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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Caltanissetta Sezione Civile Il Tribunale di Caltanissetta - Sezione Civile, nella persona del Giudice Unico Dott. Dario Albergo, scaduti i termini di cui all'art. 190 c.p.c.; letti gli atti del procedimento iscritto al R.G. C.C. n. 1091/2018 avente ad oggetto: OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO, tra: AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI CALTANISSETTA, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con sede in Caltanissetta, via Cusmano n. 1 C.F.: 01824470854, rappresentata e difesa dall'Avv. (...) del Foro di Gela, C.F. (...), presso il cui studio è elettivamente domiciliata per mandato in calce alla citazione in opposizione a decreto ingiuntivo; OPPONENTE CONTRO (...), nato a Caltanissetta il (...); (...), nata a Caltanissetta il 03.02.1954 (C.F.: (...)); (...), nato a Caltanissetta il (...) (C.F.: (...)); (...), nato a Caltanissetta il (...) (C.F.: (...)); rappresentati e difesi, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta, dall'Avv. (...), ed elettivamente domiciliati presso il suo studio, sito in Caltanissetta, (...); OPPOSTI E NEI CONFRONTI DI REGIONE SICILIANA, (C.F. 80012000826), in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Caltanissetta (C.F. 80008320857) nei cui uffici, siti in Caltanissetta, Via Libertà n. 174 si domicilia; TERZO CHIAMATO Ha pronunciato la seguente SENTENZA 1. Con atto di citazione tempestivamente notificato via PEC al difensore delle controparti nel procedimento monitorio in data 14.05.2018, l'AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI CALTANISETTA proponeva opposizione avverso il Decreto Ingiuntivo n. 176/2018 del 03.04.2018, emesso nell'ambito del procedimento monitorio iscritto al n. 89/2018 R.G.C.C. Trib. Caltanissetta e notificato il 04.04.2018 ad istanza di (...), (...), (...) e (...), che ingiungeva il pagamento della complessiva somma di Euro 38.380,73 oltre interessi e spese legali. Il predetto procedimento monitorio era stato introdotto dai suddetti professionisti, i quali in esso domandavano la corresponsione dei corrispettivi per l'espletamento di "un incarico per la progettazione, direzione, misura, contabilità, liquidazione ed assistenza al collaudo dei lavori di una residenza sanitaria per anziani da ubicare nel viale (...) di Caltanissetta", tenuto conto del fatto che il Disciplinare di incarico sottoscritto dalle parti in data 27.04.1992 prevedeva, all'art. 12, che il saldo per l'attività professionale svolta sarebbe stato corrisposto ai professionisti "dopo l'approvazione degli atti di collaudo e comunque non oltre un anno dopo l'ultimazione dei lavori"; per cui, ultimati i lavori il 18.04.2003, i suddetti professionisti, incassati i primi acconti, emettevano, nei primi mesi del 2006, le fatture pro quota a saldo per un totale di Euro 38.380,73 oltre iva, cassa previdenza e tassa di vidima parcella, ma nonostante numerosi solleciti, non avevano ricevuto il pagamento. Il decreto dunque ingiungeva all'odierno opponente di pagare "la somma complessiva di Euro 38.380,73, (...) oltre gli interessi con la decorrenza ed al saggio previsti dagli artt. 4 e 5 del D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, e le spese del procedimento, che si liquidano in complessivi Euro 1.591,00 di cui Euro 286,00 per spese, oltre I.V.A., C.P.A. e rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, come per legge." 2. L'opposizione veniva fondata sui seguenti motivi: 1) in via preliminare, l'incompetenza funzionale del giudice adito per violazione dell'art. 21 del Disciplinare di Incarico del 27.04.1992 che prevede il ricorso alla clausola arbitrale, per la quale "Tutte le controversie che possono sorgere relativamente alla liquidazione dei compensi previsti dalla presente convenzione e non definite in via amministrativa, saranno, nel termine di trenta giorni da quello in cui fu notificato il provvedimento amministrativo, deferite ad un collegio arbitrale (...)"; 2) sempre in via preliminare, il difetto di legittimazione passiva dell'opponente, atteso che legittimato a rispondere dei debiti contratti dall'ex USL 16 di Caltanissetta sarebbe la Gestione Liquidatoria ex U.S.L. n. 16 appositamente costituita presso la Regione Siciliana, poiché il rapporto contrattuale è sorto tra i professionisti e l'USL 16 di Caltanissetta, in forza di Disciplinare di Incarico del 14.05.1992; 3) nel merito, eccezione di inesigibilità del credito, perché sottoposto alla condizione sospensiva dell'approvazione degli atti di collaudo da parte del Direttore Generale delle ASP di Caltanissetta quale Commissario liquidatore (art. 12 D.I. 14.05.1992). Ciò che non sarebbe intervenuto, in quanto l'ASP non avrebbe proceduto all' approvazione del certificato di collaudo poiché l'opera presentava vizi e difetti (derivandone un contenzioso ancora in via di definizione innanzi al Tribunale delle Imprese di Palermo con l'impresa esecutrice dei lavori); 4) nel merito, eccezione di inadempimento, in quanto molti dei lavori svolti presentano difetti e vizi a dire dell'opponente causati sia da errori progettuali che da mancata vigilanza nella direzione lavori, addebitabile agli ingiungenti, come da CTU svolta in sede di subprocedimento per A.T.P. iscritto al R.G.C.C. n. 1188-1/2010 Trib. Caltanissetta, promosso dall'impresa esecutrice dei lavori nei confronti dell'ASP; 5) nel merito, ed in subordine rispetto al precedente punto, si eccepiva l'estinzione per compensazione del credito come ingiunto, con il controcredito che l'odierna opponente vanterebbe nei confronti di tutti i professionisti, in solido tra loro, per i danni subiti a causa degli errori progettuali e di mancato controllo nella Direzione dei Lavori pari ad Euro 234.850,92 come accertati in sede del suddetto procedimento per A.T.P. Pertanto, sulla base delle suddette gradate ragioni, si domandava revocarsi il decreto ingiuntivo opposto, con vittoria di spese e compensi di lite. 3. Costituitisi in giudizio, gli opposti contestavano singolarmente i motivi di opposizione, come qui si sintetizza: 1) deducevano l'inapplicabilità della clausola compromissoria, sia in quanto unilateralmente predisposta da controparte e non specificamente approvata per iscritto ex art. 1341 c. 2 c.c., sia in quanto la controversia in esame esulerebbe dal suo ambito applicativo in quanto ormai sono decorsi oltre 15 anni dall'ultimazione dei lavori; 2) in relazione al motivo inerente il difetto di legittimazione passiva dell'opponente in favore della Regione Siciliana, gli opposti domandavano chiamarsi in causa quest'ultima, considerata l'ambiguità della normativa vigente ed anche per ragioni di economia processuale; 3) deducevano l'infondatezza dell'eccezione di inesigibilità del credito, in quanto i lavori sarebbero stati ultimati da oltre 15 anni ed il disciplinare di incarico all'art. 21 prevede il diritto a percepire il compenso comunque decorso un anno dall'ultimazione dei lavori, affermandosi altresì il carattere pretestuoso e dilatorio della mancata approvazione del certificato di collaudo; 4) negavano di avere responsabilità alcuna in ordine ai vizi lamentati, imputabili esclusivamente all'impresa esecutrice dei lavori, e peraltro accertati in un procedimento nel quale essi non hanno assunto la qualità di parte; 5) contestavano la subordinata eccezione di compensazione, in quanto il controcredito risarcitorio eccepito non sarebbe mai stato certo, liquido ed esigibile e comunque sarebbe prescritto in quanto mai oggetto di atti interruttivi nel corso dei 15 anni decorrenti dall'ultimazione dei lavori. Pertanto domandavano, previa chiamata in causa della Regione Siciliana, confermarsi il decreto ingiuntivo, o in subordine condannare alternativamente l'opponente o il terzo chiamato alla corresponsione della somma indicata nel decreto stesso. Con vittoria di spese e compensi di lite. 4. Costituitasi in giudizio, la Regione Siciliana non contestava in sé il difetto di legittimazione passiva dell'opponente, ma allo stesso tempo affermava che, configurandosi come c.d. "ente disaggregato" nei diversi Assessorati di cui si compone, la specifica legittimazione passiva spetterebbe all'Assessorato Regionale alla Sanità, nei cui confronti domandava integrarsi il contraddittorio. Nel merito, eccepiva comunque l'intervenuta prescrizione decennale delle somme richieste dai creditori opposti, non essendo pervenuto nei confronti della Regione alcun atto interruttivo al di fuori della chiamata in causa nel presente giudizio. Pertanto domandava preliminarmente integrarsi il contraddittorio verso il predetto Assessorato, e comunque accertare e dichiarare l'intervenuta prescrizione. Con vittoria di spese e compensi di lite. 5. Istruita la causa mediante produzioni documentali, e dopo alcuni rinvii, le parti precisavano le conclusioni all'udienza svolta secondo modalità cartolare del 21.12.2022, quindi la causa veniva posta in decisione previa assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. 1. Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (artt. 633 ss. c.p.c.) si configura come una seconda ed eventuale fase del giudizio già introdotto dal creditore opposto con l'originario ricorso monitorio (cfr. ad es. Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 7020 del 12/03/2019, Sez. 2, Sentenza n. 15702 del 27/07/2004, Sez. 2, Sentenza n. 4121 del 22/03/2001). Il giudice è pertanto chiamato a decidere con cognizione piena sulla fondatezza della pretesa che il creditore opposto ha avanzato con l'originario ricorso monitorio, e pertanto questi sarà gravato dall'ordinario onere della prova del credito (e dunque della sua fonte) e quantomeno dall'allegazione dell'inadempimento (come chiarito, per il caso di obbligazioni positive dalla giurisprudenza conseguente a Cass. SSUU. Sentenza n. 13533 del 30/10/2001). Tutto ciò a differenza della fase monitoria, in cui, ai fini della concessione del decreto ingiuntivo, la cognizione sommaria rende sufficiente la produzione di alcuna delle prove scritte tipizzate negli artt. dal 633 al 636 c.p.c., per un credito certo, liquido ed esigibile. In ogni caso, si ricorda sempre anche il disposto dell'art. 115 c.p.c., sul c.d. principio di non contestazione, il cui primo comma, come novellato dalla Legge 18 Giugno 2009, n. 69, stabilisce che "Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita." Il principio, normativizzato nel 2009, si stava già in precedenza facendo strada comunque in giurisprudenza (cfr. ad esempio Cass. SSUU, Sentenza n. 761 del 23/01/2002 (Rv. 551789 - 01), in materia di rito del lavoro ma con considerazioni ampiamente generalizzabili), ma la sua introduzione esplicita nel 2009 quale elemento sulla cui base il giudice può decidere ha certamente operato una sua ampia generalizzazione. Nel caso di specie non è mai stato in contestazione il rapporto instaurato tra le parti oggi in causa, nascente dal Disciplinare di incarico sottoscritto dalle parti in data 27.04.1992, peraltro già prodotto in allegato al ricorso monitorio (all. 1 al ricorso monitorio) insieme alle fatture emesse dai professionisti oggi opposti, prodotte e mai contestate. Pertanto, tali elementi devono essere considerati come pacifici al presente giudizio. 2. Pertanto, data la prova del rapporto e del credito da esso nascente, l'analisi può dunque spostarsi sull' opposizione. Assume carattere logicamente preliminare l'eccezione relativa al difetto di legittimazione (rectius: difetto di titolarità del rapporto giuridico dedotto in giudizio) dell'opponente, in quanto, come si è detto in precedenza, i professionisti opposti fondano il loro credito sulla base di un rapporto sorto il 27.04.1992 con la Unità Sanitaria Locale (USL) n. 16 di Caltanissetta. Come noto, nell'ottica dell'efficientamento della gestione dei servizi sanitari, il D.Lgs. 30.12.1992 n. 502 determinò la creazione delle "Aziende Unità Sanitarie Locali" (c.d. AUSL, successivamente identificate con diverse denominazioni a seconda delle Regioni, da ultimo per la Sicilia Aziende Sanitarie Provinciali, ASP), quali enti strumentali delle Regioni, in luogo delle precedenti "Unità Sanitarie Locali" (c.d. USL), introdotte dalla storica legge di istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), L. 24/12/1978 n. 833. Successivamente, l'art. 6 comma 1 terzo periodo della Legge 23 dicembre 1994 n. 724 previde una regola di svincolo delle nuove aziende dai rapporti obbligatori pregressi delle USL, stabilendosi infatti che "In nessun caso è consentito alle regioni di far gravare sulle aziende di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, né direttamente né indirettamente, i debiti e i crediti facenti capo alle gestioni pregresse delle unità sanitarie locali. A tal fine le regioni dispongono apposite gestioni a stralcio, individuando l'ufficio responsabile delle medesime." In questo modo (cfr. sul punto anche Cass. Civ. SSUU., Sentenza n. 1989 del 06/03/1997 (Rv. 502834 - 01), e conforme unitaria giurisprudenza successiva) fu realizzata una sorta di successione ex lege delle Regioni ovvero delle istituite gestioni stralcio (poi trasformate in c.d. gestioni liquidatone, per effetto dell'art. 2 comma 14 L. 28 dicembre 1995 n. 549, che previde altresì la nomina regionale dei direttori generali delle aziende unità sanitarie locali quali commissari liquidatori delle soppresse USL) nei rapporti obbligatori già di pertinenza delle soppresse unità sanitarie locali. Sul punto il giudice di legittimità ha avuto modo di chiarire che a nulla rileva il cumulo delle legittimazioni che così si verifica in capo a diversi organi dello stesso ente successore, il quale risponde soltanto a criteri amministrativo - contabili, intesi ad assicurare la distinzione, scopo della riforma, delle passività già gravanti sugli enti soppressi rispetto alla corrente gestione economica degli enti successori (cfr. Cass. Civ. SSUU. Sentenza n. 10135 del 20/06/2012 (Rv. 623034 - 01); Cass. Civ. 16/01/2013 n. 23543, non massimata). Da ciò se ne è ricavato, in maniera pienamente condivisibile, che la legittimazione sostanziale e processuale concernente i pregressi rapporti creditori e debitori delle soppresse U.S.L. spetta alle Regioni. Quanto alla Regione Siciliana, tale principio va tenuto fermo per le pretese creditorie maturate anteriormente al 10 luglio 1995, data di inizio del funzionamento delle Aziende unità sanitarie locali nel territorio della Regione Siciliana, come si ricava anche dal D.L. n. 630 del 1996, art. 1 convertito in L. n. 1 del 1997, senza che in senso contrario siano desumibili argomenti dalla legislazione regionale della Regione Sicilia, come già innanzi chiarito (cfr. Cass. Civ. Sez. 3A Sent. 09/04/2014 n. 8284). Sulla materia cfr. in conformità altresì C. App. di Caltanissetta, sentenza 15/04/2020 n. 218 e C. App. di Caltanissetta, sentenza 07/02/2022 n. 30. In ordine alla Regione Siciliana, per completezza espositiva bisogna altresì dar conto di alcuni elementi di ulteriore criticità in relazione al problema dell'applicabilità del suddetto art. 6 comma 1 terzo periodo L. 724/1994, in particolare, avuto riguardo al corretto inquadramento della potestà normativa (esclusiva ovvero concorrente) della Regione in materia sanitaria, quindi all'interpretazione dell'art. 17, lett. c) dello Statuto speciale, in virtù del quale "Entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato, l'Assemblea regionale può, al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della Regione, emanare leggi, anche relative all'organizzazione dei servizi, sopra le seguenti materie concernenti la Regione: (...) c) assistenza sanitaria". Anche alla luce di una lettura costituzionalmente orientata del sistema normativo, la giurisprudenza di legittimità, seguita dalla più recente giurisprudenza di merito, che si ritiene di condividere, ha affermato che "A norma dell'art. 17, lett. c), dello Statuto speciale, la Regione Sicilia in materia sanitaria non è titolare di una competenza esclusiva, bensì di una competenza concorrente, che deve perciò essere esercitata "entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato"; ne consegue che l'art. 55, comma 10, l. reg. Sicilia n. 30 del 1993 (prevedente il trasferimento alle neo-costituite aziende unità sanitarie locali dei rapporti giuridici relativi a contratti e convenzioni stipulati dalle soppresse unità sanitarie locali) deve ritenersi abrogato dall'art. 6, legge n. 724 del 1994 (prevedente che in nessun caso possono gravare sulle Asl i debiti e i crediti facenti capo alle pregresse gestioni delle soppresse Usl), atteso che il principio secondo il quale la legge statale emanata successivamente a quella regionale, che abbia regolato il medesimo oggetto, non ha effetto abrogativo della preesistente legislazione regionale, trova il proprio limite nel caso in cui la norma statale sopravvenuta ponga principi diversi da quelli cui la precedente disciplina era ispirata, in forza della regola dettata dall'art. 10, l. n. 62 del 1953 che, pur specificamente riguardando le regioni a statuto ordinario, deve ritenersi applicabile anche alla legislazione concorrente delle regioni a statuto speciale." (così Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 23634 del 20/12/2012 (Rv. 624610 - 01)). Le gestioni liquidatone in Sicilia hanno operato fino a tutto il 2006. Al riguardo infatti l'art. 24 comma 21 della L.R. 08.02.2007 n. 2 (in GURS 09 febbraio 2007 n. 7) stabilì che "21. Le gestioni liquidatorie costituite presso le aziende unità sanitarie locali cessano a decorrere dal 1 gennaio 2007; l'Assessorato regionale della sanità determina, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, i criteri e le modalità di chiusura delle predette contabilità con il trasferimento delle situazioni debitorie residue sulle contabilità ordinarie delle aziende." In attuazione di tale disposizione, il Decreto dell'Assessore per la Sanità della Regione Siciliana 08.05.2007 (in GURS 27 luglio 2007 n. 33) stabilì, all'art. 1, che "...ai sensi e per gli effetti dell'art. 24, comma 21, della legge regionale 8 febbraio 2007, n. 2, le gestioni liquidatorie costituite presso le aziende unità sanitarie locali n. 1 di Agrigento, n. 2 di Caltanissetta, n. 3 di Catania, n. 4 di Enna, n. 5 di Messina, n. 6 di Palermo, n. 7 di Ragusa, n. 8 di Siracusa, n. 9 di Trapani sono cessate a decorrere dall'1 gennaio 2007.", ed all'art. 9 che "Il direttore generale dell'azienda unità sanitaria locale, per i procedimenti oggetto di giudizio sia pendenti che attivati, a far data dall'1 gennaio 2007 è tenuto a trasmettere all'Avvocatura distrettuale dello Stato competente per territorio, con l'urgenza che il caso richiede, tutti gli elementi ed i documenti che consentano una compiuta difesa della Regione nel merito, atteso che la legittimazione passiva rimane intestata alla Regione. Qualora il fatto che ha dato causa al giudizio si sia originato in un presidio transitato in altra azienda sanitaria, il direttore generale di quest'ultima dovrà fornire la massima collaborazione al direttore dell'azienda unità sanitaria locale per consentire la difesa della Regione." Dunque, tornando al caso di specie, poiché il rapporto da cui sorge il credito per cui è causa si è instaurato con la vecchia USL n. 16 di Caltanissetta in forza del predetto Disciplinare di incarico del 27.04.1992, esso rientra tra i rapporti transitati nelle gestioni (prima stralcio e poi) liquidatorie, e dunque rispetto ad esso non vi è legittimazione passiva dell'odierna ASP di Caltanissetta, bensì della Regione Siciliana (essendo peraltro le gestioni liquidatorie cessate ad inizio 2007). Ciò che anzitutto è sufficiente per la revoca del decreto ingiuntivo opposto, in quanto emesso verso un soggetto diverso dall'effettivo titolare passivo del rapporto giuridico dedotto in giudizio. Per lo stesso motivo va dunque anche rigettata la domanda di condanna per le stesse somme nei confronti dell'ASP di Caltanissetta. Ed inoltre ciò comporta l'assorbimento dell'esame degli altri motivi di opposizione proposti dall'ASP di Caltanissetta. 3. A questo punto, occorrerà dunque esaminare le difese del terzo chiamato Regione Siciliana, in quanto è rispetto ad esso che si deve considerare rivolta la pretesa creditoria. Terzo chiamato che svolge soltanto due difese, senza operare alcuna contestazione per il resto. L'una in relazione ad un assunto difetto di legittimazione passiva della Regione Siciliana unitariamente considerata, l'altra in relazione ad eccezione di prescrizione. Non operando, si ribadisce ulteriormente, alcun altro motivo di contestazione. In ordine all'eccezione preliminare del terzo chiamato, concernente il difetto di legittimazione passiva della Regione Siciliana unitariamente considerata, in quanto semmai avrebbe dovuto essere chiamato in causa l'Assessorato Regionale alla Sanità, in ragione della natura non unitaria, bensì "disaggregata" della Regione Siciliana, sebbene a rigore essa abbia un elemento di plausibilità, come si dirà subito dopo, essa va respinta per la ragione che segue. La già citata Cass. Civ. 16/01/2013 n. 23543, ha affermato correttamente (pp. 11-12), in relazione ad un caso in cui la Corte d'appello di Catania aveva affermato la legittimazione passiva del competente Assessorato Regionale (nella persona dell'Assessore p.t.) e non della Regione (nella persona del Presidente p.t.) che "collide con il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui la Regione Siciliana, per quanto concerne l'attività amministrativa, non ha una propria soggettività unitaria, facendo essa capo ai singoli assessori, cui nell'ambito delle rispettive funzioni, è attribuita una propria competenza con rilevanza esterna, talché ciascun assessore è legittimato a stare in giudizio per il ramo di attività amministrativa che a lui fa capo, con la conseguenza che è impropria la costituzione in giudizio dell'Ente regionale con indicazione tra parentesi degli assessorati competenti, siffatta improprietà non determinando tuttavia difetto di legittimazione della Regione (e non implicando, nell'ipotesi, l'inammissibilità del ricorso per cassazione), in quanto la costituzione sia avvenuta a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, esprimendo questa una funzione di patrocinio potenzialmente riferibile a ciascuna delle articolazioni amministrative regionali (cfr. la sentenza delle Sezioni Unite n. 2080 del 1995), e, più specificamente, secondo cui non può escludersi una generale legittimazione ad agire del Presidente della Regione Siciliana qualora - come nella specie - la costituzione sia avvenuta a mezzo dell'Avvocatura distrettuale dello Stato, esprimendo questa una funzione di patrocinio potenzialmente riferibile a ciascuna delle articolazioni amministrative regionali (cfr. la sentenza n. 14315 del 2013);" Pertanto, poiché nell'odierna causa è stata chiamata la Regione Siciliana nel suo complesso e non l'Assessorato Regionale alla Sanità, e poiché comunque la Regione è difesa dall'Avvocatura dello Stato, alla luce della predetta giurisprudenza una certa improprietà della chiamata in causa della prima in luogo del secondo non ne esclude invece la legittimazione passiva, che dunque può essere correttamente dichiarata. A questo punto va esaminata l'eccezione di prescrizione decennale operata dalla Regione, in quanto non vi sarebbero stati verso la Regione atti interruttivi anteriori alla notificazione della chiamata in causa, intervenuta il 30.10.2018. Come bene evidenziano i creditori opposti nella prima memoria istruttoria, anzitutto nel corso del tempo (e cioè a partire dall'ultimazione dei lavori operati nel 2003) si ebbero plurime interlocuzioni dei professionisti con gli uffici della locale azienda sanitaria, (cfr. documentazione allegata alla prima memoria istruttoria dei creditori opposti, nonché la documentazione già allegata nel ricorso monitorio). Anzitutto occorre considerare che, sulla base della ricostruzione normativa operata innanzi in relazione alla storia delle gestioni USL, poiché si è detto che già nel 1995 si previde la trasformazione delle gestioni stralcio (già di pertinenza regionale) in gestioni liquidatorie, alle quali furono preposti dalle Regioni di riferimento gli stessi dirigenti delle neoistituite Aziende, è giocoforza ritenere che gli atti interruttivi rivolti a queste ultime evidentemente andavano a ripercuotere i loro effetti anche sulla Regione. Ciò che può valere peraltro solo fino al 01.01.2007, in quanto, come si è detto sopra, da questa data sono cessate le gestioni liquidatone e dunque anche gli effetti della nomina regionale dei direttori generali delle aziende unità sanitarie locali quali commissari liquidatori. Per cui, se atti interruttivi della prescrizione avutisi anteriormente a tale data e rivolti nei confronti delle Aziende ragionevolmente potevano estendere i propri effetti nei confronti della Regione, ciò non può più valere a partire dalla data di cessazione delle suddette gestioni, a partire dalla quale eventuali atti interruttivi rilevanti si ritiene possano essere solo quelli rivolti direttamente alla Regione o sue articolazioni (ed ovviamente in primis al competente Assessorato Regionale alla Sanità). Ed è un profilo sommamente rilevante nel caso di specie, atteso che la chiamata in causa della Regione si è avuta il 30.10.2018, e dunque in relazione ad una prescrizione decennale ci si riporta necessariamente ad un tempo comunque successivo al 2007. In altre parole, eventuali atti interruttivi posti in essere nei confronti dell'ASP, rilevanti solo fino al 01.01.2007, non sarebbero decisivi ai nostri fini, in quanto al limite avrebbero determinato al massimo una nuova decorrenza del termine prescrizionale fino al 31.12.2006, con al massimo un termine prescrizionale maturato al 31.12.2016 (e dunque ben anteriore rispetto all'atto di chiamata in causa del 30.10.2018). Ora, per il tempo successivo a quella data, non si hanno nella documentazione prodotta atti direttamente rivolti dai professionisti ad articolazioni della Regione, che possano valere come atti di costituzione in mora idonei ad interrompere la prescrizione, in quanto gli atti che assumono tale veste sono sempre rivolti all'Azienda. Si fa riferimento (allegati al ricorso monitorio) agli allegati n. 7 (del gennaio 2009), n. 8 (del maggio 2013), n. 9 (del marzo 2014) e n. 10 (dell'ottobre 2014). E non possono assumere valenza interruttiva verso la Regione gli atti con cui l'Azienda, in riscontro delle richieste dei professionisti, a sua volta si rivolgeva all'Assessorato alla Sanità, in quanto comunque tale meccanismo non può essere assimilato alla richiesta di pagamento idonea a costituire in mora il debitore, che deve provenire direttamente dal creditore (o da un suo incaricato) ed essere rivolta al debitore (mentre nel caso di specie le interlocuzioni tra Azienda ed Assessorato attenevano alle suddette richieste di pagamento solo indirettamente, in quanto è inequivoco, come anche dimostrato dalla condotta processuale degli opponenti, che questi ultimi rivolgevano le loro istanze sempre e comunque all'Azienda, e poi quest'ultima interloquiva con l'Assessorato al fine dello sblocco delle risorse necessarie ad effettuare il pagamento). Altra via per l'interruzione sarebbe quella di individuare in atti provenienti dall'Assessorato Regionale alla Sanità il riconoscimento del debito ex art. 2944 c.c., per il quale "La prescrizione è interrotta dal riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere." Ora, dalla documentazione prodotta in allegato alla prima memoria istruttoria degli opposti si riscontrano anche atti provenienti dallo stesso Assessorato Regionale alla Sanità che danno conto del pagamento delle competenze di cui all'incarico per cui è causa. Si fa riferimento alla nota prot. 1549 del 25.09.2009 (allegato n. 4), con cui il Servizio Gestione Investimenti dà conto di una richiesta di erogazione competenze tecniche con nota prot. 42 del 17.01.2008; nonché nota prot. 15347 del 17.02.2014 (allegato n. 6) con cui lo stesso Servizio dà conto della richiesta nota prot. n. 22890 del 07.01.2013 con cui l'ASP richiedeva l'erogazione di importi per provvedere al pagamento delle competenze tecniche a saldo, e con cui si invitava la stessa ASP a trasmettere il certificato di collaudo e la relativa delibera di approvazione amministrativa. Ora, non è in sé ostativo all'effetto interruttivo il fatto che questi scritti fossero sempre rivolti non ai professionisti creditori bensì all'Azienda, atteso il consolidato principio, confermato da Cass. Civ. Sez. 3 -, Ordinanza n. 13606 del 19/05/2021 (Rv. 661439 - 02), per il quale "Ai fini dell'art. 2944 c.c., il riconoscimento del diritto può essere operato anche nei confronti di un terzo." (richiamandosi in questa sentenza vari risalenti precedenti, quali: Cass. Civ., Sez. 3, n. 2567 del 12/10/1964; Cass. Civ., Sez. 2, n. 142 del 26/01/1965; Cass. Civ., Sez. 1, n. 3497 del 25/10/1968; Cass. Civ., Sez. 2, n. 2582 del 14/07/1969; Cass. Civ., Sez. 3 n. 577 del 26/02/1972; Cass. Civ., Sez. L, n. 562 del 23/01/1984; Cass. Civ., Sez. 2, n. 20878 del 27/10/2005). Ma bisogna anche ricordare l'altrettanto consolidato principio per il quale "Il riconoscimento di debito, quale atto interruttivo della prescrizione, pur non avendo natura negoziale, nè carattere recettizio e costituendo un atto giuridico in senso stretto, non solo deve provenire da un soggetto che abbia poteri dispositivi del diritto, ma richiede altresì in chi lo compie una specifica intenzione ricognitiva, occorrendo a tal fine la consapevolezza del riconoscimento desunta da una dichiarazione univoca, tale da escludere che la dichiarazione possa avere finalità diverse o che lo stesso riconoscimento resti condizionato da elementi estranei alla volontà del debitore ." (così Cass. Civ. Sez. L, Sentenza n. 10755 del 11/05/2009 (Rv. 608327 - 01), e nello stesso senso Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 7760 del 30/03/2009 (Rv. 607824 - 01) per cui "A norma dell'art. 2944 cod. civ., la prescrizione è interrotta dal riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere; tale riconoscimento, però deve consistere in una ricognizione chiara e specifica del diritto altrui, che sia univoca ed incompatibile con la volontà di negare il diritto stesso." Ora, entrambi gli atti sopra menzionati non assumono le fattezze di una ricognizione non condizionata, in quanto quello del 2009: dava conto del fatto che le operazioni di collaudo non erano ancora concluse vista l'insorgenza di un contenzioso con l'impresa esecutrice, che l'I.R.T. non concordava sulla liquidazione del saldo delle competenze, e concludeva nel senso che in mancanza dell'acquisizione degli atti di collaudo il saldo non sarebbe stato erogabile; mentre in quello del 2014 si affermava specificamente che per l'erogazione della somma si richiedeva la trasmissione del certificato di collaudo e della relativa deliberazione amministrativa. Ciò che risulta dunque incompatibile con una pura e semplice valenza ricognitiva del debito, con conseguente insuscettibilità ad assumere efficacia interruttiva della prescrizione. Conseguentemente, non sussistendo efficaci atti interruttivi della prescrizione nel decennio antecedente il 30.10.2018, l'eccezione di prescrizione va accolta, pertanto rigettandosi la domanda dei creditori opposti nei confronti del terzo chiamato Regione Siciliana. Quanto ad altri profili, e come si accennava sopra, si osserva che le difese su tali aspetti sono state operate solo dall'ASP, mentre la Regione non ha operato alcuna difesa, nemmeno per relationem rispetto alle difese svolte dall'ASP. Lo si ricava a monte dalla comparsa di costituzione, in cui la Regione si difende solo sul profilo della legittimazione passiva ed opponendo eccezione di prescrizione, mentre non opera alcuna difesa in ordine ad altri profili, sia preliminari (ad esempio in relazione al profilo della clausola compromissioria, su cui invece l'ASP aveva eccepito) sia di merito. Tant'è che nelle conclusioni, sul punto, l'Avvocatura scrive "- Impregiudicato il merito". Nei successivi scritti difensivi e verbali di causa l'Avvocatura insiste in atti, riportandosi sempre alla suddetta memoria difensiva, e chiede prima precisarsi conclusioni e poi che la causa sia posta in decisione. Sempre senza mai operare delle difese ulteriori rispetto ai due predetti profili. Pertanto, poiché tutti gli altri profili evidenziati nei motivi di opposizione dall'ASP costituiscono oggetto di eccezioni non rilevabili d'ufficio (eccezione di incompetenza in funzione di clausola compromissoria, eccezione di inesigibilità del credito per mancanza di positivo collaudo, eccezione di inadempimento ed eccezione di compensazione), e la Regione non ha operato essa stessa alcuna di dette eccezioni, visto l'assorbimento dei suddetti motivi di opposizione proposti dall'ASP, e non fatti valere invece dalla Regione, si ritiene che questi non debbano essere esaminati. 