio in proposito non può non notare, alla luce della documentazione disponibile, la mancanza agli atti degli elementi necessari per verificare l'eventuale specifica caratterizzazione, sotto i profili d'interesse del Piano (elementi relativi ai singoli "tematismi" individuati e descritti), dell'area oggetto dell'intervento in controversia, nonché per accertare la specifica disciplina d'uso eventualmente correlata all'area stessa. Per compiere tale essenziale verifica occorrerebbe prendere visione dell'intero articolato del Piano di Area Vasta, e, altresì, degli elaborati grafici del Piano stesso concernenti la porzione di territorio rilevante ai fini di causa. Agli atti di causa mancano tuttavia sia la parte testuale che gli elaborati grafici del Piano stesso. 13.2. Sul punto il Collegio deve difatti precisare che agli indicati fini non risultano utilizzabili i documenti depositati da parte ricorrente in data 25.1.2021 (segnatamente, gli allegati dal numero 23 al numero 26 della relazione tecnica a corredo del progetto), contenenti la documentazione attestante l'iter formativo del PTAAV (all. 23) ma non anche il suo articolato; e contenenti, altresì, due cartografie dell'area che tuttavia non sono leggibili, e non consentono neppure d'individuare, al loro interno, la specifica indicazione e qualificazione delle precise aree d'intervento su cui dovrebbe sorgere l'impianto (all.ti 24 e 25). 13.3. In virtù delle richiamate esigenze istruttorie deve quindi ordinarsi, onerandone entrambe le parti, il deposito del Piano di Area Vasta in esame, sia nel suo articolato, sia nelle elaborazioni grafiche dell'area d'interesse. Va inoltre ordinato alla ricorrente, e comunque alla parte più diligente, di depositare nuovamente la cartografia di cui agli allegati dal n. 24 al n. 26 del deposito del 25 gennaio 2021, o documentazione ad essa equivalente, e segnatamente un'idonea cartografia dalla quale ricavare i suddetti ed essenziali elementi di riferimento. Le cartografie dovranno comunque indicare lo specifico sito di allocazione dell'impianto, oltre che le eventuali aree di interesse archeologico e paesaggistico sottoposte a tutela, insistenti nell'area di estensione del Piano. 14. Ulteriori esigenze istruttorie, pur connesse, riguardano infine specificamente la censura dedotta nel paragr. 2.2. del ricorso (pagg. 20-22), ed esigono di acquisire agli atti di causa la documentazione riflettente le prescrizioni d'uso dettate dal Piano e concernenti gli specifici beni (eventualmente) tutelati che siano localizzati nella porzione territoriale nella quale dovrebbe ricadere l'intervento della ricorrente. 15. Agli incombenti complessivamente indicati le parti dovranno provvedere entro il termine di 60 giorni dalla pubblicazione o, se precedente, dalla notifica della presente decisione, in vista dell'udienza pubblica fissata fin d'ora per il 6 novembre 2024. 16. Conclusivamente, sulla base delle suesposte considerazioni il Tribunale, disattese le eccezioni preliminari formulate dalle Amministrazioni resistenti, respinge il primo motivo di ricorso, e per il residuo da decidere dispone gli incombenti istruttori di cui in motivazione. Spese al definitivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima, non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede: -disattese le eccezioni in rito sollevate dall'Amministrazione resistente, respinge il primo motivo di ricorso; -riservata al definitivo ogni ulteriore decisione in rito e nel merito, dispone gli incombenti istruttori indicati in motivazione. Fissa per il prosieguo del giudizio l'udienza pubblica del 6 novembre 2024. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Manda alla segreteria per le comunicazioni di rito alle parti costituite. Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Gaviano - Presidente Roberto Ferrari - Referendario, Estensore Luigi Lalla - Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 191 del 2020, proposto dal Consiglio Regionale dell'Ordine degli Psicologi del Molise, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Vi. Ia., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; contro l'Azienda Sanitaria della Regione Molise -A.S.Re.M., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Gi. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; per l'annullamento - della Deliberazione n. 206 del 5.05.2020, con la quale il Direttore Generale dell'A.S.Re.M. ha indetto una procedura comparativa per il conferimento di incarichi ai sensi dell'art. 15-octies del D.Lgs. n. 502 del 30/12/1992 e ss.mm.ii.; - dell'allegato avviso pubblico, pubblicato sul BURM n. 49 del 20.05.2020, avente ad oggetto "avviso pubblico per soli titoli per il conferimento di incarichi -ai sensi dell'art. 15-octies d.lgs. 502/92 s.m.i.- finalizzati alla realizzazione del progetto promozione salute mentale nelle scuole superiori di primo grado - DCA 97/2019", nella parte in cui ha limitato la partecipazione dei propri iscritti in relazione al profilo di psico; - nonché di ogni atto preparatorio, presupposto, inerente, conseguente e/o comunque connesso lesivo della posizione dell'Ordine ricorrente e dei suoi iscritti. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Azienda Sanitaria Regione Molise; Vista la dichiarazione del 16.01.2024, con la quale parte ricorrente ha dichiarato di non aver più interesse al ricorso; Visti gli artt. 35, co. 1, lett. c, e 85, co. 9, cod. proc. amm.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2024 il dott. Luigi Lalla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con la Deliberazione n. 206 del 5.05.2020 il Direttore Generale dell'A.S.Re.M. ha approvato e pubblicato un avviso pubblico per soli titoli per il conferimento di incarichi ai sensi dell'art. 15-octies D.Lgs. n. 502 del 1992, per la realizzazione del progetto di cui al D.C.A. n. 97/2019 relativo alla "promozione salute mentale nelle scuole superiori di primo grado". 2. Sennonché, nell'avviso pubblico, con riferimento al profilo di psico, tra i requisiti specifici di ammissione alla procedura è stato prescritto anche quello del "possesso di Esperienza documentata in programmi di promozione della salute mentale nelle scuole in accordo con le raccomandazioni del Ministero della Salute e/o dell'Istituto Superiore della Sanità, basati sui seguenti Manuali di lavoro scaricabili gratuitamente on line dai seguenti link: e1) http://old.iss.it/binary/publ/cont/dispensa_scuola_15_1.pdf; e2) http://www.ccm-network.it/documenti_Ccm/prg_area5/2005 manualescuola-depressione" (requisito delineato al n. 6 dell'elenco dei requisiti generali e specifici previsti dall'avviso pubblico, dopo il punto "idoneità fisica all'impiego"). 3. Contro tale avviso pubblico, il Consiglio dell'Ordine degli Psicologi del Molise ha proposto allora la presente impugnazione, affidata ai seguenti motivi di ricorso: I- "PRELIMINARMENTE: SULLA LEGITTIMAZIONE ATTIVA DEGLI ORDINI PROFESSIONALI"; II- "VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ARTT. 2 E 3 L. 56/1989 E 1, 2 E 6 D.M. 24/07/2006, NONCHÉ ECCESSO DI POTERE PER SVIAMENTO NELLE FIGURE SINTOMATICHE DELL'IRRAGIONEVOLEZZA, DISPARITÀ DI TRATTAMENTO, ILLOGICITÀ, CONTRADDITTORIETÀ, ARBITRARIETÀ, INSUFFICIENZA DI MOTIVAZIONE E PERPLESSITÀ MANIFESTA.ILLOGICITÀ E MANIFESTA IRRAGIONEVOLEZZA DEL BANDO. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI DI FAVOR PARTECIPATIONIS, MASSIMA PARTECIPAZIONE ALLE PROCEDURE DI SELEZIONE O CONCORSO, TRASPARENZA"; III- "SULLA ILLEGITTIMITÀ DEI REQUISITI SPECIFICI PREVISTI DALL'AVVISO. ILLOGICITÀ E MANIFESTA IRRAGIONEVOLEZZA DEL BANDO. ECCESSO DI POTERE SOTTO DIVERSI PROFLI"; IV- "ILLEGITTIMITÀ DELLE PREVISIONE DEL BANDO INERENTE LA POSSIBILITÀ DI ATTINGERE DALLA GRADUATORIA PER DUE ANNI E CON RIFERIMENTO AD ALTRE LINEE PROGETTUALI PER IL CONFERIMENTO DI INCARICHI". In estrema sintesi il Consiglio dell'Ordine degli Psicologi, premessa la propria legittimazione al ricorso, ha contestato i criteri di accesso alla selezione nella misura in cui essi avrebbero irrimediabilmente limitato, senza alcuna giustificata motivazione, la possibilità degli iscritti di partecipare alla procedura selettiva di cui si discute. Il provvedimento sarebbe stato altresì illegittimo nella parte in cui prevedeva che la relativa graduatoria avrebbe avuto durata biennale, con l'espressa finalità di attingervi professionisti ove l'Amministrazione avesse inteso attivare ulteriori progetti similari. 4. In resistenza al ricorso si è costituita l'A.S.Re.M., la quale ha eccepito: - il difetto di legittimazione al gravame da parte del Consiglio Regionale dell'Ordine degli Psicologi del Molise, in tesi non legittimato all'impugnazione dei requisiti di ammissione ai concorsi; - il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, venendo in rilievo una selezione per il conferimento di semplici incarichi professionali a termine, e non la costituzione di rapporti di pubblico impiego contrattualizzato; - l'infondatezza nel merito dei motivi di ricorso, trattandosi di selezione per lo specifico reclutamento di n. 2 psicologi da adibire ad una particolare linea progettuale, rispetto alla quale il requisito richiesto, e contestato dalla ricorrente, sarebbe stato del tutto congruo, se non proprio necessitato. 5. La domanda di sospensione interinale degli effetti del provvedimento impugnato è stata rigettata da questo Tribunale con l'ordinanza cautelare n. 191 del 10.09.2020 sulla seguente motivazione: "Rilevato che il ricorso, ad un primo esame proprio di questa fase, non appare dotato dei prescritti requisiti di fumus, atteso che il requisito di ammissione previsto dal bando oggetto della presente contestazione (l'aver già svolto progetti in cui sono stati utilizzati specifici manuali di lavoro raccomandati dal Ministero della Salute e dall'Istituto Superiore della Sanità ), non appare incoerente rispetto all'incarico da conferire, tenuto conto altresì che rientra nella discrezionalità amministrativa individuare i requisiti ritenuti necessari per lo svolgimento di specifici progetti". 6. La parte ricorrente, infine, con la dichiarazione del 17.01.2024 ha da ultimo dedotto la propria sopravvenuta carenza di interesse al ricorso, "stante la cessazione di validità della graduatoria impugnata" (cfr. la dichiarazione depositata agli atti del giudizio il 17.01.2024), producendo contestualmente la dichiarazione personale in tale senso del Presidente pro tempore del Consiglio dell'Ordine degli Psicologi del Molise. 7. Con la memoria di replica del 30.01.2024 la difesa dell'A.S.Re.M., "preso atto della rinuncia agli atti del giudizio del ricorrente" (cfr. la memoria di replica citata), ha però insistito per la liquidazione in proprio favore delle spese del giudizio. 8. All'udienza pubblica del 21.02.2024, udita la parte ricorrente ribadire la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso, e la difesa dell'A.S.Re.M. insistere per il favore delle spese, la causa è stata infine trattenuta in decisione. 9. Il ricorso, per quanto ammissibile, va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse. 9.1. In via preliminare il Collegio rileva che l'eccezione di difetto di giurisdizione della resistente va respinta, dovendosi riconoscere natura concorsuale alla procedura di selezione in questione. Deve quindi trovare applicazione il disposto di cui all'articolo 63, comma 4, del d.lgs. n. 165/2001 che devolve espressamente alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Come già rilevato da questo Tribunale in casi analoghi (cfr. T.A.R. Molise, 18 maggio 2020 n. 143; 8 febbraio 2019 n. 47; 9 ottobre 2019 n. 455): "nella nozione di 'assunzione di dipendenti pubblicà, come elaborata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (in particolare, da C.d.S., Sez. IV, n. 1176 del 15 marzo 2017; idem n. 1549 del 2017; idem n. 2426 del 2016), di cui all'art. 63, comma 4, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, debbono ritenersi incluse non soltanto le procedure concorsuali volte all'assunzione di lavoratori subordinati, ma anche quelle aventi specificamente a oggetto il conferimento di incarichi ex art. 7, comma 6, del medesimo d.lgs. n. 165/2001, o di incarichi similari, assegnati a esperti qualificati mediante contratti di lavoro parasubordinato o autonomo, di natura occasionale, o coordinata e continuativa, per far fronte alle medesime esigenze cui ordinariamente sono preordinati i lavoratori subordinati della pubblica Amministrazione. La giurisdizione amministrativa, infatti, va affermata ogni qualvolta la controversia riguardi una procedura concorsuale o selettiva indetta da un'Amministrazione pubblica per la scelta e il reclutamento di qualificati collaboratori, quale che sia la tipologia dell'instaurando rapporto lavorativo, a condizione che si svolga una procedura comparativa e sia redatta infine una graduatoria di merito. Il requisito della concorsualità, quindi, sussiste in forza della natura comparativa della selezione, anche in considerazione del fatto che la valutazione dei titoli e la relativa attribuzione di punteggi ai concorrenti - come nel caso di specie - avvengono sulla base di un apprezzamento discrezionale della commissione selettiva, apprezzamento che consente di qualificare la posizione soggettiva di cui si chiede la tutela non come diritto ma come interesse legittimo (cfr.: T.a.r. Friuli Venezia Giulia, 13 settembre 2018, n. 287)". D'altra parte, l'attinenza dell'incarico alle esigenze proprie della Regione e la procedimentalizzazione della fase di individuazione del soggetto incaricato, mediante l'espletamento di una procedura selettiva di tipo comparativo, costituiscono chiari indici della manifestazione del potere organizzatorio dell'Amministrazione: sicché la giurisdizione del G.A., anche indipendentemente dal disposto dell'art. 63, comma 4, del d.lgs. n. 165/2001, troverebbe comunque base nel generale criterio di riparto della giurisdizione impostato sulla differenziazione tra interessi legittimi (nella specie fatti valere) e diritti soggettivi. Alla luce di quanto esposto va pertanto riconosciuta la giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia. 9.2. Va respinta, altresì, l'eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione attiva al ricorso, ben potendo il Consiglio dell'Ordine ricorrente reputarsi legittimato all'impugnazione di un atto di avvio di una procedura selettiva di natura concorsuale recante requisiti di ammissione limitativi della più ampia partecipazione degli iscritti al relativo ordine professionale. D'altra parte, gli ordini professionali hanno, per consolidata giurisprudenza, legittimazione a difendere in sede giurisdizionale gli interessi della categoria di soggetti di cui abbiano la rappresentanza istituzionale ove sia in questione la violazione di norme poste a tutela della professione stessa, o allorché si tratti comunque di conseguire determinati vantaggi - sia pure di carattere strumentale - giuridicamente riferibili all'intera categoria degli iscritti. 10. Il ricorso, ancorché ammissibile, è però effettivamente improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse. 10.1. La parte ricorrente ha rappresentato, difatti, di non avere più interesse alla sua decisione: onde al Collegio non resta che definire il giudizio con la pertinente pronuncia in rito. Sino al momento in cui la causa è trattenuta per la decisione, invero, il ricorrente ha la piena disponibilità dell'azione, e, quindi, può rinunciare al ricorso, o, comunque, può dichiarare di avere perduto ogni interesse alla decisione, con la conseguenza che in tal caso il Giudice amministrativo, non avendo il potere di procedere d'ufficio, né quello di sostituirsi al ricorrente nella valutazione dell'interesse ad agire, è tenuto, in ossequio al principio dispositivo, alla declaratoria dell'improcedibilità del ricorso (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 settembre 2016, n. 3848, T.A.R. Campania - Napoli, Sez. VIII, n. 3066 del 7 maggio 2021). Conclusivamente, quindi, il ricorso va dichiarato improcedibile. 11. Siffatta declaratoria in rito non preclude tuttavia al Collegio una sommaria delibazione del merito della pretesa azionata al limitato fine della pronuncia sulle spese secondo il criterio della cd. soccombenza virtuale (cfr., tra le molte, Cons. Stato, sez. VI, 29 gennaio 2018, n. 400; id. sez. IV, 6 febbraio 2017, n. 492; id. sez. V, 17 maggio 2013, n. 2684; id. sez. III, 7 gennaio 2013, n. 15). Ebbene, il Collegio ritiene che la sicura infondatezza nel merito del gravame giustifichi l'imputazione delle spese di lite a carico del ricorrente. 11.1. Come ben osservato dall'Amministrazione nelle proprie difese, e già rilevato da questo Tribunale in sede cautelare, il requisito di ammissione previsto dal bando oggetto della presente contestazione non appare invero affatto incoerente rispetto all'incarico da conferire. Si trattava infatti di documentare di aver maturato una precedente specifica esperienza, consistente nell'aver già preso parte a programmi specifici di promozione della salute mentale nelle scuole, segnatamente coerenti con una certa metodologia di lavoro, conforme alle raccomandazioni del Ministero della Salute e dell'Istituto Superiore della Sanità e identificata attraverso il riferimento a particolari manuali di lavoro. Tenuto conto, allora, che rientra pur sempre nella discrezionalità amministrativa individuare i requisiti ritenuti necessari per lo svolgimento di specifici progetti, le doglianze avanzate con la presente impugnativa non risultano fondate, in quanto omettono di farsi carico della specificità dell'incarico posto a bando, che l'Amministrazione ha inteso conferire non genericamente agli psicologi, ma agli psicologi che avessero maturato una particolare pregressa esperienza nell'espletamento di programmi specifici. In tal senso è di ulteriore conforto la giurisprudenza richiamata dalla difesa dell'A.S.Re.M., secondo la quale "E' generalmente riconosciuta, in capo alle pubbliche amministrazioni, un'ampia discrezionalità nell'individuazione dei requisiti di partecipazione e dei titoli valutabili nell'ambito di una procedura selettiva purché, detta scelta, sia finalizzata alla migliore cura dell'interesse pubblico e non palesemente arbitraria o illogica (sul punto, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 13 gennaio 2014, n. 75; Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 dicembre 2006, n. 8239). In particolare, si reputano legittime la fissazione di requisiti o la valutabilità di determinati titoli coerenti con la professionalità che i vincitori della selezione saranno chiamati a ricoprire (Cons. Stato, Sez. V, 24 settembre 2003, n. 5457). Non appare illogico o del tutto arbitrario che l'amministrazione resistente abbia ritenuto di valutare solo le pregresse esperienze professionali perfettamente omogenee rispetto all'incarico da ricoprire. Con la procedura concorsuale sopraindicata, infatti, l'amministrazione resistente ha inteso selezionare una figura dotata di specifiche professionalità, con particolare riferimento alle capacità ... in ambito scolastico, escludendo esperienze professionali disomogenee" (T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 12 dicembre 2018, n. 2626). 11.2. Priva di consistenza risulta, infine, anche la censura appuntatasi sulla scelta amministrativa di estendere la validità della graduatoria ad un periodo biennale, essendosi l'Amministrazione del tutto legittimamente riservata di attingervi ove avesse inteso promuovere ulteriori progetti dello stesso tipo entro un arco temporale del tutto congruo. 12. Per quanto tutto sopra esposto, il Tribunale deve quindi dichiarare il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza d'interesse ai sensi dell'art. 35, comma 1, lett. c), del cod. proc. amm., con la condanna del ricorrente, in quanto virtualmente soccombente, al rimborso alla parte resistente delle spese di lite, che si liquidano nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio a favore dell'A.S.Re.M., liquidandole in Euro 1.000,00, oltre accessori di legge qualora dovuti, da distrarsi in favore dell'avvocato dichiaratosi antistatario. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Gaviano - Presidente Roberto Ferrari - Referendario Luigi Lalla - Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 400 del 2021, proposto dall'associazione W.W. O.A. (Organizzazione Aggregata) Molise e dal Comune di Isernia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Gi. Ru. ed En. Ce., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; contro la Regione Molise, il Ministero della Transazione Ecologica, il Ministero delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili, l'Autorità di Bacino Distrettuale dell'Appennino Meridionale, l'ANAS S.p.A., l'ARPA Molise e il Ministero della Cultura, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via (...); nei confronti la Provincia di Isernia, il Comune di (omissis), il Comune di (omissis), il Comune di (omissis), il Comune di (omissis), non costituiti in giudizio; per l'annullamento - della determinazione del Direttore del II Dipartimento della Regione Molise n. 92 del 30 settembre 2021, avente ad oggetto la proroga dell'efficacia del provvedimento di Valutazione di Impatto Ambientale relativo alla S.S.V. Isernia - (omissis), Lavori di realizzazione del "lotto (omissis)" di collegamento tra il bivio di (omissis) al Km (omissis) della statale (omissis) ed il lotto (omissis) della S.S.V. Isernia - (omissis); - della nota trasmessa dall'ARPA alla Regione Molise in data 5 luglio 2021, avente ad oggetto: S.S.V. Isernia - (omissis). Lavori di realizzazione del Lotto (omissis) di collegamento tra bivio di (omissis) al km (omissis) della S.S. 17 ed il Lotto (omissis) della S.S.V. Isernia - (omissis). Istanza ANAS di rinnovo Compatibilità Ambientale - DGR n. 88 del 6/02/2013 - COMUNICAZIONI; - della nota dell'Anas s.p.a. acquisita al prot. della Regione Molise n. 61807 del 12 aprile 2021; - dell'Autorizzazione Paesaggistica prot. n. 336617 del 28 maggio 2021 resa dal Servizio regionale Pianificazione e gestione Territoriale e Paesaggistica n. 210126/IS, unitamente ad altri eventuali atti di conferma ed assenso della Soprintendenza e/o del MIBACT; - di ogni altro atto presupposto consequenziale e/o comunque connesso alla procedura di rilascio della proroga di VIA adottata con D.D.R. n. 92/2021; - nonché per l'accertamento della decadenza/inefficacia della VIA approvata dalla Giunta Regionale del Molise con delibera di GR n. 88/2013. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate; Vista l'ordinanza cautelare n. 7/2022; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2024 il dott. Federico Giuseppe Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. La strada statale a scorrimento veloce "Isernia - (omissis)" n. 17var/A costituisce una variante alla S.S. 17 "Dell'Appennino Abruzzese ed Appulo-Sannitico" dal bivio di (omissis) (IS) allo svincolo con la S.S. (omissis) nel territorio dei Comuni di (omissis) (IS) e (omissis) (AQ). Alla suddetta arteria, destinata a completare la dorsale appenninica costituita dall'attuale S.S. 17, sono direttamente interessati, sul versante molisano, i centri urbani di Isernia, (omissis), (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis), e, a più largo raggio, quelli di (omissis), (omissis) e (omissis), mentre sul versante abruzzese il collegamento interessa, oltre al Comune di (omissis), i centri turistici di (omissis) e (omissis). L'itinerario, della lunghezza complessiva di 23,95 Km, risulta attualmente realizzato per uno sviluppo complessivo di 18,5 Km, ed è costituito dai seguenti tronchi in esercizio: - Lotto (omissis), comprendente il tratto dallo svincolo "(omissis)" allo svincolo "(omissis)" (sviluppo 10,3 Km); - Lotto (omissis), comprendente il tratto dallo svincolo "(omissis)" allo svincolo con la S.S. (omissis) (sviluppo 8,2 Km). 2. Per il completamento dell'arteria l'ANAS S.p.A. (d'ora in avanti "ANAS") ha previsto la realizzazione del cd. Lotto (omissis), consistente nel collegamento tra il bivio di (omissis) (IS) al Km. (omissis) della S.S. 17 e il Lotto (omissis). Nello specifico, sulla base del progetto esposto dalle parti nel presente giudizio, il nuovo tracciato del Lotto (omissis) dovrebbe presentare uno sviluppo complessivo di circa 5.45 km con le seguenti caratteristiche: a) un tronco stradale costituito da n. 2 gallerie naturali per un totale di 873 m, n. 8 viadotti per uno sviluppo di 1.637 m, e circa 2.940 m di tracciato prevalentemente a mezza costa con la presenza di opere di sostegno e di contenimento (muri in terra verde, muri di controripa in c.a. o cellulari, paratie); b) la realizzazione di n. 3 svincoli a livelli sfalsati di collegamento alla viabilità esistente costituiti, procedendo da Sud verso Nord, dallo svincolo "Isernia (omissis)", (omissis) e "(omissis)"; c) una larghezza complessiva della piattaforma stradale pari a 10,50 m con due corsie, una per senso di marcia, di larghezza pari a 3,75 m e banchine in destra di larghezza pari a 1,50 m.. 3. Al fine di acquisire i propedeutici atti di assenso sul progetto definitivo il Ministero delle Infrastrutture e Trasposti - Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Campania e Molise, su istanza di ANAS del 13 gennaio 2010, procedeva alla convocazione di una conferenza di servizi, finalizzata alla localizzazione dell'opera ai sensi del d.P.R. n. 383/1994. In pari data ANAS presentava un'istanza di rilascio di una V.I.A. presso la Regione Molise ai sensi della L.R. n. 21/2000, la quale veniva successivamente accordata, con prescrizioni, con la Deliberazione di Giunta Regionale (D.G.R.) n. 88 del 6 febbraio 2013, pubblicata il 1° marzo 2013 al n. 6 del BURM., che esprimeva appunto un giudizio positivo di compatibilità ambientale. Nel medesimo periodo, ANAS inoltrava alla Regione Molise anche un'istanza per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del Codice dei beni culturali, anche questa accordata con provvedimento n. 27171/11 del 4 novembre 2011 di cui alla relazione-parere n. 110274/is del 24 ottobre 2011. 4. La già citata conferenza di servizi si concludeva, infine, con un Atto Deliberativo del 15 aprile 2016 con il quale veniva conseguita la localizzazione dell'intervento infrastrutturale, con le raccomandazioni, indicazioni e prescrizioni da tenere presenti nella redazione della progettazione esecutiva. Il Presidente di ANAS autorizzava allora, con prot. CDG-336214-I del 28 giugno 2017, per un importo complessivo di Euro 130.000.000,00, la redazione della progettazione esecutiva dell'intervento, e confermava la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera (successivamente ribadita dall'Amministratore Delegato e Direttore Generale di ANAS con nota prot. CDG-181693-Int del 24 marzo 2021). Nel frattempo, con D.P.C.M. del 16 aprile 2021 l'intervento veniva individuato, ai sensi dell'art. 4 del D.L. n. 32/2019, convertito con modificazioni dalla legge n. 55/2019, quale intervento infrastrutturale caratterizzato "da un elevato grado di complessità progettuale, da una particolare difficoltà esecutiva o attuativa, da complessità delle procedure tecnico-amministrative ovvero che comportano un rilevante impatto sul tessuto socio-economico a livello nazionale, regionale o locale". Di conseguenza, veniva disposta la nomina di un Commissario Straordinario, nella persona dell'Ing. An. Ma., Responsabile della Struttura Territoriale di ANAS, con il compito di definire celermente l'effettiva realizzazione dei lavori. 5. L'ANAS, in qualità di soggetto attuatore dell'infrastruttura, ravvisando la necessità di perfezionare e attualizzare gli atti di assenso già rilasciati rispetto al progetto definitivo, con le contestuali istanze del 12 aprile 2021 chiedeva alla Regione il rilascio di: a) un provvedimento di proroga dell'efficacia della VIA positiva di cui alla citata Deliberazione di G.R. n. 88/2013, esponendo a tal fine che la V.I.A. doveva ritenersi già "riconfermata" dalla determinazione di chiusura della Conferenza dei Servizi del procedimento di localizzazione del 15 aprile 2016, con la conseguenza che il suo termine quinquennale di validità avrebbe dovuto conteggiarsi da tale ultima data; si precisava poi che il progetto definitivo assentito non era stato nel frattempo modificato; b) un provvedimento di rinnovo dell'autorizzazione paesaggistica n. 27171/11 del 4 novembre 2011 di cui alla relazione-parere 110274/is del 24 ottobre 2011 ai sensi dell'art. 7 comma 1 del d.P.R. n. 31/2017, osservando anche in questo che: - il progetto non aveva subito modificazioni rispetto a quello autorizzato nel 2011; - il contesto paesaggistico non evidenziava significative variazioni, salvo che per i sopravvenuti vincoli istituiti nel 2018, ai sensi dell'art. 136, comma 1 del Codice dei beni culturali, sui territori di Isernia e (omissis), nello specifico mediante: a) Decreto n. 28/2018 - Dichiarazione di notevole interesse pubblico del territorio del Comune di Isernia; b) Decreti nn. 12/2018 e 13/2018 - Dichiarazione di notevole interesse pubblico a fini paesaggistici del territorio di (omissis). 6. La Regione, all'esito dell'istruttoria espletata dall'ARPA Molise, accordava la richiesta proroga della V.I.A. con provvedimento n. 92 del 30 settembre 2021, "per un termine non inferiore a cinque anni, raccomandando di attenersi alle prescrizioni ed ai monitoraggi già stabiliti nelle precedenti autorizzazioni (rif. Parere ARPA Molise prot. n. 108885 del 05.07.2021) per i quali si richiede ad ARPA una attenzione straordinaria soprattutto sui temi ambientali di maggiore delicatezza, in relazione alla normativa vigente". Nel contempo la Regione, una volta acquisito il parere positivo, con prescrizioni, della competente Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Molise, rilasciava il 28 maggio 2021 una nuova autorizzazione paesaggistica n. 210126/is ai sensi dell'art. 146 del Codice dei Beni Culturali. 7. Avverso i nuovi titoli autorizzatori di proroga della VIA e di rinnovo dell'autorizzazione paesaggistica veniva proposto, da parte del Comune di Isernia e della W.W. O.A. Molise, il ricorso in epigrafe, notificato a mezzo PEC il 29 novembre 2021 e corredato di domanda cautelare, con il quale le ricorrenti chiedevano che questo Tribunale disponesse il loro annullamento per i seguenti motivi di diritto: I.- VIOLAZIONE DELL'ART. 25, COMMA 5, DEL D.LGS. N.152/06: DECADENZA DEL TITOLO PROROGATO; - VIOLAZIONE DELL'ART.3 DELLA L.N.241/90: ERRORE DI FATTO E DI DIRITTO; CARENZA DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO; II.- VIOLAZIONE DELL'ART. 25, COMMA 5, DEL D.LGS. N.152/06 SOTTO ALTRO PROFILO; - VIOLAZIONE DELL'ART. 3 DELLA L.N. 241/90: CARENZA DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA; III- VIOLAZIONE DELL'ART.51, COMMA 2, D.L. 16 LUGLIO 2020, N. 76, CONVERTITO, CON MODIFICAZIONI, DALLA L. 11 SETTEMBRE 2020, N. 120; - VIOLAZIONE DEL COMBINATO DISPOSTO DELL'ART.25 DEL D.LGS. N.152/2006 E DELL'ART.3 DELLA L.N.241/90: CARENZA DI MOTIVAZIONE SOTTO ALTRO PROFILO; IV.- VIOLAZIONE DEL COMBINATO DISPOSTO DELL'ART.8 DELLA LEGGE REGIONALE 24/03/2000, N. 21 - MOLISE E DELL'ART. 27 BIS DEL D.LGS. N. 152/2006 ANCHE ALLA LUCE DELLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N.53/2021; - VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI GIUSTO PROCEDIMENTO DI CUI AGLI ARTT.97 COST., 1 DELLA L.N.241/90 E 27 BIS DEL D.LGS. N. 152/2006; - VIOLAZIONE DELL'ART.3 DELLA L.N.241/90: CARENZA DI ISTRUTTORIA ED ERRORE DI FATTO E DI DIRITTO; ILLOGICITA' MANIFESTA; - ECCESSO DI POTERE PER SVIAMENTO DALLA CAUSA TIPICA DELL'ATTO; V.- VIOLAZIONE DEL COMBINATO DISPOSTO DEGLI ARTT. 23, 24, 25 E 27 BIS DEL D. LGS. N. 152/2006 E VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI GIUSTO PROCEDIMENTO E DELLE GARANZIE PARTECIPATIVE DI ENTI ED ISTITUZIONI; -VIOLAZIONE DELL'ART.3 DELLA L.N.241/90: CARENZA ASSOLUTA DI MOTIVAZIONE; - VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 6 E DELL'ARTICOLO 11, PARAGRAFO 1, LETTERA B), DELLA DIRETTIVA 2011/92/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, DEL 13 DICEMBRE 2011, CONCERNENTE LA VALUTAZIONE DELL'IMPATTO AMBIENTALE DI DETERMINATI PROGETTI PUBBLICI E PRIVATI (GU 2012, L 26, PAG. 1), E DELL'ARTICOLO 4, PARAGRAFO 1, LETTERA A), PUNTI DA I) A III), E LETTERA B), PUNTO I), DELLA DIRETTIVA N. 2000/60/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, DEL 23 OTTOBRE 2000, CHE ISTITUISCE UN QUADRO PER L'AZIONE COMUNITARIA IN MATERIA DI ACQUE (GU 2000, L 327, PAG. 1 E RETTIFICA GU 2006, L 113, PAG. 26). In estrema sintesi, con il primo motivo di gravame i ricorrenti deducevano l'illegittimità della proroga dell'efficacia della V.I.A. per violazione dell'art. 25, comma 5 del d.lgs. n. 152/2006 (d'ora in avanti T.U.A.), per essere stata rilasciata con riguardo ad una V.I.A. del 2013, come tale già decaduta da oltre 3 anni. I motivi secondo e terzo censuravano la stessa proroga per la ragione che essa non conteneva alcuna motivazione esplicativa delle ragioni per le quali la Regione aveva ritenuto di prorogare il titolo autorizzatorio - così conferendogli una vigenza di ben 13 anni - anziché disporre una reiterazione della procedura di V.I.A., sottraendosi così al chiaro onere motivazionale impostole dall'art. 25, comma 5 del T.U.A.. Con il quarto motivo le ricorrenti deducevano ulteriori profili di illegittimità relativi, stavolta, a entrambi gli atti gravati, e così enucleabili: a) in forza della normativa regionale di cui all'art. 8, comma 2-bis della L.R. n. 10/2010 sull'autorizzazione unica regionale, l'istanza di proroga avrebbe dovuto essere vagliata in seno al modulo procedimentale della conferenza di servizi, anziché dal solo Servizio VIA regionale; b) il contesto ambientale e paesaggistico di riferimento era stato profondamente modificato rispetto al 2013, essendo intervenuta frattanto l'istituzione del vincolo paesaggistico sui territori di Isernia e (omissis), nonché del sito ZSC "(omissis) - (omissis)": sicché, a differenza di quanto sostenuto dall'ANAS con la sua istanza di proroga, e acriticamente recepito dalla Regione, sarebbe stata necessaria l'indizione di una conferenza di servizi; c) la mancata attivazione del modulo procedimentale della conferenza di servizi avrebbe determinato, altresì, l'illegittimità dell'autorizzazione paesaggistica n. 210126/is del 28 maggio 2021, non avendo la Regione permesso alcuna possibilità di interrelazione, confronto e valutazione alle altre Amministrazioni interessate alla tutela del paesaggio, tra cui il Comune di Isernia, con conseguente violazione dei loro diritti di partecipazione procedimentale. Il quinto motivo di ricorso contestava infine il rilascio della proroga della V.I.A. nella misura in cui questa, non essendo intervenuta a seguito di una conferenza di servizi, avrebbe comportato la violazione dei diritti partecipativi delle ricorrenti, posto che: a) l'intervento infrastrutturale in questione inciderebbe profondamente sulle falde acquifere delle sorgenti d'acqua potabile destinata alla città di Isernia; b) la V.I.A. oggetto di proroga, oltre a essere assai datata, risulterebbe carente anche dell'apprezzamento della cd. "opzione zero" non avendo valutato né comparato l'ipotesi progettuale alle ricadute connesse alla mancata attuazione dell'iniziativa. 8. In vista della camera di consiglio del 12 gennaio 2022 le Amministrazioni intimate si costituivano in giudizio, per mezzo dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con memoria del 7 gennaio 2021, eccependo preliminarmente, in particolare, il difetto di legittimazione attiva delle ricorrenti, la carente integrazione del contraddittorio nei confronti del Commissario Straordinario, e, infine, il difetto di legittimazione passiva delle Amministrazioni statali estranee all'adozione dei provvedimenti impugnati. Nel merito le resistenti chiedevano, inoltre, il rigetto del ricorso in quanto infondato. Nella propria narrativa in fatto la difesa erariale rappresentava che successivamente al rilascio degli atti gravati: - il Commissario Straordinario, con Disposizione n. 2 prot. CDG-576432-Int del 16 settembre 2021, aveva approvato il progetto definitivo dell'intervento ai sensi dell'art. 4, comma 2 del D.L. 32/2019; - il progetto definitivo veniva nuovamente approvato dal Consiglio di Amministrazione di ANAS nella seduta del 20 dicembre 2021, con rimodulazione dei tempi e del quadro economico, ai fini dell'affidamento a un Contraente Generale delle attività tecniche di progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori, ai sensi dell'art. 194 del d.lgs. n. 50/2016; - conseguentemente, con Disposizione n. 3 (prot. COMMSS17-0000017-Int del 29/12/2021), lo stesso Commissario aveva approvato in linea tecnica ed economica il Progetto Definitivo e la rimodulazione del Quadro Economico dell'intervento infrastrutturale, dando mandato ad ANAS di fornire immediato avvio a tutte le attività necessarie alla tempestiva realizzazione dell'opera attraverso l'espletamento di gara per affidamento unitario a Contraente Generale dei lavori e servizi tecnici ai sensi dell'art. 194 e seguenti del d.lgs. n. 50/2016. 