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Tribunale civile Castrovillari
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI CASTROVILLARI Sezione Civile nella persona del Giudice dott. Pasquale Angelo Spina, all'udienza del 12.09.2024, celebrata ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., viste le note d'udienza depositate da parte convenuta, ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 3833 del Ruolo Generale degli Affari Civili Contenziosi dell'anno 2014 vertente TRA (...) in personale del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. (...) in Rossano Calabro, al viale (...), in virtù di procura alle liti posta a margine dell'atto di citazione; ATTRICE E (...) in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. (...) in Castrovillari, al corso (...), in virtù di procura speciale in atti; CONVENUTA NONCHÉ (...) in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in Napoli, alla via (...), in virtù di procura alle liti posta a margine dell'atto di intervento; INTERVENUTA OGGETTO: contratti assicurativi. CONCLUSIONI: come da atti e verbali di causa. Procedimento assegnato a questo Giudice nel marzo del 2024, in decisione all'udienza del 12.09.2024 ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione ritualmente notificato (...) conveniva in giudizio (...) al fine di ottenere la dichiarazione dell'illegittimità della sospensione e della successiva risoluzione del contratto di assicurazione n. 14.454.419, stipulato in favore di essa attrice tra (...) e (...) e la condanna della convenuta al pagamento del relativo indennizzo. 2. Si costituiva in giudizio (...) che, contestando gli assunti attorei, chiedeva di dichiarare l'improcedibilità dell'azione per omesso esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria; nel merito, di rigettare la domanda, poiché infondata in fatto e in diritto. 3. In data 27.04.2023 si costituiva in giudizio (...) cessionaria del credito vantato da (...) che si riportava alle difese e alle conclusioni rassegnate da parte attrice. 4. Instauratosi il contraddittorio, la causa è stata istruita documentalmente. Con ordinanza del 16.04.2015, rilevato che la controversia verteva in materia di contratti assicurativi, considerato che detta materia era soggetta alla mediazione obbligatoria ai sensi del D.Lgs. 28/2010, il Giudice assegnava giorni quindici per l'avvio del procedimento di mediazione. All'udienza del 12.09.2024, celebrata ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., precisate le conclusioni, la causa veniva discussa e decisa ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. 5. Orbene, va dichiarata l'improcedibilità della domanda, in quanto dal verbale del primo incontro di mediazione risulta che parte attrice non abbia partecipato personalmente alla mediazione, ma al detto incontro abbia partecipato l'avv. (...) per delega dell'avv. (...). Invero, tenuto conto della ratio della procedura di mediazione, si ritiene necessario che al primo incontro di mediazione partecipi la parte personalmente, poiché solo con detta partecipazione è possibile conseguire lo scopo deflattivo che si prefigge il D.Lgs. 28/2010. La parte può sottrarsi all'obbligo di comparizione personale davanti al mediatore nominando un proprio rappresentante sostanziale attraverso procura speciale sostanziale, di cui non vi è prova in atti. Invero, dalla documentazione allegata da parte attrice, risulta che l'amministratore delegato di (...) nella procura posta a margine dell'atto di citazione abbia nominato e delegato il proprio procuratore a rappresentarla e difenderla nella presente e nell'eventuale e successiva procedura, a impugnare, a transigere, a rinunciare, a ritirare i relativi atti e a chiamare in causa in terzo, ma non ha delegato lo stesso specificamente a partecipare al tentativo di mediazione obbligatoria. A tal proposito la Corte di Cassazione ha statuito che: "il legislatore con il decreto legislativo menzionato (D.Lgs. 28/2010) ha cercato di accelerare, se non forzare, la creazione di una cultura di risoluzione alternativa delle controversie, con finalità deflativa, imponendo per una vasta serie di controversie questa ipotesi di mediazione come obbligatoria, il cui mancato esperimento è stato sanzionato con l'improcedibilità ... Il successo dell'attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale il quale può, grazie alla interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l'acuirsi della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali. Quanto alla presenza dell'avvocato, essa originariamente non era neppure prevista; è stata infatti introdotta nell'art. 5 dal comma 1 bis ... L'art. 8, dedicato al procedimento, prevede espressamente che al primo incontro davanti al mediatore debbano essere presenti sia le parti che i loro avvocati. La previsione della presenza sia delle parti sia degli avvocati comporta che, ai fini della realizzazione delle condizione di procedibilità, la parte non possa evitare di presentarsi davanti al mediatore, inviando soltanto il proprio avvocato. Tuttavia, la necessità della comparizione personale non comporta che si tratti di attività non delegabile ... Deve quindi ritenersi che la parte (in particolare, la parte che intende iniziare l'azione, ma identico discorso vale per la controparte), che per sua scelta o per impossibilità non possa partecipare personalmente ad un incontro di mediazione, possa farsi sostituire da una persona a sua scelta e quindi anche ma non solo - dal suo difensore. Allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte deve conferirgli tale potere mediante una procura avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto (ovvero, deve essere presente un rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione della controversia, come previsto dal progetto della Commissione Alpa sulla riforma delle ADR all'art. 84). Quindi il potere di sostituire a sè stesso qualcun altro per la partecipazione alla mediazione può essere conferito con una procura speciale sostanziale. Ne consegue che, sebbene la parte possa farsi sostituire dal difensore nel partecipare al procedimento di mediazione, in quanto ciò non è auspicato, ma non è neppure escluso dalla legge, non può conferire tale potere con la procura conferita al difensore e da questi autenticata, benché possa conferirgli con essa ogni più ampio potere processuale. Per questo motivo, se sceglie di farsi sostituire dal difensore, la procura speciale rilasciata allo scopo non può essere autenticata dal difensore, perché il conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabili direttamente dal difensore. Perciò, la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi liberamente sostituire, da chiunque e quindi anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell'avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista" (Cass., sez. III, sent. n. 8473/2019). Ebbene, considerata la mancanza di prova della partecipazione personale della parte attrice, per come sopra rilevata, la domanda va dichiarata improcedibile. 6. Si ritiene congruo compensare le spese di lite, atteso che l'applicato orientamento giurisprudenziale si è consolidato successivamente all'introduzione del giudizio. P.Q.M. Il Giudice, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede: - dichiara improcedibile la domanda; - compensa integralmente le spese di lite tra le parti. Castrovillari, 16 settembre 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI CASTROVILLARI - SEZIONE CIVILE - in composizione monocratica e nella persona del dott. Alessandro Caronia ha pronunziato la seguente SENTENZA nella controversia civile iscritta al n. 2670 del 2015 del Ruolo Generale Affari Contenziosi, avente ad oggetto "Divisione di beni caduti in successione" e vertente TRA (...), parte nata a CASSANO ALL'IONIO in data 14.06.61, e (...), parte nata a LUCERNA (Svizzera) in data 18.01.65, entrambe rappresentate e difese dall'avv. PR.DA., giusta procura in atti, elettivamente domiciliati come in atti - ATTORE - E (...), parte nata a LUCERNA (Svizzera) in data 28.12.69, rappresentata e difesa dall'avv. D.LU., giusta procura in atti, elettivamente domiciliati come in atti - CONVENUTO - RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE 1. I fatti di causa, le posizioni delle parti e le loro conclusioni. Con atto di citazione ritualmente notificato e depositato in Cancelleria in data 3.11.15, (...) e (...) hanno convenuto in giudizio (...). La difesa dei primi ha allegato che: - Le parti del giudizio sono eredi dei propri genitori (...) (n. Tricase 5.9.31 -m. Cassano all'Ionio 8.4.11) e (...) (n. Cassano all'Ionio 19.5.29 - m. Cassano all'Ionio 6.10.08); - Dopo la morte del padre, previa delega dei fratelli, (...) ha incassato i seguenti rapporti bancari, accesi presso (...): - deposito a risparmio n. 21358 intestato a (...) per euro 8.329,77 - deposito a risparmio n. 22018, intestato a (...) per euro 35.145,31; - certificato deposito n. 24238 intestato a (...), per euro 123,359,25. I predetti rapporti sono stati estinti ad opera di (...) in virtù di procure del 23.7.11 e del 21.12.11. Da allora la (...) trattiene indebitamente le somme incassate per conto degli altri coeredi, non avendo inteso, nonostante le ripetute richieste, rimettere le somme, che possono essere così determinate: - euro 32.922,25 spettante a ciascuno degli attori iure proprio, quali cointestatari dei predetti rapporti bancari in parti uguali. - euro 22.689,19, dovuti ad ognuno iure successionis, quali titolari della quota di 1/3 della successione del decuius (...). La convenuta (...) dovrà, pertanto, essere condannata al pagamento delle predette somme nei confronti dei germani (...) e (...) e a corrispondere in favore degli stessi gli interessi legali maturati ed il maggior danno, ai sensi dell'art. 1224 c. 2 c.c.; - Dell'asse ereditario indiviso fanno parte, altresì, i seguenti beni immobili: - Terreno agricolo sito in Cassano allo Ionio, C.da (...), catastalmente identificato al foglio (...) particella (...), foglio 51 particella (...), foglio 51 particella (...); --- immobile sito in Cassano allo Ionio, catastalmente identificato al foglio (...) particella (...) sub.2; --- immobile sito in Cassano allo Ionio, catastalmente identificato al foglio 19 particella 410 sub.1, quest'ultimo concesso in locazione da (...) la quale ne sta percependo i relativi frutti, da dividersi equamente tra gli eredi. Infatti, l'immobile in parola risulta condotto dalla signora (...) giusta contratto di locazione stipulato con (...) del 31.5.12, per un canone annuo di euro 3.000,00 (euro 250,00 al mese a decorrere dall'1.6.12), oltre al versamento della somma di euro 500 a titolo cauzione; - Quanto al passivo ereditario, (...) ha sostenuto spese funerarie del decuius (...) che ammontano ad euro 6.876,00 (come si evince dalla ricevuta del bonifico bancario effettuato da (...) in data 29.4.11 e dalla dichiarazione resa da (...), titolare della ditta di Onoranze Funebri (...)), per cui la convenuta è tenuta a rispondere del predetto debito ereditario, in proporzione alla propria quota di eredità di 1/3, nella misura di euro 2.292,00, oltre interessi. - Risultano, inoltre, ancora pendenti i diritti successori della madre, (...). In ordine al libretto risparmio postale n. 20838936 - cointestato tra il (...) e la madre - occorre rilevare che le somme in esso depositate sono di esclusiva titolarità di (...), in quanto proventi del proprio lavoro, come sarà riconosciuto e confermato dagli altri eredi. Si chiede, quindi, che venga dichiarato il diritto dell'erede di incassare l'intera somma. Tuttavia, in caso di contestazione, si chiede l'attribuzione a questa ultima della quota alla stessa spettante iure hereditario, determinata sull'importo pari al 50% della somma esistente al momento del decesso della madre cointestaria, come risulta dal saldo del libretto versato in atti. - Ricadono, poi, nella proprietà comune degli eredi alcuni monili ed oggetti d'oro appartenuti ad entrambi i genitori: da una stima effettuata da (...) su incarico dei predetti eredi, il valore dei predetti beni mobili ammonta ad euro 3.235,10. Tanto premesso, gli attori hanno concluso chiedendo al Tribunale adito di: a. Determinare il valore della massa ereditaria relativa alla successione ab intestato di (...) (...) e (...) generalizzati come in atti, e per l'effetto dichiarare scioglimento comunione ereditaria ed effettuare divisione in natura dei beni; b. Attribuire ad ognuno dei condividenti l'esclusiva proprietà di una quota con eventuali ed opportuni conguagli in denaro; c. Ordinare al Conservatore di provvedere alle dovute iscrizioni e trascrizioni; d. Dichiarare il diritto di (...) a riscuotere le somme depositate sul libretto di risparmio postale n. 20838936 cointestato a (...) e alla madre (...) in quanto proventi del proprio lavoro o, in subordine, attribuire a (...) la quota ad essa spettante iure hereditario, determinata sull'importo pari al 50% della somma esistente al momento del decesso della madre cointestaria, come si evince dal saldo del libretto prodotto in atti; e. Disporre a carico della convenuta il rimborso delle somme pari ad euro 2.292,00, oltre interessi, per le spese funerarie del defunto (...) f. Condannare la convenuta a restituire le somme incassate ed indebitamente trattenute spettanti agli attori, iure proprio, per un importo di euro 32.922,25 ciascuno, quali cointestatari dei rapporti bancari, in parti uguali, accesi presso la (...), e, iure successionis, per un importo di euro 22.689,19, quali eredi legittimi, titolari di quota ereditaria pari ad 1/3 della successione del decuius Persona_3 oltre interessi legali e maggior danno ex art. 1224 c. 2 c.c.; g. Condannare la convenuta a rifondere in favore degli attori gli emergenti e percepiti frutti civili incassati derivanti dalla locazione del bene immobile (foglio (...) particella (...) sub.1) da determinarsi con riferimento alle somme percepite a titolo di canone locatizio, di rivalutazione e di cauzione versata dalla conduttrice; h. Con vittoria di spese e compensi per il giudizio, in ordine ai richiesti provvedimenti di condanna a carico di (...) Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 29.6.16, si è costituita tempestivamente (essendo rilevante solo il differimento ex art. 168 c. 5 c.p.c. disposto, non anche la successiva anticipazione della udienza per esigenze dell'ufficio) (...). La sua difesa ha dedotto che: - La domanda è improcedibile. La procedibilità della domanda di divisione presuppone una perfetta coincidenza non solo soggettiva - fra coloro che hanno partecipato al tentativo di conciliazione e quanti hanno assunto, nel successivo giudizio, la qualità di parte - ma anche oggettiva, nel senso che la domanda formulata dalla parte attrice deve avere ad oggetto un compendio da dividere identico a quello su cui si è svolto il tentativo medesimo. Orbene gli odierni attori hanno proposto istanza di mediazione per la "divisione dei beni facenti parte dell'asse ereditario del de cuius (...) e non anche del de cuius (...), - la convenuta non si oppone alla divisione dei beni ereditari prevenuti pro quota alle parti in causa, previo, ovviamente, accertamento dell'asse ereditario, nonché stima e suddivisione del medesimo in quote tra tutti i condividenti, stabilite ed accertate le quote di proprietà a ciascuno riferibili. - la sig.ra (...) non ha mai inteso frapporre ostacoli alla soluzione anche transattiva e bonaria della vicenda, intendendo solo accertarsi della corretta valutazione del compendio ereditario e dell'altrettanta corretta suddivisione del medesimo fra tutti i condividenti. - La (...) sin dall'anno 2000, dopo il rientro in Italia, si è occupata in maniera esclusiva della cura ed assistenza dei genitori anziani e malati, prima della madre e poi del padre, con l'accordo dei fratelli che hanno sempre delegato tutto in ordine alle cure, anche perché residenti in Svizzera; - Dopo la morte del padre, gli odierni attori hanno conferito alla convenuta in data 21.12.2011, procura speciale "affinché in loro nome, vece ed interesse provveda alla riscossione e all'estinzione dei seguenti rapporti, accesi presso la (...) (...), filiale di Lauropoli (CS) qui appresso elencati" come indicati nell'atto depositato. Nella predetta procura speciale era espressamente specificato che: "a tal fine la nominata procuratrice resta autorizzata ad estinguere tutti i rapporti in capo al de cuius e quindi incassare le relative somme...."; - Mai i fratelli hanno contestato l'operato della nominata procuratrice, la quale è stata da loro autorizzata ad incassare e a trattenere le somme. In effetti era intenzione di tutti e tre i fratelli procedere bonariamente alla divisione di tutti i beni. In data 03.11.2012 gli stessi, infatti, hanno sottoscritto scrittura privata nella quale (...) dava atto di aver ricevuto, ante mortem e in conto legittima, suolo edificatorio in C.da (...) del Comune di Cassano Allo Ionio e (...) dichiarava di aver ricevuto in conto legittima la somma ricavata dalla vendita dell'immobile sito nel Comune di Villapiana. Nella predetta scrittura i fratelli davano atto che "per bilanciare la quota legittima, per espressa volontà dei genitori" alla sorella (...) doveva essere assegnato l'appartamento a piano terra del fabbricato sito in Via (...) di Cassano Allo Ionio e che il relativo atto non era stato stipulato "per prematura scomparsa del genitore", pertanto "nel rispetto della volontà dei genitori" donavano "all'erede (...) l'appartamento al primo piano e relativa copertura soprastante all'immobile a piano terra, in Via (...)", con diritto di abitazione del fratello (...) per un periodo massimo di venti anni, o in ogni caso fino a quando lo stesso non era nella disponibilità di altra idonea abitazione, lo stesso si impegnava a corrispondere alla sorella (...) la somma di Euro 250,00 mensili fino alla concorrenza di Euro 60.000,00, espressamente si specificava che la predetta somma "sarà trattenuta o detratta dalla somma spettandogli con la divisione della somma depositata sul libretto di risparmio bancario e non raggiungendo il totale corrispondente, la differenza sarà trattenuta da (...) sulla quota ovvero il terzo che spetterebbe a (...) con la cessione dei diritti a lui spettanti su detto appartamento; il terzo del valore di mercato sarà dato anche a (...)". Nella predetta scrittura, altresì, i germani concordavano sull'attribuzione degli altri beni in successione, sulla stima degli stessi e procedevano alla ripartizione delle spese sostenute da ognuno dei tre, così determinate: Euro 7.766,00 spese sostenute da (...); Euro. 3.995,89 spese sostenute da (...) ed Euro 2.136,50 spese sostenute da (...). - L'accordo veniva successivamente rinnegato, ma la convenuta era comunque disponibile ad addivenire ad un accordo bonario per la divisione dei beni. Anche in sede di mediazione la sig.ra (...) ha messo a disposizione dei fratelli le somme incassate a seguito dell'estinzione dei rapporti bancari di cui alla procura speciale del 21.12.2011, mediante emissione di n. tre assegni circolari, di cui due in favore di (...) (...) per complessivi Euro 55.823,72 ed uno in favore di (...) di pari importo, che qui si producono in copia, riservando l'esibizione in originale. Dopo estenuanti e lunghe trattative le parti non raggiunsero un'intesa utile ad evitare il contenzioso. Pertanto, la convenuta ha incassato e detenuto le somme su espressa autorizzazione dei coeredi, per cui risulta oltremodo temeraria la richiesta di condanna ai sensi dell'art. 1224 c.c. secondo comma attesa anche la irritualità e la genericità della richiesta. - Circa la locazione dell'immobile ubicato in Via (...) del Comune di Cassano Allo Ionio - catasto fabbricati foglio (...), p.lla (...) - lo stesso è rimasto nell'esclusiva disponibilità della convenuta sin dall'anno 1992, allorquando i genitori le permettevano di ristrutturarlo per abitarlo con la propria famiglia dopo il matrimonio della stessa contratto il 07.08.1994, come da scrittura privata sottoscritta in data 05.08.1992. Gli odierni attori hanno sempre convenuto sul fatto che era volontà dei genitori assegnare alla sorella (...) l'appartamento ubicato in Via (...) della frazione Lauropoli (piano terra), da lei ristrutturato a proprie spese e l'immobile ubicato in Via (...) della frazione di Lauropoli (catasto fabbricati foglio (...), p.lla (...) sub 2 - primo piano) per come espressamente riportato nella scrittura privata del 03.11.2012. Solo tale ultima circostanza ha determinato nella convenuta la convinzione di poter disporre dell'immobile da lei ristrutturato a proprie spese nel 1992 ed abitato fino all'anno 2008. In ogni caso, con raccomandata del 06.02.2015 la sig.ra (...) era costretta a mettere formalmente in mora la conduttrice dell'immobile per mancato pagamento dei canoni di locazione, allo stato non corrisposti dall'agosto 2015. - Va tenuto in conto che anche il signor (...) occupa dal 2011 l'appartamento posto al primo piano dell'immobile di Via (...), - riportato in catasto al foglio (...), p.lla (...), sub 2- traendone evidentemente un'utilità e detiene in maniera esclusiva il terreno agricolo ubicato in agro di Cassano Ionio alla C.da (...), percependone i frutti, così come trattiene il libretto di risparmio postale n. 20838936 cointestato con la (...), le cui somme nelle misura del 50% vanno invece suddivise tra gli eredi. Pertanto, anche il signor (...) deve corrispondere a parte convenuta gli emergenti e percepiti frutti civili derivanti dall'utilizzo dei beni indicati. Si specifica, altresì, che alla luce di quanto sin qui esposto ed evidenziato nella massa ereditaria sono da inserire l'immobile donato in conto legittima a (...) con atto n. 96/00 di repertorio del 30.07.1992 e la somma ricavata dalla vendita dell'immobile sito nel Comune di Villapiana donata a (...) in conto legittima. Per l'effetto, la parte convenuta ha concluso chiedendo all'adito Tribunale di: a. Dichiarare la improcedibilità delle domande; b. In ogni caso, rigettare tutte le domande di condanna a carico della convenuta, eventualmente disporre la compensazione delle somme dovute dalla convenuta in favore degli attori con quelle dovute alla stessa per gli emergenti e percepiti frutti civili derivanti dall'utilizzo esclusivo dell'appartamento posto al primo piano dell'immobile, sito in Lauropoli in Via (...), e del terreno agricolo, ubicato in agro di Cassano Ionio alla C.da (...), ricadenti nella massa ereditaria, previa opportuna CTU; c. Disporre, altresì, la compensazione delle somme dovute dalla conventa in favore degli attori per le spese funerarie del defunto (...) con quelle dovute alla stessa dagli attori per le spese sostenute a concordate nella scrittura privata del 03.11.2012; d. In via istruttoria, previo esperimento di consulenza tecnica per la formazione della massa da dividersi, per la stima della medesima e per la formazione delle quote ereditarie, con relativi conguagli, qualora necessari; in via principale disporre con ordinanza la divisione dei beni oggetto della successione ereditaria del de cuius; ovvero - in caso di contestazione - predisporre un progetto di divisione a norma dell'art. 789 c.p.c. e convocare le parti per l'approvazione; in caso di contestazione, rimettere le parti dinanzi al collegio per la decisione a norma dell'art. 187 c.p.c. in ogni caso, con il favore delle spese e degli onorari. Concessi i termini di cui all'art. 183 c. 6 c.p.c., depositate le relative memorie, la causa è stata istruita attraverso gli interrogatori formali deferiti alle parti, l'escussione dei testi indicati, nonché per mezzo della Consulenza tecnica d'ufficio redatta dall'ing. (...) 2. Il progetto di divisione ex art. 789 c.p.c. Con ordinanza ex art. 789 c.p.c. del 25.09.23 è stato adottato il progetto di divisione di seguito indicato: "Letti gli atti ed i documenti di causa, a scioglimento della riserva formulata all'udienza del 27.6.23; OSSERVA - Visto l'art. 789 c.p.c.; - Premesso che questo Giudice reputa in buona parte condivisibile il progetto di divisione predisposto dal C.T. U. ing. (...) e depositato in cancelleria in data 11.6.23; - Tenuto conto della pacifica giurisprudenza in materia di giudizio divisorio in ordine alle domande connesse proposte dalle parti; - Considerato che, alla luce del thema decidendum delimitato dalle deduzioni delle parti nei termini di preclusione assertivi e probatori pacificamente applicabili al giudizio di divisione, deve essere preso come riferimento il progetto divisorio di seguito indicato; - Tenuto conto, alla luce delle condivisibili considerazioni del Consulente che il valore dei beni immobili di seguito riportato è pari ad euro 92.047,30, per cui si hanno tre diverse quote di ammontare pari ad euro 30.682,44, secondo il seguente schema; (...) - Verificato che i condividenti partecipano alla comunione ereditaria (per quote uguali), ma i relativi lotti possono essere formati come nella descrizione sopra esposta; - Considerato che, ove non è possibile formare lotti esattamente uguali e corrispondenti perciò alle quote di comproprietà dei condividenti, si profila necessario procedere alla previsione di un conguaglio al fine di compensare l'accertata sproporzione di valore fra i diversi lotti. - Considerato che, al fine di operare le compensazioni di cui all'art. 728 c.c. deve essere previsto un conguaglio a carico di (...) e in favore di (...) (...) e (...) pari ad euro 12.637,77 (pari ad euro 6.318,88 ciascuno), in relazione ai beni immobili; - Ritenuto, d'altro canto, che la (...) debba corrispondere la somma di euro 55.823,72 in favore di (...) e la somma di euro 55.823,72 in favore di (...), tenuto conto che ha incassato le somme relative ai rapporti intestati a (...) anche per conto degli altri coeredi; - Ritenuto, poi, che le spese ereditarie, come risultanti dalla scrittura privata del 3.11.12 debbano essere divise in parte uguali tra i coeredi. Le stesse ammontano complessivamente ad euro 13.898,39 e, quindi, sono pari ad euro 4.632,79 per ciascun coerede. Per l'effetto, (...) è debitore della somma di euro 3.133,21, (...) debitrice della somma di euro 636,90, (...) debitrice della somma di euro 2.496,29; - Considerato, poi, che la somma depositata sul libretto nominativo postale intestato a (...) e a (...) debba essere riscossa esclusivamente dal (...), alla luce delle dichiarazioni contenute nella scrittura privata in atti; - Ritenuto, poi, che gli oggetti d'oro debbano essere ripartiti in parti uguali tra i coeredi, tenuto conto che sarebbe già stata disposta una divisione di carattere materiale in tre sacchetti dal valore equivalente (secondo quanto dichiarato dagli attori al Consulente Tecnico) - ritenuto che le parti debbano essere chiamate a discutere il progetto di divisione predisposto dal C.T. U.; P.Q.M. - FA proprio il progetto di divisione predisposto dal C.T.U. come redatto dal Consulente ed identificato nella relazione scritta, come precisato nella parte motiva della presente ordinanza; - FISSA l'udienza del 14.11.23 ore 12.30 per la discussione del progetto ed ORDINA la comparizione dei condividenti per la discussione del progetto; - ONERA la Cancelleria a provvedere alla notifica del presente verbale a tutte le parti costituite; Si comunichi. Così deciso in data 4 agosto 2024. IL GIUDICE dott. Alessandro Caronia". Dopo un breve rinvio disposto per consentire la presenza personale della convenuta, alla udienza del 27.2.24, fissata espressamente per la discussione del progetto di divisione, le parti hanno espressamente dedotto e contestato quanto segue: "Il difensore della parte attrice e la parte personalmente dichiarano che non sussiste contestazione in ordine al progetto di divisione con riferimento agli immobili e, quindi, anche sulla comunione dei beni all'esito tra (...) e (...). Non formula osservazioni in ordine alla divisione delle somme pari a circa 55.000 ciascuno. C'è, invece, opposizione sui conguagli in denaro, in quanto sarebbe più corretto il calcolo eseguito in perizia di parte. Il difensore della parte convenuta e la parte personalmente, in relazione al progetto di divisione, non concordano sulla quantificazione degli immobili operata dal CTU in quanto, peraltro, la bozza non è stata inviata dal CTU al c.t.p. di parte". Rinviata la causa per la precisazione delle conclusioni, all'udienza del giorno 05.03.24, le parti hanno precisato le conclusioni come in atti. Vale subito rilevare che, in quella sede, le istanze istruttorie formulate e rigettate dal giudice istruttore non sono state reiterate in modo specifico; per l'effetto, devono ritenersi abbandonate (cfr. Cass. Civ. 19352 del 2017 e, in maniera ancora più precisa, Cass. Civ. 10748 del 2012). 