4. Sulle spese di giudizio, in relazione alla evidente complessità dei profili inerenti la legittimazione passiva (la cui soluzione in un senso o nell'altro ha avuto importanti ricadute sulla logica dell'esame dei motivi di opposizione), nonché in relazione alle altrettanto complesse (e conseguenti) considerazioni sull'esame dell'eccezione di prescrizione, ciò che nell'economia complessiva del giudizio ha condotto a degli esiti di non semplice prevedibilità, si ritiene equo operarne una compensazione totale in capo a tutte le parti in causa, ritenendo che le precedenti configurino "analoghe gravi ed eccezionali ragioni" comparabili a quelle esplicitate dal testo dell'art. 92 comma 2 c.p.c., per come integrato dalla sentenza additiva della Corte Costituzionale n. 77/2018. P.Q.M. il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al R.G. C.C. n. 1091/2018, così statuisce: 1) REVOCA il Decreto Ingiuntivo n. 176/2018 del 03.04.2018, emesso nell'ambito del procedimento monitorio iscritto al n. 89/2018 R.G.C.C. Trib. Caltanissetta e notificato il 04.04.2018; 2) RIGETTA la domanda rivolta dagli opposti (...), (...), (...) e (...) nei confronti dell'opponente AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI CALTANISSETTA e del terzo chiamato in causa REGIONE SICILIANA, in persona del Presidente pro tempore; 3) Spese di giudizio integralmente compensate; Caltanissetta, 10 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 11 aprile 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Sezione Civile composto dai signori Magistrati: dott. Marcello Testaquatra Presidente rel. dott. Calogero D. Cammarata Giudice dott.ssa Giuliana Guardo Giudice riunito in camera di consiglio ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1422/2019 R.G. avente ad oggetto: "azione di risarcimento danni per responsabilità civile dei magistrati ex Legge 117/1988" promossa DA (...), nato (...) ivi residente in (...) elettivamente domiciliato presso lo studio legale dell'avv. Sa.Bi. che lo rappresenta e difende per mandato posto in calce all'atto di citazione. - ATTORE - Contro PRESIDENZA del CONSIGLIO dei MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Caltanissetta, presso i cui uffici in Caltanissetta via (...), è elettivamente domiciliata. - CONVENUTO - CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato il 5.7.2019 l'attore ha convenuto in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri al fine di ottenere una pronuncia dichiarativa della responsabilità civile dei magistrati della sezione Esecuzioni Immobiliari del Tribunale di Palermo che si erano succeduti nel corso degli anni nell'ambito della procedura R.G. Es. n. 496/2004, nonché dei loro ausiliari e/o estranei che avevano partecipato all'esercizio della funzione giudiziaria e chiedeva la condanna del convenuto al risarcimento del danno in favore dell'attore quantificandolo in Euro 17.788,48, oltre interessi e rivalutazione sino al soddisfo. In particolare, esponeva di essersi reso aggiudicatario, per la somma di Euro 100.000,00, di un appartamento sito in Palermo in Via (...) e relative pertinenze, essendo stato emesso in seguito alla detta aggiudicazione decreto di trasferimento n. 267/2016 del 21.10.2016, a firma del preceduto da regolare perizia. Tuttavia, in seguito all'aggiudicazione ed al decreto di trasferimento scopriva di non avere acquistato la piena proprietà dell'immobile ma la proprietà superficiaria, vedendosi costretto a sottoscrivere apposita convenzione con l'Ente proprietario, preceduto dall'esborso di Euro 17.788,48. L'attore aveva provato a comporre la quaestio in via stragiudiziale, ma senza esito positivo. Pertanto, non essendo spirato il termine prescrizionale e non essendo possibili la modifica o la revoca del provvedimento, nonché ulteriori rimedi stragiudiziali, l'attore era costretto ad incardinare il presente giudizio e chiedere la relativa tutela risarcitoria, posto che, da quanto sopra esposto, ne derivava la responsabilità del competente magistrato e dei suoi ausiliari la cui colposa condotta integrava la fattispecie di cui alla legge 117/1988 e succ. mod.. Instaurato il contraddittorio, si costituiva la Presidenza del Consiglio dei Ministri per il tramite dell'Avvocatura dello Stato, la quale, preliminarmente eccepiva l'inammissibilità della domanda ai sensi dell'art. 4 ,comma 2, della legge 117/1988, per mancato esperimento dei mezzi ordinari di impugnazione e, nel merito, evidenziava l'infondatezza della domanda tanto in punto di fatto quanto in punto di diritto. Veniva effettuata la comunicazione della pendenza del presente procedimento ai magistrati "il cui comportamento, atto o provvedimento rileva in giudizio", ai sensi dell'art. 6 L. n. 117/1988, senza che nessuno dei predetti interessati alla pretesa risarcitoria si costituiva in giudizio. La causa veniva istruita con produzione documentale e all'udienza del 4.10.2021, svoltasi a trattazione scritta, sulle conclusioni sopra riportate, veniva posta in decisione. Solamente l'attore depositava nel termine assegnato la comparsa conclusionale, senza replica. Preliminarmente deve essere rilevata la tempestività dell'azione, ai sensi dell'art. 4, comma 2, della legge n. 117/1988. In particolare, si deve evidenziare che l'art. 4, comma 2, della legge 13 aprile 1988, n. 117, nella sua attuale formulazione, prevede che: "L'anione di risarcimento del danno contro lo Stato può essere esercitata soltanto quando siano stati esperiti i mezzi ordinari di impugnazione o gli altri rimedi previsti avverso i provvedimenti cautelari e sommari, e comunque quando non siano più possibili la modifica o la revoca del provvedimento ovvero, se tali rimedi non sono previsti, quando sia esaurito il grado del procedimento nell'ambito del quale si è verificato il fatto che ha cagionato il danno. La domanda deve essere proposta a pena di decadenza entro tre anni che decorrono dal momento in cui l'azione è esperibile". Nel caso di specie, il decreto di trasferimento è stato emesso in data 21.10.2016 e l'atto di citazione notificato alla controparte in data 5.7.2019. Sempre in via preliminare, deve essere esaminata l'eccezione sollevata dalla parte convenuta di inammissibilità della domanda, ai sensi dell'art. 4, comma 2, della legge 117/1988, per mancato esperimento dei mezzi ordinari di impugnazione. Al riguardo, infatti, la suddetta norma stabiliva che: "l'azione di risarcimento del danno contro lo Stato può essere esercitata soltanto quando siano stati esperiti i mezzi ordinari di impugnazione o gli altri rimedi previsti avverso i provvedimenti cautelari e sommari, e comunque quando non siano più possibili la modifica o la revoca del provvedimento ovvero, se tali rimedi non sono previsti, quando sia esaurito il grado del procedimento nell'ambito del quale si e verificato il fatto che ha cagionato il danno". Nel caso di specie, l'odierno attore, avverso il decreto di trasferimento, avrebbe dovuto esperire il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.. In particolare, rappresentata come costituisse ius receptum il principio secondo cui l'aggiudicatario di un bene pignorato ha l'onere di far valere l'ipotesi di aliud pro alio con il solo rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi e quest'ultima deve essere esperita comunque - nel limite temporale massimo dell'esaurimento della fase satisfattiva dell'espropriazione forzata, costituito dalla definitiva approvazione del progetto di distribuzione - entro il termine perentorio di venti giorni dalla legale conoscenza dell'atto viziato, ovvero dal momento in cui la conoscenza del vizio si è conseguita o sarebbe stata conseguibile secondo una diligenza ordinaria (cfr. Cass. Civ. n. 7708/2014). La superiore eccezione è infondata e deve, essere, pertanto rigettata, potendosi, al riguardo, condividere le argomentazioni formulate dalla parte attrice in sede di comparsa conclusionale, alle quali il collegio può riportarsi, dovendosi evidenziare che proprio dal precedente giurisprudenziale citato in sede di comparsa di costituzione viene precisato che l'ipotesi attinente alla categoria del cd. aliud pro alio è estranea al caso di specie, atteso che la stessa viene in rilievo "... quando la cosa oggetto della vendita forzata risulta successivamente al trasferimento, essere sensibilmente diversa da quella sulla quale è caduta l'offerta dell'aggiudicatario, nonché da quella indicata negli atti del procedimento ed in particolare nell'atto finale di trasferimento, viene meno il nucleo essenziale e l'oggetto stesso della vendita forzata, quale specificato e determinato nell'offerta dell'aggiudicatario e dalla stessa volontà dell'organo giurisdizionale, conseguendone la sostanziale nullità ed il diritto dell'aggiudicatario a ripetere ciò che finisce col trovarsi versato senza adeguata ragione giustificatrice" (cfr. in motivazione la sentenza della Suprema Corte sopra ricordata. Nel caso in esame, pertanto, all'attore non era dato il rimedio indicato dalla parte convenuta, atteso che l'immobile trasferito era proprio quello di cui agli atti della procedura senza alcuna differenza sotto il profilo della sua individuazione catastale, consistenza ed estensione, con l'unica differenza riguardante il diritto trasferito che avrebbe dovuto essere indicato nella proprietà superficiaria e non nella piena proprietà come in effetti era avvenuto. Ne consegue l'ammissibilità dell'azione esperita dall'attore. Nel merito, invece, l'azione è fondata e deve essere accolta per i motivi di seguito esposti. Anche sotto tale profilo, devono essere condivise le argomentazioni svolte dall'attore in sede di atto introduttivo e di comparsa conclusionale, alle quali il collegio può riportarsi, atteso che risulta dagli atti depositati che già dal novembre del 2005 era stata acquisita agli atti della procedura esecutiva in questione la certificazione notarile sulla base della quale era stato evidenziato con gli appositi richiami normativi che il debitore esecutato, e relativamente all'immobile poi trasferito all'attore, era titolare della proprietà superficiaria e non della piena proprietà. Di tale indicazione, nel corso degli anni e delle ulteriori operazioni di vendita, non si era tenuto conto e nell'atto di trasferimento era stata trasferita la piena proprietà degli immobili citati nell'atto introduttivo. Deve, pertanto, ritenersi sussistere l'ipotesi di cui all'art. 2, comma 3, della legge 117/1988, richiamata dall'attore, nella parte in cui con il decreto di trasferimento si è affermato un fatto la cui esistenza era incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento, ovvero che il debitore esecutato era pieno proprietario degli immobili pignorati e che, pertanto, tale piena proprietà poteva essere trasferita all'aggiudicatario. Diversamente, era indubbio dagli atti del procedimento, ed in particolare dalla certificazione notarile, che il debitore non era pieno proprietario dell'immobile ma proprietario superficiario. Anche in ordine a tale aspetto non può essere condivisa l'argomentazione formulata dalla parte convenuta secondo cui in effetti si era trattato del trasferimento di un diritto reale analogo a quello della proprietà, salvo solo il limite derivante nei confronti del concedente e del negozio di costituzione del diritto. Infatti, seppure si tratta di diritti (quello del pieno proprietario e quello del proprietario superficiario) del tutto analoghi, gli stessi non sono esattamente sovrapponibili, avendo, infatti, generato la necessità nell'aggiudicatario di dovere stipulare una convenzione con l'Ente concedente per risolvere la problematica e fare coincidere il diritto trasferito in sede di procedura esecutiva con l'effettiva titolarità del diritto di piena proprietà in capo al on i relativi costi indicati in sede di atto introduttivo. In effetti, sulle operazioni amministrative cui è stato costretto il Domino per risolvere la sopra indicata problematica e sui conseguenti esborsi, non è stata svolta dalla parte convenuta alcuna contestazione e le somme ivi indicate, sostenute da adeguata documentazione, possono essere prese a base della chiesta tutela risarcitoria, dovendo, quindi, il convenuto essere condannato al relativo risarcimento del danno ingiusto cagionato all'attore in seguito al decreto di trasferimento sopra ricordato, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla data dei relativi esborsi e fino all'effettivo pagamento. Per quanto attiene, invece, ai magistrati ai quali imputare la detta responsabilità per il danno cagionato, si deve precisare che, dalla documentazione versata in atti dall'attore emerge con certezza il magistrato che ha emesso il decreto di trasferimento, mentre relativamente agli altri che si sono succeduti, non risulta se non per alcune indicazioni fornite dalla parte convenuta il nominativo di altri che si sarebbero succeduti nella procedura esecutiva, senza che, in effetti, si comprenda chi ha emesso gli ulteriori atti prodromici al ricordato trasferimento. Comunque, anche a prescindere da quanto sopra, gli atti propedeutici a quello finale che determina il trasferimento del diritto dal debitore all'aggiudicatario non determinano direttamente il danno ingiusto, potendo in ogni momento della procedura, d'ufficio, o su impulso di parte, essere modificati, rettificati ed integrati, per cui la responsabilità per il danno causato al (...) deve essere limitata al magistrato che ha emesso il decreto di trasferimento del diritto all'attore, ossia la dott.ssa (...). Per quanto attiene, poi, gli altri soggetti indicati in citazione, ausiliari del giudice e custode, gli stessi sono estranei al giudizio di responsabilità ex legge 117/2018 ed in ordine ai medesimi ogni valutazione deve essere omessa. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e possono essere liquidate, in favore dell'attore, in relazione al valore della causa (da 5.200,01 ad e 26.000,00), in complessivi Euro 4.262,00, di cui Euro 27,00 per rimborso spese, Euro 875,00 per la fase studio, Euro 740,00 per la fase introduttiva, ed Euro 1.000,00 per la fase istruttoria, Euro 1.620,00 per la fase decisionale, oltre al rimborso forfettario per spese generali nella misura del 15%, I.V.A e C.P.A., come per legge. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa, in accoglimento della domanda proposta da (...) nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri in persona del Presidente pro-tempore, dichiara (...) responsabile dei danni causati all'attore in relazione al decreto di trasferimento emesso nell'ambito della procedura esecutiva 496/2004 R.G. Es. e, per l'effetto, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro-tempore, al pagamento, in favore dell'attore, della somma di Euro 17.788,48, oltre rivalutazione ed interessi legali, così come in parte motiva, a titolo di risarcimento danni. Condanna la parte convenuta al pagamento delle spese del giudizio che liquida, in favore dell'attore, in Euro 4.262,00, di cui Euro 27.00 per rimborso spese e la rimanente parte per compensi, oltre rimborso forfettario per spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e C.P.A. come per legge. Così deciso in Caltanissetta il 18 marzo 2022. Depositata in Cancelleria il 5 aprile 2022.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI CALTANISSETTA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, in persona del Giudice onorario, dott.ssa Laura Davi, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 1023 del registro generale affari contenziosi civili dell'anno 2019 vertente TRA (...), (P. IVA (...) - C.F. (...)), elettivamente domiciliata in Palermo, Via (...), presso lo studio Avv. Gi.Ge., che la rappresenta e difende giusta procura in calce all'atto di citazione. Opponente E (...) Soc. Coop. Soc. (P. IVA e C.F. (...)) in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Canicattì, Viale (...), presso lo studio dell'Avv. Gi.Gi. che la rappresenta e difende, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta. Opposta Oggetto: opposizione a precetto. MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione regolarmente notificato la (...) proponeva opposizione avverso il precetto notificatole il 20.04.2019 dalla (...) Soc. Coop. Soc. per il pagamento della somma di Euro 7.899.17 in base al D.I. n. 441/18, emesso da questo Tribunale in data 18.10.18, dichiarato esecutivo con Decreto di esecutorietà n. 330/19 del 21.01.19 e munito di formula esecutiva il 21.01.19. Deduceva, in primo luogo, la mancata notifica del decreto ingiuntivo, rilevava il vizio della notifica effettuata a mezzo pec all'indirizzo [email protected] il 19.10.18 asserendo che "la certificazione di posta elettronica era scaduta in tale data". Lamentava, inoltre, l'incompetenza del Tribunale adito posto che, ai sensi dell'art. 9 del contratto di fornitura di servizi in essere tra le parti, il foro competente sarebbe stato quello di Palermo e non già quello adito nella fase monitoria. Contestava, infine, le ragioni del credito azionato rilevando di non dover nulla alla società opposta. Con comparsa di costituzione e risposta la (...) Soc. Coop. Soc. si costituiva in giudizio contestando tutto quanto dedotto ed eccepito dalla opponente. Con ordinanza del 28.10.2019 veniva rigettata l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva dell'opposto atto di precetto. Istruita documentalmente, la causa veniva trattenuta per la decisione. Il ricorso in opposizione è infondato e deve essere respinto. In punto di qualificazione giuridica della fattispecie, si osserva che, avendo lamentato l'inesistenza giuridica e/o la nullità della notificazione del decreto ingiuntivo e, perciò, la mancata formazione di un valido titolo esecutivo per essere il decreto stesso divenuto inefficace ex art. 644 c.c., l'opposizione va qualificata come opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. Infatti, è consolidata la Giurisprudenza della Suprema Corte secondo cui l'opposizione a precetto con la quale l'opponente, negando la rituale notificazione del titolo esecutivo, abbia contestato l'esistenza e la validità di questo e il diritto della parte procedente di far valere tale titolo, ha la natura di opposizione alla esecuzione. È altrettanto pacifico il principio per il quale con l'opposizione ex art. 615 c.p.c., quando l'esecuzione sia minacciata o iniziata in base ad un titolo esecutivo giudiziale, il giudice deve limitare la sua indagine all'esistenza e alla validità del titolo per stabilire se esso manchi o sia venuto meno per fatti posteriori alla sua formazione, ma non può esercitare un controllo sul suo contenuto intrinseco, al fine di invalidarne l'efficacia in base ad eccezioni che possono e debbono essere dedotte nel giudizio di cognizione. Pertanto, le doglianze proposte avrebbero dovuto al più essere fatta valere con opposizione tardiva a decreto. Nel caso di esecuzione intrapresa in forza di un decreto ingiuntivo occorre distinguere l'ipotesi di deduzione dell'inesistenza della notificazione del titolo, che si verifica ogniqualvolta essa viene effettuata in luogo o a mani di persona privi di ogni tipo di relazione con l'ingiunto, e che comporterebbe senz'altro la necessità del ricorso al rimedio dell'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., con quella, invece, in cui se ne deduca la nullità, per la quale è esperibile soltanto il rimedio dell'opposizione tardiva ai sensi dell'art. 650 c.p.c. In generale, il perfezionamento della notifica a mezzo pec è attestato dalla ricevuta di avvenuta consegna, nella quale sono riportate tutte le indicazioni ad essa relative, e dalla ricevuta di accettazione. Con il deposito delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, l'opposta ha provato che il D.I. è stato notificato alla opponente in data 18.10.18. La scadenza della certificazione della firma relativa al file "(...)" non rende invalida la notificazione. Invero, la notifica del decreto ingiuntivo telematico va considerata valida anche se la procura alle liti allegata manca della firma del difensore. Sul punto la Suprema Corte ha recentemente osservato "ai sensi dell'art. 643 c.p.c. ai fini della decorrenza del termine per l'opposizione a decreto ingiuntivo vanno notificati il ricorso ed il decreto monitorio, ma non è necessaria altresì la notificazione della procura alle liti del difensore della parte creditrice, anche se la notificazione avvenga a mezzo PEC, ai sensi della legge n. 53/94, da parte del difensore costituito nel procedimento monitorio; la eventuale insussistenza, agli atti del procedimento monitorio, di detta procura, così come l'eventuale vizio della stessa, vanno eventualmente fatti valere dall'ingiunto come motivo di opposizione al decreto ingiuntivo, da proporsi comunque nel termine di legge decorrente dalla notificazione di esso, notificazione che può essere sempre effettuata, secondo tutte le modalità previste dall'ordinamento, dal difensore costituito nel procedimento monitorio, atteso che la pronuncia del decreto da parte del giudice del monitorio implicitamente esclude il vizio relativo al ministero di difensore e considerato che contro il decreto l'ordinamento prevede - fuori dai casi in cui ammette l'opposizione ai sensi dell'art. 650 c.p.c. - il solo rimedio dell'opposizione tempestiva" (Cass. Ord. n. 27154/2021). Di conseguenza, la notifica a mezzo pec della creditrice doveva dunque essere ritenuta idonea alla decorrenza dei termini per l'opposizione a decreto ingiuntivo da parte della società. In ogni caso, l'irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell'atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale dello stesso, in omaggio alla regola generale sancita dall'art. 156, co. 3, c.p.c. per cui è inammissibile l'eccezione con la quale si lamenti esclusivamente detto vizio procedimentale, senza prospettare un concreto pregiudizio per l'esercizio del diritto di difesa (Comm. Trib. Napoli 18.02.16). Ed ancora: "il principio, sancito in via generale dall'articolo 156 del codice di rito, secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, vale anche per le notificazioni, anche in relazione alle quali - pertanto - la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l'atto, malgrado l'irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario" (Cass. n. 13857/14, e Cass. n. 1548/02). Il risultato dell'effettiva conoscenza dell'atto che consegue alla consegna telematica dello stesso nel luogo virtuale, ovverosia l'indirizzo di pec espressamente a tale fine indicato dalla parte nell'atto introduttivo del giudizio di legittimità, determina infatti il raggiungimento dello stesso scopo perseguita dalla previsione legale del ricorso alla pec. Nella specie l'opponente non adduce né alcuno specifico pregiudizio al suo diritto di difesa, né l'eventuale difformità tra il testo recapitato telematicamente e quello cartaceo. La denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l'interesse all'astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l'eliminazione dei pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione (Cass. sez. trib., n. 26831 del 2014). Ne consegue che è inammissibile l'eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale, senza prospettare anche le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio. Deve, conseguentemente, ritenersi la tardività della impugnazione proposta posto che il decreto ingiuntivo de quo è stato notificato il 19.10.18 e, pertanto, da quella data devono essere computati i termini per la sua impugnazione. In merito alle contestazioni relative alla esistenza del credito alla base della emissione del decreto ingiuntivo, è fuori dubbio come nel giudizio di opposizione a precetto - ove il titolo esecutivo in contestazione sia di formazione giudiziale - possono essere fatti valere unicamente i fatti estintivi o modificativi posteriori alla formazione del titolo stesso, dovendo i fatti che si assume essersi anteriormente verificati o quelli attinenti alla notifica del titolo essere dedotti nel procedimento di impugnazione del titolo stesso (che, nel caso di specie, è il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, non esperito). Ciò vale se si intende far valere la nullità della notificazione del decreto ingiuntivo (Cass. n. 25713/14), l'incompetenza e la carenza di giurisdizione del Giudice adito (Cass. n. 16390/11) nonché l'infondatezza nel merito della pretesa (Cass. n. 22402/08). Si rileva, infine, l'inammissibilità della eccezione di improcedibilità per mancato esperimento del procedimento di mediazione sollevata solo con la comparsa conclusionale. La deduzione è, comunque, infondata posto che il D.Lgs. n. 28/2020 - art. 5 lett. e) - esclude espressamente che il procedimento di mediazione debba essere svolto per i giudizi "di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata". D'altro canto non potrebbe essere diversamente data la presenza di un titolo esecutivo che accerta l'esistenza della pretesa. Le spese del presente giudizio - liquidate ai sensi e per gli effetti del D.M. 55/2014 in complessivi Euro 2.138,00 per compensi oltre spese generali, oneri fiscali e previdenziali nella misura legalmente dovuta - seguono il criterio della soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale di Caltanissetta, Sezione Civile, in composizione monocratica, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, così provvede: - rigetta l'opposizione proposta dalla (...) avverso il precetto notificatole il 20.04.2019 dalla (...) Soc. Coop. Soc. - condanna la (...) alla rifusione delle spese di lite in favore della (...) Soc. Coop. Soc, in persona del legale rappresentante pro - tempore, che si liquidano ex D.M. n 55/14 in Euro 2.138,00, oltre spese generali, oneri fiscali e previdenziali nella misura legalmente dovuta. Così deciso in Caltanissetta il 25 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria il 2 marzo 2022.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO L'anno duemiladiciannove il giorno 17 del mese di ottobre Il Tribunale per i Minorenni di Caltanissetta composto dai Signori: 1) Dott. Antonino Liberto PORRACCIOLO Presidente 2) Dott. Maria LUPO Giudice 3) Dott. Corrado DRAGO Giudice on. 4) Dott. Stefania RIGATUSO Giudice on. con l'intervento del P.M, Dott. Ma.Tr. e con l'assistenza del Cancelliere Sig. Gi.Ca. ha pronuncialo la seguente SENTENZA (...) nato a il (...)(non comparso assente); assistito dal difensore di fiducia, Avv. (...) del Foro di Gela (assente), sostituito giusta delega orale dall'Avv. (...) IMPUTATO del delitto p. e p. dall'art. 588 c.p. per avere partecipato ad una rissa, alla quale prendevano parte, tra gli altri, (...) e (...) nei confronti dei quali procede altra Autorità Giudiziaria, in quanto maggiorenni. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto emesso in data 24 febbraio 2016 il G.U.P. in sede disponeva il rinvio a giudizio, dinanzi a questo Tribunale per i Minorenni, di (...) per rispondere dei reato di rissa, come ascrittogli in rubrica. All'udienza del 6 ottobre 2016, dichiarato aperto il dibattimento, venivano ammessi i mezzi di prova richiesti dalle parti. All'udienza del 29 maggio 2017 si procedeva all'escussione del Brigadiere Alla successiva udienza del 2 novembre 2017, su accordo delle parti, si acquisiva l'annotazione di P.G. a firma di (...) (datata 4 agosto 2014). L'istruttoria dibattimentale proseguiva all'udienza del 27 settembre 2018 con l'audizione del Maresciallo (...); mentre(...), (madre dell'imputato), anch'ella citata come teste, si avvaleva della facoltà di non deporre, ai sensi dell'art. 199 c.p.p. All'ultima udienza, quella del 17 ottobre 2019, dichiarata chiusa ristruttoria dibattimentale e indicati gli atti utilizzabili ai fini della decisione, si invitavano le parti a concludere. Cosi, il P.M. ed il difensore dell'imputato concludevano come meglio specificato sopra, e, il Tribunale, ritiratosi in camera di consiglio, si pronunciava quindi come in dispositivo. MOTIVAZIONE La compiuta istruzione dibattimentale ha consentito di ricostruire con sufficiente precisione, nei termini che seguono, la vicenda oggetto del presente procedimento. In data 3 agosto 2014, intorno alle ore 20.30, il Comandante della Polizia Municipale di (...), (in quel momento libero dal servizio), sentiva delle urla provenire dalla Via (...) all'altezza del civico n. 73; per cm, affacciatosi sulla strada, notava quattro persone (tre uomini e una donna) che partecipavano a una rissa, ovvero, come letteralmente dichiarato dall'agente, "se le davano di santa ragione". Egli, pertanto, interveniva e, dopo vari tentativi, anche con l'aiuto di altre persone presenti sui luogo, riusciva a sedare la colluttazione. L'agente, nell'immediatezza, riconosceva tra i corrissanti (...) e (...), tutti soggetti a lui noti nel territorio di (...). Dopo di che, il (...) contattava il Comando della Stazione dei Carabinieri del luogo per un intervento immediato (v. annotazione del 4 agosto 2014 a firma di e testimonianza da lui resa all'udienza dei 21 marzo 2019). I militari, giunti sul posto quando la rissa si era ormai conclusa, accertavano la presenza di (...) (odierno imputato), del padre (...) e dello zio (...); e, sulla base delle indicazioni fornite dal Vigile Urbano che aveva assistito alla vicenda e dalle quali emergeva che il movente della rissa era di tipo sentimentale, si dirigevano verso l'abitazione di (...), indicata come uno dei soggetti partecipanti alla lite. La donna, all'epoca agli arresti domiciliari, confermava, nell'immediatezza dei fatti, la sua partecipazione alla colluttazione e indicava anche le ragioni sottese, legate a motivi di gelosia tra le parti (v. deposizione testimoniale del Maresciallo (...). Nel corso dell'udienza, tuttavia, la madre dell'imputato, ha esercitato la facoltà non sottoporsi all'esame, non fornendo alcuna dichiarazione. Dal canto suo, l'imputato non si è presentato per sottoporsi all'esame. Ebbene, quanto sopra emerso ha consentilo di accertare, al di là di ogni irragionevole dubbio, la responsabilità dell'imputato, per aver partecipato a una rissa alla quale hanno preso parte anche il padre (...), lo zio (...), la madre (...) e tale prova dei fatti è emersa, senza incertezze, dalle dichiarazioni di (...) Comandante dei Vigili Urbani di (...), che ha assistito alla rissa ed è intervenuto per bloccare i contendenti, tra i quali (odierno imputato). È stato lo stesso (...) infatti che, dopo aver sedato la colluttazione, come emerso dalla sua deposizione e come confermato dal Maresciallo (...), ha allertato i Carabinieri del luogo, i quali, intervenuti subito dopo, hanno effettivamente accertalo la presenza sul posto dell'imputato, del padre e dello zio. Non vi sono ragioni, d'altra parte, per non dare credito alle dichiarazioni testimoniali rese dal (...), dichiarazioni che hanno consentito di ricostruire con precisione la vicenda, come sopra descritta, e di individuare tra i responsabili della condotta illecita l'imputato. D'altra parte, il (...), non sottoponendosi all'esame, non ha fornito una diversa e plausibile versione dei fatti. In conclusione, sussiste la, prova della responsabilità penale del (...) in ordine al reato contestato. La condotta posta in essere dal giovane va inquadrata sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo nel reato di rissa, di cui al primo comma dell'art. 588 c.p., che punisce chiunque prenda parie a una colluttazione. La rissa può definirsi tale quando, come nel caso di specie, la contesa coinvolga almeno tre persone (Cass., Sez. V, 30.1-9.5.2019, n. 19962; C., Sez. V, 7.2.2014, n. 12508; C. Sez. I, 10.3.1988; C., Sez. V, 25.2.1988; C. Sez. V, 25.2.1982), e per la sua configurazione è essenziale che i soggetti coinvolti siano animati dall'intento di aggredire gli avversari e di difendersi dalla loro violenza, onde non sussiste il reato se più persone aggrediscano altre e queste esplichino un'azione di pura difesa (C.. Sez. VI, 15.5.2012, n. 24030; C., Sez. fer., 2.9,2008. n. 35.301; C.. Sez. V, 12.1.1989; C., Sez. V, 25.2.1988; C. Sez. V, 13.1,1984; T. Bari, Sez. I, 26.1.2011; T. Bologna, 10.1.2011; T. Napoli, 5.1.2010; T. Monza. 13.2.2009). Inoltre, quando tutti i contendenti siano animati da un intento offensivo è irrilevante accertare chi per primo sta passalo alle vie di fatto (C., Sez. I, 19.1.2015, n. 18788; C. Sez. V, 28.3,1984; C., Sez. I, 11.5.1981). Il primo comma della norma, dunque, punisce semplicemente la condotta di partecipazione alla rissa, indipendentemente dalle conseguenze che ne derivino ai corrissanti. Diversamente, nel caso in cui in seguito alla rissa taluno venga ucciso o riporti lesioni la pena è aggravata. Nel caso in oggetto, dunque, la condotta del (...) rientra nella fattispecie di rissa semplice, in quanto dall'istruttoria svolta non risulta che i partecipanti alla colluttazione abbiano riportato delle lesioni, escludendosi dunque l'ipotesi aggravata di cui al comma due. Risulta dunque condivisibile l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale chi partecipa volontariamente alla condotta violenza collettiva si assume la responsabilità per rissa semplice o aggravata, a seconda degli effetti della colluttazione (C., Sez. V, 24.11.2017-5.3,2018, n. 9933; e C., Sez. V, 9.10.2008, n. 4402). Deve, inoltre, osservarsi che al momento della commissione dei fatti delittuosi di cui trattasi l'imputato aveva sufficiente maturità per comprendere il disvalore sociale del suo comportamento e per autodeterminarsi. È infatti indubbia la capacità d'intendere e di volere del giovane, desunta dal disvalore già naturalisticamente percepibile dei fatti contestatigli. Non risulta poi in particolare che il (...) al momento dei fatti fosse affetto d deficit cognitivi ed intellettivi né che fosse portatore di limitazioni che potessero escludere una sua capacità di scelta e di comprensione. Ferma dunque la responsabilità del (...) per la condotta rissosa, sussistono, tuttavia, i presupposti per considerare il fatto di reato, così come accertato, irrilevante, ai scusi dell'art. 27 del D.P.R. 1988/488, e, dunque, per emettere nei confronti del sentenza di non luogo a precedere. Sul punto, occorre preliminarmente sottolineare come la Corte Costituzionale, con sentenza n. 149/2003, abbia dichiarato l'illegittimità del comma 4 dell'art. 27 (sopra richiamato) nella parte in cui preclude la pronuncia di irrilevanza del fatto all'esito dell'ordinario giudizio dibattimentale, dirimendo così la controversa questione sull'operatività dell'istituto anche nell'ambito del giudizio dibattimentale. D'altra parte, la ratio dell'istituto non è solo quella di sottrarre tempestivamente dai circuito penale (e dunque già nella fase delle indagini preliminari e nell'udienza preliminare) i comportamenti che, pur costituendo reato, non suscitano però alcun allarme sociale, essendo dal punto di vista soggettivo l'espressione di esuberanza giovanile, e rivestendo da un punto di vista oggettivo un modestissimo rilievo concreto; ma anche quella di adeguare il processo (e dunque anche quello dibattimentale) alla personalità del minore, attuando, in perfetta linea con il rito minorile, il principio di proporzionalità tra la condotta criminosa posta in essere e la reazione istituzionale che ad essa consegue. L'applicazione dell'art. 27 all'esito della fase dibattimentale è subordinato dunque alla sussistenza di due principali condizioni: la tenuità del fatto di reato, anche sotto il profilo dell'intensità del dolo e del grado della colpa, e l'occasionalità del comportamento. Ebbene, nel caso di specie, la tenuità del fatto può desumersi dalla scarsa offensività dell'azione, sia per le modalità di realizzazione (assenza di armi o oggetti contundenti), sia perché tale condotta è stata evidentemente il frutto di un alto di impulso (uno stato emotivo passionale), si è contingentata in un breve lasso temporale e, soprattutto, non ha determinato alcuna lesione all'integrità fisica dei partecipanti. In secondo luogo, la circostanza che il (...) abbia riportato altra condanna per furto (come si legge dal suo casellario giudiziale) non è ostativa, ad avviso del Collegio, ad escludere l'occasionalità del comportamento. Ed invero, si ritiene condivisibile l'orientamento di autorevole dottrina secondo il quale "occasionalità del comportamento non vuol dire necessariamente unicità, né episodicità" della condotta illecita. Tale condizione va, infatti, intesa in senso lato, dovendosi valutare se la condotta dell'agente sia o meno soggetta a reiterazione abituale o sistematica. In tal senso, tenendo conto del fatto che il reato di furto in questione è precedente alla condotta odierna e risale all'anno 2014 e che successivamente l'imputato non è stato condannalo per altri reati, è possibile pervenire alla conclusione circa l'episodicità della condotta illecita posta in essere dal (...). Non deve infine trascurarsi il fatto che dalla relazione dell'USSM in atti (seppure risalente ai 2016) sono emersi elementi positivi sull'evoluzione dello stile di vita del giovane (anche grazie alla nuova relazione sentimentale avviata che gli ha dato maggiore stabilità emotiva) e sulla sua. personalità. Alla stregua delle superiori considerazioni può quindi essere pronunciata sentenza di non luogo procedere per irrilevanza del fatto. Tenuto conto della necessità di redigere adeguata motivazione e dei concomitanti e plurimi impegni professionali relativi all'Ufficio, si è indicalo in novanta giorni il termine per il deposito della motivazione della sentenza. P.Q.M. Visti gli artt. 27 D.P.R. n. 448 del 1988 e 529 c.p.p.; DICHIARA non luogo a procedere nei confronti di (...) in ordine al reato allo stesso ascritto per irrilevanza del fatto. Visto l'art. 544, 3 comma, c.p.p., INDICA in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione della sentenza. Così deciso in Caltanissetta il 17 ottobre 2019. Depositata in Cancelleria il 28 ottobre 2019.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Il Giudice del Tribunale di Caltanissetta, Ivana Francesca Mancuso, in funzione di Giudice del Lavoro, all'udienza del 3 ottobre 2019 dando lettura del dispositivo e dell'esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa promossa da (...), (C.F. (...)) rappresentata e difesa dall'Avv. SA.GI. e dall'Avv. GI.GI., ed elettivamente domiciliata in C/SO (...) 