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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI CASSINO Il Tribunale di Cassino, nella persona del Giudice designato dott.ssa Michela Grillo, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 1595 del ruolo generale per l'anno 2023, rinviata per discussione all'udienza del 12 settembre 2024, sostituita con il deposito di note scritte, vertente TRA (...), nato in SVIZZERA il (...) elettivamente domiciliato in CASSINO (FR) VIA (...) presso lo studio dell'Avv. (...) che lo rappresenta e difende, come da procura in atti; ATTORE E (...), elettivamente domiciliato in CASSINO (FR) VIA (...) presso lo studio dell'Avv. (...) e dall'Avv. (...), che lo rappresentano e difendono giusta procura in atti; CONVENUTO OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo n. 234/2023. CONCLUSIONI: come precisate dalle parti all'udienza cartolare del 12.09.2024 FATTO E DIRITTO Con ricorso al Tribunale di Cassino, (...) chiedeva ed otteneva decreto ingiuntivo n. 234/2023 nei confronti di (...) per il pagamento della somma di Euro 18.500,00 oltre interessi, compensi professionali e spese, a titolo di canoni di locazione non pagati. Con ricorso depositato l'8.05.2023, (...) proponeva opposizione avverso il suddetto decreto, eccependo, preliminarmente, l'improcedibilità della domanda per non essere stato esperito il procedimento di mediazione obbligatoria e, nel merito, deducendo di non essere debitore dell'intera somma ingiunta. Concludeva chiedendo: "ritenere e dichiarare infondate le avverse richieste in fatto e in diritto per i motivi tutti dettagliatamente esposti in narrativa e conseguentemente dichiarare nullo, annullare e/o revocare il decreto ingiuntivo opposto con qualunque statuizione; ritenere e dichiarare che il Sig. (...) è creditore nei confronti della Sig.ra (...), della somma di Euro 180,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria, corrisposta in eccedenza rispetto al canone stabilito per il primo anno di contratto, e che tale somma deve imputarsi in conto canoni, con conseguente inesigibilità, in tale misura, del credito consacrato nel decreto ingiuntivo; ritenere e dichiarare che il Sig. (...) è creditore nei confronti della Sig.ra (...) della somma di Euro 1.000,00, versata a titolo di deposito cauzionale e non restituita al termine della locazione, e che tale somma deve imputarsi in conto canoni, con conseguente inesigibilità, in tale misura, del credito consacrato nel decreto ingiuntivo; ritenere e dichiarare che il rapporto di locazione tra il Sig. (...) e la Sig.ra (...) per come si sono svolti i fatti, è stato interrotto prima della scadenza naturale del contratto, segnatamente alla data del rilascio dell'immobile (15.02.2022), per risoluzione consensuale; ritenere e dichiarare che il Sig. (...) non è debitore dell'intero importo ingiuntogli, ma solo dei canoni di locazione che risultano scaduti e non pagati fino al mese di febbraio 2022, dedotti le somme corrisposte in eccedenza rispetto al canone stabilito per il primo anno di contratto nonché il deposito cauzionale, che non gli è stato restituito, per un totale effettivamente dovuto pari ad Euro 10.620,00; ritenere e dichiarare che la domanda giudiziale di parte opposta risulta allo stato improcedibile, in quanto non è stato preliminarmente esperito ex art. 5, commi 1-bis e 4 lett. a), del D.Lgs. 28/2010 il procedimento di mediazione obbligatoria, o altro equipollente, dopo il rigetto nel procedimento di ingiunzione della richiesta di concessione della provvisoria esecuzione. Con vittoria di spese e compensi da distrarsi in favore del procuratore che si dichiara antistatario". Notificati il ricorso e il decreto di fissazione udienza si costituiva (...) opponendosi a quanto dedotto dal ricorrente e chiedendo: "In via pregiudiziale ed anticipatoria - si insiste per la concessione della provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo opposto ai sensi dell'art. 648 c.p.c., in quanto la spiegata opposizione non è fondata su prova scritta ed ha palesemente un fine esclusivamente dilatorio; nel merito - rigettare l'opposizione formulata da controparte avverso il decreto opposto emesso dal Tribunale di Cassino poiché infondata in fatto ed in diritto, attesa la certezza del credito ingiunto e, per l'effetto, confermare il decreto ingiuntivo opposto con condanna di pagamento di tutto quanto richiesto oltre spese; sempre nel merito -condannare il sig. (...) al pagamento della somma di Euro 18.550,00; d) In via subordinata - qualora il Giudice ritenesse opportuno valutare parzialmente in favore la pretesa del sig.re (...) condannarlo al pagamento della somma di euro 10.620,00 da controparte indicata quale credito della sig.ra (...). In ogni caso, con vittoria di spese, diritti ed onorari di giudizio." Instaurato il contraddittorio, veniva accolta la richiesta di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo limitatamente alla somma di euro 10.620,00 e veniva assegnato termine di 15 giorni per l'esperimento della procedura obbligatoria di mediazione. All'udienza del 4.04.2024, preso atto della mancata instaurazione del procedimento di mediazione, la causa perveniva all'udienza di discussione del 12.09.2024, celebrata in modalità cartolare, previa concessione di un termine per note conclusive. Tanto premesso, va accolta l'eccezione di improcedibilità proposta dall'opponente per il mancato esperimento della mediazione obbligatoria da parte dell'opposta. Invero, all'udienza del 20.12.2023, dopo la decisione sull'istanza ex art. 648 c.p.c., veniva assegnato termine per l'espletamento del procedimento di mediazione obbligatoria, vertendosi in materia locatizia, con rinvio della causa all'udienza del 4.4.2024. La mediazione veniva avviata dall'opposta solo in data 27.3.2024. Come noto, nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con richiesta di decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo (Cass. Sez. U -, Sentenza n. 19596 del 18/09/2020, Rv. 658634 - 01). La Suprema Corte ha precisato, in tema di mediazione, che ciò che rileva, ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità, è l'utile esperimento, entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione - da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l'accordo - e non già l'avvio di essa nel termine di quindici giorni indicato dal medesimo giudice delegante con l'ordinanza che la dispone (Cass. Sentenza n. 40035 del 14/12/2021; Cass. 9102/2023); Applicando i principi esposti al caso di specie, non può ritenersi soddisfatta la condizione di procedibilità, non essendosi svolto il primo incontro (negativo) entro l'udienza di rinvio, né appaiono sussistenti i presupposti per rimettere in termini la parte opposta, non risultando sussistente la causa non imputabile alla parte, peraltro assistita da due difensori. Nel caso di specie, pertanto, va dichiarata l'improcedibilità della domanda creditoria con conseguente revoca del decreto ingiuntivo. Da ultimo, deve ritenersi inammissibile la domanda restitutoria avanzata tardivamente da parte opponente, solo in sede di precisazione delle conclusioni, in quanto domanda nuova. Sussistono senza dubbio le condizioni di cui all'art. 92, 2° comma c.p.c. (a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 77/18 del 7 marzo/19 aprile 2018, che ha dichiarato illegittima detta norma, quale risultante dalla riforma di cui al D.L. n. 132/2014, conv. con mod. nella L. n. 162/2014) per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese di giudizio, tenuto conto della parziale reciproca soccombenza e delle ragioni della decisione. P.Q.M. Il Tribunale di Cassino, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede: a) dichiara improcedibile la domanda creditoria di (...) e, per l'effetto, revoca il decreto ingiuntivo del Tribunale di Cassino n. 234 del 3.03.2023; b) dichiara inammissibile la domanda restitutoria proposta dall'opponente; c) compensa le spese di lite. Così deciso in Cassino il 12 settembre 2024.
Tribunale di Cassino, Sentenza n. 1096/2024 del 19-08-2024 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI CASSINO SEZIONE CIVILE in persona del G.O.P. (...) in funzione di Giudice Unico, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di 1° grado iscritta al n. (...) del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2018, posta in decisione all'udienza del 30.04.2024, e vertente TRA Il sig. (...), nato a (...) FR) il (...), residente in (...) (...) via (...) n. (...), rappresentato e difeso dall'avv. (...), ed elettivamente domiciliat (...) (...) (...) n. (...), giusta mandato in calce, atti e comunicazioni al n. tel/fax (...), (...) ATTORE CONTRO (...) C.F.: (...), rappresentata e difesa dall'avv. (...) in virtù di mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta ed elettivamente domiciliati presso lo studio del difensore in (...) esperia via (...) n. (...) OGGETTO: risoluzione per inadempimento e danni. CONCLUSIONI: come da scritti difensivi e verbale d'udienza di precisazione delle conclusioni del 30.04.2024, che qui si intendono per integralmente trascritte e riportate. MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, l'attore (...) ha adito l'intestato Tribunale per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: 1) (...) la risoluzione della scrittura privata del 17.05.2013, per inadempimento da parte della sig.ra (...) e comunque per mancata stipulazione del rogito notarile di compravendita delle rispettive quote di cessione nel termine concordato (31.12.2013); 2) Ordinare alla convenuta il ripristino dello status quo ante dei luoghi, con conseguente rimozione degli ostacoli apposti all'effettivo esercizio della servitù di passaggio, costituita con scrittura privata del 16.05.2005 allegata all'atto di compravendita stipulato presso il (...) il giorno 16 Maggio 2005, (...), Racc. (...); 3) (...) la sig.ra (...) al pagamento della somma di Euro 5.000,00 in favore del sig. (...) a titolo di risarcimento di tutti i danni subiti e subendi; aveva premesso che: Con scrittura privata del 16.05.2005, le sigg.re (...) dante causa dell'attore, e (...) convenivano che: "in riferimento all'atto di compravendita... stipulato presso il (...) (dell'anno 2005, il giorno 16 del mese di Maggio, (...), Racc. (...)) ed in sostituzione definitiva della somma di Euro 2.500,00 pattuita quale compenso per l'acquisto del relitto individuato catastalmente al (...), part. (...), estesa are 1,57, la signora (...) concede una servitù di passaggio sul proprio fondo per una larghezza di m 6,00x 4,50 dalla (...) di (...) all'altezza del Km 11,400, individuata catastalmente al foglio (...), mapp. (...)." Detta servitù sarebbe decaduta solo al momento in cui gli aventi diritto si sarebbero trovati nelle condizioni di poter accedere al proprio fondo, (identificato in (...) terreni al (...) part. (...)) per altra via autonoma ((...) 1); 2) In data (...), in Melegnano (...) è venuta a mancare la signora (...) ed il figlio, l'odierno attore sig. (...) ne diveniva unico erede acquisendo la piena proprietà del fondo ((...) part. (...)) a favore del quale fu costituita la servitù di passaggio ((...) 2); 3) Con successiva scrittura privata del 17.05.2013 (All. 3), i sigg.ri (...) (proprietario del terreno di cui al (...) part. (...)) e (...) (proprietaria del terreno di cui al (...) part. (...)) convenivano quanto segue: il sig. (...) cede alla sig.ra (...) un'area di mq 283 identificata come "area (...)/b", e la sig.ra (...) cede al sig. (...) un'area di mq 315 identificata come "area (...)/b"; 4) Le parti si obbligavano a stipulare il rogito notarile di compravendita delle rispettive quote di cessione, prevedendo testualmente che "(...) notarile dovrà essere stipulato entro e non oltre il (...)"; 5) nel frattempo, il sig. (...) in assoluta buona fede, si adoperava ad eseguire le opere necessarie al fine di rendere possibile il trasferimento concordato, sostenendo costi per complessivi Euro 4.936,80 come da fatture allegate (All 4 a e All 4 b); si consideri, altresì, che in data (...) riceveva proposta di locazione 25ennale del terreno di sua proprietà ((...), part. (...)) da parte della (...) al canone annuale di Euro 2.500,00 (All 4c) cui non ha potuto aderire a causa dell'inadempimento dell'odierna convenuta, come appresso si specifica; 6) la sig.ra (...) a-contrario, rendeva da subito del tutto inagibile (sia a piedi che con mezzi meccanici) il passaggio dalla (...) al terreno di proprietà del sig. (...) realizzando opere (sbancamento del terreno, piantagione di palme, apposizione di rete metallica) che hanno in tal modo impedito l'esercizio della servitù di passaggio - tutt'oggi esistente - da parte dell'attore; il fondo veniva occluso anche dalla via (...) con l'apposizione di una catena con lucchetto; 7) Non solo, perché nonostante il formale invito, formulato a mezzo lettera racc.ta a.r. del 30.10.2013 ricevuta dalla convenuta in data (...) (All. 5), a scegliere una data (tra le disponibili) per recarsi presso il (...) per la stipulazione del rogito notarile, la sig.ra (...) fino ad oggi, si è sempre rifiutata di stipulare l'atto definitivo accampando varie scuse e pretesti, disattendendo gli accordi. (C.f.r. comp. Concl. Attore) Si costituiva in giudizio la (...) con comparsa di costituzione e risposta riconoscendo l'efficacia e validità della scrittura privata stipulata in data (...). Riferiva che la stipula del rogito non era avvenuta per colpa della convenuta che anzi si era adoperata per la realizzazione delle opere necessarie per la realizzazione della permuta. Riteneva che la scrittura del 17.05.2013 aveva piena efficacia del trasferimento degli immobili ex art.li 1550 cc e 1350 c.c. "Devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullità: 1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili..." Riferiva altresì che nell'ottobre del 2013 le parti avevano raggiunto un altro accordo orale sulla suddivisione delle spese per la recinzione tra i due fondi e pertanto chiedeva il rimborso della metà tali somme. Concludeva: 1. In via preliminare rigettare la domanda di risoluzione contrattuale in quanto infondata in diritto per le motivazioni di cui al punto 3, 4 e 5 della presente comparsa; 2. In via principale e nel merito rigettare la domanda di risoluzione e di risarcimento danni in quanto infondata in fatto ed in diritto per tutte le motivazioni di cui al punto 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7 della presente comparsa di costituzione, essendosi la scrittura privata del 17/05/2013 perfezionata già al momento della sua sottoscrizione come anche riconosciuto dall'attore medesimo con la diffida del 14/06/2017; 3. Accertare e riconoscere essere stato stipulato tra le parti in causa l'accordo verbale del 16/10/2013 secondo le circostanze di fatto di cui al punto 2 della presente, e rispetto a tale accordo, accertare e dichiarare l'attore inadempiente rispetto a quanto concordato con la convenuta in data (...) ovvero per non avere rifuso in favore dell'attrice la somma di Euro. 2.000,00 per i lavori di recinzione e posa in opera rete metallica realizzati sul confine delle particelle per cui è causa, ed ancora per non avere contribuito alla realizzazione del restante tratto di recinzione e nella misura di Euro. 3.000,00 giusta preventivo di spesa che ivi è allegato, e conseguentemente, per l'effetto, in accoglimento della domanda riconvenzionale, di cui al punto 8 della presente, condannare l'attore alla rifusione e liquidazione delle somme di cui sopra in favore della convenuta, ovvero di altro importo minore o maggiore come eventualmente accertata attraverso apposita CTU tecnica, oltre al risarcimento danni e morali che il giudice vorrà quantificare in via equitativa; 4. Ritenuta perfezionata la scrittura privata del 17/05/2013, dichiarare e disporre che le parti diano luogo alla stipula dell'atto notarile solo a seguito della rifusione e liquidazione delle somme indicate al punto che precede da parte dell'attore in favore della convenuta. (C.f.r. comp. Concl, convenuta) Concessi i termini ex art. 183 c.p.c., acquisita la documentazione prodotta, ed escusso l'unico teste ammesso di parte convenuta, la causa, ritenuta matura per la decisione alla luce della documentazione in atti, è stata assunta in decisione. Merito della domanda. La domanda attorea va accolta nei limiti e per i motivi che di seguito si diranno, mentre va rigetta la domanda riconvenzionale della convenuta. Ritiene questo giudice di poter pervenire alla definitiva statuizione sulla base dell'applicazione del principio della "ragione più liquida", desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., secondo il quale "la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare preventivamente le altre, ponendosi a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo, piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisce il profilo dell'evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare ai sensi dell'art. 276 c.p.c." (sul punto, v. Cass., Sez. V, Sent. 363/19; Cass., Sez. V, Sent. 11458/18). Nello specifico, passando alla disamina delle emergenze processuali, deve rilevarsi che questo giudice, ai fini della presente decisione, non può non tener conto di quanto risulta dalla documentazione prodotta dall'attore e della convenuta, rimasta incontestata specificamente con le conseguenze di cui all'art. 115 c.p.c.. E invero, la presente decisione non può che incentrarsi sulla interpretazione della scrittura privata del 17.05.2013 con la quale le parti decidevano di permutare dei reciproci fondi con caducazione della servitù di passaggio a favore dell'attore. Sul punto si legge nella scrittura del 17.05.2013: "il sig. (...) cede alla sig.ra (...) un'area di mq 283 identificata come "area (...)/b", e la sig.ra (...) cede al sig. (...) un'area di mq 315 identificata come "area (...)/b"; "a completamento della presente scrittura verrà stipulato rogito notarile di compravendita delle rispettive quote" "(...) notarile dovrà essere stipulato entro e non oltre il (...)"; dalla lettura della scrittura appare evidente che le parti hanno si ceduto le rispettive particelle ma hanno condizionato tale trasferimento alla stipula del rogito che come si legge andava redatto a completamento della scrittura. (...) sul punto ha anche depositato raccomandata con la quale invita la convenuta alla stipula del rogito. Ne discende che la mancata stipula del rogito legittima la domanda di risoluzione della scrittura per inadempimento. Ora, la convenuta subordina, e sul punto fa domanda riconvenzionale, la stipula del rogito con il rimborso di spese concordate ad ottobre del 2013 con un accordo orale. Ritiene, la sottoscritta, che l'adempimento della scrittura con la stipula del rogito non poteva essere superato ne provato con un accordo orale, ove infatti vi fosse stata una modifica degli accordi la prova della modifica dell'accordo intervenuto con la scrittura privata non poteva che essere data se non con un'altra scrittura privata e non con un accordo orale. Sul punto sebbene la parte attrice nulla dice e pertanto si ritiene ex art.lo 115 cpc che effettivamente ci sia stato un accordo di divisione delle spese di recinzione. Tale accordo non poteva modificare quello di cessione delle particelle ne condizionarne l'esecuzione senza una traccia scritta. Ne discende che non potendo condizionare l'adempimento della scrittura al pagamento di spese successive e non pertinenti alla realizzazione della cessione, la convenuta deve ritenersi inadempiente ed il contratto di cessione "area (...)/b", con cui la sig.ra (...) cede al sig. (...) un'area di mq 315 identificata come "area (...)/b"; deve ritenersi risolto per non aver nel termine stabilito del 31.12.2013 stipulato il relativo rogito. Per le stesse ragioni deve rigettarsi la domanda riconvenzionale di pagamento delle spese di recinzione atteso che le parti avrebbero dovuto concordarle per iscritto. Va poi accolta la domanda attorea di ripristino dello stato dei luoghi e della servitù di passaggio. Invero, la circostanza dedotta dall'attore appare provata, è la stessa convenuta con la sua domanda riconvenzionale che ammette di aver modificato lo stato dei luoghi e di fatto impedito il passaggio al (...) con la recinzione di cui il rimborso della metà. Va altresì accolta la domanda di danno dell'attore atteso che ha dimostrato di non aver avuto più accesso al suo fondo, dopo la modifica dello stato dei luoghi da parte della convenuta e con l'apposizione della recinzione. Danno che in via equitativa va quantificato in Euro. 3000,00 per non aver avuto la disponibilità del fondo per cui è causa. Ogni ulteriore domanda ed eccezione, reciprocamente avanzata dalle parti, deve ritenersi ragionevolmente assorbita dal tenore della presente pronuncia, come da dispositivo che segue. Le spese di giudizio, seguono il principio della soccombenza e vengono liquidate, secondo la disciplina posta dal decreto ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, e succ. modif. ed integr., come da dispositivo che segue. P.Q.M. Il Giudice Unico del Tribunale di Cassino, in persona del (...) definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (...) nei confronti di (...) e nei confronti di (...), ogni altra istanza, deduzione, eccezione disattesa, così provvede: a) Accoglie la domanda e, per l'effetto, dichiara. b) accertato il mancato adempimento, da parte (...), della 17.05.2013: "il sig. (...) cede alla sig.ra (...) un'area di mq 283 identificata come "area (...)/b", e la sig.ra (...) cede al sig. (...) un'area di mq 315 identificata come "area (...)/b", c) accoglie la domanda riconvenzionale e condanna (...) al ripristino dello stato dei luoghi ed a rimuovere ogni opera o ostacolo all'esercizio alla servitù di passaggio ed all'accesso del fondo per cui è causa di proprietà attorea. d) condanna (...) al risarcimento del danno subito dall'attore quantificato in Euro. 3000,00 oltre interessi dalla domanda al soddisfo. e) condanna (...) al pagamento, in favore dell'attore, delle spese di giudizio, che liquida in Euro. 145,00 per spese ed Euro. 3500,00 per compenso tabellare ex D.M. 55/2014, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA, come per legge.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI CASSINO Sezione civile in persona del giudice designato dott. (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado n. .../2021 R.G.A.C., decisa il (...) e(...) art. 429 c.p.c., vertente TRA (...) (c.f. (...)), nata a (...) il (...), elettivamente domiciliata (...)(...) n. 113, presso lo studio dell'avv. (...) dal quale è rappresentata e difesa giusta procura in calce al ricorso introduttivo E (...) (c.f. (...)), nata a (...) ((...) il (...), (...) (c.f. (...)), nata in (...) il (...), elettivamente domiciliata (...)