3. In rito. 3.1.Il giudizio di divisione, pur nella complessità delle diverse fasi in cui si articola, è un giudizio contenzioso di accertamento costitutivo di carattere unitario. La separazione tra le due fasi, sebbene evidenziata dallo stesso codice laddove pone la norma di cui all'art. 785 c.p.c. come spartiacque tra le stesse, non sempre appare così ben definita, ben potendosi, in alcuni casi, regredire dalla fase di determinazione a quella di accertamento del diritto alla divisione, qualora, e nei limiti in cui ciò sia possibile - stante il regime delle preclusioni - insorgano contestazioni di cui al citato art. 785 c.p.c., ed in altri casi, per l'assenza di qualsivoglia contrasto sul diritto alla divisione e sulla misura delle quote dei singoli condividenti, procedendosi direttamente alla formazione del progetto di divisione, senza emettere alcun provvedimento che segni il superamento della prima fase (v. Cass. Civ. n. 3163 del 1971). Pertanto, l'idea che il giudice della divisione, in presenza di contestazioni sulla composizione dell'asse, dovrebbe dapprima risolvere le contestazioni con sentenza; quindi attendere il passaggio in giudicato e poi attribuire eventualmente le parti non coglie l'unitarietà e la flessibilità del giudizio di divisione. Infatti, tale dissociazione fra definizione degli aspetti controversi della divisione e l'attribuzione delle parti riguarda l'ipotesi dell'approvazione di un progetto che preveda porzioni uguali da estrarre a sorte, perché in questo caso formazione delle parti e attribuzione sono elementi di un procedimento complesso. Diversamente, quando di procede per attribuzione diretta (sistema previsto per le porzioni disuguali, ma utilizzabile anche in presenza di quote uguali, trattandosi di norme dispositive), la formazione delle parti e la loro attribuzione sono distinguibili solo dal punto di vista logico, mentre sul piano operativo rappresentano due aspetti di una medesima operazione, essendo la porzione formata in funzione del condividente cui va attribuita. Ne consegue, che, pur in assenza di una esplicita sentenza non definitiva che abbia previamente risolto aspetti controversi delle modalità con cui procedere alla divisione, depositato il progetto e data comunicazione dello stesso, l'udienza di discussione del progetto diviene l'unica sede in cui le contestazioni assumono uno specifico rilievo. Infatti, l'art. 789 c. 3 c.p.c., fissando quale requisito per l'emanazione dell'ordinanza che rende esecutivo il progetto divisionale il difetto di contestazioni all'udienza all'uopo fissata, pone a carico dei condividenti uno specifico onere di diligenza e partecipazione alle vicende processuali che non sussiste se non nel giudizio di divisione. E, soprattutto, la disposizione di cui all'art. 789 c.p.c., nel prevedere che, in assenza di contestazioni all'udienza fissata per la discussione del progetto di divisione predisposto il giudice istruttore lo dichiari esecutivo, implica - per ciò stesso - che, invece, le eventuali contestazioni debbano essere espressamente sollevate nell'udienza in questione (v. Cass. Civ. n.11575 del 2004). Ed è indispensabile che in quella sede vengano formulate contestazioni esplicite (Cass. Civ. n. 3810 del 1988), specifiche (v. Cass. Civ. n. 1482 del 1973) e che si traducano in concrete obiezioni (v. Cass. Civ. n. 11523 del 1995). Si tratta, a ben vedere, di una delle ipotesi eccezionali in cui il legislatore - derogando con norma speciale alle regole del giudizio contenzioso ordinario - espressamente ha posto a carico delle parti un vero e proprio onere di contestazione (per cui ai comportamenti di non contestazione sono ricondotte specifiche conseguenze processuali) in ordine alle modalità con le quali si perviene alla divisione e alla implicita definizione anche degli aspetti controversi. Diversamente, non avrebbe senso la comunicazione della ordinanza di approvazione del progetto al contumace (il quale, per definizione, contesta tutto e, quindi, sia l'an dividendum sit sia le modalità della divisione) e, inoltre, si dovrebbe riconoscere al contumace il potere di condizionare lo scioglimento della divisione, che non potrebbe effettuarsi mai con ordinanza: la contumacia, in altri termini, determinerebbe una lite che andrebbe risolta con sentenza. Ne consegue, allora, che, definite ed esplicitate le contestazioni alla udienza fissata ex art. 789 c.p.c., il giudice provvederà ai sensi dell'art. 187 c.p.c. alla risoluzione delle contestazioni mosse, nei limiti delle stesse: per tutti gli altri aspetti non contestati, varranno, invece, le statuizioni contenute nel progetto. Ferme le coordinate ermeneutiche tracciate, il Tribunale, a meri fini di completezza della decisione, tuttavia, non si esimerà dall'approfondimento di tutte le domande ed eccezioni sollevate. 3.2. L'eccezione formulata dalla parte convenuta in ordine alla improcedibilità delle domande introduttive ex art. 5 D.Lgs. 28 del 2010 è infondata, dal momento che, come chiaramente si evince dalla istanza di mediazione (v. allegati alla memoria 183 c.6 II termine c.p.c. parte attrice), l'oggetto era chiaramente esteso anche al "...libretto di risparmio postale cointestato a (...) e alla madre (...) somme in esso depositate sono di esclusiva titolarità di (...), in quanto proventi del proprio lavoro.". L'eccezione formulata dalla parte convenuta, peraltro, appare inoltre strumentale e meramente dilatoria. Sotto il profilo squisitamente funzionale, la ratio della mediazione è quella di costituire "una reale spinta deflattiva e contribuire alla diffusione della cultura della risoluzione alternativa delle controversie" (così la relazione illustrativa al D.Lgs. n. 28 del 2010). Il fine, dunque, è l'auspicata non introduzione della causa, risolta preventivamente innanzi all'organo apposito, in via stragiudiziale. La mediazione obbligatoria, quindi, non si collega ad una domanda sic et simpliciter, ma al processo, che ormai è pendente: essa si collega alla causa, non alla singola domanda come tale, in funzione deflattiva del processo. La mediazione obbligatoria ha la sua ratio nelle dichiarate finalità di favorire la rapida soluzione delle liti e l' utilizzo delle risorse pubbliche giurisdizionali solo ove effettivamente necessario: posta questa finalità, l'istituto non può essere utilizzato in modo disfunzionale rispetto alle predette finalità ed essere trasformato in una ragione di intralcio al buon funzionamento della giustizia, in un bilanciamento dal legislatore stesso operato, secondo una lettura costituzionale della disposizione in esame, affinché, da un lato, non venga obliterata l'applicazione dell'istituto, e dall'altro lo stesso non si determini una sorta di "effetto boomerang" sull'efficienza della risposta di giustizia (v. in maniera precisa in motivazione Cass. Civ. S.U. n. 3452 del 2024, con la copiosa giurisprudenza costituzionale richiamata). Pertanto, è agevolmente evincibile dalla documentazione in atti che, nonostante la pluralità di tentativi succedutisi nel tempo, le parti non sono mai addivenute ad un accordo. È evidente, pertanto, che l'esperimento di un nuovo procedimento di mediazione avrebbe l'effetto non già di produrre un vantaggioso effetto deflattivo, ma semplicemente di provocare un inutile prolungamento dei tempi del giudizio, tradendo, quindi, le finalità stesse dell'istituto (cfr. ancora Cass. Civ. S.U. n. 3452 del 2024, ove in motivazione precisano che "La mediazione obbligatoria svolge un ruolo proficuo, solo se non si presti ad eccessi o abusi. La mediazione, più che accertamento di diritti, è "contemperamento di interessi", con semplicità di forme e rapidità di trattazione, anche senza verifiche fattuali: è una sorta di "esperimento" finalizzato ad un accordo negoziale, che va certamente tentato, nella prospettiva assunta dal legislatore, ma prima di intraprendere la causa in funzione di scongiurare la originaria iscrizione a ruolo, e che non avrebbe senso diluire e prolungare oltre misura") 3.3. In ordine all'an dividendum sit nessuna altra eccezione è stata sollevata dalla parte convenuta. 3.4. Infine, sempre in rito, si sottolinea che le censure relative al procedimento della c.t.u., in quanto nullità relative, sono soggette al regime di preclusione di cui all'art. 157 c.p.c., che impone alla parte nel cui interesse è stabilito un requisito dell'atto di opporre la relativa nullità per la mancanza del requisito stesso entro il termine di decadenza costituito dalla prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso (v. da ultimo Cass. Civ. S.U. 5624 del 2022). Orbene, la eccepita mancata comunicazione della bozza al consulente tecnico di parte - prescindendo dal rilievo per cui il difensore ha regolarmente ricevuto la bozza e che il c.t.u. ha esplicitamente attestato di aver comunicato l'elaborato prima ai difensori e poi ai consulenti tecnici di parte, con i quali, peraltro, ha sempre interloquito anche telefonicamente nel corso delle operazioni peritali - è rilievo sollevato dalla parte convenuta solo alla udienza di discussione del progetto. Invero, la Consulenza è stata depositata in data 11.6.23, alla udienza del 27.6.23 e alla udienza del 14.11.23 alcun rilievo è stato mosso dalla parte convenuta. Per l'effetto, quand'anche sussistente, la nullità relativa deve intendersi sanata e il rilievo alla udienza del 27.2.24 tardivo. 4. Nel merito. 4.1. La domanda degli attori, volta alla condanna della convenuta (...) al pagamento nei confronti di (...) e (...) delle somme incassate per effetto della estinzione dei rapporti latu sensu bancari di deposito al risparmio n. 22018 pari ad euro 35.145,31 (intestato a (...), di deposito al risparmio n. 21358 pari ad euro 8.329,77 (intestato a (...) e (...) e del certificato di deposito n. 24238 (intestato a (...) e (...) pari ad euro 123.359,25, è fondata e deve essere accolta. Invero, che l'ammontare delle somme sia esattamente quello indicato, risulta in modo esplicito dal documento proveniente dalla stessa (...) presso cui i rapporti contrattuali erano accesi (v. allegati produzione parte attrice). Di contro, la somma indicata nel progetto deve essere corretta, in quanto fondata sugli assegni circolari prodotti dalla convenuta. Non è contestato e, anzi, è espressamente riconosciuto che le somme spettassero a ciascun coerede in parti uguali. Alla luce della procura in atti del 21.12.11 (redatta successivamente a quella di luglio dello stesso anno, dal momento che quella precedente non recava indicazione precisa dei rapporti bancari da estinguere), non vi è dubbio che la convenuta fosse stata investita di provvedere alla estinzione dei suddetti rapporti bancari e alla riscossione delle relative somme. Ne consegue che ella avesse titolo ad incassare, non già a ritenere una volta compiute le attività previste. Infatti, sotto il profilo squisitamente giuridico, ai sensi dell'art. 1713 c.c. il mandatario deve rendere al mandante il conto del suo operato e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del suo mandato. Si tratta di disposizione applicabile sia al mandato senza rappresentanza, sia al mandato con rappresentanza e certamente alla fattispecie in esame, che, pacificamente, sottende nei rapporti interni un mandato. Peraltro, ai sensi dell'art. 1714 c.c., accanto alla obbligazione restitutoria, il mandatario deve corrispondere al mandante gli interessi legali sulle somme riscosse per conto del mandante stesso, con decorrenza dal giorno in cui avrebbe dovuto fargliene la consegna o la spedizione ovvero impiegarle secondo le istruzioni ricevute. L'obbligazione restitutoria e, quindi, di consegna, sorge alla conclusione della attività gestoria. In assenza di specifiche deduzioni sul punto, non può che prendersi in considerazione la data del 25.11.13, dal momento che dalla lettera del difensore di parte convenuta (v. note avv. D. allegate alla comparsa di costituzione e risposta) si evince che a quel tempo la (...) aveva già provveduto alla estinzione dei rapporti e all'incasso delle relative somme. Né valgono le deduzioni di parte