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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Bari Sezione Lavoro Il Tribunale, nella persona del giudice designato Dott. (...) udienza del 27/05/2024 ha pronunciato la seguente SENTENZA CONTESTUALE nella causa lavoro di I grado iscritta al N. (...)/2020 R.G. promossa da: (...) rappresentato e difeso dall'avv.(...) giusta procura in atti RICORRENTE contro: (...) rappresentato e difeso dall'avv (...) giusta procura in atti RESISTENTE Oggetto: risarcimento danni per demansionamento MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto depositato il (...), il ricorrente di cui in epigrafe - premesso di essere dipendente delle (...) srl quale dirigente - esponeva di aver svolto le mansioni di dirigente del servizio manutenzione infrastrutture dal 2007 e, dal 2012, anche quelle di direttore di esercizio. Lamentava il ricorrente di aver subito un demansionamento in quanto il (...) prima e la nuova governance della società poi, lo avevano privato dell'incarico di direttore di esercizio facendogli svolgere dei ruoli (Dirigente del "(...)" e con contestuale revoca della funzione di (...) di (...) e di responsabile della"(...) Infrastrutture" e poi quale direttore dei lavori sotto la gestione commissariale; con l'avvento della attuale società: responsabile del (...) censimento per la valorizzazione/alienazione dell'asset immobiliare non strumentale di (...) salvo poi dopo la soppressione di tale progetto essere destinato a operare alle dirette dipendenze dell'(...) e (...) con compiti non equivalenti a quanto faceva in qualità di direttore di esercizio. Sosteneva il ricorrente che tale demansionamento unitamente a una pressante condotta societaria tesa a provocarne le dimissioni, realizzavano un comportamento mobbizzante nei propri confronti. Chiedeva, pertanto, la condanna al risarcimento del danno da demansionamento e mobbing per una somma pari a Euro260.00,00 (poi contenuta in Euro100.000,00 nelle note conclusive). Si costituiva tardivamente in giudizio la (...) srl che contestava in fatto e diritto gli avversi assunti e concludeva per il rigetto del ricorso. Tanto premesso, il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni e nei limiti di seguito esposti. Sostiene il ricorrente di aver subito un demansionamento in quanto le mansioni svolte prima dell'avvento del commissario (commissariamento, disposto dal Ministero delle (...) e dei (...) nel gennaio 2016 in seguito a crisi economica della società) erano certamente inferiori al ruolo di direttore di esercizio assegnato ad altro dipendente. (...) documentazione in atti e dalla istruttoria svolta emerge che effettivamente il ricorrente ha subito il lamentato demansionamento. E difatti (...) con delibera n.39/16 il sub commissario stabiliva di affidare "1. Direzione Attività Ferroviaria a. Direzione Trasporto Ferroviario: incarico affidata all'ing. (...) b. (...) incarico affidato all'ing. (...)" La medesima delibera prosegue affermando: "la figura del (...) dell'(...) (ex art. 89-94 D.P.R. 753/80) è attribuita, su indicazione del (...) al (...) della (...) di cui al punto a. ovvero di cui al punto b., in possesso dei requisiti previsti dalla vigente normativa" (cfr. doc.n.8 fasc ric.). Giova subito evidenziare che il ricorrente era l'unico a possedere i requisiti formali per poter svolgere l'incarico ("prescritto nulla osta ai fini della sicurezza e di assenso alla nomina del predetto a (...) di esercizio, secondo quanto prescritto dal D.P.R. 753/80, L.R. n. 18/2002 e Decreto Ministero dei (...) 15.3.1993") tanto che nella delibera n. 67/16 si stabiliva di conferire l'incarico di Dirigente del "(...) e (...) degli Investimenti "all'ing. (...) con invarianza di retribuzione e con contestuale revoca della funzione di (...) di (...) e di responsabile della"(...) Infrastrutture". 5. di designare, quale nuovo (...) di (...) e (...) l'ing. (...) attuale direttore del (...) Ferroviario...." E poi di al punto 6 si prevedeva di "provvedere, acquisita l'accettazione dell'ing. (...) ad inoltrare richiesta agli (...) competenti per il rilascio del prescritto nulla osta ai fini della sicurezza e di assenso alla nomina del predetto a (...) di esercizio, secondo quanto prescritto dal D.P.R. 753/80, L.R. n. 18/2002 e Decreto Ministero dei (...) 15.3.1993" (cfr. doc. n. 9 fasc. ric). (...) documentazione comprova che il ricorrente ha poi ricevuto la nomina per incarichi (cfr. ad esempio doc. n.15 relativo alla nomina quale direttore del controllo tecnico e progettazione investimenti, ovvero la nomina quale direttore dei lavori ex doc. nn.21,22 e 23) certamente meno qualificanti rispetto al ruolo di direttore di esercizio ricoperto fino alla revoca di cui alla delibera n.67/16 sopra citata. Anche con l'avvento della nuova compagine societaria cessato il commissariamento, il ricorrente è stato destinatario di incarichi non equivalenti (prima l'assegnazione a un (...) censimento per la valorizzazione/alienazione dell'asset immobiliare non strumentale di FSE e poi, dopo la soppressione di tale progetto, la destinazione per operare alle dirette dipendenze dell'(...) e (...) a quanto svolto in precedenza. Ritiene lo scrivente che dalla documentazione risulta pacificamente il demansionamento del ricorrente atteso che la funzione di direttore di esercizio è un ruolo apicale e operativo che richiede anche determinati requisiti di legge mentre i ruoli assegnati al (...) specie in seguito alla revoca dell'incarico, sono ruoli certamente meno rilevanti, in alcuni casi (direzione dei lavori) svolti solitamente da funzionari e non dirigenti, in altri dal contenuto fumoso e che la resistente, anche a causa della tardiva costituzione in giudizio, non ha dimostrato avere lo stesso valore professionale contenuto nella figura di direttore di esercizio. Il teste (...), direttore del personale all'epoca dei fatti, ha poi confermato che il (...) prima della revoca continuava a firmare gli atti quale direttore di esercizio, ma le mansioni di fatto erano svolte dal soggetto nominato. Ne deriva, a parere dello scrivente, la conferma del demansionamento del ricorrente il quale, in un primo momento, ha continuato a essere il firmatario degli atti in quanto l'unico a possedere i requisiti di legge per rivestire il ruolo di direttore di esercizio anche se di fatto non svolgeva più tali compiti. Ne deriva che senza dubbio vi è stato uno svilimento delle mansioni svolte in quanto il ricorrente da un ruolo apicale si è trovato a svolgere ruoli svolti anche da funzionari e comunque privi di un reale contenuto come nel caso dell'assegnazione al progetto censimento per la valorizzazione/alienazione dell'asset immobiliare non strumentale di (...) che in seguito è stato soppresso, ovvero con la destinazione a operare alle dirette dipendenze dell'(...) e (...) senza che risulti in cosa si sia concretizzata tale attività. Ne deriva che il ricorrente ha senza dubbio svolto mansioni inferiori a quelle ricoperte sin dal 2007. Infondata è invece la domanda relativa al mobbing. Va preliminarmente ricordato che le condizioni ordinariamente usuranti dal punto di vista psichico (cfr.Cass. 3028/13; n.10361/97), per effetto della ricorrenza di contatti umani in un contesto organizzativo e gerarchico, per quanto possano eventualmente costituire fondamento per la tutela assicurativa pubblica (d.P.R. n. 1124/1965 e D.Lgs. n. 38/2000, nelle forme della c.d. "costrittività organizzativa"), non sono in sé ragione di responsabilità datoriale, se appunto non si ravvisino gli estremi della colpa comunque insiti nel disposto dell'art. 2087 cod. civ.. Come recentemente ricordato dalla Corte di cassazione (cfr. Cass. n. 29101/23), in relazione alla tutela della personalità morale del lavoratore, al di là della tassonomia e della qualificazione come mobbing e straining, quello che conta è che il fatto commesso, anche isolatamente, sia un fatto illecito ex art. 2087 cod. civ. da cui sia derivata la violazione di interessi protetti del lavoratore al più elevato livello dell'ordinamento, ovvero la sua integrità psicofisica, la dignità, l'identità personale, la partecipazione alla vita sociale e politica. La reiterazione, l'intensità del dolo, o altre qualificazioni della condotta sono elementi che possono incidere eventualmente sul quantum del risarcimento ma nessuna offesa ad interessi protetti al massimo livello costituzionale come quelli in discorso può restare senza la minima reazione e protezione rappresentata dal risarcimento del danno, a prescindere dal dolo o dalla colpa datoriale, come è proprio della responsabilità contrattuale in cui è invece il datore che deve dimostrare di aver ottemperato alle prescrizioni di sicurezza (cfr. anche Cass.n.4664/24). Ciò detto ritiene lo scrivente che nel caso di specie non si ravvisano, nemmeno dal punto di vista indiziario-presuntivo, elementi per potere ritenere le condotte della resistente colpose e/o dolose nell'accezione indicata in quanto si è trattato di atti rientranti in una riorganizzazione/rotazione dei dirigenti che se da un lato ha portato al demansionamento del (...) dall'altro non era attività sorretta da intento persecutorio. Quanto alle lamentate indebite pressioni finalizzate a far dimettere il (...) non è emersa la prova che ciò sia realmente accaduto. E difatti dalla documentazione svolta e dalle dichiarazioni dei testi è emerso che vi è stata una trattativa finalizzata a un'uscita del ricorrente dalla società; non vi sono peraltro elementi per potere ritenere che vi siano state indebite pressioni e non già una normale dinamica tesa a incentivare l'esodo di un dirigente nell'ambito di un progetto di riorganizzazione aziendale. Va poi evidenziato che anche tenuto conto della recente giurisprudenza sopra citata non vi è spazio per l'applicazione del 2087 c.c. in quanto il ricorrente non ha subito il danno biologico lamentato. La ctu effettuata ha infatti escluso che il (...) abbia subito un disturbo psichico organizzato: il ricorrente ha avuto solo una condizione di malessere psico fisica di natura transitoria (una nel periodo maggio - settembre 2016 e l'altra per quasi tutto il 2020). La ctu ha evidenziato che si è trattato di manifestazioni episodiche avvenute in concomitanza con gli eventi che lo hanno visto destinatario dei provvedimenti datoriali, ma ha escluso che vi siano elementi oggettivi per potere affermare che tali reazioni si siano successivamente organizzate in un disturbo psichico nosologicamente riconosciuto e cronicizzato, come ad esempio, un disturbo post traumatico da stress o disturbo dell'adattamento che rappresentano le tipiche patologie psichiatriche che possono essere correlate a stress lavorativi. Ritiene il (...) di dover aderire alle conclusioni cui è pervenuto il Ctu attraverso un accurato esame clinico in assenza di puntuali contestazioni mosse da parte ricorrente e peraltro confutate in modo condivisibile in sede di replica alle osservazioni mosse dai ctp. Ne deriva che alcun danno ha subito il ricorrente e dunque anche ai sensi dell'art. 2087 c.c. non può riconoscersi alcun risarcimento per danno biologico. Parte ricorrente ha anche allegato che il demansionamento ha determinato una lesione della sua dignità ed immagine professionale con un depauperamento del proprio bagaglio professionale; ha poi lamentato anche un danno biologico. Ciò posto, la Corte di cassazione ha più volte affermato che in tema di demansionamento e di dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, che asseritamente ne deriva - non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale - non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo. Va ricordato che costituisce ius receptum (cfr. ex plurimis, Cass. Sez. Lav. n. 12253/15) che "In caso di demansionamento è configurabile a carico del lavoratore un danno, costituito da un impoverimento delle sue capacità per il mancato esercizio quotidiano del diritto di elevare la professionalità lavorando, sicché per la liquidazione del danno è ammissibile, nell'ambito di una valutazione necessariamente equitativa, il ricorso al parametro della retribuzione." Reputa il giudicante che le allegazioni formulate in ricorso e la loro dimostrazione in giudizio siano idonee a fondare una pronuncia di condanna per il subito danno professionale. Va dunque ribadito che, provato il danno, secondo l'insegnamento della S. Corte se ne ammette la valutazione in via equitativa ex art. 1226 c.c. (come pacificamente ammesso dalla giurisprudenza: cfr. Cass. n.3299/92; n.10157/04; n.15955/04; n.9073/13). Nell'enunciazione dei criteri presi in considerazione ai fini della liquidazione del danno da demansionamento si è fatto riferimento in giurisprudenza, in particolare, alla retribuzione mensile percepita dal lavoratore ed alla durata della dequalificazione, prendendo inoltre quali ulteriori parametri, laddove sussistenti: i motivi del provvedimento di demansionamento e la notorietà e risonanza nell'ambiente specifico, l'elemento intenzionale del datore di lavoro, la gravità del demansionamento - desumibile dal divario tra le mansioni svolte prima e quelle svolte dopo il demansionamento-, il fatto che il dipendente si sia rifiutato di svolgere le mansioni del proprio livello, le numerose assenze fatte dal lavoratore durante il periodo successivo alla dequalificazione, canoni di valutazione richiamati nella decisione delle (...) 22.2.2010 n. 4063. Tanto premesso, è opinione del GdL che, in considerazione dell'anzianità lavorativa dell'istante, della durata del demansionamento, può ritenersi in via equitativa che il ristoro possa essere commisurato al 20% della retribuzione netta di base percepita dal ricorrente dal luglio 2016 alla data di cessazione del rapporto di lavoro. Come detto il ricorrente ha poi lamentato anche di aver subito un danno biologico. Va in via preliminare evidenziato tale voce di danno è ulteriore a quella del danno alla professionalità. E' infatti pacifico che le due voci di danno hanno presupposti completamente diversi, essendo una relativo al fisico del lavoratore, mentre la seconda alla sua professionalità e cioè all'aspetto della sua prestazione e capacità lavorativa (cfr. Cass. n.172/14). Va, poi, sottolineato che condotte del datore di lavoro inadempienti al disposto degli artt. 2013 e 2087 c.c. possono comunque essere fonte di danni non patrimoniali risarcibili anche qualora non diano luogo ad una lesione dell'integrità psicofisica del lavoratore, ma ledano altri diritti tutelati da tali disposizioni o comunque aventi rilievo costituzionale, come ad es. la dignità personale, l'immagine professionale, l'onore e la reputazione. Ne deriva che ove ricorra anche una lesione all'integrità psicofisica del lavoratore, i due tipi di danni possono coesistere. La liquidazione dei differenti tipi di danno deve, poi, avvenire anche in via equitativa, secondo parametri che consentano una valutazione che sia adeguata e proporzionata e il completo ristoro del pregiudizio effettivamente subito, ma evitando duplicazione risarcitorie, attraverso l'attribuzione di nomi diversi a pregiudizi identici (cfr. Cass. n.4379/16; n.7766/16; n.7513/18). La Suprema Corte ha, invero, evidenziato che "è ammissibile la risarcibilità di plurime voci di danno non patrimoniale, purché allegate e provate nella loro specificità, risolvendosi in una ragionevole mediazione tra l'esigenza di non moltiplicare in via automatica le voci risarcitorie in presenza di lesioni all'integrità psico-fisica della persona con tratti unitari suscettibili di essere globalmente considerati, e quella di valutare l'incidenza dell'atto lesivo su aspetti particolari che attengono alla personalità del "cittadino-lavoratore", protetti non solo dalle fonti costituzionali interne, ma anche da quelle internazionali e comunitarie, incombendo tuttavia sul lavoratore la prova che un particolare e specifico aspetto della sua personalità ed integrità morale, anche dal punto di vista professionale, non sia stato già risarcito a titolo di danno morale (cfr. Cass. n.583/16). Accedendo alla tesi maggioritaria in dottrina e in giurisprudenza, la responsabilità datoriale va prospettata come di natura contrattuale perché la lesione della salute si configura come conseguenza di un comportamento già ritenuto illecito sul piano contrattuale e deriva dalla violazione dell'obbligo di cui all'art.2087 c.c.. Giacchè l'illecito deriva dalla violazione di un obbligo contrattuale, il datore di lavoro versa in una situazione di inadempimento contrattuale regolato dall'art 1218 c.c. con conseguente esonero da parte del lavoratore, dell'onere della prova sulla sua imputabilità che va regolata in connessione con l'art 1223 c.c.. Ciò che il lavoratore deve provare è il fatto materiale, il danno patito e il nesso di causalità tra il danno e fatto verificatosi nel corso del rapporto di lavoro, spettando invece al datore di lavoro di provare di aver adottato tutti gli accorgimenti possibili per evitare il danno. I danni non patrimoniali, come detto, sono a loro volta qualificabili sub specie di danni biologici (con accertamento medico legale) e c.d. esistenziali (lesione dell'identità professionale, dell'immagine, della vita di relazione). (...) lesione dell'art 2087 cc, infatti, possono derivare sia il danno patrimoniale che il danno non patrimoniale, sia come danno biologico (che non può prescindere dall'accertamento medico legale) che come, morale ed esistenziale come lesione del diritto alla libera esplicazione della personalità sul luogo di lavoro e nella vita di relazione (verificato mediante prova testimoniale, documentale o presuntiva). Nel caso di specie, come ricordato sopra, la ctu ha escluso la ricorrenza di un danno biologico e dunque anche sotto il profilo del demansionamento tale voce di danno non può essere riconosciuta. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo; le spese di ctu, liquidate con separato decreto, sono definitivamente poste a carico della resistente. P.Q.M. In composizione monocratica, in persona del dott.(...) in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da(...) nei confronti (...), così provvede: 1) Accoglie il ricorso e condanna la resistente al pagamento in favore del ricorrente della somma pari al 20% della retribuzione netta di base percepita dal ricorrente dal luglio 2016 alla data di cessazione del rapporto di lavoro. 2)Pone le spese di ctu definitivamente a carico della resistente 3) (...) la convenuta al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente, liquidate in Euro 5.800,00 per compensi, oltre rimborso forfettario, IVA e CAP come per legge.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 132 del 2023, proposto da -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Mi. Sc., con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia; contro Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria ex lege in Bari, via (...); per l'annullamento - della determinazione prot. n. M_D GMIL REG2018 0594621 del 10 ottobre 2018, notificata in data 24 ottobre 2018 e relativo alla definizione del congedo illimitato a decorrere dal 15 gennaio 2011 a titolo definitivo, oltre a tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali ai predetti documenti. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 novembre 2023 la dott.ssa Maria Luisa Rotondano e uditi per le parti i difensori l'avv. Ca. D'A., su delega dell'avv. Mi. Sc., per la ricorrente; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. - A seguito dell'ordinanza di incompetenza territoriale n. 33 del 30 gennaio 2023 del T.A.R. Molise, la ricorrente ha riassunto - con atto notificato il 3 febbraio 2023 e depositato in pari data - il gravame proposto avverso: - la nota prot. n. M_D GMIL REG2018 0594621 del 10 ottobre 2018, con cui la Direzione generale per il personale militare del Ministero della Difesa, a scioglimento della riserva espressa con il provvedimento n. M_D GMIL REG2017 0389149, ha disposto che l'atto n. M_D GMIL 0426221 del 21 luglio 2015 di collocamento in congedo illimitato della ricorrente, precedentemente sospeso con il provvedimento M_D GMIL 0460755 in data 29 luglio 2015, tornasse a produrre i suoi effetti; - tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali ai predetti documenti. A sostegno dell'impugnazione interposta ha dedotto le seguenti censure, così rubricate: Eccesso di potere per incongruità, illogicità, irragionevolezza, manifesta ingiustizia. Eccesso di potere per errore e/o carenza nei presupposti di fatto, erronea valutazione e/o travisamento della situazione di fatto, difetto e insufficienza di istruttoria ed errore sul metodo di accertamento. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Violazione dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990. Violazione dei principi di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione. Eccesso di potere per sviamento. 1.1 - Si è costituita in giudizio l'Amministrazione intimata. Ha prodotto una circostanziata e puntuale relazione di chiarimenti sui fatti di causa, depositando la relativa documentazione. 1.2 - Alla camera di consiglio del 22 febbraio 2023, su istanza del difensore di parte, è stata disposta la cancellazione dal ruolo. 1.3 - All'udienza pubblica del 15 novembre 2023, la causa è stata introitata per la decisione. 2. - Il ricorso è infondato e deve essere respinto. 3. - La ricorrente deduce che Il giudizio dinanzi al Consiglio di Stato per l'annullamento del provvedimento di esclusione dalla graduatoria dei vincitori della odierna attrice in virtù dell'esistenza di una circostanza giudicata dall'Amministrazione come rientrante tra le cause di esclusione previste dal bando, in realtà non è stata oggetto di giudizio da parte del Consiglio di Stato dal momento che la controversia non è stata mai discussa ed il processo si è estinto prima di giungere a sentenza, per intervenuta perenzione ex art. 81 c.p.a.. Sostiene che, Peraltro, l'estinzione anticipata del procedimento a causa del comportamento omissivo dei legali incaricati ha comportato anche l'automatica caducazione del provvedimento cautelare emesso dal medesimo Consiglio di Stato con il quale, proprio per la natura della controversia e per la necessità di approfondire nel merito la questione, era stata sospesa l'efficacia del provvedimento impugnato e, conseguentemente, consentita la prosecuzione del rapporto lavorativo della sig.ra -OMISSIS-nella Marina Militare. L'esistenza, quindi, di un provvedimento cautelare sospensivo dell'efficacia degli atti tacciati di illegittimità, anticipava gli effetti di una sentenza favorevole e consentiva alla sig.ra -OMISSIS-la percezione di reddito per il proprio sostentamento e di quello della propria famiglia. In aggiunta a quanto innanzi ed in via meramente gradata, degli effetti favorevoli derivanti dalla sospensione degli atti amministrativi assunti come lesivi, la sig.ra -OMISSIS-avrebbe continuato a beneficiare almeno sino alla sentenza definitiva, che, anche in caso di rigetto del gravame, avrebbe comunque concesso alla stessa la prosecuzione del rapporto per almeno altri due anni rispetto al decreto di perenzione, considerati i tempi della giustizia amministrativa. Lamenta la condotta omissiva dei legali, che ha condotto al decreto di estinzione del giudizio di appello a causa dell'inattività processuale protratta per oltre un anno, che ha causato conseguenze dannose nei suoi confronti, innanzitutto sul piano lavorativo. Invoca un primo indizio sul probabile esito favorevole del giudizio, nel caso in cui questo avuto un "naturale decorso" giungendo sino alla sentenza di appello, che si può trarre dall'orientamento del Consiglio di Stato per come emergente dal tenore delle ordinanze cautelari di sospensione dell'efficacia del provvedimento di esclusione dalla graduatoria dei vincitori per l'immissione nei ruoli della Marina Militare, prima, e della sentenza di primo grado resa dal T.A.R. Lazio, poi (ordinanze cautelari del Consiglio di Stato n. 2664/2012 e n. 624/2015). Contesta le argomentazioni svolte nella sentenza del T.A.R. Lazio n. 10781/2014 di rigetto del ricorso proposto avverso il provvedimento di esclusione dal concorso per l'immissione nel ruolo dei volontari in servizio permanente nonché avverso il successivo provvedimento di congedo dalla Marina militare, che non risulta espressione di univoco orientamento dei giudici territoriali. Invoca la sopravvenuta sentenza assolutoria penale ("perché il fatto non sussiste"), citando giurisprudenza a supporto (T.A.R. Lazio n. 8065/2017, secondo cui "la sentenza di assoluzione sopravvenuta, comporta il venir meno del difetto del requisito previsto per la partecipazione al concorso, qualora intervenga prima della conclusione della procedura concorsuale e, comunque, sino all'approvazione della graduatoria o comunque prima dell'adozione del provvedimento di esclusione del concorso e/o decadenza dalla graduatoria concorsuale e/o decadenza dalla ferma") nonché la non configurabilità di alcun "automatismo espulsivo" con efficacia vincolante per l'autorità procedente, la quale è tenuta a prendere in considerazione il complesso di circostanze intervenienti ed anche successive, in particolare l'assoluzione dell'interessato, ancorché successiva al provvedimento impugnato. Deduce l'interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 635 e 638 del decreto legislativo n. 66/2010 nonché la diversità degli istituti del "rinvio a giudizio" e della "citazione diretta a giudizio" - sposando le tesi difensive contenute nel ricorso di appello dinanzi al Consiglio di Stato espletate dagli allora difensori della Sig.ra -OMISSIS-(tesi, peraltro, già avanzate in sede di giudizio di primo grado ed ingiustamente disattese dal Tribunale territoriale), sostenendo che: - il "rinvio a giudizio" comporta un inevitabile previo "filtro" da parte di un soggetto terzo ed imparziale, quale appunto è il Giudice, che, all'esito della propria valutazione, potrebbe anche non sposare la tesi accusatoria della magistratura requirente e pronunciarsi con una dichiarazione di non luogo a procedere, facendo quindi venir meno lo status di imputato in capo al soggetto coinvolto, prima e fuori da un processo vero e proprio; - nella "citazione diretta a giudizio" dinanzi al Giudice di pace, invece, l'azione penale è esercitata pur sempre da un soggetto non terzo né imparziale, ma destinatario di poteri finalizzati a sostenere la pubblica accusa, la cui struttura gerarchica è ben lungi da riconoscere alla magistratura requirente una funzione di valutazione dei fatti secondo terzietà . Asserisce che le suddette argomentazioni fanno propendere per un accoglimento del ricorso presentato dagli allora difensori..., laddove questi non avessero, con un comportamento omissivo, portato alla perenzione del processo amministrativo, sostenendo altresì che l'immissione in servizio permanente conseguente a ferma quadriennale non è sussumibile nel concetto di "reclutamento" ex art. 635 c.o.m.; di conseguenza, a essa non possono applicarsi le cause di esclusione "automatiche" previste dal comma 1, lett. g) della medesima disposizione". Sostiene che l'appello presentato in favore della sig.ra -OMISSIS-avrebbe avuto delle chance di accoglimento molto vicine alla certezza, soprattutto alla luce delle tante criticità mostrate della sentenza del T.A.R. Lazio di rigetto del ricorso della stessa. Assume, quindi, che L'odierno Giudicante ha, quindi, tutti gli elementi per poter operare un giudizio prognostico sull'accoglimento del ricorso in appello dinanzi al Consiglio di Stato e, quindi, sull'ottenimento del vantaggio da parte della sig.ra -OMISSIS-di immissione nei ruoli della Marina Militare e, primariamente, di conservazione del proprio posto di lavoro. Deduce che, In ultimo, si deve menzionare il D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 94 Disposizioni in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate, ai sensi dell'articolo 1, comma 5, secondo periodo, della legge 31 dicembre 2012, n. 244. (17G00086) (GU Serie Generale n. 143 del 22-06-2017 - Suppl. Ordinario n. 29), art. 8, lett. I, comma 1 bis (modalità di riammissione in servizio, a domanda, dei volontari in ferma prefissata quadriennale ovvero in rafferma biennale esclusi dalle procedure di immissione nei ruoli dei volontari in servizio permanente in quanto sottoposti a procedimento penale, nei casi in cui successivamente sia stata disposta l'archiviazione o il procedimento penale si sia concluso con sentenza irrevocabile che dichiari che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato. 4. - Le censure sono infondate. 5. - Giova ripercorrere l'articolata evoluzione dei fatti che hanno condotto all'emanazione della nota gravata. La ricorrente - volontario in ferma prefissata quadriennale con decorrenza giuridica 15 gennaio 2007 - è stata ammessa con riserva alla rafferma biennale (su sua istanza del 9 agosto 2010), nelle more della definizione del concorso per l'immissione in servizio permanente (di seguito, anche solo concorso V.S.P.), per il quale aveva presentato istanza di partecipazione. Nella relazione in atti, l'Amministrazione evidenzia che, ai sensi dell'art. 954, comma 2 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (si veda il testo antecedente alla sostituzione operata dall'art. 3, comma 1, lett. g), della legge 5 agosto 2022, n. 119), ai volontari in ferma prefissata quadriennale (V.F.P.4) è concessa la rafferma solo qualora gli stessi, verificata la sussistenza dei prescritti requisiti, siano risultati idonei, ma non utilmente collocati nella graduatoria per l'immissione nei ruoli dei volontari in servizio permanente (V.S.P.). Nelle more della definizione della procedura selettiva, quindi, al fine di garantire continuità al rapporto di servizio instaurato dal militare, viene concessa l'ammissione alla rafferma con riserva. L'Amministrazione espone in proposito che questa forma di temporaneo trattenimento in servizio, successivamente disciplinata dal comma 3-bis dell'art. 954 del C.O.M. (aggiunto dall'art. 10, comma 1, lett. d), n. 2), del decreto legislativo 28 gennaio 2014, n. 8), rappresentava, nel momento in cui è stato concesso alla ricorrente, un'azione posta in essere dalla P.A. nell'esclusivo interesse dei volontari, volta a garantire, senza soluzione di continuità, la costanza di servizio fino all'eventuale avvenuta immissione in servizio permanente, o, in caso di sola idoneità al servizio permanente, alla concessione della rafferma senza riserva. Lo scioglimento della riserva espressa in sede di concessione della rafferma, pertanto, è definito favorevolmente, con l'effettiva concessione della rafferma biennale, nell'ipotesi di idoneità, ma non utile collocazione nella graduatoria del concorso per l'immissione nei ruoli dei V.S.P., oppure, nel caso di inidoneità al termine della succitata procedura concorsuale, con il suo collocamento in congedo con decorrenza retroattiva, a far data, cioè, dalla scadenza del termine quadriennale della ferma contratta. La ricorrente risultava idonea vincitrice del concorso per l'immissione in ruolo dei volontari in servizio permanente della Marina militare per l'anno 2010, in virtù di graduatoria approvata con decreto interdirigenziale della Direzione generale per il personale militare - di concerto con il Vice Comandante generale del Corpo delle Capitanerie di Porto - n. 227 del 2 agosto 2011. La stessa, tuttavia, con successivo decreto interdirigenziale n. 365 del 1° dicembre 2011, veniva successivamente esclusa dal concorso per l'immissione in ruolo dei volontari in servizio permanente della Marina militare e dalla relativa graduatoria di merito, decadendo, pertanto, dalla nomina a vincitore quale volontario in servizio permanente della Marina militare, in ragione della mancanza, ab origine, del requisito di cui al paragrafo 5, sottopara a., 3° alinea della circolare MD_GMIL 0 I 3 3/0342705/VSP del 22 luglio 2010, con cui era stata disciplinata l'immissione nei ruoli dei volontari in servizio permanente delle Forze armate per il 2010 (segnatamente, assenza di rinvii a giudizio in procedimenti penali in atto per delitti non colposi), risultando l'interessata destinataria di citazione diretta a giudizio dinanzi al Giudice di pace di Foggia in data 30 novembre 2009 per il reato in concorso di cui all'art. 633 del Codice penale (invasione di immobile). Conseguentemente alla predetta esclusione e decadenza dalla nomina a vincitore del concorso per l'immissione in servizio permanente, la ricorrente, con provvedimento n. MD_GMIL 1/II/6/4/2011/0523990 del 28 dicembre 2011, veniva collocata in congedo illimitato a far data dal 14 gennaio 2011 (scadenza del termine quadriennale della ferma contratta), precisando altresì la carenza dei requisiti per l'ammissione alla rafferma biennale e considerando i periodi di servizio svolti oltre tale termine come prestati di fatto. La ricorrente impugnava dinanzi al T.A.R. per il Lazio (ricorsi R.G. n. 30/2012 e R.G. n. 491/2012) i provvedimenti di esclusione dal concorso per l'immissione nei ruoli dei volontari in servizio permanente e decadenza dalla nomina a vincitore dello stesso nonché il conseguente provvedimento di collocamento in congedo illimitato. Con ordinanza n. 2664/2012 in data 11 luglio 2012, il Consiglio di Stato, in riforma dell'ordinanza n. 1016/2012 del T.A.R. Lazio - Roma, nell'accogliere l'istanza cautelare proposta dalla ricorrente, sospendeva l'efficacia dei provvedimenti impugnati. In esecuzione della succitata ordinanza n. 2664/2012 del Consiglio di Stato, D.I. n. 213 del 30 ottobre 2012, l'istante veniva immessa, con riserva, nel ruolo dei volontari in servizio permanente della Marina militare. Con sentenza n. 10781/2014 del 28 ottobre 2014, il T.A.R. Lazio - Roma respingeva nel merito i ricorsi proposti avverso il decreto interdirigenziale n. 365 del 1° dicembre 2011 (di decadenza dalla nomina come volontario in servizio permanente della Marina militare per l'anno 2010) e il conseguente provvedimento n. MD_GMIL 1/II/6/4/2011/0523990 del 28 dicembre 2011 (di collocamento in congedo illimitato). Indi, con il D.I. 105 del 28 maggio 2015, l'interessata, in esecuzione della sentenza n. 10781/2014 del T.A.R. Lazio - Roma e a scioglimento della riserva formulata con il succitato D.I. n. 213 del 30 ottobre 2012, veniva esclusa dalla procedura concorsuale e dalla relativa graduatoria di merito nonché dichiarata decaduta dalla nomina a vincitrice dell'immissione nel ruolo dei volontari in servizio permanente della Marina militare. In conseguenza, risultando la ricorrente priva sia dello stato giuridico di volontario in servizio permanente (V.S.P.) che di volontario in ferma permanente quadriennale (V.F.P.4) in rafferma, con nota n. M_D GMIL 0426221 del 21 luglio 2015 veniva confermato il provvedimento di collocamento in congedo illimitato disposto con l'atto n. MD_GMIL 1/II/6/4/2011/0523990 del 28 dicembre 2011. A seguito dell'appello proposto avverso la succitata sentenza n. 10781/2014 del T.A.R. Lazio - Roma, con ordinanza n. 624/2015 dell'11 febbraio 2015, il Consiglio di Stato accoglieva l'istanza cautelare, sospendendo l'esecutività della pronuncia di primo grado impugnata. Con nota M_D GMIL 0443846 del 24 luglio 2015, in esecuzione dell'ordinanza n. 624/2015 del Consiglio di Stato, l'Amministrazione disponeva la sospensione degli effetti del decreto interdirigenziale n. 105 del 28 maggio 2015 (di esclusione dal concorso per l'immissione nei ruoli V.S.P. e di decadenza dell'interessata dalla relativa nomina), in attesa della definizione nel merito dell'appello proposto dalla candidata, chiarendo che nei suoi confronti dovrà continuare a trovare applicazione il precedente decreto interdirigenziale n. 213 del 30 ottobre 2012 (di immissione, con riserva, nel ruolo dei volontari in servizio permanente della Marina militare). Pertanto, essendo stati sospesi gli effetti del D.I. 105/2015, con nota M_D GMIL 0460755 in data 29 luglio 2015, l'Amministrazione sospendeva anche gli effetti dell'atto M_D GMIL 0426221 del 21 luglio 2015 (collocamento in congedo illimitato, conseguenziali al D.I. n. 105/2015), in attesa di ulteriori sviluppi relativi alla procedura concorsuale. Con decreto n. 1504 del 2016, il Consiglio di Stato dichiarava la perenzione del giudizio in appello. A seguito della perenzione del ricorso di secondo grado, con nota M_D GMIL 0078228 del 3 febbraio 2017, veniva disposto lo scioglimento negativo della riserva in precedenza formulata, trovando nuovamente applicazione il D.I. n. 105 del 28 maggio 2015 (di esclusione dal concorso V.F.P. e dalla relativa graduatoria di merito, con decadenza dalla relativa nomina). Conseguentemente, con nota M_D GMIL REG2017 0389149 del 3 luglio 2017, l'Amministrazione disponeva che il provvedimento di collocamento in congedo illimitato n. M_D GMIL 0426221 del 21 luglio 2015, sospeso con l'atto n. M_D GMIL 0460755 in data 29 luglio 2015, tornasse a produrre i suoi effetti, seppur con riserva, in attesa della definizione del giudizio di opposizione avverso il decreto di perenzione del Consiglio di Stato n. 1504/2016, nel frattempo instaurato dalla ricorrente. Con ordinanza n. 2095/2018, il Consiglio di Stato respingeva il ricorso in opposizione al menzionato decreto presidenziale di perenzione n. 1504/2016. Infine, l'Amministrazione, con nota M_D GMIL REG2018 0594621 in data 10 ottobre 2018, oggetto dell'odierna impugnazione, scioglieva la riserva formulata con l'atto n. M_D GMIL REG2017 0389149 del 3 luglio 2017 e dava atto della definitività (è da intendersi a titolo definitivo) del collocamento in congedo illimitato a decorrere dal 15 gennaio 2011, in precedenza disposto con la nota M_D GMIL 0426221 del 21 luglio 2015. 6. - Dalla ricostruzione della complessa e articolata vicenda in questione, si evince che: - tutti gli atti che hanno disposto l'esclusione dalla procedura concorsuale per l'immissione nel ruolo dei volontari in servizio permanente e dalla relativa graduatoria di merito nonché la decadenza dalla nomina a vincitore sono stati adottati sulla scorta della ritenuta carenza, ab origine, in capo alla ricorrente, del requisito di cui al paragrafo 5, sottopara a., 3° alinea della circolare MD_GMIL 0 I 3 3/0342705/VSP del 22 luglio 2010, risultando la stessa destinataria di citazione diretta a giudizio; - gli atti di collocamento in congedo illimitato sono stati adottati in doverosa conseguenza dell'emissione degli atti di esclusione dal concorso V.S.P. 2010: infatti, la perdita dell'idoneità sancita con questi ultimi ha comportato - come effetto diretto - lo scioglimento, in senso negativo, della riserva espressa in sede di concessione della rafferma e la conseguente vincolata adozione del collocamento in congedo illimitato, necessariamente e direttamente scaturente dall'esclusione dal concorso V.S.P., in quanto la mancanza del requisito dell'idoneità al servizio permanente non consente - come detto - la concessione della rafferma. Il collocamento in congedo della ricorrente è, quindi, scaturito - inevitabilmente - dall'accertamento dell'inidoneità al passaggio nel ruolo dei volontari in servizio permanente (cui sono connesse inscindibilmente anche le negative determinazioni sulla chiesta riafferma) e riveste carattere doveroso e vincolato rispetto alle presupposte negative determinazioni di esclusione dal concorso V.S.P.. Orbene, l'impugnata nota M_D GMIL REG2018 0594621 del 10 ottobre 2018 così testualmente dispone: 1. Con il provvedimento a seguito del 3 luglio 2017 - il riferimento è alla nota M_D GMIL REG2017 0389149 del 3 luglio 2017 - questa Direzione Generale, preso atto della conferma del provvedimento di esclusione del Militare in oggetto dalla procedura concorsuale per l'immissione nel ruolo dei Volontari in Servizio Permanente (VSP) per il 2010, ha disposto che il provvedimento n. M_D 0426221 del 21 luglio 2015 di collocamento in congedo illimitato - precedentemente sospeso con provvedimento n. M_D GMIL 0460755 del 29 luglio 2015- tornasse a produrre i suoi effetti, seppur con riserva, in attesa della definizione del ricorso in opposizione al decreto di perenzione del Consiglio di Stato n. 1504/2016. 