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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI BELLUNO Il Tribunale di Belluno in composizione monocratica, nella persona del giudice dr.ssa Chiara Sandini, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 187/2022 R.G. promossa da (...), con l'avv. PR.AN. - ATTRICE contro (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), - CONVENUTI CONTUMACI (...) IMMOBILIARE S.R.L., con l'avv. Gr.Ce. - CONVENUTA Oggetto: Diritto di prelazione - diritto di riscatto del conduttore (L. n. 392 del 1978 L. n. 431 del 1998) MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione portato alla notifica in data 17.2.2022 (...) agiva in giudizio nei confronti di (...) Immobiliare s.r.l., nonché nei confronti di (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...). (...) agiva in giudizio deducendo di essere coltivatrice diretta, quale titolare dell'omonima ditta individuale agricola, al fine di esercitare il diritto alla prelazione e la facoltà al riscatto ex artt. 8 della L. n. 590 del 1965 e 7 della L. n. 817 del 1971, del fondo confinante a quelli di sua proprietà e già condotto in affitto, censito al Foglio (...), Particella (...) del Catasto Terreni del Comune di T. (B.), oggetto del contratto di compravendita di cui alla scrittura privata di data (...) autenticata dal Notaio dr. M.P. di S. (rep. (...) e racc. (...)) concluso dalle parti convenute in assenza della previa valida notificazione prescritta dall'art. 8 della L. n. 590 del 1965. Con comparsa di risposta depositata in data 4.7.2022 si costituiva nel procedimento la convenuta venditrice (...) Immobiliare s.r.l. chiedendo il rigetto delle domande attoree, contestando la qualità di coltivatrice diretta in capo all'attrice ed evidenziando di avere in ogni caso adempiuto alla notifica di cui all'art. 8 della L. n. 590 del 1965 con p.e.c. del 31.5.2021. Gli ulteriori convenuti venivano dichiarati contumaci. Dopo la concessione dei termini ex art. 183 comma VI c.p.c. la causa veniva ritenuta matura per la decisione sulla base delle risultanze documentali. All'udienza del 19.1.2023, sostituita dalla trattazione scritta, le parti precisavano le conclusioni nei termini indicati in epigrafe e la causa veniva trattenuta in decisione, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per conclusionali e repliche. Sulla denuntiatio ex art. 8 L. n. 150 del 1965 Nella fattispecie in esame occorre valutare se la comunicazione inviata in data 31.5.2021 dalla convenuta all'attrice, a mezzo pec, possa costituire valida denuntiatio ex art. 8 L. n. 150 del 1965. Va in primo luogo considerato che, secondo la giurisprudenza, la denuntiatio deve avvenire in forma scritta e deve rappresentare una valida offerta contrattuale, in modo tale che l'accettazione scritta del destinatario sia di per sé sufficiente a perfezionare la vendita (Cass. Sez. 3 - , Sentenza n. 28495 del 08/11/2018 "In materia di contratti agrari, per la comunicazione ("notifica") al coltivatore o al confinante della proposta di alienazione del fondo, ai fini della prelazione di cui all'art. 8 della L. n. 590 del 1965 e all'art. 7 della L. n. 817 del 1971, da parte del proprietario venditore è richiesta la forma scritta "ad substantiam", non essendo, perciò, idonea allo scopo l'effettuazione della stessa in qualsiasi modo, anche verbale. Infatti, la " denuntiatio" non va considerata solo come atto negoziale ma anche come atto preparatorio di una fattispecie traslativa avente ad oggetto un bene immobile, cioè il fondo agrario, onde deve rivestire necessariamente la forma scritta, in applicazione dell'art. 1350 c.c., non essendo, per questo, consentita la prova testimoniale ex art. 2725 c.c. Tale forma, peraltro, assolve ad esigenze di tutela e di certezza, rendendo certa l'effettiva esistenza di un terzo acquirente, evitando che la prelazione possa essere utilizzata per fini speculativi in danno del titolare del diritto, e assicurando, a sua volta, al terzo acquirente, in caso di mancato esercizio della prelazione nello "spatium deliberandi" a disposizione del coltivatore (o del confinante), la certezza della compravendita stipulata con il proprietario, sottraendolo al pericolo di essere assoggettato al retratto esercitato dal coltivatore (o confinante) pretermesso; garantisce, infine, il coltivatore ( o confinante) in ordine alla sussistenza di condizioni della vendita più favorevoli stabilite dal proprietario promittente venditore e dal terzo promissario acquirente; Cassazione civile sez. III, 05/02/2013, n. 2648 secondo cui "La "denuntiatio" al coltivatore o al confinante della proposta di alienazione del fondo deve avvenire in forma scritta con rifermento a casi in cui essa costituisca l'atto preparatorio della fattispecie traslativa avente a oggetto un bene immobile. La comunicazione deve essere una valida offerta contrattuale, tale per cui l'accettazione scritta del destinatario è di per sé sufficiente a perfezionare la vendita. A tale scopo è essenziale che essa rivesta la forma di cui all'art. 1350 c.c."). Nella fattispecie in esame i predetti requisiti devono ritenersi soddisfatti. Con la comunicazione datata 31.5.2021, trasmessa a mezzo pec in pari data, (...) Immobiliare s.r.l. ha infatti invitato l'odierna attrice ad esercitare, ove d'interesse, in relazione al fondo sito in P., catastalmente censito al fg. (...) part. (...), il diritto di prelazione spettante al coltivatore diretto confinante, entro 30 giorni dal ricevimento della stessa, alle medesime condizioni contenute nel contratto preliminare concluso con i promissari acquirenti (...), (...), (...), (...), (...) e (...), al prezzo di Euro 5000,00. La predetta comunicazione, in relazione alle condizioni di vendita, precisava che era previsto un acconto di Euro 500,00, che la vendita doveva avvenire non oltre il mese di settembre 2021 e che i promissari acquirenti avevano dichiarato di voler acquistare il bene ancorchè gravato da ipoteca. La predetta comunicazione risulta sottoscritta dalla signora (...), quale legale rappresentante di (...) Immobiliare s.r.l. Risultano indicati, in forma scritta, tutti gli elementi essenziali ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione, ossia l'oggetto della compravendita, rappresentato dal terreno censito al Catasto Terreni del Comune di T., Foglio (...), particella (...) (prato, classe (...), superficie are 29 e centiare 20, reddito dominicale Euro 6,79, Reddito Agrario Euro 5,28) il prezzo della stessa, pari ad Euro 5000,00, e le relative condizioni. Devono invece ritenersi irrilevanti, ai fini di ogni verifica in ordine alla contestata validità della denuntiatio, il fatto che in occasione della vendita siano poi intervenuti tre ulteriori acquirenti rispetto a quelli menzionati nella comunicazione del 31.5.2021, che l'atto sia stato redatto in data 1.10.2021, e quindi il giorno seguente rispetto a quello indicato nel preliminare per la vendita e nella denuntiatio, e che innanzi al notaio sia stato versato l'intero prezzo, comprensivo dell'acconto di Euro 500,00 indicato nel preliminare, non avendo comportato dette variazioni la modifica di elementi essenziali dell'offerta di acquisto comunicata in data 31.5.2021 e della compravendita, quali, in particolare, il prezzo ed il bene trasferito. Parimenti irrilevante è il fatto che non sia stato allegato alla denuntiatio il contratto preliminare nella stessa richiamato, contenendo la comunicazione del 31.5.2021 una espressa indicazione di tutti gli elementi essenziali del predetto contratto, ossia del bene oggetto di (futuro) trasferimento e del prezzo della (futura) compravendita, nonché delle relative condizioni, ossia di quegli elementi necessari e nel contempo sufficienti per garantire al destinatario della medesima la possibilità di valutare la convenienza dell'esercizio della prelazione. La comunicazione del 31.5.2021 è stata trasmessa dalla promittente venditrice (...) Immobiliare s.r.l. all'odierna attrice a mezzo posta elettronica certificata, all'indirizzo pec risultante dal registro imprese. Tale modalità di trasmissione, in assenza di specifica indicazione normativa di segno contrario, va ritenuta equipollente all'invio della raccomandata, garantendo la stessa, in egual misura, il raggiungimento dello scopo rispetto al quale la prima risulta preordinata, ossia la prova della ricezione della comunicazione inviata e del momento in cui la stessa è avvenuta (cfr., in motivazione, Cassazione civile sez. I, 12/04/2022, n.11808). L'attrice non ha del resto contestato la ricezione della pec al proprio indirizzo, ma la modalità con la quale la comunicazione è stata trasmessa. La stessa attrice ha infatti implicitamente confermato di averne preso visione, seppur in un momento successivo, riscontrando la stessa con missiva del 26.7.2021 prodotta in causa (doc. 13 di parte attrice). Non rileva, ai fini di causa, che la pec in oggetto, secondo quanto allegato dall'attrice, sia stata inoltrata ad un indirizzo erroneo da parte di Confagricoltura che aveva in gestione la relativa casella, precludendo così alla stessa di prenderne tempestiva conoscenza. Trattasi infatti di rapporti estranei alla presente vertenza che non escludono in ogni caso, nei confronti dei terzi, l'efficacia delle comunicazioni inviate a mezzo pec all'indirizzo del destinatario. Deve pertanto ritenersi validamente trasmessa, nella fattispecie in esame, la denuntiatio ex art. 8 della L. n. 590 del 1965 ed ogni altra questione resta, per l'effetto, assorbita. Non essendo intervenuto nel termine di legge l'esercizio del diritto di prelazione da parte dell'attrice, le domande attoree vanno ritenute infondate e devono essere, in quanto tali, rigettate. Il rigetto delle domande attoree impone di ordinare ex art. 2668 secondo comma c.c. la cancellazione della relativa trascrizione (Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 2896 del 12/02/2016 secondo cui "La cancellazione della trascrizione della domanda effettuata ai sensi degli artt. 2652 e 2653 c.c. deve essere ordinata dal giudice del merito, anche d'ufficio, con la pronuncia di rigetto della domanda medesima, potendo essere disposta nel giudizio di legittimità solo ove ricorrano i presupposti di cui all'art. 2688 c.c., ossia in caso di estinzione per rinunzia od inattività delle parti ed a condizione che sussista una concorde richiesta delle parti, anche posteriore al giudizio di legittimità"; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23929 del 19/11/2007 secondo cui "La cancellazione della trascrizione della domanda, effettuata ai sensi degli artt. 2652 e 2653 cod. civ., deve essere ordinata dal giudice di merito, anche d'ufficio, con la pronuncia di rigetto della domanda medesima, non essendo richiesto che la sentenza sia passata in giudicato (come previsto dal primo comma dell'art. 2668 cod. civ.); pertanto, qualora il giudice di primo grado non abbia ordinato la cancellazione della domanda rigettata e la parte non si sia lamentata davanti al giudice di appello di tale omessa cancellazione, é preclusa in sede di giudizio di cassazione la deduzione di simile questione che non è stata proposta nel giudizio di secondo grado"). Spese di lite Le spese di lite seguono la soccombenza dell'attrice e vanno liquidate, nella misura indicata in dispositivo, secondo i valori del D.M. n. 55 del 2014, aggiornati al D.M. n. 147 del 2022, tenuto conto della natura documentale del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale di Belluno, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, domanda ed eccezioni disattese: 1) rigetta le domande attoree; 2) ordina al conservatore dei registri immobiliari la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale rigettata nella presente vertenza, effettuata da parte attrice presso i RR.II di Belluno in data 04/03/2022, repertorio n. 357/2022, a cura e spese di parte attrice; 3) condanna l'attrice al pagamento delle spese di lite in favore della convenuta che si liquidano nell'importo di Euro 2127,00 per compensi, oltre al 15% per spese generali, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Belluno il 19 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI BELLUNO Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Beniamino Margiotta, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 378/2018 promossa da: (...), con l'avv. St.De. - attrice - contro AZIENDA ULSS (...), con l'avv. An.Ca. - convenuta - Avente ad oggetto: Altri contratti atipici Conclusioni delle parti Conclusioni per l'attrice: come da note scritte congiunte tempestivamente depositate in vista dell'udienza di precisazione delle conclusioni; Conclusioni per il convenuto: come da note scritte congiunte tempestivamente depositate in vista dell'udienza di precisazione delle conclusioni. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. depositato in cancelleria in data 23 marzo 2018, (...) chiedeva che, previa fissazione di udienza di comparizione delle parti, (...) fosse condannata al pagamento in suo favore di una somma pari ad Euro 17.149,20 a titolo di risarcimento dei danni asseritamente cagionatile a causa dell'errata esecuzione dell'intervento di iniezione endovenosa sclerosante di vena reticolare di gamba sinistra al quale si era sottoposta presso l'ospedale di Agordo, nonché a causa della mancata espressione del dovuto consenso informato in punto all'esecuzione del predetto intervento. Con decreto del 27 aprile 2018 era fissata udienza di comparizione delle parti al 27 settembre 2018 ed assegnato termine per la notificazione del ricorso e del decreto. Si costituiva con memoria difensiva depositata in cancelleria (...), la quale chiedeva il rigetto della domanda per essere la medesima infondata in fatto ed in diritto. Alla prima udienza di comparizione, radicatosi ritualmente il contraddittorio, il Giudice disponeva il mutamento del rito e fissava l'udienza ex art. 183 c.p.c. al 27 marzo 2019, ove, concessi termini per memorie ex art. 183, 6 c., c.p.c., la causa era rinviata al 18 settembre 2019 per la decisione sui mezzi istruttori. In tale udienza, il Giudice si riservava. Con ordinanza in pari data a scioglimento della riserva, il Giudice ammetteva la prova testimoniale come chiesta dall'attrice, delegava un GOT per l'assunzione, e rinviava la causa al 29 gennaio 2020. Escusse le prove testimoniali, e dopo alcuni rinvii causati dall'emergenza sanitaria, all'udienza del 7 ottobre 2020 era disposta CTU medico legale sulla persona dell'attrice, nominata ausiliario la dott.ssa (...), e fissata udienza per la formulazione del quesito e il giuramento al 22 gennaio 2021. Successivamente, dopo un rinvio per l'astensione dal lavoro della magistratura onoraria, con ordinanza fuori udienza del 22 marzo 2021 era formulato il seguente quesito: "Esaminati gli atti di causa e la documentazione sanitaria allegata, visitata la perizianda, dica il CTU, anche avvalendosi di ausiliari se ritenuti necessari, se i trattamenti eseguiti dai sanitari che hanno avuto in cura la sig.ra (...) siano stati adeguati rispetto al caso specifico avuto riguardo alla diagnosi ed ai rimedi comunemente praticati secondo la migliore scienza ed esperienza medica, accerti se i trattamenti siano stati eseguiti in conformità alle metodiche stabilite dalla prassi e dalla scienza medica, in relazione alle linee guida ed alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica; in caso di risposta negativa specifichi le cause della errata esecuzione, accerti se siano derivati postumi diversi da quelli normalmente ricollegabili al trattamento se correttamente praticato ed in caso affermativo accerti il nesso causale tra l'operato dei sanitari e di postumi. Indichi la durata della inabilità temporanea, totale e parziale, dica in che misura percentuale i postumi abbiano ridotto in modo permanente la complessiva integrità psicofisica del soggetto e se incidano in concreto sull'attività lavorativa specifica e non della perizianda, nonché indichi il livello di sofferenza patito dalla sig.ra (...) in conseguenza dell'evento. Dica il CTU se risulti dalla documentazione allegata che siano state fornite le doverose informative al paziente in ordine alla natura dell'intervento e alle possibili complicanze, alla necessità di terapie successive ed a tutto quanto fosse necessario per consentire al paziente di esprimere un consenso libero ed adeguatamente informato, indichi il CTU gli accertamenti e gli esami svolti e dica se siano adeguati alle condizioni della Sig.ra (...) al momento dell'accesso al P.S. e se emergessero elementi tali da far ritenere necessario un immediato ulteriore approfondimento. Esegua valutazione di congruità delle spese mediche prodotte.". Era inoltre fissata l'udienza del 2 aprile 2021 per il conferimento dell'incarico ed il giuramento, ove erano assegnati termini all'ausiliario, concesso il fondo spese richiesto, e disposto un rinvio al 27 settembre 2021 per il deposito dell'elaborato. Infine, a scioglimento della riserva assunta alla predetta udienza sull'istanza di rinnovazione della CTU, il giudice rigettava la predetta istanza e fissava l'udienza del 20 gennaio 2022 per la precisazione delle conclusioni, ove la causa era trattenuta in decisione con concessione di termini per scritti conclusionali. 2. La domanda è parzialmente fondata nei limiti e per le motivazioni di cui in appresso. 3. E' pacifico che l'attrice si sottoponeva, presso l'Ospedale di Agordo, gestito dalla convenuta, ad un trattamento medico consistente in una iniezione endovenosa sclerosante di vena reticolare di gamba sinistra con mousse "Atossiclerol" 0,5% in ecoguida praticata dal Dottor (...) del reparto di Chirurgia dell'O.C. di Agordo. Pacifico è altresì che l'attrice, subito dopo l'esecuzione dell'intervento, accusava un malore, tanto da vedersi costretta a presentarsi al Pronto soccorso del citato nosocomio, ove era ricoverata e dimessa il giorno seguente con la diagnosi "episodio di dolore toracico, vertigine e cefalea dopo terapia sclerosante arti inferiori". Oggetto di contestazione è anche l'omessa esecuzione del didimer test al primo accesso al Pronto Soccorso. Nei mesi seguenti l'attrice avrebbe poi subito ulteriori disagi fisici che la costringevano a ricorrere nuovamente alle cure dei sanitari e ad effettuare ulteriori accertamenti diagnostici, ove le era diagnosticata una embolia strumentalmente accertata del ramo segmentario dell'arteria polmonare destra e del lobo inferiore e di un ramo sub segmentario. Secondo l'attrice, tali susseguenti patologie sarebbero da mettere in correlazione con una errata esecuzione dell'intervento eseguito sulla sua persona nel novembre 2015, tra i quali sussisterebbe un nesso di causalità, tale per cui la patologia sofferta sarebbe diretta conseguenza di una errata esecuzione del citato intervento, e dell'omessa esecuzione del didimer test al primo accesso al Pronto Soccorso. La convenuta, dal canto suo, contesta, sia che vi sarebbe colpa da parte dei sanitari che hanno eseguito l'intervento medico, sia che le menomazione subite dall'attrice sarebbero avvinte dal nesso causale con l'intervento medico praticato. Nella contrapposizione delle rispettive posizioni espresse dalle parti, il Tribunale ha disposto idonea CTU sulla persona dell'attrice, finalizzata al vaglio dell'adeguatezza degli interventi sanitari rispetto alla cura delle patologie di cui soffriva la paziente, alla valutazione delle modalità esecutive dei medesimi interventi e, infine, al nesso causale tra eventuali errori esecutivi e le successive patologie. Ebbene, il CTU, all'esito delle operazioni peritali, ha accertato che i disturbi "lamentati dalla Perizianda dopo esecuzione di sclerosante su reticolo venoso, risultano contemplati dalla letteratura in circa 1% dei casi trattati. Tale sintomatologia è del tutto estranea/diversa dalla trombo embolia riscontrata nel Gennaio successivo. Sono di fatto assenti tutti i tipici disturbi e soprattutto i segni clinici dell'embolia polmonare, con ciò comprovando, unitamente al lasso di tempo intercorso, che nella fattispecie non risulta soddisfatta la criteriologia medico legale né sotto il profilo dell'efficienza lesiva né sotto il profilo cronologico, della continuità fenomenologica e dell'esclusione di altre cause. Era invece presente occlusione venosa destra, più probabile causa della tromboembolia polmonare. Per completezza segnaliamo che in attualità, in ogni caso, non sono state riscontrate menomazioni ascrivibili alla trombo-embolia polmonare, indipendentemente dalla causa della suddetta patologia. Tali considerazioni hanno spinto l'ausiliario ad espressamente ritenere corretto e conforme alle linee guida l'operato del personale in forza all'Ospedale di Agordo, sia nella fase dell'intervento, sia nella fase della gestione post operatoria della paziente. Inoltre, immune da censure è anche l'operato del pronto soccorso del nosocomio quando l'attrice ebbe a ripresentarsi dopo l'insorgenza del malore successivo all'intervento. Secondo il consulente di quest'Ufficio, pertanto, le patologie successivamente sofferte dalla (...) non sarebbero da mettere in correlazione causale con l'intervento sulla persona di quest'ultima. Le conclusioni alle quali è giunto l'ausiliario appaiono congruamente motivate ed immuni da contraddizioni intrinseche od estrinseche, cosicché questo Tribunale non ha ragione di discostarsene. Inoltre, le operazioni peritali sono state compiute nel più completo contraddittorio tra il CTU ed i CTP rispettivamente nominati dalle parti, come è dato rilevare dal fatto che l'ausiliario ha ricevuto le osservazioni, alle quali ha fornito compiuta risposta. Non persuadono le argomentazioni svolte dall'attrice in comparsa conclusionale, quando afferma che nei referti delle viste alle quali si è sottoposta sarebbe riportato che l'evento dannoso sarebbe stato cagionato dalla terapia sclerosante. Coloro che hanno redatto tali referti non hanno mai messo in correlazione causale la patologia con l'intervento, ma si sono sempre limitati a prendere atto del fatto che la sintomatologia accusata dalla (...) era emersa dopo la terapia alla quale questa era stata sottoposta, peraltro basandosi su quanto dichiarato dalla paziente. Invero, la consequenzialità temporale non implica necessariamente che tra il fatto e l'evento dannoso vi sia nesso causale, neanche secondo il canone del "più probabile che non". Alla luce pertanto di quanto sopra argomentato, è evidente che non è emersa la prova dell'inadempimento della convenuta rispetto al contratto in forza del quale questa ha fornito cure all'attrice e, pertanto, nessun risarcimento può essere a questa riconosciuto a tale titolo. 4. L'attrice contesta inoltre di non avere mai rilasciato un valido consenso informato rispetto all'esecuzione dell'intervento di trattamento medico consistente in una iniezione endovenosa sclerosante di vena reticolare di gamba sinistra con mousse "Atossiclerol" 0,5% in ecoguida praticata dal Dottor (...) del reparto di Chirurgia dell'O.C. di Agordo. A riguardo, giova premettere che i fatti di cui si discute sono avvenuti nel 2015, quindi prima dell'entrata in vigore della L. 2019/2017, che ha fornito una regolamentazione per via legislativa all'istituto, prima rimesso in sostanza all'elaborazione pretoria. In ogni caso, anche prima dell'entrata in vigore della citata legge, era pacifico che la violazione, da parte del medico del dovere di informare il paziente, può causare due diversi tipi di danni: un danno alla salute, sussistente quando sia ragionevole ritenere che il paziente, su cui grava il relativo onere probatorio, se correttamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all'intervento e di subirne le conseguenze invalidanti; un autonomo danno da lesione del diritto all'autodeterminazione a causa del deficit informativo, ricorrente laddove il paziente abbia subito un pregiudizio, patrimoniale oppure non patrimoniale (ed, in tale ultimo caso, di apprezzabile gravità), diverso dalla lesione del diritto alla salute. Di conseguenza è legittima la pretesa del paziente di conoscere con la necessaria e ragionevole precisione le conseguenze probabili (non anche quelle assolutamente eccezionali ed altamente improbabili) dell'intervento medico, onde prepararsi ad affrontarle con maggiore consapevolezza (cfr., ex multiis, Cass. Civ. 28985/2019). Pur non essendo necessario all'epoca di svolgimento dei fatti che il consenso informato fosse provato per iscritto o in forme equipollenti, come previsto dall'attuale disciplina, alla mancanza di un documento scritto derivano precise conseguenze sul piano probatorio in punto alla sussistenza ed adeguatezza di un valido consenso informato, in quanto grava sul medico, e quindi sulla struttura sanitaria, l'onere probatorio di avere adeguatamente informato il paziente, e di averne raccolto il consenso (Cass. Civ. 16047/2012), tant'è che si affermato l'inadeguatezza di un modulo del tutto generico sottoscritto dal paziente, modulo che, peraltro, nel caso de quo manca del tutto. D'altronde, a ben vedere, tale impostazione è del tutto coerente con il regime probatorio dell'inadempimento in materia di responsabilità contrattuale come definito in Cass. Civ. SSUU 13533/2001. Le considerazioni sopra svolte, consentono di affermare con ragionevole certezza che dell'attrice non fu acquisito alcun consenso informato. A fronte dell'allegazione in tal senso da parte di questa, sarebbe stato onere gravante la struttura provare di avervi invece adeguatamente provveduto, onere al quale la convenuta non ha in alcun modo fatto fronte. Accertata pertanto la sussistenza del danno evento, consistente nel fatto che l'attrice è stata sottoposta all'intervento senza essere previamente ed adeguatamente informata sulle caratteristiche del medesimo e delle possibili conseguenze pregiudizievoli, la (...) allega di avere subito da tale condotta la lesione del diritto all'autodeterminazione terapeutica. Ebbene, dalla violazione, da parte del sanitario, dell'obbligo di acquisire il consenso informato deriva, secondo il principio dell'id quod plerumque accidit, un danno-conseguenza autonomamente risarcibile costituito dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di sé stesso psichicamente e fisicamente - che non necessita di una specifica prova, salva la possibilità di contestazione della controparte e di allegazione e prova, da parte del paziente, di fatti a sé ancora più favorevoli di cui intenda giovarsi a fini risarcitori (Cass. Civ. 11749/2018). In altre parole, l'istanza risarcitoria deve essere accolta quando il diritto all'autodeterminazione risulti il presupposto per il compimento di una pluralità di possibili scelte che l'omessa informazione ha impedito venissero assunte, costituendone l'antecedente causale foriero di conseguenze pregiudizievoli, e la cui lesione vada ad incidere oltre al principio di solidarietà nei riguardi della vittima e alla soglia minima di tollerabilità, cagionando un nocumento connotato del requisito della gravità (Cass. Civ. 7385/2021). E nel caso di specie la possibilità che la patologia potesse essere trattata ricorrendo ad interventi alternativi, la cui scelta sarebbe potuta consapevolmente essere effettuata dall'attrice qualora adeguatamente informata è stata, da un lato allegata dalla (...) (cfr. pag. 3, memoria n. 1 ex art. 183, 6 c., c.p.c.), dall'altro confermata dalla medesima CTU depositata: a pag. 3 dell'elaborato, l'Ausiliario da atto che tale menomazione poteva essere trattata anche chirurgicamente, in alternativa al trattamento poi effettivamente praticato. E la sofferenza patita dalla (...) appare superare la soglia della minima della tollerabilità. Pertanto, a fronte di una quantificazione del danno effettuata dalla parte in Euro 5.000,00, il Tribunale, alla luce dei parametri di cui sopra, ritiene opportuno liquidare equitativamente tali danni in Euro 3.000,00. 5. La soccombenza reciproca costituisce giustificato motivo per dichiarare compensate le spese di questo giudizio. P.Q.M. Il Tribunale di Belluno in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così decide: - ACCOGLIE parzialmente la domanda e, per l'effetto, - CONDANNA la convenuta a pagare all'attrice una somma di Euro 3.000,00, oltre interessi come da domanda. - DICHIARA interamente compensate le spese di questo giudizio. - PONE le spese della CTU a carico delle parti in ragione di metà per ciascuna e le spese di CTP a carico di chi le ha anticipate. Così deciso in Belluno l'11 maggio 2022. Depositata in Cancelleria il 24 maggio 2022.

