Sentenze recenti Tribunale Barcellona Pozzo di Gotto

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO SEZIONE CIVILE Il Giudice Onorario della Sezione civile del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, dott. Salvatore Pagano, in funzione di Giudice monocratico, ha emesso la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al n. 15225/2011 R.G. vertente TRA (...) ( c.f. (...) ) nato a M. (M.) il (...), ivi residente in Via L. n. 143, rappresentato e difeso dall'avv. Gi.Pi., giusta procura in atti, con studio in Milazzo (ME) Via (...), ove è elettivamente domiciliato. attore CONTRO (...) ( c.f. (...)) nato a M. (M.) il (...), ivi residente in Via XX (...) 42 (...) ( c.f. (...)) nata a M. il (...), ivi residente in Via XX (...) n. 42 (...) S.r.l. ( C.F. (...) ) in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in M. Via (...), tutti rappresentati e difesi dall'avv. Vi.Is. ed avv. Ch.Is., unitamente e disgiuntamente, giusta procura in atti, con studio in Milazzo (ME) Via (...), ove sono elettivamente domiciliati convenuti OGGETTO: Responsabilità contrattuale -Esecuzione specifica di preliminare di vendita di immobile. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE (art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c.) 1) Preliminarmente, si rileva che vengono sinteticamente esposti i fatti di causa, alla luce del testo di cui all'art. 132, co. 2 n. 4 c.p.c. (come riformulato dall'art. 45, co. 17 della L. n. 69 del 2009) modifica che, ai sensi dell'art. 58 della medesima legge, è applicabile anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009. Ciò posto, con atto di citazione notificato il 18.03.2011, (...) conveniva in giudizio, davanti il Tribunale di Barcellona P.G. - Sezione Distaccata di Milazzo, (...) in proprio, (...) e (...) costruzioni s.r.l. in persona del lega e rappresentante pro tempore (...), e premesso: che con preliminare di vendita del 18.10.2009, (...), n.q. di legale rappresentante pro tempore della (...) S.r.l., prometteva di vendere e trasferire a (...), che si obbligava ad acquistare, il fabbricato per civile abitazione a due elevazioni f.t. oltre terrazzo di copertura, in parte coperto a tegole, con annesso terreno e corte di pertinenza, il tutto sito in M. Via (...) L. II P., confinante, nell'insieme, con i magazzini della stessa parte promittente alienante, con strada privata e con proprietà (...) da due lati, meglio individualizzato nella piantina allegata al preliminare ( sotto allegato "A") sottoscritta dalle parti, dalla quale tutto quanto promesso in vendita risultava delimitato in giallo, nonché nel capitolato generale di appalto allegato sempre al preliminare, il quale all'art. 10 recitava : " l'estensione del terreno agricolo promesso in vendita è uguale alle misure del fabbricato ( circa 13.00 metri) visto in prospetto orizzontale per lunghezza, sino al confine con terreno altra ditta (di R.G.); altro terreno, come da disegno allegato n. 1 " ed all'art. 17, la recinzione del terreno con paletti e rete verde; che con detto preliminare le parti avevano, altresì, statuito che "quanto in oggetto verrà trasferito con ogni accessione, pertinenza, servitù attive e passive, esistenti e nascenti da titoli validi, dalla realizzazione del progetto, dalle impostazioni delle parti condominiali, dallo stato dei luoghi nello stato di fatto e di diritto in cui sarà per essere realizzato"; che il prezzo di vendita veniva pattuito in Euro 235.000,00 da corrispondere : Euro 40.000,00, a titolo di caparra confirmatoria, pagati alla data della stipula del preliminare con assegno di c/c n. (...) tratto sulla (...) di (...); Euro 25.000,00 al completamento del rustico; Euro 30.000,00 al completamento del fabbricato, interamente rifinito all'interno; Euro 130.000,00 con un mutuo; la restante somma a saldo, pari ad Euro 10.000,00, con compensazione dei lavori di impiantistica, elettrici e/o idraulici, che il promissario acquirente si era impegnato ad eseguire su altri immobili di proprietà della (...) s.r.l.; che, infine, il (...) si era obbligato ad eseguire a proprie cure e spese impianti elettrici, idrici e di metano, sia nel fabbricato oggetto del preliminare che nei tre magazzini limitrofi di proprietà di parte promittente alienante; che il termine per la stipula del rogito veniva fissata al 31.12.2011, con obbligo del promittente venditore che " quanto promesso in vendita sarà venduto libero da ipoteche e da qualsiasi altra formalità pregiudizievole; che nelle more, veniva corrisposto in data 11.01.2011 dal (...) al (...), n.q. di legale rappresentante della (...) S.r.l., l'importo di Euro 25.000,00 a titolo di ulteriore acconto ed eseguiti lavori di impiantistica pari ad Euro 9.235,60,da portare in compensazione, come pattuito; che con atto pubblico in Notar (...) del 31.05.2010, (...) n.q. di legale rappresentante pro tempore della (...) S.r.l. vendeva al (...) il fabbricato per civile abitazione di cui al preliminare, in catasto censito al fg (...), particella (...) sub (...), cat (...) P.T-1, classe (...), vani 7 al prezzo convenuto di Euro 176.800,00 ma non anche la proprietà del terreno e corte di pertinenza del fabbricato, in quanto non di proprietà della società venditrice, circostanza quest'ultima di cui l'acquirente ne veniva a conoscenza solo in detta data e sebbene lo stesso avesse già corrisposto l'importo di Euro 34.235,60 ( Euro 25.000,00 + 9.235,60); che con scrittura privata del 31.05.2010, (...) n.q. di legale rappresentante pro tempore della (...), si obbligava a trasferire il terreno e corte di pertinenza all'attore entro il 30 settembre 2010, così anticipando la data fissata in origine nel preliminare, del 31.12.2011; che con successiva scrittura privata del 03.06.2010, (...), in proprio, e (...), promettevano di vendere all'attore il terreno in questione libero da ipoteche e da qualsiasi altra formalità pregiudizievole, meglio descritto nel contratto preliminare intercorso fra la (...) S.r.l. ed il (...) in data 8.10.2009, nell'allegata piantina nonché nel capitolato di appalto all'art. 10, il tutto al prezzo corrispondente al saldo ancora dovuto per l'intera vendita ed al netto degli acconti già versati alla (...) S.r.l.; che scaduta inutilmente, ai fini del rogito di vendita del terreno in oggetto, la data del 30.09.2010, l'attore convocava i promittenti venditori davanti il Notaio (...) per la data del 15.10.2010 per la stipula dell'atto di vendita del terreno, i quali, tuttavia, declinavano l'invito proponendo a sua volta, a tal fine, la data del 20.10.2010 davanti il Notaio (...); che in quest'ultima data e sede, le parti non stipulavano alcun contratto di vendita stante che : a) le particelle oggetto di vendita risultavano gravate da ipoteca; b) la particella (...) del fg (...), non risultava inserita nel certificato di destinazione urbanistica da allegare al redigendo atto notarile, né risultava accatastata come corte del fabbricato già venduto; c) i promittenti venditori intendevano trasferire all'attore un terreno la cui estensione era inferiore rispetto a quella promessa in vendita con l'originale preliminare di vendita del 8.10.2009 intercorso fra le parti, richiamato nella successiva scrittura privata del 3.6.2010 intercorsa fra (...) in proprio e (...), proprietari del fondo, ed il (...); che, invero, l'originale preliminare di vendita, prevedeva che il terreno in questione avesse una larghezza di ml 13,00 ed una profondità, fino al terreno R., di ml 33,92, quindi una estensione pari a mq 440,96 oltre la porzione di terreno da destinare a corte del fabbricato (...), mentre di fatto i promittenti venditori avevano manifestato la volontà di trasferire un terreno, individuato, alla data di citazione, dalle particelle (...) e (...) del fg di mappa (...), esteso mq 350,92 oltre la porzione da destinare a corte, avendo gli stessi mutato la conformazione del lotto da vendere che, sempre alla data della citazione, misurava una larghezza di ml 13,00 in corrispondenza del muro del fabbricato di proprietà (...) stringendosi ad imbuto fino alla larghezza pari a ml 6,38 lungo il confine di proprietà (...) - lato est; che una minore estensione del terreno recava grave nocumento all'attore in relazione all'accesso carrabile al fabbricato di sua proprietà che per la realizzazione di un impianto fotovoltaico da 15 KW per la produzione di energia elettrica; che l'attore intendeva ottenere l'esecuzione forzata del preliminare di vendita del terreno, corte compresa, dichiarando la disponibilità al pagamento del saldo dovuto pari ad Euro 30.764,40 oltre iva, nonché, ferma la responsabilità della (...) s.r.l. inerente alle vicende di cui in premessa, l'esecuzione dei lavori nei tre magazzini appartenenti alla (...) s.r.l., chiedeva che l'on Tribunale adito volesse accogliere le seguenti domande : 1) Accertare e dichiarare quanto descritto in narrativa e, per l'effetto, dichiarare l'inadempimento dei convenuti in ordine ai fatti per cui è causa e ciascuno secondo le rispettive responsabilità ( mancata esecuzione del preliminare e/o mancato procurato acquisto di cosa altrui ); 2) per l'effetto, ordinare ai convenuti in solido la regolarizzazione dal punto di vista catastale, tecnico e materiale della delimitazione del terreno promesso in vendita per renderla conforme, quanto a superficie, a quella oggetto di preliminare, ovvero a condannare i convenuti in solido a corrispondere al (...) le somme a tal fine necessarie, compensandole in tutto o in parte con il saldo prezzo, ancora da pagare e/o con l'importo dei lavori ancora da eseguire nei tre magazzini della (...) s.r.l. ( fatte salve le ulteriori somme, eccedenti la compensazione attualmente dovute al (...) ); 3) accertare e dichiarare che la (...) s.r.l. aveva provveduto solo parzialmente alla recinzione del terreno con paletti e rete verde e, per l'effetto, condannarla ad eseguire i relativi lavori a regola d'arte ovvero a corrispondere all'attore l'equivalente in danaro; 4) ai sensi dell'art. 2932 c.c., emettere sentenza costitutiva di trasferimento del terreno oggetto di causa al prezzo residuo ancora da pagare, pari ad Euro 30.764,40 più iva ed oltre l'esecuzione dei lavori nei tre magazzini della (...) s.r.l.; 5) in subordine, nell'ipotesi in cui per qualsivoglia ragione l'estensione del terreno trasferibile ex art. 2932 fosse inferiore a quella promessa in vendita, rideterminare il prezzo di trasferimento tenuto conto della minore superficie e del minor valore del bene e condannare i convenuti, in solido, al risarcimento riconducibile al minor valore venale del terreno ed al minor pregio e/o utilità che deriverebbe al fabbricato del (...) antistante il terreno medesimo da quantificare con espletanda CTU, ovvero in via equitativa, oltre interessi legali rivalutazione monetaria maturandi e maturati . 6) in via ancora più gradata, nell'ipotesi in cui il bene fosse ancora gravato da qualsivoglia onere, peso, ipoteca e/o trascrizione pregiudizievole ovvero da vizi tecnici, amministrativi ed urbanistici, emettere sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. ed, al contempo, condannare i convenuti in solido a corrispondere al (...) le somme necessarie per la cancellazione, compensandole in tutto o in parte con il prezzo residuo ancora da pagare e/o con l'importo dei lavori ancora da eseguire nei tre magazzini della (...) S.r.l.; 7) in estremo subordine, dichiarare risolto il contratto preliminare; 8) in ogni caso condannare i convenuti a titolo di responsabilità precontrattuale, contrattuale e/o extracontrattuale all'integrale risarcimento dei danni diretto ed indiretto, presente o futuro subito e subendo anche per le ragioni di cui al punto 5) della narrativa da accertare in corso di causa, anche in via equitativa e, nell'ipotesi di risoluzione del contratto preliminare, la misura del risarcimento dovrà comprendere anche le somme sin qui anticipate dal (...) per l'acquisto del terreno pari ad Euro 34.235,60, con vittoria di spese e compensi di causa. Iscritta la causa a ruolo, si costituivano in giudizio i convenuti, depositando in data 15.06.2011, comparsa di risposta e costituzione con la quale, eccepiva l'infondatezza di quanto dedotto dall'attore nell'atto introduttivo e specificamente : che il 20.10.2010 i deducenti erano comparsi davanti al Notaio C., unitamente al (...), per procedere al trasferimento del terreno e della corte, ma l'atto di vendita non era stato redatto perché era sorta controversia in ordine all'estensione del terreno annesso, costituito dalle particelle (...) e (...) ed avente forma trapezoidale mentre l'attore pretendeva il trasferimento di una maggiore superficie equivalente ad un rettangolo avente larghezza di metri 13 e lunghezza di metri 33,92 e, pertanto, oltre alle due predette particelle anche la vendita di una porzione della limitrofa particella (...) che costituiva una strada interna del limitrofo complesso in corso di costruzione ed inoltre che il trasferimento del terreno non poteva essere effettuato in favore del (...), se quest'ultimo non avesse provveduto, previamente, al pagamento del prezzo ed all'esecuzione dei lavori relativi agli impianti nei tre magazzini della (...) S.r.l., chiedevano l'accoglimento delle seguenti domande : rigettare le domande proposte dall'attore e dichiarare risolto il compromesso di vendita per grave inadempimento dell'attore, con vittoria di spese, compensi difensivi. Così integrato il contraddittorio, all'udienza del 09.07.2011 su richiesta delle parti il G.I., con ordinanza emessa in calce al verbale, concedeva i termini di cui all'art. 183 comma VI c.p.c. per il deposito delle memorie per precisare le domande e le eccezioni già proposte, articolare i mezzi istruttori e produrre nuovi documenti e formulare richiesta di prova del contrario. Previa riserva assunta all'udienza del 14.11.2012, il G.I. con ordinanza emessa in data 15-16 novembre 2012 ammetteva le prove orali richieste dalle parti e rinviava per l'espletamento. Nelle more, a seguito della soppressione delle Sezioni Distaccate, il presente giudizio in data 07.11.2013, veniva trasferito al Tribunale di Barcellona P.G. e rimesso sul ruolo per il prosieguo. Espletata solo in parte la prova orale, il G.I. con ordinanza del 13.05.2016 disponeva che le parti provvedessero ad attivare la procedura di mediazione per la soluzione della controversia, fissando i termini dell'espletamento e rinviando al 07.02.2017. Esperito con esito negativo la procedura di mediazione, giusto verbale depositato agli atti, in data 06.02.2017 per i convenuti si costituivano in giudizio, in sostituzione del precedente procuratore, l'avv. (...) e l'avv. (...), congiuntamente e disgiuntamente, depositando comparsa di costituzione con la quale insistevano nelle eccezioni e domande formulate negli atti e verbali di causa. In prosieguo, il G.I. disponeva su richiesta di parte convenuta, l'acquisizione dell'ATP espletata fra le parti di cui al fascicolo n. 15467/2011 RG. Definita l'assunzione della prova orale con l'escussione di tutti i testi ammessi, all'udienza del 22.10.2022, il G.I. dichiarava chiusa la fase istruttoria e rinviava per la precisazione delle conclusioni. Da ultimo, all'udienza del 13.01.2023, le parti precisavano le conclusioni ed il G.I. assegnava la causa in decisone, concedendo alle parti i termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali ed eventuali repliche. I procuratori delle parti hanno depositato le comparse e le repliche. In diritto 2) Le domande attrici sono infondate e vanno, per l'effetto, rigettate per le considerazioni, in fatto ed in diritto, di cui infra. 3) La fattispecie per cui è causa rientra nell'alveo della responsabilità contrattuale dei convenuti, trovando la causa petendi nell'asserito inadempimento delle obbligazioni assunte dagli stessi in virtù del contratto preliminare di vendita del 08.10.2009, esclusivamente con riferimento alla vendita del terreno annesso al fabbricato e della corte di quest'ultimo, sotto i seguenti profili : la carenza in capo alla (...) s.r.l., promittente alienante, del titolo di proprietà del terreno annesso promesso in vendita; la sussistenza del pregiudizio dell'ipoteca gravante sul terreno medesimo; il mancato inserimento della particella (...) del fg (...), nel certificato di destinazione urbanistica, da allegare al redigendo atto notarile; la pretesa dei promittenti alienanti di vendere il terreno annesso avente estensione ed individuazione diverse e difformi da quello oggetto del preliminare di compravendita, dell'allegata piantina (all. "A") dove il " tutto promesso in vendita " risultava evidenziato in giallo, e dell'art. 10 del capitolato generale di appalto anch'esso allegato (all. "B") al contrato preliminare. Dal compendio istruttorio espletato, ritiene il Tribunale che non sia stata raggiunta la prova, il cui onere gravava su parte attrice ai sensi dell'art. 2697 cod. civ., per affermare l'asserito inadempimento contrattuale di parte convenuta nei termini di cui prima. Invero : a) sotto il primo profilo, l'art. 1478 cod. civ. disciplina l'ipotesi di vendita di cosa altrui così statuendo: "se al momento del contratto la cosa venduta non era di proprietà del venditore, questi è obbligato a procurarne l'acquisto al compratore. Il compratore diventa proprietario nel momento in cui acquista la proprietà dal titolare di essa". Nel caso in esame è provato che la (...) s.r.l. alla data di stipula del preliminare ( 8.10.2009 ) non era proprietaria del terreno in questione e che con scrittura privata del 3 giugno 2010, sottoscritta dalle parti e versata in copia in atti, (...), in proprio, e (...), proprietari del terreno, promettevano di vendere a (...), che prometteva di acquistare, il terreno annesso oggetto dell'originario contratto preliminare, meglio descritto nella piantina nonché al punto 10 del capitolato generale di appalto, allegati rispettivamente sub A e B al preliminare medesimo, già noti anche a (...). Emerge altresì la circostanza che i promittenti alienanti, (...) proprietari del terreno in questione, si presentavano in data 20.10.2010 nello studio del Notaio (...), unitamente a (...), per redigere l'atto pubblico di vendita del terreno in questione, poi non stipulato per ragioni diverse di cui si dirà meglio in prosieguo. Da quanto sopra, nessun inadempimento contrattuale sotto questo profilo è addebitabile alla (...) S.r.l. b) In relazione alla sussistenza dell'iscrizione dell'ipoteca sul terreno annesso in questione, ritiene il Tribunale che dagli atti emergono indizi gravi, precisi e concordanti che inducono a ritenere provata che la stessa fosse meramente cartolare e, come tale, non costituiva un impedimento alla stipula dell'atto pubblico di vendita. Invero : (...) in sede di interrogatorio formale reso all'udienza del 17.01.2014 dichiarava : " in relazione alla circostanza "O" riguardo all'ipoteca verbalmente riferì all'attore che avevo estinto il debito con la banca e che stavo completando la pratica per l'estinzione dell'ipoteca e consigliai di stipulare l'atto e lasciare la somma convenuta a titolo di pagamento in custodia per completare la stipula del definitivo in attesa della banca . L'attore mi rispose che non avrebbe lasciato la somma del Notaio" La superiore circostanza non risulta smentita dalla dichiarazione resa dai testi di parte attrice, stante che il teste (...), escusso all'udienza dl 23 gennaio 2020, sotto il vincolo di giuramento, affermava di ricordare soltanto che l'atto non si poteva redigere perché " su una particella di cui non ricordo l'identificazione vi era un pignoramento " e che l'altro teste ing. (...), escusso all'udienza del 30 maggio 2022, sempre sotto il vincolo del giuramento, riferiva sul punto " Ho appreso dal (...) che al momento del rogito è emerso che .... su alcune particelle gravavano ipoteche " perché entrambe le deposizioni sono generiche e quella del teste (...) anche de relato, la cui fonte era la parte attrice. Di contro, la dichiarazione del (...) trova sicuro riscontro nell'accertamento eseguito dal CTP di parte attrice, ing. (...), il quale nella relazione di CTP datata 26.01.2012, versata in atti, afferma che " l'ipoteca su menzionata è stata cancellata, per le particelle prese in esame in data 12 dicembre 2011, con consenso a restrizione di ipoteca registrato il 09 gennaio 2012". La contiguità temporale degli eventi (accertamento e cancellazione del pregiudizio) in uno alla genericità delle deposizioni rese dai testi (...) e (...), e la certezza dell'accertamento eseguito dal CTP ing. (...) di cui alla relazione del 26.01.2012, inducono a ritenere sussistente la prova indiziaria della circostanza che alla data del 20.10.2010 ( incontro delle parti presso il notaio (...) per la redazione dell'atto di vendita del terreno in questione ) il pregiudizio gravante sul terreno annesso fosse meramente cartolare, stante che il debito era stato estinto e che era in corso la pratica di cancellazione. Alla luce di quanto sopra l'iscrizione cartolare dell'ipoteca non costituiva ostacolo alla stipula dell'atto di vendita del terreno in questione. c) Le medesime considerazioni, valgono circa l'ulteriore addebito a carico dei convenuti di non inserimento della particella (...) del fg (...) nel certificato di destinazione urbanistica, stante che la contestazione non trova supporto probatorio nelle deposizioni dei testi (...) e S.. d) Infine, con riferimento alla contestata pretesa dei promittenti alienanti di vendere all'attore il terreno annesso avente estensione, determinazione ed individuazione diverse, da quanto pattuito nel contratto preliminare del 8.10.2009 ed allegati ( piantina dei luoghi ( all. A ) e capitolato generale di appalto art. 10 - all. B) nonché della scrittura del 03 giugno2010, il Tribunale rileva quanto segue. In relazione al terreno annesso, oggetto di causa, dagli atti di causa si evince : a)Il preliminare di vendita del 08.10.2009, recita : " la parte promittente come sopra rappresentata, promette di vendere e trasferire alla parte promissaria acquirente signor (...) che si obbliga ad acquistare riservando di sostituire a se, totalmente o parzialmente una o più persone al momento della stipula dell'atto pubblico : fabbricato per civile abitazione a due elevazioni fuori terra oltre terrazzo di copertura in parte coperto a tegole con annesso terreno e corte di pertinenza il tutto sito in M., via (...) II (...) e confinante nell'insieme: con magazzino della stessa parte promittente venditrice, con strada privata e con proprietà (...) da due lati; a maggior e intelligenza previa sottoscrizione delle parti viene allegata al presente sotto "A" una piantina dove tutto quanto promesso in vendita risulta delimitato in giallo". b)La scrittura privata del 03 giugno 2010, sottoscritta da (...) in proprio, e (...), proprietari del terreno, promittenti venditori e (...), promissario acquirente, evidenzia : " ad oggi non è stato ancora venduto l'annesso terreno, oggetto dell'originario contratto preliminare e meglio descritto nella piantina, nonché al punto 10 del capitolato generale d'appalto allegati rispettivamente sub A e B al preliminare medesimo e già noti anche alla sig.ra (...)". c)L'allegato "A" al contratto preliminare del 8.10.2009, indica la raffigurazione in piantina di "tutto quanto promesso in vendita" ossia : fabbricato, terreno annesso e corte di pertinenza, individuato in giallo con le seguenti indicazioni : " linea indicativa ... confine (...)" e " terreno stessa ditta " d)L'allegato "B" al predetto contratto preliminare "Capitolato Generale d'Appalto" all'art. 10 intitolato "terreno circostante e terreno agricolo" recita: "mq. come da disegno allegato. Estensione terreno agricolo uguale alle misure del fabbricato (circa 13,00 metri) visto in prospetto orizzontale per lunghezza sino al confine con terreno di altra ditta (di R.G.). Altro terreno come da disegno allegato". Null'altro elemento probatorio è riscontrabile agli atti del presente giudizio in ordine alla determinazione o modalità concrete di determinabilità del terreno annesso e della corte del fabbricato promessi in vendita, di cui al preliminare di vendita intercorso fra le parti, oggetto del presente giudizio. Ritiene, invero, il Tribunale che dall'esame dei predetti atti non è dato evincere elementi oggettivi idonei e certi circa l'esatta determinazione né specifici e concreti elementi di determinabilità del terreno annesso al fabbricato, oggetto di vendita, stante la carenza negli stessi di indicazioni dei confini, dei punti reali di individuazione, delle particelle interessate, dell'estensione dello stesso e dei confini Generica, invero, al fine della determinazione o determinabilità del terreno annesso, oggetto di causa, deve ritenersi, la piantina " all.A" stante che la stessa integra, per espressa volontà delle parti manifestata nel preliminare di vendita del 8.10.2009 e nella scrittura privata del 03.06.2010, "una piantina dove tutto quanto promesso in vendita risulta delimitato in giallo", quindi il fabbricato, il terreno annesso e la corte, dalla quale estrapolare il terreno annesso, individualizzabile a posteriori solo in base all'interpretazione discrezionale delle parti, nel genus costituito dall'insieme degli immobili promessi in vendita. Al pari generici ed insufficienti si appalesano, al fine di cui sopra, gli indici rilevatori del terreno annesso indicati dall'art. 10 del capitolato generale di appalto (all. "B") stante che l' indicazione, peraltro non certa, della misura del fabbricato ("circa 13 metri") ed il" prospetto orizzontale per lunghezza sino al confine con terreno altra ditta (di R.G.), non consentono di determinare con certezza l'estensione, le particelle sulle quali insisteva ed infine, gli esatti confini dello stesso. Ciò posto, deve affermarsi che la clausola del contratto preliminare del 8.10.2009 e della scrittura privata del 03.06.2010, relativa esclusivamente alla determinazione del terreno annesso e della corte, immobili oggetto della promessa di trasferimento da parte dei promittenti alienanti in favore del promissario acquirente, sia viziata da violazione delle disposizioni di cui all'art. 1346 cod.civ. che recita : " l'oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile " e quella di cui all'art. 1351 cod. civ. che recita : " il contratto preliminare è nullo se non è fatto nella forma che la legge prescrive per il contratto definitivo". E' pacifico, invero, nella giurisprudenza di legittimità il principio di diritto in virtù del quale "per la determinatezza dell'oggetto non è possibile ricorrere ad una interpretazione, che svalutando nella sostanza l'elemento indefettibile della forma, si affida al comportamento delle parti così incrinando inaccettabilmente l'obbligo del rispetto della forma solenne" ( ex multis Cass. Sez. 2 sent. N. 22161 del 20.10.2014 ) ed ancora che "il contratto preliminare, per la sua validità, deve essere sufficientemente determinato in modo tale da consentire la pronuncia sostitutiva dell'obbligo di concludere il contratto ex art. 2932 c.c. e pertanto deve essere sufficientemente determinato in modo tale da consentire la pronuncia sostitutiva dell'obbligo di concludere il contratto, ex art. 2932 cod. civ. e pertanto deve essere sufficientemente determinato il bene che dovrà essere trasferito o devono essere esattamente indicate le modalità di determinazione; infatti se pure è corretto affermare che oggetto del preliminare è un'obbligazione di facere, l'indeterminatezza di tale obbligazione (derivata dall'indeterminatezza dell'oggetto del contratto definitivo e, per giunta, non funzionale all'esigenza di specificità commessa alla trascrivibilità della domanda e all'affidamento dei terzi ) si risolve in un vizio della causa del preliminare, in quanto non suscettibile di quella esecuzione che ne costituisce la funzione" (Cass. sez 2 ordinanza 30688 del 25.11.2019 conf. Sez. 2 sent. N. 13045 del 10.06.2014). Ciò posto, l'indeterminatezza e l'assenza di modalità oggettive di determinabilità del terreno promesso in vendita, di cui alla clausola del contratto preliminare del 8.10.2009 ed allegati, richiamati nella scrittura privata del 03.06.2010, determinano l'invalidità della clausola medesima, limitatamente al terreno annesso ed alla corte e la conseguente impossibilità di esecuzione forzata del preliminare sul punto, della quale ne costituisce la funzione, ai sensi dell'art. 2932 cod. civ. Ne deriva che le richieste di parte attrice di inadempimento di parte convenuta in ordine all'obbligazione assunta di trasferimento del terreno annesso in virtù del preliminare di vendita del 8.10.2009 e della scrittura privata del 03.06.2010 e di esecuzione specifica del preliminare ai sensi all'art. 2932 cod. civ. si appalesano infondate che vanno, per l'effetto, rigettate. Va rigetta altresì la richiesta di risoluzione del contratto preliminare sul punto, formulata da entrambe le parti, per insussistenza dei presupposti richiesti dalla legge ( inadempimento grave addebitabile ad una delle parti contrattuali) 4) Alla luce di quanto sopra, le richieste istruttorie formulate da parte attrice sia orali che di CTU, avanzate in corso di causa e reiterate in sede di precisazioni delle conclusioni si appalesano prive di rilevanza ed inconducenti, ai fini della definizione del presente giudizio, sicchè le stesse non possono che essere rigettate. 5) Ogni altra questione e domanda è da ritenere assorbita. 6) Vanno, infine, rigettate le altre domande di parte attrice, che esorbitano dal thema decidendum del presente giudizio come stigmatizzato alla luce degli atti di causa ( citazione, comparsa di risposta, ritualmente depositata, memorie ex art. 183 comma VI n.1 c.p.c. depositate dalle parti) in conformità alla disposizione di cui all'art. 112 c.p.c. ( principio della "corrispondenza tra chiesto e pronunciato" ) 7) Spese processuali. Le spese processuali vanno compensate fra le parti in causa in ragione della metà, ravvisandosi nel caso in esame la fattispecie di soccombenza parziale reciproca delle parti in ordine alle domande dalle stesse formulate nel merito e poste, per la residua metà, a carico di parte attrice in favore di parte convenuta,in solido, che liquida come da dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, valore scaglione da 26.000,00 ad Euro 52.000,00, aliquota media per le fasi del giudizio in cui è stata esplicata attività professionale. P.Q.M. Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in composizione monocratica, sentiti i procuratore delle parti, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, definitivamente pronunciando nella causa promossa da (...) - attore - contro - (...), (...), (...) S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore - convenuti- iscritta al N. 15225/2011 R.G., così provvede: 1) Rigetta le domande attrici. 2) Rigetta nel resto. 