2. Con ordinanza n. 2095/2018, pubblicata il 4 aprile 2018, il Consiglio di Stato ha rigettato la predetta opposizione proposta dalla -OMISSIS-. Pertanto, il collocamento in congedo illimitato a decorrere dal 15 gennaio 2011 - disposto con il sopracitato provvedimento n. M_D GMIL 0426221 del 21 luglio 2015 e dichiarato nuovamente efficace, con riserva, col provvedimento a seguito - è da intendersi a titolo definitivo. È evidente che, con l'impugnata nota del 10 ottobre 2018, l'Amministrazione si è limitata a prendere atto della sopravvenienza dell'ordinanza del Consiglio di Stato n. 2095/2018 (di rigetto dell'opposizione al decreto di perenzione, da cui è scaturita la definitività della sentenza del T.A.R. Lazio - Roma n. 10781/2014) e a sciogliere la riserva - disposta con la richiamata nota del 3 luglio 2017 nelle more della definizione del giudizio di opposizione al decreto di perenzione - sulla ripresa dell'efficacia del provvedimento di collocamento in congedo illimitato del 21 luglio 2015 (a sua volta conseguenza necessitata della rinnovata esclusione dal concorso V.S.P. di cui al D.I. n. 105/2015), nonché alla mera presa d'atto, a seguito del rigetto dell'opposizione al decreto di perenzione, dell'acquisita definitività (è da intendersi a titolo definitivo) del collocamento in congedo illimitato disposto con la nota M_D GMIL 0426221 del 21 luglio 2015; sicchè la gravata nota del 10 ottobre 2018 è priva del carattere di autonoma concreta lesività, che va - invece - ricondotta ai precedenti richiamati atti della P.A., rimasti - però - inoppugnati. Inoltre, come pure argomentato dall'Amministrazione nella relazione in atti, la nota del 10 ottobre 2018 è atto vincolato - da ultimo - alle risultanze della nota M_D GMIL 0078228 in data 3 febbraio 2017 (di rinnovata esclusione dal concorso per l'immissione nel ruolo dei volontari in servizio permanente, cui è seguita la conseguenziale e doverosa nota M_D GMIL REG2017 0389149 del 3 luglio 2017, di collocamento in congedo illimitato con riserva), anche questo - peraltro - non oggetto di tempestiva autonoma impugnazione. In ogni caso, anche a prescindere dalle appena illustrate considerazioni, le censure proposte mirano - sostanzialmente - a contestare le originarie determinazioni da cui è scaturita l'articolata vicenda in questione, e cioè innanzitutto il decreto interdirigenziale n. 365 del 1° dicembre 2011 (recante l'esclusione dal concorso V.S.P. 2010 e dalla relativa graduatoria di merito, con decadenza dalla nomina a vincitore, cui è doverosamente seguito il collocamento in congedo illimitato disposto con provvedimento n. MD_GMIL 1/II/6/4/2011/0523990 del 28 dicembre 2011): si tratta di censure già proposte nell'ambito dei precedenti giudizi e ritenute infondate dal T.A.R. Lazio - Roma con la sentenza n. 10781/2014 (divenuta definitiva con l'estinzione per perenzione del giudizio di appello), che ha reputato la "citazione diretta a giudizio" causa ostativa ai sensi del paragrafo 5, sottopara a., 3° alinea della circolare MD_GMIL 0 I 3 3/0342705/VSP del 22 luglio 2010, al pari del "rinvio a giudizio", avendo acquisito l'interessata la posizione di "imputato"; argomentazioni non ulteriormente censurabili in questa sede, sulla base del principio del ne bis in idem, essendo in contestazione - sì - atti diversi, ma legati inscindibilmente da uno stretto vincolo di consequenzialità, in quanto inerenti al medesimo rapporto giuridico (Consiglio di Stato, sezione sesta, 16 agosto 2023, n. 7783). Né questo giudice può operare l'invocato giudizio prognostico sull'accoglimento del ricorso in appello ormai perento, in virtù del sopra richiamato principio del ne bis in idem. 7. - Per le ragioni innanzi esposte, il ricorso deve essere respinto. 8. - La peculiarità e complessità della vicenda in questione giustifica l'integrale compensazione delle spese processuali. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (sezione prima) respinge il ricorso, di cui in epigrafe. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente. Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 15 novembre 2023 con l'intervento dei magistrati: Angelo Scafuri - Presidente Vincenzo Blanda - Consigliere Maria Luisa Rotondano - Consigliere, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1058 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da R.T. Co. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati En. Fo. e Il. Fo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Anas - Gruppo Fs Italiane, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Co. Ca., Ro. An. Ni. e Mo. Or., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Consorzio Stabile Ar. S.c. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Sa. De., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio, in Ba., (…); Pa. Te. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Vi. Au. Pa. e Al. Ci., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Co. Na. S.r.l., Im. di Co. Geom. Ma. Sa. S.r.l., non costituiti in giudizio; per l'annullamento per quanto riguarda il ricorso introduttivo proposto con atto notificato in data 21.9.2023 e depositato in data 2.10.2023, integrato da motivi aggiunti notificati e depositati in data 29.12.2023: “della determina del 21 luglio 2023, prot. n. (…), comunicata con nota del 25 luglio 2023, prot. n. (…), del Responsabile Unità Appalti di Lavori dell’ANAS Spa - Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, di approvazione dell’aggiudicazione, in favore del Consorzio Stabile Ar. Scarl, della gara di appalto “(…) - interventi ricorrenti di manutenzione ai fini del recupero funzionale della Tangenziale Ovest di Foggia - S.S. n. 673-(ex S.S. 16) - Lotto 3-S.S. n. 16 innesto primo lotto Foggia - Cerignola fino al Km 16+540 della S.S. n. 673. Cod. (…); CODICE CIG: (…)”; - dei verbali della Commissione di gara e in particolare: (i) del verbale n. 4 della seduta riservata del 18 maggio 2023 nel corso della quale è stata esaminata l’offerta tecnica del Consorzio Stabile Ar. Scarl; (ii) del verbale n. 10 della seduta riservata dell’8 giugno 2023 nella quale sono state aperte le offerte economiche di tutti partecipanti, si è stilata la graduatoria finale ed è stata proposta l’aggiudicazione in favore del Consorzio Stabile Ar. Scarl; - di ogni altro atto di gara connesso e/o conseguenziale, ancorché non conosciuto e per quanto di interesse”; nonché per la declaratoria di inefficacia “del contratto tra il Consorzio Stabile Ar. Scarl e l’ANAS S.p.a. - Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane se, nelle more, sottoscritto” e il subentro “nel detto contratto del costituendo RT. CO. S.r.l. - Co. Na. S.r.l.- Im. di Co. Geom. Ma. Sa. S.r.l. (mandanti), secondo in graduatoria”; altresì per annullamento “dell’atto del 9 agosto 2023, prot. n. (…), dall’ANAS S.p.a. - Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane del parziale diniego opposto sull’istanza di accesso agli atti di gara presentata dalla ricorrente”; e la condanna “dell’ANAS S.p.a. - Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane all’esibizione e al rilascio di copia di tutti i documenti richiesti, nel termine non superiore a 30 giorni, dettando le relative modalità”. Per quanto riguarda il ricorso incidentale proposto dalla S.c. a r.l. Consorzio Stabile Ar. con atto notificato in data 28.9.2023 e depositato in data 2.10.2023, integrato da primi, secondi e terzi motivi aggiunti, rispettivamente notificati e depositati nelle date del 4.10.2023, 5.10.2023 e 2.1.2024: per l’annullamento “in parte qua gli atti di gara, segnatamente, il verbale n. 4 del 18.5.2023, di valutazione dell’offerta tecnica del Consorzio Stabile Ar., il verbale n. 3 del 15.5.2023, di valutazione dell’offerta tecnica del RT. CO., nonché i verbali di sedute riservate del 6.7.2023 e del 17.7.2023, Rep. nn. 14795/2023 e 14808/2023, di verifica con esito positivo della documentazione amministrativa presentata in sede di offerta dal concorrente risultato primo in graduatoria, e la determina di aggiudicazione del 21.7.2023, Prot. n. (…)” nonché in accoglimento dell’istanza ex art. 116 c.p.a., della “nota datata 3.8.2023, prot. n. (…), nella parte in cui ha denegato l’accesso alla documentazione amministrativa del RT. CO. S.r.l.- Co. Na. S.r.l. - Im. di Co. Geom. Ma. Sa. S.r.l.”. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto il ricorso incidentale, i primi, secondi e terzi motivi aggiunti, e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consorzio Stabile Ar. S.c. a r.l., di Pa. Te. S.r.l. e di Anas - Gruppo Fs Italiane; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 2024 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta e uditi per le parti i difensori l'avv. Il. Fo., per la ricorrente, gli avvocati Ro. An. Ni. e Mo. Or., per l'Anas, e l'avv. Fr. Pi., su delega orale dell'avv. Ma. Sa. De., per il Consorzio Stabile Ar.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Con ricorso notificato in data 21.9.2023 e depositato in Segreteria in data 2.10.2023, il R.T. Co. S.r.l. adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, onde ottenere, previa sospensione dell’efficacia, le pronunce meglio indicate in oggetto. Esponeva in fatto che, la società An. S.p.a. – Gr. F.S. indiceva la gara (…) a procedura aperta, ex art. 60 del D.Lgs. 50/2016, secondo il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento dell’esecuzione dei lavori e del servizio di monitoraggio ambientale in corso d’opera dell’intervento “S.S. 16 ‘Adriatica’ - interventi ricorrenti di manutenzione ai fini del recupero funzionale della Tangenziale Ovest di Foggia-S.S. n. 673-(ex S.S. 16)-Lotto 3-S.S. n. 16 innesto primo lotto Foggia-Cerignola fino al Km 16+540 della S.S. n. 673. Cod. CUP (…); CODICE CIG: (…)”, per un importo complessivo di € 37.633.193,29, di cui: €. 36.061.753,65 per lavori, € 23.053,74 per i servizi di monitoraggio ambientale in corso d’opera ed € 1.548.385,90 per oneri di sicurezza non soggetti a ribasso. Nel termine di presentazione previsto dalla lex specialis venivano presentate dieci offerte, tra le quali quelle dell’odierna ricorrente - la quale indicava la Pa. Te. S.r.l. come impresa consorziata esecutrice dei lavori - e del Consorzio Stabile Ar. S.c. a r.l., odierna controinteressata. All’esito delle valutazioni delle offerte tecniche, nonché di quelle economiche, venivano attribuiti i seguenti punteggi: per il controinteressato un totale di 82,510 punti, di cui 23,537 per l’offerta economica e 58,973 per quella tecnica, per la ricorrente un totale di 79,528 punti, di cui 21,473 per l’offerta economica e 58,055 per l’offerta tecnica. Cosicché, con determina del 21.7.2023, prot. n. (…), dopo l’espletamento delle verifiche della documentazione amministrativa da parte della Commissione, veniva approvata l’aggiudicazione della gara in favore della controinteressata. La ricorrente, classificatasi seconda in graduatoria, con nota protocollata dall’Anas S.p.a. - Gruppo F.S.I. il 27.7.2023, presentava istanza di accesso agli atti. Detta istanza veniva accolta solo parzialmente, considerato che l’aggiudicataria aveva manifestato per iscritto il diniego di autorizzazione all’accesso integrale alla sua offerta tecnica specificando le parti da secretare e cioè: le offerte migliorative con particolare riferimento alle partnership commerciali strategiche che costituiscono segreti tecnici e commerciali e l’organigramma aziendale, ovvero gli allegati “Relazione tecnica”, “allegato B7.2.a”, “allegato B.7.2.b”, e “allegato B.7.2.c”. In particolare, dall’esame della documentazione parziale esibita, la ricorrente ravvisava profili di illegittimità nella procedura di gara con riguardo alla valutazione dell’offerta tecnica della controinteressata. Avverso tali esiti provvedimentali insorgeva l’interessata rilevando quanto segue. Con riguardo alla domanda di annullamento degli atti di aggiudicazione dell’appalto in favore della controinteressata, ai sensi degli artt. 19, comma 1, lett. a) e 120 del c.p.a. eccepiva: “Violazione e erronea applicazione dei paragrafi 16 e 18 del disciplinare di gara. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti”; “Violazione ed erronea applicazione del par. 6.2 del disciplinare di gara e dell’art. 59, comma 3, del d.lgs. 50/2016. Eccesso di potere per difetto di istruttoria ed erronea valutazione dei fatti. violazione del principio di par condicio tra i concorrenti e del divieto di commistione tra offerta tecnica ed economica”; “Violazione del disciplinare di gara paragrafo 18.1. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti”. Instava, poi, per la dichiarazione di inefficacia del contratto d’appalto, se nelle more sottoscritto, e per il conseguente subentro. Quanto alla domanda di annullamento, ai sensi dell’art. 116 c.p.a., del parziale diniego dell’istanza di accesso agli atti e conseguente condanna dell’Anas S.p.a. - Gruppo F.S.I. all’esibizione e rilascio delle copie di tutti gli atti richiesti, eccepiva: “Violazione ed erronea applicazione del paragrafo 15.3.1 del disciplinare di gara. Eccesso di potere per travisamento e difetto di istruttoria”; “Violazione ed erronea applicazione ed interpretazione dell’art. 53 del D.lgs. 50/2016. Eccesso di potere per travisamento e difetto di istruttoria”. In data 2.10.2023 si costituiva la società controinteressata, la quale, con atto precedentemente notificato in data 28.9.2023, proponeva ricorso incidentale, onde ottenere le pronunce a loro volta parimenti meglio indicate in oggetto. Rappresentava che a valle della formazione della graduatoria concorsuale, la Commissione di gara accertava che il costo del personale dichiarato dall’aggiudicatario in sede di offerta non risultava inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle ministeriali di cui all’art. 23, comma 16, del Codice. Precisava che, con verbali di sedute riservate del 6.7.2023 e 17.7.2023, Rep. nn. 14795/2023 e 14808/2023, veniva verificata positivamente, in virtù dell’inversione procedimentale, la documentazione amministrativa presentata in sede di offerta, venendo, dunque, confermata l’aggiudicazione in favore del Consorzio Stabile Ar. S.c. a r.l. Con riguardo al ricorso incidentale eccepiva: “Violazione ed erronea applicazione del disciplinare di gara. Violazione ed erronea applicazione dei principi in tema di inversione procedimentale. Violazione ed erronea applicazione degli artt. 36, co. 5 e 83, co. 8, D.Lgs. 50/2016. Violazione ed erronea applicazione dei principi generali in tema di procedure di evidenza pubblica. Eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità manifesta, travisamento, carente ed erronea motivazione, carente ed erronea istruttoria”. Quanto all’istanza di accesso ex art. 116, comma 2, c.p.a., ne chiedeva l’accoglimento nella parte di proprio interesse, denunciando “Violazione ed erronea applicazione dell’art. 53, D.Lgs. n. 50/2016. Violazione dei principi generali in tema di accesso difensionale. Violazione ed erronea applicazione dei principi in tema di inversione procedimentale. Eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità manifesta, travisamento, carente ed erronea motivazione, carente ed erronea istruttoria”. In data 2.10.2023 si costituiva la Pa. Te. S.r.l., concludendo per la reiezione del ricorso principale in uno alla domanda cautelare. Con successivi due atti per motivi aggiunti, notificati e depositati in data 4.10.2023 e 5.10.2023, il Consorzio Stabile Ar. S.c. a r.l., esponendo di aver rilevato ulteriori profili di criticità con riguardo al criterio B.7 “pari opportunità di genere e generazioni ed inclusione lavorativa”, segnatamente al sub-criterio B.7.2 “adozione percorsi formativi per i giovani e di aggiornamento professionale del personale tecnico”, denunciava: “Violazione ed erronea applicazione del disciplinare di gara. Violazione ed erronea applicazione dell’art.80, co. 5°, D. Lgs. n.50/2016. Violazione ed erronea applicazione dei principi generali in tema di procedure di evidenza pubblica. Eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità manifesta, travisamento, carente ed erronea motivazione, carente ed erronea istruttoria”; “Violazione ed erronea applicazione del disciplinare di gara. Violazione ed erronea applicazione dei principi generali in tema di procedure di evidenza pubblica. Eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità manifesta, travisamento, carente ed erronea motivazione, carente ed erronea istruttoria”; “Violazione ed erronea applicazione del par. 6.2 del disciplinare di gara e dell’art. 59, comma 3, del d.lgs. 50/2016. Eccesso di potere per difetto di istruttoria ed erronea valutazione dei fatti. Violazione del principio di par condicio tra i concorrenti e del divieto di commistione tra offerta tecnica ed economica”; “Violazione ed erronea applicazione del disciplinare di gara. Violazione ed erronea applicazione dei principi generali in tema di procedure di evidenza pubblica. Eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità manifesta, travisamento, carente ed erronea motivazione, carente ed erronea istruttoria”. In data 6.10.2023 si costituiva in giudizio la società Anas S.p.a. - Gruppo F.S.I., concludendo per la reiezione del ricorso principale in uno alla domanda cautelare; del pari, depositava separata memoria chiedendo il rigetto del ricorso incidentale, nonché dei motivi aggiunti. Nella medesima data il R.T. Co. S.r.l. depositava memoria chiedendo il rigetto del ricorso incidentale, nonché dei motivi aggiunti presentati dal Consorzio Stabile Ar. S.c. a r.l. In data 10.10.2023 si teneva l’udienza in camera di consiglio e, uditi i difensori come da verbale, veniva disposto l'abbinamento al merito dell'istanza cautelare e fissata la relativa udienza pubblica al 9.1.2023. Successivamente, alla data del 28.11.2023, veniva fissata l’udienza in camera di consiglio per la trattazione delle istanze di accesso presentate dal R.T. Co. S.r.l. e dal Consorzio Stabile Ar. S.c. a r.l.; a tale data alcuna delle parti compariva e, viste le istanze di passaggio in decisione della domanda senza discussione orale, il Presidente disponeva in conformità. All’esito della decisione della domanda in parte qua, con sentenza n. 1388/2023 pubblicata in data 1.12.2023, il Tribunale Amministrativo Regionale in intestazione accoglieva entrambe le istanze di accesso agli atti, assegnando alla Stazione appaltante il termine di quindici giorni per l’ostensione della documentazione richiesta dalle parti, decorrente dalla notifica o dalla comunicazione in via amministrativa della sentenza. Conseguentemente alla disposta ostensione, con atto notificato e depositato in data 29.12.2023, il R.T. Co. S.r.l. proponeva ricorso per motivi aggiunti denunciando: “Violazione del disciplinare di gara paragrafo 18.1 e violazione ed omessa applicazione dell’art. 80 del d.lgs. 50/2016. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti e sviamento”. Parimenti, con atto notificato e depositato in data 2.1.2024, il Consorzio Stabile Ar. S.c. a r.l. proponeva un terzo ricorso per motivi aggiunti denunciando: “Violazione artt. 45 e 48 D.Lgs. 50/2016 - Violazione artt. 5, 7.2., 7.3. e 7.4. del disciplinare di gara. Eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità manifesta, travisamento”; “Violazione artt. 45, 83, 89 D.Lgs. 50/2026. Violazione art. 8 Disciplinare di gara. Eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità manifesta, travisamento”; “Violazione art. 83 D.Lgs. 50/2016. Violazione art. 7.3, lett. g) del Disciplinare di gara. Eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità manifesta, travisamento”. All’udienza pubblica del 9.1.2024, uditi i difensori come da verbale e vista l’istanza di rinvio proposta dal R.T. Co. S.r.l., per termini a difesa sui motivi aggiunti della controinteressata, il Presidente disponeva il rinvio della trattazione del ricorso al 16.4.2024. A tale ultima data, uditi i difensori come da verbale, la causa veniva definitivamente trattenuta per la decisione. Tutto ciò premesso, con il primo motivo di ricorso il R.T. Co. S.r.l. impugnava la determina di approvazione dell’aggiudicazione in favore del Consorzio Stabile Ar. S.c. a r.l., n. (…) del 21.7.2023, nonché gli ulteriori atti in epigrafe indicati, dolendosi della violazione ed erronea applicazione dei paragrafi 16 e 18 del disciplinare di gara, oltre che dell’eccesso di potere per difetto d’istruttoria, e travisamento, nonché per erronea valutazione dei fatti. In tesi di parte di ricorrente, la relazione tecnica prodotta in fase istruttoria dall’aggiudicataria avrebbe previsto una miglioria ascrivibile al criterio B.1.1 “qualità dei materiali” a modifica del progetto esecutivo riguardante i materiali per lo strato di fondazione in misto granulare stabilizzato, proponendo di ottenere tale strato dal granulato di conglomerato bituminoso (fresato) derivante dalla fresatura del materiale in loco e/o da stoccaggio. Tale miglioria si sarebbe posta in contrasto con quanto previsto dalla lex specialis, ove veniva statuito che le proposte migliorative avrebbero dovuto riguardare unicamente l’adozione di materiali e semilavorati necessari per la realizzazione dei soli conglomerati bituminosi, oltre che con la qualificazione di “rifiuto” - “non suscettibile di riutilizzo in cantiere” - del conglomerato bituminoso (fresato) rimosso dal precedente manto stradale. Orbene, sul punto, il disciplinare di gara, disponeva che “Le proposte migliorative dovranno riguardare unicamente l’adozione di materiali e semilavorati necessari per la realizzazione dei soli conglomerati bituminosi con caratteristiche tali da accelerare i processi di costruzione e minimizzare le esigenze manutentive future nonché un miglioramento del livello di comfort e sicurezza dell'utenza”. Pur volendo ritenere che l’offerta tecnica dell’aggiudicataria avesse confezionato migliorie non consentite dalla lex specialis, il precetto ivi previsto non risulta essere posto sotto comminatoria di esclusione dalla procedura di gara, traslandosi nella mera possibilità per la Commissione di non valutare proposte non consentite. Nel prosieguo, viene evidenziato che “in fase di gara non saranno valutate modifiche al pacchetto previsto in progetto in termini di spessori e distribuzione dei vari strati della pavimentazione e l’aggiudicatario resta obbligato all’esecuzione dei lavori secondo il progetto e le quantità a base di gara” (paragrafo 18.1), non consta, poi, che vi sia stata una esplicazione, ad opera della lex specialis, circa le modalità di realizzazione dello strato di fondazione in misto granulare stabilizzato, né che la controinteressata abbia proposto migliorie/modifiche in termini di spessori e distribuzione dei vari strati della pavimentazione. Ed infatti, il disciplinare, nel prevedere che “le proposte migliorative dovranno riguardare unicamente l’adozione di materiali necessari per la realizzazione dei soli conglomerati bituminosi” non pone alcuna prescrizione sulle modalità di reperimento degli ulteriori strati, purché, in ogni caso, non venga alterata la natura in sé del materiale prescritto per il singolo strato, modifica che in alcun modo si ravvisa nella proposta del Consorzio Stabile Ar. S.c. a r.l. Sotto diversa angolazione, le migliorie qui in discussione avrebbero potuto determinare l’esclusione dalla gara nelle ipotesi citate dal paragrafo 16.2 del disciplinare, a mente del quale avrebbero dovuto essere escluse le offerte tecniche nelle quali vi fossero migliorie comportanti la necessità di “nuovi elaborati di calcolo, verifica, dimensionamento ovvero una nuova ricostruzione geologica e geotecnica, ecc. rispetto al progetto esecutivo a base di appalto”. Ad un’attenta lettura della disposizione in parola, tuttavia, si evince che le migliorie passibili di esclusione dalla procedure sarebbero state unicamente quelle per le quali si fosse resa necessaria la “redazione di nuovi elaborati in sostituzione di quelli a base di appalto”. A conferma di ciò, la Stazione appaltante, nel corso della procedura, chiedeva espressa autorizzazione all’utilizzo degli elaborati tecnici e dei risultati delle indagini integrative di cui alle offerte tecniche. L’asserzione di parte ricorrente, secondo cui la miglioria proposta dall’aggiudicataria comporterebbe “la necessità di procedere a nuovi calcoli strutturali, relativi ai flussi e ai carichi del traffico, poiché quelli previsti dal progetto esecutivo (elaborato progetto stradale) posto a base di gara, alle pagine 65 – 69, non sono adeguati alla miglioria proposta”, non è fondata, non trovando un valido riscontro probatorio, altresì dovendosi rimarcare che la circostanza per la quale detta miglioria avrebbe richiesto un previo studio dei dati di traffico e di mix design ottimizzato per gli interventi non avrebbe necessariamente determinato la sostituzione degli elaborati posti a base di appalto. Parimenti, non sono condivisibili le argomentazioni della ricorrente con riguardo all’inammissibilità della proposta avanzata dalla controinteressata relativa al riutilizzo del fresato rimosso dal precedente malto stradale, onde utilizzarlo per la realizzazione del misto granulare stabilizzato da impiegare per la fondazione dell’opera a realizzarsi. Secondo la prospettazione della ricorrente, il progetto a base di gara avrebbe previsto la qualificazione conglomerato bituminoso come “rifiuto” non suscettibile di riutilizzo. L’argomentazione non è persuasiva. Deve evidenziarsi che il progetto summenzionato non prevede un’impossibilità di riutilizzo sic et simpliciter dei materiali rinvenuti in cantiere, bensì una mera considerazione valutativa – “non è stata ravvisata possibilità di riutilizzo” – e come tale essa non può essere posta a valida motivazione di esclusione dalla gara laddove uno dei concorrenti dimostri che, di fatto, vi potrebbero essere margini di riutilizzo lecito e utile di detto materiale. Tanto più che, guardando alla lex specialis con una visione sistematica, è essa stessa ad affermare che saranno oggetto di valutazione quelle proposte che garantiranno un miglioramento della sostenibilità anche mediante la “presenza di sistemi di trattamento e recupero dei materiali/rifiuti prodotti nelle attività dei campi base e dei cantieri operativi (ad esclusione delle terre e rocce da scavo per la realizzazione dell’intervento) in modo da limitare lo smaltimento esterno al cantiere”. Ad ogni modo, proprio con riguardo al fresato, con sentenza del Consiglio di Stato n. 4151 del 6 agosto 2013 - all’esito dell’intervento nel processo della SITEB Associazione Italiana Bitume Asfalto Strade - si è avuto modo di affermare la natura di “sottoprodotto” del fresato stesso - le cui caratteristiche permettono un immediato ed integrale reimpiego - anziché di “rifiuto” e che il ciclo di riutilizzazione dell'asfalto “non prevede trasformazione e non viene, quindi, riciclato, e può essere recuperato in situ senza operazioni di stoccaggio e deposito”. Conseguentemente, è parimenti privo di pregio l’ultimo profilo di doglianza del motivo qui vagliato, nella parte in cui la ricorrente sostiene che la miglioria proposta avrebbe dovuto comportare l’esclusione dell’offerta della controinteressata, in quanto integrante gli estremi di un’offerta condizionata. In tesi, il recupero del conglomerato bituminoso presente in cantiere - qualificato dalla ricorrente come rifiuto - avrebbe necessitato di un’autorizzazione regionale della macchina operatrice all’uopo utilizzata. L’autorizzazione de qua, in quanto “incerta”, avrebbe asseritamente conferito all’offerta una condizionalità di per sé vietata dal disciplinare di gara. Tanto sulla scorta dell’art. 208, comma 15, del D.lgs. 152/2006, il quale dispone che “Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l'acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano, ed esclusi i casi in cui si provveda alla sola riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee, sono autorizzati, in via definitiva, dalla regione ove l'interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria dell'impianto ha la sede di rappresentanza”; è opportuno precisare che tale disposizione concerne espressamente - come da rubrica dell’articolo - gli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti. Ebbene, dovendosi qualificare il fresato come “sottoprodotto”, deve ritenersi che non trovi applicazione la disposizione in commento e che - condividendo l’assunto della controinteressata e della Stazione appaltante - siano conseguentemente esclusi dall’obbligo dell’autorizzazione e della comunicazione per lo svolgimento delle singole attività gli impianti che provvedono alla sola riduzione volumetrica e alla separazione delle frazioni estranee, quale si configura appunto la fresatrice stradale, da utilizzarsi per la miglioria offerta. Diversamente opinando, la tabella di valutazione di cui a pagina 61 del disciplinare di gara, nel prevedere tre criteri valutativi dell’offerta tecnica - discrezionali (D), tabellari (T) e quantitativi (Q) - con riguardo al criterio B.1.1 qui in disamina, lo assoggetta ad una valutazione di tipo discrezionale della Commissione, rispetto alla quale questo Tribunale non può certamente sostituirsi, salvo che siano allegati e provati vizi di illogicità manifesta, irrazionalità, irragionevolezza, arbitrarietà, travisamento dei fatti. A tal proposito, meritano condivisione le difese della Stazione appaltante, dovendosi dare continuità all’orientamento giurisprudenziale in base al quale “La valutazione delle offerte e, del pari, l’attribuzione dei punteggi da parte della commissione giudicatrice è espressione dell’ampia discrezionalità riconosciuta a tale organo, così che le censure sul merito di tale valutazione sono sottratte al sindacato di legittimità, ad eccezione dell’ipotesi in cui si ravvisi manifesta irragionevolezza, arbitrarietà, illogicità, irrazionalità o travisamento dei fatti” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sentenza n. 6374/2023; in senso conforme, inter plures, Cons. Stato, sentenza n. 7942 del 25 agosto 2023). Per tutto quanto sin qui esposto, il primo motivo di ricorso è infondato nel merito, oltre che per il fatto di essere precipuamente finalizzato ad ottenere un sindacato sostitutivo del Giudice amministrativo su di un giudizio formulato dalla Commissione di gara dominato da alta discrezionalità tecnica. Con il secondo motivo di doglianza la ricorrente si doleva, altresì, della violazione del paragrafo 6.2 della lex specialis e dell’art. 59, comma 3, D.lgs. 50/2016, oltre che dell’eccesso di potere per difetto di istruttoria ed erronea valutazione dei fatti, nonché della violazione del principio di par condicio tra i concorrenti e del divieto di commistione tra offerta tecnica ed economica. Nella specie la ricorrente assumeva che l’aggiudicataria avrebbe proposto quale miglioria al progetto la possibilità di installare una rotatoria stradale che avrebbe prodotto energia elettrica da fonti rinnovabili. Tale proposta in quanto accompagnata da una valorizzazione economica vietata – nella parte in cui conteneva un costo presuntivo di circa € 123.690,00 – avrebbe dovuto determinare l’esclusione dalla gara della controinteressata in applicazione della lex specialis. Con riguardo al divieto di commistione tra offerta tecnica e offerta economica, è stato autorevolmente affermato che “al fine di accertare la violazione del divieto occorre verificare in concreto se l’anticipazione di alcuni elementi economici comporti la possibilità di individuare l’offerta economica complessiva dell’offerente (…). Il divieto, infatti, non va inteso in senso assoluto, dovendosi invece fare riferimento al parametro di giudizio costituito dalla concreta concludenza dei dati economici in quanto anticipatori della conoscenza dell’offerta economica. In particolare, il giudice amministrativo deve procedere di volta in volta a una valutazione in concreto circa l’effettiva attitudine degli elementi dell’offerta economica resi anticipatamente noti a condizionare le scelte della commissione di gara” (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, sentenza n. 633 del 18 aprile 2024; in senso conforme, Cons. Stato, sentenza n. 9047 del 24 ottobre 2022). Ebbene, nel caso in esame è bene precisare che l’importo complessivo dell’appalto è pari ad € 37.633.193,29 e che il valore della miglioria stimato in € 123.690,00, non può, in alcuna maniera, considerarsi anticipatorio dell’offerta economica. In tal modo, detta valorizzazione non può realisticamente assumersi come virtualmente suscettiva di condizionare le scelte della Commissione di gara. Il secondo motivo di ricorso è, pertanto, infondato. Il terzo motivo di doglianza del ricorso principale può essere oggetto di trattazione unitaria con il primo ed unico motivo di ricorso per motivi aggiunti, vertendo entrambi sul criterio B.7.2 “adozione percorsi formativi per i giovani e di aggiornamento professionale del personale tecnico” del disciplinare di gara. Per il tramite della doglianza in esame, la ricorrente eccepiva la violazione del paragrafo 18.1 della lex specialis e dell’art. 80 del D.lgs. 80/2016, nonché l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti e sviamento. In relazione al criterio B.7.2, parte ricorrente sosteneva che alla controinteressata sarebbe stato illegittimamente attribuito il punteggio di cinque punti, in quanto dall’esame degli allegati resi ostensibili con sentenza di questo Tribunale Amministrativo Regionale (sopra citata), sarebbe emerso che: “il Consorzio Ar., all’atto della presentazione dell’offerta, non aveva alcun dipendente; non vi è traccia infatti di documenti atti a comprovare “ogni aspetto del rapporto con i propri dipendenti (procedure/organigrammi/contratti, ecc.)” sebbene espressamente richiesti dal disciplinare di gara e non ha dimostrato di aver svolto corsi di formazione specifici per l’inserimento nel contesto aziendale in favore dei suoi dipendenti (anche perché non ne aveva) in patente violazione del paragrafo 18.1. innanzi richiamato. E, peraltro, i corsi di formazione di cui fornisce documentazione (oltre a riguardare corsi futuri e, dunque, non rispondenti al disciplinare) non rispondono alla tipologia di corsi di cui fa menzione la lex specialis”; mentre, quanto alla consorziata Pa. Te. S.r.l., la stessa non avrebbe prodotto “alcuna documentazione atta a comprovare ‘ogni aspetto del rapporto con i propri dipendenti (procedure/organigrammi/contratti, ecc.)’ e gli attestati che ha presentato non hanno attinenza con i corsi di formazione specifica richiesti dalla lex specialis”. In proposito, deve rammentarsi - come correttamente evidenziato dalla difesa della Stazione appaltante - che, al fine di attribuire la valutazione tabellare con riguardo ai tre sub criteri riguardanti l’adozione dei percorsi formativi per i giovani e di aggiornamento professionale del personale tecnico, la Commissione di gara è chiamata a valutare il contenuto dell’allegato “GT_B.7.2 – Dichiarazione percorsi formativi aziendali”. Ebbene, in relazione a tale allegato la documentazione suscettiva di esservi contenuta non è prevista tassativamente; nel paragrafo 18.1 si prevede, infatti, che “Dovrà essere prodotta la documentazione aziendale che contenga ogni aspetto del rapporto con i propri dipendenti (procedura/organi/ contratti ecc.) in grado di confermare quanto dichiarato nell’allegato”. Nel caso di specie, come evincibile dal verbale del 18.5.2023, la Commissione ha ritenuto sufficiente la documentazione prodotta sia con riguardo alla controinteressata che con riguardo alla consorziata Pa. Te. S.r.l., affermando che “Il concorrente ha inoltre presentato l’allegato B.7.2 recante la documentazione a comprova di quanto dichiarato”. Pur dovendo condividersi la considerazione che, nel caso in esame, il criterio di valutazione sia di tipo tabellare, con conseguente discrezionalità - teoricamente - limitata al fatto, alla mancata individuazione specifica della tipologia di documenti finalizzati a detto giudizio, consegue ineluttabilmente l’attribuzione di una maggiore discrezionalità in capo alla Commissione, la quale è chiamata a valutare procedimentalmente se ritenere sufficiente o meno quanto allegato dalla concorrente a comprova delle proprie dichiarazioni. Ad ogni buon conto, la documentazione versata agli atti del presente giudizio dalla Stazione appaltante non presenta caratteri di palese inattendibilità e, pertanto, l’esito del giudizio non si caratterizza per la sua evidente insostenibilità dal punto di vista della razionalità e ragionevolezza degli esiti. Il terzo motivo di ricorso principale ed il primo ed unico motivo di ricorso per motivi aggiunti sono, dunque, infondati. Conseguentemente al rigetto delle domande proposte dalla S.r.l. R.T. Co.Bit., non merita accoglimento la domanda concernente la dichiarazione di inefficacia del contratto eventualmente stipulato tra Anas S.p.a. e la controinteressata, quale diretto effetto dell’aggiudicazione della gara d’appalto nei confronti di quest’ultima; aggiudicazione che, per tutto quanto sin qui esposto, non si dimostra essere affetta dai problemi procedimentali sollevati dalla ricorrente, anche nelle forme dei denunciati vizi di eccesso di potere per difetto di istruttoria, per travisamento dei fatti, per sviamento, nonché per l’asserita violazione del principio di par condicio tra i concorrenti. Il rigetto del ricorso principale e di quello per motivi aggiunti implica la reiezione, altresì, nel merito, di tutte le censure meramente consequenziali e derivate. La domanda di annullamento del parziale diniego è stata oggetto di separata pronuncia di questo Tribunale Amministrativo Regionale, intervenuta con sentenza n. 1388, pubblicata il 1.12.2023. In conseguenza di quanto sin qui esposto, il ricorso incidentale presentato dalla controinteressata, in uno ai primi, secondi e terzi motivi aggiunti, meritano di essere dichiarati improcedibili per difetto d’interesse, ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. c, del codice di rito. Da ultimo, in considerazione della natura e della peculiarità in fatto della presente controversia, sussistono gravi ed eccezionali ragioni di equità per disporre la compensazione delle spese di lite. P.Q.M. il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso principale e sui motivi aggiunti, li respinge in quanto infondati nel merito. Dichiara improcedibile, ex art. 35, comma 1, lett. c, c.p.a., il ricorso incidentale proposto dal Consorzio Stabile Ar. S.c. a r.l., unitamente ai primi, secondi e terzi motivi aggiunti. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Orazio Ciliberti, Presidente Alfredo Giuseppe Allegretta, Consigliere, Estensore Donatella Testini, Consigliere