9. Questo Tribunale rigettava l'istanza cautelare delle ricorrenti per carenza di periculum in mora con ordinanza n. 7 del 14 gennaio 2022, la quale veniva successivamente confermata dal Consiglio di Stato in sede di appello cautelare con la propria ordinanza n. 1054 del 4 marzo 2022. 10. Nelle posteriori more del giudizio, parte ricorrente depositava, il 21 giugno 2023, una copia della determina del 6 giugno 2023 di aggiudicazione definitiva della procedura di evidenza pubblica emessa da ANAS a favore della VI. LA. s.p.a. per la realizzazione del progetto definitivo dell'opera. Dalle premesse della citata aggiudicazione si desumeva, in particolare, che: a) ANAS il 22 dicembre 2022 aveva emesso un'apposita determina a contrarre prot. CDG-0894224-I, disponendo l'avvio della gara "CB 31/22" per l'affidamento degli interventi infrastrutturali in discussione (Codice CIG: 955873667B - Codice CUP: F91B16000560001), per un importo complessivo dell'appalto pari ad Euro 146.376.122,25; b) a quest'ultima aveva fatto seguito la pubblicazione di un corrispondente bando di gara sulla G.U.U.E. al nr. 2022/S 250-731738 del 28/12/2022 e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana - V Serie Speciale - n. 152 del 30/12/2022, nonché su quotidiani nazionali e regionali. In ragione dell'intervenuta aggiudicazione, e del "rischio di avvio dei lavori e della conseguente compromissione dei siti interessati", parte ricorrente depositava il medesimo giorno un'apposita istanza di prelievo per la celere fissazione dell'udienza pubblica. 11. Fissata, dunque, l'udienza pubblica del 10 gennaio 2024, parte ricorrente insisteva per l'accoglimento del gravame con memoria del 7 dicembre 2023, mentre la resistente, con memoria del successivo giorno 15: a) dava conto delle attività di cantierizzazione nel frattempo occorse, allegando la sopravvenuta efficacia della già detta aggiudicazione ai sensi dell'art. 32, comma 7 del d.lgs. n. 50/2016 (nota prot. n. CDG-771023-I del 4 ottobre 2023) e la susseguente stipulazione del contratto di appalto, il 10 ottobre 2023, tra ANAS e l'impresa aggiudicatrice; b) sollevava una conclusiva eccezione di sopravvenuta carenza d'interesse del ricorso, facendola essenzialmente discendere dalle citate sopravvenienze. 12. Giunta, infine, l'udienza pubblica del 10 gennaio 2024, all'esito della discussione tra le parti costituite la causa è stata trattenuta per la decisione. 13. Il Collegio deve affrontare preliminarmente le molteplici eccezioni di inammissibilità e improcedibilità del ricorso articolate dalla difesa erariale nelle sue memorie. 14. La prima delle eccepite ragioni di inammissibilità del ricorso è stata ricondotta ad un presunto difetto della legittimazione ad agire in capo a entrambe le ricorrenti. 14.1. Secondo le resistenti l'associazione W.W. O.A. (Organizzazione aggregata) Molise sarebbe sprovvista della necessaria legittimatio ad causam. La medesima, configurandosi come una mera articolazione territoriale di una associazione ambientalistica nazionale, farebbe derivare il proprio titolo di legittimazione a ricorrere unicamente dall'essere espressione territoriale della W.W. nazionale; né avrebbe dato dimostrazione di un adeguato grado di rappresentatività e stabilità rispetto al territorio che si ritiene leso dai provvedimenti gravati. Il Comune d'Isernia, dal canto suo, sarebbe carente della necessaria legittimazione a ricorrere per aver prestato preventiva acquiescenza a tutti gli atti del procedimento di localizzazione dell'infrastruttura, inclusi quelli presupposti ai provvedimenti gravati nel presente giudizio. 14.2. L'eccezione non coglie nel segno. 14.3. Principiando con l'associazione W.W. O.A. Molise, il Collegio ricorda che il tema della legittimazione ad impugnare atti a tutela dell'interesse ambientale, quindi un interesse diffuso e adespoto, è stato ampiamente vagliato dal Consiglio di Stato nel tempo (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2018, n. 1838, sez. V, 2 ottobre 2014, n. 4928, e Adunanza Plenaria, n. 6 del 2020). La giurisprudenza amministrativa ha, dunque, raggiunto in proposito stabili conclusioni, cui il Collegio ritiene di dover senz'altro aderire, in ordine al fatto che possa "essere riconosciuta la rappresentanza dello stesso interesse e di conseguenza il riconoscimento della legittimazione attiva non solo alle associazioni nazionali, ma anche alle associazioni territoriali, laddove in capo a queste ultime fossero stati accertati la specifica finalità statutaria di tutela dei temi ambientali, nonché l'adeguato grado di rappresentatività e di stabilità nell'area ricollegabile alla zona in cui si trovava il bene ambientale asseritamente leso" (cfr. Cons Stato, sez. IV, 18 maggio 2022, n. 3921). In sostanza, precisa la giurisprudenza, "la legittimazione degli enti esponenziali di interessi diffusi in materia ambientale, che deriva ex lege dagli artt. 13 e 18, comma 5, della legge n. 349 del 1986, per le associazioni nazionali e per quelle presenti in almeno cinque regioni dall'iscrizione nell'elenco ministeriale previsto dalla medesima legge, può essere riconosciuta alle associazioni territoriali che, pur non iscritte in detto elenco, perseguono statutariamente la tutela dei beni ambientali, hanno stabile collegamento con il bene oggetto di tutela (inteso come continuità storica della propria azione di tutela) e ad esse è riconoscibile la c.d. "vicinitas" alla fonte della lesione lamentata (intesa come appartenenza o prossimità -contiguità dell'ente al territorio in cui ricade il bene medesimo)" (cfr. Cons Stato, sez. IV, n. 3921/2022 cit.). In altri termini, ai fini della legitimatio ad causam dell'associazione devono pertanto concorrere le seguenti condizioni: a) deve sussistere una previsione statutaria dell'associazione che qualifichi l'obiettivo di protezione dell'ambiente come compito istituzionale dell'ente; b) l'associazione deve dimostrare di possedere la c.d. "vicinitas" rispetto alla fonte della lesione lamentata, oltre che un collegamento stabile con il territorio ove si svolgono le sue attività di tutela degli interessi collettivi; c) l'associazione deve, infine, dimostrare di aver svolto la propria attività per le finalità statutarie già per un certo arco temporale, e perciò non deve essere stata costituita al solo scopo di procedere alla impugnazione di singoli atti e provvedimenti (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 22 marzo 2018 n. 1838; sez. V, 2 ottobre 2014, n. 4928; 22 marzo 2012, n. 1640). 14.3.1. Venendo al caso di specie, il Collegio non ha dubbi nel riscontrare in capo alla W.W. O.A. Molise la sussistenza della legittimazione ad impugnare gli atti in epigrafe. L'associazione, invero, pur rappresentando una costola, nel territorio molisano, della W.W. nazionale, si prefigge essa stessa in sede statutaria di tutelare il bene costituzionale dell'ambiente, così soddisfacendo già il primo dei suddetti requisiti di legittimazione. L'art. 3.1 dello Statuto dell'Associazione, invero, specifica a tale proposito che: "l'Associazione in considerazione del patto di costituzione, intende perseguire le seguenti finalità : - la conservazione della diversità genetica, delle specie e degli ecosistemi; - il contrasto alle minacce all'ambiente, con particolare riferimento alle aree protette, alle specie e agli habitat prioritari; - la promozione di un uso sostenibile delle risorse naturali del territorio e dell'energia, del risparmio e dell'efficienza energetica, la lotta all'inquinamento, allo spreco e all'uso irrazionale delle risorse naturali; - la promozione di un uso sostenibile delle risorse naturali del territorio e dell'energia, del risparmio e dell'efficienza energetica, la lotta all'inquinamento, allo spreco e all'uso irrazionale delle risorse naturali (...)". L'associazione soddisfa anche gli ulteriori requisiti di legittimazione del collegamento stabile con il bene oggetto di tutela e della vicinitas alla fonte di lesione. Con riguardo alla vicinitas, è dimostrato che questa abbia sede in Campobasso, capoluogo del Molise: essa dunque insiste nello stesso ambito regionale, territorialmente ben circoscritto, in rapporto al quale i provvedimenti di proroga della V.I.A. e di autorizzazione paesaggistica esplicano i propri ultimi effetti giuridici. Quanto ai requisiti dello stabile collegamento con il bene oggetto di protezione, e dell'attività effettivamente dispiegata, nel tempo, per il perseguimento della finalità di protezione del bene ambiente, la ricorrente ha dato adeguata dimostrazione della continuità storica della propria azione di tutela dell'ambiente molisano per mezzo delle attività e iniziative intraprese sul territorio regionale di riferimento, come si evince dalla consultazione del sito internet istituzionale dell'associazione e della pagina facebook, indicati dalla medesima nella memoria del 7 dicembre 2023 alla pagina 6. 14.3.2. Questo Tribunale ha, peraltro, già scrutinato positivamente, in una fattispecie affine alla presente, la legittimazione della stessa associazione ricorrente a promuovere iniziative impugnatorie avverso provvedimenti amministrativi idonei a incidere sul bene ambiente. La sentenza n. 175 del 30 maggio 2023 del T.A.R., vagliando la posizione della ricorrente unitamente a quella dell'Associazione "Ma. per la sa. e l'a. Onlus", in una controversia vertente sul tema dell'inquinamento ambientale, ha evidenziato che "le due associazioni si prefiggono -tra l'altro- di intervenire in tutte le sedi opportune per garantire il rispetto dei principi di prevenzione, di precauzione, di rispetto, tutela e valorizzazione della natura, dell'ambiente e della salute, con espressa previsione del potere di agire in giudizio, anche in sede amministrativa, al fine di promuovere iniziative finalizzate alla tutela ambientale, nonché per contrastare insediamenti inquinanti (cfr. in proposito l'art. 4 dello statuto dell'Associazione "Ma. per la sa. e l'a. Onlus" e l'art. 3, comma 3.3., dello statuto del "W.W. O.A. Molise")" (cfr. TAR Molise, sez. I, 30 maggio 2023, n. 175). 14.3.3. Alla luce di tutto quanto sopra esposto alla W.W. O.A. Molise vanno riconosciuti, quindi, tutti i requisiti per poter impugnare i provvedimenti in epigrafe, con la conseguenza che nei suoi confronti l'eccezione di difetto di legittimazione attiva è destituita di fondamento. 14.4. Ma la stessa conclusione vale anche con riguardo al Comune di Isernia. Secondo la prospettazione della difesa erariale, l'Ente locale dovrebbe ritenersi sfornito della legittimazione a impugnare i provvedimenti in discussione per aver partecipato alla conferenza di servizi decisoria di localizzazione dell'infrastruttura ex d.P.R. n. 383/1994, e aver ritenuto, in quell'occasione, di prestare acquiescenza a tutti gli atti scaturiti dalla stessa o comunque ad essa connessi, incluse quindi la V.I.A. n. 88/2013 e l'autorizzazione paesaggistica n. n. 27171/11 del 4 novembre 2011. Tale assunto non è però condivisibile. 14.4.1. Va in primo luogo osservato che il Comune di Isernia, in quanto ente esponenziale della collettività locale, chiamato a curarne gli interessi e a promuoverne lo sviluppo anche, e soprattutto, in funzione di salvaguardia della salubrità ambientale del territorio di insediamento (cfr. art. 13 del d.lgs. n. 267/2000), è "innegabilmente titolare di una posizione soggettiva qualificata a contrastare quelle attività - poste in essere in forza di appositi provvedimenti amministrativi autorizzatori, ipoteticamente illegittimi - che si rivelino suscettibili di compromettere i valori propri dell'anzidetta collettività " (cfr. TAR Campania - Salerno, sez. II, 14 giugno 2022, n. 1672). Con riguardo alla materia ambientale, secondo lo stesso condivisibile precedente giurisprudenziale appena citato, sarebbe, infatti, "alquanto irragionevole riconoscere legislativamente all'ente territoriale la possibilità di agire in giudizio (in via successiva) per il risarcimento del danno all'ambiente (come fa l'art. 18, comma 3, l. 349/1986), e negargli invece la possibilità di agire (in via preventiva) per impedire la produzione di quello stesso danno" (cfr. TAR Campania - Salerno, n. 1672/2022 cit.). E al contempo, prosegue la medesima sentenza, sarebbe "altrettanto irragionevole riconoscere la titolarità di un interesse collettivo ad associazioni ambientaliste, il cui collegamento con il territorio interessato dall'abuso è talora costituito soltanto dal fine statutario, e non individuarlo nell'ente istituzionalmente esponenziale della comunità di riferimento" (cfr. T.A.R. Campania - Salerno, n. 1672/2022 cit., che richiama a sua volta T.A.R. Lombardia - Brescia, sez. I, n. 1568/2011, e T.A.R. Campania - Napoli, sez. V, n. 840/2021). 14.4.2. Una volta riconosciuto quanto precede, ad avviso del Collegio non può farsi discendere un difetto di legittimazione attiva dell'Ente locale dalla circostanza della sua pregressa partecipazione alla procedura di localizzazione dell'opera, adducendosi che tale partecipazione avrebbe comportato una sua acquiescenza rispetto a tutti gli atti connessi. Il Collegio deve puntualizzare che la V.I.A. e l'autorizzazione paesaggistica sono, invero, espressione di poteri amministrativi ben distinti e autonomi rispetto a quello della localizzazione dell'infrastruttura, in quanto esse incidono prettamente sulle materie dell'ambiente e del paesaggio. Di converso, il potere di localizzazione dell'infrastruttura disciplinato dal d.P.R. n. 383/1994 afferisce al diverso ambito di competenza dell'urbanistica ed edilizia, essendo preordinato all'adozione delle varianti, eventualmente occorrenti, agli strumenti urbanistici ed edilizi (arg. ex. Cons. Stato, sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 114). La differenziazione tra i relativi piani provvedimentali comporta quindi già che, come si vedrà anche più avanti, tanto la V.I.A. di cui alla Delibera n. 88/2013 quanto l'autorizzazione paesaggistica del 2011 non possono ritenersi in alcun modo confermate dal provvedimento finale di localizzazione dell'opera avvenuto con l'Atto Deliberativo del 15 aprile 2016. La persistente autonoma vigenza della V.I.A. n. 88/2013 e dell'autorizzazione n. 27171/11 del 4 novembre 2011 rispetto all'Atto Deliberativo del 15 aprile 2016 impone, inoltre, di concentrare l'attenzione sugli esatti rapporti logico-giuridici tra i suddetti provvedimenti e gli atti, invece, gravati nel presente giudizio, ossia la proroga del 30 settembre 2021 della stessa V.I.A. e il rinnovo del 28 maggio 2021 dell'autorizzazione paesaggistica. Quest'ultimi, pur connessi ai precedenti atti che avevano dato origine alla V.I.A. del 2013 e all'autorizzazione paesaggistica del 2011 (tanto da estendere l'efficacia temporale della prima e rinnovare gli effetti della seconda), sono del tutto autonomi dai medesimi, sono stati discrezionalmente assunti in contesti temporali ampiamente successivi ed erano, perciò, senz'altro suscettibili di formare oggetto di valutazioni diverse. Sicché non può desumersi alcun effetto preclusivo all'impugnazione dei nuovi atti qui gravati discendente, rispettivamente, dalla mancata impugnazione, a suo tempo, delle originarie V.I.A. e autorizzazione paesaggistica da parte del Comune di Isernia. In tema di proroga della V.I.A., l'art. 25, comma 5 del T.U.A., nella versione ratione temporis applicabile al caso di specie, recita: "Il provvedimento di VIA è immediatamente pubblicato sul sito web dell'autorità competente e ha l'efficacia temporale, comunque non inferiore a cinque anni, definita nel provvedimento stesso, tenuto conto dei tempi previsti per la realizzazione del progetto, dei procedimenti autorizzatori necessari, nonché dell'eventuale proposta formulata dal proponente e inserita nella documentazione a corredo dell'istanza di VIA. Decorsa l'efficacia temporale indicata nel provvedimento di VIA senza che il progetto sia stato realizzato, il procedimento di VIA deve essere reiterato, fatta salva la concessione, su istanza del proponente, di specifica proroga da parte dell'autorità competente". Quanto al rinnovo dell'autorizzazione paesaggistica, l'art. 7, comma 1 del d.P.R. n. 31/2017 precisa quanto segue: "Oltre agli interventi di lieve entità indicati nell'elenco di cui all'Allegato "B", sono assoggettate a procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica le istanze di rinnovo di autorizzazioni paesaggistiche, anche rilasciate ai sensi dell'articolo 146 del Codice, scadute da non più di un anno e relative ad interventi in tutto o in parte non eseguiti, a condizione che il progetto risulti conforme a quanto in precedenza autorizzato e alle specifiche prescrizioni di tutela eventualmente sopravvenute". La completa autonomia dei presupposti di applicazione dei provvedimenti qui in discussione destituisce di ogni fondamento, dunque, l'assunto che possa essere estesa anche ad essi l'acquiescenza che il Comune aveva prestato, in passato, nei confronti dei loro atti antecedenti. L'acquiescenza ai suddetti provvedimenti presupposti non preclude, in alte parole, al medesimo Ente Locale di impugnare i successivi provvedimenti di proroga e rinnovazione, in quanto atti ontologicamente autonomi, produttivi di nuovi impatti, e fondati su requisiti applicativi e condizioni di legittimità loro propri. 14.4.3. Ne consegue che anche il Comune di Isernia è sicuramente legittimato a proporre impugnazione avverso questi ultimi al fine di far accertare la carenza dei loro requisiti di legittimità . L'eccezione di difetto di legittimazione deve essere, dunque, rigettata anche nei confronti dell'Ente locale ricorrente. 15. La già illustrata autonomia dei provvedimenti gravati anche rispetto all'Atto Deliberativo di localizzazione del 15 aprile 2016 giustifica, altresì, la mancata evocazione in giudizio del Commissario straordinario, l'Ing. An. Ma., nominato per la realizzazione della infrastruttura con D.P.C.M. del 16 aprile 2021. Il Collegio ricorda che con D.P.C.M. del 16 aprile 2021 l'opera in analisi è stata individuata, ai sensi dell'art. 4 del D.L. n. 32/2019, convertito con modificazioni dalla legge n. 55/2019, quale intervento infrastrutturale caratterizzato "da un elevato grado di complessità progettuale, da una particolare difficoltà esecutiva o attuativa, da complessità delle procedure tecnico-amministrative ovvero che comportano un rilevante impatto sul tessuto socio-economico a livello nazionale, regionale o locale". Ora, come si evince dagli atti di causa, le istanze di rilascio degli atti impugnati provengono direttamente dall'ANAS in qualità di soggetto aggiudicatore dell'intervento, senza che da esse possa desumersi alcuno specifico coinvolgimento giuridicamente apprezzabile del Commissario straordinario nella loro proposizione alla Regione Molise. Né un simile coinvolgimento potrebbe discendere dal suddetto art. 4 del D.L. n. 32/2019. La norma prevede che: "L'approvazione dei progetti da parte dei Commissari straordinari, d'intesa con i Presidenti delle regioni territorialmente competenti, sostituisce, ad ogni effetto di legge, ogni autorizzazione, parere, visto e nulla osta occorrenti per l'avvio o la prosecuzione dei lavori, fatta eccezione per quelli relativi alla tutela ambientale, per i quali i termini dei relativi procedimenti sono dimezzati, e per quelli relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici, per i quali il termine di adozione dell'autorizzazione, parere, visto e nulla osta è fissato nella misura massima di sessanta giorni dalla data di ricezione della richiesta, decorso il quale, ove l'autorità competente non si sia pronunciata, detti atti si intendono rilasciati". Dal suddetto dato normativo non si evince, pertanto, alcuno specifico ruolo del Commissario straordinario in relazione ai procedimenti su istanza di parte tesi alla proroga dell'efficacia della V.I.A. e al rinnovo dell'autorizzazione paesaggistica ex art. 7, comma 1 del d.P.R. n. 31/2017. Esso, difatti, attribuisce al Commissario straordinario un ruolo autonomo solo con riferimento ai progetti ancora in fase di approvazione, potendo questo adottare il provvedimento decisorio conclusivo idoneo a sostituire una molteplicità di autorizzazioni, pareri, visti e nulla osta, fatta eccezione, però, proprio per quelli relativi alla tutela ambientale e alla tutela di beni culturali e paesaggistici. Peraltro, il progetto dell'infrastruttura in analisi era già stato definitivamente approvato con l'Atto Deliberativo del 15 aprile 2016, ben prima dell'insediamento del Commissario con D.P.C.M. del 16 aprile del 2021: sicché sotto ogni profilo deve ritenersi che correttamente sia stata intimata nel presente giudizio la sola l'ANAS, e non anche la predetta figura commissariale. Ne consegue, pertanto, l'infondatezza della relativa eccezione della carente integrazione del contraddittorio. 16. Di converso, deve essere accolto il diverso rilievo di parziale inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione passiva di non poche tra le Amministrazioni intimate nel presente giudizio. Stante l'autonomia della proroga della V.I.A. e del rinnovo dell'autorizzazione paesaggistica rispetto all'atto di localizzazione dell'infrastruttura, deve essere dichiarato il difetto di legittimazione passiva nei confronti di tutte le Amministrazioni, statali, provinciali e locali, che non abbiano assunto alcuna qualificata veste sostanziale nei procedimenti sfociati nei predetti atti in questa sede impugnati. Deve pertanto essere dichiarata l'inammissibilità del ricorso in parte qua nei confronti della Provincia di Isernia e dei Comuni di (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis). La stessa declaratoria di inammissibilità deve inoltre essere emessa nei riguardi del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica (già Ministero della Transizione Ecologica), del Ministero delle Infrastrutture e mobilità sostenibili e dell'Autorità di Bacino Distrettuale dell'Appenino Meridionale (ex Autorità di Bacino dei Fiumi Li., Ga. e Vo.). Il Ministero della Cultura, nella sua articolazione territoriale della Soprintendenza B.A.P. per il Molise, per contro, ha sicuramente la legittimazione passiva a resistere nel presente giudizio, stante il suo qualificato coinvolgimento sostanziale nel procedimento di rinnovo dell'autorizzazione paesaggistica ex art. 7, comma 1 del d.P.R. n. 31/2017, nel cui ambito la Soprintendenza ha, invero, adottato il parere vincolante n. 5222-P del 19 maggio 2021, non a caso anch'esso oggetto della presente impugnazione quale atto presupposto. 17. Il Collegio deve procedere a questo punto alla disamina della residua questione preliminare, quella sollevata dalla difesa erariale, in occasione della sua memoria del 14 dicembre 2023, sotto forma di eccezione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d'interesse discendente, in tesi, dalla definitiva aggiudicazione della commessa per la realizzazione dell'infrastruttura, dalla stipulazione del relativo contratto con l'aggiudicataria e dall'inizio dei relativi lavori. 17.1. A tal fine, non guasta richiamare le più salienti tappe del procedimento di evidenza pubblica per l'affidamento dei lavori diretti alla realizzazione dell'opera infrastrutturale di cui si tratta. Il percorso di tale procedimento può essere così sintetizzato: - con determina a contrarre prot. CDG-0894224-I del 22 dicembre 2022 è stato disposto l'avvio della gara "CB 31/22" per l'affidamento dell'intervento S.S.V. "Isernia - (omissis)" - Lotto (omissis) di collegamento tra il bivio di (omissis) al km (omissis) della SS17 ed il Lotto (omissis) della S.S.V "Isernia (omissis)" (Codice CIG: 955873667B - Codice CUP: F91B16000560001), con un importo complessivo dell'appalto pari ad Euro 146.376.122,25; - il relativo bando di gara è stato pubblicato sulla GUUE al nr. 2022/S 250-731738 del 28 dicembre 2022 e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana - V Serie Speciale - n. 152 del 30 dicembre 2022, nonché su due quotidiani nazionali e due regionali; - con determina prot. CDG-0432875-U del 6 giugno 2023 è stata disposta l'aggiudicazione dell'appalto, ai sensi dell'art. 32, comma 5, del D. Lgs. 50/2016 e s.m.i., a favore del concorrente VI. LA. s.p.a., che ha indicato: M.I. s.r.l. quale impresa cooptata; quale prestatore per il servizio di monitoraggio ambientale il raggruppamento "EC. ST. S.p.A. (Capogruppo mandataria) - LI. TO. S.r.l. (Mandante)"; per il Servizio di Progettazione il raggruppamento di progettisti "IN. DEL TE. S.R.L. (Capogruppo mandataria) - TE. S.R.L. (mandante) - IS. IR. S.R.L. (mandante), IN. EN. S.R.L. (mandante), ST. CO. S.R.L. CI. EN. (mandante)"; per il servizio di Bonifica Ordigni Bellici l'impresa singola "CF. G DI CO. FE." (poi sostituita dalla Società B.M. Se. S.r.l.) e per il servizio di Sorveglianza e indagini archeologiche "l'Arch. An. Le.", libero professionista; - l'aggiudicazione dell'appalto è divenuta efficace, ai sensi dell'art. 32 comma 7 del D. lgs. n. 50/2016, con nota prot. n. CDG-771023-I del 4 ottobre 2023; - infine, il 10 ottobre 2023 è stato stipulato il contratto di appalto n. 28615 di rep. tra ANAS S.p.A. e l'aggiudicataria. 17.2. Tanto premesso, il Tribunale ritiene che anche l'eccezione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d'interesse debba essere respinta. 17.2.1. Il Collegio osserva preliminarmente che le Amministrazioni resistenti, con la loro eccezione di improcedibilità dell'impugnativa, parrebbero voler riscostruire i rapporti fra i pur diversi procedimenti di localizzazione dell'opera, di V.I.A., di autorizzazione paesaggistica, e di affidamento del relativo appalto secondo evidenza pubblica, come se i medesimi dessero vita ad un unico procedimento complesso. In questa ottica, l'aggiudicazione della commessa e la conseguente stipulazione del contratto avrebbero, pertanto, fatto ormai venir meno l'utilità del presente giudizio, atteso che la gara si è conclusa con l'aggiudicazione del 6 giugno 2023, divenuta poi inoppugnabile a seguito della decorrenza dei relativi termini di impugnazione. Ad ogni modo, la tesi di fondo delle resistenti è che a seguito del consolidamento dell'aggiudicazione non residuerebbe più in capo alle ricorrenti alcun interesse alla definizione del presente giudizio. 17.2.2. Questa conclusione non può tuttavia essere condivisa. Come si vedrà, infatti, benché la predetta aggiudicazione sia rimasta inoppugnata, e pur non essendo essa suscettibile di caducazione automatica in caso di annullamento dei provvedimenti in epigrafe, persiste comunque in capo alla parte ricorrente un residuo interesse all'accoglimento del presente gravame, che si appunta sulla possibilità di un annullamento d'ufficio in autotutela, da parte dell'ANAS, della stessa aggiudicazione, in caso di esito annullatorio del presente giudizio. 17.2.3. Il Collegio deve in primo luogo osservare come i rapporti fra i procedimenti a monte della procedura di gara, e la procedura stessa, si connotino in termini di diversità e autonomia, sì da individuare, quale effetto su tale procedura dei vizi inficianti i primi, una forma di invalidità semplicemente viziante, anziché caducante. A tal fine, il Collegio ritiene di dover porre una preliminare precisazione di ordine sistematico in ordine all'istituto della caducazione automatica del provvedimento amministrativo alla luce della consolidata giurisprudenza in materia. Il ricorso allo schema concettuale della detta forma di caducazione emerge, invero, allorquando si tratti di considerare la sorte di provvedimenti che, legati strettamente agli atti precedenti della medesima serie procedimentale, ritraggano la loro legittimità unicamente da questi, per cui, annullati i primi, i secondi perderebbero parimenti i connotati di validità ed efficacia in modo tanto diretto e automatico da non richiedere la loro diretta impugnazione. Si tratta cioè di una sanzione adottata contro atti ulteriori interni allo stesso procedimento, sanzione che non richiede la previa impugnazione dell'atto, strumento tipico del diritto amministrativo, ma rientra in uno schema lineare di propagazione delle nullità, più vicino alle dinamiche processualcivilistiche di cui all'art. 159 c.p.c. (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 21 settembre 2015, n. 4404). L'eccezionalità di questo peculiare tipo di intervento invalidante, la cui disciplina rende concettualmente inapplicabile il modulo ordinario di impugnazione per singoli atti fondante il diritto amministrativo, giustifica il particolare rigore con cui l'elaborazione pratica ha individuato i casi di caducazione automatica. Una giurisprudenza del tutto pacifica, dopo aver rimarcato la differenza tra invalidità a effetto caducante e invalidità a effetto viziante, connota la prima forma di vizio, di natura più dirompente, sulla base di due elementi precisi: a) il primo dato dall'appartenenza, sia dell'atto annullato direttamente come di quello caducato per conseguenza, alla medesima serie procedimentale; b) il secondo, individuato nel rapporto di necessaria derivazione del secondo atto dal primo, come sua inevitabile ed ineluttabile conseguenza e senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, con particolare riguardo al coinvolgimento di soggetti terzi (ex plurimis, indicando le decisioni più recenti, Cons. Stato, sez. IV, 21 settembre 2015, n. 4404, cui ha dato avvio a una consolidata giurisprudenza amministrativa Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd., 13 dicembre 2021, n. 1037; Cons. Stato, sez. IV, 15 ottobre 2020, n. 6241; id., sez. III, 7 gennaio 2020 n. 112; id., sez. V, 10 aprile 2018, n. 2168; id., sez. V, 13 novembre 2015, n. 5188; id., sez. VI, 13 ottobre 2015, n. 4695; id., sez. III, 19 dicembre 2014 n. 6174). Pertanto, qualora almeno uno dei due detti presupposti fosse inesistente, sarebbe già per questo inapplicabile lo schema concettuale della caducazione automatica, e dovrebbero ritenersi utilizzabili unicamente le usuali impugnative tipiche del diritto amministrativo. Ora, venendo al caso di specie, indubbiamente esiste un rapporto di presupposizione e derivazione logica tra i provvedimenti antecedenti all'indizione della gara e la posteriore procedura di evidenza pubblica. Ma, già a tutta prima può dirsi che non sussiste alcuna coincidenza sul lato dell'appartenenza a un unico procedimento tra gli atti presupposti alla gara e la posteriore aggiudicazione, atteso che questi atti appartengono a differenti e autonome serie procedimentali. In questo senso, il rapporto fra i provvedimenti in questione non comporta quindi l'estrema conseguenza per cui, qualora in giudizio venisse riscontrata l'invalidità di un atto presupposto, con il suo annullamento anche tutti i successivi atti di gara ne verrebbero anch'essi automaticamente caducati. L'invalidità di un atto presupposto alla procedura di gara si riverbererebbe, invece, sui successivi atti del procedimento di evidenza pubblica nella sola forma dell'invalidità derivata ad effetto viziante, sicché gli atti stessi, in difetto di una diretta e tempestiva impugnazione in giudizio, potrebbero essere eliminati dal mondo giuridico con il solo rimedio dell'annullamento d'ufficio ex art. 21-novies della l. n. 241/1990, nel rispetto, beninteso, del termine all'uopo imposto dalla legge. Questa ricostruzione, che presenta il pregio di preservare i legittimi interessi dei partecipanti alla procedura di evidenza pubblica, terzi rispetto all'impugnazione degli atti presupposti, che sarebbero irrimediabilmente incisi qualora si configurasse, invece, un effetto di caducazione automatica di tutti gli atti gara a seguito dell'annullamento di un atto presupposto, è stata recentemente seguita da una persuasiva giurisprudenza, all'esito dei cui approfondimenti il Collegio ritiene senz'altro di uniformarsi. Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Sicilia con la sentenza 13 dicembre 2021, n. 1037 ha invero svolto, in materia, le seguenti considerazioni. "Sul piano degli effetti sostanziali della pronuncia n. 589 del 2006 si deve distinguere, in presenza di vizi accertati dell'atto presupposto, fra invalidità ad effetto caducante e invalidità ad effetto viziante, ammettendosi per la prima che l'annullamento dell'atto presupposto si estenda automaticamente a quello consequenziale, anche ove quest'ultimo non venga impugnato, mentre la seconda renderebbe l'atto conseguenziale annullabile, e quindi da gravare nel termine di decadenza. Detto ciò in punto di distinzione fra le due tipologie di conseguenze dell'annullamento di un atto amministrativo sui successivi, è necessario inquadrare la problematica nell'ambito delle coordinate fondamentali della procedura amministrativa, e anche dei rapporti di diritto pubblico, che impongono un termine di decadenza per l'impugnazione degli atti. Detta ultima regola (sul termine di decadenza) non solo è funzionale all'amministrazione della giustizia (amministrativa) ma coinvolge direttamente i rapporti sostanziali gestiti dalle soggettività pubbliche e la regolamentazione degli interessi coinvolti in detti rapporti. Decorso infatti il termine di decadenza l'Amministrazione può fare affidamento sulla stabilità dei propri atti, così assicurando la continuità dell'azione pubblica, di modo che la certezza dei rapporti di diritto pubblico è funzionale al principio di buon andamento. In tale prospettiva l'effetto caducante è idoneo a superare detta regola generale dell'attività amministrativa, esponendo atti non impugnati al venir meno dei propri effetti indipendentemente dall'impugnazione dei medesimi nel rispetto del termine di decadenza, e quindi inserendo un profilo di incertezza nell'agire pubblico, che, in quanto direttamente incidente sul principio costituzionale di buon andamento, non può che essere circoscritto ai casi specificamente enucleati, evitando interpretazioni estensive, foriere di incrinare il sistema di diritto pubblico. L'effetto caducante, "di natura più dirompente", è infatti definito dalla giurisprudenza come eccezionale: "l'eccezionalità di questo tipo di intervento invalidante, la cui disciplina rende concettualmente inapplicabile il modulo ordinario di impugnazione per singoli atti, fondante il diritto amministrativo e il modo dell'equiparazione, giustifica la particolare rigidità con cui l'elaborazione pratica ha individuato i casi di caducazione" (Cons- St., sez. IV, 21 settembre 2015 n. 4404). Il ricorso allo schema concettuale della caducazione emerge in giurisprudenza allorquando si tratta di considerare la sorte di provvedimenti che, legati strettamente agli atti precedenti della medesima serie procedimentale, ritraggono la loro legittimità unicamente da questi, per cui, annullati i primi, i secondi perdono parimenti i connotati di efficacia in modo tanto diretto ed automatico da non richiedere la loro diretta impugnazione. Si tratta cioè di una sanzione adottata contro atti ulteriori interni allo stesso procedimento, sanzione che non richiede la previa impugnazione dell'atto, strumento tipico del diritto amministrativo, ma rientra in uno schema lineare di propagazione dell'invalidità : è la caducazione che caratterizza il procedimento monofase, che trova la propria ratio, almeno in parte, nella nozione di procedimento e di atti endoprocedimentali (e che si distingue da ciò che avviene nei procedimenti plurifase o nei procedimenti autonomi, seppur collegati). Così inquadrata la portata caducante dell'annullamento di un atto, ai fini della concreta individuazione della predetta tipologia di effetti, è necessario valutare l'intensità del rapporto di consequenzialità, con riconoscimento dell'effetto caducante ove tale rapporto sia immediato, diretto e necessario, nel senso che l'atto successivo si ponga, nell'ambito della stessa sequenza procedimentale, come inevitabile conseguenza di quello anteriore (Cons. St., sez. II, 28 maggio 2021 n. 4130), senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi. Orbene la giurisprudenza individua detta relazione fra il bando e l'aggiudicazione, laddove il primo si pone come atto generale e, in particolare, come lex specialis della procedura ad evidenza pubblica, le cui prescrizioni non vincolano solo i concorrenti, ma anche le stesse amministrazioni (che non potranno disapplicare il bando), mentre il secondo si pone come atto finale di scelta del concorrente affidatario. Ne deriva che l'effetto caducante dell'annullamento del bando rispetto all'aggiudicazione avviene nell'ambito di una procedura che sin dall'inizio è idonea a individuare la platea dei soggetti interessati dalla medesima (in quanto atto generale i destinatari del bando sono determinabili a posteriori), o perché partecipanti alla gara o perché lesi da una clausola immediatamente escludente (che hanno impugnato). Non si pone quindi un problema di alterità soggettiva fra i destinatari del bando e i soggetti interessati all'aggiudicazione. Né il soggetto nel frattempo divenuto aggiudicatario è estraneo alla procedura: ché, anzi, è proprio uno dei destinatari del bando in quanto atto generale. Le deliberazioni prodromiche al bando comportano invece un vincolo solo rispetto all'Amministrazione che bandirà la procedura, nel senso che impongono alla medesima di dare corso a quanto stabilito al fine di non incorrere nel vizio della contraddittorietà fra atti, ma non impegnano l'Amministrazione rispetto ai possibili concorrenti della gara, atteso che detto vincolo discende solo dalla pubblicazione del bando ("prima dell'avvio della procedura" le stazioni appaltanti "decretano o determinano di contrarre, individuando gli elementi essenziali del contratto e i criteri di selezione", così l'art. 32 comma 2 del d.lgs. n. 50 del 2016). E ciò anche in ragione del fatto che il procedimento a evidenza pubblica, tipicamente monofase, inizia con la pubblicazione del bando, mentre le precedenti deliberazioni e/o determinazioni si pongono al di fuori della gara. In tale ipotesi si impone all'evidenza l'alterità soggettiva fra i soggetti destinatari delle deliberazioni prodromiche all'approvazione del bando (appunto la stessa Amministrazione) e i soggetti che partecipano al procedimento avviato con la pubblicazione della lex specialis (che saranno poi interessati dall'aggiudicazione), così impedendo il prodursi della portata caducante dell'annullamento degli atti prodromici al bando sugli atti del procedimento successivo (dal bando all'aggiudicazione), considerato l'inquadramento della medesima nell'ordinamento amministrativo. "Diversamente, soggetti che non erano parti necessarie nel giudizio avverso l'atto presupposto verrebbero a subire gli effetti negativi del giudicato con un inammissibile ampliamento, su un piano processuale e sostanziale, dei suoi limiti soggettivi ed oggettivi" (Cons. St., sez. V, 6 luglio 2007 n. 3867). I terzi in buona fede devono infatti essere posti in condizione di "difendere la definizione dell'esito della gara ridondante a loro vantaggio" (Cons. St., 19 dicembre 2014 n. 6185)" (cfr. Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd., 13 dicembre 2021, n. 1037). 17.2.4. Una volta collocati i rapporti tra i provvedimenti presupposti alla gara e l'aggiudicazione di questa sul terreno dell'invalidità semplicemente viziante, il Collegio non può non riconoscere che i soggetti qui ricorrenti avrebbero ben potuto insorgere, mediante motivi aggiunti nell'ambito del presente giudizio, a seguito dell'aggiudicazione definitiva dell'appalto teso alla realizzazione dell'intervento da loro avversato. Il fatto che essi non abbiano adempiuto a tale onere, tuttavia, non permette di concludere per ciò stesso per l'improcedibilità del corrente ricorso. Il Collegio deve difatti comunque ravvisare in capo alla parte ricorrente l'esistenza di un residuo interesse, che, anche da solo, è già sufficiente a sorreggere la presente impugnazione ai fini in rilievo: si tratta dell'interesse, di natura strumentale, connesso alla possibilità che l'annullamento giurisdizionale degli atti presupposti della proroga della VIA e del rinnovo dell'autorizzazione paesaggistica possa indurre l'Amministrazione all'annullamento d'ufficio in autotutela dell'aggiudicazione definitiva del 6 giugno 2023. 17.2.4.1. Ad avviso del Collegio la sussistenza dell'attuale interesse al ricorso trova, invero, puntuale conforto nella figura dell'interesse strumentale, così come da tempo elaborata dalla giurisprudenza amministrativa. Il Collegio ricorda che "l'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. (applicabile al processo amministrativo anche per effetto del richiamo di cui all'art. 39 comma 1, c.p.a.) si compone di due elementi costitutivi, ovvero dell'esistenza di un attuale e concreto pregiudizio derivante alla parte dagli atti impugnati; e del profilo di utilità che la parte ricorrente potrebbe ricavare dall'eventuale accoglimento della domanda svolta in giudizio" (cfr. Cons. Stato, sez. III, 17 dicembre 2015, n. 5705). Sussiste, difatti, l'interesse all'impugnativa di un atto allorché l'atto medesimo abbia arrecato una lesione diretta, attuale e concreta alla sfera giuridica del destinatario, di tal ché l'accoglimento dell'impugnativa lascia prefigurare un vantaggio pratico e concreto che può derivarne al ricorrente. Quanto alla figura dell'interesse strumentale, "essa integra una variante del secondo dei due elementi costitutivi sopra richiamati, in quanto affianca all'interesse al conseguimento del c.d. bene o utilità 'finalè, il perseguimento di un interesse 'mediatò, connesso alla caducazione dell'intero procedimento e all'eventuale nuovo esercizio del potere, veicolante l'utilità gradata consistente nella chanche di un esito favorevole del procedimento rinnovato" (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 aprile 2023, n. 3424). L'essenzialità del profilo della lesione attuale e concreta nonché la chance discendente dall'eventuale rinnovazione delle procedure di rilascio della VIA e dell'autorizzazione paesaggistica supportano, pertanto, nella fattispecie anche l'interesse ad agire strumentale, con conseguente ammissibilità dell'azione processuale ai sensi dell'art. 100 c.p.c. (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 3424/2023, che richiama sul tema l'Adunanza Plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9). 17.2.4.2. Del resto, la sufficienza di un siffatto interesse al soddisfacimento della condizione dell'azione di cui si tratta trova ampio sostegno nella più autorevole giurisprudenza tradizionale. La sentenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4 del 27 ottobre 1970, i cui principi anche nell'odierno contesto ordinamentale non appaiono scalfiti, ha rilevato come, "considerando obiettivamente la incidenza dell'annullamento dell'atto presupposto sull'atto consequenziale, deve necessariamente pervenirsi alla conclusione che quest'ultimo ne rimane comunque pregiudicato; il concetto della "illegittimità derivata" che definisce appunto tale pregiudizio appare, del resto, idoneo punto di riferimento delle osservazioni che si vanno a svolgere sullo specifico problema dell'ammissibilità del ricorso avverso l'atto presupposto quando sia mancata ovvero sia stata irritualmente proposta la impugnazione dell'atto conseguenziale". Venendo più specificamente al tema della procedibilità del ricorso pur nella mancata impugnazione dell'atto conseguenziale lesivo, la stessa decisione dell'Adunanza Plenaria ha precisato che "quest'ultimo problema è portato in falsa prospettiva quando si afferma che il ricorso avvero l'atto presupposto sarebbe ammissibile solo se ed in quanto il suo annullamento determini automaticamente l'annullamento o la caducazione dell'atto conseguenziale (...) l'interesse al ricorso, secondo la nozione che si è venuta elaborando nell'ambito della giurisdizione amministrativa, non si concentra unicamente sul risultato formale dell'annullamento dell'atto impugnato, ma include tra le sue componenti anche l'affidamento in ordine alle attività che in esecuzione del giudicato l'Amministrazione è tenuta o facultata a svolgere e delle quali potrà derivare il soddisfacimento dell'interesse sostanziale". In particolare, ha proseguito l'Adunanza, "quando si consideri che l'annullamento dell'atto presupposto ha quale effetto la illegittimità derivata dell'atto conseguenziale, il solo fatto che l'amministrazione possa essere tenuta, o anche semplicemente facultata a rimuovere d'ufficio l'atto siffattamente viziato, costituisce già di per sé motivo sufficientemente per riconoscere l'interesse alla impugnazione". Ed essa ha concluso con l'ulteriore considerazione che, "anche in ipotesi di mera facoltà di annullamento di ufficio dell'atto conseguenziale, la posizione dell'interessato non è del tutto sprovvista di tutela, essendo ammesso che egli possa sollecitare l'esercizio di tale facoltà ed eventualmente gravarsi contro il diniego esplicito o implicito". Alla luce di queste indicazioni, e venendo al caso di specie, il Collegio non può, pertanto, esimersi dall'osservare che ANAS, stazione appaltante della gara, a seguito dell'accoglimento del presente ricorso potrebbe effettivamente disporre l'annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione dell'appalto, anche perché non sarebbe ancora decorso il termine di legge di 12 mesi dal momento della sua adozione, avvenuta il 6 giugno 2023. 17.2.4.3. Del resto, siffatta ricostruzione della persistenza di un interesse strumentale all'annullamento d'ufficio in capo alle ricorrenti ben si coniuga con la tematica, di ordine generale, della doverosità dell'Amministrazione ad esprimersi su eventuali istanze di autotutela provenienti da soggetti privati qualificati. In dettaglio, il Collegio ricorda che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, non sussiste alcun obbligo per l'Amministrazione di pronunciarsi su un'istanza volta ad ottenere un provvedimento in via di autotutela, non essendo coercibile dall'esterno l'attivazione del procedimento di riesame della legittimità dell'atto amministrativo mediante l'istituto del silenzio-rifiuto e lo strumento di tutela offerto; invero, il potere di autotutela si esercita discrezionalmente di ufficio, essendo rimesso alla più ampia valutazione di merito dell'Amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 9 gennaio 2020, n. 183; id. IV, 11 ottobre 2019, n. 6923; id., sez. II, 1° febbraio 2019, n. 806; id. sez. V, 27 dicembre 2018, n. 7246). E' stato, inoltre, precisato come la richiesta all'Amministrazione, da parte di un privato, di esercizio dei poteri di autotutela (nelle forme di un annullamento, una revoca, un riesame) è qualificabile come "mera denuncia, ossia come atto con mera funzione sollecitatoria, ma non fa sorgere in capo all'Amministrazione alcun obbligo di provvedere" (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 marzo 2021, n. 2622). Nondimeno, la medesima giurisprudenza ha configurato, in via pretoria, le ipotesi nelle quali è configurabile comunque un obbligo di provvedere in capo all'Amministrazione sulle istanze dei privati di autotutela. Tale obbligo sussiste non solo nei casi espressamente previsti da una norma, ma anche in ipotesi ulteriori nelle quali si evidenzino specifiche ragioni di giustizia ed equità che impongano l'adozione di un provvedimento (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 9 gennaio 2020, n. 183, che richiama Cons. Stato, sez. IV, 14 maggio 2010, n. 3024; id. VI, 11 maggio 2007, n. 2318). In particolare, è stato già chiarito da autorevole giurisprudenza che "l'obbligo di provvedere dell'Amministrazione sussiste, oltre che nei casi espressamente previsti da una norma, anche in ipotesi ulteriori nelle quali si evidenzino specifiche ragioni di giustizia e di equità le quali impongano l'adozione di un provvedimento e che il criterio distintivo tra l'istanza idonea a far emergere un dovere di provvedere ed il mero esposto vada ricercato nell'esistenza in capo al privato di uno specifico e rilevante interesse che sia idoneo a differenziare la sua posizione da quella della collettività " (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 3024/2010 cit., che rimanda alla precedente sentenza della medesima sezione n. 2318 dell'11 maggio 2007). Occorre, in altri termini, seguita la giurisprudenza citata, che "l'eventuale comportamento omissivo dell'Amministrazione sia contestato da un soggetto qualificato, in quanto titolare di una situazione di specifico e rilevante interesse che lo differenzi da quello generalizzato, di per sé non immediatamente tutelabile (...) Ciò perché, come avvertiva già altra decisione di questa Sezione (n. 7955 del 14 dicembre 2004) 'indipendentemente dall'esistenza di specifiche norme che impongano ai pubblici uffici di pronunciarsi su ogni istanza non palesemente abnorme dei privati, non può dubitarsi che, in regime di trasparenza e partecipazione, il relativo obbligo sussiste ogniqualvolta esigenze di giustizia sostanziale impongano l'adozione di un provvedimento espresso, in ossequio al dovere di correttezza e buona amministrazione (art. 97, Cost.), in rapporto al quale il privato vanta una legittima e qualificata aspettativa ad un'esplicita pronuncià " (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 3024/2010 cit., che rimanda a Cons. Stato sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 7955). 17.2.4.4. Ora, il Collegio è consapevole che le predette coordinate giurisprudenziali sono state sviluppate in ordine al diverso contesto dell'ammissibilità di azioni avverso il silenzio-inadempimento dell'Amministrazione su istanze di autotutela del privato non esitate. Sennonché, i suddetti argomenti sono, comunque, idonei a delineare la consistenza, anche pro futuro, dell'interesse strumentale all'annullamento d'ufficio in capo alle ricorrenti, atteso che le stesse, un domani, nel caso di esito a loro favorevole del presente giudizio, potrebbero forse anche pretendere un pronunciamento dell'Amministrazione sulla loro eventuale richiesta di autotutela. Con riguardo all'opera infrastrutturale tanto la W.W. O.A. Molise quanto il Comune di Isernia sono, infatti, titolari di una situazione di specifico e rilevante interesse che: a) li differenzia da quello generalizzato del quisque de populo in ragione della loro funzione statutaria e istituzionale a tutela dell'ambiente e del paesaggio colpito dall'infrastruttura; b) li legittimerebbe, altresì, a ottenere comunque una risposta dall'ANAS e dalla Regione Molise qualora avanzassero un'istanza di autotutela a seguito di una pronunzia positiva nel merito. Sarebbe, allora, ravvisabile, ad avviso del Collegio, in tesi un obbligo di provvedere in capo alle suddette: ragioni di giustizia sostanziale ed equità, di trasparenza e correttezza, nonché la tutela dei valori costituzionalmente tutelati dell'ambiente e del paesaggio imporrebbero all'Amministrazione adita di dare una risposta con un provvedimento espresso, sì da permettere: - la piena conoscenza/conoscibilità ai consociati della persistenza delle ragioni giustificative dell'infrastruttura anche al cospetto di sopravvenute esigenze di tutela ambientale e paesaggistica, discendenti dall'adozione delle dichiarazioni di notevole interesse paesaggistico per i territori di Isernia e (omissis) (Decreti del MiC nn. 12/2018, 13/2018 e 28/2018) e dall'istituzione del sito "(omissis) - (omissis)" quale ZSC (zona speciale di conservazione); - la conseguente sindacabilità in sede giurisdizionale ai sensi dell'art. 24 della Costituzione. 17.3. Conclusivamente, in forza di tutto quanto sopra esposto l'eccezione di improcedibilità del ricorso deve pertanto essere rigettata, atteso che, pur in carenza di impugnazione dell'aggiudicazione dell'appalto per l'esecuzione dell'opera in discussione, le ricorrenti detengono comunque un sufficiente interesse alla definizione del merito del presente giudizio. 18. Sgombrato, dunque, il campo dalle suddette questioni preliminari, il Collegio può finalmente ora passare alla trattazione della sostanza della controversia. 19. Il ricorso è fondato. 20. Con il primo motivo di gravame i ricorrenti deducono l'illegittimità del provvedimento di proroga dell'efficacia della V.I.A. per violazione dell'art. 25, comma 5 del T.U.A., per essere stata disposta, tale proroga, con riguardo a una V.I.A. che aveva già visto esaurita la propria efficacia da oltre tre anni. La V.I.A., rilasciata dalla Regione Molise con Delibera di G.R. n. 88/2013, si era oramai caducata, essendo spirato da tempo il termine di 5 anni di validità assegnatole dalla legge, e decorrente dalla data della sua pubblicazione nel BURM n. 6 del 1° marzo 2013. Ne consegue che la Regione non avrebbe potuto accogliere l'istanza di proroga della VIA dall'ANAS il 12 aprile 2021, bensì avrebbe dovuto procedere alla reiterazione dell'intera procedura di V.I.A. ai sensi del T.U.A.. 21. Il motivo merita accoglimento. Il provvedimento n. 92 del 30 settembre 2021 di proroga della VIA è, invero, illegittimo per evidente errore di fatto e di diritto e carenza dei presupposti di cui al combinato disposto degli artt. 25, comma 5, e 26, comma 6, del T.U.A. (nelle versioni ratione temporis applicabili), in quanto la Regione ha operato la proroga nonostante il fatto che la V.I.A. di cui alla delibera n. 88/2013 fosse già decaduta ope legis dal marzo del 2018. 22. Il Collegio ritiene, in proposito, di dover focalizzare preliminarmente l'attenzione sul termine di efficacia cui soggiaceva la V.I.A. espressa dalla delibera di G.R. n. 88/2013; nel prosieguo saranno poi affrontate, e disattese, le obiezioni sollevate dalle resistenti in ordine alla individuazione del relativo dies a quo. 23. Il primo punto richiede di ripercorrere, seppur sinteticamente, le tappe evolutive della disciplina positiva della V.I.A.. 23.1. La ricostruzione del dato normativo, così come interpretato dalla giurisprudenza pronunziatasi su fattispecie analoghe (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30 maggio 2022, n. 4349; id. sez. IV, 2 agosto 2022, n. 6808), deve muovere dall'art. 26 del T.U.A., che nel suo testo originario di soli quattro commi disciplinava la "fase introduttiva del procedimento" di V.I.A.. Successivamente, l'art. 1, comma 3 del d.lgs. 16 gennaio 2008 n. 4 sostituiva l'art. 26, la cui rubrica veniva modificata in "decisione" della VIA, introducendovi un comma 6 che stabiliva espressamente quanto segue: "I progetti sottoposti alla fase di valutazione devono essere realizzati entro cinque anni dalla pubblicazione del provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale. Tenuto conto delle caratteristiche del progetto il provvedimento può stabilire un periodo più lungo. Trascorso detto periodo, salvo proroga concessa, su istanza del proponente, dall'autorità che ha emanato il provvedimento, la procedura di valutazione dell'impatto ambientale deve essere reiterata". Tale disposizione rimaneva in vigore nella sua predetta formulazione dal 13 febbraio 2008 al 4 agosto 2009. L'art. 23, comma 21-quinquies d.l. del 1° luglio 2009, n. 78 (nel testo risultante dalla legge di conversione 2 agosto 2009, n. 102) si limitava peraltro ad aggiungere un ulteriore e conclusivo periodo al comma 6 del citato art. 26, specificando che: "I termini di cui al presente comma si applicano ai procedimenti avviati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 16 gennaio 2008 n. 4". Il suddetto art. 26 comma 6 non riceveva invece nessuna modificazione dai successivi interventi legislativi di cui al d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, e alla l. 28 dicembre 2015, n. 221, conservando così inalterata la prescrizione della efficacia quinquennale della V.I.A.. Infine, l'articolo 26 veniva integralmente sostituito dall'art. 15, comma 1 del d.lgs. 16 giugno 2017, n. 104, e nel suo nuovo testo non recava più disposizioni d'interesse ai fini del giudizio. Per converso, l'art. 25 del T.U.A., nel testo introdotto dalla medesima novella del 2017, dettava con il suo comma 5 le seguenti previsioni (non molto diverse da quelle del precedente art. 26 comma 5): "Il provvedimento di VIA è immediatamente pubblicato sul sito web dell'autorità competente e ha l'efficacia temporale, comunque non inferiore a cinque anni, definita nel provvedimento stesso, tenuto conto dei tempi previsti per la realizzazione del progetto, dei procedimenti autorizzatori necessari, nonché dell'eventuale proposta formulata dal proponente e inserita nella documentazione a corredo dell'istanza di VIA. Decorsa l'efficacia temporale indicata nel provvedimento di VIA senza che il progetto sia stato realizzato, il procedimento di VIA deve essere reiterato, fatta salva la concessione, su istanza del proponente, di specifica proroga da parte dell'autorità competente". L'efficacia temporale della novella dell'art. 25 veniva, infine, stabilita dall'art. 23, comma 1 del d.lgs. 16 giugno 2017, n. 104, il quale prevedeva, per quanto interessa ai fini di causa, che "le disposizioni del presente decreto si applicano ai procedimenti di verifica di assoggettabilità a VIA e ai procedimenti di VIA avviati dal 16 maggio 2017". 23.2. Ricostruite le vicende del dato normativo, può ricordarsi che il Consiglio di Stato, operando una lineare e convincente ricognizione del regime di diritto positivo, ha sottolineato che "dall'esame della disciplina relativa alla VIA innanzi riportata (e rilevante nel caso di specie), può dunque ricavarsi: - in un primo periodo (dal d.lgs. n. 152/2006 fino al d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) non era previsto alcun termine di efficacia della VIA; - in un secondo periodo (dal d.lgs. n. 4/2008 fino al d.lgs. n. 104/2017), è stato previsto un termine di efficacia di cinque anni della VIA, salvo termine più lungo previsto dallo stesso provvedimento, con possibilità di proroga concessa dall'autorità emanante su richiesta dell'interessato; - in un terzo periodo (a decorrere dal d.lgs. n. 104/2017), l'efficacia temporale della VIA è di volta in volta stabilita dal provvedimento stesso, in una misura che non può comunque essere inferiore a cinque anni; il termine di efficacia previsto può comunque essere prorogato dall'autorità emanante" (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30 maggio 2022, n. 4349). 24. Alla stregua di questa piana interpretazione letterale della disciplina del T.U.A., il Collegio non può allora non convenire con la parte ricorrente che la V.I.A. di cui alla Delibera di G.R. n. 88/2013 ha avuto una efficacia di cinque anni a partire dal 1° marzo 2013, data di sua pubblicazione sul BURM al n. 6. Conseguentemente, il 1° marzo 2018 la stessa ha già cessato i suoi effetti. Tale V.I.A., invero, soggiaceva al termine di efficacia di 5 anni previsto dall'art. 26, comma 6 del T.U.A.; e, d'altra parte, la delibera n. 88/2013 non aveva ritenuto di fissare un termine di durata maggiore di quella dettata dalla legge. Ne consegue, allora, che alla data di adozione della proroga, operata dal provvedimento del 30 settembre 2021 oggetto della presente impugnazione, la V.I.A. n. 88/2013 risultava senza dubbio ormai irrimediabilmente scaduta, essendo ampiamente decorsi i suoi 5 anni di vigenza. In queste condizioni, quindi, la Regione Molise non avrebbe potuto concedere la proroga richiesta dall'ANAS ai sensi dell'art. 25, comma 5 del T.U.A., difettandone i presupposti, ma avrebbe potuto unicamente disporre la reiterazione del procedimento della V.I.A.. Da qui l'evidente illegittimità del provvedimento di proroga in questa sede gravato, in quanto la Regione, a seguito della decadenza che aveva (da tempo) colpito la V.I.A. del 2013, aveva perduto ogni possibilità di prorogarne il corso. 25. Né può valere l'obiezione difensiva che il dies a quo del predetto quinquennio sarebbe stato identificabile, in realtà, nell'atto deliberativo del 15 aprile 2016 di localizzazione dell'infrastruttura di cui all'art. 3 del d.P.R. n. 383/1994. Il punto richiede un chiarimento sulla procedura di localizzazione delle infrastrutture. 25.1. Il Collegio osserva, a tal fine, che la disciplina della localizzazione integra un regime giuridico speciale che rileva essenzialmente, come si è sopra già accennato, ai fini propri delle materie dell'edilizia e dell'urbanistica. L'art. 7 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico in materia edilizia), rubricato "Attività edilizia delle pubbliche amministrazioni", stabilisce che non trovano applicazioni le disposizioni sui titoli abilitativi per le opere individuate alla lettera b), ossia le "opere pubbliche, da eseguirsi da amministrazioni statali o comunque insistenti su aree del demanio statale e opere pubbliche di interesse statale, da realizzarsi dagli enti istituzionalmente competenti, ovvero da concessionari di servizi pubblici, previo accertamento di conformità con le prescrizioni urbanistiche ed edilizie ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383, e successive modificazioni". In tale contesto derogatorio interviene, allora, il citato d.P.R. n. 383/1994, il quale all'articolo 2 avverte che "Per le opere pubbliche di cui all'articolo 1 del presente regolamento, l'accertamento della conformità alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi, salvo che per le opere destinate alla difesa militare, è fatto dallo Stato di intesa con la regione interessata, entro sessanta giorni dalla richiesta da parte dell'amministrazione statale competente". E con il successivo articolo 3 introduce il meccanismo della conferenza di servizi nel caso in "l'accertamento di conformità di cui all'articolo 2 del presente regolamento, dia esito negativo, oppure l'intesa tra lo Stato e la regione interessata non si perfezioni entro il termine stabilito". Per completezza, si aggiunge che l'articolo 3, nella versione applicabile al caso di specie, specifica altresì che: - alla conferenza di servizi partecipano la Regione e, previa deliberazione degli organi rappresentativi, il comune o i comuni interessati, nonché le altre amministrazioni dello Stato e gli enti comunque tenuti ad adottare atti di intesa, o a rilasciare pareri, autorizzazioni, approvazioni, nulla osta, previsti dalle leggi statali e regionali; - la conferenza valuta i progetti definitivi relativi alle opere di interesse statale, nel rispetto delle disposizioni relative ai vincoli archeologici, storici, artistici e ambientali; - la conferenza si esprime sui progetti definitivi entro sessanta giorni dalla convocazione, apportando ad essi, ove occorra, le opportune modifiche, senza che ciò comporti la necessità di ulteriori deliberazioni del soggetto proponente; - l'approvazione dei progetti, infine, nei casi in cui la decisione sia adottata dalla conferenza di servizi, sostituisce ad ogni effetto gli atti di intesa, i pareri, le concessioni, anche edilizie, le autorizzazioni, le approvazioni, i nullaosta, previsti da leggi statali e regionali. 25.2. Orbene, a differenza di quanto sostenuto dalle Amministrazioni resistenti, deve escludersi che, nella presente vicenda, l'atto deliberativo del 15 aprile 2016 reso a conclusione della conferenza di servizi di cui al citato articolo 3 d.P.R. cit. possa essere riguardato, sul piano tecnico-giuridico, come un atto confermativo della V.I.A.. Come ben osservato dalla giurisprudenza amministrativa, il procedimento di localizzazione dell'opera infrastrutturale di cui al d.P.R. n. 383/1994 afferisce agli ambiti di competenza dell'urbanistica e dell'edilizia, in quanto concerne le tematiche inerenti alle varianti agli strumenti urbanistici e i titoli edilizi edilizi (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 114). In questo contesto, quindi, le valutazioni rese in ordine ai profili ambientali e paesaggistici dell'opera infrastrutturale rimangono comunque indipendenti e autonome rispetto al provvedimento di localizzazione. 25.2.1. E di tale autonomia dà conferma la stessa giurisprudenza, la quale ha già avuto modo di valorizzare l'autonomia del provvedimento di localizzazione rispetto all'autorizzazione paesaggistica nel caso di opere destinate alla difesa militare (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 novembre 2005, n. 6312). Con particolare riferimento proprio alla V.I.A., inoltre, il Consiglio di Stato ha evidenziato la sua autonomia rispetto al provvedimento di localizzazione in un caso coinvolgente la variante ovest esterna alla città di Lecce (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 maggio 2013, n. 2830). 25.3. Alla luce di quanto sopra esposto, dunque, nella data dell'atto deliberativo di localizzazione del 15 aprile 2016 non può ravvisarsi un nuovo dies a quo, ai fini di causa, diverso da quello coincidente, a norma di legge, con la pubblicazione della VIA del 1° marzo 2013. 26. Privo di fondamento è anche l'ulteriore argomento difensivo secondo cui il dies a quo in discorso dovrebbe essere individuato nella data di entrata in vigore della versione dell'art. 25 del T.U.A. novellata da parte dell'art. 14 del d.lgs. 16 giugno 2017, n. 104, vale a dire il 21 luglio 2017. Come precedentemente già qui esposto nel par. 23.1, l'art. 23, comma 1 del medesimo d.lgs. n. 104/2017 prevede, con norma disciplinante gli aspetti di diritto intertemporale, che "le disposizioni del presente decreto si applicano ai procedimenti di verifica di assoggettabilità a VIA e ai procedimenti di VIA avviati dal 16 maggio 2017". La norma, dunque, fissa così una precisa linea temporale di demarcazione della propria efficacia, escludendo esplicitamente la propria applicazione retroattiva ai provvedimenti di VIA già rilasciati prima del 16 maggio 2017. Ora, la V.I.A. per cui è causa è stata rilasciata con delibera di G.R. n. 88/2013, e quindi ben 4 anni prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 104/2017, che pertanto, a norma del suo art. 23, si rivela inapplicabile, ratione temporis, alla materia del contendere. Ne consegue, già per questo, che si rivela priva di qualsivoglia fondamento logico la tesi che vorrebbe identificare un nuovo dies a quo di efficacia della V.I.A. oggetto di causa nella data di entrata in vigore della versione dell'art. 25 del T.U.A. novellata dall'art. 14 del d.lgs. n. 104/2017. 27. Giungendo, allora, alle conclusioni del Tribunale sul primo motivo di gravame, questo deve essere accolto, con il conseguente annullamento del provvedimento n. 92 del 30 settembre 2021 di proroga della V.I.A.. Possono essere conseguentemente assorbite le ulteriori doglianze di cui ai motivi II, III, IV e V del ricorso, nella parte in cui investono la stessa proroga. 28. Possono essere conseguentemente assorbite le ulteriori doglianze di cui ai motivi II, III, IV e V del ricorso. 29. L'Amministrazione regionale dovrà pertanto procedere alla reiterazione della procedura di V.I.A. regionale ai sensi dell'odierno articolo 27-bis del T.U.A., nel rispetto delle regole circa il relativo contraddittorio procedimentale. La presente pronuncia, come si è già esposto, non produce però effetti diretti sugli atti adottati nel contesto della procedura di evidenza pubblica che ha seguito gli atti impugnati, salve le determinazioni assumibili al riguardo dalla Pubblica Amministrazione in sede di autotutela. 30. La complessità delle questioni giuridiche trattate giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone: a) dichiara il ricorso inammissibile per difetto di legittimazione passiva nella parte in cui proposto nei riguardi delle seguenti Amministrazioni: il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica (già Ministero della Transizione Ecologica), il Ministero delle Infrastrutture e mobilità sostenibili, l'Autorità di Bacino Distrettuale dell'Appenino Meridionale (ex Autorità di Bacino dei Fiumi Li., Ga. e Vo.), la Provincia di Isernia, il Comune di (omissis), il Comune di (omissis), il Comune di (omissis) e il Comune di (omissis); b) accoglie il ricorso, nei confronti degli altri soggetti intimati, nei termini e con gli effetti di cui in motivazione, e pertanto annulla: - la determinazione del Direttore del II Dipartimento della Regione Molise n. 92 del 30 settembre 2021; - la consequenziale nota trasmessa dall'ARPA alla Regione Molise in data 5 luglio 2021. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Campobasso nelle camere di consiglio dei giorni 10 e 15 gennaio 2024, con l'intervento dei magistrati: Nicola Gaviano - Presidente Roberto Ferrari - Referendario Federico Giuseppe Russo - Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 337 del 2021, proposto dal Dott. It. Te., in qualità di Presidente pro tempore del "Forum per la difesa della sanità pubblica di qualità del Molise"; dal sig. Fr. Ma., in proprio ed in qualità di l.r.p.t. del "Comitato dignità e Verità per le vittime Covid 19"; dalla sig.ra. Ci. Fe., in proprio e in qualità di l.r.p.t. del Comitato "MO. LL.", tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Vi. Ia., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; contro la Regione Molise; la Regione Molise - Direzione Generale per la Salute; il Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo finanziario del settore sanitario della Regione Molise; la Presidenza del Consiglio dei Ministri; il Consiglio dei Ministri; il Ministero della Salute; il Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via (...); nei confronti dell'Istituto Ne. Me. Ne. I.R.C.C.S. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Sa. Di Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; e con l'intervento di ad adiuvandum: il sig. St. Bu., in proprio ed in qualità di Presidente dell'associazione "Partecipazione Democratica", rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Si., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; sul ricorso numero di registro generale 338 del 2021, proposto dal Co. Sa. Ti., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Vi. Fi. e Gi. Fa., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; contro la Regione Molise; la Regione Molise - Direzione Generale per la Salute; il Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo finanziario del settore sanitario della Regione Molise; la Presidenza del Consiglio dei Ministri; il Consiglio dei Ministri; il Ministero della Salute; il Ministero dell'Economia e delle Finanze,; in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via (...); nei confronti dell'Istituto Ne. Me. Ne. I.R.C.C.S. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Sa. Di Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; sul ricorso numero di registro generale 353 del 2021, proposto dal Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Vi. Ia., Vi. Fi. e Gi. Fa., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; contro la Regione Molise; la Regione Molise - Direzione Generale per la Salute; il Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo finanziario del settore sanitario della Regione Molise; la Presidenza del Consiglio dei Ministri; il Consiglio dei Ministri; il Ministero della Salute; il Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via (...); nei confronti dell'Istituto Ne. Me. Ne. I.R.C.C.S. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Sa. Di Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; sul ricorso numero di registro generale 354 del 2021, proposto dal Comune di Isernia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Vi. Ia., Vi. Fi. e Gi. Fa., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; contro la Regione Molise; la Regione Molise - Direzione Generale per la Salute; il Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo finanziario del settore sanitario della Regione Molise; la Presidenza del Consiglio dei Ministri; il Consiglio dei Ministri; il Ministero della Salute; il Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via (...); nei confronti dell'Istituto Ne. Me. Ne. I.R.C.C.S. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Sa. Di Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; per l'annullamento tutti i ricorsi: - del D.C.A. n. 94 del 9.09.2021, con il quale è stato adottato il Programma Operativo Sanitario della Regione Molise 2019-2021; - dello stesso Programma Operativo Sanitario della Regione Molise 2019-2021; - di ogni atto presupposto, conseguente e comunque connesso nella parte in cui si presenta lesivo degli interessi delle ricorrenti. Visti i ricorsi e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate, della controinteressata e, nel solo giudizio n. r.g. 337/2021, dell'interventore ad adiuvandum; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2024 il dott. Luigi Lalla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. I ricorsi all'odierno esame del Collegio hanno ad oggetto il decreto n. 94 del 9 settembre 2021 del Commissario ad acta per l'Attuazione del Piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione Molise, provvedimento con il quale è stato adottato il Programma Operativo Sanitario (P.O.S.) per il triennio 2019-2021, anch'esso oggetto di gravame. 2. Le parti ricorrenti in epigrafe hanno proposto all'uopo dinanzi a questo Tribunale impugnazioni formalmente distinte tutte affidate ai seguenti, identici motivi di ricorso: I- "VIOLAZIONE E/O ERRONEA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 24 E 97 COST. VIOLAZIONE E/O ERRONEA APPLICAZIONE DELL'ART. 1 L. 241/1990 PER MANCATA VALUTAZIONE SINCRONICA DEGLI INTERESSI PUBBLICI COINVOLTI A SEGUITO DELL'OMESSO COINVOLGIMENTO DELLE PARTI SOCIALI NELLA FASE DI REDAZIONE ED ADOZIONE DEL POS 2019-2021"; II- "NEL MERITO: ILLEGITTIMA APPOROVAZIONE DEL PROGRAMMA OPERATIVO STRAORDINARIO 2019-2021". In sintesi, l'azione amministrativa commissariale è stata censurata sotto il profilo dell'omessa partecipazione all'attività pianificatoria in contestazione, in violazione sia delle regole generali in tema di procedimento amministrativo ex lege n. 241 del 1990, sia delle specifiche regole di cui all'art. 2, commi 2-bis e 2-ter, del D.Lgs. n. 502 del 1992, le quali avrebbero imposto il coinvolgimento nell'elaborazione del P.O.S. 2019-2021 della Conferenza dei Sindaci e delle parti sociali. Il secondo motivo di ricorso ruota intorno al documento approvato il 12.10.2021 dalla Conferenza dei Sindaci, riunitasi in assemblea per la discussione dell'ormai adottato P.O.S. 2019-2021, nel quale è stata espressa disapprovazione per la mancata audizione dei Sindaci, la quale avrebbe poi condotto ad una programmazione sanitaria insoddisfacente che, in tesi ricorrente, "ridimensiona ancor di più le prestazioni ospedaliere per i cittadini in questo territorio" (pp. 17 e ss. dei ricorsi). E l'allarme dei Sindaci sarebbe sorretto da una serie di problematicità del Sistema Sanitario regionale che avrebbero dato luogo a episodi nefasti, verificatisi a causa della grave sofferenza dei singoli reparti: in definitiva, si "evidenzia una netta e preoccupante scollatura tra la struttura Commissariale e l'intera collettività molisana" (pag. 19 dei ricorsi). I ricorsi, infine, si soffermano sulla descrizione di specifiche previsione programmatorie relative alle singole strutture ospedaliere, per esprimerne al riguardo delle apodittiche valutazioni critiche. 