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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1420 del 2023, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Gu. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro il Comune di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gr. Za., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per la declaratoria di nullità o in subordine per l'annullamento - dell'ordinanza sindacale n. 43 del 23 giugno 2023, notificata al ricorrente il 29 giugno 2023, avente il seguente oggetto: "ORDINANZA CONTINGIBILE ED URGENTE EX ART. 50 D.LGS. N. 267/2000 - DELIBERAZIONE N. -OMISSIS-/VSG CORTE DEI CONTI - SEZIONE DI CONTROLLO PER LA REGIONE SICILIANA - APPLICAZIONE SANZIONE"; - di ogni atto e/o provvedimento presupposto, connesso e/o conseguenziale; nonché per la restituzione delle somme illegittimamente trattenute dal Comune. Visti il ricorso e i relativi allegati; Vista l'istanza di oscuramento dei dati ai sensi dell'art. 52 del d.lgs. n. 196/2003; Vista la memoria di costituzione del Comune di -OMISSIS-; Viste le memorie depositate da entrambe le parti; Visti tutti gli atti della causa; Relatore all'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2024 il consigliere Maria Cappellano, e udito il difensore di parte ricorrente, presente come specificato nel verbale; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. FATTO A. - Con il ricorso in esame, notificato il 22 settembre 2023 e depositato il 5 ottobre 2023, l'odierno istante ha impugnato l'ordinanza n. 43 del 23 giugno 2023, adottata dal Sindaco del Comune di -OMISSIS- ai sensi dell'art. 50 del d.lgs. n. 267/2000 e notificata al ricorrente il 29 giugno 2023, avente ad oggetto la deliberazione n. -OMISSIS- della Corte dei Conti, Sezione di controllo per la Regione Siciliana, di applicazione della sanzione ai sensi dell'art. 4, co. 6, del d.lgs. n. 149/2011; chiedendone l'annullamento e la restituzione delle somme trattenute dal Comune. Espone in punto di fatto: - di essere stato nominato Segretario Generale del Comune con determinazione sindacale n. 59 del 26 luglio 2022, e di essere stato incaricato di diverse funzioni dirigenziali (direzione di tre Dipartimenti, su quattro), tra cui quella di responsabile del Dipartimento 3, Area Finanziaria soltanto il 3 marzo 2023; - la Corte dei Conti, sezione di controllo per la Regione Siciliana, con deliberazione n. -OMISSIS-/VSG, depositata il 5 giugno 2023, ha accertato la violazione, da parte del Comune di -OMISSIS-, dell'obbligo di redazione, sottoscrizione, pubblicazione e trasmissione alla Corte dei Conti della relazione di fine mandato del Sindaco, previsto dall'art. 4 del d.lgs. n. 149/2011; - è seguita l'adozione, da parte del Sindaco pro tempore, della contestata ordinanza - pubblicata all'albo pretorio senza omettere le generalità del ricorrente - con la quale al predetto è stato trattenuto, per intero, lo stipendio del mese di giugno e per il 50% quello del mese di luglio, e non sono stati versati i corrispondenti contributi assistenziali e previdenziali. Ciò premesso in punto di fatto, il ricorrente deduce la nullità o, in via subordinata, l'annullabilità di tale provvedimento, affidando il ricorso alle censure di: 1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 50 del D. Lgs. n. 267/2000. Violazione e falsa applicazione dell'art. 21 septies della L. n. 241/1990. Difetto assoluto di attribuzione. In subordine, incompetenza; 2) Violazione e falsa applicazione dell'art. 107 del D.Lgs. n. 267/2000. Incompetenza; 3) Violazione e falsa applicazione degli articoli 1, 12,14, 18, 22 e 27 della l. n. 689/1981. Violazione e falsa applicazione dell'art. 4, comma 6° del D.Lgs. n. 149/2011; 4) Violazione e falsa applicazione dell'art. 9 della L. reg. n. 7/2019 e dell'art. 7 della L. n. 241/1990. Eccesso di potere per sviamento; 5) Violazione e falsa applicazione dell'art. 4 del D.Lgs. n. 149/2011. Violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del D.P.R. n. 180/1950. Ha quindi chiesto l'annullamento degli atti impugnati e la restituzione delle somme indebitamente trattenute dall'ente locale, pari a Euro 5.261,03, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dal mese di giugno 2023 fino al soddisfo. B. - Si è costituito in giudizio il Comune di -OMISSIS-, chiedendo il rigetto del ricorso in quanto infondato. C. - In vista della trattazione del merito il ricorrente ha eccepito la tardiva produzione di documentazione da parte del Comune - il quale ha replicato sul punto - insistendo per l'accoglimento del ricorso. D. - All'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2024, presente il difensore di parte ricorrente come da verbale, la causa è stata posta in decisione. DIRITTO A. - Viene in decisione il ricorso promosso dall'odierno istante avverso l'ordinanza sindacale n. 43 del 23 giugno 2023 adottata dal Sindaco del Comune di -OMISSIS- ai sensi dell'art. 50 del d.lgs. n. 267/2000, avente ad oggetto la deliberazione n. -OMISSIS- della Corte dei Conti, Sezione di controllo per la Regione Siciliana, di applicazione della sanzione ai sensi dell'art. 4, co. 6, del d.lgs. n. 149/2011. B. - Deve in via preliminare essere respinta l'eccezione di tardività sollevata dalla difesa del ricorrente in ordine alla memoria di costituzione del Comune. Deve sul punto osservarsi che il Comune di -OMISSIS- si è costituito in giudizio, con memoria contenente deduzioni difensive, il 16 luglio 2024 e, pertanto, nel rispetto del termine di trenta giorni liberi prima dell'udienza (in tal senso, Consiglio di Stato, Sez. V, 13 giugno 2024, n. 5319). Per quanto attiene ai documenti contestualmente prodotti, effettivamente depositati oltre il termine di quaranta giorni liberi prima dell'udienza, osserva il Collegio che i suddetti atti erano già stati depositati dal ricorrente e, pertanto, non aggiungono nulla di nuovo e non comportano alcuna lesione della posizione difensiva dell'odierno istante. C. - Ciò premesso e chiarito, deve anche precisarsi che la controversia rientra nella giurisdizione esclusiva del G.A., in quanto: - rientrano nella giurisdizione esclusiva ai sensi dell'art. 133, co.1, lettera q), cod. proc. amm., "q) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti anche contingibili ed urgenti, emanati dal Sindaco in materia di ordine e sicurezza pubblica, di incolumità pubblica e di sicurezza urbana, di edilità e di polizia locale, d'igiene pubblica e dell'abitato"; - oggetto del contendere è l'ordinanza sindacale emessa ai sensi dell'art. 50 del d.lgs. n. 267/2000, il quale al comma 5 dispone che "5. In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale, in relazione all'urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell'ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti...". Invero, il cuore della controversia attiene al presunto uso distorto del potere extra ordinem da parte del Sindaco, il quale con tale provvedimento ha disposto a carico del ricorrente l'irrogazione della sanzione per la mancata redazione della relazione di fine mandato (comma 1 dello stesso articolo 4), prevista dall'art. 4, co. 6, del d.lgs. n. 149/2011, il quale stabilisce che "6. In caso di mancato adempimento dell'obbligo di redazione e di pubblicazione, nel sito istituzionale dell'ente, della relazione di fine mandato, al sindaco e, qualora non abbia predisposto la relazione, al responsabile del servizio finanziario del comune o al segretario generale è ridotto della metà, con riferimento alle tre successive mensilità, rispettivamente, l'importo dell'indennità di mandato e degli emolumenti. Il sindaco è, inoltre, tenuto a dare notizia della mancata pubblicazione della relazione, motivandone le ragioni, nella pagina principale del sito istituzionale dell'ente". Deve anche brevemente premettersi che la sanzione in interesse, applicata al ricorrente quale Segretario comunale e responsabile del Dipartimento finanziario, ha natura di sanzione pecuniaria amministrativa rispetto alla quale il potere sanzionatorio è stato individuato dalla Corte dei Conti in capo all'ente locale e, in particolare, in capo agli uffici del Comune che si occupano della liquidazione delle competenze; ferma restando la giurisdizione esclusiva del giudice contabile nel caso - qui non in rilievo - di contestazione della sussistenza dei presupposti per l'irrogazione della sanzione, attraverso la contestazione della delibera della Corte dei Conti che accerti l'inadempimento dell'obbligo suddetto (cfr. Corte dei Conti Toscana, Sez. contr., delib. 22 dicembre 2023, n. 225; Corte dei Conti, Sez. III App., 30 settembre 2022, n. 322). Rispetto a tale assetto, il ricorrente - il quale non contesta i presupposti di fatto accertati dalla Corte dei Conti e, quindi, la violazione degli obblighi di cui all'art. 4 - si duole dell'ordinanza contingibile e urgente adottata dal Sindaco ai sensi del richiamato art. 50 del d.lgs. n. 267/2000 in assenza dei presupposti previsti dalla norma attributiva del potere. Si duole, altresì, della mancata partecipazione al relativo procedimento sebbene il ricorrente avesse la responsabilità di tre su quattro Dipartimenti; circostanza che avrebbe dovuto essere quantomeno esaminata, anche sotto l'aspetto della sequenza temporale nell'assegnazione del Dipartimento finanziario, ai fini di un possibile esito favorevole (archiviazione del procedimento sanzionatorio). Ciò premesso e chiarito, il ricorso è fondato. C.1. - È fondato innanzitutto il primo motivo, con il quale si deduce la violazione dell'art. 50 del d.lgs. n. 267/2000. Deve essere richiamato il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, secondo cui "...l'adozione di una ordinanza contingibile e urgente è manifestazione di un potere eccezionale esercitabile dal Sindaco nelle ipotesi di incolumità pubblica e sicurezza come ufficiale di governo, con i connessi obblighi di preventiva comunicazione al Prefetto (art. 54, d.lgs. 267/2000); detto potere eccezionale può essere esercitato come capo dell'amministrazione comunale nelle ipotesi di emergenza sanitaria o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale (art. 50, D.Lgs. n. 267 del 2000). Il presupposto per l'adozione di una ordinanza contingibile e urgente, sia che venga adottata dal Sindaco quale capo dell'amministrazione comunale sia quale ufficiale di governo, è comunque la necessità di provvedere con immediatezza - l'urgenza - in ordine a situazioni eccezionali ed imprevedibili che non possono essere fronteggiate con gli strumenti ordinari, ossia la contingibilità ..." (Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 marzo 2024, n. 2395; idem Consiglio di Stato, Sez. V, 5 gennaio 2024, n. 229). Applicando i su esposti principi al caso in esame, osserva il Collegio che l'ordinanza sindacale è stata adottata in assenza dei presupposti normativamente previsti in maniera tassativa, circostanza di cui è consapevole la stessa difesa del Comune, che aggancia la presunta legittimità di tale provvedimento extra ordinem alla (sola) urgenza di introitare le somme a titolo di sanzione in vista della cessazione dell'incarico del ricorrente quale Segretario comunale, in assenza tuttavia dei presupposti chiaramente delineati dalla norma attributiva del potere (emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale; situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell'ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana). Coglie nel segno anche la dedotta violazione delle garanzie partecipative, derivante, per vero, dalla scelta dell'amministrazione di utilizzare uno strumento extra ordinem in luogo della corretta procedura di irrogazione delle sanzioni amministrative prevista dalla l. n. 689/1981, che avrebbe dovuto condurre - dopo una fase di contraddittorio con l'interessato - all'adozione dell'ordinanza-ingiunzione ai sensi dell'art. 18 della citata l. n. 689/1981, con determinazione della somma dovuta per la violazione, quale esito finale del relativo iter condotto dall'ufficio del Comune preposto alla liquidazione delle competenze. E' venuta a mancare, in particolare, la fase di instaurazione del contraddittorio, necessaria anche ai fini dell'esame dell'aspetto soggettivo sul piano di eventuali giustificazioni alla mancata redazione della relazione di fine mandato, in relazione ad un potere sanzionatorio che è ritenuto vincolato nell'an - nel senso che va avviato l'iter - ma non nel quomodo, in quanto l'accertamento dell'omissione sanzionabile costituisce solo uno dei presupposti per l'irrogazione della sanzione (per la garanzia di una effettiva interlocuzione da parte degli uffici del comune preposti alla liquidazione delle competenze, vedasi Corte dei Conti Toscana, Sez. contr., deliber. n. 225/2023 cit.; sulla necessità di valutazione anche l'aspetto soggettivo, vedasi Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo per l'Emilia Romagna, deliberazione n. 16/2024, Adunanza del 20 marzo 2024). L'accoglimento di tali profili di censura assorbe l'ulteriore profilo - dedotto con il secondo motivo - con il quale il ricorrente sostiene l'incompetenza del Sindaco ad adottare atti di gestione. Ritiene sul punto il Collegio che, come già chiarito, il Sindaco non ha fatto buon governo del potere ex art. 50 del d.lgs. n. 267/2000, sicché non viene in rilievo un profilo di incompetenza - in quanto astrattamente la norma attributiva del potere assegna tale atto alla sfera di competenza del Sindaco - quanto piuttosto un uso in concreto di tale potere in assenza dei presupposti normativamente previsti. C.2. - Pertanto, per tutto quanto esposto e rilevato, il ricorso in quanto fondato nei sensi di cui in motivazione - assorbito quant'altro - deve essere accolto e, per l'effetto, va annullato il provvedimento impugnato. D. - Dall'annullamento del provvedimento consegue l'accoglimento della domanda di restituzione delle somme trattenute dal Comune a titolo di sanzione, in quanto tale attività è stata posta in essere a valle del provvedimento annullato, quale momento esecutivo. Sull'importo da restituire devono anche essere corrisposti gli interessi corrispettivi, calcolati nella misura del tasso legale ai sensi dell'art. 1282, co. 1, cod. civ., dal momento della disposta trattenuta delle somme fino al soddisfo; mentre, non può essere riconosciuta la richiesta rivalutazione in difetto di prova relativa al maggior danno subito. Va altresì, precisato che - poiché costituisce circostanza incontestata tra le parti che la trattenuta degli emolumenti ha inciso anche sul (mancato) versamento dei corrispondenti contributi previdenziali e assistenziali - il Comune dovrà procedere, se non ancora effettuato, alla regolarizzazione anche sotto tale profilo, quale ulteriore effetto discendente dall'annullamento del provvedimento impugnato. E. - Conclusivamente, il ricorso in esame, in quanto fondato, deve essere accolto e, per l'effetto: - va annullata l'ordinanza n. 43 del 23 giugno 2023 del Sindaco del Comune di -OMISSIS-; - va condannato l'ente locale alla restituzione delle somme secondo quanto sopra precisato; - tenuto conto degli specifici profili della controversia, sussistono i presupposti per compensare tre le parti le spese di giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto: - annulla il provvedimento impugnato; - condanna il Comune di -OMISSIS- alla restituzione delle somme secondo quanto precisato in motivazione; - compensa tra le parti le spese di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Vista la richiesta dell'interessato e ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte interessata. Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Salvatore Veneziano - Presidente Maria Cappellano - Consigliere, Estensore Luca Girardi - Primo Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 428 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da An. Ma. ed altri, rappresentati e difesi dall'avvocato Sa. Bu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), rappresentato e difeso dall'avvocato Ag. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via (...); per l'annullamento degli atti indicati nel ricorso introduttivo e nei motivi aggiunti, puntualmente specificati nella parte motiva della presente decisione; nonché per la condanna dell'Amministrazione intimata al risarcimento del danno. Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.; Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 23 settembre 2024 il dott. Daniele Burzichelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue: FATTO e DIRITTO I ricorrenti, chiedendo anche il risarcimento del danno, hanno impugnato: a) il provvedimento di cui alla nota in data 22 gennaio 2021, n. 0001125, del Comune di (omissis), con cui è stato denegato il permesso di costruire, in zona urbanistica DT "turistico-alberghiera", per la realizzazione di sei edifici a carattere ricettivo (turistico-alberghiero) sui lotti di terreno censiti al foglio (omissis), particelle (omissis), con ingresso dai prolungamenti delle Vie (omissis) e (omissis) e dalla via (omissis); b) la nota in data 20 gennaio 2021, n. 0001022, cui l'Area (omissis) del Comune di (omissis) ha espresso parere contrario sulla richiesta di permesso di costruire. Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue: a) con istanza in data 2 maggio 2014 ricorrenti hanno chiesto al Comune il rilascio di concessione edilizia per realizzare un intervento a carattere ricettivo (turistico-alberghiero) per complessivi sei edifici; b) a seguito di articolate vicende, il Comune ha negato il titolo edilizio con provvedimento n. 0001125 in data 22 gennaio 2021, sulla base del parere espresso con nota n. 0001022 in data 20 gennaio 2021 dal responsabile dell'Area Urbanistica; c) in tale parere si afferma che il progetto non può prescindere dalla preliminare presentazione di un piano particolareggiato attuativo, posto che il punto 10.3.6 (Zona DT) delle norme tecniche di attuazione prevede che "in tali aree è consentita, in generale subordinatamente all'approvazione di un piano esecutivo mediante intervento diretto sui lotti già urbanizzati, la realizzazione di strutture turistico-alberghiere, quali alberghi, pensioni, ristoranti, etc."; d) nell'atto si afferma, altresì, che dalla divisione in data 4 dicembre 2013 risulta chiaramente che, a seguito del frazionamento catastale dell'area, si sarebbe dovuto presentare un piano di lottizzazione per realizzare quanto in oggetto; e) in buona sostanza, l'area in questione è stata ritenuta non urbanizzata e insuscettibile di interventi diretti. Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) l'Amministrazione ha omesso l'invio della prescritta comunicazione di avvio del procedimento e non ha esaminato le osservazioni che sono state poi rassegnate con nota in data 22 febbraio 2021; b) la necessità di un preventivo piano esecutivo costituisce un argomento già ritenuto superato dal Consiglio Comunale con deliberazione n. 40/2008, come risulta dall'accordo transattivo in data 29 maggio 2008; c) esso non era stato posto a fondamento del diniego di cui al provvedimento n. 0003422 in data 26 febbraio 2015, impugnato dalla ricorrente con ricorso n. 702/2015 (poi dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse); d) occorre anche tener conto del nulla-osta di cui alla nota n. 0005470 in data 25 marzo 2019, che è stato reso affermandosi che l'intervento risultava conforme allo strumento urbanistico vigente; e) gli interessati, a seguito del nulla-osta di cui si è detto, avevano manifestato la loro disponibilità all'Amministrazione e richiesto al Tribunale di definire il citato giudizio n. 702/2015 nei termini contemplati da tale provvedimento, sicché, con sentenza n. 2518/2019, il ricorso è stato dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse; f) appare, quindi, chiaro che negli interessati si era ingenerato il più che legittimo e convinto affidamento secondo cui, curata l'integrazione documentale richiesta con nota n. 20727 in data 18 dicembre 2014, sarebbe stato rilasciato il permesso di costruire; g) i provvedimenti impugnati appaiono contraddittori rispetto al nulla-osta n. 0005470/2019, nonché rispetto alla deliberazione consiliare n. 40/2008 e all'accordo transattivo in data 29 maggio 2008, i quali attestavano la portata "intermedia" dell'urbanizzazione dell'area ed escludevano la necessità di un preventivo piano esecutivo; h) occorre anche aggiungere che i ricorrenti sono stati indotti a rinunciare a qualsivoglia pretesa risarcitoria in occasione della richiesta di definizione del giudizio n. 701/2015 con una declaratoria di sopravvenuta carenza di interesse e compensazione delle spese di lite; i) come già indicato, il punto 10.3.6 delle Norme Tecniche di Attuazione prevede che nelle aree della zona DT è consentita, in generale subordinatamente all'approvazione del piano esecutivo o mediante intervento diretto sui lotti già urbanizzati, la realizzazione di strutture ricettive turistico-alberghiere; l) nel caso in esame viene in rilievo una urbanizzazione così detta "intermedia", come risulta dalla relazione in data 7 marzo 2007 del progettista del Piano Regolatore Generale e dall'ordinanza n. 1658/2007 di questo Tribunale; m) la società dante causa degli odierni ricorrenti aveva assunto all'epoca l'obbligo di completare l'urbanizzazione dell'area con la realizzazione della strada di Piano Regolatore Generale da cedere gratuitamente al Comune e identico impegno hanno assunto gli odierni ricorrenti. Comune di (omissis): a) il provvedimento dell'Amministrazione era dovuto e necessitato, sicché l'eventuale partecipazione dei ricorrenti al procedimento non avrebbe potuto influire sul contenuto dispositivo dell'atto; b) gli interessati, ad ogni buon conto, hanno partecipato in maniera intensa e costante al procedimento in questione; c) la circostanza che in passato si siano tentate soluzioni transattive per la realizzazione di un diverso progetto edilizio non comporta che il nuovo intervento possa o debba essere assentito; c) in passato era stata prevista la realizzazione di un solo corpo di fabbrica su un unico lotto catastale, mentre i ricorrenti hanno presentato un progetto per realizzare sei edifici a destinazione ricettiva su lotti diversi a seguito di frazionamento, non sussistendo, quindi, alcun affidamento legittimo da tutelare; d) il progetto attuale determina, rispetto al precedente, un maggior carico urbanistico e le Norme Tecniche di Attuazione consentono l'intervento diretto solo su lotti già urbanizzati, non potendo ritenersi tali i lotti in cui è presente solo parte della rete viaria e le condutture di energia elettrica e telefonica, richiedendosi, ai fini della completa urbanizzazione, servizi che non sono ancora presenti nei lotti di proprietà dei ricorrenti; e) il Comune teme, piuttosto, che il frazionamento dell'unica particella possa dar luogo ad una lottizzazione abusiva. Con ordinanza n. 190/2021 in data 14 aprile 2021 il Tribunale ha accolto la domanda cautelare ai fini del riesame dei provvedimenti impugnati, osservando che il ricorso presentava elementi di fondatezza quantomeno con riferimento al dedotto vizio di violazione delle garanzie partecipative. Mediante motivi aggiunti i ricorrenti, chiedendo anche il risarcimento del danno, hanno impugnato: a) il provvedimento n. 19650 in data 23-24 dicembre 2021 con cui il Comune ha nuovamente negato la richiesta di permesso di costruire; b) la nota n. 0019652 in data 24 dicembre 2021; c) ove occorra, la nota n. 0017954 in data 29 novembre 2021. Il contenuto delle censure di cui ai motivi aggiunti può sintetizzarsi come segue: a) sussiste, in primo luogo, il vizio di illegittimità derivata in relazione alle doglianze già esposte in seno al ricorso introduttivo; b) nell'incontro in data 3 settembre 2021 il responsabile del SUAP si era riservato di valutare il contenuto della nota in data 18 dicembre 2014 con cui l'Area Tecnica del Comune aveva comunicato agli interessati che, a seguito di un tavolo tecnico con il responsabile del SUAP, si era giunti alla determinazione che nulla ostava al proseguimento dell'iter relativo al rilascio del permesso di costruire; c) lo stesso responsabile del SUAP aveva, quindi, deciso che il procedimento sarebbe proseguito con una nuova convocazione delle parti, la quale, invece, non è stata disposta, nonostante fosse stata sollecitata dal legale degli interessati, dovendosi aggiungere che il responsabile del SUAP si è astenuto dal compiere ogni valutazione in ordine alla menzionata nota in data 18 dicembre 2014; d) risultano, pertanto, violate le garanzie partecipative, con particolare riferimento alla previsione di cui all'art. 10, primo comma, lettera b, della legge n. 241/1990; e) quanto al merito del provvedimento, occorre osservare che la compiuta urbanizzazione dell'area richiedeva soltanto la costruzione della strada prevista dal Piano Regolatore Generale e che l'area stessa è inserita in zona DT, destinata alla realizzazione di strutture turistico-alberghiere, consentita in generale subordinatamente all'approvazione di un piano esecutivo o mediante intervento diretto su lotti già urbanizzati; f) si rileva, in particolare, che la zona di interesse è dotata di infrastrutture viarie, di condotta fognaria, di reti elettriche, di acqua potabile, di gas e di telefono e che la sostanziale congruità del grado di urbanizzazione era stata affermata dallo stesso progettista del Piano Regolatore Generale con nota in data 7 marzo 2007 e dalla Giunta Municipale con deliberazione n. 40 del 16 aprile 2008; g) inoltre, dal tavolo tecnico svoltosi presso il SUAP era emerso che nulla ostava al proseguimento dell'iter relativo al rilascio della concessione edilizia; h) non risponde al vero, inoltre, che il provvedimento di diniego si fondi anche sulla mancata produzione delle integrazioni documentali richieste dall'Amministrazione; i) deve anche considerarsi che con provvedimento n. 5470 in data 25 marzo 2019 era stato rilasciato il nulla-osta al permesso di costruire, constatandosi che l'intervento risultava conforme allo strumento urbanistico vigente, e che a seguito di tale atto era stata presentata la documentazione richiesta con nota n. 20727/2014; l) non vale opporre che cinque dei sei edifici non sono accessibili dalla sede viaria comunale e non siano serviti da alcuna infrastruttura di rete, posto che il progetto documentava l'accesso a tutti gli edifici, garantito dal prolungamento della Via (omissis) e della Via (omissis), che gli interessati si erano impegnati a realizzare; m) quanto all'ipotesi di lottizzazione abusiva, il frazionamento dell'area era stato depositato al Comune in data 17 ottobre 2013, senza che l'Amministrazione avesse mai sollevato questioni di sorta, e in seguito presso l'Ufficio del Territorio di Catania in data 28 ottobre 2013; n) l'assegnazione delle particelle è intervenuta con atto in data 4 dicembre 2013, con cui gli interessati sono rientrati nella titolarità dei terreni all'epoca individualmente apportati dalla società dante causa; o) il progetto presentato prevedeva, altresì, un nuovo impianto di illuminazione pubblica, la predisposizione di cavidotti per linee telefoniche e per la condotta idrica, nonché per il sistema di smaltimento delle acque piovane, con allaccio ai collettori comunali già esistenti; o) il Comune ha anche osservato che, nell'apporre il visto sul frazionamento, gli interessati erano stati informati, con nota n. 3764 in data 17 ottobre 2013, quanto al fatto che non poteva prescindersi dalla preventiva approvazione di un piano di lottizzazione, ma la circostanza non ha costituito oggetto del contraddittorio procedimentale e risulta comunque superata dalle successive determinazioni assunte dagli uffici dell'Amministrazione; p) analoghe considerazioni devono essere rassegnate con riferimento al rilievo secondo cui uno dei ricorrenti, con nota n. 20162 in data 16 dicembre 2013, avrebbe avanzato una richiesta dal contenuto controverso, in relazione alla quale l'Area Tecnica aveva sollecitato chiarimenti con nota in data 8 gennaio 2014, in assenza dei quali la pratica doveva intendersi archiviata; q) a differenza di quanto ritenuto dal Comune, il certificato di destinazione urbanistica allegato all'atto di divisione in data 4 dicembre 2013 non escludeva una diversa interpretazione e applicazione del punto 10.3.6 delle Norme Tecniche di Attuazione e, quindi, la possibilità di edificare nell'area con interventi diretti. Con memoria in data 21 febbraio 2022 il Comune, nel ribadire in larga misura le difese già svolte, ha osservato, in particolare, quanto segue: a) come rappresentato nella comunicazione n. 17954 in data 29 novembre 2021, l'area in questione è sprovvista di un congruo e soddisfacente livello di urbanizzazione primaria e secondaria e taluni lotti non sono raggiungibili dalla rete viaria pubblica, essendo, quindi, necessario che i privati realizzino la relativa viabilità ; b) il più recente provvedimento in data 24 dicembre 2021 ha ulteriormente chiarito la situazione di fatto, anche con riferimento all'esigenza di evitare ulteriori lottizzazioni abusive nella zona; c) il giudice non può sostituirsi all'Amministrazione nella valutazione della situazione di fatto e degli interessi coinvolti nel procedimento; d) la zona si presenta priva di opere di urbanizzazione primaria e secondaria: mancano gli allacci per la rete elettrica, per l'acqua potabile, per il gas, la fognatura, la rete telefonica e l'assetto viario è assente, come risulta dalla nota n. 17954 in data 29 novembre 2021; e) il deposito del frazionamento presso l'Agenzia del Territorio è un atto dovuto, privo di valenza urbanistica, e lo stesso va osservato in relazione al deposito del frazionamento presso il Comune, atteso che la lottizzazione si verifica, non a seguito del frazionamento, ma in forza dell'utilizzazione dei terreni a fini edificatori; f) il deposito di un frazionamento non equivale all'ammissione incondizionata della lottizzazione da parte dell'ente; g) il certificato di destinazione urbanistica rende noto le possibilità di utilizzo del terreno e nessun affidamento può, quindi, insorgere nel soggetto il quale confidi che si possa giungere in via interpretativa ad un particolare esito del procedimento; h) la deliberazione di Giunta n. 40/2008 non è decisiva, in quanto la potestà urbanistica è assegnata al Consiglio Comunale sotto il versante pianificatorio e alla dirigenza amministrativa per la parte gestionale. Con memoria in data 23 febbraio 2022 i ricorrenti hanno ribadito e ulteriormente precisato le loro difese anche alla luce delle deduzioni avversaria. Con memoria in data 9 gennaio 2023 il Comune ha confermato le proprie conclusioni. Con ordinanza n. 518/2023 in data 20 febbraio 2023 il Tribunale ha disposto verificazione: Il verificatore, previa ricognizione dei luoghi, dovrà accertare, sulla base degli atti che sono stati depositati e di altra eventuale documentazione da acquisire presso il Comune di (omissis): 1) quale sia il livello di urbanizzazione dell'area in questione ossia se quest'ultima sia provvista o meno di opere di urbanizzazione primaria e secondaria e quali esse siano (in particolare, il verificatore dovrà accertare se siano presenti in loco la rete elettrica, per l'acqua potabile, per il gas, la fognatura, la rete telefonica - e occorra eventualmente solo procedere agli allacci a tali reti degli immobili che si intendono realizzare - nonché quale sia l'assetto viario attuale e quello necessario, anche al fine di consentire l'accesso alla viabilità pubblica degli edifici che si intendono realizzare); 2) se per l'intervento richiesto risulti o meno necessario sotto il profilo tecnico-urbanistico l'adozione di un piano attuativo che consenta l'adeguata infrastrutturazione dell'area. La relazione di verificazione è stata depositata e contiene le seguenti conclusioni: "1. Sono presenti, nell'area in trattazione, opere di urbanizzazione primaria consistenti in: rete elettrica, condotta di acqua, rete gas e adeguato sistema fognario oltre alla rete telefonica e di pubblica illuminazione. L'utilizzo di detti servizi necessita solo della procedura di allaccio agli immobili che si intendono realizzare. L'assetto viario attuale è garantito dalle Vie (omissis), (omissis) e, occorrendo, anche Via (omissis); mentre si ritiene necessario, anche al fine di consentire l'accesso diretto alla viabilità pubblica degli edifici in progetto, la realizzazione della strada di PRG indicata nella fig. 1, che completa il circuito viario di accesso pubblico al terreno oggetto della proposta edificazione. 2. Non sono in atto presenti opere di urbanizzazione secondaria nelle vicinanze dell'area in esame. 3. Per l'intervento richiesto dalla ditta Ma. ed altri, non risulta necessario, sotto il profilo tecnico-urbanistico, l'adozione di un piano attuativo che consenta l'adeguata infrastrutturazione dell'area a condizione che venga dato effettivo corso a tipologie di accordi transattivi tra le parti, o atti di uguale valore giuridico e comunque a condizione che venga realizzata, anche su iniziativa pubblica, la strada prevista nella programmazione urbanistica vigente che si estende sul lato sud del lotto oggetto della verificazione, intersecando le via (omissis) e (omissis), evidenziata in giallo nella fig. 3)". Il verificatore ha anche precisato quanto segue: "Si puntualizza infine che le determinazioni della presente relazione, formulate dallo scrivente verificatore, sono strettamente attinenti ai quesiti posti dall'Ecc.mo TAR richiedente e non entrano in merito all'attività istruttoria del competente Ufficio del Comune di (omissis), riguardante altri aspetti urbanistici analizzati nelle diverse fasi e con diverse proposte progettuali". Con memoria in data 23 luglio 2024 il Comune ha ribadito le proprie difese, precisando, in particolare, quanto segue: a) gli edifici da realizzare non presentano le caratteristiche proprie della struttura turistico-ricettiva, giacché, ad esempio: - non sono previsti spazi per cucine e spazi comuni di ristorazione; - alcuni degli edifici da realizzare non sono raggiungibili se non dopo la costruzione di una rete viaria; b) l'intervento mira a realizzare una vera e propria lottizzazione; c) la relazione di verificazione appare contraddittoria, poiché afferma che non è necessario il piano attuativo e al contempo richiede specifiche intese tra la parte privata e quella pubblica; c) devono essere realizzate le reti dei servizi pubblici e persino una strada, come riconosciuto dallo stesso verificatore. Con memoria in data 24 luglio 2024 i ricorrenti hanno ribadito le loro difese, precisando, in particolare, quanto segue: a) quanto alle opere di urbanizzazione secondaria, è appena il caso di sottolineare che le stesse non sono affatto indispensabili all'utilizzo immediato degli edifici e, infatti, l'art. 12 del D.P.R. n. 380/2001 stabilisce che il permesso di costruire è subordinato all'esistenza delle sole opere di urbanizzazione primaria; b) i ricorrenti si sono impegnati a realizzare, a proprie cure e spese, la strada prevista nella vigente programmazione urbanistica del Comune a sud del lotto di interesse. Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione. Occorre preliminarmente osservare che il presente giudizio concerne la realizzazione di sei distinte unità immobiliari e non già di un'unica struttura alberghiera. Tale circostanza incide parzialmente sul merito della controversia, dovendosi escludere l'integrale rilevanza dei riferimenti alla procedura che ha interessato il precedente progetto, la quale appare differente, appunto, sotto il profilo oggettivo e rispetto alla quale non può invocarsi continuità con il progetto di cui in questa sede si discute, sebbene - a certi fini - quanto accertato o disposto dall'Amministrazione in relazione alla prima procedura possa e debba ritenersi conducente. Va anche precisato che la questione relativa all'effettiva intenzione dei ricorrenti di realizzare sei edifici da destinare ad uso abitativo, nonostante la zonizzazione vigente nell'area preveda una destinazione turistico-alberghiera, esula dal thema decidendum del presente giudizio, il quale non può che riferirsi al contenuto degli atti formali (e provvedimentali) adottati dall'Amministrazione e non su eventuali e non dichiarati propositi dei ricorrenti. Ciò precisato, vanno condivise le osservazioni del Comune intimato in ordine all'irrilevanza del deposito dell'atto di frazionamento presso l'Ufficio del Territorio, avendo tale adempimento finalità puramente fiscali e catastali, mentre esso non assume rilevanza alcuna dal punto di vista urbanistico-edilizio. Analogamente, la presentazione del frazionamento al Comune non può certo fondare un diritto al rilascio del titolo edilizio richiesto, essendo evidente che la conformità urbanistica e la legittimità edilizia debbano essere valutate sulla base degli strumenti urbanistici vigenti e non sulla mera esistenza di atti patrimoniali o catastali. Per quanto attiene allo stato dell'urbanizzazione dell'area, come risulta da quanto già esposto, essa era stata qualificata come "intermedia" tanto in sede cautelare dal Tribunale quanto dalla stessa Amministrazione, benché con riferimento ad un progetto diverso da quello attuale (ma a questi specifici fini la circostanza che i due progetti siano diversi appare irrilevante). Tale qualificazione risulta anche corroborata dalla relazione del progettista del Piano Regolatore Generale in data 7 marzo 2007. Come, poi, affermato dal verificatore nominato dal Tribunale, sotto il profilo dell'urbanizzazione primaria, residua nell'area una sola criticità relativa alla strada prevista nella pianificazione urbanistica vigente, la quale dovrebbe estendersi sul lato sud del lotto oggetto della controversia, intersecando le vie (omissis) e (omissis). Alla luce di quanto esposto, le ragioni dei ricorrenti appaiono sostanzialmente fondate. Ciò in quanto, a differenza di quanto sostenuto dal Comune, non appare necessario nel caso di specie un vero e proprio piano attuativo (completo), essendo sufficiente uno strumento che contempli specificamente ed esclusivamente la realizzazione della strada a carico degli interessati (i quali hanno già manifestato espressamente l'intenzione di accollarsi tale onere), come, ad esempio, un accordo puntuale tra Comune e privati volto alla realizzazione dell'infrastruttura viaria, risolvendosi in tal modo l'unica carenza che è stata rilevata per quanto attiene all'urbanizzazione primaria. Tanto premesso, il ricorso introduttivo appare improcedibile, essendo stato superato dagli eventi successivi e, in particolare, dall'adozione dell'atto impugnato con i motivi aggiunti. Quest'ultimo atto deve essere, invece, annullato per le ragioni esposte, ciò da cui consegue l'obbligo per il Comune di riesaminare la vicenda, tenendo conto che l'unico elemento di urbanizzazione primaria mancante riguarda la strada di cui si è detto. In tale circostanza, comunque, il Comune potrà valutare, sulla base di dati obiettivi, la questione - sollevata dall'Amministrazione in corso di giudizio - secondo cui l'intervento in questione presenterebbe caratteristiche residenziali, come potrebbe desumersi dall'assenza di spazi destinati a cucine o aree comuni per la ristorazione (circostanza estranea - si ripete - allo specifico oggetto della presente controversia e, tra l'altro, neppure documentalmente provata in questa sede, sebbene essa non sia stata oggetto di specifica contestazione da parte dei ricorrenti) e fatta, altresì, salva l'ulteriore valutazione del Comune in merito alla nozione di "destinazione turistico-ricettiva", di per sé ampia e, in ipotesi, idonea a comprendere, non soltanto le vere e proprie strutture alberghiere, ma anche forme alternative di ospitalità, quali i bed& breakfast e gli affittacamere, che non necessariamente richiedono la presenza di veri e propri spazi per la ristorazione collettiva. D'altronde, nella nota n. 17954 del 29 novembre 2021 (impugnata con i motivi aggiunti) il Comune intimato si è espressamente riservato di verificare tale aspetto della questione. In conclusione, il ricorso introduttivo va dichiarato improcedibile, mentre il ricorso per motivi aggiunti va accolto quanto all'impugnazione del provvedimento n. 19650 in data 23-24 dicembre 2021 con cui il Comune ha nuovamente negato la richiesta di permesso di costruire, mentre va dichiarato inammissibile quanto all'impugnazione (tuzioristica) della nota n. 0019652 in data 24 dicembre 2021 e della nota n. 0017954 in data 29 novembre 2021, in quanto tali atti presentano natura endoprocedimentale. La domanda risarcitoria, formulata in seno al ricorso introduttivo e reiterata in occasione dei motivi aggiunti, va, invece, respinta, in quanto sfornita di puntuale allegazione e di prova. Le spese di lite devono essere compensate in ragione della soccombenza reciproca e quelle relative alla disposta verificazione, che saranno liquidate con separato decreto, vengono poste a carico di entrambe le parti, ciascuna per la metà, ma con vincolo di solidarietà . P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Staccata di Catania Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto: 1) dichiara improcedibile il ricorso introduttivo; 2) accoglie il ricorso per motivi aggiunti quanto all'impugnazione del provvedimento del Comune intimato n. 19650 in data 23-24 dicembre 2021 e lo dichiara inammissibile quanto all'impugnazione della nota n. 0019652 in data 24 dicembre 2021 e della nota n. 0017954 in data 29 novembre 2021; 3) rigetta la domanda risarcitoria; 4) compensa fra le parti le spese di giudizio e pone a carico di entrambe le parti, ciascuna per la metà, ma con vincolo di solidarietà, gli oneri relativi alla disposta verificazione, che saranno liquidati con separato decreto. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 23 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Daniele Burzichelli - Presidente, Estensore Alfredo Giuseppe Allegretta - Consigliere Agata Gabriella Caudullo - Primo Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Quarta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 2010 del 2022, proposto dall'impresa IC EC. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gr. Ma. To., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro - il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fi. In., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti - dell'Istituto per Lo Sviluppo delle Attività Produttive - IRSAP, non costituito in giudizio; per l'annullamento - della nota prot. n. 93943 del 12 settembre 2022 del Comune di (omissis), trasmessa con nota prot. n. 94513 del 14 settembre 2022, contenente il parere di improcedibilità con archiviazione del procedimento per l'approvazione del progetto di realizzazione di un opificio con annesso corpo uffici, in c. da (omissis), area ASI, ricadente al foglio 196, p.lla 159, nell'ambito delle zone ammesse ai benefici della zona ZES (Piano delle opere strategiche - Zone Economiche Speciali); - "ove occorra" dell'indizione e celebrazione della conferenza di servizi del 21 luglio 2022; - del parere preliminare della Riserva del Biviere, prot. U2792 del 13 agosto 2022; e per la condanna al risarcimento del danno - da mero ritardo, da perdita di chances e per l'aumento del costo dei materiali per la realizzazione dell'opera e per la perdita dei benefici fiscali relativi all'area ZES. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti la memoria di costituzione e i documenti depositati dal Comune di (omissis); Viste le memorie difensive e di replica; Visti tutti gli atti della causa; Relatrice la dott.ssa Anna Pignataro; Uditi, nella pubblica udienza del giorno 13 giugno 2024, per le parti i difensori presenti così come specificato nel verbale; FATTO e DIRITTO A) L'impresa IC EC.y s.p.a. ha presentato al S.U.A.P. del Comune di (omissis), al prot. n. 17837 del 14 febbraio 2019, un'istanza per l'avvio del procedimento di autorizzazione unica ex art. 7, D.P.R. n. 160/2010, per la realizzazione di un opificio con annesso corpo uffici in c.da (omissis), ricadente al foglio 196, p.lla 159, area ASI, nell'ambito delle zone ammesse ai benefici della zona ZES (Piano delle opere strategiche - Zone Economiche Speciali). Con ricorso notificato il giorno 11 novembre 2022 e depositato il giorno 7 dicembre seguente, l'impresa ha impugnato, al fine dell'annullamento: - la nota prot. n. 93943 del 12 settembre 2022 (trasmessa con nota prot. n. 94513 del 14 settembre 2022) con la quale il Comune di (omissis) ha espresso il "parere di improcedibilità con archiviazione del procedimento"; - gli atti del Comune di (omissis) di indizione e celebrazione della conferenza di servizi del 21 luglio 2022; - il parere preliminare dell'Ente Gestore della Riserva del Biviere, prot. U2792 del 13 agosto 2022. La ricorrente ha chiesto anche la condanna del Comune intimato: - al pagamento dell'indennizzo ex art. 2-bis, comma 1-bis, della Legge n. 241/1990 per il ritardo nella conclusione del procedimento, pari a Euro 329.747,00 corrispondente al 10% di Euro 3.297.478,73 quale valore dell'investimento in base l'attuale costo di costruzione, ovvero in subordine, nella misura liquidata in via equitativa; - al risarcimento danno derivante dall'aumento del costo dei materiali pari al 56% (su tutte le opere a corpo e a misura) pari a Euro 1.181.941,16; - al risarcimento del danno per perdita di chances, ossia il mancato utile conseguente alla perdita di accordo economico ex art. 2-bis, comma 1, della Legge n. 241/1990 pari a Euro 120.000,00 per ciascuna annualità a titolo di mancato canone che avrebbe percepito ultimate le opere a partire dall'anno 2021 quale anno di ultimazione delle opere e sino al rilascio della concessione ovvero in subordine, nella misura liquidata in via equitativa; - al risarcimento del danno per perdita dei benefici fiscali connessi all'area ZES commisurato al costo di realizzazione dell'immobile (Euro 3.297.478,73), pari a Euro 1.483.865,42 (3.297.478,73 * 45/100), ovvero in subordine, nella misura liquidata in via equitativa. A tal fine, è stata chiesta la nomina di un C.T.U. esperto in materia contabile/finanziaria. È stata dedotta l'illegittimità degli atti impugnati per i motivi di: I. "Violazione e falsa applicazione delle norme di legge con riferimento alla conclusione della fase istruttoria; violazione degli artt. 2 comma 7 e 17 della l.n. 241/1990 e ss.mm.ii.", poiché l'istanza al momento della sua presentazione era completa di tutti i pareri previsti dalla normativa; invero, il Comune di (omissis), con la nota prot. n. 111254 del 18 ottobre 2021, non avrebbe formulato alcuna richiesta di integrazione, né messo in discussione la VINCA già effettuata; la sola integrazione documentale necessaria era, semmai, il parere della Commissione comunale SIC/ZPS nominata dopo la presentazione della predetta istanza ma non coinvolta nel procedimento; II. "Illegittimità dell'indizione della conferenza di servizi e mancata attivazione della commissione SIC/ZPS. Incompetenza: assenza di poteri nella fase istruttoria e uso abnorme del potere. Eccesso di potere correlato: sviamento e difetto di motivazione; disparità di trattamento" stante che: - la questione della mancanza della VINCA relativa all'intera area NORD 2 di (omissis), non poteva interferire nel procedimento autorizzatorio di che trattasi, riguardando il "diverso piano giuridico sovraordinato di relazioni tra Enti pubblici sul governo del territorio"; - la LIPU, Ente Gestore Riserva Naturale Orientata Biviere di (omissis), non sarebbe un Ente pubblico e, come tale, non poteva emettere alcun parere obbligatorio e/o vincolante; - la VINCA presentata è conforme al c.d. Piano di gestione delle aree di rete natura 2000 del territorio di (omissis), approvato con D.D.G. n. 465 del 31 maggio 2016 che tuttavia è soltanto un atto generale e programmatico in materia di tutela ambientale e non ha natura regolamentare; - non ci sono state osservazioni o richieste di integrazione sulla VINCA, né sull'area esistono limitazioni urbanistiche, sicché la fase istruttoria deve ritenersi conclusa; - la valutazione di incidenza ambientale doveva essere effettuata dal Comune di (omissis) e per esso dalla Commissione SIC/ZPS appositamente istituita; - l'area ricade in zona SIC/ZPS, e perciò il parere doveva essere reso dalla Commissione appositamente istituita; - in ogni caso, il parere prot. n. 93943 del 12 settembre 2022 ha arrestato il procedimento recando un pregiudizio effettivo ed immediato. Con memoria del 8 maggio 2024, l'impresa ricorrente ha riferito: di avere attivato il potere sostitutivo del Commissario ZES in data 1° marzo 2023 trasmettendo la domanda già formulata al Comune di (omissis) con tutti gli allegati e che il Commissario ZES ha rilevato che l'unico parere mancante è lo screening di VINCA da parte del Comune di (omissis) che è rimasto inerte ragion per cui è stato disposto l'intervento sostitutivo dell'Assessorato regionale competente e la VINCA è in corso di rilascio. L'amministrazione comunale intimata si costituita in giudizio con memoria del 26 maggio 2023, chiedendo il rigetto del ricorso siccome infondato; con memoria del 10 maggio 2024 ha controdedotto che il provvedimento di "archiviazione" è conseguenziale alla scelta dell'impresa ricorrente di non ottemperare alla richiesta di integrazione documentale formulata, con la nota prot. n. 68379 del 21 giugno 2019 dal SUAP che aveva fatto propria tale richiesta proveniente dall'Ente gestore della Riserva Naturale Orientata, Biviere di (omissis) (LIPU), competente a rilasciare il parere interlocutorio ai sensi art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 e dei decreti dell'Assessore per il Territorio e Ambiente della Regione Siciliana del 30.03.2007 e del 22.10.2007 i quali prevedono espressamente che qualora un piano/progetto/intervento, interessi siti pSIC, SIC, ZSC, ZPS ricadenti, interamente od in parte, in un'area naturale protetta, come definita dalla legge regionale 6 agosto 1991, n. 98, la valutazione di incidenza è effettuata previo parere dell'Ente di gestione dell'area stessa. Quanto alla domanda di risarcimento del danno, ne ha eccepito la decadenza oltre che l'infondatezza per mancanza di prova. In merito al danno da ritardo mero ex art. 2 bis, comma 1 bis, della Legge n. 241/1990, l'impresa ricorrente non avrebbe dato prova di aver attivato il potere sostitutivo nel termine perentorio di venti giorni dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento, così come stabilito dall'art. 2, comma 9-bis, della legge n. 241 del 1990; la quantificazione dell'indennizzo dovrebbe essere comunque limitata al massimo previsto dalla legge. Quanto all'elemento soggettivo dell'asserito illecito, vi sarebbe la colpa esclusiva e/o comunque il concorso di colpa nel ritardo della conclusione del procedimento della società ricorrente che non ha dato riscontro alla richiesta integrazione documentale del Suap del 21 giugno 2019 ed al sollecito del 18 ottobre 2021 nel termine di trenta giorni, e solo con nota del 7 gennaio 2022, ha dichiarato la sua volontà di non voler integrare la documentazione. In ogni caso, l'eventuale danno dovrebbe essere riferito al solo periodo compreso tra giugno 2021 e il 14 settembre 2022 data in cui il Suap si è pronunziato sulla domanda dell'impresa ricorrente. Circa l'asserita perdita dei benefici ZES si evidenzia la mancata dimostrazione dell'an e del quantum del costo per la costruzione dell'opificio che non è stato edificato. Con successiva memoria di replica del 22 maggio 2024, il Comune resistente ha insistito nella circostanza della mancanza della VINCA per l'intera area NORD 2 di (omissis) che renderebbe invalide le singole autorizzazioni di opere con VINCA limitate a piccole frazioni dell'intera area e si è opposto alla chiesta C.T.U., poiché esplorativa. La società ricorrente ha replicato con memoria di del 23 maggio 2024 ribadendo le argomentazioni già illustrate nei precedenti scritti difensivi. All'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2024, dopo la discussione, la causa è stata posta in decisione. B) È necessario, innanzitutto, riassumere temporalmente la complessa vicenda procedimentale di cui è contestata la legittimità : - la ricorrente società IC., in data 14 febbraio 2019, ha presentato al SUAP del Comune di (omissis) la domanda prot. n. 17837, con la relativa documentazione, per l'avvio del procedimento unico ex art. 7 del D.P.R. n. 160 del 2010, per la realizzazione di un opificio con annesso corpo uffici in c. da (omissis), in area ASI, in catasto al foglio 196, p.lla 159, ricadente nel sito Natura 2000 e soggetto a VINCA; - il Comune di (omissis), in data 21 giugno 2019, con nota prot. n. 68379, ha inoltrato all'impresa la nota prot. n. U2536 del 28 maggio 2019, con la quale l'ente gestore della Riserva Naturale Orientata Biviere di (omissis) affermava la necessità di integrazione documentale ai fini del rilascio del parere ai sensi dell'art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 e s.m.i. e dei Decreti dell'Assessore Territorio e Ambiente del 30 marzo 2007 e del 22 ottobre 2007, osservando che "il progetto manca degli allegati, autorizzazioni necessarie (...) è ubicato in un'area urbanizzata NORD 2, incompatibile con il pdg, incompatibile con il DPR del 17 gennaio 1995 (Piano di Risanamento ambientale) e in un sito sotto indagine della Commissione Europea EU PILOT6730/14/ENVI per violazione della direttiva Habitat 92/43/CE (..) e con il Piano di Gestione fino a quando la Regione Siciliana non compenserà i danni arrecati alle zone umide."; - il Comune di (omissis), in data 18 ottobre 2021, ha riscontrato la richiesta del 10 settembre 2021, prot. n. 96626, con la quale la società IC. aveva chiesto notizie sullo stato del procedimento, comunicando il preavviso di archiviazione dell'istanza per carenza di interesse, stante che la società non aveva dato seguito alla richiesta prot. n. U2536 del 28 maggio 2019, di integrazione documentale avanzata dall'ente gestore della Riserva Naturale Orientata Biviere di (omissis), trasmessale con nota prot. n. 68379 del 21 giugno 2019; - la società IC., con nota del 29 ottobre 2021, ha confermato il proprio interesse alla conclusione del procedimento amministrativo con un provvedimento espresso, sollecitando anche l'emissione di un eventuale preavviso di diniego al fine di formulare osservazioni. Con successiva nota del 29 dicembre 2021, ha invitato il Comune di (omissis), tramite il S.U.A.P., quale soggetto unicamente competente, a concludere l'istruttoria e al rilascio del provvedimento di autorizzazione, negando la necessità della richiesta integrazione documentale - anche perché proveniente dalla LIPU che non sarebbe soggetto titolato a rendere pareri e/o formulare richieste di integrazione documentale - e ribadendo la completezza della pratica già munita di tutti i pareri richiesti per legge e regolamento; in data 14 marzo 2022, ha proposto ricorso avverso il silenzio serbato dal Comune di (omissis), che è stato accolto con sentenza n. 2295 del 14 luglio 2022 della sezione II di questo TAR che ha stabilito che "l'amministrazione è tenuta a provvedere sull'istanza di parte ricorrente, concludendo il relativo procedimento con un provvedimento espresso... impregiudicato il contenuto di tale adottando provvedimento espresso, che potrà essere di accoglimento, di rigetto ovvero d'improcedibilità dell'istanza"; - in data 21 luglio 2022 (v. verbale prot. n. 81705 del 30 luglio 2022), ha avuto luogo un'apposita Conferenza di servizi, giusta convocazione del 30 giugno 2022, prot. n. 71758, del Comune di (omissis), durante la quale sono stati affrontati i punti critici della complessa vicenda procedimentale. In particolare, il Direttore della Riserva Orientata del Biviere di (omissis) riferiva che la documentazione relativa alla VINCA allegata dall'odierna ricorrente non era completa tant'è che era stata richiesta documentazione integrativa con nota prot. n° 68379 del 21 giugno 2019, mai pervenuta; precisava, inoltre, che la VINCA presentata dall'impresa ai sensi dell'art. 4, comma 1, del D.P.R. del 30 marzo 2007 non era sufficiente perché non adeguata al Piano di Gestione dell'anno 2016. Attesa dunque la necessità di ulteriori chiarimenti veniva dato il termine di 15 giorni agli Enti partecipanti per ulteriori approfondimenti e all'impresa istante successivi 15 giorni per eventuali osservazioni; la Commissione ZES, in data 2 agosto 2022, precisava la decorrenza dei termini indicati in esito alla Conferenza di servizi; - l'Ente gestore della Riserva del Biviere, in data 13 agosto 2022, con nota prot. n. U2792, ha dichiarato l'improcedibilità del rilascio del parere preliminare, ribadendo le motivazioni già note a tutte le parti, ossia l'irregolarità dell'urbanizzazione dell'area NORD 2 in area con vincolo ambientale (ZPS e ZSC) senza la previa VINCA e in violazione del D.P.R. 17 gennaio 1995 (Piano di risanamento ambientale); - la società IC., in data 24 agosto 2022, ha inoltrato osservazioni al Comune di (omissis) e alla Commissione ZES competente, contestando la "fedeltà " del verbale prot. n. 81705 del 30 luglio 2022 relativo alla Conferenza di Servizi del 21 luglio 2022 e insistendo nella completezza della documentazione allegata all'istanza prot. n. 17837 del 14 febbraio 2019, con riferimento ai pareri necessari "richiesti sia per Legge che per regolamento" sottolineando che il progetto "è perfettamente rispondente alle attività ammesse alle agevolazioni ZES, come da Piano di Sviluppo Strategico"; - il Commissario ZES per la Sicilia Orientale, in data 2 settembre 2022, ha invitato formalmente il Comune di (omissis) ad esprimere e comunicare il parere sullo screening di VINCA - Valutazione di incidenza I, entro e non oltre il 12 settembre 2022, al fine della conclusione del procedimento con l'emissione del provvedimento di competenza commissariale; - il Comune di (omissis) con nota prot. n. 93943 del 12 settembre 2022, trasmessa con nota prot. n. 94513 del 14 settembre 2022, ha espresso il "parere di improcedibilità con archiviazione del procedimento" per l'approvazione del progetto di che trattasi, con ampia motivazione; - il Commissario ZES per la Sicilia Orientale, in data 15 settembre 2022, con nota prot. n. 220915U032 (v. del fascicolo del ricorso nrg 471/2022, definito con la richiamata sentenza n. 2295 del 14 luglio 2022) dopo avere chiarito l'iter della vicenda con specifico riferimento ai contenuti del provvedimento ora impugnato, è giunto alla medesima conclusione ivi espressa dal Comune di (omissis), nei seguenti termini: "si desume, fino ad un mancato riscontro e in assenza di ulteriori chiarimenti, l'impossibilità generale e diffusa dell'Area Nord 2 di ricevere nuovi insediamenti produttivi, anche in assenza di soglie di cumulo predeterminate, il che impedisce lo svolgimento dell'attività istituzionale nella suddetta Zona economica speciale, inibendo anche ogni attività procedimentale sia per le domande di insediamento già presentate al Comune che per ogni nuova domanda da presentare allo Sportello unico digitale (S.U.D. Z.E.S)"; - la ricorrente IC., in data 1° marzo 2023, ha trasmesso la domanda con i relativi allegati, già presentata al Comune di (omissis), al Commissario ZES tramite lo Sportello Unico Digitale per le ZES; - il Commissario ZES per la Sicilia Orientale, il 29 marzo 2023, ha chiesto all'Assessore regionale per le attività produttive di convocare un tavolo tecnico con gli Enti competenti avente a oggetto le problematiche ambientali dell'area Z.E.S. nel Comune di (omissis)- Area Nord 2; - la ricorrente IC., in data 5 aprile 2023, nell'ambito del giudizio avverso il silenzio conclusosi con la sentenza n. 2295 del 22 giugno 2022, ha dichiarato il venir meno dell'interesse al compimento dell'attività sostitutiva da parte del Commissario ad acta, poiché la particella in cui ricade il progetto di realizzazione dell'opificio, rientra nell'ambito delle zone ammesse ai benefici della zona ZES (e, dunque, nel Piano delle opere strategiche - Zone Economiche Speciali), sicché ha presentato la medesima istanza direttamente alla competente Commissione ZES (istanza del 1° marzo 2023); - il Commissario ZES per la Sicilia Orientale, il 3 maggio 2023, ha comunicato alla società IC. che il Comune di (omissis) competente al rilascio del parere sullo screening di VINCA - Valutazione di incidenza I, non ha trasmesso quanto di sua competenza entro i termini normativamente previsti e la ha invitata ad attivare ai sensi dell'art. 1, comma 3, l.r. n. 22/2007 e dell'art. 8 dell'allegato 1 al D.A. n. 36/2022, l'intervento sostitutivo dell'Assessorato Regionale del Territorio e dell'Ambiente - Dipartimento ambiente, al fine dell'adozione del parere nei termini di legge ridotti di un terzo, così come previsto dall'art. 5 del D.l. n. 91/2017; - la ricorrente IC., il 15 maggio 2023, ha presentato la richiesta di intervento sostitutivo all'Assessorato Regionale del Territorio e dell'Ambiente per il rilascio del parere sullo studio di valutazione d'incidenza per il progetto di realizzazione dell'opificio ai sensi dell'art. 1, comma 3, della L.R. n. 13/2007 e dell'art. 8 dell'allegato 1 al D.A. n. 36/2022, nei termini di legge ridotti di un terzo in conformità a quanto previsto dall'art. 5 del D.L. n. 91/2017; - con il D.A. n. 237 del 29 giugno 2023, sono state introdotte nuove norme per le procedure di VINCA che hanno sostituito le precedenti di cui al D.A. n. 36 del 2022, mantenendo gli istituti del parere preliminare non vincolante dell'Ente Gestore (art. 6) e del parere motivato obbligatorio e vincolante rilasciato dall'Autorità competente (art. 9), da rilasciarsi entro i termini ivi previsti rispettivamente di 30 e 60 giorni, nonché dell'intervento sostitutivo presso l'Assessorato Regionale del Territorio e dell'Ambiente, Dipartimento dell'Ambiente (art. 8); - l'Assessorato Regionale del Territorio e dell'Ambiente, con nota prot. n. 15421 del giorno 11 marzo 2024, ha comunicato alla società IC. l'irricevibilità della richiesta formulata con nota del 15 maggio 2023, prot. DRA n. 37494 del 23 maggio 2023, al fine dell'attivazione della procedura di Valutazione di incidenza ex art. 5 del D.P.R. n. 357/96 e s.m.i., secondo le modalità stabilite dal D.A. n. 36 del 14 febbraio 2022, e s.m.i., Allegato I, in quanto a far data dal 15 novembre 2019, l'unico mezzo per l'inoltro delle istanze relative alle valutazioni ambientali era il Portale Valutazioni Ambientali; - la società IC., il 27 marzo 2024, ha quindi riproposto la domanda al prot. n. 20154 tramite l'apposito Portale Valutazioni Ambientali. C) Dalla superiore ricostruzione dei punti salienti della vicenda amministrativa di che trattasi, emerge che il procedimento oggetto del giudizio avverso il silenzio del Comune di (omissis), deciso con la citata sentenza n. 2295 del 14 luglio 2022, non è stato concluso in via sostitutiva dal Commissario ad acta nominato da questo Tribunale, per espressa rinuncia della stessa impresa ricorrente che ha dato impulso all'avvio di un nuovo procedimento mediante la presentazione della medesima domanda con i relativi allegati, in data 1° marzo 2023, al Commissario ZES tramite lo Sportello Unico Digitale per le ZES Sicilia Orientale. Tale procedimento è in itinere, così come in connesso sub procedimento avviato il 27 marzo 2024 tramite l'apposito Portale Valutazioni Ambientali a causa dell'inerzia del Comune di (omissis) nel rilascio del parere sullo screening di VINCA - Valutazione di incidenza I, per l'intervento sostitutivo dell'Assessorato Regionale del Territorio e dell'Ambiente - Dipartimento ambiente. Ne consegue che è sul futuro esito del predetto procedimento che si è concentrato l'interesse della società ricorrente rispetto al bene della vita anelato (rilascio del titolo edilizio) e che l'interesse che residua alla decisione dell'odierna domanda impugnatoria è limitato allo scrutinio della fondatezza della domanda di indennizzo e di condanna al risarcimento del danno nei confronti del Comune di (omissis) rispetto al primo procedimento, dovendosi ribadire che il bene della vita anelato è il medesimo sottostante al secondo procedimento, ancora in fase istruttoria. D) Ciò puntualizzato, la domanda impugnatoria è infondata. Non vi sono elementi normativi o fattuali per porre in discussione, così come invece è sostenuto da parte ricorrente, che la Riserva Naturale Biviere di (omissis), istituita con D.A. n. 585/44 del 1° settembre 1997, è stata, senza soluzione di continuità, affidata, in qualità di Ente Gestore, alla LIPU Bird Life Italia - Ente morale riconosciuto con D.P.R. n. 151 del 6 febbraio 1985, pubblicato sulla G.U. del 27 aprile 1985 (v. statuto dell'Ente) - per tutelare il più grande lago naturale costiero della Sicilia che costituisce a livello internazionale una delle più importanti zone di sosta e svernamento per numerose specie di uccelli migratori (Sito Natura 2000 ZSC ITA050001 Biviere Macconi di (omissis), ZPS Torre Manfria, Biviere e Piana di (omissis)) e che in tale qualità di Ente Gestore, e non di semplice Associazione ambientalista, la LIPU era tenuta a rendere il parere preliminare non vincolante espressamente imposto dall'art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 ("Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche"), secondo il quale " La valutazione di incidenza di piani o di interventi che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione ricadenti, interamente o parzialmente, in un'area naturale protetta nazionale, come definita dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, è effettuata sentito l'ente di gestione dell'area stessa" (comma 7). Analogamente disponeva il decreto dell'Assessore del Territorio e dell'Ambiente, n. 30 del 30 marzo 2007 ("Prime disposizioni d'urgenza relative alle modalità di svolgimento della valutazione di incidenza ai sensi dell'art. 5, comma 5, del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 e successive modifiche ed integrazioni") il cui art. 2 ("Lettera A - Soggetti proponenti"), prevedeva che "lo studio di impatto ambientale predisposto dal proponente deve contenere gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le finalità conservative dei siti contenute nel D.P.R. n. 357/1997 e successive modifiche ed integrazioni, facendo riferimento agli indirizzi di cui all'Allegato 2 al presente decreto" (punto c) e che "Qualora un piano/progetto/intervento interessi pSIC, SIC, ZSC, ZPS ricadenti, interamente od in parte, in un'area naturale protetta, come definita dalla legge regionale 6 agosto 1991, n. 98 e successive modifiche ed integrazioni, la valutazione di incidenza é effettuata previo parere dell'ente di gestione dell'area stessa" (punto e); il successivo punto f) stabiliva che "Il proponente presenta l'istanza per il parere preventivo, di cui al superiore comma 5, direttamente all'ente gestore, corredata della documentazione di cui alla lett. B) del presente articolo. L'ente gestore, entro il termine perentorio di giorni 30 dalla ricezione, trasmette l'istanza al dipartimento regionale territorio e ambiente, corredata di apposito parere non vincolante, dandone comunicazione all'istante" (ndr. per effetto dell'art. 1 della legge regionale 8 maggio 2007, n. 13, le determinazioni sulle valutazioni di incidenza, previste dall'articolo 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, sono state attribuite ai comuni nel cui territorio insistono i siti SIC e ZPS). La disposizione in esame indicava poi la documentazione necessaria da allegare alla domanda ("lettera B-documentazione") e la tempistica procedimentale ("Lettera C - Tempi del procedimento"), specificando che "1) Il procedimento di cui al D.P.R. n. 357/1997 e successive modifiche ed integrazioni, si conclude con il giudizio di valutazione di incidenza che viene reso entro il termine di 120 giorni dalla data di presentazione dell'istanza, completa della documentazione di cui alla lett. B) del presente articolo, da parte del proponente all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente (ndr. al Comune competente, nel caso di specie il Comune di (omissis)). (...) 3) La struttura competente in materia di valutazione di incidenza verifica la completezza della documentazione trasmessa richiedendo, nel caso, gli atti mancanti, che dovranno essere trasmessi entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta da parte del proponente, pena l'archiviazione della pratica. 4) La struttura competente può richiedere integrazioni una sola volta, in tal caso il termine riprende a decorrere dalla data in cui le integrazioni pervengono al servizio. 5) Qualora il piano/progetto/intervento interessi pSIC, SIC, ZSC, ZPS e ricade, interamente, in un'area naturale protetta ai sensi della vigente legislazione regionale, l'ente gestore dovrà esprimere l'apposito parere entro il termine perentorio di 30 giorni dal ricevimento dell'istanza. (...)". La previsione di tale parere è stata mantenuta dal decreto dell'Assessore del Territorio e dell'Ambiente, n. 36 del 14 febbraio 2022 ("Adeguamento del quadro normativo regionale a quanto disposto dalle Linee guida nazionali sulla valutazione di incidenza (VIncA) ed abrogazione dei decreti 30 marzo 2007 e 22 ottobre 2007") il cui art. 6 ("Parere preliminare"), prevedeva che l'autorità competente, dopo avere "sentito" l'Ente gestore dell'Area Naturale Protetta, esprime il proprio parere obbligatorio motivato e vincolante ai sensi dei successivi artt. 9 ("Valutazione di Incidenza Livello I - Screening") e 10 ("Valutazione di Incidenza Livello II - Valutazione appropriata") nei modi e tempi descritti nell'art. 8 ("Tempi del procedimento") ossia "entro il termine 60 giorni dalla presentazione dell'istanza...amministrativamente completa della documentazione richiesta per il livello che si intende attivare" (commi 1 e 2); la richiesta di documenti comporta l'interruzione del termine e il decorso del nuovo termine di 60 giorni dopo l'avvenuta integrazione (comma 3). L'ultimo comma dell'art. 6 disciplinava la facoltà del proponente di attivare l'intervento sostitutivo presso l'Assessorato regionale del Territorio e dell'Ambiente, nell'ipotesi di inerzia dell'Ente competente, come disposto dall'art. 1, comma 3, della legge regionale 8 maggio 2007, n. 13. L'autorità competente poteva quindi esprimere il parere di Vinca positivo o negativo (art. 9, comma 5, lettere a) e b), ma "in ogni caso ferma la possibilità di archiviare l'istanza, nei termini usuali del procedimento amministrativo, per improcedibilità determinata dal mancato riscontro alla richiesta di integrazione documentale o da carenza dei contenuti di merito, non colmate a seguito di richiesta di integrazione" (comma 6). Il D.A. n. 237 del 29 giugno 2023, con il quale sono state introdotte nuove norme per le procedure di VINCA che hanno sostituito le precedenti di cui al D.A. n. 36 del 2022, ha mantenuto gli istituti del parere preliminare non vincolante dell'Ente Gestore (art. 6) e del parere motivato obbligatorio e vincolante rilasciato dall'Autorità competente (art. 9), da rilasciarsi entro i termini ivi previsti rispettivamente di 30 e 60 giorni, nonché dell'intervento sostitutivo presso l'Assessorato Regionale del Territorio e dell'Ambiente, Dipartimento dell'Ambiente (art. 8). Alla stregua di tale quadro normativo, va subito osservato che non appare utile ai fini dello scrutinio della legittimità degli atti impugnati il richiamo di parte ricorrente ad un'asserita competenza in materia di VINCA, e in particolare nel caso di specie, della Commissione di Valutazione SIC/ZPS istituita dal Comune di (omissis) con determinazione sindacale n. 48 del 9 giugno 2016 e rinnovata nei suoi componenti con la successiva n. 69 del 18 settembre 2020, posto che la funzione di tale organo è meramente consultiva in materia di valutazione di progetti ed interventi in zona SIC e ZPS ma non è obbligatoria e vincolante, o addirittura alternativa, al fine del rilascio dei pareri dell'Autorità competente e dell'Ente Gestore, così come previsti dalle norme sopra richiamate; sotto tale profilo le doglianze di parte ricorrente sono dunque infondate. E) Alla luce della superiore ricostruzione normativa e tenuto del complessivo svolgersi della vicenda, sotto il profilo formale, l'impugnato "parere di improcedibilità con archiviazione del procedimento", prot. n. 93943 del 12 settembre 2022, trasmesso con nota prot. n. 94513 del 14 settembre 2022, appare logicamente conseguenziale alla scelta dell'impresa ricorrente di non ottemperare alla richiesta di integrazione documentale formulata già con la nota prot. n. 68379 del 21 giugno 2019 dal SUAP che aveva fatto propria la richiesta motivata prot. n. U2536 del 28 maggio 2019 proveniente dall'ente gestore della Riserva Naturale Orientata, Biviere di (omissis) (LIPU), competente a rilasciare parere interlocutorio ai sensi art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 e dagli allora vigenti citati decreti dell'Assessore per il Territorio e Ambiente del 30 marzo 2007 e del 22 ottobre 2007, e coerente con la nota del 18 ottobre 2021, con la quale il SUE del Comune di (omissis) aveva comunicato alla società IC. il preavviso di archiviazione a causa dell'omessa integrazione documentale. Soltanto con la nota del 29 dicembre 2021, trascorsi due anni e mezzo dalla richiesta istruttoria del SUAP, l'impresa ricorrente ha formalmente invitato il Comune di (omissis), tramite il S.U.A.P., a concludere l'istruttoria e al rilascio del provvedimento di autorizzazione, negando la necessità della richiesta integrazione documentale e ipotizzando la responsabilità dell'Amministrazione comunale per il grave ritardo nella definizione del procedimento amministrativo, inquadrabile nelle richieste di danno da "mero ritardo" ovvero da "affidamento procedimentale mero". Anche sotto il profilo sostanziale, le motivazioni di merito dell'archiviazione disposta dal Comune di (omissis), in data 21 giugno 2019, con nota prot. n. 68379, che sono quelle espresse con la nota prot. n. U2536 del 28 maggio 2019, dall'ente gestore della Riserva Naturale Orientata Biviere di (omissis) - che ha affermato la necessità di integrazione documentale ai fini del rilascio del parere ai sensi dell'art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 e s.m.i. e ai sensi del Decreto dell'Assessore Territorio e Ambiente del 30 marzo 2007 e del 22 ottobre 2007, osservando che "il progetto manca degli allegati, autorizzazioni necessarie (...) è ubicato in un'area urbanizzata NORD 2, incompatibile con il pdg, incompatibile con il DPR del 17 gennaio 1995 (Piano di Risanamento ambientale) e in un sito sotto indagine della Commissione Europea EU PILOT6730/14/ENVI per violazione della direttiva Habitat 92/43/CE (..) e con il Piano di Gestione fino a quando la Regione Siciliana non compenserà i danni arrecati alle zone umide" - sono state coerentemente, e con ampia motivazione, ribadite dall'Ente gestore della Riserva del Biviere, in data 13 agosto 2022, con nota prot. n. U2792, che ha dichiarato l'improcedibilità del rilascio del parere preliminare. In continuità a tale valutazione, e in assenza di fatti sopravvenuti, il Comune di (omissis), con atto prot. n. 93943 del 12 settembre 2022, ha espresso il "parere di improcedibilità con archiviazione del procedimento" con ampia motivazione incentrata sui i già evidenziati profili critici di merito: innanzitutto, l'avvenuta urbanizzazione dell'Area Nord 2/(omissis), realizzata nel 2000, ove insiste il lotto assegnato all'impresa IC., in assenza della VINCA ex art. 5 del D.P.R. n. 357/1997 e incompatibile con il Piano di Risanamento ambientale approvato con il D.P.R. 17 gennaio 1995, così come rilevato dall'Ente Gestore della riserva del Biviere; vengono quindi richiamate le vicende amministrative che hanno interessato la zona anche con riferimento alle violazioni delle Direttive comunitarie riferite ai siti di rete Natura 2000 del territorio di (omissis), contestate dalla Commissione Europea. In secondo luogo, il contrasto dell'intervento proposto con il Piano di Gestione delle aree di rete Natura 2000 del territorio di (omissis) approvato con D.D.G. n. 465 del 31 maggio 2016. Sotto il profilo della completezza documentale, è ribadita la già evidenziata (a partire dal 2019) incompletezza e inadeguatezza della scheda di screening secondo l'allegato I del DA n. 36 del 14 febbraio 2022, rispetto alle criticità presenti nell'area e l'assenza di riferimento al Piano di Gestione delle aree di rete Natura 2000 del territorio di (omissis) approvato con D.D.G. n. 465 del 31 maggio 2016; si indica infine l'omessa allegazione dei files geo referenziati dell'intervento, del format supporto screening Vinca proponente (all.2 DA n. 36 del 2022), la pubblicazione dell'avviso e il versamento ex art. 91 della l.r. n. 9 del 2015; la carenza della specifica Valutazione di Incidenza Ambientale ex art. 5 del D.P.R. n. 357/1997, per l'opera di che trattasi, sia, a monte, della VINCA relativa all'area NORD 2 di (omissis) finalizzata alla valutazione dell'incidenza ambientale dell'insieme delle opere che verrebbero realizzate sull'intera area, la cui mancanza renderebbe invalide le successive autorizzazioni delle singole opere con VINCA limitate a piccole frazioni dell'intera area. A fronte di tale motivata valutazione, parte ricorrente, invece, non ha dimostrato l'adeguatezza della documentazione presentata mediante la specifica contestazione della superfluità degli atti indicati come omessi dalle Amministrazioni, ma ha tentato di contestare a monte la valenza giuridica degli atti di Pianificazione nella cui cornice la VINCA deve essere compiuta dagli organi e soggetti che intervengono a vari livelli e per quanto di rispettiva competenza. Ciò avvalora la ragionevolezza della valutazione delle Amministrazioni che hanno reputato la questione della mancanza della VINCA relativa all'intera area NORD 2 di (omissis) propedeutica alla definizione del procedimento autorizzatorio di che trattasi: sarebbe abnorme che le Amministrazioni coinvolte prescindessero dallo scrutinio di conformità del progetto al Piano di gestione delle aree di rete natura 2000 del territorio di (omissis), approvato con D.D.G. n. 465 del 31 maggio 2016 e al Piano di Risanamento ambientale approvato con il D.P.R. 17 gennaio 1995, proprio per la loro natura generale e programmatica in materia di tutela ambientale e perché tale scrutinio è comunque imposto dalle norme succedutesi in materia di VINCA, sopra richiamate. Appare perciò infondata in fatto l'affermazione di parte ricorrente secondo cui non ci sarebbero state osservazioni o richieste di integrazione sulla VINCA, e che in mancanza di diverse limitazioni urbanistiche la fase istruttoria deve ritenersi conclusa; al contrario, al fine della necessità di approfondimento e superamento delle criticità rilevate, appare ragionevole la scelta del Comune di (omissis) di indire un'apposita conferenza di servizi. La domanda di annullamento degli atti impugnati va perciò rigettata. F) Entrambe le domande di risarcimento del danno da ritardo e di indennizzo per mancata conclusione del procedimento nei termini di legge, avanzate nei confronti del Comune di (omissis), sono infondate e ciò consente di prescindere dalla scrutino delle eccezioni preliminari sollevate ex adverso circa l'ammissibilità della loro proposizione (decadenza). La ricorrente impresa ha indicato le seguenti voci di danno asseritamente derivanti dal ritardo nella conclusione del procedimento: 1. ai sensi dell'art. 2-bis, comma 1-bis, della Legge n. 241 del 1990, il danno da "affidamento procedimentale mero" poiché oltre all'inerzia amministrativa, protrattasi oltre i tempi normativamente previsti, si sarebbe affiancato un contegno complessivamente affidante in precedenza serbato dalla P.A., che prescinderebbe dalla spettanza in concreto del "bene della vita" e deriverebbe dalla sola lesione dell'aspettativa a un procedimento amministrativo corretto e congruo, da concludersi entro tempi ragionevoli secondo i canoni di correttezza e buona fede sanciti dall'art. 1337 del c.c.; 2. incremento dei costi di costruzione; 3. perdita di chance (mancata stipulazione di un contratto per l'utilizzazione del capannone da edificare); 4. perdita dei benefici economici ZES. G) Quanto alla domanda di risarcimento dei danni di cui ai numeri 2, 3 e 4 (asseritamente) patiti in conseguenza del silenzio e del ritardo nel provvedere dell'Amministrazione resistente, la sua infondatezza discende sia dall'accertata legittimità degli atti impugnati, sia dal fatto che, in disparte ogni questione sulla prova del danno allegato dalla Società ricorrente, manca, nella fattispecie per cui è causa, la prova della spettanza del bene della vita, ossia della conclusione favorevole del procedimento sulla proposta progettuale oggetto di lite che, com'è già detto, non risulta in atto conseguito ma neanche perso definitivamente poiché è in itinere il nuovo procedimento in esito al quale la predetta spettanza potrà essere riconosciuta o meno. Per giurisprudenza granitica, infatti, il risarcimento del danno da ritardo, relativo ad un interesse legittimo pretensivo, non è legato al mero ritardo ma è subordinato alla dimostrazione che l'aspirazione al provvedimento sia destinata ad esito favorevole e quindi alla dimostrazione della spettanza definitiva del bene della vita collegato a tale interesse (cfr. Cons. Stato, sez. III, 15 gennaio 2024, n. 514). Sulla questione, è altrettanto consolidato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui il risarcimento del danno per il silenzio illegittimamente serbato dall'Amministrazione su un'istanza del privato equivale al risarcimento di un danno per ritardo nel provvedere e come tale non può essere accordato se non viene dimostrata la c.d. spettanza del bene della vita, ovvero se non si dimostra che, con ragionevole probabilità, l'Amministrazione avrebbe dovuto accogliere l'istanza del privato, sulla quale non ha provveduto, e accordargli così il bene della vita con essa richiesto (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 5 gennaio 2023 n. 175; Cons. Stato, Sez. VI, 20 luglio 2022 n. 6322). H) Riguardo alla domanda di condanna del Comune di (omissis) all'indennizzo di cui all'art. 2-bis, comma 1-bis, della Legge n. 241 del 1990, quale danno da "affidamento procedimentale mero", va osservato che il predetto art. 2 bis (dedicato alle "Conseguenze per il ritardo dell'amministrazione nella conclusione del procedimento"), come introdotto dalla L. n. 69 del 2009 e successivamente modificato dal D.L. n. 69 del 2013, convertito con modificazioni in dalla L. n. 98 del 2013, prevede due distinti strumenti di tutela per il "ristoro" del "danno da ritardo": oltre al "risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento" (comma 1), è riconosciuto l'"indennizzo per il mero ritardo" per il "caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento ad istanza di parte, per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi", al quale l'interessato ha diritto "alle condizioni e con le modalità stabilite dalla legge o, sulla base della legge, da un regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della L. 23 agosto 1988, n. 400". Sono dunque riconosciute al privato danneggiato dal ritardo della P.A. due azioni concorrenti tra loro, una avente ad oggetto il risarcimento del danno vero e proprio e l'altra relativa all'indennizzo per il "mero" ritardo. Le due azioni dipendono da un medesimo presupposto in fatto, ossia la violazione del termine di conclusione del procedimento e condividono la medesima finalità compensativa dato che l'importo dell'indennizzo, ove riconosciuto dal giudice, va detratto da quello del risarcimento, escludendosene dunque la cumulatività, (cfr. anche Adunanza Plenaria, sentenza 1/2018, punto 6.3.2), differenziandosi solo quanto a presupposti ed ambito oggettivo dell'illecito risarcibile. Va subito precisato che nonostante il legislatore abbia utilizzato il termine "indennizzo", tale ristoro monetario presuppone comunque il compimento di una attività illegittima della P.A., consistente nella violazione di un termine cogente. La natura compensativa (e non automatica) dell'indennizzo di cui all'art. 2 bis della l. 241/90 e la circostanza che esso sia configurato quale rimedio ad una attività illegittima della P.A., ostano, dunque, a ritenere che il relativo diritto sorga solamente in consegua automatica della violazione del termine per provvedere ossia a prescindere dalla sussistenza di una lesione ad un interesse meritevole di tutela ulteriore e distinto da quello alla tempestiva conclusione del procedimento. Il suo riconoscimento dunque presuppone la dimostrazione della sussistenza di un pregiudizio nel ritardo della conclusione del procedimento ulteriore e distinto rispetto al "bene tempo". Attesa quindi l'evidente unitarietà dell'area dell'illecito e dunque del presupposto oggettivo sia del risarcimento ex comma 1, sia dell'indennizzo da ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo ex comma 1-bis, deve perciò affermarsi che l'art. 2 bis della l. 241/90 distingue, entro il perimetro del danno risarcibile, una fattispecie di liquidazione semplificata per i pregiudizi riconducibili alla lesione di interessi non patrimoniali. La norma ripartisce i mezzi di tutela riservando all'azione di risarcimento del danno l'ordinario ristoro del pregiudizio patrimoniale (o patrimonialmente valutabile) che l'interessato subisce dal ritardato beneficio dipendente dall'azione della PA (con conseguente onere della prova a carico del danneggiato sia del pregiudizio che del suo ammontare, della sua riferibilità al ritardo, e della sussistenza della colpa o del dolo dell'Amministrazione nel non aver provveduto nei termini dovuti) e demandando all'indennizzo, strumento più agevole e di pronta liquidazione, la tutela della sfera non patrimoniale dell'interesse del richiedente, così che il danneggiato dovrà solo allegare il ritardo e la sussistenza dell'interesse leso. Secondo tale prospettiva, nel caso di specie, va tuttavia riconosciuta una ragionevole "giustificabilità " del ritardo nella conclusione del procedimento, alla stregua del comportamento procedimentale delle parti sopra descritto. Infatti, ritiene il Collegio che, tenendo conto della normativa succedutasi nel corso del procedimento, dei vari provvedimenti emanati e dell'attribuzioni di funzioni ad autorità amministrative diverse nel tempo, oltre che del comportamento della stessa ricorrente, il Comune di (omissis) non abbia colpevolmente omesso di pronunciarsi in modo tempestivo sulle istanze presentate dalla società ricorrente, per due ragioni: in primo luogo, perché il parere preliminare dell'Ente Gestore della Riserva del Biviere era espressamente previsto dalla legge e dai Decreti assessoriali sopra richiamati; in secondo luogo, e in ogni caso, perché tale parere è stato fatto proprio dal Comune di (omissis) che, in assenza dell'integrazione documentale richiesta alla società istante, ha con motivazione non irragionevole disposto l'archiviazione del procedimento, così come previsto dalle normative vigenti. In altri termini, il ritardo dell'Ente, alla luce dell'andamento dei fatti e del comportamento delle parti, non può ricondursi ad una ordinaria forma di cattiva amministrazione o inerzia (come tale da rimproverare sempre), ma ad una modalità di gestione di un interesse collettivo non illegittima ma ritardata da circostanze obbiettivamente non di semplice o agevole ricostruzione, sufficienti ad escludere una responsabilità risarcitoria o indennitaria. Nel caso di specie, peraltro, non può essere invocato un danno da "affidamento procedimentale mero", sotto il profilo dell'imputabilità all'amministrazione della violazione dell'affidamento riposto dal privato nella correttezza dell'azione amministrativa avviata a seguito dell'instaurazione di un'contattò di carattere qualificato. In tale ottica, il contatto tra privato e pubblica amministrazione va inteso quale fatto idoneo a produrre obbligazioni in conformità dell'ordinamento giuridico (art. 1173 c.c.), con conseguente emersione di reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione (artt. 1175, 1176 e 1337 c.c.). Il ritardo, cioè, non assume rilievo risarcitorio autonomo, ma in quanto elemento indicativo e, in qualche misura, costitutivo del comportamento affidante che ne è conseguito (cfr. Cons. Stato, sez. II, 17 febbraio 2021, n. 1448). Nel caso di specie, non è ravvisabile alcun affidamento qualificato dell'impresa ricorrente da ricondurre quale elemento dell'invocata responsabilità da contatto sociale qualificato, alla stregua della quale, non diversamente da quanto accade nei rapporti tra privati, anche per la P.A., le regole di correttezza e buona fede, che non necessariamente inficiano la validità del provvedimento finale, trasmodano in canoni di valutazione del comportamento complessivamente tenuto, quale fondamento della predetta responsabilità . L'invocata responsabilità del Comune di (omissis) per il presunto danno "da affidamento procedimentale mero", intendendosi per tale quello cagionato "attraverso" la gestione procedimentale, anche in relazione alla sua eccessiva protrazione, presupporrebbe, in tale prospettiva, un contegno complessivamente affidante, verso un esito favorevole al privato, in precedenza serbato dall'amministrazione comunale che nel caso di specie è stato sin dall'avvio del procedimento chiaramente di segno opposto: le reiterate richieste interlocutorie del Comune resistente anche quando mutuate dall'Ente gestore della Riserva, in quanto meri atti endoprocedimentali, non cagionavano ex se una qualche lesione alla sfera giuridica del privato ovvero un arresto procedimentale in senso proprio, né hanno rappresentato sintomi della possibile scorrettezza comportamentale dell'Amministrazione procedente; al contrario, valutate nel loro insieme appaiono al Collegio l'esternazione di una volontà di differimento della pratica comprensibile in termini motivazionali dettata dalla complessità di valutazioni tecnico - discrezionali in materia di tutela ambientale a fronte di una non chiara ripartizione di competenze e attribuzioni tra i distinti soggetti e organi coinvolti quali il Comune medesimo (al suo interno, il SUAP e il SUE) e la Regione Siciliana (al suo interno, l'Assessorato Territorio e Ambiente, il Commissario Straordinario del Governo -ZES Sicilia Orientale, la Riserva Naturale Orientata del Biviere di (omissis)) in base a norme modificate nel tempo e diverse per rango, e provvedimenti di pianificazione generale, non sempre di agevole interpretazione e coordinamento. Di particolare rilevanza appare la criticità della questione ambientale, subito segnalata dall'Ente Gestore con la nota prot. n. U2536 del 28 maggio 2019, secondo cui, al di là della mancanza degli allegati e delle autorizzazioni necessarie, il progetto edilizio della ricorrente è "ubicato in un'area urbanizzata NORD 2, incompatibile con il pdg, incompatibile con il DPR del 17 gennaio 1995 (Piano di Risanamento ambientale) e in un sito sotto indagine della Commissione Europea EU PILOT6730/14/ENVI per violazione della direttiva Habitat 92/43/CE (..) e con il Piano di Gestione fino a quando la Regione Siciliana non compenserà i danni arrecati alle zone umide.". Si tratta di profili attinenti alla tutela di interessi pubblici ritenuti rilevanti nel bilanciamento con l'interesse della società istante, ribaditi dall'Ente Gestore in seno all'apposita Conferenza di servizi del 21 luglio 2022 (v. verbale prot. n. 81705 del 30 luglio 2022) indetta dal Comune di (omissis), e dal Commissario del Governo ZES - Sicilia Orientale con la nota prot. n. 220915U032 del 15 settembre 2022 (v. del fascicolo del ricorso nrg 471/2021, definito con la richiamata sentenza n. 2295 del 14 luglio 2022) inoltrata al Comune di (omissis), all'IRSAP e all'Assessorato regionale Territorio e Ambiente, oltre che per conoscenza, tra altri, anche alla società ricorrente. Non può dunque dubitarsi che tale problematicità ambientale indicata dall'Ente Gestore della Riserva del Biviere attraverso la prima richiesta di integrazione documentale del 28 maggio 2019 e poi quale causa dell'improcedibilità del rilascio del parere preliminare dichiarata con la nota prot. n. U2792 del 13 agosto 2022, sia stata condivisa dal Comune di (omissis) e dalla Regione siciliana, attraverso gli organi competenti, e resa manifesta alla società ricorrente sin dall'avvio del procedimento. Il contegno complessivamente assunto dal Comune di (omissis) attraverso atti amministrativi di inequivocabile contenuto di cautela e dichiarata necessità di approfondimento istruttorio, così come quello assunto dalla ricorrente di negazione aperta di collaborazione rispetto alle criticità emerse ab origine, evidenziano, quanto meno, la consapevolezza di quest'ultima dello sviluppo tutt'affatto celere e favorevole della pratica, con conseguente preclusione della configurabilità di un'azione di tipo risarcitorio/indennitario "da affidamento procedimentale mero", intendendosi per tale quello cagionato "attraverso" il procedimento istruttorio, anche in relazione alla sua eccessiva protrazione. I) In ogni caso, la pretesa dell'impresa ricorrente all'indennizzo del "ritardo mero", è infondata, sotto un'ulteriore profilo: non ricorrono, infatti, le condizioni alle quali l'art. 2-bis, c. 1-bis, della L. n. 241 del 1990 subordina il riconoscimento di tale indennizzo. In proposito occorre rilevare che, ai sensi dell'art. 28, comma 2, del D.L. n. 69 del 2013, al fine di ottenere l'indennizzo da mero ritardo, l'istante è tenuto ad azionare il potere sostitutivo previsto dall'art. 2, comma 9 bis, della L. n. 241 del 1990 e s.m.i. entro il termine di 20 giorni dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. Tale termine per attivare il potere sostitutivo è perentorio. Nella specie il potere sostitutivo non è stato mai attivato, tenuto conto che a fronte di un procedimento avviato il 14 febbraio 2019, la società ricorrente soltanto con nota del 29 dicembre 2021, ha invitato il Comune di (omissis), tramite il S.U.A.P., a concludere l'istruttoria e al rilascio del provvedimento di autorizzazione, negando la necessità della richiesta integrazione e ribadendo la completezza della pratica già munita di tutti i pareri richiesti per legge e regolamento, allorquando il termine di conclusione del procedimento era scaduto nel giugno del 2021, così come affermato dalla ricorrente stessa. L) La domanda risarcitoria/indennitaria, pertanto, va integralmente respinta. M) Le spese di lite seguono la soccombenza dell'impresa ricorrente e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo a favore del Comune di (omissis). Nulla va disposto in merito nei confronti dell'Istituto per Lo Sviluppo delle Attività Produttive - IRSAP, non costituitosi in giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Condanna l'impresa ricorrente al pagamento delle spese di lite a favore del Comune di (omissis) che liquida nella misura di Euro 2.000,00 (euro duemila/00) oltre accessori di legge se dovuti. Nulla per le spese nei confronti dell'Istituto per Lo Sviluppo delle Attività Produttive - IRSAP. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2024 con l'intervento dei magistrati: Francesco Bruno - Presidente Anna Pignataro - Consigliere, Estensore Giulia La Malfa - Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 837 del 2021, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Gi. Ai., con domicilio fisico eletto presso il suo studio in (...), via (...) e con domicilio digitale ex lege come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero dell'Interno, Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di -OMISSIS-, in persona dei rispettivi legali rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, presso i cui uffici domiciliano in Catania, via (...); per l'annullamento - del decreto prefettizio del 25/3/2021, notificato all'interessato in data 29/3/2021, nella parte in cui dispone la revisione della patente di guida; - del decreto prefettizio del 12/4/2021, notificato all'interessato in data 12/4/2021, con cui è stata reiterata la revisione della patente di guida, ai sensi dell'art. 128 c.d.s., con conseguente ordine di sottoposizione a visita presso la commissione medica locale, ai sensi dell'art. 119, comma 4 c.d.s.; - di ogni atto presupposto, consequenziale e comunque connesso, ancorché non conosciuto; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno, Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di -OMISSIS-; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.; Relatore nell'udienza straordinaria dedicata allo smaltimento dell'arretrato del giorno 1 luglio 2024, svoltasi con le modalità di cui all'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm. (novellato dall'art. 17, comma 7, lett. a), n. 6, del decreto legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113), il dott. Giovanni Giuseppe Antonio Dato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Con ricorso notificato e depositato in data 22 maggio 2021 il deducente ha rappresentato quanto segue. Con decreto 25 marzo 2021, prot. usc. 14342, il Prefetto di -OMISSIS- ha decretato la sospensione cautelare della patente di guida per un anno, dal 19 marzo 2021 (momento del ritiro materiale), e ha ordinato al ricorrente di sottoporsi a visita medica, ai sensi dell'art. 119, comma 4, del codice della strada entro 60 giorni, oltre a disporre la revisione della stessa patente. Avverso detto provvedimento (nonché avverso il decreto di sequestro del veicolo) il deducente ha proposto opposizione, ex art. 6 d.lgs. 150/2011, avanti al Giudice di Pace di Barrafranca, spiegando istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva dei provvedimenti impugnati; il Giudice adito ha accolto l'istanza, con decreto inaudita altera parte del 7 aprile 2021 e contestuale decreto di fissazione dell'udienza di discussione, di talché la Prefettura di -OMISSIS- ha restituito il titolo di guida (e il veicolo) al legittimo proprietario. Dopo aver richiamato i motivi della proposta opposizione, il ricorrente ha rappresentato di essersi rivolto al difensore per comprendere le motivazioni del ritiro della patente e di aver appreso, in tale occasione, delle gravi conseguenze cui era andato incontro. Il ricorrente ha dunque evidenziato di essersi recato, accompagnato dai familiari, presso un laboratorio di -OMISSIS- per documentare l'eventuale assunzione di droghe e/o alcool e di essersi sottoposto ad accertamenti sanitari, intorno alle ore 16:30 del 19 marzo 2021, accertamenti che hanno dato esito negativo, come da certificazione prodotta. Nella serata del 19 marzo 2021 il ricorrente è stato convocato presso la Stazione dei Carabinieri di Barrafranca per la redazione e contestazione del verbale di sequestro del veicolo. Nonostante la sospensione del provvedimento prefettizio del 25 marzo 2021, disposto dal Giudice di Pace di Barrafranca, con decreto del 7 aprile 2021 la Prefettura di -OMISSIS- ha emesso, contestualmente alla restituzione del titolo di guida (avvenuta in data 12 aprile 2021), altro provvedimento di revisione. L'esponente, con l'atto introduttivo del giudizio, ha avanzato le domande in epigrafe. 1.1. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'Interno e la Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di -OMISSIS-, chiedendo il rigetto del ricorso perché inammissibile ed infondato. 1.2. Con ordinanza 30 giugno 2021, n. 383 è stata respinta la domanda cautelare avanzata dalla parte ricorrente. L'appello proposto dalla parte ricorrente avverso la predetta ordinanza è stato respinto (Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., sez. giur., 10 settembre 2021, n. 581). 1.3. In vista della celebrazione dell'udienza di discussione la parte ricorrente ha depositato documenti. 1.4. All'udienza straordinaria dedicata allo smaltimento dell'arretrato del giorno 1 luglio 2024, presente il difensore della parte ricorrente, come da verbale, il Collegio, ai sensi dell'art. 73, comma 3, cod. proc. amm., ha rilevato possibili profili di improcedibilità del ricorso in ragione dell'esito favorevole della visita medica, come riferito, a richiesta, dal difensore della parte ricorrente e ha rilevato, altresì, possibili profili di inammissibilità parziale del ricorso con riferimento al primo provvedimento (del 25 marzo 2021) oggetto della domanda di annullamento, in quanto superato e sostituito dal secondo provvedimento impugnato (del 12 aprile 2021). Dopo la discussione, il ricorso è stato trattenuto in decisione. DIRITTO 1. Il proposto ricorso deve essere dichiarato in parte inammissibile, mentre per la restante parte deve essere dichiarato improcedibile, come da avviso ex art. 73, comma 3, cod. proc. amm.. Ed invero: A) il ricorso è inammissibile per originaria carenza di interesse nella parte in cui è stato avversato (con riferimento alla disposta la revisione della patente di guida) il decreto prefettizio 25 marzo 2021, prot. n. 0011833. Ed invero, il citato decreto prefettizio risulta essere stato "superato", in quanto sostituito, dal successivo decreto prefettizio del 12 aprile 2021, prot. n. 0014342 che ha disposto la revisione della patente di guida (obbligo del deducente di sottoporsi a visita medica collegiale), dopo aver dato atto della sospensione del precedente decreto prefettizio 25 marzo 2021, prot. n. 0011833, giusta ordinanza 8 aprile 2021 del Giudice di Pace di Barrafranca. In conclusione, deve essere dichiarata inammissibile per originaria carenza di interesse la domanda di annullamento proposta dal deducente avverso il provvedimento (decreto prefettizio 25 marzo 2021, prot. n. 0011833) che, prima dell'instaurazione del giudizio, è stato superato e sostituito dal successivo provvedimento (decreto prefettizio del 12 aprile 2021, prot. n. 0014342), dotato di autonoma efficacia lesiva della sfera giuridica del privato e, come tale, idoneo a rendere priva di utilità la pronuncia sull'impugnativa proposta avverso il precedente provvedimento. B) quanto all'impugnazione del decreto prefettizio del 12 aprile 2021, prot. n. 0014342, il Collegio ritiene la stessa improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in ragione dell'esito favorevole della visita medica, come riferito a richiesta del Collegio dal difensore della parte ricorrente. Ed invero, il difensore del deducente ha rappresentato l'avvenuto positivo superamento della visita medica, sicché non residua alcun interesse alla decisione del ricorso in parte qua. 2. In ogni caso, il Collegio ritiene l'impugnazione infondata (e ciò consente, comunque, di tralasciare l'esame dell'eccezione frapposta dall'Amministrazione resistente); ed invero: - il primo motivo - con il quale il deducente ha lamentato, in sintesi, la violazione delle garanzie partecipative, il difetto istruttorio e di motivazione - si rivela privo di base in quanto l'istituto della revisione della patente di cui all'art. 128 del codice della strada costituisce un provvedimento amministrativo, funzionale alla garanzia della sicurezza del traffico stradale non avente natura di sanzione amministrativa, sia pure accessoria, rappresentando, invece, un provvedimento di natura essenzialmente cautelare. Secondo l'indirizzo ampiamente condiviso della giurisprudenza amministrativa, il provvedimento è finalizzato alla verifica della permanenza dei requisiti psicofisici e di idoneità tecnica per il possesso della patente di guida ed è adottato allorquando il comportamento del conducente sia stato tale da far sorgere dubbi in ordine al possesso di tali requisiti, con la conseguenza che tale provvedimento (a differenza di quello assunto ai sensi dell'art. 126-bis, d.lgs. n. 285 del 1992) non ha finalità sanzionatorie o punitive e non presuppone l'accertamento di una violazione delle norme sul traffico o di quelle penali o civili, ma è adottato in dipendenza di qualunque episodio che giustifichi un ragionevole dubbio sulla persistenza dell'idoneità psicofisica o tecnica; in particolare, si tratta di una misura cautelare/preventiva volta a sottoporre il titolare della patente di guida a una verifica della persistenza della sua inidoneità psico-fisica alla guida. L'Amministrazione può dunque legittimamente disporre la revisione della patente di guida tutte le volte in cui il comportamento di guida tenuto dal conducente del veicolo ingeneri un mero dubbio, non essendo necessaria la certezza in ordine al venir meno di tali requisiti. L'applicazione della misura non è nemmeno subordinata all'accertamento di una pluralità di violazioni nei confronti del medesimo soggetto, potendo anche una sola violazione, purché connotata da una gravità tale da suscitare il dubbio sulla persistenza dei requisiti di idoneità, giustificare la richiesta di un nuovo esame di idoneità alla guida. La giurisprudenza prevalente ha ritenuto, infatti, che il provvedimento di revisione può essere disposto dall'Autorità amministrativa anche a fronte di un singolo sinistro stradale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 2022, n. 9788). Inoltre, il provvedimento che dispone la revisione della patente di guida risponde a finalità cautelari che consentono la deroga ai meccanismi di partecipazione al procedimento amministrativo (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 7 ottobre 2022, n. 1558); - anche il secondo motivo - con il quale il deducente ha lamentato, in sintesi, la violazione dell'obbligo di motivazione - si rivela privo di base, non risultando necessaria, nel caso in esame, una motivazione particolarmente ampia e diffusa, imponendo la contestata misura l'onere di effettuare una visita medica per dimostrare la propria idoneità, con un sacrificio proporzionato al prevalente interesse pubblico ad un effettivo accertamento dei requisiti psico-fisici in capo ai titolari di patente di guida, a tutela non solo della collettività intera, ma dello stesso guidatore (cfr. Cons. Stato, sez. III, 18 settembre 2023, n. 8415). 3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato in parte inammissibile, per originaria carenza di interesse, e per la restante parte improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse. 4. Le spese di lite possono essere interamente compensate fra le parti, stante la natura interpretativa delle questioni oggetto della vicenda contenziosa. 5. La Commissione per il patrocinio a spese dello Stato presso il Tribunale adito, con decreto 23 giugno 2021, n. 90, ha ammesso il deducente - in via anticipata e provvisoria - al patrocinio a spese dello Stato. L'ammissione de qua va definitivamente disposta, a condizione che la parte ricorrente dimostri la permanenza delle richieste condizioni dall'anno 2020 fino al presente provvedimento (che definisce il giudizio), dovendosi pertanto rinviare l'eventuale liquidazione a successivo decreto. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile e per la restante parte improcedibile. Spese compensate. Assegna alla parte ricorrente il termine di giorni sessanta (60) dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza per il deposito della documentazione utile ai fini della dimostrazione della permanenza delle condizioni stabilite per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, nei termini in motivazione. Demanda alla Segreteria di trasmettere la presente sentenza all'Ufficio finanziario competente. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui agli artt. 2-septies e 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, e all'art. 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate. Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 1 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati: Pancrazio Maria Savasta - Presidente Giovanni Giuseppe Antonio Dato - Primo Referendario, Estensore Antonino Scianna - Primo Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 988 del 2024, proposto da Ou. S.r.l., in relazione alla procedura CIG A02289D8BA, rappresentata e difesa dagli avvocati Mi.Gi., An.Cr. e An.Fi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di Omissis e Co.Ti.Ec.So.Co. a r.l, non costituiti in giudizio; nei confronti Co. S.r.l., rappresentata e difesa dall'avvocato Da.Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, (...); per l'annullamento degli atti indicati nel ricorso introduttivo e nel ricorso incidentale. Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 settembre 2024 il dott. Daniele Burzichelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue: FATTO e DIRITTO La ricorrente ha impugnato: a) la determinazione del Comune di Omissis n. 422 in data 6 maggio 2024, nella parte in cui è stata disposta l’esclusione della Ou. S.r.l. dalla procedura di gara per l’affidamento in concessione del servizio di gestione delle aree di sosta a pagamento - periodo 2023-2028" ed è stata aggiudicata la procedura in favore della Co. s.r.l.; d) il verbale n. 7 relativo alla seduta in data 3 aprile 2024, nella parte in cui la commissione ha ritenuto non congrua l’offerta proposta dalla Ou. s.r.l.; c) la lex specialis e, in particolare, il punto 30 del disciplinare nella parte in cui viene richiesta l’indicazione dei costi della manodopera nell’offerta economica. Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue: a) per l’aggiudicazione della procedura di cui trattasi è stato previsto il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; b) l’Amministrazione ha stimato il valore della concessione in € 141.750,00 annui e l’art. 30 del disciplinare stabiliva che l’offerta economica dovesse contenere, oltre alle percentuali di rialzo sul canone e di aggio sugli incassi eccedenti l’introito annuo presunto, anche l’indicazione dei costi della manodopera, con predisposizione a tal fine di un modello allegato agli atti di gara; b) la ricorrente si è collocata prima in graduatoria, con un punteggio totale di 81,7801, come risulta dal verbale n. 6 della seduta in data 29 gennaio 2024, con un rialzo sul canone di concessione del 66,630% e un aggio percentuale sugli incassi eccedenti gli introiti annui presunti pari al 23,32%, indicando al contempo un costo della manodopera di € 80.000,00; c) il responsabile unico del procedimento ha avviato la verifica dell’anomalia e in data 13 febbraio 2024 la ricorrente ha inoltrato i propri chiarimenti, rappresentando che i costi del servizio sarebbero stati abbondantemente coperti dagli incassi di gestione, presuntivamente calcolati in € 201.600,00; d) con nota in data 27 febbraio 2024 la società ha integrato i precedenti chiarimenti, avendo per errore indicato precedentemente un canone di € 35.000,00 a fronte del canone effettivamente offerto pari a € 58.320,00 e chiarendo che l’offerta era comunque sostenibile anche tenendo conto dell’incasso presunto dal capitolato speciale (€ 141.750,00), oltre gli incassi derivanti dalle contravvenzioni elevate; e) nella seduta del 3 aprile 2024 la commissione ha ritenuto la non congruità dell’offerta proposta, affermando in particolare quanto segue: - la ricorrente aveva modificato l’importo dei costi della manodopera; - l’aggio del 23,32% era stato calcolato erroneamente; - non spettavano al concessionario gli introiti derivanti dai verbali di accertamento; f) la commissione ha ritenuto che la somma dei costi quantificati in € 107.000,00 e del canone di concessione pari a € 58.320,00 non sarebbero coperti dagli incassi presuntivamente stimati nel capitolato (€ 141.750,00), determinandosi una perdita di € 24.370,00; g) con successiva determinazione n. 422 del 6 maggio 2024 il responsabile unico del procedimento ha, quindi, disposto l’esclusione della società dalla procedura, aggiudicando il servizio in favore della seconda classificata. Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) viene in rilievo nella specie una concessione di servizi, come risulta dal tenore letterale della lex specialis e dall’art. 177 del decreto legislativo n. 36/2023, il quale individua l’elemento distintivo della concessione di servizi nel "trasferimento al concessionario di un rischio operativo legato alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi e comprende un rischio dal lato della domanda o dal lato dell'offerta o da entrambi"; b) nella specie, invero, non vi è dubbio che grava sul soggetto aggiudicatario il rischio operativo della gestione; c) l’art. 176 del decreto legislativo n. 36/2023 non richiama le disposizioni in materia di appalti, demandando la regolamentazione delle procedure di affidamento e della successiva fase di esecuzione dei contratti di concessione esclusivamente agli artt. 176-195; d) d’altronde, anche nel vigore della previgente disciplina la giurisprudenza aveva escluso l’obbligo di dichiarare il costo della mano d’opera nel caso di concessione di servizi; e) neppure può trovare applicazione la disciplina relativa alla verifica dell’anomalia dell’offerta, avuto riguardo a quanto previso dall’art. 185, quinto comma, del decreto legislativo n. 36/2023 ("prima di assegnare il punteggio all'offerta economica la commissione aggiudicatrice" - non il responsabile unico del procedimento - "verifica l'adeguatezza e la sostenibilità del piano economico-finanziario"); f) nel caso in esame la commissione, come si evince dal verbale n. 6 della seduta in data 29 gennaio 2024, aveva valutato le offerte economiche, implicitamente confermando la loro sostenibilità e adeguatezza e proponendo l’aggiudicazione in favore dell’odierna ricorrente; g) in ogni caso, il giudizio di non congruità espresso dalla stazione appaltante è il frutto di un errore, consistente nel considerare l’affidamento in questione come relativo ad un appalto, anziché ad una concessione di servizi; h) quanto alla contestata modifica dei costi della manodopera, deve ribadirsi che in materia di concessioni non è prevista alcun sanzione escludente per tale omissione; i) in ordine al calcolo dell’aggio, trattasi di una svista immediatamente percepibile; l) gli introiti derivanti dai verbali di accertamento sono, poi, espressamente contemplati in capitolato; m) inoltre, la stazione appaltante ha ritenuto l’offerta in perdita sulla base di un calcolo errato, in quanto i costi quantificati non corrispondono a quelli rappresentati dalla ricorrente nei propri chiarimenti e i ricavi sono stati calcolati in maniera statica, senza considerare che la loro stima in base alla lex specialis (€ 141.750,00) era semplicemente presuntiva, tantoché la società ha previsto una stima maggiore pari a € 201.600,00 (non presa in considerazione dall’Amministrazione); La Co. S.r.l ha proposto ricorso incidentale, contestando la mancata esclusione della ricorrente in via principale e osservando, in sintesi, quanto segue: a) il bando (punto 16) prevedeva quale requisito di capacità economica e finanziaria un "fatturato specifico minimo nel settore di attività oggetto della concessione, nei migliori tre esercizi dell’ultimo quinquennio antecedente la pubblicazione del bando per un importo non inferiore a € 350.000,00"; b) nello stesso punto 16 veniva precisato che, ai fini dei requisiti tecnico-operativi, occorreva dimostrare la gestione "negli ultimi tre anni e per almeno un anno (di) un servizio analogo, con l’indicazione degli importi, delle date e dei destinatari, senza che il servizio" avesse "dato luogo a contestazioni da parte dei committenti"; c) il punto 19 del bando contemplava la disciplina dell’avvalimento in pedissequa coerenza con le previsioni normative, precisando che nel contratto di avvalimento si sarebbero dovuto indicare le risorse strumentali ed umane oggetto di prestito e che l’ausiliaria avrebbe dovuto rendere alla stazione appaltante le dichiarazioni previste in base alla legge; d) il disciplinare conteneva identiche previsioni; e) la ricorrente in via principale ha dichiarato che avrebbe fatto ricorso all’avvalimento e in una dichiarazione ad hoc ha specificato che l’ausiliaria sarebbe stata Ca. S.r.l., la quale prestato alla ricorrente in via principale sia il requisito di fatturato che quello tecnico-operativo; f) Ca. S.r.l. ha presentato il proprio DGUE, ove però non sono indicate o dichiarate le esperienze alla base dell’avvalimento, né è presente alcun impegno nei confronti dell’Amministrazione; g) nell’atto negoziale si precisa che oggetto dello stesso sono sia il requisito tecnico-operativo che quello economico-finanziario, ma non sono indicate le risorse strumentali ed umane oggetto di prestito, sicché il contratto è nullo per indeterminatezza dell’oggetto; h) nella sostanza, l’avvalimento in questione si risolve in un prestito cartolare relativo al certificato della Camera di Commercio, del certificato unico e del certificato di regolare esecuzione; i) il contratto fa, inoltre, riferimento alle dichiarazioni di legge da rendere alla stazione appaltante, ma nulla di ciò si rinviene nella documentazione di gara; l) l’art. art. 6 dell’accordo contempla, poi, una serie di condizioni a cui l’avvalimento è subordinato: in particolare, l’ausiliaria si riserva il diritto di revocare l’avvalimento, il diritto di previo pagamento delle risorse oggetto di prestito prima della loro messa a disposizione, nonché di esonero da ogni responsabilità nel caso di decisione dell’Amministrazione di non riconoscere valore al negozio; m) il contratto è, quindi, condizionato. Con memoria in data 25 giugno 2024 la ricorrente in via incidentale ha osservato, in sintesi, quanto segue: a) in contrasto con le lamentate lacune della legge di gara, Ou. S.r.l. è stata in grado di formulare un’offerta puntuale; b) la commissione ha correttamente ritenuto non affidabile l’offerta della società, come analiticamente argomentato nella memoria; c) in particolare, la commissione di gara ha evidenziato che: - l’aggio non era stato correttamente calcolato; - i costi del personale erano stati abbattuti della metà, senza considerare gli impiegati estivi e senza alcuna spiegazione al riguardo; - con la nota di autocorrezione - pervenuta oltre il termine assegnato - erano state apportate modifiche all’importo del canone, ma erano rimaste ferme le criticità relative al costo del personale ed all’aggio sulle multe; d) è risultata una perdita annua pari ad € 24.370,50; e) la ricorrente in via incidentale non ha fornito elementi di prova a conforto dei dati dalla stessa indicati; f) la censura con cui si lamenta l’erroneo ricorso alla verifica di anomalia dell’offerta è inammissibile poiché in contrasto con il comportamento procedimentale della ricorrente in via principale (nemo potest venire contra factum proprium); g) già nel regime previgente, ad ogni buon conto, la giurisprudenza aveva affermato che gli istituti collegati alla verifica della qualità e della affidabilità delle prestazioni in materia di contratti pubblici fossero espressione di principi trasversali ad appalti e concessioni; h) allo stesso modo è del tutto legittima la richiesta di indicazione dei costi della manodopera; i) avere dimezzato il costo del personale non è un comportamento coerente con la garanzia dei livelli minimi salariali e tale aspetto poteva e doveva essere verificato dalla stazione appaltante; l) la ricorrente in via principale ha riconosciuto di non aver considerato il personale aggiuntivo, oggetto di una specifica miglioria; m) la commissione non ha mai verificato l’adeguatezza dell’offerta economica dei concorrenti; n) la verifica è stata disposta dal responsabile unico del procedimento e in alcun modo tale controllo, effettuato congiuntamente alla commissione, può ritenersi irrituale o non dovuto; o) ad ogni buon conto, la censura è inammissibile, in quanto volta a sollecitare un sindacato sostitutivo delle scelte discrezionali effettuate dall’Amministrazione; p) costituisce jus receptum che risulta inammissibile la modifica di elementi essenziali e costitutivi dell’offerta; q) la commissione non ha escluso la compartecipazione al gettito delle multe, ma si è riferita ai costi della loro postalizzazione; r) l’individuazione dell’importo della commessa in € 201.600,00 è stata effettuata in modo del tutto apodittico. Con memoria in data 26 luglio 2024 la ricorrente in via principale, nel ribadire le proprie difese, ha osservato, in sintesi, quanto segue: a) oggetto dell’impugnazione da parte di Ou. S.r.l. non è solo il provvedimento di esclusione e la contestuale aggiudicazione del servizio, bensì anche la lex specialis e, in particolare, il disciplinare di gara nella parte in cui è stata richiesta a pena di esclusione l’indicazione dei costi della manodopera all’interno dell’offerta economica a pena di esclusione; b) non vi è dubbio, quindi, che l’eventuale accoglimento del ricorso incidentale proposto non esime il Collegio dalla valutazione sulla legittimità della legge di gara; c) con riferimento al primo motivo del ricorso incidentale, si osserva come la giurisprudenza prevalente abbia chiarito che il contratto di avvalimento non deve necessariamente spingersi sino alla rigida quantificazione dei mezzi d'opera, all'esatta indicazione delle qualifiche del personale messo a disposizione, ovvero alla indicazione numerica dello stesso personale, risultando sufficiente che l'assetto negoziale consenta l'individuazione delle esatte funzioni che l'impresa ausiliaria andrà a svolgere, direttamente o in ausilio all'impresa ausiliata, e i parametri cui rapportare le risorse messe a disposizione; d) nell’avvalimento tecnico-operativo, è possibile prevedere l’impiego, non di un singolo elemento della produzione, bensì dell’azienda intesa come complesso produttivo unitariamente considerato (o di un ramo di essa); e) il contratto di avvalimento di cui si tratta appare assolutamente regolare, in quanto determinato nel suo oggetto, come risulta dal punto 1 dell’accordo, avendo l’impresa ausiliaria prestato l’intera unità produttiva operante nel settore oggetto di gara, mettendo quindi a disposizione il requisito "esperienziale" richiesto dalla lex specialis; f) come risulta dal punto 3 del contratto, è stato garantito incondizionatamente il requisito oggetto di avvalimento; g) il possesso dei requisiti speciali e generali è espressamente dichiarato nel DGUE di Ca. S.r.l.; h) ad ogni buon conto, l’art. 19 del disciplinare dispone, in relazione all’avvalimento, che è sanabile mediante soccorso istruttorio - e, quindi, anche mediante soccorso istruttorio processuale - l’omessa produzione delle dichiarazioni dell’ausiliario. Con memoria in data 31 luglio 2024 la ricorrente in via incidentale, nel ribadire le proprie difese, ha precisato, in particolare, quanto segue: a) il petitum del ricorso principale mira all’ottenimento della commessa e dall’impugnazione del disciplinare in parte qua non conseguirebbe la ripetizione della gara, essendo il relativo effetto limitato al solo sub-procedimento di valutazione dell’anomalia, che andrebbe ripetuto; b) il riferimento al rischio operativo traslato sul concessionario non può essere utilizzato per manipolare l’offerta; c) occorre, in particolare, osservare che la ricorrente in via principale non ha spiegato: - come intende remunerare le unità lavorative aggiuntive; - la ragione per cui pretende di incassare i costi della postalizzazione dei verbali ed il motivo per cui ritiene di non scomputare dai ricavi la percentuale da retrocedere al Comune; d) quanto al ricorso incidentale, Ou. S.r.l. non ha depositato alcun documento a sostegno delle proprie affermazioni; e) non è ammissibile il ricorso al soccorso istruttorio per sanare il vizio di nullità del contratto di avvalimento; f) la natura condizionata del contratto di avvalimento non è stata sostanzialmente contestata; f) anche la controparte ammette che è mancata la dichiarazione relativa all’assunzione della responsabilità solidale verso la stazione appaltante e che è carente la dichiarazione sulla messa a disposizione dell’Amministrazione delle risorse oggetto di avvalimento; g) tale duplice omissione non è colmata dalla dichiarazione resa da Ca. S.r.l. nel DGUE in ordine al possesso dei requisiti, né dall’accettazione del contenuto della documentazione di gara; h) nemmeno il riferimento al soccorso istruttorio processuale coglie nel segno, in quanto già in questa sede Ou. avrebbe dovuto produrre la documentazione obiettivamente carente. Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione. Il Collegio osserva quanto segue. Occorre in primo luogo valutare la questione relativa alla legittimità della verifica dell’anomalia dell’offerta nel contesto di una concessione di servizi. È opportuno chiarire che tale verifica, non solo è stata ritenuta ammissibile, ma è stata giudicata come opportuna, se non necessaria, dalla giurisprudenza (sul punto, cfr. Consiglio di Stato V, 7 aprile 2023, n. 3626; V, 24 maggio 2022, n. 4108; V, 1 dicembre 2022, n. 10567; VI, 7 maggio 2020, n. 2885; T.A.R. Campania, I, 28 maggio 2024, n. 116), la quale ha evidenziato il rilievo e l’importanza di tale accertamento anche nelle concessioni di servizi al fine di valutare l’effettiva sostenibilità economica delle offerte presentate. Sebbene se le pronunce citate si riferiscono a procedure disciplinate dal decreto legislativo n. 50/2016, la Sezione ritiene che i principi ivi affermati mantengano la loro validità anche a seguito all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 36/2023. Quest’ultimo (art. 185, quinto comma) stabilisce che "prima di assegnare il punteggio all'offerta economica, la commissione aggiudicatrice verifica l'adeguatezza e la sostenibilità del piano economico-finanziario". Ne consegue, quindi, che una verifica in ordine alla possibile anomalia dell’offerta vada effettuata anche nel caso di concessione di servizi. La norma dispone che l’adempimento debba essere assolto dalla commissione giudicatrice prima dell’assegnazione del punteggio, ma, ad avviso del Collegio, non può ritenersi che una verifica disposta successivamente, anche su impulso del responsabile unico del procedimento, comporti l’illegittimità dell'intero procedimento o della statuizione finale. Al riguardo appare essenziale sottolineare che, nel caso in esame, l’adempimento è stato sollecitato dal responsabile unico del procedimento ed espletato dalla commissione nella fase endoprocedimentale: erano stati, infatti, assegnati solo i punteggi, senza che fosse stata disposta l’aggiudicazione. In assenza di decisioni provvedimentali definitive, deve ritenersi che l’Amministrazione abbia il potere di adottare misure necessarie per completare l’istruttoria, anche qualora tali misure fossero state temporaneamente omesse, e ciò in ossequio ai fondamentali principi che governano l’attività amministrativa e che sono contemplati dall’art. 97, secondo comma, della Costituzione e dall’art. 1, primo comma, della legge n. 241/1990. Quanto alla disposta esclusione della ricorrente in via principale, deve osservarsi che la stazione appaltante ha ritenuto l’offerta anomala non per l’assenza dell’indicazione del costo della manodopera, ma sulla base di considerazioni diverse, ampie ed articolate. In particolare, l’Amministrazione ha evidenziato che l’offerta presentava modifiche significative nei costi, come la riduzione del costo del personale da € 80.000,00 a € 48.000,00, e l’intervenuta revisione dell’utile per un importo considerevole, pari a circa € 50.000,00. Tali aspetti non sono stati adeguatamente giustificati dalla ricorrente, come riscontrato dalla stazione appaltante. Soprattutto, la ricorrente in via principale ha indicato incassi (per € 201.600,00) nettamente superiori rispetto a quelli previsti dal capitolato, affermando genericamente che il dato risultava dalla pregressa gestione, senza però fornire alla stazione appaltante o a questo giudice probanti riscontri documentali in ordine a tale asserzione. Va, poi, precisato che, indipendentemente dall’obbligo di indicare il costo della manodopera in sede di offerta, non vi è alcun motivo per ritenere che, nella successiva fase di verifica dell’anomalia, sia inibito all’Amministrazione richiedere chiarimenti relativi a tale voce, poiché, diversamente, la funzione della verifica risulterebbe gravemente frustrata. Pertanto, sulla base delle considerazioni esposte, il Tribunale ritiene che il ricorso principale debba essere respinto nella parte in cui la ricorrente ha impugnato la propria esclusione dalla procedura, risultando tale decisione congrua e non irragionevole. Il ricorso appare, invece, inammissibile nella parte in cui con esso si contesta la disciplina di gara con riferimento alla prevista indicazione del costo della manodopera in sede di offerta, poiché tale previsione non ha arrecato alcuna lesione alla ricorrente, che non è stata esclusa, infatti, per non aver indicato tale voce di costo, ma in quanto l’offerta proposta è stata ritenuta non sostenibile. Il ricorso incidentale deve, conseguentemente, giudicarsi inammissibile per carenza di interesse. Avuto riguardo al complessivo svolgimento della vicenda, le spese di lite possono essere compensate. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Staccata di Catania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto: 1) in parte rigetta e in parte dichiara inammissibile il ricorso in via principale, secondo quanto indicato in motivazione; 2) dichiara inammissibile il ricorso incidentale; 3) compensa fra le parti le spese di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 12 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Daniele Burzichelli, Presidente, Estensore Gustavo Giovanni Rosario Cumin - Consigliere Cristina Consoli, Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 930 del 2017, proposto da Gu. Ci., rappresentato e difeso dall'avvocato Va. Ma. Sa. Li., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio fisico eletto presso lo studio dell'avv. Da. Ma. in Palermo, (...); contro Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Area Marina Protetta delle Isole Eg. ed altri, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria ex lege in Palermo, via (...); Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gi. Ci., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisco eletto presso lo studio dell'avv. Se. Be. in Palermo, viale (...); per la condanna: al risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi ai sensi degli articoli 2043 c.c., in cui sono incorse le Amministrazioni resistenti, in dipendenza degli illegittimi atti e dei fatti già accertati con la sentenza di questo TAR n. 1037/2016; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Area Marina Protetta delle Isole Eg., del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, della Capitaneria di Porto di Trapani, dell'Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana - Dipartimento dell'Ambiente, dell'Assessorato delle Infrastrutture e della Mobilità della Regione Sicilia, dell'Assessorato dei Beni Culturali e dell'Identità Siciliana della Regione Sicilia e della Soprintendenza dei beni Culturali e Ambientali di Trapani; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 marzo 2024 il dott. Francesco Mulieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Con ricorso notificato il 22 marzo 2017 e depositato il 15 aprile successivo il ricorrente - premesso di avere presentato istanza in data 3 febbraio 2010 all'Ufficio del Demanio marittimo per il rilascio di una concessione demaniale ex art. 36 cod. nav. in un'area dell'isola di (omissis) ai tempi priva di servizi turistico-ricreativi - espone che: - conseguite le iniziali autorizzazioni dell'Agenzia delle Dogane di Trapani ex art. 19 d.lgs. 374/1990 e parere favorevole della Capitaneria di Porto di Trapani, il procedimento ha subito uno stallo che ha comportato il superamento dei termini massimi di conclusione del procedimento di cui all'art. 7 l.r. 4/2003; - l'Ufficio del Demanio dell'ARTA soltanto con nota prot. 1482 del 4 giugno 2014, ha richiesto i pareri mancanti, richiesta riscontrata in senso positivo ma tardivamente dal Genio Civile (il 6 novembre 2014, prot. 46016) e dalla Soprintendenza (il 25 novembre 2014, prot. 8143), e con parere negativo dall'Area Marina Protetta delle Isole Eg. (il 7 luglio 2014); - in seguito a tale ultimo parere negativo, l'Assessorato regionale del Territorio e Ambiente ha sospeso sine die il procedimento con nota del 1° ottobre 2014 n. 2639; - con un primo ricorso giurisdizionale presentato a questo Tribunale (iscritto al n. 4050/2014 di R.G.), ha impugnato l'atto di sospensione e i pareri, per tardività e assoluta incompetenza dell'Area Marina Protetta, trattandosi di istanza di concessione relativa ad una zona ricompresa nella fascia terrestre; - le pretese del ricorrente hanno trovato pieno accoglimento, tanto in sede cautelare quanto nel merito, con sentenza n. 1037/2016, passata in giudicato per mancata impugnazione il 27 novembre 2016, che ha disposto: l'acquisizione per silentium del parere del Genio Civile e della Soprintendenza e l'annullamento dei correlativi pareri tardivi, l'annullamento per incompetenza del parere negativo dell'AMP; l'annullamento dell'atto soprassessorio con cui l'Assessorato ha arbitrariamente sospeso il procedimento; a ciò aggiungendo, in funzione espressamente conformativa, la spettanza del bene della vita, ordinando all'amministrazione competente di rilasciare la concessione entro 60 giorni; - ciononostante, il procedimento si è concluso con il rilascio della concessione n. 60/2017 soltanto il 06.06.2017 e, di seguito, con il permesso dal SUAP del Comune di (omissis) in data 9 agosto 2017. Ha chiesto dunque, ai sensi dell'art. 30 c.p.a., il risarcimento del danno ingiusto, ex artt. 2043 c.c. e 2 bis l. 241/1990, anche in relazione agli artt. 2, 97 e 98 Cost., ritenendo fondati come segue gli elementi costitutivi dell'illecito. Sull'elemento oggettivo dell'illecito ex art. 2043. Essendo ormai coperta da giudicato la natura soprassessoria della nota dell'ARTA del 1° ottobre 2014, l'incompetenza dell'AMP e la tardività dei pareri del Genio civile e della Soprintendenza, il ricorrente ritiene integrati gli estremi tanto da provvedimento illegittimo quanto del danno da ritardo puro, per l'ingiustificata violazione/elusione del termine di conclusione del procedimento di cui agli artt. 2 e 2 bis, l. n. 241/1990, e art. 7 l.r. 4/2003, atteso che il provvedimento conclusivo sarebbe dovuto pervenire, al più tardi, il 21 ottobre 2010, e risultando ancora pendente alla data di instaurazione del sopra citato ricorso, il 15.04.2017. L'ingiustizia deriverebbe dalla lesione dell'interesse legittimo pretensivo al tempestivo ottenimento del bene della vita funzionale allo svolgimento dell'attività imprenditoriale, interesse sorto sin dalla presentazione dell'istanza il 4 agosto 2010, e la cui sostanziale spettanza è stata oggetto di puntuale accertamento giudiziale con la sentenza n. 1037/2016; l'ingiustizia sussisterebbe anche per il danno da ritardo puro trattandosi di interessi pretensivi incisi da programmi di investimento in cui spicca la rilevanza economica del fattore tempo. Sul danno evento e sul danno conseguenza. Posta la sicura spettanza del bene della vita, il ricorrente lamenta il danno da mancato guadagno e la perdita di chance corrispondente a tutte le "stagioni" di attività imprenditoriale perdute, dal 2011 al 2017, e in subordine comunque per il 2015, 2016 e 2017 oltre il danno aggiuntivo per la perdita degli impieghi remunerativi cui avrebbe destinato i guadagni dell'attività imprenditoriale progettata (TAR Palermo, Sez. II, 7 febbraio 2017 n. 351). I danni pretesi sarebbero conseguenza immediata e diretta ex art. 1223 c.c. dell'agire illegittimo, reiteratamente e colpevolmente tardivo, delle amministrazioni resistenti. Sull'elemento soggettivo. La prova dell'elemento soggettivo dell'illecito discenderebbe dalla smisurata violazione dei termini procedimentali, contrariamente ai canoni di correttezza e buona amministrazione cui deve ispirarsi la funzione amministrativa, secondo un modello di PA ideale, efficiente, zelante, solerte e che conosca ed applichi la legge. Ha chiesto pertanto il risarcimento del danno da mancato guadagno per la perdita di chance, e da lucro cessante per il mancato reimpiego remunerativo degli utili che avrebbe ritratto dall'attività imprenditoriale, quantificato con perizia di parte in misura pari a Euro 296.841,00, quanto al primo, e Euro 73.846,00, quanto al secondo, in via principale per sette stagioni di mancato godimento commerciale della concessione, dal 2011 al 2017; in subordine, per le 4 stagioni, dal 2014 al 2017, rispettivamente nella misura di Euro 162.400,00 e Euro 36.833,00, entrambi con rivalutazione e interessi; in ulteriore subordine nella misura equitativamente determinata dal giudice ovvero fissando i criteri ex art. 34, comma 4, c.p.a. 2. Per resistere al ricorso si sono costituite in giudizio le Amministrazioni statali e regionali intimate per mezzo dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato chiedendo, previa declaratoria di difetto di legittimazione passiva del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Capitaneria di Porto di Trapani il rigetto del ricorso. Al fine di dimostrare l'infondatezza della domanda risarcitoria nei confronti dell'Area Marina Protetta si è altresì costituito il Comune di (omissis) in qualità di ente gestore di detta AMP, il quale ha depositato documenti nonché una memoria con la quale ha concluso per il rigetto del ricorso. 3. Alla pubblica udienza di smaltimento del 17 luglio 2023, in seguito alla discussione delle parti, il Collegio, con ordinanza interlocutoria del 2 ottobre 2023, n. 2929/2023, ha onerato le resistenti Amministrazione di fornire documentati chiarimenti in ordine allo sviluppo e alla tempistica del procedimento di concessione demaniale. 3.1. Le incombenze istruttorie sono state adempiute dal Comune, con deposito del 30.11.2023, e dall'ARTA, con nota prot. 13450 del 1.03.2024 da cui si evince che: i) nel periodo successivo alla sentenza n. 1037/2016, l'AMP non è stata coinvolta in alcun modo nel procedimento; ii) con nota n. 59483 del 16/08/2016 l'ARTA ha comunicato il rilascio della Concessione Demaniale Marittima n. 60 del 06/06/2017 di cui al D.R.S. n. 334 del 26/04/2017 alla Società "PURA VIDA S.R.L.S. Uninominale", cui è seguito il permesso di costruire del Comune di (omissis) solo il 9.08.2017. 4. Le parti hanno depositato memorie in vista dell'udienza di merito, all'esito della quale il ricorso è stato trattenuto in decisione. DIRITTO 1. Con il ricorso in esame il ricorrente ha chiesto il risarcimento del danno conseguente alla condotta illegittima e gravemente colposa tenuta dalle resistenti amministrazioni, dapprima per il ritardo nella conclusione del procedimento ad istanza di parte per il rilascio della concessione demaniale marittima ex art. 36 cod. nav., successivamente per l'adozione dell'illegittimo parere negativo dell'AMP, per di più incompetente, dei tardivi pareri del Genio Civile e della Soprintendenza di Trapani, e dell'atto soprassessorio dell'ARTA, tutti annullati in sede di primo ricorso impugnatorio concluso con l'accoglimento integrale delle pretese del privato, cui è seguito un ulteriore ed inescusabile ritardo della PA nel rilascio del provvedimento anelato. 2. In via preliminare, va accolta l'eccezione di difetto di legittimazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Capitaneria di Porto di Trapani. Quest'ultima, infatti, è estranea alle pretese del ricorrente, avendo emesso tempestivamente il proprio parere favorevole; peraltro l'Amministrazione statale risulta priva di ogni competenza sul demanio marittimo, ex art. 6, comma 7, L. n. 172/2003, esaurendosi la competenza della Capitaneria di Porto nella valutazione degli aspetti inerenti alla sicurezza della navigazione. 