  • TRIBUNALE DI BELLUNO Il TRIBUNALE, riunito in camera di consiglio nelle persone dei seguenti magistrati: Dott. UMBERTO GIACOMELLI Presidente Dott. PAOLO VELO Giudice Dott.ssa CHIARA SANDINI Giudice rel. nel procedimento n. 328/2021 R.G., promosso DA (...) - parte reclamante CONTRO (...), con l'avv. (...) - parte reclamata Il Tribunale, nella suindicata composizione collegiale, sciogliendo la riserva, ha pronunciato la seguente ORDINANZA ex art. 669 terdecies c.p.c. Con ricorso depositato in data 6.4.2021 (...) hanno proposto reclamo avverso l'ordinanza pronunciata in data 19.3.2021 dal Tribunale di Belluno, sezione Lavoro, con la quale è stato rigettato il ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto dalle medesime. Con il predetto ricorso ex art. 700 c.p.c. \(...) avevano in particolare chiesto di emettere, "con decreto inaudita altera parte, i provvedimenti necessari e sufficienti a dichiarare il diritto dei ricorrenti di scegliere liberamente se vaccinarsi o meno, senza che ciò comporti il loro collocamento in permessi o ferie forzate, la loro sospensione dal lavoro senza retribuzione o, peggio, il loro licenziamento, sospendendo e/o annullando i provvedimenti datoriali che nel frattempo dovessero essere adottati in tal senso". Le ricorrenti avevano dedotto di essere dipendenti della società (...) S.r.l. e dell'(...), con contratti di lavoro a tempo indeterminato e con mansioni di operatore socio sanitario, lamentando che, in conseguenza della mancata disponibilità delle medesime a sottoporsi al vaccino contro il COVID-19, erano state costrette dai datori di lavoro ad usufruire di periodi di ferie. Il giudice di prime cure rigettava il ricorso, valorizzando l'obbligo del datore di lavoro di tutelare la salute sul luogo di lavoro, ai sensi dell'art. 2087 c.c., ed il dettato dell'art. 2109 c.c., a mente del quale il lavoratore ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito, nel tempo che l'imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. Con ricorso depositato in data 6.4.2021 le reclamanti, pur dando atto dell'introduzione dell'obbligo vaccinale ad opera del decreto legge 44/2021, hanno chiesto la riforma della predetta ordinanza, chiedendo in via principale di adottare "i provvedimenti necessari e sufficienti a dichiarare il diritto dei ricorrenti di scegliere liberamente se vaccinarsi o meno, al netto del decreto o comunque per i periodi non coperti dal decreto, senza che ciò comporti il loro collocamento in permessi o ferie forzate, la loro sospensione dal lavoro senza retribuzione o, peggio, il loro licenziamento, sospendendo e/o annullando i provvedimenti datoriali che nel frattempo sono stati adottati e dovessero essere adottati in tal senso". Le reclamanti, in via subordinata, hanno chiesto di sollevare questione di legittimità costituzionale in merito all'art. 4 del decreto 1 aprile 2021, n. 44, ritenendolo in contrasto con l'art. 32 della Costituzione nella parte in cui prevede l'obbligo di vaccinazione per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario. Con memoria difensiva del 3.5.2021 si sono costituiti nel presente procedimento la società (...) s.r.l. e (...), eccependo in via preliminare l'inammissibilità del reclamo per carenza di interesse ad agire, stante la sopravvenuta entrata in vigore del decreto legge n. 44 dell'1.4.2021 e chiedendo, nel merito, il rigetto del ricorso. Sull'eccezione preliminare di inammissibilità del reclamo per difetto di interesse ad agire. L'eccezione di inammissibilità del reclamo per difetto di interesse ad agire (in sede cautelare) va ritenuta fondata. Nel periodo intercorrente tra la pronuncia dell'ordinanza reclamata e la proposizione del presente reclamo, depositato il 6.4.2021, è infatti entrato in vigore, in data 1.4.2021, il decreto legge n. 44 che, all'art. 4, ha dettato "Disposizioni urgenti in materia di prevenzione del contagio da SARS-CoV-2 mediante previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario". L'art. 4 del decreto legge n. 44/21 ha introdotto l'obbligo vaccinale per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario e, tra questi ultimi, rientrano inequivocabilmente altresì le reclamanti, posto che le medesime hanno, secondo quanto dedotto in atti, la qualifica di operatori socio sanitari. L'applicabilità soggettiva del decreto alle reclamanti, quali operatrici socio sanitarie, non è invero, in ogni caso, in contestazione. In relazione alla sollevata eccezione di difetto d'interesse ad agire si osserva che quest'ultimo si rende necessario ai sensi dell'art. 100 c.p.c.; precisa la giurisprudenza che "L'interesse ad agire deve essere concreto ed attuale e richiede non solo l'accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l'esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice, poiché il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per l'attore, senza che siano ammissibili questioni d'interpretazioni di norme, se non in via incidentale e strumentale alla pronuncia sulla domanda principale di tutela del diritto ed alla prospettazione del risultato utile e concreto che la parte in tal modo intende perseguirà" - cfr., tra le altre, Cass. Sez. 2 - , sentenza n. 2057 del 24/01/2019). Nella fattispecie in esame, in conseguenza dell'entrata in vigore dell'art. 4 del decreto legge n. 44 del 2021, deve ritenersi venuto meno l'interesse ad agire in capo alle reclamanti, risultando introdotto, altresì per gli operatori socio sanitari, e quindi per la categoria di lavoratori a cui appartengono le reclamanti, l'obbligo vaccinale; deve conseguentemente ritenersi giustificata, sulla base del predetto obbligo, l'adozione, da parte del datore di lavoro, di provvedimenti volti a inibire la presenza sul luogo di lavoro, nei particolari ambiti previsti dal decreto, di lavoratori che abbiano rifiutato la vaccinazione anti COVID-19. I reclamanti hanno invero osservato che il decreto legge, per sua natura, potrebbe non essere convertito in legge; sul punto occorre tuttavia considerare che la fonte normativa in oggetto, ai sensi dell'art. 77 della Costituzione, è atto con forza di legge, la cui portata precettiva è pertanto immediata e contestuale alla sua entrata in vigore; ai fini del presente procedimento cautelare dev'essere valutata la normativa in attualità vigente e, pertanto, la forza normativa del decreto legge n. 44 del 2021 non può essere esclusa in considerazione della sola eventualità che il medesimo non sia convertito. Le parti reclamanti hanno ulteriormente osservato che permane l'interesse delle medesime ad una pronuncia che accerti il diritto delle stesse a non vaccinarsi nei periodi non coperti dall'efficacia temporale del decreto. Il prospettato accertamento in relazione ai periodi antecedenti all'entrata in vigore del decreto legge attiene tuttavia alla sola fase di merito e non rileva in sede cautelare, posto che, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., rileva il solo pregiudizio "imminente" e non anche quello, in ipotesi, subito nel solo pregresso; del pari non può assumere rilevanza, in questa sede cautelare, un pregiudizio meramente eventuale correlato all'ipotesi in cui il decreto legge che ha introdotto l'obbligo vaccinale non sia convertito in legge e perda la sua efficacia ex tunc. Dev'essere pertanto rilevato il difetto di interesse ad agire in sede cautelare in capo alla parte reclamante e, per l'effetto, dev'essere dichiarata l'inammissibilità del reclamo. Ogni altra questione attinente al merito del reclamo resta, per l'effetto, assorbita. Sulla questione di legittimità costituzionale prospettata dalle reclamanti Le reclamanti hanno prospettato in via subordinata una questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 d.l. 1.4.2021 n. 44, in relazione all'art. 32 della Costituzione, nella parte in cui prevede l'obbligo della vaccinazione per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario. La questione di legittimità costituzionale prospettata dalle reclamanti va ritenuta manifestamente infondata, dovendosi ritenere prevalente, sulla libertà di chi non intenda sottoporsi alla vaccinazione contro il COVID-19, il diritto alla salute dei soggetti fragili, che entrano in contatto con gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario in quanto bisognosi di cure, e, più in generale, il diritto alla salute della collettività, nell'ambito della perdurante emergenza sanitaria, derivante dalla pandemia da COVID-19. Con la sentenza n. 5 del 2018 la Corte Costituzionale si è invero già pronunciata in merito alla legittimità costituzionale dell'obbligo vaccinale contro il morbillo, affermando, in motivazione, che "la giurisprudenza di questa Corte in materia di vaccinazioni è salda nell'affermare che l'art. 32 Cost. postula il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo (anche nel suo contenuto di libertà di cura) con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l'interesse della collettività (da ultimo sentenza n. 268 del 2017)"; ancora, si legge in motivazione che "la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l'art. 32 Cost., laddove il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili; e se, nell'ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria (sentenze n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990)". Sempre secondo la richiamata sentenza n. 5/2018 della Corte Costituzionale il necessario contemperamento dei molteplici principi di rilevanza costituzionale lascia spazio alla discrezionalità del legislatore, la quale dev'essere esercitata altresì alla luce delle condizioni sanitarie ed epidemiologiche (si legge, in motivazione, che "il contemperamento di questi diversi principi lascia spazio alla discrezionalità del legislatore nella scelta delle modalità attraverso le quali assicurare una prevenzione efficace dalle malattie infettive, potendo egli selezionare talora la tecnica della raccomandazione, talaltra quella dell'obbligo, nonché, nel secondo caso, calibrare variamente le misure, anche sanzionatorie, volte a garantire l'effettività dell'obbligo. Questa discrezionalità deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle autorità preposte (sentenza n. 268 del 2017), e delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica, che debbono guidare il legislatore nell'esercizio delle sue scelte in materia (così, la giurisprudenza costante di questa Corte sin dalla fondamentale sentenza n. 282 del 2002)." Ancor prima, con la sentenza n. 258/1994, la Corte Costituzionale aveva invero già riconosciuto la compatibilità delle leggi sulle vaccinazioni obbligatorie (contro l'epatite B, antipolio, antidifterica e antitetanica) con il precetto costituzionale di cui all' art. 32. Cost., in quanto finalizzate alla tutela della salute collettiva, ferma la necessità di un contemperamento tra il diritto alla salute della collettività ed il diritto alla salute del singolo. Alla luce dei richiamati precedenti della Corte Costituzionale va pertanto ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale prospettata dalla parte reclamante. Sulle spese di lite Le spese di lite seguono la soccombenza della parte reclamante e vanno liquidate, nella misura indicata nel dispositivo, secondo i valori del D.M. 55/2014, aggiornati al D.M. 37/2018, tenuto conto della natura documentale del procedimento. Non trova concreta applicazione nella fattispecie in esame l'obbligo di cui all'art 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 2002 (Testo Unico in materia di spese di giustizia), di versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione, previsto in caso di pronuncia di rigetto o inammissibilità della medesima, trattandosi di procedimento in materia di lavoro, esente dall'obbligo di versamento del contributo unificato. P.Q.M. Il Tribunale, nella suindicata composizione collegiale, così provvede: 1) dichiara l'inammissibilità del reclamo per difetto di interesse ad agire, in sede cautelare, in capo alla parte reclamante; 2) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla parte reclamante; 3) condanna la parte reclamante alla rifusione delle spese di lite in favore della parte reclamata che si liquidano nella misura di Euro 2500,00 per compensi, oltre al 15% per spese generali, CPA e IVA come per legge. Si comunichi alle parti. Belluno, così deciso il 6 maggio 2021. Depositata in Cancelleria il 6 maggio 2021.

  • TRIBUNALE DI BELLUNO REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale, in composizione monocratica, in persona del dott. (...), ha pronunciato la seguente SENTENZA NON (...) Nella causa numero 967/18 RG, promossa con atto di citazione notificato il 02.08.2018 da: (...) rappresentati e difesi per mandato allegato all'atto di citazione dagli (...) del Foro di Belluno, con domicilio eletto presso lo studio dell'Avv. (...) in Belluno, Via (...) CONTRO (...) rappresentati e difesi dall'avvocato (...) ed elettivamente domiciliati presso il suo studio del difensore in Belluno, Via (...), come da mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta. OGGETTO: proprietà. MOTIVAZIONE 1) Con atto di citazione i signori (...) nella loro qualità di proprietari di immobili siti in Belluno, via (...), meglio identificati in atti, hanno convenuto in giudizio i signori (...), lamentando la loro violazione della convenzione di data 11.12.1990, fatta propria e richiamata espressamente nel loro contratto di compravendita in data 11.10.2011 Notaio Dott. (...) alla clausola n. 7, con il quale i convenuti stessi avevano acquistato la porzione di immobile del predetto edificio condominiale sita al piano terra. Secondo la prospettazione degli attori, tale patto prevedeva, in particolare, di procedere alla "conferma" dell'uso esclusivo al signor (...), proprietario dell'appartamento sottostante, del vano sottotetto, e alla formale attribuzione in proprietà esclusiva a ciascun appartamento di alcune porzioni dell'area scoperta circostante l'edificio condominiale, così come specificamente individuate a mezzo della planimetria allegata alla convenzione sottoscritta dalle parti; stabiliva altresì il diritto del signor (...) costruire, sull'area scoperta assegnatagli in proprietà esclusiva, una autorimessa, nella posizione individuata dalla menzionala planimetria, utilizzando anche gli indici di edificazione delle aree assegnate in proprietà esclusiva agli altri condomini e di quelle comuni. Gli attori hanno lamentato che i convenuti avevano sin da subito posto in essere condotte turbative dello "status quo ante", violando la convenzione, della cui esistenza erano a conoscenza e che avevano accettato nei contenuti stante l'apposito e specifico richiamo fattone nel loro atto di acquisto (cfr. doc. 6, art. 7); avevano inoltre posto in essere numerosi atti dieci ti, sia sulle parti comune che su quelle di proprietà esclusiva degli attori, contravvenendo anche alla normativa sulla privacy. Gli attori hanno formulato le conclusioni, precisandole infine come riportato in epigrafe. 2) I convenuti si sono costituiti in giudizio contestando tutte le domande, deduzioni ed argomentazioni svolte dagli attori. In particolare, hanno eccepito l'inammissibilità e/o improcedibilità e comunque l'infondatezza in fatto ed in diritto delle domande proposte, non sussistendo i presupposti di legge e, comunque, l'estinzione delle obbligazioni assunte dalla signora (...) per intervenuta prescrizione. Hanno eccepito inoltre la non opponibilità ai convenuti degli impegni di natura obbligatoria assunti dalla stessa signora (...), nonché l'infondatezza e inammissibilità della alternativa domanda di accertamento di intervenuto acquisto per usucapione, perché incompatibile con la domanda principale ed in ogni caso perché infondata in fatto ed in diritto e comunque non provata. Hanno respinto ogni addebito in ordine alle accuse di aver posto in essere asseriti "atti di turbativa e molestia delle parti comuni e di esclusiva proprietà degli attori" ed hanno chiesto il rigetto della relativa domanda risarcitoria e ripristinatoria, perché infondata in fatto ed in diritto. 3) Depositate le memorie istruttorie, con ordinanza datata 15.06.2019 è stata disposta ima ispezione dei luoghi di causa. Il 17.09.2019, alla presenza dei procuratori delle parti e delle parti personalmente, il giudice ha preso visione dei luoghi di causa e, con successivo provvedimento di data 04.10.2019, ha rinviato la causa ad altra udienza, al fine di consentire alle parti di verificare la possibilità di addivenire ad un bonario componimento della controversia. Il tentativo di conciliazione non ha avuto esito positivo, perché le parti hanno presentato proposte non coincidenti. Con ordinanza del 02.02.2020, ritenuto che le questioni giuridiche dedotte dalle parti fossero potenzialmente idonee a definire il giudizio e dovessero quindi essere trattate (giuridicamente e logicamente) prima di ogni decisione da assumere in merito all'ammissibilità delle prove richieste, è stata fissata udienza per la precisazione delle conclusioni. 4) La domanda di parte attrice è fondata e deve essere accolta. 5) Si deve premettere che le prove orali richieste dalla parte attrice non sono ammissibili, perché irrilevanti o documentali; la parte convenuta non ha chiesto l'ammissione di prove orali. 5.1) Per quanto attiene alla domanda relativa all'esecuzione del contenuto del patto 11.12.1990, contenuto nel contratto di compravendita 11.10.2011 per Notaio (...), il processo è eminentemente documentale (e dipende dall'interpretazione del suddetto contratto di compravendita 11.10.2011): 5.2) Per quanto attiene alle altre domande proposte, la domanda di cessazione degli atti di turbativa e molestia è inconferente, perché il patto 11.12.1990, contenuto nel contratto di compravendita 11.10.2011, ha espressamente natura obbligatoria e non traslativa e non è quindi suscettibile di creare una tutela assimilabile al diritto di proprietà; ove vi sia stato un possesso pregresso, la tutela possessoria sarebbe comunque preclusa per effetto del decorno del tempo (essendo trascorso ben oltre un anno dalla stipulazione del contratto di compravendita 11.10.2011 e l'instaurazione del giudizio). La domanda di risarcimento del danno è basata sull'accertamento del le molestie e inoltre sfornita di ogni prova, perché anche ove fossero ammessi i mezzi istruttori richiesti non emergerebbe la dimostrazione e la quantificazione del danno asseritamente subito. 6) Gli immobili di proprietà degli attori fanno parte di un edificio condominiale, nel quale si trova anche l'unità immobiliare di proprietà dei convenuti e, sita al piano terra. I convenuti hanno acquistato l'immobile di loro proprietà con contratto di compravendita del l'11.10.2011 per Notaio (docc. 6a e 6b del fascicolo di parte attrice), che alla clausola n. 7 espressamente richiama, fra l'altro, un patto contenuto nel precedente atto di provenienza. Il tenore testuale della clausola è il seguente: "art. 7) La vendita sopra conci usa è fatta ed accettata a corpo nello stato di fatto e di diritto in cui i beni immobili trasferiti oggi versano, liberi da persone e cose, con tutte le pertinenze, dipendenze, accessioni ed accessori inerenti, diritti, oneri, servitù attive e passive legalmente esistenti e costituite, ed in particolare con: (omissis) - i patti e le clausole di cui alla scrittura privata (di natura obbligatoria e non traslativa) dell'11 dicembre 1990, sottoscritta dai signori (...), nato a (...) e (...), scrittura che prevede: una diversa sistemazione della corte circostante del fabbricato, l'assegnazione di una porzione della stessa in proprietà esclusiva ai condomini, la costruzione di un'autorimessa con utilizzo dell'indice di edificabilità anche dell'intera corte, una riduzione di parti comuni (scale al piano primo), opere tutte che necessitano d i un ulteriore riaccatastamento dell'intero fabbricato nonché di atto pubblico ad hoc, che pertanto verrà stipulato dalla parte acquirente e dagli attuali proprietari del prefabbricato urbano atto che non comprenderà alcun onere, né alcuna spesa per la par te acquirente, il tutto come meglio riportato nell'atto di compravendita del 28 dicembre 1990, sopra citato, che la parte acquirente dichiara di conoscere". 6.1) Ad avviso di questo giudice, la clausola è vincolante per gli acquirenti ((...) e (...)), che hanno assunto in proprio l'obbligazione, il cui contenuto è corrispondente a quello dell'obbligazione originariamente contratta dal loro dante causa (...) nel contratto di acquisto dell'immobile del 28.12.1990, stipulato con la venditrice (...) (cfr. doc. 5 di parte attrice), la quale, a propria volta, si era obbligata nei medesimi termini nei confronti dei propri fratelli (gli odierni attori (...) cfr. doc. 4 di parte attrice, sottoscritto peraltro anche dallo stesso (...)). La clausola ha natura precettiva, come è chiaramente indicato dalla locuzione "... che pertanto verrà stipulato dalla parte acquirente la quale esprime inequivocabilmente, secondo il significato delle parole utilizzate, l'obbligo degli acquirenti, signori (...), di procedere alla stipulazione. La tesi secondo la quale la clausola sarebbe stata riportata nel contratto di acquisto di (...) in termini di "mera conoscibilità" appare destituita di fondamento, perché ciò che viene scritto in un contratto sinallagmatico è sorretto da una causa e influisce concretamente sui rapporti tra le parti, tanto che, come recita l'art. 1367 cc, nel dubbio (che peraltro, nella presente ipotesi, non pare sussistere) il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno. Appare dunque chiaro che la clausola integra un'obbligazione che gli acquirenti hanno assunto nell'ambito del contratto di compravendita e che la locuzione contenuta nella stessa "... il tutto come meglio riportato nell'atto di compravendita del 28 dicembre 1990, sopra citato, che la parte acquirente dichiara di conoscere "serve unicamente a ribadire che il contenuto dell'obbligazione è ben noto alla parte acquirente, che ha dichiarato di ben conoscere il documento che originariamente l'aveva prevista. La conoscenza del contenuto dell'obbligazione, dichiarata nel contratto, è funzionale al suo adempimento, che può essere eseguito solo ed unicamente dal proprietario del bene (e quindi dagli acquirenti, odierni convenuti) e non può essere considerata fine a sé stessa e priva di effetti. 6.2) Il contratto dedotto nel presente giudizio è un contratto di compravendita, stipulato tra tali (...) (venditori) e gli odierni convenuti (acquirenti). Anche se la lettera della clausola 7, come si è visto sopra, si esprime letteralmente nel senso che "La vendita sopra conclusa è fatta ed accettata a corpo nello stato di fatto e di diritto in cui i beni immobili trasferiti oggi versano (...) ed in particolare con: (omissis) - i patti e le clausole di cui alla scrittura privata (di natura obbligatoria e non traslativa) dell'11 dicembre 1990 (...)", l'obbligazione assunta dagli acquirenti (...) è sicuramente novativa: - le parti che hanno dedotto l'obbligazione sono diverse dalle parti che originariamente l'hanno contratta; - l'obbligazione è infungibile e può essere adempiuta solo dagli attuali proprietari dell'immobile (cioè dagli odierni convenuti); - l'obbligazione è inserita in un contratto di vendita di beni immobili (e non di un accordo di mero trasferimento di obbligazioni contrattuali). Non si può parlare, in questa ipotesi, di cessione dell'obbligazione originaria, e neppure di novazione meramente soggettiva (istituto peraltro di dubbia configurabilità), perché, trattandosi di obbligazione intangibile, caratterizzata da una relazione indissolubile all'immobile cui accede, il richiamo ad essa assume inevitabilmente i caratteri di novazione oggettiva. Gli atti pregressi sono stati richiamati solo al fine di specificare e identificare il contenuto dell'obbligazione, che è stata contratta "ex novo" dagli acquirenti (...) con il contratto dell'11.10.2011, il quale, sotto questo profilo, ha la struttura di contratto a favore di terzi, cioè in favore degli odierni attori, che possono conseguentemente agire per l'adempimento. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9034 del 05/12/1987 (Rv. 456313 - 01), "Stante il carattere generale della previsione del contratto a favore di terzo ex art. 1411 cod. civ. è ammissibile la stipulazione di un contratto preliminare (di vendita di un bene immobile) a favore di un terzo, non ostandovi la mancata corrispondenza tra il soggetto che si impegna a comprare e quello che ha diritto di avvalersi dell'esecuzione ex art. 2932 cod. civ.. ne consegue che il terzo a cui favore è prevista la stipulazione acquistando l'autonomo diritto, consistente nella pretesa della stipulazione del contratto definitivo, in caso di inadempimento del promittente, può avvalersi della tutela di cui all'art. 2932 cod. civ. (ovvero in alternativa chiedere la risoluzione del contratto ex art. 1453 cod. civ.) sempre che abbia fornito la dimostrazione dell'adempimento dell'obbligazione di pagare (o di offrire) il prezzo, che resta a carico dello stipulante". 6.3) La clausola è valida. 