3. Le Amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio in resistenza alle citate impugnative, deducendone profili di inammissibilità e, in ogni caso, la loro infondatezza nel merito. Si è altresì costituita la parte controinteressata I.R.C.C.S. Ne. s.p.a., la quale ha eccepito, oltre che la propria carenza di legittimazione passiva, anche l'inammissibilità e, comunque, l'infondatezza dei gravami. Nella causa n. r.g. 337 del 2021 è anche intervenuto ad adiuvandum il sig. St. Bu., in proprio e nella qualità di Presidente dell'Associazione "Partecipazione Democratica", ribadendo le tesi già sostenute dalla relativa ricorrente nell'affermazione "del diritto a prendere parte ai processi decisionali da parte del cittadino" (pag. 3 dell'atto di intervento). 4. All'udienza camerale del 1° dicembre 2021, quando sono stati trattati tutti e quattro i ricorsi, il Tribunale ha respinto le rispettive istanze di sospensione dell'efficacia dei provvedimenti gravati sulla base di analoghi rilievi in punto di assenza di un apprezzabile danno cautelare, atteso che: "a) l'atto impugnato ha natura solo programmatoria, e non possiede, pertanto, una concreta e immediata efficacia lesiva degli interessi della parte ricorrente; b) quest'ultima, del resto, non ha individuato delle specifiche disposizioni del P.O.S. che siano provviste già nell'attualità di un effetto operativo lesivo" (T.A.R. Molise, sez. I, ordinanze nn. 232/2021; 233/2021; 234/2021; 413/2021). 5. I ricorrenti dei giudizi n. r.g. e 337/2021, 338/2021 e 353/2021 hanno indi proposto appello cautelare, e il Consiglio di Stato: - nei giudizi nn. r.g. 353/2021 e 337/2021, con le ordinanze nn. 1169/2022 e 1155/2022, ha respinto tali appelli, ritenendo che "la pur apprezzabile, in ragione degli interessi coinvolti, esigenza cautelare rappresentata dalla parte appellante, connessa alla assenza, nel P.O.S. approvato con i provvedimenti impugnati in primo grado, non confutata con condivisibili argomenti dalle parti resistenti, di idonee misure organizzative ed operative finalizzate a fronteggiare, secondo criteri di efficacia e tempestività, il verificarsi di episodi, potenzialmente letali, in conseguenza della chiusura dei reparti di emodinamica, si presta ad essere adeguatamente soddisfatta, nelle more della auspicabilmente imminente fissazione dell'udienza di merito dinanzi al giudice di primo grado e tenuto conto della natura programmatoria dell'atto gravato, sollecitando l'attenta considerazione del relativo bisogno assistenziale da parte dell'Amministrazione, nell'esercizio del compito ad essa spettante di individuare le misure più opportune a tutela del diritto alla salute della collettività, nell'ambito del procedimento approvativo del P.O.S. relativo al triennio 2022/2024; che, ferme restando le suesposte "raccomandazioni", l'ordinanza gravata appare allo stato immune da censure, tenuto conto oltre che della vista natura programmatoria del Piano, della circostanza che il P.O.S. 2019 -2021 non è tutt'ora vigente"; - nel giudizio n. r.g. 338/2021, con l'ordinanza n. 1321/2022, l'appello cautelare è stato parimenti respinto, essendosi rilevato che: "l'atto impugnato ha esclusivamente natura programmatoria e pertanto non è immediatamente lesivo del bene della vita e lo potrà essere soltanto con i conseguenti provvedimenti attuativi". 6. Tutte le parti costituite hanno poi depositato ulteriori documenti e nuovi scritti difensivi a migliore illustrazione delle rispettive tesi. 7. All'udienza pubblica del 24.01.2024, dopo ampia discussione dei difensori presenti come da verbale in atti, il Collegio ha infine assunto le controversie in decisione. 8. Il Tribunale, riuniti i ricorsi in epigrafe per la loro manifesta connessione oggettiva, ritiene di poter prescindere dal vaglio delle eccezioni sollevate in rito dalle controparti resistenti e controinteressate, dovendosi le impugnative tutte respingere nel merito per la sicura infondatezza dei loro motivi. Pare opportuno dare preliminarmente atto del meritorio ruolo svolto dagli enti esponenziali ricorrenti nella cura degli interessi dei cittadini da loro rappresentati, con specifico riguardo all'attenzione prestata dagli enti locali e dalle associazioni di settore in merito all'azione istituzionale del Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo finanziario della Sanità della Regione Molise, le cui determinazioni devono assicurare il ritorno in bonis dell'Amministrazione sanitaria regionale senza tuttavia ledere le incomprimibili esigenze di tutela della salute delle persone. Il fatto è che le doglianze proposte nel caso di specie non risultano idonee a fondare un giudizio di illegittimità dei provvedimenti contestati: questo né dal punto di vista delle violazioni lamentate sul terreno della partecipazione procedimentale, né con riguardo al contenuto sostanziale del P.O.S., non essendo stati forniti al Collegio, sotto questo secondo profilo, dei parametri giuridici specifici cui ancorare le generiche contestazioni di inadeguatezza mosse avverso le previsioni programmatorie commissariali. 9. Venendo al dettaglio dei mezzi di gravame proposti, va subito illustrata l'infondatezza del primo motivo di ricorso, sulla scia già tracciata dalla giurisprudenza di questo Tribunale -tra le altre- con la sentenza n. 168 del 22.05.2023. 9.1. Sul punto della violazione delle ordinarie regole di partecipazione al procedimento amministrativo assicurata in via generale dalla legge n. 241 del 1990, va data conferma all'orientamento già espresso da questo T.A.R. secondo cui: "il decreto impugnato rientra sicuramente tra gli atti amministrativi a contenuto programmatorio e generale, pianificando l'assetto organizzativo del sistema sanitario regionale per gli anni dal 2019 al 2021. Come tale, esso non ha attitudine a determinare alcun pregiudizio immediato e diretto nella sfera giuridica del Comune ricorrente, e men che meno in quella del Comitato, introducendo misure generali di macro-organizzazione e di razionalizzazione del sistema sanitario. Per questa sua natura schiettamente programmatoria e generale, il decreto commissariale è quindi sottratto all'applicazione delle norme sul procedimento amministrativo relativamente ai diritti partecipativi dei soggetti interessati. Difatti, ai sensi dell'art. 13 della L. n. 241/1990 le disposizioni relative ai diritti partecipativi "non si applicano nei confronti dell'attività della pubblica Amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione" (in termini vd. T.A.R. Molise n. 245/2021) (T.A.R. Molise, sentenza n. 168 del 22.05.2023). 9.2. Analoga conclusione reiettiva va affermata con riguardo alla lamentata violazione dell'art. 2, commi 2-bis e 2-ter, del D.Lgs. n. 502 del 1992, disposizioni dedicate allo sviluppo della ordinaria pianificazione sanitaria regionale e, pertanto, non operative nel caso di specie, dove il regime applicabile è piuttosto quello, straordinario, apprestato dalle peculiari regole dedicate all'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo finanziario. Il Collegio ritiene infatti condivisibile la posizione della difesa erariale per cui le regole richiamate dalle parti ricorrenti, le quali avrebbero imposto il coinvolgimento, nell'elaborazione del P.O.S., anche della Conferenza dei Sindaci e delle parti sociali, non possono trovare applicazione nel caso di Regioni la cui Sanità versi in stato di commissariamento. Vengono invero qui in rilievo due regimi diversi e tra loro inconciliabili, dove, nei casi di gestione commissariale della Sanità regionale, si verifica uno spostamento del baricentro dell'attività di programmazione, dalla normale consultazione dei livelli di governo locale di prossimità (i cui interessi si incentrano sulla migliore soddisfazione dei bisogni dei cittadini) al diverso assetto dello stringente coinvolgimento nella pianificazione, invece, dei livelli ministeriali di governo (attenti a che sia data doverosa attuazione ai vincoli economici assunti in sede di elaborazione del Piano di rientro dal disavanzo finanziario). ?, allora, di tutta evidenza l'inconciliabilità tra i due diversi regimi, non potendo il Commissario ad acta discostarsi dai propri doveri attuativi del Piano di rientro: fino al ritorno in bonis, la pianificazione sanitaria della Regione Molise sarà quindi costretta a seguire il modello procedimentale speciale che dal commissariamento discende, nel quale le esigenze di contenimento del disavanzo finanziario rende recessive le garanzie partecipative ordinariamente assicurate agli enti esponenziali della cittadinanza. In questo senso si è già pronunciata la giurisprudenza di questo Tribunale, con considerazioni che il Collegio ritiene di ribadire anche nel presente giudizio: "non può poi essere sottaciuta la peculiare condizione in cui versa la Regione Molise, sottoposta ad un piano di rientro dal deficit sanitario che ne limita fortemente la discrezionalità operativa, con la conseguente necessità di dare applicazione a delle speciali disposizioni legislative, di carattere finanziario, che demandano l'adozione del Piano operativo sanitario al Presidente della Regione quale Commissario ad acta vincolandolo all'affiancamento dei Ministeri della salute e dell'Economia e delle Finanze. Dispone in tal senso l'art. 1, comma 180°, della L. n. 311/2004, che sul punto specifica che "I Ministri della Salute e dell'Economia e delle Finanze e la singola Regione stipulano un apposito accordo che individui gli interventi necessari per il perseguimento dell'equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e degli adempimenti di cui alla intesa prevista dal comma 173. La sottoscrizione dell'accordo è condizione necessaria per la riattribuzione alla Regione interessata del maggiore finanziamento anche in maniera parziale e graduale, subordinatamente alla verifica della effettiva attuazione del programma". L'art. 1, comma 796°, lett. b), della L. n. 296/2006, prevede del resto che gli interventi individuati dai programmi operativi di riorganizzazione, qualificazione o potenziamento del servizio sanitario regionale, necessari per il perseguimento dell'equilibrio economico, siano vincolanti per la Regione che ha sottoscritto l'accordo di cui al citato articolo 1, comma 180°, della L. n. 311/2004. Il Collegio ritiene pertanto che al caso di specie debba applicarsi l'orientamento giurisprudenziale che ha ormai da tempo evidenziato come "il carattere vincolato dei provvedimenti adottati ai fini dell'attuazione del Piano di rientro e la loro natura di provvedimenti generali di programmazione finanziaria comporta la irrilevanza dell'apporto partecipativo dei singoli interessati di fronte alle più ampie misure, frutto di una programmazione urgente e vincolante, ispirata a rigorosi criteri di contenimento della spesa sanitaria, per contenere il disavanzo finanziario, con misure immediate e indilazionabili e conduce, pertanto, al rigetto di tutte le censure relative alla mancanza di procedure negoziali e partecipative, sia con gli operatori privati e con le associazioni di categoria, essendo altrimenti vanificata la stessa ratio di tale legislazione e della conseguenti misure straordinarie, introdotte per risanare la situazione di grave dissesto finanziario registratasi in diverse Regioni (Sez. III, 19 luglio 2016, n. 3201; 6 dicembre 2017 n. 5749). L'Amministrazione, dunque, non avrebbe dovuto né potuto coinvolgere nel procedimento soggetti istituzionali ulteriori rispetto a quelli contemplati dalla speciale normativa nazionale di riferimento applicabile alla fattispecie in ragione della soggezione del Molise a piano di rientro dal deficit. ... Quanto, infine, alla dedotta mancata partecipazione al procedimento della Conferenza dei Sindaci, l'art. 2, comma 78°, della L. n. 191/2009, nel delineare le modalità di redazione, approvazione e gestione dei piani operativi sanitari per le Regioni assoggettate a piano di rientro, non prevede la partecipazione della detta Conferenza. La citata norma, nel delineare -in termini, va osservato, già notevolmente complessi- il relativo procedimento, dispone infatti che "il piano di rientro, approvato dalla Regione, è valutato dalla Struttura tecnica di monitoraggio di cui all'articolo 3, comma 2, della citata intesa Stato-regioni in materia sanitaria per il triennio 2010-2012 e dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano nei termini perentori rispettivamente di trenta e di quarantacinque giorni dalla data di approvazione da parte della Regione. La citata Conferenza, nell'esprimere il parere, tiene conto del parere della citata Struttura tecnica, ove espresso"" (in termini T.A.R. Molise, sentenza n. 168/2023 cit.). Da qui il complessivo rigetto del primo mezzo di gravame. 10. Altrettanto infondato risulta il secondo motivo di ricorso. I contenuti di tale mezzo sono stati definiti in guisa tale da poter superare solo problematicamente, e a stento, il preliminare vaglio di ammissibilità di cui all'art. 40, comma 2, cod. proc. amm., tenuto conto del fatto che la prospettazione di un vizio di legittimità esige sia l'allegazione specifica di un preciso parametro giuridico che in concreto sarebbe stato violato, sia la spendita di argomenti logico-giuridici idonei a contestualizzare l'allegazione dell'esistenza del vizio dedotto. Ebbene, anche a volersi considerare il motivo in qualche modo ammissibile, lo stesso deve comunque essere giudicato infondato, in quanto il ricorso non fornisce, per questa parte, né argomenti adeguati a sostenere l'esistenza di (precisi) vizi di legittimità dell'azione amministrativa in contestazione, né sufficienti elementi di riscontro sul piano probatorio dell'esistenza dei vizi stessi. Invero, il documento approvato dalla Conferenza dei Sindaci il 12.10.2021 in riferimento al P.O.S. 2019-2021, su cui ruota il complessivo secondo motivo di ricorso, non costituisce certo un adeguato parametro normativo dal quale poter desumere un vizio delle determinazioni commissariali impugnate. Il lamentato ridimensionamento delle prestazioni sanitarie ospedaliere per i cittadini molisani, unitamente all'allarme espresso dai Sindaci per l'asserita inadeguatezza del P.O.S. ad affrontare le inefficienze del Sistema sanitario regionale, non costituiscono, da soli, elementi indicativi dell'illegittimità dell'azione amministrativa di cui si tratta. Né le molteplici quanto generiche critiche di inadeguatezza mosse dai ricorrenti alle svariate previsioni programmatiche cui il ricorso ha riguardo possono essere condivise in assenza dell'allegazione di specifici parametri giuridici anche solo asseritamente violati. Il giudice amministrativo, anche quando chiamato a valutare la legittimità della pianificazione sanitaria, non può travalicare i limiti delle proprie attribuzioni, ma è pur sempre tenuto ad ancorare il proprio giudizio a precisi parametri di legittimità, che dal secondo motivo di ricorso non risultano tuttavia sufficientemente precisati. Quest'ultimo mezzo di censura si limita difatti, in pratica, all'enunciazione delle disfunzioni del Sistema sanitario regionale cui il P.O.S. non avrebbe dato, in definitiva, adeguata risposta, cahier de dolé ances che però -forse anche per la sua ampiezza e articolazione - non fornisce al giudice dei parametri normativi e giuridici sufficientemente precisi dai quali poter desumere una condizione di illegittimità delle determinazioni commissariali. Le richiamate doglianze, inoltre, poggiano essenzialmente su apodittiche considerazioni di principio, che, pur se magari appropriate all'argomentare sul piano della critica a livello politico-sociale, non sono comunque sviluppate e strutturate oltre lo stadio della generica lamentela sullo stato in cui versa il Sistema sanitario della Regione, sì da poter assurgere a censure giuridiche. Né si può sottacere il fatto che, in pendenza della situazione di disavanzo finanziario della Sanità regionale, il diritto alla salute dei cittadini deve essere garantito senza trascurare l'effettiva sostenibilità della Sanità stessa nel lungo periodo, perché il ritardo nell'attuazione del piano di rientro aggrava la complessiva capacità di risposta del Sistema sanitario regionale al fabbisogno di salute. Giova a questo punto procedere a una rapida rassegna delle criticità denunciate con il motivo in esame, con il quale ci si è doluti, in sintesi, del fatto che: a) in almeno tre casi di ricoveri, a causa della chiusura di alcuni reparti, ci sarebbe stato bisogno di trasferire i pazienti in altri nosocomi; e particolarmente grave sarebbe stato il trasferimento di un bambino dovuto alla grave sofferenza del reparto di pediatria, privo di un cardiochirurgo specializzato in interventi al cuore su bambini in tenera età (pag. 18 dei ricorsi); b) la rete sanitaria del cd. Basso Molise soffrirebbe per l'irregolare funzionamento di un reparto di emodinamica (pag. 18 dei ricorsi) a causa della sospensione di alcuni turni giornalieri, per carenza di personale, presso il reparto dell'Ospedale Sa. Ti. di Te. (pag. 19 dei ricorsi, eccetto quello proposto dal Comune di Isernia, nel quale la difesa non si è soffermata su tale aspetto); c) la pianificazione commissariale denoterebbe la volontà di potenziare il ruolo svolto dai privati nell'ambito della sanità pubblica (pag. 20 dei ricorsi); d) vi sarebbe stata una individuazione solo complessiva del numero dei posti letto assegnati alla rete ospedaliera, senza la loro distinta distribuzione tra il pubblico e il privato, mentre sarebbero -in tesi- indicate le stretture private che erogano prestazioni specialistiche a pagamento non più erogate dalle strutture pubbliche: e ciò comproverebbe "il fallimento della politica sanitaria locale" in contrasto "con il principio di libera scelta della struttura sanitaria... rimessa pur sempre al cittadino utente" (pagine 21 e 22 dei ricorsi); e) il dettaglio della pianificazione relativa agli ospedali "Ca." di Ca. e "Ve." di Is. rivelerebbe "quali servizi e quante prestazioni vengano cancellate in danno della struttura sanitaria, dei sanitari, del personale non sanitario e dei cittadini" (pagine 23 e 24 dei ricorsi); f) rimarrebbe problematica la situazione del cd. Punto Nascite di Termoli, per il quale il P.O.S. -nonostante la formale presa d'atto dell'annullamento giurisdizionale della precedente determinazione amministrativa di chiusura, seguita dalla ripresa delle attività di ostetricia del plesso - nulla avrebbe "previsto per scongiurare la sua chiusura, incrementare il servizio e dimostrare la volontà di implementarlo" (pag. 25 e 26 dei ricorsi); g) con riguardo alle strutture private accreditate, infine, la pianificazione commissariale manifesterebbe l'obiettivo di "integrare le lacune della sanità pubblica mediante l'intervento della sanità privata, con un netto incremento della spesa in capo ai cittadini, piuttosto che intervenire direttamente nel sistema pubblico" (pag. 27 dei ricorsi). L'estrema ampiezza ed eterogeneità delle lamentele avanzate dalle parti ricorrenti con questa parte dei loro ricorsi confermano, dunque, come il motivo di gravame in trattazione, piuttosto che dedurre dei precisi vizi di legittimità del provvedimento commissariale, si sia concretizzato in una critica aperta e totalizzante sulle disfunzioni del Sistema sanitario regionale in sé considerato, la quale come tale non può trovare disamina da parte del Giudice Amministrativo. Che le critiche mosse complessivamente al P.O.S. 2019-2021 dal secondo motivo di ricorso siano fuori dalla portata propria dello scrutinio giurisdizionale di legittimità risulta, infine, emblematicamente evidente dal tenore delle domande veicolate dalle pagine 22 dei ricorsi, ove si domanda retoricamente a questo Tribunale: "Chi meglio dei cittadini è in grado di evidenziare le falle di un sistema sanitario ormai in decadimento, pur commissariato da 12 anni? Chi meglio dei cittadini, attraverso la Conferenza dei Sindaci, può evidenziare le necessità e le criticità della sanità territoriale?". Pertanto, non resta al Collegio che concludere nel senso che anche il secondo motivo di ricorso deve essere disatteso. 11. Alla luce della sopra esposta infondatezza dei motivi dedotti, i ricorsi in epigrafe vanno pertanto tutti conclusivamente respinti. 12. Le spese processuali, sussistendone le peculiari ragioni previste dalla legge, possono tuttavia essere compensate tra tutte le parti costituite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima, riuniti i ricorsi in epigrafe, definitivamente pronunciando sui medesimi li respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Gaviano - Presidente Roberto Ferrari - Referendario Luigi Lalla - Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 16 del 2024, proposto dai Comuni di (omissis), oltre che dalla sig.ra -OMISSIS- -OMISSIS-, quest'ultima nella qualità di madre di un alunno frequentante l'I.C. Da. Al. di Ri., tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Gi. Ru. e Ma. Ze., con domicilio digitale come da PEC estratta dal Registro di Giustizia; contro Regione Molise, nonché Ministero dell'Istruzione e del Merito - Ufficio Scolastico Regionale per il Molise - in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, alla via (...); ed inoltre Provincia di Campobasso, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Si. D'A., dell'Avvocatura dell'Ente, con domicilio digitale come da PEC estratta dal Registro di Giustizia e domicilio eletto presso la sede della Provincia, in Campobasso, alla via (...); nei confronti Provincia di Isernia ed Istituto Comprensivo "Sc." di Te., non costituiti in giudizio; per l'annullamento - della delibera del Consiglio Regionale del Molise n. 1 del 4 gennaio 2024, con la quale è stato approvato il Piano per il dimensionamento della rete scolastica con la programmazione dell'offerta formativa per il triennio 2024/2025, 2025/2026 e 2026/2027, con particolare riguardo alla soppressione dell'autonomia scolastica dell'Istituto Scolastico "Da. Al." del Comune di (omissis); - di tutti gli atti alla stessa conseguenti, connessi e presupposti, incluso il Decreto Direttoriale n. 4 dell'11.1.2024 con cui la Direzione Regionale dell'Ufficio Scolastico Regionale per il Molise ha dato attuazione alla delibera del Consiglio Regionale n. 1/2024, e inclusa altresì, ove necessario, la delibera del Consiglio Provinciale di Campobasso n. 56 del 20.12.2023, e la presupposta nota dell'Ufficio Scolastico Regionale n. 26893 del 19.12.2023. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate; Visti tutti gli atti di causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2024 il dott. Roberto Ferrari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO A) I Comuni ricorrenti agiscono in giudizio per ottenere l'annullamento della deliberazione del Consiglio Regionale del Molise n. 1 del 4 gennaio 2024, con la quale sono stati approvati il "Piano per il dimensionamento della rete scolastica e la programmazione dell'offerta formativa per il triennio 2024/2025, 2025/26 e 2026/27". Essi contestano, precisamente, la previsione dell'anzidetto Piano con la quale è stata disposta la soppressione dell'autonomia scolastica dell'Istituto Scolastico "Da. Al." del Comune di (omissis), Istituto comprensivo che, come risulta dalle Tabelle allegate alle Linee Guida di cui alla Delibera di G.R. n. 359/2023, si colloca in area montana ed è frequentato complessivamente da 544 alunni, divisi tra Scuola dell'Infanzia, Scuola Primaria e Scuola Secondaria di I Grado, appartenenti in maggioranza ai territori degli stessi Comuni ricorrenti. B) Le Delibere di Giunta Regionale nn. 359/2023 e 398/2023, tenendo conto degli indirizzi provenienti dal Decreto Interministeriale del Ministero dell'Istruzione e del Ministero dell'Economia e delle Finanze n. 127/2023, avevano individuato la nuova complessiva dotazione scolastica della Regione Molise in 49 dirigenze scolastiche, rispetto alle 52 esistenti al momento nel territorio regionale. Di conseguenza, si rendeva necessaria la predisposizione di principi e criteri per stabilire le modalità di rideterminazione della rete scolastica, onde pervenire al risultato della soppressione -anche mediante aggregazione- di tre dirigenze di Istituti scolastici. E tali elementi venivano convogliati nella stessa già citata Delibera n. 359/2023 della Giunta Regionale, sui cui contenuti venivano in seguito espressi i pareri delle Amministrazioni coinvolte, e in particolare quelli delle Province di Isernia e Campobasso, oltre che dell'Ufficio Scolastico Regionale. Segnatamente, la Provincia di Campobasso, con il parere formulato mediante la delibera n. 45/2023 (poi confluita come Allegato A della delibera di G.R. n. 398 /2023), sottolineava la necessità "di mantenere, nelle zone interne e nei territori montani, un presidio scolastico con servizio di dirigenza anche con numeri minori rispetto a quelli attualmente previsti", proponendo quindi le medesime misure che sarebbero state poi accolte dalla Delibera n. 398/2023, e che verranno indicate nel successivo paragr. B.1). Lo stesso U.S.R., nel richiamare i principi già espressi dalla delibera di G.R. n. 359/2023, proponeva "la soppressione di complessive tre autonomie scolastiche dei centri più popolosi... ". B.1) A seguito di ciò la delibera di G.R. n. 398/2023, prendendo atto dell'istruttoria svolta, riassunta nelle premesse dello stesso atto, aveva previsto la soppressione e conseguente aggregazione di tre Istituti scolastici ubicati, appunto, nei centri urbani, e precisamente: "la soppressione dell'autonomia scolastica di un Istituto Comprensivo nella città di (omissis) con riduzione dagli attuali quattro a tre Istituti Comprensivi; -la soppressione dell'autonomia scolastica dell'Istituto "Pi." di Ca. con l'accorpamento all'Istituto "Ma.," all'Istituto "Pe. -Mo. - Cu." ed all'Agrario; la soppressione dell'autonomia scolastica di un Istituto Comprensivo nel contesto urbano della città di (omissis) con riduzione degli attuali tre a due Istituti Comprensivi". B.2) Nell'imminenza del Consiglio regionale convocato per la definitiva approvazione del Piano, tuttavia, con emendamento sottoscritto da 11 consiglieri regionali veniva proposta la modificazione parziale dei contenuti del medesimo Piano (sul quale la commissione consiliare aveva già espresso parere favorevole il 28 dicembre 2023) definiti dalla Delibera di G.R. n. 398/2023. In particolare, veniva proposta la soppressione di autonomia scolastica, a valere dall'anno scolastico 2024/2025, tra gli altri, dell'Istituto "Da. Al." di (omissis), "con accorpamento dei plessi scolastici alle Autonomie scolastiche insistenti nei comuni viciniori, con modalità tecniche da definirsi a cura dell'Ufficio Scolastico Regionale (USR)". L'emendamento veniva recepito dall'impugnata deliberazione consiliare regionale n. 1 del 4 gennaio 2024. A quest'ultima è infine seguito il provvedimento dell'U.S.R. n. 1/2024, con il quale l'Amministrazione scolastica regionale, nel prendere atto della deliberazione consiliare, vi ha dato attuazione. C) Avverso questi due ultimi provvedimenti i Comuni ricorrenti sono insorti con la proposizione dell'odierno ricorso, affidato ai motivi così rubricati: "1)Violazione degli artt.1, 2, 3 e 4 del dpr n. 233/1998 contenente:"regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti, a norma dell'articolo 21 della l. 15 marzo 1997, n. 59.": incompetenza; violazione dei principi di sussidiarietà e di concertazione con gli enti locali e periferici; violazione degli artt.7 e segg. della l.n. 241/90: omessa comunicazione dell'avvio del procedimento ed omessa partecipazione all'iter di soppressione dell'autonomia scolastica dell'Istituto comprensivo di (omissis), sia del Comune, che dell'Istituto medesimo; 2)Violazione dell'art. 3 della L.n. 241/90: carenza dei presupposti; errore di fatto e di diritto; illogicità e contraddittorietà manifesta; carenza di istruttoria e di motivazione. Eccesso di potere per sviamento dall'interesse pubblico perseguito. Eccesso di potere sotto il profilo dell'illegittimità derivata; 3) Violazione dell'art. 3 della l.n. 24/90 sotto altro profilo. Carenza di motivazione ed illogicità manifesta tra più atti amministrativi; 4) Violazione dell'art. 3 della l.n. 241/90: carenza dei presupposti di fatto e di diritto ed eccesso di potere sotto il profilo dell'illegittimità derivata. dello sviamento dall'interesse pubblico perseguito sotto altro profilo". In estrema sintesi, i ricorrenti hanno lamentato che la soppressione dell'autonomia dell'Istituto scolastico di (omissis) sarebbe stata innanzitutto in conflitto con il principio costituzionale di sussidiarietà, e comunque violativa degli artt. 1, 2, 3 e 4 del d.P.R. n. 233/1998, e degli artt. 138 e 139 d.lgs. n. 112/1998, oltre che in contrasto con ogni forma di partecipazione procedimentale prevista sia dagli artt. 7 e segg. della legge n. 241/1990, sia dalla disciplina di settore. D) Per la Regione Molise, il Ministero dell'Istruzione e l'Ufficio Scolastico Regionale si è costituita in giudizio l'Avvocatura Distrettuale dello Stato, la quale ha innanzitutto eccepito la carenza di legittimazione all'impugnativa sia dei Comuni in epigrafe, sia dell'ulteriore ricorrente, persona fisica agente quale genitore di un alunno dell'I.C. "Da. Al." e rappresentante del Consiglio d'Istituto della Scuola stessa. La resistente difesa ha poi comunque dedotto anche l'infondatezza nel merito del ricorso, richiamandosi, in particolare, all'ampia discrezionalità connotante le scelte del provvedimento di dimensionamento, e adducendo la natura sostanzialmente vincolata del provvedimento conclusivo emesso dall'USR, in ragione delle determinazioni di competenza della Regione. E) Si è infine costituita in giudizio la Provincia di Campobasso, la quale invece, nel condividere le ragioni e conclusioni ricorsuali, ha sottolineato che i provvedimenti impugnati, in assenza di istruttoria, si sarebbero posti sia in contrasto con le proposte pervenute dagli Enti locali coinvolti nel procedimento, sia in violazione dei principi e delle regole delle stesse Linee Guida Regionali approvate con la già citata DGR n. 359/2023 e rifluite nella successiva DGR n. 398/2023. F) Alla Camera di consiglio del 21 febbraio 2024 le parti si sono riportate alle loro rispettive conclusioni. Il Collegio, nel trattenere la causa in decisione, ha dato loro avviso della possibilità di emettere sentenza in forma semplificata ai sensi dell'art. 60 cod.proc.amm., prendendo anche atto dell'espressa richiesta in tal senso manifestata in udienza dalla parte ricorrente. G) Il Tribunale osserva che sussistono i presupposti previsti dall'art. 60 cod.proc.amm. per l'emissione di una decisione definitiva dell'intera controversia mediante sentenza redatta in forma semplificata, in quanto il ricorso si presenta manifestamente fondato nei sensi e termini di cui alla motivazione che segue. H) Va innanzitutto superata l'eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti sollevata dall'Avvocatura dello Stato. Invero i Comuni, quali enti esponenziali delle loro comunità di riferimento, hanno piena legittimazione a censurare la potestà organizzatoria che la Regione esercita nell'ambito del procedimento di dimensionamento del piano scolastico: e tanto a maggior ragione quando, come nell'odierna vicenda, detto dimensionamento avvenga mediante la soppressione dell'autonomia scolastica, e conseguente aggregazione ad altri plessi, di un Istituto comprensivo. Questo anche perché nel disegno normativo di riferimento di cui all'art. 139 del d.lgs. 31/03/1998, n. 112, del quale di qui a breve si scriverà, compete proprio ai Comuni "a) l'istituzione, l'aggregazione, la fusione e la soppressione di scuole in attuazione degli strumenti di programmazione". Questa interpretazione risulta del resto uniformemente seguita nella giurisprudenza amministrativa, secondo la quale "L'Ente esponenziale degli interessi della comunità che rappresenta, è certamente legittimato a censurare l'esercizio della potestà organizzatoria che lo ha privato della scuola elementare. Le svolte considerazioni portano a disattendere l'ulteriore profilo di inammissibilità in punto di carenza di interesse del Comune al ricorso, essendo di tutta evidenza che l'accoglimento del ricorso comporterebbe la riedizione del potere malamente esercitato, con conseguente possibilità per il Comune di mantenere l'istituzione e il funzionamento della scuola elementare" (T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, n. 5299/2011; nello stesso senso TAR Lazio - Latina, sez. I, n. 720/2016). H.1) L'eccezione va respinta anche nei riguardi dell'ulteriore ricorrente qualificatasi -senza che ciò sia stato in alcun modo contestato- quale genitore di alunno frequentante l'I.C. "Da. Al.", oltre che come componente del relativo Consiglio di Istituto. E' costantemente riconosciuto in giurisprudenza, infatti, che "gli atti di fusione, scissione o soppressione degli istituti scolastici sono espressioni della potestà autoorganizzatoria dell'amministrazione, capaci pertanto di esplicare sul piano fattuale effetti sia sugli alunni, quali diretti fruitori del servizio scolastico, sia sui soggetti (personale docente e non docente) che opera nell'ambito della scuola, così che deve ammettersi l'esistenza in capo a tali soggetti di una posizione legittimante la impugnazione dei predetti atti ogni qualvolta se ne prospetti l'incidenza sulla qualità del servizio in relazione ai requisiti di dimensione ottimale dell'istituto in base a prestabiliti parametri normativi fatti propri dagli atti di indirizzo a livello locale" (Consiglio di Stato, sez. III, n. 110/2013; sez. VI, n. 2054/2010; TAR Calabria - Catanzaro, n. 661/2013). Può dunque riconoscersi in capo a tutti i ricorrenti l'indefettibile condizione dell'azione della cui sussistenza la difesa erariale ha dubitato. Da qui l'ammissibilità del ricorso. I) Nel merito, lo stesso ricorso è fondato con riguardo alle due connesse doglianze di difetto d'istruttoria e di motivazione degli atti impugnati, e segnatamente della delibera consiliare regionale n. 1/2024. I.1) Per chiarezza di disamina, risulta opportuna una pur breve ricognizione della disciplina normativa di riferimento della materia, dalla quale emerge il ruolo rivestito dai diversi enti locali (Comuni, Province) all'interno del procedimento di cui si tratta, ai fini nella formazione del provvedimento conclusivo di competenza regionale. Questo vale, con particolare riferimento ai Comuni, quando oggetto del dimensionamento siano Istituti Comprensivi, come tali costituiti da scuola dell'infanzia, scuola primaria e, talvolta, scuola secondaria di I grado. Come già accennato, d'altra parte, agli stessi Comuni, in ragione di quanto previsto dall'art. 139 del d.lgs. 31/03/1998, n. 112, compete "a) l'istituzione, l'aggregazione, la fusione e la soppressione di scuole in attuazione degli strumenti di programmazione". I.2) Nella specifica materia della programmazione della rete scolastica e della connessa redazione del Piano di organizzazione, le competenze risultano ripartite dagli artt. 138 e 139 del d.lgs. 31.03.1998 n. 112. L'art. 138 prevede che: "ai sensi dell'articolo 118, comma secondo, della Costituzione, sono delegate alle regioni le seguenti funzioni amministrative:...b) la programmazione, sul piano regionale, nei limiti delle disponibilità di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica, sulla base dei piani provinciali, assicurando il coordinamento con la programmazione di cui alla lettera...". Il successivo e già citato art. 139, come accennato, attribuisce invece alle Province, in relazione all'istruzione secondaria superiore, e ai Comuni, con riguardo ai gradi inferiori di scuola, i compiti e le funzioni concernenti: "a) l'istituzione, l'aggregazione, la fusione e la soppressione di scuole in attuazione degli strumenti di programmazione; b) la redazione dei piani di organizzazione della rete delle istituzioni scolastiche; ...". Il d.P.R. n. 233/1998, richiamato dalle parti in causa, precisa inoltre (art. 4) che l'autonomia scolastica è riconosciuta, appunto, dai suddetti piani regionali, mentre agli Enti locali "è attribuita ogni competenza in materia di soppressione, istituzione, trasferimento di sedi, plessi, unità delle istituzioni scolastiche che abbiano ottenuto la personalità giuridica e l'autonomia". I.3) Questo impianto