92024 CANICATTI' - ricorrente contro (...) SPA (C.F. (...)) rappresentato e difeso dall'Avv. IN.FI., ed elettivamente domiciliato in Caltanissetta Via (...) presso lo studio dell'Avv. Vi.Vi. - resistente In fatto e in diritto Con ricorso depositato il 19/10/2016 la ricorrente indicata in epigrafe ha proposto opposizione avverso il preavviso di fermo n. (...) notificato a mezzo PEC in data 3.10.2016 relativo alle seguenti cartelle di pagamento: 1) (...); 2) (...); 3) (...); 4) (...); 5) (...); 6) (...); 7) (...); ed i relativi ruoli, nei limiti della competenza del Giudice del Lavoro, eccependone la nullità sotto vari profili: a) nullità della notificazione del preavviso di fermo in quanto avvenuta tramite PEC e inesistenza della notifica delle cartelle di pagamento; b) nullità del preavviso per mancata indicazione del responsabile del procedimento; c) nullità del preavviso di fermo e delle cartelle sottese per difetto di motivazione; d) nullità per difetto di motivazione in merito al calcolo degli interessi di mora; e) nullità per violazione del combinato disposto degli artt. 77 e 86 e 50 D.P.R. n. 602 del 1973; f) nullità del preavviso in quanto relativo a bene strumentale all'attività professionale; g) inesistenza della pretesa creditoria e intervenuta prescrizione. Si è costituita la (...) che ha chiesto il rigetto del ricorso in quanto infondato. Stante la natura documentale della controversia, all'odierna udienza le parti hanno discusso la causa riportandosi alle difese in atti. Sembra opportuno rammentare, anzitutto, che - come ribadito da Cass. 15116/2015 - il vigente sistema di tutela giurisdizionale per le entrate previdenziali (ed in genere per quelle non tributarie) prevede le seguenti possibilità di tutela per il contribuente: a) proposizione di opposizione al ruolo esattoriale per motivi attinenti al merito della pretesa contributiva ai sensi del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 6, nel termine di giorni quaranta dalla notifica della cartella di pagamento, davanti al giudice del lavoro; b) proposizione di opposizione ai sensi dell'art. 615 cod. proc. civ. per questioni attinenti non solo alla pignorabilità dei beni, ma anche a fatti estintivi del credito sopravvenuti alla formazione del titolo (quali ad esempio la prescrizione del credito, la morte del contribuente, l'intervenuto pagamento della somma precettata) sempre davanti al giudice del lavoro nel caso in cui l'esecuzione non sia ancora iniziata (art. 615 c.p.c., comma 1) ovvero davanti al giudice dell'esecuzione se la stessa sia invece già iniziata (art. 615 c.p.c., comma 2 e art. 618 bis cod. proc. civ.); c) proposizione di una opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617 cod. proc. civ., nel termine perentorio di venti giorni dalla notifica del titolo esecutivo o del precetto per i vizi formali del titolo ovvero della cartella di pagamento, anche in questo caso davanti al giudice dell'esecuzione o a quello del lavoro a seconda che l'esecuzione stessa sia già iniziata (art. 617 c.p.c., comma 2) o meno (art. 617 c.p.c., comma 1). Nella fattispecie in esame, parte ricorrente ha esperito tanto l'opposizione ex art. 615, comma 1, c.p.c., avendo eccepito l'inesistenza e l'intervenuta prescrizione della pretesa contributiva, quanto l'opposizione ex art. 617, comma 1, c.p.c. avendo eccepito vari vizi formali del preavviso di fermo. Con riferimento a tale ultimo motivo di opposizione, deve anzitutto rilevarsi la tempestività dell'opposizione, posto che l'intimazione di pagamento è stata notificata in data 3.10.2016 ed il ricorso è stato depositato il 19.10.2016. Ciò posto, venendo all'esame delle censure avanzate dalla ricorrente si osserva quanto segue. Nullità notifica preavviso di fermo tramite PEC Assume parte ricorrente che la notifica del preavviso di fermo, eseguita a mezzo PEC, debba considerarsi invalida, posto che la ricevuta di avvenuta consegna non consente di verificare l'effettiva conoscenza da parte del destinatario, inoltre difetterebbe l'attestazione di conformità e mancherebbe, altresì, la relazione di notificazione. Le doglianze sono infondate, essendo sufficiente a tal fine rilevare che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che l'irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna dello stesso ha comunque prodotto il risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (Cass. 28 settembre 2018 n. 23620) Occorre altresì tenere conto che è stato affermato che la natura sostanziale e non processuale della cartella di pagamento non osta all'applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria; sicchè il rinvio disposto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5, (in tema di notifica della cartella di pagamento) al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 (in materia di notificazione dell'avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile, comporta, in caso di nullità della notificazione della cartella di pagamento, l'applicazione dell'istituto della sanatoria per raggiungimento dello scopo, di cui all'art. 156 c.p.c. (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27561). I suddetti principi sono stati ulteriormente ribaditi dalla recente sentenza della Cassazione civile sez. VI del 05/03/2019, n. 6417 relativa ad una notifica a mezzo PEC di pignoramento presso terzi ad opera del Concessionario per la Riscossione. Nullità per mancata indicazione del responsabile del procedimento e per difetto di motivazione La ricorrente si duole che nel preavviso di fermo non sia stato indicato il responsabile del procedimento, che la motivazione dell'atto non sia chiara e che non siano state allegate le cartelle di pagamento. Con riferimento al responsabile del procedimento occorre rilevare che l'indicazione dello stesso non è richiesta a pena di nullità (così da ultimo Cassazione civile sez. trib., 17/01/2019, n.1150). Quanto alla motivazione deve precisarsi che l'onere risulta assolto qualora gli atti presupposti siano richiamati in modo idoneo e cioè in modo tale da porre il contribuente in condizioni di comprendere a quali atti si riferisca e così è sufficiente, ad esempio, il richiamo al numero della cartella, all'ammontare ed all'ente impositore (così Cassazione civile sez. VI, 09/03/2018, n.5808). Nel caso di specie, il preavviso riporta non solo il numero delle cartelle di pagamento, la data di notifica, l'importo e l'ente impositore, ma anche il dettaglio di ciascun addebito, sicché nessuna violazione dello Statuto del Contribuente è configurabile. Peraltro il richiamo alle cartelle di pagamento, con l'indicazione specifica delle stesse ne rende superflua l'allegazione. Nullità del preavviso per difetto di motivazione in merito al calcolo degli interessi La doglianza è destituita di fondamento posto che il preavviso riporta sia l'ammontare degli interessi di mora, sia i compensi di riscossione, sia, infine, le norme in forza delle quali sono stati calcolati gli interessi. Nullità del mancata notifica degli avvisi sessanta giorni prima della comunicazione del preavviso di fermo Neanche la doglianza relativa alla violazione dell'art. 50 del D.P.R. n. 602 del 1973 è fondata, posto che il preavviso di fermo amministrativo, così come il fermo stesso, dei beni mobili registrati è atto funzionale a portare a conoscenza del debitore la pretesa dell'Amministrazione finanziaria, ma non è inserito come tale nella sequenza procedimentale dell'espropriazione forzata; pertanto, il concessionario non deve provvedere alla preventiva notifica dell'avviso contenente l'intimazione ad adempiere l'obbligazione risultante dal ruolo ex art. 50, comma secondo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, disposizione, questa, applicabile solo nel circoscritto ambito dell'esecuzione forzata (così Cass. n. 26052 del 2011). Nullità per iscrizione su beni strumentali dell'impresa La deduzione in merito alla natura strumentale all'attività del bene sottoposto a fermo è del tutto priva di qualsivoglia prova, sicchè la stessa non può trovare accoglimento. Inesistenza della pretesa creditoria e intervenuta prescrizione Al fine di esaminare l'eccezione di prescrizione occorre previamente verificare la notifica delle cartelle di pagamento impugnate. 1) cartella n. (...): è stata notificata in data 31.7.2002 ai sensi dell'art. 140, mediante deposito alla casa comunale; 2) cartella n. (...): non è stata depositata alcuna notifica; 3) cartella n. (...): non è stata depositata alcuna notifica; 4) cartella n. (...): notificata a mani proprie in data 30.3.2011; 5) cartella n. (...): notificata a mani proprie in data 14.5.2012; 6) cartella n. (...): notificata a mani proprie in data 2.7.2013; 7) cartella n. (...): notificata a mani proprie in data 20.3.2015; Come si vede, la notifica è certamente corretta per le cartelle sub. (...), (...), (...) e (...), delle cartelle sub nn. (...) e (...), non vi è alcuna prova di notifica, mentre per la cartella sub. (...) la notifica è avvenuta ai sensi dell'art. 140 c.p.c.. Ora, nelle ipotesi di irreperibilità c.d. relativa, il modello legale è previsto dall'art. 26, comma 4, D.P.R. n. 602 del 1973 secondo cui "Nei casi previsti dall'art. 140 del codice di procedura civile, la notificazione della cartella di pagamento si effettua con le modalità stabilite dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, e si ha per eseguita nel giorno successivo a quello in cui l'avviso del deposito è affisso nell'albo del comune". A seguito dell'intervento della Consulta - che con la sentenza n. 258 del 2012 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 3, attuale comma 4, del citato D.P.R. n. 602 del 1973 art. 26, nella parte in cui stabilisce che la notificazione della cartella di pagamento "Nei casi previsti dall'art. 140 c.p.c., (...) si esegue con le modalità stabilite dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60", anzichè "Nei casi in cui nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi sia abitazione, ufficio o azienda del destinatario (...) si esegue con le modalità stabilite dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, comma 1, alinea e, lett. e) - la giurisprudenza di legittimità (sentenza n. 25079 del 2014) ha affermato il principio in base al quale "In tema di notifica della cartella di pagamento, nei casi di "irreperibilità cd. relativa" del destinatario, all'esito della sentenza della Corte costituzionale n. 258 del 22 novembre 2012 relativa al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 3 (ora 4), va applicato l'art. 140 c.p.c., in virtù del combinato disposto del citato D.P.R. n. 602 del 1973 art. 26, u.c., e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, alinea (e), sicchè è necessario, ai fini del suo perfezionamento, che siano effettuati tutti gli adempimenti ivi prescritti, incluso l'inoltro al destinatario e l'effettiva ricezione della raccomandata informativa del deposito dell'atto presso la casa comunale, non essendone sufficiente la sola spedizione", alla stregua di quanto risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 3 del 2010, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 140 c.p.c., disposizione richiamata dall'art. 26 citato, nella parte in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anzichè con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione. A seguito di tale sentenza, pertanto, la notificazione effettuata ai sensi di tale disposizione si perfeziona, per il destinatario, con il ricevimento della raccomandata informativa, se anteriore al maturarsi della compiuta giacenza, ovvero, in caso contrario, con il decorso del termine di dieci giorni dalla spedizione (Cass. 14316/2011)" (così Cass. 9782/2018). Nel caso di specie, la Riscossione ha depositato unicamente la relata e l'attestazione di deposito presso la casa comunale, ma non ha dato prova né di aver inviato la raccomandata informativa, né che la stessa sia stata ricevuta o comunque sia maturato il termine per la compiuta giacenza. La notificazione deve pertanto ritenersi nulla. Ciò posto, considerata la nullità della notifica della cartella sub (...), della mancata prova delle cartelle sub. nn. (...) e (...) e considerato altresì che il preavviso di fermo è stato notificato in data 3.10.2016, va dichiarata l'intervenuta prescrizione dei crediti di cui alle cartelle di pagamento sub. nn. (...), (...), (...) e (...). Per le restanti cartelle, invece, dalla data di notifica delle stesse alla data di notifica del preavviso è intercorso un termine inferiore al quinquennio, sicchè i relativi crediti non sono prescritti. Il ricorso va in definitiva parzialmente accolto con annullamento del preavviso di fermo limitatamente alle cartelle di pagamento nn. (...); (...); (...); (...) che vanno parimenti annullate. La reciproca soccombenza giustifica l'integrale compensazione delle spese di lite. P.Q.M. Il Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa, nella causa in epigrafe indicata - in parziale accoglimento del ricorso annulla il preavviso di fermo limitatamente alle cartelle di pagamento nn. (...); (...); (...); (...); - compensa integralmente le spese di lite. Così deciso in Caltanissetta il 3 ottobre 2019. Depositata in Cancelleria il 3 ottobre 2019.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Caltanissetta Il Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro, all'esito della camera di consiglio, visto l'art. 429 c.p.c., ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa di lavoro di I Grado, avente oggetto "retribuzione", promossa da: (...), nato a P. (P.) in data (...) (C.F. (...)) con il patrocinio dell'avv. GR.GI., elettivamente domiciliato in Via (...) 95129 Catania ITALIA presso il difensore ricorrente contro (...) S.R.L. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. CA.GI. elettivamente domiciliato in VIA (...) 93100 CALTANISSETTA resistente Motivi della decisione (...), con ricorso depositato in data 18/07/2016, ha rilevato che per il periodo dal 6.04.2011 al 31.05.2012 ha lavorato a tempo pieno come autista di autobus di linea per servizio urbano di trasporto persone per il Comune di Caltanissetta, ricevendo per l'attività lavorativa resa una retribuzione base mensile di gran lunga inferiore in relazione all'ore effettive di lavoro prestato ed alle mansioni svolte, comunque, inferiore a quella prevista dal CCNL Autoferrotranvieri e Internavigatori (doc. 5, 6 e 7) ed ex art. 36 della Costituzione. Ha dichiarato che è stato addetto al servizio autobus urbano di trasporto persone per il Comune di Caltanissetta dal lunedì al Sabato, dalle ore 5,00 alle ore 22,00, per circa 102 ore settimanali, provvedendo anche alla pulizia interna del mezzo all'inizio ed alla fine di ogni turno di servizio secondo le direttive fissate da esso datore di lavoro e come da dischetti del tachimetro ( doc n. 3). Ha lamentato il mancato pagamento della giornata festiva del Santo Patrono di Caltanissetta San Michele, della tredicesima anno 2012 e della quattordicesima mensilità anni 2011 e 2012, il mancato riconoscimento della competenza relativa all'aumento di contratto una tantum pari ad Euro. 725,76 circa per ciascun anno, le ferie relative all'anno 2011 e 2012. Pertanto ha chiesto la condanna della (...) srl a pagare il complessivo importo Euro. 45.455,51 (36.431,54 + 2542,32 + Euro. 122,30 + 1254,20 + 1228,29 + 1451,52 + 2516,64) al lordo delle ritenute di legge ed interessi e rivalutazione dalla maturazione di ciascun diritto al soddisfo e la differenza di TFR pari ad Euro. 2886,95. Fissata l'udienza per la comparizione delle parti si è tempestivamente costituita la (...) SRL che ha resistito preliminarmente eccependo la nullità del ricorso, l'inapplicabilità del ccnl invocato, essendo stato richiamato nel contratto di lavoro stipulato il ccnl autonoleggio industria. Nel merito ha contestato i fatti ed ha spiegato domanda riconvenzionale chiedendo il pagamento dell'indennità di mancato preavviso alle dimissioni rassegnate con efficacia immediata il 28.5.2012. Differita l'udienza di discussione, il lavoratore si è costituito in risposta alla riconvenzionale eccependo l'inammissibilità per mancata notifica della domanda nei termini di cui all'art. 418 c.p.c., disconoscendo le dimissioni trattandosi di fotocopie non sottoscritte ed insistendo per l'applicabilità del ccnl autoferrotranvieri. Ammessi i mezzi istruttori ed assunti gli stessi, previo deposito di note autorizzate, le parti hanno discusso all'odierna udienza riportandosi alle difese ed alle eccezioni in atti. Il Giudice all'esito della camera di consiglio definisce il giudizio dando pubblica lettura della sentenza. Le domande proposte dalle parti non sono fondate. Quanto alle domande attoree, l'attività istruttoria compiuta, e segnatamente le dichiarazioni del teste (...) (ud 27.9.2018) ed i documenti prodotti, non consentono di considerare come dimostrate le ore ed i giorni con riferimento ai quali viene lamentato il mancato pagamento della retribuzione. A norma dell'art. 2697, I co., c.c., sul lavoratore incombe l'onere di fornire la prova della prestazione del lavoro straordinario anche per quanto concerne la durata del medesimo, tale prova può essere fornita ricorrendo anche alle presunzioni semplici (art. 2729 c.c.). Ma in mancanza di tale prova non si può supplire con la valutazione equitativa del Giudice, utilizzabile solo in riferimento alla quantificazione del compenso. (v. Cass., sez. L, n. 3335 del 31.5.1982; Cass., sez. L, n. 776 del 29.1.1988; Cass., sez. L, n. 8006 del 14.8.1998; Cass., sez. L, n. 4668 del 21.4.1993; Cass., sez. L, n. 12434 del 25.5.2006) Non è stata neppure spiegata la rilevanza di quanto desumibile dai dischetti cronotachigrafi, sebbene specificatamente invitata a chiarire sul punto. La società resistente ha dichiarato di aver applicato il ccnl autonoleggio industria (si veda doc. 3), mentre il ricorrente non ha addotto fatti atti a dimostrare l'applicabilità del ccnl invocato. Infatti "Nel vigente ordinamento del rapporto di lavoro subordinato, regolato da contratti collettivi di diritto comune, l'individuazione della contrattazione collettiva che regola il rapporto di lavoro va fatta unicamente attraverso l'indagine della volontà delle parti risultante, oltre che da espressa pattuizione, anche implicitamente dalla protratta e non contestata applicazione di un determinato contratto collettivo. Il ricorso al criterio della categoria economica di appartenenza del datore di lavoro, fissato dall'art. 2070 cod. civ., è consentito al solo fine di individuare il parametro della retribuzione adeguata ex art. 36 Cost., quando non risulti applicata alcuna contrattazione collettiva ovvero sia dedotta l'inadeguatezza della retribuzione contrattuale ex art. 36 Cost. rispetto all'effettiva attività lavorativa esercitata" (Sez. L, Sentenza n. 11372 del 08/05/2008). Pertanto, in mancanza di un richiamo al ccnl autoferrotranvieri, deve essere esclusa la sua applicazione diretta. In conclusione le domande attoree scontano la genericità iniziale, che è stata superata per effetto della compiuta difesa nel merito della resistente, ma che è ostativa all'accoglimento. È parimenti infondata la domanda riconvenzionale in quanto il disconoscimento delle dimissioni da parte del ricorrente impedisce l'utilizzabilità del documento in quanto parte resistente non ha proposto istanza di verificazione ai sensi dell'art. 216 c.p.c. Anzi la produzione della sentenza n. 163/2017 dimostra che la risoluzione del rapporto è dipesa dal licenziamento del lavoratore e non dalle sue dimissioni. La parziale soccombenza motiva la compensazione delle spese di lite. P.Q.M. definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, così provvede: Rigetta il ricorso e la domanda riconvenzionale. Compensa le spese di lite. Così deciso in Caltanissetta l'1 ottobre 2019. Depositata in Cancelleria l'1 ottobre 2019.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Caltanissetta, nella persona del G.O.P., Dott.ssa Egle La Ferla, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al N. 1484/2016 R.G. avente ad oggetto: azione di rivalsa, promossa Da (...) S.p.A., con sede in R., Via (...), in persona del dirigente Dott. (...), elettivamente domiciliata in Catania, Via (...), presso lo studio dell'Avv. Ca.Pe., che la rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all'Avv. Ni.Co. del Foro di Roma, giusta procura in calce all'atto di citazione. ATTRICE CONTRO (...), nato a S. l'(...) (C.F. : (...)), e (...), nato a C. il (...) (CF: (...)), entrambi residenti in S., Via C. n. 28, elettivamente domiciliati in Serradifalco, Via (...), presso lo studio dell'Avv. Ma.Mi., dal quale sono rappresentati e difesi giusta procura in atti. CONVENUTI MOTIVI DELLA DECISIONE Per quanto debba presumersi noto lo svolgimento del processo, la vicenda merita di essere brevemente riassunta. Con atto di citazione in riassunzione ritualmente notificato, la (...) S.p.A. conveniva al giudizio di questo Tribunale i convenuti indicati in epigrafe, al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni: "Piaccia all'Ecc.mo Tribunale adito, ogni diversa istanza disattesa, accertata l'inoperatività della garanzia assicurativa nel sinistro in premessa, condannare i sig.ri (...) e (...) in solido alla restituzione di quanto pagato dall'attrice per il sinistro in premessa, per la somma complessiva di 20.938,18 o in quella somma diversa, maggiore o minore, che dovesse risultare in corso di causa. Con rivalutazione, interessi, spese di lite e salvezza di diritti". A sostegno della spiegata domanda di rivalsa, la (...) S.p.A. sosteneva l'inoperatività della copertura assicurativa, poiché nell'incidente occorso in Serradifalco il 10.8.2012 provocato dall'autovettura (...) tg (...) di proprietà del sig. (...), condotta nell'occasione dal figlio (...), ed assicurata con la Compagnia di Assicurazioni odierna attrice, il conducente era stato sanzionato per guida in stato di ebbrezza alcolica e sotto l'effetto di stupefacenti. Si costituivano in giudizio i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda avanzata ex adverso, della quale contestavano il fondamento per i motivi meglio specificati in comparsa. Concessi i termini ex art. 183, comma VI, c.p.c., e mutata la persona del Giudice, la causa veniva posta in decisione all'udienza del 10 aprile 2019, con assegnazione alle parti dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. Ricostruiti come sopra gli accadimenti processuali maggiormente rilevanti e le posizioni assunte dalle parti, la domanda di rivalsa proposta dalla (...) S.p.A. nei confronti di (...) e (...), per le somme pagate a titolo di risarcimento dei danni provocati da quest'ultimo a terzi nel sinistro stradale del 10 agosto 2012, è fondata e meritevole di accoglimento. Dagli atti di causa e, segnatamente, dalla documentazione versata in atti, emerge la prova dei fatti come descritti in atto di citazione. In particolare, dalla lettura del verbale dei Carabinieri occorsi sul luogo risulta che l'incidente stradale avvenuto il 10 agosto 2012 è stato provocato dall'autovettura tg (...) di proprietà di (...), condotta nell'occasione dal figlio (...). Nel detto verbale, infatti, si legge testualmente: "L'autovettura (...) targata (...), condotta dall' A.C., percorreva la SS 122 con direzione di marcia Caltanissetta. L'autovettura (...) targata (...), condotta da (...), percorreva la SS 122 con direzione Agrigento. Dopo aver imboccato una curva destrorsa a visuale chiusa , poco prima del bivio con la SP 23, l'auto (...) targata (...), perdeva il controllo e, dopo aver frenato per circa 20 mt, invadeva la corsia di marcia opposta, andando a collidere frontalmente con l'autovettura (...), che in quel momento percorreva la medesima strada ma con senso di marcia opposto." Giova poi rilevare che il conducente del veicolo responsabile del sinistro non si è sottoposto all'accertamento dello stato psicofisico, lasciando fondatamente presumere che si sia messo alla guida sotto l'influenza dell'alcol e/o di sostanze stupefacenti, così da subire la sanzione amministrativa prevista dagli artt. 186, comma 7, e 187, comma 8, C.d.S. Si appalesano conseguentemente infondate le difese dei convenuti in merito alla responsabilità del sinistro, chiaramente ascrivibile alla vettura del (...), che ha invaso l'opposta corsia di marcia, come accertato dai Carabinieri. I convenuti lamentano poi l'inammissibilità dell'azione di rivalsa, per essere stata spiegata ancor prima di un giudizio definitivo sull'attribuzione della responsabilità sul sinistro, sulla responsabilità dei danni e sulla loro quantificazione. La doglianza non può essere condivisa. Il diritto di rivalsa, invero, sussiste anche quando l'assicuratore abbia risarcito il danno a semplice richiesta del danneggiato, senza il preventivo accertamento della responsabilità dell'assicurato ( Cfr. Cass. N. 25429/2018). Ugualmente non condivisibili appaiono le difese di parte convenuta laddove viene contestato lo stato d'ebbrezza del conducente. E, invero, dal verbale dei militari è emerso che il (...) si rifiutò di sottoporsi ai relativi controlli, tanto da incorrere nella sanzione amministrativa prevista dagli artt. 186, comma 7, e 187, comma 8, C.d.S. Né, per giungere a diverse e contrarie conclusioni, è stata data prova in giudizio che la sanzione sia stata annullata. La polizza assicurativa N. (...), prodotta in atti, esclude all'art. 2.3 lettera c) della Condizioni Generali la copertura assicurativa "nel caso di veicolo guidato da persona in stato di ebbrezza o sotto l'influenza di sostanze stupefacenti , ovvero alla quale sia stata applicata la sanzione, in via definitiva, ai sensi degli artt. 186 e 187 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 Codice della Strada e successive modificazioni". Pertanto ai sensi dell'art. 144 comma 2 del Codice delle Assicurazioni, poiché al momento dell'incidente la polizza escludeva la copertura assicurativa, la Compagnia Assicurativa avrà diritto di richiedere ai convenuti il risarcimento per gli importi liquidati a causa del sinistro, non gravando peraltro sulla Compagnia la prova della congruità e adeguatezza delle somme liquidate. Con riguardo all'eccepita carenza di legittimazione passiva alla rivalsa del conducente del veicolo, per essere questi soggetto estraneo al contratto l'assicurazione, giova rilevare che, in caso di giuda in stato di ebbrezza, la rivalsa dell'assicuratore nei confronti dell'assicurato, per la responsabilità civile da circolazione dei veicoli, si riferisce sia al conducente sia al proprietario del mezzo, poiché responsabili civili e titolari dell'interesse esposto al rischio ( Cfr. in tal senso Cass., ordinanza. 23 agosto 2018 N. 21027). Diversa sarebbe l'ipotesi, peraltro non provata in questo giudizio, in cui il mezzo fosse stato messo in circolazione contro la volontà del proprietario. Sul punto, non assume alcuna rilevanza, per andare in contrario avviso, la circostanza che (...) possa avere agito ad insaputa del padre ( come sostenuto in comparsa di costituzione alla pag. 5) Va osservato che non è sufficiente per il proprietario provare che la circolazione sia avvenuta senza il suo consenso, poiché deve dimostrarsi che la stessa abbia avuto luogo contro la sua volontà "prohibente domino". In altri termini, è necessario che la volontà contraria si sia manifestata in un concreto e idoneo comportamento ostativo, specificamente rivolto a vietare la circolazione ed estrinsecatosi in atti e fatti rilevatori della diligenza e delle cautele allo scopo adottate (Cfr. Cass. N. 15478/2011). A giudizio di chi scrive, non appare meritevole di accoglimento anche la richiesta di riconoscimento della nullità e vessatorietà della clausola di inoperatività della garanzia assicurativa - peraltro specificamente approvata dal convenuto attraverso sottoscrizione a parte, come risulta dalla polizza in atti (art. 2.3: esclusioni e rivalsa) - in quanto la clausola in questione è volta solamente determinare l'effettiva estensione delle reciproche prestazioni dedotte in obbligazione, così da rendere superata ogni questione relativa alla idoneità della sottoscrizione. Giova rilevare sull'argomento che, secondo il tradizionale insegnamento della Corte di Cassazione, la specifica approvazione scritta prevista per le clausole vessatorie è richiesta solo per le clausole limitative della responsabilità e non pure per quelle che delimitano il rischio garantito. Appartengono al primo tipo le clausole che limitano le conseguenze della colpa e dell'inadempimento o escludono il rischio garantito; sono del secondo tipo le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa ed in una parola specificano il rischio garantito ( Cfr. in tal senso Cass. n. 12804/06; n. 395/07; 23741/09) Nel caso in esame , ci si trova di fronte ad una clausola che non è direttamente limitativa della responsabilità dell'assicuratore, tendendo soltanto a circoscrivere l'oggetto dell'obbligazione di garanzia cui quest'ultimo è vincolato. Va respinta anche l'eccezione di prescrizione per come sollevata dai convenuti in seno alla comparsa di costituzione. Come in più occasioni sostenuto dalla Suprema Corte, in ipotesi di azione di rivalsa a norma della L. n. 990 del 1969, art. 18, comma 2 (sostituito dall'art. 144, comma 2 C.D.A.), il termine di prescrizione è quello di cui all'art. 2952 c.c., comma II, e decorre dal giorno in cui l'assicuratore abbia provveduto al pagamento dell'indennizzo a favore del terzo danneggiato (cfr. Cass. n. 10351/2000 e Cass. n. 29833/2008), con la precisazione che il diritto di rivalsa "decorre da quando tale diritto può essere fatto valere e perciò, nel caso di pluralità di pagamenti parziali in tempi diversi, il predetto termine inizia a decorrere dalla data di corresponsione di ciascuno di essi, e non invece dall'ultimo pagamento, pur se con questo si realizza il globale depauperamento dell'assicuratore" (Cass. n. 4363/1997; conforme Cass. n. 6769/2001; Cass. Ord. 13600/2019). Venendo al caso di specie, il termine di prescrizione di anni due di cui all'art. 2952 c.c. comma II, come modificato dalla novella del 2008, è stato interrotto dalle raccomandate versate in atti, in particolare da quella del 19.2.2013 e da quella del 9.5.2013. Da ultimo, le condizioni aggiuntive e particolari di assicurazione (art.4.1), alla luce delle quali, secondo l'assunto dei convenuti, la rivalsa non troverebbe applicazione, non risultano espressamente richiamate nel contratto in atti, nel quale vengono richiamate unicamente le condizioni particolari, aggiuntive di cui alle lettere: F-P- In ragione delle argomentazioni che precedono, la domanda deve essere accolta. Le spese del giudizio avanti al Tribunale di Roma, compensate in ragione del 50% atteso che la società attrice ha aderito all'eccezione di incompetenza territoriale sollevata dai convenuti, seguono per la rimanente parte la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, ex D.M. n. 55 del 2014. Le spese di questo giudizio, liquidate avuto riguardo al valore della causa e all'attività difensiva effettivamente prestata, seguono la soccombenza. P.Q.M. Rigettata ogni contraria istanza, eccezione e difesa così provvede: - Accoglie la domanda attorea e, per l'effetto, condanna i convenuti, in solido tra loro, al pagamento in favore della (...) S.p.A. della somma di Euro 20.938,18, oltre interessi legali dalla domanda. - Condanna la (...) S.p.A. al pagamento delle spese di lite del giudizio avanti al Tribunale di Roma in favore dei convenuti, che, già compensate per il 50% , vengono liquidate in complessivi Euro 807,50 per compensi ex D.M. n. 55 del 2014, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge. - Condanna i convenuti soccombenti al pagamento delle spese di lite di questo giudizio, in favore dell'attrice, che si liquidano in complessivi Euro 3.002,00 di cui Euro 264,00 per esborsi ed Euro 2.738,00 per compensi ex D.M. n. 55 del 2014, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Caltanissetta il 30 settembre 2019. Depositata in Cancelleria l'1 ottobre 2019.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Caltanissetta Il Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro, all'esito della camera di consiglio, visto l'art. 429 c.p.c., ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa di lavoro di I Grado, avente oggetto "Altre ipotesi", promossa da: (...), nato a V. in data (...) (C.F. (...)) con il patrocinio rappresentato e difeso dagli Avv.ti Ca.Gi. e Va.Ba., elettivamente domiciliato in VIA (...) CALTANISSETTA presso lo studio dell'avv. GI.MA. ricorrente contro AZIENDA (...) (codice fiscale e partita iva n. (...)) in persona del suo Direttore Generale e Legale Rappresentante pro-tempore, con sede in C. nella Via (...), elettivamente domiciliata in Caltanissetta, Viale (...) presso lo studio dell'Avv. Va.Fi. ((...)) che la rappresenta e difende giusta delibera d'incarico n. 2376 del 19/10/2017 e giusta procura alle liti in allegato alla comparsa di costituzione ai sensi dell'art. 83, terzo comma, c.p.c. e dell'art.10 del D.P.R. n. 123 del 2001 resistente RAGIONI DELLA DECISIONE (...), con ricorso depositato in data 28/10/2016, ha agito per l'accoglimento delle domande riportate in epigrafe allegando in fatto di aver ricoperto sin dal primo dicembre 2000 l'incarico di dirigente del settore economico e finanziario dell'Azienda (...), senza che per tale incarico, sempre configurato come struttura complessa, abbia percepito la retribuzione maturata per l'attività prestata in misura corrispondente, anche con riferimento al periodo successivo al formale conferimento dell'incarico. Fissata l'udienza per la comparizione delle parti si è tempestivamente costituita l'AZIENDA (...) che ha eccepito la prescrizione e nel merito ha resistito contestando i fatti ed in particolare la mancanza del conferimento dell'incarico nel rispetto delle procedure. Ammessi i mezzi istruttori, tra i quali consulenza tecnica d'ufficio, ed assunti gli stessi, previo deposito di note autorizzate, le parti hanno discusso all'odierna udienza riportandosi alle difese ed alle eccezioni in atti. Il Giudice all'esito della camera di consiglio definisce il giudizio dando pubblica lettura della sentenza. Si premette che Il Dott. (...) è dipendente dell'(...) con contratto a tempo pieno e indeterminato. Con l'atto deliberativo del 21/11/2000 n. 1542 il Dott. (...) è stato nominato vincitore di concorso pubblico per titoli ed esami con la qualifica di Dirigente Amministrativo. In data 29/11/2000 pertanto è stato sottoscritto contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato con "rapporto esclusivo Dirigenza Amministrativa" con decorrenza dall'01/12/2000. Con atto deliberativo del 23/06/2008 n.641 gli è stato conferito l'incarico di Direttore di Struttura Complessa del Settore Economico Finanziario a decorrere dall'01/11/2006 e fino al 31/10/2011. Ma con successivo atto deliberativo dell'1/7/2008 n. 661 è stato rettificato il precedente atto deliberativo n.641del 23/06/2008 nella parte relativa alla tabella contenente il prospetto della retribuzione mensile spettante al ricorrente. Successivamente con atto deliberativo del 23/09/2008 n.881 avente ad oggetto "modifica atto deliberativo n. 641 del 23/06/2008" l'Azienda S.C. ha cassato, nella deliberazione n.641 del 23/06/2008, i capoversi 6, 7, 9, e 10 della parte motiva della suddetta delibera, nonché i punti 1 e 2 del dispositivo della medesima nonché alcune parti contenute nel contratto individuale di lavoro. In particolare con tale ultima deliberazione l'Azienda S. ha precisato che la precedente deliberazione n. 641 del 23/09/2008 è stata portata in esecuzione soltanto in maniera parziale stante le necessarie attività di riesame della posizione del ricorrente. Con l'atto deliberativo del 23/09/2008 n. 881 è stato specificato che il riconoscimento del trattamento stipendiale al ricorrente è stato ad essere riconosciuto soltanto a far data dal Giugno 2008, precisando ancora che per quanto "eventualmente, spettante a far data dal 1/11/2006, si procederà tenendo conto della capienza del fondo d'interesse negli anni di riferimento da attuarsi a decorrere dal 2001. Questi i fatti da esaminare per valutare la fondatezza delle domande proposte e con riferimento alle quali deve essere preliminarmente esaminata l'eccezione di prescrizione. L'eccezione è infondata, perché il ricorrente, prima di agire in giudizio ha interrotto i termini di prescrizione, inviando diverse diffide al pagamento delle differenze retributive maturate per lo dello svolgimento dell'incarico di dirigente della struttura economico e finanziaria dell'A.G. (si vedano le note del 21.5.2003, doc. 16, del 21.5.2008, doc. 17, del 22.9.2008, doc. 18, del 3.11.2008, doc. 19, del 18.11.2008, doc. 20, e del 14.11.2013, doc. 21). La dimostrazione dei fatti costitutivi delle domande è stata affidata dalla difesa del ricorrente a prove documentali, segnatamente: 1. dal 1 dicembre del 2000 il ricorrente è stato dirigente amministrativo assegnato al settore economico finanziario (denominato servizio, documento n. 1 che certifica lo stato di servizio); 2. con Delib. del 28 dicembre 2001 n. 1557 è stato adottato l'atto aziendale con cui il settore economico e finanziario è stato classificato come struttura complessa (si veda l'articolo 14, documento n. 6), con la precisazione che il suddetto atto aziendale, in seguito alle osservazioni dell'Assessorato, è stato revocato e modificato, ma non nella parte in cui la struttura economia e finanzia viene qualificata come struttura complessa (documento n. 7); 3. a partire dal dicembre 2001 il settore economico e finanziario è stato classificato come unità complessa ; 4. con determina n. 641 del 23 giugno 2008 l'Azienda ha provveduto alla ricognizione delle voci retributive del trattamento del dirigente di struttura complessa (documento n. 10); 5. dal 2004 il ricorrente è stato sottoposto a verifiche che ha superato (documenti 13/14), con successivo atto del 2007 (documento n. 15) è stato sottoposto valutazione per il periodo 2000/2006. Le domande e le eccezioni proposte, tenuto conto della documentazione prodotta, pongono alcune questioni in diritto che devono essere affrontate: il momento di classificazione del settore economia e finanza come struttura complessa nel corso del periodo 1 dicembre 2000-28 dicembre 2001, le modalità di conferimento dell'incarico, con la conseguente pesatura dello stesso e la verifica dei risultati ottenuti, infine la specificazione dei criteri seguiti dal ricorrente nella quantificazione delle somme pretese articolo di differenze retributive. Circa il momento di classificazione del settore economia e finanza come struttura complessa si rileva che il ricorrente in seguito a superamento di concorso è divenuto dirigente, destinato alla Direzione del settore Economico e Finanziario (doc 1) senza alcuna specificazione della natura della struttura. Tale struttura è stata classificata complessa solo con Delib. del 28 dicembre 2001 n. 1557 (si veda l'articolo 14, documento n. 6). Sul punto si precisa che nonostante gli interventi da parte dell'Assessorato sugli atti di organizzazione aziendale, l'Azienda ha mantenuto ferma la classificazione della Direzione del settore Economico e Finanziario come struttura complessa e come tale è stata approvata dall'Assessorato. Quanto sopra consente di ritenere dimostrato che il ricorrente solo a decorrere dal gennaio 2002 ha svolto le mansioni di dirigente di struttura complessa e non anche per il periodo anteriore in quanto difettava il presupposto della classificazione della struttura. Ma a ben vedere le contestazioni della resistente riguardano l'illegittimità del conferimento dell'incarico, attribuito a persona priva dei necessari titoli anche di esperienza, e la mancata pesatura dell'incarico stesso, oltre che per l'impossibilità di applicare al caso di specie tanto l'art. 2103 c.c., quanto la disciplina dettata dall'art. 15 e ss. del D.Lgs. n. 502 del 1992. L'Azienda ha fatto proprie le considerazioni in diritto della Suprema Corte con sentenza n. 7863/2019. Ad avviso di questo decidente le conclusioni cui è giunta la Suprema Corte con il precedente citato dalla Azienda, quantunque non pacifico, non sono condivisibili per le seguenti ragioni. È principio generale affermato dal Testo unico del pubblico impiego con l'art. 45 che "1. Il trattamento economico fondamentale ed accessorio fatto salvo quanto previsto all'articolo 40, commi 3-ter e 3-quater, e all'articolo 47-bis, comma 1, è definito dai contratti collettivi (1). 