6.3.1) E' irrilevante il motivo che ha indotto (...) a chiederne l'inserimento nel contratto dell'11.10.2011 e sussiste all'evidenza un interesse degli stessi a tale inserimento (costituito dall'assicurarsi che i nuovi proprietari avrebbero adempiuto alla prestazione, alla quale loro stessi erano in precedenza tenuti). Appare opportuno qui ricordare che l'interesse dello stipulante non ha necessariamente carattere patrimoniale e può anche essere di natura solo morale (quale la volontà di assicurare l'adempimento da parte dell'acquirente dell'obbligazione a suo tempo contratta in proprio, benché eventualmente prescritta). Si veda, sul punto, perla sua chiarezza, Cass. civ. Sez. II, 14/11/1986, n. 6688, "Nel contratto a favore di terzo (per la cui validità s i richiede un interesse dello stipulante, ancorché di qualsiasi natura e quindi anche solo morale) non sussistono limiti in ordine alla qualità ed al contenuto della prestazione da rendersi al terzo, la quale può consistere in un dare, in un facere, in un non facere, presente o futuro, od anche nella costituzione di un diritto reale; pertanto, con detto contratto, ben può costituirsi una servitù prediale a vantaggio di un fondo altrui, purché tale costituzione risponda ad un qualsiasi interesse (non necessariamente patrimoniale) dello stipulante" (la giurisprudenza appare costante: si veda in termini anche la più recente Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23343 del 30/10/2006 - Rv. 592953 - 01). 6.3.2) E' parimenti irrilevante che gli odierni attori siano gli stessi soggetti che, in precedenza, avevano stipulato l'accordo dell'11.12.1990 con la sorella (...) perché la qualità di "terzo" deve essere riferita al contratto di cui si discute nel presente giudizio (contratto 11.10.2011 intercorso tra (...), da un lato, e gli odierni convenuti, dall'altro lato), non ad altri e diversi contratti. 6.3.3) Il contratto di compravendita dell'11.10.2011 per Notaio (...) è un contratto di scambio; in tale contratto la clausola influisce, come ogni altra pattuizione, sulla determinazione del prezzo pattuito e accettato dagli acquirenti (odierni convenuti), pertanto non si può affermare che essa sia priva di corrispettivo. 6.3.4) L'eccezione dei convenuti, secondo la quale l'originaria obbligazione assunta da (...) nei confronti dei fratelli (doc. 4 di parte attrice) è priva di corrispettivo e deve configurarsi come promessa di donazione indiretta, come tale nulla e priva di effetti, oltre che essere irrilevante (perché l'obbligazione assunta è novativa), è altresì infondata; tale obbligazione si colloca all'evidenza in un contesto di obblighi familiari, che non consentono di ritenere che essa sia stata effettuata per spirito di liberalità e costituisca una donazione. 6.3.5) La clausola non è generica. Essa prevede un diverso assetto della proprietà condominiale, attraverso cessioni e divisioni di parti comuni, chiaramente identificabili attraverso il richiamo contenuto nel contratto 11.10.2011 alla scrittura 11.12.1990, alla quale è allegata una planimetria esplicativa. L'oggetto pertanto deve considerarsi sufficientemente determinato. 6.3.6) Non è chiaro il riferimento della parte convenuta al "... mancato rispetto dei requisiti di cui alla L. 47/1985" (cfr. comparsa conclusionale, pagina 6), legge peraltro abrogata dall'art. 136, comma 2, lettera f) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Se con tale locuzione si intende affermare che non sussiste allo stato un permesso per la costruzione dell'autorimessa che (...) avrà facoltà di costruire in aderenza alla casa esistente e nella posizione indicata nella planimetria allegata alla scrittura 11.12.1990, appare chiaro che l'edificazione dell'autorimessa sarà possibile solo in quanto assentibile alla stregua degli strumenti urbanistici vigenti. 6.4) L'obbligazione non è prescritta. Essa è stata pattuita il giorno 11.10.2011 e non è decorso il termine decennale di prescrizione. Il riferimento alla scrittura 11.12.1990 non è pertinente perché, come si è esposto sopra, l'obbligazione assunta dai convenuti con il contratto 11.10.2011 è una nuova obbligazione. La circostanza che (...) danti causa dei convenuti, abbiano ritenuto di non avvalersi della prescrizione eventualmente maturata in loro favore, riversando invece l'obbligo in origine loro spettante in un nuovo obbligo a carico dei loro aventi causa, non appare censurabile in questa sede e corrisponde ad un apprezzabile interesse per la stipulazione di un patto a favore di terzi (gli odierni attori). E' opportuno peraltro osservare che la soluzione non muterebbe anche se si ritenesse che l' originaria obbligazione non sia stata novata con il contratto 11.10.2011 e, conseguentemente, che i convenuti siano piuttosto subentrati in qualità di cessionari nell'obbligo gravante sui loro danti causa: - l'inserimento della clausola nel contratto da parte dell'alienante è un fatto incompatibile con la volontà di valersi della prescrizione ed implica rinuncia alla stessa (art. 2937, comma 3, cc); - gli odierni convenuti non possono opporre la prescrizione, alla quale l'alienante ha rinunciato, perché sono suoi aventi causa e non terzi (art. 2939 cc); 7) E' indispensabile disporre una Consulenza Tecnica d'ufficio per la formale identificazione dei beni oggetto della pattuizione contenuta nell'art. 7 del contratto di compravendita del 11.10.2011 per Notaio (...), per i conseguenti adempimenti catastali e per la descrizione dei beni in forma idonea alla trascrizione. Si impone pertanto la remissione della causa in istruttoria, con separata ordinanza. 8) La pronuncia sulle spese di lite deve essere riservata alla sentenza (...) per questi motivi Non (...) pronunciando nella causa n. 967/18 RG, disattesa ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione: 1) Accerta e dichiara che i convenuti (...) sono tenuti a dare esecuzione al patto del 11.12.1990 contenuto nel contratto di compravendita 11/10/2011 rep. 78582 Notaio (...) 2) rigetta le altre domande proposte dagli attori; 3) rimette la causa in istruttoria con separata ordinanza; (...) riserva la pronuncia sulle spese alla sentenza (...). Così deciso in Belluno il 31 ottobre 2020. Depositata in Cancelleria il 13 novembre 2020.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI BELLUNO Il Tribunale di Belluno in composizione monocratica, nella persona del giudice Chiara Sandini, ha pronunciato ai sensi dell'art. 429 c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. (...)/2019 R.G. promossa da (...) con l'avv. (...), con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in (...), come da mandato in atti - ATTORE OPPONENTE contro (...) - CONVENUTO OPPOSTO Oggetto: LOCAZIONE CONCLUSIONI delle parti: come da verbale odierno MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato in data 28.6.2017 agiva in giudizio nei confronti di proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. (...)/19 emesso in data 3.5.2019 per l'importo di (...) a titolo di canoni scaduti, formulando le seguenti conclusioni: "Nel merito e pregiudiziale : 1) accertare e dichiarare l'intervenuto pagamento parziale da parte dell'odierna opponente delle somme dovute per i canoni di locazione scaduti anteriormente alla scadenza ed al decreto ingiuntivo opposto sospendendo l'efficacia della clausola di provvisoria esecutività, eventualmente inaudita altera parte. Per l'effetto, revocare il decreto ingiuntivo opposto e condannare il signor (...) al pagamento di tutte le spese e competenze ed accessori di Legge, da distrarsi in favore del difensore anticipatario. 2) accertare e dichiarare l'insussistenza dei requisiti formali per la concessione del provvedimento di ingiunzione, ossia la mancanza della certezza, liquidità ed esigibilità del credito e, per l'effetto, revocare il decreto ingiuntivo n. D.l. n. (...)/19 emesso in data 03/05/2019 dal Tribunale di Belluno, ponendolo nel nulla e rendendolo privo di ogni effetto giuridico. 3) Accertare e dichiarare che l'immobile è stato riconsegnato al locatario in data 15/05/2019 e che residuano esclusivamente da versare due canoni, pari ad Euro. 740,00, che vengono offerti pro banco judicis. B) nella denegata e non creduta ipotesi di rigetto - anche parziale - delle domande sin qui portate, voglia il Giudicante accertare e dichiarare quali siano le somme eventualmente dovute dall'opponente a mente di quanto rilevato in parte motiva e già complessivamente o parzialmente corrisposte. In ogni caso con vittoria di spese e competenze di questo difensore, da distrarsi in suo favore quale anticipatario. IN VIA ISTRUTTORIA si chiede che l'Ill.mo Giudice, voglia ordinare l'interrogatorio formale del sig. (...), che dovrà rispondere sulle seguenti circostanze, premesso "vero che": a) il signor (...) ha rilasciato un assegno per Euro. 1.110,00 in sede di stipula del contratto di locazione dell'immobile de quo? - b) Lei ha messo all'incasso il predetto assegno nel settembre 2018, nonostante la somma avrebbe dovuto essere a garanzia degli eventuali danni in sede di riconsegna? - c) prima di portare all'incasso il predetto titolo Lei non ha comunicato al sig. (...) che stesse incassando l'assegno? - d) l'immobile Le è stato riconsegnato in data 15/05/2019, in forza di lettera di disdetta che il sig. (...). Le aveva inviato già a Novembre 2018? - e) non è mai stata contestata la riconsegna dell'immobile?" Con memoria difensiva contenente domanda riconvenzionale, depositata in data 9.10.2019, si costituiva eccependo in via preliminare l'inammissibilità dell'opposizione, erroneamente presentata con citazione nonostante la causa vertesse in materia locatizia, ed iscritta a ruolo oltre il termine di quaranta giorni previsto dall'art. 641 c.p.c. Pur evidenziando la natura assorbente di detta eccezione, eccepiva nel contempo l'improcedibilità della domanda e, nel merito, per la denegata ipotesi in cui non fosse stata accolta l'eccezione di inammissibilità dell'opposizione, contestava le censure avversarie e formulava domanda riconvenzionale in relazione ai costi necessari per ripristinare lo stato originario dell'immobile. All'udienza del 14.11.2019 il procuratore di parte attrice opponente chiedeva che ai sensi dell'art. 4 V comma del D.Lgs. 150 2011 il giudice disponesse il mutamento del rito, con salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda, ovvero, per il caso in cui ve ne fossero i presupposti, l'eventuale rimessione in termini della notifica. Il procuratore di parte convenuta opposta contestava la richiesta avversaria e insisteva per l'accoglimento dell'eccezione di tardività e di inammissibilità dell'opposizione avversaria in quanto l'iscrizione a ruolo era avvenuta oltre il termine di quaranta giorni. In ragione della natura locatizia della vertenza veniva disposto il mutamento del rito da ordinario a locatizio e venivano assegnati i termini previsti dall'art. 426 c.p.c. La causa veniva rinviata per discussione all'udienza odierna. Con memoria del 20.12.2020 (...) ha aderito all'eccezione avversaria di tardività dell'opposizione riconoscendo che l'iscrizione a ruolo della stessa non era avvenuta nel termine di legge. Sul punto la giurisprudenza è del resto consolidata nel ritenere che l'opposizione a decreto ingiuntivo concesso in materia locatizia, come tale soggetta al rito speciale di cui all'art. 447-bis c.p.c., laddove erroneamente proposta con citazione, possa essere ritenuta tempestiva solo se entro il termine di cui all'art. 641 c.p.c. avvenga l'iscrizione a ruolo mediante deposito in cancelleria dell'atto di citazione (cfr. in questi termini, tra le altre, Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 7071 del 12/03/2019; Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 21671 del 19/09/2017; Sez. 6-3, Ordinanza n. 27343 del 29/12/2016 secondo cui "L'opposizione a decreto ingiuntivo concesso in materia di locazione come tale soggetta al rito speciale di cui all'art. 447bis c.p.c., deve essere proposta con ricorso, sicché, ove promossa erroneamente con citazione, questa può produrre gli effetti del ricorso solo se sia depositata in cancelleria entro il termine previsto dall'art. 641 c.p.c., non essendo sufficiente che, entro tale data, sia stata notificata alla controparte"; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8014 del 02/04/2009). Va quindi dichiarata ai sensi dell'art. 641 c.p.c. l'inammissibilità dell'opposizione proposta da (...) in ragione della sua tardività. In merito alle deduzioni di parte opponente in relazione alla domanda riconvenzionale, sollevate negli scritti conclusivi e valorizzate dalla medesima ai fini della richiesta di compensazione delle spese, si osserva che detta domanda risulta inserita nel paragrafo 3 punto b della memoria difensiva che esordisce con la formula "nella denegata ipotesi in cui il giudice non ritenesse di accogliere l'eccezione di inammissibilità dell'opposizione"; dovendosi interpretare la domanda alla luce del contenuto complessivo dell'atto, si deve quindi ragionevolmente ritenere che detta domanda sia stata formulata dal convenuto opposto in via subordinata, per la denegata ipotesi di mancato accoglimento dell'eccezione di inammissibilità dell'opposizione. La domanda riconvenzionale formulata in via riconvenzionale dal convenuto opposto resta quindi assorbita in conseguenza dell'accoglimento dell'eccezione di inammissibilità dell'opposizione formulata in via principale dal medesimo. Occorre precisare, con un inciso, che il richiamo alla giurisprudenza di Cassazione richiamata dall'attore opponente nelle note conclusive, e in particolare alla sentenza del 21.4.2010 n. 9442, non appare pertinente, in quanto quest'ultima, diversamente dalla fattispecie in esame, si riferisce ad un'ipotesi di domanda riconvenzionale formulata dall'opponente con l'atto di opposizione. Le spese seguono la soccombenza e vanno pertanto poste a carico di parte attrice opponente. Le spese di lite vanno pertanto liquidate, nella misura indicata in dispositivo, secondo i valori medi del D.M. 55/2014, aggiornati al D.M. 37/2018, tenuto conto della natura documentale del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale di Belluno, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, domanda ed eccezioni disattese: 1) dichiara l'inammissibilità dell'opposizione e per l'effetto conferma il decreto ingiuntivo opposto; 2) condanna al pagamento delle spese di lite in favore di (...) che si liquidano nell'importo complessivo di Euro 1620,00 per compensi, oltre al 15% per spese generali, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Belluno il 4 febbraio 2020. Depositata in Cancelleria il 4 febbraio 2020.

  • Tribunale Belluno, Sez. lavoro, Sent., 31/01/2020, n. 8 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BELLUNO Sezione lavoro Il Giudice di Belluno, sezione per le controversie di lavoro, dott.ssa Anna Travia nella controversia iscritta al n. 168 / 19 del ruolo generale promossa da F.C.B. (C.F. (...)) con il patrocinio dell'avv. (...) e dell'avv. (...) ((...)) Indirizzo Telematico; elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico presso il difensore avv. (...) contro P.M. S.R.L. (C.F. (...)) con il patrocinio dell'avv. (...) e dell'avv. (...) ((...)) via (...) PADOVA; ((...)) VIA (...) AVV. E. (...) PADOVA; elettivamente domiciliato in VIA (...) 35131 PADOVA presso il difensore avv. (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA ai sensi dell'art. 429 c.p.c.; Svolgimento del processo - Motivi della decisione Con ricorso depositato il 26.7.19 l'associazione sindacale ricorrente proponeva opposizione ai sensi dell'art. 28 L. n. 300 del 1970 avverso il decreto pronunciato dal Giudice del lavoro di Belluno in data 16.7.19 con cui veniva respinto il ricorso proposto dalla stessa ai sensi dell'art. 28 L. n. 300 del 1970 sopra richiamato, chiedendo che l'opposto decreto venisse revocato e che venisse dichiarata l'antisindacalità del comportamento della resistente, consistito nell'aver ostacolato la libertà e attività sindacale del RSU e RLS sig. D.P. sia nel suo ruolo di RSU che di RLS; nell'aver gravemente ostacolato e limitato l'attività sindacale del sindacato ricorrente attraverso l'avvio di un procedimento disciplinare infondato a carico del proprio delegato, nell'averlo sottoposto a controlli plateali che hanno avuto un effetto obiettivo di intimidazione ed infine nell'averlo licenziato ingiustificatamente, incidendo sul libero dispiegarsi dell'attività sindacale e nella lesione della stessa immagine del sindacato che appariva non in grado di tutelare i propri rappresentati aziendali; nell'aver illegittimamente esercitato il potere disciplinare ai danni del delegato sindacale, culminato con il provvedimento del licenziamento per giusta causa da ritenersi illegittimo e discriminatorio, e comunque nullo o annullabile; che, per l'effetto, fosse ordinato alla resistente, ai fini della cessazione della condotta e della rimozione degli effetti, l'annullamento del licenziamento e la reintegrazione del RSU/RLS sig. D.P., oltre che la corresponsione della retribuzione per il periodo compreso dal licenziamento all'effettiva reintegra, e la conseguente regolarizzazione previdenziale, nonché la pubblicazione del dispositivo del decreto su più quotidiani e l'affissione del provvedimento nella bacheca aziendale della resistente; che venisse, inoltre, adottato qualsiasi altro provvedimento ritenuto idoneo ai fini della rimozione degli effetti delle denunciate condotte, ivi compresa la pronuncia di provvedimento meramente accertativo dell'antisindacalità delle lamentate condotte e la corresponsione di una somma simbolica a ristoro del danno all'immagine subito dal sindacato. Si costituiva in giudizio la resistente chiedendo che, nel merito, in via principale, il ricorso venisse respinto o dichiarato inammissibile. La causa, istruita, attraverso le produzioni documentali, e acquisita copia dei verbali delle prove testimoniali assunte nel procedimento n. 136 / 19 R.G., avente ad oggetto l'impugnazione del licenziamento da parte di P.D., veniva discussa all'odierna udienza. Deduce la parte ricorrente che "Dal contesto in cui si inquadrano i fatti che hanno visto al centro della vicenda i procedimenti disciplinari avviati nei confronti del RSU/RLS D.P., emerge un clima di ostacolo nei confronti della parte sindacale e del suo esercizio della libertà e dell'attività sindacale, soprattutto in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, il che rende ancora più grave l'atteggiamento datoriale. Difatti, le mancate risposte da parte dell'azienda alle sacrosante richieste di spiegazioni del RLS P., i pedinamenti, le contestazioni e sanzioni disciplinari di cui è stato vittima e che hanno portato sino al licenziamento dello stesso, hanno evidentemente natura ritorsiva e discriminatoria e lasciano ben trasparire l'obiettivo con essi perseguito da parte dell'azienda di inibire la libertà e l'attività sindacale del RLS, del sindacato e dei lavoratori in genere, in particolare in ambito di sicurezza. L'atteggiamento datoriale era infatti teso a ledere direttamente la libertà dell'attività sindacale del RLS P., che proprio a causa dello svolgimento delle sue funzioni e del modo in cui le svolgeva, in particolare a seguito delle dichiarazioni a mezzo stampa rilasciate dal delegato circa la situazione aziendale e, da ultimo, la questione dell'alluvione dell'ottobre 2018, portano l'azienda - in un crescendo - alla decisione di punire l'attività zelante del P.. Un tale comportamento si ripercuote anche sulla capacità del sindacato di svolgere l'azione di tutela dei diritti dei lavoratori, di svolgere l'attività di interlocutore negoziale e di tutela della salute dei lavoratori. In generale il comportamento datoriale ha quindi ostacolato la libertà e l'attività sindacale tramite gli atteggiamenti intimidatori perpetrati contro il delegato attraverso la contestazione delle modalità con cui svolgeva l'attività sindacale. Questo è solo uno degli esempi di come P.M. abbia tentato con tutti gli strumenti di trovare un pretesto per poter colpire il sig. P., reo di aver svolto la sua attività sindacale in modo puntuale e quindi di essere diventato bersaglio delle intimidazioni datoriali perpetrate tramite i procedimenti disciplinari e con la plateale messa sotto sorveglianza del delegato, che prosegue anche dopo che lo stesso aveva scoperto palesemente di essere pedinato, quindi con evidente scopo intimidatorio. L'azione datoriale è stata quindi diretta a limitare il libero dispiegarsi dell'attività sindacale e pertanto l'organizzazione sindacale, che ha assistito alle intimidazioni ed al licenziamento del proprio delegato, si vede non solo ostacolata nell'esercizio dell'attività sindacale in azienda, ma si trova altresì nella difficoltà di sollecitare altri lavoratori e delegati a svolgere con altrettanta efficacia e solerzia l'attività del delegato sindacale e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, stante il destino riservato al P. dalla P.M.. Pertanto, il fatto che il sindacato, a seguito delle vicende occorse al delegato P., appaia non in grado di tutelare gli interessi dei lavoratori radica in re ipsa la fondatezza del ricorso introduttivo". Parte ricorrente, tuttavia, non ha allegato la prova dei non meglio precisati ostacoli frapposti dalla resistente, successivamente al licenziamento del suo rappresentante, all'attività sindacale, né delle asserite difficoltà nel sollecitare altri delegati e lavoratori a svolgere l'attività di delegato sindacale e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; quanto ai capitoli di prova dedotti dalla ricorrente, deve, in particolare, rilevarsi, che gli unici capitoli aventi ad oggetto circostanze relative all'attività sindacale nell'azienda della resistente, successive al licenziamento di P.D. (" 75. F.B., nel corso del 2019, non ha mai svolto alcuna attività di sorveglianza in merito alla qualità dell'ambiente di lavoro ed alla igiene dello stesso per il timore di subire ripercussioni. 76. Da quando ha assunto il ruolo di RLS, il sig. F.B. non ha posto in essere alcuna azione conoscitiva o di consultazione preventiva con la società, su nessun argomento di sua competenza 77. Da quando ha assunto il ruolo di RLS, il sig. F.B. non ha mai segnalato, richiesto o proposto alcunché per evitare di scontrarsi con la direzione aziendale e di subire ritorsioni. 78. a seguito del licenziamento, in data 30 aprile 2019, il sig. P., per conto della Segreteria F.C. di B., inoltrava una richiesta di informazioni all'ufficio personale di P.M. in merito ai cambiamenti ed alle variazioni dell'organigramma aziendale e P.M. non rispondeva alla richiesta "), sono formulati in modo diretto a provare fatti negativi e, come tali, secondo il costante orientamento della Corte di Cassazione (fra le più recenti, Cass. sez. III, sent. 13.6.13 n. 14854), sono inammissibili. Come affermato dalla Corte di Cassazione in quest'ultima pronuncia "L'onere della prova gravante su chi agisce o resiste in giudizio non subisce deroghe nemmeno quando abbia ad oggetto fatti negativi; tuttavia, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo "; ha precisato la Corte di Cassazione nella sopra richiamata pronuncia: " la sua stessa formulazione in negativo ha legittimamente indotto la Corte territoriale a ritenere che correttamente la prova orale in questione era stata ritenuta inammissibile in primo grado, conformemente al costante orientamento della giurisprudenza di questa S.C., secondo cui l'onere della prova gravante su chi agisce o resiste in giudizio non subisce deroghe nemmeno quando abbia ad oggetto fatti negativi". Deve pertanto ritenersi che in assenza di prova dell'insorgenza o persistenza degli affermati effetti intimidatori conseguenti al licenziamento del delegato e rappresentante P.D., avvenuto il 17.12.18, il ricorso depositato ai sensi dell'art. 28 L. n. 300 del 1970 in data 13.6.19, circa sei mesi dopo il lamentato licenziamento, sia infondato per mancanza di attualità della affermata condotta antisindacale. Come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione (recentemente, Cass. sez. L., ord. 22.5.19 n. 13860), " In tema di repressione della condotta antisindacale, ai sensi dell'art. 28 st.lav., il solo esaurirsi della singola azione lesiva del datore di lavoro non può precludere l'ordine del giudice di cessazione del comportamento illegittimo ove questo, alla stregua di una valutazione globale non limitata ai singoli episodi, risulti tuttora persistente e idoneo a produrre effetti durevoli nel tempo, sia per la sua portata intimidatoria, sia per la situazione di incertezza che ne consegue, suscettibile di determinare in qualche misura una restrizione o un ostacolo al libero esercizio dell'attività sindacale". Nel caso di specie non risulta allegata la prova della lamentata insorgenza della paura di ritorsioni conseguenti alle affermate discriminatorietà e ritorsività del licenziamento di P.D., e, più in generale, di ostacoli frapposti, successivamente al suddetto licenziamento, allo svolgimento dell'attività sindacale; né, all'esito delle prove testimoniali assunte nel procedimento n. 136/19 R.G. sopra richiamato, può ritenersi provata la discriminatorietà o ritorsività dell'impugnato licenziamento, non sussistendo la prova dello svolgimento di attività sindacale da parte di P.D., sia pure per una minima frazione di tempo, nei giorni 25.7.18 e 27.9.18, in cui egli ha usufruito di permessi; invero alcuna prova è stata allegata della affermata attività di studio svolta in tali giorni dal rappresentante D.P. presso la propria abitazione, non potendosi desumere dalla sola dichiarazione delle teste C., di essere stata avvisata anticipatamente dell'intenzione di svolgere in tali giorni specifiche attività studio, l'effettivo svolgimento delle stesse nelle date sopra indicate. In assenza di specifici precedenti giurisprudenziali, sussistono le condizioni di cui all'art. 92 co. II c.p.c. per compensare le spese processuali. P.Q.M. Il Giudice del Tribunale di Belluno in funzione di Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda ed eccezione disattese, 1. rigetta il ricorso; 2. compensa le spese processuali. Conclusione Così deciso in Belluno, il 31 gennaio 2020. Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2020.