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 519 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da Wi. Sa. Ma. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Ro., Gi. Ma., Si. Vi. e Br. To., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Gi. Ma. in Bari, via (...); contro Ministero della Difesa, Ministero dell'Interno, Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero della Cultura, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero delle Imprese e del Made in Italy, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Bari, alla via (...); Regione Puglia, Arpa Puglia, Azienda Sanitaria Locale Foggia, Autorità di Bacino dell'Appennino Meridionale, Comune di (omissis), Comune di (omissis), Consorzio di Bonifica della Ca., Agenzia del Demanio, Provincia di Foggia, Anas s.p.a., Ac. Pu. s.p.a., Enav s.p.a., Enac - Ente Nazionale Aviazione Civile, non costituiti in giudizio; nei confronti En. Di. s.p.a. ed altri, non costituiti in giudizio; sul ricorso numero di registro generale 994 del 2023, proposto da Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ag. Me., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via (...); contro Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Bari, via (...); Regione Puglia, non costituita in giudizio; nei confronti Wi. Sa. Ma. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Bu., Gi. Ma., Si. Vi. e Br. To., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Gi. Ma. in Bari, via (...); per l'annullamento A) quanto al ricorso n. 519 del 2023: a) per quanto riguarda il RICORSO INTRODUTTIVO: al fine di sentir dichiarare la nullità o comunque l'illegittimità e quindi ottenere l'annullamento, dei seguenti atti e provvedimenti: 1) la nota della Regione Puglia - Sezione Transizione Energetica del 16 febbraio 2023, n. 3138 con cui è stata indetta la conferenza dei servizi in data 3 marzo 2023 per il progetto eolico "Sa. Ma." da realizzare in Comune di (omissis); 2) il verbale della conferenza dei servizi del 3 marzo 2023; 3) la nota della Regione Puglia - Sezione Transizione Energetica del 14 marzo 2023, n. 4487 con cui è indetta la conferenza di servizi in data 3 aprile 2023; 4) il verbale della Conferenza di Servizi del 3 aprile 2023, limitatamente alle parti in cui omette di riconoscere (i) l'assorbimento nella delibera del Consiglio dei Ministri dell'autorizzazione paesaggistica ex art 146 del d.lgs. n. 42/2004 e (ii) che l'autorizzazione unica si è già formata per silenzio; nonché dei seguenti atti presupposti: 5) nota della Regione Puglia - Servizio Energia e Fonti alternative e rinnovabili del 7 ottobre 2022, n. 10122 avente ad oggetto: "procedimento di accertamento di compatibilità o di autorizzazione paesaggistica a favore di proponenti già dotati di titolo di compatibilità ambientale acquisito in sede statale" (doc. 12); 6) nota della Regione Puglia - Sezione Transizione Energetica del 28 novembre 2022, n. 13016 con cui sono state chieste integrazioni documentali alla ricorrente (doc. 13); 7) ogni altro atto o provvedimento connesso o presupposto, anche se non conosciuto; nonché per la condanna della Regione Puglia ad emettere il provvedimento espresso di autorizzazione unica ai sensi dell'art. 34, lett. c) c.p.a.; o comunque per accertare che il progetto eolico della ricorrente denominato "Sa. Ma.", da realizzare in Comune di (omissis) è già dotato dell'autorizzazione unica di cui all'art. 12 del d.lgs. 387/2003 formatasi per il decorso del termine di cui all'art. 7, comma 2 del D.L. 50/2022; b) per quanto riguarda i MOTIVI AGGIUNTI presentati dalla stessa società il 4/10/2023: al fine di sentir accertare che il progetto eolico della ricorrente denominato "Sa. Ma.", da realizzare nel Comune di (omissis), è dotato dell'autorizzazione unica di cui all'art. 12 del d.lgs. 387/2003 a far data dal momento in cui si è formato il silenzio-assenso per il decorso del termine di cui all'art. 7, comma 2, del D.L. 50/2022 ed eventualmente al fine di sentir dichiarare la nullità o comunque l'illegittimità e quindi ottenere l'annullamento, anche dei seguenti atti e provvedimenti: 8) determina dirigenziale n. 152 del 27 giugno 2023 rilasciata dalla Regione Puglia - Sezione Transizione Energetica e recante autorizzazione unica alla costruzione e all'esercizio di un impianto eolico, per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile eolica, costituito da 8 aereogeneratori, ciascuno di potenza nominale pari a 4,2 MWe per una potenza complessiva di 33,6 MWe, sito nel Comune di (omissis) (FG), località (omissis) e (omissis) per l'eventualità in cui debba ritenersi che il predetto provvedimento abbia inteso produrre degli effetti autorizzatori a far data dalla propria emanazione, disconoscendo l'intervenuta formazione del silenzio-assenso sull'istanza di autorizzazione unica ai sensi dell'art. 7, co. 2, del D.L. 50/2022 (doc. 25); 9) degli ulteriori atti presupposti, consequenziali e connessi, ancorché non conosciuti, fra cui anche quelli di seguito indicati, nella parte in cui debba ritenersi che abbiano negato la formazione del silenzio-assenso sull'istanza di autorizzazione unica ai sensi dell'art. 7, co. 2, del D.L. 50/2022: 9.1) nota prot. n. 9338 del 30 maggio 2023 con cui la Sezione Transizione Energetica ha comunicato l'esito dell'attività istruttoria e richiesto a Wi. Sa. Ma. s.r.l. la trasmissione di ulteriore documentazione (doc. 26); 10) tutti gli atti già impugnati con il ricorso introduttivo del presente giudizio, da ritenersi re-impugnati con i presenti motivi aggiunti; B) quanto al ricorso n. 994 del 2023: a) per quanto riguarda il RICORSO INTRODUTTIVO: per l'annullamento: -della determinazione dirigenziale n. 152 del 27.6.2023 con cui il Dirigente della Sezione Transizione Energetica della Regione Puglia ha rilasciato alla Soc. Wi. Sa. Ma., per quanto qui di interesse, l'"Autorizzazione Unica ai sensi del Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 relativa alla costruzione ed all'esercizio: -di un impianto eolico, per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile eolica, costituito da 8 aerogeneratori, ciascuno di potenza nominale pari a 4,2 MWe per una potenza complessiva di 33,6 MWe, sito nel Comune di (omissis) (FG), località (omissis)..." e ad altre opere connesse; -di tutti gli atti, proposte istruttorie e/o pareri sottesi all'adozione della gravata Autorizzazione Unica e ivi richiamati; in particolare: -della deliberazione del Consiglio dei Ministri del 16.9.2022, contenente il giudizio positivo di compatibilità ambientale, corredata dal parere positivo con prescrizioni della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS; -del verbale finale della conferenza di servizi endoprocedimentale del 3.4.2023; -della nota regionale di comunicazione esito dell'attività istruttoria del 30.5.2023 -della nota prot. n. 7454 del 24.4.2023 della Sezione Transizione Energetica regionale; nonché dell'atto unilaterale d'obbligo sottoscritto con la Regione l'1.6.2023; -di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale al provvedimento impugnato, ancorché non noto all'Ente locale ricorrente; b) per quanto riguarda il RICORSO INCIDENTALE presentato dalla società Wi. Sa. Ma. s.r.l. il 14/11/2023: per ottenere l'accertamento che il progetto eolico denominato "Sa. Ma.", da realizzare in Comune di (omissis), è dotato dell'autorizzazione unica di cui all'art. 12 del d.lgs. 387/2003 a far data dal momento in cui si è formato il silenzio-assenso per il decorso del termine di cui all'art. 7, comma 2 del D.L. 50/2022; ed eventualmente per l'annullamento e/o la dichiarazione di nullità dei seguenti atti e provvedimenti: 1) determina dirigenziale n. 152 del 27 giugno 2023 rilasciata dalla Regione Puglia - Sezione Transizione Energetica, recante autorizzazione unica alla costruzione e all'esercizio del progetto eolico denominato "Sa. Ma." da realizzare nei Comuni di (omissis) e (omissis) per l'eventualità in cui debba ritenersi che il predetto provvedimento abbia disconosciuto l'intervenuta formazione per silenzio-assenso sull'istanza di autorizzazione unica ai sensi dell'art. 7, co. 2 del DL 50/2022 e gli atti connessi, propedeutici e consequenziali, nella parte in cui debba ritenersi che abbiano negato la formazione del silenzio-assenso sull'istanza di autorizzazione unica ai sensi dell'art. 7, co. 2 del DL 50/2022: 1.A) la nota della Regione Puglia - Sezione Transizione Energetica del 16 febbraio 2023, n. 3138 con cui è stata indetta la conferenza dei servizi in data 3 marzo 2023; 1.B) il verbale della conferenza dei servizi del 3 marzo 2023; 1.C) la nota della Regione Puglia - Sezione Transizione Energetica del 14 marzo 2023, n. 4487 con cui è indetta la conferenza di servizi in data 3 aprile 2023; 1.D) il verbale della Conferenza di Servizi del 3 aprile 2023 e la comunicazione di conclusione del procedimento di cui alla nota prot. n. 9338 del 30 maggio 2023, limitatamente alle parti in cui omettono di riconoscere (i) l'assorbimento nella delibera del Consiglio dei Ministri dell'autorizzazione paesaggistica ex art 146 del d.lgs. n. 42/2004 e (ii) che l'autorizzazione unica si è già formata per silenzio; 1.E) la nota della Regione Puglia - Servizio Energia e Fonti alternative e rinnovabili del 7 ottobre 2022, n. 10122 avente ad oggetto: "procedimento di accertamento di compatibilità o di autorizzazione paesaggistica a favore di proponenti già dotati di titolo di compatibilità ambientale acquisito in sede statale"; 1.F) la nota della Regione Puglia - Sezione Transizione Energetica del 28 novembre 2022, n. 13016 con cui sono state chieste integrazioni documentali alla ricorrente; 2) gli strumenti urbanistici e paesaggistici che disciplinano la zona rurale delle marane di (omissis) e, in particolare: 2.A) delibera di C.C. di (omissis) n. 16 del 21 giugno 2018; 2.B) delibera di G.R. Puglia n. 789 del 17 maggio 2021; 2.C) delibera di C.C. di (omissis) n. 46 dell'11 dicembre 2021; 2.D) delibera del Commissario Prefettizio di (omissis) n. 1 del 24 marzo 2022; 2.E) le NTA del PUG di (omissis) (in particolare art. 4.02, n. 10; art. 4.06; art. 4.07, punto 5, lett. A.2.2.; art. 4.07, punto 6, n. 2, punto 3.2.2., lett. f); art. 10.02/bis lett. e); art. 10.03/bis, punto A.2.1.; art. 10.04/bis, punto A.3.2.1. e punto C.3.2. e); art. 10.05/bis lett. e)); 2.F) l'art. 54, co. 2, lett. a.6) delle NTA del PPTR pugliese e l'elaborato 4.4.1 - Linee guida sulla progettazione e localizzazione di impianti di energia rinnovabile, parte seconda; 2.H) ogni altra disposizione applicabile alla zonizzazione di interesse del progetto eolico "Sa. Ma." e asseritamente impeditiva alla sua realizzazione, fra cui a titolo esemplificativo l'art. 4.07/adeg., punto 6, punto 2, lett. C), numero 3.2., lett. e) delle NTA del PUG e l'art. 83 delle NTA del PPTR pugliese. 3) ogni altro atto o provvedimento connesso o presupposto a quelli impugnati, anche se non conosciuto; Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa, del Ministero dell'Interno, del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, del Ministero della Cultura, del Ministero dell'Economia e delle Finanze, del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Wi. Sa. Ma. s.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2024 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti gli avvocati Ma. Ro., Si. Vi. e Ni. Ga., quest'ultimo su delega dell'avv. Br. To., per la società ricorrente; l'avv. dello Stato Fa. Ro. per la difesa erariale; l'avv. Ag. Me. per il comune ricorrente; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue; FATTO e DIRITTO 1.- Vengono in decisione i ricorsi nn. 519/2023 e 994/2023 R.G., aventi ad oggetto l'autorizzazione del progetto per la realizzazione dell'impianto eolico denominato Sa. Ma., facente capo alla Wi. Sa. Ma. s.r.l. (d'ora in poi solo Wi.), costituito da 8 aerogeneratori per una potenza complessiva di 33,60 MW, da realizzare nei Comuni di (omissis) e (omissis). 1.1.- Il primo dei due giudizi (il n. 519/2023), proposto dalla predetta società, ha ad oggetto la domanda di annullamento degli atti di indizione e celebrazione della conferenza di servizi convocata dalla Regione Puglia per il rilascio dell'autorizzazione unica, la richiesta di condanna della Regione stessa ad emettere il provvedimento espresso di autorizzazione unica ai sensi dell'art. 34, lett. c) c.p.a. e, in ogni caso, l'accertamento che il progetto eolico in questione fosse già dotato dell'autorizzazione unica di cui all'art. 12 del d.lgs. 387/2003 prima della convocazione della conferenza, formatasi per il decorso del termine di cui all'art. 7, comma 2 del D.L. 50/2022 (ricorso introduttivo); nonché la domanda di annullamento dell'autorizzazione rilasciata all'esito di quel procedimento -unitamente agli atti connessi- nell'eventualità in cui si ritenga che abbia inteso disconoscere l'intervenuta formazione del titolo autorizzativo per silenzio-assenso ai sensi e per gli effetti del già richiamato art. 7, D.L. 50/2022 (motivi aggiunti proposti in data 4 ottobre 2023). Il secondo dei su riportati giudizi (il n. 994/2023), parimenti diretto all'impugnazione della predetta autorizzazione unica, è stato invece proposto dal Comune di (omissis) che lamenta -in estrema sintesi- il contrasto con il regime vincolistico gravante sull'area di progetto in quanto ricadente in zona agricola -detta delle Marane- individuata dal PPTR tra gli "ulteriori contesti paesaggistici; previsione attuata dallo strumento urbanistico comunale e del quale risulterebbe violato il combinato disposto degli artt. 4.02, n. 10, 4.06, 4.07, punti 5, lett. A.2.2, 6, n. 2, punto 3.2.2 lett. f), alla stregua del quale in tale zona possono essere realizzati soltanto impianti fotovoltaici (e non impianti eolici quale quello proposto dall'odierna ricorrente). Le richiamate disposizioni -in tesi- troverebbero conferma nei seguenti articoli delle stesse NTA: 1) gli artt. 10.02 bis, lett. e) e 10.03 bis, punto A.2.1, che qualificano le Marane come Ulteriori contesti paesaggistici; 2) l'art. 10.04 bis, punti A.3.2.1 e C 3.2 lett.e), per cui si deve far riferimento alle misure di utilizzazione e salvaguardia previste dagli arrt. 54 e 83 delle NTA del PPTR; 3) infine l'art. 10.05, lett. e), secondo cui per l'installazione di impianti di energia da fonti rinnovabili "...valgono le disposizioni normative regionali e le linee guida sviluppate in modo sistematico nel PPTR", ossia l'Elaborato 4.4.1 del PPTR, agli atti di causa (doc. 10). In questo giudizio la Wi. ha proposto ricorso incidentale in data 14 novembre 2023 impugnando: a) di nuovo la stessa autorizzazione unica, sempre nell'eventualità che se ne voglia interpretare l'adozione come disconoscimento dell'intervenuta formazione del titolo autorizzativo per silentium ai sensi dell'art. 7, comma 2, D.L. n. 50/2022 più volte menzionato; b) in parte qua, gli strumenti pianificatori richiamati dal Comune (P.P.T.R. e P.U.G. adeguato al P.P.T.R.), sempre nell'eventualità che non si ritenga formato il silenzio assenso. Considerata l'unicità della vicenda oggetto dei due giudizi, la Wi. ne ha chiesto la riunione ai sensi e per gli effetti dell'art. 70 c.p.a., anche in ossequio ai principi di economia processuale e sinteticità degli atti. 1.2.- Si ricostruisce più in dettaglio la vicenda in punto di fatto, richiamandone di seguito i passaggi più salienti. Nel 2020 la Wi. s.r.l. (dante causa della Wi. Sa. Ma. s.r.l., quest'ultima cessionaria del relativo ramo di azienda e odierna ricorrente) presentava alla Regione Puglia istanza di autorizzazione unica ex art. 12, d.lgs. 387/2003 e all'allora Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Mare e del Territorio (ora MASE) istanza di VIA nell'ambito del procedimento unico ambientale (PUA), ex art. 27, d.lgs. 152/2006, chiedendo di acquisire all'interno di questo l'autorizzazione paesaggistica, l'autorizzazione riguardante il vincolo idrogeologico e l'accertamento di compatibilità con il piano di assetto idrogeologico. Con nota prot. n. 11918 del 15/11/2021 la Regione Puglia, dopo aver disposto varie integrazioni documentali, comunicava la verifica positiva dei soli requisiti tecnici per l'ammissibilità dell'istanza in questione e l'impossibilità di concludere favorevolmente la verifica dei requisiti amministrativi a causa del mancato perfezionamento di taluna documentazione espressamente indicata; precisava contestualmente che, a valle della conclusione della procedura ambientale in corso presso il Ministero della Transizione Ecologica, oggi Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica (di seguito MASE) e comunque entro i termini previsti dall'art. 14 e seguenti della legge n. 241/1990, avrebbe provveduto alla convocazione della riunione della Conferenza di servizi ai fini del rilascio dell'autorizzazione ex art. 12 del D.Lgs. 387/2003, allorquando accertato il possesso dei requisiti. La procedura ambientale si concludeva positivamente, giusta deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella seduta del 16 settembre 2022 con gli effetti di cui all'art. 27, comma 8, del d.lgs. 152/2006. La decisione veniva assunta da tale organo apicale in ragione del contrasto tra l'allora Ministero della Transizione Ecologica e il Ministero della Cultura che avevano, invero, espresso posizioni antitetiche sul progetto eolico: il primo Dicastero favorevole, il secondo contrario, giusta note -rispettivamente- del 25 giugno 2021 n. 122 e dell'11.4.2021 n. 13821 (cfr. doc. 6 e 7 agli atti di causa). Il Ministero dell'Ambiente comunicava quindi la decisione del Governo alla Regione Puglia e alle altre Amministrazioni locali interessate, fra cui il Comune di (omissis), il 7 ottobre 2022, facendo decorrere il termine di 60 giorni per la conclusione del procedimento di autorizzazione unica in corso attraverso un provvedimento di autorizzazione unica espresso, in difetto del quale -per espressa previsione dello stesso art. 7, del D.L. n. 50/2022- "l'autorizzazione si intende rilasciata". La Regione Puglia non chiudeva il procedimento nel termine prescritto; ed anzi, solo allo spirare dello stesso, convocava la prima riunione della conferenza di servizi, non senza aver previamente informato tutte le società proponenti destinatarie di analoghi provvedimenti emessi dalla Presidenza del CdM (inclusa la società odierna ricorrente) che "... in ragione del carattere di specialità della disciplina posta dall'art. 146 D.lgs. n. 42/2004, il provvedimento di V.I.A., ove previsto, non elimina sic et simpliciter la necessità di conseguire l'autorizzazione paesaggistica, non potendo questa ritenersi automaticamente assorbita nel provvedimento di V.I.A. (rif. T.A.R. PUGLIA, Bari, Sezione I - 19 marzo 2019, n. 403).." (cfr. nota prot. n. 10122 del 7/10/2022). La Wi. pertanto, nell'espresso convincimento che l'autorizzazione paesaggistica dovesse ritenersi rilasciata con VIA favorevole e che l'autorizzazione unica si fosse già formata per silentium ex art. 7, D.L. 50/2022, si determinava all'impugnazione, con il ricorso introduttivo del giudizio n. 519/2023 R.G., degli atti e delle note del procedimento regionale avviato tardivamente. Nelle more, la Regione convocava la seconda riunione della conferenza di servizi e ne concludeva i lavori "rilevando il segno prevalentemente favorevole e rinviando successivamente la formalizzazione della comunicazione di conclusione del procedimento in oggetto" (doc. 23). Nelle settimane seguenti poi, la Regione stessa dapprima dichiarava formalmente la "conclusione dell'attività istruttoria finalizzata al titolo ex art. 12 del D.Lgs. 387/2003" (nota del 30/5/2023; doc. 26) e, successivamente, rilasciava l'autorizzazione unica esplicita con determina dirigenziale n. 152 del 27 giugno 2023. Tuttavia, il rilascio del titolo non determinava l'abbandono da parte della Wi. dell'impugnazione già proposta stante il gravame promosso contro la stessa autorizzazione da parte del Comune di (omissis) iscritto al n. 994/2023 R.G., incentrato -come sarà meglio chiarito nel prosieguo- sul contrasto tra l'intervento in questione e l'UCP "le marane di (omissis)"; ed anzi la società Wi. impugnava a questo punto la stessa autorizzazione, con motivi aggiunti nel giudizio già incardinato (n. 519/2023), unitamente agli atti connessi, nell'eventualità che si fosse inteso disconoscere -con tale provvedimento espresso- il titolo autorizzativo già formatosi per silenzio assenso ex art. 7, comma 2, D.L. 50/2022. Con tale chiedeva, quindi, di accertare l'intervenuta produzione dell'effetto autorizzativo a far data dalla formazione del silenzio-assenso e, conseguentemente, di dichiarare l'efficacia meramente confermativa della determina dirigenziale n. 152/2023; inoltre, con contestuale ricorso incidentale promosso nel giudizio n. 994/2023 proposto dal Comune, contestava: a) per un verso, nuovamente l'autorizzazione unica nell'eventualità che la sua adozione venisse interpretata come disconoscimento dell'intervenuta formazione del titolo autorizzativo per silentium ai sensi del più volte richiamato art. 7, comma 2, D.L. n. 50/2022; b) per altro verso, gli strumenti pianificatori richiamati dal Comune, di cui sopra si è detto, sempre nell'eventualità che non si ritenesse formato il titolo per silenzio assenso. All'udienza del 20 febbraio 2024, all'esito della discussione di merito, i due gravami sono stati introitati per la decisione. 2.- Preliminarmente se ne dispone la riunione ai sensi e per gli effetti dell'art. 70 c.p.a. in ragione della connessione soggettiva ed oggettiva, in adesione alla richiesta in tal senso formulata dalla società ricorrente. 3.- Ancora in via preliminare si esamina l'istanza di estromissione presentata dalla difesa erariale -in data 1.12.2023 nel giudizio n. 519/2023- per conto della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero dell'Economia e delle Finanze, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Ministero dell'Interno in ragione dell'estraneità delle Amministrazioni statali alle domande proposte dalla società Wi.. La domanda può essere in effetti accolta, non avendo nel giudizio in questione (il n. 519) la società ricorrente proposto censura alcuna avverso atti di tali Amministrazioni. 4.-L'esame della complessiva controversia deve, poi, prendere le mosse dal ricorso n. 994/2023; è indubbio che l'interesse della Wi. al ricorso n. 519/2023 sia subordinato all'esito dell'impugnativa dell'autorizzazione unica promossa dal Comune di (omissis). 4.1.- Rispetto a tale giudizio, in via preliminare vanno respinte le eccezioni processuali di tardività e inammissibilità opposte dalla Wi.. Il gravame sarebbe tardivo sotto due distinti profili: a) per non aver il Comune impugnato tempestivamente, nei 60 giorni dalla comunicazione (che sarebbe avvenuta il 7 ottobre 2022 giusta nota esibita in giudizio, priva però della prova di ricezione; cfr. doc.10), la richiamata deliberazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri che, in quanto atto conclusivo del sub procedimento di valutazione di compatibilità ambientale del progetto, avrebbe dovuto essere gravata in via autonoma; b) per tardiva impugnazione della determinazione motivata di conclusione della conferenza (la citata nota prot. 9338 del 30 maggio 2023) che costituirebbe l'atto provvedimentale a rilevanza esterna. Sarebbe inoltre inammissibile sotto tre distinti profili: a) per non esser state esplicitate specifiche censure avverso la predetta deliberazione del Consiglio dei ministri, quand'anche si intendesse superare l'eccezione di tardività ; b) perché non notificato alle Amministrazioni titolari degli interessi composti dalla delibera stessa (ossia il Ministero dell'Ambiente e quello della Cultura); c) per mancata impugnazione del titolo autorizzativo formatosi per silentium. Tali eccezioni non sono tuttavia suscettibili di favorevole apprezzamento. 4.1.1.- Quanto alla prima eccezione di tardività, come rimarcato dalla difesa comunale, le determinazioni in parola non potevano far sorgere l'obbligo di immediata impugnazione in quanto prive del carattere della definitività . Si riporta in proposito un passaggio di una recente pronunzia del Tar Milano: "il parere di incompatibilità paesaggistica, di cui all'art. 167, comma 5, d.lgs. n. 42/2004, per la realizzazione di una copertura vetrata sul terrazzo di un immobile ubicato in ambito assoggettato a vincolo paesaggistico, non necessariamente deve costituire oggetto di immediata e autonoma impugnazione entro il termine decadenziale previsto per il ricorso giurisdizionale, poiché ciò porterebbe, in primo luogo, a negare qualsivoglia distinzione tra funzione di amministrazione attiva e funzione consultiva e, in secondo luogo, a determinare un trasferimento di potestà provvedimentale annullando la categoria stessa dei pareri vincolanti, oltre che, in ultimo, a svuotare di contenuto il potere provvedimentale, di fatto trasferito in capo a organi diversi rispetto a quelli individuati dalla legge, in evidente contraddizione con il principio di legalità in senso formale" (cfr. Sez. II, 28/11/2019, n. 2545; in termini, T.A.R. Trento, Sez. I, 22/11/2021, n. 184). Mutatis mutandi, i principi appena enunciati ben si attagliano alla fattispecie che ci occupa atteso che l'autorizzazione, anche nel nostro caso, è stata rilasciata all'esito di una procedura unica. 4.1.2.- Quanto all'ulteriore eccezione di tardività, sia sufficiente rimarcare che l'atto conclusivo del procedimento -ancora una volta come ben rilevato dalla difesa comunale- è il provvedimento n. 152/2023 che infatti dispone espressamente il rilascio dell'autorizzazione unica (vedi pag. 32); la nota prot. 9338 del 30.5.2023 reca invece la mera "comunicazione di conclusione dell'istruttoria finalizzata al provvedimento finale di Autorizzazione Unica" (come ben chiarito a pag. 40 dell'A.U.), con la quale la Regione si è limitata a comunicare "...la conclusione della fase dell'istruttoria tecnica ed amministrativa in ordine al rilascio dell'Autorizzazione Unica" stessa (cfr. pag. 42 dell'A.U.). Non può dunque essere qualificata come atto conclusivo del procedimento. 4.1.3.- Venendo poi ai plurimi profili di inammissibilità dedotti, valgano le considerazioni che seguono. a) Sotto il primo profilo, deve osservarsi che le lagnanze del Comune sono essenzialmente incentrate sul contrasto tra il progetto in parola e il vincolo ambientale derivante dal PPTR e dal PUG a quest'ultimo adeguato (contrasto già segnalato dal Comune stesso nella conferenza di servizi sebbene senza esito, come attestato nella stessa Autorizzazione gravata a pag. 24); e che, contrariamente a quanto sostenuto da Wi., la censura è dedotta -difetto di istruttoria e contrasto con la normativa di piano specificamente richiamata- e risulta compiutamente formulata nel ricorso (cfr. ricorso in particolare sub I.II e I.III). b) Sotto il secondo profilo, sia sufficiente rimarcare che il gravame risulta notificato, sia all'Amministrazione procedente (la Regione) sia alla Presidenza del Consiglio che ha espresso il parere di cui si lamenta l'incompletezza; e che, sull'insussistenza di un obbligo di notifica a tutte le Amministrazioni partecipanti alla Conferenza di servizi (e dunque, più in generale, ad un modulo unitario), si è espressa costantemente la giurisprudenza amministrativa, individuando quale unica eccezione l'ipotesi delle Amministrazioni che abbiano espresso pareri o determinazioni che i ricorrenti avrebbero potuto impugnare autonomamente se gli stessi fossero stati adottati al di fuori del peculiare modulo procedimentale di che trattasi (cfr., da ultimo, T.A.R. Napoli, Sez. VII, 04/04/2022, n. 2288; T.A.R. Milano, Sez. II, 07/01/2020, n. 37; T.A.R. Torino, Sez. I, 13/05/2019, n. 574). Nella fattispecie, come detto, la VIA è stata espressa nell'ambito del procedimento unico e il ricorso è stato notificato anche alla Presidenza del Consiglio. c) Infine, va respinta l'ultima eccezione di inammissibilità, non potendosi essere formata sull'istanza della Wi. alcun silenzio assenso da impugnare considerata l'incompletezza dell'istruttoria e il possibile contrasto con la disciplina paesaggistica, come sarà meglio chiarito al punto successivo. 4.2.- Nel merito il ricorso introduttivo del giudizio si rivela fondato. Sostiene il Comune ricorrente, come su anticipato, che l'impianto eolico della Wi. s.r.l. non avrebbe potuto essere autorizzato senza la puntuale considerazione degli effetti rivenienti dalla sua localizzazione nel cd. "ulteriore contesto" delle Marane di (omissis), sottoposto a tutela dal vigente PPTR, attuato dallo strumento urbanistico comunale; e che, invece, tale valutazione non sia emersa in modo compiuto nel corso del procedimento unico, né nella fase di valutazione dell'impatto ambientale da parte del Consiglio dei Ministri né nella fase successiva della conferenza di servizi indetta dalla Regione sebbene la Regione stessa avesse fatto rilevare la necessità di ripetere a valle la valutazione di compatibilità paesaggistica (come riportato nella narrativa dell'autorizzazione unica impugnata), il PPTR sia un atto regionale e la variante al PUG di adeguamento al piano paesistico sia stata oggetto di approvazione da parte della Regione (cfr. DGR n. 789 del 17 maggio 2021). Ciò che si sarebbe tradotto in un palese difetto di istruttoria e di motivazione. I rilievi colgono nel segno. Prendendo le mosse dalla fase di V.I.A., gli unici riferimenti alle "marane" sono contenuti nel parere -negativo- espresso dal Ministero della cultura; ma dalla deliberazione del Consiglio dei ministri del 16 settembre 2022, che ha consentito la composizione del contrasto tra tale dicastero e il MASE, non si ricava alcuna indicazione circa l'intervenuta valutazione del vincolo, fondandosi più genericamente la conclusione positiva del sub procedimento sull'asserita -ma affatto giustificata- preminenza dell'interesse pubblico all'installazione dei FER. Tanto più che il parere del Ministero della cultura -risalente all'11 aprile 2021- è precedente all'approvazione definitiva della variante di adeguamento al PPTR (deliberazione di C.C. n. 46 dell'11.12.2021); sicché, alla data della sua adozione, il vincolo non era ancora cristallizzato. Né si trova traccia di alcuna valutazione di compatibilità tra il progetto della Wi. e lo specifico vincolo paesaggistico nella conferenza di servizi promossa dalla Regione; ed anzi si registra -come detto- sia una preliminare posizione della Regione favorevole alla ripetizione -a valle- della valutazione paesaggistica ex art. 146 del d.lgs. n. 152/2006 sul presupposto della non vincolatività sotto tale profilo della VIA rilasciata dal Consiglio dei Ministri, sia la posizione contraria del Comune al rilascio dell'autorizzazione in ragione della mancata considerazione (e valutazione) del vincolo de quo. Posizioni entrambe rimaste, all'interno del procedimento, senz'esito. Orbene, se non può negarsi che la più recente giurisprudenza, nel contesto della transizione ecologica e dell'accelerazione dei procedimenti ambientali e paesaggistici, abbia decisamente intaccato il dogma della primarietà assoluta degli interessi sensibili come quelli di ordine paesaggistico e dell'automatica recessività degli altri interessi potenzialmente confliggenti, il processo non può essere forzato fino all'automatico sacrificio dell'interesse ambientale, spettando piuttosto all'Amministrazione che assuma decisioni in merito alla localizzazione e approvazione degli impianti Fer il bilanciamento degli interessi e il rispetto dei principi di proporzionalità tra la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e la salvaguardia dell'ambiente (cfr. T.A.R. Salerno, Sez. II, 26/06/2023, n. 1556; in termini Tar Lecce, Sez. III, 07/02/2023 n. 184). Ciò che indubbiamente implica la considerazione e valutazione di tutti i vincoli esistenti e un'adeguata motivazione che dia conto della ponderazione effettuata; ponderazione che -si ribadisce- sembrerebbe mancata nella fattispecie, stante il tenore -rispettivamente- del provvedimento del Consiglio dei Ministri e dell'autorizzazione unica regionale. Ad ogni buon conto, non è revocabile in dubbio che il vincolo paesistico di cui si tratta insista sulle aree interessate dal progetto, per ciò stesso assoggettate alle prescrizioni di cui all'art. 4.07 delle NTA del PUG; incluso -in assenza di diversa previsione- il divieto ivi contemplato di installazione di impianti per la produzione di energia, "fatta eccezione per gli interventi indicati, per gli UPC - Lame e gravine (alle quali si assumono paragonabili le marane), nella parte seconda dell'elaborato al PPTR 4.4.1 - Linee guida sulla progettazione e localizzazione di impianti di energia rinnovabile" (cfr. punto 3.2.2., lett.f); vale a dire gli impianti fotovoltaici di piccole dimensioni. Non convince invero la ricostruzione della difesa della società Wi., la quale tenta di porre una distinzione tra le "marane" considerate come elementi idromorfologici e le "marane" intese quale paesaggio rurale, facendone discendere soltanto nel primo caso l'applicabilità della richiamata disciplina delle "lame e gravine". Se ne riporta testualmente un passaggio: "In particolare, quando le marane rilevano quale elemento idrogeomorfologico ad esse si applicano le prescrizioni di cui all'art. 4.07/adeg., co. 6, punto 2, A.3.2.2, lett. a, tra cui - in caso di realizzazione di impianti FER - è richiamata anche la disciplina delle lame e gravine contenuta nel PPTR; diversamente laddove rilevano come paesaggio rurale, ai sensi dell'art. 4.07/adeg., co. 6, punto 2, C.3.2., lett. e, trovano applicazione "le misure contenute nell'art. 83 Misure di salvaguardia ed utilizzazione per i paesaggi rurali - NTA del PPTR (e) nell'art. 4.06/adeg commi 5, 6, 7 delle NTA del PUG adeguato al PPTR" (cfr. memoria prodotta il 19 gennaio 2024, pag. 13, ult. cpv). Il vulnus è nella stessa ricostruzione offerta: alle "marane" come paesaggio rurale, si applicherebbe -diversamente che nel primo caso- l'art. 4.07, comma 2, punto C.3.2., lett. e) e per effetto di questa disposizione e per quanto qui rileva -testualmente- "le misure contenute....nell'art. 4.06/adeg commi 5, 6, 7 delle NTA del PUG adeguato al PPTR"; senonché il comma 7 dell'art. 4.06 contiene un esplicito rinvio all'art. 4.07/adeg. (cfr. lettera b). Se ne riporta il testo: " 7. Prescrizioni varie: a)--------------; b) Tutti gli interventi di trasformazione che ricadano in aree interessate dalla presenza di BP -Beni Paesaggistici e/o UCP -Ulteriori Contesti Paesaggistici devono essere compatibili con le rispettive norme di tutela di cui al succ. art. 4.07/adeg e preventivamente sottoposti alle rispettive procedure di Autorizzazione paesaggistica ex art. 90 o di Accertamento di compatibilità paesaggistica ex art. 91 delle NTA del PPTR". Orbene, tra le disposizioni dettate dall'art. 4.07 -lo si ribadisce ancora una volta- vi è quella che vieta in tali zone gli impianti eolici. E' pertanto fondata la censura di difetto di istruttoria e di motivazione formulata dal Comune ricorrente avverso l'autorizzazione unica espressa (cfr. ricorso sub I.II); né, a fronte di un divieto così esplicito, la differenza può essere segnata dalla convocazione -senza esito- della Provincia di Foggia a tutte le sedute della Conferenza di servizio, quale organo preposto alla valutazione ambientale giacché, quand'anche volesse assegnarsi al silenzio della stessa serbato valore provvedimentale, sarebbe travolto dagli stessi profili di illegittimità che inficiano l'atto conclusivo del procedimento. Tanto meno, stante la rilevata interferenza con la disciplina vincolistica e l'incompletezza delle valutazioni operate sotto il profilo della compatibilità paesaggistica, può ritenersi formata per silentium la stessa autorizzazione unica, secondo la ricostruzione offerta dalla Wi.. 4.3.- Sulla scorta di sovrapponibili considerazioni, il ricorso incidentale proposto dalla società stessa va respinto nella parte in cui è diretto ad ottenere l'accertamento del silenzio assenso nonché l'annullamento e/o la dichiarazione di nullità dell'autorizzazione unica e degli atti a questa presupposti o connessi. 4.4.- Va invece dichiarato inammissibile il ricorso incidentale nella parte restante; ovvero nella parte in cui è diretto all'impugnazione delle richiamate norme di PPTR e PUG, disciplinanti il vincolo paesaggistico di cui si tratta. Ed invero, l'ammissibilità del ricorso incidentale, quale strumento di sostanziale rimessione in termini del controinteressato, di fatto autorizzato ad impugnare un provvedimento ormai divenuto intangibile per inutile decorso del termine di decadenza, è subordinato -sotto il profilo che qui rileva- alla condizione che l'interesse ad impugnare gli stessi atti o anche atti diversi sorga in stretta dipendenza del ricorso principale; sicché, prima della proposizione di questo, il controinteressato non avrebbe potuto proporre l'impugnazione senza incorrere in una declaratoria di inammissibilità per carenza di interesse, concretizzandosi la lesione potenziale soltanto con l'eventuale accoglimento del ricorso principale. Sul piano generale dei principi, dunque, l'interesse a promuovere ricorso incidentale presenta una duplice connotazione: a) assenza di una lesione attuale, altrimenti da dedurre in via principale; b) mera potenzialità della lesione stessa ontologicamente collegata all'eventuale accoglimento del ricorso principale. Diversamente opinando, si consentirebbe l'elusione del termine di decadenza prescritto per l'impugnazione degli atti amministrativi. Venendo alla fattispecie che ci occupa, non può revocarsi in dubbio la preesistenza dell'interesse in capo all'odierna ricorrente incidentale all'impugnazione degli atti impositivi del vincolo paesaggistico, in quanto immediatamente incidenti sul pieno esercizio delle facoltà dominicali; né può essere invocata -come la società controinteressata pretenderebbe- la non immediata lesività delle prescrizioni urbanistiche, in quanto principio destinato a valere per le norme programmatiche alle quali non è dato ricondurre la disciplina vincolistica posta a tutela del paesaggio. Sul carattere puntuale delle prescrizioni vincolistiche imposte in particolare dal PPTR per singoli ambiti territoriali si è di recente espressa la quarta Sezione del Consiglio di Stato, facendone discendere la non disapplicabilità delle stesse per assenza "delle caratteristiche di generalità, astrattezza e innovatività dell'ordinamento" proprie degli atti regolamentari (cfr. decisione n. 6316 del 28 giugno 2023). Sull'onere poi di immediata impugnazione dello strumento urbanistico generale o di una sua variante, che sia caratterizzata -come nella fattispecie all'esame- da una considerazione globale del territorio, si veda da ultimo C.d.S., Sez. IV, 04/09/2023 n. 8160 e Sez.II, 17/05/2021 n. 3834 (in termini, Tar Napoli, Sez, VII, 13/06/2023 n. 3601 e Tar Perugia, Sez. I, 07/07/2023, n. 458). 3.4.- In sintesi, nel giudizio n. 994/2023, il ricorso principale va accolto e il ricorso incidentale in parte respinto e in parte dichiarato inammissibile. 5.- Passando poi alla decisione giudizio n. 519/2023, permanendone l'interesse in capo alla Wi. proprio in ragione dell'accoglimento del ricorso proposto dal Comune, sia il ricorso introduttivo che i motivi aggiunti vanno respinti -ancora una volta specularmente- sulla scorta delle stesse considerazioni che hanno determinato l'accoglimento suddetto. Si ribadisce -in estrema sintesi- che sull'istanza di autorizzazione unica non può essersi formato il titolo autorizzatorio per silentium stante l'incompletezza dell'istruttoria e l'interferenza con il regime vincolistico pretermesso sicché la pretesa azionata in giudizio dalla società ricorrente si rivela -allo stato- infondata in tutte le sue declinazioni: impugnazione degli atti indittivi della conferenza di servizi per il rilascio dell'autorizzazione unica; impugnazione dell'autorizzazione unica rilasciata all'esito del procedimento; accertamento del titolo autorizzativo -asseritamente- formatosi per silentium a far data dal decorso del termine di cui all'art. 7, comma 2 del D.L. 50/2022. 6.- In conclusione, quanto al giudizio n. 994/2023, il ricorso principale va accolto e il ricorso incidentale va in parte respinto e in parte dichiarato inammissibile; quanto al ricorso n. 519/2023, vanno respinti sia il ricorso introduttivo che i motivi aggiunti. Considerata, tuttavia, la complessità della questione e le concrete modalità di svolgimento del procedimento, si dispone la compensazione tra le parti delle spese di causa. P.Q.M. il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Seconda, previa riunione ai sensi e per gli effetti dell'art. 70 c.p.a., definitivamente pronunciando sui ricorsi come in epigrafe proposti, così dispone: 1.-quanto al giudizio 994/2023, accoglie il ricorso principale e in parte respinge e in parte dichiara inammissibile il ricorso incidentale; 2.- quanto al ricorso n. 519/2023, respinge sia il ricorso introduttivo che i motivi aggiunti; 3.-compensa le spese di causa tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati: Orazio Ciliberti - Presidente Giacinta Serlenga - Consigliere, Estensore Donatella Testini - Consigliere