3. Nel merito, il ricorrente chiede che sia accertata la responsabilità della P.A, risarcimento del danno da provvedimento illegittimo e del danno da ritardo. La domanda è solo parzialmente fondata nei sensi e nei termini appresso specificati. Ed invero con riferimento alla responsabilità da provvedimento illegittimo la giurisprudenza è ormai pacifica nel ritenere che l'esistenza del danno ingiusto, lamentato in giudizio, deve formare oggetto di un puntuale onere probatorio in capo al soggetto che ne chieda il risarcimento, non costituendo quest'ultimo una conseguenza automatica dell'annullamento giurisdizionale o dell'accertamento dell'illegittimità dell'atto amministrativo. In proposito non soccorre, infatti, il metodo acquisitivo; né l'esistenza del danno può essere presunta quale conseguenza dell'illegittimità provvedimentale in cui l'Amministrazione sia incorsa. Spetta dunque al danneggiato fornire in giudizio la prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria e, quindi, in particolare, la presenza di un nesso causale che colleghi la condotta commissiva od omissiva della Pubblica Amministrazione all'evento dannoso, e l'effettività del danno di cui si invoca il ristoro, con la conseguenza che, ove manchi tale prova, la domanda di risarcimento non può che essere respinta (Cons. Stato, Sez. II, 1settembre 2021, n. 6169). Il danneggiato, pertanto, dovrà provare: sul piano oggettivo, la presenza di un provvedimento illegittimo causa di un danno ingiusto, con la necessità, a tale ultimo riguardo, di distinguere l'evento dannoso (c.d. "danno-evento") derivante dalla condotta, che coincide con la lesione o compromissione di un interesse qualificato e differenziato, meritevole di tutela nella vita di relazione, e il conseguente pregiudizio patrimoniale o non patrimoniale scaturitone (c.d. "danno-conseguenza"), suscettibile di riparazione in via risarcitoria (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Plen., 23 marzo 2011, n. 3); sul piano soggettivo, il coefficiente di colpevolezza, con la precisazione che la sola riscontrata ingiustificata o illegittima inerzia dell'amministrazione o il ritardato esercizio della funzione amministrativa non integra la colpa dell'Amministrazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 15 gennaio 2019, n. 358). Anche con riferimento al cd. danno da ritardo la giurisprudenza ha chiarito che "anche se l'art. 2 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241 (da leggere in combinato disposto con l'art. 30, comma 4, c.p.a.) rafforza la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei ritardi delle Pubbliche amministrazioni, stabilendo che esse sono tenute al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, la domanda deve essere comunque ricondotta nell'alveo dei principi generali sull'illecito extracontrattuale per l'identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità ; di conseguenza l'ingiustizia e la sussistenza stessa del danno non possono, in linea di principio, presumersi iuris tantum, in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo o al silenzio nell'adozione del provvedimento amministrativo, ma il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c., provare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda e, in particolare, sia dei presupposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia di quello di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante) (Cons. Stato V, 9 marzo 2015, n. 1182, Cons. Stato, A.P. n. 6 luglio 2015, n. 6)" (Cons. Stato, Sez. IV, 27/12/2021, n. 8626). Secondo la giurisprudenza prevalente inoltre il risarcimento non deriva in via automatica del semplice e oggettivo scorrere del tempo (di Stato, sez. V, 02/08/2021, n. 5648; Cons. Stato Sez. VI, Sent. 20/07/2022, n. 6322). Non operando alcuna presunzione di danno per il mero superamento del termine, grava sul ricorrente ex art. 2697 l'onere di provare la sussistenza degli elementi di cui all'art. 2043 c.c. (di recente, TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, 24/01/2024 n. 241). Nel caso in esame va evidenziato che il ricorrente ha chiesto accertarsi entrambe le forme di responsabilità con riferimento ad una vicenda i cui passaggi essenziali sono i seguenti: - il ricorrente, nel dicembre 2014, impugnava innanzi a questo TAR l'atto soprassessorio dell'1.10.2014 dell'ARTA, la nota-parere dell'Area Marina Protetta del 21.07.2014 e gli atti connessi tra cui le richieste d'integrazione nel frattanto pervenute dal Genio Civile e dalla Soprintendenza di Trapani, lamentandone l'illegittimità sotto svariati profili. - con la sentenza n. 1037/2016 (pubblicata il 28.04.2016 e passata in giudicato il 27.11.2016) i suddetti atti sono stati annullati ed è stato statuito che "all'annullamento degli atti impugnati... si accompagna, in prospettiva conformativa della futura azione amministrativa ed in applicazione del principio sostanziale sotteso al combinato disposto dell'art. 1 e dell'art. 34, comma 1, lett. c) ed e), c.p.a., l'accertamento che, alla stregua del materiale versato agli atti del presente giudizio, al sig. Ci. spetta il rilascio dell'anelata concessione demaniale marittima: da un lato, infatti, risultano già acquisiti l'autorizzazione espressa dell'Agenzia delle Dogane ed il parere preliminare favorevole della Capitaneria di Porto di Trapani, dall'altro lato l'assenso del Genio Civile di Trapani, della Soprintendenza di Trapani e (a quanto consta) del Comune di (omissis) è stato acquisito per silentium ai sensi della l.r. 4/2003; l'Area Marina Protetta, attributaria di funzioni estranee all'ambito di delibazione propedeutico all'emanazione del titolo concessorio, non ha, invece, motivo di essere coinvolta nel procedimento"; è stato altresì evidenziato che "l'inerzia mantenuta dall'ARTA pur a seguito dell'ordinanza cautelare dimostra a contrario - anche in considerazione dei principi di buon andamento dell'Amministrazione e di legittimo affidamento del privato - l'inesistenza di profili ostativi al rilascio del titolo, che, altrimenti, avrebbero dovuto essere prontamente rappresentati, tanto più alla luce del parere preliminare positivo alla valutazione di incidenza ambientale già emesso dallo stesso Assessorato resistente e del decorso di un notevole lasso di tempo (più di sei anni) dall'iniziale istanza", precisando infine che "l'ARTA.. potrà rigettare l'istanza del ricorrente solo per profili fattuali o per rilievi giuridici diversi da quelli già in atti, attendendo, in tal caso, alla puntuale e specifica indicazione delle circostanze che non hanno reso possibile la tempestiva esposizione di tali elementi ostativi: in ogni caso - e ciò il Collegio statuisce in applicazione dei menzionati articoli 1 e 34, comma 1, lett. c) ed e), c.p.a. - il procedimento dovrà essere concluso con un provvedimento espresso entro il termine ultimo di giorni sessanta dalla pubblicazione della presente sentenza". - rinnovati alcuni pareri nel frattanto scaduti e ottenuto anche il provvedimento finale sulla valutazione di incidenza ambientale (il 16.03.2017), sono infine intervenuti dapprima il DRS n. 334 del 26.04.2017 e quindi, in data 06.06.2017, la agognata concessione demaniale n. 60/2017. In tale vicenda - in cui il riconoscimento, se pure successivo, del bene della vita esclude la sussistenza di un pregiudizio permanente per il ricorrente - può semmai configurarsi un "danno da ritardato conseguimento del bene della vita" che, giova precisarlo, non è propriamente un "danno da ritardo": è un danno che comunque si concentra sulla "ingiusta lesione del bene della vita" (come accertata dalla sentenza n. 1037/2016) che è stato riconosciuto in un tempo successivo rispetto a quello entro il quale avrebbe dovuto essere riconosciuto. Nel caso di specie, gli elementi costitutivi di detta responsabilità, emergono chiaramente dal contenuto della sentenza n. 1037/2016: tanto con riguardo agli elementi di carattere soggettivo (colpa del danneggiante) immanenti nella macroscopicità dei reiterati ritardi e nella palese e assoluta incompetenza dell'AMP adita in sede di parere, quanto quelli di carattere oggettivo (ingiustizia del danno, nesso causale), non avendo il ricorrente potuto godere della concessione demaniale, e dunque dei ricavi dell'attività imprenditoriale che avrebbe potuto intraprendere già molto tempo prima dell'effettivo rilascio della concessione, intervenuto solo nell'estate del 2017. Sotto il profilo oggettivo la natura soprassessoria della nota demaniale dell'1 ottobre 2014, fa sì che essa integri gli estremi sia dell'illecito provvedimentale propriamente inteso (ovvero dell'illegittimo esercizio di potestà amministrative), sia del mancato esercizio di attività amministrativa obbligatoria, in violazione dei principi generali di tempestività e correttezza dell'agire amministrativo, buona fede e tutela dell'affidamento del destinatario dell'azione amministrativa. Del pari costituisce autonomo illecito provvedimentale il parere dell'Area Marina del 21 luglio 2014, non solo per le plurime ragioni rilevate nella citata sentenza n. 1037/2016, ma anche per l'inconsistenza, giuridica e fattuale, delle ragioni ostative ivi adombrate tutte puntualmente censurate col ricorso originario sia con riferimento al regime transitorio posto dall'articolo 4 della legge regionale n. 15/2005 (per il rilascio di concessioni demaniali marittime nelle more della approvazione del P.U.D.M.), sia con riferimento agli inesistenti rilievi a sfondo ambientalistico opposti al progetto del ricorrente (seppur in presenza di un parere favorevole già rilasciato, all'esito della istruttoria di rito, dal Dipartimento regionale dell'Ambiente). La presenza del previo accertamento giudiziale contenuto nella sentenza n. 1037/2016 consente di ritenere provato anche l'elemento soggettivo, salva la possibilità di prova contraria a carico dell'Amministrazione, come da giurisprudenza consolidata per cui "il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l'illegittimità dell'atto quale indice presuntivo della colpa, mentre resta a carico dell'Amministrazione l'onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile derivante dalla sussistenza di contrasti giurisprudenziali, di incertezza del quadro normativo di riferimento o di particolare complessità della situazione di fatto, ovvero ancora dal comportamento delle parti del procedimento" (Cons. St., sez. V, 10 maggio 2022, n. 3658; Cons. Stato, sez. III, 12 aprile 2023, n. 3664). Ebbene, tale onere non può nel caso di specie ritenersi assolto dalle Amministrazioni resistenti: non con riferimento all'AMP che assume l'ambiguità del dato normativo che perimetra l'area oggetto di propria competenza, trattandosi di normative di remota approvazione (risalenti al 1982, l'art. 27 legge n. 979; e al 1991, l'art. 19 legge n. 394) sulle quali non è giustificabile alcuna persistente incertezza ermeneutica, tanto meno in ordine alla delimitazione oggettiva dell'ambito di competenza territoriale; non con riferimento all'ARTA, di cui la sentenza evidenzia la gravità dei reiterati ritardi e che, financo dopo la condanna, prima in sede cautelare e poi nel merito ad un facere provvedimentale specifico, passata in giudicato il 27 novembre 2016, ha perseverato nel ritardo; neanche con riguardo ai pareri del Genio Civile e della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Trapani che, ancorché positivi, sono pervenuti parimenti con ingiustificabile ritardo che ne ha fondato l'annullamento da parte di codesto Tribunale con la menzionata sentenza, essendosi ormai formato il silenzio provvedimentale. Sul punto le Amministrazioni resistenti non hanno assolto agli oneri di prova liberatoria su di esse incombenti; non può in particolare ritenersi "scusabile" interpretazione dell'art. 27 della L. n. 979/1982 che ha condotto al convincimento dell'ARTA, poi rivelatosi errato, riguardo all'inclusione anche della fascia costiera dell'isola di (omissis) nel perimetro della riserva marina inclusa nella competenza dell'AMP. L'errore, infatti, risulta scusabile quando l'amministrazione, a fronte di una scelta interpretativa, ha optato per una soluzione che solo ex post si è rivelata chiaramente errata in presenza di una situazione di obiettiva incertezza, integrata da elementi (quali contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione della norma, formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, rilevante complessità del fatto), di cui non è stata data dalla stessa amministrazione adeguata dimostrazione. 4. In definitiva, sulla scorta di quanto precede, deve ritenersi sussistente la lesione dell'interesse pretensivo del ricorrente al rilascio tempestivo della concessione demaniale n. 60 del 06/06/2017, e il conseguente pregiudizio patrimoniale suscettibile di riparazione in via risarcitoria. Sulla quantificazione del danno complessivamente dovuto occorrono talune precisazioni. Per il periodo intercorrente fra il 2010 e il 2014, non avendo il ricorrente diligentemente esperito i mezzi di tutela messi a disposizione dall'ordinamento, nulla è dovuto. Al riguardo assume rilievo, in ordine alla riduzione o all'esclusione del danno risarcibile, il concorso di colpa del danneggiato che abbia omesso di attivare i previsti rimedi processuali di tutela specifica, come precisato nella nota pronuncia dell'Adunanza Plenaria n. 3 del 2011, secondo cui "Operando una ricognizione dei principi civilistici in tema di causalità giuridica e di principio di auto-responsabilità, il codice del processo amministrativo sancisce la regola secondo cui la tenuta, da parte del danneggiato, di una condotta, attiva od omissiva, contraria al principio di buona fede ed al parametro della diligenza, che consenta la produzione di danni che altrimenti sarebbero stati evitati secondo il canone della causalità civile imperniato sulla probabilità relativa (secondo il criterio del "più probabilmente che non": Cass., sezioni unite, 11 gennaio 1008, n. 577; sez. III, 12 marzo 2010, n. 6045), recide, in tutto o in parte, il nesso casuale che, ai sensi dell'art. 1223 c.c., deve legare la condotta antigiuridica alle conseguenze dannose risarcibili. Di qui la rilevanza sostanziale, sul versante prettamente causale, dell'omessa o tardiva impugnazione come fatto che preclude la risarcibilità di danni che sarebbero stati presumibilmente evitati in caso di rituale utilizzazione dello strumento di tutela specifica predisposto dall'ordinamento a protezione delle posizioni di interesse legittimo onde evitare la consolidazione di effetti dannosi". Nella specie la diligenza del ricorrente è mancata non essendosi attivato nel termine di legge contro il silenzio della P.A., formatosi sull'istanza del 3 febbraio 2010 ben prima della notifica del ricorso di annullamento solo il 9.12.2014, avverso il provvedimento di sospensione dell'ARTA. Per il periodo successivo alla proposizione dell'azione di annullamento, sono dovuti tutti i danni che siano conseguenza diretta ed immediata dell'illecito comportamento provvedimentale delle PA, ex art. 1223, come richiamato dall'art. 2056. In considerazione di ciò, non avendo potuto il ricorrente intraprendere l'attività imprenditoriale programmata a causa della condotta illegittima delle PA, il quantum debeatur è ragionevolmente deeterminabile dal confronto dell'utile netto risultante dai bilanci della società del ricorrente, acquisiti agli atti del giudizio, successivi all'effettivo ottenimento della concessione che, seppur pervenuta nel corso della stagione estiva del 2017, ha consentito al ricorrente di avviare concretamente l'attività soltanto a partire dall'estate del 2018. La redditività perduta dalla società come conseguenza diretta ed immediata è dunque rappresentata dall'utile netto, in quanto comprensivo del reddito ma al netto della componente finanziaria e della tassazione, e non anche dall'Ebitda (earnings before interest, taxes, depreciation, and amortization), o margine operativo lordo (MOL), sulla cui base il ricorrente pretende ristoro e che ingloba in sé anche il valore economico di ulteriori spese che non partecipano del guadagno netto - appunto, gli interessi, le tasse, la svalutazione e gli ammortamenti - che il ricorrente avrebbe affrontato in ogni caso e pertanto non sono meritevoli di compensazione. Ai fini della quantificazione del danno emergente, dunque, è ragionevole far riferimento al valore medio dell'utile netto risultante dai bilanci societari depositati, successivi all'ottenimento e al godimento della concessione da cui ha tratto il relativo profitto. La media annua dell'utile netto è pari a Euro 16.905,50, rappresentante la somma - all'uopo rivalutata e maggiorata degli interessi - dovuta dalle Amministrazioni resistenti, in solido, per ogni anno di ritardo imputabile, e dunque per le annualità del 2015, 2016 e 2017, risalendo il primo ricorso al dicembre 2014. Quanto al lucro cessante il criterio preferibile per la relativa quantificazione impone di far riferimento agli interessi compensativi che accedono all'obbligazione risarcitoria da fatto illecito per compensare la mancata disponibilità per impieghi remunerativi della somma di denaro in cui il debito viene liquidato, calcolati al tasso legale sull'importo, rivalutato per anno, attualizzato a partire dalla pubblicazione della sentenza e sino al definitivo saldo (TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 7/02/2017 n. 351). 5. In conclusione, previa estromissione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Capitaneria di Porto di Trapani, l'Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana e il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Area Marina Protetta delle Isole Eg. vanno condannati in solido al risarcimento del danno nei confronti del ricorrente, per la somma di Euro 16.905,50 moltiplicata per tre annualità Euro 50.716,50, maggiorata degli interessi e della rivalutazione. 6. Le spese del giudizio seguono l'ordinaria regola della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede: - dichiara il difetto di legittimazione passiva del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Capitaneria di Porto di Trapani e, per l'effetto, ne dispone l'estromissione dal giudizio; - accoglie in parte il ricorso e, per l'effetto, condanna in solido l'Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana e il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Area Marina Protetta delle Isole Eg. al risarcimento del danno, da liquidarsi in favore del ricorrente secondo i criteri indicati in motivazione. Condanna in solido l'Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana e il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Area Marina Protetta delle Isole Eg. al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese processuali, liquidate nell'importo complessivo di Euro 2.500,00 (euro duemilacinquecento/00) oltre accessori dovuti per legge e rimborso del contributo unificato. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati: Salvatore Veneziano - Presidente Maria Cappellano - Consigliere Francesco Mulieri - Consigliere, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1966 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Iv. Ra. e Gi. Ma. Au. Sc., con domicilio fisico eletto presso lo studio dell'avvocato Iv. Ra. in Catania, via (...); contro -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Vi. Re. e Ag. Da., con domicilio fisico eletto presso l'Avvocatura d'Ateneo in Catania, P.zza (...); nei confronti -OMISSIS-, non costituita in giudizio; per l'annullamento e, comunque, per l'accertamento dell'illegittimità del verbale della commissione giudicatrice del -OMISSIS-, reso nell'ambito della procedura di selezione di cui al bando n. -OMISSIS- del Dipartimento di Scienze Geologiche dell'-OMISSIS-; per la dichiarazione di inefficacia/nullità del contratto stipulato tra la dott.ssa -OMISSIS- e l'-OMISSIS- in data -OMISSIS-, in esito alla selezione di cui al bando citato; per la condanna dell'-OMISSIS- a) al risarcimento del danno da lucro cessante nella misura del corrispettivo che il ricorrente avrebbe percepito se nominato vincitore della selezione bandita o, in subordine, del danno da perdita di chance in pari misura o nella misura ritenuta equa dal decidente e b) al risarcimento del danno curriculare nella misura ritenuta equa dal decidente; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'-OMISSIS-; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.; Relatore nell'udienza straordinaria dedicata allo smaltimento dell'arretrato del giorno 1 luglio 2024, svoltasi con le modalità di cui all'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm. (novellato dall'art. 17, comma 7, lett. a), n. 6, del decreto legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113), il dott. Giovanni Giuseppe Antonio Dato e uditi per le parti i difensori presenti come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Con ricorso ex art. 11 cod. proc. amm. notificato (ovvero spedito per la notifica) in data 1 dicembre 2020 e depositato in data 29 dicembre 2020 il deducente ha rappresentato quanto segue. Con bando n. -OMISSIS- il Dipartimento di Scienze Geologiche dell'-OMISSIS- ha indetto una selezione al fine di individuare un esperto interessato ad instaurare un rapporto di collaborazione esterna (compenso pari a Euro 7.000,00), della durata di sei mesi, al fine di fornire un supporto tecnico nell'ambito delle attività di progettazione e realizzazione di un percorso didattico-esplicativo mineralogico-petrografico-vulcanologico comprendente una parte espositiva ed informatizzabile, per un totale di sei moduli espositivi, attività previste nel progetto "Un percorso espositivo e multimediale alla scoperta del patrimonio mussale siciliano: fossili, minerali e rocce vulcaniche", Legge 10 gennaio 2000, n. 6, DD 19 luglio 2010 n. 384. Requisiti di partecipazione, "da valere quali criteri di valutazione", erano i seguenti: laurea in Scienze geologiche o titolo equivalente, con votazione non inferiore a 105/110; dottorato di ricerca in discipline geologiche; esperienze documentate in ambito museale; conoscenza della sistematica di minerali e rocce. In data 28 aprile 2011 si è riunita la commissione giudicatrice della selezione de qua, la quale ha preso "visione dei plichi pervenuti...contenenti le domande e i documenti presentati dai candidati"; sono state presentate due domande, quella del ricorrente e quella della controinteressata. Dopo aver aperto le buste contenenti le domande - circostanza che si evince dall'impressione del timbro del protocollo sulle prime pagine delle domande di partecipazione - la commissione ha specificato i criteri di selezione previsti dal bando, valorizzando il voto di laurea e precisando quanto segue: l'esperienza in ambito museale doveva essere "di tipo istituzionale"; la conoscenza della sistematica di minerali e rocce doveva essere accertata attraverso la carriera scolastica, gli esami sostenuti, le attività tecnico-scientifiche svolte. La commissione ha quindi proceduto ad esaminare il profilo della dott.ssa -OMISSIS-, mettendo in rilievo: il voto di laurea (110/110); il superamento di 11 esami in materie pertinenti con l'attività oggetto di selezione; il titolo di dottore di ricerca; una non meglio individuata, generica "esperienza scientifica"; l'esperienza didattica nell'ambito di corsi IFTS e nella scuola media superiore; il possesso di patente ECDL; l'abilitazione alla professione di geo. Nell'esaminare la posizione del ricorrente, la commissione ha messo in rilievo: il voto di laurea (107/110); il superamento di 6 esami in materie pertinenti con l'attività oggetto di selezione; il titolo di dottore di ricerca; l'esperienza in ambito museale, ma di tipo non istituzionale; una non meglio individuata, generica "esperienza scientifica"; il possesso di patente ECDL; l'abilitazione alla professione di geo. In esito alla selezione, la commissione ha ritenuto maggiormente meritevole la dott.ssa -OMISSIS-, che ha sottoscritto il relativo contratto in data 20 maggio 2011. Con ricorso ex art. 700 cod. proc. civ. depositato il 20 luglio 2011 (r.g. 7981/2011), il deducente ha adito il Tribunale di Catania (in funzione di giudice del lavoro), rivendicando il diritto a ricoprire l'incarico, previa disapplicazione del verbale citato; con ordinanza n. 37769/2011 del 12 dicembre 2011, il giudice adito ha respinto la domanda cautelare per difetto del periculum in mora. Con ricorso ex art. 414 c.p.c., depositato il 27 aprile 2014 il deducente ha incardinato il giudizio di merito, chiedendo al Tribunale di Catania - Sezione Lavoro di accertare e dichiarare il proprio diritto di ricoprire l'incarico de quo, previa disapplicazione del verbale del 28 aprile 2011 della commissione esaminatrice, e la condanna dell'-OMISSIS- al risarcimento del danno da lucro cessante, nella misura del corrispettivo che avrebbe percepito se nominato vincitore o, in subordine, del danno da perdita di chance in pari misura o nella misura ritenuta equa dal decidente, nonché al risarcimento del danno curriculare nella misura ritenuta equa dal decidente. Con sentenza n. 5630 del 10 dicembre 2019, il Tribunale di Catania - Sezione Lavoro ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice adito. La sentenza de qua non è stata notificata ed è divenuta definitiva in data 13 agosto 2020, decorso il termine semestrale di cui all'art. 327 cod. proc. civ. (dalla data di pubblicazione: 10 dicembre 2019), termine cui si applica la sospensione straordinaria dal 9 marzo all'11 maggio 2020 (art. 83, d.l. 18/2020 e art. 36, comma 1, d.l. 23/2020). Per il deducente il ricorso in epigrafe deve ritenersi tempestivo atteso che la domanda è riproposta al giudice amministrativo entro il termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza resa dal Tribunale di Catania - Sezione lavoro (art. 59, comma 2, legge 18 giugno 2009, n. 69), termine sospeso nel periodo feriale. 1.1. Si è costituita in giudizio l'-OMISSIS-, chiedendo di ritenere e dichiarare irricevibile, inammissibile nonché infondato in fatto ed in diritto il ricorso proposto e, per l'effetto, con qualunque formula, rigettarlo. 1.2. In vista della celebrazione dell'udienza di discussione -OMISSIS- resistente ha depositato documenti e memoria. 1.3. All'udienza straordinaria dedicata allo smaltimento dell'arretrato del giorno 1 luglio 2024, presente il difensore della parte ricorrente, come da verbale, il Collegio, ai sensi dell'art. 73, comma 3, cod. proc. amm., ha rilevato possibili profili di difetto di giurisdizione con riferimento alla domanda di nullità e inefficacia del contratto. Dopo la discussione, il ricorso è stato trattenuto in decisione. Alle ore 11.16 è risultata in collegamento l'avvocato Da., per -OMISSIS- resistente; il Presidente ha dato lettura di quanto verbalizzato in udienza e l'avvocato Da. ne ha preso atto senza discussione. DIRITTO 1. Con l'atto introduttivo del giudizio la parte ricorrente: - ha svolto delle considerazioni preliminari in punto di traslatio iudicii: in particolare, il deducente ha precisato che il giudizio viene incardinato in esito ad una pronuncia declinatoria di giurisdizione su una domanda volta ad ottenere una pronuncia di accertamento (del diritto del ricorrente di ricoprire l'incarico), previa disapplicazione dell'atto amministrativo illegittimo, e di condanna al risarcimento del danno ingiustamente patito a causa dell'agere illegittimo dell'Amministrazione. L'esponente ha evidenziato di riproporre la domanda originaria di "disapplicazione" del verbale della commissione esaminatrice indicato in epigrafe in termini di "annullamento", adattandola al nuovo contesto processuale; inoltre, la domanda di annullamento è riproposta contestualmente ed in funzione alla domanda risarcitoria, avente ad oggetto il risarcimento del danno ingiustamente patito a causa dell'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa; - nella consapevolezza che la translatio iudicii non può consentire l'elusione dei termini posti a pena di decadenza a tutela delle posizioni giuridicamente protette dinanzi al giudice dotato di giurisdizione, il ricorrente ha chiesto, con riferimento a tutte le domande articolate, la remissione in termini per errore scusabile tenuto conto della circostanza che, al momento dell'adozione del provvedimento impugnato e negli anni immediatamente successivi (fino al 2016), era costante l'orientamento giurisprudenziale che riconosceva la giurisdizione del giudice ordinario in materia di conferimento di incarichi di collaborazione o libero-professionali da parte di pubbliche amministrazioni. Il deducente ha comunque insistito sul fatto che l'azione risarcitoria dovrà ritenersi in ogni caso tempestiva; - il ricorrente ha quindi articolato i seguenti motivi: Violazione degli artt. 51, 97 e 3 Cost., dei principi generali in tema di imparzialità, trasparenza e correttezza dell'azione amministrativa ed in tema di procedure concorsuali, del principio di parità di trattamento, degli artt. 1, 3, 6, comma 1, lett. b), della l. 241/1990, degli art. 1, 3, 8, 12, d.P.R. n. 487/1994, - Violazione del bando di selezione - Violazione del Regolamento dell'Università di Catania per il conferimento di incarichi di collaborazione di natura occasionale o coordinata e continuativa - Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, disparità di trattamento, illogicità e ingiustizia manifesta. In sintesi, per l'esponente la commissione ha modificato in itinere le regole della procedura, specificando i criteri di valutazione previsti nel bando pur essendo ai componenti nota, o comunque agevolmente visionabile, l'identità dei concorrenti ed il loro curriculum; a ciò si aggiunge la violazione del regolamento per il conferimento di incarichi di collaborazione di natura occasionale o coordinata e continuativa dell'ateneo catanese, laddove è previsto: all'art. 4, comma 2, lett. b), che nell'avviso di selezione devono essere indicati "gli specifici requisiti culturali e professionali richiesti per lo svolgimento della prestazione"; all'art. 5, comma 3, che (oltre all'esame dei titoli posseduti e delle esperienze di lavoro inerenti le attività oggetto dell'incarico di cui al comma 1 del medesimo art. 5) "l'amministrazione potrà definire ulteriori criteri di selezione, che verranno indicati nell'avviso di selezione". In particolare: a) la parte ricorrente si è soffermata sul fatto che nel corso della procedura l'Amministrazione ha specificato che l'esperienza in ambito museale rilevante fosse "di tipo istituzionale", argomentando che se tale specificazione non fosse intervenuta lo stesso deducente avrebbe prevalso sull'altra concorrente. L'esponente ha inoltre richiamato l'esperienza in ambito museale maturata, ritenuta per l'appunto non "istituzionale"; b) il deducente ha poi argomentato che avrebbe dovuto essere ritenuto più meritevole della dott.ssa -OMISSIS- sotto il profilo degli esami sostenuti in materie pertinenti. Per la parte ricorrente, in particolare, posto che la possibilità di valorizzare gli esami sostenuti è emersa soltanto dopo la presentazione delle domande, la commissione avrebbe dovuto richiedere uun'integrazione della documentazione (nel caso di specie riguardante gli esami sostenuti nel corso di laurea triennale) ovvero avrebbe potuto procedere ex officio ad acquisire tutte le informazioni sulla carriera universitaria del ricorrente (avendo lo stesso conseguito entrambe le lauree nell'Università di Catania). E comunque, ha osservato il deducente, anche senza acquisire ulteriore documentazione, la commissione avrebbe potuto tenere in considerazione gli esami sostenuti dal candidato nelle materie pertinenti che dovevano necessariamente figurare (c.d. insegnamenti obbligatori in contrapposizione a quelli opzionali) nel piano di studi triennale ai sensi dell'ordinamento vigente ratione temporis (con la conseguenza che il deducente avrebbe riportato al suo attivo 19 esami in materie pertinenti a fronte degli 11 della controinteressata); c) il deducente ha poi lamentato che la commissione ha ignorato, nonostante la puntuale allegazione risultante dalla domanda di partecipazione, le 8 pubblicazioni scientifiche dello stesso ricorrente, tutte su riviste massimamente diffuse nella comunità scientifica di riferimento, e le 4 comunicazioni scientifiche a congressi (osservando che, invece, la dott.ssa -OMISSIS- possedeva soltanto 2 pubblicazioni scientifiche e 4 comunicazioni scientifiche a congressi); inoltre, l'esponente ha contestato il fatto che la commissione non ha tenuto conto che l'interessato era socio di diverse società scientifiche. Infine, il deducente ha argomentato in ordine alla spettanza, in proprio favore, del diritto al risarcimento dei danni subiti; in particolare, l'esponente ha osservato: - di non aver in alcun modo contribuito al verificarsi dei danni patiti, essendo a suo tempo insorto con lo strumento di tutela cautelare ex art. 700 cod. proc. civ. dinanzi al giudice del lavoro, in ossequio all'orientamento allora costante in tema di giurisdizione; - che in assenza dei denunciati vizi dell'azione amministrativa, il deducente sarebbe stato nominato vincitore della selezione per cui è causa; - che tenuto conto dei vizi che inficiano il provvedimento e della gravità delle violazioni imputabili all'amministrazione (preordinate a "ricucire" su misura dell'altra concorrente), non può dubitarsi della sussistenza dell'elemento soggettivo, se non in termini di dolo, quanto meno sotto il profilo della colpa; - di aver diritto al risarcimento del danno da lucro cessante nella misura dell'importo del contratto pari a Euro 7.000,00; - in via subordinata, che sussiste l'interesse ed il diritto del concorrente pretermesso a vedersi risarcito il danno da perdita di chances (danno liquidabile in via equitativa, ex art. 1226 cod. civ.), visto che - se fosse stata correttamente svolta la procedura selettiva del caso - egli sarebbe risultato all'evidenza vincitore della selezione; - infine, l'esponente ha lamentato di aver subito un notevole danno curriculare, essendo notorio che la maggior parte delle selezioni avvengono esclusivamente sulla scorta di una valutazione dei curricula degli aspiranti (per la quantificazione di tale ultima voce di danno il deducente si è rimesso all'equo apprezzamento del Decidente). 2. L'Università degli Studi resistente: - ha preliminarmente eccepito l'irricevibilità del ricorso per tardività in ragione del fatto che il ricorso innanzi il Tribunale di Catania - Sezione Lavoro, riassunto con il ricorso in epigrafe, è stato depositato a tre anni dall'adozione degli atti presuntamente lesivi e, dunque, ben oltre dopo lo spirare del termine decadenziale di impugnazione ex art. 29 e 30 cod. proc. amm.; - sempre in via preliminare ha contestato la richiesta di rimessione in termini per errore scusabile e ha svolto considerazioni specifiche sulla tempestività della domanda risarcitoria, contrastando le domande e le argomentazioni difensive del deducente; - infine, ha contestato, nel merito, i dedotti profili di illegittimità che avrebbero, secondo il deducente, caratterizzato i lavori della commissione giudicatrice. 3. Il Collegio ritiene che il proposto ricorso meriti di essere accolto, nei sensi e nei limiti in appresso specificati. 4. In via preliminare, il Collegio - dopo aver formulato il relativo avviso ex art. 73, comma 3, cod. proc. amm. in sede di udienza (cfr. supra) - dichiara l'inammissibilità per difetto di giurisdizione del ricorso proposto nella parte relativa alla domanda di inefficacia/nullità del contratto stipulato tra la dott.ssa -OMISSIS- e l'-OMISSIS- in data 20 maggio 2011, in esito alla procedura de qua. Ed invero, la domanda diretta ad ottenere la declaratoria di nullità ovvero l'annullamento e, comunque, l'inefficacia del contratto stipulato, non inerendo alla fase della procedura competitiva, non può che essere devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, nella cui cognizione rientrano tutti gli atti della serie negoziale, a partire dalla stipulazione del contratto, compresi quelli volti a disporne l'annullamento unilaterale o la caducazione automatica in conseguenza dell'illegittimità, definitivamente accertata in sede giurisdizionale o in sede di autotutela, della procedura. Il Collegio ritiene opportuno precisare che la domanda de qua non era stata formulata nel ricorso introduttivo del giudizio di merito davanti al Tribunale di Catania - Sezione Lavoro, con la conseguenza che sulla domanda in questione il giudice (per primo) adito non ha potuto pronunciarsi. 5. Premesso quanto sopra devono essere disattese le eccezioni frapposte e le ulteriori argomentazioni difensive in rito articolate dall'Università resistente; ed infatti: a) se è ben vero che l'art. 11, comma 2, cod. proc. amm. stabilisce che "Quando la giurisdizione è declinata dal giudice amministrativo in favore di altro giudice nazionale o viceversa, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato" e che il giudizio di merito è stato introdotto dal ricorrente davanti al Tribunale di Catania - Sezione Lavoro nel 2014, id est tre anni dopo la conclusione della procedura competitiva in questione (ben oltre, dunque, il termine decadenziale stabilito dagli artt. 29 e 41 cod. proc. amm.), alla parte ricorrente va accordato il chiesto beneficio della rimessione in termini per errore scusabile. Ed invero, un robusto indirizzo giurisprudenziale - nel periodo temporale di interesse - era orientato a ritenere devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie aventi ad oggetto il conferimento, da parte della Pubblica amministrazione, di incarichi di collaborazione coordinata e continuativa, risultando irrilevante che l'Amministrazione avesse effettuato una scelta fiduciaria (o intuitu personae) ovvero avesse fatto ricorso ad una procedura selettiva simile a quella concorsuale (cfr. T.A.R. Molise, sez. I, 22 maggio 2013, n. 322; cfr. anche T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 11 agosto 2014, n. 8892; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 17 febbraio 2014, n. 468; T.A.R. Basilicata, sez. I, 20 dicembre 2012, n. 568; T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 28 settembre 2011, n. 1597; T.A.R. Basilicata, sez. I, 4 febbraio 2008, n. 28). Solo successivamente, nel 2016, il Giudice regolatore della giurisdizione ebbe a chiarire che "Una lettura sistematica del testo unico del pubblico impiego induce a interpretare estensivamente il concetto di assunzione di dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 63, comma 4, ritenendo che sussista la giurisdizione, tanto in presenza di una controversia relativa ad una procedura concorsuale volta all'assunzione di lavoratori subordinati, quanto in presenza di una controversia relativa ad una procedura concorsuale volta al conferimento di incarichi ex art. 7, comma 6, tu., assegnati ad esperti, mediante contratti di lavoro autonomo di natura occasionale o coordinata e continuativa, per far fronte alle medesime esigenze cui ordinariamente sono preordinati i lavoratori subordinati della pubblica amministrazione" (cfr. Cass. civ., Sez. Un., 1 luglio 2016, n. 13531). Peraltro, solo poche settimane prima lo stesso Giudice regolatore della giurisdizione aveva sposato un esito interpretativo diametralmente opposto: ed invero, a fronte di una procedura finalizzata non già alla costituzione di un rapporto di impiego pubblico, bensì alla conclusione di un contratto avente ad oggetto una prestazione d'opera nella forma di una collaborazione coordinata e continuativa di natura privatistica, le Sezioni Unite ebbero ad escludere l'applicazione dell'art. 63, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 ("che riguarda esclusivamente le procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", e non anche "l'ipotesi di stipulazione di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa"), contestualmente escludendo la giurisdizione amministrativa sulla base del normale criterio di riparto basato sulla distinzione fra diritto soggettivo e interesse legittimo (venendo in evidenza una selezione pubblica per titoli e colloquio, finalizzata all'individuazione del soggetto dotato dei requisiti professionali necessari con il quale stipulare un contratto di cooperazione coordinata e collaborativa di durata biennale: cfr. Cass. civ., Sez. Un., 30 maggio 2016, n. 11139). Il Collegio rileva, dunque, che sebbene la pregevole e particolarmente ricca difesa articolata dall'Università resistente abbia evidenziato che in precedenza la giurisprudenza aveva ricondotto siffatte controversie alla giurisdizione del giudice amministrativo, esito corroborato dall'ulteriore argomentazione fondata sulla consistenza della posizione soggettiva lesa, nondimeno, fra i presupposti per la rimessione in termini per errore scusabile vi è quello dei "contrasti giurisprudenziali su una determinata questione giuridica, quale l'oggettiva incertezza sulla spettanza della giurisdizione" (cfr. Cons. Stato, sez. VII, 28 novembre 2023, n. 10173 ed ivi precedenti giurisprudenziali), come appunto nel caso in esame. In definitiva, l'errore commesso è scusabile, ai sensi dell'art. 11, comma 5, cod. proc. amm., sicché l'impugnazione deve essere considerata tempestiva, contrariamente a quanto eccepito dall'Università resistente; b) quanto alla domanda risarcitoria, essa risulta ritualmente introdotta: ed invero, fermo quanto detto sopra a proposito della concessione in favore del deducente del beneficio della rimessione in termini per errore scusabile per le ragioni già dette, la domanda di riparazione per equivalente monetario risulta racchiusa nel ricorso del 2014 avanti al Tribunale di Catania - Sezione Lavoro, in uno alla domanda di "disapplicazione" del verbale della commissione esaminatrice del 28 aprile 2011 (la parte ricorrente ebbe dunque a contestare già in quella sede l'"illegittimità dell'azione amministrativa"), con la conseguenza che, a seguito del ricorso ex art. 11 cod. proc. amm., deve ritenersi che la domanda risarcitoria è stata proposta unitamente alla domanda di annullamento (si deve sul punto ricordare che "ove si passi da un giudizio di tipo prevalentemente impugnatorio ad un giudizio esclusivamente di cognizione sul rapporto, o viceversa, l'atto di prosecuzione deve avere la forma di una riproposizione della domanda, stante il necessario adattamento del petitum": cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 aprile 2023, n. 3425). Appare evidente, poi, che essendo stata formulata l'azione di (disapplicazione-) annullamento (impugnazione da ritenersi tempestiva: cfr. supra), la domanda risarcitoria ritualmente poteva essere proposta con l'atto introduttivo del giudizio (come in concreto avvenuto). 6. Fermo quanto sopra, occorre ricordare che secondo l'art. 34, comma 3, cod. proc. amm., "Quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse ai fini risarcitori". Orbene, il Collegio ritiene che - nel caso di specie - l'annullamento non sia in effetti più utile per la parte ricorrente, atteso che la durata semestrale del rapporto di collaborazione in questione è ormai ampiamente decorsa. Peraltro, secondo l'insegnamento dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, espresso nella sentenza 13 luglio 2022 n. 8, per provocare una pronuncia di merito sull'originaria domanda di annullamento, riqualificata per legge come domanda di accertamento dell'illegittimità dell'atto impugnato, sarebbe stata sufficiente la mera dichiarazione dell'interesse risarcitorio richiesto dalla norma citata, mentre nel caso in esame - come già detto - la parte ricorrente ha ab initio avanzato domanda risarcitoria (peraltro, lo stesso deducente ha chiesto l'annullamento "e, comunque, per l'accertamento dell'illegittimità del verbale della commissione giudicatrice" del 28 aprile 2011). 7. Premesso quanto sopra il Collegio ritiene che: a) coglie nel segno la censura concernente l'illegittima integrazione della lex specialis, attraverso la specificazione, da parte della commissione giudicatrice, della rilevanza dell'esperienza in ambito museale (purché ) "di tipo istituzionale". Ed invero, per costante orientamento interpretativo, nel corso delle procedure competitive è vietata la modifica, ivi compresa l'integrazione, dei criteri di valutazione dei candidati previsti dal bando, atteso che ritenere sussistente tale potere significherebbe disapplicare la lex specialis in ordine ad una clausola alla quale la stessa Amministrazione si è autovincolata. Nel caso in esame, il bando n. -OMISSIS- (lex specialis) prevedeva espressamente, fra i criteri di valutazione, quello delle "esperienze documentate in ambito museale", tout court, con la conseguenza che la specificazione "di tipo istituzionale" aggiunta in via postuma dalla commissione (verbale del 28 aprile 2011) collide con il sopra richiamato orientamento nonché con il regolamento d'Ateneo per il conferimento degli incarichi in questione del 7 gennaio 2010 (art. 5, comma 3), dal cui tenore si ricava che i criteri di selezione vanno indicati "nell'avviso di selezione". Peraltro, e conclusivamente sul punto, dall'analisi testuale del verbale avversato risulta che la commissione ha prima dato atto dei nominativi dei due candidati e solo dopo ha effettuato la contestata integrazione, sequenza che pone a repentaglio i principi di trasparenza e di par condicio. L'integrazione in questione ha penalizzato l'esponente che - come rilevato dalla commissione - aveva presentato un "attestato di collaborazione ad attività museale", tuttavia non ritenuto rilevante in quanto "non istituzionale"; b) coglie nel segno, altresì, la censura con la quale il deducente contesta l'omesso apprezzamento da parte della commissione delle pubblicazioni scientifiche (ritenute prevalenti sulla controinteressata) e delle comunicazioni scientifiche a congresso nonché di essere socio, lo stesso esponente, di diverse società scientifiche; sul punto, invero, risulta nel predetto verbale, che per entrambi i candidati la commissione ha ritenuto dimostrata "l'esperienza scientifica", senza tuttavia motivazione (numerica o discorsiva) o specificazione alcuna sul punto. L'assenza di punteggi (in relazione ai titoli dei candidati) e di graduatoria finale, nonché di una motivazione discorsiva che permetta di cogliere le ragioni della ritenuta prevalenza della controinteressata sul ricorrente rende i predetti vizi rilevanti ai fini della declaratoria di illegittimità del verbale avversato. 