  • TRIBUNALE DI BELLUNO REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale, in composizione monocratica, in persona del dott. Paolo Velo, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa numero 1523/13 RG, promossa con atto di citazione notificato il 28.09.13 da: CA.GI., codice fiscale (...), MA.DA., codice fiscale (...), rappresentati e difesi dall'Avv. Pa.Gh. ed elettivamente domiciliati presso il suo Studio in Belluno, Via (...), come da mandato a margine dell'atto di citazione; CONTRO VA.CL., codice fiscale (...), rappresentata e difesa dagli Avvocati Ma.Pa. e Li.Bi. ed elettivamente domiciliata presso il loro Studio in Belluno, Via (...), come da mandato in atti, depositato unitamente all'istanza ex art. 76 disp. att. cpc; E CON LA CHIAMATA IN CAUSA DI FR.MA., codice fiscale (...), FR.AN., codice fiscale (...), FR.RO., codice fiscale (...), rappresentati e difesi dall'Avv. Li.Vi. e con domicilio eletto presso il suo Studio in Belluno, Via (...), come da mandato a margine della comparsa di costituzione; NA.LU., codice fiscale (...) FR.IL., codice fiscale (...) FR.IS., codice fiscale (...) quali eredi di FR.MA. (codice fiscale (...)), rappresentate e difese dall'Avv. So.Ca. del foro di Treviso ed elettivamente domiciliate presso il suo Studio in Vittorio Veneto, Galleria (...), come da mandato a margine della comparsa di costituzione per le terze chiamate; RI.GI., codice fiscale (...), PO.CH., codice fiscale (...), (entrambe contumaci) E CON L'INTERVENTO DI FE.EL., codice fiscale (...), MA.MA., codice fiscale (...), rappresentate e difese dall'Avv. Pa.Gh. ed elettivamente domiciliati presso il suo Studio in Belluno, Via (...), come da mandato a margine dell'atto di intervento ex art. 106 cpc; OGGETTO: proprietà. MOTIVAZIONE 1) Con atto di citazione gli attori Ca.Gi. e Ma.Da., proprietari rispettivamente della porzione "due" e della porzione "sette" del fabbricato denominato Condominio Il., sito in Cortina, via (...), intavolato alla p.ed. 1621, hanno convenuto in giudizio Va.Cl., chiedendo: - di ordinare a Cl.Va. di ripristinare l'immobile (identificato con la p.ed. (...), in P.T. (...), porzione "otto" del Libro Fondiario d'Ampezzo) adibito ad abitazione in ossequio alla destinazione originaria, ovvero autorimessa; - di ordinare a Cl.Va. di demolire la bussola antistante l'immobile predetto; - di accertare che Cl.Va. non ha diritto di parcheggiare nell'area pertinenziale del condominio (quota di 1/14 del terreno di pertinenza al fg. (...), identificato con la p.f. (...) del Libro Fondiario d'Ampezzo); in subordine, di accertare che detto eventuale diritto è da esercitare in uno alla dante causa, in attualità nella persona della sig.ra An.Fr., porzione "quattro". 1.1) Hanno esposto che il condominio Il. era originariamente composto di sette appartamenti, al cui piano terra vi erano sette autorimesse, chiuse e distinte e che l'appartamento della convenuta Va. è costituito da una delle suddette autorimesse. Hanno quindi contestato anzitutto il cambio di destinazione d'uso da autorimessa ad appartamento. 1.2) Hanno esposto inoltre che il condominio è disciplinato da un regolamento di natura contrattuale, che vieta ai condomini di adibire i piani terra ad uso di abitazione permanente e stabile, pur ammettendo l'alloggio provvisorio, con divieto di installazione di un nucleo familiare stabile. E' previsto che, in ipotesi di scissione della proprietà dell'appartamento da quella del locale a piano terra, quest'ultimo debba essere riportato allo stato originario. La norma del regolamento condominiale assolve alla finalità di evitare che il numero delle unità abitative possa aumentare. 1.3) In violazione di questo regolamento condominiale, Fr.Ma., Fr.Ma. e Fr.Ma. hanno venduto il solo vano ripostiglio/autorimessa alla convenuta Va., conservando la proprietà dell'appartamento cui essa accedeva. Tale porzione immobiliare nelle piante tavolari del 1956 risultava descritta come autorimessa; di tanto viene fatta menzione nell'atto di vendita, nel quale, a seguito di nuova descrizione tavolare ed accatastamento, l'immobile viene descritto quale appartamento. Secondo la tesi di parte attrice, poiché nel sistema tavolare l'iscrizione ha natura costitutiva, solo dal 1994 si può affermare che l'immobile sia un appartamento (e non un'autorimessa). La vendita ha violato l'obbligazione "propter rem" di non fare (cioè il divieto di destinare ad abitazione l'autorimessa, senza essere proprietari dell'appartamento cui essa accede), introdotta dal regolamento condominiale; ne consegue che ciascun condomino può chiedere il ripristino dei luoghi, cioè il rispetto del regolamento. Parte attrice ha riferito che la pratica edilizia relativa all'immobile non indica che vi siano stati mutamenti nella destinazione d'uso e che la porzione immobiliare, per l'amministrazione comunale, rimane un'autorimessa, non sanabile, perché l'appartamento non ha i requisiti per la sanatoria, non rispettando la pezzatura minima di mq 46. 1.4) Davanti all'ingresso della proprietà Va. è stata edificata una bussola, che è abusiva, non essendo mai stata autorizzata sotto il profilo edilizio. Essa sarebbe, peraltro, soggetta al parere della Soprintendenza, perché tutto il territorio comunale è sottoposto a vincolo paesaggistico. Poiché il manufatto insiste su terreno condominiale, a mente dell'art. 6 del regolamento condominiale è prescritta la convocazione di tutti i condomini per dare modo all'assemblea di dare il consenso. L'esterno dei fabbricati non può essere modificato unilateralmente. L'occupazione del suolo condominiale da parte della convenuta impedisce il concorrente esercizio del medesimo diritto da parte degli altri condomini, ai sensi dell'art. 8 del regolamento condominiale e dell'art. 102 c.c. Non è possibile l'usucapione dell'area, perché gli obblighi di non fare, oggetto di regolamento condominiale, sono imprescrittibili; inoltre non è possibile invocare l'usucapione di un manufatto abusivo, nemmeno dopo lo scadere dei vent'anni previsti dalla legge, perché l'immobile abusivo rientra tra le cose non commerciabili, il cui possesso non è utile all'usucapione. 1.5) La convenuta Va. non ha diritto di parcheggiare nell'area condominiale. Sul punto, pende controversia davanti al Giudice di pace, davanti al quale la Fr.Ma. (dante causa della convenuta Va.) ha impugnato la deliberazione condominiale del 28.12.12, con la quale il condominio avrebbe affermato che il parcheggio è di un solo posto fra i due proprietari Va. e Fr.. Il Condominio convenuto ha eccepito in tale causa l'incompetenza del Giudice di pace in favore della competenza del Tribunale. 2) Con atto di intervento Fe.El. e Ma.Ma. - a loro volta proprietarie delle porzioni "cinque" e "sei" del Condominio "Il." - sono intervenute in giudizio, insistendo per l'accoglimento delle conclusioni rassegnate nell'atto di citazione. Le intervenute hanno poi rinunciato agli atti nel corso del giudizio, con richiesta di compensazione delle spese (Ma.Ma., all'udienza del 21.3.2016, ed El.Fe., all'udienza del 24.10.2016). La rinuncia non è stata accettata dalle controparti. 3) La convenuta Va. si è costituita in giudizio, contestando le deduzioni avversarie e svolgendo domanda riconvenzionale di usucapione della bussola. Ha chiesto di essere autorizzata a chiamare in causa: - gli altri proprietari dell'immobile, quali litisconsorti necessari, rispetto alla domanda di acquisto per usucapione della proprietà dell'area su cui insiste la bussola; - i propri danti causa, sig.ri Fr. - Na., per vedersi restituire il prezzo e risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti per l'ipotesi di accoglimento delle domande attoree. 4) Autorizzata la chiamata del terzo, si sono costituiti in giudizio Fr.Gi., Fr.Ro., Fr.Ma. e gli eredi di Fr.Ma., Fr.Is., Fr.Il. e Na.Lu.. 5) A seguito del deposito delle memorie istruttorie, all'udienza del 24.12.2014 il Giudice ha assegnato alle parti termine per verificare la possibilità di realizzare otto posti auto (uno per ciascuna abitazione), così come individuati dal tecnico di parte convenuta Va., e per valutare la possibilità di trovare una soluzione bonaria alla vertenza. Con ordinanza del 22.07.2015 ha disposto lo svolgimento di CTU atta ad accertare se l'area scoperta circostante il fabbricato condominiale fosse idonea a contenere otto autovetture e tentare la conciliazione, riservandosi all'esito di decidere sulle altre istanze istruttorie. Depositata la CTU e le osservazioni dei rispettivi tecnici, tutte le parti hanno insistito nelle proprie istanze e opposizioni. Il Giudice, ritenuto che le sollevate eccezioni e questioni di natura preliminare fossero suscettibili di definire il giudizio, quantomeno in relazione ad alcune domande svolte, e comunque ritenuta la causa matura per la decisione, ha fissato udienza per la precisazione delle conclusioni. All'udienza del 17.10.17 le parti hanno precisato le conclusioni come sopra testualmente riportate. 6) Con sentenza non definitiva numero 179/18, datata 03.02.2018 e depositata il 16.04.2018, alla quale si rinvia integralmente per la motivazione e le ragioni della decisione, questo giudice ha statuito come segue. 6.1) Sono state rigettate le seguenti domande proposte dagli attori CA.GI. e MA.DA. e dalle intervenute FE.EL. e MA.MA.: - ordinare a Va.Cl. di ripristinare l'immobile (identificato con la p.ed. (...), porzione "otto" del Libro Fondiario di Ampezzo), adibito ad abitazione in ossequio alla destinazione originaria, ovvero autorimessa; - accertare che Cl.Va. non ha diritto di parcheggiare nell'area pertinenziale del condominio (quota di 1/14 del terreno di pertinenza al fg. (...), identificato con la p.f. (...) e con la p.f. (...) in P.T. (...) del Libro Fondiario di Ampezzo); in subordine, accertare che detto eventuale diritto è da esercitare in uno al dante causa, in attualità nella persona della sig.ra sig.ri An.Fr., porzione "quattro". 6.2) Sono state conseguentemente rigettate le domande proposte da VA.CL. nei confronti dei propri danti causa FR.MA., FR.GI., FR.RO. ed eredi di FR.MA. (Na.Lu., Fr.Il. e Fr.Is.). 6.3) La causa è stata rimessa in istruttoria, con separata ordinanza, per istruire il processo in merito alla domanda proposta dagli attori CA.GI. e MA.DA. e dalle intervenute FE.EL. e MA.MA.: - ordinare a Cl.Va. di demolire la bussola antistante l'immobile predetto; ed alla correlativa domanda riconvenzionale proposta dalla convenuta VA.CL.: - sia accertato e dichiarato che la sig.ra Va.Cl. ha acquistato, per maturata usucapione, il diritto di proprietà esclusiva della porzione della p.f. (...) sulla quale insiste la bussola esterna al suo appartamento e del conseguente diritto di mantenere il manufatto in loco; - per l'effetto, sia ordinata la relativa trascrizione della sentenza nei registri tavolari; 6.4) La pronuncia sulle spese di lite è stata riservata alla sentenza definitiva; 7) A seguito della rimessione in istruttoria, le parti sono state invitate a verificare la possibilità di una conciliazione. Quindi, con ordinanza datata 06/10/2018, sono state ammesse le prove orali. L'adempimento istruttorio, coerentemente con le disposizioni organizzative del Tribunale, è stato demandato al giudice onorario. 8) All'udienza del 20/03/2019, fissata per l'interrogatorio formale degli attori, essi non hanno presenziato senza giustificato motivo. Il loro difensore ha dichiarato che: "le parti attrici non sono presenti all'odierna udienza in quanto la domanda riconvenzionale di usucapione della bussola è contestata in punto di diritto per la natura abusiva del manufatto, ma non in punto di fatto". La dichiarazione del difensore, che gli attori non hanno contestato in punto di fatto la domanda di usucapione della "bussola", in uno con la loro mancata presentazione senza giustificato motivo per rendere l'interrogatorio formale, comprova la sussistenza del manufatto da oltre venti anni. La circostanza è emersa anche dall'interrogatorio formale della chiamata signora Na., dalla testimonianza resa dal signor Do., che ha affermato di avere visto la bussola in occasione di una visita all'immobile nell'agosto del 1993 ed è coerente con le altre testimonianze acquisite in giudizio, benché meno precise sull'epoca di installazione del manufatto. La circostanza che la "bussola" sia stata realizzata senza il rispetto delle norme urbanistiche ed edilizie è irrilevante. Giova ricordare che, di regola, gli aspetti urbanistici non hanno rilievo nel merito civilistico. Sul punto è chiarissima Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5411 del 2015 (in motivazione) "... per giurisprudenza costante di questa Corte, nelle controversie tra privati, derivanti dall'esecuzione di opere edilizie non conformi alle prescrizioni di legge o degli strumenti urbanistici, ciò che acquista rilevanza è, sempre e soltanto, la lesione di diritti soggettivi attribuiti ai privati dalle norme medesime, mentre la rilevanza giuridica della concessione o della licenza edilizia si esaurisce nell'ambito del rapporto pubblicistico tra la pubblica amministrazione ed il privato richiedente (ex plurimis, Cass. Sez. U., sentenza n. 333 del 1999; sez. 2, sentenza n. 13170 del 2001)". Con specifico riferimento all'acquisto per usucapione riguardante costruzioni abusive, si veda Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 1395 del 19/01/2017 (Rv. 642565 - 01), "È ammissibile l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o dai regolamenti e dagli strumenti urbanistici, anche nel caso in cui la costruzione sia abusiva, atteso che il difetto della concessione edilizia esaurisce la sua rilevanza nell'ambito del rapporto pubblicistico, senza incidere sui requisiti del possesso "ad usucapionem" (in termini anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3979 del 18/02/2013, Rv. 625272 - 01). Risulta pertanto accertato che Va.Cl. ha acquistato per usucapione ventennale il diritto a mantenere il diritto di proprietà esclusiva della porzione del fondo di cui alla p.f. (...), sulla quale insiste la "bussola" esterna al suo appartamento, e il conseguente diritto di mantenere il manufatto in loco. Conseguentemente, la domanda di demolizione della "bussola", proposta dalla parte attrice, deve essere rigettata. 9) La causa non può essere definitivamente decisa. Deve infatti essere rimessa in istruttoria, per lo svolgimento di una CTU al fine di descrivere la porzione di terreno ed il manufatto che su di esso insiste al fine di consentirne l'intavolazione nel Libro Fondiario di Cortina d'Ampezzo. 10) La pronuncia sulle spese di lite viene riservata alla sentenza definitiva. PER QUESTI MOTIVI Non definitivamente pronunciando nella causa n. 1523/13 RG, richiamata integralmente la propria sentenza non definitiva numero 179/18, datata 03.02.2018 e depositata il 16.04.2018, disattesa ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione: 1) accerta e dichiara che VA.CL., nata (...), ha acquistato per usucapione la piena ed esclusiva proprietà della porzione del fondo di cui alla p.f. (...) sulla quale insiste la "bussola" esterna al suo appartamento e il conseguente diritto di mantenere il manufatto in loco; 2) conseguentemente, rigetta la domanda proposta dagli attori CA.GI. e MA.DA. e dalle intervenute FE.EL. e MA.MA., di demolizione del manufatto costituito dalla citata "bussola"; 3) rimette la causa in istruttoria, con separata ordinanza, per lo svolgimento di una CTU al fine di descrivere la porzione di terreno ed il manufatto che su di esso insiste al fine di consentirne l'intavolazione nel Libro Fondiario di Cortina d'Ampezzo; 4) riserva alla sentenza definitiva la pronuncia sulle spese di lite. Così deciso in Belluno il 19 ottobre 2019. Depositata in Cancelleria il 30 gennaio 2020.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BELLUNO Il Tribunale, in composizione monocratica, in persona del dott. Paolo Velo, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa numero 1066/16 RG, promossa con atto di citazione notificato il 22.07.2016 da: AVV. (...), codice fiscale (...); Rappresentato e difeso da sé stesso, nonché dagli Avvocati Prof. Si.Ma., An.Co. e Ma.Pa. ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo, in Belluno, Via (...), come da mandato in calce all'atto di citazione; CONTRO COMUNE DI AURONZO DI CADORE, codice fiscale (...), in persona del Sindaco pro tempore, (...), autorizzato in forza di delibera di GM n. 155 del 31.10.2016; Rappresentato e difeso dall'Avv. Mi.St. e dall'Avv. Fa.Es. di Belluno, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo, in Belluno, Via (...), come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta con domande riconvenzionali; E CONTRO (...) SRL, con sede in R., viale (...), cod. fisc. e Iscrizione Registro Imprese di R. n. (...), P. IVA (...), Socio Unico, Società soggetta all'Attività di Direzione e Coordinamento di (...) BVBA, in persona del Consigliere Delegato, ing. Pa.De.; (...) SRL, con sede in U., viale (...), cod. fisc. e Iscrizione Registro Imprese di Udine n. (...), in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione, ing. Gi.Gr.; (...) SPA, con sede in (...), viale (...), cod. fisc. e Iscrizione Registro Imprese di Udine n. (...), in persona del Consigliere Delegato, dr. Pi.Gr.; Tutte rappresentate e difese dagli avv.ti Ma.De., Ro.Pe., entrambi del Foro di Milano, e Tu.Ta., del Foro di Belluno, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Feltre, via (...), in forza di procure su fogli separati e congiunti alla comparsa di costituzione e risposta; OGGETTO: proprietà; MOTIVAZIONE 1) L'avv. C. ha convenuto in giudizio (...) S.r.l., (...) S.r.l., (...) S.p.A. e il Comune di Auronzo di Cadore lamentando che i manufatti eretti dalla (...) S.r.l. sul fondo comunale censito al N.C.E.U. del Comune di Auronzo di Cadore (foglio (...), particella (...)) sono stati edificati in violazione delle norme applicabili sulle distanze legali. Ha esposto quanto segue. L'attore è proprietario dell'immobile sito in A. di C., via U. n. 1, e del prospiciente giardino, confinante con il fondo di proprietà del Comune di Auronzo di Cadore, adibito ad impianto di distribuzione carburanti. Tale distributore, originariamente gestito da E., al tempo della notifica dell'atto di citazione risultava essere stato ceduto a (...) (quale cessionaria del ramo di azienda di E. in cui è ricompresa la concessione amministrativa di tale impianto) e da quest'ultima locato in favore di (...). Sul suddetto fondo del Comune, nel 1997, E. aveva edificato ex novo una costruzione (per la precisione, un chiosco dalla cubatura doppia rispetto a quello precedentemente esistente, interamente demolito) nelle immediate adiacenze del confine con il terreno dell'attore; il tutto, tra l'altro, in violazione della concessione edilizia n. 19/95 dell'8 aprile 1996. Ha rilevato in particolare che, all'esito di un precedente giudizio possessorio, il Tribunale di Belluno aveva accertato che il manufatto edificato da (...) nel 1997 era stato eretto in violazione delle distanze legali, essendo prevista - così come accertato dalla CTU espletata nel corso di tale giudizio possessorio - nelle regole comunali applicabili e pro tempore vigenti una distanza minima di 5 metri dal confine. L'attore pertanto ha esposto di avere diritto a chiedere e ottenere la demolizione di tutti i manufatti edificati sul fondo del Comune in violazione delle distanze legali - inclusa un'ulteriore costruzione (trattasi di "tettoia per il cambio gomme"), edificata dopo il 2000 e non ancora esistente durante il precedente giudizio possessorio - nonché, conseguentemente, il risarcimento del danno subito. 2) Le parti convenute si sono costituite con distinte comparse. Il Comune di Auronzo, proprietario dell'area interessata, ha svolto domanda subordinata riconvenzionale di accertamento dell'acquisto, per intervenuta usucapione ultraventennale, del diritto di servitù a mantenere il chiosco, nella collocazione in cui attualmente si trova. (...) SRL, (...) SRL, (...) SPA si sono costituite unitariamente ed hanno chiesto il rigetto della domanda. 3) La causa è stata istruita mediante Consulenza Tecnica d'Ufficio, affidata all'Arch. Al.Kr. 4) Le argomentazioni della parte attrice, pur svolte in modo pregevole, non possono essere accolte; conseguentemente, la domanda proposta in giudizio deve essere rigettata. 5) Per una immediata comprensione dello stato dei luoghi, appare utile prendere visione dell'allegato 3 alla CTU (elaborato grafico piano quotato), che riporta la posizione dei manufatti oggetto di causa e le quote del muro a confine tra il distributore e la proprietà di parte attrice (Villa Silvia). E' opportuno ricordare che il terreno sul quale sorge Villa Silvia è in pendenza discendente verso la strada e, come riferito dal CTU a pagina 3, le quote altimetriche riportate nel citato allegato sono state individuate considerando, per motivi pratici ai fini del rilievo, la quota relativa pari a m. 0,00 corrispondente al terreno pavimentato davanti all'ingresso al piano terra di Villa Silvia; pertanto la quota del piazzale del distributore risulta m. - 5,60. Quindi i fondi contermini, di cui al mapp. (...) di proprietà (...) ed al mapp. (...) di proprietà comunale, non sono complanari ma in dislivello, per il naturale declivio del terreno (CTU, pagina 4), e sono separati da un muro posto sul confine che ha funzione di contenimento del superiore fondo di proprietà di parte attrice. E' pacifico che i manufatti in contestazione si pongono all'interno della proprietà comunale, ad una distanza variabile dal detto muro di contenimento posto sul confine, in ogni caso inferiore al metro lineare (cfr. CTU pag. 3). E' altresì pacifico che, all'interno del superiore fondo (...), non esistono costruzioni nel raggio di 10 ml. dal perimetro dei manufatti in contestazione (CTU pag. 5). 6) Considerato che i manufatti di cui si discute (chiosco del distributore e tettoia cambio gomme) si trovano a distanza inferiore al metro dal confine e che il confine è rappresentato da un muro di contenimento del superiore fondo di proprietà di parte attrice (cfr. allegato 4 alla CTU, foto 6, 7, 8), appare anzitutto necessario stabilire se il suddetto muro di contenimento costituisca o meno "costruzione" in senso tecnico giuridico. La Suprema Corte ha avuto più volte modo di affermare che il muro di contenimento di una scarpata o di un terrapieno naturale non può considerarsi "costruzione", agli effetti della disciplina di cui all'art. 873 c.c., per la parte che adempie alla sua specifica funzione e, quindi, dalle fondamenta al livello del fondo superiore, qualunque sia l'altezza della parete naturale o della scarpata o del terrapieno cui aderisce; solo la parte del muro che si innalza oltre il piano del fondo sovrastante, in quanto priva della funzione di conservazione dello stato dei luoghi, soggiace alla disciplina giuridica propria delle sue oggettive caratteristiche di costruzione in senso tecnico giuridico. Sul punto si vedano: - Cass. Sez. 2 -, Sentenza n. 14710 del 29/05/2019 (Rv. 654187 - 01), "In tema di distanze legali, il muro di contenimento di una scarpata o di un terrapieno naturale non può considerarsi "costruzione", agli effetti della disciplina di cui all'art. 873 c.c., per la parte che adempie alla sua specifica funzione e, quindi, dalle fondamenta al livello del fondo superiore, qualunque sia l'altezza della parete naturale o della scarpata o del terrapieno cui aderisce, impedendone lo smottamento, mentre la parte del muro che si innalza oltre il piano del fondo sovrastante, in quanto priva della funzione di conservazione dello stato dei luoghi, soggiace alla disciplina giuridica propria delle sue oggettive caratteristiche di costruzione in senso tecnico giuridico"; - Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 6766 del 19/03/2018 (Rv. 647859 - 01), "In tema di distanze legali, il muro di contenimento di una scarpata o di un terrapieno naturale non può considerarsi "costruzione" agli effetti della disciplina di cui all'art. 873 c.c. per la parte che adempie alla sua specifica funzione di sostegno e contenimento, dalle fondamenta al livello del fondo superiore, qualunque sia l'altezza della parete naturale o della scarpata o del terrapieno cui aderisce, impedendone lo smottamento, dovendosi escludere la qualifica di costruzione anche se una faccia non si presenti come isolata e l'altezza possa superare i tre metri, qualora tale sia l'altezza del terrapieno o della scarpata"; - per la sua chiarezza, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 145 del 10/01/2006 (Rv. 585913 - 01), "In tema di distanze legali, il muro di contenimento di una scarpata o di un terrapieno naturale non può considerarsi "costruzione" agli effetti della disciplina di cui all'art. 873 cod. civ. per la parte che adempie alla sua specifica funzione, e, quindi, dalle fondamenta al livello del fondo superiore, qualunque sia l'altezza della parete naturale o della scarpata o del terrapieno cui aderisce, impedendone lo smottamento; la parte del muro che si innalza oltre il piano del fondo sovrastante, invece, in quanto priva della funzione di conservazione dello stato dei luoghi, è soggetta alla disciplina giuridica propria delle sue oggettive caratteristiche di costruzione in senso tecnico giuridico, ed alla medesima disciplina devono ritenersi soggetti, perché costruzioni nel senso sopra specificato, il terrapieno ed il relativo muro di contenimento elevati ad opera dell'uomo per creare un dislivello artificiale o per accentuare il naturale dislivello esistente". Poiché il declivio sul quale sorge Villa Silvia è naturale, il muro di contenimento (che funge da confine tra le proprietà) non può essere considerato costruzione e non trova applicazione, con riferimento ad esso, la disciplina sulle distanze legali. Si può ulteriormente osservare, in merito, che l'eventuale (e assai risalente nel tempo) opera di livellamento del terreno di proprietà comunale, sul quale oggi sorge l'impianto di erogazione del carburante, non è idoneo a mutare la natura del muro di contenimento del fondo superiore (perché costruzione, ai fini del rispetto delle distanze legali, è ciò che si erge sopra il piano del suolo). Sotto questo profilo, devono pertanto essere rigettati tutti gli argomenti spesi dalla parte attrice per sostenere che la costruzione del chiosco (e della tettoia) sarebbero avvenute in spregio delle distanze legali, creando illegittimamente un'intercapedine. L'intercapedine sussiste, ma non è illegittima, perché la disciplina relativa alle distanze legali non può trovare applicazione nel caso di specie, non potendosi ritenere che il muro di contenimento costituisca una costruzione. 7) Non emergono elementi che indichino la sussistenza di un regolamento locale, integrativo del codice civile ai sensi dell'art. 873 cc, che prescriva, per la zona di proprietà comunale ove sorge il distributore di benzina, una distanza tra le costruzioni maggiore di quella prevista dal codice civile o una distanza minima di esse dal confine. In particolare, il CTU Arch. Kr., nominato nella presente causa, non ha reperito alcuna norma che preveda una distanza minima di 5 metri dal confine (cfr. CTU, pagina 10, 11). La tesi della parte attrice si fonda essenzialmente sulla Consulenza Tecnica svolta nel procedimento possessorio numero 91/1998 RG dal Geom. An.La. (doc. 6 di parte attrice, cartaceo) ed, in particolare, sui chiarimenti resi dallo stesso CTU (doc. 7 di parte attrice, cartaceo), laddove ha affermato "Il manufatto attuale è posizionato in maniera difforme da quanto previsto nel progetto approvato con concessione edilizia 19/95; l'intervento di ristrutturazione ha aumentato sia la superficie occupata sia il volume del manufatto stesso comportando una violazione della distanza legale (mt. 5,00) dal confine della proprietà sulla base dello strumento urbanistico". Questa Consulenza (che non è stata svolta in contraddittorio con il Comune di Auronzo, che non era parte di quel giudizio, che non ha potuto quindi svolgere alcuna controdeduzione) deve essere disattesa, perché l'affermazione del CTU Geom. An.Fi. è del tutto apodittica, non contiene l'indicazione della specifica norma violata e non contiene nemmeno l'indicazione dello strumento urbanistico che l'avrebbe contenuta. Nel presente giudizio, al contrario, il CTU Arch. Kr., nel contraddittorio di tutte le parti, ha dimostrato di avere svolto una ricerca quanto più possibile approfondita sul contenuto degli strumenti urbanistici (cfr. anche la risposta alle osservazioni sul 2 quesito, CTU pagina 8 e seguenti), all'esito della quale è pervenuto alla conclusione che non vi è alcuna norma che prescriva una distanza minima dal confine per la zona sulla quale sorge il distributore di benzina. L'Arch. Kr. ha precisamente rilevato in merito: "A questo proposito, l'affermazione del Consulente geom. An.La. nell'integrazione alla propria CTU, del 6 febbraio 2001 (atti del fascicolo di parte attrice con il n. 7) che vi sia stata la "violazione della distanza legale (m. 5,00) dal confine della proprietà sulla base dello strumento urbanistico", e riportata dal CTP Me. nelle osservazioni del 30 settembre 2018, non trova alcun riscontro nella documentazione reperita e analizzata presso l'Ufficio Tecnico del Comune di Auronzo di Cadore" (CTU, pagina 11). Va infine osservato: - che la cartografia dei luoghi indica l'esistenza di un manufatto in posizione simile già nella mappa di impianto del Nuovo Catasto Edilizio del 1953 e, inoltre, nella cartografia originale del PRG del Comune (adottato nel 1967 ed approvato nel 1975); - che la licenza edilizia del 1975 prevedeva la realizzazione di un nuovo chiosco, più grande del precedente, posizionato nel medesimo posto; - che la documentazione fotografica in atti all'Ufficio Tecnico del Comune, datata 1997, attesta l'esistenza della tettoia per il cambio gomme (CTU, pagine 7, 8). 