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 60 del codice del processo amministrativo; sul ricorso numero di registro generale 413 del 2024, proposto da Su. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ni. Ma. e Vi. Fa. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ni. Ma. in Bari, via (...); contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Pi. No., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; "per l'annullamento - della Delibera giuntale del Comune di (omissis) n. 284 del 28.12.2023 avente ad oggetto Concessioni Demaniali Marittime per finalità turistico ricreative ed altro. Applicazione delle Leggi NN. 118/2022 E 14/2023. Atto di Indirizzo (doc. 1); - dell'Atto del Dirigente del Comune di (omissis) Prot. n. 207/2024 del 02.01.2024 in pari data notificata alla ricorrente a mezzo PEC avente ad oggetto "Proroga delle concessioni demaniali marittime vigenti. ADEMPIMENTI" (doc.2) -della concessione suppletiva nella parte in cui ha ridotto il termine di durata della concessione demaniale marittima" Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2024 il dott. Carlo Dibello e uditi gli avvocati Ni. Ma. e Vi. F. Co. per la ricorrente; Pi. No. per il Comune resistente; Comunicata alle parti in forma diretta ed esplicita la possibilità di adottare una sentenza semplificata, ricorrendone le condizioni previste; Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 del codice del processo amministrativo; 1. Con il gravame in epigrafe, la Su. s.r.l. chiedeva l'annullamento: a) della delibera della Giunta comunale del Comune di (omissis) n. 284 del 28 dicembre 2023, avente ad oggetto "Concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative ed altro. Applicazione delle leggi nn. 118/2022 e 14/2023. Atto di indirizzo"; b) dell'Atto del Dirigente del Comune di (omissis) Prot. n. 207/2024 del 02.01.2024 in pari data notificata a mezzo PEC avente ad oggetto "Proroga delle concessioni demaniali marittime vigenti. ADEMPIMENTI" (doc. 2); c) della Concessione suppletiva n. 1 del 12.04.2022 nella parte in cui ha ridotto la durata della concessione dal 31.12.2033 al 31.12.2023 (doc. 3); d) del Provvedimento emesso dal Dirigente dell'Area Organizzativa III Tecnica Urbanistica, Edilizia e Lavori Pubblici in data 05.01.2024, mediante apposizione del timbro sulla licenza suppletiva che ha ridotto la durata della concessione demaniale marittima n. 27/2008 dal 31.12.2033 al 31.12.2024 (cfr. pag. 6 doc. c); e) di ogni altro atto e provvedimento presupposto, connesso e/o consequenziale, non conosciuto, ove ancora lesivo della posizione soggettiva della ricorrente. 2. La deducente è titolare della concessione demaniale marittima n. 18/2008, -che accorpa anche le due concessioni demaniali n. 16/2008 e 17/2008 precedentemente assentite a Tu. s.r.l.-, con cui veniva rinnovata la precedente licenza n. 03/2007, relativamente all'occupazione di un'area demaniale marittima della superficie di mq. 3.800,00, situata nel Comune di (omissis) alla località "(omissis) - (omissis)", allo scopo di adibirla alla posa di attrezzature balneari mobili, da asservire allo stabilimento balneare denominato "Li. To. Eg." che ne assicura i servizi minimi. In previsione della scadenza della stessa concessione al 31 dicembre 2020, l'interessata presentava, ai sensi e per gli effetti dell'art. 37 del codice della navigazione e dell'articolo 18 del relativo regolamento di attuazione, istanza finalizzata all'estensione della durata della predetta concessione al 31 dicembre 2033, avvalendosi delle previsioni di cui all'art. 1, commi 682 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018, n. 145. 3. L'Amministrazione comunale disponeva la pubblicazione della predetta istanza all'Albo pretorio dal giorno 24 febbraio 2020 al 14 marzo 2020 come specificato nella tabella A) della gravata delibera della Giunta comunale n. 284/2023. Per l'intero periodo di pubblicazione dell'istanza di cui al punto che precede non venivano presentate domande concorrenti e/o osservazioni da parte di terzi come dato atto dallo stesso Ente locale nel provvedimento impugnato. 4. All'esito dell'istruttoria condotta, il Comune di (omissis), con la nota n. 30781 del 27 maggio 2020, estendeva la durata della concessione determinandone la scadenza al 31 dicembre 2033. In seguito ad istanza di variazione dell'oggetto della concessione demaniale marittima presentata dalla ricorrente Su. srl in data 29/12/2021, finalizzata ad ottenere "la variazione della concessione n. 18 del 18/03/2008, (scadenza il 31/12/2023), consistente nella modifica dell'estensione della zona demaniale, mediante l'accorpamento delle concessioni n. 16/2008 (mq. 74,08) e n. 17/2008 (pontile), già alla stessa intestate" l'Ente concedente, in accoglimento della predetta istanza, rilasciava Licenza Suppletiva n. 1 del 12/04/2022 - con decorrenza dal 12/04/2022 al 31/12/2023 (doc. 3). 5. Il Comune di (omissis), con la citata Licenza Suppletiva n. 1/2023, riduceva la durata della concessione dal 31.12.2033 al 31.12.2023, in asserita "applicazione" dei principi medio tempore affermati dalla sopravvenuta pronuncia dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 18 del 9 novembre 2021. In data 28 dicembre 2023 il Comune di (omissis), con deliberazione della Giunta comunale n. 284, avente ad oggetto: "Concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative ed altro. Applicazione delle leggi nn. 118/2022 e 14/2023. Atto di indirizzo", pubblicata in data 28 dicembre 2023 e notificata a mezzo posta certificata il 2 gennaio 2024 alla ricorrente, deliberava: "- DI PRENDERE ATTO delle sopravvenienze giurisprudenziali e normative di cui alla premessa, che qui si intende integralmente richiamata e condivisa nel contenuto; - DI PRENDERE ATTO che per l'effetto legale già prodottosi in base all'art. 03, comma 1 della legge 5 agosto 2022, n. 118 le concessioni demaniali marittime meglio indicate in premessa (TABELLA A), continuano ad avere efficacia sino al 31/12/2024; - DI PRENDERE ATTO che le concessioni suppletive di quelle indicate in premessa (TABELLA B), rilasciate con il medesimo regime di pubblicità (c.d. rende noto), continuano ad avere efficacia a mente del citato art. 03, comma 2, della legge n. 118/2022 sino al 31/12/2024; -DI DARE INDIRIZZO che fuori dalle ipotesi contemplate dall'art. 03, comma 2, della legge n. 118/2022, il legislatore ha comunque fissato con il d.l. n. 198/2002 convertito con modificazioni dalla legge 14/2023, la scadenza dei titoli concessori al 31.12.2024 (TABELLA C); -DI DICHIARARE, con apposita votazione unanime, la presente deliberazione immediatamente eseguibile ai sensi e per gli effetti dall'art. 134 - 4° comma - del D.Lgs. n. 267/2000 stante l'urgenza di provvedere entro il 29/12/2023." 6. La ricorrente, facendo affidamento sull'estensione della durata della concessione demaniale marittima sino al 31 dicembre 2033, effettuava investimenti volti a valorizzare i beni demaniali e contraeva mutui di consistente importo. 7. L'annullamento degli atti adottati dall'Amministrazione resistente veniva richiesto in base ai seguenti motivi di diritto: "PRIMO MOTIVO: VIOLAZIONE DELL'ART. 3, COMMA 2, DELLA LEGGE. 118/2022 IN RELAZIONE AGLI ARTT. 36 E 37 DEL REGIO DECRETO 30/03/1942, N. 327 (COD. NAV.) E ALL'ART 18 DEL DPR 15/02/1952 N. 328 (REG. ATT. COD. NAV.). CONTRADDITTORIETÀ DELLA MOTIVAZIONE - ECCESSO DI POTERE - TRAVISAMENTO DEI FATTI - ILLOGICITÀ MANIFESTA - ERRONEITÀ DEI PRESUPPOSTI - SVIAMENTO E MALGOVERNO. SECONDO MOTIVO: VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL'ART. 12 DELLA DIRETTIVA BOLKESTEIN ALLA LUCE DELLA SENTENZA C.G.U.E. C-348 DEL 20/04/2023 - INSUSSISTENZA DELLA SCARSITÀ DELLA RISORSA NATURALE PRESUNTA DALL'ADUNANZA PLENARIA NELLE SENTENZE NN. 17 E 18 DEL 09.11.2021- POTERE-DOVERE DEL GIUDICE NAZIONALE DI DISAPPLICARE L'ART. 3 LEGGE N. 118/2022 COME MODIFICATO DALL'ART. 12 D.L. 198/2022 CONVERTIVO CON MODIFICAZIONI DALLA LEGGE N. 14/2023.TERZO MOTIVO: VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 7, 10 BIS E 21 QUINQUIES, L. N. 241/90. ECCESSO DI POTERE PER INSUSSISTENZA DEI PRESUPPOSTI PER L'ADOZIONE DI PROVVEDIMENTI DI SECONDO GRADO, GRAVE DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE. SVIAMENTO E MALGOVERNO. QUARTO MOTIVO: VIOLAZIONE DI LEGGE. ILLEGITTIMITÀ DEL DELLA DGC 28.12.2023 N. 284 E DEGLI ATTI PRESUPPOSTI E CONNESSI DEL Comune di (omissis). RICONOSCIMENTO DELLA ESTENSIONE DELLA DURATA DELLA CONCESSIONE FINO AL 31 DICEMBRE 2033 PER EFFETTO DEL PRECEDENTE PROVVEDIMENTO DEL Comune di (omissis) (DOC. 4). NATURA DI ATTO ANNULLAMENTO IN AUTOTUTELA DEGLI ATTI IMPUGNATI. TARDIVITÀ . VIOLAZIONE DELL'ART. 21 NONIES DELLA LEGGE N. 241/1990. QUINTO MOTIVO: VIOLAZIONE DI LEGGE. DIFETTO DI MOTIVAZIONE. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DEL LEGITTIMO AFFIDAMENTO, ANCHE IN RELAZIONE AGLI INVESTIMENTI EFFETTUATI DALLA SOCIETÀ RICORRENTE NELLE AREE IN CONCESSIONE. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELLA SALVAGUARDIA DELL'EQUILIBRIO ECONOMICO-GESTIONALE DELLA CONCESSIONE. SESTO MOTIVO: VIOLAZIONE DELL'ART. 3, COMMI 1 E 3, LEGGE 5 AGOSTO 2022, N. 118, COME MODIFICATI, RISPETTIVAMENTE, DALL'ART. 12, COMMA 6-SEXIES, LETT. A), D.L. 29 DICEMBRE 2022, N. 198, CONVERTITO IN LEGGE 24 FEBBRAIO 2023, N. 14, NONCHÉ DAGLI ARTT. 10-QUATER, COMMA 3, E 12, COMMA 6-SEXIES, LETT. A), D.L. 29 DICEMBRE 2022, N. 198, CONVERTITO IN LEGGE 24 FEBBRAIO 2023, N. 14. VIZIO DI INCOMPETENZA. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI PRESUPPOSTI, NONCHÉ PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE. IRRAGIONEVOLEZZA, CONTRADDITTORIETÀ E SPROPORZIONALITÀ MANIFESTE. SVIAMENTO E MALGOVERNO. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL'ART. 117, COMMA II, LETT. E) COST. - COMPETENZA ESCLUSIVA DELLO STATO NELLA MATERIA DELLA CONCORRENZA". 8. Si costituiva in giudizio il Comune di (omissis) per resistere al ricorso del quale sosteneva l'infondatezza nel merito con articolate memorie difensive. In particolare, secondo la prospettazione difensiva dell'Ente locale le concessioni demaniali, prorogate in un primo tempo ai sensi della legge n. 145 del 2018 fino al 31 dicembre 2033, dovevano intendersi senz'altro efficaci fino alla data indicata nel deliberato dell'esecutivo cittadino impugnato, non potendosi dare luogo ad una proroga automatica della loro scadenza per contrasto con il diritto dell'Unione europea, così come applicato dalle corti di giustizia amministrativa chiamate a pronunciarsi sui plurimi interventi legislativi in materia. 9. La controversia passava in decisione alla camera di consiglio del 24 aprile 2024 nelle forme dell'articolo 60 del codice del processo amministrativo. 10. Si premette che la presente controversia si iscrive nel solco del contenzioso sviluppatosi in tema di proroga della durata delle concessioni demaniali marittime rilasciate in favore di gestori storici di stabilimenti balneari - e strutture turistico ricreative di altro genere - in applicazione di leggi nazionali ritenute in contrasto con il diritto dell'Unione europea e, in particolare, con la direttiva 2006/123/CE, meglio nota come direttiva "Bolkestein". 10.a. È noto che l'aspetto nevralgico del contenzioso concerne la necessità, ravvisata dalla normazione europea fin dal 2006, di consentire l'introduzione, nell'ordinamento degli Stati membri, di dispositivi atti a favorire il dispiegarsi della concorrenza tra gli operatori del settore, ogni qualvolta viene in rilievo l'affidamento o il rinnovo di una concessione di uso del demanio marittimo, in modo da evitare il rinnovo automatico delle concessioni, più volte avallato dal legislatore nazionale. La direttiva 2006/123/CE prevede, infatti, all'articolo 12 che "1. Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un'adeguata pubblicità dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento 2. Nei casi di cui al paragrafo 1 l'autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami." Risulta quindi evidente che il divieto di proroghe automatiche è speculare all'intento di favorire l'apertura del mercato alla concorrenza degli operatori economici. 10.b. Nel caso in esame il Collegio è chiamato ad accertare la legittimità dei provvedimenti con i quali il Comune di (omissis), comune costiero pugliese, dopo aver esteso la durata della concessione demaniale in favore della ricorrente fino al 31 dicembre 2033 su istanza della medesima, sulla base di una procedura disciplinata dal codice della navigazione, ha poi provveduto autoritativamente a ridurne il termine finale di efficacia. Il Comune di (omissis) si è determinato in tal senso ritenendo che la proroga delle concessioni, essendo stata rilasciata ai sensi della legge 145 del 2018, dovesse considerarsi effetto di un automatismo ex lege in rotta di collisione con le norme del diritto dell'Unione europea. 11. Fatta questa premessa, ad avviso del Collegio il ricorso è fondato in quanto i provvedimenti comunali impugnati, pur dando atto del precedente rilascio di concessioni demaniali marittime al termine di una procedura selettiva adeguatamente pubblicizzata e culminata nell'estensione della durata del titolo concessorio al 31 dicembre 2033, ne riducono illegittimamente l'orizzonte temporale al 31 dicembre 2024, per effetto di una non corretta applicazione dell'articolo 3, comma 2, della legge n. 118/2022. 12. La scelta operata dal Comune di (omissis) è dipesa, come si legge nella parte motivazionale, dalla necessità "DI PRENDERE ATTO delle sopravvenienze giurisprudenziali e normative di cui alla premessa...; - DI PRENDERE ATTO che per l'effetto legale già prodottosi in base all'art. 03, comma 1 della legge 5 agosto 2022, n. 118 le concessioni demaniali marittime meglio indicate in premessa (TABELLA A), continuano ad avere efficacia sino al 31/12/2024; - DI PRENDERE ATTO che le concessioni suppletive di quelle indicate in premessa (TABELLA B), rilasciate con il medesimo regime di pubblicità (c.d. rende noto), continuano ad avere efficacia a mente del citato art. 03, comma 2, della legge n. 118/2022 sino al 31/12/2024; -DI DARE INDIRIZZO che fuori dalle ipotesi contemplate dall'art. 03, comma 2, della legge n. 118/2022, il legislatore ha comunque fissato con il d.l. n. 198/2002 convertito con modificazioni dalla legge 14/2023, la scadenza dei titoli concessori al 31.12.2024 (TABELLA C)". 13. Sennonché, l'art. 3, comma 2, della legge n. 118/2022 stabilisce che "le concessioni e i rapporti di cui al comma 1, lettere a) e b) (le concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo e quelle per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, inclusi i punti di ormeggio, anche affidate ai sensi della legge 145/2018) che con atto dell'ente concedente sono individuati come affidati o rinnovati mediante procedura selettiva con adeguate garanzie di imparzialità e di trasparenza e, in particolare, con adeguata pubblicità dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento, continuano ad avere efficacia sino al termine previsto dal relativo titolo e comunque fino al 31 dicembre 2024 se il termine previsto è anteriore a tale data". 14. La ricorrente, già titolare di concessione demaniale marittima in scadenza al 31 dicembre 2020, fa notare di averne conseguito l'estensione fino al 31 dicembre 2033, al termine di una procedura disciplinata dagli articoli 36 e 37 del codice della navigazione, in combinato disposto con l'articolo 18 del regolamento di attuazione dello stesso codice. 14.a. La stessa deducente pone, pertanto, alla base del ricorso l'interesse al mantenimento delle concessioni demaniali di cui è titolare fino al 31 dicembre 2033, che costituisce esattamente il termine previsto dal relativo titolo, conformemente alla previsione normativa di cui all'art. 3, comma 2, della legge n. 118/2022, illegittimamente disattesa dall'amministrazione comunale. 15. Si osserva, d'altra parte, che la procedura selettiva impiegata dal Comune per la proroga delle concessioni della ricorrente, disciplinata in particolare dall'art. 18 del regolamento di attuazione del codice della navigazione, garantiva adeguatamente la competizione tra più operatori del settore turistico balneare, in ragione della possibilità loro offerta di presentare domande concorrenti nel periodo di pubblicazione dell'istanza di rinnovo, oppure osservazioni, in modo tale da raggiungere l'obiettivo di tutelare la competizione nel settore, secondo quanto previsto dalla cd. direttiva Bolkestein del 2006. 16. Va, infatti, rilevato che l'art. 18 del regolamento di attuazione del codice della navigazione prescrive che "Quando si tratti di concessioni di particolare importanza per l'entità o per lo scopo, il capo del compartimento ordina la pubblicazione della domanda mediante affissione nell'albo del comune ove è situato il bene richiesto e la inserzione della domanda per estratto nel Foglio degli annunzi legali della provincia 1. Il provvedimento del capo del compartimento che ordina la pubblicazione della domanda deve contenere un sunto, indicare i giorni dell'inizio e della fine della pubblicazione ed invitare tutti coloro che possono avervi interesse a presentare entro il termine indicato nel provvedimento stesso le osservazioni che credano opportune e che l'autorità decidente ha l'obbligo di valutare, dandone conto nella motivazione del provvedimento finale 2. In caso di opposizione o di presentazione di reclami la decisione spetta al Ministro per la marina mercantile 3. In ogni caso non si può procedere alla stipulazione dell'atto se non dopo la scadenza del termine indicato nel provvedimento per la presentazione delle osservazioni e se, comunque, non siano trascorsi almeno venti giorni dalla data dell'affissione e dell'inserzione della domanda. Nei casi in cui la domanda di concessione sia pubblicata, le domande concorrenti debbono essere presentate nel termine previsto per la proposizione delle opposizioni. Il Ministro per la marina mercantile può autorizzare l'esame delle domande presentate anche oltre detto termine per imprescindibili esigenze di interesse pubblico 4. Quando siano trascorsi sei mesi dalla scadenza del termine massimo per la presentazione delle domande concorrenti senza che sia stata rilasciata la concessione al richiedente preferito per fatto da addebitarsi allo stesso, possono essere prese in considerazione le domande presentate dopo detto termine. Le disposizioni del presente articolo si applicano in ogni altro caso di presentazione di domande concorrenti 5" 17. L'obbligo di pubblicazione per venti giorni consecutivi all'albo comunale - oggi on line - della domanda di affidamento o rinnovo della concessione con espressa indicazione da parte dell'autorità concedente - cd. rende noto - della possibilità per i terzi interessati al medesimo bene demaniale di presentare domande concorrenti e/o osservazioni costituisce, ad avviso del Collegio, idonea modalità di svolgimento di una procedura di competizione tra più operatori economici del settore. 18. Il meccanismo pubblicitario descritto garantisce a tutti gli operatori economici, in linea con le norme di derivazione comunitaria in materia di concorrenza le chances concorrenziali in contrapposizione al titolare della concessione scaduta o in scadenza. 19. Va richiamata, in proposito, la chiave di lettura che la Corte di giustizia dell'Unione europea ha fornito, con la sentenza della sezione III, del 20 aprile 2023, n. 348/22, ECLI:EU:C:2023:301, avuto riguardo al margine di discrezionalità concesso agli Stati membri - e, quindi, anche al nostro Paese - nell'adozione delle modalità di attuazione della direttiva 2006/123: "E' vero che gli Stati membri conservano un certo margine di discrezionalità qualora decidano di adottare disposizioni destinate a garantire concretamente l'imparzialità e la trasparenza di una procedura di selezione. Resta nondimeno il fatto che, imponendo l'applicazione di una procedura di selezione imparziale e trasparente, l'articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 prescrive, in maniera incondizionata e sufficientemente precisa, un contenuto di tutela minima a favore dei candidati potenziali (paragrafo 67)". È peraltro da evidenziare che la Corte non ha valorizzato espressamente il dato della soppressione nell'articolo 37 del codice della navigazione, approvato con il regio decreto 30 marzo 1942, n. 327, di qualsiasi riferimento alla possibilità di preferire il richiedente già concessionario, soppressione operata dall'art. 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25. Il paragrafo 10 della sentenza si limita ad osservare: "Tuttavia, da detto articolo 37, secondo comma, seconda frase, risultava che si doveva dare preferenza al titolare della concessione, il quale godeva in tal modo di un diritto "di insistenza" o "al rinnovo"". 20. Deve, pertanto, ritenersi che la procedura comparativa al termine della quale la ricorrente conseguiva la proroga fino al 31 dicembre 2033 della durata della concessione demaniale in suo favore presentasse esattamente quel contenuto minimo di tutela che la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha inteso salvaguardare interpretando pregiudizialmente il diritto unionale con effetti vincolanti per gli Stati membri. 21.Va anche precisato che l'istruttoria da svolgere consente all'ente concedente di affidare il bene demaniale in concessione, anche in sede di istanza di proroga del richiedente, al soggetto che "offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che, a giudizio dell'amministrazione, risponda ad un più rilevante interesse pubblico", nel rispetto dell'articolo 36 del codice della navigazione. 22. Ritiene, il Collegio, scongiurata, per tal via, non solo la perdurante rilevanza del diritto di insistenza - letteralmente espunto dalla disposizione normativa di cui all'art. 37 del codice della navigazione - ma anche la proroga automatica delle concessioni demaniali, più volte stigmatizzata dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria. E può quindi ragionevolmente concludersi che la procedura comparativa in forza della quale la ricorrente ha ottenuto la proroga dell'efficacia delle proprie concessioni è tutt'altro che automatica e, quindi, appare del tutto legittima e in linea con il diritto dell'Unione europea. 23. Vale la pena di ricordare che il Consiglio di Stato, con sentenza della sezione VII, 30 novembre 2023, n. 10378, ECLI:IT:CDS:2023:10378SENT, ha espressamente stabilito come sia legittima la proroga di una concessione demaniale marittima ai sensi della legge n. 145/2018 a seguito della procedura comparativa di cui all'art. 37 del codice della navigazione preceduta dalla pubblicazione delle istanze ex art. 18 del relativo regolamento, essendo vietate dall'ordinamento solo le proroghe automatiche. 24. Le motivazioni che il Comune di (omissis) ha posto a base degli atti impugnati dunque si rivelano non coerenti sia nei confronti della normativa dell'Unione europea sia della corretta interpretazione della legge n. 118 del 2022. 25. Alla stregua delle argomentazioni sopra esposte, il ricorso è accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati. 26. Le spese processuali possono essere compensate. P.Q.M. il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia Sezione terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla gli atti impugnati. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Giuseppina Adamo - Presidente Carlo Dibello - Consigliere, Estensore Lorenzo Ieva - Primo Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 60 del codice del processo amministrativo; sul ricorso numero di registro generale 390 del 2024, proposto da Bo. Ca. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ni. Ma. e Vi. Fa. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ni. Ma. in Bari, via (…); contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Pi. No., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; “per l'annullamento, previa sospensiva - della Delibera giuntale del Comune di (omissis) n. 284 del 28.12.2023 avente ad oggetto Concessioni Demaniali Marittime per finalità turistico ricreative ed altro. Applicazione delle Leggi NN. 118/2022 E 14/2023. Atto di Indirizzo (doc. 1); - dell'Atto del Dirigente del Comune di (omissis) Prot. n. 207/2024 del 02.01.2024 in pari data notificata alla ricorrente a mezzo PEC avente ad oggetto “Proroga delle concessioni demaniali marittime vigenti. ADEMPIMENTI” (doc.2); - di ogni altro atto e provvedimento presupposto, connesso e/o consequenziale, non conosciuto dai ricorrenti, ove ancora lesivo della posizione soggettiva della ricorrente.” Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2024 il dott. Carlo Dibello e uditi per le parti gli avvocati Ni. Ma. e Vi. F. Co. per la ricorrente; Pi. No. per il Comune resistente; Comunicata alle parti in forma diretta ed esplicita la possibilità di adottare una sentenza semplificata, ricorrendone le condizioni previste; Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 del codice del processo amministrativo; Con il gravame in epigrafe, la Bo. Ca. s.r.l. chiedeva l’annullamento: a) della delibera della Giunta comunale del Comune di (omissis) n. 284 del 28 dicembre 2023, avente ad oggetto “Concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative ed altro. Applicazione delle leggi nn. 118/2022 e 14/2023. Atto di indirizzo”; b) dell’atto del Dirigente del Comune di (omissis) prot. n. 207/2024 del 2 gennaio 2024, notificato alla ricorrente a mezzo pec, avente ad oggetto “Proroga delle concessioni demaniali marittime. Adempimenti”; di ogni altro atto e provvedimento presupposto, connesso e/o consequenziale, non conosciuto, ove ancora lesivo della posizione soggettiva della ricorrente. La deducente, titolare della concessione demaniale marittima n. 10/2008, rilasciata allo scopo di adibirla alla posa di ombrelloni e attrezzature balneari mobili, da asservire alla struttura su proprietà privata, in previsione della scadenza della stessa concessione al 31 dicembre 2020, presentava, ai sensi e per gli effetti dell’art. 37 del codice della navigazione e dell’articolo 18 del relativo regolamento di attuazione, istanza finalizzata all’estensione della durata della predetta concessione al 31 dicembre 2033, avvalendosi delle previsioni di cui all’art. 1, commi 682 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018, n. 145. L’Amministrazione comunale disponeva la pubblicazione della predetta istanza all’Albo pretorio dal giorno 24 febbraio 2020 al 14 marzo 2020 come specificato nella tabella A) della gravata delibera della Giunta comunale n. 284/2023. Per l’intero periodo di pubblicazione dell’istanza di cui al punto che precede non venivano presentate domande concorrenti e/o osservazioni da parte di terzi come dato atto dallo stesso Ente locale nel provvedimento impugnato. All’esito dell’istruttoria condotta, il Comune di (omissis), con la nota n. 30745 del 27 maggio 2020, estendeva la durata della concessione determinandone la scadenza al 31 dicembre 2033. In data 28 dicembre 2023 il Comune di (omissis), con deliberazione della Giunta comunale n. 284, avente ad oggetto: “Concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative ed altro. Applicazione delle leggi nn. 118/2022 e 14/2023. Atto di indirizzo”, pubblicata in data 28 dicembre 2023 e notificata a mezzo posta certificata il 2 gennaio 2024 alla ricorrente, deliberava: “- DI PRENDERE ATTO delle sopravvenienze giurisprudenziali e normative di cui alla premessa, che qui si intende integralmente richiamata e condivisa nel contenuto; - DI PRENDERE ATTO che per l’effetto legale già prodottosi in base all’art. 03, comma 1 della legge 5 agosto 2022, n. 118 le concessioni demaniali marittime meglio indicate in premessa (TABELLA A), continuano ad avere efficacia sino al 31/12/2024; - DI PRENDERE ATTO che le concessioni suppletive di quelle indicate in premessa (TABELLA B), rilasciate con il medesimo regime di pubblicità (c.d. rende noto), continuano ad avere efficacia a mente del citato art. 03, comma 2, della legge n. 118/2022 sino al 31/12/2024; -DI DARE INDIRIZZO che fuori dalle ipotesi contemplate dall’art. 03, comma 2, della legge n. 118/2022, il legislatore ha comunque fissato con il d.l. n. 198/2002 convertito con modificazioni dalla legge 14/2023, la scadenza dei titoli concessori al 31.12.2024 (TABELLA C); -DI DICHIARARE, con apposita votazione unanime, la presente deliberazione immediatamente eseguibile ai sensi e per gli effetti dall’art. 134 - 4° comma - del D.Lgs. n. 267/2000 stante l’urgenza di provvedere entro il 29/12/2023.” La ricorrente, facendo affidamento sull’estensione della durata delle concessioni demaniali marittime sino al 31 dicembre 2033, effettuava investimenti volti a valorizzare i beni demaniali e contraeva mutui di consistente importo. L’annullamento degli atti adottati dall’Amministrazione resistente veniva richiesto in base ai seguenti motivi di diritto: “PRIMO MOTIVO: VIOLAZIONE DELL’ART. 3, COMMA 2, DELLA LEGGE. 118/2022 IN RELAZIONE AGLI ARTT. 36 E 37 DEL REGIO DECRETO 30/03/1942, N. 327 (COD. NAV.) E ALL’ART 18 DEL DPR 15/02/1952 N. 328 (REG. ATT. COD. NAV.). CONTRADDITTORIETÀ DELLA MOTIVAZIONE - ECCESSO DI POTERE - TRAVISAMENTO DEI FATTI - ILLOGICITÀ MANIFESTA - ERRONEITÀ DEI PRESUPPOSTI - SVIAMENTO E MALGOVERNO. SECONDO MOTIVO: VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 12 DELLA DIRETTIVA BOLKESTEIN ALLA LUCE DELLA SENTENZA C.G.U.E. C-348 DEL 20/04/2023 - INSUSSISTENZA DELLA SCARSITÀ DELLA RISORSA NATURALE PRESUNTA DALL’ADUNANZA PLENARIA NELLE SENTENZE NN. 17 E 18 DEL 09.11.2021- POTERE-DOVERE DEL GIUDICE NAZIONALE DI DISAPPLICARE L’ART. 3 LEGGE N. 118/2022 COME MODIFICATO DALL’ART. 12 D.L. 198/2022 CONVERTIVO CON MODIFICAZIONI DALLA LEGGE N. 14/2023.TERZO MOTIVO: VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 7, 10 BIS E 21 QUINQUIES, L. N. 241/90. ECCESSO DI POTERE PER INSUSSISTENZA DEI PRESUPPOSTI PER L’ADOZIONE DI PROVVEDIMENTI DI SECONDO GRADO, GRAVE DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE. SVIAMENTO E MALGOVERNO. QUARTO MOTIVO: VIOLAZIONE DI LEGGE. ILLEGITTIMITÀ DEL DELLA DGC 28.12.2023 N. 284 E DEGLI ATTI PRESUPPOSTI E CONNESSI DEL COMUNE DI (OMISSIS). RICONOSCIMENTO DELLA ESTENSIONE DELLA DURATA DELLA CONCESSIONE FINO AL 31 DICEMBRE 2033 PER EFFETTO DEL PRECEDENTE PROVVEDIMENTO DEL COMUNE DI (OMISSIS) (DOC. 4). NATURA DI ATTO ANNULLAMENTO IN AUTOTUTELA DEGLI ATTI IMPUGNATI. TARDIVITÀ. VIOLAZIONE DELL’ART. 21 NONIES DELLA LEGGE N. 241/1990. QUINTO MOTIVO: VIOLAZIONE DI LEGGE. DIFETTO DI MOTIVAZIONE. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DEL LEGITTIMO AFFIDAMENTO, ANCHE IN RELAZIONE AGLI INVESTIMENTI EFFETTUATI DALLA SOCIETÀ RICORRENTE NELLE AREE IN CONCESSIONE. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELLA SALVAGUARDIA DELL’EQUILIBRIO ECONOMICO-GESTIONALE DELLA CONCESSIONE. SESTO MOTIVO: VIOLAZIONE DELL’ART. 3, COMMI 1 E 3, LEGGE 5 AGOSTO 2022, N. 118, COME MODIFICATI, RISPETTIVAMENTE, DALL’ART. 12, COMMA 6-SEXIES, LETT. A), D.L. 29 DICEMBRE 2022, N. 198, CONVERTITO IN LEGGE 24 FEBBRAIO 2023, N. 14, NONCHÉ DAGLI ARTT. 10-QUATER, COMMA 3, E 12, COMMA 6-SEXIES, LETT. A), D.L. 29 DICEMBRE 2022, N. 198, CONVERTITO IN LEGGE 24 FEBBRAIO 2023, N. 14. VIZIO DI INCOMPETENZA. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI PRESUPPOSTI, NONCHÉ PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE. IRRAGIONEVOLEZZA, CONTRADDITTORIETÀ E SPROPORZIONALITÀ MANIFESTE. SVIAMENTO E MALGOVERNO. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 117, COMMA II, LETT. E) COST. - COMPETENZA ESCLUSIVA DELLO STATO NELLA MATERIA DELLA CONCORRENZA”. Si costituiva in giudizio il Comune di (omissis) per resistere al ricorso del quale sosteneva l’infondatezza nel merito con articolate memorie difensive. In particolare, secondo la prospettazione difensiva dell’Ente locale le concessioni demaniali, prorogate in un primo tempo ai sensi della legge n. 145 del 2018 fino al 31 dicembre 2033, dovevano intendersi senz’altro efficaci fino alla data indicata nel deliberato dell’esecutivo cittadino impugnato, non potendosi dare luogo ad una proroga automatica della loro scadenza per contrasto con il diritto dell’Unione europea, così come applicato dalle corti di giustizia amministrativa chiamate a pronunciarsi sui plurimi interventi legislativi in materia. La controversia passava in decisione alla camera di consiglio del 24 aprile 2024 nelle forme dell’articolo 60 del codice del processo amministrativo. Si premette che la presente controversia si iscrive nel solco del contenzioso sviluppatosi in tema di proroga della durata delle concessioni demaniali marittime rilasciate in favore di gestori storici di stabilimenti balneari - e strutture turistico ricreative di altro genere - in applicazione di leggi nazionali ritenute in contrasto con il diritto dell’Unione europea e, in particolare, con la direttiva 2006/123/CE, meglio nota come direttiva “Bolkestein”. 10.a. È noto che l’aspetto nevralgico del contenzioso concerne la necessità, ravvisata dalla normazione europea fin dal 2006, di consentire l’introduzione, nell’ordinamento degli Stati membri, di dispositivi atti a favorire il dispiegarsi della concorrenza tra gli operatori del settore, ogni qualvolta viene in rilievo l’affidamento o il rinnovo di una concessione di uso del demanio marittimo, in modo da evitare il rinnovo automatico delle concessioni, più volte avallato dal legislatore nazionale. La direttiva 2006/123/CE prevede, infatti, all’articolo 12 che “1. Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento 2. Nei casi di cui al paragrafo 1 l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami.” Risulta quindi evidente che il divieto di proroghe automatiche è speculare all’intento di favorire l’apertura del mercato alla concorrenza degli operatori economici. 10.b. Nel caso in esame il Collegio è chiamato ad accertare la legittimità dei provvedimenti con i quali il Comune di (omissis), comune costiero pugliese, dopo aver esteso la durata della concessione demaniale in favore della ricorrente fino al 31 dicembre 2033 su istanza della medesima, sulla base di una procedura disciplinata dal codice della navigazione, ha poi provveduto autoritativamente a ridurne il termine finale di efficacia. Il Comune di (omissis) si è determinato in tal senso ritenendo che la proroga delle concessioni, essendo stata rilasciata ai sensi della legge 145 del 2018, dovesse considerarsi effetto di un automatismo ex lege in rotta di collisione con le norme del diritto dell’Unione europea. Fatta questa premessa, ad avviso del Collegio il ricorso è fondato in quanto i provvedimenti comunali impugnati, pur dando atto del precedente rilascio di concessioni demaniali marittime al termine di una procedura selettiva adeguatamente pubblicizzata e culminata nell’estensione della durata del titolo concessorio al 31 dicembre 2033, ne riducono illegittimamente l’orizzonte temporale al 31 dicembre 2024, per effetto di una non corretta applicazione dell’articolo 3, comma 2, della legge n. 118/2022. La scelta operata dal Comune di (omissis) è dipesa, come si legge nella parte motivazionale, dalla necessità “DI PRENDERE ATTO delle sopravvenienze giurisprudenziali e normative di cui alla premessa...; - DI PRENDERE ATTO che per l’effetto legale già prodottosi in base all’art. 03, comma 1 della legge 5 agosto 2022, n. 118 le concessioni demaniali marittime meglio indicate in premessa (TABELLA A), continuano ad avere efficacia sino al 31/12/2024; - DI PRENDERE ATTO che le concessioni suppletive di quelle indicate in premessa (TABELLA B), rilasciate con il medesimo regime di pubblicità (c.d. rende noto), continuano ad avere efficacia a mente del citato art. 03, comma 2, della legge n. 118/2022 sino al 31/12/2024; -DI DARE INDIRIZZO che fuori dalle ipotesi contemplate dall’art. 03, comma 2, della legge n. 118/2022, il legislatore ha comunque fissato con il d.l. n. 198/2002 convertito con modificazioni dalla legge 14/2023, la scadenza dei titoli concessori al 31.12.2024 (TABELLA C)”. Sennonché, l’art. 3, comma 2, della legge n. 118/2022 stabilisce che “le concessioni e i rapporti di cui al comma 1, lettere a) e b) (le concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo e quelle per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, inclusi i punti di ormeggio, anche affidate ai sensi della legge 145/2018) che con atto dell’ente concedente sono individuati come affidati o rinnovati mediante procedura selettiva con adeguate garanzie di imparzialità e di trasparenza e, in particolare, con adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento, continuano ad avere efficacia sino al termine previsto dal relativo titolo e comunque fino al 31 dicembre 2024 se il termine previsto è anteriore a tale data”. La ricorrente, già titolare di concessione demaniale marittima in scadenza al 31 dicembre 2020, fa notare di averne conseguito l’estensione fino al 31 dicembre 2033, al termine di una procedura disciplinata dagli articoli 36 e 37 del codice della navigazione, in combinato disposto con l’articolo 18 del regolamento di attuazione dello stesso codice. 