normativo risulta confermato dalla legislazione regionale, e in particolare dall'art. 99 delle Legge regionale del Molise n. 34/1999 ("Norme sulla ripartizione delle funzioni e dei compiti amministrativi tra la regione e gli enti locali, in attuazione dell'articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, della legge 15 marzo 1997, n. 59 e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112"). Tale articolo, al comma 3, struttura la collaborazione tra gli enti pubblici che a vario titolo partecipano ai procedimenti di programmazione e dimensionamento della rete scolastica, stabilendo che "La Regione, le Province, i Comuni e le Comunità montane, nell'ambito delle rispettive competenze, esercitano le funzioni in materia di pianificazione del dimensionamento scolastico ai sensi dell'art. 3 del DPR 18 giugno 1998 n. 233...". Il successivo art. 100 della fonte regionale prevede che le Province svolgano tra l'altro, in materia, le funzioni amministrative concernenti: "a) istituzione, aggregazione, fusione, soppressione di istituti scolastici in attuazione della programmazione; b) piani di organizzazione della rete provinciale delle istituzioni scolastiche". Infine l'art. 101, con riguardo alle competenze dei Comuni in tema di programmazione della rete scolastica, dispone, tra l'altro, che essi esercitano: "...anche in collaborazione con le Province e d'intesa con le istituzioni scolastiche, i compiti e le funzioni amministrative in materia di istruzione scolastica...e segnatamente quelle riguardanti: a) istituzione, aggregazione, fusione, soppressione di istituti scolastici in attuazione della programmazione; b) piani di organizzazione della rete comunale o intercomunale delle istituzioni scolastiche...". I.4) Dal disegno normativo fin qui succintamente richiamato emerge come la competenza in materia sia condivisa tra le Regioni e gli altri enti locali, e come su questo terreno rilevino i principi di sussidiarietà e leale collaborazione tra le Amministrazioni coinvolte. Gli Enti locali, e in particolare i Comuni con riguardo agli Istituti comprensivi, e comunque per le scuole di grado inferiore (fino alle scuole secondarie di primo grado), e le Province per le scuole superiori, sono competenti a rendere proposte volte a suddividere il territorio regionale in ambiti funzionali al miglioramento della medesima offerta formativa. Le Province, peraltro, nell'ambito delle proposte programmatorie trasmesse dai singoli Comuni, assumono la specifica competenza dell'elaborazione dei piani provinciali, i quali poi convogliano nell'istruttoria regionale finalizzata all'elaborazione delle Linee Guida e del Piano di dimensionamento scolastico. In particolare, la Regione assume la competenza dell'approvazione del Piano di dimensionamento, sulla base dei piani provinciali, assicurandone il coordinamento con la programmazione dell'offerta formativa. I.5) Quanto, infine, alle competenze del Consiglio regionale e della Giunta nella materia de qua, in assenza di una specifica disciplina normativa vanno richiamate le previsioni generali di cui agli artt. 14 e 34 dello Statuto regionale, in materia di formazione ed elaborazione degli atti di programmazione e delle relativa linee direttrici, collegate alla disciplina dei servizi pubblici e, dunque, applicabili anche al servizio scolastico. A norma dell'art. 14, infatti, il Consiglio è competente ad approvare, tra l'altro, "c)... le linee direttrici dell'organizzazione dei servizi pubblici di interesse della Regione", mentre, ai sensi del successivo art. 34, spetta alla Giunta regionale "e) proporre gli atti amministrativi e di programmazione o pianificazione alla cui adozione è competente il Consiglio regionale". J) In detto quadro normativo si sono da ultimo innervate, con riferimento agli anni scolastici 2024/2027, le Linee Guida regionali introdotte con la Delibera di Giunta Regionale n. 359/2023, e fatte proprie, nell'elaborazione strutturata del Piano di dimensionamento della rete scolastica, dalla delibera G.R. n. 398/2023 (solo per alcuni aspetti che non attengono all'odierna vicenda le predette delibere sono state infine integrate con l'ulteriore delibera di G.R. n. 403/2023). J.1) Mette conto fin d'ora evidenziare alcuni dei principi enucleati dalle citate Linee Guida, opportunamente richiamati dalle ricorrenti ed effettivamente idonei, ad avviso del Collegio, a fungere da direttive per l'adozione del provvedimento finale. J.1.1) Esse forniscono innanzitutto un metodo di elaborazione del Piano, prevedendo che in vista della sua approvazione la Regione si avvalga "della concertazione e della collaborazione di Comuni, Province, Ufficio Scolastico Regionale, Organizzazioni sindacali di categoria e Istituzioni scolastiche". Sempre a proposito delle competenze degli altri Enti locali coinvolti e dell'articolazione dell'istruttoria il documento precisa, ancora, che i Comuni: "sono coinvolti dalle Amministrazioni provinciali, sulla parte di propria competenza (scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di primo grado) nel processo di individuazione delle migliori opportunità per la stesura delle proposte di organizzazione della rete scolastica", mentre le Province, nell'acquisire le proposte provenienti dai Comuni e dai singoli istituti scolastici superiori, "... c) verificano la coerenza delle proposte con i principi stabiliti dalle presenti linee di indirizzo; d) definiscono ed approvano il Piano di dimensionamento della rete scolastica e di programmazione dell'offerta formativa con proprio atto formale; e) trasmettono il Piano richiamato alla Regione". J.1.2) Il successivo paragrafo 2 della Delibera n. 359/2023, denominato "Indirizzi per la programmazione regionale della rete scolastica", ha a sua volta stabilito doversi tenere conto, a proposito della determinazione dei contingenti di dirigenti scolastici, e della necessità di soppressione di istituzioni scolastiche, "del parametro della popolazione scolastica regionale e della necessità di salvaguardare le specificità delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani. E quest'ultimo richiamo assume particolare rilievo nell'odierna vicenda, tenuto conto che, come confermano le tabelle allegate alla stessa Delibera n. 359/2023, il Comune di Ripamolisani è stato classificato quale comune montano. J.2) Riprendendo il filo tracciato nella precedente parte narrativa di questa decisone, è sulla base dei principi e delle indicazioni fin qui richiamate, e dei convergenti pareri espressi dagli Enti locali coinvolti, e segnatamente della Provincia di Campobasso, oltre che dell'U.S.R., che la Giunta regionale, con la delibera n. 398 /2023, ha approvato il testo di Piano di dimensionamento scolastico per il triennio 2024/2027 da proporre, infine, al Consiglio regionale per la definitiva deliberazione. E si è già detto che il Piano, nella versione proposta dalla Giunta regionale, non conteneva alcuna incisione dell'autonomia dell'I.C. "Da. Al.". Il che risultava del tutto coerente con le illustrate Linee Guida, dal momento che l'Istituto è collocato in territorio montano, e, inoltre, raggruppando una ampia platea di alunni (544) provenienti dai Comuni limitrofi, risponde in tal modo anche alla esigenza indicata nel paragrafo C delle Linee Guida, che vuole valorizzate la "connotazione orografica del territorio di riferimento" e la "tutela di comunità locali collocate in aree interne più svantaggiate e a rischio di spopolamento". K) Dal ricco quadro di riferimenti fin qui tracciato è allora agevole desumere la fondatezza delle censure mosse dai ricorrenti avverso la conclusiva delibera consiliare regionale n. 1/2024. Con quest'ultima, come si è detto, il Consiglio della Regione, nel disattendere i criteri elaborati dalla sua stessa Giunta, e i precedenti pareri espressi dalla competente commissione consiliare (da ultimo il 27 dicembre 2023), ha modificato il Piano di dimensionamento proposto dall'organo giuntale introducendo la nuova previsione della soppressione dell'autonomia dell'I.C. "Da. Al.", in luogo di quella, precedente, per cui la misura avrebbe colpito invece, come già precisato, scuole ubicate nei centri urbani di Termoli, Campobasso e (omissis). K.1) Come correttamente rilevato dai ricorrenti, ma osservato anche dalla difesa della Provincia di Campobasso, la nuova previsione in contestazione è stata emessa in difformità dalle risultanze della precedente complessa istruttoria, condotta anche col pieno coinvolgimento degli altri Enti locali interessati. Laddove in occasione della propria delibera n. 398/2023 la Giunta Regionale aveva ricordato la necessità di attenersi all'iter procedimentale previsto, tenendo conto altresì dei principi cui si doveva ispirare il dimensionamento scolastico, i quali sono stati qui già in precedenza richiamati. Tutti gli atti dell'istruttoria precedente - di competenza del MIUR, della Provincia (in particolare, quella di Campobasso), dei Comuni e della stessa Regione - erano dunque fisiologicamente confluiti nella Delibera di G.R. n. 398/2023: ma nessuno di essi contemplava - o, comunque, avrebbe potuto logicamente condurre a - la soppressione dell'autonomia dell'Istituto "Da. Al." di Ripalomosani. Non erano difatti emersi elementi di criticità di sorta, neanche sotto il profilo dimensionale, in ordine al mantenimento dell'autonomia dell'I.C. Da. Al., tali, in astratto, da renderne possibile e prevedibile la soppressione (l'Istituto risulta rientrare anche pienamente nei parametri dimensionali previsti, da ultimo, dall'art. 1, comma 978, della L. n. 178/2020 -300 alunni per le scuole montane (il dato che qui rileva) e 500 in via generale-. giacché accoglie, come risulta dalla già richiamata tabella allegata alla Delibera n. 359/2023, ben 544 alunni provenienti dai Comuni ricorrenti. La soppressione dell'autonomia dell'Istituto è stata invece ex abrupto prevista, senza rinvenire alcuna base nella pregressa istruttoria, con l'emendamento proposto da 11 consiglieri regionali, e con la sua approvazione consiliare è infine penetrata nei contenuti della delibera del Consiglio Regionale n. 1/2024 oggi impugnata. K.1.2) Ebbene il contestato modus procedendi incorre nei vizi censurati da parte ricorrente, determinando, come di seguito si avrà modo di precisare: i) la violazione dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione fra Amministrazioni; ii) l'eccesso di potere per la mancata valutazione dell'istruttoria pregressa e il contrasto logico con i suoi esiti; iii) la carenza di motivazione del provvedimento gravato sotto i profili del precedente punto ii). In primo luogo, le competenze ascritte ai Comuni e alla Provincia dai summenzionati articoli 138 e 139 del d.lgs. n. 112/1998 e dall'art. 99 della L. 34/2001, così come gli stessi principi introdotti dalle Linee Guida e confluiti nella delibera n. 359/2023, rendevano necessario che la Regione tenesse debito conto delle risultanze del confronto istruttorio che aveva accompagnato il complesso iter procedimentale sfociato nella proposta della Giunta. K.1.3) Tanto, a maggior ragione, per il rispetto dovuto ai principi di sussidiarietà e di leale collaborazione tra gli Enti territoriali emergenti in rapporto all'intreccio di competenze sopra descritte, tenuto conto anche delle evidenziate competenze specifiche ascrivibili agli Enti coinvolti a diverso titolo nel complesso procedimento amministrativo in questione. Ebbene, come rilevato dai ricorrenti, la violazione dei summenzionati principi, di matrice costituzionale, prima ancora che rinvenibili nella legislazione nazionale e regionale di riferimento, risulta pienamente integrata dalla improvvisa decisione -come detto, del tutto decontestualizzata rispetto alla precedente istruttoria- di sopprimere l'autonomia di un istituto scolastico di un piccolo centro montano in luogo di quella di una scuola di un centro urbano. Il provvedimento impugnato presta invero il fianco anche a questa critica, che si presenta del tutto coerente con i principi espressi dal Consiglio di Stato allorché tale Consesso ha affermato che "E' invero considerazione di base che l'azione amministrativa, quando è ripartita tra varie competenze, specie in ragione dell'autonomia locale, necessita di applicazione effettiva dell'immanente principio fondamentale della leale cooperazione, che esige - a compensazione della ripartizione di competenze - che le amministrazioni implicate collaborino realmente nella salvaguardia dell'esercizio reciproco delle funzioni... Si distinguono, all'interno del principio, due elementi: la lealtà, da intendersi quale correttezza nelle relazioni istituzionali, e la collaborazione, come forma di confronto nel procedimento decisionale. In particolare, il dovere di lealtà, quando riguardi la collaborazione tra diverse amministrazioni pubbliche, permette al principio di svolgere una dimensione equilibratrice tra centri di potere, in una dimensione nella quale la collaborazione leale è "principio di sistema" (Consiglio di Stato, Sez. VI n. 1059/2014). K.1.3.1) Le considerazioni svolte fino a questo punto consentono di superare a fortiori le affermazioni difensive della Regione secondo le quali "... il decisore finale (Consiglio regionale) non deve istituire alcun contraddittorio con gli enti locali, diversi dalla Provincia proponente il Piano inerente al suo ambito territoriale e unica interlocutrice dei medesimi". Così come risulta fattualmente errata la considerazione regionale secondo la quale la Provincia avrebbe sostanzialmente aderito alla modifica del Piano di cui si tratta mediante il proprio parere del 22 dicembre 2023, nel quale si era rimessa alle finali determinazioni regionali. Il solo richiamo alla data dell'indicato parere, ben precedente all'improvvisa proposta di modifica che ha prodotto la previsione consiliare impugnata, rende palese come detto affidamento provinciale fosse legato alle prospettazioni allora conoscibili, e non potesse certo riferirsi a successive e imprevedibili modificazioni. K.2) Passando al secondo dei suindicati profili di censura, il Collegio è dell'avviso che, dinanzi agli incontroversi dati fattuali propri dell'odierna vicenda, l'ampia discrezionalità e la limitata sindacabilità che connotano gli atti impugnati non possano che recedere "in presenza di vizi procedimentali e/o di carenze logiche e motivazionali" (Consiglio di Stato, Sez. VII n. 3374/2022; Sez. VI, n. 661/2007). Il provvedimento impugnato è stato emesso, infatti, obliterando in toto gli esiti del confronto istruttorio, fino a quel punto correttamente svolto e fisiologicamente sviluppatosi con l'apporto procedimentale che avevano fornito gli Enti locali coinvolti: confronto che aveva visto la deliberazione giuntale n. 398/2023 tenere invece buon conto, nella propria elaborazione, dei principi e criteri già enunciati nella sua precedente delibera n. 359/2023, con particolare riferimento ai seguenti: "Contesto territoriale - caratteristiche demografiche, orografiche e socio-culturali, agibilità delle vie di comunicazione, presenza di analoga offerta formativa nell'ambito territoriale di riferimento; 2. Sostenibilità - consistenza della popolazione scolastica e disponibilità della edilizia scolastica, richiesta di implementazione dell'offerta formativa e coerenza del percorso con l'offerta formativa dell'istituzione scolastica; 3. Efficacia: tutela delle aree interne a rischio spopolamento e delle istituzioni con status giuridico particolare, reti di collegamento e di trasporto pubblico, incentivazione dei poli tecnico-professionali, eliminazione della duplicazione di indirizzi nelle secondarie di secondo grado". K.2.1) La mancata coerenza della specifica scelta consiliare rispetto agli apporti procedimentali acquisiti e alle risultanze istruttorie raccolte conduce, pertanto, all'accoglimento anche della ulteriore censura dei ricorrenti di eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità, in ragione della patente divergenza riscontrabile, appunto, tra gli esiti dell'istruttoria svolta e la determinazione della impugnata deliberazione consiliare n. 1/2024 formante oggetto di gravame. Non guasta segnalare, in proposito, che l'unica sopravvenienza, di natura normativa, intervenuta nel brevissimo spazio temporale intercorrente tra la delibera giuntale n. 398/2023 e il provvedimento consiliare impugnato, è stata quella dell'art 3 della Legge n. 215/2023 (cd. "Milleproroghe"). Questa nuova norma ha consentito alle Regioni di mantenere un numero maggiore di autonomie scolastiche rispetto a quelle calcolabili in base al decreto interministeriale n. 127/2023. Essa, infatti, ha previsto che "le Regioni, per il solo anno scolastico 2024/2025, possono attivare un ulteriore numero di autonomie scolastiche in misura non superiore al 2,5 per cento del contingente dei corrispondenti posti di dirigente scolastico e di direttore dei servizi generali". E questa innovazione ha invero permesso al Consiglio regionale di ridurre il numero delle soppressioni di autonomia scolastica previste dalla delibera n. 398/2023, portandolo da tre a due. Tuttavia, nonostante il più favorevole quadro normativo così da ultimo delineatosi, la Regione, senza alcuna coerenza con le risultanze istuttorie, né alcun plausibile e giustificato argomento, è addivenuta all'impugnata soppressione dell'IC. Da. Al. di Ri.. K.2.2) La disamina appena svolta porta, pertanto, a concludere che l'Amministrazione resistente sia incorsa anche nel denunciato vizio sintomatico dell'eccesso di potere per irragionevolezza, sub specie della contraddittorietà del suo agire. K.3) Le medesime considerazioni conducono ad affermare anche la fondatezza dell'ulteriore e connessa censura ricorsuale di carenza di motivazione dei provvedimenti impugnati. Non v'è dubbio che la natura immotivata del già rilevato contrasto della scelta consiliare rispetto alle precedenti risultanze istruttorie integri un addizionale aspetto viziante del provvedimento impugnato, del quale va perciò rilevata l'illegittimità anche sotto questo profilo. Ciò che pure particolarmente manca nel provvedimento impugnato -per riprendere le considerazioni della stessa giurisprudenza richiamata dalla Regione- è la possibilità di cogliere, a base della specifica scelta in contestazione, quali fossero stati "i criteri generali di ordine tecnico-discrezionale seguiti nella predisposizione del Piano di dimensionamento scolastico" (Tar Campania, Sez. VIII, n. 2046/2014). E, d'altra parte, il fatto che le contestate determinazioni regionali fossero strutturalmente connotate da un ampio margine di apprezzamento discrezionale non le sottraeva certo al generale obbligo di motivazione, in presenza di un contrasto con la gran parte degli elementi risultanti dalla precedente istruttoria, che conducevano invece a una scelta conservativa dell'I.C. Da. Al.. L'improvviso e non giustificato revirement della Regione ha reso dunque non percepibile la ratio e lo stesso iter logico seguito per determinare la modificazione del Piano di dimensionamento, che era stato già vagliato da tutte le Amministrazioni partecipanti al procedimento. Guardando a tali evidenze, nell'odierno giudizio possono allora ben essere richiamati i principi espressi dalla recente giurisprudenza amministrativa, in vicende simili, proprio sul tema dell'obbligo motivazionale correlato ai provvedimenti di dimensionamento scolastico in caso di contrasto con i pareri espressi dagli Enti locali: "L'obbligo di motivare gli atti ha valenza generale e non conosce eccezione con riferimento all'atto impugnato che ha natura provvedimentale in quanto si riferisce a destinatari specifici, quali sono i singoli istituti scolastici dotati di autonomia. Quand'anche, peraltro, si ritenesse che il piano scolastico regionale abbia natura di atto generale, non può ritenersi sottratto all'obbligo di motivazione nella misura in cui respinge la proposta dell'ente locale, in quanto, da un lato, è evidente l'incidenza specifica sugli interessi e sulla potestà pianificatoria del Comune e, dall'altro, i medesimi canoni di leale cooperazione e di sussidiarietà impongono alla Regione di chiarire le ragioni che l'hanno indotta a non tenere in considerazione il piano di dimensionamento approvato dal Comune, dotato di una specifica competenza in materia" (T.A.R. Campania, Sez. IV, n. 3153/2019). Tali considerazioni ben si conformano anche all'attuale vicenda. E se la pronuncia appena richiamata ha affermato sussistere l'obbligo di motivazione al cospetto di un parere negativo espresso da un Comune interessato da un paventato dimensionamento, a maggior ragione la motivazione va pretesa a fronte di una determinazione, come quella ora in esame, del tutto divergente rispetto all'istruttoria svolta. M) Conclusivamente, il ricorso risulta dunque fondato con riferimento alle indicate censure della violazione dei principi di leale collaborazione, della contraddizione con le risultanze istruttorie e del difetto di motivazione, con conseguente necessità di annullamento del provvedimento impugnato nella parte in cui ha previsto la soppressione, a valere dall'anno scolastico 2024/2025, dell'autonomia scolastica dell'Istituto "Da. Al." di (omissis), "con accorpamento dei plessi scolastici alle Autonomie scolastiche insistenti nei comuni viciniori, con modalità tecniche da definirsi a cura dell'Ufficio Scolastico Regionale (USR). Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Tribunale, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione, e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso. N) Le spese, in considerazione della qualità delle parti in causa e della peculiare tipologia di controversia, possono essere integralmente compensate. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato nei limiti di cui in motivazione. Compensa integralmente le spese di giudizio tra tutte le parti in causa. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Gaviano - Presidente Roberto Ferrari - Referendario, Estensore Federico Giuseppe Russo - Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 344 del 2021, proposto dal Comune di Campobasso e dal Comitato Pro Ca., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, ricorrenti rappresentati e difesi dagli avvocati Ma. Mo., Gi. Ru. e Ma. Ze. (il secondo ricorrente originariamente anche dall'avvocato Ma. Ro., poi rinunciatario al mandato), con domicilio digitale come da PEC estratta dal Registro di Giustizia; contro Regione Molise, Consiglio dei Ministri, Ministero della Salute, Commissario e sub commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione Molise, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Conferenza Permanente per i rapporti tra Stato Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, alla via (...); A.S.Re.M. - Azienda Sanitaria Regionale per il Molise, non costituita in giudizio; nei confronti Istituto Ne. Me. Ne. I.R.C.C.S. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Sa. Di Pa., con domicilio digitale come da PEC estratta dal Registro di Giustizia; Azienda Sanitaria Locale di Benevento, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Me., Al. So. e An. Pa. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; e con l'intervento di ad adiuvandum: St. Bu., rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Si., con domicilio digitale come da PEC estratta dal Registro di Giustizia; per l'annullamento -del decreto del Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione Molise assunto al prot. n. 94 del 9.9.2021, avente ad oggetto "Programma Operativo 2019-2021. Adozione", unitamente al suo Allegato 1 denominato, appunto, "Programma Operativo per gli anni 2019-2021", pubblicato sul B.U.R.M. n. 40 del 16.9.2021; - di tutti gli atti presupposti, consequenziali e/o connessi, se ed in quanto lesivi. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate; Visti tutti gli atti di causa; Ritenuta la propria giurisdizione e competenza; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2024 il dott. Roberto Ferrari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1) Viene alla decisione definitiva del Tribunale il ricorso proposto, unitamente al Comitato Pro Ca., dal Comune di Campobasso, quale Ente esponenziale dei cittadini ivi residenti, avverso alcune delle disposizioni contenute nel Piano Operativo Sanitario 2019 - 2021 approvato con decreto del Commissario straordinario n. 94 del 2021 (può difatti considerarsi fatto notorio che la Regione Molise, avendo accumulato un ingente deficit nella gestione del servizio sanitario, sia sottoposta ad un ormai decennale commissariamento). 2) Nell'ambito di un più ampio ventaglio di disposizioni, alcune delle quali formanti oggetto di distinti contenziosi instaurati da altri soggetti, con l'odierno ricorso sono state poste in contestazione quelle di cui ai paragrafi 5.2 e 5.3 del P.OS. (pag. 22-24), sotto i profili che nel prosieguo verranno partitamente esposti. Si tratta, in particolare, delle disposizioni che hanno riguardato l'individuazione e, soprattutto, la gestione dei fabbisogni sanitari regionali segnatamente nei settori della rete ictus e delle altre patologie tempo-dipendenti. 3) Il ricorso è stato affidato a quattro motivi così rubricati: "I. Violazione ed errata applicazione degli artt. 7 e ss. della L. n. 241/90 e di tutti i principi del giusto procedimento; -violazione dei principi di partecipazione di cui alla sentenza Corte Costituzionale n. 116/2020 e dell'art. 12 della L.R. n. 11/1997 - recante disciplina del servizio sanitario nella Regione Molise e, più specificamente, "la partecipazione dei cittadini e i diritti dell'utenza"; dell'art. 9 della L.R. n. 9/2005, recante: "organismi di partecipazione dei cittadini" anche con riferimento ai Comuni ed all'art. 5, comma v, della L.R. n. 11/1997, "conferenza dei Sindaci" ed al regolamento regionale Molise del 20/04/2010 - n. 2 - disposizioni per il funzionamento della conferenza dei Sindaci, in attuazione dell'articolo 5 della Legge regionale 14 maggio 1997, n. 112); nonché ' ai più generali principi di partecipazione, buon andamento e trasparenza sanciti dagli artt.1 e 7 e segg. della L.N. 241/90 e 97 Cost.; -violazione ed errata applicazione dell'articolo 3, comma 14°, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e smi; del D.Lgs. 2299/99; dell'articolo 5 della L.R. 14 maggio 1997, n. 11; dell'articolo 8 della L.R. 1° aprile 2005, n. 9; dell'articolo 7 della L.R. 26 novembre 2008, n. 34; del Reg.reg. n. 2/2010; -violazione dell'art. 3 della L.N. n. 241/90 ed eccesso di potere: carenza dei presupposti di fatto e di diritto; II. Violazione ed errata applicazione dell'art. 3 della L. n. 241/1990: difetto di istruttoria e di motivazione, segnatamente sotto il profilo della mancata acquisizione dei dati epidemiologici e predeterminazione dei fabbisogni assistenziali; violazione ed errata applicazione del D.Lg. n. 502/1992 e del D.Lg. n. 229/1999; violazione ed errata applicazione del patto per la salute 2019-2021; eccesso di potere: difetto dei presupposti di fatto e di diritto; III. Violazione ed errata applicazione dell'art. 2, comma 88°, della L. 23 dicembre 2009, n. 191; violazione ed errata applicazione del D.Lg. n. 502/1992; -violazione delle delibere del Consiglio dei Ministri 7 dicembre 2018, 31 marzo 2021 e 5 agosto 2021 e degli obiettivi del mandato commissariale con riferimento alla mancata riorganizzazione delle reti tempo-dipendenti; -violazione ed errata applicazione delle linee guida per la revisione delle reti cliniche - le reti tempo-dipendenti (rep. atti n. 14/CSR del 24.1.2018); -violazione ed errata applicazione del patto per la salute 2019- 2021; -violazione ed errata applicazione dell'art. 3 della L. n. 241/1990; - Eccesso di potere: irragionevolezza manifesta; contraddittorietà ; sviamento; IV.- Violazione dell'art. 3 della L. n. 241/1990: carenza dei presupposti e illegittimità derivata; illogicità manifesta e sviamento; - violazione della legge 191/2009, art. 2, co. 88° incompetenza". 4) In sintesi, e come già esposto nella sentenza parziale n. 168/2023, sui cui contenuti si avrà modo di soffermarsi in seguito, i ricorrenti "hanno censurato il P.O.S. sotto i profili del mancato rispetto dei loro diritti partecipativi e della carenza di istruttoria e di motivazione, non essendo stati acquisiti, a loro dire, i dati epidemiologici in base ai quali stimare il fabbisogno di salute da assumere a presupposto della programmazione sanitaria. Essi hanno rimarcato la sussistenza di tali lacune con precipuo riferimento alla c.d. "rete delle malattie tempo-dipendenti" (in special modo l'ictus emorragico), rispetto alle quali la disciplina del P.O.S. risulterebbe anche irragionevole: in poche parole, l'assetto delineato dall'atto programmatorio in epigrafe avrebbe infatti previsto di trattare i pazienti colpiti da ictus emorragico negli Ospedali di Foggia e Benevento, con i quali, tuttavia, non sarebbero stati ancora stipulati i relativi accordi interregionali (cc.dd. accordi di confine), a tutto detrimento della continuità assistenziale. Inoltre l'assetto organizzativo tracciato dal P.O.S. sarebbe illogico e incoerente, essendo stato previsto l'azzeramento di tutti i posti letto (p.l.) di neurochirurgia (NCH) negli ospedali pubblici, quale il Ca. di Ca., e preservati, viceversa, ben 145 in dotazione all'Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (I.R.C.C.S.) Ne., struttura privata che tuttavia, non essendo dotata di pronto soccorso, ed effettuando solo ricoveri programmati in regione di elezione -come tali incompatibili con la tipologia di intervento emergenziale di cui il trattamento dei pazienti colpiti da ictus emorragico necessita -, non sarebbe in grado di garantire una risposta tempestiva e un servizio assistenziale di carattere universalistico. Il P.O.S. peccherebbe, da ultimo, anche a livello infrastrutturale, mancando un sistema di elisoccorso in grado di sopperire ai tempi di percorrenza per raggiungere i presì di ospedalieri fuori regione, e per ovviare sia alle notevoli distanze stradali, sia alle condizioni precarie del sistema viario molisano". 4.1) Parte ricorrente aveva altresì proposto un'istanza istruttoria (pagg. 29 e 30 del ricorso) finalizzata all'acquisizione degli atti e documenti contenenti i dati in base ai quali era stato stimato il fabbisogno assistenziale; degli atti e documenti preparatori e istruttori relativi all'assetto della programmazione sanitaria relativamente alle malattie tempo-dipendenti, e segnatamente alla relativa rete ictus; e degli accordi di confine eventualmente conclusi con gli ospedali di Foggia e Benevento. 5) L'Avvocatura dello Stato si è costituita in giudizio per le Amministrazioni intimate, e ha eccepito l'insussistenza della legittimazione e dell'interesse ad agire sia del Comune di Campobasso che del Comitato Pro Ca., e, nel merito, l'infondatezza del ricorso. Si è costituito altresì l'I.R.C.C.S. Ne. il quale, oltre ad eccepire, come l'Amministrazione, l'insussistenza della legittimazione e dell'interesse ad agire di parte ricorrente, ha ulteriormente dedotto l'insussistenza dei presupposti per l'accoglimento del ricorso. 6) La domanda cautelare corredante il ricorso è stata trattata alla camera di consiglio del 1° dicembre 2021, all'esito della quale è stata emessa l'ordinanza reiettiva n. 231/2022, così motivata: "Ritenuta l'insussistenza del dedotto danno grave ed irreparabile, atteso che: a) l'atto impugnato ha natura solo programmatoria, e non possiede, pertanto, una concreta e immediata efficacia lesiva degli interessi della parte ricorrente; b) quest'ultima, del resto, non ha individuato delle specifiche disposizioni del POS che siano provviste già nell'attualità di un effetto operativo lesivo; Considerato, per conseguenza, che soltanto con l'eventuale adozione dei provvedimenti attuativi dell'atto programmatorio potrà essere eventualmente riscontrata, in concreto, una portata lesiva del POS, la quale allo stato si presenta invece non attuale, ma solo meramente potenziale". 6.1) Tale provvedimento cautelare è stato quindi appellato innanzi alla Sezione III del Consiglio di Stato, che ha accolto l'impugnazione con ordinanza n. 645/2022, ai fini della "auspicabilmente imminente celere fissazione dell'udienza di merito", e comunque, nel frattempo, "sollecitando l'attenta considerazione del relativo bisogno assistenziale da parte dell'Amministrazione, nell'esercizio del compito ad essa spettante di individuare le misure più opportune a tutela del diritto alla salute della collettività ", dietro favorevole considerazione della "esigenza cautelare rappresentata dalla parte appellante, connessa alla assenza, nel P.O.S. approvato con i provvedimenti impugnati in primo grado,... di idonee misure organizzative ed operative finalizzate a fronteggiare, secondo criteri di efficacia e tempestività, il verificarsi di episodi, potenzialmente letali, di ictus emorragico...". 7) All'udienza pubblica del 30.11.2022 la causa è stata trattenuta una prima volta in decisione in sede di cognizione piena, e all'esito è stata pronunciata la già citata sentenza parziale n. 168/2023. Quest'ultima ha affrontato, dichiarandole tutte infondate, le molteplici eccezioni preliminari sollevate dalle resistenti in ordine alla sussistenza della legittimazione e dell'interesse al agire dei ricorrenti. Quanto al merito di causa, tale sentenza si è pronunciata sul primo dei motivi di ricorso (in tema di mancata partecipazione dei ricorrenti al procedimento), che ha parimenti respinto. Va allora sé che il Collegio non dovrà riesaminare tale motivo, così come le anzidette questioni preliminari, sulle quali il Tribunale ha ormai già statuito. 7.1) Con la suindicata sentenza parziale sono stati inoltre disposti dei mezzi istruttori, in parte nei termini di cui all'anzidetta specifica istanza formulata nel ricorso, a carico del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro del settore sanitario della Regione Molise. 7.1.1) Il Tribunale ha difatti disposto di produrre una dettagliata e analitica relazione, corredata da relativa e pertinente documentazione, che desse conto: -dei dati acquisiti e delle fonti informative utilizzate dalla Struttura commissariale al fine di dimensionare il prevedibile flusso della domanda di salute e stimare così il fabbisogno assistenziale assunto a base del decreto impugnato; - delle misure organizzative apprestate al fine di completare, attuare e/o modificare le reti di emergenza-urgenza e tempo-dipendenti, descrivendone l'attuale assetto funzionale anche con riferimento alla definizione delle misure operative concretamente apprestate al fine di fronteggiare, secondo criteri di efficacia e tempestività, il verificarsi di episodi di emergenza sanitaria, soffermandosi in particolare sull'assetto e sulle regole di funzionamento della rete clino-assistenziale per l'ictus emorragico fin dalla presa in carico dei pazienti; -delle modalità eventualmente apprestate al fine di garantire la destinazione effettiva di una congrua parte dei posti letto in dotazione all'I.R.C.C.S. Ne. al fine di assicurare il funzionamento della rete delle emergenze tempo-dipendenti; -dell'attuale sussistenza o meno, a seguito della effettiva stipula, di accordi interregionali per la centralizzazione del paziente con ictus emorragico presso strutture extraregionali quali l'azienda AO "Ru." - AO Be. e l'AOU "Ospedali Ri. di Fo.", evidenziandosi in caso negativo l'attività effettivamente compiuta per addivenire alla stipula dei detti accordi; - delle iniziative assunte ai fini della introduzione nella Regione di un servizio di elisoccorso". Ed ha inoltre disposto che: "La relazione dovrà essere elaborata avendo riguardo alle specifiche doglianze argomentate sul punto dalla parte ricorrente (in particolare, con riferimento ai motivi II e III relativi, rispettivamente, all'acquisizione dei dati necessari per la stima del fabbisogno assistenziale e all'adeguatezza dell'assetto della rete delle emergenze-urgenze". 7.2) La struttura commissariale ha adempiuto agli incombenti con il deposito documentale del 18/8/2023. In vista della nuova udienza pubblica le parti hanno prodotto ulteriori memorie, con le quali hanno ripreso e ulteriormente puntualizzato le loro rispettive tesi. All'udienza del 24 gennaio 2024, a seguito di ampia discussione tra le parti, la causa è stata definitivamente trattenuta in decisione. 7.3.) Il ricorso, benché sia stato superato lo specifico orizzonte temporale di riferimento dello strumento programmatorio impugnato, deve ritenersi sorretto da un persistente interesse dei soggetti ricorrenti, quantomeno nella prospettiva -già di per sé sufficiente- di un corretto orientamento dell'azione amministrativa ai fini della futura programmazione di settore (oltretutto, gli effetti organizzativi dell'impugnato POS mantengano ancora ad oggi la loro piena operatività, in assenza dell'approvazione del successivo POS per gli anni 2022/2024). Nel merito il ricorso è parzialmente fondato nei termini che nel prosieguo (paragr. 11 e segg.) verranno precisati, dovendo per il resto essere dichiarato in parte inammissibile ed in parte infondato. 