convenuta in ordine alla messa a disposizione delle relative somme nei confronti degli attori. Come si evince agevolmente dalla documentazione in atti, in luogo della esecuzione di un semplice bonifico all'esito della attività gestoria, con la missiva dell'agosto del 27.8.13 la (...) ha semplicemente invitato le parti ad un accordo e, in sede di mediazione, ha subordinato la corresponsione delle somme ad un accordo integrale sulla divisione, ponendo una condizione non conforme al dettato delle disposizioni suindicate. Per l'effetto, (...) deve essere condannata alla corresponsione della somma di euro 55.611,44 in favore di (...) e alla corresponsione della medesima somma in favore di (...) oltre interessi ex art. 1284 c.c. dal 25.11.13 sino al soddisfo. Non vi è prova, invece, del maggior danno invocato dagli attori ai sensi dell'art. 1224 c. 2 c.c. 4.2. La domanda degli attori, volta alla refusione deli frutti civili percepiti da (...) per l'uso esclusivo dell'immobile sito in via Matera, foglio (...) particella (...) sub. 1, è infondata e non può essere accolta. Invero, l'obbligo di corresponsione dei frutti non sorge per la sola materialità del godimento oltre il limite della propria quota: ai fini della liquidazione della indennità si richiede una specifica domanda di utilizzo diretto o indiretto, da parte dei comproprietari estromessi, che sia stata ingiustamente disattesa dalla controparte, dato che, in mancanza di esplicite richieste precedenti, si presume l'acquiescenza alla situazione di fatto pregressa. Infatti, ai sensi della normativa di cui all'art. 1102 c.c., l'uso diretto del bene comune da parte di un comproprietario, altro non è che l'attuazione del diritto dominicale, salvo l'obbligo di questi di non alterare la destinazione economica del bene e di non impedire agli altri condividenti l'eguale e diretto uso ovvero di trarre dal bene i frutti civili. Sicché, il semplice godimento esclusivo del bene ad opera di uno dei comproprietari, in via di principio, non assume l'idoneità a produrre un qualche pregiudizio in danno degli altri comproprietari, e, ancor meno, in danno di coloro che abbiano mostrato acquiescenza all' altrui uso esclusivo. Con la conseguenza che colui che utilizza in via esclusiva il bene comune non è tenuto a corrispondere alcunché al comproprietario pro indiviso che rimanga inerte e/o, a maggior ragione, che abbia consentito detto uso esclusivo. Piuttosto, l'occupante del bene (il comproprietario che gode in modo esclusivo) è tenuto al pagamento della corrispondente quota di frutti civili traibili dal godimento indiretto dell'immobile solo se il comproprietario abbia manifestato l'intenzione di utilizzare il bene in maniera diretta e non gli è stato consentito, per la ragione assorbente di non aver potuto godere al pari degli altri del bene comune (v. in maniera precisa Cass. Civ. n. 2423 del 2015). Orbene, dagli atti di causa non emerge alcun atto con cui gli attori abbiano manifestato l'intenzione di godere al pari della convenuta dell'immobile di cui al foglio (...) particella (...) sub.1 e che ciò non gli è stato consentito. Di contro, emerge in maniera pacifica l'accordo dei coeredi in ordine all'utilizzo esclusivo dell'immobile di cui al foglio (...) particella sub. 1 in capo a (...) e dell'immobile di cui al foglio (...) particella (...) sub.2 in capo a (...). Sul punto decisivo appare sia quanto contenuto nella scrittura privata del 3.11.12 depositata da parte convenuta, sia quanto rilevato dal C.T.U., il quale ha evidenziato i lavori espletati singolarmente dai coeredi nell'uno e nell'altro appartamento, senza alcuna rimostranza degli altri. Per l'effetto, la suindicata domanda degli attori è infondata e non può essere accolta. Alle medesime conclusioni si perviene in ordine alla domanda della parte convenuta, volta alla corresponsione del corrispettivo per il godimento esclusivo del bene di cui al foglio (...) particella (...) sub.2. Del resto, se il fine ultimo è quello di ripianare ingiustificati arricchimenti di un coerede in danno dell'altro, a nulla rileva che il godimento esclusivo sia esercitato direttamente o indirettamente. Invece, quell'ingiustificato arricchimento si produrrebbe proprio quando siano considerati in maniera diversa il godimento esclusivo diretto (quello degli attori) e quello indiretto della convenuta, la quale, certamente, non può essere condannata al rimborso dei canoni e, di contro, non aver diritto a nulla per il godimento esclusivo ma diretto degli attori sull'altro immobile. Peraltro, il C.T.U. ha rilevato dei corrispettivi per i godimenti praticamente coincidenti, tenuto conto che il (...) ha dichiarato, in sede di interrogatorio formale, di godere in via esclusiva dell'immobile da agosto del 2012 e che il godimento della convenuta antecedente alla dipartita del decuius, quand'anche sussistente, non importerebbe alcun debito verso i coeredi. 4.3. La deduzione della convenuta relativa alla mancata produzione dei titoli che attesterebbero la sussistenza della comunione ereditaria è tardiva in rito e infondata nel merito. In primo luogo, infatti, si tratta di allegazione formulata solo con la comparsa conclusionale. Ma, come noto, le allegazioni formulate e le produzioni documentali depositate in quella sede non possono essere prese in considerazione ai fini della decisione, poiché si tratta di contenuti estranei alla funzione della comparsa conclusionale, che è atto nel quale è consentito alle parti illustrare e sviluppare domande ed eccezioni già svolte, ma non certamente introdurre nuovi temi d'indagine o argomentazioni difensive che non poggino su fatti in precedenza accertati o su acquisizioni processuali mai oggetto di contestazione. A ragionare diversamente sarebbe sovvertito il sistema delle preclusioni assertive ed istruttorie previsto nel codice di rito e non si consentirebbe alla controparte di esercitare appieno il diritto di difesa, al contraddittorio ed alla prova. Con le memorie di cui all'art. 190 c.p.c. le parti, infatti, possono solo replicare alle deduzioni avversarie ed illustrare ulteriormente le tesi difensive già enunciate nelle comparse conclusionali e non anche esporre questioni nuove o formulare nuove conclusioni, sulle quali, pertanto, il giudice non può e non deve pronunciarsi (v. Cass. Civ. Ord. n. 98 del 2016 e Cass. Civ. n. 22970 del 2004). In secondo luogo, nel merito, la deduzione sarebbe in ogni caso infondata: che i beni oggetto della presente domanda di divisione appartenessero al decuius non solo non è mai stato contestato dalla parte convenuta; ma la stessa (...) ha predisposto (a sua firma) le dichiarazioni di successione della madre e del padre e ha indicato compiutamente i beni del compendio ereditario. Peraltro, dalle note di trascrizione depositate dall'attore con la memoria 183 c. 6 II termine c.p.c. (per la precisa indicazione contenuta all'interno delle stesse, poiché la prima soprattutto ricalca il titolo di acquisto) si ricava agevolmente la titolarità dei beni in capo al decuius, ai fini del giudizio di divisione. 4.4. L'ulteriore contestazione tardiva (anche essa formulata solo in comparsa conclusionale e non anche in sede di discussione del progetto) in ordine alla diversa valenza delle dichiarazioni rese in sede di scrittura privata del 3.11.12 è anche essa infondata. Invero, la scrittura privata del 3.11.12 è stata prodotta con la comparsa di costituzione e risposta dalla parte convenuta e non disconosciuta in modo specifico - e, quindi, idoneo allo scopo - dalle parti attrici. Pertanto, ai sensi dell'art. 2702 c.c. e 214-215 c.p.c. essa deve ritenersi, tra le parti del presente giudizio, legalmente riconosciuta. Ovviamente, la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni documentate nel testo da colui o da coloro che l'anno sottoscritta. Ma, analogamente a quanto accade per l'atto pubblico, l'efficacia di prova legale della scrittura privata non si estende alla verità intrinseca delle dichiarazioni contenute nel testo, che possono essere contestate con tutti i mezzi di prova consentiti; il giudice, inoltre, può liberamente apprezzare il contenuto del documento in concorso con gli altri elementi di prova acquisiti al processo e anche, se del caso, disattenderlo nell'esercizio del suo potere discrezionale di valutazione delle prove (v. Cass. Civ. n. 10577 del 1993; Cass. Civ. n. 4611 del 1986; Cass. Civ. n. 12695 del 2007). Con l'ulteriore precisazione che la scrittura privata si sostanzia in un documento, all'interno del quale sono contenute molteplici dichiarazioni delle parti. Orbene, la scrittura privata, sottoscritta dai coeredi in data successiva alla morte del decuius, nella parte in cui (...) e (...) donano il bene indicato a (...) è, a tacer d'altro in ordine alla legittimazione a disporre dell'intero bene, nulla per difetto di forma ex art. 782 c.c. La donazione di cui si fa cenno e della quale avrebbe beneficiato (...), è priva di rilievo nel giudizio di cui è causa, dal momento che la stessa, alla luce della produzione dell'atto formale del Notaio alla presenza di due testimoni, è esente da collazione. La donazione di cui si fa cenno e della quale avrebbe beneficiato (...) è, invece, priva di qualsiasi riscontro probatorio. Invero, nella scrittura privata viene semplicemente menzionata, ma non viene fatto neppure riferimento alla entità della stessa; né si comprende se si sia in presenza di una donazione diretta o indiretta, con dispensa o meno da collazione. Orbene, ove si fosse in presenza di una donazione diretta, poiché i negozi giuridici per i quali la legge prescrive la forma scritta ad substantiam sono nulli e, quindi, giuridicamente irrilevanti, se non rivestono tale forma, la prova della loro esistenza e dei diritti che ne formano l' oggetto richiede necessariamente la produzione in giudizio della relativa scrittura, che non può essere sostituita da altri mezzi probatori e neanche dal comportamento processuale delle parti, che abbiano concordemente ammesso, anche implicitamente, l'esistenza del diritto costituito con l'atto non esibito (v. Cass. Civ. n.2919 del 1990, proprio in tema di donazione). La mancata produzione del documento (recte: del titolo traslativo) - vieppiù ove, come nel caso della donazione è richiesta non solo la forma scritta, ma anche quella di cui all'art. 782 c.c. - non è surrogabile attraverso altri mezzi di prova, ivi comprese le presunzioni (v. Cass. Civ. n. 1811 del 1990), la confessione (v. Cass. Civ. n. 1483 del 2010), il giuramento (v. Cass. Civ. n. 560 del 1985), la testimonianza (v. Cass. Civ. n. 8491 del 2000), la concorde ammissione in giudizio della stipulazione di un contratto in forma scritta (v. Cass. Civ. n. 7590 del 1974) o del diritto nascente dall'atto non prodotto. Ove, invece, si fosse in presenza di una donazione indiretta, sarebbe stata necessaria dapprima una apposita domanda di accertamento dell'esistenza di una donazione indiretta pregiudiziale e soggetta ai termini di decadenza ex art. 167 c.p.c., mai proposta nel caso di specie (v. Cass. Civ. n. 19833 del 2019). In sostanza, accanto alla determinante circostanza che neppure è indicato l'ammontare della donazione, alcun rilievo può essere riconosciuto alla dichiarazione che menziona una precedente donazione, intervenuta peraltro tra altri soggetti, pena l'aggiramento della necessità dell'atto pubblico e il rilievo di una ricognizione di diritto reale sul bene (mobile o immobile) idoneo a surrogare la produzione del titolo giustificativo dello spostamento patrimoniale. Di contro, le dichiarazioni relative ai diritti di credito e, quindi, aventi ad oggetto rapporti obbligatori, proprio perché provenienti da tutte le parti, assumono la struttura del riconoscimento del debito con gli effetti di cui all'art. 1988 c.c. Pertanto, le spese sostenute dagli eredi, da dividersi in parti uguali, devono seguire il preciso schema oggetto del riconoscimento, secondo cui (...) ha sostenuto spese per euro 7.766,00, (...) per euro 3.995,89, (...) per euro 2.136,00. Le stesse ammontano complessivamente ad euro 13.898,39 e, quindi, sono pari ad euro 4.632,79 per ciascun coerede: (...) è creditore della somma di euro 3.133,21, (...) debitrice della somma di euro 636,90, (...) debitrice della somma di euro 2.496,29. Per l'effetto, operate le reciproche compensazioni e tenuto conto che la domanda è stata esperita solo nei confronti di (...) quest'ultima deve essere condannata al pagamento della somma di euro 636,90 in favore di (...), oltre interessi, al tasso legale ex art. 1284 c.c. dalla domanda al saldo. Infine, sempre sotto il profilo dei rapporti di carattere obbligatorio, che le somme depositate sul libretto postale cointestato tra (...) e (...) fossero di esclusiva proprietà del (...) è circostanza dedotta con l'atto di citazione e non contestata in modo specifico - e, quindi, idoneo allo scopo - con la comparsa di costituzione e risposta della parte convenuta. L'onere di contestazione del fatto allegato dall'avversario deve, pertanto, avvenire nella prima difesa utile (cfr. Cass. Civ. n. 5191 del 2008), dal momento che il sistema di strette preclusioni su cui si fonda il rito civile va letto congiuntamente al carattere dispositivo del processo, che comporta una struttura dialettica a catena del procedimento, ai principi di lealtà posti a carico delle parti e, soprattutto, al generale principio di economia processuale, per cui ogni volta che sia posto a carico di una delle parti (attore o convenuto) un onere di allegazione e prova, il corretto sviluppo della dialettica processuale impone che l'altra parte prenda posizione in maniera precisa rispetto alle affermazioni della parte onerata nella prima occasione processuale utile. A suffragare la non contestazione, poi, sovviene la scrittura privata in atti, in cui le parti riconoscono espressamente che le somme giacenti sul libretto postale cointestato tra il (...) e la (...) sono di sua esclusiva proprietà, in quanto i versamenti frutto del corrispettivo percepito per effetto della sua attività lavorativa. Ne consegue che, accertata la esclusiva proprietà di (...), egli è legittimato alla riscossione in via esclusiva. 