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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI CASSINO in sede penale in composizione monocratica nella persona del Dott. CLAUDIO FASSARI ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa penale di primo grado contro: Ba.Ma., nato a B. il (...), e residente a R. (M.) in via F. n. 12, difeso fiducia dall'Avv. Di.Mo., del Foro di Milano; libero, assente IMPUTATO per il reato di cui all'art. 640 c.p., perché, con artifizi e raggiri consistenti: - dapprima, nell'aver pubblicato su internet, tramite il sito "(...)", un annuncio di compravendita riguardante un'autovettura Volkswagen Golf al prezzo di Euro 3500,00; - successivamente, nel comunicare con la persona offesa Co.Em., concordando con quest'ultimo un pagamento in quattro frazioni; - nell'aver poi comunicato con la predetta persona offesa riferendole che avrebbe mantenuto l'impegno di recarsi a Cassino (luogo di residenza del C.) al fine di consegnarli l'autovettura predetta; inducendo in errore la predetta persona offesa circa la corretta esecuzione del contratto di compravendita, in particolare non rendendosi più reperibile all'accredito della somma (rispettivamente attraverso n. 4 versamenti effettuati tra il 5 e il 12 ottobre 2016), procurava a sé l'ingiusto profitto di Euro 3500,00, con altrui pari danno, facendosi accreditare il denaro sulla Carta PostePay a lui intestata n. (...); In Cassino il 12 ottobre 2016 In cui risulta persona offesa dal reato: Co.Em., nato a C., il (...), ivi residente in Via E. n. 4; SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto di citazione a giudizio, l'odierno imputato veniva tratto a giudizio innanzi al Tribunale Penale di Cassino, in composizione monocratica, per l'udienza del 26/02/2019. A tale udienza, constatata la rituale citazione delle parti e in assenza di questioni preliminari, il Giudice dichiarava aperto il dibattimento, invitando le parti a formulare le richieste istruttorie. Ammesse le richieste di prova dedotte dalle parti, il processo veniva rinviato all'udienza del 29/10/2019 per sentire i testi del P.M.. Per legittimo impedimento del Giudice il processo, a tale udienza, veniva rinviato all'udienza del 27/03/2020. Il processo all'udienza del 27/03/2020 veniva rinviato d'ufficio, in ragione delle misure emergenziali adottate per contrastare il diffondersi della pandemia da Covid 19, prima all'udienza del 20/11/2020 e poi all'udienza del 27/11/2020. All'udienza del 27/11/2020 veniva escusso il teste Co.Em. Terminata la sua audizione, il processo veniva differito all'udienza del 12/10/2021, per il prosieguo dell'istruttoria dibattimentale. All'udienza del 12/10/2021 il processo veniva rinviato, per gli stessi incombenti, all'udienza del 01/03/2022. All'udienza del 01/03/2022 veniva ascoltato il teste Na.Fr.. Conclusa la testimonianza, il processo veniva rinviato all'udienza del 25/11/2022 per esame imputato e discussione. A tale udienza, per legittimo impedimento del Giudice, il processo, per gli stessi incombenti, veniva rinviato all'udienza del 12/09/2023. Anche in questa udienza il processo non veniva trattato, stante il carico del ruolo, lo stesso veniva rinviato all'udienza del 26/10/2023. All'udienza del 26/09/2023, il Giudice, assente l'imputato e non essendoci ulteriori atti istruttori da compiersi, dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale, invitando le parti a discutere. Le parti concludevano la loro discussione con le richieste sopra indicate Il processo veniva, pertanto, deciso. MOTIVI DELLA DECISIONE L'istruttoria dibattimentale consente di acclarare, oltre ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità dell'imputato in relazione al fatto di truffa ad esso contestato. Ed invero, gli elementi acquisiti, sia dichiarativi che documentali, nel corso dell'istruttoria dibattimentale, comprovano la sussistenza degli elementi costituitivi di tale delitto. Ed invero le dichiarazioni della parte offesa - da ritenersi pienamente attendibile in quanto intrinsecamente coerente e oggettivamente riscontrate dalla documentazione - ha delineato un quadro di quanto accaduto che non lascia dubbi sul carattere truffaldino della condotta posta in essere dal Ba.Ma.. Come emerge dall'istruttoria il tutto ha origine da un annuncio pubblicato sul sito "(...)", in cui si metteva in vendita una autovettura Volkswagen Golf al prezzo, vantaggioso di Euro3500,00. Attratto da siffatta proposta, la parte offesa, chiamando l'utenza indicata nell'annuncio, prendeva contatti con l'imputato, concordando di frazionare il pagamento del su citato importo in quattro rate. Importo che veniva interamente versato sulla Carta Postepay n. (...), con le modalità concordate. Nonostante avesse corrisposto l'intero importo pattuito, al Sig. Co.Em. non veniva consegnata l'auto, non essendosi l'imputato presentato all'appuntamento, fissato, all'uopo, nei pressi del Casello Autostradale di Cassino. Vani, poi, risultavano essere i successivi tentativi di concordare un nuovo appuntamento per ricevere l'auto sopra descritta. Da qui la determinazione del Colletta di rivolgersi all'Autorità Giudiziaria, con la querela che ha dato inizio al presente procedimento. Circostanze queste che il Colletta confermava, anche, nel corso della sua audizione dibattimentale. Dichiarazione che trovano riscontro documentale. Infatti, come risulta dalia documentazione versata in atti, sull'iban fornito alla persona offesa - riconducibile ad una carta postepay n (...), intestata all'imputato-risultano essere stati effettuati 4 versamenti, di importo corrispondente a quanto riferito dalla persona offesa. Di tal che alla luce dell'istruttoria espletata si ritiene essere presenti tutti gli elementi del delitto di cui all'art. 640 c.p., contestato all'imputato. Ed invero, secondo recenti arresti della Suprema Corte di Cassazione, integra il reato di truffa contrattuale la mancata consegna della merce acquistata e pagata, nel caso in cui siano stati indicati un "prezzo conveniente" di vendita sul "web" e/o un falso luogo di residenza del venditore e/o recapito telefonico di fatto inutile , "posto che tali circostanze, rendendo difficile il rintraccio, evidenziano sintomaticamente la presenza del dolo iniziale del reato, da ravvisarsi nella volontà di non adempiere all'esecuzione del contratto sin dal momento dell'offerta on-line" (Sez. 2, n. 43660 del 19/07/2016, Rv. 268448); ed in altra ipotesi in cui l'imputato che, dopo essersi accreditato sul sito ed aver messo in vendita un bene, aveva riscosso il prezzo richiesto senza consegnare il bene all'acquirente, provvedendo - dopo la transazione - a far cancellare il proprio "account" dal predetto sito, in modo da ostacolare le operazioni dirette alla sua identificazione, si è affermato che il mancato rispetto da parte di uno dei contraenti delle modalità di esecuzione del contratto, rispetto a quelle inizialmente concordate con l'altra parte, unito a condotte artificiose idonee a generare un danno con correlativo ingiusto profitto, integra l'elemento degli artifici e raggiri richiesti per la sussistenza del reato di cui all'art. 640 c.p. (Sez. 6, n. 10136 del 17/02/2015, Rv. 262801) (cfr. Corte Cass. Pen. Sez II, 6/11/2019, sent. n. 45115/2019). La vendita on line è fondata sull'affidamento del compratore nella offerta del venditore che viene pubblicizzata esclusivamente attraverso un portale internet. Ne deriva che il venditore non può vedere la merce che acquista e si affida integralmente per l'indicazione delle caratteristiche, le qualità del prodotto ed il prezzo di vendita alle indicazioni che vengono pubblicizzate dal venditore. Proprio tale particolare caratteristica delle vendite on line determina la natura di artificio e raggiro della messa in vendita di un oggetto ad un prezzo estremamente conveniente in assenza dello stesso, ovvero, senza che la successiva mancata consegna sia dovuta a specifici fattori intervenuti ed adeguatamente esposti dal venditore, ove lo stesso ometta anche la dovuta restituzione del prezzo. Tale condotta, infatti, stigmatizza la presenza del dolo iniziale di truffa poiché manifesta chiaramente T assenza di reale volontà di procedere alla vendita da parte del soggetto che, incamerato il prezzo, ometta la spedizione, rifiuti la restituzione della somma ed altresì ometta di indicare qualsiasi circostanza giustificativa tale doloso comportamento. E sotto il profilo oggettivo, gli artifici e raggiri vanno individuati nella registrazione presso un portale di vendite on line, nella pubblicazione dell'annuncio unito alla descrizione del bene, nella indicazione di un conveniente prezzo di vendita che sono tutti fattori tesi a carpire la buona fede dell'acquirente ed a trarre in inganno il medesimo. Elementi questi rinvenibili, anche nel caso in esame, a cui, peraltro, si aggiunge l'aver l'imputato fatto credere di essere nel possesso dell'auto, fissando un appuntamento per la consegna dello stesso, cui ovviamente non si presentava. Elementi che esaminati nel loro insieme militano per f integrazione del delitto di truffa, emergendo l'ottenimento di una somma di denaro a fronte di un bene non solo non consegnato ma di cui l'imputato non v'è certezza fosse proprietario, pur facendo apparire il contrario, attraverso la pubblicazione di tale annuncio. Apparenza costituente elemento oggettivo del delitto di truffa integrata, anche, dall'elemento soggettivo, previsto per tale specie, rappresentato dalla volontà e consapevolezza che con ciò si ingannava l'altrui buona fede. Esplicitate le ragioni della ritenuta responsabilità penale dell'imputato, in ordine al delitto contestato, si ritiene, altresì, che sussistano i presupposti per la concessione all'imputato delle attenuanti generiche, tenendo conto delle modalità del fatto e lo stato di incensuratezza dell'imputato. P.Q.M. Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., ritenuta la penale responsabilità imputato Ba.Ma., lo condanna alla pena di mesi 4 di reclusione ed Euro 60,00 di multa previo riconoscimento delle attenuanti generiche. Condanna, altresì, l'imputato al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa e non menzione. Riserva in giorni 45 il deposito della motivazione. Così deciso in Cassino il 7 novembre 2023. Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2023.

  • Tribunale di Cassino R.G. n. 664/2016 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Civile sezione prima di Cassino In persona del Giudice Unico G.O.T. dott. Orsola NAPOLANO, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di 1° grado iscritta al n. 664/2016 OGGETTO: impugnazione della delibera assembleare del 18/01/2016 TRA (...) c.f. (...) e (...) c.f.: (...), rapp.ti e difesi, dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Formia alla via (...) delega a margine dell'atto di citazione. attori CONTRO (...), c.f. (...), in proprio e quale amministratore del condominio via (...), rappresentato e difeso dall'avv. (...) cod. fise. (...) ed elettivamente domiciliati in Formia alla via (...) Convenuto; -(...) CF. (...), rapp.ta e difesa dagli avvocati (...) giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in Cassino alla via (...) - (...) Convenuto contumace (...) convenuta contumace (...) Convenuto contumace (...) G. cf. (...), rapp.ta e difesa dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Cassino al (...) giusta delega a margine della comparsa di costituzione e risposta Convenuta Eredi (...) Convenuti contumaci Eredi (...) Convenuti contumaci CONCLUSIONI: Come da verbale dell'udienza del 02/05/2023 e come dai rispettivi atti e difese. FATTO E DIRITTO Preliminarmente va evidenziato che la presente sentenza viene redatta secondo quanto prescritto dagli artt. 132 e 118 disp. att. C.p.c. così come novellati dalla legge del 15/06/2016, nr. 69 le cui disposizioni prevedono espressamente l'applicabilità ai giudizi pendenti in primo grado alla entrata in vigore della menzionata legge e pertanto, ai fini della decisione, è sufficiente ricordare che: Con atto di citazione passato per la notifica in data 19 febbraio 2016 gli attori (...) e (...) convenivano in giudizio innanzi l'intestato Ufficio i sigg. (...) nella qualità di Amministratore Capo Condominio del Condominio via (...), nonché i condomini (...), (...), (...), (...), (...) G., Eredi (...), Eredi (...) (questi ultimi due collettivamente ed impersonalmente presso l'ultimo domicilio) per ivi sentir accertare e dichiarare la nullità ovvero l'annullabilità della impugnata delibera assembleare del condominio via (...) del 18 gennaio 2016, comunicata al solo attore (...) - assente - in data 22 gennaio 2016 , e con essa tutte le deliberazioni ivi assunte, compresa la revisione delle tabelle millesimali convenzionali, con condanna alla refusione di tutte le spese di lite. A sostegno della domanda, la concludente difesa contestava, quali motivi di Nullità -assoluta ed insanabile - il difetto di convocazione alla impugnata riunione assembleare di tutti i condomini aventi diritto, nonché l'approvazione dei bilanci consuntivo 2015 e preventivo 2016 e la operata revisione delle tabelle millesimali, con illegittima deroga dei criteri legali di ripartizione delle spese condominiali. Si deducevano, altresì, quali specifici motivi di annullabilità della predetta assemblea: il difetto di regolare costituzione e di formazione dei quorum deliberativi per mancata indicazione e specificazione a verbale dei condomini presenti e votanti in relazione ai rispettivi millesimi di proprietà; il difetto di regolare costituzione delle maggioranze per assenza di delega e/o di precisa indicazione a verbale degli estremi della stessa; l'erronea indicazione e calcolo dei millesimi attribuiti ; il difetto di indicazione e specificazione dei criteri di calcolo adoperati in consuntivo e preventivo ; l'erroneità, genericità e contrarietà ai principi di legge del calcolo dei valori proporzionali di proprietà adoperati nelle revisionate tabelle millesimali , in violazione delle evidenze reali e catastali. In data 01.05.2016 veniva instaurato procedimento di mediazione presso l'organismo (...) di Formia con il Condominio (...), tuttavia l'incontro del 24.05.2016 veniva definito con verbale negativo per pervenuta espressa comunicazione da parte dell'amministratore condominiale (...) di non adesione alla procedura. All'udienza del 29.06.2016 si costituiva il (...), nella qualità di amministratore capo condominio del condominio via (...), il quale deduceva in via preliminare la improcedibilità della domanda per il mancato esperimento del rituale tentativo di conciliazione e la decorrenza dei termini per l'impugnazione della delibera condominiale, si costituiva il (...) sia nella qualità di condomino ma anche nella qualità di amministratore del condominio ed eccepiva l'improcedibilità della domanda per mancanza del tentativo di mediazione nonché la legittimità della delibera impugnata atteso che tutti i condomini avevano concordato con precedente delibera che la convocazione alle assemblee poteva avvenire a mezzo avviso lasciato nella cassetta delle lettere per evitare le spese di spedizione. Si costituivano anche (...) G. e (...) eccependo il difetto di legittimazione passiva atteso che l'impugnativa andava rivolta al solo condominio e non ai singoli condomini. La (...), inoltre spiegava formale domanda riconvenzionale nei confronti del sig. (...), (...) e di tutti gli altri convenuti di usucapione dalla rampa di accesso alla propria unità immobiliare sino alla porta di accesso al lastrico solare. Adduceva Infatti, che era pacifico e non contestato tra le parti che sin dal 1984 i coniugi (...) hanno avuto il possesso pacifico ed esclusivo, della parte di scale condominiali, per le quali hanno provveduto - come da richiesta dello stesso attore - al distacco dell'energia elettrica con allaccio a proprio personale contatore, delle spese di pulizia e manutenzione in via esclusiva agendo uti domini con un possesso continuo, ininterrotto, pacifico e pubblico, inconciliabile con l'utilizzo altrui, attesa l'apposizione di cancellata con lucchetto e la dismissione dell'unico servizio comune. Esperito negativamente il tentativo di conciliazione nei confronti del solo condominio via (...) ed istruita la causa con la solo acquisizione della documentazione in atti ed atteso che la medesima può essere decisa senza l'assunzione di ulteriori mezzi istruttori visto il carattere documentale della questione sulle conclusioni delle parti si è trattenuta la causa in decisione. La domanda è fondata e va accolta nei limiti che di seguito si diranno. In primis in ordine alle eccezioni di improcedibilità e di difetto di legittimazione passiva ci si riporta all'ordinanza del 08/10/2020 che per comodità di lettura integralmente si riporta: "Il G.o.p. da atto di aver aperto il fascicolo telematico su emarginato, e lette le memorie depositate dalle parti, sulle istanze così provvede: delibando sulla procedibilità per mancato esperimento della procedura di mediazione si rileva che, il legittimato passivo per l'impugnativa de quo è l'amministratore del condominio (nei cui confronti la procedura è stata esperita), ma avendo la parte attrice deciso di vocare in ius anche i condomini (ritenendo forse che non vi sia certezza sulla qualifica del Paone come amministratore del condominio) perché la domanda sia procedibile nei confronti di questi ultimi e necessario che si dia impulso alla mediazione anche nei loro confronti, non avendo ancora la sottoscritta ordinato di procede con la mediazione la domanda nei confronti dei condomini di fatto non è ancora divenuta improcedibile. Ciò posto ordina all'attore di procedere alla mediazione obbligatoria nei confronti dei convenuti condomini nei termini di legge. In ordine invece alla richiesta nullità della notifica nei confronti degli eredi (...) sul punto ci si è già espressi dichiarandone la nullità, nulla toglie però che l'attore ove ancora interessato alla vocatio in ius possa ritentare la notifica presso la loro residenza previa identificazione dei convenuti eredi (...). In ordine invece alla invocata decadenza per il decorso del termine di 30 g.g. della delibera assembleare, ritiene la scrivente che il medesimo sia stato rispettato con la consegna dell'atto di citazione all'ufficiale giudiziario. Sul punto va poi evidenziato che l'attore ha anche eccepito la nullità assoluta della delibera per la quale giurisprudenza costante ha statuito che può essere sempre impugnata. Ciò detto si rinvia la causa all'udienza del 09/06/2021 per la verifica sulla esecuzione della mediazione e per la verifica sulla corretta notifica della citazione. Deposita telematicamente la presente ordinanza alle ore 14,35." Sul punto va aggiunto che l'unico legittimato passivo per l'impugnativa delle delibere condominiali è l'amministratore del condominio al quale nel caso di specie è stato tempestivamente notificato l'atto di citazione il 19/02/2016 mentre la delibera impugnata era stata comunicata al Dalmazio il 22/01/2016 e pertanto può ritenersi che i termini di impugnazione siano stati rispettati. Delibando invece sul difetto di convocazione della sig.ra Cicala la circostanza è pacifica e può darsi per provata ex art.lo 115 c.p.c., atteso che è lo stesso amministratore che riferisce letteralmente: "Risulta, invero, dal verbale di assemblea del 18/01/2016 (all. 2 alla comparsa di costituzione risposta), che il Sig. Dalmazio era stato tempestivamente e ritualmente reso edotto della convocazione assembleare a mezzo raccomandata a.r. spedita dall'amministratore il 07/01/2016. Quanto alla Sig.ra Cicala, la stessa risulta essere moglie convivente del Sig. Dalmazio e non ha mai presenziato, in tutta la storia del condominio, ad una sola riunione, essendo rappresentata sempre dal coniuge senza che questi abbia mai avuto bisogno di depositare una delega scritta" cfr comparsa conclusionale avv. (...) p.7. Mentre la difesa degli altri condomini richiamano un accordo siglato anche in una delibera assembleare 18/12/2015 che prevedeva la convocazione anche a mezzo di avviso immesso nella cassetta postale. La tesi difensiva sebbene suggestiva non può essere accolta atteso che le modalità di convocazione all'assemblea condominiale sono previste e prescritta dalla legge ed in particolare dall'art.lo 66 dis. Atti c.c., al terzo comma che, stabilisce che: "L'avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell'ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione o, se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell'ora della stessa(1). In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell'articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati". La norma prescrive le modalità per la convocazione dei condomini alle assemblee condominiali che può essere anche consegnata a mano della persona interessata ma non il deposito in cassetta (come stabilito nella delibera condominiale del 18/12/2015) atteso che perché l'assemblea sia correttamente convocata è necessario che i condomini ricevano l'avviso almeno 5 gg. prima della data fissata per la prima convocazione e la semplice immissione in cassetta dell'avviso non consente di avere contezza di quando le parti abbiano ricevuto la convocazione. La norma non può essere modificata dalla volontà delle parti in quanto ha natura obbligatoria e pertanto non essendo soggetta al potere dispositivo delle parti non poteva essere derogata dalla volontà assembleare. Si ritiene, inoltre, che l'avviso vada comunicato ad ogni proprietario e/o comproprietario degli immobili rientranti nel condominio e quindi la convocazione andava fatta nei confronti di tutti i comproprietari anche se coniugi, atteso che, il rapporto di coniugio e/o di convivenza non limita i propri diritti potestativi che nel caso di specie si specificano nel diritto di essere convocati e quindi decidere se partecipare alla riunione di condominio. Ne discende che non avendo correttamente convocato uno dei coniugi (...) e (...) la delibera condominiale del 18/01/2016 va annullata. Tutte gli altri motivi di impugnazione risultano assorbiti dall'accoglimento del primo motivo di impugnazione. La prassi del condominio di convocazione dei condomini anche per le vie brevi tra l'altro instaurata proprio quando l'amministratore o capo condomino era proprio il (...) ha senz'altro contribuito al difetto di convocazione dell'assemblea condominiale e pertanto si ritiene congruo compensare le spese di lite tra gli attori e il condominio convenuto. Si dichiara altresì per i motivi sopra esposti il difetto di legittimazione passiva dei condomini atteso che andava citato solo il condominio in assenza di domande specifiche nei confronti dei singoli condomini e pertanto si condannano gli attori al pagamento delle spese sostenute dai condomini costituiti come da dispositivo. Passando poi all'esame della domanda riconvenzionale spiegata dalla convenuta (...) la medesima va dichiarata improcedibile, atteso che, la domanda andava notificata a tutti i condomini non costituitisi nel presente giudizio. Alla prima udienza utile la difesa della (...) doveva chiedere di essere autorizzata alla notifica della propria domanda ai convenuti contumaci, ciò non è avvenuto e pertanto si dichiara la domanda riconvenzionale di usucapione improcedibile. Tale inattività viene interpretata come volontà di abbandonare la domanda e pertanto si ritiene opportuno compensare le spese di lite sia nei confronti degli attori che degli altri convenuti costituiti. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa civile di primo grado, indicata in epigrafe, così provvede: Dichiara la nullità della delibera assemblea del condominio via (...) del 18/01/2016. Compensa le spese di lite tra il condominio via (...) e gli attori. Dichiara il difetto di legittimazione passiva di tutti gli altri condomini citati e condanna gli attori (...) e (...) ciascun per la propria parte al 50% al rimborso delle spese di lite nei confronti dei convenuti costituiti, nei minimi edittali in considerazione della natura documentale della causa, quantificate in Euro. 2000,00 per ciascuna parte per compensi professionali oltre magg. iva e cpa come per legge. Si comunichi - Così deciso in Cassino data del deposito