8) Come si è premesso, l'oggetto specifico dell'impugnativa verte - al di là delle superabili censure che verranno trattate nel successivo capo 9 - essenzialmente sulle disposizioni del predetto P.O.S. contenute nei suoi paragrafi 5.2 e 5.3, concernenti i temi oggetto dell'istruttoria disposta dalla precedente sentenza parziale. 9) Il Collegio ritiene, per comodità espositiva, di iniziare la propria disamina con lo scrutinio delle censure che possono più agevolmente essere vagliate e superate. 9.1) Viene così subito all'esame la censura contenuta all'inizio del secondo motivo di ricorso (pag. 10), con la quale è stata contestata l'assenza complessiva nel P.O.S. di specifici riferimenti alle conseguenze che l'emergenza pandemica avrebbe avuto sull'organizzazione della rete ospedaliera, e dei correlati dati epidemiologici. La doglianza deve essere disattesa, e questo già in ragione della sua generica e perplessa formulazione, che farebbe dubitare anche della sua stessa ammissibilità . Non si comprende poi quale sarebbe la connessione tra l'assenza dei dati epidemiologici e gli interessi fatti valere in giudizio dalla ricorrente, in quanto la censura si presenta priva di un substrato di interesse ad agire sufficientemente determinato. Né emerge una relazione tra la censurata carenza d'illustrazione di dati e il deficit istruttorio che avrebbe, in tesi, per ciò stesso inficiato i contenuti del POS, rispetto a questo specifico profilo. Sotto un contiguo versante, non ci si può poi esimere dal rilevare la mancata dimostrazione dell'attualità dell'interesse a coltivare tale doglianza pur in presenza del fatto notorio che l'emergenza pandemica, con le sue connesse esigenze organizzative, costituisce un fatto storico ormai da tempo superato, e peraltro già in fase di superamento al momento della pubblicazione del P.O.S. impugnato. Va da ultimo soggiunto, infine, per completezza espositiva, che dalla mera lettura del POS si evincono, in ogni caso, diversi riferimenti circa l'incidenza, anche economica, che l'emergenza pandemica ha prodotto sull'organizzazione della spesa, delle strutture sanitarie e della rete ospedaliera. 9.2) Parimenti da disattendere sono le doglianze formulate al quarto motivo di ricorso (pag. 28). Secondo la prospettazione ricorsuale, i contenuti del POS sarebbero stati "intimati" al commissario straordinario, o comunque sollecitati, mediante non meglio specificate note ministeriali. Da qui la censura d'incompetenza del Ministero autore delle supposte indebite ingerenze (che neppure viene indicato nel ricorso), per il fatto che dette note si sarebbero sovrapposte alle decisioni di competenza commissariale, determinandone il contenuto. In ogni caso, le stesse note (pur dichiaratamente ignote ai ricorrenti), con una formulazione meramente eventuale, sono state anch'esse impugnate, se ed in quanto corrispondenti ai contenuti ed alle disposizioni censurate del POS. La doglianza si manifesta del tutto perplessa nella sua articolazione ipotetica. Più in dettaglio, non viene chiarito quale rilievo possa avere avuto, sulla formazione del P.O.S., l'esposizione, di mera fonte giornalistica, di alcune affermazioni del commissario ad acta riguardanti le motivazioni che avrebbero fondato le sue scelte programmatorie. D'altra parte, le determinazioni commissariali sono state veicolate mediante un atto formato da un'istruttoria completa, nella quale sono presenti esclusivamente riferimenti alle ordinarie interlocuzioni istituzionali con i diversi livelli di competenza, anche statale, esistenti in materia. Sicché la censura, oltre ad essere inammissibile, risulta anche infondata. 10) Tutto ciò posto, è possibile passare alle ben più ampie censure contenute nel secondo e terzo motivo di ricorso: parte di esse risultano inammissibili, appuntandosi, piuttosto che sui contenuti propri del POS, sulla loro mancata attuazione; ma le rimanenti doglianze degli stessi mezzi, con le precisazioni che in seguito si svolgeranno, meritano accoglimento. 10.1) Vanno dichiarate inammissibili, in primo luogo, le censure contenute al punto III.1 (pag. 20) del ricorso, riferite, in prima battuta, al tema degli accordi extraregionali previsti dal POS per la gestione dell'ictus emorragico. Parte ricorrente ha impugnato, in particolare i contenuti del § 5.3 (p. 23 e ss.) del POS, nella specifica parte in cui questo ha previsto "che i pazienti colpiti da ictus emorragico vengano trattati negli Ospedali di Foggia e Benevento, con i quali è stata prevista la sottoscrizione di accordi interregionali": ciò sul rilievo di fondo che di tali accordi, è stato sottolineato, nonostante il POS prevedesse la sottoscrizione entro il 31 dicembre 2021, "non c'è ancora traccia, con conseguente assenza di garanzia di trattamento". Il dato fattuale a base della censura, quello della mancata conclusione dei predetti accordi interregionali, ha trovato conferma nella già richiamata relazione della Regione Molise (pag.9). Tale documento ha richiamato le tabelle recanti gli indicatori specifici di risultato, dai quali effettivamente emerge che, stante l'assenza di adeguate strutture regionali per la bisogna in questione, il POS aveva previsto di avvalersi dell'integrazione con strutture extraregionali confinanti. In proposito, in particolare, la Regione ha segnalato nella propria relazione che: "...I presidi ospedalieri individuati devono essere dotati di neuroradiologia interventistica per il trattamento dell'Ictus Ischemico che necessita di tromboendoarterictomia in urgenza, e della disciplina di Neurochirurgia per il trattamento del trauma grave complesso con interessamento neurochirurgico, che Ne. non accoglie in quanto privo di reparti e discipline necessari alla gestione del politrauma...". Da qui, peraltro, la mera informativa che, "In considerazione della necessità di assicurare le procedure entro i tempi definiti dalle società scientifiche perché il trattamento risulti efficace in termini di esito clinico, è stata intrapresa, anche da parte di ASReM, una interlocuzione con gli ospedali delle aree confinanti". Il fatto è, pertanto, che tali interlocuzioni non sono sfociate in alcun risultato concreto. Esse hanno infatti incontrato ancora di recente, secondo la relazione (che è del mese di agosto del 2023), "una limitazione significativa nel progressivo e continuo ridimensionamento delle discipline di cui trattasi anche nella ridefinizione delle reti delle regioni limitrofe". La relazione ha potuto quindi concludere sul punto solo che "accordi non formalizzati tra ospedali e tra professionisti hanno consentito comunque il trasporto in sicurezza in continuità di soccorso presso DEA di II livello dei pazienti che necessitavano di trattamenti neurochirurgici". Tutto ciò posto, non è dubitabile, stante la sua evidenza, la presenza di una discrepanza tra la programmazione della rete ospedaliera nello specifico campo d'esame, da un lato, e l'assoluta mancanza/insufficienza, dall'altro, delle pur previste convenzioni attuative tese a fronteggiare l'ictus emorragico: convenzioni che non sono state concluse, ma, come si evince dalla stessa relazione, solo in parte sostituite da estemporanei, perché "non formalizzati", accordi tra ospedali e professionisti, che, non foss'altro che per la loro connaturata incertezza, risultano incompatibili con il disegno organizzativo che era stato delineato dal P.O.S.. 10.1.2) La riscontrata discrasia tra la programmazione recata dal POS e gli accordi effettivamente conclusi non fa però di per sé stessa emergere alcun vizio di legittimità del provvedimento programmatorio a monte. Come si è visto, il P.O.S., con riguardo alla organizzazione della specifica rete dell'ictus emorragico, aveva previsto d'implementare le reti ospedaliere programmandone l'integrazione funzionale a mezzo di appositi accordi extraregionali, previsioni rimaste però in gran parte disattese nell'attuazione del programma sanitario. La ricorrente, tuttavia, non ha rivolto specifiche censure avverso le previsioni dettate dal P.O.S. in proposito, neppure nel senso di far eventualmente risalire a un difetto d'impostazione del Programma Operativo la sua successiva mancata attuazione. Ciò di cui la ricorrente si duole, quindi, non è il contenuto in sé del P.O.S., ma il fatto ben posteriore della sua mancata materiale attuazione, doglianza che però non potrebbe far pervenire in alcun modo alla richiesta pronuncia di annullamento del provvedimento impugnato. Il ricorso risulta quindi, per questa specifica parte, inammissibile, in assenza di censure contrastanti i contenuti provvedimentali - ancorché in parte programmatori - degli atti in epigrafe. Semmai, l'inerzia/inconcludenza fatta segnare dall'Amministrazione sul versante attuativo del P.O.S. avrebbe potuto allora essere più appropriatamente avversata, da coloro che avrebbero potuto dimostrare la relativa legittimazione attiva, provocando la formazione del silenzio-rifiuto dell'Amministrazione sanitaria regionale e convenendo indi questa in giudizio per tale specifica via. L'applicazione congiunta degli artt. 2, comma 1, e 21 quater L. n. 241/1990 configura, invero, in esplicazione del principio di esecutorietà dei provvedimenti amministrativi, e quindi della loro idoneità ad essere eseguiti, "un potere-dovere dell'amministrazione di portare ad effettiva attuazione i propri provvedimenti emessi al termine del procedimento" (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 2565/2013). 10.1.3) Non dissimili considerazioni possono svolgersi con riferimento alla contestazione attorea riguardante l'assenza di un'adeguata rete di elisoccorso regionale. In argomento, al motivo III.1 (pag.21), parte ricorrente ha lamentato che "il POS non ha predisposto un servizio autonomo di trasporto elicotteristico, limitandosi a menzionare una non meglio precisata "convenzione con la Regione Abruzzo, che mette a disposizione eliambulanze, con relativo personale tecnico e sanitario, dalle basi di Pescara e di L'Aquila" Anche questo tema, come quello precedente, ha formato oggetto degli incombenti disposti a suo tempo dal Tribunale, ed è stato trattato dall'anzidetta relazione regionale, nella quale sul punto è stato precisato quanto segue: "L'attività di elisoccorso assicurata attraverso una convenzione con la Regione Abruzzo, che mette a disposizione eliambulanze, con relativo personale tecnico e sanitario, dalle basi di Pescara e di L'Aquila. La convenzione prevede l'attivazione dell'eliambulanza per il tramite della Centrale Operativa Regionale 118 per il soccorso e per i trasferimenti secondari tra ospedali quando la tipologia, la gravità della patologia e i tempi lo impongono. La scelta della modalità su pala del soccorso o del trasferimento è rimandata ai clinici che agiscono anche secondo le procedure formalizzate nei documenti organizzativi (PDTA)". In replica a ciò, la ricorrente ha comunque ribadito le proprie critiche, allegando che dalla richiamata relazione sarebbe rimasto confermato che "...in tutta la regione non vi sono elisuperfici a servizio di strutture sanitarie pubbliche idonee a garantire il servizio di elisoccorso. Dunque, in assenza di infrastrutture (di cui non a caso non vi è traccia) non è spiegato dove fisicamente si svolga la presunta "convenzione" con la regione Abruzzo". Anche in questo caso, quindi, il P.O.S., in ragione degli specifici indicatori inseriti nel programma d'intervento tra i risultati da realizzare, aveva richiamato, con previsioni non investite di puntuali doglianze in questa sede, l'esigenza di effettività di un'apposita convenzione con la Regione Abruzzo. In giudizio non è emerso in maniera univoca se esistano o meno, in concreto, degli idonei punti di approdo per l'elisoccorso all'interno della Regione Molise. Ad ogni modo, per le ragioni già illustrate, anche questo specifico motivo deve ritenersi inammissibile, giacché le censure della ricorrente, non tradottesi nella deduzione di specifici elementi di illegittimità a carico del Programma Operativo 2019-2021, hanno avuto riguardo, anche in questo caso, alla sola evanescenza della sua fase attuativa. 11) Si può così passare alla disamina delle parti del secondo e del terzo motivo di ricorso riguardanti, sotto il profilo dell'organizzazione della rete ospedaliera, la gestione - tramite le strutture disponibili nella Regione, sia pubbliche che accreditate - delle reti definite come tempo-dipendenti, concernenti la gestione dell'ictus, della rete neurologica e del trattamento dei cd. politraumi. 11.1) Il tema viene introdotto nella pag. 16 del ricorso (motivo II), allorché la ricorrente ha dedotto come il riassetto dell'organizzazione per il trattamento delle malattie tempo-dipendenti avrebbe dovuto costituire, per la nevralgica importanza dell'argomento, una priorità programmatica del POS. L'argomento è stato poi approfondito al motivo III.3 (pag.27) del gravame, nel quale la ricorrente ha, tra l'altro, evidenziato la presenza di una insanabile contraddizione nel POS "... con il DCA 47/2017 che ha disciplinato la rete delle malattie tempo-dipendenti, motivando la soppressione di tutti i p.l. di NCH dall'Hu. Ca. con l'opportunità di valorizzare l'esperienza e l'eccellenza dell'Ircss Ne....tenuto conto che nell'attuale programma si è rinunciato ad avvalersene, pur preservando però il medesimo numero di p.l., il medesimo budget, i medesimi tetti di spesa, e comunque non ripristinando la funzionalità del PO pubblico Ca.". La centralità del tema è stata confermata nella conclusiva memoria di merito, lì dove, dinanzi alla richiamata relazione istruttoria della Regione, la ricorrente ha ribadito la propria censura circa l'assenza di pur necessarie scelte organizzative ai fini della gestione delle patologie tempo-dipendenti, e in particolare dell'ictus. Risulta allora utile ricordare subito i contenuti delle anzidette enunciazioni programmatiche del POS, nelle parti in questa sede censurate (pag. 23 e succ. par. "Reti patologie tempo-dipendenti"): "Il modello di programmazione della Rete Ospedaliera, dell'Emergenza e delle patologie tempo-dipendenti della Regione Molise si sviluppa intorno ai seguenti punti: Integrazione in un unico sistema di risposta sanitaria di urgenza tra il 118 e la Rete Ospedaliera, e adozione di percorsi condivisi ed indicatori comuni; Revisione del sistema del 118 per rispondere alle caratteristiche della nuova rete ospedaliera che richiede maggiore centralizzazione; e presidio delle sedi di pronto soccorso; Integrazione con la continuità assistenziale per la risoluzione domiciliare dei casi di minore intensità ; Concentrazione degli accessi al Sistema Ospedaliero di Emergenza principalmente nel presidio hub", "Ca." di Campobasso, che concentra competenze e specialità che per volume richiedono un bacino di popolazione più ampio; Ruolo Sp. dei due Presidi ("Sa. Ti." di Te. e "Ve." di Is.) ospedali di base, sede di pronto Soccorso, in una integrazione funzionale con l'Hu. in grado di dare una risposta organica su tutto l'ambito territoriale regionale. L'organizzazione delle reti tempo-dipendenti della regione Molise è definita in rapporto ai bisogni della popolazione e alle condizioni orogeografiche del territorio, in coerenza con le previsioni del DM 70/2015 e delle "Linee guida per la revisione delle reti cliniche - Le reti tempo dipendenti" approvate con Accordo Stato Regioni del 24.01.2018. In particolare, la rete clinico-assistenziale è ritenuta un modello organizzativo che assicura la presa in carico del paziente mettendo in relazione, con modalità formalizzate e coordinate, professionisti, strutture e servizi nel rispetto della continuità assistenziale e dell'appropriatezza clinica e organizzativa. La Rete individua i nodi e le relative connessioni definendone le regole di funzionamento, il sistema di monitoraggio, i requisiti di qualità e sicurezza dei processi e dei percorsi di cura, di qualificazione dei professionisti e le modalità di coinvolgimento dei cittadini Il processo di riformulazione delle seguenti reti per patologie tempo dipendenti: RETE TRAUMA; RETE ICTUS; RETE CARDIOLOGICA; RETE DELL'ASSISTENZA PERINATALE, dovrà essere concluso entro la fine dell'anno 2021". Nel delineare così il disegno delle Reti per le patologie tempo-dipendenti, per la cui compiuta "riformulazione" è stato previsto il termine della "fine dell'anno 2021", il P.O.S. ha dettato quindi soprattutto i seguenti "indicatori di risultato": 1)"Emanazione DCA avente ad oggetto la riconfiguarazione dei posti letto ospedalieri e dei posti letto della rete tempo-dipendente; 2)Emanazione DCA avente ad oggetto "Documento di programmazione della rete-ospedaliera, e delle reti dell'emergenza e delle patologie tempo - dipendenti nella Regione Molise" contenente azioni mirate a:- L'attivazione della Stroke Unit presso l'Ospedale "Ca." di Campobasso; L'applicazione del sistema telestroke/teletrombolisi che collega il Pronto Soccorso dei Presidi Ospedalieri di Isernia e Termoli con la Stroke Unit dell'Ospedale "Ca." di Campobasso; 3) Emanazione DCA avente ad oggetto "Documento di programmazione della rete-ospedaliera, e delle reti dell'emergenza e delle patologie tempo - dipendenti nella Regione Molise" contenente azioni mirate a: - L'implementazione della tecnologia "In Touch Health" negli ospedali Sp.; - La riorganizzazione della rete perinatale e la definizione di procedure operative condivise tra Hu. e Sp. per trasporto materno/neonatale; 4) Stipula accordi di collaborazione tra l'A.S.Re.M. e l'Azienda Sanitaria "Chieti-Vasto- Lanciano"; 5) Istituzione del Coordinamento Regionale Rete delle emergenze; 6) Attivazione Protocolli di Intesa con IRCSS Ne. esclusivamente per trauma cranico (e più avanti ci si soffermerà sulla lacunosità di quest'ultima indicazione). 11.1.1) Nella ricostruzione attorea le riportate previsioni, con riferimento alla rete delle malattie tempo-dipendenti (comprensive delle emergenze da ictus) e dei politraumi, sarebbero state del tutto carenti, e comunque evanescenti e inadeguate, inficiando il POS sotto il profilo della congruenza logica della sua predisposizione e della conseguente carenza e inadeguatezza della relativa motivazione. 11.1.2) Ciò, in primo luogo a causa della mancata preventiva acquisizione e valutazione dei dati riflettenti il fabbisogno assistenziale regionale: censura che, per quanto formulata, in astratto, in termini generali, ha trovato la necessaria concretizzazione e puntualizzazione proprio con riferimento alle reti tempo-dipendenti ora in esame, rispetto alle quali verrà pertanto esclusivamente vagliata. In proposito va subito ricordato che il Tribunale, nell'ambito di precedenti giudizi, ha già avuto modo di sottolineare che nelle scelte organizzative dell'Amministrazione sanitaria, e segnatamente nella composizione del POS, la verifica dello specifico fabbisogno costituisce un prius logico rispetto alle misure che si intendono adottare. Ora, nel caso in esame detta previa acquisizione ed elaborazione di dati, come sottolineato nel ricorso, è risultata del tutto carente, in particolare, con riferimento alle patologie tempo-dipendenti e alla connessa rete dei politraumi. Segnatamente, nel POS è del tutto mancata ogni traccia di una preventiva analisi dei dati storici in ordine alla consistenza del numero di pazienti su cui bisognava strutturare gli interventi programmatori, suddistinti per le specifiche patologie in discorso. Da qui la denuncia di carenze istruttorie e motivazionali le quali, nei limiti indicati, non possono che reputarsi esistenti. Non v'è dubbio, infatti, che la predeterminazione dello specifico fabbisogno assistenziale regionale costituisse un'operazione logicamente e giuridicamente preliminare, e strumentale, rispetto all'appropriata riorganizzazione della rete ospedaliera, con riferimento alle indicate patologie tempo-dipendenti. Come sottolineato nel ricorso, la corretta organizzazione della rete d'intervento nel suddetto ambito risultava in primo luogo indispensabile per ridurre il numero di esiti infausti delle patologie tempo-dipendenti, legati alle stesse criticità organizzative del sistema. E parte ricorrente ha inoltre correttamente osservato (motivo II del ricorso pag. 10 e ss) che la necessità di anteporre la individuazione del fabbisogno alle determinazioni organizzative, era stata anche specificamente rilevata nel Patto per la Salute 2019-2021 (approvato con Atto della Conferenza Stato-Regioni). Il documento, infatti, aveva stabilito che la verifica del rispetto dei Livelli essenziali di assistenza si dovesse fondare sulla puntuale e previa indagine del fabbisogno di salute. E a tal fine aveva previsto l'introduzione di specifiche voci legate all'individuazione del fabbisogno assistenziale, all'interno di apposite schede, la cui compilazione occorreva per la determinazione dei livelli essenziali di assistenza da garantire per la gestione delle singole patologie. In fattispecie analoghe, con orientamento ispirato alla puntuale giurisprudenza del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato Sez. III n. 1234/2021), questo Tribunale ha più volte affermato che: "se è vero che il provvedimento in esame è un atto di programmazione sanitaria adottato a fronte di una stringente necessità di riorganizzazione dell'intero Sistema Sanitario Regionale che, inevitabilmente, determina la revisione delle reti assistenziali (rete ospedaliera regionale, rete dell'emergenza, rete territoriale, rete socio-sanitaria), è altresì vero che nella determinazione del nuovo assetto delle reti, la Struttura commissariale deve tener conto dei criteri e degli standard imposti dal Titolo III - art. 15, comma 13 lett c), del D.L. n. 95/2012 (convertito dalla legge n. 135/2012), dal "Patto per la Salute" e dal Decreto del Ministero della Salute n. 70/2015 (recante la "Definizione degli standard qualitativi strutturali, tecnologici e quantitativi all'assistenza ospedaliera") e, per farlo, deve comunque valutare il fabbisogno assistenziale". Tali principi hanno quindi imposto all'Amministrazione di seguire "un percorso istruttorio" che, partendo appunto dal reale fabbisogno regionale, "conduca a un nuovo assetto che si differenzi da quello precedente, tenendo ovviamente conto della necessità di perseguire l'equilibrio economico". Questo perché è lo stesso ordinamento a richiedere che il numero di posti letto assegnati a ciascuna delle strutture pubbliche e private sul territorio molisano non sia "calato dall'alto" né imposto senza la necessaria previa stima del fabbisogno di settore" (TAR Molise n. 352/2023; T.A.R. Molise n. 404/2022). Mancando allora, con riguardo al POS odiernamente impugnato, una preventiva analisi del fabbisogno regionale per l'organizzazione della rete ospedaliera approntata per la gestione delle malattie tempo-dipendenti e dei politraumi, è inevitabile riscontrare un difetto istruttorio e di motivazione ex art. 3 della l. n. 241/1990, così come dedotto, in particolare, nel motivo II (pag. 10 e ss) del ricorso. 11.2) In secondo luogo, e soprattutto, parte ricorrente contesta il merito dei contenuti propri delle previsioni del P.O.S. dedicate allo specifico tema in trattazione, adducendo, in estrema sintesi, che la programmazione della rete ospedaliera per gli interventi necessari per le patologie tempo-dipendenti sarebbe rimasta incompleta, e priva di sufficienti garanzie in ordine alla funzionale partecipazione dell'IRCCS Ne. alla relativa organizzazione. In particolare, nella prospettazione attorea: i) non vi sarebbe stata coerenza tra la programmazione regionale e gli obiettivi della rete; ii) sarebbe risultato incoerente il Piano di rete rispetto all'assetto delle strutture private accreditate (tanto più per l'assenza di riduzioni del numero di posti letto e di budget, in particolare, per l'IRCCS Ne.); iii) nel POS sarebbe inoltre mancata l'indicazione delle modalità di trattamento dei pazienti cd. politraumi, vieppiù occorrente per il fatto che il predetto IRCCS sarebbe stato coinvolto nella sola rete della gestione del mero trauma cranico. 11.2.1) Per affrontare compiutamente questa materia occorre a questo punto precisare che, come conferma la già citata relazione regionale, in Molise manca ormai un reparto di neurochirurgia nella rete sanitaria pubblica, e segnatamente presso l'Ospedale "Hu." (Ca.). Nel disegno programmatorio del POS impugnato detta mancanza sarebbe in parte compensata "da misure organizzative che hanno garantito comunque la presa in carico del paziente in emergenza-urgenza": ma nel prosieguo si vedranno i concreti limiti di questa affermazione. All'interno del POS (5.1) pag. 13), nel descrivere la rete ospedaliera, è stato particolarmente valorizzato, in ragione della sua specifica rilevanza in campo neurologico, il ruolo dell'IRCSS Ne., indicato come una delle due strutture private (unitamente a Gemelli Molise) le quali, "ognuno per le proprie attività caratteristiche, partecipano, altresì, alla rete dell'emergenza in Regione". Questa considerazione, in astratto ampiamente plausibile per la notoria alta specializzazione del citato IRCCS, non trova però coerente sviluppo nelle enunciazioni immediatamente successive del POS a proposito delle strutture accreditate (pag. 17), nelle quali si fa indubbio riferimento a Ne. quale struttura che "partecipa alla rete per la funzione neurochirurgica, con il ruolo nella rete del trauma", ma ciò unicamente con specifico riguardo alla "gestione del Trauma cranico isolato, e nella rete dell'ictus, per le sole situazioni in cui il trasporto del malato presso la struttura non pregiudichi il rispetto dei tempi di trattamento". Inoltre, nella tabella della pag. 25 del Piano, nell'ambito dell'individuazione dei "risultati programmati", è stata inserita la sola limitata voce: "Realizzazione aggregazioni Rete Trauma- Riorganizzazione Rete Ictus": e questa, come rilevato dalla ricorrente, non trova riscontro nemmeno nella successiva tabella, comprendente invece gli "indicatori di risultato" - vale a dire, l'insieme delle misure previste per realizzare i risultati programmati, da raggiungere in attuazione del Piano stesso-, tabella nella quale l'Istituto Ne. viene inserito (come anticipato alla pag. 17 del POS) esclusivamente nell'ambito della rete emergenziale del "trauma cranico". Ebbene, queste indicazioni danno già conto della contraddittorietà di fondo ravvisabile tra il ruolo che il POS intenderebbe, in linea generale e prospettica, affidare all'IRCCS Ne. (come sarebbe congruo in ragione della innegabile rilevanza e qualità della struttura), e l'effettiva posizione che alla detta struttura è stata invece concretamente assegnata, nelle previsioni dello stesso POS, nell'ambito dei già citati indicatori di risultato, e cioè, come detto, degli strumenti attraverso i quali la Regione avrebbe inteso conseguire gli obiettivi organizzativi della rete ospedaliera. 11.2.2) La contraddittorietà appena detta è poi confermata, e anzi amplificata, dai contenuti della relazione istruttoria regionale depositata in atti. La relazione ben lumeggia la centralità del ruolo rivestibile dall'IRCCS Ne. ai fini dell'integrazione della rete regionale delle patologie tempo-dipendenti per la competenza neurochirurgica: e ciò evidenzia appunto ulteriormente la dissonanza, con tale impostazione, delle indicazioni dei già richiamati indicatori di risultato contenuti nel POS in epigrafe. Tale relazione espone che nell'ambito del precedente POS 2015-2018 il ruolo centrale di Ne. era stato garantito, dal punto di vista organizzativo, da un apposito "Protocollo d'intesa tra l'Azienda Sanitaria Regionale del Molise e l'IRCCS Ne. per la gestione delle emergenze urgenze con interessamento neurochirurgico presso il PO di Campobasso", protocollo "che prevedeva anche tutti i casi di specie dei trasferimenti presso l'IRCCS Ne. per la patologia neurochirurgica, assicurando in tal modo un percorso preferenziale di trasferimento verso la struttura di riferimento regionale per la neurochirurgia Ne." (pag. 7 e ss.). In quel precedente Piano l'IRCCS Ne., come si ricava ancora dalla relazione, assumeva una posizione così concretamente nevralgica da risultare decisivo, mediante l'apporto professionale dei propri specialisti, per "la copertura dei turni di guardia attiva e/o in pronta disponibilità degli specialisti neurochirurghi al fine di assicurare la continuità assistenziale nella gestione delle emergenze neurochirurgiche e dei pazienti affetti da patologie urgenti con interessamento neurochirurgico instabili/non trasferibili direttamente presso il PO Ca. di Ca., e per gli altri il trasferimento presso la struttura di riferimento (DDG n. 785/2018, DDG n. 845 del 18-07-2019)" Tuttavia, dalla stessa relazione istruttoria si apprende che poi, " ... a partire dal novembre 2020, a seguito della comunicata indisponibilità di Ne. a proseguire le attività dei propri specialisti neurochirurghi presso l'Ospedale Ca. di Ca. alle condizioni previste dal protocollo d'intesa, l'ASReM ha provveduto alla stipula di una convenzione con l'A.O.R.N. San Giovanni Moscati per l'acquisto turni di servizio da parte di dirigenti medici specialisti in neurochirurgia da effettuarsi presso l'Ospedale Ca. di Ca. (DDG n. 894 del 10-11-2020) garantendo in tal modo la prosecuzione delle attività di presa in carico del paziente di pertinenza neurochirurgica presso l'Ospedale Hu., la sua stabilizzazione ed il trasferimento in continuità di soccorso presso la struttura di riferimento". 11.3) In questo quadro di risultanze, il Tribunale ritiene quindi che debbano trovare accoglimento le specifiche censure attoree riguardanti la contraddittoria strutturazione del POS nella parte afferente l'organizzazione ospedaliera regionale delle malattie tempodipendenti e dei politraumi, e comunque la complessiva inadeguatezza e insufficienza della loro relativa rete di gestione, per come disegnata nell'atto programmatorio. E infatti, come sottolineato nel gravame, l'organizzazione delle patologie in questione, comprendente anche strutture accreditate, e principalmente l'IRCCS Ne., avrebbe dovuto costituire una priorità programmatica del POS. Eppure, nonostante la progressiva riduzione ai minimi termini dell'organizzazione ospedaliera pubblica deputata al trattamento delle patologie tempodipendenti (basti dire dell'assenza di reparti di neurochirurgia nella rete sanitaria pubblica), il POS non ha previsto una specifica partecipazione di Ne. alla rete di gestione dell'ictus, se non per "le sole situazioni in cui il trasporto del malato presso la struttura non pregiudichi il rispetto dei tempi di trattamento" (pag. 17 del POS già citata in precedenza), né nell'ambito dei politraumi, stante la previsione limitata al trattamento della sola ipotesi del trauma cranico. A differenza di quanto sopra riscontrato rispetto alla mancata realizzazione degli accordi extra-regionali di cui si è detto al precedente capo 10, in questo caso non viene in rilievo il solo versante attuativo del POS, ma in primis un deficit proprio di quest'ultimo Programma, riconducibile, in sintesi, alla contraddittorietà e, soprattutto, alla lacunosità delle sue previsioni concernenti la rete delle malattie tempo-dipendenti. In particolare, il POS non ha in alcun modo previsto la necessità di un protocollo d'intesa con la struttura Ne. ana a quello contemplato nell'ambito del precedente POS, idoneo a garantire nei fatti la effettiva centralità dell'Istituto nell'operatività della rete in discorso, e assicurando anche, ove necessario (id est, in difetto di un'adeguata intesa), la effettiva disponibilità di un congruo contingente dei posti-letto complessivamente assegnati alla struttura ai fini della presa in carico dei pazienti in emergenza-urgenza proprio nello specifico settore in cui la stessa struttura è attiva. 11.4) Assume particolare rilievo, sotto questo profilo, il riscontro fornito dalla relazione istruttoria regionale sullo specifico quesito contenuto nella sentenza parziale n. 68/2023, nella quale si chiedeva di dar conto anche: "delle modalità eventualmente apprestate al fine di garantire la destinazione effettiva di una congrua parte dei posti letto in dotazione all'I.R.C.C.S. Ne. al fine di assicurare il funzionamento della rete delle emergenze tempo-dipendenti". Ebbene, la relazione, al di là di generiche indicazioni circa l'organizzazione generale della rete delle malattie tempodipendenti, non ha fornito alcuna puntuale risposta al quesito. Essa, pur facendo riferimento alla partecipazione di Ne. alla rete delle emergenze per la competenza neurochirurgica, in relazione allo specifico interrogativo posto si è limitata a rimarcare la (astratta) centralità del ruolo rivestito dall'IRCCS, desunta da riferimenti risalenti, peraltro, essenzialmente al precedente POS, nel cui ambito il ruolo di Ne. era però garantito dal già richiamato protocollo. Vale la pena richiamare, ad esempio, quanto contenuto a pag. 6 della relazione, dove in maniera astratta e non attualizzata si osserva: "I protocolli operativi per la gestione del paziente con patologia tempo-dipendente, che afferiscono alla fase operativa e attuative della programmazione, sono già descritti nel dettaglio dal DCA 47/2017, che ha definito nello specifico le indicazioni funzionali e operative per ciascuna delle reti di patologia che, applicate, consentono di fronteggiare, secondo criteri di efficacia e tempestività, la presa in carico del paziente con patologia tempo-dipendente, nella fase di soccorso e trasporto da parte degli operatori dell'emergenza territoriale". Ancor più significative, nel dimostrare le evidenziate carenze, si rivelano poi le considerazioni contenute nella pag. 7 della relazione, nella quale, a proposito della gestione della rete delle patologie tempodipendenti, si descrive il ruolo rivestito da Ne. avendo riguardo pressoché esclusivo all'organizzazione prevista dal POS precedente e al pregresso protocollo d'intesa tra l'Azienda Sanitaria Regionale del Molise e l'IRCCS Ne., "... che prevedeva anche tutti i casi di specie dei trasferimenti presso l'IRCCS Ne. per la patologia neurochirurgica, assicurando in tal modo un percorso preferenziale di trasferimento verso la struttura di riferimento regionale per la neurochirurgia Ne.." 11.5) Ma a conclusioni identiche, sempre nella macro-area delle patologie tempo-dipendenti, si può pervenire, sulla scorta delle medesime considerazioni fin qui esposte, anche con riguardo alla corretta individuazione dei fabbisogni assistenziali (di cui già si è detto) e alla conseguente individuazione delle appropriate misure di gestione dei politraumi. Oltre a quanto già osservato, si può aver riguardo alla previsione del P.O.S., già accennata, secondo la quale l'IRCCS Ne. assumerebbe un ruolo esclusivamente nell'organizzazione della rete del trauma cranico, senza quindi partecipare alla gestione delle evenienze che interessino patologie politraumatiche. Patologie per le quali, come si è avuto fin qui modo di verificare, la rete ospedaliera pubblica è risultata progressivamente depauperata di reparti e risorse umane, alla cui assenza nel precedente POS si era ovviato con l'avvalimento proprio dell'IRCCS Ne. a mezzo del già richiamato e apposito protocollo, poi però non più confermato. 11.6) Il POS avrebbe dovuto includere, dunque, tra i propri specifici indicatori anche una voce idonea ad assicurare la concreta partecipazione dell'Istituto alle diverse reti connesse alle patologie di cui si tratta, e prevedere la definizione di un protocollo di adeguati contenuti con la suindicata struttura. Al contrario, il Piano, pur facendo insistito riferimento al Ne. all'interno della rete ospedaliera, segnatamente con riguardo alle patologie tempo-dipendenti e alla rete ictus, è rimasto però, nel contempo, privo di qualsivoglia previsione idonea, in prospettiva, a garantire la collettività in ordine alla congruità ed efficacia delle modalità attraverso le quali lo stesso Istituto sarebbe dovuto intervenire -ed essere coinvolto- nella corrispondente rete sanitaria ed emergenziale. 11.7) Le lacune illustrate, come lamentato da parte ricorrente, integrano poi anche un profilo di manifesta irragionevolezza, in quanto, proprio in ragione della contemplata partecipazione di Ne. alle aree della rete ospedaliera in esame, ad oggi gli ospedali pubblici non risultano più dotati di adeguati servizi di neurologia, dai medesimi sostanzialmente espunti, o quantomeno ridotti a una dimensione largamente insufficiente a sovvenire alle esigenze sanitarie della Regione. La doglianza è stata ampiamente sviluppata nel ricorso e nella memoria di replica, lì dove parte ricorrente ha sottolineato anche la contraddittorietà della relativa impostazione del Programma, lamentando che i posti letto conferiti all'IRCCS Ne. sarebbero rimasti sostanzialmente invariati, pur riducendosi drasticamente, in linea con i contestati, lacunosi nuovi indicatori di risultato, la sua partecipazione al funzionamento delle reti tempo-dipendenti. Né queste censure sono state persuasivamente contrastate nelle difese svolte dall'IRCCSS, il quale, nel sottolineare (replica del 9.11.2022) come "Ne. è ospedale di eccellenza di cui si avvale la Regione per assicurare i livelli essenziali di assistenza, nonché prestazioni sanitarie difficilmente usufruibili presso i nosocomi pubblici in special modo nell'ambito delle reti dell'emergenza e delle patologie tempo dipendenti", ha supportato tali affermazioni con richiami, però, ai soli precedenti POS e DCA, e pertanto a un contesto organizzativo che, diversamente da quello delineato dal provvedimento impugnato, era disegnato sul perno del già richiamato protocollo di gestione delle emergenze, ora non più confermato. Nemmeno la difesa dell'IRCCSS, al di là di generiche affermazioni come quella per cui "in Molise vi sono idonee misure organizzative per fronteggiare le patologie tempo dipendenti, nella specie per quelle neurochirurgiche, anche per il tramite di Ne.", è pertanto pervenuta a fornire specifici e concreti elementi atti a rendere percepibile l'adeguatezza delle attuali modalità stabilite dall'Amministrazione per assicurare la sua adeguata partecipazione, nei fatti, alla rete per le patologie tempo-dipendenti e alla rete ictus. 