8) Parte attrice confonde, in parte, aspetti civilistici e aspetti propriamente urbanistici. E' opportuno ricordare che, di regola, gli aspetti urbanistici non hanno rilievo nel merito civilistico. Sul punto è chiarissima Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5411 del 2015 (in motivazione): "... per giurisprudenza costante di questa Corte, nelle controversie tra privati, derivanti dall'esecuzione di opere edilizie non conformi alle prescrizioni di legge o degli strumenti urbanistici, ciò che acquista rilevanza è, sempre e soltanto, la lesione di diritti soggettivi attribuiti ai privati dalle norme medesime, mentre la rilevanza giuridica della concessione o della licenza edilizia si esaurisce nell'ambito del rapporto pubblicistico tra la pubblica amministrazione ed il privato richiedente (ex plurimis, Cass., Sez. U., sentenza n. 333 del 1999; sez. 2, sentenza n. 13170 del 2001)". Eventuali illegittimità o incongruenze degli strumenti urbanistici possono trovare rimedio esclusivamente in sede amministrativa. Il CTU Arch. Kr. ha verificato che solo una parte del lotto di proprietà di parte attrice rientra nella zona omogenea di tipo "E" (per la quale è prevista una distanza minima degli edifici dal confine di metri 5), mentre un'altra parte rientra nella zona omogenea detta "bianca", cioè inedificabile, "VV", "agricolo forestale", normata dall'art. 26 delle Norme Tecniche di Attuazione del PRG (CTU, pagina 5, 8 e ss.; allegati 5 e 6 alla CTU). Non sono pertanto accoglibili gli argomenti di parte attrice, i quali suggeriscono che anche al terreno sul quale sorge il distributore e si trova parte dell'area di proprietà della parte attrice (...), poiché risiede nel centro abitato, dovrebbe essere applicata la regolamentazione prevista per gli ambiti residenziali ("E"), che prescrive una distanza legale di 5 metri dal confine (e, implicitamente, sulla base di questa suggestione, deducono che la licenza/concessione edilizia sulla base della quale sono stati eretti i manufatti sarebbe illegittima e dovrebbe, perciò, essere disapplicata). Come si è visto, non emerge alcuna evidenza che i regolamenti comunali prevedano per l'area oggetto di causa una distanza minima delle costruzioni dal confine; ne consegue la piana applicazione delle norme del codice civile, che non risultano violate perché il muro di contenimento del fondo superiore non può essere considerato costruzione. 9) Parte attrice deve essere condannata alla rifusione alle controparti delle spese di lite, liquidate come in dispositivo tenuto conto della natura della causa, dell'effettivo valore della stessa e dell'attività processuale svolta in giudizio. PER QUESTI MOTIVI Definitivamente pronunciando nella causa n. 1066/16 RG, disattesa ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione: 1) Rigetta le domande proposte in giudizio dalla parte attrice Avv. (...); 2) Condanna la parte attrice Avv. (...) a rifondere le spese di lite in favore della parte convenuta Comune di Auronzo di Cadore, in persona del Sindaco pro tempore, liquidate in complessivi Euro 1.800,00, oltre al 15% per spese generali ed oltre ad IVA e CPA, come per legge e nei confronti della parte convenuta (...) SRL, (...) SRL, (...) SPA, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, liquidate in complessivi Euro 1.800,00, oltre al 15% per spese generali ed oltre ad IVA e CPA, come per legge. Così deciso in Belluno il 22 giugno 2019. Depositata in Cancelleria il 28 agosto 2019.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BELLUNO Il Tribunale, in composizione monocratica, in persona del dott. Paolo Velo, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa numero 734/18 RG, promossa con ricorso depositato il 12/06/2018 da: (...) (c.f. (...)) Rappresentata e difesa in uno dall'Avv. Pa.Gh. del foro di Belluno e dall'Avv. Ma.Vi. del foro di Napoli, elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. Pa.Gh., in Belluno alla Piazza (...), come da mandato in calce al Ricorso in opposizione a delibera condominiale ex art. 1137 c.c.; CONTRO CONDOMINIO (...) (c.f. (...)), in persona dell'amministratore pro tempore, arch. (...) Difeso e rappresentato, giusta delibera dell'assemblea condominiale del 27.10.2018 e come da mandato a margine della memoria difensiva e di costituzione in giudizio, dall'avv. Ra.Ma. del foro di Belluno, con domicilio eletto presso il suo studio in Belluno, via (...); OGGETTO: Impugnazione di delibera di assemblea condominiale; MOTIVAZIONE 1) La ricorrente ha esposto di essere proprietaria di due appartamenti siti in C. d'A. (B.) alla località (...) facenti parte del Condominio (...). Con comunicazione datata 26 aprile 2018 fu indetta l'assemblea straordinaria del Condominio (...), fissata per la data del 4 maggio 2018 in Mestre (VE). All'ordine del giorno dell'assemblea era previsto un unico argomento: sentenza numero 167/2018 cond. (...)/(...), pubblicata il 9/4/2018, RG 10000308/2010; discussione ed eventuale impugnazione della stessa: delibere conseguenti. La lettera di convocazione assembleare venne recapitata alla ricorrente in data 30 aprile 2018. In data 14 maggio 2018 venne poi recapitato alla dott.ssa (...) il verbale dell'assemblea, con delibera adottata all'unanimità dei presenti (assente la (...)) di impugnare la citata sentenza. Tanto premesso, la ricorrente ha presentato opposizione, chiedendo la dichiarazione di nullità o l'annullamento della deliberazione impugnata per i seguenti motivi: 1.1) tardività della convocazione, perché la comunicazione della convocazione non ha rispettato il termine di cinque giorni antecedenti alla data fissata per l'assemblea, previsto dall'art. 66 disp. att. cc.; 1.2) luogo della convocazione, perché pur essendo il condominio in Cortina d'Ampezzo, l'assemblea è stata convocata in Mestre (Venezia), in violazione del principio secondo il quale in mancanza di una norma regolamentare o di uno specifico accordo tra gli interessati, la scelta del luogo ove l'assemblea deve essere tenuta deve effettuarsi tenendosi conto del luogo ove si trova il bene comune. 2) Il Condominio si è costituito. 2.1) Ha eccepito l'inammissibilità dell'azione giudiziale, per essere stata introdotta con ricorso e, comunque, per intervenuta decadenza della ricorrente. Ha osservato che, nella formulazione antecedente alla riforma del 2012, la norma imponeva la necessità di avviare il giudizio di impugnazione di delibera assembleare nella forma del ricorso - sebbene, il termine "ricorso" dovesse essere interpretato in maniera atecnica; in seguito alla novella, tuttavia, il legislatore ha eliminato ogni riferimento al ricorso, prendendo atto dell'orientamento giurisprudenziale, ormai pacifico, in forza del quale l'impugnazione delle delibere doveva e deve rivestire la forma dell'atto di citazione. (...) ha avviato l'azione giudiziale a mezzo ricorso ex art. 1137 c.c. del 12.6.2018, depositato telematicamente in pari data, notificato il 12-18.7.2018. L'azione è inammissibile per essere stata introdotta in modo errato, con ricorso anziché con citazione. E' altresì inammissibile perché la notifica del ricorso è avvenuta oltre il termine decadenziale di 30 giorni, decorrente dalla notificazione del verbale di assemblea impugnato. 2.2) Ha inoltre eccepito l'inammissibilità dell'azione giudiziale per carenza di interesse ad agire. L'ordine del giorno "sentenza numero 167/2018 cond. (...)/(...) pubblicata il 9/4/2018 RG 10000308/2010 discussione ed eventuale impugnazione della stessa: delibere conseguenti" e il contenuto della deliberazione conseguentemente adottata, con la quale la maggioranza ha conferito incarico al difensore del condominio di impugnare la sentenza n. 167/2018 resa tra il Condominio (...) e la dott.ssa (...) ad esito delle tre cause riunite (n. 10000308/2010 R.G.), approvando il relativo preventivo di spesa, non incidono sulla posizione della ricorrente, atteso che nel contrasto tra Condominio e singolo condomino, le spese legali vengono ripartite tra le parti secondo il principio della soccombenza, creandosi, all'interno dell'ente gestorio, una scissione tra il singolo condomino e l'ente. 2.3) Ha eccepito l'improcedibilità dell'azione per omesso esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria. 3) A seguito della prima udienza, questo giudice, con ordinanza datata 29/12/2018, ha osservato quanto segue. 3.1) L'eccezione svolta dal condominio convenuto di inammissibilità dell'impugnazione, perché introdotta con ricorso e perché tardiva, può essere decisa unitamente al merito, tenuto conto di quanto affermato da Cass. Sez. U, Sentenza n. 8491 del 2011, i cui principi, benché espressi antecedentemente alla riforma dell'art. 1137 c.c., conservano perdurante validità (in motivazione): "... si tratta di stabilire se la domanda di annullamento di una deliberazione condominiale, proposta impropriamente con ricorso anziché con citazione, possa essere ritenuta valida e se a questo fine sia sufficiente che entro i trenta giorni stabiliti dall'art. 1137 c.c., l'atto venga presentato al giudice, e non anche notificato. A entrambi i quesiti va data risposta affermativa, in quanto l'adozione della forma del ricorso non esclude l'idoneità al raggiungimento dello scopo di costituire il rapporto processuale, che sorge già mediante il tempestivo deposito in cancelleria, mentre estendere alla notificazione la necessità del rispetto del termine non risponde ad alcuno specifico e concreto interesse del convenuto, mentre grava l'attore di un incombente il cui inadempimento può non dipendere da una sua inerzia, ma dai tempi impiegati dall'ufficio giudiziario per la pronuncia del decreto di fissazione dell'udienza di comparizione"; 3.2) L'eccezione svolta dal condominio convenuto, di carenza di interesse ad agire della parte attrice, è suscettibile di definire il giudizio. Parte attrice, infatti, non ha allegato quale sia l'interesse sotteso all'impugnazione della deliberazione condominiale, che ha avuto quale unico oggetto la decisione sull'impugnazione della sentenza 167/18 del Tribunale di Belluno, resa in una causa intercorsa tra il condominio e la stessa odierna parte attrice. 3.3) Visto l'art. 187 c.p.c., la causa è stata quindi rinviata per la precisazione delle conclusioni, come riportate in epigrafe. 4) Questo giudice ritiene fondata l'eccezione di carenza di interesse ad agire, formulata dal Condominio convenuto. E' pacifico e non contestato che l'assemblea fu convocata al solo e unico scopo di decidere in merito all'impugnazione o meno di una sentenza, resa dal Tribunale di Belluno in tre cause riunite, tutte introdotte dalla stessa (...) e riguardanti altrettante impugnazioni di delibere assembleari. La deliberazione non era suscettibile di recare pregiudizio economico alla ricorrente, perché ella non avrebbe comunque concorso nelle spese di lite. Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 11214 del 10/05/2013 (Rv. 626417 - 01), "L'interesse all'impugnazione per vizi formali di una deliberazione dell'assemblea condominiale, ai sensi dell'art. 1137 cod. civ., pur non essendo condizionato al riscontro della concreta incidenza sulla singola situazione del condomino, postula comunque che la delibera in questione sia idonea a determinare un mutamento della posizione dei condomini nei confronti dell'ente di gestione, suscettibile di eventuale pregiudizio (...)". Non sussisteva, inoltre, alcun interesse giuridicamente tutelabile a partecipare alla discussione assembleare perché, a seguito dell'impugnazione delle deliberazioni assembleari, la ricorrente si era ormai posta in posizione di contrasto con l'ente condominiale e solo gli altri condomini avevano interesse alla valutazione della posizione che li riguardava, ormai in modo esclusivo, ed alla decisione di avvalersi o meno dei mezzi di impugnazione concessi dall'ordinamento processuale. La scissione della posizione, tra condomino che ha proposto impugnazione avverso una delibera e la restante comunità dei condomini, ed il conflitto dei relativi interessi, con riguardo alla deliberazione impugnata, è destinato a perdurare ininterrottamente sino al passaggio in giudicato della sentenza; il condòmino, che ha introdotto l'azione giudiziale che lo ha contrapposto al condomìnio, non ha perciò ulteriori diritti di influire sulle decisioni degli altri partecipanti alla comunione, relative alla condotta processuale da tenere; esse riguardano solo lo specifico centro di interessi di cui tali condòmini fanno parte (riguardano, cioè, l'interesse della controparte evocata in giudizio dal condòmino impugnante). 5) Parte attrice (...) deve essere condannata alla rifusione alla controparte delle spese di lite, liquidate come in dispositivo tenuto conto della natura della causa, dell'effettivo valore della stessa e dell'attività processuale svolta in giudizio. PER QUESTI MOTIVI Definitivamente pronunciando nella causa n. 734/18 RG, disattesa ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione: 1) dichiara inammissibile l'impugnazione presentata da (...) avverso la delibera assembleare del Condominio (...) del 4 maggio 2018; 2) Condanna (...) a rifondere le spese di lite in favore del Condominio (...), in persona dell'amministratore pro tempore, liquidate in complessivi Euro 1.500,00, oltre al 15% per spese generali ed oltre ad IVA e CPA, come per legge; Così deciso in Belluno il 13 luglio 2019. Depositata in Cancelleria il 27 agosto 2019.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI BELLUNO In persona del giudice unico Dott. Ruben D'Addio ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 91/2017 del Ruolo Generale Affari Contenziosi, trattenuta in decisione il 14/03/2019 e vertente TRA (...), rappresentata e difesa, in forza di procura in calce alla citazione, dall'Avv. Ma.Bo., con domicilio eletto presso il suo studio in Montebelluna (TV), Piazza (...), (opponente) (...), in persona del titolare (...), rappresentato e difeso, in forza di mandato a margine del ricorso per D.I., dall'avv. Ma.Ca. con domicilio eletto presso il suo studio in Largo (...), Feltre (BL), (opposta) OGGETTO: opposizione a D.I. n. 577 del 2016 del 23/11/2016 emesso dal Tribunale di Belluno ((...) 1388/2016 - notificato il 13/12/2016) - appalto. RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato il 12/01/2017 (...) ha convenuto in giudizio (...), in persona del titolare (...) (di seguito, breviter, (...)), in opposizione al D.I. n. 577 del 2016 del 23/11/2016 emesso dal Tribunale di Belluno ((...) 1388/2016 - notificato il 13/12/2016). Tale D.I. è stato emesso, con formula di provvisoria esecutività, in favore di (...) sulla base del credito a base della promessa di pagamento di cui all'assegno postale non trasferibile n. (...) emesso senza data e senza prenditore dall'ingiunta per Euro 29.095,00 (doc. 2 fasc. mon.), in ragione di alcuni interventi di ristrutturazione effettuati presso la sua proprietà. L'opponente ha formulato le seguenti conclusioni: "Nel Merito: In accoglimento della presente opposizione, dichiararsi nullo e/o inefficace e/o inesistente e, conseguentemente, revocarsi il decreto ingiuntivo n. 577/16 emesso dal Tribunale di Belluno il 23/11/16, dichiarando che nulla è dovuto dalla Sig.ra (...) alla ditta (...) in forza del predetto titolo esecutivo; Nel Merito in via subordinata: Nella denegata e non creduta ipotesi di mancato accoglimento della domanda principale, condannarsi la Sig.ra (...) al pagamento a favore della ditta (...) nella minor somma che verrà accertata in corso di causa, nel limite del giusto e del provato. In ogni caso: Diritti, onorari, spese generali e spese di lite rifusi, oltre iva, cpa come per legge e successive occorrende". L'opponente ha lamentato l'infondatezza della pretesa, eccependo che i lavori sarebbero stati svolti da e saldati al sig. (...), padre dell'opposto, con corresponsione di vari assegni tra cui quello azionato, in ogni caso il quantum sarebbe da provare a carico dell'opposta e nell'atto di precetto l'IVA sarebbe stata addebitata illegittimamente al 22%. Con comparsa depositata l'08/05/2017 si è costituita in giudizio (...) contestando l'opposizione e chiedendo: "Nel merito: Rigettarsi l'opposizione in quanto infondata in fatto ed in diritto, per tutti i motivi indicati in atti, trattandosi di assegno con valore cartolare e presentato al pagamento da parte della (...) a seguito di emissione e consegna dello stesso in suo favore da parte dell'opponente (...), a fronte dell'esecuzione di lavori di natura termoidraulica ed edili presso la sua proprietà ed in ogni caso titolo avente valore di promessa di pagamento essendovi il summenzionato rapporto causale fondamentale sottostante tra le parti. In ogni caso - Con vittoria di spese legali di causa, oltre i.v.a. e c.a. e rimborso spese generali.". L'opposta ha contestato che l'opponente ha fatto eseguire i lavori di ristrutturazione dell'impianto termico, che per ottenere le detrazioni fiscali spettanti per l'intervento, necessitava che i lavori fossero realizzati da impresa specializzata e poi fatturati, che all'opponente veniva sottoposto un preventivo dalla Ditta (...) poi accettato, che l'intervento veniva regolarmente eseguito nei termini pattuiti, che l'opponente consegnava l'assegno di cui al presente procedimento al titolare della (...), che i lavori sarebbero incontestati ed in ogni caso l'assegno varrebbe come promessa di pagamento ex art. 1988 c.c.. Con Provv. del 21 aprile 2017 era rigettata l'istanza di sospensione della provvisoria esecuzione del D.I. opposto. In corso di causa è stata disposta CTU con l'Ing. Ma.Po., con perizia depositata il 24/04/2018, sono stati ascoltati i testi sig.ri (...) (ex collega dell'opponente), (...) (lontana parente dell'opponente), (...) (cugino dell'opponente), (...) (amica dell'opponente), (...) (amico del titolare dell'opposta che ha lavorato per l'opponente), (...) (padre del titolare dell'opposta), (...) (conduttore di un immobile dell'opponente), (...) (conduttrice di un immobile dell'opponente). Esaurita l'istruttoria, le parti hanno precisato le conclusioni all'udienza in epigrafe, dopodiché la causa è stata trattenuta in decisione con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. In fatto In esito all'istruttoria, sono risultati pacifici, incontestati o provati i fatti che seguono. Nel corso degli anni 2015-2016, la sig.ra (...) commissionava delle opere di ristrutturazione in taluni propri immobili alla ditta (...) (cfr. docc. 1 e 5 opposta e 1 opponente) Sotto tale nomen imprenditoriale operavano nel cantiere commissionato dall'opponente sia il sig. (...) (testi (...), (...) e (...)), quale titolare, sia il di lui padre sig. (...) (testi (...), (...) e (...)). La committente consegnava l'assegno postale non trasferibile n. (...) emesso senza data né prenditore per Euro 29.095,00 (doc. 2 fasc. mon.) alla ditta (...), che ne è attuale portatrice. Sull'assegno n. (...) Sulla mancanza di data E' centrale la questione relativa alla consegna dell'assegno postale non trasferibile n. (...) emesso senza data né prenditore dall'opponente per Euro 29.095,00: indubbiamente, esso rivestiva il valore di garanzia, essendo stato appunto tratto senza data e non valendo come assegno bancario, ossia titolo di pagamento o esecutivo, ex artt. 1 e 2 del R.D. n. 1736 del 1933 ("Art. 1 L'assegno bancario (chèque) contiene: ... 5) l'indicazione della data e del luogo dove l'assegno bancario è emesso; ... Art. 2 Il titolo nel quale manchi alcuno dei requisiti indicati nell'articolo precedente non vale come assegno bancario..."). Infatti, "l'emissione di un assegno in bianco o postdatato, cui di regola si fa ricorso per realizzare il fine di garanzia - nel senso che esso è consegnato a garanzia di un debito e deve essere restituito al debitore qualora questi adempia regolarmente alla scadenza della propria obbligazione, rimanendo nel frattempo nelle mani del creditore come titolo esecutivo da far valere in caso di inadempimento -, è contrario alle norme imperative contenute negli artt. 1 e 2 del R.D. n. 1736 del 1933 e dà luogo ad un giudizio negativo sulla meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, alla luce del criterio della conformità a norme imperative, all'ordine pubblico ed al buon costume, enunciato dall'art. 1343 c.c., sicché, non viola il principio dell'autonomia contrattuale sancito dall'art. 1322 c.c. il giudice che, in relazione a tale assegno, dichiari nullo il patto di garanzia e sussistente la promessa di pagamento di cui all'art. 1988 c.c." (Cass. 10710/2016; conf. Cass. 4368/1995). Dunque, sarebbe nullo qualunque patto di garanzia sottostante l'emissione senza data dell'assegno in rapporto agli artt. 1 e 2 del R.D. n. 1736 del 1933. Conseguentemente, siffatto assegno "riveste la funzione di mera promessa di pagamento, con conseguente astrazione dal rapporto causale e connessa agevolazione probatoria ai sensi dell'art. 1988 cod. civ. ... l'assegno bancario privo di data è da considerarsi - nei rapporti tra traente e prenditore - come una promessa di pagamento (ai sensi dell'art. 1988 cod. civ.), con la conseguente configurabilità della presunzione iuris tantum dell'esistenza del rapporto sottostante. Pertanto, il destinatario della promessa di pagamento è dispensato dall'onere di provare la sussistenza del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria, con l'effetto che, in base al negozio di riconoscimento, il creditore è legittimato a pretendere il pagamento dell'intera obbligazione, quale nascente dal riconoscimento, mentre è il debitore, il quale intenda resistere all'azione di adempimento, che deve provare o l'inesistenza o l'invalidità dello stesso rapporto fondamentale, ovvero la sua estinzione (così Cass. n. 4804/06, nonché di recente Cass. n. 20449/16)" (Cass. 13145/2017). Sulla mancanza del prenditore Nonostante quanto asserito, poi, dall'opponente non risulta alcuna girata del titolo in favore della ditta (...), che appare in bianco anche quanto al prenditore. In ogni caso, va annotato che chi mette in circolazione, a propria firma, un titolo senza indicazione del beneficiario, risponde della sua circolazione: ciò trova conferma sia nell'art. 1 del R.D. n. 1736 del 1933, che non include il nome del prenditore fra i requisiti essenziali dell'assegno, sia nel successivo art. 5 c. 3, per cui "l'assegno bancario senza indicazione del prenditore vale come assegno bancario al portatore" ("L'assegno bancario rilasciato senza indicazione del nome del prenditore non è invalido, ma vale, ai sensi dell'art. 5, ultimo comma, del R.D. n. 1736 del 1933, come assegno bancario al portatore per cui, in applicazione delle disposizioni generali dettate dal codice civile, la legittimazione ad esercitare il diritto alla prestazione in esso indicata (art. 1992 c.c.) è, come per ogni titolo di credito al portatore, in capo al suo possessore e deriva dalla presentazione dello stesso (art. 2003 c.c.), essendo solo una facoltà, esercitabile dal prenditore o da un successivo acquirente del possesso, quella di convertirlo in titolo all'ordine" Cass. 4910/2017). Sula valore dell'assegno Le due considerazioni in diritto che precedono implicano che il titolo di cui è causa: 1) per mancanza di data, vale come promessa di pagamento ex art. 1988 c.c. 2) e per mancanza di prenditore, vale come promessa al portatore. In definitiva, l'opposta ditta (...), quale portatrice del titolo, gode della relativa promessa di pagamento della somma di Euro 29.095,00 da parte dell'opponente (...). Sulla realizzazione delle opere e sull'appaltatore E' irrilevante il fatto che il sig. (...) sia stato visto (testi (...), (...) e (...)) sui luoghi di causa per ricondurgli la qualità di appaltatore: ciò non gli attribuisce certo tale titolo, ben avendo potuto ragionevolmente prestare la propria manodopera quale dipendente della ditta (...). Infatti, molti testi hanno confermato la presenza in cantiere anche del titolare della ditta (...), sig. (...), figlio del predetto sig. (...) (testi (...), (...) e (...)). Al contrario, la circostanza, pure ammessa dall'opponente, di aver pacificamente e scientemente ricevuto fattura dalla (...) (doc. 1 opponente e 5 opposta) induce a ritenere che ella fosse ben consapevole di affidare l'appalto a tale ditta. Non solo: pari conclusioni derivano dall'attento esame del preventivo redatto da (...) ed indirizzato all'opponente del 25/02/2016 (doc. 1 opposta) mai contestato in giudizio. Anzi, la stessa opponente, finanche nella propria comparsa conclusionale ha di nuovo ammesso che "(l'unica fattura del volume di affari di (...)) fattura n. (...) del 10/05/2016 (doc. 2 opposiz.) ... consentiva alla Sig.ra (...) di godere degli asseriti benefici fiscali per i lavori di ristrutturazione... al solo ed unico scopo di avvantaggiare la committente" (p. 4 conclusionale opponente). Conclusivamente, l'attrice era ben consapevole che le opere sarebbero state svolte sotto la ditta (...), cui era in definitiva affidato l'appalto. Sulla CTU La CTU svolta nel presente giudizio di merito, con indagine puntuale, precisa e scevra di vizi o lacune logiche e che questo giudicante ritiene di condividere, ha consentito di accertare che "le opere eseguite sono di varia natura, suddivisibili in opere da idraulico e ed opere da artigiano edile a Quero ed esclusivamente opere da idraulico ad Altivole ... le stesse hanno il seguente valore 14 145,79 Euro così suddivisibili: 1. Opere a Quero Vas: 12787,71 Euro iva esclusa; 2. opere ad Altivole: 1358,08 Euro iva esclusa" (p. 8 CTU), da cui complessivi Euro 17.257,86 (IVA al 22% inclusa). Ora, non può non notarsi che la prova dell'effettivo compimento di opere per tale cifra non vale a dimostrare, al contrario, che non sia maturato un ulteriore credito, promesso in pagamento anche per Euro 11.837,14 = 29.095,00 (di cui alla promessa di pagamento) - 17.257,86 (indicati dal CTU): non è stata formulata alcuna specifica censura dall'opponente in merito all'insussistenza di tale ulteriore quota di credito. Eppure, tale onere contrario spettava indubbiamente sull'opponente, gravata di provare l'assenza dell'intero rapporto fondamentale, ex art. 1988 c.c.: il promittente deve dimostrare la mancanza di causa del pagamento promesso, pena la propria soccombenza (similmente, "nella richiesta di decreto ingiuntivo in forza di titolo di credito scaduto è implicita la proposizione anche dell'azione causale, derivante dal rapporto sottostante, mediante utilizzazione del titolo medesimo quale promessa di pagamento, ai sensi dell'art. 1988 c.c., sicchè l'opposizione avverso quel decreto non può trovare fondamento nella sola circostanza della prescrizione dell'azione cartolare, spettando all'opponente di fornire la prova contraria alla presunzione di esistenza del rapporto fondamentale, fissata in favore del creditore dal citato art. 1988 c.c." Cass. 26/2017). Sull'addebito IVA nel precetto Sono del tutto inammissibili, poi, in questa fase le doglianze relative ad un asserito erroneo addebito IVA nel precetto notificato insieme al D.I. emesso. La presente fase concerne l'opposizione al D.I. e la validità formale e sostanziale dell'obbligazione che fonda detto titolo, senza aver riguardo delle spese ed accessori addebitati nel precetto che, evidentemente, costituiscono un posterius relativo alla fase esecutiva. Conclusioni Accertata la ricorrenza di una promessa di pagamento per Euro 29.095,00 in favore della ditta (...) opposta e mancata la prova contraria da parte della promittente-opponente, la domanda di quest'ultima deve essere rigettata con conferma del D.I. opposto. Le spese di giudizio della presente fase seguono la soccombenza e si liquidano, a mente dei valori minimi di cui al D.M. n. 55 del 2014, in Euro 3.972,00 per compensi oltre spese generali, IVA e CPA come per legge. Le spese di CTU sono poste a carico definitivo dell'opponente. P.Q.M. definitivamente pronunciando sulla causa in epigrafe, il Tribunale in composizione monocratica, ogni altra istanza, domanda ed eccezione disattese e/o assorbite, così provvede: - Rigetta l'opposizione e, per l'effetto, conferma il D.I. n. 577 del 2016 del 23/11/2016 emesso dal Tribunale di Belluno ((...) 1388/2016 - notificato il 13/12/2016); - Condanna l'opponente (...), alla refusione in favore dell'opposta (...), in persona del titolare (...), delle spese di lite per Euro 3.972,00 per compensi oltre spese generali, IVA e CPA come per legge; - Pone le spese di CTU a carico di parte opponente, salva eventuale rivalsa. Così deciso in Belluno il 4 giugno 2019. Depositata in Cancelleria il 6 giugno 2019.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BELLUNO Il Tribunale, in composizione monocratica, in persona del dott. Paolo Velo, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa numero 1006/15 RG, promossa con atto di citazione notificato il 08.07.15 da: (...), (C.F. (...)) - Ammesso a patrocinio a spese dello Stato come da Delib. 28 gennaio 2015 del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Belluno - Rappresentato e difeso dall'Avv. Le.Co. e domiciliato presso il suo studio in Belluno, Via (...), come da mandato a margine dell'atto di citazione; CONTRO (...) (C.F.: (...)), corrente a 32040 D. di C. - Frazione V. di C. (B.) in via (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, Geom. (...), Rappresentato e difeso dall'avv. Gi.Mu. del Foro di Belluno come da procura in atti, e domiciliato, ai soli fini del procedimento de quo, presso lo studio della stessa in 32042 Calalzo di Cadore (BL) alla via (...); OGGETTO: usucapione; MOTIVAZIONE 1) L'attore (...) ha esposto quanto segue. 