14.a. La stessa deducente pone, pertanto, alla base del ricorso l’interesse al mantenimento delle concessioni demaniali di cui è titolare fino al 31 dicembre 2033, che costituisce esattamente il termine previsto dal relativo titolo, conformemente alla previsione normativa di cui all’art. 3, comma 2, della legge n. 118/2022, illegittimamente disattesa dall’amministrazione comunale. Si osserva, d’altra parte, che la procedura selettiva impiegata dal Comune per la proroga delle concessioni della ricorrente, disciplinata in particolare dall’art. 18 del regolamento di attuazione del codice della navigazione, garantiva adeguatamente la competizione tra più operatori del settore turistico balneare, in ragione della possibilità loro offerta di presentare domande concorrenti nel periodo di pubblicazione dell’istanza di rinnovo, oppure osservazioni, in modo tale da raggiungere l’obiettivo di tutelare la competizione nel settore, secondo quanto previsto dalla cd. direttiva Bolkestein del 2006. Va, infatti, rilevato che l’art. 18 del regolamento di attuazione del codice della navigazione prescrive che “Quando si tratti di concessioni di particolare importanza per l'entità o per lo scopo, il capo del compartimento ordina la pubblicazione della domanda mediante affissione nell'albo del comune ove è situato il bene richiesto e la inserzione della domanda per estratto nel Foglio degli annunzi legali della provincia 1. Il provvedimento del capo del compartimento che ordina la pubblicazione della domanda deve contenere un sunto, indicare i giorni dell'inizio e della fine della pubblicazione ed invitare tutti coloro che possono avervi interesse a presentare entro il termine indicato nel provvedimento stesso le osservazioni che credano opportune e che l'autorità decidente ha l'obbligo di valutare, dandone conto nella motivazione del provvedimento finale 2. In caso di opposizione o di presentazione di reclami la decisione spetta al Ministro per la marina mercantile 3. In ogni caso non si può procedere alla stipulazione dell'atto se non dopo la scadenza del termine indicato nel provvedimento per la presentazione delle osservazioni e se, comunque, non siano trascorsi almeno venti giorni dalla data dell'affissione e dell'inserzione della domanda. Nei casi in cui la domanda di concessione sia pubblicata, le domande concorrenti debbono essere presentate nel termine previsto per la proposizione delle opposizioni. Il Ministro per la marina mercantile può autorizzare l'esame delle domande presentate anche oltre detto termine per imprescindibili esigenze di interesse pubblico 4. Quando siano trascorsi sei mesi dalla scadenza del termine massimo per la presentazione delle domande concorrenti senza che sia stata rilasciata la concessione al richiedente preferito per fatto da addebitarsi allo stesso, possono essere prese in considerazione le domande presentate dopo detto termine. Le disposizioni del presente articolo si applicano in ogni altro caso di presentazione di domande concorrenti”. L’obbligo di pubblicazione per venti giorni consecutivi all’albo comunale - oggi on line - della domanda di affidamento o rinnovo della concessione con espressa indicazione da parte dell’autorità concedente - cd. rende noto - della possibilità per i terzi interessati al medesimo bene demaniale di presentare domande concorrenti e/o osservazioni costituisce, ad avviso del Collegio, idonea modalità di svolgimento di una procedura di competizione tra più operatori economici del settore. Il meccanismo pubblicitario descritto garantisce a tutti gli operatori economici, in linea con le norme di derivazione comunitaria in materia di concorrenza le chances concorrenziali in contrapposizione al titolare della concessione scaduta o in scadenza. Va richiamata, in proposito, la chiave di lettura che la Corte di giustizia dell’Unione europea ha fornito, con la sentenza della sezione III, del 20 aprile 2023, n. 348/22, ECLI:EU:C:2023:301, avuto riguardo al margine di discrezionalità concesso agli Stati membri - e, quindi, anche al nostro Paese - nell’adozione delle modalità di attuazione della direttiva 2006/123: “E’ vero che gli Stati membri conservano un certo margine di discrezionalità qualora decidano di adottare disposizioni destinate a garantire concretamente l’imparzialità e la trasparenza di una procedura di selezione. Resta nondimeno il fatto che, imponendo l’applicazione di una procedura di selezione imparziale e trasparente, l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 prescrive, in maniera incondizionata e sufficientemente precisa, un contenuto di tutela minima a favore dei candidati potenziali (paragrafo 67)”. È peraltro da evidenziare che la Corte non ha valorizzato espressamente il dato della soppressione nell’articolo 37 del codice della navigazione, approvato con il regio decreto 30 marzo 1942, n. 327, di qualsiasi riferimento alla possibilità di preferire il richiedente già concessionario, soppressione operata dall’art. 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25. Il paragrafo 10 della sentenza si limita ad osservare: “Tuttavia, da detto articolo 37, secondo comma, seconda frase, risultava che si doveva dare preferenza al titolare della concessione, il quale godeva in tal modo di un diritto «di insistenza» o «al rinnovo»“. Deve, pertanto, ritenersi che la procedura comparativa al termine della quale la ricorrente conseguiva la proroga fino al 31 dicembre 2033 della durata della concessione demaniale in suo favore presentasse esattamente quel contenuto minimo di tutela che la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha inteso salvaguardare interpretando pregiudizialmente il diritto unionale con effetti vincolanti per gli Stati membri. 21.Va anche precisato che l’istruttoria da svolgere consente all’ente concedente di affidare il bene demaniale in concessione, anche in sede di istanza di proroga del richiedente, al soggetto che “offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che, a giudizio dell’amministrazione, risponda ad un più rilevante interesse pubblico”, nel rispetto dell’articolo 36 del codice della navigazione. Ritiene, il Collegio, scongiurata, per tal via, non solo la perdurante rilevanza del diritto di insistenza - letteralmente espunto dalla disposizione normativa di cui all’art. 37 del codice della navigazione - ma anche la proroga automatica delle concessioni demaniali, più volte stigmatizzata dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria. E può quindi ragionevolmente concludersi che la procedura comparativa in forza della quale la ricorrente ha ottenuto la proroga dell’efficacia delle proprie concessioni è tutt’altro che automatica e, quindi, appare del tutto legittima e in linea con il diritto dell’Unione europea. Vale la pena di ricordare che il Consiglio di Stato, con sentenza della sezione VII, 30 novembre 2023, n. 10378, ECLI:IT:CDS:2023:10378SENT, ha espressamente stabilito come sia legittima la proroga di una concessione demaniale marittima ai sensi della legge n. 145/2018 a seguito della procedura comparativa di cui all’art. 37 del codice della navigazione preceduta dalla pubblicazione delle istanze ex art. 18 del relativo regolamento, essendo vietate dall’ordinamento solo le proroghe automatiche. Le motivazioni che il Comune di (omissis) ha posto a base degli atti impugnati dunque si rivelano non coerenti sia nei confronti della normativa dell’Unione europea sia della corretta interpretazione della legge n. 118 del 2022. Alla stregua delle argomentazioni sopra esposte, il ricorso è accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati. Le spese processuali possono essere compensate. P.Q.M. il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Giuseppina Adamo - Presidente Carlo Dibello - Consigliere, Estensore Lorenzo Ieva - Primo Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 60 del codice del processo amministrativo; sul ricorso numero di registro generale 305 del 2024, proposto da Ab.Ma., rappresentato e difeso dall'avv. Mi.Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero dell'interno - U.T.G. Prefettura di Foggia, sportello unico per l’immigrazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Bari alla via Melo, 97; per l'annullamento previa sospensione dell’efficacia della revoca, datata 2 gennaio 2024, del nulla-osta prot. n. P-FG/L/Q/2022/102058, rilasciato in data 22 luglio 2022, per lavoro stagionale, ai sensi dell’art. 24 (Lavoro stagionale) del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno - U.T.G. Prefettura di Foggia; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2024 il dott. Lorenzo Ieva e uditi per le parti i difensori come da verbale; Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 del codice del processo amministrativo; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1.- Con il ricorso depositato come previsto in rito, l’istante impugnava la revoca datata 2 gennaio 2024 del nulla-osta rilasciato in data 22 luglio 2022, per lavoro stagionale, ai sensi dell’art. 24 (Lavoro stagionale) del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286. In fatto, accadeva che, dopo aver conseguito un regolare visto d’ingresso “per lavoro stagionale”, all’atto della sottoscrizione del contratto di soggiorno, il datore di lavoro agricolo rifiutasse immotivatamente di assumere il lavoratore; indi, veniva preclusa la possibilità del rilascio del permesso di soggiorno per lavoro stagionale. Di conseguenza, l’extracomunitario chiedeva il rilascio di un permesso in attesa di occupazione, denegato dall’Amministrazione. In diritto, la parte ricorrente lamentava la violazione e/o erronea applicazione dell’art. 42, commi 2 e 8, del decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73, convertito nella legge 4 agosto 2022, n. 122, nonché degli artt. 22 e 24 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, l’eccesso di potere per inosservanza della circolare prot. n. 3836 del 20 agosto 2007 del Ministero dell’interno, nonché l’eccesso di potere per motivazione incongrua ed inadeguata, per difetto di istruttoria, per vizio della funzione e manifesta ingiustizia, la violazione dei precetti comunitari e costituzionali, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 21-quinquies e 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, l’eccesso di potere per motivazione apparente, insufficiente e perplessa; la violazione dell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E., degli artt. 24 e 97 Cost. nonché degli artt. 7 e 10 legge 7 agosto 1990, n. 241 e adduceva l’illegittimo ius poenitendi dell’Amministrazione. 2.- Si costituiva l’Amministrazione, resistendo; in particolare, veniva depositata articolata e specifica nota illustrativa del caso, nella quale invero emergeva come il datore di lavoro avesse inteso rifiutare immotivatamente l’assunzione stagionale del ricorrente, dal ché i necessari conseguenziali atti di revoca dell’Amministrazione; veniva vieppiù chiarito che l'art. 42, comma 2, del decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2022, n. 122, ha previsto, per le istanze di cui al d.p.c.m. 21 dicembre 2021, che il nulla-osta al lavoro venga rilasciato, nel termine fissato dalla medesima normativa, quand’anche non siano state acquisite tutte le informazioni relative agli elementi ostativi di cui agli artt. 22 e 24 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286; tuttavia, lo stesso art. 42, comma 2, citato prevede che, al sopravvenuto accertamento dei predetti elementi ostativi, consegua la revoca del nulla-osta e del visto di ingresso; nella fattispecie occorsa, chiarisce la Prefettura che il ricorrente non ha potuto stipulare un contratto di lavoro con il proprio datore di lavoro, in quanto quest'ultimo ha rinunciato all'assunzione. 3.- Alla fissata camera di consiglio, per l’adozione delle richieste eventuali misure cautelari, la causa è stata trattenuta per la immediata decisione in forma semplificata, sussistendone i presupposti. 4.- Il ricorso è infondato. Fulcro del gravame è la qualificazione della fattispecie concreta, nella quale è incorsa il lavoratore extracomunitario stagionale, che, in possesso di un regolare visto ingresso nel territorio nazionale, non ha potuto perfezionare il titolo di soggiorno, seppure a carattere precario, ossia per lavoro stagionale, a seguito del rifiuto dal datore di lavoro all’assunzione. Orbene, in base ai documenti depositati, emerge che l’omessa sottoscrizione del contratto di lavoro sia dipeso da un rifiuto immotivato del (promissario) datore di lavoro. Secondo la migliore giurisprudenza in materia, dal combinato disposto delle norme contenute nell’art. 22 (Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato) e nell’art. 24 (Lavoro stagionale) del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, in caso di mancata instaurazione del rapporto di lavoro tra l'immigrato e l’impresa, dopo l'ingresso dello straniero in Italia, il nulla-osta al lavoro dipendente subordinato, specie se stagionale, risulta privo di efficacia. Ciò in quanto esso è rilasciato per l’assunzione dell’extracomunitario presso uno specifico datore di lavoro e il conseguente permesso di soggiorno risulta condizionato all'esecuzione di quello specifico contratto di lavoro subordinato ed all'effettivo espletamento dell'attività lavorativa presso il predetto datore di lavoro; di conseguenza, in tale situazione, il permesso di soggiorno va legittimamente negato (ex multis: T.A.R. Basilicata, 27 novembre 2008, n. 901; Cons. Stato, sez. III, 15 settembre 2022, n. 8006; Cons. St., sez. III, ord. 21 ottobre 2022, n. 5053). La Sezione si è già espressa in fattispecie analoghe (sentenze immediate del 4 aprile 2024, numeri 403-404-405-406-407-420), evidenziando la normativa prevista in consimili fattispecie, che si ripercorre anche nella decisione dell’odierna causa. Nel caso di specie, l’ingresso nel territorio nazionale era motivato solo per assunzione in qualità di lavoratore stagionale e non è allegato, né è documentato alcun caso di forza maggiore (es.: morte, fallimento, evento calamitoso, etc.), che abbia impedito al datore di lavoro di assumere il lavoratore, quale unica circostanza che la giurisprudenza citata ammette per il rilascio, in via eccezionale, del c.d. permesso (provvisorio) per ricerca di occupazione. E, difatti, l’assunzione del lavoratore extracomunitario è lecitamente possibile, a mente del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, soltanto in obbedienza alla sequenza procedurale, che vede in via successiva tra loro combinarsi i seguenti atti necessari: a) c.d. decreto flussi, che determina la c.d. “capienza” degli ingressi possibili (art. 3, comma 4, del decreto legislativo n. 286 citato); b) richiesta da parte del datore di lavoro del nulla-osta (art. 22 del decreto legislativo n. 286) o del nulla-osta per lavoro stagionale (art. 24); c) rilascio, a richiesta dell’extracomunitario, del visto d’ingresso (art. 4, comma 2); d) sottoscrizione da parte dell’extracomunitario dell’accordo di integrazione, nei casi contemplati (art. 4-bis, comma 2); e) sottoscrizione del contratto di soggiorno (anche stagionale) da parte del datore di lavoro e dell’extracomunitario (artt. 5-bis, 5, comma 3-bis, e 24, comma 11); f) rilascio del permesso di soggiorno, che può essere anche solo di tipo stagionale (artt. 5 e 24). La verificazione della presenza dei predetti atti consente la concessione al cittadino extracomunitario di poter lavorare e quindi di poter essere regolarmente assunto presso un datore di lavoro operante in Italia. L’assenza di alcuno degli stessi, al contrario, configura un rapporto di lavoro di fatto irregolare, che, in presenza degli estremi previsti dalla fattispecie, può configurare una fattispecie di reato, di cui risponde il lavoratore e/o il datore di lavoro, a seconda delle ipotesi previste (artt. 10-bis, 12 e 22, comma 12, del decreto legislativo n. 286). L’ingresso di cittadini extracomunitari, per motivi di lavoro, nel territorio nazionale, è una forma di concessione sottoposta alla giurisdizione del giudice amministrativo, giammai un diritto soggettivo; quando infatti l’ordinamento prevede un diritto, come accade per l’ingresso per altre motivazioni, ad esempio, per esercizio del diritto di asilo o per protezione internazionale, opera una diversa sequenza procedurale per l’accertamento della posizione soggettiva dell’extracomunitario, sottoposta invece alla delibazione del giudice ordinario in caso di rigetto dell’istanza. L’Amministrazione dell’interno, in materia di immigrazione, può adottare soltanto provvedimenti e atti, in conformità al principio della tipicità e nominatività, che sono previsti espressamente dal decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e dal relativo regolamento di attuazione, di cui al d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, esclusivamente per i casi ivi contemplati. Non può adottare provvedimenti atipici o immaginare, in materia, indeterminate “più ampie casistiche”, per legittimare, ex post, al di fuori di provvedimenti straordinari di sanatoria (c.d. emersione da lavoro irregolare), la presenza di un extracomunitario nel territorio nazionale. In virtù dell’art. 10, comma 2°, Cost., nella Repubblica italiana “La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali”; il d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (“Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”), all’art. 1, esordisce, per l’appunto, chiarendo che le disposizioni dallo stesso dettate sono da intendersi “in attuazione” dell’art. 10, comma 2°, Cost., applicabili ai cittadini degli Stati non appartenenti all'U.E. e agli apolidi, indicati riassuntivamente come “stranieri” (extra-comunitari). Non possono essere ammessi dunque permessi di soggiorno al di fuori delle fattispecie expressis verbis previste, che richiedono precisi requisiti. L’unica ipotesi contemplata espressamente per il rilascio del c.d. permesso di soggiorno in attesa di occupazione è quella di cui all’art. 22, comma 11, ove si prevede che “La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno [...]. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può rendere dichiarazione di immediata disponibilità al sistema informativo unitario delle politiche del lavoro [...], e beneficiare degli effetti ad essa correlati per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore ad un anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore [...]”. Dev’esserci in tale ipotesi pur stata comunque un’assunzione valida. Al contrario, nella fattispecie del lavoro stagionale, la mancata perfezione dell’iter prefigurato dalle sopra rammentate disposizioni normative comporta la “perdita della stagionalità”, ragion per cui, a fortiori, non v’è ontologicamente spazio per poter ammettere alcun rilascio di permesso provvisorio per motivi di “attesa di occupazione”. D’altro canto, la stagionalità delle lavorazioni, specie nella produzione agricola - come nel caso dell’odierno ricorso -, vede, nel corso dell’annata agraria, essere assunti, alle dipendenze delle imprese agricole, operai stagionali, secondo le necessità, sia italiani sia stranieri, con periodici ingressi e rimpatri di lavoratori extracomunitari. La perdita della stagionalità, per qualsiasi motivo occorso, non consente la permanenza nel territorio nazionale. Trattasi, infatti, di una tipologia di rapporto di lavoro c.d. precario per qualsivoglia lavoratore, anche cittadino italiano. Più specificamente, l’instaurazione del rapporto di lavoro stagionale è disciplinata dall’art. 24, commi 7 e 8, del decreto legislativo n. 286 citato, il quale prevede che “Il nulla osta al lavoro stagionale autorizza lo svolgimento di attività lavorativa sul territorio nazionale fino ad un massimo di nove mesi in un periodo di dodici mesi”, inoltre: “[...] Al termine del periodo di cui al comma 7, il lavoratore deve rientrare nello Stato di provenienza, salvo che sia in possesso di permesso di soggiorno rilasciato per motivi diversi dal lavoro stagionale”. Inoltre, a mente dell’art. 24, comma 10, esclusivamente “Il lavoratore stagionale, che ha svolto regolare attività lavorativa sul territorio nazionale per almeno tre mesi, al quale è offerto un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, può chiedere allo sportello unico per l’immigrazione la conversione del permesso di soggiorno in lavoro subordinato, nei limiti delle quote di cui all’articolo 3, comma 4”. Va poi evidenziato che l'art. 42, comma 2, del decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2022, n. 122 (“Misure urgenti in materia di semplificazioni fiscali e di rilascio del nulla osta al lavoro [...]”), ha previsto che il nulla-osta al lavoro, limitatamente al d.p.c.m. 21 dicembre 2021 (c.d. decreto flussi 2021), venga rilasciato, entro termini stringenti, anche quando non siano state acquisite tutte le informazioni relative agli elementi ostativi di cui agli artt. 22 e 24 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286; tuttavia, lo stesso art. 42, comma 2, citato prevede che, al sopravvenuto accertamento dei predetti elementi ostativi, consegua la revoca del nulla-osta e del visto di ingresso; nella fattispecie occorsa - come chiarito dalla Prefettura - il ricorrente non ha potuto stipulare il contratto di lavoro con il datore di lavoro, in quanto quest’ultimo ha rinunciato all'assunzione, dal ché la conseguenziale revoca del più volte citato nulla-osta. Risulta dunque evidente che non sussistono margini per poter ritenere che, ad un extracomunitario, ammesso peraltro ab imis nel territorio nazionale con visto d’ingresso (solo) stagionale, possa essere rilasciato alcun’altro permesso di soggiorno, in carenza dei relativi presupposti di fatto e normativi. Restano ferme le eventuali responsabilità sussistenti inter partes tra promissario datore di lavoro e cittadino extracomunitario, circa la mancata perfezione dell’assunzione, le quali però non incidono sul procedimento di rilascio del permesso di soggiorno, oramai non più possibile. E, difatti, l’art. 24-bis, comma 14, del decreto legislativo n. 286, nel caso di attività stagionale, pur prevede che, in ipotesi di revoca del nulla-osta al lavoro e/o di revoca del permesso di soggiorno per lavoro stagionale: “il datore di lavoro è tenuto a versare al lavoratore un’indennità [...]”; questa è quindi la specifica tutela prevista dall’ordinamento in consimili evenienze. Di conseguenza, la mancata instaurazione di alcun rapporto di lavoro stagionale e di svolgimento di regolare attività lavorativa, sul territorio nazionale, per almeno tre mesi, ai sensi dell’art. 24, comma 10, del decreto legislativo n. 286, non può dar luogo ad alcun un contratto di lavoro a tempo determinato e, quindi, al rilascio del propedeutico mod. 9 anelato da parte ricorrente. 5.- In conclusione, per le sopra esposte motivazioni, il ricorso va respinto. 6.- Le spese del giudizio sono compensate per la peculiarità della materia e parziale novità delle questioni poste. 7.- Nulla compete al difensore per gratuito patrocinio, in quanto l’istanza prodotta risulta carente della prevista certificazione rilasciata dall'autorità consolare competente, ai sensi dell’art. 79, comma 2, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, sui redditi prodotti all'estero. P.Q.M. il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (sezione terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Respinge l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Giuseppina Adamo - Presidente Carlo Dibello - Consigliere Lorenzo Ieva - Primo Referendario, Estensore L'ESTENSORE IL PRESIDENTE Lorenzo Ieva Giuseppina Adamo IL SEGRETARIO
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Bari, terza sezione civile, in composizione monocratica nella persona del Giudice dott. Giovanna Manca ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n.r.g. 11989/2017 avente ad oggetto "comunione e condominio, impugnazione delibera assembleare - spese condominiali" promossa DA (...) e (...), rappresentati e difesi dagli Avv.ti (...) ATTORI CONTRO (...) in persona dell'amministratore p.t., rappresentato e difeso dall'Avv. (...) CONVENUTO FATTO E DIRITTO Con atto di citazione notificato il 10.07.2017 (...) e (...) hanno convenuto in giudizio il (...), domandando di "dichiarare illegittimo, inesistente, nullo e/o annullabile, inefficace e quindi, annullare l'intero deliberato assunto in seconda convocazione in data 15.06.2017 dall'Assemblea del cd. (...) (...), con "condanna del convenuto alla soccombenza processuale, distraendo in favore dei sottoscritti avvocati-perché anticipatari-le spese e i compensi del presente giudizio...". In particolare, gli attori hanno dedotto: -di essere comproprietari pro indiviso dell'unità immobiliare sita in (...) alla (...) e di partecipare alla Comunione dei beni "impropriamente denominata Condominio di via (...) -Cassano delle Murge, composta da n. 13 abitazioni a schiera ognuna con ingresso autonomo"; - che la suddetta comunione è disciplinata da un regolamento di condominio, di natura non convenzionale ma approvato a maggioranza; - di avere la volontà di distaccarsi dal condominio; - di aver comunicato tale volontà al (...) e, a fronte dell'opposizione di quest'ultimo, di aver intrapreso procedura di media-conciliazione, conclusasi con esito negativo il 19.5.2017; - di aver ricevuto il 7.6.2017 l'avviso di convocazione di assemblea straordinaria, da tenersi nei giorni 14 e 15 giugno 2017 per deliberare sul seguente ordine del giorno " 1) richiesta da parte dei coniugi (...) a fuoriuscire dal Condominio con la partecipazione alle spese da confinanti esterni-decisioni in merito"; -di non aver preso parte all'assemblea e di aver ricevuto il 20.6.2017 fotocopia del verbale di Assemblea, tenutasi in seconda convocazione il 15.6.2017, al termine della quale l'organo assembleare rigettava la domanda di fuoriuscita dalla comunione. Gli attori hanno pertanto concluso come in epigrafe indicato. Instauratosi il contraddittorio, con comparsa di costituzione e risposta depositata il 4.1.2018 si è costituito in giudizio il (...), preliminarmente eccependo l'improcedibilità della domanda per omesso avvio della mediazione obbligatoria ai sensi del d.l. 21.6.2013 n. 69 convertito in legge n. 98/13 e, nel merito, domandando di accertare e dichiarare l'infondatezza delle pretese attoree in fatto e in diritto, con conseguente condanna degli attori al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c., il tutto con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa in favore del difensore anticipatario. Esperita la procedura di mediazione obbligatoria, conclusasi con esito negativo, la causa, assegnati i termini ex art. 183, co. VI, c.p.c. è stata istruita a mezzo della documentazione depositata dalle parti. Quindi, all'udienza del 27.3.2024, fatte precisare le conclusioni, la causa è stata introitata per la decisione senza la concessione dei termini di legge ex art. 190 c.p.c., stante la rinuncia delle parti costituite. La domanda attorea deve essere accolta per le ragioni di seguito esposte. Gli attori hanno chiesto l'annullamento della delibera condominiale, assunta in data 15.6.2017 dall'assemblea, in quanto adottata in violazione dell'art. 14 comma 2 del regolamento di condominio e dell'art. 1105 comma 3 c.c.. Orbene, l'art. 14 comma 3 del citato regolamento condominiale (cfr. doc. 7 fascicolo parte attrice) prevede testualmente che "l'assemblea, sia ordinaria che straordinaria, è convocata mediante avviso individuale ai condomini, inviato a cura dell'amministratore con raccomandata postale o recapitata a mano, almeno dieci giorni prima della data fissata per l'adunanza". Come noto, a lume dell'art. 1138 c.c., qualora in un edificio il numero dei condomini sia superiore a dieci, è necessaria la predisposizione di un regolamento, il quale oltre a contenere le norme circa l'uso delle cose comuni, la ripartizione delle spese e per la tutela del decoro dell'edificio, disciplina pure l'attività amministrativa della cosa comune. Non appare superfluo evidenziare che, ai sensi del comma 3 dell'art. 1138 cit., le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, e in nessun caso derogare alle disposizioni degli articoli 1118, secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137. Da tanto discende che il regolamento condominiale ben può derogare alle norme di legge, rientrando tale facoltà nell'alveo della libertà negoziale riconosciuta ai singoli, ad eccezione di quelle disposizioni che, per espresso dettato normativo, costituiscono norme inderogabili. Tra queste, così come enucleate dal comma 3 dell'art. 1138 c.c., sicuramente non rientra l'art. 66 disp. att. c.c., nella parte in cui prevede un termine entro cui la convocazione assembleare deve essere comunicata ai singoli condomini, a maggior ragione ove - come avvenuto nella specie - il regolamento stabilisca un termine più ampio - di giorni dieci e, dunque, in melius - rispetto a quello - di giorni cinque - previsto dall'art. 66 cit. Ora, è principio ormai consolidato quello secondo cui ogni condomino, avendo il diritto di intervenire all'assemblea, deve perciò essere messo in condizione di poterlo fare, con la conseguente necessità che l'avviso di convocazione, quale atto unilaterale recettizio, sia non solo inviato ma anche ricevuto nel termine stabilito dalla legge o, come nella specie, dal regolamento condominiale, avendo riguardo alla riunione dell'assemblea in prima convocazione. Deriva da quanto precede, pertanto, che il mancato rispetto di tale termine di ricezione dell'avviso da parte dell'avente diritto costituisce motivo di annullamento della delibera assembleare, ai sensi dell'articolo 1137 del Codice civile. Tale conclusione trova conforto, peraltro, nel testo ora vigente dell'articolo 66 comma 3 del Codice civile, il quale dispone che "in caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell'articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati". Facendo applicazione di tali coordinate ermeneutiche al caso di specie, la comunicazione della convocazione dell'assemblea è da ritenersi tardiva, e, per l'effetto, annullabile risultando pacifico che: (a) solo in data 7.6.2017 è stato recapitato a (...) l'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale, che si sarebbe tenuta in prima convocazione il 14.6.2017 e in seconda convocazione il 15.6.2017, e dunque, con un preavviso di soli sei giorni, in spregio alla disposizione di cui all'art. 14 regolamento cit.; (b) gli attori non hanno preso parte all'assemblea e, dunque, in qualità di "assenti perché non ritualmente convocati", hanno diritto a chiederne l'annullamento. Donde l'accoglimento della spiegata domanda. La regolamentazione delle spese processuali segue il principio della soccombenza, sicché le spese del presente grado di giudizio vanno poste a carico del (...) (...) nella misura liquidata in dispositivo, facendo applicazione degli onorari medi, di cui al d.m. 55/2014, come modificato dal d.m. 147/2022, ridotti del 50% ai sensi dell'art. 4 stante la particolare semplicità delle questioni in fatto e diritto risolte. P.Q.M. Il Tribunale di Bari, terza sezione civile, in persona del Giudice Giovanna Manca definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da(...) e (...) nei confronti del (...), in persona dell'amministratore p.t., così provvede: 1) Accoglie la domanda e per l'effetto annulla la delibera assunta in seconda convocazione in data 15.06.2017 dall'Assemblea del cd. (...) (...) ; 2) Condanna il (...) alla rifusione delle spese di lite in favore degli attori, che si liquidano in complessivi Euro 2540,00 per compenso professionale ed Euro 518,00 a titolo di borsuali, oltre Iva, Cap e rimborso forfetario nella misura del 15% sulle voci come per legge. Così deciso in Bari il 19 aprile 2024
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Bari Sezione Lavoro Il Tribunale, nella persona del giudice designato Dott. (...) udienza del 22/04/2024 ha pronunciato la seguente SENTENZA CONTESTUALE nella causa lavoro di I grado iscritta al N. (...)/2023 R.G. promossa da: (...) rappresentato e difeso dall'avv. (...) giusta procura in atti RICORRENTE contro: (...) - (...) rappresentato e difeso dall'avv. (...) giusta procura in atti RESISTENTE Oggetto: Ricalcolo indennità per ferie MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto depositato il (...), il ricorrente, premesso di svolgere le mansioni di operatore di esercizio per conto della società convenuta, deduceva di aver sempre percepito in maniera continuativa retribuzione per diarie e trasferte, indennità domenicale, indennità di presenza aggiuntiva, indennità di agente unico, indennità turni di linea, indennità di rifornimento e infine indennità di supero nastro. Lamentava il ricorrente che nonostante il carattere fisso e comunque non occasionale di tali compensi, le stesse non erano state inserite nella retribuzione corrisposta a titolo di ferie. Concludeva perché fosse accertato il proprio diritto a vedere inclusi i predetti emolumenti nella base di calcolo della retribuzione corrisposta a titolo di ferie e per la condanna generica della resistente al pagamento in suo favore delle differenze tra quanto percepito e quanto avrebbe dovuto percepire ove fossero state inserite le voci sopra elencate nella base di calcolo della retribuzione corrisposta in costanza di ferie. Si costituiva la (...) s.p.a. la quale confutava in fatto e diritto quanto sostenuto dal ricorrente e concludeva per il rigetto del ricorso. In via preliminare va disattesa l'eccezione di inammissibilità della domanda del ricorrente per frazionamento del credito, dal momento che, come si evince dal ricorso nel giudizio RG (...)/21 il ricorrente aveva richiesto le differenze retributive a lui spettanti per il periodo dal 19.07.2012 al 31.12.2019, mentre con il presente ricorso il ricorrente richiede le differenze retributive maturate dal 20.7.2007 al 17.7.2012. Orbene, appare chiaro, come rilevato dalla difesa dell'istante, che la proposizione del presente giudizio è dipesa dal noto revirement giurisprudenziale, che ha avuto inizio con CASS. CIV., SEZ. LAV, 6.9.2022 n.26246, secondo cui "il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, come modulato per effetto della l. n. 92 del 2012 e del d.lgs n. 23 del 2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità, sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della l. n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4, e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro". Ne deriva che, solo a seguito di tale mutamento giurisprudenziale (successivo all'introduzione del primo giudizio RG (...)/21), il ricorrente ha potuto rivendicare, proponendo ulteriore ricorso, anche le differenze retributive non ancora prescritte al momento dell'entrata in vigore della l. n.92 del 2012, ovvero le differenze retributive successive al 20.7.2007. Ritiene lo scrivente in adesione a quanto già deciso dal Tribunale con altri (...) che la possibilità di rivendicare le differenze retributive dal 20.7.2007 al 17.7.2012, superando il preliminare ostacolo dell'intervenuta prescrizione, ed il relativo interesse giuridicamente rilevante a rivendicarle dalla (...) sono sorti per effetto e solo dopo il suddetto mutamento di giurisprudenza. Tanto premesso, il ricorso è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati. Ritiene lo scrivente di aderire all'orientamento della giurisprudenza di merito e della Corte di Cassazione che hanno riconosciute fondate le pretese in fattispecie del tutto sovrapponibili (cfr. sentenze depositate dal ricorrente nelle note conclusive). E difatti la Corte di cassazione ha ribadito che: "Il diritto del lavoratore a ferie retribuite trova una disciplina sia nel diritto interno (art. 36 Cost., comma 3: "Il lavoratore ha diritto... a ferie annuali retribuite"; art. 2109 c.c., comma 2: il prestatore di lavoro ha diritto "ad un periodo annuale di ferie retribuite"; D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10, ratione temporis applicabile: "... il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo... di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane"), sia in quello dell'(...) (art. 7 Direttiva n. 2003/88/CE). Con specifico riferimento alla disciplina (...) l'art. 7 della citata (...) intitolato "(...) annuali", stabilisce quanto segue: "1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinchè ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali...". Il diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite è peraltro espressamente sancito all'art. 31, n. 2, della (...) dei diritti fondamentali dell'(...) cui l'art. 6, n. 1 TUE riconosce il medesimo valore giuridico dei trattati (sentenze dell'8 novembre 2012, (...) e (...) C-229/11 e C-230/11, punto 22; del 29 novembre 2017,(...)/16, punto 33, nonchè del 4 ottobre 2018, (...) C-12/17, punto 25). (...). 31 della (...) intitolato "(...) di lavoro giuste ed eque", per quanto qui maggiormente rileva, prevede che: "... 2. Ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali e ferie annuali retribuite". Il diritto alle ferie retribuite di almeno quattro settimane, secondo giurisprudenza costante della Corte di Giustizia, deve essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale dell'(...) (sentenza del 20 luglio 2016, (...) C-341/15, punto 25 e giurisprudenza ivi citata); ad esso non si può derogare e la sua attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla (...) 2003/88 (v. sentenza del 12 giugno 2014, (...) C-118/13, punto 15 e giurisprudenza ivi citata). Più specificamente, secondo la (...) n. 88 del 2003, il beneficio (id est: il diritto) alle ferie annuali e quello all'ottenimento di un pagamento a tale titolo rappresentano due aspetti (id est: le due componenti) dell'unico diritto "a ferie annuali retribuite" (sentenze del 20 gennaio 2009, (...) e altri, C-350/06 e C-520/06, punto 60; del 15 settembre 2011, (...) e altri, C- 155/10, punto 26; del 13 dicembre 2018, causa (...) C-385/17, punto 24). Peraltro, dalla formulazione dell'art. 1, paragrafo 1 ("La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime...") e paragrafo 2, lettera a) ("ai periodi minimi di... ferie annuali"), dell'art. 7, paragrafo 1, nonchè dell'art. 15 della Direttiva n. 88 del 2003, si ricava, anche, come quest'ultima si limiti a fissare prescrizioni minime di sicurezza e salute in materia di organizzazione dell'orario di lavoro, facendo salva la facoltà degli (...) membri di applicare disposizioni nazionali più favorevoli alla tutela dei lavoratori (sentenza cit. 13 dicembre 2018, causa (...) C-385/17, punto 30 e punto 31). Per ciò che riguarda, in particolare, "l'ottenimento di un pagamento" a titolo di ferie annuali, la Corte di Giustizia, sin dalla sentenza 16 marzo 2006, cause riunite C-131/04 e C-257/04, (...) e altri (punto 50), ha avuto occasione di precisare che l'espressione "ferie annuali retribuite", di cui all'art. 7, n. 1 della Direttiva n. 88 del 2003, intende significare che, per la durata delle ferie annuali, "deve essere mantenuta" la retribuzione; in altre parole, il lavoratore deve percepire la retribuzione ordinaria per tale periodo di riposo (negli stessi sensi, anche sentenza (...) 