11.8) In conseguenza dell'accoglimento dei motivi di ricorso esaminati in questo paragrafo va pertanto disposto, nei limiti di cui alla superiore motivazione, l'annullamento del Piano Sanitario recato dal decreto commissariale n. 94/2021 in parte qua, ossia, specificamente, nei punti corrispondenti alle doglianze risultate fondate che hanno investito i § 5.2.e 5.3 del Piano Sanitario, con riferimento all'organizzazione della rete ospedaliera prevista nell'ambito delle patologie tempo-dipendenti, comprensive delle emergenze da ictus emorragico ed ischemico e della gestione dei politraumi. 12) Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Tribunale, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c.. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione, e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno o ampiezza diversi. 13) Conclusivamente, il ricorso è fondato nei limiti e con le precisazioni indicati al capo 11 e segg. della presente motivazione, con riguardo alle previsioni del Piano Sanitario impugnato riguardanti l'organizzazione della rete ospedaliera nell'ambito delle patologie tempo-dipendenti, comprensive della rete ospedaliera regionale ictus e con riferimento alla gestione dei politraumi. Pertanto l'impugnativa va corrispondentemente accolta, nei termini e con gli effetti innanzi indicati, dovendo per il resto essere in parte respinta e in parte dichiarata inammissibile. 14) La reciprocità della soccombenza costituisce sufficiente ragione per disporre l'integrale compensazione delle spese di giudizio tra tutte le parti costituite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge, in parte lo dichiara inammissibile, e per il residuo lo accoglie (punto 11 e segg.), conseguentemente annullando, nei limiti e con gli effetti di cui in motivazione, il provvedimento impugnato. Compensa integralmente le spese di giudizio tra tutte le parti in causa. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Gaviano - Presidente Roberto Ferrari - Referendario, Estensore Federico Giuseppe Russo - Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 346 del 2022, proposto dalla società Casa di Cura "Vi. Ma." s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Sa. Di Pa., con domicilio digitale come da PEC estratta dal Registro di Giustizia; contro Regione Molise, Conferenza Permanente per i rapporti tra Stato Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano, Commissario e sub commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione Molise, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, alla via (...); A.s.re.m - Azienda Sanitaria della Regione Molise, non costituita in giudizio; nei confronti del Consiglio dei Ministri, del Ministero della Salute e del Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi ministri, legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, alla via (...); della società Me. Ce. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Gi. Fa., con domicilio digitale come da PEC estratta dal Registro di Giustizia; della società Ge. Me., non costituita in giudizio. per l'annullamento - del decreto commissariale n. 35 del 27 ottobre 2022, emesso dal Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione Molise, avente ad oggetto "Definizione dei livelli massimi di finanziamento per l'acquisto di prestazioni sanitarie, di assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale, erogabili dagli operatori privati accreditati con il servizio sanitario regionale, per l'anno 2022"; - dell'allegato n. 1 (Documento Tecnico del Gruppo di Lavoro) e dell'allegato n. 2 (schema di "Contratto per l'acquisto dalle strutture private operanti in regime di accreditamento di prestazioni sanitarie" per l'anno 2022) al citato decreto; - della nota di trasmissione dell'ASREM prot. n. 112442 del 28 ottobre 2022 e di ogni altro e ulteriore atto ad esso consecutivo e connesso; - dello schema di "Contratto per l'acquisto dalle strutture private operanti in regime di accreditamento di prestazioni sanitarie" per la ricorrente per l'anno 2022; - del provvedimento dell'ASREM n. 126485 del 5 dicembre 2022 recante la comunicazione che "non si provvederà ad accettare e contabilizzare le fatture emesse da codesta struttura e afferenti alle prestazioni di assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale erogate nell'ultimo bimestre dell'anno 2022"; ove occorra: dello schema del "PO 2022-2024" trasmesso ai ministeri con invio SIVEAS n. 109 del 10 ottobre 2022, i cui contenuti restano sconosciuti alla ricorrente in quanto non comunicato; - di ogni altro parere e verbale adottato dal Tavolo Tecnico ove pregiudizievole per la ricorrente, comunque ad essa non comunicato e dunque dai contenuti sconosciuti; - di tutti gli atti presupposti, conseguenziali e/o comunque connessi ai suddetti provvedimenti, ove idonei a pregiudicare la posizione giuridica della struttura ricorrente. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate e della Me. Ce. s.r.l.; Visti tutti gli atti di causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2024 il dott. Roberto Ferrari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO A La ricorrente Casa di cura "Vi. Ma. s.r.l." è una struttura sanitaria che eroga prestazioni in favore del Sistema Sanitario Regionale, autorizzata e accreditata ai sensi del D.lgs. n. 502 del 1992 e contrattualizzata con l'Azienda Sanitaria Regionale del Molise (A.S.RE.M.). Essa svolge diverse tipologie di prestazioni, consistenti, tra l'altro, in attività di ricovero per acuti, di chirurgia, nonché di specialistica ambulatoriale. B Con l'attuale gravame, nel solco di un contenzioso che si ripropone ormai quasi annualmente, parte ricorrente ha impugnato, in particolare, il D.C.A. n. 35/2022, con il quale il commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione Molise aveva determinato le tipologie di prestazioni erogabili in regime di accreditamento con il Servizio Sanitario Regionale per l'anno 2022 specificando anche i relativi budget di area e di struttura, e segnatamente quelli riferibili alla stessa ricorrente. In conseguenza di tale decreto, poi, con la pedissequa nota n. prot.126485 del 5 dicembre 2022, parimenti impugnata in via principale, l'A.s.re.m. aveva comunicato alla ricorrente che, in conseguenza di quanto disposto dal predetto D.C.A., "non si provvederà ad accettare e contabilizzare le fatture emesse da codesta struttura e afferenti alle prestazioni di assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale erogate nell'ultimo bimestre dell'anno 2022". C L'ampio gravame proposto è stato affidato a quattro motivi - preceduti da un'estesa esposizione delle vicende normative e fattuali a base della causa - così rubricati: "1. Sulla carenza di istruttoria, carenza di criteri di assegnazione del budget, violazione dei principi comunitari in materia di concorrenza. Illogicità e irragionevolezza. Contraddittorietà manifesta rispetto a precedenti manifestazioni di volontà rese dalla stessa P.A. procedente; 2) Sulla carenza di istruttoria, illogicità e irragionevolezza. Mancata comparazione di tutti gli interessi in gioco. Violazione dei limiti di proporzionalità e ragionevolezza. Violazione del principio di buon andamento in senso finanziario ed economico (art. 97, commi 1 e 2 Cost.) e di correttezza e buona fede (articolo 1, comma 2 bis, legge 241/1990). Violazione del principio di affidamento. 3) Sulla illogicità e irragionevolezza. Ingiustizia manifesta. Contraddittorietà rispetto a precedenti manifestazioni di volontà rese dalla stessa P.A. Retroattività . Ingiustificata carenza di programmazione e della preventiva verifica del fabbisogno di salute; Sulla carenza di istruttoria e erroneità nei presupposti. Ingiustizia manifesta. Violazione dei diritti partecipativi ella ricorrente; 4) Sulla carenza di istruttoria e erroneità nei presupposti. Ingiustizia manifesta. Violazione dei diritti partecipativi della ricorrente". D Si sono costituite in giudizio in resistenza al gravame le Amministrazioni intimate, che ne hanno a loro volta rilevato l'inammissibilità e comunque l'infondatezza. E Si è altresì costituita in giudizio la società Me. Ce. S.r.l., supportando con i suoi scritti le ragioni fatte valere in giudizio dalla ricorrente. F Con il decreto cautelare n. 146/2022, confermato dalla successiva ordinanza n. 7/2023, il Tribunale ha parzialmente accolto la domanda cautelare della ricorrente ("Ritenuto, all'esito di una valutazione debitamente comparativa degli interessi in conflitto, che per l'arco di tempo dal... al 31 dicembre 2022 la ricorrente debba interinalmente rimanere in condizione di eseguire, per il Servizio sanitario, le seguenti prestazioni: prestazioni c.d. salvavita; prestazioni di ricovero con classe di priorità "A" o superiore; assistenza ai pazienti in terapia intensiva o bisognevoli di ricovero post operatorio"), e precisamente sospeso gli effetti degli atti impugnati per il periodo dal 13 al 31 dicembre 2022, nella parte in cui si inibiva l'esecuzione, in regime di accreditamento, delle sue "prestazioni c.d. salvavita; prestazioni di ricovero con classe di priorità "A" o superiore; assistenza ai pazienti in terapia intensiva o bisognevoli di ricovero post operatorio". F.1 In vista dell'udienza pubblica fissata per il 10 gennaio 2024 la ricorrente ha depositato, in data 30 novembre 2023, due tabelle: la prima, indicativa delle prestazioni complessivamente erogate nel periodo dal 13 al 31 dicembre 2023, interessato dall'ordinanza cautelare; la seconda, invece, riepilogativa di tutte le prestazioni svolte nel corso dello stesso anno. Da ultimo, con ulteriore memoria, la ricorrente ha quindi insistito per l'accoglimento del gravame. Dal canto suo la resistente difesa solo in data 29 dicembre 2023 ha depositato un'ulteriore tabella, da cui risulterebbe che, nelle more del giudizio, la società avrebbe sottoscritto apposito contratto per l'acquisto di prestazioni sanitarie con l'Amministrazione per l'anno 2022. Da qui, secondo la difesa erariale, la sopravvenuta improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d'interesse. G All'udienza di discussione del 10 gennaio 2024 le parti hanno insistito nelle loro rispettive conclusioni e la causa è stata infine trattenuta in decisione. H Il ricorso è ammissibile e procedibile, ma infondato. I Va in primo luogo affrontata l'eccezione d'improcedibilità del ricorso accennata dalla resistente difesa all'atto del già citato deposito documentale del 29 dicembre 2023. L'eccezione non può che essere disattesa. Ed invero la Regione, al fine di affermare l'improcedibilità del gravame, ha depositato una mera tabella indicante che, unitamente ad altre strutture, anche la ricorrente avrebbe sottoscritto il contratto di acquisto di prestazioni sanitarie erogate nel 2022. Il documento, di per sé inidoneo a comprovare l'anzidetta circostanza, non è stato però accompagnato dal testo del pur invocato contratto, unico mezzo che avrebbe potuto eventualmente sorreggere il relativo assunto. E' allora doveroso, nel delineato quadro, il richiamo alla consolidata giurisprudenza del Giudice amministrativo, fermo nel ritenere che, "Ai sensi dell'art. 64, comma 1, c.p.a., spetta alle parti l'onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni; il reticolo normativo del c.p.a. in materia di onere della prova richiama l'art. 2967 c.c. secondo cui chi vuole far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, mentre chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda; il principio che domina il regime di acquisizione delle prove, anche nel processo amministrativo, è quindi scolpito dal brocardo "onus probandi incumbit ei qui dicit" (T.A.R. Campania - Napoli, sez. III, 5/07/2023, n. 4007). Poiché la resistente difesa non ha adempiuto il proprio onere, l'eccezione va perciò senz'altro respinta. J Si può così passare allo scrutinio di merito del gravame. In estrema sintesi, con il ricorso in epigrafe la ricorrente ha lamentato che, a seguito dell'esaurimento del budget di spesa approvato dalla struttura commissariale, con il DCA n. 35/2022, solo in prossimità della fine dell'anno 2022, le è stata con ciò di fatto preclusa, per la parte terminale di tale anno, l'erogazione di qualsiasi prestazione per il Sistema sanitario regionale, con impatti gravemente pregiudizievoli sia sulle proprie attività imprenditoriali che sulle garanzie per l'utenza. Preclusione evidenziata dalla già citata nota, anch'essa impugnata, prot. n. 126485 del 5/12/2022, con la quale l'A.s.re.m. aveva escluso la remunerazione in accreditamento delle prestazioni erogate nell'ultimo bimestre dell'anno. J.1 Il gravame è infondato. K In primo luogo, il Collegio reputa utile una preliminare introduzione diretta a inquadrare la vicenda oggetto della presente pronuncia nell'ambito della corposa giurisprudenza già formatasi, nel tempo, sulle tematiche oggetto di contenzioso tra le parti. Come osservato di recente dal Tribunale: "La peculiare materia del contendere ha sempre imposto un sindacato giurisdizionale ispirato a cautela, trattandosi di incidere sulle prerogative dell'Amministrazione Sanitaria di definire la spesa per l'acquisto di prestazioni sanitarie sul mercato dei privati ad integrazione del Sistema Sanitario Regionale. La verifica giudiziale in merito deve infatti indubbiamente attenersi a prudenza rispetto ai poteri di pianificazione e di spesa dell'Amministrazione: e questo tanto più avuto riguardo alla necessità di contenere entro somme predefinite il dispendio di risorse pubbliche da parte di un'Amministrazione di settore che da tempo si trova sottoposta a Commissariamento per l'attuazione di un piano di rientro dal disavanzo. In merito non si tratta di contemperare il diritto alla salute con semplici esigenze "di cassa", bensì di garantire la effettiva sostenibilità della Sanità regionale nel lungo periodo permettendone il ritorno "in bonis". Non si può dubitare, invero, del fatto che il ritardo nell'attuazione del piano di rientro aggravi la complessiva capacità di risposta del Sistema sanitario regionale al fabbisogno di salute. Da qui la particolare delicatezza del sindacato giurisdizionale sulle determinazioni del Commissario ad acta. Una decisione commissariale di eliminare le voci di spesa "extrabudget" (con la soppressione di qualsiasi possibilità di deroga al relativo tetto massimo) non potrebbe certo essere reputata di per sé illegittima: tanto più tenendo conto delle dimensioni assunte dai relativi "sforamenti", che, ben lungi dall'essere episodici, sembrano presentare la fisionomia di ordinarie maggiori spese. Il giudice amministrativo, senza travalicare i limiti delle proprie attribuzioni, è chiamato però pur sempre a verificare la correttezza delle modalità attraverso le quali si esplichi una simile pianificazione, specialmente con riguardo alla ragionevolezza del percorso seguito nella composizione qualitativa del budget, ossia nella fase della modulazione/selezione delle prestazioni erogabili" (TAR Molise, n. 272/2023). K.1 Giova ancora premettere che, con specifico riferimento all'anno 2022 oggetto dell'odierno giudizio, le determinazioni assunte dall'Amministrazione hanno sostanzialmente confermato l'assetto regolatorio già stabilito per il 2021 (d'altro canto, anche di ciò la ricorrente si lamenta), che ha già formato oggetto della disamina del Tribunale conclusasi, nei confronti della medesima ricorrente, con la recente sentenza reiettiva n. 272/2023 da ultimo citata (e altre identiche, pronunciate su gravami proposti da strutture accreditate di simile tipologia). K.2 Ciò posto, nel seguire l'ordine di esposizione del ricorso vanno dapprima esaminate le censure introdotte con il suo primo motivo (in parte riprese in brani del secondo) con le quali, nel solco di simili precedenti gravami, la ricorrente ha innanzitutto censurato il fatto che la determinazione annuale del budget connesso ai tetti di spesa sia pervenuta solo verso la fine dell'anno 2022, e dunque soltanto quando la maggior parte delle prestazioni si erano svolte. Da qui il prodursi di un asserito, inammissibile effetto "sorpresa" che non avrebbe consentito all'operatore di predisporre un'adeguata programmazione delle attività, e che inoltre avrebbe lasciato in ombra i criteri seguiti dall'Amministrazione nella determinazione dei budget di spesa sanitaria dell'anno 2022 riguardanti, in particolare, le prestazioni di ricovero ospedaliero e di specialistica ambulatoriale. Il censurato vulnus istruttorio avrebbe poi causato la individuazione di un budget di spesa sanitaria del tutto insufficiente, sia relativamente alla struttura ricorrente che rispetto alle generalità delle prestazioni erogabili all'interno della Regione in regime di accreditamento. E ciò sarebbe stato tanto più grave avuto riguardo alla peculiare posizione della ricorrente nel sistema sanitario, dove, a suo dire, essa contribuirebbe sia al rispetto degli standard prestazionali regionali, sia, e soprattutto, al recupero della mobilità passiva extraregionale. K.2.1 La censura non ha pregio. Dalla disamina della consolidata giurisprudenza, anche recente, formatasi sull'argomento, si desume come sia fisiologico che la definizione dei budget di spesa possa intervenire anche nel corso dell'anno cui gli stessi si riferiscono: questo per l'esigenza della parte pubblica di programmare la spesa in relazione ai vincoli di bilancio e di riduzione della spesa stessa che tipicamente si definiscono, anche a livello normativo, solo alla fine dell'anno precedente. E invero: "la determinazione retroattiva del budget, come affermato dall'Adunanza Plenaria nella sentenza n. 3 del 2012, non vale, di per sé, a inficiare la legittimità dell'assegnazione del limite di spesa sopravvenuta nel corso dell'anno" (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 2444 del 8.06.2016). È stato infatti più volte affermato che "è fisiologica la fissazione retroattiva dei tetti regionali di spesa anche in una fase avanzata dell'anno atteso che essa non può prescindere dalla conoscenza del dato finanziario di riferimento e tale dato risulta definito in modo concreto in corso d'anno alla stregua di una tempistica obiettivamente complessa (...)"; e che "la fissazione, in corso d'anno, di tetti che dispieghino i propri effetti anche sulle prestazioni già erogate non può considerarsi, in quanto tale, illegittima, atteso che la retroattività dell'atto di determinazione della spesa non vale ad impedire agli interessati di disporre di un qualunque punto di riferimento regolatore per lo svolgimento della loro attività ; è infatti evidente che in un sistema nel quale è fisiologica la sopravvenienza dell'atto determinativo della spesa solo in epoca successiva all'inizio di erogazione del servizio, gli interessati, fino a quando non risulti adottato un provvedimento formale, potranno aver riguardo all'entità delle somme contemplate per le prestazioni dei professionisti o delle strutture sanitarie dell'anno precedente, diminuite della riduzione della spesa sanitaria contemplata dalle norme finanziarie dell'anno in corso" (così, ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 7426 del 30.10.2019). K.2.2 Il controverso impianto della programmazione dell'anno 2022 era del resto, nei fatti, ampiamente prevedibile per gli operatori. Invero il commissario straordinario, fin dalla nota prot. n. 6896 del 19 gennaio 2022, aveva infatti previsto che, "al fine di non interrompere la continuità assistenziale delle strutture private accreditate, le stesse sono autorizzate ad erogare, in via provvisoria e fino alla stipula dell'accordo contrattuale per l'anno 2022, prestazioni sanitarie entro il 95% dei tetti di spesa fissati per l'annualità 2021 dai relativi provvedimenti commissariali (DCA n. 10 del 2/11/2021 e DCA 108 del 9/11/2021), avendo cura di distribuire l'attività, per quanto possibile, equamente, su base mensile". Né va trascurato, in proposito, il richiamo contenuto nella nota ora citata, e ripreso anche nel DCA impugnato, agli analoghi provvedimenti determinativi dei budget di spesa riguardanti gli esercizi 2020 e 2021. Si tratta, a ben guardare, di elementi che, anche se riguardati nella sola dimensione fattuale di accadimenti storici, sono comunque oggettivamente valsi a preavvisare gli operatori in ordine ai nuovi indirizzi programmatori, si noti, di piena continuità con gli esercizi precedenti, cui il Commissario ad acta sarebbe pervenuto, rendendo così ulteriormente prevedibili le future determinazioni programmatorie per l'esercizio 2022. Non colgono dunque nel segno le doglianze della ricorrente circa una lesione del suo affidamento indotta dalla retroattività delle rideterminazioni "a sorpresa" del budget, per la semplice ragione che i nuovi tetti di spesa, sopraggiunti ad esercizio comunque ancora in corso, erano, nella loro misura, ampiamente prevedibili, in ragione sia delle determinazioni intervenute per gli anni precedenti, sia delle comunicazioni poco sopra richiamate. K.3 Queste considerazioni rendono poi palese l'inconferenza di ulteriori doglianze fondate sulla giurisprudenza formatasi sulle differenti questioni poste dal DCA emesso per l'anno 2019, che è stato annullato in giudizio. Non va dimenticato, in primo luogo, che anche in quelle decisioni (così come da ultimo nella sentenza n. 312/2023) il Tribunale, nel richiamare la giurisprudenza del Consiglio di Stato, ha ribadito che, "poiché gli operatori sanitari ben possono aspettarsi delle riduzioni quantitative del budget da un anno all'altro, e questo in special modo nell'ambito del regime di commissariamento che caratterizza il sistema sanitario della Regione Molise, alcuna lesione dell'affidamento poteva essere predicata a fronte della modesta riduzione del budget annuale che l'Amministrazione aveva disposto per l'anno 2019 nei riguardi della ricorrente" (sent. TAR Molise n. 312/2023, che richiama, nello specifico, il proprio precedente n. 95/2021, confermato, sul punto, dalla sentenza di appello n. 4375/2022). Soprattutto, però, il Tribunale ha rilevato come in quello specifico anno (2019), e a differenza di quanto oggi accaduto per l'esercizio del 2022, la ragione primaria di illegittimità inficiante il DCA di riferimento dipendeva dal fatto lo stesso non solo era intervenuto addirittura ben dopo la conclusione dell'anno oggetto della propria disciplina, ma "a sorpresa" aveva determinato, in tal caso, anche delle profonde innovazioni regolamentari: "In sostanza, infatti, come si desume dalla sentenza n. 95/2021 di questo Tribunale, il giudizio di illegittimità allora espresso aveva colpito piuttosto l'eliminazione di "un'intera categoria di prestazioni" (della quale si dirà ), e, inoltre, l'ulteriore previsione con cui era stata disposta la non superabilità del budget con riguardo alle c.d. prestazioni "extraregionali" (su questo la cit. sentenza di questo T.A.R. n. 312/2023). Elementi, questi, non rinvenibili invece nel provvedimento commissariale in epigrafe. La censura di violazione del principio di affidamento, con la correlata doglianza connessa al difetto d'istruttoria, si rivela pertanto infondata in tutte le declinazioni in cui proposta. L Con gli ultimi capi del primo mezzo, ripresi anche con argomenti spesi nel secondo motivo di ricorso, la ricorrente ha contestato inoltre la determinazione del proprio budget di struttura, lamentando, in tal caso, la violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, e comunque la sua determinazione in assenza di adeguata istruttoria. Nel tentativo di accreditare l'esistenza dei suddetti elementi sintomatici, parte ricorrente assume che le limitazioni apposte all'erogazione delle sue prestazioni regionali ed extraregionali sarebbero state introdotte in base a criteri "oscuri" e, comunque, non sarebbero risultate idonee a realizzare l'interesse pubblico. Addirittura, seguendo il percorso argomentativo attoreo, la conferma per l'anno 2022 del budget di area e di struttura previsto per l'anno precedente (in alcuni passaggi la ricorrente sembra lamentare, per la verità, una riduzione di budget, che però nel suo argomentare è rimasta del tutto indeterminata, prima ancora che indimostrata) avrebbe finito per determinare un aggravamento del deficit del settore sanitario pubblico. Il Tribunale, in linea con le proprie precedenti decisioni, è però dell'avviso che anche sotto il profilo ora in discorso il provvedimento gravato, motivato in realtà in termini sufficientemente chiari e lineari, debba parimenti ritenersi legittimo: e questo anche "avuto doveroso riguardo alle condizioni economiche di dissesto (delle quali la ricorrente parrebbe dimentica) della Sanità regionale, il cui stato di disavanzo, oggettivamente, non può non condizionare il perseguimento ottimale delle esigenze assistenziali. Solo il definitivo superamento della condizione di disavanzo finanziario potrà assicurare il più ampio soddisfacimento del fabbisogno assistenziale, assegnando una massima capacità di risposta al Sistema Sanitario Regionale. Ne consegue che i provvedimenti gravati, proprio in quanto funzionali all'attuazione del piano di rientro di settore, risultano per ciò stesso proporzionati all'interesse pubblico" (TAR Molise, n. 272/2023). L.1 Né possono trovare adesione le doglianze attoree dirette contro la presunta carenza di adeguata istruttoria, a causa della quale l'Amministrazione, nella determinazione dei budget di struttura, non avrebbe adeguatamente valutato le asserite "peculiarità " della struttura, connesse alla sua rivendicata attitudine a fornire prestazioni di alta specialità, rivolte anche all'utenza extraregionale. L.1.1 Il punto merita una immediata precisazione. Le "peculiarità " che parte ricorrente ascrive a sé, e alla generalità delle proprie prestazioni sanitarie, costituiscono elementi distintivi che la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato ha riconosciuto (esclusivamente) in capo all'Istituto Ne. e alla struttura Ge. Mo., ossia un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (I.R.C.C.S.) in campo neurochirurgico, e una fondazione di ricerca medico-scientifica operante in ambito onco-ematologico e cardiochirurgico. Proprio in ragione della singolarità delle predette strutture il Consiglio di Stato, con le sentenze nn. 3773 e 3775/2023 (subito seguite, da questo Tribunale, in occasione delle sue sentenze nn. 265 e 267 del 2023 riguardanti le medesime due strutture), ha espresso principi correlati alla rilevanza ultraregionale dei due predetti centri di eccellenza allora appellanti. L'esame di quelle decisioni fa però emergere come "solo la specificità di quelle due primarie strutture sanitarie era tale da imporre che, nella regolamentazione delle loro attività, si tenesse adeguato conto: - delle specificità strutturali e operative connotanti il soggetto privato allora ricorrente sul piano della mobilità attiva extraregionale; -del principio di fondo per cui le esigenze della complessiva sostenibilità economica del sistema sanitario regionale e nazionale non possono essere perseguite a discapito del diritto dei cittadini italiani a fruire con pienezza delle prestazioni indispensabili, come quelle sistematicamente erogate dallo stesso soggetto. Il che poteva trovare appunto luogo esclusivamente in ragione: i) della particolare, qualificata natura e posizione dei soggetti in quella sede ricorrenti (da un lato un I.R.R.C.S., dall'altro una fondazione di ricerca e cura, entrambi direttamente contrattualizzati con la Regione Molise, e non con l'Azienda Sanitaria); ii) della loro congenita vocazione istituzionale all'operatività in un contesto pluriregionale; iii) della specificità del servizio da loro erogato (che, a differenza dell'attuale ricorrente, consiste sistematicamente e in buona misura in prestazioni di "alta specialità " o cd. "salvavita")" (su questo la richiamata sentenza del TAR n. 272/2023 e le analoghe nn. 275 e 276/2023). L.1.2 Traendo le conseguenze di questa impostazione il Tribunale, con la stessa sentenza n. 272/2023 ora richiamata, nel respingere le identiche censure formulate dalla stessa odierna ricorrente avverso il DCA n. 95/2021, ha osservato in proposito: "a) da un lato, la struttura sanitaria ricorrente non è stata fondata e finanziata per la realizzazione di un centro di cura destinato -per sua natura ed in modo ordinario- a rivolgersi ad un bacino di utenza sovraregionale, ma si limita, come ogni altro operatore sanitario, ad intercettare pazienti di altre Regioni nello svolgimento dei fisiologici processi comuni di mobilità interregionale, la ricorrente operando sullo stesso piano della generalità delle strutture sanitarie private accreditate presenti in Regione, come lei parimenti contrattualizzate con l'A.S.RE.M.; b) dall'altro, non è stata fornita idonea prova del fatto che le prestazioni erogate dalla ricorrente siano caratterizzate da connotati tali da farle assurgere a cure indispensabili/salvavita, né risultino altrimenti irreperibili nel bacino regionale o anche in ragionevole prossimità ad esso". E non pare dubbio che tali valutazioni si attaglino perfettamente anche all'odierno e simile gravame, nel quale la ricorrente ha parimenti affermato che le prestazioni da essa offerte non sarebbero altrimenti reperibili nella rete sanitaria molisana, dovendosi di conseguenza qualificare come "necessarie". Laddove anche in questo caso, come nel richiamato precedente, nel ricorso non è stato chiarito in alcun modo il significato di tale propria espressione, né tantomeno fornito alcun oggettivo riscontro che ne giustificasse in concreto l'impiego. Anche con riferimento al decreto commissariale oggi impugnato non v'è motivo dunque, come si sta per vedere, di ritenerne irragionevoli le previsioni che hanno riguardato le prestazioni rivolte all'utenza extraregionale; né la struttura ricorrente ha dimostrato di essere un centro di cura destinato -per sua natura e in modo ordinario - a svolgere sistematicamente prestazioni riconducibili a quelle di "alta specialità " o cd. "salvavita", che caratterizzano invece, in buona misura, l'attività sanitaria dei due richiamati centri d'eccellenza, e giustificano la peculiarità della posizione da loro soltanto rivestita sul piano regolatorio. Occorre però procedere con ordine. L.1.3 Con particolare riferimento alle prestazioni rese in favore di pazienti extraregionali, la ricorrente (ai motivi 2.1 e 2.2 del gravame) ha contestato tanto la determinazione complessiva del budget regionale annuale determinato dall'impugnato DCA in Euro 52.568.807, quanto, nel contempo, l'inadeguatezza della quota dello specifico budget di struttura assegnatole per gli stessi pazienti extraregionali, fissato in Euro 1.431.036, di cui Euro 731.036 per le prestazioni di ricovero ospedaliero ed Euro 700.000 per "prestazioni Branca 80" (riferibili alle prestazioni chirurgiche ambulatoriali). Secondo la prospettazione di parte, il budget di struttura sarebbe stato individuato senza tener conto degli effetti favorevoli che sul bilancio sanitario della Regione Molise avrebbe avuto l'applicazione dei meccanismi di compensazione sanitaria interregionale. A supporto della censura la ricorrente - al di là del già superato argomento fondato sulla sua peculiare attitudine ad attrarre pazienti extraregionali - ha dedotto che negli anni precedenti al 2022, in virtù della compensazione sanitaria interregionale, al Molise sarebbe stato riconosciuto, "in ordine alle prestazioni extraregionali erogate dagli erogatori privati, oltre il 40% in più di quanto deliberato oggi dal Commissario ad acta". Di conseguenza, seguendo questa prospettiva, il budget annuale si sarebbe ragionevolmente dovuto adeguare ai dati rinvenibili dell'analisi storica degli effetti della compensazione. L.1.3.1. Sennonché, come il Tribunale ha già sottolineato nella citata sentenza n. 272/2023, la previsione di un tetto specifico invalicabile s'impone, quale regola generale, anche nella determinazione del budget riguardante le prestazioni extraregionali qui in esame. Tanto "alla luce dell'esigenza generale di programmazione della spesa sanitaria, e di tutela dell'intero sistema di finanziamento della spesa stessa: esigenza che non può avere riguardo esclusivo agli effetti diretti e immediati prodotti sul bilancio della sola Regione Molise, ma deve dare il debito rilievo anche a quanto attiene alla tenuta e all'equilibrio del quadro finanziario complessivo". L'invocato meccanismo compensativo, pur non generando diretti oneri a carico della Regione Molise, involge però certamente aspetti di rilevanza più ampia e complessiva: tant'è che, a livello nazionale, la riduzione della mobilità passiva viene perseguita come obbiettivo atto a garantire l'equilibrato sviluppo e finanziamento del sistema sanitario. In sostanza, anche il budget per prestazioni extraregionali introduce una voce complessiva di costo del sistema sanitario, che come tale deve anch'essa necessariamente essere sottoposta ad una rigorosa programmazione finanziaria, volta ad evitarne l'incontrollata espansione. E ciò è possibile mediante l'apposizione dei tetti di spesa, la quale consente di calcolare ab initio l'ammontare dei relativi costi, non potendo mai eccedere la somma dei tetti di spesa delle singole regioni. Ciò spiega il motivo per il quale nel sistema sanitario molisano le uniche possibili eccezioni a questo regime di spesa, il quale è necessario, quale disciplina generale, per il mantenimento degli equilibri finanziari del settore sanitario regionale in crisi, possono riguardare le sole due richiamate strutture IRCCS Ne. e Ge. Mo., per le loro specificità già richiamate (trattasi, come si è detto, di un I.R.R.C.S. e di una fondazione di ricerca e cura, entrambi direttamente contrattualizzati con la Regione Molise, i quali, soprattutto, sono sorti con una congenita vocazione istituzionale all'operatività in un contesto pluriregionale). Per tutte le altre strutture, e quindi per la odierna ricorrente, non possono dunque valere che le regole ordinarie di budget (in primis, quindi, quella della vincolatività e non valicabilità dello specifico budget previsto per le prestazioni rese a favore dell'utenza extraregionale), le quali, nella loro declinazione operata dal provvedimento in epigrafe, non presentano, d'altra parte, elementi di irragionevolezza o di illogicità di sorta. L.1.3.2. Quanto, infine, allo specifico punto della consistenza della voce dello specifico budget di struttura assegnato alla ricorrente per i pazienti di provenienza extraregionale, deve osservarsi che il provvedimento impugnato ha mantenuto sostanzialmente inalterato (la riduzione è solo di circa trentamila euro, ed è imposta dalla necessità di perseguire un graduale recupero del patologico disavanzo sanitario regionale) il budget di struttura rispetto ai valori determinati nell'anno precedente, che questo Tribunale ha già reputato legittimi con la citata sentenza n. 272/2023. La ricorrente, d'altra parte, non ha titolo per invocare a proprio vantaggio, in funzione di critica al budget individualmente conferitole, quanto, in virtù della compensazione sanitaria interregionale, alla Regione Molise sarebbe stato riconosciuto a fronte delle prestazioni extraregionali erogate dal complesso degli erogatori privati (" oltre il 40% in più di quanto deliberato oggi dal Commissario ad acta"), ma avrebbe dovuto semmai porre a base delle proprie doglianze, e documentare, lo specifico dato riflettente il volume delle sue proprie prestazioni extraregionali extra budget concretamente poi remunerate in sede di compensazione sanitaria interregionale. L.1.3.3. Risulta dunque infondata la generalità delle doglianze formulate dalla ricorrente sul tema delle prestazioni extraregionali. L.1.4. Alla stessa conclusione deve pervenirsi con riguardo alle prestazioni c.d. ad "alta specialità " o "salvavita", rispetto alle quali la ricorrente ha ugualmente contestato (punti 2.1 e 2.4 del ricorso) l'inadeguatezza sia del budget complessivo regionale, pari ad Euro 48.521.973, sia di quello individualmente assegnatole, pari ad Euro2.767.713, di cui Euro 2.137.713, peraltro, per