8. Premesso quanto sopra, passando all'esame della domanda risarcitoria, il Collegio osserva quanto segue. Innanzitutto non può essere accolta la domanda di risarcimento del danno "da lucro cessante" (nella misura di Euro 7.000,00, pari al compenso previsto per l'incarico in questione). Ed invero, il concorrente danneggiato, nella fattispecie in esame, non è in grado di dimostrare con certezza che, in assenza del comportamento illegittimo serbato dalla P.A., avrebbe conseguito l'esito vittorioso e, conseguenzialmente, stipulato il contratto: ed invero, non è possibile affermare che in difetto dei detti profili di illegittimità l'anelato bene della vita sarebbe stato conseguito dal dott. -OMISSIS- Ritiene il Collegio, invece - proprio in quanto non risulta possibile accedere, in difetto di idonei elementi probatori e comunque in presenza di profili conformativi non integralmente vincolati, rimessi all'apprezzamento sequenziale della P.A., ad un giudizio di effettiva spettanza - che sia prospettabile il danno in termini di mera perdita di chances, secondo quanto di seguito specificato. Secondo condiviso orientamento giurisprudenziale "(...) Il riconoscimento della risarcibilità della perdita di chance, come è noto, è frutto di una lenta evoluzione interpretativa. Si tratta, invero, di figura elaborata al fine di traslare sul versante delle situazioni soggettive ? e, quindi, del danno ingiusto ? un problema di causalità incerta: quello cioè delle fattispecie in cui non sia affatto possibile accertare, già in astratto e in termini oggettivi, se un determinato esito vantaggioso (per chi lo invoca) si sarebbe o meno verificato senza l'ingerenza illecita del danneggiante. Per superare l'impasse dell'insuperabile deficienza cognitiva del processo eziologico, il sacrificio della 'possibilità ' di conseguire il risultato finale viene fatto assurgere a bene giuridico autonomo (...) nel campo del diritto amministrativo la lesione della chance viene invocata per riconoscere uno sbocco di tutela (sia pure per equivalente) a quelle delle aspettative andate irrimediabilmente deluse a seguito dell'illegittimo espletamento (ovvero del mancato espletamento) di un procedimento amministrativo. La fattispecie presa in considerazione è quella in cui il vizio accertato dal giudice amministrativo consiste nella violazione di una norma di diritto pubblico che ? non ricomprendendo nel suo raggio di protezione l'interesse materiale ? assicura all'istante soltanto la possibilità di conseguire il bene finale. L'"ingiustizia" del nocumento assume ad oggetto soltanto il'quid'giuridico, minore ma autonomo, consistente nella spettanza attuale di una mera possibilità . Nella moderna economia di mercato, del resto, anche la diminuzione di probabilità di eventi patrimoniali favorevoli può rilevare come perdita patrimoniale, non solo i danni fisici intesi come distruzione di ricchezza tangibile. Così delineata la nozione, il richiamo del giudice di primo grado alla 'elevata probabilità ' di realizzazione, quale condizione affinché la chance acquisti rilevanza giuridica, è fuorviante, in quanto così facendo si assimila il trattamento giuridico della figura in esame alla causalità civile ordinaria (ovvero alla causalità del risultato sperato). La chance prospetta invece, come si è detto, un'ipotesi ? assai ricorrente nel diritto amministrativo ? di danno solo 'ipoteticò, in cui non si può oggettivamente sapere se un risultato vantaggioso si sarebbe o meno verificato. Pur essendo certa la contrarietà al diritto della condotta di chi ha causato la perdita della possibilità, non ne è conoscibile l'apporto causale rispetto al mancato conseguimento del risultato utile finale. Poiché l'esigenza giurisdizionale è quella di riconoscere all'interessato il controvalore della mera possibilità ? già presente nel suo patrimonio ? di vedersi aggiudicato un determinato vantaggio, l'an del giudizio di responsabilità deve coerentemente consistere soltanto nell'accertamento del nesso causale tra la condotta antigiuridica e l'evento lesivo consistente nella perdita della predetta possibilità . La tecnica probabilistica va quindi impiegata, non per accertare l'esistenza della chance come bene a sé stante, bensì per misurare in modo equitativo il'valorè economico della stessa, in sede di liquidazione del'quantum' risarcibile. Con l'avvertenza che, anche se commisurato ad una frazione probabilistica del vantaggio finale, il risarcimento è pur sempre compensativo (non del risultato sperato, ma) della privazione della possibilità di conseguirlo. Richiedere (come ha fatto il giudice di primo grado) che la possibilità di conseguire il risultato debba raggiungere una determinata soglia di probabilità prima di assumere rilevanza giuridica, significa ricondurre nuovamente il problema delle aspettative irrimediabilmente deluse (con un percorso inverso a quello che ha portato a configurare la chance come bene autonomo, in ragione dell'impossibilità di dimostrare l'efficienza causale della condotta antigiuridica nella produzione del risultato finale) dal'dannò alla 'causalità '. In questo modo la chance finisce per essere utilizzata quale frazione probabilistica di un risultato finale di cui (poteva essere fornita, ma) è mancata la prova. Ma si tratta di un esito del tutto contraddittorio, in quanto, se la verificazione dell'evento finale può essere empiricamente riscontrata, allora non ricorrono neppure i presupposti per l'operatività della chance (...) Al fine però di non incorrere in una forma inammissibile di responsabilità senza danno, è necessario che, per raggiungere la soglia dell'"ingiustizia", la chance perduta sia seria . A tal fine: da un lato, va verificato con estremo rigore che la perdita della possibilità di risultato utile sia effettivamente imputabile alla condotta altrui contraria al diritto; sotto altro profilo, al fine di non riconoscere valore giuridico a chance del tutto accidentali, va appurato che la possibilità di realizzazione del risultato utile rientri nel contenuto protettivo delle norme violate. Al fine poi di scongiurare azioni bagatellari o emulative, il giudice dovrà disconoscere l'esistenza di un danno risarcibile (1223 c.c.) nel caso in cui le probabilità perdute si attestino ad un livello del tutto infimo (...) Va poi precisato che, a fronte del nocumento delle possibilità attuative rimaste inespresse a causa del comportamento illegittimo della pubblica amministrazione, il sistema di giustizia amministrativa appronta in via principale la tutela specifica. La priorità del tratto conformativo del giudicato di annullamento rispetto alla tutela risarcitoria (con la conseguenza che l'interessato non può tralasciare di impugnare l'esito negativo del procedimento), consegue al fatto che la tecnica risarcitoria della chance presuppone una situazione di fatto immodificabile, che abbia definitivamente precluso all'interessato la possibilità di conseguire il risultato favorevole cui aspirava. Solo qualora il procedimento amministrativo dichiarato illegittimo non sia in alcun modo ripetibile ? neppure virtualmente (stante i limiti posti alla cognizione giudiziale), come invece resta possibile in caso di attività vincolata, nel qual caso può essere richiesto soltanto il risarcimento del controvalore del risultato sperato ? il giudizio di ingiustizia può assumere ad oggetto la perdita della possibilità di un vantaggio" (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 settembre 2021, n. 6268). Con riguardo al caso in esame va evidenziato che: - è certa la contrarietà al diritto della condotta dell'Amministrazione resistente (come prima evidenziato), sebbene, va ribadito, non sia possibile conoscere l'apporto causale rispetto al mancato conseguimento da parte del deducente del risultato utile finale; - sussiste il nesso causale tra la condotta antigiuridica e l'evento lesivo, consistente nella perdita da parte candidato ricorrente della possibilità di conseguire il vantaggio finale; - la possibilità di realizzazione del risultato utile rientra nel contenuto protettivo delle norme violate; - la chance di esito vittorioso perduta dalla parte ricorrente appare "seria"; non può non evidenziarsi, infatti, che: a) due soli candidati hanno partecipato alla procedura competitiva; b) quanto ai titoli vantati, in termini astratti, non si evidenziano palesi ed incolmabili "dislivelli" fra i candidati; c) le ricadute dell'illegittimità dell'azione amministrativa non appaiono di marginale o secondaria importanza, in ragione dei titoli del ricorrente che avrebbero potuto - in assenza delle illegittimità consumate - essere apprezzati o diversamente valutati. Inoltre, deve ritenersi sussistente nel caso in esame l'elemento soggettivo della colpa, risultando le violazioni commesse realizzate in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimenti normativi e giuridici tali da palesare la negligenza e l'imperizia dell'organo nell'assunzione del provvedimento. In conclusione, nel caso di specie, l'illegittimo operato dell'Amministrazione resistente ha conculcato le chances acquisitive del ricorrente, che - come già detto - appaiono al Collegio dotate del carattere della "serietà ". Al fine della liquidazione del danno da perdita di chance, il pregiudizio va liquidato in via equitativa nella misura di Euro 3.500,00 (Euro tremilacinquecento/00), tenuto conto del valore economico dell'incarico. Deve invece essere respinta la domanda di condanna al risarcimento del danno curriculare, difettando la prova nel caso in esame che il mancato esito vittorioso della procedura in questione (con conseguente minor arricchimento del curriculum) ha precluso il conseguimento di incarichi diversi ovvero l'instaurazione di altri rapporti lavorativi, né più in generale risulta dimostrato quali sarebbero state le negative ricadute. Ed invero, sulla necessità di dare una "prova specifica" del danno curriculare si è ormai attestata la giurisprudenza consolidata; nel caso in esame, tuttavia, la parte ricorrente non ha offerto alcuna prova del nocumento che asserisce di aver subito a tale titolo. 9. In conclusione, il ricorso merita di essere accolto, nei sensi e nei limiti specificati e, per l'effetto, previa declaratoria di illegittimità dell'avversato verbale della commissione giudicatrice del 28 aprile 2011, nei termini sopra precisati, l'-OMISSIS- deve essere condannata al risarcimento del danno da c.d. perdita di chance subito dalla parte ricorrente, pregiudizio che si liquida in Euro 3.500,00 (Euro tremilacinquecento/00), con rivalutazione monetaria da calcolarsi sino alla pubblicazione della presente sentenza e, a decorrere da tale momento, spettando solo gli interessi nella misura legale sino all'effettivo soddisfo. 10. Le spese di lite - stante la complessità delle questioni esaminate e la natura interpretativa delle stesse - possono essere integralmente compensate fra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei sensi e nei limiti specificati, e: - dichiara l'illegittimità dell'avversato verbale, nei termini precisati in motivazione; - condanna l'-OMISSIS- al risarcimento del danno da c.d. perdita di chance subito dal ricorrente, che si liquida in Euro 3.500,00 (Euro tremilacinquecento/00), con rivalutazione monetaria da calcolarsi sino alla pubblicazione della presente sentenza e, a decorrere da tale momento, spettando solo gli interessi nella misura legale sino all'effettivo soddisfo. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 1 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati: Pancrazio Maria Savasta - Presidente Giovanni Giuseppe Antonio Dato - Primo Referendario, Estensore Antonino Scianna - Primo Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 637 del 2021, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Fi. Gi., con domicilio fisico eletto presso il suo studio in (...), Via (...) e con domicilio digitale ex lege come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero dell'Interno, Questura di -OMISSIS- in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, presso i cui uffici domiciliano in Catania, via (...); per l'annullamento del decreto emesso dal Questore della Provincia di -OMISSIS- in data 25.02.2021 e notificato al ricorrente in data 08.03.2021, di rigetto dell'istanza di rilascio della licenza di porto d'arma per uso sportivo, nonché di ogni altro atto ad esso preordinato, presupposto, conseguente e connesso; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di -OMISSIS-; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.; Relatore nell'udienza straordinaria dedicata allo smaltimento dell'arretrato del giorno 1 luglio 2024, svoltasi con le modalità di cui all'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm. (novellato dall'art. 17, comma 7, lett. a), n. 6, del decreto legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113), il dott. Giovanni Giuseppe Antonio Dato e uditi per le parti i difensori presenti come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Con ricorso notificato in data 20 aprile 2021 e depositato in data 21 aprile 2021 il deducente ha rappresentato quanto segue. Con decreto del 25 febbraio 2021 il Questore della Provincia di -OMISSIS- ha rigettato l'istanza di rilascio di licenza di porto di fucile uso sportivo presentata dal ricorrente il 29 settembre 2020 (richiesta avanzata dal deducente per esercitarsi, una volta a settimana, nel tiro a segno presso l'Unione Italiana Tiro a Segno di Catania, come comprovato dal diploma di idoneità al maneggio delle armi ed il tesserino di iscrizione C.O.N.I. n. -OMISSIS-, rilasciati dalla federazione sportiva). Il provvedimento di rigetto è stato preceduto dalla comunicazione del 2 dicembre 2020 circa i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza (contenente anche l'informazione circa la possibilità di visionare gli atti del procedimento, facoltà esercitata dal deducente con richiesta di accesso agli atti e di copia integrale della documentazione contenuta nel fascicolo amministrativo). Il ricorrente, in data 17 dicembre 2020, a mezzo del proprio legale, ha depositato la memoria difensiva corredata da produzione documentale. Tuttavia, in data 8 marzo 2021 al ricorrente è stato notificato il decreto di rigetto della predetta istanza, avversato con l'atto introduttivo del giudizio. 1.1. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'Interno e la Questura di -OMISSIS- chiedendo il rigetto del ricorso perché infondato. 1.2. In vista della celebrazione dell'udienza di discussione l'Amministrazione resistente ha depositato documenti e memoria. 1.3. All'udienza straordinaria dedicata allo smaltimento dell'arretrato del giorno 1 luglio 2024, presente il difensore della parte ricorrente, come da verbale, dopo la discussione il ricorso è stato trattenuto in decisione. DIRITTO 1. La parte ricorrente ha affidato il gravame ai seguenti motivi (in sintesi): - con il primo motivo ha dedotto i vizi di Violazione di legge e falsa e/o errata applicazione degli art. 11 e 43 Regio Decreto n. 773/1931, difetto di motivazione, di eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti, di illogicità manifesta, di contraddittorietà ed ingiustificata disparità di trattamento, di carenza di istruttoria, nonché di violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. In sintesi, dopo aver richiamato gli artt. 11 e 43 T.U.L.P.S. la parte ricorrente ha argomentato che il primo motivo addotto dal Questore a fondamento del contestato diniego di rilascio di porto di fucile concerne una condanna del deducente per fatti risalenti al lontano 1987 (sentenza con la quale la Corte di Appello di Catania - Sezione Minori Penale, in data 27 aprile 1990 ha dichiarato non doversi procedere per i reati di cui ai capi b), d), e), ed f), per intervenuta estinzione dei reati per amnistia, confermando l'assoluzione del ricorrente per il capo c) dell'imputazione, nonché la condanna solo per il capo a) riqualificato già in primo grado nel reato di lesioni, con riduzione della pena pecuniaria da Lire 600.000 a Lire 400.000 di multa, confermando altresì, per il resto, tutti i benefici della sospensione condizionale e della non menzione delle condanne nel casellario giudiziale). Per l'esponente, vertendosi nelle ipotesi previste dall'art. 43, secondo comma, T.U.L.P.S. l'affidabilità del soggetto richiedente è l'oggetto dell'accertamento e dell'istruttoria che l'Amministrazione è chiamata a svolgere in presenza di una richiesta di porto d'armi; tuttavia, lamenta l'esponente, nel caso in esame la valutazione di affidabilità non risulta supportata da idoneo apparato argomentativo anche in ragione della non immediata evidenza, in tal senso, della rilevanza dei fatti, peraltro risalenti nel tempo e ai quali non hanno fatto seguito altri delitti. Il ricorrente ha evidenziato di avere una regolare attività lavorativa, un figlio ed una compagna con la quale ha intrapreso da anni una stabile convivenza a seguito del divorzio consensuale dalla prima moglie; precisa, inoltre, di aver vissuto e lavorato per dieci anni in Germania, dove si è trasferito dopo la prematura scomparsa del padre e dopo le vicende giudiziarie che lo hanno visto coinvolto da minorenne; precisa, inoltre, di aver maturato la volontà di ritornare a vivere in Italia e, anche al fine di crearsi nuove e migliori opportunità di lavoro, di aver conseguito la licenza di scuola media. Precisa l'esponente di aver improntato la propria vita - da quel triste evento accaduto nel lontano anno 1987 - all'insegna del lavoro e del sacrificio, mantenendo sempre una condotta di vita regolare e di aver serbato un comportamento rispettoso dell'ordinamento giuridico e delle regole del vivere sociale. Per il deducente, inoltre, il fatto per il quale lo stesso ebbe ad essere condannato (allora quattordicenne) fu un evento isolato, nato da un banale diverbio tra ragazzini che ebbe a degenerare a causa dell'intervento dei fratelli dell'altro minorenne coinvolto, ed in particolare di uno di questi (maggiorenne) che ebbe ad impugnare un coltello da cucina con il quale ferì alla testa il fratello del ricorrente e poi uccise il padre del deducente (intervenuto solo per riportare la pace). Aggiunge l'esponente che, anche in ragione dell'operatività del combinato disposto degli artt. 163 e 167 c.p., anche il residuo reato di lesioni di cui al capo a), così come già riqualificato in primo grado a carico dello stesso deducente, si è estinto per decorso dei termini stabiliti per legge (l'interessato non ha mai più commesso delitti o contravvenzioni della stessa indole); inoltre, ai sensi dell'art 5, comma 4, del D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, la predetta condanna è stata anche definitivamente cancellata dal casellario giudiziale al compimento della maggiore età del deducente. In conclusione sul punto, evidenzia l'esponente, tutti gli effetti penali della condanna, comprese le pene accessorie e le statuizioni conseguenti, risultano estinte e cancellate dal casellario giudiziale, con la conseguenza che risulterebbe giuridicamente ultronea ed improcedibile l'eventuale istanza di riabilitazione ex art. 178 c.p.. Osserva ancora il deducente che la sospensione condizionale della pena ex art. 163 c.p. (istituto di natura clemenziale e discrezionale), concessa ai tempi all'istante, è subordinata a giudizio prognostico basato sugli stringenti criteri oggettivi e soggettivi sanciti dall'art. 133 c.p. (giudizio prognostico volto a comprendere se il reo potrà perpetrare il reato in futuro o potrà astenersi dal commetterne altri dando prova di risocializzazione e buona condotta); nel caso in esame, detta valutazione è stata compiuta e confermata sia dal Giudice di prime cure che dalla Corte di Appello di Catania - Sezione Minori Penale, e tale giudizio è rimasto immutato in ragione delle condizioni personali, sociali, lavorative e di vita dell'istante, che ha dato prova piena di buona condotta, di resipiscenza e di comportamento corretto e rispettoso delle leggi e delle Istituzioni, in Italia e in Germania. Lamenta la parte ricorrente che l'Amministrazione pubblica, tuttavia, nella fattispecie che occupa, in modo automatico ha ritenuto insussistente il requisito dell'affidabilità circa l'utilizzo delle armi, giungendo a tale conclusione in modo contraddittorio rispetto a quanto concretamente evidenziato nello stesso decreto di rigetto (ove si legge: "nulla eccependo circa la posizione odierna dell'istante, così come traspare dalla memoria difensiva"; "l'istante non ha più commesso delitti o contravvenzioni della stessa indole"). Per la giurisprudenza, osserva l'esponente, il giudizio discrezionale in questione dovrebbe essere supportato da adeguata motivazione, non integrata da un mero rinvio per relationem a vicende del passato; in particolare, la mancanza di "buona condotta" non può sostanziarsi solo in una generica "colpa d'autore", ma deve concretizzarsi in un motivato e ragionevole giudizio sulla presenza di specifici atti, fatti o legami che, per natura, intensità, caratteristiche e contesto ambientale, lascino temere che la licenza possa essere strumento di abusi o, ancor peggio, illeciti impieghi da parte del titolare o di soggetti terzi, anche legati a dinamiche di criminalità organizzata. Seguendo i prefati principi, argomenta il deducente, il diniego alla richiesta di porto d'armi non può che fondarsi su accurati accertamenti relativi alla personalità del richiedente, indicando specificamente quali siano i fatti espressivi della presunta pericolosità sociale del medesimo, al fine di svolgere un serio ed accurato giudizio prognostico sulla sua presunta inaffidabilità circa l'asserito abuso delle armi. Nel caso in esame, lamenta il ricorrente, l'Amministrazione ha omesso di spiegare in che modo la vicenda penale indicata (singolo episodio, occorso nel lontano 1987), possa influenzare concretamente la condotta attuale del ricorrente in relazione all'uso dell'arma (la cui licenza è stata richiesta, peraltro, per il solo uso sportivo da esercitarsi esclusivamente all'interno del poligono); in particolare, non è stato dato atto di alcun indice sintomatico nella personalità dell'interessato o di suoi comportamenti che possano far pensare, o anche solo sospettare, che abuserà dell'arma di cui chiede la licenza per uso sportivo, tanto più che il ricorrente è soggetto esente da ogni sorta di disturbo mentale, della personalità o comportamentale, né ha dipendenza da stupefacenti o altro; - con il secondo motivo ha dedotto i vizi di Violazione di legge e falsa e/o errata applicazione degli art. 10 bis, L. 7 agosto 1990, n. 241 nonché degli art. 11 e 43 Regio Decreto n. 773/1931, difetto di motivazione, di eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti, di illogicità manifesta, di contraddittorietà ed ingiustificata disparità di trattamento, di carenza di istruttoria, nonché di violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. Evidenzia il ricorrente, in sintesi, che il secondo motivo addotto a fondamento del diniego di rilascio di porto d'arma per uso sportivo concerne un accertamento del 18 dicembre 2008 nel corso del quale il deducente veniva controllato a bordo di autovettura unitamente a persona condannata per detenzione abusiva di armi e ricettazione in concorso. Lamenta l'esponente che questa circostanza dedotta dal Questore a fondamento del decreto di diniego è del tutto nuova rispetto alle questioni di cui si dava atto nell'avviso di avvio di procedimento notificato al ricorrente in data 2 dicembre 2020, ed inoltre non si riscontra neppure in seno alla documentazione richiesta in forma integrale con istanza di accesso agli atti. Osserva l'esponente che se è vero che non deve sussistere un rapporto di identità tra il preavviso di rigetto e la determinazione conclusiva del procedimento, né una corrispondenza puntuale e di dettaglio tra il contenuto dei due atti, deve recisamente escludersi la possibilità di fondare il diniego definitivo su ragioni del tutto nuove, non enucleabili dalla motivazione dell'atto endoprocedimentale, pena la violazione del diritto dell'interessato di effettiva partecipazione al procedimento, che si estrinseca nella possibilità di presentare le proprie controdeduzioni utili all'assunzione della determinazione conclusiva dell'ufficio. Inoltre argomenta l'esponente, la circostanza de qua rimane non chiarita e motivata sia in relazione all'identità /generalità del soggetto controllato insieme al ricorrente (che si afferma essere un pregiudicato), sia in relazione alla targa e modello del veicolo sul quale viaggiava lo stesso deducente, sia in relazione al luogo ove tale accertamento è stato svolto; per il ricorrente, anche ipotizzando che il predetto controllo ci sia stato, non è dato comprendere in che modo detta circostanza, unica ed isolata, abbia condotto ad un giudizio negativo circa l'inaffidabilità all'uso delle armi. 2. L'Amministrazione resistente ha contrastato la pretesa demolitoria avanzata dalla parte ricorrente. 3. Il ricorso merita di essere accolto, nei sensi e nei limiti di seguito specificati. 3.1. Si rivela fondato il primo motivo di gravame. Premesso che la condanna riportata illo tempore dal deducente non è "alla reclusione", né ricorrono nel caso in esame le altre ipotesi di cui al comma 1 dell'art. 43 del Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 ovvero quelle di cui al comma 1 dell'art. 11 del Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, va osservato che in materia di autorizzazioni di polizia inerenti il porto e l'uso delle armi l'Autorità di pubblica sicurezza dispone di una lata discrezionalità nell'apprezzare se la persona richiedente sia meritevole del titolo, per le evidenti ricadute che tali atti abilitativi possono avere ai fini di una efficace protezione di due beni giuridici di primario interesse pubblico, quali l'ordine e la sicurezza pubblica; invero, la legislazione affida all'Autorità di pubblica sicurezza il compito di valutare con il massimo rigore le eccezioni al divieto di circolare armati e, dunque, qualsiasi circostanza che consigli l'adozione del provvedimento di rigetto della domanda di porto d'armi, onde prevenire la commissione di reati e, in genere, di fatti lesivi della pubblica sicurezza. Ne consegue che, in base al quadro normativo di riferimento, il titolare della licenza di porto di fucile, oltre a dover essere persona assolutamente esente da mende o da indizi negativi, deve anche assicurare la sua sicura e personale affidabilità circa il buon uso e che non vi sia pericolo che abusi possano derivare da parte dei soggetti con cui ha relazioni familiari o personali (cfr. T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 3 giugno 2024, n. 407). Va ulteriormente osservato che in subiecta materia l'Amministrazione mantiene il potere di valutare il fatto di reato nella sua obiettiva dimensione storica, espressiva della personalità e della pericolosità sociale del richiedente, indipendentemente dalla formale estinzione del reato (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, 8 gennaio 2024, n. 100). Fermo quanto sopra, il Collegio rileva che nel dettaglio, la Questura, denegando il rilascio del titolo ha richiamato la condanna penale pronunciata a carico del ricorrente per fatti risalenti nel tempo, pervenendo a formulare un giudizio prognostico di non affidabilità ad un corretto uso delle armi su un piano meramente ipotetico ed astratto; in particolare: - la risalente condotta di reato non è stata oggetto di approfondimento valutativo (l'Autorità emanante si è limitata ad evocare la ricostruzione del fatto storico tramite un rinvio per relationem alla sentenza) puntualmente declinato nel corredo argomentativo del provvedimento, onde inferire dalle sue caratteristiche e modalità esecutive la base fattuale su cui fondare l'attualità della ritenuta prognosi negativa; - è stato tralasciato il profilo della giovane età del deducente all'epoca dei fatti nonché l'ulteriore aspetto del più ampio contesto (in punto di soggetti coinvolti e di contegni concretamente posti in essere da ciascun di essi) nell'ambito del quale il fatto di reato è maturato; - non sono stati addotte ulteriori e più recenti vicende riguardanti il ricorrente (fatto salvo quanto si dirà in ordine al secondo motivo di ricorso: cfr. infra) tali da evidenziare l'emersione di eventuali profili di sua non affidabilità, suscettibili di condurre ad una valutazione personologica di quest'ultimo, ostativa del rilascio del richiesto titolo di polizia. L'Autorità procedente ha, infatti, omesso di apprezzare l'intero complesso degli elementi fattuali ai fini della valutazione in ordine all'esistenza - o meno - dei presupposti preordinati all'esercizio della discrezionale potestà sostanziatasi nel rigetto avversato. Sul punto non può non evidenziarsi, infatti, che ai fini del rilascio o meno della licenza di porto d'armi si impone all'Amministrazione di procedere ad una "prognosi concreta che tenga conto del tempo trascorso e della condotta tenuta successivamente al fatto di reato con l'onere di motivare specificamente i fatti che essa ritenga espressivi del non avvenuto completamento dell'emenda" (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 22 aprile 2020, n. 1416); tale valutazione, da effettuarsi in concreto e con riguardo a tutti gli elementi a carico dell'interessato che presentino interesse e rilevanza attuali, deve essere "tanto più stringente quanto più risalente è la condanna cui si riferisce" (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 16 maggio 2019, n. 1118). 3.2. Anche il secondo motivo di ricorso si rivela fondato. Ed invero, l'ulteriore ragione ostativa all'accoglimento dell'istanza avanzata dal deducente - id est, il riscontrato controllo del ricorrente a bordo di autovettura unitamente a persona condannata per detenzione abusiva di armi e ricettazione in concorso, in data 18 dicembre 2008 - non era stata opposta in seno alla comunicazione prot. n. Cat.6F-2020/PAS del 26 novembre 2020 (la stessa Amministrazione resistente qualifica l'omissione in questione quale "mero errore di comunicazione"). Sul punto la giurisprudenza ha condivisibilmente precisato che sebbene non debba sussistere un rapporto di identità tra il c.d. preavviso di rigetto e la determinazione conclusiva del procedimento, né una corrispondenza puntuale e di dettaglio tra il contenuto dei due atti (ben potendo la P.A. ritenere, nel provvedimento finale, di dover meglio precisare le proprie posizioni giuridiche), deve però escludersi la possibilità di "fondare il diniego definitivo su ragioni del tutto nuove" (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 20 giugno 2024, n. 3870; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III stralcio, 11 gennaio 2024, n. 563), fatta salva l'ipotesi che queste ultime siano diretta conseguenza delle osservazioni prodotte dal privato, ipotesi non ricorrente nel caso in esame. Nella fattispecie che occupa, si ribadisce, la ragione ostativa del controllo sopra richiamata è stata enucleata per la prima volta solo nel provvedimento conclusivo. E', dunque, illegittimo il provvedimento di diniego la cui motivazione sia arricchita di ragioni giustificative diverse e ulteriori rispetto a quelle preventivamente sottoposte al contraddittorio procedimentale attraverso la comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza del privato (cfr. T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 17 giugno 2024, n. 1300; T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 26 gennaio 2024, n. 69). 3.3. Inconferente, infine, è l'argomentazione difensiva racchiusa nella memoria dell'Avvocatura erariale depositata in data 31 maggio 2024, in base alla quale il deducente, in data 12 luglio 2005, è stato condannato per invasione di terreni: ed invero, come ha lealmente dato atto la stessa Avvocatura erariale, la circostanza in questione, sebbene indicata nella comunicazione dei motivi ostativi (nota prot. n. Cat.6F-2020/PAS del 26 novembre 2020), non è stata poi richiamata quale ragione ostativa nel provvedimento avversato, dovendosi perciò ricavare che - in sede di determinazione conclusiva del procedimento - l'Amministrazione resistente l'ha ritenuta non rilevante ai fini di interesse. Sul punto occorre ricordare che l'integrazione postuma - in sede giudiziale - della motivazione è inammissibile laddove effettuata tramite scritti difensivi (cfr. Cons. Stato, sez. VII, 6 giugno 2024, n. 5069). 4. Nei termini che precedono il ricorso merita di essere accolto e il provvedimento impugnato va pertanto annullato. L'Amministrazione resistente è, conseguentemente, gravata dall'onere di ri-valutare l'istanza presentata dalla parte ricorrente alla luce di quanto precisato nella presente decisione. 5. Sussistono le condizioni di legge, avuto riguardo all'ampiezza del potere discrezionale esercitato dall'Amministrazione e la peculiarità della vicenda contenziosa, per disporre l'integrale compensazione delle spese del giudizio fra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei sensi e nei limiti sopra specificati, e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, e del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti e della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente e tutte le persone menzionate. Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 1 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati: Pancrazio Maria Savasta - Presidente Giovanni Giuseppe Antonio Dato - Primo Referendario, Estensore Antonino Scianna - Primo Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 245 del 2023, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Il. Di Si., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero della Difesa, in persona del Ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, domicilio fisico legale presso la sede di questa, in Palermo, via (...); per l'annullamento del provvedimento di vaglio sfavorevole, formulato dal Comando Legione Carabinieri Sicilia, SM Ufficio Personale, n. 463/4-1-ass. di prot. CC TEN23249-0023132 12.11.2022, notificato in data 22.11.2022 e di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e consequenziale e ad ogni modo non conosciuto e non conoscibile ma comunque lesivo degli interessi dell'odierno ricorrente; nonché per l'accertamento e la declaratoria del diritto del ricorrente a ricevere la monetizzazione delle ferie di licenza ordinaria non fruita, di cui alla domanda del 28.01.2022 Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa - Comando Legione Carabinieri Sicilia; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 settembre 2024 il dott. Guglielmo Passarelli Di Napoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con ricorso iscritto al n. 245 dell'anno 2023, la parte ricorrente impugnava i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle sue doglianze, premetteva: - di essere un Brigadiere dell'Arma dei Carabinieri; - di aver prestato servizio presso il Comando provinciale di -OMISSIS-, fino al congedo, avvenuto in data 23.12.2021, per raggiunti limiti di età ; - di aver pertanto ottenuto, in data 5.11.2022, licenza ordinaria sino al 23.12.2021; - di non aver, tuttavia, potuto usufruire di tale licenza, dal 12.11.2021 al 1.12.2021 e dal 6.12.2021 al 16.12.2021, a causa di malattia, come da documentazione medica allegata, poiché gli veniva diagnosticata gonoartrosi bilaterale, con necessità di giorni 20 di riposo, prima e 10 dopo, essendo rimasto bloccato nei movimenti; - di aver quindi presentato domanda di monetizzazione della licenza ordinaria non fruita, per l'appunto, a causa della malattia; - che l'Amministrazione adottava il provvedimento impugnato. Instava quindi per l'annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese processuali. Si costituiva l'Amministrazione per resistere al ricorso, con memorie il cui contenuto sarà più specificamente indicato oltre. All'udienza pubblica del 25 settembre 2024, il ricorso è stato assunto in decisione. DIRITTO La parte ricorrente impugnava i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi: 1) eccesso di potere per carenza di motivazione; violazione dell'art. 5, comma 8, d.l. n. 95/2012, atteso che il divieto di corrispondere trattamenti sostitutivi a fattispecie in cui la cessazione del rapporto di lavoro è riconducibile a una scelta o a un comportamento del lavoratore (dimissioni, risoluzione) o ad eventi (mobilità, pensionamento, raggiungimento dei limiti di età ), che comunque consentano di pianificare per tempo la fruizione delle ferie e di attuare il necessario contemperamento delle scelte organizzative del datore di lavoro con le preferenze manifestate dal lavoratore in merito al periodo di godimento delle ferie; violazione dell'articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, ai sensi del quale il lavoratore ha diritto a un'indennità finanziaria per evitare che, a causa di tale impossibilità, il lavoratore non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto. L'Avvocatura dello Stato eccepiva, in memoria depositata in data 11.07.2024, l'infondatezza del ricorso atteso che, per effetto della riforma del 2012, il diritto all'indennità sostitutiva poteva essere riconosciuto solo ove il rapporto di lavoro fosse cessato con ferie maturate e non godute per causa non imputabile al lavoratore, con onere della prova a carico di quest'ultimo di dimostrare l'impossibilità incolpevole di fruire delle ferie per cause di servizio o di forza maggiore, cosa non avvenuta nel caso di specie. Infatti, il Comando Provinciale di -OMISSIS-, in data 4.3.2022 e 10.9.2022, aveva riferito che la mancata fruizione di parte della licenza, relativa all'anno 2021, non era imputabile a ragioni di servizio e che l'interessato, seppur più volte sensibilizzato ad utilizzare la licenza dell'anno 2021 (dal momento che la preordinata data del suo congedo, prevista per il 23.12.2021, non gli avrebbe consentito di usufruirne l'anno seguente), aveva iniziato a godere del beneficio solo nell'ultimo periodo utile di servizio. Lo stesso Comando, in data 1.2.2023, aveva aggiunto che il Sottufficiale, per sue esigenze riferite come non pianificabili, non aveva comunicato alcun periodo in cui avrebbe fruito della licenza nell'anno 2021, al contrario dei suoi colleghi che, invece, avevano indicato il periodo delle loro rispettive licenze in un foglio di calcolo in uso a quel Reparto. Non vi è dubbio, prosegue l'Avvocatura, che l'interessato abbia messo in atto una condotta dilatoria, la quale non consente il pagamento della licenza. In memoria depositata in data 4.9.2024 la parte ricorrente ribadiva la fondatezza del ricorso. Il ricorso non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati. Come ritenuto da questa Sezione in un caso ana, "In primo luogo, l'art. 14 del d.P.R. 395 del 1995, riguardante il personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile, nell'introdurre il principio della monetizzazione delle ferie maturate e non godute e nel ribadire, al comma 7, l'irrinunciabilità di detto congedo, ha previsto, al comma 14, il pagamento del congedo ordinario non fruito nella sola ipotesi che all'atto della cessazione dal servizio le ferie non siano state fruite per documentate esigenze di servizio. In seguito, l'art. 55 del d.P.R. n. 254/1999 ha esteso la disciplina dell'articolo 14, comma 14, del d.P.R. n. 395 del 1995 al personale dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, prevedendosi il pagamento sostitutivo, oltre che nei casi previsti dal comma 1, anche quando la licenza ordinaria non sia stata fruita per decesso o per cessazione dal servizio per infermità . Ancora, l'art. 92/2024 905, comma 2, del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, recante il codice dell'ordinamento militare, dispone che "prima del collocamento in aspettativa per infermità ai militari sono concessi i periodi di licenza non ancora fruiti". Il quadro normativo è stato infine completato dall'entrata in vigore dell'art. 5, comma 8, del decreto-legge n. 95/2012, il quale ha sancito: "Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché le autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età . Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto. La violazione della presente disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate; è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile"." (Tar Sicilia, Palermo, sez. III, n. 692/2024). Come pertanto eccepito dall'Avvocatura dello Stato, il divieto di corresponsione di trattamenti economici sostitutivi per le ferie non godute non si applica soltanto nei casi in cui il loro mancato godimento dipenda da cause non imputabili al lavoratore, dovendosi, invece, ritenere operante il divieto tutte le volte in cui il dipendente abbia avuto la possibilità di richiederle e di fruirne (così Cons. Stato. Sez. IV, 12 ottobre 2020, n. 6047). Come ritenuto da questa Sezione, se è vero che tra le cause non imputabili al lavoratore le quali impediscono il godimento delle ferie la giurisprudenza amministrativa pacificamente include il collocamento in aspettativa per infermità (cfr. Cons. Stato, sez. III, 21 marzo 2016, n. 1138; Consiglio di Stato sez. II, 27/12/2023, n. 11254), è anche vero che "tale impedimento riguarda - con ogni evidenza - le sole ferie maturate durante il periodo di aspettativa, non quelle maturate anteriormente alla sospensione del rapporto di lavoro, alla cui fruizione i militari sono ammessi prima del collocamento in aspettativa giusto il disposto dell'art. 905, comma 2, del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66. D'altronde, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, non vi è una incompatibilità assoluta tra ferie e malattia, non venendo meno il diritto alle ferie in ragione delle condizioni psico-fisiche minorate del lavoratore, inidonee al loro pieno godimento. Al contrario, il lavoratore assente per malattia ha facoltà di domandare la fruizione delle ferie maturate e non godute, mutando il titolo dell'assenza, allo scopo di sospendere il decorso del periodo di comporto (Cass., sez. L, sentenza n. 27392 del 29/10/2018)." (Tar Sicilia, Palermo, sez. III, n. 692/2024). Orbene, come eccepito dall'Avvocatura dello Stato, il Comando Provinciale di -OMISSIS-, in data 4.3.2022 e 10.9.2022, aveva riferito che la mancata fruizione di parte della licenza, relativa all'anno 2021, non era imputabile a ragioni di servizio e che l'interessato, seppur più volte sensibilizzato ad utilizzare la licenza dell'anno 2021 (dal momento che la preordinata data del suo congedo, prevista per il 23.12.2021, non gli avrebbe consentito di usufruirne l'anno seguente), aveva iniziato a godere del beneficio solo nell'ultimo periodo utile di servizio. Lo stesso Comando, in data 1.2.2023, aveva aggiunto che il Sottufficiale, per sue esigenze riferite come non pianificabili, non aveva comunicato alcun periodo in cui avrebbe fruito della licenza nell'anno 2021, al contrario dei suoi colleghi che, invece, avevano indicato il periodo delle loro rispettive licenze in un foglio di calcolo in uso a quel Reparto. È evidente, pertanto, che il ricorrente ha avuto la possibilità di fruire delle ferie, trovandosi poi nell'impossibilità di goderne per causa a lui imputabile. Come pure già ritenuto da questa Sezione, "non vi è una incompatibilità assoluta tra ferie e malattia, non venendo meno il diritto alle ferie in ragione delle condizioni psico-fisiche minorate del lavoratore, inidonee al loro pieno godimento. Al contrario, il lavoratore assente per malattia ha facoltà di domandare la fruizione delle ferie maturate e non godute, mutando il titolo dell'assenza, allo scopo di sospendere il decorso del periodo di comporto (Cass., sez. L, sentenza n. 27392 del 29/10/2018). A ben vedere, l'art. 905, comma 2, c.o.m. si muove proprio in questa logica nel consentire al militare, che ha esaurito i giorni di licenza straordinaria per convalescenza, di utilizzare i giorni di licenza ordinaria residui, onde evitare di essere posto d'ufficio in aspettativa per infermità . Valgono a questo proposito le medesime considerazioni svolte dalla giurisprudenza amministrativa con riguardo alla previsione, di ana tenore, di cui all'abrogato art. 15 comma 3, l. 31 luglio 1954 n. 599 e a mente del quale "l'aspettativa per infermità proveniente o non da causa di servizio è disposta a domanda o di autorità, previ gli accertamenti sanitari stabiliti dal regolamento. Prima del collocamento in aspettativa al sottufficiale sono concessi i periodi di licenza ammessi dai relativi regolamenti e non ancora fruiti". Con riferimento alla disposizione abrogata, il cui contenuto precettivo è stato tuttavia riprodotto dall'art. 905, comma 2 del codice dell'ordinamento militare attualmente vigente, si è infatti chiarito che "l'Amministrazione, prima di collocare il sottufficiale in aspettativa per infermità, deve concedergli i periodi di licenza non ancora fruiti (...) La ratio sottesa a queste disposizioni è evidentemente quella di consentire al sottufficiale di scomputare dal periodo di assenza dal servizio dovuta ad infermità i periodi di licenza non ancora goduta, affinché tali periodi non assumano rilevanza ai fini del calcolo del periodo di comporto. Il quadro normativo illustrato è stato oggetto esplicazione nella circolare PERSOMIL del 26 ottobre 2000, emanata dal Ministero della Difesa, nella quale viene chiarito che il personale assente per infermità deve essere collocato, in prima battuta, in licenza straordinaria di convalescenza per un periodo massimo di 45 giorni. Una volta terminato il periodo di licenza straordinaria (o almeno trascorso un mese dal suo inizio), il medesimo personale può fruire a domanda, prima di essere collocato in aspettativa, della licenza ordinaria non ancora goduta. La domanda di fruizione della licenza ordinaria deve essere presentata prima della scadenza dei 45 giorni della licenza straordinaria di convalescenza" (così T.A.R. Lombardia-Milano, sez. III, 05/01/2012, n. 19). L'Amministrazione, in coerenza col quadro normativo e giurisprudenziale testé delineato, ha riconosciuto correttamente al ricorrente il pagamento sostitutivo del congedo ordinario non fruito per il periodo successivo al collocamento in aspettativa e fino alla cessazione dal servizio. Per quanto concerne, invece, i giorni di ferie maturati anteriormente al ripetuto collocamento, non risulta agli atti di causa alcuna documentazione che attesti l'impossibilità di effettuare il previsto congedo, così come richiesto dall'art. 14 del d.P.R. n. 395/95, che ne consente appunto la monetizzazione soltanto per "documentate esigenze di servizio", ovverosia allorquando siano state svolte prestazioni lavorative su disposizione dell'Amministrazione, che abbiano impedito il godimento delle ferie maturate (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 19 gennaio 2005, n. 2779), né il godimento delle giornate di licenza ordinaria già maturate era impedito di per sé dalla condizione di malattia del ricorrente. A ben vedere, anzi, al ricorrente è stata data facoltà, anteriormente al collocamento in aspettativa, di fruire delle ferie già maturate a quel tempo, e, come risulta dagli atti, lo stesso ha liberamente e scientemente scelto di non farlo. A fronte di ciò, non rileva, stante la non sussumibilità nell'alveo previsionale della disciplina di riferimento, la motivazione addotta dal deducente di tale scelta, ovverosia l'imprevedibilità del protrarsi dello stato di malattia, venendo in considerazione, come si è detto, giornate maturate anteriormente al collocamento in aspettativa e che sarebbero dovute essere fruite anteriormente a quest'ultimo (in termini, T.A.R. Potenza, sentenza n. 577/2023), non prevedendo l'art. 905, comma 2, del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 il riporto dei giorni di licenza maturati e non goduti alla fine del periodo di aspettativa." (Tar Sicilia, Palermo, sez. III, n. 692/2024). Le spese processuali vanno poste a carico della parte soccombente e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Terza Sezione, definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza, domanda, deduzione ed eccezione, così provvede: 1. Respinge il ricorso n. 245 dell'anno 2023; 2. Condanna la parte ricorrente a rifondere all'Amministrazione resistente le spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.000 (duemila/00) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge, e contributo unificato, se ed in quanto versato. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all'articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate. Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Guglielmo Passarelli Di Napoli - Presidente, Estensore Raffaella Sara Russo - Primo Referendario Mario Bonfiglio, Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Quinta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 2583 del 2018, proposto da -OMISSIS-, in proprio ai sensi dell'art. 22, comma 3, c.p.a., e contestualmente rappresentato e difeso dall'avvocato Al. Fi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Regione Sicilia - Assessorato delle Attività Produttive, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege, in Palermo, via (...); nei confronti La. S.r.l. ed altri, non costituiti in giudizio; -OMISSIS-S.r.l.s, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ca. La Fa. Be. e Lu. De Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento 1) della nota del 10/10/2018 prot. 56305 del Dipartimento delle attività produttive, servizio 3s artigianato, avente ad oggetto "comunicazione di non ammissibilità al finanziamento", notificata a mezzo pec in data 11/10/2018, nella parte in cui l'istanza del ricorrente è stata ritenuta non ammissibile per mancato raggiungimento del punteggio minimo richiesto 1 (50), sebbene l'attribuzione in sede di riesame (sulla base degli stessi documenti allegati al progetto) di ulteriori complessivi punti 20, di cui punti 15 per i criteri di selezione 7 e 8 e punti 5 per gli elementi premiali; 2) del verbale della commissione di valutazione n. 67 del 28/9/2018, comunicato in uno alla suddetta nota a mezzo pec del 11/10/2018, nella parte in cui la Commissione di valutazione ha confermato il punteggio attribuito in primo esame con il verbale n. 31 del 10/7/2018, omettendo di considerare la richiesta motivata di riesame della valutazione del progetto articolata riguardo ai criteri di selezione di cui ai nn. 2, 3, 5, 6 e 7 del prf. 4.6 dell'avviso pubblico in esenzione con procedura valutativa a sportello sulla linea d'azione 3.5.1_02 del 23/6/2017; 3) del ddg n. 1100 del 17/7/2018 e l'allegato elenco provvisorio delle istanze ritenute ammissibili o non ammissibili ed escluse con evidenza delle cause dell'esclusione, richiamato dalla sopra citata nota del 10/10/2018 prot. 56305 del Dipartimento delle Attività Produttive, Servizio 3s, con cui il progetto del ricorrente è stato ritenuto non ammissibile per mancato raggiungimento del punteggio minimo richiesto dall'avviso Pubblico; 4) dell'Avviso pubblico relativo all'Azione 3.5.1_02 del PO "Aiuti alle imprese in fase di avviamento - Bando a sportello in esenzione" e, segnatamente, a) del paragrafo 3.4. (spese ammissibili) dell'Avviso Pubblico, punto 4. lett. b) (imposta sul valore aggiunto), ove inteso in contrasto con l'art. 37, comma 11 Reg. 1303/2013, perchè esclude dal fondo perduto l'Iva indicata nel progetto di parte ricorrente, titolare di regime di imprenditoria giovanile ex art. 27, commi 1 e 2 d.l. 98/2011 (NON SOGGETTO AD IVA), con conseguente illogicità ed incongruenza del giudizio di valutazione del criterio di selezione 5 rispetto al piano di copertura degli investimenti; b) del paragrafo 4.6., dell'Avviso Pubblico, punto 2, criterio di selezione n. 6 (cantierabilità ) in quanto in contrasto con il principio di parità e di uguaglianza nella determinazione dei punteggi da attribuire per singolo criterio rispetto ad altri Avvisi Pubblici adottati dalla stessa Amministrazione nell'ambito della stessa linea d'azione e, in particolare, con la misura 3.1.1.03 (min. invest. 30.000,00 Max 250.000,00), ove per il requisito della cantierabilità è previsto un diverse range di punti (min-Max)"; c) del paragrafo 4.6. dell'Avviso Pubblico, punto 2, elemento premiale 2 (ottenimento rating della legalità ) in quanto, ove ritenuto in contrasto con l'articolo 5-ter del decretolegge 24 gennaio 2012, n. 1, così come modificato dall'art. 1, comma 1- quinquies, del decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 2012, n. 62, determina una disparità di trattamento tra il ricorrente, impossibilitata ad ottenere il rating di legalità, e le altre imprese che, invece, ottenendolo, hanno potuto godere di ulteriori punti 3 per detto elemento premiale ai fini della ammissione al contributo FESR; 5) di tutti gli atti, provvedimenti e verbali, anche delle sedute riservate, connessi, preliminari ed istruttori, ancorché non conosciuti, relativi alle operazioni e determinazioni assunte dalle Amministrazioni resistenti, per la procedura indetta in relazione all'Azione 3.5.1_02 del P "Aiuti alle imprese in fase di avviamento - Bando a sportello in esenzione", a mezzo dei quali è stata disposta l'inammissibilità della proposta di parte ricorrente per mancato raggiungimento per punteggio minimo previsto al prf 4.6.; 6) di tutti gli atti,provvedimentie verbali conseguenziali ai provvedimenti impugnati - medio tempore eventualmente adottati - ed in particolare quelli che, sulla base della gravata graduatoria, impegnino le risorse PO FESR Sicilia 2014/ 2020 - Azione 3.5.1 _02 Aiuti alle imprese in fase di avviamento, a favore di terzi nelle more del giudizio e di ogni altro atto preliminare, presupposto e/o connesso, anche non noto. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Sicilia - Assessorato delle Attività Produttive e di -OMISSIS-S.r.l.s; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.; Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 17 settembre 2024 il dott. Nicola Bardino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Il ricorrente espone di non essere stato ammesso a beneficiare degli aiuti alle imprese, previsti dall'Avviso pubblico di cui al D.D.G. n. 1443 del 23.06.2017, per mancato raggiungimento del punteggio minimo richiesto. Impugna in questa sede la comunicazione di mancata ammissione al finanziamento del 10.10.2018, il verbale della commissione di valutazione, la DDG n. 1100 di approvazione della graduatoria non definitiva degli aventi titolo, nonché gli atti presupposti. Il ricorrente dichiara, inoltre, di censurare "tutti gli atti, provvedimenti e verbali conseguenziali ai provvedimenti impugnati - medio tempore eventualmente adottati - ed in particolare quelli che, sulla base della gravata graduatoria, impegnino le risorse PO FESR Sicilia 2014/ 2020 - Azione 3.5.1 _02 Aiuti alle imprese in fase di avviamento, a favore di terzi nelle more del giudizio e di ogni altro atto preliminare, presupposto e/o connesso, anche non noto". 2. A sostegno dell'impugnazione, sono formulati i seguenti motivi: I. Eccesso di potere per difetto di motivazione e carenza di istruttoria, nonché violazione dell'art. 97 Cost., del principio di parità delle condizioni di accesso ai contributi FESR e dell'art. 37, c. 11 del Reg. Eur. N. 1303/2013. L'Amministrazione resistente avrebbe dovuto attribuire il massimo del punteggio nella valutazione del criterio di selezione 5 relativo alla sostenibilità economica finanziaria della iniziativa, avendo il ricorrente documentato una situazione finanziaria che la Commissione avrebbe omesso di valutare; II. disparità di trattamento nella valutazione del criterio di selezione di cantierabilità tra avvisi pubblici relativi allo stesso asse - violazione del principio di leale collaborazione, dei principi in materia di soccorso istruttorio, nonché dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e del favor partecipationis - violazione delle finalità degli aiuti comunitari - eccesso di potere per illogicità ed ingiustizia manifesta delle modalità di valutazione del criterio di selezione della cantierabilità in relazione alla eccessiva durata della istruttoria del procedimento di valutazione della domanda di contributo in relazione alla legge regionale 16/2016. Parte ricorrente ha lamentato l'ambiguità del presupposto Avviso pubblico rispetto al criterio della cantierabilità, esponendo, inoltre, che tale criterio arrecherebbe un vulnus in termini di disparità di trattamento rispetto ai soggetti partecipanti ad altre misure adottate dallo stesso Assessorato. 3. L'Amministrazione resistente contesta nel merito quanto dedotto nel ricorso, chiedendone il rigetto. Si è, inoltre, costituita in giudizio la società -OMISSIS-, controinteressata, la quale ha eccepisce preliminarmente l'improcedibilità (rectius, inammissibilità ) del ricorso (notificato il 10.12.2018) per mancata impugnazione della graduatoria finale delle imprese ammesse, pubblicata con decreto del 26.10.2018, nonché l'inammissibilità del gravame, ex art. 41, c. II, c.p.a. Sotto quest'ultimo profilo, espone di non poter essere qualificata parte controinteressata in senso tecnico, in quanto non sarebbe pregiudicata dall'eventuale accoglimento del ricorso principale. Il ricorrente controdeduce nel merito e replica alle eccezioni in rito, sostenendo, in particolare, quanto al detto profilo di improcedibilità del gravame (per non essere stata impugnata la graduatoria definitiva), che tale atto risulterebbe implicitamente contestato, sia perché il ricorso è stato comunque notificato successivamente alla sua pubblicazione sia perché l'oggetto dell'impugnazione includerebbe anche gli atti (ivi inclusa la graduatoria definitiva) conseguenziali a quelli esplicitamente indicati. 4. Con ordinanza n. -OMISSIS-del 10.01.2019, è stata respinta la domanda cautelare proposta contestualmente all'impugnazione, atteso che "da un lato il ricorrente censura nel merito i punteggi attribuiti dalla Commissione e tuttavia - in considerazione del limite del sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo - non si ravvisano nel caso in esame manifeste illogicità di giudizio tali da inficiare l'operato della commissione", e, dall'altro lato, "la dedotta disparità di trattamento nella valutazione del criterio di selezione di cantierabilità tra avvisi pubblici diversi, ancorché relativi allo stesso asse, potendosi ad avviso del Collegio ravvisare il vizio dedotto soltanto nell'ambito della medesima procedura, essendo prerogativa insindacabile dell'amministrazione prevedere criteri diversi per ciascun avviso o bando da essa emanato". L'ordinanza di questo Tribunale veniva poi confermata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, che pur riservando l'approfondimento delle censure alla sede meritale, con ordinanza n. -OMISSIS-del 2019, osservava "che le doglianze di parte non riescono, allo stato, a far emergere con sufficiente evidenza il fumus boni iuris che solo potrebbe giustificare la concessione della misura cautelare richiesta" ritenendo di conseguenza "che al momento l'ordinanza impugnata sembra resistere alle critiche dedotte con l'appello". 5. All'udienza straordinaria del 17.9.2024 la causa è stata discussa dalle parti e quindi trattenuta in decisione. 6.1 Il Collegio ritiene fondata l'eccezione di inammissibilità (non di improcedibilità ) del ricorso formulata dalla controinteressata, risultando quindi superfluo l'esame del merito e dei restanti rilievi in rito. Deve essere premesso che l'approvazione della graduatoria definitiva, pur appartenendo alla stessa sequenza procedimentale in cui si colloca l'atto (la comunicazione di esclusione) che ha determinato la lesione dedotta dal ricorrente, non ne costituisce conseguenza inevitabile, atteso che la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, ben potendo l'Amministrazione, del resto, rivisitare la precedente determinazione sfavorevole, ovvero riformularne la motivazione o persino disporre di non perfezionare la procedura (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. IV, 3.10.2022, n. 2594). Da ciò consegue che l'impugnazione dell'arresto conclusivo del procedimento non può essere dedotta per implicito, specie dalle clausole di stile impiegate dal ricorrente per richiamare gli atti connessi ed eventualmente successivi a quelli esplicitamente menzionati, posto che, per quanto precede, tra l'atto finale e gli atti presupposti non si pone un rapporto di stretta e ineluttabile consequenzialità . 6.2 Pertanto, ad avviso del Collegio, le indicazioni contenute nell'atto introduttivo del giudizio, nel cui contesto nessun motivo viene espressamente formulato per contestare (anche) il provvedimento di definitiva approvazione dell'elenco delle domande ammesse, non consentono di ritenere che l'impugnazione sia stata estesa anche a tale atto finale. Ulteriore conferma di tale conclusione può, del resto, essere tratta dalle stesse domande formulate, in via preliminare, dal ricorrente, il quale, nel richiedere testualmente di essere inserito "nell'Elenco definitivo delle domande ritenute ammissibili al finanziamento dell'Avviso pubblico relativo all'Azione 3.5.1_02 del PO "Aiuti alle imprese in fase di avviamento - Bando a sportello in esenzione" PSR Sicilia 2014/2010", omette di dare conto dell'avvenuta adozione dell'atto finale di approvazione del suddetto elenco definitivo, ossia proprio di quell'unico atto - mai menzionato nel ricorso - dal quale sarebbe in effetti derivata la lesione prospettata (ma solo in riferimento alla comunicazione di esclusione e all'elenco provvisorio) nel concreto. 6.3 Va poi aggiunto che, nel caso in esame, la mancata impugnazione dell'atto finale della procedura non determina, come sostenuto dalla controinteressata, l'improcedibilità del ricorso per carenza di interesse a seguito della sopravvenuta adozione di un ulteriore arresto procedimentale autonomamente lesivo (cfr. art. 35, comma 1, lett. c, c.p.a.), per il solo fatto che tale arresto procedimentale (conosciuto o comunque conoscibile da parte del ricorrente in quanto oggetto di pubblicazione) preesisteva all'instaurazione del gravame. Il ricorso risulta, dunque, ab origine privo del sottostante interesse all'annullamento degli atti (non conclusivi del procedimento) ivi impugnati, annullamento da ritenersi del tutto superfluo, per il solo fatto che l'effettiva lesione della posizione del ricorrente deve, invece, essere autonomamente ricondotta al decreto di approvazione dell'elenco definitivo, come detto non contestato e, di conseguenza, divenuto ormai inoppugnabile (in senso conforme, in tema di mancata impugnazione della graduatoria definitiva, T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez III, 11.5.2020. n. 944). 7. Per quanto precede, il ricorso va dunque dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. art. 35, comma 1, lett. b, c.p.a. Le spese devono essere compensate per l'intero, in considerazione della particolarità delle questioni esaminate. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 17 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Bardino - Presidente, Estensore Francesca Dello Sbarba - Consigliere Guido Gabriele, Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 140 del 2021, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Gi. Sc., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ag. Se. e Gi. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento del provvedimento del Comune di (omissis), Settore Urbanistica, prot. 0090953/2020, comunicato al ricorrente a mezzo p.e.c. del 17 novembre 2020, con cui si ordina "di non effettuare le previste trasformazioni", concernente lavori di realizzazione di un pergolato con soprastante impianto fotovoltaico. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Visti gli artt. 35, co. 1, lett. c, e 85, co. 9, cod. proc. amm.; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.; Relatore all'udienza straordinaria del giorno 23 settembre 2024 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Con ricorso notificato in data 14 gennaio 2021 e depositato in Segreteria il successivo 27 gennaio, -OMISSIS- ha impugnato il provvedimento meglio specificato in epigrafe. In fatto ha evidenziato che: - in qualità di proprietario del fabbricato con annesso terreno di circa 1.500 mq, sito in via -OMISSIS-, frazione (omissis), Comune di (omissis), ha presentato l'istanza n. 6142 del 26 gennaio 2016 per il rilascio del permesso a costruire per la realizzazione di un intervento di ristrutturazione edilizia con cambio di destinazione a struttura ricettiva di tipo agriturismo; - con provvedimento n. 11 del 24 aprile 2018 e successiva variante n. 16 del 12 novembre 2019, il Comune ha assentito il suddetto intervento, previo atto di vincolo "alla destinazione agrituristica"; - volendo poi dotare la struttura ricettiva di un impianto elettrico ad energia solare, ha presentato l'istanza prot. 9955 del 20 maggio 2014 alla Soprintendenza di Catania, chiedendo l'autorizzazione paesaggistica per il posizionamento sull'area pertinenziale di un "pergolato con sovrastante impianto fotovoltaico"; - la Soprintendenza con autorizzazione prot. n. 12783 dell'1 luglio 2014 ha assentito i lavori di realizzazione del pergolato; - con istanza prot. 11361 del 25 settembre 2020, ha, cautelativamente, chiesto il rinnovo dell'autorizzazione paesaggistica per la realizzazione del suddetto pergolato, che la Soprintendenza, con provvedimento prot. 14352 del 5 novembre 2020, ha assentito. - in data 1 ottobre 2020, ha presentato una S.C.I.A. (prot. n. 79580) per la realizzazione del pergolato con impianto fotovoltaico; - il Comune, tuttavia, il successivo 17 novembre, ha adottato il provvedimento impugnato, con il quale ha intimato di non effettuare le previste trasformazioni, dichiarando la sussistenza dei seguenti motivi ostativi: "1. La SCIA manca dell'Autorizzazione da parte della Soprintendenza ai BB.CC. ed AA di Catania. 2. Le opere in progetto non costituiscono di fatto un pergolato, ma a tutti gli effetti configurano una tettoia, e pertanto: a. L'intervento, per rientrare tra le opere pertinenziali soggette a SCIA deve rispettare i limiti previsti dall'art. 3 comma 1 lett. e.6 del DPR - volume degli interventi pertinenziali nel limite del 20% del volume dell'edificio principale - requisito che non è dimostrato in progetto; b. L'intervento non è a titolo gratuito ma va corrisposto il costo di costruzione per la s.n. r. in progetto; c. La tettoia è soggetta al rispetto delle distanze di zona, che vanno dimostrate in progetto.". Insorgendo avverso il menzionato provvedimento, in diritto ha articolato le seguenti censure: 1. Sul divieto per la mancanza dell'autorizzazione paesaggistica della Soprintendenza. A) violazione dell'art. 146 del d.lgs. 42/2004 - Eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti; B) in via subordinata - Violazione dell'art. 2 della Legge Regionale 5/2019 - Eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti. 2. Sul divieto per la classificazione dell'opera come tettoia e non pergolato. A) violazione degli articoli 3 comma 1 lettera r) della legge regionale 16/2016 e 6 del DPR 380/2001 - Eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti; B) in via subordinata violazione articoli 7, 19 e 19 bis, 21 nonies della legge 241/1990 - Eccesso di potere per difetto di presupposti e difetto di motivazione. In data 10 maggio 2023 il Comune si è costituito in giudizio con memoria di mero stile. In data 10 luglio 2024 l'Amministrazione resistente ha depositato documenti e il successivo 15 luglio ha depositato una memoria nella quale ha dedotto la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione, poiché dalla relazione dell'Area Urbanistica prot. 63643/2024 risulta che il ricorrente, successivamente al diniego della S.C.I.A. oggetto del presente giudizio, ha presentato una C.I.L.A. ed una S.C.I.A., con cui ha riproposto la realizzazione dell'opera apportando delle modifiche al fine di consentire il mantenimento della stessa quale pergolato, anziché come tettoia. All'udienza straordinaria del 23 settembre 2024, tenutasi da remoto, la causa è stata definitivamente trattenuta in decisione. Tutto ciò premesso, il ricorso è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse. L'Amministrazione resistente, infatti, ha, da ultimo, depositato la nuova C.I.L.A. presentata dall'odierno ricorrente in data 27 novembre 2020, nella quale si prevede la realizzazione di un pergolato in struttura metallica della superficie di circa 100 mq (sostanzialmente ana a quello oggetto del diniego impugnato), e la nuova S.C.I.A. del 4 dicembre 2020, per l'installazione di pannelli fotovoltaici sul pergolato suddetto, prevedendo però, a differenza di quanto previsto nel progetto originario, la collocazione dei pannelli sulla struttura con uno spazio libero tra l'uno e l'altro, tale da consentire la permeabilità della copertura, con riduzione del numero dei pannelli da 63 a 54, in tal modo apportando delle modifiche che ne consentirebbero la qualificazione quale pergolato. L'Amministrazione, infatti, aveva in precedenza denegato l'intervento poiché l'opera, così come prevista nel progetto, costituiva di fatto una tettoia, avendo dimensioni molto ampie (circa 100 mq) e copertura costituita da pannelli fotovoltaici tutti accostati tra loro senza elementi di discontinuità (non garantendo dunque la permeabilità, che è uno dei requisiti strutturali che i pergolati devono possedere). Di conseguenza, avendo i ricorrenti presentato una nuova C.I.L.A. e una nuova S.C.I.A. deve dichiararsi l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. In senso ana, si veda T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 31.07.2023, n. 2516, secondo cui: "Tanto premesso, va rilevata la improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso r.g. n. 2100/2019. L'avvenuta presentazione, in data 3 maggio 2021, da parte della ricorrente di una nuova SCIA per la fedele ricostruzione del fabbricato demolito, determina infatti il venir meno dell'interesse ad impugnare i provvedimenti". In particolare e ad abundantiam non vi è spazio, nel caso di specie, per dichiarare, in luogo della sopravvenuta carenza di interesse, la pur richiesta cessazione della materia del contendere. Come è noto,, in diritto, la distinzione fra le due figure processuali (sopravvenuto difetto di interesse e cessazione della materia del contendere) è da ravvisarsi nella diversa soddisfazione dell'interesse del ricorrente all'esito della vicenda amministrativa oggetto di contenzioso: il sopravvenuto difetto di interesse opera, infatti, quando il nuovo provvedimento non soddisfa integralmente il ricorrente, determinando una nuova conformazione dell'assetto del rapporto tra la Pubblica Amministrazione e l'amministrato; al contrario, la cessazione della materia del contendere si determina quando l'operato successivo della parte pubblica si rivela integralmente satisfattivo dell'interesse azionato (ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 11 marzo 2013 n. 1477; id., 31 dicembre 2009 n. 9292). Come visto sopra, nel caso di specie a fronte di una originaria istanza introdotta da parte ricorrente vi è stato un provvedimento, impugnato nel presente giudizio, medio tempore tuttavia superato da una nuova istanza, seguita da un nuovo esito provvedimentale. Anche solo la strutturale diversità ontologica in chiave temporale fra i due momenti di vita amministrativa in questione rende palese come non vi sia stata integrale soddisfazione dell'interesse originariamente attivato e che, conseguentemente, non vi sia stata cessazione della materia del contendere, ma, per l'appunto, sopravvenuto difetto di interesse alla coltivazione dell'impugnativa. Da ultimo, tenuto conto delle peculiarità del caso in esame e dell'esito in rito del medesimo, le spese di lite possono essere integralmente compensate. P.Q.M. il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sede staccata di Catania, Sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 23 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Daniele Burzichelli - Presidente Alfredo Giuseppe Allegretta - Consigliere, Estensore Agata Gabriella Caudullo - Primo Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 184 del 2021, proposto da -OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ni. Si. e Sa. Ru., con domicilio fisico eletto presso lo studio dell'avvocato Ni. Si. in -OMISSIS-, via (...) e con domicilio digitale ex lege come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Ma., con domicilio fisico eletto presso lo studio dell'avvocato Va. Fa. in Catania, via (...); per la dichiarazione di illegittimità e l'annullamento del provvedimento (comunicato dall'Ente a mezzo pec in data -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS-) e di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale con il quale è stata dichiarata la intervenuta decadenza della concessione edilizia n. -OMISSIS- sulla base dell'errato presupposto che la domanda di proroga del -OMISSIS- sarebbe stata proposta dalla società oltre il termine di validità della C.E. (già decaduta a far data dal -OMISSIS-) nonché per l'accertamento dell'obbligo dell'Amministrazione di tenere conto - ai fini della verifica della validità ed efficacia della C.E. - della comunicazione del -OMISSIS- (intervenuta nella vigenza della concessione edilizia prorogata al -OMISSIS-) con la quale la società rendeva noto al Comune di volersi avvalere della ulteriore proroga di due anni in conformità al disposto dell'art. 30, comma 3, DL 21 giugno 2013 n. 69 convertito nella legge 9 agosto 2013 n. 98 (prot. n. -OMISSIS-). Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.; Relatore nell'udienza straordinaria dedicata allo smaltimento dell'arretrato del giorno 1 luglio 2024, svoltasi con le modalità di cui all'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm. (novellato dall'art. 17, comma 7, lett. a), n. 6, del decreto legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113), il dott. Giovanni Giuseppe Antonio Dato e uditi per le parti i difensori presenti come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Con ricorso notificato in data 7 gennaio 2021 e depositato in data 2 febbraio 2021 la -OMISSIS- S.r.l. ha rappresentato quanto segue. La società ricorrente è titolare della concessione edilizia n. -OMISSIS- (già C.E. n. -OMISSIS-) avente ad oggetto la costruzione di un fabbricato per civile abitazione nell'area costituente il IV comparto dell'Is. 83 del PRG di -OMISSIS-, identificato in catasto al foglio -OMISSIS-. I lavori di edificazione a suo tempo avviati sono stati sospesi - una prima volta - a causa di una campagna di scavi archeologici da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di -OMISSIS- (protrattasi fino al 13 dicembre 2010); successivamente, una volta riottenuta la disponibilità del terreno, la società ha proseguito i lavori di costruzione con la realizzazione dello scavo fino al piano di posa delle fondazioni per poi - nuovamente - interromperli per causa di forza maggiore (pericolo di crollo di vecchie costruzioni adiacenti il confine nord del comparto). A seguito di tale ulteriore impedimento, la deducente - non potendo proseguire i lavori prima della demolizione dei ruderi pericolanti - è stata costretta ad adire l'Autorità Giudiziaria per conseguire coattivamente l'intervento da parte dei proprietari delle vecchie costruzioni confinanti. Al fine di ottenere l'automatica proroga di due anni dei termini di ultimazione, la società ha fatto pervenire al Comune in data -OMISSIS- la comunicazione ex art. 30, comma 3, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito nella legge 9 agosto 2013, n. 98. Nelle more della definizione del giudizio civile e nella vigenza della C.E. prorogata ex lege al -OMISSIS-, la società ricorrente - in data -OMISSIS- - ha chiesto una ulteriore proroga a causa degli impedimenti che ancora ostavano al riavvio dei lavori di costruzione (già noti all'Amministrazione); la richiesta è stata riscontrata dall'Ente che ha differito l'emissione del provvedimento di proroga all'epoca di definizione del "procedimento giudiziario in itinere con sentenza definitiva" (nota -OMISSIS-). Con successive note del 16 settembre 2019 e 3 dicembre 2019 la società ricorrente ha reiterato la richiesta di proroga del termine di ultimazione dei lavori allegando copia della sentenza del Tribunale di -OMISSIS- n. 2244/2019 emessa a definizione del predetto giudizio con la quale è stato confermato che "....l'attività di cantiere è stata impedita dalle operazioni di scavo della Soprintendenza e, successivamente, dallo stato di pericolo derivante dalle condizioni di dissesto statico degli immobili dei confinanti a nord...". Con comunicazione del -OMISSIS-, l'Ente comunale ha riferito di avere richiesto il parere all'Avvocatura comunale, aggiungendo che da esso "...emerge che debba ritenersi intervenuta la decadenza della concessione n. -OMISSIS-...", con la conseguenza che - ai fini del prosieguo della costruzione - si renderebbe necessaria la presentazione di una nuova istanza da parte della società finalizzata al rilascio di un permesso di costruire. Poiché nella predetta nota era carente l'indicazione, da parte del Comune, dei motivi che osterebbero all'accoglimento della richiesta di proroga (e non essendo sufficiente, a tal fine, il mero richiamo del parere dell'Avvocatura Comunale, peraltro non allegato), la società ricorrente, con successivo atto stragiudiziale, ha invitato la P.A. ad integrare detta nota; a tanto l'Ente ha provveduto con il provvedimento avversato, dal quale è emerso che l'Amministrazione fa discendere la decadenza del titolo edilizio dalla tardività della richiesta di proroga del -OMISSIS-, assumendo che essa sarebbe intervenuta oltre il termine di validità della C.E, già scaduta a far data dal -OMISSIS-. La nota è stata riscontrata dalla società ricorrente al fine di evidenziare che l'Amministrazione aveva omesso di considerare che al momento della presentazione della richiesta di proroga del -OMISSIS- il termine di validità del titolo risultava differito al -OMISSIS- in virtù dell'efficacia automatica della precedente proroga di due anni giusta comunicazione all'Ente in data -OMISSIS-; il predetto rilievo è stato riscontrato dal Comune con successiva nota del 25 novembre 2020, nella quale è stata confermata la circostanza che la richiesta di parere all'Avvocatura (poi espresso nel senso dell'intervenuta decadenza della concessione edilizia) "non evidenziava la comunicazione di proroga prot. -OMISSIS-" trasmessa dalla società ricorrente. La società ricorrente, dunque, con l'atto introduttivo del giudizio ha proposto le domande in epigrafe. 1.1. Si è costituito in giudizio il Comune di -OMISSIS- chiedendo il rigetto delle domande proposte. 1.2. In vista della celebrazione dell'udienza di discussione il Comune resistente ha depositato documenti e memoria. 1.3. All'udienza straordinaria dedicata allo smaltimento dell'arretrato del giorno 1 luglio 2024, presenti i difensori delle parti, come da verbale, dopo la discussione il ricorso è stato trattenuto in decisione. DIRITTO 1. In via preliminare occorre esaminare l'eccezione di inammissibilità frapposta dalla parte resistente. Per il Comune di -OMISSIS- la mancata autorizzazione della richiesta proroga della concessione edilizia n. -OMISSIS- è stata esplicitata nella nota comunale del -OMISSIS-, di cui la società ricorrente ha avuto conoscenza al più tardi il -OMISSIS-, donde l'inammissibilità del proposto ricorso notificato il 7 gennaio 2021, oltre il termine di 60 giorni. 1.1. L'eccezione è infondata. La società ricorrente ha - tempestivamente - avversato il provvedimento (comunicato in data -OMISSIS-) prot. n. -OMISSIS-, recante l'integrazione della motivazione (per effetto di richiesta espressa in apposito atto stragiudiziale) racchiusa nella precedente nota del 21 luglio 2019 prot. n. -OMISSIS-. Orbene, il termine di impugnazione di un provvedimento non può cominciare a decorrere se l'interessato non è a conoscenza anche della motivazione dello stesso, perché la piena conoscenza del provvedimento amministrativo non può essere legata alla semplice conoscenza del suo contenuto dispositivo sfavorevole, ma occorre anche la consapevolezza dei vizi da cui eventualmente l'atto è affetto, raggiunta solo mediante la valutazione della motivazione; ne consegue che laddove l'Amministrazione comunichi l'esistenza di un provvedimento sfavorevole, senza la motivazione posta a corredo, il destinatario ha una mera facoltà, non un onere, di impugnare subito l'atto per poi proporre i motivi aggiunti, ma ben può attendere di conoscere la motivazione dell'atto per poter, una volta avuta conoscenza del contenuto dell'atto, quindi dell'effetto lesivo, valutare se impugnarlo o meno (cfr. Cons. Giust. Amm., Reg. Sic., sez. giur., 12 luglio 2022, n. 819; Cons. Stato, sez. IV, 21 maggio 2021, n. 3953; T.A.R. Valle d'Aosta, sez. I, 14 maggio 2018, n. 33). 2. Sempre il Comune resistente ha eccepito in via ulteriore l'inammissibilità del ricorso per mancata notifica ad almeno uno dei controinteressati. Il Comune resistente ha, invero, invocato il contenzioso della società ricorrente con i proprietari dei ruderi confinanti con il terreno sul quale dovrà essere realizzato il fabbricato oggetto della concessione edilizia, tra cui i -OMISSIS-, nonché l'atto stragiudiziale del 12 gennaio 2021 dei -OMISSIS- che invitano il Comune di -OMISSIS- a non autorizzare la proroga delle concessioni edilizie rilasciate. Per la parte resistente, dunque, i proprietari dei ruderi confinanti con il terreno oggetto delle concessioni rivestono la qualifica di controinteressati, avendo un interesse contrario a quello della parte ricorrente, con la conseguenza che la mancata notifica del ricorso introduttivo ad almeno uno dei controinteressati rende lo stesso inammissibile. 2.1. L'eccezione è infondata. Il Comune resistente non si è fatto carico di allegare e dimostrare la ricorrenza dei requisiti propri della parte controinteressata in capo ai proprietari dei ruderi confinanti con il terreno de quo. Ed invero, in primo luogo, sul piano sostanziale, la qualità di controinteressato va riconosciuta non già a chi abbia un interesse, anche legittimo, ad agire e a mantenere in vita il provvedimento impugnato e tantomeno a chi subisca conseguenze indirette e riflesse, ma solo a chi dal provvedimento stesso riceve un vantaggio diretto e immediato; ne consegue che la posizione di vantaggio non è identificabile nella generica aspettativa vantata da qualsiasi vicino di casa che faccia valere un interesse al corretto assetto edilizio di un'area, occorrendo, invece, che l'interesse faccia capo proprio a quel soggetto il cui diritto di proprietà ovvero ogni altro diritto reale di godimento risulti direttamente leso dall'opera edilizia. Nel caso in esame non risulta allegata e dimostrata in capo ai vicini la superiore circostanza. In secondo luogo, e comunque, difetta l'elemento formale proprio della figura della parte controinteressata, rappresentato dalla menzione nominativa del soggetto nel provvedimento impugnato che consente alla parte ricorrente di identificarlo facilmente. 3. La parte ricorrente ha affidato il gravame ai seguenti motivi (in sintesi): - con il primo ha dedotto i vizi di Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 15 del DPR 380/2001 e 6 della Legge della Regione Sicilia 16/2016. Evidenzia l'esponente che, in conformità al disposto dell'art. 15 del D.P.R. 380/2001 recepito con modifiche dalla Legge della Regione Sicilia n. 16/2016 (art. 6), il permesso di costruire decade di diritto, trascorso il previsto termine di fine lavori, "tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga"; nell'ipotesi di decadenza il completamento della costruzione è subordinato al rilascio di una nuova concessione. Nel caso di specie, lamenta la deducente, il Comune di -OMISSIS- ha richiamato la predetta norma al fine di ritenere decaduta la concessione edilizia violando la disposizione nella parte in cui essa esclude l'effetto decadenziale qualora sussista altra proroga anteriore alla scadenza. L'Ente ha, infatti, omesso di verificare la vigenza del titolo - in virtù della precedente proroga - al momento della richiesta (-OMISSIS-) dell'ulteriore differimento del termine di fine lavori, verifica che avrebbe escluso la decadenza ricorrendo l'ipotesi ostativa prevista dalla citata norma. L'istanza di proroga - cui fa riferimento la società ricorrente - risulta acquisita dal Comune in data -OMISSIS- (prot. -OMISSIS-). La proroga richiesta - di natura legale e di durata biennale - è disciplinata dall'art. 30, comma 3, del decreto legge n. 69/2013 come modificato dalla legge n. 98/2013; essa è condizionata unicamente dalla istanza di parte e dalla mancanza di contrasto del titolo con nuovi strumenti urbanistici approvati o adottati (condizioni entrambe ricorrenti nella fattispecie oggetto di esame); - con il secondo ha dedotto i vizi di Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 30 D.L. 69/2013 convertito con modifiche nella Legge 98/2013. Dopo aver richiamato l'art. 30 del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, come modificato in sede di conversione con la legge 9 agosto 2013 n. 98, la società ricorrente ha ribadito che la comunicazione - intervenuta nella vigenza della C.E prorogata al -OMISSIS- - è stata acquisita al protocollo comunale il -OMISSIS- (n. -OMISSIS-). In base al tenore letterale della predetta disposizione, al Comune è precluso negare l'efficacia automatica della chiesta proroga che discende ex lege unicamente dalla comunicazione dell'interessato; nell'ipotesi, eventuale, di insussistenza dei presupposti (non ricorrente nella fattispecie in esame), l'Ente ha l'onere di intervenire sullo stesso titolo edilizio in via di autotutela; - con il terzo ha dedotto i vizi di Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 36 penultimo comma della Legge della Regione Sicilia 71/1978. Per la società ricorrente il Comune di -OMISSIS-, nella vicenda in esame, è stato sempre a conoscenza degli eventi che hanno oggettivamente impedito al titolare della concessione edilizia di ultimare i lavori, pur avviati nei termini (interventi di esplorazione archeologica; imminente crollo di costruzioni confinanti; avvio del giudizio civile). In tali ipotesi, argomenta la parte ricorrente, l'Amministrazione non può adottare un provvedimento di decadenza della concessione, trovando applicazione, anche senza richiesta del concessionario, l'art. 36, penultimo comma, legge reg. Sicilia 27 dicembre1978 n. 71, che ammette la proroga del termine per la ultimazione dei lavori per fatti estranei alla volontà del concessionario che siano sopravvenuti a ritardare i lavori durante la loro esecuzione. - infine, con l'ultimo ha dedotto i vizi di Eccesso di potere per omissione di attività dovuta. Per la deducente, in conformità alle citate disposizioni, la concessione della proroga, richiesta dalla società ricorrente nel periodo di vigenza della concessione edilizia, configura un obbligo a carico dell'Ente; sotto tale ulteriore profilo, la società ricorrente censura il comportamento omissivo dell'Amministrazione. 4. Il Comune di -OMISSIS- ha contrastato i motivi di gravame articolati e le domande proposte dalla parte ricorrente. 5. Il ricorso merita di essere accolto, nei sensi e nei termini in appresso specificati. 5.1. L'avversato provvedimento - comunicato dall'Ente resistente in data -OMISSIS- - prot. n. -OMISSIS- ha specificato (rispetto alla precedente nota -OMISSIS-, prot. n. -OMISSIS-) le ragioni della ritenuta decadenza del titolo edilizio (n. -OMISSIS-), evidenziando che "la richiesta di proroga del -OMISSIS- è intervenuta oltre il termine di validità della C.E. n. -OMISSIS-, che di fatto era già scaduta a far data dal -OMISSIS-". Dal chiaro tenore della espressione utilizzata nel provvedimento impugnato si ricava che il Comune resistente ha ritenuto di ancorare la decadenza del titolo edilizio de quo alla data del -OMISSIS-, id est alla scadenza del termine triennale (previsto dalla stessa concessione edilizia n. -OMISSIS-, recante la proroga di tre anni della concessione edilizia n. -OMISSIS- e la voltura del titolo in favore della -OMISSIS- S.r.l.) decorrente dalla data di riottenuta disponibilità dell'area da parte della Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di -OMISSIS-, avvenuta giusta nota datata 13 dicembre 2010. 5.2. La declaratoria di decadenza, così motivata, si rivela, tuttavia, priva di base atteso che la società ricorrente ha comprovato di aver depositato al Comune di -OMISSIS- (prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS-) comunicazione di proroga ex art. 30, comma 3, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito in legge 9 agosto 2013, n. 98. Orbene, se in base alla disciplina ordinaria della proroga dei termini di efficacia del permesso di costruire (dettata dall'art. 15 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380) la giurisprudenza ha chiarito che il termine di durata del permesso edilizio non può mai intendersi automaticamente sospeso, essendo al contrario sempre necessaria la presentazione di una formale istanza di proroga cui deve comunque seguire un provvedimento da parte della stessa Amministrazione che accerti l'impossibilità del rispetto del termine (ed inoltre, la proroga dei termini per l'inizio e l'ultimazione dei lavori deve essere accordata qualora i lavori non possano essere iniziati o conclusi per iniziative dell'amministrazione o dell'autorità giudiziaria rivelatesi poi infondati, fermo restando la richiesta di proroga e non l'automatica sospensione dei termini), l'art. 30, comma 3, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni in legge 9 agosto 2013, n. 98, limitatamente ai titoli edilizi già rilasciati alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legge, ha derogato al sopra ricordato regime, prevedendo che su semplice comunicazione del soggetto interessato i termini di efficacia dei titoli edilizi potessero essere prorogati di due anni; la valenza derogatoria della norma si apprezza sia nel fatto che l'interessato può limitarsi a comunicare di volersi avvalere della proroga, senza dover giustificare il mancato rispetto del termine originariamente stabilito, sia nel fatto che, una volta presentata tale comunicazione, la proroga opera ex lege, senza necessità di un provvedimento autorizzatorio e discrezionale dell'Amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 2 gennaio 2023, n. 12). Nel caso di specie, dunque, la comunicazione dell'interessata è stata acquisita al protocollo comunale (si ribadisce, il -OMISSIS-), prima della scadenza del termine di tre anni sopra ricordato, cosicché, non essendo stata rappresentata l'avvenuta approvazione o adozione nelle more di una nuova disciplina urbanistica, il Comune non poteva negare l'efficacia automatica di proroga che, sulla base del tenore letterale - inequivoco - della ricordata disposizione, discende ex lege a seguito della presentazione della comunicazione. 5.3. L'argomentazione difensiva del Comune resistente - secondo cui non risulta che la società ricorrente abbia iniziato i lavori entro un anno dal 13 dicembre 2010, momento dal quale ciò sarebbe stato possibile, con conseguente decadenza delle concessioni edilizie n. -OMISSIS- e n. -OMISSIS-, ai sensi del cit. art. 15 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recepito dall'art. 6 della legge reg. Sic. 10 agosto 2016, n. 16 - costituisce una integrazione postuma (in sede giudiziale) della motivazione, inammissibile in quanto effettuata tramite scritti difensivi (cfr. Cons. Stato, sez. VII, 6 giugno 2024, n. 5069). Ed invero, se la ragione della determinazione sfavorevole dovesse riposare nel mancato inizio dei lavori entro un anno dal 13 dicembre 2010, la decadenza dovrebbe ritenersi maturata il 13 dicembre 2011 (e non il -OMISSIS-), ipotesi non evidenziata nel provvedimento avversato. 6. In conclusione, il ricorso merita di essere accolto, nei sensi e nei termini precisati, con conseguente annullamento dell'impugnato provvedimento, comunicato in data -OMISSIS-, prot. n. -OMISSIS-. Dalla demolizione del provvedimento avversato non consegue il (chiesto) ordine rivolto all'Ente comunale di adottare il provvedimento di proroga (anche in ragioni delle questioni, da vagliare nella sede amministrativa, evidenziate nella memoria depositata dal Comune di -OMISSIS-), bensì l'obbligo dell'Amministrazione comunale resistente di tenere conto dell'effetto conformativo impresso al riesercizio del potere pubblico dalla presente decisione di annullamento e di sollevare, in sede di riedizione del potere, tutte le questioni rilevanti ai fini della definizione del procedimento in questione. Il Collegio, pertanto, non accoglie la domanda di misure attuative avanzata dalla parte ricorrente, fermo restando in favore della stessa deducente la facoltà di attivazione dei rimedi di legge. 7. Le spese di lite, da porre a carico del Comune resistente, seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei termini in motivazione e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato. Condanna il Comune di -OMISSIS- al pagamento in favore della società ricorrente delle spese di giudizio, che vengono liquidate in complessivi Euro 1.000,00 (Euro. mille/00), oltre agli accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 1 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati: Pancrazio Maria Savasta - Presidente Giovanni Giuseppe Antonio Dato - Primo Referendario, Estensore Antonino Scianna - Primo Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 832 del 2023, proposto dall'A. Cl. Ca., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Um. Il., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia ed elettivamente domiciliata presso il suo studio di Palermo, Via (...); contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ro. Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti G.B. Oi. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Gr. Ma. To., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento - della nota n. 30325 del 23 marzo 2023, notificata in pari data a mezzo PEC, con cui il Comune di (omissis), Settore Sviluppo Economico, con riferimento allo "Impianto di distribuzione carburanti sito in via (omissis)", ha comunicato lo scioglimento di "ogni vincolo discendente dalla concessione di suolo pubblico per cui Ac. Ca. è tenuta a consegnare l'area concessa priva di manufatti e ad eseguita bonifica del suolo e del sottosuolo", assegnando un termine di 30 giorni per "la consegna del piano di demolizioni e bonifica"; - di ogni altro atto annesso, connesso, presupposto e/o consequenziale. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e di G.B. Oi. S.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2024 il dott. Luca Girardi e uditi per le parti i difensori presenti come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con ricorso ritualmente proposto, l'A. Cl. di Ca. ha chiesto l'annullamento, previa sospensione, della nota n. 30325 del 23 marzo 2023 con cui il Comune di (omissis), con riferimento all'impianto di distribuzione carburanti sito in via (omissis) dato in concessione alla ricorrente, ha comunicato lo scioglimento di "ogni vincolo discendente dalla concessione di suolo pubblico per cui Ac. Ca. è tenuta a consegnare l'area concessa priva di manufatti e ad eseguita bonifica del suolo e del sottosuolo", assegnando un termine di 30 giorni per "la consegna del piano di demolizioni e bonifica". In fatto parte ricorrente espone che, con deliberazione della Giunta Municipale n. 654 del 27 aprile 1990, il Comune di (omissis) affidava all'A. Cl. di Ca., (d'ora in poi anche "AC"), in concessione d'uso, un'area demaniale di 800 mq. in via (omissis) per l'installazione di un impianto di distribuzione di carburanti (IDC). Scaduta tale concessione, l'AC ha chiesto il rinnovo della concessione al Comune di (omissis) il quale, con delibera di G.M. n. 232 del 1° agosto 2005, ha disposto il chiesto rinnovo, stabilendo che "la concessione d'uso dell'area demaniale è temporanea ed efficace fino al momento in cui, il Settore Urbanistica avrà approvato il regolamento per il piano di riordino dei distributori di carburante di (omissis)". Nella specie, l'art. 2 dello schema di contratto, poi approvato, prevedeva che: "La concessione d'uso avrà una durata di anni nove con decorrenza 01/01/2004, e si intenderà tacitamente rinnovata per altri nove anni se non sopravviene formale disdetta da comunicarsi al concedente entro sei mesi precedenti la scadenza del contratto, nella forma della lettera raccomandata con avviso di ricevimento, fatta salva la disdetta del Comune di (omissis) che verrà notificata nelle forme di legge a seguito della razionalizzazione della rete dei distributori di carburanti per atto regolamentare del Settore Urbanistico ed Edilizio, competente per materia. Il Concedente ha facoltà di recedere anticipatamente in qualsiasi momento, laddove ragioni di opportunità lo imponessero". In data 5 ottobre 2005 le parti sottoscrivevano il Contratto di rinnovo della concessione. Successivamente, con delibera del Consiglio direttivo dell'AC del 18 gennaio 2018, veniva stabilito di concedere in affitto, tramite gara e per una durata di 18 anni, il ramo di azienda relativo alla gestione dell'IDC in parola, che si concludeva con l'aggiudicazione in favore della G.B. Oi. s.r.l., odierna controinteressata. Con comunicazione di subingresso pervenuta all'Assessorato Regionale delle Attività Produttive, la G.B. Oi. s.r.l. trasmetteva all'Ente regionale il contratto di affitto di ramo di azienda, comunicando, quindi, il subingresso nell'attività di gestione dell'IDC. Con nota n. 17509/CL0198 del 12 marzo 2019, l'Assessorato Regionale alle Attività Produttive comunicava la presa d'atto di subingresso della Soc. G.B. Oi. s.r.l. nell'autorizzazione n. 99 del 20.01.2011 per l'impianto di distribuzione carburanti di cui in oggetto anche al Comune di (omissis). L'AC di Ca. precisa di aver conferito incarico (giusta delibera n. 546-3 del 15 marzo 2022) al geom. Giocolano Andrea Salvatore al fine di presentare a marzo 2022 un'istanza di rinnovo della concessione. Quest'ultimo, però, comunicava al Direttore dell'AC di non aver potuto procedere nell'istanza per mancanza del certificato prevenzione incendi, il cui rilascio al Comando Provinciale dei VV.FF. poteva essere richiesto esclusivamente dalla GB Oi. s.r.l., ossia dal soggetto gestore dell'impianto. Pertanto, a dire della ricorrente, il mancato invio dell'istanza di rinnovo sarebbe dipeso dalla GB Oi. s.r.l., la quale non avrebbe provveduto a chiedere il rinnovo della concessione né il certificato prevenzione incendi che a tal fine era necessario. La ricorrente evidenza anche che i rapporti contrattuali tra l'AC di Ca. e la GB Oi. s.r.l. hanno avuto una evoluzione contenziosa, tuttora in essere innanzi al giudice ordinario. Seguiva, in ultimo, la nota n. 30325 del 23 marzo 2023 del Comune di (omissis), Settore Sviluppo Economico, qui gravata, con la quale è stata intimata la decadenza della concessione in parola. In particolare, si legge nella nota citata: "Si comunica che la concessione d'uso dell'area pubblica di via (omissis) angolo Settefarine per la realizzazione di un impianto di distribuzione di idrocarburi, censita in Catasto al Foglio di Mappa n. (omissis) P.lla (omissis), autorizzata con delibera di Giunta Municipale n. 657 del 27.04.1990 e rinnovata con provvedimento del 05.10.2005, è decaduta per decorrenza dei termini entro cui presentare istanza di rinnovo. Si prende atto della cessione del ramo di aziendale da parte di Ac. Ca., concessionario, alla G.B. Oi., in difformità al contratto sottoscritto e senza alcun parere e/o nulla osta da parte del Comune di (omissis), pertanto privo di efficacia. Tenuto conto che l'area in questione è interessata dai lavori di riqualificazione di via (omissis) con la realizzazione di una rotatoria stradale, con la presente si comunica che è sciolto ogni vincolo discernente1 dalla concessione di suolo pubblico per cui Ac. Ca. è tenuta a riconsegnare l'area concessa priva di manufatti e ad eseguita bonifica del suolo e del sottosuolo. A tal fine, si assegna termine di trenta giorni per la consegna del piano di demolizioni e bonifica decorsi i quali si provvederà nei termini di legge." Il ricorso è assistito da un'unica complessiva censura con la quale l'AC lamenta, in prima battuta, che la durata della concessione è stata fissata in maniera non determinata ma determinabile, ossia "fino al momento in cui, il Settore Urbanistica avrà approvato il regolamento per il piano di riordino dei distributori di carburante di (omissis)". Pertanto, attesa la mancata adozione del regolamento citato, la concessione sarebbe ancora in corso. In relazione al secondo capoverso dell'impugnata nota, poi, la ricorrente evidenzia una confusione nel richiamo fatto dal Comune alle figure contrattuali dell'affitto (di azienda) e della locazione (di immobile). Infatti, all'art. 5 del contratto di rinnovo del 5 ottobre 2005 si afferma che: "Gli immobili oggetto del presente contratto, si concedono per l'uso cui gli stessi sono stati destinati nel passato, e cioè come area di servizio per un distributore di carburante, con divieto di sub locazione, cessione anche parziale e divieto di mutamenti di destinazione". A dire dell'AC, quindi, l'articolo citato sarebbe inapplicabile poiché è stato stipulato tra AC e G.B. Oi. un contratto diverso, ossia di affitto (di ramo di azienda), in luogo di una mera locazione. Con riguardo al terzo ed ultimo capoverso dell'impugnata nota, la ricorrente contesta che i lavori di riqualificazione di via (omissis), attraverso la realizzazione di una rotatoria stradale, compromettano la prosecuzione dell'intera concessione di suolo pubblico e quindi impongano il recesso ante tempus. Con memoria del 4 settembre 2023, notificata in pari data alle parti costituite, la ricorrente ha contestato il contenuto di un post apparso sul profilo Fa. del Comune di (omissis) in data 8 giugno 2023 dalla lettura del quale, a suo dire, emergerebbe come alcuna interferenza sussiste tra l'area in cui insiste l'IDC e la realizzazione della rotonda in via (omissis). Resistono in giudizio le parti intimate, nella specie il Comune di (omissis) che ha all'uopo depositato memoria a difesa chiedendo, in ultimo, il rigetto del ricorso, nonché la controinteressata G.B. Oi. s.r.l. che ha analogamente concluso per il rigetto del gravame. Con ordinanza n. 314 del 20 giugno 2023, la Sezione ha respinto la richiesta di sospensione degli atti impugnati per inesistenza del prescritto fumus. L'ordinanza è stata poi confermata anche in sede d'appello cautelare dall'ordinanza di rigetto del CGA n. 292 del 15 settembre 2023 per analoghe considerazioni svolte da questo Giudicante. In vista dell'udienza pubblica odierna le parti hanno scambiato memorie ai sensi dell'art. 73 c.p.a. nelle quali hanno sostanzialmente ribadito i propri assunti difensivi. All'udienza pubblica del 24 settmebere2024 la causa è stata posta in decisione. DIRITTO 1. Come premesso in fatto, l'A. Cl. di Ca. ha ottenuto dal Comune di (omissis) in concessione d'uso un'area demaniale di 800 mq. in via (omissis), per l'installazione di un impianto di distribuzione di carburanti (IDC). Scaduta tale concessione, l'AC di Ca. richiedeva il rinnovo della concessione al Comune di (omissis) il quale, con delibera di G.M. n. 232 del 1° agosto 2005, approvava il contratto per la concessione d'uso alla società AC. L'art. 2 dell'approvato contratto, come chiarito, prevedeva che: "La concessione d'uso avrà la durata di anni nove con decorrenza 01/01/2004, e si intenderà tacitamente rinnovata per altri nove anni se non sopravviene formale disdetta da comunicarsi al concedente entro sei mesi precedenti la scadenza del contratto, nella forma della lettera raccomandata con avviso di ricevimento, fatta salva la disdetta del Comune di (omissis) che verrà notificata nelle forme di legge a seguito della razionalizzazione della rete dei distributori di carburanti per atto regolamentare del Settore Urbanistico ed Edilizio, competente per materia. Il Concedente ha facoltà di recedere anticipatamente in qualsiasi momento, laddove ragioni di opportunità lo imponessero". Quindi, il Comune di (omissis), con nota n. 30325 del 23 marzo 2023, ha comunicato alla ricorrente la decadenza dalla suddetta concessione per decorrenza dei termini. Inoltre, nella medesima nota, il Comune ha altresì contestato come la cessione del ramo aziendale da parte dell'AC alla G.B. Oi. sarebbe avvenuta in difformità al contratto sottoscritto e senza alcun parere e/o nulla osta da parte del Comune di (omissis), e sarebbe pertanto privo di efficacia. In ultimo, a causa di lavori di riqualificazione di via (omissis) volti alla realizzazione di una rotatoria stradale, il Comune ha comunque evidenziato l'impossibilità di proseguire nella concessione comunicando, quindi, lo scioglimento da ogni vincolo discendente dalla stessa con conseguente obbligo di riconsegna dell'area concessa. 2. Come già anticipato in sede cautelare, e confermato in sede di appello, il ricorso deve essere respinto per le ragioni che seguono, con assorbimento delle eccezioni in rito sollevate dalle resistenti. 3. Giova richiamare quanto già delibato in sedere interinale. Con ordinanza n. 314 del 20 giugno 2023, la Sezione ha stabilito che: "appare prima facie corretto il provvedimento impugnato nella parte in cui lo stesso ha previsto che la concessione è decaduta per decorrenza dei termini di durata previsti, senza che per altro sia stata neppure presentata alcuna istanza di rinnovo (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 9/02/2023, n. 2245 "Il mero pagamento dei canoni all'Amministrazione, dopo l'intervenuta scadenza del titolo concessorio, non può considerarsi di per sé rinnovo tacito della concessione, in mancanza dell'atto formale di rinnovo"); appare anche violato l'art. 5 del medesimo contratto il quale prevedeva, con dicitura ampia e generica, il divieto "di sub locazione, cessione anche parziale" degli immobili oggetto del contratto; le contestazioni nei confronti del controinteressato, in odine alla mancata presentazione di richiesta di proroga/rinnovo della concessione appaiono inopponibili al Comune concedente". Seguiva l'ordinanza di conferma del CGA n. 292 del 15 settembre 2023 secondo cui: "i) la concessione di suolo pubblico, decorrente dal 1° gennaio 2004, aveva una durata complessiva di 18 anni, ed è venuta a scadenza il 1° gennaio 2022 (cfr. art. 2 della delibera di Giunta municipale n. 232 del 1° agosto 2005), né risulta che l'appellante abbia fatto richiesta per una nuova concessione; ii) appartiene alla discrezionalità del Comune di (omissis) la decisione in ordine all'utilizzo dell'area de qua, essendo venuto meno il contratto di concessione di suolo pubblico, anche alla luce dei lavori di riqualificazione che interessano la sede stradale limitrofa". 4. Tutto ciò premesso, risulta pacifico in fatto che la concessione sia venuta a scadenza naturale alla data del 1° gennaio 2022, non potendosi altrimenti interpretare l'art. 2 del contratto richiamato il quale prevedeva sia la data di inizio di validità (1° gennaio 2004), sia l'iniziale durata del contratto di nove anni, sia la possibilità di un unico rinnovo tacito alla scadenza. Poi, che la concessione d'uso dell'area demaniale per cui è causa fosse temporanea ed efficace fino approvazione del regolamento per il piano di riordino dei distributori di carburante di (omissis) (preambolo della Delibera di Giunta n. 232 dell'1 agosto 2005 non riprodotta però nel contratto di concessione) appare una circostanza che comunque non scalfisce il contenuto dell'art. 2 che pone, all'evidenza, dei limiti temporali che prescindono da una eventuale approvazione del citato regolamento ove avvenuta prima della naturale scadenza del contratto. Infatti, è lo stesso articolo 2 a precisare che resta salvo il potere di disdetta (atto unilaterale volto ad evitare proprio l'eventuale rinnovo automatico) in capo al solo Comune di (omissis) in caso di razionalizzazione della rete dei distributori di carburanti per atto regolamentare del Settore Urbanistico. 4.1. Di nessun pregio il ricorso anche nella parte in cui la ricorrente lamenta che il Comune non avrebbe tenuto in debito conto la delibera dell'AC n. 546_3 del 15 marzo 2022 nella quale veniva manifestata l'intenzione di presentare un'istanza di rinnovo, però poi mai inoltrata, e ciò durante la vigenza della normativa emergenziale di cui all'art. 26-bis, D.L. 41/2021. Infatti, il non aver comunque inoltrato l'istanza di rinnovo rende di fatto inconferente l'argomentazione e del tutto infondata la doglianza, a prescindere di chi sia la responsabilità della mancata presentazione dell'istanza, e ciò anche in relazione ad una possibile valenza ex tunc della richiesta di rinnovo, su cui pure si dilunga parte ricorrente. Va anche ribadito che, per costante indirizzo giurisprudenziale, il mero pagamento dei canoni e l'introito delle relative somme da parte dell'Amministrazione, dopo l'intervenuta scadenza del titolo, non può considerarsi di per sé rinnovo tacito della concessione, in mancanza dell'atto formale di rinnovo, costituendo questo soltanto titolo per la detenzione e l'utilizzo del bene demaniale (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 18 luglio 2019, n. 5076; Id., Sez. V, 30 luglio 2018, n. 4662; Id., Sez. VI, 6 agosto 2013, n. 4098; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 9/02/2023, n. 2245). Peraltro, come evidenziato dalla controinteressata, l'odierno Giudicante non avrebbe comunque giurisdizione sull'accertamento di eventuali responsabilità circa presunte violazione di obblighi sorti a seguito della cessione del ramo d'azienda tra ricorrente e controinteressata, e tale comportamento negligente non potrebbe comunque essere opposto al Comune di (omissis) che ha solo preso atto della scadenza della concessione senza che fosse intervenuta alcuna richiesta di rinnovo della stessa. 5. Quanto detto rende ex se legittimo il provvedimento gravato trattandosi all'evidenza di atto plurimotivato. Orbene, nel caso in cui determinazioni amministrative negative siano impugnate davanti all'autorità giudiziaria e si basino su più motivi, ognuno dei quali potenzialmente valido per sostenere il dispositivo del provvedimento, è sufficiente che almeno uno di essi resista all'esame del giudice affinché il provvedimento nel suo insieme rimanga immune dalle censure proposte. In tale contesto, il ricorso può essere dichiarato infondato o addirittura inammissibile per mancanza di interesse a contestare ulteriori ragioni ostative, poiché l'esito di queste ultime è assorbito dalla pronuncia negativa riguardante la prima ragione (cfr. da ultimo, Consiglio di Stato, sez. VI, 02/07/2024, n. 5816). 6. Ciò detto ed a prescindere da tale dirimente circostanza, va anche confermato quanto già anticipato in sede cautelare circa il secondo capoverso della nota impugnata, in quanto l'art. 5 del contratto di rinnovo del 5 ottobre 2005 pone una clausola ampia tale da ricomprendere ogni forma di cessione/locazione/affitto di azienda, che andava quindi previamente comunicata e/o concordata con l'amministrazione concedente, pena la violazione dell'articolo in parola che così recita: "Gli immobili oggetto del presente contratto, si concedono per l'uso cui gli stessi sono stati destinati nel passato, e cioè come area di servizio per un distributore di carburante, con divieto di sub locazione, cessione anche parziale e divieto di mutamenti di destinazione". Sul punto deve essere condivisa la difesa del Comune nella parte in cui evidenzia che il divieto di cessione parziale non deve essere riferito alla locazione stricto sensu intesa, bensì alla concessione stessa e ad ogni forma di mutamento soggettivo inerente la stessa. Inoltre, che la comunicazione del subingresso della controinteressata G.B. Oi. s.r.l. nell'affitto del ramo d'azienda sia comunque intervenuta successivamente all'avvenuto trasferimento, non esclude per l'appunto la violazione dei termini del contratto che avrebbe richiesto un preventivo assenso all'operazione da parte del Comune concedente, così da rendere non censurabile in questa sede la nota impugnata anche in parte qua. 7. Ancora, priva di pregio anche l'ultima subcensura, supportata anche dalla memoria notificata del 4 settembre 2023, con la quale l'AC lamenta che i lavori di riqualificazione di via (omissis) non avrebbero comunque interessato l'IDC per cui è causa, da cui l'inconducenza di questo argomento a supporto della nota comunale gravata. Come evidenziato dal Giudice di appello, infatti, appartiene alla discrezionalità del Comune di (omissis) la decisione in ordine all'utilizzo dell'area de qua una volta venuta meno la concessione di suolo pubblico per le ragioni esposte in precedenza, con conseguente rigetto del ricorso anche in questa parte. 8. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto, con salvezza degli atti gravati. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna l'A. Cl. di Ca. al pagamento delle spese di lite da disporsi come segue: euro 1.500 (millecinquecento/00) a favore del Comune di (omissis) ed euro 1.000 (mille/00) in favore della controinteressata G.B. Oi. S.r.l., oltre oneri come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Salvatore Veneziano - Presidente Maria Cappellano - Consigliere Luca Girardi - Primo Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 584 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Sa. Tr., con domicilio fisico eletto presso il suo studio in Catania, Via (...); contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Mariateresa Mezzasalma, con domicilio fisico eletto presso il suo studio in Messina, viale Giostra 43 isol. 487, e con domicilio digitale ex lege come da PEC da Registri di Giustizia; Responsabile pro tempore del IV Settore U.T.C. e Tecnico Istruttore pro tempore del IV Settore U.T.C. del Comune di (omissis), non costituiti in giudizio; e con l'intervento di ad opponendum: -OMISSIS-, rappresentate e difese dagli avvocati Ca. Co. e An. Au., con domicilio digitale eletto presso gli indirizzi PEC (omissis); per l'annullamento, previa sospensione degli effetti: A) per quanto riguarda il ricorso introduttivo del giudizio: 1) dell'ordinanza del -OMISSIS- resa dal Responsabile ivi indicato del IV Settore U.T.C. del Comune di (omissis) (altresì sottoscritta dal Tecnico Istruttore ivi mentovato), con la quale è stato ingiunto al ricorrente: di demolire le opere ivi indicate, e cioè, l'"...ampliamento in sopraelevazione, effettuato con la C.E. n. -OMISSIS-, nel fabbricato destinato a civile abitazione sito nella via -OMISSIS-, rifinito e definito in ogni parte, contraddistinto in catasto fabbricati al foglio di mappa-OMISSIS-, in quanto l'immobile è privo di titolo abitativo..."; e di ripristinare lo stato originario dei luoghi, entro il termine di 90 giorni dalla notifica dell'ordinanza stessa; 2) di ogni altro atto antecedente, successivo o comunque presupposto, connesso o consequenziale, ivi compresi: a) l'atto del medesimo Comune di (omissis), reso a firma del predetto Responsabile del IV Settore U.T.C. il -OMISSIS- di prot. com. (di cui appresso si dirà ) di conferma della suddetta ordinanza di demolizione n. -OMISSIS-; b) occorrendo, la determinazione del Responsabile del IV settore n. -OMISSIS- (sconosciuta al ricorrente) e di cui si fa menzione nella predetta ordinanza n. -OMISSIS- di cui sopra sub 1); B) per quanto riguarda il ricorso per motivi aggiunti depositato dalla parte ricorrente in data 31 ottobre 2022, per l'annullamento: 1) dell'atto/verbale di accertamento di inottemperanza/inadempienza all'ordinanza di demolizione del -OMISSIS-, datato 1/-OMISSIS-di prot. gen. (anch'esso impugnato); 2) Degli atti già impugnati con il ricorso introduttivo indicato in epigrafe, e cioè : a) dell'ordinanza del-OMISSIS- resa dal Responsabile ivi indicato del IV Settore U.T.C. del Comune di (omissis) (altresì sottoscritta dal Tecnico Istruttore ivi mentovato), con la quale è stato ingiunto al ricorrente: di demolire le opere ivi indicate, e cioè, l"... ampliamento in sopraelevazione, effettuato con la C.E. n. -OMISSIS-, nel fabbricato destinato a civile abitazione sito nella via -OMISSIS-/A, rifinito e definito in ogni parte, contraddistinto in catasto fabbricati al foglio di mappa-OMISSIS-, in quanto l'immobile è privo di titolo abitativo... "; e di ripristinare lo stato originario dei luoghi,entro il termine di 90 giorni dalla notifica dell'ordinanza stessa; b) di ogni altro atto antecedente, successivo o comunque presupposto, connesso o consequenziale, ivi compresi: a) l'atto del medesimo Comune di (omissis), reso a firma del predetto Responsabile del N° Settore U.T.C. ii -OMISSIS- di prot. com. (di cui appresso si dirà ) di conferma della suddetta ordinanza di demolizione n. -OMISSIS-; b) occorrendo, la determinazione del Responsabile del IV settore n. -OMISSIS- (sconosciuta al ricorrente) e di cui si fa menzione nella predetta ordinanza n. -OMISSIS- di cui sopra sub1). Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visto l'atto di intervento ad opponendum delle sig.re -OMISSIS-; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 giugno 2024 il dott. Giovanni Giuseppe Antonio Dato e uditi per le parti i difensori presenti come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Con ricorso introduttivo del giudizio, (spedito per la notifica in data 11 aprile 2022 e) notificato e depositato in data 13 aprile 2022, il deducente ha rappresentato quanto segue. Il ricorrente ha ottenuto il rilascio, dal Comune di (omissis), in data -OMISSIS-per la sopraelevazione dell'esistente fabbricato di proprietà, ubicato in via -OMISSIS-; quindi, completati i lavori, l'esponente ha adibito l'immobile ad abitazione. Terzi (confinanti) hanno avversato la predetta concessione edilizia innanzi al T.A.R. Sicilia, sezione staccata di Catania, che con sentenza n. -OMISSIS- ha rigettato il ricorso; la predetta sentenza è stata annullata dal C.G.A.R.S. che, con sentenza n. 1013 del 22 novembre 2021, ha accolto il ricorso in appello e ha annullato la concessione edilizia sopra indicata (in ragione della sussistenza, su una porzione di 115 mq dei 420 mq della particella-OMISSIS-, di un vincolo, con conseguente esclusione del trasferimento di volumetria riconnessa alla anzidetta porzione della particella-OMISSIS-). Precisa la parte ricorrente che la sopraelevazione de qua consta di opere per complessivi 339,06 mc e che, per la predetta sentenza del C.G.A.R.S. n. 1013 del 22 novembre 2021, solo 230 mc di essi non avrebbero potuto essere realizzati; rappresenta il deducente, dunque, che la realizzazione di 109,06 mc. ben poteva avvenire e, tuttavia, l'ordinanza impugnata ha disposto la demolizione anche dell'opera afferente a tale cubatura. Per l'esponente, in sintesi, il Comune resistente, in considerazione del contenuto della citata pronuncia del C.G.A.R.S., non poteva ordinare la demolizione dell'intero, bensì - tutt'al più - di non più di 230,00 mc., conservando la residuale porzione di 109,06 mc. legittimamente realizzata. Per il deducente quella appena indicata sarebbe una soluzione ancillare: ed infatti, la sopraelevazione in questione è conforme alle norme urbanistiche di legge e comunali, e non v'è alcuna ragione né validi presupposti per disporre la demolizione dell'opera in questione, disposta in violazione della regola di proporzionalità e di equilibrato esercizio del potere demolitorio. Per l'esponente, il semplice formalistico riferimento, in seno all'ordinanza di demolizione, alla sentenza del C.G.A.R.S. (senza trattare e considerare, in modo proporzionato ed equilibrato, le valutazioni di merito rese dalla sentenza stessa circa la determinazione della sussistenza del vincolo e del limite di cubatura inutilizzabile indicato in misura inferiore a quella prevista e realizzata), non è bastevole per disporre l'abbattimento della sopraelevazione dell'immobile in questione. Lamenta l'esponente che se il Comune resistente avesse svolto un più appropriato e logico esame della vicenda, svolgendo un'apposita istruttoria e coinvolgendo anche il ricorrente, avrebbe avuto modo di accertare che vi sono tutti i presupposti per il mantenimento dell'opera. 1.1. Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis), chiedendo di respingere la domanda cautelare e, nel merito, di rigettare il ricorso proposto perché infondato in fatto ed inammissibile. 1.2. Con ordinanza 1 luglio 2022, n. 1763 sono state respinte, per le ragioni ivi precisate, le istanze di visibilità temporanea del fascicolo informatico - depositate nelle date 3 e 6 maggio 2022 - nell'interesse delle sig.re -OMISSIS-. 1.3. Le sig.re -OMISSIS-, con atto notificato in data 5 luglio 2022 e depositato in data 6 luglio 2022, hanno proposto intervento ad opponendum. 1.4. Con successiva ordinanza 28 luglio 2022, n. 433 è stata respinta la domanda cautelare proposta dalla parte ricorrente. 1.5. Con ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 27 ottobre 2022 e depositato in data 31 ottobre 2022, il ricorrente ha avversato gli atti in epigrafe indicati. 1.6. In vista della celebrazione dell'udienza di discussione la parte ricorrente ha depositato documenti, memoria e replica; l'interventore ad opponendum ha depositato documenti e memoria. 1.7. All'udienza pubblica del giorno 12 giugno 2024, presenti i difensori della parte ricorrente, del Comune resistente e dell'interventore ad opponendum, preliminarmente il Collegio, ai sensi dell'art. 73, comma 3, cod. proc. amm., ha posto due dubbi di inammissibilità in relazione ai motivi aggiunti, stante la natura non lesiva degli atti impugnati ed in relazione al ricorso introduttivo del giudizio, in merito all'illegittimità del titolo edilizio annullato dal C.G.A.R.S. e alle ragioni sottese alla detta illegittimità (vincolo di inedificabilità su parte del terreno onerato e incapacità di generare volumetria), trattandosi di questioni oggetto di statuizioni intangibili. Il difensore ha chiesto di essere autorizzato al deposito del certificato di destinazione urbanistica; le altre parti si sono opposte. Il Collegio si è riservato di valutare la rilevanza del detto documento. Dopo la discussione, la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 1. Il Collegio, per ragioni di economia processuale, prescinde dall'esame dell'eccezione di inammissibilità - frapposta dall'interventore ad opponendum - per omessa notificazione del ricorso introduttivo del giudizio alle sig.re -OMISSIS-, in ragione dell'infondatezza del gravame. 2. L'interventore ad opponendum ha altresì eccepito il difetto di competenza del Tribunale adito a decidere del ricorso in epigrafe atteso che con l'atto impugnato il Comune di (omissis) ha dato esecuzione alla sentenza del C.G.A.R.S. n. 1013/2021, la quale ha annullato la concessione edilizia n. -OMISSIS- rilasciata al ricorrente per l'ampliamento in sopraelevazione della propria abitazione. Ne consegue, secondo l'interventore ad opponendum, che il giudice competente a decidere del presente giudizio avrebbe dovuto essere il C.G.A.R.S., in qualità di giudice dell'ottemperanza, al quale si ricorre non solo nel caso di inerzia (non facere, inottemperanza in senso stretto), ma anche nel caso di un facere (come nel caso di specie) in cui si contesta il comportamento attivo, elusivo e/o non correttamente esecutivo del giudicato, tenuto dalla Pubblica Amministrazione con l'adozione di un provvedimento amministrativo. 2.1. L'eccezione è infondata. Premesso che l'annullamento giurisdizionale del titolo abilitativo edilizio provoca la qualificazione di abusività delle opere edilizie realizzate in base ad esso, va osservato - in termini generali - che il giudicato di annullamento di atti amministrativi produce, normalmente, effetti (oltre che di accertamento), di eliminazione, di ripristinazione e conformativi. Nel caso in esame, il giudicato amministrativo formatosi a seguito della sentenza del C.G.A.R.S. n. 1013/2021 ha per oggetto il mero annullamento del titolo edilizio e non si estende anche all'obbligo di demolizione delle opere realizzate sulla base del titolo annullato. Sul punto va infatti evidenziato che, da un lato, nessuna statuizione, nella anzidetta direzione, è racchiusa nella citata sentenza del Giudice d'Appello e, dall'altro, l'ordinamento prevede - in via generale ed astratta - una gamma articolata di possibili soluzioni e conseguenze alla caducazione (nel caso in esame, in sede giurisdizionale) del titolo edilizio in precedenza rilasciato. Orbene, l'effetto conformativo discendente dal decisum di annullamento è circoscritto al divieto di riprodurre gli stessi vizi che detto titolo avevano connotato, sì da rispettare la sostanza intangibile del giudicato, e all'obbligo di porre in essere una attività successiva conforme ai canoni di legittimità individuati dalla pronuncia. A ciò occorre aggiungere che, per costante giurisprudenza, nella fase successiva al giudicato, va distinto un momento relativo alla "medesima vicenda amministrativa" e un momento relativo ad una "diversa, ancorché collegata, vicenda amministrativa". Nel primo caso, relativo alla "medesima vicenda amministrativa", l'azione amministrativa successiva al giudicato è retta da "regole giudiziali" (la cui violazione - non eseguendo il giudicato o ponendo in essere un'attività di violazione o elusione del giudicato stesso - legittima una tutela che si svolge sul piano dell'esecuzione ed è costituita dall'azione di ottemperanza) e da "regole legali" (la cui violazione legittima una tutela che si svolge sul piano della cognizione). Nel secondo caso, relativo alla "diversa vicenda amministrativa", l'azione amministrativa è retta dalle "regole legali", in quanto si tratta di un rapporto differente da quello che è stato oggetto di accertamento giudiziale; tuttavia, quando le due vicende presentano profili di collegamento sostanziale si produce il c.d. "effetto conformativo di coerenza o razionalità della complessiva azione amministrativa" discendente dal giudicato, nel senso che l'amministrazione non può regolare la "vicenda diversa" in contrasto con il complessivo accertamento giudiziale già svolto in ossequio al suddetto canone di coerenza nell'esercizio del potere. La forma di tutela, in tal modo, si svolge esclusivamente sul piano della cognizione mediante la proposizione di un'azione di annullamento per violazione di legge o eccesso di potere che deve essere proposta nei termini di decadenza (e il suddetto effetto conformativo incide anche, nei sensi indicati, sulla nuova attività amministrativa, con il solo limite temporale derivante dalla decorrenza del termine di decadenza per l'impugnazione dell'atto amministrativo che con tale effetto si pone in contrasto). Quanto esposto vale anche in presenza di attività amministrativa di repressione di abusi edilizi: invero, in presenza soprattutto di annullamento giudiziale di titoli edilizi già rilasciati ovvero in caso di complessità della vicenda amministrativa, può accadere che l'amministrazione sia titolare di poteri discrezionali, con le conseguenze in ordine al regime dell'attività successiva sopra riportate (arg. ex Cons. Stato, sez. VI, 11 marzo 2020, n. 1738). 3. Con il primo motivo sono stati dedotti i vizi di Violazione e falsa applicazione degli articoli 7 e segg. sulla partecipazione al procedimento amministrativo della Legge 241/90. Violazione degli articoli 1 e 3 di cui alla predetta L. 241/90. Eccesso di potere per mancanza di presupposto, illogicità, travisamento, carenza istruttoria. Difetto di motivazione violazione dei principi del giusto procedimento e di correttezza dell'azione amministrativa. Violazione e sviamento dell'interesse pubblico. La parte ricorrente, in sintesi, dopo aver richiamato gli artt. 7 e 10 della L. 241/90 (e la relativa disciplina della L. Reg. n. 10/1991 e ss. mm. ed ii.), ha argomentato che stante il contesto delle verifiche e controlli da compiere inerenti le volumetrie disponibili, fatto riferimento alla insussistenza del vincolo in questione e al contempo alle ragioni stesse della pronuncia di annullamento del titolo concessorio, era dovuta la comunicazione di avvio del procedimento, volto all'assunzione del provvedimento più appropriato e confacente al caso e alla particolarità propria di esso. Il Comune resistente tuttavia non ha comunicato l'avvio del procedimento, impedendo al ricorrente di evidenziare collaborativamente tutti i dati utilizzabili al fine del mantenimento dell'opera da tempo legittimamente realizzata. Per l'esponente, l'Amministrazione comunale resistente non poteva adottare un provvedimento demolitorio dell'intero immobile realizzato in sopraelevazione senza avere dapprima preso in considerazione e valutato, coinvolgendo il ricorrente, se tale costruzione fosse in tutto e/o anche solo in parte conservabile, avuto riguardo alla potenzialità edificatoria del lotto e alle cubature disponibili. Per il deducente, inoltre, ulteriore aggravio delle violazioni procedimentali sopra dette, e a conferma della necessità di comunicare l'avvio del procedimento, scaturisce dall'atto che l'Autorità di Bacino il -OMISSIS-ha inviato al Comune, con il quale è dato riscontro indelebile che non v'è alcun vincolo "R4" e che la porzione della particella oggetto di interesse idrogeologico e qualificata "P2", per tale è utilizzabile la corrispondente volumetria, che (a causa dell'errore descrittivo contenuto nel sopra detto certificato comunale di destinazione urbanistica esaminato, reso pure nel giudizio innanzi al C.G.A.R.S., con evidente effetto distorsivo) si riteneva non tale. 3.1. Il motivo è infondato. 3.1.1. Si anticipa sin d'ora che - conformemente all'avviso formulato ai sensi dell'art. 73, comma 3, cod. proc. amm. (cfr. il verbale d'udienza) - sono inammissibili le censure concernenti la validità o meno del titolo edilizio (annullato dal Giudice di seconde cure) e, nello specifico, le ragioni sottese alla illegittimità (vincolo di inedificabilità su parte del terreno onerato e incapacità di generare volumetria), trattandosi di questioni oggetto di statuizioni intangibili (cfr. infra). Il Collegio ritiene opportuno sul punto precisare che anche nel giudizio amministrativo si applica il principio del ne bis in idem, di cui agli artt. 2909 cod. civ. e 324 cod. proc. civ., che vieta al giudice di pronunciarsi due volte sulla medesima controversia, in virtù del rinvio esterno contenuto nell'art. 39, comma 1, cod. proc. amm., poiché espressivo di esigenze comuni a qualsiasi ordinamento processuale, consistenti nel prevenire la inutile ripetizione di attività processuali e possibili contrasti di giudicati; nella specie, il principio del ne bis in idem, comportante la preclusione da giudicato esterno, mira ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, in quanto corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell'eliminazione dell'incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione, essendo tale garanzia di stabilità, collegata all'attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata. In definitiva, è inammissibile la censura già avanzata in altro giudizio definito con sentenza, per violazione del principio del ne bis in idem che vieta al Giudice Amministrarivo di pronunciarsi due volte sulla medesima controversia (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 26 gennaio 2023, n. 612 ed ivi precedenti giurisprudenziali). 3.1.2. Ribadito che l'annullamento giurisdizionale del titolo abilitativo edilizio provoca la qualificazione di abusività delle opere edilizie realizzate in base ad esso (cfr. supra), occorre osservare che anche dopo il dispiegarsi dell'attività difensiva in sede processuale, non sono emersi elementi che avrebbero potuto indurre l'Amministrazione comunale resistente a non adottare l'ordinanza di demolizione impugnata, in forza di decisivi dati di fatto o argomentazioni in diritto offerti dalla parte interessata (cfr. infra). In particolare, come si avrà modo di chiarire di seguito, la parte ricorrente non ha avanzato istanza di c.d. fiscalizzazione dell'abuso ex art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, c.d. fiscalizzazione (correlata alla - prima ipotesi, normativamente disciplinata, id est della - impossibilità di rimuovere i vizi delle procedure amministrative) che resta preclusa in presenza di c.d. vizi sostanziali, essendo ammessa solo per i vizi che riguardano forma e procedura che risultino, per l'appunto, di impossibile rimozione (cfr. infra). Inoltre, ciò che è rimasto in ombra - nell'impianto censorio e negli scritti difensivi del deducente - è proprio la questione della natura del vizio acclarato dalla sentenza del C.G.A.R.S. n. 1013 del 22 novembre 2021, tematica che la parte ricorrente ha cercato - inammissibilmente - di superare, cercando di rimettere in discussione la questione del vincolo su parte del terreno onerato (e della conseguente inidoneità a generare cubatura), già esaminata e definita. Peraltro, quanto sopra evidenziato a proposito della infondatezza della contestazione in ordine alla omessa attivazione delle garanzie partecipative va a maggior ragione ribadito nel caso di specie, essendo stato disposto l'annullamento del titolo edilizio a seguito di un processo ove il vizio del titolo è stato accertato in contraddittorio con l'interessato (arg. ex Cons. Stato, sez. VI, 4 gennaio 2023, n. 136). 4. Con il secondo motivo sono stati dedotti i vizi di Violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 31 del DPR 380/2001. Eccesso di potere per mancanza di presupposto, carenza istruttoria, illogicità, contraddittorietà, travisamento, sviamento della causa tipica, difetto di motivazione. Violazione dell'articolo 3 della L.R. 10/1991. Per l'esponente, in sintesi, il Comune resistente non poteva adottare alcun provvedimento demolitorio dell'immobile realizzato in sopraelevazione. In particolare, argomenta il deducente, non sussiste alcun vincolo "R4": l'unico vincolo esistente sulla porzione della particella-OMISSIS-, è quello indicato come "P2", che non comporta alcuna inedificabilità, come ha chiarito, con l'atto del -OMISSIS-, l'Autorità Regionale di Bacino all'uopo interpellata. In tale ottica, lamenta il deducente, il Comune resistente non ha inteso cogliere l'opportunità d'una legittima resipiscenza, allorché l'Autorità di Bacino Distretto Idrografico della Sicilia con il predetto atto del -OMISSIS-, n. -OMISSIS-(precisati gli ambiti delle competenze e funzioni) ha evidenziato che le asserzioni circa la sussistenza del vincolo idrogeologico "R4" di cui al certificato comunale di destinazione urbanistica reso dal Comune a giugno 2021 (richiamato nel giudizio del C.G.A.R.S.) non avevano (e non hanno) alcuna apprezzabile consistenza e valore nel caso concreto. Lamenta il ricorrente che il Comune, piuttosto che riconsiderare (almeno in tale contesto) il proprio operato, ha ribadito, con l'atto impugnato del -OMISSIS-, che l'ordinanza demolitoria della sopraelevazione "...non è scaturita da una valutazione dell'Ufficio Tecnico circa l'inedificabilità della particella fg. (omissis), n. -OMISSIS-, ma da una sentenza del C.G.A. che, piaccia o no, va eseguita..."; per l'esponente, ciò conferma che l'Amministrazione resistente, nell'adottare l'ordinanza di demolizione, non ha compiuto alcuna istruttoria né verifica. Inoltre, per l'esponente, il Comune resistente assume (con il predetto atto del -OMISSIS-) con riferimento al contenuto del certificato di destinazione urbanistica del -OMISSIS-, che lo stesso certificherebbe "...ciò che è in essere..." e dunque la classificazione in R4 e P2 della particella-OMISSIS-, così confermando il travisamento di quanto precisato dall'Autorità di Bacino in merito alla insussistenza dei predetti vincoli, a fronte dell'errore ivi contenuto dell'indicazione del vincolo "R4" che la predetta Autorità di Bacino ha spiegato - sempre con l'atto del -OMISSIS-- non sussistere. Per l'esponente, l'assunto comunale del -OMISSIS- racchiude l'erroneo riferimento al vincolo "R4" contenuto nel certificato di destinazione urbanistica e assevera l'illegittimità dell'ordine demolitorio, assunto a contrasto di quanto accertato dal C.G.A.R.S. a presupposto dell'annullamento dell'atto concessorio, e che per di più conferma che l'esercizio del potere demolitorio è avvenuto prescindendo da ogni indagine e verifica di merito dell'opera realizzata, senza tenere conto dell'effettiva disponibilità delle cubature utilizzabili (e ciò sussistendo o meno il vincolo R4). Lamenta l'esponente che il Comune ben avrebbe dovuto e potuto compiere le attività e le verifiche del caso, per accertare (in contraddittorio), a fronte dell'annullamento pronunciato dal C.G.A.R.S. e delle ragioni a presupposto di essa, se la costruzione (o quota di essa) non potesse comunque, essere conservata, nel rispetto dei principi di equità ed equilibrio dell'azione amministrativa. Inoltre, argomenta il deducente, in punto di fatto, nel caso concreto sussiste (anche qualora si volesse asserire la permanenza del vincolo "R4") più che adeguata capienza della cubatura per conservare totalmente (o parzialmente) l'opera: il ricorrente dispone di 1.192,68 mc., laddove l'immobile di proprietà (compresa l'opera che si vorrebbe demolire) è di complessivi 1.165,07 mc.. Ed ancora, osserva il ricorrente, l'ordinanza demolitoria non tiene conto che 109,06 mc. non potevano essere oggetto di demolizione. Per l'esponente, inoltre, l'illegittimità dell'ordine di demolizione impugnato è evidente, non solo per la violazione del contenuto di merito della sentenza erroneamente posta a presupposto dell'ordine demolitorio, ma pure per insussistenza dei presupposti necessari all'esercizio di tale potestà (che l'opera, cioè, sia abusiva). Conclude l'esponente, dunque, che il Comune non avrebbe potuto fare altro che rinnovare la concessione edilizia prendendo atto delle precisazioni tecniche di cui alla nota del -OMISSIS-dell'Autorità di Bacino, che non è sussistente alcun vincolo di inedificabilità, con la conseguenza che il provvedimento demolitorio è affetto da illogicità e contraddittorietà, frutto di carenza istruttoria e valutativa, carenza di motivazione, difetto di proporzionalità e violazione del giusto procedimento. 4.1. Il motivo è in parte inammissibile e per la restante parte è infondato. 4.1.1. Il motivo è inammissibile nella parte in cui pretende di sovvertire l'esito decisorio racchiuso nella sentenza C.G.A.R.S. 22 novembre 2021, n. 1013, in particolare sulla esistenza, nei termini di seguito specificati, di un vincolo di inedificabilità assoluta sul terreno asservito (mq. 115 della particella fg. (omissis) n. -OMISSIS-), con conseguente incapacità di generare volumetria trasferibile, nei sensi in appresso definiti; invero, nella richiamata pronuncia il Decidente ha stabilito che: - "non avrebbe potuto essere suscettibile di cessione la parte dell'area asservita, pari a mq 115 (mc 230), con vincolo R4 di inedificabilità assoluta"; - "in presenza di un vincolo di inedificabilità assoluta - il quale provenga dal Piano di Assetto Idrogeologico, sopravvenuto al PRG e prevalente su quest'ultimo, che non si limiti, quindi, semplicemente a condizionare le possibilità di edificazione, ma le azzeri completamente, innovando radicalmente la previsione dello strumento urbanistico - l'area non può essere considerata edificabile e non può essere consentita la cessione di una cubatura che, di fatto non esiste, a favore di altro fondo"; - nel caso di specie, "l'inedificabilità assoluta su parte del fondo oggetto di cessione, derivante dal PAI, che si impone alle previsioni del PRG, rende non omogenee in parte qua i due terreni, il terreno asservito ed il terreno ricevente, facendo venire meno una delle condizioni legittimanti la cessione della cubatura"; - la concessione edilizia n. -OMISSIS-rilasciata dal Comune di (omissis) ai signori -OMISSIS- "si rivela illegittima, atteso che il vincolo di asservimento, in relazione a mq 115 (mc 230) del fondo asservito, in quanto carente di suscettibilità edificatoria, non poteva determinare in parte qua una legittima cessione di volumetria edificabile"; Nella successiva sentenza 6 marzo 2023, n. 183, resa dal C.G.A.R.S. a seguito di ricorso per revocazione proposto dall'odierno ricorrente, il Decidente ha chiarito quanto segue: - la nota dell'Autorità di Bacino Distretto Idrografico della Sicilia, prot.