(...) n. 67, presso lo studio dell'avv. (...) dal quale sono rappre-sentate e difese giusta procura in calce alla memoria del 4/2/2022 MOTIVI DELLA DECISIONE Con ricorso depositato il (...) la signora (...) ha agito nei confronti delle signore (...) e (...) per ottenere la restituzione immediata di un appartamento sito a (...), in (...) n. 6. A sostegno della domanda l'istante ha premesso di essere diventata com-proprietaria dell'immobile con le sorelle (...) e (...) in conseguenza della morte della madre (...) deceduta il (...) senza lasciare testamento. Ha riferito, nello stesso tempo, di aver conseguito il possesso pieno e incontestato del bene in virtù di un preliminare di compravendita a effetti anticipati concluso il (...) con le parenti. A detta della signora (...) negli anni successivi avrebbe concesso la disponibilità provvisoria dell'alloggio al figlio (...) andatovi ad abitare dapprima con il fratello (...) e, poi, contratto matrimonio l'11/1/2010 con la signora (...) assieme a quest'ultima e alla figlia (...) all'epoca minorenne; ad onta di tale circostanza, visti anche i rapporti tesi con il congiunto, né lei né le comproprietarie avrebbero inteso mutare la configurazione originaria del rapporto, inquadrabile in termini di comodato precario, né tantomeno vincolare la destinazione del cespite ai bisogni abitativi del neocostituito nucleo familiare; alla morte del signor (...) avvenuta il (...) per motivi legati alla tossicodipendenza, le resistenti, pertanto, avrebbero iniziato a detenere senza diritto l'appartamento di (...) essendosi la convenzione estinta ai sensi dell'art. 1811 c.c.; anche a opinare il contrario, la necessità di rientrare nella casa - peraltro neppure occupata con continuità dalle signore (...) priva delle utenze elettriche e, più in generale, in stato di completo abbandono - risponderebbe a un'esigenza, manifestata nelle diffide dell'8/10/2019 e dell'8/7/2020, da ritenersi non più procrastinabile alla luce della progressiva disgregazione dell'unione matrimoniale instaurata con il marito, tale da impedire la convivenza dei due sotto lo stesso tetto e idonea a giustificare l'accoglimento della domanda, quindi, ai sensi degli artt. 1809 e 1810 c.c.. In forza di quanto precede la ricorrente ha insistito per il rilascio del compendio immobiliare (ove occorra a decorrere da una data stabilita secondo giustizia) e per la condanna delle controparti al pagamento degli oneri processuali. Costituite con memoria del 4/2/2022, le signore (...) in via pregiudiziale hanno eccepito l'improcedibilità della domanda per omesso esperimento della procedura di mediazione. Fatta salva tale censura, le resistenti hanno evidenziato che il contratto citato nell'atto introduttivo, concluso all'inizio per consentire al signor (...) di avere una sistemazione, nel 2009 era stato esteso ai familiari di quello in vista di una coabitazione non solo destinata a proseguire negli anni successivi, ma caratterizzata anche dalla nascita, il (...), di un bambino di nome (...) purtroppo scomparso durante il parto. Hanno osservato, nella stessa prospettiva, che a riprova delle iniziali intenzioni della signora (...) e delle sorelle depone l'omessa formalizzazione di richieste esplicite di restituzione nel lungo arco temporale, protrattosi per circa dieci anni, compreso tra l'adibizione a casa familiare dell'appartamento, risalente all'anno precedente alla celebrazione del matrimonio tra i comodatari, e la morte del figlio della signora (...) intervenuta quando ancora era in essere la convivenza con la consorte. (...) le signore (...) per questa ragione andrebbe considerato del tutto fuorviante (oltre che in contraddizione con le ulteriori deduzioni articolare in ricorso) il riferimento operato dalla ricorrente all'art. 1811 c.c., non essendo il signor (...) l'unico soggetto a potersi qualificare come comodatario; altrettanto prive di fondamento, ad ogni buon conto, si dovrebbero reputare le pretese dell'istante basate sul presupposto logico giuridico della prosecuzione del rapporto negoziale, attesa l'assenza di prove certe per quanto attiene, nell'ordine, alla sopravvenuta crisi familiare della comodante, iniziata molti anni addietro per ammissione della donna, all'impossibilità per la stessa di procurarsi un'altra casa e allo stato di abbandono dell'alloggio, interessato, semmai, da un distacco della corrente elettrica non risolvibile a causa del conflitto di interessi dell'avv. (...) e(...) legale della signora (...) e deputata, contemporaneamente, a decidere sulla fattibilità della richiesta di rateizzazione delle relative pendenze in qualità di vicesindaco del Comune di (...) Sul rilievo della palese infondatezza in fatto e in diritto dell'istanza di rilascio le signore (...) hanno concluso, dunque, per il rigetto di ogni avversa pretesa, con vittoria di spese, competenze e onorari. All'udienza del 16/2/2022 le parti sono state invitate ad avviare la mediazione, poi risultata infruttuosa. Espletati gli incombenti istruttori, il (...) la controversia è stata decisa ai sensi dell'art. 429 c.p.c.. Ricostruiti in questo modo gli aspetti essenziali della lite, il Tribunale reputa che la domanda vada accolta. Occorre considerare, sulle tematiche dibattute, che secondo l'orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità, espresso dalla Corte di Cassazione a (...) nel 2004 "ove il comodato di un bene immobile sia stato stipulato senza limiti di durata in favore di un nucleo familiare (...) già formato o in via di formazione, si versa nell'ipotesi del comodato a tempo indeterminato, caratterizzato dalla non prevedibilità del momento in cui la destinazione del bene verrà a cessare. Infatti, in tal caso, per effetto della concorde volontà delle parti, si è impresso allo stesso un vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari (e perciò non solo e non tanto a titolo personale del comodatario) idoneo a conferire all'uso - cui la cosa deve essere destinata - il carattere implicito della durata del rapporto, anche oltre la crisi coniugale e senza possibilità di far dipendere la cessazione del vincolo esclusivamente dalla volontà, ad nutum, del comodante. Salva la facoltà di quest'ultimo di chiedere la restituzione nell'ipotesi di sopravvenienza di un bisogno, ai sensi dell'art. 1809, comma 2, cod. civ., segnato dai requisiti della urgenza e della non previsione. (...). (...) del vincolo di destinazione in favore delle esigenze abitative familiari non può essere desunta sulla base della mera natura immobiliare del bene, concesso in godimento dal comodante, ma implica un accertamento in fatto, di competenza del giudice del merito, che postula una specifica verifica della comune intenzione delle parti, compiuta attraverso una valutazione globale dell'intero contesto nel quale il contratto si è perfezionato, della natura dei rapporti tra le medesime, degli interessi perseguiti e di ogni altro elemento che possa far luce sulla effettiva intenzione di dare e ricevere il bene allo specifico fine della sua destinazione a casa familiare" (v. Cass. S.U. 21/7/2004, n. 13603). Con particolare riferimento ai profili inerenti alla ripartizione dell'onere probatorio in vicende analoghe a quelle di cui ci si occupa la Corte di Cassazione ha precisato, poi, che "nel comodato di bene immobile, stipulato senza determinazione di termine, la volontà di assoggettare il bene a vincoli d'uso particolarmente gravosi, quali la destinazione a residenza familiare, non può essere presunta ma va positivamente accertata, dovendo, in mancanza, essere adottata la soluzione più favorevole alla sua cessazione" (Cass. 21/11/2014, n. 24838; nello stesso senso Cass. 18/8/2017, n. 20151: "(...) nell'ipotesi in cui il vincolo matrimoniale del comodatario sopravvenga in corso di rapporto, occorre la prova che il proprietario abbia inteso, in virtù di scelta sopravvenuta, trasformare la natura del comodato, rispetto alla sua precedente finalità, ancorando la destinazione del bene alle esigenze del gruppo familiare neocostituito". Muovendo da tale premessa la Corte nella pronuncia ha negato che la destinazione ad uso di abitazione familiare del bene fosse desumibile per il fatto che la ricorrente principale, nuora della comodante, avesse vissuto nell'immobile con il marito-comodatario, anche prima del matrimonio in regime di famiglia di fatto. Non vi è motivo di discostarsi in questa sede dagli indirizzi appena esaminati, senz'altro coerenti con la necessità di ricercare un equo bilanciamento tra l'esigenza di tutela degli assetti familiari del comodatario e i contrapposti bisogni del comodante (sulla doverosità di una simile comparazione in caso di comodato di immobili adibiti a uso abitativo privo di determinazione di termine v. Cass. 29/9/2023, n. 27634). Contrariamente a quanto sostenuto nelle difese delle signore (...) nel corso dell'istruttoria non sono emersi elementi sufficienti a dimostrare, come sarebbe stato onere delle resistenti in base alle indicazioni offerte dalla Corte di Cassazione, che l'unità abitativa di (...) sia stata messa a disposizione dell'intero nucleo familiare del signor (...) anziché di quest'ultimo in via esclusiva. E' pacifico, innanzi tutto, che l'uomo abbia ottenuto la possibilità di soggiornare nell'appartamento prima dell'avvio della convivenza con la compagna della quale in seguito sarebbe diventato il consorte. All'epoca non esisteva alcun rapporto di coabitazione con la signora (...) tant'è che a condividere la casa era il fratello (...) (inequivoche in tal senso si sono rivelate le ricostruzioni in fatto della vicenda presenti nelle difese di parte resistente e la testimonianza del germano del signor (...). Le stesse considerazioni possono trarsi dalla deposizione resa dalla signora (...) nipote della signora (...) per la quale l'utilizzazione dell'alloggio era sempre stata concessa ai vari congiunti delle comproprietarie (lei compresa), a condizione che il godimento del bene fosse accessibile a tutti. Ammissioni sull'estensione della platea dei comodatari alla moglie del signor (...) e alla figlia avuta dalla donna da una pregressa relazione non si ricavano dall'interrogatorio formale dell'istante. Ininfluente, poiché concernente eventi appresi de relato actoris, appare, del pari, la testimonianza resa dalla signora (...) conoscente ed e (...) vicina di casa della signora (...) dei testimoni ha confermato, piuttosto, che i rapporti personali intercorrenti tra la signora (...) e nuora erano, se non connotati da un'aperta ostilità, quantomeno improntati a una reciproca antipatia (tanto si può desumere dalle dichiarazioni della signora (...) e del signor (...). La circostanza, pure ricavabile dalle prove orali, che la signora (...) abbia frequentato la casa del figlio in occasione di ricorrenze e il mancato avvio per diversi anni, ad opera della donna, di iniziative giudiziali o stragiudiziali volte a recuperare la disponibilità del bene al più possono essere interpretati come indizi in ordine alla tolleranza mostrata dalla proprietaria rispetto alla situazione di fatto venutasi a creare. Tenuto conto dell'impossibilità, per le ragioni viste, di dimostrare con presunzioni l'estensione dell'efficacia del comodato a soggetti diversi dal contraente originario, si deve ritenere, a fronte di un simile quadro, che il rapporto giuridico controverso abbia riguardato solo le esigenze personali del signor (...) Alla morte di questi, dunque, il negozio si sarebbe dovuto ritenere cessato ai sensi dell'art. 1811 c.c.. Sono assorbite tutte le questioni inerenti agli altri presupposti del diritto al rilascio rivendicato dall'istante. Al fine di consentire alle resistenti di procurarsi una diversa sistemazione abitativa in tempi ragionevoli deve essere concesso alle interessate un termine di adempimento dell'ordine di liberazione di quattro mesi a decorrere dalla pubblicazione della sentenza. (...) soccombenza, le signore (...) sono tenute al pagamento degli oneri di giudizio, stimabili in virtù dei parametri contemplati dal D.M. n. 55/2014 e della non particolare complessità delle questioni affrontate in complessivi (...) ((...) per esborsi, (...) per la fase di studio, (...) per la fase introduttiva, (...) per le fasi di trattazione, e 1.000,00 per la fase di decisione, oltre a spese generali, accessori fiscali e contributi previdenziali in misura di legge. P.Q.M. Il Tribunale di Cassino, definitivamente decidendo nel procedimento iscritto al n. .../2021 del R.G.A.C., disattesa ogni altra eccezione, domanda o deduzione, così provvede: - in accoglimento della domanda di parte ricorrente, dichiara la cessazione per morte del comodatario del contratto di comodato concluso tra (...) e (...) avente ad oggetto l'appartamento sito a (...), in (...) n. 6, censito nel catasto terreni del predetto Comune al (...); - condanna (...) e (...) alla restituzione a (...) entro quattro mesi dalla pubblicazione della sentenza, dell'immobile oggetto delle statuizioni che precedono; - designa sin d'ora l'ufficiale giudiziario competente per il Comune di (...) ai fini dell'esecuzione del provvedimento autorizzandolo ad avvalersi, ove necessario, di uno o più collaboratori e della forza pubblica; condanna (...) e (...) in solido tra loro, al pagamento in favore di (...) degli oneri di giudizio, stimabili in (...) oltre a spese generali, accessori fiscali e contributi previdenziali in misura di legge. Cassino 24 aprile 2024
Tribunale di Cassino, Sentenza n. 335/2024 del 27-02-2024 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Cassino, in composizione monocratica, nella persona del g.o.t. dr. (...) ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado, iscritta al n. (...) del ruolo generali affari contenziosi dell'anno 2018 del Tribunale di Cassino vertente TRA 1) (...) nata a Cassino (...) il (...), (C.F. (...)), rappresentata e difesa dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliata in (...) (...) alla piazza (...) n. 8, giusta delega in calce all' atto di citazione attrice E 2) (...) s.r.l., P. IVA (...), in persona del legale rapp.te p.t., domiciliat (...)(...) alla (...) n. 3, rapp.ta e difesa dall'Avv. (...) e dall'Avv. (...) ed elettivamente domiciliat (...)(...) (...) alla via (...) n. 1, giusta procura agli atti convenuta avente ad oggetto: risarcimento danni riservata per la decisione all' udienza del 27.10.2023 con i termini di cui all'art. 190 c.p.c. ridotti a 40 per comparse conclusionali e 20 per repliche MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Si richiamano gli atti delle parti ed i verbali di causa per ciò che concerne lo svolgimento del processo e ciò in ossequio al disposto contenuto al n. 4 dell'art. 132 c.p.c., così come inciso dall'art. 45 comma 17 L 18.06.2009 n. 69. La sig.ra (...) con atto di citazione notificato in data (...) ed iscritto al n. R.G. (...)/18, conveniva dinanzi l'intestato Tribunale la società venditrice per sentir accogliere le seguenti conclusioni: "- accertare e dichiarare la presenza di gravi vizi e difetti dell'immobile venduto dalla convenuta, come descritti in premessa e nella perizia redatta dall'(...) (...) in data (...); - per l'effetto, accertare e dichiarare la responsabilità e(...) artt. 1490 e 1494 c.c. della convenuta, nonché condannare la medesima (...) convenuta al risarcimento in favore dell'odierna attrice di tutti i danni subiti che si quantificano in Euro 25.000,00, o nella misura maggiore o minore ritenuta di giustizia, oltre interessi legali dal dovuto sino al soddisfo". Si costituiva in giudizio la (...) s.r.l. eccependo che l'azione intrapresa dalla (...) non punta né alla riduzione del prezzo né alla risoluzione del contratto, ma ad ottenere il risarcimento del danno quantificato in euro 25.000,00. Deduce, inoltre, che la (...) non avrebbe esperito un'azione redibitoria o estimatoria, ha intrapreso meramente un'azione di risarcimento del danno. Nelle more del giudizio l' attrice scopriva che il bene immobile acquistato era affetto da ulteriori gravi vizi, per cui con atto di citazione notificato in data (...) ed iscritto al n. R.G. (...)/19 conveniva dinanzi l'intestato Tribunale la società venditrice per sentir accogliere le seguenti conclusioni: "- accertare l'esistenza dei vizi dell'immobile contestati e dichiarare la responsabilità della società convenuta e(...) art. 1490 c.c.; - disporre la proporzionale riduzione e restituzione in favore dell'attrice del prezzo di compravendita dell'immobile e(...) art. 1492 c.c. nell'importo di euro 25.000,00 ovvero nella diversa misura ritenuta di giustizia; - accertare e dichiarare la responsabilità della società convenuta e(...) art. 1494 c.c. e, per l'effetto, condannarla al risarcimento degli ulteriori danni subiti e subendi, che saranno accertati in corso di causa". All'esito del deposito di memorie e(...) art. 183, comma 6, c.p.c., all'udienza del 01/02/2022 il Giudice adito disponeva la riunione del procedimento iscritto al n. R.G. (...)/19 al procedimento iscritto al n. R.G. (...)/18 ed, al fine di effettuare un accertamento unitario in relazione ai vizi lamentati nei due procedimenti e veniva nominato, quale (...) l'ing. (...) Orbene, ai sensi dell' art. 1490 c.c. "il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi (1491) che la rendano inidonea all'uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore (2922)". Mentre, ai sensi dell'art. 1494;" in ogni caso il venditore è tenuto verso il compratore al risarcimento del danno, se non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa. Il venditore deve altresì risarcire al compratore i danni derivati dai vizi della cosa". In tema di azione redibitoria per i vizi della cosa venduta l'importanza dell'inadempimento deve essere valutata non secondo la norma generale dell'art. 1455 c.c., bensì secondo la norma speciale dell'art. 1490 c.c., e pertanto, a tal fine, è necessario e sufficiente accertare se i vizi denunciati rendano la cosa inidonea all'uso o ne diminuiscano il valore in modo apprezzabile, senza, cioè, che possa distinguersi tra vizi più gravi, che consentirebbero l'azione redibitoria, e vizi meno gravi, che consentirebbero soltanto l'azione di riduzione del prezzo (Cassazione civile, sez. III, sentenza n. 2188 del 6 maggio 1978). Nel caso di specie, dall' esame della consulenza tecnica d' ufficio si evince che vizi lamentati da parte attrice consistono in: dissesti strutturali con apertura e formazione di lesioni strutturali anche passanti; lesioni passanti in corrispondenza della connessione (peraltro assente) delle murature adiacenti del corpo accessorio posteriore con quelle del corpo principale del fabbricato; lesioni sommitali della muratura a contatto con le falde dei solai di copertura; distacchi evidenti di intonaci sulle lesioni strutturali; infiltrazioni di acqua nelle lesioni strutturali della muratura; assenza del manto di tegole sul solaio di copertura a falde; lesioni nelle pavimentazioni interne al piano terra e al piano primo, più marcate in corrispondenza delle porte di accesso ai locali wc al piano terra e al piano primo sottotetto; lesioni e cedimenti nella pavimentazione esterna del marciapiede; fratture nei rivestimenti in ceramica interna dei bagni; fratture nei rivestimenti ceramici degli zoccolini battiscopa esterni del marciapiede; lesioni nella chiave di volta dell'arco di ingresso al fabbricato al piano terra. Le cause dei predetti vizi sono ascrivibili a: gravi carenze strutturali dovute a edificazione non conforme alle prescrizioni normative tecniche sulle costruzioni in muratura; inidoneità dei sistemi costruttivi; insufficienza del sistema di fondazioni esistente; carenza strutturale dell'immobile a livello della copertura a tetto. Sempre nella c.t.u. si rinviene che la porzione retrostante dell'immobile rischia il crollo improvviso, pertanto il fabbricato è assolutamente inagibile e non fruibile. Negli allegati computo metrico sono stati stimati i lavori con relativo elenco dei prezzi e sono stati indicati tutti i lavori da eseguirsi per eliminare le problematiche riscontrate con i relativi costi diretti e indiretti (spese tecniche). Complessivamente, il costo per l'eliminazione dei vizi è pari a Euro 152.122,97, oltre oneri come per legge. Inoltre, il consulente tecnico d' ufficio ha sostenuto che il certificato di agibilità e il certificato di idoneità statica - sismica rilasciati anzitempo contengono asseverazioni e certificazioni non rispondenti alla reale condizione dell'immobile, sia dal punto di vista del rispetto delle normative in essi richiamate che dal punto di vista strutturale. Parte convenuta non ha provato di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa ed inoltre nell'atto pubblico del 15/03/2018 di vendita della proprietà dell'immobile dichiarava: "di aver presentato in data (...), prot. n. 3683, al competente ufficio del Comune di Cassino, (...) attestante l'agibilità del fabbricato, corredata di tutta la documentazione richiesta dall'art. 24 D.P.R. 380/2001 e, pertanto, garantisce la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico della unità immobiliare in oggetto e degli impianti in essa installati, secondo la normativa vigente, nonché la conformità dell'opera al progetto presentato". Dunque l' immobile acquistato da parte attrice dalla (...) s.r.l. è risultato inagibile e non fruibile, atteso il rischio di crollo accertato dal c.t.u., la natura e le cause dei vizi lamentati dall'attrice nel procedimento riunito R.G. (...)/2019 sono una conseguenza dell'aggravamento dei vizi lamentati nel procedimento R.G. (...)/2018, pertanto ai sensi del combinato disposto degli artt. 1490 e 1494 c.c. la (...) s.r.l. è tenuta al versamento in favore della sig.ra (...) a titolo di risarcimento danni, della somma di euro 152.122,97, quale costo per l'eliminazione dei vizi, così come accertato nell' elaborato peritale. Sebbene nell'atto introduttivo del giudizio r.g. n. (...)/2018 l' attrice abbia chiesto il risarcimento dei danni, quantificandoli in euro 25.000,00, o nella misura maggiore o minore di giustizia (pag. 3 atto di citazione), si deve osservare, come già detto sopra, che vi è stato un aggravamento dei danni lamentati, per cui non potrà parlarsi di vizio di ultrapetizione della presente decisione, tenuto conto che nel caso in cui la quantificazione in misura maggiore, rispetto alla pretesa come risultante dalla formale quantificazione che il danneggiato ha operato con l'atto introduttivo del processo, trovi la propria giustificazione dalle risultanze acquisite durante lo svolgimento del processo (Cassazione ordinanza n. 11595 del 15.6.2020). Per quanto riguarda l'eccezione di decadenza dalla garanzia e(...) art. 1495 c.c., la stessa è infondata atteso che il termine di otto giorni stabilito dall' art. 1495 c.c. decorre dalla scoperta dei vizi, che, nel caso in esame, è avvenuta in data (...), ovvero al momento della redazione della perizia di parte da parte dell'(...) (...) ed in data (...) l'attrice ha provveduto a denunciare i vizi e difetti dell'immobile de quo. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. P.Q.M. definendo il giudizio in epigrafe ogni altra domanda, istanza ed eccezione disattesa, così provvede: -dichiara la responsabilità della (...) s.r.l. in ordine ai vizi dell' immobile compravenduto alla sig.ra (...) -condanna la (...) s.r.l. al versamento in favore della sig.ra (...) a titolo di risarcimento danni, della somma di euro 152.122,97, quale costo per l'eliminazione dei vizi, così come accertato nell' elaborato peritale; -condanna parte convenuta al pagamento delle spese di c.t.u.; -condanna parte convenuta al pagamento delle spese legali, che si liquidano in Euro. 300,00 per spese vive ed Euro. 5.000,00 per competenze professionali, oltre oneri accessori e rimborso forfettario.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI CASSINO Sezione civile in persona del giudice designato dott. (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. (...)/2018 del R.G.A.C., trattenuta in decisione il (...) con concessione dei termini previsti dall'art. 190 c.p.c., vertente TRA (...) (c.f. (...)), nata a (...) ((...) il (...), elettivamente domiciliat (...) Via (...) n. (...), presso lo studio dell'avv. (...) dalla quale è rappresentata e difesa giusta procura allegata alla comparsa del 6/11/2019 Attrice E (...) S.P.A. (c.f. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede (...)(...) n. (...), (...) (c.f. (...)), nata a (...) il (...), elettivamente domiciliat (...)(...) n. 11, presso lo studio dell'avv. (...) rappresentate e difese dagli avv.ti (...) e (...) giusta procura a allegata alla comparsa del 2/10/2018 Convenute E (...) (c.f. (...)), nato a (...) il (...), elettivamente domiciliat (...)(...) n. 11, presso lo studio dell'avv. (...) rappresentato e difeso dagli avv.ti (...) e (...) giusta procura a allegata alla comparsa del 2/10/2018 convenuto MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato il (...) la signora (...) ha agito in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalle condotte diffamatorie asseritamente commesse dalla (...) s.p.a., dalla dott.ssa (...) e dal dott. (...) attraverso la pubblicazione di un articolo comparso il (...) sulla testata on line denominata "(...)". A sostegno della domanda l'attrice ha dedotto che il giorno precedente era stata arrestata in flagranza di reato dai (...) di (...)