2. Le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, parità di trattamento contrattuale e comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi. 3. I contratti collettivi definiscono, in coerenza con le disposizioni legislative vigenti, trattamenti economici accessori collegati: a) alla performance individuale; b) alla performance organizzativa con riferimento all'amministrazione nel suo complesso e alle unita' organizzative o aree di responsabilità in cui si articola l'amministrazione; c) all'effettivo svolgimento di attività particolarmente disagiate ovvero pericolose o dannose per la salute (2). 3-bis. Per premiare il merito e il miglioramento della performance dei dipendenti, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge, sono destinate, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, apposite risorse nell'ambito di quelle previste per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro (3)". Con riferimento ai dirigenti l'art. 24 D.Lgs. n. 165 del 2001 stabilisce che "1. La retribuzione del personale con qualifica di dirigente è determinata dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, prevedendo che il trattamento economico accessorio sia correlato alle funzioni attribuite, alle connesse responsabilità e ai risultati conseguiti". Effettivamente il settore della dirigenza sanitaria ha delle peculiarità, in quanto al pari di quello della dirigenza pubblica, è articolato in unico ruolo caratterizzato dalla specificità degli incarichi direttivi, senza che il loro conferimento possa dar luogo a "mansioni superiori". Infatti l'art. 15 del D.Lgs. n. 502 del 1992 dispone che "la dirigenza sanitaria è collocata in un unico ruolo, distinto per profili professionali, ed in un unico livello, articolato in relazione alle diverse responsabilità professionali e gestionali. In sede di contrattazione collettiva nazionale sono previste, in conformità ai principi e alle disposizioni del presente decreto, criteri generali per la graduazione delle funzioni dirigenziali nonchè per l'assegnazione, valutazione e verifica degli incarichi dirigenziali e per l'attribuzione del relativo trattamento economico accessorio correlato alle funzioni attribuite ed alle connesse responsabilità del risultato". Tuttavia l'inapplicabilità al settore della dirigenza dell'istituto delle mansioni, non significa che anche per tale settore non debba essere applicato il principio dell'adeguatezza della retribuzione sancito dall'art. 36 Cost che viene applicato anche a tale settore con norme di carattere generale come i citati artt. 24 D.Lgs. n. 165 del 2001 e 15 del D.Lgs. n. 502 del 1992 ancorando la retribuzione alla qualità, espressa anche dalla valutazione del raggiungimento degli obiettivi della struttura diretta e dal livello delle responsabilità assunte. La mancata applicazione da parte della PA delle norme sul conferimento degli incarichi, oltre che dell'adozione dei criteri di valutazione delle prestazioni rese dai dirigenti in relazione all'incarico prestato, non significa inapplicabilità del principio, avente copertura costituzionale, della adeguatezza della retribuzione. Né si può optare per soluzioni interpretative che avallino condotte illegittime della Amministrazione, come la mancata indizione dei concorsi per il conferimento degli incarichi direttivi, la mancata valutazione delle performance dei dirigenti secondo procedure che sono coerenti ed attuative dell'interesse al buon andamento ed alla trasparenza dell'attività amministrativa, della economicità della gestione e dell'indipendenza dei pubblici dipendenti (che devono essere al servizio esclusivo della nazione e devono essere selezionati per merito). Inspiegabilmente l'Azienda - nonostante gli atti di macro organizzazione deliberati ed approvati - non ha indetto i concorsi per il conferimento degli incarichi di dirigente delle strutture. Fatto questo che ha comportato una scollatura tra realtà fattuale e quanto previsto dal testo unico sulla sanità. Ma nonostante la differenza e la peculiarità delle mansioni dirigenziali rispetto a quelle ordinarie, soccorre a tal riguardo la giurisprudenza sull'esercizio di fatto delle mansioni superiori, posto che in entrambe le ipotesi deve farsi riferimento alla prioritaria esigenza di tutela del rapporto di lavoro "ai sensi dell'art. 2126 c.c. e, tramite detta disposizione, dell'art. 36 Cost. - perché non può ravvisarsi nella violazione della mera ristretta legalità quella illiceità che si riscontra, invece, nel contrasto "con norme fondamentali e generali e con i principi basilari pubblicistici dell'ordinamento" e che, alla stregua della citata norma codicistica, porta alla negazione di ogni tutela del lavoratore (Corte Cost. 19 giugno 1990 n. 296 e Cass. Sez. U, Sentenza n. 25837 del 2007, si veda anche Cass. sez. L, Sentenza n. 14775 del 18.6.2010). Per costante giurisprudenza anche se il conferimento di mansioni dirigenziali a un funzionario è illegittimo, "ove tali mansioni vengano di fatto svolte con le caratteristiche richieste dalla legge, ovvero con l'attribuzione in modo prevalente sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di tali mansioni, il lavoratore ha comunque diritto al corrispondente trattamento economico" (Cass. sez. L, Sentenza n. 8529 del 12.4.2006, in senso conforme Cass. Sez. L, Sentenza n. 16469 del 26.7.2007 e Sentenza n. 10027 del 27.4.2007, per la dirigenza medica si veda anche C. App. Roma dell'8.5.12, estensore Luna, proc. n. 8739/2009). Il dr. (...) dal gennaio 2002 sino al 31.5.2005 ha assunto un incarico indubbiamente più complesso e di maggiore responsabilità. È vero che nel caso di specie non può parlarsi di mansioni superiori, e soprattutto le modalità di conferimento non sono chiare, ma la regola della corrispondenza tra retribuzione e qualità e quantità dell'attività lavorativa prestata per un incarico obiettivamente più complesso è regola di diritto che deve essere attuata ove possibile facendo ricorso a quanto previsto dalla ccnl. Tale norma interessa anche la dirigenza pubblica posto che - qualora siano conferiti incarichi peculiari per complessità e responsabilità - deve essere corrisposta una differenziazione della retribuzione nella cui determinazione assume rilievo anche il raggiungimento dei risultati secondo i parametri definiti nella contrattazione collettiva ed integrativa. Pertanto, appurato il diritto del ricorrente all'adeguamento della retribuzione percepita alle maggiori responsabilità, devono dunque definirsi i parametri con i quali determinare le eventuali differenze retributive. Certamente non può essere applicato l'art. 18 CCNL 1998/2001 cit., commi 3 e 7 per cui "Le sostituzioni previste dal presente articolo non si configurano come mansioni superiori in quanto avvengono nell'ambito del ruolo e livello unico della dirigenza dei quattro ruoli. Al dirigente incaricato della sostituzione ai sensi del presente articolo non è corrisposto alcun emolumento per i primi due mesi. Qualora la sostituzione si protragga continuativamente oltre tale periodo, al dirigente compete una indennità mensile di L. 1.036.000 e per la sostituzione di cui al comma 3, di L. 518.000 alla cui corresponsione si provvede o con le risorse del fondo dell'art. 50 o di quello dell'art. 52 per tutta la durata della sostituzione. La presente clausola si applica ad ogni eventuale periodo di sostituzione anche se ripetuto nel corso dello stesso anno. L'indennità può, quindi, essere corrisposta anche per periodi frazionati. 8. Le aziende, ove non possano fare ricorso alle sostituzioni di cui ai commi precedenti possono affidare la struttura temporaneamente priva di titolare ad altro dirigente con corrispondente incarico". Nel caso di specie non si è avuta una sostituzione per un posto vacante, ma l'illegittima attribuzione dell'incarico di dirigente di struttura complessa. Quanto ai criteri per determinare le differenze retributive, soccorrono i criteri individuati in misura fissa dalla contrattazione collettiva, risultando privi di spiegazione quelli seguiti da parte ricorrente. A tal fine è stato conferito incarico di consulenza tecnica per determinare l'eventuale misura selle differenze retributive sulla base dei parametri retributivi determinati dalla contrattazione collettiva. Il dr. Vi.Na., recependo in parte le osservazioni dell'(...), ha concluso riscontrando un credito per differenze retributive per le mansioni di dirigente di struttura complessa pari ad Euro 121941,62, di cui Euro 99.565,67 per differenze retributive, Euro 22.375,95 per interessi determinati al 21.1.2019. Infatti sul credito spettano gli interessi e rivalutazione da calcolarsi nella misura prevista dall'art. 22, comma trentaseiesimo, della L. n. 724 del 1994 che ha richiamato l'art. 16, comma 6, della L. 30 dicembre 1991, n. 412 che vieta il cumulo fra interessi e rivalutazione monetaria. (Cass. sez. L, Sentenza n. 21856 del 18/11/2004, Rv. 583300). Pertanto l'importo dovuto a titolo d'interessi deve essere portato in detrazione da quello dovuto per rivalutazione. Segue pertanto la condanna dell'Azienda al pagamento delle suddette somme oltre alle spese di giudizio tenuto conto dei parametri posti dal D.M. n. 140 del 20 luglio 2012 ed in particolare del valore della causa e dell'attività difensiva concretamente prestata (v. Cass. sez. ss. uu., sentenza 25 settembre 2012 n. 17406). P.Q.M. definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, così provvede: - In parziale accoglimento del ricorso accerta e dichiara che (...) ha svolto le funzioni di dirigente di struttura complessa "settore economico e finanziario" dall'1.1.2002 al 31.5.2008 e per l'effetto condanna l'AZIENDA (...) al pagamento, in favore del predetto della somma di Euro 121941,62, comprensiva di interessi legali al 21.1.2019; - Condanna l'AZIENDA (...) a rimborsare le spese di lite, che si liquidano nella complessiva somma di Euro 6000,00, oltre spese forfetarie, IVA, CPA, C.U. versato. Condanna altresì l'AZIENDA (...) a rimborsare le spese di CTU, che si liquidano con separato decreto. Così deciso in Caltanissetta l'1 ottobre 2019. Depositata in Cancelleria l'1 ottobre 2019.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI CALTANISSETTA SEZIONE CIVILE In composizione monocratica, in persona del giudice designato dott.ssa Angela Gagliano, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al n. 1667/2013, avente ad oggetto: lesione personale, promossa DA (...), nata ad (...) il (...), cf (...), elettivamente domiciliata a Caltanissetta, Viale Sicilia n. 126, presso lo studio dell'Avv. Manlio Sortino che la rappresenta e difende giusta procura posta a margine dell'atto di citazione ATTRICE CONTRO (...) nata a C. il (...), cf (...), elettivamente domiciliata a San Cataldo, Corso (?), presso lo studio dell'Avv. S.Bu., che la rappresenta e difende giusta procura posta a margine della comparsa di costituzione e risposta CONVENUTA (...) Spa, in persona dell'Avv. Gian Claudio Picardi, elettivamente domiciliata in Caltanissetta, via Libertà n. 146, presso lo studio dell'Avv. Maria Odette Ditta che la rappresenta e difende giusta procura posta in calce all'atto di citazione notificato CONVENUTA E TERZA CHIAMATA Consorzio (...) in Liquidazione- Gestione Separata Irsap, con sede in C., via (...) snc Blocco Terrazze Cda P.M. Agglomerato Industriale di Pantano D'Arci, , p.iva (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. Santo Lo Vetere, con studio in Caltanissetta via Libertà n. 114, giusta procura posta a margine della comparsa di costituzione e risposta e determina n. 10CT del 25.02.2014 TERZO CHIAMATO (...) Soc. Coop. Arl, con sede in P. G. via N. n. 44, Cf e P.Iva (...), in persona dell'Amministratore Unico, Ing. B.U., elettivamente domiciliata in Caltanissetta V.le Regione 106 presso lo studio dell'Avv. (...) (...) che la rappresenta e difende, unitamente e disgiuntamente all'Avv. Vincenzo Tuccitto, giusta procura posta in calce alla comparsa di costituzione e risposta TERZA CHIAMATA FATTO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato (...) conveniva in giudizio (...) e l'(...) S.p.a. per sentir dichiarare quest'ultima responsabile del sinistro occorsole l'8.10.2011 lungo la SS 114 e, per l'effetto, condannarla al pagamento della somma di Euro 40.774,50, o di altra somma maggiore o minore, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla domanda al soddisfo, a titolo di risarcimento dei danni da ella subìti a seguito del citato sinistro; in subordine chiedeva dichiararsi la responsabilità di (...) e, per l'effetto, condannarla al pagamento delle superiori somme. Chiedeva, infine, la condanna del responsabile alle spese di lite. Esponeva al fine : che in data 8.10.2011, intorno alle 23,30 , lungo la SS 114, l'autovettura BMW 120 D tg (...), di proprietà di (...) e condotta da (...), sulla quale si trovava a bordo in qualità di trasportata, rimaneva coinvolta in un incidente stradale; che, infatti, mentre la predetta autovettura percorreva la SS 114, improvvisamente, finiva addosso ad una transenna retta da sostegni in cemento armato non segnalata né visibile che delimitava un'area interessata da alcuni lavori di manutenzione in corso lungo la strada statale; che a seguito di tale urto aveva subìto gravi lesioni; che i convenuti non avevano dato riscontro ai numerosi inviti finalizzati ad ottenere il risarcimento dei danni e, pertanto, si vedeva costretta ad adire l'intestato Tribunale. Si costituiva l'(...) la quale preliminarmente eccepiva l'incompetenza territoriale del Tribunale adito ritenendo competente il Tribunale di Roma o, alternativamente, quello di Siracusa; in subordine, chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa l'(...) (...) cda P.M.; nel merito eccepiva l'infondatezza della domanda nei propri confronti, chiedendo dichiararsi la responsabilità della sola Asi; in subordine, nel caso di mancato accoglimento delle superiori richieste ed eccezione, chiedeva la condanna nella giusta misura. In particolare, precisava che, in effetti, sul tratto di strada teatro del sinistro, vi erano lavori in corso richiesti dal Consorzio (...) per i quali, con propria ordinanza n. 116 del 20.5.2011, aveva disposto la chiusura dei tratti interessati con deviazione del transito in entrambe le direzioni di marcia; assumeva che, pertanto, in virtù della predetta ordinanza, il Consorzio (...) aveva l'obbligo di mantenere in perfetta efficienza tutte le opere realizzate e, quindi, anche la responsabilità di eventuali incidenti e delle conseguenti richieste di risarcimento dei danni. Si costituiva (...) la quale confermava la dinamica del sinistro sì come rappresentata da parte attrice e, ritenendo che la responsabilità fosse solo dell'(...), chiedeva di essere autorizzata a chiamarla in causa al fine di sentirla condannare al risarcimento dei danni subìti dalla propria autovettura, quantificati in Euro 8.575,32. Si costituiva il Consorzio (...) il quale, preliminarmente, chiedeva dichiararsi l'inammissibilità della domanda di (...) e di (...) per non avere, la prima, convenuto in giudizio il vettore e la Compagnia di Assicurazioni e, la seconda, il conducente (...); sempre in via preliminare chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa l'(?), quale società appaltatrice dei lavori; ancora, in via preliminare, chiedeva dichiararsi il proprio difetto di legittimazione passiva, assumendo che il sinistro si era verificato in un tratto di strada di esclusiva proprietà dell'(...); per l'effetto chiedeva la condanna dell'(...) in via esclusiva o, alternativamente, in concorso con l'(...) srl; nel merito eccepiva l'infondatezza della domanda , sia in ordine all'an che al quantum, e ne chiedeva il rigetto. Si costituiva L'(...) srl la quale preliminarmente chiedeva dichiararsi la nullità dell'atto di citazione per mancanza dei requisiti di cui all'art. 163 c.p.c., assumendo che il Consorzio non aveva compiutamente rappresentato nell'atto di citazione le domande spiegate dall'attrice e dalla convenuta Rappazzi nei confronti dell'(...); sempre in via preliminare chiedeva dichiararsi l'incompetenza per territorio del Tribunale di Caltanissetta in favore del Tribunale di Siracusa, luogo, quest'ultimo, in cui si era verificato il sinistro; nel merito eccepiva l'infondatezza della domanda, sia in ordine all'an che al quantum, e ne chiedeva il rigetto. Il precedente istruttore autorizzava le chiamate dei terzi richieste dalle parti e, nella stessa ordinanza con la quale concedeva i termini di cui all'art. 183 co VI c.p.c., rigettava l'eccezione sollevata dall'(...) di nullità dell'atto di citazione con cui era stata chiamata in causa. La causa veniva istruita con prove orali, documentali e Ctu medica e tecnica. All'udienza del 22.10.2018, sulle conclusioni delle parti, la causa, nel corso della quale è più volte mutata la persona del giudice, veniva posta in decisione con la concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, con decorrenza degli stessi dall'1.12.2018. DIRITTO MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente deve essere esaminata l'eccezione di incompetenza territoriale sollevata dall'(...) e dall'(...) srl. In particolare, l'(...), nel formulare l'eccezione, ha sostenuto che in forza del combinato disposto di cui all'art. 19 c.p.c., foro delle persone giuridiche, e all'art. 20, foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione, il foro competente nella specie doveva essere quello di Roma, quale sede legale dell'(...), o di Siracusa, sede distaccata di Augusta, quale foro del luogo in cui si è verificato il sinistro. Orbene, costituisce principio consolidato che in tema di competenza per territorio derogabile, il convenuto ha, ai sensi dell'art. 38 c.p.c., l'onere di contestare, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta tempestivamente depositata, l'incompetenza per territorio del giudice adito con riferimento a tutti i concorrenti criteri previsti dagli artt. 18, 19 e 20 c.p.c. , indicando specificamente, in relazione ai criteri medesimi, quale sia il giudice che ritiene competente , senza che, verificatasi la suddetta decadenza o risultata, comunque, inefficace l'eccezione, il Giudice possa rilevare d'ufficio profili di incompetenza non proposti o supplire alla genericità o incompletezza dell'eccezione stessa, restando la competenza del giudice adito radicata in base al profilo non ( o non efficacemente) contestato. Più specificamente, indipendentemente dalla qualità di persona fisica o giuridica del soggetto eccipiente, la Corte ha affermato che la formulazione dell'eccezione d'incompetenza territoriale derogabile, ai fini della sua ammissibilità , deve essere svolta, con l'indicazione di tutti i fori concorrenti, ovvero per le persone fisiche, con riferimento, oltre che ai fori speciali ai sensi dell'art. 20 c.p.c., anche a quelli generali stabiliti nell'art. 18 c.p.c. e, per le persone giuridiche, con riferimento ai criteri di collegamento indicati nell'art. 19 co 1 c.p.c. ( ex multis Cass. n. 6380/2018; Cass. ordinanza n. 21941/2018). Posto ciò, nella specie la convenuta (...), nel sollevare la citata eccezione, non ha indicato tutti i fori concorrenti, quale quello di cui all'art. 18 c.p.c., facendo un generico riferimento al foro generale delle persone giuridiche ( art. 19 c.p.c.) mentre, riguardo al foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazioni, di cui all'art. 20 c.p.c. ( il quale, secondo la Corte di Cassazione, si applica a tutte le obbligazioni anche a quelle di origine extracontrattuale ) non ha contestato il foro che radica la competenza nel luogo in cui l'obbligazione deve essere eseguita, ossia presso il domicilio del creditore danneggiato ( art. 1182 co III c.c.) L'eccezione, pertanto, deve essere rigettata. Quanto all'eccezione di incompetenza territoriale sollevata dall'(...), deve osservarsi che, a prescindere dal fatto che le superiori considerazioni sarebbero valse anche per la predetta eccipiente, non essendosi costituita tempestivamente, la stessa è comunque da rigettare. Deve, inoltre, essere disattesa l'eccezione, sollevata dall'(...), di inammissibilità della domanda promossa sia dalla terza trasportata, alla quale è stata contestata la violazione dell'art. 141 del Codice delle Assicurazioni, che dalla convenuta proprietaria del mezzo a cui è stato eccepito di non avere chiamato in causa anche il conducente (...). Sul punto, ritiene questo giudice che le domande della V. e della (...) (la quale ultima ha chiamato in causa, con domanda trasversale, l'(...) da ella ritenuta responsabile dei danni subìti dal proprio mezzo), debbano essere qualificate ai sensi dell'art. 2043 c.c., contenendo in sé, sia l'una che l'altra, tutti quegli elementi ( colpevolezza, fatto materiale, nesso di causalità, e ingiustizia del danno) che legittimano l'esperimento di tale azione. Solo per completezza, con riguardo alla dedotta violazione dell'art. 141 del codice delle assicurazioni , deve osservarsi che lo stesso, così come ribadito dall'art. 34 della C.A.R.D. ( Convenzione tra Assicuratori per il Risarcimento Diretto) si applica ai sinistri avvenuti in Italia tra due o più veicoli a motore identificati e coperti da assicurazione obbligatoria e per i danni al terzo trasportato e alle cose di sua proprietà a bordo del veicolo. L'unico limite imposto dalla norma riguarda l'ipotesi di " sinistro cagionato da caso fortuito" (artt. 141 co 1), ossia da un evento non riconducibile alla sfera di controllo del conducente, come ad esempio un'insidia stradale o l'improvviso passaggio di un animale ecc. Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, è da escludere che parte attrice abbia violato, sì come sostenuto dall'(...), la citata norma atteso che la stessa non risulta applicabile alla fattispecie. Passando all'esame del merito si osserva quanto segue. Il punto su cui si controverte ha ad oggetto l'accertamento della responsabilità del sinistro ai fini della condanna al pagamento di tutti i danni, alla salute e materiali, derivati dallo stesso. Orbene, deve, innanzitutto, rilevarsi che il sinistro in oggetto si è verificato non a seguito di scontro con altro mezzo ma a causa dell'impatto dell'autovettura di proprietà della convenuta (...), sulla quale viaggiava l'attrice (...), contro materiali presenti su un'area interessata da lavori di manutenzione di strade. Posto ciò, per i motivi che qui di seguito verranno esaminati, si osserva che dall'istruttoria è emerso che nessuna colpa può essere ascritta né all'(...) né all'(...). Quanto all'(...), dai documenti allegati si rileva che la stessa si è attivata affinchè i lavori procedessero correttamente al fine di evitare il prodursi di danni. Infatti, la suddetta società, con l'ordinanza n. 116 del 20.5.2011, dando atto in premessa che su richiesta dell'(...) dovevano essere eseguiti lungo la SS 114 "Orientale Sicula" i lavori per la realizzazione dell'innesto con la strada di accesso ai blocchi " (...) e P.M., tra il Km 107+050 e il Km 107+385, ha ordinato , con decorrenza dalle ore 9,00 del 23.5.2011 alle ore 17,00 del 23.11.2011, non solo la chiusura al traffico del suddetto tratto ma anche che la stessa ordinanza fosse apposta con apposita segnaletica ( conforme al codice della strada vigente, del regolamento di attuazione, nonché delle relative circolari esplicative in materia) a cura e spese dell'(...). In data 30.6.2011 l'(...), rilevando che il tratto di strada interessato ai lavori risultava carente di tutta la segnaletica orizzontale e verticale, diffidava il Consorzio (...) : "1:all'immediata esecuzione di tutta la segnaletica orizzontale di cantiere ( di colore giallo........); 2:alla posa di tutta la segnaletica verticale prevista ( lavori in corso, limiti di velocità, divieto di sorpasso..) corredata di appositi lampeggiatori e batterie da apporre al di sopra di ogni singolo segnale di colore giallo lungo il percorso e di colore rosso alle due estremità, nonché valide barriere a chiusura dell'area interessata; 3:di predisporre apposita vigilanza del tratto nelle ore notturne al fine di garantire l'efficienza di tutta la viabilità. Il Capo Cantoniere Sorvegliante, cui il presente è inviato, è incaricato di controllare che le prescrizioni anzidette siano rispettate, provvedendo entro 10 giorni dalla presente, ad elevare verbale di contestazione". ( si veda nota del 30.6.2011 dell'(...) allegata agli atti). In data 1.7.2011, il Responsabile della Sicurezza della (...), incaricata del progetto dei lavori , dando seguito alla predetta diffida dell'(...), inviava nota al Responsabile della Sicurezza dell' (...) e, per conoscenza , al R.U.P. del Consorzio (...), ordinando l'immediata esecuzione di quanto disposto dall'(...) con la nota del 30.6.2011. ( si veda nota della Tenoprogetti Suditalia in atti). Il 20.7.2011, l'(...), riscontrando le note dell'(...) e della (?), comunicava a quest'ultima che, a seguito di sopralluogo, aveva rilevato "la non adeguatezza della segnaletica apposta, in quanto crea, così per come organizzata, confusione fra i flussi veicolari con possibili ripercussioni nei riguardi della sicurezza dei veicoli in transito." Invitava, pertanto, la (...) a sollecitare l'Impresa per ogni necessario intervento ( si veda nota del 20.7.2011 in atti). Alla luce della citata corrispondenza emerge, innanzitutto, che nessuna responsabilità ex art. 2051 c.c. possa essere ascritta all'(...) avendo la stessa dimostrato che il sinistro de quo si è verificato per circostanze ad essa non addebitabili. A riguardo, le più recenti pronunce della Corte di Cassazione, in tema di danni da insidie stradali, rappresentano un evidente segnale di consolidamento rispetto ai precedenti orientamenti giurisprudenziali così altalenanti da ingenerare molta incertezza in particolare sotto il profilo dell'applicabilità o meno dell'art. 2051 c.c. in tema di responsabilità della pubblica amministrazione. A quest'ultimo proposito si è affermato il principio sulla base del quale " in riferimento al demanio stradale la possibilità concreta di esercitare la custodia va valutata alla luce di una serie di criteri, quali l'estensione della strada, la posizione, le dotazioni e i sistemi di assistenza che la connotano, sì che soltanto l'oggettiva impossibilità della custodia, intesa come potere di fatto sulla cosa, esclude l'applicabilità dell'art. 2051 c.c., che peraltro non sussiste quando l'evento dannoso si è verificato su un tratto di strada che in quel momento era in concreto oggetto di custodia- come nel caso del demanio stradale comunale all'interno della perimetrazione del centro abitato, o quando sia stata proprio l'attività compiuta dalla (...) a rendere pericolosa la strada medesima, con conseguente obbligo della stessa di osservare le specifiche disposizioni normative disciplinanti detta attività nonché le comuni norme di diligenza e prudenza, ed il principio del neminem laedere, essendo altrimenti responsabile per i danni derivati a terzi." ( Cass. Civ. sez. III n. 6903/2012). In generale, la fattispecie di cui all'art. 2051 c.c. individua un'ipotesi di responsabilità oggettiva che va esclusa solo dal caso fortuito. L'applicabilità del citato articolo comporta, inoltre, l'inversione dell'onere della prova in ordine al nesso causale, incombendo sul danneggiato/a la prova del nesso eziologico tra la cosa e l'evento lesivo e sul responsabile la prova del caso fortuito. Fatta questa premessa, passando all'esame della presente controversia, si osserva che, alla luce della predetta pronuncia, risulta inapplicabile in capo all'(...) la responsabilità di cui all'art. 2051 c.c., essendo il sinistro in oggetto avvenuto lungo la SS 114 "orientale sicula" dal km 107+050 al km 107+385., su un tratto, quindi, in cui sussiste l'oggettiva impossibilità di una costante custodia. In ogni caso, sempre nella fattispecie, a prescindere dall'applicabilità dell'art. 2051 c.c. o dell'art. 2043 c.c., dall'esame della citata corrispondenza, oltre che da tutta l'istruttoria, non è comunque risultata provata la responsabilità dell'(...), avendo la stessa dimostrato di avere sollecitato l'(...) all'apposizione di tutta la segnaletica orizzontale e verticale non solo dal momento dell'autorizzazione alla chiusura del tratto stradale interessato ai lavori ma anche quando, a seguito di sopralluoghi, era stata riscontrata la carenza della sopra descritta segnaletica. In buona sostanza si rileva che dall'istruttoria non è emersa la prova del dolo o della colpa in capo al citato ente ( 2043 c.c.), mentre, d'altra parte, può dirsi provato il caso fortuito ( 2051 c.c.), quale evento interruttivo del rapporto di custodia con la cosa, a prescindere dal carattere insidioso di questa il quale, invero, risulta a carico della sola terza chiamata (...) per i motivi che qui di seguito vengono esaminati. Infatti, dal contratto di appalto allegato agli atti ( di cui, comunque, nessuna delle parti, (...) e (...), ne ha allegato il capitolato speciale) e dall'istruttoria in generale è emersa la responsabilità della citata impresa. L'(...), effettuando il sopralluogo e rilevando la non adeguatezza della segnaletica apposta, della quale era stata onerata l'(...), ha dimostrato di avere dato riscontro sia alla nota dell'(...) che a quella del Responsabile della Sicurezza della (...) ( si veda agli atti la citata nota dell'1.7.2011 della (...), inviata all'(...) e per conoscenza all'(...), e la nota del 20.7.2011 inviata dall'(...) al Direttore Lavori della (...)). L'(...), dal canto suo, nulla, invece, ha allegato in suo favore. Orbene, in tema di appalto, di regola, è l'appaltatore a dover rispondere dei danni cagionati a terzi durante l'esecuzione del contratto, data l'autonomia con cui svolge la sua attività. Infatti, ai sensi dell'art. 1655 c.c. l'appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro. Posto ciò, sulla responsabilità in materia di appalto, questo giudice, anche alla luce delle risultanze istruttorie, ritiene di dover aderire a quella giurisprudenza secondo la quale la responsabilità in solido del committente sussiste nei soli casi in cui il fatto lesivo sia stato commesso dall'appaltatore in esecuzione di un ordine impartitogli o per avere, il committente, affidato i lavori a un soggetto privo delle necessarie capacità tecniche, circostanze queste non emerse nella specie. ( Cass. sez. III n. 3967/2014; Cass. Civ. Sez. III n. 13934/2005). Deve, pertanto, affermarsi che la responsabilità del sinistro sia da addebitare esclusivamente alla (...) e non anche alla committente (...). Quest'ultima, comunque, contrariamente a quanto dalla stessa sostenuto, risulta essere legittimata passivamente. L'addebitabilità del sinistro alla sola (...) non esclude la titolarità passiva dell'(...) la quale, invece, sussiste per la qualità di committente dei lavori in oggetto e a prescindere dall'essere, a fronte delle emergenze processuali, risultata la domanda infondata nei suoi confronti. In generale, il difetto di legittimazione passiva consegue alla completa estraneità al rapporto dedotto in giudizio dall'attore e, quindi, alla pretesa da questi azionata. Posto ciò, deve ora verificarsi se la domanda risarcitoria attorea possa automaticamente estendersi alla terza chiamata (...) srl. Sul punto, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità, "la domanda dell'attore si estende automaticamente al terzo chiamato in causa dal convenuto, quando la chiamata del terzo sia effettuata per ottenere la liberazione dello stesso convenuto dalla pretesa attorea, individuandosi il terzo come l'unico obbligato nei confronti dell'attore, in posizione alternativa con il convenuto ed in relazione alla medesima obbligazione dedotta nel giudizio. Viceversa, l'estensione automatica della domanda dell'attore al terzo chiamato dal convenuto non opera quando quest'ultimo abbia chiamato il terzo per esserne garantito, facendo valere un rapporto diverso da quello sulla cui base l'attore ha agito nei suoi confronti....." ( Cass. Civ. sez. II n. 8411/2016, ex multis). Inoltre, la citata sentenza ( Cass. Civ. sez. II n. 8411/2016), ha affermato che "anche in caso di rapporto oggettivamente unico, la presunzione su cui si fonda il principio dell'estensione automatica al chiamato della domanda dell'attore ( ossia che l'attore voglia la condanna del chiamato, pur avendo agito solo nei confronti del convenuto), non può operare quando l'attore escluda espressamente che la propria domanda sia stata proposta nei confronti del terzo chiamato". Orbene, alla luce del citato principio, nella specie, dagli atti non si evince che la V. e la (...) abbiano escluso espressamente l'estensione della propria e distinta domanda ad uno dei terzi chiamati. Pertanto, avendo le risultanze probatorie fatto emergere l'esclusiva responsabilità dell'(...) nella causazione del sinistro in oggetto, deve concludersi per la condanna della stessa al risarcimento di tutti i danni che ne sono conseguiti. Prima di passare alla quantificazione dei danni, devono, da ultimo, analizzarsi brevemente due questioni. 1)Sull'eccepita carenza di copertura assicurativa del mezzo coinvolto nel sinistro ( questione sollevata dall'(...) per la prima volta con la memoria ex art. 183 co VI n. 1 c.pc.), deve osservarsi che la mancanza di copertura assicurativa se da un lato comporta delle sanzioni previste dal Codice della Strada, d'altra parte non esclude la responsabilità, come nella specie, per danni causati da terzi. ( G. di P. di Napoli sent. n. 5553/2015; Trib. Catania sent. 1959/17). 