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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI BOLOGNA SECONDA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, nella persona del giudice Antonio Costanzo, ha pronunciato, dopo discussione orale ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c., la seguente SENTENZA definitiva nella causa civile n. 7918/2023 R.G. promossa da F_M. ((...)) ((...)); - ATTORE contro GS (..) (..); - CONVENUTA Oggetto: obbligazioni. CONCLUSIONI Per l'attore opponente: "NEL MERITO: - REVOCARE il decreto opposto perché infondato in fatto e diritto per le ragioni esposte in narrativa; - DICHIARARE la non esigibilità del credito ex adverso azionato con il monitorio opposto, in quanto, per i motivi esposti in narrativa, inesistente e pertanto non dovuto; - CONDANNARE la convenuta - opposta al risarcimento del danno ex Art. 96 C.P.C. per il tenuto contegno profondamente lesivo dei principi di buona fede contrattuale che devono animare le parti nonché per l'evidente abuso in mala fede e con colpa grave dello strumento processuale; - Con vittoria di spese e compensi di lite dei quali i difensori si dichiarano distrattari. IN VIA ISTRUTTORIA: Previa remissione della causa in istruttoria, chiede ammettersi prova per testi sui capitoli tutti, nessuno escluso, di cui alla narrativa dell'atto di citazione in opposizione da ritenersi qui integralmente riportati in forma positiva - espunti giudizi e valutazioni -preceduti dalla locuzione "vero che". Chiede, inoltre, chiedersi prova testimoniale sui seguenti capitoli di prova: 1) "vero che la sig.ra G. S. nel periodo 2019-2024 ha trovato e/o ricercato una occupazione lavorativa"; 2) "vero che la sig.ra G. ha richiesto al sig. F. di dichiararsi debitore nei suoi confronti dicendogli che le poteva essere utile far valere dei diritti di credito nei confronti del F. medesimo che era assoggettato all'esecuzione immobiliare Tribunale di Bologna n. 754/2017 Es. Imm."; 3) "vero che a seguito della richiesta di cui al capitolo che precede, la sig.ra G. predispose la scrittura privata datata 8/6/2020 che le viene rammostrata e che riconosce nel documento n.5 di parte opponente"; 4) "vero che la sig.ra G. dal 2019 a tutt'oggi ha continuamente fatto pressioni nei confronti del sig. F. per ottenere da quest'ultimo somme di denaro". Si indicano come testi i signori: - B. F., Bologna; - D. Gherardi, Bologna; - F. M., Bologna" Per la convenuta opposta: "Il patrocinio dell'opposta G., facendo seguito alle deduzioni già all'udienza del l'08.5.24 precisa le conclusioni come in memoria di replica istruttoria ex art. 183 c. 6 n. 3 c.p.c. ed in comparsa di costituzione, segnalando che è emersa in sede istruttoria la percezione da parte G. di Euro 3.925,70 - a seguito della vendita forzata dell'abitazione familiare di proprietà di controparte F. nella procedura r.g.e. Trib. Bo. 754/17- che va decurtata dalla sorte indicata nelle conclusioni della comparsa di costituzione di parte G., sorte pretesa che, pertanto, da Euro 40.000 originari è ora pari ad Euro 36.074,30. Peraltro, si segnala che alcuna attività di esecuzione si è compiuta in ragione del decreto ingiuntivo opposto che è immediatamente esecutivo. Inoltre, si evidenzia che proceduralmente ed ai fini dell'accoglimento delle domande di parte opposta Sig.ra G., si ritiene - e si conclude - che il decreto opposto da controparte vada revocato da sentenza che accolga le richieste di parte opposta Sig.ra G. recante solo l'importo di Euro 36.074,30 - invece che Euro 40.000 -, quale elemento di sorte capitale di condanna a carico dell'opponente controparte F. a cui aggiungere tutte le altre voci richieste in sede di comparsa di costituzione dell'opposta G.". Si richiamano la conclusioni di cui alla comparsa di risposta: "Per l'ingiungente G. (oggi convenuta) si rassegnano, pertanto, le seguenti conclusioni: - rigettare ogni avversa difesa ed istanza, anche con conferma dell'ingiunzione opposta da controparte, subordinatamente con condanna dell'opponente F. (attore nella presente fase di causa) di corrispondere a parte opposta G. (ingiungente nella monizione per cui è il presente giudizio) Euro 40.000 oltre interessi maturati e maturandi ex lege dall'emissione dell'ingiunzione oggi gravata sino al saldo (anche al tasso conseguente alla pendenza di lite giudiziaria); - in ogni caso: con ogni più ampia riserva, vinte le spese di lite e con richiesta di liquidazione dell'attività per gratuito patrocinio nella misura ritenuta di legge dal Giudice in favore dell'Avv. P. M. patrocinatore di parte G., nonché con condanna di controparte per responsabilità aggravata, anche per le affermazioni palesemente contraddittorie e la rilettura degli atti non conforme al contenuto degli stessi con rimessione a giustizia circa la relativa misura". MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Richiamati atti e documenti di causa, noti alle parti; rilevato che l'attore non ha fornito prova scritta a sostegno dell'opposizione; esaminate le conclusioni finali in epigrafe trascritte; si osserva quanto segue. 2. L'opposizione avverso il decreto ingiuntivo 7 aprile 2023 n. 1858 esecutivo ex art. 642 c.p.c. (emesso, su ricorso depositato il 1 dicembre 2022 che non risulta preceduto la richiesta stragiudiziale, per la somma capitale di euro 40.000,00 oltre accessori) proposta da M. F. con citazione notificata via PEC il 30 maggio 2023 all'ex coniuge S. G. (costituitasi il 27 luglio 2023), va respinta per infondatezza dei motivi dedotti dall'opponente, benché il decreto opposto vada revocato come richiesto, da ultimo, dalla stessa convenuta, avendo essa dato atto, esaurita l'istruttoria, che il debito era inferiore a quello oggetto di ricorso (si richiamano in proposito le conclusioni finali della convenuta). 2.1. La domanda monitoria proposta dall'odierna convenuta si fonda sulla scrittura privata 8 giugno 2020, recante riconoscimento di debito da parte dell'odierno attore e nella quale si legge: "(...) PREMESSO IN FATTO - che nell'ambito della separazione consensuale omologata il 7 luglio 2017 tra i coniugi F. e G. gli stessi pattuivano che: - la figlia della coppia, B., sarebbe stata collocata presso la madre nella casa familiare di X, Via ...4; - il sig. F. avrebbe versato un mantenimento per la figlia di Euro 300 mensili; - Nell'ipotesi di trasferimento a Bologna di moglie e figlia il F., alla data del trasferimento dalla casa coniugale si obbliga a trasferire l'usufrutto a S. G. per una durata non inferiore a 5 anni (clausola 11a verb. Sep), con diritto della Signora G. di locare l'appartamento a terzi (clausola 11c verb. Sep) e, a decorrere dal percepimento dei canoni di locazione il F. avrebbe cessato di corrisponderle l'importo di Euro 300,00 mensili, o a versare la differenza tra il canone percepito e l'importo di Euro 300,00 qualora l'importo del canone percepito fosse stato inferiore (clausola 11c verb. Sep); - in esecuzione dei predetti accordi raggiunti in sede di separazione, F. cedeva gratuitamente e trasferiva a S. G. l'usufrutto vitalizio sulla casa familiare per la durata di anni 8 in data 8 agosto 2017; - successivamente il sig. F. subiva il pignoramento immobiliare n. 754/2017 promosso da Intesa San Paolo Group per mancato pagamento delle rate del mutuo contratto per l'acquisto della casa familiare. Nell'ambito della procedura l'immobile è stato venduto mediante asta giudiziaria ed attualmente è fissata udienza, al 26.6.20, per la precisazione del credito e distribuzione delle somme; - a partire dal 2018 il sig. F., assieme alla figlia B. , si trasferiva nella casa locata dalla nonna paterna, in Via ... , provvedendo dunque lo stesso al mantenimento diretto della figlia, presso di lui collocata; - la signora G., nel mese di novembre/dicembre 2019 sporgeva denuncia ai danni del sig. F. per mancato pagamento dell'assegno di mantenimento della figlia B. e notificava al sig. F. atto di precetto per il pagamento, a titolo di mantenimento, della somma di Euro 10.709,38 che non veniva opposto; - successivamente la signora G. interveniva nel pignoramento immobiliare per la predetta somma privilegiata, oltre che alla somma di Euro 80.000 pari al valore forfettario del diritto di usufrutto non goduto. Tutto ciò premesso - il signor F. si impegna a non opporsi alla precisazione del credito della moglie; - il sig. F., con la sottoscrizione della presente, si riconosce debitore nei confronti della moglie della somma di Euro 40.000 a titolo di mancato godimento dell'usufrutto e di risarcimento del danno dalla stessa patito, da versarsi in rate mensili di Euro 200; - il sig. F. si impegna a versare alla moglie, entro il giorno 5 di ogni mese sul di lei conto corrente, a partire dal corrente mese di giugno - qualora egli non l'abbia già fatto - la somma di Euro 300 mensili a titolo di mantenimento in favore della stessa sino a che la moglie non avrà reperito una attività lavorativa che le consenta l'autosufficienza; - la signora G. si impegna a ritirare immediatamente la querela presentata ai danni del sig. F., rinunciando sin da ora a costituirsi parte civile in un eventuale procedimento penale nei confronti del marito per le circostanze denunciate". 2.2. Come pacifico in atti e riscontrato dai documenti acquisiti: a) in attuazione dei patti raggiunti in sede di separazione consensuale (verbale 7 giugno 2017) omologata con decreto 7 luglio 2017, con atto redatto dal notaio P. M. data 3 agosto 2017 denominato "trasferimento in esecuzione di accordi contenuti nel verbale di separazione consensuale" l'attore aveva costituito in favore della convenuta "a titolo gratuito" l'usufrutto per la durata di (almeno) otto anni sull'immobile in X già adibito a casa familiare ("(...) F. M., in esecuzione dei predetti accordi in sede di separazione, cede e trasferisce a titolo gratuito a G. S. che accetta ed acquista l'usufrutto per la durata di anni 8 (otto) da oggi o se successivo a detto termine fino al raggiungimento dell'autosufficienza economica della figlia minore F. B., della porzione di villetta trifamiliare (...)"): l'immobile era gravato da ipoteca iscritta il 17 novembre 2003 a garanzia di mutuo concesso all'attore da un istituto bancario di originari euro 120.000 (come si legge nell'atto notarile 3 agosto 2017, "F. M. dichiara che sull'immobile in oggetto grava l'ipoteca (...) che la parte acquirente dichiara di tollerare, ben sapendo che, ai sensi e alle condizioni di cui agli artt. 2858 c.c. e seguenti, in caso di mancato pagamento del debito garantito la Banca può promuovere esecuzione forzata sul bene acquistato col presente atto"); b) nel novembre 2017 su iniziativa del creditore ipotecario l'immobile in X già adibito a casa familiare, e sul quale era stato costituito l'usufrutto in favore di S. G., è stato colpito da pignoramento (doc. 9 di parte convenuta): come riportato anche nella scrittura privata 8 giugno 2020, nell'esecuzione immobiliare n. 754/2017 R.G. contro M. F. è intervenuta anche l'odierna convenuta sia quale creditrice di somme a titolo di concorso nel mantenimento della figlia (per tale credito al debitore era stato notificato precetto non opposto) sia quale titolare di diritto di usufrutto sull'immobile pignorato (art. 2812 c.c.; v. anche la proposta di piano di riparto 15 giugno 2020 elaborata dall'esperto contabile ausiliario del giudice dell'esecuzione, doc. 6 di parte attrice); c) la prima udienza per l'autorizzazione alla vendita nell'esecuzione immobiliare n. 754/2017 R.G. si è tenuta l'11 marzo 2019; la scrittura privata 8 giugno 2020 è stata sottoscritta dalle parti dopo la vendita forzata dell'immobile pignorato (il decreto di trasferimento era stato il 12 marzo 2020) e prima dell'udienza 26 giugno 2020 fissata per la precisazione dei crediti e la distribuzione del ricavato; con ordinanza 2 luglio 2020 il giudice dell'esecuzione ha dichiarato esaurita l'esecuzione immobiliare e ha ordina il pagamento delle somme come da progetto di distribuzione 15 giugno 2020, progetto che, per quanto qui rileva, prevedeva, una volta soddisfatti i crediti in prededuzione ed il credito assistito da ipoteca, l'attribuzione a S. G. della residua somma di euro 3.925,70 a parziale compensazione della perdita dell'usufrutto il cui valore era stato quantificato nel progetto di distribuzione in euro 72.000,00. Dalla lettura degli atti qui richiamati appare evidente che l'obbligazione assunta dall'attore verso la convenuta con la scrittura privata 8 giugno 2020 era volta a compensare la perdita economica subita da S. F. a seguito dell'estinzione dell'usufrutto costituito in suo favore solo pochi mesi prima del pignoramento (art. 2812, comma 2, c.c.). L'accordo documentato dalla scrittura privata ha natura transattiva in quanto, come si legge nelle premesse del testo, la convenuta era già intervenuta nell'esecuzione immobiliare affermandosi creditrice della "somma di Euro 80.000 pari al valore forfettario del diritto di usufrutto non goduto". Più che eloquente il passaggio in cui si afferma che "il sig. F., con la sottoscrizione della presente, si riconosce debitore nei confronti della moglie della somma di Euro 40.000 a titolo di mancato godimento dell'usufrutto e di risarcimento del danno dalla stessa patito, da versarsi in rate mensili di Euro 200", mentre l'inadempimento dell'attore ha determinato la decadenza dal beneficio del termine (in tal senso v. il ricorso per decreto ingiuntivo). 3. A sostegno dell'opposizione l'attore deduce la simulazione assoluta dell'accordo di cui alla scrittura privata 8 giugno 2020 perché "attesta un debito totalmente inesistente"; solleva eccezione di inadempimento adombrando una risoluzione per inadempimento della conventa: deduce la nullità dell'accordo sotto vari profili (illiceità della causa; frode alla legge; illiceità del motivo). 4. Così come proposta dall'attore, la prova per testi non può essere accolta, considerati le questioni controverse ed il fondamento della domanda monitoria: il capitolo 1 è generico e irrilevante ("vero che la sig.ra G. S. nel periodo 2019-2024 ha trovato e/o ricercato una occupazione lavorativa"); il capitolo 2 è generico e inammissibile nella parte in cui contrasta col tenore dell'accordo 8 giugno 2020 ("vero che la sig.ra G. ha richiesto al sig. F. di dichiararsi debitore nei suoi confronti dicendogli che le poteva essere utile far valere dei diritti di credito nei confronti del F. medesimo che era assoggettato all'esecuzione immobiliare Tribunale di Bologna n. 754/2017 Es. Imm."); il cap. 3 è irrilevante e inammissibile nella parte in cui si pone in collegamento col capitolo precedente ("vero che a seguito della richiesta di cui al capitolo che precede, la sig.ra G. predispose la scrittura privata datata 8/6/2020 che le viene rammostrata e che riconosce nel documento n. 5 di parte opponente"); il cap. 4 è generico e irrilevante ("vero che la sig.ra G. dal 2019 a tutt'oggi ha continuamente fatto pressioni nei confronti del sig. F. per ottenere da quest'ultimo somme di denaro"). 5. Non vi è alcuna prova (l'attore non l'ha fornita, art. 1417 c.c.) dell'accordo simulatorio sottostante alla scrittura privata 8 giugno 2020 posta a base del ricorso per decreto ingiuntivo e che, invero, richiama, ponendosi con essi in relazione, i patti conclusi in sede di separazione consensuale, l'atto attuativo 3 agosto 2017, le vicende relative all'esecuzione forzata sull'immobile già adibito a casa familiare. L'eccezione di simulazione assoluta è infondata. Da un lato, manca la prova dell'accordo simulatorio; dall'altro, sono pacifici i fatti posti a fondamento del credito della convenuta (in sintesi, l'estinzione del diritto di usufrutto per effetto dell'espropriazione immobiliare subita dall'attore, art. 2812 c.c.) il cui ammontare è stato definito dalla parti in via transattiva nella misura di euro 40.000,00. 6. L'opponente non ha provato fatti idonei a giustificare la risoluzione dell'accordo consacrato nella scrittura privata 8 giugno 2020: da un lato, non vi è alcun immediato nesso di corrispettività tra l'obbligazione assunta da M. F., previo riconoscimento del proprio debito nella misura di euro 40.000,00 "a titolo di mancato godimento dell'usufrutto e di risarcimento del danno dalla stessa (G., n.d.r.) patito", e l'impegno di S. G. a ritirare la querela presentata (pare a fine 2019) nei confronti dell'allora marito, essendo oltretutto pacifico che l'inadempimento di M. F. rispetto alle obbligazioni verso l'istituto bancario e la espropriazione immobiliare n. 754/17 R.G.E. hanno determinato l'estinzione del diritto di usufrutto, inopponibile al creditore ipotecario (Cass., sez. I, 27 marzo 1993, n. n. 3722), che era stato costituito in favore di S. G. per la durata di otto anni con l'atto pubblico 3 agosto 2017 a ministero notaio P. M. denominato "trasferimento in esecuzione di accordi contenuti nel verbale di separazione consensuale" (in altri termini, in sede di separazione consensuale, come da verbale 7 giugno 2017 omologato il 7 luglio 2017, M. F. aveva assunto una obbligazione attuata con l'atto pubblico 3 agosto 2017 ma di fatto il suo inadempimento verso l'istituto di credito, poi pignorante in forza di credito garantito da ipoteca iscritta nel 2003, ha precluso all'avente diritto S. G. la possibilità di godere dell'immobile in X già casa familiare); dall'altro, è pacifico che S. G., in conformità all'impegno assunto con la scrittura 8 giugno 2020, non si è costituita parte civile nel processo penale contro M. F., processo (n. 5530/20 R.G.N.R. - n. 1662/22 R.G. dibattimento) definito con sentenza di assoluzione sul presupposto che l'inadempimento di obbligazioni civili non integra di per sé gli estremi del reato di cui all'art. 570-bis c.p. (già art. 12-sex/'es, l. n. 898/1970) in relazione all'art. 570 c.p. (la sentenza Trib. Bologna, 27 febbraio - 28 marzo 2023 n. 965 è irrilevante in questa sede, tanto più che l'oggetto della presente causa non riguarda l'omesso versamento dell'assegno dovuto dal padre a titolo di contributo per il mantenimento della figlia come da accordi di separazione), mentre non vi è ragione di contestare all'odierna convenuta l'omessa rimessione di querela (le premesse della scrittura privata 8 giugno 2020 fanno riferimento ad una denuncia, la sentenza penale n. 965/2023 parla sia di querela presentata l'8 gennaio 2020 che di denuncia querela) perché condotta del tutto ininfluente rispetto all'esercizio dell'azione penale quando, come nel caso di specie, si verta in ipotesi di reato procedibile d'ufficio (cfr. Cass. pen., sez. VI, 30 gennaio - 24 febbraio 2020, n. 7277). 7. La questione relativa al contributo al mantenimento della figlia (nata il 7 maggio 2000, dunque ormai maggiorenne al tempo della scrittura 8 giugno 2020) non ha alcuna attinenza con l'obbligazione dedotta in giudizio, sorretta da una causa del tutto autonoma e meritevole di tutela, inerente al mancato godimento da parte della convenuta del diritto che l'attore le aveva riconosciuto in sede di separazione consensuale e volta appunto alla compensazione di quel mancato godimento mediante il pagamento di una somma di denaro (concordato nella misura di euro 40.000,00) di cui M. F. si è dichiarato debitore (v. supra; v. anche il verbale dell'udienza 2 marzo 2023 nel giudizio divorzile 14033/2022 R.G.). 8. Non vi è alcuna nullità dell'accordo sottostante l'impegno assunto da M. F. con la predetta scrittura 8 giugno 2020, accordo che trae origine dall'avventa estinzione del diritto di usufrutto alla costituzione del quale l'attore si era impegnato già in sede di separazione consensuale. 9. In conclusione, l'opposizione, così come proposta dall'attore, è infondata. 10. In comparsa di costituzione la convenuta ha chiesto la conferma del decreto ingiuntivo opposto o in subordine la condanna dell'attore al pagamento della somma di "Euro 40.000 oltre interessi maturati e maturandi ex lege dall'emissione dell'ingiunzione oggi gravata sino al saldo (anche al tasso conseguente alla pendenza di lite giudiziaria)". Nelle conclusioni finali la convenuta ha chiesto la revoca del decreto ingiuntivo e la condanna dell'attore al pagamento di una somma inferiore a quella oggetto di ingiunzione. Nell'esecuzione immobiliare n. 754/17 R.G.E., a seguito della vendita forzata (il decreto di trasferimento è stato emesso il 12 marzo 2020) e dell'approvazione del piano di riparto con ordinanza 7 luglio 2020 del giudice dell'esecuzione, la convenuta aveva ricevuto una somma di denaro (euro 3.925,70) a parziale soddisfacimento del credito da essa vantato in relazione all'estinzione del diritto di usufrutto. Come si legge nelle conclusioni finali, la convenuta chiede la revoca del decreto ingiuntivo con sentenza che condanni l'attore a pagare "solo l'importo di Euro 36.074,30 -invece che Euro 40.000 -, quale elemento di sorte capitale di condanna a carico dell'opponente controparte F. a cui aggiungere tutte le altre voci richieste in sede di comparsa di costituzione dell'opposta G.". Ne conseguono, da un lato, la revoca del decreto ingiuntivo limitatamente ai capi relativi all'ingiunzione di pagare "la somma di Euro 40.000,00" (capo 1) e "gli interessi come da domanda" (capo 2) (nel ricorso era chiesto il pagamento della "somma complessiva di Euro 40.000 oltre agli interessi maturati e maturandi ex lege dall'emissione dell'ingiunzione sino al saldo effettivo"), e non anche la condanna alle spese pronunciata in favore dell'erario (la ricorrente era stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato), capo rispetto al quale l'odierna convenuta non ha potere dispositivo; dall'altro, attese le conclusioni finali (che quanto agli accessori richiamano le conclusioni di cui alla comparsa di risposta), la condanna dell'attore al pagamento della somma di euro 36.074,30 oltre interessi legali da calcolarsi ai sensi dell'art. 1284, comma 4, c.c. dal 7 aprile 2023 sino al saldo. 11. Non vi sono i presupposti per la condanna dell'attore ex art. 96 c.p.c., come invece richiesto dalla convenuta in comparsa di risposta. 12. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in favore dell'erario (artt. 133, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115: "Il provvedimento che pone a carico della parte soccombente non ammessa al patrocinio la rifusione delle spese processuali a favore della parte ammessa dispone che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato"), in quanto la convenuta è ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato (v., fra le altre, Cass., sez. II, 19 gennaio 2021, n. 777). P.Q.M. Il Tribunale di Bologna in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, ogni diversa domanda, istanza ed eccezione respinta: - rigetta l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo 7 aprile 2023 n. 1858 proposta da F. M. contro G. S.; - revoca il decreto ingiuntivo 7 aprile 2023 n. 1858; - condanna F. M. a pagare a G. S. la somma di euro 36.074,30 oltre interessi legali da calcolarsi ai sensi dell'art. 1284, comma 4, c.c. dal 7 aprile 2023 sino al saldo; - rigetta la domanda di condanna ai sensi dell'art. 96 c.p.c. proposta da G. S. contro F. M.; - liquida le spese processuali a carico di F. M. in euro 3.809,00 per compenso, oltre rimborso forfettario 15%, oltra CPA e IVA come per legge. Bologna, 15 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI BOLOGNA SECONDA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, nella persona del giudice Antonio Costanzo, ha pronunciato, la seguente SENTENZA definitiva nella causa civile n. 744772021 R.G. promossa da BA U) (...); - ATTORE contro F_P (...) (...); CONVENUTA Oggetto: obbligazioni. CONCLUSIONI Per l'attore: "Voglia T Ecc.mo Tribunale, ogni altra istanza o eccezione respinta, IN VIA PRINCIPALE: - accertare e dichiarare l'indebita occupazione della convenuta P. F., per il periodo da ottobre 2015 a settembre 2018, dell'immobile sito in ..., via n. 2, di proprietà di A. B.; - condannare la convenuta P. F. al risarcimento dei danni patiti dal sig. A. B. in conseguenza dell'indebita occupazione per il periodo di n.35 mesi, in una somma da calcolare in base al valore locativo del bene moltiplicato per le 35 mensilità di occupazione, o nella diversa misura che sarà determinata secondo giustizia; - condannare altresì la convenuta P. F. a versare al sig. A. B. il corrispettivo del mobilio e degli arredi indebitamente asportati, nella misura che risulterà provata e dovuta a seguito dell'espletanda istruttoria; IN VIA SUBORDINATA: - accertare altresì che la condotta di P. F. ha costituito ai sensi dell'art. 2041 c.c. indebito arricchimento in danno di A. B.; - condannare la convenuta P. F. al risarcimento dei danni patito da A. B. in conseguenza dell'indebito arricchimento conseguente l'indebita occupazione per il periodo di n.35 mesi, in una somma da calcolare in base al valore locativo del bene moltiplicato per le 35 mensilità di occupazione. Con vittoria di spese, competenze e onorari, inclusa l'I.V.A. e c.p.a., e il 15% ex art.14 T.P.". Per la convenuta: "IN VIA PREGIUDIZIALE - accertare e dichiarare improcedibile la presente domanda in punto ad indennità di occupazione per violazione della norma di cui all'art. 5, comma 1, del D.Lgs. 28/2010; accertare e dichiarare che l'abbandono di parte istante B., della procedura di mediazione è avvenuta senza alcuna giustificazione e per l'effetto condannarlo al pagamento della sanzione prevista dall'art. 8 comma 4 del medesimo Dlgs. NEL MERITO - in denegata ipotesi di rigetto della domanda svolta in via pregiudiziale, accertare e dichiarare infondata in fatto e diritto la domanda principale di condanna al pagamento della indennità di occupazione rigettandola, e per l'effetto rigettare anche la subordinata svolta ai sensi dell'art. 2041 c.c. per conseguente inammissibilità. NEL MERITO - accertare e dichiarare che la proprietà degli arredi della ex casa coniugale è della signora F. e per l'effetto rigettare la domanda di restituzione ex adverso svolta per carenza di legittimazione attiva. IN VIA RICONVENZIONALE - previo accoglimento della domanda svolta in via pregiudiziale, condannare A. B. al ristoro delle spese sostenute per la mediazione n. 689/2020 versate dalla convenuta all'ODM e le spese dovute per l'assistenza legale obbligatoria, per complessivi Euro 676,61 IN VIA ISTRUTTORIA - si chiede ammettersi prova per testi sui seguenti capitoli preceduti dalle parole "vero che" 11 - Vero che lei veniva nominato custode dell'immobile sito in alla via 2 oggetto della procedura esecutiva n 224/2015 presso il Tribunale di Bologna? 12 - Vero che nel corso della procedura alcun ordine di liberazione o richiesta di pagamento di indennità di occupazione le è pervenuta dal Giudice dell'esecuzione su istanza del debitore esecutato A. B. ? 13 - Vero che nell'esercizio dei suoi poteri di custode ha scelto di mantenere l'immobile di via 2, occupato dalla signora F., in quanto tale fatto costituiva una maggior utilità per il mantenimento in buone condizioni del bene sottoposto a vincolo pignoratizio? 14 - Vero che nel corso della procedura, per quanto ricordi, i rapporti tra il debitore pignorato e la moglie occupante dell'appartamento pignorato erano stati scevri di conflitti sulla destinazione dell'immobile? Si indica a teste sui capp. Da 11 a 14 l'avv. S. M. Ci si oppone alla richiesta CTU al fine di determinare l'indennità di occupazione in quanto del tutto esplorativa. Con vittoria delle spese del grado". MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Richiamati atti, documenti e verbali di causa, noti alle parti; premesso che la causa, promossa da A. B. con citazione notificata il 24 maggio 2021 all'ex coniuge P. F. (costituitasi il 10 settembre 2021 con comparsa di risposta recante altresì domanda riconvenzionale), fallito il tentativo di conciliazione (udienza 22 dicembre 2022), è stata istruita con l'acquisizione dei documenti prodotti e l'assunzione di prove orali (si rimanda al verbale 29 marzo 2023); esaminate le conclusioni delle parti, in epigrafe trascritte; si osserva quanto segue. 2. Le domande proposte in via gradata dall'attore, volte alla condanna della convenuta (a titolo di risarcimento del danno da indebita occupazione o, in subordine, di ingiustificato arricchimento: non si verte in materia di locazione) al pagamento di una somma di denaro corrispondente al valore locativo dell'immobile in ..., via n. 2 (appartamento al terzo piano con cantina e autorimessa) moltiplicato per trentacinque mesi, sul presupposto che la convenuta era rimasta nella detenzione dell'immobile nel periodo da ottobre 2015 e settembre 2018 senza averne più titolo (titolo invece sussistente sino al 17 ottobre 2015, in forza della sentenza di divorzio congiunto n. 2976/2010 deliberata dal Tribunale di Bologna nella camera di consiglio del 19 ottobre 2010 su ricorso congiunto depositato il 16 settembre 2020), non possono essere accolte, posto che: - la richiesta di liberazione dell'immobile, sottoposto ad esecuzione forzata dopo il pignoramento (doc. 2 di parte convenuta) notificato nel febbraio 2015 trascritto il 20 aprile 2015 (quando la convenuta godeva del tutto legittimamente del bene in forza dell'accordo raggiunto con l'ex marito, come da condizioni di divorzio concordate e recepite dalla sentenza n. 2976/2010: "prende atto che in base all'accordo tra le parti la cessazione degli effetti civili del matrimonio e sottoposta alle seguenti condizioni: a) viene attribuito alla signora F. il diritto di abitare la casa coniugale sita in ..., via ...n. 2, per un periodo non superiore ad anni cinque decorrenti dal 19 ottobre 2010, decorsi i quali la stessa dovrà rilasciare l'immobile nella piena disponibilità del signor B., che ne è esclusivo proprietario, a semplice richiesta; b) per il medesimo periodo di anni cinque come sopra determinato il signor B. corrisponderà le spese per le forniture di acqua e gas, nonché per l'"utenza di telefonia fissa relative alla suddetta abitazione"), non è mai stata inviata dall'attore alla convenuta, pacifico il fatto che la prima rivendicazione avanzata dall'attore nei confronti della convenuta è quella di cui alla lettera raccomandata 18 febbraio 2020, ricevuta dalla signora F. il 24 febbraio 2020, ed avente ad oggetto non il rilascio del bene (già avvenuto nel mese di luglio 2018, dopo che il giudice dell'esecuzione immobiliare n. 224/2015 R.G.E. con provvedimento 5 marzo 2018 aveva dichiarato di non autorizzare il debitore esecutato A. B., o un terzo occupante privo di titolo opponibile alla procedura, ad occupare l'immobile pignorato, con ordine al custode di dare attuazione all'ordine di liberazione decorsi 120 giorni dall'aggiudicazione, che peraltro non risulta essere stata pronunciata: l'attore sostiene, ed ha prodotto documentazione in proposito sub doc. 7 e 9, di aver ottenuto la vendita del cespite in accordo con il creditore pignorante, una banca, e ha prodotto l'ordinanza 19 ottobre 2018 con cui il giudice dell'esecuzione ha dichiarato l'estinzione del processo esecutivo), ma il pagamento di una somma per occupazione senza titolo durata (nella lettera sottoscritta dall'attore e prodotta dalla convenuta come doc. 7) di trentatré mesi ("Con la presente, sono formalmente a richiederli il corrispettivo per l'occupazione senza titolo dell'immobile sito in via .. n. 2 all'epoca di mia proprietà per il periodo dal 19/10/2015 sino a luglio 2018, quando hai liberato l'immobile. La sentenza di divorzio prevedeva la possibilità che Tu occupassi l'immobile al massimo sino al 19/10/2015. Hai occupato l'immobile per altri 33 mesi senza corrispondermi nulla e in assenza di valido titolo"); - le deposizioni, inevitabilmente vaghe quanto alla precisa cronologia dei fatti attesi il decorso del tempo e l'informalità delle narrate conversazioni telefoniche, dei due testimoni indotti dall'attore, i quali hanno dichiarato di aver ascoltato nel dicembre 2015 o inizio 2016 (capitolo 1): "Vero che nel dicembre 2015 ha assistito a due diverse telefonate in vivavoce, ove il sig. A. B. -in considerazione del fatto che la sig. P. F. non liberava l'appartamento sito in via n. 2- questi chiedeva all'ex moglie P. F. di rilasciare l'appartamento di via , poiché non aveva più titolo per occuparlo e perché il sig. A. B. aveva la necessità di venderlo o affittarlo?"; capitolo 2) "Vero che nei primi mesi del 2016 ha assistito ad altre telefonate ove il sig. B.") chiedeva alla sig. F. di liberare l'immobile di via n. 2 ?") telefonate nel corso delle quali l'attore chiedeva alla convenuta di liberare l'immobile, non sono sufficienti a ritenere verificatasi la condizione della formale richiesta di rilascio dell'immobile, richiesta che l'attore avrebbe potuto agevolmente inoltrare per iscritto (cosa che non ha fatto), tanto più che in quel periodo l'immobile era pignorato e oggetto di custodia da parte dell'ausiliario del giudice dell'esecuzione e dunque l'odierno attore non era legittimato ad intraprendere azioni volte alla liberazione dell'immobile, pacificamente mai avviate, né avrebbe potuto esigere dalla convenuta canoni o indennità di occupazione (avrebbe potuto farlo, ma non lo fece, il custode giudiziario) e nemmeno mettere a reddito o tantomeno vendere il bene pignorato (l'attore ha affermato di aver trovato un accordo col creditore pignorante per la vendita del bene nell'autunno 2018, quando l'immobile era da mesi vacante, e ha dato prova dell'avvenuta estinzione del processo esecutivo dichiarata con ordinanza 19 ottobre 2018); - a ciò si aggiunga che - come pacifico in atti - nessuna iniziativa volta alla liberazione dell'immobile era stata assunta (né avrebbe potuto esserlo) dall'attore in pendenza di esecuzione forzata e nessuna segnalazione o istanza in tal senso era stata indirizzata dall'attore al giudice dell'esecuzione o quantomeno al custode giudiziario nominato ex art. 559, comma 2, c.p.c., ossia all'unico soggetto a quel tempo abilitato ad esigere - in ipotesi -dalla convenuta somme a titolo di occupazione senza titolo (richiesta mai formulata dal custode né proposta agli organi della proceduta dal signor B.) o ad agire per ottenere il rilascio del bene; - è infatti pacifico che l'attore rimase in quel periodo inerte e che solo con provvedimento del marzo 2018 il giudice dell'esecuzione dichiarò di non autorizzare il debitore pignorato o un terzo occupante a permanere nell'immobile pignorato, assegnando al custode giudiziario un termine per la messa in esecuzione dell'ordine di rilascio che non risulta essere maturato prima della liberazione del bene ad opera della convenuta; - in sostanza, l'odierno attore non formulò nei confronti della convenuta una precisa e formale richiesta di liberazione né direttamente né tramite gli organi della procedura, mantenendo una condotta inerte, significativa di una posizione di indifferenza o tolleranza rispetto al permanere della convenuta nella detenzione del bene anche oltre il 17 ottobre e 2015, incompatibile con le pretese creditorie sottese alle domande di condanna; - per altro verso, e ciò si osserva in relazione alla specifica contestazione della convenuta secondo cui non vi è prova di un pregiudizio risarcibile, l'odierno attore neppure si era attivato - il che conferma la conclusione appena raggiunta - al fine di ottenere che tramite il custode giudiziario la signora F. fosse tenuta a versare, a fronte della perdurante occupazione dell'immobile, una somma a titolo di indennità di occupazione, se non di corrispettivo per il concesso godimento (a termine) del bene, somma che - quale frutto civile del bene - avrebbe costituto oggetto del pignoramento (art. 2912 c.c.) e per contro non avrebbe potuto essere richiesta dal debitore esecutato: pertanto, non essendo il mero dato oggettivo della occupazione senza titolo fonte di una obbligazione risarcitoria o indennitaria (cfr. fra le altre Cass., sez. un., 15 novembre 2022, n. 33645), tanto più a fronte di una condotta di tolleranza da parte del custode giudiziario e dell'inerte debitore esecutato (che per la prima volta ha accampato pretese economiche solo circa un anno e mezzo dopo l'avvenuta liberazione del bene), ed oltretutto in totale assenza di elementi di prova in ordine ad una ipotetica incidenza del protrarsi dell'occupazione della convenuta sulle condizioni dell'alienazione del bene col consenso del creditore pignorante, anche sotto questo diverso profilo le domande di condanna non possono essere accolte. 3. Del pari, va respinta la domanda di condanna della convenuta al pagamento del "corrispettivo del mobilio e degli arredi" che l'attore afferma "indebitamente asportati", vuoi perché l'attore non ha con precisione identificato i predetti beni né ha provato di esserne proprietario o comunque il loro valore, vuoi perché a quanto risulta dalla scrittura privata 21 aprile 2004 (doc. 14 di parte convenuta) il signor B. aveva riconosciuto che l'arredamento dell'immobile già adibito a casa familiare era stato acquistato dalla signora F. impegnandosi ad versare a quest'ultima una somma di denaro, in realtà mai pagata ("(...) coniugi separandi, in ordine alla suddivisione dei beni mobili facenti parte della residenza coniugale, privatamente concordano quanto segue: Il Signor B. si riconosce debitore nei confronti della Signora F. della complessiva somma di E. 18.000,00= a titolo di rimborso per spese sostenute dalla stessa per l'acquisto dell'arredamento della casa coniugale che, quindi, diverrà di esclusiva proprietà del Signor B., rinunciando la Signora ad ogni diritto in merito ai beni mobili suddetti. Tale importo verrà corrisposto come di seguito: una prima tranche di E. 6.000,00 entro il 29 aprile 2004, il rimanente entro i tre anni successivi a tale data e, pertanto, entro e non oltre la data del 29 aprile 2007"). 4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, in relazione anche alla fase di mediazione instaurata dall'attore, che ha comportato per la convenuta esborsi nei confronti dell'organismo di mediazione (euro 48,80, doc. 11; euro 94,92, doc. 12) e la necessità di remunerare il proprio difensore (doc. 13). P.Q.M. Il Tribunale di Bologna in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, ogni diversa domanda, istanza ed eccezione respinta: - rigetta le domande proposte dall'attore contro la convenuta; - condanna l'attore a pagare alla convenuta le spese processuali, che liquida quanto alla mediazione in euro 143,72 per esborsi ed euro 532,89 per compenso, oltre rimborso forfettario 15%, CPA e IVA come per legge e quanto al presente giudizio in euro 43,00 per esborsi ed euro 5.077,00 per compenso, oltre rimborso forfettario 15%, CPA e IVA come per legge. Bologna, 15 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA TERZA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Carolina Gentili ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di II Grado iscritta al n. r.g. 7379/2022 promossa da: (...), con il patrocinio dell'avv. (...) e dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in (...) presso il difensore avv. (...) ATTORE contro (...), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in (...) presso il difensore avv. (...) CONVENUTO CONCLUSIONI Per (...): Piaccia all'Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, in accoglimento dell'appello ed in totale riforma della impugnata sentenza del Giudice di Pace di Porretta Terme Avv. Carlo Francesco Tombolini Montessori n. 1313/22 (causa civile iscritta al RG n. 4654/2021) in data 27.4.2022, pubblicata in data 20 maggio 2022, notificata a mezzo pec in data 22 maggio 2022: IN VIA PREGIUDIZIALE E PRINCIPALE accertare e dichiarare, per le argomentazioni sopra svolte, la tardività della opposizione ex art. 641 c.p.c. e dunque dichiarare l'inammissibilità della opposizione al decreto ingiuntivo Giudice di Pace di (...) n. 196/2021, provvisoriamente esecutivo, depositato in data 20/01/2021, notificato in data 18/02/2021, proposta da (...) contro il (...) con atto di citazione notificato a mezzo pec in data 28.04.2021; IN VIA SUBORDINATA E NEL MERITO rigettare la opposizione al suddetto decreto ingiuntivo in quanto infondata in fatto e diritto e condannare l'appellata (...) al pagamento a favore dell'appellante (...) delle spese liquidate nel decreto ingiuntivo Giudice di Pace di (...) n. 196/2021, oltre accessori di legge; CONDANNARE l'appellata (...) alla restituzione a favore dell'appellante (...) della complessiva somma di euro 3.471,08 corrisposta dal predetto Condominio a (...) in esecuzione della impugnata sentenza. Vinte le spese dei due gradi del giudizio, con accessori di legge. Per (...) Voglia l'Ill.mo Tribunale di Bologna adito in grado d'appello, contrariis rejectis, così pronunciare: - rigettare, in quanto totalmente infondato, l'appello e le domande tutte proposte dal (...); - confermare la sentenza n. 2973/2018 del Giudice di Pace di (...), Avv. (...), resa in data 5 maggio 2022 in ogni sua statuizione, compresa l'accertamento e la dichiarazione di illegittimità ed inefficacia del decreto ingiuntivo n. 196/2021 emesso dal Giudice di Pace di (...); - Con vittoria delle spese di entrambi i gradi di giudizio, oltre spese generali, CPA e IVA nelle aliquote di legge. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Il (...) d'ora in poi solo il (...), appellava la sentenza n.1313/2022 pronunciata dal Giudice di Pace di (...) in data 27 aprile 2022, depositata in data 20.5.2022 e notificata in pari data a mezzo pec, con la quale era stata ritenuta tempestiva ed accolta l'opposizione spiegata da (...) nei confronti del decreto ingiuntivo n.196/2021, emesso in data 3.9.2020 a favore del (...) per il pagamento di oneri condominiali. L'appellante propone i seguenti motivi di gravame. a) violazione dell'art.641 c.p.c., in combinato disposto con gli artt.152 3 153 c.c., per avere il Giudice di Pace ritenuta tempestiva l'opposizione, nonostante il termine di 40 giorni per proporre l'opposizione al decreto ingiuntivo fosse perentorio e non potesse quindi essere abbreviato o prorogato nemmeno per accordo delle parti, salva la sussistenza di ragioni per la rimessione in termini; non potevano ravvisarsi ragioni per proporre l'opposizione tardiva ex art.650 c.p.c.; da ciò conseguiva che la proposizione della procedura di mediazione non era idonea ad impedire la decorrenza dei termini ex art.641 c.p.c. e che l'opposizione dovesse ritenersi tardiva; b), atteso il chiaro disposto dell'art.5 comma 6 D.Lgs. n.28/2010, che stabiliva la obbligatorietà della mediazione dopo la decisione sulla provvisoria esecuzione, peraltro a carico di parte opposta, il relativo obbligo sorgeva soltanto una volta instaurato il processo, escludendo che detta procedura potesse essere azionata prima di tale momento; ciò in quanto il giudizio di opposizione aveva natura bifasica, nel senso il termine per l' opposizione, in quanto perentorio, non potesse essere in alcun modo interrotto, e che la procedura di a.d.r. dovesse essere avviata, nella fase posteriore ai provvedimenti ex art.648 e 649 c.p.c., dal solo attore, non dal debitore opponente, convenuto in senso sostanziale c) violazione del principio della soccombenza, che aveva dato luogo ad una erronea condanna a carico del (...) al rimborso delle spese legali liquidate nel decreto ingiuntivo e precettate, pari ad Euro 988,04, posto che la debitrice ingiunta aveva pagato l'importo di Euro 2777,00 soltanto in data 24.2.2021, e quindi dopo la notifica del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo unitamente all'atto di precetto, perfezionatasi in data 18.2.2021 (e non il 21.2.2021 come sostenuto dalla (...) e dal Giudice di Pace); conseguentemente erano dovute le spese legali dell'ingiunzione (Euro 450 + 76) oltre a quelle del precetto (Euro 135) e per la registrazione del decreto ingiuntivo (Euro 200,00); anche ritenendo non dovute le spese legali a titolo di compenso per la maggior somma erroneamente ingiunta, pari ad Euro 4.232,00, anziché Euro 2.777,00 (in forza di duplice sommatoria dell'importo di Euro 1455,97), non era giustificata e quindi era illegittima la condanna dell'opposto al risarcimento del danno per lite temeraria, sia in quanto il maggiore compenso richiesto superava di soli Euro 100,00 le tariffe concordate in sede di Osservatorio, ma non quelle di cui al D.M. 55/2014, sia in ragione della correttezza dell'importo dei compensi richiesti per l'atto di precetto, il tutto nonostante il condominio avesse dichiarato di ritenersi pienamente soddisfatto dopo il versamento di Euro 2.777,00 per capitale e delle spese legali portate dal precetto anche per la fase monitoria, prima dell'avvio della mediazione; d) erroneo rigetto dell'eccezione di carenza di legittimazione ad agire di parte opponente, nonostante l'invio di pec in data da parte del (...), in cui si dichiarava la piena soddisfazione del creditore. c) violazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. n.28/2018 ed erronea condanna ex art.96 c.p.c. al pagamento di Euro 500,00 per mancata adesione alla procedura di mediazione e per riduzione dei compensi liquidati nell'ingiunzione, a fronte di quelli minori effettivamente dovuti, mentre, ai sensi dell'art.4 bis D.Lgs. 28/2010, la mancata partecipazione senza giustificato motivo alla procedura comportava soltanto un'applicazione da parte del giudice dell'art.116 comma 2 c.p.c. e, ai sensi dell'art. 13 L.cit., potesse portare ad una condanna del genere soltanto qualora il provvedimento che definiva il giudizio corrispondesse interamente al contenuto della proposta, mai formulata nel caso di specie. Concludeva, pertanto, per la integrale riforma della decisione impugnata, previa dichiarazione di tardività dell'opposizione; in subordine e nel merito, chiedeva il rigetto dell'opposizione e la condanna di (...) al pagamento delle spese liquidate nel decreto ingiuntivo, oltre alla condanna alla restituzione dell'importo di Euro 3.471,08 corrisposto dal (...) a favore della predetta in esecuzione della sentenza. (...) resisteva al gravame, chiedendone il rigetto ed esaminando partitamente le singole censure, come di seguito esposte. Il motivo sub a), concernente l'erronea estensione di un orientamento giurisprudenziale di legittimità, che ravvisava l'interruzione della decadenza di un termine di natura processuale (art.4 L.89/2001 in materia di equo indennizzo) mediante l'avvio della procedura di mediazione, ad un'ipotesi di termine processuale ex art.648 c.p.c., era infondato. Infatti, la sentenza n.17781/2013 pronunciata dalle S.U. della Suprema Corte qualificava come termine processuale e non sostanziale quello di cui al citato art.4 L.89/2001, per cui poteva essere invocata anche nella fattispecie oggetto del presente giudizio, che non poteva inquadrarsi quale giudizio d'impugnazione di un atto, bensì quale giudizio di merito instaurato mediante un atto di opposizione, in cui gli oneri di allegazione e probatori erano solo formalmente invertiti. La seconda censura, attinente all'attribuzione esclusiva alla parte opposta, quale creditore e quindi attore sostanziale, del potere di promuovere la procedura di mediazione, contrastava con l'art. 5 comma 6 D.Lgs. n.28/2010, il quale regolava gli effetti della comunicazione alle altre parti della domanda di mediazione, a prescindere dalla natura della mediazione, e quindi nel caso in cui costituisse o meno condizione di procedibilità, come sancito nella sentenza Cass. S.U. n.17781/2014. La condanna del (...) al pagamento delle spese di lite non era affatto illegittima, in quanto l'azione monitoria, da ritenersi una fase del medesimo unitario processo, non risultava necessaria alla luce della revoca del decreto ingiuntivo e dell'integrale accoglimento delle domande dell'opponente, da ritenersi vittoriosa in toto, considerato che le spese dell'ingiunzione e del precetto risultavano pagate interamente e che quindi era stato correttamente applicato il principio della soccombenza in virtù dell'unicità del giudizio di opposizione. Anche la condanna per lite temeraria andava confermata, posta la mancata adesione del (...) al procedimento di mediazione, nonostante la consapevolezza dell'eccessività dell'importo ingiunto, che rappresentava per il Giudice un comportamento in mala fede sia nella fase monitoria sia nella successiva notifica del precetto sia durante il processo, perseverando l'ente nel ritenere corretto lo scaglione tariffario applicato, in contrasto con la tabella approvata dall'Osservatorio Giustizia, ed irrisoria la differenza (di soli Euro 120,00). La causa veniva trattenuta in decisione all'udienza del 25.1.2024. I primi due motivi di appello sono infondati. L'art. 5 comma 6 D.lgs.28 del 2010 prevede che: "Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta ..." Secondo la nota sentenza a S.U. della Suprema Corte n. 17781/2023, detta norma va interpretato nel senso che la domanda di mediazione è parificata alla domanda giudiziale di tutela del diritto fatto valere, in quanto essa interrompe la prescrizione del diritto controverso, come accade per ogni domanda giudiziale, ai sensi degli artt.2943 e 2945 c.c. La Corte nella summenzionata decisione affronta proprio un caso di mediazione facoltativa, chiarendo che la mediazione è consentita, ai sensi dell'art. 2 del citato D.Lgs., per la conciliazione di ogni controversia in materia di diritti disponibili, essendo attività che, pur non essendo indispensabile ai fini della proponibilità della domanda, comporta l'affermazione da chi la chiede del suo diritto di agire a tutela di diritti sui quali tenta la conciliazione. Nello stesso senso anche Cass. 27551/2018 e 2273/2019. Trattasi quindi di disposizione, quella del sesto comma, che non può che essere estesa a tutti i termini, processuali e sostanziali, ed a tutte le ipotesi di mediazione: obbligatoria, facoltativa, negoziale, statutaria, che altrimenti non troverebbero alcuna disciplina in proposito, contenendo l'art.5 precetti per un verso specifici e per l'altro generali, come le conseguenze del termine decadenziale, compreso quello previsto per la proposizione dell'opposizione a decreto ingiuntivo. E' vero che, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, l'onere di promuovere la mediazione, nel caso in cui sia obbligatoria o venga demandata dal Giudice, è posto a carico del soggetto da considerarsi creditore sostanziale, cioè la parte opposta, secondo la Suprema Corte (S.U.19596/2020), ora codificato nell'art. 5 bis c.p.c. per i giudizi iniziati dopo il 30 giugno 2023 per effetto dell'art. 7 comma 1 lett.e) D.Ls 149/2022, e soltanto dopo la pronuncia dei provvedimenti sulla esecuzione provvisoria. Tuttavia, anche dopo la Riforma Cartabia, il ricorrente in monitorio può sempre promuovere la domanda di mediazione, cioè sia prima dell'azione, sia dopo la pronuncia del decreto, anche in pendenza del termine per l'opposizione oppure una volta ricevuto l'atto introduttivo del giudizio ex art.645 c.p.c., come pure nel caso in cui l'opponente non sollevi l'eccezione ed il giudice non rilevi d'ufficio la mancanza della condizione di procedibilità; soltanto per il giudice vige la regola che gli impone di pronunciare i provvedimenti ex art.648 o 649 c.p.c. prima di avviare la parte attrice sostanziale alla mediazione (obbligatoria o demandata). Il favore del legislatore per gli strumenti di deflazione delle controversie giudiziarie lascia quindi margini vasti di operatività alle parti, purché riguardino diritti disponibili e non vengano adoperati per allungare i tempi del giudizio. Quale corollario di tale impostazione sistematica si deve trarre la conseguenza che qualsiasi domanda giudiziale, anche quella di accertamento negativo del diritto di credito monitoriamente azionato, possa intendersi previamente introdotta dalla domanda di mediazione, anche nell'ipotesi del quarto comma del citato articolo (in tal senso Trib. Perugia 26.6.2016-2.3.2016; Trib. Milano sez. XIII n.9599/2021). La obiezione che, così opinando, il debitore potrebbe eludere il termine perentorio di 40 giorni per proporre l'opposizione e dilatare il momento della decisione sull'istanza ex art.648 c.p.c., trova un giusto contemperamento nel termine di tre mesi previsto dall'art.6 per la durata del procedimento di mediazione, che è prorogabile per ulteriori tre mesi soltanto prima della scadenza del trimestre su accordo scritto delle parti; il giudizio di opposizione durerebbe quindi soltanto tre mesi in più, qualora il creditore non voglia concedere alcuna proroga. Del tutto coerente con tali principi l'utilizzo che della mediazione ha fatto l'attuale appellata: ella, ravvisando un erroneo calcolo nei conteggi dell'amministratore condominiale, ha, in primis, pagato la somma che riteneva dovuta e poi riconosciuta corretta dal Condominio, comprese le spese legali di ingiunzione e precetto, e, in secondo luogo, ha provato a definire in modo conciliativo la vertenza. L'opposizione è quindi tempestiva, stante la notifica del decreto ingiuntivo e del precetto in data 21.2.2021 e della successiva comunicazione del deposito della domanda di mediazione, effettuato al legale del (...) con pec in data 26.3.3021 (doc. 1, 2, 3 fascicolo primo grado (...); atteso l'esito negativo del primo incontro a causa della mancata partecipazione del (...) con verbale depositato in data 24.4.2021 (doc.4 primo grado (...), la ingiunta ha proceduto in data 29.4.2021 alla notifica dell'atto di citazione introduttiva del giudizio di opposizione. Passando quindi al terzo ed al quarto motivo di appello, concernente la violazione del principio della soccombenza, per effetto della condanna del (...) al rimborso delle spese legali indicate in precetto pari ad Euro 988,04, ed il rigetto dell'eccezione di "carenza di legittimazione ad agire dell'opponente", proposti in via subordinata, si osserva quanto segue. Sulla ricostruzione dei fatti vi è ampia documentazione. La notifica di decreto ingiuntivo e precetto si perfezionava in data 21.2.2021 (decorsi 10 giorni dalla raccomandata ex art.140 c.p.c.); il pagamento veniva eseguito mediante due bonifici del 24.2.2021, per quanto riguarda la rate n.1 e 2 per detrazioni ristrutturazione (Euro 2211,70) e le rate 1 e 2 consuntivo e preventivo 2020/2021, e bonifico del 17.3.2021 per Euro 988,04 a titolo di "saldo spese giudiziarie per ingiunzione pagamento). A quel punto il legale di (...) in data 26.3.2021 comunicava al (...) la domanda di mediazione; rispondeva il Condominio mediante la pec 15.4.2021, con cui- ammesso l'errore di calcolo e dando atto del pagamento anche della spese legali- manifestava la volontà di non partecipare alla mediazione, attesane l'inutilità a fronte della propria integrale soddisfazione; riscontrava il giorno successivo il legale della condomina, concordando sulla possibilità di definire la vicenda stragiudizialmente, previa rinuncia del condominio all'ingiunzione e pagamento delle spese di mediazione fino ad allora sostenute per l'intervento del legale, indicati in Euro 300,00 e dei costi dell'avvio della mediazione, quantificati in Euro 48,80. Con pec del 19.4.2021 il legale del (...) escludeva qualsiasi rimborso delle spese legali per la mediazione, sostenendo che il decreto fosse passato in giudicato, in quanto non opposto, e scrivendo testualmente "ma ciò nonostante il (...), per il tramite dell'amministratore, rag. (...) da me rappresentato, rinuncia alla pretesa della ulteriore somma ingiunta, e relativa ad un mero errore materiale", spendendo il nome del proprio assistito come già fatto nella precedente missiva del 15.4.21. Il legale di (...) con pec del 23.4.2021 insisteva per il rimborso delle spese sostenute per la difesa rispetto ad erronea pretesa e per la necessità di opporsi all'ingiunzione in difetto di riscontro e successivamente proponeva opposizione, al fine di evitare il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo per la maggior somma portata, pari ad Euro 1.455,97 a titolo di spese straordinarie. Non è oggetto di alcuna doglianza l'implicita revoca del decreto ingiuntivo, in quanto giustificata dalla minor somma spettante al condominio rispetto a quella oggetto del monitorio e tenuto conto del pagamento dell'importo di Euro 2777,81 poco dopo la notifica del precetto e prima di iniziare la mediazione, oltre alle spese condominiali nel frattempo maturate. Ciò avrebbe dovuto comportare (ma non è motivo di appello), oltre alla revoca dell'ingiunzione (non pronunciata ma implicita), la declaratoria della cessazione della materia del contendere per effetto dell'intervenuto pagamento del capitale, delle spese del monitorio e del precetto, in quanto avvenuta dopo la notifica di tali atti, e la compensazione delle spese del procedimento di mediazione, espressamente richieste dall'opponente a fronte dalla ritenuta obbligatorietà della stessa, in quanto afferente alla materia condominiale. L'appellante si lamenta, tuttavia, soltanto della statuizione concernente la restituzione delle spese indicate nel precetto, che sono dovute sulla somma di Euro 2.777,81, anziché di Euro 4.232,98, senza che ciò implichi un diverso scaglione tariffario, e della circostanza che non vi era interesse della (...) di proporre opposizione solo per tale ragione e per il rimborso delle spese di mediazione, posto che il Condominio aveva accettato per il tramite dell'Avv.to (...) il minor importo versato spendendo espressamente il nome del proprio assistito. Orbene, lo scaglione tariffario relativo al ricorso monitorio (da Euro 1.100 ad Euro 5200,00) è il medesimo per entrambi gli importi secondo il D.M. 55/2014, ma non secondo le tabelle concordate in sede di Osservatorio per la giustizia tra il Tribunale e l'Ordine degli Avvocati. Si ritiene che l'osservanza di tali tabelle non sia equiparabile al rispetto delle tariffe ministeriali, benchè il ricorrente abbia sede nel circondario felsineo, avendo tali organismi informali, ai quali partecipano Magistrati e Avvocati, il compito di raccogliere elaborazione di prassi comuni, di best practice, in materia di processi civili ai fini della prevedibilità delle decisioni e di accelerazione dei procedimenti per garantire il confronto tra professionalità, etc.; non si tratta quindi di regole tecnicamente cogenti, non potendosi sostituirsi al dato normativo. Ne consegue che la restituzione delle spese legali precettate non poteva essere disposta nè in assoluto, come invece ritenuto dal Giudice di Pace, in quanto il decreto ingiuntivo era provvisoriamente esecutivo, né per la minore somma riconosciuta dovuta ed in applicazione delle tabelle concordate. Potevano essere riconosciuti a favore di parte opponente al più i costi del procedimento di mediazione per compensi e spese vive, ma non disposta la restituzione delle spese legali relative al ricorso monitorio ed al precetto, considerato il mancato versamento spontaneo da parte della (...) neppure delle spese condominiali che ella reputava corrette. Il capo va quindi riformato, escludendo qualsivoglia rimborso delle spese legali portate dal precetto. Quanto alle spese legali riguardanti la fase della mediazione, per il recupero delle quali è stata proposta l'opposizione e liquidate in Euro 148,00 in prime cure, si reputa del tutto esorbitante la proposizione di un giudizio, a fronte della rinuncia all'ingiunzione comunicata dal Condominio. In realtà vi è una lacuna nelle comunicazioni tra le parti prima dell'avvio della mediazione ad opera della (...) non conoscendosi il momento in cui il Condominio ha ricevuto la notizia dell'avvenuto pagamento e la richiesta di rinuncia all'ingiunzione; certamente, la condomina avrebbe potuto evitare anche la mediazione, oltre che l'opposizione, se avesse inviato tempestivamente la prova del pagamento e la richiesta di rinuncia al decreto, a fronte dell'accettazione immediata del Condominio comunicata dopo l'intervento del legale; tuttavia, è erronea e soprattutto contraddittoria anche la posizione del creditore, emergente dalla mail del 19.4.2021, nell'aver ritenuto definitiva l'ingiunzione a fronte della sola proposizione della domanda di mediazione, pur esprimendo chiaramente la volontà di rinunciare al decreto ingiuntivo. In sostanza l'ignavia del (...) nel non voler partecipare alla mediazione, nell'ambito della quale potevano definirsi subito tutte le ragioni di lite in modo più formale con la sottoscrizione di un verbale in cui il (...) rinunciava al decreto ingiuntivo, ha portato all'opposizione, ma ciò non implicava la condanna alla restituzione delle spese del precetto e della mediazione, dovendosi ravvisare i presupposti per una compensazione integrale di quest'ultima per via della reciproca soccombenza tra la domanda di merito, accolta in parte, e la domanda sulle spese. Vanno quindi compensate anche le spese di lite riguardanti la fase della mediazione. Infine, va esaminato il quinto motivo riguardante la condanna per lite temeraria, che merita accoglimento in ragione delle considerazioni riguardanti i motivi precedenti. Se il (...) ha errato nel reputare il decreto ingiuntivo passato in giudicato e respingendo in forza di ciò la mediazione, perché ritenuta non idonea ad interrompere il termine ex art.641 c.p.c., ha al contempo riconosciuto subito la correttezza degli importi pagati dalla condomina, dichiarandosi disposto a rinunciare al provvedimento monitorio, seppur non a corrispondere le spese della mediazione già instaurata. Del resto nella domanda di mediazione l'unico motivo addotto è proprio l'importo ingiunto, per cui soltanto per scrupolo il legale di (...) ha ritenuto di proporre dapprima la mediazione, nel tentativo di evitare l'opposizione ed i relativi ben più ingenti costi. Non poteva quindi ravvisarsi un comportamento gravemente diligente del creditore nel resistere alla opposizione, sostenendo la inidoneità della mediazione promossa dalla parte che non era tenuta obbligatoriamente a fronte di domanda proposta in via monitoria ed alle regole derogatorie rispetto al relativo onere, trattandosi di giudizio retto dal comma 4 dell'art.5 D.Lgs. 28/2010, non essendosi formato tutt'ora un orientamento univoco sul punto. La condanna per lite temeraria postula infatti la soccombenza totale (Cass. ord.4212/2022). È invece pacifico, al contrario, che (...) alla data di notifica della intimazione di pagamento, aveva potuto verificare la documentazione allegata al fascicolo monitorio per valutare l'ammontare del debito nei confronti del Condominio, se è vero che il calcolo era stato effettuato sulla base delle nuove tabelle millesimali, approvate dalla assemblea del 11.2.2020 con delibera mai impugnata dalla (...) ex art. 1137 c.c. e dunque definitivamente obbligatoria (anche) per la stessa (...). Va quindi riformata la pronuncia impugnata anche relativamente alla condanna per lite temeraria disposta a carico del (...) con ogni effetto di legge in punto restituzioni. La parziale reciproca soccombenza nel presente giudizio impone la compensazione integrale delle spese legali, essendo stati rigettati i motivi a sostegno della domanda principale e accolti soltanto quelli relativi alle domande subordinate. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: in parziale accoglimento del gravame, rigetta i motivi di appello principale, dichiarando tempestiva l'opposizione a decreto ingiuntivo con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto; accoglie quelli in via subordinata e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata: condanna (...) alla restituzione a favore del (...) delle spese dell'atto di precetto, comprensive del monitorio, e compensa le spese per la mediazione; dichiara insussistente la responsabilità per lite temeraria ex art.96 comma 3 c.p.c. del (...), con ogni conseguente effetto di legge in punto restituzioni; Compensa le spese del presente grado del giudizio. Bologna, 16 maggio 2024
TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA TERZA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Carolina Gentili ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. .../2024 promossa da: X (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv...., elettivamente domiciliato in VIA DEI ...presso il difensore avv. ... RICORRENTE contro Y (C.F. (...)), contumace RESISTENTE Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con ricorso ex art.281 decies c.p.c., depositato in data 2.2.2024, l'Avv.to X esponeva di essere creditrice nei confronti di Y del pagamento di competenze professionali e di aver ottenuto, in forza di ciò, decreto ingiuntivo n. ...a seguito del quale esperiva numerosi tentativi di pignoramento mobiliare, risultati infruttuosi. Di conseguenza, ella interveniva nell'esecuzione immobiliare n. .../2013 RGE, pendente dinanzi al Tribunale di Bologna, avente ad oggetto tre immobili siti in Malalbergo, in comproprietà con il fratello, T., e i genitori, nella misura di 1/4 ciascuno. Iniziato il giudizio di divisione endoesecutivo, veniva accertata l'indivisibilità dei beni e pertanto disposta la vendita, che veniva eseguita; tuttavia, in data 20.04.2023, detto giudizio divisorio veniva interrotto a causa dell'intervenuto decesso dei genitori del Y, comproprietari non esecutati; riassunto il giudizio da parte di uno dei creditori, veniva effettuato il piano di riparto della somma spettante al debitore, con accantonamento delle somme spettanti agli eredi, quali figli dei comproprietari deceduti. Il resistente, unitamente al fratello, veniva quindi chiamato all'eredità dei genitori, comprendente i predetti immobili; poiché nessuno dei due aveva proceduto all'accettazione o alla rinuncia, l'attrice era stata costretta ad introdurre il giudizio ex artt. 479 c.p.c. e 481 c.c., nel quale solamente il fratello si costituiva all'udienza del 23.11.2023, dichiarando la volontà di accettare l'eredità, mentre Y non si presentava; nella stessa udienza, il giudice fissava termine per l'accettazione dell'odierno convenuto, mandando il ricorrente a notificare il verbale a quest'ultimo. Ad oggi, nonostante la rituale notifica del verbale, vista la mancata dichiarazione, il Y risultava decaduto dal diritto di accettare l'eredità, con evidente nocumento del creditore. Pertanto, attesa l'incapienza del patrimonio del Y e considerata la pendenza del giudizio di divisione endoesecutiva con accantonamento delle somme spettanti agli eredi, l'attrice intendeva ottenere autorizzazione ex art. 524 c.c. ad accettare in nome e per conto del debitore esecutato l'eredità dei genitori al fine del soddisfacimento del proprio credito. In diritto la ricorrente evidenziava che: - l'azione suddetta costituiva rimedio volto a preservare le ragioni economico-patrimoniali del creditore e non riguardava lite fra coeredi, per cui non era soggetta alla procedura di mediazione obbligatoria; - unico legittimato passivo doveva ritenersi il debitore rinunciante, non ricorrendo una ipotesi di litisconsorzio necessario nei confronti dei successivi chiamati; -la Suprema Corte aveva reputato esperibile l'azione sia nel caso di rinuncia all'eredità da parte dell'erede, sia nel caso di inerzia di quest'ultimo di fronte al termine concesso dal Giudice a seguito di actio interrogatoria, medesimo essendo il pregiudizio sofferto dai suoi creditori in entrambi i casi. Formulava quindi le seguenti conclusioni: - Accertamento della perdita del diritto del Y di accettare ex art. 481 c.c. - Autorizzare ex art. 524 c.c. l'attrice a surrogarsi al Y nell'accettazione dell'eredità ovvero rendere inopponibile al medesimo creditore la rinunzia e/o mancata accettazione e consentirgli di agire sul patrimonio ereditario, rendendo estranea la delazione del successivo chiamato accettante per rinuncia; - Accogliere l'impugnazione ex art. 524 c.c., autorizzando l'aggressione dei beni del debitore nel compendio ereditario. La scrivente fissava udienza per il giorno 23.4.2024, udienza alla quale si presentava soltanto la parte ricorrente, per cui veniva dichiarata la contumacia di Y; all'esito della discussione orale, la causa veniva trattenuta in decisione. La domanda merita accoglimento. Recita l'art.524 c.c.: "Se taluno rinunzia, benché senza frode, a un'eredità con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare la eredità in nome e luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti. Il diritto dei creditori si prescrive in cinque anni dalla rinuncia." In diritto è bene premettere che l'azione promossa ai sensi dell'art.524 c.c., rubricata Impugnazione della rinuncia da parte dei creditori, costituisce uno strumento che ha lo scopo di consentire al creditore che la esercita di sottoporre ad espropriazione forzata i beni dei creditori, ancorchè ceduti, rendendo la rinuncia inopponibile al creditore medesimo; presupposti sono l'esistenza della rinuncia, che si può desumere anche dal trascorrere del termine fissato ex art.481 c.c., nonché l'esistenza di un danno per i creditori, derivante dalla incapienza totale e parziale del patrimonio del chiamato debitore. Nel caso di specie la ricorrente, dimostrato il proprio credito giudiziale, ha allegato, pur non documentandolo, l'inutile esperimento di diversi tentativi di esecuzione forzata sui beni individuali prima di intervenire nella procedura di espropriazione immobiliare promossa da terzi ai danni di Y; la mancanza di beni ulteriori può ricavarsi indirettamente dal progetto di riparto predisposto dalla Dott...., in cui risultano iscrizioni ipotecarie sui beni pignorati a carico del solo resistente; ulteriore indizio della natura pregiudizievole della mancata accettazione può ricavarsi dalla circostanza che il fratello T. Y ha invece accettato l'eredità dei genitori, per effetto della quale diverrà comproprietario nella misura della metà dei beni suddetti, insieme al resistente. Si nota, altresì, che il debitore è rimasto contumace, precludendosi la possibilità di provare la presenza di altri beni sui cui il creditore potrebbe soddisfarsi o di aver già accettato l'eredità, circostanza, quest'ultima, che comunque comporterebbe la sottoposizione dei suoi beni alle pretese dei creditori. La norma è stata oggetto di recente decisione della Suprema Corte (N.25347/2023) la quale ha affermato che si discute sulla questione della possibilità di applicazione del rimedio ex art. 524 cod. civ. a favore dei creditori soltanto in presenza di una rinunzia "formale" oppure anche nelle ipotesi di decadenza del chiamato dal diritto di accettare l'eredità a seguito dell'esperimento dell'actio interrogatoria ex art. 481 cod. civ. o ai sensi dell'art. 487, comma 3, cod. civ., ovvero nel caso di maturata prescrizione. Pur trattandosi di questioni dibattute in dottrina, si rileva che nella giurisprudenza di questa Corte - contrariamente a quanto sostenuto in sentenza (p. 7) - si è affermata la tesi estensiva con riferimento al meccanismo decadenziale previsto dall'art. 481 cod. civ. (Cass. Sez. 3, n. 7735 del 29.03.2007, punto 6.1.: (...)"da un lato, secondo l'art. 481 c.c., chiunque vi abbia interesse, e perciò pure chi se ne affermi creditore, può chiedere che al chiamato all'eredità sia fissato un termine nel quale dichiarare se accetta o rinuncia all'eredità; dall'altro, se rinunci o lasci trascorrere il termine senza accettare, ciò che comporta l'effetto che egli perda il diritto di accettare, l'art. 524 c.c. mette a disposizione dei creditori del chiamato lo strumento dell'azione di impugnazione della rinuncia"). La stessa giurisprudenza, in linea con l'opinione dominante in dottrina, esclude - invece - il ricorso all'impugnazione ai sensi dell'art. 524 cod. civ. allorquando il diritto di accettare l'eredità si sia prescritto ai sensi dell'art. 480 cod.civ.: "L'azione ex art. 524 c.c. è ammissibile unicamente ove i creditori abbiano richiesto, ai sensi dell'art. 481 c.c., la fissazione di un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o rinuncia all'eredità quando non sia ancora maturata la prescrizione del diritto di accettare l'eredità ex art. 480 c.c. In caso contrario si finirebbe per rimettere impropriamente in termini i creditori, anche con evidente pregiudizio dei successivi accettanti che confidano nella decorrenza di un termine prescrizionale per l'azione dei creditori inferiore a quello ordinario decennale" (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 15664 del 23.07.2020; Cass. Sez. 2, n. 33479 dell'11.11.2021). Nel caso sub judicio, non si pongono questioni sulla prescrizione del diritto di accettazione, posto che le successioni dei genitori sono intervenute nei primi mesi del 2022 (26.2.2022 ...e 1.5.2022 Y...), mentre è stato correttamente azionato il rimedio ex art.481 c.c. da parte dell'odierna ricorrente, mediante deposito del ricorso che ha dato origine al procedimento di volontaria giurisdizione n.11098/2023 R.G.Vol. nei confronti di entrambi gli eredi dei genitori, comproprietari degli immobili sottoposti a pignoramento. Ebbene, all'udienza del 21.11.2023 il chiamato T. Y ha dichiarato che intendeva accettare l'eredità, mentre non si è presentato Y, al quale quindi il Giudice ha assegnato termine fino al 31.1.2024 per dichiarare se rinunciava o accettava l'eredità, avvertendolo che, trascorso il termine senza che venisse fatta la dichiarazione, avrebbe perso il diritto di accettarla; il giudice ha altresì assegnato alla ricorrente ulteriore termine fino al 29.12.2023 per notificare anche il suddetto verbale al chiamato Y. Va quindi pronunciata la inopponibilità della rinuncia all'Avv.to X fino alla concorrenza del suo credito, come ammesso in sede di procedura esecutiva, rispetto all'eredità relitta da ... (deceduta il 26.2.2022) e Arduino Y (deceduto il 1.5.2022), con conseguente autorizzazione dei creditori ad accettarla in luogo di Y. Le spese del presente giudizio vanno poste a carico del resistente in ragione della sua soccombenza e sono liquidate ai sensi dell'art.5 del D.M. 55/2014 in ragione dell'importo del credito per cui si è agito (indicato nella nota di iscrizione a ruolo in Euro 21.178,38), compreso nello scaglione compreso tra Euro 5200,01 ed Euro 26.000,00, applicando i parametri medi del D.M. 147/2022 per la fase di studio ed introduttiva ed i parametri minimi per la istruttoria e decisoria, oltre alle anticipazioni sostenute per Euro 313,72. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: autorizza ...ad accettare l'eredità morendo dismessa da ...(deceduta il 26.2.2022) e ...Y (deceduto il 1.5.2022) in luogo di Y fino alla concorrenza del credito come ammesso nella procedura esecutiva; Condanna Y a rimborsare alla parte ricorrente le spese di lite, che si liquidano in Euro 313,72 per anticipazioni ed Euro 3387,00 per compenso, oltre i.v.a., c.p.a. e spese generali. Bologna, 15 maggio 2024 Depositata in Cancelleria il 15 maggio 2024.
TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA TERZA SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Bologna, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott.ssa Carolina Gentili Presidente dott.ssa Cinzia Gamberini Giudice dott.ssa Daniela Nunno Giudice Relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g.... /2021 promossa da: FILANO (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. ...e dell'avv...., presso il cui studio in Bologna, Via ...elegge domicilio ATTORE contro TIZIO (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. ...elettivamente domiciliato in Bologna, Via ..., presso il difensore CALPURNIA (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv..., elettivamente domiciliato in Bologna Via ...presso il difensore DOMITILLA (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv...., elettivamente domiciliato in Bologna Via ...presso il difensore CONVENUTI CONCLUSIONI FILANO: Come in atto di citazione, con rinuncia alla domanda possessoria: "Voglia l'ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, accertare e dichiarare la qualità di legatario del Sig. Sempronio (attore) e condannare il convenuto Sig. Tizio alla restituzione del bene indicato nel testamento o al suo controvalore, oltre alla restituzione dei frutti ad oggi percepiti" CORNELIO: "In via preliminare dichiararsi nullo l'atto di citazione per mancanza di procura. Sulla domanda possessoria, prende atto della rinuncia dell'attore. Sulla domanda riconvenzionale, conclude chiedendo annullarsi il testamento olografo di Caia per i motivi indicati in atti". CALPURNIA E DOMITILLA: "Chiedono annullarsi il testamento olografo di Caia per i motivi indicati in atti". Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione 1. Con atto di citazione regolarmente notificato, Filano ha convenuto in giudizio Cornelio chiedendo di accertare la sua qualità di legatario in forza del testamento redatto da Caia, deceduta in data 11.7.2020 e, per l'effetto, di condannare il convenuto alla restituzione in suo favore del 50% del valore del bene immobile indicato in testamento, oltre alla restituzione dei frutti percepiti. L'attore ha inoltre spiegato domanda di reintegra nel pieno ed esclusivo possesso del bene, unitamente ai beni personali presenti nell'immobile e, in via subordinata, per il caso in cui l'immobile fosse occupato da terzi con titolo idoneo, ha preteso la condanna del convenuto al versamento della somma, anche determinata secondo equità, per lo spossessamento e il mancato utilizzo dell'immobile e per il costo subito per l'uso di altro immobile, nonchè per i danni conseguenti e diretti. In via di fatto, l'attore ha premesso quanto di seguito: -la sua compagna, Caia, era deceduta dopo aver redatto testamento olografo, consegnato al fratello Cornelio, nel quale lo aveva nominato legatario del proprio appartamento nella misura del 50% (per la restante metà spettante al fratello), specificando che l'attore avrebbe potuto prelevare dall'appartamento qualsiasi oggetto a lui necessario - durante la malattia, egli aveva accudito la compagna stabilendosi presso il di lei appartamento, dove era rimasto per circa due anni fino alla sua morte; - egli era stato l'unico a prendersi cura della compagna durante la malattia, a causa della quale la coppia non aveva potuto sposarsi; - a decorrere dal 10.8.2020, senza preavviso e in modo del tutto arbitrario, il convenuto cambiava la serratura dell'appartamento, impedendo all'attore di accedervi per prelevare i propri beni personali, nonostante le reiterate richieste; - dal mese di ottobre 2020, il convenuto aveva concesso l'appartamento in locazione, contravvenendo alla volontà della sorella ed escludendo lo stesso attore dalla percezione dei frutti; - in data 3.2.2021, in seguito a pressanti richieste dell'attore, il testamento veniva pubblicato presso il Notaio ... (n. rep. Not. 1.580). L'attore ha chiesto di riconoscere la propria qualità di legatario in relazione all'immobile sito in..., Via..., per la quota del 50%; ha altresì agito per recuperare il possesso dell'immobile, goduto fino a poco tempo dopo il decesso della de cuius e di cui Tizio lo aveva privato in modo violento e clandestino. Nel giudizio così instaurato, si è costituito il convenuto, eccependo preliminarmente la nullità dell'atto di citazione per difetto di procura alle liti. Nel merito, il convenuto ha sollevato eccezione di decadenza dall'azione possessoria per il decorso del termine annuale dall'asserito spoglio (10.8.2020) e comunque contestato la possibilità di invocare la tutela possessoria, essendo venuto meno il titolo da cui originava il possesso, vale a dire la convivenza more uxorio con la de cuius, convivenza che in ogni caso non era stata provata. Quanto alla domanda attorea di accertamento della qualità di legatario, il convenuto ha inteso contrastarla, opponendo una domanda riconvenzionale di annullabilità del testamento per mancanza di data apposta ai sensi dell'art. 602 comma 2 c.c.. Invero, la data del testamento recherebbe solo l'indicazione del mese e dell'anno ("NOVEMBRE 2019"), senza indicazione del giorno di redazione e senza neppure alcuna indicazione nell'atto di circostanze da cui desumerla. In ogni caso, il convenuto ha rilevato che nessun diritto sarebbe riservato all'attore sull'immobile de quo, ma oggetto del legato sarebbe (a voler ritenere valido il testamento) unicamente una somma di denaro pari al 50% del valore residuo della casa, detratte le spese sostenute in seguito al decesso. Quanto alla domanda risarcitoria avanzata parimenti dall'attore, ne ha domandato il rigetto in mancanza di specifiche allegazioni dei fatti fondanti la relativa pretesa. Infine, ha chiesto l'integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre persone nominate nel testamento impugnato quali ulteriori legatarie. Su ordine del Giudice ai sensi dell'art.102 c.p.c., con provvedimento del 2.12.2021 il contraddittorio è stato esteso a Domitilla, Calpurnia ed X. Quest'ultima è rimasta contumace, mentre le altre due chiamate si sono costituite contestando, in via preliminare, la propria carenza di legittimazione passiva, avendo rinunciato ai legati disposti in loro favore nel testamento; nel merito, aderendo alla domanda di annullamento del testamento spiegata dal convenuto per le ragioni indicate in comparsa di costituzione e risposta. All'udienza del 28.2.2023 l'attore ha rinunciato alla domanda di reintegra del possesso, stante l'avvenuta locazione dell'immobile a terzi; rinuncia che è stata ribadita ed estesa alla correlata domanda risarcitoria, anche all'udienza del 13.4.2023. Il tentativo di componimento bonario della causa intrapreso dalle parti non è sfociato in un accordo, pertanto, ritenute superflue le prove richieste da parte attrice, la causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni e posta in decisione all'udienza del 26.10.2023, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.. 2. Eccezione preliminare di nullità dell'atto di citazione per invalidità della procura di parte attrice. Parte convenuta ha eccepito la nullità della citazione per difetto di procura, in quanto quella allegata all'atto di citazione notificato sarebbe limitata alla fase di mediazione, mentre, successivamente all'iscrizione al ruolo della causa, era stata depositata un'altra procura speciale, rilasciata su foglio disgiunto dall'atto di citazione, con la quale l'attore delegava i difensori a rappresentarlo e difenderlo nella fase stragiudiziale e giudiziale con riguardo alla sola questione del testamento olografo della de cuius Caia. Ebbene, in tesi del convenuto, sulla base di tale procura non poteva essere introdotta alcuna azione possessoria. Inoltre, essa sarebbe stata rilasciata in violazione degli artt. 83 e 125 c.p.c., in quanto autenticata dagli stessi difensori fuori dalle ipotesi in cui l'art. 83 c.p.c. consente al difensore di certificare l'autenticità della sottoscrizione della parte. Nel caso di specie, sempre in tesi del convenuto, essendo stata la procura conferita successivamente all'atto cui si riferisce, varrebbe il principio generale per cui l'autenticità della sottoscrizione deve essere attestata dal pubblico ufficiale a ciò autorizzato, cioè da un notaio. L'eccezione è priva di pregio. Vale a tal proposito richiamare l'orientamento espresso dalla Suprema Corte (Cass. 23/11/2023, n. 32574), secondo cui "La "contestualità", spaziale e/o cronologica, del conferimento della procura e dell'autenticazione della relativa sottoscrizione rispetto alla redazione dell'atto cui la prima si riferisce non può ritenersi, infatti, requisito prescritto dalla norma di cui all'art. 83 c.p.c., comma 3". La pronuncia citata prosegue in motivazione affermando che "ai fini del valido conferimento di siffatta procura, non è necessario che esso sia contestuale o successivo alla redazione dell'atto non essendo richiesta a pena di nullità la dimostrazione della volontà di fare proprio il contenuto dell'atto nel momento stesso della sua formulazione o ex post (v. Cass. 26 luglio 2002 n. 11106; Cass. 16 maggio 1997 n. 4389)". Si sancisce pertanto il principio dell'irrilevanza del momento in cui la procura è rilasciata rispetto alla redazione dell'atto cui è riferita. L'applicazione di detti principi al caso di specie consente di escludere qualunque difetto di procura per la parte attrice. Si osserva innanzitutto come la rinuncia alla domanda possessoria renda ormai superata l'eccezione relativamente all'ambito di operatività della procura (limitata alle questioni inerenti al testamento de quo); in secondo luogo, la procura è stata rilasciata su supporto cartaceo, con autenticazione della sottoscrizione ad opera dei difensori e successivo deposito telematico nel fascicolo di causa, al momento dell'iscrizione della causa al ruolo, del documento recante firma digitale del difensore. Ciò è sufficiente a ritenere sanato l'iniziale difetto della procura allegata all'atto di citazione notificato. Passando ad esaminare il merito del giudizio, deve darsi atto della rinuncia, da parte dell'attore, della domanda possessoria, conseguentemente alla quale il perimetro di delibazione è ridotto alla sola domanda di accertamento della qualità di legatario dell'attore e del conseguente diritto dello stesso sulla quota dell'immobile oggetto di legato. Tuttavia, la domanda attorea non può essere decisa prima ed a prescindere dal vaglio della validità del testamento, sollecitato dalla domanda riconvenzionale del convenuto Cornelio. Pertanto, si procede preliminarmente all'esame di tale domanda. 3. Domanda riconvenzionale di annullamento del testamento per carenza di data certa Il convenuto ha chiesto in via riconvenzionale di dichiararsi l'annullamento del testamento, in difetto di data certa di compilazione dell'atto. A tale domanda hanno prestato adesione le chiamate, costituitesi in giudizio a seguito dell'integrazione del contraddittorio. Tale domanda, sebbene spiegata in via riconvenzionale, come anticipato, va trattata in via preliminare rispetto alla domanda avanzata in via principale dall'attore, atteso che il vaglio di quest'ultima necessariamente presuppone la validità del testamento. La questione che viene in rilievo è stata più volte oggetto di pronunce della Suprema Corte, in seno alla quale si è consolidato l'orientamento secondo cui l'omessa o l'incompleta indicazione della data comporta l'annullabilità del testamento olografo. La data certa e completa è un requisito cui la legge ricollega la validità dell'atto, sicchè deve escludersi che essa possa ricavarsi aliunde da elementi estranei all'atto o che l'invalidità del testamento sia subordinata all'incidenza in concreto dell'omissione della data sui rapporti dipendenti dalle disposizioni testamentarie (v. da ultimo Cass. 31322/2023; tra i precedenti, Cass. 6682/1988; Cass. 7783/2001; Cass. 12124/2008; Cass. 23014/20215). L'applicazione di tale principio al caso concreto porta a ritenere l'annullabilità del testamento e, dunque, all'accoglimento della domanda riconvenzionale. La scrittura a cui la de cuius ha affidato le sue ultime volontà reca in alto l'indicazione del mese e dell'anno ("NOVEMBRE 2019"), senza alcuna indicazione del giorno esatto di redazione dello scritto. Nel corpo della scrittura, poi, la de cuius ha sentito la necessità di specificare che la "lettera" (così è stata definita dalla de cuius, ignorando trattarsi di vero e proprio testamento olografo), reca la medesima data (appunto del "NOVEMBRE 2019") di una scritta precedentemente e di cui l'atto de quo riporta il contenuto. Si legge, infatti, nel testo dello scritto: "PS: LA DATA DELLA LETTERA PORTA NOVEMBRE 2019 MA E' LA DATA DELLA I LETTERA CHE HO SCRITTO, SICCONE HO CAMBIATO IDEE - PARERE, HO RISCRITTO LA LETTERA MA HO MANTENUTO LA DATA o COMUNQUE L'HO SEMPRE SCRITTA IO". Nel corpo della "lettera"- testamento si evince, tuttavia, un altro riferimento temporale (GENNAIO 2020) a cui risalirebbe la stesura. Si legge infatti: "CONSIDERA CHE CI SARA' DA SALDARE IL MUTUO - CHE AD OGGI GENNAIO 2020 DOVREBBERO ESSERE CIRCA 44 000,00 Euro ANCORA DA PAGARE". Invero, l'indicazione contraddittoria delle date, peraltro entrambe incomplete, rende impossibile collocare la redazione della scheda in un giorno preciso; né l'indicazione del giorno è ricavabile dal contenuto dell'atto, che al contrario reca un'indicazione contraddittoria ("GENNAIO 2020") con quanto risulta scritto nell'incipit dello stesso ("NOVEMBRE 2019"). Contrariamente a quanto affermato dall'attore solo nella memoria di replica ex art. 190 c.p.c., il riferimento ad una precedente lettera scritta dalla stessa de cuius e di cui il fratello pare fosse a conoscenza (come desumibile dal tenore dello stesso scritto), non è utile all'individuazione di un giorno preciso: non viene specificato, infatti, il giorno in cui sarebbe stata redatta la prima lettera, né di tale lettera parte attrice ha fornito alcuna prova. In ogni caso, come detto, ciò non sarebbe comunque utile a sanare la contraddizione evidenziata in riferimento alla diversa data di gennaio 2020. Da quanto detto, consegue l'annullabilità del testamento ex art. 606 comma 2 c.c. per mancanza di data certa e completa. L'annullamento del testamento rende superfluo l'esame della domanda attorea di accertamento della sua qualità di legatario e di restituzione del valore a lui legato. Da quanto detto consegue l'accoglimento della domanda riconvenzionale, con conseguente rigetto delle domande spiegate dall'attore, ostando proprio l'invalidità del testamento. Le spese seguono la soccombenza nei rapporti tra attore e convenuto e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto del valore indeterminato - bassa complessità, per le fasi di studio, introduttiva e decisionale, come indicate nella nota spese del difensore. Va tuttavia specificato che non può essere riconosciuta in favore del convenuto alcuna rifusione delle spese di lite con specifico riferimento alla domanda possessoria oggetto di rinuncia: va a tal proposito rilevato, infatti, che la riduzione della domanda o la rinuncia a capi di domanda, rientrando tra i poteri del difensore di emendare le domande precedentemente svolte, è fattispecie diversa dalla rinuncia ex art. 306 c.p.c. e non comportano l'applicazione del principio secondo cui le spese vanno poste a carico del rinunciante (v. Trib. Frosinone sent. n. 50 del 10/1/2023; Trib. Venezia, Sez. Imprese del 31.07.2018, n. 1549). Come infatti più volte rilevato dalla Suprema Corte (v. ex plurimis Cassazione civile Sez.2, Sentenza n. 28146 del 17/12/2013) " La rinuncia all'azione, ovvero all'intera pretesa azionata dall'attore nei confronti del convenuto, costituisce un atto di disposizione del diritto in contesa e richiede in capo al difensore, un mandato "ad hoc", senza che sia a tal fine sufficiente il mandato "ad litem", in ciò differenziandosi dalla rinuncia ad una parte dell'originaria domanda, che rientra fra i poteri del difensore, in quanto espressione della facoltà di modificare le domande e le conclusioni precedentemente formulate". Quanto alle spese di giudizio sostenute dalle convenute legatarie costituite, si ritiene sussistano giustificati motivi per la compensazione integrale tra l'attore e le predette. Va considerato, infatti, che l'integrazione del contraddittorio è stata disposta dal giudice su sollecitazione da parte del convenuto (in comparsa di costituzione e nelle note scritte depositate il 29/11/2021); le chiamate si sono poi costituite, nonostante avessero già rinunciato ai legati in data 19.4.2021 (come da dichiarazioni prodotte dal convenuto sub docc. 6-7), peraltro aderendo, in via subordinata nel merito, alla domanda riconvenzionale del convenuto, ma senza aver più alcun interesse al giudizio. P.Q.M. Il Tribunale di Bologna, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - rigetta le domande dell'attore; - in accoglimento della domanda riconvenzionale del convenuto Cornelio, annulla il testamento della de cuius Caia, pubblicato il 3.2.2021 a ministero del Notaio Dott.ssa ...; - condanna la parte attrice a rimborsare al convenuto Cornelio le spese di lite, che si liquidano in Euro 825,33 per spese, Euro 5.810 per compensi, oltre I.V.A., C.P.A., se dovuti e nelle aliquote legali; - compensa interamente le spese di giudizio tra l'attore e Calpurnia e Domitilla. Così deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio del 26 marzo 2024.
TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA TERZA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale, così composto dott. Carolina Gentili PRESIDENTE dott. Cinzia Gamberini GIUDICE dott. Daniela Nunno GIUDICE ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. .../2022 promossa da: CAIA (C.F. ...), con il patrocinio dell'avv. ...elettivamente domiciliato in VIA ...40124 BOLOGNA presso il difensore avv. ... ATTORE contro MEIA (C.F. ...), con il patrocinio dell'avv. ...e dell'avv. ...(...) Indirizzo Telematico, elettivamente domiciliato in VIA ...BRESCIA presso il difensore avv. ... CONVENUTA CONCLUSIONI Per Caia - dichiarare tenuta e condannare Mevia al pagamento a favore della parte attrice della somma di Euro 32.106,41, o di quella diversa maggiore o minore che verrà ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione al saldo; - accertare e dichiarare che il testamento 23 agosto 1989 di Filana ha attribuito a Caia la nuda proprietà della quota immobiliare spettante alla testatrice sull'immobile in Bologna, Via..., così descritto: "quota di 6/9 su appartamento di quattro vani e accessori sito in Comune di Bologna, via (...) civ. (...), piano 1-T-S1, distinto al Catasto edilizio urbano di detto Comune al foglio (...), part. (...) sub 9 e 961, z.c. 2, classe 4, vani 4, superficie catastale mq 76 rendita Euro 371,85". - In subordine, accertare e dichiarare la violazione della quota di legittima spettante all'attrice, pari a 2/9 (1/3 di 2/3), dichiarando quindi che alla attrice spetta la piena proprietà di tale quota sull'appartamento, così come su ogni altro bene caduto in successione; - con condanna della convenuta al risarcimento dei danni, nella misura che sarà ritenuta di giustizia; con rifusione delle spese sostenute per la CTU..., pari ad Euro 5.114,20, e con vittoria di spese del giudizio. Per Mevia Voglia il Tribunale adito Nel merito in via principale: respingere e rigettare le domande tutte svolte da parte attrice nei confronti della sig.ra Mevia poiché infondate in fatto ed in diritto, oltre che prescritte. In via riconvenzionale Accertato e dichiarato che Mevia ha sostenuto per intero le spese derivanti dall'immobile sito in Bologna via (...) (...), ivi comprese quelle riferibili alla quota di proprietà della sorella Caia, condannare Caia, come rappresentata dal tutore Avv. ...al pagamento in favore della convenuta Mevia delle spese di spettanza della predetta Caia nella misura di Euro 3.204,40, o la somma maggiore o minore che risulterà in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione monetaria, autorizzando la compensazione. Accertato e dichiarato che Mevia ha sostenuto per intero le spese specialistiche riferibili sorella Caia relative al compenso del dott. ...e alle fatture depositate all'udienza del 19.12.2019, condannare Caia, come rappresentata dal tutore Avv...., al pagamento in favore della convenuta Mevia nella misura di Euro 1.820,00, o la somma maggiore o minore che risulterà in corso di causa oltre interessi e rivalutazione monetaria, autorizzando la compensazione. In subordine: Nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento, anche parziale, delle domande di cui all'atto di citazione, riquantificare le somme richieste da parte attrice, autorizzando la compensazione, In ulteriore subordine accertati e dichiarati gli importi a credito della sig.ra Mevia condannare Caia rappresentata dal tutore Avv. ...: - al pagamento in favore della convenuta Mevia della somma di Euro 4.686,82, o quella diversa maggiore o minore che risulterà in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione monetaria, nel caso in cui venga riconosciuta, in capo a parte attrice, la quota parte della nuda proprietà sull'immobile sito in Bologna Via (...) n.(...) - al pagamento in favore di Mevia della somma di Euro 9.613,19, o quella diversa maggiore o minore che risulterà in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione monetaria, nel caso in cui venga riconosciuta la quota parte di 3/9, o la maggiore o minore che risulterà in corso di causa, di proprietà sull'immobile sito in Bologna Via (...) n.(...), in capo a Caia In ogni caso: Con vittoria di spese e compensi legali, oltre al rimb. forf 15% ed accessori di legge. IN VIA ISTRUTTORIA Fermo l'integrale richiamo alle deduzioni, eccezioni e mezzi istruttori formulati in atti, dunque anche al contenuto delle memorie ex art. 183 comma 6 n.1 n.2 n.3 cpc, qui da aversi come integralmente riportate e trascritte, si insiste affinchè: "l'Ill.mo Sig. Giudice voglia disporre una CTU, nominando altro e diverso consulente, finalizzata a: - verificare quali delle spese indicate nei rendiconti degli anni 2014-2017 e nei giustificativi allegati necessitassero di autorizzazione ai sensi degli artt. 374 e 375 c.c.; - verificare quali delle spese indicate nei rendiconti e nei giustificativi allegati possano essere riferiti alla cura, alle aspirazioni ed alle esigenze, anche voluttuarie di Caia; - determinare e/o verificare l'ammontare delle spese correlate alla proprietà (condominiali, manutentive, fiscali, di gestione etc. per l'annualità dal 2002 al 2022) sita in Via (...) n.(...) (Bo) di proprietà delle sigg.re Mevia e Caia, come indicato nella relazione tecnica del Dott. S. CTP di parte convenuta posta alla base della domanda riconvenzionale della convenuta (doc. 9 costituzione Mevia) qui da aversi come integralmente scritta e riportata. Ordine di esibizione ex art. 210 cpc Dato atto che alla scrivente difesa non è stato consentito l'accesso al fascicolo della tutela Caia al fine di esercitare il proprio diritto alla difesa e verificare quali autorizzazioni siano state date dai GT negli anni in cui la Sig.ra Mevia è stata Tutore della sorella, siano esse esplicite e/o implicite, si chiede che l'Ill.mo Sig. Giudice adito voglia ordinare e/o disporre che la scrivente difesa possa ottenere l'accesso (ad oggi diniegato) e, in denegata e non creduta ipotesi di mancato accoglimento di quanto sopra, che voglia ordinare l'esibizione e la consegna dei seguenti documenti: - Copia rendiconto presentati dal nuovo tutore Avv. ...; - Copia dell'istanza di liquidazione compensi del CTU Rag. Monica ...; - Copia del provvedimento con il quale il GT ha liquidato l'equo indennizzo in capo al Tutore Avv. ...; - Copia del provvedimento con il quale il Tutore Avv. ... ha chiesto l'autorizzazione ad agire per il recupero delle somme oggetto del presente giudizio - Copia dell'istanza/provvedimento del 20.01.2023 e 29.03.2023 che risultano depositati nel fascicolo della tutela di Caia dalla consultazione pubblica dei registri generali degli atti giudiziari. Si chiede inoltre di essere ammessi a controprova con riserva di capitolare ed indicare testi di risulta non appena nota l'istruttoria avversaria. Prova per testi: Pur ritenendo la causa di natura documentale, nonostante l'avversario con contesti che l'appartamento è a disposizione di Caia, corredato dei suoi oggetti personali (e ciò a prescindere dal fatto che in un anno vi abbia pernottato una sola notte) si chiede l'ammissione dei seguenti capitoli di prova preceduti dalla rituale locuzione "vero che": 1. Lei, nel corso degli anni dal 2002 al 2023, ha frequentato la casa di Via (...) n.(...) (BO) su invito della sig.ra Mevia provvedendo personalmente a ricoverare negli armadi gli indumenti e gli effetti personali di Caia? 2. Lei ha potuto riscontrare personalmente la presenza di Caia nella casa sita in Bologna Via (...) n.(...), in occasione delle feste Natalizie di ogni anno dal 2002 al 2023, delle giornate dedicate alle votazioni amministrative e nazionali come da tessera elettorale che si sottopone al teste (doc. 47)? 3. Lei, in qualità di attivista volontaria dell'associazione "Diritti senza Barriere" di cui è Presidente la Sig.ra Mevia, ha potuto riscontrare come i convegni e gli eventi pubblici svolti dall'associazione "Diritti senza Barriere" vengono svolti presso sale e spazi del Comune di Bologna e/ altri enti e/o aziende appositamente "affittate", come da volantino che si sottopone al teste (doc. 48)? Si indica a teste la Dott.ssa (...) residente a Bologna su tutti i capitoli. Si chiede inoltre di essere ammessi a controprova con riserva di capitolare ed indicare testi di risulta non appena nota l'istruttoria avversaria" Richiamati anche tutti i documenti di causa prodotti dalla convenuta. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con citazione notificata nel luglio 2022, l'Avv. ..., nella qualità di tutore di Belotti Caia, conveniva in giudizio Mevia, sorella dell'interdetta, esponendo quanto segue: - con provvedimento del Giudice Tutelare del Tribunale di Bologna, datato 25.02.2021, l'odierna convenuta veniva revocata dall'incarico di tutore della sorella Caia e veniva contestualmente nominato tutore l'Avv.to Be.Ar.Ve.; il decreto veniva impugnato dalla convenuta davanti al Tribunale di Bologna, in composizione collegiale, e confermato con decreto del 07.05.2021; - dalla relazione contabile svolta dalla Rag. ..., nominata dal Giudice Tutelare, emergeva che Mevia, negli anni 2014-2017, aveva prelevato dal conto della tutelata, senza autorizzazione del Giudice, la somma di Euro 32.106,41, destinata a spese non autorizzate, non giustificate e, comunque, non riferibili alle esigenze di vita della tutelata; - in data 29.11.2002 la convenuta faceva pubblicare agli atti del notaio Merone un testamento della madre, S.D., deceduta in data 31.05.2002, testamento in virtù del quale Mevia presentava denuncia di successione, qualificandosi come unica erede testamentaria e trascrivendo la successione sulla quota di 6/9 dell'appartamento in Bologna, via B. 55, già spettante alla madre. Il tutore sosteneva che la convenuta avesse interpretato in modo errato le disposizioni testamentarie, in quanto la defunta aveva voluto lasciare all'interdetta la nuda proprietà della sua quota immobiliare e riservare l'usufrutto sulla medesima quota stessa a Mevia; in ogni caso, se interpretate secondo la tesi di parte convenuta, le disposizioni di ultima volontà avrebbero comportato la violazione della quota legittima spettante all'interdetta e la conseguente invalidità del testamento; evidenziava, inoltre, che il G.T. non fosse stato informato dall'allora tutrice di tale situazione, che configurava, a tutti gli effetti, una indubbia fattispecie di conflitto di interessi tra tutore e tutelata, come tale implicante una responsabilità della cessata tutrice. In diritto l'attore rilevava come nel caso specifico fosse da escludere qualsivoglia questione di prescrizione, dal momento che la stessa era sospesa tra tutore ed interdetto, ai sensi dell'art. 2941 n. 3 c.c. Parte attrice proponeva, quindi, le seguenti domande: - condannare Mevia alla restituzione di Euro 32.106,41 o della diversa somma ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione al saldo, indebitamente prelevati dalle sostanze della sorella interdetta; - accertare e dichiarare che il testamento 23 agosto 1989 di Si.Da. avesse attribuito a Caia la nuda proprietà della quota immobiliare di via B. e l'usufrutto alla convenuta; in subordine, accertare e dichiarare la violazione della quota legittima spettante all'attrice pari a 2/9 e la condanna della convenuta al risarcimento dei danni nella misura ritenuta di giustizia. Mevia, nel costituirsi, osservava di aver contestato, sin dal suo primo deposito, l'elaborato peritale contabile svolto dalla rag. ..., in quanto erroneo, contraddittorio ed incompleto; infatti, dalla relazione del proprio consulente tecnico emergeva come il CTU si fosse approcciato al caso applicando il rigore della redazione dei bilanci di società di capitali, non tenendo conto che il caso sottoposto al suo esame era totalmente diverso: a mente dell'art. 357 c.c., infatti, la prima funzione del tutore era quella della cura della persona, di cui la convenuta si era sempre fatta carico, assicurando alla tutelata le cure più adeguate e mantenendo un adeguato risparmio, sufficiente a fronteggiare eventuali emergenze. Inoltre, dalla comparazione dei rendiconti, emergeva che il periodo 2014-2017, oggetto di analisi peritale, risultava perfettamente in linea con i rendiconti delle annualità precedenti, che erano stati tutti approvati dal G.T.; soltanto la voce "assistenza" risultava priva di documentazione, perché gli assistenti occasionali non avevano mai rilasciato ricevute o fatture che provassero l'avvenuta prestazione, autorizzata verbalmente dal G.T., Dott.ssa Scaramuzzino, e, comunque, implicitamente per 10 anni da tutti i G.T. succedutisi, che avevano sempre approvato i rendiconti; che la documentazione di alcune spese era andata perduta a seguito dell'allagamento della cantina ove erano conservate, allagamento che aveva comportato spese straordinarie tra cui la sostituzione della caldaia. In merito alle spese per le quali era richiesta l'autorizzazione, la convenuta evidenziava che, contrariamente a quanto affermato dal CTU, tra le spese che il tutore, a differenza dell'amministratore di sostegno, non avrebbe potuto effettuare senza l'autorizzazione del Giudice tutelare non si annoveravano né le spese mediche, né quelle relative alla formazione, al benessere di Caia, alle sue uscite, al vestiario etc. La CTU, inoltre, non teneva conto: - delle spese di manutenzione, anche straordinarie, delle imposte, delle tasse, relative all'immobile di via B., di cui l'interdetta era comproprietaria nella misura di 1/9, spese di fatto sempre sostenute dalla convenuta; - della costituzione di un fondo risparmi per Caia del valore di Euro 15.433,81, alimentato in buona parte dal denaro personale della convenuta; - delle spese per la promozione di giudizi nei confronti delle Asl, giudizi che, oltre alle spese legali, ricomprendevano anche i costi per le consulenze mediche di parte, non calcolate dalla CTU, in quanto ritenute non autorizzate dal G.T.; - della spesa di Euro 1.200,00 per compenso del Dott. ..., sostenuta nel corso di un programma di lavoro annuale richiesto per la tutelata e condiviso con l'AUSL e del rinvenimento della documentazione di spesa per Euro 620,00 per consulenze specialistiche in favore di Caia; - della mancata richiesta di compensi da parte della tutrice per tutto il suo mandato. Sulla seconda domanda di cui all'atto di citazione, la convenuta rilevava che, nonostante Caia avesse già la piena proprietà di 1/9 dell'appartamento di via B., nessun contributo economico era mai stato richiesto dalla sorella, comproprietaria dei 6/9, la quale, al contrario, si era fatta completamente carico di tutte le spese, per un importo complessivo pari ad Euro 28.839,58, comprensivo di Euro 3.204,40 relativi alla quota della tutelata, come risultava dalla relazione del Dott. S.. Inoltre, nella denegata ipotesi in cui a Caia fosse riconosciuta la nuda proprietà di ulteriori 6/9 dell'immobile, la stessa avrebbe dovuto sostenere il corrispondente esborso per la sostituzione della caldaia, ammontante ad Euro 4.686,82; nell'ulteriore denegata ipotesi di accoglimento della domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie per lesione della quota di riserva spettante all'attrice, il suo contributo sarebbe stato pari ad Euro 9.613,19, oltre interessi e rivalutazioni. Mevia deduceva, inoltre, di aver sottoposto la scheda testamentaria olografa ad un notaio di fiducia, Dott.ssa F.F., la quale nel parere pro veritate datato 9.12.2021, affermava che, trattandosi di un testamento olografo, la volontà della sig.ra S.D. dovesse essere interpretata, e che traspariva la preoccupazione della mamma per la figlia Caia, ma che non potesse ravvisarsi alcuna costituzione di usufrutto; anche con riferimento all'asserita lesione dei diritti di legittima, segnalava che all'epoca della pubblicazione del testamento non era ancora stata dichiarata l'interdizione della sorella (sentenza del Tribunale di Bologna del 10.6.2003) con conseguente assunzione del ruolo di tutore (nomina e giuramento in data 10.2.2004) e che l'azione di riduzione si prescriveva in 10 anni dalla morte del soggetto della cui eredità si trattava (nel caso in esame 31.5.2002), con la conseguenza che la disponibilità richiesta dall'avv. Berti sarebbe rimessa alla sua volontà. Mevia, concludeva: in via principale, respingere e rigettare le domande di parte attrice poiché infondate oltre che prescritte; in via riconvenzionale, accertato e dichiarato che Mevia ha sostenuto per intero le spese dell'appartamento di via B., comprese quelle riferibili alla quota di Caia, condannare Caia al rimborso delle spese di spettanza della predetta nella misura di Euro 3.204,40, o nella somma ritenuta di giustizia; accertato che Mevia ha sostenuto le spese del Dott. ... e quelle di ulteriori specialisti, condannare Caia, al rimborso di Euro 1.820,00, o della diversa somma ritenuta di giustizia; in subordine, riquantificare le somme richieste e procedere ad eventuale compensazione; in ulteriore subordine, nell'ipotesi in cui all'interdetta fosse riconosciuta la nuda proprietà sulla quota di 6/9 dell'immobile, condannarla al pagamento di Euro 4.686,82, o della somma ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria; ovvero al pagamento di Euro 9.613,19, o della diversa somma ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria, nel caso in cui venisse riconosciuta la quota parte di 3/9 di proprietà sull'immobile. Depositate le memorie ex art.183 co. 6 c.p.c., la causa veniva istruita soltanto documentalmente e trattenuta in decisione all'udienza del 19.10.2023 sulle conclusioni in epigrafe riportate, previa concessione dei termini ex art.190 c.p.c. (...) 1. Domanda di rendiconto ed eventuali restituzioni. 1.1. Va in primo luogo sgombrato il campo dalla questione relativa all'utilizzabilità della consulenza tecnica espletata nell'ambito del procedimento di tutela di Caia davanti al Giudice Tutelare; trattasi, infatti, di una vera e propria indagine ex art.195 ss c.p.c. e non un mero controllo del rendiconto, che solitamente viene richiesto nei suddetti procedimenti di volontaria giurisdizione. Dalla lettura delle prime pagine della relazione emerge con chiarezza come sia stato sempre rispettato il contraddittorio tra le parti; risulta che alle operazioni peritali abbia personalmente partecipato sia l'Avv.to ...(attuale codifensore di parte convenuta, unitamente all'Avv.to...), sia il consulente di parte, Dott...., poi sostituito dal Dott...; a tal proposito, scrive il CTU a pag. 4: "la documentazione utilizzata dalla scrivente per l'espletamento dell'incarico conferito, corrisponde a quella contenuta nel fascicolo della procedura di tutela, oltre a quanto consegnato direttamente dal Tutore, Mevia, anche per il tramite del proprio consulente di parte". Ne consegue che le risultanze di tali indagini possono essere utilizzate nel presente giudizio, quantomeno quali elementi indiziari liberamente valutabili dal Giudice, e che possano considerarsi assorbite le istanze di esibizione ribadite da parte convenuta nelle conclusioni rassegnate, posto che la domanda concerne solo il periodo dal 2014 al 2017. 1.2 Vi è da dire, inoltre, che la documentazione depositata da entrambe le parti fornisce elementi sufficienti per decidere la domanda di restituzione avanzata da parte attrice sulla scorta della rendicontazione fornita dal precedente tutore nel periodo testè menzionato, mentre non è oggetto della lite la censura dei provvedimenti pronunciati nell'ambito del procedimento davanti al Giudice Tutelare sotto tutti gli aspetti richiamati dalla difesa di Mevia. 1.3 Passando quindi all'esame dell'attività svolta dalla tutrice nel periodo considerato, è utile richiamare il quesito posto dal G.T. alla Dott....: "Esaminati gli atti della procedura, esaminati in particolare i rendiconti relativi agli anni 2014/2017 nonché i giustificativi di spesa depositati dal tutore; acquisita tutta la documentazione contabile, che eventualmente riterrà ancora necessaria, con collaborazione del tutore che è tenuto a fornire ogni utile attività al consulente, anche in ottica costruttiva, fornendo allo stesso ogni informazione necessaria e illustrandogli le modalità della procedura: il CTU: 1- verifichi i rendiconti sopra indicati e dica se corrispondano al vero; 2- dica se la gestione patrimoniale corrisponde a regole del buon padre di famiglia, con particolare riferimento alle voci di spesa, tenendo anche in considerazione i chiarimenti resi dal tutore, 3- atteso il carattere non contenzioso, svolga ogni considerazione utile"; Il CTU prende le mosse dalla circostanza, riportata a pag. 5, che "il Tutore ha messo a disposizione della consulenza anche documentazione giustificativa in precedenza non depositata nel fascicolo della procedura, in adempimento all'ordine del Giudice Tutelare, e non ricompresa nei rendiconti depositati. Nel corso della seduta di avvio delle operazioni peritali, come detto tenutasi il 26.05.2020, il tutore, Signora Mevia, dichiarava al C.T.U. che: "......la Signora Caia è ricoverata in struttura dal 1989 e presso la struttura Casa ...dal 13.06.2013 (ma proveniente da altra struttura). La Signora Caia è rimasta fino all'anno 2015 presso la Casa ....ed è stata trasferita alla struttura A. e successivamente trasferita dal 04.12.2018 alla struttura Comunità ...in Bologna, Via ....ed in questa ancora si trova; dichiara inoltre che la tutelata non esce dalla struttura se non saltuariamente e nemmeno il fine settimana. La permanenza è infatti a tempo pieno. La Signora Mevia dichiara che la Signora Caia nel periodo oggetto d'esame (2014/2017) veniva a casa per le festività, ma in linea di massima a dormire restava solo raramente. La Signora Mevia dichiara che la pensione era stata liquidata già prima dell'agosto 2014 ma veniva riscossa allo sportello dal Tutore che poi dall'agosto 2014 provvide a dirottare l'accredito sul libretto postale attualmente in essere". La scrivente, atteso quanto sopra esposto, ha quindi provveduto ad esaminare i rendiconti presentati dal Tutore per gli anni dal 2014 al 2017, effettuando completa ricostruzione avuto riguardo alle movimentazioni intervenute sul libretto postale n. 000019245081 intestato alla Signora Caia e Mevia, ed alla documentazione cartacea depositata nel fascicolo della procedura e successivamente al C.T.U. dal Tutore, giungendo poi alla riformulazione di ogni rendiconto annuale della tutela." Sempre nell'ambito delle premesse metodologiche, la Dott. ... prosegue affermando: "Per quanto attiene ai buoni postali fruttiferi - Poste Italiane S.p.a. - è stato elaborato un unico prospetto riepilogativo allegato alla presente con il n. 1, che espone, oltre alla consistenza, anche le esatte intestazioni dei titoli. Il C.T.U. espone che, come già rilevato nel corso della seduta di inizio operazioni peritali, il libretto postale risulta cointestato a Mevia e Caia; tale impostazione non pare corretta poiché il libretto, sul quale confluiscono somme di esclusiva pertinenza della Tutelata, dovrebbe risultare intestato solo alla stessa. Tale anomalia si rileva anche in relazione ai buoni postali che in parte risultano cointestati alle due sorelle Caia e Mevia. Si evidenzia che già all'udienza del 17.05.2018: - il Tutore dichiarava che i Buoni Postali di Euro 20.000,00 erano di proprietà della tutelata Signora Caia anche se cointestati; - il G.T. Dott. Cinosuro aveva invitato il Tutore ad astenersi dall'assumere iniziative private e a depositare prova dei buoni postali fruttiferi con saldo al 31.12.2017 nonché a depositare la documentazione relativa alle spese indicate nei rendiconti 2015-2016 e 2017; Allo stato risultano buoni postali per un totale di Euro 23.500,00: - intestati a Caia per Euro 12.500,00 - intestati a Caia e Mevia Euro 11.000,00 Si precisa inoltre che, sempre nel corso della seduta di inizio operazioni peritali, la scrivente così verbalizzava: "Il CTU espone diffusamente il lavoro già svolto di riordino e ricostruzione della documentazione di spesa acquisita dal fascicolo della tutela e successivamente consegnata dal Tutore allo studio. Allo stato dei controlli il CTU evidenzia che in massima parte la documentazione di spesa risulta priva di riferimenti alla signora Caia, trattandosi di giustificativi del tutto anonimi, dai quali in parte non è possibile neppure desumere a quale tipologia di spesa facciano riferimento. Il CTU evidenzia inoltre che dalle prime rielaborazioni è emerso che il totale delle spese oggi asseritamente documentate dal Tutore sono totalmente difformi dal totale delle spese/uscite indicate nei rendiconti depositati dal Tutore per gli anni 2014-2015-2016 e 2017. Al fine di rendere nota la modalità di lavoro seguita dal CTU, la Rag. Mo. ... espone di aver già provveduto ad elaborare i prospetti provvisori per tutti gli anni oggetto di verifica e di cui al quesito dai quali è possibile rilevare la distinzione dei costi per tipologia (ove possibile l'identificazione) ed eventuale specifica riferibilità". Per quanto riguarda le uscite per spese legali e di consulenza, si evidenzia che non è stata acquisita l'autorizzazione del G.T. al pagamento di competenze per consulenze mediche. Inoltre, l'autorizzazione a proporre "il ricorso al G.O. stante l'urgenza a provvedere, oppure anticipare l'udienza visto che l'urgenza continua a permanere e visto anche il disinteresse dell'AUSL ad adempiere compiutamente al proprio dovere istituzionale di cura e riabilitazione come sancito dalla L. 833/78" (si riporta testualmente la richiesta così come formulata al Giudice Tutelare dal Tutore), venne concessa in data 28.01/09.02.2016 e, conseguentemente, solo da quella data potranno essere considerate eventuali spese legali documentate dal Tutore. Si segnala che l'incidenza delle spese legali è emersa in modo davvero rilevante considerato che, come potrà desumersi dalle elaborazioni realizzate dal C.T.U.: - nell'anno 2015 sono state prodotte fatture per complessivi Euro 2.150,00 (periodo anteriore al provvedimento autorizzativo del G.T.) - nell'anno 2016 sono state prodotte fatture per complessivi Euro 5.027,00 (periodo successivo al provvedimento autorizzativo del G.T.) - nell'anno 2017 sono state prodotte fatture per complessivi Euro 5.032,00 (periodo successivo al provvedimento autorizzativo del G.T.) - totale spese legali documentate Euro 12.209,00 Per ogni conseguente valutazione, occorre aggiungere a questo importo le spese legali - rimborsi spese trasferimenti, vitto e alloggio pagate dal Tutore ma prive di documentazione probante rilasciata dal professionista percettore, nonché le spese, pure prive di giustificativi, corrisposte a consulenti medici vari. Precisamente si tratta di: - anno 2014 Euro 1.205,90 - anno 2015 Euro 455,00 - anno 2016 Euro 1.461,90 - anno 2017 Euro 80,00 - totale spese legali - rimborsi spese trasferimenti, vitto e alloggio Euro 3.202,80 Si giunge così ad un complessivo spese legali, consulenze e rimborsi vari di Euro 15.411,80, asseritamente sostenute nel solo quadriennio oggetto d'esame." 1.3 La Rag. ... procede quindi all'esame del rendiconto per ogni singola annata, evidenziando il saldo iniziale ed il saldo finale di ciascun periodo, fornendo due risposte ai quesiti: una che considera solo le spese documentate e l'altra che aggiunge a tali spese quelle forfettarie di Euro 250,00 mensili, per un totale di Euro 3.000,00 annui, in quanto ritiene tali spese non facilmente documentabili. Ogni singola annata è stata esaminata partendo dagli estratti conto dei prelievi sui libretti postali, la cui giacenza iniziale, a detta della stessa convenuta, tutore della sorella Caia fino al febbraio 2021, era di proprietà della intestataria, anche se uno di essi era cointestato tra le germane. Dopo aver riscontrato le osservazioni del primo consulente di parte convenuta, Dott...., il CTU risponde ai quesiti nei seguenti termini: "1- Prima parte del quesito: Verifichi i rendiconti presentati e relativi agli anni dal 2013 al 2016, e dica se corrispondono al vero. I rendiconti presentati dal tutore per gli anni 2014 - 2015 - 2016 e 2017 non corrispondono al vero. 2- Seconda parte del quesito: Dica se la gestione patrimoniale corrisponde a regole del buon padre di famiglia, con particolare riferimento alle voci di spesa, tenendo anche in considerazione i chiarimenti resi dal tutore La gestione patrimoniale condotta dal tutore per l'intero perimetro temporale oggetto d'esame non corrisponde alle regole del buon padre di famiglia. Il patrimonio complessivo della Tutelata ha subito una diminuzione conseguente alla gestione condotta dal Tutore che ha visto importi prelevati dal libretto postale della Signora Caia ed utilizzati in assenza di giustificazione correlata alle esigenze di vita e di mantenimento della Tutelata. Nell'arco temporale oggetto dell'esame demandato al C.T.U., la consistenza del patrimonio della Signora Mevia ha presentato la seguente involuzione: - RIEPILOGO DIMINUZIONE PATRIMONIO DI Caia DAL 2014 AL 2017 1a SOLUZIONE - ANNO 2014 Euro 11.932,90 - ANNO 2015 Euro 8.885,42 - ANNO 2016 Euro 6.073,03 - ANNO 2017 Euro 4.885,67 - TOTALE DIMINUZIONE PATRIMONIO 1° SOLUZIONE Euro 31.777,02 2a SOLUZIONE - ANNO 2014 Euro 14.932,90 - ANNO 2015 Euro 11.885,42 - ANNO 2016 Euro 9.073,03 - ANNO 2017 Euro 7.885,67 - TOTALE DIMINUZIONE PATRIMONIO 2° SOLUZIONE Euro 43.777,02 RIEPILOGO ECCEDENZA PRELEVAMENTI NELL'IPOTESI IN CUI SI RITENESSERO RIFERIBILI ALLA TUTELATA TUTTE LE SPESE CHE IL TUTORE SIGNORA Mevia ASSERISCE DI AVER SOSTENUTO (SI VEDANO I PROSPETTI ALLEGATI N. 3/2014 - N. 3/2015 - N. 3/2016 e N. 3/2017) N.B. - IN QUESTO RIEPILOGO NON E' CONSIDERATO L'IMPORTO ANNUO DI Euro 3.000,00 IPOTIZZATO DAL C.T.U. NELLA RICOSTRUZIONE DELLE SPESE DA RICONOSCERE (SI VEDANO I PROSPETTI ALLEGATI N. 6/2014 - N. 6/2015 - N. 6/2016 e N. 6/2017) - ANNO 2014 (Euro 6.900,00 + Euro 8.330,00 - Euro 3.387,82) Euro 11.842,18 - ANNO 2015 (Euro 16.050,00 - Euro 8.128,98) Euro 7.921,02 - ANNO 2016 (Euro 15.700,00 - Euro 11.117,22) Euro 4.582,78 - ANNO 2017 (Euro 14.300,00 - Euro 8.339,57) Euro 5.960,43 - TOTALE ECCEDENZA PRELEVAMENTI EFFETTUATI DAL TUTORE Euro 30.306,41". Risulta altresì una ulteriore relazione da parte del CTU (doc. 24 attoreo), che riesamina specificatamente tutte le censure mosse dal secondo consulente tecnico nominato dalla convenuta (dott. ...) e che ne evidenza la totale inconferenza, attesa la natura non tecnica delle osservazioni svolte e l'assoluta mancanza di riscontri documentali. 1.4 La metodologia usata dalla CTU non può dirsi improntata a criteri rigidi e di natura fiscale, considerato che sono state riconosciute spese con una certa larghezza, nonostante gli esiti delle indagini che hanno indotto il G.T. a revocare la funzione di tutore attribuita alla convenuta per via della gestione totalmente avulsa dalle esigenze più strettamente personali e necessarie della sorella. Peraltro, è incontestato che tra tali voci non rientri il pagamento della quota delle strutture di degenza posta a carico della tutelata, ritenute illegittime dalla tutrice e quindi mai versate, neppure per la sola quota minima posta a carico della beneficiaria dell'assistenza ed ospite delle varie strutture. Si evince, comunque, con chiarezza la completa disinvoltura con cui ha agito Mevia nell'utilizzo dei fondi presenti sui libretti postali, alimentati unicamente dalla pensione d'invalidità della tutelata, buoni che la tutrice ha consegnato al nuovo tutore come beni della sorella senza formulare alcuna riserva (doc. n12 attoreo o n.13 di parte convenuta), come dichiarato alla Rag. .... Per quanto possa ritenersi condotta in buona fede la campagna a favore dei soggetti fragili intrapresa dalla convenuta, è evidente che le relative operazioni non potevano sfuggire all'autorizzazione dell'organo giudiziario preposto, non potendo l'iniziale autorizzazione coprire tutti i costi suddetti, in difetto delle quali esse risultano indebiti, a nulla rilevando che fossero in linea con le spese di assistenza esposte nei precedenti rendiconti. A tal riguardo si condividono appieno le considerazioni contenute nel provvedimento di revoca del G.T., laddove è scritto che "è stato riscontrato per gli anni oggetto di indagine che la quasi totalità della documentazione è priva di riferibilità alle esigenze di vita della Signora Caia, e che si sono fatte gravare sul suo patrimonio voci di spesa non direttamente riferibili a lei (quali i rimborsi spese, peraltro non documentati, di relatori a convegni aventi ad oggetto la tematica della disabilità) e sono "ritenuti non giustificati i prelievi per spese legali per l'anno 2015 e di consulenza versate in assenza di previo provvedimento autorizzativo del GT e che sono stati indicati per i legali e consulenti rimborsi spese vitto e alloggio pagate dal tutore in assenza di documentazione probatoria rilasciata dal professionista percettore", in quanto "quand'anche si considerassero riferibili alla tutelata costi provati da scontrini dai quali non si evince la immediata riferibilità ad esigenze personali della tutelata, risulta prelevata in esubero la somma di euro 32.106,41" nonché laddove ritiene "che la gestione patrimoniale condotta dal tutore per gli anni in oggetto non corrisponde alle regole del buon padre di famiglia in quanto, il patrimonio complessivo della Tutelata ha subito una diminuzione conseguente alla gestione condotta dal Tutore che ha visto importi prelevati dal libretto postale della Signora Caia ed utilizzati in assenza di giustificazione correlata alle esigenze di vita e di mantenimento della Tutelata, priva peraltro di conto corrente autonomo e cointestataria di buoni postali". Va infatti evidenziato che le spese di formazione della tutrice non potrebbero mai rientrare tra quelle che non necessitano di autorizzazione del G.T. ai sensi degli artt. 374 e 375 c.c. e che i costi sostenuti per la proposizione di azioni respinte per varie ragioni sono risultati del tutto sproporzionati, impiegando sempre una nutrita corte di professionisti legali e sanitari. La convenuta va quindi condannata alla restituzione a favore del tutore della sorella Caia dell'importo di Euro 30.306,41, oltre interessi legali dalla domanda (nella specie dal 1° aprile 2022 come da verbale di mediazione, in forza del disposto dell'art.5 comma 6 D.Ls 28/2010) al saldo ai sensi dell'art.1284 comma 4 c.c. 2. Interpretazione del testamento materno ed eventuale azione di riduzione. Si riporta testualmente il contenuto della scheda testamentaria di Filana, madre di entrambe le parti del presente giudizio, deceduta in Bologna il 31.5.2002: 23 Agosto 1989 La Caia è ricoverata al'ospedale Rizzoli. La Mevia Va' sempre Dalla Caia al Rizzoli Il Babbo è sempre malato. Quanto io moririo' ho' il pensiero per Caia chi penserà a lei. Voglio che alla mia morte la mia casa Rimanga alla Mevia che si ocupuca della Caia e poi che la casa Rimanga alla Caia. questo è il mio Testamento. La mma Filana Secondo parte attrice, l'unica interpretazione della disposizione che consente di dare un senso effettivo alla volontà della testatrice è costituita dalla volontà di lasciare l'usufrutto dell'appartamento alla figlia Mevia, perché ne godesse in vita, passando poi nella sua pienezza alla figlia Caia al decesso della sorella più anziana, che la testatrice immaginava dovesse accadere precedentemente; in tal modo le volontà devono essere intese nel senso che a Mevia spettasse l'usufrutto vitalizio e a Caia la nuda proprietà. A sua volta la convenuta sostiene che Caia abbia già la proprietà di 1/9 (evidentemente per successione paterna) e che il resto sia passato in piena proprietà alla medesima, non ravvisandosi alcuna volontà di costituire un usufrutto; richiama all'uopo il parere espresso dal Notaio..., laddove scrive che lo schema può ricordare l'ipotesi disciplinata dall'art.692 c.c., in quanto trasparirebbe la volontà materna di fare in modo che la figlia Caia possa avere di che vivere una volta deceduta la sorella maggiore Mevia. Ad avviso del Tribunale deve essere privilegiata l'interpretazione che consenta una conservazione delle volontà testamentarie, anziché la loro caducazione, e che non si tratti di ipotesi di fedecommesso successorio, vietato dall'art.692 ultimo comma c.c., ma neppure di quello ammesso dal primo comma. Si osserva, infatti, che, al momento dell'apertura della successione materna, Caia non era interdetta, posto che il provvedimento di dichiarazione di interdizione con conseguente apertura della tutela verrà pronunciato solo nel 2003 e senza efficacia retroattiva; è incontestato che il testamento sia stato pubblicato in data 29.11.2002, il giorno dopo la presentazione del ricorso per interdizione da parte della convenuta nei confronti della sorella. Infatti, non ricorre la fattispecie di fedecommesso consentita dal legislatore all'art.692 comma primo c.c., che stabilisce "Ciascuno dei genitori o degli altri ascendenti in linea retta o il coniuge dell'interdetto possono istituire rispettivamente il figlio, il discendente, o il coniuge con l'obbligo di conservare e restituire alla sua morte i beni anche costituenti la legittima, a favore della persona o degli enti che, sotto la vigilanza del tutore, hanno avuto cura dell'interdetto medesimo", in quanto il soggetto istituito erede non è mai stato interdetto, essendo tale il soggetto sostituito. Per ricostruire le volontà testamentarie espresse nella scheda riportata, il Collegio richiama le argomentazioni illustrate nella sentenza n.2172/2011 della Suprema Corte di Cassazione, che riguardava un caso assai simile, in cui la defunta lasciava al marito gli stessi beni immobili (due appartamenti) che nelle righe successive lasciava ai nipoti, con l'ulteriore obbligo di venderli e di ripartirsi il ricavato. Scrive la Corte: "la testatrice aveva inteso procedere ad un'attribuzione disgiunta (ancorchè simultanea) dei diritti spettanti sugli immobili di v..., e di v. ...e del denaro e dei titoli custoditi presso la Banca commerciale, oltre ad assegnare immediatamente il contenuto della sua cassaforte ai nipoti che avrebbero dovuto venderlo, soddisfacendosi sul ricavato, salvo che qualcuno di essi non lo avesse voluto acquistare, con l'effetto di dover cedere la quota spettante agli altri. In particolare nel testamento in questione si legge testualmente: "12 aprile 1984. Mio testamento. Appartamento via (OMISSIS) e il denaro e i titoli alla Banca Commerciale Italiana lascio a mio marito D.C.G.. Lascio i seguenti legati: B.A. L. 3.500.000. Dopo la morte di mio marito il denaro e i titoli alla Banca Commerciale vanno distribuiti ai seguenti nipoti..." (segue, a questo punto, l'indicazione di tre nominativi con l'attribuzione di un pari importo di L. 30.000.000 con la sottoscrizione della testatrice); poi il tenore della scheda prosegue: "i due appartamenti via (OMISSIS) devono essere venduti e il ricavato diviso fra tutti i nipoti: (dopo la morte di mio marito)"; segue, quindi, l'indicazione dei nominativi di 14 persone con altra firma della testatrice. Infine risulta aggiunta la seguente disposizione: "P.S. Nel bagno mio in alto c'è una cassaforte, dentro ci sono i gioielli e la collezione di francobolli, anche questa deve essere venduta e suddiviso il ricavato fra tutti i nipoti sopra indicati o se qualcuno la vuole acquistare, deve liquidare tutti gli altri. La Corte fiorentina ha, in particolare, correttamente e logicamente evidenziato che, sulla scorta del tenore delle richiamate disposizioni testamentarie, la testatrice non poteva aver avuto l'intenzione di voler istituire erede il marito (non utilizzando, peraltro, una specifica locuzione al riguardo), poichè l'espressione "lascio a mio marito" non poteva essere valutata disgiuntamente da quella immediatamente successiva, in base alla quale il denaro e i titoli avrebbero dovuto, dopo la morte dello stesso coniuge, essere distribuiti tra i nipoti, così come avrebbero dovuto essere alienati, sempre dopo la verificazione dell'evento della morte del sig. D.C.G., i due appartamenti, il cui ricavato era destinato ad essere suddiviso tra tutti i nipoti. E', pertanto, rispondente al contenuto trasparente dalla riportata scheda testamentaria l'interpretazione operata dal giudice di appello dell'intenzione della testatrice di voler assegnare al marito un mero diritto di godimento in vita dei menzionati beni (e, quindi, a titolo di usufrutto) senza, tuttavia, comprometterne il trapasso ai nipoti, da intendersi istituiti quali nudi proprietari dei medesimi beni, i quali ne avrebbero, perciò, acquistato la piena proprietà all'atto del decesso del coniuge. Del resto il risultato di tale analisi ermeneutica è rafforzato anche dall'univoca disposizione finale emergente dalla scheda testamentaria dalla quale si evince che i nipoti succedevano immediatamente nel patrimonio costituito dai beni contenuti nella cassaforte, con attribuzione "pro quota" della loro piena proprietà (come, peraltro, statuito anche dal giudice di prime cure). In altri termini, non sarebbe stata conforme ai criteri interpretativi precedentemente indicati (con adeguata valorizzazione, anche in ambito successorio, di quello previsto dall'art. 