1.1) E' proprietario di un fabbricato e del terreno di pertinenza in D. di C., località V., meglio identificato nell'atto di citazione. Il fondo sul quale insiste il fabbricato di sua proprietà è totalmente intercluso al transito veicolare; l'accesso pedonale è garantito da una ripida scalinata, realizzata su una fascia di terreno censita al NCT di Domegge di Cadore, foglio (...), mappale (...), che non è ulteriormente allargabile al fine di consentire il traffico veicolare, che sarebbe comunque impossibile, considerata la forte pendenza. 1.2) Il (...) è titolare del terreno circostante, adibito in parte a prato e in parte a piazzale, con rampa di collegamento alla strada pubblica. L'accesso veicolare e, in parte, pedonale alla casa dell'attore è stato effettuato, da oltre trenta anni, dall'attore e dalla sua dante causa ((...), nata il (...) e deceduta il 16.08.1993) secondo il tragitto indicato in rosso nella planimetria prodotta sub (...) (percorrendo Via (...), imboccando la rampa e, quindi, il piazzale del Condominio fino allo spigolo sud-ovest, per poi accedere allo spigolo nordest del mappale (...) di proprietà dell'attore e, di lì, al mappale (...) ed al fabbricato dominante. 1.3) In epoca recente il Condominio ha installato una ringhiera, lungo il bordo del piazzale, che impedisce il passaggio veicolare e l'attore è costretto ad arrestarsi con la vettura al limite del piazzale, scaricare le proprie cose e quindi scavalcare la ringhiera per accedere al proprio fondo. 1.4) Ha quindi chiesto l'accertamento della servitù, per intervenuta usucapione e, in via subordinata, ai sensi degli artt. 1051 e 1052 c.c., evidenziando anche la sussistenza dei presupposti per l'applicazione della sentenza della Corte Costituzionale numero 167 del 1999. 2) Il Condominio convenuto ha contestato la pretesa ed ha esposto quanto segue. 2.1) Il fabbricato dell'attore non insiste su un fondo totalmente intercluso; esso è servito, da tempo immemorabile, da un accesso diretto alla via pubblica attraverso il mappale (...), di proprietà dello stesso (...), che consente il passaggio pedonale, ammesso dallo stesso attore. Inoltre, attraverso i mappali (...), (...) e (...), tutti in ditta attorea, è possibile accedere ad un'altra strada pubblica, chiamata "Viale (...)", così come rileva da un cancello in loco. 2.2) L'attore non si è mai servito del fondo del '(...)' per l'accesso veicolare alla di lui proprietà, posto che, dall'edificazione del plesso condominiale ad oggi i terreni delle odierne parti processuali sono stati divisi da un muro in cemento, prima ornato da una ringhiera in ferro ed ora da una recinzione lignea. 2.3) Il "tragitto indicato in rosso" cui si riferisce parte attrice non corrisponde ad alcuna servitù; si tratta di un tracciato arbitrariamente individuato e disegnato dalla parte attrice. 2.4) Il Condominio ha eccepito l'improcedibilità della domanda per difetto del tentativo di mediazione obbligatoria; nel merito ha contestato che la servitù sia apparente e che sussistano i presupposti per la costituzione della servitù coattiva, chiedendo in ogni caso il rigetto della domanda perché infondata. In via riconvenzionale ha chiesto che venga accertata l'insussistenza della servitù di passaggio. 3) Alla prima udienza del 26.11.15 la difesa di parte attrice ha eccepito l'indeterminatezza dell'eccezione di parte convenuta, laddove deduce l'esistenza di un (ulteriore) passaggio verso la via pubblica attraverso i mappali (...), (...), (...). Alla medesima udienza il procedimento è stato sospeso, per difetto dell'esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria. 4) Il procuratore dell'attore, deducendo di avere esperito il tentativo di mediazione, ha riassunto il giudizio; tuttavia, all'udienza del 22.09.16, il procuratore del condominio convenuto ha eccepito il mancato esperimento della mediazione, perché la parte non si era presentata personalmente e il difensore non era munito di procura speciale, chiedendo la declaratoria di improcedibilità della domanda giudiziale. Il Giudice ha assegnato alle parti termine per brevi note difensive, rinviando l'udienza al 07.03.17, alla quale si è riservato. In data 20.12.16, nelle more dell'udienza prevista per il 07.03.17, l'attore ha attivato nuovamente la procedura di mediazione; all'incontro, fissato il 10.02.2017 è comparso l'attore personalmente, assistito dal difensore; la mediazione ha avuto esito negativo. All'udienza del 07.03.17 il procuratore del Condominio convenuto ha insistito per l'accoglimento dell'eccezione di improcedibilità restando ininfluente la seconda mediazione introdotta. Il Giudice si è riservato e, con ordinanza datata 18.05.17, ha rigettato l'eccezione del condominio convenuto (1), assegnando alle parti i termini previsti dall'art. 183, comma 6, c.p.c.. 5) A seguito del deposito delle memorie istruttorie, è stata disposta Consulenza Tecnica d'Ufficio, affidata al Geom. Lu.Bo. Dalla relazione di CTU datata 06.05.2018 emerge, fra l'altro, quanto segue. 5.1) L'immobile di comproprietà della parte attrice sig. (...) è costituito da una casetta unifamiliare, composta da un abitazione al piano rialzato, una soffitta e un seminterrato ad uso cantina, realizzata con Licenza Edilizia 57/68 del 19.08.1968 e divenuta abitabile con Autorizzazione di Abitabilità del 24.02.1970. L'immobile ha accesso dalla via Borgonuovo tramite una scalinata di larghezza utile di circa 1,40. Tale scalinata insiste sul mappale n. (...), che è in comproprietà dell'attore. Dagli elaborati progettuali si è potuto appurare che era originariamente prevista una strada di accesso al fabbricato proprio su tale area (mapp. (...) in comproprietà' dell'attore, nel luogo ove oggi sorge la scalinata); tuttavia realizzare un accesso veicolare su tale percorso sarebbe stato impossibile, a causa della pendenza elevata, ed è stata pertanto realizzata una scalinata. 5.2) Non vi sono servitù trascritte in favore del fondo di proprietà dell'attore ed a carico del fondo sul quale insiste il condominio convenuto. Il CTU ha esposto di non avere reperito opere visibili e permanenti destinate alla servitù di passaggio reclamata dalla parte attrice. Tra il (...) e la casa dell'attore, posta a valle, è interposta una recinzione, posata da tempo, che impedisce il passaggio; pur non essendo databile, è presumibile che essa sia stata realizzata contestualmente al condominio stesso (costruito con concessione edilizia 27/81 del 21/07/1981 e dichiarato abitabile con certificato di abitabilità del 09/11/1985, protocollo (...)). In ogni caso, nell'elaborato fotografico allegato a una DIA prot (...) del 18.06.2006 la recinzione era visibile, ma risultava ancora priva del completamento ligneo, mentre nell'elaborato fotografico allegato alla DIA prot (...) del 24.08.2009 la recinzione ne era provvista. Inoltre sul presunto accesso ai fondi dell'attore da tempo vi è uno stendibiancheria "fisso amovibile" (intendesi verosimilmente fisso, ma asportabile con facilità). Nel tragitto tra in condominio e la casa dell'attore non vi sono tracce evidenti di pregressi passaggi e vista la conformazione dei luoghi appare assai difficile poter ipotizzare un libero passaggio pedonale e, ancor più, con autoveicoli (specie considerata la pendenza, cfr. fotografie a pagina 15 della CTU, NdR). 5.3) Poiché il fondo di parte attrice è dotato del descritto accesso pedonale, non può essere considerato intercluso. Esso tuttavia non può essere raggiunto con autoveicoli e, considerate le dimensioni e la posizione, nonché il dislivello, l'attuale accesso pedonale non può essere ampliato per realizzare un passo carrabile. 5.4) Non esistono allo stato altri accessi alla via pubblica. Per quanto riguarda il percorso alternativo indicato dal Condominio convenuto, il CTU ha rilevato che attraverso i mappali (...),(...) e (...) non si raggiunge la via pubblica, ma si raggiunge il mappale n. (...) che a sua volta non confina con la via pubblica. Per poter arrivare alla Via T. bisognerebbe attraversare tutto il mappale (...) e il mappale (...). Tali terreni sono considerati "edificabili" dallo strumento attuativo comunale e un attraversamento degli stessi, considerato lo stato dei luoghi e la pendenza sarebbe possibile intersecandoli in zona centrale, compromettendo la potenzialità' edificatoria degli stessi. Inoltre, si tratta di terreno in forte pendenza nord-sud, che è ulteriormente accentuata in corrispondenza del tratto terminale del mappale (...), che si presenta fortemente scosceso ed è inadatto alla realizzazione di una strada passaggio veicolare, se non previa realizzazione di opere provvisionali complesse. Ove fosse riconosciuta l'insufficienza del passaggio pedonale rispetto ai bisogni del fondo e si ritenesse di dover dotare il fondo attoreo di un accesso veicolare, il CTU ha esposto di ritenere che la via più adeguata e meno onerosa coincida con quella indicata dall'attore, attraverso la esistente strada-percorso di accesso dalla Via T. che porta agli ingressi del (...). Creare l'accesso all'attore dalla esistente strada che porta ai garage comporterebbe eventualmente la perdita della superficie di un solo posto auto per il Condominio, il quale potrà comunque essere recuperato in altro luogo. Il CTU ha precisato che nel (...) sono presenti internamente n. 11 Autorimesse a fronte di 10 appartamenti. 6) Si deve osservare che nella presente causa appare centrale l'apprezzamento della Consulenza Tecnica svolta. La Consulenza risulta approfondita, argomentata e coerente ed ha preso in considerazioni le osservazioni dei Consulenti di parte. Non emergono motivi di alcun genere per discostarsi dagli elementi forniti dalla CTU e questo Giudice ritiene pertanto, in particolare con riguardo all'esposizione dello stato di fatto, di condividerne i risultati e farli propri. 7) La domanda proposta dalla parte attrice deve essere rigettata. 8) Non è necessario integrare il contraddittorio nei confronti dei terzi proprietari dei terreni censiti ai mappali (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...) e (...) del fg (...) del Nct del Comune di Domegge di Cadore (indicati dalla parte convenuta come idonei ad ospitare l'azionata servitù di passaggio veicolare). Il Giudice deve infatti limitarsi a verificare le condizioni di asservimento del terreno indicato dall'attore, senza necessità alcuna di effettuare tale verifica nei confronti di proprietari di fondi diversi, attraverso i quali potrebbero astrattamente essere individuate ulteriori soluzioni. Sul punto, si vedano: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6562 del 31/03/2015 (Rv. 634795 - 01), "Nella controversia per la costituzione di una servitù di scarico coattivo, qualora l'interclusione del fondo sia tale da consentire più soluzioni per il collegamento alla pubblica fognatura e il proprietario del fondo intercluso convenga in giudizio il proprietario di uno solo dei fondi circostanti, non è necessaria l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri proprietari, dovendo il giudice limitarsi a verificare le condizioni di asservimento del terreno indicato dall'attore, tra le quali che la servitù sia costituita nel modo più conveniente (anche economicamente) per il fondo dominante e meno pregiudizievole per quello servente, riferendosi il criterio del minor pregiudizio esclusivamente al fondo servente e quello della maggior convenienza anche al fondo dominante, il quale non deve essere assoggettato ad eccessivo disagio o dispendio"; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10045 del 16/04/2008 (Rv. 602772 - 01), "Ai fini della costituzione di una servitù di passaggio in favore di un fondo intercluso, il proprietario di quest'ultimo è tenuto soltanto a provare lo stato di interclusione, spettando poi al giudice di merito il compito di accertare e determinare in concreto il luogo di esercizio della servitù. A tal fine devono essere contemperati il criterio della maggiore brevità di accesso alla pubblica via con quello del minor aggravio per il fondo servente, con una valutazione che - ove la soluzione più conveniente riguardi il proprietario di un fondo non parte in causa - non presuppone la necessaria integrazione del contraddittorio nei confronti del medesimo". 9) Come ha rilevato la Consulenza tecnica disposta nel giudizio, l'immobile della parte attrice non è intercluso, perché dispone di un passaggio pedonale. L'immobile dell'attore, precisamente, ha accesso dalla via Borgonuovo tramite una scalinata di larghezza utile di circa 1,40; tale scalinata insiste sul mappale n. (...), che è in comproprietà dell'attore. E' importante notare, sotto questo profilo, che l'immobile è stato costruito nelle esatte condizioni in cui si trova ora (con Licenza Edilizia 57/68 del 19.08.1968 ed è divenuto abitabile con Autorizzazione di Abitabilità del 24.02.1970). Il CTU ha riferito che dagli elaborati progettuali si è potuto appurare che era originariamente prevista una strada di accesso al fabbricato proprio sull'area su cui insiste la scala (mapp. (...) in comproprietà dell'attore, nel luogo ove oggi sorge la scalinata); tuttavia realizzare un accesso veicolare su tale percorso sarebbe stato impossibile, a causa della pendenza elevata, ed è stata pertanto realizzata una scalinata. Risulta quindi che l'immobile della parte attrice non è mai stato dotato di un accesso carrabile. 10) Poiché si tratta di una zona montana e considerata la posizione dell'immobile, non si può ritenere indispensabile un accesso carraio al fabbricato. L'accesso veicolare non si può infatti ritenere indispensabile sempre e comunque, a prescindere dalla valutazione concreta dello stato dei luoghi (per fare un facile esempio, chi è proprietario di un immobile nel centro storico di Venezia non può avere un accesso carrabile); ove si acquisti o si realizzi un'abitazione in una zona impervia o particolarmente scomoda, non si potrà poi pretendere di realizzare un passaggio veicolare, a discapito del vicino, che ivi abbia realizzato (in epoca successiva) altro e diverso manufatto. Ove la parte attrice avesse ritenuto di avere la necessità dell'accesso veicolare, avrebbe potuto verificare la concreta realizzabilità di esso anteriormente all'edificazione o all'acquisto dell'abitazione; come si è visto, il progetto originario prevedeva un accesso veicolare impossibile da realizzare effettivamente: se ne deduce che quando è stata realizzata l'abitazione fu ritenuto sufficiente l'accesso pedonale. E' anche opportuno notare che il condominio convenuto è stato costruito oltre dieci anni dopo la costruzione dell'abitazione della parte attrice (il condominio è stato costruito con concessione edilizia del 1981 e dichiarato abitabile nel 1985); laddove oggi viene chiesta la costituzione della servitù, prima della costruzione del condominio non vi era alcun genere di passaggio. 11) Va inoltre osservato che la parte attrice pretenderebbe di transitare attraverso il cortile del condominio. Per quanto tale corte sia adibita a transito per i garages del condominio, essa non perde la propria natura di elemento pertinenziale di immediata fruibilità e il passaggio di terzi attraverso di essa è suscettibile di compromettere in modo rilevante l'utilizzo dello scoperto condominiale. Apparirebbe difficile costituire su tale area una servitù di passaggio coattivo, a mente della previsione dell'art. 1051, ultimo comma, c.c. 12) La pretesa servitù non è usucapibile, perché non è apparente. Non vi è alcuna opera visibile e permanente destinata all'esercizio della servitù, perché non emerge in alcun modo la possibilità di un transito veicolare (e, per vero, neppure pedonale) che conduca alla proprietà della parte attrice. Come si nota chiaramente dalle fotografie e come ha rilevato il CTU (si veda pagina 15 della relazione), vista la conformazione dei luoghi, appare assai difficile ipotizzare un libero passaggio pedonale, prima ancora che con autoveicoli. Tra il condominio convenuto e la proprietà di parte attrice infatti, oltre ad esservi una ringhiera (già presente nell'elaborato fotografico allegato a una DIA prot (...) del 18.06.2006, ancora priva del completamento ligneo, mentre nell'elaborato fotografico allegato alla DIA prot (...) del 24.08.2009 la recinzione ne era provvista), che preclude materialmente il passaggio, vi è anche un significativo dislivello. 13) Deve essere conseguentemente accolta la domanda riconvenzionale svolta dal condominio, di accertamento negativo, con dichiarazione della insussistenza della servitù di passaggio pedonale e veicolare. 14) Parte attrice deve essere condannata alla rifusione alla controparte delle spese di lite, liquidate come in dispositivo tenuto conto della natura della causa, dell'effettivo valore della stessa e dell'attività processuale svolta in giudizio. Le spese di CTU devono essere definitivamente poste a carico di parte attrice. PER QUESTI MOTIVI Definitivamente pronunciando nella causa n. 1006/ 15 RG, disattesa ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione: 1) Rigetta le domande proposte dalla parte attrice (...); 2) accerta e dichiara che non sussiste alcuna servitù di passaggio pedonale e carraio sul terreno di cui al mappale (...) del foglio (...) in Comune di Domegge di Cadore - Frazione Vallesella di Cadore ed a favore dell'immobile di cui al mappale (...) del medesimo foglio; 3) Pone le spese di CTU definitivamente a carico della parte attrice (...), fermo restando l'obbligo solidale nei confronti del Consulente, e condanna la stessa parte attrice a restituire alla parte convenuta (...), in persona dell'Amministratore pro tempore, gli anticipi da questa eventualmente versati, oltre ad interessi dalla data del pagamento degli anticipi alla data della effettiva restituzione. 4) Condanna parte attrice (...) a rifondere le spese di lite in favore della parte convenuta (...), in persona dell'Amministratore pro tempore, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, oltre al 15% per spese generali ed oltre ad IVA e CPA, come per legge; Così deciso in Belluno il 26 gennaio 2019. Depositata in Cancelleria il 28 marzo 2019.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI BELLUNO Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott.ssa Anna Travìa - Presidente rel. dott. Umberto Giacomelli - Giudice dott. Fabio Santoro - Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 416 / 2017 promossa da: (...) (C.F. (...) ) con il patrocinio dell'avv. DA.AL. e dell'avv. AZ.LE. ((...)) Indirizzo Telematico; DE.DI. ((...)) Indirizzo Telematico; elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico presso il difensore avv. DA.AL. contro (...) (C.F. (...)) con il patrocinio dell'avv. DE.CO. e dell'avv. elettivamente domiciliato in VIA (...) 32100 BELLUNO presso il difensore avv. DE.CO. (...) (C.F. (...)) con il patrocinio dell'avv. TR.FE. e dell'avv. TR.ST. ((...)) VIA (...) 30174 MESTRE; DE.GI. ((...)) VIA (...) VENEZIA MESTRE; elettivamente domiciliato in VIA (...) VENEZIA MESTRE presso il difensore avv. TR.FE. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato in data 27.3.17 parte attrice chiedeva che venisse accertato e dichiarato che la donazione disposta dalla Signora C.P. in data 30.3.09, n. repertorio (...), aveva leso la sua quota di legittima, in quanto legittimario pretermesso; che, conseguentemente, venisse ridotta ai sensi dell'art. 555 c.c. , in tutto, o in parte, la suddetta donazione, al fine di reintegrare la sua quota di legittima. Con comparsa di costituzione e risposta si costituiva in giudizio l'avv. Ba.Ba., quale amministratore di sostegno della Signora (...), chiedendo che tutte le domande attoree venissero respinte perché infondate o inammissibili, con condanna dell'attore al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., quanto meno nella previsione del terzo comma, danni da liquidarsi in via equitativa. Con comparsa di costituzione e risposta si costituiva in giudizio la convenuta (...), deducendo che nell'atto di citazione l'attore aveva taciuto dell'atto di donazione della madre in suo favore in data 27 gennaio 2009, rogato dal Notaio (...) n. (...) di Rep. e n. (...) di Racc., reg.to a Mestre il 29.01.09 ( doc. n. 8), con cui la madre gli aveva donato l'importo di Euro 165.000,00; concludeva chiedendo che le domande attrici venissero respinte perchè infondate in diritto ed in fatto, condannando la parte attrice quantomeno ex art. 96 co. III c.p.c. al risarcimento dei danni da liquidare in via equitativa. Concessi i termini ex art. 183 c.p.c., con ordinanza in data 23.5.18 veniva fissata l'udienza di precisazione delle conclusioni. All'udienza del 26.10.18 le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva rimessa al Collegio, con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. L'art. 564 co. II c.c. dispone che " In ogni caso il legittimario che domanda la riduzione di donazioni o di disposizioni testamentarie, deve imputare alla sua porzione legittima le donazioni e i legati a lui fatti, salvo che ne sia stato espressamente dispensato ". L'imputazione delle donazioni ricevute (al pari della accettazione con beneficio di inventario prevista dal medesimo art. 564 c.c. al comma primo, nella sola ipotesi in cui il legittimario sia anche erede) risulta essere una condizione dell'azione di riduzione che, in quanto tale, deve sussistere al momento della proposizione della domanda. Risulta pertanto tardiva la, sia pur parziale, imputazione effettuata da parte attrice nella memoria ex art. 183 n. 1 c.p.c. (pp. 2-3: "Anche alla luce di ciò si deve leggere la successiva donazione materna nei confronti del (...) di cui solo, però, una parte deve essere imputata ad anticipo di quota di legittima, mentre l'altra va a saldo della successione paterna"), a seguito dell'eccezione formulata dalla convenuta (...) nella propria comparsa di costituzione e risposta. Risulta infine dall'atto pubblico in data 29.1.09 (doc. 8 conv. (...)) che la donazione è stata effettuata all'attore "con obbligo di collazione e di imputazione". La domanda di riduzione proposta da parte attrice deve, pertanto, essere respinta. Deve essere respinta la domanda di condanna al risarcimento del danno, avanzata dalle parti convenute, non risultando provate la mala fede e la colpa grave, come richiesto dall'art. 96 c.p.c.: come affermato dalla Corte di Cassazione ( Cass. SU, sent. 13.9.18 n. 22405 ), " La condanna ex art. 96 c.p.c. è volta a salvaguardare finalità pubblicistiche, correlate all'esigenza di una sollecita ed efficace definizione dei giudizi, nonché interessi della parte vittoriosa ed a sanzionare la violazione dei doveri di lealtà e probità sanciti dall'art. 88 c.p.c., realizzata attraverso un vero e proprio abuso della "potestas agendi" con un'utilizzazione del potere di promuovere la lite, di per sé legittimo, per fini diversi da quelli ai quali esso è preordinato, con conseguente produzione di effetti pregiudizievoli per la controparte. Ne consegue che la condanna, al pagamento della somma equitativamente determinata, non richiede né la domanda di parte né la prova del danno, essendo tuttavia necessario l'accertamento, in capo alla parte soccombente, della mala fede (consapevolezza dell'infondatezza della domanda) o della colpa grave (per carenza dell'ordinaria diligenza volta all'acquisizione di detta consapevolezza)". Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda ed eccezione disattese, 1. rigetta la domanda proposta da parte attrice; 2. condanna l'attore alla rifusione delle spese processuali in favore della convenuta (...), che liquida in Euro 5.000,00 per compenso professionale, oltre spese generali, IVA e CPA, ed alla rifusione delle spese processuali in favore della convenuta V.F., che liquida in Euro 5.000,00 per compenso professionale, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Belluno il 29 gennaio 2019. Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2019.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BELLUNO SEZIONE CIVILE In persona del giudice unico (...) ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. (...)/2014 del Ruolo Generale Affari Contenziosi, trattenuta in decisione l'11/10/2018 e vertente TRA (...) rappresentata e difesa, in forza di procura in calce alla citazione, dall'Avv. Va.Na., con domicilio eletto nella Cancelleria dell'intestato Tribunale, (opponente) (...), in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa, in forza di mandato a margine del ricorso per D.I., dall'Avv. (...) con domicilio eletto presso il suo studio in Belluno alla (...), (opposta) (...) S.P.A., in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa, in forza di mandato a margine del ricorso per D.I., dall'Avv. (...) con domicilio eletto presso il suo studio in Belluno alla (...), (intervenuta) OGGETTO: opposizione a DI n. (...)/2014 del 03/02/2014 emesso dal Tribunale di Belluno (R.G. 118/2014 - notificato il 15/02/2014) - fideiussione. IN FATTO E IN DIRITTO Con atto di citazione notificato il 26/03/2014 (...) ha convenuto in giudizio (...) (di seguito (...)) in opposizione al D.I. n. (...)/2014 del 03/02/2014 emesso dal Tribunale di Belluno (RG. (...)/2014 notificato il 15/02/2014). Tale D.I. è stato emesso con formula di provvisoria esecuzione in favore di (...) ed a carico solidale di (...) e di (...) nonché di (...) quale fideiussore e terza datrice di ipoteca sino alla concorrenza della somma di Euro 117.000,00, rispetto alla complessiva pretesa di Euro 248.548,71, derivante da rapporti di conto corrente, mutuo e fideiussori facenti capo alla prima s.n.c. (doc. n. 1, 2 e 3 fasc. mon.) L'opponente ha formulato le seguenti conclusioni: "1) Accertare e dichiarare la nullità delle fideiussioni fatte sottoscrivere alla Sig.ra (...) poiché gli artt. 2, 7 e 9 presenti nelle stesse ricalcano le clausole di "revivescenza" di deroga all'art. 1957 c.c. e di "sopravvivenza". di cui allo schema contrattuale ABI dichiarate lesive della concorrenza dall'Antitrust, con parere del 20.04.2005, nonché anche da Banca d'Italia con provvedimento n. 55 del 2.05.2005 (doc. n. 9); 2) Accertare e dichiarare previa revoca di ogni contrario provvedimento, la propria incompetenza per territorio relativamente al presente procedimento in ragione di espressa pattuizione contrattuale di deroga convenzionale alla competenza per territorio, riconoscendo la competenza a conoscere dello stesso in capo al Tribunale di (...) nella cui circoscrizione ha la sede legale (...); 3) Accertare e dichiarare la sopravvenuta carenza dell'interesse ad agire della convenuta opposta ed altresì dei soggetti giuridici a cui ha ceduto il proprio credito, a seguito della totale soddisfazione del credito, come risulta dai documenti n. 5 e 6 (allegati alle note conclusive depositate in data 15.3.2018), nei limiti per cui è sfato concesso il decreto ingiuntivo qui opposto e conseguentemente accertare e dichiarare la liberazione della (...) dalla garanzia fideiussoria di cui al decreto ingiuntivo opposto, o in via subordinata la riduzione dell'importo preteso in considerazione delle somme ricavate dalla convenuta opposta a seguilo delle esecuzioni immobiliari sui beni immobili dei fideiussori di cui ai docc. n. 5 e n. 6; 4) Accertare e dichiarare inammissibile il mutamento della domanda nel quantum formulato dalla convenuta opposta nel foglio di precisazione delle conclusioni, dimesso in data 27.3.2017, in quanto evidentemente diverso e superiore rispetto al quantum di cui al decreto ingiuntivo opposta alle stesse conclusioni formulate dalla convenuta opposta nella comparsa di costituzione e risposta ed alle risultanze documentali. 5) Accertare e dichiarare la tardività dell'atto di intervento ex art. 111 c.p.c. di (...) S.p.a. quale procuratrice di (...) avvenuto solo in data 26.03.2018 in quanto alla precedente udienza di precisazione 27.3.2017. In via principale nel merito: 1) Accogliere la presente opposizione e revocarsi e/o annullarsi e/o dichiararsi nullo, inefficace destituito di qualsivoglia fondamento il decreto ingiuntivo n. (...)/2014 e n. (...)/2014 Ing. emesso dal Tribunale di Belluno in data 31.01.2014 e notificato il 15.02.2014, per quanto argomentato e dedotto in causa, dichiarandosi che nulla deve la sig.ra (...) virtù del predetto. 2) Accertare e dichiarare la nullità delle fideiussioni prestate in virtù di quanto si è eccepito sopra e comunque la liberazione del fideiussore (...) anche ai sensi dell'art. 1956 c.c. in virtù di tutto quanto provato, dedotto ed argomentato in causa, o, in pia subordinata, ridurne l'importo dell'obbligazione in ragione delle somme ricevute dalla Banca convenuta opposta con le esecuzioni immobiliari sui beni dei fideiussori e datori d'ipoteca. 