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI CASSINO SEZIONE LAVORO Il Tribunale di Cassino, in funzione di giudice del lavoro, in persona del giudice Luigi Salvia, ha pronunciato, all'esito della camera di consiglio, la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. R.G. 2395/2021, vertente TRA (...) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in Cassino Piazza (...), presso lo studio dell'Avv. (...) che la rappresenta e difende in virtù di delega in atti RICORRENTE - OPPONENTE E (...), elettivamente domiciliato in Isola del Liri, (...), presso lo studio degli avv.ti (...), che lo rappresentano e difendono in virtù di delega in atti RESISTENTE - OPPOSTO MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso ex artt. 645 e 414 c.p.c. la (...) S.r.l. ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo n. 272/2021 - RG. n. 1951/2021 del Tribunale di Cassino, notificato il 13.11.2021, con cui alla stessa è stato ingiunto di pagare ad (...) la somma complessiva di Euro 8.067,07, oltre accessori dalla data di maturazione delle singole componenti del credito sino al soddisfo e spese della procedura. Con il ricorso in opposizione la società ha eccepito, in via preliminare, la prescrizione del diritto di credito fatto valere con il ricorso monitorio, e nel merito ha poi evidenziato l'errore nel calcolo delle ore di permesso maturate dal ricorrente, in quanto lo stesso ha richiesto anche le ore maturate dal 4.1.2006 fino al 31.12.2010, nonché l'errore nell'applicazione del valore orario delle singole ore di permesso, ottenuto "presumendo che tale valore sia rimasto immutato nel tempo e non abbia mai subito modifiche" e non invece facendo applicazione del corretto valore ottenuto dividendo l'importo totale degli emolumenti per il divisore 173 previsto dal CCNL applicato, come invece analiticamente indicato nell'atto di opposizione per i singoli anni, ragione per cui comunque il credito, anche qualora non ritenuto integralmente prescritto, risulterebbe comunque inferiore e pari alla somma di Euro 3.912,85, inferiore a quella ingiunta. Ha chiesto dunque, alla luce delle deduzioni svolte per come sopra riassunte, la sospensione dell'immediata esecutività concessa al decreto ingiuntivo opposto, rassegnando le seguenti conclusioni: "In via preliminare, ai sensi dell'art. 649 c.p.c., disporre con ordinanza la sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo n. 272/2021 in questa sede opposto. 2) In via principale e nel merito, accertare e dichiarare il decreto ingiuntivo opposto nullo e/o annullabile e/o illegittimo e/o inefficace per intervenuta prescrizione del diritto vantato dal ricorrente. 3) In via subordinata, nella denegata ipotesi di rigetto della domanda principale, sempre previa revoca del decreto ingiuntivo opposto, rideterminare le somme eventualmente dovute alla Sig. (...) in euro 3.912,85"; Si è costituito in giudizio l'opposto (...), evidenziando in primo luogo l'infondatezza dell'eccezione di prescrizione, sulla base del disposto dell'art. 10 del D.Lgs. 66/2003, per cui il lavoratore può richiedere il pagamento dei R.O.L. non goduti soltanto dalla cessazione del rapporto e nel termine di prescrizione ordinario di dieci anni, in quanto il credito costituisce il risarcimento del danno da inadempimento contrattuale per la mancata fruizione dei riposi, evidenziando inoltre la sussistenza di un riconoscimento del debito da parte del datore di lavoro con la busta paga relativa al mese di febbraio del 2021, in cui la società ha riconosciuto un ammontare di 1027,84 ore di permesso/ROL maturate del ricorrente. Ha poi dedotto l'infondatezza dell'opposizione anche con riferimento al denunciato errore di calcolo, evidenziando come l'ammontare dovuto sia stato determinato dal ricorrente in via monitoria facendo applicazione dei criteri indicati dal datore di lavoro nella busta paga rilasciata, rilevando in particolare che nel cedolino di febbraio 2021 "è espressamente indicato che le ore residue di permessi non goduti sono pari a 679,26 e che l'importo unitario per le "ore permesso retribuite" è di Euro 11,87627". Ha infine argomentato in merito all'insussistenza dei presupposti per concedere la sospensione dell'efficacia esecutiva del Decreto ingiuntivo opposto, e ha rassegnato le seguenti conclusioni: "- in via preliminare, rigettare la richiesta di sospensione della esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto per tutte le motivazioni espliciate al punto sub 3 del presente atto; - in via principale, rigettare l'opposizione proposta dalla (...) Srl poiché infondata in fatto ed in diritto per tutte le motivazioni esplicitate nel presente atto; - In via di estremo subordine e salvo gravame: ritenere il ricorrente creditore della diversa somma che sarà accertata in corso di causa." A seguito di un primo differimento dovuto alla mancata comunicazione del provvedimento di modifica della data di udienza, la causa è stata trattata all'udienza del 6.9.2022, con le forme della trattazione scritta, all'esito della quale il giudice, non ha accolto l'istanza di sospensione della provvisoria esecutività e ritenuta la causa documentale e matura per la decisione ha fissato l'udienza per la discussione. All'udienza odierna, la causa è stata dunque discussa e decisa. L'opposizione è infondata e va respinta, per le ragioni di seguito esposte. La domanda ha ad oggetto il pagamento di crediti per la mancata fruizione di permessi riduzione orario (ROL), accumulati nel corso del rapporto di lavoro intercorso tra le parti e riconosciuti dal datore di lavoro nella busta paga di febbraio del 2021 (cfr. all.ti ai fasc. di entrambe le parti), che indica e riporta 679,26 ore residue di permesso, a seguito della cessazione del rapporto di lavoro. Ferma restando dunque la natura pacifica della documentazione posta a supporto del giudizio monitorio, che la (...) S.r.l. ha riconosciuto come da lei prodotta, in primo luogo occorre esaminare l'eccezione di prescrizione posta alla base dell'opposizione. Sul punto, l'eccezione è infondata e va respinta. La domanda di pagamento di somme a titolo di indennità per la mancata fruizione di permessi contrattualmente dovuti, in analogia con l'indennità sostitutiva delle ferie non godute, costituisce un credito di natura mista (cfr. ad esempio Cassazione Sez. L, Sentenza n. 1757 del 29.01.2016, resa con riferimento alla mancata fruizione di ferie), in cui è presente una componente volta all'accertamento dell'inadempimento contrattuale del datore di lavoro (ex art. 1218 c.c.) e al risarcimento del danno, parametrato alla retribuzione che sarebbe stata spettante per le ore di riposo non godute. Può dunque evidenziarsi quanto espressamente chiarito da Cass. 10.2.2020 n. 3021, con principio applicabile anche alle somme richieste per permessi non goduti, per cui "l'indennità sostitutiva delle ferie non godute ha natura mista, sia risarcitoria che retributiva, a fronte della quale si deve ritenere prevalente, ai fini della verifica della prescrizione, il carattere risarcitorio, volto a compensare il danno derivante dalla perdita del diritto al riposo, cui va assicurata la più ampia tutela applicando il termine ordinario decennale". Deve desumersi dunque, dalla loro prevalente natura risarcitoria, che si applichi a tali crediti il termine ordinario decennale di prescrizione, non potendo l'ipotesi in esame essere ricondotta ad alcuna delle previsioni speciali di cui all'art. 2948 c.c., e che il dies a quo da cui far decorrere tale termine vada individuato nella data di cessazione del rapporto di lavoro, stante l'impossibilità per il creditore, a prescindere dal momento in cui è maturato il diritto a fruire del permesso, di far valere il credito a titolo risarcitorio nel corso del rapporto, potendo invece nella pendenza dello stesso sempre domandarne la fruizione in forma specifica. Va inoltre evidenziato, nel caso di specie, che la parte opponente non ha comunque provato l'imputabilità del parziale pagamento effettuato nel febbraio del 2021 (nonché dei precedenti nel corso del rapporto) ai permessi maturati negli anni dal 2015 a seguire, e non a quelli relativi agli anni precedenti, come invece risulterebbe in applicazione del generale criterio di cui all'art. 1193 c.c. per cui in presenza di più debiti della medesima specie verso la stessa persona e in assenza di dichiarazione di una diversa imputazione "il pagamento deve essere imputato al debito scaduto; tra più debiti scaduti, a quello meno garantito; tra più debiti ugualmente garantiti, al più oneroso per il debitore; tra più debiti ugualmente onerosi, al più antico". Applicati tali principi al caso in esame, alcuna prescrizione risulta maturata in merito ai crediti dovuti per la mancata fruizione dei permessi così come riconosciuti nella busta paga del febbraio del 2021, in particolare avendo la parte ricorrente avanzato la propria richiesta in data 18.10.2021 (con il deposito del ricorso monitorio), ben prima del decorso del termine decennale dalla cessazione del rapporto di lavoro (avvenuta il 1.2.2021) e non essendovi neanche prova dell'imputabilità del pagamento ai permessi maturati negli ultimi cinque anni e non a quelli maturati nei periodi precedenti. L'eccezione di prescrizione sotto tale profilo è dunque infondata e va respinta. Occorre poi esaminare i motivi articolati nel merito dell'opposizione, con riferimento alla determinazione del credito e della sua entità. La parte opponente ha infatti rilevato, a fondamento della propria opposizione, che anche volendo considerare la prescrizione decennale, (...) avrebbe in ogni caso errato nel determinare l'entità del credito per la mancata fruizione dei ROL, poiché sarebbero da intendersi in ogni caso prescritti quelli maturati nel periodo antecedente al 2011 (a più di dieci anni dalla richiesta in via monitoria), mentre quelli maturati nel periodo successivo sarebbero stati erroneamente quantificati sulla base dell'ultima retribuzione minima tabellare applicata, e non facendo applicazione del divisore orario individuato nel CCNL applicato al rapporto. Anche con riferimento a tali profili l'opposizione risulta infondata. Quanto agli effetti della prescrizione, si è già argomentato in merito da un lato alla decorrenza del termine, con riferimento alla cessazione del rapporto, e dall'altro alla mancata prova dell'imputazione dei pagamenti, per cui le indennità per le ore di permesso maturate corrisposte con la busta paga di febbraio 2021 devono intendersi imputabili ai debiti "più antichi", e dunque si ribadisce che sono dovuti nel caso di specie i compensi per tutti i permessi non goduti così come riconosciuti nel cedolino paga. Per quanto attiene al compenso unitario spettante per ciascuna ora di permesso non goduto, l'eccezione formulata dalla parte opponente risulta in primo luogo sfornita della necessaria prova, non avendo la stessa parte prodotto evidenza della previsione contrattuale collettiva invocata e relativa al divisore orario; non essendo infatti il testo del CCNL in alcun modo richiamato o allegato all'opposizione, non emerge alcuna previsione contrattuale specifica sulla cui base verificare l'effettiva determinazione della retribuzione oraria applicando tale divisore alla retribuzione di fatto. Risulta al contrario l'evidenza dell'avvenuto riconoscimento del debito da parte del datore di lavoro nella misura oraria indicata in busta paga per i permessi riconosciuti, da intendersi senza dubbio tale per quanto attiene all'entità dello stesso, e avendo questi corrisposto la somma oraria di Euro 11,87627 appare corretto il conteggio elaborato dal (...) in sede monitoria. Ad ulteriore conferma dell'impegno del datore di lavoro a corrispondere tale somma a prescindere dalla retribuzione minima tabellare, occorre chiarire che è lo stesso datore di lavoro a non aver dato seguito a quanto afferma essere la corretta quantificazione nell'atto di opposizione, poiché nel cedolino paga di febbraio del 2021 ha corrisposto l'importo unitario sopra indicato anche per ore di permesso che sarebbero senza dubbio maturate in anni precedenti al 2016 (considerando che a tale data il ricorrente registra, da busta paga, 707 ore di permessi non goduti accumulate al dicembre del 2015 e 785 accumulate al dicembre 2016, mentre al dicembre del 2020 ne aveva accumulate 1111,92, per cui le 440 ore di permesso per cui è stata corrisposta l'indennità nel febbraio 2021 applicando il medesimo importo orario dal datore di lavoro a tutte le ore, si riferiscono necessariamente anche a permessi maturati nel periodo antecedente al dicembre 2015 o 2016); ciò mostra, dall'apprezzamento del comportamento concludente del datore di lavoro, l'assenza di una disposizione contrattuale specifica che preveda la misura dell'indennità per le ore di permesso non dovute nella misura invocata e comunque la volontà delle parti di non applicare tale eventuale previsione, anche eventualmente quale trattamento di miglior favore riconosciuto al lavoratore. Dunque, data la mancata prova di una diversa imputazione e di diverse modalità di calcolo, l'importo unitario considerato dalla parte ricorrente ed applicato dal datore di lavoro per i permessi riconosciuti nella busta paga di febbraio 2021 risulta corretto e dovuto anche per i permessi maturati in periodi precedenti e nella medesima busta paga comunque riconosciuti. Stante l'infondatezza dei motivi posti a suo fondamento, per gli argomenti sopra esposti, l'opposizione dev'essere integralmente respinta e il decreto ingiuntivo opposto va dichiarato definitivamente esecutivo. Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri di cui al DM 55/2014 come modificato dal DM 147/2022, in considerazione del valore della controversia (da ricomprendersi nello scaglione tra Euro 26.000 ed Euro 52.000) e dell'assenza di attività istruttoria, seguono la soccombenza devono porsi integralmente a carico della parte opponente. P.Q.M. Il Tribunale di Cassino, in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando: - Rigetta integralmente l'opposizione e dichiara definitivamente esecutivo il decreto ingiuntivo n. 272/2021 del 26.10.2021 (RG. n. 1951/2021); - Condanna la società opponente (...) S.r.l., in persona del l.r.p.t., al pagamento in favore di (...) delle spese del giudizio di opposizione, che si liquidano in complessivi Euro 4.216,00 oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA. Così deciso in Cassino il 16 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 16 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CASSINO SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Sara Lanzetta ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile di I grado iscritta al r.g.n. 1887/16 promossa da (...) nata F. (L.) il (...) (c.f. (...)) rappresentata e difesa dagli avv.ti Co.Le. e Sa.Be., ed elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in Gaeta (LT) in Viale (...) ATTRICE contro COMUNE DI PONZA, (C.F. (...)) in persona del Sindaco pro tempore con sede in Piazza (...), rappresentato e difeso dagli avv.to Di.Cr. ed elettivamente domiciliato in Formia, Via (...) PROVINCIA DI LATINA, (C.F. (...)) in persona del Presidente pro tempore con sede in Latina Via (...), rappresentata e difesa dagli avv.to Co.Cl. ed elettivamente domiciliato in Cassino, Via (...) snc CONVENUTI (...) SPA IN PERSONA DEL L.R. CON SEDE IN (...) ALLA VIA (...) TERZO CHIAMATO IN CAUSA CONTUMACE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE (...) ha convenuto in giudizio il Comune di Ponza in persona del Sindaco pro tempore e Provincia di Latina in persona del leg. Rapp. p.t., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti, patrimoniali e non, nella misura di Euro 20.988,59 o in quella ritenuta di giustizia oltre interessi legali e rivalutazione monetaria. A fondamento della domanda ha esposto quanto segue: che il giorno 13.07.2014 alle ore 20.00 circa nel Comune di Ponza (LT) alla guida del motociclo modello Yamaya X-MAX, Tg. (...) transitava sulla Strada Provinciale, in località Le Forna, tra Via Piana e Via Cuore di Gesù, in corrispondenza della stazione elettrica, al km 6+800 allorquando cadeva rovinosamente al suolo a causa di un avvallamento del manto stradale non segnalato; -che nell'impatto riportava lesioni personali per cui veniva accompagnata al Pronto Soccorso dell'Isola di Ponza ove veniva diagnosticato, "trauma contusivo alla spalla destra, da caduta con proprio motorino", con applicazione di tutore al fine d'immobilizzare l'articolazione e prescrizione di visita ortopedica; che dopo ulteriori visite specialistiche la stessa veniva dichiarata guarita con postumi da valutare in data 20.11.2014 che la stessa provvedeva con prima raccomandata a.r. a costituire in mora il Comune di Ponza che apriva il sinistro con la propria compagnia assicurativa per la responsabilità civile, (...) ass.ni, eccependo successivamente che la proprietà della strada fosse della Provincia di Latina, per cui a questa doveva essere rivolta la richiesta di risarcimento danni; -che in data 22.06.2015 veniva inoltrata richiesta risarcitoria alla Provincia di Latina, che a sua volta declinava la propria responsabilità in quanto l'infortunio si sarebbe verificato in un'area di cantiere del Comune per l'esecuzione di lavori di riparazione della condotta idrica, in quanto proprietà della stessa; che pertanto la responsabilità per il verificarsi del sinistro e dei danni subiti sarebbe da attribuirsi ad entrambi i convenuti, sia l'Ente proprietario, per omessa custodia, sia il Comune di Ponza per l'asserita esecuzione dei lavori di ripristino della condotta idrica. Si è costituito in giudizio il Comune di Ponza contestando ed impugnando tutto quanto ex adverso richiesto dedotto ed eccepito perché infondato sia in punto di fatto che in diritto, chiedendo in via preliminare di essere autorizzato alla chiamata in causa (...) spa, compagnia con cui è assicurato con polizza n. (...); sempre in via preliminare ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva contestando che sulla strada fosse presente un cantiere del Comune di Ponza né che l'asserito avvallamento fosse ivi presente a seguito della esecuzione dei lavori commissionati dal Comune di Ponza; in ogni caso e senza accettare il contraddittorio ha contestato la ricostruzione delle modalità del sinistro come indicate nell'atto introduttivo deducendo: che la (...) era a conoscenza dell'esistenza di un avvallamento, frequentando i luoghi per cui è causa, di conseguenza avrebbe evitato il sinistro tenendo un comportamento diligente e prudente; che comunque il sinistro si è verificato in piena estate circa alle 20.00 con una visibilità ottima; inoltre ha contestato l'esistenza del nesso causale tra le lesioni asseritamente subite dall'attrice ed il sinistro oggetto del presente giudizio, ritenendo altresì eccessiva la quantificazione della pretesa risarcitoria. Ha concluso chiedendo: "Piaccia all'Il.mo Tribunale adito, autorizzare la chiamata in causa delle (...) ass.ni spa, ..., disponendo ai sensi dell'art. 269 c.p.c., lo spostamento della prima udienza e concedendo termine ex art. 163 c.p.c. per la citazione del terzo, disattesa e respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa; In rito, venga dichiarato sussistere il difetto di legittimazione passiva del Comune di Ponza, con condanna dell'attrice al pagamento delle spese di lite; Nel merito, vengano respinte tutte le domande formulate dall'attrice; in via subordinata accertato il comportamento colposo tenuto dall'attrice, ridurre, in proporzione dell'incidenza causale dello stesso, la responsabilità della PA ai sensi dell'art. 1227 c.c.; ordinando in ogni caso alle (...) Ass.ni spa, in virtù delle garanzie previste nella polizza n.(...), di manlevare l'Ente concludente dal pagamento di qualsivoglia somma disposto in favore di parte attrice per i titoli da quest'ultima dedotti.; Vittoria di spese e compensi di causa". Si è costituita in giudizio la Provincia di Latina contestando ed impugnando ogni avversaria difesa perché infondata sia in punto di fatto che in diritto deducendo: che il cantiere era adeguatamente segnalato come risulta dalla fotografia n. 1 allegata alla relazione tecnica del perito assicurativo G.E. del 12.8.2016 la quale attesta la presenza sul posto di segnaletica provvisoria verticale; che l'attrice era a conoscenza dello stato dei luoghi perché residente in P. non lontano dal sinistro e dunque era a conoscenza dello stato dei luoghi in considerazione della circostanza che i lavori per la riparazione della condotta idrica presso la strada provinciale per cui vi è causa erano iniziati il 9.7.2014 e quindi quattro giorni prima della data del sinistro (13.7.2014) e quindi verosimilmente tra il 9.7.2014 e il 13.7.2014 aveva già percorso il tratto di strada ove assume essersi verificato il sinistro; che il sinistro verificatosi alle ore 20.00 del 13.7.2014 è avvenuto in orario diurno in quanto il sole tramontava alle ore 20.43; che in relazione all'obbligo di manleva del Comune di Ponza nei confronti della Provincia di Latina ha dedotto che il luogo in cui si sarebbe verificato il sinistro era interessato dai lavori di riparazione della condotta idrica effettuati dal personale dipendente del Comune di Ponza; ed invero con nota prot. (...) del 8.7.2014 il Comune di Ponza comunicava alla Provincia di Latina che in data 9.7.2014 avrebbe proceduto alla esecuzione di lavori urgenti di riparazione della condotta idrica comunale transitante sulla SP P. Le F. via P. km 6800 circa, in centro urbano, assicurando la realizzazione dell'intervento con la minima sezione di scavo, nonché l'immediato ripristino del manto stradale a regola d'arte; che l'obbligo di manleva del Comune di Ponza nei confronti della Provincia di Latina, atteso che il sinistro si è verificato nell'area del cantiere aperto dal Comune di Ponza, proprietario della condotta idrica in riparazione e di conseguenza quest'ultimo era tenuto ad osservare le prescrizioni tecniche indicate nella nota prot. (...) del 28.09.2015 ed il disposto dell'art. 21 D.Lgs. n. 285 del 1992. Ha concluso chiedendo:" Il Tribunale Adito voglia: - rigettare ogni avversaria domanda in quanto infondata in fatto ed in diritto per le ragioni spiegate in narrativa; - sempre nel merito, nelle non creduta ipotesi di riconoscimento della fondatezza delle pretese attoree, dichiarare, per le ragioni spiegate in narrativa, tenuto il Comune di Ponza, in persona del Sindaco pt, con sede in Ponza, a manlevare, garantire e tenere indenne la Provincia di Latina in relazione a tutte le domanda e richieste formulate dall'attrice; - sempre nel merito, ma in via gradata, accertare e dichiarare che il Comune di Ponza, in persona del Sindaco pt, ai sensi del disposto dell'art. 2055 c.c., risulta tenuto a corrispondere, in via di regresso, alla Provincia di Latina qualsiasi somma eventualmente versata da quest'ultima dall'attrice, all'esito del presente giudizio; - condannare le controparti al pagamento delle spese di lite". Autorizzata la chiamata in causa del terzo non si è costituita in giudizio (...) spa sebbene regolarmente citata. Il giudizio è stato istruito a mezzo audizione di testi, addotti dalle parti, e con l'ammissione ed espletamento di C.T.U. medico - legale per la verifica e quantificazione delle lesioni riportate dall'attrice. La domanda di risarcimento proposta da parte attrice nei confronti del Comune di Ponza, e della Provincia di Latina è fondata e va accolta per le ragioni che seguono. In punto di fatto, è stato provato, all'esito dell'istruttoria, che l'attrice è caduta nelle circostanze di tempo e di luogo indicate in citazione. In particolare il teste (...), marito della (...), della cui attendibilità non si ha motivo di dubitare, in quanto il narrato offerto è completo, coerente e immune da vizi logici, anche a seguito delle domande a chiarimento poste dal giudice, escusso all'udienza del 8.1.2020, ha dichiarato di aver assistito all'incidente