3) Condanna parte attrice al pagamento dei compensi di causa in favore di parte convenuta, in solido, in ragione della metà, che liquida in Euro 3.808,00, oltre spese generali del 15%, iva e cpa come per legge, se dovuti, compensando la residua metà fra le parti. Manda alla cancelleria di dare comunicazione alle parti. Così deciso in Barcellona Pozzo Di Gotto l'11 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 12 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO in composizione monocratica, nella persona del Giudice Onorario, dott.ssa Maria Rita Cuzzola ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al n. 922/2022 del Ruolo Generale degli Affari civili contenziosi promossa da (...) nata a B. P. di G. (M.) il (...) e residente a M. M. in via (...) elettivamente domiciliata presso lo studio dall'Avv. (...) che la rappresenta e difende giusta procura in atti, attore, contro (...), elettivamente domiciliato presso lo studio dell' Avv. (...) che lo rappresenta e difende giusta procura in atti, convenuto, avente ad oggetto: Risoluzione del contratto di locazione per inadempimento uso abitativo. MOTIVI DELLA DECISIONE FATTO E DIRITTO Con atto di citazione, regolarmente notificato, il Sig. (...) conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Barcellona P.G. il Sig. (...) al fine di convalidare lo sfratto per morosità ex art. 663 c.p.c., dichiarare la risoluzione del contratto di locazione stipulato tra le parti in data 28.09.2020 ed ottenere l'ingiunzione per il pagamento della complessiva somma di Euro 1.286,50 (di cui Euro 720,00 a titolo di canoni scaduti, Euro 566,50 per oneri accessori) nonché il pagamento di tutti canoni e degli oneri accessori a scadere fino all'esecuzione dello sfratto, oltre ai pertinenti interessi legali, alle spese ed ai compensi in giudizio. Nell'ambito del predetto procedimento sommario di convalida di sfratto contrassegnato dal numero di ruolo (...) R.G., in data 23.09.2022, si costituiva il resistente - sig. (...) - opponendosi alla convalida. Con Provv. del 16 giugno 2022 il Giudice ordinava ex art. 665 c.p.c. all'intimato il rilascio dell'immobile entro la data del 20.07.2022, rigettava la richiesta di decreto ingiuntivo e disponeva il mutamento del rito ex art. 667 c.p.c., assegnando alle parti il termine di 15 giorni per introdurre la procedura di mediazione obbligatoria ex lege. Effettuato il mutamento di rito, il G.I. fissava al 18.10.2022 udienza di comparizione e discussione, assegnando un termine perentorio alle parti per l'integrazione dei rispettivi atti. In data 07.10.2022, con memorie di costituzione, la Sig.ra (...) si costituiva nel presente giudizio in prosecuzione, anche ai sensi dell'art. 302 c.p.c., quale legittimo successore subentrato nel già instaurato rapporto di locazione dell'immobile oggetto del procedimento sommario di sfratto. Immobile sito in F. (M.) viale (...) piano terra, censito al N.C.E.U. al foglio (...) particella (...) subalterno (...) categoria (...), classe (...), vani 4, entrato nel suo esclusivo e pieno diritto di proprietà in qualità di nipote del defunto (...) - deceduto in data 26.06.2022 come da certificato di morte allegato sub B alla memoria di costituzione - e già nuda proprietaria dell'immobile in questione (come da contratto di donazione rep. n. (...) e racc n. (...) del 07.08.2014, registrato il 05.09.2014 allegato sub (...) al fascicolo della fase sommaria del giudizio n. 1189/21 R.G. e da visura allegata sub E). La Sig.ra (...) reiterava integralmente tutte le eccezioni, deduzioni e domande di cui alla precedente fase sommaria contestando ogni assunto avversario ed eccepiva, a cagione della dipartita del sig. (...) di essere stata impossibilitata a promuovere l'obbligatoria procedura di mediazione nei termini fissati dal Tribunale chiedendo di disporre un congruo rinvio della causa per consentire l'esperimento della procedura quale condizione di procedibilità. All'udienza virtuale del 18.10.2022 le parti presentavano regolari note scritte, senza introdurre entro tale data - prima udienza di comparizione - la rituale procedura di mediazione ex lege obbligatoria né chiedendo tempestivamente in tale sede la rimessione in termini. Parte resistente, pertanto, eccepiva l'improcedibilità causa il mancato esperimento della procedura di mediazione obbligatoria in materia ex art. 5, comma 1 D.Lgs. n. 28 del 2010, da esperire nelle more almeno entro la prima udienza. Solo con istanza depositata in data 10.02.2023 la Sig.ra (...) richiedeva l'attivazione della procedura di mediazione. Mediazione ritualmente instaurata innanzi all'organismo di mediazione "(...) con sede a M. - via (...) conclusasi in data 01.03.2023 con verbale negativo per mancata adesione della controparte, ritualmente convocata. Entro il termine del 10.03.2023, ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., le parti precisavano le conclusioni, depositando note contenenti relative istanze e conclusioni. In ordine alla domanda di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento ed alla richiesta di ingiunzione di pagamento dei canoni scaduti va dichiarata l'improcedibilità. Sul punto l'eccezione del convenuto è fondata. Il presente giudizio, vertente in materia di locazione è soggetto a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 28 del 2010. Ai sensi dell'art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010 ss. m.m., pertanto, la mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale in materia di locazione e trova applicazione nel momento in cui viene disposta la conversione del rito ai sensi dell'art. 667 codice di rito. Ne consegue che qualora le parti non esperiscano il menzionato procedimento, come nel caso di specie, il giudizio deve essere dichiarato improcedibile ed invero, il D.Lgs. n. 28 del 2010, all'art. 5 recita: "chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di...locazione...è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione (comma 1)... I commi 1 e 2 non si applicano: b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'articolo 667 del codice di procedura civile (comma 2)". Dagli atti del processo, non risulta che tale procedura di mediazione obbligatoria sia stata attivata nei termini previsti dalla legge. Il termine in questione ha natura perentoria in quanto, come osservato dalla giurisprudenza di merito in alcune recenti pronunce, la sanzione prevista dalla legge per la sua inosservanza consiste nella improcedibilità della domanda; stante quindi la gravità della sanzione non può ritenersi altrimenti ordinatorio il termine assegnato. Seppur per le ragioni chiaramente esposte da parte attrice, ovvero del decesso del ricorrente sig. (...) in data 26.06.2022 ovvero nel periodo intercorrente fra il provvedimento di invio in mediazione del giudice e la comparizione davanti al mediatore, non può che rilevarsi un atteggiamento di inerzia in capo alla sig.ra (...) costituitasi in giudizio quale legittimo successore nel già instaurato rapporto obbligatorio di locazione solo in data 07.10.2022. Merita di soffermarsi, in tal senso, sulla pronuncia della Suprema Corte sentenza del 14 dicembre 2021 n. 40035 con al quale si stabilisce che "il giudizio di mediazione deve essere quanto meno introitato entro la prima udienza", cosa che nel caso di specie non è avvenuta, non avendo controparte, in occasione della prima udienza del 18.10.2022, nemmeno chiesto la rimessione in termini. Nei termini, quindi, parte attrice in qualità di locatore dell'immobile e creditore non avviava il procedimento stragiudiziale, nonostante l'ampio lasso di tempo intercorso tra la comunicazione dell'ordinanza del 16.06.2022 in cui il assegnava alle parti il termine di 15 giorni per introdurre la procedura di mediazione obbligatoria ex lege e, per l'appunto, l'invio dell'istanza di attivazione della procedura di mediazione esperita solo successivamente alla prima udienza di comparizione, ovvero in data 10.02.2023. Non avendo parte attrice, chiesto nemmeno la rimessione in termini in occasione della prima udienza del 18.10.2022, nonostante il tentativo di sanare il vizio, con istanza depositata il 10.02.2023, la domanda giudiziale è dichiarata improcedibile per una colpevole inerzia iniziale della parte, che ha ritardato la presentazione dell'istanza in violazione di entrambi i termini previsti: il primo di 15 giorni (perentorio) concesso dal Giudice come da decreto del 16.06.2022 e quindi scaduto l'1.07.2022; il secondo, previsto ex art. 6 D.Lgs. n. 28 del 2010 come 3 mesi di durata massima della procedura di mediazione e quindi scaduto in data 15.10.2022. Ferma restando la definizione in punto di rito della domanda attorea, occorre pronunciarsi nel merito della domanda di parte convenuta di revoca della ordinanza provvisoria di rilascio per perdita di efficacia. Sul punto va rilevato che la ordinanza di rilascio con riserva delle eccezioni del convenuto emessa ex art. 665 c.p.c., dal Giudice nell'ambito di un procedimento di convalida di sfratto, sulla opposizione proposta dall'intimato che in tal modo determina la conclusione del procedimento sommario e la instaurazione di un autonomo processo a cognizione ordinaria, conserva la sua efficacia di titolo esecutivo anche in casi di successiva estinzione del giudizio di merito a cognizione piena, atteso che l'ordinanza di rilascio, pur se non idonea ad acquistare autorità di giudicato in ordine al diritto fatto valere dal locatore, rientrando nella categoria dei provvedimenti di condanna con riserva di eccezioni del convenuto, ha natura non di provvedimento cautelare o meramente ordinatorio ma di provvedimento sostanziale provvisorio, i cui effetti (afferenti alla cessazione o risoluzione della locazione e conseguentemente all'attribuzione del diritto di rilascio dell'immobile, attuabile in via esclusiva) permangono fino a quando, ove non vengano definitivamente confermati, siano messi nel nulla dalla sentenza di merito che conclude l'ordinario giudizio di cognizione, salva restando in casi di estinzione di questo al conduttore di far valere, nel termine di prescrizione, le sue eccezioni in un autonomo nuovo processo (v. Cass. Civ. sez. III 29/3/1995, n.3730) e salvo l'assorbimento della medesima ordinanza nella sentenza dichiarativa della risoluzione del contratto, con conseguentemente preclusione in appello di ogni questione attinente alla sua validità (c. Cass. Civ. sez. III, 23/1/2006, n. 1223). Di qui il rigetto della domanda di revoca avanzata dal convenuto a causa della permanente efficacia della ordinanza provvisoria di rilascio, secondo quanto sopra precisato. Le suddette statuizioni sono assorbenti di ogni ulteriore decisione sulle altre domande formulate dalle parti in quanto ultronee. Sussistono ragioni per una compensazione integrale delle spese di giudizio, in quanto risulta imputabile ad entrambe le parti la condotta omissiva cagionevole dell'estinzione. P.Q.M. Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in persona del sottoscritto giudice onorario in funzione di giudice unico, sentiti i procuratori delle parti costituite, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n.922/2022 R.G.A.C., così provvede: Dichiara l'improcedibilità del presente giudizio. Rigetta la richiesta di revoca della ordinanza provvisoria di rilascio Compensa interamente, tra le parti, le spese del presente giudizio. Così deciso in Barcellona Pozzo di Gotto il 20 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 21 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO Il Tribunale di Barcellona P.G., sezione civile, riunito in camera di consiglio e composto dai magistrati: dott. Giovanni De Marco - presidente dott.ssa Maria Marino Merlo - giudice rel.-est. dott.ssa Viviana Scaramuzza - giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n.710\2019 R.G., introitata per la decisione all'udienza di precisazione delle conclusioni del 24 marzo 2022; promossa da (...) c.f.: (...), nata a (...) (M.) , il (...) rappresentata e difesa dall'avv. Ro.Ma.; attrice contro (...) c.f. (...), nato a C. il (...), rappresentato e difeso dagli avv.ti Lu.Am. e Cu.Ma.; convenuto E CON L'INTERVENTO DEL PUBBLICO MINISTERO. OGGETTO: dichiarazione giudiziale di paternità; IN FATTO E DIRITTO Con ricorso depositato in data 17/04/2019, (...) ha convenuto in giudizio (...) esponendo di avere intrattenuto con lui una relazione durante il proprio matrimonio con (...), da cui, in data 16/08/2016, è nato il figlio (...). La (...) ha chiesto di accertare e dichiarare che (...) è il padre del piccolo; di ordinare all'ufficiale dello stato civile di eseguire le prescritte annotazioni sull'atto di nascita e, conseguentemente, di determinare l'importo dell'assegno di mantenimento mensile a carico di (...) in favore del figlio, da quantificare in Euro 800,000, oltre al versamento delle spese straordinarie. Ha domandato, inoltre, di disporre a carico del convenuto anche il pagamento delle somme arretrate, dovute a titolo di mantenimento, quantificate in Euro. 55.200,00 (ovvero di n. 69 mensilità x Euro.800,00 dalla data di nascita del figlio), oltre la metà delle spese straordinarie da lei sostenute. Infine, ha chiesto la condanna del convenuto ai sensi dell'art. 96 c.p.c. Si è costituito (...), il quale ha eccepito, preliminarmente, l'erroneità del rito con cui parte ricorrente ha introdotto il giudizio. Nel merito, ha contestato quanto sostenuto dalla (...), affermando di avere intrattenuto con la stessa solo rapporti occasionali. Nelle more del giudizio, si è offerto di versare la somma di Euro.250,00 mensili, oltre il 50% delle spese straordinarie a titolo di mantenimento del minore. Ha proposto domanda riconvenzionale con cui ha chiesto la condanna dell'attrice a risarcire i danni all'immagine subiti da lui e dalla propria famiglia quantificati in Euro 200.000,00. Disposto il mutamento del rito, concessi i termini di cui all'art. 183 c.p.c., è stata disposta CTU di natura genetica. All'udienza del 24 marzo 2022, tenutasi con le modalità di cui all'art. 221, c.4, D.L. n. 34 del 2020, il giudice istruttore, fatte precisare le conclusioni, ha rimesso la causa al collegio per la decisione, con la concessione dei termini di 20 giorni per il deposito di comparse conclusionali e ulteriori 20 giorni per le memorie di replica. La domanda di dichiarazione giudiziale di paternità proposta dall'attrice va accolta. L'azione di dichiarazione giudiziale di paternità, di cui all'art. 269 c.c., ha lo scopo di garantire al figlio nato fuori dal matrimonio il diritto a conseguire il riconoscimento in via giudiziale della propria filiazione. L'oggetto dell'accertamento è il dato biologico della procreazione e, a seguito della riforma introdotta con L. 19 maggio 1975, n. 151, la paternità può essere provata con ogni mezzo, essendo venuta meno l'originaria previsione che vincolava il riconoscimento di paternità naturale alla ricorrenza di casi tassativamente elencati, benché, ai sensi del 4 comma dell'art. 269c.c., la sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra madre e preteso padre non possano costituire prova del rapporto di filiazione. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, la dichiarazione della madre, come pure l'esistenza di rapporti tra madre e preteso padre possono, però, concorrere, in uno ad altri elementi presuntivi, a formare il convincimento del giudice. Essendo in pratica quasi impossibile fornire la diretta dimostrazione di un fatto intimo e riservato come il concepimento ad opera del preteso padre, la prova del dato biologico della procreazione da parte di un soggetto che si assume essere padre di altra persona può essere fornita, essenzialmente, per presunzioni. Nel caso in esame, la paternità di (...) rispetto al minore (...) deve ritenersi provata in base: alle affermazioni delle parti, dalle quali risulta che le stesse hanno avuto rapporti sessuali, e, restando del tutto irrilevante, per il fine che ci occupa, che questi siano avvenuti "senza nessun intento continuativo e sempre contenuto nella durata dei rapporti interpersonalisporadici" per come affermato dal convenuto nella propria comparsa; oltre che dal risultato ottenuto dalle indagini del CTU, che, nella specie hanno funzione di mezzo obiettivo di prova, da cui si evince che (...) è padre biologico di (...). La domanda di parte attrice è quindi fondata ed il minore va dichiarato figlio naturale di (...). Consegue l'ordine all'Ufficiale dello stato civile competente di annotare la presente sentenza, al suo passaggio in giudicato. Avvalendosi della facoltà accordatagli dal 2 comma dell'art. 277 c.c. ("il giudice può anche dare i provvedimenti che stima utili ...", esplicitamente estesi al tema dell'affidamento da D.Lgs. n. 154 del 2013), il collegio ritiene inoltre di provvedere in ordine alla regolamentazione del regime di affidamento e collocazione del minore. Sul punto va precisato che rispetto alla regola dell'affidamento condiviso, prevista dall'art. 337 ter c.c. introdotto dal D.Lgs. n. 154 del 2013, costituisce eccezione la soluzione dell'affidamento esclusivo: all'affidamento condiviso può infatti derogarsi solo ove esso risulti contrario all'interesse del minore, ai sensi dell'art. 337 quater c.c. Nel caso concreto, sulla base degli elementi acquisiti nel corso del procedimento risultano profili di grave inidoneità genitoriale nei confronti del padre, tali da legittimare un affidamento esclusivo del minore alla madre. Deve infatti ritenersi provata la carenza genitoriale del convenuto, concretatasi in comportamenti di mancato accudimento. È appunto incontestato che il (...), pur dalla scoperta genitorialità, non si sia mai interessato al figlio e non abbia esercitato il ruolo di genitore, non avanzando alcuna richiesta di incontrarlo né di ottenerne l'affidamento. Nella situazione attuale, il (...) non ha assunto di fatto alcun ruolo e ciò giustifica, al fine di meglio tutelare l'interesse del minore, il riconoscimento dell'affido nelle forme del c.d. "affido superesclusivo". Non è invece emerso alcun elemento di inidoneità genitoriale a carico della madre, che si occupa in via esclusiva della cura e del mantenimento del minore. Ritiene il Collegio, pertanto, che debba disporsi l'affidamento esclusivo alla madre, la quale potrà assumere da sola anche le decisioni di maggiore importanza nell'interesse del minore. È pertanto conforme all'interesse del figlio il suo collocamento presso la madre, la quale eserciterà in via esclusiva la responsabilità genitoriale per tutte le questioni attinenti al minore, adottando anche le decisioni di maggiore interesse per il figlio. Appare, inoltre, opportuno, per il momento, non disporre nulla in ordine ad eventuali incontri fra il minore ed il padre, stante l'emersa assoluta mancanza di rapporti fra le parti; è comunque confacente all'interesse del minore invitare entrambi i genitori ad avviare un rapporto fra il bambino ed il padre. In tal senso, da subito il minore dovrà essere preso in carico dai Servizi sociali e dal Servizio di NPIA competenti per territorio affinché predispongano ogni attività utile a fornirgli il necessario supporto psicologico nel processo di riconoscimento ed accettazione del (...) quale figura genitoriale. Quanto alla previsione di un assegno di mantenimento da prevedere a carico del (...) per il minore, va ricordato che l'art. 315 bis c.c. stabilisce che "il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni" e l'art. 316 bis c.c. disciplina, quindi, il concorso dei genitori negli oneri relativi. Il mantenimento mira a rendere omogeneo lo standard di vita dei genitori e dei figli, integrando in una comune condizione economico- sociale le persone legate dal rispettivo diritto e obbligo; ciò spiega anche perché il diritto al mantenimento sorga al momento stesso in cui nasce il rapporto familiare su cui si fonda, tenuto conto che il fatto stesso della procreazione determina l'impegno e la responsabilità del genitore verso la prole. In ordine alla quantificazione del contributo, il legislatore ha previsto all'art.337 ter c.c. che "salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito". Il legislatore ha, quindi, indicato i criteri che il Giudice deve seguire nel determinare la misura dell'assegno periodico, tra i quali vengono in considerazione, in primo luogo, le "esigenze del figlio". Nella determinazione dell'assegno di mantenimento a favore dei figli occorre, pertanto, analizzare tutti gli elementi concreti rivelatori della capacità economica dei genitori, nonché del contesto sociale di appartenenza dei figli e delle loro esigenze. Nel caso in esame, l'attrice dichiara di svolgere il ruolo di insegnante, lavorando saltuariamente mediante le c.d. supplenze. Mentre, il convenuto svolge la professione di medico chirurgo nell'ospedale di Patti, presso cui è dirigente medico, oltre ad attività privata presso uno studio medico in Milazzo di cui non si ha conoscenza circa la redditività. Nella fattispecie, allora, occorre tenere conto delle essenziali necessità di (...), di quasi anni 6, e considerare la capacità reddituale del convenuto, evidenziando che la determinazione del contributo non si fonda su una rigida comparazione della situazione patrimoniale di ciascun genitore e che le potenzialità economiche del genitore affidatario concorrono a garantire al minore un migliore soddisfacimento delle sue esigenze di vita, ma non comportano una proporzionale diminuzione del contributo posto a carico dell'altro genitore (cfr. Cass. n. 18538/2013). Sulla base di tali presupposti, si ritiene di fissare il contributo di mantenimento per il minore a carico del padre - dovuto a decorrere dalla data della domanda giudiziale - nella somma mensile di Euro 500,00 - con rivalutazione annuale ISTAT - da versarsi in favore della madre, oltre alla metà delle spese straordinarie che si renderanno necessarie nell'interesse del figlio. L'obbligo di versare al figlio un assegno di mantenimento non può che operare dalla data della proposizione della domanda giudiziale (Cass. civ. Sez. I 13.07.1995 n. 7644), poiché, per il periodo antecedente, sussiste esclusivamente un diritto al rimborso delle spese sostenute per il mantenimento. A tal riguardo, la (...) ha chiesto la condanna del convenuto al pagamento degli arretrati del contributo di mantenimento, che decorrono dal momento della nascita del minore e di cui la stessa ha assunto, finora, l'onere esclusivo. La domanda è fondata e va accolta. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la sentenza dichiarativa della filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento, ai sensi dell'art. 277 cod. civ., e, quindi, a norma dell'art. 261 cod. civ., implica per il genitore l'assunzione di tutti i doveri propri della procreazione legittima, incluso quello del mantenimento ex art. 148 cod. civ. La relativa obbligazione si collega allo "status" genitoriale e assume di conseguenza pari decorrenza, dalla nascita del figlio, con il corollario che l'altro genitore, il quale nel frattempo abbia assunto l'onere del mantenimento anche per la porzione di pertinenza del genitore giudizialmente dichiarato, ha diritto di regresso per la corrispondente quota, sulla scorta delle regole dettate dall'art. 1299 cod. civ. nei rapporti fra condebitori solidali (Cass. 04 novembre 2010 n. 22506). Ed invero, l'obbligo dei genitori di mantenere i figli (artt. 147,148,315-bis e 316-bis c.c.) sussiste per il solo fatto di averli generati, atteso che la sentenza dichiarativa della paternità produce gli effetti del riconoscimento, incluso quello del mantenimento, retroattivamente; sicché nell'ipotesi in cui, al momento della nascita, il figlio sia riconosciuto da un solo dei genitori, tenuto perciò a provvedere integralmente al suo mantenimento, non viene meno l'obbligo dell'altro per il periodo anteriore alla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio naturale ed essere mantenuto, istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori (cfr. Cass. Civ., 10 aprile 2012, n. 5652; Cass. Civ., 17 dicembre 2007, n. 26575; Cass. n. 2328/2006) Ne consegue che il fatto che il (...) abbia saputo della paternità solo di recente, ovvero con l'instaurazione del presente procedimento, non lo esonera dal contributo al mantenimento nei confronti del minore per il periodo antecedente. Per quanto concerne la determinazione della somma dovuta dal convenuto in restituzione nel periodo di mantenimento esclusivo, questa non può essere determinata sulla base dell'importo stabilito per il futuro nella pronuncia relativa al riconoscimento del figlio naturale, via via devalutato, in quanto l'ammontare dovuto trova limite negli esborsi presumibilmente sostenuti in concreto dal genitore che ha per intero sostenuto la spesa senza però prescindere né dalla considerazione del complesso delle specifiche e molteplici esigenze effettivamente soddisfatte o notoriamente da soddisfare nel periodo in considerazione, né dalla valorizzazione delle sostanze e dei redditi di ciascun genitore quali all'epoca goduti ed evidenziati, eventualmente in via presuntiva, dalle risultanze processuali, né infine dalla correlazione con il tenore di vita di cui il figlio ha diritto di fruire, da rapportare a quello dei suoi genitori. La Suprema Corte ha precisato che il diritto a favore del genitore che ha provveduto al mantenimento del figlio fin dalla nascita, ancorché trovi titolo nell'obbligazione legale di mantenimento imputabile anche all'altro genitore, ha natura in senso lato indennitaria, essendo diretto ad indennizzare il genitore, che ha riconosciuto il figlio, per gli esborsi sostenuti da solo per il mantenimento della prole. Il giudice di merito può utilizzare il criterio equitativo per determinare le somme dovute a titolo di rimborso poiché è principio generale (desumibile da varie norme, quali ad esempio gli artt. 379, comma 2, 2054, 2047 c.c.) che l'equità costituisca criterio di valutazione del pregiudizio non solo in ipotesi di responsabilità extracontrattuale, ma anche con riguardo ad indennizzi o indennità previste in genere dalla legge (v. Cass. n. 10861/1999, n. 11351/2004). Ne consegue che il giudice di merito, ove l'importo non sia altrimenti quantificabile, provvede, per le somme dovute dalla nascita fino alla pronuncia, secondo equità al genitore che le ha anticipate, trattandosi di criterio di valutazione del pregiudizio di portata generale, fermo restando che, essendo la richiesta di indennizzo assimilabile ad un'azione di ripetizione dell'indebito, gli interessi, in assenza di un precedente atto stragiudiziale di costituzione in mora, decorrono dalla data della domanda giudiziale (cfr. Cass. 2014/16657; Cass. 2012/5652; Cass. 2011/26772; Cass. 2010/3991; Cass. 1999/10861; Cass. 2007/26575; Cass. 2006/23596). Orbene nel caso di specie, occorre muovere non tanto dal reddito percepito dal (...), quanto dai bisogni del figlio, rapportati al tenore di vita che avrebbe potuto ricevere anche con il contributo del padre e dalle somme in concreto spese dalla madre per soddisfare tali bisogni e provvedere al suo mantenimento. Nel merito, è circostanza non contestata dal convenuto, il fatto che la (...) abbia provveduto con le proprie risorse economiche al mantenimento del figlio ed a tutte le esigenze di vita, di cura, di istruzione e di svago del medesimo. Considerato che la (...) è un'insegnante cd. precaria e che il minore è nato in data (...), il collegio ritiene che il (...) debba essere condannato a corrispondere alla (...), a titolo di regresso per le spese dalla stessa sostenute in via esclusiva per il mantenimento del figlio, la somma di Euro 15.000,00, importo determinato equitativamente tenuto conto dei bisogni del minore - in assenza di prove specifiche - e di quanto avrebbe potuto spendere l'attrice e tenuto conto che quest'ultima non ha allegato di aver dovuto provvedere a particolari spese straordinarie (di istruzione, sanitarie e di altro genere) per il minore. Alla stregua delle superiori considerazioni, appare equo condannare (...) a corrispondere a (...) a titolo di rimborso delle spese sostenute da quest'ultima per il mantenimento del figlio (...), la somma complessiva di Euro. 15.000,00, oltre interessi dalla domanda sino al soddisfo. Va invece rigettata la domanda risarcitoria ex art. 2043 c.c. avanzata dal (...) nei confronti della (...), per aver "volutamente e dolosamente nascosto il fatto di non prendere anticoncezionali" e per aver "dolosamente nascosto al ricorrente, prima di essere incinta, di avere dubbi sulla paternità del figlio", con la specificazione che trattasi di "Danni all'immagine che, essendo il convenuto professionista stimato e rispettabile, si chiede che vengano quantificati in Euro 200.000,00". Il collegio osserva che il danno all'immagine ed alla reputazione rientra tra i danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c., che conseguono ad una lesione di diritti costituzionalmente garantiti, dovendosi far riferimento, ai fini della individuazione dei danni risarcibili, all'art. 2 Cost., che individua gli interessi di rango inviolabile che debbono intendersi tutelati. A tal riguardo, suddetto danno è inteso come "danno conseguenza" e non può giammai sussistere "in re ipsa", dovendo essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento (cfr. Cass. Civ. sez. 3, Ordinanza n. 4005/2020). Difatti, in termini opposti, si snaturerebbe la funzione del risarcimento stesso, accordato non in conseguenza dell'effettivo accertamento della lesione di diritti inviolabili della persona, ma quale pena privata a fronte di un comportamento lesivo. Ciò posto, nella fattispecie in esame difettano i presupposti per potere affermare una responsabilità risarcitoria in capo alla S.. Infatti, il convenuto non ha provato, né offerto di provare, la sussistenza di alcuno degli elementi costitutivi dell'illecito che assume essere stato posto in essere dall'attrice, vale a dire la condotta antigiuridica dolosa o colposa, l'evento lesivo, i cd. danni conseguenza ed il nesso di causalità tra il fatto illecito dannoso ed i danni conseguenza. Infine, il Collegio ritiene sussistenti i presupposti di legge per la condanna del convenuto per responsabilità aggravata ai sensi dell'art. 96 c.p.c.. A tal riguardo si osserva che la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che la condanna ex art. 96 c.p.c. u.c., applicabile d'ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma e indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96, commi 1 e 2 c.p.c., e con queste cumulabile, volta alla repressione dell'abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro non dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di "abuso del processo", quale l'aver agito o resistito pretestuosamente (Cass. 3830/2021, 20018/20). Nel caso in esame si ritiene che il (...) abbia abusato dello strumento processuale, avendo resistito in giudizio contestando dapprima l'esistenza di una relazione sessuale intercorsa con l'attrice, chiedendo l'ammissione della prova per testi e dell'interrogatorio formale della ricorrente in via preliminare e preclusiva per l'esame genetico, chiedendo altresì di ammettere quest'ultimo a condizione dell'imputazione del pagamento delle relative spese alla controparte; ed avanzando pure domanda di risarcimento del danno rivelatasi palesemente infondata. Tale condotta, che ha comportato certamente un pregiudizio alla tempestiva definizione del procedimento instaurato, è da ritenersi assunta con intenti dilatori e/o defatigatori; va dunque sanzionata. Di conseguenza, il (...) va condannato al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore dell'attrice nell'importo indicato in dispositivo (cfr. Cass. S.U. 4315/2020; Cass. SU 16601/2017). Le spese, atteso l'esito del giudizio ed in applicazione del principio di soccombenza, vanno poste a carico del convenuto e, avuto riguardo all'entità della causa ed alle questioni trattate, applicati i parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014 e considerato il valore più basso previsto per le cause di valore indeterminabile, in considerazione della non rilevante complessità della causa, possono liquidarsi in complessivi Euro 3.972,00 (Euro 810,00 per fase studio, Euro 574,00 per fase introduttiva, Euro 1.204,00 per la fase istruttoria ed Euro 1.384,00 per fase decisoria) oltre spese generali, I.V.A. e c.p.a. come per legge. Le spese di CTU, come liquidate con separato decreto, vanno poste a carico del convenuto. P.Q.M. Il Tribunale di Barcellona P.G., sezione civile, sentiti i procuratori delle parti ed il Pubblico Ministero, disattesa ogni contraria istanza difesa ed eccezione, definitivamente pronunciando, così provvede: 1. dichiara che (...) nato a C. il (...) è padre di (...) nato a (...) il (...); 2. ordina all'Ufficiale dello Stato Civile del Comune competente di effettuare le dovute annotazioni; 3. affida in via esclusiva alla madre (...) il minore (...) con collocazione privilegiata presso l'abitazione della stessa; 4. dispone che i Servizi sociali ed il Servizio di NPIA competenti per territorio prendano in carico il minore predisponendo ogni attività utile a fornirgli il necessario supporto psicologico nel processo di riconoscimento ed accettazione del (...) quale figura genitoriale; 5. pone a carico di (...) l'obbligo di corrispondere a (...), con decorrenza dal momento della domanda, un assegno mensile dell'importo di Euro 500,00, da rivalutare annualmente sin dalla data della presente sentenza, in base agli indici ISTAT; 6. pone a carico di (...) l'obbligo di partecipare, nella misura del 50%, alle spese straordinarie che si renderanno necessarie per il figlio M.; 7. condanna (...) a corrispondere a (...) la somma di Euro.15.000,00 oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo, a titolo di rimborso per il mantenimento del figlio; 8. rigetta la domanda di condanna al risarcimento danni per responsabilità ex art. 2043 c.c. avanzata dal convenuto nei confronti di parte attrice; 9. condanna (...) al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro.3.972,00 per compensi professionali, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge; nonché dell'importo di Euro.397,00 nei confronti di (...) ai sensi dell'art. 96 c.p.c. u.c. 10. pone le spese di CTU già liquidate con separato decreto in via definitiva a carico del convenuto. Così deciso in Barcellona Pozzo Di Gotto il 3 giugno 2022. Depositata in Cancelleria il 7 giugno 2022.