20 gennaio 2009 in C- 350/06 e C-520/06, (...) e altri, punto 58). (...) di monetizzare le ferie è volto a mettere il lavoratore, in occasione della fruizione delle stesse, in una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro (v. sentenze citate (...) e altri, punto 58, nonchè (...) e altri, punto 60). Maggiori e più incisive precisazioni si rinvengono nella pronuncia della Corte di Giustizia 15 settembre 2011, causa C-155/10, (...) e altri (punto 21), dove si afferma che la retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore e che una diminuzione della retribuzione idonea a dissuadere il lavoratore dall'esercitare il diritto alle ferie sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell'(...) In tale pronuncia, la Corte di Giustizia ha avuto modo di osservare come "sebbene la struttura della retribuzione ordinaria di un lavoratore di per sè ricada nelle disposizioni e prassi disciplinate dal diritto degli (...) membri, essa non può incidere sul diritto del lavoratore... di godere, nel corso del suo periodo di riposo e di distensione, di condizioni economiche paragonabili a quelle relative all'esercizio del suo lavoro" (v. sentenza (...) e altri cit., punto 23); pertanto "qualsiasi incomodo intrinsecamente collegato all'esecuzione delle mansioni che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro e che viene compensato tramite un importo pecuniario incluso nel calcolo della retribuzione complessiva del lavoratore ... deve obbligatoriamente essere preso in considerazione ai fini dell'ammontare che spetta al lavoratore durante le sue ferie annuali" (v. sentenza (...) e altri cit., punto 24); all'opposto, non devono essere presi in considerazione nel calcolo dell'importo da versare durante le ferie annuali "gli elementi della retribuzione complessiva del lavoratore diretti esclusivamente a coprire spese occasionali o accessorie che sopravvengano in occasione dell'espletamento delle mansioni che incombono al lavoratore in ossequio al suo contratto di lavoro" (v. ancora sentenza (...) e altri cit., punto 25). Del pari, vanno mantenuti, durante le ferie annuali retribuite, gli elementi della retribuzione "correlati allo status personale e professionale" del lavoratore (v. sentenza (...) e altri cit., punto 28). Il delineato concetto di retribuzione, dovuta durante le ferie annuali, è confermato dalla successiva giurisprudenza della Corte di Giustizia (sentenza 22 maggio 2014, causa (...)/12, Z.J.R. Lock, punti 29, 30, 31); in tale pronuncia, quanto agli elementi correlati allo status personale e professionale, si precisa che tali possono essere quelli che si ricollegano alla qualità di superiore gerarchico, all'anzianità, alle qualifiche professionali (sentenza Z.J.R. Lock cit., punto 30). (...) stregua di tale nozione, è stata, per esempio, ritenuta contraria al diritto dell'(...) la non inclusione, nella retribuzione versata (recte nel pagamento da versare) ai lavoratori a titolo di ferie annuali, degli importi supplementari corrisposti ai piloti (...) in ragione delle ore di volo e/o del tempo trascorso fuori della (...) (sentenza (...) e altri cit.) ovvero del compenso variabile rappresentato da provvigioni sul fatturato realizzato (sentenza Z.J.R. Lock cit.), così come la previsione, per contratto collettivo, di una riduzione della "indennità per ferie retribuite" derivante da una situazione di disoccupazione parziale, nel periodo temporale di riferimento (sentenza (...) cit.). In definitiva può, dunque, affermarsi che sussiste una nozione (...) di "retribuzione" dovuta al lavoratore durante il periodo di ferie annuali, fissata dall'art. 7 della Direttiva 2003/88, come sopra interpretato dalla Corte di Giustizia. ? Resta da osservare che - come più volte ribadito da questa Corte di legittimità (Cass. n. 22577/2012 e giurisprudenza ivi richiamata) - l'interpretazione offerta dalla Corte di Giustizia, interprete qualificata del diritto UE, ha efficacia ultra partes, sicchè alle sentenze dalla stessa rese, sia pregiudiziali sia emesse in sede di verifica della validità di una disposizione UE, va attribuito "il valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, non nel senso che esse creino ex novo norme comunitarie, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell'ambito della (...) In modo conforme al diritto dell'(...) deve essere interpretata la normativa interna laddove riconosce il diritto del prestatore di lavoro a "ferie retribuite" nella misura minima di quattro settimane, senza, tuttavia, recare una specifica definizione di retribuzione. A tale riguardo, deve allora osservarsi come sia compito del giudice di merito valutare, in primo luogo, il rapporto di funzionalità (id est: il nesso intrinseco, v. sentenza (...) 15 settembre 2011, (...) e a., C- 155/10, cit., punto 26) che intercorre tra i vari elementi che compongono la retribuzione complessiva del lavoratore e le mansioni ad esso affidate in ossequio al suo contratto di lavoro e, dall'altro, interpretate ed applicate le norme pertinenti del diritto interno conformemente al diritto dell'(...) verificare se la retribuzione corrisposta al lavoratore, durante il periodo minimo di ferie annuali, sia corrispondente a quella fissata, con carattere imperativo ed incondizionato, dall'art. 7 della Direttiva 2003/88/CE. Sulla scorta dei principi sopra riassunti, affinché una voce retributiva possa essere inclusa nella base di calcolo della retribuzione spettante durante il periodo di ferie occorre, dunque, che la stessa sia intrinsecamente connessa alla natura delle mansioni svolte dall'interessato ed abbia la funzione di compensare uno specifico disagio derivante dall'espletamento di dette mansioni, oppure sia correlata al peculiare status professionale o personale dell'interessato. Diversamente, le voci retributive che svolgono la funzione di rimborsare spese occasionali e accessorie sostenute dal lavoratore nell'espletamento delle proprie mansioni non devono essere computate nella retribuzione spettante durante le ferie." (cfr. Cass. n. 22401/20; n.13425/19). Tanto premesso, il ricorrente ha specificatamente indicato in ricorso, le indennità accessorie della retribuzione intrinsecamente connesse allo svolgimento delle mansioni di operatore di esercizio. In relazione all'indennità di trasferta e diaria ridotta, il trattamento di trasferta degli autoferrotranvieri comandati a prestare servizio fuori della residenza di assegnazione è disciplinato dagli artt. 201 (per l'indennità di trasferta) e 212 (diaria ridotta) del (...) 23.7.76 a seconda che si tratti di personale degli impianti fissi -al quale si applica l'art. 20 -, ovvero di personale viaggiante -al quale si applica l'art. 21. Il trattamento di trasferta del personale viaggiante è, dunque, specificamente disciplinato da detto art. 21 e compete al personale viaggiante solamente quando, in relazione al turno, esce dalla propria residenza (mentre la differente indennità di trasferta compete, quando il personale viaggiante venga comandato a prestare servizio in un deposito o rimessa diversi dai propri, ovvero ai sensi dell'art. 21, comma 4 "quando l'assenza dalla residenza supera le 24 ore continuative, il personale di cui trattasi fruisce, a decorrere dall'inizio del secondo periodo di 24 ore, del trattamento di trasferta di cui al precedente articolo 20"). (...)à fuori nastro compete, appunto, per le ore di lavoro fuori nastro "intendendosi per tali quelle eccedenti l'undicesima ora"; per l'indennità c.d. aggiuntiva, di agente unico, turni di linea e di rifornimento, dalla lettura delle norme contrattuali emerge chiaramente come le stesse siano intrinsecamente legate allo svolgimento della mansione di operatore di esercizio. Ritiene pertanto lo scrivente che le indennità dedotte in lite, alla luce dei principi dappresso passati in rassegna ed in considerazione delle loro specifiche caratteristiche funzionali, siano da ricomprendere nella retribuzione ordinaria da corrispondersi durante il periodo di fruizione delle ferie. Va, infatti, ribadito che le suddette voci siano tutte intrinsecamente connesse all'espletamento delle mansioni di riferimento e compensino le specifiche penosità che, con riferimento a ciascuna di esse, vengono in rilievo (le indennità trasferta e diaria ridotta sono, infatti, correlate all'espletamento e alla durata di turni di servizio fuori dalla residenza assegnata o presso depositi o rimesse diversi dai propri, l'indennità di agente unico si riconosce solo per i turni guida, l'indennità fuori nastro alla durata prolungata del tempo di guida, lo stesso per l'indennità di rifornimento legata all'utilizzo del mezzo, l'indennità aggiuntiva al raggiungimento degli obiettivi aziendali attraverso lo svolgimento di specifiche mansioni). (...) documentazione in atti e in particolare dai dati riportati nelle buste paga allegate al ricorso, si evince che tali indennità siano normalmente ed intrinsecamente collegate all'esecuzione delle mansioni proprie della qualifica di operatore di esercizio svolta dal ricorrente. E difatti le indennità risultano corrisposte in maniera continuativa, sebbene in misura variabile, nel corso dell'anno, sì da assumere le caratteristiche di una componente non occasionale e predeterminata, che integra stabilmente la retribuzione. Né ad una diversa conclusione può pervenirsi in rapporto alle allegazioni della parte resistente secondo cui l'inclusione delle indennità di trasferta e diaria ridotta nella retribuzione ordinaria, utile ai fini della determinazione della retribuzione spettante durante il periodo di ferie, risulterebbe in contrasto con la natura risarcitoria propria di tali indennità. Va, infatti, ricordato che, secondo quanto ripetutamente affermato dalla Suprema Corte: "il compenso (indennità) da corrispondere per la trasferta può avere carattere risarcitorio oppure retributivo, a seconda che: a) riguardi le spese dal lavoratore sostenute per recarsi temporaneamente in un luogo diverso da quello in cui l'impresa svolge la sua attività, individuato da parte del datore di lavoro, come destinazione stabile e continuativa del lavoratore stesso per lo svolgimento della sua ordinaria prestazione lavorativa. In questo caso l'emolumento ha carattere risarcitorio, anche se non è da escludere, a priori, che possa esservi una (...) componente retributiva, onde spetta al giudice del merito stabilire, in relazione al contenuto delle specifiche pattuizioni contrattuali, quale parte di tale indennità abbia funzione risarcitoria e quale, invece, funzione retributiva; b) si tratti, invece, del corrispettivo della peculiarità della abituale collaborazione richiesta al dipendente, consistente nell'obbligo di espletare la propria attività in luoghi sempre differenti, ipotesi in cui non è identificabile la connotazione tipica della "trasferta in senso proprio", costituita dalla temporanea dislocazione del lavoratore in un luogo diverso dalla normale sede (...)questo secondo caso, l'emolumento diviene un elemento non occasionale e predeterminato della retribuzione (anche se di importo non strettamente costante), così da dovere essere ricompreso nella base di computo del TFR etc." (cfr.. Cass. civ. sez. Lav. n. 17253/18; n.18479/14; n.27826/09; n.3278/04). Nella specie, come può, peraltro, evincersi dalle buste paga allegate al ricorso, che attestano la sistematicità dell'erogazione degli emolumenti in parola, e senza che vi sia stata alcuna specifica contestazione da parte della resistente, al ricorrente è abitualmente richiesto di prestare la propria attività al di fuori della residenza di servizio o presso altri depositi o rimesse (o, comunque, secondo le condizioni che danno diritto all'indennità di diaria ridotta o di trasferta), sicché deve ritenersi che si tratti di una peculiare e abituale forma di collaborazione richiesta ai dipendenti, nei termini di cui alle pronunce della Corte di Cassazione richiamate, che viene, appunto, compensata con le suddette voci, a cui deve essere, quindi, riconosciuto il valore di elemento non occasionale della retribuzione, anche se di importo variabile. Lo stesso va detto in relazione alle altre indennità: l'indennità di fuori nastro, compensa la specifica penosità legata al superamento di un predeterminato tempo di lavoro, così come detto sopra in relazione all'indennità di turno, di rifornimento e di presenza aggiuntiva. Ciò detto, occorre ribadire che le indennità riepilogate in premessa siano tutte da includere nella retribuzione dovuta durante le ferie, in quanto legate allo svolgimento ordinario della prestazione lavorativa. Né può essere condivisa la tesi della parte convenuta, secondo cui i principi espressi dalla Corte di Giustizia dell'(...) e posti a fondamento della presente decisione non avrebbero forza cogente nel nostro ordinamento in quanto difetterebbe la specificazione delle voci rientranti del concetto di retribuzione. Sotto tale profilo, per un verso è, infatti evidente, che, qualora non si assicurasse la coincidenza della retribuzione delle ferie annuali con la retribuzione ordinaria per l'intero arco temporale in cui il singolo lavoratore sia legittimato a fruirne, si ingenererebbe di fatto una diminuzione del trattamento retributivo, potenzialmente idonea a pregiudicare economicamente il lavoratore nell'esercizio del suo diritto alle ferie, in contrasto con le prescrizioni del diritto dell'(...) laddove, come chiarito dal precedente giurisprudenziale dappresso virgolettato, "la Corte di Giustizia, sin dalla sentenza 16 marzo 2006, cause riunite C-131/04 e C- 257/04, (...) e altri (punto 50), ha avuto occasione di precisare che l'espressione "ferie annuali retribuite", di cui all'art. 7, n. 1 della Direttiva n. 88 del 2003, intende significare che, per la durata delle ferie annuali, "deve essere mantenuta" la retribuzione; in altre parole, il lavoratore deve percepire la retribuzione ordinaria per tale periodo di riposo (negli stessi sensi, anche sentenza (...) 20 gennaio 2009 in C-350/06 e C-520/06, (...) e altri, punto 58)". Va poi per latro verso evidenziato che: "l'interpretazione offerta dalla Corte di Giustizia, interprete qualificata del diritto UE, ha efficacia ultra partes, sicchè alle sentenze dalla stessa rese, sia pregiudiziali sia emesse in sede di verifica della validità di una disposizione UE, va attribuito "il valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, non nel senso che esse creino ex novo norme comunitarie, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell'ambito della (...) In modo conforme al diritto dell'(...) deve essere interpretata la normativa interna laddove riconosce il diritto del prestatore di lavoro a "ferie retribuite" nella misura minima di quattro settimane, senza, tuttavia, recare una specifica definizione di retribuzione." (cfr. Cass. n. 22401/20). Infondata è anche l'eccezione di prescrizione. Ritiene infatti lo scrivente di aderire alla giurisprudenza di merito che ha ritenuto che la prescrizione non decorre durante il corso del rapporto di lavoro anche nel caso di applicazione dell'art. 18 sta. Lav. come modificato dalla c.d.legge Fornero: "Il testo attualmente vigente dell'art. 18 Stat. lav., a differenza di quello originario, prevede la tutela reintegratoria solo per talune ipotesi di illegittimità del licenziamento (primo, quarto e settimo comma), mentre per altre fattispecie prevede unicamente una tutela indennitaria (quinto e sesto comma). Ne consegue che, nel corso del rapporto, il prestatore di lavoro si trova in una condizione soggettiva di incertezza circa la tutela (reintegratoria o indennitaria) applicabile nell'ipotesi di licenziamento illegittimo, accertabile solo ex post nell'ipotesi di contestazione giudiziale del recesso datoriale. La prescrizione di tali crediti decorre, pertanto, dalla cessazione del rapporto e non in costanza di esso anche per i lavoratori dipendenti da datori di lavoro a cui si applichi l'art. 18 Stat. lav., come novellato dalla l. n. 92/2012." (cfr. C.d.A. Milano n.376/19; n.719/21). La tesi è stata di recente confermata in Cassazione che con la sentenza n. 26246/22 ha statuito che: "Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, così come modulato per effetto della legge n. 92 del 2012 e del decreto legislativo n. 23 del 2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità. Sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della legge n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4 e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro. Ne deriva che per i diritti retributivi sorti a far data dall'entrata in vigore della l. n. 92/12 (18.7.2012) e nel quinquennio anteriore (a decorrere dal 18.7.2007), la cui invocabilità avrebbe potuto trovare condizionamenti da parte del lavoratore stante la vigenza della nuova disciplina dell'art.18, il dies a quo ai fini prescrizionali va individuato nella data di cessazione del rapporto. Nel caso di specie pertanto il ricorrente ha diritto a vedersi corrisposte anche le differenze relative al periodo successive al 18.7.2007. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, secondo i parametri fissati dal D.M. 55/2014, tenuto conto dell'assenza di istruttoria. P.Q.M. In composizione monocratica, in persona del dott.(...) in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da (...) nei confronti dell'(...) - (...), così provvede: 1) accoglie il ricorso e, per l'effetto, accerta il diritto del ricorrente all'inclusione delle indennità indicate in ricorso nella base di calcolo per la retribuzione goduta nei periodi di ferie; 2) condanna la (...) s.p.a. al pagamento delle differenze tra quanto percepito e quanto avrebbe dovuto percepire computando nella base di calcolo gli emolumenti di cui al punto 1) in relazione al periodo dal 20.7.2007 al 17.7.2012 3) condanna la resistente al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 2.800,00, oltre accessori come per legge, con distrazione in favore del procuratore antistatario Così deciso in Bari il 22 aprile 2024. Depositata in Cancelleria il 22 aprile 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1033 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS- in proprio e quale mandataria del Costituendo RTI con -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Di Gi. e Fr. Sc., con domicili digitali come da PEC da Registri di Giustizia; contro Regione Puglia, non costituita in giudizio; In. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Id. Ma. De., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti -OMISSIS- s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Sa. St. Da., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia - della determinazione prot. n. SAR/129 del 18 luglio 2023 di In. s.p.a., comunicata in pari data, avente ad oggetto "Determina di aggiudicazione - Gara telematica e procedura aperta per l'affidamento del servizio di ristorazione ai degenti e ai pazienti ricoverati aziendale presso i PP.OO. e le strutture sanitarie di tutte le Aziende Sanitarie/IRCCS/AOU della Regione Puglia - Numero gara: -OMISSIS-", nella parte in cui ha disposto l'aggiudicazione del Lotto n. 3 (CIG -OMISSIS-) in favore di -OMISSIS- s.p.a.; - del provvedimento di In. s.p.a. avente ad oggetto: "Gara telematica a procedura aperta per l'affidamento del servizio di ristorazione ai degenti e pazienti ricoverati presso i PP.OO e strutture sanitarie per tutte le Aziende Sanitarie/IRCCS/AOU della Regione Puglia" - Numero gara: -OMISSIS- - Provvedimento di ammissione ed esclusione al prosieguo della gara (art. 76 comma 2 bis d.lgs. 50/2016 e s. m. e i.") del 16.3.2022; e di tutti i verbali di gara, nei limiti del spiegato gravame; - di ogni altro atto presupposto, collegato, connesso, antecedente o successivo; - e per la dichiarazione di inefficacia del contratto, qualora stipulato tra la stazione appaltante e la società controinteressata aggiudicataria del lotto n. 3, con subentro del R.T.I. ricorrente; nonché per la condanna al risarcimento del danno in forma specifica ovvero, in subordine, per equivalente economico; - nonché per l'annullamento (su istanza ex art. 116, comma 2, c.p.a.) del diniego parziale di accesso di cui alla nota di In. s.p.a. prot. n. 5111 del 25.8.2023 opposto in relazione all'istanza di accesso in data 20.7.2023, con riferimento a: tutta la documentazione amministrativa, offerta tecnica ivi compreso ogni allegato e/o elaborazione richiamata e/o allegata, offerta economica compreso ogni allegato ivi richiamato e/o prodotto, eventuali giustificativi dei prezzi, compreso ogni allegato e/o elaborazione allegata, prodotti in sede di gara per il Lotto n. 3 A.S.L. Brindisi (cig -OMISSIS-); - della successiva nota di diniego parziale di accesso prot. n. 5156 del 29.8.2023 con la quale In. s.p.a., preso atto del riscontro dell'interessata di cui al prot. n. 4978 del 10.8.2023, trasmetteva la documentazione relativa all'offerta tecnica e di verifica di anomalia dell'offerta della -OMISSIS- s.p.a. oscurata in parte, all'esito della valutazione effettuata dal RUP in merito alla compatibilità dell'istanza di riservatezza con il diritto di accesso; - di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali, successivi inclusi, ancorché non cogniti, ivi compresa la nota di -OMISSIS- s.p.a. prot. 4978 del 4.8.2023"; sui motivi aggiunti presentati in data 22 dicembre 2023 per l'annullamento: - dei provvedimenti con i quali In. s.p.a. ha provveduto alla richiesta di spiegazioni e chiarimenti ed ha provveduto alla valutazione dei giustificativi e dei chiarimenti resi da -OMISSIS- s.p.a. e ha dichiarato conformi i giustificativi circa l'anomalia dell'offerta, con particolare ma non esclusivo riferimento agli atti della istruttoria ed al verbale del 30.6.2023; - nonché di ogni altro atto presupposto, collegato, connesso, antecedente o successivo; Sui motivi aggiunti presentati in data 8 marzo 2024 per l'annullamento: - del provvedimento di attestazione di conferma dell'efficacia del provvedimento di aggiudicazione di In. s.p.a. in favore di -OMISSIS- s.p.a. del 2.2.2024 pubblicato sul sito Empulia il 6.2.2024 e notificato via pec alla ricorrente in data 12.2.2024; - nonché di ogni altro atto presupposto, collegato, connesso, antecedente o successivo. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS- s.r.l. e di In. s.p.a.; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli artt. 74 e 120 del codice del processo amministrativo; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 aprile 2024 il dott. Lorenzo Ieva e uditi per le parti i difensori come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1.- Con il ricorso depositato come previsto in rito, l'istante società impugnava il provvedimento di aggiudicazione del lotto n. 3 inerente la procedura aperta e telematica per l'affidamento dell'appalto per la prestazione del servizio di ristorazione ai degenti e ai pazienti ricoverati presso i presidi ospedalieri e le strutture sanitarie di tutte le aziende ed altri enti sanitari della Regione Puglia, come meglio dettagliate nella lex specialis di gara. 2.- In particolare, venivano articolate le seguenti tre censure: I) violazione e falsa applicazione dell'art. 80, comma 5, lett. c) e c-bis) del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 ("Codice dei contratti pubblici") inerente a un presunto "illecito professionale" ostativo gravante sulla società aggiudicataria contro-interessata; II) la violazione e falsa applicazione dell'art. 20.4. ("Manutenzioni (...) di competenza dell'Aggiudicatario") del capitolato di gara, ovverosia un presunto eccesso di potere per travisamento ed erroneità di valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, con specifico riguardo al contenuto dell'offerta dell'aggiudicataria, limitato alla sola c.d. manutenzione predittiva, che non includerebbe invece la manutenzione ordinaria e straordinaria; III) violazione e falsa applicazione dell'art. 95, comma 10 e 97, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e l'eccesso di potere per erroneità e travisamento nei presupposti di fatto e diritto, con riferimento all'addotta anomalia dell'offerta. 3.- Con successivi (primi) motivi aggiunti, a seguito dell'ostensione degli atti del procedimento di gara, venivano gravati gli atti inerenti la verifica dell'anomalia e indi ampliato il motivo III del ricorso principale; 4.- Con altri (secondi) motivi aggiunti veniva infine gravato un atto confermativo dell'aggiudicazione adottato dalla stazione appaltante, i quali riproponevano le tre censure del ricorso principale, come ampliate dai precedenti motivi aggiunti proposti. 5.- Avverso le tre impugnative proposte, resistevano sia la Stazione appaltante sia la società contro-interessata, le quali depositavano i documenti rilevanti del procedimento di gara e confutavano nelle rispettive memorie difensive le censure mosse dalla ricorrente. 6.- Rinunciata la domanda cautelare, si succedevano due udienze di mero rinvio, alle quali però parte ricorrente non compariva; indi gli atti del procedimento, di cui alla domanda di accesso, a seguito di rinuncia dell'opposizione da parte della società contro-interessata, venivano resi disponibili in forma integrale; all'udienza di febbraio 2024, a richiesta, veniva concesso termine per la proposizione di motivi aggiunti; con deposito in data 8 marzo 2024 sono stati depositati motivi aggiunti. 7.- Scambiata copiosa documentazione, memorie e repliche, all'udienza pubblica di discussione del merito del ricorso, dopo ampia trattazione, la causa è stata trattenuta in decisione. 8.- Il ricorso e i motivi aggiunti sono infondati. 8.1. - In primo luogo, deve darsi conto di quanto opposto oralmente all'udienza pubblica dalla difesa della società ricorrente. Dopo diversi rinvii, è stato richiesto altro rinvio, al fine di proporre ulteriori motivi aggiunti, a seguito dell'ostensione degli atti, avvenuta - come dichiarato dalla parte interessata - solo in data 27 marzo 2024, il cui accesso è stato però chiesto con precedente istanza. L'istanza di ulteriore rinvio è stata rigettata dal Collegio. Invero, in data 13 novembre e 21 novembre 2023, v'è stato primo riscontro alla domanda di accesso agli atti. Con produzione documentale del 22 dicembre 2023, operata dalla società ricorrente, emerge che la stessa ha potuto proporre motivi aggiunti, con dovizia di particolari, in ordine all'anomalia dell'offerta, per come è stata supposta. In data 24 gennaio 2024, -OMISSIS- s.p.a. ha depositato altri atti inerenti alla propria offerta economica. Tuttavia, in data 8 marzo 2024, il ricorrente ha inteso impugnare soltanto l'atto di conferma dell'aggiudicazione, senza null'altro aggiungere. Nel corso del processo, dunque, v'è stata ampia ostensione degli atti del procedimento di evidenza, richiesti fin dall'istanza di accesso del settembre 2023, né consta, dalla disamina della rubrica dei provvedimenti, depositati nel fascicolo del processo amministrativo telematico, che vi siano state altre più recenti istanze di accesso agli atti, concernenti documenti particolari, di cui si asserisca e provi, a così tanti mesi di distanza dall'adozione del provvedimento di aggiudicazione, la rilevanza e la correlata sottrazione all'ostensione contraria a buona fede, da parte dell'Amministrazione resistente. E, inoltre, per giurisprudenza pacifica (ex multis: Cons. St., sez. V, 6 dicembre 2022, n. 10696; Cons. St., Ad. plen., 2 luglio 2020, n. 12; T.A.R. Lombardia, sez. I, 10 settembre 2018, n. 2056), il termine per impugnare non può essere differito, in ragione di istanze di accesso intempestive. Peraltro, va ricordato che è stata ritenuta infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 120, comma 5, del codice del processo amministrativo, che assegna alla parte ricorrente di disporre di un termine di trenta giorni per ricorrere avverso l'aggiudicazione e comunque per proporre motivi aggiunti, tenendo conto della data in cui essa ha preso conoscenza o anche avrebbe potuto prendere conoscenza, usando l'ordinaria diligenza, dei profili d'illegittimità oggetto dell'impugnativa (così : Corte cost. 28 ottobre 2021, n. 204). Il principio, per cui la proposizione dell'istanza di accesso agli atti di gara, comporta la dilazione del termine, per la proposizione di un gravame, quando cioè i motivi conseguano alla conoscenza dei documenti, che completano l'offerta dell'aggiudicatario, ovvero delle giustificazioni rese nell'ambito del procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta (Cons. St., Ad. plen., 2 luglio 2020, n. 12; Corte Giustizia U.E. 8 maggio 2014, causa C-161/13), va rettamente inteso nel senso che l'onere di impugnare, con motivi aggiunti, scaturisce, nel processo amministrativo, ogni qual volta gli atti siano comunque oggetto di ostensione, anche mediante la produzione in giudizio tramite deposito da qualunque parte ciò provenga. Né può aderirsi a reiterati accessi meramente esplorativi (Cons. St., sez. V, 25 settembre 2006, n. 5636); è stato infatti ritenuto (Cons. St., sez. V, 26 ottobre 2020, n. 6463) che la mera intenzione di verificare l'eventuale opportunità di proporre ricorso giurisdizionale non legittima alcun accesso meramente esplorativo a informazioni (anche riservate), quando difetti la specifica dimostrazione dell'indispensabilità a fini di giustizia (Cons. St., sez. V, 14 gennaio 2022, n. 263). In ultima analisi, a circa otto mesi dalla determinazione di aggiudicazione (prot. n. SAR/129 del 18 luglio 2023) impugnata, pur a fronte di ampia produzione documentale degli atti del procedimento, comunque sia avvenuta, la società ricorrente ha chiesto ulteriore rinvio, senza indicare e dimostrare qual sia l'atto o siano gli atti rilevanti presuntivamente non ancora offerti in libero accesso, o anche "nascosti" dall'amministrazione. Ergo, non può aver luogo alcun'altro differimento d'udienza, con particolare riguardo allo speciale rito abbreviato in materia di affidamento di appalti pubblici, ai sensi degli articoli 119-120 del codice del processo amministrativo, connotato da termini acceleratori perentori e stringenti. 8.2. - Quanto al merito delle spiegate impugnative, va precisato quanto segue. In ordine alle dedotte censure, la Sezione si è pronunciata già con la sentenza del 14 marzo 2024, n. 339, della quale vanno recepiti i principi già ivi affermati. I) Quanto all'illecito professionale, si osserva che le vicende a cui fa riferimento la parte ricorrente non assumono diretta rilevanza ai fini della partecipazione alla gara, come peraltro è stato rilevato in più occasioni dalla giurisprudenza pronunciatasi sulle relative questioni quanto alla posizione della società -OMISSIS- (T.A.R. Lazio, sez. I-bis, 23 ottobre 2023, n. -OMISSIS-, nonché T.A.R. Emilia-Romagna, sez. II, 9 maggio 2023, n. -OMISSIS-). Segnatamente, quanto alle vicende che hanno riguardato l'appalto dei servizi di ristorazione per il personale della RAI, questo Collegio ritiene di condividere e fare proprie le motivazioni articolate dal T.A.R. Lazio, con la sentenza n. -OMISSIS- sopra citata, secondo cui: "la controinteressata ha provato che l'azienda pubblica radiotelevisiva ha annullato in autotutela la gara, già aggiudicata a -OMISSIS-, per vizi autonomi che prescindevano dalle condotte e dalla posizione di -OMISSIS- "con conseguente decadenza di tutti gli atti della Procedura stessa". Invero, quanto al procedimento penale pendente, gli eventi oggetto di indagine, come eccepito dalla difesa della -OMISSIS- s.p.a., sono all'attualità ancora da accertarsi, non essendo intervenuto alcun rinvio a giudizio, in quanto il procedimento si trova ancora nella fase delle indagini preliminari. Quanto al procedimento penale per presunti reati di commercio di sostanze alimentari nocive e lesioni personali colpose, appaiono dirimenti le difese con cui l'aggiudicataria ha chiarito che, nel procedimento penale in questione, sono coinvolti due dipendenti privi di poteri di direzione, nonché un precedente legale rappresentante della società, che era già cessato da tutte le cariche (come documentato dalla visura camerale storica della società ), e quindi soggetti che non assumono diretta rilevanza di fini dell'assolvimento degli obblighi dichiarativi, di cui all'art. 80, comma 3, del d.lgs. 50 del 2016. Va rilevato che il coinvolgimento di un socio in taluni procedimenti penali, ancora in fase di indagini preliminari, non risulta configurare ex se alcun conclamato grave illecito professionale; trattasi di accertamenti che pendono ancora in fase embrionale, per cui non sono atti a inficiare la partecipazione della società aggiudicataria e, ad ogni modo, non configurano alcuna ipotesi di dichiarazione decettiva della stazione appaltante, ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c), e, c-bis), del d.lgs. n. 50/2016 (così T.A.R. Puglia, sez. II, 8 gennaio 2024, n. 21). L'art. art. 335-bis c.p.p. (introdotto dall'art. 15, co. 1, lett. b), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150) ha pure vietato la valorizzazione dell'iscrizione nel registro delle notizie di reato, quale elemento da cui far discendere effetti pregiudizievoli in ambito civile o amministrativo. Inoltre, le linee guida dell'ANaC n. 6, approvate con deliberazione n. 1293 del 16 novembre 2016 (e aggiornate con deliberazione n. 1008 dell'11 ottobre 2017), non contemplano la mera pendenza di procedimenti penali tra gli obblighi dichiarativi. Resta inteso che, per la giurisprudenza preferibile, non v'è alcun obbligo normativo di indicare i c.d. carichi pendenti (così, expressis verbis, Cons. St., sez. III, 8 agosto 2022 n. 6997). Pertanto, il primo motivo di ricorso va respinto. II) Quanto alla violazione e falsa applicazione dell'art. 20.4. ("Manutenzioni (...) di competenza dell'Aggiudicatario") del capitolato di gara, ovverosia al presunto eccesso di potere per travisamento ed erroneità di valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, con riguardo al contenuto dell'offerta dell'aggiudicataria, limitato alla sola c.d. manutenzione predittiva, che non includerebbe invece la manutenzione ordinaria e straordinaria, va condivisa la tesi sostenuta dalle controparti. È stato chiarito, a seguito della produzione documentale e speculari difese delle parti, che, in disparte la diversa terminologia indicata, entrambi gli offerenti in contesa hanno prodotto il richiesto dettaglio circa la manutenzione. Per meglio dire, quanto alla società ricorrente, v'è allegazione di una "manutenzione programmata", che si afferma conforme alla legge di gara; mentre, per la società controinteressata v'è allegazione di una "manutenzione predittiva", parimenti satisfattiva della legge di gara, anzi se ne deduce, sotto un certo punto di vista di organizzazione aziendale, una migliore capacità di garanzia della corretta prestazione del servizio. Invero, la peculiare tipologia di manutenzione, definita come (anche) "predittiva", val bene a riferirsi senz'altro anche alle manutenzioni ordinaria e straordinaria, peraltro da ritenersi entrambe intuitivamente ricomprese sia perché svolgimento del processo aziendale di prevensione della manutenzione, sia perché necessarie al fine stesso di poter espletare l'appalto. Ad ogni modo, trattasi di contestazioni che involgono più il profilo di esecuzione dell'appalto (e il contratto) e che sono state dichiarate, ai fini partecipativi al procedimento di gara, nelle forme utili. A quanto è dato a vedere, il Collegio reputa entrambe le forme di manutenzione, come coerenti a quanto richiesto dalla lex specialis di gara e, in ogni caso, più ché requisito dell'offerta, appare trattarsi di specificazioni di taluni profili della stessa offerta, idonei ad incidere sulla regolarità della prestazione del servizio, che ex se è interesse dell'appaltatore assicurare con sufficiente dovizia, onde non incorrere in inadempimenti. E difatti è richiesto che il corretto "programma manutentivo", sia consegnato, prima dell'avvio del servizio, all'Amministrazione contraente, ai sensi dell'art. 20.4 del capitolato. Di conseguenza, il secondo motivo di gravame va rigettato. III) In merito alla terza censura, introdotta con il ricorso introduttivo e poi sviluppata con i (secondi) motivi aggiunti, secondo cui la società ricorrente ha in primis contestato l'anomalia dell'offerta della controinteressata aggiudicataria e in secundis l'erroneità del giudizio di congruità dell'offerta effettuato dalla Stazione appaltante, va invece osservato che, al contrario, la consolidata giurisprudenza in materia è nel senso che "La valutazione di anomalia dell'offerta costituisce tipica espressione della discrezionalità tecnica di cui l'amministrazione è titolare per il conseguimento e la cura dell'interesse pubblico affidatole dalla legge: tale valutazione è di norma sottratta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sia manifestamente inficiata da irragionevolezza, irrazionalità, illogicità, arbitrarietà o travisamento dei fatti, prova della cui esistenza che deve essere fornita dal ricorrente" (ex pluris: Cons. St., sez. IV, 29 febbraio 2024, n. 1968; Cons. St., sez. V, 25 gennaio 2024, n. 802; Cons. St., sez. V, 4 ottobre 2023, n. 8654; Cons. St., sez. VII, 27 ottobre 2022, n. 9244; Cons. St., Ad. plen., 29 novembre 2012, n. 36). Nel caso di specie, le contestazioni mosse dalla ricorrente sono tutte volte ad analizzare partitamente le giustificazioni rese dall'aggiudicataria, sulla scorta però di ragionamenti presuntivi e di valutazioni ipotetiche, che non valgono a individuare profili di oggettiva irragionevolezza del giudizio reso dalla stazione appaltante sulla complessiva congruità del prezzo offerto dalla società -OMISSIS- s.p.a. Difatti, è il procedimento di verifica dell'anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, mirando piuttosto ad accertare se in concreto l'offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto; pertanto la valutazione di congruità deve essere globale-sintetica, senza concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo, ossia non parcellizzata-analitica (ex multis: Cons. St. sez. V, 22 febbraio 2024, n. 1776), né può risolversi in una sorta di "caccia all'errore" nell'indicazione degli elementi nel corpo dell'offerta economica (così : Cons. St., sez. IV, 5 gennaio 2024, n. 218; Cons. St., sez. V, 24 ottobre 2023, n. 9181); ciò che occorre è che l'offerta si appalesi in concreto e nel suo complesso come attendibile e affidabile (Cons. St., sez. IV, 4 dicembre 2023, n. 10469). E invero, dai documenti depositati si evince come la società operi nel settore da molti anni e abbia maturato un'adeguata expertise; risultano altresì chiariti i punti dubbi sollevati dall'Amministrazione appaltante, nell'ambito dell'effettuato sub-procedimento di valutazione dell'anomalia. Si è infatti affermato in giurisprudenza (Cons. St., sez. III, 4 gennaio 2024, n. 163) che la valutazione favorevole sulle giustificazioni dell'offerta (sospetta di anomalia) non postula alcun rafforzato onere motivazionale, essendo piuttosto richiesta una motivazione più approfondita soltanto qualora l'amministrazione ritenga di non condividere le giustificazioni prodotte dall'impresa, in tal modo disponendone l'esclusione; nella diversa ipotesi di giudizio positivo dell'offerta sospettata di anomalia, spetta, per contro, a colui che contesta l'anomalia dell'offerta l'onere di dimostrarne l'irragionevolezza o l'erroneità, non essendo sufficiente allegare considerazioni parcellizzate sulla incongruenza o insufficienza (solo) di talune voci di costo. Ergo, anche il terzo motivo di censura, pur come ampliato con motivi aggiunti, va rigettato. 9. - In conclusione, il ricorso e i motivi aggiunti, per le sopraesposte motivazioni, vanno rigettati. 