Sentenze recenti Tribunale Aosta

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta Sezione Unica ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 43 del 2023, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Sa. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Mo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento - dell'atto prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, avente ad oggetto "Interruzione del procedimento ai sensi dell'art. 60 bis della LR 11/06.04.1998 Pratica Edilizia prot. n° -OMISSIS- del -OMISSIS- Richiesta di rilascio del permesso di costruire per Sistemazione dell'area esterna e ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione di immobile in -OMISSIS-, catasto fabbricati foglio -OMISSIS- mappale -OMISSIS-, catasto terreni foglio -OMISSIS- mappale -OMISSIS-, zona di PRGC "Da1""; - di ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2024 il dott. Pietro Buzano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Con provvedimento prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS- il Comune di -OMISSIS- ha emesso la determinazione di conclusione negativa della conferenza di servizi relativa alla richiesta di rilascio del permesso di costruire in sanatoria presentata dalla società -OMISSIS- "per la realizzazione del rilevato nell'ambito del progetto di sistemazione dell'area esterna e demolizione e ricostruzione su sedime diverso nel Comune di -OMISSIS-, interessanti l'immobile censito al catasto urbano, foglio n. -OMISSIS- particella n. -OMISSIS- e gli immobili censiti al catasto terreni, foglio n. -OMISSIS-, particelle n. -OMISSIS- e n. -OMISSIS-, zona di PRGC "Da1". Con ordinanza prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS- il Comune di -OMISSIS- ha ordinato alla società -OMISSIS- la demolizione delle opere eseguite in assenza dei titoli abilitativi e il ripristino dello stato dei luoghi. Avverso tale provvedimento, la -OMISSIS- ha proposto ricorso davanti a questo Tribunale (r.g. n. -OMISSIS-), che è stato respinto con sentenza n. -OMISSIS- del -OMISSIS-. In data -OMISSIS- la medesima società ha presentato al Comune di -OMISSIS- due istanze relative all'immobile interessato della predetta ordinanza di demolizione: a) l'istanza di permesso di costruire in sanatoria "per la realizzazione di un rilevato nell'ambito del progetto di sistemazione dell'area esterna e ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione dell'immobile sito in -OMISSIS-"; b) l'istanza di permesso di costruire "per sistemazione dell'area esterna e ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione di immobile" sito in -OMISSIS-. Con nota prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS- il Comune di -OMISSIS- ha comunicato alla -OMISSIS- l'interruzione del procedimento amministrativo relativo all'istanza di permesso di costruire di cui alla sopra indicata lett. b) in attesa della conclusione del procedimento relativo alla richiesta di permesso di costruire in sanatoria di cui alla precedente lett. a). Avverso tale atto, la società -OMISSIS- ha proposto ricorso davanti a questo Tribunale, chiedendone, previa sospensione, l'annullamento. Si è costituito in giudizio il Comune di -OMISSIS- resistendo al ricorso. Con ordinanza n. -OMISSIS- del -OMISSIS- questo Tribunale ha preso atto della rinuncia alla domanda cautelare da parte della ricorrente. All'udienza pubblica del 16 maggio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione. In via preliminare, il Comune resistente ha eccepito l'inammissibilità del ricorso in quanto avente ad oggetto un atto di natura endoprocedimentale. L'eccezione è fondata. Secondo i principi espressi dalla giurisprudenza, "Nel processo amministrativo, un atto endoprocedimentale non è in sé impugnabile in via autonoma, poiché la lesione della sfera giuridica del destinatario è di regola imputabile alla statuizione che conclude il procedimento, onde quello va gravato insieme a questa. Questa regola subisce eccezione in tutti i casi in cui, all'interno d'un procedimento, siano resi atti vincolati idonei a determinare, in via inderogabile, il contenuto della predetta statuizione o atti sì interlocutori, ma che comportino un arresto procedimentale (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 3 gennaio 2020, n. 46)" (Cons. di stato, sent. n. 9951/2022, cfr. punto 1.2 della motivazione). Nel caso di specie, l'atto impugnato, da un lato, ha natura endoprocedimentale - trattandosi di una comunicazione relativa all'interruzione dei termini del procedimento in attesa della definizione di un procedimento connesso e parallelo - e dall'altro, non determina un arresto del procedimento a tempo indeterminato idoneo di per sé a ledere l'interesse legittimo pretensivo della ricorrente, né peraltro quest'ultima impugna l'atto sotto tale profilo. La ricorrente censura infatti l'atto per violazione di legge per avere interrotto il procedimento al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 60 bis l.r. n. 11/1998 e per eccesso di potere in quanto manifestazione della volontà dell'Amministrazione di non volere dare corso all'esame unitario delle due istanze e quindi alla valutazione complessiva degli interventi edilizi. In sostanza, parte ricorrente si duole delle scelte del Comune per quanto concerne le modalità di svolgimento dei procedimenti in questione perché teme che queste possano influenzare negativamente i loro esiti. Tali decisioni, tuttavia, avendo carattere meramente endoprocedimentale, non possono essere oggetto di un'autonoma impugnazione, ma potranno semmai essere censurate mediante l'impugnazione dell'eventuale provvedimento negativo conclusivo del procedimento. Il ricorso risulta pertanto inammissibile ai sensi dell'art. 35, comma 1, lett. b), c.p.a. Le spese di lite, in applicazione del criterio della soccombenza, devono essere poste a carico della ricorrente, come liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta Sezione Unica, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile. Condanna la ricorrente a rifondere al Comune di -OMISSIS- le spese di lite, che liquida in euro 2.000,00, oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità di tutti i soggetti coinvolti nei fatti di causa. Così deciso in Aosta nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Silvia La Guardia - Presidente Alessandro Cappadonia, Referendario Pietro Buzano - Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta Sezione Unica ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 7 del 2024, proposto da Associazione La Ca. di Sa. Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Sa. Bi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Regione Autonoma Valle D'Aosta / Vallé e D'Aoste, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fr. Pa., Ri. Ja., Ma. Ca., con domicilio eletto presso lo studio Ri. Ja. in Aosta, piazza (...); per l'annullamento - della delibera della Giunta Regionale della Valle d'Aosta del 18.12.203 n. 1524 avente ad oggetto "l'approvazione dei criteri e delle modalità per l'erogazione dei contributi di cui al capo IV (interventi economici a favore di soggetti non autosufficienti) ai sensi della L.R. 23/2010, revoca delle DGR 866/2014, 76/2015, 1311/2016 e 484/2022", nella parte relativa all'Allegato C - Misura di cui all'art. 21 bis (contributi a favore di persone con disabilità gravissima o affette da sclerosi laterale amiotrofica SLA), con specifico riferimento agli artt. 3, comma 1 lett. a) e d), nonché ad ogni altro articolo dell'allegato C ove non è stata prevista una graduatoria da stilarsi utilizzando il criterio delle risultanze economiche dell'indicatore ISEE; - del riscontro della Regione Autonoma della Valle d'Aosta recante data 31.01.2024 all'accesso atti della ricorrente; - di ogni atto ad esso connesso, presupposto, antecedente, collegato e/o conseguente del procedimento oggetto di impugnativa e di ogni modifica avvenuta in seguito all'adozione dei quivi impugnati provvedimenti. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Autonoma Valle D'Aosta / Vallé e D'Aoste; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2024 la dott.ssa Jessica Bonetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO L'Associazione la Casa di Sabbia ha agito in giudizio per l'annullamento della Delibera della Giunta Regionale della Valle d'Aosta n. 1524 del 18.12.203, avente ad oggetto "approvazione dei criteri e delle modalità per l'erogazione dei contributi di cui al capo IV (interventi economici a favore di soggetti non 1 autosufficienti) ai sensi della L.R. 23/2010, revoca delle DGR 866/2014, 76/2015, 1311/2016 e 484/2022", nella parte relativa all'Allegato C, misura di cui all'art. 21 bis (contributi a favore di persone con disabilità gravissima o affette da sclerosi laterale amiotrofica SLA), con specifico riferimento all'art. 3, comma 1 lett. a) e d) e ogni altro articolo dell'allegato C, dove non è stata prevista una graduatoria da stilarsi utilizzando il criterio delle risultanze economiche dell'indicatore ISEE. In fatto ha allegato di essere un'Associazione senza scopo di lucro, costituita in data 19.10.2017, con atto registrato ad Aosta il 31.10.2017 n. 4003 S1T, repertorio n. 20955 e raccolta n. 13308, per operare nei settori della tutela dei diritti civili e dell'assistenza sociale e socio-sanitaria, con iscrizione nell'elenco delle Associazioni di cui all'art. 4 della Legge n. 67 dell'1 marzo 2006 (Misure per la tutela giurisdizionale delle persone con disabilità vittime di discriminazioni), e conseguente legittimazione ad agire in giudizio avverso gli atti ed i comportamenti discriminatori, diretti e indiretti, in pregiudizio delle persone con disabilità . Nell'odierno giudizio l'Associazione ricorrente contesta in sintesi alla Regione Valle D'Aosta le modalità con le quali quest'ultima ha disciplinato l'erogazione dei contributi a favore di persone con disabilità gravissima o affette da sindrome laterale amiotrofica SLA, ai sensi dell'art 21bis della L.R. n. 23/2010, secondo cui: "1. La Regione, tramite la competente struttura, al fine di rimuovere l'esclusione sociale e favorire l'autonomia e la permanenza presso il proprio domicilio a persone in condizione di disabilità gravissima, ivi comprese le persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA), eroga contributi a copertura delle spese derivanti dall'assunzione diretta di uno o più assistenti personali o un contributo mensile se a farsi carico dell'assistenza è un caregiver familiare. 2. I contributi di cui al presente articolo sono concessi a favore di: a) persone, di età fino a sessantacinque anni, con disabilità gravissima, ossia riconducibile ai parametri definiti dall'articolo 3, comma 2, del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 26 settembre 2016 (Riparto delle risorse finanziarie del Fondo nazionale per le non autosufficienze, per l'anno 2016), residenti nel territorio regionale, che necessitano di assistenza vigile e continuativa nonché di sostegno intensivo, differenziato sulla base dell'intensità del sostegno necessario, per bisogni complessi derivanti dalle gravi condizioni psico-fisiche; b) ultrasessantacinquenni residenti nel territorio regionale affetti da sclerosi laterale amiotrofica, da gravi forme di demenza o da morbo di Alzheimer, di cui alle scale illustrate negli allegati al d.m. 26 settembre 2016 o comunque già in possesso dei requisiti di cui alla lettera a) antecedentemente al compimento del sessantacinquesimo anno di età e per i quali la disabilità non sia determinata da naturale invecchiamento o da patologie legate all'invecchiamento. 3. La Giunta regionale disciplina, con propria deliberazione, le modalità attuative dei contributi previsti dal presente articolo. A tal fine, per l'individuazione della figura del caregiver familiare, la Giunta regionale fa riferimento alla definizione di cui all'articolo 1, comma 255, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020). 4. I contributi di cui al presente articolo non sono cumulabili fra loro o con qualsiasi altro intervento pubblico concesso per le medesime finalità ". In particolare, la ricorrente ha articolato le seguenti doglianze. "I MOTIVO. ILLEGITTIMITA' DI TUTTI GLI ATTI IMPUGNATI - PER VIOLAZIONE DI LEGGE: Violazione del D.I. 26 settembre 2016, artt. 3, 32, 38, 53 e 97 della Costituzione; Violazione dell'art. 2, comma 1, d.P.C.M. n. 159 del 2013 e dell'art. 117 Cost. ? Violazione dell'art. 3, comma 1 del D.lgs. 109/1998; Violazione dell'art. 1 Legge 06/11/2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione); Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116; Violazione dei principi di trasparenza, ragionevolezza e buon andamento - eccesso di potere per falsità dei presupposti - illogicità e contradditorietà ". Ad avviso dell'Associazione, l'allegato C alla Deliberazione della Giunta Regionale n. 1524 del 2023, relativo alla misura di cui all'art. 21bis della L.R. n. 23 del 2010 (contributi a favore di persone con disabilità gravissima o affette da sclerosi laterale amiotrofica SLA), sarebbe illegittimo laddove non prevede che l'erogazione del contributo, in caso di insufficienza dei fondi a soddisfare tutte le domande pervenute, avvenga mediante graduatoria da stilarsi secondo il criterio delle risultanze economiche dell'indicatore ISEE, facendo infatti l'art. 9 riferimento al solo criterio cronologico, stabilendo: "A) Valutazione delle domande 1. Le domande, compresi i rinnovi, sono istruite in ordine cronologico determinato dalla data certificabile di presentazione delle stesse o dalla data certificabile dell'ultimo documento utile alla valutazione. 2. La concessione dei contributi è effettuata nei limiti dello stanziamento di bilancio e delle relative risorse. Qualora le risorse non siano sufficienti a soddisfare le richieste, le domande saranno ritenute ammissibili e rimarranno in graduatoria. In caso di successiva assegnazione dei fondi le stesse verranno valutate in ordine cronologico di presentazione". Peraltro, lamenta la ricorrente, ancorché si ritenesse legittimo l'utilizzo del criterio cronologico di presentazione delle domande per la formazione della graduatoria, l'allegato C alla Delibera impugnata sarebbe comunque illegittimo, per contrasto con la Legge n. 190 del 6 novembre 2012 (c.d. legge anticorruzione) e la Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, laddove stabilisce "Le domande, compresi i rinnovi, sono istruite in ordine cronologico determinato dalla data certificabile di presentazione delle stesse o dalla data certificabile dell'ultimo documento utile alla valutazione", in quanto ad avviso dell'Associazione il riferimento ivi contenuto alla "data certificabile dell'ultimo documento utile alla valutazione" potrebbe consentire agli Uffici competenti di formulare richieste di integrazione documentale inutili, al solo fine di fare retrocedere la data di presentazione di talune domande, così da favorire illegittimamente alcuni soggetti a danno di altri. "II MOTIVO. ILLEGITTIMITA' DI TUTTI GLI ATTI IMPUGNATI PER: violazione art. 3 Cost., Convenzione ONU diritti disabili; Violazione dell'art. 1, comma 1264 e 1265, della L. 296/2006, D.I 26 settembre 2016 e Piano Nazionale non autosufficienze, e eccesso di potere.; Violazione dell'art. 1 comma 272 della legge n. 228/2012; Violazione della L.r. 23/2010 art. 21 bis; Violazione dell'art. 3 l. 241/1990 difetto di motivazione; Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti, illogicità, difetto e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione, ingiustizia grave e manifesta, sviamento". In secondo luogo, secondo la ricorrente, l'allegato C alla Deliberazione della Giunta Regionale n. 1524 del 2023, sarebbe illegittimo laddove prevede all'art. 3 punto d), tra i requisiti per accedere al contributo, l'"attestazione ISEE per prestazioni socio-sanitarie, ristretto qualora il beneficiario ne abbia diritto, o del nucleo anagrafico del beneficiario in corso di validità e di valore pari o inferiore a 70.000 euro e a 90.000 euro per i minori e le persone affette da SLA". Tale norma, ad avviso dell'Associazione, introdurrebbe infatti una discriminazione ingiustificata per l'accesso al contributo, fissando la soglia del requisito ISEE in euro 90.000,00 per le persone affette da SLA, e invece in euro 70.000,00 per le persone affette da altra disabilità gravissima, senza fornire alcuna adeguata motivazione al riguardo. "III MOTIVO. ILLEGITTIMITA' DI TUTTI GLI ATTI IMPUGNATI PER: Violazione dell'art. 3 comma 3 del D.I. 26 settembre 2016; Violazione di legge 118/1977; L.R. 11/99; art. 1, comma 1264, della L. 296/2006; D.I. 26 settembre 2016; Piano Nazionale non autosufficienze". In terzo luogo, l'art. 3 dell'allegato C alla Deliberazione impugnata sarebbe secondo la ricorrente illegittimo anche laddove statuisce: "Per accedere al contributo, la persona con disabilità residente nel territorio regionale deve essere in possesso di: a. certificato di invalidità rilasciato da una Commissione preposta all'accertamento dell'invalidità stessa (civile, del lavoro, di servizio, di guerra, ecc.), dal quale risulti che il richiedente è in condizione di disabilità gravissima, quindi gravemente dipendente a livello funzionale, e/o affetto da sclerosi laterale amiotrofica (SLA). La persona con disabilità deve essere titolare dell'indennità di accompagnamento o di certificato equipollente". In particolare, ad avviso dell'Associazione, richiedere la produzione di tale certificato determinerebbe l'esclusione illegittima dal contributo di tutti i soggetti indicati dall'art. 3, comma 3, lett. i) del D.I.26.09.2016 ("i) ogni altra persona in condizione di dipendenza vitale che necessiti di assistenza continuativa e monitoraggio nelle 24 ore, sette giorni su sette, per bisogni complessi derivanti dalle gravi condizioni psicofisiche"), atteso che attualmente le Commissioni operanti nella Regione Valle d'Aosta non sono incaricate di valutare la presenza di disabilità gravissima di cui al Decreto Interministeriale 26 settembre 2016. Sulla base dei motivi di impugnazione appena riassunti la ricorrente ha concluso chiedendo l'annullamento della Delibera impugnata, nei limiti dell'interesse fatto valere in giudizio, con vittoria di spese. La Regione Valle d'Aosta si è costituita in giudizio rilevando innanzitutto in fatto, per quanto di interesse in questa sede, che la Delibera della Giunta Regionale della Valle d'Aosta n. 1524 del 2023 qui impugnata, in ordine al profilo censurato nel primo motivo di ricorso, ha mantenuto una formulazione sostanzialmente analoga a quella contenuta nella previgente Deliberazione della Giunta Regionale n. 484 del 2022, in quanto tale disciplina non aveva determinato alcun problema nell'erogazione dei contributi in esame. Anche l'articolo 3, comma 3 della D.G.R. n. 484 del 2022 prevedeva infatti l'accesso alle misure secondo l'ordine cronologico, senza necessità di redigere una graduatoria dei richiedenti basata sull'ISEE, in quanto tutte le domande di contributo regolarmente presentate dagli aventi diritto sono sempre state soddisfatte, sicché la Regione non ha avvertito la necessità di modificare tale disciplina neppure in sede di adozione della Delibera n. 1524 del 2023. Analogamente, la Regione ha allegato che anche la parte di tale ultima Delibera oggetto del terzo motivo di ricorso, riproduce la disciplina previgente (D.G.R. n. 484 del 2022 e n. 322 del 2018), che richiedeva infatti (vedi art. 3 comma 1, lett. a) della D.G.R. n. 484 del 2022) la presentazione di "copia del certificato di invalidità, relativo all'ultima seduta di accertamento, rilasciato da una Commissione preposta all'accertamento dell'invalidità civile, dal quale risulti che il richiedente è in condizione di disabilità gravissima, quindi gravemente dipendente a livello funzionale, e/o affetto da sclerosi laterale amiotrofica (SLA)", senza avere mai creato criticità, neppure per i soggetti rientranti nella previsione di cui all'articolo 3, comma 3, lett i) del D.I. 26 settembre 2016, sempre infatti regolarmente ammessi al contributo. Quanto alla parte della Delibera n. 1524 del 2024 oggetto del secondo motivo di ricorso, la Regione ha invece evidenziato di avere introdotto una novità rispetto alla disciplina previgente, stabilendo delle soglie ISEE per l'accesso ai contributi, stante la necessità per il legislatore regionale di adeguarsi alle prescrizioni di cui al Fondo Nazionale Non Autosufficienza 2022-2024 adottato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 ottobre 2022, che al punto 6.1 dispone: "Gli interventi previsti dal presente piano, in un quadro più generale di valutazione multidimensionale del bisogno e di progettazione personalizzata, sono condizionati all'ISEE secondo quanto previsto dalla programmazione regionale. Nel caso di interventi forniti a persone in condizioni di gravissima disabilità le soglie di accesso non possono essere inferiori a 50 mila euro, accresciuti a 65 mila in caso di beneficiari minorenni, dove l'ISEE da utilizzare è quello per prestazioni agevolate di natura socio-sanitaria"). Premesso in fatto quanto appena riportato, la Regione ha eccepito preliminarmente l'inammissibilità per carenza di un interesse concreto ed attuale del ricorso, e comunque l'infondatezza nel merito delle censure ex adverso articolate. All'udienza del 12 luglio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione. All'esito del giudizio, ad avviso del Collegio, il ricorso va dichiarato in parte inammissibile per carenza di interesse e in parte infondato. Invero, con la prima doglianza articolata, l'Associazione ricorrente ha contestato alla Regione di non avere previsto nell'allegato C alla Deliberazione della Giunta regionale n. 1524 del 2023, un criterio di priorità legato all'ISEE, in forza del quale stilare una graduatoria tra i richiedenti da utilizzare in caso di incapienza dei fondi disponibili a soddisfare tutte le domande pervenute. Tuttavia, come allegato dalla Regione in giudizio, la scelta contestata dalla ricorrente, in linea con quanto disposto in precedenza dall'articolo 3, comma 3 della D.G.R. n. 484 del 2022, non ha determinato né in passato né con riferimento all'annualità in corso, alcun danno alle categorie rappresentate dalla ricorrente, avendo infatti l'Amministrazione sempre soddisfatto tutte le domande depositate dagli aventi diritto, con conseguente ritenuta inutilità di introdurre un criterio di priorità basato sull'ISEE per stilare una graduatoria al riguardo, che avrebbe solamente aggravato il procedimento, determinando un allungamento dell'istruttoria, in contrasto con le esigenze di pronto soddisfacimento delle richieste di contributo. Inoltre, per quanto attiene alle annualità future, sempre sotto il profilo della carenza di un interesse concreto ed attuale all'annullamento della Delibera con riferimento al profilo in esame, la Regione ha evidenziato che la crescente consistenza del Fondo approvato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 ottobre 2022, volto al soddisfacimento delle richieste di contributo in esame (per la Regione Valle d'Aosta pari a euro 1.968.000 per l'anno 2022 di iscrizione al bilancio 2023, euro 2.002.000 per l'anno 2023 di iscrizione al bilancio 2024, e euro 2.122.000 per l'anno 2024 di iscrizione al bilancio 2025), consentirà di far fronte anche per l'annualità 2025 alla totalità delle richieste pervenute, ben potendo peraltro in ogni caso la Regione, laddove le risorse nazionali dovessero risultare in futuro insufficienti, decidere di intervenire anche con risorse proprie, ovvero inserendo apposite "finestre" temporali per la presentazione delle domande, dando la priorità in favore dei soggetti con capacità economica inferiore, così da valorizzare l'ISEE come richiesto dalla ricorrente, ma solo in caso di effettiva, concreta ed attuale incapienza delle risorse. Sulla base di tali rilievi, va affermata, quindi, ad avviso del Collegio, la carenza di interesse sulla censura in esame. Né può essere accolto il diverso profilo contestato dalla ricorrente, sempre nell'ambito del primo motivo di ricorso, concernente l'asserita illegittimità del riferimento contenuto nell'art. 12 lettera A) punto 1 dell'allegato C, al fine di stabilire l'ordine cronologico delle domande di contributo, alla "data certificabile di presentazione delle stesse o dalla data certificabile dell'ultimo documento utile alla valutazione", in quanto ad avviso dell'Associazione vi sarebbe il rischio che gli Uffici chiedano agli interessati documenti integrativi non necessari, al solo fine di far retrocedere la data di presentazione di alcune domande, per favorire illegittimamente alcuni soggetti a danno di altri. Invero, osserva il Collegio, tale rischio risulta concretamente insussistente, stante il chiaro tenore dell'art. 5 dell'allegato C in esame, che elenca specificamente la documentazione da produrre con la domanda di contributo, così circoscrivendo gli atti passibili di richiesta di integrazione documentale ex art. 12 lettera A) numero 1, rilevanti anche ai fini dell'individuazione della data di presentazione della domanda. Il secondo motivo di ricorso, inerente la previsione di soglie ISEE diverse per l'ammissibilità della domanda di contributo tra persone affette da SLA (euro 90.000,00) e persone affette da altra disabilità gravissima (euro 70.000,00), risulta invece inammissibile o infondato, a seconda della lettura data alla doglianza in esame. Invero, innanzitutto va evidenziato che la previsione di una soglia ISEE per l'accesso al contributo è stata inserita dalla disciplina statale con l'approvazione del Fondo Nazionale Non Autosufficienza 2022- 2024 punto 6.1., che così recita: "Gli interventi previsti dal presente piano, in un quadro più generale di valutazione multidimensionale del bisogno e di progettazione personalizzata, sono condizionati all'ISEE secondo quanto previsto dalla programmazione regionale. Nel caso di interventi forniti a persone in condizioni di gravissima disabilità le soglie di accesso non possono 14 essere inferiori a 50 mila euro, accresciuti a 65 mila in caso di beneficiari minorenni, dove l'ISEE da utilizzare è quello per prestazioni agevolate di natura socio-sanitaria". Sulla base di tale disposizione nazionale, quindi, anche la Regione Valle d'Aosta ha dovuto prevedere una soglia ISEE alla quale subordinare il riconoscimento del contributo, e nel farlo avrebbe potuto stabilire per tutti i richiedenti, siano essi affetti da gravissima disabilità o SLA, la soglia di euro 50.000,00 prevista dalla disciplina statale, anziché scegliere di ampliare la platea dei beneficiari innalzando le soglie ISEE ad euro 70.000,00 ed euro 90.000,00. Pertanto, l'eventuale accoglimento del motivo in esame, facendo venire meno le predette soglie regionali, avrebbe come conseguenza il fatto che la Regione, nell'esercitare nuovamente il proprio potere discrezionale in materia, potrebbe decidere di riportare per tutti i richiedenti il limite ISEE al parametro nazionale di euro 50.000,00, così cagionando un danno ai soggetti rappresentati dalla ricorrente, i quali perderebbero il diritto al contributo se aventi un ISEE maggiore di euro 50.000,00, benché inferiore ad euro 90.000,00 o ad euro 70.000,00, rispettivamente per soggetti affetti da SLA e da disabilità gravissima. Del pari, laddove per riportare omogeneità tra essi e i soggetti affetti da disabilità gravissima, la Regione decidesse, una volta annullata la Delibera impugnata sul punto, di approvare una nuova Delibera portando la soglia ISEE per i soggetti affetti da SLA ad euro 70.000,00, come previsto per i soggetti affetti da disabilità gravissima, questi ultimi non otterrebbero alcun vantaggio, rimanendo per essi ferma la soglia attuale di euro 70.000,00, mentre i soggetti affetti da SLA subirebbero una danno, vedendo abbassata la loro soglia ad euro 70.000,00, con conseguente perdita in molti casi del contributo oggi invece riconosciuto. Pertanto, la doglianza in esame va dichiarata inammissibile per carenza di interesse, se letta nei termini appena esposti. La stessa censura va invece respinta nel merito, se intesa come volta all'innalzamento della soglia ISEE a euro 90.000,00 anche per i soggetti affetti da disabilità gravissima, atteso che la determinazione delle soglie in questione rientra nell'ampia discrezionalità della Regione, alla quale il Giudice Amministrativo non può certo sostituirsi imponendo all'Amministrazione lo specifico contenuto delle scelte da adottare. Peraltro, nel caso in esame, l'Amministrazione ha dato atto in giudizio delle ragioni di massima poste alla base della differenziazione di soglia stabilita (legate alle particolari esigenze dei soggetti affetti da SLA, di norma in condizione di dipendenza vitale con necessità di terapie salvavita basate sull'utilizzo continuativo di apparecchiature specifiche e pertanto di un'assistenza costante e puntuale nell'arco delle ventiquattro ore fornita da più assistenti personali), senza che sia pertanto ravvisabile alcun profilo di palese irragionevolezza o manifesta ingiustizia, a maggior ragione tenuto conto, come sopra evidenziato, che la Regione, pur potendo limitarsi a far propria la più restrittiva soglia nazionale, ha innalzato le soglie ISEE per entrambe le categorie, così da ampliare di molto la platea dei beneficiari. Infine, non suffragata da un concreto ed attuale interesse ad agire, prima ancora che infondata nel merito, risulta la terza doglianza contenuta in ricorso, avente ad oggetto l'articolo 3, comma 1, lett. a) della Delibera impugnata, laddove si richiede ai beneficiari, tra i requisiti per accedere al contributo, il possesso di un "certificato di invalidità rilasciato da una Commissione preposta all'accertamento dell'invalidità stessa (civile, del lavoro, di servizio, di guerra, ecc.) dal quale risulti che il richiedente è in condizione di disabilità gravissima". Invero, la Regione ha dimostrato in giudizio come non corrisponda al vero quanto affermato dall'Associazione secondo cui pretendere dai richiedenti la documentazione citata comporterebbe l'illegittima esclusione dal contributo dei soggetti indicati dall'articolo 3, comma 3, lett. i), del Decreto Interministeriale 26 settembre 2016 ("i) ogni altra persona in condizione di dipendenza vitale che necessiti di assistenza continuativa e monitoraggio nelle 24 ore, sette giorni su sette, per bisogni complessi derivanti dalle gravi condizioni psicofisiche"), in quanto attualmente le Commissioni operanti nella Regione Valle d'Aosta non sarebbero incaricate di valutare la presenza di disabilità gravissima di cui al predetto Decreto Interministeriale. L'allegato C alla Deliberazione della Giunta Regionale n. 1524 del 2023, all'articolo 3 richiamato dalla ricorrente, disciplina infatti i requisiti di accesso alla misura facendo riferimento al "certificato di invalidità rilasciato da una Commissione preposta all'accertamento dell'invalidità stessa (civile, del lavoro, di servizio, di guerra, ecc.), dal quale risulti che il richiedente è in condizione di disabilità gravissima, quindi gravemente dipendente a livello funzionale, e/o affetto da sclerosi laterale amiotrofica (SLA)", ma è l'art. 5 a dettare la documentazione da allegare alla domanda, richiedendo alla lettera a) la sola "copia del certificato di invalidità relativo all'ultima seduta di accertamento rilasciato da una Commissione preposta all'accertamento dell'invalidità stessa (civile, del lavoro, di servizio, di guerra, ecc.)", senza alcuna specificazione, e la Regione ha dato atto nelle proprie difese che la valutazione delle patologie dei soggetti affetti da disabilità gravissima viene concretamente effettuata dall'ufficio istruttore per tutte le forme di disabilità gravissima, compresa quelle di cui alla lett. i), sicché non risulta ravvisabile alcuna effettiva esclusione di tali ultimi beneficiari. E di tale ultima circostanza, che dimostra l'insussistenza di un concreto ed attuale interesse all'accoglimento della doglianza in esame, la Regione ha fornito prova allegando che tra gli utenti attualmente beneficiari dei contributi ci sono persone in condizioni di dipendenza vitale di cui alla lett. i) in possesso del certificato di invalidità con accompagnamento e certificazione di handicap grave di cui alla legge n. 104/1992, mentre nella propria memoria di replica la stessa Associazione non ha messo in dubbio la necessità per la Regione di valutare la gravità delle condizioni di ogni richiedente ai fini della differenziazione del contributo. Pertanto, conclusivamente, stanti tutte le argomentazioni esposte, il ricorso va dichiarato in parte inammissibile per carenza di interesse e in parte respinto. Le spese di lite possono tuttavia essere compensate per la complessità e novità della fattispecie esaminata. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta Sezione Unica definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto: - dichiara il ricorso in parte inammissibile ed in parte lo respinge; - compensa le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Aosta nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati: Silvia La Guardia - Presidente Jessica Bonetto - Consigliere, Estensore Lorenzo Maria Lico - Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta Sezione Unica ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 4 del 2024, proposto da Ed. Tr. e Si. Tr., rappresentati e difesi dagli avvocati Ma. Re. e Ni. Jo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati He. D'H. e De. Za., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio He. D'H. in Aosta, via (...); nei confronti Ac. S.r.l., rappresentata e difesa dall'avvocato Al. Qu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento a) del permesso di costruire n. 75 del 19.10.2023 rilasciato dal Comune di (omissis) in favore dell'A. s.r.l. avente ad oggetto "ampliamento volumetrico ai sensi dell'art. 3 della L.R. 24/2009, ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione di edificio in Via (omissis) su immobili censiti al Catasto Fabbricati al Foglio (omissis) mappali (omissis), zona di PRG (omissis) di cui è stato dato avviso ai sensi dell'art. 60-bis comma 20 L.R. 11/98 mediante affissione/pubblicazione all'albo pretorio on-line del Comune di (omissis) dal 19.10.23 al 2.11.23; b) della nota del Comune di (omissis) del 24.11.23, prot. 0024224 del 25.11.23, con cui veniva riscontrata la PEC dei ricorrenti del 4.11.23 con la precisazione che non poteva essere avviata la procedura di annullamento in autotutela del permesso di costruire n. 75 del 19.10.23; c) nonché di tutti gli atti connessi, presupposti e consequenziali Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e di Ac. S.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2024 il dott. Alessandro Cappadonia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Il Comune di (omissis) ha rilasciato alla società Ac. S.r.l. (di seguito anche "controinteressato") il permesso di costruire n. 75 del 19 ottobre 2023 avente ad oggetto interventi di "ampliamento volumetrico, (...) ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione" degli "immobili censiti al Catasto Fabbricati al Foglio (omissis) mappali (omissis), zona di PRG (omissis). I predetti immobili sono stati alienati al controinteressato dalla sig.ra Tr. Li., in forza di atto di compravendita di cui al rogito notaio Gi. Ma. del 6 aprile 2023 e sono ivi identificati in sintesi come segue: 1. "intero fabbricato di civile abitazione da cielo a terra distinto al Catasto Fabbricati come Foglio (omissis) mappale n. (omissis) (...) composto: - alloggio sub. catastale (omissis) - in piano (omissis) - composto da: soggiorno-cucina, disimpegno, camera e bagno; - alloggio sub. catastale (omissis) - in piano (omissis) - composto da: ingresso, soggiorno, cucina, bagno e camera; - alloggio sub. catastale (omissis) (ex sub. (omissis)) - in piano primo - composto da: ingresso, cucina, soggiorno, disimpegno, tre camere, due bagni, ripostiglio e balcone, con annesso sottotetto"; 2. "intero fabbricato adibito ad autorimessa e deposito artigianale distinto al Catasto Fabbricati come Foglio (omissis) mappale n. (omissis) (...)"; 3. "intero fabbricato di civile abitazione distinto al Catasto Fabbricati come Foglio (omissis) mappale n. (omissis) (...)". L'autorimessa interrata è stata realizzata dal sig. Tr. Et., dante causa della signora Tr. Li. (a sua volta dante causa del controinteressato), in forza di atto di concessione n. 37 del 28 maggio 1979 e di successivo atto di variante n. 112 del 17 dicembre 1980. Il progetto di ristrutturazione edilizia assentito nel 2023 dal Comune di (omissis) prevede - così come emerge dalla relazione tecnica di progetto del 5 giugno 2023 - la "realizzazione di tre unità unifamiliari distribuite su due livelli di garage, cantinati vari, centrali termiche nel piano interrato" e costitute da "una villa unifamiliare (Villa (omissis)) sulla sagoma dell'edificio esistente e due volumi collegati tra di loro (Villa (omissis) e Villa (omissis)) adeguatamente distanziati e sfalsati 85 cm rispetto alla villa in modo da seguire la morfologia del terreno"; "attraverso l'attuale richiesta si intendono eseguire la demolizione e successiva ricostruzione che prevede: - Demolizione del volume esistente - Ampliamento volumetrico, nella misura del 35% (art. 3 L.R. 24/2009) con la realizzazione di tre unifamiliari...". I ricorrenti hanno svolto le seguenti censure avverso il permesso di costruire n. 75 del 19 ottobre 2023, così di seguito compendiate: 1. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 9 del regolamento edilizio e dell'art. 6 delle relative N.T.A. del Comune di (omissis), in quanto, secondo la tesi attorea, il controinteressato Ac. S.r.l. non avrebbe dimostrato la possibilità di accesso veicolare ai propri posti auto in violazione dell'art. 6.2 ("Dotazione di posti auto privati e verde attrezzato" - "Norme specifiche") delle N.T.A.; 2. Eccesso di potere per travisamento dei fatti presupposti, difetto di idonea istruttoria, manifesta illogicità e contraddittorietà, in quanto il Comune non avrebbe effettuato alcun controllo, o ne avrebbe travisato gli esiti, in ordine all'esistenza di una servitù di passaggio sulla strada di accesso veicolare di via (omissis). Si sono costituiti in giudizio il Comune di (omissis) e il controinteressato per resistere al ricorso. Con ordinanza n. 3 dell'8 marzo 2024, la Sezione ha respinto la domanda cautelare, in quanto, ad un sommario esame, il provvedimento impugnato avrebbe fatto corretta applicazione dell'art. 9 del Regolamento edilizio e dell'art. 6.2 delle N.T.A. e non appare affetto dai vizi dedotti nel gravame, atteso che nel progetto del controinteressato non vi è alcun aumento delle unità immobiliari. Le parti costituite hanno ulteriormente svolto e ribadito le rispettive difese. Alla odierna udienza pubblica la causa è passata in decisione. Il ricorso è infondato per le ragioni appresso indicate. Con il primo motivo di impugnazione, i ricorrenti lamentano l'illegittimità del permesso di costruire n. 75 del 19 ottobre 2023 per asserita violazione dell'art. 9 del Regolamento edilizio e dell'art. 6.2 delle Norme tecniche di attuazione, non avendo il controinteressato dimostrato la possibilità di accesso veicolare ai propri posti auto, stante l'assenza del diritto di passaggio a carico dei mappali (omissis) di proprietà degli stessi. Il motivo è privo di pregio. Preliminarmente occorre osservare che la costituzione o meno di una servitù di passaggio gravante sui mappali (omissis) di proprietà dei ricorrenti, costituendo questione di carattere squisitamente privatistico, sfugge all'esame cognitorio del giudice amministrativo. Infatti, i ricorrenti sembrano chiedere altresì un accertamento petitorio circa l'inesistenza di un tale vincolo, la cui cognizione, involgendo l'accertamento di un diritto soggettivo, è però devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario (in termini, per tutte, Cons. Stato, Sez. II, 30 luglio 2021 n. 5619; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 28 novembre 2022, n. 3418). Del resto, il rilascio dei provvedimenti amministrativi che comportano l'ampliamento della sfera giuridica del privato avviene sempre con la salvezza dei diritti dei terzi, diritti che sono in ogni caso tutelabili innanzi alla competente Autorità giudiziaria. Svolta questa premessa, è possibile procedere all'esame dei parametri normativi che si assumono violati con il primo motivo di ricorso. L'art. 9 del Regolamento edilizio, rubricato "Elaborati richiesti per il rilascio del permesso di costruire" al comma 2 stabilisce che "Alla domanda specifica per il rilascio del titolo abilitativo, per tutti i tipi di intervento sono allegati:... d) il progetto in duplice copia cartacea, debitamente firmato dal richiedente e dal progettista, e in copia su supporto informatico, completo dei seguenti allegati: i) estratto della mappa catastale aggiornata, con colorazione dell'immobile interessato (in caso di recupero) e delle vie di accesso, anche in relazione agli immobili confinanti...". L'art. 6.2 delle N.T.A. prevede che "1. Sono subordinati a dotazioni di spazi destinati a parcheggio, in tutte le sottozone, i seguenti interventi: a) interventi di realizzazione di nuove unità immobiliari in edifici di nuova costruzione; b) interventi di trasformazione edilizia e urbanistica di edifici esistenti (restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, ecc.) che prevedano la realizzazione di nuove unità immobiliari, l'incremento e lo sdoppiamento delle unità immobiliari esistenti; c) mutamento della destinazione d'uso di edifici esistenti con aumento delle unità immobiliari o con cambi di destinazione che prevedano una diversa dotazione di posti auto. (...) 4. Negli interventi in cui deve essere prevista la dotazione di posti auto deve essere dimostrata la possibilità di accesso veicolare agli stessi". Ciò posto, l'intervento di ristrutturazione assentito a mezzo del gravato permesso di costruire n. 75/2023 non può essere ricondotto ad alcuna delle ipotesi richiamate dall'art. 6.2 delle N.T.A., dal momento che esso non comporta né un incremento del numero né un mutamento della destinazione d'uso delle unità immobiliari da realizzare rispetto a quelle esistenti. Ai sensi dell'art. 2 del D.M. 2 gennaio 1998 n. 28, rubricato "Unità immobiliare", "l'unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da un'area, che, nello stato in cui si trova e secondo l'uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale". Muovendo dalla citata definizione normativa di "Unità immobiliare", lo stato pregresso dei luoghi è caratterizzato dalla presenza di quattro unità immobiliari costituite: 1) dalla porzione di fabbricato di cui al Foglio (omissis), mappale n. (omissis), adibita ad alloggio sito al piano terreno (sub-catastale (omissis)); 2) dalla porzione di fabbricato di cui al Foglio (omissis), mappale n. (omissis), adibita ad alloggio sito al piano primo (sub-catastale (omissis)); 3) dalla porzione di fabbricato di cui al Foglio (omissis), mappale n. (omissis), adibita ad alloggio sito al piano primo (sub-catastale (omissis)); 4) dall'intero fabbricato di cui al Foglio (omissis), mappale n. (omissis), adibito ad alloggio distribuito al piano terreno e al piano primo. Giova precisare che non costituisce un'unità immobiliare in senso tecnico l'autorimessa di cui al Foglio (omissis), mappale n. (omissis). Essa, infatti, è priva di autonomia funzionale e reddituale in quanto costituisce una pertinenza del fabbricato di cui al Foglio (omissis), mappale n. (omissis), come emerge dalla scheda n. 108 della sottozona (omissis) che specifica il "tipo fabbricato" come "annesso a edificio". Lo stato dei luoghi, all'esito dell'intervento di ristrutturazione edilizia autorizzato, sarà caratterizzato dalla presenza di tre unità immobiliari indipendenti (villa (omissis), villa (omissis) e villa (omissis)) in luogo delle quattro unità immobiliari preesistenti. Peraltro, due unità immobiliari risulteranno collegate tra di loro, ancorché leggermente sfalsate (villa (omissis) e villa (omissis)), sì da costituire un unico fabbricato. Non ricorre, dunque, l'ipotesi dello "sdoppiamento delle unità immobiliari esistenti", atteso che l'attività edificatoria intrapresa dal controinteressato comporterà una riduzione delle unità immobiliari preesistenti. D'altra parte, la prospettata conversione del "laboratorio/magazzino" in autorimessa non costituisce "mutamento della destinazione d'uso" rilevante ai fini dell'applicazione dell'art. 6.2 delle N.T.A., atteso che tale conversione non determina un aumento delle unità immobiliari e del carico urbanistico. Né infine può essere utilmente invocata l'equiparazione dell'intervento edilizio assentito ad una "nuova costruzione", anziché ad una "ristrutturazione edilizia mediante demolizione e costruzione", in ragione del mutamento di "sagoma, prospetti, sedime, caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente" in zona territoriale di tipo A, come dedotto dai ricorrenti con memoria depositata in data 12 aprile 2024. Infatti - fermo quanto previsto dall'art. 3, comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 380 del 2001 e dalla definizione di "interventi di ristrutturazione edilizia" contenuta nella deliberazione di Giunta regionale della Valle d'Aosta del 12 aprile 2021, n. 378 (cfr. T.A.R. Valle d'Aosta, Sez. Unica, 10 maggio 2022, n. 26) - il rilievo risulta inammissibile poiché introduce una nuova censura rispetto al permesso di costruire n. 75 del 19 ottobre 2023, proposta irritualmente ed oltre il termine decadenziale di cui all'art. 29 c.p.a. I ricorrenti non hanno censurato attraverso specifici motivi di impugnazione la qualificazione dell'intervento edilizio alla stregua di "ristrutturazione edilizia mediante demolizione e costruzione". Ne consegue che tale qualificazione deve considerarsi non contestata nella presente sede processuale; diversamente opinando si determinerebbe un irrituale ampliamento del petitum, come definito dal ricorso introduttivo. Peraltro, anche laddove l'intervento di ristrutturazione edilizia assentito a mezzo del gravato permesso di costruire n. 75/2023 potesse essere ricondotto ad una delle ipotesi contemplate dall'art. 6.2 delle N.T.A., la possibilità di accesso veicolare è stata in concreto appurata dall'Amministrazione comunale sulla base della preesistenza dell'autorimessa interrata adiacente ed annessa all'immobile di cui al Foglio (omissis), mappale n. (omissis), nonché dei titoli autorizzativi n. 37/1979 e n. 112/1980 (rimasti inoppugnati) in forza dei quali è stata a suo tempo realizzata. Infatti, la constatazione della preesistenza di un'autorimessa - anch'essa interessata dall'intervento di ristrutturazione - e della sua regolarità urbanistica è sufficiente ad esaurire gli oneri accertativi, richiesti in sede di rilascio del permesso di costruire, in merito all'assenza di eventuali limiti di matrice civilistica per la realizzazione dell'intervento edilizio da assentire. Per quanto precede, le censure attoree svolte con il primo motivo di ricorso devono essere nel loro complesso disattese. Con il secondo motivo di impugnazione, i ricorrenti lamentano l'assenza e la carenza dell'attività istruttoria da parte del Comune, il quale da un lato avrebbe condotto le verifiche sulla possibilità di accesso veicolare solo a seguito dell'istanza di annullamento in autotutela del permesso di costruire n. 75/2023, dall'altro avrebbe travisato i contenuti dell'atto di divisione e vendita del 18 dicembre 1970, rinvenendo una servitù del tutto inesistente sui mappali degli odierni ricorrenti ed omettendo altresì di considerare la presenza di un fontanile pubblico nel bel mezzo dell'accesso carraio. Il motivo non merita di essere condiviso. Non è possibile muovere alcun addebito all'Amministrazione comunale sotto il profilo dell'attività istruttoria che è risultata coerente con il limite generale secondo cui "l'ente locale deve limitarsi ad effettuare un controllo generale di conformità del titolo richiesto senza potersi spingere sino a penetranti analisi e, ancor meno, giudizi valutativi riguardo al regime di appartenenza" (Cons. Stato, Sez. VI, 16 febbraio 2024, n. 1563). Costituisce ius receptum il principio in base al quale "il Comune, al fine di provvedere al rilascio dei permessi di costruire, non deve verificare ogni aspetto civilistico che potrebbe emergere, ma deve esclusivamente vagliare i profili urbanistici ed edilizi connessi al titolo richiesto, dovendo escludersi l'obbligo di effettuare complessi accertamenti diretti a ricostruire tutte le vicende riguardanti la titolarità del bene o di verificare l'inesistenza di servitù o altri vincoli reali che potrebbero limitare l'attività edificatoria" (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 17 aprile 2024, n. 1308; cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 1 giugno 2022, n. 4473; Cons. Stato, Sez. II, 1 settembre 2022, n. 7648). Invero, nel caso in esame la possibilità di accesso veicolare è stata accertata dall'Amministrazione comunale sulla base di plurimi elementi documentali quali: - la preesistenza dell'autorimessa interrata adiacente (ed annessa) all'immobile di cui al Foglio (omissis), mappale n. (omissis) nonché dei titoli concessori n. 37/1979 e n. 112/1980 in forza dei quali è stata a suo tempo realizzata; - il rinvenimento (nel fascicolo d'ufficio del richiamato atto di concessione n. 37/1979) dell'atto di divisione e vendita del 18 dicembre 1970 dal cui allegato "A" risulta la costituzione di una "servitù di passaggio con macchine" a favore dei fondi di cui al Foglio (omissis), mappali n. (omissis) (ex (omissis)) e n. (omissis); - il rilascio in favore del sig. Eu. Tr. (dante causa degli odierni ricorrenti) dell'atto di concessione edilizia in sanatoria n. 3 del 25/01/1999 che, nella sezione "Prescrizioni particolari - condizioni", fa salvi "i diritti dei terzi in riferimento soprattutto agli aventi diritto di passaggio attraverso il mappale n. (omissis) del Foglio (omissis)". A ciò si aggiunga che il sig. Eu. Tr., attraverso la domanda di sanatoria relativa alla posa di sbarra elettrica, datata 6 dicembre 1997, precisava di aver "lasciato libero un passaggio di mt. 2,93 per il transito delle persone aventi diritto di passaggio, come era anticamente il passaggio" (cfr. doc. 8 di parte resistente, ove è evidenziata in planimetria l'area destinata al passaggio, la cui ampiezza varia da 2,93 a 2,38 mt.). Come emerge dalla planimetria allegata, la sbarra, lunga 4,57 mt., è stata collocata in corrispondenza del "sedime vecchia casa" di cui al mappale n. (omissis) che, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, non occupava interamente la parte prospiciente la via pubblica, lasciando un varco adibito a passaggio, di circa 3 mt., mantenuto integro dal richiedente la sanatoria. La possibilità di accesso veicolare è ulteriormente corroborata dal permesso edilizio n. 25 del 3 luglio 1972 rilasciato in favore del sig. Tr. Eu., avente ad oggetto la sistemazione dei fabbricati di cui al Foglio (omissis), mappali n. (omissis), n. (omissis) e n. (omissis) (cfr. doc. 10 di parte resistente). In particolare, la planimetria allegata al permesso dà atto della preesistenza, sul lato est del mappale n. (omissis), dello spazio idoneo a consentire il transito dalla via pubblica verso le unità retrostanti. Quanto al fontanile pubblico, la cui presenza sarebbe d'ostacolo all'accesso carraio, in realtà lo stesso è ubicato nel mappale n. (omissis) di proprietà di terzi, oltre l'area di transito veicolare sui mappali (omissis), (omissis) e (omissis) che non risulta impedito, come attestato attraverso la documentazione fotografica versata in atti. In conclusione, il ricorso deve essere respinto in quanto infondato. Le spese di lite, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle d'Aosta Sezione Unica, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che si liquidano in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori come per legge, in favore di ciascuna delle parti resistenti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Aosta nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Silvia La Guardia - Presidente Alessandro Cappadonia - Referendario, Estensore Pietro Buzano - Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta Sezione Unica ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 41 del 2023, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Pi. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Aosta, via (...); contro Comune di Aosta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Ma. Sa., Lo. So. e Fa. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento - del bando di concorso per esami per la assunzione a tempo indeterminato di -OMISSIS- da assegnare all'incarico di -OMISSIS- del Comune di Aosta, pubblicato in data -OMISSIS- (doc 1); - della Determinazione dirigenziale n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, non comunicata né notificata al ricorrente, con la quale il Comune di Aosta ha deciso di procedere alla assunzione di -OMISSIS- da assegnare all'incarico di -OMISSIS- e di approvare il bando (doc 2); - per quanto occorrere possa, ed in parte qua al suo capo -OMISSIS-., del decreto sindacale n. -OMISSIS- del -OMISSIS- (doc 3 cit.) e della Delibera di Giunta Comunale n. -OMISSIS- ivi richiamata ed ignota al ricorrente, con i quali si prefigura in termini programmatici la futura assunzione di -OMISSIS- da assegnare all'incarico di -OMISSIS- del Comune di Aosta, cui procedersi nell'anno -OMISSIS- con la indizione di un concorso specifico espletato direttamente dall'Amministrazione comunale ovvero, qualora le norme applicabili nel -OMISSIS- non lo consentano, per il tramite della Amministrazione regionale; - di tutti gli atti, pareri o provvedimenti antecedenti, presupposti, consequenziali, successivi o comunque connessi. Con i provvedimenti di legge. Con riserva di ogni diritto ed interesse. Con il favore di spese ed onorari. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Aosta; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 aprile 2024 il dott. Andrea Maisano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Il ricorrente, già in servizio di ruolo effettivo, con contratto a tempo indeterminato, presso -OMISSIS-, con la qualifica di -OMISSIS-, dal -OMISSIS- riveste l'incarico temporaneo di -OMISSIS-, istituita con delibera di giunta n. -OMISSIS- (cfr. doc. 5 di parte resistente), che nel corso degli anni gli è stato periodicamente rinnovato (cfr. doc. 5 di parte ricorrente). Con ricorso, notificato il -OMISSIS- e depositato il -OMISSIS-, egli ha impugnato gli atti meglio individuati in epigrafe, con i quali il Comune di Aosta ha avviato la procedura di concorso per esami volta all'assunzione a tempo indeterminato di -OMISSIS- cui affidare l'incarico di -OMISSIS-, chiedendone l'annullamento, previa sospensione cautelare, per i seguenti motivi di diritto: I. Con riferimento al bando di concorso: Violazione o falsa applicazione dell'art. 18 della LR 22/2010 ovvero dell'art. 28 del D. Lgs. n. 165/2001 - Irragionevolezza - Violazione o falsa applicazione dei criteri di economicità ed efficienza. Il bando di concorso sarebbe illegittimo nella parte in cui non prevede tra i requisiti di selezione il dato curricolare integrato da pregressa esperienza quale -OMISSIS- di -OMISSIS-. II. Con riferimento alla Determinazione dirigenziale n. -OMISSIS- e alla DGC n. -OMISSIS-: Violazione o falsa applicazione l'art. 3 comma 5 del DL n. 44/22.4.2023 conv. con modificazioni dalla Legge n. 74/21.6.2023 e dell'art. 28, comma 1-bis della Legge n. 112/23 - Irragionevolezza - Difetto istruttorio - Carenza di motivazione. In radice sarebbe illegittima la scelta dell'amministrazione di procedere al reclutamento della nuova figura -OMISSIS- tramite concorso pubblico anziché mediante stabilizzazione dello stesso esponente. Si è costituito il Comune di Aosta che, con documenti e memoria, ha eccepito, in via preliminare, l'inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione ed interesse ad agire -non avendo il ricorrente presentato domanda di partecipazione al concorso- nonché l'irricevibilità del secondo mezzo di gravame e, nel merito, l'infondatezza, chiedendone il rigetto con vittoria di spese. Con ordinanza n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, su istanza del ricorrente, cui ha aderito parte resistente, è stato disposto il rinvio della trattazione dell'affare cautelare con abbinamento al merito. Alla camera di consiglio del giorno -OMISSIS-, il ricorrente ha dichiarato la propria rinuncia all'istanza cautelare, di cui il Collegio ha dato atto con ordinanza n. -OMISSIS- di pari data, compensando le spese della stessa fase cautelare del giudizio. All'udienza pubblica del medesimo giorno, la causa è stata trattenuta per la decisione. DIRITTO Il ricorso è in parte infondato e in parte inammissibile per le considerazioni che appresso si espongono. A) In considerazione della sua maggiore pregnanza e dell'incidenza logica e diacronica sul procedimento, assume carattere prioritario, nell'ordine di trattazione dei motivi, il secondo mezzo di gravame con cui il ricorrente censura, al fondo, la scelta dell'amministrazione di conferire l'incarico tramite concorso anziché mediante la sua stabilizzazione nel ruolo. Al riguardo il Collegio ritiene di poter prescindere dall'eccezione d'irricevibilità stante, in ogni caso, l'infondatezza del mezzo. Alla base dell'impianto censorio il ricorrente pone l'art. 3 comma 5 D.L. n. 44/2023, convertito con modificazioni dalla Legge n. 74/2023, il quale consente agli enti territoriali di procedere, fino al 31 dicembre 2026 e nei limiti dei posti disponibili della vigente dotazione organica, alla stabilizzazione del personale non dirigente mediante mero colloquio selettivo e all'esito della valutazione positiva dell'attività lavorativa svolta. Egli assume, quindi, che l'istituto sarebbe stato implementato anche per i ruoli di -OMISSIS- a seguito dell'entrata in vigore dall'art. 28 comma 1 bis D.L. 75/2023 (come aggiunto dalla Legge di conversione n. 112/2023) e che, per l'effetto sussisterebbero i presupposti per la sua stabilizzazione; con conseguente illegittimità del concorso bandito dal Comune, anche alla stregua del principio di efficienza. L'argomento non coglie nel segno. In primo luogo, l'approvazione ed entrata in vigore delle disposizioni citate seguono sul piano cronologico la delibera di Giunta -OMISSIS- n. -OMISSIS-, con cui l'amministrazione si è determinata a bandire il concorso. Pertanto, tenuto conto che il correlato provvedimento dirigenziale -OMISSIS- n. -OMISSIS- è attuativo della prima, l'operato dell'amministrazione non può essere sindacato sulla base di un assetto ordinamentale sopravvenuto: per di più privo di carattere cogente, ma costitutivo solo di poteri discrezionali per la P.A. D'altra parte, anche a voler fare applicazione particolarmente rigorosa della regola tempus regit actum e considerare, perciò, soltanto la determina dirigenziale del -OMISSIS- (disgiuntamente dalla presupposta delibera di giunta del -OMISSIS-), l'ermeneutica proposta nel ricorso non trova comunque aggancio negli enunciati normativi richiamati. Invero, l'art. 3 comma 5 D.L. 44/2023 è rivolto esclusivamente al "personale non dirigenziale" che abbia maturato almeno trentasei mesi di servizio negli ultimi otto anni. Di contro il comma 1 bis dell'art. 28 D.L. 75/2023 stabilisce che: "I comuni possono prevedere, nel limite dei posti disponibili della vigente dotazione organica e in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell'ambito dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale dirigenziale, una riserva di posti non superiore al 50 per cento da destinare al personale, dirigenziale e non dirigenziale, che abbia maturato con pieno merito almeno trentasei mesi di servizio, anche non continuativi, negli ultimi cinque anni e che sia stato assunto a tempo determinato previo esperimento di procedure selettive e comparative a evidenza pubblica, o al personale non dirigenziale che sia in servizio a tempo indeterminato per lo stesso periodo di tempo. Le assunzioni di personale di cui al presente comma sono effettuate a valere sulle facoltà assunzionali di ciascuna amministrazione disponibili a legislazione vigente". A dispetto della tesi ricorsuale, la novellata disciplina sull'assunzione dei dirigenti comunali non prevede, quindi, alcuna deroga al reclutamento tramite concorso, bensì soltanto la possibilità di riservare una quota, non eccedente la metà, dei posti a concorso in favore del personale interno in possesso dei requisiti prescritti. In senso contrario non depone il parere prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS- del Ministero della Pubblica Amministrazione, richiamato dal ricorrente nella memoria del 11.3.2024 (pagg. 7-8). Questo, infatti, nel ribadire che la riserva opera "nell'ambito dei meccanismi concorsuali", precisa soltanto che detta facoltà può essere esercitata tramite "procedure concorsuali diverse" purché "bandite contestualmente". Del resto, quando, come nel caso di specie, il posto messo a concorso sia unico, nessuna riserva a beneficio del personale può comunque aver luogo. Tale conclusione è imposta già dal tenore letterale del citato art. 28 comma 1 bis, che circoscrive la quota di riserva in misura "non superiore al 50 per cento". Inoltre, nel confronto tra l'interesse alla parità di accesso ai pubblici uffici e quello alla riserva in favore del personale, per la sua caratura costituzionale e per la diretta implicazione con i canoni di par condicio e non discriminazione, il primo è prevalente; talché, quando il concorso è per più posti, i due interessi possono conciliarsi, mentre nell'ipotesi di concorso per posto unico, ove questo venisse ricoperto da un riservatario, sarebbe pregiudicato l'interesse pubblico alla selezione dei più dotati e meritevoli. La decisione del Comune di Aosta di non attingere in via diretta al personale interno e di non disporre riserve in suo favore non è, perciò, censurabile; neppure sotto il lamentato profilo del difetto di motivazione, in assenza dei necessari presupposti applicativi della misura. B) Alla luce dell'acclarata legittimità del concorso pubblico bandito dal Comune, il primo mezzo di gravame si rivela inammissibile, per carenza delle necessarie condizioni dell'azione, attesa la mancata partecipazione del ricorrente alla procedura per cui è causa. Nei processi di parte, innervati dal principio della domanda e dal suo corollario, rappresentato dal principio dispositivo, la legittimazione e l'interesse ad agire assolvono a una funzione di filtro in chiave deflattiva delle domande proposte al giudice, fino ad assumere l'aspetto di un controllo di meritevolezza dell'interesse sostanziale in gioco, alla luce dei valori costituzionali ed internazionali rilevanti, veicolati dalle clausole generali fondamentali sancite dagli artt. 24 e 111 Cost. (T.A.R. Piemonte, sez. II, 27.2.2024 n. 202 che richiama T.A.R. Campania - Napoli, sez. V, 02/05/2022, n. 3003). La giurisprudenza è, in specie, costante nell'affermare che "nel giudizio amministrativo non è consentito, ad eccezione di ipotesi specifiche, adire il giudice al solo fine di conseguire la legalità e la legittimità dell'azione amministrativa, se ciò non si traduca anche in uno specifico beneficio in favore di chi propone l'azione giudiziaria (Cons. Stato, sez. III, 2 settembre 2019, n. 6014). L'interesse a ricorrere è, infatti, condizione dell'azione e corrisponde ad una precisa utilità o posizione di vantaggio che attiene ad uno specifico bene della vita, contraddistinto dalla personalità e dall'attualità della lesione subita, nonché dal vantaggio ottenibile dal ricorrente. Sussiste, pertanto, un interesse a ricorrere se la posizione azionata dal ricorrente lo colloca in una situazione differente dall'aspirazione alla mera ed astratta legittimità dell'azione amministrativa genericamente riferibile a tutti i consociati, se sussiste una lesione della sua posizione giuridica, se è individuabile un'utilità della quale esso fruirebbe per effetto della rimozione del provvedimento" (Cons. Stato, sez. IV, 13.3.2020, n. 1825). Nel difetto di tali requisiti l'azione non è ammissibile in quanto sarebbe inutile prendere in esame una domanda giudiziale se nella fattispecie prospettata non si rinvenisse affermata una lesione della posizione giuridica vantata nei confronti della controparte (Cons. Stato 1825/2020 cit.). Declinati alle controversie sui concorsi pubblici, i principi sopra rassegnati implicano che il ricorrente, che -come accaduto in specie- non abbia presentato domanda di partecipazione alla procedura, non è legittimato né ha interesse a contestare giudizialmente il bando (cfr. T.A.R. Puglia sez. I - Bari, 11/06/2021, n. 1008 cit. e Cons. Stato sez. V - 18/07/2017, n. 3543). L'impugnazione diretta del bando è consentita solo allorché il ricorso abbia ad oggetto clausole riguardanti requisiti di partecipazione direttamente ostativi all'ammissione dell'interessato giacché, in tal caso, il sicuro e immediato effetto escludente relegherebbe la presentazione della domanda a mero adempimento formale. Non è questa, tuttavia, la situazione in cui si versa nel caso in oggetto. Posto che non è qui in discussione la titolarità del ricorrente di tutti i requisiti per partecipare alla procedura, l'omessa previsione nel bando dell'ulteriore requisito curricolare da lui indicato non ha portata escludente, ma, anzi, amplia la platea dei partecipanti; che, per converso, sarebbe stata limitata dalla prescrizione di quel requisito. Non pertinente è, poi, il richiamo alla giurisprudenza (citata a pag. 3 della memoria del 11.3.2024 di parte ricorrente) sugli oneri di partecipazione eccessivamente gravosi o sproporzionati, la quale si riferisce ad eventuali prescrizioni della lex specialis (di gara o di concorso) che impongano adempimenti talmente defatiganti o irrazionali, ai fini della partecipazione, da produrre, in via indiretta, lo stesso effetto lesivo di una clausola escludente. Fattispecie, questa, nella quale non rientra la vicenda in esame ove, viceversa, si contesta l'asserita lacunosità del bando rispetto a un requisito selettivo. Anche sotto questo profilo il mezzo si rivela, dunque, inammissibile. In definitiva, stante l'indicato ordine di trattazione dei motivi, il ricorso è infondato, in relazione all'impugnativa compendiata nel secondo mezzo di gravame, e inammissibile, in relazione a quella recata dal primo. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato nel dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta Sezione Unica definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte infondato e in parte inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento in favore dell'amministrazione resistente delle spese di lite, complessivamente liquidate in Euro 2.500 (duemilacinquecento) oltre agli accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità e di ogni altro elemento che consenta di identificare, anche indirettamente, le parti del giudizio. Così deciso in Aosta nella camera di consiglio del giorno 11 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Silvia La Guardia - Presidente Andrea Maisano - Referendario, Estensore Luigi Rossetti - Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta Sezione Unica ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 35 del 2023, proposto da Le. Ni. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Al. Ez. e Al. Mo., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; contro Comune di (omissis), non costituito in giudizio; per l'accertamento della formazione tacita, a norma dell'articolo 60-bis co. 21 primo periodo della Legge Regionale della Valle d'Aosta del 06/04/1998, n. 11, del titolo edilizio oggetto di richiesta "di permesso di costruire in variante al permesso di costruire n. 76 del 23 novembre 2021 per il cambio di destinazione d'uso senza opere di alcune unità del Complesso" del 16 febbraio 2023, prot. 3342; Nonché per la condanna del Comune di (omissis) ex artt. 31 e 117 cod. proc. amm. al rilascio dell'attestazione del decorso dei termini del procedimento a norma dell'articolo 60-bis co. 21 ultimo periodo della Legge Regionale n. 11/1998, in relazione alla pratica edilizia avviata con la predetta Richiesta di PdC in Variante del 16 febbraio 2023, come da istanza presentata da Le. Ni. s.r.l. in data 01/09/2023; E, ove occorrer possa, per l'annullamento della nota comunale prot. 0011679/2023 del 31/05/2023 ex articolo 16, comma 1, della L.R. n. 19/2007 recante i motivi ostativi al rilascio del PdC in Variante. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 marzo 2024 il dott. Giovanni Francesco Perilongo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. - Con ricorso di cui in epigrafe, Le. Ni. s.r.l. chiede l'accertamento della formazione tacita di un permesso di costruire in variante, richiesto al Comune di (omissis) nel febbraio 2023. La ricorrente espone di essere proprietaria di un immobile sito nel territorio del Comune resistente e di essere intestataria dei titoli edilizi necessari alla costruzione di un nuovo edificio composto da quattro unità immobiliari. In data 16/02/2023 la società ha chiesto il rilascio di un nuovo permesso di costruire, per il cambio di destinazione d'uso di due delle menzionate unità abitative. Ritualmente protocollata l'istanza, l'Amministrazione comunale ha comunicato ex art. 16 legge regionale n. 19/2007 la sussistenza di motivi ostativi al rilascio del titolo, con comunicazione trasmessa in data 31/05/2023. Ricevute le osservazioni della società istante, il Comune non ha emesso il provvedimento definitivo, restando inerte fino alla data di proposizione del ricorso introduttivo. Poste tali premesse, Le. Ni. s.r.l. chiede l'accertamento della formazione del titolo edilizio richiesto per silentium, a norma dell'art. 60-bis della legge urbanistica regionale della Valle d'Aosta (Legge Regionale n. 06/04/1998, n. 11 recante "Normativa Urbanistica e di Pianificazione Territoriale della Valle d'Aosta"), facendo valere l'intervenuto decorso del termine di legge per l'emissione del titolo e, in ogni caso, la conformità del progetto edilizio oggetto dell'istanza alle normative urbanistiche ed edilizie applicabili. Insiste inoltre per la condanna dell'Amministrazione resistente al rilascio dell'attestazione di avvenuta formazione del titolo abilitativo per decorrenza del termine, a norma dell'art. 60-bis co. 6 della menzionata legge regionale n. 11/1998. Chiede infine che sia disposto l'annullamento del preavviso di rigetto tardivamente comunicato dal Comune di (omissis). 2. - All'udienza pubblica del 08/03/2024, la causa è stata discussa e trattenuta in decisione. 3. - La domanda di accertamento proposta dalla società ricorrente è fondata e merita integrale accoglimento. 3.1 - Va osservato in limine che la mancata costituzione dell'Amministrazione resistente non osta alla pronuncia di merito, giacché il ricorso introduttivo risulta notificato all'indirizzo PEC del Comune di (omissis) presente nel registro IPA e, alla data dell'udienza pubblica, era decorso il termine dilatorio di cui agli artt. 45 e 71 c.p.a. per la costituzione delle parti intimate. Il contraddittorio processuale deve dunque ritenersi ritualmente integrato. 3.2 - Venendo al merito dell'azione proposta, l'istanza di rilascio del titolo edilizio proposta da Le. Ni. s.r.l. appare conforme ai requisiti formali di cui agli artt. 60 e 60-bis legge regionale n. 11/1998, giacché presentata su supporto informatico, firmata digitalmente e trasmessa all'indirizzo PEC del servizio tecnico del Comune (art. 60-bis co. 3 legge regionale n. 11/1998). Essa contiene inoltre le prescritte attestazioni ex art. 47 d.p.r. 28/12/2000 n. 445 concernenti il titolo di legittimazione della parte istante, nonché la conformità del progetto al PRG, al regolamento edilizio vigente e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia, ivi incluse le norme tecniche per le costruzioni in zona sismica (art. 60-bis co. 3 legge regionale n. 11/1998). La completezza formale e documentale dell'istanza è indirettamente confermata dal contenuto della Comunicazione di avvio del procedimento trasmessa in data 16/03/2023 (doc. 6 di parte ricorrente), a mezzo della quale l'Amministrazione era inter alia chiamata a comunicare alla società interessata le eventuali lacune della documentazione acquisita (art. 60-bis co. 4 legge regionale n. 11/1998). Nel caso di specie, la comunicazione non contiene rilievi in ordine completezza, sotto il profilo documentale, dell'istanza presentata da Le. Ni. s.r.l.. Non diversamente, la comunicazione del 31/05/2023, avente ad oggetto i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza (sulla cui efficacia, cfr. infra), non fa menzione di carenze documentali, ma si appunta in via esclusiva sull'affermata incompatibilità del progetto oggetto di autorizzazione rispetto alle norme tecniche di attuazione del PRG (doc. 3 di parte ricorrente). Acclarato il rispetto dei requisiti di forma, nessun dubbio può esservi sull'intervenuto decorso del termine di novanta giorni, previsto dall'art. 60-bis co. 1 legge regionale n. 11/1998 per il rilascio del permesso di costruire. Detto termine non può che decorrere dalla proposizione - nella specie pienamente rituale - dell'istanza all'Amministrazione competente (nella menzionata Comunicazione di avvio del procedimento, trasmessa alla società ricorrente, si legge appunto: "Il procedimento si dovrà concludere nei termini previsti dall'art. 60bis della Legge Regionale 06.04.1998 n. 11, ovvero entro 90 giorni dalla data di presentazione della domanda"). Poiché Le. Ni. s.r.l. ha chiesto il rilascio del titolo edilizio in data 16/02/2023, il termine per l'emissione del permesso è infruttuosamente espirato in data 17/05/2023. Sussistono dunque i presupposti per la formazione del silenzio-assenso in ordine all'istanza di rilascio del titolo edilizio presentata dalla ricorrente, a norma dell'art. 60-bis co. 21 legge regionale n. 11/1998 ("Decorsi inutilmente i termini per l'adozione del provvedimento conclusivo, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio assenso ai sensi dell'articolo 23 della l.r. 19/2007"). 3.3 - Ai fini del perfezionamento per silentium della fattispecie autorizzativa, non rileva che in data 31/05/2023 l'Amministrazione abbia trasmesso alla società ricorrente la comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento della domanda, a norma dell'art. 16 della Legge regionale Valle d'Aosta del 06/08/2007 n. 19. Tale norma, al pari invero dell'art. 10-bis legge n. 241/1990, si limita a prevedere che la comunicazione del preavviso di rigetto comporti la sospensione del termine per la conclusione del procedimento per tempo di dieci giorni o comunque fino alla data di presentazione delle controdeduzioni dell'interessato. Non è prevista dunque l'interruzione del termine per la conclusione del procedimento né, in caso di suo infruttuoso decorso, la sua reviviscenza (ipotesi queste ultime comunque irrilevanti nel caso di specie, giacché l'Amministrazione è rimasta inerte fino alla data di proposizione del ricorso, dunque per un tempo ben maggiore di novanta giorni dalla comunicazione del 31/05/2023). Il preavviso di rigetto ha mera valenza pre-decisoria (TAR Lazio - Roma, Sez. II, 04/05/2023, n. 7586), in quanto funzionale a garantire la piena ed effettiva esplicazione del contraddittorio tra il privato e l'Amministrazione. Esso non incide sui presupposti sostanziali o procedimentali per l'accoglimento dell'istanza, né sul meccanismo di formazione della volontà amministrativa (se non al limitato fine di conformare la determinazione conclusiva agli esiti del contraddittorio procedimentale) e non tiene luogo della determinazione provvedimentale conclusiva, anche laddove - come nel caso di specie - l'Amministrazione sia successivamente rimasta inerte. In breve, l'intervenuta comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza non pregiudica la formazione del silenzio-assenso disciplinato dall'art. 60-bis co. 21 legge regionale n. 11/1998. 3.4 - Parimenti irrilevante, ai fini del perfezionamento per silentium della fattispecie autorizzativa, è l'effettiva conformità del progetto proposto da Les Niveaux alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia comunale, nonché alla correlata normativa di settore. Sul punto, merita di essere condiviso l'indirizzo giurisprudenziale, di recente ribadito dal Consiglio di Stato, a tenore del quale "il silenzio-assenso si forma anche quando l'attività oggetto del provvedimento di cui si chiede l'adozione non è conforme alle norme che ne disciplinano lo svolgimento. L'obiettivo di semplificazione perseguito dal legislatore - rendere più spediti i rapporti tra amministrazione e cittadini, senza sottrarre l'attività al controllo dell'amministrazione - viene realizzato stabilendo che il potere (primario) di provvedere viene meno con il decorso del termine procedimentale, residuando successivamente la solo possibilità di intervenire in autotutela sull'assetto di interessi formatosi 'silenziosamentè . Tale assunto è confermato da puntuali ed univoci indici normativi dai quali si desume che il legislatore ha inteso chiaramente sconfessare la tesi secondo cui la possibilità di conseguire il silenzio-assenso sarebbe legato, non solo al decorso del termine, ma anche alla ricorrenza di tutti gli elementi richiesti dalla legge per il rilascio del titolo abilitativo. Dai requisiti di validità - il cui difetto non impedisce il perfezionarsi della fattispecie - va distinta l'ipotesi della 'inconfigurabilità ' giuridica dell'istanza: quest'ultima, cioè, per potere innescare il meccanismo di formazione silenziosa dell'atto, deve essere aderente al'modello normativo astrattò prefigurato dal legislatore" (Cons. Stato, Sez. VI, 04/03/2024, n. 2082; cfr. Id, 30/11/2023 n. 10383; 16/12/2022, n. 11034; nonché 08/07/2022, n. 5746). Nel caso di specie, come già evidenziato, l'istanza proposta da Le. Ni. s.r.l. era conforme ai requisiti formali di cui agli artt. 60 e 60-bis legge regionale n. 11/1998, ed era corredata dalla prescritta documentazione (supra § 3.2). L'eventuale contrarietà del progetto alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia comunale non osta dunque alla formazione del silenzio-assenso sulla relativa istanza. Restano naturalmente impregiudicate le eventuali iniziative che l'Amministrazione intenda assumere a norma degli artt. 21-quinquies e 21-nonies legge n. 241/1990, ove ritenga che il permesso di costruire formatosi per silentium sia in concreto illegittimo o meriti di essere revocato. In definitiva, la domanda di accertamento proposta da Le. Ni. s.r.l. è fondata. 4. - Merita altresì accoglimento la domanda di condanna dell'Amministrazione al rilascio dell'attestazione di formazione del silenzio-assenso, prevista dall'art. 60-bis co. 21, ult. periodo legge regionale n. 11/1998 ("Su istanza dell'interessato, il responsabile del procedimento rilascia entro quindici giorni, anche in via telematica, l'attestazione dell'avvenuta formazione del titolo abilitativo per decorrenza del termine"). Sussistono innanzitutto i presupposti astratti per il rilascio dell'attestazione, giacché - per le ragioni anzidette (supra § 3) - deve ritenersi perfezionata la fattispecie autorizzativa tacita. Si ritiene inoltre che la società ricorrente conservi un interesse al rilascio in via diretta da parte dell'Amministrazione dell'attestazione. Detto certificato è infatti atto tipico, di talché, pur avendo contenuto omo a quello dell'odierna sentenza di accertamento, appare astrattamente suscettibile di agevolare la circolazione del cespite tra privati. Deve pertanto dichiararsi l'obbligo per l'Amministrazione resistente di rilasciare la certificazione di cui all'art. 60-bis co. 21, ult. periodo legge regionale n. 11/1998, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione. 5. - È invece inammissibile la domanda di annullamento della comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento della domanda, trasmessa alla società ricorrente in data 31/05/2023. Anche a trascurare il carattere in qualche modo perplesso delle conclusioni di merito rassegnate ("annullare, ove occorrere possa, il Preavviso (...)"), il preavviso di rigetto è atto meramente prodromico all'adozione della determinazione finale, privo di autonoma valenza provvedimentale e pertanto inidoneo a produrre effetti lesivi nella sfera giuridica del privato. La società ricorrente non ha dunque interesse alla sua autonoma impugnazione di talché, a norma dell'art. 35, co. 1 lett. b) c.p.a., la relativa domanda deve essere dichiarata inammissibile. 6. - Le spese di lite seguono la soccombenza. La declaratoria di inammissibilità del capo di domanda proposto dalla ricorrente sub c) non giustifica la compensazione nemmeno parziale dei costi del giudizio, stante la piena fondatezza della pretesa sostanziale avanzata. La liquidazione dei compensi professionali è operata sulla scorta dei valori di cui alla Tabella n. 21 dell'Allegato 1 al DM 10/03/2014 n. 55, con riferimento alle cause di valore indeterminabile di c.d. "bassa complessità ", a norma dell'art. 5, co. 6 del DM. I valori tabellari sono soggetti a dimidiazione a norma dell'art. 4, co. 1 del menzionato DM, stanti l'assenza di questioni di fatto o di diritto di particolare complessità, e sono escluse le competenze spettanti per la fase istruttoria, giacché nessun incombente è stato espletato a tal fine. Resta ferma la refusione del contributo unificato versato, alle condizioni di legge. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle d'Aosta Sezione Unica, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione e per l'effetto: 1) accerta e dichiara l'intervenuta formazione del silenzio-assenso, a norma dell'art. 60-bis legge regionale della Valle d'Aosta del 06/04/1998, n. 11, sull'istanza di rilascio di permesso di costruire presentata dalla società ricorrente in data 16/02/2023; 2) dichiara l'obbligo per l'Amministrazione resistente di provvedere al rilascio, in favore della società ricorrente, dell'attestazione di intervenuta formazione del titolo edilizio per decorrenza del termine, a norma dell'art. 60-bis ult. periodo legge regionale della Valle d'Aosta del 06/04/1998, n. 11, nel termine di sessanta giorni, decorrente dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza ovvero, se precedente, dalla sua notificazione; 3) dichiara inammissibile la domanda di annullamento della nota comunale del 31/05/2023 prot. 0011679/2023; 4) condanna l'Amministrazione intimata a rifondere alla società ricorrente le spese di lite, che liquida in complessivi Euro 2.000,00 (duemila/00), a titolo di compenso professionale di avvocato, oltre accessori come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Aosta nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati: Silvia La Guardia - Presidente Giovanni Francesco Perilongo - Referendario, Estensore Marilena Di Paolo - Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta Sezione Unica ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 38 del 2023, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Vi. Be., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero dell'Interno, Questura Aosta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale di Torino, domiciliataria ex lege in Torino, corso Stati Uniti, n. 45; per l'annullamento del provvedimento del Questore di Aosta del -OMISSIS- notificato alla parte in data -OMISSIS- con il quale è stato ordinato al signor -OMISSIS- l'immediato rimpatrio nel comune di residenza in -OMISSIS- ed il divieto di fare rientro nel comune di -OMISSIS- per un periodo di anni -OMISSIS- senza la preventiva autorizzazione del Questore nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e comunque conseguenziali. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Aosta; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2024 il dott. Lorenzo Maria Lico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con ricorso ritualmente notificato e regolarmente depositato presso la segreteria del T.A.R. Valle D'Aosta -OMISSIS- impugnava l'atto indicato in epigrafe, mediante il quale gli veniva l'immediato rimpatrio nel comune di residenza in -OMISSIS- ed il divieto di fare rientro nel comune di -OMISSIS- per un periodo di anni -OMISSIS- senza la preventiva autorizzazione del Questore. Il provvedimento veniva motivato dall'amministrazione sulla base dei seguenti elementi di fatto: - esistenza di segnalazioni di polizia relative ad episodi "-OMISSIS-"; - esistenza di una segnalazione di polizia, datata -OMISSIS- relativa a condotta di -OMISSIS-; - esistenza di precedenti di polizia per -OMISSIS-, nonché irrogazione di sanzioni amministrative in materia di -OMISSIS-; - plurimi controlli durante i quali il ricorrente veniva -OMISSIS-. Alla luce di tali elementi, e considerato che il ricorrente non risultava residente ad -OMISSIS-, né ivi svolgeva attività lavorativa, l'amministrazione riteneva di dover adottare l'atto impugnato, a seguito di un bilanciamento tra gli interessi del ricorrente ed il preminente interesse alla tutela della sicurezza e della tranquillità pubbliche. Il provvedimento veniva impugnato dal ricorrente per i seguenti motivi: 1. Violazione art. 7 legge n. 241/90 per aver omesso la Questura di dare comunicazione dell'avvio del procedimento al ricorrente; 2. Violazione e falsa applicazione degli articoli 1 e 2 d.lgs. n. 159/2011 per inesistenza dei presupposti di legge per l'applicazione della misura di prevenzione, mancanza o insufficienza della motivazione, carenza dell'istruttoria, violazione del principio di proporzionalità . Si costituiva in giudizio parte resistente con comparsa di stile per resistere al ricorso, affidando a successivi scritti difensivi ogni ulteriore argomentazione volta ad ottenere declaratoria di infondatezza del ricorso. Con ordinanza collegiale n. -OMISSIS- del -OMISSIS- il Tribunale accoglieva l'istanza di sospensione cautelare ai fini di cui all'art. 55, comma 10, c.p.a. e fissava per il 25.1.2024 l'udienza per la decisione, nel merito, della causa, disponendo altresì la produzione, da parte dell'amministrazione, della documentazione di cui all'art. 46, comma 2, c.p.a. L'amministrazione, in data -OMISSIS-, depositava il provvedimento impugnato e la documentazione relativa al procedimento. All'odierna udienza parte ricorrente insisteva per l'accoglimento del ricorso. Il Tribunale, preso atto del deposito, da parte della resistente, di istanza di passaggio in decisione, tratteneva la causa in decisione. DIRITTO Con un primo motivo di doglianza parte ricorrente censura il provvedimento impugnato in quanto l'amministrazione avrebbe illegittimamente omesso di comunicare l'avvio del procedimento, in violazione dell'art. 7 della L. n. 241 del 1990, così impedendo al ricorrente un'efficace tutela delle proprie ragioni in sede procedimentale. Il motivo è infondato. L'art. 7 della L. n. 241 del 1990, infatti, nella parte di interesse ai fini della decisione, prevede che "Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l'avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall'articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi". Nel caso di specie, l'amministrazione resistente ha congruamente motivato in relazione all'omessa comunicazione di avvio del procedimento, laddove ha affermato che "l'urgenza di assicurare l'immediata tutela degli interessi pubblici alla sicurezza ed all'ordine pubblico - suscettibile di immediata ulteriore compromissione - non consente la comunicazione di avvio di procedimento amministrativo". Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente censura il provvedimento indicato in epigrafe per mancanza dei presupposti di legge, carenza di attività istruttoria da parte dell'amministrazione e violazione del principio di proporzionalità . In particolare, lamenta parte ricorrente che: - non ricorrevano i presupposti per l'adozione dell'atto in quanto il ricorrente non poteva essere incluso in alcuna delle categorie di cui all'art. 1 del d.lgs. n. 159 del 2011; - l'amministrazione non aveva fornito specifica indicazione di fatti rilevanti ai fini del provvedimento, né aveva fornito idonee prove al riguardo; - la misura adottata deve ritenersi eccessivamente gravosa, in spregio del principio di proporzionalità . Il motivo di ricorso non è fondato. Rileva ai fini della decisione l'art. 1 del d.lgs. n. 159 del 2011, il quale prevede che "I provvedimenti previsti dal presente capo si applicano a: a) coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi; b) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; c) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, comprese le reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio di cui all'articolo 2, nonché dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica". L'amministrazione, nel provvedimento impugnato, ha ritenuto di poter includere il ricorrente nelle categorie di cui alle lettere -OMISSIS- e -OMISSIS- della disposizione citata, sulla base di elementi di fatto anch'essi indicati nella parte motiva dell'atto. L'iter motivazionale seguito dall'amministrazione nel provvedimento impugnato va esente da censure in quanto fondato su elementi di fatto rilevanti ed emergenti da atti di polizia, nonché retto da argomentazioni condivisibili in relazione alla sussistenza dei presupposti di legge per l'irrogazione della misura. In particolare, deve ritenersi che le plurime segnalazioni di polizia che hanno riguardato il ricorrente (alle quali veniva fatto riferimento nel provvedimento impugnato) siano idonee a costituire elemento da cui desumere la sussistenza dei presupposti per l'adozione della misura, atteso che non è necessario a tal fine (alla luce della finalità preventiva e non sanzionatoria del provvedimento di cui è causa) che i fatti abbiano trovato conferma all'esito di un procedimento penale (vedi segnalazioni di polizia di cui ai documenti nn. 3, 6 e 8 di parte resistente). Nel dettaglio, e solo per citare alcuni degli episodi che hanno riguardato il ricorrente, può farsi riferimento alla seguente documentazione: - proposta per l'applicazione del foglio di via obbligatorio del -OMISSIS- (doc. 2 di parte resistente), da cui si desume l'esistenza di una pluralità di segnalazioni di polizia a carico del ricorrente, tra cui un intervento resosi necessario in data -OMISSIS- in quanto il ricorrente, -OMISSIS-, si rendeva responsabile di due episodi di -OMISSIS-; - segnalazione di polizia del -OMISSIS- nella quale si dava atto della condotta, tenuta dal ricorrente, astrattamente rilevante a norma dell'art. -OMISSIS- c.p. (-OMISSIS-), consistita nell'essersi -OMISSIS-. Ciò posto, non può ritenersi irragionevole l'argomentazione svolta dall'amministrazione circa la possibilità di ritenere (a fronte di elementi indiziari idonei ad essere valutati nella prospettiva "preventiva" tipica delle misure previste dal d.lgs. n. 159 del 2011), che il ricorrente sia soggetto dedito a -OMISSIS- e che sia dedito alla -OMISSIS- afferenti la sicurezza o la tranquillità pubblica. La misura adottata risulta altresì conforme al criterio di proporzionalità che deve ispirare l'adozione di provvedimenti amministrativi lesivi della sfera dei privati, alla luce della pluralità delle segnalazioni di polizia che hanno riguardato il ricorrente e che hanno condotto l'amministrazione, condivisibilmente, ad evidenziarne la "persistente ed attuale pericolosità sociale", nonché la "spiccata riluttanza al rispetto delle regole di normale condotta morale e civile". Peraltro, è solo il caso di evidenziare che anche successivamente all'adozione del provvedimento impugnato il ricorrente è stato segnalato sul territorio del comune di -OMISSIS- (vedi segnalazione del -OMISSIS-, doc. 11 di parte resistente), circostanza che conferma la valutazione formulata dall'amministrazione circa la scarsa propensione del prevenuto al rispetto delle regole. A fronte di tale compendio motivazionale, non possono ritenersi meritevoli di accoglimento le argomentazioni svolte da parte ricorrente secondo cui la misura irrogata non terrebbe in considerazione l'esigenza di -OMISSIS- di prestare assistenza alla -OMISSIS-, la quale -OMISSIS-. Sul punto, va rilevato che la -OMISSIS- del ricorrente risulta essere -OMISSIS- (circostanze non contestate da parte ricorrente), non potendosi dunque ritenere che la necessità di un ausilio da parte del ricorrente sia di tale cogenza da imporre un diverso contenuto (in tesi meno restrittivo) del provvedimento di prevenzione. Inoltre, l'adozione della misura non preclude astrattamente al ricorrente, a fronte della manifestazione di esigenze specifiche e meritevoli di salvaguardia, di ottenere permessi in deroga al divieto disposto mediante il provvedimento impugnato. Per tutti i motivi sopra esposti il provvedimento impugnato va esente da censure ed il ricorso va rigettato. Alla luce della peculiarità del caso oggetto di giudizio sussistono ragioni per compensare le spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta Sezione Unica definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente ed eventuali soggetti terzi. Così deciso in Aosta nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2024 con l'intervento dei magistrati: Silvia La Guardia - Presidente Davide Miniussi - Referendario Lorenzo Maria Lico - Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta Sezione Unica ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 27 del 2023, proposto da -OMISSIS- in qualità di esercente la potestà sulla minore -OMISSIS-, -OMISSIS- in qualità di esercente la potestà sulla minore -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato Fe. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Regione Autonoma Valle D'Aosta, -OMISSIS-, non costituiti in giudizio; per l'annullamento del provvedimento di accoglimento con differimento dell'istanza di accesso agli atti in data -OMISSIS- formulata dai ricorrenti; nonché per l'accertamento del diritto di accesso costituito in capo ai ricorrenti nella loro qualità di genitori esercenti la patria potestà sulla minore -OMISSIS- a prendere visione per fini di giustizia e senza dilazione temporale della seguente documentazione: patto educativo di corresponsabilità ; verbali del Consiglio di Classe e/o da qualsivoglia diverso e/o ulteriore organo scolastico per l'anno scolastico 2022/2023 della classe -OMISSIS- frequentata da -OMISSIS-, avuto particolare riguardo ai verbali degli scrutini di fine anno, relativi a tutti i componenti della classe di studio -OMISSIS-; i criteri valutativi adottati dal Consiglio di Classe e/o da qualsivoglia diverso e/o ulteriore organo scolastico in via preventiva per la valutazione degli studenti, con particolare riferimento a quelli sottesi alla determinazione del voto di comportamento; atti di indirizzo adottati dal Consiglio di Istituto e/o da qualsivoglia diverso e/o ulteriore organo scolastico al fine dello svolgimento delle lezioni -OMISSIS- nell'anno scolastico 2022/2023 dal -OMISSIS- e tutti quelli differenti, antecedenti, conseguenti, consequenziali e/o funzionali a detta adozione; atti adottati dal Collegio Docenti e/o da qualsivoglia diverso e/o ulteriore organo scolastico del -OMISSIS- al fine dello svolgimento delle lezioni -OMISSIS- nell'anno scolastico 2022/2023 e tutti quelli differenti, antecedenti, conseguenti, consequenziali e/o funzionali a detta adozione; piano di miglioramento dal quale evincere la distribuzione omogenea nel corso dell'anno delle prove di valutazione per favorire il percorso di apprendimento graduale, cui sono stati sottoposti gli alunni della -OMISSIS-; tutte le prove scritte effettuate da -OMISSIS- nelle varie discipline e con particolare attenzione a quelle di -OMISSIS-; tutti i provvedimenti assunti dalla Scuola per attuare il potenziamento, con le varie modalità possibili, degli alunni della classe -OMISSIS- nelle varie discipline e, in particolar modo, in -OMISSIS-; bozza del verbale -OMISSIS-; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2024 il dott. Lorenzo Maria Lico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Con ricorso ex art. 116, comma 1, c.p.a. -OMISSIS- e -OMISSIS-, nella qualità di esercenti la potestà genitoriale sulla minore -OMISSIS- adivano il T.A.R. Valle D'Aosta chiedendo l'annullamento del provvedimento indicato in epigrafe, con il quale veniva accolta, con differimento, l'istanza di accesso agli atti avanzata dal ricorrente volta ad ottenere l'ostensione della documentazione (meglio specificata in epigrafe) relativa all'anno scolastico 2022/2023 frequentato dalla minore -OMISSIS- presso -OMISSIS-, classe -OMISSIS-. In particolare, l'amministrazione aveva accolto l'istanza di accesso agli atti, ritenendo tuttavia che "non essendo ancora stato formulato un giudizio definitivo sull'ammissione dell'alunna alla classe successiva, in ragione della ravvisata esistenza di debiti scolastici, per cui sono previsti esami di recupero", fosse opportuno differire l'accesso all'esito degli esami previsti per il -OMISSIS- di settembre 2023 per "salvaguardare il buon andamento dell'azione amministrativa, la sua serenità e la temporanea tutela di interessi". Il provvedimento veniva impugnato per i seguenti motivi: 1. Eccesso di potere - contraddittorietà ed illogicità - violazione dell'art. 22 e ss. L. n. 241/1990 e art. 9 d.p.r. n. 184/2006, violazione del principio del buon andamento e di trasparenza dell'azione amministrativa violazione degli artt. 13 e 436 e 7, l. r. n. 19/2007; 2. Violazione dell'art. 24 cost.; 3. Illogicità manifesta - contraddittorietà - eccesso di potere. Alla camera di consiglio del 10.10.2023, fissata per la decisione sul ricorso, il Collegio rilevava che la notificazione del ricorso alla Regione Valle D'Aosta era stata effettuata ad un indirizzo PEC non presente nell'elenco ReGInDe e, con ordinanza resa in pari data, assegnava termini al ricorrente per il rinnovo della notificazione e per il deposito della relativa prova. Con memoria del 23.9.2023 parte ricorrente dava atto che, nelle more del giudizio, l'amministrazione resistente aveva fornito una parte della documentazione richiesta, ed in particolare: il patto educativo di corresponsabilità firmato; copia dei verbali dell'anno scolastico 2022/2023; copia della circolare n. -OMISSIS- in merito alla visione delle verifiche scritte. I ricorrenti, tuttavia, affermavano di avere ancora interesse alla decisione del ricorso in quanto una parte della documentazione richiesta non era stata fornita e, con riferimento ai verbali del consiglio di classe, la stessa era stata illegittimamente "oscurata" relativamente alla valutazione dei compagni di classe della minore, impedendo così qualsiasi accertamento circa l'esistenza di profili di disparità di trattamento della stessa rispetto al resto della classe. Alla camera di consiglio del 25.1.2024 parte ricorrente insisteva per l'accoglimento del ricorso ed il Tribunale tratteneva la causa in decisione. Il ricorso è fondato, nei termini che si vanno di seguito ad esporre. I motivi di censura formulati da parte ricorrente possono essere congiuntamente apprezzati in quanto ad essi è sottesa una ratio unitaria, distinguendo tuttavia il profilo della documentazione non ostesa dall'amministrazione da quello della documentazione della quale viene prospettato l'illegittimo "oscuramento". Quanto al primo profilo, ritiene il Tribunale che alla luce della circostanza che gli esami di recupero, previsti per settembre 2023, sono stati svolti, non residuano elementi ostativi all'accesso a tutta la documentazione richiesta da parte ricorrente, specificamente e analiticamente indicata nell'istanza. L'amministrazione, peraltro, non ha, né in sede procedimentale né in sede processuale (non essendosi costituita in giudizio), esposto ragioni ostative all'esibizione di tale ulteriore documentazione, imponendosi pertanto l'accoglimento del ricorso in parte qua. Quanto al secondo profilo, relativo alla legittimità dell'oscuramento delle generalità di tutti gli alunni della classe -OMISSIS- diversi dalla ricorrente, anche in relazione a tale aspetto il ricorso va accolto. Infatti, sono condivisibili le argomentazioni svolte dal ricorrente nella parte in cui afferma che l'oscuramento integrale delle valutazioni operate dall'istituto scolastico impedisce ogni indagine circa eventuali profili di disparità di trattamento tra la ricorrente e gli altri alunni della sua classe, nella prospettiva di un'eventuale azione giudiziale avverso le valutazioni ottenute dalla minore. Dunque, l'ostensione dei verbali oscurati con riferimento alle valutazioni espresse nei confronti degli altri alunni della classe -OMISSIS- risulta lesiva del diritto di accesso "difensivo" di cui al combinato disposto degli articoli 22 e 24, comma 7, della L. n. 241 del 1990. Ciò posto, si pone nondimeno la necessità di operare un bilanciamento tra le esigenze difensive manifestate da parte ricorrente e il diritto alla riservatezza dei soggetti menzionati in detti verbali, esigenza che può essere soddisfatta (nel rispetto del principio di proporzionalità ) disponendo che l'amministrazione adotti cautele volte ad impedire l'identificazione degli alunni menzionati nei documenti (ad eccezione della minore -OMISSIS-), pur senza operare l'oscuramento dei profili valutativi contenuti nei verbali. Alla luce delle argomentazioni sopra esposte il ricorso va accolto e va ordinato all'amministrazione di consentire a parte ricorrente l'accesso alla seguente documentazione: - criteri valutativi adottati dal Consiglio di Classe e/o da qualsivoglia diverso e/o ulteriore organo scolastico in via preventiva per la valutazione degli studenti, con particolare riferimento a quelli sottesi alla determinazione del voto di comportamento; - atti di indirizzo adottati dal Consiglio di Istituto e/o da qualsivoglia diverso e/o ulteriore organo scolastico relativi allo svolgimento delle lezioni -OMISSIS- nell'anno scolastico 2022/2023 e tutti quelli differenti, antecedenti, conseguenti, consequenziali e/o funzionali a detta adozione; - atti adottati dal Collegio Docenti e/o da qualsivoglia diverso e/o ulteriore organo scolastico al fine dello svolgimento delle lezioni -OMISSIS- nell'anno scolastico 2022/2023 e tutti quelli differenti, antecedenti, conseguenti, consequenziali e/o funzionali a detta adozione; - piano di miglioramento dal quale evincere la distribuzione omogenea nel corso dell'anno delle prove di valutazione per favorire il percorso di apprendimento graduale, cui sono stati sottoposti gli alunni della -OMISSIS-; - tutte le prove scritte effettuate da -OMISSIS- nelle varie discipline, con particolare attenzione a quelle di -OMISSIS-; - i verbali del consiglio di classe relativi all'anno scolastico 2022/2023, previo oscuramento dei soli dati identificativi degli alunni in essi menzionati (ad eccezione della ricorrente). Le spese di lite, alla luce della circostanza che una parte della documentazione è stata fornita dall'amministrazione, vanno compensate per metà e poste, per la restante metà (pari ad euro 500,00), a carico di parte resistente. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta Sezione Unica definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione e ordina all'amministrazione resistente di consentire l'accesso (mediante presa visione ed estrazione di copia) da parte della ricorrente, entro trenta giorni dalla comunicazione della presente ordinanza, alla seguente documentazione: - criteri valutativi adottati dal Consiglio di Classe e/o da qualsivoglia diverso e/o ulteriore organo scolastico in via preventiva per la valutazione degli studenti, con particolare riferimento a quelli sottesi alla determinazione del voto di comportamento; - atti di indirizzo adottati dal Consiglio di Istituto e/o da qualsivoglia diverso e/o ulteriore organo scolastico relativi allo svolgimento delle lezioni -OMISSIS- nell'anno scolastico 2022/2023 e tutti quelli differenti, antecedenti, conseguenti, consequenziali e/o funzionali a detta adozione; - atti adottati dal Collegio Docenti e/o da qualsivoglia diverso e/o ulteriore organo scolastico al fine dello svolgimento delle lezioni -OMISSIS- nell'anno scolastico 2022/2023 e tutti quelli differenti, antecedenti, conseguenti, consequenziali e/o funzionali a detta adozione; - piano di miglioramento dal quale evincere la distribuzione omogenea nel corso dell'anno delle prove di valutazione per favorire il percorso di apprendimento graduale, cui sono stati sottoposti gli alunni della -OMISSIS-; - tutte le prove scritte effettuate da -OMISSIS- nelle varie discipline, con particolare attenzione a quelle di -OMISSIS-; - i verbali del consiglio di classe relativi all'anno scolastico 2022/2023, previo oscuramento dei soli dati identificativi degli alunni in essi menzionati (ad eccezione della ricorrente). Condanna parte resistente al pagamento in favore di parte ricorrente delle spese di lite, determinate in euro 500,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1, 2 e 5, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera f), del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di riproduzione e diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità del minore, dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare i medesimi interessati ivi citati. Così deciso in Aosta nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2024 con l'intervento dei magistrati: Silvia La Guardia - Presidente Davide Miniussi - Referendario Lorenzo Maria Lico - Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta Sezione Unica ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 20 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da C.M. Se. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ga. Tr., An. An., An. Ru. e Ma. Va., con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia; contro la Regione Autonoma Valle d'Aosta, l'Azienda Unità Sanitaria Locale Valle D'Aosta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ig. Pa. e Gi. Da. Ca., con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ig. Pa. in Novara, c.so (...); nei confronti la Vi. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Mi. Pe. e An. Mi. Be., con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia; per quanto riguarda il ricorso introduttivo: per la declaratoria dell'illegittimità del silenzio serbato dall'AUSL Valle d'Aosta sull'adesione alla Convenzione regionale SCR-Piemonte (gara 137-2018) in relazione al Lotto n. 3 e per la conseguente condanna dell'Amministrazione resistente a esprimersi con un provvedimento espresso, oltreché per l'accertamento ai sensi dell'art. 31, comma 3, c.p.a. dell'obbligo dell'AUSL Valle d'Aosta di aderire alla Convenzione regionale attualmente attiva per il proprio territorio entro il termine di trenta giorni, ovvero in quello che codesto Ecc.mo T.A.R. riterrà congruo, con contestuale nomina di un commissario ad acta nel caso di perdurante inadempimento ovvero, in subordine, dell''obbligo dell'AUSL Valle d''Aosta di compiere una valutazione comparativa tre la Convenzione regionale e la Convenzione Consip attualmente attive in relazione ai servizi di pulizia, sanificazione e servizi accessori Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da C.M. Se. S.r.l. l'8 giugno 2023: per l'annullamento, previa conversione del rito, - del riscontro dell'AUSL Valle d'Aosta, pervenuto in data 25 maggio 2023 con la quale l'Amministrazione ha ritenuto di non accogliere l'istanza in autotutela avanzata dalla ricorrente, oltreché per l'accertamento dell''obbligo dell'AUSL Valle d'Aosta di aderire alla Convenzione regionale attualmente attiva per il proprio territorio ovvero, in subordine, dell'obbligo dell''AUSL Valle d'Aosta di compiere una valutazione comparativa tre la Convenzione regionale e la Convenzione Consip attualmente attive in relazione ai servizi di pulizia, sanificazione e servizi accessori; Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Vi. S.p.A. e dell'Azienda Unità Sanitaria Locale Valle D'Aosta; Vista la sentenza non definitiva di questo T.A.R. n. 43/2023 del 10 ottobre 2023; Viste le istanze con cui i difensori delle parti costituite hanno chiesto al Collegio di porre la causa in decisione senza discussione Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2023 il dott. Calogero Commandatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Con ricorso notificato il 25 maggio 2023 e depositato il 26 maggio 2023, la società ricorrente ha proposto ricorso ex artt. 31 e 117 c.p.a. per la declaratoria dell'illegittimità del silenzio-inadempimento serbato dall'AUSL Valle d'Aosta sull'adesione alla Convenzione regionale SCR-Piemonte (gara 137-2018) in relazione al Lotto n. 3 sull'istanza in autotutela 11 aprile 2023, esponendo: - di essere stata aggiudicataria del lotto n. 3 relativo alla "gara regionale centralizzata per l'affidamento dei Servizi di pulizia, sanificazione e servizi accessori, a ridotto impatto ambientale per le Aziende del Servizio Sanitario della Regione Piemonte e per l'Azienda AUSL Valle d'Aosta (gara 137-2018)", indetta con bando pubblicato in data 5.12.2018 dalla SCR Piemonte S.p.a. (d'ora in poi SCR), non per far fronte a propri fabbisogni, bensì a quelli delle amministrazioni sanitarie regionali, e quindi in forza della propria iscrizione nell'elenco dei Soggetti Aggregatori di cui all'art. 9, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89; - che tale aggiudicazione è stata caducata dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 8608/2021, che in riforma della sentenza del T.a.r. per il Piemonte, ha annullato tutti gli atti di gara, con regressione della procedura alla fase di nomina della Commissione di gara; - che nella pendenza del predetto contenzioso, conclusosi con la sentenza del Cons. Stato n. 8608 del 24 dicembre 2021, l'AUSL Valle d'Aosta, con determina n. 551/2021, aderiva alla Convenzione Consip Sanità a far data dal 1° luglio 2021 con la seguente clausola "l'adesione alla Convenzione Consip si riterrà sospesa in caso di definitiva risoluzione del contenzioso inerente alla gara regionale di SCR Piemonte, nelle more della (e subordinatamente alla) valutazione qualitativa ed economica della maggior convenienza tra le offerte delle due affidatarie - selezionate all'esito delle procedure Consip S.p.A. ed S.C.R. S.p.A. - sotto il profilo non solo economico, ma anche prestazionale, di efficacia, di efficienza, e di migliore rispondenza alle necessità specifiche della Azienda Sanitaria AUSL della Valle d'Aosta"; - di essere stata nuovamente individuata quale aggiudicataria del lotto n. 3 con determina del 31 gennaio 2023, all'esito della rinnovazione della procedura di evidenza pubblica così come imposta dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 8608/2021; - che anche tale aggiudicazione è stata impugnata dinnanzi al T.a.r. per il Piemonte che ha rigettato l'istanza cautelare; - che, nonostante l'intervenuta nuova aggiudicazione del lotto n. 3, l'AUSL Valle d'Aosta era rimasta totalmente silente, non avendo fatto pervenire alla ricorrente alcuna comunicazione né in merito all'eventuale decisione di aderire alla Convenzione regionale né tantomeno in merito all'avvio di un procedimento di confronto tra le offerte delle due convenzioni attive per il suo territorio, ossia da un lato quella nazionale messa a disposizione da Consip e, dall'altro, quella regionale stipulata da SCR Piemonte; - di avere, pertanto, sollecitato l'amministrazione ad effettuare tale scelta, con un'istanza data 11 aprile 2023, rimasta inesitata e, pertanto oggetto del presente giudizio ex artt. 31 e 117 c.p.a. Si sono costituite in giudizio l'A.U.S.L. intimata nonché l'impresa contro-interessata. Nonostante la regolarità della notifica del ricorso introduttivo, la Regione Valle D'Aosta non si è costituita in giudizio. Con successivo ricorso per motivi aggiunti notificato il 6 giugno 2023 e depositato l'8 giugno 2023, parte ricorrente ha impugnato - contestandone, in via preliminare, la valenza provvedimentale idonea a far cessare il silenzio della P.A.- la nota PROTOCOLLO.U.0048096.25-05-2023 con cui l'A.U.S.L. intimata ha riscontrato l'istanza dell'11 aprile 2023. In ogni caso, la parte ricorrente - ove ritenuta la valenza provvedimentale di tale nota da parte di questo Tribunale - ha proposto azione di annullamento articolato i seguenti motivi: 1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della L. n. 241/1990. Violazione e falsa applicazione dell'art. 97 Cost. Violazione dell'art. 1, comma 449, L. n. 296/2006. Violazione dell'art. 1, commi 548, 549 e 550 della L. n. 208/2015. Violazione dell'art. 15 del D.L. n. 95/2012. Eccesso di potere per violazione del principio dell'autovincolo. Eccesso di poter per violazione del legittimo affidamento. Difetto di motivazione. Eccesso di poter per contraddittorietà . Eccesso di poter per assenza dei necessari presupposti di diritto. In sintesi, con tale motivo di ricorso parte ricorrente rileva la natura cedevole e sussidiaria delle convenzioni Consip rispetto alle convenzioni regionali e rilevando come l'amministrazione si fosse autovincolata nella determina n. 551/2021 a sospendere la convenzione Consip all'esito della definitiva risoluzione del contenzioso inerente alla gara regionale di SCR Piemonte. 2) Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della L. n. 241/1990. Violazione e falsa applicazione dell'art. 97 Cost. Violazione dell'art. 1, comma 449, L. n. 296/2006. Violazione dell'art. 1, commi 548, 549 e 550 della L. n. 208/2015. Violazione dell'art. 15 del D.L. n. 95/2012. Eccesso di potere per violazione del principio dell'autovincolo. Eccesso di poter per violazione del legittimo affidamento. Difetto di motivazione. Eccesso di poter per contraddittorietà . Eccesso di poter per assenza dei necessari presupposti di diritto. Con tale motivo, articolato in via subordinata, la parte ricorrente contesta la motivazione addotta dall'amministrazione resistente in ordine alla scelta tra le due convenzioni (regionale e nazionale), reputando, in particolare, inidoneo a fornire un giudizio di comparazione il punto di motivazione con cui nella determina n. 551/2021 si evidenzia che: "Preso atto - in disparte l'inoperatività della (impugnata e sospesa dal G.A.) procedura di gara S.C.R. Piemonte per il lotto che interessa AUSL Aosta - che comunque, da un'analisi svolta sui servizi di base e dalla comparazione dei relativi dati su singoli reparti ospedalieri, tra la Convenzione prevista nella S.C.R. Piemonte, di cui alla gara n. 137/2018, la Convenzione Consip, l'offerta presentata dall'aggiudicatario Consip per le pulizie ospedaliere in questione evidenzia una rilevante maggior convenienza economica e qualitativa: questo - a titolo esemplificativo e non esaustivo - con riferimento non solo a servizi analoghi a quelli oggi svolti da Dussmann Service S.r.l. ma anche tanto a servizi ultronei rispetto ad essi, quanto a servizi non compresi nel capitolato di S.C.R. Piemonte, invece previsti dal fornitore Consip S.p.A. nel proprio "Piano Dettagliato di Attività " (PDA), trasmesso in data 16/06/2021, per le c.d. "attività integrative" (pag. 55 PDA), che meglio si adeguano alle necessità di quest'Azienda Sanitaria rispetto al capitolato regionale S.C.R". Si sono costituite in giudizio l'A.U.S.L. intimata nonché l'impresa contro-interessata. Nonostante la regolarità della notifica del ricorso introduttivo, nessuno si è costituito per la Regione Valle D'Aosta. All'esito dell'udienza camerale del 10 ottobre 2023, ritenendo la natura provvedimentale della nota impugnata con motivi aggiunti, questo Tribunale, con sentenza non definitiva n. 43/2023 del 10 ottobre 2023, ha dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo proposto ai sensi degli art. 31 e 117 c.p.a. "poiché notificato il 25 maggio 2023, dopo le ore 17, a fronte della previa cessazione della contestata inerzia della P.A. in ragione della notifica, in pari data alle ore 9:09, del provvedimento espresso di diniego alla parte ricorrente" e disponendo la conversione del rito per l'esame dei motivi aggiunti. Le parti costituite hanno depositato memorie in vista dell'udienza pubblica del 12 dicembre 2023 alla quale, come da verbale, il ricorso è stato posto in decisione. Il ricorso per motivi aggiunti è infondato e va rigettato. Non merita accoglimento la prima doglianza articolata con il ricorso per motivi aggiunti. E invero, dalla lettura della determina n. 551/2021 con cui l'A.U.S.L. ha aderito alla Convenzione Consip Sanità a far data dal 1° luglio 2021 emerge come la stessa sia stata adottata in ragione dell'ordinanza cautelare (n. 2370 del 7 maggio 2021) con cui il Consiglio di Stato, in accoglimento dell'appello ex art. 62 c.p.a. avverso la sentenza del T.A.R. per il Piemonte, ha sospeso gli effetti dell'aggiudicazione in favore dell'odierna ricorrente. In tale contesto di fatto e di diritto, pertanto, la previsione contenuta nella determina n. 551/2021 - secondo cui "l'adesione alla Convenzione Consip si riterrà sospesa in caso di definitiva risoluzione del contenzioso inerente alla gara regionale di SCR Piemonte, nelle more della (e subordinatamente alla) valutazione qualitativa ed economica della maggior convenienza tra le offerte delle due affidatarie - selezionate all'esito delle procedure Consip S.p.A. ed S.C.R. S.p.A. - sotto il profilo non solo economico, ma anche prestazionale, di efficacia, di efficienza, e di migliore rispondenza alle necessità specifiche della Azienda Sanitaria AUSL della Valle d'Aosta" - deve qualificarsi come condizione risolutiva espressa operante solo nel caso in cui l'esito del contenzioso sopracitato fosse stato favorevole alla ricorrente con conseguente riespansione dell'efficacia dell'originaria aggiudicazione. Il predetto evento dedotto in condizione che non si è verificato, stante l'intervenuto annullamento della gara e, di conseguenza, dell'aggiudicazione disposta in favore della ricorrente, sicché non può predicarsi alcun autovincolo in capo alla P.A. E invero, la successiva riedizione della gara dalla parte della P.A. e la nuova aggiudicazione in favore della parte ricorrente non afferiscono alla "definitiva risoluzione del contenzioso" richiamato nella clausola della determina n. 551/2021 sopracitata rappresentando, invero, un'ulteriore fase amministrativa e procedimentale di tale vicenda che dal punto di vista giurisdizionale, con riferimento alla prima gara, deve ritenersi ormai esaurita. Con riferimento, inoltre, alla lamentata prevalenza e preferenza della convenzione regionale rispetto a quella nazionale, il provvedimento impugnato evidenzia come l'odierna ricorrente abbia già gravato la determina n. 551/2021 dinanzi a questo T.A.R. che, con sentenza del 29 settembre 2021, n. 59 del 2021 (non appellata), rigettando il relativo motivo di ricorso, ha ribadito come "la prevalenza (quasi) assoluta del ricorso alla procedura di acquisto di beni e servizi tramite le centrali regionali di committenza rispetto piuttosto che alle convenzioni Consip non appare del tutto condivisibile" e che "l'Azienda sanitaria resistente, pur aderendo originariamente alla Convenzione stipulata da SCR Piemonte, prima che fosse sospesa, si fosse autovincolata ad effettuare una "analisi della convenienza tra l'offerta derivante dalla gara SCR Piemonte e quella gestita da Consip SPA", all'esito della quale compiere una scelta definitiva". Le determinazioni assunte dall'amministrazione resistente con la nota gravata si fondano, pertanto, sul giudicato formatosi sulla sentenza di questo T.A.R. n. 59 del 2021 con riferimento alla specifica censura dedotta dall'odierna ricorrente sia con riferimento alla prevalenza, nel settore sanitario, dei sistemi di acquisizione di beni e servizi di livello regionale rispetto a quelli nazionali sia con riferimento agli oneri motivazioni dell'A.U.S.L. Ne consegue che i profili di censura relativi alla prospettata prevalenza della convenzione regionale su quella nazionale e alla necessità e sufficienza di un giudizio di comparazione di convenienza tra le due convenzioni, proposte nel presente giudizio, sono già state già scrutinate con esito negativo nella predetta sentenza di questo T.A.R. n. 59 del 2021, sicché deve ritenersi sussistente la preclusione discendente dal giudicato (Cons. Stato, sez. IV, 19 novembre 2018, n. 6486), con la conseguente insussistenza di un obbligo della P.A. di riesaminare la questione o di determinarsi in senso diverso. Da quanto fin qui esposto consegue il rigetto della seconda doglianza, articolata in via subordinata, con il ricorso per motivi aggiunti. In conclusione, il ricorso per motivi aggiunti deve essere rigettato. La peculiarità della vicenda e delle questioni esaminate legittima la compensazione delle spese di lite tra le parti costituite, nulla dovendosi disporre nei confronti dell'amministrazione regionale non costituita. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta Sezione Unica definitivamente pronunciando sul ricorso per motivi aggiunti, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Spese compensate tra le parti costituite, nulla sulle spese nei rapporti tra la parte ricorrente e la Regione Valle D'Aosta, non costituitasi in giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Aosta nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2023 con l'intervento dei magistrati: Silvia La Guardia - Presidente Calogero Commandatore - Primo Referendario, Estensore Marco Costa - Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta Sezione Unica ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 25 del 2023, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Sc., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Pa. Ro. e Ro. Sc., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento - della diffida di demolizione ai sensi dell'art. 77 comma 1 della L.R. 6 aprile 1998 n. n. 11 per opere realizzate in assenza di titolo abilitativo, n. -OMISSIS- del -OMISSIS- notificata al ricorrente in data -OMISSIS-, con la quale il Sindaco del Comune di (omissis) ha diffidato il -OMISSIS- "a voler provvedere alla demolizione dei manufatti eseguiti in assenza di titolo abilitativo entro e non oltre 90 giorni dalla notifica del (...) provvedimento ai sensi del comma 1 dell'art. 77 della legge regionale 6 aprile 1998 n. 11" (DOC. 1); - nonché di tutti gli atti presupposti e successivi e segnatamente della relazione tecnico ispettiva dell'ufficio tecnico comunale del -OMISSIS- (DOC 1-B); con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio, oltre IVA e CPA. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2023 il dott. Marco Costa e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Nell'espletamento di attività ispettiva presso i terreni dell'esponente, il Corpo Forestale regionale rilevava la presenza di "n. 4 recinzioni di varie metrature con posa di strutture e reti per il ricovero di -OMISSIS- (...)"; ne dava, pertanto, notizia ex art. 27 D.P.R. 380/2001 al Comune di (omissis), per gli approfondimenti di competenza. 2. Il Comune intimato avviava il conseguente procedimento volto alla qualificazione dei manufatti oggetto di segnalazione, inoltrando comunicazione al destinatario, accedendo ai luoghi ed ivi eseguendo rilievo fotografico (cfr. doc. 1b di parte ricorrente), nonché ricostruendo la disciplina vincolistica ed urbanistica conformante le proprietà in questione. 3. All'esito della richiamata istruttoria, il Sindaco del Comune di (omissis) emetteva la censurata "diffida di demolizione ai sensi dell'art. 77 comma 1 della L.R. 6 aprile 1998, n. 11 per opere realizzate in assenza di titolo abilitativo"; il provvedimento, emanato in forma di ordinanza sindacale, dato atto dell'esistenza di una relazione istruttoria svolta dall'ufficio tecnico comunale, ordinava la demolizione dei manufatti di seguito descritti: "- una recinzione suddivisa al suo interno, che ha inizio a "filo" del muro perimetrale esposto a est del fabbricato ubicato sul terreno distinto in catasto al foglio -OMISSIS-, mappale n. -OMISSIS- e che prosegue lungo il perimetro del terreno distinto in catasto al foglio -OMISSIS-, mappale n. -OMISSIS-; - una seconda recinzione suddivisa al suo interno, ubicata sul terreno distinto in catasto al foglio -OMISSIS-, mappale n. -OMISSIS-. Per quanto riguarda le misure, essendo difficoltoso rilevarle (terreno scosceso e di non facile accesso) e anche per la presenza di -OMISSIS-, si fa indicativamente riferimento alle fotografie". 4. Avverso il provvedimento insorgeva l'interessato, articolando le proprie censure sui motivi di ricorso rubricati come di seguito: I. Violazione dell'art. 7 della legge n. 241 del 1990: mancata comunicazione di avvio del procedimento amministrativo; II. Incompetenza del Sindaco all'emissione della diffida - Violazione dell'art. 46 co. III della Legge Regionale 54/1998, dell'art. 44 dello Statuto comunale e dell'art. 107 del d.Lgs. n. 267/2000; III. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, mancata valutazione di circostanze essenziali difetto di motivazione; IV. In subordine: violazione dell'art. 77 della L.R. 11/1998 con riferimento all'asserita esecuzione di trasformazioni in assenza di permesso di costruire. Il ricorrente formulava altresì istanza di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati, concludendo per l'accoglimento del ricorso, con vittoria di spese. 5. Si costituiva l'Amministrazione intimata, producendo documenti e memorie e concludendo per il rigetto del ricorso, con vittoria di spese. 6. All'esito dell'udienza in camera di consiglio del 11.7.2023, il Collegio con ordinanza n. -OMISSIS- ha accolto l'istanza cautelare. 7. All'udienza pubblica del 12 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 1. Con la prima doglianza l'esponente denuncia la violazione dell'art. 7 della L. 241/90 poiché il provvedimento censurato non è stato preceduto dalla previa comunicazione di avvio del procedimento. La censura è infondata. In proposito, in coerenza con il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, non può non rilevarsi il carattere tipizzato e vincolato degli ordini di ripristino degli illeciti edilizi, che presuppongono un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate e sul carattere abusivo delle medesime, con la conseguenza che, per la loro adozione, non è necessario l'invio della comunicazione di avvio del procedimento; da tali elementi discendono, quali ulteriori corollari, che non possa esservi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell'atto e non sia richiesta una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (ex multis, Cons. Stato, II, 3.6.2020, n. 3485). Nel caso di specie, peraltro, risulta che sia stato svolto un sopralluogo istruttorio alla presenza dell'interessato, a sua volta preceduto da comunicazione che ne preannunciava l'esecuzione (cfr. doc. 1b ricorrente). 2. Con la seconda doglianza l'esponente lamenta l'incompetenza del Sindaco all'adozione della gravata diffida. La patrocinata ricostruzione, in particolare, ritiene che la competenza sindacale testualmente prevista dagli artt. 77 e ss della L.R. Valle d'Aosta n. 11/1998 debba ritenersi attribuita agli organi di gestione per effetto della sopravvenuta disposizione di cui all'art. 46 c. 3 della L.R. Valle d'Aosta n. 54/1998, nonché del coerente disposto dell'art. 44 dello Statuto comunale e, in ultimo, dell'art. 107 del D. lgs. 267/ 2000. La censura è priva di pregio. In primo luogo, le leggi statali che attribuiscono ai dirigenti comunali la competenza ad ingiungere la demolizione di opere abusive non si applicano alle regioni a statuto speciale, per espressa dizione dell'art. 1, D.lgs. 267/2000. Sotto altro profilo, nei limiti delle censure proposte, la suggerita ricostruzione del quadro normativo non persuade, neppure ove riferita al solo ordinamento regionale. In primo luogo, la norma di cui all'art. 46 c. 3 della L.R. Valle d'Aosta n. 54/1998 deve essere letta in combinato disposto con gli artt. 26 e 117 dello stesso articolato e apprezzata quale enunciazione del principio della separazione tra funzioni di direzione politica e funzioni di direzione amministrativa cui l'organizzazione pubblica deve tendere, priva pertanto di portata automaticamente abrogatrice dell'intero assetto normativo previgente. Non si spiegherebbero, d'altronde, le successive, ripetute modifiche alla L.R. Valle d'Aosta n. 11/1998, senza che sia mai stata espunta l'attribuzione al Sindaco dei poteri in questa sede contestati. Ad eguali conclusioni conduce l'esame dell'art. 44 dello Statuto comunale, contenente la mera riproposizione dei sopra richiamati principi. Invero, anche alla luce delle ridotte dimensioni del Comune, l'ordinamento regionale fa salve diverse declinazioni del riparto di competenze tra il Sindaco e i dirigenti in quanto contenute negli statuti e nei regolamenti adottati dall'Ente Locale: il Comune intimato ha esercitato la propria autonomia organizzativa preservando in capo al Sindaco significative competenze amministrative (art. 38 dello Statuto comunale), nonché il generale potere di ordinanza (art. 40 dello Statuto comunale), senza attribuire espressamente la materia edilizia alla sola struttura amministrativa. Inoltre, sotto altro profilo, l'attività di gestione riservata ai dirigenti della struttura amministrativa non coincide necessariamente con la più ampia attività di vigilanza edilizia (Cons. Stato, VI, 11.4.2023, n. 3650). La richiamata ricostruzione si pone in sintonia con il disposto dell'art. 53, comma 23, della legge n. 388 del 2000 laddove consente ai comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti di conferire ai componenti dell'organo esecutivo il potere di emanare atti aventi natura tecnico gestionale. In ogni caso, anche alla luce della peculiare natura bifasica del procedimento demolitorio di cui agli artt. 77 e ss L.R. Valle d'Aosta 11/1998, il provvedimento di diffida gravato - avente natura pacificamente vincolata - per un verso ripropone integralmente l'esito dell'istruttoria svolta dagli uffici amministrativi (parimenti oggetto della presente impugnativa), per altro verso si atteggia altresì quale comunicazione di avvio del procedimento preordinato all'emissione della eventuale, successiva ordinanza di demolizione, il cui responsabile del procedimento è individuato nella persona del segretario comunale, mentre il referente dell'istruttoria nel tecnico comunale. Alla luce della superiore ricostruzione e nei limiti delle censure dedotte, anche accedendo alla non condivisa individuazione dell'organo competente patrocinata da parte ricorrente, assume dirimente pregnanza l'ulteriore scrutinio nel merito del provvedimento gravato. 3. Il Collegio procede all'esame delle censure di cui ai numeri III. e IV. del ricorso introduttivo, che possono essere trattate congiuntamente in ragione della complementare e integrata critica all'apprezzamento sul piano fattuale e giuridico dell'intervento edilizio in contestazione. Le doglianze sono fondate. Le opere contestate, infatti, consistono nella mera posa di recinzioni in rete metallica, parzialmente mascherate dalla vegetazione e rette da paletti di vari materiali infissi nel terreno o direttamente ancorate agli alberi posti sul perimetro o comunque all'interno dei lotti di proprietà del ricorrente, in assenza di cordoli in cemento o di altri elementi edilizi di sostegno permanenti. Le richiamate caratteristiche morfologico-strutturali e funzionali dei manufatti, direttamente evincibili anche dal compendio fotografico agli atti (cfr. doc. 1 b ricorrente), depongono per la valorizzazione degli stessi quale esercizio del generale ius excludendi alios immanente al diritto dominicale, non costituente trasformazione urbanistico-edilizia subordinata al previo rilascio del permesso di costruire. In coerenza con le esposte considerazioni, il Collegio ritiene di richiamare il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa per cui l'apposizione di cancelli e recinzioni, funzionali alla delimitazione della proprietà, rientra nello ius excludendi alios e si inquadra, anche in relazione ai materiali utilizzati, tra gli interventi di finitura di spazi esterni di cui all'articolo 6, comma 1, lettera e-ter), del D.P.R. 30 giugno 2001, n. 380, per cui rientra fra le ipotesi di edilizia libera e non richiede alcun titolo edilizio (Cons. Stato, II, 26.09.2022, n. 8267, Cons. Stato, VI, 24.02.2022, n. 1306; Cons. Stato,VI, 2.1.2020, n. 34). Il provvedimento gravato si limita a contestare l'assenza di un titolo edilizio propedeutico alla realizzazione delle opere, richiamando illegittimamente la disciplina per il rilascio del permesso di costruire, non applicabile alle opere de quibus. A diversa conclusione non può pervenirsi sulla base dell'esigenza di tutela dei qualificati interessi ambientali e paesaggistici evocato dalla difesa comunale, in primo luogo perché, comunque, il provvedimento gravato non prende espressamente in considerazione tali profili, in secondo luogo perché tali obiettivi di salvaguardia non sarebbero comunque idonei ad imporre una aprioristica e insuperabile presunzione di incompatibilità dei manufatti con i beni oggetto di tutela (ex multis T.A.R. Lombardia, Brescia, 11.10.2017, n. 1217); in ogni caso, i manufatti in questione, stante il relativo, ridotto impatto tanto sui beni ambientali oggetto di tutela quanto sul decoro delle aree circostanti, non possono riternersi idonei a giustificare la proposta riqualificazione dell'ordinanza impugnata quale provvedimento contingibile e urgente ai sensi dell'art. 50 comma 5 D.lgs 267/2000. Come correttamente argomenta il ricorrente, la relazione tecnica menzionata nell'atto e depositata agli atti del presente giudizio non risulta comunque notificata unitamente alla diffida e non può, pertanto, integrarne la motivazione per relationem. In conclusione, il ricorso deve essere accolto, con annullamento degli atti impugnati. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta Sezione Unica definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla gli atti impugnati. Condanna l'Amministrazione intimata al pagamento delle spese di lite in favore del ricorrente, in ragione di Euro 2.000,00 (euro duemila/00), oltre al rimborso del contributo unificato e agli accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità . Così deciso in Aosta nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2023 con l'intervento dei magistrati: Silvia La Guardia - Presidente Calogero Commandatore - Primo Referendario Marco Costa - Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta Sezione Unica ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 3 del 2023, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Sa. Ro., con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia; contro il Comune di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Mo., con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Milano, via (...); per l'annullamento a) dell'ordinanza n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, notificata in pari data, con la quale è stata ingiunta la demolizione "delle opere eseguite in assenza dei titoli abilitativi su immobile sito in -OMISSIS-, censito al Catasto Fabbricati al Foglio -OMISSIS- mappali -OMISSIS- e su terreni censiti al Catasto Terreni al Foglio -OMISSIS- mappali -OMISSIS- e comunque il ripristino dello stato dei luoghi"; b) per quanto occorra, della conclusione negativa della conferenza di servizi semplificata del -OMISSIS- prot. -OMISSIS-; c) per quanto occorra, del verbale di sopralluogo prot. -OMISSIS- dell'-OMISSIS-; d) di ogni altro atto preordinato, connesso e/o consequenziale comunque lesivo degli interessi della ricorrente, comprese le indagini istruttorie se ed in quanto compiute; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2023 il dott. Calogero Commandatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con ricorso notificato il -OMISSIS- e depositato il successivo -OMISSIS-, la società ricorrente ha impugnato l'ordinanza di demolizione indicata in oggetto esponendo: - che la -OMISSIS- (che aveva la propria sede in -OMISSIS- -OMISSIS-) acquistava dalla RAVA la proprietà di un capannone industriale elevantesi ad un piano fuori terra ed entrostante al terreno censito al Foglio -OMISSIS- n. -OMISSIS-, nonché la proprietà di alcuni terreni censiti al Foglio -OMISSIS- n. -OMISSIS- situati, da PRGC, in zona industriale; 2) che il fabbricato di cui sopra era stato edificato in conformità alla licenza rilasciata dal Comune di -OMISSIS- in data -OMISSIS- ed era stato successivamente oggetto di un ampliamento consentito con concessione edilizia n. -OMISSIS- del -OMISSIS-. 3) che in data -OMISSIS- la -OMISSIS- trasferiva il capannone industriale ed i terreni di cui sopra alla -OMISSIS-; 4) di avere presentato, in data -OMISSIS-, un'istanza ai sensi dell'art. 38, co. 12, L.R. 11/98 al Comune di -OMISSIS- (assunta al prot. -OMISSIS- del -OMISSIS-) e alla Regione Autonoma Valle d'Aosta (assunta al prot. -OMISSIS- del -OMISSIS-) chiedendo la "sistemazione dell'area esterna, la demolizione e ricostruzione su sedime diverso dell'immobile sito in -OMISSIS- in -OMISSIS-", stante le condizioni precarie in cui versava il fabbricato di cui sopra, necessitante di un intervento di ristrutturazione importante con la contestuale messa in sicurezza dell'area attraverso l'adeguamento della quota del piano di campagna da portare ad una quota compatibile con i fenomeni di esondazione attesi per la piena della Do. Ba. (quota altimetrica con tempo di ritorno 200 anni +370,80 s.l.m.); - che, in sintesi, l'intervento consisteva nella demolizione e ricostruzione del capannone industriale ad una quota compatibile con i fenomeni di esondazione attesi per la Do. Ba., fissata a 372,00 m s.l.m.; - di avere ricevuto la nota prot. -OMISSIS- del -OMISSIS- del Comune di -OMISSIS- di sospensione - in attesa di documentazione integrativa - dei termini procedimentali dell'istanza prot. -OMISSIS-; - di avere presentato in data -OMISSIS- - in attesa del parere del Comune sull'originario progetto di demolizione e ricostruzione di cui sopra, nonché della autorizzazione regionale su proposta avanzata dal Comune - un'istanza (assunta al prot. -OMISSIS-) volta ad ottenere la sanatoria dell'area esterna, ossia del rilevato quale riporto di materiale costituito da stabilizzato da cava e granulato di asfalto, realizzato per il raggiungimento della quota dei 372.00 m. s.l.m.; - come il rilevato oggetto dell'istanza di sanatoria fosse da considerarsi parte integrante di un più ampio progetto (portato a conoscenza del Comune di -OMISSIS- con istanza del -OMISSIS-), così come espressamente indicato nell'istanza di sanatoria, rubricata "permesso di costruire in sanatoria nell'ambito del progetto di sistemazione dell'area esterna e demolizione e ricostruzione su sedime diverso dell'immobile sito in -OMISSIS- nel comune di -OMISSIS-"; - di avere ricevuto la nota del -OMISSIS- prot. -OMISSIS- con cui il Comune di -OMISSIS- comunicava di avere indetto una conferenza di servizi semplificata asincrona per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria sopraindicato; - di avere inviato in data -OMISSIS- al Comune di -OMISSIS- e alla Regione Autonoma Valle d'Aosta una comunicazione con la quale, rammentando la necessità che le due richieste (intervento edilizio di demolizione e ricostruzione del fabbricato e sanatoria del rilevato), seppure formulate separatamente, venissero esaminate complessivamente ed unitariamente, instava affinché venisse convocata una conferenza di servizi (alla quale avrebbe anch'essa partecipato congiuntamente ai propri consulenti) sulla domanda di "sistemazione dell'area esterna e demolizione e ricostruzione su sedime diverso dell'immobile sito in -OMISSIS- nel Comune di -OMISSIS-" al fine ultimo di conseguire le necessarie autorizzazioni; - di avere rappresentato che l'intervento oggetto del progetto, un tempo qualificato quale "nuova costruzione", alla luce del contenuto della DGR n. -OMISSIS- del -OMISSIS- avrebbe dovuto classificarsi quale "ristrutturazione", determinando così il venire meno della procedura ai sensi dell'art. 38 co. 12 L.R. 11/98; - di avere trasmesso, in data -OMISSIS-, al Comune di -OMISSIS- una ulteriore comunicazione con la quale formulava istanza di sospensione della conferenza di servizi semplificata asincrona, ribadendo l'esigenza che venisse indetta una specifica conferenza di servizi al fine di valutare complessivamente ed unitariamente tutti gli interventi da eseguirsi, quindi non solo la sanatoria del realizzato ma anche i nuovi interventi edilizi; - di avere replicato in data -OMISSIS- alla nota del Comune, ricevuta in data -OMISSIS-, indicante nuove ragioni ostative all'accoglimento dell'istanza di permesso di costruire in sanatoria; - che, nel riscontrare la comunicazione del Comune, in data -OMISSIS- la società formulava nuovamente istanza di sospensione della conferenza di servizi semplificata asincrona anticipando che, in caso di mancato accoglimento dell'istanza, la richiesta di permesso di costruire in sanatoria del -OMISSIS- avrebbe dovuto ritenersi formalmente rinunciata; - di avere ricevuto in data -OMISSIS- da parte del Comune, senza riscontrare la richiesta di sospensione/rinuncia sopraindicata, la determinazione di conclusione negativa della conferenza di servizi semplificata inerente al rilascio del "permesso di costruire in sanatoria per la realizzazione del rilevato nell'ambito del progetto di sistemazione dell'area esterna e demolizione e ricostruzione su sedime diverso nel Comune di -OMISSIS-"; - di avere presentato in data -OMISSIS- una nuova e integrata istanza di permesso di costruire avente ad oggetto "sistemazione dell'area esterna e demolizione e ricostruzione su sedime diverso dell'immobile sito in -OMISSIS- nel comune di -OMISSIS-, spostamento, modifiche e riutilizzo del rilevato esistente" richiedendo, appunto, di poter eseguire un articolato intervento edilizio, comprendente, tra l'altro, lo "spostamento, modifiche e riutilizzo del rilevato esistente"; - di avere ricevuto in data -OMISSIS- dal Comune la comunicazione dell'interruzione dei termini del procedimento relativo all'istanza del permesso di costruire presentata in data -OMISSIS- cui seguiva il provvedimento gravato con il presente giudizio. Tanto premesso, la ricorrente ha interposto il presente gravame articolando i seguenti motivi: 1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 e ss. della L. n. 241/90. Violazione del giusto procedimento. Difetto di motivazione, stante l'omessa e imprecisa individuazione delle opere dal demolire. 