2)Sul valore del verbale in atti redatto dalla Polizia Stradale intervenuta successivamente al sinistro. Sul punto si ritiene di dover condividere la sentenza della Corte di Cassazione n. 30/2014 la quale, facendo tra l'altro riferimento ad altri significativi precedenti, ha affermato che è " principio consolidato ( tra le tante Cass. n. 22662/08; Cass. n. 9251/2010; Cass. n. 3787/2012) quello per cui l'atto pubblico ( e, dunque, anche il rapporto della polizia municipale) fa piena prova, fino a querela di falso, solo delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti come avvenuti in sua presenza, mentre, per quanto riguarda le altre circostanze di fatto che egli segnali di avere accertato nel corso dell'indagine, per averle apprese da terzi o in seguito ad altri accertamenti, si tratta di materiale probatorio liberamente valutabile ed apprezzabile dal giudice, unitamente alle altre risultanze istruttorie raccolte o richieste dalle parti". Posto ciò, nella specie si ritiene che il verbale in atti non prova la responsabilità del conducente (...) sì come sostenuto dall'(...). Passando alla quantificazione dei danni, questo giudice ritiene di dovere aderire alle conclusioni cui sono addivenuti i consulenti nominati, l'uno per la quantificazione delle lesioni subìte dall'attrice (...), l'altro al fine di accertare le cause del sinistro e quantificare i danni al mezzo di proprietà della (...). In merito alla consulenza elaborata dall'Ing. (...) non può non osservarsi che la stessa merita condivisione per lo studio e la precisione che hanno preceduto le conclusioni cui è pervenuto il consulente. Questi, con valutazione ineccepibile, ha accertato che... in base agli elementi a disposizione è stato possibile stimare in circa 52 km/h la velocità di arrivo all'urto dell'autovettura, questa adeguata alle caratteristiche dei luoghi e alle condizioni di visibilità dovute alle ore notturne. In merito al comportamento di guida tenuto dal conducente dell'autovettura, non si ravvisano violazioni delle norme che regolano la circolazione stradale atteso che la causa del sinistro è da ricondurre alla scarsa visibilità dello sbarramento presente in corrispondenza della deviazione teatro del sinistro, nonché dell'inadeguata apposizione della segnaletica stradale, sia verticale che orizzontale, per la regolamentazione del traffico veicolare al nuovo tracciato.... Orbene, quanto affermato dal consulente non può non trovare condivisione attesa la piena coincidenza delle sue conclusioni con quanto era già stato rilevato dall'(...), dalla (...) e dall' (...) ( si veda la corrispondenza in atti più volte richiamata ). Quanto ai danni all'autovettura, il consulente, sulla base della documentazione in atti, ha confermato la quantificazione degli stessi sì come riportata nel preventivo offerto in produzione dalla (...). Ne consegue che l'(...) deve essere condannata al pagamento in favore di (...) della somma di Euro 8.575,32, oltre rivalutazione e interessi dalla domanda al soddisfo, per i danni subìti dall'autovettura di proprietà della stessa. Passando alla quantificazione dei danni cagionati alla terza trasportata, considerato che il ctu, con valutazione in tutto condivisibile, ha accertato che (...), a seguito del sinistro ha riportato un danno biologico pari al 4%, gg. 12 ITA, gg 30 al 50% e gg. 30 al 25% di ITP, deve essere liquidata la somma complessiva di Euro 5.779,03, di cui Euro1976,94 a titolo di D.B., Euro564,84 a titolo di ITA Euro 706,05 titolo di ITP al 50% ed Euro706,05 al 50%, sempre a titolo di ITP, Euro 67,25 per le spese mediche. Quanto alla voce "danno morale" , alla luce della sentenza della Cassazione a Sezione Unite n. 26972/2008, deve osservarsi che la liquidazione del danno non patrimoniale, nel quale rientrano il danno biologico, il danno morale e il danno da lesione di interessi non patrimoniali costituzionalmente protetti, non può che essere unitaria. Il danno morale, quindi, non rappresenta un'autonoma categoria di danno ma un aspetto del danno non patrimoniale e, pertanto, la sua liquidazione presuppone l'adempimento dello specifico onere di allegazione e prova delle circostanze che hanno una incidenza autonoma rispetto al danno biologico. Infine, al suddetto importo, liquidato all'attualità, (comprensivo, cioè, dell'intervenuta svalutazione monetaria) devono aggiungersi gli interessi dalla domanda al soddisfo. Sulle spese di lite. In considerazione della parziale fondatezza della domanda di (...), avendo la stessa chiesto in domanda un risarcimento in misura maggiore rispetto a quanto, invece, risultato dalla CTU medico legale, si ritiene di dover compensare le spese di lite nella misura del 50%, ponendo la restante metà a carico dell'(...). Nella stessa misura devono essere compensate, tra le predette parti, le spese della CTU medico legale. Con riguardo alle spese di lite in favore di (...) deve osservarsi che il CTU, Ing. (...), ha confermato, come suddetto, i danni descritti e quantificati nel preventivo offerto in produzione dalla detta parte. Ne consegue che l'(...) deve essere condannata, in favore della (...), al pagamento delle spese processuali per intero, comprese quelle relative alla CTU tecnica. Infine, in considerazione dell'esito del giudizio, si ritiene di dover integralmente compensare le spese di lite nei rapporti tra tutte le altre parti, ivi comprese quelle vittoriose. ( (...)/ (...) e (...); (...)/ (...); (...) / (...)). P.Q.M. IL TRIBUNALE definitivamente pronunciando, così dispone: condanna l'I. al pagamento in favore di (...) della somma di Euro 5.779,03, oltre interessi dalla domanda al soddisfo; compensa in ragione di metà le spese di lite tra (...) e (...) srl, ponendo a carico di quest'ultima il pagamento della restante metà che liquida in Euro 2.415,00, oltre accessori di legge; compensa tra le suddette parti, nella stessa misura, le spese della CTU, medico legale; condanna l'(...) al pagamento in favore di (...) della somma di Euro 8.575,32, oltre rivalutazione ed interessi dalla domanda al soddisfo; condanna l'(...) in favore di (...) al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 4.835,00, oltre accessori di legge; pone definitivamente a carico dell'(...) le spese della CTU tecnica; compensa integralmente le spese di lite tra tutte le altre parti. Così deciso in Caltanissetta il 24 aprile 2019. Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2019.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CALTANISSETTA IL G.U. Dr. Francesco Lauricella Ha pronunciato la seguente SENTENZA Nel procedimento indicato in epigrafe , avente ad oggetto : " Risarcimento danni per morte da sinistro stradale" PROMOSSO DA (...) nata a S. C. il (...) cf ( (...)); (...) nata a P. A. il (...) ( C.F. (...)) entrambe residente in R. Via S., in proprio e nella qualità di eredi del Sig. (...) nato a M. il (...) e deceduto in Caltanissetta il 20.06.2013, rappresentate e difese dall'Avv. Vi.VI. ((...)) presso il cui studio sito in Riesi Via (?) hanno eletto domicilio giusta procura a margine dell'atto introduttivo del giudizio, il quale presente atto il quale ha richiesto espressamente ai sensi dell'art. 136 c.p.c. che le notifiche e comunicazioni vengono effettuate a mezzo telefax al n. (...) o all'indirizzo di PEC (?) ATTRICI CONTRO (...) S.P.A. con sede in B. via S., n. 45, già denominata (...) S.P.A., quale incorporante di (...) SPA, M. spa e (...) spa, P.IVA (...) in persona del rappresentante pro-tempore, nella qualità di Impresa designata per la liquidazione dei sinistri a carico del Fondo di garanzia vittime per la strada, in persona del procuratore del legale rappresentante pro-tempore dr. L.B., rappresentata e difesa dall'Avv. Luigi Cascino, presso il cui studio di Caltanissetta, viale della Regione, n. 97 è domiciliata, difensore che ha dichiarato di voler ricevere le notifiche al fax n. (...) ed all'indirizzo pec : [email protected] , per procura in calce alla copia notificata dell'atto di citazione CONVENUTA, ATTRICE IN RICONVENZIONE E CONTRO (...) nato a (...) il (...) ( CF (...)) e residente in R. C.so S. snc; Azienda agricola "Associazione N." con sede in R. Via T. T., 4; Puzzanghera Giuseppe nato a R. il (...) CF( (...)) ivi residente in Via T. T., 4 , tutti difesi dall'Avv. Paolo Lauricella, ( CF. (...) ), unitamente e disgiuntamente all'Avv. Michele Palermo ( pec : [email protected] ) ( ad eccezione di (...), assistito dal solo Avv. Paolo Lauricella per intervenuta revoca dell'Avv. Palermo ) in virtù di procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, tutti elettivamente domiciliati in Delia, presso lo studio dell'Avv. Lauricella, difensore che ha dichiarato di voler ricevere le notifiche al fax n. (...) ed all'indirizzo pec : [email protected] , CONVENUTI E CONTRO (...), nato a C. il (...) ( CF (...)) residente in R., via F. s.n., rappresentato e difeso dall'Avv. Nicola Di Benedetto per procura a margine della comparsa di risposta, con domicilio eletto in Gela, via Vico Jacono, n. 12, difensore che ha chiesto di riceve le comunicazione al fax n. (...) ed all'indirizzo pec : [email protected] CONVENUTO (...) nato a (...) il (...) (CF (...)) residente in R. Via F. sn CONVENUTO CONTUMACE FATTO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione depositato in data 17/11/2014 le attrici (...) nata a S. C. il (...) cf ( (...)); (...) nata a Piazza A. il (...) ( C.F. (...)), in proprio e nella qualità di eredi del Sig. (...) nato a (...) il (...) ( rispettivamente loro figlio e fratello ), chiamavano in causa la (...) S.P.A. in persona del rappresentante pro-tempore, nella qualità di Impresa designata per la liquidazione dei sinistri a carico del Fondo di garanzia vittime per la strada, spiegando nei suoi confronti un vasto compendio di domande risarcitorie conseguenti al decesso del loro congiunto (...) nato a (...) il (...), deceduto in Caltanissetta il 20.06.2013 presso l'Ospedale Sant'Elia, dopo sei giorni di coma, a causa del sinistro stradale per cui è procedimento. Esponevano a tal fine che il giovane (...), il giorno 14.06.2013, alle ore 21.30 circa, si trovava quale terzo trasportato, a bordo dell'autovettura Fiat Punto tg (...) di proprietà del Sig. (...) nato a (...) il (...) e condotta al momento del sinistro dal Sig. (...) nato a C. il (...), priva di copertura assicurativa, con ciò invocando la responsabilità della convenuta Impresa designata per il Fondo di G.V., Unipol (...) S.P.A. Specificavano che , mentre la Fiat Punto occupata dal loro congiunto percorreva la S.S 190 territorio di Riesi, giunta al KM 35,3 improvvisamente urtava violentemente da tergo, il rimorchio agricolo cassonato con telaio n. (...) privo di illuminazione agganciato alla trattrice agricola J.D. tg (...) di proprietà rispettivamente, del Sig. (...) e dell'Associazione agricola "Associazione N." e condotta al momento del sinistro dal Sig. dal Sig. (...), il quale percorreva la S.S. 190, nello stesso senso di marcia dell'autovettura Fiat Punto e che, a seguito del violentissimo urto, il Sig. (...) perdeva i sensi e subito dopo veniva trasportato con ambulanza del 118 presso il Presidio ospedaliero S.Elia di Caltanissetta, ove veniva diagnosticato " politrauma con presenza di edema cerebrale acuto diffuso, frattura ossa frontali, ematoma perioculare bilaterale". Aggiungevano che in seguito al sinistro, intervenivano i Carabinieri di Riesi, effettuando i rilievi di rito e provvedendo al sequestro dei mezzi coinvolti nel sinistro, che a causa delle gravi lesioni riportati, il giovane (...) decedeva presso l'Ospedale S.Elia di Caltanissetta in data 20.06.2013. Aggiungevano, ancora, che nell'ambito del procedimento penale instauratosi, per i fatti per cui è causa, veniva disposta consulenza tecnica al fine di ricostruire la dinamica del sinistro e veniva nominato a tal fine, l'ing. N.V. che forniva una ricostruzione del sinistro. Specificavano che erano privi di copertura assicurativa : - la Fiat Uno ospitante il loro congiunto; - il rimorchio contro cui avvenne l'impatto, privo, peraltro, di illuminazione e e di targa, non in regola con le norme che disciplinano la circolazione stradale, perciò avvistato dal conducente della Fiat Uno, (...) in tempo non utile per arrestare la marcia del veicolo. La convenuta (...) S.P.A, costituendosi in giudizio eccepiva la nebbiosità della ricostruzione della dinamica sostenuta da parte attrice sotto vari aspetti, tali da rendere infondate ed indimostrate le domande risarcitorie avanzate, aspetti inerenti : - la identità dell'ostacolo che la vettura Fiat Uno avrebbe trovato innanzi al suo cammino, essendovi dubbi, anche nella consulenza disposta dalla Procura, in merito : - alla circostanza che il rimorchio contro cui avvenne l'impatto fosse condotto, al momento del sinistro, dal trattore gommato J.D. di colore verde ( come sostenuto dalla attrici ) - mezzo fornito di luci di segnalazione adeguate e funzionanti - o, piuttosto da altra trattrice di colore rosso, le cui macchie di olio vennero rinvenuto in prossimità del luogo del sinistro; - alla stessa posizione della vittima sulla Fia Uno, non essendovi prova che la stessa fosse mero trasportato sito al lato passeggero anteriore o, piuttosto, egli stesso conducente, al posto del Sig. (...), quest'ultimo preteso conducente, secondo la ricostruzione effettuata da parte attrice. Contestava, la (...), la spettanza delle pretese risarcitorie attrice prendendo analitica posizione sulle singole voci di danno e deducendo, tra l'altro : - il carattere assorbente del danno morale invocato iure proprio dalle attrici rispetto sia al danno da perdita di congiunto, sia al danno esistenziale iure proprio ( anche in considerazione si mancanza di patologie psicologiche o di mutamenti esistenziali veramente correlati ai fatti ); - la non spettanza del danno biologico nonché del danno morale in capo al de cuius ( conseguente preclusione della domanda risarcitoria iure hereditario ); - la non spettanza iure proprio alle attrice del danno patrimoniale di ridotta contrubuzione reddituale attesa dal de cuius eccepiva la ascrivibilità del fatto esclusivamente alla condotta di guida del conducente del veicolo sopravveniente ( Fiat Punto ) ed invocava la forza escludente della responsabilità o il concorso di colpa costituito dal mancato uso del presidio costituito dalle cinture di sicurezza. Ciò eccependo, la (...), spiegava domanda riconvenzionale trasversale nei confronti di tutte le persone/società coinvolte nel sinistro con un ruolo di conducente o proprietario di mezzi circolanti senza le prescritte assicurazioni e senza il rispetto delle normative in materia di sicurezza nella circolazione. Differita la prima udienza, veniva effettuata da parte della (...) istante la chiamata in causa delle seguenti persone/società, quali convenuti in riconvenzione, persone esocietà che del resto erano state già citate anche dalle attrici in via di responsabilità diretta : - (...) nato a (...) il (...) ( CF (...)) e residente in R. C.so S. Snc nella qualità di conducente della trattrice agricola J.D. tg (...) priva di copertura assicurativa cui era agganciato il rimorchio agricolo cassonato con telaio n. (...) privo di illuminazione e di copertura assicurativa ; -Associazione agricola "Associazione N." con sede in R. Via T. T., 4 nella qualità di proprietaria della trattrice agricola 90 J.D. tg (...) priva di copertura assicurativa; - (...) nato a R. il (...) CF( (...)) ivi residente in Via T. T., 4 nella qualità di proprietario del rimorchio agricolo cassonato con telaio n. (...) privo di illuminazione e copertura assicurativa ; - (...) nato a C. il (...) ( CF (...)) residente in R. Via F. nella qualità di conducente l'autovettura Fiat Punto tg (...) priva di copertura assicurativa; - (...) nato a (...) il (...) (CF (...)) residente in R. Via F. nella qualità di proprietario dell'autovettura Fiat Punto tg (...) priva di copertura assicurativa. Dei convenuti si costituivano (...); l'Associazione agricola "Associazione N." ; (...) a mezzo degli Avv.ti Paolo Lauricella e Michele Palermo ( successivamente l'Avv. Palermo veniva revocato dal solo convenuto (...) ), eccependo la necessità di sospendere il procedimento stante la pendenza del procedimento penale, ricorrendo una ipotesi di sospensione necessaria. Nel merito eccepivano l'assenza di responsabilità in presenza della violazione del limite di velocità da parte del conducente (...). L'Avv. Di Benedetto Nicola, per il convenuto (...), nella comparsa costitutiva eccepiva l'avvenuta mistificazione dei luoghi mediante la sostituzione, quale mezzo agricolo presente sulla scena del sinistro, non della trattrice rossa di tipo Fiat ( priva di adeguati dispositivi luminosi di segnalazione ) bensì della più moderna e dotata di luci di segnalazione in posizione elevata, trattrice J.D. di colore verde. Eccepiva la totale responsabilità di (...), a suo dire conducente della trattrice rossa Fiat, nella causazione del sinistro. Il giudizio veniva istruito con l'espletamento dell'interrogatorio formale dei convenuti (...) e (...), con l'escussione dei testi ammessi e la ctu medico-legale al fine di accertare il danno biologico iure proprio subito dalle attrici. In particolare venivano escussi i testi M.llo (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...) e (...). All'esito dell'escussione dei testi ammessi, il precedente G.I. ritenuta provata la dinamica del sistro e sussistenti i presupposti di cui all'147 D.Lgs. n. 209 del 2005 e all'art. 5 L. n. 102 del 2006, disponeva una provvisionale in favore delle attrici che poneva provvisoriamente a carico della Compagnia Assicurativa e del convenuto (...). Veniva nominato CTU il Dott. An.Ma., il quale depositava regolarmente la perizia medica. Esaurita la fase istruttoria, il giudizio veniva rinviato per la precisazione delle conclusioni innanzi all'odierno decidente nuovo assegnatario del procedimento che, all'udienza del 14.11.2018, tratteneva la causa in decisione concedendo i termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica, termini che venivano a scadere in data 11/2/2019. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente va ritenuta la infondatezza della eccezione di improcedibilità avanzata dai convenuti (...) nonché dalla Associazione (...) per la pendenza di parallelo procedimento penale dal momento che in tale procedimento non risulta spiegata alcuna costituzione di parte civile e che non risulta dimostrato sia stata emessa sentenza di primo grado, uniche ipotesi, queste ultime, prevendenti la sospensione obbligatoria del procedimento civile di cui al combinato disposto degli artt. 295 c.p.c. e 75. Co. III c.p.p., invocata ( in tal senso Cass. Sez. Lavoro, .14/3/2002, n. 3753 ) Sussiste, pertanto, la procedibilità del presente procedimento civile il cui accertamento è autonomo e non agganciato a quello penale, salva una modesta connessione probatoria atteso che alcuni atti confluiti nel procedimento penale ( quali i verbali redatti dai Carabinieri nell'immediatezza del fatto e la CT disposta dalla Procura ) sono stati anche ritualmente prodotti nel presente giudizio. Venendo al merito della controversia, giova premettere alle motivazione sul caso concreto l'esposizione degli arresti giurisprudenziali della S.C., cui questo G.U. si conforma, in materia di danno non patrimoniale rientrante nell'alveo del danno biologico di cui all'art. 2059 c.c. : - In punto di nesso causale si aderisce a quelle massime che hanno valorizzato l'azione combinata sul giudizio di determinismo causale sia della teoria della condicio sine qua non (per la quale l'esistenza del nesso causale tra fatto causante ed evento si ha quando l'azione umana è inserita nella catena di fatti, anche plurimi, che portano all'evento ) che della teoria della adeguatezza causale ovvero della causalità adeguata ( il fatto è causante in quanto anche giudicato adeguato a causare l'evento dal punto di vista della sussistenza nello stesso di tutti quegli elementi, valutabili dal giudice, che siano idonei in concreto a generare autonomamente o in una più complessa catena causale ( cui concorre ) la conseguenza dannosa finale, senza che il fatto assunto come fonte di danno possa pertanto dirsi caratterizzato da inverosimiglianza e conseguente " neutralità " causale ) ( cfr. Cass. 2000, n. 5913; 1997, n. 2009 ); - I congiunti del soggetto danneggiato hanno accesso ad una doppia tutela ovvero al risarcimento : - del danno morale iure proprio, danno da avvertita sofferenza personale derivante dalla subita perdita, spesso comportante anche il cambiamento nelle sue abitudini di vita ( danno da valutarsi equitativamente in proporzione con la vicinanza parentale nonchè con la frequentazione/ assistenza data al o ricevuta dal danneggiato prima del decesso del parente ) ( Cass. 2010, n. 20667; 2005, n. 19316; 2002, n. 9556 ) ; - iure hereditario ( per il danno biologico " tanatologico " e per il danno morale "catastrofico o terminale " maturati dal de cuius nel presupposto della sussistenza dell'apprezzabile lasso di tempo tra evento dannoso e decesso ) (Cass. 2016, n. 14940 ). - Quanto allo specifico danno da circolazione veicoli e natanti per le ipotesi di azione spiegata contro le le imprese designate dalla C. per il F. ex art. 283 L. n. 209 del 2005 ( codice assicurazioni private ) sono coperte da tale garanzia prestata dal Fondo di G.V. diverse ipotesi ( A - danno cagionato da veicolo o natante rimasto sconosciuto con risarcibilità integrale del danno alla persona e risarcibilità del danno alle cose solo oltre la soglia di Euro 500,00; B - danno cagionato da veicolo non assicurato con risarcibilità integrale del danno alla persona ed alle cose e con necessità di chiamare in causa il proprietario del veicolo non assicurato; C- danno cagionato da veicolo assicurato con assicurazione al momento del sinistro o anche e successivamente posta in LCA con risarcibilità integrale del danno a cose e persone; D - danno cagionato da veicoli posti in circolazione contro la volontà del proprietario/usufruttuario/acquirente con patto di riservato dominio o conduttore di una locazione finanziaria, con risarcibilità del danno cagionato a terzi non trasportati o trasportati contro la loro volontà ; - ipotesi residuali relative a veicoli esteri ). - La C. ha facoltà di intervenire autonomamente in giudizio anche in grado di appello; - Quanto all'ipotesi indicata sub A : - il risarcimento si fondo sull'assolvimento, da parte del danneggiato, di un triplice onere probatorio : a) dimostrazione dell'attribuibilità del sinistro a colpa ( esclusiva o concorrente ) altrui e non a negligenza del danneggiato ( Cass. 2006, n. 23710 ); b) riferibilità di tale colpa al conducente di un veicolo non identificato; c) necessità che tale veicolo sia rimasto sconosciuto ( Cass. 2005, n. 12304 ); d) prova delle circostanze che hanno impedito l'identificazione che può essere data anche per indizi e segnatamente anche dalla proposizione di denuncia-querela, dalla esposizione all'AG della dinamica, onde consentire anche di risalire alla identità del guidatore, e dalla intervenuta archiviazione dell'indagine ( Cass. 2011, n. 15367 ). - Necessità che la richiesta di risarcitoria venga fatta precedere dall'invio di una raccomandata A/R inviata all'impresa designata per il F. per la regione in cui il fatto si è verificato dalla C., e risarcibilità del danno solo dopo decorso il termine di giorni 60 da tale invio ( art. 287 L. n. 209 del 2005); - In via generale, nei sinistri stradali, la presunzione di pari colpevolezza ex art. 2054 c.c. ,ricadente sui conducenti di veicoli antagonisti ha carattere residuale e sussidiario ed opera quando nessuno dei due abbia fornito elementi decisivo atti a superarla ( Cass. 2013, n. 21130 ). - Inoltre non sufficit al fine di integrare la prova che vi sia stata una condotta violativa ( di circolazione o di prudenza ) accertata, ma è anche necessario che tale violazione abbia anche avuto una concreta incidenza causale sul verificarsi degli eventi ( Cass. 2009, n. 24432 ). - Anche quando le prove raccolte depongano per la responsabilità di uno dei conducenti ciò non deve esimere dall'accertare l'esistenza in capo all'altro di tutti quei comportamenti di guida legittima e prudente che per legge ricadono anche su di lui ( Cass. 2016, n. 124); - Il mancato uso delle cinture di sicurezza si inquadra nel mancato impiego di cautele che ha incidenza causale nella verificazione del danno in termini di mancata adozione dei presidi atti a diminuire il danno con speculare concorso di colpa del danneggiato nell'aumento del danno subito ex artt. 2043, 1227, c; o. I c.c. 2056 c.c. ( Cass. 2007, n. 18177); - Il conducente ha l'obbligo di accertare che tutti gli occupanti del veicolo indossino lo specifico presidio prima di intraprendere la circolazione sicchè l'avere accettato che il trasportato danneggiante non indossi le cinture comporta un'accettazione del rischio e non esime il conducente da responsabilità; - Il mancato uso delle cinture di sicurezza può nei casi più gravi anche tradursi nella totale elisione del nesso causale con liberazione del danneggiante dalla colpa, quando si dimostri che con l'uso delle cinture il danno sarebbe stato in toto evitato. - Ricade sull'antagonista danneggiante l'onere probatorio dell'esistenza di tale assunto concorso di colpa ovvero l'onere di provare il mancato uso delle cinture di sicurezza da parte del danneggiato e la sua incidenza causale maggiorativa del danno in concreto. Inoltre tale thema probandum deve essere stato introdotto tempestivamente e legittimamente nel procedimento con specifica eccezione proposta dal danneggiante ( Cass. 2007, n. 4954 ) e ciò vale anche nei giudizi in cui danneggiato sia un terzo trasportato in vettura ove lo stesso non abbia utilizzato il presidio di salvaguardia ( 2001, n. 4022 ). - Tuttavia la cassazione ha ammesso la rilevabilità d'ufficio da parte del giudice del thema probandum relativo alle cinture di sicurezza solo quando si tratti di incidenza causale diminuente ( e non escludente in toto la responsabilità ) ( art. 1227, co. I c.c. ) del concorso colposo del danneggiato per mancato uso delle cinture ( ritenendosi, in tal caso, il problema inquadrabile nella complessiva ricostruzione storica del fatto ). Quando invece si assuma che l'uso delle cinture avrebbe del tutto eliso l'insorgenza del danno il giudice non potrebbe ex officio sollevare la questione relativa all'uso delle cinture di sicurezza vertendosi in materia di eccezione in senso stretto il cui onere di proposizione ricade sempre sul danneggiante ( Cass. 2005, n. 564; 2004, n. 5127 ). - La violazione dell'obbligo di indossare le cinture di sicurezza, inoltre, benchè positivamente accertata potrebbe non avere avuto alcuna efficacia causale sulla concreta dinamica ed essere rimasta circostanza neutra non diminuente l'entità del pregiudizio risarcibile per inefficacia causale concreta dell'assunto concorso di colpa del danneggiato ( Trib. Modena, 14/6/2012, n. 950 ). - In punto di causalità omissiva occorre avere riguardo al criterio della " concretizzazione del rischio " - determinandosi un intreccio tra causalità e colpa - ovvero al criterio della proiezione in concreto delle conseguenze che la condotta omessa avrebbe comportato, resa concreta da un esame attagliato al caso specifico, sulla fattispecie di danno esaminata, nel senso di ritenere causante l'omissione il cui ovviarsi avrebbe comportato ragionevolmente e con valutazione probabilistica l' elisione o quanto meno la limitazione del danno ( Cass. 2005, n. 11609 ); - In punto di danno risarcibile : - Sono risarcibili sia i danni prevedibili che quelli imprevedibili al momento che l'art. 2056 c.c. non ha espressamente richiamato l'art. 1225 c.c. in materia di prevedibilità del danno, norma, quest'ultima, che si ispira alla diversa categoria della causalità giuridica e non a quella della causalità materiale che è posta alla base dell'illecito aquiliano ( Cass. 2005, n. 11609 ); - Il danno cd. Biologico, calcolato secondo le Tabelle del Tribunale di Milano elaborate successivamente agli interventi ermeneutici delle SSUU del 2008, contempla contestualmente diverse categorie di danno che assieme costituiscono un danno biologico "omnicomprensivo " che attinge sia la sfera del danno alla sfera fisica in sé considerata, sia il danno alla qualità della vita, sia le relazioni del danneggiato con l'ambiente circostante, sia l'afflizione morale ordinaria ( esclusa quella tanatologica o catastrofica ). Ne consegue che vanno applicate le Tabelle di Milano, senza operare più una autonoma quantificazione del danno c.d morale e che l'adozione delle Tabelle di Milano attualmente vigenti si dimostra come formidabile strumento di valutazione equitativa del danno che tiene conto, (Cass. 2016, n. 14940 ) nell'elaborazione del " valore punto " non solo delle aspettative di vita del danneggiato, della lesione subita, ma anche della componente afflittiva che incide ordinariamente sul danneggiato ( Cass. 2014, n,. 5243 ); - Il danno catastrofico ( nella veste di " biologico terminale " di " danno catastrofale " ) è risarcibile, quale autonomo danno morale, innanzitutto quando vi sia un apprezzabile lasso di tempo tra lesione ed exitus tale da consentire il sorgere della sofferenza morale e tale far integrare il cd." diritto alla vita ". Tale tipologia di danno - in ragione dell'acutezza della sofferenza subita, agganciata in genere a periodi temporali limitati compresi tra la percezione della lesione come causa ineluttabile di prossima morte e la data del decesso ( Cass. 2009, n. 458 ) - è autonoma e va risarcita a parte rispetto a quella componente di danno morale ordinario che viene considerata nelle più recenti tabelle all'interno del " danno biologico " . Come danno morale, da quantificarsi con valutazione equitativa, consolidatosi nella sfera soggettiva del danneggiato deceduto può essere, inoltre, chiesto iure hereditatis dai suoi aventi causa ( Cass. 2010, n. 3357 ); LA DINAMICA DEL SINISTRO Premessi i superiori arresti giurisprudenziali, ritiene, questo G.U., che la responsabilità della colpa nella causazione del sinistro in esame debba essere ripartita in misura del 10 % a carico di (...), conducente della Fiat Uno ( procedente oltre il limite consentito di velocità, come attestato anche dalla frenata di circa 47 m presente sull'asfalto prima dell'urto ), priva di copertura assicurativa e per il restante 90 % a carico del conducente del veicolo semovente di carattere agricolo che trainava il rimorchio privo di illuminazione e di targa oltre che di assicurazione. L'INDIVIDUAZIONE DEL CONDUCENTE DELLA FIAT PUNTO Il dato si ricava da plurimi elementi con certezza. In primis, in sede di interrogatorio formale, il convenuto (...) ha ammesso, contra sé, di essere il conducente della vettura ( Cap. 1 dell'interrogatorio formale reso ). Tale dato risulta confermato anche dalla testimonianza resa dall'appartenente all'Arma dei Carabinieri (...), intervenuto, unitamente al collega Provenzano, subito dopo il sinistro sul luogo dello stesso. Da tali testimonianze si ricava che i due occupanti il lato anteriore della vettura ( conducente e passeggero ) vennero identificati alla luce dei documenti rinvenuti sulla loro persona. Il conducente era, per l'effetto, anche alla luce del dato testimoniale, (...) ( teste operatore dell'Arma, C.L. : ADR cap. 2 : " I ragazzi si trovavano all'interno dell'abitacolo della Punto, uno sul sedile del guidatore e uno su quello del passeggero anteriore. Al posto di guida si trovava (...) "; ADR : " Non siamo riusciti a constatare se i ragazzi indossassero le cinture di sicurezza "; ADR : " I ragazzi presentavano ferite al volto ed alla testa "; ADR: " L'identificazione è stata effettuata dopo l'estrazione dei ragazzi, visionando i documenti che portavano ... " IL PROBLEMA DELL' INDIVIDUAZIONE DEL CONDUCENTE DELLA TRATTRICE CHE PORTAVA IL RIMORCHIO OGGETTO DI IMPATTO. LA MANCATA INDIVIDUAZIONE IN CONCRETO RITENUTA. Tale dato apparentemente si ricava dall'interrogatorio formale reso dal convenuto (...), il quale ha ammesso contra se, il dato in esame ovvero che fosse lui a condurre al momento del sinistro la trattrice che portava il rimorchio contro cui si schianto' la vettura ( cap. 1 dell'interrogatorio formale reso da (...) ). Tuttavia si tratta di un dato non rilevante nel procedimento, dal momento che non rileva la confessione di aver condotto un mezzo in realtà non coinvolto dal sinistro ( come si vedrà il trattore verde di marca J.D. ); infatti che i dati fattuali obiettivi di seguito indicati confortano con elevato livello di probabilità che la trattrice movente il rimorchio investito fu quella rossa del tipo Fiat e non quella verde J.D. cui unicamente si riferisce la confessione di (...) ( tra l'altro (...) ha espressamente escluso, in sede di interrogatorio, rispondendo a specifica domanda rivolta su articolo contenuto nella memoria ex art. 183, co. VI., n. 2 c.p.c. del convenuto (...), di avere in alcun modo condotto la trattrice rossa, il cui conducente, come sotto motivato, deve ritenersi non individuato ). IL PROBLEMA DELL'INDIVIDUAZIONE DEL MEZZO AGRICOLO TRAENTE Tale questione non ha una specifica rifluenza sulla posizione debitoria in via aquiliana della convenuta (...), dal momento che entrambi i mezzi in ordine ai quali verte l'alternativa del rivestimento dello specifico ruolo ora in esame erano sprovvisti di copertura assicurativa per la circolazione. Dunque - sia che fosse la trattrice agricola di colore verde di marca J.D. sia che fosse la trattrice rossa rinvenuta all'interno del magazzino dei (...) - comunque il sinistro venne causato da un mezzo sfornito di assicurazione, con conseguente attivazione della responsabilità risarcitoria della (...) spa, quale impresa designata per Fondo di Garanzie Vittime delle Strada per il territorio di verificazione del sinistro. LE RAGIONI DELLA PRECISA RILEVANZA DELL'INDIVIDUAZIONE DEL MEZZO TRAENTE E LA MANCANZA DI PROVA IN ORDINE ALL'IDENTITA' DEL CONDUCENTE CHE EFFETTIVAMENTE GUIDO' TALE MEZZO Esse risiedono, da un lato, nella maggiore visibilità del trattore verde J.D. sulla carreggiata ( dal momentto che lo stesso era munito di uno strumento lampeggiante in posizione elevata - come emerge dalla CT del PM nell'ambito del procedimento penale parallelo,a firma del tecnico, Ing. Vassallo - tale da superare in altezza il rimorchio e da rendere il segnale luminoso di ingombro visibile agli utenti della strada che procedevano anche a tergo del convoglio procedente composto ( trattore + rimorchio ad esso agganciato ). Differentemente il trattore rosso rinvenuto ricoverato nel magazzino dei (...) non aveva adeguata illuminazione ed in ogni caso la scadente illuminazione era occultata dal rimorchio, privo di adeguati mezzi luminosi autonomi ( si veda sempre la CT della Procura a firma dell'Ing. Vassallo ). Il problema è delicato : da esso scaturiscono conseguenze decisive anche in materia di distribuzione delle colpe tra veicoli antagonisti . Infatti deve osservarsi che ben maggiore sarebbe stata la rilevanza colposa della condotta di guida illegittima posta in essere dal conducente della Fiat Punto (...) ( il cui superamento del limite di velocità massimo consentito dalla strada è stato positivamente accertato sempre dall'Ing. Vassallo nella sua CTU disposta dalla Procura ed è testimoniato obiettivamente da una frenata di ben 47 m circa ) ove lo stesso avesse potuto giovarsi di un lampeggiatore in posizione elevata, quale quello del trattore verde J.D.. Ben minore e non superiore al 10 % invece sarebbe stata - ed in effetti è tale, a giudizio di questo GU, alla luce del ragionamento che segue, il concorso di (...) che va effettivamente contenuto nella misura del 10 % - la sua responsabilità ( ascrivibile all'eccesso della sua condotta di guida in materia di velocità ) ove il F., guidando la sua Fiat Punto, non avesse potuto avvedersi di alcun segnale luminoso di ingombro perché il rimorchio investito, sprovvisto in sé di adeguata illuminazione, era preceduto dalla trattrice rossa, in sé stessa non adeguatamente illuminata e comunque non in grado di lanciare segnali luminosi che superassero utilmente, in altezza, il rimorchio stesso. Il problema è notevole anche in termini di responsabilità della convenuta in via principale ed anche in via riconvenzionale Società N., titolare della sola trattrice J.D. verde e non anche della trattrice rossa, di proprietà del solo (...). Questi i dati utili per ricostruire gli eventi : - Da un esame superficiale dei fatti sembrerebbe che il mezzo trainante fosse il trattore verde J.D. ( è questo il trattore che viene visto sui luoghi dai testimoni giunti dopo il sinistro ); - Sul punto si registrano le seguenti testimonianze : - Teste (...) : Cap 1 : " Mi trovavo in auto in compagnia di un amico, (...), che si trovava alla guida, sulla ss. 190, in direzione da Riesi verso Butera quando abbiamo avvistato un incidente, abbiamo accostato l'auto sulla destra e mi sono recato sulla corsia opposta, dove si trovavano i veicoli coinvolti, mentre il G. è sceso dalla vettura, ma è rimasto all'interno della propria corsia dicendo di avere paura del sangue. Sul posto vi erano già altre persone, si trattava di passanti, e ho subito allertato il 118 e i carabinieri. Ho visto una punto, di cui non ricordo il colore, molto danneggiata e un trattore ( di cui non ricordo neppure il colore ). " - ADR : " Per quel che ricordo il trattore era spento, e quindi anche le luci erano spente. " - Teste (...) : Cap. 1 " Mi trovavo in macchina assieme all'App. (...) sulla mia auto sulla ss.190 in direzione da Riesi a Butera, quando abbiamo visto che vi era un incidente sulla corsia opposta e ci siamo fermati. L'App. L. è sceso dall'auto e si è avvicinato per prestare soccorso, mentre io non mi sono avvicinato sul momento perché ho paura del sangue. Ricordo che vi era una macchina ( se non sbaglio una Fiat Uno nera ) e, davanti, un trattore verde con il rimorchio ad una distanza di circa dieci-quindici metri". - ADR : " L'auto era schiacciata davanti, ma non ricordo danni visibili al trattore o al rimorchio". - ADR : " Quando siamo arrivati noi il trattore aveva un lampeggiante giallo acceso sul tetto, poi è stato spento ". - ADR : " Ho visto un solo trattore, ma il luogo era molto buio " ( ... ) " Noi siamo arrivati dopo circa mezz'ora dall'incidente ". Dunque, il duo amicale App. L. ( non si tratta di carabiniere in servizio in quel momento, ma di un carabiniere presente su una vettura privata causalmente in transito ) - (...) giunge sui luoghi dopo mezz'ora dall'impatto : il tempo sufficiente perché, nel buio, i mezzi che costituirono reale ostacolo al transito della Fiat Punto (ovvero il trattore ed il rimorchio entrambi rossi ) venissero ricoverati nel vicino magazzino di campagna dei (...). In questo lasso di tempo il rimorchio incidentato ( come del resto indicato dallo stesso convenuto (...) ), ma anche il suo trattore rosso ( senza mai essere disgiunti tra loro se non nell'aia dell'azienda agricola (...) ) si allontanarono dal luogo del sinistro, lasciando sul luogo il diverso convoglio composto, costituito dal trattore verde J.D. e dal suo rimorchio, mezzo ben più " presentabile ", all'atteso e necessitato arrivo dei soccorsi e dei Carabinieri, sulla scena del sinistro perché avente adeguato sistema luminoso di segnalazione. A conferma di questa ricostruzione segue quanto curiosamente dichiarato da (...) ai Carabinieri nell'immediatezza del fatto ed il commento logico sul dato obiettivo della scia di olio esistente tra il punto di scalfitura della vettura sull'asfalto ed il punto successivo in cui il trattore rosso ed il suo rimorchio sostarono : olio " fresco " che veniva rinvenuto dai Carabinieri proprio all'altezza del gancio di traino del trattore rosso ricoverato all'interno del magazzino della proprietà (...), sganciato dal rimorchio rosso (questo sì con segni di urto e posto nell'aia esterna del magazzino ). Infatti, in primis, lo stesso (...), dichiarava ai Carabinieri intervenuti che, in realtà il rimorchio colpito non era quello in quel momento agganciato alla trattrice verde J.D. bensì un altro rimorchio che - a suo dire - era stato portato in magazzino dall'altro fratello in tutta fretta per scaricare il carico di grano che portava ( la stagione era quella della mietitura effettivamente ) ( deposizione del teste, appartenente all'Arma dei Carabinieri (...) : " ( ... ) Nessuno aveva assistito all'incidente, ma dopo un po' si fece avanti il sig. (...), il quale ci riferì che si trovava alla guida di un trattore con rimorchio contro cui si era scontrata la Punto. Ci mostrò il trattore, che si trovava a circa 50,5 metri di distanza davanti all'autovettura lungo la stessa corsia in direzione di Riesi. Si trattava di un trattore di Marca John Deer con un rimorchio rosso senza targa. Cercammo di constatare i danni subiti dal mezzo ma il Sig. (...) ci disse che il rimorchio non era lo stesso dell'incidente ma un altro, mentre la trattrice era la stessa ". - ADR : " Il Sig. (...) ci disse che aveva scambiato il rimorchio incidentato con quello trasportato dal fratello Francesco ( che si trovava alla guida di un altro trattore, mentre un terzo fratello, C. si trovava a bordo di un'auto ) perché aveva fretta di scaricare il grano trasportato ". - ADR : " Costatammo che il rimorchio non incidentato era regolarmente attaccato alla motrice. Vicino al punto di impatto con la vettura vi erano tracce di olio. Le seguimmo fino a giungere al luogo indicato dal (...), ove si trovava il rimorchio incidentato ovvero presso la sua abitazione ". ( Si perviene, a giudizio di questo GU, alla prova obiettiva data dalla lunga scia d'olio seguita fino al magazzino dei (...), prova che lega indissolubilmente al sinistro i due reperti agricoli ivi rinvenuti ovvero non solo al rimorchio rosso (rimorchio rosso rinvenuto nell'aia, avente telaio (...)