in quanto in quel momento stava percorrendo la strada statale a bordo del suo scooter e seguiva lo scooter sul quale si viaggiava la (...). Il (...) ha dichiarato di aver visto sua moglie cadere, battendo la spalla sulla destra, in una buca, ampia circa un metro, che si trovava al centro della carreggiata di destra, ricoperta di acqua scura. Il teste ha riferito che erano in atto lavori di scavo e che la buca non era segnalata, né delimitata, in quanto i birilli di segnalazione erano poggiati sul lato della strada vicino al muro. Quanto allo stato dei luoghi al momento del sinistro il (...) ha dichiarato di riconoscere nelle fotografie 1 e 2 allegate alla seconda memoria ex art. 183 c.p.c. di parte attrice il luogo dell'incidente e le condizioni della strada al momento della caduta della (...). Il secondo teste di parte attrice (...), madre dell'attrice, escussa all'udienza del 27.9.2021 ha dichiarato di essersi recata nell'immediato sul luogo del sinistro, avendo ricevuto segnalazione che sua figlia aveva avuto un incidente, e di aver rinvenuto sua figlia a terra, caduta dalla moto, che lamentava dolori alla spalla. Il teste ha dichiarato che sul luogo dell'incidente via era una buca coperta di acqua non segnalata e che i segnali di lavori in corso erano addossati sul muro posto sulla destra della strada. Quanto alla circostanza che la buca fosse riconducibile alla presenza in loco di un cantiere per lavori alla condotta idrica, disposti dal Comune di Ponza, si rileva che la contestazione di tali fatti effettuata dall'ente convenuto è smentita dalle risultanze dell'istruttoria. Ed invero la Provincia di Latina costituendosi in giudizio ha prodotto una nota del Comune di Ponza, prot. (...) del 8.7.2014, nella quale le veniva comunicato l'inizio dei lavori urgenti per la riparazione della condotta idrica sita in Strada Provinciale P. Le F., via P. km 6,800 circa in data 9.7.2014. Tale circostanza è stata inoltre confermata anche dal teste del Comune di Ponza, (...), dipendente dell'ente con mansioni di idraulico, il quale ha riferito che nel punto in cui si è verificato l'incidente furono fatte delle attività di riparazione di condutture dell'acqua per conto del Comune. Quanto alla segnalazione dell'area di cantiere il teste ha dichiarato: "posso riferire che subito dopo aver fatto i lavori vengono messi segnali di diritto e di dare precedenza e vengono messi anche i birilli, i segnali sono quelli di cui alla foto che mi viene mostrata, ma non so dire perché nella foto sono posti accanto al muro e non in mezzo alla strada. Posso riferire che dopo aver messo isegnali la mia squadra va via e arriva un'altra squadra che controlla gli scavi e provvede a mettere l'asfalto e a riempire le buche. Posso riferire che le due squadre si avvicendano quasi in concomitanza. Posso riferire che il mio turno era di mattina, la seconda squadra arrivava a rotazione di pomeriggio, tuttavia dopo aver eseguito la mia parte di lavoro non sono più passato a controllare". Dall'istruttoria è quindi emerso che l'incidente è avvenuto perché sul manto stradale era presente una buca derivante da attività di scavo effettuata dal comune di Ponza per la riparazione di una conduttura idrica di sua pertinenza; tale attività non era segnalata, essendo emerso dalle deposizioni testimoniale e dalla documentazione fotografica che i birilli di segnalazione del cantiere si trovavano appoggiati al muro al momento del sinistro. Le dichiarazioni dei testi, che ad avviso di questo giudice sono pienamente attendibili in quanto collimanti, coerenti e immuni da vizi logici; la documentazione fotografica prodotta, la natura delle lesioni riportate, compatibili con la dinamica decritta in citazione, non lasciano dubbi che l'attrice abbia assolto pienamente l'onere probatorio su di lei incombente circa la sussistenza dell'incidente e del nesso causale tra l'evento dannoso (caduta) e l'anomalia del fondo stradale che stava percorrendo. Quanto al legittimato passivo dell'azione di risarcimento va premesso che in punto di diritto, l'azione proposta, relativa ad un sinistro avvenuto su una pubblica via va ricondotta all'alveo della responsabilità ex art. 2051 c.c. Al riguardo, in tema di responsabilità derivante dalla caduta di un centauro in strada, giova ricordare i seguenti principi recentemente affermati dalla Suprema Corte: La responsabilità contemplata dall'art. 2051 c.c. (responsabilità da cose in custodia) presuppone che il soggetto al quale la si imputa sia in grado di esplicare riguardo alla cosa un potere di sorveglianza, di modificarne lo stato e di escludere che altri vi apporti modifiche (Cass. 20 novembre 2009 n. 24529); anche agli enti pubblici proprietari di strade o altri luoghi aperti al pubblico transito è in linea generale applicabile l'art. 2051 c.c., in riferimento a situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze della strada, indipendentemente dalla sua estensione (ex plurimis: Cass. 12 aprile 2013 n. 8935; Cass. 25 maggio 2010 n. 1210; Cass. 3 aprile 2009 n. 8157; Cass. 29 marzo 2007 n. 7763); L'ente pubblico versa in una situazione di potenziale responsabilità una volta accertato che il fatto dannoso si sia verificato a causa di un'anomalia della strada (Cass. 24529/09 cit.); la prova di tale anomalia incombe sul danneggiato il quale dovrà provare l'evento danno ed il nesso di causalità con la cosa alterata o anomala (Cass. 24529/09 cit.); la responsabilità dell'ente pubblico custode può essere esclusa solo dal fortuito e questo, che dovrà essere provato dal custode, ricorre ogniqualvolta la situazione di pericolo sia stata causata dallo stesso utente danneggiato o si sia manifestata improvvisamente e imprevedibilmente (Cass. 8935/13 cit.; Cass. 18 ottobre 2011 n. 21508; Cass. 12695/10 cit.; Cass. 24529/09 cit.; Cass. 19 novembre 2009 n. 20419); Quanto alla nozione di custodia la giurisprudenza ha elaborato una nozione di custodia ampia non coincidente con quella di derivazione contrattuale, e ha ritenuto che custode è colui che ha l'effettivo potere materiale sulla cosa (Cass. Sez. U, Sentenza n. 12019 del 11/11/1991). Può perciò essere custode non solo il proprietario della cosa o l'usufruttuario, ma anche il semplice possessore o detentore nell'interesse altrui. Va in ogni caso precisato che la disponibilità che della cosa ha l'utilizzatore non comporta necessariamente il trasferimento in capo a questa della custodia, da escludere in tutti i casi in cui, per specifico accordo delle parti o per la natura del rapporto ovvero per la situazione fattuale determinatasi, chi ha l'effettivo potere di gestione ingerenza ed intervento sulla cosa, nel conferire all'utilizzatore il potere di utilizzazione della stessa ne abbia conservato la custodia. Nel caso di specie si rileva che si configura un rapporto di custodia sia in capo al Comune di Ponza, rispetto all'area di cantiere presente sulla strada provinciale, essendo tenuta a preservarla e a segnalarla in maniera adeguata al fine di preservare l'incolumità dei terzi, sia rispetto alla Provincia di Latina dal momento che l'attività assentita dell'ente terzo non ha escluso in ogni caso suo potere di sorveglianza, e quindi di ingerenza nella custodia diretto a preservare l'incolumità degli utenti della strada. Ne deriva che in caso di più custodi ognuno deve rispondere solidalmente nei confronti del danneggiato, salvo il diverso riparto di responsabilità nei rapporti interni. Ciò posto, volgendo all'analisi dei principi della responsabilità da cosa in custodia va precisato che ancorché il comportamento colposo del danneggiato non sia idoneo da solo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno, costituita dalla cosa in custodia, ed il danno, tuttavia lo stesso può integrare un concorso colposo ai sensi del primo comma dell'art. 1227 c.c., con conseguente diminuzione della responsabilità del danneggiante secondo l'incidenza della colpa del danneggiato (ex plurimis: Cass. 7 aprile 2010 n. 8229; Cass. 5 dicembre 2008 n. 28811; Cass. 8 maggio 2008 n. 11227). I principi suddetti sono condivisi da questo giudice e ad essi ed alle relative argomentazioni di supporto ci si richiama ai sensi anche dell'art. 118 disp. Att. c.p.c.. Ne deriva che l'attrice ha adeguatamente assolto il proprio onus probandi: ed invero dalla documentazione fotografica allegata agli atti, riconosciuta dai testi escussi, si evince la presenza di una buca non segnalata sul manto stradale, piena di acqua non facilmente percepibile dall'utente che percorre la strada in discesa e a bordo di un mezzo in velocità. Di converso, il Comune di Ponza e la Provincia di Latina non hanno fornito la prova di un caso fortuito tale da determinare interruzione del rapporto di causalità; né dall'istruttoria è emerso che il danneggiato abbia tenuto un comportamento assolutamente anomalo. Nel caso di specie, la causa del danno si rinviene quindi in un fattore intrinseco alla struttura del bene, sì da costituire un elemento di rischio conosciuto o conoscibile a priori dal custode; la prova liberatoria, rimasta non fornita dagli enti, avrebbe dovuto avere oggetto la dimostrazione dell'avvenuto espletamento, da parte degli stessi, di tutta la normale attività di vigilanza e manutenzione, esigibile in relazione alla specificità della cosa, in modo da mantenerla in condizioni ottimali di efficienza. Alla stregua delle considerazioni che precedono va affermata pertanto la responsabilità solidale del Comune di Ponza e della Provincia di Latina ai sensi dell'art. 2051 c.c. Deve ritenersi, d'altro canto, che alla produzione dell'evento abbia contribuito anche il comportamento dell'attrice cui è imputabile una disattenzione idonea ad essere valutata ex art. 1227, primo comma c.c.. Al riguardo, giova in primis osservare, proprio le condizioni in cui versava il fondo stradale, con particolare riguardo alla grandezza della buca e alla circostanza che, sebbene ricoperta di acqua, non poteva ritenersi totalmente mimetizzata con il manto stradale, come risulta dalla documentazione fotografica versata in atti, considerato anche che al momento dell'incidente non vi erano condizioni di scarsa visibilità, tenuto conto dell'orario (alle ore 20.00 circa) e del il periodo in cui vi è verificato il sinistro (a luglio in piena estate). Tali circostanze avrebbero dovuto indurre l'attrice a prestare attenzione all'ostacolo presente sulla strada in modo da consentire il tempestivo arresto del veicolo o l'aggiramento dell'ostacolo in sicurezza. Al riguardo, appare opportuno il richiamo al generale principio di auto responsabilità - affermato dalla Corte costituzionale proprio in materia di insidie stradali - per il quale gli utenti dei beni sia pubblici che privati hanno l'onere di prestare particolare attenzione nell'esercizio dell'uso ordinario di tali beni, al fine appunto di salvaguardare la propria incolumità (Corte cost. 159/99); tale onere di attenzione non si esaurisce in quello dell'utilizzo normale e conforme alla destinazione dei singoli beni, ma comporta anche il dovere di prestare particolare attenzione nell'uso degli stessi, in rapporto alle caratteristiche intrinseche di ciascuno di essi ed al rischio specifico che l'utilizzo di ciascun bene comporta. Alla stregua delle considerazioni che precedono si ritiene pertanto che la disattenzione della danneggiata, tenuto conto del grado della sua colpa e della sua efficienza causale, abbia inciso nella misura del 50% nel verificarsi del danno (il cui risarcimento deve dunque essere proporzionalmente ridotto), senza elidere totalmente il nesso di causalità, considerata la natura eccezionale del fatto causativo, che può aver verosimilmente concorso a determinare un abbassamento del livello di cautela nell'attrice che confidava nell'integrità dello stato dei luoghi. Sotto tale profilo deve essere valorizzata la circostanza che è fatto incontestato che l'incidente si sia verificato non lontano dai luoghi di residenza dell'attrice ed è pertanto ragionevole ritenere che la stessa avesse conoscenza dello stato dei luoghi, pertanto, considerato che l'anomalia sia era verificata per ragioni eccezionali, nell'arco di pochi giorni, può fondatamente ritenersi che la stessa abbia percorso quel tratto di strada confidando nella integrità dello stato dei luoghi. Tale ultima circostanza non può al contrario essere valorizzata per escludere totalmente il nesso di causalità tra l'evento e il danno, in quanto se è verosimile ritenere che la (...) conoscesse i luoghi di causa per averli già percorsi prima dell'incidente, non può altrettanto ritenersi provato, neppure in via presuntiva, che prima dell'incidente, la stessa avesse avuto conoscenza dell'esistenza del cantiere, considerato il limitato arco temporale intercorso tra l'inizio dei lavori e il sinistro. In ordine al danno non patrimoniale subito dall'infortunata ed alla sua entità, possono condividersi le indagini e le conclusioni del CTU perché precise, esaurienti, adeguatamente motivate e rassegnate dopo un attento e scrupoloso controllo della paziente e della copiosa documentazione medica fornita dalla parte, alla quale sono stati riscontrati " trauma distorsivo/contusivo della spalla destra." L'ausiliario, premessa la natura chiaramente traumatica delle lesioni patite dalla (...), ha concluso che risulta integrata una percentuale di invalidità permanente pari al 1% , con un periodo di ITT di giorni 10, e di ITP di 15 giorni al 50%. Passando alla valutazione dei danni in termini economici, giova preliminarmente precisare che il danno non patrimoniale da lesione della salute, sia di natura permanente che temporanea, costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, nella cui liquidazione il giudice deve tenere conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti dal danneggiato nella sua persona complessivamente considerata, a prescindere da qualsiasi valutazione di carattere reddituale, costituendo una posta di danno connessa alla lesione della persona fisica in sé riguardata, al di là della specifica attitudine del soggetto a procacciarsi redditi, la cui eventuale lesione trova adeguato rimedio mediante il riconoscimento del danno patrimoniale da lucro cessante. La liquidazione del danno non patrimoniale deve essere complessiva e cioè tale da coprire l'intero pregiudizio in tutte le sue conseguenze psico-fisiche, a prescindere dai nomina iuris dei vari tipi di danno, i quali non possono essere invocati singolarmente per un aumento della anzidetta liquidazione. Tuttavia, sebbene il danno non patrimoniale costituisca una categoria unitaria, le tradizionali sottocategorie del danno biologico e del danno morale continuano a svolgere una funzione, per quanto solo descrittiva, del contenuto pregiudizievole preso in esame dal giudice, al fine di parametrare la liquidazione del danno risarcibile. (ex plurimis: Cass. 15 gennaio 2014 n. 687) In coerente risposta al richiamo operato dal giudice di legittimità e poc'anzi sinteticamente illustrato, le tabelle di Milano, che ormai costituiscono un valore da ritenersi equo e cioè in grado di garantire la parità di trattamento e da applicare in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti circostanze idonee ad aumentarne o ridurne l'entità ed alle quali occorre fare ricorso per la valutazione in via equitativa dei danni a persone non causati dalla circolazione di veicoli (Cass. 7 giugno 2011 n. 12408), propongono la liquidazione congiunta dei pregiudizi in passato liquidati autonomamente a titolo del cd. danno biologico standard e del cd. danno morale, prevedendo, inoltre, percentuali massime di aumento da utilizzarsi in via della cd. personalizzazione, per particolari condizioni soggettive, del danno biologico Nel caso in esame, tenuto conto della età della danneggiato -41 anni al momento dell'incidente-applicando le tabelle del tribunale di Milano, operata la devalutazione degli importi al momento del verificarsi dei danni(per il danno biologico alla stabilizzazione dei postumi, per le IT al loro termine), computati gli interessi legali sulle somme di anno in anno rivalutate secondo gli indici Istat FOI, consegue che l'attrice deve ricevere la somma di Euro 2813,62 In considerazione delle qualità individuali e dell'età del danneggiato ed in assenza dell'allegazione e prova di peculiari circostanze idonee ad incidere in modo specifico sulla liquidazione standardizzata, stante la genericità delle circostanze dedotte da parte attrice, il tribunale poi ritiene che non si debba applicare alcuna percentuale di aumento per la personalizzazione del danno biologico. A tale somma vanno aggiunte le spese mediche sostenute dalla (...) che il ctu ha valutato congrue nella misura di Euro 320,00. Attesa l'accertata colpevole compartecipazione dell'attrice al fatto generatore del danno, tale somma va ridotta, come precedentemente detto, nella corrispondente misura del 50%. Ridotta tale somma del 50% in ragione del riscontrato concorso della condotta colposa dell'attrice, il Comune di Ponza e la Provincia di Latina devono essere condannate al pagamento in suo favore di (...) dell'importo di Euro 1566,81 a titolo di danno non patrimoniale e spese liquidato all' attualità e comprensivo di interessi. Sulle somme, così come sopra liquidate, dovranno essere corrisposti, per effetto della condanna al pagamento che attribuisce al quantum dovuto il carattere di debito di valuta, gli interessi annui al tasso legale dal giorno della presente decisione sino a quello del conseguimento in concreto dell'importo risarcitorio (art. 1282 c.c.). Per quanto invece riguarda la domanda di accertamento della responsabilità nei rapporti interni tra la Provincia di Latina e il Comune di Ponza, in sede di regresso ai sensi dell'art. 2055 c.c., in via preliminare deve ritenersi rigettarsi l'eccezione di decadenza dalla domanda di manleva e di regresso proposta dalla Provincia di Latina in considerazione della circostanza che la costituzione in giudizio della Provincia di Latina è tempestiva, essendo avvenuta in data 23.12.2016, entro il termine di 20 giorni prima dell'udienza di trattazione e prima comparizione, differita ai sensi dell'art. 168 bis c.p.c. al 18.1.2017. Quanto ai rapporti interni deve ritenersi che la responsabilità del sinistro sia da attribuire esclusivamente al Comune di Ponza, il quale nella qualità esecutore delle opere, realizzate nel suo esclusivo interesse, aveva l'onere di predisporre degli efficaci presidi di sicurezza e segnalazione della buca e di garantire la custodia del cantiere, secondo quanto disposto dall'art. 21 del D.Lgs. n. 285 del 1992 in base al quale: "Chiunque esegue lavori o deposita materiali sulle aree destinate alla circolazione o alla sosta di veicoli e di pedoni deve adottare gli accorgimenti necessari per la sicurezza e la fluidità della circolazione e mantenerli in perfetta efficienza sia di giorno che di notte. Deve provvedere a rendere visibile, sia di giorno che di notte, il personale addetto ai lavori esposto al traffico dei veicoli. Il regolamento stabilisce le norme relative alle modalità ed ai mezzi per la delimitazione e la segnalazione dei cantieri, alla realizzabilità della visibilità sia di giorno che di notte del personale addetto ai lavori, nonché agli accorgimenti necessari per la regolazione del traffico, nonché le modalità di svolgimento dei lavori nei cantieri stradali". il D.P.R. n. 495 del 1992 agli artt. 30 e ss individua le modalità e gli strumenti di delimitazione e segnalazione dei cantieri tra cui rientrano anche le barriere ed altra strumentazione fissa, non facilmente amovibile. Nel caso di specie, considerata la peculiarità e la natura dello stato dei luoghi (strada in discesa aperta al traffico e in prossimità di curva) nonchè le caratteristiche del cantiere, è emersa con evidenza l'assoluta inidoneità dei mezzi predisposti dal Comune di Ponza (birilli amovibili) per delimitare l'area al fine di segnalare agli utenti la situazione di pericolo, con la conseguenza che nei rapporti interni deve essere affermata l'esclusiva responsabilità per i fatti di causa del Comune di Ponza. Per tali ragioni il Comune di Ponza dovrà tenere indenne, in caso di attuazione della condanna principale da parte del creditore nei confronti della Provincia di Latina, di qualsiasi somma versata da quest'ultima all'attrice in conseguenza del presente giudizio. Le spese processuali nei confronti di parte attrice sono a carico dei convenuti soccombenti, Comune di Ponza e Provincia di Latina, in solido tra loro e nella misura della metà; la residua metà viene compensata a cagione dell'accertato contributo causale arrecato dall'attrice alla produzione del fatto pregiudizievole. La liquidazione delle spese viene eseguita in dispositivo alla luce dei parametri di cui al regolamento emanato con il D.M. 10 marzo 2014, n. 55, con la precisazione che ci si discosta dai valori medi in ragione dell'assenza di questioni giuridiche numerose e complesse, di una preparazione e studio della causa che non può avere richiesto un impegno significativo trattandosi di un tema ormai ampiamente dibattuto e noto, di una fase istruttoria non particolarmente articolata. Le spese di consulenza tecnica, in ragione dei rilievi che precedono, devono essere poste definitivamente per la metà carico dell'attrice e per l'altra metà a carico dei convenuti Provincia di Latina e Comune di Ponza, in solido tra loro. Volgendo all'esame del merito della domanda di garanzia proposta dal Comune di Ponza nei confronti di (...) spa, in via preliminare deve affermarsi la legittimazione passiva del terzo chiamato in causa dal momento che è stato evocato in giudizio dal convenuto Comune di Ponza assicurato ai sensi dell'art. 1917 ultimo comma c.c., come risulta dalla documentazione contrattuale allegata alla comparsa di costituzione e risposta. Pertanto sulla scorta di tali premesse la (...) SPA deve essere condannata a tenere indenne il Comune di Ponza delle somme che quest' ultimo sarà chiamato a versare in forza dei motivi che precedono. P.Q.M. Il Tribunale di Cassino, sezione prima, in persona della dott.ssa Sara Lanzetta, definitivamente pronunziando, ogni diversa istanza e deduzione disattesa, così provvede: 1- Dichiara la contumacia di (...) spa; 2- accoglie per quanto di ragione la domanda proposta da (...) e, per l'effetto, accertata la corresponsabilità dell'attrice, nella misura del 50%, nella produzione del fatto per cui è causa, condanna il Comune di Ponza e la Provincia di Latina in persona del suo legale rappresentante pro tempore, a pagare, in solido tra loro, all'attrice, a titolo risarcimento dei danni, la somma di Euro 1.566,81 a titolo di danno non patrimoniale e spese, oltre interessi al saggio legale dal giorno della pubblicazione della presente sentenza al saldo; 3- condanna la Provincia di Latina e il Comune di Ponza, in solido tra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio nei confronti di parte attrice che, al netto della compensazione della metà, si liquidano in Euro 132,00 per spese ed Euro 639,00 per compensi professionali, oltre spese generali iva e cpa come per legge; 4- dichiara compensata la restante metà delle spese del presente giudizio; 5- pone le spese di ctu per metà a carico di parte attrice e per metà a carico dei convenuti, Provincia di Latina e Comune di Ponza, in solido tra loro; 6- accoglie la domanda di regresso proposta dalla Provincia di Latina nei confronti del Comune di Ponza e per l'effetto accerta e dichiara nei rapporti interni tra i due enti l'esclusiva responsabilità del Comune di Ponza per il sinistro oggetto di causa e per l'effetto condanna il Comune di Ponza a tenere indenne, in caso di attuazione della condanna principale da parte dell'attrice nei confronti della Provincia di Latina, di qualsiasi somma versata da quest'ultima a (...) in conseguenza del presente giudizio e in forza dei capi che precedono; 7- condanna (...) spa a tenere indenne il Comune di Ponza a delle somme che sarà tenuto a pagare sulla scorta dei capi che precedono. Così deciso in Cassino l'11 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 12 maggio 2023.

