Sentenze recenti Tribunale Bergamo

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Bergamo, Sezione Quarta Civile, in persona del Giudice Unico dott. Cesare Massetti, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile n. 1164/2022 del Ruolo Generale promossa con atto di citazione ritualmente notificato e posta in decisione all'udienza del 28 marzo 2023 da (...), rappresentata e difesa dall'Avv.to (...) del Foro di Bergamo, procuratore anche domiciliatario, giusta procura speciale alla lite allegata all'atto introduttivo del giudizio ATTRICE contro CONDOMINIO (...), in persona dell'amministratore Studio (...) s.r.l., rappresentato e difeso dall'Avv.to (...) del Foro di Bergamo, procuratore anche domiciliatario, giusta procura speciale alla lite allegata alla comparsa di costituzione e di risposta CONVENUTO In punto: impugnazione di deliberazione dell'assemblea di condominio. CONCLUSIONI Dell'attrice Come in foglio inviato per via telematica. Del convenuto Come in foglio inviato per via telematica. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato (...) conveniva in giudizio avanti l'intestato Tribunale il Condominio (...), impugnando le deliberazioni dell'assemblea in data 14 aprile 2021 e 14 luglio 2021 per i seguenti motivi: 1) mancanza di corretta informativa ai condomini, assoluta indeterminatezza dell'ordine del giorno, omessa delibera circa la natura e la tipologia degli interventi da eseguire, delibera su oggetto inesistente e/o non indicato nell'ordine del giorno, inammissibile delega a terzi soggetti circa l'individuazione degli interventi da realizzare, mancata specificazione analitica dei soggetti incaricati (violazione dell'art. 66 att. c.c.); 2) innovazioni voluttuarie vietate; 3) mancata esplicitazione del criterio di riparto della spesa ovvero, in subordine, approvazione a maggioranza di un criterio di riparto della spesa difforme da quello legale; 3) delibera 14.4.2021: nullità/annullabilità per avvenuta partecipazione di soggetto estraneo non autorizzato; 4) delibera 14.7.2021: mancata costituzione del fondo obbligatorio ex art. 1135 co. 1 n. 4 c.c... Chiedeva, pertanto, la declaratoria di nullità e/o l'annullamento delle suddette deliberazioni. Costituendosi in giudizio il Condominio (...) contestava in toto gli assunti avversari. Si opponeva, pertanto, all'accoglimento della domanda. Concessa la sospensiva, la causa non veniva, poi, istruita. Precisate le conclusioni come in epigrafe riportate, all'udienza del 28 marzo 2023 passava in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE Va premesso che: - l'assemblea del 14 aprile 2021 (doc.4 attrice) ha deliberato di incaricare il geom. (...) a presentare un'offerta da parte della soc. di (...) per lo sbrigo delle indagini preliminari che in linea di massima si aggireranno a circa Euro 600/700 oltre cassa ed iva di legge per ogni unità immobiliare. Tale assemblea era stata convocata (doc. 3 attrice) per esame preventivi e delibera incarico per la stesura del progetto esecutivo e per tutte le pratiche necessarie per l'accesso da parte del condominio alle detrazioni fiscali di cui al decreto legge 19 maggio 2020 n. 34 (superbonus 110%); - l'assemblea del 14 luglio 2021 (doc.6 attrice) ha deliberato di incaricare il geom. (...) per lo sbrigo delle indagini preliminari e la stesura della diagnosi di fattibilità al costo di circa Euro 600/700 oltre cassa ed iva di legge per ogni unità immobiliare. Tale assemblea era stata convocata (doc. 5 attrice) per esame e delibera per incarico circa la stesura della diagnosi di fattibilità e per tutte le pratiche necessarie per l'accesso da parte del condominio alle detrazioni fiscali di cui al decreto legge 19 maggio 2020 n. 34 (superbonus 110%). Ciò premesso, la domanda è fondata. In ordine alla prima assemblea, quella del 14 aprile 2021, la deliberazione è nulla sotto due profili: 1) mancanza di elementi essenziali; 2) mancata costituzione del fondo speciale obbligatorio. La mancanza di elementi essenziali produce la nullità della deliberazione (Cass. S.U. n. 9839/2021: "In tema di condominio degli edifici, l'azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell'art. 1137 c.c., come modificato dall'art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un'estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell'oggetto in senso materiale o giuridico - quest'ultima da valutarsi in relazione al "difetto assoluto di attribuzioni" -, contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all'"ordine pubblico" o al "buon costume". Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137, comma 2, c.c.". Conforme Cass. n. 4806/2005). Nella fattispecie concreta detta mancanza è dovuta al fatto che il (...) non viene individuato (la scelta è stata inammissibilmente demandata allo stesso geom. (...)) nonché al fatto che il concetto di "sbrigo delle indagini preliminari" è assolutamente generico e indeterminato. La deliberazione de qua non è meramente programmatica, ma ha un contenuto decisorio, giacché viene dato incarico ad un professionista e viene previsto un esborso di spesa per i condomini, sia pure approssimativo ("circa"). Pertanto, la stessa è senz'altro "impegnativa" per il condominio. Di qui, tra l'altro, la sussistenza dell'interesse ad agire (Cass. n. 6128/2017: "Il condomino che intenda impugnare una delibera dell'assemblea, per l'assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese, deve allegare e dimostrare di avervi interesse, il quale presuppone la derivazione dalla detta deliberazione di un apprezzabile pregiudizio personale, in termini di mutamento della sua posizione patrimoniale"). Giusto o sbagliato che sia, un importo di spesa è stato previsto, ed è sicuro che, aggirandosi sugli Euro 600,00=/700,00=, incida sulla situazione economica del condomino. La mancata costituzione del fondo speciale obbligatorio altrettanto produce la nullità della deliberazione (Cass. n. 16953/2022: "In tema di condominio, l'art. 1135, comma 1, n. 4, c.c., imponendo l'allestimento anticipato del fondo speciale di importo pari all'ammontare dei lavori, configura una ulteriore condizione di validità della delibera di approvazione delle opere di manutenzione straordinaria dell'edificio; è, dunque, dal testo di tale deliberazione assembleare che deve necessariamente emergere il prezzo dei lavori, al cui importo occorre che equivalga quello del fondo speciale nella prima ipotesi di cui all'art. 1135, comma 1, n. 4, c.c., non potendo, viceversa, trarsi implicitamente dall'importo del fondo in concreto costituito quale sia l'ammontare delle spese necessarie". Conforme Cass. n. 9388/2023). Ratio della norma di cui all'art. 1135 co. 1 n. 4 c.c. è quella di garantire sia il terzo creditore, sia i condomini virtuosi. Infatti, la costituzione di una provvista scongiura il rischio che i condomini virtuosi debbano sostenere la spesa anche per quelli morosi. Si tratta, dunque, di una norma imperativa. Nella fattispecie concreta il fondo non è stato istituito, nè dal punto di vista materiale, nè dal punto di vista meramente contabile. La tesi del Condominio, secondo cui la costituzione del fondo speciale obbligatorio non era necessaria perché nessun contratto di appalto è stato presentato e/o stipulato, non è condivisibile. Infatti, il fondo va costituito anche per gli steps preliminari al contratto di appalto, se ed in quanto comportino una spesa, come è nel caso di specie. Tanto più che non è detto che lo "sbrigo delle indagini preliminari" avrebbe, poi, necessariamente condotto alla stipula di un contratto d'appalto. A nulla evidentemente rileva il fatto che il geom. (...) fin qui non abbia chiesto alcun compenso. Infatti, se egli avesse svolto l'attività per cui era stato conferito l'incarico, prima o poi avrebbe dovuto essere pagato. Dall'analisi del testo della deliberazione non si evince affatto quanto si legge nella comparsa conclusionale del convenuto, ossia che l'attività sarebbe stata prestata a titolo gratuito, laddove il Condominio avesse deciso di non procedere con i lavori (p. 3: "Inutile dire che nel caso in cui lo studio di fattibilità non fosse stato confermato, nessuna spesa, così, sarebbe stata addebitata al Condominio"). Al contrario vi è un incarico e vi è una spesa. Meno che meno può avere importanza, al fine del vaglio circa la validità della deliberazione, il successivo proposito del tecnico di non chiedere nulla al Condominio "per l'attività svolta fino ad ora" (doc. 2 convenuto). Infatti, l'obbligatorietà della costituzione del fondo non può essere valutata ex post. A nulla infine rileva la circostanza che non sia stato effettuato un riparto. Infatti, la spesa è stata - sia pure erroneamente -deliberata, per unità anziché per millesimi, ragione per cui un ulteriore riparto, secondo il modus procedendi operato, non era affatto necessario. In ordine alla seconda assemblea, quella del 14 luglio 2021, la deliberazione è nulla sotto il profilo della mancata costituzione del fondo speciale obbligatorio. Sul punto è sufficiente il rinvio alle considerazioni illustrate in ordine alla precedente deliberazione. S'aggiunge soltanto che la nullità qui è ancora più evidente, dato che l'assemblea ha deliberato, oltre allo "sbrigo delle indagini preliminari', anche la "stesura della diagnosi di fattibilità', sempre a titolo oneroso. Di qui, in forza del principio della ragione più liquida, la declaratoria di nullità di entrambe le deliberazioni. Le spese di mediazione e di lite seguono la soccombenza e possono liquidarsi in complessivi Euro 3.887,00= (di cui Euro 500,00= per le mediazioni ed Euro 3.387,00= per la lite), oltre ad anticipazioni documentate (contributo unificato, marca da bollo, spese di notifica), a spese generali nella misura del 15 %, ad iva e cpa e alle successive occorrende. La causa non necessita di alcuna istruttoria orale, in quanto le circostanze rilevanti ai fini della decisione sono tutte documentali. P.Q.M. Il Tribunale, ogni diversa istanza eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando: - dichiara la nullità delle deliberazioni assembleari impugnate; - condanna il convenuto a rifondere all'attrice le spese di lite e di mediazione, liquidate in complessivi Euro 3.887,00= (di cui Euro 500,00= per le mediazioni ed Euro 3.387,00= per la lite), oltre ad anticipazioni documentate (contributo unificato, marca da bollo, spese di notifica), a spese generali nella misura del 15%, ad iva e cpa e alle successive occorrende. Così deciso in Bergamo il 22 giugno 2023. Depositata in Cancelleria il 22 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI BERGAMO SEZIONE LAVORO Il Tribunale, nella persona del Giudice del lavoro Elena Greco ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 344/2023 (riunito con i fascicoli r.g. n. 383/2023, 385/2023 e 390/2023) promossa da: (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)) tutti con il patrocinio dell'avv. Gi.Bl., elettivamente domiciliato presso il suo studio in Milano, corso (...) RICORRENTE contro MINISTERO dell'ISTRUZIONE e del MERITO (C.F. (...)), in persona del ministro pro tempore, U.s.r. Lombardia, in persone del direttore pro tempore rappresentati, difesi e domiciliati ai sensi dell'art. 417bis c.p.c. dalla dott.ssa Ma.Al. e dalla dott.ssa Gi.Ta., funzionari in servizio presso l'U.s.r. per la Lombardia - A.T. di Bergamo, con sede in Bergamo, via (...) CONVENUTO Oggetto: carta elettronica del docente SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con separati ricorsi introduttivi del giudizio, (...), (...), (...) e (...) hanno adito il Tribunale di Bergamo in funzione di giudice del lavoro per veder riconosciuto il loro diritto ad usufruire del beneficio economico della c.d. carta elettronica del docente in relazione all'attività lavorativa prestata quali docenti a tempo determinato. In particolare i ricorrenti hanno richiesto l'accredito sulla carta del docente in ragione di Euro 500,00 annui per i seguenti anni scolastici: - (...) per l'anno scolastico 2022/2023; - (...) per gli anni scolastici 2018/2019, 2019/2020 e 2020/2021; - (...) per gli anni scolastici 2018/2019, 2019/2020, 2020/2021, 2021/2022 e 2022/2023; - (...) per gli anni scolastici 2017/2018, 2018/2019, 2019/2020, 2020/2021, 2021/2022 e 2022/2023. A sostegno della propria domanda le parti attoree hanno rilevato che la scelta legislativa di privilegiare la formazione dei soli docenti di ruolo stride con i principi costituzionali sanciti dagli artt. 3, 35 e 97 della Costituzione ed hanno evidenziato che invero le disposizioni pattizie - nel disciplinare gli obblighi di formazione del personale docente - impongono all'Amministrazione scolastica di fornire a tutti i docenti strumenti, risorse e opportunità che garantiscano la formazione in servizio, senza operare distinzioni di sorta tra docenti assunti a tempo indeterminato e docenti assunti a tempo determinato, hanno evidenziato come l'esclusione dei docenti non di ruolo dall'area dei soggetti beneficiari della c.d. carta elettronica docenti si estrinsechi di fatto in una violazione della clausola 4 della direttiva comunitaria 1999/70/CE e integri una violazione del principio di non discriminazione sancito anche dalla normativa interna, hanno rivendicato il proprio diritto a conseguire l'assegnazione della c.d. carta elettronica del docente e, con essa, il beneficio economici di Euro 500,00 annui per ciascun anno di svolgimento del servizio di docente non di ruolo. Ritualmente costituitosi in giudizio, il Ministero convenuto ha contestato le domande attoree e ne ha chiesto in via principale il rigetto, in via subordinata il riconoscimento alle medesime condizioni previste per i docenti di ruolo e chiedendo dunque di onerare le parti ricorrenti di documentare le spese sostenute per gli acquisti ammissibili. In particolare il Ministero convenuto ha negato il carattere discriminatorio del trattamento normativamente previsto, sia rilevando che la c.d. carta elettronica del docente non è correlata alla prestazione lavorativa e non rientra pertanto tra quelle "condizioni di impiego" per le quali è sancita l'uguaglianza fra docenti a tempo determinato e docenti a tempo indeterminato, sia affermando la ricorrenza delle ragioni oggettive richieste dalla clausola n. 4 in ragione del fatto che per il personale docente di ruolo è prevista non solo la formazione triennale, ma anche - in via aggiuntiva - la formazione "obbligatoria, permanente e strutturale". Ha infine rilevato, con particolare riferimento alla posizione della ricorrente (...), che il diritto a ricevere l'erogazione della carta docente è soggetto a prescrizione quinquennale ai sensi dell'art. 2948 c.c. Disposta la trattazione scritta delle controversie ai sensi dell'art. 127ter c.p.c., e rilevato già in prima udienza che le cause trattate - vertendo su questioni di mero diritto, essendo incontestati i fatti posti dai ricorrenti a fondamento delle loro domande - risultano mature per la decisione allo stato degli atti, il Giudice, esaminate le conclusioni rassegnate dalle parti, ha trattenuto la causa in decisione ad ha poi provveduto al deposito del provvedimento decisorio nei termini di legge. MOTIVI DELLA DECISIONE In via preliminare deve disporsi la riunione delle cause r.g. n. 383/2023, 385/2023 e 390/2023 con la causa r.g. n. 344/2023, in ragione della connessione oggettiva e parzialmente soggettiva tra i giudizi, della circostanza che i ricorrenti sono difesi dal medesimo difensore e che i fatti che essi adducono a fondamento delle proprie pretese sono sostanzialmente analoghi, fatta eccezione per la sola individuazione delle scuole presso le quali hanno prestato servizio quali docenti a tempo determinato e per gli anni scolastici in relazione ai quali rivendicano il diritto a conseguire il riconoscimento della carta elettronica del docente e del pagamento di Euro 500,00 annui. Sempre in via preliminare deve rilevarsi che la domanda proposta deve essere qualificata - in base al complessivo contenuto dei ricorsi riuniti - come richiesta di messa a disposizione dell'importo portato dalla c.d. carta docenti nelle stesse forme previste per i docenti di ruolo Così qualificata, la domanda attorea - nella parte in cui richiede la messa a disposizione dell'importo di Euro 500,00 annui nelle stesse forme previste per i docenti di ruolo - è fondata e pertanto deve essere accolta. La c.d. carta elettronica del docente è stata istituita dall'art. 1 della L. n. 107 del 2015 che, al comma 121, ha stabilito che "al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, è istituita, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 123, la Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. La Carta, dell'importo nominale di Euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l'acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all'aggiornamento professionale, per l'acquisto di hardware e software, per l'iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e diqualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l'ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell'ambito del piano triennale dell'offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione di cui al comma 124. La somma di cui alla Carta non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile". Gli aspetti concreti della messa a disposizione di tale importo per i suddetti scopi sono stati poi regolati dapprima con il D.P.C.M. del 23 settembre 2015 e poi con il D.P.C.M. del 28 novembre Nell'ambito di una controversia identica alla presente, promossa da docente a termine che lamentava la mancata erogazione dell'importo annuo di Euro 500,00 di cui all'art. 1, comma 121, L. n. 107 del 2015, il Tribunale di Vercelli ha investito la Corte di Giustizia dell'Unione Europea della questione di compatibilità di tale normativa con le clausole 4 punto 1 e 6 dell'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. Nell'ordinanza pronunciata il 18.5.2022, nell'ambito della causa C-450/2021, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha ritenuto che "la clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell'importo di EUR 500 all'anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, mediante una carta elettronica che può essere utilizzata per l'acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all'aggiornamento professionale, per l'acquisto di hardware e software, per l'iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l'ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, ad altre attività di formazione e per l'acquisto di servizi di connettività al fine di assolvere l'obbligo di effettuare attività professionali a distanza". La CGUE è giunta a tale conclusione affermando, in particolare, che "anche se spetta, in linea di principio, al giudice del rinvio determinare la natura e gli obiettivi delle misure in questione" - in base agli elementi forniti dal Tribunale di Vercelli l'indennità in esame deve essere considerata come rientrante tra le "condizioni di impiego" ai sensi della clausola 4, punto 1 e ciò in quanto "conformemente all'articolo 1, comma 121, della L. n. 107 del 2015, tale indennità è versata alfine di sostenere la formazione continua dei docenti, la quale è obbligatoria tanto per il personale a tempo indeterminato quanto per quello impiegato a tempo determinato presso il Ministero, e di valorizzarne le competenze professionali. Inoltre, dall'adozione del D.L. del 8 aprile 2020, n. 22, il versamento di detta indennità mira a consentire l'acquisto dei servizi di connettività necessari allo svolgimento, da parte dei docenti impiegati presso il Ministero, dei loro compiti professionali a distanza", valorizzando altresì il fatto che la carta elettronica "dipende in modo determinante dall'effettiva prestazione del servizio", così come risulta desumibile dalle previsioni normative secondo cui essa non può essere utilizzata in caso di sospensione per motivi disciplinari, viene revocata nel caso di interruzione del rapporto di lavoro nel corso dell'anno scolastico e deve essere restituita all'atto della cessazione del servizio. La Corte ha altresì escluso la configurabilità di ragioni oggettive che possano giustificare la disparità di trattamento tra docenti di ruolo e docenti non di ruolo ricordando che "la nozione di "ragioni oggettive" richiede che la disparità di trattamento constatata sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono il rapporto di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s'inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda a una reale necessità, sia idonea a conseguire l'obiettivo perseguito e risulti necessaria a tal fine" e che "tali elementi possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per l'espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche inerenti alle medesime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (sentenza del 20 giugno 2019, (...), C72/18, EU:C:2019:516, punto 40 e giurisprudenza ivi citata)", mentre non può dunque costituire di per sé una ragione oggettiva "il riferimento alla mera natura temporanea del lavoro degli impiegati amministrativi a contratto", poiché "ammettere che la mera natura temporanea di un rapporto di lavoro sia sufficiente a giustificare una differenza di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato priverebbe di contenuto gli obiettivi della direttiva 1999/70 e dell'accordo quadro ed equivarrebbe a perpetuare il mantenimento di una situazione svantaggiosa per i lavoratori a tempo determinato (v., in tal senso, sentenza del 20 giugno 2019, (...), C72/18, EU:C:2019:516, punto 41 e giurisprudenza ivi citata)". Quanto all'ulteriore presupposto di operatività costituito dalla comparabilità tra il dipendente a termine e quello a tempo indeterminato, nel ribadire che la verifica spetta al giudice nazionale, la Corte ha dato atto che nel procedimento principale era pacifico che la situazione della ricorrente "e quella dei docenti a tempo indeterminato, assunti dal Ministero nell'ambito di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sono comparabili dal punto di vista della natura del lavoro e delle competenze professionali richieste". Orbene, nella presente controversia, la comparabilità dei ricorrenti - insegnanti a tempo determinato assunti negli anni scolastici 2022/2023 (I.), 2018/2019, 2019/2020 e 2020/2021 (...), 2018/2019, 2019/2020, 2020/2021, 2021/2022 e 2022/2023 (D.M.) e negli anni scolastici 2017/2018, 2018/2019, 2019/2020, 2020/2021, 2021/2022 e 2022/2023 (M.) per supplenze su organico di diritto - con i docenti a tempo indeterminato è altrettanto pacifica. Il Ministero convenuto, infatti, non ha contestato in alcun modo l'esistenza di tale presupposto e non ha allegato né provato alcun concreto elemento che possa mettere in dubbio l'analogia tra la posizione lavorativa di un docente che presta servizio a termine e quella dei docenti a tempo indeterminato, ormai divenuta fatto notorio per effetto del contenzioso che ruota intorno al diverso trattamento degli uni e degli altri. Le varie previsioni in tema di formazione del personale docente (tra le quali si annoverano l'art. 282 del D.Lgs. n. 297 del 1994, l'art. 28 del c.c.n.l. del 4.8.199 del comparto scuola, gli artt. 63 e 64 del c.c.nl. del 27.11.2007 del comparto scuola) non operano peraltro alcuna differenziazione al riguardo sulla base della natura a tempo determinato o indeterminato del contratto di lavoro. Gli argomenti spesi dal Ministero per contestare la sussistenza degli altri presupposti di operatività del principio di parità di trattamento previsti dalla clausola 4, d'altronde, non offrono elementi decisivi per arrivare a conclusioni diverse da quelle raggiunte al riguardo dalla Corte di Giustizia. Se è vero che la carta docenti consente acquisti di beni durevoli e che l'incremento delle competenze derivante dai vari impieghi della medesima è destinato ad esplicare i suoi effettivi positivi sul servizio scolastico nel corso dell'intera vita lavorativa del docente ed è quindi astrattamente condivisibile la considerazione che un tale "ritorno" a lungo termine dell'investimento non è oggettivamente possibile per un docente a termine, collide con tale tesi l'erogazione del bonus con cadenza annuale e all'inizio dell'anno scolastico, poiché essa rende evidente che - nelle intenzioni del legislatore - la ricaduta formativa degli acquisti che possono essere realizzati con la carta docente è messa in conto già nel medesimo anno scolastico e consente di configurare già nel medesimo anno scolastico un "ritorno" dell'investimento anche per il docente a termine, quantomeno per colui che (come tutti i ricorrenti) abbia un contratto fino al termine dell'anno scolastico. La natura a tempo indeterminato del rapporto di lavoro o l'esistenza di un termine, peraltro, non sono affatto garanzia rispettivamente di lunga durata o, al contrario, di brevità della relazione lavorativa. La permanenza in servizio del docente a tempo indeterminato percettore del bonus, infatti, non è affatto certa, potendo questi trovarsi già verso il termine della sua carriera o in procinto di cogliere altre opportunità di lavoro. Analogamente, il sistema di reclutamento dei docenti consente spesso al docente a termine di essere più o meno rapidamente immesso in ruolo. In sostanza, il fatto che il docente sia a termine non appare certo idoneo ad evocare l'esistenza di una ragione oggettiva di trattamento differenziato rispetto a tale vantaggio finanziario legato alla formazione e si rivela costituire esso stesso il reale motivo della disparità di trattamento. Nel senso prospettato depongono peraltro le osservazioni formulate dal Consiglio di Stato, sezione settima, nella sentenza n. 1842/2022 con la quale il supremo giudice amministrativo - prescindendo dalla portata della clausola n. 4 - ha evidenziato che il sistema "a doppia trazione" delineato dal legislatore dell'art. 1, comma 121, L. n. 107 del 2015 in tema di formazione degli insegnati di ruolo e di quelli a tempo determinato "collide con i precetti costituzionali degli artt. 3, 35 e 97 Cost., sia per la discriminazione che introduce a danno dei docenti non di ruolo (resa palese dalla mancata erogazione di uno strumento che possa supportare le attività volte alla loro formazione e dargli pari chances rispetto agli altri docenti di aggiornare la loro preparazione), sia, ancor di più, per la lesione del principio di buon andamento della P.A.". Il Consiglio di Stato nella richiamata pronuncia ha pertanto evidenziato che "il diritto-dovere di formazione professionale e aggiornamento grava su tutto il personale docente e non solo su un'aliquota di esso. ... Del resto, l'insostenibilità dell'assunto per cui la Carta del docente sarebbe uno strumento per compensare la pretesa maggior gravosità dell'obbligo formativo a carico dei soli docenti di ruolo, si evince anche dal fatto che la Carta stessa è erogata ai docenti part-time (il cui impegno didattico ben può, in ipotesi, essere più limitato di quello dei docenti a tempo determinato) e persino ai docenti di ruolo in prova, i quali potrebbero non superare il periodo di prova e, così, non conseguire la stabilità del rapporto. E l'irragionevolezza della soluzione seguita dalla P.A. emerge ancora più chiaramente dalla lettura del D.P.C.M. del 28 novembre 2016 (che, come già ricordato, ha sostituito quello del 23 settembre 2015), il quale, all'art. 3, individua tra i beneficiari della Carta anche "i docenti in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altrimenti utilizzati", per cui "vi sarebbero dei docenti che beneficerebbero dello strumento pur senza essere impegnati, al momento, nell'attività didattica, mentre altri docenti, pur svolgendo diversamente dai primi l'attività didattica, non beneficerebbero della Carta e, quindi, sarebbero privati di un ausilio per il loro aggiornamento e la loro formazione professionale". In definitiva, alla luce di quanto esposto in merito alla configurabilità di una ingiustificata disparità di trattamento tra le parti ricorrenti e i docenti di ruolo, nel caso di specie sussistono tutti i presupposti individuati dalla giurisprudenza per configurare il potere-dovere del giudice nazionale di disapplicare la normativa interna in contrasto con quella europea. La presente controversia, infatti, intercorre tra privati ed un'amministrazione pubblica e, come specificamente statuito dalla sentenza appena citata, "La clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, che figura nell'allegato della direttiva 1999/70, è incondizionata e sufficientemente precisa da poter essere invocata nei confronti dello Stato da dipendenti pubblici temporanei dinanzi ad un giudice nazionale perché sia loro riconosciuto il beneficio delle indennità per anzianità di servizio". Una volta disapplicata la parte dell'art. 1, comma 121, L. n. 107 del 2015 che circoscrive ai soli docenti di ruolo l'erogazione della carta docenti, la doverosa applicazione anche ai ricorrenti della restante parte della norma conduce a riconoscere il loro diritto a percepire l'importo di Euro 500,00 nelle forme della c.d. carta elettronica docente negli anni scolastici dedotti in giudizio e a qualificare la mancata attivazione della carta elettronica in loro favore come inadempimento al corrispondente obbligo del Ministero convenuto, nei limiti della prescrizione quinquennale. In definitiva, in considerazione di tutto quanto esposto, il Ministero dell'Istruzione e del merito deve essere condannato, non al pagamento diretto delle somme oggetto di domanda per ciascun anno di servizio svolto dalle parti ricorrenti come docente non di ruolo, bensì ad erogare in favore delle medesime parti la prestazione oggetto di causa (come da domanda), previa emissione (ora per allora) della c.d. carta elettronica del docente ed accredito in favore delle stesse delle somme partitamente individuate per ciascuna parte in relazione a ciascun anno scolastico, tenuto conto per la ricorrente (...) della intervenuta prescrizione di parte del credito oggetto di domanda (quello relativo all'anno scolastico 2017/2018) per le ragioni che di seguito si esporranno. Con riferimento alla eccepita prescrizione quinquennale degli importi di cui i rila ricorrente (...) richiede l'accredito sulla carta docente, infatti, il Tribunale ritiene che l'eccezione sia fondata, dovendo sottolinearsi che nel caso di specie deve farsi applicazione della prescrizione quinquennale di cui all'art. 2948, n. 4, c.c., trattandosi di importi che, benché non aventi natura retributiva, devono essere corrisposti annualmente per ogni anno scolastico. Infatti, l'art. 3 del D.P.C.M. del 23 settembre 2015, rubricato "importo della carta", dispone che "1. Ciascuna Carta ha un valore nominale non superiore ad Euro 500 annui utilizzabili nell'arco dell'anno scolastico di riferimento, ovvero dal 1 settembre al 31 agosto, fermo restando quando previsto dai commi 2 e 3. 2. L'importo di cui al comma 1 é reso disponibile, per ciascun anno scolastico, a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'art. 1, comma 123, della L. n. 107 del 2015, relativa all'esercizio finanziario in cui ha inizio ciascun anno scolastico, ed entro il limite della medesima. Entro il 31 dicembre di ciascun anno, le risorse che dovessero eventualmente rimanere disponibili a valere sull'autorizzazione di spesa citata sono destinate ad incrementare l'importo della Carta, nei limiti dell'importo di cui al comma 1. 