1367 c.c.), una valutazione scomposta o parcellizzata delle disposizioni testamentarie, che avesse, dunque, evitato di esaminare il contenuto della scheda nella sua complessità ed organicità, ricavandone un risultato effettivamente incoerente con la volontà della testatrice. Una globale valutazione razionale della scheda, quindi, non avrebbe potuto condurre che a far ritenere desumibile una volontà di far succedere immediatamente i nipoti (quali eredi) nel patrimonio costituito dai beni custoditi nella cassaforte (senza, cioè, differimenti temporali di sorta) e a istituirli come nudi proprietari per gli altri beni mobili ed immobili, attribuendone il godimento a favore del marito a titolo di legatario in sostituzione della legittima ove il legato era costituito dal diritto di usufrutto per la residua durata della sua vita (si evidenzia, in proposito, e come sia sintomatica di tale volontà anche l'utilizzazione della stessa terminologia da parte della testatrice allorquando, con riferimento agli immobili, scrive che essi avrebbero dovuto essere venduti dopo la morte del marito, con la distribuzione del ricavato fra tutti i nipoti, e, con riguardo ai beni contenuti nella cassaforte, afferma che "anche" quelli avrebbero dovuto essere venduti con suddivisione del ricavato tra i nipoti medesimi, per cui, a parte il differimento temporale, si prospetta evincibile l'intenzione di istituire eredi i nipoti, facendoli succedere immediatamente nella piena proprietà dei secondi e differendo l'acquisto, da parte dei medesimi, dello stesso diritto sui primi al verificarsi della morte del coniuge, in dipendenza della "vis espansiva" della proprietà). In entrambe le disposizioni, come si è detto, si assiste ad un godimento successivo degli stessi beni; vero è pure, tuttavia, che tale godimento, per integrare un fedecommesso vietato, deve costituire l'effetto di una disposizione testamentaria avente ad oggetto la titolarità del medesimo diritto a favore del sostituito successivamente alla morte dell'istituito, e non la conseguenza della riespansione, a seguito dell'estinzione dell'usufrutto, di una nuda proprietà immediatamente attribuita alla morte del de cuius. La somiglianza dei termini usati dalla testatrice che "lasciava" al marito gli appartamenti, il denaro ed i titoli depositati in banca, disponeva la distribuzione del denaro e dei titoli a favore di tre nipoti dopo la morte del marito, disponeva la vendita di due appartamenti con la distribuzione del ricavato a favore di tutti i nipoti dopo la morte del marito, così come il verbo "rimanga" ripetuto dalla madre delle parti in causa permette di applicare anche alla presente controversia i medesimi principi, espressi nella seguente massima: Nell'interpretazione di una disposizione testamentaria, con riguardo alla previsione dell'attribuzione simultanea (ancorché separata), a distinti soggetti, della nuda proprietà e dell'usufrutto dei beni ereditari oppure di una sostituzione fedecommissaria, è decisivo il criterio secondo cui la sostituzione fedecommissaria non è ravvisabile quando, indipendentemente dalla terminologia usata, dalla struttura della disposizione emerga l'attribuzione ai chiamati in via successiva di due diritti diversi, rispettivamente di godimento - eventualmente anche dell'intero compendio dei beni ereditari - al primo e di nuda proprietà dei beni relitti al secondo, giacché in tale ipotesi erede è soltanto il nudo proprietario, il quale può esercitare i relativi poteri fin dal momento dell'apertura della successione. Al contrario è ipotizzabile una istituzione con sostituzione fedecommissaria qualora il testatore, pur adoperando la terminologia corrispondente ad un'attribuzione separata di usufrutto e di nuda proprietà, abbia attribuito all'onorato dell'usufrutto diritti ed obblighi incompatibili con la qualità di usufruttuario e spettanti invece all'erede oppure abbia condizionato l'acquisto della qualità di erede del secondo alla sopravvivenza al primo. Calando i principi al caso di specie, si osserva che la testatrice era certa che Caia non avesse eredi e quindi aveva senso lasciare l'usufrutto dell'immobile alla figlia Mevia, sia perché era più anziana, sia per consentirle di avere una risorsa in più per aiutare la sorella Caia; pur senza conoscere esattamente gli effetti giuridici delle disposizioni, la finalità della madre era quella di consentire a Mevia di poterne beneficiare finché era in vita, mentre risulta irrilevante che poi l'usufruttuaria non avesse utilizzato i frutti del bene per la sorella, in quanto reputatasi erede. Riconoscere una diversa volontà non avrebbe avuto senso, perché mentre Caia difficilmente avrebbe potuto avere eredi legittimari in ragione della sua condizione di disabilità, Mevia avrebbe potuto individuare eredi anche solo testamentari e ciò avrebbe frustrato le esigenze e le volontà materne, che volevano che la casa fosse vincolata alle necessità della figlia più fragile. Va quindi accertato che il testamento materno ha disposto la costituzione di usufrutto vitalizio a favore di Mevia e la nuda proprietà a favore di Caia. 3. Accertata la qualità di usufruttaria in capo alla convenuta, occorre a questo punto esaminare la domanda riconvenzionale avanzata dalla medesima per il rimborso delle spese sostenute con riferimento all'immobile di Bologna, via..., in quanto la sorella era già comproprietaria della quota di 1/9. Si tratta di spese per la sostituzione della caldaia e ripristino del sistema fognario nella cantina a seguito di rottura della tubatura, spese che sono quantificate in Euro 3.204,40 o nella somma maggiore o minore che risulterà in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione. Orbene, non può dubitarsi che la convenuta abbia fatto uso esclusivo di tale bene sin dal 1989, ossia da quando la sorella Caia vive in Comunità, e che esso sia adibito a sede dell'associazione fondata e gestita dalla convenuta medesima; ne consegue che ella debba farsi carico anche delle relative spese, sia per l'utilizzo (utenze, oneri condominiali, etc.), sia per la manutenzione ordinaria ed eventualmente anche quelle per le riparazioni straordinarie rese necessarie dall'inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione, ai sensi dell'art.1004 primo e secondo comma c.c.. Precisa poi l'art.1005 c.c. quali debbano intendersi per riparazioni straordinarie, alla cui effettuazione il proprietario non è obbligato, essendo dalla norma soltanto facoltizzato: a tal fine non rileva la maggiore o minore attualità del danno da riparare, bensì il carattere ordinario o straordinario dell'opera, nel senso che l'usufruttuario ha l'onere di provvedere alla conservazione della cosa, mentre sono riservate al proprietario le opere che incidono sulla struttura, la sostanza e la destinazione della stessa (in tal senso Cass. n.22703/2015); l'elenco non è tassativo, ma la riparazione deve riguardare la sostituzione o il ripristino di parti essenziali della cosa. E' altresì opinione dottrinale che il nudo proprietario che non le esegua non può essere soggetto ad esecuzione coattiva, potendo l'usufruttuario procedere direttamente all'effettuazione degli interventi di riparazione, salvo pretenderne il rimborso soltanto al termine dell'usufrutto. Premesso quanto sopra, si deve osservare come la convenuta, in primo luogo, non abbia documentato alcunché di quanto preteso a titolo di rimborso, nonostante le esplicite contestazioni mosse dal tutore nella prima memoria ex art.183 c.p.c., avendo prodotto nella seconda memoria ex art.183 c.p.c. i bilanci del condominio senza estrapolare eventuali spese straordinarie, come pure copia delle utenze gas ed energia elettrica, il cui rimborso non è dovuto, e, in secondo luogo, come la stessa sia comunque comproprietaria per la quota di 1/9 al pari della sorella. Le spese tutte esposte dalla convenuta e documentate rientrano tra quelle di cui è onerato il titolare del diritto di godimento. Ne consegue il rigetto della domanda riconvenzionale svolta dalla convenuta. 4. La soccombenza di parte convenuta rispetto alle domande di parte attrice e rispetto a quella dalla stessa proposta ne impone la condanna al pagamento delle spese di lite, ai sensi dell'art.91 c.p.c. Esse sono liquidate in dispositivo secondo i parametri medi previste dal D.M. 147/2022 per le cause di valore indeterminabile a complessità media (52.000-260.000) per tutte le fasi del giudizio; è altresì dovuto il rimborso delle anticipazioni sostenute pari ad Euro 556,70 (11,70 notifica, 518 iscrizione a ruolo, 27 marca). P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: dichiara tenuta e condanna Mevia alla restituzione a favore della sorella Caia dell'importo di Euro 30.306,41, oltre interessi legali dalla domanda al saldo effettivo, ai sensi dell'art.1284 comma 4 c.c.; dichiara che il testamento materno ha disposto la costituzione di usufrutto vitalizio a favore di Mevia e la nuda proprietà a favore di Caia; rigetta la domanda riconvenzionale proposta da Mevia; condanna la convenuta a rimborsare alla parte attrice le spese di lite, che si liquidano in Euro 556,70 per spese, Euro 10.000,00 per compenso, oltre i.v.a., c.p.a. e spese generali come per legge. Così deciso nella camera di consiglio del Tribunale di Bologna il 5 marzo 2024 e depositato il 7 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI BOLOGNA TERZA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Giuseppina Benenati ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 122/2023 promossa da: (...) C.F. (...), con il patrocinio dell'avv. (...) elettivamente domiciliato in (...) il difensore avvocato (...) (...) C.F. (...), con il patrocinio dell'avv. (...) elettivamente domiciliato in (...) il difensore avvocato (...) (...) C.F. (...), con il patrocinio dell'avv. (...) elettivamente domiciliato in (...) presso il difensore avvocato (...) (...) C.F. (...), con il patrocinio dell'avv. (...) elettivamente domiciliato in (...) il difensore avvocato (...) contro ATTORI (...) (P.IVA (...)), con il patrocinio dell'avv. (...) elettivamente domiciliato in (...) il difensore avvocato (...), con il patrocinio dell'avv. (...) e dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in (...) il difensore avv. (...) CONVENUTO CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da verbale d'udienza. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE La motivazione che segue è redatta ai sensi dell'art. 16-bis, comma 9-octies (aggiunto dall'art. 19, comma 1, lett. a, n. 2- ter del D.L. (...), n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. (...), n. 132 del D.L. (...), n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge (...) (...), n. 221), secondo cui gli atti di parte e i provvedimenti del giudice depositati con modalità telematiche sono redatti in maniera sintetica; per consolidata giurisprudenza, inoltre, il giudice, nel motivare "concisamente" la sentenza secondo i dettami di cui all'art. 118 disp. att. c.p.c., non è tenuto ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le questioni sollevate dalle parti, ben potendosi limitare alla trattazione delle sole questioni - o di fatto o di diritto - "rilevanti ai fini della decisione" in base al principio della "ragione più liquida". OSSERVA Gli attori (...) (...), (...) e (...) rappresentavano di essere condomini del (...). Asserivano che in data (...) si teneva l'Assemblea del predetto (...) per discutere al punto 1 dell'o.d.g. "Disamina del bilancio consuntivo gestione straordinaria e relativa ripartizione delle spese; delibere in merito all'argomento". Presente l'attore (...) ha espresso voto contrario mentre gli altri attori (...) e (...) non hanno partecipato e l'attore (...) ha abbandonato l'assemblea prima della votazione. L'assemblea approvava il punto con il voto contrario del Sig. (...) il quale lamentava violazione dell'art. 1130-bis c.c. in quanto l'amministratore del (...) con riferimento al consuntivo della gestione straordinaria approvato non ha prodotto in tale assemblea e non ha redatto: a) Il registro di contabilità indicante tutte le entrate e le uscite per cassa; b) Il riepilogo finanziario indicante attività e passività e la presenza/gestione di fondi/riserve; c) La nota sintetica esplicativa della gestione che descriva l'intera gestione. La delibera sarebbe quindi viziata per aver portato ad approvazione il bilancio nonostante la mancanza dei requisiti ai sensi dell'art. 1130 bis c.c. Essa sarebbe nulla per violazione di legge in quanto il bilancio risulterebbe non conforme alle previsioni normative per le quali esso deve essere composto da: registro di contabilità, riepilogo finanziario e nota esplicativa sintetica. Dalla convocazione non si desume il contenuto del bilancio né la ripartizione delle spese in quanto non allegato; Asserivano che la delibera è, inoltre, illegittima per violazione del criterio di ripartizione ex art. 1123 primo comma c.c. in quanto dalla spesa per i lavori straordinari sono stati illegittimamente detratti ai condòmini (...) il totale dei mq. di facciate da loro precedentemente ripristinate secondo i costi indicati su preventivo approvato della (...). Rappresentavano poi di aver ottemperato, ai fini della procedibilità, a presentare istanza di mediazione il (...) conclusasi con verbale negativo, solo il (...) , assente il condominio, con conseguente richiesta di condanna ex art. 96 comma 3 c.p.c.. Inoltre, in data (...) l'assemblea non era validamente costituita per mancato raggiungimento del quorum deliberativo. Pertanto chiedeva la sospensione della delibera impugnata così concludendo: "In via preliminare dichiarare inammissibile e comunque respingere l'eccezione del condominio convenuto di improcedibilità della domanda giudiziale degli attori per inutile decorso del termine di cui all'art. 1137 comma 2 c.c. Nel merito, dichiarare illegittima, nulla o comunque annullare la delibera dell'assemblea del (...) - (...) del (...) al punto 1) dell'Odg "Disamina del bilancio consuntivo gestione straordinaria e relativa ripartizione delle spese; delibere in merito all'argomento' con la quale è stato approvato il bilancio consuntivo gestione straordinaria e ripartizione delle spese, conteggiando a (...) - (...) - (...) la quota parte dei costi relativi alle facciate e detraendo dalla quota millesimale dei tre condomini il tot dei mq di facciate da loro precedentemente ripristinate secondo i costi indicati su preventivo approvato della (...)". Si costituiva in data (...) il convenuto (...) eccependo preliminarmente l'inammissibilità della domanda per tardività in quanto proposta oltre il termine perentorio di 30 giorni previsto dal secondo comma dell'art. 1137 c.c. essendo la delibera stata assunta in data (...) nonché la mancata comunicazione della domanda di mediazione e degli allegati nella domanda inviata dalla (...). Eccepiva inoltre la totale infondatezza dei motivi di opposizione. Concludeva quindi per il rigetto della domanda attorea in quanto del tutto infondata in fatto ed in diritto, con condanna di parte attrice al pagamento delle spese e competenze del presente giudizio. Incardinato il procedimento, erano concessi i termini di cui all'art. 183,6 co., c.p.c.. Con successiva ordinanza, ritenuta non ammissibile né rilevante la prova per testi articolata dal condominio convenuto il giudizio era rinviato per la discussione ex art. 281 sexies cpc. Preliminarmente deve essere respinta l'eccezione di decadenza dall'azione per decorrenza dei termini di cui all'art. 1137 c.c. per il quale l'impugnazione giudiziale della deliberazione deve essere esercitata nel termine di decadenza di trenta giorni, che decorre, a seconda che il condomino sia stato presente o assente alla riunione, dalla data dell'assemblea ove sia contrario o dissenziente ovvero dal ricevimento del verbale nel caso in cui il condomino sia stato assente. Con la L. 98/2013, stante l'obbligo della mediazione per le controversie in condominio ex art. 5, comma 1, D. Lgs. 28.2010, l'impugnazione della deliberazione deve necessariamente essere azionata entro il termine di trenta giorni in sede di mediazione e solo se questa ha esito negativo la controversia ha accesso alla sede giudiziale sempre entro il termine di decadenza di trenta giorni dalla data del deposito del verbale di conciliazione negativa presso l'organismo di mediazione. Giacché l'art. 5, comma 6, del D. Lgs. 28/2010 dispone che "Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta..", non può dubitarsi pertanto dell'effetto interruttivo della mediazione ex art. 2945 c.c. che decorre, nel caso di specie, dal momento della comunicazione dell'avvenuto deposito dell'istanza di mediazione pacificamente trasmessa dalla (...) al convenuto condominio il (...) (e dunque nel rispetto dei termini dell'art. 1137 c.c. essendosi svolta l'assemblea il (...) e (...) (comunicazione ai condomini assenti) sino alla definizione del procedimento con il verbale negativo del (...) , successivamente al quale inizia un nuovo periodo di prescrizione. Giacché l'atto di citazione è stato notificato in data (...) , parte attrice non è incorsa in alcuna decadenza. Inoltre risulta allegata l'istanza di mediazione e l'oggetto della mediazione. Tra l'altro, vale la pena evidenziare che a seguito della riforma Per_1 , anche al fine di sgomberare il campo da ogni dubbio interpretativo, l'articolo 8 del Dlgs 28/2010 al comma 2 dispone che "Dal momento in cui la comunicazione di cui al comma 1 perviene a conoscenza delle parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e impedisce la decadenza per una sola volta", superando la previsione dell'articolo 5, comma 6, che prevedeva che "se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all'articolo 11 presso la segreteria dell'organismo" per cui oggi il termine di giorni 30 previsto dall'art. 1137 c.c. per impugnare una delibera assembleare viziata da annullabilità (ossia la quasi totalità dei vizi riscontranti), decorre non più dal deposito del verbale negativo (art. 5, comma 6) ma dal "momento in cui la comunicazione di cui al comma 1 perviene a conoscenza delle parti" (art. 8, comma 2). Tali precisazioni risultano opportune dal momento che indubbiamente i vizi lamentati dagli attori afferiscono l'annullabilità della delibera, con conseguente operatività del predetto termine decadenziale. Invero, con la sentenza 9839 del (...) , le Sezioni Unite della Cassazione hanno distinto ancora più nettamente le delibere nulle e annullabili di quanto previsto dalla sentenza 4865 delle sezioni Unite del 2005 che qualificava nulle le delibere dell'assemblea dei condòmini allorquando: prive degli elementi essenziali; con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume); con oggetto che non rientra nelle competenze dell'assemblea; che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condòmini. Erano invece ritenute annullabili le delibere: con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea; quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale; quelle affette da vizi formali, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea; quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione; quelle che violano le norme richiedenti maggioranze qualificate in ragione dell'oggetto. Le Sezioni Unite sono quindi intervenute ulteriormente precisando i casi tipici della nullità, che diventando residuali "nel rispetto alla generale categoria della annullabilità, attenendo essa a quei vizi talmente radicali da privare la deliberazione di cittadinanza nel mondo giuridico". In particolare, i casi di nullità individuati sono tre: 1) "mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali" (volontà della maggioranza; oggetto; causa; forma) tale da determinare la deficienza strutturale della deliberazione; 2) "Impossibilità dell'oggetto, in senso materiale o in senso giuridico", da intendersi riferito alla concreta possibilità di dare attuazione a quanto deliberato ovvero in relazione alle attribuzioni dell'assemblea (come nel caso di una deliberazione che incide sulla modifica di una proprietà privata); 3) "Illiceità" (articolo 1343 Codice civile), nel senso che quanto deciso risulta contrario a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume (ad esempio una deliberazione che introduce discriminazioni tra i condòmini nell'uso delle cose comuni). "Al di fuori di tale ipotesi deve ritenersi che ogni violazione di legge determina la mera annullabilità della deliberazione che può essere fatta valere solo nei modi e nei tempi di cui all'articolo 1137 Codice civile", ciò all'evidente fine di favorire la stabilità delle deliberazioni finché non vengano rimosse dal giudice ma entro precisi limiti temporali. Si ribadisce dunque che nessun potenziale vizio di nullità ricorre nel caso che ci occupa. Premesso quanto innanzi, il tribunale osserva nel merito quanto segue. Parte attrice ha adito questa giustizia al fine di ottenere l'annullamento della delibera assunta sul primo punto all'ordine del giorno dall'assemblea di condominio in data (...) per violazione dell'art. 1130 bis cpc. Orbene, è di palmare evidenza che unitamente alla convocazione dell'assemblea del (...) che afferisce il bilancio consuntivo 2019/2021 non è stato allegato il registro di contabilità, il riepilogo finanziario e la nota sintetica esplicativa della gestione che descriva l'intera gestione. C'è poi da aggiungere che con pec l'amministratore ha trasmesso in data (...) ai condomini il verbale d'assemblea del (...) e gli allegati (bilancio straordinario, bilancio consuntivo, rata straordinaria e riparto consuntivo doc. 11 condominio convenuto). Non solo unitamente alla convocazione non sono stati allegati il registro di contabilità, il riepilogo finanziario e la nota sintetica, ma dai documenti successivamente allegati in data (...) indubbiamente la situazione contabile non appare coerente ai principi di chiarezza e trasparenza cui il bilancio condominiale deve essere informato ex lege. Premesso che, è orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità (Cass. sent. n. 21271/2020 e già Cass. sent. n. 33038/2018) secondo cui l'amministratore non è tenuto ad allegare all'avviso di convocazione i documenti giustificativi o i bilanci da approvare in quanto "L'obbligo di preventiva informazione dei condomini in ordine al contenuto degli argomenti posti all'ordine del giorno dell'assemblea risponde alla finalità di far conoscere ai convocati, sia pure in termini non analitici e minuziosi, l'oggetto essenziale dei temi da esaminare, in modo da consentire una partecipazione consapevole alla discussione e alla relativa deliberazione. Non è quindi configurabile un obbligo, per l'amministratore condominiale, di allegare all'avviso di convocazione anche i documenti giustificativi o i bilanci da approvare, non venendo affatto pregiudicato il diritto alla preventiva informazione sui temi in discussione, fermo restando che ad ognuno dei condomini è riconosciuta la facoltà di richiedere, anticipatamente e senza interferire sull'attività condominiale, le copie dei documenti oggetto di (eventuale) approvazione". È indubbio poi che il rendiconto condominiale vada redatto in base ai criteri guida dettati dall'articolo 1130-bis c.c., introdotto dalla riforma del condominio del 2012 ed entrata in vigore nel 2013. La legge specifica gli elementi che esso deve contenere: "le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve che devono essere espressi in modo da consentire l'immediata verifica". ( cfr. Cass. ordinanza (...) (...) n. 1370). Si compone di un registro di contabilità condominio, di un riepilogo finanziario e di una nota sintetica esplicativa della gestione. Comprende anche l'indicazione dei rapporti in corso e delle questioni pendenti. Ebbene, è palese che i documenti contabili allegati dal convenuto condominio (all. 11) risultino tutt'altro che completi. Già la presenza di una nota sintetica esplicativa (e tale non è il bilancio consuntivo per conto) avrebbe potuto offrire valido supporto nel chiarire i termini della questione. Pertanto, in linea anche con l'orientamento di questo Tribunale, si osserva: - L'art. 1130 c.c. prevede che l'amministratore renda annualmente il conto della gestione affinché l'assemblea possa esercitare il controllo sull'esecuzione del preventivo e di eventuali diverse o ulteriori determinazioni non contemplate (Cass. 864/2019); - La documentazione contabile non necessita di forme rigorose come per le società (Cass. 3936/75) ma basta che essa renda intellegibili le entrate, le uscite, i modi di impiego e la ripartizione delle spese (ex multis Cass 5150/82; 3309/77) ed è sufficiente l'approvazione sintetica del documento (Cass. 1405/2007) purché risulti la specificità delle partite (Cass. 896/1984); - Non basta quindi un prospetto sintetico di entrate ed uscite ma occorre una documentazione di supporto a giustificazione dell'operato (Cass. 7213/1990) con l'integrazione di giustificativi, specie per spese impreviste (Cass. 2781/1973) la cui mancanza di disponibilità (sebbene non sia necessario allegarla) al momento dell'approvazione in sede di votazione rende invalida la delibera per violazione del procedimento (Cass. 19940/2003). La circostanza che l'assemblea abbia deciso di approvare i documenti contabili non impedisce certo al condomino che si senta pregiudicato dalla stessa di impugnarla. Il condominio peraltro non ha offerto nessun altro documento da cui possa evincersi la completezza del consuntivo nei termini di legge. Nel caso in esame gli attori lamentano che il bilancio non riporti le spese per i lavori straordinari di (...) (...) e (...) violando così il criterio di ripartizione ex art. 1123 co 1 cc; è lo stesso condominio a riconoscere esistente, seppure deducendo " I CP_1 infatti - già in precedenza seppure informalmente - avevano concordato la deroga all'ordinario criterio di riparto previsto dal Regolamento condominiale stante l'eccezionalità delle lavorazioni connotate dal carattere dell'urgenza." (pag. 7 comparsa di costituzione). Da ciò ne consegue che la delibera assunta a maggioranza è nulla in quanto sono stati, a maggioranza, modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall'art. 1123 c.c., essendo necessario per esse il consenso unanime di tutti i condomini (Cass. civ., Sez. Un., (...) , n. 9839). Ogni altra questione deve ritenersi assorbita per il principio della ragione più liquida, conformemente all'orientamento già espresso a Sezioni Unite dalla Suprema Corte (Cass. Sez. Un. n. 26242-3/2014). Quanto alle spese di lite, esse seguono la soccombenza. La relativa liquidazione viene eseguita in dispositivo alla luce dei parametri previsti dal Decreto del Ministro della Giustizia (...) n. 55, come modificato dal Decreto del Ministro della Giustizia (...) n. 147, tenuto conto delle attività svolte, secondo valori medi dello scaglione valore indeterminabile, complessità bassa, P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone: - accoglie la domanda attorea e per l'effetto annulla la delibera adottata al primo punto dall'assemblea del (...) per i motivi esposti in premessa; - condanna il (...) al rimborso in favore di (...), (...), (...) e (...) delle spese e competenze di lite, che si quantificano in Euro 9.900,00 per compensi ed Euro 773,14 per spese oltre i.v.a., c.p.a. e 15% per spese generali. - Rigetta ogni altra domanda; dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva tra le parti; Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., ed allegata al verbale. Così deciso in Bologna il 29 febbraio 2024. Depositata in cancelleria il 29 febbraio 2024.
TRIBUNALE ORDINARIO DI BOLOGNA TERZA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott.ssa Carolina Gentili Presidente dott.ssa Cinzia Gamberini Giudice dott.ssa Daniela Nunno Giudice Relatore SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. .../2021 promossa da: TIZIO (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. ...e dell'avv. ...elettivamente domiciliato presso il difensore avv..., in Bologna, Via ... ATTORE contro CAIO (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv...., elettivamente domiciliato presso il difensore MEVIA (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv...., elettivamente domiciliato presso il difensore CONVENUTI CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come verbale d'udienza di precisazione delle conclusioni del 6.7.2023. PER PARTE ATTRICE Tizio: Come da atto di citazione: "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, ogni e contraria istanza e eccezione disattesa, ricostruire e accertare il valore dell'intero patrimonio ereditario della de cuius e dichiarare la nullità delle disposizioni testamentarie nella parte in cui ledono la quota di legittima dell'attore, disponendo il reintegro della medesima mediante la riduzione delle disposizioni testamentarie a favore dei convenuti, oltre al reintegro della quota di legittima lesa mediante la riduzione della donazione a favore del sig. Caio non oltre il valore della quota disponibile, con riconoscimento del diritto di abitazione in capo all'attore della casa coniugale e del suo contenuto; per l'effetto assegnare a favore dell'attore, nella sua qualità di erede legittimario e di erede testamentario, quota dei beni comuni ereditari per la frazione di 4/6 pari alla metà dell'asse ereditario a titolo di legittima più un terzo della quota disponibile secondo disposizione testamentaria; in subordine e sempre per l'effetto della domanda principale voglia assegnare a favore dell'attore, nella sua qualità di erede legittimario, quota dei beni comuni ereditari per la frazione di un mezzo; condannare i convenuti alla restituzione dei debiti ereditari saldati dall'attore, così come meglio descritti ai punti 14 e 15 della narrativa che precede, secondo la quota a ciascuno dei convenuti spettante; condannare, altresì, i convenuti alla restituzione all'attore delle tasse e imposte di successione, sia di quelle già corrisposte e di cui al punto 16 della narrativa che precede, sia le successive occorrende, secondo la quota a ciascuno dei convenuti spettante; il tutto oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo; voglia, inoltre, l'Ill.mo Tribunale adito, in conseguenza di quanto sopra accertato, previa nomina di un consulente tecnico d'ufficio per la formazione della massa che dovrà essere divisa e delle singole quote, ordinare la divisione dei cespiti con attribuzione ai singoli coeredi della quota ad ognuno spettante, a ciò delegando un notaio; con vittoria dei compensi professionali per il presente procedimento in conformità al D.M. 55/2014, oltre anticipazioni, spese generali, Cpa ed Iva così come dovuti per legge e le successive occorrende. In via incidentale e preliminare parte attrice chiede che ai sensi dell'art. 719 c.c. (vendita di beni per il pagamento di debiti ereditari) il Tribunale Ill.mo adito voglia disporre lo smobilizzo di parte del conto corrente bancario ... di Credit Agricole (Cariparma), agenzia di Bologna, intestato alla de cuius, nella misura necessaria a estinguere il mutuo ipotecario acceso presso Banca Intesa San Paolo, dando le relative disposizioni". PARTE CONVENUTA Caio: Come da memoria istruttoria: "Voglia il Tribunale Ill.mo, respinta ogni contraria e diversa eccezione e deduzione Nel merito: Procedere alla divisione ereditaria attenendosi alle disposizioni contenute nel testamento olografo redatto dalla Sig.ra Sempronia in data 27.01.2017 In via istruttoria: ammettere prova orale per interrogatorio formale e per testi (che si indicano in relazione ai singoli capitoli) sui seguenti capitoli preceduti dalla locuzione "vero che". Si indicano a testi: 1) Notaio Dott. ...di Bologna, con studio in Bologna, via..., sui capitoli di cui ai punti 17-18-19-20-21-22-23 di cui in comparsa di costituzione e risposta; 2) Sig.ra..., via..., ...(MO) sui seguenti capitoli di prova: a) il rapporto di amicizia tra Lei e la signora ...risale agli anni 90? b) il rapporto tra il signor Tizio e la signora..., nato come relazione sentimentale, era già da molti anni prima del decesso della signora Fe. e in particolare dal 2009/2010, mutato in un rapporto di semplice amicizia/coabitazione? c) la signora Sempronia e Tizio, nonostante quest'ultimo risiedesse nell'appartamento intestato alla stessa, conducevano vite sostanzialmente separate e che la signora Sempronia si è determinata ad accettare il distaccamento a Bruxelles anche in considerazione dell'assenza di vincoli o relazioni di coppia a Bologna? d) la signora Sempronia le aveva palesato la difficoltà di liberarsi della presenza presso la propria abitazione del signor Tizio, con il quale era costretta a convivere a causa della situazione venutasi a creare, pur in assenza di un rapporto di coppia? 3) Signora..., residente in Bologna, via..., sui seguenti capitoli di prova: a) conosceva la signora Sempronia da quando era una ragazzina, prima per aver prestato opera di collaborazione familiare presso l'abitazione della madre e poi per aver costantemente aiutato la stessa nelle faccende domestiche da quando acquistò l'appartamento di via U. Lenzi nel 2004 fino praticamente alla data del decesso andandovi almeno due volte alla settimana? b) Recandosi presso l'abitazione della signora Fe. poteva constatare che da un certo periodo in poi, ovvero più o meno intorno all'estate 2009, i rapporti tra la signora Sempronia e il signor Tizio mutavano radicalmente? c) Recandosi presso l'abitazione della signora Sempronia poteva assistere a frequenti e anche talvolta violenti scontri verbali, tra la signora Sempronia e il signor Tizio? 4) Dottore ...viale ...Bologna sui seguenti capitoli di prova: a) Ha conosciuto la signora Sempronia a cavallo degli anni 2015/2016 a causa delle vicissitudini di salute di quest'ultima? b) La signora Sempronia, per istinto di amore e protezione, non voleva che i propri fratelli venissero a conoscenza della metastasi cerebrale e dell'intervento di Gamma Knife eseguito il 13 novembre 2017 presso la casa di cura Villa ...? 5) Dott. ..., presso Banca Credit Agricole, via..., Bologna, sui seguenti capitoli di prova: a) Conosceva la signora Sempronia, della quale gestiva fiduciariamente i risparmi per incarico della Banca Credit Agricole, sede di Bologna via..., già da alcuni anni prima del suo decesso? b) La signora Sempronia le parlava frequentemente, durante i vostri incontri, dei propri fratelli? c) La Signora Sempronia non le ha mai fatto alcun cenno relativamente al signor Tizio o in relazione al fatto di avere un compagno o un convivente? Si chiede, inoltre, ammettersi l'interrogatorio formale di parte attrice sulle seguenti circostanze: a) la signora Sempronia non voleva che i propri fratelli sapessero della presenza della metastasi cerebrale e dell'intervento di Gamma-Knife organizzato presso la Clinica Ospedaliera Santa Maria...? b) La signora Sempronia le aveva proibito di comunicare la circostanza di cui sopra ai propri fratelli che voleva in tutti i modi proteggere e preservare dal dramma di una esperienza già vissuta precedentemente con la propria madre nel 2009? c) La signora Sempronia, confidando nel suo 'indispensabile aiuto' nella attuazione delle proprie volontà di fine vita, revocando le precedenti disposizioni testamentarie e mettendola a conoscenza delle nuove disposizioni testamentarie inserite a suo favore con testamento olografo del 24.01.2017, intendeva ricompensarla per l'assistenza che si era impegnato a offrirle nel caso in cui la malattia avesse seguito il suo corso? d) All'atto del matrimonio era a conoscenza della donazione con la quale la signora Sempronia aveva trasferito formalmente la proprietà dell'immobile di via ...al proprio fratello che, come già era stato specificato nel testamento, gli apparteneva? e) All'indomani del funerale, il 15 Maggio Lei si recò, senza avvertire i signori Fe., dal Notaio ...di via ...in Bologna per chiedere la pubblicazione del testamento della signora Sempronia, ivi manifestando a detto Notaio la propria volontà di agire in riduzione della disposizione di donazione di cui era già a conoscenza prima del matrimonio? f) In tale circostanza il Notaio Dott. ...le rammentava che la donazione in oggetto era stata effettuata al mero scopo di trasferire la proprietà tra fratelli di un appartamento che la signora Fe. si era intestata solo fiduciariamente e che null'altro rappresentava, in realtà, se non l'adempimento di una obbligazione nei confronti della propria madre e del proprio fratello?" PER LA CONVENUTA Fe. FRANCESCA "Voglia il Tribunale Ill.mo, respinta ogni contraria e diversa eccezione e deduzione, così giudicare: 1- Dichiarare nullo il matrimonio civile celebrato il 05.03.2017 tra il Sig. Tizio e la Sig.ra Sempronia in quanto frutto del reato di circonvenzione di incapace; 2) Accertare che l'appartamento di via P. Palagi n. 3, di proprietà del Sig. Alfonso Fe., è stato acquistato dalla de cuius, Sig.ra Sempronia con denari provenienti dall'eredità comune della propria madre, Sig.ra X, e quindi allo stesso ritrasferito in adempimento di una obbligazione di restituzione; 3) Procedere alla divisione ereditaria secondo le disposizioni contenute nel testamento olografo redatto dalla Sig.ra Sempronia in data 27.01.2017; 4) Accertare la proprietà, nella misura dei 2/3, dei beni di cui all'elencazione fatta nel punto 10) dell'atto di parte attrice; 5) Ordinare a parte attrice la consegna dei beni oggetto di legato, espressamente indicati dalla signora Sempronia nel testamento in favore della sorella, signora Francesca Fe.; 6) Respingere la richiesta di sblocco del conto corrente della de cuius e delle polizze di investimento stipulate dalla stessa, formulata da parte attrice. In via istruttoria: Si chiede che l'Ill.mo Tribunale adito voglia ammettere prova per testi sui seguenti capitoli preceduti da "vero che". Si indicano a testi: 1) Notaio Dott. ...di Bologna, con studio in Bologna, via ...sui seguenti capitoli di prova: a) In qualità di Notaio ha sempre curato la redazione degli atti relativi alle compravendite effettuate dalla famiglia? b) In virtù del rapporto professionale conosceva le ragioni dell'acquisto dell'appartamento di via ...da parte della signora Sempronia? c) Il 15 maggio 2018, il signor Tizio ... si presentava presso il Suo studio previo appuntamento per la pubblicazione del testamento fiduciariamente depositato presso di Lei dalla de cuiuse nell'occasione Le manifestava l'intenzione di chiedere la collazione dell'appartamento di via ...la cui proprietà era stata formalmente trasferita dalla de cuius al fratello circa un anno prima? d) A seguito della manifestazione di tale intenzione informava il signor Tizio che l'appartamento in oggetto era già del fratello in quanto la sorella Sempronia se lo era intestato solo fiduciariamente? 2) Dott.ssa..., residente in via ..., ...(MO) sui seguenti capitoli di prova: a) Il rapporto di amicizia intercorrente tra Lei e la signora Sempronia risale quantomeno agli anni '90? b) In virtù del rapporto di amicizia e confidenza tra voi esistente era venuta al corrente dell'interruzione subita dalla relazione sentimentale tra la de cuius e il signor Tizio intervenuta più o meno una decina di anni prima della scomparsa della de cuius? c) Che nonostante l'interruzione del rapporto sentimentale di coppia tra la de cuius e parte attrice quest'ultimo aveva continuato a risiedere ugualmente nell'immobile della de cuius? d) Nonostante il signor Tizio avesse continuato a risiedere nell'appartamento di proprietà della de cuius entrambi conducevano esistenze completamente separate? e) La signora Sempronia Le aveva confidato che l'intenzione di trasferirsi a Bruxelles era stata determinata anche dall'assenza di qualsiasi relazione sentimentale? f) La signora Sempronia non Le ha mai parlato della sua intenzione di contrarre matrimonio con il signor Tizio ...? g) La signora Sempronia era particolarmente protettiva con i suoi fratelli? 3)Signora..., residente in ...via ...sui seguenti capitoli di prova: a) conosceva la signora Sempronia da quando era una ragazzina, prima per aver prestato opera di collaborazione familiare presso l'abitazione della madre e poi per aver costantemente aiutato la stessa nelle faccende domestiche da quando acquistò l'appartamento di via U. Lenzi nel 2004 fino praticamente alla data del decesso andandovi almeno due volte alla settimana? b) Recandosi presso l'abitazione della signora poteva constatare che da un certo periodo in poi, ovvero più o meno intorno all'estate 2009, i rapporti tra la signora Sempronia e il signor Tizio mutavano radicalmente? c) Recandosi presso l'abitazione della signora Fe. poteva assistere a frequenti e anche talvolta violenti scontri verbali, tra la signora Fe. e il signor Tizio? 4)Dottore..., residente in viale ...Bologna sui seguenti capitoli di prova: a) Il rapporto di amicizia tra Lei e la signora Sempronia risale al periodo 2015/2016 giusto l'inizio del periodo di malattia della stessa? b) La signora Sempronia le aveva chiesto di non rivelare ai fratelli l'intervento di neurochirurgia stereotassica cui si sarebbe sottoposta nel novembre 2016? c) La signora Sempronia non le ha mai accennato al fatto di volersi sposare con il signor Tizio ..., suo convivente, prima di fine gennaio/febbraio 2018? 5)Dott....,residente in via ...Bologna sui seguenti capitoli di prova: a) Lei conosce la signora Sempronia dall'epoca del suo fidanzamento con la sorella stessa signora Mevia risalente alla fine degli anni 90? b) La signora Sempronia non Le ha mai accennato alla volontà di contrarre matrimonio con il signor Tizio ...? 6)Dott. ..., presso Banca ..., via ...Bologna, sui seguenti capitoli di prova: a) Conosceva la signora Sempronia, della quale gestiva fiduciariamente i risparmi per incarico della Banca ..., sede di Bologna via...già da alcuni anni prima del suo decesso? b) La signora Sempronia le parlava frequentemente, durante i vostri incontri, dei propri fratelli? c) La Signora Sempronia non le ha mai fatto alcun cenno relativamente al signor ... Tizio o in relazione al fatto di avere un compagno o un convivente? Si chiede, inoltre, ammettersi l'interrogatorio formale di parte attrice sulle seguenti circostanze: a) la signora Sempronia non voleva che i propri fratelli sapessero della presenza della metastasi cerebrale e dell'intervento di ... organizzato presso la Clinica Ospedaliera Santa Maria ...? b) La signora Sempronia le aveva proibito di comunicare la circostanza di cui sopra ai propri fratelli che voleva in tutti i modi proteggere e preservare dal dramma di una esperienza già vissuta precedentemente con la propria madre nel 2009? c) La signora Sempronia, confidando nel suo 'indispensabile aiuto' nella attuazione delle proprie volontà di fine vita, revocando le precedenti disposizioni testamentarie e mettendola a conoscenza delle nuove disposizioni testamentarie inserite a suo favore con testamento olografo del 24.01.2017, intendeva ricompensarla per l'assistenza che si era impegnato a offrirle nel caso in cui la malattia avesse seguito il suo corso? d) All'atto del matrimonio era a conoscenza della donazione con la quale la signora Sempronia aveva trasferito formalmente la proprietà dell'immobile di via ...al proprio fratello che, come già era stato specificato nel testamento, gli apparteneva? e) All'indomani del funerale, il 15 Maggio Lei si recò, senza avvertire i signori Caio e Mevia, dal Notaio ... di via ...in Bologna per chiedere la pubblicazione del testamento della signora Sempronia, ivi manifestando a detto Notaio la propria volontà di agire in riduzione della disposizione di donazione di cui era già a conoscenza prima del matrimonio? f) In tale circostanza il Notaio Dott.... le rammentava che la donazione in oggetto era stata effettuata al mero scopo di trasferire la proprietà tra fratelli di un appartamento che la signora Fe. si era intestata solo fiduciariamente e che null'altro rappresentava, in realtà, se non l'adempimento di una obbligazione nei confronti della propria madre e del proprio fratello? Tutto ciò esposto in fatto e in diritto i Signori Caio e Mevia come in atti difesi e domiciliati, concludono affinchè vengano ammessi i mezzi istruttori richiesti nella presente memoria, insistono per l'accoglimento delle conclusioni già rassegnate nel proprio atto introduttivo del presente giudizio e con la memoria ex art. 183, co. 6, n.1 c.p.c.. Con ogni più ampia riserva istruttoria". Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione 1. Con atto di citazione regolarmente notificato, Tizio ..., premettendo di aver contratto matrimonio in data 5.3.2018 in regime di comunione legale dei beni con Sempronia, deceduta a Bologna il 2.5.2018, dopo una convivenza perdurata quantomeno dal luglio 1999, ha convenuto in giudizio i fratelli della moglie chiedendo dichiararsi la nullità del testamento olografo datato 24.1.2017 e pubblicato dal Notaio Dott. ...il 15.5.2018 (repertorio n...., raccolta n....), nella parte in cui, prevedendo la suddivisione della massa in parti uguali tra l'attore, al tempo del testamento solo convivente, ed i fratelli della de cuius, sarebbe stata lesa la sua quota di legittima; per l'effetto, ha preteso il reintegro della quota di riserva mediante la riduzione delle disposizioni testamentarie a favore dei convenuti non oltre il valore della quota disponibile, con diritto di abitazione in capo all'attore nella casa coniugale. In subordine, l'attore ha domandato che gli venisse assegnata, nella sua qualità di erede legittimario, quota dei beni in comunione ereditaria per la frazione di 1/2 e la quota di 1/3 sulla disponibile, per la complessiva quota di 4/6 dell'intero asse. Infine, ha chiesto la restituzione dei debiti ereditari da lui saldati e la divisione del compendio ereditario. Si sono costituiti i convenuti chiedendo accertarsi incidentalmente la responsabilità penale dell'attore per il reato di circonvenzione di incapace ai danni della de cuius e la nullità del matrimonio celebrato con la stessa, in quanto avvenuto per effetto diretto della consumazione del reato e, dunque, in contrasto con norma imperativa, con conseguente rigetto della richiesta di riduzione delle disposizioni testamentarie; hanno poi contestato la richiesta di sblocco dei conti correnti e delle polizze intestate alla de cuius per l'insussistenza dei presupposti di cui all'art. 719 c.p.c.. In subordine, hanno domandato il rigetto della richiesta di riduzione delle disposizioni testamentarie e, in via di ulteriore subordine, il rigetto della richiesta di cumulo tra le disposizioni testamentarie e la quota di legittima avanzata da parte attrice, in quanto contrastante con le volontà espresse dalla de cuius nella scheda testamentaria e, in ogni caso, in quanto palesemente infondata. La causa è stata istruita con l'espletamento di CTU estimativa e prove per interpello e per testi. All'esito, precisate le conclusioni, la causa è stata assegnata in decisione con concessione dei termini per il deposito di comparse conclusionali e repliche. 2. Preliminarmente deve darsi atto della soddisfazione della condizione di procedibilità, perché il procedimento di mediazione obbligatorio ex art. 5 D.Lgs. 28/21010 e succ. mod., risulta regolarmente esperito, giusto verbale negativo del 22.7.2020 (v. all.ti 29 - 31 attore), essendo prive di pregio le deduzioni di parte convenuta sul punto. 3. Deve essere rilevata, inoltre, la tardività della costituzione di parte convenuta, avvenuta solo in data 16.6.2021, dunque senza rispettare i termini ex art. 166 c.p.c. rispetto all'udienza di prima comparizione del 17.6.2021. Ne consegue la decadenza della parte convenuta da ogni domanda riconvenzionale ed eccezione non rilevabile d'ufficio. Tale è il motivo per cui non possono essere esaminate le domande riconvenzionali proposte nella comparsa di costituzione e risposta dai convenuti, vale a dire l'accertamento incidentale della responsabilità penale del Tizio per il reato di circonvenzione di incapace e la conseguente nullità del matrimonio da esso contratto con la de cuius. In ogni caso, si evidenzia come, ai sensi dell'art. 127 c.c., l'azione di impugnazione del matrimonio non si trasmette agli eredi ed è altresì preclusa al Pubblico Ministero, ai sensi dell'art. 125 c.c., dopo la morte di uno dei coniugi. Deve poi essere dichiarata inammissibile, in quanto proposta solo nella seconda memoria ex art. 183 comma 6 c.p.c., la domanda di parte convenuta volta ad accertare che l'appartamento di via P. Palagi n. 3, di proprietà di Fe., è stato acquistato dalla de cuius con denari provenienti dall'eredità comune della propria madre ed in seguito ritrasferito al fratello in adempimento di un'obbligazione di restituzione. Parimenti deve ritenersi tardiva, quindi inammissibile, la domanda di accertamento della proprietà in capo ai convenuti per la quota di 2/3 dei beni elencati al punto 10) dell'atto di citazione, introdotta solo con la prima memoria istruttoria di parte convenuta. Va da ultimo ribadita altresì la tardività della terza memoria istruttoria di parte convenuta, già rilevata all'udienza cartolare del 2.11.2021, con conseguente inammissibilità delle deduzioni, richieste ed eccezioni ivi contenute. Ciò detto e limitato il perimetro dell'oggetto del giudizio alle domande di parte attrice, si passa ad esaminare il merito delle stesse. 4. L'attore ha allegato la lesione della sua quota di riserva ad opera delle disposizioni testamentarie redatte in epoca antecedente al matrimonio contratto con la de cuius e ha domandato, di conseguenza, la riduzione di dette disposizioni e della donazione disposta in favore del convenuto e, successivamente, la divisione dei beni tra i coeredi, per le quote di rispettiva spettanza. Va innanzitutto precisato che l'attore ha agito nella qualità di erede legittimario, quale coniuge della de cuius, e che, conseguentemente all'affermata tardività della domanda riconvenzionale di parte convenuta, in questa sede non rilevano le argomentazioni sostenute da quest'ultima per riqualificare il rapporto intrattenuto nel corso degli anni tra l'attore e la de cuius (se una relazione sentimentale duratura o di mera amicizia), rilevando esclusivamente l'intervenuto vincolo matrimoniale che ha determinato il mutamento della situazione giuridica ed il nascere in capo all'attore di diritti che lo stesso ha inteso tutelare con l'azione proposta. Come ricorda la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 17926/2020), il legittimario ha diritto di conseguire nella successione, a titolo di eredità (art. 536 e ss. c.c.), una quota del patrimonio netto del defunto determinato sul valore dei beni che appartenevano a costui al momento della morte, aumentato del valore dei beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione (art. 556 c.c.). La lesione di legittima designa una situazione giuridica, precostituita dal de cuius con disposizioni testamentarie o donazioni eccessive, che non consente al legittimario di soddisfare sul relictum il diritto alla quota di riserva. Le disposizioni lesive della legittima non sono per ciò solo inefficaci o nulle, ma la legge accorda al legittimario il diritto potestativo di renderle inefficaci per mezzo dell'azione di riduzione, che è azione costitutiva il cui accoglimento determina il venir meno, nella misura occorrente per le reintegrazione della quota riservata ai legittimari, degli effetti di una o più donazioni o disposizioni testamentarie, attuando così il diritto del legittimario a vedersi attribuito quanto gli compete a norma di legge. L'azione di riduzione presuppone, innanzitutto, la riunione fittizia, che è una operazione contabile avente lo scopo di verificare se ci sia stata la lesione della quota di riserva. Le fasi di questa operazione contabile sono descritte nell'art. 556 c.c. e comprendono: a) la formazione della massa dei beni relitti e determinazione del loro valore al momento dell'apertura della successione; b) la detrazione dei debiti e pesi ereditari; c) la riunione fittizia dei beni dei quali il de cuius abbia disposto a titolo di donazione, da stimare, in relazione ai beni immobili ed ai beni mobili, secondo il loro valore al momento dell'apertura della successione (artt. 747 e 750 cod. civ.) e, con riferimento al valore nominale, quanto alle donazioni in denaro (art. 751 cod. civ.); d) l'imputazione delle "liberalità, fatte al legittimario, con conseguente diminuzione della quota ad esso spettante": c.d. imputazione ex se, prevista dall'art. 564, co. 2, c.c. Successivamente, debbono essere quantificate le quote riservate agli eredi legittimari, in astratto stabilite dalla legge agli artt. 536 c.c. e ss., indi la quota di cui il de cuius poteva liberamente disporre. L'entità della lesione viene determinata dal raffronto tra quanto per legge spettante al legittimario leso e quanto effettivamente da questi ricevuto. Ancora in via preliminare si osserva, come nel caso di specie, la domanda di riduzione della donazione è rivolta ad uno dei chiamati all'eredità; pertanto, non rileva la condizione dell'avvenuta accettazione con beneficio di inventario da parte dell'attore. La Suprema Corte ha più volte affermato che la disposizione di cui all'art. 564 c.c., comma 1 - che statuisce che l'accettazione beneficiata, quale condizione di proponibilità dell'azione di riduzione, non è necessaria allorquando la lesione della legittima sia determinata da disposizioni in favore di coeredi - è rispondente alla genesi storica dell'istituto, che riconosce nella redazione dell'inventario (quale elemento costitutivo dell'accettazione beneficiata) una forma di tutela in favore del terzo, al fine di consentirgli di valutare la consistenza dell'asse ereditario per rendere effettiva la garanzia che esso rappresentava per il soddisfacimento delle obbligazioni a carico del de cuius impedendo che, d'accordo con i coeredi, si effettuino sottrazioni od occultamenti e s'invochi poi, di fronte ad estranei, l'insufficienza dei beni esistenti. Detta esigenza di tutelare i terzi estranei all'eredità non si pone nel caso di azione esercitata nei confronti degli altri eredi, che ben sono in grado di verificare la consistenza dell'asse (cfr. Cass., sent. n. 5768/2013; Cass. n. 2914/2020). Al fine di procedere al calcolo della quota di riserva e della residua quota disponibile, onde accertare la lesione dei diritti del legittimario attore, si dovrà procedere sottraendo dal relictum i debiti ereditari e sommando al patrimonio netto il donatum: la quota spettante al coniuge sarà pari, ai sensi dell'art. 540 comma 1 c.c., alla misura della metà della somma così ottenuta. Operazione preventiva è, dunque, la ricostruzione dell'asse ereditario, secondo i valori da rapportarsi al momento dell'apertura della successione. Sulla scorta della CTU in atti, è emerso che l'attivo ereditario è così composto: - appartamento in Bologna, Via..., censito in NCEU al foglio (...), mapp. (...), sub. 31, zona 1, cat. A/2, cl. 3, consistenza 7 vani, sup. catastale 153,00 mq, Rendita Euro 1.699,14, di valore stimato in euro 364.000; - quota di 120/4440 di autorimessa sita in Bologna, Via (...) n. (...), piano seminterrato, censita al NCEU al foglio (...), mapp. (...), sub. 46, zona cens. 1, cat. C/6, cl. 4, consistenza 540,00, mq, sup. catastale 545,00 mq, Rendita Euro 6.163,40, di valore stimato in euro 25.000; - beni mobili relitti presenti all'interno della abitazione sita in via (...) n. (...), di valore stimato in euro 22.620; - giacenze bancarie così suddivise: - saldo conto corrente n. ...presso Crédit Agricole alla data del 2/5/2018 di euro 50.472,96 (così risultante a seguito del prelievo di euro 10.566 utilizzati per pagare le rate del mutuo); - saldo conto corrente n. ...presso Crédit Agricole alla data del 2/5/2018 (conto cointestato ad Emiliani Andrea), da computare per la metà del valore di euro 48.218,74, pari ad euro 24.105; - saldo carta prepagata Banca Pop Vicenza (all. 14 atto citazione): euro 8,90; - dossier Titoli presso ... n. ...alla data del 2/5/2018 di euro 122.325; - saldo conto corrente ING n. ...di euro 5.175. Nel patrimonio relitto devono poi essere considerati i ratei di stipendio per l'attività svolta dalla de cuius presso l'Università di Macerata di euro 1.045, pervenuti in corso di CTU. Non si condivide la conclusione del CTU di escludere dal relictum l'opera in acquaforte "Natura morta" del pittore Giorgio Morandi (oggetto di legato alla convenuta), che dovrà dunque essere considerata nel relictum. La quantificazione dei beni relitti deve considerare tutti i beni che il de cuius ha lasciato al momento della morte, senza distinzione tra i beni destinati alla successione universale e quelli oggetto di legato di specie. Pertanto, il valore di tale opera (di cui si ritiene congrua la stima espressa in euro 15.000 dal CTP di parte attrice) concorre a comporre il relictum. Quanto alle polizze sulla vita stipulate dalla de cuius, liquidate in favore degli eredi (all. 27 attore), seppure sia pacifico che i premi pagati per una polizza assicurativa, costituendo una donazione indiretta in favore dei beneficiari della polizza, debbano essere considerati per la riunione fittizia ai fini della ricostruzione della massa ex art. 556 c.c., quale posta del donatum, e per l'imputazione ex art. 564 c.c., tuttavia nel caso di specie nulla è specificato né richiesto sul punto da parte attrice. Pertanto, a causa delle allegazioni generiche sui premi versati delle polizze, non può tenersene conto nell'operazione di riunione fittizia. Il patrimonio ereditario, al lordo dei debiti, ammonta, quindi, ad euro 629.752,13. Quanto all'importo dei debiti da portare in detrazione, sono schematizzati nella CTU (pagg. 66-67) sulla base dei documenti allegati da parte attrice (docc. 12 - 25, 36, 53 - 56, 58-59) e da parte convenuta Fe. Fr. (docc. 11-13). Il totale dei debiti ammonta, dunque, ad euro 51.061,16 (già pagati da Fe. Fr. per euro 12.700 e da Tizio ... per euro 24.499,80 + 13.861,36). Al patrimonio netto (euro 578.690,97) ottenuto dalla sottrazione dei debiti dal relictum, andrà aggiunto il valore di euro 245.000 del bene immobile situato in Bologna, via Via (...) n. (...), censito al NCEU al foglio (...), mapp. (...), sub. 41, donato in vita dalla de cuius al fratello, odierno convenuto, con atto dell'1.8.2017 a rogito Notaio Dr. ...(Rep. 71048, Racc. 35610), successivo al testamento del 24.1.2017 (in cui detto bene era riservato al medesimo fratello). Si otterrà il totale di euro 823.690,97 sul quale deve essere calcolata la quota di riserva e la residua disponibile. In particolare, la quota di riserva deve essere calcolata ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 556 e 540, c. 1, c.c. e può essere pertanto quantificata in euro 411.845,485 (629.752,13 relictum - 51.061,16 debiti + 245.000 donatum = 823.690,97 : 2 = 411.845,485). Per differenza, può calcolarsi quanto del patrimonio ereditario è costituito dalla quota disponibile, al netto dei debiti, secondo il seguente calcolo: 823.690,97 - 411.845,485 = 411.845,485. Al fine di stabilire la quota del legittimario che va riconosciuta per l'effettiva reintegra, tale ultimo importo andrà poi rapportato al patrimonio netto per conoscerne la percentuale e rapportare ad essa anche i debiti di cui dovrà rispondere il coniuge. Secondo l'orientamento della Suprema Corte, infatti, la quota di riserva va determinata al lordo dei debiti, in modo da permettere al legittimario stesso di avere una partecipazione alla massa che gli assicuri l'utile netto della riserva, ma con un incremento che gli permetta altresì di fare fronte in percentuale alla quota di riserva anche ai debiti ereditari (v. da ultimo Cass. n. 35738 del 21/12/2023). Dal calcolo discende che la quota di riserva è pari al 71,1684658% del patrimonio netto (411.845,485 rapportato al patrimonio netto di euro 578.690,97). Nella stessa percentuale, va calcolato l'effettivo ammontare della quota spettante sul patrimonio al lordo dei debiti (629.752,13 x 71,1684658%) per un totale pari ad euro 448.184,929 (che comprende anche i debiti pro quota, come di seguito calcolati). Avendo previsto la de cuius una ripartizione della massa ereditaria in tre quote uguali tra gli eredi designati, le disposizioni testamentarie ledono quindi la quota di riserva pari alla metà dell'asse. Pertanto, la lesione è pari ad euro 243.267,552 così calcolata: 448.184,929 (quota di riserva al lordo dei debiti) - 204.917,377 (pari ad 1/3 del patrimonio lordo di euro 629.752,13, detratto il legato e così per euro 614.752,13). Le disposizioni testamentarie vanno, dunque, ridotte per assicurare al legittimario la sua quota di spettanza, come sopra calcolata. L'attore ha chiesto, inoltre, riconoscersi il suo diritto di abitazione sulla casa coniugale e di uso dei mobili che la corredano. Ai sensi dell'art. 540 comma 2 c.c., tali diritti gravano sulla quota disponibile fino alla concorrenza della stessa e, per l'eventuale eccedenza, sulla quota di legittima del coniuge, prima, e dei figli in via residuale. Si tratta di legati ex lege che il coniuge consegue automaticamente al momento dell'apertura della successione (v. Cass. n. 4008/2023; cfr. Cass. n. 15667/2019; n. 4329/2000; v. altresì, in materia di successione intestata, Cass., S.U., n. 4847/2013), anche nella successione testamentaria, indipendentemente ed a prescindere dall'accettazione dell'eredità. L'acquisto dei diritti a beneficio del coniuge si realizza così sempre e invariabilmente, qualunque sia il valore dei diritti sulla casa familiare e qualunque sia il valore degli altri beni confluiti nell'asse, perchè altrimenti la finalità della norma cogente (consentire al coniuge di conservare l'abituale habitat) rimarrebbe frustrata. E' stato esattamente osservato che la norma introduce un'eccezione al principio di intangibilità della legittima sancito dall'art. 549 c.c.: in senso qualitativo, i due diritti gravano invariabilmente sulla quota di tutti i coeredi, anche se legittimari, alla quale viene sottratta una frazione corrispondente di godimento della casa. Affinchè vengano riconosciuti i suddetti diritti al coniuge superstite, è necessario che ricorra il presupposto soggettivo dell'esistenza di un valido matrimonio al tempo dell'apertura della successione, nonchè il presupposto oggettivo che la casa sia adibita a residenza familiare e che la casa stessa ed i beni mobili che la corredano siano di proprietà del defunto o comuni. Nel caso che ci occupa è provato che al momento dell'apertura della successione (2.5.2018), la de cuius e l'attore fossero legati da un valido vincolo matrimoniale, per aver contratto matrimonio in data 5.3.2018 (v. certificato di matrimonio - all. 1 attore). Quanto al requisito oggettivo, l'attore ha prodotto il certificato storico di residenza della de cuius (all. 37 attore) da cui si evince che dal 26.11.2015 alla data della morte, la stessa ha risieduto nell'abitazione di via Lenzi, di sua esclusiva proprietà. A riprova della sua convivenza con la de cuius in quella stessa abitazione, l'attore ha prodotto alcune fatture a lui intestate relative all'acquisto di mobilio ed accessori destinati ad essere collocati nella medesima abitazione (all. 35), nonché la distinta di pagamento del 26.09.2018 afferente alla gestione condominiale 2018/2019 (all. 36). Inoltre, la situazione di convivenza si evince chiaramente dalla stessa scheda testamentaria, che contiene una significativa e dirimente indicazione dell'attore come "compagno e convivente" della de cuius. Non vi è dubbio, dunque, che i due abbiano convissuto nell'abitazione di via Ugo Lenzi in Bologna, dove entrambi avevano fissato la propria residenza, e che tale immobile abbia rappresentato la loro dimora e la sede dello svolgimento della loro vita, prima affettiva, poi anche coniugale. All'attore spetta, dunque, il valore del diritto di abitazione sulla casa coniugale e sui mobili che la corredano, a mente dell'art. 540 comma 2 c.c.. Il valore relativo a tali diritti può essere calcolato secondo i criteri utilizzabili per il calcolo dell'usufrutto (in tal senso Cass. n. 14406 del 5.06.2018) ed andrà a gravare sulla quota disponibile, ai sensi dell'art. 540 comma 2 c.c. (Cass. n. 4008/2023; Cass. n. 26741/2017). In particolare, la giurisprudenza della Suprema Corte ha avuto modo di precisare che: 1) la disposizione di cui all'art. 540 c. 2 c.c. determina un incremento quantitativo della quota contemplata in favore del coniuge, in quanto i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la corredano (quindi il loro valore capitale) si sommano alla quota riservata al coniuge in proprietà; 2) la norma stabilisce che i diritti di abitazione e di uso gravano, in primo luogo, sulla disponibile, con la conseguenza che, come prima operazione, deve calcolarsi la disponibile sul patrimonio relitto ai sensi dell'art. 556 c.c., e in seguito a determinarsi la quota di riserva; 3) calcolata la quota del coniuge nella successione testamentaria in base al combinato disposto degli artt. 540 comma 1 e 542 c.c., alla quota di riserva così ricavata si devono aggiungere i diritti di abitazione e di uso in concreto, il cui valore viene a gravare sulla disponibile; 4) se la disponibile non è sufficiente, i diritti di abitazione di uso gravano, anzitutto, sulla quota di riserva del coniuge, che viene ad essere diminuita della misura proporzionale a colmare l'incapienza della disponibile e, se neppure la quota di riserva del coniuge risulta sufficiente, i diritti di abitazione e di uso gravano sulla riserva dei figli o degli altri legittimari (in questi termini cfr. Cass. n. 9651/2013). In altre parole, in materia di diritti riservati ai legittimari, la determinazione della porzione disponibile, su cui devono gravare in primo luogo i diritti, in favore del coniuge, di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, e delle quote di riserva, deve avvenire considerando il valore del relictum (e del donatum, se vi sia stato), comprensivo del valore della casa familiare in piena proprietà (Cass. n. 9651/2013). Tale conclusione non si pone in contraddizione con la pronuncia della Suprema Corte a S.U. n. 4847/2013, la quale ha stabilito che "il valore capitale di tali diritti deve essere stralciato dall'asse ereditario per poi procedere alla divisione di quest'ultimo tra tutti i coeredi secondo le norme della successione legittima, non tenendo conto dell'attribuzione dei suddetti diritti secondo un meccanismo assimilabile al prelegato". L'ipotesi considerata dalla pronuncia a Sezioni Unite è quella della sola successione legittima, laddove "non si pone in radice un problema di incidenza dei diritti degli altri legittimari per effetto dell'attribuzione dei diritti di abitazione e di uso al coniuge"; cosicché le disposizioni previste dall'art. 540 c.c., comma 2, finalizzate "a contenere in limiti ristretti la compressione delle quote di riserva dei figli del de cuius in conseguenza dell'attribuzione al coniuge dei diritti suddetti", "non possono evidentemente trovare applicazione in tema di successione intestata". Ciò detto, può procedersi al calcolo dei diritti dell'attore quale coniuge superstite. La CTU non ha proceduto a stimare il diritto di abitazione spettante al coniuge. Tale diritto, tuttavia, deve essere quantificato secondo i principi enunciati dalla Suprema Corte e sopra richiamati; una volta stimato, il relativo valore dovrà essere imputato sulla quota disponibile. In base al calcolo operato dal CTP di parte attrice, il diritto di abitazione sulla casa coniugale (che si estende sulle relative pertinenze) può essere calcolato nel seguente modo: Abitazione: -Rendita annua (valore piena proprietà x tasso interesse legale): Euro 364.000,00 x 0,3% = Euro 1.092 -Valore usufrutto (rendita annua x coeff. età beneficiario): Euro 1.092 x 177,5 = Euro 193.830,00 Posto auto: Rendita annua (valore piena proprietà x tasso interesse legale): Euro 25.000,00 x 0,3% = Euro 75 Valore usufrutto (rendita annua x coeff. età beneficiario): Euro 75 x 177,5 = Euro 13.312,50. Per un totale di euro 207.142,50. I diritti in esame si aggiungono alla quota già riservata al coniuge (Cass. 26741/2017). Il valore del diritto di abitazione sulla casa coniugale grava, come detto, sulla disponibile, che pertanto si riduce ad euro 204.702,985 (411.845,485 - 207.142,50); tale valore esprime la quota di cui la de cuius poteva liberamente disporre. Posto che il valore della disponibile è inferiore al valore dell'immobile donato al fratello dalla de cuius (euro 245.000), la donazione va ridotta per l'esubero, pari ad euro 40.297,015 (245.000 - 204.702,985). A questo punto, viene in rilievo l'art. 560 c.c., che disciplina la riduzione di donazione avente ad oggetto beni immobili. Nel caso di specie, attesa la natura, la conformazione e l'estensione del bene immobile oggetto di donazione, deve ritenersi che la riduzione non possa essere effettuata attraverso la separazione dal bene della parte occorrente per reintegrare la quota di legittima. Pertanto, deve procedersi secondo le previsione di cui al secondo comma dell'art. 560 c.c.. Si è visto che l'eccedenza del donatario è pari ad euro 40.297,015; essa, dunque, non supera il quarto della porzione disponibile (411.845,485: 4 = 102.961,371). Pertanto, il donatario può trattenere l'immobile ed è tenuto a liquidare in favore dell'attore, a titolo di compensazione, la somma pari all'eccedenza di euro 40.297,015. Ne discende che all'attore viene assegnato l'intero patrimonio relitto e che di conseguenza non deve darsi luogo alla divisione di alcun bene, restando la relativa domanda assorbita. Da ultimo, quanto ai debiti ereditari, essi gravano interamente sull'attore, ai sensi dell'art.752 c.c., per via della totale attribuzione al predetto dei beni ereditari e della quantificazione della sua quota di riserva al lordo dei debiti; conseguentemente la domanda volta a regolare i rapporti debiti-crediti tra le parti deve ritenersi assorbita. Non avendo la convenuta avanzato domanda di rifusione delle somme versate a pagamento dei debiti ereditari, nulla deve statuirsi circa la refusione in suo favore. Vanno infine regolamentate le spese di lite. Nel caso di specie, le questioni affrontate nel giudizio hanno visto la soccombenza delle parti convenute, essendo state accolte le domande attoree nella totalità e dichiarate inammissibili le domande dei convenuti. Pertanto, le spese di lite, liquidate secondo i parametri medi di cui al D.M. 147/2022 per le fasi di studio, introduttiva, di trattazione e decisionale (in considerazione dell'ammontare dalla massa da dividere, anch'essa oggetto di controversia, ex art. 5 D.M. 55/14), vanno poste a carico delle parti convenute soccombenti. Le spese di CTU, come separatamente liquidate, sono poste definitivamente a carico delle parti in via solidale, essendo stata la CTU necessaria ad accertare il valore dell'asse. Va disposta la trascrizione della presente sentenza nei Registri Immobiliari, con esonero del Conservatore da ogni responsabilità. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: -dichiara aperta la successione testamentaria e necessaria della de cuius Sempronia, deceduta in Bologna il 2.5.2018; - accerta e dichiara che l'asse ereditario relitto da Sempronia, è composto da: - appartamento in Bologna, Via (...) n. 1, censito in NCEU al foglio (...), mapp. (...), sub. 31, zona 1, cat. A/2, cl. 3, consistenza 7 vani, sup. catastale 153,00 mq, Rendita Euro 1.699,14; - quota di 120/4440 di autorimessa sita in Bologna, Via (...) n. (...), piano seminterrato, censita al NCEU al foglio (...), mapp. (...), sub. 46, zona cens. 1, cat. C/6, cl. 4, consistenza 540,00, mq, sup. catastale 545,00 mq, Rendita Euro 6.163,40; - beni mobili relitti presenti all'interno della abitazione sita in via Lenzi n. 1, di valore stimato in euro 22.620; - opera in acquaforte "Natura Morta" di Giorgio Morandi, stimata in euro 15.000; - giacenze bancarie così suddivise: - saldo conto corrente n. ...presso Crédit Agricole di euro 50.472,96; - quota di 1/2 del saldo di conto corrente n. ...presso Crédit Agricole pari ad euro 24.105; - saldo carta prepagata Banca ... di euro 8,90; - dossier Titoli presso ... n.... di euro 122.325; - saldo conto corrente ING n. ...di euro 5.175; - ratei di stipendio di euro 1.045; - dichiara che all'attore Tizio ..., in qualità di coniuge della de cuius Sempronia, è riservata la quota di 1/2 dell'asse ereditario come ricostruito, oltre al diritto di abitazione sulla casa coniugale (appartamento in Bologna, Via ....e quota di 120/4440 dell'autorimessa di pertinenza sita in in Bologna, Via....) e di uso sui beni che la corredano; - accerta la lesione della quota di riserva spettante all'attore ad opera delle disposizioni testamentarie dalla de cuius Sempronia di cui al testamento olografo del 24.1.2017 pubblicato il 15.5.2018 (rep. N...., racc. n. 36045) e, per l'effetto, riduce le disposizioni testamentarie in favore dei convenuti e ne dichiara l'inefficacia nella misura della lesione della quota di spettanza dell'attore, come accertata in parte motiva; - dichiara la riduzione della donazione disposta da Sempronia in favore di Caio con atto dell'1.8.2017 a rogito Notaio Dr. ...(Rep...., Racc....), del bene immobile situato in Bologna, via Via (...) n. (...), censito al NCEU al foglio (...), mapp. (...), sub. 41, fino alla concorrenza di euro 40.297,015 e, per l'effetto, accerta il diritto di Fe. di ritenere il predetto immobile e dichiara tenuto lo stesso a versare in favore dell'attore, a titolo di compensazione, la somma di euro 40.297,015; - dichiara inammissibili le domande riconvenzionali proposte dalle parti convenute per le ragioni indicate in parte motiva; - condanna i convenuti in solido a rifondere all'attore le spese di lite che si liquidano in euro 1.686,00 + 25,00 + 35,82 + 1.921 per spese esenti, euro 29.193 per compensi, oltre spese generali, IVA e CPA se dovuti e nelle aliquote di legge; - le spese di CTU, come separatamente liquidate, sono poste definitivamente a carico delle parti in via solidale; - ordina la trascrizione della presente sentenza nei Registri Immobiliari territorialmente competenti, con esonero del Conservatore da qualsivoglia responsabilità al riguardo. Così deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio dell'8 febbraio 2024.
CORTE D'APPELLO DI BOLOGNA Sezione I Civile Riunita in Camera di Consiglio nelle persone dei Magistrati Dottor Paola Montanari Presidente rel. Dottor Antonella Allegra Consigliere Dottor Rosario Lionello Rossino Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile in grado d'appello iscritta al n. 1719 del ruolo generale dell'anno 2017 promossa da TIZIA (rappresentata dall'AdS Avv.to ..(...)) rappresentata e difesa dagli Avv.ti ..(...) e ...per procura allegata all'atto di citazione nel giudizio d'appello Appellante contro FILANO MEVIO CAI rappresentati e difesi dagli Avv.ti ...per procura posta a margine della comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado Appellati e appellanti incidentali In punto a: appello avverso la sentenza n. 433/17 emessa dal Tribunale di Rimini e depositata in Cancelleria il 14-4-2017 CONCLUSIONI DELLE PARTI Conclusioni per Tizia: come da note depositate telematicamente per l'udienza del 4-7-2023 tenuta con le modalità di cui all'art. 127 ter cpc, come novellato dall'art. 3 del D. Lg.vo 149/2022 Conclusioni per Filano, Mevio e Caia: come da note depositate telematicamente per l'udienza del 4-7-2023 tenuta con le modalità di cui all'art. 127 ter cpc, come novellato dall'art. 3 del D. Lg.vo 149/2022 LA CORTE udita la relazione della causa fatta dal Consigliere relatore dott. Paola Montanari; viste le conclusioni assunte dai procuratori delle parti per l'udienza del 4-7-2023, letti ed esaminati atti e documenti del processo, ha così deciso: Svolgimento del processo Con atto di citazione ritualmente notificato, Tizia, rappresentata dall'Amministratore di Sostegno provvisorio, avv. (...), conveniva in giudizio Filano, Mevio e Caia chiedendo all'adito Tribunale: a) accertare che la dichiarazione di rinuncia all'eredità è stata formulata in stato di incapacità di intendere e di volere e, per l'effetto, dichiararne l'annullamento, b) accertare l'avvenuta lesione di legittima e, per l'effetto, dichiarare l'inefficacia della disposizione testamentaria lesiva della quota di riserva, disporre la reintegrazione della legittima mediante la proporzionale riduzione delle predette disposizioni testamentarie eccedenti la quota di cui il de cuius, signor Tiberio, poteva disporre, nei limiti della quota medesima e quindi devolvere alla signora Tizia l'eredità ad essa spettante, c)conseguentemente dichiarare la qualità di coerede della signora Tizia riconoscendole la titolarità ai sensi e per gli effetti dell'art. 540, 2° comma, c.c. del diritto di abitazione della casa famigliare sita in Rimini..., nonché del diritto di uso dei mobili che la corredano e riconoscendole, altresì, la contitolarità del diritto di proprietà del suddetto immobile pari al valore di un quarto ai sensi dell'art. 542 comma 2°, c.c. Filano, Mevio e Caia si costituivano in giudizio chiedendo che la domanda fosse dichiarata improcedibile per intervenuta prescrizione del diritto di impugnazione o fosse rigettata; in subordine, che fosse detratto dalla legittima quanto già percepito dal de cuius a titolo di donazione. Con sentenza n. .../2017, pubblicata il 14-4-2017 e notificata il 9-5-2017, il Tribunale di Rimini rigettava la domanda, compensava integralmente tra le parti le spese di lite, ponendo a carico di entrambe le spese di CTU. Con atto di citazione in appello notificato in data 8-6-2017, Tizia, rappresentata dall'Amministratore di Sostegno, avv.to ...(...), giusto provvedimento di autorizzazione del GT del Tribunale di Rimini del 7-6-2017, ha impugnato la citata sentenza chiedendo l'accoglimento delle domande già avanzate nel giudizio di primo grado, quindi la devoluzione alla signora Tizia dell'eredità ad essa spettante o, almeno, il riconoscimento della titolarità, ex art. 540 comma 2° c.c., del diritto di abitazione della casa familiare sita in Rimini, ..., nonché del diritto di uso dei mobili che la corredano. Filano, Mevio e Caia si sono costituiti in giudizio chiedendo il rigetto dell'avversa impugnazione e appellando a propria volta, in via incidentale, la medesima sentenza onde ottenere la condanna di Tizia a rifondere loro le spese relative al giudizio di primo grado. All'udienza del 4-7-2023, tenuta con le modalità di cui all'art. 127 ter cpc, come novellato dall'art. 3 del D.Lg.vo 149/2022, la causa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti nelle note depositate in via telematica. Motivi della decisione L'appellante ha dedotto: -l'incongruenza e la non esaustività della CTU in quanto, dopo essere giunto ad una diagnosi di patologia ben più grave di quella dichiarata dall'attrice e dopo aver rilevato che, in data precedente all'atto di rinuncia all'eredità, a Tizia era stata somministrata una terapia farmacologica considerevole, il CTU aveva concluso per la capacità di intendere e di volere di Tizia in quanto il Notaio..., rogando l'atto, l'avrebbe ritenuta capace; -che, così facendo, il CTU non ha dato compiuta risposta al quesito postogli donde la necessità di una rinnovazione ovvero di una integrazione della CTU che il primo giudice non ha ammesso; -che, con sentenza n. 9163/2005, le SSUU penali della Corte di Cassazione hanno stabilito che anche i disturbi della personalità possono costituire causa idonea ad escludere o ridurre la capacità di intendere e di volere del soggetto agente, dando così al concetto di infermità un significato più ampio di quello rigido di malattia; -che secondo quanto affermato dalla Suprema Corte i diritti spettanti al coniuge superstite, tra cui quello di abitazione ai sensi dell'art. 540 c.c., sono diritti prelegati oltre alla sua quota di riserva e non già diritti che devono essere distribuiti al coniuge in sede di divisione; -che la natura di legato ex lege comporta che il coniuge acquisti tale diritto anche nel caso di rinuncia all'eredità; -che, secondo la pronuncia della Cassazione n. 1921/2008, con l'apertura della successione il coniuge diviene titolare del diritto reale di abitazione della casa adibita a residenza familiare in base al combinato disposto degli artt. 540 e 1022 c.c. e, quindi, non a titolo successorio, bensì a diverso titolo costitutivo, fondato sulla qualità di coniuge; -che, pertanto, il coniuge che rinuncia all'eredità o che venga escluso dalla stessa a seguito di un testamento mantiene comunque il diritto di abitazione. L'appello è parzialmente fondato. Va, preliminarmente, chiarito che nonostante l'attrice-appellante faccia riferimento ad una "rinuncia all'eredità", l'appellata sentenza argomenta in merito alla dichiarazione con cui Tizia ha prestato acquiescenza alle disposizioni testamentarie rinunciando all'azione di riduzione. In tal senso è, infatti, il tenore della dichiarazione resa da Ferreira Maria davanti al notaio ...al momento della pubblicazione del testamento olografo redatto da Tiberio il 5-7-2006. Con il primo motivo d'appello, Tizia lamenta la contraddittorietà e lacunosità della CTU effettuata nel primo giudizio posto che, pur dando atto del grave disturbo Borderline di personalità da cui era affetta Tizia fin dal 1995, il CTU conclude affermando la di lei capacità di intendere e volere al momento della dichiarazione "poiché l'esimio dott. ...in quanto Notaio rinomato, l'avrebbe ritenuta tale rogando l'atto". In realtà, l'adesione alla valutazione peritale effettuata dal primo giudice è sorretta da plurime e specifiche ragioni che l'appellante non ha contrastato specificamente. Tenuto conto di una domanda avanzata ai sensi dell'art. 428 c.c. ed esposti i principi espressi dalla giurisprudenza in relazione a tale domanda, il primo giudice ha sottolineato: 1) che la sussistenza di una specifica patologia non è condizione necessaria ai fini dell'incapacità naturale, ma neppure può ritenersi condizione sufficiente, essendo comunque richiesta una compromissione delle facoltà intellettive o volitive del soggetto nel momento specifico in cui pone in essere l'atto; 2) che Tizia è affetta da disturbo borderline di personalità con sintomatologia prevalente di tipo ossessivo compulsivo e manifestazioni ansiose importanti, con diagnosi risalente al 1995 che è stata confermata dal CTU, 3) che con certificato del 19-12-2011 la dott.ssa..., medico psichiatra del CSM di Rimini aveva evidenziato che "spesso la paziente in periodi di stress si chiude in casa a letto, non riesce ad uscire richiedendo numerose visite domiciliari e mostrando crisi psicogene simil epilettiche o pseudo-crisi improvvise con grave ansia ed angoscia ...in tali periodi di crisi la capacità di comprendere pienamente la realtà e di trovare soluzioni è affievolita", 4) che se scoperta l'esistenza del testamento e preso atto delle ultime volontà del de cuius Tizia fosse stata colta da una crisi dissociativa di distacco dal reale, la crisi avrebbe assunto tratti sicuramente manifesti e percepibili da parte di chiunque, stante la loro oggettiva evidenza, ed i tratti sarebbero stati vieppiù riscontrabili da parte di un professionista, il notaio, deputato alla verifica preliminare dei presupposti di validità degli atti dal medesimo rogati, 5) che l'assenza di riscontri oggettivi della supposta crisi dissociativa è ulteriormente confermata dagli eventi successivi alla pubblicazione del testamento, atteso il contenuto della cartella clinica redatta dai medici del DSM di Rimini, ed il fatto che, successivamente, Tizia aveva assunto un comportamento coerente con la dichiarazione resa al Notaio non avendo mai agito in senso contrario, 6) che la sottoscrizione di un atto per sé pregiudizievole non costituiva un indizio certo dell'asserita incapacità naturale. Il Tribunale ha, quindi, concluso per la capacità di intendere e volere di Tizia al momento della dichiarazione resa al Notaio non perché quest'ultimo l'avrebbe ritenuta capace, ma per la mancanza sia durante che dopo la dichiarazione resa al notaio di elementi oggettivi dai quali desumere che tale dichiarazione era stata effettuata in una situazione di "crisi" derivante dalla "patologia", idonea ad influire sulla capacità di intendere e volere della dichiarante. L'atto d'appello non indica elementi di prova specifici a confutazione di tale assunto, cioè che contrastino specificatamente con la valutazione del materiale istruttorio effettuata dal primo giudice, onde la richiesta di rinnovazione della CTU o di convocazione del CTU a chiarimenti risulta essere inammissibilmente esplorativa. Né può soccorrere la dettagliata disamina dei documenti contenuta nella comparsa conclusionale posto che i vizi della sentenza devono essere censurati con l'atto d'appello non essendo deducibili motivi nuovi nel corso del giudizio (Cfr. Cass. Ordin. 14434/2019). Né l'atto d'appello contiene censure sulla distribuzione dell'onere della prova effettuato dal primo giudice e in base al quale l'insufficienza del quadro probatorio a dimostrare, in termini di elevata probabilità, la sussistenza di uno stato di incapacità naturale di Tizia al momento della dichiarazione necessariamente si risolve in senso sfavorevole alla stessa, ritenuta gravata del relativo onere. Fondate sono, invece, le doglianze con cui l'appellante censura il rigetto da parte del primo giudice della pretesa vantata dall'attrice ai sensi dell'art. 540, 2° comma c.c. Errata è, infatti, l'affermazione del primo giudice secondo cui il coniuge privato di tale diritto ha l'onere di esperire l'azione di riduzione per ottenerne il reintegro sicché l'eventuale rinuncia a tale azione da parte del legittimario leso non può che avere effetti abdicativi. La Suprema Corte di Cassazione afferma, infatti: che con l'apertura della successione, il coniuge diviene titolare del diritto reale di abitazione della casa adibita a residenza familiare, riconosciuto dall'art. 540, comma secondo, c.c., non a titolo successorio derivativo, bensì a diverso titolo costitutivo, fondato sulla qualità di coniuge, che prescinde dai diritti successori (Cass. Sent. 1920/2008); e, ancora, che il valore dei diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili chela corredano di cui all'art. 540, 2° comma, c.c. deve essere detratto dall'asse prima di procedere alla divisione dello stesso tra tutti i coeredi, secondo un meccanismo assimilabile al prelegato, che spetta in aggiunta alla quota attribuita dagli artt. 581 e 582 c.c. (cfr. Cass. Civ. Sent. 8400/2019, SS.UU. 18354/13 e 4847/2013). Ne scaturisce come logica conseguenza che anche in presenza di un'attribuzione testamentaria della casa familiare o dei mobili che la arredano in favore di terzi, il coniuge superstite potrà invocare "ipso iure" l'acquisto di tali diritti, senza dover ricorrere all'azione di riduzione (cfr. Cass. Ordin. 15667/2019). La volontà espressa da Tiberio il 5-7-06 di limitare a cinque anni il godimento dell'abitazione da parte "della compagna" Tizia, risulta superata dai diritti a quest'ultima spettanti in virtù del matrimonio intervenuto il 29-9-2006, successivamente alla redazione del testamento, e la rinuncia all'azione di riduzione espressa davanti al Notaio ...non ha privato Tizia del legato derivantele ex lege dall'art. 540, 2° comma c.c., ed acquisito per la sola qualità di coniuge, senza alcuna necessità di agire in riduzione. In parziale accoglimento dell'appello va, quindi, riconosciuta a Tizia la titolarità ex art. 540, comma secondo, c.c. del diritto di abitazione della casa familiare, sita in Rimini, ..., distinta al Catasto Fabbricati di detto comune al foglio 65, particella 276 sub 31, nonché il diritto di uso dei mobili che la corredano. La riforma totale o parziale della sentenza appellata determina caducazione anche del capo relativo alle spese di lite l'onere delle quali va, poi, ripartito tenendo presente l'esito complessivo della lite (cfr. Cass. Civ. sent. 18837/10 e 15483/08). Il parziale accoglimento della domanda avanzata da Tizia giustifica ex art. 91 cpc, la compensazione in ragione del 50% delle spese relative sia al giudizio di primo grado che al presente giudizio, come liquidate in dispositivo ex DM 147/2022, atteso che l'attività difensiva è stata ultimata dopo la sua entrata in vigore (23 ottobre 2022), esclusa per il presente giudizio la fase istruttoria in quanto non svolta, con conseguente condanna di Filano, Mevio e Caia in via solidale, a rifondere il restante 50%. PQM LA CORTE In parziale riforma della sentenza n. 433/2017 emessa dal Tribunale di Rimini, 1) riconosce a Tizia la titolarità ex art. 540, comma secondo, c.c. del diritto di abitazione della casa familiare, sita in Rimini, ..., distinta al Catasto Fabbricati di detto comune al foglio ..., particella ... sub 31, nonché il diritto di uso dei mobili che la corredano; 2) liquida le spese relative al giudizio di primo grado in complessivi euro 9.000,00 e, dichiarate dette spese compensate tra le parti in ragione del 50%, condanna Filano, Mevio e Caia in via solidale, a rifondere il restante 50%; 3) conferma nel resto l'appellata sentenza; 4) liquida le spese relative al presente giudizio in complessivi euro 7.000,00 e, dichiarate dette spese compensate tra le parti in ragione del 50%, condanna Filano, Mevio e Caia, in via solidale, a rifondere il restante 50%. Bologna, 23 gennaio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Bologna SECONDA SEZIONE CIVILE Il Giudice, dott.ssa Pierangela Congiu, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 14364/2020 TRA Te. S.P.A., c.f.: (...), elett.te dom.to/a in VIA (...) 