4.5. Né - è bene precisare a meri fini di completezza, non essendo stata la questione neppure sollevata dalla parte convenuta - la predetta scrittura potrebbe essere interpretata come divisione di carattere contrattuale tenuto conto che, in primo luogo, viene in rilievo una volontà dispositiva solo in ordine al bene da donare a (...) in secondo luogo, non vi è alcun riferimento alla attribuzione degli altri beni compresi nel patrimonio ereditario; in terzo luogo, non emerge una volontà attuale di provvedere alla sistemazione patrimoniale volta alla assegnazione in proprietà esclusiva di tutti i beni rientranti nel patrimonio del de cuius, neppure esplicitati in modo specifico, facendo le parti riferimento a successivi atti e ad un accordo definitivo da perfezionare dinanzi al notaio: non vi è pertanto accordo perfezionato in relazione a tutti gli elementi costitutivi dello stesso ex art. 1325 c.c. (v. Cass. Civ. n. 11126 del 2024, secondo cui "Ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale è necessario che tra le parti sia raggiunta l'intesa su tutti gli elementi dell'accordo, non potendosene ravvisare la sussistenza qualora - raggiunta l'intesa solamente su quelli essenziali, pure riportati in apposito documento (cosiddetto "minuta" o "puntuazione") - risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori, con la conseguenza che, rispetto a tale convenzione, non può esservi inadempimento, non essendo la stessa fonte di obbligazioni determinate. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che aveva negato efficacia vincolante ad un accordo, finalizzato ad una divisione di alcuni beni immobili e di alcune società che le parti avevano in comune, che si limitava a prevedere l'assegnazione reciproca degli immobili, indicati solo genericamente, e delle quote sociali alle parti o a persone da nominare "). 4.6. Con specifico riferimento alle quote e alla formazione delle porzioni, si rimanda integralmente al progetto depositato con ordinanza del 25.09.23 e riportato schematicamente - nelle sue linee essenziali - in parte motiva al paragrafo 2. Le contestazioni formulate alla udienza di discussione del progetto concernono esclusivamente la esatta quantificazione del valore monetario degli immobili stimati, nonché la misura dei conguagli. Orbene, sotto tale profilo, il Tribunale reputa di condividere appieno le considerazioni svolte e le conclusioni raggiunte dal C.T.U. in quanto motivate in modo logico, scientifico ed analitico e fondate sulle indagini espletate e sulla documentazione allegata. Non pare inopportuno ricordare che il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia - come nel caso di specie - tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l'obbligo della motivazione con l'indicazione delle fonti del suo convincimento; non è quindi necessario che egli si soffermi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte che, seppur non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili con le conclusioni tratte. In tal caso, le critiche di parte, che tendano al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive, che non possono configurare il vizio di motivazione previsto dall'art. 360, n. 5, c.p.c. (cfr. Cass. civ. n. 1815 del 2015; Cass. civ. n. 282 del 2009; Cass. civ. n. 8355 del 2007; Cass. Civ. n. 33742 del 2022). Invero, in relazione alla esatta stima degli immobili, il consulente tecnico nominato ha dedicato alla precisa quantificazione del valore monetario dei suddetti beni tre allegati (1 per ciascun bene immobile), in cui dettagliatamente espone le modalità di calcolo e i criteri che hanno orientato la misura, partendo dai dati O.M.I e confrontando poi i dati con il parametro zonale, con quello strutturale, con quello di finitura, con quello urbanistico, con quello impiantistico e di trasformazione, con quello estetico - architettonico. Le contestazioni della convenuta sono di genericità tale da non poter essere approfondite. Le stesse operano semplicemente un rinvio ad una c.t.p. di parte del 2014 composta da 2 pagine. Quanto alle contestazioni della parte attrice, ferma la esaustività delle repliche del Consulente, si rileva sotto il profilo squisitamente processuale che le prime due osservazioni sono del tutto prive di rilievo, la terza e la quarta concernono documenti mai prodotti nei termini delle preclusioni probatorie (e di cui non si fa neppure menzione in sede di preclusioni assertive); la quinta e la settima osservazione sono prive di rilievo alla luce delle statuizioni già precedentemente adottate relative a domande solo connesse con quella principale di divisione. La sesta e la ottava osservazione concernono deduzioni mai formulate nei termini delle preclusioni assertive né documentate da prove tempestivamente depositate nei termini delle memorie 183 c. 6 II termine c.p.c. Tutta l'allegazione di documenti in sede di osservazioni all'elaborato peritale è tardiva ed irrituale. Peraltro, è agevole rilevare che le determinazioni del Consulente tecnico d'ufficio non si discostano da quelle già formulate, per le parti attrici, dalla c.t.p. depositata in uno all'atto di citazione. 4.7. Non residuano, pertanto, ulteriori contestazioni. Del resto, la misura delle quote in cui i coeredi sono chiamati a succedere ab intestato - pari ad 1/3 del compendio ereditario - non sono mai state oggetto di contrarie deduzioni. Pertanto, il valore complessivo dei tre immobili è pari a Euro 92.047,30 (Euro 43.320,20 appartamento a piano terra, Euro 44.930,90 appartamento primo piano e sottotetto/mansarda, Euro 3.796,20 terreno). Dividendo l'importo per 3, ne consegue che la quota astrattamente spettante ad ogni singolo coerede è pari a Euro 30.682,44. Nell'operare la formazione delle porzioni, il c.t.u. ha, quindi, formato 2 lotti, nonostante la presenza di 3 eredi, dal momento che (...) e (...) non solo hanno proposto una unica domanda, ma hanno manifestato l'intento di mantenere la comunione con riferimento alle quote spettanti, con assegnazione congiunta di una quota pari alla somma di quelle singole, come agevolmente evincibile non solo in sede di operazioni peritali (ove l'accordo non è stato raggiunto solo per la diversa quantificazione dei conguagli) ma anche alla udienza di discussione del progetto, dove il (...) ha espressamente accettato tale modalità e (...), non presente, non ha mosso alcuna contestazione. Ovviamente, il lotto da assegnare in comune a (...) e (...) - tenuto conto delle pari quote in cui sono chiamati a succedere - deve essere formato per una misura pari al doppio di quello assegnato singolarmente a (...). Il progetto, quindi, riportato in parte motiva non risulta scalfito da altre contestazioni. Del resto esso: - Conserva il diritto alla formazione delle porzioni mediante beni in natura, fermo il potere del giudice di discostarsi quando ricorrano ragioni di necessità ex art. 718 c.c. e seguenti; - È conforme al principio più volte ribadito dalla Suprema Corte (v. Cass. Civ. n. 15105 del 2000), volto a evitare eccessivi frazionamenti dei beni, prevedendo la formazione di quote con beni distinti, sempre che le quote stesse abbiano una composizione omogenea. Del resto, non è necessario formare delle porzioni assolutamente omogenee, poiché il diritto del condividente ad una porzione in natura dei beni compresi nelle categorie degli immobili, dei mobili e dei crediti in comunione non consiste nella realizzazione di un frazionamento quotistico delle singole entità appartenenti alla medesima categoria, ma nella proporzionale divisione dei beni rientranti nelle suddette tre categorie, dovendo evitarsi un eccessivo frazionamento dei cespiti (v. Cass. Civ. n. 9282 del 2018); - Pertanto, qualora nel patrimonio comune vi siano più immobili da dividere, spetta al giudice del merito accertare se il diritto della parte sia meglio soddisfatto attraverso il frazionamento delle singole entità immobiliari oppure per mezzo dell'assegnazione di interi immobili ad ogni condividente, salvo conguaglio; - Una divisione del fabbricato in cui ci sono i due appartamenti è del tutto antieconomica, in quanto si richiederebbero lavori - anche di adeguamento sismico - sproporzionati rispetto al valore commerciale degli immobili, che nessuno dei coeredi ha intenzione di sostenere (v. ampia motivazione del Consulente in sede di c.t.u.); - Il progetto, peraltro, tutela l'interesse dei condividenti a conservare ciascuno l'immobile occupato da anni e limita, quanto più possibile, i conguagli; - Nessuna seria contestazione è stata mossa in sede di udienza di discussione del progetto; - Infine, alla luce della presenza di più immobili con cui comporre le singole quote in natura, non sorge alcuna questione inerente alla divisibilità ex art. 720 c.c., ma si discerne solo di strumenti attuativi della divisione e di formazione di porzioni e attribuzione delle stesse ex art. 727 e 729 c.c. (v. Cass. Civ. n. 7700 del 1994, secondo cui "in sede di divisione di una comunione ereditaria, qualora di essa facciano parte più immobili che, seppure isolatamente considerati non possano dividersi in tante frazioni quante sono le quote dei condividenti, ma consentano da soli o insieme con altri beni, di comporre la quota di alcuni in modo che porzioni degli altri possano formarsi con i restanti immobili del compendio, non può più farsi questione di indivisibilità o di non comoda divisibilità, dato il realizzarsi del soddisfacimento delle quote con la ripartizione qualitativa e quantitativa dei vari cespiti compresi nella comunione"). Atteso che, come già evidenziato, (...) e (...) intendono mantenere la comunione con riferimento alle quote loro spettanti, deve ritenersi sussistente, ai sensi e per gli effetti dell'art. 729 c.c., una ipotesi di porzioni diseguali, con conseguente impossibilità di procedere alla assegnazione delle quote (recte: porzioni) mediante sorteggio e necessità, quindi, di procedere alla attribuzione delle stesse da parte del giudice (v. Cass. Civ. n. 8259 del 2015. Per l'effetto, dovrà procedersi alle attribuzioni delle porzioni diseguali, secondo lo schema già esplicitato nel progetto di divisione depositato ex art. 789 c.c. e richiamato nel paragrafo 2 della sentenza. In particolare: A. Deve essere disposta l'attribuzione in proprietà esclusiva a (...) del lotto sopra identificato come A, comprensivo dell'appartamento sito a piano terra, sito in Cassano allo Ionio e identificato catastalmente al foglio (...) particella (...) sub.1 (valore euro 43.320,20) e meglio descritto nella C.T.U. alla quale integralmente si rinvia; B. Deve essere disposta l'attribuzione congiunta in proprietà esclusiva a (...) e a (...) dei lotti sopra identificati come B+C, comprensivi dell'appartamento sito a primo piano e del sottotetto, siti in Cassano allo Ionio e identificati catastalmente al foglio (...) particella (...) sub. 2 (valore euro 44.930,90) nonché del diritto reale sul terreno sito in Cassano allo Ionio e indentificato catastalmente al foglio (...) particelle (...)), meglio descritti nella C.T.U. alla quale integralmente si rinvia; C. È necessario, peraltro, perequare la ineguaglianza delle quote in natura mediante la determinazione del conguaglio in denaro, ai sensi dell'art. 728 c.c., a carico di colui al quale è attribuita la porzione in natura di maggior valore ed a favore del condividente cui è attribuita la porzione di minor valore. La determinazione del conguaglio prescinde dalle singole domande delle parti, in quanto attiene alle concrete modalità di attuazione del progetto divisionale devolute alla competenza del giudice e la sentenza di scioglimento della comunione persegue il mero effetto di perequare il valore delle rispettive quote (Cass. Civ. n. 7833 del 2008). Al fine di operare tale perequazione deve essere previsto un conguaglio a carico di (...) e in favore di (...) e (...) pari ad euro 12.637,77 (euro 6.318,88 ciascuno), senza istituzione di vincoli solidali (v. Cass. Civ. n. 26170 del 2009). D. La sentenza che, nel disporre la divisione della comunione, pone a carico di uno dei condividenti l'obbligo di pagamento di un somma di denaro a titolo di conguaglio, persegue il mero effetto di perequazione del valore delle rispettive quote, nell'ambito dell'attuazione del diritto potestativo delle parti allo scioglimento della comunione. Ne consegue che l'adempimento di tale obbligo - al contrario di quanto avviene nella sentenza costitutiva emessa ex art. 2932 cod. civ. per l'adempimento informa specifica dell'obbligo di concludere il contratto, ove il pagamento del prezzo ad opera della parte acquirente costituisce adempimento della controprestazione e se non avviene determina l'inefficacia della sentenza (pur da accertarsi in un separato giudizio) - non costituisce condizione di efficacia della sentenza di divisione e può essere soltanto perseguito dagli altri condividenti con i normali mezzi di soddisfazione del credito, restando comunque ferma la statuizione di divisione dei beni (cfr., in tal senso, Cass. civ. n. 22833 del 2006). Alle somme suddette vanno, quindi, aggiunti gli interessi legali ex art. 1284 c.c., con decorrenza solo dalla data di pubblicazione della presente sentenza. E. Quanto ai beni mobili, ci si riporta a quanto già statuito in sede di progetto di divisione. Per cui gli oggetti d'oro devono essere ripartiti in parti uguali tra i coeredi e, tenuto conto che sarebbe già stata disposta una divisione di carattere materiale in tre sacchetti dal valore equivalente (secondo quanto dichiarato dagli attori al Consulente Tecnico, senza che la parte convenuta abbia mosso alcun rilievo e contestazione), deve disporsi l'attribuzione di un sacchetto a ciascun erede. 