2) Eccesso di potere. Travisamento dei fatti, manifesta illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà ed incongruità . Si è costituito in giudizio il Comune intimato che ha depositato documentazione chiedendo il rigetto del ricorso. Con ordinanza del -OMISSIS-, n. -OMISSIS- - di cui non consta appello - il Tribunale ha respinto l'istanza cautelare, compensando le spese della relativa fase. in vista dell'udienza le parti hanno depositato memorie ex art. 73, comma 1, c.p.a. In ottemperanza all'ordine istruttorio portato dall'ordinanza n. -OMISSIS- dell'-OMISSIS- di questo Tribunale, il Comune ha depositato documenti e la parte ricorrente ha depositato una memoria. All'udienza pubblica del 12 dicembre 2023, il difensore di parte ricorrente ha formulato istanza di rinvio segnalando che in data odierna la medesima ricorrente ha depositato un nuovo ricorso, che ha assunto il n. -OMISSIS-, avverso un provvedimento, emesso dal Comune di -OMISSIS-, di interruzione del procedimento relativo al rilascio del permesso di sistemazione dell'area esterna di un immobile e contestuale ristrutturazione del medesimo, il Collegio ha posto la causa in decisione, riservandosi di decidere in merito alla predetta istanza. DIRITTO Preliminarmente il Collegio deve rigettare l'istanza di rinvio formulata dalla difesa della parte ricorrente all'udienza del 12 dicembre 2023 stante il disposto dell'art. 73, comma 1-bis, c.p.a. che limita la possibilità di disporre il rinvio della trattazione, consentendolo solo per motivi eccezionali, non rinvenibili, come nel caso di specie, nella mera pendenza di un altro giudizio di cui non è stata documentata e allegata l'assoluta pregiudizialità . Ciò posto, il ricorso è infondato e va rigettato. Non merita accoglimento il primo motivo di ricorso poiché l'ordinanza di demolizione impugnata opera un preciso rinvio: i) al diniego alla pratica n. -OMISSIS-, inerente il rilascio del "pdc in sanatoria per la realizzazione del rilevato nell'ambito del progetto di sistemazione dell'area esterna e demolizione e ricostruzione su sedime diverso nel comune di -OMISSIS-", sito in via -OMISSIS- su immobile censito al Catasto Fabbricati al Foglio -OMISSIS- mappali -OMISSIS- e su terreni censiti al Catasto Terreni al Foglio -OMISSIS- mappali -OMISSIS-, zona di PRGC "Da1", trasmessa in data -OMISSIS- prot. -OMISSIS-; ii) al diniego alla diffida prot. -OMISSIS-; iii) al verbale di sopralluogo prot. -OMISSIS- dell'-OMISSIS-. Il provvedimento impugnato pertanto deve ritenersi sufficientemente motivato per relationem ex art. 3 della l. n. 241 del 1990 (T.A.R. Campania, sez. VII, 27 novembre 2017, n. 5564) con riferimento ad atti - regolarmente depositati in giudizio dall'amministrazione resistente - da cui emerge chiaramente la natura e la consistenza dell'opera da demolire nonché la sua esatta collocazione, circostanze di cui, peraltro, la parte ricorrente è perfettamente edotta poiché coincidenti con le opere di cui la stessa - prospettandone l'abusività - ha richiesto l'accertamento di conformità, successivamente denegato. Anche il secondo motivo di ricorso non è meritevole di accoglimento. E invero, ai fini dell'adozione del provvedimento repressivo impugnato con il presente gravame, deve ritenersi del tutto irrilevante che il provvedimento di determinazione conclusiva della conferenza di servizi, datato -OMISSIS- sia stato adottato a fronte della rinuncia della ricorrente alla relativa istanza. L'attività di repressione degli abusi edilizi - di cui il Comune acquisisce l'esistenza sia d'ufficio sia a seguito di autodenuncia del privato a fronte dell'istanza di accertamento di conformità - costituisce espressione di un potere vincolato il cui esercizio è doveroso a fronte della constatata abusività degli interventi edilizi e dell'assenza di un titolo che ne legittimi il mantenimento (Cons. Stato, sez. VI, 16 agosto 2023, n. 7785). L'intervenuta rinuncia all'odierna parte ricorrente all'istanza di sanatoria n. -OMISSIS- appare irrilevante ai fini del presente giudizio, dovendosi evidenziare, invece, come tale circostanza militi in favore dell'amministrazione che pertanto ha esercitato il potere repressivo a fronte non solo del rigetto, ma anche della rinuncia dell'istanza volta a conseguire il titolo edilizio in sanatoria. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese di lite, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta Sezione Unica definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del Comune resistente che si liquidano in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre al rimborso delle spese forfettarie ex art. 2, comma 2, del d.m. n. 55/2014 della C.P.A. e dell'I.V.A., nella misura di legge, se dovute. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità della parte ricorrente. Così deciso in Aosta nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2023 con l'intervento dei magistrati: Silvia La Guardia - Presidente Calogero Commandatore - Primo Referendario, Estensore Marco Costa - Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di AOSTA Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei magistrati: dott. Eugenio GRAMOLA Presidente dott. Luca FADDA Giudice dott. Paolo DE PAOLA Giudice rel./est. Sentito il relatore, ha pronunciato la seguente sentenza nella causa civile di primo grado iscritta al n. 945/2023 del Ruolo Generale Affari Contenziosi Civili, avente ad oggetto Interdizione Promossa da PROCURA DELLA REPUBBLICA presso l'intestato Tribunale Per l'interdizione di Co.Be., nato (...) e residente a Verres (AO) - via (...) RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE I. Con il ricorso introduttivo del giudizio (depositato il 24.10.2023), il Pubblico Ministero presso l'intestato Tribunale ha chiesto che fosse pronunciata l'interdizione o l'inabilitazione di Co.Be., sul rilievo che lo stesso si trovava in condizioni psico-fisiche tali da renderlo incapace di provvedere ai propri interessi, con conseguente necessità di assicurargli un'adeguata protezione. Il P.M. ha anche rappresentato l'assenza di persone legate al Co. dai vincoli di parentele/affinità (cfr. il novellato ora art. 473bis.52 c.p.c. introdotto dal D.Lgs. n. 149/2022). La domanda di interdizione è meritevole di accoglimento Al riguardo, si osserva in primo luogo che il Co., nell'ambito di un quadro di capacità cognitiva "borderline", presenta un "importante deterioramento cognitivo, che limita e diminuisce la capacità di critica o di autodeterminarsi", oltre ad avere "dei deficit importanti di memoria che non gli permettono di registrare, e poi recuperare, le nuove informazioni', tanto che anche "la sua capacità di aderire ad un progetto di inserimento in struttura ha una durata limitata; dopodichè non ricorda più quanto concordato e riprende sue abitudini precedenti, come il girovagare senza fissa dimora", con la conseguenza che "non è in grado di prendersi cura di sé, né di fare progetti' (esiti del referto di "somministrazione di test deterioramento o sviluppo intellettivo psicologia" dell'Azienda USL Valle d'Aosta - Dipartimento di Salute Mentale - Struttura semplice Dipartimento di Psicologia - Servizio di Psicologia Clinica Ospedaliera e NPE, del 24.8.2023 - cfr. documentazione allegata al ricorso). Nel senso indicato depongono altresì, chiaramente ed univocamente, gli esiti dell'esame ex art. 419 c.c. compiuto all'udienza del 28.11.2023 dal GOP delegato, presso la struttura ospedaliera ove si trovava il Co.. Ed invero, in occasione dell'esame, il Co. ha riferito correttamente solo il nome e cognome mentre non ha risposto alle altre semplici domande rivoltegli (data e luogo di nascita, data e luogo dell'esame, moneta corrente), rimanendo in silenzio; in tal modo, il predetto ha dimostrato di non essere collocata nel tempo e nello spazio. A ciò deve aggiungersi che non sono ravvisabili elementi per ritenere che per il deficit da cui è affetto il Co. (il quale presenta tuttora "condizioni cliniche caratterizzate da decadimento cognitivo con episodi di agitazione psicomotoria e wandering" - cfr. certificazione medica trasmessa il 16.11.2023 dall'assistente sociale ai fini dell'effettuazione dell'esame presso la struttura ove il Co. medesimo si trovava) sia possibile un'evoluzione positiva con un miglioramento della situazione. Sussistono dunque le condizioni richieste dalla legge, ai sensi degli artt. 414 e ss. c.c.. Alla luce delle osservazioni svolte, è infatti indubitabile che l'infermità di mente di Co.Be. è abituale e gli impedisce di provvedere ai propri interessi; l'interdizione, inoltre, appare necessaria al fine di garantire al predetto un'adeguata protezione, non risultando idonea alcuna diversa misura di protezione. Al riguardo, si osserva che, ai sensi dell'art. 414 c.c., "Il maggiore di età e il minore emancipato, i quali si trovano in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, sono interdetti quando ciò è necessario per assicurare la loro adeguata protezione". Ciò significa che nel caso in cui un soggetto sia affetto da un'infermità di mente che presenti carattere di abitualità, cioè di durata nel tempo tale da qualificarla come habitus normale del soggetto, e che inoltre incida sulla capacità del soggetto medesimo di provvedere alla cura dei propri interessi, il Tribunale può procedere ad emettere pronuncia di interdizione quando tale alterazione psichica determini una inettitudine pratica alla cura dei propri interessi. La pronuncia di interdizione non è, però, obbligatoria in presenza di una condizione di abituale infermità, avendo l'ordinamento apprestato anche altre forme di tutela. In particolare, ai sensi dell'art. 404 c.c., "la persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal Giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio". La Corte Costituzionale nella pronuncia 9.12.2005 n. 440 ha chiarito che l'istituto dell'amministrazione di sostegno non si sovrappone a quello dell'interdizione, in quanto l'interdizione si pone come misura residuale, potendo essere disposta solo quando sia necessaria ad assicurare all'incapace adeguata protezione. Da ciò consegue che le persone che, per effetto di infermità di natura psichica, anche di carattere totale e definitivo, si trovino nella impossibilità di provvedere ai propri interessi vanno tutelate di regola attraverso la nomina di un amministratore di sostegno, senza ricorrere alla interdizione che importa una limitazione generale della capacità di agire. Solo nel caso in cui la nomina di un amministratore di sostegno si riveli, in relazione alla situazione concreta del soggetto ed alle specifiche esigenze di rappresentanza, insufficiente ad offrire protezione all'incapace, è consentito ricorrere all'istituto della interdizione. Tale conclusione è stata ribadita dalla giurisprudenza di legittimità, che ha chiarito che la differenza tra amministratore di sostegno e interdizione non risiede in un elemento quantitativo, e cioè nella maggiore o minore gravità della malattia o dell'handicap della persona interessata, che potrebbe anche essere totale e permanente, ma in un criterio funzionale e cioè nella natura e nel tipo di attività che l'incapace non è più in grado di compiere da sé e nella idoneità dell'uno o dell'altro istituto ad assicurare all'incapace la protezione più adeguata col suo minor sacrificio. L'amministrazione di sostegno è, pertanto, l'istituto di elezione e di primo impiego per l'apprestamento della tutela della persona inferma o menomata e dei suoi interessi, mentre solo ove tale misura si riveli inadeguata alla concreta situazione, per la complessità dell'attività da gestire o per impedire al soggetto di compiere atti pregiudizievoli per sé anche in considerazione della permanenza di un minimum di vita di relazione o in ogni altra ipotesi in cui si pone un'analoga esigenza, potrebbe farsi luogo alla misura più radicale della interdizione, che attribuisce, a differenza dell'amministrazione di sostegno, uno status di incapacità. Orbene, nel caso di specie, alla luce dei rilievi di cui sopra, l'interdizione - come detto -appare necessaria al fine di garantire al Co. un'adeguata protezione, non risultando idonea alcuna diversa misura di protezione. Ed invero, risulta evidente come l'interdicendo non sia in grado di accudire sé stesso né di svolgere autonomamente le comuni attività della vita quotidiana e di relazione e si trovi in condizione di abituale infermità di mente, che risulta tale da giustificare una pronuncia di interdizione. Osserva inoltre il Collegio, con riferimento all'applicazione dell'istituto dell'amministrazione di sostegno, come da un lato all'amministratore non possano essere attribuiti i poteri esercitati dal tutore (sentenza n. 440/05 Corte Costituzionale) e dall'altro l'amministratore non possa sostituirsi all'amministrato nelle decisioni di natura personale, essendo esclusa dalle disposizioni di cui all'art 411, comma 1 c.p.c. l'estensione all'amministratore di sostegno dei poteri previsti in capo al tutore dagli artt. 357, 358 e 371 cc; in tale contesto ed in applicazione dei criteri posti dalla giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. n. 13584/06), nella vicenda in esame, l'interdizione risulta l'unico strumento che assicuri un'adeguata protezione alla convenuta in termini di assistenza, cura della persona e di gestione patrimoniale. Deve infine, a cura della Cancelleria, trasmettersi al Giudice Tutelare copia in carta libera della presente sentenza, ex art. 42 disp. att. c.c., per la nomina del tutore e l'esercizio delle funzioni di sua spettanza. II. L'istruttoria espletata è sicuramente completa (alla luce anche della documentazione prodotta), essendo emersi elementi decisivi che rendono ultronei ulteriori incombenti. III. In considerazione della natura del giudizio instaurato dal P.M., la regolamentazione delle spese processuali deve avvenire come per legge ai sensi degli artt. 145 e 131 del D.P.R. n. 115 del 2002. P.Q.M. Il Tribunale ordinario di Aosta in composizione collegiale, definitivamente pronunciando nella causa civile di primo grado iscritta al n. 945/2023 R.G., pronuncia l'interdizione di Co.Be., nato (...) e residente a Verres (AO) - via (...), C.F.: (...). Spese come per legge ai sensi degli artt. 145 e 131 del D.P.R. n. 115/2002. Manda alla Cancelleria di provvedere agli incombenti di cui all'art. 423 c.c. e dispone che copia della presente sentenza sia trasmessa in carta libera al Giudice Tutelare. Così deciso in Aosta il 30 novembre 2023. Depositata in Cancelleria il 30 novembre 2023.

  • Tribunale ordinario di Aosta Riunito in Camera di Consiglio in persona dei magistrati: 1) dott. Eugenio GRAMOLA - Presidente 2) dott. Maurizio DABRUSCO - Giudice 3) dott. Davide PALADINO - Giudice rel./est. Sentito il relatore, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 129.2022 del Ruolo Generale Affari Contenziosi Civili, avente ad oggetto: Cessazione degli effetti civili del matrimonio promossa dal ricorrente M.C., nato ad A. il (...) rappresentato e difeso dall'Avv.... del foro di Aosta. nei confronti della resistente R.G. nata a M. (A.) il (...), rappresentata e difesa dagli Avv. ... con l'intervento del PUBBLICO MINISTERO presso l'intestato Tribunale Precisate dalle parti all'udienza 11.07 u.s. tenutasi con modalità telematiche, le seguenti Svolgimento del processo - Motivi della decisione I. E' intervenuta sentenza parziale di questo Tribunale con cui si è provveduto allo scioglimento del vincolo a fini civili. III. Occorre a questo punto procedere all'esame delle questioni economiche relative alle istanze formulate in tema di assegno di mantenimento della figlia maggiorenne A. e divorzile del coniuge (dato atto che, nulla opponendo le parti, si è già provveduto in sede presidenziale alla revoca dell'assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne ed economicamente autosufficiente Edwin). Si comincia ad esaminare tale ultima domanda. Al riguardo, si rileva in primo luogo che vi è ontologica diversità tra l'assegno di mantenimento in favore del coniuge disposto in sede di separazione personale e l'assegno disposto in sede di divorzio ex art. 5 comma 6 L. n. 898 del 1970; la determinazione dell'assegno di divorzio, infatti, "è indipendente dalle statuizioni patrimoniali operanti, per accordo tra le parti e in virtù di decisione giudiziale, in vigenza di separazione dei coniugi, poiché, data la diversità delle discipline sostanziali, della natura, struttura e finalità dei relativi trattamenti, correlate e diversificate situazioni, e delle rispettive decisioni giudiziali, l'assegno divorzile, presupponendo lo scioglimento del matrimonio, prescinde dagli obblighi di mantenimento e di alimenti, operanti nel regime di convivenza e di separazione, e costituisce effetto diretto della pronuncia di divorzio" (cfr. Cass. civ. sez. 1 sentenza n. 11575/2001, Cass. civ. Sez. 1 sentenza n. 25010/2007). L'ontologica diversità tra assegno di separazione ed assegno di divorzio, in particolare, è ricollegabile alla cessazione del vincolo coniugale che costituisce l'effetto del divorzio e che non è invece presente con la separazione personale. Ciò posto, si rileva che secondo un precedente consolidato orientamento giurisprudenziale: l'assetto economico considerato in occasione della separazione personale poteva costituire comunque un "indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione" (Cass. civ. sez. 1 sentenza n. 11575/2001, Cass. civ. Sez. 1 sentenza n. 25010/2007); occorreva fare riferimento al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio; cfr., ex multis, Cass. civ. sez. 1 sentenza n. 11686/2013, secondo cui: "L'accertamento del diritto all'assegno divorzile va effettuato verificando l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto. A tal fine, il tenore di vita precedente deve desumersi dalle potenzialità economiche dei coniugi, ossia dall'ammontare complessivo dei loro redditi e dalle loro disponibilità patrimoniali, laddove anche l'assetto economico relativo alla separazione può rappresentare un valido indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione relativi al tenore di vita goduto durante il matrimonio e alle condizioni economiche dei coniugi". Tale orientamento è stato superato sulla base della rivisitazione dell'istituto dell'assegno di divorzio operato dalla Corte di Cassazione civ. sez. 1 con la sentenza n. 11504 del 2017, nella quale è stato evidenziato che: "Il giudice del divorzio, richiesto dell'assegno di cui all'art. 5, comma 6, della L. n. 898 del 1970, come sostituito dall'art. 10 della L. n. 74 del 1987, nel rispetto della distinzione del relativo giudizio in due fasi e dell'ordine progressivo tra le stesse stabilito da tale norma: A) deve verificare, nella fase dell'an debeatur - informata al principio dell'autoresponsabilità economica" di ciascuno degli ex coniugi quali "persone singole", ed il cui oggetto è costituito esclusivamente dall'accertamento volto al riconoscimento, o no, del diritto all'assegno di divorzio fatto valere dall'ex coniuge richiedente -, se la domanda di quest'ultimo soddisfa le relative condizioni di legge (mancanza di "mezzi adeguati" o, comunque, impossibilità "di procurarseli per ragioni oggettive"), con esclusivo riferimento all'indipendenza o autosufficienza economica" dello stesso, desunta dai principali "indici" - salvo altri, rilevanti nelle singole fattispecie - del possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari (tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu "imposti" e del costo della vita nel luogo di residenza dell'ex coniuge richiedente), delle capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all'età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo), della stabile disponibilità di una casa di abitazione; ciò, sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte dal richiedente medesimo, sul quale incombe il corrispondente onere probatorio, fermo il diritto all'eccezione ed alla prova contraria dell'altro ex coniuge; B) deve "tener conto", nella fase del quantum debeatur - informata al principio della "solidarietà economica" dell'ex coniuge obbligato alla prestazione dell'assegno nei confronti dell'altro in quanto "persona" economicamente più debole (artt. 2 e 23 Cost), il cui oggetto è costituito esclusivamente dalla determinazione dell'assegno, ed alla quale può accedersi soltanto all'esito positivo della prima fase, conclusasi con il riconoscimento del diritto -, di tutti gli elementi indicati dalla norma (".... condizioni dei coniugi, .... ragioni della decisione, .... contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, .... reddito di entrambi ...."), e "valutare" "tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio", al fine di determinare in concreto la misura dell'assegno di divorzio; ciò sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte, secondo i normali canoni che disciplinano la distribuzione dell'onere della prova (art. 2697 cod. civ.)". L'elaborazione giurisprudenziale dell'istituto ha registrato un'ulteriore evoluzione, giungendo ad una sua ridefinizione con la sentenza della Corte di Cassazione Sezioni Unite civili n. 18287/2018 che, sulla base dei principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che connotano l'unione coniugale anche dopo il venir meno del vincolo matrimoniale, ha evidenziato la necessità di considerare, in un'ottica complessiva, il contributo fornito alla conduzione della vita familiare, costituente il frutto di decisioni comuni dei coniugi, "libere e responsabili", potenzialmente idonee ad incidere anche profondamente sull'assetto economico-patrimoniale delle parti dopo la fine della loro unione, tenendo conto in tale contesto anche di una valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali. In particolare, è stato affermato, nella citata sentenza n. 18287/2018, il seguente principio di diritto: "Ai sensi dell'art. 5 c. 6 della L. n. 898 del 1970, dopo le modifiche introdotte con la L. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto". Orbene, nel caso di specie, i requisiti delineati nell'arresto che si è testè citato paiono del tutto insussistenti posto che la resistente risulta titolare di patrimonio immobiliare nonché di assegno pensionistico, talché non risulta né impossidente né priva di reddito, oltre al fatto che, sul piano squisitamente perequativo, deve rilevarsi come la signora R. non abbia rinunciato a svolgere attività lavorativa per dedicarsi alla famiglia poiché è pacifico che la stessa abbia lavorato sino al conseguimento della pensione e della liquidazione. In virtù delle considerazioni che precedono, deve negarsi il diritto di parte resistente a vedersi riconoscere qualsivoglia somma a titolo di assegno divorzile. Quanto all'assegno in favore della figlia A., va detto come la stessa, che ha ormai 24 anni, stia terminando il proprio percorso di studi all'estero, svolto con profitto ed esitato in uno stage retribuito (con borsa mensile di 1900 franchi svizzeri). Tuttavia l'impegno lavorativo è ancora a tempo determinato, ragion per cui non può allo stato affermarsi con certezza che ella abbia definitivamente raggiunto la stabilità economica, essendo prevedibile che possa raggiungerla nel corso del prossimo anno una volta conseguita la laurea. Per tali ragioni l'assegno mensile di Euro 470 dovrà continuare ad esserle versato (direttamente come prevede la legge) dal padre fino al raggiungimento dell'indipendenza economica e comunque non oltre il 31.12.2024. Spese straordinarie al 50% per ogni genitore come da protocollo. Quanto all'assegnazione della casa coniugale, trattasi di disposizione che viene prevista in favore del genitore collocatario del figlio minorenne, condizione che non è realizzata nella specie, dato che tutti e due i figli delle parti sono maggiorenni, ragion per cui non si deve confermare sul punto la previsione della separazione. In considerazione dell'esito complessivo del giudizio (caratterizzato dalla circostanza che nessuna delle parti ha conseguito un integrale accoglimento di tutte le proprie domande), non è ravvisabile la soccombenza di una parte rispetto all'altra tale da giustificare - ai sensi dell'art. 91 c.p.c. - la condanna alla refusione delle spese processuali, spese che vanno dunque integralmente compensate ai sensi dell'art. 92 c.p.c.. Nessuna delle parti ha agito (o resistito) in mala fede o con colpa grave, ma si è limitata all'esercizio di facoltà processuali previste dalla legge, per cui anche la domanda di condanna ai sensi dell'art. 96 c.p.c., svolta da entrambe le parti, va rigettata. P.Q.M. Il Tribunale ordinario di Aosta in composizione collegiale, definitivamente pronunciando e sentito il Pubblico Ministero, disattesa e respinta ogni altra e contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede: 1) DISPONE che M.C. versi direttamente alla figlia M.A. l'importo mensile di Euro 470 a titolo di assegno di mantenimento per sé medesima fino al raggiungimento dell'indipendenza economica da parte di quest'ultima e comunque non oltre il 31.12.2024, e pone a carico del padre il rimborso in favore della madre R.G. del 50% delle spese straordinarie sostenute per la figlia A. fino al raggiungimento dell'indipendenza economica da parte di quest'ultima e comunque non oltre il 31.12.2024, secondo le disposizioni del protocollo vigente in materia presso l'intestato Tribunale; 2) RIGETTA ogni altra domanda svolta dalle parti. 3) COMPENSA integralmente tra le parti le spese processuali del presente giudizio. Conclusione Così deciso in Aosta, il 15 novembre 2023. Depositata in Cancelleria il 15 novembre 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Aosta Sez. civile in persona del G.o.p. dott.ssa Elisa Catanuto pronuncia la seguente SENTENZA definitiva nella causa iscritta al n. 212/2022 promossa da: Cl.Ga., nato (...), residente a Orano (Algeria), (...), cod. fisc. (...), elettivamente domiciliato in Torino, corso (...), presso lo studio dell'Avv. Ma.Me. (cod. fisc. (...)) e dell'Avv. St.Me. (cod. fisc. (...)), che lo rappresentano per procura in calce all'atto Introduttivo Attore in opposizione contro Ca. S.P.A., in persona dell'Amministratore Unico e legale rappresentante pro tempore, con sede in Saint Vincent (AO), Via (...), C.F. (...), rappresentata e difesa, dall'avv. Ni.Jo. (C.F. (...), fax (...)) del Foro di Aosta ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. Ni.Jo. in Aosta, Via (...), giusta delega apposta su foglio a parte allegato in calce al ricorso per decreto ingiuntivo opposto Convenuta opposta In punto a: Opposizione a decreto ingiuntivo - pagamento somme RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso per decreto ingiuntivo la società Ca. spa, otteneva dal Tribunale di Aosta decreto ingiuntivo n. 426/2021 per la complessiva somma di Euro 27500,00 (dedotti gli acconti versati e pari ad Euro 2500,00), in forza dell'emissione da parte del debitore, sig. Cl.Ga., di n.3 assegni bancari privi di copertura e tratti su Ba., dell'importo rispettivamente di Euro 15000,00 del 10.5.2012 recante la numerazione (...); di Euro 10000,00 del 7.5.2012, con numerazione (...) e di Euro 5000,00 del 7.5.2012 recante numerazione (...). Avverso detto provvedimento presentava opposizione il sig. Cl.Ga., che, con atto di citazione in opposizione notificato in data 23.2.2022, conveniva in giudizio la società Ca. spa in persona del legale rappresentante al fine di ottenere, in via preliminare, il rigetto della avversa istanza di concessione della provvisoria esecutività del decreto opposto e, nel merito in via principale, di sentire pronunciare la nullità/annullabilità e/o inefficacia del decreto ingiuntivo emesso, il tutto con il favore delle spese di giudizio, oltre rimborso forfettario, cpa ed iva. Si costituiva ritualmente la società Ca. spa la quale, in via preliminare, instava per la concessione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto, nel merito chiedeva il rigetto dell' avversa domanda e la conferma del decreto opposto, conseguentemente domandando la condanna al pagamento della somma complessiva di Euro 27500,00 e in via di ulteriore subordine, la condanna al pagamento della diversa somma accertanda in corso di causa. Il tutto con vittoria di spese di giudizio. Il Giudice, alla prima udienza, sostituita dal deposito telematico di note scritte, si pronunciava rigettando l' istanza di concessione della provvisoria esecutività del decreto assegnando altresì termini alla parti per il deposito di memorie ex art. 183 VI comma c.p.c.. Allo spirare dei detti termini il Giudice dott. Da. ammetteva la prova per testi e fissava udienza per l'escussione al 2/3/2023. Il procedimento de quo, con provvedimento di delega del 24/1/23 veniva successivamente assegnato all'odierno Giudicante che rinviava al 3/4/23 h. 12.30 per i medesimi incombenti. All'udienza de quo venivano escussi i n. 2 testi ammessi, quindi su concorde istanza delle Parti il Giudice fissava udienza di precisazione delle conclusioni al 25.5.23, da svolgersi in trattazione scritta e con termine sino alla data della predetta udienza per il deposito di note di precisazione conclusioni al cui esito concedeva alle Parti gli ordinari termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di memorie conclusionali e repliche, allo spirare dei quali tratteneva la causa in decisione. La presente opposizione è infondata e pertanto non può trovare accoglimento, sono da intendersi richiamate le allegazioni e deduzioni delle parti, per tutto quanto non viene di seguito trattato in quanto rilevante ai fini del decidere. La giurisprudenza di legittimità, in primis Cass. Civ. Sez. III, con sentenza n. 7694 del 2014, ha chiarito che "l'art. 1933 cod. civ. nega, com'è noto, la possibilità di agire per il pagamento di debiti derivanti da