* di (...)) privo di adeguata illuminazione posteriore e recante i segni obiettivi dell'urto subito ma anche il trattore rosso ( tipo Fiat 100 90 DT con tg. (...) con telaio (...), sempre di proprietà di (...) ), mezzo privo di illuminazione sufficiente e peraltro obliterata dal retrostante rimorchio, trattore presso il quale venne rinvenuta la scia finale d'olio, mezzi entrambi orivi di copertura assicurativa come accertato dall'Ing Vassallo CT della Procura. Importante anche quanto segue, a conferma della superiore ricostruzione (segue la testimonianza dell' Appartenente all'Arma teste (...) ) : " Costatammo che effettivamenre il rimorchio " - ( si tratta del rimorchio rosso parcato nell'aia vicina al magazzino dei (...) ovvero quello indicato da (...) : ndr ) - " era ammaccato ed all'interno vi erano dei chicchi di grano. Il rimorchio si trovava sul piazzale antistante l'abitazione, mentre il trattore di colore rosso era all'interno del garage. Per terra, alla base del gancio di traino, vi erano delle tracce di olio fresche. Abbiamo sottoposto a sequestro sia il trattore J.D. sia il rimorchio incidentato che il trattore all'interno del garage oltre alla Punto ". Dunque, a giudizio di questo GU vengono fugati i dubbi espressi dal CT della Procura Vassallo alla luce di un'interpretazione combinata dei dati obiettivi riscontrati sul luogo del sinistro e sul luogo di ricovero del trattore rosso ( tracce d'olio fresco ) e delle testimonianza resa dal teste (...). Tali dati appaiono ampiamente fondanti la prova che a costituire ostacolo sul cammino della Fiat Punto occupata dallo sfortunato giovane furono il trattore rosso privo di assicurazione e di adeguata illuminazione nonché il rimorchio rosso privo di adeguati mezzi di segnalazione, come riscontrato anche dai Carabinieri in sede di sopralluogo nella proprietà dei (...) nell'immediatezza temporale dell'incidente, mezzi entrambi con caratteristiche tecniche inadeguate riscontrate dal CT Vassallo della Procura nella sua relazione. Si supera così anche il manifesto stridore logico e fattuale, veramente inconciliabile con ogni logica di media diligenza, della tesi artatamente sostenuta dal convenuto (...), ovvero che - con il morto ancor " caldo " in vettura - si potesse procedere sulla pubblica via allo sgancio di un rimorchio ed al cambio di mezzo trainante. I fatti come sopra ritenuti, si ripete, portano invece a ritenere che il mezzo causante il sinistro ( convoglio costituito dal trattore rosso privo di luci di segnalazione con il relativo rimorchio rosso obiettivamente urtato ) sia stato prontamente ricoverato ( con il suo prezioso carico in grano ) nella proprietà agricola (...), luogo ove, del resto, portava la scia d'olio fresco, mentre sul posto del sinistro - senza alcuno stacco di alcun rimorchio di sorta - veniva artatamente offerta la presenza di un trattore - il J.D. verde - munito di adeguata segnalazione lampeggiante, con il suo rimorchio, mai cambiato subito dopo il sinistro ( tant'è che nessun segno di urto vi era dietro il rimorchio trainato dal trattore verde J.D. ) : (...) era ben consapevole che i Carabinieri non avrebbero accolto la tesi che a causare l'investimento potesse essere stato il rimorchio intonso : si poneva, dunque, la necessità di ammettere il vero almeno quanto al rimorchio colpito ( i Carabinieri cercavano segni tangibili di urto ), con manifesta riserva ( rectius, artata ricostruzione : (...) indica in tal senso il ben accessoriato trattore verde J.D. ), in merito all'identità del mezzo trainante il rimorchio colpito. Consegue da tale ricostruzione che vanno calibrati sul trattore rosso e sul rimorchio rosso tutti i giudizi in merito alla concreta distribuzione delle colpe nel sinistro unitamente alla individuazione dei responsabili in via risarcitoria. Appare, allora, ben congrua la distribuzione delle colpe sopra ritenuta da questo GU ( 10 % a carico del conducente della Fiat Punto, a causa della sua elevata velocità ; 90 % a carico del conducente del trattore rosso ( rimasto ignoto, giacchè la confessione di (...) si limita al trattore verde e non può estendersi anche alla condotta di guida del trattore rosso ). Ne deriva che, non essendovi certezza in merito al soggetto che guidava il trattore rosso al momento del fatto, accertata obiettivamente la presenza di tale mezzo sulla scena del sinistro come sopra ( scia d'olio che parte dal punto d'urto e conduce fino al magazzino di ricovero ), la responsabilità per il risarcimento dovrà ricadere, oltre che sulla (...) quale impresa designata, in quanto mezzo privo di assicurazione, sul suo proprietario ovvero sul convenuto (...) ( la proprietà in capo al convenuto (...) sia del trattore rosso tipo Fiat 100 90 DT con tg. (...) con telaio (...) che del rimorchio rosso rinvenuto nell'aia con telaio (...)* è documentalmente attestata dal verbale di sequestro eseguito dai Carabinieri di Riesi nel procedimento penale, verbale del 15/6/2013; trattasi dell'allegato n. 7 ), allegato prodotto da parte attrice, denominato : " Verbale di intervento dei Carabinieri con rilievi e verbale di sequestro dei mezzi coinvolti " ). Va, invece, rigettata la domanda risarcitoria, in quanto non adeguatamente provato il suo coinvolgimento personale nel sinistro, di (...) nonché della Associazione Agricola " N. ", proprietaria unicamente del J.D. verde ( come visto mezzo condotto da (...) non coinvolto nel sinistro ). LA QUANTIFICAZIONE DEL DANNO IL PROBLEMA DELLE CINTURE DI SICUREZZA E DEL RELATIVO CONCORSO DI COLPA INVOCATO DALLA CONVENUTA (...) Si richiama la giurisprudenza sopra diffusamente e specificamente esposta sul tema. Sulla scorta di tale giurisprudenza la parte che invoca il concorso di colpa del danneggiato ex art. 1227 c.c. per mancato utilizzo della cinture di sicurezza non può limitarsi ad allegare il mancato utilizzo del mezzo di protezione; deve, contra, fornire adeguata prova del suo mancato utilizzo al momento del sinistro. Tale prova non risulta fornita dalla (...) né da altro convenuto interessato ad avvalersi della sua eccezione. L'invocato concorso di colpa, per mancato uso delle cinture di sicurezza, per l'effetto, non ha giuridico fondamento in concreto. LE VOCI DI DANNO SPETTANTI ALLE ATTRICI DANNO BIOLOGICO " TANATOLOGICO " ONNICOMPRENSIVO ( IURE HEREDITARIO ) Preliminarmente deve osservarsi che risulta accertato il ruolo di " terzo trasportato " della giovane vittima. Ne deriva che spetta al terzo traportato il risarcimento integrale del danno che - in presenza di valide assicurazioni - sarebbe gravato per il 10 % sulla assicurazione della Fiat Punto di proprietà del convenuto (...), nato a M. il (...)( in solido con il predetto proprietario e con il conducente (...)) e per il 90 % sulla assicurazione del trattore rosso tipo Fiat 100 90 DT con tg. (...) con telaio (...), sempre di proprietà di (...), in solido con il predetto (...). Ne deriva che la (...) spa nella spiegata qualità di impresa designata per il Fondo di G.V. dovrà risarcire l'integrale danno, con diritto ex art. 292 codice assicurazione a rivalersi per il 10 %, in solido tra loro nei confronti del convenuto (...), nato a M. il (...) proprietario della Fiat e di (...), conducente della stessa; per il restante 90 % nei confronti di (...), proprietario dei mezzi appena sopra indicati. Quanto all'an della sussistenza del danno biologico da morte, osserva il GU che la domanda risarcitoria è fondata dal momento che : - non vi è dubbio che il decesso debba ascriversi causalmente alle conseguenze devastanti del sinistro sulla vitale regione frontale e cerebrale in seguito al " politrauma con presenza di edema cerebrale acuto diffuso, frattura ossa frontali, ematoma perioculare bilaterale". Tale conclusione necessitata è dettata dalla prossimità temporale del decesso rispetto al sinistro ed allo stato di coma ( ininterrotto fino al decesso ) che collega direttamente l'evento morte al trauma. - il lasso di tempo, pari a giorni cinque ( esistente tra la sera del sinistro e la data del decesso è ben sufficiente a costituire " quell'apprezzabile lasso di tempo " richiesto alla giurisprudenza della S.C. sopra richiamata. Il danno biologico, per l'effetto, si è consolidato nella sfera patrimoniale della vittima ed appare trasmissibile alle attrici, secondo le proporzioni della successione legittima ( metà per ciascuna delle due attrici in applicazione dell'art. 581 c.c., concorrendo il coniuge con un solo figlio,). Venendo più specificamente alla quantificazione del danno biologico da morte, alla luce della tabelle di Milano del biennio 2018-2019 l'ammontare del risarcimento, avuto riguardo alla percentuale del 100 % di invalidità residuata al sinistro ed all'età di 22 del giovane (...), al momento del sinistro , si perviene al seguente dato : - Euro 1.091.323,00 ( un milionezeronovantunomilatrecentoventitre ) oltre agli interessi legali, sulla superiore somma devalutata alla data della causazione del danno ( 14/6/2013 ) e successivamente progressivamente rivalutata di anno in anno, fino al soddisfo, somma da suddividere in parti eguali in favore della madre (...) e della sorella (...). DANNO MORALE IURE PROPRIO Esso spetta in ragione della stretto rapporto parentale esistente tre le attrici e la vittima.. Seguendo ancora le tabelle di Milano del biennio 2018-2019 spettano le seguenti somme: - alla madre (...) la somma di Euro 174.258,00 (centosettantaquattromiladuecentocinquantotto ) ,oltre agli interessi legali, sulla superiore somma devalutata alla data della causazione del danno ( 14/6/2013 ) e successivamente progressivamente rivalutata di anno in anno, fino al soddisfo ( applicando una personalizzazione del 5 %, in ragione della giovane età del figlio deceduto, sulla somma base delle tabelle milanesi, di Euro 165.960,00 ) ; - Alla sorella (...) la somma di Euro 25,221,00 (venticinquemiladuecentoventuno ) ,oltre agli interessi legali, sulla superiore somma devalutata alla data della causazione del danno ( 14/6/2013 ) e successivamente progressivamente rivalutata di anno in anno, fino al soddisfo ( applicando una personalizzazione del 5 % , in ragione della giovane età del fratello deceduto, sulla somma base delle tabelle milanesi, di Euro 24.020,00 ) ; DANNO PATRIMONIALE DA PERDITA REDDITUALE Risulta prodotta dalla difesa della (...) la dichiarazione resa dalla attrice (...) all'Ufficio per l'Impiego di Gela in data 12/4/2013 dalla quale si evince, per espressa dichiarazione dell'attrice, che la stessa aveva lavorato fino al 31/12/2012 presso la ditta D.A. e che rimaneva libera per nuove offerte di lavoro dalla data della dichiarazione ovvero dal 12/4/2013. In realtà da tale produzione è dato solo argomentare che il lavoro era stato svolto in periodo pregresso mentre alla data della perdita del figlio ( 20/6/2013 ) la Sig.ra F. era già disoccupata. Dalle prove testimoniali raccolte sul punto è emerso che né la F. né la figlia (...) lavoravano al momento della assunzione delle testimonianze. E' altresì emerso che il giovane (...) era solito adoperarsi per le esigenze della famiglia e venire incontro ai suoi bisogni con svariate attività anche nei campi per far fronte al recente evento traumatico che aveva colpito il nucleo familiare con la subita perdita del padre, tale da costringerlo ad assumere il ruolo di " capo-famiglia ", dimostrando così un elevato livello di auto-responsabilizzazione pur in rapporto alla giovane età. Appare, per l'effetto, formulabile un giudizio di elevata probabilità che il giovane avrebbe continuato a contribuire al mantenimento della famiglia e sul punto occorre rilevare che le attrici suggeriscono la valorizzazione della circostanza che lo stesso avrebbe di lì a poco intrapreso l'attività di autotrasportatore, avendo conseguito lo specifico titolo alla guida di veicoli semi-pesanti " C " Tuttavia questo GU, nella quantificazione del danno patrimoniale da mancato contribuzione reddituale tiene conto : - della recente introduzione del cd." Reddito di Cittadinanza " ( D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, operativo dal I aprile 2019 ) ( opportunità che garantisce agli aventi diritto, privi di reddito, quali le attrici, di godere di un reddito minimo di sussistenza ). Tale recente innovazione va ovviamente considerata dalla data di sua introduzione ovvero dal I aprile 2019 mentre per il periodo pregresso ( dalla data del sinistro ovvero dal 14/6/2019 fino a tale data ) va riconosciuto un risarcimento del danno da mancata contribuzione reddituale con un calcolo diverso. - Questo GU, tiene conto della circostanza che ancora il giovane non aveva intrapreso l'attività di autotrasportatore al momento del sinistro e che viveva di piccoli lavori anche saltuari mentre non è certo che, da un lato, la nuova attività sarebbe stata effettivamente intrapresa ( la stessa implica un impiego di risorse economiche per il reperimento di un mezzo adeguato il cui costo non è indifferente ) ed a quali condizioni, dall'altro, essa sarebbe stata intrapresa. - Pertanto stimando equo che il giovane avrebbe contribuito alle esigenze della madre per Euro 300,00 mensili fino all'introduzione del Reddito di Cittadinanza ed Euro 180,00 successivamente all'introduzione di tale reddito per un numero di anni pari ad almeno venti ed alle esigenze della sorella per Euro 200,00 mensili per un numero di anni pari a cinque ( necessaria probilisticamente a consentire alla giovane l'accesso al mondo del lavoro ) si perviene al seguente calcolo: danno patromoniale per mancata contribuzione reddituale - In favore della madre (...) : - Euro 20.400,00 (Euro 300 mensili per n 68 mesi dal mese successivo al decesso ovvero dal luglio 2013 fino al marzo 2019 ) + Euro 30.780 ( Euro 180,00 mensili per n 171 mesi dal mese di aprile 2019 fino al luglio 2033 ) = Euro 51.180,00 ( cinquantunomilacentottanta/00 ); - In favore della sorella (...) : - Euro 12.000,00 ( dodicimila ) ( Euro 200,00 mensili per n 60 mesi ) ; Su tali somme vanno riconosciuti gli interessi legali previa loro devalutazione al momento del sinistro e progressiva rivalutazione di anno in anno fino al soddisfo, trattandosi di debito non sorto in origine in denaro ( dunque di valuta ) bensì anch'esso " di valore " LE VOCI DI DANNO NON SPETTANTI DANNO CATASTROFICO ( IURE HEREDITARIO ) Non spetta il cd. " danno catastrofico " iure hereditario invocato dalle attrici . Si richiama sul punto la giurisprudenza della S.C. sopra esposta e si specifica che, nel caso concreto, la circostanza che la vittima abbia perso immediatamente i sensi e sia rimasta in coma fino alla morte osta al formarsi, nella vittima, di una consapevolezza e coscienza della morte come evento oramai prossimo ed ineluttabile, elementi soggettivi di necessaria integrazione al fine di riconoscere la sussistenza della specifica tipologia del danno " catastrofale " o " catastrofico ", invocata. DANNO BIOLOGICO DA MALATTIA PSICOLOGICA PROPRIA, DERIVATA ( IURE PROPRIO ) Si richiamano sul punto le emergenze scientifiche della consulenza psicologica a firma del dr. Antonino Mammola nominato nel corso del procedimento. In particolare il CTU ha escluso l'insorgere di patologie psicologiche o psichiatriche correlabili al lutto causato dal sinistro ed ha ragionevolmente ricondotto, con adeguata argomentazione scientifica, le sofferenze subite dalle attrici in un alveo di fisiologica passeggera contrizione, non degenerata in patologia alcuna. Del resto la (...), nella sua pregevole e puntuale difesa, aveva già argomentato come nessuna assunzione stabile di farmaco di natura psicogena fosse stato documentato dalle attrici. Non va, per l'effetto, riconosciuto alle attrici il chiesto danno biologico iure proprio. Si perviene, pertanto alla seguente quantificazione dei danni singolarmente in favore delle attrici : In favore di (...) : - Euro 545.661,50 ( cinquecentoquarantacinquemilaseicentosessantuno/50 ) a titolo di danno tanatologico iure hereditario; - Euro 174.258,00 (centosettantaquattromiladuecentocinquantotto ) a titolo di danno morale iure proprio; - Euro 51.180,00 ( cinquantunomilacentoottanta/00 ) a titolo di danno patrimoniale da mancata contribuzione; oltre agli interessi legali, su tutte le superiori somme devalutate alla data della causazione del danno ( 14/6/2013 ) e successivamente progressivamente rivalutate di anno in anno, fino al soddisfo, - Euro 2.190,00 oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo quale quota del danno emergente da spese funerarie ; In favore di (...): - Euro 545.661,50 ( cinquecentoquarantacinquemilaseicentosessantuno/50 ) a titolo di danno tanatologico iure hereditario; - Euro 25,221,00 ( venticinquemiladuecentoventuno ) a titolo di danno morale iure proprio; - Euro 12.000,00 ( dodicimila ), a titolo di danno patrimoniale da mancata contribuzione; oltre agli interessi legali, su tutte le superiori somme devalutate alla data della causazione del danno ( 14/6/2013 ) e successivamente progressivamente rivalutate di anno in anno, fino al soddisfo, - Euro 2190,00 oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo quale quota del danno emergente da spese funerarie ; AZIONE DI RIVALSA SPIEGATA DALLA (...) E' fondata e va accolta la domanda di rivalsa ex art. 292 D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 ( codice delle assicurazioni ) nei confronti oggi ritenuti responsabili, (...) da un lato, e (...) e (...) dall'altro, in solido tra loro, con quota di rivalsa riflettente le percentuali di responsabilità come meglio indicata in dispositivo. Si è infatti in presenza di una delle ipotesi di risarcimento ex art. 283, co. I, codice delle assicurazione ovvero di mezzi circolanti sulla pubblica via non coperti da assicurazione. SPESE DI LITE La soccombente (...) dovrà sostenere, in solido con i convenuti (...) ( quota gravante sullo stesso pari al 90 % ), (...) e (...) (quota gravante sugli stessi pari al 10 %) , le spese di lite sostenute dalle attrici, in ragione di 2/3 mentre il rimanente 1/3 va compensato in ragione del rigetto parziale delle domande attrici . Tali 2/3 si liquidano come in dispositivo in favore dello Stato, essendo, entrambe le attrici, ammesse al patrocinio a spese dello Stato ( occorre applicare la maggiorazione del 30 % per l'esistenza di un altro assistito oltre al primo da parte del medesimo difensore ). Va disposta la compensazione integrale delle spese di lite tra le attrici ed i convenuti (...), Azienda Agricola " Associazione N., in ragione del difficile iter logico che ha escluso la loro responsabilità nella causazione del sinistro e della ragionevole instaurazione del giudizio nei loro confronti Va disposta la condanna dei convenuti (...), (...) e (...) al pagamento delle spese di lite in favore della convenuta (...) in relazione alla domanda trasversale riconvenzionale proposta vittoriosamente dalla (...). DISPOSITIVO P.Q.M. Definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa, nella contumacia del convenuto (...) : -Ritiene e dichiara che il sinistro occorso in data 14/6/2013, intorno alle 21,30, sulla ss. 190 in cui ha trovato la morte il giovane (...), nato a M. il (...), quale passeggero anteriore e terzo trasportato dell'autovettura Fiat Punto tg (...) - priva di copertura assicurativa - di proprietà del Sig. (...) nato a M. il (...), condotta da (...) è stato causato per il 90 % dalla condotta di guida di soggetto rimasto non identificato il quale a bordo del trattore di colore rosso del tipo Fiat 100 90 DT con tg. (...) ( di proprietà del convenuto (...)), trainante il rimorchio rosso privo di illuminazione posteriore, avente telaio (...)* (anch'esso di proprietà di (...)) - mezzi entrambi non assicurati - procedeva sulla ss. 190 con direzione Riesi, costituendo, in ragione della circostanza della mancanza di segnali luminosi, un ostacolo per la circolazione così venendo, in ragione di tale circostanza, urtato, il rimorchio in questione, con violenza dalla sopravveniente Fiat Punto tg (...), che procedeva a sua volta a velocità elevata, contribuendo, quest'ultima, in ragione di tale infrazione relativa alla velocità, alla con-causazione del sinistro in misura del residuo 10 % ; Ritiene e dichiara che la morte del giovane (...), nato a M. il (...) è avvenuta esclusivamente in conseguenza del sinistro di cui sopra; Dichiara, per effetto di mancata copertura assicurativa in capo a tutti i mezzi coinvolti, la sussistenza dell'obbligo risarcitorio della convenuta (...) spa in persona del legale rappresentante pro-tempore, quale Impresa designata per il Fondo di G.V., in favore delle attrici delle seguenti voci di danno e la condanna al pagamento, in solido con i convenuti (...), (...) e (...) al pagamento delle seguenti somme : In favore di (...) ( somme comprensive della disposta provvisionale di Euro 24.750,00 ) : - Euro 545.661,50 ( cinquecentoquarantacinquemilaseicentosessantuno/50 ) a titolo di danno tanatologico iure hereditario; - Euro 174.258,00 (centosettantaquattromiladuecentocinquantotto ) a titolo di danno morale iure proprio; - Euro 51.180,00 ( cinquantunomilacentoottanta/00 ) a titolo di danno patrimoniale da mancata percezione della contribuzione reddituale del congiunto deceduto; oltre agli interessi legali, su tutte le superiori somme, devalutate alla data della causazione del danno ( 14/6/2013 ) e successivamente progressivamente rivalutate di anno in anno, fino al soddisfo, - Euro 2.190,00 oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo quale quota del danno emergente da spese funerarie ; In favore di (...) ( somme comprensive della disposta provvisionale di Euro 4.500,00 ) : - Euro 545.661,50 ( cinquecentoquarantacinquemilaseicentosessantuno/50 ) a titolo di danno tanatologico iure hereditario; - Euro 25,221,00 ( venticinquemiladuecentoventuno ) a titolo di danno morale iure proprio; - Euro 12.000,00 ( dodicimila ), a titolo di danno patrimoniale da mancata percezione della contribuzione reddituale del congiunto deceduto; oltre agli interessi legali, su tutte le superiori somme, devalutate alla data della causazione del danno ( 14/6/2013 ) e successivamente progressivamente rivalutate di anno in anno, fino al soddisfo, - Euro 2.190,00 oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo quale quota del danno emergente da spese funerarie ; - In accoglimento della domanda di rivalsa ex art. 292 D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 ( codice delle assicurazioni ) avanzata dalla (...) spa condanna in ragione del 90 % (...) ed in ragione del 10 %, in solido tra loro, (...) e (...), alla rifusione, in favore della (...) spa, delle somme che la (...) dimostrerà di avere pagato alle attrici come sopra quantificate; Rigetta le domande avanzate dalla attrici nei confronti dei convenuti (...) e ASSOCIAZIONE N. ; - Condanna la (...), in favore dell'Erario dello Stato, in solido con i convenuti (...) ( quota gravante sullo stesso pari al 90 % ), e di (...) e (...) ( quota gravante sullo stesso pari al 10 % ) , al pagamento delle spese di lite sostenute dalle attrici, in ragione di 2/3 e compensa il rimanente 1/3, liquidati, tali 2/3, applicando la maggiorazione del 30 % per l'esistenza di un altro assistito oltre al primo da parte del medesimo difensore, in complessivi Euro per onorario 44.495,75 (quarantaquattromilaquattrocentono-vantacinque/75 ( Euro 34.227,50 portati ad Euro 44.495,75 per la maggiorazione del 30 % per il secondo assistito oltre al primo ), Euro 1.713,00 per spese ed oltre il 15 % di quanto liquidato per onorario per rimborso forfettario spese generali ed oltre IVA e CA ; - Compensa integralmente delle spese di lite tra le attrici ed i convenuti (...), Azienda Agricola " Associazione N., nonché le spese di lite tra la (...) ed i predetti (...), Azienda Agricola " Associazione N. "; - Condanna, in solido tra loro, i convenuti (...) ( quest'ultimo con in ragione del 90 % ), (...) e (...) ( questi ultimi in ragione del 10 % ) al pagamento delle spese di lite in favore della convenuta (...) in relazione alla domanda trasversale riconvenzionale proposta vittoriosamente dalla (...), liquidate in complessivi Euro 34.227,50 ( trentaquattromiladuecentoventisette/50 ) per onorario, Euro 518,00 per spese ed oltre il 15 % di quanto liquidato per onorario per rimborso forfettario spese generali ed oltre IVA e CA ; Pone le spese della disposta CTU a carico della convenuta (...) spa, con diritto di rivalsa nelle predette proporzioni sopra indicate per ciascuno di tali convenuti, sui convenuti (...), (...) e (...), liquidate come da separato decreto. Così deciso in Caltanissetta il 22 aprile 2019. Depositata in Cancelleria il 23 aprile 2019.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CALTANISSETTA IL G.U. Dr. Francesco Lauricella Ha pronunciato la seguente SENTENZA Nel procedimento indicato in epigrafe, avente ad oggetto: "Lesioni personali" PROMOSSO DA (...), nato a S. C. il (...) (CF (...) ); (...), nata S. C. il (...) ( CF: (...) ), n.q. di genitori del minore (...), nato a C. il (...), tutti residenti in S. C., via V. G., n. 18, elettivamente domiciliati in Caltanissetta, presso lo studio dell'Avv. Ga.Ce., (C.F. (...)) (, fax. N. (...); (...)) dal quale sono rappresentati e difesi in forza di procura a margine dell'atto introduttivo, ATTORI CONTRO (...) SPA, c.f. e P.IVA (...) , corrente in T., L. U. I., n. 1, in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in Caltanissetta, Via (...), presso lo studio dell' Avv. Ed.Va. (c.f.: (...) ) che lo rappresenta e difende per mandato in calce alla copia notificata dell'atto di citazione, difensore che ha dichiarato di voler ricevere le comunicazioni di cancelleria al n.ro fax (...) ovvero all'indirizzo pec (...); CONVENUTA E CONTRO (...), nata a S. C. il (...) ( CF.: (...) ), ivi residente in via R., 44 CONVENUTA CONTUMACE SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato in data 3/6/2014 e 22/5/2014, rispettivamente alla convenuta (...) ( notifica eseguita alla madre convivente ) ed alla convenuta (...) SPA, gli attori, (...), nato a S. C. il (...) (CF (...) ) e (...), nata S. C. il (...) ( CF: (...) ), n.q. di genitori del minore (...), chiamavano in causa i convenuti predetti, spiegando nei loro confronti, in via solidale, domande di contenuto risarcitorio correlate : - ai postumi permanenti di natura fisica ( con la componente ulteriore di personalizzazione del danno in funzione di appesantimento del valore punto delle Tabelle del Tribunale di Milano nonché con ulteriore richiesta di risarcimento del " danno morale "); - alla ITA, all' ITR; - al danno patrimoniale da spese mediche e danni al biciclo, voci risarcitorie, tutte, reliquate al sinistro stradale occorso al minore, figlio sottoposto alla loro responsabilità genitoriale, (...), in San Cataldo in data 2/9/2013, intorno alle ore 19,30 poco a monte della rotatoria esistente tra le vie P., P. e T., sinistro a loro dire esclusivamente ascrivibile a condotta di guida colposa della convenuta (...), proprietaria e conducente del veicolo (...), tg. (...), assicurato presso la Società (...) spa ( di seguito "Assicurazione"). Secondo la ricostruzione sostenuta dagli attori il minore proveniva dalla via P. ed impegnava l'area della rotatoria mentre la (...), salendo dal vicino (...), invece che - come era obbligatorio - impegnare la rotatoria ivi presente, andando necessariamente verso sinistra, la elideva, immediatamente svoltando a destra per la via P.. Con la condotta in questione, per l'effetto, impegnava contro mano l'area della rotatoria e finiva per collidere con il giovane ciclista (...) che, come detto, proveniva dalla via (...). L'impatto tra la bicicletta del ragazzo e la vettura risultava, secondo gli attori, foriero di conseguenze dannose rilevanti sia ai fini del riconoscimento del danno biologico, opportunamente "appesantito" e "personalizzato", sia per tutti gli ulteriori danni derivati (danno morale, spese mediche, danno alla bicicletta). La convenuta (...), non essendosi costituita, veniva dichiarata contumace. L'Assicurazione, nel costituirsi, allegava la totale responsabilità del minore nella causazione del sinistro, per non avere, lo stesso rispettato il segnale di "stop" ivi presente. Contestava, inoltre, il quantum dell'invocato risarcimento. La causa veniva istruita con prova documentale. La convenuta (...) non si presentava a rendere l'interrogatorio formale, la cui ordinanza ammissiva le veniva ritualmente notificato ai sensi dell'art. 143 c.p.c.. Parte attrice produceva CTP sanitaria e CTP ergonomica. Il precedente GU, ritenendone la superfluità, rigettava la domanda di CTU volta a stabilire la dinamica del sinistro. All'udienza del 22/11/2018 le parti precisavano le conclusioni come da epigrafe e la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. che venivano a scadere in data 11/2/2019. MOTIVI DELLA DECISIONE Giova premettere alle motivazione sul caso concreto l'esposizione di alcuni arresti giurisprudenziali della S.C. in materia di danno non patrimoniale rientrante nell'alveo del danno biologico di cui all'art. 2059 c.c., cui questo GU intende conformarsi: - In punto di nesso causale si aderisce a quelle massime che hanno valorizzato l'azione combinata sul giudizio di determinismo causale sia della teoria della condicio sine qua non (per la quale l'esistenza del nesso causale tra fatto causante ed evento si ha quando l'azione umana è inserita nella catena di fatti, anche plurimi, che portano all'evento) che della teoria della adeguatezza causale ovvero della causalità adeguata (il fatto è causante in quanto anche giudicato adeguato a causare l'evento dal punto di vista della sussistenza nello stesso di tutti quegli elementi, valutabili dal giudice, che siano idonei in concreto a generare autonomamente o in una più complessa catena causale (cui concorre) che porta alla conseguenza dannosa finale, senza che il fatto assunto come fonte di danno possa pertanto dirsi caratterizzato da inverosimiglianza e conseguente " neutralità " causale) ( cfr. Cass. 2000, n. 5913; 1997, n. 2009); - In punto di causalità omissiva occorre avere riguardo al criterio della " concretizzazione del rischio " - determinandosi un intreccio tra causalità e colpa - ovvero al criterio della proiezione in concreto delle conseguenze che la condotta omessa avrebbe comportato, resa concreta da un esame attagliato al caso specifico, sulla fattispecie di danno esaminata, nel senso di ritenere causante l'omissione il cui ovviarsi avrebbe, ragionevolmente e con valutazione probabilistica, comportato l' elisione o quanto meno la limitazione del danno (Cass. 2005, n. 11609); - In punto di danno risarcibile: - Sono risarcibili sia i danni prevedibili che quelli imprevedibili al momento che l'art. 2056 c.c. non ha espressamente richiamato l'art. 1225 c.c. in materia di prevedibilità del danno, norma, quest'ultima, che si ispira alla diversa categoria della causalità giuridica e non a quella della causalità materiale che è posta alla base dell'illecito aquiliano (Cass. 2005, n. 11609); - Il danno cd. Biologico, calcolato secondo le Tabelle del Tribunale di Milano elaborate successivamente agli interventi ermeneutici delle SSUU del 2008, contempla contestualmente diverse categorie di danno che assieme costituiscono un danno biologico "onnicomprensivo" che attinge sia la sfera del danno alla sfera fisica in sé considerata, sia il danno alla qualità della vita, sia le relazioni del danneggiato con l'ambiente circostante, sia l'afflizione morale ordinaria ( esclusa quella tanatologica o catastrofica). Ne consegue che vanno applicate le Tabelle di Milano - in concreto anche attraverso un processo di "personalizzazione -appesantimento" che tenga conto della specificità del caso di volta in volta esaminato - , senza operare più una autonoma quantificazione del danno c.d morale. Ne consegue, inoltre, che l'adozione delle Tabelle di Milano attualmente vigenti si dimostra come formidabile strumento di valutazione equitativa del danno che tiene conto, (Cass. 2016, n. 14940 ) nell'elaborazione del " valore punto " non solo delle aspettative di vita del danneggiato, della lesione subita, ma anche della componente afflittiva che incide ordinariamente sul danneggiato (Cass. 2014, n,. 