  • TRIBUNALE ORDINARIO DI CASSINO SEZIONE CIVILE AREA LAVORO E PREVIDENZA Il Tribunale di Cassino in funzione di Giudice del lavoro, nella persona del dott. Raffaele Iannucci, all'esito della trattazione cartolare ex art. 127 ter c.p.c. con termine per il deposito di note scritte sostitutive dell'udienza di discussione fissato al 3 aprile 2023, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa in materia di lavoro iscritta al n. .../2018 r.g.l. vertente TRA M.A., con l'Avv. ... - ricorrente E T.R.A., con l'Avv. ... - resistente Oggetto: lavoro domestico - accertamento subordinazione - differenze retributive - Svolgimento del processo Con ricorso ex art. 414 c.p.c., depositato in Cancelleria il 30.4.2018 e ritualmente notificato, M.A. ha esposto di avere lavorato alle dipendenze della sig.ra T.R.A. continuativamente dal febbraio 2009 al 5.2.2018; di avere prestato assistenza alla madre e al fratello della convenuta quale badante, governante e addetta alle pulizie; che la convenuta le impartiva le direttive sul lavoro da svolgere e la richiamava quando necessario; di avere lavorato, nel periodo dal 2009 al dicembre 2012, dalle ore 11.00 alle ore 16.00 di ogni giorno, domenica compresa e nel periodo successivo dalle ore 8.00 alle ore 16.00, esclusa la domenica; di avere percepito brevi manu nel primo periodo Euro 450,00 al mese e nel secondo periodo Euro 600,00 al mese; di avere svolto, in particolare, mansioni di assistenza e accudimento nelle funzioni esistenziali e di relazione della madre della convenuta, persona non autosufficiente, oltre che servizi familiari e domestici, inclusi quelli di pulizia della casa, questi ultimi anche in favore del fratello della convenuta, persona riconosciuta invalida per problemi psichiatrici; di non avere mai goduto di ferie; che la convenuta non regolarizzava il rapporto e non versava i contributi previdenziali; di essere stata licenziata verbalmente il 5.2.2018 per decisione della convenuta. Tanto premesso, la ricorrente ha dedotto di avere svolto mansioni riconducibili al profilo di collaboratore familiare, livello D super, del CCNL Lavoro domestico e di avere comunque diritto, in ragione dell'anzianità di servizio pregressa, all'inquadramento nel livello C Super dal 1.1.2013, nel livello D dal 2015 e nel livello D super dal 2017, sebbene i conteggi delle spettanze siano stati elaborati facendo riferimento, per difetto, al livello D; di avere effettuato, nel periodo in cui ha lavorato dalle ore 8.00 alle ore 16.00, otto ore di lavoro straordinario settimanale; di non essere stata retribuita per i quattro giorni lavorati a febbraio e di non avere percepito il trattamento di fine rapporto; di avere maturato, come da conteggi allegati, un credito per differenze retributive pari ad Euro 92.065,70. Alla luce di quanto esposto, dedotto ed argomentato, la ricorrente ha chiesto all'intestato Tribunale di accogliere nei confronti della convenuta T.R.A. le seguenti conclusioni: "a) accertare e dichiarare che tra la sig.ra M.A. e la sig.ra T.R.A. è intercorso un rapporto di lavoro domestico dal 1.1.2013 al 5.2.2018, con le modalità e i termini di cui alla narrativa, svolgendo mansioni corrispondenti a quelle previste nell'inquadramento a Livello D Super del CCNL Lavoro domestico applicabile, che prevede una retribuzione effettiva dovuta di Euro 7.80 per ora, oltre accessori vari; b) condannare la sig.ra T. al pagamento in favore della ricorrente, ai sensi dell'art. 2099 c.c. e 36 Cost., della totale somma di Euro 92.065,70 o altra maggior somma che risulterà dovuta in corso di causa, oltre rivalutazione monetaria ed interessi di legge, a titolo di differenze retributive, comprensive della maggiorazione prevista per lo straordinario, ratei di 13ma mensilità, festività, indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi mai goduti, e del TFR, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria del 4%, come di Legge, da calcolarsi dal dì della domanda, effettuata con nota di messa in mora del 20/02/2018 n. 443-5 ricevuta in data 22/02/2018, sino al dì del reale soddisfo; c) condannare la sig.ra T. a versare all'INPS e all'INAIL i contributi determinati, in relazione al precedente punto a), limitatamente a quelli non prescritti ed a risarcire il danno causato a parte ricorrente dall'omesso versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali di legge; d) condannare la sig.ra T. al pagamento in favore della ricorrente della ulteriore somma di Euro 10.000,00 a titolo di risarcimento del danno, subito e subendo, morale e patrimoniale, dovuto e debendo"; con vittoria di spese da distrarsi. Instaurato ritualmente il contraddittorio, si è costituita in giudizio T.R.A., chiedendo il rigetto dell'avverso ricorso in quanto inammissibile e/o nel merito infondato. Parte convenuta ha eccepito preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto estranea al rapporto intercorrente tra la ricorrente e la sig.ra V.L.. Nel merito la convenuta ha dedotto che, in considerazione del rapporto di parentela con il sig. V.P., compagno della ricorrente, la sig.ra V.L., madre di T.R.A., ha consentito alla ricorrente di frequentare occasionalmente la propria casa per motivi di reciproca compagnia e familiarità, senza instaurare alcun rapporto di lavoro subordinato; che, in particolare, la ricorrente si recava presso l'abitazione di V.L. tre o quattro volte al mese, spesso nelle ore pomeridiane secondo le disponibilità di tempo, trattenendosi per il tempo del tè o del caffè; che era la figlia della resistente a svolgere, con l'aiuto saltuario della madre, le attività di assistenza e pulizia nell'appartamento in questione. La causa è stata istruita mediante la produzione documentale delle parti, l'interrogatorio formale della convenuta e la prova per testi. All'esito dell'istruttoria le parti sono state autorizzate al deposito di note difensive autorizzate. La causa è stata infine decisa come da dispositivo in calce all'esito della trattazione cartolare ex art. 127 ter c.p.c. con termine per il deposito di note scritte sostitutive dell'udienza di discussione fissato al 3 aprile 2023. Motivi della decisione La presente controversia verte sull'accertamento del rapporto di lavoro subordinato domestico asseritamente costituitosi tra le parti, ancorché senza alcuna regolarizzazione, e del conseguente credito per differenze retributive vantato dalla sig.ra M.A. nei confronti della sig.ra T.R.A. per l'attività lavorativa svolta dalla prima in favore della seconda presso l'abitazione di V.L. e T.D., rispettivamente madre e fratello della convenuta, quale collaboratrice domestica e badante della sig.ra V., nel periodo dal 1.1.2013 al 5.2.2018. Le differenze retributive sono state rivendicate, in ragione degli orari di lavoro osservati e delle mansioni disimpegnate, ricondotte al livello D, lavoratori non conviventi (cfr. conteggi allegati al ricorso) del CCNL Lavoro domestico del 16.7.2013 (all. 1 fasc. ric.), a titolo di lavoro ordinario, lavoro straordinario, indennità sostitutiva di ferie e permessi non goduti, lavoro festivo, tredicesima mensilità, trattamento di fine rapporto. La ricorrente ha chiesto inoltre la condanna della convenuta alla regolarizzazione contributiva e al risarcimento del danno patrimoniale e morale conseguente all'inadempimento datoriale. La resistente ha eccepito preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto del tutto estranea al rapporto dedotto in causa, e nel merito ha contrastato le avverse allegazioni sostenendo che alcun rapporto di lavoro subordinato è mai venuto in essere tra le parti, atteso che la ricorrente non ha mai svolto le attività lavorative dedotte in ricorso e che comunque, ove anche tali attività fossero state saltuariamente disimpegnate, ciò è avvenuto a titolo gratuito e in cambio della compagnia e della ospitalità offerte dalla sig.ra V.L., inserendosi nel contesto di un risalente rapporto di frequentazione amicale e di cortesia tra la ricorrente e la madre della resistente, dovuto al rapporto di parentela tra il sig. V.P., convivente della ricorrente, e la sig.ra V.L., madre della resistente. Il ricorso è infondato e deve essere integralmente rigettato. Giova richiamare innanzitutto, in termini generali, il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui è possibile ritenere accertata la natura subordinata di un rapporto di lavoro soltanto ove sia dimostrata, in relazione al precipuo rapporto preso in considerazione, la sussistenza dell'elemento caratterizzante la subordinazione di cui all'art. 2094 c.c., quale l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro: la c.d. eterodirezione della prestazione lavorativa si estrinseca in disposizioni o direttive pregnanti ed assidue, in ordini specifici, reiterati ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa, attuativi di una direzione costante e cogente idonea a privare il lavoratore di qualsiasi autonomia, mentre la potestà organizzativa deve concretizzarsi in un effettivo inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale (tra le tante, Cass. civ. sez. lav. n. 15922/2020; Cass. civ. sez. lav. n. 26986/2009). Quando l'assoggettamento del lavoratore ai poteri datoriali non sia però facilmente evincibile, in virtù della difficoltà di fornirne una prova diretta o della peculiarità delle mansioni svolte, come nel caso di mansioni meramente elementari e ripetitive, dunque standardizzate, o al contrario ad elevato contenuto intellettuale, occorre fare riferimento a criteri sussidiari o complementari che possono assurgere a indici rivelatori della subordinazione. Tra questi rientrano, a titolo esemplificativo: l'assunzione del rischio d'impresa in capo esclusivamente al datore di lavoro, l'osservanza da parte del lavoratore di un orario di lavoro predeterminato, il pagamento a cadenze periodiche di una retribuzione prestabilita, l'utilizzo da parte del lavoratore di attrezzature e materiali dell'impresa, l'assenza in capo al lavoratore di una seppur minima struttura imprenditoriale (Cass. civ. sez. lav. n. 23371/2022 e precedenti conformi ivi citati). Con specifico riferimento al lavoro domestico, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha affermato che, nel caso di prestazioni lavorative effettuate tra persone legate da vincoli di parentela o affinità, ovvero rese nell'ambito di una comunità familiare, opera una presunzione di gratuità delle prestazioni, in ragione del particolare vincolo che lega i soggetti del rapporto e della comunanza spirituale ed economica tra loro esistente, posto che ogni attività oggettivamente configurabile come prestazione di lavoro subordinato può essere ricondotta ad un rapporto diverso istituito affectionis vel benevolentiae causa, caratterizzato dalla gratuità della prestazione. Quest'ultimo elemento può essere superato attraverso la prova dell'esistenza del vincolo di subordinazione, diverso dal vincolo di solidarietà ed affettività, idoneo a costituire la causa di prestazioni gratuite (Cass. civ. sez. lav. n. 12433/2015). È stato anche chiarito che, allorché la sopra menzionata presunzione di gratuità delle prestazioni lavorative fra persone legate da vincoli di parentela o affinità debba essere esclusa per l'accertato difetto della convivenza degli interessati, non opera ipso iure una presunzione di contrario contenuto, indicativa dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato. Conseguentemente, la parte che faccia valere diritti derivanti da tale rapporto ha l'onere di provare, precisamente e rigorosamente, tutti gli elementi costitutivi e, in particolare, i requisiti indefettibili della onerosità e della subordinazione (Cass. civ. sez. lav. n. 37938/2022). Tanto chiarito, nel caso di specie è rimasto incontestato il dedotto rapporto di parentela tra il convivente della ricorrente e la madre dalla resistente, confermato anche in sede di istruttoria testimoniale (D.S.P.: "V.P. è un nipote alla lontana di V.L.") e risulta altrettanto pacifico che la ricorrente non conviveva con la madre della resistente. Ne discende, alla luce dei principi sopra richiamati, che, anche a non voler ritenere operante una vera e propria presunzione relativa di gratuità delle prestazioni di lavoro domestico rese dalla ricorrente - ma comunque potendosi valorizzare il dedotto rapporto di parentela, unitamente agli ulteriori elementi emersi in istruttoria, quale elemento indiziario della c.d. affectionis vel benevolentiae causa - la lavoratrice non può certo ritenersi esonerata dal dover fornire la prova rigorosa della esistenza dei requisiti indefettibili della subordinazione. Tale prova non è stata fornita. L'istruttoria espletata ha smentito infatti l'assunto di parte ricorrente secondo cui tra le parti sarebbe stato costituito un rapporto di lavoro subordinato domestico, avente ad oggetto l'assistenza alla madre della resistente, V.L., e lo svolgimento di servizi domestici (pulizia e riassetto della casa, preparazione dei pasti) presso l'abitazione di quest'ultima e del fratello della resistente, T.D.. Non è emerso dalle deposizioni testimoniali alcuno degli indici sintomatici della subordinazione. Se si eccettuano le dichiarazioni rese da V.P., inattendibili non tanto e non solo per il vincolo affettivo con la ricorrente, con la quale convive, ma soprattutto perché de relato actoris e non frutto di personale conoscenza, nessuno dei testi escussi ha confermato l'osservanza da parte della ricorrente di un orario di lavoro cogente e dunque una sua presenza sistematica, in giorni e ore prestabiliti, nel periodo oggetto di causa (gennaio 2013 - febbraio 2018), presso l'abitazione di V.L. e T.D.. D.S.V., figlio della resistente, ha dichiarato: "La ricorrente si recava presso l'abitazione della sig.ra V.L., mia nonna, tre o quattro volte al mese. Lo so perché abito nella casa vicina e quella della sig.ra V., a circa una decina di metri...So che la ricorrente non aveva vincoli di orari e di giorni, si recava da mia nonna quando voleva lei...Da casa mia sono mancato dal 2015 al 2017, perché sono stato all'estero. Tutto quello che ho riferito riguarda il periodo antecedente al 2015 e successivo al 2017.". D.S.P., figlia della resistente, che abitava al piano superiore a quello della sig.ra V.L., sua nonna ("Io vivevo al piano di sopra rispetto a quello di mia nonna...Vi era una scala che collegava internamente i due piani che formavano un complesso unitario"), ha riferito che la ricorrente si recava presso l'abitazione della sig.ra V.L. con una frequenza maggiore rispetto a quanto dichiarato dal fratello ("La vedevo più volte in una settimana"), ma comunque al di fuori di un orario di lavoro vincolante ("la sig.ra M. si recava dalla sig.ra V.L. per scambiare un po' di chiacchiere e farle un po' di compagnia"). F.G., amico della famiglia della resistente e frequentatore quasi quotidiano dell'abitazione di D.S.V., come quest'ultimo ha dichiarato di avere visto la ricorrente frequentare la casa di V.L. "mediamente tre o quattro volte al mese" e ha altresì specificato: "La ricorrente, che io sappia, non aveva orari prestabiliti, perché la vedevo senza una frequenza fissa" Al di là della discordanza tra le dichiarazioni dei due fratelli D.S.V. e D.S.P. in merito alla frequenza delle visite della ricorrente presso l'abitazione di V.L. (una volta a settimana o poco meno per il primo, più volte in una settimana per la seconda) - la quale può anche spiegarsi alla luce della circostanza che D.S.P., vivendo al piano superiore a quello della sig.ra V.L., poteva avere contezza pressoché quotidiana e costante di tutte le visite che quest'ultima riceveva, a differenza del fratello che abitava in un diverso stabile, ancorché vicino - un dato emerge in modo inequivoco da tutte le deposizioni dei testi di parte resistente: la ricorrente non si recava presso l'abitazione della sig.ra V.L. secondo un orario prestabilito e vincolante, ma piuttosto nella logica di visite spontanee effettuate per cortesia e per reciproco piacere e intrattenimento, ed in tale contesto potevano, sempre a titolo di cortesia, essere occasionalmente e sporadicamente disimpegnati dalla ricorrente servizi domestici (lavaggio dei piatti, effettuazione pulizie), senza però la sistematicità che contraddistingue una prestazione di lavoro subordinato, atteso che a tali incombenze provvedevano invece prevalentemente la resistente e la figlia della stessa e che la sig.ra V.L., sino al momento del decesso, era lucida e in grado di autodeterminarsi. Il teste D.S.V. ha dichiarato: "Le volte in cui ero presente in casa di mia nonna, non ho mai visto la ricorrente svolgere attività di pulizia o di riassetto della casa, e neppure prendersi cura di mia nonna, che è rimasta lucida sino al momento del decesso. Le vedevo invece chiacchierare o comunque prendere un caffè. Io mi recavo a casa di mia nonna quotidianamente ed in nessuna di queste occasioni ho visto la ricorrente lavorare... Confermo che mia madre, la resistente, frequentava quotidianamente casa di mia nonna, anche perché mia sorella vive al piano di sopra, collegato da una semplice scala interna. Poteva capitare che mia sorella, D.S.P., chiedesse a mia nonna se avesse bisogno di qualcosa, ma ripeto, mia nonna è stata lucida e autosufficiente fino alla fine. Confermo che mia nonna ha consentito alla ricorrente di entrare in casa proprio per ragioni di reciproca compagnia. Confermo che l'abitazione della ricorrente e quella di mia nonna sono distanti un centinaio di metri. Ho visto mia madre svolgere faccende domestiche a casa di mia nonna. Mia nonna non era sulla sedia a rotelle. Era in grado di camminare da sola. Era in grado di badare a sé stessa e non necessitava di assistenza". Analogamente, il teste F.G.: "Sono stato frequentemente nella casa di V.L., perché al piano di sopra abitava D.S.P., sorella di D.S.V. entrambi nipoti della sig.ra V. (nonna). In tali occasioni vedevo la signora M., abbiamo anche preso il caffè insieme. Non l'ho mai vista occuparsi di faccende domestiche, si è limitata a preparare il caffè quando lo abbiamo preso insieme. La sig.ra V. era autonoma, camminava. Stiamo parlando del periodo dal 2009 fino al 2019, anno in cui è deceduta la sig.ra V.L., nel mese di gennaio... Preciso che la sig.ra M. abita in un immobile poco distante dalla casa della sig.ra V.L. e capitava che quando era fuori il sig. V.P., cugino della sig.ra V.L., la sig.ra M. si recava dalla sig.ra V.L. per scambiare due chiacchiere e farle un po' di compagnia. Mi è capitato spesso di vedere T.R.A. nella abitazione di V.L.. Mi è capitato di vedere la sig.ra T.R.A., figlia della sig.ra V.L. e anche la figlia D.S.P. (nipote della sig.ra V.L.), che abitava al piano di sopra, occuparsi spesso e volentieri di faccende domestiche. La frequentazione di T.R.A. presso la casa della madre era quotidiana. La stessa non ha mai lavorato e ha sempre svolto attività di casalinga. La sig.ra V.L. era in grado di camminare da sola, non l'ho mai vista con una sedia a rotelle Era lucida e in grado di prendere decisioni da sola, ci parlavamo". Il teste D.S.P. ha così dichiarato: "La ricorrente è stata sempre a casa di mia nonna, la trovavo a casa di mia nonna a chiacchierare, a vedere Beautiful o comunque la televisione, recitavano il rosario insieme. La vedevo più volte in una settimana. Capitava anche che, in estate, usasse per lavarsi il bagno della casa di mia nonna. Lei era una "nipote acquisita", in quanto V.P. è il compagno della sig.ra M.. V.P. è un nipote alla lontana di V.L., la chiamava "zia". Per il rapporto che c'era tra la ricorrente e V.L., la sig.ra M. si occupava di lavare i piatti, raramente mi è capitato di vederla spazzare a terra. Non ho visto la ricorrente preparare pranzo o cena, me ne occupavo io. Mia nonna non era in grado di camminare. Non aveva una sedia a rotelle ma soffriva di morbo di Parkinson e diabete, quindi aveva difficoltà a deambulare. Ho visto che la sig.ra M. aiutava mia nonna ad andare in bagno. Ero io ad occuparmi delle pulizie di casa... La sig.ra V.L. era lucida ed in grado di decidere da sola ed è rimasta tale fino al momento del decesso, nel febbraio 2019, a causa di un ictus fulminante. Confermo che la ragione per cui la sig.ra V.L. consentiva alla sig.ra M. di frequentare la propria abitazione era esclusivamente per reciproca compagnia. La casa della sig.ra M. era distante un centinaio di metri da quella di mia nonna. È capitato che la ricorrente, in occasione della rottura della sua lavatrice, ha lavato i panni utilizzando la mia lavatrice. È capitato che per due o tre anni, mancandole l'acqua nel periodo estivo, la ricorrente ha utilizzato il mio bagno". Le deposizioni rese da quest'ultimo teste risultano particolarmente attendibili sia perché estremamente precise e circostanziate sia perché rese da una persona che aveva una conoscenza diretta e quotidiana, "dall'interno", di tutto quanto avveniva nella abitazione della sig.ra V.L.. I testi della ricorrente, sulla quale grava l'onere di provare gli elementi costitutivi della subordinazione, anche per inferenza dai suoi indici sintomatici, hanno reso dichiarazioni inidonee a smentire quanto dichiarato dai testi addotti dalla controparte, specie con riguardo alla natura amicale dei rapporti intercorrenti tra la ricorrente e la madre della resistente, all'inesistenza di un cogente orario di lavoro, alla effettuazione di attività domestiche a titolo di cortesia. Nessuno di tali testi, inoltre, ha operato il benché minimo accenno a direttive impartite alla ricorrente sul lavoro da svolgere da parte della resistente o in sua vece. L'unica circostanza riferita non de relato actoris da V.P., quella di avere accompagnato a lavoro la ricorrente la mattina alle 8.00 e di essere andato a prenderla il pomeriggio alle 16.00, non è significativa sotto il profilo probatorio, sia per l'indeterminatezza dei riferimenti temporali, che lascia supporre il carattere del tutto sporadico della circostanza riferita, nell'ambito di un rapporto che nella prospettazione della ricorrente è durato anni ("Mi è capitato in diverse occasioni, o quando vi era maltempo o quando faceva freddo o quando si era rotto il motorino con cui la ricorrente andava a lavoro, di accompagnarla") sia, soprattutto, perché il teste non aveva alcuna conoscenza diretta dell'attività che la ricorrente svolgeva presso l'abitazione di V.L. e, in definitiva, dei reali motivi per cui vi si recasse, salvo ciò che la ricorrente stessa gli riferiva ("A quanto ne so la ricorrente preparava da mangiare, puliva la casa, tagliava i capelli alla madre della resistente V.L. e al fratello della resistente T.D.. Lo so perché me lo ha riferito la ricorrente...Non mi è mai capitato di accompagnare la ricorrente a svolgere incombenze per la madre o il fratello della resistente"). Il teste, inoltre, non ha mai visto effettuare direttamente pagamenti nelle mani della ricorrente da parte della resistente. La circostanza riferita è infatti frutto di una mera deduzione del teste ("So che la resistente pagava in contanti la ricorrente, vedevo infatti quest'ultima portare i soldi a casa"), evidentemente e ancora una volta condizionato da quanto riferito dalla stessa ricorrente. L'altro teste di parte ricorrente, S.L., ha riferito di aver visto la ricorrente presso l'abitazione di V.L. effettuare le pulizie, cucinare, somministrare le medicine a quest'ultima quando si recava presso tale abitazione per consegnare alla ricorrente prodotti per la pulizia della casa e dell'igiene personale. Tuttavia, per sua stessa ammissione, le consegne avvenivano solo con cadenza settimanale o addirittura bisettimanale ("consegnavo i prodotti a volte una volta alla settimana altre volte una volta ogni quindici giorni"), in un arco temporale che è rimasto indeterminato ("sono andata ad effettuare le consegne fino a un po' di tempo prima dell'inizio della pandemia da COVID, non so essere più precisa e non so dire a partire da quando"), trattenendosi in casa solo per "pochi minuti" e senza aver "mai visto effettuare un pagamento alla ricorrente". Ne discende che, anche in questo caso, la dichiarazione del teste secondo cui la ricorrente lavorava tutti i giorni risulta il frutto di una deduzione personale, tratta dalla constatazione di aver visto la ricorrente intenta in incombenze domestiche quando, settimanalmente o ogni quindici giorni, si tratteneva per pochi minuti in casa della sig.ra V.L. per la consegne dei prodotti per la casa, senza peraltro essere in grado di fornire elementi idonei a dimostrare che quei servizi domestici, contrariamente a quanto dichiarato dai testi di parte resistente, erano resi in via sistematica, nell'osservanza di orari vincolanti e, soprattutto, erano retribuiti e non resi a titolo di cortesia. Conclusivamente, nessuno dei testi di parte ricorrente è stato in grado di confermare l'osservanza di un preciso e vincolante orario di lavoro da parte della ricorrente, la soggezione alle direttive - sia pure generali - della resistente, la corresponsione in suo favore di una retribuzione periodica per l'attività svolta presso l'abitazione di V.L.. Il quadro fattuale emergente dall'istruttoria appare allora compatibile, tuttalpiù, con lo svolgimento meramente sporadico e saltuario, da parte della ricorrente, di singoli servizi domestici, eventualmente remunerati nelle singole occasioni in cui sono stati resi, nel contesto di una frequentazione abituale dell'abitazione della madre e del fratello della resistente per ragioni di buon vicinato, di amicizia e di reciproca cortesia, dove lo spartiacque tra singole prestazioni di lavoro domestico sporadicamente rese e remunerate e prestazioni rese a titolo gratuito per le summenzionate ragioni non può essere tracciato in modo netto, anche sotto il profilo temporale, così da rendere la fattispecie del tutto insuscettibile di essere ricondotta alle cadenze di un'attività lavorativa sistematica, scandita secondo la regolarità di un orario cogente e da direttive - ancorché di massima - impartite, a fronte di una retribuzione periodicamente corrisposta, e dunque allo schema - sia pure desunto da indici sintomatici - della eterodirezione della prestazione lavorativa ex art. 2094 c.c. Dal mancato assolvimento dell'onere della prova degli elementi costitutivi del rapporto di lavoro subordinato, gravante sulla lavoratrice secondo lo schema di riparto dei carichi probatori di cui all'art. 2697 c.c., discende l'insussistenza dei crediti azionati, ivi compresi quelli risarcitori, che da tale indimostrato rapporto di lavoro traggono titolo, e per conseguenza l'integrale rigetto del ricorso. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono poste a carico della parte ricorrente nella misura indicata in dispositivo ai sensi ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto dei criteri generali di cui all'art. 4 del predetto decreto e delle tabelle allegate (cause di lavoro, valore indeterminabile con applicazione dello scaglione compreso tra Euro 26.000,01 ed Euro 52.000,00, parametri minimi per tutte le fasi). P.Q.M. definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa così provvede: ? rigetta integralmente il ricorso; ? condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte resistente le spese di giudizio, che liquida in Euro 4.628,50, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, CPA, IVA. Così deciso in Cassino, il 4 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 4 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI CASSINO SEZIONE PENALE in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott.ssa Assunta Tillo, alla pubblica udienza del 11.1.2023 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nato a (...) il (...) e residente a M., in via A. n. 37 (domicilio dichiarato) -libero presente- Difeso di fiducia dall'Avv. Ma.Pe. del Foro di Cassino IMPUTATO A) del reato di cui all'art. 572 c.p. per avere, con una pluralità di azioni vessatorie sia morali che fisiche, maltrattato la compagna convivente (...), ponendo in essere nei suoi confronti, a causa dell'eccessiva gelosia e dell'abuso di sostanze alcoliche, una condotta abituale estrinsecatasi in più azioni, quali minacce, ingiurie (del tipo "puttana, zoccola") e violenze fisiche (schiaffi e forti spintoni), condotte che pur se realizzate in momenti successivi, sono risultate collegate da un nesso di abitualità ed avvinte nel loro svolgimento da un'unica intenzione criminosa di ledere l'integrità psicologica, morale e fisica della compagna, al punto da renderle del tutto impossibile la convivenza, costringendola ad abbandonare l'abitazione familiare; in particolare, e a mero titolo esemplificativo, pochi mesi dopo la nascita della figlia (nata il (...)), nel corso di un litigio per futili motivi la colpiva con due schiaffi al volto; nel luglio del 2020, dopo trovato una foto sul cellulare della compagna che la stessa aveva inviato ad un amico, la tirava giù dal letto, dove la (...) stava dormendo, e la cominciava a picchiare, oltre a distruggerle il cellulare; nel novembre del 2020, sempre per ragioni di gelosia, la colpiva con alcuni schiaffi al volto cagionandole le lesioni indicate nel capo di imputazione B). Fatto commesso in Minturno, dal 2019 al 22 novembre 2020 (data di presentazione della querela). B) del reato di cui agli artt. 61 n. 2, 582, 585 in relazione all'art. 577 c.p. perché nel corso dell'ennesimo litigio per ragioni di gelosia, colpiva (...) con tre schiaffi al volto cagionandole lesioni personali consistite in "contusione mandibola destra" da cui è derivata una malattia guaribile in sei giorni. Fatto commesso in Valle Rotonda il 21 novembre 2020. con l'assistenza del cancelliere, con l'intervento del V.P.O. in persona del Dr. (...) e del difensore dell'imputato SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto emesso in data 9.11.2021 e depositato il 16.11.2021, il Giudice dell'udienza preliminare ha disposto il giudizio nei confronti dell'odierno imputato per rispondere dei reati descritti nel capo di imputazione riportato in epigrafe. Il processo si è svolto in 3 udienze. Alle prime due udienze il processo è stato rinviato dinanzi al giudice assegnatario del procedimento, secondo le tabelle organizzative del Tribunale vigenti. All'ultima udienza del 11.01.2023, il giudice, verificata la regolare costituzione delle parti, ha dichiarato aperto il dibattimento dando lettura del capo di imputazione ed ammettendo le prove richieste dalle parti. (...) stata escussa la persona offesa (...), la quale ha dichiarato espressamente di voler rimettere la querela per il reato di cui al capo B) e contestualmente l'imputato, presente in aula, ha dichiarato di accettare la remissione di querela. Il PM ha rinunciato all'escussione del teste (...), il giudice, nulla opponendo le altre parti, ne ha revocato l'ordinanza ammissiva. Terminata l'assunzione delle prove, il giudice ha dichiarato chiusa l'istruttoria dibattimentale ed invitato le parti alla discussione, le parti hanno concordato su tale rilievo rassegnando le conclusioni riportate in epigrafe. Il giudice, esaurita la discussione, decideva dando lettura del dispositivo riservandosi gg. 45 per il deposito della motivazione atteso il carico del ruolo. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente, deve rilevarsi che il reato p. e p. dagli artt. 582, 585 in relazione all'art. 577 c.p., come contestato al capo b), è procedibile a querela di parte, in virtù dell'estensione del regime di procedibilità a querela di parte operata dal D.Lgs. n. 150 del 2022 che, inoltre, all'art. 85 ha previsto l'applicazione retroattiva del regime più favorevole, in linea con il quadro del diritto vivente da tempo consolidato nel ritenere che le modifiche del regime di procedibilità siano riconducibili alla disciplina in tema di successione di leggi penali di cui all'art. 2 c.p., ciò sul presupposto che la querela è istituto di "natura mista, sostanziale e processuale..., che costituisce nel contempo condizione di procedibilità e di punibilità" (v. già Cass., Sez.. III, 8.7.1997, n. 2733, Ru. 209188 e, da ultimo, Cass., Sez. II, 9.1.2020, n. 14987, Rv. 279197). Nel caso che ci occupa è applicabile l'art. 2, co. 4 c.p. in quanto la modifica del regime di procedibilità, integrante una lex mitior per il soggetto agente, è sopravvenuta dopo la commissione de! reato, prima della formazione del giudicato. Per l'effetto, nel caso di specie, risulta altresì dagli atti del procedimento che la persona offesa ha espresso formalmente la volontà di rimettere la querela in pubblica udienza dell'11.1.2023; contestualmente l'imputato ha accettato la remissione della querela proposta nei suoi confronti. Alla luce di quanto appena esposto, dunque, poiché il reato contestato all'imputata è procedibile a querela di parte, si deve ritenere verificato l'effetto estintivo di cui al combinato disposto degli artt. 152 e 15.5 del codice penale. Nei confronti dell'imputato si impone, pertanto, per il delitto di cui al capo b) dell'imputazione sentenza di non doversi procedere perché il reato è estinto per intervenuta remissione di querela. Le spese del procedimento restano a carico del querelato, come previsto dall'art. 340, comma 4, c.p.p., in mancanza di diverso accordo tra le parti. Con riferimento al delitto di maltrattamenti contestato al capo a), il cui regime di procedibilità è rimasto immutato, l'imputato deve essere prosciolto dai reati a lui ascritti per le ragioni di fatto e di diritto di seguito indicate. Giova preliminarmente osservare che, per la configurabilità di tale delitto occorre una condotta abituale che si estrinsechi in una pluralità di atti lesivi, dell'integrità fisica o della libertà o del decoro del soggetto passivo nei confronti del quale viene così posta in essere una condotta di sopraffazione sistematica. Tali atti devono essere realizzati in momenti successivi e in un arco di tempo apprezzabile e devono altresì essere collegati da un nesso di abitualità, ossia avvinti da un'unica intenzione criminosa di ledere l'integrità fisica e morale del soggetto passivo (cfr. Cass. 24.09.1996, n. 8618; Cass. 28.02,1992, n. 2130). 11 reato di cui all'art. 572 c.p. è infatti un reato abituale che richiede "la sussistenza di una sene di fatti, i quali, isolatamente considerati potrebbero anche non costituire reato, ma che rinvengono la ratio dell'antigiuridicità penale nella loro reiterazione che si protrae nel tempo e nella persistenza dell'elemento intenzionale" (Cass. 13.03.1987, n. 3032). E' proprio tale reiterazione e tale unificazione delle condotte mediante l'unitaria intenzione del loro autore di infliggere sofferenze fisiche e morali ai familiari e di creare un clima familiare sostanzialmente insopportabile, che valgono a differenziare il delitto di cui all'art. 572 c.p. dai singoli o anche reiterati episodi di violenza, minaccia o ingiuria che possono manifestarsi nel menage familiare senza però integrare necessariamente e automaticamente il delitto di maltrattamenti. L'elemento psicologico, infatti, si concretizza in modo unitario e uniforme che deve evidenziare nell'agente una grave intenzione di avvilire e sopraffare la vittima e ricondurre ad unità i vari episodi di aggressione alla sfera morale e materiale di quest'ultima (cfr Cass. Sez. VI, 08.01.2004 n. 4933). Proprio per queste ragioni, la fattispecie di maltrattamenti non è esclusa dalla intermittenza tra periodi di aperta patologia della relazione familiare e periodi di maggiore equilibrio, sempre che la loro reiterazione sia tale da determinare, con continuità, uno stabile stato di sofferenza della relazione familiare. Il dolo, corrispondentemente, non è integrato solo quando l'agente abbia programmato una serie continua di prevaricazioni, essendo sufficiente che l'agente si renda conto di provocare una protratta condizione di disagio della vittima, quale effetto della propria persistente attività vessatoria (tra le molte, Sez. 6, Sentenza n. 16836 del 18/02/2010, rv. 246915; Sez. 6, Sentenza n. 25183 del 19/06/2012, rv. 253042). Ritenuto pacifico che "il delitto di maltrattamenti in famiglia è configuratile anche in danno di una persona legata all'autore della condotta da una relazione sentimentale, che abbia comportato un'assidua frequentazione della di lei abitazione, trattandosi di un rapporto abituale tale da far sorgere sentimenti di umana solidarietà e doveri di assistenza morale e materiale" (Sez. 5, Sentenza n. 24688 del 17/03/2010, rv. 248312), nel caso di specie, invero, le manifestazioni di violenza e sopraffazione dell'imputato in danno della compagna appaiono frutto di una transitoria situazione di conflittualità e non assolutamente riconducibili ad un vero e proprio sistema di vita di relazione abitualmente avvilente instaurato consapevolmente dall'imputato. La ricostruzione dei fatti fornita dalla persona offesa nel corso della sua deposizione è stata molto generica sia nella descrizione dei vari episodi sia nella collocazione temporale degli stessi: la conflittualità era dovuta sostanzialmente alla gelosia reciproca e gli episodi si sono rivelati sporadici né la p.o. era stata intimorita dagli stessi e dal proprio compagno; né sono emersi elementi che rendano plausibile una diversa ricostruzione. Il materiale probatorio raccolto non può costituire prova sufficiente dei fatti di cui all'imputazione e quindi non decisiva ai fini della affermazione della penale responsabilità. In definitiva, le risultanze dell'istruttoria dibattimentale, globalmente valutate, non consentono di pervenire alla prova della responsabilità dell'imputato e impongono di concludere per l'insussistenza del delitto di maltrattamenti. Si indica in giorni 45 il termine per il deposito della motivazione atteso il carico del ruolo. P.Q.M. Visto l'art. 530 c.p.p., assolve (...) dal reato p. e p. dall'art. 572 c.p. di cui al capo a) a lui ascritto perché il fatto non sussiste; Visti l'art. 531, comma 1 c.p.p., dichiara non doversi procedere nei confronti di (...) per essere il reato p. e p. dall'art. 582, 585 in relazione all'art. 577 c.p., 61 n. 2 di cui al capo b) a lui ascritto estinto per intervenuta remissione di querela; Ai sensi dell'articolo 340 c.p.p., pone le spese del procedimento a carico del querelato; Visto l'art. 544 c.p.p., indica il termine di gg. 45 per la redazione dei motivi. Così deciso in Cassino l'11 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria l'8 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CASSINO - RITO ORDINARIO - Il GIUDICE del TRIBUNALE di CASSINO - dott.ssa Martina Di Fonzo - all'udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2023 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo e della motivazione contestuale la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nato a M. E (...) ed ivi residente in via M. della F., nr. 13 (ove ha dichiarato domicilio); Libero, assente Difeso di fiducia dall'avv. Ma.Si., del Foro di Latina. IMPUTATO "Dei delitto di cui cigli artt.81 cpv, 572 c.p. perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, maltrattava la moglie (...) insultandola frequentemente con frasi quali " sei una stupida non riesci neanche a mettere la benzina stronzo, zoccola, sei una ladra, zoccola, sei una femmina di merda, puttana, troia, vai in giro a trovare i tuoi amanti, devi morire, ecc. " minacciandola e picchiandola frequentemente anche davanti alle figlie con schiaffi tanto da cagionarle un "Trauma contusivo facciale", stringendole le mani al collo, umiliandola ed offendendola per come gestisce la casa; rompendo con pugni la porta della stanza delle figlie, minacciandola di morte, instaurando un rapporto conflittuale, violento e mortificante per la moglie costringendola ad abbandonare temporaneamente la casa coniugale. Fatti commessi in Minturno dal 2008 condotta perdurante sino alla data di presentazione della querela 16 Marzo 2018"; SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto in data 26.3.2019, il Giudice dell'udienza preliminare di Cassino ha disposto il giudizio di (...) per rispondere dei reati riportati in epigrafe. Verificata la regolare instaurazione del contraddittorio, all'udienza del 13.10.2021 è stato aperto il dibattimento e sono state ammesse le prove richieste dalle parti. Il 12.12.2022 è stata sentita la persona offesa, (...) Il difensore ha prodotto il verbale di remissione e di contestuale accettazione della remissione di querela. Il P.M. ha rinunciato ai residui testi di lista, che sono stati revocati per manifesta superfluità. Il 30.1.2023, si è tenuta la discussione, al cui esito il Tribunale ha pronunciato sentenza come da dispositivo, di cui è stata data lettura in aula. MOTIVI DELLA DECISIONE L'istruzione espletata non ha offerto adeguato riscontro alla prospettazione accusatoria. La persona offesa dal reato, (...) ha dichiarato che, nell'ambito della convivenza coniugale, ha lei e il (...) vi erano stati attriti e discussioni, conditi da reciproche aggressioni verbali. L'ultimo alterco risaliva al 2018, quando il (...), apparso particolarmente nervoso già nel corso della settimana, si alterò a fronte di una sua richiesta di denaro pei' benzina e parrucchiere. L'unica aggressione fisica si era invece consumata nel 2008, quando l'imputato l'aveva afferrata per il collo, nell'ambito di una lite insorta sempre per problemi economici. Escludendo di avere mai temuto per la propria incolumità, ha riferito che, al di là di questi fatti isolati, negli anni aveva vissuto con serenità il ménage coniugale (pag. 7). Dopo avere seguito un percorso di terapia di coppia, i rapporti tra i coniugi erano tornati sereni. Data la suesposta ricostruzione del quadro probatorio, deve concluderai per la mancata emersione di sufficienti elementi che fondino una pronuncia di penale responsabilità in relazione alla fattispecie di cui all'art. 572 c.p. Occorre osservare che nel reato di maltrattamenti l'oggetto giuridico non è costituito solo dall'interesse dello Stato alla salvaguardia della famiglia da comportamenti vessatori e violenti, ma anche dalla difesa dell'incolumità fisica e psichica delle persone indicate nella nonna, interessate al rispetto della loro personalità nello svolgimento di un rapporto fondato su vincoli familiari, dovendosi escludere che la compromissione del bene protetto si verifichi in presenza di semplici fatti che ledono ovvero mettono in pericolo l'incolumità personale, la libertà o l'onore di tura persona della famiglia, essendo necessario, per la configurabilità del reato, che tali fatti siano la componente di una più ampia ed unitaria condotta abituale, idonea a imporre un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile (cfr. Cass., Sez. 6, n. 37019 del 27/05/2003). Nel caso di specie, a natura occasionale dei contrasti non valse a determinare uno stato di prostrazione ed assoggettamento della persona offesa, che con le sue dichiarazioni ha delineato un quadro di conflittualità, contenuta in un ambito di sporadiche e reciproche aggressioni verbali. Come noto, secondo condivisibile indirizzo di legittimità, "in tema di maltrattamenti in famiglia. integra gli estremi del reato la condotta di chi infligge abitualmente vessazioni e sofferenze, fisiche o morali, a un'altra persona, che ne rimane succube, imponendole un regime di vita persecutorio e umiliante, che non ricorre qualora le violenze, le offese e le umiliazioni siano reciproche, con un grado di gravitò e intensità equivalenti" (cfr. Cass., Sez. 6, n. 4935 del 23/01/2019. Rv. 274617), e ciò in quanto la natura "paritaria" del conflitto conduce inevitabilmente ad escludere lo stato di soggezione di una delle due parti rispetto all'altra (cfr. Cass., Sez. 6, n. 6126 del 09/10/2018 Rv. 275033). Il dato, unito alla occasionalità dell'unica e risalente aggressione fisica in danno della p.o. (occorsa nel 2008) e alla successiva riappacificazione fra i coniugi, con ripristino di una civile convivenza, non consente di sussumere la fattispecie concreta nell'alveo di tipicità della nonna incriminatrice. In conclusione, deve riconoscerei che l'istruttoria non ha permesso di rilevare, al di là di ogni ragionevole dubbio, se si fosse concretamente instaurato, nel tessuto endofamiliare, quel regime quotidiano di vita contraddistinto da violenza e sopraffazione in cui consiste il reato di cui all'art. 572 c.p., con la conseguenza che (...) deve essere mandato assolto dal reato a lui ascritto, ai sensi dell'art. 530 secondo comma c.p.p., perché il fatto non sussiste. Su altro piano, va dato atto che il "trauma contusivo facciale", cagionato dall'aggressione del (...) e sussumibile nella fattispecie di lesioni lievissime, risulta perseguibile a querela di parte che, nella specie, è stata rimessa già nel 2009, con contestuale accettazione della remissione da parte dell'imputato. Ne consegue una declaratoria di improcedibilità per essere il reato estinto ex art. 152 c.p.. Detta pronuncia prevale sul rilievo della prescrizione, atteso che, nel concorso tra cause estintive del reato, deve aversi riguardo a quella intervenuta in precedenza (da ultima Cass., Sez. 5, Sentenza n. 15109 del 18/02/2020. Rv. 279079). In base all'art. 340 c.p.p., in mancanza di un diverso accordo delle parti, l'imputato va condannato ai pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Visto l'art. 530 comma 2 c.p.p., assolve (...) dal reato di cui all'art. 572 c.p. a lui ascritto perché il fatto non sussiste. Visti gli artt. 152 c.p. e 531 c.p.p., dichiara non doversi procedere nei confronti di (...) perché il reato di lesioni a lui ascritto è estinto per remissione di querela Visto l'art. 340 c.p.p., condanna l'imputato al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Cassino il 30 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CASSINO - RITO ORDINARIO - Il GIUDICE del TRIBUNALE di CASSINO - dott.ssa Martina Di Fonzo - all'udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2023 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nato a F. il (...) e residente a G., in piazza del P., nr. 12 (ove ha dichiarato domicilio); libero, assente difeso di fiducia dall'avv. Da.Ma. del Foro di Latina. IMPUTATO "in ordine al reato di cui all'art. 61 n. 11 quinquies. 