  • TRIBUNALE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO composto dai Sigg.: dott. Giovanni De Marco - Presidente dott.ssa Viviana Scaramuzza - Giudice dott.ssa Elisa Di Giovanni - Giudice est. riunito in Camera di Consiglio, ha reso la seguente SENTENZA nella causa iscritta al N. ...del Registro Generale Contenzioso 2014 TRA D.P. (c.f. (...)), elettivamente domiciliato in indirizzo telematico, rappresentato e difeso dall' Avv. (...), per procura in atti; RICORRENTE contro D.D. (c.f. (...)), elettivamente domiciliato in indirizzo telematico, rappresentato e difeso dagli Avv.ti (...), per procura in atti; RESISTENTE Svolgimento del processo - Motivi della decisione avente ad oggetto: azione di riduzione disposizioni testamentarie per lesione di legittima In fatto ed in diritto Il procedimento al vaglio del Tribunale trova origine nella citazione notificata il 19.04.2014 con cui P.D. - premettendo: a) la qualità di erede legittimo, unitamente al fratello D.D., di G.A. deceduta ab intestato il 19.9.2013(sull'assunto inerente il mancato riscontro di disposizioni di ultima volontà in forma di testamento, a seguito di apposito interpello rivolto al Collegio Notarile del Distretto di Messina con la missiva del 21.10.2013); b) la casuale scoperta dell'atto di donazione del (...) ai rogiti del Notaio S.B., con cui la madre ha ceduto al fratello la consistenza immobiliare allibrata in catasto (comune di B. P.) al foglio (...), particella (...) subalterni (...)(fabbricato piano terra -1-S categoria (...)) (...)(fabbricato piano terra categoria (...)) e (...)(fabbricato piano terra 1-2 categoria (...); c) l'assoluta incapacità di discernimento della disponente al tempo dell'atto, inficiante la validità della donazione (derivante da stati soggettivi certificati di deterioramento delle funzioni cognitive); d) la titolarità, in capo alla de cuius, di redditi derivanti da trattamento pensionistico con accredito presso le poste -in conto cointestato anche al proprio germano - nonché di canone di locazione pari ad euro 240,00, con gestione facente capo al germano convenuto - ha chiesto al Tribunale: i) in via principale, la declaratoria di "nullità dell'atto pubblico in Notar B. denominato "donazione in linea retta", rogato in data 24.5.2011 repertorio n. (...)" così rientrando, i beni immobili oggetto di atto dispositivo, nell'asse ereditario della de cuius, in uno alla divisione dell'intero asse ereditario (previa sua ricostruzione attraverso l'ordine di rendiconto della gestione delle entrate al convenuto); ii) in via subordinata, la riduzione delle disposizioni donative lesive della quota di 1/3 spettante (stante la esiguità del valore del terreno rimasto estraneo alla predetta donazione). Si è costituito in resistenza D.D., contestando gli assunti attorei - all'uopo eccependo: i) la carenza di legittimazione passiva, trovandosi nella condizione di mero chiamato alla eredità ("volendo preservare il proprio diritto potestativo di accettare o meno"); ii) l'improcedibilità della azione, stante la carenza di corrispondenza tra il contenuto della domanda di mediazione e l'oggetto del giudizio; iii) la delazione a titolo di testamento e, al contempo, l'insussistenza di lesione alcuna della legittima, stante l'esistenza di ulteriori beni in ditta alla defunta; v) l'indeterminatezza della domanda di rendiconto - e concludendo, comunque, per il rigetto della intera pretesa, anche ai sensi degli artt. 564 c.c. (per non avere, l'attore, accettato con beneficio d'inventario l'eredità materna), 1111 e 1113 c.c., nonché 19 co. IVX D.L. 31 maggio 2010, n. 78 convertito con modifiche dalla L. n. 122 del 2010. Concessi i termini ex art. 183 co. VI c.p.c., rimessa la causa su ruolo istruttorio - giusta ordinanza collegiale del 14.04.2016 - la stessa, all'udienza del 18.11.2021 (svolta secondo le modalità di cui all'art. 221 co. IV D.L. n. 34 del 2020 e ss. mm. ed ii.), precisate le conclusioni, è stata posta in decisione con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. Rispetto a quello originario, il thema disputandum su cui il Tribunale è chiamato a pronunciarsi risulta circoscritto, come si evince dagli scritti conclusionali, alle sole domande di riduzione per lesione di legittima ed alla divisione dell'asse ereditario della de cuius, A.G. (madre dei germani odierni contendenti). Dagli atti di causa, infatti, risulta cristallizzata la riduzione del petitum originario in virtù della rinuncia, formalizzata da parte attrice, alla azione di annullamento ex art. 775 c.c. - in tal senso deve leggersi la inequivoca affermazione con cui la difesa di P.D. ribadisce "l'attore rinunciava alla sola domanda di nullità ex art. 775 c.c. di cui ai punti 1 e 2" (cfr. comparsa conclusionale del 14.01.2022) - invero già apprezzabile nei precedenti atti di causa (cfr. verbale udienza del 17.11.2014 e comparsa conclusionale del 10.02.2016 ove, in particolare, si legge "l'attore avvalendosi di quanto previsto dall'art. 183 c.p.c. - decideva di non insistere nella domanda (originariamente) principale e di proseguire il giudizio tenendo ferma la domanda subordinata, per ottenere il riconoscimento della domanda avente ad oggetto la riduzione delle disposizioni testamentarie"). Così circoscritta la cognizione del Tribunale - con conseguente assorbimento di ogni questione qualificatoria connessa all'azione di impugnazione della donazione del 24.5.2011 - l'azione di riduzione - inizialmente interposta, in via subordinata, nell'ipotesi di esito negativo (rigetto) della domanda tesa all'accertamento della invalidità della donazione del 24.5.2011 (con cui la de cuius ha donato al figlio D.D. la nuda proprietà del complesso immobiliare, individuato nel catasto fabbricati del Comune di B. P., al foglio (...), particella (...) subalterni: (...), (...), e (...)) - e la correlata domanda di scioglimento della comunione ereditaria, vanno esaminate congiuntamente alle eccezioni preliminari interposte dal convenuto tempestivamente costituitosi. Va, al riguardo, premesso che attraverso l'esame delle memorie costituenti appendice di trattazione scritta e della documentazione acquisita, può inferirsi che la successione di A.G. sia improntata al concorso dei due titoli di delazione: testamentaria (per atto pubblico del 24.5.2011) e, per ciò di cui non risulta disposto con la citata scheda testamentaria, legittima. È, infatti, verosimile - quantomeno in chiave di prospettazione - inferire l' esistenza di altri beni ricavandola, in difetto di più puntuali allegazioni e in difetto di più precisa prova documentale, dal riferimento operato dall'attore medesimo ad un cespite dato in locazione al canone di euro 240,00/250,00 - assunto come in proprietà della de cuius e senza specifica allegazione in merito alla sua coincidenza o meno con quanto ha formato oggetto d donazione - nonché dal riferimento, contenuto nella comparsa di risposta - e di cui non emerge evidenza di recisa contestazione (cfr. memoria ex art. 183 co. VI n. 1 di parte attrice) - all'esistenza di "ulteriori beni in ditta alla defunta". Ciò posto, alla luce del compendio probatorio in atti, pur potendosi prescindere dalla improcedibilità per incompleto esperimento della mediazione, in omaggio ad una lettura sostanzialistica e costituzionalmente orientata dell'art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010 - tale per cui, la mancata specificazione dell'ulteriore domanda divisoria, o del fondamento delle richieste sul tema della successione legittima piuttosto che testamentaria, non può valere a rendere tamquam non esset la attività stragiudiziale posta in essere dall'attore (cfr. docc. n. 15, n. 16 fascicolo attoreo) - può, tuttavia, ritenersi fondata l'assorbente eccezione di carenza della legittimazione passiva del convenuto rispetto alla domanda di divisione della comunione ereditaria, cui è strumentalmente connessa quella di riduzione della donazione - giacché, a fronte della eccepita qualità di chiamato alla eredità - come tale, dunque, non titolare di un diritto di contitolarità sull'asse ereditario di cui l'attore chiede lo scioglimento ma di una mera situazione qualificabile come aspettativa cui fa da pendant un diritto potestativo (alla accettazione/rinuncia) - non consta proposizione della istanza diretta a rimuovere lo stato di incertezza, ai sensi dell'art. 481 c.c. Né, peraltro, può configurarsi nella fattispecie una ipotesi di cui all'art. 476 c.c. come sostenuto da parte attrice. A fronte, infatti, della circostanza della asportazione "dal domicilio della defunta (di) diversi cartoni sul cui contenuto non è dato avere conoscenza" - dedotta dall'attore nella memoria istruttoria del 15.05.2015 - dalle prove dichiarative raccolte - rese dai testi escussi alla udienza del 24.11.2016, attendibili perché, nonostante figli del convenuto, hanno deposto in maniera pressoché concordante, individuando, altresì, il nominativo della associazione socio-assistenziale di cui hanno riferito, con ciò corroborando la propria attendibilità (cfr. teste G.D. e teste F.D., verbale udienza del 24.11.2016) - è emerso, anzitutto, che la attività di gestione, cui si riferisce parte attrice, è consistita, piuttosto, nella dismissione di presidi ("pannoloni e creme lenitive") in uso alla de cuius in favore di associazione benefica denominata "servizio amico"). Se a ciò si aggiunge l'ulteriore elemento - incontestato inter partes oltreché confortato dall'indirizzo di residenza indicato in atti - inerente la residenza del convenuto in altra regione, con la annessa lontanza fisica dai beni della de cuius - quantomeno ai fini di una attività di materiale apprensione - non può reputarsi acclarata in maniera inequivoca una situazione di possesso di beni ereditari - eccezion fatta per l'immobile sito in via C. B. n. 47 (B. P.) oggetto, tuttavia, dell'atto traslativo inter vivos ed a titolo gratuito posto in essere dalla de cuius a favore del convenuto - da parte del chiamato (avente, in ogni caso, alla luce del testamento prodotto in atti, qualità di donatario con dispensa da collazione), tenuto conto, altresì, della carenza di specifica deduzione o prova di una eventuale ipotesi di possesso mediato (a titolo esemplificativo, attraverso specifica allegazione e dimostrazione della messa a reddito di eventuali cespiti residui, peraltro non meglio identificati, nonostante il generico riferimento ad un immobile locato; ovvero di investimento in titoli delle somme presenti presso il libretto di deposito postale cointestato). In ogni caso, pure prescindendo dalle superiori argomentazioni, anche a voler considerare l'ulteriore circostanza dell'avvenuto pagamento, da parte di D.D., "di obbligazioni pecuniarie a carico della defunta", la stessa è, di per sé, attività inidonea a disvelare una inequivoca volontà di accettare. Più nel dettaglio, sebbene nella missiva del 21.10.2013 - comunque proveniente dal legale del convenuto (cfr. doc. n. 5 fascicolo attoreo) e non dal medesimo direttamente, in guisa da porsi come atto meramente stragiudiziale conservativo per la generale tutela delle ragioni di fronte a terzi (cfr. Cass. Civ. sez. II 22.3.1999 n. 2663) - si faccia riferimento a richiesta di rimborso per utenze telecom, E. ed E., nonché spese funerarie e si richieda "il conto riferibile alle operazioni transitate a nome di P.D. sul conto deposito titoli presso B.S.. (...)" nondimeno, nel contrasto delle parti, premessa la natura di attività astrattamente compatibili con il regime di permissivo ex art. 460 c.c. propria del pagamento delle utenze e delle spese funerarie - natura attribuibile anche alle attività di cui si discute nella ulteriore missiva del 28.10.2013 (cfr. doc. n. 6 fascicolo attoreo) - valorizzando i dati inerenti la mancata proposizione di domande di rimborso e di divisione ereditaria, con annesso rendimento del conto della gestione esercitata dall'attore prima dell'anno 2005 - aspetto, quest'ultimo, su cui entrambe le parti concordano come si ricava dai due scritti introduttivi ("I rapporti tra i fratelli D. si erano mantenuti su un piano di normalità fino all'ottobre 2005....l'esponente che fino a quel momento aveva curato gli interessi della propria genitrice, aveva deciso di non occuparsene più, lasciando un siffatto compito al fratello": cfr. citazione introduttiva; "l'attore sino al 2005-2006 ha personalmente prelevato (in contanti) la pensione della madre": cfr. comparsa responsiva) - non può ricavarsi l'evidenza di un comportamento inequivoco, in cui si possa riscontrare sia l'elemento intenzionale di carattere soggettivo (c.d. animus), sia l'elemento oggettivo attinente all'atto (ovvero tale che solo chi si trovi nella qualità di erede avrebbe il diritto di compiere). È, a tal riguardo, appena il caso di ricordare - in linea con la consolidata giurisprudenza - che vengono normalmente considerate - per la valenza sintomatica - forme di accettazione tacita di eredità: a) la proposizione da parte del chiamato dell'azione di rivendicazione, oppure l'esperire l'azione di riduzione, l'azione, cioè, volta a far valere la qualità di legittimario leso o, comunque, pretermesso dalla sua quota; b) l'azione di risoluzione o di rescissione di un contratto; c) l'azione di divisione ereditaria che può essere proposta solo da chi ha già assunto la qualità di erede; d) la riassunzione di un giudizio già intrapreso dal de cuius o la rinuncia agli effetti di una pronuncia in grado di appello; e) il pagamento da parte del chiamato dei debiti lasciati dal de cuius col patrimonio dell'eredità; f) ed infine, secondo la dottrina più attenta, anche, la voltura catastale determinerebbe un'accettazione tacita dell'eredità, nella considerazione che, solo chi intenda accettare l'eredità, assumerebbe l'onere di effettuare tale atto e di attuare il passaggio legale della proprietà dell'immobile dal de cuius a se stesso (cfr. Cassazione civile, sez. II, 23/07/2019, n. 19833). Sicché, mancando la proposizione di domande tese a conseguire una quota di beni ereditari - pur nell'assunto della esistenza di altri beni eventualmente devolvibili per successione legittima (peraltro, neppure meglio identificati dalla parte su cui incombeva l'onere, perché attrice in riduzione e divisione) diversi dal compendio immobiliare oggetto di donazione e dal terreno agricolo attribuito dalla testarice all'attore - o, in ogni caso, non riscontrandosi un contegno processuale proteso al conseguimento della ripetizione delle somme pagate dal convenuto a titolo di utenze e spese funerarie, non resta al Tribunale che dichiarare la inammissibilità della azione per carenza di legittimazione passiva del convenuto, avuto riguardo, altresì, alla mancata attivazione dell'istituto di cui all'art. 481 c.c. Infine, per completezza, vale richiamare il principio per cui secondo la giurisprudenza, il legittimario che propone l'azione di riduzione ha l'onere di indicare entro quali limiti è stata lesa la legittima, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria nonché il valore della quota di legittima violata dal testatore. In particolare, ha l'onere di allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se sia, o meno, avvenuta, ed in quale misura, la lesione della sua quota di riserva, potendo solo in tal modo il giudice procedere alla sua reintegrazione. Sebbene l'azione di riduzione non esiga l'uso di formule sacramentali essa, poi, richiede, oltre la deduzione della lesione della quota di riserva, l'espressa istanza di conseguire la legittima, previa determinazione di essa mediante il calcolo della disponibilità e la susseguente riduzione della donazione posta in essere in vita dal de cuius (cfr. ex multis, Cassazione civile, sez. II, 30/06/2011, n. 14473). Nella specie, al di là del rilievo - comunque successivo allo scrutinio della eccezione di carenza di legittimazione passiva - inerente la mancata accettazione con beneficio di inventario, rilevante ai fini preclusivi ex art. 564 c.c. - ricavabile dalla documentazione prodotta (cfr. doc. n. 2 in allegato alle memorie istruttorie di parte attrice) - giacché l'attore, come si ricava dal testamento e, ancor prima, quando il presupposto della azione era la delazione ex lege, dalle stesse allegazioni contenute nel libello introduttivo, non è erede totalmente pretermesso, in ogni caso, dalla lettura della citazione e della prima memoria istruttoria - sede entro cui può essere esercitata una attività di integrazione o precisazione del petitum e dei fatti costitutivi primari che colorano la causa poetendi - si ricava unicamente che l'attore assume la lesione della propria quota di riserva pari ad un terzo - corrispondente, stante la prospettata chiamata dei soli germani D., alla quota di riserva ex art. 537 co. II da dividere in parti uguali (complessivi due terzi) - e il minor valore del terreno relitto dalla de cuius (in catasto al foglio (...) particella (...)) oggetto di disposizione testamentaria registrata ad iniziativa del medesimo attore, senza, invece, allegazione e prova - anche indiziaria - su altri beni relitti dalla de cuius. Il riferimento è, a tal riguardo, non già ai valori mobiliari - per i quali l'attore ha indicato la titolarità di libretto cointestato n. 27401303 - ma, piuttosto ai beni immobili. Risulta, infatti, la allegazione in ordine alla esistenza di un cespite - ulteriore al terreno ed al fabbricato di cui alla donazione del 24.5.2011 - concesso in locazione per un canone di circa 240,00 senza che, invero, risulti il compimento di ulteriori - e possibili- attività quali quelle di produzione di visura per soggetto (se non proprio di visura ipotecaria). Tale quadro circostanziale refluisce - e sotto tale aspetto viene valutato dal Tribunale - in termini di carente allegazione rispetto allo standard richiesto dalla giurisprudenza sopra citata. Quand'anche il Tribunale avesse dato seguito alle istanze istruttorie aventi ad oggetto l'ordine di esibizione, le stesse, indirizzate solo verso i valori mobiliari, sarebbero state comunque superflue ed insufficienti alla integrale ricostruzione dell'asse della de cuius. Il Tribunale, infatti, per conoscere con esattezza la massa di cui l'attore domanda la divisione, avrebbe dovuto demandare al CTU le indagini di tipo patrimoniale immobiliare, superando il quadro assertivo offerto dalle parti. Anche per tale ordine di argomentazioni, dunque, l'interposta azione non potrebbe pervenire ad esiti di accoglibilità. Le spese seguono il regime della soccombenza e si liquidano in dispositivo prendendo a riferimento - nei limiti di quanto esplicitamente richiesto dalla difesa del convenuto che ha reso, altresì, dichiarazione ex art. 93 c.p.c. (cfr. memoria di replica depositata il 27.1.2022 a firma avv. (...)) - i parametri costituiti: a) dal valore della causa in atti indicato e non contestato (valore indeterminato alta complessità, in considerazione della non facile linearità del diritto successorio e delle questioni affrontate, impingenti in plurimi ed articolati istituti, tenuto conto, d'altronde, del pregio della attività defensionale tecnica); b) dalla piena esplicazione della fase istruttoria/trattazione senza, tuttavia, considerare la duplicazione della fase decisoria (stante, tra le altre, la sostanziale concordanza predicabile in relazione al contenuto delle argomentazioni ed eccezioni spiegate negli scritti conclusivi a seguito della rimessione in decisione con le due ordinanze del 18.11.2021 e del 21.12.2015). P.Q.M. Il Tribunale, nella composizione di cui in intestazione, definitivamente pronunciando nel giudizio n. RG 891/2014, così provvede: - RESPINGE la domanda proposta da P.D. nei confronti di D.D. per il coacervo di causali meglio esplicitate in motivazione; - CONDANNA l'attore soccombente alle spese del giudizio che si liquidano - in favore della difesa del convenuto, dichiaratasi antistataria (cfr. da ultimo memoria di replica del 27.01.2022) - in complessivi Euro 7.795,00 (di cui Euro 1.215,00 Fase di studio della controversia; Euro 775,00 Fase introduttiva del giudizio; Euro 3.780,00 Fase istruttoria e/o di trattazione; Euro 2.025,00; Fase decisionale) per compensi professionali oltre rimborso generale al 15%, IVA, CPA come per legge. Conclusione Così deciso in Barcellona Pozzo di Gotto, nella camera di consiglio del 22 marzo 2022. Depositata in Cancelleria il 23 marzo 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO Il G.I. dott.ssa Elisa Di Giovanni, nel giudizio iscritto al n. 15867/2011 R.G.A.C., assunto in decisione - con rinuncia ai termini di cui all'art. 190 c.p.c. - all'udienza del 21.10.2021(svolta ai sensi dell'art. 221 co. IV D.L. n. 34 del 2020), sulle conclusioni come precisate dall' Avv.to Gi.Pr. nelle note di trattazione scritta per l'udienza cartolare, ha pronunciato la seguente SENTENZA tra (...) (c.f. (...)), elettivamente domiciliato in indirizzo telematico, rappresentato e difeso dall'avv. M.Ma. per procura in atti. Attore contro (...) S.P.A. (p.iva (...)) anche n.q. di mandataria di (...) S.P.A. (...), elettivamente domiciliata in indirizzo telematico, rappresentata e difesa dall'avv. Gi.Pr. per procura in atti. Convenuta Avente ad oggetto: indennità ex art. 44 D.P.R. n. 327 del 2001 IN FATTO ED IN DIRITTO Art. 132 n. 4) c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. Con citazione regolarmente notificata l'attore meglio generalizzato in intestazione - premettendo: a) la qualità di proprietario esclusivo del complesso edilizio sito in (...), prospicente su via (...) n. 59, individuato in catasto dalle particelle n. (...) sub (...) e n. (...) sub (...) ricadenti n zona B3, su cui insiste una superficie costruita pari a complessivi mq 149; b) la esistenza di residua potenzialità edificatoria sfruttabile, pari a complessivi mq 296 (di cui mq 215 per la particella n. (...); mq 81 per la particella n. (...)) - ha chiesto la condanna delle convenute al versamento dell'indennizo ex art. 44 D.P.R. n. 327 del 2001 (già art. 46 L. n. 2359 del 1865) nella misura pari ad euro 177.576,30 o nella diversa somma di giustizia oltre interessi, in virtù dei danni riportati in conseguenza della realizzazione dell'opera di "recinzione di cantire per l'esecuzione di lavori di raddoppio ferroviario in corrispondenza della intersezione con il tratto A. in prossomità, lato Palermo, della galleria artificiale in località S. P. M.", commessa dalla (...) quale mandataria della (...) s.p.a. A fondamento della domanda, in particolare, l'attore ha esposto che a fronte del valore di mercato stimato per il complesso edilizio in misura pari ad Euro 258.779,00, l'esecuzione dei predetti lavori - iniziati nel febbraio 2008 ed ultimati nel luglio 2010 - ha comportato una riduzione della fruibilità dell'immobile e delle facoltà di godimento ad esso legate, in uno a quella del valore di scambio, sotto il profilo inerente, segnatamente: a) la "perdita dell'accesso carrabile a raso perpendicolare e laterale dalla via (...)" esistente ante operam, divenuto, altresì, preclusivo dell'accesso ai mezzi di soccorso quali carro vigili del fuoco ed autoambulanze, così incidendo sulla sicurezza oltreché sulla fruibilità dell'immobile; b) al forte incremento della rumorosità e delle vibrazioni; c) la esposizione a polveri e gas - favorita dalla nuova morfologia ad U dell'abbassamento dell'asse stradale che consente l'accumolo ed il ristagno - nonché ad onde elettromagnetiche. Si è costituita la (...) S.P.A. ((...)) anche n.q. di mandataria di (...) S.P.A., riconoscendo la "inibizione dell'accesso carrabile dovuto all'abbassamento della livelletta stradale" quale conseguenza degli intrapresi lavori relativi al tratto di rete ferroviaria interessante le stazioni comprese fra (...), rilevandone la natura di danno indiretto - per il quale è stata offerta l'indennità calcolata con applicazione di coefficiente di deprezzamento - e, infine, concludendo per il rigetto delle domande attoree sull'assunto della natura della situazione soggettiva facente capo all'attore, prospettata come diritto soggettivo affievolito in interesse legittimo. Concessi i termini ex art. 183 co. VI c.p.c., la causa è stata istruita attraverso le prove orali ammesse giusta ordinanza del 27.2.2013 e CTU tecnica ammessa giusta ordinanza del 1.8.2016. In chiave qualificatoria, la domanda proposta da parte attrice va inquadrata come azione di responsabilità fondata su attività lecita della P.A. (causa poetendi) fonte di pregiudizio ristorabile tramite il sistema indennitario (petitum). Depongono, in tal senso, le piane allegazioni contenute nel libello introduttivo ove viene descritta compiutamente la fattispecie di responsabilità invocata tramite il riferimento: all'agire lecito per il perseguimento di finalità di rilevanza generale, quali quelle sottese alla esecuzione dei lavori di "raddoppio ferroviario in corrispondenza della intersezione con il tratto (...) in prossimità, lato Palermo, della galleria artificiale in località S. P. M."; al coinvolgimento del complesso edilizio di proprietà dell'attore, sul cui valore di mercato, sulla cui concreta ed effettiva fruibilità e godibilità i detti lavori hanno inciso in maniera permanente; sulla mancanza di espropriazione dell'area coinvolta dai lavori. In diritto, vale allora richiamare il regime dell'indennità di asservimento, previsto e disciplinato dall'art. 44 del T.U. espropri (D.P.R. 08 giugno 2001, n. 327) - ove è confluita la disciplina di cui all'art. 46 della L. 25 giugno 1865, n. 2359 - laddove positivizza i requisiti per il riconoscimento del diritto alla indennità, stabilendo che "È dovuta una indennità al proprietario del fondo che, dalla esecuzione dell'opera pubblica o di pubblica utilità, sia gravato da una servitù o subisca una permanente diminuzione di valore per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà. I pregiudizi coperti dalla previsione normativa in commento sono, in termini piani, quelli - riconoscibili in capo al terzo danneggiato che abbia conservato la titolarità dell'immobile, restando avulso dal procedimento ablatorio vero e proprio e che siano causalmente riconducibili ad attività lecita della P.A. conseguente all'esproprio di aree - per servitù e pregiudizi indiretti. Tale disciplina costituisce, in particolare, emblematica applicazione del principio di giustizia distributiva, ricavabile dall'art. 42 Cost., il quale esige che le conseguenze economiche pregiudizievoli causate da opere dirette al conseguimento di vantaggi pubblici non ricadano su un solo privato o su una ristretta cerchia di privati, ma siano sopportate dall'intera collettività. Più in particolare, alla privazione di utilità non marginali, giuridicamente afferenti al contenuto intrinseco della proprietà - quali la luminosità, la panoramicità e, in definitiva, la godibilità dell'immobile, con conseguente diminuzione della capacità abitativa, che si traduce in una riduzione dell'appetibilità e quindi del suo potenziale valore commerciale - subita dal privato in conseguenza della costruzione di un'opera pubblica, deve corrispondere l'obbligo, da parte della Pubblica Amministrazione, d'indennizzare il proprietario per la perdita subita (cfr. Cassazione civile, sez. un., 11/06/2003, n. 9341; conf. Cassazione civile, sez. I, 26/05/2017, n. 13368). Nel caso a mano, superata la eccezione inerente la carenza di legittimazione passiva della (...) s.p.a. (attravero la costituzione in giudizio della (...) s.p.a. "anche per conto della (...) s.p.a.") anche a prescindere dalla natura contraddittoria delle allegazioni in cui si sostanzia la difesa della parte convenuta - la quale ha dapprima riconosciuto l'esistenza della "inibizione dell'accesso carrabile dovuto all'abbassamento della livelletta stradale", definendola come danno indiretto per il quale è stata offerta proposta di indennizzo, per poi, di contro, affermare che "a lavori ultimati si è accorciata la livelletta stradale da variare rispetto al progetto originario limitando al massimo il pregiudizio arrecato all'immobile dell'attore" (cfr. comparsa di risposta del 6.03.2012) - refluenti già sul piano della genericità e, comunque, rilevanti ex artt. 115 e 116 c.p.c. (tenuto conto della carenza, agli atti del fascicolo della convenuta, di produzioni documentali idonee, anche fotografiche, volte a suffragare l'assunto), nonché posta la natura incontroversa delle circostanze inerenti la titolarità, in capo all'odierno attore, di cespite immobiliare estraneo a vicenda espropriativa, in uno alla rilevanza pubblicistica dei lavori realizzati su commessa della (...) (soggetto avente natura pubblicistica), dal complessivo quadro probatorio acquisito si evince conferma in ordine alla esistenza di una modificazione dei luoghi adiacenti l'immobile attoreo, fonte di pregiudizio permanente, causalmente riferibile all'attività lecita della P.A. convenuta, nei limiti appresso specificati. In particolare, riguardando la situazione soggettiva che deriva dal rapporto tra il soggetto proprietario e l'immobile di sua proprietà, premesso che dalle risultanze delle prove orali espletate non può ritenersi comprovata l'esistenza di pregiudizio di natura permanente eccedente la soglia della normale tollerabilità sotto il profilo delle immissioni di polveri, gas e rumori, attesa la genericità o, comunque, valutatività delle dichiarazioni rese dai testi escussi e, quindi, la sostanziale inattendibilità (così ove il teste C. ha riferito in relazione al capitolato dedicato al tema delle vibrazioni, polveri e gas "non posso confermare quanto indicato nella circostanza a) della memoria ex art. 183 co. VI che mi viene letta nonostante la ritenga molto veritiera e da verificare empiricamente sotto il profilo quantitativo e qualitativo. Riguardo la circostanza a) la confermo e preciso di non essere in grado di indicare l'entità di gas polveri vibrazioni etc, né la qualità delle stesse": cfr. teste (...), verbale udienza del 14.5.2014; ancora ove la teste teste (...) riferisce genericamente o comunque senza riferimenti sufficienti a far ritenere provata la circostanza della diminuzione permanente della godibilità e capacità abitativa per via di vibrazioni e gas riconducibili ai lavori effettuati su commessa della (...) "i rumori sono dovuti al transito dei veicoli. Sento poche vibrazioni" : cfr. verbale udienza del 3.3.2015), dalle indagini espletate dal perito dell'Ufficio - attendibili perché esenti da vizi logici, esaustive e fondate su metodo di stima apprezzabile per il suo ancoraggio a dati obiettivi e comparativi, tra cui quelli ricavabili dagli atti di compravendita aventi ad oggetto immobili in (...) allegati alla perizia, oltreché supportate da documentazione fotografica esplicativa e dimostrativa dello stato dei luoghi (così, ad un tempo, respingendosi le censure alla stessa sollevate dalla difesa della convenuta, la quale ne ha invocato la nullità (alludendo, in realtà ad una incompletezza) non predicabile ex art. 156 c.p.c. in combinato disposto con il regime di cui agli artt. 192-196 c.p.c.- si evince che i lavori inerenti la realizzazione del raddoppio ferroviario in corrispondenza dell'intersezione con il tratto A. in prossimità, lato Palermo, della galleria artificiale, in località S. P. M., hanno "occluso l'accesso carrabile all'immobile di proprietà del sig. M.A. a causa della livelletta di entrata alla galleria artificiale", determinando, la pendenza della livelletta, "uno scalino di lieve entità, circa 25 cm che però non permette la dovuta manovra per l'accesso carrabile", inibendo l'accesso carrabile (prima esercitabile) all'immobile oggetto di perizia, consentendo solo un accesso pedonale "per di più non diretto e frontale, come prima, ma indiretto e laterale"(cfr. pag. 6 relazione di CTU a firma dell'Ing. Gi.Al. depositata il 21.6.2017). Tale occlusione (i.e. la preclusione della possibilità di godere di comodo accesso carrabile e pedonale diretto e frontale) si traduce in una compressione non indifferente delle facoltà di godimento dell'immobile ponendosi, quindi, come fattore di deprezzamento, avuto riguardo alla distanza del più vicino parcheggio esistente (circa 40 m dall'immobile e sulla lato opposto della carreggiata) ed alla privazione della non marginale utilità, strettamente connessa alle proiezioni della persona umana sul rapporto col diritto dominicale, costituita dal trasporto, a breve distanza, di oggetti pesanti ovvero di infanti soggetti con ridotta capacità di deambulazione, oltreché alla preclusione dell'accesso a mezzi di soccorso in situazioni di stretta necessità (come l'intervento di una autoambulanza)(cfr. pag. 7 relazione di CTU a firma dell'Ing. (...) depositata il 21.6.2017). Sicché, in punto di an deve riconoscersi il diritto all'indennizzo perequativo previsto all'art. 44 del T.U. espropri. Né, peraltro, ricorre nella fattispecie taluna delle cause di esclusione del diritto all'indennizzo contemplate ai commi IV e V dell'art. 44 T.U. espropri. Nella determinazione del quantum debeatur deve, invero, tenersi conto del principio di esclusione del lucro cessante ("senza tenere conto del pregiudizio derivante dalla perdita di una utilità economica cui il proprietario non ha diritto"). Anche sotto tale aspetto va rilevata la attendibilità della espletata CTU, avendo, il perito dell'ufficio, espressamente escluso la valutazione del deprezzamento (e, di riflesso, dell'ammontare del pregiudizio indennizzabile) operata dal CTP di parte attrice perché "si basa sulla potenzialità edificatoria incondizionata dell'immobile", oltreché commisurato la stima ai valori desumibili dall'osservatorio della Agenzia della Entrate, tenendo in considerazione la reale e concreta entità del pregiudizio "dovuto principalmente alla mancanza di accesso carraio e quindi all'attuale difficoltà di accedervi con un mezzo di trasporto" e, ancora, in esso considerando tra i fattori rilevanti nella ponderazione, la superficie dell'immobile, il corpo accessorio e il suo stato fatiscente rispetto alle buone condizioni di conservazione interne, la facciata non rifinita esternamente (cfr. pagg. 7-8 relazione di CTU a firma dell'Ing. (...) depositata il 21.6.2017). Conseguentemente, prendendo a riferimento la valutazione operata dal perito, all'attore deve essere riconosciuto il diritto al pagamento di un indennizzo pari a complessivi Euro 68.650,00 (euro sessantottomilaseicentocinquanta/00), corrispondente ad una percentuale di deprezzamento pari al 50% del valore del complesso edilizio ante intervento - Euro 137.300,00 - (cfr. pagg. 8-9 relazione di CTU a firma dell'Ing. (...) depositata il 21.6.2017). La congruità della valutazione, come detto, riposa sulla esplicitazione di logica metodologia di indagine, tale da rendere l'operato del CTU immune da vizi. Le spese seguono dunque la soccombenza e si liquidano - avuto riguardo al valore della causa risultante dal decisum - considerata la fase istruttoria/trattazione - secondo i criteri tabellari medi ex D.M. n. 37 del 2018 tenuto conto del pregio della attività defensionale svolta, apprezzabile, tra le altre, sotto il profilo della sinteticità degli atti. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel giudizio iscritto al n. RG 15867/2011, così provvede: - ACCOGLIE la domanda proposta da (...) nei limiti e per le ragioni spiegate in motivazione; - CONDANNA (...) s.p.a. al pagamento in favore dell'attore della somma di euro 68.650,00, oltre ad interessi legali a far data dalla pubblicazione del presente provvedimento sino al saldo. - CONDANNA (...) al rimborso delle spese di lite, che si determinano in complessivi euro 13.430,00 (di cui Euro 2.430 ,00 per la fase di studio, Euro 1.550,00 per la fase introduttiva, Euro 5.400,00 per la fase di trattazione e istruttoria, Euro 4.050,00 per la fase decisionale oltre euro. 700,00, per spese vive), oltre a Iva e Cpa, come da legge. - PONE definitivamente le spese di Ctu liquidate come da separato decreto a carico di (...) s.p.a.. Così deciso in Barcellona Pozzo Di Gotto il 21 ottobre 2021. Depositata in Cancelleria il 21 ottobre 2021.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO SEZIONE CIVILE Il giudice del Tribunale di Barcellona (...), dott.ssa Maria Rita Cuzzola, in funzione di giudice onorario monocratico, ha reso la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al n.413/2011 del Registro Generale Contenzioso TRA (...), C.F. (...) (...) C.F. (...) Entrambi rappresentati e difesi dall'Avv. Ma.Ab. come in atti. opponenti CONTRO (...) SRL, in persona dell'amministratore unico e legale rappresentante pro tempore Geom. (...) C.F. (...), rappresentato e difeso dall'Avv. Ca.Ma.. opposto avente per OGGETTO: Opposizione a Decreto Ingiuntivo. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con tempestiva citazione, ritualmente notificata al legale rappresentante della società (...) srl, gli attori proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 12/2013 con il quale il Tribunale di Barcellona (...) aveva ingiunto agli opponenti di pagare la somma di Euro 26.000,00 e, contestualmente, proponevano domanda riconvenzionale con la quale chiedevano la condanna della società opposta al risarcimento del danno da essi patito. In particolare adivano questo Tribunale per sentire accogliere le seguenti conclusioni: 1) Ammettere nel rito ed accogliere nel merito la presente opposizione e, conseguentemente revocare e/o annullare il D.I. opposto per i motivi di opposizione articolati; 2) Ritenere e dichiarare che la (...) Srl non ha consegnato il certificato abitabilità dell'immobile sito in B. (...), Contrada (...). 3) In via riconvenzionale ritenere e dichiarare l'inadempimento contrattuale della (...) Srl consistente nel non aver consegnato il certificato di abitabilità dell'immobile sito in B. (...), Contrada (...). 