3. La cifra residua eventualmente non utilizzata da ciascun docente nel corso dell'anno scolastico di riferimento rimane nella disponibilità della Carta dello stesso docente per l'anno scolastico successivo a quello della mancata utilizzazione". Ebbene, dalla chiara lettura della norma richiamata appare evidente che l'importo di Euro 500,00 viene reso disponibile all'inizio di ogni anno scolastico, ossia dal 1 settembre ed è utilizzabile entro il 31 agosto successivo; la somma eventualmente non utilizzata nel corso dell'anno scolastico di riferimento rimane nella disponibilità della Carta per l'anno scolastico successivo; in ogni caso, ogni anno scolastico la Carta viene ricaricata dell'importo massimo di Euro 500,00. Ciò significa che tale importo viene pagato periodicamente ai docenti a tempo indeterminato, ad anno, dovendosi, dunque, applicare la prescrizione quinquennale di cui all'art. 2948 n. 4 c.c., che non richiede che le somme pagate abbiano necessariamente natura retributiva, prevedendo la prescrizione quinquennale per "tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi". La ricorrente (...) ha depositato in atti sub doc. (...) del fascicolo r.g. n. 390/2023 una lettera di messa in mora inviata al Ministero convenuto il 10 dicembre 2022 e pertanto tale lettera deve considerarsi il primo atto interruttivo della prescrizione. L'art. 2935 c.c. stabilisce che "la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere", con ciò ovviamente facendo riferimento al primo giorno in cui il diritto può essere esercitato a prescindere dal fatto che il suo esercizio incontri o meno anche un termine di decadenza. Ebbene, ai sensi dell'art. 5, comma 3, del D.P.C.M. 28 novembre 2016, a far data dall'anno scolastico 2017/2018, il periodo in cui il docente poteva esercitare il diritto previsto dall'art. 1, comma 121, in relazione al bonus decorreva dal 1.9.2017 fino al 30.10.2017 per l'anno scolastico 2017/2018 (ivi previsti come primo e ultimo giorno in cui i docenti potevano registrarsi sulla piattaforma web e, a seguito della registrazione, generare e scaricare i buoni con cui procedere all'acquisto dei beni e servizi previsti dalla norma); il termine ultimo per usufruire dell'importo (che, in base all'art. 6, sembra essere la conclusione dell'a.s. successivo) non è altro che un termine di decadenza suscettibile di determinare l'estinzione per mancato esercizio del diritto già sorto ed esercitabile sin dal 30 novembre 2016. Il dies a quo del termine di prescrizione del diritto che la presente decisione accerta in capo a parte ricorrente per l'a.s. 2017/2018 non può che essere identificato, dunque, nella data del 30 ottobre 2017 in cui la ricorrente (...) avrebbe potuto far valere la disparità di trattamento rispetto ai colleghi di ruolo, cosicché pur considerando quale atto interruttivo la lettera di messa in mora del dicembre 2022, il credito relativo all'a.s. 2017/2018 risulta effettivamente prescritto (cfr. in termini Tribunale Torino, sentenza n. 145 del 25.1.2023). Ne discende che la domanda formulata dalla ricorrente (...) può essere accolta solo in parte, con disconoscimento della pretesa della stessa di ricevere in accredito sulla carta elettronica del docente la somma di Euro 500,00 relativa all'anno scolastico 2017/2018 e riconoscimento del suo diritto a riceve l'accredito del residuo importo di Euro 500,00 annui per gli anni scolastici 2018/2019, 2019/2020, 2020/2021, 2021/2022 e 2022/2023. In ragione e nei limiti di quanto esposto, dunque, la domanda delle parti attoree deve essere accolta, con conseguente condanna del Ministero convenuto ad erogare alle parti attoree la prestazione oggetto di causa, previa emissione (ora per allora) della c.d. carta docente (o altro equipollente) ed accredito sulla predetta carta delle somma indicate in ricorso e riconosciute in dispositivo per poterne fruire nel rispetto dei vincoli di legge. Si precisa infine che gli importi oggetto di domanda non possono essere maggiorati degli interessi, in quanto ex art. 2 del D.P.C.M. del 28 novembre 2016 l'importo è chiaramente indicato al valore nominale, senza ulteriori maggiorazioni nemmeno ove non venga utilizzato nell'anno di erogazione ma in quello successivo. Le spese di lite seguono la soccombenza in ragione di quattro quinti e vengono liquidate secondo la misura indicata in dispositivo, tenuto conto del valore complessivo della lite (compreso per le cause riunite nello scaglione tra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00) in misura parametrata ai minimi (Euro 1.300,00) senza la considerazione dell'attività istruttoria e decisionale (non svolte, tenuto conto che la causa è stata decisa in prima udienza) e in considerazione della serialità del contenzioso e delle note di trattazione scritta depositate della decisione della controversia allo stato degli atti. In particolare le spese vengono liquidate secondo le modalità sopra indicate per la causa principale (r.g. n. 344/2023) e vengono incrementate del 10% (Euro 130,00) per ogni fascicolo riunito (r.g. n. 383/2023, 885/2023 e 390/2023) tenuto conto appunto della serialità delle controversie, che si distinguono solo in ragione degli anni scolastici e dei contratti di supplenza stipulati. Per il residuo un quinto le spese di lite vengono compensate, tenuto conto della fondatezza della eccezione di prescrizione formulata dal Ministero convenuto con riferimento alla posizione della ricorrente (...) e l'accoglimento di tale eccezione è di per sé sufficiente a rendere manifesto come nella fattispecie in disamina non ricorra una ipotesi di manifesta fondatezza della intera domanda processuale. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - Accoglie in parte i ricorsi riuniti e, per l'effetto, dichiara che (...) per l'anno scolastico 2022/2023, (...) per gli anni scolastici 2018/2019, 2019/2020 e 2020/2021, (...) e (...) per gli anni scolastici 2018/2019, 2019/2020, 2020/2021, 2021/2022 e 2022/2023 hanno diritto a conseguire il beneficio di cui all'art. 1, comma 121, L. n. 107 del 2015; - Condanna il Ministero dell'Istruzione e del merito a mettere a disposizione dei ricorrenti mediante accredito sulla c.d. carta elettronica del docente (o altro equipollente), per consentir loro di fruirne nel rispetto dei vincoli di legge, i seguenti importi: a. Euro 500,00 in favore di (...) quale importo complessivo dovuto per l'anno scolastico 2022/2023; b. Euro 1.500,00 in favore (...) quale importo complessivo dovuto per gli anni scolastici 2018/2019, 2019/2020 e 2020/2021; c. Euro 2.500,00 in favore di (...) quale importo complessivo dovuto per gli anni scolastici 2018/2019, 2019/2020, 2020/2021, 2021/2022 e 2022/2023; d. Euro 2.500,00 in favore di (...) quale importo complessivo dovuto per gli anni scolastici 2018/2019, 2019/2020, 2020/2021, 2021/2022 e 2022/2023 - Condanna il Ministero dell'Istruzione e del merito a rifondere ai ricorrenti 4/5 delle spese di lite, liquidate in misura già ridotta in complessivi Euro 1.352,00, ed oltre accessori fiscali, previdenziali e spese generali come per legge, disponendone la distrazione in favore del difensore, dichiaratosi antistatario; - Compensa tra le parti il residuo 1/5 delle spese di lite. Così deciso in Bergamo il 4 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI BERGAMO SEZIONE III in persona del Giudice unico, dott. Tommaso Del Giudice, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I grado, iscritta al n 7520/2021 RG del Tribunale di Bergamo, trattenuta in decisione con ordinanza del 24/03/2023, con concessione del termine (decorrente dalla data di comunicazione di detta ordinanza) di giorni 20 per il deposito di comparse conclusionali e di successivo termine di giorni 20 per il deposito di memorie di replica, promossa da (...), C.F. (...), rappresentata e difesa dall'avv.to Gi.Pa. ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, sito in Crema, Piazza (...), giusta procura in calce all'atto di citazione, ATTRICE, nei confronti di (...), C.F. (...), rappresentato e difeso dall'avv.to Andrea Mina ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo, sito in Brescia, via (...), giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta, CONVENUTO, avente ad oggetto: responsabilità ex artt. 2051 e 2043 c.c.. FATTO E DIRITTO 1. Con atto di citazione notificato in data 28/10/2021, (...) promuoveva il presente giudizio nei confronti dell'asserito CONDOMINIO S. P., chiedendo la condanna di quest'ultimo al risarcimento dei danni derivati dalla caduta avvenuta in data 4/2/2019, alle ore 6:30 circa, dinanzi al civico n. 27 della via G. di R. di L. (B.), infine concludendo come riportato in epigrafe. Con comparsa di costituzione e risposta, si costituiva nel presente giudizio (...), che, contestando quanto ex adverso dedotto, chiedeva il rigetto delle avverse domande, infine concludendo come riportato in epigrafe. Depositate le memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c., venivano espletate prove per interrogatorio formale e per testi; la causa veniva quindi trattenuta in decisione con ordinanza del 24/03/2023. 1.1. Preliminarmente deve ritenersi correttamente instaurato il rapporto giuridico processuale con (...), essendo emerso - e successivamente non contestato da parte attrice - che solamente tale convenuto sia il proprietario esclusivo dello stabile - dunque, indebitamente - qualificato da parte attrice come "CONDOMINIO", nonché del relativo suolo su cui si assume essere intervenuta la caduta: del resto, secondo la giurisprudenza, il condominio non costituisce un ente avente una soggettività autonoma e distinta da quella dei proprietari delle singole unità immobiliari (ex multis, Cass., Sez. 2 - , Ordinanza interlocutoria n. 27352 del 29/12/2016, Rv. 642176 - 01 e Cass., Sez. 2, Sentenza n. 12709 del 30/08/2002, Rv. 557212 - 01), nel caso di specie dovendo solo precisarsi come questi ultimi siano coincidenti con la sola persona del costituitosi (...). 2. Reiterato il rigetto delle residue istanze istruttorie, essendo la causa matura per la decisione per le ragioni che seguono, nel merito, le domande di parte attrice sono infondate e devono essere rigettate. Nel caso di specie, parte attrice censura la presenza di una buca nell'asfalto percorso quale causa della caduta in esame e dei relativi danni (pag. 1 della citazione). L'assunto non è condivisibile. Va premesso che, in fattispecie similari a quella in esame, la Suprema Corte ha osservato che "in tema di danno da insidia stradale, quanto più la situazione di pericolo connessa alla struttura o alle pertinenze della strada pubblica è suscettibile di essere prevista e superata dall'utente-danneggiato con l'adozione di normali cautele, tanto più rilevante deve considerarsi l'efficienza del comportamento imprudente del medesimo nella produzione del danno, fino a rendere possibile che il suo contegno interrompa rectius, escluda il nesso eziologico tra la condotta omissiva dell'ente proprietario della strada e l'evento dannoso" (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 287 del 13/01/2015, Rv. 633949, e Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23919 del 22/10/2013, Rv. 629108, nonché di recente anche Cass. sent. n. 12895/2016 del 22.06.2016, Cass., ord. n. 18100 del 2020). In continuità con detto principio, è stato altresì evidenziato come "il pedone danneggiato non ha diritto ad essere risarcito qualora il dissesto in cui si trovava la strada al momento in cui si è verificato l'evento lesivo sia tale da rendere la situazione di pericolo come prevedibile, richiedendo quindi al pedone la massima attenzione" (così Cass., ord. n. 38584 del 2021), non tanto e non solo perché "Ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., allorché venga accertato, anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della cosa oggetto di custodia, che la situazione di possibile pericolo, comunque ingeneratasi, sarebbe stata superabile mediante l'adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, deve escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell'evento, e ritenersi, per contro, integrato il caso fortuito" (così Cass., sent. n. 23584 del 2013 e Cass., sent. n. 25594 del 2015), ma anche, soprattutto e pregiudizialmente in considerazione di come "L'argomento rilevante è dunque quello dell'assenza di un nesso di causalità fra l'evento di danno e la cosa (ed a maggior ragione fra l'evento dannoso e la condotta del custode, ove si consideri la fattispecie di cui all'art. 2043), essendo l'evento da ricondurre causalmente alla condotta imprudente del danneggiato (?) tale da escludere il nesso di causalità fra la cosa ed il danno", così non venendo "in rilievo la regola sull'onere della prova, ed in particolare quella che onera il custode della necessità di provare il caso fortuito" (così Cass., sent. n. 9863 del 2023). L'applicazione di tali principi nel caso di specie porta a rilevare la mancata adozione di normali ed esigibili cautele che parte attrice avrebbe dovuto tenere e che non ha tenuto. Deve osservarsi - infatti - che, all'esito di una valutazione integrale del materiale istruttorio, la descritta buca non era occulta e nulla ostava alla sua percepibilità. Invero, lo stato dei luoghi era sufficientemente visibile: smentendo quella parte della ricostruzione della teste oculare (...) laddove assume che era presente un "buio totale" e che "i lampioni erano spenti", nonché confermando quanto dichiarato da tale testimone laddove ella riporta che era pur presente una luce "soffusa", la prova (segnatamente) legale costituita dalle dichiarazioni dell'attrice, escussa in sede di interrogatorio formale, consente di affermare che l'illuminazione pubblica dei luoghi fosse attiva: in tal senso, del resto, depongono le asserzioni in sede di interpello ove si rappresenta che "La luce era molto scarsa (...); penso che qualche lampione fosse accesso (...). (...) La luce era scarsa". Confermato, dunque, che vi fosse una illuminazione artificiale, occorre verificare se la stessa fosse sufficiente o meno per percepire la buca in cui è caduta l'attrice. Invero la risposta deve essere affermativa, ancorché tale parte e la citata teste abbiano, con espressioni valutative e, dunque, prive di valore probatorio, (alla stregua, ex multis, di Cass., Sez. 2, Sentenza n. 8620 del 02/10/1996, Rv. 499866 - 01 e di Cass., Sez. 3, Sentenza n. 21509 del 18/10/2011, Rv. 619381 - 01), sostenuto l'esiguità della luce presente. Infatti, se non la stessa ricostruzione attorea, quantomeno la teste oculare (...) ha dichiarato, tramite la conferma dei capitoli 6-7 attorei, di aver visto, "ad un paio di metri" di distanza, l'attrice cadere nella buca, in prossimità della quale era altresì presente una ambulanza con "le luci delle sirene accese". Orbene, tanto più alla luce del fascio luminoso di queste ultime, non v'è dubbio che, se la teste de qua aveva visione dell'attrice e della buca "ad un paio di metri" di distanza, parimenti l'attrice aveva la possibilità di notare lo stesso avvallamento in sua prossimità, non potendosi mancare di evidenziare come, alla stregua di quanto confermato dalle stesse dichiarazioni di tale testimone, la fossa fosse assai "grande" e "profonda", particolarità che confermano la percepibilità dell'avvallamento ed altresì smentiscono l'indimostrata - e non riportata dalla citata teste - circostanza della copertura del fosso da parte del fogliame. Alla visibilità delle condizioni del percorso e dello stato dei luoghi, si aggiunge che parte attrice avrebbe potuto adottare la minimale cautela di aggirare la buca de qua, evitando di attraversare tale fossa. 3. Le conclusioni sopraindicate non possono ritenersi persuasivamente smentite dall'indirizzo di Cass., ord. n. 13729 del 2022 (e delle altre pronunce richiamate dalla stessa), nella parte in cui esclude ogni rilevanza giuridica alla percepibilità di un avvallamento (o di un altro stato del percorso) nella valutazione del nesso causale ex art. 2051 c.c.. Invero, come già evidenziato dall'intestato Tribunale (ex multis, Trib. Bergamo, sent. n. 1427 del 2022 e Trib. Bergamo, sent. n. 367 del 2023), tale orientamento di legittimità non solo non può essere condiviso in considerazione di come, indebitamente, mutila in parte qua la valutazione fattuale della dinamica, sgomberando la stessa da un primario partecipe come lo stesso danneggiato, su cui, segnatamente, grava un generale dovere di cautela ex art. 2 Cost. (così, ex multis, Cass., ord. n. 16568 del 2022 e Cass., ord. n. 2481 del 2018), ma anche risulta superato dalla stessa Suprema Corte, laddove, anche in data successiva alla pronuncia di Cass., ord. n. 13729 del 2022, ha sancito il valore dirimente della percepibilità e dell'evitabilità dell'ipotizzata fonte della caduta (ex multis, Cass., ord. n. 16568 del 2022). Quest'ultima proposizione smentisce altresì la condivisibilità e la pertinenza al caso di specie di A) Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 456 del 2021, la quale, affermando che "il comportamento disattento e incauto del pedone non è ascrivibile al novero dell'imprevedibile", in primo luogo, ha trattato una fattispecie diversa dalla presente, caratterizzata dalla natura occulta di "una buca" e della "presenza di cubetti di porfido malfermi", in secondo luogo, ha indebitamente escluso la necessaria rilevanza del sopraindicato art. 2 Cost., nonché, in terzo luogo, non ha sufficientemente considerato il parametro della c.d. causalità adeguata nell'analisi dell'eziologia dell'illecito civile (in tal senso, ex multis, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 16123 del 08/07/2010, Rv. 613967 - 01 e Cass., sent. n. 29465 del 2020), B) Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 11430 del 2011, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 4035 del 2021, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11227 del 2008, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 37059 del 2022, altrettanto superate dalle ultime due ragioni di diritto indicate alla lettera che precede, C) Cass., Sez. 3, Sentenza n. 13222 del 27/06/2016, Rv. 640417 - 01, che parimenti ha non condivisibilmente pretermesso ogni valutazione ex art. 2 Cost., nonché alla stregua del parametro della c.d. causalità adeguata, inoltre pronunciandosi in una fattispecie in cui, a differenza di quella del caso di specie, il decisum è stato in parte determinato dall'inosservanza degli oneri probatori; D) Cass., Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 35558 del 2022 (e di altre del medesimo avviso), che, postergando all'analisi del caso fortuito ex art. 2051 c.c. il grado della percepibilità e dell'evitabilità dell'ipotizzata fonte della caduta, non ha approfondito l'anteriore attitudine di entrambe a smentire la sussistenza del nesso di causalità materiale tra la cosa e l'evento di danno (come evidenziato da Cass., sent. n. 9863 del 2023), prima ancora che la cesura di tale eziologia. Del resto, l'indirizzo assunto anche recentemente dalla Corte d'appello del distretto è giunto a conclusioni nel medesimo senso della presente decisione (in tema di art. 2051 c.c., ex multis, Corte d'appello di Brescia, sent. n. 1225 del 2022 e, in una fattispecie consimile a quella in esame, Corte d'appello di Brescia, sent. n. 1693 del 2019). Inoltre, anche a non condividere quanto suesposto ed a dover avere riguardo al più comune argumentum ab auctoritate, a fronte del suesposto dissidio nella giurisprudenza di legittimità, non può che ritenersi dirimente la posizione del Supremo Consesso, espressa in S.U., sent. n. 20943 del 2022 (ed applicata anche da Cass., ord. n. 7363 del 2023 in tema di caduta per dislivello stradale), la quale, in tema di art. 2051 c.c., nesso eziologico e condotta del danneggiato, ha ribadito l'esigenza di dover tener "anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 Cost.", sicché "quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa rectius, "elida" (pag. 19 di tale pronuncia) il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benché astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale", come nel caso di specie, ove appare certo irragionevole la deliberata scelta di ignorare la visione del percorso, anziché prestare attenzione allo stesso. 3.1. La suesposta ed affermata carenza del nesso di causalità materiale non può essere sovvertita dalla prospettata mancanza di cartelli o altre segnalazioni indicanti l'asserito pericolo determinato dal fosso. Invero, l'assenza di cartelli o di altri elementi di avviso non è ex se dirimente per elidere la rilevanza causale della condotta imprudente da parte del danneggiato (sul punto, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1289 del 2017 e Cass., ord. n. 18100 del 2020, in merito a segnalazioni e cartelli). 3.1.1. Quanto indicato al punto 3.1. della presente motivazione è altresì estensibile alla mancanza di delimitazione dell'area de qua o ad altri sbarramenti, a ciò dovendosi aggiungere l'irrilevanza causale degli stessi in fattispecie consimili a quella in esame, secondo - ex multis - Cass., Sez. 3, Sentenza n. 19653 del 01/10/2004, Rv. 578509 - 01, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 28035 del 2021 e Cass., Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 18695 del 2021. 3.2. Non sarebbe fondato e rilevante - poi - rammentare che parte attrice dovesse avere riguardo al soccorso, da parte dell'ambulanza, del marito della teste oculare (...): non è emerso che, nel preciso momento della caduta, tale assistenza fosse di un impegno tale da imporre una fissità di sguardo incompatibile con l'ordinaria attenzione al percorso da seguirsi. 4. Le suesposte deduzioni in tema di carenza del nesso di causalità materiale debbono inoltre estendersi alla subordinata domanda ex art. 2043 c.c., non essendo estranea a questa disposizione la medesima analisi della eziologia. 5. Le spese processuali seguono la prevalente soccombenza di parte attrice e vanno poste a carico della stessa; esse si liquidano in favore di parte convenuta, considerati le vigenti tariffe forensi del D.M. n. 55 del 2014, l'importo della domanda rigettata, la non condivisibilità dell'indirizzo di Cass., Sez. 1 - , Ordinanza n. 10984 del 26/04/2021, Rv. 661238 - 01 alla luce dell'esigenza di valorizzare l'orientamento alla stregua del quale "per domande di valore indeterminabile, con applicazione del conseguente scaglione tariffario, deve intendersi la domanda il cui valore non può essere determinato, non anche quella di valore indeterminato e da accertarsi nel corso dell'istruttoria" (ex multis, Cass., Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 1499 del 22/01/2018, Rv. 647380 - 01), ed il limite della nota spese depositata (ex multis, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 5327 del 04/04/2003, Rv. 561900 - 01), in Euro 18,60 per spese vive ed Euro 7.616,00 per compensi (fase di studio Euro 1.701,00, fase introduttiva Euro 1.204,00, fase istruttoria Euro 1.806,00, fase decisoria Euro 2.905,00, calcolati in misura media), oltre IVA, CPA, e rimborso spese generali del 15%. 5.1. Per le stesse ragioni - nel mero riparto interno delle spese giudiziali (così, ex multis, Cass., Sez. 2, Sentenza n. 23133 del 12/11/2015) -, le spese dell'interprete nominato d'ufficio, liquidate come da separato e già emesso decreto, seguono la soccombenza dell'attrice e vanno poste definitivamente a carico della stessa, con i conseguenti obblighi restitutori. 5.2. Si procede con separato decreto per le determinazioni in tema di compenso del difensore della parte attrice ammessa al patrocinio a spese dello Stato. P.Q.M. Il Tribunale di Bergamo, sezione III, in persona del Giudice unico, dott. Tommaso Del Giudice, definitivamente pronunciando sulle domande proposte, ogni contraria istanza, eccezione, o deduzione respinta, così provvede: 1) Rigetta le domande di (...); 2) Condanna (...) al pagamento, in favore di (...), delle spese processuali, liquidate in Euro 18,60 per spese vive ed Euro 7.616,00 per compensi, oltre IVA, CPA e rimborso spese generali del 15%; 3) Pone le spese dell'interprete nominato dall'ufficio, liquidate come da separato e già emesso decreto, definitivamente a carico di (...), con i conseguenti obblighi restitutori; 4) Procede con separato decreto per le determinazioni in tema di compenso del difensore di (...), parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato. Così deciso in Bergamo il 4 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Bergamo, Sezione Quarta Civile, in persona del Giudice Unico dott. Cesare Massetti, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile n. 2158/2022 del Ruolo Generale promossa con atto di citazione ritualmente notificato e posta in decisione all'udienza del 7 febbraio 2023 da (...) s.r.l., in persona del legale rappresentante sig.ra (...), rappresentata e difesa dall'Avv.to Ro.Sc. e dall'Avv.to Gi.Bo. del Foro di Aosta, procuratori anche domiciliatari, giusta procura speciale alla lite allegata all'atto introduttivo del giudizio ATTRICE contro COMUNE DI BERGAMO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avv.to Vi.Gr. e dall'Avv.to Si.Ma. del Foro di Bergamo, procuratori anche domiciliatari, giusta procura speciale alla lite allegata alla comparsa di costituzione e di risposta nonché giusta autorizzazione a costituirsi in giudizio della Giunta Comunale CONVENUTO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato la soc. (...) s.r.l. conveniva in giudizio avanti l'intestato Tribunale il Comune di Bergamo. Premesso di aver stipulato con il Comune un contratto di appalto avente ad oggetto l'esecuzione dei lavori di "Manutenzione straordinaria manti di copertura edifici comunali - 2 lotto - relativi edifici abitativi di via S. L. 5 e di via S. 1d (N. PTLP 2020-20)", premesso che i lavori venivano consegnati il 17 giugno 2021 e avrebbero dovuto terminare entro 150 giorni consecutivi, esponeva l'attrice che, vuoi per la pandemia, vuoi per il superbonus dell'edilizia, era stato impossibile reperire i ponteggi necessari; che essa aveva avanzato una richiesta di sospensione dei lavori, oltre che suggerito delle soluzioni alternative ai ponteggi; che, per contro, l'Amministrazione Comunale aveva intimato la risoluzione in danno dell'impresa, inviando altresì la segnalazione all'ANAC. Ritenuta l'assenza di un proprio colpevole inadempimento, chiedeva l'accertamento dell'illegittimità della risoluzione in danno pronunciata a suo carico, oltre che della relativa segnalazione all'ANAC, e il risarcimento del danno. Costituendosi in giudizio il Comune di Bergamo contestava in toto gli assunti avversari. Osservava il convenuto che l'appaltatrice si era resa inadempiente sotto plurimi profili (non aveva neppure iniziato i lavori, pur essendo l'opera "cantierabile"; non aveva dato riscontro agli ordini di servizio via via impartiti dalla direzione lavori; non aveva relazionato la stazione appaltante circa le asserite difficoltà sopravvenute; non aveva fornito alcuna documentazione giustificativa di supporto, se non nella presente sede giudiziale; in ogni caso, non aveva saputo organizzarsi in tempo utile), e che pertanto la risoluzione in danno pronunciata a suo carico era del tutto legittima. Si opponeva, pertanto, all'accoglimento della domanda. La causa non veniva istruita. Precisate le conclusioni come in epigrafe riportate, all'udienza del 7 febbraio 2023 passava in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda è infondata. Occorre focalizzare l'attenzione sulle seguenti date: - 5 maggio 2021: stipula del contratto; - 17 giugno 2021: termine inizio lavori; - 2 agosto 2021: richiesta di sospensione dei lavori; - 6 ottobre 2021: interlocuzione (...) con il Comune; - 25 ottobre 2021: risoluzione in danno; - 14 novembre 2021: termine fine lavori. E' del tutto pacifico che, al momento della risoluzione in danno (25 ottobre 2021), l'appaltatore non aveva neppure iniziato i lavori. Non si discute del fatto che, nel periodo d'interesse, vi era una certa difficoltà (ma non certo impossibilità) nel reperire i ponteggi, e ciò non tanto per la pandemia, dato atto che il lockdown era cessato, quanto piuttosto per l'entrata in vigore del superbonus per l'edilizia. Tuttavia, ciò non vale ad esimere l'impresa appaltatrice dalla responsabilità per il ritardo, avuto riguardo ai seguenti elementi: - il verbale di consegna dei lavori è stato sottoscritto senza riserve, e a quell'epoca già esistevano le medesime difficoltà nel reperimento dei ponteggi. Infatti, il superbonus è stato introdotto dal D.L. n. 34 del 2020, c.d. decreto rilancio, che ha previsto una detrazione del 110 % delle spese sostenute a partire dal 1 luglio 2020; - l'impresa appaltatrice si è attivata per reperire ponteggi soltanto alla fine di luglio del 2021, come emerge dalle richieste e dai preventivi prodotti (doc. 5 citazione); - l'impresa appaltatrice non ha mai consegnato il cronoprogramma dei lavori, ed è rimasta silente di fronte ai vari ordini di servizi emanati dalla stazione appaltante (docc. 5 - 6 comparsa); - la richiesta di sospensione dei lavori (doc. 6 citazione), del tutto generica e non documentata, risale al 2 agosto 2021; - la successiva interlocuzione del 6 ottobre 2021 (doc. 9 comparsa), un po' più articolata ma sempre non documentata, interviene ad un mese dalla scadenza del termine previsto per la fine dei lavori; - nessuna prova è stata fornita circa le asserite comunicazioni informali (il cap. 7 della memoria istruttoria, è inammissibile, in quanto generico), peraltro irrilevanti nel contesto di un appalto di opere pubbliche; - nessuna specificazione è stata fornita circa le asserite soluzioni alternative a quella dei ponteggi, suggerite ma non accolte dall'ente comunale. Alla luce di tali elementi, complessivamente valutati, il Tribunale ritiene che l'inadempimento denunziato sia grave ed imputabile, in quanto il ritardo maturato era inaccettabile, tenuto conto delle esigenze dell'Amministrazione, ed in quanto il ritardo era dovuto all'incapacità dell'impresa, la quale non ha saputo organizzarsi in tempo utile. Costituiva onere dell'attrice, volta che ha accettato i lavori, quello di assicurarsi previamente la disponibilità dei ponteggi, malgrado le difficoltà (ma non certo l'impossibilità) di reperirli: la stessa, viceversa, per quanto ha documentato, si è attivata soltanto tre mesi dopo la stipula del contratto, la cui durata era in tutto di 5 mesi, compreso il periodo feriale. Meritevole di censura è, altresì, la stessa condotta dell'appaltatore, il quale non ha fornito alcuna giustificazione all'appaltante, se non tardivamente, rivelando in tal modo la sua completa inaffidabilità e legittimando la decisione di procedere alla risoluzione contrattuale (Cass. n. 20874/2021: "In tema di appalto di opere pubbliche, la rilevanza dei ritardi dell'appaltatore ai fini della risoluzione del contratto, secondo la procedura prevista dall'art. 119 del D.P.R. n. 554 del 1999 (applicabile "ratione temporis"), dipende dal riscontro dei presupposti della gravità ed imputabilità, la cui valutazione deve essere operata non solo alla stregua di un criterio oggettivo, attraverso la verifica che l'inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell'economia complessiva del rapporto, ma anche di eventuali elementi di carattere soggettivo, consistenti nel comportamento di entrambe le parti che possano, in relazione alla particolarità del caso concreto, incidere sul giudizio di gravità. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza con la quale la Corte d'appello, dopo aver considerato che il ritardo dell'appaltatore non poteva oggettivamente considerarsi sufficiente a legittimare la risoluzione contrattuale, aveva però trascurato di esaminare l'aspetto soggettivo e cioè che i numerosi inviti e richiami erano rimasti senza risposta, sì da far insorgere nella stazione appaltante il fondato dubbio sulla affidabilità dell'appaltatore e sulle sue possibilità di rientro)"). Di qui il rigetto della domanda. Le spese di lite seguono la soccombenza e possono liquidarsi in complessivi Euro 9.142,00=, oltre a spese generali nella misura del 15%, ad iva e cpa e alle successive occorrende. P.Q.M. Il Tribunale, ogni diversa istanza eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando: - respinge la domanda; - condanna l'attrice a rifondere alla convenuta le spese di lite, liquidate in complessivi Euro 9.142,00=, oltre a spese generali nella misura del 15%, ad iva e cpa e alle successive occorrende. Così deciso in Bergamo il 4 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di BERGAMO Sezione Lavoro Il Tribunale, nella persona del Giudice del lavoro Elena Greco ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1896/2018 promossa da: (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. Ro.Tr., (...), RICORRENTE contro (...) XXIII (C.F. (...)), in persona del direttore generale pro tempore, con il patrocinio dell'avv. Gabriella Battaglioli e dell'avv. An.Av., elettivamente domiciliato presso lo Studio Legale Avolio e Associati in Milano, viale Gian Galeazzo n. 16 CONVENUTO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con il ricorso introduttivo del giudizio il ricorrente ha adito il Tribunale di Bergamo in funzione di giudice del lavoro chiedendo di "accertare e dichiarare che, per tutti i fatti meglio descritti nell'espositiva che precede, il ricorrente è stato illegittimamente fatto oggetto di una condotta integrante la fattispecie di straining e/o mobbing da parte della (...) XXIII nonché di whistelblowing (inteso come mancata protezione nei termini sopra precisati) e per l'effetto condannare la (...) medesima al risarcimento di tutti i danni subiti dal ricorrente in conseguenza dell'illegittimo comportamento datoriale, sia di natura patrimoniale che di natura extrapatrimoniale, ivi compresi i danni dal medesimo subiti in conseguenza dell'illegittima dequalificazione, demansionamento e perdita di professionalità (danno professionale, all'immagine, alla carriera, alla dignità personale etc.) nonché il danno alla salute, il danno biologico permanente e temporaneo e il danno da perdita di chances per lamancata crescita professionale (anche con riferimento alla mobilità tra enti) da liquidarsi come indicato e/o come risulterà dovuto in corso di causa o il Giudice riterrà di giustizia anche ex art. 1226 c.c.". A sostegno della propria domanda il ricorrente ha esposto di essere assunto presso l'(...) XXIII e di avervi rivestito la qualifica di infermiere coordinatore sin dal 1992 (dapprima presso gli Ospedali Riuniti, poi presso la convenuta), in particolare svolgendo tale attività dal settembre 2004 al 3.12.2017 presso l'unità operativa complessa (cosiddetta u.o.c.) di pediatria, di aver sempre eseguito con professionalità la propria prestazione lavorativa ottenendo valutazioni di rendimento di buon livello e non riportando mai sanzioni disciplinari, di essere divenuto nonostante ciò vittima di condotte mobbizzanti o "stressogene" per aver assunto in talune occasioni il ruolo di wistleblower e di aver subito tali condotte tanto da aver richiesto il trasferimento ad altro reparto per salvaguardare la propria salute psicofisica. Ha precisato che l'origine delle persecuzioni poste in essere in suo danno aveva trovato scaturigine in comportamenti tenuti da colleghi e superiori nell'ambito di un progetto di natura infermieristica di assistenza a domicilio denominato "quasi a casa" ed in relazione al quale era stato accusato di non adoperarsi per consentirne la buona riuscita a causa dell'erroneo impiego di una risorsa infermieristica; era proseguita con la richiesta della referente di dipartimento (...) di modificare la valutazione formulata in ordine al rendimento di due infermiere e con l'inutilità della segnalazione da lui effettuata per denunciare siffatte pressioni; si era aggravata in seguito a numerose segnalazioni da lui effettuate anche ai direttori dell'u.o.c. e della direzione sanitaria per rendere note situazioni in cui per disorganizzazione o mancanza di efficienza del reparto i pazienti non avevano potuto effettuare le cure programmate nei giorni prestabiliti o erano stati dimessi senza la previa valutazione dei reparti competenti, tanto che la sua persona in reparto era stata individuata come un "problema", che il direttore sanitario (...) lo aveva più volte e insistentemente invitato a trasferirsi ad altro incarico, che dal 17.10.2021 al 29.10.2017 era stato collocato dapprima in ferie, poi in recupero ore eccedenti (fino al 31.10.2017) senza aver mai presentato alcuna richiesta in tal senso. Ha dedotto che la situazione di forte ansia e stress sofferti a causa del trattamento ricevuto aveva comportato l'insorgere di uno stato di morbilità dal 18.10.2017 al 3.12.2017 e che aveva dovuto assumere psicofarmaci per farvi fronte. Ha riferito di aver richiesto in data 16.10.2017 il trasferimento ad altro reparto al precipuo fine di tutelarsi dagli atti persecutori posti in essere in suo danno e di aver contestualmente invocato la normativa sul whistleblowing, senza però richiedere un demansionamento e senza acconsentire ad un trasferimento comportante la retrocessione di posizione, laddove l'azienda convenuta procedette a modificare la sua posizione di coordinatore infermieristico e dal 4.12.2017, a decurtargli la retribuzione privandolo del titolo e del compenso per l'incarico di coordinatore. A tal proposito ha allegato che dal 4.12.2017 era rientrato in servizio e, in seguito al trasferimento, si era trovato a svolgere presso il centro di formazione universitaria mansioni di mera segreteria in un ambiente isolato, privo di finestre e illuminato solo con luce artificiale, senza possibilità di relazioni professionali, senza una postazione fissa poiché per un giorno a settimana doveva anche lasciare la propria scrivania ad una impiegata dell'università Bicocca; che dal febbraio 2018, in seguito alle rimostranze compiute, era stato trasferito in un locale sempre privo di finestre e ancor più angusto del precedente; che non gli erano state rese note tramite la casella e-mail aziendale i concorsi interni, tanto da averne avuto conoscenza solo attraverso alcuni colleghi. Ritualmente costituitasi in giudizio l'(...) XXIII ha contestato le domande attoree e ne ha chiesto il rigetto. In particolare, con riferimento agli aspetti organizzativi del reparto e gestionali del rapporto di lavoro controverso, la convenuta ha dedotto di aver puntualmente dato seguito alle segnalazioni circostanziate effettuate dal ricorrente onde comprendere le ragioni dei disguidi denunciati, da un lato coinvolgendo nelle attività istruttorie sul punto anche il ricorrente stesso, dall'altro sollecitando quest'ultimo a discutere di eventuali problematiche organizzative e relazionali con i diretti interessati; ha puntualizzato che la richiesta di destinare parte attorea a diverso reparto o servizio fu formulata dalla stessa sin da l 2014 e in tempi più recenti nel corso di un colloquio svoltosi con l'assistenza di due rappresentanti sindacali e a seguito del quale vennero assunte in via concordata anche le decisioni sulla organizzazione del reparti di pediatria e sulla fruizione del congedo (dapprima qualificato come ordinario e poi trasformato - su richiesta del lavoratore medesimo - in recupero ore); ha precisato che sul ricorrente non venne esercitata alcuna pressione per indurlo a modificare il giudizio espresso sul rendimento di due infermiere del reparto pediatria, ma che viceversa si aprì una procedura di confronto alla presenza di un soggetto terzo al precipuo fine di consentire alle lavoratrici interessate e al loro coordinatore di comprendere le rispettive posizioni e che il ricorrente acconsentì liberamente ad incrementare alcuni dei punteggi attribuiti a tali due infermiere; ha descritto le mansioni attribuite al ricorrente in seguito al trasferimento al nuovo incarico, evidenziando che esso ha gli ha consentito di avere una quotidiana interazione con docenti, studenti, con gli uffici formativi e direzionali e di ricevere l'incarico - dopo un percorso formativo durato circa quattro mesi - di svolgere attività tutoriale in quattro sedi e di definire gli obiettivi didattici; ha riferito che già dal dicembre 2017 il responsabile dell'unità organizzativa della formazione universitaria invitò il ricorrente a partecipare alla selezione per le posizioni organizzative. Istruita la causa con l'ammissione della prova testimoniale e disposta da ultimo la trattazione scritta della controversia ai sensi dell'art. 221, comma 4, L. n. 77 del 2020, all'udienza di discussione il Giudice ha assunto la causa in decisione, dando lettura del dispositivo e assumendo termine per il deposito delle motivazioni. MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorso non è fondato e non può pertanto essere accolto. Per una corretta disamina della questione oggetto del giudizio, appaiono necessarie alcune considerazioni di carattere generale sul concetto di mobbing e di straining e della relativa risarcibilità. Per mobbing (dall'inglese "to mob", cioè "attaccare", "aggredire") si intende, comunemente, una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l'emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio psicofisico e del complesso della sua personalità. Secondo i più consolidati approdi giurisprudenziali e dottrinali, ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono rilevanti: a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio (cfr. Cass., n. 3785/2009). A metà strada tra il mobbing e il semplice stress occupazionale, si pone una condizione psicologica definita straining. Lo straining, dall'inglese "to strain", ha un significato molto simile a quello di "to stress", ossia "stringere, distorcere, mettere sotto pressione" e indica, infatti, una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima (il lavoratore), subisce da parte dell'aggressore (lo strainer, che solitamente è un superiore) almeno un'azione ostile e stressante, i cui effetti negativi sono di durata costante nel tempo. La vittima, inoltre, deve trovarsi in persistente inferiorità rispetto allo strainer, la cui azione viene diretta volontariamente contro una o più persone, sempre in maniera discriminante. Sul piano pratico lo straining si differenzia dal mobbing per il modo in cui è perpetrata l'azione vessatoria: per la configurazione di una fattispecie di mobbing è necessario che l'azione di molestia sia caratterizzata da una serie di condotte ostili, continue e frequenti nel tempo, che venga riscontrato un danno alla salute e, infine, che questo danno possa essere messo in relazione all'azione persecutoria svolta sul posto di lavoro; viceversa nello straining viene meno il carattere della continuità delle azioni vessatorie. Tale assunto è stato recentemente confermato dai giudici di legittimità, secondo i quali lo straining altro non è se non "una forma attenuata di mobbing nella quale non si riscontra il carattere della continuità delle azioni vessatorie" (Cass. n. 3291/2016 e Cass. n. 3977/2018); azioni non necessariamente associate ad un intento persecutorio (Cass. n. 18927/2016), ma intenzionale che, peraltro, ove si rivelino produttive di danno all'integrità psico-fisica del lavoratore, giustificano la pretesa risarcitoria fondata sull'art. 2087 c.c.. In altri termini, posto che la figura del mobbing e dello straining hanno rilevanza meramente descrittiva, il risarcimento del danno all'integrità psicofisica richiede l'accertamento della natura vessatoria anche di singoli comportamenti e pure in mancanza d'intento persecutorio. Nell'ipotesi in cui, come nella prospettazione del caso in esame, il lavoratore chieda il risarcimento del danno patito alla propria integrità psicofisica in conseguenza di una pluralità di comportamenti del datore di lavoro, di natura asseritamente vessatoria, onde valutare la ricorrenza di una fattispecie di straining si tratta di valutare se alcuni dei comportamenti denunciati - esaminati singolarmente ma sempre in sequenza causale, pur non essendo accomunati dal medesimo fine persecutorio - possano essere considerati vessatori e mortificanti per il lavoratore e, come tali, siano ascrivibili a responsabilità del datore di lavoro, che possa essere chiamato a risponderne, nei limiti dei danni a lui imputabili (cfr. Cass. n.15159/2019; Cass. n. 16256/2018; Cass. n. 3977/2018). Conseguentemente la nozione di straining, espressamente invocata dal ricorrente, avendo natura medico-legale, non riveste autonoma rilevanza ai fini giuridici, ma è utilizzata per identificare comportamenti che si pongano in contrasto con l'art. 2087 c.c. e con la normativa in materia di tutela della salute negli ambienti di lavoro (cfr.: Cass. 29 marzo 2018 n. 7844). Secondo la Suprema Corte, infatti, lo straining è una forma attenuata di mobbing che è configurabile quando vi siano comportamenti "stressogeni", scientemente attuati nei confronti di un dipendente, anche se manca la pluralità delle azioni vessatorie o esse siano limitate nel numero, ma comunque realizzino effetti dannosi all'interessato (così: Cass. n. 15159/2019 cit.). La giurisprudenza di merito ha altresì sottolineato come lo straining, a differenza del mobbing, si caratterizza per la particolare aggressività del comportamento attuato dal datore di lavoro, manifestata attraverso la repentinità o la natura eclatante dell'azione o insita nelle specifiche circostanze del demansionamento, ovvero nel concomitante verificarsi di altri atti volti ad isolare, anche dal punto di vista umano, il lavoratore. Tuttavia al pari del mobbing anche lo straining provoca al dipendente problemi di autostima e salute, turbative professionali e di serenità familiare, incidenti sulla sua qualità della vita. Entrambe le fattispecie, nel persistente vuoto normativo, sono tutelabili in virtù di quanto disposto dall'art. 2087 c.c., che, quale norma di chiusura del sistema antinfortunistico e suscettibile di interpretazione estensiva in ragione sia del rilievo costituzionale del diritto alla salute sia dei principi di correttezza e buona fede cui deve ispirarsi lo svolgimento del rapporto di lavoro, rappresenta strumento sanzionatorio atto a punire tutte quelle condotte del datore di lavoro capaci di ledere la personalità e la dignità del lavoratore. Ed infatti, ai sensi dell'art. 2087 c.c., il datore è tenuto ad astenersi da iniziative che possano ledere i diritti fondamentali del dipendente mediante l'adozione di condizioni lavorative "stressogene" ed a tal fine occorre valutare se, dagli elementi dedotti - per caratteristiche, gravità, frustrazione personale o professionale, o altre circostanze del caso concreto - possa presuntivamente risalirsi al fatto ignoto dell'esistenza di questo più tenue danno. Il lavoratore che subisce una condotta mobbizzante, comportamenti vessatori, lesivi e persecutori, sia pure nella forma meno intensa dello straining, ha dunque diritto al risarcimento del danno biologico, ma è onerato dell'allegazione probatoria dei fatti nei quali si è estrinsecata la condotta datoriale e del nesso causale tra il comportamento tenuto dal datore di lavoro (o dai colleghi) ed il pregiudizio alla propria salute. In tema di responsabilità del datore di lavoro per mobbing o per straining, infatti, il lavoratore non è certo tenuto a dimostrare materialmente la colpa del titolare, ma è comunque soggetto all'onere di allegare e dimostrare l'esistenza del fatto materiale e delle regole di condotta che assume essere state violate, della nocività dell'ambiente di lavoro nonché il nesso eziologico tra la condotta del datore ed il pregiudizio all'integrità psicofisica che lamenta di aver sofferto (Cass. n. 13693/2015). Analogo ragionamento vale anche per le condotte demansionanti, di cui pure il ricorrente assume di essere stato vittima: "Quando il lavoratore alleghi un demansionamento riconducibile ad inesatto adempimento dell'obbligo gravante sul datore di lavoro ai sensi dell'art. 2103 c.c., è su quest'ultimo che incombe l'onere di provare l'esatto adempimento del suo obbligo: o attraverso la prova della mancanza in concreto del demansionamento, ovvero attraverso la prova che fosse giustificato dal legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali o disciplinari oppure, in base all'art. 1218 c.c., a causa di un'impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile" (Cass. n. 17365/2018). Tenuto conto di quanto esposto, nel caso di specie gli esiti della istruttoria portano a ritenere non sussistente una responsabilità datoriale, risultando invece che il datore di lavoro - a fronte della situazione di difficoltà in cui si è trovato ad operare il ricorrente - abbia agito per tutelarne sia l'integrità psicofisica sia la professionalità, abbia cercato di attenuare le frizioni tra il ricorrente ed i colleghi ed abbia ricercato un diverso ambito di realizzazione professionale del proprio dipendente. Con riferimento alla asserito verificarsi nel reparto di pediatria di una situazione di ostracismo nei confronti del ricorrente, nato in concomitanza con l'elaborazione e la realizzazione del progetto "quasi a casa" e accresciutosi in seguito a varie denunce di disfunzioni organizzative e gestionali nell'ambito del reparto, le risultanze della istruttoria non hanno affatto confermato la tesi attorea, ma hanno viceversa delineato un ambiente in cui i vari operatori - pur rendendosi conto di una situazione di difficoltà personale del lavoratore - non ne hanno revocato in dubbio la professionalità, l'attitudine organizzativa e le capacità. In tal senso depongono innanzi tutto le dichiarazioni dei testi attorei, i quali - pur dando atto di aver riscontrato taluni problemi - hanno puntualizzato che essi non erano relativi "alla posizione del ricorrente" e che alcuno si era mai permesso di individuare la sua persona o il suo ruolo come problematico (cfr. dichiarazioni del teste (...) di cui al verbale di udienza del 5.4.2019), hanno confermato di non aver mai notato "in reparto alcuna ostilità nei confronti del ricorrente, non mi è parso che venisse escluso dal personale medico e che non fosse gradito, anzi" e, anche con riferimento al medico referente del progetto "qui a casa" hanno sottolineato che i rapporti con "la dott.ssa (...) erano normali rapporti di lavoro, non ho mai assistito a dispetti, non ho mai visto che si nascondevano le cose" (cfr. dichiarazioni del teste (...) di cui al verbale di udienza del 30.9.2020). Circa la percezione della figura del ricorrente nell'ambito del reparto di pediatria non giovano alla tesi attorea dell'avvenuta emarginazione, isolamento o quantomeno del diffondersi di un sentimento di disistima e di disprezzo neppure le dichiarazioni della teste (...), la quale - sebbene sia apparsa animata da un forte spirito di critica e di rivalsa nei confronti di taluni infermieri e responsabili amministrativi addetti al reparto o con esso operanti - non ha enucleato nelle proprie dichiarazioni alcun elemento di fatto idoneo a far emergere episodi di vessazione, di esclusione, di ghettizzazione, di sfiducia o di discredito del ricorrente. In particolare, sebbene la teste abbia confermato che nell'ambito del reparto pediatria si verificarono alcuni episodi di disorganizzazione a scapito dei pazienti, la stessa ha precisato che tali episodi riguardano da un canto l'avvenuta consegna di un farmaco ad una paziente e la richiesta di chiarimenti da parte dell'infermiera (...) e i dottori (...) e (...) circa la necessità di informare il coordinatore di tale consegna, dall'altro la mancata predisposizione della cartella di un paziente del day hospital e non ha enucleato però alcun episodio di discredito o di tentativo di isolamento del ricorrente (cfr. dichiarazioni di (...) di cui al verbale di udienza del 6.11.2019). Anche la tesi della imposizione delle ferie o del recupero delle ore eccedenti non trova invero riscontro negli esiti della istruttoria. Se da un lato il verbale dell'incontro del 9.10.2017, nel quale è attestato che parte attore assentì alla richiesta datoriale di fruire di ulteriori 15 giorni di ferie rispetto ai due già programmati, non costituisce piena prova poiché priva della sottoscrizione dei partecipanti alla riunione (cfr. doc. 3 fasc. conv.), in tal senso depongono le dichiarazioni dei testi (...) e (...), le quali illustrano le ragioni di tale richiesta evidenziando che, in accoglimento della richiesta di trasferimento ad altro reparto, l'ente datoriale avrebbe ricercato un altro incarico di coordinamento da attribuire al lavoratore (cfr. verbali di udienza del 5.4.2019 e del 6.11.2019). Ancora, risulta smentita anche la tesi secondo la quale lo svilimento della professionalità perpetrato dall'Azienda convenuta diverrebbe manifesto in considerazione delle mansioni attribuite a parte attorea presso la nuova unità organizzativa di assegnazione e della particolare collocazione del suo nuovo ufficio in seguito al trasferimento presso l'unità organizzativa della formazione. Dalle dichiarazioni della teste (...) è emerso che le strutture della formazione sono state "progettate" dopo la costruzione dell'ospedale e che i relativi spazi sono stati ricavati in modo da essere visibili, in prossimità del c.u.p., e sono situati nella parte interna del padiglione, cosicché anche la stessa teste aveva a sua disposizione solo un ufficio privo di finestre e di illuminazione naturale (cfr. verbale di udienza del 30.9.2020; nel senso prospettato depongono anche le circostanze riferite dal teste (...) di cui al medesimo verbale di udienza). Circa l'avvenuto demansionamento in seguito all'assegnazione presso l'unità operativa della formazione, invece, la medesima teste (...) ha illustrato le modalità attraverso le quali ha inteso utilizzare e sviluppare le competenze organizzative e tecniche già possedute dal ricorrente al momento dell'assegnazione al nuovo incarico e come si sia prodigata anche per garantirgli l'accrescimento professionale, mediante l'attribuzione del ruolo di tutor nell'ambito del corso di laurea in scienze infermieristiche e con l'assegnazione di compiti e mansioni di organizzazione e di controllo confacenti rispetto al livello D di inquadramento (in relazione al quale invero parte attorea non ha mai specificato le ragioni per cui le mansioni attribuite nell'ambito dell'unità operativa della formazione sarebbero inferiori rispetto a quelle in precedenza svolte presso la pediatria). Inoltre non si ravvisa alcun illegittimo esercizio del potere datoriale nella scelta della capo area (...) di procedere ad un confronto dialettico tra il ricorrente, nella sua veste di coordinatore del personale infermieristico, e due infermiere ((...) e (...)) in merito alla valutazione compiuta dal primo. Come emerso in sede istruttoria tale contraddittorio fu proposto dal capo area (...) in considerazione delle difficoltà relazionali che riguardavano parte del personale infermieristico e fu svolto senza esercizio di alcun tipo di pressione e senza imposizione di sorta sugli esiti della valutazione. Il teste (...) a tal proposito ha evidenziato che: "il momento della valutazione del personale infermieristico è un momento importante, perché in quel momento si restituisce il riscontro di un anno di lavoro; nel 2017 le infermiere (...) e (...) si lamentarono con me, la (...) perché la valutazione era stata data in tre minuti in modo molto spiccia e non chiara e senza capire cosa fosse stato detto; la (...) si lamentò del voto ottenuto e si lamentò del fatto che la valutazione gli era stata data solo l'ultimo giorno prima delle ferie ed era più bassa degli anni precedenti. Ricevute le segnalazioni delle infermiere, io ho convocato il ricorrente per chiarire gli aspetti delle valutazioni e, d'accordo con lui, abbiamo scelto di convocare anche le due infermiere e lui addirittura ne chiamò una per telefono. Insomma comparvero tutti e tre insieme davanti a me e lì condividemmo gli aspetti della valutazione, che spetta sempre e comunque al coordinatore e non a me. In quell'occasione, per aiutare le parti coinvolte a contestualizzare la valutazione e per essere neutrale, io aprii le valutazioni e le rilessi con il ricorrente e una infermiera per volta e, in relazione ai 4 item di valutazione contestati per ciascuna infermiere, ci fu un confronto tra le infermiere e il ricorrente, ma lui non in quell'occasione non disse molto, mentre le infermiere sottolineavano la loro condotta per conseguire un punteggio più alto; nel confronto dialettico con tutte le parti, decidemmo d'accordo con M. di alzare la valutazione di due item per le infermiere e di mantenere invariati gli altri due item, su un totale di 12 item; all'esito della riunione, per rendere più agevole il flusso di comunicazione, io inviai al ricorrente il file con la nuova valutazione e nel ricevere la mail, lui non manifestò alcuna contrarietà rispetto alle nuove valutazioni fatte in mia presenza. Preciso che in questa occasione io cercai di essere neutrale, appunto perché la valutazione non è di mia competenza e cercai solo di instaurare un confronto collaborativo tra il coordinatore e le infermiere valutate" (cfr. verbale di udienza del 6.11.2019). In definitiva, all'esito della istruttoria documentale e testimoniale, le tesi attoree non risultano affatto provate e i fatti enucleati in ricorso come sintomatici del mobbing o quantomeno dello straining non sono affatto emersi, considerato che tutti i testi hanno invero confermato che nel reparto di pediatria ove il ricorrente operava come coordinatore era diffuso e condiviso nei suoi confronti un sentimento di stima e di rispetto. La circostanza che il ricorrente abbia avuto uno screzio con l'infermiera (...) (confermata da tutti i testi e descritta più nel dettaglio dal teste attoreo (...), che ha dato atto di aver assistito ad un episodio in cui, pur non comprendendone le ragioni, vide "l'infermiera (...) che urlava" in un confronto con il ricorrente) e che in seguito ad esso abbia avvertito un generale mancato adeguato riconoscimento del suo lavoro, dell'impegno profusovi, della disponibilità sempre offerta non ha appunto trovato riscontro, tanto che gli stessi testi attorei hanno confermato che "Dopo l'episodio con l'infermiera (...) mi accorsi che il ricorrente stava male; lui in genere era molto presente e molto collaborante e in quel periodo invece era molto distrutto. Dopo il medesimo episodio si capiva in reparto che il ricorrente non poteva stare più al suo posto di lavoro, in reparto noi o.s.s. e gli infermieri lo avevamo percepito, ma nessuno diceva nulla e continuavamo a lavorare tranquilli. (...) svolgeva sempre la sua attività e non mancava mai, ma dopo l'episodio con la (...) in reparto tra il personale infermieristico, noi o.s.s. e il personale medico i rapporti continuarono normalmente con le stesse modalità con cui continuavano a lavorare in precedenza" (cfr. dichiarazioni di (...) di cui al verbale di udienza del 30.9.2020). Anche la dedotta ritorsione subita per effetto delle segnalazioni delle disfunzioni gestionali e organizzative verificatesi in reparto è rimasta priva di oggettiva prova, essendo invece emerso che in seguito ad esse parte attorea venne coinvolta nel procedimento per la rettifica di tali disfunzioni e vi si sottrasse: "Anche le denunce che lui presentò e che portarono ad ispezioni dei Nas e della Ats non portarono rilievi rispetto agli episodi denunciati. ... In relazione agli episodi organizzativi che avevano creato problemi, ricordo l'episodio di un agenda che aveva creato questioni su aspetti concernenti l' esecuzione di un non giusto programma, in quell'occasione io chiesi al ricorrente di fare un approfondimento per verificare se c'erano problemi tecnici ma alla fine ho dovuto organizzare io un incontro con la direzione medica per capire se questo tipo di agenda poteva essere gestita diversamente e i problemi sono stati risolti con l'introduzione di una nuova agenda tanto che non ne sono stati più segnalati" (cfr. dichiarazioni di (...) di cui al verbale di udienza del 5.4.2019). Alla luce di tutto quanto esposto, dunque, è evidente come non sia ravvisabile alcuno dei requisiti al quale la giurisprudenza di legittimità riconduce l'accertamento dello straining, posto che non sono stati minimamente dimostrati dal lavoratore (su cui incombe il relativo onere) né la valenza quale fonte di stress dei comportamenti posti in essere dal datore di lavoro, né che tali condotte siano state scientemente attuate nei suoi confronti. Il ricorso deve pertanto essere integralmente rigettato. Tenuto conto della particolarità della questione affrontata, le spese del giudizio vengono integralmente compensate tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - Rigetta il ricorso; - Compensa integralmente tra le parti le spese di lite; - Fissa in sessanta giorni il termine per il deposito delle motivazioni. Così deciso in Bergamo il 29 giugno 2022. Depositata in Cancelleria il 3 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI BERGAMO Seconda sezione civile, procedure concorsuali ed esecuzioni immobiliari Il Tribunale, nella persona del Giudice unico D.ssa Maria Magrì ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al N.R.G. 829/2021 promossa da: (...) S.R.L., con sede legale a B. (C.F./P. IVA (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell'avv. BA.SI., con elezione di domicilio in VIA (...) 24128 BERGAMO, nello studio dell'avv. BA.SI.; ATTORE - OPPONENTE contro (...) S.P.A., con sede legale a B. (C.F./P. IVA (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell'avv. PO.PA. e dell'avv. AN.OL., con elezione di domicilio in VIA (...) 24121 BERGAMO, nello studio dell'avv. PO.PA.; CONVENUTO - OPPOSTO Nonché contro (...) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, con sede legale a P. N. (B.), non costituito; CONVENUTO - OPPOSTO MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione, regolarmente notificato il 02/02/2021, (...) S.R.L. ha convenuto in giudizio (...) S.p.A. e (...) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE per la declaratoria ai sensi dell'art. 615 c.p.c. della nullità e/o dell'inefficacia del precetto ad essa notificato da (...) S.p.A. il 11/01/2021 (doc. n. 1 fascicolo opponente) per violazione dell'art. 602 c.p.c. e per la conseguente declaratoria di insussistenza del diritto del convenuto di agire in via esecutiva nei suoi confronti. Infatti (...) S.p.A. vanta un titolo esecutivo nei confronti di (...) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (somma oggetto di precetto Euro 385.115,13) ed ha preannunciato l'esecuzione forzata su svariati beni immobili di proprietà dell'opponente (...) S.R.L., sulla base di una sentenza revocatoria da essa ottenuta. Più precisamente i beni immobili di (...) S.R.L. hanno formato oggetto di azione revocatoria ordinaria promossa dalla precettante nell'anno 2016 avanti il Tribunale di Bergamo, per sentir dichiarare l'inefficacia nei propri confronti dell'atto di scissione societaria a rogito del notaio dr. (...) di B. del (...), a seguito del quale gli immobili di cui all'atto di precetto erano stati trasferiti da (...) s.r.l. in liquidazione a (...) s.r.l., società di nuova costituzione. L'azione revocatoria è stata accolta dal Tribunale con sentenza n. 513/2018 del 28/02/2018 (doc. n. 2 fascicolo opponente), che è stata impugnata da (...) s.r.l. in liquidazione e da (...) s.r.l. Il giudizio di secondo grado, all'epoca della notifica del precetto, era pendente avanti la Corte d'Appello di Brescia, giudizi riuniti RG n 1566 -1568/2018 (doc. n. 3 e 4 fascicolo opponente). L'opposizione di (...) s.r.l. si basa sulla deduzione che, attesa la natura costitutiva della sentenza revocatoria, in forza di essa, non può procedersi ad esecuzione forzata prima della formazione del giudicato. La convenuta-opposta (...) S.p.A. si è tempestivamente costituita in data 26/04/2021 (prima udienza fissata per il 18/05/2021), contestando la pretesa attorea e chiedendo il rigetto della domanda. La convenuta (...) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE non si è costituita in giudizio, nonostante la regolarità della notificazione dell'atto di citazione nei suoi confronti. All'esito dell'udienza cautelare, con ordinanza del 27/08/2021, è stata sospesa l'esecutività del precetto, con riguardo alla posizione di (...) s.r.l. La causa veniva trattenuta per la decisione una prima volta il 04/10/2022 e rimessa in istruttoria il 15/11/2022 a causa del trasferimento del precedente Giudice ad altro ufficio. All'udienza del 20/02/2023 (tenutasi mediante trattazione scritta ex art. 127 ter c.p.c.) le parti hanno precisato le proprie conclusioni avanti al sottoscritto Giudice, che ha trattenuto la causa per la decisione, con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle memorie conclusionali e di replica, termini scaduti rispettivamente il 23/03/2023 e il 13/04/2023. 1 - Va innanzitutto dichiarata la contumacia di (...) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, che non si è costituita in giudizio, nonostante l'atto di citazione le sia stato regolarmente notificato. 2 - Nel merito della causa può essere semplicemente richiamato e confermato il contenuto dell'ordinanza cautelare del 27/08/2021, con cui è stata sospesa l'esecutività del precetto notificato il 11/01/2021, con riguardo alla posizione di (...) s.r.l. I particolare "rilevato che, come del resto ammesso dalla stessa opposta, la pronuncia di revocatoria dell'atto dispositivo impugnato dal creditore (atto di scissione in data 3.12.2015, avente ad oggetto, tra l'altro, il trasferimento da (...) s.r.l. a (...) s.r.l. di una serie di beni immobili) non è divenuta definitiva, talché, trattandosi di sentenza costitutiva, non è al momento possibile procedere in via esecutiva nei confronti del terzo avente causa dal debitore; ritenuto che tale rilievo possa essere fatto valere dal terzo nei cui confronti sia minacciata l'espropriazione ai sensi dell'art. 602 c.p.c. già nella fase ad essa prodromica, non essendo giustificabile che il soggetto che contesti la legittimità dell'espropriazione preannunciata nei sui confronti, debba necessariamente attendere il pignoramento senza poter opporre preventivamente il precetto; ...". Infatti l'opposta (...) S.p.A. ha notificato il precetto al terzo (...) S.R.L. sulla base della sentenza del Tribunale di Bergamo n. 513/2018 del 28/02/2018, che aveva accolto la sua domanda revocatoria in relazione ai beni immobili intestati all'odierna opponente. La sentenza revocatoria ha natura costitutiva, come affermato dalla suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 30416 del 23/11/2018: "la sentenza che accoglie la domanda revocatoria, sia essa ordinaria o sia essa fallimentare, ... ha natura costitutiva, in quanto modifica ex post una situazione giuridica preesistente, sia privando di effetti atti che avevano già conseguito piena efficacia, sia determinando, conseguentemente, la restituzione dei beni o delle somme oggetto di revoca alla funzione di generale garanzia patrimoniale e alla soddisfazione dei creditori di una delle parti dell'atto". La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva ai sensi dell'art. 282 c.p.c. solo ove si tratti di sentenza di condanna, mentre per le sentenze costitutive occorre attendere che esse siano passate in giudicato. Infatti "al di fuori delle statuizioni di condanna consequenziali, le sentenze di accertamento (così come quelle costitutive) non hanno l'idoneità, con riferimento all'art. 282 c.p.c., ad avere efficacia anticipata rispetto al momento del passaggio in giudicato, atteso che la citata norma, nel prevedere la provvisoria esecuzione delle sentenze di primo grado, intende necessariamente riferirsi soltanto alle pronunce di condanna suscettibili secondo i procedimenti di esecuzione disciplinati dal terzo libro del codice di rito civile" (Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 7369 del 26/03/2009); e ancora "la disciplina dell'esecuzione provvisoria di cui all'art. 282 c.p.c., trova legittima attuazione soltanto con riferimento alle sentenze di condanna, le uniche idonee, per loro natura, a costituire titolo esecutivo, postulando il concetto stesso di esecuzione un'esigenza di adeguamento della realtà al decisum che, evidentemente, manca sia nelle pronunce di natura costitutiva, che in quelle di accertamento" (Cass. Civ. sez. III, Ord. n. 4007 del 20/02/2019). 