5. Il regime delle spese La complessità delle questioni fattuali e giuridiche affrontate, la natura della presente controversia, l'esito della stessa, le ragioni poste a base della decisione, unitamente alla reciproca soccombenza in relazione alle domande connesse e al comportamento tenuto dalle parti in seguito al deposito del progetto divisorio (posto che tutte hanno sollevato contestazioni meramente dilatorie e inidonee a scalfire quanto già indicato nel progetto) costituiscono, complessivamente considerati, gravi ed eccezionali ragioni idonee a giustificare l'integrale compensazione delle spese di lite tra tutte le parti del giudizio, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 92, comma 2, c.p.c.. Le spese della C.T.U., invece, vanno poste a carico delle parti in egual quota tra loro (1/3 (...), 1/3 (...) 1/3 (...) P.Q.M. Il Tribunale di Castrovillari - Sezione Civile -, in composizione monocratica, definitivamente pronunziando sulla controversia civile promossa come in epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: A. ACCOGLIE la domanda di scioglimento della comunione proposta dalle parti attrici e, per l'effetto DISPONE: - l'attribuzione in proprietà esclusiva a (...), generalizzata come in atti, del lotto sopra identificato come A e, quindi, dell'appartamento sito a piano terra, sito in Cassano allo Ionio e identificato catastalmente al foglio (...) particella (...) sub.1 (valore euro 43.320,20) e meglio descritto nella C.T.U. alla quale integralmente si rinvia; - l'attribuzione congiunta in proprietà esclusiva a (...) e a (...), generalizzati come in atti, dei lotti sopra identificati come B+C, e, quindi, dell'appartamento sito a primo piano e del sottotetto, siti in Cassano allo Ionio e identificati catastalmente al foglio (...) particella (...) sub. 2 (valore euro 44.930,90) nonché del diritto reale sul terreno sito in Cassano allo Ionio e indentificato catastalmente al foglio (...) particelle (...) meglio descritti nella C.T.U. alla quale integralmente si rinvia; - l'attribuzione in proprietà esclusiva dei singoli beni mobili d'oro a ciascuno dei coeredi, secondo quanto esplicitato in parte motiva. B. CONDANNA la parte convenuta (...) al PAGAMENTO, in favore di (...) e di (...) del complessivo importo di Euro 12.637,77 (euro 6.318,88 ciascuno), oltre interessi legali, al tasso previsto dall'art. 1284 c.c., dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino all'effettiva corresponsione; C. CONDANNA la parte convenuta (...) al PAGAMENTO, in favore di (...) della somma di Euro 636,90, oltre interessi legali, al tasso previsto dall'art. 1284 c.c., dalla domanda all'effettiva corresponsione; D. CONDANNA la parte convenuta (...) al PAGAMENTO, in favore di (...) della somma di euro 55.611,44, oltre interessi legali, al tasso previsto dall'art. 1284 c.c., dal 25.11.13 sino al soddisfo; E. CONDANNA la parte convenuta (...) al PAGAMENTO, in favore di (...) della somma di euro 55.611,44, oltre interessi legali, al tasso previsto dall'art. 1284 c.c., dal 25.11.13 sino al soddisfo; F. DICHIARA che le somme giacenti sul libretto di risparmio intestato a (...) e (...) sono di proprietà esclusiva di (...); G. RIGETTA le altre domande proposte; H. DICHIARA integralmente COMPENSATE le SPESE di giudizio tra le parti; I. PONE definitivamente a carico delle parti in egual quota tra loro (1/3 (...) (...), 1/3 (...) 1/3 (...) le spese della consulenza tecnica espletata nel corso del giudizio, così come liquidate con decreto depositato contestualmente alla presente sentenza; J. MANDA alla Cancelleria per gli adempimenti e per le comunicazioni di rito. Così deciso in data 4 agosto 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI CASTROVILLARI - SEZIONE CIVILE - in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile, in primo grado, iscritta al n. (...) del R.G. 2020, promossa da: (...) S.p.A. (già (...) S.p.A. - P.IVA (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall' avv. (...) - società attrice - contro COMUNE DI (...) (P.IVA (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. (...) - convenuto - Conclusioni: come in atti, qui da intendersi integralmente riportate e trascritte. FATTI DI CAUSA Con atto di citazione ritualmente notificato (...) S.p.A. ha evocato in giudizio il Comune di (...) assumendo di essersi resa cessionaria dei crediti originariamente maturati da (...) s.r.l. ed (...) S.p.A. sulla scorta delle fatture per l'erogazione di energia elettrica in atti richiamate, a titolo di sorte capitale (per Euro 597.827,36), interessi moratori, interessi anatocistici, oltre ad Euro 25.760,00 ex art. 6, comma 2 decr. lgs. 231-02, così invocando l'accoglimento delle conclusioni in atti riportate. Instaurato il contraddittorio, con comparsa di costituzione e risposta depositata per via telematica in data (...) si è costituito in giudizio il Comune di (...) il quale ha eccepito la mancata notifica delle cessioni dei crediti nelle forme previste dalla legge, nonché l'inopponibilità delle cessioni all'ente convenuto in assenza di sua espressa accettazione; nel merito, ha lamentato la non debenza delle somme richieste per effetto del pagamento di una parte delle fatture poste a fondamento della avversa domanda di pagamento, così insistendo per l'accoglimento delle conclusioni che di seguito si trascrivono: "Nel merito: in via principale, rigettare, in toto, la domanda attrice perché infondata in fatto e diritto, atteso quanto esplicitato in narrativa; - in subordine, nella denegata ipotesi di accoglimento anche parziale della proposta domanda, accertare e dichiarare gli effettivi importi dovuti, ritenuti di giustizia; - con vittoria di spese, competenze ed onorari del giudizio, da distrarre in favore del costituito difensore ex art. 83 c.p.c.". Il giudizio veniva istruito a mezzo produzione documentale; all'udienza "cartolare" del 15.1.2024 la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni come in atti rassegnate, con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di scritti difensivi conclusionali. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Secondo il costante e granitico insegnamento della Corte di Cassazione, inaugurato dalla celebre pronuncia a sezioni unite n. 13533 del 30.10.2001, "in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento". (...) parte, tale arresto appare coerente tanto con il principio di presunzione della persistenza del diritto, in virtù del quale - una volta provata dal creditore l'esistenza di un diritto destinato ad essere soddisfatto entro un certo termine - grava, poi, sul debitore l'onere di dimostrare l'esistenza del fatto estintivo costituito dal suo (...) adempimento, quanto con il principio di riferibilità o vicinanza della prova. 2. Ciò premesso e venendo all'esame del merito della questione per cui pende il presente giudizio, deve essere disattesa l'eccezione, sollevata dall'ente convenuto, secondo cui le cessioni dei crediti de quibus sarebbero al medesimo inopponibili. Costituisce, infatti, approdo giurisprudenziale pacifico il principio secondo cui "con riferimento alla disciplina della cessione dei crediti verso la p.a. (da intendersi nel suo complesso, ivi compresi, pertanto, anche gli enti pubblici), il divieto di cessione senza l'"adesione" della p.a. si applica solamente ai rapporti di durata, come l'appalto e la somministrazione (o fornitura), rispetto ai quali soltanto il legislatore ha ravvisato, in deroga al principio generale della cedibilità dei crediti anche senza il consenso del debitore (art. 1260 c.c.), l'esigenza di garantire con questo mezzo la regolare esecuzione, evitando che durante la medesima possano venir meno le risorse finanziarie al soggetto obbligato e possa risultare così compromessa la regolare prosecuzione del rapporto. Ne consegue che il divieto di cui all'art. 9 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E richiamato dall'art. 70 del r.d. n. 2440 del 1923, a norma del quale, sul prezzo dei contratti in corso non può convenirsi cessione se non aderisca l'amministrazione interessata, resta valido finché la fornitura non sia completamente eseguita, giacché, una volta ultimata, non sussiste alcuna ragione per procrastinare - in deroga al principio di cui all'art. 1260 c.c. della generale cedibilità dei crediti indipendentemente dal consenso del debitore - la "inefficacia provvisoria" della cessione dei crediti residui sui quali l'amministrazione non possa vantare ulteriori diritti. Pertanto, allorché il contratto di appalto all'origine del credito ceduto, alla data della comunicazione della cessione, risulti completamente esaurito, non vi è necessità di accettazione del credito da parte dell'ente pubblico" (in tal senso, ex multis, Cassazione civile, sez. III, 11/01/2006, n. 268; Cass. Civ., n. 24758 del 15.9.2021). Posto che nel caso di specie vengono in rilievo contratti di somministrazione di energia elettrica (e, quindi, di durata), va osservato come la p.a. - sulla quale gravava l'onere di dimostrare che i rapporti da cui sono sorti i crediti ceduti non si fossero esauriti al momento delle cessioni medesime - nulla abbia provato in tal senso, sicché la sollevata eccezione non può che essere disattesa. 2.1 Quanto alla ulteriore censura afferente alla dedotta inefficacia delle cessioni del credito giacché asseritamente non regolarmente notificate al convenuto, va rilevato che vi è in atti prova della notifica delle cessioni (cfr. doc. n. 4 allegato al fascicolo di parte attrice); d'altra parte, "il contratto di cessione di credito ha natura consensuale, di modo che il suo perfezionamento consegue al solo scambio del consenso tra cedente e cessionario, il quale attribuisce a quest'ultimo la veste di creditore esclusivo, unico legittimato a pretendere la prestazione (anche in via esecutiva), pur se sia mancata la notificazione prevista dall'art. 1264 c.c.; questa, a sua volta, è necessaria al solo fine di escludere l'efficacia liberatoria del pagamento eventualmente effettuato in buona fede dal debitore ceduto al cedente anziché al cessionario, nonché, in caso di cessioni diacroniche del medesimo credito, per risolvere il conflitto tra più cessionari, trovando applicazione in tal caso il principio della priorità temporale riconosciuta al primo notificante" (ex multis, Cassazione civile, sez. III, 19/02/2019, n. 4713). Inoltre, la Suprema Corte di Cassazione è ormai da tempo ampiamente consolidata nel ritenere che la notificazione della cessione del credito al debitore ceduto ex art. 1264 c.c. costituisca atto a forma libera, purché idoneo a porre il debitore nella consapevolezza della mutata titolarità attiva del rapporto obbligatorio, motivo per cui - avendo parte attrice regolarmente notificato le cessioni de quibus e poi ancora, con la notifica dell'atto di citazione, notiziato parte convenuta delle avvenute cessioni in proprio favore dei crediti de quibus anche mediante opportuna produzione documentale - va da sé che evidentemente priva di pregio risulti l'eccezione in esame (ex multis, Cass. civ., sez. II, 20 agosto 2021, n. 23257: "non è necessario che la notifica al debitore ceduto venga eseguita a mezzo ufficiale giudiziario, costituendo quest'ultima una semplice species (prevista esplicitamente di, codice di rito per i soli atti processuali) del più ampio genus costituito dalla notificazione intesa come attività diretta a produrre la conoscenza di un atto in capo al destinatario: con la conseguenza che, ai fini tanto dell'art. 1264 c.c., che dell'art. 1265 c.c. e art. 2914 c.c., n. 2, la notificazione della cessione (così come il correlativo atto di accettazione), non identificandosi con quella effettuata ai sensi dell'ordinamento processuale, costituisce atto a forma libera, non soggetto a particolari discipline o formalità, (cfr. Cass. n. 16566 del 2018; Cass. n. 28390 del 2018)". 