10. - Le spese del giudizio possono essere compensate per la peculiarità delle questioni poste. P.Q.M. il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (sezione terza), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge. Spese compensate. Vista la richiesta della società interessata (-OMISSIS- s.p.a.) e ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità, nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte interessata nell'epigrafe e nel testo della sentenza. Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Giuseppina Adamo - Presidente Carlo Dibello - Consigliere Lorenzo Ieva - Primo Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 60 del codice del processo amministrativo; sul ricorso numero di registro generale 1136 del 2023, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Gi. Sg., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero dell'interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria ex lege in Bari, via (...); "per l'annullamento, previa sospensione, - del decreto prot. n° 333/SAA/I/68291 del 22/07/2023, notificato in data 03/08/2023, a firma del Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'Interno, con il quale il sig. -OMISSIS- è stato destituito dall'Amministrazione di pubblica sicurezza a decorrere dal 14/11/2012 ai sensi dell'art. 7 nn° 1 - 2 - 3 - 4 del D.P.R. n° 737/81; - del provvedimento del 30/12/2022, richiamato nel decreto impugnato, con il quale è stato disposto il riesame del procedimento disciplinare nei confronti del ricorrente; - della delibera di chiusura del procedimento disciplinare datata 29/05/2023, allegata al provvedimento impugnato, con la quale il Consiglio provinciale di disciplina di Bari ha proposto la destituzione del ricorrente; - di tutti gli atti relativi al procedimento disciplinare richiamati sia nel decreto che nella delibera impugnata ed in particolare della lettera di contestazione degli addebiti datata e notificata il 28/10/2021, della relazione istruttoria disciplinare datata 16/03/2022 e del provvedimento, rectius decreto, datato 04/07/2022 (annullato dal T.A.R. di Bari con sentenza n° -OMISSIS-/2023 pubblicata in data 02/10/2023); - di ogni altro atto precedente, conseguente e/o comunque connesso a quelli impugnati, con espressa riserva di proporre motivi aggiunti all'esito della sua conoscenza, per l'accertamento - del diritto del sig. -OMISSIS- a rientrare in servizio nell'Amministrazione di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno presso la sede di appartenenza ovvero, in subordine, presso i ruoli civili del ministero resistente o in altre amministrazioni dello Stato, nonché per il risarcimento - dei danni subiti e subendi a seguito dell'adozione dei provvedimenti impugnati, consistenti nella mancata erogazione del trattamento economico dalla data di sospensione dal servizio disposta con decreto prot. n° Cat.2.8/71 del 14/11/2012 fino al soddisfo, ovvero quell'altro periodo temporale che il giudice adito riterrà opportuno valutare secondo il Suo prudente apprezzamento"; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 novembre 2023 il dott. Carlo Dibello e uditi gli avvocati Ka. Da. D'O., su delega dell'avvocato Gi. Sg., per la parte ricorrente, l'avvocato Gu. Op. per l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari; Comunicata alle parti in forma diretta ed esplicita la possibilità di adottare una sentenza semplificata, ricorrendone le condizioni previste; Sentite le stesse ai sensi dell'articolo 60 del codice del processo amministrativo; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue; 1. Con il decreto prot. n° Cat.2.8/71 del 14 novembre 2012, il sig. -OMISSIS- -OMISSIS-, Assistente capo della Polizia di Stato, in servizio presso la Prefettura di Bari, veniva sospeso dal servizio ai sensi dell'art. 9, comma 1, del D.P.R. n. 737/1981, in quanto sottoposto alla misura cautelare perché gravemente indiziato di avere commesso i reati di cui agli artt. 110, 81 cpv. e 317 del codice penale. 2. Il predetto veniva, più in dettaglio, sottoposto a procedimento penale per aver presumibilmente indotto un imprenditore a consegnare a sé e al suo collega di pattuglia la somma di Euro 300,00 per evitare un controllo sul mezzo di trasporto di proprietà del denunciante. 3. A seguito della sospensione dal servizio, il ricorrente presentava tre istanze di reintegrazione in servizio che venivano tutte respinte con decreti rispettivamente del 4 aprile 2013, 29 febbraio 2016 e 4 agosto 2017. 4. In data 9 novembre 2017, il Capo della Polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza p.t. notificava al sig. -OMISSIS- il provvedimento ministeriale n° 333-D/84824 del 6 novembre 2017, con il quale veniva disposto il rientro in servizio dell'agente di p.s. a decorrere dal 14 novembre 2017 per intervenuta decorrenza della sospensione cautelare dal servizio ex art. 9, comma 2, della legge n. 19/1990. Il provvedimento specificava che la riammissione in servizio era subordinata all'espletamento degli accertamenti volti a verificare la permanenza dei requisiti psico-fisici e attitudinali del ricorrente, così come previsto dal decreto del Ministero dell'interno del 30 giugno 2003 n, 198. 5. In data 23 novembre 2017, l'interessato veniva sottoposto agli accertamenti psico-fisici e attitudinali per l'accertamento dei requisiti per la permanenza in servizio presso il Centro psicotecnico del Dipartimento di pubblica sicurezza in Roma e, a seguito dell'espletamento delle prove, con verbale di pari data, lo stesso veniva dichiarato idoneo sotto il profilo psico-fisico e non idoneo sotto quello attitudinale. 6. In ragione di ciò, il ricorrente veniva attinto dal provvedimento ministeriale n° 333-D/84824 del 29 novembre 2017, notificato in data 14 dicembre 2017, con il quale veniva disposta la cessazione dal servizio nell'Amministrazione di Pubblica Sicurezza a decorrere dalla data di notifica del provvedimento. 7. Nel frattempo, in data 4 dicembre 2017 il sig. -OMISSIS- presentava un'istanza per il transito nei ruoli civili del Ministero dell'interno ovvero, in subordine, in altre amministrazioni dello Stato, rigettata in data 5 gennaio 2018 con provvedimento prot. n° 333-D/68291 datato 29 dicembre 2017. 7. In data 17 giugno 2021 veniva pubblicata la sentenza n. 1944/2021, divenuta irrevocabile il 8 luglio 2021, con la quale il Tribunale di Bari - seconda sezione penale, previa modifica da parte del Pubblico Ministero del capo di imputazione contestato nel reato di cui all'art. 319-quater del codice penale (induzione indebita a dare o promettere utilità ), dichiarava non doversi procedere nei confronti del sig. -OMISSIS- perché il reato era estinto per intervenuta prescrizione. 8. Concluso il giudizio penale, con lettera di contestazione datata 28 ottobre 2021, notificata in pari data, la Questura di Bari avviava l'istruttoria disciplinare ai sensi dell'art. 19 del D.P.R. n. 737/1981 nei confronti del ricorrente. 9. Quest'ultimo, nei termini previsti dal D.P.R. citato, proponeva giustificazioni scritte in merito alle contestazioni addebitategli in via disciplinare. 10. In data 16 marzo 2022 veniva predisposta la relazione istruttoria alla quale il ricorrente rispondeva con ulteriori memorie difensive. 11. In data 19 luglio 2022, veniva notificato al sig. -OMISSIS- il decreto prot. n° 333/SAA/I/68291 del 4 luglio 2022, a firma del Capo della polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, con il quale il sig. -OMISSIS- veniva destituito dall'Amministrazione di pubblica sicurezza a decorrere dal 14 novembre 2012 ai sensi dell'art. 7 nn° 1 - 2 - 3 - 4 del D.P.R. 737/1981. In allegato, veniva notificata la delibera datata 8 aprile 2022 di chiusura del procedimento disciplinare, con la quale la Commissione disciplinare di Bari proponeva la destituzione del ricorrente. 12. Avverso il decreto e la delibera predetti, il sig. -OMISSIS- proponeva ricorso innanzi a questo Tribunale chiedendo, oltre all'annullamento degli stessi, l'accertamento del suo diritto a rientrare in servizio nell'Amministrazione di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno presso la sede di appartenenza ovvero, in subordine, presso i ruoli civili del ministero resistente o in altre amministrazioni dello Stato. Il ricorrente chiedeva altresì il risarcimento dei danni subiti e subendi a seguito dell'adozione dei provvedimenti impugnati, consistenti nella mancata erogazione del trattamento economico dalla data di notifica del provvedimento di cessazione dal servizio - 14 dicembre 2017 - sino al soddisfo. 13. La causa veniva incardinata innanzi alla terza sezione del T.A.R. Puglia - R.G. n. 1047/22, con richiesta di sospensione dell'efficacia dei provvedimenti gravati. Nella camera di consiglio del 16 novembre 2022 il Collegio adito, con l'ordinanza n. 519/2023, accoglieva l'istanza cautelare ai fini del riesame della posizione del ricorrente sul presupposto della piena sussistenza del periculum in mora e delle evidenti contraddizioni fatte rilevare nel corso del giudizio dalla difesa del deducente. In data 21 giugno 2023 la causa veniva trattenuta in decisione. 14. In data 2 ottobre 2023 veniva pubblicata la sentenza n. -OMISSIS-/2023 con la quale il T.A.R. Puglia accoglieva il ricorso presentato dal sig. -OMISSIS- nei termini e limiti di cui in motivazione, annullando il provvedimento di destituzione impugnato. 15. Nelle more della pubblicazione della sentenza de qua, in data 3 agosto 2023, il Ministero dell'interno notificava al sig. -OMISSIS- il "nuovo" decreto prot. n° 333/SAA/I/68291 del 22 luglio 2023, con il quale veniva nuovamente disposta la destituzione nei confronti del ricorrente a decorrere dal 14 novembre 2012. 16. Il sig. -OMISSIS- chiede al Tar l'annullamento del nuovo provvedimento di destituzione dal servizio e degli atti tutti del procedimento disciplinare posto in essere dall'amministrazione di appartenenza. A sostegno del gravame, deduce i seguenti motivi: "1. - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 7 - 19 - 20 - 21 DEL D.P.R. N° 737/1981 - ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA - INGIUSTIZIA MANIFESTA - DIFETTO DI MOTIVAZIONE E SVIAMENTO - VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ DELL'AZIONE AMMINISTRATIVA - ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI E DEI PRESUPPOSTI; 2. - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 7 E 13 DEL D.P.R. N° 737/1981 ECCESSO DI POTERE PER SVIAMENTO, DIFETTO D'ISTRUTTORIA E DIFETTO DI MOTIVAZIONE - VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ DELL'AZIONE AMMINISTRATIVA." 17. Il Ministero dell'interno si è costituito in giudizio per resistere al ricorso e ha depositato documentazione. 18. Parte ricorrente ha depositato una memoria conclusiva. 19. Alla camera di consiglio del 22 novembre 2023, la controversia è passata in decisione ai sensi dell'art. 60 del codice del processo amministrativo. 20. Rammenta il Collegio che la vicenda che ha dato origine al procedimento disciplinare nei riguardi dell'odierno deducente concerne in sintesi un'imputazione di concussione elevata a carico dell'assistente di p.s. -OMISSIS- -OMISSIS- ai sensi degli articoli 110, 81 cpv. e 317 del codice penale perché, in concorso con altri due poliziotti nell'esercizio delle loro funzioni, mentre si trovavano - il 30 aprile 2010 - in servizio di pattuglia, inducevano un imprenditore sottoposto a controllo stradale a consegnare indebitamente del denaro per evitare la contravvenzione inizialmente contestata all'autista di un mezzo di pertinenza del predetto. 21. Il decreto di destituzione dal servizio adottato nei riguardi dell'assistente capo di p.s. -OMISSIS- è illegittimo per violazione del principio di proporzionalità . Siffatto principio, di matrice comunitaria, trova applicazione, in particolare, proprio nella materia delle sanzioni disciplinari inflitte ai dipendenti dell'amministrazione. Il principio di proporzionalità concerne la misura del potere disciplinare esercitato nel caso concreto. Esso impone all'Autorità investita della potestà disciplinare di individuare la sanzione da applicare tenuto conto della gravità della violazione, dei precedenti di servizio del dipendente, della reiterazione o della episodicità della condotta antigiuridica contestata al medesimo. 22. Ciò significa che la sanzione disciplinare più afflittiva, comportando la definitiva estromissione del dipendente dal circuito lavorativo può essere applicata solo quando essa costituisce in concreto unica misura in grado di ripristinare la legalità disciplinare violata. 23. Fatte queste premesse, il Collegio non può mancare di ricordare che, nel caso di specie, la destituzione dal servizio è stata applicata per la seconda volta nei riguardi del ricorrente all'esito del riesame di una precedente misura espulsiva, prima sospesa dal Tar con ordinanza cautelare n. 519/2023, emanata ai fini del riesame della posizione del ricorrente sul presupposto della piena sussistenza del periculum in mora e delle evidenti contraddizioni fatte rilevare nel corso del giudizio dalla difesa del deducente, poi annullata con sentenza n. 1176/2023 della Sezione. 24. L'Autorità titolare della potestà disciplinare avrebbe dovuto, pertanto, attenersi alle coordinate ermeneutiche che il Giudice amministrativo ha messo a disposizione della P.A. ai fini del corretto esercizio del potere. 25. Già in sede cautelare, il Tar ha avuto occasione di sottolineare la necessità di un supplemento istruttorio inteso a colmare, come già notato, le contraddizioni emerse durante la prima edizione del procedimento disciplinare. 26. Dette contraddizioni sono state rintracciate: a) nella sentenza di non luogo a procedere emessa ai sensi dell'art. 129 del codice di procedura penale per estinzione del reato a seguito di intervenuta prescrizione del medesimo che, pur non rilevante ai fini del giudizio disciplinare, è stata accompagnata dal rilievo della incompletezza dell'attività istruttoria, messa in luce dallo stesso organo giurisdizionale decidente; b) nella circostanza che il ricorrente usufruisse, nel giorno di contestata consumazione del reato, di congedo straordinario per malattia; c) nel disconoscimento, da parte del ricorrente, del possesso di un'auto modello (omissis), indicata dalla vittima dell'attività concussiva quale veicolo utilizzato dall'agente di p.s. per recarsi all'appuntamento fissato per la riscossione del denaro illecitamente pattuito; d) nell'assenza delle dichiarazioni rese dal denunciante in sede di riconoscimento fotografico; e) nel mancato rilievo dato all'ineccepibile servizio pregresso dell'agente di p.s.. 27. Osserva il Collegio che il supplemento di istruttoria, disposto dal Consiglio provinciale di disciplina ex art. 20 D.P.R. n. 737/1981, pur non avendo modificato la consistenza probatoria già posta a base della prima destituzione annullata dal Tar, è stato oggetto di un'attività valutativa in malam partem da parte dell'Autorità disciplinare che non è condivisa dal Collegio. 28. Va, in primo luogo, posto in risalto che la pronuncia di non doversi procedere resa ai sensi dell'art. 129 del codice di procedura penale dal Tribunale di Bari - 2^ sezione penale - è intervenuta a seguito della derubricazione del capo di imputazione inizialmente formulato dal Pubblico Ministero, modificato dal reato di cui agli articoli 81, 110, 317 del codice penale, di concorso in concussione al meno grave addebito previsto dall'articolo 319-quater dello stesso codice penale, di induzione indebita a dare o promettere utilità . 29. Deve, in proposito, sottolinearsi che, per quanto l'unico caso in cui l'ordinamento riconosce efficacia di giudicato alla sentenza penale nel giudizio disciplinare sia quello di cui all'articolo 653 del codice di procedura penale, di assoluzione o di condanna dell'imputato, la stessa modifica della imputazione elevata nei riguardi del -OMISSIS- ad opera del Pubblico Ministero nella meno grave ipotesi dell'induzione indebita a dare o promettere utilità avrebbe dovuto indurre l'Autorità amministrativa a prescegliere una impostazione meno afflittiva nei confronti dell'incolpato. 30. Il Consiglio di disciplina, tuttavia, pur in presenza di un immutato quadro probatorio, caratterizzato da persistenti dubbi in ordine alla responsabilità penale dell'incolpato, non dissipati dopo il supplemento istruttorio, ha ritenuto di confermare il giudizio di riprovevolezza massima della condotta attraverso la mera rivalutazione di elementi già acquisiti al procedimento disciplinare. 31. Più in dettaglio, la circostanza che il ricorrente usufruisse di un congedo straordinario per malattia il giorno della consegna del denaro illecitamente pattuita è stata confermata in sede di supplemento istruttorio; l'elemento in questione, pur nella sua perdurante capacità di suscitare dubbi sulla presenza del -OMISSIS- nel luogo di consegna del denaro, è stato indebitamente decifrato dall'Autorità disciplinare in chiave accusatoria ma meramente congetturale: "la patologia da cui era affetto il -OMISSIS- nel giorno cui si riferiscono i fatti non gli impediva di uscire di casa". 32. Sulla stessa scia, la circostanza che il -OMISSIS- non sia risultato proprietario di un'auto (omissis) - tipo di macchina che l'accusatore del poliziotto indica quale vettura presente nel luogo di consegna del denaro - è stata malamente ritenuta non rilevante "dal momento che l'incolpato ben potrebbe, nel giorno cui si riferiscono i fatti oggetto del presente procedimento, aver utilizzato una auto non di sua proprietà ", ancora una volta essendosi lasciato spazio a mere congetture. 33. Il riconoscimento del poliziotto, effettuato in sede di supplemento istruttorio, quale soggetto cui la vittima del reato afferma di avere consegnato denaro non ha valore persuasivo, sia perché esso risulta compiuto in difetto delle garanzie che lo stesso codice di procedura penale prevede ai fini della ricognizione di persone, ex artt. 213 e 214 del codice di procedura penale, sia perché compiuto in mancanza delle dichiarazioni rese dall'accusatore così come rifluite nel fascicolo del Pubblico Ministero. 34. Rileva il Collegio che il Consiglio di disciplina, pur al cospetto di un quadro di immutata incertezza in merito alla responsabilità penale del ricorrente, ha continuato a ritenere meritevole della sanzione disciplinare più afflittiva la condotta del -OMISSIS-. 35. Siffatta conclusione contrasta, tuttavia, da un lato, con il percorso logico giuridico tracciato dal Tar con la sentenza n. -OMISSIS-/2023 ai fini della rivalutazione della posizione del ricorrente; dall'altro, è frutto di un potere disciplinare esercitato in spregio al principio di proporzionalità dell'azione amministrativa, anche in ragione del lungo tempo dalla consumazione degli episodi contestati al ricorrente. 36. In definitiva, in sede di riesame della rilevanza disciplinare di una condotta, in presenza di persistenti e gravi dubbi sulla responsabilità penale dell'incolpato, stante un quadro probatorio incerto, l'attività valutativa dell'Autorità disciplinare non può che essere improntata alla proporzionalità e alla prudenza. Il decreto di destituzione dal servizio oggetto di gravame va, pertanto, annullato. 37. Anche la domanda risarcitoria formulata dal ricorrente è meritevole di parziale accoglimento. La sussistenza di dubbi sulla responsabilità penale del deducente delineava, fin dal principio della vicenda, un quadro di non chiara responsabilità disciplinare del medesimo che, come già si è potuto argomentare, avrebbe dovuto imporre maggiore cautela all'Autorità disciplinare nella scelta della sanzione da applicare. Il Consiglio di disciplina, dopo l'annullamento giurisdizionale del primo provvedimento di destituzione del ricorrente, preceduto dall'ordinanza cautelare che ne aveva sospeso l'efficacia, non ha fatto altro che rivalutare in malam partem gli stessi elementi probatori acquisiti in sede istruttoria, giungendo ad una nuova sanzione espulsiva nei riguardi dell'assistente capo di pubblica sicurezza fondata su mere congetture. Le modalità di conduzione dell'inchiesta disciplinare, elusive delle indicazioni conformative rinvenienti dai provvedimenti giurisdizionali di questo Tribunale, nonostante il più volte segnalato contraddittorio quadro probatorio risultante dall'istruttoria penale, integrano gli estremi della colpa di apparato, elemento costitutivo di rilievo della fattispecie risarcitoria a carico della pubblica amministrazione per violazione dei canoni di diligenza e di prudenza nell'esercizio dell'attività disciplinare, regola direttamente desumibile dall'art. 2043 del codice civile. La riproposizione della sanzione disciplinare più afflittiva è indicativa di una condotta che non ha tenuto conto delle valutazioni del Giudice penale in sede di sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato, né delle statuizioni del Giudice amministrativo che avrebbero dovuto orientare la riedizione del potere disciplinare in termini di maggiore accortezza. Ritiene, tuttavia, il Collegio che i danni risarcibili all'assistente capo di p.s. -OMISSIS- vadano circoscritti nei limiti dei componenti fissi della retribuzione a lui spettante a far data dalla adozione del primo provvedimento di destituzione, fatto storico a partire dal quale è raggiunta la certezza della colpa di apparato. 38. La distinta domanda di accertamento del diritto del ricorrente di essere riammesso in servizio esula dai confini della giurisdizione generale di legittimità e va dichiarata inammissibile. 39. Alla stregua delle suesposte argomentazioni, il ricorso è accolto, con conseguente annullamento della sanzione impugnata e condanna dell'amministrazione resistente al risarcimento del danno per quanto sopra esposto dalla data di adozione del primo provvedimento di destituzione dal servizio. Le spese processuali possono essere compensate, in considerazione della particolarità della controversia. P.Q.M. il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia Sezione terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto: a) annulla la sanzione disciplinare impugnata; b) condanna l'Amministrazione resistente al risarcimento del danno per quanto in motivazione. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità . Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 22 novembre 2023 con l'intervento dei magistrati: Giuseppina Adamo - Presidente Carlo Dibello - Consigliere, Estensore Giacinta Serlenga - Consigliere
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di BARI Sezione specializzata in materia di Imprese CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Raffaella Simone Presidente dott. Assunta Napoliello Giudice dott. Paola Cesaroni Giudice Relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 2982/2019 promossa da: (...) con l'Avv. (...) ATTORE contro (...) IN PERSONA DEL L.R.P.T. con gli avv.ti (...) e (...) CONVENUTO CONCLUSIONI All'udienza del 12.12.2023, sulle conclusioni dei procuratori delle parti riportate nelle note di trattazione inviate in ossequio al decreto del 9.11.2023, la causa era riservata per la decisione, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e memorie di replica. MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione regolarmente notificato, (...) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Bari, sezione specializzata Imprese, su ricorso della (...) per il pagamento della somma di Euro 170514,47, oltre interessi e spese, invocandone la revoca. La ricorrente, in sede monitoria, esponeva quanto segue: - In data 17.02.1990 si costituiva la società cooperativa (...) il cui scopo era la realizzazione di complessi abitativi in edilizia convenzionata in (...) amministrata da un C.d.A. composto da (...) presidente, (...) e (...) , componenti; - a fronte delle contestazioni sorte circa la gestione degli amministratori, l'Assemblea deliberava in data 31.03.2016 la sospensione della liquidazione dei compensi; in sede di adunanza per deliberare la revoca dei componenti dell'organo amministrativo, tutti gli amministratori si dimettevano dall'incarico; - Con delibera del 31.03.2017, era deliberata la proposizione di azione di responsabilità nei confronti degli ex amministratori della società, con preventivo ricorso alla procedura arbitrale ai sensi dell'art. 35 dello Statuto sociale; - all'esito del procedimento, in data 31.05.2018 il Tribunale Arbitrale di Bari emanava il Lodo arbitrale, di natura irrituale, in forza del quale, accertata "... la responsabilità degli amministratori (...) (...) e (...) per i danni cagionati alla (...) (...) nella misura di seguito indicata, oltre interessi come per legge sino al soddisfo, con conseguente condanna e obbligo degli stessi al pagamento in favore della (...) delle seguenti somme: 1. Euro 55.000,00, oltre rivalutazione monetaria, quale danno derivante dalla stipula della transazione con la (...) 2. Euro 66.422,00, oltre rivalutazione monetaria, quale danno derivante dal maggior esborso per emolumenti agli amministratori, rispetto a quanto a tale titolo deliberato dall'assemblea; 3. Euro 29.614,99, oltre rivalutazione monetaria, quale danno derivante dal minor ricavo conseguito dalle assegnazioni immobiliari in favore dei soci (...) e (...); 4. Euro 7.000,00, oltre rivalutazione monetaria, quale danno pari agli importi che la stessa ha attestato essere stati incassati con bonifico dai soci (...) e (...) ma che non hanno trovato riscontro nel conto della società. Le somme relative alle voci di danno indicate ai numeri 1, 2 e 4 vanno corrisposte dai sig.ri (...) (...) e (...) in solido tra loro. La somma relativa alla voce di danno innanzi indicata sub n. 3 va corrisposta dal solo sig. (...) Il Collegio arbitrale determina con ordinanza separata il pagamento di spese e compensi per il suo funzionamento dichiarando che detti costi incombono su tutte le parti in solido tra loro, e le pone - nei rapporti tra la parte attrice e le convenute - per il 75% a carico esclusivo dei sigg.ri (...) (...) e (...) in solido tra loro e per il restante 25% a carico della (...) , in ragione della sua soccombenza parziale. Analogo criterio il Collegio ritiene di adottare per le spese difensive che per l'effetto liquida nella misura complessiva di Euro 10.133,50, oltre spese generali ed accessori di legge, ponendole a carico dei sigg.ri (...) (...) e (...) nella misura del 75% del totale, e compensandole per l'ulteriore 25%. Con la conseguenza che in ragione di tale criterio sono dovute alla (...) , dai convenuti, le spese di difesa per complessivi Euro 7.600,12, oltre rimb. Spese generali, Cap ed Iva come per legge"; - Con separata ordinanza, il Collegio arbitrale liquidava "le competenze del Collegio arbitrale in complessivi Euro 40.304,00, oltre spese generali, Cap e Iva"; - la (...) avviava quindi tre giudizi monitori in danno degli ex componenti del C.d.A., stante il mancato adempimento spontaneo da parte dei debitori. Proposta opposizione, il (...) contestava la fondatezza del ricorso, evidenziando l'incompetenza del Tribunale ordinario, l'abusiva parcellizzazione del credito, l'errore essenziale e rilevante del lodo, per i motivi riportati nell'atto introduttivo, da ritenersi qui richiamati. La società si costituiva in giudizio, invocando la conferma del decreto. Rigettata l'istanza di provvisoria esecuzione, la causa era rimessa ad udienza di precisazione delle conclusioni sulla base della documentazione in atti. L'opposizione è infondata nel merito, ma deve procedersi alla revoca del decreto alla luce del parziale pagamento del debito solidale in pendenza del giudizio, ex art. 653 c.p.c.. Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è un giudizio a cognizione piena caratterizzato dalle ordinarie regole processuali (cfr. art. 645, 2 comma, c.p.c.) anche in relazione al regime degli oneri allegatori e probatori (cfr. Cass. 17371/03; Cass. 6421/03), con la conseguenza che oggetto del giudizio di opposizione non è tanto e comunque non solo la valutazione di legittimità e di validità del decreto ingiuntivo opposto, quanto la fondatezza o meno della pretesa creditoria, originariamente azionata in via monitoria, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza (cfr. Cass. 15026/05; Cass. 15186/03; Cass. 6663/02). L'accertamento di una diversa quantificazione del credito ingiunto comporta, infatti, la revoca del decreto ingiuntivo e la contestuale emissione ex art. 653 c.p.c. di una sentenza di condanna della parte opponente al pagamento della somma accertata come dovuta all'opposta (Cass. Civ., sez. III, sent. n. 15026/2005; Cass. Civ., sez.II, sent. n. 10229/2002). Nel caso di specie, deve premettersi che il ricorso monitorio risulta correttamente incardinato ab origine dinanzi alla Sezione specializzata Imprese del Tribunale adito, con conseguente radicale infondatezza dell'eccezione sollevata. Quanto alla invocata inammissibilità dell'azione monitoria per il carattere abusivo della parcellizzazione del credito (si veda ad esempio Cass., Sez. Un., n. 4090/2017 sulle domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito nell'ambito di un medesimo rapporto di durata tra le parti, fondate sullo stesso fatto costitutivo), l'eccezione è infondata, in quanto il lodo arbitrale ha condannato il solo (...) al pagamento di un'ulteriore somma, diversa ed ulteriore rispetto alla somma liquidata quale danno in via solidale tra i tre ex componenti del C.d.A., così legittimando la proposizione di un ricorso autonomo, stante la diversità del quantum accertato a carico del (...). Ciò premesso, "L'arbitrato irrituale si configura come uno strumento negoziale di risoluzione delle controversie, imperniato sull'affidamento a terzi del compito di ricercare una composizione amichevole della controversia", ed "il relativo lodo è impugnabile esclusivamente per vizi della volontà (dolo, violenza o errore) o per incapacità delle parti o degli arbitri e, quindi, senza poter dedurre gli errores in iudicando ovvero la (lamentata) erronea interpretazione del contratto oggetto dell'arbitrato" (Cassazione civile sez. I, 19/05/2020, n. 9142). Più precisamente, l'arbitrato irrituale è qualificato come un mandato congiunto, senza necessità di rappresentanza, ex art. 1703 c.c., conferito congiuntamente da una pluralità di parti (minimo due) a uno o più arbitri (Cass. n. 11270/2012) a comporre la controversia venutasi a configurare, mediante la stipula di un accordo contrattuale, da porre in essere nel termine stabilito dalle parti (Cass. n. 30000/2021 e Cass. 13 aprile 2022, n. 12058). Nella specie, è pacifica tra le parti la natura irrituale dell'arbitrato oggetto di esame, avendo peraltro tale questione formato oggetto di specifico esame all'interno del lodo e non essendo stata sollevata alcuna contestazione sul punto. Premessa, quindi, la natura irrituale dell'arbitrato, trova applicazione l'art. 808 ter c.p.c., al cui interno il legislatore ha codificato i possibili motivi di impugnazione del lodo, stabilendo che il lodo contrattuale è annullabile dal giudice competente in cinque ipotesi, aventi carattere tassativo. Costituisce, quindi, orientamento consolidato quello secondo cui il lodo arbitrale irrituale è impugnabile solo per i vizi che possono vulnerare ogni manifestazione di volontà negoziale, come l'errore, la violenza, il dolo e l'incapacità delle parti che hanno conferito l'incarico, o dell'arbitro stesso: in particolare, l'errore rilevante è solo quello attinente alla formazione della volontà degli arbitri, che si configura quando questi abbiano avuto una falsa rappresentazione della realtà per non aver preso visione degli elementi della controversia o per averne supposti altri inesistenti, ovvero per aver dato come contestati fatti pacifici o viceversa, mentre è preclusa ogni impugnativa per errori di diritto, sia in ordine alla valutazione delle prove, che in riferimento alla idoneità della decisione adottata a comporre la controversia (ex multis Cass. n. 22374/2006, 18577/2004, 16049/2004, 13114/2004,932/2004, 3614/ 2004, 7654/2003, 11678/2001, 2741/1998, 2802/1995, 579/1993, 12725/1992; Cass. n. 22374/06). Tale indirizzo è stato di recente confermato e precisato nel senso che, alla stregua della previsione di cui all'art. 1429 c.c., n. 4, non può escludersi l'impugnazione del lodo irrituale anche per errore di diritto, ma solo a condizione che si tratti di errore percettivo, consistente nell'errata rappresentazione della realtà giuridica e cioè nella presupposizione dell'esistenza o dell'inesistenza di una norma giuridica, mentre resta preclusa dalla natura negoziale del lodo irrituale ogni rilevanza di eventuali errori compiuti dagli arbitri nella valutazione o interpretazione del diritto ivi comprese le valutazioni sulla esistenza, vigenza o efficacia della norma di diritto. Inoltre, un lodo risulta viziato da mancata motivazione soltanto nei casi in cui la decisione "sia a tal punto carente da non consentire di comprendere l'iter logico del ragionamento seguito dagli arbitri, e di individuare la "ratio" della decisione adottata" (così, Cass., Sez. I, 20 marzo 2003 n. 4078). Nella specie, quindi, esaminando i motivi di opposizione sollevati dal (...) essi risultano volti in sostanza a determinare un riesame nel merito della decisione arbitrale, non ricorrendo alcuna ipotesi di errore censurabile ai sensi della norma sopra riportata. In particolare: In relazione alla vicenda con (...) sicuramente precluso è l'esame dell'eccezione di prescrizione del credito risarcitorio, proposta per la prima volta nel presente giudizio. Alcun errore di fatto è inoltre ravvisabile nella ricostruzione fattuale compiuta dal Tribunale arbitrale ai fini della decisione assunta, avendo il Collegio esaminato nel dettaglio il contenuto della transazione intervenuta tra le parti ed espresso il proprio motivato convincimento in ordine alla illiceità della condotta tenuta dal (...) tenuto conto della contestuale vigenza di due contratti di appalto in relazione alle medesime opere, dell'adozione unilaterale della decisione senza alcun coinvolgimento dell'intero C.d.A. e della ritenuta inesistenza del credito rivendicato dalla (...) posto alla base della transazione; Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi in relazione alla somma accertata quale maggior compenso erogato agli amministratori rispetto a quanto deliberato, avendo il Tribunale arbitrale esaminato compiutamente tutti i documenti e motivato analiticamente le ragioni del proprio convincimento, prendendo inoltre specifica posizione sull'eccezione di ingiustificato arricchimento sollevata dalla difesa del (...) e che, conseguentemente, non può essere riproposta in questa sede. Non è inoltre esaminabile, perché questione nuova che avrebbe dovuto essere proposta nel giudizio arbitrale, la difesa volta ad ottenere il riconoscimento di un compenso aggiuntivo per l'attività svolta in regime di prorogatio; Infine, anche in relazione all'ultimo motivo di opposizione, il Tribunale arbitrale ha logicamente argomentato la valutazione compiuta in ordine al danno accertato per le irregolarità nelle assegnazioni degli alloggi prenotati ed in merito ai rimborsi ai soci, motivando altresì adeguatamente le ragioni idonee a radicare la responsabilità dell'opponente; non vale a ridurre la responsabilità degli amministratori l'eventuale sussistenza di una responsabilità dell'organo di controllo, che esula del tutto dal presente giudizio. Consegue l'inammissibilità dei motivi di impugnazione. In sede di conclusioni, la (...) ha ridotto la domanda alla luce delle somme medio tempore recuperate, dovendo pertanto revocarsi il decreto ingiuntivo e pronunciarsi sentenza di condanna per il minor importo richiesto. Le spese legali seguono la soccombenza sul valore del decisum. P.Q.M. Il Tribunale di Bari, Sezione Specializzata Imprese, definitivamente pronunciando sulla opposizione proposta, con atto di citazione regolarmente notificato, da (...) avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Bari, sezione specializzata Imprese, su ricorso della (...) così provvede: 1. accoglie l'opposizione proposta, e, per l'effetto, revoca il decreto ingiuntivo opposto; 2. condanna l'opponente al pagamento in favore della opposta della somma pari ad Euro 115.228,96 oltre rivalutazione monetaria come attribuita nel lodo; 3. condanna l'opponente al rimborso delle spese di giudizio sostenute dall'opposta, che liquida in complessive Euro 14000,00, oltre r.f. Iva e Cap come per legge. Così deciso in Bari l'8 aprile 2024. Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di BARI SEZIONE TERZA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Lidia del Monaco ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di II grado iscritta al n. r.g. 1527/2016 promossa da: (...) in con il patrocinio dell'avv. (...) -appellante- Contro (...), con il patrocinio dell'avv.to (...) (...), contumace -appellati - CONCLUSIONI le parti hanno concluso come da verbale di udienza del 10.4.2024 da intendersi quivi integralmente richiamato e trascritto Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Si procede alla redazione della presente sentenza senza la parte sullo svolgimento del processo ai sensi dell'art. 45 c. 17 L. n. 69/2009. Nei limiti di quanto strettamente rileva ai fini della decisione (cfr. il combinato disposto degli artt. 132 co. 2 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.), le posizioni delle parti e l'iter del processo possono sinteticamente riepilogarsi come segue. Con atto di citazione notificato il 27.1.2016 il (...) sito in (...) ha proposto appello avverso la sentenza n.1934/15 depositata dal Giudice di Pace di Bari il 30.06.2015 che ha accolto l'opposizione proposta da (...) avverso il decreto ingiuntivo n. 2037/2012 ottenuto dall'odierno appellante per l'importo di euro 1.006,55, oltre accessori e spese della procedura, per oneri condominiali non pagati. Parte appellante, a sostegno del gravame, ha dedotto la erroneità della motivazione adottata dal Giudice di prime cure per violazione del principio regolatore della materia di cui all'art. 1294 c.c., ritenendo, dunque, errata la qualificazione parziaria dell'obbligazione. Si è costituito in giudizio (...) con comparsa depositata il 13.9.2016 resistendo al gravame e insistendo per il rigetto dello stesso. I restanti appellanti, nonostante la rituale notifica dell'atto introduttivo, non si sono costituiti in giudizio, motivo per il quale ne è stata dichiarata la contumacia. Acquisito il fascicolo di Ufficio del primo grado di giudizio, all'udienza del 10.4.2024 la causa, matura per la decisione, è stata definita ai sensi del disposto di cui all'art. 281 sexies c.p.c. previo deposito di note conclusive autorizzate a cui ha proceduto il solo (...) in data 8.2.2024. L'appello non è meritevole di accoglimento. La vicenda in esame trae origine dalla approvazione, ad opera del (...) il 26.1.2012 dei consuntivi relativi al periodo gennaio 2004 - dicembre 2011. Il 24.4.2009 interveniva il decesso dell'originario proprietario dell'immobile sito in detto (...) gli succedevano gli odierni appellati. Il (...) consapevole del decesso del (...) ma non notiziato della identità di tutti gli eredi di quest'ultimo, agiva innanzi al Giudice di pace nei confronti del solo (...) il quale, costituendosi in giudizio eccepiva, anche, la parziarietà della obbligazione. Il Giudice di pace autorizzava la evocazione in giudizio di(...); accoglieva, dunque, la opposizione spiegata da (...) e rigettava la domanda di condanna solidale degli eredi avanzata dal (...) al momento della integrazione del contraddittorio. Ora, la tesi sostenuta dal (...) in ragione della quale la ripartizione pro quota delle spese comuni riguarderebbe i soli rapporti interni tra i comunisti, non implicando la parziarietà dell'obbligazione nei rapporti esterni con il creditore, è priva di fondamento. Ai fini della responsabilità delle obbligazioni verso il condominio, deve valorizzarsi il momento di insorgenza del debito. Per i debiti maturati prima della morte del de cuius, gli eredi sono chiamati a corrispondere una somma pari alla loro quota di proprietà. A tal proposito è stato osservato che nei rapporti interni fra coeredi trova applicazione la regola contenuta nell'art. 752 c.c.; i rapporti con i creditori sono disciplinati dall'art. 754 c.c. che afferma la divisibilità del debito secondo la consistenza della quota attribuita: il coerede convenuto per il pagamento di un debito ereditario ha l'onere di indicare al creditore questa sua condizione di coobbligato passivo entro i limiti della propria quota (App. Cagliari 4 gennaio 2018, n. 9). Per gli oneri condominiali maturati dal momento dell'accettazione di eredità gli eredi devono essere considerati alla stregua di qualunque comproprietario e quindi come coobbligati in solido verso il condominio. L'obbligazione concernente il pagamento di spese condominiali relative ad una unità immobiliare ricevuta per successione è di natura indivisibile, se e fino a quando indivisa resta la proprietà cui la stessa afferisce. Come tale, siffatta obbligazione è soggetta all'applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 1317 e 1294 c.c. in forza del quale i comproprietari rispondono solidalmente del debito di cui trattasi (Cass, civ., sez. II, 21 ottobre 2011, n. 21907). Il (...) appellante al momento della costituzione nel giudizio di opposizione celebrato innanzi al Giudice di pace ha perseguito, seppur a seguito della eccezione spiegata da (...) a domandare il rigetto della opposizione con conseguente conferma del titolo monitorio. Autorizzata l'estensione del contraddittorio, il creditore opposto chiedeva la condanna di tutti gli eredi di (...) al pagamento in solido dell'importo oggetto della iniziativa avanzata in sede monitoria. Resistevano alla domanda (...) e (...). Ora, è incontestato che (...) sino al momento del decesso (aprile 2009), fosse il solo (...) a seguito dell'exitus gli succedevano gli odierni appellati. Non è dirimente, ai fini della decisione, la data di approvazione dei consuntivi afferenti ad un considerevole lasso temporale (delibera del 26 gennaio 2012 di approvazione dei bilanci relativi al periodo decorrente dal gennaio 2004 al dicembre 2011); l'obbligazione al pagamento degli oneri di gestione nasce ex lege nel momento in cui l'attività viene effettivamente compiuta dall'amministratore. Orbene, innanzi al Giudice di pace l'opposto non adempiva compiutamente all'onere di allegazione su di sé gravante. Il (...) creditore, a seguito della opposizione avanzata da (...) - il quale eccepiva di non poter essere il destinatario della richiesta di pagamento dell'intera debitoria - avrebbe dovuto verificare quale fosse quella maturata in epoca precedente ed in epoca successiva al decesso di (...) indicando i relativi importi. L'odierno appellante istava, invece, dapprima per il rigetto della opposizione e, successivamente alla integrazione del contraddittorio, per la condanna solidale degli eredi evocati al pagamento della intera somma. Solo al momento della proposizione del gravame l'appellante ha valorizzato la "ammissione del debito del sig. (...) per ottenere il pagamento di " quelle somme di cui lo stesso (...) dichiara di essere debitore"; richiesta, questa, non avanzata nel corso del primo grado di giudizio e, comunque, formulata in assenza di indicazione di quale fosse il debito di cui questi avrebbe dovuto rispondere pro quota e dell'ulteriore rispetto al quale potesse ritenersi condebitore solidale. Preme evidenziare che nel corso della udienza celebrata il 14.6.2013 - precedente, dunque, alla integrazione del contraddittorio - l'allora opponente "non sussistendo un vincolo di solidarietà passiva tra gli stessi (eredi)" chiedeva che fosse quantificata "dall'opposto la quota spettante al sig. (...). Il (...) creditore non procedeva - né allora, né in seguito - a fornire elementi utili alla individuazione delle somme istate, sulla scorta delle specificazioni previamente indicate. Sul punto, la pronuncia gravata dà atto di quanto è desumibile dagli atti di causa; il giudice di prime cure si è espresso, sul punto, nei termini di seguito riportati "Allo stato degli atti quindi per le ragioni esposte va revocato il decreto ingiuntivo opposto, ma non può darsi luogo ad alcuna pronuncia di condanna al pagamento nei confronti dell'opponente e dei chiamati in causa quali coeredi, non avendo l'istruttoria svolta consentito di accertare in che misura ogni coerede è tenuto al pagamento della somma oggetto della procedura monitoria". Si ravvisano i presupposti per la compensazione integrale delle spese del giudizio di appello dovendosi ritenere che la vicenda posta alla base della iniziativa processuale consegua ad una situazione di originaria incertezza correlata alla mancata comunicazione, ad opera degli odierni appellati, dei dati utili all'aggiornamento della anagrafe condominiale. Si dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 13 c. 1 quater del DPR n. 115/2002 per il versamento da parte del (...) sito in (...) un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione P.Q.M. il Tribunale, in funzione di giudice di appello, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - rigetta l'appello; - compensa integralmente le spese di lite; - dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 13 c. 1 quater del DPR 115/2002 per il versamento da parte del (...) di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del disposto di cui all'art. 13 c. 1 quater del DPR n. 115/2002. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza. Bari, 10 aprile 2024
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI BARI QUARTA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I (...) iscritta al n. r.g. (...)/2017 promossa da: (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'Avv. (...)# ((...)), elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore, indirizzo pec. (...) ATTORE contro (...) SOC. COOP. (P.I. (...)), con il patrocinio dell'Avv. (...) ((...)), elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore, indirizzo pec. CONVENUTA CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da memorie depositate per l'udienza di precisazione delle conclusioni del 07.12.2023. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con citazione e(...). art. 616 c.p.c. del 17.07.2017, (...) premesso che: la (...) ed (...) di (...) aveva proceduto al pignoramento di alcuni immobili di sua proprietà, in forza di un contratto di mutuo stipulato dalle suddette parti in data (...), a seguito del quale la creditrice procedente aveva incardinato presso il Tribunale Civile di (...) la procedura esecutiva immobiliare n. R.G.E. (...)/2012; nell'ambito della suddetta procedura esecutiva, l'attore aveva proposto ricorso e(...). art. 615, comma 2, c.p.c., con contestuale istanza di sospensione e(...). art. 624 c.p.c., rigettata con ordinanza del 21.05.2017; le somme richieste dalla creditrice erano illegittime, in ragione dell'applicazione di interessi usurari, con conseguente gratuità del finanziamento ai sensi dell'art. 1815, comma 2, c.c.; la (...) aveva inserito nel contratto la c.d. opzione floor, impedendo all'attore di usufruire del ribasso dei tassi di interesse, in quanto vincolato al pagamento di un tasso minimo pari al 4,5%; la suddetta operazione era riconducibile alla tipologia dei contratti derivati, inquadrabili nella categoria degli strumenti finanziari ai sensi dell'art. 1, comma 2, (...) con conseguente applicazione della disciplina prevista dal (...) e dai (...) in materia di intermediazione finanziaria; il contratto derivato era nullo, in ragione dell'assenza di un valido contratto quadro ai sensi dell'art. 23 TUF, della mancata valutazione dell'adeguatezza dell'operazione ai sensi dell'art. 21 TUB e della violazione delle regole di trasparenza e di correttezza, nonché per difetto di causa ai sensi degli artt. 1322, 1325, 1343 e 1418 c.c.; la (...) aveva violato le regole concernenti la prestazione dei servizi di investimento, con conseguente risoluzione del contratto di derivato, restituzione delle somme addebitate e risarcimento del danno; l'opzione floor era annullabile per dolo della (...) atteso che la stessa aveva indotto il cliente ad accettare un assetto di interessi pregiudizievoli; - conveniva in giudizio, innanzi a questo Tribunale, (...) ed (...) di (...) Coop., rassegnando le seguenti conclusioni: 1) in via principale, accertare e dichiarare la fondatezza dell'opposizione proposta nei confronti della (...) ed (...) di (...) Coop., nell'ambito del procedimento esecutivo n. R.G.E. (...)/2012 e, per l'effetto, accertare e dichiarare l'illegittimità dell'esecuzione intrapresa dalla banca convenuta; 2) sempre e comunque, accertare e dichiarare la nullità, ai sensi degli artt. 1418, 1419 e 1815, comma 2, c.c. di tutte quelle pattuizioni contrattuali, presenti nel contratto di mutuo del 21.04.2004, che comportano una remunerazione usuraria del capitale concesso in finanziamento dalla (...) ed (...) di (...) Coop., in favore del mutuatario e, per l'effetto, (...) accertare e dichiarare che, atteso il superamento illecito del tasso soglia, non sono dovuti interessi a remunerazione del capitale concesso in finanziamento; (...) accertare e dichiarare che legittimamente il mutuatario ha interrotto i pagamenti, in forza del principio inadimplenti non est adimplendum, poiché la (...) ha commesso un illecito contrattuale che l'ha resa inadempiente (applicazione di interessi usurari in violazione sia di norme imperative sia della correttezza e buona fede contrattuale e(...). artt. 1175 e 1375 c.c.); (...) condannare la (...) ed (...) di (...) Coop. alla restituzione in favore del (...) delle somme illecitamente ed illegittimamente percepite (quota già versata sino ad oggi a titolo esclusivo di interessi), pari ad Euro 128.124,48 (ovvero della somma maggiore e minore accertata in corso di causa), oltre interessi e rivalutazione monetaria e(...). art. 1224, comma 2, c.c., ove occorre dichiarando la compensazione fra queste somme e quelle riconosciute alla (...)# dichiarare l'azzeramento degli interessi fino alla naturale scadenza del contratto di mutuo; in via autonoma e concorrente, accertare e dichiarare la nullità ovvero, in subordine, annullare, ovvero, in ulteriore subordine, pronunciare la risoluzione del contratto di derivato denominato "(...) Floor" e, per l'effetto, condannare la (...) ed (...) di (...) Coop. a restituire al (...) le somme addebitate, in esecuzione del contratto, pari ad Euro 29.000,00, ovvero alla somma maggiore o minore accertata in corso di causa; in ogni caso, condannare la (...) ed (...) di (...) Coop. al risarcimento del danno cagionato, per una somma pari agli addebiti in conto corrente, maggiorata dell'ulteriore somma, a titolo di lucro cessante, corrispondente alla mancata redditività dovuta alla distrazione delle risorse finanziarie nell'operatività in derivati, ovvero al diverso ammontare accertato in corso di causa, con interessi e rivalutazione monetaria sino all'effettivo soddisfo; 3) sempre e comunque, dichiarare l'inammissibilità, ovvero l'illegittimità, ovvero la nullità del pignoramento immobiliare proposto dalla (...) ed (...) di (...) Coop, con conseguente risarcimento di tutti i danni da esso causati da quantificarsi in via equitativa; 4) con vittoria di spese. Costituitasi con comparsa del 12.12.2017, (...) ed (...) di (...) Coop. eccepiva preliminarmente l'inammissibilità della domanda, in ragione della violazione del contraddittorio necessario nei confronti di tutti i creditori intervenuti nella procedura esecutiva. Nel merito, deduceva la regolare pattuizione delle condizioni economiche del contratto, rassegnando le seguenti conclusioni: 1) in via preliminare, dichiarare inammissibile il giudizio per la violazione del contraddittorio necessario al quale la controparte non ha ottemperato nel termine perentorio assegnato con la ordinanza del 21.05.2017 e, per l'effetto, ordinare la cancellazione della causa dal ruolo; 2) nel merito, rigettare l'opposizione, poiché infondata in fatto ed in diritto; 3) con vittoria di spese La causa, istruita in via documentale e con l'espletamento di ctu, è stata riservata per la decisione sulle conclusioni rassegnate dai procuratori delle parti con le memorie depositate per l'udienza di precisazione delle conclusioni del 07.12.2023, celebrata con la modalità della trattazione scritta, ai sensi dell'art.83, comma 7, lett. h, del d.l. 18/2020, conv. nella L.27/2020, nel corso della quale sono stati concessi i termini previsti dall'art.190 c.p.c. Con comparsa conclusionale del 05.02.2024, l'attore ha eccepito la nullità del contratto per indeterminatezza del tasso applicato, in violazione dell'art. 117 TUB, nonché la nullità degli interessi, in ragione della fraudolenta alterazione del tasso (...) Con memoria di replica del 26.02.2024, l'attore ha eccepito la nullità del contratto di mutuo per mancata allegazione del piano di ammortamento. In via preliminare, l'eccezione di inammissibilità della domanda, sollevata dalla convenuta per violazione del contraddittorio necessario nei confronti di tutti i creditori intervenuti nella procedura esecutiva, va rigettata. Sul punto va rilevato che i creditori intervenuti nella procedura esecutiva agiscono sulla base dei rispettivi rapporti di credito distinti, non potendosi ritenere configurabile un'ipotesi di litisconsorzio necessario nel caso in esame, atteso che l'odierno giudizio di merito attiene esclusivamente al rapporto di credito intercorso tra l'attore e la (...) convenuta, avente ad oggetto anomalie relative al contratto di mutuo stipulato tra le suddette parti. Le domande di nullità e risoluzione del contratto denominato "(...) Floor", formulate dall'attore, sono infondate. A tal proposito, va osservato che la clausola floor non può essere qualificata quale derivato finanziario, con la conseguenza che la stessa non è soggetta alla disciplina del (...) atteso che la previsione della predetta clausola nel contratto di finanziamento non determina la realizzazione di un investimento finanziario per il mutuatario, rappresentando esclusivamente una tecnica di determinazione convenzionale del tasso di interesse, sicché devono ritenersi inapplicabili al caso di specie le regole concernenti i servizi di investimento. A ciò va aggiunto che la previsione di una clausola "floor" non può considerarsi di per sé illegittima, in quanto risponde alla necessità dell'istituto mutuante di assicurarsi un livello minimo di redditività del finanziamento, non sacrificando le esigenze di certezza e determinatezza del contenuto del contratto, atteso che il soggetto finanziato è a conoscenza che il tasso di interesse passivo non potrà diminuire sotto una certa soglia. Ed invero, la pattuizione del tasso di interesse attraverso la clausola floor è esclusivamente finalizzata a proteggere l'intermediario da una discesa dei tassi, garantendo alla (...) una remuneratività ritenuta "minima" al finanziamento concesso, quale prezzo del proprio servizio. Nel caso di specie, il documento di sintesi delle condizioni economiche stabilisce un tasso corrispettivo non inferiore al 4,50% e non superiore al 7,50%, sicché deve ritenersi sufficientemente chiara e determinata la relativa clausola. Parimenti, la domanda di annullamento del contratto, formulata dall'attore per dolo della (...) va disattesa. A tal proposito, va osservato che "a norma dell'art. 1439 c.c. il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati siano stati tali che, senza di essi, l'altra parte non avrebbe prestato il proprio consenso per la conclusione del contratto, ossia quando, determinando la volontà del contraente, abbiano ingenerato nel "deceptus" una rappresentazione alterata della realtà, provocando nel suo meccanismo volitivo un errore da considerarsi essenziale ai sensi dell'art. 1429 c.c." (Cass., n. (...)/2021). A ciò va aggiunto che "a produrre l'annullamento del contratto non è sufficiente una qualunque influenza psicologica sull'altro contraente, ma sono necessari artifici o raggiri, o anche semplici menzogne che abbiano avuto comunque un'efficienza causale sulla determinazione volitiva della controparte". Ed invero, la parte che deduce l'effetto invalidante dell'errore, frutto di dolo, ha l'onere di provare che la volontà negoziale sia stata manifestata in presenza o in costanza di questa falsa rappresentazione, nella specie non assolto. Nel merito, va osservato in diritto che "l'onere probatorio nelle controversie sull'applicata debenza e sulla misura degli interessi moratori, ai sensi dell'art. 2697 c.c., si atteggia nel senso che, da un lato, il debitore, il quale intenda provare l'usurarietà degli stessi, ha l'onere di dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale, il tasso moratorio in concreto applicato, l'eventuale qualità di consumatore, la misura del T.e.g.m. nel periodo considerato, con gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento; dall'altro lato, è onere della controparte allegare o provare i fatti modificativi o estintivi dell'altrui diritto" (Cass. Sez. Un. sent. 18.09.2020, n. 19597). Deve altresì rilevarsi che, sulla base della lettura interpretativa offerta dalle (...) della Suprema Corte di (...) nella sentenza innanzi richiamata "la disciplina antiusura si applica agli interessi moratori, intendendo essa sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria sia dovuta in relazione al contratto concluso." La Suprema Corte, inoltre, dopo aver puntualizzato che la normativa anti - usura prevista per gli interessi corrispettivi è applicabile anche a quelli moratori, ha stabilito che anche per questi ultimi il giudice deve tener conto delle rilevazioni statistiche effettuate dalla (...) d'(...) e recepite nei decreti ministeriali. (...) d'(...) infatti, stabilisce trimestralmente, ai sensi della L. 108/1996, i tassi massimi d'interesse, superati i quali si configura un interesse usurario ed, ai sensi della L. 24/2001, recante l'interpretazione autentica della L. 108/1996, ricorrono interessi usurari solo nel caso in cui gli stessi superino il limite stabilito dalla (...) d'(...) nel momento in cui essi sono promessi o convenuti, indipendentemente dal momento in cui essi sono effettivamente corrisposti. Occorre, peraltro, precisare che, per la stessa struttura del contratto di mutuo, il tasso moratorio e quello compensativo non possono mai trovarsi ad essere applicati congiuntamente in relazione ad un medesimo periodo temporale. Di conseguenza, i due tassi non possono sommarsi tra loro, in quanto il mutuatario può essere tenuto a corrispondere, per un certo periodo, o il tasso corrispettivo (se il capitale deve ancora scadere) o il tasso di mora (se la rata è già scaduta), mentre non può (né mai potrebbe) essere chiamato a pagare un tasso di interesse periodale pari alla somma del tasso corrispettivo e della mora. Questa considerazione esclude che il TEG contrattuale ai fini della verifica dell'usura possa corrispondere alla sommatoria dei tassi e che da tale, erroneo, presupposto possa derivare l'invalidità del tasso degli interessi corrispettivi. Va inoltre precisato che, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia, non può tenersi conto della commissione prevista per l'anticipata estinzione del mutuo. Il debitore che decide di estinguere anticipatamente il mutuo esercita una facoltà contrattualmente riconosciutagli in cambio di un corrispettivo. La commissione di estinzione anticipata, corrisposta dal debitore per la ipotesi in cui si avvalga della facoltà prevista in contratto costituisce, pertanto, una componente del corrispettivo del contratto che non sembra riconducibile alla categoria del vantaggio usuraio, né qualificabile come un costo connesso alla erogazione del credito, sicché la stessa va esclusa dalla verifica del (...) Sulla base della citata pronuncia delle (...) per i contratti - come quello in questione - conclusi dal 1 aprile 2003 (data di entrata in vigore del D.M. 25 marzo 2003) al 30 giugno 2011, il tasso soglia di mora si determina sommando al T.E.G.M. il valore del 2,1% (maggiorazione media interessi di mora indicata nei (...)), il tutto maggiorato del 50% e(...) art. 2, comma 4, L. 108/1996 pro tempore vigente. Nel caso di specie, l'attore ha stipulato il contratto di mutuo fondiario in data (...), per un importo pari ad Euro 340.000,00, alle seguenti condizioni economiche: TAN non inferiore al 4,50% nominale annuo, né superiore al 7,50% nominale annuo; - (...) 4,690%; - (...) 7,50% (TAN + 3%). Sulla base del D.M. Economia e (...) del 18.09.2003, l'ausiliario ha rilevato che, nel mese di aprile 2004, il tasso effettivo globale medio per la categoria "mutui" era pari al 4,17%. Alla luce dei principi enunciati dalle (...) della Corte di (...) ed in particolare dei criteri di verifica della soglia usura dei tassi d'interesse di mora, va esclusa l'usura ab origine, tanto in relazione al tasso d'interesse corrispettivo pari, per la prima rata, al 4,50%, a fronte del tasso soglia del 6,255%, quanto in relazione al tasso di mora, pari al 7,50%, a fronte del tasso soglia usura del 9,405% (4,17% + 2.1, con successiva maggiorazione del 50%). Sulla base del piano di ammortamento sviluppato alla pagina 20 dell'elaborato peritale, l'ausiliario ha proceduto al calcolo del (...) con inclusione delle spese di istruttoria, delle spese di incasso rata e delle spese per comunicazioni periodiche annuali, giungendo alla conclusione che il TEG corrispettivo annuo del 4,6558% risulta inferiore al tasso soglia del 6,255%. (...) ha altresì accertato un TEG di mora pari al 7,6558%, a fronte di un tasso soglia di mora del 9,405%, emergendo pertanto il mancato superamento del tasso soglia anche per gli interessi di mora. Quanto alla verifica della corrispondenza del tasso effettivo applicato a quello pattuito, il ctu ha sostenuto di non aver potuto effettuare tale valutazione, in ragione dell'assenza in atti del piano originario di ammortamento e delle relative quietanze, la cui produzione documentale spettava all'attore, sul quale incombe l'onere di provare i fatti che costituiscono il fondamento del diritto vantato in giudizio ai sensi dell'art. 2697 c.c. Da ultimo, l'eccezione di nullità del contratto per indeterminatezza del tasso applicato e di nullità degli interessi per fraudolenta alterazione del tasso (...) sollevata dall'attore nella comparsa conclusionale, non rileva ai fini del giudizio in quanto costituisce un ampliamento del thema decidendum, A tal proposito, va osservato che "la comparsa conclusionale assolve unicamente una funzione illustrativa delle domande e delle eccezioni ritualmente introdotte nel giudizio e sulle quali si sia instaurato il contradditorio delle parti, non potendo di regola contenere domande o eccezioni nuove" (Cass. civ. n. 315/2012). Ad ogni buon conto, va rilevato che l'art. 117, comma 4, TUB stabilisce che "I contratti indicano il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora". Nel caso di specie, l'art. 3 del contratto di mutuo del 21.04.2004 indica che "il capitale preso a mutuo dovrà essere restituito dalla parte mutuataria alla mutuante (...) in n. 180 rate mensili posticipate ciascuna di Euro 2.601,65 scadenti la prima il 21 maggio 2004 e l'ultima il 21 aprile 2019, tutte comprensive di capitale e di interessi" e che "la parte mutuataria si obbliga a corrispondere alla mutuante l'interesse scalare nella misura iniziale del 4,50% nominale annuo da dividere per dodici al fini del calcolo del tasso mensile", prevedendo l'applicazione di un interesse non inferiore al tasso soglia del 4,50% e non superiore al 7,50% per la prima mensilità, mentre per il periodo successivo un tasso di interesse indicizzato al parametro (...) Il suddetto documento contrattuale dispone altresì un interesse di mora nella misura nominale annua di tre punti percentuali in più del tasso contrattualmente previsto, sicché devono ritenersi sufficientemente determinate le condizioni economiche del contratto. Quanto all'asserita nullità degli interessi per fraudolenta alterazione del tasso (...) va osservato che la (...) ha multato alcuni (...) bancari per un accordo finalizzato alla manipolazione dell'indice (...) in riferimento al periodo da settembre 2005 al maggio 2008. Nel caso di specie, l'attore non ha fornito alcuna prova del suddetto accordo manipolativo, atteso che il contratto di finanziamento in esame è stato stipulato in data (...), dunque antecedentemente il periodo innanzi indicato. Parimenti, va disattesa l'eccezione di nullità del contratto di mutuo per mancata allegazione del piano di ammortamento, sollevata dall'attore nella memoria di replica, stante la tardività della deduzione relativa a circostanza di fatto. Ad ogni buon conto, atteso che l'onere di produzione del piano di ammortamento incombe sull'attore, che agisce per la ripetizione delle somme illegittimamente percepite dalla (...) (nella specie non assolto), va rilevato che il piano di ammortamento non è un elemento essenziale ai fini della validità del contratto (Cass., n. 12922/2020). Ed invero, la mancata consegna del piano di ammortamento al momento della conclusione del contratto non comporta alcuna violazione da parte della (...) né tantomeno rende indeterminato l'oggetto del contratto, nell'ipotesi in cui nello stesso siano riportate tutte le condizioni economiche relative all'ammortamento, il numero di rate e la relativa modalità di calcolo, come nel caso di specie. Consegue all'accertamento della legittimità della condotta tenuta dalla (...) il rigetto della domanda di risarcimento danni, formulata dall'attore, in difetto di prova documentale idonea a dimostrare la sussistenza del danno. Alla luce delle considerazioni svolte, le domande attoree vanno rigettate. Quanto alle spese di lite, l'intervento in corso di giudizio della pronuncia delle S.U., dirimente delle questioni controverse, giustifica la compensazione delle spese di lite per metà, poste per il residuo, come da dispositivo e secondo i parametri medi del D.M. 147/2022, a carico dell'attore soccombente. P.Q.M. Il Tribunale di Bari definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (...) con citazione del 17.07.2017, nei confronti della (...) ed (...) di (...) Coop., così provvede: 1) rigetta le domande attoree; 2) condanna l'attore al rimborso, in favore della convenuta, della metà delle spese processuali, liquidate per l'intero in Euro 14.103,00 per compensi, oltre spese di ctu, 15% per spese generali, cpa ed iva come per legge, e compensa fra le parti le spese residue, pari alla metà delle somme di cui innanzi. Così deciso in Bari il 3 aprile 2024. Depositata in Cancelleria il 3 aprile 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 60 del codice del processo amministrativo; sul ricorso numero di registro generale 85 del 2024, integrato da motivi aggiunti, proposto da Ka.Eu. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG A0202D28AA, rappresentata e difesa dagli avvocati Fi.Ma., Da.Mo. e Fa.Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ro.Ci., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via (...); nei confronti Ye.-Eu.It. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Da.Ce. e Fa.Cl., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Ma.Tr. & Bu.It. S.p.A., Iv.S.p.A., By.Eu. B.V., non costituite in giudizio; Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria ex lege in Bari, via Melo, 97; per quanto riguarda il ricorso introduttivo: “per l’annullamento, per la declaratoria di nullità o, in subordine, annullamento, previa sospensione dell'efficacia, e/o adozione di ogni più opportuna misura cautelare adeguata alla fattispecie, - del verbale di gara del 12 dicembre 2023, nella parte in cui la commissione giudicatrice ha dichiarato inammissibile l'offerta tecnica di Ka.Eu. S.r.l., in relazione alla gara, con CIG A0202DD28AA, per l'aggiudicazione della fornitura di bus elettrici per la città di Bari - Misura M2C2 - 4.4.1 del PNRR Rinnovo flotte bus e treni verdi sub investimento Bus; - della relativa comunicazione di esclusione a mezzo pec del 18/12/2023; - della lex specialis in parte qua, nella parte in cui era previsto, a pena di inammissibilità dell'offerta, che il documento denominato: “check List contenente gli elementi di controllo definiti nella scheda 9 ‘Acquisto veicolì (DNSH)”, fosse inserito necessariamente in offerta tecnica; - in via derivata, del provvedimento di aggiudicazione della procedura, adottato in data 20/12/2023 con determina n. 20031/2023 (doc.9), in favore della Ye.-Eu.It. S.r.l.; nonché per la dichiarazione di inefficacia del contratto ove, nelle more, stipulato tra le controparti, nonché per la condanna al risarcimento del danno da pronunciarsi nella forma della reintegrazione in forma specifica, mediante riammissione di Ka.Eu. S.r.l. alla gara, all'esame della documentazione amministrazione e alla valutazione dell'offerta, e alla conseguente redazione di una nuova graduatoria di gara.” per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Ka.Eu. S.r.l. il 31/1/2024: per l’annullamento previa sospensione dell’efficacia, - degli atti impugnati in forza del ricorso introduttivo; - del verbale di riunione della Commissione giudicatrice del 17.01.2024 (doc.11), trasmesso a mezzo pec alla Ka.Eu. S.r.l. in data 30/1/2024 (doc.12), nella parte in cui, esaminata la richiesta di riammissione in gara della Ka.Eu. S.r.l. del 10/1/2024 (doc.10), ne confermava l'esclusione, motivando con rinvio ad una nota del Presidente della Commissione del 15/1/2024, asseritamente allegata quale parte integrante e sostanziale, ma non materialmente unita al suddetto verbale; - della suddetta nota del Presidente della Commissione giudicatrice del 15/1/2024 (doc.13), trasmessa alla Ka.Eu. a mezzo pec in data 31/1/2024 (doc.14); nonché per la dichiarazione di inefficacia del contratto ove, nelle more, stipulato tra le controparti, nonché per la condanna al risarcimento del danno da pronunciarsi nella forma della reintegrazione in forma specifica, mediante riammissione di Ka.Eu. S.r.l. alla gara, all'esame della documentazione amministrazione e alla valutazione dell'offerta, e alla conseguente redazione di una nuova graduatoria di gara. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bari, della Ye.-Eu.It. S.r.l. e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2024 il dott. Carlo Dibello e uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza; Dato avviso alle parti ai sensi dell'art. 60 del codice del processo amministrativo; La società ricorrente ha partecipato alla gara indetta dal Comune di Bari mediante procedura aperta per la fornitura di n. 99 bus elettrici per la città di Bari, in unico lotto, per un importo a base d’asta pari a € 59.400.000,00 oltre IVA. Nella seduta pubblica del 12 dicembre 2023 la commissione giudicatrice ha dichiarato inammissibile l’offerta tecnica presentata dalla ricorrente, sulla base della mancanza del documento check list, contenente gli elementi di controllo definiti nella scheda 9 “Acquisto veicoli” (DNSH). Con nota del 18 dicembre 2023, è stata comunicata alla deducente l’esclusione dalla procedura di gara. In data 10 gennaio 2024 la Ka.Eu. s.r.l. ha inviato una comunicazione al Comune di Bari, segnalando che il documento asseritamente non allegato all’offerta tecnica era stato inserito nella documentazione amministrativa e quindi chiedendo la riammissione in gara e la valutazione della propria offerta. La deducente ha impugnato gli atti indicati in epigrafe chiedendone l’annullamento. A sostegno del gravame, è stato dedotto un unico gruppo di censure: Eccesso di potere per violazione dei principi di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità. Violazione di legge. Violazione della tipicità e tassatività delle cause di esclusione (art. 10 co. 2 d.lgs. 36/2023). Il Comune di Bari si è costituito in giudizio per resistere al ricorso del quale ha chiesto il respingimento sulla base di un’articolata memoria difensiva. La controinteressata Ye.-Eu.It. si è costituita in giudizio. La società Ka.Eu. s.r.l. ha impugnato con motivi aggiunti il verbale di riunione della Commissione giudicatrice del 17 gennaio 2024 nella parte in cui è stata respinta la richiesta di riammissione in gara inoltrata il 10 gennaio 2024 e, conseguentemente, confermata l’esclusione dell’operatore economico dalla gara, motivando con rinvio ad una nota del Presidente della Commissione del 15 gennaio, del pari impugnata. La ricorrente ha chiesto l’annullamento anche di detti ultimi atti ritenendoli affetti da invalidità derivata. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si è costituito in giudizio. Le parti hanno depositato documenti e hanno prodotto memorie di precisazione delle conclusioni. Alla camera di consiglio del 28 febbraio 2024, è stato dato avviso ai sensi dell’art. 60 del codice del processo amministrativo della possibilità di definire la controversia con sentenza in forma semplificata. Può prescindersi dalla disamina dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa notifica al Ministero delle infrastrutture presso l’Avvocatura, per come formulata dalla difesa del Comune di Bari. Il ricorso è infatti infondato nel merito. Tra i principi a carattere propriamente ambientale va senz’altro annoverato il principio Do not significant harm, di recente codificato nell’art. 17 del Regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2020 relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e reca modifica del Regolamento (UE) 2019/2088. Si tratta del principio in forza del quale è vietato arrecare un danno significativo agli obiettivi ambientali. Ciò comporta una verifica specifica da effettuare valutando l’impatto ambientale dell’attività economica che assume rilievo di volta in volta e dei prodotti e servizi da essa forniti durante il loro intero ciclo di vita, in particolare prendendo in considerazione produzione, uso e fine vita di tali prodotti e servizi. A sua volta, il Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza prevede, all’art. 5, punto 2, che “Il dispositivo finanzia unicamente le misure che rispettano il principio «non arrecare un danno significativo». La fornitura di bus elettrici per la città di Bari fa parte di una misura preordinata al rinnovo flotte bus e treni verdi, finanziata con fondi PNRR. Lo stesso bando di gara precisa nel preambolo che “la fornitura dovrà garantire la conformità al principio del DNSH (Do not significant harm)”. L’obbligo, per gli operatori economici partecipanti alla procedura di gara in esame di produrre la Scheda tecnica n. 9 - acquisto di veicoli -, che identifica gli elementi di verifica dei vincoli DNSH, si lascia agevolmente decifrare: si tratta di allegare all’offerta tecnica prodotta in gara un documento qualificante, che si configura alla stregua di elemento essenziale della stessa offerta tecnica, coerentemente alla normativa sovranazionale sopra citata. In questa prospettiva, l’art. 16 punto c) del disciplinare di gara ha stabilito l’obbligo del concorrente di inserire la documentazione relativa all’offerta tecnica nella piattaforma a pena di inammissibilità dell’offerta stessa, la quale deve contenere, tra l’altro, la check list contenente gli elementi di controllo definiti nella scheda 9 “Acquisto veicoli” (DNSH)”. Una volta precisato quanto sopra, si rileva che il provvedimento di esclusione dalla gara della società deducente resiste alle censure formulate. Più in dettaglio, si osserva che, contrariamente alla tesi della ricorrente, secondo la quale “nessuna norma di legge impone la presentazione del documento in questione a pena di esclusione” omette di considerare che la prescrizione del disciplinare di gara sopra esaminata non fa che dare attuazione concreta alla previsione di un Regolamento dell’Unione europea in materia di rispetto del principio di non arrecare danno all’ambiente, da applicare obbligatoriamente in tutti i suoi elementi nel territorio nazionale, ai sensi dell’art. 288 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Non si tratta, pertanto, di introdurre ulteriori cause di esclusione in violazione del principio di tassatività disciplinato dall’art. 10 del decreto legislativo n. 36/2023, ma di prendere atto che il documento richiesto si atteggia quale elemento essenziale dell’offerta tecnica che, una volta non allegato alla medesima, impedisce alla stazione appaltante di compiere la doverosa verifica circa il rispetto del principio Do not significant harm. Ciò rende irrilevanti le ulteriori argomentazioni attorie per le quali la deducente avrebbe inserito il documento all’interno della busta amministrativa, senza allegarlo all’offerta tecnica. In ogni caso, il Comune ha fornito prova della radicale inesistenza della check list richiesta dalla lex specialis all’interno della busta amministrativa. La Stazione appaltante ha infatti acquisito dalla piattaforma telematica che ha gestito le operazioni di gara - piattaforma Appalti & procurement della società Maggioli - la documentazione amministrativa dei concorrenti non aggiudicatari e ha visualizzato ed effettuato il download del contenuto della busta amministrativa della odierna ricorrente, non riscontrando la sussistenza del file relativo al documento controverso. Rileva il Collegio che il gravame proposto risulta non assistito neppure da un adeguato principio di prova di natura tale da sollecitare l’esercizio dei poteri istruttori del Giudice amministrativo. Il ricorso deve infatti contenere l’indicazione dei mezzi di prova, ai sensi dell’art. 40 del codice del processo amministrativo. Ne deriva che non essendo stato soddisfatto detto onere probatorio minimo, la richiesta di acquisizione istruttoria di documenti eventualmente attestanti il mal funzionamento della piattaforma telematica gestita dalla società Maggioli non può essere accolta. Anche i motivi aggiunti di ricorso vanno respinti. È sufficiente notare in proposito che, con lo strumento processuale dei motivi aggiunti, la società Ka.Eu. ha impugnato atti nella prospettiva della invalidità derivata dei medesimi. Ne discende che, una volta riaffermata la legittimità degli atti presupposti, gli atti consequenziali della procedura di gara, non impugnati per vizi propri, resistono alla censura di invalidità derivata. Alla stregua delle argomentazioni sopra esposte, il ricorso è complessivamente respinto. Le spese processuali possono essere compensate, tenuto conto della peculiarità della controversia. P.Q.M. il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sui motivi aggiunti li respinge entrambi. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati: Giuseppina Adamo - Presidente Carlo Dibello - Consigliere, Estensore Silvio Giancaspro - Primo Referendario L'ESTENSORE IL PRESIDENTE Carlo Dibello Giuseppina Adamo
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