3 - Nel presente giudizio rimane priva di rilevanza concreta e giuridica la circostanza che la sentenza revocatoria del Tribunale di Bergamo n. 513/2018 del 28/02/2018 sia stata successivamente confermata in appello, con sentenza della Corte d'Appello di Brescia n. 1246/2021 del 5/10/2021 (doc. n. 7 fascicolo opposto) e che tale sentenza di secondo grado sia divenuta definitiva. Infatti la idoneità del precetto a preannunciare una legittima azione forzata deve essere valutata ab origine, in quanto è al momento della notificazione dell'atto al debitore che deve farsi riferimento per l'esame della sussistenza dei requisiti di forma e di sostanza dell'atto di precetto stesso. In particolare gli artt. 602 e 603 c.p.c. prevedono che per l'espropriazione dei beni di un terzo si debbano notificare al terzo proprietario (non debitore) sia il precetto che il titolo esecutivo, mentre l'art. 480 c.p.c. sulla forma del precetto indica che quest'ultimo consiste nell'intimazione di adempiere l'obbligo contenuto nel titolo esecutivo. Costituisce deduzione logica, prima che giuridica, la circostanza che, in assenza di titolo esecutivo, il precetto non possa ingiungere alcun adempimento di un qualsivoglia obbligo. Al momento della notificazione del precetto (11/01/2021) a (...) S.R.L. non esisteva alcun titolo esecutivo, in quanto la sentenza revocatoria del Tribunale di Bergamo n. 513/2018 del 28/02/2018 non era passata in giudicato. Quindi il precetto era nullo per assenza del necessario titolo esecutivo presupposto. 4 - Anche in relazione alle ulteriori eccezioni dedotte da (...) S.p.A. possono essere interamente richiamate e confermate le considerazioni svolte nell'ordinanza cautelare del 27/08/2021, non essendo stata svolta alcuna ulteriore argomentazione dalle parti. "ritenuto ... che ad escludere la necessità di sospensione dell'esecutorietà del precetto non soccorrano le ulteriori considerazioni svolte dalla creditrice; rilevato infatti che (...) non può avvalersi del disposto di cui all'art. 2929 bis c.c., posto che, al di là di ogni considerazione sulla natura gratuita dell'atto di scissione fatto oggetto di revocatoria, la stessa non ha (ancora) trascritto alcun pignoramento sui beni immobili di proprietà dell'odierna opponente; rilevato, sotto altro profilo, che a tale incombente non può ritenersi equipollente la trascrizione della domanda di cui all'art. 2901 c.c., che come noto ha ben altra finalità e portata giuridica rispetto all'iscrizione di un vincolo di natura esecutiva, quale è l'atto di pignoramento". In conclusione l'opposizione va accolta con la dichiarazione di nullità ed inefficacia del precetto notificato il 11/01/2021 con riguardo alla posizione di (...) S.R.L. 5 - Le spese e competenze di causa dell'attrice opponente (...) S.R.L. seguono la soccombenza della convenuta opposta (...) S.p.A., a norma dell'art. 91 c.p.c., e sono liquidate, in conformità alla nota spese, e comunque secondo l'attività effettivamente svolta (in particolare non si è svolta la fase istruttoria), in conformità al D.M. del 13 agosto 2022 n. 147 (valore causa Euro 385.115,13). Si liquidano quindi: Euro 3.544,00 per la fase di studio, Euro 2.338,00 per la fase introduttiva ed Euro 6.164,00 per la fase decisoria, e pertanto complessivi Euro 12.046,00, oltre 15% per spese generali, IVA e CPA come per legge, oltre ad Euro 1.241,00 per rimborso anticipazioni. P.Q.M. Definitivamente pronunciando; Ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa; 1 - Dichiara la contumacia di parte convenuta (...) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE. 2 - In accoglimento della opposizione di (...) S.R.L., dichiara nullo ed inefficace, con riguardo alla posizione di (...) S.R.L., il precetto notificatole da (...) S.p.A. in data 11/01/2021. 3 - condanna parte opposta (...) S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, al pagamento a favore di parte opponente (...) S.R.L., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, della complessiva somma di Euro 12.046,00, oltre 15% per spese generali, IVA e CPA come per legge, e oltre Euro 1.241,00 per rimborso anticipazioni. Così deciso in Bergamo il 26 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 28 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI BERGAMO SEZIONE III in persona del Giudice unico, dott. Tommaso Del Giudice, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I grado, iscritta al n 2320/2022 RG del Tribunale di Bergamo, trattenuta in decisione con ordinanza del 15/03/2023, con concessione del termine (decorrente dalla data di comunicazione di detta ordinanza) di giorni 20 per il deposito di comparse conclusionali e di successivo termine di giorni 20 per il deposito di memorie di replica, promossa da (...), C.F. (...), rappresentata e difesa dall'avv.to RO.MA. ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo, sito in Treviglio (BG), via (...), giusta procura in calce all'atto di citazione, OPPONENTE, nei confronti di (...) S.P.A., C.F. (...), e, per essa, quale mandataria, (...) S.P.A., C.F. (...), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv.to RO.MA. ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, sito in VICOLO (...) 37123 VERONA, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta, OPPOSTA, Avente ad oggetto: mutuo e fideiussione. FATTO E DIRITTO 1. Con atto di citazione notificato in data 21/03/2022, (...) promuoveva il presente giudizio nei confronti di (...) S.P.A., e, per essa, quale mandataria, (...) S.P.A., opponendosi al decreto ingiuntivo n. 266/2022 del Tribunale civile di Bergamo, chiedendone la revoca ed infine concludendo come riportato in epigrafe. Con comparsa di costituzione e risposta, si costituiva nel presente giudizio (...) S.P.A., e, per essa, quale mandataria, (...) S.P.A., che, contestando quanto ex adverso dedotto, chiedeva il rigetto dell'opposizione e delle avverse domande, con consequenziale conferma del decreto ingiuntivo opposto, o, in subordine, la condanna della controparte al pagamento della somma ritenuta dovuta, infine concludendo come riportato in epigrafe. Depositate le memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c., la causa veniva istruita documentalmente e trattenuta in decisione con ordinanza del 15/03/2023. 2. In accoglimento dell'opposizione, deve essere revocato, nei confronti dell'opponente, il decreto ingiuntivo sopra citato, nonché devono essere rigettate le domande di parte opposta. Invero, preliminarmente, devono rammentarsi la visibilità e l'utilizzabilità del contenuto del fascicolo della fase monitoria non solo e non tanto in ragione della pertinente funzione della Consolle del Magistrato, che surroga l'inserimento manuale del fascicolo monitorio da parte della Cancelleria, ma anche e soprattutto in considerazione dell'orientamento giurisprudenziale maturato dopo Sez. U, Sentenza n. 14475 del 10/07/2015, Rv. 635758 - 01 e la relativa assimilazione del fascicolo monitorio a quello del procedimento di prime cure "nei casi di giudizi d'impugnazione (revocazione, opposizione di terzo) quando si svolgano dinanzi al medesimo giudice", indirizzo alla stregua del quale "le Sezioni Unite precisano ancora come il fascicolo di ufficio del procedimento monitorio debba essere acquisito direttamente dalla cancelleria del giudice dell'opposizione e quindi essere inserito nel relativo fascicolo di causa, con la precisazione che esso necessariamente deve contenere anche il fascicolo monitorio di parte" (così Trib. Milano, sez. VI, ord. 13 giugno 2016, Trib. Caltagirone, ordinanza del 01.02.2017, nonché l'indirizzo della Corte di appello di Napoli citato in Cass., Sez. 2, Sentenza n. 6594 del 2016, e Corte d'appello di Brescia, sent. n. 1371 del 2022). 2.1. Orbene, a fronte di quanto suesposto, parte opponente ha esaustivamente disconosciuto le proprie sottoscrizioni sul contratto di cui al doc. 3 del fascicolo monitorio, senza che parte opposta sia riuscita a provare aliunde il proprio credito azionato monitoriamente, né a dimostrare la paternità delle sottoscrizioni contestate. 2.2. In merito a quest'ultimo aspetto, occorre evidenziare che nemmeno potrebbe darsi ingresso ad una CTU grafologica, non avendo parte opposta prodotto l'originale del documento interessato dai disconoscimenti ed ostando ciò a tale approfondimento peritale. Infatti, a fronte di un indirizzo minoritario che, senza affrontare tecnicamente la quaestio iuris, ipotizza, senza ulteriore argomentazione, la possibilità di un vaglio della copia del documento sul quale sono state apposte le sottoscrizioni disconosciute, deve prediligersi l'orientamento di legittimità più motivato e più aderente alle esigenze di salvaguardia dell'ordinamento giuridico in tema di genuinità delle sottoscrizioni, pronunce alla stregua delle quali "sulla fotocopia non può svolgersi il relativo procedimento di verificazione, essendo inattendibile un esame grafico non espletato sull'originale" (così, ex multis, Cass., Sez. 2, Sentenza n. 1831 del 18/02/2000, Rv. 534045 - 01, e, in tal senso, anche Cass., Sez. 2, Sentenza n. 1903 del 27/01/2009, Cass., Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 711 del 15/01/2018, Cass., Sez. 2 - , Ordinanza n. 20884 del 30/09/2020); del resto, "soltanto nel documento originale possono individuarsi quegli elementi la cui peculiarità o addirittura singolarità consente di risalire, con elevato grado di probabilità, al reale autore della sottoscrizione in relazione alla conosciuta specificità del profilo calligrafico, degli strumenti di scrittura abitualmente usati, delle stesse caratteristiche psico - fisiche del soggetto rappresentati dalla firma; non può invece che risultare inattendibile un esame grafico condotto su di una copia fotostatica, essendo questa inidonea a rendere percepibili segni grafici personalizzati ed oggettivi" (così Cass., Sez. 2, Sentenza n. 1903 del 27/01/2009) e, peraltro, nel medesimo senso si esprime la giurisprudenza della Corte d'appello del distretto, laddove ha rilevato come "non è infatti ammissibile l'istanza di verificazione sulla base di mere copie fotostatiche" (così Corte d'appello di Brescia, sent. n. 992 del 2020). 3. Conclusioni differenti da quelle suesposte non possono essere tratte dalle restanti deduzioni di parte opposta. 3.1. In particolare ed in primis, non si può dubitare della specificità e della determinatezza del disconoscimento di parte opponente, avendo quest'ultima chiaramente identificato il documento e le sottoscrizioni interessate dalla doglianza di apocrifia. 3.2. Risulta privo di allegazione specifica e prova il potere di asserita rappresentanza apparente dell'odierna opponente, in capo al debitore principale, coniuge di (...). Invero, non sussistono elementi in tal senso, né il rapporto di coniugio val di per sé ad affermare la sussistenza della c.d. rappresentanza apparente o, in fattispecie consimili, lasci presumere la conoscenza integrale di quanto compiuto dal proprio consorte, rammentato come, secondo la giurisprudenza, "In tema di rappresentanza, possono essere invocati i principi dell'apparenza del diritto e dell'affidamento incolpevole allorché non solo vi sia la buona fede del terzo che ha stipulato con il falso rappresentante, ma anche un comportamento colposo del rappresentato, tale da ingenerare nel terzo la ragionevole convinzione che il potere di rappresentanza sia stato effettivamente e validamente conferito al rappresentante apparente" (così, ex multis, Cass., Sez. 3 - , Sentenza n. 18519 del 13/07/2018, Rv. 649727 - 02) e come, nel caso di specie, manca ogni dimostrazione ed allegazione specifica circa una ipotetica colpevolezza dell'odierna opponente. 3.2.1. A quanto suesposto deve essere aggiunto che non vi è compatibilità tra l'istituto della c.d. rappresentanza apparente e l'apocrifia della sottoscrizione del ritenuto rappresentato, osservato come "Il soggetto che firmi una dichiarazione negoziale con un nominativo altrui, lasciando apparire quest'ultimo come autore della medesima, non assume in proprio la paternità della stessa (sia pure nella veste di "falsus procurator" di colui al quale la sottoscrizione si riferisce), con la conseguenza che, non ricorrendo i presupposti per la ratifica ex art. 1399 c.c., il contratto deve ritenersi nullo per difetto del consenso" (così, ex multis, Cass., Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 27008 del 26/11/2020, Rv. 659928 - 01). 3.3. Non sussistono altri elementi, poi, per desumere aliunde il consenso dell'opponente alla stipula negoziale. Non v'è prova, infatti, del fatto - di per sé insufficiente - che questi abbia fruito del finanziamento o che proprio tale parte abbia pagato una porzione della debenza, con ciò risultando ultroneo aggiungere che, secondo la giurisprudenza, "il pagamento parziale, ove non accompagnato dalla precisazione della sua effettuazione in acconto, non può valere come riconoscimento" (così, ex multis, Cass., Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 7820 del 27/03/2017, Rv. 644603 - 01), né, pertanto, come consenso negoziale. 3.4. È poi irrilevante la asserita, indimostrata e prospettata come anteriore conoscenza, in capo all'opponente, della debenza del proprio coniuge, non potendosi evincere un accordo negoziale dal mero silenzio tenuto dall'opponente, né - tanto meno - dalle doglianze di questi una volta avuta contezza della pretesa obbligazione. 4. Le spese processuali seguono la prevalente soccombenza di parte opposta e vanno poste a carico della stessa; dette spese si liquidano in favore di parte opponente, considerati le tariffe forensi del D.M. n. 55 del 2014, le note spese depositate, l'importo delle domande, in Euro 286,00 per spese vive ed Euro 7.249,00 per compensi (fase di mediazione Euro 536,00, fase di studio Euro 1.701,00, fase introduttiva Euro 1.204,00, fase istruttoria Euro 903,00, fase decisoria Euro 2.905,00, calcolati in misura media, ad eccezione del minor importo per la fase istruttoria ed in ragione della natura documentale della stessa), oltre IVA, CPA, e rimborso spese generali del 15%. P.Q.M. Il Tribunale di Bergamo, sezione III, in persona del Giudice unico, dott. Tommaso Del Giudice, definitivamente pronunciando sull'opposizione e sulle domande proposte, ogni contraria istanza, eccezione, o deduzione respinta, così provvede: 1) Revoca il decreto ingiuntivo n. 266/2022 del Tribunale civile di Bergamo, nei confronti di (...); 2) Rigetta le domande di (...) S.P.A., e, per essa, quale mandataria, (...) S.P.A.; 3) Condanna (...) S.P.A., e, per essa, quale mandataria, (...) S.P.A. al pagamento, in favore di (...), delle spese processuali, liquidate in Euro 286,00 per spese vive ed Euro 7.249,00 per compensi, oltre IVA, CPA e rimborso spese generali del 15%. Così deciso in Bergamo il 26 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Bergamo, Sezione Quarta Civile, in persona del Giudice Unico dott. Cesare Massetti, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile n. 2852/2021 del Ruolo Generale promossa con atto di citazione ritualmente notificato e posta in decisione all'udienza del 10 gennaio 2023 d a (...), rappresentato e difeso dall'Avv.to (...) del Foro di Milano, procuratore anche domiciliatario, giusta procura speciale alla lite allegata all'atto introduttivo del giudizio ATTORE contro (...) s.r.l., in persona del legale rappresentante sig. (...), rappresentata e difesa dall'Avv.to (...) del Foro di Bergamo, procuratore anche domiciliatario, giusta procura speciale alla lite allegata alla comparsa di costituzione e di risposta CONVENUTA e con la chiamata di (...) s.p.a., in persona del procuratore sig.ra (...), rappresentata e difesa dall'Avv.to (...) del Foro di Milano e dall'Avv.to (...) del Foro di Bergamo, quest'ultimo procuratore anche domiciliatario, giusta procura speciale alla lite allegata alla comparsa di costituzione e di risposta TERZA CHIAMATA In punto: vendita di cose mobili. CONCLUSIONI Dell'attore Come in foglio inviato per via telematica. Della convenuta Come in foglio inviato per via telematica. Della terza chiamata Come in foglio inviato per via telematica. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato (...) conveniva in giudizio avanti l'intestato Tribunale la soc. (...) s.r.l.. Premesso di aver acquistato dalla convenuta una vettura Opel Crossland, esponeva l'attore che fin da subito il mezzo aveva presentato dei problemi, soprattutto per via della forte deriva a destra durante la marcia; che il vizio de quo non era stato sistemato, né dai tecnici della concessionaria, né da quelli della casa madre, ove il veicolo era stato inviato; che, in sostanza, egli non aveva mai potuto utilizzarlo, e si era dovuto recare innumerevoli volte in concessionaria, con notevole dispendio di tempo e di energie. Chiedeva, pertanto, la riduzione del prezzo e il risarcimento del danno. Costituendosi in giudizio la soc. (...) s.r.l. contestava in toto gli assunti avversari. Eccepite preliminarmente sia la decadenza che la prescrizione, osservava la convenuta che il vizio lamentato non sussisteva, e che comunque non era grave, tant'è vero che la casa madre aveva restituito il veicolo senza rilevare particolari anomalie, e che lo stesso attore, subito dopo la fine del lockdown, aveva ammesso che andava bene e lo aveva utilizzato per più mesi; che la concessionaria non aveva riconosciuto l'esistenza del presunto vizio; che la garanzia ex adverso invocata non era operante; che la pretesa riduzione di prezzo era fondata su criteri del tutto soggettivi ed arbitrari, e che i danni lamentati non erano imputabili al venditore. Si opponeva, pertanto, all'accoglimento della domanda; in subordine, chiedeva di essere manlevata e tenuta indenne dal produttore, di cui sollecitava la chiamata in causa. Autorizzata la chiamata, si costituiva in giudizio la soc. (...) s.p.a., la quale si associava alle difese svolte dalla convenuta e, per quanto concerne la domanda di manleva, vi si opponeva, in quanto mero distributore dell'automezzo. La causa veniva, quindi, istruita mediante espletamento di consulenza tecnica d'ufficio. Precisate le conclusioni come in epigrafe riportate, all'udienza del 10 gennaio 2023 passava in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE Le eccezioni di decadenza e di prescrizione, sollevate convenuta (e "cavalcate" dalla terza chiamata), sono infondate. Invero, quanto alla decadenza (che decorre dal momento della scoperta del difetto), la denunzia non era affatto necessaria, atteso il riconoscimento del vizio da parte del venditore, evincibile da una pluralità di elementi: i numerosi e prolungati accessi in officina con trattenimento del veicolo, gli ordini di lavoro, la concessione di un'auto sostitutiva, l'invio alla casa madre e, last but non least, il riscontro del direttore generale (doc. 21 citazione). Il riconoscimento dei vizi non deve necessariamente provenire dal titolare dell'impresa, ben potendo essere manifestato da un suo ausiliare, tanto più se qualificato (ad esempio, il meccanico dell'officina). In tal senso gli ordini di lavoro (docc. 7, 8, 8 bis, 11 citazione) recano indicazione di un problema (forte deriva a destra) continuo e mai risolto. E di certo non sarebbe stata più volte concessa in comodato un'auto sostituiva (docc. 9, 10, 12, 13, 17, 18 citazione), se il difetto era lieve o dovuto a mere impressioni dell'acquirente. Meno che meno l'auto sarebbe stata inviata alla casa madre, se non perché la concessionaria aveva preso atto dell'effettiva sussistenza del problema. Mentre, quanto alla prescrizione (che decorre dal momento della consegna del bene), il termine è stato più volte interrotto: con la lettera ricevuta in data 7 giugno 2019 (doc. 14 citazione), con la mail in data 1 agosto 2019 (doc. 15 citazione), con la mail in data 23 gennaio 2020 (doc. 19 citazione) e, infine, con l'invito alla negoziazione assistita (doc. 31 citazione). La domanda di riduzione del prezzo è, in parte, fondata. Invero il consulente tecnico d'ufficio ha accertato che il vizio sussiste, in forma di leggera tendenza di deriva a destra, e che è emendabile con una spesa di Euro 1.500,00= iva esclusa. Il consulente ha ricostruito la storia del veicolo, evidenziando -tra l'altro - i plurimi "richiami" effettuati dalla casa madre, anche per quel che concerne ulteriori problematiche; ha individuato la causa del difetto principale nella geometria fuori tolleranza del ponte posteriore; infine, ha indicato gli interventi rimediali, incentrati sulla sostituzione del ponte posteriore. Il minor valore del bene è stato - giustamente - commisurato al costo degli interventi necessari per assicurarne la piena funzionalità. Non vi è la prova (tecnica) del fatto che il vizio de quo sia inemendabile. Non vi è la prova (tecnica) di ulteriori vizi, che non siano già stati risolti. Sotto il profilo della riduzione del prezzo, dunque, non è possibile andare oltre le risultanze della consulenza. Il minorato godimento del veicolo, anche per via dei plurimi richiami, nella fattispecie concreta è sicuramente configurabile, ma può essere valutato nell'ottica del risarcimento del danno (su cui v. infra), giammai in quella della riduzione del prezzo. Di qui l'accoglimento della domanda in scrutinio nella misura di Euro 1.830,00= iva compresa. Trattandosi di riduzione del prezzo, e quindi di debito di valuta, al capitale vanno aggiunti i soli interessi, con decorrenza dall'acquisto al saldo. La domanda di risarcimento del danno è, in parte, fondata. Viene sollecitato il risarcimento delle seguenti voci di danno: - a) mancato utilizzo del bene per 313 giorni; - b) disagi dovuti al fatto di essersi dovuto recare innumerevoli volte in concessionaria; - c) minorato godimento del veicolo; - d) 1/3 r.c. auto e bollo; - e) costo del tagliando; - f) interessi sul finanziamento contratto per l'acquisto del veicolo; - g) spese di assistenza e consulenza stragiudiziale. Il Tribunale osserva quanto segue. Vero è che al (...) è stata concessa in comodato un'auto sostitutiva; ma è altrettanto vero che non si trattava del veicolo da lui acquistato, e che le auto sostitutive sono sempre state di una categoria inferiore. La lunga trafila degli interventi eseguiti per cercare di risolvere il problema della deriva a destra, sintetizzati nel riassunto (doc. 19 citazione), è durata quasi due anni, e ha comportato indubbi disagi al consumatore. Nel periodo in cui l'attore ha usufruito del veicolo difettato, il godimento è stato sicuramente menomato. Le voci a), b) e c) possono, dunque, essere riconosciute. Il danno può essere equitativamente determinato nella misura di Euro 6.260,00= (Euro 20,00= x 313 giorni), esattamente come da domanda. Viceversa, le voci d), e) ed f) non possono essere riconosciute, trattandosi di esborsi che l'attore avrebbe dovuto comunque sostenere per l'utilizzo del veicolo. Mentre, per quanto riguarda la voce g), come illustrata in comparsa conclusionale, si tratta soltanto delle spese di consulenza tecnica di parte (su cui v. infra). Di qui l'accoglimento della domanda in scrutinio nella misura di Euro 6.260,00=. Trattandosi di danno, e quindi, di debito di valore, al capitale vanno aggiunti la rivalutazione e gli interessi con decorrenza dall'acquisto al saldo; gli interessi vanno calcolati sulla somma via via rivalutata. La domanda di regresso è fondata. In tesi della terza chiamata, il regresso è inammissibile, in quanto essa è un mero distributore, e non è responsabile del vizio, ascrivibile semmai al produttore, non avendo esercitato alcun controllo sul bene. La tesi non è condivisibile. L'art. 131 del Codice del Consumo ammette l'azione nei confronti dei soggetti che appartengono alla catena distributiva del prodotto ("Il venditore finale, quando è responsabile nei confronti del consumatore a causa di un difetto di conformità" imputabile ad un'azione o ad un'omissione del produttore, di un precedente venditore della medesima catena contrattuale distributiva o di qualsiasi altro intermediario, ha diritto di regresso, salvo patto contrario o rinuncia, nei confronti del soggetto o dei soggetti responsabili facenti parte della suddetta catena distributiva"). La (...) appartiene pacificamente a detta catena, e quindi è responsabile, al pari della casa madre, che ben avrebbe potuto a sua volta chiamare in manleva. Infatti, la responsabilità discende non soltanto da un'azione positiva (il controllo sul prodotto), ma anche da una mera omissione (il mancato controllo sul prodotto). In tal senso meritano di essere richiamati gli obblighi del distributore, come delineati nell'art. 104 co. 6 del Codice del Consumo, sia pure in relazione alla diversa tematica della sicurezza del prodotto: ciò, se non altro, al fine di sottolineare che detto soggetto non va esente da responsabilità per il semplice fatto di essere un (mero) "distributore", ma è destinatario di peculiari obblighi di diligenza che si affiancano a quelli del produttore. La giurisprudenza di legittimità è granitica nell'affermare la responsabilità dell'intermediario (Cass. n. 2115/2015: "Nella vendita a catena, il principio dell'autonomia di ciascuna vendita non impedisce al rivenditore di proporre nei confronti del proprio venditore domanda di rivalsa di quanto versato a titolo di risarcimento del danno all'acquirente, quando l'inadempimento del rivenditore sia direttamente connesso e consequenziale alla violazione degli obblighi contrattuali verso di lui assunti dal primo venditore". Conforme Cass. n. 1631/2020), con la sola esclusione del semplice mandatario (Cass. n. 5140/2019: "Il rivenditore finale, quando deve rispondere nei confronti del consumatore per un vizio di conformità di un bene imputabile ad un'azione od omissione del produttore o di un precedente venditore della medesima catena distributiva o di un intermediario, può esercitare azione di rivalsa verso i responsabili. Tuttavia, la qualifica di intermediario - ai sensi dell'abrogato art. 1519 quinquies c.c., ora sostituito dall'art. 131 del D.Lgs. n. 206 del 2005 - può essere attribuita solo ad un soggetto che sia coinvolto nella catena distributiva del detto bene e, in particolare, non può discendere dall'espletamento di un incarico conferito dal produttore ad un mandatario dopo l'evento che ne ha determinato la responsabilità. (Nella specie, la S.C. ha escluso, in un caso concernente i danni arrecati ad un compratore dall'incendio, per un difetto di fabbricazione, del veicolo da lui acquistato, che potesse considerarsi intermediario un mero mandatario che, su delega del produttore, successiva al verificarsi del menzionato incendio, si era limitato ad asportare ed inviare alla casa produttrice estera i cablaggi elettrici della vettura)"). Di qui la doverosità della manleva. Tanto più che la qualità di (mero) "distributore" non è stata neppure provata, essendo l'attività esercitata dalla terza chiamata non soltanto quella di distribuzione, ma anche quella di compravendita e di noleggio di autovetture, come emerge dalla visura camerale (doc. 1 comparsa). Le spese di lite seguono la soccombenza e possono liquidarsi in complessivi Euro 5.077,00=, quanto alle spese sostenute dall'attore, e con distrazione a favore del difensore antistatario, ed in complessivi Euro 4.916,00=, quanto alle spese sostenute dalla convenuta, oltre ad anticipazioni documentate (contributo unificato, marca da bollo, spese di notifica), a spese generali nella misura del 15%, ad iva e cpa e alle successive occorrende. Le spese di consulenza tecnica d'ufficio, nella misura già stabilita in istruttoria, vanno poste a carico di parte convenuta soccombente. Idem le spese di consulenza tecnica di parte attrice, nella misura documentata di Euro 1.118,51= (docc. 38 e 39 attore). P.Q.M. Il Tribunale, ogni diversa istanza eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando: - in parziale accoglimento della domanda, condanna la convenuta a pagare all'attore, a titolo di riduzione del prezzo, la somma di Euro 1.830,00=, oltre a interessi come in motivazione e, a titolo di risarcimento del danno, la somma di Euro 6.260,00=, oltre a rivalutazione e interessi come in motivazione; - condanna la convenuta a rifondere all'attore le spese di lite, liquidate in complessivi Euro 5.077,00=, oltre ad anticipazioni documentate (contributo unificato, marca da bollo, spese di notifica), a spese generali nella misura del 15%, ad iva e cpa e alle successive occorrende, e con distrazione a favore del difensore antistatario; - spese di consulenza tecnica d'ufficio, nella misura già stabilita in istruttoria, a carico di parte convenuta soccombente; - spese di consulenza tecnica di parte attrice, nella misura di Euro 1.118,51=, a carico di parte convenuta soccombente; - condanna la terza chiamata a manlevare e tenere indenne la convenuta per tutto quanto la stessa è stata tenuta a pagare all'attore in forza della presente sentenza, anche a titolo di spese di lite e di consulenza, d'ufficio e di parte attrice; - condanna la terza chiamata a rifondere alla convenuta le spese di lite, liquidate in complessivi Euro 4.916,00=, oltre ad anticipazioni documentate (contributo unificato, marca da bollo, spese di notifica), a spese generali nella misura del 15%, ad iva e cpa e alle successive occorrende. Così deciso in Bergamo il 11 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI BERGAMO SEZIONE III in persona del Giudice unico, dott. Tommaso Del Giudice, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I grado, iscritta al n 4060/2022 RG del Tribunale di Bergamo, trattenuta in decisione con ordinanza dell'01/03/2023, con concessione del termine (decorrente dalla data di comunicazione di detta ordinanza) di giorni 20 per il deposito di comparse conclusionali e di successivo termine di giorni 20 per il deposito di memorie di replica, promossa da (...), C.F. (...), in proprio e quale legale rappresentante di (...) S.N.C., C.F. (...), (...), C.F. (...), (...), C.F. (...), e (...), C.F. (...), rappresentati e difesi dall'avv.to DE.LU. ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest'ultimo, sito in VIA (...) 24121 BERGAMO, giusta procura in calce all'atto di citazione, OPPONENTI, nei confronti di (...) S.P.A., C.F. (...), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv.to PR.AL. ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, sito in VIA (...) 16121 GENOVA, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta, OPPOSTA, avente ad oggetto: contratto autonomo di garanzia. FATTO E DIRITTO 1. Con atto di citazione notificato in data 23/05/2022, (...), in proprio e quale legale rappresentante di (...) S.N.C., (...), (...) e (...) promuovevano il presente giudizio nei confronti di (...) S.P.A., opponendosi al decreto ingiuntivo n. 282/2022 del Tribunale civile di Bergamo, chiedendone la revoca, infine concludendo come riportato in epigrafe. Con comparsa di costituzione e risposta, si costituiva nel presente giudizio (...) S.P.A., che, contestando quanto ex adverso dedotto, eccepiva la tardività dell'opposizione al decreto monitorio, comunque chiedendo il rigetto delle avverse domande, con consequenziale conferma di tale provvedimento, infine concludendo come riportato in epigrafe. Depositate le memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c., la causa veniva istruita documentalmente e trattenuta in decisione con ordinanza dell'01/03/2023. 2. È pregiudiziale il rilievo della tardività dell'opposizione degli opponenti, intervenuta oltre il termine di quaranta giorni ex art. 641, comma 1, c.p.c., con consequenziali inammissibilità delle domande degli opponenti, nonché conferma e declaratoria di esecutività del decreto ingiuntivo opposto. Infatti, a fronte della notifica telematica della citazione in data 23/05/2022, l'anteriore notifica di ricorso e decreto ingiuntivo si era perfezionata, nelle effettive residenze, come da certificati depositati, - in data 28/2/2022, per (...), - in data 28/2/2022, per (...), - in data 16/2/2022, per (...), - in data 28/2/2022, per (...). Il perfezionamento della notifica nei confronti di quest'ultimo soggetto deve altresì estendersi alla (...) S.N.C. del quale egli è legale rappresentante: infatti, deve applicarsi analogicamente al caso di specie il principio giurisprudenziale secondo il quale "L'obbligo di notificare gli atti processuali (...) in numero di copie corrispondente al numero dei destinatari non sussiste qualora una persona fisica stia in giudizio in nome proprio e, nel contempo, in veste di legale rappresentante di altro soggetto (...), essendo in tale ipotesi sufficiente la notificazione dell'atto in una sola copia, attesa la unicità, sul piano processuale della persona che agisce contemporaneamente in proprio e nella veste di legale rappresentante di altro soggetto" (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 14094 del 27/07/2004, Rv. 574981 - 01). 3. E', dunque, solo tuzioristicamente opportuno evidenziare come, quand'anche l'opposizione fosse stata tempestiva, la medesima sarebbe stata infondata. Parte opposta, infatti, ha osservato il proprio onere probatorio depositando il conto corrente bancario stipulato dalla debitrice principale - completo delle relative e valide clausole -, gli estratti conto, la garanzia stipulata da (...) S.N.C., segnatamente obbligante a pagare "a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore", nonché la visura attestante la - peraltro incontestata - qualità di soci di quest'ultimo ente in capo alle persone fisiche opponenti. 