# a seguito di una perquisizione nella quale i militari avevano rinvenuto, all'interno dell'immobile in cui risiedeva, sito a (...), una carabina, cartucce di vario calibro e alcuni coltelli a serramanico. Ha riferito, nello stesso tempo, che ad onta dei gravi delitti di cui veniva accusata (detenzione illegale e ricettazione di armi clandestine e munizioni) ad esito dell'udienza di convalida il G.IP. presso il Tribunale di Cassino, escluso ogni elemento di pericolosità, aveva rigettato la richiesta di misura cautelare avanzata dal P.M. e disposto l'immediata liberazione dell'indagata. (...) la prospettazione di parte attrice nell'estensione del pezzo, apparso su (...) - all'epoca edito dalla (...) s.p.a. e diretto dal dott. (...) - con tanto di foto, la dott.ssa (...) avrebbe commesso errori e omissioni così gravi da offrire ai lettori un quadro della vicenda del tutto stravolto rispetto a quello reale. In questa prospettiva la signora (...) ha sottolineato che la giornalista aveva dato conto dell'adozione di arresti domiciliari, dell'avvio di un'ulteriore indagine in relazione ai fatti di causa e dell'utilizzo delle armi incriminate ad opera di terroristi islamici nel corso di attacchi di estrema drammaticità, nonostante il chiaro tenore del provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare, assunto dal magistrato competente, senza supplementi istruttori, dopo aver appreso dalla diletta interessata che la presenza dei manufatti nell'abitazione di (...) era legata a ragioni di collezionismo. Ha fatto presente, ancora, che pur essendo incensurata e avendo svolto in passato mansioni per la rete dei trasporti regionali francese in stretta collaborazione con le autorità di polizia, la diffusione dell'articolo di giornale sui principali motori di ricerca e sui social network aveva destato scalpore tra amici e conoscenti e, più in generale, in seno alla comunità locale, dove era stata additata come "terrorista" o paragonata al personaggio di "Rambo", legato nell'immaginario collettivo a terrificanti scenari di guerra; la smentita pubblicata il (...) da (...) in questo contesto, si sarebbe rivelata inidonea a ridimensionare gli effetti pregiudizievoli della diffamazione, destinata non solo a compromettere l'onore, la reputazione e la salute mentale della vittima, ma anche a precluderle lo svolgimento delle principali attività realizzatrici della persona. Sulla scorta di quanto precede l'istante ha chiesto che ai sensi del combinato disposto degli artt. 185 c.p., 595, c. 3, c.p., 2043 c.c. e 2059 c.c. i convenuti siano condannati, in solido o pro quota, al pagamento di Euro 25.000,00 (oltre a interessi e rivalutazione monetaria) o del diverso importo ritenuto di giustizia, anche e(...) artt. 1226 c.c., alla pubblicazione della sentenza sulla rivista con modalità adeguate e al rimborso di tutti gli oneri di lite. Costitute con comparsa del 2/10/2018, la (...) s.p.a. e la dott.ssa (...) hanno eccepito che in virtù di una non corretta rappresentazione del contenuto degli articoli controversi e dei documenti fotografici ad essi allegati, disconosciuti dal punto di vista della conformità agli originali ai sensi e per gli effetti dell'art. 2712 c.c., la signora (...) ha attribuito alle notizie apparse su (...) un connotato diffamatorio alla prova dei fatti rivelatosi inesistente. Sul punto le convenute hanno osservato, in particolare, che il pezzo del 6/1/2018, anteriore alla celebrazione dell'udienza dinanzi al G.I.P. di Cassino, tenutasi l'8/1/2018, oltre a non contenere riferimenti diretti o indiritti all'identità della persona indagata, riportava in maniera fedele, sulla base delle informazioni diffuse alla stampa dai (...) di Cassino, il fatto storico della perquisizione domiciliare presso un'abitazione di (...) il rinvenimento all'interno dell'immobile di numerose armi da sparo o da taglio e di munizioni usate spesso da cellule terroristiche, l'assenza, in capo al detentore, delle necessarie autorizzazioni e la sua sottoposizione agli arresti domiciliari. Hanno rimarcato, ancora, che la misura cautelare era stata revocata solo dopo l'adempimento processuale, reso noto nei giorni successivi, e che il titolare del fascicolo, pur avendo disposto la liberazione della signora (...) aveva comunque indicato agli inquirenti la necessità di un "ulteriore approfondimento sulle circostanze riferite". A detta della (...) s.p.a. e della dott.ssa (...) per i motivi anzidetti ricorrerebbero i presupposti, perlomeno in termini putativi, della scriminante dell'esercizio del diritto di cronaca giudiziaria, ricorrendo nel caso in esame l'interesse pubblico della notizia, la verità obiettiva dei fatti narrati e la continenza delle espressioni impiegate per informarne i lettori. Fatte salve tali censure, le convenute hanno sottolineato l'assenza di prove certe sull'effettiva verificazione dei pregiudizi non patrimoniali lamentati in citazione. Sul rilievo della funzione riparatoria della replica concessa all'attrice nell'articolo del 13/1/2018, pubblicato a brevissima distanza dalla conclusione dell'udienza di convalida e contenente, tra l'altro, il testo integrale di una lettera chiarificatrice a firma dell'interessata, hanno insistito, quindi, per il rigetto integrale di ogni avversa pretesa e per il riconoscimento in loro favore delle spese processuali. Il (...) si è costituito anche il dott. (...) Nell'intento di andare esente dalla responsabilità azionata dalla signora (...) ha formulato doglianze analoghe a quelle delle altre parti convenute sui requisiti dell'azione risarcitoria. Ha negato, in ogni caso, l'applicabilità al direttore delle testate on line del regime di solidarietà sancito dall'art. 57 c.p. per la stampa tradizionale. Al pari della (...) s.p.a. e della dott.ssa (...) ha chiesto, pertanto, che le richieste attoree siano rigettate, con vittoria di spese, competenze e onorari. Nelle fasi successive le parti hanno dato atto dell'esito esito infruttuoso della mediazione. Avendo la vertenza carattere documentale, sono state rigettate tutte le richieste di prova orale. Il (...) la causa è stata trattenuta in decisione con concessione dei termini e(...) art. 190 c.p.c.. Ricostruiti in questo modo gli elementi essenziali della controversia il Tribunale reputa che le richieste della signora (...) debbano essere accolte, ancorché nei soli limiti di seguito individuati. Un simile esito dipende dalla piena corrispondenza tra lo svolgimento dei fatti riferiti dall'attrice, anche sotto il profilo della successione temporale, e le risultanze documentali disponibili. Confrontando la stampa dell'articolo del 6/1/2018 allegato alla citazione introduttiva e la copia prodotta dai convenuti emerge che nella prima versione del pezzo è presente un riferimento puntuale alla foto della donna arrestata dai (...) di Cassino e (...) che non si rinviene in quella allegata alle comparse di costituzione della (...) s.p.a. e dei dottori (...) e (...) S'è detto che i convenuti hanno negato la conformità all'originale del documento esibito dall'istante. A tali scopi hanno sostenuto che l'immagine, rivelatasi la foto segnaletica scattata dai militari in occasione dell'arresto della signora (...) in realtà sarebbe stata inserita nell'articolo del 13/1/2018, contenente la lettera chiarificatrice dettata dall'attrice per offrire la propria versione dei fatti e destinato, dunque, a renderne note le generalità secondo la volontà espressa dall'interessata. Per i convenuti se ne trarrebbe conferma grazie ai link dei due pezzi, ancora accessibili via internet. Contrariamente a quanto opinato dalla (...) s.p.a. e dei dottori (...) e (...) cliccando sulle sequenze di caratteri riportate, in nota, alle pagine 6 e 7 delle rispettive comparse di costituzione non appare alcuna fotografia dell'attrice. Nella schermata relativa all'articolo, firmato a cura della redazione di (...) e nelle corrispondenti versioni cartacee prodotte dalle parti, di identico contenuto, manca, del pari, qualsiasi accenno all'immagine della signora (...) Le circostanze appena considerate e la possibilità per i tecnici della rivista on line di intervenire sul sito nel quale era stato pubblicato l'articolo del 6/1/2018 lasciano propendere per la tesi, sostenuta dall'attrice nella prima memoria e(...) art. 183, c. 6, c.p.c., di un intervento postumo sul pezzo. Sussistono presunzioni chiare, precise e concordanti, quindi, in ordine al fatto che la foto dell'attrice fosse stata offerta ai lettori già in occasione della prima divulgazione della notizia, quando non era stata celebrata l'udienza di convalida dell'arresto, tenuta dal G.I.P. di Cassino l'8/1/2018, e la signora (...) non era ancora in condizione di trasmettere ai giornali la più volte citata smentita. La circostanza dell'arresto, poi convalidato dall'autorità giudiziaria, si sarebbe rivelata vera. Altrettanto vale per i sospetti adombrati nel pezzo del 6/1/2018 circa il carattere abusivo della detenzione delle armi e delle munizioni rinvenute dai (...) e per l'esistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico della signora (...) ugualmente menzionati nel provvedimento del G.I.P.. Gli ulteriori particolari presenti all'interno dell'articolo della dott.ssa (...) tuttavia, non appaiono da più punti di vista aderenti alla realtà dei fatti emersa al momento della redazione del pezzo. Ci si riferisce, in primo luogo, alla notizia dell'avvio, da parte del sostituto procuratore (...) magistrato di turno della Procura della Repubblica di Cassino, "di un'ulteriore indagine per chiarire alcuni aspetti (della vicenda): "in primis il motivo per cui la donna, con doppio passaporto (italiano e francese) avesse in casa simili armi". Nessun elemento di prova all'epoca dell'estensione dell'articolo deponeva nel senso dell'adozione di tali iniziative da parte del PM., idonee di per sé a connotare in termini di maggiore pericolosità la figura della signora (...) Ma soprattutto, l'inizio dell'articolo ("armi pericolose e utilizzate soprattutto dai terroristi islamicinei loro attacchi") e la sua chiosa ("le stesse sono state più volte utilizzate per mettere in atto attacchi terroristici di estrema drammaticità") inducono il lettore a ipotizzare non solo che i manufatti presenti nell'abitazione dell'arrestata appartengano a una tipologia in uso presso quel tipo di organizzazioni criminali - circostanza questa già di estrema gravità, stante la gratuità del giudizio - ma che siano stati perfino impiegati in azioni finalizzate a seminare distruzione e morte. A fronte di un simile quadro sussistono sufficienti motivi per sostenere che l'articolo del 6/1/2018 abbia leso ingiustamente l'onore e la reputazione della signora (...) nella comunità di riferimento e, più in generale, presso il variegato universo dei frequentatori del web. Anche in virtù della pubblicazione della foto segnaletica a cui si è fatto cenno, riservata di norma ai protagonisti delle inchieste più allarmanti per l'opinione pubblica, il pezzo, infatti, non si limita a presentare l'attrice come una donna in possesso di armi risultate oggetto di detenzione illegale, ma lascia presagire anche un suo coinvolgimento in vicende in qualche modo collegate al terrorismo di origine islamica. Nessuna indicazione del genere si sarebbe potuta ricavare dal comunicato diffuso dai (...) Per queste ragioni appaiono travalicati in misura intollerabile i limiti intrinseci al diritto di cronaca giornalistica rivendicato con forza nelle difese della (...) s.p.a. e dei dottori (...) e (...) Alle espressioni e alle immagini riportate in precedenza, fanno difetto, più in dettaglio, i presupposti della verità e della continenza richiesti dalla giurisprudenza di legittimità, assieme alla pertinenza della notizia all'interesse pubblico, per escludere l'integrazione della diffamazione a mezzo stampa prevista e punita dall'art. 595, c. 3, c.p.c. (tra le altre Cass. 8/5/2012, n. 6902; Cass. 5/12/2014, n. 25739; Cass. 18/5/2018, n. 12370; Cass. 26/6/2020, n. 129 03; Cass. 12/4/2022, n. 11769). (...) di qualsiasi collegamento tra i fatti accertati dai (...) e il terrorismo internazionale esclude che i convenuti possano invocare l'applicazione della scriminante in termini quantomeno putativi, avendo i redattori di (...) omesso di verificare l'effettiva aderenza alla realtà dell'inquietante scenario presentato ai lettori, privo anche del più pallido connotato di verosimiglianza (v. Cass. 18/4/2013, n. 9458, secondo la quale "la responsabilità del giornalista per lesione dell'altrui onore o reputazione è esclusa dal legittimo esercizio del diritto di cronaca e tale esercizio è legittimo sia quando il giornalista riferisce fatti veri, sia quando riferisce fatti che apparivano veri al momento in cui furono riferiti (in virtù del principio della c.d. verità putativa)". La portata lesiva della condotta controversa, d'altra parte, è stata ridimensionata soltanto in minima parte dalla pubblicazione della smentita inviata dalla signora (...) presentata ai lettori di (...) con la precisazione che si fosse in presenza di un contributo esterno, come tale non attribuibile alla redazione, e comunque, senza alcuna vera adesione alle ragioni dell'interessata. Non è in discussione che l'accostamento infondato a episodi di terrorismo di matrice internazionale leda la reputazione e l'onore di quanti loro malgrado si siano visti accostare a tale fenomeno. Sebbene non vi sia prova che l'attrice abbia subito alterazioni permanenti di carattere psicofisico per effetto della pubblicazione dell'articolo diffamatorio, è ipotizzabile, in definitiva, che la leggerezza e l'imprecisione con cui fu trattata la notizia abbia arrecato alla donna un danno ingiusto. Ai sensi degli artt. 2043 e 2059 c.c. la signora (...) ha diritto a ottenere il relativo risarcimento. Dovendosi procedere a valutazioni necessariamente equitative, il Tribunale ritiene che i pregiudizi in questione possano essere liquidati in complessivi Euro 20.000,00, importo da considerarsi congruo in virtù della non trascurabile attitudine lesiva degli errati riferimenti alle indagini presenti nel pezzo del 6/1/2018, della ridotta efficacia dell'articolo contenente la versione della vittima e della potenziale diffusione delle false informazioni presso i lettori, veicolate attraverso l'uso di internet. (...) delle obbligazioni risarcitorie insoddisfatte alla categoria dei debiti di valore comporta che spettino alla signora (...) gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sulle somme dovute dalla data di integrazione dell'illecito (coincidente con la pubblicazione del primo articolo on line, risalente al 6/1/2018) a quella del deposito della sentenza. Ai fini del computo degli accessori devono essere osservati i criteri stabiliti dalle (...) della Corte di Cassazione nella sentenza n. 1712/1995. La cifra dovuta all'attrice a titolo di risarcimento allo stato ammonta, pertanto, a Euro 21.447,99, dei quali Euro 1.447,99 per interessi (Euro 20.000,00 + Euro 1.447,99). Sulla somma decorrono ulteriori interessi legali fino all'esecuzione del pagamento. Secondo un condivisibile orientamento espresso dalla Corte di Cassazione "la responsabilità del direttore del giornale per i danni conseguenti alla diffamazione a mezzo stampa trova fondamento nella sua posizione di preminenza, che si estrinseca nell'obbligo di controllo e nella facoltà di sostituzione. Tali attività non si esauriscono nell'esercizio di un adeguato controllo preventivo, consistente nella scelta oculata di un giornalista idoneo alla redazione di una determinata inchiesta, ma richiede altresì la vigilanza "e(...) post" sui contenuti e sulle modalità di esposizione, mediante la verifica della verità dei fatti o dell'attendibilità delle fonti, al fine di evitare di esporre un terzo ad un ingiustificato discredito, anche con l'assunzione di iniziative volte ad elidere eventuali profili penalmente rilevanti" (così testualmente Cass. 12/5/2014, n. 10252). Non vi è prova che il dott. (...) all'epoca dei fatti alla guida di (...) abbia adottato misure volte a impedire la consumazione dell'illecito perpetrato in danno della signora (...) In pronunce relativamente recenti l'applicazione del criterio di responsabilità stabilito dall'art. 57 c.p. è stato affermata dalla giurisprudenza penale anche con riferimento alle testate giornalistiche diffuse tramite internet (cfr. Cass. Pen. Sez. V, n. 13398/2018; Cass. Pen Sez. V, 1275/2018). Deve ritenersi, di conseguenza, che degli effetti pregiudizievoli della diffamazione subita dall'attrice rispondano non soltanto la dott.ssa (...) e la (...) s.p.a., ma anche il dott. (...) (...) soccombenza i convenuti sono tenuti in solido al pagamento degli oneri di giudizio, stimabili in virtù dei parametri del D.M. n. 55/2014 e della non peculiare complessità delle questioni affrontate in Euro 5.064,00 (Euro 264,00 per esborsi, Euro 1.000,00 per la fase di studio, Euro 800,00 per la fase introduttiva, Euro 1.500,00 per la fase di trattazione, Euro 1.500,00 per la fase di decisione), oltre a spese generali, accessori fiscali e contributi previdenziali dovuti per legge. *** Nella condotta processuale dei soccombenti non si ravvisano elementi di dolo o colpa in grado di giustificare l'adozione dei provvedimenti previsti dall'art. 96 c.p.c.. Tenuto conto delle modalità con le quali si è consumato l'illecito e delle ripercussioni che ne sono seguite rispetto all'onore e alla reputazione della vittima, ai sensi dell'art. 120 c.p.c. va disposta la pubblicazione della sentenza per estratto sulle pagine della cronaca locale di (...) per dieci giorni consecutivi a decorrere dal settimo giorno successivo alla comunicazione dell'atto. P.Q.M. Il Tribunale di Cassino, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. (...)/2018 del R.G.A.C., disattesa ogni contraria domanda, eccezione o deduzione, così provvede: - in parziale accoglimento della domanda di parte attrice, condanna (...) s.p.a., (...) e (...) in solido tra loro, al pagamento in favore di (...) a titolo di risarcimento dei danni non patrimoniali derivanti dalle condotte diffamatorie indicate in motivazione, della somma omnicomprensiva di Euro 21.447,99, oltre a interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza a quella del saldo; - condanna (...) s.p.a., (...) e (...) in solido tra loro, al pagamento in favore di (...) degli oneri di giudizio, stimabili in complessivi Euro 5.064,00, oltre a spese generali, accessori fiscali e contributi previdenziali in misura di legge; - ordina la pubblicazione della sentenza sul quotidiano on line (...) nelle pagine relative alla cronaca locale, per almeno dieci giorni consecutivi a decorrere dal settimo giorno successivo alla comunicazione del provvedimento.
Tribunale di Cassino R.G. n. 664/2016 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Civile sezione prima di Cassino In persona del Giudice Unico G.O.T. dott. Orsola NAPOLANO, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di 1° grado iscritta al n. 664/2016 OGGETTO: impugnazione della delibera assembleare del 18/01/2016 TRA (...) c.f. (...) e (...) c.f.: (...), rapp.ti e difesi, dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Formia alla via (...) delega a margine dell'atto di citazione. attori CONTRO (...), c.f. (...), in proprio e quale amministratore del condominio via (...), rappresentato e difeso dall'avv. (...) cod. fise. (...) ed elettivamente domiciliati in Formia alla via (...) Convenuto; -(...) CF. (...), rapp.ta e difesa dagli avvocati (...) giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in Cassino alla via (...) - (...) Convenuto contumace (...) convenuta contumace (...) Convenuto contumace (...) G. cf. (...), rapp.ta e difesa dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Cassino al (...) giusta delega a margine della comparsa di costituzione e risposta Convenuta Eredi (...) Convenuti contumaci Eredi (...) Convenuti contumaci CONCLUSIONI: Come da verbale dell'udienza del 02/05/2023 e come dai rispettivi atti e difese. FATTO E DIRITTO Preliminarmente va evidenziato che la presente sentenza viene redatta secondo quanto prescritto dagli artt. 132 e 118 disp. att. C.p.c. così come novellati dalla legge del 15/06/2016, nr. 69 le cui disposizioni prevedono espressamente l'applicabilità ai giudizi pendenti in primo grado alla entrata in vigore della menzionata legge e pertanto, ai fini della decisione, è sufficiente ricordare che: Con atto di citazione passato per la notifica in data 19 febbraio 2016 gli attori (...) e (...) convenivano in giudizio innanzi l'intestato Ufficio i sigg. (...) nella qualità di Amministratore Capo Condominio del Condominio via (...), nonché i condomini (...), (...), (...), (...), (...) G., Eredi (...), Eredi (...) (questi ultimi due collettivamente ed impersonalmente presso l'ultimo domicilio) per ivi sentir accertare e dichiarare la nullità ovvero l'annullabilità della impugnata delibera assembleare del condominio via (...) del 18 gennaio 2016, comunicata al solo attore (...) - assente - in data 22 gennaio 2016 , e con essa tutte le deliberazioni ivi assunte, compresa la revisione delle tabelle millesimali convenzionali, con condanna alla refusione di tutte le spese di lite. A sostegno della domanda, la concludente difesa contestava, quali motivi di Nullità -assoluta ed insanabile - il difetto di convocazione alla impugnata riunione assembleare di tutti i condomini aventi diritto, nonché l'approvazione dei bilanci consuntivo 2015 e preventivo 2016 e la operata revisione delle tabelle millesimali, con illegittima deroga dei criteri legali di ripartizione delle spese condominiali. Si deducevano, altresì, quali specifici motivi di annullabilità della predetta assemblea: il difetto di regolare costituzione e di formazione dei quorum deliberativi per mancata indicazione e specificazione a verbale dei condomini presenti e votanti in relazione ai rispettivi millesimi di proprietà; il difetto di regolare costituzione delle maggioranze per assenza di delega e/o di precisa indicazione a verbale degli estremi della stessa; l'erronea indicazione e calcolo dei millesimi attribuiti ; il difetto di indicazione e specificazione dei criteri di calcolo adoperati in consuntivo e preventivo ; l'erroneità, genericità e contrarietà ai principi di legge del calcolo dei valori proporzionali di proprietà adoperati nelle revisionate tabelle millesimali , in violazione delle evidenze reali e catastali. In data 01.05.2016 veniva instaurato procedimento di mediazione presso l'organismo (...) di Formia con il Condominio (...), tuttavia l'incontro del 24.05.2016 veniva definito con verbale negativo per pervenuta espressa comunicazione da parte dell'amministratore condominiale (...) di non adesione alla procedura. All'udienza del 29.06.2016 si costituiva il (...), nella qualità di amministratore capo condominio del condominio via (...), il quale deduceva in via preliminare la improcedibilità della domanda per il mancato esperimento del rituale tentativo di conciliazione e la decorrenza dei termini per l'impugnazione della delibera condominiale, si costituiva il (...) sia nella qualità di condomino ma anche nella qualità di amministratore del condominio ed eccepiva l'improcedibilità della domanda per mancanza del tentativo di mediazione nonché la legittimità della delibera impugnata atteso che tutti i condomini avevano concordato con precedente delibera che la convocazione alle assemblee poteva avvenire a mezzo avviso lasciato nella cassetta delle lettere per evitare le spese di spedizione. Si costituivano anche (...) G. e (...) eccependo il difetto di legittimazione passiva atteso che l'impugnativa andava rivolta al solo condominio e non ai singoli condomini. La (...), inoltre spiegava formale domanda riconvenzionale nei confronti del sig. (...), (...) e di tutti gli altri convenuti di usucapione dalla rampa di accesso alla propria unità immobiliare sino alla porta di accesso al lastrico solare. Adduceva Infatti, che era pacifico e non contestato tra le parti che sin dal 1984 i coniugi (...) hanno avuto il possesso pacifico ed esclusivo, della parte di scale condominiali, per le quali hanno provveduto - come da richiesta dello stesso attore - al distacco dell'energia elettrica con allaccio a proprio personale contatore, delle spese di pulizia e manutenzione in via esclusiva agendo uti domini con un possesso continuo, ininterrotto, pacifico e pubblico, inconciliabile con l'utilizzo altrui, attesa l'apposizione di cancellata con lucchetto e la dismissione dell'unico servizio comune. Esperito negativamente il tentativo di conciliazione nei confronti del solo condominio via (...) ed istruita la causa con la solo acquisizione della documentazione in atti ed atteso che la medesima può essere decisa senza l'assunzione di ulteriori mezzi istruttori visto il carattere documentale della questione sulle conclusioni delle parti si è trattenuta la causa in decisione. La domanda è fondata e va accolta nei limiti che di seguito si diranno. In primis in ordine alle eccezioni di improcedibilità e di difetto di legittimazione passiva ci si riporta all'ordinanza del 08/10/2020 che per comodità di lettura integralmente si riporta: "Il G.o.p. da atto di aver aperto il fascicolo telematico su emarginato, e lette le memorie depositate dalle parti, sulle istanze così provvede: delibando sulla procedibilità per mancato esperimento della procedura di mediazione si rileva che, il legittimato passivo per l'impugnativa de quo è l'amministratore del condominio (nei cui confronti la procedura è stata esperita), ma avendo la parte attrice deciso di vocare in ius anche i condomini (ritenendo forse che non vi sia certezza sulla qualifica del Paone come amministratore del condominio) perché la domanda sia procedibile nei confronti di questi ultimi e necessario che si dia impulso alla mediazione anche nei loro confronti, non avendo ancora la sottoscritta ordinato di procede con la mediazione la domanda nei confronti dei condomini di fatto non è ancora divenuta improcedibile. Ciò posto ordina all'attore di procedere alla mediazione obbligatoria nei confronti dei convenuti condomini nei termini di legge. In ordine invece alla richiesta nullità della notifica nei confronti degli eredi (...) sul punto ci si è già espressi dichiarandone la nullità, nulla toglie però che l'attore ove ancora interessato alla vocatio in ius possa ritentare la notifica presso la loro residenza previa identificazione dei convenuti eredi (...). In ordine invece alla invocata decadenza per il decorso del termine di 30 g.g. della delibera assembleare, ritiene la scrivente che il medesimo sia stato rispettato con la consegna dell'atto di citazione all'ufficiale giudiziario. Sul punto va poi evidenziato che l'attore ha anche eccepito la nullità assoluta della delibera per la quale giurisprudenza costante ha statuito che può essere sempre impugnata. Ciò detto si rinvia la causa all'udienza del 09/06/2021 per la verifica sulla esecuzione della mediazione e per la verifica sulla corretta notifica della citazione. Deposita telematicamente la presente ordinanza alle ore 14,35." Sul punto va aggiunto che l'unico legittimato passivo per l'impugnativa delle delibere condominiali è l'amministratore del condominio al quale nel caso di specie è stato tempestivamente notificato l'atto di citazione il 19/02/2016 mentre la delibera impugnata era stata comunicata al Dalmazio il 22/01/2016 e pertanto può ritenersi che i termini di impugnazione siano stati rispettati. Delibando invece sul difetto di convocazione della sig.ra Cicala la circostanza è pacifica e può darsi per provata ex art.lo 115 c.p.c., atteso che è lo stesso amministratore che riferisce letteralmente: "Risulta, invero, dal verbale di assemblea del 18/01/2016 (all. 2 alla comparsa di costituzione risposta), che il Sig. Dalmazio era stato tempestivamente e ritualmente reso edotto della convocazione assembleare a mezzo raccomandata a.r. spedita dall'amministratore il 07/01/2016. Quanto alla Sig.ra Cicala, la stessa risulta essere moglie convivente del Sig. Dalmazio e non ha mai presenziato, in tutta la storia del condominio, ad una sola riunione, essendo rappresentata sempre dal coniuge senza che questi abbia mai avuto bisogno di depositare una delega scritta" cfr comparsa conclusionale avv. (...) p.7. Mentre la difesa degli altri condomini richiamano un accordo siglato anche in una delibera assembleare 18/12/2015 che prevedeva la convocazione anche a mezzo di avviso immesso nella cassetta postale. La tesi difensiva sebbene suggestiva non può essere accolta atteso che le modalità di convocazione all'assemblea condominiale sono previste e prescritta dalla legge ed in particolare dall'art.lo 66 dis. Atti c.c., al terzo comma che, stabilisce che: "L'avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell'ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione o, se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell'ora della stessa(1). In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell'articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati". La norma prescrive le modalità per la convocazione dei condomini alle assemblee condominiali che può essere anche consegnata a mano della persona interessata ma non il deposito in cassetta (come stabilito nella delibera condominiale del 18/12/2015) atteso che perché l'assemblea sia correttamente convocata è necessario che i condomini ricevano l'avviso almeno 5 gg. prima della data fissata per la prima convocazione e la semplice immissione in cassetta dell'avviso non consente di avere contezza di quando le parti abbiano ricevuto la convocazione. La norma non può essere modificata dalla volontà delle parti in quanto ha natura obbligatoria e pertanto non essendo soggetta al potere dispositivo delle parti non poteva essere derogata dalla volontà assembleare. Si ritiene, inoltre, che l'avviso vada comunicato ad ogni proprietario e/o comproprietario degli immobili rientranti nel condominio e quindi la convocazione andava fatta nei confronti di tutti i comproprietari anche se coniugi, atteso che, il rapporto di coniugio e/o di convivenza non limita i propri diritti potestativi che nel caso di specie si specificano nel diritto di essere convocati e quindi decidere se partecipare alla riunione di condominio. Ne discende che non avendo correttamente convocato uno dei coniugi (...) e (...) la delibera condominiale del 18/01/2016 va annullata. Tutte gli altri motivi di impugnazione risultano assorbiti dall'accoglimento del primo motivo di impugnazione. La prassi del condominio di convocazione dei condomini anche per le vie brevi tra l'altro instaurata proprio quando l'amministratore o capo condomino era proprio il (...) ha senz'altro contribuito al difetto di convocazione dell'assemblea condominiale e pertanto si ritiene congruo compensare le spese di lite tra gli attori e il condominio convenuto. Si dichiara altresì per i motivi sopra esposti il difetto di legittimazione passiva dei condomini atteso che andava citato solo il condominio in assenza di domande specifiche nei confronti dei singoli condomini e pertanto si condannano gli attori al pagamento delle spese sostenute dai condomini costituiti come da dispositivo. Passando poi all'esame della domanda riconvenzionale spiegata dalla convenuta (...) la medesima va dichiarata improcedibile, atteso che, la domanda andava notificata a tutti i condomini non costituitisi nel presente giudizio. Alla prima udienza utile la difesa della (...) doveva chiedere di essere autorizzata alla notifica della propria domanda ai convenuti contumaci, ciò non è avvenuto e pertanto si dichiara la domanda riconvenzionale di usucapione improcedibile. Tale inattività viene interpretata come volontà di abbandonare la domanda e pertanto si ritiene opportuno compensare le spese di lite sia nei confronti degli attori che degli altri convenuti costituiti. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa civile di primo grado, indicata in epigrafe, così provvede: Dichiara la nullità della delibera assemblea del condominio via (...) del 18/01/2016. Compensa le spese di lite tra il condominio via (...) e gli attori. Dichiara il difetto di legittimazione passiva di tutti gli altri condomini citati e condanna gli attori (...) e (...) ciascun per la propria parte al 50% al rimborso delle spese di lite nei confronti dei convenuti costituiti, nei minimi edittali in considerazione della natura documentale della causa, quantificate in Euro. 2000,00 per ciascuna parte per compensi professionali oltre magg. iva e cpa come per legge. Si comunichi - Così deciso in Cassino data del deposito
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI CASSINO SEZIONE LAVORO Il Tribunale di Cassino, in funzione di giudice del lavoro, in persona del giudice Luigi Salvia, ha pronunciato, all'esito della camera di consiglio, la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. R.G. 2395/2021, vertente TRA (...) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in Cassino Piazza (...), presso lo studio dell'Avv. (...) che la rappresenta e difende in virtù di delega in atti RICORRENTE - OPPONENTE E (...), elettivamente domiciliato in Isola del Liri, (...), presso lo studio degli avv.ti (...), che lo rappresentano e difendono in virtù di delega in atti RESISTENTE - OPPOSTO MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso ex artt. 645 e 414 c.p.c. la (...) S.r.l. ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo n. 272/2021 - RG. n. 1951/2021 del Tribunale di Cassino, notificato il 13.11.2021, con cui alla stessa è stato ingiunto di pagare ad (...) la somma complessiva di Euro 8.067,07, oltre accessori dalla data di maturazione delle singole componenti del credito sino al soddisfo e spese della procedura. Con il ricorso in opposizione la società ha eccepito, in via preliminare, la prescrizione del diritto di credito fatto valere con il ricorso monitorio, e nel merito ha poi evidenziato l'errore nel calcolo delle ore di permesso maturate dal ricorrente, in quanto lo stesso ha richiesto anche le ore maturate dal 4.1.2006 fino al 31.12.2010, nonché l'errore nell'applicazione del valore orario delle singole ore di permesso, ottenuto "presumendo che tale valore sia rimasto immutato nel tempo e non abbia mai subito modifiche" e non invece facendo applicazione del corretto valore ottenuto dividendo l'importo totale degli emolumenti per il divisore 173 previsto dal CCNL applicato, come invece analiticamente indicato nell'atto di opposizione per i singoli anni, ragione per cui comunque il credito, anche qualora non ritenuto integralmente prescritto, risulterebbe comunque inferiore e pari alla somma di Euro 3.912,85, inferiore a quella ingiunta. Ha chiesto dunque, alla luce delle deduzioni svolte per come sopra riassunte, la sospensione dell'immediata esecutività concessa al decreto ingiuntivo opposto, rassegnando le seguenti conclusioni: "In via preliminare, ai sensi dell'art. 649 c.p.c., disporre con ordinanza la sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo n. 272/2021 in questa sede opposto. 2) In via principale e nel merito, accertare e dichiarare il decreto ingiuntivo opposto nullo e/o annullabile e/o illegittimo e/o inefficace per intervenuta prescrizione del diritto vantato dal ricorrente. 3) In via subordinata, nella denegata ipotesi di rigetto della domanda principale, sempre previa revoca del decreto ingiuntivo opposto, rideterminare le somme eventualmente dovute alla Sig. (...) in euro 3.912,85"; Si è costituito in giudizio l'opposto (...), evidenziando in primo luogo l'infondatezza dell'eccezione di prescrizione, sulla base del disposto dell'art. 10 del D.Lgs. 66/2003, per cui il lavoratore può richiedere il pagamento dei R.O.L. non goduti soltanto dalla cessazione del rapporto e nel termine di prescrizione ordinario di dieci anni, in quanto il credito costituisce il risarcimento del danno da inadempimento contrattuale per la mancata fruizione dei riposi, evidenziando inoltre la sussistenza di un riconoscimento del debito da parte del datore di lavoro con la busta paga relativa al mese di febbraio del 2021, in cui la società ha riconosciuto un ammontare di 1027,84 ore di permesso/ROL maturate del ricorrente. Ha poi dedotto l'infondatezza dell'opposizione anche con riferimento al denunciato errore di calcolo, evidenziando come l'ammontare dovuto sia stato determinato dal ricorrente in via monitoria facendo applicazione dei criteri indicati dal datore di lavoro nella busta paga rilasciata, rilevando in particolare che nel cedolino di febbraio 2021 "è espressamente indicato che le ore residue di permessi non goduti sono pari a 679,26 e che l'importo unitario per le "ore permesso retribuite" è di Euro 11,87627". Ha infine argomentato in merito all'insussistenza dei presupposti per concedere la sospensione dell'efficacia esecutiva del Decreto ingiuntivo opposto, e ha rassegnato le seguenti conclusioni: "- in via preliminare, rigettare la richiesta di sospensione della esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto per tutte le motivazioni espliciate al punto sub 3 del presente atto; - in via principale, rigettare l'opposizione proposta dalla (...) Srl poiché infondata in fatto ed in diritto per tutte le motivazioni esplicitate nel presente atto; - In via di estremo subordine e salvo gravame: ritenere il ricorrente creditore della diversa somma che sarà accertata in corso di causa." A seguito di un primo differimento dovuto alla mancata comunicazione del provvedimento di modifica della data di udienza, la causa è stata trattata all'udienza del 6.9.2022, con le forme della trattazione scritta, all'esito della quale il giudice, non ha accolto l'istanza di sospensione della provvisoria esecutività e ritenuta la causa documentale e matura per la decisione ha fissato l'udienza per la discussione. All'udienza odierna, la causa è stata dunque discussa e decisa. L'opposizione è infondata e va respinta, per le ragioni di seguito esposte. La domanda ha ad oggetto il pagamento di crediti per la mancata fruizione di permessi riduzione orario (ROL), accumulati nel corso del rapporto di lavoro intercorso tra le parti e riconosciuti dal datore di lavoro nella busta paga di febbraio del 2021 (cfr. all.ti ai fasc. di entrambe le parti), che indica e riporta 679,26 ore residue di permesso, a seguito della cessazione del rapporto di lavoro. Ferma restando dunque la natura pacifica della documentazione posta a supporto del giudizio monitorio, che la (...) S.r.l. ha riconosciuto come da lei prodotta, in primo luogo occorre esaminare l'eccezione di prescrizione posta alla base dell'opposizione. Sul punto, l'eccezione è infondata e va respinta. La domanda di pagamento di somme a titolo di indennità per la mancata fruizione di permessi contrattualmente dovuti, in analogia con l'indennità sostitutiva delle ferie non godute, costituisce un credito di natura mista (cfr. ad esempio Cassazione Sez. L, Sentenza n. 1757 del 29.01.2016, resa con riferimento alla mancata fruizione di ferie), in cui è presente una componente volta all'accertamento dell'inadempimento contrattuale del datore di lavoro (ex art. 1218 c.c.) e al risarcimento del danno, parametrato alla retribuzione che sarebbe stata spettante per le ore di riposo non godute. Può dunque evidenziarsi quanto espressamente chiarito da Cass. 10.2.2020 n. 3021, con principio applicabile anche alle somme richieste per permessi non goduti, per cui "l'indennità sostitutiva delle ferie non godute ha natura mista, sia risarcitoria che retributiva, a fronte della quale si deve ritenere prevalente, ai fini della verifica della prescrizione, il carattere risarcitorio, volto a compensare il danno derivante dalla perdita del diritto al riposo, cui va assicurata la più ampia tutela applicando il termine ordinario decennale". Deve desumersi dunque, dalla loro prevalente natura risarcitoria, che si applichi a tali crediti il termine ordinario decennale di prescrizione, non potendo l'ipotesi in esame essere ricondotta ad alcuna delle previsioni speciali di cui all'art. 2948 c.c., e che il dies a quo da cui far decorrere tale termine vada individuato nella data di cessazione del rapporto di lavoro, stante l'impossibilità per il creditore, a prescindere dal momento in cui è maturato il diritto a fruire del permesso, di far valere il credito a titolo risarcitorio nel corso del rapporto, potendo invece nella pendenza dello stesso sempre domandarne la fruizione in forma specifica. Va inoltre evidenziato, nel caso di specie, che la parte opponente non ha comunque provato l'imputabilità del parziale pagamento effettuato nel febbraio del 2021 (nonché dei precedenti nel corso del rapporto) ai permessi maturati negli anni dal 2015 a seguire, e non a quelli relativi agli anni precedenti, come invece risulterebbe in applicazione del generale criterio di cui all'art. 1193 c.c. per cui in presenza di più debiti della medesima specie verso la stessa persona e in assenza di dichiarazione di una diversa imputazione "il pagamento deve essere imputato al debito scaduto; tra più debiti scaduti, a quello meno garantito; tra più debiti ugualmente garantiti, al più oneroso per il debitore; tra più debiti ugualmente onerosi, al più antico". Applicati tali principi al caso in esame, alcuna prescrizione risulta maturata in merito ai crediti dovuti per la mancata fruizione dei permessi così come riconosciuti nella busta paga del febbraio del 2021, in particolare avendo la parte ricorrente avanzato la propria richiesta in data 18.10.2021 (con il deposito del ricorso monitorio), ben prima del decorso del termine decennale dalla cessazione del rapporto di lavoro (avvenuta il 1.2.2021) e non essendovi neanche prova dell'imputabilità del pagamento ai permessi maturati negli ultimi cinque anni e non a quelli maturati nei periodi precedenti. L'eccezione di prescrizione sotto tale profilo è dunque infondata e va respinta. Occorre poi esaminare i motivi articolati nel merito dell'opposizione, con riferimento alla determinazione del credito e della sua entità. La parte opponente ha infatti rilevato, a fondamento della propria opposizione, che anche volendo considerare la prescrizione decennale, (...) avrebbe in ogni caso errato nel determinare l'entità del credito per la mancata fruizione dei ROL, poiché sarebbero da intendersi in ogni caso prescritti quelli maturati nel periodo antecedente al 2011 (a più di dieci anni dalla richiesta in via monitoria), mentre quelli maturati nel periodo successivo sarebbero stati erroneamente quantificati sulla base dell'ultima retribuzione minima tabellare applicata, e non facendo applicazione del divisore orario individuato nel CCNL applicato al rapporto. Anche con riferimento a tali profili l'opposizione risulta infondata. Quanto agli effetti della prescrizione, si è già argomentato in merito da un lato alla decorrenza del termine, con riferimento alla cessazione del rapporto, e dall'altro alla mancata prova dell'imputazione dei pagamenti, per cui le indennità per le ore di permesso maturate corrisposte con la busta paga di febbraio 2021 devono intendersi imputabili ai debiti "più antichi", e dunque si ribadisce che sono dovuti nel caso di specie i compensi per tutti i permessi non goduti così come riconosciuti nel cedolino paga. Per quanto attiene al compenso unitario spettante per ciascuna ora di permesso non goduto, l'eccezione formulata dalla parte opponente risulta in primo luogo sfornita della necessaria prova, non avendo la stessa parte prodotto evidenza della previsione contrattuale collettiva invocata e relativa al divisore orario; non essendo infatti il testo del CCNL in alcun modo richiamato o allegato all'opposizione, non emerge alcuna previsione contrattuale specifica sulla cui base verificare l'effettiva determinazione della retribuzione oraria applicando tale divisore alla retribuzione di fatto. Risulta al contrario l'evidenza dell'avvenuto riconoscimento del debito da parte del datore di lavoro nella misura oraria indicata in busta paga per i permessi riconosciuti, da intendersi senza dubbio tale per quanto attiene all'entità dello stesso, e avendo questi corrisposto la somma oraria di Euro 11,87627 appare corretto il conteggio elaborato dal (...) in sede monitoria. Ad ulteriore conferma dell'impegno del datore di lavoro a corrispondere tale somma a prescindere dalla retribuzione minima tabellare, occorre chiarire che è lo stesso datore di lavoro a non aver dato seguito a quanto afferma essere la corretta quantificazione nell'atto di opposizione, poiché nel cedolino paga di febbraio del 2021 ha corrisposto l'importo unitario sopra indicato anche per ore di permesso che sarebbero senza dubbio maturate in anni precedenti al 2016 (considerando che a tale data il ricorrente registra, da busta paga, 707 ore di permessi non goduti accumulate al dicembre del 2015 e 785 accumulate al dicembre 2016, mentre al dicembre del 2020 ne aveva accumulate 1111,92, per cui le 440 ore di permesso per cui è stata corrisposta l'indennità nel febbraio 2021 applicando il medesimo importo orario dal datore di lavoro a tutte le ore, si riferiscono necessariamente anche a permessi maturati nel periodo antecedente al dicembre 2015 o 2016); ciò mostra, dall'apprezzamento del comportamento concludente del datore di lavoro, l'assenza di una disposizione contrattuale specifica che preveda la misura dell'indennità per le ore di permesso non dovute nella misura invocata e comunque la volontà delle parti di non applicare tale eventuale previsione, anche eventualmente quale trattamento di miglior favore riconosciuto al lavoratore. Dunque, data la mancata prova di una diversa imputazione e di diverse modalità di calcolo, l'importo unitario considerato dalla parte ricorrente ed applicato dal datore di lavoro per i permessi riconosciuti nella busta paga di febbraio 2021 risulta corretto e dovuto anche per i permessi maturati in periodi precedenti e nella medesima busta paga comunque riconosciuti. Stante l'infondatezza dei motivi posti a suo fondamento, per gli argomenti sopra esposti, l'opposizione dev'essere integralmente respinta e il decreto ingiuntivo opposto va dichiarato definitivamente esecutivo. Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri di cui al DM 55/2014 come modificato dal DM 147/2022, in considerazione del valore della controversia (da ricomprendersi nello scaglione tra Euro 26.000 ed Euro 52.000) e dell'assenza di attività istruttoria, seguono la soccombenza devono porsi integralmente a carico della parte opponente. P.Q.M. Il Tribunale di Cassino, in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando: - Rigetta integralmente l'opposizione e dichiara definitivamente esecutivo il decreto ingiuntivo n. 272/2021 del 26.10.2021 (RG. n. 1951/2021); - Condanna la società opponente (...) S.r.l., in persona del l.r.p.t., al pagamento in favore di (...) delle spese del giudizio di opposizione, che si liquidano in complessivi Euro 4.216,00 oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA. Così deciso in Cassino il 16 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 16 maggio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CASSINO SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Sara Lanzetta ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile di I grado iscritta al r.g.n. 1887/16 promossa da (...) nata F. (L.) il (...) (c.f. (...)) rappresentata e difesa dagli avv.ti Co.Le. e Sa.Be., ed elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in Gaeta (LT) in Viale (...) ATTRICE contro COMUNE DI PONZA, (C.F. (...)) in persona del Sindaco pro tempore con sede in Piazza (...), rappresentato e difeso dagli avv.to Di.Cr. ed elettivamente domiciliato in Formia, Via (...) PROVINCIA DI LATINA, (C.F. (...)) in persona del Presidente pro tempore con sede in Latina Via (...), rappresentata e difesa dagli avv.to Co.Cl. ed elettivamente domiciliato in Cassino, Via (...) snc CONVENUTI (...) SPA IN PERSONA DEL L.R. CON SEDE IN (...) ALLA VIA (...) TERZO CHIAMATO IN CAUSA CONTUMACE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE (...) ha convenuto in giudizio il Comune di Ponza in persona del Sindaco pro tempore e Provincia di Latina in persona del leg. Rapp. p.t., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti, patrimoniali e non, nella misura di Euro 20.988,59 o in quella ritenuta di giustizia oltre interessi legali e rivalutazione monetaria. A fondamento della domanda ha esposto quanto segue: che il giorno 13.07.2014 alle ore 20.00 circa nel Comune di Ponza (LT) alla guida del motociclo modello Yamaya X-MAX, Tg. (...) transitava sulla Strada Provinciale, in località Le Forna, tra Via Piana e Via Cuore di Gesù, in corrispondenza della stazione elettrica, al km 6+800 allorquando cadeva rovinosamente al suolo a causa di un avvallamento del manto stradale non segnalato; -che nell'impatto riportava lesioni personali per cui veniva accompagnata al Pronto Soccorso dell'Isola di Ponza ove veniva diagnosticato, "trauma contusivo alla spalla destra, da caduta con proprio motorino", con applicazione di tutore al fine d'immobilizzare l'articolazione e prescrizione di visita ortopedica; che dopo ulteriori visite specialistiche la stessa veniva dichiarata guarita con postumi da valutare in data 20.11.2014 che la stessa provvedeva con prima raccomandata a.r. a costituire in mora il Comune di Ponza che apriva il sinistro con la propria compagnia assicurativa per la responsabilità civile, (...) ass.ni, eccependo successivamente che la proprietà della strada fosse della Provincia di Latina, per cui a questa doveva essere rivolta la richiesta di risarcimento danni; -che in data 22.06.2015 veniva inoltrata richiesta risarcitoria alla Provincia di Latina, che a sua volta declinava la propria responsabilità in quanto l'infortunio si sarebbe verificato in un'area di cantiere del Comune per l'esecuzione di lavori di riparazione della condotta idrica, in quanto proprietà della stessa; che pertanto la responsabilità per il verificarsi del sinistro e dei danni subiti sarebbe da attribuirsi ad entrambi i convenuti, sia l'Ente proprietario, per omessa custodia, sia il Comune di Ponza per l'asserita esecuzione dei lavori di ripristino della condotta idrica. Si è costituito in giudizio il Comune di Ponza contestando ed impugnando tutto quanto ex adverso richiesto dedotto ed eccepito perché infondato sia in punto di fatto che in diritto, chiedendo in via preliminare di essere autorizzato alla chiamata in causa (...) spa, compagnia con cui è assicurato con polizza n. (...); sempre in via preliminare ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva contestando che sulla strada fosse presente un cantiere del Comune di Ponza né che l'asserito avvallamento fosse ivi presente a seguito della esecuzione dei lavori commissionati dal Comune di Ponza; in ogni caso e senza accettare il contraddittorio ha contestato la ricostruzione delle modalità del sinistro come indicate nell'atto introduttivo deducendo: che la (...) era a conoscenza dell'esistenza di un avvallamento, frequentando i luoghi per cui è causa, di conseguenza avrebbe evitato il sinistro tenendo un comportamento diligente e prudente; che comunque il sinistro si è verificato in piena estate circa alle 20.00 con una visibilità ottima; inoltre ha contestato l'esistenza del nesso causale tra le lesioni asseritamente subite dall'attrice ed il sinistro oggetto del presente giudizio, ritenendo altresì eccessiva la quantificazione della pretesa risarcitoria. Ha concluso chiedendo: "Piaccia all'Il.mo Tribunale adito, autorizzare la chiamata in causa delle (...) ass.ni spa, ..., disponendo ai sensi dell'art. 269 c.p.c., lo spostamento della prima udienza e concedendo termine ex art. 163 c.p.c. per la citazione del terzo, disattesa e respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa; In rito, venga dichiarato sussistere il difetto di legittimazione passiva del Comune di Ponza, con condanna dell'attrice al pagamento delle spese di lite; Nel merito, vengano respinte tutte le domande formulate dall'attrice; in via subordinata accertato il comportamento colposo tenuto dall'attrice, ridurre, in proporzione dell'incidenza causale dello stesso, la responsabilità della PA ai sensi dell'art. 1227 c.c.; ordinando in ogni caso alle (...) Ass.ni spa, in virtù delle garanzie previste nella polizza n.