3) Accertare e dichiarare la sopravvenuta carenza dell'interesse ad agire della convenuta opposta a seguito della totale soddisfazione del credito, come risulta dai documenti n. 5 e n. 6 nel limiti per cui è stato concesso il decreto ingiuntivo qui opposto e conseguentemente accertare e dichiarare la liberazione della (...) dalla garanzia fideiussoria di cui al decreto ingiuntivo opposto, o in via subordinata la riduzione dell'importo preteso in considerazione delle somme ricavate dalla convenuta opposta a seguito delle esecuzioni immobiliari sui beni immobili dei fideiussori di cui ai docc. n. 5 e 6; 4) Condannare (...) al pagamento di spesa diritti ed onorari di causa, oltre a spese generali, I.V.A. e C.P.A., da distrarsi in favore del sottoscritto procuratore antistatario o, in subordine, compensarsi le spese, diritti ed onorari di causa alla luce del fatto che sino ad oggi la convenuta opposta non ha mai dato conto delle somme incassate a seguito delle esecuzioni sugli immobili dei fideiussori". Con comparsa depositata il 18/07/2014 si è costituita in giudizio (...) chiedendo: "nel mento: in via principale: previo rigetto dell'istanza di sospensione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto, per i motivi esposti in atti, respingere le domande e le eccezioni tutte avanzate dall'opponente, in quanto infondate in fatto e in diritto e/o comunque non provate, e, per l'effetto, rigettare l'opposizione proposta dalla Sig.ra (...) avverso il decreto ingiuntivo n. (...)/2014 Es. emesso dal Tribunale di Belluno il 31.1.2014, che dovrà essere conseguentemente confermato; in via subordinata: nella denegata e non creduta ipotesi di revoca del decreto ingiuntivo opposto, respingere le domande, e le eccezioni attoree in quanto inammissibili e/o improcedibili e/o nulle comunque infondate e/o non provate e, conseguentemente, condannare l'opponente al pagamento, in favore della (...), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, della somma di Euro 248.548,71 o della diversa eventuale somma, maggiore o minore, che dovesse risultare dovuta in base alle risultanze istruttorie, oltre ad interessi di mora dal dì del dovuto al saldo; - in ogni caso: con vittoria di spese e compensi della fase monitoria e del presente giudizio di cognizione, oltre al rimborso spese generali nonché C.A. ed IVA come per legge". Successivamente, con atto di intervento del 23/03/2018, si è costituita (...) S.P.A. esponendo di essere procuratrice di (...) S.r.l., a sua volta cessionaria del credito de quo, chiedendo "nel merito: in via principale: per i motivi esposti in atti, siano rigettate le domande e le eccezioni tutte avanzate, in via pregiudiziale e di merito, dall'opponente, in quanto infondate in fatto e in diritto e/o comunque non provate, e, per l'effetto, sia rigettata l'opposizione proposta dalla Sig.ra (...) avverso il decreto ingiuntivo n. (...)/2014 Es, emesso dal Tribunale di Belluno il 31.1.2014, che dovrà essere conseguentemente confermato: in via subordinata: 1) nella denegata e non creduta ipotesi di revoca del decreto ingiuntivo opposto, siano respinte le domande e le eccezioni attoree in quanto inammissibili e/o improcedibili e/o nulle e comunque infondate e/o non provate e, conseguentemente, sia condannata l'opponente al pagamento, in favore della (...), e poi, in virtù del contratto di cessione stipulato in data 30.9.2015, in favore di (...), della somma di Euro 117.000,000 o della diversa eventuale somma, maggiore o minare, che dovesse risultare dovuta in base alle risultanze istruttorie, oltre ad interessi di mora dal dì del dovuto al saldo; - in ogni caso: con vittoria di spese, compensi 'A e oltre a 15% spese generali, IVA e CPA come per legge della fase monitoria e del presente giudizio di cognizione". Le parti hanno precisato le conclusioni all'udienza dell'11/10/2018, dopodiché la causa è stata trattenuta in decisione con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. IN FATTO In esito all'istruttoria, sono risultati pacifici, incontestati o provati i fatti che seguono. Con fideiussione specifica del 07/11/2005 l'opponente (...) si costituiva fideiussore di (...) per l'importo di Euro 91.000,00 nei confronti di (...) in relazione all'apertura di credito in c/c n. (...)/061687 dell'08/11/2005 (doc. I fasc. mon.) successivamente aumentato fino ad Euro 104.000,00 con atto del 09/02/2007 e fino ad Euro 117.000,00 con atto del 05/10/2007 (doc. I quater fasc. mon.) Con fideiussione specifica del 09/11/2005 (doc. 3 fasc. mon.) l'opponente (...) si costituiva fideiussore di (...) per l'importo di Euro 45.000.00 nei confronti di (...) in relazione alla fideiussione prestata da quest'ultima in favore di (...) s.p.a.. Con fideiussione specifica del 30/10/2008 (art. 6 contratto di mutuo ipotecario di pari data e relativo all. B, doc. 2 fasc. mon.) l'opponente (...) si costituiva fideiussore di (...) S.n.c. per l'importo di Euro 140.000,00 nei confronti di (...) in relazione al contratto di mutuo stipulato con (...). Con lettere del 01/08/2013 dirette a (...) s.c.n., all'opponente ed all'altro fideiussore (docc. 4-6 fasc. mon.) (...) ha revocato gli affidamenti concessi. Sull'intervento di (...) Le doglianze formulate dall'opponente con riferimento alla tardività dell'intervento di (...) sono prive di rilievo, in quanto è evidente che quest'ultimo è sviluppato prima dell'udienza dell'11/10/2018 in cui sono state precisate le conclusioni a seguito del rinvio espressamente disposto "per la precisazione delle conclusioni" alla precedente udienza del 28/03/2018. Quanto al proprium dell'intervento se ne accerta l'ammissibilità in ragione del conferimento di procura avvenuto per atto notarile del 16/12/2015 da parte della predetta (...) (doc. 2 intervenuta), a sua volta Cessionaria del credito qui contestato in virtù di contratto di cessione di rapporti giuridici pro soluto in blocco ai sensi del combinato disposto degli artt. 1 e 4 della Legge 30 aprile 1999 n. 130 e degli art. 58 e 59 del Testo Unico delle Leggi in materia Bancaria e Creditizia, stipulato il 30/09/2015 con (...), pubblicato in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 118 del 13/10/2015, ex art. 58 T.U.B. (doc. 3 intervenuta). Quanto sopra è conforme, infatti, al disposto dell'art. 1 commi 1, 3 e 4 c.p.c., per cui "Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto fra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie.... In ogni caso il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, l'alienante o il successore universale può esserne estromesso. La sentenza pronunciata contro questi ultimi spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare ed è impugnabile anche da lui, salve le norme sull'acquisto in buonafede dei mobili e sulla trascrizione." Sull'eccepita incompetenza territoriale per deroga pattizia Ritiene questo giudicante che l'eccezione di incompetenza territoriale non sia fondata. La deroga alla competenza territoriale è idonea a concedere l'assoluta unicità al foro eletto dalle parti solo laddove risulti inequivocabilmente l'esclusività della scelta. Per la Corte di legittimità (Cass. ord. n. 20478/2016 che richiama Cass. ord. n. 18707/2014), il disposto di cui all'art. 29, c. 2 c.p.c. deve essere così interpretato: "la designazione convenzionale di un foro territoriale, anche ove coincidente con alcuno di quelli previsti dalla legge, assume carattere di esclusività solo in caso di pattuizione espressa, la quale, pur non dovendo rivestire formule sacramentali, deve comunque risultare da una inequivoca e concorde manifestazione di volontà delle parti volta ad escludere la competenza degli altri fori previsti dalla legge, sicché la clausola, con la quale venga stabilita la competenza di un determinato foro "per qualsiasi controversia", non è idonea ad individuare un foro esclusivo". Ne consegue che, a norma dell'art. 29, c. 2 cpc gli artt. 17 della fideiussione specifica (per il contratto di mutuo del 30/10/2008, sub allegato B) e delle fideiussioni sottoscritte dalla sig.ra (...) il 07/11/2005 (per l'apertura di credito) e 9/11/2005 (per la fideiussione in favore di (...) S.p.a.) (docc. 1-3 fasc. mon.), ove è prescritta la competenza del Tribunale nel cui circondario ha sede la BANCA senza altri elementi testuali, devono intendersi come elettivi di foro meramente alternativo. La. diversa previsione contenuta nell'alt. 13 del contratto di mutuo (che effettivamente reca una clausola di elezione di foro esclusivo) non può, invece, valere per la competenza a decidere la causa relativa alla fideiussione, sia perché si riferisce espressamente al "presente contratto", ovvero il mutuo (non la relativa fideiussione specifica), sia perché è a sua volta specificamente derogata dal succitato art 17 della fideiussione specifica, che non riportatale esclusività: infatti, lo stesso art. 6 del contratto di mutuo stabilisce che la relativa fideiussione prestata dall'opponente "viene regolata dalle norme e condizioni che allego al presente atto sub B". Dunque, dai documenti contrattuali in atti non emerga l'univoca volontà delle parti di scegliere come unico foro competente il Tribunale di Trento, mentre la previsione di tale foro va intesa come meramente alternativa e concorrente con i fori previsti dagli artt. 18, 19 (luogo di residenza o sede della persona fisica o giuridica convenuta) e 20 (luoghi di nascita e di esecuzione dell'obbligazione) c.p.c.. Sotto il profilo di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c., si rileva che tutti i debitori ingiunti, sia principali che i garanti (fra cui l'odierna opponente, residente in Feltre), hanno sede o residenza nel circondario del Tribunale di Belluno. Con riferimento all'art. 20 c.p.c., emerge che le fideiussioni sono state sottoscritte a (...) (BL) e che il conto corrente su cui dovevano regolarsi l'apertura di credito e le rate del mutuo era acceso presso la filiale della (...) sub n. 32/061687 (cfr. intestazione lettera di apertura di credito e punto 4 contratto di mutuo, docc. 1 e 2 fasc. mon.). Ne deriva la dichiarazione di competenza territoriale del presente Tribunale a conoscere della controversia. Sulla competenza ratione materiae L'opponente eccepisce preliminarmente la nullità delle fideiussioni in quanto regolate, con specifico riferimento agli artt. 2, 7 e 9 delle loro condizioni generali, difformemente dalla normativa concorrenziale vigente, ed in particolare dall'art. 2 della L. n. 287/1990 (c.d. legge antitrust). Questo Giudicante è consapevole che nella competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa rientra (in base ai combinato disposto degli artt. 2 e 33, c. 2 L. n. 287/1990 e dell'art. 3, commi 1, lett. c), e 3 del D.lgs. n. 168/2003) l'accertamento in via principale e con efficacia di giudicato della nullità delle "intese" in sé. Tuttavia, nella presente controversia, il tema della nullità dell'intesa costituisce oggetto di un accertamento incidentale, in sede riconvenzionale ex artt. 34 e 36 c.p.c., all'accertamento della nullità derivata delle specifiche clausole fideiussorie, su cui questo Tribunale è, in ogni caso competente a giudicare trattandosi di eccezione riconvenzionale, idonea paralizzare la domanda di pagamento introdotta con il ricorso monitorio (cfr. Cass. 9174/19877, Tribunale Padova ord. del 13/11/2018 e Tribunale Salerno sent. n. 3016/2018 del 23/08/2018); in tale ambito, il vaglio della nullità negoziale è rimesso al rilievo d'ufficio, come prescritto dall'art. 1421 c.c. (Cass. n. 26242/2014). Dunque, l'accertamento richiesto non può essere precluso in questa sede di competenza, investita com'è della controversia relativa all'efficacia della fideiussione e, prima ancora sotto il profilo logico e tecnico sollevato per eccezione riconvenzionale, della sua validità. Sulla nullità delle fideiussioni Quanto al merito della nullità dedotta, valga il seguito. Ai sensi dell'art. 2 della L. n, 287/1990 "Sono considerati intese gli accordi e/o le pratiche concordati tra imprese nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie: o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari. Sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti nel: a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali; b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, gli investimenti, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico; c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento; d) applicare, nei rapporti commerciali con altri contraenti, condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza; e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun rapporto con l'oggetto dei contratti stessi. Le intese vietate sono nulle ad ogni effetto". Con provvedimento n. B423 del 2 maggio 2005, la Banca d'Italia, quale Autorità garante illo tempore, premesso che "per la clausola relativa alla rinuncia del fideiussore ai termini di cui all'art. 1957 cod. civ. e per le c.d. clausole di "sopravvivenza" della fideiussione non sono emersi elementi che dimostrino l'esistenza di un legame di funzionalità altrettanto stretto. Tali clausole, infatti, hanno lo scopo precipuo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall'inosservanza degli obblighi di diligenza della banca ovvero dall'invalidità o dall'inefficacia dell'obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa" ha disposto che "gli articoli (che dichiara il fideiussore tenuto "a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo", N.d.R.), 6 ("i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall'art. 1957 cod. civ., che si intende derogato", N.d.R.) e 8 ("qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l'obbligo dei debitore di restituire le somme allo stesso erogate", N.d.R.) dello schema contrattuale predisposto dall'ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l'articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/90". Emerge ictu oculi che le clausole-tipo censurate dall'autorità coincidono nell'esatta sostanza con le condizioni generali predisposte dalla (...) opposta ed accettate dall'opponente (cfr. rispettivamente gli artt. 2, 7 e 9, docc. 1, 2 all. B) e 3 fasc. mon.). Non può non disconoscersi l'indirizzo di recente assunto dalla Suprema Corte per cui "l'illecito anticoncorrenziale consumatosi prima della stipula della fideiussione oggetto della presente controversia non può che travolgere il negozio concluso "a valle", per la violazione dei principi e delle disposizioni regolative della materia (a cominciare dall'art. 2 della legge antitrust)" anche sulla base del rilievo che "nell'arresto delle sezioni unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 2207 del 2005) è già stato precisato che "la legge "antitrust" 10 ottobre 1990, n. 287 detta norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato, ovvero chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un'intesa vietata, tenuto conto, da un lato, che di fronte ad un'intesa restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore, acquirente finale del prodotto offerto dal mercato, vede eluso il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza, e, dall'altro, che il cosiddetto contratto "a valle" costituisce lo sbocco dell'intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti" (Cass. 29810/2017). Sono dunque nulle le clausole contrattuali contenute nelle tre fideiussioni prestate dall'opponente: tale vizio deriva dalla loro natura meramente riproduttiva degli schemi contrattuali uniformi ABI, censurabili per il loro "scopo precipuo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall'inosservanza degli obblighi di diligenza della banca ovvero dall'invalidità o dall'inefficacia dell'obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa" nonché per carenza di un "legame di funzionalità" col negozio fideiussorio e - dunque - nulli quali intese vietate dalla normativa antitrust, per il disposto degli artt. 2, c. 2, lett. a), e 3 della L. n. 287/1990 (cfr. Cass. 29810/2017). Sull'estensione delle nullità delle fideiussioni Viene, poi, in rilievo il profilo relativo all'estensione della nullità. Preliminarmente, si nota che la stessa statuizione della Suprema Corte ha indicato la sanzione di nullità dell'illecito anticoncorrenziale come estesa fino a "travolgere il negozio concluso "a valle" in quanto "l'art. 2 della legge n. 287 del 1990... stabilisce la nullità delle "intese", non... (ha) inteso dar rilevanza esclusivamente all'eventuale negozio giuridico originario postosi all'origine della successiva sequenza comportamentale, ma tutta la più complessiva situazione anche successiva al negozio originario la quale in quanto tale realizzi un ostacolo al gioco della concorrenza" (Cass. 29810/2017 che cita Cass. n. 827/1999). Ma vi è altro. Pur notando che detta nullità attinge inizialmente solo tre clausole delle fideiussioni, essa è suscettibile di estendersi all'intero negozio fideiussorio, a norma dell'art. 1419 c. 1 c.c., per cui "la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell'intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità" (applicabile ex art. 1324 c.c. anche agli atti unilaterali, Cass. 10690/2005) laddove, come nel caso di specie, non sia possibile la sostituzione di diritto di tutte le clausole con norme imperative, ex art. 1419, c. 2 c.c.. Infatti, se - sul piano astratto - "l'estensione all'intero negozio degli effetti di tale nullità... si verifica quando la nullità è relativa ad un elemento essenziale del negozio o ad una pattuizione legata alle altre da un rapporto di interdipendenza ed inscindibilità" (Cass. 10536/2002), allora - sul piano concreto del negozio, analizzato - le clausole censurate costituivano una marcata tutela del creditore avverso i rischi da inesigibilità delle obbligazioni principale ed accessoria in deroga a quanto previsto dagli artt. 1956 e 1957 c.c.: esse dipingono elementi, essenziali nell'economia negoziale, di efficacia sostanziale e temporale della garanzia fideiussoria. Con loro si assicura la stabilità della garanzia a prescindere dalla carenza dell'obbligazione principale, il risorgere della garanzia in seguito al risorgere del credito e l'integrità dei diritti derivanti alla banca dalla fideiussione fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, con l'effetto ultimo di approssimare il negozio inizialmente stipulato ad una garanzia di tipo autonomo più che ad una fideiussione, che ha fisiologicamente carattere accessorio. In secundis, l'inclusione di simili pattuizioni nelle condizioni generali di contratto (unilateralmente predisposte destinate per loro natura a disciplinare in maniera uniforme quel tipo di rapporti negoziali, cfr. artt. 1341 e 1342 c.c.) contenute in formulari predisposti da CASSA all'adesione generalizzata dei contraenti (fra cui l'opponente) induce a concludere che le parti non avrebbero stipulato il negozio senza tali clausole, perché specificamente funzionalizzate al raggiungimento dell'obiettivo negoziale delle parti. Ne deriva il rilievo per cui le clausole colpite da nullità erano da reputarsi irrinunciabili per queste ultime, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1419, c. 1 c.c.. Pertanto, anche alla luce di quanto argomentato da recente giurisprudenza di merito (Tribunale Salerno n. 3016/2018 del 23/08/2018), discende la nullità integrale delle fideiussioni contestate, con travolgimento dell'obbligazione accessoria da loro portata a carico dell'opponente (quod nullum est, nullum producit effectum). Conclusioni Per quanto sopra si accoglie l'opposizione con contestuale rigetto della domanda di pagamento proposta dall'opposta e dall'intervenuta. Le spese di ambo le fasi di giudizio, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., sono compensate, ricorrendo le "gravi ed eccezionali ragioni" giustificative, sub specie di rilevante mutamento giurisprudenziale (Corte Cost. sent. n. 77/2018). P.Q.M. definitivamente pronunciando sulla causa in epigrafe, il Tribunale in composizione monocratica, ogni altra istanza, domanda ed eccezione disattese e/o assorbite, così provvede: - Accoglie l'opposizione e, per l'effetto, revoca nei confronti dell'opponente (...) DI n. (...) del 03/02/2014 emesso dal Tribunale di Belluno (RG. (...)/2014 - notificato il 15/02/2014) e rigetta la domanda di pagamento proposta nei confronti dell'opponente (...) dall'opposta Società cooperativa e dall'intervenuta (...) S.P.A.; - Compensa integralmente le spese di lite fra tutte le parti. Così deciso in Belluno il 25 gennaio 2019. Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2019.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BELLUNO SEZIONE LAVORO Il Giudice di Belluno, sezione per le controversie di lavoro, dott.ssa Anna Travìa nella controversia iscritta al n. 181/18 del ruolo generale promossa da (...) (C.F. (...)) con il patrocinio dell'avv. CA.MA. e dell'avv. MA.FR. ((...)) Indirizzo Telematico; elettivamente domiciliato in VIA (...) 32100 BELLUNO presso il difensore avv. CA.MA. contro I.N.P.S. (C.F. (...)) con il patrocinio dell'avv. e dell'avv. LA.MA. ((...)) VIALE (...) BELLUNO; elettivamente domiciliato in presso il difensore avv. (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA ai sensi dell'art. 429 c.p.c.; MOTIVAZIONE Con ricorso depositato in data 9.8.18 il ricorrente proponeva opposizione avverso l'avviso di addebito n. (...), chiedendo che, nel merito in via principale, venisse accertata e dichiarata l'infondatezza della pretesa dell'INPS, venisse dichiarato non sussistere a suo carico l'obbligo di iscrizione alla gestione commercianti e che venisse conseguentemente annullato l'avviso di addebito opposto; nel merito, in via subordinata, che, rilevata la sua buona fede nell'interpretazione contraria della normativa e della non manifesta infondatezza delle eccezioni dallo stesso sollevate, venisse comunque ridotto l'importo dovuto, limitandolo al versamento dei soli contributi previdenziali, al netto delle sanzioni. Si costituiva in giudizio l'Istituto convenuto chiedendo che il ricorso venisse respinto perché infondato. La causa, istruita attraverso le produzioni documentali, veniva discussa all'odierna udienza. Preliminarmente deve essere dichiarata inammissibile la domanda tendente ad ottenere l'annullamento del provvedimento amministrativo opposto, per difetto di giurisdizione del giudice ordinario, competendo il relativo potere al solo giudice amministrativo. Nel merito deve osservarsi che l'art. 1 comma 203 della L. n. 662 del 1996 prevede che: "Il primo comma dell'articolo 29 della L. 3 giugno 1975, n. 160, è sostituito dal seguente: "L'obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla L. 22 luglio 1966, n. 613, e successive modificazioni ed integrazioni, sussiste per i soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti: a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia (... ); b) abbiano la piena responsabilità dell'impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione. Tale requisito non è richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita nonché per i soci di societ. a responsabilità limitata; c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza; d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri o ruoli". Deve preliminarmente osservarsi che l'onere di provare i fatti costitutivi della pretesa vantata dall'INPS, incombe, ai sensi dell'art. 2697 co. I c.c., a quest'ultimo, poiché, come affermato dalla Corte di Cassazione (Cass. sez. L, sent. 6.11.09 n. 23600 ), nel " giudizio ordinario di cognizione su diritti ed obblighi inerenti al rapporto previdenziale obbligatorio e, segnatamente, al rapporto contributivo (.. ) l'eventuale rigetto di censure di tipo formale relative all'iscrizione a ruolo non pregiudica l'accertamento di tale rapporto secondo le ordinarie regole relative alla ripartizione dell'onere della prova, alla stregua delle quali grava sull'ente previdenziale l'onere di provare i fatti costitutivi dell'obbligo contributivo e sulla controparte l'onere di contestare i fatti costitutivi del credito". L'Istituto convenuto non ha provato, con riguardo alla propria pretesa, la sussistenza del requisito della partecipazione personale al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza. Invero è incontestato che l'opponente dal 16.9.94 ha concesso in affitto la propria azienda, costituita da un ristorante pizzeria (doc. 2 ric.). La Corte di Cassazione nella ordinanza 11.2.13 n. 3145 (in tal senso anche Tribunale di Torino, 5 maggio 2011, n. 1394), ha statuito che la "locazione di immobili di proprietà della stessa società costituisce in termini oggettivi una modalità di godimento dei beni medesimi, non diversamente da quanto accade nella similare ipotesi in cui più soggetti contitolari della proprietà di più beni immobili, ricevuti ad esempio per successione ereditaria, diano in locazione gli stessi anziché goderli direttamente". Conseguentemente, ha statuito la Corte di Cassazione, "L'obbligo di iscrizione alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali sorge nel caso di svolgimento di attività commerciale in qualità di titolare e gestore di imprese che siano dirette e organizzate prevalentemente con il lavoro proprio o di componenti familiari e partecipazione personale al lavoro aziendale con carattere di prevalenza e abitualità. Presupposto imprescindibile affinché sussista detto obbligo è costituito dall'esercizio di attività imprenditoriale di natura commerciale, che non ricorre nell'ipotesi in cui la società di persone, di cui il preteso contribuente è socio, si limiti a locare immobili di proprietà ed a percepire il relativo canone di locazione. La locazione di beni immobili può costituire attività commerciale ai fini previdenziali solo ove venga esercitata nell'ambito di una più ampia attività di prestazione di servizi, quale attività di intermediazione immobiliare". Tale principio statuito dalla Corte di Cassazione risulta applicabile anche nel caso di specie, non risultando provato che l'affitto, da parte dell'opponente, del proprio ristorante pizzeria, sia stata effettuata nell'ambito di una più ampia attività di intermediazione immobiliare. Invero la sola locazione di un immobile - in assenza di una più ampia attività di intermediazione immobiliare - non consente di ritenere integrato il necessario requisito della "partecipazione personale al lavoro aziendale" richiesto dall'art. 29 L. 3 giugno 1975, n. 160 sopra citato, non essendo assimilabile la percezione dei canoni derivanti dalla locazione di un solo immobile, o dall'affitto di un'azienda, ad una "partecipazione al lavoro aziendale". La Corte di Cassazione (Cass. sez. L., sent. 26.8.16 n. 17370) ha infine statuito: "Tenuto conto che l'art. 2, L. n. 1397 del 1960, nel testo modificato dall'art. 3, L. n. 45 del 1986, stabilisce a sua volta che analogo obbligo di iscrizione (ricorrendo l'ulteriore requisito della partecipazione personale al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza) grava sui soci di società in nome collettivo e sui soci accomandatari di società in accomandita semplice, risulta evidente che il presupposto imprescindibile per l'iscrizione alla gestione commercianti consiste pur sempre nella prestazione di un'attività lavorativa abituale all'interno dell'impresa, sia essa gestita in forma individuale che societaria: e ciò perché - come a suo tempo rimarcato da Cass. S.U n. 3240 del 2010 - l'assicurazione obbligatoria non intende proteggere l'elemento imprenditoriale del lavoro autonomo, ma piuttosto accomunare commercianti, coltivatori diretti e artigiani ai lavoratori dipendenti in ragione dell'espletamento di attività lavorativa abituale, qualora il loro impegno personale si connoti, rispetto agli altri fattori produttivi, come elemento prevalente all'interno dell'impresa"; in tale pronuncia la Corte di Cassazione osservava: "l'attività di mera riscossione dei canoni di un immobile affittato non costituisce di norma attività d'impresa, indipendentemente dal fatto che ad esercitarla sia una società commerciale (Cass. n. 3145 del 2013), salvo che si dia prova che costituisca attività commerciale di intermediazione immobiliare (Cass. n. 845 del 2010)". In accoglimento dell'opposizione, va accertata e dichiarata la insussistenza dell'obbligo di iscrizione alla Gestione commercianti e va dichiarato che l'opponente nulla deve per i titoli di cui all'avviso di addebito opposto. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Giudice del Tribunale di Belluno in funzione di Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda ed eccezione disattese, 1. dichiara inammissibile la domanda di annullamento dell'avviso di addebito opposto, per difetto di giurisdizione del giudice ordinario; 2. accerta e dichiara la insussistenza, in capo all'opponente, dell'obbligo di iscrizione alla Gestione commercianti e dichiara che l'opponente nulla deve per i titoli di cui all'avviso di addebito opposto; 3. condanna la parte convenuta alla rifusione delle spese in favore dell'opponente, che liquida in Euro 3.000,00 per compenso professionale, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Belluno il 22 gennaio 2019. Depositata in Cancelleria il 22 gennaio 2019.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BELLUNO Il Tribunale, in composizione monocratica, in persona del dott. Paolo Velo, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa numero 1464/14 RG, promossa con atto di citazione notificato il 01.10.14 da: (...), codice fiscale (...) Rappresentato e difeso dagli Avvocati Vl.Pe. e Mi.Gr. e con domicilio eletto presso l'Avv. Li.Bi., in Belluno, Via (...), come da mandato a margine dell'atto di citazione; CONTRO (...), codice fiscale (...) Rappresentato e difeso, giusta procura speciale alle liti apposta in calce su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale e congiunto alla comparsa di costituzione e risposta mediante strumenti informatici, ai sensi di legge, dall'avv. Ma.Qu. ed elettivamente domiciliato presso il predetto avv. Ma.Qu. con p.e.c. (....) E CONTRO (...) (codice fiscale non indicato) (...) (codice fiscale non indicato) (...) (codice fiscale non indicato) TUTTI CONTUMACI OGGETTO: distanze legali tra gli edifici. MOTIVAZIONE 1) Con atto di citazione del 29.04.2014, il sig. (...), comproprietario dell'immobile sito in C. D., Via (...) (p.ed. (...) in P.T. (...) del Libro Fondiario di Cortina D'Ampezzo), conveniva in giudizio i convenuti (...), (...), (...) e il dott. (...), quali comproprietari dell'edificio condominiale posto più a sud, sito sempre nella stessa Via (...) al civico n. 36, deducendo la violazione delle distanze dal confine (che secondo l'art. 7.2 delle (...) del P.R.G. del Comune di Cortina d'Ampezzo sono stabilite nella misura minima di 5 metri, salvo atto di assenso da parte del confinante debitamente registrato e trascritto), per effetto di nuove opere dagli stessi realizzate verso la fine dell'anno 2012 sul lato esposto a nord dell'edificio, che hanno comportato la modifica della sagoma del fabbricato confinante, con la creazione di ulteriore volume edilizio. L'attore, quindi, ha chiesto il ripristino dello status quo ante o, in subordine, l'arretramento delle opere realizzate, a distanza di legge, nonché il conseguente risarcimento del danno subito in conseguenza di tale violazione. 