3.1. Orbene, nei suesposti termini, parte opposta ha provato il proprio credito azionato monitoriamente, trattandosi di documentazione sufficiente per ritenere osservato l'onere probatorio gravante sulla creditrice (ex multis, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 29215 del 12/12/2008, Rv. 606201 - 01), considerato come tale garanzia debba essere sussunta al contratto autonomo di garanzia sulla base del tenore testuale, in particolare laddove enuncia che il G.S.O. al versamento in favore della creditrice "a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore". 3.2. In senso opposto non rileva la mancanza dell'ulteriore specificazione "senza eccezioni", in quanto, anche osservando che le Sez. U, Sentenza n. 3947 del 18/02/2010, Rv. 611837 hanno enunciato che la clausola ""a prima richiesta e senza eccezioni" vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia", nondimeno, nel testo della motivazione ed al punto 8.3, assimilano la dicitura ""a semplice" o "a prima richiesta (o domanda)"" a quella ""senza eccezioni"", così determinando la sufficienza della prima anche in carenza della seconda. Del resto, nel medesimo senso si pone la giurisprudenza che in contratti formulati similmente a quello di specie ravvisa comunque un contratto autonomo di garanzia (espressamente in tal senso, Trib. Torre Annunziata, G. dott. Francesco Coppola, sent. del 08.01.2014, n.147 e Cass., ord. n. 8874 del 2021). Inoltre, avuto riguardo al tenore testuale in esame, la specificazione "anche in caso di opposizione" della debitrice principale è sinonimica dell'espressione "senza eccezioni" (così, ex multis, Cass., ord. n. 14187 del 2022, Cass., ord. n. 33876 del 2022, Cass., ord. n. 9569 del 2018 e Corte d'appello di Brescia, sent. n. 1253 del 2017). 3.3. Quanto indicato non trova smentita in altre clausole o nell'uso dei vocaboli "fideiussore" o "fideiussione": da un lato, tali espressioni, inerendo ad una qualificazione giuridica interpretabile dal Giudice solo unitamente alla dicitura predetta di pagamento "a semplice richiesta", in osservanza dell'art. 1363 c.c., non escludono l'interpretazione del rapporto negoziale come quello di una garanzia autonoma; dall'altro e secondo la Suprema Corte, "il giudice non è vincolato dal "nomen juris" adoperato dalle parti" (ex multis, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 13399 del 22/06/2005, Rv. 582056 - 01, e, proprio in tema di qualificazione del contratto autonomo di garanzia redatto con la menzione di "fideiussione", Trib. Firenze, sent. del 18-7-2016 e Cass., ord. n. 27619 del 2020). 3.4. Quanto suesposto, inoltre, esclude la persuasività di diverse conclusioni, come quella - ex multis - di Corte d'appello di Brescia, sent. n. 1704 del 2021 (seguita da Corte d'appello di Brescia, sent. n. 553 del 2022, Corte d'appello di Brescia, sent. n. 51 del 2022, e Corte d'appello di Brescia, sent. n. 449 del 2022), la quale prospetta che "l'affermazione che in tal senso appare espressa dalle SS.UU. della Suprema Corte (Cass.3947/2010) va, infatti, correlata ad un altro, ben più pregnante, principio, espresso nella medesima sentenza, quello secondo cui "il contratto autonomo di garanzia (cd Garantievertrag), espressione dell'autonomia negoziale ex art. 1322 cod. civ., ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, che può riguardare anche un fare infungibile (qual è l'obbligazione dell'appaltatore), contrariamente al contratto del fideiussore, il quale garantisce l'adempimento della medesima obbligazione principale e prestazione dovuta dal garante; inoltre, la causa concreta del contratto autonomo è quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole oppure no, mentre con la fideiussione, nella quale solamente ricorre l'elemento dell'accessorietà, è tutelato l'interesse all'esatto adempimento della medesima prestazione principale. Ne deriva che, mentre il fideiussore è un "vicario" del debitore, l'obbligazione del garante autonomo si pone in via del tutto autonoma rispetto all'obbligo primario di prestazione, essendo qualitativamente diversa da quella garantita, perché non necessariamente sovrapponibile ad essa e non rivolta all'adempimento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore". La distinzione, in base al predetto criterio, opera perciò non già in relazione alle parole impiegate, bensì con riguardo al confronto tra la prestazione dedotta in garanzia e quella da essa appunto garantita; laddove dal confronto quest'ultima risulti "vicariata" dall'obbligazione di garanzia, si sarà in presenza di fideiussione; nel caso in cui, invece, l'obbligazione di garanzia svolga funzione compensativa del danno determinatosi in ragione dell'inadempimento dell'obbligato principale, e si sostanzi in una prestazione "... qualitativamente diversa da quella garantita, perché non necessariamente sovrapponibile ad essa e non rivolta all'adempimento del debito principale", dovrà ravvisarsi il contratto autonomo di garanzia". Invero, tale incedere non persuade in quanto A. dichiarando l'esigenza di una "correlazione" tra i passaggi di Sez. U, Sentenza n. 3947 del 18/02/2010, Rv. 611837, giunge ad una sostanziale interpretatio abrogans del citato punto 8.3, nel quale la Suprema Corte espressamente evidenzia come "l'introduzione, nelle condizioni generali di contratto, di clausole di pagamento con diciture "a semplice" o "a prima richiesta (o domanda) ", "senza eccezioni" o analoghe ("incondizionatamente", "a insindacabile giudizio del beneficiario" e così via), se ne ha di fatto evidenziato l'impredicabilità di qualsivoglia natura assicurativa e l'indiscutibile avvicinamento al modello cauzionale, ne ha specularmente posto il problema della compatibilità con il modello tipico fideiussorio. La previsione di siffatte clausole di pagamento manifesta, difatti, una rilevante deroga alla disciplina legale della fideiussione, che si sostanzia nell'attribuzione, al creditore-beneficiario, del potere di esigere dal garante il pagamento immediato, a prescindere da qualsiasi accertamento (e dalla prova da parte del creditore) in ordine all'effettiva sussistenza di un inadempimento del debitore principale (ciò vale, in particolare, per l'incameramento della cauzione da parte dell'ente appaltatore di opere pubbliche, il quale non è tenuto a dimostrare la sussistenza di un danno in concreto, proprio in ragione della determinazione forfettaria dello stesso che consegue alla previsione della cauzione: così Cass. n. 8295 del 1994, in motivazione). A tale riguardo, questa corte ha avuto modo di affermare che, se è consentito alle parti di concedere (o far concedere da un terzo) una somma di denaro al creditore a garanzia dell'adempimento della prestazione dovutagli, allo stesso modo deve poter rientrare nei poteri riconosciuti all'autonomia negoziale la sostituzione della somma di denaro con l'impegno di un terzo di provvedere a quella prestazione o a quel pagamento a semplice richiesta del creditore, dovendosi pertanto riconoscere in dette clausole "una valida espressione di autonomia negoziale""; B. non valorizza compiutamente come tale pronuncia delle Sezioni Unite espressamente riconosca alla presenza delle citate clausole la capacità "di per sé di orientare l'interprete verso l'approdo alla autonoma fattispecie del Garantievertrag, salva evidente, patente, irredimibile discrasia con l'intero contenuto "altro" della convenzione negoziale", scarto non di certo rilevabile nel caso di specie; C. arriva non condivisibilmente ad assumere che la natura autonoma della garanzia possa essere affermata solo in presenza della diversità della qualità naturalistica (e non solo giuridica) della prestazione tra debitore principale e garante (facere nel negozio principale e corresponsione di denaro nella garanzia), quando, seppur sia vero che ciò ricorra nel campo elettivo del contratto autonomo di garanzia, vale a dire l'appalto di opera, quanto indicato non è stato assunto a costante dirimente ed esclusiva dalla giurisprudenza di merito e di legittimità. In quest'ultimo senso, infatti, depongono solo esemplificativamente 1) la stessa Sez. U, Sentenza n. 3947 del 18/02/2010, Rv. 611837, secondo la quale "pare sufficiente considerare che, secondo una diffusa opinione, la funzione del Garantievertrag è quella di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, che non sempre consiste in un dare ma può anche riguardare un fare infungibile", così rigettando la tesi che quest'ultima prestazione sia l'unica suscettibile di garanzia autonoma (come altresì confermato dalla sottoindicata Cass., ord. n. 8874 del 2021), 2) Cass. ord. n. 9569 del 2018, Cass., ord. n. 8874 del 2021, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 31509 del 2021, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 32402 del 2019, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 23067 del 2022 che - tra le tante - hanno riconosciuto contratti autonomi di garanzia in fattispecie consimili alla presente e laddove, parimenti, l'obbligazione garantita aveva natura pecuniaria, in particolare enunciandosi i. in Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 23067 del 2022 che quella "a prima richiesta sia pattuizione, questa sì, che significa autonomia della fideiussione rispetto al debito principale", ii. in Cass., ord. n. 8874 del 2021, che "è regola che l'inserimento nel contratto dell'obbligo del garante di pagare a prima richiesta comporta autonomia della obbligazione (Cass. Sez. un. 3947/ 2010), posto, peraltro, che in tale clausola v'è anche l'altra: il pagamento a prima richiesta è pagamento senza eccezioni", aggiungendosi che "la differenza tra garanzia autonoma e fideiussione è nella funzione, non nell'oggetto della prestazione, ossia: anche se il garante è tenuto ad una somma di denaro (la medesima cui era obbligato il garantito) ciò non toglie che la funzione della sua obbligazione sia quella di indennizzo o di risarcimento, ossia sia rivolta a tenere indenne il creditore del danno subito, comprendendo anche somme non incluse nella obbligazione principale, ed infatti la garanzia è prestata per un ammontare che, nel momento in cui è fissato, in genere eccede quello garantito (...). Garante e garantito hanno a proprio carico una prestazione con eguale oggetto, ma con diversa funzione", iii. in Cass., Sez. 1, Sentenza n. 32402 del 2019, che "una garanzia a prima richiesta" riconosce "al creditore quel potere di autotutela" che costituisce la "funzione essenziale del contratto autonomo di garanzia", iv. in Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 31509 del 2021, una qualificazione, da parte del giudice di merito, della clausola "a prima richiesta" nel senso del contratto autonomo di garanzia per assumerne una diversa valutazione in merito alla disciplina dell'art. 1957 c.c., v. in Cass. ord. n. 9569 del 2018, che "nelle cd. garanzie autonome, l'assunzione da parte del garante dell'impegno di effettuare il pagamento a semplice richiesta del beneficiario della garanzia comporta la sua rinunzia ad opporre le eccezioni inerenti al rapporto principale, ivi comprese quelle relative all'invalidità del contratto da cui tale rapporto deriva - diversamente da quanto prevede l'art. 1939 cod. civ. in relazione alla fideiussione -, a meno che non siano fondate sulla nullità del contratto medesimo per contrarietà a norme imperative o per illiceità della causa"; 3) la stessa giurisprudenza del distretto che, per esempio in Corte d'appello di Brescia, sent. n. 1253 del 2017 ha qualificato come contratto autonomo di garanzia un negozio identico a quello in esame, obbligante "a pagare immediatamente alla Banca, a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore", posto a garanzia di una obbligazione pecuniaria (in continuità con Cass., ord. n. 9569 del 2018, Cass., ord. n. 14187 del 2022, Cass., ord. n. 33876 del 2022, che, segnatamente, per una identica fattispecie negoziale, smentiscono gli opposti argomenti di Corte d'appello di Brescia, sent. n. 449 del 2022), così sia recuperando la dirimente rilevanza dell'indice testuale della clausola da ultimo citata, valorizzata anche dal punto 8.3 e da quanto suesposto di Sez. U, Sentenza n. 3947 del 18/02/2010, Rv. 611837, sia smentendo ogni significato conclusivo alla circostanza che la prestazione principale garantita non sia costituita da un facere (coerentemente con la già citata Cass., ord. n. 8874 del 2021). 3.5. Peraltro, anche opinando diversamente da quanto suesposto, occorre evidenziare che anche il riconoscimento di una fideiussione con clausola solve et repete parimenti avrebbe portato, nel caso di specie, alla osservanza dell'onere della prova del credito da parte dell'opposta, tanto più viste la produzione anche degli estratti conto, nonché del - principale e garantito - contratto di conto corrente bancario, privo di invalidità di sorta. 4. A fronte di quanto suesposto non sarebbero, invece, state fondate le avverse deduzioni degli opponenti. In particolare, - manca la prova di un effettivo adempimento compiuto, in sede fallimentare, da parte della debitrice principale, - all'uopo sono irrilevanti i contatti descritti con il curatore fallimentare, - manca un'allegazione - entro il termine di maturazione delle preclusioni assertive coincidente con la scadenza per il deposito della prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. (sul punto, ex multis, Trib. Milano 23-5-2013 e Corte d'Appello di Milano 13-1-2016, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22055 del 22/09/2017, Rv. 646016 - 01, Tribunale Monza, sez. IV, 09/04/2019, n. 818, Corte d'appello di Brescia, sent. n. 730 del 2019, Trib. Lanciano, sent. n. 165 del 2020) - sufficientemente specifica circa le censure concernenti il c.d. merito creditizio, cui si aggiunge il rilievo di come non sia riconoscibile la qualità di consumatore ex art. 124 TUB in capo a società o a soci delle stesse (in tema, Corte di Giustizia, ord. del 19 novembre 2015, in causa C-74/15). 5. Le spese processuali della fase di opposizione seguono la soccombenza degli opponenti e vanno poste in solido a carico degli stessi, stante la comunanza di interesse desunta dalla solidarietà dell'obbligazione e dalla medesimezza di posizione giuridica; dette spese si liquidano in favore di parte opposta, considerati le vigenti tariffe forensi del D.M. n. 55 del 2014, l'importo delle domande, la mancanza di difese sufficientemente differenziate da determinare l'aumento ex art. 4, comma 2, di detto D.M., la ricomprensione della fase istruttoria per la presenza di "memorie illustrative" dell'opposta (anche in carenza di incombenti istruttori, come osservato da Cass., ord. n. 4698 del 2019), in Euro 11.268,00 per compensi (fase di studio Euro 2.552,00, fase introduttiva Euro 1.628,00, fase istruttoria Euro 2.835,00, fase decisoria Euro 4.253,00, calcolati in misura media, ad eccezione del minor importo per la fase istruttoria ed in ragione della natura documentale della stessa), oltre IVA, CPA, e rimborso spese generali del 15%. P.Q.M. Il Tribunale di Bergamo, sezione III, in persona del Giudice unico, dott. Tommaso Del Giudice, definitivamente pronunciando sull'opposizione e sulle domande proposte, ogni contraria istanza, eccezione, o deduzione respinta, così provvede: 1) Dichiara l'inammissibilità dell'opposizione e delle domande di (...), in proprio e quale legale rappresentante di (...) S.N.C., (...), (...) e (...), e, per l'effetto, conferma e dichiara esecutivo il decreto ingiuntivo n. 282/2022 del Tribunale civile di Bergamo; 2) Condanna in solido (...), in proprio e quale legale rappresentante di (...) S.N.C., (...), (...) e (...) al pagamento, in favore di (...) S.P.A., delle spese processuali della fase di opposizione, liquidate in Euro 11.268,00 per compensi, oltre IVA, CPA e rimborso spese generali del 15%. Così deciso in Bergamo il 12 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2023.

  • TRIBUNALE DI BERGAMO Seconda Sezione Civile, Procedure Concorsuali ed Esecuzioni Immobiliari REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale, riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei Magistrati: d.ssa Laura De Simone Presidente dr. Luca Fuzio Giudice d.ssa Maria Magri Giudice Estensore nel procedimento unitario (...) a scioglimento della riserva assunta in data 29/03/2023, ha emesso la seguente SENTENZA PREMESSO che: - con ricorso ex art. 40 e 84 CCII, depositato il 09/08/2022, la società (...) con sede legale in (...) ha proposto domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo completa di proposta, piano e documentazione prevista dagli art. 39 e 87 CCII; - con provvedimento del 17/08/2021 il Tribunale, valutata la ritualità della domanda, ha aperto la procedura di concordato preventivo; - il piano concordatario è qualificabile alla stregua di concordato in continuità indiretta, poiché prevede la cessione dell'attività in esercizio; infatti la società (...) ha presentato offerta irrevocabile d'acquisto (subordinata alla omologazione) per il corrispettivo di euro 1.707.007,85 del ramo d'azienda composto da tutti i beni immobili e mobili costituenti l'azienda (...) con stabilimento in (...) esercente attività di costruzione di macchinari per l'industria tessile, in particolare di apparecchiature dedicate al controllo qualità; - in data 09/12/2022 il Commissario Giudiziale ha relazionato in ordine all'esito della pubblicità dell'offerta irrevocabile di acquisto dell'azienda ai sensi dell'art. 91 CCII, al fine di acquisire eventuali offerte concorrenti, con le quali prevedere apposita procedura competitiva: nel termine del 05/12/2022 non è pervenuta alcuna manifestazione d'interesse all'acquisto dell'azienda; - con decreto del 21/12/2022 il Tribunale ha approvato la integrazione della proposta di concordato depositata in data 07/12/2022 da (...) inerente, fra l'altro, la modifica di talune classi di creditori; - l'attivo concordatario è pari ad Euro 1.767.532,00, costituito per la parte preponderante dal ricavato dell'affitto e della vendita del ramo d'azienda sulla base dell'offerta irrevocabile di acquisto dell'attuale affittuaria (...) per Euro 1.680.000,00 (oltre all'accollo dei crediti per TFR maturati dal personale dipendente per Euro 207.008,00); nonché dal realizzo di crediti tributari (Euro 63.368,00) e da disponibilità liquide del debitore (Euro 24.164,00); - la proposta in particolare prevede: A) il pagamento integrale delle spese di procedura, e dei crediti prededucibili connessi alla procedura, per complessivi Euro 139.812,00; B) il pagamento dei crediti professionali prededucibili nella misura del 75% (art. 6, 1 comma lett. C, CCII) per complessivi Euro 152.707,00; C) la soddisfazione integrale dei crediti di natura privilegiata (professionisti della procedura quota 25% e professionisti in genere) per complessivi Euro 158.304,00; D) la soddisfazione parziale dei crediti di natura privilegiata riferiti all'Agenzia delle Entrate, mediante apposita transazione fiscale ex art. 88 CCII, nella misura di circa il 28% del totale dei crediti erariali (per complessivi Euro 575.877,57, di cui Euro 375.877,57 per crediti pagati in percentuale secondo i rispettivi privilegi ed Euro 199.721,59 per crediti degradati al chirografo, pagati nella percentuale dell'13%); E) la soddisfazione parziale del credito privilegiato vantato dal (...) per IMU nella misura del 20%; F) la soddisfazione parziale dei debiti Erariali e privilegiati IMU degradati al chirografo (INPS, INAIL, IRES, IRAP, ritenute fiscali, IVA, IMU a ruolo, CCIAA), per le quali è previsto il pagamento di una percentuale del 13%; G) la soddisfazione parziale dei debiti chirografari verso banche e verso fornitori, per i quali è previsto il pagamento di una percentuale del 8%; - le 21 classi del ceto creditorio, a seguito della modifica approvata dal Tribunale il 21/12/2022, sono quelle di seguito elencate: 1) classe 1 - "INPS e INAIL a ruolo", soddisfatta per il 28% per un totale di Euro 41.869,91 2) classe 2 - "INPS e INAIL da contabilità", soddisfatta per il 28% per un totale di Euro 2.992,64 3) classe 3 - "INPS e INAIL somme aggiuntive 50% a ruolo", soddisfatta per il 28% per un totale di Euro 1.122,86 4) classe 4 - "IRES-IRAP-ritenute a ruolo", soddisfatta al 21% per un totale di Euro 254.753,29 5) classe 5 - "IRES e IRAP non a ruolo", soddisfatta al 21% per un totale di Euro 6.559,65 6) classe 6 - "IVA a ruolo", soddisfatta al 21% per un totale di Euro 66.687,31 7) classe 7 - "IVA non a ruolo", soddisfatta al 21% per un totale di Euro 1.891,91 - NUOVA CLASSE 8) classe 8 - "IMU (...) soddisfatta al 20% per un totale di Euro 28.681,00 9) classe 9 - "INPS e INAIL a ruolo degradata al chirografo", soddisfatta per il 13% per un totale di Euro 13.996,51 10) classe 10 - "INPS e INAIL da contabilità degradata al chirografo", soddisfatta per il 13% per un totale di Euro 1.004,40 11) classe 11 - "INPS e INAIL somme aggiuntive 50% chirografo", soddisfatta per il 13% per un totale di Euro 375,36 12) classe 12 - "IRES-IRAP-ritenute a ruolo degradati al chirografo", soddisfatta al 13% per un totale di Euro 124.586,49 13) classe 13 - "IRES e IRAP non a ruolo degradati al chirografo", soddisfatta al 13% per un totale di Euro 3.207,98 14) classe 14 - "IVA a ruolo degradata al chirografo", soddisfatta al 13% per un totale di Euro 32.613,27 15) classe 15 - "INPS e INAIL somme aggiuntive 50% native chirografo", soddisfatta per il 13% per un totale di Euro 522,97 16) classe 16 - "oneri e diritti riscossione ADER nativi chirografo", soddisfatta al 13% per un totale di Euro 11.785,86 17) classe 17 - "interessi moratori al chirografo ex art. 2749 c.c.", soddisfatta al 13% per un totale di Euro 10.708,12-NUOVA CLASSE 18) classe 18 - "Cam. Com. nativa chirografo", soddisfatta al 13% per un totale di Euro 17,56 19) classe 19 - "IMU anni 2020-2021-2022 nativa chirografo + degrado", soddisfatta al 8% per un totale di Euro 9.153,20 - CLASSE che accorpa le precedenti CLASSI 15, 18 e 19 20) classe 20 - "banche al chirografo", soddisfatta al 8% per un totale di Euro 56.196,56 21) classe 21 - "fornitori al chirografo", soddisfatta al 8% per un totale di Euro 15.884,08; - l'adempimento della proposta concordataria è previsto nell'arco di circa undici mesi dalla presentazione della domanda, in quanto i pagamenti dei creditori si sviluppano in corrispondenza delle tempistiche di pagamento della cessione dell'azienda, contenute nella proposta di acquisto presentata dall'affittuaria; infatti (...) ha presentato l'offerta irrevocabile di acquisto (condizionata all'omologa del concordato) in data 05/08/2022 (doc. n. 17 fascicolo ricorrente), offrendo la complessiva somma di Euro 1.707.007,85, così dilazionata: Euro 150.000,00 già versati a titolo di cauzione; Euro 550.000,00 entro 30 giorni dall'aggiudicazione; Euro 800.000,00 entro 120 giorni dall'aggiudicazione; Euro 207.007,85 mediante accollo definitivo (e rinuncia al diritto di rivalsa da parte dell'affittuaria verso la debitrice) dei crediti per TFR maturati dal personale dipendente; - le tempistiche ipotizzate per il pagamento dei creditori sono le seguenti: ottobre 2022 pagamento di parte del compenso del commissario giudiziale; marzo 2023 pagamento dei crediti ipotecari; aprile 2023 pagamento dei creditori privilegiati (professionisti), maggio 2023 pagamento dei crediti fiscali; giugno 2023 pagamento dei creditori chirografari; - le operazioni di voto del ceto creditorio si sono svolte nella settimana fra il 26/01/2023 ed il 03/02/2023 e all'esito della votazione il Commissario Giudiziale, con atto depositato in data 06/02/2023, ha comunicato che la proposta di concordato NON è stata approvata dai creditori, in quanto non sono state raggiunte le maggioranze richieste di cui all'art. 109 comma 5 del CCII, avendo votato favorevolmente alla proposta le sole classi 8, 19 e 21 (...) e fornitori); - in data 10/02/2023 il debitore (...) ha presentato istanza ex art. 112, 2° comma, CCII per aprire comunque la fase della omologazione del concordato, ritenendo di avere tutti i requisiti stabiliti da tale norma per ottenere la omologazione del concordato da parte del Tribunale, in assenza di approvazione dei creditori; - con relazione depositata il 14/02/2023 il Commissario Giudiziale ha espresso il suo parere positivo in ordine al possesso da parte della società proponente di tutti i requisiti stabiliti dalle lettere da A a D dell'art. 112, 2° comma, CCII; - il Tribunale con decreto del 02/03/2023 ha fissato l'udienza camerale del 29/03/2023 per la discussione in ordine alla domanda di omologazione; - il tale udienza del 29/03/2023 il debitore (...) ha insistito per la omologazione del concordato, mentre il Pubblico Ministero, essendo già pendente una sua istanza per la dichiarazione di fallimento della società (procedura ist. Fall. NRG 117/2022), ha riqualificato la sua domanda in istanza di liquidazione giudiziale. Tutto ciò premesso, il Tribunale rileva quanto segue. 1. Va innanzitutto richiamato il disposto dell'art. 109, comma 5, CCII sulle maggioranze necessarie per l'approvazione della proposta di concordato preventivo, secondo il quale, qualora si tratti di concordato in continuità, è necessario il voto favorevole di tutte le classi i creditori. Tale ipotesi non si è verificata per il concordato preventivo proposto da (...) perché, come già scritto, la proposta è stata votata favorevolmente solo da tre classi (8, 19 e 21) su un totale di ventuno. Il successivo art. 112, 2° comma, CCI, per l'ipotesi di mancata approvazione nel concordato preventivo in continuità aziendale, consente al debitore di fare istanza al Tribunale volta ad ottenere l'omologazione del concordato non approvato dai creditori, qualora ricorrano congiuntamente quattro condizioni, ovvero che: A) il valore di liquidazione sia distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione; B) il valore eccedente quello di liquidazione sia distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore, fermo restando quanto previsto dall'art. 84, 7 comma CCII (i crediti dei lavoratori assistiti da privilegio ex art. 2751 bis n. 1 c.c. vanno soddisfatti nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione sul valore di liquidazione e sul valore eccedente quello di liquidazione; va altresì rispettato quanto previsto dall'art. 2116, 1° comma, c.c., sul pagamento delle prestazioni di previdenza e assistenza obbligatorie da parte del datore di lavoro); C) nessun creditore riceva più del proprio credito; D) la proposta sia approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza, la proposta sia approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione, anche sul valore eccedente quello di liquidazione. La disposizione normativa sopra citata disciplina la ristrutturazione trasversale dei debiti dell'impresa, che consente di imporre alle classi di creditori dissenzienti la ristrutturazione, che esse abbiano respinto con il loro voto contrario, in forza di un piano omologato dall'autorità giudiziaria, nonostante appunto il dissenso di una o più classi di creditori. Lo strumento di omologazione eteronoma nella sua attuale formulazione è stato introdotto nel vigente Codice della Crisi e dell'Insolvenza dal D.Lgs. n. 83 del 17/06/2022, di attuazione della Legge Delega n. 53 del 02/04/2021, che ha recepito nel nostro ordinamento la Direttiva Europea UE n. 2019/1023 del 20/06/2019 sulle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione (Direttiva Insolvency). Il Tribunale, essendo stata presentata dal debitore domanda di omologazione ai sensi dell'art. 112, 2° comma CCII, è tenuto ad accertare la sussistenza della condizioni previste dalla legge per la omologazione del concordato in continuità. In questo caso il Tribunale è chiamato a verificare non tanto la convenienza economica della proposta di concordato rispetto all'alternativa liquidatoria, posto che tale valutazione spetta ai creditori, mediante il loro voto (autonomia negoziale) oppure, in via residuale, spetta al Tribunale nel solo caso sia stato richiesto dal creditore dissenziente ai sensi dell'art. 112, 4° comma, CCII. Il Tribunale invece è chiamato solo a verificare se sussistono congiuntamente la quattro condizioni previste dal secondo comma dell'art. 112. CCII per poter approvare il concordato (omologazione eteronoma). 2. Passando ad analizzare la sussistenza nel caso di specie di ciascuna delle quattro condizioni, la prima prevede che il valore di liquidazione sia distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione. A riguardo si osserva che, nella sua relazione ex art. 84, 5° comma CCII, il professionista attestatore dr. (...) (doc. n. 23 allegato alla proposta di concordato depositata il 09/08/2023) ha stimato il valore patrimoniale dell'impresa nell'ipotesi alternativa della liquidazione giudiziale in complessivi Euro 1.089.700,00, derivanti dalla vendita atomistica dei beni aziendali mobili ed immobili (di cui Euro 901.000,00 ricavabili dalla vendita del capannone industriale, su cui gravano tre ipoteche). Tale provvista sarebbe sufficiente a soddisfare le spese prededucibili (ipotizzate in complessivi Euro 140.000,00), il creditore (...) che vanta un'ipoteca di primo grado sull'immobile per Euro 492.466,00, il creditore (...) che vanta un'ipoteca di secondo grado per Euro 12.000,00 ed il creditore Agenzia delle Entrate Riscossione, che vanta un ipoteca di terzo grado per un massimo di Euro 444.734,00, a fronte di un'ipoteca di Euro 622.883,00. Nessun altro creditore sarebbe soddisfatto. L'ipotesi liquidatoria è stata perciò valutata come deteriore rispetto alla proposta concordataria, che consente il soddisfacimento integrale dei creditori ipotecari di primo e di secondo grado e del creditore Agenzia delle Entrate Riscossione per un importo superiore, ossia Euro 600.291,00 in forza di della transazione fiscale proposta ex art. 88 CCII (la somma di Euro 600.291,00 è stata poi ridotta ad Euro 575.877,57 a seguito del riconteggio degli interessi spettanti in via privilegiata e di quelli spettanti al chirografo dopo l'acquisizione dall'Agenzia delle Entrate della certificazione ex art. 88 ter, comma 3, CCII relativa ai carichi pendenti iscritti a ruolo), nonché tutti i creditori chirografari in una percentuale del 8%. Il Commissario Giudiziale ha ritenuto perciò soddisfatta la condizione del miglior soddisfacimento dei creditori con il rispetto delle cause legittime di prelazione, in confronto all'alternativa liquidatoria, esprimendosi favorevolmente alla proposta concordataria sia nella relazione ex art. 105 CCIII, depositata il 12/12/2023 (nello specifico pag. 67 e seguenti), sia nella relazione per la valutazione delle condizioni ex art. 112, 2° comma CCII (relazione depositata il 14/02/2023). Il Collegio ritiene che dette valutazioni dell'attestatore e del Commissario Giudiziale possano essere condivisibili, seppure non ineccepibili dal punto di vista formale, dal momento che l'ipoteca di terzo grado non viene trattata alla stregua delle altre ipoteche di grado poziore. Può infatti considerarsi soddisfatta la prima condizione della distribuzione dell'intero valore della liquidazione nel rispetto delle cause legittime di prelazione, perché sussiste una offerta irrevocabile di acquisto dell'azienda, che prevede, anche se subordinatamente all'omologazione, tronche di pagamento rigidamente scadenziate (Euro 150.000,00 già versati a titolo di cauzione, Euro 550.000,00 entro 30 giorni dall'aggiudicazione, Euro 800.000,00 entro 120 giorni dall'aggiudicazione), la qual cosa consente una ragionevole certezza in ordine alla soddisfazione anche del creditore Agenzia delle Entrate Riscossione, che vanta l'ipoteca di terzo grado, nella misura almeno pari, se non addirittura migliorativa rispetto al valore di liquidazione. 3. Quanto alla seconda condizione essa prevede che il valore eccedente quello di liquidazione sia distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore. A riguardo, il Tribunale nel proprio provvedimento del 21/12/2022, aveva già avuto modo di verificare che "il trattamento stabilito per le classi di creditori chirografari non altera l'ordine delle cause legittime di prelazione in termini di pagamenti percentuali dei crediti: A) in particolare sono correttamente previste apposite classi relative ai crediti originariamente privilegiati dell'Agenzia delle Entrate, che sono declassati al chirografo per incapienza del patrimonio del debitore (classi 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17), con trattamento più favorevole (13%) rispetto agli altri crediti (classi 19, 20 e 21) ab origine chirografari (8%), conformemente a quanto previsto dall'art. 88, 1° comma CCII; B) inoltre anche il trattamento riservato al credito per IMU vantato dal (...) - privilegio di grado 20 ex art. 2 778 c.c. -, che viene soddisfatto nella misura del 20% (classe 8), è correttamente graduato rispetto al pagamento dei crediti privilegiati oggetto di transazione fiscale, che riguardano crediti collocati in gradi superiori e che quindi vanno pagati in percentuali maggiori, e segnatamente: i crediti di grado da 1 a 8 ex art. 2 778 c.c. (INPS e INAIL) soddisfatti per il 28% (classi 1, 2 e 3), i crediti grado 18 e 19 ex art. 2 778 c.c. (IRES, IRA, ritenute fiscali e IVA) soddisfatti per il 21% (classi 4, 5, 6 e 7);". Il Commissario Giudiziale ha ritenuto soddisfatta la seconda condizione, perché le classi dissenzienti riguardano i creditori oggetto di transazione fiscale, la CCIAA di Bergamo e le banche; nella transazione fiscale proposta la soddisfazione di tali crediti è prevista in misura non inferiore a quella ricavabile dalla liquidazione giudiziale, in ragione della collocazione preferenziale dei crediti stessi, mentre per quanto riguarda il credito della CCIAA (voto non espresso) delle banche (maggioranza non raggiunta) si tratta di creditori chirografari che, in caso di liquidazione, non verrebbero soddisfatti (pag. 4 relazione depositata il 14/02/2023). Il Collegio ritiene di condividere tale conclusione del Commissario Giudiziale. 