572, 1 0 comma c.p. per avere maltrattato la propria moglie C.U.E. sottoponendola ad atti, di violenza fisica, morale e psicologica, in Particolare in un'occasione la minacciava di picchiarla brandendo nei suoi confronti un manico di scopa, in altra occasione, nonostante la Presenza dei figli minori (...) e (...) rispettivamente di anni cinque e di anni due, Proferiva nei suoi confronti l'espressione "ti sfondo" colpendola nel contempo con violenti calci con scarpe anti - infortunistiche così da provocarle escoriazioni ed ecchimosi alla gamba destra, in almo episodio, alfine di sfogare la sua rabbia spaccava un quadro e danneggiava un mobiletto davanti ai predetti figli minori che assistevano impauriti alla sua condotta, nel complesso umiliandola e assumendo una condotta abitualmente vessatoria tale da tale provocarle uno stato di prostrazione fisica e psichica e tale da farle temere Per la propria incolumità psico -fisica e per quella dei suoi figli. Con l'aggravante di aver commesso il fatto in Presenza di minori di anni 18. In Formia, dal dicembre 2017 almeno fino al 15.02.2018 (data della denuncia)" SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto in data 15.12.2020, il Giudice dell'udienza preliminare di Cassino ha disposto il giudizio di (...) per rispondere dei reati riportati in epigrafe. All'udienza del 17.1.2022, dichiarata l'assenza dell'imputato, è stato aperto il dibattimento e sono state ammesse le prove richieste dalle patti. Il 19.9.2022, si è proceduto ad assumere la deposizione della persona offesa, (...), che ha dichiarato di voler rimettere la querela presentata il 15.2.2018. Il difensore dell'imputato, munito di procura speciale, ha dichiarato di accettare la remissione. All'esito, il P.M. ha dichiarato di rinunciare ai residui testi di lista, che sono stati revocati per manifesta superfluità Quindi, all'udienza del 30.1.2022, si è tenuta la discussione, al cui esito il Tribunale ha pronunciato sentenza come da dispositivo, di cui è stata data lettura in aula. MOTIVI DELLA DECISIONE L'istruzione espletata non ha offerto adeguato riscontro alla prospettazione accusatoria La persona offesa dal reato, (...) ha dichiarato di avere sposato l'odierno imputato nel 2010. Dopo anni di serena convivenza, l'ultimo periodo di crisi coniugale - cui fecero seguito la separazione ed il divorzio - era stato particolarmente burrascoso. Invero, tra il dicembre 2017 e il febbraio 2018, si verificarono dei litigi, dovuti al nervosismo di entrambi e consistiti in reciproche aggressioni verbali. Nell'ultima occasione di contrasto, i toni si accesero quando esortò l'imputato ad uscire dall'abitazione. Ha escluso di essersi mai sentita soggiogata dall'ex coniuge (pag. 6 "non ha avuto paura di lui" "no") con il quale, ad ogni modo, dopo breve tempo i rapporti erano tornati nei ranghi della civiltà Data la suesposta ricostruzione del quadro probatorio, deve concludersi per la mancata emersione di sufficienti elementi che consentano di fondare una pronuncia di penale responsabilità dell'odierno imputato in relazione alla fattispecie di maltrattamenti. Occorre osservare che, nel reato di cui all'art. 572 c.p., l'oggetto giuridico non è costituito solo dall'interesse dello Stato alla salvaguardia della famiglia da comportamenti vessatori e violenti, ma anche dalla difesa dell'incolumità fisica e psichica delle persone indicate nella nonna, interessate al rispetto della loro personalità nello svolgimento di un rapporto fondato su vincoli familiari, dovendosi escludere che la compromissione del bene protetto si verifichi in presenza di semplici fatti che ledono ovvero mettono in pericolo l'incolumità personale, la libertà o l'onore di una persona della famiglia, essendo necessario, per la configurabilità del reato, che tali fatti siano la componente di una più ampia ed unitaria condotta abituale, idonea a impone un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile (cfr. Cass., Sez. 6, n. 37019 del 27/05/2003). Nel caso di specie, sono le stesse dichiarazioni della persona offesa ad avere delineato, quanto al breve periodo in contestazione pari a circa due mesi, un quadro di conflittualità dovuta alla mancata accettazione della crisi coniugale da parte di entrambi e contenuta in LUI ambito di reciproche aggressioni verbali. Come noto, secondo condivisibile indirizzo di legittimità, "in tema di maltrattamenti in famiglia, integra gli estremi del reato la condotta di chi infligge abitualmente vessazioni e sofferenze, fisiche o morali, a un'altra persona, che ne rimane succube, imponendole un regime di vita persecutorio e umiliante, che non ricorre qualora le violenze, le offese e le umiliazioni siano reciproche, con un grado di gravità e intensità equivalenti" (cfr. Cass., Sez. 6, n. 4935 del 23/01/2019, Rv. 274617), e ciò in quanto la natura "pantana" del conflitto conduce inevitabilmente ad escludere lo stato di soggezione di una delle due parti rispetto all'altra (cfr. Cass., Sez. 6, n. 6126 del 09/10/2018 Rv. 275033). Tali coordinate ermeneutiche ben si attagliano alla vicenda in giudizio, ove manca una prova certa della condizione di sudditanza e prostrazione della persona offesa. Conclusivamente, poiché l'istruttoria non ha permesso di accertare, al di là di ogni ragionevole dubbio, l'abituale consumazione da parte del T. di condotte vessatorie idonee ad instaurare in ambito familiare quel regime quotidiano di vita contraddistinto da violenza e sopraffazione, in cui consiste il reato di cui all'alt. 572 c.p., questi deve essere mandato assolto, ai sensi dell'art. 530 secondo comma c.p.p., perché il fatto non sussiste. Quanto alle contestate "escoriazioni ed ecchimosi alla gamba destra", sussumibili nella fattispecie di lesioni lievissime - mancando prova di una durata superiore ai venti giorni - è sufficiente rilevarne la perseguibilità a querela di palle che, nella specie, è stata rimessa, con successiva accettazione della remissione da parte del procuratore speciale dell'imputato. Ne consegue una declaratoria di improcedibilità per essere il reato estinto ex art. 152 c.p. In base all'art. 340 c.p.p., in mancanza di un diverso accordo delle parti, l'imputato va condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Visto l'art. 530 comma 2 c.p.p., assolve (...) dal reato di maltrattamenti in famiglia a lui ascritto, perché il fatto non sussiste. Visti gli artt. 152 c.p. e 531 c.p.p., dichiara non doversi procedere nei confronti di (...) perché il reato di lesioni a lui ascritto è estinto per intervenuta remissione di querela. Visto l'art. 340 c.p.p., condanna l'imputato al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Cassino il 30 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI CASSINO SEZIONE PENALE in composizione monocratica, nella persona del giudice Dott. Antonio Gavino Falchi Delitala, all'esito dell'udienza del giorno 2 febbraio 2023, ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente SENTENZA nel procedimento penale iscritto al n. 676/2020 del Registro Generale del Dibattimento nei confronti di (...), nato a F. (L.) il (...), elettivamente domiciliato a M. (F.) in via P. A. n. 25, difeso di fiducia dall'Avv. Ro.Pa. del Foro di Cassino LIBERO ASSENTE IMPUTATO (come da decreto di citazione a giudizio) Per il reato p. e p. dall'art. 186, co. 2, lett. c), D.Lgs. n. 285 del 1992, per aver circolato alla guida del veicolo DAEWOO Matiz targata (...), in stato di ebbrezza, in conseguenza dell'assunzione di sostanze alcooliche, come accertato a mezzo di prelievo ematico presso la struttura sanitaria, "(...)", che ha evidenziato un tasso alcolemico pari a 2,5 g/l, a fronte di un limite massimo pari a 0,8 g/l, con l'aggravante di aver causato un incidente stradale. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. Con decreto di citazione a giudizio del 29.10.2020, (...) è stato citato a giudizio dinanzi a questo Tribunale per rispondere del delitto descritto nell'imputazione riportata in epigrafe. Il processo si è svolto in quattro udienze. Dopo due rinvii della trattazione - per rinnovare la notifica del decreto all'imputato (udienza 24.5.2021) e per riassegnazione del procedimento ad altro giudice (udienza del 22.12.2021) - all'udienza del 28.10.2022 è stato dichiarato aperto il dibattimento e ammesse le prove richieste dalle parti. Infine, all'udienza del 2.2.2023, è stato sentito il testimone Vice brig. (...) in servizio presso i Carabinieri della Compagnia di Formia e, non essendovi altre prove da acquisire e non essendo comparso l'imputato, è stato dichiarato chiuso il dibattimento e le parti hanno concluso come in epigrafe; il giudice, dopo essersi ritirato in camera di consiglio, ha pronunciato sentenza con la lettura del dispositivo che segue, riservando nel termine dì legge il deposito dei seguenti MOTIVI DELLA DECISIONE 2. Il procedimento origina da un intervento operato durante un ordinario servizio di pattugliamento intorno alle ore 23:25 del 6.10.2019 a Formia dai Carabinieri della locale Compagnia. 2.1. L'operante sentito in dibattimento ha dichiarato di non ricordare se l'accertamento sull'assunzione di sostanze alcoliche, eseguito dai sanitari su richiesta della Polizia Giudiziaria, fosse stato preceduto dall'avviso all'imputato della facoltà di farsi assistere da un difensore di sua fiducia. 3. Sulla base di tali risultanze istruttorie, (...) deve essere assolto, seppure ai sensi dell'art. 530, comma 2 c.p.p., perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. 3.1. Giova rammentare che, in base al combinato disposto dell'art. 114 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale e degli artt. 356 e 354 c.p.p., prima del compimento di una serie di atti, tra i quali l'accertamento della concentrazione di alcol nel sangue, l'indagato deve essere avvertito della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia. La mancanza di tale avviso all'indagato determina un vizio di nullità a regime intermedio dell'accertamento, rilevabile d'ufficio dal giudice nei termini di cui all'art. 180 c.p.p. (cfr. Cass, pen,, Sez. 4, sentenza n. 42667 del 09/07/2013 c.c., dep. 17/10/2013, Rv. 257191 -01). Tale disciplina, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, deve ritenersi estesa anche all'accertamento dell'alcolemia eseguito su richiesta dalla polizia giudiziaria e al di fuori degli ordinari protocolli sanitari ai sensi dell'art. 186, comma 5 D.Lgs. n. 285 del 1992 (in tal senso, cfr. Cass., pen., Sez. 4, sentenza n. 49371 del 25/09/2018 Ud., dep. 29/10/2018, Rv. 274039-01). Merita peraltro chiarire che la prova dell'effettiva formulazione dell'avviso, laddove non risulti dai verbali compilati dalla polizia giudiziaria, può essere ricavata dalla deposizione dei testimoni operanti sentiti in dibattimento, da vagliare rigorosamente in ordine alle ragioni della mancata verbalizzazione e alla tempestività dell'avvertimento (cfr. Cass. pen., Sez. 4, sentenza n. 35844 del 18/06/2021 Ud., dep. 30/09/2021, Rv. 281976 - 01). Nel caso in esame, è emerso che l'accertamento è stato eseguito dai sanitari su delega della Polizia Giudiziaria e l'operante sentito in dibattimento ha dichiarato di non ricordare se l'accertamento tosse stato preceduto dall'avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore, circostanza che non è dato desumere dagli atti. 3.2. Ne deriva la nullità dell'accertamento a cui è stato sottoposto l'imputato e l'impossibilità, in difetto di altri dati certi e oggettivi sull'alcolemia, di ritenere provato, al di là di ogni ragionevole dubbio, il reato di cui all'art. 186, comma 2, lett. b ) del Codice della strada. 3.3. L'impossibilità di stabilire con certezza la concentrazione di alcol nel sangue, e dunque di ritenere provata la responsabilità per il reato contestato, non impedisce tuttavia di ritenere provato lo stato di ebbrezza alcolica dell'imputato mentre era alla guida dell'autovettura e conseguentemente di riqualificare il fatto ai sensi dell'art. 186, comma 2, lett. a) del Codice della strada: si tratta, com è noto, dell'ipotesi più tenue di guida in stato di ebbrezza, non prevista dalla legge come reato, essendo stabilita la sola sanzione amministrativi infatti condivisione l'orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui "pur potendo lo stato di alterazione alcolica essere accertato anche sulla base di elementi sintomatici, in mancanza di alcoltest può ritenersi integrata esclusivamente la fattispecie meno grave prevista dalla lett. a) dell'art. 186, comma secondo, cod. strada, imponendosi per le ipotesi aventi rilievo penale, di cui alle successive lett. b) e c), la verifica tecnica dell'effettivo livello di alcool" (in tal senso, tra le tante, cfr. Cass., pen., Sez. 4, sentenza n. 15705 del 20/02/2015 Ud., dep. 15/04/2015, Rv. 263145 -01). In base a quanto emerso dall'istruttoria, tale ipotesi deve ritenersi certamente sussistente nel caso in esame, posto che, in un sistema che non prevede l'utilizzazione di prove legali, l'esistenza dello stato di ebbrezza ben può desumersi anche da altri elementi sintomatici di tale condizione (in tal senso è il preferibile orientamento della giurisprudenza di legittimità: cfr. Cass., pen., Sez. 4, sentenza n. 15705 del 20/02/2015 Ud., dep. 15/04/2015. Rv. 263145 - 01): come riferito dall'operante sentito in dibattimento, l'imputato mostrava i segni tipici dell'assunzione di sostanze alcoliche 4. In conclusione, si impone il proscioglimento dell'imputato dal reato contestatogli in questa sede, con trasmissione di copia della sentenza al Prefetto per l'adozione dei provvedimenti di competenza in relazione all'illecito amministrativo di cui all'art. 186, comma 2, lett. a) D.Lgs. n. 285 del 1992. P.Q.M. Visto l'art. 530, comma 2 c.p.p., assolve (...) perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Visto l'art. 224 D.Lgs. n. 285 del 1992, dispone la trasmissione di copia della presente sentenza al Prefetto per quanto di competenza. Così deciso in Cassino il 2 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 3 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CASSINO Sezione Penale IL GIUDICE Marco Gioia all'udienza del 30.01,2023 ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento a carico di (...), nato a S. il (...) ivi res.te in via S. n. 56. Libero - ASSENTE Difeso di fiduciadall'avv. Da.Se. IMPUTATO l)del reato di cui all'art. 95 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 per aver reso, nella dichiarazione presentata per l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel procedimento penale che lo riguardava pendente innanzi al Tribunale di Cassino, una falsa "dichiarazione sostitutiva di certificazione". Nella specie, dichiarava falsamente di trovarsi nelle condizioni di reddito personale e familiare tali da rientrare nel limite previsto dall'art. 3 della L. n. 217 del 1990 e successive modifiche, in particolare dichiarava che la famiglia anagrafica era costituita unicamente dall'istante, mentre in seguito ad accertamenti esperiti dalla Polizia Giudiziaria è emerso, come di seguito indicato che i membri della famiglia risultavano essere i seguenti: - (...), n. ad I. del L., il (...); - (...), n. a S., il (...); - (...), n. a F. il (...); - (...), n. a F. il (...); Inoltre ometteva di dichiarare il reddito percepito dalla propria convivente, (...); In Cassino, il 20.3.2015 (data di presentazione al Tribunale di Cassino dell'istanza di un gratuito patrocinio). SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto emesso in data 05.12.2019, il GUP presso questo Tribunale ha disposto, il giudizio nei confronti di (...) per il reato indicato in epigrafe. L'udienza del 06.04.2020 è stata rinviata, in applicazione dell'art. 83 D.L. n. 18 del 2020 e successive modificazioni, con sospensione dei termini di prescrizione sino all'11.05.2020 (64 giorni). All'udienza del 02.11.2020 il giudice, verificata la regolarità delle notifiche, ha dichiarato l'assenza dell'imputato, che nominato difensore di fiducia. All'udienza del 10.01.2022 il giudice ha dichiarato aperto il dibattimento dando lettura del capo di imputazione ed ammettendo le prove richieste dalle parti. E stato escusso il teste (...). Il giudice ha disposto l'acquisizione del certificato di nascita di (...). All'udienza del 12.09.2022 sono stati escussi due testi (...) e (...) ai sensi dell'art. 507 c.p.p. All'udienza del 30.01.2023 terminata l'assunzione delle prove, il giudice ha dichiarato chiusa l'istruttoria dibattimentale ed invitato le parti alla discussione. Sulle conclusioni rassegnate è stata resa pubblica la presente sentenza con lettura del dispositivo in udienza. MOTIVI DELLA DECISIONE All'esito dell'istruttoria dibattimentale l'imputato va assolto per le ragioni che seguono. 1. Fondamento Probatorio. Il fondamento probatorio di questo giudizio è costituito dalle seguenti fonti di prova: - Prova testimoniale resa dai testi (...), (...) e (...); - Certificato di nascita di (...) acquisito con il consenso delle parti; - Produzione documentale della difesa: certificato contestuale di famiglia residenza; - Produzione documentale del PM: certificato di stato di famiglia. 2. Ricostruzione e qualificazione giuridica del fatto. Secondo quanto riferito dal teste di PG (...), la Guardia di Finanza di Sora svolse delle indagini circa la veridicità delle dichiarazioni dell'imputato (...) contenute nell'istanza dì ammissione al patrocinio a spese dello Stato presentata il 20.03.2015 (depositata il 15.11.2016). In particolare, (...) aveva dichiarato che il suo nucleo familiare era composto unicamente da sé stesso e di aver prodotto un reddito annuo pari a 2585 Euro. Dagli accertamenti svolti dalla Guardia di finanza emerse che il reddito annuo prodotto individualmente da (...) era sostanzialmente lo stesso di quello dichiarato nell'istanza. Tuttavia, gli agenti sentirono a sommarie informazioni T., con esiti ovviamente inutilizzabili, e verificarono che lo stesso aveva una figlia (...), avuta insieme (...) (v. certificato di nascita in atti). Gli agenti verificarono che la bambina era riportata anche nella dichiarazione dei redditi di (...) come componente a carico fiscalmente. Occorre comunque evidenziare che dagli atti emerge che l'imputato risiedeva a S., via S. 58, mentre sia (...) sia (...) risiedevano ad I. L., via B. 10. Ad ogni modo, gli agenti sulla base dell'esistenza della figlia in comune, supposero che (...) avesse costituito una famiglia di fatto con (...) e dunque che i relativi redditi andassero cumulati ai fini della dichiarazione di possesso dei requisiti per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Sono state escusse sia (...) sia la figlia maggiore (...) che hanno entrambe negato che (...) abbia mai convissuto con loro nell'abitazione di I.L., ove abitava la figlia (...). Al contrario, la signora (...) ha raccontato che ebbe difficoltà persino a far riconoscere la figlia da parte del signor T., che comunque non ha mai convissuto con lei. 2.1 Dalle prove raccolte non emerge che l'imputato abbia reso dichiarazioni false nell'istanza di ammissione al gratuito patrocinio, poiché non è stata in alcun modo confermata la "supposizione" degli agenti secondo cui lo stesso avesse formato una famiglia di fatto con la signora (...) con cui aveva una figlia. Al contrario, sia dai certificati anagrafici in atti, sia dalle dichiarazioni delle testi della difesa, emerge che l'imputato non convivesse né con la signora (...) né con la figlia (...). Ovviamente l'esistenza del legame di parentela tra l'istante e la figlia, non convivente, non determina la rilevanza, ai fini dell'art. 76 D.P.R. n. 115 del 2002, del reddito prodotto dall'altro genitore non convivente. In questi termini si è chiaramente espressa la giurisprudenza di legittimità che ha affermato che "ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, nel reddito complessivo dell'istante, ai sensi dell'art. 76 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, non deve essere computato il reddito del familiare non convivente fiscalmente a carico" (Cass., pen., sez. IV 22/09/2021, n. 36559). Non dovendo essere calcolato il reddito di (...) ai fini della determinazione del reddito familiare di (...) ex art. 76 D.P.R. n. 115 del 2002, la dichiarazione dallo stesso effettuata non risulta mendace e quindi l'imputato deve essere assolto perché il fatto non sussiste. PER QUESTI MOTIVI Letto l'alt. 530 c.p.p. assolve (...) dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste. Motivazione contestuale. Così deciso in Cassino il 30 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 30 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CASSINO RITO ABBREVIATO Il GIUDICE del TRIBUNALE di CASSINO - dott.ssa Martina Di Fonzo - all'udienza in camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2023 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nato il (...) a N., elettivamente domiciliato in Roma, via (...), presso lo studio dell'avv. Ch.SC.; Libero, assente Difeso di fiducia dall'avv. Ch.Sc., del foro di Roma IMPUTATO A) in ordine al reato di cui all'art. 4 L. n. 110 del 1975 per avere portato senza giustificato motivo, presso la via (...), nelle immediate vicinanze della stazione ferroviaria, e pertanto fuori dalla propria abitatone, un coltello, della lunghezza complessiva di 18 cm e lama di 8 cm. occultato all'interno degli slip indossati dal prevenuto. In Formio. il 3/7/2020. B) in ordine al reato di cui all'art. 612, 1 e 2 comma c.p. in relazione all'art. 339 c.p. per avere minacciato un ingiusto danno a (...), brandendo all'indirizzo della P.O. il coltello descritto al capo che precede e così mimando con un gesto di tagliargli la gola, con l'aggravante di aver commesso il fatto con strumento atto ad offendere del quale è vietato il porto senza giustificato motivo. In Formio, il 3/7/2020. Con la recidiva reiterata sub B). SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto del 4.4.2022 il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cassino ha citato a giudizio (...) in relazione ai reati riportati in epigrafe. All'udienza del 25.1.2023, dichiarata l'assenza dell'imputato, il difensore, munito di procura speciale, ha chiesto la definizione del procedimento con il rito abbreviato semplice. Il Tribunale ha ammesso il rito ed ha acquisito il fascicolo del Pubblico Ministero. Quindi, raccolte le conclusioni delle parti, il Tribunale ha pronunciato sentenza come da dispositivo del quale è stata data lettura in aula. MOTIVI DELLA DECISIONE Per chiarezza espositiva, occorre premettere che, costituendo il giudizio abbreviato un procedimento "a prova contratta", alla cui base è identificabile un patteggiamento negoziale sul rito, le parti, che a tale rito richiedono di accedere, accettano che il procedimento sia definito alla stregua degli atti di indagine già acquisiti, così consentendo di attribuire agli elementi raccolti nel corso delle indagini preliminari quel valore probatorio di cui essi sono normalmente sprovvisti nel giudizio che si svolge, invece, nelle forme ordinarie del dibattimento. Orbene, dalle fonti di prova contenute nel fascicolo della notizia di reato può affermarsi, al di là di ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità dell'imputato in relazione ai reati ascrittigli, nei termini che di seguito si andrà a enucleale. Dall'annotazione redatta dagli operanti della Polizia ferroviaria di Formia è emerso che, la mattina del 3.7.2020, (...), dipendente della "(...) s.p.a." riferì al viceispettore Valerio dì essere stato appena minacciato con un coltello da un soggetto che si aggirava nei pressi della stazione e che fu prontamente indicato all'ufficiale di polizia giudiziaria. Il soggetto venne quindi avvicinato, identificato nell'odierno imputato (etri rilievi fotodattiloscopici) e sottoposto a perquisizione personale, che permise di rinvenire un coltello con lama della lunghezza di 8 cm, occultato negli slip del (...) (cfr. verbale di perquisizione e sequestro). Sentito a sommarie informazioni, il (...) dichiarò che quella mattina, mentre effettuava il servizio di pulizia delle strade adiacenti alla stazione, il (...), da lui invitato a spostarsi per consentirgli di pulire il tratto di strada, estrasse dalla tasca un coltello, mimando al suo indirizzo il gesto del taglio della gola ed inducendolo così ad allontanarsi rapidamente. Data la suesposta ricostruzione del quadro probatorio, non v'è dubbio che la condotta del (...) - consistita nel mimare il gesto del taglio della gola, impugnando il coltello poi caduto in sequestro - risulta univocamente idonea ad ingenerare nel destinatario il fondato timore di poter subire un danno ingiusto alla propria incolumità (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 44128 del 03/05/2016 Rv. 268289 "Ai fini dell'integrazione del reato di minaccia, non è necessario che il soggetto passivo si sia sentito effettivamente intimidito, essendo semplicemente sufficiente che la condotta posta in essere dall'agente sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale del soggetto passivo"), sicché appare corretta la qualificazione giuridica nel reato di minaccia, aggravato dall'utilizzo di uno strumento atto ad offendere, qual è sicuramente il coltello impiegato. Non residuano dubbi sulla riconducibilità soggettiva del fatto all'agente, il quale si determinò a compiere l'azione illecita per un banale pretesto, ossia per mettere in fuga l'operatore ecologico, che lo aveva appena invitato a spostarsi, onde proseguire nell'espletamento delle proprie mansioni. Parimenti, risulta integrato il reato di porto senza giustificato motivo di uno strumento atto ad offendere. Sul punto, non ha pregio l'assunto difensivo - rimasto peraltro indimostrato - secondo cui la necessità di tenere con sé un coltello sarebbe giustificata dalla condizione di soggetto senza fissa dimora del (...), atteso che "il "giustificato motivo" del porto degli oggetti di cui all'art. 4, comma secondo, L. 18 aprile 1975, n. 110, ricorre solo quando particolari esigenze dell'agente siano perfettamente corrispondenti a regole comportamentali lecite relazionate alla natura dell'oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell'accadimento e alla normale finzione dell'oggetto" (cfr. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 578 del 30/09/2019, Rv. 278083, resa su fattispecie relativa al rinvenimento di un taglierino ed un coltello con lama nello zaino di un soggetto senza fissa dimora che si aggirava all'interno di un parcheggio, in cui la Corte ha ritenuto che l'indisponibilità di un'abitazione stabile non può da sola consentire il porto indiscriminato ed ingiustificato di oggetti di tale tipo, potendo il suddetto soggetto far ordinariamente riferimento ad un luogo riservato dove depositarli). Del resto, ove si accedesse alla ricostruzione difensiva, si giungerebbe a concludere che qualunque soggetto privo di una dimora stabile abbia la facoltà di aggiraci per luoghi pubblici con coltelli ed altri arnesi offensivi al seguito. In ulteriore analisi, premesso che "il "giustificato motivo" rilevante ai sensi dell'art. 4 della L. 18 aprile 1975, n. 110, non è quello dedotto a posteriori dall'imputato o dalla sua difesa, ma quello espresso immediatamente, in quanto riferibile all'attualità e suscettibile di una immediata verifica da parte dei verbalizzanti" (Cass., Sez. I, n. 19307 del 30/01/2019 Rv. 276187), si rileva che, nel caso di specie, nulla venne dichiarato dall'imputato a seguito del rinvenimento. I reati sono stati consumati in un medesimo contesto spazio-temporale, dovendosi quindi applicare la disciplina sanzionatala di cui al l'art. 81 cpv. c.p. All'imputato non possono essere concesse le invocate circostanze attenuanti generiche, sia in considerazione dei precedenti che figurano sul suo certificato penale, sia tenuto conto della futilità dei motivi a delinquere e dell'allarme sociale che ne discende. Può invece essere esclusa la contestata recidiva reiterata, avuto riguardo alla risalenza delle precedenti condanne. Quindi, tenuto conto dei parametri di cui all'art. 133 c.p., pena equa nel caso che occupa risulta essere quella finale di quattro mesi di reclusione, cui così si perviene: ritenuto più grave il reato di cui al capo b), pena base pari a cinque mesi di reclusione; aumentata di un mese di reclusione per la continuazione con il reato di cui al capo a); diminuita, per il rito, a quattro mesi (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 41755 del 06/07/2021, Rv. 282670 "in tema di giudizio abbreviato, la riduzione di cui all'art. 442, comma 2, cod. proc. pen., come novellato dalla L. 23 maggio 2017, n. 103, deve essere operata, nel caso di continuazione tra delitti e contravvenzioni, nella misura unitaria di un terzo prevista per i delitti, essendo la pena del reato continuato parametrata su quella prevista per il delitto"). Il riconoscimento della penale responsabilità comporta, ai sensi dell'art. 535 c.p.p., la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Visti gli artt. 442, 533 e 535 c.p.p., dichiara (...) colpevole dei reati a lui ascritti, esclusa la contestata recidiva, ritenuta la continuazione, applicata la diminuente per il rito, e Io condanna alla pena di quattro mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Ordina la confisca e la distruzione di quanto in giudiziale sequestro. Così deciso in Cassino il 25 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 30 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CASSINO SEZIONE PENALE IL GIUDICE Marco Gioia all'udienza del 23.01.2023 ha pronunziato la seguente SENTENZA nel procedimento a carico di (...), nato a F. (F.) il (...), elettivamente domiciliato ex art. 161 c.p.p. presso lo studio del difensore di fiducia are Ma.Di.. Libero - ASSENTE Difeso di fiducia dagli avv. Ma.Di. e Pa.Ma.. IMPUTATO In ordine al reato: 642, comma 2 c.p., perché al fine di conseguire un indennizzo dall'assicurazione "(...)", precostituiva la falsa C.I.D. relativa a un sinistro stradale che assumeva essersi verificato il 03/07/2018 in Colleferro (FR) tra l'autovettura di sua proprietà FLAT Doblò tg. (...) e l'autocarro FIAT IVECO Dayli tg. (...) di proprietà di (...). In Sora, luogo di presentazione alla compagnia di assicurazione della falsa denuncia di sinistro, 12.07.2018 Parte civile: (...) nato a S. il (...), elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avvocato Br.Co.. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto emesso in data 13.07.2022, il GUP ha disposto il giudizio nei confronti di (...) per il reato indicato in epigrafe. All'udienza del 23.01.2023 il giudice, verificata la regolarità delle notifiche, ha dichiarato l'assenza dell'imputato, La difesa dell'imputato ha sollevato eccezione relativa al difetto di querela; il PM ha richiesto il rigetto dell'eccezione: la difesa della PC si è associata al PM. Il giudice rilevata l'assenza della querela, in accoglimento della questione preliminare, ha invitato le parti a concludere. Sulle conclusioni rassegnate è stata resa pubblica la presente sentenza con lettura del dispositivo in udienza. MOTIVI DELLA DECISIONE All'esito dell'istruttoria dibattimentale l'imputato va assolto per le ragioni che seguono. 1. Fondamento Probatorio. Il fondamento probatorio di questo giudizio è costituito dalle seguenti fonti di prova: - Produzione documentale della difesa acquisita all'udienza del 23.01.23 2. Ricostruzione del fatto e qualificazione giuridica del fatto. Dalla lettura del capo di imputazione e dalla documentazione in atti è emerso che l'imputato avrebbe falsificato un CID relativo ad un sinistro stradale mai avvenuto tra la propria vettura e un autocarro FIAT IVECO Dayli tg. (...) di proprietà di (...). Dagli emerge che la querela nei confronti dell'imputato è stata sporta da (...), proprietario del veicolo incidentato. Da siffatta ricostruzione dei fatti risulta che (...) avrebbe realizzato il reato di cui all'art. 642 c.p. Occorre preliminarmente rilevare che la persona offesa dal reato è il soggetto titolare del bene giuridico tutelato dalla norma mentre il danneggiato da reato è colui che ha subito un danno quale conseguenza del reato. Infatti come ricordato dalla giurisprudenza "La nozione di persona offesa dal reato non coincide con quella di danneggiato, essendo quest'ultimo portatore di interessi connessi alle conseguenze privatistiche dell'illecito penale e legittimato all'esercizio dell'azione civile nel processo penale, mentre la persona offesa dal reato (alla quale viene riconosciuto il diritto di querela) è il soggetto titolare dell'interesse direttamente protetto dalla norma penale e la cui lesione o esposizione a pericolo costituisce l'essenza dell'illecito (da queste premesse, la Corte in una vicenda relativa al reato di cui all'art. 642 c.p. ha riconosciuto legittimamente esercitato il diritto di querela in capo alla società di assicurazione che aveva ricevuto la falsa denuncia di un sinistro mai accaduto trasmessa dal proprio assicurato, chiamato a rispondere del reato, per la gestione diretta della procedura risarcitoria a seguito di un falso modulo di constatazione amichevole di incidente, dovendosi prescindere dal fatto che altra società assicuratrice in ipotesi avrebbe poi dovuto provvedere al pagamento dell'indennizzo)." (Cassazione penale , sez. II , 31/05/2016 , n. 43095). Nel caso di specie, il bene giuridico tutelato dalla fattispecie di cui all'art. 642 c.p. è il patrimonio della compagnia assicuratrice. Quest'ultima, quindi, è persona offesa e unica titolate del diritto di querela ai sensi dell'art. 120 c.p. Il contraente r.c.a, invece, si configura quale semplice danneggiato da reato essendo il proprietario del veicolo incidentato. La giurisprudenza di legittimità ha infatti chiarito che "Il reato di frode in assicurazione non ha natura plurioffensiva, in quanto è volto a tutelare esclusivamente il patrimonio delle imprese assicuratrici dati comportamenti contrari alla buona fede contrattuale, sicché legittimata a proporre querela è solo la compagnia che gestisce o liquida il sinistro e non anche la persona danneggiata dal reato, che potrà agire eventualmente per il risarcimento del danno subito. Ciò è imposto dalla necessaria distinzione tra "persona offesa dal reato", titolare del diritto di querela, ovvero il soggetto titolate dell'interesse direttamente protetto dalla norma penale, la cui lesione o esposizione a pericolo costituisce l'essenza dell'illecito, e "persona danneggiata", che assume di avere subito un danno dal reato, la quale ha esclusivamente la facoltà di esercizio dell'azione civile in sede penale; situazioni che devono essere tenute concettualmente distinte, sebbene spesso risultano cumulate in capo al medesimo soggetto"(Cassazione penale , sez. II , 01/07/2022 , n. 27372). Pertanto, nel caso in esame occorre pronunciare sentenza di non doversi procedere per difetto di querela in quanto la stessa è stata sporta solo dal danneggiato dal reato e non anche dall'effettivo titolare del diritto di querela che - come detto - è la compagnia assicuratrice. In assenza della condizione di procedibilità l'azione penale, quindi, non doveva essere iniziata o proseguita. P.Q.M. Letto l'alt. 529 c.p.p. dichiara non doversi procedere nei confronti di (...) in ordine al reato a loro ascritto perché l'azione penale non doveva essere iniziata per difetto di querela. Motivazione contestuale. Così deciso in Cassino il 23 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 23 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CASSINO RITO ORDINARIO Il GIUDICE del TRIBUNALE di CASSINO - dott.ssa Martina Di Fonzo - alla pubblica udienza del giorno 16 gennaio 2023 - ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA Nei confronti di: (...), nato a C. (F.) il (...), residente a S. F., Pia za G. (...) n 3/h; sottoposto al ricovero in (...) p.a.c., rinunciante Difeso di fiducia dall'avv. Mi.La., del foro di Cassino IMPUTATO del reato p. e p. dagli artt. 582, 585 co. II n. 2) c.p. perché, dopo aver avuto un alterco con (...), lo raggiungeva, colpendolo alle spalle e facendolo rovinare a terra lo colpiva con una pietra procurandogli lesioni personali certificate in: "contusione del cranio" giudicate guaribili in giorni 3 s.c. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE Con decreto dell'16.11.2017, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cassino ha citato a giudizio (...) per rispondere del reato trascritto in epigrafe. Verificata la regolare instaurazione del contraddittorio, acquisita la rinuncia a comparire dell'imputato, sottoposto alla misura di sicurezza del ricovero in (...) per altra causa, dopo l'apertura del dibattimento la difesa ha prodotto documentazione medica a supporto della richiesta di perizia psichiatrica. Ritenuta la fondatezza dell'istanza, il Tribunale ha disposto in conformità, conferendo al dott. F.C. l'incarico di verificare la capacità di intendere e di volere dell'imputato al momento del fatto nonché l'eventuale pericolosità sociale dello stesso. All'udienza del 16.1.2023, all'esito dell'esame del perito, con il consenso delle parti sono stati acquisiti gli atti d'indagine ai fini della decisione. Quindi, raccolte le conclusioni delle parti, il Tribunale ha pronunciato sentenza come da dispositivo del quale è stata data immediata lettura in aula. L'istruzione dibattimentale ha offerto piena conferma alla prospettazione accusatoria nella sua componente oggettiva. Dal verbale di ricezione di querela orale presentata dalla persona offesa, (...), è emerso che, nella tarda serata del 9 gennaio 2017, era stato avvicinato dall'odierno imputato, suo compaesano, che aveva iniziato a provocarlo con domande allusive quali "dove sta tua mamma?" "dove sta tua sorella?". Quando il (...) gli chiese di lasciarlo in pace, l'imputato io aggredì, rompendogli gli occhiali. Pertanto, la persona offesa si recò presso la vicina abitazione dell'imputato, per riferire l'accaduto al padre. Qui, fu raggiunto dal (...), che lo aggredì alle spalle, facendolo rovinare a terra, e lo colpì ripetutamente con una pietra. Il (...) riuscì a chiedere l'intervento dei Carabinieri e a recarsi subito dopo al pronto soccorso, ove gli vennero refertate lesioni consistite in una "contusione del cranio", giudicata guaribile in 3 giorni (cfr. in atti). Tale essendo il compendio conoscitivo raccolto, non v'è dubbio che (...) abbia posto in essere il reato descritto nell'editto accusatorio. Le lesioni cagionate al (...) rientrano sicuramente nella nozione elaborata dalla giurisprudenza di legittimità: "la contusione (nella specie giudicata guaribile in tre giorni), in quanto alterazione anatomica e funzionale dell'organismo, costituisce malattia ai sensi dell'art. 582 cod. pen." (cfr., Cass., Sez. 5, Sentenza n. 22781 del 26/04/2010, Rv. 247518), risultando peraltro compatibili con la dinamica dell'aggressione riferita dalla p.o. La condotta è aggravata dall'impiego di una pietra, da considerarsi strumento atto ad offendere per l'utilizzo in concreto fattone dal (...) nel contesto in disamina (cfr. Cass., sez. 5, n. 8640 del 20/01/2016 Ud. (dep. 02/03/2016 ) Rv. 267713 "In tema di lesioni personali volontarie, ricorre la circostanza aggravante dell'uso di uno strumento atto ad offendere di cui all'art. 585, comma secondo, n. 2, cod pen., laddove la condotta lesiva sia in concreto realizzata adoperando qualsiasi oggetto, anche di uso comune e privo di apparente idoneità all'offesa Ne consegue che anche un pezzo di legno, se usato in un contesto aggressivo (nella specie, scagliato contro la persona offesa), costituisce arma impropria ai fini dell'applicazione dell'aggravante in esame, da ciò derivando la procedibilità d'ufficio del reato"), disponibilità del coltello a serramanico, impugnato dall'imputato al momento del fatto. Tuttavia, pur dovendosi ritenere accertato che il (...) abbia commesso il reato per cui si procede, lo stesso deve essere assolto in quanto soggetto non imputabile al momento del fatto. Il perito nominato in udienza ha infatti accertato che l'imputato è affetto da "disturbo delirante di tipo di persecuzione continuo e grave". Il dott. C., nell'elaborato acquisito in atti a seguito di esame incrociato, ha chiarito con motivazione esaustiva e perciò convincente, alla quale il Tribunale integralmente si riporta facendo proprie le conclusioni ivi contenute, che "detto disturbo, dagli atti presente già dal 2013, è peggiorato in maniera grave nel 2015, con scarsissima compliance terapeutica, sospensione della terapia farmacologica e conseguenti ricoveri in ambito psichiatrico. Di fatto, il delirio via via si è sempre più incentrato su aspetti persecutori e, relativamente atte tematiche oggetto della presente consulenza, ha determinato nel periziando una totale incapacità di intendere e di volere che si è sviluppata nel tempo, a partire dall'esordio sintomatologico, con esacerbazione nel periodo in esame (9/1/2017)", ciò ponendosi incontrovertibilmente in rapporto di causalità con il fatto-reato per cui è giudizio. Ora, poiché ai sensi dell'art. 88 c.p. l'esclusione della capacità di intendere e di volere determina il difetto di imputabilità, non può che pervenirsi a una pronuncia assolutoria, ai sensi dell'art. 530 c.p.p., poiché (...) era totalmente incapace nel momento in cui commise il reato a lui ascritto. Il perito ha aggiunto che l'imputato, già ricoverato presso la (...) di (...), presenta allo stato una condizione di pericolosità sociale che, sebbene leggermente attenuata, richiede ancora l'applicazione della misura di sicurezza del ricovero in (...), dovendosi rimettere l'eventuale rivalutazione ad un ulteriore periodo di osservazione, "confidando in una maggiore efficacia detta terapia farmacologica ed a una maggiore compliance terapeutica globale del paziente stesso". La valutazione espressa dal perito è condivisa da questo giudice, e ciò non solo in ragione delle emergenze di natura medico-psichiatrica, ma anche di tutte le circostanze di cui all'art. 133 c.p. In merito, la gravità obiettiva del reato commesso è correlata alle concrete modalità di attuazione della condotta (si consideri l'impiego di una pietra per accrescere la capacità offensiva) nonché alla pervicacia dimostrata dal (...) che, dopo una prima aggressione, seguì la persona offesa, cogliendola alle spalle e infierendo su di lei mentre era a terra, così dimostrando assenza di autocontrollo ed una evidente inclinazione all'inosservanza delle regole della convivenza sociale. Stante la persistente condizione di pericolosità sociale elevata, si ritiene che le esigenze sia di cura e tutela dell'imputato che di controllo e contenimento della sua pericolosità sociale debbano essere realizzate, conformemente a quanto indicato dal perito, attraverso l'applicazione della misura di sicurezza del ricovero il (...) ("il ricovero presso la (...) di (...) risulta, al momento, adeguata alle necessità"). Pertanto, al fine di impedire il compimento di nuovi reati e di facilitare il reinserimento sociale, va applicata a (...) la misura di sicurezza del ricovero in (...), presso la struttura di (...) ove egli risulta già attualmente ristretto, per la durata di due anni tenuto conto di quanto disposto dall'art. 222 c.p. e del fatto di reato per cui si procede. P.Q.M. Visti gli artt. 88 c.p. e 530 c.p.p., assolve (...) dal reato a lui ascritto perché non imputabile per incapacità di intendere e volere al momento del fatto. Visti gli artt. 203 e 205 c.p., applica a (...) la misura di sicurezza del ricovero in (...) per la durata di due anni. Così deciso in Cassino il 16 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 23 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CASSINO Sezione Penale Dibattimentale (art. 438 e segg. c.p.p.) Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice, Dott. Claudio Marcopido, alla pubblica udienza del 17.01.2023 ha pronunciato la seguente SENTENZA nei confronti di (...), nato a C. (F.) il (...), residente in P. I. (F.) alla via L. L. nr. 5, di fatto domiciliato in via R. c.da M. snc; libero; difeso di fiducia dall'Avv. to An.Ci., del foro di Cassino, di fiducia; IMPUTATO In ordine al reato di cui all'art. 337 c.p. perché, al fine di opporsi all'App. SCQS (...) e all'App. (...)- in servizio presso la Stazione CC di San Giorgio a Liri (FR)- intervenuti su segnalazione del Comandante della Stazione CC di appartenenza il Luogotenente (...), in quanto era stata segnalata presso l'abitazione della famiglia (...) musica ad alto volume che disturbava i vicini, usava violenza e minaccia nei confronti dei predetti operanti nel mentre questi ultimi, in adempimento dei compiti istituzionali, tentavano di disarmarlo di un'ascia taglialegna, con cui si era diretto verso gli stessi nonché verso l'abitazione della vicina (...) avendo ritenuto che la segnalazione fosse provenuta da quest'ultima, impedendo così di causare dei danni atta predetta; inoltre, una volta disarmato usava minaccia verso l'App. SCQS (...) rivolgendogli le seguenti frasi :" TI FACCIO FUORI TI AMMAZZO, TI METTO LE MANI ADDOSSO E TI ROVINO... TU STASERA DA QUI NON TE NE VAL..". SVOGLIMENTO DEL PROCESSO Con provvedimento del 6 aprile 2021 il P.M. disponeva la traduzione dell'odierno imputato dinnanzi ai Giudice competente del presente Tribunale, al fine di procede alla convalida dell'arresto del medesimo e contestuale giudizio direttissimo, per il giorno stesso. Il Giudice con Provv. del 6 aprile 2021, quindi, procedeva alla convalida dell'arresto di (...), senza applicazione di alcuna misura cautelare, non ritenendo sussistenti le condizioni all'uopo necessarie. In tale sede, l'imputato chiedeva procedersi con rito abbreviato; il Giudice, previa ammissione al suddetto rito alternativo, disponeva, dunque, rinvio per la relativa discussione all'udienza del 7.09.2021. Tale udienza veniva rinviata al giorno 2.11.2021 per impedimento del Giudice competente. A seguito di ulteriori rinvii, all'udienza odierna, 17.01.2023, il Giudice, procedeva alla discussione contestuale. All'esito di questa, le parti traevano le conclusioni di cui sopra. Dopo camera di consiglio il Giudice pronunciava dispositivo in uno con la contestuale motivazione MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Il suddetto procedimento trae origine dalla segnalazione telefonica ricevuta dalla Stazione dei Carabinieri di San Giorgio a Liri, in data 5.04.2021. Recatisi sul luogo, gli agenti di P.G., intimato di abbassare il volume dello stereo che disturbava i vicini, subivano minacce, fisiche e verbali, da (...). In particolare, come emerge dal verbale, quest'ultimo aveva afferrato un'ascia che agitava contro i medesimi agenti, proferendo, inoltre, le parole di cui all'imputazione. Disarmato, il suddetto veniva dichiarato in arresto e condotto presso gli uffici del comando dei Carabinieri, i quali davano notizia, prontamente del fatto, al Presente Tribunale. La responsabilità penale per i fatti di cui si procede deve essere acclarata al di fuori di ogni ragionevole dubbio, essendo i fatti confermati anche dall'esame dell'imputato, condotto in sede di udienza di convalida dell'arresto. Infatti, risulta dallo stesso essere confermato l'intero impianto accusatorio di cui all'imputazione, posto che lo S. confessava di aver integrato le condotte di cui all'art. 337 c.p. Risulta, inoltre, dirimente in ordine ai medesimi fini, anche quanto emerso dall'esame testimoniale dell'App. (...), intervenuto sul luogo il 5.04.2021, il quale relazionava, in particolare, come l'imputato si fosse impossessato dell'arma solo dopo l'arrivo dei Carabinieri ed all'esplicito fine di intimorire gli operanti. In punto di diritto occorre premettere che, pacificamente, tra il delitto di violenza a pubblico ufficiale e quello di cui all'art. 336, la differenza insiste nella violenza o minaccia che, nel caso di specie, accompagna il compimento dell'atto da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, non quindi lo precede. Si deve poi trattare di violenza o minaccia idonea a impedire concretamente al funzionario il compimento dell'atto, di qui la impossibilità di configurare il reato in esame nei casi di resistenza passiva, così come nel caso di condotte di fuga, destrezza o raggiro, che non presentino tale requisito. Orbene, evidenziato che in tema di resistenza a pubblico ufficiale, non è necessario, ai fini dell'integrazione del delitto, che sia concretamente impedita la libertà dì azione del pubblico ufficiale, essendo sufficiente che si usi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto dell'ufficio o del servizio, indipendentemente dall'esito, positivo o negativo, di tale azione e dall'effettivo verificarsi di un ostacolo al compimento degli atti indicati (Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5459 del 8 gennaio 2020), non v'è dubbio che l'impeto di minaccia dell'agente, nella condotta in contestazione, vada ben oltre i limiti dell'agire punibile. Non sussistono, inoltre, dubbi sotto il profilo psicologico, in ordine al fatto che la condotta serbata dall'imputato è stata posta in essere con la volontà di opporre una forza di resistenza positiva all'esercizio di una pubblica funzione. In relazione alla entità del fatto addebitato e tenendo conto dei criteri di valutazione contemplati dall'art. 133 c.p., quindi, delle modalità dell'azione, dei mezzi utilizzati per la commissione del reato, della capacità a delinquere del colpevole, dell'intensità del dolo, congrua appare la pena finale complessiva di mesi sei di reclusione (p.b. mesi nove di reclusione ridotta per il rito). Ne consegue, per legge, la condanna al pagamento delle spese processuali e di eventuale sofferta custodia cautelare. Rilevata l'assenza di precedenti penali e ritenendosi la condotta occasionale ricorrono i presupposti per concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena. P.Q.M. Letti gli artt. 438 e ss, 533 e 535 cpp dichiara (...) colpevole del reato a lui ascritto e ritenuta la diminuzione per il rito lo condanna alla pena di mesi sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di sofferta custodia cautelare. Si concede il beneficio della sospensione condizionale della pena. Così deciso in Cassino il 17 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI CASSINO SEZIONE CIVILE in persona del G.O.P., Vincenza Ovallesco, in funzione di Giudice Unico, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di 1 grado iscritta al n. 2787 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2017, posta in decisione all'udienza del 03.11.2022, con termini ex art. 190 c.p.c., e vertente TRA (...), C.F.: (...), (...) e (...) e (...), rapp.ti e difesi, giusta procura in atti, dall'avv. MA.GI. e presso il suo studio elettivamente domiciliati, parte attrice CONTRO (...) S.p.A. (già (...) S.p.A.), in persona del legale rappresentante p.t., P.IVA: (...), rapp.ta e difesa, giusta procura in atti, dall'avv. FI.FA. e presso il suo studio elettivamente domiciliata, parte convenuta OGGETTO: accertamento usurarietà dei tassi di interesse applicati al contratto di mutuo e gratuità del mutuo. MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato alla controparte processuale, i sigg.ri (...), (...), (...) e (...), hanno convenuto in giudizio dinanzi Codesto Tribunale, l'istituto bancario (...) S.p.A. per sentir accogliere in suo danno le seguenti conclusioni: "accertare e dichiarare, per le causali di cui in narrativa, che il (...) - (...) - Istituto per finanziamenti a medio e lungo termine Società per Azioni" ha proceduto sul rapporto di mutuo indicato in narrativa a pattuizione ed applicazione di tassi usurari - e per l'effetto, ex art. 1815 c.c., secondo comma c.c., dichiarare la clausola nulla ed il mutuo gratuito, con conseguenze obbligo per l'attrice di corrispondere con le rate a scadere, il solo capitale residuo mutuato e per l'effetto condannare il (...) - (...) - alla restituzione di tutte le somme indebitamente percepite quale corrispettivo del prestito, che come da quantificazione in atti, risulta pari ad Euro 52.444,03, con interessi e rivalutazione dalla domanda al saldo previa compensazione con quanto eventualmente dovuto alla banca, anche ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1241 e seguenti c.c., che da relazione in atti risulta essere pari ad Euro 78.443,42; ordinare all'istituto convenuto, qualora non vi avesse già provveduto spontaneamente, di effettuare la corretta segnalazione del presente procedimento in centrale dei rischi sotto la voce "stato del rapporto" contestato, ai sensi del 13 e 14 aggiornamento della Circolare (...) 