4) Per l'effetto, in via riconvenzionale, ritenere e dichiarare che la (...) Srl ha causato un ingente danno economico ai Sig.ri (...) e (...) e, conseguentemente, condannare l'odierna opposta al risarcimento dei danni nei confronti degli opponenti, qualificabili in Euro 250.000,00 ovvero nella somma che sarà ritenuta equa dall'Ill.mo Giudice adito, per i motivi sopra evidenziati; 5) Sempre in via riconvenzionale, dichiarare che gli opponenti hanno dovuto affrontare una spesa di Euro 7.000,00 al fine di eliminare i difetti ed i vizi costruttivi presenti nell'immobile e, conseguentemente, condannare l'odierna opposta al rimborso di tale somma nonché al risarcimento dei danni subiti per motivi sopra evidenziati; 6) In via subordinata, compensare il credito vantato da parte opposta, sempre se riconosciuto, con il credito spettante agli odierni opponenti, pari ad Euro 7.000,00 corrispondente alla somma sostenuta al fine di eliminare i vizi ed i difetti costruttivi presenti nell'immobile predetto. Si costituiva in giudizio la società opposta la quale contestava l'opposizione a decreto ingiuntivo e chiedeva venisse dichiarata inammissibile o improcedibile, così come contestava le domande riconvenzionali, chiedendone il rigetto. Concessi i termini per il deposito di note istruttorie, il giudice ammetteva i mezzi istruttori e, compiuta la fase istruttoria, la causa, ritenuta matura per la decisione, veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni e assunta in decisione con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e note di replica. MOTIVI DELLA DECISIONE Si osserva che l'opposizione e le domande riconvenzionali sono infondate e non meritano accoglimento. Prima di tutto giova ricordare che il decreto ingiuntivo è un accertamento anticipatorio con attitudine al giudicato e che, instauratosi il contraddittorio a seguito dell'opposizione, si apre un giudizio a cognizione piena caratterizzato dalle ordinarie regole processuali (cfr. art. 645, 2 comma, c.p.c.) anche in relazione al regime degli oneri allegatori e probatori (cfr. Cass. 17371/03; Cass. 6421/03), con la conseguenza che oggetto del giudizio di opposizione non è tanto la valutazione di legittimità e di validità del decreto ingiuntivo opposto, quanto la fondatezza o meno della pretesa creditoria, originariamente azionata in via monitoria, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della Sentenza (cfr. Cass. 15026/05; Cass. 15186/03; Cass. 6663/02). Da ciò deriva che il diritto del preteso creditore (formalmente convenuto, ma sostanzialmente attore) deve essere provato, indipendentemente dall'esistenza dei presupposti di legge richiesti per l'emissione del decreto ingiuntivo (cfr. Cass. 20613/11). Gli opponenti eccepiscono una violazione contrattuale e chiedono la risoluzione del contratto contestando la mancata consegna del certificato di abitabilità e denunciando i gravi danni da loro subiti a causa di tale adempimento. Nella vendita di immobili destinati ad abitazione, come nel caso di specie, la mancata consegna del certificato di abitabilità costituisce inadempimento solo se mancano le condizione per l'ottenimento dello stesso, nelle altre ipotesi, l'omissione del venditore deve essere valutata ai fini della gravità di detto inadempimento. (Cass. 17.10.19 n. 26335). Tale principio trova conferma anche nella Sentenza n. 17123 del 13.8.20 che ribadisce che non sussiste automaticità tra la mancata consegna della certificazione di abitabilità dell'immobile oggetto di vendita e l'inadempimento- riconducibile ad aliud pro alio, attesa la necessaria indagine circa la gravità dell'inadempimento. Il così detto aliud pro alio costituisce un'autonoma fattispecie di inadempimento contrattuale per il quale la prestazione di controparte non presenta le qualità minime richieste. "incide sulla natura e quindi sull'individualità, consistenza e destinazione di quest'ultima sì da ritenere che appartenga ad un genere del tutto diverso da quello posto a base della decisione dell'acquirente di effettuare l'acquisto, o che presenti difetti che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti." (Cass. n. 22301/15; n. 19274/13) Anche volendo riconoscere l'inadempimento della società costruttrice costituito dalla mancata consegna del certificato di abitabilità, tale inadempimento, a parere di questo giudice, non rende la prestazione totalmente inidonea a soddisfare l'interesse della controparte a concludere il contratto o, comunque, non rende il bene oggetto del contratto di compravendita, talmente difforme da non risultare idonea a soddisfare gli interessi per cui lo stesso bene viene ordinariamente destinato. Il bene, come dichiarato dagli stessi acquirenti, è stato da loro regolarmente utilizzato e, come è emerso durante la fase istruttoria, il costruttore, anche se in ritardo, ha curato la pratica per ottenere il certificato di abitabilità ma, a causa della mancata collaborazione dei proprietari dell'immobile e la loro richiesta di variante al progetto, l'iter amministrativo è stato notevolmente rallentato. A tal proposito, questo giudice condivide l'orientamento della Suprema Corte secondo il quale: "nella vendita di immobili destinati ad abitazione, pur costituendo il certificato di abitabilità un requisito giuridico essenziale ai fini del legittimo godimento e della normale commerciabilità del bene, - "La mancata consegna di detto certificato costituisce un inadempimento del venditore che non incide necessariamente in modo dirimente sull'equilibrio delle reciproche prestazioni" Cass. 6548/10)- Così che il successivo rilascio del certificato di abitabilità esclude la possibilità stessa di configurare l'ipotesi di aliud pro alio" (Cass. 6548/10 e 16918/19). Ed ancora: "La mancata consegna può anche dipendere da circostanze che non escludono in modo significativo la oggettiva attitudine del bene a soddisfare le aspettative dell'acquirente. Infatti solo nel caso in cui non ricorrono le condizioni per l'ottenimento del certificato in ragione di insanabili violazioni di disposizioni urbanistiche che può ipotizzarsi nella mancata consegna del documento un inadempimento ex se idoneo alla risoluzione della compravendita." (Cass. 26335/19, 3851/00, 17140/06). La presenza di eventuali violazioni impeditive del rilascio del certificato di abitabilità non è stata provata, anzi vi è di più, non è stata neanche eccepita dagli opponenti che invece hanno considerato il mero ritardo nella consegna del documento citato come inadempimento contrattuale che conduce alla risoluzione del contratto. Si rigetta, altresì, la richiesta di risarcimento per i vizi dell'immobile perché i fatti denunciati dagli opponenti sono carenti di prove. Infine si dichiara inammissibile la richiesta di prova testimoniale di parte opponente perché decaduta non avendo rinnovato la richiesta all'udienza di precisazione delle conclusioni. Ritiene questo giudice che le richieste non accolte e non reiterate in sede di precisazione delle conclusioni, debbano considerarsi come tacitamente rinunciate. Alla luce di quanto sopra, si rigetta l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 12/2013 emesso dal Tribunale di Barcellona (...) e le domande riconvenzionali. Le suddette statuizioni sono assorbenti di ogni ulteriore decisione sulle altre domande formulate dalle parti in quanto ultronee. Sulle spese, il rigetto dell'opposizione a decreto ingiuntivo, giustifica la liquidazione delle stesse a favore di parte opposta (...) srl a danni degli opponenti. P.Q.M. Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in persona del sottoscritto giudice onorario in funzione di giudice unico, sentiti i procuratori delle parti costituite, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 456/2013 R.G.A.C., così provvede: Rigetta l'opposizione al decreto ingiuntivo n. 12/2013, emesso dal Tribunale di Barcellona (...) Rigetta le domande riconvenzionali di parte opponente. Condanna gli opponenti (...) e (...) al pagamento delle spese giudiziarie in favore di parte opposta (...) srl, in persona dell'amministratore pro tempore che liquida in complessivi 7.795,00 Euro, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Barcellona Pozzo di Gotto il 2 settembre 2021. Depositata in Cancelleria il 6 settembre 2021.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Giovanni De Marco - Presidente dott.ssa Elisa Di Giovanni - Giudice dott. Fabrizio Di Sano - Giudice Relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. 1047/2012 promossa da: (...), nato a (...) (P.) il (...), e residente in (...) (P.), via P. I. n. 23, c.f. (...), con il patrocinio dell'avv. Al.Sa., c.f. (...), e Ba.Sa., c.f. (...), domiciliato in Terme Vigliatore (ME) via (...), come da procura in atti RICORRENTE CONTRO FALLIMENTO (...) SOCIETA' CONSORTILE A.R.L., in persona del Curatore p.t. avv. Lu.Ce., domiciliato in Milazzo (ME), in via (...) condominio "(...)", presso lo studio dell'avv. Br.Sa., c.f. (...), che lo rappresenta e difende come da procura in atti RESISTENTE IN FATTO E IN DIRITTO Con ricorso del 9/05/2012 (...) avanzava domanda tardiva di insinuazione al passivo, ex art. 101 L.F. nella versione ratione temporis nella specie applicabile, del credito di Euro 14.505,52, derivante dal rapporto di lavoro subordinato intercorso con la società fallita. Nello specifico affermava che tale rapporto si era estinto alla data dell'1/07/2005 e contestava il mancato pagamento delle somme dovute a titolo di T.F.R., della mensilità di giugno 2005 e quelle relative a tredicesima e quattordicesima del 2005 e tredicesima del 2004. All'udienza del 18/09/2012 il Curatore si opponeva all'ammissione del credito, eccependo la prescrizione del credito ai sensi degli artt. 2948, n. 5, e 2956, n. 1, c.c., atteso il decorso del relativo termine dalla data di cessazione del rapporto di lavoro (1/7/2005) fino alla data della domanda di insinuazione al passivo, in difetto della prova di atti interruttivi. All'udienza del 16/04/2013 (...) insisteva nella domanda di ammissione e, tenuto conto del mancato raggiungimento di un accordo tra le parti, il Giudice disponeva darsi corso all'istruzione del giudizio. La causa veniva, dunque, chiamata all'udienza del 19/11/2013 (allorché il Giudice assegnava i termini ex art. 183, co. 6, c.p.c.), del 26/06/2014, del 17/03/2015, del 14/12/2017, del 16/7/2019 (la prima celebrata davanti a questo Giudice relatore), quindi all'udienza del 19/1/2021, allorché veniva assunta in decisione senza i termini ex art. 190 c.p.c.. Il ricorso è infondato e, pertanto, meritevole di reiezione per i motivi di seguito esposti. Preliminarmente, si ricorda che con le note del 30/3/2013 il ricorrente ha eccepito, anzitutto, l'interruzione del termine di prescrizione in considerazione delle informazioni richieste e ricevute dalla Guardia di Finanza di Milazzo (all. A domanda) e del ricevimento da parte del Curatore dell'avviso ex art. 92 L.F. (all. B domanda), momento a partire dal quale, secondo il ricorrente, deve farsi decorrere il termine di prescrizione suddetto. In ogni caso, il (...) ha eccepito la decadenza della Curatela dalla proposizione dell'eccezione suddetta, posto che la stessa avrebbe dovuto esser sollevata "entro cinque giorni prima dell'udienza e non nel corso dell'udienza stessa", agli effetti dell'art. 101 L.F. (pag. 3 note del 30/3/2013). Le eccezioni sollevate dal ricorrente sono infondate. Avuto riguardo a quella di decadenza per mancata osservanza del termine di cui all'art. 101 L.F. - ratione temporis applicabile nel caso di specie -, si ricorda che la citata disposizione stabilisce che nel giudizio di insinuazione tardiva allo stato passivo "Le parti si costituiscono a norma dell'art.98, terzo comma" e, quindi, in ragione del rinvio operato, "Almeno cinque giorni prima dell'udienza i creditori devono costituirsi. Se il creditore non si costituisce, l'opposizione si reputa abbandonata". Orbene, il termine perentorio di costituzione è applicabile, secondo la disposizione citata, esclusivamente ai creditori, e non anche alla Curatela, che può liberamente costituirsi alla prima udienza non incorrendo in alcuna decadenza. Sul punto, in particolare, giova richiamare l'orientamento della giurisprudenza di legittimità sancito per il giudizio di opposizione allo stato passivo ex art. 98 L.F. e, dunque, applicabile anche all'insinuazione tardiva per l'effetto del rinvio operato alla detta disposizione, secondo cui "... L'assenza, nella norma, di una specifica disciplina sulla costituzione in giudizio del curatore non ha mai indotto a dubitare della regolarità della costituzione effettuata dallo stesso curatore anche nel corso dell'udienza di comparizione fissata dal giudice delegato. Né può essere sufficiente richiamare la nuova normativa (art. 10 L. 26 novembre 1990, n. 353 e succ. integrazioni), che ha modificato l'art. 166 del codice di rito (imponendo, a pena di decadenza dalla facoltà di proporre domanda riconvenzionale, al convenuto nel processo ordinario di primo grado di costituirsi almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione), per inferirne l'estensione della innovazione all'ipotesi (da essa non espressamente contemplata) dell'opposizione allo stato passivo. Questa interpretazione, infatti, non sarebbe giustificata sul piano della coerenza sistematica, in relazione all'incompatibilità della regola stabilita dal predetto art. 166 con la disposizione del terzo comma dell'art. 98 l. fall.: disposizione che, in virtù del suo carattere speciale, è idonea a fondare la tesi della integrale ed esclusiva applicabilità della disciplina da essa prevista, quando e nei limiti in cui (come, appunto, nell'ipotesi qui considerata, relativa alla fase introduttiva del giudizio di opposizione allo stato passivo) essa diverga da quella ordinaria ..." (cfr., in parte motiva, Cass. civ., sez. I, 23/03/2004, n. 5729). Ciò, segnatamente, anche in virtù della peculiarità del procedimento di cui all'art. 101 L.F. pro tempore applicabile, che si snoda in una doppia fase, di cui la prima c.d. amministrativa rivolta all'ammissione del credito nel caso in cui, ferme le valutazioni del Giudice delegato, il Curatore non si opponga alla formulata domanda di insinuazione, caratterizzata dalla possibilità della comparizione personale del Curatore (senza l'onere della difesa tecnica) al fine di chiedere chiarimenti, oltre che di sollevare eccezioni. In coerenza a ciò, dunque, deve escludersi che al Curatore sia impedito di sollevare eccezioni in senso stretto alla pretesa azionata dal ricorrente direttamente alla prima udienza innanzi al Giudice delegato, con la conseguenza che l'eccezione di prescrizione nella specie opposta dalla Curatela deve intendersi tempestiva e ritualmente reiterata nel giudizio di cognizione che ha fatto seguito al decreto del Giudice delegato del 16/04/2013 (cfr. comparsa di costituzione depositata il 29/10/2013). Essa va, pertanto, vagliata nel merito. A tal proposito, con riferimento al termine di prescrizione dei crediti derivanti da rapporto di lavoro, si ricorda che il relativo dies a quo va individuato, al più tardi, alla data della cessazione del rapporto di lavoro (cfr. Cass. civ., sez. lav., 16/05/2012, n. 7640) e che, ancora, "Il diritto al trattamento di fine rapporto (TFR) sorge con la cessazione del rapporto di lavoro e a quel momento può essere azionato, non essendo di ostacolo a tal fine la sussistenza, di una controversia tra le parti in ordine all'ammontare delle retribuzioni spettanti al lavoratore (la cui pendenza può, semmai, determinare soltanto la sospensione del giudizio diretto al conseguimento nel TFR). Ne consegue che il termine iniziale di decorso della prescrizione del diritto al TFR va individuato nel momento in cui il rapporto di lavoro subordinato è cessato, e non già in quello in cui sia stato accertato giudizialmente l'effettivo ammontare delle retribuzioni spettanti" (Cass. civ., sez. lav., 06/02/2018, n. 2827; cfr. anche Cass. civ., sez. lav., 23/05/2014, n. 11579, e Cass. civ., sez. lav., 23/04/2009, n. 9695). In conseguenza di ciò, dunque, i crediti retributivi posti a fondamento della domanda di insinuazione al passivo devono ritenersi prescritti alla data della sua presentazione. Ed invero è pacifico che il rapporto di lavoro tra (...) e la società fallita è cessato in data 1/07/2005 (cfr. pag. 2 ricorso) e, a fronte di ciò, la domanda di insinuazione al passivo è stata depositata il 9/5/2012, quindi in un momento in cui il termine di cui all'art. 2948 c.c. era già spirato. L'eccezione di interruzione del termine suddetto va, poi, respinta, posto che, dall'esame degli atti e dei documenti versati in atti, il primo atto interruttivo del detto termine di prescrizione è - appunto - l'istanza di ammissione al passivo formulata dal (...). Il ricorrente, in particolare, non ha prodotto atti idonei a suffragare l'eccepita interruzione del termine. Non vale, infatti, a tal fine la richiesta di informazioni indirizzata alla Guardia di Finanza o proveniente dalla Guardia di Finanza (cfr. all. A ricorso). Giova, infatti, ricordare che l'interruzione del termine di prescrizione è disciplinata dagli artt. 2943 e ss. c.c. e, segnatamente, subordinata o al compimento di uno degli atti indicati dall'art. 2943 c.c. o al riconoscimento del debito (art. 2944 c.c.). Orbene la documentazione prodotta non è suscettiva di essere ricondotta né alla prima né alla seconda delle disposizioni citate. Il modulo trasmesso alla Guardia di Finanza, infatti, non integra un atto mediante il quale il creditore ha esercitato la propria pretesa contro il proprio debitore e, quindi, non è qualificabile alla stregua di una messa in mora (art. 1943, u.c., c.c.). È, a tal proposito, sufficiente ricordare, in diritto, che l'atto di costituzione in mora, pur non richiedendo formule solenni al di fuori della forma scritta, esige nondimeno la chiara indicazione del soggetto obbligato, l'esplicitazione di una pretesa e l'intimazione di adempimento idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto indicato (Cass. civ., sez. lav., 28/11/2016, n. 24116). Il documento prodotto dal ricorrente non soddisfa né il requisito soggettivo della costituzione in mora (non essendo nemmeno indirizzato al debitore) né quello oggettivo della manifestazione inequivocabile della volontà di far valere il proprio diritto (avendo un contenuto meramente informativo). Sotto altro profilo, poi, non è del pari idoneo ad interrompere il decorso del termine di prescrizione l'avviso ai creditori effettuato dal Curatore ai sensi dell'art. 92 L.F.. Giova, in particolare, ricordare che ai fini di cui all'art. 2944 c.c. occorre l'univocità della dichiarazione ricognitiva e la sua provenienza da colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere e che ne abbia poteri dispositivi e non già da un terzo (cfr. Cass. civ., sez. II, 18/12/2020, n. 29101). Richiede, in altri termini, la manifestazione della consapevolezza dell'esistenza del debito e della volontà di riconoscerlo. Caratteri, questi ultimi, affatto incompatibili con la comunicazione che il Curatore svolge ai sensi dell'art. 92 L.F.. E ciò non solo in ragione della terzietà del Curatore nell'ambito della verifica del passivo fallimentare, ma anche in considerazione della inderogabilità del procedimento di verifica dello stato passivo ai fini dell'accertamento delle pretese creditorie avanzate nei confronti del fallito (verifica che, inevitabilmente, sarebbe superflua ove si riconoscesse al Curatore il potere di disporre dei debiti del soggetto fallito e, dunque, di riconoscere i crediti nei suoi confronti fatti valere, desunti dalle scritture contabili dell'impresa). In ogni caso, deve evidenziarsi che l'art. 92 L.F. soddisfa una mera esigenza di carattere informativo: ha, cioè, lo scopo di comunicare ai (presunti) creditori del fallito, alla luce delle risultanze delle scritture contabili, l'avvenuta apertura della procedura concorsuale e, dunque, la necessità di trasmettere la domanda di insinuazione - nelle forme di cui agli artt. 93 e ss. L.F. - qualora intendano trovare soddisfazione al suo interno (cfr., nella giurisprudenza di legittimità, Cass. civ., sez. I, 03/07/1996, n. 6083). In conclusione, alla luce delle superiori considerazioni, la documentazione allegata (all.ti A e B al ricorso) non integrano atti interruttivi del termine di prescrizione del credito retributivo decorrente dalla data della cessazione del rapporto di lavoro, con la conseguenza che il predetto credito - in accoglimento dell'eccezione sollevata dalla Curatela - deve ritenersi prescritto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate secondo i parametri minimi di cui al D.M. n. 55 del 2015, entro i limiti della richiesta formulata, tenuto conto del valore della causa (pari al valore del credito azionato), della non complessità delle questioni in fatto e in diritto affrontate, della sostanziale assenza di attività istruttoria (il cui compenso va, comunque, riconosciuto in ragione dei concessi termini ex art. 183, co. 6, c.p.c.) e del mancato deposito della note ex art. 190 c.p.c.. DISPOSITIVO P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al n. r.g. 1047/2012, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: Rigetta il ricorso. Condanna (...) al pagamento in favore dello Stato, stante l'ammissione al gratuito patrocinio della Curatela, delle spese legali liquidate in Euro 2.417,50 per compensi, oltre c.p.a., i.v.a. (se dovuta) e spese generali al 15%, come per legge. CONCLUSIONE Così deciso in Barcellona Pozzo di Gotto, nella camera di consiglio del 10 marzo 2021. Depositata in Cancelleria il 16 marzo 2021.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BARCELLONA P.G. SEZIONE CIVILE Il giudice del Tribunale di Barcellona P.G., sezione civile, dott.ssa Maria Marino Merlo, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 15432/2009 Reg. Gen. introitata all'udienza del 26/01/2018 e vertente TRA (...), c.f.: (...), nato a G. S. il (...) e (...), c.f. (...), nata a R. il (...) entrambi residenti in G. S., via (...), ed elettivamente domiciliati in Terme Vigliatore, via (...), presso lo studio dell'avv. Ca.Ci. che li rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all'avv. Gi.Di., per procura in atti; attori CONTRO (...), c.f.: (...), nato a (...) (M.) il (...), titolare della omonima impresa edile, residente in (...), via (...), rappresentato e difeso dall'avv. Pa.Ga., giusta procura in atti, ed elettivamente domiciliato in Milazzo, via (...), presso lo studio dell'avv. Gi.La.; convenuto E (...), c.f.: (...), nato (...), elettivamente domiciliato in Milazzo, via (...), presso lo studio dell'avv. Le.D'A., che lo rappresenta e difende giusta procura in atti; convenuto OGGETTO: contratto di appalto - risarcimento danni. IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con atto di citazione datato 30/03/2009, notificato in data 21/04/2009, i coniugi (...) - (...), hanno convenuto in giudizio il geometra (...) e il (...) (...), esponendo che: con scrittura privata del 17.06.06 avevano affidato in appalto allo (...), titolare della omonima impresa edile, la costruzione di un fabbricato in Gualtieri Sicaminò (ME), che era stato progettato dal P., incaricato pure della Direzione dei Lavori; che la costruzione era stata assentita con concessione edilizia n.5\2006 del Comune di Gualtieri Sicaminò e successivamente autorizzata ex L. n. 67 del 1974 e L.R. n. 7 del 2003, con nota n.18229 del 6.11.2006 dall'Ufficio del Genio Civile; che il corrispettivo dell'appalto era stato interamente pagato secondo le scadenze pattuite, ma l'opera era stata restituita ai committenti solo nel mese di giugno 2007, con gravi vizi e difetti; che immessisi nell'immobile avevano constatato la sussistenza di numerosi vizi e difetti. Hanno pertanto richiesto: di dichiarare che i convenuti sono solidalmente responsabili dei gravi vizi e difetti che presenta l'immobile; di condannare in solido i convenuti al pagamento in loro favore delle somme dovute a titolo di risarcimento dei danni sia patrimoniali che non patrimoniali subiti. Con comparsa di Cost. del 28 settembre 2009 si è costituito in giudizio (...), titolare dell'omonima ditta, contestando tutte le domande avanzate dagli attori. In particolare, ha sostenuto che contrariamente a quanto dedotto dagli attori, tra le parti in causa erano stati stipulati, non uno soltanto, bensì due contratti di appalto assolutamente autonomi l'uno dall'altro: il primo contratto del 17.06.06, avente ad oggetto i lavori per la realizzazione del rustico del fabbricato, la cui esecuzione, iniziata negli ultimi giorni di giugno 2006, era stata ultimata nell'ultima settimana di novembre 2006; il secondo, avente ad oggetto i lavori di rifinitura del fabbricato, la cui esecuzione, di fatto, era iniziata subito dopo le vacanze natalizie ed ultimata nel mese di giugno 2007. Ha altresì esposto: che la ditta appaltatrice, ultimato il rustico e resasi conto delle esistenti difformità del realizzato fabbricato rispetto al progetto, aveva prontamente richiamato i carpentieri ed ordinato, previa demolizione di quanto realizzato in difformità, di procedere al rifacimento delle parti del fabbricato difformi dal progetto in maniera conforme al progetto; che la parte committente, sempre presente sui luoghi di lavoro, si era opposta fermamente alla demolizione e rifacimento delle parti difformi, accettando le difformità ed i vizi lamentati; che in ogni caso data la ultimazione del rustico in data 30.11.2006, la parte committente era a conoscenza dei vizi e delle difformità della costruzione; che pertanto era incorsa in decadenza ex art. 1669 c.c.. per la denuncia dei vizi. Ha poi aggiunto di avere effettuato lavorazioni non comprese nel contratto di appalto del 17.06.2006 ed in particolare di avere proceduto alla ricostruzione di un muro franato, con le necessarie fondazioni nonché del marciapiede e bitumazione della strada soprastante. Ha dunque richiesto: di volere dichiarare la decadenza degli attori dall'azione esercitata e conseguentemente di rigettare le domande dagli stessi avanzate; in via meramente subordinata di rigettare tutte le domande di parte attrice e nell'ipotesi di accoglimento, di ricondurle ad equità e giustizia; in via riconvenzionale di condannare parte attrice al pagamento in favore del convenuto della somma di Euro.20.000,00. Si è costituito in giudizio (...), il quale ha contestato il contenuto dell'atto di citazione, sostenendo: che la propria prestazione si riferiva soltanto ai lavori di costruzione del rustico; che la propria attività si era limitata all'indicazione della soluzione alternativa all'altra in gioco tra le parti, e che il lavoro era stato eseguito in forza di convenzioni sopravvenute tra la ditta committente e l'esecutore materiale dei lavori, non rientrando nell'originario contratto di appalto; che la esecuzione dei lavori del rustico comprensiva degli accorgimenti concordati tra le parti si era svolta sotto la supervisione dei coniugi attori, i quali li avevano condivisi ed accettati; che realizzata la struttura del fabbricato la propria opera era cessata; che ultronea e inammissibile, prima che infondata, era la domanda di "danno biologico", da dichiararsi inammissibile per la carenza dei presupposti. Tutto ciò premesso il P. ha richiesto: di ritenere e dichiarare inammissibili, in tutto o in parte, le domande proposte dai coniugi (...) e (...), nei propri confronti, e, comunque, ritenerle in tutto infondate e, quindi, rigettarle, con qualsiasi pertinente motivazione. In corso di causa sono stati espletati l'interrogatorio formale degli attori e la prova per testi. All'udienza del 26.01.2018 le parti hanno precisato le conclusioni e la causa è stata assunta in decisione con la concessione dei termini di rito per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. 2. Va rigettata l'eccezione di decadenza sollevata dalla parte convenuta ai sensi dell'art.1669 c.c., in quanto non pertinente rispetto al caso di specie. La norma infatti configura una speciale forma di responsabilità extracontrattuale, ravvisabile in caso di rovina totale o parziale dell'immobile per vizio del suolo o difetto di costruzione, ovvero in presenza di gravi difetti che, pur non mettendo in pericolo la durata del bene, compromettono in modo considerevole la funzionalità o il godimento dell'edificio. Tali difetti consistono in quelle alterazioni che riducono in modo apprezzabile il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e secondo la sua natura (Cass. 15/09/2009 n. 19868). Piuttosto, la fattispecie in esame appare rientrare nell'ipotesi di cui all'art. 1667 cod. civ.. che si riferisce alle ipotesi in cui i lamentati (ed accertati) vizi dell'opera non incidono negativamente sugli elementi strutturali essenziali di questa e, quindi, sulla sua solidità, efficienza e durata, ma solamente sul suo aspetto decorativo ed estetico, cosicché il manufatto, pur in presenza dei riscontrati difetti, rimane integro quanto a funzionalità ed uso cui sia destinato (v. Cass. 16/07/2004 n. 13268). 3.Nel merito le domande avanzate dagli attori sono infondate e vanno rigettate. In punto di diritto va ricordato che l'appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità ed i vizi dell'opera. La garanzia non è però dovuta se il committente abbia accettato l'opera e le difformità ed i vizi erano da lui conosciuti o conoscibili, purché non siano stati in mala fede taciuti dall'appaltatore. L'accettazione non richiede alcun requisito di forma e può essere non solo espressa ma anche presunta o tacita. Come affermato dalla Suprema Corte, l'art. 1665 c.c., pur non enunciando la nozione di accettazione tacita dell'opera, indica i fatti e i comportamenti dai quali deve desumersi la sussistenza dell'accettazione da parte del committente; tali ipotesi sono individuate, rispettivamente, nel terzo e quarto comma della citata disposizione. Innanzitutto se il committente non procede alla verifica: in tal caso la presunzione ha carattere sanzionatorio del comportamento omissivo, in quanto la verifica, oltre ad essere un diritto, è anche un onere con conseguente decadenza dalla garanzia per difformità e vizi. Tali effetti si producono, però, solo se l'appaltatore abbia invitato, anche oralmente o implicitamente, il committente a procedere alla verifica e lo abbia posto in condizione di effettuarla. La seconda ipotesi di accettazione presunta consegue alla mancata comunicazione da parte del committente del risultato della verifica "entro un breve termine" dal suo completamento (art. 1665 comma 3). Il quarto comma prevede poi l'ipotesi di accettazione tacita allorquando il committente riceva senza riserve la consegna dell'opera. In realtà può aversi accettazione tacita anche quando il committente compia un atto che, esprimendo il gradimento dell'opera, presupponga necessariamente la volontà di accettarla e appaia dunque incompatibile con quella di rifiutarla o di accettarla condizionatamente (cfr. Cass. Civ. n. 7260/2003; Cass. Civ. n. 11835/1993). Nel caso di specie si rileva che dall'insieme degli atti di causa emerge che i committenti e la ditta (...) avevano stipulato due contratti. Il primo in data 17.06.2006, avente ad oggetto i lavori per la realizzazione del rustico del fabbricato, la cui esecuzione è stata ultimata nel novembre 2006; mentre il secondo, sulla scorta del preventivo del 12.12.2006, ha avuto ad oggetto i lavori di rifinitura del fabbricato. La sussistenza di due contratti non è contestata tra le parti ed emersa dalle prove orali espletate. Per stessa ammissione della parte attrice nelle proprie note e art. 183 co.6 c.p.c. n.1, e così come rilevato dal precedente G.I., con ordinanza del 15.06.2010, i difetti e le difformità riscontrati si riferiscono "(...) essenzialmente ( se non esclusivamente) alla fase di realizzazione del rustico". I convenuti hanno quindi sostenuto che gli attori avessero implicitamente accettato l'opera, acconsentendo al mantenimento dei lavori per come realizzati e commissionando alla Ditta (...) l'esecuzione delle rifiniture, nonostante la conoscenza che essi avevano delle difformità e dei vizi lamentati nel presente giudizio, con conseguente preclusione dell'azione di garanzia avanzata. Ed invero nel caso di specie le prove espletate consentono di ritenere raggiunta la prova in merito al fatto che i committenti avessero accettato il rustico e manifestato la volontà in ordine al mantenimento delle opera così come realizzata. Sul punto si richiama quanto riferito dal (...) in sede di interrogatorio formale, il quale ha esposto: "(...) vero è che al 30.11.06 ero a conoscenza dei difetti (...) vero è che con il primo contratto (17.06.06) ho dato in appalto a (...) unicamente i lavori per la creazione del rustico. Confermo la firma apposta in calce alla scrittura che la (...) mi esibisce (contratto di appalto) (...) Vero che io seguivo quasi giornalmente l'avanzamento dei lavori con visite in cantiere (...) È vero che di seguito richiesi allo (...) di approntare un preventivo per le rifiniture ma ciò perché egli mi aveva rassicurato che tramite questi lavori non avrei più visto quelle differenze di misure e difformità. (...) È vero che fu da me accettata la soluzione della cordonatura perimetrale soltanto al balcone est con funzione di gronda che venne proposta dallo (...)". L'attrice, (...), in sede di interrogatorio formale ha poi dichiarato "ero solita visitare il cantiere sin dall'inizio con mio marito o da sola. Fu al momento della creazione della carpenteria per la gittata del tetto a due falde che io e mio marito ci accorgemmo di qualche cosa che non andava. ... Ciò avvenne prima della gittata e ancor prima di questa anche allo (...) avevamo espresso le nostre perplessità (...) fu lo stesso (...) a proporre come soluzione quella di demolire e rifare il tetto, (...) preciso che non chiedemmo allo (...) di demolire ma sempre di rivolgersi al (...) vero è che dopo la gittata del tetto e le relative vicende e discussione abbiamo richiesto allo (...) un preventivo per le rifiniture e di seguito commesso il relativo appalto (...) Non sono in grado di dare una spiegazione o un motivo" (alla domanda del perché i committenti si fossero indotti ad affidare le rifiniture allo (...)). Anche la prova per testi ha confermato quanto sostenuto dai convenuti in ordine all'accettazione da parte dei committenti dell'opera allo stato rustico. A tale riguardo si richiamano le dichiarazioni rese dal teste (...), il quale ha riferito: "(...) l'unica lamentela espressa dal (...) e la moglie che sempre erano presenti ha riguardato l'ultimo solaio. E, in particolare, allorché venne realizzata la relativa carpenteria, si lamentò che la parte finale del solaio e cioè quella che andava oltre il muro perimetrale era come il resto inclinata, invece che piana, come da progetto. La cosa era sfuggita sia al carpentiere che al ferraiolo. Feci presente che quella parte finale di solaio avrebbe potuto essere smontata nella carpenteria e rifatta. Ma egli mi rispose di non fare nulla per evitare di far fare commenti alle persone. Per cui abbiamo gettato il calcestruzzo. Anche dopo il getto, il (...) si lamentò e ugualmente avremmo potuto demolire quella parte finale e farla piana, ma lui non volle, anche perché debbo dire che i rapporti erano brillanti. Per cui completarono i lavori (...) l'iniziale appalto prevedeva la realizzazione del fabbricato (...) ultimato il rustico, poiché come detto i rapporti erano brillanti, il (...) mi chiamò nuovamente affinché proponessimo un preventivo per il resto. I committenti l'accettarono e si sono iniziati e pure completati i lavori; sempre mantenendo i buoni rapporti e senza alcuna lamentela (...)." Il teste (...) ha poi affermato "come carpentiere mi sono occupato di tutte le strutture dalle fondazione a tutti i solai, coadiuvato da altri due carpentieri. Non mi risultano lamentele. Posso solo dire che lo (...) padre, con il quale di solito mi rapportavo, mi fece presente che era stato fatto un piccolo sbaglio sulle pendenze (...) Io gli risposi che ero disposto a rimediare, smontando e rifacendo la carpenteria, potendo il tutto risolversi in un giorno di lavori. A questo punto lo (...) mi rimandò per una conferma o meno. Dopo un giorno due, si ripresentò dicendomi che potevo lasciare così come era, andando bene così (...) Quanto sopra mi era stato detto dallo (...), anche prima che nella carpenteria venisse montato il ferro (.... ) Ricordo che al mattino passava un tale che controllava e se ne andava.... Sicuramente doveva essere una persona di cantiere, un geometra o simile. Era una persona di media statura, come me o un poco più basso di me che sono alto m.1,70. " (A questo punto entra in aula la parte (...), che viene riconosciuta dal teste.) Orbene, sulla scorta delle emergenze processuali, deve ritenersi provata l'intervenuta accettazione da parte dei committenti dell'opera allo stato rustico, appaltata al convenuto (...). Depongono in tale senso univoci elementi, essendo indubbio che nella specie i vizi e le difformità denunciati in giudizio dagli attori fossero dagli stessi conosciuti al momento del completamento del rustico e che ciò nonostante essi si determinarono a continuare i lavori con la ditta (...), concludendo un ulteriore contratto per l'esecuzione delle rifiniture (v. dichiarazioni rese dal (...) e dalla (...) in sede di interrogatorio formale). Tali elementi, unitamente alla circostanza affermata dagli attori nei propri atti, ovvero di avere provveduto al pagamento dei lavori eseguiti (senza che risulti la formulazione di alcuna riserva) costituiscono comportamenti atti a far presumere la sussistenza dell'accettazione dell'opera. D'altra parte sarebbe stato onere degli attori dimostrare la sussistenza di elementi contrastanti con la presunta volontà di accettare l'opera nello stato in cui si trovava, di avere formulato riserve al momento in cui terminarono i lavori sul rustico, atteso che per loro stessa ammissione essi erano ben consapevoli già in quel momento della sussistenza dei vizi e delle difformità lamentate. Prova che invece non è stata fornita. Tali considerazioni permettono di escludere la responsabilità sia dello (...), convenuto nella qualità di appaltatore, che del (...), il quale ha svolto le funzioni di direttore dei lavori fino alla realizzazione del manufatto allo stato rustico. La domande avanzate dagli attori vanno quindi rigettate. 4. Parimenti va rigettata la domanda riconvenzionale avanzata dal convenuto, di condanna dei coniugi (...) - (...) al pagamento delle somme asseritamente dovute per la ricostruzione, eseguita dalla ditta (...), del muro posto al confine di proprietà degli attori, che sarebbe crollato in seguito alla rottura dell'acquedotto comunale e poiché privo di fondamenta. Il convenuto ha affermato di essere prontamente intervenuto, riparando la condotta comunale e provvedendo alla ricostruzione del muro. Sul punto si osserva che non risultano chiarite le cause che hanno causato il crollo del muro, stante le specifiche osservazioni svolte al riguardo dalla parte attrice, né è stato fornito alcun elemento dal quale desumere e quantificare l'effettivo ammontare dei costi asseritamente sostenuti per la realizzazione delle opere. Il convenuto aveva l'onere di conferire concretezza alla richiesta, allegando gli specifici elementi necessari per la relativa liquidazione, fornendo quantomeno una base di partenza al giudice per potere effettuare la quantificazione. Nel caso di specie nulla è stato allegato a detto titolo, essendo rimasta la pretesa avanzata priva di qualsivoglia supporto probatorio; la domanda va pertanto rigettata. 5. Le spese seguono il principio della soccombenza, di talché: vanno compensate, in ragione di metà, le spese di lite sostenute dal convenuto (...), mentre la residua parte va posta a carico degli attori, attesa la reciproca soccombenza, data dal rigetto della domanda riconvenzionale avanzata dallo stesso convenuto; vanno poste a carico degli attori le spese di lite sostenute dal convenuto (...). P.Q.M. Il Tribunale, in persona del Giudice istruttore in funzione di Giudice monocratico, sentiti i procuratori delle parti, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa e definitivamente pronunciando: 1. rigetta le domande avanzate dagli attori nei confronti di (...) e (...); 2. rigetta la domanda riconvenzionale avanzata da (...); 3. condanna gli attori al pagamento in favore del convenuto (...) di metà delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 2.530,50, di cui Euro. 405,00 per la fase di studio della controversia, Euro 573,50 per la fase introduttiva del giudizio, Euro. 860,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, Euro 692,00 per la fase decisionale, oltre spese generali IVA e C.P.A come per legge e compensa le residua metà; 4. condanna gli attori al pagamento in favore del convenuto (...) delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 5.061,00, di cui Euro. 810,00 per la fase di studio della controversia, Euro 1.147,00 per la fase introduttiva del giudizio, Euro 1.720,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, Euro 1.384,00 per la fase decisionale, oltre spese generali IVA e C.P.A come per legge. Così deciso in Barcellona Pozzo di Gotto il 7 giugno 2018. Depositata in Cancelleria il 7 giugno 2018.