4. Quanto alla terza condizione essa prevede che nessun creditore riceva più del proprio credito. Anche tale condizione è ritenuta soddisfatta dal Commissario Giudiziale, perché sulla base della documentazione presentata in allegato alla proposta concordataria risulta chiaramente che non ci sono creditori con trattamenti preferenziali, che verranno a percepire importi maggiori rispetto al credito vantato e viene rispettata la par condicio creditorum (pag. 5 relazione depositata il 14/02/2023). Il Collegio ritiene di condividere tale conclusione del Commissario Giudiziale. 5. Quanto alla quarta condizione essa prevede che la proposta sia approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza, la proposta sia approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione, anche sul valore eccedente quello di liquidazione. Per comprendere appieno il significato della norma è necessario rifarsi alla disciplina della Direttiva europea UE n. 2019/1023 del 20/06/2019 e segnatamente al suo art. 11 sulla ristrutturazione trasversale dei debiti (cross-class cram-down), da cui trae origine la disciplina di cui all'art. 112, 2° comma, CCII. L'art. 11 della direttiva Insolvency, per quel che qui interessa, così stabilisce: "1. Gli Stati membri provvedono affinché il piano di ristrutturazione che non è approvato da tutte le parti interessate di cui all'articolo 9, paragrafo 6, in ciascuna classe di voto, possa essere omologato dall'autorità giudiziaria o amministrativa, su proposta del debitore o con l'accordo del debitore, e possa diventare vincolante per le classi di voto dissenzienti se esso soddisfa almeno le condizioni seguenti: ... b) è stato approvato: i) dalla maggioranza delle classi di voto di parti interessate, purché almeno una di esse sia una classe di creditori garantiti o abbia rango superiore alla classe dei creditori non garantiti; oppure, in mancanza, ii) da almeno una delle classi di voto di parti interessate o, se previsto dal diritto nazionale, di parti che subiscono un pregiudizio, diversa da una classe di detentori di strumenti di capitale o altra classe che, in base a una valutazione del debitore in regime di continuità aziendale, non riceverebbe alcun pagamento né manterrebbe alcun interesse o, se previsto dal diritto nazionale, si possa ragionevolmente presumere che non riceva alcun pagamento né mantenga alcun interesse se fosse applicato il normale grado di priorità di liquidazione a norma del diritto nazionale". Quindi ai fini della ristrutturazione trasversale dei debiti occorre che il piano sia approvato dalla maggioranza delle classi di voto ("i"), oppure "in mancanza" da almeno una delle classi di voto ("ii"). Nella Direttiva l'uso del punto e virgola prima della locuzione "in mancanza" rende certo e inconfutabile che la previsione di cui al romanino "ii" (ossia l'approvazione di almeno una classe) sia alternativo rispetto alla previsione di cui all'intero romanino "i" (ossia all'approvazione da parte della maggioranza di classi). Pertanto secondo il canone ermeneutico della interpretazione conforme al diritto dell'Unione Europea, anche l'art. 112, 2° comma, lett. D del CCII va interpretato nel senso che la proposta di concordato è approvata dalla "maggioranza delle classi ... oppure, in mancanza, la proposta è approvata da almeno una classe ...". Nel caso oggetto di decisione la proposta non è stata approvata dalla maggioranza delle classi, perché hanno votato favorevolmente solo tre classi di creditori su un totale di ventuno. Difetta, dunque all'evidenza la prima delle due condizioni alternativamente previste, id est l'approvazione maggioritaria dei creditori. Va pertanto valutato se sussista l'ipotesi disciplinata dalla norma nazionale dopo la locuzione "in mancanza", ovverossia va accertato se la proposta sia stata approvata "da almeno una classe di creditori che sarebbero parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione " (art. 112, 2° comma lett. D, CCII). La norma del Codice della Crisi appena richiamata corrisponde alla parte della Direttiva costituita dall'art. 11 lett. B, ii), al lume della quale va interpretata e ricostruita. Nel contesto della norma unionale la proposta deve essere approvata da almeno una delle classi di voto di parti interessate (creditori e soci) o ... di parti che subiscono un pregiudizio (nella proposta di concordato)". Tale classe che abbia approvato il piano deve essere "diversa da una classe di detentori di strumenti di capitale (soci) o altra classe che, in base a una valutazione del debitore in regime di continuità aziendale (cioè applicando le regole ordinarie, che sussistono al momento della negoziazione del credito, in primis l'art. 2741 c.c. sul rispetto delle cause legittime di prelazione) non riceverebbe alcun pagamento (se creditore) né manterrebbe alcun interesse (se socio) o ... si possa ragionevolmente presumere che non riceva alcun pagamento (se creditore) né mantenga alcun interesse (se socio) se fosse applicato il normale grado di priorità di liquidazione a norma del diritto nazionale". In buona sostanza la Direttiva consente all'autorità giudiziaria di omologare la proposta concordataria solo se essa sia stata approvata da almeno una classe di creditori (privilegiati), che nel concordato venga trattata in maniera deteriore ("che subisce un pregiudizio ") rispetto all'ipotesi della liquidazione giudiziale. Tale classe deve essere diversa da una classe di creditori (chirografari), che non riceverebbe alcun pagamento nell'ipotesi di prosecuzione dell'impresa in crisi o nell'ipotesi alternativa della liquidazione giudiziale. Declinando il significato della norma interna alla luce di quella unionale di cui all'articolo 11 della Direttiva sopra analizzato, il 2° comma lett. D dell'art. 112 CCII va così interpretata: il Tribunale omologa il concordato se, fatte salve le altre condizioni, la proposta è stata approvata "da almeno una classe di creditori che sarebbero parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione". La ratio della norma è quella di favorire al massimo la ristrutturazione trasversale dei debiti, in una logica di continuità aziendale, che consenta di riammettere nel mercato l'impresa i crisi e di mantenere i posti di lavoro in essa impiegati. Tuttavia per ottenere l'omologazione con l'approvazione dell'autorità giudiziaria e quindi al di fuori di una logica di autonomia negoziale fra debitore ed i suoi creditori, occorre, quale requisito minimo, quello della approvazione della proposta da parte di almeno una classe di creditori privilegiati, che sia per così dire "maltrattata" nella proposta concordataria e pur tuttavia sia fiduciosa nella bontà della proposta di "rilancio" dell'impresa (art. 112, 2° comma, lett. D, del CCII). Allo stesso tempo la medesima norma tutela ciascuno dei creditori dissenzienti, garantendo loro un trattamento non inferiore a quello, a cui potrebbero aspirare nel caso di liquidazione giudiziale (art. 112, 2° comma, lett. A, del CCII). 6. Applicando la norma come sopra interpretata al caso oggetto di decisione, si osserva che hanno votato favorevolmente alla proposta concordataria il (...) (classi 8 e 19) ed i fornitori (classe 21). Il creditore (...) avendo un credito per IMU non pagata, vanta il privilegio mobiliare di grado 20 ex art. 2778 c.c. mentre i fornitori vantano crediti ab origine chirografari. Entrambe tali categorie di creditori nella ipotesi alternativa di liquidazione giudiziale non riceverebbero alcun pagamento dal patrimonio di liquidazione, mentre con la proposta concordataria sarebbero soddisfatti rispettivamente nella misura del 20% per la parte di credito IMU iscritto a ruolo e nella misura dell'8% per la parte di credito IMU degradata al chirografo, nonché per i crediti ab origine chirografari (quelli dei fornitori). Pertanto le classi di creditori che hanno votato favorevolmente non sono quelle che subirebbero un pregiudizio in ambito concordatario, ma, al contrario, sono classi che sarebbero trattate più favorevolmente nell'ipotesi concordataria rispetto a quella liquidatoria. Ne consegue che non può ritenersi sussistente la condizione di cui alla lettera D dell'art. 112, 2° comma, CCII. In conclusione il Tribunale non può omologare il concordato non essendo soddisfatte congiuntamente tutte le quattro condizioni di cui all'art. 112, 2° comma, CCII. 7. Ai sensi dell'art. 49, 6° comma, se il Tribunale non omologa il concordato, provvede con sentenza, eventualmente dichiarando, su ricorso di uno dei soggetti legittimati, l'apertura della liquidazione giudiziale secondo quanto previsto dall'art. 49, 1 e 2° comma CCII. Nel caso in decisione va pertanto valutata la domanda di apertura della liquidazione giudiziale, presentata dal Pubblico Ministero all'udienza del 29/03/2023. Esaminata la documentazione in atti, il Tribunale ritiene che sussistano i presupposti e le condizioni per la pronuncia dell'apertura della liquidazione giudiziale in considerazione della grave situazione di dissesto in cui versa il debitore, evincibile dalla relazione ex art. 105 CCII del Commissario Giudiziale depositata il 12/12/2022, da cui risultano rilevanti debiti: verso le banche per complessivi Euro 1.175.866,73, debiti verso i fornitori e i professionisti per Euro 11.604,90 (con privilegio e con garanzia ipotecaria), per Euro 162.752,71 (al privilegio) e per Euro 198.754,57 (in chirografo), nonché debiti verso l'erario ed enti previdenziali per complessivi Euro 2.043.240,26; a fronte di tale massa debitoria non appare sufficiente il patrimonio di liquidazione del debitore stimato in Euro 1.089.000,00, come sopra ampiamente esposto. Questo Tribunale è competente ai sensi dell'art. 27 CCII, poiché il debitore, esercente attività d'impresa, ha il proprio centro degli interessi principali, corrispondente alla sede legale risultante dal registro delle imprese, in (...) (BG) Il debitore è certamente soggetto alle disposizioni sui procedimenti concorsuali, ai sensi dell'art. 121 CCII, in quanto imprenditore esercente attività di costruzione di macchine per l'industria tessile, in particolare apparecchiature dedicate al controllo di qualità; inoltre la documentazione in atti consente di affermare che non si tratta di "impresa minore" in possesso dei requisiti congiunti indicati nell'art. 2, comma 1 lettera D del CCII, che consentono di escludere la sua soggezione alla dichiarazione di liquidazione giudiziale. Nell'attesa dell'istituzione dell'Albo dei soggetti incaricati dall'autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo nelle procedure di cui al codice della crisi e dell'insolvenza previsto dall'art. 356 CCII, per la nomina del curatore è sufficiente il riscontro della presenza, in capo al soggetto incaricato, dei requisiti di cui all'art. 358 CCII; Pertanto può essere nominato come curatore il dott. Andrea Cortinovis, già Commissario Giudiziale iscritto all'Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Bergamo, iscritto all'Albo degli avvocati di Bergamo che ha dimostrato, ai sensi del comma 3 dell'art. 358 CCII, perizia e diligenza nello svolgimento degli incarichi affidati, come emerge dalle risultanze dei rapporti riepilogativi negli incarichi in corso. P.Q.M. a definizione del giudizio di omologazione, ogni contraria e diversa istanza disattesa, così provvede: 1) rigetta la omologazione della proposta di concordato preventivo di (...) Visti ed applicati l'art. 48, 6° comma e l'art. 49 CCII, 2) Dichiara l'apertura della liquidazione giudiziale di (...) con sede legale in (...) - (BG), in persona del legale rappresentante dr. Nomina Giudice Delegato la d.ssa Maria Magri. Nomina Curatore il dr. Andrea Cortinovis. 3) Ordina al debitore di depositare entro tre giorni i bilanci e le scritture contabili e fiscali obbligatorie, in formato digitale, nei casi in cui la documentazione è tenuta a norma dell'art. 2215 bis c.c., dei libri sociali, delle dichiarazioni dei redditi, IRAP e IVA dei tre esercizi precedenti, nonché l'elenco dei creditori corredato dall'indicazione del loro domicilio digitale e con l'indicazione dei rispettivi crediti, ove il deposito non sia già stato eseguito ai sensi dell'art. 39 CCII; 4) Stabilisce che l'udienza, in cui si procederà all'esame dello stato passivo, abbia luogo davanti al Giudice Delegato il giorno 08 settembre 2023 ore 9:00, nel suo ufficio presso il Tribunale oppure in via telematica ai sensi dell'art. 203, 3° comma, CCII, secondo le indicazioni dello stesso Giudice Delegato; 5) Assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del debitore, il termine perentorio di trenta giorni prima dell'udienza fissata per la presentazione delle domande di insinuazione, da trasmettersi ai sensi dell'art. 201, comma 2, CCII all'indirizzo di posta elettronica certificata del Curatore, unitamente ai relativi documenti, avvertendoli che le domande depositate oltre il predetto termine sono considerate tardive ai sensi e per gli effetti dell'art. 208 CCII; 6) Autorizza il Curatore, con le modalità di cui agli artt. 155 quater, 155 quinques e 155 sexies delle disposizioni di attuazione del codice civile: a) ad accedere alle banche dati dell'anagrafe tributaria e dell'archivio dei rapporti finanziari; b) ad accedere alla banca dati degli atti assoggettati a imposta di registro e ad estrarre copia degli stessi; c) ad acquisire l'elenco dei clienti e l'elenco dei fornitori di cui all'articolo 21 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modificazioni; d) ad acquisire la documentazione contabile in possesso delle banche e degli altri intermediari finanziari relativa ai rapporti con l'impresa debitrice, anche se estinti; e) ad acquisire le schede contabili dei fornitori e dei clienti relative ai rapporti con l'impresa debitrice. 7) Ordina, ai sensi dell'art. 45 e 49, comma 4, CCII, che la presente sentenza sia comunicata al debitore, al Pubblico Ministero, al Curatore ed al creditore istante, nonché trasmessa per estratto all'Ufficio del Registro delle imprese, ai fini della sua iscrizione da effettuarsi il giorno successivo. 8) Dispone l'archiviazione del procedimento per dichiarazione di fallimento ist. Fall. NRG 117/2022, a seguito di riqualificazione della domanda da parte del Pubblico Ministero, ricorrente in detta procedura. Bergamo, 29 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 11 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BERGAMO Seconda Sezione Civile Il Tribunale di Bergamo in composizione monocratica in persona del Dott. Luca Fuzio ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al numero di ruolo generale n. 1531/2022 RG, avente per oggetto "opposizione a precetto (ex art. 615, I comma, c.p.c.)", promossa da da (...) (C.F. (...) ), nato a M. (M.), l'(...) e residente a C. d'A. (M.), Via P. n. 1 e (...) (C.F. (...) ), nato a V. (C.) il (...) e residente a P. M. (M.), Via X. A. n. 68, entrambi rappresentati e difesi dall'Avv. Ri.Bi. del Foro di Alessandria, presso il cui studio sito in Acqui Terme (AL), Via (...) sono elettivamente domiciliati -ATTORI OPPONENTI- contro (...) S.R.L. (P. IVA (...)), con sede legale in C. (T.), Via V. A. n. 1 e per essa P.C.S. S.P.A. (P. IVA (...)), con sede in M., Via V. n. 15/17 rappresentata e difesa dall'Avv. Gi.Lu. del Foro di Milano, presso il cui studio sito in Milano, Via (...), è elettivamente domiciliata - CONVENUTA OPPOSTA- SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato in data 28.02.2022 i signori (...) e (...) evocavano in giudizio (...) S.r.l. impugnando l'atto di precetto agli stessi notificato in data 16.02.2022, sostenendo l'inesistenza del diritto del creditore a procedere ad esecuzione forzata. Esponevano, in particolare, che il titolo esecutivo su cui si fondava l'atto di precetto opposto era rappresentato da decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 1564/2016 emesso dal Tribunale di Bergamo in data 04.04.2016 nei confronti della società debitrice principale (...) S.r.l. e dei fideiussori della stessa, signori (...) e (...), avverso il quale era stata proposta opposizione a decreto ingiuntivo, il cui giudizio si era concluso con la sentenza n. 1540/2019 emessa dal Tribunale di Bergamo, che aveva revocato il decreto ingiuntivo nei confronti della società debitrice principale e lo aveva confermato nei confronti degli odierni opponenti. Tale sentenza, secondo gli opponenti, aveva sostituito anche nei loro confronti l'originario titolo esecutivo. Gli esponenti illustravano altresì che la sentenza del Tribunale di Bergamo citata era stata successivamente impugnata dinnanzi alla Corte d'Appello di Brescia da (...) S.r.l. e dagli stessi opponenti, e che la relativa causa era stata iscritta a ruolo al n. (...) RG: nell'ambito della medesima, in data 18.12.2019 era stata emessa dai giudici di appello ordinanza cautelare con la quale era stata sospesa l'efficacia esecutiva della sentenza impugnata nei confronti della società (...) S.r.l. ma non nei confronti degli odierni opponenti. Dato che nella suddetta ordinanza si legge testualmente che: "il solo capo suscettibile di esecuzione forzata è quello recante la condanna al pagamento delle spese, costituente una prestazione reversibile e, quindi, tale da non recare pregiudizio all'eventuale futura azione di ripetizione di quanto versato", gli opponenti sostenevano che (...) S.r.l. non avrebbe diritto di procedere ad esecuzione forzata nei loro confronti per l'importo ingiunto con decreto ingiuntivo n. 1564/2016 ma solo per le spese legali ivi liquidate, Con comparsa depositata in data 17.05.2022 si costituiva in giudizio (...) S.r.l., sostenendo l'infondatezza dell'opposizione, rilevando che il Tribunale di Bergamo, con la citata sentenza n. 1540/2019, aveva rigettato integralmente l'opposizione a decreto ingiuntivo presentata dagli odierni opponenti e confermato il decreto ingiuntivo n. 1564/2016 emesso nei loro confronti dallo stesso Tribunale, con la conseguenza che lo stesso rimaneva l'unico valido titolo esecutivo azionato dalla banca. Dava atto, infine, che nelle more la società debitrice principale (...) S.r.l. era stata ammessa dal Tribunale di Milano alla procedura di concordato preventivo n. 21/2016 e che, nell'ambito di detta procedura concorsuale, la banca aveva potuto beneficiare di riparti per complessivi Euro 84.755,55, dei quali era stato dato atto nel precetto notificato. Alla prima udienza tenutasi in data 07.06.2022, gli attori chiedevano di produrre copia della sentenza parziale n. 553/2022 emessa dalla Corte di Appello di Brescia in data 06.05.2022 nonché la concessione dei termini ex art. 183, 6 c., c.p.c.; parte convenuta si opponeva alla produzione documentale e chiedeva la fissazione dell'udienza per la precisazione delle conclusioni. Il Giudice rigettava l'istanza di produzione documentale, concedeva alle parti i termini ex art. 183, 6 c., c.p.c. e rinviava la causa all'udienza del 04.10.2022. Gli opponenti depositavano con le proprie memorie istruttorie la sentenza parziale n. 553/2022 e l'ordinanza di rimessione in istruttoria della causa emesse nel giudizio di appello. In particolare, la sentenza parziale della Corte di Appello, per quanto di interesse, accogliendo il sesto motivo di ricorso formulato dagli appellanti odierni opponenti, revocava anche nei loro confronti il decreto ingiuntivo n. 1564/2016 R.G. Parte convenuta, con le proprie memorie istruttorie, ribadiva quanto già affermato nella comparsa di costituzione, produceva riserva di ricorso per cassazione ex art. 361 c.p.c. già formulata nei confronti della sentenza parziale n. 553/2022, si opponeva alla produzione in giudizio della suddetta sentenza poiché integrerebbe la presentazione di nuova domanda rispetto alla domanda originaria ed, infine, sottolineava che la Corte d'Appello non avesse mai sospeso l'efficacia esecutiva del titolo esecutivo su cui si fonda il precetto opposto che è rappresentato dal Decreto ingiuntivo n. 1564/2016 emesso dal Tribunale di Bergamo e successivamente confermato nei riguardi dei Sig.ri D. e F. dal medesimo Tribunale con sentenza n. 1540/2019. All'udienza tenutasi in data 04.10.2022, le parti chiedevano concordemente fissazione dell'udienza per la precisazione delle conclusioni, che il giudice indicava per il 13.12.2022. Alla suddetta udienza le parti precisavano le proprie conclusioni e chiedevano la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. che il Giudice concedeva, trattenendo la causa in decisione. Le parti depositavano memorie conclusionali nei termini previsti dalla legge, ribadendo quanto già precedentemente sostenuto nei propri atti. RAGIONI DELLA DECISIONE Si deve innanzitutto precisare che il titolo esecutivo su cui si fonda il precetto opposto è rappresentato dal decreto ingiuntivo n. 1564/2016 emesso dal Tribunale di Bergamo in data 04.04.2016, come inequivocabilmente ribadito dalla sentenza del Tribunale di Bergamo n. 1540/19, nella quale lo stesso Tribunale confermava e dichiarava esecutivo il decreto ingiuntivo esclusivamente nei confronti degli odierni opponenti mentre lo revocava nei confronti della società debitrice principale (...) S.r.l. (doc. 5 parte opponente). Come si è visto, la sentenza n. 1540/2019 veniva successivamente impugnata dinnanzi alla Corte d'Appello di Brescia (n. 1093/19 RG), e parzialmente definita con la sentenza n. 553/2022 del 06.05.2022, che, tra le altre cose, in accoglimento del sesto motivo di impugnazione, revocava il decreto ingiuntivo azionato in executivis da (...) S.r.l.. Nel merito, appare assorbente la considerazione dell'intervenuta caducazione, da parte della sentenza parziale di appello sopra menzionata, del decreto ingiuntivo n. 1564/2016 del 04.04.2016, che costituiva il titolo esecutivo in forza del quale è stato notificato il precetto qui opposto e promossa l'esecuzione immobiliare dinnanzi al Tribunale di Milano (n. 331/2022 RGE). Sotto tale profilo, va in primo luogo evidenziato come non possano sussistere dubbi di alcun tipo in ordine all'effettiva caducazione del titolo: l'accoglimento del sesto motivo di ricorso da parte della Corte d'Appello trova ampia ed esaustiva motivazione nella sentenza medesima che, nell'esaminare analiticamente il contenuto del contratto di garanzia stipulato dagli odierni opponenti, ha ritenuto lo stesso qualificabile come fideiussione in senso proprio e stretto sebbene "a prima richiesta" e non come contratto autonomo di garanzia. Tale circostanza fa venir meno la motivazione unica in ragione della quale il giudice di prime cure aveva invece mantenuto in essere il decreto ingiuntivo nei confronti dei fideiussori, in quella sede qualificati come garanti autonomi. E' più che evidente che la riqualificazione come fideiussori degli odierni opponenti, riportando l'obbligazione dai medesimi assunta nel contesto di obbligazione accessoria a quella del debitore principale, non può che determinare la caducazione anche nei loro confronti del titolo esecutivo già revocato nei confronti della società debitrice principale (...) S.r.l. Del resto, che la sentenza parziale di appello abbia revocato in toto il decreto ingiuntivo nei confronti degli odierni opponenti risulta anche testualmente dalla sentenza medesima nella parte in cui prevede la rimessione sul ruolo per la determinazione dei rapporti dare/avere tra le parti "previa revoca del decreto ingiuntivo nei confronti di (...) e (...)" (si veda sentenza parziale n. 553/2022, pag. 29). La caducazione del titolo esecutivo comporta, automaticamente, il venir meno del diritto di procedere ad esecuzione forzata sulla base di quel medesimo titolo caducato, ed è rilevabile in ogni stato e grado del procedimento anche d'ufficio, come ribadito a più riprese dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, la quale ha affermato che: "il giudice dell'opposizione all'esecuzione è tenuto a compiere d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, ed anche per la prima volta nel giudizio di cassazione, la verifica sulla esistenza del titolo esecutivo posto alla base dell'azione esecutiva, potendo rilevare sia l'inesistenza originaria del titolo esecutivo sia la sua sopravvenuta caducazione, che - entrambe - determinano l'illegittimità dell'esecuzione forzata con effetto "ex tunc", in quanto l'esistenza di un valido titolo esecutivo costituisce presupposto dell'azione esecutiva stessa" (Cass. Civ., sentenza n. 15363/2011; Cass. Civ., sentenza n. 11021/2011; Cass. Civ., sentenza n. 22430/2004). Ed ancora: "rientra di certo nei poteri ufficiosi del giudice dell'esecuzione il riscontro delle imprescindibili condizioni dell'azione esecutiva e presupposti del processo esecutivo, quelli cioè in mancanza - anche sopravvenuta - dei quali quest'ultimo non può con ogni evidenza proseguire o raggiungere alcuno dei suoi fini istituzionali e va chiuso anticipatamente, al di là e a prescindere di ogni espressa previsione normativa di estinzione" (Cass. Civ., sentenza n. 2043/2017). Sulla sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo e sulle relative conseguenze si sono espresse le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione che hanno enunciato il seguente principio di diritto: "in caso di esecuzione forzata intrapresa sulla base di un titolo giudiziale non definitivo, la sopravvenuta caducazione del titolo per effetto di una pronuncia del giudice della cognizione (...) determina che il giudizio di opposizione all'esecuzione si debba concludere non con l'accoglimento dell'opposizione, bensì con una pronunciadi cessazione della materia del contendere; per cui il giudice di tale opposizione è tenuto a regolare le spese seguendo il criterio della soccombenza virtuale, da valutare in relazione ai soli motivi originari di opposizione" (Cass., Sez. Un., sentenza n. 25478/2021). La Suprema Corte di Cassazione, pertanto, ha ribadito che la caducazione del titolo esecutivo in pendenza di opposizione all'esecuzione porta ad una pronuncia di cessazione della materia del contendere. Il giudizio di opposizione all'esecuzione, infatti, si conclude in forza di un evento esterno che matura in altro giudizio (nel caso di specie: sentenza parziale n. 553/2022) e di cui il giudice dell'opposizione deve prendere atto. Il richiamo fatto dagli opponenti all'art. 653, 2 comma, c.p.c. in ragione del quale in caso di accoglimento parziale dell'opposizione gli atti esecutivi compiuti in forza del precedente titolo resterebbero validi non appare nel caso di specie pertinente atteso che la sentenza parziale non ha accolto l'opposizione solo in parte, bensì integralmente, revocando in toto il decreto ingiuntivo senza alcuna distinzione. La revoca, infatti, non è come detto motivata da ragioni di necessaria rideterminazione dell'importo (che avrebbero giustificato eventualmente un provvedimento di limitazione degli effetti del decreto ingiuntivo) ma direttamente dalla riqualificazione giuridica della posizione degli ingiunti che, risultando ora accessoria a quella della debitrice principale, ne comporta l'inefficacia del titolo analogamente a quanto disposto con riferimento alla prima. Con la conseguenza che il credito vantato da (...) S.r.l., se anche esistente, è tornato ad essere incerto, illiquido ed inesigibile, al punto da costringere la Corte d'Appello di Brescia a disporre nuova consulenza tecnica per la sua rideterminazione. Infine, è certamente errata la censura mossa dall'opposta in ordine al preteso ampiamento del thema decidendum (l'opposta parla anzi testualmente di "mutatio libelli") da parte degli opponenti con la produzione della sentenza parziale. In realtà, con detta produzione gli opponenti hanno semplicemente rappresentato, in modo del tutto legittimo, un fatto sopravvenuto ed estintivo del titolo esecutivo in forza del quale è stato notificato il precetto opposto, fatto come già detto rilevabile addirittura d'ufficio dal Giudice. Né può valere in senso contrario il dispositivo dell'ordinanza cautelare emessa in data 18.12.2019 dalla Corte d'Appello di Brescia, che aveva limitato l'efficacia esecutiva del decreto alle sole spese di causa, atteso che anche detta ordinanza è stata travolta dalla sentenza parziale che ha eliminato interamente il decreto ingiuntivo. Le ragioni che precedono risultano pertanto assorbenti rispetto ad ogni altro motivo di opposizione proposto dagli opponenti e non possono che condurre alla dichiarazione di cessazione della materia del contendere. Le spese di causa vanno, invece, interamente compensate. Sussiste, infatti, nel caso di specie, un'evidente soccombenza reciproca, seppur sotto il profilo virtuale, tra le parti: infatti, alla soccombenza implicita della banca opposta, concretatasi nella revoca del decreto ingiuntivo azionato, si contrappone quella degli opponenti che hanno erroneamente ritenuto il titolo esecutivo azionato costituito dalla sentenza di primo grado del Tribunale di Bergamo e non già dal decreto ingiuntivo n. 1564/16 R.G. che invece, a seguito dell'espressa conferma da parte della sentenza citata, costituiva l'unico ed effettivo titolo azionato. Ed altrettanto erroneamente l'opposizione si fondava sulla pretesa limitazione del titolo medesimo alle sole spese legali, fondata sull'ordinanza della Corte di Appello che, però non ha mai sospeso l'efficacia esecutiva del titolo nei confronti dei fideiussori. P.Q.M. Il Giudice, definitivamente pronunciando sull'opposizione a precetto depositata da (...) e (...) in data 04/03/2022, 1) dichiara cessata la materia del contendere, essendo il titolo esecutivo rappresentato dal decreto ingiuntivo n. 1564/2016 emesso dal Tribunale di Bergamo in data 04.04.2016 e azionato con il precetto opposto in questa sede stato revocato in toto dalla sentenza parziale n. 553/2022 emessa dalla Corte d'Appello di Brescia nel giudizio di appello n. 1093/2019 RG. 2) compensa interamente tra le parti le spese di causa. Così deciso in Bergamo il 5 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 5 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Bergamo, Sezione Quarta civile, nella persona del Giudice unico dott.ssa Laura Brambilla ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile n. 5497/2020 Ruolo Generale promossa DA (...) S.p.a. (C.F. (...) ), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv.to GO.GI., dall'Avv.to BO.PA. e dall'Avv.to CA.GI. per procura in atti ATTRICE contro COMUNE DI DOSSENA (C.F. (...) ) CONVENUTO - CONTUMACE In punto: Cessione dei crediti SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato in data 29 luglio 2020 (...) S.p.a., premettendo di essere divenuta cessionaria di crediti in virtù di contratti di cessione pro soluto, ha convenuto in giudizio il Comune di Dossena per sentirlo condannare al versamento: - della somma di Euro 303,71 come sorte capitale della fattura emessa da (...) S.r.l. in data 30 novembre 2016; - degli interessi moratori maturati e maturandi sulla predetta sorte capitale; - degli interessi anatocistici prodotti dagli interessi moratori maturati sulla predetta sorte capitale che, alla data di notifica dell'atto di citazione, sono scaduti da oltre sei mesi, ai sensi dell'art. 1283 c.c.; - della somma di Euro 40,00 ai sensi dell'art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 231 del 2002 per il mancato pagamento della fattura costituente la predetta sorte capitale; - della somma di Euro 6.999,91 a titolo di interessi di mora maturati a causa del tardivo pagamento di crediti diversi da quelli costituenti la sorte capitale insoluta sopra indicata; - della somma di Euro 3.040,00 ai sensi dell'art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 231 del 2002 per il mancato pagamento delle 76 fatture in relazione alle quali sono maturati i predetti interessi moratori. In via subordinata, la società attrice ha chiesto di condannare il Comune di Dossena al pagamento dei suddetti importi a titolo di indennizzo ai sensi dell'art. 2041 c.c. Il Comune di Dossena, pur avendo ricevuto rituale notifica dell'atto di citazione, non si è costituito deve esserne dichiarata, ora per allora, la contumacia. La causa, ravvisatane la natura documentale, è stata infine trattenuta in decisione sulle precisate conclusioni riportate in epigrafe. MOTIVI DELLA DECISIONE Ritiene il Tribunale fondata la domanda svolta da (...) S.p.a. nei termini e per le ragioni che seguono. Con scrittura privata autenticata sottoscritta da Notaio in data 15 dicembre 2016 (...) S.r.l. ha ceduto a (...) S.p.a. una serie di crediti già maturati nei confronti del Comune di Dossena, oltre ad un credito futuro pari ad Euro 303,71, derivante dall'omesso pagamento da parte del Comune della fattura n. (...) emessa in data 30 novembre 2016 con scadenza al 14 gennaio 2017; il tutto meglio individuato mediante rimando al distinto elenco allegato delle fatture cedute (doc. 6). (...) S.p.a. ha altresì provato di aver notificato la cessione di credito nei confronti del Comune di Dossena con p.e.c. del 9 gennaio 2017; conseguentemente da quella data ai sensi dell'art. 1264 c.c. la cessione di credito è divenuta efficace nei confronti del debitore ceduto (cfr. Cass., 11436/2021). Una volta accertata la legittimazione ad agire della cessionaria (...) S.p.a. nei confronti del Comune di Dossena, la contumacia di quest'ultimo non consente di valutare eventuali fatti, impeditivi e/o estintivi dei crediti ceduti. Ferme le superiori premesse, si passano ad esaminare le singole domande svolte dalla parte attrice. 