11.2.1991 n. 139 e successive modifiche ed integrazioni e successive modifiche ed integrazioni; accertare e dichiarare la liberalizzazione dei prestatori di garanzia fideiussoria i sigg.ri (...), (...), (...) anche datrice di ipoteca e (...) per un'obbligazione futura ex art. 1956 c.c.. Con vittoria di spese ed onorari del giudizio, oltre oneri accessori" (v. atto di citazione e relativa conclusionale). Si è costituita ritualmente l'(...) S.p.A. rassegnando le seguenti conclusioni: "- in via pregiudiziale e/o preliminare: dichiarare la carenza di legittimazione passiva e/o della titolarità passiva del diritto fatto valere nei confronti del (...) spa e per l'effetto dichiarare l'inammissibilità e/o improcedibilità delle domande spiegate dall'attore a seguito della intervenuta cessione pro - soluto ex. L. n. 130 del 1999, l'intera posizione creditoria; nel merito: rigettare tutte le domande formulate dall'attore perché palesemente infondate, sia in fatto che in diritto e del tutto indimostrate come sopra argomentato. In ogni caso respingere ogni e qualsiasi domanda, anche istruttoria, articolata dalla controparte: Con riserva di dedurre, produrre ed articolare ulteriori mezzi istruttori anche in considerazione del comportamento processuale di controparte; ci oppone alla richiesta di consulenza tecnica d'ufficio formulata da parte attrice perché superflua (tasso di interesse del mutuo documentalmente sotto la soglia usuraria all'atto della stipula) oltre che inammissibile, stante la sua natura squisitamente esplorativa. Con vittoria di spese, competenze ed onorari" (v. comparsa di costituzione e relativa conclusionale). Concessi i termini ex art. 183, VI co., c.p.c. e ammessa CTU contabile, cui parte convenuta aveva prestato opposizione, all'esito del deposito dell'elaborato peritale del CTU, precisate le conclusioni, all'udienza cartolare del 03.11.2022, la causa è stata trattenuta in decisione con termine di 30gg. per concise memorie difensive conclusionali, se non già agli atti, e nota spese. Ciò posto in punto di fatto e di svolgimento del processo, va rilevato in diritto quanto segue. In via preliminare, è da respingere l'eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dalla Banca convenuta, e sulla quale la scrivente ha riservato ogni provvedimento all'udienza del 08.10.2018, allorquando ha altresì dichiarato la contumacia del terzo chiamato (...) s.r.l., che parte attrice pur ha provveduto a convenire in causa, previa giudiziale autorizzazione, proprio in risposta alla detta eccezione. Quest'ultima si è rilevata immeritevole di accoglimento avuto riguardo alla tipologia, alla natura ed al contenuto della cessione venuta in essere, per quanto, dagli atti pervenuti al processo, è consentito di apprezzare. L'Istituto convenuto ha difatti dedotto di una cessione in blocco compiuta, ex L. n. 130 del 1999, in favore della società (...) s.r.l., di cui è stata resa comunicazione in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 6 luglio 2013, in ossequio a quanto disposto dall'art. 58 TUB, ed ha concluso nel senso che per effetto di siffatta operazione, avendo la cessionaria acquisito dal (...) tutti i crediti del cedente derivanti da contratti di mutuo che alla data del 2 luglio 2013 risultavano nella titolarità del cedente stesso, la cessionaria (...) s.r.l. sarebbe succeduta a titolo particolare in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi già di titolarità della decente. Sul punto va obiettato quanto di seguito. In ipotesi di cessione dei crediti finalizzata alla cartolarizzazione, ai sensi della L. n. 130 del 1999, la cessionaria subentra, per vero, nelle sole posizioni di credito derivate dai contratti contemplati nella cessione, mentre alcun subingresso si verifica nei singoli rapporti contrattuali dai quali siano originati i crediti stessi oggetto di trasferimento, salvo che diversamente sia stato eventualmente previsto, e che di tale differente convenimento sia resa, in giudizio, idonea dimostrazione. Dalchè è da ricavarsi, da un canto, che il legittimato a contraddire all'azione volta ad impugnare il contratto sarà identificabile unicamente nell'altro contraente, ovvero nella banca cedente e, dall'altro, la inoperatività del comma 5 dell'art. 58 TUB - peraltro non espressamente richiamato dalla L. n. 130 del 1999 la quale reca limitata menzione dei commi 2,3 e 4 - nella parte in cui argina la facoltà di azione del creditore ceduto nei confronti del solo cessionario, una volta che siano trascorsi tre mesi dagli adempimenti pubblicitari prescritti al comma 2 della medesima norma; esito, questo, a cui si perviene unicamente nella diversa ipotesi di cessione dell'intera posizione contrattuale, piuttosto che del solo credito. Il discrimine va, dunque, rintracciato nell'essere avvenuto, con la cessione, il trasferimento del solo credito, ovvero dell'intero contratto; e solo in tal caso le istanze attoree (segnatamente del cliente o del correntista ceduto) volte ad accertare il credito rinveniente dal contratto sottoscritto dal ceduto dovranno essere rivolte al soggetto che di quel credito, al tempo della domanda, risulti essere titolare. Diversamente, dal punto di vista processuale, l'istituto della cartolarizzazione, e più in generale quello della cessione del credito, comporta che la legittimazione passiva rispetto alle domande attoree (del cliente o del correntista) aventi ad oggetto l'accertamento della nullità del contratto bancario, l'inefficacia di alcune clausole, ovvero l'applicazione di anatocismo od usura, rimane in capo al titolare di esso contratto. Tale costituisce avviso ed arresto univoco nella giurisprudenza di legittimità e di merito da cui questo giudice non dissente ed a cui anzi si conforma (cfr. Cass. nn. 18258/14; 22199/10; 10653/10; 17590/05; Tribunale Palermo, n. 3184/16; Tribunale Santa Maria Capua Vetere, n. 1742/18). Ed è, siffatto discrimine, accertabile unicamente attraverso lo scrutinio del contratto di cessione e del suo contenuto. Nel caso di odierno esame, ebbene, la mancata produzione in atti, ad opera dell'Istituto di credito convenuto, del contratto di cessione, preclude siffatto accertamento per quanto detto dirimente, né possono ignorarsi le conseguenze che l'omesso assolvimento dell'onere della prova in tal senso produce. Appare utile, alla scrivente, fare menzione di un orientamento giurisprudenziale restrittivo che già solo ai fini della prova della avvenuta cessione, che inevitabilmente si riverbera sull'effettiva titolarità del credito e della conseguente legittimazione processuale, ritiene inidonea la mera circostanza di avere, la banca cessionaria, adempiuto alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ed alle forme integrative di pubblicità previste dalla (...), ad esse ascrivendo mera funzione di assolvere alla notifica dell'avvenuta cessione al debitore ceduti di cui all'art. 1264 c.c.. Tale rigoroso orientamento ritiene, dunque, che la prova della titolarità del credito non possa prescindere dalla produzione del contratto di cessione non essendo sufficiente la dichiarazione della Banca contenente l'elenco delle posizioni giuridiche cedute e della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di crediti in blocco (v. Trib. Rimini, n. 4416/2020) e che, pertanto, già la sola omessa produzione del contratto di cessione possa comportare la declaratoria di difetto di legittimazione processuale in capo al cessionario, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio (v. Trib. Salerno 5/7/2022; Trib. Rimini, n. 4416/2020). La stessa giurisprudenza di legittimità opera una sostanziale distinzione "tra l'avviso della cessione, che di essa costituisce condizione di efficacia, e la prova della esistenza di un contratto e del suo specifico contenuto", e decurta il primo di ogni efficacia probatoria "in relazione alla titolarità del credito in capo all'avente causa se non individua il contenuto del contratto di cessione" (v. Cass. civ. nn. 2780/2019; 22268/2018) che, nel caso di specie, assume pregnanza particolare proprio considerato che l'oggetto dell'accertamento afferisce al contenuto ed alla estensione della intervenuta cessione. Nel caso in esame, pertanto, la mancata produzione, in atti del giudizio, del contratto di cessione (in luogo del quale parte convenuta ha allegato il solo avviso di cessione estratto dalla Gazzetta Ufficiale) legittima questo giudice a respingere ogni eccezione ed osservazione in merito alla titolarità del rapporto giuridico dedotto in lite in capo a soggetto diverso dalla odierna convenuta, anche al di là di qualsivoglia ulteriore accertamento. Siffatta facoltà assurge ad onere avuto riguardo, ancora, all'oggetto dell'accertamento che in tal caso doveva investire l'esatto contenuto della cessione. L'avviso in Gazzetta Ufficiale, a tutto volersi concedere, avrebbe difatti al più potuto dimostrare l'avvenuta cessione del credito, ma non già che con esso sia stato altresì ceduto l'intero rapporto contrattuale, sicché l'accertamento è pertanto a monte precluso. Corroborano il convincimento di questo giudice in ordine al rigetto della preliminare eccezione, due ulteriori elementi. Il primo afferente al contenuto stesso dell'avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale e prodotto in atti di parte convenuta, in cui è fatta menzione, e si legge, della cessione di diritti ed azioni (se pur anche di natura processuale), ma non si evince di alcuna cessione dell'intero rapporto che, in assenza di emergenze processuali (rigorosamente documentali) di segno diverso, deve darsi per esclusa. Di ciò a riprova, d'altra parte, rileva in secondo luogo che, come da documentazione allegata da parte attrice alle note conclusive per l'udienza del 27 gennaio 2022, negli anni 2017, 2018, 2019 e 2020, successivi alla intervenuta cessione, sono provenuti dall'Istituto di Credito convenuto ai mutuatari istanti, una serie di corrispondenze, comunicazioni e documenti di sintesi relativi al rapporto in contestazione, in dimostrazione proprio dell'averne esso conservato la titolarità, pur a seguito della intervenuta cessione del solo credito. Quanto illustrato induce alla conclusione per cui la titolarità, dal lato passivo, del rapporto giuridico dedotto in lite è, senza dubbio, ascrivibile al convenuto (...), ed impone, pertanto, il rigetto della preliminare eccezione da questo sollevata. Nel merito, lo scrutinio di fondatezza della istanza attorea passa inevitabilmente attraverso l'esame delle risultanze della consulenza tecnica a cui questo giudice ancora la propria determinazione, opportunamente precisando che la CTU, come costante giurisprudenza ha affermato, costituisce fonte oggettiva di prova (utilizzabile al pari di ogni altra prova ritualmente acquisita al processo) in tutti i casi in cui abbia natura di ctu percipiente, ovvero operi come strumento, oltrechè di valutazioni tecniche, altresì di accertamento di situazioni di fatto rilevabili solo con il ricorso a determinate cognizioni tecniche, non altrimenti accertabili se non con l'impiego di tecniche o conoscenze particolari (ex multis: Cass. n. 2761/2015; 4743/07; 88/2004), per cui le conclusioni del CTU, argomentate in modo logico e condivisibile, ben possono essere poste a fondamento della decisione, come in questo caso avviene. All'esito dei diversi elaborati formulati a seguito ed in riscontro alle osservazioni critiche dei consulenti di parte ed alle istanze di queste, in particolare di parte convenuta, il CTU ha sì rilevato che il TEG ed il Tasso Nominale di Mora sono inferiori alla soglia di usura (di cui in un primo momento aveva rilevato il superamento), sulla scorta di calcoli eseguiti, come da quesito, in osservanza delle Istruzioni della (...), dei decreti ministeriali di rilevazione del TEGM e del principio di simmetria enunciato dalla Corte di Cassazione nelle sentenze citate in occasione del deferimento del quesito ed a questo accluse. Al contempo, è stato altresì demandato al CTU l'incarico di verificare se "l'ISC indicato in contratto corrisponda al tasso effettivo contrattuale applicato nello sviluppo del piano di ammortamento, ed in caso di difformità dichiarare l'indeterminatezza del tasso contrattuale con applicazione dei tassi sostitutivi bot". Il consulente ha riscontrato in senso negativo, riferendo ovvero di una inferiorità dell'indice ISC indicato in contratto, rispetto quello ricalcolato, in misura pari allo 0,1%. Un tale rilevamento, particolarmente dovendosi in via generale garantire l'ossequio dell'onere di trasparenza nelle operazioni e nei servizi bancari e finanziari, non può andar scevro da conseguenze, né può essere conferita valenza inibitoria a riserve ed opposizioni rese da parte convenuta. Non, in primis, alla rilevata assenza, in atti di causa, e come dal CTU confermato e ribadito, dei decreti ministeriali necessari alla determinazione del tasso soglia. Sul piano generale, rammenta questo giudice che il materiale deposito dei decreti de quibus, da parte del soggetto agente, non integra e non assurge ad onere allegativo foriero, se disatteso, di conseguenze pregiudizievoli di ordine processuale in danno della parte medesima, come confermato dal già citato orientamento pretorio (v. Cass. n. 883/2020) che rimanda alla acquisizione giudiziale dei detti decreti attraverso la propria personale scienza, la collaborazione delle parti, ma anche attraverso ctu contabile; e non ha ragione, la scrivente, per escludere o dubitare che il nominato ausiliare tecnico abbia omesso di procedere sponte sua alla consultazione dei decreti ministeriali per addivenire alle determinazione e calcoli demandategli, ed anzi deve ciò assumere a dato presupposto e certo, tanto più considerata la comoda consultabilità dei testi normativi. Non può poi, nello specifico, non tenersi conto della non dirimenza di questi rispetto alla particolare operazione del ricalcolo e del conteggio dell'ISC, diversamente che dalla indagine relativa all'usura oggettiva. Né può darsi rilievo alla contestazione che parte convenuta ha elevato rispetto alla ritenuta estraneità all'oggetto di causa, della questione relativa alla corrispondenza dell'indicatore sintetico di costo (TAEG) per non esserne questa assurta a specifica contestazione, ad opera di parte attrice, in seno agli scritti processuali anteriori al deferimento dell'incarico al ctu. Corretta al riguardo è l'osservazione del consulente tecnico resa a pag. 6 della relazione definitiva, per cui le verifiche riguardanti l'ISC sono state effettuate in risposta al quesito n. 3. Va rammentato che il quesito al CTU viene formulato liberamente dal giudice in base e relativamente alle informazioni ed allo specifico supporto tecnico di cui egli intenda avvalersi e che, in ciò, il giudice può, o meno, accogliere e far proprie, formalizzandole nei quesiti, le istanze formulate dai difensori delle parti. Proprio a tanto ha provveduto la scrivente nel momento in cui, nel provvedimento reso a prosieguo del verbale d'udienza del 26.02.2019, ha rivolto alle parti invito a predisporre e riportare a verbale d'udienza la bozza dei quesiti da sottoporre al ctu. Recependo l'invito, entrambi i difensori, di parte attrice e convenuta, hanno formulato propri quesiti rispettivamente ai fogli A e B allegati al verbale di conferimento incarico al CTU, e che la scrivente ha espressamente, mediante integrale rinvio, reso oggetto di conferimento. Nel proprio foglio allegato (A) la difesa di parte attrice formulava appunto richiesta di verifica di corrispondenza tra ISC di cui al contratto e quello effettivamente rilevato, senza che da parte convenuta fosse sollevata, in verbale, contestazione alcuna; sicché l'argomento è assurto a quesito oggetto di formale conferimento ad opera di questo giudice, ed ha integrato ufficialmente e legittimamente l'oggetto di indagine cui l'ausiliario non doveva, né poteva, sottrarsi. Pertanto, l'istanza di parte convenuta avente ad oggetto lo stralcio del relativo riscontro dall'elaborato peritale e dalla cognizione del giudice, non può essere assecondata. Tanto più considerata, al ricorrere di talune condizioni, la rilevabilità d'ufficio di disfunzioni ed iniquità contrattuali dei rapporti bancari, in danno del cliente, e dei quali questi abbia comunque compiuto denunzia. Ben potrebbe difatti mutuarsi, nel caso di specie, l'orientamento pretorio che, in tema di usura e di indeterminatezza della pattuizione dei tassi per violazione dell'art. 117 TUB, consente la rilevabilità d'ufficio della nullità delle relative clausole contrattuali qualora il contratto sia stato contestato e se ne invochi la nullità anche se sotto profili diversi, ma sulla base di un medesimo quadro normativo di riferimento che non implichi un diverso tema di indagine e di decisione (v. Cass. civ. nn. 17150/2017; 24483/13; 21080/05). L'adattabilità di tale orientamento al caso di specie è lecita considerato - da un canto - il complesso delle allegazioni e contestazioni di parte attorea e - dall'altro - che la non corrispondenza tra ISC indicato in contratto e tasso contrattuale effettivamente applicato nel divenire del piano di ammortamento, da luogo essa stessa ad una ipotesi di indeterminatezza del tasso contrattuale con quanto consegue in ragione delle previsioni di cui al TUB. Non può pertanto, ad avviso di questo giudice, omettersi di dar seguito alla rilevazione, effettuata dall'ausiliario tecnico, della differenza tra ISC calcolato rispetto a quello indicato in contratto dedotto in lite, ed alla conseguente ragione creditoria ascritta in capo a parte attorea mutuataria e determinata con sostituzione dei tassi corrispettivi con i tassi previsti dall'art. 117 TUB comma 7, come analiticamente espresso nell'allegato n. 5 all'elaborato definitivo del 29.11.2019. Conseguenze e ricadute contrattuali scaturenti dalla diversità tra indicatore sintetico di costo dichiarato nel contratto rispetto a quello poi effettivamente applicato (TAEG), debbono enuclearsi da una complessa normativa di settore che al di là dei corollari connessi al principio tempus regit actum, e della specificità degli interventi succedanei, reca ad oggetto il dovere di garantire la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari cui è speculare il diritto del cliente di operare un raffronto tra le diverse offerte di finanziamento e preservare i propri interessi personali e patrimoniali con scienza compiuta e chiara. Si tratta di principio trasversale rinvenibile dai più risalenti ai più recenti interventi normativi in materia, compreso il Provvedimento della (...) del 29 luglio 2009 con cui è stato prescritto che i finanziamenti debbano riportare, tanto nel foglio illustrativo che nel documento si sintesi l'ISC, calcolato secondo la formula prevista dalla (...) per il TAEG. Oltre che dall'artt. 116 e 117 TUB, che prevedono per le banche l'obbligo di pubblicizzare in modo chiaro le condizioni economiche applicate alla propria clientela, il quadro normativo di riferimento recante regole di trasparenza è sancito dalla L. n. 154 del 1992; dal D.M. 24 aprile 1992, dal Testo Unico Finanziario e dalla delibera CIRC 4 marzo 2003 che ha declinato le regole di trasparenza sino alla rivisitazione strutturale del 2009, poi ulteriormente affinatasi soprattutto a seguito del recepimento di normative comunitarie. Il denominatore comune è quello di garantire per l'appunto la trasparenza bancaria attraverso una serie di regole che impongano alle banche ed alle finanziarie di dare opportuno risalto alle clausole fondamentali che regolano tutti i rapporti tra banca e singolo cliente, ed assicurino a questi un insieme di regole volte a garantire ai clienti un'informazione corretta, chiara ed esauriente che agevoli la comprensione delle caratteristiche, dei rischi e dei costi dei prodotti finanziari offerti, e ne consenta la facile confrontabilità con altre offerte. Questo stesso denominatore comune informa tenore e contenuto sia dell'art. 124 TUB disciplinante gli obblighi informativi del finanziatore o dell'intermediario del credito, relativo ai contratti di credito al consumo stipulati anteriormente al 19 settembre 2010, sia dell'art. 125 bis TUB introdotto dal D.Lgs n. 141 del 2010 che ha espressamente previsto la nullità e dunque l'applicazione dell'interesse sostitutivo anche in caso di non corretta indicazione del TAEG o dell'ISC indipendentemente dal vulnus informativo che l'errata indicazione abbia effettivamente arrecato al consumatore. Sebbene siffatta sanzione civile non sia espressamente prevista in seno al predetto art. 124 TUB, deve di essa farsi pari applicazione e comminatoria, proprio in ragione del comune denominatore e della comune ratio che informa entrambi i disposti normativi. Merita di essere segnalata, in quanto estremamente persuasiva e dotata di struttura argomentativa ineccepibile, la decisione del Collegio di Coordinamento ABF n. 23293 del 08.11.2018 (peraltro confermativa delle decisioni nn. 1430/2016 e 1283/2018) con cui l'Organo Adito, pur fatta applicazione dell'art. 124 TUB comma 5, ha dichiarato la nullità derivante dalla applicazione di un TAEG non corretto con conseguente sostituzione dei tassi d'interesse, ai sensi del comma 5 dell'art. 124 TUB medesimo. P.Q.M. Il Collegio di Coordinamento ha fatto assurgere ad orientamento consolidato quello di ritenere che "la ratio di entrambe le discipline (124 e 125 bis TUB) sia la medesima ovvero quella di consentire una corretta formazione del consenso del cliente". Disattesa, così provvede: a) dichiara la titolarità dal lato passivo dell'azione processuale in capo al solo (...) S.p.a. (ora (...) S.p.A.); b) dichiara la nullità delle clausole determinative degli interessi relative al rapporto di mutuo fondiario dedotto in lite (registrato in Cassino il 21.08.2007, Repertorio n. (...), Raccolta n. (...), stipulato in data (...) con atto a rogito del Notaio L.F.), per indeterminatezza del tasso contrattuale conseguente alla riscontrata difformità tra ISC indicato in contratto e tasso effettivo contrattuale applicato nello sviluppo del piano di ammortamento, disponendo la applicazione dei tassi sostitutivi bot di cui al comma 7 dell'art. 117 TUB; c) ordina all'Istituto di Credito convenuto, (...) S.p.A. (ora (...) S.p.A.), in persona del legale rappresentante p.-t., di applicare, con decorrenza dalla data di pubblicazione della presente sentenza e sino alla naturale estinzione del contratto di mutuo fondiario in oggetto, stabilita al primo agosto 2031 (rata n.288), il piano di ammortamento sviluppato dal CTU (...) nell'all.to 5 all'elaborato peritale del 29.11.2019 in applicazione dei tassi sostitutivi di cui al predetto art. 117 TUB comma 7; d) condanna (...) S.p.A. (ora (...) S.p.A.), in persona del legale rappresentante p.-t. a restituire ai mutuatari attori l'importo di Euro 35.653,83 quale differenza positiva maturata al 01.03.2017, oltre a quella ulteriormente dovuta con decorrenza da quella data e sino alla pubblicazione del presente provvedimento, facendo onere alla banca convenuta di calcolare il quantum applicando il criterio proprio illustrato dal CTU in seno alla relazione in bozza del 30.09.2019 ed, ovvero, sottraendo all'importo complessivo corrisposto nel detto arco temporale (dunque da aprile 2017 sino alla pubblicazione della sentenza), quanto dai mutuatari effettivamente dovuto al tempo di pubblicazione della sentenza per quanto emerge dal detto piano di ammortamento all'allegato n. 5 alla relazione peritale del 29.11.2019; e) condanna (...) S.p.A. (ora (...) S.p.A.), in persona del legale rappresentante p.-t., al pagamento in favore degli attori, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro. 8.998,10 pari ai 2/3 delle complessive dovute per compenso tabellare ex D.M. n. 55 del 2014, tenendo a mente che lo scaglione di riferimento è quello relativo al decisum, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge; f) spese di C.T.U., già liquidate come da separato provvedimento, sono poste definitivamente a carico di 1/3 per la parte attorea e 2/3 per la parte convenuta. Così deciso in Cassino il 5 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria l'11 gennaio 2023.

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