5243); - In via generale la presunzione di pari colpevolezza ex art. 2054 c.c. ,ricadente sui conducenti di veicoli antagonisti ha carattere residuale e sussidiario ed opera quando nessuno dei due abbia fornito elementi decisivi atti a superarla (Cass. 2013, n. 2113). - Inoltre non sufficit al fine di integrare la prova che vi sia stata una condotta violativa (di circolazione o di prudenza ) accertata, ma è anche necessario che tale violazione abbia avuto una concreta incidenza causale sul verificarsi degli eventi ( Cass. 2009, n. 24432 ). - Anche quando le prove raccolte depongano per la responsabilità di uno dei conducenti ciò non deve esimere dall'accertare l'esistenza in capo all'altro di tutti quei comportamenti di guida legittima e prudente che per legge ricadono anche su di lui ( Cass. 2016, n. 124); LA DINAMICA DEL SINISTRO Premessi i superiori arresti giurisprudenziali, ritiene, questo G.U., che la responsabilità della colpa nella causazione del sinistro in esame debba essere ripartita in misura del 70 % a carico della convenuta (...) assicurata dalla (...), ed in misura del 30 % a carico del ciclista (...). Dalla mancata presentazione della (...) a rendere l'inerrogatorio formale ammesso ( comunicatole ritualmente ai sensi dell'art. 143 c.p.c. ) possono ritenersi provate, unitamente agli elementi obiettivi di prova che si esporranno, le seguenti circostanze, ovvero che : - A) la (...) procedeva in salita, provenendo dalla zona del (...) di San Cataldo; B) giunta alla fine della salita, invece che rallentare per abbordare, con una deviazione a sinistra, la vicina rotatoria, con decisione, ignorava l'obbligo di rotatoria (ovvero, si ripete, di svolta a sinistra per poi imboccare la rotatoria ed, ultimata la rotatoria, la via (...)) e virando decisamente a destra imboccava direttamente la via P., anch'essa in salita, impattando contro la bicicletta di (...), il quale proveniva dalla sua destra, dopo avere impegnato la via P. ed avere superato un segnale di stop. Deve osservarsi che la omissione della manovra corretta ( ovvero l'avere, la (...), omesso di impegnare a rotatoria ) , risulta causalmente rilevante. Infatti ove la (...) avesse svoltato alla sua sinistra ed avesse compiuto il giro della rotatoria avrebbe certamente, da un lato, consentito al giovane di avvedersi per tempo della sua presenza ed avrebbe contestualmente rallentato la velocità della sua vettura, diminuendo anche sensibilmente le possibilità del sinistro. Dal canto suo, anche il giovane è incorso in una sua responsabilità non avendo dimostrato di essersi fermato allo stop posto alla fine di via P. ( incombeva sulla parte attrice l'onere di fornire tale prova, ma nei capitoli di prova articolati nella prova per interpello non ve n'è uno che specifichi che il ragazzo si fosse fermato allo stop prima di ripartire. Ne tale onere probatorio sarebbe stato soddisfatto dalla non ammessa prova per testi, al momento che i testi avrebbero pur sempre dovuto riferire sui capitoli di prova di cui all'interrogatorio formale, capitoli, come detto, mancanti di ogni preciso riferimento alla circostanza dell'adempiuto obbligo di stop ). - La trasgressione del segnale di stop, pur importante - e spesso dirimente al fine di stabilire la dinamica dei sinistri - va, valutata con riferimento al caso specifico, allo scopo di stabilire quella necessaria causalità concreta di ogni singola violazione sulla dinamica stessa ( si ricorda la superiore decisione della S.C. : non sufficit al fine di integrare la prova della responsabilità, che vi sia stata una condotta violativa ( di circolazione o di prudenza ) accertata, ma è necessario che tale violazione abbia anche avuto una concreta incidenza causale sul verificarsi degli eventi (Cass. 2009, n. 24432). - Se il giovane si fosse arrestato allo stop avrebbe certamente ridotto l'entità delle lesioni riportate (minore sarebbe stata la sua velocità all'impatto con il veicolo antagonista ), ma con elevata probabilità il sinistro si sarebbe verificato ugualmente a causa della improvvida sterzata a destra della (...) che - oltre ad elidere e compromettere i benefici effetti ergo-dinamici, di riduzione della velocità ed accrescimento della visibilità, della rotatoria in questione - ha comportato un rilevante " effetto-sorpresa ", provenendo da strada in salita, che ha necessariamente compromesso, seppure non del tutto eliminato, quegli effetti benefici a sua volta da pretendere in capo alla condotta di guida del giovane (...) (quali il rallentamento a seguito di ripartita, dopo lo stop rispettato), effetti che sarebbero derivati dal rispetto dell'obbligo di stop gravante sullo stesso. Il G.U. stima, per l'effetto, di distribuire la colpa nella causazione del sinistro per un 70% a carico della (...) e per il rimanente 30 % a carico del minore ciclista. Quanto ai preannunciati elementi obiettivi a sostegno della impostazione attrice derivata dal mancato interpello della convenuta contumace, deve osservarsi come la posizione di quiete della vettura ( molto vicina al marciapiedi opposto a quello del suo senso di percorrenza e parallela al medesimo marciapiedi ) attesta che effettivamente la (...) non impegnò la rotatoria : se l'avesse impegnata, infatti, l' impatto sarebbe avvenuto sulla sua corsia di percorrenza quale sarebbe risultata dalla manovra di rotatoria ovvero la corsia di destra verso la via P. ( la rotatoria imponeva una svolta a sinistra, il completamento del giro verso sinistra e l'immissione nella corsia di destra alla volta della salita di via P. ) ( sul punto di quiete della vettura investitrice si veda il rilievo planimetrico redatto nell'immediatezza dai Carabinieri della Tenenza di San Cataldo, prodotta da parte attrice). LA QUANTIFICAZIONE DEL DANNO Dalla documentazione medica in atti si evince che il sinistro cagionò al minore traumi con conseguenze fratturative alla mano della mano destra ed alla tibia destra con correlate fratture scomposte. L'ubicazione delle ferite sul lato destro del piccolo (...) ( mano e gamba destre ) conforta la ricostruzione del sopra ritenuto urto cagionato dal veicolo proveniente dalla destra del ciclista. Gli importanti traumi vennero ridotti con applicazioni degli opportuni presidi medico-chirurgici e con gessatura tenuta per un consistente periodo. Il carattere scomposto delle ferite è esitato in una non completa ripresa del soggetto danneggiato, comportando " esiti distacco epifisario scomposto primo metacarpo mano destra ed esiti distacco epifisario scomposto epifisi distale tibia destra; lombosciatalgia destra da minima protrusione discale. Quadro d'ansia endo-reattiva ". In correlazione con la documentazione medica in atti si stimano accoglibili, con le successive limitazioni, le conclusioni cui è giunto il CTP di parte attrice, dr.ssa (...). Attualmente residuano: - dolore spontaneo mano destra, collo-piede dx e rachide lombare; - tumefazione ed edema collo-piede destro che si accentuano dopo sforzi, stazione eretta e deambulazione prolungata; facile stancabilità; lieve zoppia alla deambulazione prolungata; parestesie su tutto l'arto inferiore destro; limitazioni funzionali su tutti i distretti esaminati, con conseguente riduzione delle capacità fisiologiche di (...). In ordine alla patologia psichica ( ansia endo-reattiva ) non possono accogliersi le conclusioni evidenziate dal CTP dr.ssa (...) nella sua relazione. Infatti non emergono elementi per ritenere che tale patologia sia da considerare come esito psicologico permanente . Allo stesso modo non sussistono elementi per ritenere che la lieve protrusione discale concorrente nella causazione delle lievi parestesie all'arto inferiore destro al momento della visita eseguita dal CTP (...), possa considerarsi permanente. Si è, infatti, in presenza di patologia regredibile ove caratterizzata, come in concreto, da lievità protrusiva discale. Ne deriva che la quantificazione operata dal CTP (...) è suscettibile di riduzione e che appare congruo riconoscere una sintomatologia residuata permanente pari al 15 % e non al 20 %. Non sussistono elementi documentati per concedere per il chiesto " appesantimento " del valore percentuale delle tabelle milanesi nella maggiore e ben più elevata misura richiesta dagli attori. Si stima equo, invece, in considerazione del lungo periodo di semi-immobilizzazione derivante dalla applicazione della gessatura e della acuita percezione del carattere limitativo di tale vincolo fisico nelle età più giovanili ( (...) aveva dodici anni al momento del sinistro ) aumentare del 2 % il risarcimento in relazione al chiesto "appesantimento " ed in funzione di " personalizzazione " del parametro tabellare. Non va riconosciuto il danno morale, atteso che lo stesso deve intendersi già inserito nel valore tabellare alla luce degli indirizzi giurisprudenziali sopra evidenziati, non sussistendo, peraltro, i presupposti per una sua quantificazione autonoma. Si perviene, pertanto alla seguente quantificazione dei danni subiti di (...), tenendo conto dell'indice di responsabilità pari al 70 % nella causazione del sinistro in capo alla parte convenuta : - Euro 36.134,83 ( trentaseimilacentrotrentaquattro/83 ) ( ammontante al 70 % di Euro 51.621,18 ) a titolo di danno biologico, liquidato alla luce delle tabelle del Tribunale di Milano del biennio 2018-2019 per la percentuale del 15 % e l'età di anni 12 del danneggiato al momento della causazione del danno, già maggiorato, in personalizzazione, del 2 % ; - Euro 3.430,00 per giorni 50 di ITA (70% della somma di Euro 4.900,00, stabilita con riferimento al valore di Euro 98,00 pro-die per complessivi gg. 50); - Euro 2.480,63 per giorni 45 di ITR al 75 % (70% della somma di Euro 3.307,50 , stabilita con riferimento al valore di Euro 73,50 pro-die per complessivi gg. 45). Spettano agli interessi legali, su tutte le superiori somme devalutate alla data della causazione del danno ( 2/9/2013 ) e successivamente progressivamente rivalutate di anno in anno, calcolati dalla data del 2/9/2013 fino al soddisfo; - Euro 1.025,14 ( il 70 % di Euro 1.464,49 ), a titolo di spese mediche documentate, oltre agli interessi legali dalla domanda, ovvero dal 22/5/2014, al soddisfo. - Euro 84,00, equitativamente determinati (per il 70 % di 120,00 Euro ), quale danno subito dalla bicicletta, oltre agli interessi legali dalla domanda, ovvero dal 22/5/2014, al soddisfo In ragione della parziale soccombenza deve disporsi la compensazione, in ragione di 1/3, le spese di lite, ponendo i rimanenti 2/3 sulle parti convenute in rapporto di solidarietà gradata, rimanendo principalmente obbligata la (...) spa, liquidati, tali 2/3, in complessivi Euro 8.953,33 ( ottomilacinquecentocinquantatre/33 ) per competenze, Euro 440,00 per spese vive, oltre il 15 % di quanto liquidato per competenze a titolo di rimborso forfettario spese generali ed oltre IVA e CA. P.Q.M. Definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa, nella contumacia della convenuta (...) : Ritiene e dichiara che il sinistro stradale verificatosi in San Cataldo in data 2/9/2013, intorno alle ore 19,30 poco a monte della rotatoria esistente tra le vie P., P. e T. tra il minore (...), a bordo di un biclicletta, e la Sig.ra (...), proprietaria e conducente del veicolo (...), tg. (...), assicurato presso la Società (...) spa si è verificato per il 70 % per condotta colposa di guida della conducente della vettura, (...), la quale, provenendo dal (...) di San Cataldo, invece di svoltare a sinistra per impegnare la rotatoria ivi presente, svoltava repentinamente a destra in direzione della via P., così generando, in quanto proveniente da strada in salita in parte occultata e non visibile al minore, un " effetto sorpresa " e per il 30 % per condotta colposa del minore (...), il quale non si arrestava allo stop esistente sulla via P., dallo stesso percorsa. - Condanna, per l'effetto, la convenuta Società (...) spa ed in via di gradata solidarietà la convenuta (...), al pagamento in favore degli attori (...), nato a S. C. il (...) (CF (...) ) (...), nata S. C. il (...) ( CF: (...) ), n.q. di genitori del minore (...), nato a C. il (...), delle seguenti somme : - Euro 36.134,83 ( trentaseimilacentrotrentaquattro/83 ) ( ammontante al 70 % di Euro 51.621,18 ) a titolo di danno biologico, liquidato alla luce delle tabelle del Tribunale di Milano del biennio 2018-2019 per la percentuale del 15 % di invalidità permanente residuata e l'età di anni 12 del danneggiato al momento della causazione del danno, già maggiorato, in personalizzazione, del 2 % ; - Euro 3.430,00 ( tremilaquattrocentotrenta/00 ) per giorni 50 di ITA ( 70 % della somma di Euro 4.900,00 , stabilita con riferimento al valore di Euro 98,00 pro-die per complessivi gg. 50 ) ; - - Euro 2.480,63 ( duemilaquattrocentoottanta/63 ) per giorni 45 di ITR al 75 % ( 70 % della somma di Euro 3.307,50 , stabilita con riferimento al valore di Euro 73,50 pro-die per complessivi gg. 45 ). Oltre agli interessi legali, su tutte le superiori somme, devalutate alla data della causazione del danno ( 2/9/2013 ) e successivamente progressivamente rivalutate di anno in anno, interessi calcolati dalla data del 2/9/2013 fino al soddisfo; - Euro 1.025,14 (milleventicinque/14) ( il 70 % di Euro 1.464,49), a titolo di spese mediche documentate, oltre agli interessi legali dalla domanda, ovvero dal 22/5/2014, al soddisfo. - Euro 84,00 (ottantaquattro/00), equitativamente determinati (per il 70 % di 120,00 Euro), quale danno subito dalla bicicletta, oltre agli interessi legali dalla domanda, ovvero dal 22/5/2014, al soddisfo. Compensa in ragione di 1/3 le spese di lite; pone i rimanenti 2/3 sulla parte convenuta, liquidati, tali 2/3, in complessivi Euro 8.953,33 ( ottomilacinquecentocinquantatre/33 ) per competenze, Euro 440,00 per spese vive, oltre il 15 % di quanto liquidato per competenze a titolo di rimborso forfettario spese generali ed oltre IVA e CA. Così deciso in Caltanissetta, il 20 aprile 2019. Depositata in Cancelleria il 23 aprile 2019.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Il Tribunale di Caltanissetta in funzione di Giudice del lavoro, nella persona della dott.ssa Federica Amoroso all'udienza di discussione del giorno 17 aprile 2019 ha pronunciato, ex art. 429 c.p.c. dando lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, la seguente SENTENZA nella cause riunite iscritte al n. 1140 / 2017, al n. 1141/2017 e al n. 1143/17 R.G. promossa da (...) ( c.f. (...) ) rappresentato e difeso dall' avv. MA.GI. per procura come in atti ; -ricorrente- Contro ASSESSORATO REGIONALE LAVORO - DIPARTIMENTO LAVORO - ISPETTORATO PROVINCIALE LAVORO DI CALTANISSETTA rappresentato e difeso ope legis dall'avv. AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO DI CALTANISSETTA -resistente - MOTIVI DELLA DECISIONE In fatto e in diritto Con distinti ricorsi depositati in data 24/07/2017 il ricorrente, come in epigrafe indicato ha proposto opposizione avverso l'ordinanza ingiunzione n. 17/0245 prot. n. (...) del 22.06.2017, notificata in data 26.06.2017 emessa in data dalla DTL , con la quale veniva intimato il pagamento della somma di Euro 71.550,00 oltre Euro 6,20 per diritti di notifica per complessive Euro 71.556,20 per sanzioni Ispettorato del Lavoro .Segnatamente deduceva che gli erano state contestate le seguenti violazioni di legge: 1) D.L. 22 FEBBRAIO 2002, N. 12 CONVERTITO IN L. 23 APRILE 2002, N. 73 - art. 3, comma 3, come modificato dall'art. 36 bis comma 7 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248; 2) D.L. 1 OTTOBRE 1996, N. 510 CONVERTITO CON MODIFICAZIONI IN L. 28 NOVEMBRE 1996, N. 608 - art. 9 bis, comma 2; 3) D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181 - Art. 4 bis, comma 2, così come sostituito dall'art. 5, comma 3 - L. n. 183 del 2010; 4) L. 29 aprile 1949, n. 264 articolo 21, come sostituito dall'art. 6, comma 3 del D.Lgs. n. 297 del 2002 - Art. 21, come sostituito dall'art. 6, comma 3 del D.Lgs. n. 297 del 2002; Esponeva, peraltro che, la lavoratrice (...), con ricorso avente R.G. 1100/2016 depositato in data 22.06.2016 e notificato il giorno 11.07.2016, ha adito il (...) presso il Tribunale di Caltanissetta, aveva affermato di aver prestato la propria attività lavorativa, nella qualità di "addetta alle pulizie", dal 24 gennaio 2009 al 22 Aprile 2014, alle dipendenze e con vincolo di subordinazione presso la ditta individuale "(...)" di (...), sita in C., nel Viale della R. n. 1 e che, pertanto, la stessa aveva concluso chiedendo al Tribunale adito di riconoscerle un credito complessivo pari ad Euro 21.310,26, di cui Euro 18.852,26 a titolo di differenze retributive ed euro Euro 2.457,92 a titolo di TFR. A fondamento dell'opposizione, affermava l'insussistenza di alcun rapporto di lavoro subordinato tra la ricorrente e la lavoratrice trattandosi, invero, di legame lavorativo unicamente di natura occasionale, appalto per la pulizia dei locali basato su un accordo verbale tra la Sig.ra (...) e il Sig. (...), che si svolgeva saltuariamente durante la settimana, nei giorni che vanno dal Lunedì al Venerdì, senza alcuna regolarità. Concludeva, dunque, chiedendo l'annullamento dell'ordinanza ingiunzione, con vittoria di spese e compensi del giudizio. Instauratosi il contraddittorio si costituiva in giudizio la Direzione Territoriale del Lavoro spiegando difese volte al rigetto dell' opposizione riportandosi agli accertamenti effettuati in sede ispettiva. Autorizzato il deposito di note, all'odierna udienza, previa discussione orale, veniva pronunciata sentenza della quale veniva data lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. Va preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso in quanto proposto nelle forme dell'opposizione all'esecuzione ex articolo 615 c.p.c. Preme, infatti, rilevare che la sola intestazione del ricorso quale ricorso ex artt. 615-642 c.p.c. non è tale da determinare l'inammissibilità dell'opposizione, sussistendo nel caso di specie i presupposti per inquadrare, correttamente, il ricorso nell'ambito dell'opposizione ex art. ex art. 6 D.Lgs. n. 150 del 2011. Segnatamente, l'opposizione risulta correttamente instaurata nel termine di 30 giorni dalla notifica del provvedimento impugnato e, con la stessa, il ricorrente intende contestare il fondamento giustificativo della pretesa azionata. Pertanto , prescindendo dal nomen iuris l'opposizione può essere correttamente inquadrata nell'ambito dell'unico rimedio specifico che la legge prevede per queste controversie ovvero il procedimento d'opposizione ad ordinanza ingiunzione ex art.22 L. 24 novembre 1981, n. 689 (oggi articolo 6 del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150), che consolida l'interesse all'azione e legittima la proposizione della controversia, legata a specifici criteri per la determinazione di rito applicabile e competenza per territorio che, nel caso di specie, sussistono. Tanto premesso, nel merito l'opposizione è fondata e merita accoglimento per quanto di ragione. L'ordinanza ingiunzione n. 17/0245 trae origine dal verbale di primo accesso ispettivo n.21 del 01/08/2014 effettuato nei confronti del " (...)" di (...) all'esito del quale , dopo aver raccolto le dichiarazioni della lavoratrice, gli ispettori verbalizzanti hanno ritenuto che il (...) avrebbe impiegato in nero, con rapporto di lavoro subordinato, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro, la lavoratrice (...) nel periodo dal 24/19/2009 al 31/01/2014. Sul punto, preme ricordare che la subordinazione si sostanzia in un vincolo di assoggettamento gerarchico consistente nella sottoposizione a direttive impartite dal datore di lavoro, in conformità alle esigenze aziendali (o datoriali) tali da inerire all'intrinseco svolgimento della prestazione e che l'elemento decisivo che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato dal lavoro autonomo è l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro e il conseguente inserimento del lavoratore in modo stabile ed esclusivo nell'organizzazione aziendale (cfr. Cass., civ. sez. lav., 9/3/2009 n. 5645). In materia la giurisprudenza di legittimità ha precisato che ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato che di rapporto di lavoro autonomo, a seconda delle modalità del suo svolgimento. Peraltro, anche l'osservanza di un orario, la continuità della prestazione e l'erogazione di un compenso continuativo possono avere valore indicativo, ma mai determinante, e l'esistenza del vincolo va concretamente apprezzata dal giudice di merito con riguardo alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione (Cass. Civ. sez. lav. 11 febbraio 2004, n. 2622). Giova premettere che "In tema di distinzione tra rapporto di lavoro subordinato ed autonomo, l'organizzazione del lavoro attraverso disposizioni o direttive - ove le stesse non siano assolutamente pregnanti ed assidue, traducendosi in un'attività di direzione costante e cogente atta a privare il lavoratore di qualsiasi autonomia - costituisce una modalità di coordinamento e di eterodirezione propria di qualsiasi organizzazione aziendale e si configura quale semplice potere di sovraordinazione e di coordinamento, di per sé compatibile con altri tipi di rapporto, e non già quale potere direttivo e disciplinare, dovendosi ritenere che quest'ultimo debba manifestarsi con ordini specifici, reiterati ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa e non in mere direttive di carattere generale, mentre, a sua volta, la potestà organizzativa deve concretizzarsi in un effettivo inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale e non in un mero coordinamento della sua attività." (Cass. Civ., Sez. L, 22/12/2009, n. 26986). È ben vero che nel caso in cui le mansioni inerenti alla prestazione siano elementari, ripetitive e predeterminate nelle modalità di esecuzione (o, all'opposto, dotate di notevole contenuto intellettuale), il concetto di eterodirezione risulta "attenuato", ma tale affermazione non può indurre a ritenere integrato il requisito della subordinazione per il sol fatto che tali mansioni siano state svolte. Nel caso che ci occupa, grava sull'autorità - opposta la prova dei fatti che costituiscono il fondamento della sanzione amministrativa, in quanto il ricorso dell'opponente introduce un ordinario giudizio, di merito, sul fondamento della pretesa fatta valere con l'ordinanza - ingiunzione; di conseguenza, anche ai fini della ripartizione dell'onere probatorio, la veste di attore sostanziale è rivestita da parte opposta (autorità), mentre la veste di convenuto sostanziale è ricoperta dalla parte opponente. Invero, la Direzione Territoriale non ha dimostrato la sussistenza del rapporto di subordinazione asseritamente sussistente tra la lavoratrice (...) e l'odierno opponente. E infatti, al fine di provare la le violazioni commesse in relazione alla posizione lavorativa di relativamente al periodo, non è sufficiente la semplice produzione in atti del verbale ispettivo che, in quanto atto redatto da pubblico ufficiale, fa piena prova, sino a querela di falso, esclusivamente di quanto l'ispettore dichiara di aver accertato di persona; mentre invece le dichiarazioni raccolte dal pubblico ufficiale, per poter assumere la dignità di piena prova, devono essere confermate in sede di giudizio dai soggetti che le hanno rese, assumendo -in mancanza della predetta conferma- il valore di semplici elementi di valutazione liberamente apprezzabili dal Giudice. La stessa Cassazione in diverse occasioni ha ritenuto che le dichiarazioni acquisite in sede ispettiva possono avere rilevanza probatoria esclusivamente se ed in quanto confermate in giudizio dai soggetti che le dichiarazioni hanno reso (tra tutte Cass. n. 12108/2010; n. 17555/2002; n. 9962/2002; n. 6110/1998). In base a tale orientamento, infatti, "i verbali redatti dagli ispettori del lavoro o dai funzionari degli enti previdenziali fanno piena prova, fino a querela di falso, unicamente dei fatti attestati nel verbale di accertamento come avvenuti alla presenza del pubblico ufficiale o da lui compiuti, mentre la fede privilegiata certamente non si estende alla verità sostanziale delle dichiarazioni ovvero alla fondatezza di apprezzamenti o valutazioni del verbalizzante" (Cass. SS. UU. N. 12545/1992, n. 17355/2009). In particolare, con la sentenza n. 17555/2002, la Corte, relativamente alla questione della rilevanza dei verbali ispettivi, si riportava ai principi elaborati dalla giurisprudenza secondo i quali "i verbali redatti dal pubblico ufficiale incaricato di ispezioni circa l'adempimento degli obblighi contributivi, mentre fanno piena provai fino a querela di falso, dei fatti che lo stesso pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza od essere stati da lui compiuti, non hanno invece alcun valore precostituito, neanche di presunzione semplice, riguardo alle altre circostanze in detti verbali indicate o riferite". Sempre in conformità a tale orientamento, la Corte ha affermato che : "per quanto concerne la verità di dichiarazioni rese da terzi al pubblico ufficiale, la legge non attribuisce al verbale alcun valore probatorio precostituito, neppure di presunzione semplice, ma il materiale raccolto dal verbalizzante deve essere liberamente apprezzato dal giudice, il quale può valutarne l'importanza ai fini della prova, ma non può mai attribuirgli il valore di vero e proprio accertamento addossando l'onere di fornire la prova contraria al soggetto sul quale non grava" (Cass. n. 1786/2000, n. 6110/1998; n. 3973/1998; n. 6847/1987). Da ultimo, preme rilevare che all'udienza di discussione della causa il ricorrente ha prodotto sentenza N. 23/2019 emessa in data dal Tribunale di Caltanissetta in funzione di giudice del lavoro che ha rigettato il ricorso proposto dalla lavoratrice proprio sul presupposto dell'assenza di prova in ordine alla sussistenza del vincolo di subordinazione. Per tutto quanto esposto e considerato l'opposizione va accolta e per l'effetto l'ordinanza ingiunzione opposta va annullata. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. definitivamente pronunciando nella cause in epigrafe indicate; disattesa ogni contraria istanza eccezione o difesa; accoglie il ricorso e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato; condanna l'Assessorato Regionale del Lavoro alla refusione delle spese di lite che si liquidano complessivamente in Euro 5.000,00 oltre spese generali al 15% IVA e CPA come per legge; Così deciso in Caltanissetta, il 17 aprile 2019. Depositata in Cancelleria il 17 aprile 2019.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Sezione civile Nella persona del GOP, Dott.ssa Rosalba Musillami, nella causa civile recante il n. 1152/2015 R.G. Affari Civili Contenziosi avente ad oggetto azione di rivendicazione, vertente tra (...) ((...)), nata a S. (L.) il (...) e residente a R., in via (...); (...) (C.F.: (...)), nata a R. il (...) e residente a F. (R.), in viale (...); (...) (C.F.: (...)), nata a R. il (...) ed ivi residente in via (...); (...) (C.F.: (...)), nato ad A. il (...) e residente a R., via (...); (...) (C.F.: (...)), nato a R. il (...) e residente in S. P. S. (V.), via (...) tutti rappresentati e difesi, per procura a margine dell'atto di citazione, dall'Avv. An.Ve. del Foro di Roma ed elettivamente domiciliati in Caltanissetta, via (...) presso lo Studio dell'Avv. Ma.Vi. attori contro (...) (C.F.. (...)), nato a C. il g. (...), residente a (...) (C.), via (...), rappresentato e difeso, per procura a margine della comparsa di costituzione e risposta dall'Avv. Sa.Fe. ed elettivamente domiciliato presso lo Studio del suo procuratore in Caltanissetta, viale (...) convenuto COINCISA ESPOSIZIONE DEI MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Gli attori hanno evocato in giudizio (...) al fine di ottenere sentenza di condanna al rilascio del terreno sito in (...) (C.) annotato in NCT al foglio (...), particella (...), di are 90 e centiare 20 nonché al pagamento di un'indennità per l'abusiva occupazione del bene a decorrere dal 2012 e sino a soddisfo da liquidarsi secondo i valori di zona o in via equitativa. Costituitosi in giudizio, il convenuto ha chiesto il rigetto della domanda, previa declaratoria di accertamento del possesso continuato e non interrotto per oltre venti anni da parte di esso stesso ed in via riconvenzionale ha avanzato domanda di usucapione del terreno con conseguente ordine al Conservatore dei RR.II. di trascrizione del titolo. La causa è stata istruita con documenti e prove testimoniali. Quindi all'udienza del 2 luglio 2018 è stata posta in decisione con termine alle parti per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. In via prodromica questo decidente deve evidenziare come il processo che ci vede impegnati sia giunto a lui all'esito dell'istruttoria compiuta da altro magistrato. In tema di azioni a difesa della proprietà l'azione di rivendicazione e quella di restituzione, pur tendendo al medesimo risultato pratico del recupero della materiale disponibilità del bene, hanno natura e presupposti diversi. E infatti, con la prima azione, di carattere reale, l'attore assume di essere proprietario del bene e, non essendone in possesso, agisce contro chiunque di fatto ne disponga onde conseguirne l'apprensione, previo riconoscimento del suo diritto di proprietà. Viceversa, con l'azione di restituzione, avente natura personale, colui che agisce in giudizio mira solo ad ottenere la riconsegna del bene stesso, sì da potersi limitare alla dimostrazione dell'avvenuta consegna in base ad un titolo e del successivo venir meno di questo per qualsiasi causa, o ad allegare l'insussistenza "ab origine" di qualsiasi titolo. Colui che agisca in rivendica deve provare la sussistenza dell'asserito diritto di proprietà sul bene anche mediante i propri danti causa fino a risalire ad un acquisto a titolo originario, ovvero dimostrando il compimento dell'usucapione. Tuttavia secondo un orientamento giurisprudenziale il rigore della prova della proprietà nell'azione di rivendicazione è attenuato in alcune ipotesi in cui - come nel caso di specie - il convenuto sostiene, in via riconvenzionale, di aver acquistato per usucapione la proprietà del bene rivendicato, riducendosi in tal caso l'onere probatorio posto a carico dell'attore in rivendicazione alla prova di valido titolo di acquisto da parte sua e dell'appartenenza del bene ai suoi danti causa in epoca anteriore a quella in cui il convenuto assuma di aver iniziato a possedere, nonché alla prova che quell'appartenenza non è stata interrotta da un possesso idoneo ad usucapire da parte del convenuto (Cass. 19 ottobre 2017 n. 24722 e Cass. 4 gennaio 2017 n. 83). Nella fattispecie pertanto l'azione posta in essere dagli attori può qualificarsi quale azione di rivendicazione. Gli attori infatti hanno provato mediante produzione dei titoli di proprietà di essere titolari della "res controversa" per atto di divisione del 3.6.2009 in Notar (...) (Rep. (...) - racc. (...) - trascritto il 02.7.2009) con assegnazione del bene facente parte della eredità ad essi pervenuta per successione mortis causa dei Sigg.ri (...) (deceduto il 23.6.2002), (...) (deceduto il 9.8.1973), (...) (deceduta il 6.5.1977); (...) (deceduta il 5.12.1915), (...) (deceduto il 03.9.1994), (...), (...), (...), i quali - a loro volta - ad eccezione di (...), ne erano proprietari per successione ereditaria da (...), classe 1880, il cui diritto reale era stato riconosciuto con sentenza del Tribunale di Caltanissetta del 09.12.1965 e, quanto a (...), (...) e (...) per 1/8 indiviso dal congiunto (coniuge e padre) (...) deceduto, ab intestato, 23.9.2008, mentre (...) e (...) per 1/7 dal padre (...) deceduto, ab intestato, il 09.08.1973, giusta denuncie di successione in atti. Ciò posto la domanda avanzata dagli attori è fondata. Essi, in quanto muniti di valido titolo di proprietà, hanno diritto alla restituzione del lotto di terreno contro chiunque pretende di averne il possesso. Passando ad esaminare la domanda riconvenzionale avanzata dal convenuto (...), essa non può ritenersi parimenti fondata. L'acquisto della proprietà per usucapione dei beni immobili si fonda su una situazione di fatto caratterizzata dal mancato esercizio del diritto da parte del proprietario e dalla prolungata signoria di fatto sulla cosa da parte di chi si sostituisce a lui nella utilizzazione di essa (possesso uti dominus). L'ordinamento stabilisce che la prova dell'avvenuto usucapione deve essere rigorosa, ossia è necessario vi sia una prova certa per consentire la legittimazione al sacrificio delle regioni del diritto di proprietà (la giurisprudenza ha chiarito che non basta dire che il possesso si protrae da "tempo immemorabile" bensì è necessario fornire prova certa della data di inizio del possesso). La prova dei requisiti necessari per la determinazione dell'avvenuto usucapione può essere fornita con tutti i mezzi di prova previsti dal nostro ordinamento tra cui certamente la prova testimoniale. Esaminando le prove acquisite, ed in particolare la testimonianza di (...), emerge che quanto dichiarato dai testi citati dal convenuto F. portano univocamente in unica direzione ossia che (...), padre dell'odierno convenuto, ebbe la detenzione del terreno su disposizione del proprietario (...), nonno degli attori (cfr: testimonianza (...) del 4.9.2017). E' evidente che egli, detentore del bene, spesso era sui luoghi come riferito dai testimoni (...) e (...). Perché possa configurarsi l'usucapione occorre tuttavia che vi sia non solo la detenzione materiale ma anche l'animus possidenti. In ordine al secondo requisito non può ritenersi maturato il tempo richiesto per l'acquisto a titolo originario. Ed infatti, come richiesto dagli attori, solo nel 2012 (...) ha iniziato a possedere il fondo uti dominus, provvedendo a recintare lo stesso e a ricoverarvi gli animali. Sul punto è risolutiva la testimonianza del Geom. (...), soggetto estraneo alle parti. Questi riferisce " negli anni 2006/2007 mi sono occupato, in qualità di tecnico...di formulare una proposta di divisione. Al fine di formulare tale proposta mi sono recato...anche su quello di Milena oggetto della domanda...non ho trovato nessuno sul fondo...ho constatato che lo stesso presentava erbacce...nel 2014...(...)...mi chiedeva di valutare nuovamente il terreno....mi sono recato per effettuare una ricognizione...ed al centro del fondo ho trovato una piccola porzione recintata con paletti e rete metallica" Dal tenore della deposizione si ricava che sino al 2006/2007 il terreno de quo era incolto e che invece già nel 2014 esso era stato recintato. Si ricava pertanto che, se pure già in epoca precedente al 2006 (...) ed il di lui padre, (...), abbiano avuto la materiale disponibilità del fondo ciò è avvenuto per la tolleranza dei precedenti proprietari. Tale detenzione però non è utile ai fini del decorso del tempo per usucapire, dovendo invero ritenersi che solo con la recinzione del terreno il convenuto ha iniziato ad esercitare il potere di fatto sulla cosa. "L'interversione idonea a trasformare la detenzione in possesso non può avvenire mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in un uno o più atti esterni, sebbene non riconducibili a tipi determinati, dai quali sia consentito desumere la modificata relazione di fatto con la cosa detenuta, in opposizione al possessore. L'interversione del possesso, quindi, pur potendo realizzarsi mediante il compimento di attività materiali in grado di manifestare inequivocabilmente l'intenzione di esercitare il possesso esclusivamente nomine proprio, richiede sempre, ove il mutamento del titolo in base al quale il soggetto detiene non derivi da causa proveniente da un terzo, che l'opposizione risulti inconfondibilmente rivolta contro il possessore e cioè contro colui per conto del quale la cosa era detenuta, in guisa da rendere esteriormente riconoscibile all'avente diritto che il detentore ha cessato di possedere nomine alieno e che intende sostituire al preesistente proposito di subordinare il proprio potere a quello altrui, l'animus di vantare per sé il diritto esercitato, convertendo così in possesso la detenzione, anche soltanto precaria, precedentemente esercitata" (Cass. sent. n. 8900/2013). Pertanto, ove la relazione con la res abbia avuto inizio a titolo di detenzione o di tolleranza e sia proseguita anche per molti anni per l'inerzia dei proprietari nel richiedere la restituzione della cosa, non sussistono elementi idonei per l'operatività della norma dell'art. 1141, 2 comma c.c. (in base alla quale chi ha cominciato ad avere la detenzione, non può acquistare il possesso finché il titolo non sia mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il possessore). Fondata è altresì la domanda di indennità di occupazione del terreno avanzata dagli attori. Come chiarito dalla Suprema Corte, nelle ipotesi di "occupazione senza titolo di un cespite immobiliare altrui, il danno per il proprietario usurpato è in re ipsa, ricollegandosi al semplice fatto della perdita della disponibilità del bene da parte del dominus ed alla impossibilità per costui di conseguire l'utilità anche solo potenzialmente ricavabile dal bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso" (da ultimo, Cass. 1 marzo 2011 n. 5028, Cass., Sez. 2, dell'8 marzo 2010, n. 5568; Cass., Sez. 3, dell'11 febbraio 2008, n. 3251; Cass., Sez. 3, dell''8 maggio 2006, n. 10498). Per la determinazione del danno, come da insegnamento dei giudici di legittimità, occorre fare riferimento al c.d. "danno figurativo". Nella fattispecie, come riferito da tutti i testimoni, il terreno per posizione e natura non si presta ad essere agevolmente coltivato. Esso dunque a null'altro può essere destinato se non al pascolo. Si ritiene pertanto equo stabilire un'indennità di Euro 100,00 per ogni anno di detenzione, a decorrere dalla domanda e sino all'effettivo rilascio. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate, secondo i criteri di cui al D.M. n. 55 del 2014. P.Q.M. Il Tribunale, in persona del Giudice onorario, definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza ragione ed eccezione 1) accoglie la domanda di parte attrice; 2) condanna (...) alla restituzione del terreno sito in (...) (in NCT fg. (...), particella (...) della superficie di are 90 e centiare 20); 3) condanna (...) a corrispondere agli attori un'indennità di Euro 100,00 per ogni anno di detenzione e ciò a decorrere dall'anno 2012 e sino al rilascio. 4) condanna il convenuto al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 7.254,00 per compensi, Euro 671,29 per spese vive, oltre al 15% per rimborso spese generali, CPA ed Iva come per legge. Così deciso in Caltanissetta il 22 febbraio 2019. Depositata in Cancelleria il 25 febbraio 2019.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Il Giudice del Tribunale di Caltanissetta, Ivana Francesca Mancuso, in funzione di Giudice del Lavoro, all'udienza del 12 febbraio 2019 dando lettura del dispositivo e dell'esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa promossa da (...), (C.F. (...)) rappresentato e difeso dall'Avv. TE.CA. ed elettivamente domiciliato in VIA (...) RIESI - ricorrente - contro Istituto Nazionale della Previdenza Sociale I.N.P.S., in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti dell'INPS Ca.Ru. e St.Do. ed elettivamente domiciliato in Caltanissetta Via (...) presso l'avvocatura distrettuale dell'INPS resistente In fatto e in diritto Con ricorso depositato il 11/09/2015 la ricorrente indicata in epigrafe ha convenuto in giudizio l'INPS e la soc. coop agricola (...), chiedendo che venisse accertato che per gli anni 2010 e 2011 aveva svolto attività di bracciante agricolo, consistente nell'attività di raccolta di frutta, e con conseguente declaratoria dell'illegittimità dei provvedimenti emessi dall'INPS con i quali l'Istituto previdenziale aveva richiesto la restituzione della prestazione agricola e degli altri trattamenti erogati negli anni 2010 e 2011 ed aveva respinto le domande di disoccupazione agricola per i medesimi anni in quanto non risultava più iscritta negli elenchi anagrafici. Considerato che i provvedimenti impugnati erano stati emessi in esito ad un'ispezione che aveva condotto l'INPS ad inquadrare la società datrice quale azienda dedita all'attività di commercio all'ingrosso, la ricorrente ha chiesto, in via subordinata l'accertamento dell'inquadramento nel fondo lavoratori dipendenti, con conseguente condanna della società datrice all'adeguamento della posizione contributiva. Si è costituito l'INPS ha preliminarmente eccepito l'incompetenza territoriale, atteso che la società ha sede a Catania, nel merito ha chiesto il rigetto del ricorso non potendo qualificare come agricola l'attività svolta dalla ricorrente. Nel corso del giudizio è stata svolta prova testimoniale ed indi all'odierna udienza la causa è stata chiamata per la decisione. Deve premettersi che il presente ricorso si inserisce in un più ampio contenzioso promosso da vari lavoratori della società (...), nei confronti dei quali l'INPS ha emesso provvedimenti analoghi a quelli impugnati nel presente giudizio e che sono stati istruiti con risultati sostanzialmente coincidenti al presente, avendo tutti i testi riferito di essersi occupati di raccolta ed incassettamento della frutta e di non sapere chi fosse il proprietario dei terreni ove veniva raccolta la frutta e cosa facesse il titolare della (...) con le cassette di frutta. Alcune delle predette controversie sono state già decise da questo Tribunale con sentenze nn. 545, 546, 547 e 549 del 2018 (est. Latorre) ed il giudicante condivide in toto le motivazioni ivi espresse, alle quali si richiama e che vengono qui di seguito riportate ai sensi dell'art. 118 disp. att. c.p.c. 2) Gli esiti dell'attività istruttoria Riassunte le ragioni del contendere si rileva che il ricorso è fondato nei termini che saranno di seguito illustrati partendo dall'esame di quanto accertato nel corso dell'istruttoria. I testi escussi nel presente giudizio hanno concordemente riferito che parte ricorrente per i periodi oggetto di causa ha lavorato coltivando la terra e raccogliendone i frutti. L'unico elemento certo è che parte ricorrente ha saputo che la (...) Soc. Coop. Agricola ha impiegato braccianti e che l'effettivo luogo di lavoro è stato conosciuto o comunicato di volta in volta dal caposquadra, identificato con V.M., legale rappresentante della (...). Arrivati a destinazione, i braccianti sulla base di indicazioni di massima, hanno proceduto alla coltivazione oppure alla raccolta dei frutti. Ma oltre tale dato, nulla è stato specificato sul luogo di lavoro, i mezzi, la proprietà dei terreni coltivati o interessati dall'attività lavorativa. In altri termini non si sa quali siano stati la dimensione o il contesto aziendale, nonché la dinamica dell'attività produttiva. Inoltre sulla attendibilità dei testi, anche se non vi è prova del mendacio, vi sono molti dubbi, atteso che gli stessi parimenti coinvolti in contenzioso analogo hanno analogo interesse alla definizione della causa. Senza considerare che moti testi escussi hanno rapporti di amicizia se non di parentela. A conclusione dell'attività istruttoria non è dato comprendere se la (...) sia stata una società di intermediazione (illecita, in mancanza di autorizzazione) del lavoro o se sia stata una società di vendita all'ingrosso di prodotti agricoli. 3) La natura dell'attività del datore di lavoro Nel caso di specie l'I.N.P.S. ha contestato la natura agricola della (...), da qualificare piuttosto come società commerciale perchè dedita alla trasformazione o alla commercializzazione di prodotti agricoli. Nel rimarcare il valore probatorio del verbale di accertamento ispettivo nei confronti della (...), è stato evidenziato che i funzionari dell'ente hanno riportato (pag. 4) le dichiarazioni rese dall'amministratore unico, V.M., secondo cui gli operai assunti "sono stati occupati presso i magazzini nella disponibilità della ditta e dislocati tra (...), (...) e (...)". Non è stato fatto alcun riferimento alla disponibilità di terreni. Si osserva al riguardo come, per costante giurisprudenza, i verbali e le attestazioni provenienti da funzionari ispettivi degli istituti previdenziali e assistenziali possano far fede fino a querela di falso soltanto della loro provenienza dal pubblico ufficiale che li ha sottoscritti, del contenuto delle dichiarazioni e di altri fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza o di quanto egli stesso dichiari di aver compiuto in riferimento alle attività di polizia amministrativa o giudiziaria al medesimo attribuite. A norma dell'art. 3 primo comma del D.L. 12 settembre 1983, n. 463 convertito in L. 11 novembre 1983, n. 638 i funzionari ispettivi degli istituti previdenziali e assistenziali esercitano gli stessi poteri degli ispettori del lavoro in materia di polizia amministrativa, quando vigilano sull'osservanza da parte degli imprenditori delle leggi sulla tutela del lavoro e sulla previdenza e assistenza obbligatorie (in particolare in materia di sicurezza dei lavoratori e dell'ambiente di lavoro e in materia di adempimento o esatto adempimento dei versamenti contributivi) oppure quando svolgono funzioni di polizia giudiziaria nello svolgimento delle prime indagini dopo avere ricevuto notizie di reati in materia previdenziale o di lavoro. Per le altre circostanze di fatto che il verbalizzante segnali di aver accertato nel corso dell'inchiesta per averle apprese "de relato" o in seguito ad ispezione di documenti, il materiale raccolto è liberamente apprezzabile dal giudice, il quale può anche considerarlo prova sufficiente delle circostanze riferite dal pubblico ufficiale qualora il loro specifico contenuto probatorio o il concorso di altri elementi rendano superfluo l'espletamento di altri mezzi istruttori (v. Cass. L. del 10 aprile 1995, n. 3853; Cass. L. del 2 ottobre 2002, n. 14158). La valutazione degli esiti dell'attività ispettiva, tenuto conto di quanto appreso dall'attività processuale, non può che essere positiva nel senso di dimostrare che l'attività aziendale della (...) non è attività agricola. 4) Sulla natura dell'attività della società datrice di lavoro Ai fini della decisione occorre innanzitutto rilevare che il regime previdenziale e assistenziale non è dettato dal tipo di attività svolta dal lavoratore, ma dalla natura giuridica del datore di lavoro. Infatti la medesima attività può configurare una attività del settore agricolo o del settore commercio o del settore industria a seconda che venga svolta alle dipendenze di un imprenditore agricolo, commerciale o industriale. "La dottrina specialistica, nell'interpretazione della locuzione "coltivazione del fondo", che è contenuta nel primo comma dell'art. 2135 c.c. e che costituisce, insieme con la silvicoltura e l'allevamento del bestiame, un'attività "essenzialmente" o "principalmente" agricola, ha tradizionalmente posto l'accento sul rilievo che con l'espressione indicata il legislatore ha voluto fare riferimento al complesso dei lavori che sono necessari per conseguire i prodotti immediati e diretti della terra, lavori che hanno inizio con l'aratura del terreno e che si concludono con il raccolto dei frutti. D'altra parte, poiché il medesimo articolo di legge considera agricole anche le cosiddette. attività connesse e qualifica tali, nel secondo comma, quelle che sono "dirette alla trasformazione o all'alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell'esercizio normale dell'agricoltura", la giurisprudenza ha da tempo precisato che, per aversi "connessione", occorre che le attività di trasformazione o di alienazione dei prodotti debbano essere complementari ed accessorie alla coltivazione del fondo, in quanto finalizzate all'integrazione e al completamento dell'utilità economica derivante dalla coltivazione "in rapporto di armonica normalità con questa" (v. per tutte Cass. l febbraio 1984 n. 786). Pertanto, come pure è stato affermato in dottrina, condizione oggettiva indispensabile, perché un'attività di per sè non agricola sia considerata tale per connessione, è che ricorra - oltre all'elemento soggettivo, dato, di norma, dallo svolgimento dell'attività connessa da parte del medesimo soggetto che esercita una delle tre attività agricole principali previste dall'art. 2135 c.c. (cui adde l'attività dell'acquacoltura: v. la L. 5 febbraio 1992, n. 102) l'elemento dell'accessorietà, potendo riconoscersi la suddetta condizione solamente se l'attività connessa inerisca al consueto e ben delimitato ciclo dell'economia agraria (in tal senso, per quanto riguarda la giurisprudenza, cfr. Cass. 18 maggio 1991 n. 5594 e Cass. 23 febbraio 1977 n. 819, in motivazione). Ne consegue che deve essere esclusa qualsiasi ipotesi di connessione quando l'attività, oltre a perseguire, in generale, finalità inerenti alla produzione agricola, risponda soprattutto ad altri scopi, commerciali o industriali, e realizzi quindi utilità del tutto indipendenti dall'impresa agricola o comunque prevalenti rispetto ad essa (vedi in proposito Cass. 8 gennaio 1966 n. 150; v. pure Cass. 6 giugno 1974 n. 1682, che esclude la connessione quando l'attività abbia in concreto assunto sviluppo e dimensioni tali da renderla principale e preponderante rispetto a quella agricola; sul concetto di autonomia e prevalenza rispetto all'attività agricola vedi anche Cass. 12 giugno 1964 n. 1478 e Cass. 14 ottobre 1988 n. 5590). Da quanto precede risulta evidente che in tanto si può parlare di lavoro subordinato svolto nel settore, dell'agricoltura (e quindi di rapporto di lavoro agricolo) in quanto la prestazione lavorativa sia adempiuta nei confronti di un imprenditore che eserciti un'attività agricola in senso stretto o un'attività connessa in base alle norme contenute nell'art. 2135 c.c. (e successive integrazioni) e interpretate dalla dottrina e dalla giurisprudenza, nel senso sopra indicato; e, per converso, non può definirsi rapporto di lavoro agricolo quello che dal prestatore d'opera subordinato è esercitato per conto di un imprenditore la cui attività sia rivolta alla trasformazione e alla alienazione di prodotti senza alcuna connessione con la coltivazione del fondo (sempre nel senso sopra indicato), potendo una tale prestazione essere collegata solamente al settore industriale o a quello commerciale, ma non a quello agricolo". (Sez. U, Sentenza n. 265 del 1997) Ma come chiarito con successiva sentenza della Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1344 del 21/01/2013 "Nell'attività dell'impresa agricola - con riferimento al testo, "ratione temporis" applicabile, anteriore alla novella di cui al D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228 - rientrano - oltre alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura ed all'allevamento del bestiame (cui la L. n. 102 del 1992 ha aggiunto l'acquacoltura) - anche le lavorazioni connesse, complementari ed accessorie, dirette alla trasformazione ed alienazione dei prodotti agricoli, ove sia riscontrabile uno stretto collegamento fra l'attività agricola principale e quella di trasformazione dei prodotti, come finalizzata all'integrazione od al completamento dell'utilità economica derivante dalla prima secondo il naturale svolgimento del ciclo produttivo; deve invece escludersi questo vincolo di strumentalità o complementarità funzionale quando l'attività dell'imprenditore, oltre a perseguire finalità inerenti alla produzione agricola, risponda soprattutto ad altri scopi, commerciali o industriali, e realizzi quindi utilità del tutto indipendenti dall'impresa agricola o comunque prevalenti rispetto ad essa" (in senso conforme Sez. 5, Sentenza n. 8128 del 22/04/2016). In conclusione la natura agricola dell'attività lavorativa di parte ricorrente non è idonea a qualificare come agricola l'attività della (...), occorrono ulteriori elementi idonei a dimostrare lo stretto collegamento tra coltivazione del fondo e trasformazione dei prodotti della terra, nonché la prevalenza e l'inerenza dell'attività agricola propriamente detta rispetto a quella volta alla commercializzazione. A ben vedere manca pure la dimostrazione del possesso di terreni da coltivare oltre che della correlazione tra terreni disponibili e fabbisogno di mano d'opera, proprio per poter valutare il nesso tra i due fattori dell'attività economica. Del resto la contestazione dell'INPS ha propriamente riguardato la qualificazione giuridica del datore di lavoro sulla base delle indagini ispettive, mentre era onere di parte ricorrente dimostrare che nella attività generale della (...) ha avuto prevalenza l'attività di coltivazione e/o trasformazione del prodotto peraltro proveniente da campi di terzi. 5) L'imprenditore agricolo L'imprenditore agricolo ai sensi dell'art. 2133 c.c. è colui che esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge. Nel caso in esame non si configura nessuno di questi requisiti perché la società datrice di lavoro non risulta né proprietaria né conduttrice dei fondi, anzi i testi riferiscono che la disponibilità era di terzi nè possono essere sottaciuti i sospetti per cui si sia trattato di società di intermediazione del lavoro. Ciò che emerge piuttosto è una attività di intervento nella gestione di manodopera limitatamente alla fase della raccolta. 6) Il lavoratore agricolo La natura industriale o agricola dell'attività imprenditoriale va accertata, non sulla base di criteri generali ed astratti ma, in conformità all'enunciazione del comma 1 dell'art. 2070 c.c., posta in necessario collegamento con gli art. 2195 e 2135 dello stesso codice, sulla base dell'attività effettivamente esercitata da tale società (Cassazione civile, sez. lav., 25 settembre 2003, n. 14279). Prima dell'entrata in vigore della L. 31 marzo 1979, n. 92 il personale dipendente da una società, impegnato nella raccolta di prodotti agricoli acquistati sulle piante dalla stessa società ai fini dello svolgimento della propria attività industriale, è stato soggetto alla disciplina assicurativa per il settore dell'industria e non a quella per il settore agricolo, configurandosi detta raccolta non come attività agricola, ai sensi degli art. 205, 206 e 207 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, ma come la fase iniziale (acquisizione della materia prima) del ciclo produttivo industriale ed essendo in contrario irrilevante la circostanza che l'ente datore di lavoro applicasse al personale anzidetto la contrattazione collettiva per gli operai ed i braccianti agricoli, anziché, come per gli altri suoi dipendenti addetti alla successiva lavorazione dei prodotti, quella per i lavoratori delle aziende alimentari. La disciplina dell'art. 6, lett. b), della L. 31 marzo 1979, n. 92 - che, in difformità dai criteri stabiliti dalla disciplina predetta, considera lavoratori agricoli, agli effetti delle norme di previdenza ed assistenza sociale, ivi comprese quelle relative all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, anche i dipendenti di imprese non agricole addetti alla attività di raccolta di prodotti agricoli, ha carattere non interpretativo ma innovativo, in quanto assegna natura agricola anche ad attività gestite fuori di un'azienda agricola e non riferibili ad un imprenditore agricolo, e, pertanto, non può essere oggetto di interpretazione estensiva. La norma si riferisce infatti alla attività di raccolta del prodotto acquistato sulla pianta da parte di una società non agricola, ma non può riferirsi ai dipendenti di una società, qualunque sia la forma, che si occupa della raccolta non in quanto fase del ciclo produttivo ma come oggetto esclusivo della sua attività di "fornitura" di manodopera. 7) Sugli obblighi contributivi del datore di lavoro In mancanza della prova della natura agricola della (...), ed in presenza di elementi che fanno emergere un rapporto di lavoro dipendente per impresa non agricola, deve essere rilevato l'obbligo del datore di lavoro di corrispondere quanto dovuto per contributi previdenziali alla qualità e quantità di lavoro prestato per come attestato dalle buste paga versate in atti. In considerazione delle sopra esposte argomentazioni, del tutto esaustive delle ragioni del contendere, e considerata altresì, come già detto, la coincidenza delle risultanze istruttorie, deve concludersi che parte ricorrente ha diritto all'adeguamento della posizione contributiva quale dipendente di società non agricola, ma - quanto ai provvedimenti di richiesta di restituzione della disoccupazione agricola e delle altre indennità percepite - gli stessi devono considerarsi legittimi, non avendo svolto la ricorrente attività agricola e difettando dunque i presupposti per beneficiare delle provvidenze previste per i braccianti agricoli. La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese di lite tra ricorrente ed INPS, mentre la società (...) va condannata al pagamento delle spese di lite in favore di parte ricorrente, secondo la liquidazione operata in dispositivo e determinata in base ai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, così come modificato dal D.M. n. 37 del 2018, nei valori minimi previsti per le cause di previdenza di valore compreso tra Euro 1.100 ed Euro 5.200 da corrispondersi in favore dell'Erario, stante l'ammissione di parte ricorrente al Patrocinio a spese dello Stato. Alla liquidazione dei compensi in favore del difensore si provvederà con separato decreto. P.Q.M. Il Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa, nella causa in epigrafe indicata - in parziale accoglimento del ricorso accerta e dichiara il diritto di (...) al pagamento dei contributi per la gestione lavoratori subordinati per i giorni, le ore ed i livelli retributivi indicati in busta paga dalla (...) per gli anni 2010, 2011, e per l'effetto condanna la (...) Soc. Coop. Agricola a pagare all'I.N.P.S. i contributi dovuti. - Rigetta il ricorso per la restante parte. - Compensa le spese processuali tra l'I.N.P.S. e (...) - Condanna la (...) Soc. Coop. Agricola al pagamento delle spese di lite che si liquidano in complessivi Euro 1.100,00 per compensi, oltre rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% oltre iva e cpa come per legge, da corrispondersi in favore dell'Erario. Così deciso in Caltanissetta il 12 febbraio 2019. Depositata in Cancelleria il 12 febbraio 2019.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI CALTANISSETTA in composizione monocratica, nella persona del giudice dott. Alex Costanza, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 1583 R.G.(...) dell'anno 2014 TRA (...), nato a L. il (...), e (...), nata a S. C. il (...), rappresentati e difesi dall'avv. An.Pe., giusta procura a margine dell'atto di citazione; ATTORI CONTRO (...) S.P.A. di seguito denominata (...), con sede in (...), corso (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Ge.Bo., giusta procura in calce all'atto di citazione notificato; CONVENUTA Oggetto: risarcimento del danno. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO 1. Con atto di citazione ritualmente notificato nel luglio 2014, i sigg.ri (...) e (...) convenivano in giudizio la (...) s.p.a., di seguito denominata (...), rappresentando: - che dal mese di gennaio del 2012, nell'appartamento di loro proprietà sito in S. C., in via (...), erano apparse macchie di umidità e perdite d'acqua sul pavimento; - che, esclusa la possibilità che le infiltrazioni fossero dovute a guasti degli impianti di casa, si erano rivolti a (...), quale gestore del servizio idrico; - che la società convenuta aveva inviato i propri tecnici per un sopralluogo solo dopo parecchio tempo e molteplici richieste, mentre le infiltrazioni di acqua erano divenute sempre più copiose, in particolare nei giorni di pioggia; dalle analisi effettuate sui campioni repertati dalla stessa (...), era risultato che l'acqua infiltrata presentava indici di contaminazione chimica e batterica; - che nonostante le evidenze predette, (...) non poneva in essere azioni risolutive del problema manifestatosi; - che avevano nominato un loro consulente, ing. C.Am., al fine di appurare le cause delle infiltrazioni, ed il professionista le aveva individuate in perdite di acque fognarie provenienti dalla vicina via (...), sita a monte del fabbricato di proprietà dei ricorrenti; - che avevano proposto ricorso ex art. 696 bis c.p.c.: nel procedimento relativo, iscritto al n. 1728/2013 R.G., il C.T.U. nominato, ing. D.Ri., aveva individuato la causa delle infiltrazioni nella loro proprietà nella perdita della condotta fognaria di competenza della società convenuta (...) sita in via (...), e quantificava i costi complessivi per la eliminazione dei danni dell'appartamento in complessivi Euro 17.619,53. Reputando sussistente una responsabilità della convenuta ai sensi dell'art. 2051 c.c., gli attori chiedevano condannarsi la società convenuta alla rimozione delle cause di infiltrazione ed al risarcimento dei danni subiti, quantificati in Euro 21.191,53 a titolo di danni patrimoniali, Euro 2.870,02 quale ulteriore danno patrimoniale per spese di consulenza tecnica, C.U., diritti, notifiche, sostenute anche nel procedimento ex art. 696 bis c.p.c., Euro 25.000,00 quale danno non patrimoniale, la condanna al pagamento della ulteriore somma di Euro 2.000,00 per la violazione della carta dei servizi sottoscritta dalla stessa (...) s.p.a, nonché la condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c.. Si costituiva (...), la quale contestava la ricorrenza, in concreto, dei presupposti di una sua responsabilità ai sensi dell'art. 2051 c.c., non essendo stato provato che le infiltrazioni subite dagli attori nel loro appartamento fossero da ricondurre ad una perdita della condotta fognaria. In dettaglio, contestava la C.T.U. disposta nel presente giudizio, a firma dell'arch. D.Li., sotto un duplice profilo: ne rilevava la nullità, con eccezione reiterata in comparsa conclusionale, per avere il C.T.U. acquisito un documento (progetto di rifacimento della condotta fognaria predisposto congiuntamente dal Comune di (...), da (...) e dall'ATO idrico), su sollecitazione di controparte, documento che lo avrebbe condotto a valutazioni errate; nel merito contestava le conclusioni del C.T.U., riportandosi alle osservazioni critiche del proprio C.T.P., ing. V.Pu. Concludeva pertanto per il rigetto delle domande di controparte o, in subordine, la riduzione del risarcimento richiesto. Terminata l'istruttoria, mutato il giudicante, la causa veniva posta in decisione all'udienza del 18 aprile 2018, assegnando alle parti i termini di cui all'art. 190 c.p.c. 2.1. Ciò premesso, va anzitutto rilevato che gli attori hanno invocato la responsabilità (extracontrattuale) della (...) per i danni cagionati da cose in custodia, disciplinata dall'art. 2051 c.c. Orbene, si rammenta che la responsabilità per danni cagionati da cose in custodia di cui alla predetta norma è da intendersi come una forma di responsabilità oggettiva. La formulazione della norma in esame, tuttavia, non dispensa il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa. Resta, invece, a carico del custode offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del "caso fortuito". Secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, prevista dall'art. 2051 cod. civ., ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del verificarsi dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode, posto che funzione della norma è quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, intendendosi custode chi di fatto ne controlla le modalità d'uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta, salva la prova, che incombe a carico di tale soggetto, del caso fortuito, inteso nel senso più ampio di fattore idoneo ad interrompere il nesso causale e comprensivo del fatto del terzo o dello stesso danneggiato" (ex multis, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11016 del 19/05/2011 -Rv. 618175 - 01; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 25243 del 29/11/2006 - Rv. 593828 - 01). 2.2. Passando al merito, ritiene il Tribunale che le domande svolte dagli attori siano fondate, nei termini che seguono. Nulla quaestio per quanto attiene al fatto che l'appartamento degli attori abbia subito delle infiltrazioni di acqua, circostanza pacifica tra le parti. In ordine alla C.T.U. disposta nel presente giudizio, deve rigettarsi l'eccezione di nullità della stessa riproposta dalla convenuta in sede di comparsa conclusionale, eccezione sopra richiamata. Infatti, condivisibile orientamento giurisprudenziale ritiene che "in tema di consulenza tecnica d'ufficio, rientri nel potere del consulente tecnico d'ufficio attingere "aliunde" notizie e dati, non rilevabili dagli atti processuali e concernenti fatti e situazioni formanti oggetto del suo accertamento, quando ciò sia necessario per espletare convenientemente il compito affidatogli, e che dette indagini possono concorrere alla formazione del convincimento del giudice purché ne siano indicate le fonti, in modo che le parti siano messe in grado di effettuarne il controllo, a tutela del principio del contraddittorio di fatti che, in quanto posti direttamente a fondamento delle domande e delle eccezioni, debbono essere provati dalle parti" con l'ulteriore precisazione che "non è invece consentito al consulente sostituirsi alla stessa parte, andando a ricercare aliunde i dati stessi che devono essere oggetto di riscontro da parte sua, che costituiscono materia di onere di allegazione e di prova (ovvero gli atti e i documenti che siano nella disponibilità della parte che agisce e dei quali essa deve avvalersi per fondare la sua pretesa) che non gli siano stati forniti" (Cass.,Sez. 3, Sentenza n. 12921 del 23/06/2015 - Rv. 635808 - 01). Orbene, nel caso in esame, il documento acquisito dal C.T.U. arch. (...), è un progetto relativo al rifacimento della condotta fognaria di via (...), trasmesso al consulente dalla stessa società convenuta - soggetto redattore dell'elaborato medesimo- con lettera a firma dell'ing. S.Gi., e di cui il C.T.P. mg. V.Pu. ha avuto piena conoscenza, avendolo menzionato nelle proprie note alla C.T.U.. Deve dunque rigettarsi l'eccezione di nullità della C.T.U. formulata dalla convenuta, essendo il documento acquisito dal consulente arch. Li. un elaborato tecnico di cui la stessa convenuta è firmataria e comunque introdotto in giudizio con tempi e modalità da assicurare il pieno contraddittorio. Tanto premesso, si ritiene raggiunta la prova che la causa delle infiltrazioni predette sia da ricondurre ad una perdita fognaria della condotta sita in via (...), come risultante dall'analisi tecnica condotta dal C.T.U. arch. (...) nel presente giudizio, con responso sostanzialmente conforme a quello formulato dall'ing. D.Ri. in sede di procedimento ex art. 696 bis c.p.c. Infatti, le conclusioni del consulente d'ufficio sono state esposte tramite la redazione di una relazione coerente e lineare, logicamente sviluppata e pienamente esaustiva rispetto ai quesiti proposti, avendo il professionista adeguatamente risposto alle osservazione dei consulenti di parte - anche per effetto dell'apprezzabile integrazione effettuata- i cui risultati vanno pertanto in questa sede condivisi. Le argomentazioni del C.T.U., che riconducono integralmente la cause delle infiltrazioni alla perdita delle condutture fognarie in via (...), escludendo concause dovute alla cattiva gestione delle infrastrutture deputate la deflusso delle acque piovane, sono confermate da un dato altamente indicativo: le acque infiltrate nell'edificio, come risultante dalle analisi condotte anche dalla stessa società convenuta su un campione prelevato dal fabbricato medesimo, si presentavano inquinate da agenti chimici e batteriologici, sia pure in misura non elevata. Inoltre il C.T.U. ha osservato che la presenza di umidità nell'edificio era diminuita a seguito di parziali riparazioni delle condutture fognarie. Tali circostanze confermano in modo evidente le conclusioni del C.T.U. ed escludono che le infiltrazioni in esame possano ricondursi ad acque piovane ed alla loro cattiva irregimentazione dovuta a dissesti della sede stradale e delle caditoie. Deve, dunque, ritenersi sussistente la responsabilità di (...) per i danni subiti da (...) e (...) alla loro proprietà, per danno cagionato da cose in custodia ex art. 2051 c.c.. 3. All'accertamento della responsabilità della convenuta, segue la condanna della medesima alla eliminazione delle cause delle infiltrazioni nell'immobile di proprietà degli attori, attraverso la riparazione dei guasti della conduttura fognaria di via (...), soluzione indicata dal C.T.U. arch. (...) nel suo elaborato alle pagg. 9 e 10. 4.1 Occorre adesso procedere alla quantificazione del danno risarcibile. Per quanto ora riguarda il quantum debeatur, va osservato che le infiltrazioni hanno provocato dei danni all'edificio pari come accertato dal C.T.U. nominato, arch. (...), con relazione pienamente condivisa e determinati in Euro 11.876,65, oltre IVA e oneri di legge. Tale somma, quantificata al momento del compimento della C.T.U., deve essere, quale credito di valore, rivalutata applicando gli interessi alle somme che man mano che si incrementano per effetto della rivalutazione annuale, mentre i corrispondenti interessi, di tempo in tempo applicati sulla variabile base secondo il tasso vigente all'epoca di riferimento, si accantonano e si cumulano senza rivalutazione. Si perviene così alla conclusione per cui l'intero risarcimento è pari ad Euro 12.215,21, di cui Euro 77,27 per interessi, oltre IVA, oneri di legge ed interessi legali dalla decisione fino al soddisfo, al cui pagamento nei confronti degli attori la convenuta va condannata. 4.2. Per quanto concerne le richieste relative al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dagli attori, occorre precisare che nulla è stato provato nel merito, apparendo la domanda del tutto generica. Le relative domande vanno pertanto rigettate. 4.3. Del pari, deve rigettarsi la richiesta di corresponsione agli attori da parte della convenuta per l'asserita violazione della carta dei servizi da questa sottoscritta: detto documento non è stato allegato, ed il giudicante non può pertanto prenderlo in considerazione, atteso che per le norme giuridiche di rango secondario e per gli atti amministrativi non opera il principio "iura novit curia" (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 2737 del 12/02/2015 (Rv. 634502 - 01; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 16089 del 20/07/2007 Rv. 599353 - 01). 4.4. Quanto alla domanda di condanna ai sensi dell'art. 96 c.p.c., formulata dagli attori la stessa va rigettata, non potendosi ritenere sussistente la mala fede o la colpa grave di controparte, anche alla luce della complessità tecnica delle questioni affrontate. 5. Le spese di lite - comprensive del procedimento instaurato ai sensi dell'art. 696 bis, portante n. R.G. 1728/2013 (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 14268 del 08/06/2017 - Rv. 644644 - 03) - seguono la soccombenza e vanno poste interamente a carico di parte convenuta. Tali spese vengono liquidate nella misura indicata in dispositivo, tenuto conto del valore della controversia e dell'attività in concreto svolta nelle varie fasi del giudizio, alla luce dei parametri medi di cui al D.M.G. 55/2014, per la cause di valore fino a Euro 26.000,00, e di tutti gli ulteriori esborsi (analisi delle acque, compensi dei consulenti ing. Am. e ing. (...), spese per C.U., diritti, copie e notifiche), analiticamente indicate dagli attori in comparsa conclusionale e ritenute congrue. 6. Le spese di C.T.U. - già liquidate- vanno ugualmente poste integralmente a carico della convenuta. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa domanda, eccezione e difesa, così provvede: 1) condanna la convenuta (...) - (...) s.p.a. a riparare le condutture fognarie site in S. (...), via (...), eseguendo le opere necessarie per eliminare le cause delle infiltrazioni riconducibili a tali condutture; 2) condanna la convenuta (...) - (...) s.p.a. al pagamento in favore di (...) e (...) della complessiva somma di Euro 12.215,21, di cui Euro 77,27 per interessi, oltre IVA, oneri di legge ed interessi al tasso legale dalla data della presente pronuncia fino al soddisfo; 3) condanna la convenuta (...) - (...) S.p.A. al pagamento in favore degli attori delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 11.530,43, di cui Euro 4.470,43 per spese, oltre I.V.A., C.P.A. e rimborso spese forfetarie nella misura del 15%, come per legge; 4) pone le spese di C.T.U. definitivamente a carico della convenuta. Così deciso in Caltanissetta il 7 febbraio 2019. Depositata in Cancelleria il 8 febbraio 2019.
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