2) Nessuno dei convenuti si costituiva ritualmente, con conseguente declaratoria di contumacia dei medesimi. Nel corso dell'istruttoria è stata assunta prova testimoniale ed è stata svolta Consulenza Tecnica d'Ufficio, successivamente alle quali si è costituito il dr. (...). 3) Egli ha esposto che corrisponde al vero che, nel corso dell'anno 2012, sono state realizzate le opere meglio descritte in atto di citazione e, in particolare, l'ampliamento comportante la modifica della sagoma dell'edificio, con creazione di nuovo volume urbanistico sulla parete nord dello stesso edificio. Corrisponde altresì al vero, come, peraltro, accertato anche dal Consulente Tecnico nominato dal Giudice, che tale ampliamento è stato realizzato ad una distanza dal confine della comproprietà dell'attore inferiore a quella stabilita dalle (...) del P.R.G. del Comune di Cortina d'Ampezzo. Ha osservato, tuttavia, di non avere mai reso atti di assenso alla realizzazione di siffatte opere e di essersi opposto, in sede condominiale, alla realizzazione dell'ampliamento; gli altri condomini, essendo in maggioranza, hanno comunque intrapreso la realizzazione dell'opera. Ha dichiarato pertanto di non opporsi alla domanda presentata in giudizio, di demolizione delle opere realizzate dai convenuti, e di essersi costituito al solo fine di chiedere il rigetto della domanda di risarcimento del danno nei suoi confronti, in quanto non responsabile dell'ampliamento. 4) Il testimone (...) (tecnico in materia urbanistica ed edilizia, già dipendente del Comune di Padova), sentito all'udienza del 26.01.18, ha confermato che, alla fine del 2012, furono iniziati i lavori per le opere di ampliamento dell'edificio di proprietà dei convenuti, che ha riconosciuto nelle fotografie e confermato nella consistenza, dichiarando che esse hanno effettivamente modificato la sagoma del fabbricato. Ha riferito di essere stato informato delle circostanze direttamente dai signori (...) e (...), che lo avevano consultato, manifestando contrarietà all'ampliamento. 5) Il CTU nominato, Geom. Lu.Bo.De., ha depositato la propria relazione datata 18.05.17. 5.1) Ha esposto che i luoghi oggetto del presente procedimento si trovano nel Comune di (...) (...) ((...)), in via (...), dove la parte attrice il Sig. (...) è comproprietario di un'unità immobiliare sita in un fabbricato denominato "(...) ", identificato catastalmente al Foglio n.(...) mapp.le (...) e al Tavolare con la p.ed (...) in P.T. (...) del Libro Fondiario di C. D. ((...)) e parti comuni. Lo stesso confina sul lato sud con altra proprietà su cui sorge un fabbricato con più unità abitative, denominato "(...)", identificato catastalmente al Foglio n.(...) mapp.li (...)-(...) e al Tavolare con p.ed (...) in P.T. (...) del Libro Fondiario di C. D. ((...)), di proprietà dei Sig.ri (...) e (...), (...) e (...) (parti convenute, che all'epoca di svolgimento della CTU erano tutte contumaci) i quali, alla fine del 2012, davano inizio a lavori edili presso la loro proprietà, in particolare rifacendo il vano scala comune e realizzando un ascensore, con i relativi vani accessori. Tali lavori hanno coinvolto la parte del fabbricato posta a nord dello stesso, verso la zona confinante con la recinzione del fabbricato "(...)", in cui l'attore ha la sua comproprietà. 5.2) A seguito del rilievo eseguito in loco (Allegato C) il CTU ha appurato che il volume oggetto di contenzioso è attualmente profondo 1,94 ml e largo 3,36 ml, a cui aggiungere, all'ultimo piano sottotetto, una sporgenza che corre lungo tutto il volume, dando una profondità di 2,01 ml. e una lunghezza di 3,67 ml.; pertanto oggi le distanze rilevate dalla parte bassa del volume rispetto alla base del muro di recinzione del fondo del fabbricato "(...)" sono nella parte più stretta 1,73 ml. mentre nella parte più larga 2,58 ml.; invece, rispetto alla parte alta del volume, considerata la sporgenza, sono nella parte più stretta 1,58 ml., mentre nella parte più larga 2,51 ml. Da elaborati reperiti dello stato di fatto, risulta che la profondità del vecchio volume era di 0,50 ml e la lunghezza era di 3,36 ml per cui le distanze sono nella parte più stretta rispetto alla base del muro 3,17 ml mentre nella parte più larga 4,02 ml. 5.3) Per quanto attiene alla normativa locale di riferimento, di tipo edilizio ed urbanistico, ha esposto: - che le Norme di Attuazione del Comune di Cortina D'Ampezzo (BL) in riferimento alle distanze Art. n.7 punto 2 - Distanze dai confini di proprietà e di zona dice al primo comma "ad eccezione della ZTO A e salvo specifiche disposizioni riferite a singole zone del PRG ( per quanto riguarda la Zona B1/132 ove si trova il volume oggetto di contenzioso non vi sono disposizioni in merito) la distanza minima fuori terra dei fabbricati di nuova costruzione dai confini di proprietà è stabilita nella metà della distanza da osservarsi tra i fabbricati, con un minimo di 5 ml"; al secondo comma puntualizza che "distanze inferiori di cui al primo comma, possono essere consentite solo nel caso esista un atto di assenso da parte del confinante debitamente registrato e trascritto"; - che il Regolamento Edilizio Comunale all'art. 21- Interventi Edilizi in deroga dice al comma 1 "qualora sia espressamente consentito dalla legge, sono autorizzati interventi in deroga al presente regolamento quando ... b) trattasi di opere in materia di abbattimento delle barriere architettoniche e per volumi tecnici eventualmente necessari ai fini della sicurezza e della prevenzione incendi, nonché concernenti in generale la sicurezza, l'accessibilità e la fruibilità degli ambienti e spazi"; - che la normativa statale nel merito è la L. n. 13 del 1989 "Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati" e il successivo D.M. n. 236 del 1989 "Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica e sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e eliminazione delle barriere architettoniche" in particolare nello stesso la definizione di barriere architettoniche art. n.2 comma a "per barriere architettoniche si intendono : gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque ed i particolare di coloro che per qualsiasi causa hanno capacità motoria ridotta ... ( omissis vedere D.M. n. 236 del 1989); - che l'art n.8 del D.M. n. 236 del 1989 "Specifiche e soluzioni tecniche" al punto 8.1.12 Ascensore nella parte "C" dice "l'ascensore in caso di adeguamento di edifici preesistenti, ove non sia possibile l'installazione di cabine di dimensioni superiori può avere le seguenti caratteristiche: - cabina di dimensioni minime 1,20 ml di profondità e 0,80 ml di larghezza; - porta luce netta minima 0,75 ml posta su lato corto ; - piattaforma minima di distribuzione anteriormente alla porta della cabina di 1,40 x 1,40 ml... ( omissis vedere D.M. n. 236 del 1989); - che la normativa regionale in merito al superamento barriere architettoniche fa riferimento al D.G.R.V. N.1428/2011 Aggiornamento delle "Prescrizioni tecniche atte a garantire la fruizione degli edifici residenziali privati, degli edifici residenziali pubblici e degli edifici e spazi privati aperti al pubblico, redatte ai sensi dell'art. 6, comma 1, della L.R. 12 luglio 2007, n. 16" approvate con DGR n. 509 del 2/03/2011. (L.R. n. 16 del 2007, art. 6, comma 1)" nel particolare all'art. 21 - Ascensori rimanda a quanto disciplinato dagli art. 4.1.12 e 8.1.12 (sopracitato); - che inoltre vi è la L.R. Veneto n. 32 del 2013 "Nuove disposizioni per il sostegno e la riqualificazione del settore edilizio e modifica di leggi regionali in materia urbanistica ed edilizia" in cui all'art. 12 comma 2 riporta che "gli ascensori esterni e i sistemi di sollevamento realizzati al fine di migliorare l'accessibilità agli edifici sono da considerarsi volumi tecnici, esclusi pertanto dal calcolo del volume o della superficie e soggetti alle norme del codice civile in materia di distanze". 5.4) Il CTU ha quindi osservato che, alla luce di quanto esposto dal punto di vista normativo, l'intervento eseguito parrebbe essere conforme alle normative statali, regionali e locali, in quanto le stesse assoggetterebbero gli interventi volti al superamento delle barriere architettoniche al solo rispetto delle distanze di cui alla previsione di Codice Civile. Ha rilevato che il volume costruito, oggetto di contenzioso, ricomprende la cabina ascensore e il prescritto spazio antistante di dimensione 1,40x1,40 ml., e circa questo spazio potrebbero sollevarsi dei dubbi, se lo stesso possa essere considerato facente parte integrante dell'impianto ascensore oppure alla stregua di un disimpegno/corridoio; tuttavia, ad avviso del CTU, essendo tale spazio obbligatorio, in quanto previsto dalla normativa vigente (D.M. n. 236 del 1989), può essere considerato un volume tecnico funzionale all'impianto di sollevamento stesso. 5.5) Ha quindi esposto quanto emerso dalle ricerche svolte presso l'Ufficio Tecnico comunale, circa l'epoca di realizzazione dei lavori ed ha collocato l'inizio dei lavori presumibilmente nel settembre 2012 (a seguito delle integrazioni richieste dall'Ufficio Tecnico del Comune dopo la presentazione della prima DIA, avvenuta il 26.07.12) e ricordato che successivamente sono state presentate una D.I.A n.119/2013 prot n.(...) del 17/07/2013 relativa a sanatoria di opere fatta in difformità e una ultima D.I.A. n.120/2013 prot n.(...) del 17/07/2013. I lavori sono terminati successivamente a quest'ultima data. 5.6) Il CTU ha risposto alle osservazioni del CTP di parte attrice, il quale non ha concordato con le conclusioni raggiunte. 5.6.1) Il CTP di parte attrice, Geom. Del Pizzo, ha osservato, in sintesi, che le operazioni di verifica effettuate in loco insieme allo stesso Consulente hanno riguardato esclusivamente la nuova volumetria esterna dell'edificio. Le valutazione espresse dal Consulente (e dallo stesso CTP) si basano quindi esclusivamente su elaborati progettuali, dal momento che non è stato possibile valutare la corrispondenza interna dei locali. Ha avanzato perplessità in merito alle affermazioni del Consulente contenute a pagina 12 dell'elaborato peritale, ove si legge, cfr."...Alla luce di quanto esposto dal punto di vista normativo l'intervento eseguito parrebbe essere conforme alle normative statali regionali e locali in quanto le stesse assoggetterebbero gli interventi volti al superamento delle barriere architettoniche , al solo rispetto delle distanze di cui alla previsione del Codice Civile" e di seguito, a pagina 13, ove si legge, cfr. "..Comunque ad avviso del sottoscritto essendo tale spazio obbligatorio in quanto previsto dalla normativa vigente (D.M. n. 236 del 1989), questo può essere considerato un volume tecnico funzionale all'impianto di sollevamento stesso". Ha rilevato che, in base alla documentazione prodotta dallo stesso CTU, risulta anzitutto che la costruzione del vano ascensore è ricompresa all'interno di un intervento molto più ampio di ristrutturazione, che ha coinvolto l'intero vano scala originario, il quale è stato completamente sventrato e rifatto, prevedendo diversi accessi per le unità immobiliari dei vari piani. Ha dato una propria lettura degli atti amministrativi, osservando: - che in data 24.08.2012, il Comune, interrompendo i termini per l'inizio lavori, chiese l'integrazione di documenti tra cui una planimetria generale con le indicazioni delle distanze dai confini di proprietà, precisando che, qualora "l'ascensore" non rispettasse le distanze previste, è necessario produrre un atto in deroga debitamente registrato e trascritto con la parte confinante. Nulla si accenna invece riguardo la normativa sul superamento delle barriere architettoniche. (Vedi allegato B CTU) - che a quella data quindi, secondo lo stesso Ufficio Tecnico, il manufatto in progetto non rispettava quanto previsto dal Regolamento Edilizio del Comune di Cortina d'Ampezzo (art. 7 punto 2 delle (...) di P.R.G.), trovandosi a meno delle distanze regolamentari dal confine esistente, seppur fossero già esistenti a quella data le normative che trattano la materia delle distanze dai confini in ambito di opere per il superamento delle barriere architettoniche (art. 2-3 L. n. 13 del 1989 - art. 79 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380). Ha quindi esposto alcune disposizioni delle Norme Tecniche Attuative (art. 5 in tema di definizione del volume del fabbricato) e del Regolamento Edilizio (art. 21 in tema di deroghe alle distanze legali), osservando, in estrema sintesi, che avrebbero potuto essere proposte altre e diverse soluzioni tecnicamente fattibili (posizionare una cabina ascensore esterna sul fronte sud est dell'edificio, senza intervenire sul vano scala esistente, accedendovi dal piano terra, ovvero dal corridoio di uso comune: l'impianto di sollevamento avrebbe potuto così consentire l'accesso direttamente all'interno di ciascuna unità immobiliare senza necessità di installare un servoscala) e che l'intervento di restauro e di risanamento conservativo, che prevedeva sia l'intero abbattimento del vecchio vano scala e il suo rifacimento con l'aggiunta dell'ascensore, sia le modifiche interne degli accessi delle unità private, doveva rispettare la normativa in materia di distanze, non configurandosi come una semplice innovazione per l'eliminazione di barriere architettoniche (a sostegno della propria tesi, ha richiamato l'art. 12 della L.R. n. 32 del 2013). Ha lamentato inoltre che il CTU non abbia acquisito una DIA depositata il 02.04.14, n. 36/2014, prot. (...), ed ha affermato che le opere non possono ritenersi concluse il 17.07.13, essendo stata successivamente depositata tale ulteriore DIA. Ha pertanto chiesto al CTU di riconsiderare le proprie conclusioni, perché: A) L'intervento progettato ed eseguito ha interessato un'importante porzione di edificio prevedendo un ampliamento che ha modificato le murature perimetrali e di conseguenza la superficie coperta e il volume. B) Secondo le domande presentate, si tratta di un intervento di nuova costruzione, così come definito dall'art. 3, comma 1, lett. e) del D.P.R. n. 380 del 2001, dal momento che è stato installato un volume aggiuntivo in ampliamento esterno della sagoma esistente. C) Richiamata la definizione di volume di cui all'art. 5 delle Norme Tecniche Attuative del Comune di Cortina d'Ampezzo e le deroghe previste dall'art. 21 del Regolamento Edilizio per i soli volumi tecnici che riguardano l'eliminazione delle barriere architettoniche, si ritiene che l'ampliamento non rispetti le distanze minime dal confine, così come previsto dal Regolamento Edilizio Comunale art. 7 NTA, punto 2. D) Il Comune, infatti, in data 24.08.2012 nella prima comunicazione di sospensione dei lavori, chiese il deposito un atto di assenso con il proprietario confinante al fine di derogare le distanze minime dai confini, atto che non venne mai prodotto. Inoltre lo stesso Ufficio Tecnico, in occasione del sopralluogo effettuato in data 02.04.2015, confermò l'aumento della sagoma del vano accessorio dell'ascensore, sulla base di una DIA depositata in data 02.04.2014. E) Sempre in materia di distanze, l'ampliamento non rispetta neppure la normativa Regionale n. 32/2013, in quanto trattasi di ascensore interno e non esterno all'edificio. La legge è tuttora in vigore, ma venne pubblicata in data successiva alle prime domande depositate compresa la DIA in sanatoria. F) Sarebbe risultato fattibile tecnicamente un intervento per la realizzazione di un vano ascensore esterno, in grado di servire ciascun piano senza bisogno di servoscala, posto all'interno della proprietà del condominio che, nel rispetto delle normative, avrebbe beneficiato delle deroghe previste dalla legge. G) Infine ha precisato che agli atti risulta una sola autorizzazione paesaggistica prot. n. (...) del 05.07.2012, riferita ad un progetto depositato in data 30.03.2012 prot. (...), del quale però non si conosce il contenuto, che risulta precedente alla prima DIA depositata del 26.07.2012 e successive varianti. Ha chiesto infine al CTU di integrare la documentazione acquisita attraverso l'accesso agli atti già effettuato, con il contenuto della DIA n.36/2014 prot. (...) (completa delle allegate planimetrie) e l'ordinanza di messa in pristino n. 172 del 08.05.2014 prot. (...). 5.6.2) Il CTU, rispondendo alle osservazioni del CTP, ha confermato la propria valutazione, rilevando che tanto l'Amministrazione comunale, quanto il Tar Veneto, che si è pronunciato con Sentenza 23/2017 (che ha allegato), hanno espresso opinioni conformi. Ha ribadito che lo spazio antistante all'ascensore, essendo obbligatorio, è qualificabile come parte integrante dell'impianto di sollevamento e si può considerare volume tecnico, funzionale all'impianto di sollevamento stesso. Ha affermato di non voler entrare nel merito delle scelte progettuali che hanno condotto alla realizzazione dell'ascensore come rilevata, osservando comunque che l'intervento prospettato dal Consulente di parte attrice era di dubbia fattibilità ed avrebbe comunque interessato una facciata principale dell'edificio. Ha esposto che la DIA depositata in data 02.04.2014 n. 36/2014 prot. (...), e all'ordinanza di messa in pristino n.172 del 08.05.2014 prot. (...) non sono state acquisite perché non riguardano il nuovo vano ascensore, oggetto del contenzioso. 6) La domanda proposta in giudizio deve essere rigettata. 6.1) Il Consulente Tecnico d'Ufficio ha presentato un elaborato pienamente convincente, coerente nelle analisi di fatto e congruente nelle deduzioni svolte, le cui conclusioni sono state razionalmente ed esaustivamente motivate. Non vi è alcuna contestazione che riguarda gli elementi materiali e le misurazioni svolte dal CTU. Le osservazioni del Consulente Tecnico di parte sono state prese in considerazione. 6.2) Sotto il profilo strettamente giuridico, si deve osservare che l'opera realizzata integra una delle legittime ipotesi di deroga, consentita dal Regolamento Comunale al rispetto delle distanze ivi generalmente previste. Non è dubbio che sia stato realizzato un impianto di ascensore e che esso abbia le caratteristiche previste dalle normative. 6.3) Deve essere rigettato l'argomento svolto dalla parte attrice, secondo il quale eventuali eccezioni sulla possibilità di deroga alle distanze di legge dai confini dovevano essere sollevate dai convenuti, che sono rimasti contumaci, e non sono rilevabili d'Ufficio. La parte attrice ha l'onere di provare i fatti costitutivi della propria pretesa e, pertanto, di dare la prova della violazione delle distanze legali; il Giudice è tenuto a valutare se le distanze sono rispettate, sotto il profilo della legittimità della deroga alle norme più restrittive eventualmente previste dai regolamenti comunali, anche d'ufficio e indipendentemente dall'eccezione svolta dal convenuto o dalla sua partecipazione al giudizio. Il CTU, dal canto suo, era tenuto a ricercare e riferire al Giudice tutte le circostanze utili alla valutazione. 6.4) Deve essere rigettato l'argomento della parte attrice, secondo il quale la parte convenuta avrebbe dovuto dimostrare che quella effettivamente realizzata è l'unica soluzione tecnicamente percorribile e che non vi fossero soluzioni alternative, le quali rispettassero le maggiori distanze previste dalla normativa locale. Invero, a carico di chi costruisce una simile opera non è previsto alcun onere di questo genere (ed è evidente che una soluzione alternativa, nella maggior parte dei casi, sarebbe possibile). A fronte della realizzazione di una determinata tipologia di opere è prevista una deroga alle maggiori distanze previste nel regolamento locale. E' opportuno qui sottolineare che è lo stesso Regolamento Edilizio Comunale a prevedere espressamente la deroga (art. 21) quando "...trattasi di opere in materia di abbattimento delle barriere architettoniche e per volumi tecnici eventualmente necessari ai fini della sicurezza e della prevenzione incendi, nonché concernenti in generale la sicurezza, l'accessibilità e la fruibilità degli ambienti e spazi". A rigore, quindi, non si può neppure affermare che si tratti di una ipotesi di prevalenza della legge statale (o regionale), perché l'ipotesi è già disciplinata dal Regolamento locale. 6.5) Il CTU non doveva verificare la corrispondenza interna dei locali, perché la eventuale difformità dalla documentazione presentata costituisce illecito (amministrativo o penale, a seconda della gravità) e avrebbe comportato l'adozione dei conseguenti provvedimenti da parte dell'autorità amministrativa. Peraltro, dagli atti emerge che furono svolti effettivamente controlli. 6.6) Non è accoglibile l'argomento di parte attrice, secondo la quale l'ampliamento non è stato realizzato per soggetti portatori di disabilità motorie e sussistono all'interno del condominio ancora rampe con gradini, che conducono dalle singole unità abitative ai piani di livello dell'ascensore, per cui l'opera non consente l'accesso alle abitazioni in piena autonomia. L'utilità dell'abbattimento delle barriere architettoniche mantiene rilevanza, anche quando non sia stato realizzato a favore di una persona specificamente individuata (perché è interesse pubblico consentire l'accesso generalizzato a persone con difficoltà motorie). Si vedano sul punto: - Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18334 del 25/10/2012 (Rv. 624046 - 01) "La verifica, ai sensi dell'art. 1120, ultimo comma, cod. civ., se l'installazione di un ascensore nell'atrio di uno stabile condominiale rechi pregiudizio, oltre che alla stabilità' o la sicurezza del fabbricato, al decoro architettonico dell'edificio, nonché all'uso o godimento delle parti comuni ad opera dei singoli condomini, implica una valutazione anche in ordine alla ricorrenza, o meno, di un deprezzamento dell'intero immobile, essendo lecito il mutamento estetico che non cagioni un pregiudizio economicamente valutabile o che, pur arrecandolo, si accompagni a un'utilità la quale compensi l'alterazione architettonica che non sia di grave e appariscente entità. Nel compiere tale verifica, inoltre, è necessario tenere conto del principio di solidarietà condominiale, secondo il quale la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sé il contemperamento, al fine dell'ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali, di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all'eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto, peraltro, di un diritto fondamentale che prescinde dall'effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati (Corte cost. sentenza 167 del 1999)"; - soprattutto, la sentenza della Corte Cost. n. 167 del 1999 (richiamata dalla sopra citata pronuncia), che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 1052, secondo comma, del codice civile, nella parte in cui non prevede che il passaggio coattivo di cui al primo comma possa essere concesso dall'autorità giudiziaria quando questa riconosca che la domanda risponde alle esigenze di accessibilità - di cui alla legislazione relativa ai portatori di handicap - degli edifici destinati ad uso abitativo. L'ascensore, poi, costituisce opera diretta ad eliminare le barriere architettoniche anche quando è idoneo ad attenuare sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell'abitazione, pur senza eliminare del tutto gli ostacoli esistenti. In questo senso: Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 6129 del 09/03/2017 (Rv. 643264 - 01): "In tema di condominio, l'installazione di un ascensore su area comune, allo scopo di eliminare delle barriere architettoniche, rientra fra le opere di cui all'art. 27, comma 1, della L. n. 118 del 1971 ed all'art. 1, comma 1, del D.P.R. n. 384 del 1978, e, pertanto, costituisce un'innovazione che, ex art. 2, commi 1 e 2, della L. n. 13 del 1989, va approvata dall'assemblea con la maggioranza prescritta dall'art. 1136, commi 2 e 3, c.c., ovvero, in caso di deliberazione contraria o omessa nel termine di tre mesi dalla richiesta scritta, che può essere installata, a proprie spese, dal portatore di handicap, con l'osservanza dei limiti previsti dagli artt. 1120 e 1121 c.c., secondo quanto prescritto dal comma 3 del citato art. 2; peraltro, la verifica della sussistenza di tali ultimi requisiti deve tenere conto del principio di solidarietà condominiale, che implica il contemperamento di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all'eliminazione delle barriere architettoniche, trattandosi di un diritto fondamentale che prescinde dall'effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati e che conferisce comunque legittimità all'intervento innovativo, purché lo stesso sia idoneo, anche se non ad eliminare del tutto, quantomeno ad attenuare sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell'abitazione". Nella motivazione della sentenza è riportato che "... l'ascensore per cui è causa comunque non avrebbe consentito alle condomine -omissis- di raggiungere senza problemi i rispettivi appartamenti, dovendo fermarsi sul pianerottolo dell'interpiano con dieci gradini da percorrere a piedi". Va in ogni caso osservato che la L.R. Veneto n. 32 del 2013 "Nuove disposizioni per il sostegno e la riqualificazione del settore edilizio e modifica di leggi regionali in materia urbanistica ed edilizia", già sopra riportata nell'esposizione della CTU, all'art. 12, comma 2, prevede che "gli ascensori esterni e i sistemi di sollevamento realizzati al fine di migliorare l'accessibilità agli edifici sono da considerarsi volumi tecnici, esclusi pertanto dal calcolo del volume o della superficie e soggetti alle norme del codice civile in materia di distanze". La norma richiede il miglioramento dell'accessibilità e non l'eliminazione totale delle difficoltà. L'argomento di parte attrice, secondo il quale non si tratterebbe di ascensore esterno, non appare accoglibile, perché esso è palesemente esterno alla sagoma originaria dell'edificio. Nulla poi impedisce alla parte di svolgere altri e diversi lavori di ristrutturazione, unitamente all'installazione dell'ascensore. 6.7) Appaiono estranei al tema di questo giudizio i rilievi della parte attrice circa l'illegittimità dei provvedimenti amministrativi relativi all'opera realizzata. Sul punto si deve osservare che, di regola, gli aspetti urbanistici non hanno rilievo nel merito civilistico. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5411 del 2015 (in motivazione) "... per giurisprudenza costante di questa Corte, nelle controversie tra privati, derivanti dall'esecuzione di opere edilizie non conformi alle prescrizioni di legge o degli strumenti urbanistici, ciò che acquista rilevanza è, sempre e soltanto, la lesione di diritti soggettivi attribuiti ai privati dalle norme medesime, mentre la rilevanza giuridica della concessione o della licenza edilizia si esaurisce nell'ambito del rapporto pubblicistico tra la pubblica amministrazione ed il privato richiedente (ex plurimis, Cass., Sez. U., sentenza n. 333 del 1999; sez. 2, sentenza n. 13170 del 2001)". Va anche osservato che i rilievi sono stati basati sulla relazione di CTP dell'Arch. Si.Pa., prodotta dal convenuto (...) all'udienza di precisazione delle conclusioni (03.07.18), in epoca ampiamente successiva al maturare delle preclusioni istruttorie e, come tale, inammissibile. In termini, Cass. Sez. 3 - , Ordinanza n. 16800 del 26/06/2018 (Rv. 649419 - 01), "Le norme che prevedono preclusioni assertive ed istruttorie nel processo civile sono preordinate a tutelare interessi generali e la loro violazione è sempre rilevabile d'ufficio, anche in presenza di acquiescenza della parte legittimata a dolersene (...)". 6.8) Per le ragioni sopra esposte vengono rigettate le argomentazioni formulate dal convenuto (...), che sono sostanzialmente adesive a quelle della parte attrice. 7) Nel presente giudizio non vi è spazio per una condanna al pagamento delle spese di lite. Il convenuto costituito (...) ha sostanzialmente aderito alle conclusioni dell'attore, affermando di essere stato in contrasto con la scelta operata nell'ambito del proprio condominio, e non si può quindi affermare che alla soccombenza dell'attore consegua la vittoria del convenuto, che è parimenti soccombente. Le spese devono quindi essere compensate tra le parti costituite. PER QUESTI MOTIVI Definitivamente pronunciando nella causa n. 1464/14 RG, disattesa ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione: 1) Rigetta le domande tutte proposte in giudizio da (...); 2) dichiara integralmente compensate le spese di lite tra le parti costituite. Così deciso in Belluno il 17 novembre 2018. Depositata in Cancelleria il 10 gennaio 2019.

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