3. Passando all'esame della pretesa di pagamento azionata da (...) in ordine ai crediti originariamente maturati da (...) S.p.a. nei confronti del Comune di (...) va ricordato che, costituisce approdo giurisprudenziale pacifico che la ove la pubblica amministrazione - per la realizzazione delle finalità pubblicistiche al cui perseguimento risulta istituzionalmente preposta e nella spendita della propria autonomia negoziale - ricorra agli strumenti giuridici che sono ordinariamente propri dei soggetti privati, solo l'attività negoziale rimane assoggettata ai principi ed alle regole del diritto comune (salve le eventuali interferenze di norme di diritto pubblico integrative o modificative), restando - di converso - operanti le norme di impronta amministrativa sotto il profilo dell'organizzazione e della formazione ed estrinsecazione delle sue determinazioni. In altri termini, a monte rispetto al momento perfezionativo dell'accordo negoziale deve necessariamente sussistere una fase preliminare che opera sul piano del diritto amministrativo, caratterizzata dalla formazione della volontà della p.a. e disciplinata dalle regole della c.d. "evidenza pubblica", che si conclude con la delibera a contrarre, destinata a disporre in ordine alla stipulazione del negozio e con ciò a conferire all'organo qualificato alla rappresentanza dell'ente la effettiva potestà di porlo in essere con le finalità e l'oggetto già specificati nel suddetto provvedimento amministrativo. Detta delibera deve, poi, adeguarsi alle disposizioni già contenute agli artt. 284 e 288 dell'abrogato R.D. 383/34, le quali stabilivano che gli enti pubblici non possono assumere obbligazioni senza prendere piena ed esatta contezza delle relative implicazioni economiche e senza conoscere se e come farvi fronte, dovendo perciò indicare nelle relative deliberazioni - a pena di nullità - l'ammontare di esse e i mezzi per farvi fronte. Il relativo obbligo è stato nuovamente ribadito dalla L. n. 144 del 1989, il cui art. 23, comma 3 ha disposto che per tutte le (...) provinciali, per i (...) e le (...) montane "l'effettuazione di qualsiasi spesa è consentita esclusivamente se sussistano la deliberazione autorizzativa nelle forme previste dalla legge e divenuta o dichiarata esecutiva, nonché l'impegno contabile registrato dal ragioniere o dal segretario, sul competente capitolo del bilancio di previsione, da comunicare ai terzi interessati", nonché dall'art. 55 della L. n. 142 del 1990 (ora recepita dall'art. 191 T.U.E.L. - D.P.R. n. 267 del 2000) a tenore del quale gli impegni di spesa non possono essere assunti senza attestazione della relativa copertura finanziaria da parte del responsabile del servizio finanziario. Questa fase - che si concreta in un'attività interna alla stessa amministrazione, meramente preparatoria e perciò inidonea a dar luogo all'incontro di consensi - conserva piena autonomia rispetto alla successiva (e solo eventuale) attività negoziale esterna dell'ente pubblico, la quale deve tradursi nella stipula documentale del contratto da parte del sindaco, nella qualità di rappresentante legale dell'ente, secondo le disposizioni di cui agli artt. 1325 e 1350, n. 13 c.c.. (...) parte, sono soltanto le peculiari pattuizioni di quest'ultimo negozio a costituire il momento genetico ex art. 1372 c.c. dei diritti e delle obbligazioni in capo a ciascuno dei paciscenti (a prescindere se coincidano o meno con quelle previste dalla delibera), consentendo l'identificazione dello specifico contenuto negoziale e garantendo che le specifiche obbligazioni assunte dall'amministrazione traggano fonte e nel contempo sostegno nella esplicita previsione dei mezzi finanziari per far fronte al corrispettivo previsto per l'altro contraente. Tale impianto normativo - inderogabile dalla volontà delle parti - risulta evidentemente ispirato alla finalità di neutralizzare il pericolo di impegni finanziari assunti senza adeguata copertura, in ossequio al criterio di buona amministrazione dettato dall'art. 81 della (...) ed al più rigoroso rispetto dei principi di legalità, imparzialità e correttezza da parte di coloro che operano nelle gestioni locali, di modo che la competenza ad esprimere la volontà degli enti locali resti effettivamente riservata agli organi deputati, per legge, a programmare la gestione finanziaria e di inquadrare le varie scelte amministrative nella prospettiva del piano di spesa contenuto nel bilancio di previsione, e non oltre i limiti di spesa fissati. Per queste ragioni - e non certo per introdurre un ulteriore aggravio burocratico - il R.D. n. 2440 del 1923, art. 16 ed il R.D. 383 del 1934, art. 87 ne hanno richiesto la stipulazione per iscritto con le formalità ivi richieste, in tal modo rientrando negli "altri atti specialmente indicati dalla legge" per i quali l'ultima residuale categoria del menzionato art. 1350 c.c. postula l'atto pubblico o la scrittura privata, non consentendo di distinguere tra perfezionamento sostanziale e stipulazione per iscritto del contratto in unico documento nel quale siano specificamente indicate le clausole disciplinanti il rapporto, ed in cui la volontà della p.a. di concludere il negozio venga manifestata dall'organo rappresentativo esterno dell'ente che è il solo abilitato a stipulare in nome e per conto di questo (è del resto significativo che la sola deroga al sistema è prevista dal R.D. n. 2440 del 1923, art. 17, ultima previsione per l'ipotesi, in cui, ferma restando la forma scritta, il contratto possa essere concluso a distanza, a mezzo di corrispondenza, quando intercorra con ditte commerciali "secondo l'uso del commercio"). Detto altrimenti, la (...) non può assumere impegni o concludere contratti se non in forma scritta, richiesta ad substantiam, in assenza della quale tali atti sono nulli e, pertanto, improduttivi di effetti giuridici e insuscettibili di sanatoria. Né può darsi rilievo a comportamenti taciti o manifestazioni di volontà altrimenti date, in quanto la forma scritta ad substantiam è uno strumento di garanzia del regolare svolgimento dell'attività amministrativa, nell'interesse sia del cittadino che della p.a. medesima. Tanto premesso, nel caso in esame va registrato che dal compendio documentale versato in atti non è emerso che il rapporto di fornitura venuto a giuridica esistenza tra la dante causa della società attrice (ovvero (...) S.p.A.) e l'Ente convenuto abbia ricevuto consacrazione in un regolare e puntuale contratto che avrebbe dovuto essere redatto - a pena di nullità - in forma scritta, con la sottoscrizione dell'organo dell'ente legittimato ad esprimerne la volontà all'esterno e con l'indicazione dell'oggetto della prestazione e dell'entità del corrispettivo, dovendo escludersi che la sua sussistenza possa ricavarsi aliunde da altri atti. (...) parte, "per i contratti per i quali è prevista la forma scritta "ad substantiam", la prova della loro esistenza e dei diritti che ne formano l'oggetto richiede necessariamente la produzione in giudizio della relativa scrittura, che non può essere sostituita da altri mezzi probatori e neanche dal comportamento processuale delle parti che abbiano concordemente ammesso l'esistenza del diritto costituito con l'atto non esibito" (Cassazione civile, sez. I, 18/01/2019, n. 1452); ed infatti, "in tale ipotesi, a differenza di quanto accade nel caso in cui una determinata forma sia richiesta ad probationem, l'osservanza dell'onere formale non è prescritta esclusivamente ai fini della dimostrazione del fatto, ma per l'esistenza stessa del diritto fatto valere, sicché quest'ultimo può essere provato soltanto in via documentale, non risultando sufficienti né la prova testimoniale o per presunzioni, né la stessa confessione della controparte" (Cassazione civile sez. III, 28/12/2021, n. 41790). Logico corollario, dunque, è che la domanda di pagamento azionata da parte attrice, relativa ai crediti originariamente appartenenti a (...) S.p.a., nei confronti del Comune convenuto non può che essere rigettata. 4. Per quanto riguarda pretesa di pagamento azionata da (...) in ordine ai crediti originariamente maturati da (...) s.r.l. nei confronti del Comune di (...) va registrato come gli stessi afferiscano all'erogazione di energia elettrica in c.d. "regime di salvaguardia". Come noto, in questi casi il rapporto di fornitura trae fondamento direttamente dal d.l. 18 giugno 2007 n. 73 ("Misure urgenti per il rispetto di disposizioni comunitarie in materia di liberalizzazione dei mercati dell'energia"), conv. in l. 3 agosto 2007, n. 125, con il quale il legislatore ha inteso garantire la somministrazione di energia a quei clienti che, per qualsivoglia ragione, fossero privi di fornitore ovvero che non avessero ancora esercitato il diritto di scegliere il proprio fornitore sul mercato libero. Il rapporto di somministrazione di energia che si instaura tra il fornitore ed il cliente finale per effetto dell'assegnazione di quest'ultimo al servizio di maggior tutela non ha, né può avere fonte convenzionale, bensì legale, derivando in via diretta dalle previsioni della legge, e non necessita quindi della sottoscrizione di alcun contratto. Pertanto, inconferente rispetto all'odierno thema decidendum risulta l'allegazione difensiva con cui il convenuto ha dedotto la mancata produzione del contratto. Per quanto riguarda, invece, le contestazioni sollevate dal convenuto in ordine alla mancanza di prova dei consumi effettivi, era onere della società attrice, resasi cessionaria del credito de quo, dimostrare la corrispondenza dei consumi riportati nelle fatture poste a fondamento della domanda rispetto a quelli effettivi comunicati dal (...) con riferimento ai prelievi di energia effettuati sui POD intestati all'utente. Al riguardo, con specifico riferimento al valore probatorio delle bollette, la Corte di legittimità è consolidata nel ritenere - in conformità all'art. 2697 c.c., al principio della vicinanza della prova ed onere di contestazione specifica di cui all'art. 115 c.p.c. - che le bollette o fatture del somministrante sono in linea di massima idonee a fornire la prova dei consumi esposti, salvo contestazione dell'utente, nel qual caso è onere della somministrante fornire prova del quantum della merce somministrata e, segnatamente, della corrispondenza tra i consumi esposti in bolletta e quelli risultanti dal contatore (ex multis, Cass. civ., sez. 3, 2.12.2002, n. 17041; Cass. civ., sez. 3, 28.05.2004, n. 10313; Cass. civ. sez. 3, 16.06.2011, n. 13193). Invero, parte attrice si è limitata a ribadire la fondatezza del credito richiamando i documenti allegati e le fatture insolute, prontamente contestate dall'ente convenuto ed inidonee a fondare la richiesta di condanna al pagamento richiesto. Pertanto, la domanda di pagamento relativa ai crediti appartenenti originariamente a (...) s.r.l., nei confronti del Comune convenuto non può che essere rigettata, restando così assorbito lo scrutinio di ogni ulteriore profilo dedotto dalle parti. 5. Da ultimo, non meritevole di accoglimento è anche la domanda ex art. 2041 c.c. articolata da parte attrice, giacché formulata in modo del tutto generico senza alcuna indicazione delle ragioni che ne costituiscono fondamento e delle voci alle quali è riferita. 6. Quanto, infine, alla disciplina delle spese e competenze di lite, le stesse seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo secondo le disposizioni di cui al D.M. 55/14 e ss. mm. e ii., tenuto conto del livello di complessità delle questioni trattate, del valore della causa e dell'attività effettivamente prestata (nello specifico, Euro 2.000,00 per la fase di studio, Euro 1.500,00 per la fase introduttiva, Euro 5.500,00 per la fase istruttoria/trattazione ed Euro 3.500,00 per la fase decisionale). P.Q.M. Il Tribunale di Castrovillari, Sezione Civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel procedimento rubricato al n. (...)/20 R.G. - ogni diversa istanza, domanda ed eccezione disattesa ed assorbita - così provvede: 1. Rigetta le domande azionate da parte attrice. 2. Condanna la società attrice, in persona del legale rappresentante pro tempore, a rifondere - in favore dell'Ente convenuto, in persona del legale rappresentante pro tempore - gli onorari di lite del presente giudizio che vengono liquidati in complessivi Euro 12.500,00, oltre accessori come per legge, da distrarsi a beneficio del procuratore dichiaratosi anticipatario. Così deciso in (...) l'8 aprile 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI CASTROVILLARI SEZIONE CIVILE in persona del giudice monocratico Dott. Gaetano Laviola ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1444 del RGAC dell'anno (...) (ex per (...)), avente ad oggetto actio negatoria servitutis e risarcimento danni, vertente TRA (...) (C.F. (...) CF. (...)) rappresentato e difeso dall'avv. (...) ATTORE E (...) (C.F. PIVA (...)), in persona dell'amministratore p.t., rappresentato e difeso dall'avv. (...) CONVENUTO CONCLUSIONI Come in atti FATTO E DIRITTO 1.1. L'attore ha convenuto il (...) deducendo: a) di essere proprietario di un fondo sito in (...) in località (...), censito al N.C.T. al fg. (...), part. (...), (...), confinante con la proprietà del condominio; b) di aver scoperto l'esistenza di un condotto fognario interrato che attraversa il proprio fondo e raggiunge la condotta pubblica situata sulla strada comunale; c) l'inesistenza di qualsiasi servitù in favore del fondo condominiale; d) l'abusiva realizzazione della condotta per come accertato dal Pretore di (...) con sentenza n. 5/91, con cui è stata disposta la rimozione delle opere; e) l'esistenza di sei fori di scolo nel muro di cinta del condominio, che scaricano le acque sul fondo dell'attore. Ha chiesto, quindi, l'accertamento dell'insussistenza di servitù in favore del fondo condominiale, la rimozione della condotta fognaria, la chiusura dei fori e il risarcimento dei danni. 1.2. Si è costituito il condominio, eccependo, in via preliminare, la propria carenza di legittimazione passiva e la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i condomini, nonché l'inammissibilità della domanda per l'esistenza di un giudicato formatosi all'esito di un giudizio possessorio (sentenza n. 5/91 del Pretore di (...) e la prescrizione dell'actio iudicati. Nel merito, ha chiesto il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, l'accertamento dell'intervenuta usucapione della servitù relativa al condotto fognario o, in subordine, la sua costituzione coattiva. 1.3. All'udienza del (...) è stata ordinata l'integrazione del contraddittorio nei confronti di (...) coniuge dell'attore in regime di comunione legale dei beni al momento dell'acquisto del fondo da parte del (...). 