un giuoco o da una scommessa, solo attribuendo al creditore, una volta che adempimento vi sia stato, la soluti retentio. Chiamata ad occuparsi della sorte di obbligazioni in vario modo connesse al giuoco o alla scommessa, questa Corte ha ripetutamente statuito che l'estensione della disciplina codicistica testè richiamata a fattispecie quali dazioni di denaro, di fiches, promesse di mutuo, riconoscimenti di debito, è possibile unicamente allorché tali atti risultino funzionalmente collegati all'attuazione del giuoco o della scommessa, di talché possa ritenersi sussistente un diretto interesse del mutuante a favorire la partecipazione al gioco del mutuatario; con la reciproca e speculare conseguenza che, ove siffatto interesse manchi, per essere il mutuante del tutto estraneo all'uso che il mutuatario fa delle somme erogategli, le cause dei due negozi non hanno tra loro, quel collegamento che solo giustifica la sottoposizione dell'uno alla disciplina dell'altro. È bene precisare che i presupposti per la contaminazione della natura del mutuo e la tracimazione del relativo obbligo di restituzione nell'ambito delle obbligazioni naturali è stata negata anche in presenza di accertata consapevolezza del mutuante che la somma sarebbe stata impiegata dall'accipiens nel gioco, non integrando ciò, si è detto, un motivo illecito determinante e comune ad entrambi i contraenti" (conf. Cass. civ. 31 gennaio 2008, n. 2386; Cass. civ. 2 settembre 2004, n. 17689; Cass. civ. 17 novembre 1999, n. 12752; Cass. civ. 6 aprile 1992, n. 4209; Cass. civ. 16 giugno 1986, n. 4001)". La più recente Giurisprudenza di legittimità, ma altresì quella di merito, ha sostanzialmente confermato tale impostazione. In particolare, in un caso analogo a quello odierno, la Corte di Appello di Torino, sez.I° civile con Sentenza n. 929/2022 pubblicata il 24/08/2022, richiamando vari precedenti giurisprudenziali, ha affermato, in un caso analogo a quello sottoposto all'attenzione del sottoscritto Giudicante, che "la consegna di fiches da impiegare nel gioco d'azzardo in cambio di un assegno bancario, e la mancata restituzione dell'importo pari alle fiches ricevute, non integra obbligazione di gioco,pur nella consapevolezza del creditore dell'impiego delle somme ricevute, non essendo sufficiente la mera presenza di un intento speculativo nell'operazione realizzata; tale fattispecie deve essere sussunta nello schema negoziale del mutuo, non ravvisandosi né la diretta compartecipazione del mutuante al gioco, ovvero la condivisione del rischio, né l'interesse economico diretto del mutuante al risultato, ovvero il conseguimento degli utili di giocata, né,infine, potendosi configurare un'ipotesi di collegamento negoziale, in quanto realizzabile soltanto tra atti idonei a produrre effetti giuridici, mentre il risultato del gioco non fa sorgere alcuna obbligazione giuridicamente vincolante. Affinché il prestito di denaro possa configurare attività di gioco è necessaria la partecipazione diretta del mutuante all'attività di gioco in antagonismo con il mutuatario o unitamente ad esso, purché chi ha fornito le somme di danaro, sia, in qualche modo destinatario effettivo del risultato del gioco e ne subisca l'alea (cfr. Cass., Sez. 3, n. 17686 del 2.07.2019; vedi anche Cass. sez. 3, n. 14375 del 27.05.2019: "L'estensione della disciplina dell'art. 1933 c.c., riguardante i contratti di giuoco, ai mutui a questi collegati - quali dazioni di denaro o di "fiches", o promesse di mutuo, o riconoscimenti di debito - sussiste solo quando essi costituiscano mezzi funzionalmente connessi all'attuazione del giuoco o della scommessa e siano tali da realizzare fra i giocatori le stesse finalità pratiche del rapporto di giuoco, concorrendo un diretto interesse del mutuante a favorire la partecipazione al gioco del mutuatario."; vedi anche Cass. sez. 3, n. 4001 del 16.06.1986, che già spiegava come: "L'estensione della disciplina ex art. 1933 cod. civ. riguardante i contratti di giuoco ai mutui che risultino a questi collegati - quali dazione di danaro o di "fiches", promessa di mutuo,riconoscimento di debito - sussiste solo quando essi costituiscano mezzi funzionalmente connessi all'attuazione del giuoco o della scommessa e siano tali da realizzare fra i giuocatori le stesse finalità pratiche del rapporto di giuoco, concorrendo un diretto interesse del mutuante a favorire la partecipazione al giuoco del mutuatario; per contro, ove manchi tale interesse per non essere il mutuante a confronto del mutuatario in una determinata partita, ne' partecipante insieme a questo ad un giuoco collettivo di azzardo, la causa del negozio di mutuo non si pone in diretto collegamento con il contratto di giuoco neppure in presenza della consapevolezza del mutuante che la somma sarà impiegata dal ricevente nel giuoco, non integrando ciò un motivo illecito determinante e comune ad entrambi i contraenti). Come precisato dalla pronuncia di merito sopra riportata, affinchè l'operazione negoziale realizzata dalle parti sotto forma di finanziamento o di mutuo possa considerarsi come sussunta nello schema legale del giuoco o scommessa ex art. 1933 c.c. è necessario accertare in corso di causa 1) la diretta compartecipazione del mutuante nel gioco svolto con il mutuatario (condivisione del rischio) 2) l' interesse economico diretto del mutuante al risultato dell'attività del mutuatario (conseguimento di utili dalla giocata). Pertanto alla luce del fatto che costituisce fatto notorio la circostanza che il Ca. de la Vallèe s.p.a. sia il solo soggetto legittimato ad organizzare e gestire il gioco d'azzardo all'interno della casa da gioco Ca. di St. Vincent; In particolare, "la società, tramite il proprio ufficio cassa-assegni, fornisce alla clientela, ossia ai giocatori d'azzardo, la provvista di gettoni di gioco (fiches) contro il rilascio di assegni di conto corrente o circolari, così favorendo e di fatto finanziando l'attività di gioco dei clienti, la quale è infatti resa possibile proprio grazie alla provvista di gettoni messa disposizione dalla società mediante il cambio di assegni. Inoltre l'esercizio del gioco d'azzardo nel Ca. di St. Vincent, prerogativa esclusiva della società opposta, rientra nell'oggetto stesso dell'attività di impresa e costituisce pertanto un fattore che concorre a determinare l'utile e la produttività della società"(Trib. Aosta sent. n.81/2021). Da quanto sopra specificato emerge come vi sia interesse della società a partecipare al gioco come antagonista in alcune tipologie di giocate in cui il Ca. funge da "banco" o a favorire la partecipazione al gioco del soggetto finanziato e ad attuare il gioco d'azzardo, rientrando per l'appunto detta attività nell'oggetto dell'impresa esercitata. Tuttavia nel caso de quo, il sig. Cl.Ga. non ha provato che le fiches acquistate fossero state da lui effettivamente utilizzate per un gioco che vedeva il Ca. come suo antagonista, l'unica testimone indicata, moglie dell'opponente, sig.ra Na.Vo., escussa all'udienza del 03.04.2023 non ha potuto fornire la prova richiesta in quanto ha dichiarato di non essere stata presente nelle sale da gioco nelle serate nelle quali sono state acquistate le fiches dal sig. Ga., come peraltro emerge dalla scheda ingressi prodotta sub. Doc. 5 dall'opposta. Tale circostanza è stata confermata altresì dal teste dell'opposta sig. Paolo Siracusa, dipendente del Ca.. La teste Vo., come emerso dall'escussione testimoniale e dai tabulati degli ingressi, aveva effettuato due ingressi nelle sale da gioco il giorno 20 e 21 aprile 2012, mentre l'acquisto delle fiches per cui è causa risale al 7 e 10 maggio 2012. Secondo le generali regole di ripartizione dell'onere probatorio, in particolare trattandosi di giudizio di opposizione, spetta al debitore ingiunto provare i fatti modificativi o estintivi del debito, laddove il creditore opposto deve provare l'esistenza del credito azionato in via monitoria. Ciò posto, il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità tra cui (Cass. 19 luglio 2019, n. 19537, Cass. 8 marzo 2019, n. 14375; Cass. 26 ottobre 2015, n. 21715; Cass. 2 aprile 2014, n. 7694 e altri precedenti conformi), ha statuito che ricade sul debitore cliente che invoca la disciplina dell'art. 1933 c.c., l'onere di provare che i gettoni di gioco acquistati o comunque ricevuti dalla casa da gioco contro il rilascio di assegni, siano stati effettivamente "giocati" e "persi" nel gioco d'azzardo all'interno della casa da gioco stessa e non siano stati invece utilizzati in altro modo (ad es. cessione a terzi), orientamento peraltro seguito da codesto Tribunale: ex multis sentenza n.81/2021 (Giudice dott. Da.) del Tribunale di Aosta, confermata dalla Corte d'Appello di Torino con Sentenza n. 929/2022 del 24/8/2022. Infine la Suprema Corte con pronuncia n.17687 del 2/7/2019 ha affermato il seguente principio, condivisibile nel caso di specie: " la consegna di fiches da impiegare nel gioco d'azzardo in cambio di un assegno bancario, e la mancata restituzione dell'importo pari alle fiches ricevute, non integra obbligazione di gioco, pur nella consapevolezza del creditore dell'impiego delle somme ricevute, non essendo sufficiente la mera presenza di un intento speculativo nell'operazione realizzata. Tale fattispecie deve essere sussunta nello schema negoziale del mutuo, non ravvisandosi né la diretta compartecipazione del mutuante al gioco, ovvero la condivisone del rischio, né l'interese economico diretto del mutuante al risultato, ovvero il conseguimento degli utili di giocata, né infine, potendosi configurare un'ipotesi di collegamento negoziale, in quanto realizzabile soltanto tra atti idonei a produrre effetti giuridici, mentre il risultato del gioco non fa sorgere alcuna obbligazione giuridicamente vincolante. Affinché il prestito di denaro possa configurare attività di gioco è necessaria la partecipazione diretta del mutuante all'attività di gioco in antagonismo con il mutuatario o unitamente ad esso purché chi ha fornito le somme di denaro,sia, in qualche modo destinatario effettivo del risultato del gioco e ne subisca l'alea" (Cass. Civ. n. 17687 del 02.07.2019). Pertanto ricade a carico del cliente che invoca la disciplina di cui all'art. 1933 c.c. l'onere di provare che i gettoni di gioco acquistati o comunque ricevuti dalla casa da gioco contro il rilascio di assegni siano stati effettivamente "giocati" e "persi" nel gioco d'azzardo all'interno della casa da gioco stessa e, in particolare, che siano stati realmente utilizzati in una determinata partita che ha visto il mutuante a confronto del mutuatario o partecipante insieme a questo ad un gioco collettivo d'azzardo. Nulla è emerso dall'escussione della teste di parte opponente, sig.ra Na.Vo., in merito alla prova della eventuale sussunzione dell'operazione negoziale intervenuta tra le parti nello schema legale del giuoco o scommessa ex art. 1933 c.c., nel caso di specie difetta la prova di tale circostanza. Per contro il creditore ha fornito prova del credito azionato, producendo gli assegni emessi e sottoscritti dal Ga. nonché la scheda cliente allegata sub. Doc. 3 alla memoria di 183 VI comma n.2 c.p.c. da cui peraltro si evince il versamento di acconti da parte del debitore, per il complessivo importo di Euro 2500,00. In ultimo, sull'eccezione sollevata dall'opponente in merito all'applicabilità nel caso di specie dell'art. 1175 c.c., si rappresenta quanto segue. Gli effetti portati all'incasso risultano tutti tratti su Ba. e datati rispettivamente: 10.05.2012 (doc. 1 doc. opposta); 07.05.2012 (doc. 2 opposta ) e 07.05.2012 (doc. 3 dell'opposta), dalla disamina della scheda cliente allegata sub. Doc. 3 alla memoria di 183 VI comma n. 2 depositata dall'opposta, i predetti assegni risultano portati all'incasso meno di un mese dopo dalla data in essi indicata, ovvero il primo e il secondo effetto il 2 giugno 2012, l'ultimo il 26 giugno 2012. Ciò posto, non si può validamente sostenere che il creditore, solo ritardando di qualche settimana la presentazione all'incasso degli assegni de quo, abbia omesso di collaborare diligentemente per assicurare l'adempimento dell'obbligazione, conseguentemente non è ravvisabile, nel caso di specie, una violazione dell'art. 1175 c.c.. Alla luce di quanto sopra l'opposizione deve essere respinta, le spese processuali seguono la soccombenza ex D.M. 55/2014 così come modificato dal D.M. 147/2022. P.Q.M. Il Tribunale ordinario di Aosta in persona del G.o.p. dott.ssa Elisa Catanuto, definitivamente pronunciando nella causa civile di primo grado iscritta al n. Rg. 212/2022 così provvede: Rigetta l'opposizione e conferma il decreto ingiuntivo opposto n. 426/21 emesso dal Tribunale di Aosta in persona del Giudice dott. Ma.Da. del 21/12/2021. Condanna l'opponente al pagamento delle spese di lite in favore dell'opposta, liquidate in complessivi euro 7616,00 di cui euro 1701,00 per la fase di studio della controversia, euro 1204,00 per la fase introduttiva del Giudizio, euro 1806,00 per la fase di trattazione ed istruttoria, ed euro 2905,00 per la fase decisionale, oltre iva, cpa, rimb. forf. spese gen. come per legge. Così deciso in Aosta il 4 ottobre 2023. Depositata in Cancelleria il 4 ottobre 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI AOSTA SEZ. CIVILE Il Tribunale, in composizione monocratica nella persona del gop Dott.ssa Elisa Catanuto, delegata- in forza di provvedimento comunicato al Presidente e dal medesimo sottoscritto - dal giudice Dott. Maurizio D'Abrusco ai fini della emissione del provvedimento definitorio, ha pronunciato ex art. 429 c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 1212/2022 del Ruolo Generale Affari Contenziosi Civili, avente ad oggetto Ricorso in opposizione ex art. 22 L. 24 novembre 1981 in combinato disposto art. 6 D.Lgs. n. 150 del 2011, del 15.12.2022 promosso da (...) ((...)), nato ad A. il (...) e residente a Q. in villaggio V. 1, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Fr.Or. e Pa.Ma. Opponente Nei confronti di REGIONE AUTONOMA VALLE D'AOSTA in persona del PRESIDENTE DELLA REGIONE AUTONOMA VALLE D'AOSTA, nell'esercizio delle attribuzioni prefettizie, (c.f. (...)), rappresentato e difeso dal dott. St.Fe. e dal dott. Lu.Co., anche disgiuntamente, in forza dei rispettivi decreti del Presidente della Regione Autonoma Valle d'Aosta n. 50 e 52 in data 27/01/2023 Opposta Avverso l'ordinanza-ingiunzione del Presidente della Regione, nell'esercizio delle attribuzioni prefettizie, prot. n. (...) del 14/11/2022, con la quale è stata irrogata la sanzione amministrativa di Euro 5000,00 per l'infrazione di cui all'art. 527, comma 1, c.p., come modificato dall'art. 2, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, oltre ad Euro 10,15 per spese di notifica, in relazione al compimento di atti osceni in luogo pubblico. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Dal verbale di accertamento di violazione amministrativa in data 29/01/2018, versato agli atti (sub doc. (...) memoria di parte opposta), in allegato al rapporto della Questura di Aosta U.P.G.S.P., acquisito al prot. n. (...) in data 01/06/2018, risulta che a seguito di un intervento effettuato presso l'esercizio commerciale "Master G" per una lite tra avventori, gli accertatori, uscendo fuori dal locale, notavano il Sig. (...) intento ad orinare all'altezza del parafango sinistro del veicolo di istituto (...), targato Polizia (...), ove si trovavano i simboli della Repubblica italiana nonché sulla striscia tricolore della bandiera italiana e sul simbolo della (...), rappresentato da una pantera. L'uomo veniva immediatamente fermato, ma lo stesso inveiva contro gli operatori facendo alcuni gesti verso i propri genitali alla presenza di numerose persone che assistevano alla scena. Nel ricorso in opposizione parte ricorrente/opponente ha rassegnato le seguenti conclusioni: In via preliminare: disporre le sospensione del provvedimento impugnato. Nel merito: accertare che l'ordinanza emessa dalla Regione Autonoma Valle d'Aosta nell'esercizio delle attribuzioni Prefettizie n. 12655/1/(...) prot. (...) del 14 novembre 2022, notificata in data 18.11.2022 nei confronti del sig. (...) è illegittima e/o inefficace per i motivi esposti in narrativa, e conseguentemente, disporne il suo annullamento con tutte le sanzioni in esso contenute. Con vittoria di spese, diritti ed onorari del presente giudizio. Con riserva di ulteriormente produrre, dedurre ed eccepire in corso di causa anche all'esito delle difese di parte avversa. Nel costituirsi in giudizio parte convenuta/opposta richiamava integralmente il contenuto dell'ordinanza prot. n. (...) in data 14/11/2022 (doc.2), nonché il sottostante rapporto in data 30/05/2018 (doc. 1), dai quali emergeva la fondatezza dell'accertamento e si opponeva alle richieste formulate da parte ricorrente, chiedendo di dichiararsi l'infondatezza del ricorso con conseguente rigetto e integrale conferma del provvedimento opposto e delle relative sanzioni amministrative e concludeva domandando dichiarare l'infondatezza del ricorso per l'annullamento della sopracitata ordinanza ingiunzione con il conseguente rigetto e integrale conferma del provvedimento opposto. Con ricorso depositato in data 16.12.2022 il sig. (...) promuoveva opposizione avverso l'ordinanza ingiunzione n. 12655/1/(...) prot. (...) del 14 novembre 2022 eccependo che il ricorrente sarebbe stato destinatario di una duplice condanna per un medesimo fatto, sostenendo che l'ordinanza impugnata si riferisse ad un fatto di reato già sanzionato in forza di un decreto penale di condanna emesso in data 28 marzo 2018 dal Tribunale penale di Aosta. Sulla base di tale presupposto il ricorrente eccepiva dunque la violazione del principio del ne bis in idem contestando altresì la qualificazione giuridica del fatto così come individuato nell'ordinanza ingiuntiva emessa a carico del predetto. Il ricorrente riteneva in effetti la fattispecie contestata come rientrante nell'ambito dell'illecito di cui all'art. 726 c.p. invece che in quello di cui all'art. 527 comma 1 c.p. così come indicato nella predetta ordinanza ingiunzione. L'opponente riteneva pertanto insussistente l'illecito contestato domandando preliminarmente la sospensione del provvedimento impugnato e nel merito l'annullamento dell'ordinanza e della sanzione conseguente con vittoria delle spese di giudizio. All'udienza del 15.6.2023, rinviata d'ufficio, il Giudice, considerata la lettera dell'art. 5 comma 1 del D.Lgs. n. 150 del 2011, dichiarava preliminarmente l'inammissibilità dell'istanza di sospensione avanzata dall'opponente, stante l'omessa esplicitazione da parte dello stesso delle gravi e circostanziate ragioni a sostegno dell'istanza, quindi, non essendo intervenuto un accordo di definizione bonaria del contenzioso in essere, e in assenza di richieste istruttorie, il Giudice invitava le Parti alla discussione orale della causa e all'esito della predetta udienza, pronunciava la presente Sentenza, dando lettura del dispositivo in udienza. Si rileva preliminarmente come la sanzione amministrativa sia stata comminata per l'illecito di cui all'art. 527 comma 1 c.p., ipotesi distinta e non identificabile con il contenuto dell'art. 341 bis c.p., contestato al ricorrente nell'ambito del procedimento penale conseguente all'emissione a carico del (...) del decreto penale di condanna allegato agli atti. Le condotte poste in essere dal ricorrente in data 29.1.2018 hanno di fatto a violato diverse norme. Come emerge dallo stesso verbale di accertamento di violazione amministrativa prodotto sub. Doc. (...) dall'opposta, nonché dall'annotazione di PG redatta in pari data, a seguito di un intervento effettuato presso l'esercizio commerciale "Master G" per una lite tra avventori, gli accertatori, uscendo fuori dal locale, notavano il Sig. (...) intento ad orinare all'altezza del parafango sinistro del veicolo "(...)", targato Polizia (...), ove si trovavano i simboli della Repubblica italiana nonché sulla striscia tricolore della bandiera italiana e sul simbolo della (...), rappresentato da una pantera. L'uomo veniva immediatamente fermato, ma lo stesso inveiva contro gli agenti proferendo frasi quali "me lo sucate voi e (...)", " sbirri di merda", "non ho nulla e non pagherò mai", facendo alcuni gesti verso i propri genitali alla presenza di terze persone. In particolare le fattispecie ravvisabili nelle condotte di cui sopra si riferiscono all'illecito di atti osceni, di cui al primo comma dell'art. 527 1 comma c.p., secondo quanto contestatogli nell'ordinanza ingiunzione, ed al reato di oltraggio a pubblico ufficiale di cui all'art.341 bis c.p. per quanto concerne il reato contestato nell'ambito del procedimento penale sopracitato. Non rileva pertanto l'eccezione sollevata dall'opponente in merito ad una supposta violazione del principio del ne bis in idem. Per contro, per quanto concerne le difese dell'opposta, non pare calzante, né assume alcun rilievo l'eccezione sollevata relativamente al riferimento all'art. 527 comma secondo del codice penale, in quanto alcun reato, previsto dalla suddetta norma è stato ravvisato dagli inquirenti. Pleonastico deve quindi considerarsi qualsivoglia riferimento a detta fattispecie. In merito alla riqualificazione giuridica effettuata dal ricorrente il quale ritiene la predetta fattispecie come inquadrabile nel dettato dell'art. 726 c.p. invece che nell'art.527 comma 1, detta ricostruzione non è accoglibile, poiché dalla disamina delle condotte complessivamente poste in essere dal F., così come risultante dall'annotazione di PG del 29 gennaio 2018, prodotta sub. Doc .(...) dall'opposta, egli veniva sorpreso dapprima ad orinare sull'auto della polizia e sui simboli della Repubblica Italiana e sul simbolo della squadra volante (pantera) e successivamente, sorpreso dagli agenti, il (...) proferiva all'indirizzo di questi ultimi frasi aventi contenuto sessuale e segnatamente "me lo sucate voi e B.", indicando altresì a gesti i propri organi genitali. Ebbene, come si evince dall'enunciato della Corte cost. sentenza n. 95 del 14.04.2022 riportato dall'opponente "laddove la nudità sia esibita in modo da non convogliare un messaggio di natura sessuale, essa configura la fattispecie di atti contrari alla pubblica decenza, diversamente, integra la fattispecie di atti osceni". Tale pronuncia pone l'accento per l'appunto sul connotato soggettivo che accompagna la condotta dell'agente che deve avere riferimenti attinenti alla sfera sessuale. Nel caso di specie nella condotta del (...) è ravvisabile il messaggio sessuale connotante la condotta, poiché il soggetto oltre al fatto di orinare esibendo il proprio organo genitale, proferisce altresì frasi aventi già di per sé un contenuto sessuale, indicando esplicitamente i propri organi genitali e così integrando a pieno la fattispecie di cui all'art. 527 1 comma c.p. In punto spese si richiama quanto deciso dalla Suprema Corte nella sentenza n. 8413 del 27 aprile 2016:"L'autorità amministrativa che ha emesso il provvedimento sanzionatorio, quando - come nel caso di specie - sta in giudizio personalmente o avvalendosi di un funzionario appositamente delegato (il che è consentito dall'art. 23, 5 co. L. n. 689 del 1981), non può ottenere la condanna dell'opponente, che sia soccombente, al pagamento dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, difettando le relative qualità nel funzionario amministrativo che sta in giudizio, per cui sarebbero, in tal caso, liquidabili in favore dell'ente le spese, diverse da quelle generali, che abbia concretamente affrontato in quel giudizio e purché risultino da apposita nota (Cass. 24 maggio 2011, n. 11389; Cass. 27 agosto 2007, n. 18066)". Il ricorso va dunque respinto e per l'effetto deve essere confermato il provvedimento opposto. P.Q.M. Il Tribunale ordinario di Aosta in composizione monocratica nella persona del Gop dott.ssa Elisa Catanuto, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed istanza disattesa, così provvede: rigetta il ricorso e per l'effetto conferma l'ordinanza emessa dalla Regione Autonoma Valle d'Aosta nell'esercizio delle attribuzioni Prefettizie n. 12655/1/(...) prot. (...) del 14 novembre 2022; nulla sulle spese. Così deciso in Aosta il 15 giugno 2023. Depositata in Cancelleria il 20 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI AOSTA in persona del dott. Luca Fadda pronuncia la seguente SENTENZA (art. 429 c.p.c.) definitiva nella causa iscritta al n. 323/2022 R.G. Lav, promossa da: (...) Avv. Al.Ar. Ricorrente contro Regione Autonoma Valle d'Aosta Avv. Ri.JA., Fr.PA. e Ma.CA. Resistente FATTO RILEVATO - che, con ricorso depositato in Cancelleria il 21.12.2022, (...) adiva in giudizio la Regione Autonoma Valle d'Aosta, chiedendo la condanna della resistente al pagamento della somma di Euro 3.000,00, oltre interessi legali, nonché al risarcimento del danno ex art. 32 c. 5 L. n. 183 del 2010 stante l'abusiva reiterazione dei contratti a termine stipulati a far data dall'anno scolastico 2017/2018 a quello 2021/2022; in particolare sosteneva di avere svolto negli anni scolastici indicati nei rispettivi atti introduttivi mansioni di docente supplente in forza di ripetuti contratti d'insegnamento a tempo determinato, sempre per la medesima classe di insegnamento e nella medesima istituzione scolastica, chiedendo, pertanto, il relativo risarcimento; lamentava, altresì, di aver svolto mansioni del tutto identiche a quelle proprie dei docenti assunti a tempo indeterminato e, ciò nonostante, la Regione, in violazione del divieto di discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato, non avrebbe loro accreditato in busta paga -ai sensi della L.R. n. 18 del 2016- la somma annua di Euro 500,00, vincolata all'acquisto di beni e servizi formativi finalizzati allo sviluppo delle competenze professionali - c.d. Carta elettronica del docente -, prevista dall'art. 1, comma 121, della L. n. 107 del 2015, per complessivi ulteriori 3.000 Euro, pari al rapporto tra la predetta somma annua e gli anni scolastici in considerazione; - che si costituiva tempestivamente la Regione, contestando le pretese attoree e chiedendone la reiezione; - che il giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, invitava le parti ad immediata discussione, per poi pronunciare sentenza ex art. 429 c. 1 c.p.c., di cui veniva data lettura in udienza; OSSERVA Il ricorso è fondato e, pertanto, merita accoglimento. In prima battuta va esaminata la domanda di risarcimento del danno per asserita abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato a far data dall'anno scolastico 2017/2018 fino all'anno scolastico 2021/2022, come specificato in atto introduttivo. Si deve, a tal proposito, premettere che la Suprema Corte, nella notissima sentenza n. 22552/2016 del 18.10.2016, dopo una ricostruzione del complesso quadro normativo e tenuto conto delle sentenze della CGUE e della Corte Costituzionale in subiecta materia, ha affermato i seguenti principi di diritto: "118. A. La disciplina del reclutamento del personale a termine del settore scolastico, contenuta nel D.Lgs. n. 297 del 1994, non è stata abrogata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, essendone stata disposta la salvezza dall'art. 70, comma 8, del D.Lgs. n. 165 del 2001, che ad essa attribuisce un connotato di specialità. 119. B. Per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 4 commi 1 e 11 della L. 3 maggio 1999, n. 124 e in applicazione della Direttiva 1999/70/CE 1999 è illegittima, a far tempo dal 10.07.2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi dell'art. 4 commi 1 e 11 della L. 3 maggio 1999, n. 124, prima dell'entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi. 120. C. Ai sensi dell'art. 36 (originario comma 2, ora comma 5) del D.Lgs. n. 165 del 2001, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. 121. D. Nelle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi dell'art. 4 comma 1 della L. 3 maggio 1999, n. 124, realizzatesi prima dell'entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, con il personale docente, per la copertura di cattedre a posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l'abuso ed a "cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell'Unione" la misura della stabilizzazione prevista nella citata L. n. 107 del 2015, attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell'organico di diritto, relativamente al personale docente, sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto dal comma 109 dell'art. 1 della L. n. 107 del 2015. 122. E. Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi dal 10.07.2001 e prima dell'entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l'abuso ed a "cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell'Unione" la stabilizzazione acquisita dai docenti e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l'operare dei pregressi strumenti selettivi- concorsuali. 