generica assistenza ospedaliera, ed Euro 630.000 per le sole "prestazioni branca 80". Secondo la prospettazione attorea, le previsioni dei livelli prestazionali confluite nella determinazione del budget sarebbero state ampiamente sottostimate, producendo un'ampia sproporzione rispetto alla specifica tipologia di attività svolte da Vi. Ma., consistenti, a suo dire, anche in prestazioni di alta complessità, "difficilmente usufruibili, soprattutto entro tempi stretti, presso la rete pubblica regionale". Questo sarebbe stato dimostrato anche dalla circostanza che il budget di struttura risultava già ampiamente consumato al momento dell'emissione del contestato DCA. E a supporto delle proprie censure, in vista dell'udienza di merito, la ricorrente ha depositato una tabella, riferita all'anno 2022, la quale, a suo dire, avrebbe ulteriormente dimostrato l'ordinario svolgimento, da parte sua, di prestazioni qualificate nel ricorso come "ad elevata complessità ". L.1.4.1. Anche questi rilievi risultano privi di fondamento, non essendo la ricorrente riuscita a fornire concreti elementi, relativi alla specificità delle prestazioni da essa stessa rese sul mercato, idonei a inficiare la ragionevolezza delle determinazioni commissariali impugnate. Invero, nessun elemento specifico è stato fornito dalla ricorrente per dimostrare l'asserita riconducibilità di una significativa quota delle proprie prestazioni al genus di quelle c.d. ad "alta specialità " e "salvavita". Tantomeno sono state puntualmente indicate le prestazioni che, in concreto, ove non garantite dalla struttura ricorrente, rimarrebbero inaccessibili all'utenza del servizio sanitario regionale: la Casa di Cura si è limitata a richiamare, in proposito, l'erogazione da parte sua di non meglio precisate prestazioni di chirurgia ortopedica e vertebrale, da essa stessa sola, e apoditticamente, definite come "ad alta complessità ". La sua tabella riepilogativa citata poco sopra, inoltre, dà soltanto conto di prestazioni svolte nell'arco del 2022, definendole tutte indistintamente come ad alta (o elevata) complessità . Tale elencazione non solo non dimostra, però, alcuna peculiare specificità della struttura rispetto alle altre presenti nella Regione, ma non risulta nemmeno lontanamente idonea a chiarire e dimostrare quali prestazioni, tra quelle da essa effettivamente disimpegnate, fossero, se del caso, effettivamente qualificabili come ad "alta specialità " o cd. "salvavita", e come tali non ascrivibili, neppure in base al decreto commissariale impugnato, a quelle erogabili in base agli ordinari tetti di spesa già attribuiti. Il che conduce il Collegio a negare, a più forte ragione, che la ricorrente abbia fornito elementi atti a dimostrare la fondatezza delle proprie critiche avverso gli atti in epigrafe esposte nel paragrafo immediatamente precedente. L.1.5 Infine, non può trovare accoglimento nemmeno l'assunto attoreo, privo anch'esso di qualsiasi riscontro, secondo il quale la mancata integrazione del budget prestazionale della ricorrente avrebbe prodotto addirittura un peggioramento del deficit regionale sanitario, sull'indimostrato asserto per cui, "mentre la ricorrente non grava sulle casse regionali (in ragione della esiguità delle risorse assegnate ai pazienti regionali, a fronte di un fondo sanitario di circa 600 milioni), non può dirsi lo stesso per la rete pubblica". L.2 Sotto altro profilo, il Collegio deve poi osservare che le determinazioni costitutive dei budget 2022 sono state anticipate da un'apposita approfondita istruttoria, guidata da criteri ormai consueti: "ridistribuzione delle risorse finanziarie disponibili in modo da potenziare le prestazioni a favore dei pazienti regionali anche al fine di ridurre la mobilità passiva di "prossimità "; garantire le prestazioni cd. "salvavita" (radioterapia, dialisi, ecc.) individuando un budget specifico e differenziato da quello previsto per le altre prestazioni sanitarie, proporzionato al fabbisogno così come risultante dalla produzione dell'ultimo triennio; definire in un unico provvedimento i budget sia per le strutture contrattualizzate dalla Regione che per quelle contrattualizzate dall'A.S.Re.M. L'attuazione di tali principi, come già accennato, ha tenuto conto della produzione già realizzata dalle strutture accreditate nel corso dell'esercizio 2022, nei limiti di quanto disposto dalle autorizzazioni provvisorie assunte dalla Regione. In tale ottica, al fine di non pregiudicare ulteriormente le liste di attesa, nella determinazione dei budget si è tenuto conto della proiezione al 31 dicembre 2022 della suindicata produzione delle singole strutture, essendo tale criterio l'unico utilizzabile a causa del mancato collegamento ad oggi di tutte le strutture accreditate al CUP che avrebbe consentito, per le prestazioni ambulatoriali, di conoscere l'effettivo programmato. È opportuno precisare, infine, che le prestazioni sanitarie di assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale già erogate nel corso dell'anno 2022 da parte delle Strutture private accreditate concorrono al raggiungimento dei valori di produzione riconoscibili entro i limiti massimi di finanziamento fissati da questa proposta" (pag. 1 del DCA "Premessa") Tra tali indicazioni, sotto la specifica angolazione della sufficienza e dell'adeguatezza dell'istruttoria, oltre che della sua proporzionalità, campeggia il richiamo - ai fini della definitiva determinazione del budget annuale - della "produzione già realizzata dalle strutture accreditate nel corso dell'esercizio 2022", nonché della corrispondente sua proiezione al 31 dicembre 2022. L.3 Valga, infine, per superare le censure di violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità, il richiamo alle già rappresentate condizioni economiche di dissesto della Sanità regionale (delle quali la ricorrente parrebbe dimentica), il cui stato di disavanzo, oggettivamente, non può non condizionare il perseguimento ottimale delle esigenze assistenziali. M Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente focalizza l'attenzione su un ulteriore elemento sintomatico, a suo dire, di eccesso di potere, lamentando che gli atti impugnati non sarebbero stati supportati da alcuna istruttoria tesa a verificare il fabbisogno di salute. Questo deficit istruttorio, nell'ottica attorea, risulterebbe tanto più rilevante per l'assenza di un atto di programmazione per il periodo 2022/2024. Secondo questa prospettazione, la determinazione del budget annuale in contestazione si sarebbe dovuta allora fondare sul volume di spesa raggiunto in precedenza. A ulteriore argomento delle proprie considerazioni la struttura ha altresì richiamato numerosi precedenti del Consiglio di Stato, e segnatamente, anche in questo caso, le sentenze riguardanti i DCA nn. 10 e 11 del 2020, regolativi del budget sanitario del 2019 (Consiglio di Stato, Sez. III n. 4375/2022). Nemmeno questo motivo può essere condiviso. In primo luogo, il riferimento operato ai principi espressi dalle sentenze indicate nel ricorso risulta non pertinente, e come tale inidoneo a sorreggere le presenti tesi attoree. Le invocate decisioni, infatti, seguendo una ratio opposta a quella utilizzata dal ricorrente, avevano respinto il corrispondente motivo (riproposto in quelle sedi di appello) teso a contestare tout court - proprio come nell'odierno terzo mezzo - la fissazione del budget per l'anno in questione (in quel caso si trattava proprio del DCA recante il budget per il 2019, annullato, come detto, solo in parte e, soprattutto, per altri profili). In particolare, la richiamata decisione n. 4375/2022 del Consiglio di Stato, rifacendosi al consolidato orientamento dell'Istituto, aveva disatteso le identiche tesi ora qui riproposte, sul rilievo di fondo che "l'esigenza di determinare i tetti di spesa e, quindi, delle prestazioni erogabili con oneri a carico del Servizio sanitario nazionale costituisce per l'Amministrazione sanitaria un'esigenza prioritaria ed ineludibile, ed è quindi inevitabile che, nella concreta determinazione delle somme spettanti alle diverse branche e poi alle diverse aziende, si faccia riferimento, in assenza di più precisi studi sull'evoluzione delle necessità assistenziali e della relativa spesa, alla spesa storica costituita dalle prestazioni erogate negli anni e nei mesi immediatamente precedenti a quello di riferimento, con la possibile applicazione sugli importi cosi determinati anche di tagli percentuali e di meccanismi di regressione tariffaria (...) siffatto modus procedendi assolve in sé anche gli oneri istruttori, in quanto il volume di spesa raggiunto nell'anno immediatamente precedente è suscettibile di costituire una adeguata base di riferimento per la determinazione del fabbisogno per l'anno successivo" (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, n. 3796 del 20 giugno 2018). M.1 Ciò premesso, come si ricava dalla stessa esplicita premessa del DCA in epigrafe il commissario ad acta, proprio per non discostarsi, nella determinazione del budget, dal presumibile fabbisogno, aveva seguito le indicazioni rinvenibili nella decisione ora ripresa, e difatti aveva: i) assunto "come parametro di riferimento i budget loro assegnati per il 2021"; ii) "tenuto conto della produzione già realizzata dalle strutture accreditate nel corso dell'esercizio 2022, nei limiti di quanto disposto dalle autorizzazioni provvisorie assunte dalla Regione"; iii "tenuto conto della proiezione al 31 dicembre 2022 della suindicata produzione delle singole strutture..". E tutto questo, nella specifica condizione di obbligatorio rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione Molise, e in aderenza alle anzidette statuizioni del Consiglio di Stato, va pertanto giudicato sufficiente a far reputare assolti gli oneri istruttori che gravavano sull'Amministrazione. La ricorrente, d'altra parte, non ha offerto alcun preciso elemento atto a dimostrare che l'Amministrazione, con l'atto impugnato, si sia sostanzialmente discostata dal dato del volume di spesa stabilito per il precedente esercizio. Per conseguenza, anche il terzo motivo di ricorso va disatteso. N Parimenti infondato è infine il quarto e ultimo motivo di gravame, mediante il quale la ricorrente ha denunciato la violazione dei propri diritti partecipativi, della cui garanzia la medesima sarebbe stata quindi illegittimamente privata. N.1 Il rigetto della doglianza è imposto dalla circostanza che la corrente impugnazione riguarda un atto amministrativo a contenuto generale, introducente misure generali di macro-organizzazione e di razionalizzazione della spesa del sistema sanitario. Deve, allora, rimarcarsi che, ai sensi dell'art. 13 della l. n. 241 del 1990, le disposizioni relative ai diritti partecipativi non si applicano nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione. D'altra parte, la circostanza che ex ante possano essere anche individuati dei destinatari della determinazione del budget non modifica, di per sé, la sua natura di atto di programmazione generale (cfr. T.A.R. Sicilia, sentenza n. 2465 del 2021). Senza contare poi che l'elevato numero delle strutture sanitarie private interessate, anche solo potenzialmente, alla contrattualizzazione e all'acquisto, da parte del servizio sanitario regionale, delle presentazioni sanitarie in regime di accreditamento, renderebbe estremamente problematica e oltremodo farraginosa la strutturazione del procedimento in termini di partecipazione. Né guasta aggiungere che la giurisprudenza amministrativa ha da tempo chiarito che è da escludere che la programmazione finanziaria, con specifico riguardo alle determinazioni in tema di limiti di spesa, possa formare oggetto di una funzione negoziata, atteso che, come si evince dall'art. 32, comma 8, della legge n. 449 del 1997 - secondo il quale "le regioni... individuano preventivamente per ciascuna istituzione sanitaria pubblica e privata, ivi compresi i presidi sanitari ospedalieri di cui al comma 7, o per gruppi di istituzioni sanitarie, i limiti massimi annuali di spesa sostenibile con il Fondo sanitario e i preventivi annuali delle prestazioni, nonché gli indirizzi e le modalità per la contrattazione di cui all'art. 1, co. 32, della legge23/12/1996, n. 662" - l'Amministrazione nella materia de qua è titolare di un potere autoritativo e unilaterale (cfr. di recente T.A.R. Campania, sentenza n. 7376 del 2021). Nell'evoluzione della legislazione sanitaria si è invero progressivamente imposto il principio della programmazione con carattere autoritativo, unilaterale e vincolante, allo scopo di realizzare un contenimento della spesa pubblica e una razionalizzazione del sistema sanitario, stanti le insopprimibili esigenze di equilibrio finanziario del settore. E siffatte considerazioni sono ancor più pertinenti tenuto conto degli stretti vincoli finanziari ai quali l'azione amministrativa era -e ancora all'attualità si trova- sottoposta in forza del piano di rientro dal debito sanitario, talché il contenuto del provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere significativamente diverso da quello in concreto adottato. O In conseguenza del quadro fin qui delineato, e in ragione del rigetto delle precedenti censure, resiste alle doglianze della ricorrente anche l'impugnata nota del 5 dicembre 2022, di contenuto meramente attuativo, con la quale l'A.s.re.m. aveva comunicato che non sarebbero state accettate e contabilizzate "le fatture emesse da codesta struttura e afferenti alle prestazioni di assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale erogate nell'ultimo bimestre dell'anno 2022 ", a causa del già intervenuto superamento del budget. Detta nota ha assunto, invero, valore solo ricognitivo e conseguenziale rispetto alle statuizioni dell'impugnato decreto commissariale n. 35/2022: sicché la limitazione temporale, da essa recata, alla remunerazione delle prestazioni sanitarie, ha rappresentato una mera applicazione delle disposizioni introdotte dal proprio atto presupposto, che è qui già risultato immune da vizi. O) Conclusivamente, il ricorso non può che essere respinto. P Le spese di causa vengono nondimeno integralmente compensate tra tutte le parti in causa, considerati l'andamento del giudizio e le sue specifiche circostanze. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge, compensando integralmente tra le parti le spese di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Gaviano - Presidente Roberto Ferrari - Referendario, Estensore Federico Giuseppe Russo - Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 199 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla sig.ra -OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Vi.Ia., Vi.Fi., e Pi.Pa., con domicilio digitale come da PEC estratta dal Registro di Giustizia; contro A.S.Re.M. (Azienda Sanitaria Regionale del Molise), rappresentata e difesa dall'avvocato Gi.Pe., con domicilio digitale come da PEC estratta dal Registro di Giustizia; nei confronti della sig.ra -OMISSIS- -OMISSIS- e della sig.ra -OMISSIS- -OMISSIS-, non costituitesi in giudizio; per l'annullamento per quanto riguarda il ricorso introduttivo: - della comunicazione dell’ASREM inviata a mezzo pec in data 19 aprile 2022, con cui è stata rigettata la richiesta della sig.ra -OMISSIS- volta al differimento della prova scritta e pratica del concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura a tempo pieno ed indeterminato di n. 45 posti nel profilo professionale sanitario-infermiere-Categoria D, oppure allo svolgimento della medesima prova a domicilio, a causa delle sue condizioni di salute (-OMISSIS-); - delle successive comunicazioni dell’ASREM, con cui è stato confermato il rigetto della richiesta formulata dalla ricorrente; - di ogni altro eventuale provvedimento di estremi sconosciuti con cui è stata sancita l’esclusione della ricorrente dalla procedura concorsuale; - della graduatoria contenente gli esiti e il punteggio della prova scritta e pratica del predetto concorso, nella parte in cui è stata sancita l'esclusione della sig.ra -OMISSIS-; - di ogni atto amministrativo dell’ASREM relativo all’approvazione della graduatoria contenente gli esiti ed il punteggio della prova scritta e pratica del predetto concorso, nella parte in cui è stata sancita l'esclusione della sig.ra -OMISSIS-; - per quanto occorra, di tutte le operazioni compiute, dei verbali e delle valutazioni espresse dalla Commissione Giudicatrice, con cui è stata sancita l’esclusione della ricorrente; - del provvedimento di convocazione dei candidati alla prova orale, nella parte in cui non è presente il nominativo dell'odierna ricorrente; - ove occorra, del bando inerente il predetto concorso pubblico, lì dove prevede che "i candidati che non si presenteranno a sostenere le prove d'esame nei giorni, ore e sedi prestabiliti, saranno considerati rinunciatari al concorso, quale che ne sia la causa dell'assenza, anche indipendente dalla loro volontà"; - di ogni altro atto presupposto, preliminare, consequenziale e/o comunque connesso, ancorché sconosciuto, lesivo degli interessi della ricorrente; nonché per l’accertamento e la declaratoria del diritto della ricorrente a svolgere la prova scritta, pratica ed orale del predetto concorso mediante una sessione suppletiva, con conseguente condanna dell’ASREM a far svolgere alla ricorrente la prova scritta, pratica ed orale del predetto concorso mediante una sessione suppletiva; per quanto riguarda i motivi aggiunti: -della deliberazione del Direttore Generale dell’ASREM n. 859 dell’8 luglio 2022, con cui è stata approvata la graduatoria degli idonei formulata dalla Commissione Giudicatrice con il verbale n. 16 del 4 luglio 2022; - di tutti i verbali redatti dalla Commissione Giudicatrice, nella parte lesiva per la sig.ra -OMISSIS-; - di ogni altro eventuale provvedimento di estremi sconosciuti lesivi della posizione della ricorrente, compreso l'eventuale annullamento dei contratti di lavoro medio tempore sottoscritti con i vincitori; Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Regionale del Molise; Visti tutti gli atti di causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2023 il dott. Roberto Ferrari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. La sig.ra -OMISSIS- -OMISSIS- ha impugnato col proprio ricorso gli atti con i quali l’A.S.Re.M. (Azienda Sanitaria Regionale del Molise) ha respinto la sua richiesta di poter svolgere in sede dislocata - o veder differito - lo svolgimento delle prove scritte relative al concorso indetto dall’A.s.re.m. per "la copertura a tempo pieno ed indeterminato di n. 45 posti di nel profilo professionale sanitario-infermiere-Categoria D". 2. Al momento dei fatti l’interessata si trovava in -OMISSIS-. Per questo motivo la medesima, con note del 4 e del 14 aprile 2022, in vista della prova scritta fissata di lì a pochi giorni, e precisamente per il successivo 26 aprile, si era rivolta all’Amministrazione per chiedere di poter svolgere le prove presso la propria residenza, e in subordine ne aveva invocato il differimento ad una data successiva -OMISSIS-. Il suo recarsi, altrimenti, nella data stabilita, presso la sede di svolgimento delle prove individuata nei locali della Fiera di Roma, sarebbe stato incompatibile con il suo stato di salute (anche in ragione dell’elevato numero di candidati previsto). 3. L’Amministrazione, facendosi carico del problema posto dalle condizioni di salute della candidata, supportate da certificazione medica di provenienza ospedaliera, si era allora rivolta alla società incaricata della gestione dei servizi informatici (Te.It.Mo.) del concorso, al fine di verificare la possibilità di far espletare alla richiedente le prove scritte presso la propria residenza. La società interpellata aveva però rilevato l’impossibilità di far partecipare "la candidata da remoto nello stesso momento in cui saranno svolte le prove in presenza", considerato che "i tablet forniti in sede concorsuale sono securizzati...e sono arruolati con applicazione non trasferibile su tablet personali". 4. L’Amministrazione, così, con l’impugnata nota del 19 aprile 2022 aveva respinto l’istanza, sia con riguardo alla dislocazione della prova che al suo differimento (precisando comunque che, nel caso in cui la candidata si fosse recata nella sede concorsuale, le sarebbe stato garantito un accesso prioritario e la costante presenza di un’ambulanza fornita di presidio medico, pronto ad intervenire in caso di necessità). 5. La ricorrente non era però riuscita a sostenere il concorso, essendo poi rimasta ricoverata presso l’Ospedale -OMISSIS- fino alla data di svolgimento delle prove scritte. Da qui la sua esclusione dal prosieguo della procedura ai sensi dell’art. 11 del bando, dove era stato disposto che: "I candidati che non si presenteranno a sostenere le prove di esame nel giorno, ora e sede stabiliti, verranno considerati rinunciatari al concorso quale sia la causa dell’assenza, anche indipendentemente dalla loro volontà". 6. Il diniego di differimento e/o dislocazione della prova, unitamente agli atti conseguenti, è stato quindi impugnato mediante il ricorso in epigrafe, affidato alle censure così rubricate: "Violazione convenzione ONU sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1979, ratificata e resa esecutiva dall’Italia con l. 14 marzo 1985, n. 132. Violazione e falsa applicazione artt. 3, 31, 32, 51 e 97 della costituzione. Violazione artt. 2 bis, 3 e 6 della legge n. 241/90. Violazione del D.P.R. n. 487/1994. Violazione principio di par condicio dei candidati. Violazione dei principi di buona amministrazione e leale cooperazione tra le parti. Violazione dei principi di collaborazione, buona fede e correttezza. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà, disparità di trattamento, travisamento dei fatti e illogicità manifesta. Eccesso di potere per erroneità ed infondatezza dei motivi per irragionevolezza, contraddittorietà dell'atto, carenza di istruttoria ingiustizia grave e manifesta". 6.1 Si è costituita in giudizio l’Amministrazione, eccependo in via preliminare la tardività del ricorso ed affermandone, comunque, l’infondatezza nel merito, anche sulla scorta dei riferimenti forniti da numerosi precedenti giurisprudenziali. 7. A seguito dell’espletamento delle prove e della formulazione della graduatoria finale parte ricorrente ha indi proposto un atto di motivi aggiunti, riproponendo nella sostanza le doglianze già veicolate dal ricorso introduttivo. 8. L’impugnativa della graduatoria del concorso ha quindi reso necessaria l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei controinteressati. In proposito, stante il loro rilevante numero, la ricorrente ha chiesto di essere autorizzata alla notifica per pubblici proclami mediante l’utilizzo del sito internet dell’Amministrazione, e con il decreto presidenziale n. -OMISSIS-2022 è stato disposto in conformità con l’assegnazione del "termine complessivo di venticinque giorni dalla comunicazione del presente provvedimento". 9. L’istanza cautelare sospensiva articolata in via incidentale unitamente ai motivi aggiunti è stata respinta dal Tribunale, con l’ordinanza n. -OMISSIS-/2022, in ragione della seguente motivazione: "Rilevato, ad una prima sommaria delibazione propria della presente fase cautelare, che sulle questioni dedotte in giudizio dalla ricorrente non sussistono orientamenti giurisprudenziali sufficientemente univoci, e tanto consiglia che l’esame del thema decidendum, in tutti i suoi risvolti, abbia direttamente luogo con l’idoneo approfondimento che solo la più appropriata sede della cognizione di merito può garantire; Ritenuto, del resto, alla luce di una valutazione comparativa degli interessi in gioco, che le esigenze cautelari della ricorrente siano adeguatamente tutelabili mediante la sollecita definizione del giudizio nel merito ai sensi dell’art. 55, comma 10, cod. proc. amm.". 10. In vista dell’udienza pubblica del 13 dicembre 2023 le parti hanno depositato ulteriori memorie, insistendo sulle loro rispettive tesi e conclusioni. Alla suddetta udienza, a seguito della discussione, la causa è stata quindi trattenuta in decisione. 11. Il ricorso è infondato. Sulle pur serie esigenze a base della sua proposizione prevale difatti, alla stregua della uniforme giurisprudenza formatasi su analoghe vicende, la necessità oggettiva di tutelare la parità di condizioni tra i candidati ai concorsi pubblici. 11.1 Prima di esaminare il merito del ricorso va vagliata l’eccezione di tardività a questo opposta dalla difesa dell’Amministrazione sul presupposto che la clausola di bando impugnata dalla ricorrente si sarebbe dovuta qualificare come direttamente escludente, con il conseguente corollario della sussistenza di un corrispondente onere d’immediata impugnazione. Il Collegio deve disattendere il rilievo, tenuto conto del consolidato principio in ragione del quale le clausole per le quali sussiste un onere d’immediata impugnazione sono unicamente quelle che determinano un’immediata esclusione di un concorrente. Ed infatti, come costantemente sottolineato dalla giurisprudenza amministrativa: "L’onere di immediata impugnazione dei bandi di concorso deve circoscriversi all'ipotesi in cui la contestazione sia riferita a clausole (contenute nei bandi medesimi) immediatamente e direttamente escludenti" (di recente, ex multiis T.A.R. Lazio, sede di Roma, Sez. III, n. 7668/2023). Più in particolare, poi: "L'onere di immediata impugnazione del bando va circoscritto al caso della contestazione di clausole riguardanti requisiti di partecipazione direttamente ostativi all'ammissione dell'interessato e, correlativamente, va escluso nei riguardi di ogni altra clausola la cui idoneità a produrre un'effettiva lesione può essere valutata unicamente all'esito della procedura, come nel caso di specie, in cui si dibatte dell'attribuzione del punteggio aggiuntivo stabilito dalla clausola del bando dedicata alla valutazione dei titoli" (T.A.R. Lazio - Roma, sez. IV, n. 239/2023) Ora, la situazione appena descritta è ben lontana da quella che si è verificata nella vicenda odierna, nella quale l’operatività della clausola di bando di cui si tratta si è manifestata soltanto nel momento in cui la ricorrente si è vista respingere la propria istanza di poter svolgere altrove, o in un momento posteriore, le prove scritte del concorso. Del resto, nella fattispecie non è venuto in rilievo alcun requisito di partecipazione, e l’esclusione della ricorrente si è verificata in ragione di una contingenza nemmeno prevedibile al momento della presentazione della sua domanda di partecipazione, in quanto legata ad un transitorio stato di salute collegato all’andamento della -OMISSIS-. Il ricorso è quindi tempestivo. 12. Venendo al merito di causa, e come già riferito, parte ricorrente aveva richiesto di poter alternativamente svolgere la prova scritta presso la propria abitazione, oppure affrontarla, da sola, in una data successiva all’allora ormai imminente -OMISSIS-. 12.1 Con riguardo alla prima possibilità così prospettata, è immediato osservare che l’Amministrazione a suo tempo ha sollecitamente vagliato la fattibilità di una simile ipotesi, sottoponendola alla società che si occupava della gestione informatica del concorso. La medesima, tuttavia, con la nota del 19 aprile 2022 aveva escluso la praticabilità dell’ipotesi, non essendo in grado di garantire, in una sede diversa da quella stabilita, né il funzionamento dell’apparecchiatura da utilizzare, né la contestualità delle operazioni concorsuali. E queste considerazioni, di matrice prevalentemente tecnica, sono rimaste in questa sede prive di contestazione nel merito. Ferma questa notazione, deve poi aggiungersi che, essendo prioritaria la garanzia della par condicio tra i partecipanti al concorso, e poiché l’Amministrazione non era in grado di assicurare tale condizione dislocando altrove la prova scritta dell’interessata, la reiezione dell’istanza in discorso costituiva senza meno un atto dovuto. Non v’è infatti dubbio che la par condicio dei concorrenti, che trova la sua principale declinazione nella contestualità dei tempi e nella identità del luogo di svolgimento delle prove, costituisca un valore non derogabile dall’Amministrazione nell’espletamento di un pubblico concorso. 13. La seconda possibilità prospettata dall’interessata, e parimenti respinta, era quella del differimento della sua personale prova concorsuale scritta. Nella disamina della questione risulta primariamente necessario dar conto del consolidato orientamento in base al quale: "Il principio di contestualità delle prove concorsuali rappresenta un corollario del principio della par condicio dei candidati, in base al quale per questi ultimi devono valere le stesse condizioni, temporalmente coincidenti, di espletamento e di valutazione delle prove, nonché di imparzialità e buon andamento dell'Amministrazione" (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 8301/2022). 13.1 La ricorrente ha tentato di ribaltare tale impostazione con l’ausilio di richiami giurisprudenziali che risultano, però, inconferenti rispetto alle specifiche problematiche oggetto di causa. La candidata ha fatto riferimento in primo luogo a due decisioni, emesse dal T.A.R. Emilia Romagna (Sez. I, n. 568/2013) e dal T.A.R. Umbria (n. 460/2013), dove i ricorrenti avevano contestato il diniego del differimento di una prova pratica e di una prova orale di un concorso. Si tratta tuttavia, all’evidenza, di tipologie di prove che si presentano già intuitivamente corredate da caratteristiche del tutto diverse da quelle proprie dell’espletamento delle prove scritte, e pertanto soggette a regimi che possono ben essere differenziati. Le prove pratiche e orali di un concorso si svolgono infatti, naturalmente e fisiologicamente, in modo non contestuale; e nel contempo la garanzia di par condicio viene in esse declinata attraverso meccanismi del tutto diversi da quelli, invece, necessari ad assicurarne il rispetto per le prove concorsuali scritte. 13.2 Parimenti incongruo si appalesa il richiamo alla sentenza n. 7826/2017 emessa dalla Sez. II bis del TA.R. Lazio. In tal caso, infatti, si trattava di una candidata in -OMISSIS- che aveva chiesto di partecipare, anch’essa, alle prove suppletive già fissate a seguito di un’ordinanza cautelare di ammissione con riserva di altri candidati. Il diniego quindi, in quel caso, dovendosi tenere conto del fatto che una imminente sessione di prova suppletiva era stata già indetta, integrava, nel contesto dato, una disparità di trattamento tra i candidati, per ragioni, però, del tutto estranee alle ben diverse questioni poste dall’odierna vicenda. 13.3 Priva di attinenza è poi anche la sentenza del Consiglio di Stato n. 8578/2021, pur citata diffusamente dalla ricorrente, poiché in quel caso si era verificata l’esclusione di una candidata da un concorso pubblico per il solo e mero fatto che essa versasse in stato di -OMISSIS-. Un primo sintomo della radicale diversità del contesto di tale causa da quello proprio del presente giudizio si rinviene già nella circostanza che la stessa sentenza sia stata richiamata, in una corretta prospettiva diametralmente opposta, nelle memorie difensive delle resistenti difese. Il Consiglio di Stato, d’altra parte, nella pronuncia di cui si tratta aveva espressamente differenziato l’ipotesi di illegittima esclusione dal concorso causata da una clausola contenuta nel bando, o di una sua erronea applicazione (che in quel caso si era verificata), da quella - che invece ricorre nell’odierna vicenda - della mancata presentazione di una candidata a sostenere le prove scritte per l’inconciliabilità della sua partecipazione con il suo stato di -OMISSIS-. La odierna ricorrente ha poi largamente riproposto i principi espressi ed i richiami svolti dall’appena citata sentenza del Consiglio di Stato alla disciplina costituzionale e sovranazionale in materia, riferendosi, tra l’altro, alla Convenzione ONU del 18 dicembre 1979 sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1979, oltre che agli artt. 3,31,37 e 51 della Costituzione. Ma, come si è avuto appena modo di osservare, quei principi e quei valori si attagliavano alla ben diversa situazione riguardante l’esclusione di una donna da una procedura di concorso disposta in ragione esclusivamente del suo stato di -OMISSIS-, mentre non sono pertinentemente invocabili nella diversa fattispecie concreta oggetto del presente giudizio. 13.4 Infine, appaiono del tutto fuorvianti le censure tese a lamentare la mancata applicazione analogica di regole e pratiche maturate nell’ambito della eccezionale disciplina emergenziale introdotta, nella materia dei pubblici concorsi, durante l’emergenza determinata dall’imperversare della malattia pandemica da Covid-19. Le norme eccezionali non sono suscettibili di estensione analogica. Può poi aggiungersi che le deroghe previste in materia sono state ben circoscritte nel tempo. La giurisprudenza prevalente, nel riferito contesto emergenziale, ha espresso inoltre l’avviso che non sussistesse l'obbligo di predisporre una sessione suppletiva delle prove concorsuali scritte a fronte di un candidato che non avesse potuto parteciparvi in quanto sottoposto alla quarantena obbligatoria anticovid. "La situazione di emergenza epidemiologica da Covid-19 e le misure limitative della sfera di libertà dell'individuo adottate al fine di prevenire la diffusione del contagio non appaiono idonee a scalfire il tradizionale principio della irrilevanza delle circostanze di forza maggiore ai fini della partecipazione dei concorrenti alle prove scritte di esame, onde assicurare la rigida osservanza delle regole di contemporaneità e contestualità delle relative sessioni, funzionali a garantire il rispetto la par condicio tra i candidati" (Consiglio di Stato sez. III n. 5380/2022). 14. Colgono invece nel segno le puntuali considerazioni svolte dalla difesa dell’Amministrazione nel richiamare conferenti quanto consolidate statuizioni del Consiglio di Stato. Da tale Consesso in più occasioni, e talvolta anche con riguardo alle problematiche poste dalle condizioni di -OMISSIS-, è stato affermato che "la deroga allo svolgimento contemporaneo delle selezioni concorsuali, prima ancora di tradire i principi di tempestività e celerità di espletamento, riconducibili in sintesi al buon andamento di cui all'art. 97 Cost., comporterebbe un’insanabile lesione del principio costituzionale di imparzialità, attesa: 1) l'inevitabile diversificazione delle prove della candidata e di altri interessati; 2) la riconoscibilità delle prove medesime; 3) il ritardo delle procedure di esame e valutazione della totalità degli elaborati" (C.d.S., Sez. II n. 8578/2021, Sez. III, n. 2155/2002; cfr. altresì TAR Lazio, Sez. Latina, n. 114/2014). A questa impostazione, come appena accennato, non può quindi sottrarsi, per quanto emerge dall’appena citata sentenza d’appello n. 8578/2021 (nello stesso senso anche T.A.R. Sardegna Sez. I, n. 659/2022), l’ipotesi della -OMISSIS-. Ed infatti, secondo tale condivisibile decisione: "nel caso di -OMISSIS- al momento delle prove scritte, la prova in sé non costituisce un fattore di pericolo per la salute della donna e del nascituro (in caso contrario, il rischio discenderebbe non dalla prova, ma dallo stato di salute della candidata e integrerebbe una situazione patologica di infermità, insuscettibile di apprezzamento diverso da quella che colpisse qualunque altro concorrente) e, dall’altro lato, il differimento delle prove scritte pregiudicherebbe in via definitiva la par condicio dei concorrenti e il buon andamento dell’amministrazione, vanificando la stessa finalità della procedura". Da ultimo, infine, nell’esprimersi su materia connessa alle vicende legate al Covid 19, ma con analoghe considerazioni di carattere generale, il Consiglio di Stato ha ribadito che "Costituisce, infatti, principio d'ordine generale, immanente nel sistema e, peraltro, previsto nella lex specialis del concorso, quello secondo cui gli impedimenti soggettivi dei concorrenti, anche causati da caso fortuito o forza maggiore, sono irrilevanti ai fini della procedura e, quindi, non giustificano l'assenza del candidato con conseguente sua esclusione dalla selezione" (Consiglio di Stato sez. VII, 13 dicembre 2022, n. 10914). In aderenza a questa costante impostazione, da cui al Tribunale non sono state offerte valide ragioni per discostarsi, le doglianze della ricorrente devono pertanto essere disattese. 15. Conclusivamente il ricorso va dunque respinto. 16. La qualità degli interessi individuali fatti valere con il ricorso, benché nella specifica vicenda recessivi rispetto a quelli, pubblici, perseguiti dall’Amministrazione, giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge, e compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità, nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute della ricorrente. Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2023 con l'intervento dei magistrati: Nicola Gaviano - Presidente Roberto Ferrari, Referendario, Estensore Luigi Lalla, Referendario
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