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO SEZIONE CIVILE Il Giudice Istruttore dott.ssa Maria Marino Merlo della sezione civile del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in funzione di Giudice Unico, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 15725/2008 R.G. promossa da: (...), nato a M. (M.) il (...), c.f. (...), ed ivi residente in Via (...), elettivamente domiciliato in Barcellona P.G., via (...) presso lo studio dell'avv. Ne.Ca. che lo rappresenta e difende per procura a margine dell'atto di appello; - parte appellante - contro (...) spa, (già (...) spa, fusasi per incorporazione in (...) spa con effetto dal 31.12.2013), p.i. : (...), con sede in M. V. via (...), elett. dom. in Barcellona PG via (...), presso lo studio dell'Avv. Gi.Pi. che la rappresenta e difende per procura in atti; - parte appellata - e (...) residente il S. F. del M., C., via (...); - parte appellata contumace - Oggetto: appello avverso sentenza giudice di pace - risarcimento danni da incidente stradale IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con atto di citazione in appello (...) ha chiesto la riforma della sentenza n. 228/08 del 20.2.2008 del Giudice di Pace di Milazzo con la quale erano stati condannati, in solido, (...) e la (...) in persona del legale rappresentante p.t., a corrispondergli, la somma di Euro 3.000,00 oltre spese mediche, accessori e spese legali, a titolo di risarcimento danni dallo stesso riportati nel sinistro avvenuto in data 18.01.2000. L'appellante ha esposto che: in data 18.01.2000, verso le 15,30, percorreva alla guida del motociclo (...), la via (...) porta verso (...), quando, giunto nei pressi dell'intersezione con il raccordo di (...), veniva investito dal (...) tg. (...) di proprietà e guidato dal Sig. (...); che nel detto incidente aveva riportato lesioni per le quali aveva richiesto inutilmente il risarcimento dei danni alla (...); che aveva pertanto citato in giudizio la (...) e (...), chiedendo la condanna al risarcimento dei danni nella misura di Euro.15.000,00; che il Giudice di Pace aveva accolto la domanda per le seguenti ragioni: " dalle dichiarazione dei testi escussi è emersa una dinamica del sinistro per come esposto in citazione ed il buon diritto dell'attore di ottenere il risarcimento del danno derivatogli dal sinistro in oggetto, danni che - giuste conclusioni cui è pervenuto il CTU- vanno quantificati in Euro 3.000,00 comprensiva sia della invalidità permanente che quella temporanea, oltre ad Euro 570,68 per spese mediche sostenute...". Il (...) ha impugnato la predetta sostenendone l'illogicità ed inadeguatezza della motivazione sul quantum debeatur. In particolare l'appellante ha sostenuto: che il Giudice di pace, pur riconoscendo che la responsabilità dell'incidente era da ascriversi alla condotta del proprietario del furgone (...), assicurato (...), aveva disatteso totalmente i criteri di liquidazione dettati dal D.M. del 3 Luglio 2003, riguardante le tabelle delle menomazioni dall'integrità psicofisica comprese tra l'1% ed il 9%; che il Giudice di Pace aveva disatteso la quantificazione del danno biologico resa dal CTU (6-7%), valutandola arbitrariamente come inattendibile; che il Giudice di Pace aveva errato nel mancato riconoscimento del danno biologico temporaneo disattendendo le valutazioni del nominato CTU, oltre che del danno morale derivante dalle lesioni subite; che il giudice di pace aveva quindi disapplicato la normativa che aveva posto a fondamento della propria decisione (L. n. 57 del 2001 e D.M. della Salute del 3 Luglio 2003). Tutto ciò premesso ha richiesto: di ammettere per la forma e nel merito accogliere l'appello; di riformare l'impugnata sentenza n. r.g. 228/08 del Giudice di Pace di Milazzo e per l'effetto quantificare il danno dallo stesso riportato nel sinistro stradale del 18.01.2000, secondo le risultanze della CTU espletata nel corso del giudizio di primo grado, in base alle tabelle vigenti e comunque nei limiti del giusto e del provato; ritenere e dichiarare il proprio diritto ad aver riconosciuta la ITP ed il danno morale nella misura non inferiore di 1/3 del danno biologico; per l'effetto, alla luce della quantificazione del danno, condannare gli appellati a corrispondere le somme che risulteranno dovute sulla base dei nuovi calcoli in virtù delle risultanze della CTU già espletata, incluse le spese mediche riconosciute in primo grado e non ancora liquidate; di condannare gli appellati alla corresponsione della rivalutazione monetaria e degli interessi dall'evento lesivo al soddisfo; con vittoria di spese e compensi del presente grado oltre spese generali, IVA e CPA. Si è costituita in giudizio la (...) spa (già (...) spa), la quale ha contestato l'appello avanzato dalla controparte e ha richiesto la conferma della sentenza impugnata in ogni sua parte, rilevando di avere già risarcito il danno subito all'appellante, come da sentenza del Giudice di Pace, per una somma complessiva di Euro 5.611,50, corrisposta con conteggio e su richiesta del legale dell'odierno appellante. Ha dunque concluso chiedendo di: rigettare l'atto di appello, perché infondato in fatto ed inattendibile in diritto; di confermare la impugnata sentenza del Giudice di Pace di Milazzo n. 228/08; di dichiarare, comunque, che la somma offerta di Euro 5.611,50, è da intendersi più che congrua e satisfattiva di ogni pretesa da parte dell'appellante e rigettare la richiesta di condanna al pagamento di ulteriore somma; di ritenere corretta ed esaustiva la valutazione del danno e la susseguente liquidazione effettuata dal giudice di primo grado; in subordine di: dichiarare che l'eventuale danno biologico di modesta entità va, semmai, quantificato con i parametri di cui al D.M. 3 luglio 2003 e risarcito con i criteri di cui alla L. 5 marzo 2001, n. 57, applicabile alla fattispecie; di rigettare la richiesta relativa all'inabilità temporanea che non può essere liquidata nella misura richiesta e che va in ogni caso ricondotta nell'ambito dei comuni parametri previsti in medicina legale, in rapporto alle lesioni riferite al (...); di rigettare la richiesta relativa al danno morale, non dovuto e non provato; di rigettare la richiesta relativa ad interessi e rivalutazione per i motivi sopra esposti, specie in presenza di liquidazione del danno con criteri rapportati a parametri attuali al momento della sentenza; tenere conto, nell'eventuale ulteriore liquidazione, della somma già corrisposta in data 04.04.2008 pari a Euro 5.611,50, decurtandola da eventuale risarcimento, maggiorata degli interessi dalla data della corresponsione fino a quella della liquidazione; di condannare l'appellante al pagamento delle spese di questa seconda fase del giudizio e compensi di causa oltre spese generali CPA ed IVA. (...) non si è costituito in giudizio. All'udienza 21 novembre 2017, il giudice ha trattenuto la causa in decisione concedendo alle parti i termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. 2. Va dichiarata la contumacia di (...), il quale sebbene regolarmente citato in giudizio non si è costituito. 3. Nel merito l'appello è parzialmente fondato e si accoglie nei limiti di seguito specificati. La questione oggetto del presente giudizio attiene al quantum spettante all'appellante a titolo di risarcimento danni. (...) ha sostenuto che il giudice di pace abbia erroneamente liquidato il danno, disattendendo la quantificazione effettuata dal CTU e i parametri previsti dal D.M. 3 luglio 2003, non tenendo conto dei criteri previsti dal comma 2 dell'art. 5 della L. n. 57 del 2001 e giungendo ad una quantificazione arbitraria dell'ammontare dei danni fisici. Il motivo di appello è fondato e va accolto. Ed invero nel nostro ordinamento vige il principio iudex peritus peritorum, in virtù del quale è consentito al giudice di merito disattendere le argomentazioni tecniche svolte nella propria relazione dal consulente tecnico d'ufficio, e ciò sia quando le motivazioni stesse siano intimamente contraddittorie, sia quando il giudice sostituisca a esse altre argomentazioni, tratte da proprie personali cognizioni tecniche. In ambedue i casi, l'unico onere incontrato dal giudice è quello di un'adeguata motivazione, esente da vizi logici ed errori di diritto (Cassazione civile, sez. II, 20/03/2017, n. 7086). Sennonché il Giudice di Pace nella impugnata sentenza ha affermato che dalle dichiarazioni dei testi escussi era emersa una dinamica del sinistro per come esposta nell'atto di citazione e il buon diritto dell'attore di ottenere il risarcimento del danno derivatogli dal sinistro, che - sulla base delle conclusioni a cui era pervenuto il CTU - ha liquidato in Euro 3.000,00. Orbene è di tutta evidenza che il Giudice di pace non ha inteso discostarsi da quanto affermato dal CTU, le cui conclusioni ha richiamato a supporto della propria decisione. Ne consegue che la quantificazione dei danni che ha effettuato non è corretta, in quanto non rispondente agli esiti della predetta consulenza tecnica d'ufficio, dalla quale si evince che il sinistro ha provocato una inabilità temporanea assoluta di giorni 30, una inabilità temporanea parziale di giorni 15 al 50%, nonché una invalidità permanente pari al 6-7%. La sentenza va quindi riformata sul punto. Questo giudice ritiene infatti di non doversi discostare dagli esiti a cui è giunto il consulente tecnico d'ufficio, in ordine alla natura, consistenza ed eziologia delle lesioni ed alla conseguente inabilità. Il pregiudizio complessivo appare correttamente determinato, in quanto corrispondente alle tabelle approvate con D.M. 3 luglio 2003. L'inabilità temporanea va, quindi, calcolata nella misura di un determinato importo per ogni giorno di invalidità, pari a Euro 40,72 per l'invalidità assoluta e proporzionalmente ridotto per l'invalidità parziale, importo determinato in via equitativa sulla base della L. n. 57 del 2001, stante la sofferenza connessa al tipo di lesioni. In adesione alle conclusioni a cui è pervenuto il CTU va allora riconosciuta a (...), per l'inabilità temporanea la somma di Euro 1.730,60 (così determinata: 30 x Euro 40,72 = Euro 1.221,60; 25 x Euro 40,72 al 50% = Euro 509,00). Per l'invalidità permanente al 6-7% in un soggetto di anni 33 all'epoca del sinistro va liquidata la somma di Euro. 6.649,08. Va quindi riconosciuta all'appellante la complessiva somma pari a Euro 8.379,68, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale. La detta somma non deve essere rivalutata essendo liquidata ai valori attuali (rispetto al momento della sentenza impugnata) ma al fine di assicurare un integrale ristoro del creditore, evitando al tempo stesso l'ingiustificata duplicazione di voci di danno (Cass., Sez. Un., 17/2/95 n. 1712), possono riconoscersi gli interessi al tasso legale sulla somma dovuta dapprima devalutata alla data del sinistro e poi anno per anno progressivamente rivalutata secondo gli indici ISTAT. Dalla detta somma va decurtato quanto già corrisposto all'appellante dalla convenuta compagnia assicurativa allo stesso titolo, ovvero per il risarcimento del danno non patrimoniale e interessi. Priva di pregio è invece la censura mossa dall'appellante all'impugnata sentenza avente ad oggetto il risarcimento del danno morale. È infatti il caso di precisare che, la stessa giurisprudenza di legittimità ha puntualizzato che il danno non patrimoniale da lesione della salute costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, nella cui liquidazione il giudice deve tenere conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti dalla vittima, senza dunque duplicare il risarcimento attraverso l'attribuzione di nomi diversi a pregiudizi identici. Tale affermazione consente di ritenere che il ristoro del pregiudizio rappresentato dalla sofferenza psichica e fisica, ossia il vecchio danno morale, potrà continuare ad influire sulla concreta liquidazione del danno, sotto forma di adeguamento del danno biologico o, meglio ancora se si vuole adottare sino in fondo la sistematica concettuale delle Sezioni Unite, del danno non patrimoniale genericamente inteso, unitariamente considerato e composto sia dai pregiudizi di tipo esistenziale sia delle sofferenze interne, alla condizione che dette sofferenze siano allegate e provate, anche per presunzioni (cfr. Cass. civ., sez. II, 19 agosto 2011, n. 17427; Cass. civ., sez. III, 13 aprile 2010, n. 8724; Cass. civ., Sez. Un., 28 novembre 2008, n. 26972; Cass. civ., sez. III, 31 maggio 2003, n. 8827 e n. 8828; Cass. civ., sez. III, 24 ottobre 2003, n. 1604). Il danno non patrimoniale, deve dunque essere personalizzato tenendo conto di tutti i pregiudizi non patrimoniali sofferti dal danneggiato in ossequio all'insegnamento della Corte di Cassazione che ha inteso, senza escludere la sussistenza del danno morale soggettivo (cioè la sofferenza interiore) e senza riconoscere l'esistenza dell'autonoma categoria del danno esistenziale, ricondurre ad una unitaria voce di danno tutti i pregiudizi non patrimoniali connessi alla lesione della integrità psicofisica del soggetto vittima di un illecito- sulla scorta dell'apprezzamento delle sofferenze concrete, valutate anche dal punto di vista relazionale ed esistenziale (danno dinamico - relazionale)- consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane patite dal danneggiato (Cfr. Cass. n. 3290/2013, Cass. n. 20292/2012, SS.UU. n. 26972/2008). Nel caso de quo non vi è prova alcuna che il (...) abbia subito un pregiudizio ulteriore, in termini di sofferenza psichica e fisica, rispetto a quanto già liquidato a titolo di danno non patrimoniale sotto la "voce" danno biologico. La somma riconosciuta è pienamente in grado, a parere di chi scrive, di dar conto delle peculiarità del caso concreto, in quanto tiene in adeguata considerazione il pregiudizio morale patito dal (...), alla luce dei postumi del sinistro quali l'entità e tipologia delle lesioni subite. Il giudice di pace ha condannato inoltre la compagnia assicurativa al risarcimento del danno per gli esborsi effettuati per le spese mediche pari a Euro 570,00. La cifra così liquidata ristora il danno patrimoniale subito dall'appellante e rappresenta voce di danno emergente. Sul punto la sentenza n. 228/08 non è stata impugnata: le somme sono quindi dovute all'appellante in forza della predetta sentenza (ove già non corrisposte). Pertanto nulla questo giudice ritiene di dovere disporre, considerata peraltro la disponibilità mostrata al riguardo dalla compagnia assicurativa nella propria comparsa di costituzione. 4. Le spese processuali sostenute dal (...) seguono la soccombenza degli appellati e si liquidano come da dispositivo, previa compensazione di 1/3, in ragione dell'accoglimento solo parziale delle domande avanzate. P.Q.M. Il Tribunale, in persona del Giudice istruttore in funzione di Giudice monocratico, disattesa ogni contraria istanza e difesa, definitivamente pronunciando nella causa di appello iscritta al n. 15725/2008 R.G.A.C., così provvede: 1. dichiara la contumacia di (...); 2. accoglie parzialmente l'appello proposto da (...) nei confronti di (...) e (...) Spa, avverso la sentenza n. 228/08 del Giudice di Pace di Milazzo e per l'effetto, in riforma parziale della decisione impugnata, condanna gli appellati, in solido, al pagamento della somma pari a Euro 8.379,68 a titolo di danno non patrimoniale, oltre interessi legali sulla somma, come devalutata alla data del sinistro e via via rivalutata anno per anno, dalla quale va decurtato l'ammontare già versato dalla (...) S.p.A. allo stesso titolo; 3. condanna gli appellati, in solido, alla rifusione dei 2/3 delle spese processuali del presente grado di giudizio sostenute da (...), che si liquidano in Euro 1.618,00 per compensi professionali e Euro 171,33 per esborsi, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge e compensa la residua parte. Così deciso in Barcellona Pozzo di Gotto il 12 aprile 2018. Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2018.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO SEZIONE CIVILE Il giudice della sezione civile del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, dott.ssa Maria Marino Merlo, in funzione di giudice monocratico, ha pronunciato la seguente: SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 15345/2006 Reg. Gen. introitata all'udienza del 24 novembre 2017 e vertente TRA (...) nato a (...), c.f. (...) e residente in M., via (...), nato (...), c.f. (...), e residente in M., via (...), in proprio e n.q. di soci della S.n.c. "(...)", elettivamente domiciliati in Milazzo, via (...) presso lo studio dell'avv. El.Ro., che li rappresenta e difende giusta procura in atti; - attori - e (...), nato a M. il (...) e residente in S. F. del M., via (...), c.f. (...), elettivamente domiciliato in Barcellona P.G., via (...) presso lo studio dell'avv. Sa.Ma. che lo rappresenta e difende giusta procura in atti; - convenuto - Avente per OGGETTO: responsabilità precontrattuale - risarcimento danni. IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con atto di citazione, notificato il 12/05/06, (...) e (...) citavano in giudizio (...), esponendo che tra il mese di febbraio 2006 e marzo 2006 avevano raggiunto un accordo con quest'ultimo per la stipula di un contratto di locazione ad uso commerciale, avente ad oggetto il capannone di proprietà del (...), sito in S.F. del M.- via (...). Gli attori affermavano che in virtù di tale accordo avevano determinato la durata, il canone e le caratteristiche specifiche che l'immobile doveva possedere al fine di consentire ai locatari l'esercizio di una attività finalizzata al commercio all'ingrosso di articoli di carta, cartone e cellulosa in genere, articoli di plastica, in gomma, in alluminio e altri prodotti, e proprio in ragione del perfezionato accordo avevano realizzato lavori rivolti all'esercizio dell'attività commerciale, per un costo di Euro 2.300,00. Aggiungevano che in data 4/4/06 costituivano la società in nome collettivo "S. di (...) e (...) S.n.c.", con domicilio fiscale in S. F. del M., via (...), corrispondendo al Notaio rogante, per la redazione dell'atto costitutivo della predetta società, l'onorario di Euro 1.300,00; che in virtù dell'accordo raggiunto con il (...), provvedevano altresì al disbrigo delle pratiche di natura fiscale necessarie per la registrazione del contratto di locazione e l'inizio dell'esercizio dell'attività commerciale e che in data 7/4/06 inviavano alla To. alcuni ordini per ottenere in consegna dei prodotti, nel domicilio fiscale della predetta Società. In data 08/4/06, il (...) improvvisamente, comunicava loro, telefonicamente, la sua volontà di non dar corso all'accordo per la locazione del capannone, senza addurre alcuna ragione giustificatrice. Tutto ciò premesso essi chiedevano di: ritenere e dichiarare che tra il mese di febbraio e marzo dell'anno 2006, tra loro stessi attori da una parte e il (...) dall'altra, si era perfezionato l'accordo per concedere in locazione ad uso commerciale il capannone, di proprietà di quest'ultimo, sito in S. F. del (...) Via (...); di ritenere e dichiarare, pertanto, il (...) responsabile per il recesso ingiustificato dall'accordo intercorso; conseguentemente di condannare il (...) a rimborsare loro tutte le spese sostenute in proprio e nella qualità di soci della "(...)", in conseguenza dell'accordo, quantificate in Euro. 3.600,00, oltre al risarcimento di tutti gli altri danni, conseguenti anche all'impossibilità di iniziare e di esercitare l'attività commerciale della "(...)" nel domicilio fiscale indicato nell'atto costitutivo del 4/04/06, redatto dal Notaio Al., quantificabile in Euro 20.000,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dì del dovuto al soddisfo, o nella misura ritenuta provata, da liquidarsi anche in via equitativa; con vittoria di spese e compensi di giudizio. Si costituiva in giudizio (...), rilevando, preliminarmente, la nullità della citazione ex art. 164 c.p.c., co. 4, per genericità della domanda di risarcimento dei danni. Nel merito invece contestava quanto dedotto dalla controparte e sosteneva che tra le parti non era stato raggiunto nessun accordo per concedere in locazione l'immobile, essendosi le parti incontrate e avendo accennato negli incontri avvenuti solo all'eventualità di potere chiudere e recintare il lato di soppalco aperto per motivi di sicurezza. Il convenuto aggiungeva: che nel periodo in cui erano in corso queste trattative si stavano svolgendo dei lavori di manutenzione sull'immobile, che per tale ragione era accessibile anche ad estranei; che in tale occasione gli odierni attori senza alcuna autorizzazione avevano fatto effettuare i lavori di falegnameria; che pertanto egli comunicava agli attori la volontà di non voler proseguire nelle trattative, atteso il loro comportamento. Infine precisava che il capannone, stante la sua destinazione non avrebbe potuto essere adibito ad uso commerciale. Chiedeva l'accoglimento delle seguenti domande: in via preliminare ritenere e dichiarare la assoluta genericità della domanda di risarcimento del danno, per le motivazioni esposte, e conseguentemente dichiarare nullo l'atto di citazione; di ritenere e dichiarare che nessun accordo per concedere in locazione l'immobile sito in S. F. del M. Via (...) si era perfezionato tra le parti; di ritenere e dichiarare, comunque, che nessuna responsabilità poteva essergli imputata; conseguentemente rigettare ogni e qualsiasi richiesta di risarcimento danni avanzata dagli attori; in subordine di ridurre ogni eventuale risarcimento del danno nei limiti del dovuto e del provato; di condannare (...) e (...) al ripristino della situazione quo ante nell'immobile di proprietà del (...); con vittoria di spese e compensi, oltre accessori. La causa è stata istruita attraverso la prova per testi. All'udienza del 24 novembre 2018 udite le conclusioni delle parti, il giudice assegnava la causa a sentenza, ai sensi dell'art. 281 quinquies c.p.c., concedendo i termini di rito per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica. 2. In via preliminare la parte convenuta ha eccepito la genericità della domanda di risarcimento dei danni avanzata dagli attori e la nullità ex art. 164 c.p.c., comma 4, dell'atto di citazione. L'eccezione è infondata e va rigettata. È, infatti, pacifico che l'esposizione dei fatti consista nell'affermazione o allegazione di quei fatti che, in quanto riconducibili in astratto a una o più norme, costituiscono la causa petendi, indicata dal legislatore a volte come "ragione della domanda", altre volte come "titolo della domanda". Perché sussista la nullità dell'atto di citazione è necessario che tali elementi siano del tutto omessi, oppure risultino assolutamente incerti e comunque inadeguati a tratteggiare l'azione, in quanto l'incertezza non sia marginale o superabile, ma investa l'intero contenuto dell'atto, posto che la lettura dell'art. 163 c.p.c., non può essere meramente formalistica. Pertanto, anche le indicazioni incomplete possono essere comunque idonee a rendere il convenuto edotto della pretesa azionata, così da escludere la nullità dell'atto di citazione per indeterminatezza dell'oggetto. Ulteriormente, la Suprema Corte ha chiarito che la nullità della citazione per assoluta incertezza del petitum, inteso sotto il profilo formale del provvedimento giurisdizionale richiesto, e nell'aspetto sostanziale, come bene della vita di cui si domanda il riconoscimento, non ricorre quando l'individuazione del petitum così inteso sia comunque possibile attraverso un esame complessivo dell'atto introduttivo del giudizio, non limitato alla parte di esso destinata a contenere le conclusioni, ma esteso anche alla parte espositiva (cfr. Corte di Cassazione, n. 1681 del 29.01.2015). Conseguentemente, la nullità della citazione in esame deve essere esclusa, in quanto la parte attrice ha indicato in maniera circostanziata tutti i fatti costitutivi della pretesa azionata e le circostanze valevoli a fondare la domanda di risarcimento, potendosi desumere i titoli dai quali la stessa trae fondamento, sebbene non sia stata poi dettagliatamente quantificata monetariamente. 3. Andando al merito, gli attori hanno invocato la responsabilità del convenuto per il recesso ingiustificato dall'accordo asseritamente raggiunto in ordine alla stipulazione del contratto di locazione, avente ad oggetto il capannone di proprietà di quest'ultimo, nel quale gli stessi avevano programmato di volere porre la sede della costituenda società. Hanno quindi richiesto il risarcimento dei danni. La domanda è infondata e va rigettata per quanto di seguito esposto. In punto di diritto si osserva che la fattispecie come sopra sintetizzata va ricondotta all'ex art. 1337 c.c. che come noto dispone "le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede". La violazione del dovere precontrattuale di buona fede è tradizionalmente ravvisata dalla giurisprudenza nell'ipotesi del recesso senza giusta causa da trattative che siano giunte ad uno stadio tale da generare nell'altro contraente un legittimo affidamento circa la conclusione del contratto (Cass. civ. 7768/2007; Cass. 11438/04; Cass. 8723/04; Cass. 1632/00; Cass. 5830/99). Affinché possa insorgere responsabilità precontrattuale è necessario che, sia pure a livello di semplici trattative, le parti abbiano preso in considerazione gli elementi essenziali del contratto che si propongono, o sperano, di stipulare, nel qual caso soltanto si configura il fondato affidamento delle parti stesse, o di taluna di esse, sulla futura conclusione del negozio. Pertanto, ove non sia contemplato uno degli indicati elementi tale affidamento non può sorgere, con conseguente insussistenza della suddetta responsabilità. Ossia deve trattarsi di trattative che siano in uno stadio avanzato, tale che, per serietà e concludenza, lascino presagire la stipulazione del contratto e giustifichino l'affidamento riposto dalle parti in tale conclusione (Cass. n. 11243/2003). Pertanto, se durante la fase formativa del negozio, una parte viola il dovere di lealtà e correttezza ponendo in essere comportamenti che non salvaguardano l'affidamento della controparte in modo da sorprendere la sua fiducia sulla conclusione del contratto, la prima risponde per responsabilità precontrattuale, anche se la sua condotta sia meramente colposa, in quanto non occorre un particolare comportamento oggettivo di malafede, né la prova dell'intenzione di arrecare pregiudizio all'altro contraente (Cass. civ. 23.02.2005 n. 3746). Va, peraltro, sottolineato che la responsabilità precontrattuale derivante dalla violazione della regola di condotta posta dall'art. 1337 c.c., a tutela del corretto dipanarsi dell'iter formativo del negozio costituisce, secondo l'orientamento dominante una forma di responsabilità extracontrattuale, cui vanno applicate le relative regole in tema di distribuzione dell'onere della prova. Ne consegue che, qualora gli estremi del comportamento illecito siano integrati dal recesso ingiustificato di una parte, grava non su chi recede la prova che il proprio comportamento corrisponde ai canoni di buona fede e correttezza, ma incombe, viceversa, sull'altra parte l'onere di dimostrare che il recesso esula dai limiti della buona fede e correttezza postulati dalla norma de qua (Cass. n. 13164/2005 ; Cass., 5 agosto 2004, n. 15040; Cass. n. 8723/2004; Cass. n. 15172/2003). Nel caso in esame, occorre, pertanto, verificare se gli attori abbiano assolto l'onere di dimostrare la sussistenza delle trattative avviate per addivenire alla conclusione del contratto di locazione, che queste fossero in uno stato avanzato, in considerazione dell'esistenza di elementi di fatto, idonei ad integrare il dedotto affidamento precontrattuale; e che non siano andate a buon fine per colpa del (...). Si osserva che è incontestato che tra le parti siano iniziate delle trattative in ordine alla locazione del capannone che si sono dipanate nel corso di più incontri, in cui le parti hanno discusso dell'impianto elettrico, di quello idrico e della possibilità di affittare anche il giardino adiacente il capannone. È controverso invece lo stato di avanzamento delle dette negoziazioni. La parte attrice sostiene che queste fossero ad un livello avanzato, avendo le parti raggiunto un accordo e avendo determinato la durata, il canone e le caratteristiche specifiche che l'immobile doveva avere, tanto che in conseguenza del perfezionato accordo il (...) aveva autorizzato loro stessi attori ad eseguire i lavori nell'immobile, al fine di consentire l'inizio dell'attività commerciale. La detta circostanza è contestata dalla controparte, la quale ha invece sostenuto che le parti nei mesi di febbraio - marzo 2006 si erano incontrate nel tentativo di stipulare un contratto di locazione, senza giungere ad alcun accordo al riguardo, rimanendo le dette contrattazioni ad uno stato generico. Ed invero all'esito dell'istruttoria espletata in corso di giudizio non appare raggiunta la prova in ordine al fatto che le trattative fossero arrivate ad un punto tale potere ingenerare nella parte un ragionevole affidamento nella stipulazione del contratto. Tale conclusione è corroborata dal fatto che non risultano nemmeno allegati gli elementi essenziali dell'accordo in questione, quali la durata del contratto e l'ammontare del canone che sarebbe stato convenuto tra le parti (elementi sui quali invece la parte attrice ha sostenuto che fosse intervenuto l'accordo). Solo nei capitolati della prova per testi articolati dalla parte attrice, la stessa ha fatto riferimento ad un canone che sarebbe stato asseritamente concordato, pari a Euro 800,00, senza però che nessuno dei testi escussi abbia confermato la circostanza dedotta, facendo quindi ritenere non raggiunta la prova in ordine al fatto che le parti avessero raggiunto una effettiva intesa al riguardo. Mentre non risulta elemento rilevante del presunto accordo il fatto che gli attori avessero posto in essere l'atto costitutivo della società "(...) s.n.c.": la detta circostanza non comprova la sussistenza di un accordo tra la parti sulla stipulazione del contratto di locazione, né tantomeno la costituzione della società al fine dello svolgimento dell'attività commerciale appare involgere profili essenziali dell'accordo che gli attori avrebbero dovuto raggiungere con il (...) in relazione al contratto di locazione del capannone. Ulteriormente gli attori hanno affermato che la prova della sussistenza dell'accordo in questione si sarebbe dovuta desumere dallo svolgimento dei lavori sul capannone, che sarebbero stati autorizzati dal (...) proprio al fine di consentire l'inizio dell'attività commerciale. Sennonché la detta circostanza, che potrebbe apparire sintomatica dello stato di avanzamento delle trattative è stata pervicacemente contestata dal (...), il quale ha affermato di non avere autorizzato i detti lavori, che sarebbero avvenuti a sua insaputa e senza che al riguardo si fosse perfezionato alcun accordo. Sul punto le parti hanno articolato prova per testi, la quale ha fornito esiti del tutto in contrasto tra di loro. Così dalle dichiarazioni rese dal teste (...) pare desumersi che il convenuto fosse presente durante l'esecuzione dei sopra detti lavori, realizzati per conto degli attori. Mentre di tenore opposto le dichiarazioni del teste (...), il quale ha riferito della sorpresa del (...), quando egli stesso, mentre stava eseguendo per conto del (...) dei lavori nel capannone, si accorse delle pareti di legno apposte dagli attori. A dire del (...), inoltre, (...) non sarebbe stato presente sui luoghi mentre venivano effettuati i lavori commissionatigli, così come confermato dal teste (...), il quale ha riferito che il figlio apriva la porta la mattina e la chiudeva la sera, senza restare al capannone durante la giornata. E ciò a riprova del fatto che anche i lavori compiuti dagli attori si erano verosimilmente svolti senza che il convenuto fosse presente e - così come dallo stesso sostenuto - conseguentemente, senza che ne fosse a conoscenza. Il convenuto ha sostenuto al riguardo di avere iniziato i lavori presso il capannone ancora prima di avere contatti con gli attori, in quanto voleva affittarlo. Per tale ragione il capannone sarebbe stato aperto e accessibile anche ad estranei. Tale circostanza ha trovato riscontro in quanto affermato dai testi (...) e (...). Non appare assumere pregnante rilievo il fatto che gli attori procedettero a stipulare l'atto costitutivo della (...) s.n.c., ponendo quale sede legale quella del capannone oggetto di causa, sito in S. F. Del M. Via (...) (v. all. 4 fascicolo parte convenuta), trattandosi di una iniziativa che la parte può avere assunto autonomamente, senza alcuna compartecipazione della controparte sotto il profilo dell'ingeneramento dell'affidamento alla conclusione del contratto. Così come non pare potere assumere valore dirimente quanto affermato dal teste (...), il quale ha riferito di essere stato informato dagli attori, in quanto loro commercialista, di avere trovato il locale per svolgere l'attività della società (v. dichiarazioni rese all'udienza del 9.04.2009). Sul punto occorre rilevare che per consolidato principio giurisprudenziale i testimoni de relato actoris depongono su fatti e circostanze di cui sono stati informati dal soggetto medesimo che ha proposto il giudizio, così che la rilevanza del loro assunto è sostanzialmente nulla, in quanto vertente sul fatto della dichiarazione di una parte del giudizio e non sul fatto oggetto dell'accertamento, che costituisce il fondamento storico della pretesa (v. Cass. n. 8358/2007). In difetto della prova degli elementi essenziali dell'accordo tra le parti e nel contrasto tra le deposizioni testimoniali rese, non appaiono idonee a suffragare la tesi attorea nemmeno le dichiarazioni rese dal teste (...) (v. dichiarazioni rese all'udienza del 3.04.2009), cognato dell'attore (...), il quale ha affermato di avere aiutato il cognato a portare arredi da ufficio presso il capannone del (...) e che proprio quest'ultimo aprì la porta. Tale deposizione va esaminata con circospezione, tenuto conto anche del rapporto di parentela con una delle parti in causa; ma in ogni caso il contenuto delle dichiarazioni rese non appare sufficientemente chiaro e tale da dissipare i dubbi che circondano quanto accaduto. Basti considerare che il (...) ha dichiarato di non avere mai visto alcuno dei (...) e di sapere che la porta la aprì il figlio, (...), in quanto all'udienza in cui è stato citato a rendere la prova testimoniale, nei locali del Tribunale, gli era stato indicato il padre del convenuto (...). Ciò fa intuire che verosimilmente egli non abbia riconosciuto effettivamente, nell'occasione, chi aprì la porta del capannone. Alla stregua degli elementi di conoscenza sopra riassunti e sulla base delle argomentazioni sopra esposte, tenuto conto degli oneri gravanti sulla parte attrice ex art. 2697 c.c., non può ritenersi sufficientemente provato che le parti avessero raggiunto un accordo in ordine alla stipulazione del futuro contratto, né che le trattative in corso fossero giunte ad un livello di avanzamento tale da potere ingenerare un affidamento ragionevole negli attori. Conseguentemente, non può affermarsi che il successivo recesso della parte convenuta dalle trattative sia stato ingiustificato e, come tale, idoneo a determinare una responsabilità per lesione dell'affidamento della controparte. La domanda avanza dagli attori va quindi rigettata. 4. La parte convenuta ha sostenuto che i lavori realizzati dalla controparte hanno causato danni all'immobile, risultando danneggiato sia il pavimento del soppalco sia perché è risultato oscurato un dei punti area - luce del capannone. Ha quindi richiesto la condanna della controparte al ripristino della situazione quo ante nell'immobile. La domanda va accolta limitatamente a quanto di seguito specificato. Si ricorda il principio espresso dalla giurisprudenza secondo cui in materia di proprietà, è vietato occupare con qualsiasi manufatto il fondo altrui soccorrendo, in caso di violazione, indipendentemente dall'allegazione e dimostrazione di un qualche ulteriore e specifico danno, i rimedi di tutela reale a carattere ripristinatorio (Cassazione civile, sez. II, 19/08/2003, n. 12177). Si deve dunque disporre che gli attori provvedano a rimuovere l'opera realizzata, ovvero la parete in legno e le sue componenti, sull'immobile del convenuto senza il suo consenso, non risultando provato, nel contrasto tra le parti e in esito alla prova testimoniale espletata, che egli avesse assentito alla sua apposizione. Per il resto la domanda va rigettata, stante la carenza di prova in ordine alla sussistenza dei danni causalmente riconducibili all'operato degli attori, lamentati dal (...) sul pavimento del soppalco. 5. La parte convenuta nella memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c. n. 2, ha rilevato la presenza - nella memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c. avversaria a pag. 4.- di una frase ritenuta ingiuriosa e offensiva adoperata dalla controparte e specificamente dell'espressione: "... è chiaro che tale fatto è stato taciuto in malafede dal (...)", di cui ha richiesto la cancellazione ai sensi dell'art. 89 c.p.c. La richiesta va rigettata, trattandosi di frase attinente ai fatti di causa, non esorbitante bensì pertinente in senso ampio all'esposizione delle ragioni della domanda ed avente un contenuto, se non propriamente corretto, tuttavia non realmente ingiurioso. Secondo il principio affermato dalla Suprema Corte, la sussistenza dei presupposti per la cancellazione di espressioni sconvenienti ed offensive contenute negli scritti difensivi, prevista dall'art. 89 c.p.c. va esclusa allorquando le espressioni in parola non siano dettate da un passionale ed incomposto intento dispregiativo e non rivelino perciò un intento offensivo nei confronti della controparte (o dell'ufficio), ma, conservando pur sempre un rapporto, anche indiretto, con la materia controversa, senza eccedere dalle esigenze difensive, siano preordinate a dimostrare, attraverso una valutazione negativa del comportamento dell'avversario, la scarsa attendibilità delle sue affermazioni (Cass., 26.7.2002 n. 11063; Cass.. 20.1.2004 n. 805). Parimenti va rigettata la domanda di risarcimento del danno avanzata dal convenuto; danno che sarebbe stato provocato all'onore e alla sua reputazione a causa dell'uso della sopra riportata espressione utilizzata dagli attori. Dal punto di vista soggettivo, l'onore è il sentimento e l'idea che ciascuno ha di sé; dal punto di vista oggettivo, esso è riconducibile al rispetto ed alla stima di cui ciascuno gode nella società. Più specificamente, per un verso, la reputazione costituisce spesso un fattore decisivo nella produzione del reddito, pertanto, se essa viene pregiudicata dalla diffusione di notizie false diminuiscono le possibilità sia di instaurare nuovi rapporti, che di sviluppare quelli in corso, con la conseguente determinazione di un danno patrimoniale. A fini risarcitori, benché non venga richiesto alla parte istante di dimostrare i rapporti preclusi a causa della condotta lesiva, dipendendo questi ultimi dalla volontà altrui, tuttavia, è necessario che la stessa fornisca in sede processuale la prova del pregiudizio patrimoniale subito, quale conseguenza dal danno ingiusto, attraverso l'esposizione di fatti, la produzione di documenti o anche per presunzioni. Nel caso di specie manca la prova del danno, essendo stato soltanto genericamente allegato, senza alcuna dimostrazione in ordine alla sua portata lesiva. 