1. Domanda di condanna al pagamento della somma di euro303,71 come sorte capitale della fattura emessa da (...) S.r.l.in data 30 novembre 2016 La domanda attorea merita di essere accolta con riferimento alla condanna del Comune di Dossena al versamento della somma di Euro 303,71, dovuta per la sorte capitale della fattura n. (...) emessa da (...) S.r.l. in data 30 novembre 2016 e scaduta successivamente alla notifica del contratto di cessione di crediti (doc. 13). In argomento è sufficiente far rilevare che il credito portato dall'indicata fattura non risulta essere stato contestato neppure in via stragiudiziale dal Comune di Dossena, così come non contestato risulta il contatore in forza del quale sono state emesse dalla cedente (...) S.r.l. le fatture cedute; deve quindi ritenersi provato il credito reclamato, essendo stati rispettati gli incombenti probatori posti a carico della società somministratrice dell'energia elettrica (cfr. Cass. 297/2020). 2. Domanda di condanna al pagamento degli interessi moratori maturati e maturandi sulla predetta sorte capitale (...) S.p.a. ha chiesto la condanna del Comune di Dossena al versamento degli interessi moratori maturati e maturandi sul capitale indicato nella fattura n. (...) emessa da (...) S.r.l. in data 30 novembre 2016. Preliminarmente si evidenzia che la cessione di credito per cui è causa all'art. 6 stabilisce espressamente che "la presente cessione comprende i frutti scaduti e da maturarsi". Viene quindi in rilievo la disposizione di cui all'art. 1263 c.c., secondo cui il credito è trasferito al cessionario, oltre che con i privilegi e le garanzie reali e personali, anche con gli "altri accessori", da intendersi nel senso che nell'oggetto della cessione è ricompresa la somma delle utilità che il creditore può trarre dall'esercizio del diritto ceduto, ossia ogni situazione direttamente collegata con il diritto stesso, la quale - in quanto priva di profili di autonomia - integri il suo contenuto economico o ne specifichi la funzione, rientrandovi, dunque, anche gli interessi scaduti dopo la cessione alle condizioni e nella misura in cui, secondo la legge, essi erano dovuti al creditore cedente; nel caso concreto, essendo stato espressamente previsto nel contratto di cessione di credito, sono dovuti anche gli interessi scaduti precedentemente alla cessione (cfr. Cass., 2978/2016). Il Comune di Dossena deve dunque essere condannato a versare in favore della cessionaria anche gli interessi moratori maturati sulla sorte capitale di Euro 303,71 al tasso previsto dall'art. 5 D.Lgs. n. 231 del 2002 - tasso di riferimento B. maggiorato di 8 punti percentuali - con decorrenza, senza che sia necessaria la costituzione in mora, ai sensi dell'art. 4 D.Lgs. n. 231 del 2002 dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento della fattura n. (...) del 30 novembre 2016, quindi dal 15 gennaio 2017 sino al saldo. In argomento si evidenzia che il D.Lgs. n. 231 del 2002 si applica al ritardo nei pagamenti delle transazioni commerciali e, per espressa previsione legislativa dell'art. 2, per "transazioni commerciali" devono intendersi "i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo"; nessun dubbio pertanto sussiste in ordine all'applicazione dell'indicata previsione normativa anche alle pubbliche amministrazioni in tutti i casi in cui, come nella fattispecie di causa, si discuta di ritardo nel pagamento nelle transazioni commerciali. 3. Domanda di condanna al pagamento degli interessi anatocistici prodotti dagli interessi moratori maturati sulla predetta sorte capitale che, alla data di notifica dell'atto di citazione, sono scaduti da oltre sei mesi, ai sensi dell'art. 1283 c.c.. (...) S.p.a. ha precisato che alla data del 28 luglio 2020 sulla sorte capitale di cui alla fattura di (...) S.r.l. del 30 novembre 2016 gli interessi moratori ammontavano ad Euro 85,94. Su tale importo, in quanto dovuto da oltre sei mesi, sono dovuti ai sensi dell'art. 1283 c.c. anche i richiesti interessi anatocistici, con decorrenza dalla data di notificazione dell'atto di citazione introduttivo del presente giudizio, 29 luglio 2020 (cfr. Cass., 1164/2017). Detti interessi, poi, in difetto di convenzione tra le parti circa la loro misura, andranno calcolati al saggio legale indicato dall'art. 1284, comma quarto, c.c., ovvero in misura pari a quella prevista dal D.Lgs. n. 231 del 2002 per gli interessi moratori nel caso di ritardo nelle transazioni commerciali (cfr. Cass., 61/2023). 4. Domanda di condanna al versamento della somma di euro40,00 ai sensi dell'art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 231 del 2002 per il mancato pagamento della fattura costituente la predetta sorte capitale Meritevole di accoglimento risulta anche l'indicata domanda di condanna. L'art. 6, comma secondo, D.Lgs. n. 231 del 2002 stabilisce che "al creditore spetta, senza che sia necessaria la costituzione in mora, un importo forfettario di 40 Euro a titolo di risarcimento del danno. E'fatta salva la prova del maggior danno, che può comprendere i costi di assistenza per il recupero del credito". Alla società attrice spetta dunque, ai sensi dell'art. 6 D.Lgs. n. 231 del 2002, la somma di Euro 40,00 a titolo di risarcimento forfettario dei costi sostenuti per il recupero della sorte capitale della fattura, oltre che degli interessi di mora ed anatocistici. 5. Domanda di condanna al versamento della somma di euro6.999,91 a titolo di interessi di mora maturati a causa del tardivo pagamento di crediti diversi da quelli costituenti la sorte capitale insoluta sopra indicata (...) S.p.a. assume di essere creditrice nei confronti del Comune di Dossena anche dell'importo di Euro 6.999,91 a titolo di interessi di mora - ulteriori rispetto a quelli maturati e maturandi sulla sorte capitale di Euro 303,71 - in quanto maturati a causa del tardivo pagamento da parte del Comune di crediti diversi da quelli costituenti la predetta sorte capitale. Trattasi di interessi di mora già fatturati dalla società attrice mediante le note debito interessi (doc. 4), riepilogate nell'elenco prodotto sub doc. 5. La legittimazione ad agire di (...) S.p.a. si rinviene nei contratti di cessione di credito prodotti sub doc. 9, e dunque il contratto di cessione di credito già sopra indicato del 15 dicembre 2016 sottoscritto tra (...) S.r.l. e (...) S.p.a. avente ad oggetto fatture scadute nel periodo compreso tra il 14 febbraio 2016 e il 15 dicembre 2016 (oltre alla fattura emessa in data 30 novembre 2016 di cui ai punti nn. 1-4 della presente sentenza) ed il contratto di cessione di credito del 29 settembre 2015 tra (...) S.p.a. e (...) S.p.a. avente ad oggetto le fatture meglio indicate nell'estratto conto allegato sub doc. 1 del richiamato contratto di cessione. Entrambi gli indicati contratti di cessione di credito sono stati ritualmente notificati dalla creditrice cessionaria al debitore ceduto Comune di Dossena, e la sorte capitale delle fatture è stato pagato in ritardo dal debitore ceduto. La domanda oggetto del presente giudizio ha dunque ad oggetto unicamente gli interessi moratori maturati sugli importi indicati nelle fatture cedute; nessun dubbio sussiste dunque sulla legittimazione ad agire dell'attrice atteso che la cessione ha avuto ad oggetto oltre che alla sorte capitale anche gli accessori ai sensi dell'art. 1263 c.c.. In particolare in ogni nota di debito sono indicate le singole fatture (per sorte capitale) il cui ritardo nel pagamento ha generato gli interessi di mora; pertanto nelle note di debito vi è indicato: - il nominativo della società che l'aveva emessa, l'importo, la data di emissione e di scadenza; - la data di inizio decorrenza degli interessi di mora, e quindi ai sensi dell'art. 4 D.Lgs. n. 231 del 2002 da individuare con il giorno successivo a quello della data di scadenza del termine di pagamento delle fatture per sorte capitale; - la data di fine calcolo degli interessi di mora, e quindi la data in cui è stato accreditato l'importo delle fatture per sorte capitale; - il totale dei giorni di ritardo nel pagamento di ciascuna fattura per sorte capitale, - il tasso di interesse di mora; - l'importo a titolo di interessi di mora maturato in relazione a ciascuna fattura per sorte capitale, calcolato sulla base del numero dei giorni di ritardo e del tasso di interesse di mora. (...) S.p.a. ha dunque fornito sufficiente prova del credito di Euro 6.699,91 a titolo di interessi moratori sulle fatture indicate nei contratti di cessione di credito del 15 dicembre 2016 e del 29 settembre 2015. Su tale importo, in quanto dovuto da oltre sei mesi, sono dovuti ai sensi dell'art. 1283 c.c. anche i richiesti interessi anatocistici, con decorrenza dalla data di notificazione dell'atto di citazione introduttivo del presente giudizio, 29 luglio 2020 (cfr. Cass., 1164/2017). Maggiori considerazioni devono essere svolte con riferimento alla domanda volta a sentir condannare il Comune di Dossena a versare la somma di Euro 3.040,00, a titolo di corrispettivo ai sensi dell'art. 6, comma secondo, D.Lgs. n. 231 del 2002 per ogni fattura che ha generato gli interessi di mora (e quindi Euro 40,00 per le 76 fatture in oggetto). E' incontestato che le fatture alle quali si riferisce il debito per interessi fatto valere dalla parte attrice sono state tutte pagate dal Comune di Dossena prima della notificazione della cessione, senza che la società attrice abbia documentato di aver svolto attività di recupero del credito con riferimento alla stesse. Non ricorre quindi la possibilità di invocare il risarcimento forfettario di 40,00 Euro previsto dall'art. 6, comma secondo, D.Lgs. n. 231 del 2002 stante il mancato espletamento di attività di recupero da parte della società cessionaria con riguardo alle somme dovute a titolo di capitale. Si segnala infine che le cessioni di credito intervenute fra (...) S.p.a. - (...) S.r.l. e (...) S.p.a. non hanno ad oggetto i crediti risarcitori del cedente, ma i soli crediti per capitale fatturato e per interessi di mora. Conseguentemente, non si ritiene di poter liquidare in favore della cessionaria la somma di Euro 40,00 per ciascuna delle fatture sulle quali sono maturati i richiesti interessi di mora; tale somma infatti avrebbe potuto essere richiesta dalla sola cedente, rimasta titolare del relativo credito risarcitorio. L'accoglimento in misura ridotta della domanda attorea giustifica la compensazione delle spese di lite nella misura del 25%, con conseguente condanna del Comune di Dossena a rimborsare le spese di lite nella restante misura del 75% così come liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, definitivamente pronunciando, 1. in accoglimento della domanda attorea, condanna il Comune di Dossena a versare in favore di (...) S.p.a.: - la somma di Euro 303,71, oltre agli interessi moratori a decorrere dal giorno successivo alla scadenza della fattura sino al saldo ed agli interessi anatocistici maturati sull'importo di Euro 85,94 pari agli interessi moratori scaduti da oltre sei mesi alla data di notifica dell'atto di citazione; - la somma di Euro 40,00 ai sensi dell'art. 6, comma secondo, D.Lgs. n. 231 del 2002; - la somma di Euro 6.699,91, a titolo di interessi moratori indicati nelle note di debito sub doc. 4 e 5, ed agli interessi anatocistici maturati sugli indicati interessi moratori in quanto scaduti da oltre sei mesi alla data di notifica dell'atto di citazione; 2. condanna Comune di Dossena a rimborsare nella misura del 75% le spese di lite a favore di (...) S.p.a., liquidandone l'ammontare per l'intero in Euro 5.077,00 per compensi professionali ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 ed Euro 237,00 per anticipazionmi, oltre al rimborso forfettario del 15% ai sensi dell'art. 2 D.M. n. 55 del 2014, i.v.a. e c.p.a. come per legge. Così deciso in Bergamo il 4 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 5 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Bergamo, Sezione Quarta Civile, in persona del Giudice Unico dott. Cesare Massetti, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile n. 7786/2020 del Ruolo Generale promossa con atto di citazione ritualmente notificato e posta in decisione all'udienza del 8 novembre 2022 da (...) s.p.a., in persona del legale rappresentante dott. (...), (...) s.p.a., in persona del legale rappresentante dott. (...), (...) e (...), rappresentati e difesi dall'Avv.to (...) del (...), procuratore anche domiciliatario, giusta procura speciale alla lite allegata all'atto introduttivo del giudizio ATTORI contro F. s.p.a. - (...), in persona del legale rappresentante dott. G.G., rappresentata e difesa dall'Avv.to Pi.Ca. e dall'Avv.to Ma.Gh. del Foro di Brescia, procuratori anche domiciliatari, giusta procura speciale alla lite allegata alla comparsa di costituzione con nuovo difensore CONVENUTA e con la chiamata di (...) S.A. con riferimento al rischio assunto n. (...), in persona del procuratore speciale del Rappresentante per l'Italia dott.ssa N.A., rappresentata e difesa dall'Avv.to Gi.Ga. del Foro di Torino, elettivamente domiciliata presso lo studio dell'Avv.to La.Po. del Foro di Bergamo, giusta procura speciale alla lite allegata alla comparsa di costituzione e di risposta TERZA CHIAMATA In punto: appalto di servizi. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato la soc. (...) s.p.a., la soc. (...) s.p.a., (...) e (...) convenivano in giudizio avanti l'intestato Tribunale la soc. (...) s.p.a. - (...). Esponevano gli attori che nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 2017, ladri rimasti ignoti si erano introdotti nella sede della (...) in S. (B.) e avevano sottratto beni e denaro, oltre ad aver danneggiato i locali; che il sistema di allarme era regolarmente entrato in funzione; che la (...), incaricata del servizio di vigilanza notturna nonché del servizio di teleallarme, era responsabile dell'accaduto, per grave negligenza, almeno sotto tre profili: 1) mancata ispezione esterna: la squadra intervenuta non si era avveduta del fatto che i ladri avevano scassinato la porta antincendio che dà accesso al primo piano; 2) mancata ispezione interna: la squadra intervenuta non aveva compiuto un accurato sopralluogo nella zona uffici, ove si trovavano le casseforti; 3) reinserimento dell'allarme: la squadra intervenuta, non avendo rilevato alcuna anomalia, aveva chiesto alla centrale operativa di reinserire l'allarme; la centrale operativa aveva reinserito l'allarme, dopo di che questo era nuovamente partito; il reinserimento dell'allarme era stato effettuato da remoto, forzando il sistema, così da escludere i sensori che, essendo stati manomessi, segnalavano l'anomalia provocando l'entrata in funzione dell'allarme; che la convenuta era stata reticente nel fornire i chiarimenti richiesti; che erano stati sottratti beni e denaro, di proprietà della contraente e di terzi; che la compagnia assicurativa della (...) aveva risarcito soltanto un parte del danno; che l'inadempimento grave imputabile alla convenuta giustificava la risoluzione del contratto. Chiedevano, pertanto, il risarcimento del danno e (la (...) s.p.a.) la risoluzione del contratto. Costituendosi in giudizio la soc. (...) s.p.a. - (...) contestava in toto gli assunti avversari. Osservava la convenuta che gli attori (...) e (...) erano privi di legittimazione attiva, essendo stato il contratto stipulato soltanto con la M.; che la (...) aveva correttamente adempiuto le proprie obbligazioni; che, in particolare, la guardia (...), volta che era pervenuta la segnalazione di allarme, aveva compiuto un'accurata ispezione interna dei luoghi, durata oltre mezz'ora, senza rilevare alcuna anomalia; che il (...) era intervenuto dopo che la pattuglia, nella persona di (...), aveva appena terminata l'ispezione esterna, altrettanto senza rilevare alcuna anomalia; che, dopo l'esito negativo del controllo, l'allarme era stato reinserito dalla centrale e funzionava regolarmente; che nessuna manomissione, dell'allarme M., era stata compiuta dalla guardia (...), essendone consentito unicamente l'accensione e lo spegnimento mediante il collegamento da remoto; che la propria non era una obbligazione di risultato, e tanto meno una responsabilità oggettiva; che il danno andava contestato anche nel quantum, tenuto conto della risarcibilità del solo danno prevedibile, ferma l'esclusione del risarcimento per i danni personali degli attori (...) e (...), e in subordine il loro concorso di colpa; che, non sussistendo alcun proprio inadempimento, la domanda avversaria di risoluzione del contratto andava respinta; che, peraltro, essa aveva già risolto il contratto, per il mancato pagamento di talune fatture, in forza della clausola risolutiva espressa ivi contenuta. Si opponeva, pertanto, all'accoglimento della domanda; in via riconvenzionale, chiedeva a sua volta la risoluzione del contratto e il pagamento della penale nonché delle fatture scadute e insolute; in subordine, chiedeva di essere manlevata e tenuta indenne dal proprio assicuratore, di cui sollecitava la chiamata in causa. Autorizzata la chiamata, si costituiva in giudizio la soc. (...) S.A. con riferimento al rischio assunto col certificato n. (...), la quale nel merito si associava alle difese svolte dal proprio assicurato, richiamando per il resto le condizioni del contratto di assicurazione, ivi compresa la previsione della perizia contrattuale. La causa veniva, quindi, istruita mediante assunzione di prova testimoniale nonché mediante espletamento di consulenza tecnica d'ufficio. Precisate le conclusioni come in epigrafe riportate, all'udienza del 8 novembre 2022 passava in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda di responsabilità contrattuale proposta dalla (...) s.p.a. è, in parte, fondata. Va premesso che la (...) si era impegnata ad effettuare un servizio di ispezioni notturne nonché un servizio di teleallarme (doc. 1 convenuta, contratto di vigilanza): - il primo prevedeva l'esecuzione di due giri di ronda notturni; - il secondo consisteva nel collegamento del sito con teleallarme bidirezionale; - all'istituto sono state consegnate le chiavi dell'immobile, onde consentirne l'ispezione anche all'interno; - nel caso di intervento, era previsto un controllo interno a seconda della zona di allarme (doc. 1 convenuta, scheda utente). Va, altresì, premesso che: - l'obbligazione dell'istituto di vigilanza privata è un'obbligazione di mezzi e non di risultato; - il furto non costituisce ex se prova della responsabilità dell'istituto; - questo risponde soltanto per omessa diligenza ex art. 1176 co. 2 c.c.; - deve sempre sussistere un nesso di causalità tra l'inadempimento e il danno. Non basta, cioè, che sia mancata una delle prestazioni oggetto del contratto, ma occorre che tale mancata azione sarebbe stata idonea ad impedire l'evento (Cass. n. 142/1984: "Un istituto di vigilanza notturna, che abbia assunto con il cliente l'impegno di controllare un determinato locale, mediante sopralluoghi scaglionati nel tempo secondo prefissati orari, non può essere ritenuto responsabile dei danni derivanti dal furto verificatosi in detto locale, per il solo fatto che non risulti provata la effettuazione di uno di quei sopralluoghi, atteso che, in base ai principi generali che regolano la responsabilità contrattuale, occorre l'ulteriore requisito del nesso causale fra inadempimento e danno, il quale postula il riscontro della idoneità del suddetto controllo, ove non omesso, a sventare l'azione delittuosa, in relazione ai tempi in cui essa è stata commessa"). Ciò premesso, ritiene il Tribunale che, nella fattispecie concreta, la prestazione della (...) non sia stata diligente, e ciò per i seguenti motivi: - in primo luogo, né la guardia giurata (...), il quale ha compiuto l'ispezione esterna, né la guardia giurata (...), il quale ha compiuto l'ispezione interna, si sono avveduti dell'effrazione della porta della scala antincendio (docc. 7 e 17 attori), da cui i ladri sono verosimilmente entrati. Eppure il primo allarme era scattato proprio in corrispondenza del sensore collocato in prossimità di tale ingresso (doc. 21 attori, voce 231). Non è, quindi, credibile l'affermazione del teste (...), quando afferma di aver controllato tutte le porte, compresa quella che dà sulla scala antincendio; - in secondo luogo, la guardia giurata (...) ha sottovalutato il fatto relativo all'eventuale chiusura a chiave della porta di un ufficio (quello del dott. (...)). I ladri sono penetrati anche in questa stanza (la cui cassaforte, infatti, è stata scassinata), ed è possibile che si fossero nascosti proprio lì, in attesa che la guardia terminasse l'ispezione. Sul fatto che la porta chiusa a chiave era quella dell'ufficio del (...) hanno riferito i testi (...) ("Non saprei dire di quale ufficio fosse questa porta, ricordo solo che era in fondo al corridoio") e (...) ("La stanza del dott. (...) è in fondo al corridoio sulla sx, generalmente il (...) quando va via la chiude a chiave"): incrociando le due deposizioni, non vi può essere dubbio che fosse proprio questa porta. In ogni caso, se davvero la porta era stata chiusa a chiave, il (...) non poteva sapere che il (...) di solito non la lasciava aperta, di talché la circostanza relativa alla chiusura, in presenza di una segnalazione attiva di allarme nella zona uffici, era per lo meno sospetta e meritava un più approfondito controllo; - in terzo luogo, la guardia giurata (...) ha ammesso di aver ispezionato l'interno impiegando soltanto una torcia, senza accendere le luci; e ha aggiunto che il controllo è durato ventina di minuti, pur dovendo ispezionarsi un sito di vaste dimensioni e composto da numerosi uffici. Il controllo è stato, quindi, per lo meno superficiale; - in quarto luogo, l'allarme è scattato, alle ore 1.42, in sequenza per i sensori Z12, Z13, Z14 e Z15 (doc. 21 attori, voci 213, 211, 208, 203), per poi andare in autoprotezione, ciò che succede quando viene tagliato un cavo o strappato un sensore (doc. 22 attori). I sensori de quibus sono stati danneggiati (doc. 18 - 20 attori), e lo erano già nel momento in cui il (...), alle ore 1.58, era giunto in loco. Eppure il medesimo non se ne è accorto, come per la forzatura della porta della scala antincendio, tanto da far addirittura dubitare che il medesimo sia salito al primo piano; - in quinto e ultimo luogo, a detta di (...) l'operazione di reinserimento dell'allarme, al termine dell'ispezione compiuta dalla guardia, è riuscita al secondo tentativo, ore 2.25 (doc. 2 attori). Tralasciando il fatto che questa dichiarazione non trova riscontro nello storico (...) (doc. 5 convenuta), da cui risulta l'ultima annotazione, alle ore 2.22.12, "(...) (non completato)", in ogni caso si trattava di un'ulteriore anomalia, sintomatica di una manomissione e altrettanto sottovalutata dalla vigilanza. Sussistono, dunque, plurimi elementi che, valutati complessivamente, inducono a ritenere non diligente l'adempimento della prestazione da parte dell'istituto di vigilanza. Va da sé che, se la guardia giurata avesse effettuato un controllo più approfondito, chiamato rinforzi o allertato le forze dell'ordine, sarebbe stato possibile sventare il furto. Di qui il nesso di causalità tra l'inadempimento e il danno. Passando ora al quantum, viene sollecitato il risarcimento delle seguenti voci di danno: - a) Euro 5.580,40 sottratti dalla cassaforte collocata nell'ufficio del dott. (...), somme incassate dagli agenti presso i clienti; - b) Euro 3.360,00 sottratti dall'ufficio bonifici; - c) due telefoni cellulari sottratti dall'ufficio risorse umane; - d) danni arrecati agli uffici e ai beni; Il Tribunale osserva quanto segue: - a) la teste (...) ha confermato la presenza dei contanti nella cassaforte e la loro sottrazione, fornendo in proposito sufficienti spiegazioni. Il fatto che la teste non abbia precisato quali "agenti" avevano riscosso le somme e da quali "clienti" gli agenti avevano riscosso le somme non vale a minare l'attendibilità della deposizione. Non è inverosimile che una società per azioni custodisca dei contanti nella cassaforte dell'ufficio del dirigente, tanto più se non si tratta di somme non particolarmente elevate per un imprenditore commerciale; - b) avuto riguardo agli scritti difensivi finali, la richiesta iniziale non è più stata "coltivata". - c) avuto riguardo agli scritti difensivi finali, la richiesta iniziale non è più stata "coltivata"; - d) i danni materiali sono stati oggetto di una transazione con la (...), la quale ha pagato la somma concordata di Euro 40.000,00, ritenendo non indennizzabili soltanto i preziosi e i valori in cassaforte (docc. 29 e 30 attori). La pretesa del "differenziale" non ha pregio. Infatti, la parte assicurata è già stata risarcita in parte qua, avendo accettato senza riserve la valutazione del danno effettuata dalla propria compagnia; mentre la responsabilità dell'istituto di vigilanza non è certo assimilabile ad un'assicurazione contro il furto. D'altro canto, non vi è neppure la prova che tali danni siano stati cagionati dai ladri dopo l'arrivo sul posto della guardia giurata (di sicuro l'impianto di allarme era già stato manomesso prima), di talchè non è possibile ritenere che una più diligente prestazione da parte dell'istituto di vigilanza avrebbe consentito di evitarli. In conclusione, è dovuto il risarcimento di Euro 5.580,40. Trattandosi di danno, e quindi di debito di valore, al capitale vanno aggiunti la rivalutazione monetaria e gli interessi legali con decorrenza dal fatto al saldo; gli interessi vanno computati sulla somma via via rivalutata. La domanda di responsabilità contrattuale proposta dalla (...) s.p.a., da (...) e da (...) è infondata. Invero il contratto con l'istituto di vigilanza è stato stipulato dalla (...) s.p.a.. Pertanto, gli attori (...) s.p.a., (...) e (...) non hanno legittimazione attiva per invocare una responsabilità contrattuale in relazione ad un negozio cui sono rimasti estranei. Il principio di diritto enunciato da Cass. n. 16195/2015 ("Con riferimento a un contratto di servizio di vigilanza privata, in mancanza di una diversa disposizione contrattuale, la responsabilità dell'istituto di vigilanza che abbia omesso di adottare le misure convenute o comunque necessarie a sventare tempestivamente un furto subito dal contraente si estende all'intero contenuto dell'abitazione da proteggere ed obbliga il responsabile al risarcimento dei danni commisurati al valore dei beni danneggiati o sottratti, siano questi di proprietà del contraente, o di taluno dei componenti del suo nucleo familiare o con lui conviventi od anche di proprietà di terzi, nei confronti dei quali il contraente possa essere chiamato a rispondere"), citata dagli attori, non calza alla fattispecie concreta. Infatti, gli attori (...) s.p.a., (...) e (...) non sono né componenti del nucleo familiare, né terzi nei confronti dei quali il contraente (M. s.p.a.) possa essere chiamato a rispondere. Il difetto di legittimazione e/o di titolarità del rapporto controverso, dal lato attivo o passivo, è rilevabile anche d'ufficio (Cass. n. 23721/2021: "Le contestazioni sulla legittimazione ad agire, attiva o passiva, così come sulla titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, e, di conseguenza, il difetto di legittimazione così come la carenza di titolarità del rapporto, ancorché non oggetto di contestazione dall'altra parte, sono rilevabili di ufficio se risultanti dagli atti di causa, in cassazione solo nei limiti del giudizio di legittimità e del giudicato. (Nella specie, è stata cassata la decisione della corte distrettuale che aveva reputato tardiva, in quanto avanzata solo in appello, la contestazione sulla legittimazione passiva della società convenuta, quale titolare del rapporto di lavoro controverso)". Conforme Cass. S.U. n. 17092/2016), di talché non ha pregio la sottolineatura degli attori secondo cui la convenuta aveva inizialmente eccepito soltanto il difetto di legittimazione attiva delle persone fisiche, e non anche quello della (...). La domanda di responsabilità extracontrattuale proposta dalla (...) s.p.a. è ammissibile e fondata. La domanda è ammissibile, alla luce della più recente giurisprudenza sulla mutatio libelli, secondo cui, per valutare se si tratta o meno di una domanda nuova, occorre incentrare l'attenzione sulla vicenda sostanziale dedotta in giudizio (Cass. S.U. n. 12310/2015: "La modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cod. proc. civ. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa ("petitum" e "causa petendi"), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l'allungamento dei tempi processuali. Ne consegue l'ammissibilità della modifica, nella memoria ex art. 183 cod. proc. civ., dell'originaria domanda formulata ex art. 2932 cod. civ. con quella di accertamento dell'avvenuto effetto traslativo"; Cass. S.U. n. 22404/2018: "Nel processo introdotto mediante domanda di adempimento contrattuale è ammissibile la domanda di indennizzo per ingiustificato arricchimento formulata, in via subordinata, con la prima memoria ai sensi dell'art. 183, comma 6, c.p.c., qualora si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, trattandosi di domanda comunque connessa perincompatibilità a quella originariamente proposta"). Nel caso di specie, la vicenda sostanziale dedotta in giudizio è rimasta immutata, è stato soltanto aggiunto un ulteriore titolo di responsabilità, e non vi è stato, quindi, alcun elemento di novità. La domanda è fondata, essendo stata fornita la prova della presenza dei contanti per Euro 3.044,94 nella cassaforte e della loro sottrazione (teste (...)). Anche qui vanno aggiunti rivalutazione e interessi. La domanda di responsabilità extracontrattuale proposta da (...) e da (...) è ammissibile, ma infondata. La domanda è ammissibile, per le stesse ragioni illustrate a proposito della precedente domanda. La domanda è infondata, per i seguenti motivi. Avuto riguardo agli scritti difensivi finali, nulla più viene richiesto dalla parte attrice (...). La parte attrice (...) sollecita, invece, il risarcimento per i contanti e i preziosi. Quanto ai contanti, dopo il parziale risarcimento da parte della (...), viene chiesto un residuo di Euro 1.288,00, a fronte di una allegazione iniziale di Euro 3.360,00 in citazione (p. 14), divenuti Euro 3.1980,00 nella memoria istruttoria (cap. 24). La confusione è enorme. Ma, soprattutto, è stato palesemente mutato il titolo "dominicale", posto che, al principio, si sosteneva essere soldi della (...) s.p.a., presenti nella cassettiera dell'ufficio bonifici, mentre, poi, si è precisato essere soldi dei (...)