-OMISSIS-del -OMISSIS-, "dopo avere rammentato che con decreto del Presidente della Regione Siciliana n. 9/AdB del 6 maggio 2021, pubblicato nella G.U.R.S. n. 22 del 21 maggio 2021, sono state approvate le Norme di Attuazione del P.A.I. "che modificano e sostituiscono le precedenti, superando le ambiguità legate all'ormai superato Piano Straordinario, e regolamentano esclusivamente la disciplina delle aree a pericolosità censite nel Piano", precisa che il certificato di destinazione urbanistica rilasciato con nota del -OMISSIS- "contiene delle inesattezze nella parte che riporta i vincoli scaturenti dal P.A.I, in quanto risulta errata l'affermazione la particella-OMISSIS- del fg. (omissis) ricade parte in zona "R4" e parte in zona "P2" del P.A.I., e semmai è corretto dire che nell'area P2 è presente un elemento di rischio R4". Ciò in quanto "E' pacifico che la particella in questione ricade in parte esclusivamente in area perimetrata con pericolosità di grado P2, identificata dal codice 097-5GN-001, nel P.A.I. vigente". Dal tenore letterale della nota si evince univocamente che: a) essa illustra le risultanze del certificato di destinazione urbanistica del -OMISSIS- avendo come elemento di raffronto non il Piano Stralcio di Bacino per l'Assetto Idrogeologico della Sicilia al quale si riferisce il predetto certificato, bensì le nuove Norme Tecniche di Attuazione del P.A.I. approvate con decreto del Presidente della Regione Siciliana n. 09/AdB del 6 maggio 2021, entrate in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in G.U.R.S. avvenuta il 21 maggio 2021; b) la supposta erroneità del certificato di destinazione urbanistica riguarderebbe non l'assenza dell'elemento di rischio "R4" nella particella in esame (confermato dalla nota dell'Autorità di Bacino) bensì la qualificazione dell'area alla luce dei nuovi parametri di rischio recepiti nelle N.T.A. del P.A.I. approvate nel 2021. Come correttamente dedotto negli scritti difensivi delle controinteressate, in seguito alla approvazione delle nuove N.T.A. del P.A.I., ed a differenza del precedente Piano Stralcio di bacino per l'Assetto Idrogeologico della Sicilia, non si rinviene più una classificazione delle aree in base all'elemento "Rischio" (nelle sue gradazioni da R1 a R4) bensì in base al parametro della "Pericolosità " (graduata da P0 a P4). Ciò spiega con assoluta evidenza perché la nota prodotta dal ricorrente, facendo espresso riferimento alle nuove N.T.A. e non a quelle vigenti al momento del rilascio della concessione edilizia controversa, rileva l'inesattezza dei dati riportati nel certificato di destinazione urbanistica del -OMISSIS-"; - l'art. 2 del citato decreto del Presidente della Regione Siciliana del 6 maggio 2021 stabilisce che le modifiche introdotte al Piano stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico entrano in vigore il giorno successivo alla pubblicazione sulla G.U.R.S. e "non si applicano alle pratiche avviate prima della sua pubblicazione". Pertanto, in disparte quanto già decisivamente evidenziato in ordine al contenuto della nota dell'Autorità di Bacino del -OMISSIS-, che recepisce le risultanze delle N.T.A. del P.A.I. approvate nel 2021, queste ultime non sono comunque applicabili alla concessione edilizia controversa per espressa previsione del citato art. 2"; - "il certificato di destinazione urbanistica del -OMISSIS- non contiene dati falsi o erronei come dedotto dal ricorrente, essendo stato emesso sulla base delle risultanze del Piano Stralcio di Bacino per l'Assetto Idrogeologico della Sicilia prima delle modifiche introdotte con il decreto del Presidente della Regione Siciliana del 6 maggio 2021, le uniche applicabili al procedimento edilizio controverso per effetto dell'art. 2 del medesimo decreto. In secondo luogo, anche a volerne astrattamente ritenere con il ricorrente la falsità o erroneità del certificato di destinazione urbanistica del -OMISSIS-, non può non rilevarsi che nel caso di specie non risulta comunque proposta la querela di falso nei confronti di detto certificato e - per giurisprudenza affatto consolidata (cfr. Cons. Stato, sez, VI, 21 settembre 2021, n. 6421) - il rimedio della revocazione non può sopperire al fine di ottenere un ana risultato, giacché per superare il carattere fidefacente di un atto la querela di falso è necessaria anche qualora si ritenga che l'immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo ma soltanto ad imperizia, leggerezza od a negligenza del pubblico ufficiale, con la sola eccezione - che tuttavia nel caso di specie non si è concretizzata - del caso in cui dallo stesso contesto dell'atto risulti in modo evidente l'esistenza di un mero errore materiale compiuto da questi nella redazione del documento". La questione concernente il vincolo di inedificabilità assoluta sul terreno asservito (mq. 115 della particella fg. (omissis) n. -OMISSIS-) e della conseguente incapacità di generare volumetria trasferibile, pertanto, non può essere più messa in discussione nella presente sede: ed invero, come già detto (cfr. supra), nel giudizio amministrativo si applica il principio del ne bis in idem, di cui agli artt. 2909 cod. civ. e 324 cod. proc. civ. che, per esigenze comuni a qualsiasi ordinamento processuale, vieta al giudice di pronunciarsi due volte sulla medesima controversia, in virtù del rinvio esterno contenuto nell'art. 39 comma 1, cod. proc. amm. (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. II, 30 giugno 2021, n. 4947). Inoltre, in applicazione del divieto in questione è preclusa non solo la riproposizione di domande già definite con la sentenza passata in giudicato, ma anche la proposizione per la prima volta di quelle che di tale giudicato costituiscono il presupposto logico e indefettibile e come tali assoggettate all'effetto previsto dal citato art. 2909 cod. civ. (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 12 gennaio 2024, n. 341 ed ivi precedenti giurisprudenziali). Ne consegue che sono inammissibili le censure e le argomentazioni che impingono sulla questione del vincolo di inedificabilità assoluta sul terreno asservito (mq. 115 della particella fg. (omissis) n. -OMISSIS-) e sulla inidoneità dello stesso di generare cubatura (suscettibile di cessione) e risulta inconferente il corredo documentale (che la parte ricorrente ha versato nel fascicolo del giudizio, o che intenderebbe versare: cfr. il verbale dell'udienza del 12 giugno 2024; peraltro, proprio quanto al certificato di destinazione urbanistica che, all'udienza pubblica del giorno 12 giugno 2024, il difensore della parte ricorrente ha chiesto di poter depositare, in disparte l'opposizione delle altre parti, va ribadito il principio secondo cui il deposito tardivo di documenti è ammesso in via del tutto eccezionale nei soli casi di dimostrazione dell'estrema difficoltà di produrre l'atto nei termini di legge, come previsto dall'art. 54, comma 1, cod. proc. amm. - cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 maggio 2024, n. 4432 -, dimostrazione che nel caso in esame non è stata offerta) riguardante la detta questione. 4.1.2. Indimostrata è poi la disponibilità in capo al deducente di una volumetria - espressa dalle particelle di terreno su cui insiste l'immobile in questione (cfr. pagg. 9 e 18-19 del ricorso introduttivo del giudizio) - pari a mc 1.192,68, sovrabbondante rispetto alla volumetria di mc 1.165,07 utilizzata. Ed invero, innanzitutto rimane oscura la ragione che avrebbe indotto il ricorrente ad accedere alla - certamente complessa e non esente da rischi - operazione di "cessione di cubatura" (trasferimento di volumetria) a fronte di una volumetria immediatamente disponibile (e addirittura "sovrabbondante" rispetto alle concrete esigenze) già generata dalle particelle di terreno interessate dall'edificazione. E comunque, nessuna dimostrazione - nemmeno un c.d. principio di prova - è stata offerta dalla parte ricorrente di detta complessiva cubatura disponibile (mc 1.192,68). Orbene, ad una situazione di assoluta carenza probatoria non può porsi rimedio con l'attività istruttoria giudiziale, giacché una tale opzione si tradurrebbe nell'inversione del principio dell'onere della prova come regolato dagli artt. 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ. e ciò, ancorché nel processo amministrativo, il sistema probatorio sia retto dal principio dispositivo con metodo acquisitivo degli elementi di prova da parte del giudice, in considerazione dell'assetto non paritetico dei rapporti fattuali e giuridici intercorrenti tra il privato e l'Amministrazione; pertanto, affinché possano essere attivati i poteri istruttori giudiziali, la ricorrente deve quantomeno avanzare un principio di prova a sostegno delle proprie deduzioni (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. IV ter, 27 maggio 2024, n. 10692 ed ivi precedenti giurisprudenziali). 4.1.3. Inoltre, contrariamente a quanto argomentato dalla parte ricorrente, l'intera sopraelevazione è res abusiva, e non solo la parte corrispondente alla cubatura discendente dall'inammissibile trasferimento di volumetria (pari a 230 mc., su complessivi mc 339,06). Invero, come risulta chiaro dal tenore della sentenza del C.G.A.R.S. n. 1013/2021, il Giudice di seconde cure ha annullato il titolo edilizio nella sua interezza, e non in una specifica parte (o con riferimento ad una data cubatura espressa in termini quantitativi). Anche la successiva sentenza 6 marzo 2023, n. 183, resa dal C.G.A.R.S. a seguito di ricorso per revocazione proposto dall'odierno ricorrente, ha precisato che la citata sentenza n. 1013 del 2021 "ha annullato la concessione edilizia n. -OMISSIS-rilasciata all'odierno ricorrente dal Comune di (omissis)". Peraltro, fermo il chiaro tenore letterale delle citate sentenze (univoco nel ritenere caducato il titolo edilizio tout court, nella sua interezza, e non in parte), anche da un punto di vista sistematico un annullamento parziale del rilasciato titolo edilizio (e, quindi, una parziale sopravvivenza dello stesso), sarebbe stato ipotizzabile (solo) allorquando l'opera assentita fosse stata ritenuta scindibile, così da poter essere oggetto di distinti progetti e realizzazioni; orbene, nessun elemento è stato introdotto per dimostrare la realizzazione di un'opera scindibile. Ne consegue, per tutte le ragioni evidenziate, che l'annullamento in questione non può che riguardare il titolo abilitativo nella sua interezza. 5. Con il terzo motivo di ricorso sono stati dedotti i vizi di Violazione dell'articolo 31 del DPR 380/2001, sotto altro profilo. Eccesso di potere per mancanza di presupposto, carenza istruttoria, illogicità, contraddittorietà, travisamento, sviamento della causa tipica, difetto di motivazione. Violazione dell'articolo 3 della L.R. 10/1991. Per l'esponente, in sintesi, in violazione dell'art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 l'ordinanza di demolizione impugnata non contiene l'essenziale e necessaria indicazione dell'area che verrebbe acquistata di diritto per il caso di inottemperanza all'ordine demolitorio. Secondo l'esponente, l'indicazione dell'area da acquisire è elemento che l'interessato deve conoscere anticipatamente al momento in cui gli viene ingiunta la demolizione del manufatto, di modo che sia messo in condizione di valutare, anche proponendo all'occorrenza rilievi e/o contestazioni anche relativi alle dimensioni e/o al contesto di ubicazione dell'area e quant'altro oggetto di acquisizione. 5.1. Il motivo è infondato. Per costante orientamento giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, l'omessa o imprecisa indicazione di un'area che verrà acquisita di diritto al patrimonio pubblico non costituisce motivo di illegittimità dell'ordinanza di demolizione; invero, l'indicazione dell'area è requisito necessario ai fini dell'acquisizione, che costituisce distinta misura sanzionatoria (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 novembre 2023, n. 10133; Cons. Stato, sez. VI, 24 novembre 2023, n. 10101; Cons. Stato, sez. VI, 30 ottobre 2023, n. 9348; Cons. Stato, sez. VI, 21 luglio 2023, n. 7191). 6. Con il quarto motivo di ricorso sono stati dedotti i vizi di Violazione dell'articolo 38 del DPR 380/2001, in relazione all'art. 31, anch'esso violato, del DPR 380/2001. Eccesso di potere per mancanza di presupposto, carenza istruttoria, illogicità, contraddittorietà, travisamento, sviamento della causa tipica, difetto di motivazione. Violazione dell'articolo 3 della L.R. 10/1991. La parte ricorrente, in sintesi, dopo aver richiamato l'art. 38 del D.P.R. n. 380/2001, ha osservato che l'Amministrazione comunale, a fronte dell'annullamento del titolo abilitativo edilizio è tenuta a verificare (in contraddittorio con l'interessato) anzi tutto la possibilità di ovviare alle questioni che hanno portato all'annullamento del titolo di costruzione, procedendo alla ri-verificazione del contesto operativo procedimentale e di merito che ha condotto dapprima alla pronuncia favorevole del provvedimento concessorio, e poi all'annullamento dello stesso. Nel caso concreto, ha lamentato l'esponente, nulla di ciò è stato fatto dal Comune resistente, che, contrariamente a quanto previsto dalla predetta norma, non ha condotto alcuna verifica e/o riconsiderazione, stante l'annullamento del titolo concessorio di che trattasi, in merito alla possibilità di conservare le opere realizzate (o parte delle stesse), oggetto della concessione annullata, avuto riguardo alla fattibilità di esse in virtù delle possibilità e capienze di cubatura disponibili, come sopra detto, in relazione delle particelle di proprietà del ricorrente, compatibili con quanto realizzato. Se ciò fosse stato fatto, il Comune si sarebbe reso conto che le opere esistenti e realizzate in virtù del titolo concessorio annullato ben potevano essere consentite, e non avrebbe violato l'art. 38, né l'art. 31 del D.P.R. n. 380/2001; in particolare, il Comune si sarebbe reso conto: a) della legittimità dell'opera realizzata, stante la sussistenza della cubatura utilizzata per la disponibilità di capienza della stessa in relazione alle particelle di proprietà del ricorrente. Questi ha a disposizione (anche non volendo considerare, per ipotesi, i 230 mc. di cui detto), 1.192,68 mc., ed avendone utilizzati per l'intera costruzione (compresa la sopraelevazione oggetto di demolizione) 1.165,07 mc., è evidente che non poteva essere disposta la demolizione della sopraelevazione; b) in ogni caso (e per lo meno buona parte), almeno 109,06 mc., dell'opera realizzata è (comunque) confacente alla cubatura realizzabile, pur nella (denegata) ipotesi che si fosse voluto sottrarre alla cubatura realizzata (pari ai 339,06 mc. della sopraelevazione) la cubatura di 230 mc. riconnessa ai 115 metri quadrati della particella-OMISSIS- ritenuta soggetta al presunto (ed inesistente, è bene non dimenticarlo), vincolo R4. Per la parte ricorrente, l'Amministrazione resistente nonostante l'atto di specificazione della valenza dei vincoli idrogeologici pronunciato dall'Autorità regionale di Bacino ed inviato al Comune il -OMISSIS-, circa l'insussistenza del vincolo R4, e dunque dell'errore per averne fatto discendere l'inutilizzabilità volumetrica parziale della particella-OMISSIS-, piuttosto che intervenire ritirando l'ordine di demolizione, ha confermato illegittimamente con l'impugnato atto del -OMISSIS- l'ordinanza n. -OMISSIS-, senza aver avuto riguardo alcuno per i danni che in tale modo sono arrecati (e arrecabili), non meno che all'erario pubblico per la possibilità che il Comune sia chiamato a rispondere di essi. 6.1. Il motivo è in parte inammissibile e per la restante parte infondato. 6.1.1. E' inammissibile il motivo in esame nella parte in cui rimette in discussione la decisione (resa all'esito di precedenti giudizi) sulla questione del vincolo di inedificabilità sul terreno asservito e della inidoneità dello stesso a generare cubatura trasferibile (cfr. supra). 6.1.2. Si è già detto, e qui si ribadisce, che la parte ricorrente non ha offerto dimostrazione alcuna di avere a disposizione 1.192,68 mc., sovrabbondanti rispetto a quelli utilizzati per l'intera costruzione (sopraelevazione compresa) pari a 1.165,07 mc. (cfr. supra). 6.1.3. Si è già detto, e qui si conferma, che il titolo edilizio n. -OMISSIS-è stato caducato nella sua interezza (cfr. supra). In conseguenza, si ribadisce, l'intera opera (sopraelevazione) è res abusiva in quanto privata ab origine (per effetto della sentenza del C.G.A.R.S. n. 1013/2021) del titolo edilizio che la sorreggeva. Va ulteriormente osservato che una diversa conclusione avrebbe potuto essere sostenuta solo se una parte della detta opera (sopraelevazione) fosse stata realizzata in base ad un titolo edilizio diverso da quello annullato, oppure solo se il titolo edilizio fosse stato annullato in una parte specifica, anziché nella totalità ; ma tali circostanze, come già detto, non sono qui ricorrenti (chiaro appare il tenore letterale delle sentenze prima citate: cfr. supra). Peraltro, il concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario e non in relazione a singole parti autonomamente considerate (non essendo pertanto possibile scindere la costruzione tra i vari elementi che la compongono) e comunque, nel caso in esame, nessuna dimostrazione è stata offerta dalla parte ricorrente sul carattere composito dell'organismo edilizio de quo (sopraelevazione), in quanto - a titolo puramente esemplificativo - articolato in due o più distinti corpi di fabbrica. 6.1.4. Inoltre, come sopra anticipato, la procedura di cui al citato art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 non è applicabile d'ufficio ma solo su istanza dell'interessato (cfr. Cons. Stato, sez. II, 20 marzo 2023, n. 2832, secondo cui "[...] la fiscalizzazione deve essere richiesta dal privato e [...] non esiste un obbligo del Comune di verificarne l'applicabilità prima di procedere ad emanare un ordine di demolizione [...]"; cfr. anche T.A.R. Marche, sez. I, 27 settembre 2023, n. 594), e non risulta che la parte ricorrente abbia avanzato una domanda in tal senso, successivamente alla sentenza del C.G.A.R.S. n. 1013/2021. Ed invero, come anche più di recente chiarito, alla "natura eccezionale e derogatoria della monetizzazione dell'abuso consegue anche la necessità che vi si acceda su istanza della parte privata interessata ad evitare le conseguenze del prospettato ripristino ed in reazione allo stesso" (cfr. Cons. Stato, sez. II, 15 novembre 2023, n. 9799); per condiviso orientamento interpretativo è possibile derogare a tale modello procedurale generalmente applicabile solo laddove l'ingiunzione a demolire si rivelerebbe sostanzialmente superflua, giusta acquisita impossibilità della sua successiva attuazione (cfr. cit. Cons. Stato, sez. II, 15 novembre 2023, n. 9799), ipotesi non ricorrente nel caso in esame; sul punto cfr. infra. Orbene, come già detto, la parte ricorrente non ha avanzato istanza di c.d. fiscalizzazione dell'abuso ex art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. 7. Con l'ultimo motivo del ricorso introduttivo del giudizio sono stati dedotti, in subordine, i vizi di Violazione dell'articolo 38 e dell'articolo 31 del DPR 380/2001, sotto altro profilo. Eccesso di potere per mancanza di presupposto, carenza istruttoria, illogicità, contraddittorietà, travisamento, sviamento della causa tipica, difetto di motivazione. Violazione dell'articolo 3 della L.R. 10/1991. Per la parte ricorrente, in sintesi, l'opera in questione non è demolibile essendo strutturalmente connessa alle altre parti dell'immobile di proprietà e alla parte della sopraelevazione medesima comunque legittimamente realizzata, donde l'ulteriore violazione e/o falsa e/o mancata applicazione dell'art. 38 del D.P.R. n. 380/2001 (e di converso, dell'art. 31 del medesimo testo normativo falsamente ed erroneamente applicato, come pure dedotto con i precedenti motivi), stante la mancata applicazione nel caso di specie del meccanismo sanzionatorio previsto al comma 1 del predetto art. 38 del D.P.R. n. 380/2001. 7.1. Il motivo è infondato. 7.1.1. Si conferma, innanzitutto, che il titolo edilizio n. -OMISSIS-è stato caducato nella sua interezza (cfr. supra). 7.1.2. Va ribadito (cfr. supra), quanto alla disciplina dell'art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, che la prima fattispecie in presenza della quale è possibile evitare la demolizione dell'immobile (attraverso il meccanismo della c.d. fiscalizzazione) è quella dell'impossibilità della rimozione dei vizi delle procedure amministrative (all'uopo pare opportuno ribadire che per la sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 7 settembre 2020, n. 17, i vizi cui fa riferimento l'art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 sono esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura); la seconda fattispecie ricorre nell'ipotesi caratterizzata dal fatto che non risulti possibile la "restituzione in pristino": in particolare, qualora il titolo edilizio sia stato annullato per vizi sostanziali, la c.d. fiscalizzazione dell'abuso è consentita solo nel caso in cui la restituzione in pristino risulti impossibile. 7.1.3. Orbene, va ribadito che il deducente non ha avanzato istanza di c.d. fiscalizzazione dell'abuso ai sensi dell'art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. 7.1.4. Inoltre, l'impossibilità di riduzione in pristino, per costante e condiviso orientamento giurisprudenziale, non può che essere di ordine squisitamente tecnico costruttivo, posto che diversamente opinando la disciplina in esame si presterebbe a letture strumentali (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 28 ottobre 2022, n. 9304); la riduzione in pristino, pertanto, deve risultare impraticabile alla luce di una valutazione tecnica e, nel caso in esame, la parte ricorrente non ha supportato - sul piano tecnico - l'affermata impossibilità di demolire l'opera in questione, donde l'infondatezza del motivo in esame. E comunque, per costante giurisprudenza, eventuali problematiche tecniche che comportino l'impossibilità di procedere alla demolizione possono sempre essere valutate nel corso dell'esecuzione della demolizione (cfr. cit. Cons. Stato, sez. VI, 4 gennaio 2023, n. 136). 8. Il ricorso per motivi aggiunti è inammissibile, come da avviso ex art. 73, comma 3, cod. proc. amm. (cfr. il verbale di udienza del giorno 12 giugno 2024). La parte ricorrente, con il detto mezzo di gravame, ha avversato: - l'atto/verbale di accertamento di inottemperanza/inadempienza all'ordinanza di demolizione del -OMISSIS- prot. P.M.; - l'atto del -OMISSIS-di prot. gen.. Le ragioni di inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti sono così sintetizzabili: a) con la nota del -OMISSIS-di prot. gen.. il Comando della Polizia Municipale del Comune resistente ha invitato la Segreteria Generale - Ufficio Notifiche a provvedere alla notificazione dell'accertamento di inadempienza all'ordinanza di demolizione atto PM n. -OMISSIS-. Trattasi, con tutta evidenza, di atto strumentale al procedimento notificatorio in questione, privo di spessore provvedimentale e di attitudine lesiva; b) il citato verbale di accertamento di inadempienza all'ordinanza di demolizione del -OMISSIS- prot. P.M. si sostanzia nell'accertamento, da parte degli Ispettori di Polizia Municipale del Comune resistente, del mancato rispetto delle prescrizioni racchiuse nell'ordinanza/ingiunzione di demolizione. Orbene, per costante e consolidato indirizzo giurisprudenziale, il verbale di accertamento della inottemperanza all'ordinanza di demolizione ha valore di atto endoprocedimentale, strumentale alle successive determinazioni dell'ente comunale, ed ha efficacia meramente dichiarativa delle operazioni effettuate dalla Polizia Municipale, alla quale non è attribuita la competenza all'adozione di atti di amministrazione attiva, all'uopo occorrendo che la competente Autorità amministrativa faccia proprio l'esito delle predette operazioni attraverso un formale atto di accertamento; ne discende che, in quanto tale, detto verbale non assume quella portata lesiva che sia in grado di attualizzare l'interesse alla tutela giurisdizionale, portata lesiva invece ravvisabile soltanto nell'atto formale di accertamento ex art. 31, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 con cui l'Autorità amministrativa recepisce gli esiti dei sopralluoghi effettuati dalla Polizia Municipale e forma il titolo ricognitivo idoneo all'acquisizione gratuita dell'immobile al patrimonio comunale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 19 marzo 2024, n. 2626 ed ivi precedenti giurisprudenziali). 9. La domanda risarcitoria articolata dalla parte ricorrente deve essere respinta. In disparte ogni altra considerazione (quale, ex aliis, la genericità della domanda, anche sul piano della prova del pregiudizio asseritamente subito), dall'infondatezza dei vizi di illegittimità denunciati dal ricorrente consegue l'assenza del necessario requisito dell'ingiustizia del danno, quale elemento costitutivo dell'illecito civile, non essendosi realizzata alcuna lesione dell'interesse legittimo, con la conseguenza che si rivela infondata la domanda risarcitoria. 10. In conclusione: il ricorso introduttivo del giudizio deve essere dichiarato in parte inammissibile e per la restante parte va respinto; il ricorso per motivi aggiunti va dichiarato inammissibile. 11. La complessità e la natura interpretativa delle questioni esaminate giustificano l'integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo del giudizio e sul ricorso per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, coì provvede: - dichiara il ricorso introduttivo del giudizio in parte inammissibile e per la restante parte lo respinge; - dichiara inammissibile il ricorso per motivi aggiunti. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, e del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti e della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente e le persone menzionate. Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2024 con l'intervento dei magistrati: Pancrazio Maria Savasta - Presidente Giuseppina Alessandra Sidoti - Consigliere Giovanni Giuseppe Antonio Dato - Primo Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania Sezione Quinta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 2466 del 2023, proposto da Fi. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Gi. Sc., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fr. Ru., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento, - dell'ordinanza dirigenziale n. 21 del 27 ottobre 2023, prot. 80157/2023 del 2 novembre 2023, del IV Settore Ambiente e Territorio del Comune di (omissis), con la quale è stato espresso diniego sull'istanza per il rilascio del permesso a costruire n. 17292 del 23 settembre 2021; - ove occorra, del parere tecnico dell'1 giugno 2023, indicato nel provvedimento, con il quale il responsabile del procedimento ha espresso "parere contrario" e proposto il rigetto dell'istanza; - di ogni altro atto presupposto e/o conseguenziale. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) in persona del Sindaco pro tempore; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2024 il dott. Salvatore Accolla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe il Comune di (omissis) ha espresso il diniego di rilascio di un permesso di costruire in relazione ad un progetto, presentato dalla medesima società, di demolizione e ricostruzione di un fabbricato, da destinare alla realizzazione di un parcheggio per 142 box auto in doppio alloggiamento (284 posti auto) per un volume complessivo insediato di mq. 15.339,58. 2. E' evidenziato nella motivazione del provvedimento che il progetto, "oltre a presentare carenze documentali, risulta privo della necessaria conformità urbanistica in quanto in contrasto con le previsioni del vigente P.R.G. con le previsioni delle N.T.A. e con le disposizioni del D.P.R. n. 380/2001 e ss.mm.ii., così come recepito in Sicilia dalla L.r. n. 16/201e e ss.mm.ii.". Secondo l'Amministrazione, infatti, l'area, nel vigente P.R.G., sarebbe ricaduta interamente in z.t.o. incompatibile con la proposta progettuale, in quanto classificata "Servizi esistenti - con destinazione ad Amministrazione e servizi pubblici". 3. Ad opinione della società ricorrente il provvedimento sarebbe illegittimo per i motivi di seguito indicati. 3.1. In primo luogo, nella motivazione mancherebbe una puntuale indicazione delle presunte carenze progettuali e degli specifici punti di contrasto con la normativa vigente; il difetto di tali elementi avrebbero altresì avuto rilievo in fase di formazione del provvedimento, ai fini dell'instaurazione del contraddittorio procedimentale. 3.2. Nei successivi motivi di ricorso si mette in rilievo che il compendio immobiliare sarebbe stato da sempre adibito ad uso commerciale e, precisamente, alle attività di tal fatta svolte dal Consorzio Agrario Provinciale; si sottolinea come anche dopo l'entrata in vigore delle suddette NN.TT.AA. del P.R.G., in occasione del rilascio della concessione in sanatoria n. 20/2002, sarebbe stata espressamente riconosciuta, nel testo della medesima concessione, la destinazione commerciale dell'immobile. In termini più generali, si afferma che le previsioni di Piano approvate non avrebbero potuto incidere sulle opere già eseguite, le quali avrebbero conservato la loro precedente e legittima destinazione pur se difformi dalle nuove prescrizioni; su di esse, dunque, sarebbe stato possibile effettuare gli interventi necessari per integrarne o mantenerne la funzionalità . Quanto evidenziato troverebbe conferma nello schema di massima del nuovo P.R.G., in cui il fabbricato ricadrebbe, in massima parte, in area "B mista". L'attività di costruzione e successiva concessione in locazione dei 142 box auto sarebbe, d'altronde, conforme alla predetta destinazione commerciale, in quanto consistente, secondo la società ricorrente, nell'esercizio di attività d'impresa, predisposta con un'apposita organizzazione di mezzi e risorse, per fini produttivi, nell'ambito di un'operazione, data l'entità della struttura da realizzare, di rilevante entità economica. 3.3. In subordine, la ricorrente deduce che, anche a voler ritenere che l'intervento comporterebbe di categoria edilizia, sarebbe stata palese, comunque, l'ingiustizia del provvedimento, in quanto l'art. 26 della l.r. n. 16/2016, nel rispetto della volumetria preesistente, consentirebbe comunque un diverso utilizzo dell'immobile. 3.4. Rileva, infine, che lo stesso art. 28, tra gli "interventi consentiti", prevedrebbe, in caso di ristrutturazione e per interventi riguardanti immobili già esistenti, "tutte le opere necessarie per l'attuazione dei servizi tipo a), b), c) d) di cui al D.I. 2.4.1968", tra cui sarebbero rientrate quelle afferenti alla realizzazione di parcheggi. 3.5. Per tali ragioni chiede l'annullamento degli atti impugnati. 4. Con atto depositato in data 25 gennaio 2024, la stessa ricorrente ha formulato istanza di accesso, ex art. 116, comma 2, c.p.a., alla documentazione, analiticamente indicata nella medesima istanza, relativa allo schema di massima del nuovo P.R.G., già fatta oggetto di una richiesta di rilascio e produzione presentata, senza esito, in data 5-9 dicembre 2023. 5. L'Amministrazione convenuta si è costituita in giudizio replicando che: - la destinazione "SP" (Amministrazione e Servizi Pubblici) dell'area, sarebbe stata chiaramente attestata con incontestato certificato di destinazione urbanistica; - sarebbero emerse, in fase di esame dell'istanza edilizia in discussione, carenze progettuali e documentali, riportate nella relazione istruttoria richiamata nel preavviso di rigetto e non superate dalle osservazioni della ricorrente, riguardanti, tra l'altro, la relazione tecnica e i grafici dimostrativi ex D. M. 236/1989, citati nella sezione 4 della relazione tecnica di asseverazione, e le relazioni relative al sistema di smaltimento delle acque, alle modalità di trattamento e smaltimento dei rifiuti prodotti dalla demolizione progettata, al rispetto delle norme tecniche di prevenzione, alla non assoggettabilità delle opere alla conformità igienico-sanitaria e così via; - ad ogni modo, sarebbe, comunque, risultata evidente la mancanza di conformità urbanistica del progetto rispetto alle previsioni di P.R.G. e alle norme tecniche di attuazione; a questo proposito, nel ricorso si sarebbe fatta confusione tra le nozioni di destinazione d'uso e destinazione urbanistica; l'area di ubicazione dell'edificio non avrebbe mai avuto destinazione di zona commerciale, essendo sempre stata individuato dal P.R.G. vigente quale area destinata a servizi; a nulla sarebbe valso il richiamo allo schema di massima di variante generale, sia perché si sarebbe trattato di atto risalente al 2004 sia perché, in considerazione delle numerose varianti urbanistiche intervenute, negli anni, nel territorio comunale, le relative previsioni non avrebbero avuto più alcuna attualità ; - il riferimento alle opere necessarie per l'attuazione dei servizi tipo a), b), c), d), di cui al D. I. del 2/4/1968 sarebbe inadeguato in quanto per esse sarebbe, comunque, necessario lo strumento dei piani particolareggiati; solo laddove fossero stati già presenti i servizi di cui alle predette lettere, sarebbe stata, infatti, possibile la loro mera attuazione mediante semplice titolo edilizio; - la realizzazione di un parcheggio privato mediante integrale demolizione e modifica radicale dell'immobile esistente, con ampliamento della superfice coperta, non sarebbe, comunque, compatibile con la propria esigenza di mantenere la destinazione a servizi dell'area interessata; - non sarebbe infine, pertinente il richiamo alla previsione di cui all'art. 26 della l.r. 16/2016, in quanto non sarebbe venuto in rilievo un mero cambio di destinazione d'uso, bensì la realizzazione di un nuovo complesso edilizio a seguito di integrale demolizione dell'esistente. Per tali ragioni ha chiesto il rigetto del ricorso. 6. In vista dell'udienza di merito la società ricorrente ha depositato contenente, tra l'altro, la precisazione che, contrariamente a quanto dedotto dal Comune resistente, nell'atto di avvio del procedimento di diniego non sarebbero state identificate puntualmente le carenze documentali e che, comunque la documentazione richiamata riguarderebbe mere prescrizioni esecutive rilevanti successivamente al rilascio del permesso; ha evidenziato inoltre, che nelle motivazioni dell'atto impugnato sarebbe mancato ogni specifico riferimento alla disciplina urbanistica ed edilizia con cui si sarebbe posto in contrasto il progetto e che l'intervento avrebbe fornito alla zona, limitrofa a numerosi insediamenti residenziali, standard e servizi mancanti; infine ha affermato che solo per i "nuovi servizi" sarebbero necessari i "piani esecutivi", mentre per gli immobili già esistenti sarebbe sufficiente il rilascio di concessione edilizia. 7. Nella sua memoria conclusiva l'Amministrazione ha precisato, a sua volta, che le predette carenze documentali sarebbero state indicate già nella relazione istruttoria del 31 maggio 2023 e che il progetto non sarebbe configurabile come una mera demolizione e ricostruzione, in quanto prevederebbe un ampliamento della superficie coperta; infine ha sottolineato che il ricorrente non avrebbe mai sollecitato la redazione ed approvazione di un Piano particolareggiato, da ritenersi necessaria, in base all'art. 28 N.T.A in quanto l'area non avrebbe mai avuto destinazione urbanistica commerciale. 8. All'udienza del 25 giugno 2024, udita la discussione delle parti, il ricorso è stato posto in decisione. DIRITTO 9. Deve preliminarmente dichiararsi la cessazione della materia del contendere in relazione alla domanda con cui la parte ha lamentato il mancato riscontro dell'istanza di accesso agli atti da parte dell'Amministrazione convenuta, atteso che, come riconosciuto dalla stessa ricorrente nella memoria del 17 maggio 2024, attestato dallo stesso Ente in data 30 gennaio 2024 e verificato dal Collegio mediante l'esame della documentazione versata nel fascicolo di causa, dopo la presentazione dell'istanza nel presente procedimento il Comune ha rilasciato la documentazione richiesta. 10. Ciò premesso, il ricorso - con cui, come illustrato in parte narrativa, è stato impugnato il provvedimento di diniego di rilascio del permesso di costruire richiesto, dalla stessa ricorrente, per l'effettuazione di un progetto di demolizione e ricostruzione di un preesistente compendio immobiliare - deve ritenersi infondato. 11. Emerge, nella motivazione del predetto provvedimento di diniego, la centralità della rilevata ed innegabile incompatibilità della tipologia di immobile da realizzare con la vigente destinazione urbanistica dell'area. 11.1. Deve precisarsi che il progetto presentato dalla ricorrente ha ad oggetto la demolizione e ricostruzione di un precedente fabbricato, originariamente di proprietà della Federazione Italiana dei Consorzi agrari e in parte utilizzato, per le proprie attività commerciali, dal Consorzio Agrario Provinciale, ente controllato dalla Regione siciliana, al fine di realizzare un complesso di box costituenti un grande parcheggio privato. 11.2. Sia nel provvedimento che nelle esplicazioni articolate dall'Amministrazione nel corso del giudizio, si sottolinea l'incompatibilità dell'opera, e della nuova utilizzazione della stessa, con la destinazione urbanistica dell'area a "Servizi esistenti - Amministrazione e Servizi pubblici". 11.3. Tale rilevato difetto di conformità urbanistica del progetto appare al Collegio decisivo, al di là dell'ulteriore contestazione di carenze documentali del progetto, a giustificare il diniego espresso dal Comune di (omissis). 11.4. Ed invero, appare di immediata evidenza che la realizzazione ex novo di un parcheggio e la successiva gestione dell'attività di affitto commerciale relativa all'utilizzo degli spazi a parcheggio, comportino un utilizzo nuovo e diverso dell'area certamente non riconducibile allo svolgimento delle "Attività amministrative e servizi pubblici", costituenti, secondo la formulazione del Piano regolatore, la destinazione urbanistica della zona. 11.5. Deve, infatti, ritenersi priva di fondamento, nel caso specifico, la tesi, sostenuta dalla società ricorrente, secondo cui l'attuale destinazione urbanistica della zona sarebbe irrilevante in quanto la zonizzazione inciderebbe sulle nuove opere, e non su quelle già esistenti, dal momento che contrariamente a quanto sostenuto dalla stessa ricorrente, l'opera progettata costituisce, per l'appunto, un novum rispetto all'edificio preesistente, sicché la tesi della presunta persistenza del medesimo immobile a seguito risulta smentita nei fatti e non corrispondente all'effettiva consistenza del progetto presentato. 11.6. Irrilevante, infatti, è la circostanza che, in base al progetto, alla demolizione dell'edificio attualmente esistente seguirebbe la ricostruzione dello stesso, anzitutto, ed in via già di per sé assorbente, perché risulta di tutta evidenza che non vi è alcuna continuità tra il precedente edificio di proprietà del Consorzio agrario e quello nuovo, in progetto, destinato a ben altre attività . 11.7. Appare chiara, infatti, la diversità ontologica tra la struttura attualmente esistente, usata per le attività istituzionali di un Ente consortile, ed il nuovo immobile, progettato, dalla società odierna ricorrente, per il perseguimento di più che legittime ma innegabilmente diverse finalità che, per quanto astrattamente idonee a soddisfare standard urbanistici, rivestono, comunque, carattere "speculativo" e non sembrano affatto riconducibili a quella destinazione a "servizi pubblici" impressa dal P.R.G. agli immobili dell'area. Indimostrata inoltre, è la precedente adibizione dell'edificio, nella sua interezza, a destinazione commerciale. Né la circostanza che la concessione in sanatoria n. 20/20022 avesse fatto riferimento ad un uso commerciale dell'immobile può ritenersi, a sua volta decisiva, essendo evidente che un semplice titolo edilizio non è idoneo a modificare la destinazione urbanistica dell'area di riferimento. Ed infatti, ove pure fosse vero che all'atto del rilascio della predetta in concessione in sanatoria l'Amministrazione non avrebbe fatto applicazione del predetto art. 28 delle N.T.A, la circostanza non giustificherebbe una reiterazione di tale disapplicazione, proprio perché una precedente violazione o disapplicazione delle previsioni di Piano non ha alcun valore normativo di tipo modificativo rispetto alla destinazione legittima dell'area. 11.8. Non meno discutibile, d'altronde, appare la configurazione quale attività commerciale dell'attività di costruzione e locazione dei box auto che deriverebbe dalla realizzazione del progetto; anche sotto tale profilo appare, dunque, priva di fondamento la tesi di quella continuità nella dedotta destinazione "commerciale" dell'immobile, su cui la parte ricorrente innerva una consistente parte delle censure di presunta irragionevolezza ed asserita illegittimità dei provvedimenti impugnati formulate nel proprio ricorso. 12. E' evidente, in definitiva, che la destinazione dell'opera in progetto non può considerarsi assimilabile a quella dell'immobile attualmente esistente e, pertanto, deve ritenersi coerente con le previsioni dell'art. 28 N.T.A che l'Amministrazione - in assenza di un piano particolareggiato, necessario, in base a quest'ultima disposizione, per le localizzazioni di progetto e per gli insediamenti residenziali di completamento e di espansione ai quali ha fatto riferimento, anche in relazione alla zonizzazione dello schema di nuovo P.R.G., la stessa società ricorrente - abbia ritenuto l'intervento proposto incompatibile con la destinazione urbanistica attuale dell'area. Sotto tale profilo non appare, dunque, rilevabile alcun profilo di illegittimità dei provvedimenti impugnati. 13. Né, a quest'ultimo proposito, può assumere alcun valore decisivo significato la circostanza, lamentata dalla società ricorrente, che da più di trent'anni non sarebbe stato approvato alcun piano particolareggiato, dal momento che ben avrebbe potuto il ricorrente proporne la redazione e l'approvazione, come indicato nel citato art. 28 delle NN.TT.AA. anziché impropriamente affidarsi, strumento, in realtà incompatibile, della semplice concessione edilizia, titolo valido, come sopra rilevato, solo per la realizzazione di progetti conformi e meramente attuativi della destinazione urbanistica dell'area. 14. Non può assumere alcun valore neanche la dedotta diversa destinazione dell'area a "zona mista di completamento - BM1" nello schema di nuovo P.R.G., dal momento che ogni indicazione presente in uno strumento urbanistico in fase di elaborazione ed approvazione deve evidentemente considerarsi priva di vincolatività . In proposito la giurisprudenza, seppur a proposito di questioni parzialmente diverse, ha infatti richiamato il principio, valido anche per il caso in esame, secondo cui la "redazione del mero schema di massima di un P.R.G. non ha alcun valore provvedimentale, trattandosi di atti meramente interlocutori inidonei a far venir meno l'obbligo di provvedere" (T.A.R. Campania Salerno, Sez. I, Sentenza, 22/7/2013, n. 1668). 15. In definitiva, considerata l'entità e la diversità tipologica dell'immobile, il progetto di demolizione e ricostruzione presentato non può affatto considerarsi finalizzato all'effettuazione di "interventi necessari per integrare o mantenere la funzionalità " del precedente edificio, ma va, invece, letto, come correttamente ha fatto l'Amministrazione, come realizzazione di un'opera tipologicamente e funzionalmente diversa, da assoggettare, già solo per le predette oggettive caratteristiche, a valutazione di compatibilità urbanistica, richiedenti, quanto meno, lo strumento del piano attuativo/particolareggiato. 16. Tanto meno appare invocabile, a dimostrazione dell'asserita illegittimità dei provvedimenti impugnati, la recente normativa, in materia di cambi di destinazione d'uso degli immobili, di cui alla l.r. 16/2016, alla quale la ricorrente ha fatto riferimento per l'ipotesi di non accoglimento della sua principale prospettazione riguardante la continuità di destinazione dell'immobile. 16.1. Non ricorrono, infatti, nella fattispecie, i requisiti previsti per il cambio di destinazione nell'art. 26 della l.r. 16/2016 in quanto, in primo luogo, a venire in rilievo, come correttamente evidenziato dall'Amministrazione, non è una questione di mutamento d'uso dell'immobile, bensì di rispetto della destinazione urbanistica dell'area, e cioè della conformità dell'immobile previsto in progetto ai vincoli conformativi discendenti dalla pianificazione urbanistica che disciplina l'area in cui dovrebbe essere realizzato. Inoltre, non sembra integrato, ai fini dell'applicazione della medesima normativa, neanche il requisito della risalenza dell'immobile a data precedente al 1976, dal momento che la stessa ricorrente ha fatto riferimento ad una concessione in sanatoria, riguardante almeno una parte dell'immobile, emanata solo nel 2002. 17. A fronte del carattere vincolato delle valutazioni fin qui esposte, e del carattere assorbente, quale giustificazione del diniego, della difformità urbanistica dell'edificio da realizzare in base al progetto, recede, e deve, dunque, ritenersi assorbita ed irrilevante la censura, formulata nel ricorso in merito alla presunta violazione del contraddittorio procedimentale asseritamente derivante dalla mancata analitica segnalazione delle carenze progettuali alla quale l'Amministrazione ha fatto riferimento sia nel provvedimento che nelle sue memorie. 18. In conclusione, per le motivazioni esposte il ricorso deve essere rigettato. 19. La peculiarità delle questioni controverse giustifica, in via eccezionale, la compensazione delle spese di causa. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2024 con l'intervento dei magistrati: Agnese Anna Barone - Presidente Giuseppina Alessandra Sidoti - Consigliere Salvatore Accolla - Primo Referendario, Estensore
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