56127 PISA presso lo studio dell'Avv. CH.GI., c.f.: (...), dalla quale è rappresentato/a e difeso/a in virtù di procura allegata all'atto di citazione - ATTRICE E Eu. S.R.L., c.f.: (...), elett.te dom.to in CORSO (...) 44100 FERRARA, presso lo studio dell'Avv. TA.AL., c.f.: (...), dal quale è rappresentato/a e difeso/a in virtù di procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta - CONVENUTA RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Si richiamano interamente gli atti ed i documenti di causa. La causa è stata adeguatamente istruita e si reputa matura per la decisione. Il principio della ragione più liquida permette di accogliere l'eccezione della società opponente con cui, affermando di non aver mai ordinato né ricevuto la merce indicata nelle fatture n. (...) e (...), allegate al ricorso per decreto ingiuntivo, nonché nelle ulteriori fatture emesse dalla convenuta nel corso degli anni 2019 e 2020 (identificate con i seguenti numeri: (...), (...), (...),(...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...),(...), (...) (la cui merce era stata consegnata solo parzialmente), (...), (...),(...), (...), (...)) ed integralmente pagate dalla società attrice per Euro 74.117,14, deduce sostanzialmente l'inesistenza sia del titolo azionato in via monitoria dall'opposta, sia del titolo posto alla base dell'emissione da parte dell'opposta di alcune fatture emesse tra il 2019 ed il 2020 (sopra citate), portanti somme non dovute ed indebitamente pagate dall'opponente, così assorbendosi ogni ulteriore questione. La società Eu. s.r.l. ha agito in via monitoria nei confronti della società Te. SPA per ottenere il pagamento del corrispettivo a lei spettante per la fornitura della merce, indicata nelle fatture allegate al ricorso monitorio, allegando l'inadempimento della controparte, consistito nel non aver pagato il prezzo pattuito. È pacifico in giurisprudenza che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si configura come giudizio ordinario di cognizione e si svolge seconde le norme del procedimento ordinario nel quale incombe, secondo i principi generali in tema di onere della prova, a chi fa valere un diritto in giudizio il compito di fornire gli elementi probatori a sostegno della propria pretesa. Pertanto, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di prestazioni, spetta a chi fa valere tale diritto fornire la prova del fatto costitutivo, non potendo la fattura e l'estratto delle scritture contabili, già costituenti titolo idoneo per l'emissione del decreto, costituire fonte di prova in favore della parte che li ha emessi. In tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero ( come nel caso di specie) per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento (vedi Cass. Sez. U, Sentenza n. 13533 del 30/10/2001). Nel caso la domanda abbia ad oggetto l'adempimento, l'orientamento pressoché unanime in dottrina e giurisprudenza ritiene che all'attore spetti esclusivamente l'onere di provare il titolo dal quale deriva l'obbligazione. Identificato il fatto costitutivo della pretesa attorea con la fonte negoziale o legale dell'obbligazione, è onere del convenuto eccepire l'inefficacia di tali fatti, portando la prova dell'adempimento. Tale regola generale deve essere integrata dai seguenti rilievi: in caso di presenza di un termine, il creditore deve provarne la scadenza ; inoltre, se il creditore domanda il pagamento di una somma determinata, spetta a lui provare l'ammontare del credito. Secondo la regola generale sopra indicata, quindi, era onere della parte opposta, attrice in senso sostanziale, dimostrare non solo l'esistenza del titolo posto alla base della propria domanda, ma anche l'ammontare del credito. Tuttavia, tale prova non è stata fornita nel corso del processo. In particolare, non si ritengono utili al fine di dimostrare la conclusione del rapporto contrattuale e l'esatto ammontare del corrispettivo pattuito tra le parti, la produzione da parte della società convenuta degli ordini asseritamente formulati dalla società opponente per il tramite del suo dipendente, addetto all'Ufficio Logistica di Te., sig. F.M.. In proposito, si osserva che l'allegazione di parte attrice opponente, relativa al fatto che gli ordini di cui si tratta sono stati commissionati dal sig. M., oltre a non essere stata mai specificamente contestata dalla parte opposta, la quale si è limitata a negare un proprio coinvolgimento nell'eventuale illecito posto in essere dal dipendente dell'attrice ed a rilevare come gli ordini siano partiti da un dipendente della Te., risulta confermata anche dai documenti prodotti dalla stessa parte convenuta (doc. 2 convenuta). Secondo la prospettazione di entrambe le parti, supportata dalla documentazione in atti, oltre che dall'esito dell'istruttoria orale (vedi, in particolare le dichiarazioni rese sul punto dal teste A.C. all'udienza del 26 gennaio 2023, il quale ha riferito che gli ordini di cui si discute sono stati tutti fatti dal M. e non anche dalla sig.ra Z., dipendente delegata all'effettuazione degli ordini per la società attrice dal gennaio 2020), gli ordini della merce indicata nelle fatture allegate al ricorso monitorio (docc. 1 e 2) ed all'atto di citazione (doc. 2 attrice) sarebbero stati commissionati dalla società attrice per il tramite del M., ovvero di un soggetto privo della legittimazione rappresentativa della società, con conseguente inefficacia dei contratti nei confronti della società rappresentata. Tale circostanza, infatti, non ha trovato adeguato riscontro nel corso del processo, da cui non è emerso che all'epoca degli asseriti ordini tale soggetto fosse munito dello specifico potere di rappresentare la società opponente. Secondo la giurisprudenza di legittimità: " In caso di contratto concluso da falsus procurator, la deducibilità nel giudizio costituisce una mera difesa poiché la sussistenza del potere rappresentativo in capo a colui che ha speso il nome altrui integra un elemento costitutivo della pretesa fatta valere dal terzo contraente, sicché non è soggetta alle preclusioni di cui agli artt. 167 e 345 cod. proc. civ., può essere dedotta dalla parte interessata e, ove il difetto risulti dagli atti, può essere rilevata d'ufficio dal giudice" ( vedi Cass., SU sent. n. 11377/2015). Secondo la Suprema Corte il contratto concluso dal falsus procurator non sarebbe temporaneamente vincolante anche per lo pseudo rappresentato, fino all'esercizio di un diritto potestativo, da parte di questo, di sciogliersi dall'efficacia; piuttosto il contratto sarebbe di per sé inefficace, salvo l'esercizio, da parte dello pseudo-rappresentato medesimo, del "diritto potestativo" di "imputarsi il contratto, realizzando, attraverso la ratifica, la condizione esterna di efficacia dello stesso, non quello di sciogliersi dal vincolo". Ciò si dedurrebbe, tra l'altro, dalla stessa lettera dell'art. 1388 c.c., a norma del quale il contratto concluso dal rappresentante in nome del rappresentato "produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato solo se concluso nei limiti delle facoltà conferite al rappresentante". La legge, dunque, pare condizionare proprio l'operatività del contratto (la sua efficacia nei confronti del rappresentato) alla sussistenza della legittimazione rappresentativa in capo al rappresentante (e non, viceversa, considerare tale effetto prodotto ope legis, salvo il potere del falsamente rappresentato di opporsi all'operatività del contratto). In questi termini, il difetto di rappresentanza in capo al falsus procurator non sarebbe un fatto impeditivo del diritto della controparte alla produttività di effetti del contratto, qualificabile come eccezione in senso stretto; al contrario, sarebbe la sussistenza del potere di rappresentanza a costituire una circostanza che ha la funzione specifica di rendere possibile che il contratto concluso dal rappresentante in nome del rappresentato produca direttamente effetto nei confronti del rappresentato: come tale, essa è ricompresa nel nucleo della fattispecie posta a base della pretesa e integra un elemento costitutivo della domanda che il terzo contraente intenda esercitare nei confronti del rappresentato. In sostanza, non è il difetto di rappresentanza ad essere una circostanza impeditiva della operatività del contratto, ma - al contrario - è la legittimazione rappresentativa, accanto allo scambio dei consensi e alla spendita del nome altrui ad essere piuttosto elemento strutturale e come ragione dell'operatività, per la sfera giuridica del rappresentato, del vincolo e degli effetti che da esso derivano. Ne consegue la mancata dimostrazione dell'esistenza sia del titolo posto alla base della domanda di condanna proposta dalla ricorrente, odierna convenuta, nei confronti della società attrice, sia del titolo giustificante l'emissione delle ulteriori fatture indicate in atto di citazione ed erroneamente pagate da parte opponente. Né tale carenza probatoria può essere superata dalla produzione delle fatture emesse dalla società opposta, trattandosi di atti unilaterali enuncianti una mera manifestazione di volontà dell'emittente. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, un documento proveniente dalla parte che voglia giovarsene, non può costituire prova in favore della stessa, né determina inversione dell'onere probatorio nel caso in cui la parte contro la quale è prodotto contesti il diritto, anche relativamente alla sua entità, oltreché alla sua esistenza. Pertanto, nel processo di cognizione che segue all'opposizione a decreto ingiuntivo, la fattura non costituisce fonte di prova, in favore della parte che l'ha emessa, dei fatti che la stessa vi ha dichiarato (tra le altre, vedi Corte di Cassazione, 23 giugno 1997, n. 5573). Ancora, la Suprema Corte, ha affermato che : " La fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla sua funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all'esecuzione di un contratto, s'inquadra tra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, e si struttura secondo le forme di una dichiarazione, indirizzata all'altra parte, avente ad oggetto fatti concernenti un rapporto già costituito, onde, quando tale rapporto, per la sua natura o per il suo contenuto, sia oggetto di contestazione tra le parti stesse, la fattura, ancorché annotata nei libri obbligatori, non può, attese le sue caratteristiche genetiche (formazione ad opera della stessa parte che intende avvalersene), assurgere a prova del contratto, e nessun valore, nemmeno indiziario, le si può riconoscere tanto in ordine alla corrispondenza della prestazione indicata con quella pattuita, quanto in relazione agli altri elementi costitutivi del contratto, tant'è che, contro ed in aggiunta al contenuto della fattura, sono ammissibili prove anche testimoniali dirette a dimostrare eventuali convenzioni non risultanti dall'atto, ovvero ad esso sottostanti" (Corte di Cassazione, 28 aprile 2004, n. 8126). Le fatture commerciali, pur essendo prove idonee ai fini dell'emissione del decreto ingiuntivo, hanno tal valore esclusivamente nella fase monitoria del procedimento, mentre nel giudizio di opposizione all'ingiunzione, come in ogni altro giudizio di cognizione, le fatture, essendo documenti formati dalla stessa parte che se ne avvale non integrano, di per sé, la piena prova del credito in esse indicato e non comportano neppure l'inversione dell'onere della prova in caso di contestazione sull'an o sul quantum del credito vantato in giudizio (Corte di Cassazione, n. 3090/1979; Corte di Cassazione 24 luglio 2000, n. 9685, Corte di Cassazione 25 novembre 1988). Alcun rilievo, poi, al fine di dimostrare l'efficacia del rapporto contrattuale dedotto in giudizio può essere attribuito ai documenti di trasporto prodotti dalla convenuta come doc. 2, recanti la sottoscrizione del dipendente M., in quanto relativi non alla fase genetica del rapporto, bensì alla sua eventuale esecuzione. Peraltro, si osserva come tali DDT non si reputino utili nemmeno sotto tale profilo (quello relativo alla prova dell'esecuzione del contratto), in quanto emessi in modo difforme (senza la sigla dei magazzinieri) rispetto alla collaudata prassi aziendale della Te. S.p.a., così come allegata da parte attrice e dimostrata in corso di causa. Invero, dall'istruttoria orale è emerso che la prassi aziendale di Te. S.p.a. prevedeva che l'ufficio logistica verificasse che il materiale relativo ad ogni ordine fosse ricevuto, scaricato e conforme al documento di trasporto. L'effettuazione di tale operazione di verifica era attestata dalla firma apposta dal magazziniere sul documento di trasporto. Solo dopo il controllo effettuato dall'ufficio magazzino, il documento di trasporto doveva essere convalidato dal sig. M. o dal Sig. A.C., che vi apponevano un ulteriore visto e conseguentemente veniva disposto il pagamento delle fatture. Si richiamano in proposito le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale dal legale rappresentante della società convenuta, il quale sentito all'udienza del 13 ottobre 2022 ha confermato che " Presso la società Te. S.p.a. negli anni 2019 - 2020 l'ufficio logistica verificava che il materiale relativo ad ogni ordine fosse ricevuto, scaricato e conforme al documento di trasporto" (vedi capitolo di prova n. 3 della memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c. di parte attrice) e che " Presso la società Te. S.p.a. negli anni 2019 - 2020 l'effettuazione dell'operazione di verifica della consegna era attestata dalla firma apposta dal magazziniere sul documento di trasporto " (vedi capitolo di prova n. 4 della memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c. di parte attrice). La suddetta prassi, poi, è stata confermata anche dai testi C.N., V.Z., A.C. e J.T.. In particolare, il teste C.N., sentito all'udienza del 13 ottobre 2022, sul capitolo di prova n. 3 della memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c. di parte attrice, ha riferito che: " L'ufficio logistica doveva verificarlo, nel caso specifico no. Solitamente quando arriva la merce in magazzino arriva con un DDT, la merce viene scaricata in magazzino, si fa il riscontro con l'ordine e poi il magazzino annota se c'è tutto; nel caso specifico il magazzino non ha mai riscontrato l'arrivo di questa merce perché i DDT venivano controfirmati per email da un nostro dipendente. ADR: Lo so dalle mail e so che la merce non è mai arrivata in magazzino perché sia io che i miei colleghi non abbiamo mai avuto riscontro di questa merce.". Inoltre, il teste, sentito sul capitolo di prova n. 4 della memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c. di parte attrice ha dichiarato: " L'ufficio logistica fotocopia la bolla, una volta arrivata la merce, facendo un controllo documentale, poi il trasportatore va in magazzino con la bolla, la merce viene scaricata, si verifica entità merce e peso, e se tutto va bene e corrisponde, il magazziniere apponeuna sigla sulla copia del DDT, poi l'ufficio logistica, vista la copia siglata, può firmare l'originale della bolla e far uscire l'autista". Ancora, il teste ha confermato la mancanza della sigla dei magazzinieri sui documenti di trasporto relativi alle fatture emesse da Eu. S.r.l. negli anni 2019 - 2020. Ancora, il teste C.A., impiegato presso Te. S.p.a., sentito all'udienza del 26 gennaio 2023, ha specificato che la consegna della merce era attestata da firma apposta dal magazziniere sulla fotocopia di un documento di trasporto, successivamente verificata dal suo ufficio che controllava che il magazziniere avesse svolto in maniera corretta la propria mansione. Inoltre, il teste ha confermato che nei DDT relativi alla merce contestata non vi era alcuna firma del magazziniere, specificando anche che in corrispondenza del timbro Te. vi erano delle sigle, ma nonostante egli fosse l'addetto alla ricezione dei materiali, le iniziali non erano sue. Inoltre, il teste T.J., capo magazziniere presso Te. S.p.a., sentito all'udienza del 26 gennaio 2023, ha confermato che i controlli dovevano essere effettuati dal magazzino. In particolare, il teste ha riferito: " Riconosco la mia sigla nella fattura n. (...) del 2020, con sigla "merce mai ricevuta", così come riconosco la mia sigla sulle altre fatture che mi vengono mostrate. Confermo che nei relativi documenti di trasporto non c'è la firma dei magazzinieri. Infine, non si reputano utili a dimostrare l'asserita consegna da parte dell'opposta in favore dell'opponente della merce indicata nelle fatture in esame, le dichiarazioni rese dal teste G.C., legale rappresentante di Eu. S.r.l. fino a inizio 2020. Ciò, sia poiché lo stesso si è limitato a riferire di aver caricato bancali Eu. e altra merce su un camion presso Eu., ma di non sapere chi li avesse scaricati, sia in considerazione del fatto che l'avvenuta consegna della merce è stata prontamente smentita dalle dichiarazioni rese dai testi C.N., V.Z., A.C. e J.T. e che non vi sono ragioni per ritenere più attendibile il teste G. rispetto agli altri. La mancata dimostrazione dell'esistenza del titolo posto alla base della domanda di condanna proposta dalla convenuta opposta nei confronti della società attrice opponente ne determina il rigetto. Inoltre, la mancata dimostrazione del titolo posto alla base dell'emissione delle ulteriori fatture n. (...), (...), (...),(...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...),(...), (...), (...), (...),(...), (...), (...) , pacificamente pagate dalla società attrice, giustifica l'accoglimento della domanda restitutoria formulata dall'attrice opponente ai sensi dell'art. 2033 c.c., in forza del quale chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. In base alla prospettazione in fatto di parte attrice, risultata fondata all'esito dell'istruttoria, infatti, la società convenuta ha beneficiato della prestazione pecuniaria di parte attrice (per Euro 74.117,14), invocando la sussistenza di ordini e, quindi, di contratti, in realtà mai conclusi con la controparte, con conseguente esclusione di alcuna giustificazione causale del pagamento attoreo. Sulla somma oggetto di restituzione sono altresì dovuti gli interessi legali dalla domanda al saldo effettivo. Ciò, sia in considerazione del fatto che la parte attrice nulla ha dedotto circa la decorrenza degli interessi spettanti sulla somma dovuta in restituzione e circa la specifica data in cui sarebbero avvenuti i pagamenti delle singole fatture, sia in ragione del fatto che, in ogni caso, non si reputa raggiunta la prova della mala fede della convenuta. In proposito, si ritiene che tale prova non consegua automaticamente dall'aver dato seguito agli ordini provenienti da un soggetto non legittimato (il sig. M.), non risultando in modo chiaro che l'attrice sia stata effettivamente indotta dalla società convenuta alla corresponsione delle somme per prestazioni non dovute, nonostante la sua volontà contraria, risultando l'intera operazione oggetto di causa frutto della condotta scorretta tenuta da un dipendente della Te. e dal contegno meramente superficiale (e non complice) tenuto dal personale della convenuta, che, a fronte dell'anomalia rappresentata dalla ricezione di ordini di merce, avanzata tramite una semplice e-mail da parte di un soggetto addetto all'ufficio logistica, non ha svolto alcun approfondimento o richiesta di chiarimenti e conferma della genuinità della richiesta ricevuta dall'attrice. Assorbita ogni altra questione. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo secondo i criteri stabiliti nel D.M. n. 55 del 2014, aggiornati al D.M. n. 147 del 2022. P.Q.M. Il Tribunale di Bologna, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e domanda disattesa: - accoglie l'opposizione proposta da Te. S.p.a. e, per l'effetto, revoca il decreto ingiuntivo n. 4180 /2020, emesso dal Tribunale di Bologna in data 22 settembre 2020; - condanna Eu. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, a pagare in favore di Te. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, la somma di Euro 74.117,14, oltre interessi legali dalla domanda al saldo; - condanna Eu. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, a pagare in favore di Te. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, le spese processuali, che liquida in Euro 14.103,00 per compenso, oltre il 15% del compenso per spese forfettarie, C.P.A. e I.V.A.. Così deciso in Bologna il 15 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BOLOGNA PRIMA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Alessia Zucconi ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. 8416/2020 promossa da: Si.Bi., nato il (...), a B. (B.), c.f. (...), rappresentato e difeso dall'avv. BO.GI. ed elettivamente domiciliato in VIA (...) 40123 BOLOGNA ATTORE/I Lu.Bo., nato il (...), a R. (R.), c.f. (...), rappresentato e difeso dall'avv. BO.GI. ed elettivamente domiciliato in VIA (...) 40123 BOLOGNA ATTORE/I Pa.Bo., nato il (...), a L. (L.), c.f. (...), rappresentato e difeso dall'avv. BO.GI. ed elettivamente domiciliato in VIA (...) 40123 BOLOGNA ATTORE/I contro Lu.Do., nato il (...), a M. (B.), c.f.(...), rappresentato e difeso dall'avv. MA.GI. ed elettivamente domiciliato in VIA (...) 40125 BOLOGNA CONVENUTO/I SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE Va principalmente rilevato che il novellato art. 132 c.p.c. esonera il giudice dal redigere lo svolgimento del processo. Va ulteriormente ritenuta la legittimità processuale della motivazione c.d. per relationem (cfr., da ultimo, Cass. 3636/07), la cui ammissibilità - così come quella delle forme di motivazione c.d. indiretta - risulta oramai definitivamente codificata dall'art.16 del D.Lgs. n. 5 del 2003, recettivo degli orientamenti giurisprudenziali ricordati. Si osserva inoltre che per consolidata giurisprudenza della S.C. il giudice, nel motivare concisamente la sentenza secondo i dettami di cui all'art. 118 disp. att. c.p.c., non è affatto tenuto ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le quaestiones sollevate dalle parti, ben potendosi egli limitare alla trattazione delle sole questioni - di fatto e di diritto - rilevanti ai fini della decisione concretamente adottata (si veda Cass. civile , sez. III, 27 luglio 2006, n. 17145 per cui la conformità della sentenza al modello di cui all'art. 132 n. 4 c.p.c., e l'osservanza degli artt. 115 e 116, c.p.c., non richiedono che il giudice di merito dia conto dell'esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l'iter argomentativo seguito). Ciò detto pertanto, le questioni non trattate non andranno necessariamente ritenute come omesse (per l'effetto dell'error in procedendo), ben potendo esse risultare semplicemente assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico-giuridica con quanto concretamente ritenuto provato dal giudicante. In fatto, va precisato che la presente vertenza ha ad oggetto la asserita violazione delle distanze dal confine tra il fondo dei limitrofi attori con le edificazioni di parte convenuta, per le quali gli attori chiedono la demolizione e/o rimozione, lamentando i medesimi che il fabbricato principale, così come il garage di proprietà del convenuto, risulterebbero edificati ad una distanza inferiore al limite di legge dal confine e non in conformità ai titoli edilizi. Eccepisce in particolare il convenuto di avere provato per tabulas che le costruzioni risultano conformi ai titoli edilizi ed edificate nel rispetto delle distanze dal confine limitrofo. Sottolinea inoltre il convenuto l'infondatezza della domanda attorea per intervenuta usucapione (Cass. 864/00; 867/00; 12241/02) del diritto di proprietà sul terreno inglobato (eventualmente e per errore) nella proprietà D., conseguente al possesso continuativo e non clandestino del bene per oltre venti anni (o dieci trattandosi di terreni agricoli), nella denegata ipotesi in cui venga accertata violazione delle distanze della costruzione dal confine. Premesso quanto sopra la causa veniva istruita mediante escussione testimoniale e consulenza tecnica d'ufficio a mezzo del geom. Dott. Adriano Borri. Preliminarmente, i luoghi ispezionati dal CTU sono quelli oggetto di causa: anzitutto il consulente tecnico d'ufficio ha allegato un rilievo dei luoghi e documentazione fotografica e non ne è contestata la corrispondenza alla realtà. Il consulente d'ufficio ha quindi depositato dettagliata e compiuta relazione dalle cui conclusioni questo giudice non intende discostarsi essendo la perizia compiutamente e diffusamente motivata. Come noto, secondo l'ormai consolidato orientamento della Suprema Corte, ove il giudice di merito riconosca convincenti le conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento, poiché l'obbligo della motivazione è assolto già con l'indicazione delle fonti dell'apprezzamento espresso, dalle quali possa desumersi che le contrarie deduzioni delle parti siano state implicitamente rigettate (cfr., per tutte, Cassazione Civile, Sez. II, ordinanza 31 agosto 2018 n. 21504). L'adesione alle emergenze peritali importa, infatti, un implicito rigetto delle critiche o obiezioni delle parti che siano formulate in maniera generica ed apodittica, non suffragate cioè da osservazioni di natura scientifica ed elementi dimostrativi (Cass. Civ. sent. n.3191/2006; 19475/2005). Dalla predetta relazione peritale emerge infatti che, "relativamente al confine catastale, determinato in funzione della Mappa catastale di primo Impianto per quanto alle dividenti poste fra i terreni agricoli e ricostruendo il Tipo Frazionamento n.2600/1973 per quanto alla dividente posta fra i lotti edificati, premettendo che non vi è corrispondenza tra il confine di fatto (muro di sostegno e delimitazione dei lotti) ed il confine catastale come calcolato in corso di CTU, richiamando tutto quanto esposto e precisato nella presente relazione ed in particolare ai precedenti paragrafi 6.2 (confine catastale) e 12 (risposta alla osservazioni di parte) si sintetizza quanto segue: - Il confine catastale fra i lotti edificati particella (...) e particella (...) risulta calcolato ad una distanza variabile fra i 3,26 m ed i 4,00 m a nord-ovest del muro di contenimento e delimitazione, con la conseguente occupazione da parte convenuta di un'area pari a circa 132,37 mq del mappale (...). Per la ricostruzione di tale tratto di confine catastale si è stimata un'imprecisione relativa pari a circa 60 cm (dettata dal metodo adottato di ricostruzione) ed un'imprecisione assoluta pari a circa 180 cm (dettata dal supporto cartografico cui si fa riferimento, ovvero la mappa di impianto), fatti salvi eventuali errori sistematici e/o grossolani del Geom. O. in sede di redazione del Tipo Frazionamento di cui non si può avere contezza. Rispetto al confine catastale come calcolato in corso di CTU, il fabbricato ad uso autorimessa di proprietà convenuta risulterebbe per una rilevante porzione all'interno della particella (...) di competenze di parte attrice." Orbene è acclarato, rispetto ai dati emersi dalla CTU, che vi è uno sconfinamento della proprietà immobiliare di parte convenuta sul terreno di parte attrice. Ciò posto e considerato, a mezzo di consulente d'ufficio è stato verificato il mancato rispetto delle distanze ex art. 907 c.c. Orbene in diritto va precisato che l'azione volta all'eliminazione fisica dell'abuso deve essere proposta necessariamente nei confronti del proprietario della costruzione illegittima anche se materialmente realizzata da altri, potendo egli soltanto essere destinatario dell'ordine di demolizione che il ripristino delle distanze legali tende ad attuare (cfr. Cass. Sez. II n. 5520 del 5/6/1998), con ciò comportando il rigetto delle spiegate domande di manleva. Nel caso di specie correttamente l'azione è stata proposta nei confronti degli attuali proprietari dell'immobile. Alla luce di tali emergenze occorre in primo luogo considerare che l'abusività dei manufatti ai sensi della disciplina pubblicistica urbanistica non rileva nell'ambito della presente controversia tra privati considerando da un lato che la persistente abusività pubblicistica del manufatto non farebbe che confermarne l'illiceità privatistica per violazione delle distanze legali (sempre che non ricorrano i presupposti dell'usucapione di un diritto di servitù, come si dirà oltre) mentre l'eventuale sanatoria, ordinaria o straordinaria (condono), non escluderebbe l'illiceità privatistica. La sanatoria edilizia opera, infatti, solo nei rapporti tra P.A. e autore della costruzione, prevedendo la regolarizzazione della costruzione stessa dal punto di vista amministrativo, penale e fiscale, e cioè solo dal punto di vista dell'interesse pubblico. Essa non pregiudica mai i diritti dei terzi, non solo quelli di origine negoziale, ma anche quelli discendenti dai limiti legali, non operando nei rapporti tra i privati. Ciò in quanto la sanatoria non comporta una modifica della disciplina urbanistica ed edilizia. Posto quanto sopra va quindi valutato e considerato se il possesso corrispondente faccia o meno usucapire il diritto a mantenere la costruzione a distanza inferiore a quella legale. Vi è una prima tesi, da ritenersi ormai superata, in base alla quale alla inderogabilità delle norme sulle distanze legali consegue la impossibilità di acquistare per usucapione la servitù contraria alla distanza legale stessa e, ciò, in quanto l'ordinamento non può accordare tutela a una situazione di fatto lesiva dell'interesse pubblico, per la sola ragione che il privato vicino è rimasto inerte (C. 20769/07). Secondo la condivisa tesi ad oggi prevalente, invece, è configurabile l'acquisto per usucapione di una servitù avente a oggetto il mantenimento di costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o anche dai regolamenti e strumenti urbanistici (C. 4240/2010; C. 22824/2012). Infatti, l'acquisto per usucapione di tale diritto di servitù non equivale alla stipula pattizia di una deroga in tal senso, perché risponde alla ulteriore esigenza della stabilità dei rapporti giuridici in relazione al decorso del tempo (C. 4240/2010). La massima Cass. civ. Sez. II, 22/02/2010, n. 4240 difatti così recita: "In materia di violazione delle distanze legali tra proprietà confinanti, deve ritenersi ammissibile l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dalle norme del codice civile o da quelle dei regolamenti e degli strumenti urbanistici locali. (Cassa con rinvio, App. Milano, 27/08/2004)". Per la medesima ragione, quindi, nella denegata ipotesi di violazione delle distanze della costruzione dal confine, risulta acquisito il diritto (di proprietà ovvero di servitù) a mantenere la costruzione a distanza inferiore a quella legale (Cass. 19289/09). Ma, si aggiunge, il diritto acquistato per usucapione resta ovviamente limitato all'ambito privatistico; con la conseguenza che, nel rapporto tra privato e p.a., la violazione della disciplina pubblicistica dettata a tutela degli interessi urbanistici non viene sanata. L'usucapione del diritto di servitù a mantenere una costruzione a distanza inferiore a quella legale, in tal modo ammessa dalla giurisprudenza, presuppone un possesso pacifico (non violento), pubblico (non clandestino), continuato (non occasionale o saltuario) e non interrotto, per almeno 20 anni. Posto quanto sopra, tali elementi fattuali confermano che, nelle fattispecie di cui è causa, può dirsi perfezionata l'usucapione ventennale quanto alla distanza di entrambi i manufatti dal confine considerando che la giurisprudenza riconosce che, perché possa aversi usucapione del diritto di servitù a mantenere un manufatto a distanza inferiore a quella legale, la costruzione deve restare "la stessa" per tutto il tempo necessario a usucapire (solo in tale ipotesi, infatti, sussiste quella identità del bene necessaria per l'unitarietà del possesso ad usucapionem - C. 14902/2013) e che, alla luce degli approfondimenti tecnici espletati, non emerge che dopo le date di ultimazione degli immobili siano state realizzate nuove costruzioni. Come ricorda Cass. ord. n. 343/2023, seppur non è mancata qualche pronuncia che ha opinato in senso contrario (come Cass. n. 20769 del 2007), ormai da tempo, la Suprema Corte costantemente afferma che, in materia di violazione delle distanze legali tra proprietà confinanti, deve ritenersi ammissibile l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dalle norme del codice civile o da quelle dei regolamenti e degli strumenti urbanistici locali (Cass. n. 4240 del2010; Cass. n. 22824 del 2012, la quale ha significativamente respinto un'istanza di rimessione della questione alle Sezioni Unite; Cass. n. 3979 del 2013; Cass. n. 11052 del 2016; Cass. n.1395 del 2017; Cass. n. 8227 del 2018, in motiv.; più di recente, Cass. n. 25863 del 2021, in motiv.; Cass. n. 12865 del2022, in motiv.). Pertanto, non vi è ormai nessun contrasto di giurisprudenza. Come indicato nella recente pronuncia 05/09/2023, (ud. 15/03/2023, dep. 05/09/2023), n.25843:"L'usucapibilità del diritto a tenere un immobile a distanza inferiore da quella legale non equivale, in effetti, alla stipula pattizia di una deroga in tal senso perché risponde alla diversa e ulteriore esigenza di garantire la stabilità dei rapporti giuridici in relazione al decorso del tempo. Se dalla norma codicistica o da quella integrativa discende, come comunemente si afferma, il diritto soggettivo del vicino di pretendere che il confinante edifichi a distanza non inferiore a quella prevista, si deve, nondimeno, ammettere, ove anche si consideri vietata la deroga convenzionale, che l'avvenuta edificazione (con opere quindi permanenti e visibili), mantenuta con i requisiti di legge per oltre venti anni, dia luogo al verificarsi dell'usucapione, da parte del confinante, del diritto a mantenere l'immobile a distanza inferiore a quella legale: senza che ciò infici, naturalmente, le facoltà della pubblica amministrazione, restando, così, salva la disciplina pubblicistica e l'osservanza degli standard di qualsivoglia natura che il legislatore o l'amministrazione abbiano fissato, anche alla stregua, eventualmente, di normativa di fonte sovranazionale (v. in termini e di recente, Cass. n. 343 del 2023 cit., non massimata). Ciò che vien meno è soltanto la facoltà del singolo di far valere il proprio diritto soggettivo, attribuitogli in conseguenza della disposizione rispondente all'interesse generale, ma senza assunzione di un potere privato confondibile con quello dell'amministrazione. Entrambi i soggetti possono concorrere alla tutela dell'interesse fissato dall'ordinamento, ma ferma rimane la distinzione dei caratteri tra potere privato e potere pubblico, ciascuno contraddistinto dai limiti generali della categoria cui appartiene. E ciò giustifica anche il diverso trattamento da riservare da un lato agli accordi di deroga e dall'altro al meccanismo dell'usucapione: ove quest'ultima operi, resta alla sola pubblica amministrazione il potere (pubblico) di agire per conformare la proprietà al modo previsto dal legislatore. Non sono neanche di ostacolo a questa concezione le possibili frodi prospettate dalla giurisprudenza: si tratta di un inconveniente (dipendente, comunque, da un congegno macchinoso e precario) che non giustifica un inquadramento incoerente dei principi vigenti sui modi di acquisto dei diritti reali e sulla disciplina dei limiti legali della proprietà. Tantomeno questo inconveniente vale a giustificare la illogica dicotomia tra tutela delle distanze di fonte codicistica e di fonte regolamentare. Ne' sono configurabili le temibili diseconomie esterne, come le conseguenze negative sul piano della salute e dell'ambiente, che gli studiosi di analisi economica del diritto rinvengono nella deroga pattizia alle distanze: una cosa, infatti, è incidere sui poteri pubblici, o consentire una generalizzata derogabilità, il che può cagionare effetti lesivi permanenti dell'interesse generale tutelato; altra cosa è ammettere che operi il fenomeno dell'usucapione, che vale soltanto a riportare il meccanismo di contemperamento dei diritti soggettivi nell'alveo ordinario previsto dal legislatore, escludendo la sussistenza, nel circoscritto ambito della proprietà immobiliare, di diritti soggettivi a tutela rafforzata (così, pressoché testualmente, Cass. n. 4240 del 2010, in motiv.). Deve, in definitiva, ritenersi ammissibile l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o dai regolamenti e dagli strumenti urbanistici: e ciò vale anche nel caso in cui la costruzione sia abusiva, atteso che il difetto della concessione edilizia esaurisce la sua rilevanza nell'ambito del rapporto pubblicistico, senza incidere sui requisiti del possesso ad usucapionem (Cass. n. 3979 del 2013; Cass. n. 1395 del 2017; Cass. n. 25863 del 2021)". Quanto invece alle invocate comunicazioni interruttive, orbene, agli atti di causa (cfr. doc. 13 fasc. attore) è presente una comunicazione del 04/06/1987 dell'avv. Z. che scrivendo all'amministrazione pubblica segnala le comunicazioni effettuate alla convenuta. In data 27/11/1986 la dante causa degli attori invita la convenuta a rimuovere la recinzione posta sul muro che indica di sua proprietà (l'attuale delimitazione dei lotti) segnalando di voler determinare il confine. In data 13/03/1987 la dante causa degli attori contesta l'edificazione delle autorimesse sulla sua proprietà ed il non rispetto della distanza minima nell'edificazione del fabbricato di proprietà convenuta. Segue poi una comunicazione del 28/09/2010 di contestazione circa occupazione di porzione del terreno. Viceversa le comunicazioni offerte in produzione da parte attrice, non appaiono in grado di scalfire il decorrere del tempo utile alla richiamata usucapione laddove, come ha statuito Cassazione civile sez. II, 31/08/2017, n.20611:" In tema di usucapione non è consentito attribuire efficacia interruttiva del possesso se non ad atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa, oppure ad atti giudiziali siccome diretti a ottenere, ope iudicis, la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapente. Deriva da quanto precede, pertanto, che mentre può legittimamente ritenersi atto interruttivo del termine della prescrizione acquisitiva la notifica dell'atto di citazione con il quale venga richiesta la materiale consegna di tutti i beni immobili dei quali si vanti un diritto dominicale, atti interruttivi non risultano né la diffida né la messa in mora, potendosi esercitare il possesso anche in aperto contrasto con la volontà del titolare del corrispondente diritto reale". Le semplici lettere inviate difatti, non hanno valore rispetto al perfezionato usucapione. Ne deriva in definitiva che ogni domanda finalizzata alla demolizione di porzioni immobiliari edificate in violazione delle distanze legali tra le costruzioni deve essere rigettata con conseguente accoglimento della domanda di usucapione. Per quanto concerne viceversa i pali in legno presenti nell'appezzamento di terreno a sud tra i mappali attuali (...) - 99 (di proprietà del Sig. Lu.Do. nel 2002) e il mappale (...) (di proprietà B./B.) è emerso che questi ultimi sono stati collocati per un tratto al di là del confine tra i due lotti con conseguente occupazione dei area di proprietà degli attori. La CTU, dalle conclusioni questo giudice non ha motivo di discostarsi in quanto saldamente e compiutamente motivate, ha infatti indicato lo sconfinamento da cui consegue necessariamente l'ordine di ripristino dei luoghi, siccome richiesto da parte attrice. Va infatti rilevato che la CTU consente il vantaggio di offrire una maggiore funzionalità ed efficienza rispetto ad altri mezzi istruttori ai fini della dimostrazione del fatto ed all'accertamento dello stati dei luoghi. Anche nel caso di specie poi, la consulenza tecnica è stata uno strumento di accertamento di situazioni rilevabili con il concorso di determinate cognizioni tecniche, indi correttamente ammessa. Ciò esime da ogni altra considerazione. Non vi è necessità di ulteriore istruzione, avendo il giudice a disposizione ogni elemento utile ai fini del decidere. Le spese di CTU devono essere sopportate dalle parti in solido considerando la effettiva necessità di acquisire una precisa descrizione dei beni nonché dell'effettivo stato dei luoghi nell'interesse di tutte le parti. In considerazione di quanto sopra le spese di lite seguono la prevalente soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo con condanna degli attori al pagamento in solido delle spese processuali sopportate dalla parte convenuta per i 3/4 con compensazione del residuo. P.Q.M. Il Tribunale di Bologna, in persona del Giudice Unico, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, così provvede: 1. Rigetta le domande di parte attrice con riferimento al mancato rispetto delle distanze legali; 2. Quanto ai pali in legno presenti nell'appezzamento di terreno a sud tra i mappali attuali (...) - (...) (di proprietà del Sig. Lu.Do. nel 2002) e il mappale (...) (di proprietà Bi./Bo.) ACCERTA che sono stati collocati con occupazione di parte convenuta di circa mq 910 della particella (...) di proprietà attrice e conseguentemente ne ordina l'eliminazione a cura e spese di parte convenuta entro giorni 60 dalla comunicazione della presente sentenza. 3. Condanna parte attrice alla refusione, in favore di parte convenuta dei 3/4 delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 5.431,00 (4/4) oltre accessori come per legge, con compensazione del residuo. 4. Condanna parte attrice e parte convenuta in solido tra loro, al pagamento delle spese di CTU siccome liquidate in corso di causa. Così deciso in Bologna il 29 dicembre 2023. Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA SECONDA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Roberta Cinosuro ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 10559/2023 promossa da: - Mi.Eu. (C.F. (...) ), residente ad A. (R.), con il patrocinio dell'Avv. Gi.Ch.; opponente contro - Gi. S.R.L. (C.F. (...) ), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede a Bologna e con il patrocinio dell'Avv. Mi.Ta. opposto Oggetto: opposizione al decreto ingiuntivo n. 2700/2023 del Tribunale di Bologna emesso in data 05.06.2023. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Mi.Eu. si oppone al decreto n. 2700/2023 con cui il Tribunale di Bologna in data 05.06.2023 gli ha ingiunto di pagare in favore di Gi. S.r.l. la somma di Euro 10.009,55=, oltre interessi e spese, a titolo omessi versamenti relativi ai canoni di locazione di cui al contratto ad uso abitativo registrato il 17.10.2017. L'opponente argomenta che: - il contratto sottoscritto con Gi. S.r.l. prevedeva la concessione in locazione, a sé ed unitamente a Pa.Ad. e Fu.Ca., dell'immobile sito in B., piano primo di Via B., 23 contrassegnato al Catasto fabbricati del Comune di Bologna, Fg. (...), part. (...), sub 8, pattuendo il canone di locazione annua in Euro 12.960,00= da pagarsi in dodici rate mensili anticipate dell'importo di Euro 1.080,00= cadauna; - in data 14.10.2018 al Sig. Pa. subentrava Fa.Da. e successivamente, il 05.01.2020, a quest'ultimo subentrava la Mo.Ca.; - la locazione, come evincibile dal contratto stesso, era finalizzata a consentire l'utilizzo del suddetto immobile da parte dei rispettivi figli, che all'epoca frequentavano l'Università di Bologna; - la locatrice accettava la corresponsione del canone mensile pro quota, calcolato in base alla grandezza della stanza concessa in godimento ai singoli soggetti; - corrispondeva la propria quota, pari ad Euro 480,00= mensili, sino al mese di settembre 2022; - rilasciava l'immobile nel successivo mese di novembre 2022, compensando i mancati pagamenti relativi ai mesi di ottobre/novembre 2022 con due delle tre mensilità versate a titolo di deposito cauzionale; - risultava, dunque, ancora creditore nei confronti della locatrice per la terza mensilità (pro quota) versata a tale titolo. Eccepisce in diritto, l'opponente, la natura parziaria dell'obbligazione, evincibile anche dalla circostanza dei due subentri verificatisi nel corso del rapporto locatizio, considerato che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, se la prestazione fosse stata effettivamente indivisibile tali subentri - sottoscritti ed accettati da Gi. S.r.l. - non avrebbero potuto verificarsi; ne è conseguenza che non poteva essere dichiarato tenuto per i canoni non corrisposti dagli altri co-conduttori che, anzi, domanda di chiamare in giudizio ai sensi dell'art. 106 c.p.c., affinché assumano le rispettive responsabilità in ordine alle somme da corrispondere alla locatrice. Pertanto, Mi.Eu. conclude nel merito per la revoca del decreto ingiuntivo e la dichiarazione che nulla è dallo stesso dovuto per il titolo dedotto in giudizio e, in via subordinata, previa chiamata in causa dei co-conduttori Fu.Ca. e Mo.Ca., per essere dagli stessi tenuto indenne da ogni eventuale pronuncia di condanna; vinte le spese di giudizio. Pronunciato il decreto ex art. 415 c.p.c. e ritualmente integrato il contraddittorio, parte opposta Gi. S.r.l. si è costituita tempestivamente in giudizio con comparsa depositata il 30.11.2023, eccependo in via pregiudiziale la sussistenza di giudicato in ordine alla natura solidale dell'obbligazione di pagamento dei canoni di locazione e di cui alla sentenza pronunciata dal Tribunale di Bologna n. 2048/2022 nel giudizio di opposizione alla convalida di sfratto iscritto al R.G. n. 11260/2021. Stante la natura solidale dell'obbligazione azionata in via monitoria, domanda il rigetto dell'opposizione e, ancor prima, dell'istanza di chiamata in causa dei terzi co-conduttori; da confermare il decreto ingiuntivo, posto che il deposito cauzionale è stato interamente dedotto, unitamente agli interessi maturati, dalla somma richiesta in via monitoria. Vinte le spese di lite. All'udienza ex art. 420 c.p.c., celebrata il 13.12.2023, parte opponente ha insistito nella richiesta di chiamata in causa, nonché si è opposta alla concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo e ha insistito per l'ammissione della prova testimoniale dedotta in ricorso; parte opposta ha insistito nelle proprie eccezioni e domandato che il giudice provvedesse per la decisione della causa. In ragione del promovimento di eccezione di giudicato, previo rigetto di tutte le istanze di parte opponente, si è provveduto per la decisione con fissazione dell'udienza di discussione del 10.01.2024 e, stante la concordia delle parti, alla sostituzione dell'udienza ex artt. 127 comma 3 e 127 ter c.p.c. con il deposito di note scritte. 1. Fondata l'eccezione di giudicato proposta da Gi. S.r.l. in atto di costituzione in giudizio. La presente controversia, invero, è stata preceduta da altro giudizio tra le stesse parti che muove dal procedimento di convalida di sfratto iscritto al R.G. n. 9110/2021. La società locatrice ha intimato a Mi.Eu., Fu.Ca. e Mo.Ca. sfratto per morosità, deducendo che da marzo 2021 era cessato il regolare pagamento dei canoni. L'intimazione ha visto l'opposizione di Mi.Eu. e Fu.Ca., di contenuto omologo a quello del presente giudizio, ovvero l'eccezione di parziarietà dell'obbligazione contrattuale di pagamento del canone di locazione. Sono seguiti ordinanza 20.09.2021 ex art. 665 c.p.c. di ordine di rilascio dell'immobile e iscrizione a ruolo del giudizio contenzioso R.G. n. 11261/2021, concluso con la sentenza n. 2048/2022 del 26.07.2022. Argomenta il giudice di tale pronuncia, quanto all'eccezione di parziarietà, che l'obbligazione di pagamento del canone di locazione si fonda sul contratto sottoscritto tra gli originari conduttori e la società locatrice, pattuizione che prevede che sia il godimento del bene che l'ammontare del canone sono riferiti collettivamente alla parte conduttrice e non ai diversi soggetti succedutisi via via nel corso della durata del rapporto. Afferma il giudice che, in assenza di prova di una diversa regolamentazione del rapporto, la circostanza che la locatrice avesse espressamente consentito il subentro successivo di altri conduttori non è idonea ad alterare la natura unitaria di tutte le prestazioni dedotte in contratto; così come irrilevante ai fini della parziarietà dell'obbligazione l'accettazione da parte della società locatrice di pagamenti parziari da parte dei diversi co-conduttori, posto che il canone era fatturato mensilmente in un unico documento contabile cointestato a tutti. Così testualmente in detta pronuncia: "Nel contratto di locazione, la solidarietà passiva è data dall'esistenza di più soggetti obbligati alla medesima prestazione - pagamento del canone - in modo che l'adempimento di uno libera gli altri, restando irrilevanti nel rapporto con la parte creditrice, eventuali accordi di divisione della prestazione tra i vari coobbligati che rimangono patti interni non opponibili al creditore." Quindi, nel rigettare l'opposizione allo sfratto, il giudice del merito, affermando la natura solidale dell'obbligazione di pagamento del canone, ha pronunciato la risoluzione del contratto di locazione registrato il 17.10.2017. La sentenza è passata in giudicato, come da certificazione della competente cancelleria in data 17.11.2023 (doc. 8 parte opposta). 2. Non può dubitarsi della sovrapponibilità della questione di parziarietà/solidarietà dell'obbligazione del pagamento del canone di locazione, proposta anche in questo giudizio da parte opponente per paralizzare la domanda monitoria. La natura solidale dell'obbligazione dedotta in giudizio è coperta dal giudicato rappresentato dalla sentenza già richiamata n. 2048/2022. Tanto si pronuncia in applicazione del costante indirizzo della Suprema Corte, secondo cui "qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano per oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento compiuto circa una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su punto decisivo comune ad entrambe le cause o costituenti indispensabile premessa logica della statuizione contenuta nella sentenza passata in giudicato, precludono il riesame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo e il petitum del primo" (cfr. Cass. ord. n. 37543/2022). È, quindi, precluso in questa sede il riesame della questione della natura dell'obbligazione dedotta in giudizio che, quindi, in quanto solidale, consente al creditore di procedere anche solo nei confronti di uno solo dei condebitori, ragione per cui non si è dato positivo riscontro all'istanza di chiamata in causa avanzata da parte opponente. 3. È ulteriore conseguenza quella di conferma del decreto ingiuntivo opposto, anche nel quantum, quantum che è stato contestato, non con riferimento alla dedotta durata della morosità, ma unicamente con riferimento al mancato computo di una parte del deposito cauzionale versato da parte opponente all'atto della sottoscrizione del contratto. Nel corpo del ricorso per ingiunzione, infatti, e dopo la ricostruzione delle condizioni contrattuali e dei subentri verificatisi in corso di rapporto, Gi. S.r.l. ha dato conto in modo specifico che la morosità inizia con la mensilità di marzo 2021 e si è protratta fino all'esecuzione coattiva dell'ordinanza di rilascio in data 30.11.2022; ha poi specificato di aver emesso fatture per tale durata nell'ammontare complessivo di Euro 24.924,00=, pervenendo, infine, all'indicazione della somma ingiunta mediante la deduzione delle somme ricevute da parte opponente, di quelle ricevute dal co-conduttore Fu.Ca. e dell'intero importo versato a titolo di deposito cauzionale, già maggiorato degli interessi di legge. 4. Così pronunciato, le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono poste integralmente a carico di parte opponente, secondo la liquidazione di cui al dispositivo che segue; la liquidazione è operata in applicazione dei parametri di cui al D.M. n. 147 del 2022 previsti per lo scaglione fino ad Euro 26.000,00=, con esclusione della fase istruttoria che non si è tenuta. P.Q.M. Il Tribunale di Bologna, Seconda Sezione Civile definitivamente pronunciando nella causa di cui in epigrafe, così provvede: 1) rigetta l'opposizione proposta da Mi.Eu.; 2) per l'effetto, dichiara esecutivo il decreto ingiuntivo n. 2700/2023 emesso dal Tribunale di Bologna in data 05.06.2023; 3) condanna Mi.Eu. alla rifusione in favore di parte opposta delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3.397,00= a titolo di compenso, oltre rimborso forfetario 15%, Cpa ed Iva come per legge. Così deciso in Bologna il 16 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA Sezione Specializzata in materia di Immigrazione, Protezione internazionale e Libera circolazione cittadini UE Il Tribunale in composizione collegiale nelle persone dei seguenti Magistrati: Dott. Maria Cristina Borgo - Presidente rel. Dott. Emanuela Romano - Giudice Dott. Rada Vincenza Scifo - Giudice nel procedimento iscritto al N. R.G. 8055/2023, promosso da: Hu.Ya., nato in P. in data (...), con il patrocinio dell'Avv. FE.CA., elettivamente domiciliato in Piazza (...), Bologna (BO), presso il Difensore RICORRENTE contro MINISTERO INTERNO con il patrocinio dell'Avvocatura di Stato, QUESTURA DI BOLOGNA RESISTENTE ha pronunciato la seguente SENTENZA ex artt. 281 terdecies c.p.c. e 19 ter del D.Lgs. n. 150 del 2011 FATTO E DIRITTO Con ricorso tempestivamente proposto in data 14.6.2023 nell'interesse del ricorrente Signor Hu.Ya., cittadino del P., nato in P. in data (...), CUI:(...), avverso il provvedimento del Questore di BOLOGNA emesso in data 26.4.2023, notificato il giorno 15.5.2023, con il quale veniva rigettata la richiesta di rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale ex art. 19, comma 1.2, parte seconda, TUI presentata in data 15.6.2022, l'istante chiedeva di annullare il provvedimento impugnato previa sospensiva della sua efficacia esecutiva e, per l'effetto, accertare e dichiarare il diritto del ricorrente all'ottenimento di un permesso di soggiorno per protezione speciale ex art. 19, comma 1.1, TUI, come novellato dal D.L. n. 130 del 2020. Nel provvedimento di rifiuto della Questura si legge che la Commissione Territoriale di Bologna in data 24.3.2023 formulava parere negativo al rilascio del richiesto permesso di soggiorno per protezione speciale, che il parere della CT risultava vincolante, che non vi era necessità di assegnazione del termine ex art.10 bis L. n. 241 del 1990, che non vi erano cause di inespellibilità, con conseguente rifiuto del suddetto permesso di soggiorno per protezione speciale ex art.19, comma 1.2, TUI. Il ricorrente deduceva l'illegittimità del provvedimento del Questore, chiedendo il riconoscimento di un permesso di soggiorno per protezione speciale ex art.19, comma 1.1., TUI, affermando di essere giunto in Italia in data 28.1.2018, di abitare in ospitalità presso un connazionale cittadino italiano, di avere sempre cercato di regolarizzare la sua situazione sul territorio nazionale anche con la procedura di emersione nel 2020 senza successo, di parlare la lingua italiana e di avere una promessa di assunzione da parte di un datore di lavoro. Con decreto del 19.6.2023 veniva sospesa inaudita altera parte l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato con fissazione di udienza di discussione sulla sospensiva unitamente al merito. L'Amministrazione resistente, regolarmente notificata, si costituiva in giudizio in data 6.11.2023, deducendo, fra le altre cose, la non avvenuta integrazione del ricorrente sul territorio nazionale, chiedendo il rigetto del ricorso. All'udienza del 15.11.2023, fissata sia per il merito che per la discussione sulla sospensiva, il ricorrente compariva personalmente, e, dimostrando di parlare e comprendere perfettamente la lingua italiana, confermava le circostanze di cui al ricorso introduttivo relativamente al proprio livello di integrazione sul territorio. Nessuno compariva per l'Amministrazione resistente all'udienza citata. Confermata la concessa sospensiva della efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione all'esito del termine ex art. 127 ter c.p.c. del 3.1.2024. Oggetto del ricorso è il provvedimento del Questore di BOLOGNA emesso in data 26.4.2023, notificato il giorno 15.5.2023, con il quale veniva negato al ricorrente il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale ex art.19, comma 1.1., TUI. La controversia è riconducibile all'art. 3, comma 1, lett. d) del D.L. n. 13 del 2017, convertito in legge, come modificato dal D.L. n. 113 del 2018 (controversia "in materia di rifiuto di rilascio, diniego di rinnovo e di revoca del permesso di soggiorno per protezione speciale nei casi di cui all'art. 32, comma 3, del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25", come modificato dal D.L. n. 113 del 2018) e si procede con il rito di cui agli artt. 281 decies e ss c.p.c. e 19 ter D.Lgs. n. 150 del 2011. Il ricorrente chiedeva il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale ex art.19, comma 1.1, TUI, come modificato dal D.L. n. 130 del 2020. Tale normativa risulta applicabile anche ex art.7, comma 2, D.L. n. 20 del 2023 convertito con L. n. 50 del 2023, essendo la domanda del ricorrente del 15.6.2022 (previgente rispetto alla data di entrata in vigore della nuova e più restrittiva disciplina normativa). Ritiene il Collegio che debba ritenersi accertato il diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale, sussistendo le condizioni di cui alla seconda parte del comma 1.1. dell'art.19 TUI ("? Non sono altresì ammessi il respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, a meno che esso sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica nonché di protezione della salute nel rispetto della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla L. 24 luglio 1954, n. 722, e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine"). In merito, la recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 24413/21 ha chiarito che "il D.L. n. 130 del 2020 ha ancorato il divieto di respingimento od espulsione non più soltanto all'art. 3, ma anche all'art. 8, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, declinando la disposizione di detto articolo 8 in termini di tutela del "radicamento" del migrante nel territorio nazionale e qualificando tale radicamento come limite del potere statale di allontanamento dal territorio nazionale, superabile esclusivamente per ragioni, come si è visto, "di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica nonché di protezione della salute" (...) La protezione offerta dall'art. 8 CEDU concerne dunque l'intera rete di relazioni che il richiedente si è costruito in Italia (...) le quali pure concorrono a comporre la "vita privata" di una persona, rendendola irripetibile nella molteplicità dei suoi aspetti "sia come singolo sia nelle formazioni sociali dove svolge la sua personalità"". Ciò posto, non può dubitarsi che la disposizione de qua riconosca, dunque, il diritto soggettivo al rilascio del detto permesso di soggiorno per protezione speciale nell'ipotesi in cui sia accertato il rischio che l'allontanamento della persona possa determinare una violazione del suo diritto alla vita privata e familiare, affermando la necessità di verificare se il subitaneo sradicamento comporti il pericolo di una grave deprivazione dei suoi diritti umani, intesa in termini di diritto alla vita privata e familiare e alla stessa identità e dignità personale. Venendo al caso di specie, per quanto riguarda l'integrazione del ricorrente sul territorio italiano, si rileva come non è contestato che il ricorrente, classe 1987, si trovi in Italia dal 2018, dunque da circa 6 anni, vivendo in autonomia ospite di un connazionale, come da documentazione prodotta; il ricorrente parla la lingua italiana, come dimostrato da documentazione comprovante il raggiungimento del livello A/2. Esaminando gli aspetti legati al lavoro e alla capacità di mantenersi, è stato dimostrato che il ricorrente sia attualmente assunto con mansione di commesso, presso un esercizio commerciale con sede in B., in virtù di contratto di lavoro subordinato a tempo parziale orizzontale e determinato con scadenza per il 18.4.2024, con retribuzione annuale pari ad Euro 9.216,00 (cfr. copia documentazione lavorativa); che prima ancora, nei mesi di agosto e settembre 2023, aveva svolto attività di manovale edile, con percezione, in quel periodo, di complessivi Euro 2.679,75 netti in busta (cfr. copia documentazione lavoro precedente). All'esito dell'istruttoria orale e documentale, si deve valutare molto positivamente il fatto che il ricorrente parla e comprende senza alcun problema la lingua italiana (come ha potuto dimostrare all'udienza del 15.11.2023, alla quale, come detto, ha partecipato personalmente senza interprete), oltre che le comprovate autonomia abitativa e piena autosufficienza economica. Il parere negativo della Commissione Territoriale si basava sulla mancanza di fattori indicativi di una effettiva integrazione della persona nel tessuto sociale del territorio. La Questura, d'altra parte, non richiamava fatti di rilevanza penale che potessero incidere ai presenti fini. Risulta, quindi, che la conseguita autonomia economica del ricorrente in un percorso di integrazione in costante miglioramento anche dal punto di vista economico e lavorativo, la raggiunta autonomia abitativa, la rete di rapporti sociali sviluppatasi nei sei anni di permanenza in Italia, la buona conoscenza della lingua italiana integrano una consolidata vita privata in Italia, la cui lesione non è consentita ai sensi dell'art. 8 CEDU e dell'art. 19, comma 1.1, TUI in mancanza di pericoli per l'ordine e la sicurezza pubblica derivanti da condotte del ricorrente, non risultando in atti la sussistenza di tali condizioni ostative di cui la Questura non dava conto. Le superiori considerazioni consentono di ritenere che il rimpatrio del ricorrente determinerebbe la violazione del diritto al rispetto della vita privata che costituisce principio fondamentale affermato dall'art.8 della Convenzione Edu. Il ricorso deve, quindi, trovare accoglimento, essendo già stata confermata in udienza la sospensiva concessa. Si aggiunge che il permesso di soggiorno per protezione speciale qui accordato è rinnovabile, ha durata biennale ed è convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, come da giurisprudenza di questo Tribunale e secondo le condivisibili conclusioni raggiunte da TAR Veneto, Sezione Terza, Sentenza n.1812 del 23.11.2022 e secondo il disposto di cui all'art. 7 D.L. n. 20 del 2023 convertito con L. n. 50 del 2023. In considerazione della natura delle questioni affrontate, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite. P.Q.M. definitivamente decidendo, ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione disattesa e respinta, accerta il diritto del ricorrente Signor Hu.Ya. al rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale ai sensi dell'art. 19, comma 1.1., D.Lgs. n. 286 del 1998, della durata di due anni, rinnovabile e convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro e, per l'effetto, dispone la trasmissione degli atti al Questore competente per territorio. Spese compensate. Così deciso in Bologna il 5 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BOLOGNA Il Tribunale, nella persona del giudice dott. Marco D'Orazi ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 5084/2022 promossa da: Un. SPA (C.F. (...) ), con il patrocinio dell'avv. SC.CA., elettivamente domiciliato in VIA (...) GENOVA presso il difensore avv. SC.CA. ATTORE IN RIASSUNZIONE contro MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. AVVOCATURA DELLO STATO DI BOLOGNA, elettivamente domiciliato in VIA (...) 40123 BOLOGNA presso il difensore avv. AVVOCATURA DELLO STATO DI BOLOGNA AGENZIA DELLE ENTRATE - RISCOSSIONE (C.F. (...) ), con il patrocinio dell'avv. (...) e dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in presso il difensore avv. (...) CONVENUTI LA SECONDA CONTUMACE SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione in riassunzione, e ferma restando l'efficacia del provvedimento di sospensione pronunciato dal Tribunale di Roma (di cui infra), Un. S.p.A. (nel seguito, anche solo Un., semplicemente), con opposizione ex art. 615 c.p.c., conveniva in giudizio il Ministero dello Sviluppo Economico (nel seguito, anche MISE) e l'Agenzia delle Entrate Riscossione, chiedendo che fosse accertata la inesistenza del diritto delle controparti di agire in via esecutiva in relazione alle somme oggetto della cartella di pagamento n. (...) (doc. 1) e iscritte a ruolo dal MISE (euro 1.524.391,60). In particolare, parte attrice esponeva quanto segue: 1) in data 23.06.2003, il MISE concedeva in via provvisoria alla Ca. s.p.a. (nel seguito, anche senza tipo sociale), società poi fallita, la somma di Euro 6.919.290,00, ciò a titolo di contributo agevolato (in conto impianti) ex L. n. 488 del 1992 (fonte che disciplina i criteri per la concessione delle agevolazioni alle attività produttive nelle aree depresse del Paese); 2) in data 05.04.2004, la Ca., a garanzia dell'erogazione anticipata della prima quota del contributo di cui sopra (pari a Euro 2.306.430,00), stipulava con As. s.p.a. una polizza (doc. 2) in base alla quale, tra l'altro, Un. (all'epoca, Fo. S.p.A.) assumeva, quale coassicuratrice, una quota pari al 45% della garanzia prestata con la polizza medesima (v. appendice di coassicurazione: doc. 2, p. 3); 3) in data 16.06.2004, il MISE erogava a Ca. la prima quota del contributo; 4) in data 19.10.2012, il MISE, in ragione della pretesa impossibilità per la Banca concessionaria che gestiva il contributo per conto dello stesso MISE (B.I. S.p.a.) di determinare l'effettiva rispondenza tra i capitoli di spesa dimostrati da Ca. ed il progetto ammesso all'agevolazione, revocava il contributo agevolato ex L. n. 488 del 1992, disponendo altresì il recupero, nelle forme di legge, delle somme già versate (v. decreto di revoca: doc. 3); 5) Ca. impugnava il decreto di revoca davanti al TAR Sardegna; 6) in data 08.05.2013, Eq. Centro Sud S.p.A., su incarico del MISE, notificava a Un. (all'epoca ancora Fo. S.p.A.) la cartella esattoriale n. (...) (nel seguito, anche "prima cartella"); ciò al fine di recuperare le somme garantite da quest'ultima in virtù della polizza di cui sopra, oltre interessi e rivalutazione (euro 1.548.817,34); 7) Un. proponeva opposizione, avanti il Tribunale di Roma, avverso la cartella in questione (doc. 4); 8) in data 17.12.2013, il TAR Sardegna rigettava l'impugnazione di C.; 9) Ca. impugnava la decisione del TAR Sardegna, proponendo ricorso al Consiglio di Stato; 10) in data 8.11.2016, il Tribunale di Roma accoglieva l'opposizione proposta da Un. (doc. 5), affermando la tardività dell'escussione della polizza rispetto al termine di efficacia della medesima (36 mesi dall'erogazione della quota anticipata); 11) in data 26.11.2016, il MISE notificava a Un. l'atto di citazione in appello avverso la sentenza di cui sopra (doc. 7); 12) in data 29.11.2016, il Consiglio di Stato accoglieva il ricorso di Ca. (doc. 10) e, per l'effetto, annullava il decreto di revoca del contributo agevolato ex L. n. 488 del 1992; in conseguenza di ciò, il MISE adottava i relativi provvedimenti di discarico totale del ruolo generato dal decreto medesimo e procedeva all'annullamento anagrafico dei ruoli aperti per le società coassicuratrici (doc. 6); 13) in data 16.10.2019, la Corte d'appello di Roma, prospettando come inammissibile - poiché affetta da novità e, quindi, in contrasto con l'art. 345 c.p.c. - la deduzione relativa all'illegittimità del decreto di revoca, e ritenuto che il giudice di prime cure avesse confuso il termine di efficacia della garanzia fideiussoria con il termine per procedere all'escussione, accoglieva l'impugnazione del MISE e, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma, rigettava l'opposizione alla cartella di pagamento formulata da Un. (doc. 9); 14) in data 18.06.2020, Un. depositava ricorso in Cassazione avverso la sentenza di cui sopra (doc. 15; il giudizio, salvo errori, è tuttora pendente); 15) in data 29.09.2021, l'Agenzia delle Entrate Riscossione, su incarico del MISE, notificava a Un. la cartella esattoriale di cui è causa (nel seguito, anche "seconda cartella"); cartella nella quale l'Amministrazione così descrive il titolo della propria pretesa: "Ministero Sviluppo Economico - Revoca agevolazioni attività produttive L. n. 488 del 1992 - Sentenza n. 6210/2019 Corte Appello di Roma Accoglimento Appello MISE Respinta opposizione avverso cartella Anno 2013 Ruolo n. 1193 (C.)"; 16) Un. impugnava, avanti il Tribunale di Roma, la cartella di pagamento di cui sopra e, contestualmente, formulava istanza di sospensione ex art. 615, comma 1 c.p.c. (doc. 12); 17) in data 25.11.2021, il Tribunale di Roma accoglieva l'istanza di Un. e, per l'effetto, sospendeva l'efficacia esecutiva della cartella opposta (doc. 13); sospensione che concretamente decorreva dal 10.12.2021 (v. doc. 5 convenuto); 18) in data 02.02.2022, il Tribunale di Roma dichiarava (doc. 14) la propria incompetenza per territorio, in favore del Tribunale di Bologna (rientrando l'opposizione a cartella esattoriale nel perimetro dell'art. 615 c.p.c., il Tribunale competente è quello di Bologna, in quanto luogo in cui la cartella è stata notificata). Tanto premesso, parte attrice anzitutto allegava l'inesistenza di un titolo esecutivo alla base della pretesa avversaria (e cioè: la mancanza di un presupposto necessario, ex art. 21, D.Lgs. n. 46 del 199, per procedere validamente all'iscrizione a ruolo delle somme): ferma restando, infatti, l'idoneità del decreto di revoca (doc. 4) a costituire - ex art. 3, comma 8 L. n. 99 del 2009 - titolo esecutivo per la prima cartella; con riferimento, invece, alla seconda cartella, e stante il sopravvenuto annullamento del decreto medesimo per opera del Consiglio di Stato, non sussisterebbe alcun titolo esecutivo; né, a ben vedere, e contrariamente a quanto sostenuto dal MISE (v. descrizione addebito seconda cartella: doc. 1, p. 6), potrebbe essere ritenuta tale la sentenza della Corte di Appello di Roma che, riformando la pronuncia resa in primo grado, rigettava l'opposizione proposta da Un. alla prima cartella. Quest'ultima sentenza, infatti, essendo intervenuta nell'ambito di un giudizio ex art. 615 c.p.c., avrebbe natura di mero accertamento e, quindi, sarebbe inidonea, ex art. 474 c.p.c., a essere qualificata come titolo esecutivo. Parte attrice, inoltre, formulava exceptio doli generalis nei confronti del MISE, o comunque rilevava un presunto venir meno del proprio obbligo di garanzia, stante la sopravvenuta estinzione - a causa della più volte menzionata sentenza del Consiglio di Stato - dell'obbligazione garantita. Si costituiva (tardivamente) in giudizio il MISE, il quale prospettava l'irrilevanza dell'eventuale estinzione dell'obbligo garantito (in conseguenza della pronuncia del Consiglio di Stato), stante la natura di contratto autonomo di garanzia della polizza; prospettava, altresì, la possibilità di qualificare come titolo esecutivo la sentenza della Corte d'Appello di Roma, oltre a non ritenere sussistenti i presupposti dell'exceptio doli generalis. All'udienza del 27.10.2022, il giudice concedeva i termini ex art. 183, comma 6 c.p.c. e, all'esito, rinviava all'udienza di ammissione dei mezzi di prova. All'udienza del 16.03.2023, il giudice, ritenuta la causa documentale e matura per la decisione, rinviava all'udienza di p.c.. All'udienza del 14.09.2023, il giudice dava atto che le parti costituite avevano precisato le rispettive conclusioni come da fogli di p.c. depositati telematicamente; all'esito, tratteneva la causa in decisione, assegnando i termini ex art. 190 c.p.c.. Seguivano le difese finali. La circostanza che lo svolgimento del processo non è più elemento indefettibile del provvedimento di sentenza (132 c.p.c. novellato) consentirebbe anche la integrale omissione dello svolgimento del processo. A maggior ragione, lo svolgimento del processo può essere limitato a quanto precede. MOTIVI DELLA DECISIONE La contumacia dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione. Occorre anzitutto sottolineare che l'Agenzia delle Entrate-Riscossione, pur essendo stata regolarmente citata (sia in modalità tradizionali, sia via PEC), non si è costituita nel presente giudizio. In assenza di una previa statuizione sul punto, se ne deve, dunque, dichiarare la contumacia in questa sede. Come da punto 1 del dispositivo di questa sentenza. La complessità della vicenda Determinazione delthema decidendum Va rilevato come la vicenda si sia dipanata attraverso le due giurisdizioni civile ed amministrativa; Tribunali diversi, sia in sede ordinaria sia in sede fallimentare. Il che rende la vicenda quanto mai intricata e di complesso inquadramento. Inoltre, parte delle difficoltà nascono dalla circostanza che il Ministero non ha ancora provveduto, come pure indicato dalla sentenza del Consiglio di Stato, a determinare i rapporti dare/avere con il debitore principale. Il che ha comportato anche una complicata (e successiva) filiera di contenziosi fra le odierne parti. Va, conclusivamente, rilevato come, nonostante queste difficoltà ricostruttive, il thema decidendum di questa controversia attiene al rapporto fra le odierne parti (profilo soggettivo della lite) ed al diritto di escutere la polizza, dal punto di vista sostanziale (alla luce della natura di tale polizza); nonché alla luce del dato formale (titolo esecutivo). In relazione al dato sostanziale, la parte opponente contesta il diritto ad una escussione piena della garanzia. Ciò poiché la posizione debitoria principale ha visto la vittoria del debitore principale, in sede di Consiglio di Stato. In relazione al profilo formale, si ha la contestazione, da parte dell'opponente, del titolo esecutivo. Parte opponente, infatti, nega che vi sia titolo esecutivo. Tali questioni, proprio per la complessità della causa, vanno tenute distinte ed affrontate separatamente. Le questioni "sostanziali" saranno affrontate nelle due successive sezioni di motivazione. La questione del titolo esecutivo - se si vuole "formale" - nel seguito. La qualificazione giuridica della polizza. Si ritiene di dover condividere quanto statuito dalla Corte d'Appello di Roma (atto di citazione, doc. 9) in punto di qualificazione della polizza oggetto di causa: trattasi di contratto autonomo di garanzia, dato che espressamente prevede il pagamento "a prima richiesta" e la rinuncia dei garanti a sollevare eccezioni nei confronti del creditore beneficiario (v. art. 2 della polizza). Per esigenze di concisione di questa sentenza - la vicenda ha visto il moltiplicarsi di processi - è opportuno un richiamo alla motivazione della sentenza della Corte capitolina (sentenza 6210 del 2019, in RG. 7392 del 2016; rep. (...) del 2019; pres. Capizzi; est Fanti; documento 9 di parte attrice e 4 di parte convenuta). In tale modo, anche con economia di mezzi giuridici. In ogni caso, il testo della garanzia è chiaramente nel senso di una garanzia a prima richiesta. Si tratta di quel meccanismo con il quale il garante, nel caso Un., offre la garanzia, sganciandola dal rapporto sottostante; in questo modo, viene meno la accessorietà, che è invece tipica della fideiussione. Il tutto risulta in modo letterale dall'articolo 2 delle condizioni di polizza; la cui dizione letterale (prima e semplice richiesta; ecc.) non lascia dubbio sulla natura della garanzia (1362, comma 1, e 1363 c.c.). Inoltre, va rilevato come si sia in presenza di attività disciplinata da contratti pubblici; rispetto ad essi, è operante il meccanismo della garanzia a prima richiesta; dunque, anche sotto il prisma degli elementi circostanziali a quelli letterali (cioè adottando i criteri ermeneutici di cui all'articolo 1362, comma 2, 1366, 1367, 1368 c.c.) la garanzia non avrebbe potuto essere che una garanzia a prima richiesta. In ordine alla operatività della polizza, dal punto di vista temporale, questa è stata affermata dalla Corte di Roma, nella sentenza indicata sopra (sentenza 6210 del 2019, in RG. 7392 del 2016; rep. (...) del 2019; pres. Ca.; est Fa.; documento 9 di parte attrice in riassunzione e 4 di parte convenuta); in disparte la questione se tale sentenza rappresenti titolo esecutivo; il che viene affrontato nel seguito. Il punto è che, allo stato, la efficacia della garanzia, dal punto di vista temporale, è affermata dalla sentenza della Corte di Roma. Pertanto, è operativa, valida ed efficace, una garanzia a prima richiesta rilasciata dalla odierna opponente; la stessa è stata attivata da parte opposta, il Ministero. Tale questione è dunque affrontata e risolta da altro giudice. Dunque, va pagata; salvo che la parte opponente - secondo le regole generali della garanzia a prima richiesta - non possa fondatamente esercitare la eccezione che, in questa sede, ha proposto, cioè la exceptio doli generalis. Essa, come nella successiva sezione di motivazione, è però infondata, così risultando per converso fondata la escussione della garanzia da parte del MISE. L'exceptio doli generalis. Come noto, in caso di contratto autonomo di garanzia, non sono proponibili eccezioni sul merito. Pertanto, se il garante viene richiesto, deve pagare. Egli non può opporre al creditore (pur presunto e contestato) le eccezioni che il debitore principale avrebbe potuto proporre al creditore. Ciò, appunto, in ragione della astrattezza della garanzia, che non consente che siano proposte eccezioni relative al rapporto principale. Tale il meccanismo del contratto autonomo di garanzia; non a caso, esso viene definito anche come "garanzia cauzionale"; nel senso che il creditore è come se disponesse di una cauzione, non in danaro ma pronta, attesa questa astrattezza. La giurisprudenza, in via pretoria, ha però individuato casi, nei quali la escussione è talmente avulsa dal rapporto sottostante, da potersi dire che si è in presenza di una escussione abusiva. In tali casi, la giurisprudenza afferma come possa comunque essere esperita una eccezione - per questa escussione in palese mala fede ed in assenza del rapporto sottostante - eccezione che l'intervento pretorio definisce exceptio doli generalis. Tale eccezione è proponibile dal garante con riferimento al rapporto principale; è appunto definita exceptio doli generalis, da ammettersi ogniqualvolta il creditore abbia escusso la garanzia con dolo e mala fede, in assenza evidente del titolo sottostante. Non sussistono i presupposti per accogliere, nel caso che qui si decide, la exceptio doli generalis. Si rileva infatti che il Consiglio di Stato, pur avendo annullato il decreto di revoca del contributo agevolato ex L. n. 488 del 1992, ha altresì evidenziato l'obbligo del MISE di "riesercitare il potere di controllo al fine di procedere ad una revoca parziale del finanziamento in relazione a tutte le voci di spesa che non hanno rinvenuto nella relazione tecnica, disposta nel corso di questo processo, un attestato di tenuta formale e corretta" (atto di citazione, doc. 10, p. 8). Avendo, quindi, il Consiglio di Stato riconosciuto la parziale fondatezza della revoca del contributo, non pare possibile accogliere, nel caso di specie, l'exceptio doli generalis. Si intende dire questo. Il creditore (nel caso il MISE) avrebbe potuto - e dovuto, data la natura pubblicistica - ottemperare (sia pure non in senso tecnico, cioè non nel senso del giudizio di ottemperanza) alla indicazione del Consiglio di Stato. In pratica, il Consiglio di Stato ha escluso che la revoca comporti un credito del MISE di 100 (numero astratto; indicante la revoca integrale del beneficio). Non ha però affatto stabilito, in ordine al rapporto principale, che il credito del MISE verso Ca. non sussista, sia cioè pari a 0. Ha annullato la pretesa di 100 ed ha indicato la corretta via amministrativa al MISE; rideterminare, secondo i parametri della sentenza e dell'esito tecnico di quel processo, il credito restitutorio: potrebbe dunque essere 30, oppure 80, oppure 90; secondo il (dovuto) riconteggio da parte della p.a. (in percentuale, ovviamente, poiché la parte oggi opponente risponde in percentuale). Erra dunque parte opponente quando, nel proprio atto introduttivo, afferma che il credito è stato ritenuto "inesistente" dal Consiglio di Stato. In questo contesto, la p.a., il MISE, escute per 100 e non per il debito di Ca., che lo stesso MISE deve rideterminare in via amministrativa. Non vi è in ciò, tuttavia, alcun abuso, tale da comportare la applicazione della eccezione di dolo generale. Può, invero, rilevarsi come allo stato la p.a. non abbia provveduto. Il che però rimane sul piano del diritto amministrativo. Dal punto di vista civilistico, il MISE non sta escutendo "sul nulla", in consapevole assenza di qualsiasi proprio diritto. Sta escutendo una somma che potrebbe essere superiore al proprio credito (tenendo conto di ogni voce, interessi inclusi) e che è suo munus publicum determinare; non sta escutendo in assenza di qualsivoglia diritto. Resta inteso, evidentemente, che il MISE, una volta esercitato il ricalcolo sollecitato dal Consiglio di Stato (ricalcolo che non risulta sia ancora stato realizzato, non sussistendo nemmeno allegazione da parte della difesa erariale), ben potrà essere chiamato a restituire l'eccedenza (oltre ad eventuale risarcimento dei danni per il ritardo in tale ricalcolo). Si tratta però di un piano affatto differente, che attiene al profilo del ripristino dei corretti rapporti dare/avere; non già il profilo del diritto alla escussione; nonché eventuale altra fattispecie, di diritto amministrativo, che concerne l'eventuale ritardo nella adozione di un provvedimento (articolo 2, comma 8, L. n. 241 del 1990 e 31 codice del processo amministrativo). Ai fini che qui rilevano, si avrebbe dolus generalis solo se il MISE escutesse la garanzia per un credito assolutamente inesistente e che lo stesso MISE sa esser tale. Nel caso di specie, invece, il MISE sta esercitando il proprio diritto ad escutere, in presenza di un credito che il Consiglio di Stato ha ritenuto esistente; in questo contesto, il meccanismo della garanzia a prima richiesta consente la integrale escussione, salve le restituzioni. Il titolo esecutivo. La sentenza del Consiglio di Stato, quindi, non ha fatto venir meno il diritto di parte convenuta di escutere la garanzia nei confronti di U.; con la conseguenza che la seconda cartella di pagamento inviata dal MISE - quella oggetto della presente impugnazione - si atteggia, per usare un parallelismo con il procedimento ordinario di esecuzione forzata, come precetto in rinnovazione. Si intende dire questo. In un primo momento, la pretesa esecutiva del MISE (prima cartella) fu ritenuta non legittima dal Tribunale di Roma (si intende sent. 20755 del 2016 di quel Tribunale, documento 5 di parte attrice in riassunzione). Conseguentemente, vi è stato lo sgravio di tale cartella (documento 6 di parte attrice in riassunzione). La p.a. ha infatti ritenuto, correttamente dal punto di vista amministrativo, non già di lasciare in istato di sospensione la cartella; quanto, per ottemperare alla sentenza del Tribunale di Roma, sgravare la stessa tout court. La sentenza del Tribunale di Roma (si intende sent. 20755 del 2016 di quel Tribunale, documento 5 di parte attrice in riassunzione) è stata però integralmente riformata dalla sentenza della Corte di Roma, già più volte menzionata (documento 9 di parte attrice in riassunzione e 4 di parte convenuta). In questo contesto, è come se vi fosse un titolo esecutivo civilistico, annullato in primo grado e confermato in appello; in tal caso, il creditore ben può eseguire, né è necessario che la sentenza di appello riporti la formula sacramentale della "condanna". La sentenza di appello, infatti, ha rigettato la opposizione; non doveva disporre una nuova condanna. Nel caso di specie, come particolarità del caso, la p.a., per ragioni di legalità della azione amministrativa, aveva sgravato la prima cartella, che dunque non poteva più essere eseguita. Dunque, ha emesso altra cartella (dal punto di vista del numero e della data), che esprime la medesima pretesa esecutiva. In altri termini, è come se il MISE - con i mezzi del diritto pubblico, dunque la cartella - richiedesse quanto già aveva richiesto prima della sentenza del Tribunale con la prima cartella. Non occorre una "nuova condanna"; come non occorre in tutte le ipotesi in cui sia rigettata, nel campo civilistico, una opposizione ex 615 c.p.c. Né può ragionevolmente sostenersi che il leale comportamento della amministrazione - sgravare la cartella annullata in primo grado - comporti la impossibilità di eseguire con una nuova cartella, dopo che la sentenza di primo grado è stata riformata integralmente. Senza contare, peraltro, che la sentenza della Corte d'appello di Roma, nel rigettare l'opposizione alla prima cartella, ben può essere considerata come una condanna implicita al pagamento della somma oggetto della cartella medesima (e, quindi, dotata a sua volta di efficacia esecutiva). Va infine svolta una osservazione in punto ad esecuzione a mezzo ruolo; questione non affrontata dalle parti (nemmeno nella filiera processuale romana) e, dunque, inammissibile in questa sede. Si tratta della possibilità di escutere la garanzia a prima richiesta (per quanto detto sopra sotto il profilo sostanziale, pienamente operante) a mezzo ruolo. La parte opponente non ha mai contestato che il MISE, dopo avere escusso la garanzia in modo tempestivo (di ciò si è detto sopra), operi con il meccanismo del ruolo; tale eccezione non è proposta né fu proposta in relazione alla precedente cartella (quella sgravata); si tratta di eccezione non proposta in quanto tale. Non vi è infatti in alcun punto delle difese di parte opponente la allegazione che la escussione avrebbe dovuto avvenire esclusivamente con modalità privatistiche (es.: decreto ingiuntivo) e, dunque, tale profilo è incontroverso. In ogni caso, deve ritenersi possibile per la autorità amministrativa procedere appunto a mezzo ruolo e cartella, meccanismo consentito anche per i crediti non tributari delle amministrazioni centrali e rispetto al quale non vi è specifica contestazione da parte dell'opponente. In questo caso, non opera l'articolo 21 del D.Lgs. 26 febbraio 1999 numero 46; bensì l'articolo 17 del medesimo provvedimento legislativo. La giurisprudenza prevalente, infatti, riferisce l'articolo 21 a profili esclusivamente privatistici; non anche, come in questo caso, legati ad un procedimento amministrativo, da un collegamento evidente. Le spese di lite. Meritano compensazione per un mezzo. Va infatti rilevato come la pretesa della parte Un. - sostanzialmente, di non pagare la garanzia a prima richiesta - sia in quanto tale infondata; si tratta del tentativo, infondato, di sottrarsi ad una obbligazione assunta con la garanzia a prima richiesta. Non è dunque possibile pervenire ad una compensazione integrale, poiché il nucleo di soccombenza rimane in capo alla parte opponente. Tuttavia, la compensazione per un mezzo si impone. Va infatti rilevato come, in sede amministrativa, la parte pubblica sia risultata soccombente. Di fronte al provvedimento del Consiglio di Stato, sarebbe stato dovere della amministrazione ri-quantificare il proprio credito; dunque, eventualmente, riducendo anche il corrispondente debito (percentuale) della odierna opponente o, comunque, dare contezza del definitivo rapporto dare/avere. E' naturalmente diritto del MISE procedere ad escussione, secondo il modello della garanzia a prima richiesta, anche per l'intero, provvedendo poi alle (eventuali) restituzioni. Tuttavia, se fosse stato adottato un provvedimento di ri-quantificazione - come raccomandato dal Consiglio di Stato ("Il Ministero dovrà, pertanto, riesercitare il potere di controllo al fine di procedere ad una revoca parziale del finanziamento", letteralmente in sentenza) e che la difesa erariale non ha allegato come emesso - il credito complessivo sarebbe risultato certo, forse anche minore. Dunque, in tal caso il MISE avrebbe ben potuto semplicemente escutere per la somma "giusta"; non avvalendosi della posizione di forza costituita dalla garanzia a prima richiesta, che le consente di escutere la intera polizza. Il che conduce, per quanto detto, a compensazione per un mezzo. In ordine alla quantificazione, essa viene posta su valori inferiori ai medi dello scaglione di valore (nell'intero; dunque, dovuto un mezzo di quanto liquidato). Ciò per la compressione della fase di trattazione. La liquidazione riguarda la intera filiera del primo grado, dunque include anche le spese sostenute in sede di procedimento 63295 del 2021 R.G. del Tribunale di Roma, terminato con ordinanza di incompetenza. Non anche le spese degli altri processi, come è evidente. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla causa che reca numero 5084/2022; ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1. DICHIARA la contumacia di AGENZIA ENTRATE-RISCOSSIONE, come citata da parte attrice. 2. DISPONE che tale parte riceva il trattamento della parte contumace, ad ogni effetto. 3. RIGETTA l'opposizione di Un. s.p.a., come originariamente proposta in sede incompetente e riassunta in questa sede di Bologna. Con riferimento alla cartella (...), dunque valida ed efficace. 4. REVOCA la sospensione di tale titolo, come concessa dal Tribunale di Roma, con proprio Provv. 24-25 novembre 2021 (e successivamente corretto il 29 novembre 2021), reso in processo numero 63925 del 2021 R.G.. 5. DISPONE compensazione delle spese di lite per un mezzo. 6. CONDANNA parte attrice al pagamento, nei confronti del Ministero dello Sviluppo Economico, di un mezzo delle spese di lite di questo processo e del procedimento 63925 del 2021 R.G., di cui questo è riassunzione; spese di lite che si liquidano nell'intero (dunque, dovuto un mezzo di quanto in appresso) in: Euro 32.000,00 percompensi; spese generali pari al quindici per cento della somma che immediatamente precede. Infine, IVA e Cassa come per legge (se ed in quanto dovute, attesa la difesa erariale). 7. NULLA PER SPESE nel rapporto giuridico processuale corrente fra Agenzia-Riscossione e le altre due parti. 8. SI PUBBLICHI. Così deciso in Bologna il 30 dicembre 2023. Depositata in Cancelleria il 12 gennaio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BOLOGNA SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: - Dott. Michele GUERNELLI - Presidente rel. est. - Dott. Marco D'ORAZI - Giudice - Dott. Silvia ROMAGNOLI - Giudice pronuncia la seguente SENTENZA Nella causa civile di I grado iscritta al n. r.g. 11878/2019 promossa da: Hg. S.R.L. (C.F. e P. IVA (...)) con il patrocinio dell'Avv. Ni.Sb. (C.F. (...)) e dell'Avv. An.At. (C.F. (...)) elettivamente domiciliata presso lo Studio dell'Avv. An.At. in Bologna, Strada (...) ATTRICE OPPONENTE nei confronti di Ma. S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (P. IVA (...)) con il patrocinio dell'Avv. Ma.Ru. (C.F. (...)) elettivamente domiciliata presso lo Studio dello stesso sito in Reggio dell'Emilia, via (...) CONVENUTA OPPOSTA OGGETTO: Transazione - Opposizione al D.I. n. 1844/2019 CONCISE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1.1. Con atto di citazione ritualmente notificato il 19.6.2019 Hg. s.r.l. si opponeva al decreto ingiuntivo n. 1844/2019, non provvisoriamente esecutivo, con il quale il Tribunale di Bologna le ingiungeva il pagamento della somma di Euro 83.600,00 più interessi e spese processuali liquidate in Euro 1.425,00 per onorari e in Euro 406,50 per "esborsi, oltre accessori se e come dovuti per legge e successive occorrende" in favore di Ma. S.R.L. IN LIQUIDAZIONE. Ma. sosteneva che in forza della fattura n. (...) (prodotta col ricorso) la somma ingiunta era dovuta a titolo di regime IVA da applicare al corrispettivo ricevuto a seguito dell'aggiudicazione da parte dell'opponente del Brevetto LG (n. 0001408338 rilasciato dall'U.I.B.M. nel 2014) con la transazione conclusa tra le medesime in data 31.7.2018. Hg. si rifiutava di pagare tale ulteriore importo rispetto al prezzo già versato e determinato in complessivi Euro 380.000, da considerarsi comprensivo di IVA. Al fine di dirimere il contrasto sorto tra le due società l'opposta aveva domandato all'Agenzia delle Entrate un intervento chiarificatore tramite interpello, la quale, a sua volta, confermava che l'IVA sulla transazione fosse dovuta. Di talché l'opposta aveva instaurato il procedimento monitorio ed ottenuto un'ingiunzione di pagamento pari ad Euro 83.600 nei confronti di Hg.. 1.2. In questa sede, l'attrice si è opposta al d.i. ricostruendo preliminarmente la vicenda sottesa alla controversia sorta tra le due società. Nel 2015 Hg. aveva scoperto che l'opposta costruiva macchinari sulla base degli insegnamenti del brevetto inventato dal titolare dell'opponente società (il sig. Ma.Ga.) e concesso in licenza in via esclusiva all'odierna attrice. Nel gennaio 2017, dopo i primi tentativi di chiusura della vertenza, Ma. si era aggiudicata una privativa sul Brevetto LG con tecnologia similare a quella del Brevetto Ga. e in sede di acquisto aveva precisato che il corrispettivo pattuito era stato determinato oltre IVA. Nell'ottobre del medesimo anno si era prospettata un'ipotesi eventuale di determinazione della lite con Ma. consistente nell'acquisto ad opera di Hg. del Brevetto LG. La trattativa incominciava a prendere una forma più definita nel 2018 con l'indicazione dell'importo della transazione pari a Euro 380.000, del tempo e delle modalità di pagamento. Sicché nel giugno dello stesso anno veniva redatta una prima bozza della transazione indicante il valore pattuito senza fare menzione alcuna all'importo IVA da versare all'opposta a mezzo di assegno circolare. La transazione si era conclusa definitivamente il 31.7.2018 con il saldo dell'importo pattuito da parte di Hg. e nessun cenno era stato sollevato dall'opposta con riguardo all'IVA. Trascorsi due giorni dalla transazione Ma. aveva emesso la fattura n. (...) (azionata nel procedimento monitorio) per un importo di Euro 463.600, dopo aver incassato Euro 380.000, apportandovi la data della transazione, ossia il 31.7.2018. La fattura in questione era stata immediatamente contestata da Hg. in quanto conteneva un errore dato che l'importo pattuito con la scrittura privata del 31.7.2018 includeva già l'IVA. E d'altro canto Ma. non aveva fino ad allora sollevato alcuna obiezione circa l'entità degli assegni riscossi e avanzato alcuna richiesta indicante come cifra complessiva Euro 463.600. H. proponeva domanda riconvenzionale contro Ma. per le numerose violazioni di cui si era resa responsabile rispetto alle previsioni contenute nella transazione. Conclusa la transazione, Ma. aveva violato alcune obbligazioni assunte con la medesima, talune assistite da penali, richieste da Hg. e da opporre in compensazione alla somma ingiunta, qualora il d.i. fosse confermato. In particolare, secondo Hg. l'opposta aveva violato l'impegno a non produrre, commercializzare, distribuire e promuovere lavafronture per un totale di 19 infrazioni, ognuna assistita da Euro 15.000 di penale. In virtù di queste violazioni Hg. era determinata a chiedere il riconoscimento dell'importo di Euro 285.000, quale valore dovuto per le infrazioni commesse. L'opponente chiedeva in via riconvenzionale il riconoscimento di un'ulteriore penale, contenuta nella transazione la quale prevedeva il pagamento di Euro 25.000 per ciascuna violazione commessa alla clausola di riservatezza stipulata dalle parti per mantenere il riserbo sull'esistenza e sul contenuto dell'accordo raggiunto. In tal caso, la predetta violazione risultava essere stata commessa da Ma. per ben due volte: la prima con la proposizione dell'interpello all'Agenzia delle Entrate al quale aveva allegato la versione integrale della transazione, omettendo quantomeno di cancellare i nomi delle parti; la seconda allegando il testo integrale della transazione, sempre senza censure e cancellazioni, al ricorso per d.i. Di conseguenza, Hg. domandava il pagamento delle penali sulla riservatezza per l'importo di Euro 50.000. Secondo Hg. l'opposta le aveva causato ulteriori pregiudizi derivanti dall'omessa eliminazione dalle pagine web ad essa riconducibili delle pubblicità, immagini, video, brochure o comunicazioni commerciali relative alla vendita di macchine lavafronture, potendo soltanto fornire via email o sul proprio sito web servizi di assistenza post-vendita. Per ciascuno di questi inadempimenti l'opponente chiedeva Euro 2.000 di risarcimento in considerazione della loro persistenza online, per un totale di Euro 26.000. Hg., inoltre, domandava la liquidazione del danno emergente, consistente nelle voci di spesa sostenute dalla stessa per gestire e contenere gli effetti negativi prodotti dal comportamento scorretto di Ma.. In particolare, il danno emergente richiesto ammontava a Euro 55.221,32, derivante dalla somma delle due fatture emesse dai due legali di Hg. per la consulenza stragiudiziale e dall'estratto conto preteso dall'investigatore privato professionista e specializzato in violazione di proprietà intellettuale. In ultimo, alla luce della grave condotta posta in essere dall'opposta Hg. chiedeva in via istruttoria l'esibizione delle scritture contabili avversarie, necessaria per raffrontare i dati comunicati dalla controparte in sede transattiva e la realtà dei fatti e per far emergere eventuali nuovi illeciti commessi dall'opposta ma anche per accertare se Ma. avesse posto in essere una vera e propria attività contraffattoria costituita dalla costruzione e commercializzazione illegittima di lavafronture realizzate sulla base del Brevetto LG o del Brevetto G.. Pertanto, chiedeva il sequestro e l'inibitoria delle macchine prodotte o commercializzate da Ma. usando la tecnologia del Brevetto LG e del Brevetto Ga. in quanto contraffattorie. 1.3. Si costituiva in giudizio Ma., la quale innanzitutto contestava la ricostruzione dei fatti esposta da controparte. Confermava che tra le parti era stato raggiunto un accordo con la transazione del 31.7.2018, al fine di comporre la lite giudiziaria riguardante i brevetti di cui erano rispettivamente titolari, avente ad oggetto l'acquisto da parte di Hg. del Brevetto LG di Ma. a fronte di un corrispettivo pari ad Euro 380.000. A seguito dell'incasso della predetta somma, versata al momento della sottoscrizione dell'accordo, Ma. chiedeva all'opponente quale regime IVA applicare alla transazione poiché sembrava che Hg. godesse del beneficio di esenzione dall'IVA ex art. 8, comma 1 del D.P.R. n. 633 del 1972 e quest'ultima confermava di voler applicare l'IVA ordinaria alla vendita. In considerazione di ciò Ma. emetteva la fattura n. (...) indicante sia il corrispettivo ricevuto per la vendita del brevetto sia l'ammontare dell'IVA imponibile sul prezzo. La fattura in questione veniva rigettata da Hg. per la ragione secondo cui l'importo di Euro 380.000 doveva considerarsi comprensivo di IVA. In un primo momento Ma. aveva cercato di raggiungere una soluzione bonaria proponendo al sig. Ga. una serie di soluzioni favorevoli, tutte respinte da quest'ultimo che dimostrava di non essere predisposto ad alcuna ipotesi conciliativa, contravvenendo in questo modo al punto 2.3. della transazione che prevedeva l'obbligo delle parti di impegnarsi in buona fede a non assumere alcuna iniziativa nei confronti dell'altra parte contrastante con la volontà di risolvere i contenziosi tra le medesime. Secondo Ma. il rifiuto di pagare l'IVA e l'ostracismo nei confronti di una qualsiasi soluzione bonaria facevano parte di un piano premeditato da Hg. al fine di danneggiare l'attività e l'immagine di M.. Dopo aver adempiuto all'obbligo fiscale l'opposta presentava interpello all'Agenzia delle Entrate alla quale chiedeva di fornire un'interpretazione del contratto di transazione e una conferma definitiva dell'imposta applicabile. L'Agenzia delle Entrate, a sua volta, replicava che l'aliquota ordinaria del 22% era dovuta sull'intero corrispettivo versato da Hg., ma ciò non faceva cambiare la posizione dell'opponente che continuava ad opporsi alla richiesta di pagamento e per giunta avanzava la pretesa di ottenere il pagamento di penali contrattuali derivanti dalle irregolarità presenti negli elenchi allegati alla transazione. Non solo, secondo Ma. l'opponente aveva messo in atto una vera e propria campagna di diffamazione nei suoi confronti provocandole dei danni e aveva posto in essere una grave turbativa da cui sarebbe derivato un danno all'immagine della suddetta società. In diritto, Ma. forniva una specifica interpretazione del contratto stipulato tra le parti evidenziando che nel suddetto non vi era alcun elemento che avrebbe portato a considerare l'importo di Euro 380.000 comprensivo di IVA. In particolare, la somma in questione era indicata come "corrispettivo pattuito per la cessione", pertanto l'importo IVA non poteva ritenersi parte del suddetto corrispettivo, essendo l'imposta un valore che non arricchiva il venditore in quanto destinata ad un terzo soggetto. Il termine "complessivo" andava inteso come rinuncia alle rispettive domande giudiziali e non solo la cessione del brevetto. D'altro canto, il parere espresso dall'Agenzia delle Entrate sul regime fiscale applicabile al contratto confermava la correttezza della fatturazione emessa da Ma. in quanto la transazione stipulata tra le due società in causa presentava carattere novativo avendo con essa le parti assunto nuove obbligazioni rispetto all'originario rapporto commerciale. Tali nuove obbligazioni costituivano prestazioni di servizi soggette a IVA ai sensi dell'art. 3, comma 1 del D.P.R. n. 633 del 1972, mentre la somma di Euro 380.000 rappresentava il controvalore degli obblighi assunti da H.M. contestava l'assunto di controparte secondo la quale le circostanze del caso concreto erano state presentate in modo generico ed incompleto e che la risposta dell'Agenzia delle Entrate creava confusione poiché non indicava in modo specifico chi fosse il soggetto che avrebbe dovuto pagare l'importo IVA. Secondo Ma. l'opponente avrebbe potuto presentare a sua volta interpello all'Agenzia delle Entrate al fine di chiarire le dinamiche intervenute tra le due parti, contestando così nel merito il parere sfavorevole dell'Agenzia. In via subordinata l'opposta riteneva che vi era un concorso di responsabilità tra le due società per non aver detto nulla a riguardo dell'importo IVA al momento della stesura del contratto. Conformandosi al parere dell'Agenzia delle Entrate per la quale il venditore aveva il diritto di recuperare l'imposta dall'acquirente l'opposta chiedeva l'integrazione del contratto ex art. 1374 c.c. Chiedeva altresì la provvisoria esecuzione del d.i. ai sensi dell'art. 648 c.p.c. non solo perché il credito era certo, liquido ed esigibile ma anche perché l'opposizione sollevata da Hg. non era basata su prova scritta ma su uno scambio di missive tra i procuratori non rilevanti poiché in nessuna di esse si affermava che l'IVA era da intendersi compresa nel prezzo e le domande riconvenzionali proposte erano da ritenersi infondate in fatto e in diritto e non incidevano sulla concessione della provvisoria esecuzione del d.i. M. contestava anche tutte le domande riconvenzionali di Hg. giacché insussistenti. Con riguardo alla richiesta di penali relative alle macchine vendute preliminarmente l'opposta affermava di non aver mai prodotto un numero superiore di lavafronture rispetto a quello indicato negli elenchi consegnati a Hg. E che in virtù del punto 3.2. del contratto di transazione la penale non troverebbe applicazione non avendo venduto alcuna macchina dopo il 31.07.2018. Per quanto concerne le lavafronture vendute nel periodo anteriore all'accordo la penale non era esigibile poiché in forza del punto 3.3. del contratto in questione essa poteva essere richiesta soltanto a fronte della prova del reperimento di numeri della matricola riconducibili a Ma., diversi da quelli contenuti negli elenchi. Nello specifico, l'opposta evidenziava che ad essa non era imputabile la mancata sostituzione della targhetta ID di alcuni modelli rigenerati, giacché tale onere incombeva sui rivenditori autorizzati e che aveva preso nota di tale circostanza con le contestazioni sollevate da controparte, che invece era a conoscenza della vicenda sin dal giugno 2019. Per quanto riguarda le penali relative all'obbligo di riservatezza l'opposta contestava il pagamento delle medesime in quanto il suo comportamento non poteva ritenersi contrario all'impegno preso con l'art. 7 del contratto di transazione. Difatti l'intento sotteso a tale obbligo era quello di non divulgare nel settore della maglieria le condizioni dell'accordo intrapreso e che certamente gli enti posti a tutela di interessi pubblici, quali l'Agenzia delle Entrate e il Magistrato non rientravano nel suddetto settore e non avevano alcun interesse a diffondere tali informazioni, pertanto non poteva considerarsi violato il dispositivo normativo. Infine, in merito all'ultima penale, domandata in via riconvenzionale da controparte, relativa ai siti internet Ma. sosteneva che i link indicati nell'elenco elaborato da Hg. rimandavano alle pagine web dei siti e-commerce dedicati alla rivendita di macchinari usati su cui l'opposta non aveva alcun potere di oscuramento di tali annunci e che, invero, non erano direttamente riconducibili ad essa. Di talché non poteva dirsi violato l'art. 3.3. del contratto avendo l'opposta adempiuto all'obbligo di rimozione di tutte le pubblicità delle lavafronture nei propri siti internet. M. chiedeva inoltre il rigetto della domanda di risarcimento da danno emergente per mancanza dei presupposti avendo adempiuto le obbligazioni derivanti dal contratto di transazione, contestando la sua quantificazione non potendo imputare ad essa il pagamento delle parcelle dei professionisti incaricati da Hg. In subordine in caso di accoglimento delle summenzionate penali l'opposta chiedeva la riduzione del quantum delle somme richieste a titolo di penali in considerazione dell'effettivo pregiudizio subito da Ha. ultimo, si opponeva alle istanze istruttorie, di sequestro e di inibitoria avanzate da controparte poiché prive di fondamento dato che la società era in liquidazione e aveva cessato ogni produzione in ottemperanza agli obblighi contrattuali. In particolare, si opponeva alla richiesta di esibizione delle scritture contabili in quanto dal suo accoglimento Hg. avrebbe acquisito un importante vantaggio commerciale e si offriva di far consultare la propria contabilità unicamente ad un perito nominato d'ufficio ed eventuali consulenti di parte senza consentire all'opponente di ottenere copia o conoscenza. 1.3. In data 5.12.2019 veniva rigettata l'istanza di provvisoria esecutività del d.i. opposto e veniva concesso il triplo termine per le memorie di cui all'art. 183 c.p.c. Con ordinanza del 06.08.2020 il G.I. accoglieva l'istanza ex art. (...) c.p.c. di Hg. ordinando a parte convenuta l'esibizione delle scritture contabili e dei documenti fiscali relative al periodo 2012-2019, mentre rigettava la stessa istanza proposta da parte opposta con riguardo ai tabulati telefonici. Con la memoria n. 2 ex art. 183, comma 6 c.p.c., parte convenuta chiedeva che venisse disposta CTU al fine di verificare che nessuna violazione dell'accordo transattivo fosse stata commessa da M.. In data 11 marzo 2021 veniva disposta consulenza tecnica avente ad oggetto il seguente quesito: "Si dispone CTU al fine di verificare, alla luce della documentazione prodotta dalle parti (e in particolare di quella esibita dalla parte convenuta a fronte dell'ordine di esibizione), e della ulteriore documentazione che le difese concordemente consentiranno di acquisire, se la Ma. abbia ed eventualmente in che misura, violato il patto contenuto nella transazione vendendo macchine, successivamente alla stipula della transazione, ovvero risulti provato, come sostiene la convenuta, che la vendita e la consegna delle macchine erano anteriori alla transazione, pur in presenza di una fattura successiva. Precisa che il CTU potrà chiedere di disporre della documentazione esibita, senza le secretazioni effettuate in assenza di prescrizione, e quindi in concreto di averne una copia, in cui siano mantenuti riservati solo i dati relativi ai clienti. Si invita altresì il CTU ad accertare, sulla base della documentazione prodotta dalle parti e di quella che le parti concordemente depositeranno in causa nel corso delle operazioni peritali, quale sia il numero di macchine complessivamente venduto e/o consegnato da Ma. SRL tra il 2015 e il 2020, e se le macchine identificabili in base alla documentazione prodotta (eventualmente anche all'esito della modifica del numero di matricola) siano o meno riconducibili ai due elenchi di cui agli artt. 3.4 e 3.5 del contratto di transazione di cui al doc. 3 di parte convenuta". La CTU, posta in essere nel rispetto del contraddittorio tra le parti, ha concluso nel seguente modo: "Alla luce di tutto quanto sopra esposto, tenuto conto della documentazione prodotta in atti, di quella esibita in corso di operazioni peritali, delle argomentazioni delle parti e dei rispettivi CTP, la scrivente formula le seguenti conclusioni: - a parere della scrivente CTU risulterebbero vendute da Ma. n. 53 macchine lavafronture in violazione a quanto pattuito nel contratto di transazione del 31.07.2018, di cui n. 27 macchine risultano elencate nell'All. 10 del contratto di transazione, n. 6 macchine risultano elencate nell'All. 9 della transazione, n. 13 macchine non risultano indicate né nell'All. 9 né nell'All. 10 del contratto, mentre per n. 7 macchine non si conosce il rispettivo n. matricola/ID e - quindi - non è possibile comprendere se appartengano a uno dei due elenchi della transazione. - le macchine lavafronture vendute - come da fatture prodotte - dal 2014 al 2020 ammontano a complessive n. 279 unità (di cui n. 22 macchine risultano essere state fatturate due volte o - nel caso della sola matr. 80 - anche tre volte). - le macchine lavafronture vendute - come da fatture prodotte - dal 2015 al 2020 ammontano a complessive n. 250 unità (di cui n. 16 macchine risultano fatturate due volte o - nel caso della sola matr. 80 - anche tre volte)". 1.4. Successivamente Ma. formulava istanza di sospensione del giudizio ex art. 337 2 co. c.p.c. sulla base di sentenza del Tribunale di Brescia -Sezione Impresa del 3.4.2023 intercorsa fra le parti e con Eu. SRL inerente contraffazione del medesimo "brevetto LG" per macchine commercializzate da Eu. in tesi non presenti negli elenchi allegati alla transazione, pronuncia che aveva rigettato le domande di Hg., che l'aveva poi appellata. In data 28.09.2023 la causa veniva trattenuta in decisione. 2. La richiesta di sospensione ex art. 337 2 co c.p.c. non è stata reiterata in sede di precisazione delle conclusioni, ma in ogni caso non può essere accolta. Risulta che il Tribunale di Brescia non abbia accolto a sua volta una istanza di sospensione basata sulla pendenza di questo giudizio; in ogni caso le questioni colà affrontate non solo dal punto di vista soggettivo coinvolgono un soggetto terzo che non è parte di questo processo, ma dal punto di vista oggettivo riguardano una presunta violazione della privativa acquisita da Hg. da parte di Eu. per macchine da questa commercializzate ma asseritamente secondo Eu. prodotte da M.; che comunque secondo il Tribunale di Brescia erano state verosimilmente cedute da Ma. a Eu. nei tempi della transazione benché pagate e fatturate dopo. Non vi è quindi coincidenza soggettiva né oggettivo, né quindi pregiudizialità tra i due procedimenti che giustifichi una sospensione ex art. 337 c.p.c., che dovrebbe d'altronde presupporre motivazione specifica per la quale si ritiene di non condividere la sentenza "pregiudicante" (cfr. Cass. 24046/2014 e successive). 3. Nel merito l'opposizione è infondata quanto alla questione dell'IVA, parzialmente da accogliere quanto alla domanda riconvenzionale. 3.1. Sulla questione inerente la debenza o meno dell'IVA sulla somma oggetto di transazione, appaiono corrette le considerazioni di M.. Invero le parti non considerarono espressamente nel testo della transazione se la cifra onnicomprensiva di Euro 380.000 dovesse intendersi inclusiva o meno di IVA; cifra che viene indicata tuttavia come "corrispettivo pattuito"; solo dopo il pagamento con assegni circolari emerse il problema della fatturazione, e Ma. inoltrò specifico interpello all'Agenzia delle Entrate, che rispose positivamente, emise fattura aggiungendo l'IVA al 22% , la pagò e richiese ed ottenne infine il decreto ingiuntivo qui opposto. E' vero infatti che l'IVA - neutra per il cedente che deve incassarla dal cessionario e versarla all'Erario; detraibile per il cessionario dall'imposta che deve a sua volta versare per le cessioni da lui eseguite - non può davvero considerarsi "corrispettivo" per la cessione di un brevetto. L'Agenzia delle Entrate rispose poi all'interpello non sulla base di informazioni parziali, visto che le fu sottoposto il testo integrale della transazione, e come risulta dalla cronistoria dei fatti di cui al doc. 6 Ma., in cui è riportato anche il quesito del contribuente. Concluse con chiarezza che "la somma di denaro (380.000 Euro) dovuta da Hg. srl a Ma. srl rappresenta il controvalore degli obblighi assunti da quest'ultima società. Tali obblighi stante la loro natura e costituiscono prestazioni soggette a IVA ..., e l'importo dovuto da Hg. srl ne rappresenta il relativo compenso. Con riguardo alla possibilità di scorporo dell'IVA la Corte di Giustizia Europea ha chiarito che qualora le parti abbiano fissato il prezzo del bene senza menzionare l'iva e venditore sia la persona tenuta a versare l'imposta dovuta sull'operazione imponibile, il prezzo pattuito deve considerarsi comprensivo dell'IVA se il fornitore non ha la possibilità di recuperare dall'acquirente l'imposta versata all'amministrazione finanziaria sentenza 7 novembre 2013 cause riunite c -249/2012 e c 250/2012). Poiché alle singole variegate voci oggetto di impegno da parte di Ma. srl si ricollega a un corrispettivo indistinto, l'aliquota ordinaria del 22% dovuta per la prestazione di servizi riguarderà l'intero corrispettivo versato da Hg. srl, " Che poi il corrispettivo fosse "complessivo" va plausibilmente riferito non all'inclusione dell'IVA (che non arricchisce il cedente), ma al fatto che la somma includeva anche la considerazione degli aspetti transattivi ulteriori (spese di causa, risarcimento danni ecc.) considerati dalla scrittura inter partes. Non sono dirimenti le altre deduzioni di Hg. basate su argomenti testuali, quali la considerazione dell'IVA nell'acquisto del brevetto LG da parte di Ma., intercorsa con altro soggetto; ovvero le espressioni inerenti l'esclusione di ulteriori pretese, o la composizione di ogni contenzioso, o la disciplina da ritenersi integrale dei rapporti fra le parti (cifra "tombale") contenuta nella transazione stessa: il fatto è che l'IVA è di per sé un requisito esterno al corrispettivo, neutro e/o detraibile per soggetti imprenditori titolari di partita IVA. Non sono al riguardo decisive neppure le considerazioni dell'opponente basate sulla corrispondenza fra le parti e sul comportamento anteriore e successivo ex art. 1362 c.c. o secondo buona fede ex art. 1366 c.c.: che gli assegni fossero stati previamente sottoposti ai legali di Ma. e che questi nulla avessero osservato, o che detta richiesta fosse stata avanzata da Ma., e che l'incasso sia avvenuto senza eccezioni testimonia solo che in realtà la questione semplicemente non fu affrontata fra le parti. Quanto all'emissione della fattura (o meglio: inoltro) dopo 48 ore, la sua asserita "retrodatazione" non può ritenersi un espediente "di soppiatto", atteso che in effetti la fattura va formalmente emessa al momento del pagamento del corrispettivo, e la lettera dei legali di Ma. testimonia semmai appunto che la questione, se non dagli stessi prima affrontata, aveva nel frattempo trovato nella parte la necessaria considerazione. In ogni caso, è ugualmente corretta la considerazione di Ma. imperniata sull'art. 1374 c.c.: l'applicabilità dell'IVA al corrispettivo, non contemplata dalle parti, è nel caso concreto prevista e dovuta ex lege (cfr. la giurisprudenza di legittimità citata dall'opposta), sicché il relativo obbligo va stabilito in capo all'opponente, e l'opposizione rigettata. 3.2. In merito alla riconvenzionale di Hg. si osserva quanto segue. 3.2.1. Non sono dovute le somme richiesta per asserite violazioni della penale contrattuale a tutela della riservatezza, che Hg. pretende avendo Ma. trasmesso il testo integrale della transazione all'Agenzia delle Entrate per ottenere la risposta all'interpello, e depositato al Tribunale di Bologna per ottenere il decreto ingiuntivo. In linea generale va notato al riguardo che la ratio delle previsioni contrattuali era evidentemente quella di tutelare le parti dall'eventuale diffusione anche indiretta di notizie a terzi (concorrenti, clienti e fornitori in primis) che potesse pregiudicarle; il che deve essere in radice escluso con riguardo ad Enti pubblici che non svolgono attività economica ed investiti nel caso concreto proprio per la loro funzione di terzi imparziali, per risolvere il contrasto insorto fra le parti: si è quindi totalmente al di fuori dalla possibilità di invocare l'esclusione dell'eccezione di cui al punto 7.6. dell'accordo. In più risulta che il testo dello stesso fosse stato già trasmesso all'Agenzia delle Entrate in data anteriore, tanto che venne dalla stessa sottoposto a registrazione già l'8.8.2018 (cfr. timbro in calce allo stesso); l'interpello è invece dell'11.10.2018. Quanto al deposito in Tribunale, è pur vero che destinatario era la controparte, e che nessun provvedimento poteva evidentemente essere richiesto e ottenuto senza produrre il titolo su cui si fondava; non potendosi assimilare il giudice (o la cancelleria) a terzi da cui le parti dovessero proteggersi. 3.2.2. Neppure è accoglibile la richiesta di risarcimento relativo a pubblicità su siti internet, quantificato da Hg. in Euro 2.000 per ogni sito. Infatti la clausola 3.3. del contratto specificava che la rimozione doveva riguardare ogni pagina web "direttamente riconducibile" a M.: così non è per le pagine web di cui al doc. 32 di Hg. che riguardano siti di e-commerce di terzi con inserzioni non immediatamente collegabili a M.; quanto alle pagine (...) e (...) (doc. 32 e 45 H.) la convenuta opposta ha allegato la chiusura già avvenuta delle stesse avendo cessato ogni attività commerciale, il difetto di prova della riconducibilità delle pagine a sé medesima, e comunque della certezza della data apparente sugli screenshots in pdf. Non vi è stata specifica replica nel merito a quanto sopra, né sono stati forniti ulteriori evidenze documentali a riscontro, sicché la voce di presunto danno non può dirsi dimostrata nell'an debeatur. 3.2.3. Più articolato l'esame dei presupposti inerenti la richiesta di penali in relazione alle macchine vendute. H. ha sostenuto che Ma. abbia commercializzato macchine lavafronture (per il lavaggio dei supporti e degli aghi in macchine per maglieria) in violazione della transazione 31.7.2018, quindi al di fuori ed oltre gli all. 9 (macchine in giacenza alla data della transazione) e 10 (macchine commercializzate sino alla transazione) alla stessa. Ne individua 19 sin dalla citazione, e ne aggiunge 4 individuate nei verbali, che produce, di descrizione e sequestro disposti dal Tribunale di Brescia nel contenzioso con Eu. SRL in cui fu chiamata Ma.. Ma. ha sostenuto che le violazioni dedotte non sussistessero, poiché diverse macchine erano state cedute prima, ma pagate e/o fatturate dopo i termini previsti in transazione; altre restituite per svariati motivi e riparate o "rigenerate" con modifiche, quindi rivendute in date successive anche con identificativi (targhette metalliche con numero) diversi, ferma l'identità della macchina; altre ancora individuate con numeri errati o per errore vendute senza numeri identificativi, ma senza che il numero complessivo (di macchine prodotte e vendute) fosse aumentato. Ha insistito per la revoca del rigetto del 9.11.2022 da parte del G.I. dell'epoca delle prove orali richieste sino all'udienza interlocutoria dell' 8.6.2023, ma non ha reiterato in alcun modo l'istanza nell'udienza di p.c. del 28.9.2023, dove ha richiamato solo le conclusioni della comparsa di costituzione e risposta, sicché le stesse devono ritenersi abbandonate (cfr. Cass. 10767/2022, 5741/2019), pur avendone invero fatto successiva menzione anche negli scritti conclusivi. In ogni caso il Collegio ritiene condivisibili gli argomenti del Provv. 9 novembre 2022 del G.I., cui qui si rinvia. Ha prodotto però i verbali delle prove testimoniali assunte a Brescia nel 2021, la cui produzione è di per sé ammissibile, essendo documento di epoca successiva al maturare delle preclusioni istruttorie in questo processo, e che, pur essendo raccolte in diverso giudizio, può essere liberamente valutato in questo insieme alle altre risultanze di causa (cfr. Cass. 31312/2021, 11555/2013). Dalle deposizioni risulta che, quanto al rapporto tra Eu. SRL e Ma., effettivamente sulle macchine lavafronture, prodotte esclusivamente da Ma., venivano apposte targhette di Eu., talvolta sostituendo precedenti targhette Ma.; e che due macchine vendute ad Eu. trovate in sede di descrizione erano state prodotte da Ma. l'anno precedente. Non vi sono ulteriori precisazioni sulle macchine, ma la sentenza di Brescia dell'aprile 2023, qui ugualmente esaminabile, svolge considerazioni diverse su macchine la cui identificazione con quelle di cui alla presente causa non è immediatamente riscontrabile, se non per l'ID 190101, apparendo diverse le altre numerazioni, oggetto di contestazione fra le parti in questo processo, verosimilmente prodotta da Ma. e ceduta ad Eu. ("violazione 18"). Non appaiono dunque qui utilmente valutabili le risultanze dell'altro processo, sia per la genericità delle deposizioni, sia per la limitazione del contenzioso all'acquirente Eu.. Dopo l'esibizione delle scritture contabili di Ma. è stata quindi disposta CTU volta ad accertare in fatto eventuali violazioni inerenti la commercializzazione di macchine da parte della stessa dopo la stipula. Va precisato che la penale è dovuta (art. 3.2.) per la produzione e commercializzazione di macchine lavafrontura da parte di Ma. oltre i limiti temporali previsti, anche se non incluse nell'elenco delle giacenze (20) o anche se non recanti numeri di matricola, e non solo quelle con numeri di matricola diversi ma "riconducibili" a Ma. come da art. 3.5 del contratto. L'indagine è stata estesa a tutte le macchine in ipotesi commercializzate dal 2014 al 2020 e non solo alle violazioni censurate dall'opponente: l'estensione, su cui Ma. ha potuto interloquire e la cui validità non ha mai contestato e la valutazione delle conseguenti conclusioni del CTU da parte del Tribunale è legittima e non va ultra petita, nonostante le contestazioni di Ma. inerenti la presunta limitazione delle domande di Hg. alle violazioni (19 + 4) e alle somme precisate in citazione e nelle conclusioni specifiche, poiché la stessa Hg. richiese l'esibizione poi concessa "anche ai fini dell'accertamento di eventuali ulteriori violazioni della Transazione 31.7.2018 e comunque al fine dell'accertamento della rispondenza delle stesse a quanto dichiarato dalla convenuta in sede transattiva e negli allegati alla Transazione 31.7.2018"; inoltre perché le conclusioni iniziali e reiterate riportano il ripetuto inciso "Tutto ciò, salvo importo maggiore o minore che il Giudice vorrà riconoscere come di giustizia e/o in via equitativa. " Orbene, la CTU tecnico contabile, di cui sono state sopra riportate le conclusioni, svolta nel pieno contraddittorio, e con adeguata, completa e logica motivazione che ha riscontrato le osservazioni delle parti e che va qui recepita, in sostanza non è stata nel merito contestata neppure da parte opposta, che l'aveva richiesta e che ha solo inteso rimarcare che l'indagine, necessariamente condotta solo sulla base di (completi) dati contabili, non ha potuto tener conto delle modalità operative e commerciali non emergenti in quanto estranee alla contabilità delle singole vendite; e che le macchine complessivamente vendute (276) non sono in numero superiore, ma ani inferiore, rispetto a quanto indicato in transazione (277 + 20 = 297, rectius 295 per due duplicazioni) e molto vicino a quanto ritenuto dalla stessa Ma. (286). Prosegue la CTU precisando che "delle n.279 macchine lavafronture fatturate da Ma. nel periodo 2014-2020, n.231 macchine hanno una matricola/ID indicata nell'All.10 del contratto, n.14 macchine hanno una matricola/ID indicata nell'All.9 (Giacenze) del contratto, n.13 macchine hanno una matricola/ID che non appartiene a nessuno dei due elenchi e n.23 macchine non hanno alcuna indicazione del n. matricola/ID. Si segnala che di queste macchine due matricole ((...) e (...)) risultano indicate sia nell'All.9 che nell'All.10 del contratto; delle n.250 macchine fatturate da Ma. nel periodo 2015-2020, n.202 macchine hanno una matricola/ID indicata nell'All.10 del contratto, n.14 macchine hanno una matricola/ID indicata nell'All.9 (Giacenze) del contratto, n.13 macchine hanno una matricola/ID che non appartiene a nessuno dei due elenchi e n.23 macchine non hanno alcuna indicazione del n. matricola/ID. Si segnala che di queste macchine due matricole ((...) e (...)) risultano indicate sia nell'All.9 che nell'All.10 del contratto. n.66 matricole/ID elencate nell'All.10 del contratto non risulterebbero indicate in nessuna delle fatture emesse da Ma. nel periodo per cui è causa; n.6 matricole/ID elencate nell'All.9 del contratto (Giacenze) non risulterebbero indicate in nessuna delle fatture emesse da Ma. nel periodo per cui è causa." Le violazioni individuate riguardano in sostanza vendite oltre i termini, plurime, o riportanti un ID diverso da quelli indicati negli Allegati alla transazione. Sono state anche esaminate le pattuizioni contrattuali disponibili, nonché i DDT e per ognuno dei n. 53 casi ritenuti rilevanti, fornita una specifica motivazione nella col. 13 di "appunti" dell'all. "A" alla relazione scritta; sicché rimangono in sostanza non sufficientemente dimostrate le non accolte deduzioni di Ma. inerenti momenti diversi tra la conclusione del contratto, la consegna, l'incasso e la fatturazione. 3.2.4. Va tuttavia accolta l'istanza di riduzione della penale ex art. 1384 c.c. avanzata da M.. Come precisato, le violazioni individuate dalla CTU riguardano vendite oltre i termini, plurime, o riportanti un ID diverso da quelli indicati negli allegati alla transazione. Non è stato superato ed è anzi inferiore, il numero di macchine vendute rispetto a quanto previsto dalla transazione stessa; quindi Ma., come la stessa nota, non ha venduto alcuna macchina oltre il numero conosciuto ed autorizzato da Hg. Non sono quindi stati sottratti alla controparte più clienti di quanti fossero già stati considerati, non è stato saturato il mercato più di quanto dichiarato. Va quindi preso in considerazione, come nota sempre Ma., l'effettivo pregiudizio ipotizzabile in capo ad Hg. per ogni violazione, e la natura dell'interesse tutelato dalla norma contrattuale, considerato che neppure vi è stato un totale inadempimento ex art. 1384 c.c.. In questo senso l'interesse del creditore al corretto adempimento va considerato unitamente alle ripercussioni del parziale inadempimento sull'equilibrio delle prestazioni e della sua effettiva incidenza sulla situazione contrattuale concreta, anche successiva alla stipula (Cass. 21994/2012, 15497/2002). Secondo Hg. la stessa vende le macchine con un guadagno da 8.000 a 15.000 euro; in realtà dagli atti e per quanto riguarda Ma., i prezzi risultanti dai contratti e dalle fatture non oscurate oscillano in maniera più accentuata (da 9.600 a 12.000 Euro circa , più alti in internet nel doc. 32 di Hg., 20-27.000 USD o Euro 18-25.000). Tenendo conto del fatto che il numero di macchine vendute è stato anzi inferiore rispetto a quelle preventivate, lecite e possibili in transazione, e i possibili inferiori prezzi di vendita, la penale appare manifestamente eccessiva, e sembra quindi equo fissare una inferiore penale di Euro 2.500 per ogni violazione accertata, per complessivi Euro 132.500, cui Ma. deve essere condannata. 3.2.5. Non risarcibili infine le voci di danno inerenti spese per prestazioni stragiudiziali pagate ai legali di Hg. SRL e ad investigatore privato: le prime (doc. 33 a) e b H.), perché inerenti a prestazioni anteriori giudiziali o concomitanti alla transazione, o comunque nelle (non quietanzate) fatture non specificate quanto all'epoca successiva; le seconde perché documentate solo da un c.d. "estratto conto cliente" (doc. 33 c H.) in cui non compare neppure il nome o la ragione sociale dell'investigatore, la specifica strumentalità con il contenzioso de quo (vi è solo scritto "servizi tutela brevetti di H." e "visite presso" 4 aziende) e soprattutto non è documentato alcun pagamento conseguente da parte di H. 4. Non è possibile compensare, neppure sotto il profilo della compensazione "impropria", cui sono applicabili le medesime regole della "propria" salvo quelle processuali inerenti preclusioni o decadenze (cfr. Cass. 10798/2018 e precedenti; in realtà in questo caso sarebbe più appropriato parlare di compensazione propria, poiché le rispettive obbligazioni, pur nascendo dal medesimo rapporto contrattuale, non appaiono legate "da un vincolo di corrispettività che ne escluda l'autonomia", cfr. Cass. 28568/2021" in ragione della diversità delle rispettive cause"; v. anche Cass.1695/2015, Cass. 31130/2023) la voce inerente l'IVA sul corrispettivo portata dal d.i. confermato, con quanto dovuto per penali relative alle macchine vendute, considerato che il controcredito di Hg. SRL non è stato affatto di "facile e pronta liquidazione" ex art. 1243 c.c. e Cass. SSUU 23225/2016. Sarà quindi presa al riguardo una separata statuizione. 5. Il sequestro non può essere disposto, benché la richiesta sia da Hg. reiterata con richiamo alle conclusioni di citazione e prima memoria ex art. 183 c.p.c. nell'udienza di p.c., trattandosi di misura cautelare per sua natura provvisoria, non concedibile in sede di pronuncia definitiva. Anche la richiesta di rimozione dai siti web non può essere accolta, per quanto prima esposto. L'inibitoria, la penale e la pubblicazione della sentenza non vengono ugualmente disposte, stante la risalenza nel tempo delle ultime violazioni accertate (2020), e lo stato di liquidazione della convenuta, che fanno presumere la cessazione della condotta illecita. 6. Sulle spese. La conferma del decreto opposto riguarda anche le spese del medesimo. Le spese della fase di opposizione vanno invece compensate per metà come quantificate in dispositivo (valori medi sul decisum), stante il solo parziale accoglimento della riconvenzionale; ugualmente quelle di CTU, come già liquidate, vanno suddivise al 50%, stante la richiesta da parte della sola Ma. e l'esito della stessa CTU. P.Q.M. definitivamente decidendo, ogni diversa e contraria istanza, azione ed eccezione disattesa o assorbita: 1. Rigetta l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo del Tribunale di Bologna 1844/2019 del 22.3.2019 in 4218/2019 RG emesso su ricorso di Ma. SRL IN LIQ. per Euro 83.600 oltre accessori e spese, nei confronti di Hg. SRL, che dichiara esecutivo; 2. In parziale accoglimento della domanda riconvenzionale di Hg. SRL nei confronti di Ma. SRL IN LIQ., accertata la violazione da parte di questa dell'art. 3.2 della transazione inter partes del 31.7.2018, condanna Ma. SRL IN LIQ. al pagamento in favore di Hg. SRL della somma di Euro 132.500; 3. Condanna Ma. SRL IN LIQ. alla rifusione della metà delle spese di lite di Hg. SRL della fase di opposizione, che liquida per l'intero in Euro 1.241 per anticipazioni ed Euro 14.103 per compensi, oltre spese generali, CP ed IVA se dovuta; pone le spese di CTU come già liquidate per metà a carico di ciascuna parte. Così deciso in Bologna il 3 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 12 gennaio 2024.
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