(...), di manlevare l'Ente concludente dal pagamento di qualsivoglia somma disposto in favore di parte attrice per i titoli da quest'ultima dedotti.; Vittoria di spese e compensi di causa". Si è costituita in giudizio la Provincia di Latina contestando ed impugnando ogni avversaria difesa perché infondata sia in punto di fatto che in diritto deducendo: che il cantiere era adeguatamente segnalato come risulta dalla fotografia n. 1 allegata alla relazione tecnica del perito assicurativo G.E. del 12.8.2016 la quale attesta la presenza sul posto di segnaletica provvisoria verticale; che l'attrice era a conoscenza dello stato dei luoghi perché residente in P. non lontano dal sinistro e dunque era a conoscenza dello stato dei luoghi in considerazione della circostanza che i lavori per la riparazione della condotta idrica presso la strada provinciale per cui vi è causa erano iniziati il 9.7.2014 e quindi quattro giorni prima della data del sinistro (13.7.2014) e quindi verosimilmente tra il 9.7.2014 e il 13.7.2014 aveva già percorso il tratto di strada ove assume essersi verificato il sinistro; che il sinistro verificatosi alle ore 20.00 del 13.7.2014 è avvenuto in orario diurno in quanto il sole tramontava alle ore 20.43; che in relazione all'obbligo di manleva del Comune di Ponza nei confronti della Provincia di Latina ha dedotto che il luogo in cui si sarebbe verificato il sinistro era interessato dai lavori di riparazione della condotta idrica effettuati dal personale dipendente del Comune di Ponza; ed invero con nota prot. (...) del 8.7.2014 il Comune di Ponza comunicava alla Provincia di Latina che in data 9.7.2014 avrebbe proceduto alla esecuzione di lavori urgenti di riparazione della condotta idrica comunale transitante sulla SP P. Le F. via P. km 6800 circa, in centro urbano, assicurando la realizzazione dell'intervento con la minima sezione di scavo, nonché l'immediato ripristino del manto stradale a regola d'arte; che l'obbligo di manleva del Comune di Ponza nei confronti della Provincia di Latina, atteso che il sinistro si è verificato nell'area del cantiere aperto dal Comune di Ponza, proprietario della condotta idrica in riparazione e di conseguenza quest'ultimo era tenuto ad osservare le prescrizioni tecniche indicate nella nota prot. (...) del 28.09.2015 ed il disposto dell'art. 21 D.Lgs. n. 285 del 1992. Ha concluso chiedendo:" Il Tribunale Adito voglia: - rigettare ogni avversaria domanda in quanto infondata in fatto ed in diritto per le ragioni spiegate in narrativa; - sempre nel merito, nelle non creduta ipotesi di riconoscimento della fondatezza delle pretese attoree, dichiarare, per le ragioni spiegate in narrativa, tenuto il Comune di Ponza, in persona del Sindaco pt, con sede in Ponza, a manlevare, garantire e tenere indenne la Provincia di Latina in relazione a tutte le domanda e richieste formulate dall'attrice; - sempre nel merito, ma in via gradata, accertare e dichiarare che il Comune di Ponza, in persona del Sindaco pt, ai sensi del disposto dell'art. 2055 c.c., risulta tenuto a corrispondere, in via di regresso, alla Provincia di Latina qualsiasi somma eventualmente versata da quest'ultima dall'attrice, all'esito del presente giudizio; - condannare le controparti al pagamento delle spese di lite". Autorizzata la chiamata in causa del terzo non si è costituita in giudizio (...) spa sebbene regolarmente citata. Il giudizio è stato istruito a mezzo audizione di testi, addotti dalle parti, e con l'ammissione ed espletamento di C.T.U. medico - legale per la verifica e quantificazione delle lesioni riportate dall'attrice. La domanda di risarcimento proposta da parte attrice nei confronti del Comune di Ponza, e della Provincia di Latina è fondata e va accolta per le ragioni che seguono. In punto di fatto, è stato provato, all'esito dell'istruttoria, che l'attrice è caduta nelle circostanze di tempo e di luogo indicate in citazione. In particolare il teste (...), marito della (...), della cui attendibilità non si ha motivo di dubitare, in quanto il narrato offerto è completo, coerente e immune da vizi logici, anche a seguito delle domande a chiarimento poste dal giudice, escusso all'udienza del 8.1.2020, ha dichiarato di aver assistito all'incidente in quanto in quel momento stava percorrendo la strada statale a bordo del suo scooter e seguiva lo scooter sul quale si viaggiava la (...). Il (...) ha dichiarato di aver visto sua moglie cadere, battendo la spalla sulla destra, in una buca, ampia circa un metro, che si trovava al centro della carreggiata di destra, ricoperta di acqua scura. Il teste ha riferito che erano in atto lavori di scavo e che la buca non era segnalata, né delimitata, in quanto i birilli di segnalazione erano poggiati sul lato della strada vicino al muro. Quanto allo stato dei luoghi al momento del sinistro il (...) ha dichiarato di riconoscere nelle fotografie 1 e 2 allegate alla seconda memoria ex art. 183 c.p.c. di parte attrice il luogo dell'incidente e le condizioni della strada al momento della caduta della (...). Il secondo teste di parte attrice (...), madre dell'attrice, escussa all'udienza del 27.9.2021 ha dichiarato di essersi recata nell'immediato sul luogo del sinistro, avendo ricevuto segnalazione che sua figlia aveva avuto un incidente, e di aver rinvenuto sua figlia a terra, caduta dalla moto, che lamentava dolori alla spalla. Il teste ha dichiarato che sul luogo dell'incidente via era una buca coperta di acqua non segnalata e che i segnali di lavori in corso erano addossati sul muro posto sulla destra della strada. Quanto alla circostanza che la buca fosse riconducibile alla presenza in loco di un cantiere per lavori alla condotta idrica, disposti dal Comune di Ponza, si rileva che la contestazione di tali fatti effettuata dall'ente convenuto è smentita dalle risultanze dell'istruttoria. Ed invero la Provincia di Latina costituendosi in giudizio ha prodotto una nota del Comune di Ponza, prot. (...) del 8.7.2014, nella quale le veniva comunicato l'inizio dei lavori urgenti per la riparazione della condotta idrica sita in Strada Provinciale P. Le F., via P. km 6,800 circa in data 9.7.2014. Tale circostanza è stata inoltre confermata anche dal teste del Comune di Ponza, (...), dipendente dell'ente con mansioni di idraulico, il quale ha riferito che nel punto in cui si è verificato l'incidente furono fatte delle attività di riparazione di condutture dell'acqua per conto del Comune. Quanto alla segnalazione dell'area di cantiere il teste ha dichiarato: "posso riferire che subito dopo aver fatto i lavori vengono messi segnali di diritto e di dare precedenza e vengono messi anche i birilli, i segnali sono quelli di cui alla foto che mi viene mostrata, ma non so dire perché nella foto sono posti accanto al muro e non in mezzo alla strada. Posso riferire che dopo aver messo isegnali la mia squadra va via e arriva un'altra squadra che controlla gli scavi e provvede a mettere l'asfalto e a riempire le buche. Posso riferire che le due squadre si avvicendano quasi in concomitanza. Posso riferire che il mio turno era di mattina, la seconda squadra arrivava a rotazione di pomeriggio, tuttavia dopo aver eseguito la mia parte di lavoro non sono più passato a controllare". Dall'istruttoria è quindi emerso che l'incidente è avvenuto perché sul manto stradale era presente una buca derivante da attività di scavo effettuata dal comune di Ponza per la riparazione di una conduttura idrica di sua pertinenza; tale attività non era segnalata, essendo emerso dalle deposizioni testimoniale e dalla documentazione fotografica che i birilli di segnalazione del cantiere si trovavano appoggiati al muro al momento del sinistro. Le dichiarazioni dei testi, che ad avviso di questo giudice sono pienamente attendibili in quanto collimanti, coerenti e immuni da vizi logici; la documentazione fotografica prodotta, la natura delle lesioni riportate, compatibili con la dinamica decritta in citazione, non lasciano dubbi che l'attrice abbia assolto pienamente l'onere probatorio su di lei incombente circa la sussistenza dell'incidente e del nesso causale tra l'evento dannoso (caduta) e l'anomalia del fondo stradale che stava percorrendo. Quanto al legittimato passivo dell'azione di risarcimento va premesso che in punto di diritto, l'azione proposta, relativa ad un sinistro avvenuto su una pubblica via va ricondotta all'alveo della responsabilità ex art. 2051 c.c. Al riguardo, in tema di responsabilità derivante dalla caduta di un centauro in strada, giova ricordare i seguenti principi recentemente affermati dalla Suprema Corte: La responsabilità contemplata dall'art. 2051 c.c. (responsabilità da cose in custodia) presuppone che il soggetto al quale la si imputa sia in grado di esplicare riguardo alla cosa un potere di sorveglianza, di modificarne lo stato e di escludere che altri vi apporti modifiche (Cass. 20 novembre 2009 n. 24529); anche agli enti pubblici proprietari di strade o altri luoghi aperti al pubblico transito è in linea generale applicabile l'art. 2051 c.c., in riferimento a situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze della strada, indipendentemente dalla sua estensione (ex plurimis: Cass. 12 aprile 2013 n. 8935; Cass. 25 maggio 2010 n. 1210; Cass. 3 aprile 2009 n. 8157; Cass. 29 marzo 2007 n. 7763); L'ente pubblico versa in una situazione di potenziale responsabilità una volta accertato che il fatto dannoso si sia verificato a causa di un'anomalia della strada (Cass. 24529/09 cit.); la prova di tale anomalia incombe sul danneggiato il quale dovrà provare l'evento danno ed il nesso di causalità con la cosa alterata o anomala (Cass. 24529/09 cit.); la responsabilità dell'ente pubblico custode può essere esclusa solo dal fortuito e questo, che dovrà essere provato dal custode, ricorre ogniqualvolta la situazione di pericolo sia stata causata dallo stesso utente danneggiato o si sia manifestata improvvisamente e imprevedibilmente (Cass. 8935/13 cit.; Cass. 18 ottobre 2011 n. 21508; Cass. 12695/10 cit.; Cass. 24529/09 cit.; Cass. 19 novembre 2009 n. 20419); Quanto alla nozione di custodia la giurisprudenza ha elaborato una nozione di custodia ampia non coincidente con quella di derivazione contrattuale, e ha ritenuto che custode è colui che ha l'effettivo potere materiale sulla cosa (Cass. Sez. U, Sentenza n. 12019 del 11/11/1991). Può perciò essere custode non solo il proprietario della cosa o l'usufruttuario, ma anche il semplice possessore o detentore nell'interesse altrui. Va in ogni caso precisato che la disponibilità che della cosa ha l'utilizzatore non comporta necessariamente il trasferimento in capo a questa della custodia, da escludere in tutti i casi in cui, per specifico accordo delle parti o per la natura del rapporto ovvero per la situazione fattuale determinatasi, chi ha l'effettivo potere di gestione ingerenza ed intervento sulla cosa, nel conferire all'utilizzatore il potere di utilizzazione della stessa ne abbia conservato la custodia. Nel caso di specie si rileva che si configura un rapporto di custodia sia in capo al Comune di Ponza, rispetto all'area di cantiere presente sulla strada provinciale, essendo tenuta a preservarla e a segnalarla in maniera adeguata al fine di preservare l'incolumità dei terzi, sia rispetto alla Provincia di Latina dal momento che l'attività assentita dell'ente terzo non ha escluso in ogni caso suo potere di sorveglianza, e quindi di ingerenza nella custodia diretto a preservare l'incolumità degli utenti della strada. Ne deriva che in caso di più custodi ognuno deve rispondere solidalmente nei confronti del danneggiato, salvo il diverso riparto di responsabilità nei rapporti interni. Ciò posto, volgendo all'analisi dei principi della responsabilità da cosa in custodia va precisato che ancorché il comportamento colposo del danneggiato non sia idoneo da solo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno, costituita dalla cosa in custodia, ed il danno, tuttavia lo stesso può integrare un concorso colposo ai sensi del primo comma dell'art. 1227 c.c., con conseguente diminuzione della responsabilità del danneggiante secondo l'incidenza della colpa del danneggiato (ex plurimis: Cass. 7 aprile 2010 n. 8229; Cass. 5 dicembre 2008 n. 28811; Cass. 8 maggio 2008 n. 11227). I principi suddetti sono condivisi da questo giudice e ad essi ed alle relative argomentazioni di supporto ci si richiama ai sensi anche dell'art. 118 disp. Att. c.p.c.. Ne deriva che l'attrice ha adeguatamente assolto il proprio onus probandi: ed invero dalla documentazione fotografica allegata agli atti, riconosciuta dai testi escussi, si evince la presenza di una buca non segnalata sul manto stradale, piena di acqua non facilmente percepibile dall'utente che percorre la strada in discesa e a bordo di un mezzo in velocità. Di converso, il Comune di Ponza e la Provincia di Latina non hanno fornito la prova di un caso fortuito tale da determinare interruzione del rapporto di causalità; né dall'istruttoria è emerso che il danneggiato abbia tenuto un comportamento assolutamente anomalo. Nel caso di specie, la causa del danno si rinviene quindi in un fattore intrinseco alla struttura del bene, sì da costituire un elemento di rischio conosciuto o conoscibile a priori dal custode; la prova liberatoria, rimasta non fornita dagli enti, avrebbe dovuto avere oggetto la dimostrazione dell'avvenuto espletamento, da parte degli stessi, di tutta la normale attività di vigilanza e manutenzione, esigibile in relazione alla specificità della cosa, in modo da mantenerla in condizioni ottimali di efficienza. Alla stregua delle considerazioni che precedono va affermata pertanto la responsabilità solidale del Comune di Ponza e della Provincia di Latina ai sensi dell'art. 2051 c.c. Deve ritenersi, d'altro canto, che alla produzione dell'evento abbia contribuito anche il comportamento dell'attrice cui è imputabile una disattenzione idonea ad essere valutata ex art. 1227, primo comma c.c.. Al riguardo, giova in primis osservare, proprio le condizioni in cui versava il fondo stradale, con particolare riguardo alla grandezza della buca e alla circostanza che, sebbene ricoperta di acqua, non poteva ritenersi totalmente mimetizzata con il manto stradale, come risulta dalla documentazione fotografica versata in atti, considerato anche che al momento dell'incidente non vi erano condizioni di scarsa visibilità, tenuto conto dell'orario (alle ore 20.00 circa) e del il periodo in cui vi è verificato il sinistro (a luglio in piena estate). Tali circostanze avrebbero dovuto indurre l'attrice a prestare attenzione all'ostacolo presente sulla strada in modo da consentire il tempestivo arresto del veicolo o l'aggiramento dell'ostacolo in sicurezza. Al riguardo, appare opportuno il richiamo al generale principio di auto responsabilità - affermato dalla Corte costituzionale proprio in materia di insidie stradali - per il quale gli utenti dei beni sia pubblici che privati hanno l'onere di prestare particolare attenzione nell'esercizio dell'uso ordinario di tali beni, al fine appunto di salvaguardare la propria incolumità (Corte cost. 159/99); tale onere di attenzione non si esaurisce in quello dell'utilizzo normale e conforme alla destinazione dei singoli beni, ma comporta anche il dovere di prestare particolare attenzione nell'uso degli stessi, in rapporto alle caratteristiche intrinseche di ciascuno di essi ed al rischio specifico che l'utilizzo di ciascun bene comporta. Alla stregua delle considerazioni che precedono si ritiene pertanto che la disattenzione della danneggiata, tenuto conto del grado della sua colpa e della sua efficienza causale, abbia inciso nella misura del 50% nel verificarsi del danno (il cui risarcimento deve dunque essere proporzionalmente ridotto), senza elidere totalmente il nesso di causalità, considerata la natura eccezionale del fatto causativo, che può aver verosimilmente concorso a determinare un abbassamento del livello di cautela nell'attrice che confidava nell'integrità dello stato dei luoghi. Sotto tale profilo deve essere valorizzata la circostanza che è fatto incontestato che l'incidente si sia verificato non lontano dai luoghi di residenza dell'attrice ed è pertanto ragionevole ritenere che la stessa avesse conoscenza dello stato dei luoghi, pertanto, considerato che l'anomalia sia era verificata per ragioni eccezionali, nell'arco di pochi giorni, può fondatamente ritenersi che la stessa abbia percorso quel tratto di strada confidando nella integrità dello stato dei luoghi. Tale ultima circostanza non può al contrario essere valorizzata per escludere totalmente il nesso di causalità tra l'evento e il danno, in quanto se è verosimile ritenere che la (...) conoscesse i luoghi di causa per averli già percorsi prima dell'incidente, non può altrettanto ritenersi provato, neppure in via presuntiva, che prima dell'incidente, la stessa avesse avuto conoscenza dell'esistenza del cantiere, considerato il limitato arco temporale intercorso tra l'inizio dei lavori e il sinistro. In ordine al danno non patrimoniale subito dall'infortunata ed alla sua entità, possono condividersi le indagini e le conclusioni del CTU perché precise, esaurienti, adeguatamente motivate e rassegnate dopo un attento e scrupoloso controllo della paziente e della copiosa documentazione medica fornita dalla parte, alla quale sono stati riscontrati " trauma distorsivo/contusivo della spalla destra." L'ausiliario, premessa la natura chiaramente traumatica delle lesioni patite dalla (...), ha concluso che risulta integrata una percentuale di invalidità permanente pari al 1% , con un periodo di ITT di giorni 10, e di ITP di 15 giorni al 50%. Passando alla valutazione dei danni in termini economici, giova preliminarmente precisare che il danno non patrimoniale da lesione della salute, sia di natura permanente che temporanea, costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, nella cui liquidazione il giudice deve tenere conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti dal danneggiato nella sua persona complessivamente considerata, a prescindere da qualsiasi valutazione di carattere reddituale, costituendo una posta di danno connessa alla lesione della persona fisica in sé riguardata, al di là della specifica attitudine del soggetto a procacciarsi redditi, la cui eventuale lesione trova adeguato rimedio mediante il riconoscimento del danno patrimoniale da lucro cessante. La liquidazione del danno non patrimoniale deve essere complessiva e cioè tale da coprire l'intero pregiudizio in tutte le sue conseguenze psico-fisiche, a prescindere dai nomina iuris dei vari tipi di danno, i quali non possono essere invocati singolarmente per un aumento della anzidetta liquidazione. Tuttavia, sebbene il danno non patrimoniale costituisca una categoria unitaria, le tradizionali sottocategorie del danno biologico e del danno morale continuano a svolgere una funzione, per quanto solo descrittiva, del contenuto pregiudizievole preso in esame dal giudice, al fine di parametrare la liquidazione del danno risarcibile. (ex plurimis: Cass. 15 gennaio 2014 n. 687) In coerente risposta al richiamo operato dal giudice di legittimità e poc'anzi sinteticamente illustrato, le tabelle di Milano, che ormai costituiscono un valore da ritenersi equo e cioè in grado di garantire la parità di trattamento e da applicare in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti circostanze idonee ad aumentarne o ridurne l'entità ed alle quali occorre fare ricorso per la valutazione in via equitativa dei danni a persone non causati dalla circolazione di veicoli (Cass. 7 giugno 2011 n. 12408), propongono la liquidazione congiunta dei pregiudizi in passato liquidati autonomamente a titolo del cd. danno biologico standard e del cd. danno morale, prevedendo, inoltre, percentuali massime di aumento da utilizzarsi in via della cd. personalizzazione, per particolari condizioni soggettive, del danno biologico Nel caso in esame, tenuto conto della età della danneggiato -41 anni al momento dell'incidente-applicando le tabelle del tribunale di Milano, operata la devalutazione degli importi al momento del verificarsi dei danni(per il danno biologico alla stabilizzazione dei postumi, per le IT al loro termine), computati gli interessi legali sulle somme di anno in anno rivalutate secondo gli indici Istat FOI, consegue che l'attrice deve ricevere la somma di Euro 2813,62 In considerazione delle qualità individuali e dell'età del danneggiato ed in assenza dell'allegazione e prova di peculiari circostanze idonee ad incidere in modo specifico sulla liquidazione standardizzata, stante la genericità delle circostanze dedotte da parte attrice, il tribunale poi ritiene che non si debba applicare alcuna percentuale di aumento per la personalizzazione del danno biologico. A tale somma vanno aggiunte le spese mediche sostenute dalla (...) che il ctu ha valutato congrue nella misura di Euro 320,00. Attesa l'accertata colpevole compartecipazione dell'attrice al fatto generatore del danno, tale somma va ridotta, come precedentemente detto, nella corrispondente misura del 50%. Ridotta tale somma del 50% in ragione del riscontrato concorso della condotta colposa dell'attrice, il Comune di Ponza e la Provincia di Latina devono essere condannate al pagamento in suo favore di (...) dell'importo di Euro 1566,81 a titolo di danno non patrimoniale e spese liquidato all' attualità e comprensivo di interessi. Sulle somme, così come sopra liquidate, dovranno essere corrisposti, per effetto della condanna al pagamento che attribuisce al quantum dovuto il carattere di debito di valuta, gli interessi annui al tasso legale dal giorno della presente decisione sino a quello del conseguimento in concreto dell'importo risarcitorio (art. 1282 c.c.). Per quanto invece riguarda la domanda di accertamento della responsabilità nei rapporti interni tra la Provincia di Latina e il Comune di Ponza, in sede di regresso ai sensi dell'art. 2055 c.c., in via preliminare deve ritenersi rigettarsi l'eccezione di decadenza dalla domanda di manleva e di regresso proposta dalla Provincia di Latina in considerazione della circostanza che la costituzione in giudizio della Provincia di Latina è tempestiva, essendo avvenuta in data 23.12.2016, entro il termine di 20 giorni prima dell'udienza di trattazione e prima comparizione, differita ai sensi dell'art. 168 bis c.p.c. al 18.1.2017. Quanto ai rapporti interni deve ritenersi che la responsabilità del sinistro sia da attribuire esclusivamente al Comune di Ponza, il quale nella qualità esecutore delle opere, realizzate nel suo esclusivo interesse, aveva l'onere di predisporre degli efficaci presidi di sicurezza e segnalazione della buca e di garantire la custodia del cantiere, secondo quanto disposto dall'art. 21 del D.Lgs. n. 285 del 1992 in base al quale: "Chiunque esegue lavori o deposita materiali sulle aree destinate alla circolazione o alla sosta di veicoli e di pedoni deve adottare gli accorgimenti necessari per la sicurezza e la fluidità della circolazione e mantenerli in perfetta efficienza sia di giorno che di notte. Deve provvedere a rendere visibile, sia di giorno che di notte, il personale addetto ai lavori esposto al traffico dei veicoli. Il regolamento stabilisce le norme relative alle modalità ed ai mezzi per la delimitazione e la segnalazione dei cantieri, alla realizzabilità della visibilità sia di giorno che di notte del personale addetto ai lavori, nonché agli accorgimenti necessari per la regolazione del traffico, nonché le modalità di svolgimento dei lavori nei cantieri stradali". il D.P.R. n. 495 del 1992 agli artt. 30 e ss individua le modalità e gli strumenti di delimitazione e segnalazione dei cantieri tra cui rientrano anche le barriere ed altra strumentazione fissa, non facilmente amovibile. Nel caso di specie, considerata la peculiarità e la natura dello stato dei luoghi (strada in discesa aperta al traffico e in prossimità di curva) nonchè le caratteristiche del cantiere, è emersa con evidenza l'assoluta inidoneità dei mezzi predisposti dal Comune di Ponza (birilli amovibili) per delimitare l'area al fine di segnalare agli utenti la situazione di pericolo, con la conseguenza che nei rapporti interni deve essere affermata l'esclusiva responsabilità per i fatti di causa del Comune di Ponza. Per tali ragioni il Comune di Ponza dovrà tenere indenne, in caso di attuazione della condanna principale da parte del creditore nei confronti della Provincia di Latina, di qualsiasi somma versata da quest'ultima all'attrice in conseguenza del presente giudizio. Le spese processuali nei confronti di parte attrice sono a carico dei convenuti soccombenti, Comune di Ponza e Provincia di Latina, in solido tra loro e nella misura della metà; la residua metà viene compensata a cagione dell'accertato contributo causale arrecato dall'attrice alla produzione del fatto pregiudizievole. La liquidazione delle spese viene eseguita in dispositivo alla luce dei parametri di cui al regolamento emanato con il D.M. 10 marzo 2014, n. 55, con la precisazione che ci si discosta dai valori medi in ragione dell'assenza di questioni giuridiche numerose e complesse, di una preparazione e studio della causa che non può avere richiesto un impegno significativo trattandosi di un tema ormai ampiamente dibattuto e noto, di una fase istruttoria non particolarmente articolata. Le spese di consulenza tecnica, in ragione dei rilievi che precedono, devono essere poste definitivamente per la metà carico dell'attrice e per l'altra metà a carico dei convenuti Provincia di Latina e Comune di Ponza, in solido tra loro. Volgendo all'esame del merito della domanda di garanzia proposta dal Comune di Ponza nei confronti di (...) spa, in via preliminare deve affermarsi la legittimazione passiva del terzo chiamato in causa dal momento che è stato evocato in giudizio dal convenuto Comune di Ponza assicurato ai sensi dell'art. 1917 ultimo comma c.c., come risulta dalla documentazione contrattuale allegata alla comparsa di costituzione e risposta. Pertanto sulla scorta di tali premesse la (...) SPA deve essere condannata a tenere indenne il Comune di Ponza delle somme che quest' ultimo sarà chiamato a versare in forza dei motivi che precedono. P.Q.M. Il Tribunale di Cassino, sezione prima, in persona della dott.ssa Sara Lanzetta, definitivamente pronunziando, ogni diversa istanza e deduzione disattesa, così provvede: 1- Dichiara la contumacia di (...) spa; 2- accoglie per quanto di ragione la domanda proposta da (...) e, per l'effetto, accertata la corresponsabilità dell'attrice, nella misura del 50%, nella produzione del fatto per cui è causa, condanna il Comune di Ponza e la Provincia di Latina in persona del suo legale rappresentante pro tempore, a pagare, in solido tra loro, all'attrice, a titolo risarcimento dei danni, la somma di Euro 1.566,81 a titolo di danno non patrimoniale e spese, oltre interessi al saggio legale dal giorno della pubblicazione della presente sentenza al saldo; 3- condanna la Provincia di Latina e il Comune di Ponza, in solido tra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio nei confronti di parte attrice che, al netto della compensazione della metà, si liquidano in Euro 132,00 per spese ed Euro 639,00 per compensi professionali, oltre spese generali iva e cpa come per legge; 4- dichiara compensata la restante metà delle spese del presente giudizio; 5- pone le spese di ctu per metà a carico di parte attrice e per metà a carico dei convenuti, Provincia di Latina e Comune di Ponza, in solido tra loro; 6- accoglie la domanda di regresso proposta dalla Provincia di Latina nei confronti del Comune di Ponza e per l'effetto accerta e dichiara nei rapporti interni tra i due enti l'esclusiva responsabilità del Comune di Ponza per il sinistro oggetto di causa e per l'effetto condanna il Comune di Ponza a tenere indenne, in caso di attuazione della condanna principale da parte dell'attrice nei confronti della Provincia di Latina, di qualsiasi somma versata da quest'ultima a (...) in conseguenza del presente giudizio e in forza dei capi che precedono; 7- condanna (...) spa a tenere indenne il Comune di Ponza a delle somme che sarà tenuto a pagare sulla scorta dei capi che precedono. Così deciso in Cassino l'11 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 12 maggio 2023.