/Giudici, destinati a pagare il saldo dell'IMU. La teste (...) avrà pure confermato la circostanza (che c'erano dei contanti, che servivano per pagare le tasse), ma resta il fatto che, in assenza di una prova piena in ordine al fatto che i denari erano della persona fisica, piuttosto che della persona giuridica (la (...) ha precisato di non sapere di chi fossero i soldi), la domanda, così come riformulata, non può essere accolta. Quanto ai preziosi, sussiste un evidente concorso di colpa degli attori, i quali hanno custodito in un luogo inappropriato beni personali di ingente valore, la cui presenza nella sede aziendale era per lo meno inusuale, senza neppure rendere edotto della circostanza l'istituto di vigilanza. Vale la pena di sottolineare che il capannone non era dotato di un servizio di guardiania notturna, e che gli orologi sottratti non hanno alcuna attinenza con l'attività aziendale, non potendo seriamente sostenersi che fungevano da beni di rappresentanza. Detto concorso vale ad escludere in toto il risarcimento, giacché, se i preziosi fossero stati custoditi altrove, in luogo più sicuro (cassetta di sicurezza, abitazione), il danno si sarebbe evitato. La condotta del danneggiato è stata, quindi, ex se sufficiente ad interrompere il nesso causale, e ciò anche alla luce del fatto che non vi è correlazione tra il servizio contrattualmente pattuito, di vigilanza rispetto ad un'attività commerciale (doc. 1 convenuta), e la sottrazione di beni personali (Cass. n. 21563/2022: "Con riguardo all'illecito civile, si ha interruzione del nesso di causalità soltanto quando la causa sopravvenuta (che può identificarsi anche con la condotta dello stesso danneggiato) sia da sola sufficiente a provocare l'evento, in quanto autonoma, eccezionale ed atipica rispetto alla serie causale già in atto, sì da assorbire sul piano giuridico ogni diverso antecedente causale e ridurlo al ruolo di semplice occasione"). La domanda principale di risoluzione del contratto proposta dall'attrice (...) s.p.a. è fondata. Viceversa, la domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto proposta dalla convenuta (...) s.p.a. è infondata. Entrambe le parti chiedono la risoluzione del contratto ovvero l'accertamento della già intervenuta risoluzione del contratto: gli attori, per via della vicenda relativa al furto, e la convenuta, per via del mancato pagamento di talune fatture. Nella valutazione comparativa degli inadempimenti è senz'altro più grave quello imputabile alla convenuta, in quanto idoneo a menomare la fiducia nella prosecuzione del rapporto. Il contratto, pertanto, deve essere risolto per fatto e colpa della F.. Ne consegue che questa non ha neppure diritto al pagamento della penale per il recesso ex adverso esercitato. La domanda di manleva e garanzia proposta dalla convenuta (...) s.p.a. è fondata. Invero la terza chiamata non ha posto in dubbio l'operatività della garanzia, ma si è limitata ad eccepire l'improcedibilità della domanda limitatamente alle materie che formano oggetto di perizia contrattuale e, nel resto, a richiamare le condizioni di polizza, che prevedono uno scoperto del 10 % per ciascun sinistro. Nulla quaestio per quel che riguarda lo scoperto. Per quel che riguarda, invece, la perizia contrattuale, le condizioni generali di contratto sono ambigue, giacché, da un lato, si prevede l'espletamento di una perizia contrattuale per la quantificazione del danno (artt. 11 e 12), mentre, dall'altro lato, si prevede che, in caso di accertamento giudiziale del danno, il pagamento dell'indennità resta sospeso sino alla data di esecutività della sentenza (art. 13). Tale ambiguità, da risolversi nel dubbio contra stipulatorem (art. 1370 c.c.), ferma sempre restando la necessità di un'interpretazione complessiva delle clausole (art. 1363 c.c.), vale a legittimare la tesi propugnata dalla convenuta, secondo cui le clausole afferenti alla perizia contrattuale non riguardano, o non possono riguardare, la responsabilità civile verso terzi, bensì i danni subiti direttamente dall'assicurato. E' anche inutile sottolineare che si tratta di una polizza multirischi: r.c.t., r.c.o e r.c. contrattuale. La terza chiamata deve, pertanto, essere condannata a manlevare e tenere indenne la convenuta per tutto quanto la stessa è stata tenuta a pagare agli attori in virtù della presente sentenza, detratto naturalmente lo scoperto contrattuale. Le spese di lite seguono la soccombenza e, alla luce del criterio del decisum, possono liquidarsi in complessivi Euro 5.077,00, oltre ad anticipazioni documentate (contributo unificato, marca da bollo, spese di notifica), a spese generali nella misura del 15 %, ad iva e cpa e alle successive occorrende. Le spese di consulenza, nella misura già stabilita in istruttoria, vanno poste a carico di parte attrice (...), in quanto l'incombente è stato espletato per accertare il valore di beni non riconosciuti in sentenza. P.Q.M. Il Tribunale, ogni diversa istanza eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando: - condanna la convenuta a risarcire all'attrice (...) s.p.a. il danno, quantificato in complessivi Euro 5.580,40, oltre a rivalutazione e interessi come in motivazione; - condanna la convenuta a risarcire alla (...) s.p.a. il danno, quantificato in Euro 3.044,94, oltre a rivalutazione e interessi come in motivazione; - risolve il contratto per cui è causa per fatto e colpa della convenuta; - condanna la convenuta a rifondere agli attori le spese di lite, liquidate in complessivi Euro 5.077,00, oltre ad anticipazioni documentate (contributo unificato, marca da bollo, spese di notifica), a spese generali nella misura del 15 %, ad iva e cpa e alle successive occorrende; - condanna la terza chiamata a manlevare e tenere indenne la convenuta per tutto quanto la stessa è stata condannata a pagare agli attori in virtù della presente sentenza, anche a titolo di spese, detratto lo scoperto contrattuale; - condanna la terza chiamata a rifondere alla convenuta le spese di lite, liquidate in complessivi Euro 5.077,00, oltre ad anticipazioni documentate (contributo unificato, marca da bollo, spese di notifica), a spese generali nella misura del 15%, ad iva e cpa e alle successive occorrende. Così deciso in Bergamo il 7 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 7 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BERGAMO SEZIONE QUARTA CIVILE Il Tribunale, in persona del giudice Silvia Russo, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al N. 6283/2019 R.G. promossa da: (...) SRL (C.F. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell'avv. Al.Br. e dell'avv. Th.Fa. e con elezione di domicilio presso lo studio dell'avv. Mo.Ba., come da procura allegata all'atto di citazione in opposizione; ATTRICE OPPONENTE contro (...) S.R.L. (C.F. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell'avv. Al.Br. e con elezione di domicilio presso il suo studio in Bergamo, via (...), come da procura allegata al fascicolo monitorio; CONVENUTA OPPOSTA SVOLGIMENTO DEL PROCESSO (...) S.r.l. ha proposto opposizione contro il decreto ingiuntivo n. 2123/2019, con il quale il Tribunale di Bergamo, in data 29 maggio 2019, le ha ingiunto il pagamento in favore di (...) S.r.l. della somma di Euro 20.865,15, oltre interessi e spese, a saldo di tre fatture emesse a titolo di corrispettivo per la fornitura e la posa in opera di canalizzazioni, condotte e componenti varie dell'impianto aeraulico realizzato presso il ristorante (...). Al riguardo, l'opponente ha eccepito che la società opposta: - ha posato una quantità di materiali inferiore a quelli oggetto dell'ordine n. 44-326 2018, il cui corrispettivo era stato concordato a misura; - ha omesso di eseguire alcuni dei lavori che le erano stati affidati in subappalto; - non ha rispettato le tempistiche pattuite; - ha consegnato con ritardo le certificazioni di conformità degli impianti; - ha eseguito lavori in parte viziati; - ha fatturato una fornitura che non le era stata ordinata. In forza dei suddetti rilievi, la società opponente ha dedotto di avere già pagato quanto dovuto alla controparte e ha chiesto la revoca del decreto ingiuntivo opposto. (...) S.r.l. si è costituita depositando in data 5 novembre 2019 la propria comparsa di risposta, con la quale ha contestato le deduzioni avversarie e ha chiesto il rigetto dell'opposizione; in particolare, la società opposta ha sostenuto che il corrispettivo dell'ordine n. 44-326 2018 fosse stato pattuito a corpo e non a misura e, in generale, ha negato la presenza di vizi o carenze nelle opere fatturate. Assunte le deposizioni di alcuni testimoni e disposta l'effettuazione di una consulenza tecnica al fine di accertare la consistenza delle opere eseguite da (...) S.r.l., all'udienza del 5 luglio 2022, i procuratori delle parti hanno precisato le conclusioni e la causa, concessi i termini di cui all'art. 190 c.p.c., è stata trattenuta in decisione. Motivi della decisione (...) S.r.l. ha agito in via monitoria per ottenere il pagamento del corrispettivo indicato in tre fatture emesse nei confronti di (...) S.r.l. per complessivi Euro 20.865,15. In particolare: - la prima fattura, recante il n. 1186/2018, è stata emessa per il pagamento dell'importo di Euro 14.065,15, corrispondente alla somma dei corrispettivi risultanti dalle conferme d'ordine contraddistinte con i nn.ri 44-326, 59-326, 78-326, 90-326 e 97-326, tutte sottoscritte da (...) S.r.l., e del corrispettivo di un ulteriore ordine verbale, quantificato in Euro 2.989,15 (docc. da 3 a 8 di parte opposta); - la seconda e la terza fattura sono state emesse per il pagamento, rispettivamente, dell'importo di Euro 6.000,00 e dell'importo di Euro 800,00, corrispondenti al corrispettivo complessivo risultante dalla conferma d'ordine n. 99-326, sottoscritta da (...) S.r.l. (doc. 9 di parte opposta). In precedenza, con riguardo alle già citate conferme d'ordine n. 44-326 e n. 59-326, (...) S.r.l. aveva emesso nei confronti della società opponente la fattura n. (...) per l'importo di Euro 64.300,00, la quale è stata regolarmente pagata. Con riguardo alla pretesa creditoria avanzata in causa da (...) S.r.l., (...) S.r.l. ha formulato le seguenti contestazioni. 1) In primo luogo, la società opponente ha affermato di non avere ordinato, neppure verbalmente, le prestazioni descritte nel consuntivo di cui al doc. 5 di parte opposta (fornitura e posa di accessori aeraulici, installazione delle cappe delle cucine al piano terra e al primo piano, posa di canali in sostituzione di collegamenti già realizzati per l'inserimento di cassonetti portafiltro). (...) S.r.l. ha allegato di avere eseguito la fornitura e l'installazione dei prodotti di cui al proprio doc. 5 a seguito della richiesta verbale ricevuta da parte del responsabile di cantiere di (...) S.r.l. (...). La suddetta circostanza è stata confermata in sede di istruttoria testimoniale sia da (...) che da (...), responsabile di cantiere per (...) S.r.l., ma non dal socio di (...) S.r.l. (...), il quale peraltro non l'ha esclusa, ma si è limitato a dichiarare che il fatto non gli risulta. Considerato che, secondo le allegazioni della società opposta, (...) e S. sono i soggetti direttamente coinvolti nella vicenda, mentre (...) non avrebbe avuto un ruolo specifico in essa, la testimonianza di (...) e S. si ritiene idonea a dimostrare la sussistenza dell'ordine verbale di cui si discute. 2) In secondo luogo, la società opponente, con specifico riferimento alla conferma d'ordine n. 44-326, ha lamentato la fatturazione da parte di (...) S.r.l. di un quantitativo di condotte rettangolari zincate inferiore a quelle effettivamente fornite (6.330 Kg. in luogo degli 8.300 Kg. pattuiti). (...) S.r.l. non ha contestato specificamente tale allegazione, ma ha dedotto che il corrispettivo dell'ordine n. 44-326 era stato concordato a corpo, con conseguente irrilevanza della eventuale non corrispondenza dei quantitativi indicati nell'ordine stesso rispetto a quelli in concreto posati. A questo proposito, si fa rilevare che in calce alla seconda pagina dell'ordine n. 44-326 depositato da entrambe le parti (doc.2 di (...) S.r.l. e doc. 3 di (...) S.r.l.) è stata inserita la precisazione "Attenzione: ordine indicativo, da considerare e tenere validi i prezzi unitari espressi", la quale si reputa incompatibile con la determinazione del corrispettivo a corpo sostenuta da (...) S.r.l. Anche i testi (...) e (...) hanno dichiarato che il corrispettivo dell'ordine n. 44-326 era stato previsto a misura. Pertanto, in assenza di specifiche contestazioni sull'effettivo quantitativo di condotte rettangolari zincate posate e, comunque, considerato che l'onere della prova sul punto gravava sulla società opposta (non venendo in considerazione la deduzione di un vizio, ma l'allegazione di un adempimento inesatto o parziale), il corrispettivo spettante a (...) S.r.l. per la suddetta fornitura deve essere ridotto di Euro 7.353,18 (i.e. (kg.8300 - kg. 6230) x Euro 3,55226). Al riguardo, va ancora precisato che la società opposta ha introdotto, solo nella memoria depositata ex art. 183 comma 6 n. 3 c.p.c., alcuni capitoli di prova volti a dimostrare gli effettivi quantitativi di materiale consegnati presso il cantiere di (...) S.r.l. e che tali capitoli di prova non sono stati reputati ammissibili in quanto dedotti tardivamente. Le ulteriori differenze quantitative ricavabili dal doc. 8 di parte opponente non possono invece essere tenute in considerazione, giacché, non essendone fatta specifica menzione negli atti di (...) S.r.l., su di esse non è stato correttamente instaurato il contraddittorio. 3) In terzo luogo, la società opponente ha dedotto la presenza di vizi nelle opere realizzate da (...) S.r.l. La società opposta ha eccepito la decadenza della controparte dalla garanzia per vizi, ma tale eccezione va ritenuta inammissibile, in quanto non proposta nella comparsa di costituzione, ma solo successivamente. La questione deve pertanto essere esaminata nel merito. (...) S.r.l. ha richiamato le contestazioni svolte dal proprio committente (...) S.r.l. in ordine alla coibentazione delle condotte di estrazione dell'aria con un materassino di lana di vetro (punto 5 del doc. 9 di parte opponente) e ai lavori di montaggio dei macchinari (doc. 11 di parte opponente). (...) S.r.l. ha negato che si trattasse di criticità inerenti ai lavori ad essa affidati, specificando: - di avere effettuato la fornitura delle condotte dell'aria, ma non l'attività di coibentazione delle condotte stesse; - di essere stata incaricata di effettuare i lavori di montaggio dei macchinari solo dopo la e-mail di contestazione del 18 giugno 2018, menzionata dalla controparte. Le difese svolte dalla società opposta hanno trovato riscontro nelle considerazioni svolte dal CTU nominato in corso di causa, il quale ha evidenziato come tra le opere affidate a (...) S.r.l. non fossero menzionati né lavori di isolamento da eseguire con lana di vetro, né lavori di montaggio di macchinari (v. relazione peritale pagg. 26-27). Le allegazioni formulate da (...) sul montaggio dei macchinari sono state confermate anche in sede di istruttoria testimoniale da (...) e (...). Gli ulteriori vizi lamentati dalla committente principale (...) S.r.l. nei documenti depositati da (...) S.r.l. non sono stati descritti nell'atto di citazione e non possono pertanto essere presi in esame. In ogni caso, assume rilievo dirimente il fatto che (...) S.r.l. non abbia chiesto la eliminazione dei vizi lamentati, né la riduzione del corrispettivo, né il risarcimento del danno ai sensi dell'art. 1668 c.c.. In assenza di domande volte a far valere la garanzia per vizi, la mera allegazione di essi è inidonea a incidere sul rapporto sinallagmatico. Le considerazioni da ultimo svolte vanno estese anche alle doglianze formulate da società opponente sul ritardo maturato dalla società opposta nella esecuzione dei lavori subappaltati e nella consegna delle certificazioni di conformità, poiché neppure tali doglianze sono state poste a fondamento di specifiche domande risarcitorie. 4) Infine, la società opponente ha eccepito la mancata esecuzione da parte di (...) S.r.l. di alcune delle prestazioni che le erano state affidate. Più precisamente, secondo la tesi della società opponente, (...) S.r.l. avrebbe omesso di effettuare la verifica dell'isolamento e della sigillatura dei canali esterni, di consegnare gli as built e di eseguire la saldatura delle condotte. In merito alla verifica della sigillatura e dell'isolamento, l'istruttoria testimoniale ha dato un esito non univoco, stante la contraddittorietà delle deposizioni raccolte. Tuttavia, considerata la espressa esclusione delle opere di coibentazione dall'oggetto del contratto (doc. 3 di parte opposta), si ritiene di poter affermare che le verifiche degli isolamenti non fossero di competenza della società opposta. Quanto invece alle sigillature dei canali, si osserva che le parti non hanno previsto una specifica prestazione di verifica; pertanto, la mancanza di essa sarebbe stata rilevante solo se la posa dei canali si fosse rivelata non conforme alle regola dell'arte, con conseguente esigenza di effettuare interventi rimediali che avrebbero potuto essere imputati alla appaltatrice. In quest'ottica, è significativo, ai fini della valutazione della pretesa di pagamento del corrispettivo da parte di (...) S.r.l., che la società opponente non abbia dedotto specificamente di avere sostenuto costi aggiuntivi per eseguire la verifica delle sigillature, né per porre rimedio a difetti di esse. L'elenco delle esclusioni allegato alla offerta di (...) S.r.l. di cui al già menzionato doc. 3 consente di superare l'eccezione di inadempimento riferita agli as built, i quali non rientravano tra le prestazioni subappaltate a (...) S.r.l.. Anche le opere di saldatura di cui la società opponente ha lamentato la mancata esecuzione non sono risultate di competenza di (...) S.r.l. A questo proposito, va precisato che (...) S.r.l. si riferisce alla saldatura tra le varie condotte, mentre la voce dell'ordine contrattuale si reputa riferita alla saldatura dei singoli pezzi, non essendo prevista in via autonoma l'attività di saldatura. La suddetta interpretazione - fondata sul dato letterale del contratto e sostenuta anche dal CTU nominato in corso di causa - trova un riscontro logico nel fatto che non è emerso che nel corso dei lavori (...) S.r.l. sia stata sollecitata a eseguire le saldature fra le condotte, ma, al contrario, che (...) S.r.l. vi abbia provveduto in accordo con la stessa (...) S.r.l. e che abbia sollevato la relativa contestazione solo a seguito della ricezione della richiesta di pagamento del saldo. In ogni caso, per completezza, si fa rilevare che la somma opposta in compensazione da parte di (...) S.r.l. per l'esecuzione delle saldature in discussione, pari a Euro 6.680,00, non avrebbe potuto essere riconosciuta a titolo di risarcimento del danno, poiché, avendo l'opponente impiegato propri dipendenti senza dedure di averli distolti da altri lavori con conseguente minor guadagno, non sarebbe stata configurabile alcuna perdita risarcibile. Per tutto quanto sin qui argomentato il decreto ingiuntivo opposto deve essere revocato, mentre la società opponente - tenuto conto del versamento di Euro 176,08 non scomputato da (...) S.r.l. per sua stessa ammissione - va condannata a corrispondere in favore della società opposta la somma di Euro 13.335,89 (i.e. Euro 20.865,15 - Euro 7.353,18 - Euro 176,08), oltre interessi di mora con decorrenza dalla scadenza delle singole fatture azionate e sino al saldo effettivo. Resta da esaminare la domanda riconvenzionale proposta dalla società opposta al fine di ottenere il rimborso delle spese sostenute per il recupero del credito nella fase stragiudiziale. A tal proposito, si rammenta che "le spese sostenute per attività legale stragiudiziale, diversamente dalle spese legali, vanno liquidate come una componente del danno emergente e sono soggette agli stessi oneri di allegazione e prova" (Cass. n.15732/2022). Nel caso concreto, (...) S.r.l. ha dimostrato il pagamento della somma di Euro 2.262,44 recata dalla fattura emessa dall'avv. (...) per l'attività svolta nella fase antecedente all'insaturazione del giudizio (doc.20); conseguentemente, la relativa domanda risulta fondata e la società opponente deve essere condannata a pagare l'ulteriore importo di Euro 2.262,44 in favore della società opposta. L'accoglimento della domanda per il danno in concreto subito dalla società creditrice per il recupero del credito preclude il riconoscimento in suo favore anche dell'importo forfetario di Euro 40,00 previsto dall'art. 6 della L. n. 231 del 2022. Le spese del presente giudizio sono compensate per un quarto e poste a carico di (...) S.r.l., in quanto maggiormente soccombente, per la restante quota, liquidata direttamente in dispositivo tenendo conto dell'attività difensiva in concreto svolta. Per ragioni analoghe, i costi della CTU, liquidati come da decreto del 22 marzo 2022, sono posti a carico della società opponente per la quota di tre quarti e della società opposta per la restante parte. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza disattesa o assorbita, 1) Revoca il decreto ingiuntivo n.2123/2019 emesso dal Tribunale di Bergamo in data 29 maggio 2019; 2) Condanna (...) S.r.l. a corrispondere in favore di (...) S.r.l. la somma di Euro 13.335,89, oltre interessi di mora dalla scadenza delle singole fatture al saldo effettivo; 3) Condanna (...) S.r.l. a corrispondere in favore di (...) S.r.l. l'ulteriore somma di Euro 2.262,44, oltre interessi legali dal 17 maggio 2019 al saldo effettivo; 4) Compensa per un quarto le spese di lite fra (...) S.r.l. e (...) S.r.l. e condanna (...) S.r.l. a rimborsare a (...) S.r.l. la restante quota di tre quarti, liquidata in Euro 3.807,75 per compensi, oltre IVA, CPA e rimborso forfetario in misura pari al 15% dei compensi. 5) Pone le spese di CTU, liquidate come da decreto del 22 marzo 2022, per tre quarti a carico di (...) S.r.l. e per la restante quota di un quarto a carico di (...) S.r.l. Così deciso in Bergamo il 2 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 3 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI BERGAMO SEZIONE LAVORO Il Tribunale, nella persona del Giudice del lavoro Elena Greco, all'esito dell'udienza del 31.1.2023 che si è svolta secondo le modalità di cui all'art. 127ter c.p.c., esaminate le note pervenute, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 330/2020 promossa da: (...) (C.F. (...) ), con il patrocinio dell'avv. Al.Ar., elettivamente domiciliato presso il suo studio in Bergamo, via (...) RICORRENTE contro (...) s.r.l.s. con socio unico (C.F. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede legale in B., piazza (...) CONVENUTO CONTUMACE Oggetto: licenziamento orale e differenze retributive SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso del 18.2.2020, (...) ha impugnato il licenziamento orale comminatogli il 21.7.2019 dalla società convenuta, chiedendo al giudice adito di riconoscere l'illegittimità del detto licenziamento e, per l'effetto, condannare la società convenuta a ristorargli il danno patito per effetto dell'illegittima anticipata risoluzione del rapporto di lavoro a tempo determinato e quantificando detto danno nella misura di Euro 4.339,87 pari alla entità della retribuzione non percepita dal momento del licenziamento orale al momento di naturale scadenza del rapporto di lavoro a tempo determinato. Il ricorrente ha altresì richiesto al Tribunale adito di condannare la società convenuta a pagargli l'ulteriore somma di Euro 1.521,16 a titolo di differenze retributive maturate e non percepite in relazione al periodo di lavoro svolto dal 21.6.2019 al 21.7.2019. A sostegno della propria domanda il ricorrente ha esposto di essere stato assunto presso l'azienda datoriale con contratto a tempo pieno e determinato avente decorrenza dal 21.6.2019 fino al 20.9.2019 quale banconista inquadrato nel quinto livello del c.c.n.l. pubblici esercizi ristorazione collettiva, di aver svolto numerose ore di lavoro straordinario avendo lavorato per le prime due settimane dalle 9,00 alle 23,00-24,00 circa con tre ore di pausa (dalle 15,00 alle 18,00) e successivamente o dalle 9 alle 15 oppure dalle 12 alle 23,00-24,00 con pausa dalle 14,00 alle 18,00, di essere stato licenziato oralmente il 21.7.2019 e di aver poi verificato che la società datoriale in data 1.8.2019 aveva comunicato al centro per l'impiego il sopravvenuto licenziamento retrodatandone gli effetti al 12.7.2019 e qualificandolo quale licenziamento per "mancato superamento del periodo di prova". Ha dato atto di aver impugnato il licenziamento intimato con messaggio p.e.c. del 11.9.2019, mettendo a disposizione del datore di lavoro la propria prestazione. Pur ritualmente evocata in giudizio, la società convenuta è rimasta contumace. Istruita la causa con l'assunzione della prova testimoniale e disposta la trattazione scritta della controversia ai sensi dell'art. 221, comma 4, L. n. 77 del 2020 e dell'art. 127ter c.p.c., il Giudice ha assunto la causa in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorso introduttivo del giudizio è fondato e deve trovare accoglimento. Ai sensi dell'art. 2697 c.c., l'onere di dimostrare la sussistenza dei fatti posti a fondamento del licenziamento e la correttezza della relativa procedura disciplinare incombe sul datore di lavoro e tale onere non è stato assolto nel presente giudizio, nel quale il datore di lavoro è rimasto contumace. Incombe invece sul lavoratore l'onere di dimostrare il positivo superamento del periodo di prova nella ipotesi in cui il licenziamento sia stato intimato durante il periodo di prova. Nel caso in disamina da un lato il lavoratore ha dedotto di essere stato licenziato il 21.7.2019, allorché il periodo di prova di trenta giorni era già scaduto, mentre il datore di lavoro - pur contumace - in data 1.8.2019 ha comunicato al centro per l'impiego l'avvenuto licenziamento del lavoratore con decorrenza dal 12.7.2019 allorché il periodo di prova era ancora in essere e per mancato superamento dello stesso (doc. 3). La circostanza che il ricorrente sia stato licenziato prima della metà di luglio 2019 è però smentita dalle risultanze della istruttoria testimoniale. La teste (...), anch'ella banconista presso la convenuta, ha infatti posto in rilievo come allorché ella lasciò il posto di lavoro verso la metà del mese di luglio 2019, il ricorrente ancora vi lavorava: "Non ricordo con esattezza quando ho lavorato per la convenuta perché non ho in mano nessun contratto ma ho lavorato per la convenuta per circa un mese e mezzo in estate, ma non ricordo con certezza l'anno; sono però certa che ciò sia avvenuto prima della pandemia e quindi prima del 2020. Io lavoravo su turni e facevo quindi l'apertura o la chiusura e mi avvicendavo nel turno con (...). Quando facevo l'apertura lavoravo dalle 10 fino alle 14,00-14,30 e quando invece facevo la chiusura andavo il pomeriggio alle 17 e lavoravo fino alle 22. Non ho mai lavorato in coppia con il ricorrente, perché io e lui ci davamo il cambio. Io ho lavorato per la convenuta da giugno a metà luglio, ma non mi sono sempre dato il cambio con il ricorrente, ma anche con un altro ragazzo di nome (...), un ragazzo albanese di cui non conosco il cognome. La prima ad andare via dalla convenuta sono stata io, poi è andata via (...) e poi è andato via lui. (...) che lui è stato assunto poco tempo dopo che avevano preso me" (cfr. verbale di udienza del 9.2.2022). Per quanto non precise nella individuazione nell'anno di svolgimento del rapporto di lavoro, le dichiarazioni della teste (...) enucleano fatti di luogo e di tempo sufficientemente circostanziati e come tali idonei a provare come la prosecuzione del rapporto di lavoro del ricorrente sia proseguita ben oltre il 12.7.2019, come invece sostenuto in via amministrativa dalla società datoriale allorché presentò la relativa comunicazione al centro per l'impiego. D'altra parte la società datoriale, rimasta contumace, non ha neppure illustrato le ragioni per cui un licenziamento asseritamente intimato il 12.7.2019 sia stato comunicato al competente centro per l'impiego solo in data 1.8.2019. Tutti gli elementi di fatto sopra enucleati concorrono a confermare la bontà dei fatti esposti dal ricorrente e a ritenere dunque che il medesimo fu licenziato il 21.7.2019, allorché il periodo di prova era già scaduto, considerato che il ricorrente fu assunto in data 21.6.2019 (cfr. doc. 2) e che il periodo di prova di trenta giorni pervenne dunque a scadenza il 20.7.2019, ossia il giorno precedente rispetto a quello della avvenuta intimazione orale del licenziamento. Ritenuto dunque comprovato che il licenziamento del ricorrente è stato intimato in un momento in cui il periodo di prova era già scaduto, deve farsi applicazione della regola generale di cui all'art. 5 della L. n. 604 del 1966, secondo la quale spetta al datore di lavoro fornire la prova dell'esistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento; ne consegue che, essendo il convenuto rimasto contumace, tale prova non è stata fornita, onde il licenziamento va ritenuto illegittimo. La disamina della documentazione depositata in atti, d'altra parte, comprova altresì sia che la cessazione del rapporto di lavoro del ricorrente è avvenuta per volontà datoriale, sia che l'intimazione del licenziamento non è stata effettuata con la forma scritta. In particolare, che il rapporto di lavoro del ricorrente si sia risolto per volontà datoriale è comprovato dalla lettera di impugnativa del licenziamento, con la quale il ricorrente - mettendo a disposizione la propria prestazione lavorativa - ha espressamente indicato di aver avuto conoscenza della sopravvenuta cessazione del rapporto di lavoro in data 12.7.2019 solo in seguito alla consultazione del modello Unilav (cfr. doc. 6 ric.). All'accertata illegittimità del licenziamento consegue la reviviscenza del contratto a tempo determinato fino al termine in esso originariamente previsto e il riconoscimento del diritto del lavoratore a vedersi ristorato il danno patito in ragione dell'avvenuto recesso ante tempus del datore di lavoro dal contratto di lavoro. Tale risarcimento, in difetto di diversa domanda formulata dal lavoratore o di specifiche eccezioni formulate sul punto dal datore di lavoro, deve essere quantificato tenendo conto di tutte le mensilità intercorse tra il momento dell'intimato licenziamento e quello della naturale scadenza del contratto a termine: "in caso di non giustificato recesso "ante tempus" del datore di lavoro da rapporto di lavoro a tempo determinato, il risarcimento del danno dovuto al lavoratore va commisurato all'entità dei compensi retributivi che lo stesso avrebbe maturato dalla data del recesso fino alla prevista scadenza del contratto" (Cass., sez. lav., sentenza n. 12092 del 1.7.2004). Pertanto deve riconoscersi il diritto del lavoratore ricorrente a vedersi ristorato il danno patito in ragione della omessa retribuzione dovutagli dal dì del licenziamento, intimato oralmente il 21.7.2019, al 20.9.2019, giorno di naturale scadenza del contratto a tempo determinato (cfr. doc. 2). Ritenuto comprovato - per le ragioni sopra esposte - che il ricorrente ha lavorato presso la società datoriale fino al 21.7.2019 e che da quella data è stato licenziato in forma orale, si tratta ora di definire quale sia l'entità della retribuzione in favore del medesimo dovuta in ragione della omessa corresponsione della mensilità di luglio 2019 e della illegittima interruzione del rapporto di lavoro ante tempus. Onde procedere ad una corretta quantificazione della retribuzione dovuta al ricorrente deve sottolinearsi che lo stesso - al momento dell'assunzione - è stato inquadrato nel quinto livello del c.c.n.l. pubblici esercizi e che è stato assunto per l'esecuzione di una prestazione di lavoro a tempo pieno per quaranta ore a settimana (cfr. doc. 2). La circostanza che l'istruttoria testimoniale abbia fatto emergere lo svolgimento, da parte del lavoratore, di un orario di lavoro inferiore (di circa 30 ore a settimana) rispetto a quello contrattualizzato di quaranta ore settimanali non incide sulla determinazione della retribuzione di luglio 2019 e sulla valorizzazione del risarcimento per l'illegittima risoluzione ante tempus del rapporto di lavoro a tempo determinato, poiché da un lato il contratto di lavoro part time richiede la forma scritta ad probationem e deve contenere la puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell'orario, dall'altro la modulazione dell'orario di lavoro può essere modificata mediante l'apposizione nel contratto di apposite clausole che, nella fattispecie in disamina, non risultano essere mai state apposte al contratto di lavoro a tempo determinato e pieno. Ne consegue che l'entità delle differenze retributive dovute al lavoratore per il lavoro svolto fino al 21.7.2019 e l'entità della indennità sostitutiva della riassunzione deve essere determinata tenuto conto della retribuzione lorda mensile di Euro 1.412,51 e della retribuzione giornaliera di Euro 54,33 per come enucleata nel c.c.n.l. di riferimento (cfr. doc. 8 fasc. ric.). Da tutto quanto detto, rilevato che risulta dunque documentalmente provato che la retribuzione mensile lorda dovuta al ricorrente è pari ad Euro 1.412,51 e considerato che risulta conforme a diritto la maggiorazione della retribuzione mensile in considerazione dei ratei di tredicesima di mensilità e della quota di t.f.r. che il lavoratore avrebbe maturato ove non fosse stato licenziato ante tempus, l'ente datoriale convenuto deve essere condannato a corrispondere al ricorrente la somma complessiva di Euro 1.521,16 per il periodo di lavoro svolto dal 21.6.2019 al 21.7.2019 e l'ulteriore somma di Euro 3.989,27 a titolo di retribuzione dovutagli dal 22.7.2019 al 20.9.2019 e infine della somma di Euro 350,61 relativa alla quota del t.f.r. maturata in ragione del contratto di lavoro a tempo determinato stipulato con la convenuta, per un totale complessivo di Euro 5.861,03. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate secondo la misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - Accoglie il ricorso e, per l'effetto, dichiara illegittimo il licenziamento orale intimato da (...) s.r.l.s. con socio unico a (...) in data 21.7.2019; - (...) il diritto di (...) a vedersi corrisposta la somma complessiva di Euro 5.861,03 dovutagli da (...) s.r.l.s. con socio unico, in persona del legale rappresentante pro tempore, a titolo di retribuzione complessivamente dovuta per il periodo decorrente dal 21.6.2019 al 20.9.2019 (di cui Euro 1.521,16 per il periodo di lavoro svolto dal 21.6.2019 al 21.7.2019, Euro 3.989,27 a titolo di indennità sostituiva della retribuzione dovuta dal 22.7.2019 al 20.9.2019 e Euro 350,61 a titolo di t.f.r.); - Condanna (...) s.r.l.s. con socio unico, in persona del legale rappresentante pro tempore, a corrispondere a (...) la somma lorda complessiva di 5.861,03, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal dovuto al soddisfo; - Condanna (...) s.r.l.s. con socio unico, in persona del legale rappresentante pro tempore, a rifondere a (...) le spese di lite, liquidate in complessivi Euro 2.000.00, oltre accessori fiscali, previdenziali e spese generali come per legge, disponendone la distrazione in favore del difensore, dichiaratosi antistatario. Sentenza provvisoriamente esecutiva. Così deciso in Bergamo l'1 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria l'1 febbraio 2023.

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