123. F. Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi prima dell'entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello ausiliario, tecnico ed amministrativo, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, deve affermarsi, in continuità con i principi affermati dalle SS.UU. di questa Corte nella sentenza n. 5072 del 2016, che l'avvenuta immissione in ruolo non esclude la proponibilità di domanda per risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli esclusi dall'immissione in ruolo stessa, con la precisazione che l'onere di allegazione e di prova grava sul lavoratore, in tal caso non beneficiato dalla agevolazione probatoria di cui alla menzionata sentenza. 124. G. Nelle predette ipotesi di reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi dell' art. 4 c. 1 L. n. 124 del 1999, avveratasi a far data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia (come dianzi precisato) alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella già richiamata sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 del 2016. 125. H. Nelle ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su "organico di fatto" e per le supplenze temporanee non è in sé configurabile alcun abuso ai sensi dell'Accordo Quadro allegato alla Direttiva, fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima.". Nello specifico, quanto ai contratti a termine del tipo di quelli oggetto dell'appena riprodotto punto 125 della sentenza, la S.C. ha motivato nel modo che segue: "97. Art. 4. c. 2 e 3 L. n. 124 del 1999 supplenze su organico di fatto 98. Come evidenziato innanzi, la scopertura dei posti individuati dall'art. 4 comma 1 si manifesta solo dopo l'esaurimento delle procedure di trasferimento, assegnazione provvisoria, utilizzazione di personale soprannumerario e immissione in ruolo; solo allora, verificato che sono rimasti privi di titolare, quei posti possono essere coperti - in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale di ruolo - mediante l'assegnazione delle supplenze su organico di diritto, dette anche annuali. 99. Come sottolineato dalla Corte Costituzionale nelle sentenze nn. 279/2012 e 200/2009 ( in materia di revisione dell'organico del personale ATA), il comparto scolastico presenta profili di complessità, di flessibilità e di necessaria integrazione tra ragioni di unità ed uniformità nazionale ed esigenze locali, profili che concernono la razionalizzazione e l'accorpamento delle classi di concorso (al fine di garantire una maggiore flessibilità nell'impiego di docenti), la ridefinizione dei "curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola" (attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e degli orari), la revisione dei criteri di formazione delle classi (al fine di adeguare il rapporto alunni/docente agli standards europei); la rimodulazione dell'organizzazione didattica delle scuole primarie, la revisione di criteri e parametri per la determinazione complessiva degli organici; la ridefinizione dell'assetto organizzativo-didattico dei centri di formazione per gli adulti. 100. La Corte di Giustizia nella sentenza (...) ha affermato ( 91-95) che la sostituzione temporanea di un altro dipendente al fine di soddisfare esigenze provvisorie del datore di lavoro in termini di personale, al pari della necessità per lo Stato di organizzare il servizio scolastico in modo da garantire un adeguamento costante tra numero di docenti e numero degli scolari, in relazione a non preventivabili flussi migratori interni ed esterni ed alle scelte di indirizzi scolastici da parte degli scolari, possono, in linea di principio, costituire una "ragione obiettiva", ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell' Accordo quadro per il ricorso ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato al fine di rispondere adeguatamente alla domanda scolastica ed evitare allo Stato, datore di lavoro, di immettere in ruolo un numero di docenti significativamente superiore a quello effettivamente necessario 101. Ha riconosciuto anche ( 96) che, quando uno Stato membro riservi nelle scuole dal medesimo gestite, l'accesso ai posti permanenti al personale vincitore di tali concorsi, tramite l'immissione in ruolo, può altresì oggettivamente giustificarsi che, in attesa dell'espletamento di detti concorsi, i posti da occupare siano coperti con una successione di contratti a tempo determinato 102. Ne consegue, pertanto, che non può configurarsi, in relazione ai posti individuati per le supplenze su "organico di fatto" e per le supplenze temporanee, l'abuso, contrario alla Direttiva 1999/70/CE , salvo che non sia allegato e provato da parte del lavoratore che, nella concreta attribuzione delle supplenze della tipologia in esame, vi sia stato un uso improprio o distorto del potere di organizzazione del servizio scolastico, delegato dal legislatore al Ministero, e, quindi, prospettandosi non già la sola reiterazione ma le condizioni concrete della medesima (quali il susseguirsi delle assegnazioni presso lo stesso Istituto e con riguardo alla stessa cattedra)". Ciò premesso, la Regione, in primis, contesta l'applicabilità di tali principi alla fattispecie in esame, in quanto i contratti a termine stipulati dall'insegnante sono tutti successivi all'entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107. L'obiezione, tuttavia, non sembra cogliere nel segno, poiché, da un lato, oggettivamente - come si vedrà- la reiterazione dei contratti a termine si è protratta per oltre un triennio, mentre, dall'altro, nel periodo di cui trattasi non era prevista alcuna "misura di stabilizzazione" ovvero di "certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego". E' pur vero, infatti, che tra il 2018 ed i 2020 sono state indette due procedure concorsuali straordinarie ed un concorso ordinario: tuttavia ciò non sembra idoneo a sanare l'abuso perpetrato dall'amministrazione. Secondo la migliore e più recente giurisprudenza della Suprema Corte, infatti, (vds. Cass. Sez. L - , Ordinanza n. 15353 del 17/07/2020, Cass. Sez. L - , Sentenza n. 14815 del 27/05/2021 e, da ultima. Cass. Sez. L, Sentenza n. 15240 del 1/06/2021), "in tema di pubblico impiego privatizzato, nell'ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a termine, la successiva immissione in ruolo del lavoratore costituisce misura sanzionatoria idonea a reintegrare le conseguenze pregiudizievoli dell'illecito a condizione che essa avvenga nei ruoli dell'ente che ha commesso l'abuso e che si ponga con esso in rapporto di diretta derivazione causale, non essendo sufficiente che l'assunzione sia stata semplicemente agevolata dalla successione dei contratti a termine, ma occorrendo che sia stata da essa determinata, costituendo l'esito di misure specificamente volte a superare il precariato, che offrano già "ex ante" una ragionevole certezza di stabilizzazione, sia pure attraverso blande procedure selettive; ne consegue che - anche alla luce di Corte giust. U.E. 19 marzo 2020, C-103/18 e C-429/18 - non possiede tali caratteristiche una procedura concorsuale, ancorché interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine, atteso che in caso di concorsi riservati l'abuso opera come mero antecedente remoto dell'assunzione e il fatto di averlo subito offre al dipendente precario una semplice "chance" di assunzione, come tale priva di valenza riparatoria. Applicando tali condivisibili principi al caso di specie, è del tutto evidente che dette procedure avrebbero al più potuto comportare l'immissione in ruolo di parte ricorrente all'esito di una ordinaria procedura di tipo concorsuale, per cui l'assunzione non si sarebbe potuta porre in relazione immediata e diretta con l'abuso, ma, piuttosto, sarebbe stata l'effetto diretto del superamento della selezione di merito, in ragione di capacità e professionalità proprie del dipendente (per usare i termini di cui alla sentenza sopracitata n.15240/2021). In particolare, la Corte di Cassazione, in detta ultima pronuncia, ha ritenuto inidonea a riparare l'illecito la partecipazione di una precaria "ad un concorso pubblico per titoli ed esami con riserva parziale di posti, all'esito del quale ella neppure risultava idonea": mutatis mutandis, risulta pertanto irrilevante l'esclusione delle ricorrenti dalle procedure concorsuali. Né, nella specie, sembra potersi aderire alla tesi della resistente, secondo cui non si potrebbe prospettare un abuso, in quanto il ricorrente era prive della necessaria abilitazione, per cui non avrebbe comunque potuto partecipare ad un concorso per l'immissione in ruolo: la Regione, infatti, avrebbe dovuto quantomeno allegare che fosse stata bandita una procedura per il conseguimento dell'abilitazione. Ciò detto in punto diritto, in punto fatto è pacifico che tutti i contratti di interesse (dall'a.s. 2017/2018 all'a.s. 2021/2022) siano contratti a termine stipulati per supplenza annuale ex art. 4, comma 1 L. n. 124 del 1999. Ritiene il Tribunale che, perché sia configurabile abuso di contratto a termine per supplenze su "organico di fatto" o temporanee, sia necessario -sotto il profilo della durata (così come per l'abuso di contratti a termine per supplenze su "organico di diritto" e per evidenti ragioni di coerenza ed uniformità del sistema)- il superamento di 36 mesi (congiuntamente, s'intende, all'ulteriore requisito della medesimezza di istituto e cattedra). Stante il tipo di supplenze, i 36 mesi in questione non possono essere consecutivi (le supplenze su "organico di fatto" fino al termine delle attività didattiche si interrompono, per loro natura, nei mesi di luglio ed agosto), ma i contratti (per lo stesso istituto e per la stessa cattedra) devono comunque susseguirsi (per oltre 36 mesi) senza che fra un contratto e l'altro vi sia una consistente soluzione di continuità, perché solo in tal caso la reiterazione (anche in assenza di continuità intesa in senso stretto) rende manifesto quell'uso improprio e distorto al quale allude la Suprema Corte, in quanto evidenzia l'assenza di esigenze realmente temporanee. Dai contratti depositati, si evince che l'insegnante abbia stipulato contratti come docente di scuola secondaria di secondo grado sempre presso il Liceo Classico, Artistico e Musicale di Aosta e sempre per la medesima classe di concorso ((...) discipline grafico-pubblicitarie). Nel caso di specie, dunque, applicando i condivisibili principi desumibili dalla citata sentenza della Suprema Corte n.22552/2016 al periodo successivo all'anno 2015, ritiene il Tribunale che si possa configurabile un abuso, in quanto emerge un ricorso improprio e distorto alle supplenze su "organico di diritto" e "organico di fatto", desumibile dalla frequenza e dalla durata delle stesse, congiuntamente al fatto che si siano svolte presso lo stesso istituto e sulla stessa cattedra. Una volta, quindi, ritenuta la sussistenza dell'abuso, non può che conseguirne il diritto del ricorrente al risarcimento del danno, nella misura e secondo i principi affermati dalle S.U. della S.C. con sentenza n. 5072/2016 ("Nel regime del lavoro pubblico contrattualizzato in caso di abuso del ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato da parte di una pubblica amministrazione il dipendente, che abbia subito la illegittima precarizzazione del rapporto di impiego, ha diritto, fermo restando il divieto di trasformazione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato posto dall'art. 36, comma 5, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, al risarcimento del danno previsto dalla medesima disposizione con esonero dall'onere probatorio nella misura e nei limiti di cui all'art. 32, comma 5, L. 4 novembre 2010, n. 183, e quindi nella misura pari ad un'indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'art. 8 L. 15 luglio 1966, n. 604."). Deve, pertanto, essere dichiarata la sussistenza dell'abuso nella reiterazione dei contratti a termine dall'anno scolastico 2017/2018 all'anno scolastico 2021/2022 e, per l'effetto, la Regione deve essere condannata a risarcire a parte ricorrente il danno, che (tenuto conto del numero di reiterazioni presso la stessa scuola e sulla stessa cattedra) pare equo liquidare in 3 mensilità della retribuzione globale di fatto, pari a mezza mensilità per ogni anno scolastico successivo al quarto, in cui si è verificato l'abuso: a tal proposito parte convenuta, in punto quantum, non ha specificatamente contestato l'ammontare di detta retribuzione come individuato in atto introduttivo (euro 2.326,61 lordi mensili), per cui l'importo complessivo liquidabile è pari ad Euro 6.979,83 lordi, oltre interessi dal 1.9.2020. Andando, ora, ad esaminare le ulteriori pretese attoree, come è noto, "al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali", l'art. 1, comma 121, L. n. 107 del 2015, ha istituito la Carta elettronica del docente. Essa, "dell'importo nominale di Euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l'acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all'aggiornamento professionale, per l'acquisto di hardware e software, per l'iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l'ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell'ambito del piano triennale dell'offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione di cui al comma 124". La somma oggetto d'accredito, poi, "non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile". In attuazione di quanto previsto dal successivo comma 122 della legge citata, è stato adottato il D.P.C.M. del 23 settembre 2015, poi sostituito dal D.P.C.M. 28 settembre 2016; questo, nell'identificare i "beneficiari della carta" ha confermato quanto già previsto dall'atto ministeriale previgente (art. 2) e ha chiarito - all'art. 3 - che la platea è composta dai "docenti di ruolo a tempo indeterminato delle Istituzioni scolastiche statali, sia a tempo pieno che a tempo parziale, compresi i docenti che sono in periodo di formazione e prova, i docenti dichiarati inidonei per motivi di salute di cui all'articolo 514 del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, i docenti in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altrimenti utilizzati, i docenti nelle scuole all'estero, delle scuole militari". La L. Reg. V.d.A. n. 18 del 2016, infine, dando attuazione a quanto sopra, ha previsto l'attribuzione diretta in busta paga della somma annuale di Euro 500,00 (salvo obbligo di rendicontazione) e non la consegna di una carta elettronica da utilizzare per gli acquisti, come previsto dalla legislazione nazionale. Ricostruito, così, il quadro normativo, in punto diritto il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1842/2022, pur prescindendo da parametri di valutazione di provenienza eurounitaria, ha però ritenuto che la scelta ministeriale preveda un sistema di formazione "a doppia trazione": quella dei docenti di ruolo, la cui formazione è obbligatoria, permanente e strutturale, e quindi sostenuta sotto il profilo economico con l'erogazione della Carta, e quella dei docenti non di ruolo, per i quali non vi sarebbe alcuna obbligatorietà e, dunque, alcun sostegno economico. Secondo il Supremo Consesso amministrativo, tuttavia, "un tale sistema collide con i precetti costituzionali degli artt. 3, 35 e 97 Cost., sia per la discriminazione che introduce a danno dei docenti non di ruolo (resa palese dalla mancata erogazione di uno strumento che possa supportare le attività volte alla loro formazione e dargli pari chances rispetto agli altri docenti di aggiornare la loro preparazione), sia, ancor di più, per la lesione del principio di buon andamento della P.A.". Si sarebbe, allora, in presenza di un contrasto "con l'esigenza del sistema scolastico di far sì che sia tutto il personale docente (e non certo esclusivamente quello di ruolo) a poter conseguire un livello adeguato di aggiornamento professionale e di formazione, affinché sia garantita la qualità dell'insegnamento complessivo fornito agli studenti" corrispondente al canone di buona amministrazione. Detto canone, quindi, sarebbe violato da "un sistema che, ponendo un obbligo di formazione a carico di una sola parte del personale docente (e dandogli gli strumenti per ottemperarvi), continua nondimeno a servirsi, per la fornitura del servizio scolastico, anche di un'altra aliquota di personale docente, la quale è tuttavia programmaticamente esclusa dalla formazione e dagli strumenti di ausilio per conseguirla: non può dubitarsi, infatti, che, nella misura in cui la P.A. si serve di personale docente non di ruolo per l'erogazione del servizio scolastico, deve curare la formazione anche di tale personale, al fine di garantire la qualità dell'insegnamento fornito agli studenti". Ne consegue, dunque, che "il diritto-dovere di formazione professionale e aggiornamento grava su tutto il personale docente e non solo su un'aliquota di esso ... Del resto, l'insostenibilità dell'assunto per cui la Carta del docente sarebbe uno strumento per compensare la pretesa maggior gravosità dell'obbligo formativo a carico dei soli docenti di ruolo, si evince anche dal fatto che la Carta stessa è erogata ai docenti part-time (il cui impegno didattico ben può, in ipotesi, essere più limitato di quello dei docenti a tempo determinato) e persino ai docenti di ruolo in prova, i quali potrebbero non superare il periodo di prova e, così, non conseguire la stabilità del rapporto. E l'irragionevolezza della soluzione seguita dalla P.A. emerge ancora più chiaramente dalla lettura del D.P.C.M. del 28 novembre 2016 (che, come già ricordato, ha sostituito quello del 23 settembre 2015), il quale, all'art. 3, individua tra i beneficiari della Carta anche "i docenti in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altrimenti utilizzati", sicché "vi sarebbero dei docenti che beneficerebbero dello strumento pur senza essere impegnati, al momento, nell'attività didattica, mentre altri docenti, pur svolgendo diversamente dai primi l'attività didattica, non beneficerebbero della Carta e, quindi, sarebbero privati di un ausilio per il loro aggiornamento e la loro formazione professionale". Il Consiglio di Stato ha, poi, ritenuto che il contrasto evidenziato con gli artt. 3, 35 e 97 Cost. possa essere superato mediante un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 1, commi 121 ss., legge cit.; è giunto a tale esito evidenziando che, nella specie, mancando una norma innovativa rispetto al D.Lgs. n. 165 del 2001, la materia della formazione professionale dei docenti è ancora rimessa alla contrattazione collettiva di categoria. Le regole dettate dagli artt. 63 e 64 del Ccnl di riferimento "pongono a carico dell'Amministrazione l'obbligo di fornire a tutto il personale docente, senza alcuna distinzione tra docenti a tempo indeterminato e a tempo determinato, strumenti, risorse e opportunità che garantiscano la formazione in servizio (così il comma 1 dell'art. 63 cit.). E non vi è dubbio che tra tali strumenti possa (e anzi debba) essere compresa la Carta del docente, di tal ché si può per tal via affermare che di essa sono destinatari anche i docenti a tempo determinato (come gli appellanti), così colmandosi la lacuna previsionale dell'art. 1, comma 121, della L. n. 107 del 2015, che menziona i soli docenti di ruolo". Sulla conformità di questa disposizione rispetto alla disciplina eurounitaria è successivamente intervenuta la Corte di giustizia dell'Unione europea, a seguito del rinvio pregiudiziale con cui il Tribunale di Vercelli l'ha investita dell'analisi del rapporto tra la disciplina interna e le clausole 4 punto 1 e 6 dell'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. La Corte ha ritenuto che "la clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell'importo di Euro 500 all'anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali", mediante la c.d. carta elettronica del docente. Ha in proposito osservato che, salve le valutazioni del giudice a quo, la misura in questione pare rientrare tra le "condizioni di impiego" ai sensi della clausola 4, punto 1, perché essa "è versata al fine di sostenere la formazione continua dei docenti, la quale è obbligatoria tanto per il personale a tempo indeterminato quanto per quello impiegato a tempo determinato presso il Ministero". La Corte ha, altresì, escluso la configurabilità di ragioni oggettive che possano giustificare la disparità di trattamento tra docenti di ruolo e non di ruolo e ha ricordato che "la nozione di ragioni oggettive richiede che la disparità di trattamento constatata sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono il rapporto di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto cui s'inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda a una reale necessità, sia idonea a conseguire l'obiettivo perseguito e risulti necessaria a tal fine". Si tratta di elementi che "possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per l'espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche inerenti alle medesime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro", mentre va escluso che rilevi la "mera natura temporanea del lavoro degli impiegati amministrativi a contratto" perché ciò significherebbe pregiudicare "gli obiettivi della direttiva 1999/70 e dell'accordo quadro ed equivarrebbe a perpetuare il mantenimento di una situazione svantaggiosa per i lavoratori a tempo determinato". Alla luce di tale ricostruzione giurisprudenziale, non può che concludersi che la natura temporanea del rapporto tra docente e Regione non incida sulla titolarità del diritto a ricevere la carta del docente: la stessa, infatti, spetta a tutti i docenti, anche a quelli assunti con contratto a termine, purché si trovino in una situazione analoga a quelli di ruolo. A questo proposito, si ribadisce che costituisce, ormai, ius receptum il principio per cui la disparità di trattamento a sfavore dei lavoratori precari tra periodi di lavoro con contratti a termine e periodi di lavoro a tempo indeterminato, "non può essere giustificata dalla natura non di ruolo del rapporto di impiego, dalla novità di ogni singolo contratto rispetto al precedente, dalle modalità di reclutamento del personale nel settore scolastico e dalle esigenze che il sistema mira ad assicurare" (vds., ex multis, la notissima, Cass., Sez. Lav., n. 31149/2019). La comparabilità, come noto, non può essere esclusa nemmeno "per i supplenti assunti ai sensi dell'art. 4, comma 3, della L. n. 124 del 1999 facendo leva sulla temporaneità dell'assunzione, perché la pretesa differenza qualitativa e quantitativa della prestazione, oltre a non trovare riscontro nella disciplina dettata dai CCNL succedutisi nel tempo, che non operano distinzioni quanto al contenuto della funzione docente, non appare conciliabile, come la stessa Corte di giustizia ha rimarcato, con la scelta del legislatore nazionale di riconoscere integralmente l'anzianità maturata nei primi quattro anni di esercizio dell'attività professionale dei docenti a tempo determinato (punto 34 della citata sentenza Motter), ossia nel periodo in cui, per le peculiarità del sistema di reclutamento dei supplenti, che acquisiscono punteggi in ragione del servizio prestato, solitamente si collocano più le supplenze temporanee, che quelle annuali o sino al termine delle attività didattiche" (vds. sempre Cass., Sez. Lav. n. 31149/2019 già citata). Né può sostenersi che la posizione del ricorrente, per il periodo in cui non era immesso in ruolo, si distinguesse dal personale di ruolo in ragione della diversa modalità di selezione e del diverso livello qualitativo della prestazione, nonché dei differenti obblighi contrattuali, in assenza del titolo di abilitazione: tali differenze, infatti, non possono costituire quelle ragioni oggettive in presenza delle quali veniva meno l'operatività del principio di non discriminazione di cui all'art. 6 D.Lgs. n. 368 del 2001 e alla clausola n. 4 Direttiva 1999/70/CE. Quanto alla carenza del titolo abilitativo, invero, ritiene questo Tribunale di aderire al migliore orientamento di merito (vds. C. App. Torino, sent, n.317/2018, RG n.750/2016, Pres. M., Est. M.) secondo cui "la mancanza del titolo di abilitazione all'insegnamento non rientra tra le caratteristiche delle mansioni e delle funzioni esercitate, le quali potrebbero legittimare la disparità di trattamento" di cui alla notissima sentenza della Suprema Corte n.22558/2016, alle cui argomentazioni comunque si rimanda. Quanto al sistema di reclutamento, poi, esso attiene ad una condizione esterna al contenuto delle prestazioni ed alla natura delle funzioni espletate dal personale supplente: non può, quindi, essere considerato idoneo a giustificare una disparità di trattamento retributivo tra docenti assunti con contratto a tempo determinato rispetto a quelli assunti a tempo indeterminato. Analoghe considerazioni, poi, possono essere svolte in punto periodo di prova: l'esito positivo del medesimo, infatti, non differenzia per nulla le prestazioni di un insegnate di ruolo da quelle di uno non di ruolo. Dai contratti versati in atti, peraltro, si evince chiaramente che le supplenze svolte, su posto normale o su posto di sostegno, si siano protratte in maniera pressoché costante fino al termine delle lezioni, connotandosi per intensa frequenza e continuità: non è dato, allora, dubitare della piena assimilabilità della posizione dei ricorrenti a quella dei docenti assunti a tempo indeterminato (vds., in senso sostanzialmente conforme, la recentissima sentenza del Trib. di Gorizia, est. A., del 22.11.2022, RG 189/2022). Ciò posto, sul piano delle conseguenze va evidenziato che la normativa regionale, a differenza di quella nazionale, prevede l'accredito diretto in busta paga della somma di Euro 500,00 annui, salvo l'obbligo di rendicontazione delle spese. E' possibile, allora, condannare la Regione a liquidare il controvalore in denaro della "rappresentazione di valore" contenuta nella carta del docente, poiché ciò non assicura ai docenti a termine un trattamento privilegiato rispetto a quello proprio dei colleghi di ruolo: anche questi ultimi, infatti, si vedono attribuire in busta paga l'importo de quo. Accertato, dunque, il diritto attoreo al beneficio di cui all'art. 1, comma 121, per gli anni scolastici di servizio svolto in virtù dei contratti a tempo determinato intercorsi tra le parti e indicati in premessa, la Regione va condannata all'adozione delle attività necessarie a consentire al ricorrente il pieno di godimento del beneficio medesimo, tra cui l'accredito in busta paga delle somme di cui trattasi. In conclusione, quindi, la Regione Autonoma Valle d'Aosta dovrà essere condannata al risarcimento del danno subito dalle ricorrenti ex art. 32 c. 5 L. n. 183 del 2010, che si liquida in 3 mensilità della retribuzione globale di fatto, pari ad Euro 6.979,83 oltre interessi come sopra. Dichiarato, poi, il diritto del ricorrente al beneficio di cui all'art. 1, c. 121, L. n. 107 del 2015, per gli anni scolastici indicati nei rispettivi atti introduttivi, la Regione deve essere condannata all'adozione di ogni atto necessario per consentirne il godimento, tra cui l'accredito in busta paga dell'importo di Euro 3.000,00 in favore del ricorrente. Quanto, infine, alle spese di lite, esse seguono la soccombenza, e possono essere liquidate come in dispositivo, in misura di poco inferiore ai minimi ministeriali per lo scaglione di riferimento (da Euro 5.200,00 ad Euro 26.000,00), senza tener conto della fase istruttoria. P.Q.M. "definitivamente pronunciando, contrariis reiectis: a) in accoglimento del ricorso, dichiara la sussistenza dell'abuso nella reiterazione dei contratti a termine dal 1.9.2017 al 30.8.2022 e, per l'effetto, condanna la Regione Autonoma Valle d'Aosta al risarcimento del danno in favore di (...), danno liquidato in 3 mensilità della retribuzione globale di fatto (euro 2.326,61 lordi mensili) per complessivi Euro 6.979,83 lordi, oltre interessi dal 1.9.2021; b) dichiara il diritto del ricorrente al beneficio di cui all'art. 1, c. 121, L. n. 107 del 2015, per gli anni scolastici indicati nei rispettivi atti introduttivi e per l'effetto, d) condanna la Regione Autonoma Valle d'Aosta all'adozione di ogni atto necessario per consentirne il godimento, tra cui l'accredito in busta paga dell'importo di Euro 3.000,00 in favore del ricorrente; e) condanna la Regione Autonoma Valle d'Aosta alla rifusione delle spese processuali sostenute dai ricorrenti, che liquida in complessivi Euro 1.800,00 per compensi ed Euro 49,00 per spese, oltre 15,00% per spese generali, I.V.A. e C.P.A.. Così deciso in Aosta il 28 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 28 febbraio 2023.

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