TRIBUNALE ORDINARIO DI CASSINO SEZIONE CIVILE AREA LAVORO E PREVIDENZA Il Tribunale di Cassino in funzione di Giudice del lavoro, nella persona del dott. Raffaele Iannucci, all'esito della trattazione cartolare ex art. 127 ter c.p.c. con termine per il deposito di note scritte sostitutive dell'udienza di discussione fissato al 3 aprile 2023, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa in materia di lavoro iscritta al n. .../2018 r.g.l. vertente TRA M.A., con l'Avv. ... - ricorrente E T.R.A., con l'Avv. ... - resistente Oggetto: lavoro domestico - accertamento subordinazione - differenze retributive - Svolgimento del processo Con ricorso ex art. 414 c.p.c., depositato in Cancelleria il 30.4.2018 e ritualmente notificato, M.A. ha esposto di avere lavorato alle dipendenze della sig.ra T.R.A. continuativamente dal febbraio 2009 al 5.2.2018; di avere prestato assistenza alla madre e al fratello della convenuta quale badante, governante e addetta alle pulizie; che la convenuta le impartiva le direttive sul lavoro da svolgere e la richiamava quando necessario; di avere lavorato, nel periodo dal 2009 al dicembre 2012, dalle ore 11.00 alle ore 16.00 di ogni giorno, domenica compresa e nel periodo successivo dalle ore 8.00 alle ore 16.00, esclusa la domenica; di avere percepito brevi manu nel primo periodo Euro 450,00 al mese e nel secondo periodo Euro 600,00 al mese; di avere svolto, in particolare, mansioni di assistenza e accudimento nelle funzioni esistenziali e di relazione della madre della convenuta, persona non autosufficiente, oltre che servizi familiari e domestici, inclusi quelli di pulizia della casa, questi ultimi anche in favore del fratello della convenuta, persona riconosciuta invalida per problemi psichiatrici; di non avere mai goduto di ferie; che la convenuta non regolarizzava il rapporto e non versava i contributi previdenziali; di essere stata licenziata verbalmente il 5.2.2018 per decisione della convenuta. Tanto premesso, la ricorrente ha dedotto di avere svolto mansioni riconducibili al profilo di collaboratore familiare, livello D super, del CCNL Lavoro domestico e di avere comunque diritto, in ragione dell'anzianità di servizio pregressa, all'inquadramento nel livello C Super dal 1.1.2013, nel livello D dal 2015 e nel livello D super dal 2017, sebbene i conteggi delle spettanze siano stati elaborati facendo riferimento, per difetto, al livello D; di avere effettuato, nel periodo in cui ha lavorato dalle ore 8.00 alle ore 16.00, otto ore di lavoro straordinario settimanale; di non essere stata retribuita per i quattro giorni lavorati a febbraio e di non avere percepito il trattamento di fine rapporto; di avere maturato, come da conteggi allegati, un credito per differenze retributive pari ad Euro 92.065,70. Alla luce di quanto esposto, dedotto ed argomentato, la ricorrente ha chiesto all'intestato Tribunale di accogliere nei confronti della convenuta T.R.A. le seguenti conclusioni: "a) accertare e dichiarare che tra la sig.ra M.A. e la sig.ra T.R.A. è intercorso un rapporto di lavoro domestico dal 1.1.2013 al 5.2.2018, con le modalità e i termini di cui alla narrativa, svolgendo mansioni corrispondenti a quelle previste nell'inquadramento a Livello D Super del CCNL Lavoro domestico applicabile, che prevede una retribuzione effettiva dovuta di Euro 7.80 per ora, oltre accessori vari; b) condannare la sig.ra T. al pagamento in favore della ricorrente, ai sensi dell'art. 2099 c.c. e 36 Cost., della totale somma di Euro 92.065,70 o altra maggior somma che risulterà dovuta in corso di causa, oltre rivalutazione monetaria ed interessi di legge, a titolo di differenze retributive, comprensive della maggiorazione prevista per lo straordinario, ratei di 13ma mensilità, festività, indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi mai goduti, e del TFR, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria del 4%, come di Legge, da calcolarsi dal dì della domanda, effettuata con nota di messa in mora del 20/02/2018 n. 443-5 ricevuta in data 22/02/2018, sino al dì del reale soddisfo; c) condannare la sig.ra T. a versare all'INPS e all'INAIL i contributi determinati, in relazione al precedente punto a), limitatamente a quelli non prescritti ed a risarcire il danno causato a parte ricorrente dall'omesso versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali di legge; d) condannare la sig.ra T. al pagamento in favore della ricorrente della ulteriore somma di Euro 10.000,00 a titolo di risarcimento del danno, subito e subendo, morale e patrimoniale, dovuto e debendo"; con vittoria di spese da distrarsi. Instaurato ritualmente il contraddittorio, si è costituita in giudizio T.R.A., chiedendo il rigetto dell'avverso ricorso in quanto inammissibile e/o nel merito infondato. Parte convenuta ha eccepito preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto estranea al rapporto intercorrente tra la ricorrente e la sig.ra V.L.. Nel merito la convenuta ha dedotto che, in considerazione del rapporto di parentela con il sig. V.P., compagno della ricorrente, la sig.ra V.L., madre di T.R.A., ha consentito alla ricorrente di frequentare occasionalmente la propria casa per motivi di reciproca compagnia e familiarità, senza instaurare alcun rapporto di lavoro subordinato; che, in particolare, la ricorrente si recava presso l'abitazione di V.L. tre o quattro volte al mese, spesso nelle ore pomeridiane secondo le disponibilità di tempo, trattenendosi per il tempo del tè o del caffè; che era la figlia della resistente a svolgere, con l'aiuto saltuario della madre, le attività di assistenza e pulizia nell'appartamento in questione. La causa è stata istruita mediante la produzione documentale delle parti, l'interrogatorio formale della convenuta e la prova per testi. All'esito dell'istruttoria le parti sono state autorizzate al deposito di note difensive autorizzate. La causa è stata infine decisa come da dispositivo in calce all'esito della trattazione cartolare ex art. 127 ter c.p.c. con termine per il deposito di note scritte sostitutive dell'udienza di discussione fissato al 3 aprile 2023. Motivi della decisione La presente controversia verte sull'accertamento del rapporto di lavoro subordinato domestico asseritamente costituitosi tra le parti, ancorché senza alcuna regolarizzazione, e del conseguente credito per differenze retributive vantato dalla sig.ra M.A. nei confronti della sig.ra T.R.A. per l'attività lavorativa svolta dalla prima in favore della seconda presso l'abitazione di V.L. e T.D., rispettivamente madre e fratello della convenuta, quale collaboratrice domestica e badante della sig.ra V., nel periodo dal 1.1.2013 al 5.2.2018. Le differenze retributive sono state rivendicate, in ragione degli orari di lavoro osservati e delle mansioni disimpegnate, ricondotte al livello D, lavoratori non conviventi (cfr. conteggi allegati al ricorso) del CCNL Lavoro domestico del 16.7.2013 (all. 1 fasc. ric.), a titolo di lavoro ordinario, lavoro straordinario, indennità sostitutiva di ferie e permessi non goduti, lavoro festivo, tredicesima mensilità, trattamento di fine rapporto. La ricorrente ha chiesto inoltre la condanna della convenuta alla regolarizzazione contributiva e al risarcimento del danno patrimoniale e morale conseguente all'inadempimento datoriale. La resistente ha eccepito preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto del tutto estranea al rapporto dedotto in causa, e nel merito ha contrastato le avverse allegazioni sostenendo che alcun rapporto di lavoro subordinato è mai venuto in essere tra le parti, atteso che la ricorrente non ha mai svolto le attività lavorative dedotte in ricorso e che comunque, ove anche tali attività fossero state saltuariamente disimpegnate, ciò è avvenuto a titolo gratuito e in cambio della compagnia e della ospitalità offerte dalla sig.ra V.L., inserendosi nel contesto di un risalente rapporto di frequentazione amicale e di cortesia tra la ricorrente e la madre della resistente, dovuto al rapporto di parentela tra il sig. V.P., convivente della ricorrente, e la sig.ra V.L., madre della resistente. Il ricorso è infondato e deve essere integralmente rigettato. Giova richiamare innanzitutto, in termini generali, il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui è possibile ritenere accertata la natura subordinata di un rapporto di lavoro soltanto ove sia dimostrata, in relazione al precipuo rapporto preso in considerazione, la sussistenza dell'elemento caratterizzante la subordinazione di cui all'art. 2094 c.c., quale l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro: la c.d. eterodirezione della prestazione lavorativa si estrinseca in disposizioni o direttive pregnanti ed assidue, in ordini specifici, reiterati ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa, attuativi di una direzione costante e cogente idonea a privare il lavoratore di qualsiasi autonomia, mentre la potestà organizzativa deve concretizzarsi in un effettivo inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale (tra le tante, Cass. civ. sez. lav. n. 15922/2020; Cass. civ. sez. lav. n. 26986/2009). Quando l'assoggettamento del lavoratore ai poteri datoriali non sia però facilmente evincibile, in virtù della difficoltà di fornirne una prova diretta o della peculiarità delle mansioni svolte, come nel caso di mansioni meramente elementari e ripetitive, dunque standardizzate, o al contrario ad elevato contenuto intellettuale, occorre fare riferimento a criteri sussidiari o complementari che possono assurgere a indici rivelatori della subordinazione. Tra questi rientrano, a titolo esemplificativo: l'assunzione del rischio d'impresa in capo esclusivamente al datore di lavoro, l'osservanza da parte del lavoratore di un orario di lavoro predeterminato, il pagamento a cadenze periodiche di una retribuzione prestabilita, l'utilizzo da parte del lavoratore di attrezzature e materiali dell'impresa, l'assenza in capo al lavoratore di una seppur minima struttura imprenditoriale (Cass. civ. sez. lav. n. 23371/2022 e precedenti conformi ivi citati). Con specifico riferimento al lavoro domestico, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha affermato che, nel caso di prestazioni lavorative effettuate tra persone legate da vincoli di parentela o affinità, ovvero rese nell'ambito di una comunità familiare, opera una presunzione di gratuità delle prestazioni, in ragione del particolare vincolo che lega i soggetti del rapporto e della comunanza spirituale ed economica tra loro esistente, posto che ogni attività oggettivamente configurabile come prestazione di lavoro subordinato può essere ricondotta ad un rapporto diverso istituito affectionis vel benevolentiae causa, caratterizzato dalla gratuità della prestazione. Quest'ultimo elemento può essere superato attraverso la prova dell'esistenza del vincolo di subordinazione, diverso dal vincolo di solidarietà ed affettività, idoneo a costituire la causa di prestazioni gratuite (Cass. civ. sez. lav. n. 12433/2015). È stato anche chiarito che, allorché la sopra menzionata presunzione di gratuità delle prestazioni lavorative fra persone legate da vincoli di parentela o affinità debba essere esclusa per l'accertato difetto della convivenza degli interessati, non opera ipso iure una presunzione di contrario contenuto, indicativa dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato. Conseguentemente, la parte che faccia valere diritti derivanti da tale rapporto ha l'onere di provare, precisamente e rigorosamente, tutti gli elementi costitutivi e, in particolare, i requisiti indefettibili della onerosità e della subordinazione (Cass. civ. sez. lav. n. 37938/2022). Tanto chiarito, nel caso di specie è rimasto incontestato il dedotto rapporto di parentela tra il convivente della ricorrente e la madre dalla resistente, confermato anche in sede di istruttoria testimoniale (D.S.P.: "V.P. è un nipote alla lontana di V.L.") e risulta altrettanto pacifico che la ricorrente non conviveva con la madre della resistente. Ne discende, alla luce dei principi sopra richiamati, che, anche a non voler ritenere operante una vera e propria presunzione relativa di gratuità delle prestazioni di lavoro domestico rese dalla ricorrente - ma comunque potendosi valorizzare il dedotto rapporto di parentela, unitamente agli ulteriori elementi emersi in istruttoria, quale elemento indiziario della c.d. affectionis vel benevolentiae causa - la lavoratrice non può certo ritenersi esonerata dal dover fornire la prova rigorosa della esistenza dei requisiti indefettibili della subordinazione. Tale prova non è stata fornita. L'istruttoria espletata ha smentito infatti l'assunto di parte ricorrente secondo cui tra le parti sarebbe stato costituito un rapporto di lavoro subordinato domestico, avente ad oggetto l'assistenza alla madre della resistente, V.L., e lo svolgimento di servizi domestici (pulizia e riassetto della casa, preparazione dei pasti) presso l'abitazione di quest'ultima e del fratello della resistente, T.D.. Non è emerso dalle deposizioni testimoniali alcuno degli indici sintomatici della subordinazione. Se si eccettuano le dichiarazioni rese da V.P., inattendibili non tanto e non solo per il vincolo affettivo con la ricorrente, con la quale convive, ma soprattutto perché de relato actoris e non frutto di personale conoscenza, nessuno dei testi escussi ha confermato l'osservanza da parte della ricorrente di un orario di lavoro cogente e dunque una sua presenza sistematica, in giorni e ore prestabiliti, nel periodo oggetto di causa (gennaio 2013 - febbraio 2018), presso l'abitazione di V.L. e T.D.. D.S.V., figlio della resistente, ha dichiarato: "La ricorrente si recava presso l'abitazione della sig.ra V.L., mia nonna, tre o quattro volte al mese. Lo so perché abito nella casa vicina e quella della sig.ra V., a circa una decina di metri...So che la ricorrente non aveva vincoli di orari e di giorni, si recava da mia nonna quando voleva lei...Da casa mia sono mancato dal 2015 al 2017, perché sono stato all'estero. Tutto quello che ho riferito riguarda il periodo antecedente al 2015 e successivo al 2017.". D.S.P., figlia della resistente, che abitava al piano superiore a quello della sig.ra V.L., sua nonna ("Io vivevo al piano di sopra rispetto a quello di mia nonna...Vi era una scala che collegava internamente i due piani che formavano un complesso unitario"), ha riferito che la ricorrente si recava presso l'abitazione della sig.ra V.L. con una frequenza maggiore rispetto a quanto dichiarato dal fratello ("La vedevo più volte in una settimana"), ma comunque al di fuori di un orario di lavoro vincolante ("la sig.ra M. si recava dalla sig.ra V.L. per scambiare un po' di chiacchiere e farle un po' di compagnia"). F.G., amico della famiglia della resistente e frequentatore quasi quotidiano dell'abitazione di D.S.V., come quest'ultimo ha dichiarato di avere visto la ricorrente frequentare la casa di V.L. "mediamente tre o quattro volte al mese" e ha altresì specificato: "La ricorrente, che io sappia, non aveva orari prestabiliti, perché la vedevo senza una frequenza fissa" Al di là della discordanza tra le dichiarazioni dei due fratelli D.S.V. e D.S.P. in merito alla frequenza delle visite della ricorrente presso l'abitazione di V.L. (una volta a settimana o poco meno per il primo, più volte in una settimana per la seconda) - la quale può anche spiegarsi alla luce della circostanza che D.S.P., vivendo al piano superiore a quello della sig.ra V.L., poteva avere contezza pressoché quotidiana e costante di tutte le visite che quest'ultima riceveva, a differenza del fratello che abitava in un diverso stabile, ancorché vicino - un dato emerge in modo inequivoco da tutte le deposizioni dei testi di parte resistente: la ricorrente non si recava presso l'abitazione della sig.ra V.L. secondo un orario prestabilito e vincolante, ma piuttosto nella logica di visite spontanee effettuate per cortesia e per reciproco piacere e intrattenimento, ed in tale contesto potevano, sempre a titolo di cortesia, essere occasionalmente e sporadicamente disimpegnati dalla ricorrente servizi domestici (lavaggio dei piatti, effettuazione pulizie), senza però la sistematicità che contraddistingue una prestazione di lavoro subordinato, atteso che a tali incombenze provvedevano invece prevalentemente la resistente e la figlia della stessa e che la sig.ra V.L., sino al momento del decesso, era lucida e in grado di autodeterminarsi. Il teste D.S.V. ha dichiarato: "Le volte in cui ero presente in casa di mia nonna, non ho mai visto la ricorrente svolgere attività di pulizia o di riassetto della casa, e neppure prendersi cura di mia nonna, che è rimasta lucida sino al momento del decesso. Le vedevo invece chiacchierare o comunque prendere un caffè. Io mi recavo a casa di mia nonna quotidianamente ed in nessuna di queste occasioni ho visto la ricorrente lavorare... Confermo che mia madre, la resistente, frequentava quotidianamente casa di mia nonna, anche perché mia sorella vive al piano di sopra, collegato da una semplice scala interna. Poteva capitare che mia sorella, D.S.P., chiedesse a mia nonna se avesse bisogno di qualcosa, ma ripeto, mia nonna è stata lucida e autosufficiente fino alla fine. Confermo che mia nonna ha consentito alla ricorrente di entrare in casa proprio per ragioni di reciproca compagnia. Confermo che l'abitazione della ricorrente e quella di mia nonna sono distanti un centinaio di metri. Ho visto mia madre svolgere faccende domestiche a casa di mia nonna. Mia nonna non era sulla sedia a rotelle. Era in grado di camminare da sola. Era in grado di badare a sé stessa e non necessitava di assistenza". Analogamente, il teste F.G.: "Sono stato frequentemente nella casa di V.L., perché al piano di sopra abitava D.S.P., sorella di D.S.V. entrambi nipoti della sig.ra V. (nonna). In tali occasioni vedevo la signora M., abbiamo anche preso il caffè insieme. Non l'ho mai vista occuparsi di faccende domestiche, si è limitata a preparare il caffè quando lo abbiamo preso insieme. La sig.ra V. era autonoma, camminava. Stiamo parlando del periodo dal 2009 fino al 2019, anno in cui è deceduta la sig.ra V.L., nel mese di gennaio... Preciso che la sig.ra M. abita in un immobile poco distante dalla casa della sig.ra V.L. e capitava che quando era fuori il sig. V.P., cugino della sig.ra V.L., la sig.ra M. si recava dalla sig.ra V.L. per scambiare due chiacchiere e farle un po' di compagnia. Mi è capitato spesso di vedere T.R.A. nella abitazione di V.L.. Mi è capitato di vedere la sig.ra T.R.A., figlia della sig.ra V.L. e anche la figlia D.S.P. (nipote della sig.ra V.L.), che abitava al piano di sopra, occuparsi spesso e volentieri di faccende domestiche. La frequentazione di T.R.A. presso la casa della madre era quotidiana. La stessa non ha mai lavorato e ha sempre svolto attività di casalinga. La sig.ra V.L. era in grado di camminare da sola, non l'ho mai vista con una sedia a rotelle Era lucida e in grado di prendere decisioni da sola, ci parlavamo". Il teste D.S.P. ha così dichiarato: "La ricorrente è stata sempre a casa di mia nonna, la trovavo a casa di mia nonna a chiacchierare, a vedere Beautiful o comunque la televisione, recitavano il rosario insieme. La vedevo più volte in una settimana. Capitava anche che, in estate, usasse per lavarsi il bagno della casa di mia nonna. Lei era una "nipote acquisita", in quanto V.P. è il compagno della sig.ra M.. V.P. è un nipote alla lontana di V.L., la chiamava "zia". Per il rapporto che c'era tra la ricorrente e V.L., la sig.ra M. si occupava di lavare i piatti, raramente mi è capitato di vederla spazzare a terra. Non ho visto la ricorrente preparare pranzo o cena, me ne occupavo io. Mia nonna non era in grado di camminare. Non aveva una sedia a rotelle ma soffriva di morbo di Parkinson e diabete, quindi aveva difficoltà a deambulare. Ho visto che la sig.ra M. aiutava mia nonna ad andare in bagno. Ero io ad occuparmi delle pulizie di casa... La sig.ra V.L. era lucida ed in grado di decidere da sola ed è rimasta tale fino al momento del decesso, nel febbraio 2019, a causa di un ictus fulminante. Confermo che la ragione per cui la sig.ra V.L. consentiva alla sig.ra M. di frequentare la propria abitazione era esclusivamente per reciproca compagnia. La casa della sig.ra M. era distante un centinaio di metri da quella di mia nonna. È capitato che la ricorrente, in occasione della rottura della sua lavatrice, ha lavato i panni utilizzando la mia lavatrice. È capitato che per due o tre anni, mancandole l'acqua nel periodo estivo, la ricorrente ha utilizzato il mio bagno". Le deposizioni rese da quest'ultimo teste risultano particolarmente attendibili sia perché estremamente precise e circostanziate sia perché rese da una persona che aveva una conoscenza diretta e quotidiana, "dall'interno", di tutto quanto avveniva nella abitazione della sig.ra V.L.. I testi della ricorrente, sulla quale grava l'onere di provare gli elementi costitutivi della subordinazione, anche per inferenza dai suoi indici sintomatici, hanno reso dichiarazioni inidonee a smentire quanto dichiarato dai testi addotti dalla controparte, specie con riguardo alla natura amicale dei rapporti intercorrenti tra la ricorrente e la madre della resistente, all'inesistenza di un cogente orario di lavoro, alla effettuazione di attività domestiche a titolo di cortesia. Nessuno di tali testi, inoltre, ha operato il benché minimo accenno a direttive impartite alla ricorrente sul lavoro da svolgere da parte della resistente o in sua vece. L'unica circostanza riferita non de relato actoris da V.P., quella di avere accompagnato a lavoro la ricorrente la mattina alle 8.00 e di essere andato a prenderla il pomeriggio alle 16.00, non è significativa sotto il profilo probatorio, sia per l'indeterminatezza dei riferimenti temporali, che lascia supporre il carattere del tutto sporadico della circostanza riferita, nell'ambito di un rapporto che nella prospettazione della ricorrente è durato anni ("Mi è capitato in diverse occasioni, o quando vi era maltempo o quando faceva freddo o quando si era rotto il motorino con cui la ricorrente andava a lavoro, di accompagnarla") sia, soprattutto, perché il teste non aveva alcuna conoscenza diretta dell'attività che la ricorrente svolgeva presso l'abitazione di V.L. e, in definitiva, dei reali motivi per cui vi si recasse, salvo ciò che la ricorrente stessa gli riferiva ("A quanto ne so la ricorrente preparava da mangiare, puliva la casa, tagliava i capelli alla madre della resistente V.L. e al fratello della resistente T.D.. Lo so perché me lo ha riferito la ricorrente...Non mi è mai capitato di accompagnare la ricorrente a svolgere incombenze per la madre o il fratello della resistente"). Il teste, inoltre, non ha mai visto effettuare direttamente pagamenti nelle mani della ricorrente da parte della resistente. La circostanza riferita è infatti frutto di una mera deduzione del teste ("So che la resistente pagava in contanti la ricorrente, vedevo infatti quest'ultima portare i soldi a casa"), evidentemente e ancora una volta condizionato da quanto riferito dalla stessa ricorrente. L'altro teste di parte ricorrente, S.L., ha riferito di aver visto la ricorrente presso l'abitazione di V.L. effettuare le pulizie, cucinare, somministrare le medicine a quest'ultima quando si recava presso tale abitazione per consegnare alla ricorrente prodotti per la pulizia della casa e dell'igiene personale. Tuttavia, per sua stessa ammissione, le consegne avvenivano solo con cadenza settimanale o addirittura bisettimanale ("consegnavo i prodotti a volte una volta alla settimana altre volte una volta ogni quindici giorni"), in un arco temporale che è rimasto indeterminato ("sono andata ad effettuare le consegne fino a un po' di tempo prima dell'inizio della pandemia da COVID, non so essere più precisa e non so dire a partire da quando"), trattenendosi in casa solo per "pochi minuti" e senza aver "mai visto effettuare un pagamento alla ricorrente". Ne discende che, anche in questo caso, la dichiarazione del teste secondo cui la ricorrente lavorava tutti i giorni risulta il frutto di una deduzione personale, tratta dalla constatazione di aver visto la ricorrente intenta in incombenze domestiche quando, settimanalmente o ogni quindici giorni, si tratteneva per pochi minuti in casa della sig.ra V.L. per la consegne dei prodotti per la casa, senza peraltro essere in grado di fornire elementi idonei a dimostrare che quei servizi domestici, contrariamente a quanto dichiarato dai testi di parte resistente, erano resi in via sistematica, nell'osservanza di orari vincolanti e, soprattutto, erano retribuiti e non resi a titolo di cortesia. Conclusivamente, nessuno dei testi di parte ricorrente è stato in grado di confermare l'osservanza di un preciso e vincolante orario di lavoro da parte della ricorrente, la soggezione alle direttive - sia pure generali - della resistente, la corresponsione in suo favore di una retribuzione periodica per l'attività svolta presso l'abitazione di V.L.. Il quadro fattuale emergente dall'istruttoria appare allora compatibile, tuttalpiù, con lo svolgimento meramente sporadico e saltuario, da parte della ricorrente, di singoli servizi domestici, eventualmente remunerati nelle singole occasioni in cui sono stati resi, nel contesto di una frequentazione abituale dell'abitazione della madre e del fratello della resistente per ragioni di buon vicinato, di amicizia e di reciproca cortesia, dove lo spartiacque tra singole prestazioni di lavoro domestico sporadicamente rese e remunerate e prestazioni rese a titolo gratuito per le summenzionate ragioni non può essere tracciato in modo netto, anche sotto il profilo temporale, così da rendere la fattispecie del tutto insuscettibile di essere ricondotta alle cadenze di un'attività lavorativa sistematica, scandita secondo la regolarità di un orario cogente e da direttive - ancorché di massima - impartite, a fronte di una retribuzione periodicamente corrisposta, e dunque allo schema - sia pure desunto da indici sintomatici - della eterodirezione della prestazione lavorativa ex art. 2094 c.c. Dal mancato assolvimento dell'onere della prova degli elementi costitutivi del rapporto di lavoro subordinato, gravante sulla lavoratrice secondo lo schema di riparto dei carichi probatori di cui all'art. 2697 c.c., discende l'insussistenza dei crediti azionati, ivi compresi quelli risarcitori, che da tale indimostrato rapporto di lavoro traggono titolo, e per conseguenza l'integrale rigetto del ricorso. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono poste a carico della parte ricorrente nella misura indicata in dispositivo ai sensi ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto dei criteri generali di cui all'art. 4 del predetto decreto e delle tabelle allegate (cause di lavoro, valore indeterminabile con applicazione dello scaglione compreso tra Euro 26.000,01 ed Euro 52.000,00, parametri minimi per tutte le fasi). P.Q.M. definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa così provvede: ? rigetta integralmente il ricorso; ? condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte resistente le spese di giudizio, che liquida in Euro 4.628,50, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, CPA, IVA. Così deciso in Cassino, il 4 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 4 aprile 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI CASSINO SEZIONE PENALE in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott.ssa Assunta Tillo, alla pubblica udienza del 11.1.2023 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nato a (...) il (...) e residente a M., in via A. n. 37 (domicilio dichiarato) -libero presente- Difeso di fiducia dall'Avv. Ma.Pe. del Foro di Cassino IMPUTATO A) del reato di cui all'art. 572 c.p. per avere, con una pluralità di azioni vessatorie sia morali che fisiche, maltrattato la compagna convivente (...), ponendo in essere nei suoi confronti, a causa dell'eccessiva gelosia e dell'abuso di sostanze alcoliche, una condotta abituale estrinsecatasi in più azioni, quali minacce, ingiurie (del tipo "puttana, zoccola") e violenze fisiche (schiaffi e forti spintoni), condotte che pur se realizzate in momenti successivi, sono risultate collegate da un nesso di abitualità ed avvinte nel loro svolgimento da un'unica intenzione criminosa di ledere l'integrità psicologica, morale e fisica della compagna, al punto da renderle del tutto impossibile la convivenza, costringendola ad abbandonare l'abitazione familiare; in particolare, e a mero titolo esemplificativo, pochi mesi dopo la nascita della figlia (nata il (...)), nel corso di un litigio per futili motivi la colpiva con due schiaffi al volto; nel luglio del 2020, dopo trovato una foto sul cellulare della compagna che la stessa aveva inviato ad un amico, la tirava giù dal letto, dove la (...) stava dormendo, e la cominciava a picchiare, oltre a distruggerle il cellulare; nel novembre del 2020, sempre per ragioni di gelosia, la colpiva con alcuni schiaffi al volto cagionandole le lesioni indicate nel capo di imputazione B). Fatto commesso in Minturno, dal 2019 al 22 novembre 2020 (data di presentazione della querela). B) del reato di cui agli artt. 61 n. 2, 582, 585 in relazione all'art. 577 c.p. perché nel corso dell'ennesimo litigio per ragioni di gelosia, colpiva (...) con tre schiaffi al volto cagionandole lesioni personali consistite in "contusione mandibola destra" da cui è derivata una malattia guaribile in sei giorni. Fatto commesso in Valle Rotonda il 21 novembre 2020. con l'assistenza del cancelliere, con l'intervento del V.P.O. in persona del Dr. (...) e del difensore dell'imputato SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto emesso in data 9.11.2021 e depositato il 16.11.2021, il Giudice dell'udienza preliminare ha disposto il giudizio nei confronti dell'odierno imputato per rispondere dei reati descritti nel capo di imputazione riportato in epigrafe. Il processo si è svolto in 3 udienze. Alle prime due udienze il processo è stato rinviato dinanzi al giudice assegnatario del procedimento, secondo le tabelle organizzative del Tribunale vigenti. All'ultima udienza del 11.01.2023, il giudice, verificata la regolare costituzione delle parti, ha dichiarato aperto il dibattimento dando lettura del capo di imputazione ed ammettendo le prove richieste dalle parti. (...) stata escussa la persona offesa (...), la quale ha dichiarato espressamente di voler rimettere la querela per il reato di cui al capo B) e contestualmente l'imputato, presente in aula, ha dichiarato di accettare la remissione di querela. Il PM ha rinunciato all'escussione del teste (...), il giudice, nulla opponendo le altre parti, ne ha revocato l'ordinanza ammissiva. Terminata l'assunzione delle prove, il giudice ha dichiarato chiusa l'istruttoria dibattimentale ed invitato le parti alla discussione, le parti hanno concordato su tale rilievo rassegnando le conclusioni riportate in epigrafe. Il giudice, esaurita la discussione, decideva dando lettura del dispositivo riservandosi gg. 45 per il deposito della motivazione atteso il carico del ruolo. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente, deve rilevarsi che il reato p. e p. dagli artt. 582, 585 in relazione all'art. 577 c.p., come contestato al capo b), è procedibile a querela di parte, in virtù dell'estensione del regime di procedibilità a querela di parte operata dal D.Lgs. n. 150 del 2022 che, inoltre, all'art. 85 ha previsto l'applicazione retroattiva del regime più favorevole, in linea con il quadro del diritto vivente da tempo consolidato nel ritenere che le modifiche del regime di procedibilità siano riconducibili alla disciplina in tema di successione di leggi penali di cui all'art. 2 c.p., ciò sul presupposto che la querela è istituto di "natura mista, sostanziale e processuale..., che costituisce nel contempo condizione di procedibilità e di punibilità" (v. già Cass., Sez.. III, 8.7.1997, n. 2733, Ru. 209188 e, da ultimo, Cass., Sez. II, 9.1.2020, n. 14987, Rv. 279197). Nel caso che ci occupa è applicabile l'art. 2, co. 4 c.p. in quanto la modifica del regime di procedibilità, integrante una lex mitior per il soggetto agente, è sopravvenuta dopo la commissione de! reato, prima della formazione del giudicato. Per l'effetto, nel caso di specie, risulta altresì dagli atti del procedimento che la persona offesa ha espresso formalmente la volontà di rimettere la querela in pubblica udienza dell'11.1.2023; contestualmente l'imputato ha accettato la remissione della querela proposta nei suoi confronti. Alla luce di quanto appena esposto, dunque, poiché il reato contestato all'imputata è procedibile a querela di parte, si deve ritenere verificato l'effetto estintivo di cui al combinato disposto degli artt. 152 e 15.5 del codice penale. Nei confronti dell'imputato si impone, pertanto, per il delitto di cui al capo b) dell'imputazione sentenza di non doversi procedere perché il reato è estinto per intervenuta remissione di querela. Le spese del procedimento restano a carico del querelato, come previsto dall'art. 340, comma 4, c.p.p., in mancanza di diverso accordo tra le parti. Con riferimento al delitto di maltrattamenti contestato al capo a), il cui regime di procedibilità è rimasto immutato, l'imputato deve essere prosciolto dai reati a lui ascritti per le ragioni di fatto e di diritto di seguito indicate. Giova preliminarmente osservare che, per la configurabilità di tale delitto occorre una condotta abituale che si estrinsechi in una pluralità di atti lesivi, dell'integrità fisica o della libertà o del decoro del soggetto passivo nei confronti del quale viene così posta in essere una condotta di sopraffazione sistematica. Tali atti devono essere realizzati in momenti successivi e in un arco di tempo apprezzabile e devono altresì essere collegati da un nesso di abitualità, ossia avvinti da un'unica intenzione criminosa di ledere l'integrità fisica e morale del soggetto passivo (cfr. Cass. 24.09.1996, n. 8618; Cass. 28.02,1992, n. 2130). 11 reato di cui all'art. 572 c.p. è infatti un reato abituale che richiede "la sussistenza di una sene di fatti, i quali, isolatamente considerati potrebbero anche non costituire reato, ma che rinvengono la ratio dell'antigiuridicità penale nella loro reiterazione che si protrae nel tempo e nella persistenza dell'elemento intenzionale" (Cass. 13.03.1987, n. 3032). E' proprio tale reiterazione e tale unificazione delle condotte mediante l'unitaria intenzione del loro autore di infliggere sofferenze fisiche e morali ai familiari e di creare un clima familiare sostanzialmente insopportabile, che valgono a differenziare il delitto di cui all'art. 572 c.p. dai singoli o anche reiterati episodi di violenza, minaccia o ingiuria che possono manifestarsi nel menage familiare senza però integrare necessariamente e automaticamente il delitto di maltrattamenti. L'elemento psicologico, infatti, si concretizza in modo unitario e uniforme che deve evidenziare nell'agente una grave intenzione di avvilire e sopraffare la vittima e ricondurre ad unità i vari episodi di aggressione alla sfera morale e materiale di quest'ultima (cfr Cass. Sez. VI, 08.01.2004 n. 4933). Proprio per queste ragioni, la fattispecie di maltrattamenti non è esclusa dalla intermittenza tra periodi di aperta patologia della relazione familiare e periodi di maggiore equilibrio, sempre che la loro reiterazione sia tale da determinare, con continuità, uno stabile stato di sofferenza della relazione familiare. Il dolo, corrispondentemente, non è integrato solo quando l'agente abbia programmato una serie continua di prevaricazioni, essendo sufficiente che l'agente si renda conto di provocare una protratta condizione di disagio della vittima, quale effetto della propria persistente attività vessatoria (tra le molte, Sez. 6, Sentenza n. 16836 del 18/02/2010, rv. 246915; Sez. 6, Sentenza n. 25183 del 19/06/2012, rv. 253042). Ritenuto pacifico che "il delitto di maltrattamenti in famiglia è configuratile anche in danno di una persona legata all'autore della condotta da una relazione sentimentale, che abbia comportato un'assidua frequentazione della di lei abitazione, trattandosi di un rapporto abituale tale da far sorgere sentimenti di umana solidarietà e doveri di assistenza morale e materiale" (Sez. 5, Sentenza n. 24688 del 17/03/2010, rv. 248312), nel caso di specie, invero, le manifestazioni di violenza e sopraffazione dell'imputato in danno della compagna appaiono frutto di una transitoria situazione di conflittualità e non assolutamente riconducibili ad un vero e proprio sistema di vita di relazione abitualmente avvilente instaurato consapevolmente dall'imputato. La ricostruzione dei fatti fornita dalla persona offesa nel corso della sua deposizione è stata molto generica sia nella descrizione dei vari episodi sia nella collocazione temporale degli stessi: la conflittualità era dovuta sostanzialmente alla gelosia reciproca e gli episodi si sono rivelati sporadici né la p.o. era stata intimorita dagli stessi e dal proprio compagno; né sono emersi elementi che rendano plausibile una diversa ricostruzione. Il materiale probatorio raccolto non può costituire prova sufficiente dei fatti di cui all'imputazione e quindi non decisiva ai fini della affermazione della penale responsabilità. In definitiva, le risultanze dell'istruttoria dibattimentale, globalmente valutate, non consentono di pervenire alla prova della responsabilità dell'imputato e impongono di concludere per l'insussistenza del delitto di maltrattamenti. Si indica in giorni 45 il termine per il deposito della motivazione atteso il carico del ruolo. P.Q.M. Visto l'art. 530 c.p.p., assolve (...) dal reato p. e p. dall'art. 572 c.p. di cui al capo a) a lui ascritto perché il fatto non sussiste; Visti l'art. 531, comma 1 c.p.p., dichiara non doversi procedere nei confronti di (...) per essere il reato p. e p. dall'art. 582, 585 in relazione all'art. 577 c.p., 61 n. 2 di cui al capo b) a lui ascritto estinto per intervenuta remissione di querela; Ai sensi dell'articolo 340 c.p.p., pone le spese del procedimento a carico del querelato; Visto l'art. 544 c.p.p., indica il termine di gg. 45 per la redazione dei motivi. Così deciso in Cassino l'11 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria l'8 febbraio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CASSINO - RITO ORDINARIO - Il GIUDICE del TRIBUNALE di CASSINO - dott.ssa Martina Di Fonzo - all'udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2023 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo e della motivazione contestuale la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nato a M. E (...) ed ivi residente in via M. della F., nr. 13 (ove ha dichiarato domicilio); Libero, assente Difeso di fiducia dall'avv. Ma.Si., del Foro di Latina. IMPUTATO "Dei delitto di cui cigli artt.81 cpv, 572 c.p. perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, maltrattava la moglie (...) insultandola frequentemente con frasi quali " sei una stupida non riesci neanche a mettere la benzina stronzo, zoccola, sei una ladra, zoccola, sei una femmina di merda, puttana, troia, vai in giro a trovare i tuoi amanti, devi morire, ecc. " minacciandola e picchiandola frequentemente anche davanti alle figlie con schiaffi tanto da cagionarle un "Trauma contusivo facciale", stringendole le mani al collo, umiliandola ed offendendola per come gestisce la casa; rompendo con pugni la porta della stanza delle figlie, minacciandola di morte, instaurando un rapporto conflittuale, violento e mortificante per la moglie costringendola ad abbandonare temporaneamente la casa coniugale. Fatti commessi in Minturno dal 2008 condotta perdurante sino alla data di presentazione della querela 16 Marzo 2018"; SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto in data 26.3.2019, il Giudice dell'udienza preliminare di Cassino ha disposto il giudizio di (...) per rispondere dei reati riportati in epigrafe. Verificata la regolare instaurazione del contraddittorio, all'udienza del 13.10.2021 è stato aperto il dibattimento e sono state ammesse le prove richieste dalle parti. Il 12.12.2022 è stata sentita la persona offesa, (...) Il difensore ha prodotto il verbale di remissione e di contestuale accettazione della remissione di querela. Il P.M. ha rinunciato ai residui testi di lista, che sono stati revocati per manifesta superfluità. Il 30.1.2023, si è tenuta la discussione, al cui esito il Tribunale ha pronunciato sentenza come da dispositivo, di cui è stata data lettura in aula. MOTIVI DELLA DECISIONE L'istruzione espletata non ha offerto adeguato riscontro alla prospettazione accusatoria. La persona offesa dal reato, (...) ha dichiarato che, nell'ambito della convivenza coniugale, ha lei e il (...) vi erano stati attriti e discussioni, conditi da reciproche aggressioni verbali. L'ultimo alterco risaliva al 2018, quando il (...), apparso particolarmente nervoso già nel corso della settimana, si alterò a fronte di una sua richiesta di denaro pei' benzina e parrucchiere. L'unica aggressione fisica si era invece consumata nel 2008, quando l'imputato l'aveva afferrata per il collo, nell'ambito di una lite insorta sempre per problemi economici. Escludendo di avere mai temuto per la propria incolumità, ha riferito che, al di là di questi fatti isolati, negli anni aveva vissuto con serenità il ménage coniugale (pag. 7). Dopo avere seguito un percorso di terapia di coppia, i rapporti tra i coniugi erano tornati sereni. Data la suesposta ricostruzione del quadro probatorio, deve concluderai per la mancata emersione di sufficienti elementi che fondino una pronuncia di penale responsabilità in relazione alla fattispecie di cui all'art. 572 c.p. Occorre osservare che nel reato di maltrattamenti l'oggetto giuridico non è costituito solo dall'interesse dello Stato alla salvaguardia della famiglia da comportamenti vessatori e violenti, ma anche dalla difesa dell'incolumità fisica e psichica delle persone indicate nella nonna, interessate al rispetto della loro personalità nello svolgimento di un rapporto fondato su vincoli familiari, dovendosi escludere che la compromissione del bene protetto si verifichi in presenza di semplici fatti che ledono ovvero mettono in pericolo l'incolumità personale, la libertà o l'onore di tura persona della famiglia, essendo necessario, per la configurabilità del reato, che tali fatti siano la componente di una più ampia ed unitaria condotta abituale, idonea a imporre un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile (cfr. Cass., Sez. 6, n. 37019 del 27/05/2003). Nel caso di specie, a natura occasionale dei contrasti non valse a determinare uno stato di prostrazione ed assoggettamento della persona offesa, che con le sue dichiarazioni ha delineato un quadro di conflittualità, contenuta in un ambito di sporadiche e reciproche aggressioni verbali. Come noto, secondo condivisibile indirizzo di legittimità, "in tema di maltrattamenti in famiglia. integra gli estremi del reato la condotta di chi infligge abitualmente vessazioni e sofferenze, fisiche o morali, a un'altra persona, che ne rimane succube, imponendole un regime di vita persecutorio e umiliante, che non ricorre qualora le violenze, le offese e le umiliazioni siano reciproche, con un grado di gravitò e intensità equivalenti" (cfr. Cass., Sez. 6, n. 4935 del 23/01/2019. Rv. 274617), e ciò in quanto la natura "paritaria" del conflitto conduce inevitabilmente ad escludere lo stato di soggezione di una delle due parti rispetto all'altra (cfr. Cass., Sez. 6, n. 6126 del 09/10/2018 Rv. 275033). Il dato, unito alla occasionalità dell'unica e risalente aggressione fisica in danno della p.o. (occorsa nel 2008) e alla successiva riappacificazione fra i coniugi, con ripristino di una civile convivenza, non consente di sussumere la fattispecie concreta nell'alveo di tipicità della nonna incriminatrice. In conclusione, deve riconoscerei che l'istruttoria non ha permesso di rilevare, al di là di ogni ragionevole dubbio, se si fosse concretamente instaurato, nel tessuto endofamiliare, quel regime quotidiano di vita contraddistinto da violenza e sopraffazione in cui consiste il reato di cui all'art. 572 c.p., con la conseguenza che (...) deve essere mandato assolto dal reato a lui ascritto, ai sensi dell'art. 530 secondo comma c.p.p., perché il fatto non sussiste. Su altro piano, va dato atto che il "trauma contusivo facciale", cagionato dall'aggressione del (...) e sussumibile nella fattispecie di lesioni lievissime, risulta perseguibile a querela di parte che, nella specie, è stata rimessa già nel 2009, con contestuale accettazione della remissione da parte dell'imputato. Ne consegue una declaratoria di improcedibilità per essere il reato estinto ex art. 152 c.p.. Detta pronuncia prevale sul rilievo della prescrizione, atteso che, nel concorso tra cause estintive del reato, deve aversi riguardo a quella intervenuta in precedenza (da ultima Cass., Sez. 5, Sentenza n. 15109 del 18/02/2020. Rv. 279079). In base all'art. 340 c.p.p., in mancanza di un diverso accordo delle parti, l'imputato va condannato ai pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Visto l'art. 530 comma 2 c.p.p., assolve (...) dal reato di cui all'art. 572 c.p. a lui ascritto perché il fatto non sussiste. Visti gli artt. 152 c.p. e 531 c.p.p., dichiara non doversi procedere nei confronti di (...) perché il reato di lesioni a lui ascritto è estinto per remissione di querela Visto l'art. 340 c.p.p., condanna l'imputato al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Cassino il 30 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CASSINO - RITO ORDINARIO - Il GIUDICE del TRIBUNALE di CASSINO - dott.ssa Martina Di Fonzo - all'udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2023 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nato a F. il (...) e residente a G., in piazza del P., nr. 12 (ove ha dichiarato domicilio); libero, assente difeso di fiducia dall'avv. Da.Ma. del Foro di Latina. IMPUTATO "in ordine al reato di cui all'art. 61 n. 11 quinquies. 572, 1 0 comma c.p. per avere maltrattato la propria moglie C.U.E. sottoponendola ad atti, di violenza fisica, morale e psicologica, in Particolare in un'occasione la minacciava di picchiarla brandendo nei suoi confronti un manico di scopa, in altra occasione, nonostante la Presenza dei figli minori (...) e (...) rispettivamente di anni cinque e di anni due, Proferiva nei suoi confronti l'espressione "ti sfondo" colpendola nel contempo con violenti calci con scarpe anti - infortunistiche così da provocarle escoriazioni ed ecchimosi alla gamba destra, in almo episodio, alfine di sfogare la sua rabbia spaccava un quadro e danneggiava un mobiletto davanti ai predetti figli minori che assistevano impauriti alla sua condotta, nel complesso umiliandola e assumendo una condotta abitualmente vessatoria tale da tale provocarle uno stato di prostrazione fisica e psichica e tale da farle temere Per la propria incolumità psico -fisica e per quella dei suoi figli. Con l'aggravante di aver commesso il fatto in Presenza di minori di anni 18. In Formia, dal dicembre 2017 almeno fino al 15.02.2018 (data della denuncia)" SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto in data 15.12.2020, il Giudice dell'udienza preliminare di Cassino ha disposto il giudizio di (...) per rispondere dei reati riportati in epigrafe. All'udienza del 17.1.2022, dichiarata l'assenza dell'imputato, è stato aperto il dibattimento e sono state ammesse le prove richieste dalle patti. Il 19.9.2022, si è proceduto ad assumere la deposizione della persona offesa, (...), che ha dichiarato di voler rimettere la querela presentata il 15.2.2018. Il difensore dell'imputato, munito di procura speciale, ha dichiarato di accettare la remissione. All'esito, il P.M. ha dichiarato di rinunciare ai residui testi di lista, che sono stati revocati per manifesta superfluità Quindi, all'udienza del 30.1.2022, si è tenuta la discussione, al cui esito il Tribunale ha pronunciato sentenza come da dispositivo, di cui è stata data lettura in aula. MOTIVI DELLA DECISIONE L'istruzione espletata non ha offerto adeguato riscontro alla prospettazione accusatoria La persona offesa dal reato, (...) ha dichiarato di avere sposato l'odierno imputato nel 2010. Dopo anni di serena convivenza, l'ultimo periodo di crisi coniugale - cui fecero seguito la separazione ed il divorzio - era stato particolarmente burrascoso. Invero, tra il dicembre 2017 e il febbraio 2018, si verificarono dei litigi, dovuti al nervosismo di entrambi e consistiti in reciproche aggressioni verbali. Nell'ultima occasione di contrasto, i toni si accesero quando esortò l'imputato ad uscire dall'abitazione. Ha escluso di essersi mai sentita soggiogata dall'ex coniuge (pag. 6 "non ha avuto paura di lui" "no") con il quale, ad ogni modo, dopo breve tempo i rapporti erano tornati nei ranghi della civiltà Data la suesposta ricostruzione del quadro probatorio, deve concludersi per la mancata emersione di sufficienti elementi che consentano di fondare una pronuncia di penale responsabilità dell'odierno imputato in relazione alla fattispecie di maltrattamenti. Occorre osservare che, nel reato di cui all'art. 572 c.p., l'oggetto giuridico non è costituito solo dall'interesse dello Stato alla salvaguardia della famiglia da comportamenti vessatori e violenti, ma anche dalla difesa dell'incolumità fisica e psichica delle persone indicate nella nonna, interessate al rispetto della loro personalità nello svolgimento di un rapporto fondato su vincoli familiari, dovendosi escludere che la compromissione del bene protetto si verifichi in presenza di semplici fatti che ledono ovvero mettono in pericolo l'incolumità personale, la libertà o l'onore di una persona della famiglia, essendo necessario, per la configurabilità del reato, che tali fatti siano la componente di una più ampia ed unitaria condotta abituale, idonea a impone un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile (cfr. Cass., Sez. 6, n. 37019 del 27/05/2003). Nel caso di specie, sono le stesse dichiarazioni della persona offesa ad avere delineato, quanto al breve periodo in contestazione pari a circa due mesi, un quadro di conflittualità dovuta alla mancata accettazione della crisi coniugale da parte di entrambi e contenuta in LUI ambito di reciproche aggressioni verbali. Come noto, secondo condivisibile indirizzo di legittimità, "in tema di maltrattamenti in famiglia, integra gli estremi del reato la condotta di chi infligge abitualmente vessazioni e sofferenze, fisiche o morali, a un'altra persona, che ne rimane succube, imponendole un regime di vita persecutorio e umiliante, che non ricorre qualora le violenze, le offese e le umiliazioni siano reciproche, con un grado di gravità e intensità equivalenti" (cfr. Cass., Sez. 6, n. 4935 del 23/01/2019, Rv. 274617), e ciò in quanto la natura "pantana" del conflitto conduce inevitabilmente ad escludere lo stato di soggezione di una delle due parti rispetto all'altra (cfr. Cass., Sez. 6, n. 6126 del 09/10/2018 Rv. 275033). Tali coordinate ermeneutiche ben si attagliano alla vicenda in giudizio, ove manca una prova certa della condizione di sudditanza e prostrazione della persona offesa. Conclusivamente, poiché l'istruttoria non ha permesso di accertare, al di là di ogni ragionevole dubbio, l'abituale consumazione da parte del T. di condotte vessatorie idonee ad instaurare in ambito familiare quel regime quotidiano di vita contraddistinto da violenza e sopraffazione, in cui consiste il reato di cui all'alt. 572 c.p., questi deve essere mandato assolto, ai sensi dell'art. 530 secondo comma c.p.p., perché il fatto non sussiste. Quanto alle contestate "escoriazioni ed ecchimosi alla gamba destra", sussumibili nella fattispecie di lesioni lievissime - mancando prova di una durata superiore ai venti giorni - è sufficiente rilevarne la perseguibilità a querela di palle che, nella specie, è stata rimessa, con successiva accettazione della remissione da parte del procuratore speciale dell'imputato. Ne consegue una declaratoria di improcedibilità per essere il reato estinto ex art. 152 c.p. In base all'art. 340 c.p.p., in mancanza di un diverso accordo delle parti, l'imputato va condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Visto l'art. 530 comma 2 c.p.p., assolve (...) dal reato di maltrattamenti in famiglia a lui ascritto, perché il fatto non sussiste. Visti gli artt. 152 c.p. e 531 c.p.p., dichiara non doversi procedere nei confronti di (...) perché il reato di lesioni a lui ascritto è estinto per intervenuta remissione di querela. Visto l'art. 340 c.p.p., condanna l'imputato al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Cassino il 30 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI CASSINO SEZIONE PENALE in composizione monocratica, nella persona del giudice Dott. Antonio Gavino Falchi Delitala, all'esito dell'udienza del giorno 2 febbraio 2023, ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente SENTENZA nel procedimento penale iscritto al n. 676/2020 del Registro Generale del Dibattimento nei confronti di (...), nato a F. (L.) il (...), elettivamente domiciliato a M. (F.) in via P. A. n. 25, difeso di fiducia dall'Avv. Ro.Pa. del Foro di Cassino LIBERO ASSENTE IMPUTATO (come da decreto di citazione a giudizio) Per il reato p. e p. dall'art. 186, co. 2, lett. c), D.Lgs. n. 285 del 1992, per aver circolato alla guida del veicolo DAEWOO Matiz targata (...), in stato di ebbrezza, in conseguenza dell'assunzione di sostanze alcooliche, come accertato a mezzo di prelievo ematico presso la struttura sanitaria, "(...)", che ha evidenziato un tasso alcolemico pari a 2,5 g/l, a fronte di un limite massimo pari a 0,8 g/l, con l'aggravante di aver causato un incidente stradale. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. Con decreto di citazione a giudizio del 29.10.2020, (...) è stato citato a giudizio dinanzi a questo Tribunale per rispondere del delitto descritto nell'imputazione riportata in epigrafe. Il processo si è svolto in quattro udienze. Dopo due rinvii della trattazione - per rinnovare la notifica del decreto all'imputato (udienza 24.5.2021) e per riassegnazione del procedimento ad altro giudice (udienza del 22.12.2021) - all'udienza del 28.10.2022 è stato dichiarato aperto il dibattimento e ammesse le prove richieste dalle parti. Infine, all'udienza del 2.2.2023, è stato sentito il testimone Vice brig. (...) in servizio presso i Carabinieri della Compagnia di Formia e, non essendovi altre prove da acquisire e non essendo comparso l'imputato, è stato dichiarato chiuso il dibattimento e le parti hanno concluso come in epigrafe; il giudice, dopo essersi ritirato in camera di consiglio, ha pronunciato sentenza con la lettura del dispositivo che segue, riservando nel termine dì legge il deposito dei seguenti MOTIVI DELLA DECISIONE 2. Il procedimento origina da un intervento operato durante un ordinario servizio di pattugliamento intorno alle ore 23:25 del 6.10.2019 a Formia dai Carabinieri della locale Compagnia. 2.1. L'operante sentito in dibattimento ha dichiarato di non ricordare se l'accertamento sull'assunzione di sostanze alcoliche, eseguito dai sanitari su richiesta della Polizia Giudiziaria, fosse stato preceduto dall'avviso all'imputato della facoltà di farsi assistere da un difensore di sua fiducia. 3. Sulla base di tali risultanze istruttorie, (...) deve essere assolto, seppure ai sensi dell'art. 530, comma 2 c.p.p., perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. 3.1. Giova rammentare che, in base al combinato disposto dell'art. 114 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale e degli artt. 356 e 354 c.p.p., prima del compimento di una serie di atti, tra i quali l'accertamento della concentrazione di alcol nel sangue, l'indagato deve essere avvertito della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia. La mancanza di tale avviso all'indagato determina un vizio di nullità a regime intermedio dell'accertamento, rilevabile d'ufficio dal giudice nei termini di cui all'art. 180 c.p.p. (cfr. Cass, pen,, Sez. 4, sentenza n. 42667 del 09/07/2013 c.c., dep. 17/10/2013, Rv. 257191 -01). Tale disciplina, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, deve ritenersi estesa anche all'accertamento dell'alcolemia eseguito su richiesta dalla polizia giudiziaria e al di fuori degli ordinari protocolli sanitari ai sensi dell'art. 186, comma 5 D.Lgs. n. 285 del 1992 (in tal senso, cfr. Cass., pen., Sez. 4, sentenza n. 49371 del 25/09/2018 Ud., dep. 29/10/2018, Rv. 274039-01). Merita peraltro chiarire che la prova dell'effettiva formulazione dell'avviso, laddove non risulti dai verbali compilati dalla polizia giudiziaria, può essere ricavata dalla deposizione dei testimoni operanti sentiti in dibattimento, da vagliare rigorosamente in ordine alle ragioni della mancata verbalizzazione e alla tempestività dell'avvertimento (cfr. Cass. pen., Sez. 4, sentenza n. 35844 del 18/06/2021 Ud., dep. 30/09/2021, Rv. 281976 - 01). Nel caso in esame, è emerso che l'accertamento è stato eseguito dai sanitari su delega della Polizia Giudiziaria e l'operante sentito in dibattimento ha dichiarato di non ricordare se l'accertamento tosse stato preceduto dall'avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore, circostanza che non è dato desumere dagli atti. 3.2. Ne deriva la nullità dell'accertamento a cui è stato sottoposto l'imputato e l'impossibilità, in difetto di altri dati certi e oggettivi sull'alcolemia, di ritenere provato, al di là di ogni ragionevole dubbio, il reato di cui all'art. 186, comma 2, lett. b ) del Codice della strada. 3.3. L'impossibilità di stabilire con certezza la concentrazione di alcol nel sangue, e dunque di ritenere provata la responsabilità per il reato contestato, non impedisce tuttavia di ritenere provato lo stato di ebbrezza alcolica dell'imputato mentre era alla guida dell'autovettura e conseguentemente di riqualificare il fatto ai sensi dell'art. 186, comma 2, lett. a) del Codice della strada: si tratta, com è noto, dell'ipotesi più tenue di guida in stato di ebbrezza, non prevista dalla legge come reato, essendo stabilita la sola sanzione amministrativi infatti condivisione l'orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui "pur potendo lo stato di alterazione alcolica essere accertato anche sulla base di elementi sintomatici, in mancanza di alcoltest può ritenersi integrata esclusivamente la fattispecie meno grave prevista dalla lett. a) dell'art. 186, comma secondo, cod. strada, imponendosi per le ipotesi aventi rilievo penale, di cui alle successive lett. b) e c), la verifica tecnica dell'effettivo livello di alcool" (in tal senso, tra le tante, cfr. Cass., pen., Sez. 4, sentenza n. 15705 del 20/02/2015 Ud., dep. 15/04/2015, Rv. 263145 -01). In base a quanto emerso dall'istruttoria, tale ipotesi deve ritenersi certamente sussistente nel caso in esame, posto che, in un sistema che non prevede l'utilizzazione di prove legali, l'esistenza dello stato di ebbrezza ben può desumersi anche da altri elementi sintomatici di tale condizione (in tal senso è il preferibile orientamento della giurisprudenza di legittimità: cfr. Cass., pen., Sez. 4, sentenza n. 15705 del 20/02/2015 Ud., dep. 15/04/2015. Rv. 263145 - 01): come riferito dall'operante sentito in dibattimento, l'imputato mostrava i segni tipici dell'assunzione di sostanze alcoliche 4. In conclusione, si impone il proscioglimento dell'imputato dal reato contestatogli in questa sede, con trasmissione di copia della sentenza al Prefetto per l'adozione dei provvedimenti di competenza in relazione all'illecito amministrativo di cui all'art. 186, comma 2, lett. a) D.Lgs. n. 285 del 1992. P.Q.M. Visto l'art. 530, comma 2 c.p.p., assolve (...) perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Visto l'art. 224 D.Lgs. n. 285 del 1992, dispone la trasmissione di copia della presente sentenza al Prefetto per quanto di competenza. Così deciso in Cassino il 2 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 3 febbraio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CASSINO Sezione Penale IL GIUDICE Marco Gioia all'udienza del 30.01,2023 ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento a carico di (...), nato a S. il (...) ivi res.te in via S. n. 56. Libero - ASSENTE Difeso di fiduciadall'avv. Da.Se. IMPUTATO l)del reato di cui all'art. 95 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 per aver reso, nella dichiarazione presentata per l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel procedimento penale che lo riguardava pendente innanzi al Tribunale di Cassino, una falsa "dichiarazione sostitutiva di certificazione". Nella specie, dichiarava falsamente di trovarsi nelle condizioni di reddito personale e familiare tali da rientrare nel limite previsto dall'art. 3 della L. n. 217 del 1990 e successive modifiche, in particolare dichiarava che la famiglia anagrafica era costituita unicamente dall'istante, mentre in seguito ad accertamenti esperiti dalla Polizia Giudiziaria è emerso, come di seguito indicato che i membri della famiglia risultavano essere i seguenti: - (...), n. ad I. del L., il (...); - (...), n. a S., il (...); - (...), n. a F. il (...); - (...), n. a F. il (...); Inoltre ometteva di dichiarare il reddito percepito dalla propria convivente, (...); In Cassino, il 20.3.2015 (data di presentazione al Tribunale di Cassino dell'istanza di un gratuito patrocinio). SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto emesso in data 05.12.2019, il GUP presso questo Tribunale ha disposto, il giudizio nei confronti di (...) per il reato indicato in epigrafe. L'udienza del 06.04.2020 è stata rinviata, in applicazione dell'art. 83 D.L. n. 18 del 2020 e successive modificazioni, con sospensione dei termini di prescrizione sino all'11.05.2020 (64 giorni). All'udienza del 02.11.2020 il giudice, verificata la regolarità delle notifiche, ha dichiarato l'assenza dell'imputato, che nominato difensore di fiducia. All'udienza del 10.01.2022 il giudice ha dichiarato aperto il dibattimento dando lettura del capo di imputazione ed ammettendo le prove richieste dalle parti. E stato escusso il teste (...). Il giudice ha disposto l'acquisizione del certificato di nascita di (...). All'udienza del 12.09.2022 sono stati escussi due testi (...) e (...) ai sensi dell'art. 507 c.p.p. All'udienza del 30.01.2023 terminata l'assunzione delle prove, il giudice ha dichiarato chiusa l'istruttoria dibattimentale ed invitato le parti alla discussione. Sulle conclusioni rassegnate è stata resa pubblica la presente sentenza con lettura del dispositivo in udienza. MOTIVI DELLA DECISIONE All'esito dell'istruttoria dibattimentale l'imputato va assolto per le ragioni che seguono. 1. Fondamento Probatorio. Il fondamento probatorio di questo giudizio è costituito dalle seguenti fonti di prova: - Prova testimoniale resa dai testi (...), (...) e (...); - Certificato di nascita di (...) acquisito con il consenso delle parti; - Produzione documentale della difesa: certificato contestuale di famiglia residenza; - Produzione documentale del PM: certificato di stato di famiglia. 2. Ricostruzione e qualificazione giuridica del fatto. Secondo quanto riferito dal teste di PG (...), la Guardia di Finanza di Sora svolse delle indagini circa la veridicità delle dichiarazioni dell'imputato (...) contenute nell'istanza dì ammissione al patrocinio a spese dello Stato presentata il 20.03.2015 (depositata il 15.11.2016). In particolare, (...) aveva dichiarato che il suo nucleo familiare era composto unicamente da sé stesso e di aver prodotto un reddito annuo pari a 2585 Euro. Dagli accertamenti svolti dalla Guardia di finanza emerse che il reddito annuo prodotto individualmente da (...) era sostanzialmente lo stesso di quello dichiarato nell'istanza. Tuttavia, gli agenti sentirono a sommarie informazioni T., con esiti ovviamente inutilizzabili, e verificarono che lo stesso aveva una figlia (...), avuta insieme (...) (v. certificato di nascita in atti). Gli agenti verificarono che la bambina era riportata anche nella dichiarazione dei redditi di (...) come componente a carico fiscalmente. Occorre comunque evidenziare che dagli atti emerge che l'imputato risiedeva a S., via S. 58, mentre sia (...) sia (...) risiedevano ad I. L., via B. 10. Ad ogni modo, gli agenti sulla base dell'esistenza della figlia in comune, supposero che (...) avesse costituito una famiglia di fatto con (...) e dunque che i relativi redditi andassero cumulati ai fini della dichiarazione di possesso dei requisiti per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Sono state escusse sia (...) sia la figlia maggiore (...) che hanno entrambe negato che (...) abbia mai convissuto con loro nell'abitazione di I.L., ove abitava la figlia (...). Al contrario, la signora (...) ha raccontato che ebbe difficoltà persino a far riconoscere la figlia da parte del signor T., che comunque non ha mai convissuto con lei. 2.1 Dalle prove raccolte non emerge che l'imputato abbia reso dichiarazioni false nell'istanza di ammissione al gratuito patrocinio, poiché non è stata in alcun modo confermata la "supposizione" degli agenti secondo cui lo stesso avesse formato una famiglia di fatto con la signora (...) con cui aveva una figlia. Al contrario, sia dai certificati anagrafici in atti, sia dalle dichiarazioni delle testi della difesa, emerge che l'imputato non convivesse né con la signora (...) né con la figlia (...). Ovviamente l'esistenza del legame di parentela tra l'istante e la figlia, non convivente, non determina la rilevanza, ai fini dell'art. 76 D.P.R. n. 115 del 2002, del reddito prodotto dall'altro genitore non convivente. In questi termini si è chiaramente espressa la giurisprudenza di legittimità che ha affermato che "ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, nel reddito complessivo dell'istante, ai sensi dell'art. 76 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, non deve essere computato il reddito del familiare non convivente fiscalmente a carico" (Cass., pen., sez. IV 22/09/2021, n. 36559). Non dovendo essere calcolato il reddito di (...) ai fini della determinazione del reddito familiare di (...) ex art. 76 D.P.R. n. 115 del 2002, la dichiarazione dallo stesso effettuata non risulta mendace e quindi l'imputato deve essere assolto perché il fatto non sussiste. PER QUESTI MOTIVI Letto l'alt. 530 c.p.p. assolve (...) dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste. Motivazione contestuale. Così deciso in Cassino il 30 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 30 gennaio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CASSINO RITO ABBREVIATO Il GIUDICE del TRIBUNALE di CASSINO - dott.ssa Martina Di Fonzo - all'udienza in camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2023 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nato il (...) a N., elettivamente domiciliato in Roma, via (...), presso lo studio dell'avv. Ch.SC.; Libero, assente Difeso di fiducia dall'avv. Ch.Sc., del foro di Roma IMPUTATO A) in ordine al reato di cui all'art. 4 L. n. 110 del 1975 per avere portato senza giustificato motivo, presso la via (...), nelle immediate vicinanze della stazione ferroviaria, e pertanto fuori dalla propria abitatone, un coltello, della lunghezza complessiva di 18 cm e lama di 8 cm. occultato all'interno degli slip indossati dal prevenuto. In Formio. il 3/7/2020. B) in ordine al reato di cui all'art. 612, 1 e 2 comma c.p. in relazione all'art. 339 c.p. per avere minacciato un ingiusto danno a (...), brandendo all'indirizzo della P.O. il coltello descritto al capo che precede e così mimando con un gesto di tagliargli la gola, con l'aggravante di aver commesso il fatto con strumento atto ad offendere del quale è vietato il porto senza giustificato motivo. In Formio, il 3/7/2020. Con la recidiva reiterata sub B). SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto del 4.4.2022 il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cassino ha citato a giudizio (...) in relazione ai reati riportati in epigrafe. All'udienza del 25.1.2023, dichiarata l'assenza dell'imputato, il difensore, munito di procura speciale, ha chiesto la definizione del procedimento con il rito abbreviato semplice. Il Tribunale ha ammesso il rito ed ha acquisito il fascicolo del Pubblico Ministero. Quindi, raccolte le conclusioni delle parti, il Tribunale ha pronunciato sentenza come da dispositivo del quale è stata data lettura in aula. MOTIVI DELLA DECISIONE Per chiarezza espositiva, occorre premettere che, costituendo il giudizio abbreviato un procedimento "a prova contratta", alla cui base è identificabile un patteggiamento negoziale sul rito, le parti, che a tale rito richiedono di accedere, accettano che il procedimento sia definito alla stregua degli atti di indagine già acquisiti, così consentendo di attribuire agli elementi raccolti nel corso delle indagini preliminari quel valore probatorio di cui essi sono normalmente sprovvisti nel giudizio che si svolge, invece, nelle forme ordinarie del dibattimento. Orbene, dalle fonti di prova contenute nel fascicolo della notizia di reato può affermarsi, al di là di ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità dell'imputato in relazione ai reati ascrittigli, nei termini che di seguito si andrà a enucleale. Dall'annotazione redatta dagli operanti della Polizia ferroviaria di Formia è emerso che, la mattina del 3.7.2020, (...), dipendente della "(...) s.p.a." riferì al viceispettore Valerio dì essere stato appena minacciato con un coltello da un soggetto che si aggirava nei pressi della stazione e che fu prontamente indicato all'ufficiale di polizia giudiziaria. Il soggetto venne quindi avvicinato, identificato nell'odierno imputato (etri rilievi fotodattiloscopici) e sottoposto a perquisizione personale, che permise di rinvenire un coltello con lama della lunghezza di 8 cm, occultato negli slip del (...) (cfr. verbale di perquisizione e sequestro). Sentito a sommarie informazioni, il (...) dichiarò che quella mattina, mentre effettuava il servizio di pulizia delle strade adiacenti alla stazione, il (...), da lui invitato a spostarsi per consentirgli di pulire il tratto di strada, estrasse dalla tasca un coltello, mimando al suo indirizzo il gesto del taglio della gola ed inducendolo così ad allontanarsi rapidamente. Data la suesposta ricostruzione del quadro probatorio, non v'è dubbio che la condotta del (...) - consistita nel mimare il gesto del taglio della gola, impugnando il coltello poi caduto in sequestro - risulta univocamente idonea ad ingenerare nel destinatario il fondato timore di poter subire un danno ingiusto alla propria incolumità (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 44128 del 03/05/2016 Rv. 268289 "Ai fini dell'integrazione del reato di minaccia, non è necessario che il soggetto passivo si sia sentito effettivamente intimidito, essendo semplicemente sufficiente che la condotta posta in essere dall'agente sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale del soggetto passivo"), sicché appare corretta la qualificazione giuridica nel reato di minaccia, aggravato dall'utilizzo di uno strumento atto ad offendere, qual è sicuramente il coltello impiegato. Non residuano dubbi sulla riconducibilità soggettiva del fatto all'agente, il quale si determinò a compiere l'azione illecita per un banale pretesto, ossia per mettere in fuga l'operatore ecologico, che lo aveva appena invitato a spostarsi, onde proseguire nell'espletamento delle proprie mansioni. Parimenti, risulta integrato il reato di porto senza giustificato motivo di uno strumento atto ad offendere. Sul punto, non ha pregio l'assunto difensivo - rimasto peraltro indimostrato - secondo cui la necessità di tenere con sé un coltello sarebbe giustificata dalla condizione di soggetto senza fissa dimora del (...), atteso che "il "giustificato motivo" del porto degli oggetti di cui all'art. 4, comma secondo, L. 18 aprile 1975, n. 110, ricorre solo quando particolari esigenze dell'agente siano perfettamente corrispondenti a regole comportamentali lecite relazionate alla natura dell'oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell'accadimento e alla normale finzione dell'oggetto" (cfr. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 578 del 30/09/2019, Rv. 278083, resa su fattispecie relativa al rinvenimento di un taglierino ed un coltello con lama nello zaino di un soggetto senza fissa dimora che si aggirava all'interno di un parcheggio, in cui la Corte ha ritenuto che l'indisponibilità di un'abitazione stabile non può da sola consentire il porto indiscriminato ed ingiustificato di oggetti di tale tipo, potendo il suddetto soggetto far ordinariamente riferimento ad un luogo riservato dove depositarli). Del resto, ove si accedesse alla ricostruzione difensiva, si giungerebbe a concludere che qualunque soggetto privo di una dimora stabile abbia la facoltà di aggiraci per luoghi pubblici con coltelli ed altri arnesi offensivi al seguito. In ulteriore analisi, premesso che "il "giustificato motivo" rilevante ai sensi dell'art. 4 della L. 18 aprile 1975, n. 110, non è quello dedotto a posteriori dall'imputato o dalla sua difesa, ma quello espresso immediatamente, in quanto riferibile all'attualità e suscettibile di una immediata verifica da parte dei verbalizzanti" (Cass., Sez. I, n. 19307 del 30/01/2019 Rv. 276187), si rileva che, nel caso di specie, nulla venne dichiarato dall'imputato a seguito del rinvenimento. I reati sono stati consumati in un medesimo contesto spazio-temporale, dovendosi quindi applicare la disciplina sanzionatala di cui al l'art. 81 cpv. c.p. All'imputato non possono essere concesse le invocate circostanze attenuanti generiche, sia in considerazione dei precedenti che figurano sul suo certificato penale, sia tenuto conto della futilità dei motivi a delinquere e dell'allarme sociale che ne discende. Può invece essere esclusa la contestata recidiva reiterata, avuto riguardo alla risalenza delle precedenti condanne. Quindi, tenuto conto dei parametri di cui all'art. 133 c.p., pena equa nel caso che occupa risulta essere quella finale di quattro mesi di reclusione, cui così si perviene: ritenuto più grave il reato di cui al capo b), pena base pari a cinque mesi di reclusione; aumentata di un mese di reclusione per la continuazione con il reato di cui al capo a); diminuita, per il rito, a quattro mesi (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 41755 del 06/07/2021, Rv. 282670 "in tema di giudizio abbreviato, la riduzione di cui all'art. 442, comma 2, cod. proc. pen., come novellato dalla L. 23 maggio 2017, n. 103, deve essere operata, nel caso di continuazione tra delitti e contravvenzioni, nella misura unitaria di un terzo prevista per i delitti, essendo la pena del reato continuato parametrata su quella prevista per il delitto"). Il riconoscimento della penale responsabilità comporta, ai sensi dell'art. 535 c.p.p., la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Visti gli artt. 442, 533 e 535 c.p.p., dichiara (...) colpevole dei reati a lui ascritti, esclusa la contestata recidiva, ritenuta la continuazione, applicata la diminuente per il rito, e Io condanna alla pena di quattro mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Ordina la confisca e la distruzione di quanto in giudiziale sequestro. Così deciso in Cassino il 25 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 30 gennaio 2023.
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