6. Quanto al regime delle spese si deve ricordare che la regolazione può avvenire in base alla soccombenza integrale, che determina la condanna dell'unica parte soccombente al pagamento integrale di tali spese (art. 91 c.p.c.), ovvero in base alla reciproca parziale soccombenza, che si fonda sul principio di causalità degli oneri processuali e comporta la possibile compensazione totale o parziale di essi (art. 92, comma 2, c.p.c.); a tale fine, la reciproca soccombenza va ravvisata sia in ipotesi di pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti, sia in ipotesi di accoglimento parziale dell'unica domanda proposta, tanto allorché quest'ultima sia stata articolati in più capi, dei quali siano stati accolti solo alcuni, quanto nel caso in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialità abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento (ex multis, Cass. Civ., sez. III, 22/02/2016, n. 3438, Cass. Civ., sez. VI, 23/09/2013, n. 21684 e Cass. Civ., sez. III, 21/10/2009, n. 22381). Nel caso di specie si ravvisa la soccombenza reciproca delle parti, in ragione del rigetto delle domande attoree e dell'accoglimento soltanto parziale delle domande avanzate dal convenuto. Ritiene pertanto questo giudice che sussistano i presupposti per una compensazione, nella misura di un terzo, delle spese di lite, mentre la restante parte va posta a carico della parte attrice e viene liquidata in dispositivo, tenuto conto dello scaglione di riferimento (fino a 26.000,00 Euro) e della complessità delle questioni trattate. P.Q.M. Il Tribunale, in persona del Giudice istruttore in funzione di Giudice monocratico, sentiti i procuratori delle parti, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, definitivamente pronunciando, nella causa iscritta la n. 15345/2006 R.G. così provvede: - rigetta la domanda avanzata dagli attori nei confronti di (...); - accoglie parzialmente la domanda avanzata da (...) e per l'effetto dispone che gli attori provvedano alla rimozione dell'opera apposta nel capannone di proprietà del (...), sito in (...) del (...) - via (...); - rigetta la domanda avanzata da (...) ai sensi dell'art. 89 c.p.c.; - condanna (...) e (...) in proprio e n.q. alla rifusione dei due terzi delle spese processuali sostenute dalla parte convenuta, che liquida in complessivi Euro. 3.223,00 per compensi di avvocato, di cui Euro 583,00 per la fase di studio, Euro 493,00 per la fase introduttiva, Euro 1.067,00 per la fase istruttoria e Euro 1.080,00 per la fase decisionale, oltre spese generali, Iva e CPA come per legge e compensa la residua parte pari ad un terzo. Così deciso in Barcellona Pozzo di Gotto il 4 aprile 2018. Depositata in Cancelleria il 4 aprile 2018.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BARCELLONA P.G. SEZIONE CIVILE Il giudice del Tribunale di Barcellona P.G., dott.ssa Maria Marino Merlo, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 15436/2006 Reg. Gen. a cui è stato riunito il giudizio recante n. 15788/2006 R.G. introitata all'udienza del 10.10.2017 e vertente tra (...) nato a M. S. A. il (...) c.f. (...) e (...), nata a B. P.G. il (...) C.F. (...), residenti in Via (...), elettivamente domiciliati in Barcellona P.G. via (...) presso lo studio dell'avv. Br.Ba., che li rappresenta e difende giusta procura in atti; - attori - contro (...) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Via (...), elettivamente domiciliata in Barcellona P.G., via (...), rappresentata e difesa dall'avv. Le.Br., giusta procura in atti; e (...), c.f. (...), elettivamente domiciliato in Barcellona P.G., via (...), presso lo studio dell'avv. Lo.Ac., che lo rappresenta e difende, giusta procura in atti; - convenuti - Avente ad OGGETTO: contratto preliminare - risarcimento danni. IN FATTO ED IN DIRITTO 1. (...) e (...) hanno convenuto in giudizio la (...) s.r.l. e (...) sostenendo: di avere stipulato con la (...) s.r.l. un contratto preliminare di vendita avente ad oggetto l'appartamento sito in S. F. del M. C.da (...) catastalmente individuato al fg.(...) part.(...) sub (...) per il quale al momento della sottoscrizione avevano versato a titolo di caparra confirmatoria la somma di Lire 10.000,00 e si erano obbligati a versare la residua somma (Lire 90.000.00) "in contanti o con il ricavato di un mutuo" ed "alla stipula dell'atto pubblico di trasferimento all'atto del rilascio del certificato di abitabilità e, comunque non appena l'istituto di credito prescelto per il mutuo avesse versato l'intera rimanente somma"; che in dipendenza dell'inadempimento e dell'inerzia della (...) a stipulare l'atto definitivo, anche dopo l'invito rivoltole con la lettera del Notaio C. del 26/11/1992, gli attori erano costretti ad adire il Tribunale di Barcellona P.G. con atto di citazione notificato il 15/2/1993 e regolarmente trascritto presso la Conservatoria dei R.R.I.I. di Messina in data 23/2/1993 N.R.P. n.4049 R.G. n. 4675, al fine di vedere riconosciuto il proprio diritto alla stipula del contratto definitivo di vendita del predetto immobile ex art. 2932 c.c.; che successivamente all'instaurazione del predetto giudizio la (...) s.r.l. contravvenendo agli obblighi contrattuali assunti con il preliminare, con atto di compravendita del 14/11/1994, successivo alla trascrizione dell'atto di citazione vendeva la medesima unità immobiliare oggetto del preliminare a (...), che accettava pur essendo consapevole della preesistenza del preliminare e del giudizio pendente tra (...) e i coniugi (...)/(...), per ottenere l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto; che il suindicato giudizio si concludeva con sentenza emessa da questo Tribunale n.164/1995 del 17-18/7/1995, regolarmente trascritta in data 16/06/1997 n. 14317 reg. generale rep. n. (...), confermata in appello e passata in giudicato, che dichiarava concluso il contratto definitivo di vendita dell'immobile sotto la condizione sospensiva dell'effettivo pagamento alla società convenuta del residuo prezzo corrispondente alla somma mutuata; che gli attori, pertanto, diffidavano la (...) S.r.l. con atto stragiudiziale del 19/11/2002 a dare esecuzione alla predetta sentenza ponendo in essere tutti gli atti necessari per la stipula del mutuo agevolato richiesto dagli attori ed in particolare concedere ipoteca, quale terzo datore sull'immobile oggetto del preliminare del 16/4/1991 nonché a compiere ogni altro atto necessario alla consegna dell'immobile formulando espressa richiesta di risarcimento dei danni; che il (...), con nota del 1/6/2006 comunicava ai coniugi (...)/(...) che già con Delib. del 16 dicembre 2005 aveva approvato la concessione di un mutuo fondiario in loro favore di Euro 50.000,00; che gli attori diffidavano con atto stragiudiziale del 25/5/2006 la (...) s.r.l. e (...) a presentarsi innanzi al Notaio Alioto in data 5/6/2006 per la dichiarazione di invalidità del contratto stipulato tra la (...) s.r.l. e (...) e contestualmente per compiere gli atti necessari al perfezionamento del trasferimento dell'immobile per cui è causa in favore dei coniugi (...)-(...) ma l'invito veniva disatteso dai convenuti come risulta dal verbale del Notaio Alioto; che a seguito di tale comportamento erano stati costretti a condurre un immobile in locazione. Tutto ciò premesso chiedevano: di ritenere e dichiarare la risoluzione e/o inopponibilità e/o inefficacia e/o invalidità del contratto di compravendita intercorso tra la (...) S.r.l. ed il sig. (...) del (...) Rep.(...) in Notar (...) avente ad oggetto l'appartamento facente parte del fabbricato a tre elevazioni fuori terra in S. F. del M. C.da (...) oggetto del preliminare sottoscritto dagli attori in data 16/4/1991 per tutte le causali di cui alla narrativa del presente atto e, comunque con qualsiasi statuizione; di condannare la (...) s.r.l. e (...) al pagamento delle spese sostenute per i canoni di affitto dal dicembre 1992 alla consegna dell'immobile; di condannare la (...) s.r.l. in persona del legale rappresentante al risarcimento dei danni patiti. Si costituiva la (...) s.r.l., la quale contestava la fondatezza delle domande avversarie e osservava che da sempre gli attori erano stati inadempienti; che la sentenza emessa aveva statuito che il prezzo doveva essere corrisposto esclusivamente mediante l'erogazione di un mutuo agevolato ai sensi dell'art. 6 L.R. n. 384 del 1984 alla cui stipula la società aveva offerto la propria disponibilità mentre a distanza di dodici anni gli attori avevano ottenuto un forma diversa di mutuo; in via subordinata che doveva pronunziarsi la risoluzione stante l'eccessiva onerosità del contratto dovuta al cambio di lire in euro; l'infondatezza della domanda risarcitoria avanzata. Gli attori chiedevano: il rigetto delle domande attrici poiché infondate; in via riconvenzionale di dichiarare la risoluzione del rapporto; di dichiarare l'inefficacia della statuizione della sentenza del Tribunale di Barcellona P.G. del 17.07.1995, non essendosi verificata la condizione sospensiva cui era subordinato il pagamento del prezzo con il mutuo privilegiato da erogarsi con finanziamento regionale. Si costituiva (...), il quale contestava le domande avanzate dagli attori, deducendo che il contratto di compravendita da lui stipulato faceva espresso riferimento al giudizio pendente tra gli attori e la (...) s.r.l., tanto da essere sottoposto alla condizione risolutiva dell'esito di tale causa; osservava che questi non avevano alcun titolo per chiedere la risoluzione del contratto dai lui stesso stipulato con la (...) S.R.L, dovendosi piuttosto accertare l'opponibilità del trasferimento; eccepiva inoltre la prescrizione dell'azione del diritto fatto valere dagli attori, nei propri confronti, considerata la sentenza del Tribunale di Barcellona P.G. del 17.7.1995, con cui era stato dichiarato concluso il contratto preliminare; sosteneva che nessuna pretesa risarcitoria poteva essere fatta valere nei suoi confronti, atteso che egli era estraneo al rapporto tra gli attori e la EDIL CO.RA.. Ha richiesto: di rigettare le domande attrici per infondatezza; in via riconvenzionale di dichiarare risolto il contratto per inadempimento; di dichiarare inefficace la statuizione della sentenza del Tribunale di Barcellona P.G., non essendosi verificata la condizione sospensiva a cui era subordinato il pagamento del prezzo con il mutuo privilegiato da erogarsi con finanziamento regionale; di rigettare le domande degli attori, essendo il diritto fatto valere prescritto. In pendenza di giudizio, gli attori proponevano altresì ricorso d'urgenza ex art. 700 c.p.c., al fine di ottenere i provvedimenti idonei ad impedire l'ulteriore circolazione del bene nonché il rilascio dell'immobile nella libera disponibilità dei coniugi (...) - (...). Con Provv. del 5 settembre 2006 il Giudice Monocratico ordinava al Conservatore dei R.R.I.I. di Messina l'iscrizione di ipoteca sull'immobile per cui è causa in favore del (...) all'atto della concessione da parte dell'istituto di credito del mutuo fondiario di Euro.50.000,00 in favore degli odierni attori. Tale provvedimento, oggetto di reclamo, veniva revocato dal Collegio. Gli attori instauravano un ulteriore giudizio convenendo la (...) S.r.l. e (...) al fine di ottenere la condanna alla immediata consegna dell'immobile di cui sostenevano di essere divenuti proprietari in forza dell'avveramento della condizione sospensiva prevista nel dispositivo della sentenza della Corte d'Appello di Messina n.164\1995. Gli attori proponevano un nuovo ricorso ex art. 700 c.p.c., al fine di ottenere il rilascio dell'immobile, accolto dal Giudice Monocratico con Provv. del 12 febbraio 2007 avverso il quale i convenuti proponevano reclamo che, con provvedimento collegiale del 03/07/2006, depositato il 06/07/2006, veniva rigettato. In forza del predetto provvedimento, gli attori entravano in possesso dell'immobile in data 07/08/2007 a mezzo esecuzione forzata dell'Ufficiale Giudiziario di Milazzo. All'udienza del 5/10/2007 veniva disposta la riunione del fascicolo iscritto al R.G.n.15788/2006 al fascicolo relativo al presente giudizio iscritto al R.G. n.15436/2006. La causa veniva istruita attraverso la prova testimoniale. Successivamente all'udienza del 10 ottobre 2017 previa precisazione delle conclusioni e su richiesta delle parti, il Giudice assegnava la causa in decisione con i termini di legge per il deposito di comparse conclusionali ed eventuali repliche. 2. Sulla eccezione di prescrizione sollevata da (...) Il convenuto R., costituendosi ha eccepito la prescrizione del diritto azionato nei propri confronti in quanto sarebbe scaduto il termine decennale di prescrizione, atteso che la sentenza del Tribunale di Barcellona P.G. con la quale veniva dichiarato concluso il contratto è del 17.07.1995. L'eccezione è infondata e va rigettata. Il dies a quo della prescrizione va individuato a partire dal passaggio in giudicato della sentenza, trattandosi di sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c.. Con la conseguenza che nel caso di specie il detto termine non è spirato. 3. Sulla risoluzione e/o inopponibilità e/o, e/o inefficacia e/o invalidità del contratto di compravendita intercorso tra la (...) S.r.l. e (...) del (...) Rep.(...) in Notar (...). La domanda è fondata e va accolta secondo quanto di seguito esposto. La trascrizione della domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cod. civ. dell'obbligazione di alienare un immobile ha efficacia "prenotativa" ai sensi dell'art. 2652, n. 2, cod. civ., sicché, in tal caso, sono inopponibili al promissario acquirente le alienazioni a terzi effettuate dal promittente venditore in epoca successiva (Cassazione civile, sez. II, 24/11/2014, n. 24960). Infatti, la trascrizione della sentenza che accoglie la domanda e che tiene luogo del contratto non concluso prevale sulle trascrizioni o iscrizioni eseguite contro il convenuto dopo la trascrizione della domanda, il che significa che se il convenuto ha alienato il bene ad un terzo che non ha ancora trascritto, colui che ha ottenuto la sentenza, e che è sempre un avente causa dal convenuto, è preferito al terzo e non può essere pregiudicato da trascrizioni o iscrizioni prese contro questo. L'effetto che produce la trascrizione di una domanda giudiziale è quello di assicurare che l'efficacia del provvedimento, che dovesse accogliere la domanda, si estenda anche ad eventuali terzi aventi causa dal convenuto. Nel caso di specie con contratto preliminare del 16.04.1991 la (...) s.r.l. si è obbligata a vendere e trasferire il bene immobile oggetto di causa. Lamentando l'inadempimento da parte della promissaria venditrice, gli acquirenti hanno convenuto in giudizio, con atto di citazione notificato il 15.02.1993, la (...) s.r.l. dinanzi al Tribunale di Barcellona P.G.; giudizio conclusosi con sentenza n.164\1995 del 17\18 luglio 1995 che ha riconosciuto il diritto degli attori (...) - (...) alla stipulazione del contratto definitivo di vendita inerente il preliminare del 16.04.1991. L'atto introduttivo del giudizio risulta debitamente trascritto presso la Competente Conservatoria dei R.R.I.I. di Messina in data 23.02.1993 al n.4049 (...)P. n.4675 R.G. (v. allegato 5 fascicolo produzione parte attrice). Con atto in Notar (...) rep.(...) e racc. (...) in data (...) la (...) s.r.l. ha venduto al R. l'immobile oggetto di causa e del contratto preliminare stipulato con gli odierni attori. Il suddetto atto di compravendita è stato evidentemente trascritto dopo la trascrizione della domanda giudiziale avanzata da coniugi (...) ex art.2932 c.c., di talché è inopponibile a questi ultimi. È poi infondata l'eccezione sollevata dal R., in ordine alla pretesa inefficacia della trascrizione della domanda per mancata rinnovazione nel ventennio ex art.2668 bis c.c.. Nella fattispecie in esame il termine non è spirato, attesa la sentenza costitutiva di primo grado di accoglimento delle domande attoree, che ha superato la trascrizione della domanda giudiziale, oltre che la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Messina nel 2001 che ha confermato la precedente sentenza del Tribunale di Barcellona P.G. e passata in giudicato. 4. Sulla proprietà dell'appartamento sito in S.F. del M. C.da (...) catastalmente individuato al fg.(...) part.(...) sub (...) e sulle domande riconvenzionali avanzate dai convenuti. Va evidenziato che le sentenze emesse in applicazione dell'art. 2932 cod. civ. producono, dal momento del loro passaggio in giudicato, "gli effetti del contratto non concluso" e pertanto, nel caso della vendita, comportano il trasferimento della proprietà del bene e correlativamente l'obbligo dell'acquirente di versare il prezzo (o il suo residuo) eventualmente ancora dovuto: obbligo che può essere sancito con una pronuncia di accertamento, di condanna, o di subordinazione dell'efficacia traslativa al pagamento, dandosi così luogo a un rapporto di natura negoziale e sinallagmatica, che è suscettibile di risoluzione, nell'ipotesi di inadempimento. Quest'ultimo deve avere, per il disposto dell'art. 1455 cod. civ., non scarsa importanza, il che può ben verificarsi anche nell'ipotesi di un ritardo (rispetto al termine eventualmente fissato nella sentenza, o altrimenti rispetto alla data del suo passaggio in giudicato), che risulti eccessivo in rapporto al tempo trascorso, all'entità della somma da pagare (in assoluto e in relazione all'importo in ipotesi già versato), a ogni altra circostanza utile ai fini della valutazione dell'interesse dell'altra parte (cfr. Cass. 9 febbraio 1993 n. 1588, 27 dicembre 1994 n. 11195, 26 novembre 1997 n. 11850, 12 settembre 2000 n. 12046). Nel caso di specie va allora dato atto che i coniugi (...)-C. sono divenuti esclusivi proprietari dell'immobile oggetto di causa. Difatti la condizione sospensiva contenuta nella sentenza n. 164/1995 del Tribunale di Barcellona P.G., confermata dalla Corte di Appello di Messina con sentenza n. 304 del 2001 risulta realizzata, atteso che i coniugi (...) - (...) hanno proceduto all'offerta reale delle somme dovute a titolo di corrispettivo residuo, che sono state depositate presso il (...) nel libretto di deposito a risparmio n. (...) intestato a (...) S.r.l. (v. allegato 9 fascicolo produzione parte attrice). Così come anche certificato con atto del 2 febbraio 2007 del notaio S.A. di Milazzo (v. alle fascicolo produzione parte attrice). Mentre prive di pregio appaiono le osservazioni mosse a riguardo dalla (...) S.R.L. in ordine al mancato versamento dell'IVA. Al riguardo giova considerare che la sentenza della Corte di appello faceva riferimento al pagamento del "residuo del prezzo, corrispondente alla somma mutuata" e all'uopo si richiama quanto già espresso dal Collegio con l'ordinanza del 3.07.2007 dep. il 7.07.2007, nella parte in cui ha rilevato che il pagamento dell'IVA costituisce una obbligazione accessoria il cui relativo inadempimento non è di ostacolo all'avveramento della condizione rappresentata dal pagamento del prezzo (v. ordinanza collegiale del 3.07.2007 dep. il 6.07.2007). Non può trovare quindi accoglimento la domanda riconvenzionale avanzata dai convenuti, con cui hanno richiesto di dichiarare risolto il contratto di vendita stipulato per inadempimento ed in subordine di dichiarare l'inefficacia della sentenza del Tribunale di Barcellona P.G., per il mancato rispetto della condizione sospensiva in esso prevista. Premesso che in questa sede non è più in discussione quanto stabilito con la sentenza del Tribunale di Barcellona P.G. del 1995, si osserva che già nel corso del giudizio introdotto con atto di citazione del 15.02.1993 era emerso e cristallizzato che "l'ostacolo alla perfezione dell'operazione era rappresentato dalla indisponibilità della società proprietaria a concedere l'ipoteca" e che di contro la stessa non poteva opporre il proprio rifiuto, trattandosi di un obbligo discendente sia dal tenore del contratto preliminare stipulato sia anche dal principio generale secondo cui grava sul creditore un obbligo di collaborare con il debitore ai fini della esecuzione della prestazione. Così come rilevato nel corso del giudizio - sia nell'ordinanza ex art. 700 c.p.c. emessa in data 12.02.2007 che nell'ordinanza ex art. 669 terdecies c.p.c. emessa in sede di reclamo del 3.07.2007- prive di fondamento appaiono le argomentazioni della parte convenuta in ordine al presunto ritardo con cui gli attori avrebbero ottemperato alla condizione prevista dalla sentenza, non essendo stato previsto un termine per il suo avveramento, né tantomeno appare dimostrato che a causa della inerzia degli attori non sia stato effettuato il versamento del corrispettivo mancante. Piuttosto, risulta che gli attori diffidavano la (...) s.r.l. con atto stragiudiziale del 19/11/2002, consegnato in data 8/1/2003 a persona delegata per (...) s.r.l., a dare esecuzione alla predetta sentenza ponendo in essere tutti gli atti necessari per la stipula del mutuo agevolato richiesto dagli attori ed in particolare a concedere ipoteca quale terzo datore sull'immobile oggetto del preliminare del 16/4/1991 nonché a compiere ogni altro atto necessario alla consegna dell'immobile. Il (...), con nota dell' 1/6/2006 (all.n.10- fascicolo di parte attrice) comunicava ai coniugi (...)/(...) la concessione di un mutuo fondiario in loro favore di Euro 50.000,00. Gli attori hanno dapprima comunicato, con racc. a.r. del 10/5/2006 (all.n.11- fascicolo di parte attrice) l'intenzione di corrispondere all'(...) il prezzo residuo tramite il predetto mutuo e successivamente diffidavano con atto stragiudiziale del 25/5/2006 (all.n.12- fascicolo di parte attrice) la (...) s.r.l. ed il Sig. (...) a presentarsi innanzi al Notaio Alioto in data 5/6/2006 per la dichiarazione di invalidità del contratto stipulato tra la (...) s.r.l. e (...) e contestualmente per compiere gli atti necessari al perfezionamento del trasferimento dell'immobile per cui è causa in favore dei coniugi (...)-(...) ma l'invito veniva disatteso dai convenuti come risulta dal verbale del Notaio Alioto (all.n.13- fascicolo di parte attrice), successivamente veniva fatta offerta reale della somma di Euro.46.481,12, venendosi per tale via a determinare l'avveramento della condizione sospensiva del trasferimento del bene, come già esposto. Privo di pregio appare quanto asserito dalla società convenuta in relazione al differente tipo di finanziamento che gli attori avrebbero ottenuto rispetto a quanto inizialmente pattuito: tale circostanza non costituisce un inadempimento imputabile in capo alla parte attrice, non ledendo alcun interesse giuridicamente rilevante della società venditrice, il cui interesse non può che concretizzarsi nel rispetto di quanto previsto nella sentenza del Tribunale di Barcellona P.G., così come confermata dalla Corte di Appello, ovvero di ottenere il saldo del prezzo concordato con il contratto preliminare, a nulla rilevando le modalità di finanziamento, considerato in ogni caso l'obbligo da parte della (...) s.r.l. di dovere prestare ipoteca, quale terzo datore sull'immobile compravenduto (così come già rilevato in corso di causa sia dal giudice monocratico con l'ordinanza ex art. 700 c.p.c. del 4.09.2006 che dal tribunale in composizione collegiale). Parimenti priva di pregio è la circostanza addotta dalla (...) S.R.L. in ordine alla eccessiva onerosità sopravvenuta dovuta al cambio lire - euro che determinerebbe la risoluzione del contratto: non può ritenersi che l'unificazione monetaria sia stato un evento straordinario e imprevedibile; non risulta inoltre provato un intervenuto squilibrio tra le prestazioni, che non può ricondursi automaticamente al cambio di moneta lire-euro non integrando il passaggio all'euro, un avvenimento che in modo sostanziale ha creato disequilibrio fra le prestazioni pattuite, straordinario ed imprevedibile che costituisca titolo di risoluzione per sopravvenuta eccessiva onerosità della prestazione; infine può avvalersi del detto rimedio solo la parte che non sia inadempiente o non abbia concorso ad aggravare la propria posizione debitoria. 5. Sulla conferma del provvedimento di rilascio dell'immobile per cui è causa in favore dei coniugi (...) - (...). Sulla scorta di quanto esposto va confermato il provvedimento di rilascio dell'immobile per cui è causa in favore dei coniugi (...) - (...). 6. Sulla violazione dei principi buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. e sulle domande risarcitorie nei confronti dei convenuti. Deve considerarsi innanzitutto che la pretesa risarcitoria avanzata dagli attori è da ritenersi limitata alle sole conseguenze imputabili ai convenuti successive alla conclusione del precedente giudizio, dovendo per il resto ritenersi preclusa dall'intervenuto giudicato che copre dedotto e deducibile, essendosi già il Tribunale di Barcellona P.G. e in seguito la Corte di Appello di Messina pronunziati sulla domanda di risarcimento del danno, rigettandola in quanto ritenuta non provata. Va poi ricordato che per consolidata giurisprudenza il soggetto terzo che acquista l'immobile, a sua volta, incorre in responsabilità extracontrattuale nei confronti dell'originario promissario acquirente non soltanto se risulta coinvolto in un'azione dolosa finalizzata a frodare il promissario acquirente medesimo, ma anche se sia semplicemente consapevole della stipula di un precedente contratto preliminare e nella consapevolezza dell'esistenza di una precedente vendita e nella previsione della sua mancata trascrizione e quindi nella compartecipazione all'inadempimento dell'alienante in virtù dell'apporto dato nel privare di effetti il primo acquisto, al cui titolare incombe di conseguenza la relativa prova a norma dell'art. 2697 cod. civ. (v. Sez. 2, Sentenza n. 8403 del 18/08/1990 Rv. 468915; Sez. 2, Sentenza n. 76 del 08/01/1982 Rv. 417767; Sez. 2, Sentenza n. 4090 del 15/06/1988 Rv. 459190). Sennonché nel caso di specie i coniugi (...)- (...) non sono stati privati dell'acquisto dell'immobile, che è avvenuto, sebbene in seguito alla complessa vicenda giudiziale che li ha visti interessati insieme alla (...) s.r.l.. Ed invero ancorché il R. abbia stipulato il contratto di vendita con la società convenuta, avente ad oggetto l'immobile oggetto del preliminare già stipulato dagli attori, nella consapevolezza di tale circostanza, non si rinvengono profili di responsabilità in ordine al pregiudizio asseritamente subito dagli attori. Più specificamente, sotto il profilo causale difetta il nesso tra la sua condotta e i danni lamentati dagli attori, dovendosi questi, piuttosto, imputare alla società convenuta: il fatto che il R. abbia contestato le domande attoree nel presente giudizio non è di per sé foriero del danno asseritamente subito dagli attori, non essendo imputabile alla sua condotta il mancato godimento dell'immobile né la mancata possibilità di iscrivere ipoteca in favore del (...). Ne consegue che le domande risarcitorie avanzate nei suoi confronti dagli attori devono essere rigettate. Con riguardo alla posizione della (...) s.r.l. si osserva che gli attori hanno richiesto la condanna della società al risarcimento dei danni patrimoniali subiti e tra questi, in primo luogo, di quello consistente nel mancato godimento dell'immobile per cui è causa. La domanda va accolta nei limiti di quanto di seguito esposto. Si richiama all'uopo il principio innanzi espresso con riguardo agli effetti del giudicato, in base al quale deve ritenersi che la domanda possa trovare accoglimento soltanto in relazione al periodo successivo al deposito della sentenza della Corte di appello di Messina e precisamente a partire dal momento in cui i coniugi (...)- (...) hanno invitato, mediante atto di diffida stragiudiziale del 19.11.2002 notificato il giorno 8.01.2003 la (...) s.r.l., a compiere gli atti necessari al perfezionamento del trasferimento dell'immobile per cui è causa e fino a quando non vi è stata la consegna dell'immobile ovvero il 7.08.2007. Tale tipo di danno può essere quantificato tenendo in considerazione il prezzo versato dagli attori per reperire altro immobile. Dal documentale in atti risultano le ricevute dei canoni di locazioni dagli stessi pagati che costituiscono idonea prova del danno subito, sub specie di danno emergente, in considerazione del fatto che l'immobile oggetto di causa sarebbe stato adibito a loro abitazione. Ne consegue che può essere liquidata in loro favore a detto titolo la somma di Euro.8.107,48. Va poi risarcita la somma di Euro.1.020,00 a titolo di rimborso delle spese documentate per la sostituzione del portone blindato e per l'acquisto di mattonelle. Deve dunque riconoscersi in favore degli attori la complessiva somma pari a Euro.9.127,48, a cui devono aggiungersi la rivalutazione monetaria e gli interessi compensativi al tasso legale calcolati sulla somma rivalutata anno per anno dalla data dei singoli esborsi alla pubblicazione della presente sentenza. Su tale somma decorrono gli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza sino al soddisfo, per effetto della condanna al pagamento che attribuisce al quantum dovuto il carattere di debito di valuta, in virtù del disposto dell'art. 1282 c.c.. Non può trovare accoglimento la richiesta di rimborso delle somme di Euro 350,00 per la riparazione dell'impianto ed Euro 1.900,00 a per il rifacimento dell'impianto idrico-sanitario, essendo stati allegati soltanto preventivi. Nulla si ritiene di dovere liquidare in relazione ai danni asseritamente subiti per risarcire le spese affrontate per eliminare i vizi riscontrati nell'immobile, in quanto non provati. Sul punto si osserva: che difettava a monte ogni accertamento in ordine allo stato dell'immobile al momento della stipulazione del contratto preliminare, dal quale invero poco si può desumere in ordine agli obblighi che il venditore aveva assunto al riguardo; che è un principio noto quello secondo cui la perizia di parte stragiudiziale, è una mera allegazione come tale priva di rilievo probatorio (cfr. ex plurimis, Cass. 6-8-2015, n. 16552.), perché non svolta nel rispetto del necessario contraddittorio, e non avendo prodotto la parte attrice documentazione fiscale comprovante gli effettivi esborsi effettuati. Parimenti, nulla si ritiene di dovere liquidare a titolo di risarcimento di danno non patrimoniale nei confronti degli attori. Si rammenta il principio secondo cui in tutti quei casi in cui il contratto soddisfi anche interessi non patrimoniali del creditore, l'inadempimento possa causare danni non patrimoniali. I suddetti danni possono considerarsi risarcibili solo se conseguenza diretta dell'inadempimento e distinti dallo stesso. Gli stessi, inoltre, devono ritenersi risarcibili solo entro i limiti segnati dalla ingiustizia costituzionalmente qualificata dell'evento di danno, in quanto se non si riscontra la lesione di diritti costituzionalmente inviolabili della persona non è data tutela risarcitoria. Deve negarsi la tutela risarcitoria, dunque, ai pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale; consegue che al di fuori dei casi determinati dalla legge ordinaria, solo la lesione di un diritto inviolabile della persona, concretamente individuato, è fonte di responsabilità risarcitoria non patrimoniale. Orbene nel caso di specie gli attori hanno allegato certificazione medica comprovante la sussistenza di disturbi di cui soffrono, per l'(...) "Cardiopatia ipertensiva resistente a terapia farmacologica con cardiopalmo aritmico", (v. certificato medico del Dott. M. del 26/3/2007 allegato in atti - all.n.14 della memoria istruttoria) e per la (...) "sindrome ansioso-depressiva" (v. certificato medico del 20/3/2007). Tuttavia la detta documentazione non appare sufficiente a comprovare l'esistenza dei danni asseritamente subiti, non essendo possibile inferire la loro riconducibilità, sotto il profilo causale, alle vicende che li hanno visti interessati in relazione al presente giudizio; avendo peraltro, gli stessi attori, rinunciato all'audizione dei testi ammessi sul punto. Non può sopperire il ricorso alla liquidazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., che è rimesso al prudente apprezzamento del giudice del merito, il quale riconosca che la determinazione del preciso ammontare del danno non sia possibile o sia sommamente difficile. Come noto si tratta di un potere discrezionale, espressione del più generale potere di cui all'art. 115 cod. proc. civ., che dà luogo non già ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa, che, pertanto, presuppone che sia provata l'esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare; non è possibile, invece, in tal modo surrogare il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno nella sua esistenza (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10607 del 30/04/2010). Gli attori hanno altresì richiesto la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni relativi ai maggiori oneri di mutuo, adducendo che qualora vi fosse stato un corretto adempimento da parte della società convenuta il mutuo sarebbe ad oggi interamente pagato; danno da liquidarsi in via equitativa. Sul punto si osserva che la domanda è stata allegata genericamente, è priva di riscontro anche in ordine alla determinazione del quantum. Non costituisce prova di dette allegazioni, atteso che tale non può considerarsi, in assenza di offerte scritte documentate, l'affermazione della parte in ordine alla sussistenza dei detti maggiori oneri. Da ciò deriva che in assenza della prova del danno, non può di certo ricorrersi neppure ad una valutazione equitativa dello stesso, come sollecitata da parte attrice. Va poi rigettata la richiesta avanzata dai coniugi (...) - (...) di ordinare al (...) - Agenzia di Milazzo - lo svincolo della somma depositata nel libretto di deposito a risparmio n.(...) intestato all'(...) s.r.l. a parziale compensazione del risarcimento di tutti i danni riconosciuti in loro favore. Non sussistono i presupposti per operare la chiesta compensazione, atteso che le somme di cui essi chiedono lo svincolo sono state depositate sul libretto in favore della (...) s.r.l., mediante offerta reale ritenuta valida: non vi è dunque la coesistenza tra il credito risarcitorio per inadempimento contrattuale e il credito pecuniario del danneggiante verso il danneggiato. 7. Sulla responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. Non sussistono infine i presupposti per la condanna dei convenuti ai sensi dell'art. 96 c.p.c.. L'affermazione della responsabilità processuale aggravata della parte soccombente postula, oltre al carattere totale e non parziale di tale soccombenza, che l'avversario deduca e dimostri la concreta ed effettiva esistenza di un danno in conseguenza del comportamento processuale della parte medesima, nonché la ricorrenza, in detto comportamento, del dolo o della colpa grave, cioè della consapevolezza, o dell'ignoranza derivante dal mancato uso di un minimo di diligenza, dell'infondatezza delle proprie tesi, ovvero del carattere irrituale o fraudolento dei mezzi adoperati per agire o resistere in giudizio (v. Cass. n. 3388/2007; Cass. n. 21393/2005; Cass. n.13355/2004; Cass. n.6637/1992). La fattispecie risarcitoria dell'art. 96 comma 1 c.p.c. punisce un contegno illecito tenuto dalla parte soccombente con dolo o colpa grave descritto in modo volutamente ampio e generico (agire o resistere in giudizio), riferibile a tutte le possibili attività esplicabili in un processo. Nel caso di specie difetta il carattere totale della soccombenza e inoltre non è stata svolta alcuna attività processuale diretta a dimostrare la concreta ed effettiva esistenza di un danno connesso al doloso e/o gravemente colposo comportamento processuale della parte avversa, posto che la liquidazione dei danni, sebbene effettuabile d'ufficio, richiede in ogni caso la prova dell'an e del quantum debeatur. Difatti, l'art. 96, comma 1, c.p.c., presuppone non solo l'istanza di parte, ma anche e soprattutto l'esistenza di un danno subito da controparte, da provare, quantomeno nelle sue linee essenziali, con riferimento ad an e quantum, integrando la norma una forma di responsabilità aquiliana con funzione risarcitoria e carattere di specialità rispetto alla responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c.. Non può inoltre pronunciarsi condanna ai sensi del comma 3 dell'art. 96 c.p.c., trattandosi di una diposizione introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, applicabile ai giudizi instaurati successivamente a tale data (mentre il presente procedimento è stato iscritto a ruolo nel 2006). La domanda formulata dagli attori deve pertanto essere rigettata. 8. Sul regime delle spese Quanto al regime delle spese si deve ricordare che la regolazione può avvenire in base alla soccombenza integrale, che determina la condanna dell'unica parte soccombente al pagamento integrale di tali spese (art. 91 c.p.c.), ovvero in base alla reciproca parziale soccombenza, che si fonda sul principio di causalità degli oneri processuali e comporta la possibile compensazione totale o parziale di essi (art. 92, comma 2, c.p.c.); a tale fine, la reciproca soccombenza va ravvisata sia in ipotesi di pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti, sia in ipotesi di accoglimento parziale dell'unica domanda proposta, tanto allorché quest'ultima sia stata articolati in più capi, dei quali siano stati accolti solo alcuni, quanto nel caso in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialità abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento (ex multis, Cass. Civ., sez. III, 22/02/2016, n. 3438, Cass. Civ., sez. VI, 23/09/2013, n. 21684 e Cass. Civ., sez. III, 21/10/2009, n. 22381). Nel caso di specie sussiste una soccombenza reciproca, atteso l'accoglimento soltanto parziale delle domande attoree nei confronti dei convenuti e considerato altresì il notevole ridimensionamento della somma riconosciuta in loro favore, a titolo di risarcimento, rispetto a quella richiesta. Di talché appare opportuna una compensazione integrale delle spese di lite, tenuto conto anche dell'esito dei giudizi cautelari esperiti in corso di causa, per i quali la liquidazione delle spese è stata rimessa alla definizione del merito della lite, anche alla luce della disciplina normativa applicabile ratione temporis. DISPOSITIVO P.Q.M. Il Tribunale, in persona del Giudice istruttore in funzione di Giudice monocratico, sentiti i procuratori delle parti, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, definitivamente pronunciando, nella causa iscritta al n. 15436\2006 R.G. a cui è stato riunito il giudizio recante n. 15788/2006 R.G. così provvede: 1. In accoglimento della domanda attorea, dichiara che (...) e (...) sono proprietari esclusivi dell'appartamento sito in S.F. del M. C.da (...) catastalmente individuato al fg.(...) part.(...) sub (...) e meglio descritto in parte motiva e conferma per l'effetto l'ordinanza del 16.02.2007 di rilascio dell'immobile in favore dei coniugi (...) - (...) resa in corso di causa; 2. condanna la (...) S.R.L. al pagamento nei confronti di (...) e (...) della complessiva somma di Euro.9.127,48, oltre interessi e rivalutazione secondo quanto specificato in parte motiva; 3. rigetta le domande di risarcimento del danno avanzate nei confronti di (...); 4. rigetta la domanda di risarcimento danni per lite temeraria; 5. rigetta le domande riconvenzionali avanzate dai convenuti; 6. rigetta tutte le residue domande ed eccezioni sollevate dalle parti; 7. compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti. Così deciso in Barcellona Pozzo di Gotto il 29 marzo 2018. Depositata in Cancelleria il 4 aprile 2018.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO SEZIONE CIVILE Il Giudice della Sezione civile del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, dott. Pagano Salvatore, in funzione di Giudice monocratico, ha emesso la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al n. 15242/2005 R.G. vertente tra: (...) (C.F. (...)), nato (...) residente a (...) del M., Via (...), rappresentato e difeso all'avv. Pa.Ar., con studio in Milazzo, Piazza (...), ove è elettivamente domiciliato , unitamente e separatamente all'avv. Ma.Am. attore contro (...) SPA, (...), già (...) S.p.A., oggi N. S.p.A. (c.f. (...)) in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in (...) delle (...) via (...), rappresentato e difeso dall'avv. An.Co., con studio in Barcellona P.G. (ME) Via (...), ove è elettivamente domiciliato convenuto E (...) S.r.l., ( P.I. (...) ) in persona del legale rappresentante pro tempore B.S., domiciliato in F., c/da (...), rappresentata e difesa dall'avv. Maurizio Crimi, con studio in Barcellona P.G. , via Operai n. 98, ove è elettivamente domiciliata Terzo chiamato in giudizio E (...) S.P.A., (P.I. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, A.L., con sede in F., P. della L. n. 6, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Pino, con studio in Barcellona P.G., via Papa Giovanni n. 47, ove è elettivamente domiciliato Terzo chiamato OGGETTO: Risarcimento danni FATTO-DIRITTO CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE (art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c.) Con atto di citazione notificato in data 22- 24.06.2005, (...) citava in giudizio, davanti il Tribunale di Barcellona P.G., Sezione Distaccata di Milazzo , la società (...) Spa- (...), per ivi sentire accogliere le seguenti domande: condannare, per le causali di cui in premessa, la Soc. (...) Spa- (...) - al risarcimento dei danni in favore dell'attore nella misura complessiva di Euro 4.505,82, di cui Euro 4.105,82 per le necessarie riparazioni ed Euro 400,00 per il fermo dell'autovettura, oltre interessi di legge dall'evento al soddisfo. Premetteva l'attore che in data 12.03.2005, intorno alle ore 22,30 circa, mentre alla guida della propria autovettura tipo Fiat Stilo tg (...) , percorreva la via P. (...) di P. del M., con direzione di marcia mare -monte , giunto nei pressi del cimitero, rovinava con la propria auto in una buca esistente sulla propria corsia di marcia, non segnalata, imprevedibile ed invisibile; che il Comune di Pace del Mela comunicava che la buca derivava dai lavori di ricostruzione del metanodotto, lungo la via P. (...) , eseguiti dall'impresa (...) S.p.A. ; che a causa del sinistro l'autovettura subiva danni pari ad Euro 4.105,82. A seguito di notifica dell'atto introduttivo, si costituiva in giudizio la convenuta (...) Spa-(...), depositando in data 07.10.2005 comparsa di costituzione e risposta, con contestuale richiesta di chiamata in causa del terzo, ex art. 269 c.c., con la quale chiedeva : in via preliminare, autorizzare la chiamata in causa della ditta (...) S.R.L., quale impresa esecutrice dei lavori; ritenere e dichiarare la responsabilità della presenza della buca sul manto stradale a carico della (...) S.R.L., obbligata a rispondere delle imperfezioni dei lavori , giusto contratto di appalto; ritenere e dichiarare che il sinistro per cui è causa si è verificato per negligenza di (...) ; in via subordinata, dichiarare il concorso colposo dell'attore e rigettare , con qualsiasi statuizione, le domande ex adverso formulate. Eccepiva la convenuta che la responsabilità del sinistro è da ricondurre alla ditta (...) S.R.L., alla quale, con contratto del 30.06.2004, era stato commissionata l'esecuzione dei lavori di costruzione del metanodotto lungo la via P. (...) di P. del M. , e la stessa è responsabile di eventuali deformazioni del manto stradale e /o presenze di buche sullo stesso ; che non sussistevano i presupposti dell'insidia e del trabocchetto, in quanto la strada era ben conosciuta dall'attore, che la percorreva quotidianamente; che la responsabilità del sinistro è a carico dello stesso (...), che aveva certamente tenuto una velocità eccessiva, che non gli aveva permesso di evitare la buca. All'udienza del 04.11.2005 il Giudice autorizzava la chiamata in causa del terzo (...) S.R.L. e rinviava la causa all'udienza del 07.04.2006. In data 16.03.2006 si costituiva la (...) S.R.L. depositando comparsa di costituzione e risposta con contestuale chiamata in causa del terzo, chiedendo di chiamare in causa la F.A., dalla quale la (...) S.R.L. era garantita o manlevata; dichiarare la nullità e/o improcedibilità e/o infondatezza dell'azione; in via subordinata, ridurre l'ammontare del risarcimento in relazione al grado di colpa dell'attore. Eccepiva il terzo chiamato in causa, in via preliminare, la nullità dell'atto di citazione per genericità dell'esposizione dei fatti, tale da non consentire di approntare una idonea difesa ; nel merito che sarà onere dell'attore fornire la prova del sinistro per cui è causa ed in ordine al quantum l'esosità dello stesso. Autorizzata la chiamata del terzo, con decreto del 17.03.2006 , si costituiva in giudizio la (...) S.P.A depositando, all'udienza del 16.06.2006, comparsa di costituzione e risposta, con la quale eccepiva in via preliminare, la non accettazione del contraddittorio nei confronti delle domande dell'attore né nei confronti delle altre parti ad eccezione del proprio chiamante in giudizio ; che con polizza n.(...) garantiva alle condizioni e con i massimali indicati nella polizza, l'impresa edile (...) srl ed, infine , rilevava la propria carenza di legittimazione passiva in quanto , a termini di polizza, il presunto danno lamentato dall'attore non era coperto; nel merito rigettare tutte le domande e richieste di cui all'atto di citazione per chiamata in causa, infondate in fatto ed inattendibili in diritto ; in subordine, il rigetto del risarcimento del danno , stante che la richiesta relativa allo stesso non si giustificava nella misura richiesta, che appariva eccessiva , e del presunto fermo tecnico, per mancanza della prova di pregiudizio economico sofferto , nonché infine , il rigetto della richiesta relativa ad interessi, non dovuti, ed eventualmente ridurne la liquidazione. Integrato così il contraddittorio, venivano concessi alle parti i termini per proporre le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio , nonché quelli per deduzioni e richieste istruttorie, che ciascuna parte provvedeva a depositare tempestivamente. Parte attrice in data 07.03.2007 , depositava memoria ex art. 183 c.p.c. , con la quale precisava la domanda formulata nell'atto di citazione e specificamente chiedeva : " condannare per le causali di cui in premessa della Soc. (...) SpA- (...) e/o chi di ragione tra i chiamati (...) s.r.l e (...) S.p.A. , in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , al risarcimento dei danni in favore dell'attore (...) nella complessiva somma di Euro 4.505,82 di cui 4.105,82 per le necessarie riparazioni ed Euro 400,00 per il fermo della sua autovettura con interessi di legge dall'evento al soddisfo " Il Giudice, previa riserva assunta all'udienza del 10.12.2008 , con ordinanza del 11.12.2008, , ammetteva la prova testimoniale e gli interrogatori formali dell'attore e del legale rappresentante della chiamata in causa (...) S.R.L., riservando all'esito ogni altra decisione. Nelle more dell'espletamento dei mezzi istruttori, il procedimento, in data 18.11.2013, a seguito della soppressione delle Sezioni Distaccate veniva trasferito al Tribunale di Barcellona P.G. e rimesso sul ruolo civile di questo Tribunale per il prosieguo. Conclusa l'escussione delle prove orali , il Giudice con provvedimento emesso nell'udienza del 12 marzo 2014 rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni. Dopo vari rinvii, all'udienza del 07.02.2017 , le parti precisavano le proprie conclusioni ed il Giudice assumeva la causa in decisione, assegnando i termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali. In diritto 1)In via preliminare va esaminata , l'eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dalla convenuta (...) S.p.A. - (...) - oggi N. S.p.A. L'eccezione è fondata a va accolta. 1 -a) La causa petendi del presente procedimento rientra nella fattispecie giuridica di "responsabilità dell'appaltatore verso terzi" , per danni causati nel corso dell'esecuzione delle opere di cui all'appalto. Ai sensi dell'art. 1655 c.c. " l'appalto è il contratto col quale una parte assume , con l'organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro " La Suprema Corte di Cassazione statuisce che "La giurisprudenza di questa Corte ha affermato in più occasioni che in tema di appalto è di regola l'appaltatore che risponde dei danni provocati a terzi ed eventualmente anche dell'inosservanza della legge penale durante l'esecuzione del contratto, attesa l'autonomia con cui egli svolge la sua attività nell'esecuzione dell'opera o del servizio appaltato, organizzandone i mezzi necessari, curandone le modalità ed obbligandosi a fornire alla controparte l'opera o il servizio cui si era obbligato, mentre il controllo e la sorveglianza del committente si limitano all'accertamento e alla verifica della corrispondenza dell'opera o del servizio affidato all'appaltatore con quanto costituisce l'oggetto del contratto. In tale contesto, pertanto, una responsabilità del committente nei riguardi dei terzi risulta configurabile solo allorquando si dimostri che il fatto lesivo sia stato commesso dall'appaltatore in esecuzione di un ordine impartitogli dal direttore dei lavori o da altro rappresentante del committente stesso ( sentenze 23 marzo 1999, n. 2745, e 2 marzo 2005, n. 4361), oppure quando sia configurabile in capo al committente una culpa in eligendo per aver affidato il lavoro ad impresa che palesemente difettava delle necessarie capacità tecniche, ovvero in base al generale principio del neminem laedere di cui all'art. 2043 cod. civ. ( Cass. Sezione III civ sentenza 19 febbraio 2014 n. 3967 conf sentenze 6 agosto 2004, n. 15185, e 27 maggio 2011, n. 11757). 1 -b) Nel caso in esame , parte convenuta , ha prodotto agli atti la scrittura privata del 30 giugno 2004 , debitamente sottoscritta dalle parti, con la quale la (...) S.p.A. , concessionaria del Comune di Pace del Mela per la costruzione e gestione del servizio di distribuzione del metano nel territorio del Comune , affidava in appalto all'impresa (...) S.r.l. , una parte dei lavori per la realizzazione della rete metano nel Comune di Pace del Mela ed in particolare l'esecuzione a perfetta regola d'arte delle operazioni di dismissione e demolizione di pavimentazioni stradali, scavi a sezione obbligata , rinterri, assistenza alla posa delle condotte interrate con i relativi organi di sezionamento meccanico ed elettrico , ripristino delle pavimentazioni dismesse degli scavi e l'assistenza per la posa dell'impianto di protezione catodica , delle cabine di 2 salto e piccole opere accessorie. Si pattuiva altresì fra le parti , con la suddetta scrittura privata , che il rapporto era regolato dalle norme contenute nel " capitolato speciale di appalto " allegato alla scrittura privata , nonché l'importo dell'appalto , il tempo necessario per l'esecuzione dei lavori e il termine di ultimazione degli stessi. La predetta scrittura privata , è stata confermata dal legale rappresentante della (...) s.r.l. B.S. , che ha reso interrogatorio formale. In conformità con il su menzionato indirizzo giurisprudenziale , va affermato che , la responsabilità, in ordine ai fatti per cui è causa, grava sull'appaltatore e non già sul committente , non ravvisandosi, in capo a quest'ultimo, l'ipotesi di culpa in eligendo né che il fatto lesivo sia stato commesso dall'appaltatore in esecuzione di un ordine impartitogli dal direttore dei lavori o da altro rappresentante del committente stesso. Va , quindi, affermata la carenza di legittimazione passiva della (...) S.p.A. oggi N. S.p.A. 2) Nel merito , la domanda attrice non è fondata , per carenza di prova, e va conseguentemente rigettata , per le considerazioni di seguito esposte. 2 -a) Parte attrice a fondamento dei fatti dedotti in citazione , pone la deposizione del teste (...) , cognato dell'attore , il quale, all'udienza del 16.12.2011, dichiarava : che era trasportato sull'autovettura tipo Fiat Stilo del (...) al momento del sinistro , verificatosi nel marzo del 2005 , se mal non ricordava , di sera circa alle ore 22,30 ; l'autovettura, che percorreva la strada che da Giammoro conduceva a Pace del Mela con direzione mare-monte, giunta all'altezza del cimitero, ove vi era uno spartitraffico , improvvisamente sprofondava in quanto vi era una buca non segnalata né era visibile in quanto la strada non era illuminata. Riferiva, altresì, il teste di ricordare che sulla strada vi erano stati dei lavori per il passaggio del metano ; di riconoscere , nelle foto esibitegli, i luoghi dell'incidente e la buca così come si presentava al momento dell'evento dannoso ; di non aver subito lesioni dal sinistro e di non ricordare l'esistenza della buca nei giorni precedenti al sinistro ( " non ciò fatto caso se c'era la buca " ) ; di non ricordare se il conducente aveva riportato lesioni e di aver limitato l'attenzione ai danni che presentava l'autovettura " che aveva la gomma forata e non si poteva più spostare infine, di non saper dire con esattezza le dimensioni della buca ma che la stessa era profonda circa 20/30 centimetri e larga circa quaranta centimetri e che tali misure erano indicative ma molto approssimative. La deposizione resa dal teste, a parere di questo Tribunale, è generica, non conducente circa un fatto decisivo della dinamica del sinistro ed , infine, non supportata da altri elementi probatori di riscontro, che emergono dal processo. Invero , premessa la considerazione che l'attore né nell'atto di citazione né in alcun altro atto versato in giudizio , afferma la presenza di un trasportato sulla propria autovettura al momento del sinistro , nel caso in ispecie il cognato , la dichiarazione del teste in ordine alla dinamica del sinistro e, specificamente, alla presenza della buca , della quale peraltro sono riferite le dimensioni solo approssimativamente sebbene il teste abbia dichiarato di averla vista , è in palese contrasto con la domanda di cui alla circostanza a) del capitolato di prova, di cui alla memoria 183 di parte attrice, ( dep il 07.03.07 ) del seguente tenore " .. quando sprofondava con la ruota destra una buca - del tutto invisibile ed imprevedibile - che si creava al passaggio del veicolo , in quanto cedeva lo strato superficiale della copertura apposta sulla traccia scavata sul manto stradale per la collocazione delle condutture del metano " come a voler significare che la buca si era creata al momento del passaggio dell'autovettura sulla parte di strada oggetto dei lavori non già che la stessa esistesse prima , come, di contro, riferito dal teste sul punto , " vi era una buca non segnalata. Ripeto era sera la strada non era illuminata e la buca non si vedeva " ed ancora : "non ricordo l'esistenza della buca nei giorni precedenti". 2 -b) Né efficacia probatoria rilavante può essere riconosciuta alla copia dei rilievi fotografici prodotti in allegato alla memoria istruttoria di parte attrice, stante l'assenza di data certa apposta sulla stessa , né dell'indicazione dei luoghi raffigurati. 2 - c) La deposizione del teste (...) è smentita dalla deposizione del teste (...), dipendente all'epoca dei fatti della (...) S.r.l. il quale all'udienza del 12 marzo 2014, riferisce che in quel tratto di strada per cui è causa, vi erano posizionati molti cartelli di segnalazione di pericolo, di limite di velocità e restringimento di carreggiata per i lavori in corso, sia verticali che orizzontali ed inoltre che all'inizio della carreggiata oggetto dell'esecuzione dei lavori era presente anche una transenna alla quale erano appesi i segnali di pericolo. La dichiarazione resa dal Teste (...) , è verosimile in quanto, quale dipendente della (...) S.r.l., era presente sul luogo di lavoro e riferisce circostanze di fatto che sono usuali, oltre che prescritte dalla legge, nei casi di esecuzioni di opere su sede stradale. Non trascurabile si appalesa, infine, la circostanza che i testi escussi non riferiscono di altri sinistri verificatisi, in quel tratto di strada, durante l'esecuzione dei lavori di realizzazione del metanodotto. 2 - d) Alla luce di quanto sopra , ritiene il Tribunale che parte attrice non ha fornito la prova , il cui onere incombeva sulla stessa, circa l'an debeatur. Ne consegue il rigetto della domanda. 3) La domanda sul quantum resta assorbita dal rigetto dell'an debeatur. 4) Spese e compensi In virtù del principio di soccombenza di cui all'art. 91 c.p.c. le spese ed i compensi di lite sono posti a carico di parte attrice e liquidati come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in composizione monocratica, sentiti i procuratori delle parti , disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, definitivamente pronunciando nella causa promossa da (...) attore, contro, (...) S.p.A. (...), già (...) S.p.A. - oggi (...) S.p.A. convenuta e (...) S.r.l. e (...) S.P.A. chiamate in causa , iscritta al (...) 15242/2005 R.G., così provvede: 1) In via preliminare , dichiara la carenza di legittimazione passiva della soc. (...) S.p.A. (...) già (...) S.p.A. - oggi (...) S.p.A. 2) Nel merito rigetta la domanda attrice. 3) Condanna parte attrice al pagamento, in favore di parte convenuta e delle chiamate in causa, dei compensi di lite che si liquidano in favore di ciascuna parte, in virtù del D.M. n. 55 del 2014, scaglione da Euro 1.101,00 a Euro 5.200,00 aliquota minima , in Euro 1.378,00 ( fase studio : Euro 203,00 - fase introduttiva : Euro 203,00 - fase istruttoria: Euro 567,00 - fase decisionale : Euro 405,00 ) oltre spese generali pari al 15%, IVA e Cpa come per legge. Manda alla cancelleria di dare comunicazione alle parti. Così deciso in Barcellona Pozzo Di Gotto il 29 gennaio 2018. Depositata in Cancelleria il 30 gennaio 2018.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO SEZIONE CIVILE Il Giudice della Sezione civile del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, dott. Salvatore Pagano, in funzione di Giudice Monocratico, ha emesso la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al n. 15692/2009 R.G. vertente tra: (...) (c.f. (...)), nata a M. (M.) il (...), residente in M. (M.) Via (...), rappresentata e difesa dall'avv. Be.Ca., nel cui studio in Barcellona P.G. Via (...) ove è elettivamente domiciliata attrice CONTRO (...) S.p.A. - (...), in persona del legale rappresentante pro tempore , con sede in M. Via (...), rappresentata e difesa dall'avv. Lu.Ra. del foro di Messina, elettivamente domiciliata in Milazzo, Via (...), presso lo studio dell'avv. Ro.Pi. convenuta E (...), convenuto - contumace OGGETTO: Risarcimento danni da sinistro stradale , ex art. 2054 comma 1 c.c. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE (art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c.) Con atto di citazione notificato il 16.07.09 e 21.07.09, (...) conviene in giudizio, dinanzi al Tribunale Civile di Barcellona P.G., Sezione Distaccata di Milazzo, (...) e la Soc. di (...) SpA - (...), in persona del legale rappresentante p. t., per ivi sentire accogliere le seguenti domande : stante lo stato di bisogno in cui versa, assegnare a parte attrice , ai sensi dell'art. 147 codice delle Assicurazioni, una somma da imputarsi nella liquidazione definitiva del danno nei limiti dei quattro quinti della presumibile entità del risarcimento che sarà liquidato con sentenza definitiva; nel merito, la responsabilità del sinistro per cui è causa a carico del convenuto (...) , conducente dell'autovettura di sua proprietà, tipo (...) Tg (...) garantita per la (...) dalla compagnia di (...) S.p.A. -(...); condannare, in solido, i convenuti al risarcimento dei danni dalla stessa parte attrice subiti, a seguito del sinistro quantificati in ulteriore Euro 453.000,00 oltre l'importo già ricevuto di Euro 19.900,00. Premette l'attrice che in data 01 agosto 2003, alle ore 07.55, in Milazzo, mentre attraversava a piedi , ad andatura normale, Via (...), veniva improvvisamente investita dall'autovettura (...) Tg (...) , garantita per la responsabilità civile contro terzi dalla compagnia di (...) S.p.A. - (...) con polizza N. (...), di proprietà e condotta da (...), la quale, provenendo dalla Via (...) con direzione obbligata di marcia Milazzo - Pace del Mela, effettuava manovra di svolta sulla predetta Via (...), a velocità sostenuta, impattando l'attrice all'altezza del ginocchio sinistro, facendola rovinare a terra ; che a causa delle lesioni personali riportate veniva trasportata, con ambulanza 118, al pronto soccorso dell'Ospedale di Milazzo, ove le veniva diagnosticata "contusione ginocchio sn con frattura dell'emipiatto tibiale esterno" con prognosi di giorni trenta; che aggravatasi la situazione clinica , in data 4 agosto 2003, veniva ricoverata presso l'U.O. di Ortopedia dell'Ospedale di Sant'Agata di Militello per "frattura - infossamento pluriframmentaria scomposta emipiatto esterno ginocchio sn" e sottoposta ad intervento chirurgico di "riduzione cruente e sintesi con vite cannulata emipiatto tibiale esterno, meniscectomia esterna per via artroscopica ginocchio sinistro; che la stessa si sottoponeva ad altri accertamenti specifici e ricoveri ospedalieri, nonché a cicli di fisioterapia per la riabilitazione dell'arto, sostenendo le relative spese; che, infine, le gravi lesioni subite hanno ingenerato nella stessa grossi problemi di ordine psicologico con conseguente assunzione di farmaci. Iscritta la causa a ruolo , all'udienza del 15.12.2009 si costituiva in giudizio la Compagnia di (...) S.p.A. - (...), depositando comparsa di risposta e di costituzione, con la quale chiedeva dichiararsi la piena congruità dell'importo di Euro 19.900,00, già corrisposto all'attrice in fase stragiudiziale, e, nel merito, in ordine all'an debeatur, affermarsi la corresponsabilità dell'attrice nel verificarsi del sinistro per aver violato l'art. 190 D.d.S. ed, in riferimento al quantum debeatur , la risarcibilità del solo danno biologico e non anche del danno morale né quello patrimoniale. Eccepiva che, ai sensi dell'art. 2967 c.c. è onere di parte attrice fornire la prova della dinamica del sinistro, tenuto conto che parte attrice con la condotta posta in essere, non conforme alla disposizione di cui all'art. 190 C.d.S., che impone ai pedoni di attraversare la strada su apposite strisce pedonali e che aveva attraversato la strada in una zona in cui la presenza di veicoli in sosta ostruiva la visuale all'autovettura che sopraggiungeva, avrebbe concorso alla causazione dell'evento; che l'unica voce di danno, richiesta da controparte, che poteva essere liquidata era il danno biologico e non già il danno morale né quello patrimoniale; che, infine, non vi erano i presupposti per la concessione di una provvisionale, che andava conseguentemente rigettata. Alla predetta udienza, la causa veniva assunta in riserva sulla richiesta di parte attrice di concessione di provvisionale, reiterata a verbale , e concessione dei termini di cui all'art. 183 comma VI c.p.c. Il (...) con ordinanza del 21.12.2009, concedeva la chiesta provvisionale nella misura di Euro 30.000,00, ponendo il pagamento a carico di parte convenuta , nonché i termini di cui all'art. 183 comma VI c.p.c. per il deposito delle memorie. Depositate le memorie istruttorie, il (...) con ordinanza del 18.11.2010, ammetteva la prova per testi richiesta da parte attrice, che veniva assunta all'udienza del 08.07.2011 e del 15.03.2013. Con ordinanza emessa in calce al verbale dell'08.07.2011, il (...) ammetteva consulenza medica sulla persona dell'attrice, con conferimento dell'incarico al dott. G.U., il quale, a seguito di rinuncia, veniva sostituito con il dott. Fr.Tr., che all'udienza del 06 marzo 2012 accettava l'incarico conferitogli e prestava il giuramento di rito. La relazione di consulenza medica - legale veniva depositata in data 12.07.2012. Su richiesta di parte attrice il (...) , con ordinanza emessa in calce al verbale del 10.10.2012 , conferiva incarico al CTU a redigere, sotto il vincolo del giuramento già prestato, supplemento di consulenza in ordine alle richieste di chiarimento formulate dall'attrice. In data 5.04.2013 il CTU depositava il supplemento di consulenza. In data 31.10.2013 il processo, a seguito della soppressione della Sezione Distaccata di Milazzo, veniva trasferito al Tribunale di Barcellona P.G. ed assegnato alla sezione civile. Infine con ordinanza del 14.01.2014, il (...), su ulteriore richiesta di parte attrice, concedeva, in favore di quest'ultima, un'ulteriore provvisionale, immediatamente esecutiva, di Euro 20.000,00 il cui pagamento poneva a carico dei convenuti in solido. Dopo vari rinvii, all'udienza del 25.01.2017, il (...), precisate conclusioni, assegnava la causa a sentenza, concedendo i termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparsa conclusionali. In diritto. 1)In via preliminare, va dichiarata la contumacia del convenuto (...), ritualmente chiamato in giudizio e non costituitosi. 2) Nel merito, la domanda attrice è fondata e va accolta nei termini di cui infra, per le considerazioni che di seguito si espongono. 2 - 1) An debeatur La fattispecie per cui è causa, rientra nella disposizione di cui all'art. 2054 comma 1 c.c. che testualmente recita "il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo , se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno". La norma in esame , secondo il costante orientamento della giurisprudenza e della dottrina , sancisce una presunzione di colpa "juris tantum" posta di a carico del conducente, che può essere superata dalla prova liberatoria, il cui onere grava su quest'ultimo, di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno (Cass. civ. sentenza N. 1135/2015). In relazione al caso in questione, la Suprema Corte di Cassazione ha statuito "L'accertamento del comportamento colposo del pedone investito da veicolo non è sufficiente per l'affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo pur sempre necessario che l'investitore vinca la presunzione di colpa posta a suo carico dall'art. 2054, comma 1, c.c., dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno e tenendo conto che, a tal fine, neanche rileva l'anomalia della condotta del primo, ma occorre la prova che la stessa non fosse ragionevolmente prevedibile e che il conducente avesse adottato tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto, anche sotto il profilo della velocità di guida mantenuta" (Cass Sez. 3 civile Sentenza n. 8663 del 04/04/2017). In altri termini, la presunzione di colpa di cui all'art. 2054 comma 1 c.c. è diretta a rafforzare la protezione dei terzi estranei all'uso del veicolo contro i rischi derivanti dalla circolazione stradale; di conseguenza, tale presunzione può considerarsi superata solo nell'ipotesi in cui il conducente abbia provato di aver adoperato tutti gli accorgimenti e le misure idonei ad evitare il verificarsi dell'evento dannoso, sicché risulti certo che quest'ultimo non sia in alcun modo ricollegabile alla sua condotta di guida (Cass. civ. sentenza n. 13216/2015). Nel caso in esame, i convenuti non hanno fornito alcuna prova liberatoria della presunzione "juris tantum" di responsabilità del conducente dell'autovettura investitrice nel verificarsi dell'evento danno, ne la mera violazione dell'art. 190 C.d.S. da parte dell'attrice, eccepita dalla Società di assicurazione convenuta, può ritenersi da sola sufficiente ed idonea a tal fine in mancanza di altri elementi probatori attinenti alle circostanze di tempo, luogo, velocità tenuta dall'autovettura, il cui onere gravava sul conducente. Va, di contro, affermato che, parte attrice ha fornito prova testimoniale della dinamica del sinistro e delle lesioni personali subite in conseguenza dello stesso, il cui contesto rientra nell'alveo della disposizione di cui all'art. 2054 comma 1 c.c. Va acclarata, quindi, ai sensi dell'art. 2054 comma 1 c.c., la responsabilità esclusiva di (...), quale conducente e proprietario dell'autovettura tipo (...) tg (...) , in ordine al sinistro verificatosi in Milazzo in data 01.08.2003 in danno di parte attrice a causa del quale , la stessa ha riportato le lesioni personali per cui è causa. 2 - 2) Quantum debeatur I danni subiti dall'attrice, etiologicamente connessi al sinistro de quo, consistono in danni per lesioni personali. L'accertamento delle stesse trova fondamento nella consulenza medico legale, espletata dal CTU dott. Fr.Tr., le cui conclusioni sono condivise da questo Tribunale , perché ampiamente supportate da accertamenti strumentali , certificazioni sanitarie e pertinenti e congrue valutazioni medico - legali. Il CTU a seguito della visita medica espletata, dell'esame degli accertamenti strumentali e sanitari specifici eseguiti , formula sulla persona dell'attrice la seguente diagnosi: "Paziente portatore di artroprotesi di revisione ai ginocchio sx in esito a complicanze di frattura del piatto tibiale sx trattata chirurgicamente ; esiti cicatriziali gamba sx con pregiudizio estetico moderato ; disturbo post - traumatico da stress cronico forme lievi" ed afferma la sussistenza del nesso di causalità tra le lesioni accertate sulla stessa ed il sinistro verificatosi in data 01.08.2003, descritto in atti di causa. Lo stesso CTU, rassegna la seguente valutazione medico - legale :1) invalidità temporanea assoluta in giorni 100; 2) invalidità temporanea parziale in misura del 50% in giorni 100; 3) invalidità temporanea parziale nella misura del 25% in giorni 100; invalidità permanente del 25% sul totale; 4) Riduzione della capacita lavorativa specifica pari al 25% sul totale. Ritenuto opportuno applicare, in conformità all'orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte di Cassazione, ai fini della quantificazione e determinazione del danno non patrimoniale, le tabelle adottate da Tribunale di Milano come aggiornate al 2014, che valutano il quantum risarcibile pro die, per ogni giorno di inabilità assoluta, in valori che vanno da un minimo di Euro 96,00 fino ad un massimo di Euro 145,00, tenuto conto della percentuale del danno biologico e dell'età di parte attrice (48 anni) al momento del sinistro, partendo dal valore minimo per ogni singolo giorno di invalidità temporanea assoluta e calcolato, in accordo a tale tabella, il punto base di danno in Euro 5.213,00 , potranno essere riconosciuti a (...) i seguenti importi: Invalidità temporanea assoluta : Euro 9.600,00 (Euro 96,00 X 100) Invalidità temporanea al 50% : Euro 4.800,00 (Euro 48,00 X 100) Invalidità temporanea al 25% : Euro 2.400,00 (Euro 24,00 X 100) Postumi permanenti- Danno biologico pari a 25%: Euro 99.689,63 Per un totale di Euro 116.489,63, quale complessiva liquidazione del danno subito da parte attrice. Il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. preclude la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona (danno alla vita di relazione, danno estetico, danno esistenziale, danno morale ecc.), che costituirebbero vere e proprie duplicazioni risarcitorie, ma resta fermo, però, l'obbligo del Giudice di tenere conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso, tramite l'incremento della somma dovuta a titolo risarcitorio, in sede di "personalizzazione" della liquidazione (Cass. Civ., sez. III 18 giugno 2015 n. 12594). Orbene, questo Tribunale ritiene che la persistenza di tali sintomatologie possano essere rilevanti ai fini di un aumento dell'importo del danno biologico sopra determinato, entro i limiti del 30%, pari ad Euro 29.906,88, potendosi quindi ritenere che l'importo complessivo spettante all'attrice possa essere liquidato in Euro 146.396,51, comprensivi di tutte le conseguenze, anche di quelle lato sensu "morali" derivanti all'attrice. Resta da esaminare il danno patrimoniale, ossia quello richiesto da parte attrice a causa della riduzione della capacità lavorativa specifica , determinata dal CTU in misura del 25% sul totale (Pag. 8 rel ctu) La norma cardine in materia di danno patrimoniale è quella dettata dall'art. 137 del Codice dell'assicurazione. La Suprema Corte di Cassazione, in tema di danno patrimoniale alla capacità lavorativa specifica e relativo onere probatorio , statuisce ""Il danno patrimoniale futuro, derivante da lesioni personali, va valutato su base prognostica ed il danneggiato può avvalersi anche di presunzioni semplici, sicché, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, è possibile presumere, salvo prova contraria, che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura - non necessariamente in modo proporzionale - qualora la vittima già svolga un'attività lavorativa. Tale presunzione, peraltro, copre solo l'an dell'esistenza del danno, mentre, ai fini della sua quantificazione, è onere del danneggiato dimostrare la contrazione dei suoi redditi dopo il sinistro, non potendo il giudice, in mancanza, esercitare il potere di cui all'art. 1226 cod. civ., perché esso riguarda solo la liquidazione del danno che non possa essere provato nel suo preciso ammontare, situazione che, di norma, non ricorre quando la vittima continui a lavorare e produrre reddito e, dunque, può dimostrare di quanto quest'ultimo sia diminuito" (Cass civ. Sez. 3, Sentenza del 22/05/2014 n. 11361) Invero , quanto al danno alla capacità lavorativa specifica, si osserva come tale danno sia distinto e diverso dal danno alla capacità lavorativa generica: mentre questo consiste nella sopravvenuta inidoneità del soggetto danneggiato allo svolgimento delle attività lavorative che, in base alle condizioni fisiche, alla preparazione professionale e culturale, sarebbe stato in grado di svolgere (ed è pertanto riconducibile nella sfera del danno biologico), il danno alla capacità lavorativa specifica si riflette sul piano reddituale. In sostanza, esso consiste nella contrazione dei redditi subita dall'infortunato che non è più in grado di percepire quel reddito o di aspirare alla percezione di quel reddito, circostanze che vanno tutte allegate e dimostrate, non sussistendo automatismi di sorta. In particolare, si è ritenuto che "fra lesione della salute e diminuzione della capacità di guadagno non sussiste alcun rigido automatismo. Ne consegue che in presenza di una lesione della salute, anche di non modesta entità, non può ritenersi ridotta in egual misura la capacità di produrre reddito, ma il soggetto leso ha sempre l'onere di allegare e provare, anche mediante presunzioni, che l'invalidità permanente abbia inciso sulla capacità di guadagno" (Cass. sez. lav. n. 10031/2006; 23761/2011; 23468/2014). Nella specie, l'attrice non ha provato in che termini l'invalidità abbia inciso sulla sua capacità di guadagno, stante che non risulta prodotta alcuna documentazione o altro elemento probatorio dai quali poter quantificare il reddito , seppur esiguo , percepito al momento del sinistro stradale , né può assumere rilevanza , a tal fine, la circostanza che la stessa percepiva compensi in nero. Orbene non è stata prodotta in atti alcuna allegazione che permetta a questo Tribunale di ritenere sussistente un danno da capacità lavorativa specifica, non potendosi desumere semplicisticamente dal mero esame della documentazione medica che vi sia stato un danno alla capacità lavorativa specifica e non potendosi desumere alcun altro indice presuntivo della sussistenza di un tale danno da riduzione del reddito. Se ne deve dedurre, quindi, che la richiesta risarcitoria relativa al danno da capacità lavorativa specifica vada senza dubbio rigettata in assenza di alcuna prova della stessa e che della lesione delle potenzialità lavorative debba tenersi conto solo in sede di liquidazione del complessivo danno non patrimoniale. La domanda sul punto va, pertanto, rigettata. Alla luce di quanto sopra , va riconosciuto a favore di parte attrice, a titolo di risarcimento danni la somma di Euro 146.396,51 cui vanno detratti gli importi già corrisposti a parte attrice con le ordinanze di provvisionali immediatamente esecutive , concesse in corso di causa, pari ad Euro 50.000,00 nonché l'importo di Euro 19.900,00 già corrisposto dalla Società di Assicurazioni in fase pre - conteziosa. In relazione alla domanda di parte attrice , di corresponsione degli interessi e della chiesta rivalutazione, in accordo ai ben noti principi in tema di debiti di valore, cui è da ricondursi l'obbligazione risarcitoria, deve ricordarsi, che con la nota pronuncia a SS.UU. 17.02.1995 n. 1712, la Corte di Cassazione ha rilevato che, in ipotesi di debiti di valore, atteso che la rivalutazione monetaria consente di adeguare la prestazione dovuta all'effettivo valore da reintegrare, tenendo conto della svalutazione intervenuta tra il momento della verificazione del danno ed il momento della liquidazione dello stesso, è possibile individuare un'ulteriore voce di danno, determinata dal ritardo con il quale il danneggiato riceve la prestazione in denaro che costituisce, in termini monetari, l'equivalente del bene perduto. Tale danno, consistente dunque nel danno da ritardo nel risarcimento, ossia nella mancata disponibilità di una somma di denaro che, se ottenuta immediatamente, al momento del verificarsi del danno, avrebbe consentito al danneggiato di conseguire determinati vantaggi (ad es. impiegando il denaro in modo da sottrarlo agli effetti negativi della svalutazione monetaria), ove provato, anche mediante presunzioni semplici, deve essere risarcito, mediante la corresponsione di una somma di danaro via via rivalutata alla quale si cumulano gli interessi, a un tasso ritenuto equo dal Giudice. Tale tasso, per un costante orientamento giurisprudenziale condiviso da questo Giudice, deve identificarsi nel tasso degli interessi legali, il cui saggio è determinato dall'art. 1284 c.c. Con riguardo quindi alla concreta somma che i convenuti in solido dovranno versare , in favore di parte attrice deve quindi specificarsi che la somma di Euro 146.396,51 andrà devalutata al momento del sinistro (01.08.2003 ) e quindi rivalutata, secondo gli indici di svalutazione monetaria indicati dall'ISTAT e con applicazione degli interessi al tasso legale, fino alla data di versamento degli acconti già corrisposti ; sulla somma così rivalutata andrà sottratto l'acconto già versato (in fase pre - contenziosa ed, in corso di giudizio, con le ordinanze di concessione delle provvisionali) ; la somma così risultante andrà rivalutata anno per anno secondo gli indici di svalutazione monetaria indicati dall'ISTAT e con l'applicazione degli interessi al tasso legale, fino alla data della presente pronuncia, a decorrere dalla quale si applicheranno solamente gli interessi al tasso legale fino al soddisfo. Infine , in ordine alle spese mediche sostenute a causa del sinistro , il CTU espressamente afferma che " quelle prodotte vanno considerate congrue ed attinenti al trauma per cui è causa e rimborsate per intero" (pag 8 della relazione di consulenza) mentre per quelle future , nella relazione suppletiva, sostiene che "in atto non sono necessarie ulteriori spese mediche. Non è possibile esprimersi circa la necessità né tantomeno la quantificazione di eventuali spese mediche future da dover sostenere per eventuali visite di controllo e /o trattamenti fisioterapici è possibile affermare che la stessa potrebbe certamente avvalersi del sistema sanitario nazionale al quale potrebbe accedere con le modalità ed i costi dettati dalla normativa vigente al momento dell'erogazione della prestazione". Ritenendo condivisibile l'assunto del ctu, vanno riconosciute e liquidate in favore di parte attrice le spese mediche provate dalla documentazione prodotta in uno all'atto di citazione (all. to 43) per un importo complessivo di Euro 14.206,16 che si aggiunge alla somma di cui sopra. 3) Le spese processuali seguono la soccombenza (art. 91 c.p.c.) e vanno liquidate, come da dispositivo, in favore dello Stato essendo parte attrice ammessa al patrocinio a spese dello Stato (delibera Consiglio dell'Ordine degli Avv. di Barcellona del 14.05.2009) P.Q.M. Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in composizione monocratica, sentiti i procuratori delle parti , disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, definitivamente pronunciando nella causa promossa da (...), attrice, contro (...) S.p.A. - (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, e (...) convenuti, iscritta al N. 15692/2009 R.G., così provvede: 1) Dichiara, in via preliminare, la contumacia del convenuto (...), chiamato ritualmente in giudizio e con costituitosi. 2) Accoglie, nei limiti indicati in premessa , la domanda formulata da parte attrice e per l'effetto, dichiara la responsabilità esclusiva, ex art. 2054 comma 1 c.c. , del convenuto (...), quale conducente e proprietario dell'autovettura tipo (...) tg (...) , garantita per la (...) dalla Compagnia di (...) S.p.A. - (...) , in ordine al sinistro verificatosi in Milazzo in data 01.08.2003 in danno dell'attrice, che ha riportato le lesioni personali per cui è causa. 3) Condanna i convenuti in solido al pagamento in favore di (...) della somma di Euro 146.396,51 che andrà devalutata al momento della data del sinistro (01.08.2003) e quindi rivalutata, secondo gli indici di svalutazione monetaria indicati dall'ISTAT e con applicazione degli interessi al tasso legale, fino alla data di versamento degli acconti già corrisposti; sulla somma così rivalutata andrà sottratto l'acconto già versato (in fase pre - contenziosa ed in corso di giudizio con le ordinanza di concessione delle provvisionali); la somma così risultante andrà rivalutata anno per anno secondo gli indici di svalutazione monetaria indicati dall'ISTAT e con l'applicazione degli interessi al tasso legale fino alla data della presente pronuncia, oltre Euro 14.206,16 per spese mediche sostenute. Sull'importo finale, così ottenuto, si applicheranno gli interessi al tasso legale dalla data della presente pronuncia fino al soddisfo. 4) Condanna i convenuti al pagamento in solido in favore dello Stato delle spese e dei compensi di causa che liquida in Euro 3.897,50 oltre spese generali pari al 15% iva e cpa come per legge. Pone le spese di CTU a carico dei convenuti Manda alla cancelleria di dare comunicazione alle parti. Così deciso in Barcellona Pozzo Di Gotto il 3 gennaio 2018. Depositata in Cancelleria il 4 gennaio 2018.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO SEZIONE CIVILE Il Giudice della Sezione civile del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, dott. Nunzio Daniele Buzzanca, in funzione di Giudice monocratico, ha pronunciato la seguente: SENTENZA Nella causa iscritta al n. 699/1995 R.G. vertente tra: (...), nato a B. il (...) e (...), nata (...) il (...), entrambi elettivamente domiciliati in Barcellona Pozzo di Gotto Via (...), recapito professionale dell'avv. Ig.Mi., che li rappresenta e difende giusta procura in atti di causa; PARTE OPPONENTE e (...) - Istituto di Credito di Diritto Pubblico, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Barcellona Pozzo di Gotto via (...), recapito professionale dell'avv. Vi.Pa., che lo rappresenta e difende giusta procura in atti di causa; PARTE OPPOSTA e con l'intervento di (...) s.p.a., (c.f. (...)) in persona del legale rappresentante pro tempore, nella qualità di procuratrice di (...) s.r.l., elettivamente domiciliata in Barcellona Pozzo di Gotto, via (...), recapito professionale dell'avv. Ro.St., che la rappresenta e difende giusta procura in atti di causa; PARTE INTERVENUTA Oggetto: Titoli di credito. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE (art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c.) Si rileva preliminarmente che viene omessa la descrizione dello svolgimento del processo ai sensi dell'art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c. (come modificato dall'art. 45 co. 17 della L. n. 69 del 2009), applicabile anche ai giudizi pendenti, in primo grado, alla data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009. Ciò detto, con ricorso per decreto ingiuntivo depositato il 31 marzo 1995, (...) - Istituto di Credito di Diritto Pubblico, premesso di essere creditore nei confronti di (...) della somma di Lire 9.994.709 (pari ad attuali Euro 5.161,84) quale saldo debitorio alla data del 21 marzo 1995 del conto corrente n. (...) intrattenuto, dal (...) presso la Filiale di Furnari di detto Istituto, oltre interessi al tasso convenzionale di mora del 20% sino alla data di effettivo soddisfo, nonché della somma di Lire 80.573.600 (pari ad attuali Euro 41.612,79) di cui Lire 573.600 per spese di protesto, portata da sette effetti bancari emessi dal (...) e da questi presentati allo sconto presso la medesima filiale della Banca, scaduti e rimasti non pagati, oltre interessi al tasso convenzionale del 14,50% dalle rispettive scadenze; ha esposto inoltre che tutti i crediti vantati nei confronti del (...) fossero garantiti da fideiussione rilasciata il 27 dicembre 1993 da (...) fino alla concorrenza della somma di Lire 75.000.000 (pari ad Euro 38.734,27), che sottoscrisse anche per avallo i sopra detti effetti cambiari; allegato di aver revocato tutte le linee di credito in favore del (...) chiedendo l'immediato pagamento di quanto dovuto, senza successo, ha chiesto che si ingiungesse a (...) e (...) (quest'ultima fino alla concorrenza della somma garantita) il pagamento della complessiva somma di Lire 90.568.309, oltre interessi al tasso convenzionale di mora del 20% fino all'effettivo soddisfo per la somma nascente dal saldo debitorio del sopra detto conto corrente ed interessi al tasso convenzionale del 14,50% fino all'effettivo soddisfo sulle somme portate dagli effetti insoluti a decorrere dalle rispettive scadenze, oltre spese e compensi di giudizio. Venne quindi emesso il Decreto Ingiuntivo n. 181/1995 del 20 aprile 1995 (a conclusione del procedimento n. 266/1995) con il quale si ingiunse a (...) e (...) (a quest'ultima entro i limiti della prestata fideiussione) il pagamento della superiore somma oltre interessi come sopra specificati e spese di lite. Contro tale provvedimento hanno proposto opposizione (...) e (...) i quali hanno lamentato la "stranezza" dell'azione proposta con il monitorio, ciò in quanto fondata su un saldo debitorio di conto corrente e sul credito portato da effetti cambiari; hanno esposto che, con riferimento a quest'ultimo credito, non fosse stato rispettato il disposto di cui all'art. 66 co. 3 del R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736 (c.d. legge cambiaria) e che inoltre il Mo.Pa. avrebbe dovuto, tenuto conto che i crediti di cui ai sopra detti effetti cambiari, erano già assistiti da titolo esecutivo ai sensi degli articoli 474 e 480 c.p.c., promuovere per questi azione esecutiva, mentre per il solo credito nascente dal saldo debitorio si sarebbe potuto agire in monitorio, lamentando che così facendo fossero lievitati i costi da sopportare; hanno inoltre esposto che avendo utilizzato i titoli di credito come promessa di pagamento ex art. 1988 c.c. il Mo.Pa. avrebbe determinato l'esercizio dell'azione causale con la conseguenza per cui alla (...) non si sarebbe potuto ingiungere oltre i limiti della fideiussione e che, essendo tali effetti stati rilasciati per ripianare l'esposizione debitoria sul conto corrente n. (...), si sarebbe dovuto applicare il tasso del 14,75% previsto da quel conto corrente e non già quello applicato dalla Banca, che sarebbe stato, effettivamente, non quello del 14,50% quale allegato ma quello del 17,25%; hanno inoltre esposto che l'opposto istituto di credito fosse debitore del (...) della somma di Lire 1.187.417 (pari ad Euro 613,25) che si sarebbe dovuta portare in detrazione sul saldo del conto corrente per cui è causa; ritenendo quindi che il credito non fosse certo nel quantum, hanno chiesto di sospendere la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, ritenere che gli interessi fossero esosi ed in palese violazione di quanto pattuito, dichiarare non dovute le spese di registrazione del decreto ingiuntivo per i motivi di cui sopra, ritenere che (...) fosse obbligata entro i limiti di Lire 75.000.000 e dichiarare nullo, inefficace o comunque privo di valenza giuridica il decreto ingiuntivo, con vittoria di spese e compensi di lite. Si è quindi costituito il (...) che ha ritenuto infondata l'opposizione, esponendo di avere provveduto, unitamente al deposito del ricorso per Decreto Ingiuntivo, a produrre i sette effetti cambiari, che la cancelleria poi restituì previa verifica e loro sostituzione con fotocopia, in ogni caso producendo in sede di opposizione i titoli di cui sopra in originale ed esponendo che comunque il mancato loro deposito in seno al ricorso monitorio non potesse essere di alcun pregiudizio al creditore cambiario che, fino all'udienza di precisazione delle conclusioni, potrebbe comunque depositare i titoli in originale; ha esposto inoltre che la supposizione di un tasso di interesse superiore al 14,50%, pattuito in prodotta distinta di sconto, fosse da ricondurre ad errore degli opponenti, i quali peraltro, invocando il tasso di cui al sopra detto conto corrente, avrebbero chiesto un tasso addirittura superiore a quello effettivamente applicato dall'istituto; ha ritenuto che il variare dei tassi di interesse su conto corrente fosse legittimo in applicazione della variazione dei tassi usualmente applicati su piazza e che gli stessi fossero comunque stati comunicati al (...); ha ammesso che la somma di L. 1.187.417 fosse effettivamente dovuta al (...) ma che di questa si sarebbe tenuto conto a definizione dell'esposizione; ha ritenuto infine che gli opponenti non avessero sostanzialmente contestato il credito; instando preliminarmente per il rigetto dell'istanza di sospensione della provvisoria esecuzione, ha chiesto che venissero dichiarate improponibili, inammissibili o comunque infondate le domande ex adverso formulate con rigetto dell'opposizione o comunque che si condannassero gli opponenti al pagamento della somma in esito al giudizio, con vittoria di spese e compensi di lite. Comparse le parti e concessi i termini di cui all'ex art. 180 c.p.c., con ordinanza dell'8 maggio 1996 venne rigettata l'istanza di sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto; con ordinanza del 12 aprile 2002 si diede mandato al consulente tecnico di determinare la somma portata quale saldo debitorio del conto corrente di cui sopra e la somma dovuta per gli effetti cambiari; quindi, assunta in decisione, la causa venne rimessa sul ruolo con ordinanza del 28 ottobre 2008 per dare mandato al c.t.u. di ricalcolare il credito escludendo la capitalizzazione trimestrale degli interessi come pattuiti e tenendo conto del sopra detto credito del (...). Mutato il c.t.u. e depositata nuova relazione, anche a seguito di richiesta di chiarimenti, la causa è infine pervenuta all'udienza dell'11 settembre 2017 alla quale è stata assunta in decisione ai sensi degli articoli 190 e 190bis ratione temporis applicabili. Deve rilevarsi che, nel corso del giudizio, si è costituita, con atto depositato telematicamente il 10 febbraio 2017 la (...) S.p.A., quale procuratrice di (...) S.r.l., esponendo che il credito già vantato da (...), nelle more divenuto (...) s.p.a., fosse stato ceduto con atto ex art. 58 D.Lgs. n. 385 del 1993, pubblicato in G.U. Parte II n. 80 dell'8 luglio 2014 e che quest'ultima avesse conferito mandato per la riscossione e per tutte le attività legate alla cartolarizzazione ad (...), giusta procura in Notar Va. in Milano, del 2 febbraio 2015 e che tra i crediti ceduti vi fossero anche quelli oggetto di giudizio; si è quindi costituita "in sostituzione" del (...) insistendo in tutte le domande, eccezioni e difese dallo stesso proposte. Con riferimento al sopra detto intervento, vale fin d'ora ricordare che la cessione di credito determina la successione a titolo particolare del cessionario nel diritto controverso, cui consegue, ai sensi dell'art. 111 c.p.c., la valida prosecuzione del giudizio tra le parti originarie e la conservazione della legittimazione da parte del cedente, in qualità di sostituto processuale del cessionario, anche in caso d'intervento di quest'ultimo fino alla formale estromissione del primo dal giudizio, attuabile solo con provvedimento giudiziale e previo consenso di tutte le parti (Cass. Civ., sez. I, 22/10/2009, n. 22424, Cass. Civ., sez. I, 13/07/2007, n. 15674). Ne consegue che il trasferimento del diritto controverso non incide sul rapporto processuale che continua a svolgersi tra le parti originarie senza che l'intervento nel processo del successore a titolo particolare determini, in mancanza di estromissione nelle forme di cui all'art. 111 c.p.c., alcun mutamento delle parti processuali (arg. ex Cass. Civ., sez. II, 11/05/2000, n. 6031) le quali continuano a mantenere la loro legittimazione ad causam. È pur vero, comunque, che la sentenza pronunciata nei confronti dell'originario dante causa produrrà i suoi effetti sostanziali, anche a mente dell'art. 2909 c.c., nei confronti del successore a titolo particolare. Ciò a voler significare che la pronuncia dovrà essere posta in essere nei confronti delle originarie parti in causa del giudizio, in mancanza di una formale estromissione dell'originaria parte opposta, non potendosi immaginare alcuna "sostituzione" processuale se non nei termini sopra spiegati. Ciò detto l'opposizione si rivela solo parzialmente fondata e si accoglie per le ragioni e nei limiti che si specificano. Deve distinguersi, da un lato, il credito portato dagli effetti cambiari, con riferimento al quale le doglianze sono infondate, dall'altro, quello portato dal saldo di conto corrente, per il quale esse sono parzialmente fondate, con la conseguenza che per ognuno di essi si dovrà argomentare diversamente. Con riferimento al primo credito, infondata è la doglianza per cui l'opposta avrebbe dovuto agire direttamente con l'azione esecutiva per far valere tali titoli e non già richiedere decreto ingiuntivo. Appare appena il caso ricordare che può essere idonea prova scritta ai fini dell'emanazione del decreto ingiuntivo anche la cambiale e che anzi essa assurge a ruolo di prova particolarmente "qualificata" in quanto, ove si ricordi il disposto di cui all'art. 642 c.p.c., il credito fondato su cambiale legittima l'autorizzazione della provvisoria esecuzione da parte del Giudice designato senza che sia necessario allegare alcun pericolo nel ritardo. Né, tantomeno, può ritenersi che vi sia stato un qualche "abuso del diritto" da parte del creditore opposto nell'azionare tali titoli con il ricorso monitorio piuttosto che iniziare sulla base di essi la procedura esecutiva, non potendosi desumere, dalla lievitazione dei costi di lite che gli opponenti asseriscono di dover sopportare, alcun comportamento illegittimo dell'opposta che ha azionato un diritto procedurale espressamente riconosciutole dall'ordinamento. Non condivisibile è anche l'opinione per cui il Decreto ingiuntivo sia nullo per mancato deposito dei titoli in originale, in quanto ben potevano questi essere depositati (come peraltro avvenuto) anche in sede di opposizione e fino all'udienza di precisazione delle conclusioni.. Sul punto basti solo ricordare che l'onere del deposito in cancelleria della cambiale di cui all'art. 66 co. 3 R.D. 14 dicembre 1933, n. 1669 non è riconducibile alla categoria dei presupposti processuali ovvero delle condizioni dell'azione, ma attiene ai requisiti per l'esame del merito della domanda e la sua inosservanza è rilevabile solo su eccezione di parte; conseguentemente, e tenuto conto che l'attore può assolvere l'onere fino al momento della precisazione delle conclusioni in primo o in secondo grado, l'omesso deposito delle cambiali non impedisce l'emanazione del decreto ingiuntivo (v. Cass. Civ., sez. I, 19/04/2000, n. 5086; lo stesso principio è affermato anche da Cass. Civ., sez. I, 28/10/2011, n. 22531 e Cass. Civ., sez. I, 28/06/2006, n. 14980). Peraltro, nel caso in esame il creditore opposto ha fatto valere non già l'azione causale, ma proprio l'azione cartolare di cui agli articoli 49 e ss del R.D. n. 1669 del 1933, avendo prodotto, in sede poi di comparsa, proprio i titoli, originari, regolarmente bollati ed accompagnati dal protesto ai sensi dell'art. 51 della legge cambiaria, sicché appare inconducente qualsiasi riferimento (peraltro sfornito di prova) al rapporto sostanziale sottostante, asseritamente da ricondurre a garanzia per la scopertura sul conto corrente oggetto di causa; ogni riferimento al rapporto sostanziale, infatti, non può trovare accoglimento, ai sensi delle citate norme, in caso di esercizio dell'azione cartolare; in ogni caso la mancanza di prova relativa alla effettiva portata del rapporto sottostante avrebbe avuto conseguenze anche nel caso in cui il creditore avesse fatto valere l'azione causale essendo pacifico orientamento quello per cui l'utilizzo della cambiale quale promessa di pagamento, nei rapporti tra le parti del rapporto sottostante, implica l'esercizio dell'azione causale inerente a tale rapporto, e, in applicazione dell'art. 1988 c.c., grava il debitore dell'onere di provare l'inesistenza di tale rapporto, ovvero l'estinzione delle obbligazioni da esso nascenti (v. Cass. Civ., sez. VI, 28/09/2011, n. 19860 Cass. Civ., sez. I, 08/09/2004, n. 18069). Tanto chiarito deve ritenersi che la consulenza tecnica d'ufficio relativa alle somme portate dai titoli cambiari sia stata irrilevante, ciò in quanto il decreto ingiuntivo opposto determinava già sia la sorte capitale sia le modalità di calcolo degli interessi; l'esatto ammontare degli stessi era invero questione che riguarda non già il presente giudizio ma l'eventuale giudizio di esecuzione, dovendo il presente titolo solo determinare la sorte capitale dovuta ed eventualmente indicare il tasso di interesse (legale o convenzionale) da applicare alla stessa, non potendo certo determinare anche l'ammontare concreto degli interessi in quanto questi matureranno fino all'effettivo soddisfo, il che avverrà, logicamente, in un periodo posteriore alla formazione del titolo giudiziale. Chiarito quindi che tale deve essere la portata del titolo giudiziale, ai fini della determinazione del tasso di interesse relativo alle somme portate su tali titoli, valga ricordare che se è vero, da un lato, che il tasso degli interessi deve essere indicato espressamente nella cambiale pagata a vista o al portatore ai sensi dell'art. 5 co. 2 della legge cambiaria, in mancanza della cui indicazione la clausola si ha per non scritta, è pur vero, d'altro lato, che la misura ultralegale degli interessi tra emittente e prenditore può essere anche contenuta in apposita convenzione extracartolare (così, Trib. Catania, 24.09.1985, in De Jure) con l'unica precisazione per cui, però, gli interessi ultralegali nascenti da convenzione extracartolare tra avallato e prenditore non saranno opponibili all'avallante (arg. ex Trib. Napoli, 20/02/1990 in De Jure). Orbene tale convenzione extracartolare tra l'opposto (...) ed il (...) esiste ed è rappresentata dalla distinta di sconto di cui all'allegato 4 del fascicolo del monitorio prodotto da parte opposta anche in sede di opposizione, peraltro recante la firma del (...) e dell'avallante (...) ed in cui vi è espresso riferimento tanto agli effetti cambiari sopra detti quanto al tasso di interesse indicato nel 14,50%. Ne consegue quindi che sostanzialmente corretto era in parte qua il decreto ingiuntivo opposto e che quindi, per la somma portata dagli effetti cambiari, dovranno condannarsi gli opponenti a pagare la complessiva somma di Euro 41.612,79 (comprensivo delle spese di protesto) quale credito portato dagli effetti cambiari per cui è causa oltre interessi al tasso del 14,50% con decorrenza per quanto riguarda la somma di Euro 41.316,55 (pari agli 80 milioni portati da tali titoli) dalle date di scadenza di ciascun effetto cambiario mentre per la somma di Euro 296,24 (pari alla somma per le spese di protesto) dalla data dei levati protesti. L'opposizione è invece parzialmente fondata solo per quanto riguarda il saldo debitorio del conto corrente già intestato al (...) stante l'esistenza di una convenzione di natura anatocistica. Deve solo rilevarsi sul punto che l'irrilevanza della lamentata usurarietà degli interessi applicati in quanto il contratto di conto corrente è stato stipulato nel 1993 e quindi anteriormente all'entrata in vigore della L. n. 108 del 1996 in tema di usura; è infatti patrimonio comune quello per cui i criteri fissati dalla L. 7 marzo 1996, n. 108 per la determinazione del carattere usurario degli interessi non trovano applicazione con riguardo alle pattuizioni anteriori all'entrata in vigore della stessa legge, come emerge anche dalla norma di interpretazione autentica contenuta nell'art. 1 comma 1 D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, conv., con modificazioni, in L. 28 febbraio 2001, n. 24 (ex multis Cass. Civ., sez. I, 25/09/2013, n. 21885). A seguito dell'accertamento effettuato dal c.t.u. dottoressa Speciale, e dei chiarimenti dalla stessa resi a seguito dell'ordinanza del Giudice Istruttore del 12.01.2016, l'ultima consulente ha utilizzato quale base della rideterminazione i criteri di cui all'ordinanza del 28 ottobre 2008, secondo i tassi pattuiti senza alcuna valutazione di usurarietà, escludendo la capitalizzazione trimestrale e tenendo conto del credito del (...) verso la Banca. In tema di anatocismo bancario deve ricordarsi che la capitalizzazione infrannuale (solitamente trimestrale) degli interessi costituisce una forma di anatocismo praticata dalle banche per decenni, sulla base normativa offerta dall'art. 1283 c.c. che prevede che, in mancanza di usi contrari, gli interessi che siano già scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, sempre che si tratti, però, di interessi dovuti almeno per sei mesi. E la suindicata prassi bancaria, che trovava conforto nelle Norme Bancarie Uniformi predisposte dall'A.B.I., aveva più volte superato il vaglio della Suprema Corte, che aveva riconosciuto in essa un vero e proprio uso normativo, rientrante nel disposto dell'art. 1283 c.c. Successivamente tale orientamento pretorio fu posto in discussione, da parte della Suprema Corte che osservò che la prassi bancaria della capitalizzazione periodica degli interessi era riconducibile ad un uso negoziale e non ad un uso normativo e, pertanto, in contrasto con l'art. 1283 c.c. (ex multis, Cass. Civ., sez. I, 16/03/1999, n. 2374); tale indirizzo è stato successivamente ribadito, tanto da potersi ormai ritenere consolidato (ex multis, Cass. Civ., sez. I 04 maggio 2001 n. 6263, Cass. Civ., sez. I, 18/09/2003, n. 13739). Tale orientamento comportò l'intervento del legislatore che con il D.Lgs. n. 342 del 1999 inserì nell'art. 120 del D.Lgs. n. 385 del 1993 un nuovo co. 2, in forza del quale il CICR (Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio) "stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria"; il CICR, in particolare, deve prevedere "in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori che creditori". L'art. 25, co. 3, del D.Lgs. n. 342 del 1999 aveva, altresì, fatta salva - fino all'entrata in vigore della delibera CICR. di cui al co. 2 della stessa norma - la validità e l'efficacia delle clausole anatocistiche stipulate in precedenza, nulle per violazione dell'art. 1283 c.c., disposizione poi, dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 425/2000. Il CICR provvide con Del.CICR del 9 febbraio 2000, entrata in vigore il 22 aprile dello stesso anno, ad eseguire le direttive di cui sopra stabilendo, in particolare, che: 1) in tutti i rapporti deve essere indicata la periodicità di capitalizzazione degli interessi; 2) le clausole di capitalizzazione degli interessi devono essere approvate specificamente per iscritto, ai sensi dell'art. 1341 c.c.; 3) nei rapporti di conto corrente deve essere stabilita la stessa periodicità nella capitalizzazione degli interessi creditori e debitori. Ne consegue che, nel rispetto di tali previsioni contrattuali, dall'1 luglio 2000 - data indicata nella stessa delibera del CICR - la clausola anatocistica doveva ritenersi valida. La nullità delle clausole anatocistiche stipulate prima dell'entrata in vigore di tale delibera, per violazione dell'art. 1283 c.c. è stata, infine, nuovamente confermata da Cass. Civ., SS.UU., 04/11/2004, n. 21095. Tale delibera, con cui si consentì la periodizzazione trimestrale degli interessi, quindi non aveva efficacia retroattiva, nel senso che per i contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della delibera l'adeguamento dei contratti medesimi da parte dell'istituto di credito alla nuova realtà normativa non valeva a sanare automaticamente il vizio di nullità. Al riguardo si osserva che la disposizione transitoria dell'art. 7 della Del.CICR 9 febbraio 2000, con cui si prevede l'adeguamento alle nuove disposizioni delle condizioni applicate nei contratti precedenti, presuppone per la sua efficacia che sia adempiuto dalla banca o dall'intermediario finanziario quanto previsto dal comma 2 della stessa, secondo cui nel caso di modifica comportante un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate la modifica deve essere specificamente approvata per iscritto dalla clientela. E' evidente, infatti, che per i contratti stipulati precedentemente alla delibera, la nullità della clausola anatocistica determina l'assenza di capitalizzazione infrannuale degli interessi; il richiamo alle "condizioni precedentemente applicate", riportato nell'art. 7 della delibera non può essere riferito all'illegittima capitalizzazione trimestrale, ma deve essere riportato alla nullità dell'anatocismo trimestrale, risultante dalla normativa vigente precedentemente alla delibera stessa; ne consegue che la capitalizzazione trimestrale reciproca con l'adeguamento automatico operato dall'istituto di credito implica un peggioramento delle condizioni che, in mancanza di una specifica approvazione scritta del cliente, perpetra gli effetti della nullità; tale soluzione peraltro è confortata anche dalla citata sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 25, comma 3, del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342, per cui venne meno la possibilità per il CICR di sanare la nullità derivante dalla pattuizione anatocistica preesistente. In altri termini, la pronuncia della Corte Costituzionale ha fatto venir meno il presupposto legittimante l'art. 7 della Del.CICR 9 febbraio 2000, finalizzato a disciplinare i rapporti in essere al momento dell'entrata in vigore della Delibera stessa. Di riflesso, per i rapporti precedenti, si rende necessario che le nuove clausole di capitalizzazione siano oggetto di approvazione scritta del cliente, risultando illegittimo l'adeguamento in via generale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e comunicato per iscritto alla clientela. Per effetto della menzionata pronuncia della Corte Costituzionale, le clausole anatocistiche restano disciplinate, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, dalla normativa anteriormente in vigore (v. Cass. S.U. n. 21095/2004 cit e Cass. Civ., sez. I, 30/11/2007, n. 25016). Su tale quadro peraltro è intervenuta, lo scorso anno, la nuova modifica dell'art. 120 del TUB ad opera del D.L. n. 18 del 2016 (conv. L. n. 49 del 2016) che ha riformulato la lettera a) del comma secondo della disposizione citata prevedendo che il CICR stabilisca le modalità di produzione degli interessi in modo che "nei rapporti di conto corrente o di conto di pagamento sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori, comunque non inferiore ad un anno; gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, in ogni caso, al termine del rapporto per cui sono dovuti", prevedendo alla lettera b) che gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora, e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale; sulla base del nuovo quadro legislativo, quindi, è intervenuta la Del.CICR del 3 agosto 2016 (che si applica a partire dall'1 ottobre 2016 in virtù dell'art. 5 della delibera citata), finalizzata a dare attuazione al nuovamente mutato quadro legislativo; ne consegue che, a partire dal primo di ottobre 2016 appare sostanzialmente da concludersi per l'impossibilità di produzione di interessi su interessi (se non quelli di mora, dovendosi invece calcolare gli interessi sulla mera sorte capitale) e la introduzione di un divieto di capitalizzazione infrannuale. In ogni caso, tenuto conto che il presente procedimento attiene ad un rapporto conclusosi anteriormente a tale ultima modifica del quadro legislativo, la stessa non risulta applicabile. Alla luce di quanto sopra il c.t.u. dottoressa Speciale ha ricalcolato al 21.03.1995 (periodo di passaggio in sofferenza) il saldo debitorio del conto corrente n. (...), detraendo dal saldo la somma di Lire 1.187.417 che la stessa opposta non ha contestato spettare al (...). Tali calcoli, profusamente motivati, non appaiono da sottoporre a censure e possono essere posti alla base della presente decisione. Alla luce degli stessi calcoli ne è conseguito che il saldo debitorio di tale conto fosse pari a Lire 5.738.034, pari ad Euro 2.963,45 e non già alla maggiore somma ingiunta di Lire 9.994.706 (ossia Euro 5.161,84) ed è a tale somma che gli opponenti andranno condannati, oltre interessi al tasso convenzionale di mora pari al 20% da capitalizzarsi annualmente (già comprensivo della variante a titolo di commissione di massimo scoperto, come facilmente desumibile dalla lettura delle condizioni del contratto) con decorrenza dal 21.03.1995 fino all'effettivo soddisfo. Essendo stato il Decreto ingiuntivo quindi emesso per una somma, per quanto non eccessivamente, comunque più elevata di quella effettivamente dovuta dagli opponenti, questo va revocato e gli opponenti andranno condannati al pagamento delle somme sopra individuate. La (...) andrà condannata entro i limiti della prestata fideiussione (sulla cui portata e validità gli opponenti nulla hanno dedotto), come peraltro richiesto già in sede di ricorso monitorio dalla stessa opposta. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in parte dispositiva secondo valori tendenti ai minimi tariffari previsti dal D.M. n. 55 del 2014 per lo scaglione di riferimento (valore della domanda non superiore ad Euro 260.000,00). Le stesse, stante il parziale accoglimento dell'opposizione, possono compensarsi del 20% sulla base del principio di reciproca soccombenza di cui all'art. 92 co. 2 c.p.c. Le spese delle esperite consulenze tecniche d'ufficio vengono definitivamente poste a carico di parte opponente. P.Q.M. Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in composizione monocratica, sentiti i procuratori delle parti costituite, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 699/1995 R.G.A.C., così provvede: accoglie l'opposizione secondo quanto specificato in parte motiva e per l'effetto revoca il Decreto ingiuntivo opposto; dichiara la nullità delle clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi applicate nel contratto di conto corrente per cui è causa; condanna (...) e (...) (quest'ultima fino alla concorrenza della somma di Euro 38.734,27) al pagamento in favore di parte opposta della somma di Euro 41.612,79 quale credito portato dagli effetti cambiari per cui è causa, oltre interessi al tasso convenzionale del 14,50%) dalla scadenza dei singoli effetti fino all'effettivo soddisfo per la somma di Euro 41.316,55 e dalla data dei levati protesti fino al soddisfo per la somma di Euro 296,24, nonché al pagamento della somma di Euro 2.963,45 quale saldo debitorio del conto corrente n. (...) oltre interessi, da contabilizzarsi su base annua, al tasso convenzionale di mora del 20% a decorrere dal 21 marzo 1995 fino all'effettivo soddisfo; pone a carico di parte opponente le spese delle esperite consulenze tecniche d'ufficio; condanna parte opponente al pagamento delle spese di giudizio sopportate da parte opposta che si liquidano, già compensate del 20%, nella complessiva somma di Euro 30,00 per spese vive di giudizio e nella somma di Euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre I V A., spese generali e C.P.A. nella misura di legge. Così deciso in Barcellona Pozzo Di Gotto il 3 gennaio 2018. Depositata in Cancelleria il 3 gennaio 2018.

  • Svolgimento del processo. - Con atto di citazione del 10 novembre 1993 la Società I. d. s., A. e il C., premesso di essere proprietarie rispettivamente di alcune unità immobiliari facenti parte del complesso edilizio residenziale R. al p. d. V., convenivano davanti al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto l'amministratore del predetto condominio, chiedendo che venissero dichiarate nulle ovvero che fossero annullate le deliberazioni assunte dall'assemblea condominiale nella seduta del 31 agosto 1993. Il G.I. dichiarava la contumacia del convenuto e, dopo che gli attori avevano precisato le conclusioni, rimetteva la causa al collegio, che la poneva in decisione alla udienza del 17 novembre 1994. Motivi della decisione. 1. - Preliminarmente, a parere del collegio è opportuno chiarire quali siano le delibere condominiali annullabili e quali quelle nulle. La giurisprudenza, conformemente al dettato normativo codicistica, ha affermato che sono annullabili le deliberazioni affette da vizi formali, cioè prese in violazione di prescrizioni legali, convenzionali o regolamentari attinenti al procedimento di convocazione ed informazione dell'assemblea; quelle affette da eccesso di potere, che cioè, ove riguardino atti di ordinaria amministrazione, siano gravemente pregiudizievoli alle cose o servizi comuni (art. 1109, n. 1, c. c. ) e, ove riguardino innovazioni o atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, siano in contrasto con l' art. 1108 c. c. ; infine, quelle affette da incompetenza. Viceversa, sono nulle le deliberazioni prive degli elementi essenziali, perché ad esempio adottate da una maggioranza inesistente o apparente o senza la maggioranza prescritta o perché aventi contenuto illecito, come quelle aventi ad oggetto innovazioni lesive del diritto di ciascun condomino sulle cose comuni (Cass. n. 3775/1981; Trib. S. Maria Capua Vetere 20 dicembre 1983). 2. - Il primo motivo di impugnazione della delibera condominiale dell'assemblea di seconda convocazione del 31 agosto 1993 è di ordine generale ed attiene alla circostanza, documentata in atti, che ben trenta condomini sui cinquantadue presenti (per un totale di 375, 09 millesimi) erano rappresentati per delega dall'amministratore del condominio. L'assunto attoreo di invalidità della delibera è fondato, nei limiti che verranno di qui a poco specificati. Va innanzitutto chiarito che, in difetto di alcuna previsione legislativa al riguardo, solo il regolamento di condominio può limitare il numero di deleghe da attribuire ad una stessa persona (cfr. Cass. n. 7402/1986, secondo cui la violazione della norma regolamentare non dà luogo a nullità, ma ad annullabilità della delibera; v. anche Cass. n. 853/1973). Nel caso di specie, gli attori non hanno prodotto il regolamento condominiale dal quale poteva eventualmente risultare una simile limitazione. Inoltre, legittimamente il condomino può delegare l'amministratore a partecipare alle assemblee (cr. Appello Napoli 19 ottobre 1971; Trib. Roma, n. 3843/1981), a maggior ragione nel caso in cui, come nella fattispecie in esame, l'amministratore sia anche condomino. Ne consegue che, sotto tale profilo, in linea astratta la assemblea si è validamente costituita e validamente ha deliberato. Tuttavia, è necessario accertare se in concreto, in relazione a specifici argomenti all'ordine del giorno, sia emerso un conflitto di interessi (sia pure soltanto potenziale: cfr. Cass. sent. n. 660/1978), attesa la coincidenza in capo alla medesima persona della qualità di amministratore e di rappresentante della maggioranza dei condomini presenti a quella riunione. Infatti, l'ordinamento, pur non riconoscendo una personalità giuridica sia pure limitata al condominio, attribuisce tuttavia ad esso potestà e poteri sostanziali e processuali, sicché nel computo della maggioranza dell'assemblea del condominio stesso è applicabile la norma di cui all'art. 2373 c. c., dettata in materia di società per il conflitto di interessi: pertanto, il diritto di voto non può essere esercitato dal condomino (o dal rappresentante) che in una delibera assembleare abbia un interesse proprio in potenziale conflitto con quella del condominio (v. Cass. n. 270/1976). Ebbene, ritiene il collegio che tale situazione di conflitto potenziale sussista certamente con riferimento ai punti 7) e 10) dell'o.d.g. (inerenti rispettivamente al rendiconto e bilancio consuntivo 1 luglio 1992/30 giugno 1993 e alla nomina dell'amministratore), in quanto, come osservato dagli attori, la circostanza che la maggioranza assoluta dei presenti fosse rappresentata da una sola persona per di più avente funzioni di amministratore, ha privato l'assemblea della possibilità di un concreto dibattito su argomenti rispetto ai quali l'amministratore stesso poteva avere un interesse personale in contrasto con quello del condominio. Ricorrendo anche il secondo requisito richiesto dall'art. 2373 c. c., e cioè la c. d. prova di resistenza (inesistenza della maggioranza a seguito della detrazione dei voti dei soggetti in conflitto), la delibera relativa a quei punti all'o.d.g. va annullata. Si aggiunga che, in ogni caso, la nomina dell'amministratore (o la sua conferma, alla nomina equiparata: v. Cass. n. 71/1980) richiede la maggioranza qualificata prevista dall'art. 1136, comma 2 (voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell'edificio), mentre nel caso di specie il valore rappresentato superava di poco il terzo (375,09 millesimi), sicché anche sotto tale ulteriore profilo la delibera è nulla. 3. - Gli ulteriori motivi di impugnazione attengono a specifici punti all'ordine del giorno dell'assemblea di seconda convocazione in esame. 3.1. - In relazione al secondo punto all'o.d.g., l'assemblea all'unanimità ha deliberato di realizzare un nuovo impianto di acquedotto, atteso che la Srl I. C. aveva disattivato la rete idrica preesistente. Le società attrici deducono l'illegittimità della relativa delibera, inerendo a lavori straordinari che necessitavano anche in tal caso della maggioranza qualificata prevista dalI'art. 1136, comma 2. In effetti, non può non ritenersi che la realizzazione di quell'opera, in considerazione della natura dei lavori e della entità della spesa, integri una innovazione o comunque un lavoro di straordinaria amministrazione, che nella fattispecie in esame è stata deliberata con una maggioranza di soli 375 millesimi, inferiore a quella legale. Ne va pertanto dichiarata la nullità. 3.2. - In ordine al sesto punto all'o.d.g., l'assemblea all'unanimità ha approvato la spesa di copertura dei pianerottoli delle scale con tavolato e guaina di asfalto, ritenendo trattarsi di manutenzione ordinaria, e dando mandato all'amministratore di provvedere al riguardo. A parere del collegio, in tale ipotesi siamo di fronte ad un'opera che non richiede la maggioranza di cui sopra, non concretandosi in una riparazione di notevole entità, avuto riguardò alla sua natura (mera copertura di pianerottoli esistenti, ai fini di una migliore e più efficace impermeabilizzazione), sicché legittimamente essa è stata deliberata con la maggioranza di cui al comma 3 dell'art. 1136 c. c. (1/3 dei partecipanti ed 1/3 del valore dell'edificio). 4. - Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata nel dispositivo. 5. - La esecutività della presente sentenza discende direttamente dall'art. 5, L. n. 477/1992, trattandosi di controversia instaurata successivamente al 3 gennaio 1993 (Omissis).

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