1.4. Con ordinanza del (...), è stata rilevata d'ufficio e sottoposta alle parti la questione del difetto di legittimazione del condominio alla proposizione delle domande riconvenzionali di usucapione e di costituzione di servitù coattiva. 2. In via preliminare, deve essere respinta l'eccezione di difetto di legittimazione passiva del condominio ed esclusa la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dei singoli condomini, in quanto, secondo l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, "la legittimazione passiva dell'amministratore di condominio sussiste, con riguardo ad azioni negatorie e confessorie di servitù, anche nel caso in cui sia domandata la rimozione di opere comuni o (come nella specie) la eliminazione di ostacoli che impediscano o turbino l'esercizio della servitù medesima, non rendendosi necessaria l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei condomini" (Cass. civ., Sez. II, (...), n. 919; cfr. anche Cass. civ. Sez. II, (...), n. 31510, secondo cui "questa Corte afferma la legittimazione passiva all'amministratore del condominio, con esclusione della necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i condomini, in relazione all'esercizio da parte di un terzo o di un singolo condomino dell'azione di negazione della servitù (cfr. Cass. 919/2004 e, più di recente, Cass. 22911/2018)"). 2.1. Sempre in via preliminare, deve essere respinta l'eccezione di inammissibilità dell'azione per l'esistenza di un precedente giudicato tra le parti, costituito dalla sentenza n. 5/91 del Pretore di (...). Detta sentenza, infatti, per come risulta dall'esame della stessa e per come, del resto, ammesso dallo stesso convenuto, ha definito un giudizio possessorio, mentre il presente giudizio, avente ad oggetto negatoria servitutis, ha natura petitoria. Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che "il giudicato formatosi sulla domanda possessoria è privo di efficacia nel giudizio petitorio, avente ad oggetto l'accertamento dell'avvenuto acquisto del diritto di proprietà o di un altro diritto reale per usucapione, in quanto il possesso utile ad usucapire ha requisiti che non vengono in rilievo nei giudizi possessori, ove l'accoglimento della domanda prescinde dall'accertamento della legittimità del possesso ed offre tutela ad una mera situazione di fatto che ha i caratteri esteriori dei diritti sopra menzionati (Cass. civ., Sez. II, (...), n. 27513; cfr. anche Cass. civ., Sez. II, (...) , n. 7747, secondo cui "le azioni proposte, rispettivamente, in sede possessoria e petitoria, pur nell'eventuale identità soggettiva sono caratterizzate dall'assoluta diversità degli altri elementi costitutivi (causa "petendi" e "petitum"); ne consegue che nel giudizio petitorio non possono essere invocati i provvedimenti emessi in sede possessoria, ne' le argomentazioni e le circostanze risultanti dalla sentenza che ha definito quel giudizio, giacché queste ultime hanno rilievo solo in quanto si trovino in connessione logica e causale con la decisione in sede possessoria, e perciò, lasciando impregiudicata ogni questione, sulla legittimità della situazione oggetto della tutela possessoria, non possono influire sull'esito del giudizio petitorio"). In buona sostanza, quindi, il giudicato possessorio non impedisce all'attore di proporre una autonoma domanda petitoria, ragion per cui non soltanto non v'è alcuna ipotesi di inammissibilità, ma l'eventuale prescrizione dell'actio iudicati in relazione alla sentenza possessoria risulta del tutto irrilevante ai fini della decisione della presente azione. 2.3. Ancora in via preliminare, va dichiarato il difetto di legittimazione attiva del (...) convenuto con riferimento alle domande riconvenzionali di usucapione e di costituzione di servitù coattiva. Infatti, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, "in tema di condominio negli edifici, la proposizione di una domanda diretta alla estensione della proprietà comune mediante declaratoria di appartenenza al condominio di un'area adiacente al fabbricato condominiale, siccome acquistata per usucapione, implicando non solo l'accrescimento del diritto di comproprietà, ma anche la proporzionale assunzione degli obblighi e degli oneri ad esso correlati, esorbita dai poteri deliberativi dell'assemblea e dai poteri di rappresentanza dell'amministratore, il quale può esercitare la relativa azione solo in virtù di un mandato speciale rilasciato da ciascun condomino" (Cass. civ., Sez. II, (...), n. 25014). Per tale ragione, essendo dirette, sia la domanda di usucapione che quella di costituzione di una servitù coattiva, ad accrescere i diritti dei condomini e anche all'assunzione in capo ai medesimi dei relativi obblighi, le stesse non possono essere proposte dall'amministratore in assenza di un mandato speciale rilasciato da ogni singolo condomino. Un simile mandato non risulta presente in atti e neppure è stato conferito nel corso dell'assemblea del (...) , alla quale non erano presenti tutti i condomini e al cui esito l'amministratore è stato semplicemente autorizzato a dare mandato all'avvocato (...) per la costituzione in giudizio. A questo punto, va precisato che la presente controversia è stata introdotta in epoca antecedente all'entrata in vigore della legge 69/2009, per cui alla stessa è applicabile l'art. 182, comma II, c.p.c., nella versione antecedente alle modifiche introdotte con detta legge. Ebbene, tale disposizione, nella versione applicabile ratione temporis dispone che "quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione, il giudice può assegnare alle parti un termine per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, o per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, salvo che si sia avverata una decadenza". Al riguardo va, poi, evidenziato che, secondo il prevalente e più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, "la sanatoria retroattiva della carenza di legittimazione processuale incontra l'insuperabile limite delle decadenze verificatesi nelle precedenti fasi intermedie del giudizio, quale quella conseguente allo spirare del termine breve per l'appello, con conseguente formazione del giudicato per difetto di tempestiva impugnazione" (Cass. civ., Sez. III, (...), n. 3700; cfr. anche Cass. civ., Sez. L, (...), n. 12686, secondo cui "la ratifica degli atti processuali compiuti da un soggetto carente della capacità di stare in giudizio è inidonea a sanare le decadenze processuali nel frattempo intervenute, avendo la sanatoria efficacia "ex nunc"). Per tale ragione, considerato che è ormai maturata la preclusione alla proposizione di domande riconvenzionali quali quelle sopra indicate, non deve concedersi il termine di cui all'art. 182, comma II, c.p.c., nella versione applicabile ratione temporis, al fine di sanare il difetto di rappresentanza dell'amministratore. Ad ogni modo, anche nel caso in cui volesse applicarsi il diverso orientamento, secondo cui, anche nei giudizi introdotti in epoca antecedente all'entrata in vigore della legge 69/2009, è ammissibile la sanatoria del difetto di rappresentanza sostanziale con effetti ex tunc, la domanda dovrebbe comunque essere dichiarata improcedibile o estinta, in quanto, a seguito dell'ordinanza del (...), con cui al condominio convenuto è stata ordinata l'integrazione del contradditorio nei confronti di (...) nata l'(...), coniuge in regime di comunione legale con l'attore al momento dell'acquisto dei beni indicati in citazione e pertanto litisconsorte necessaria in relazione alle domande riconvenzionali di usucapione e di costituzione di servitù coattiva, il condominio non ha ottemperato a tale ordine (non risulta mai depositata la prova dell'avvenuta notifica dell' atto di integrazione del contraddittorio). Al riguardo, infatti, si osserva che, benché la causa sia stata introdotta prima dell'entrata in vigore della legge 69/2009, allorquando l'estinzione poteva essere pronunciata soltanto su istanza di parte, e, nel caso, di specie, l'attore non ha eccepito alcunché nella prima difesa utile successiva all'ordine di integrazione del contraddittorio, secondo l'orientamento al quale questo giudice intende aderire "il provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo ai sensi degli art. 291, comma 3, e 307, comma 3, c.p.c., implica, tanto più quando si verta in ipotesi di mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario, contemporanea ed automatica estinzione del processo, senza alcuna possibilità di riassunzione. Tale estinzione è immediata ed opera anche in difetto di formulazione di una relativa eccezione , e comporta che, pur in assenza di eccezione, si pervenga ad una decisione di mero rito, ricognitiva della impossibilità di proseguire la causa in mancanza di una parte necessaria; ed in tal senso va interpretata anche una eventuale statuizione che provveda a definire il giudizio di primo grado attraverso la cancellazione della causa dal ruolo" (Cass. civ. Sez. I, (...), n. 157; cfr. anche Tribunale Belluno, (...), secondo cui "in caso di mancata riassunzione del processo nei confronti di un litisconsorte necessario, il giudice - quando non sia stata tempestivamente proposta l'eccezione di estinzione, ai sensi degli art. 102, comma 2, e 307 comma 3, c.p.c. - deve rilevare d'ufficio il difetto di integrità del contraddittorio e pronunciare sentenza di mero rito, ricognitiva dell'impossibilità di prosecuzione della causa per mancanza di una parte necessaria del processo). Invero, se così non fosse, dovrebbe essere pronunciata una sentenza di merito in totale contrasto con gli artt. 101 e 102 c.p.c., i quali stabiliscono, rispettivamente, che il Giudice non può pronunciare sentenze contro parti non regolarmente citate (da intendersi anche parti che avrebbero dovuto essere citate) e, nel caso di litisconsorzio necessario, tutte le parti devono essere convenute. E', infine, appena il caso di precisare che la pronuncia in rito riguarda soltanto la domanda riconvenzionale, caratterizzata da totale autonomia rispetto alla domanda principale (cfr. Cass. civ., Sez. II, (...), n. 2302, secondo cui "disposta dal giudice di appello la rimessione al giudice di primo grado, per difetto d'integrità di contraddittorio (art 354, primo comma, cod. proc. civ.), della causa concernente la domanda riconvenzionale, con la conseguente separazione di tale causa da quella relativa alla domanda principale, gli effetti della successiva estinzione di uno dei due processi - essendo questi autonomi e distinti, anche se eventualmente legati da un rapporto di pregiudizialita - non si estendono all'altro" e Cass. civ., Sez. II, (...), n. 19210, secondo cui "in presenza di due domande autonome tra loro, una soltanto delle quali decisa in primo grado in violazione del principio del contraddittorio, per essere stato pretermesso un litisconsorte necessario, il giudice d'appello deve disporre la separazione delle cause e rimettere al giudice di primo grado unicamente quella rispetto alla quale si è verificato il detto vizio"). 3. Nel merito, si osserva quanto segue. Con riferimento all'actio negatoria servitutis, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che "in tema di azione negatoria, poiché la titolarità del bene si pone come requisito di legittimazione attiva e non come oggetto della controversia, la parte che agisce in giudizio non ha l'onere di fornire la prova rigorosa della proprietà, come accade nell'azione di rivendica, essendo sufficiente la dimostrazione con ogni mezzo, anche in via presuntiva, del possesso del fondo in forza di un titolo valido, mentre incombe sul convenuto l'onere di provare l'esistenza del diritto di compiere l'attività lamentata come lesiva dall'attore" (Cass. civ., Sez. II, (...), n. 21851). Ciò premesso, deve ritenersi sufficientemente provata da parte attrice la proprietà del fondo sopra indicato, non contestata da parte convenuta e dimostrata mediante la produzione dell'atto pubblico di acquisto. Il convenuto, invece, su cui gravava il relativo onere della prova, non ha fornito elementi convincenti al fine di dimostrare l'esistenza del diritto di servitù relativo alla condotta fognaria, la cui esistenza non è in discussione, avendo il condominio proposto una domanda riconvenzionale di usucapione (pur se è stato rilevato il difetto di legittimazione attiva del condominio è chiaro che la domanda dimostra l'esistenza delle condotta fognaria transitante attraverso il fondo dell'attore), ed essendo la presenza di tale opera stata accertata anche dal CTU. Inoltre, anche volendo esaminare la domanda riconvenzionale di usucapione ai più limitati fini di una eccezione riconvenzionale, la stessa risulterebbe comunque infondata. Infatti, l'azione possessoria culminata nel 1991 con l'emissione della sopra citata sentenza del Pretore di (...) ha determinato l'interruzione del possesso ad usucapionem (cfr. Cass. civ. Sez. II, (...), n. 8907, secondo cui "questa Corte ha, al riguardo, affermato il principio secondo cui, ai fini dell'interruzione dell'usucapione, occorre fare riferimento ad atti che comportino per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa oppure ad atti giudiziali diretti ad ottenere "ope iudicis" la privazione del possesso nei confronti del possessore. Il rinvio dell'art. 1165 c.c. all'art. 2943 c.c., determina, infatti, la tassatività degli atti interruttivi del possesso, con la conseguenza che non è consentito attribuire efficacia interruttiva ad atti diversi da quelli suddetti, stabiliti dalla legge (Cass. n. 16234/2011; n. 13625/2009; n. 9845/2003)", nonché Cass. civ. Sez. II, (...), n. 18353, secondo cui "l'azione di reintegrazione è idonea ad interrompere il possesso "ad usucapionem", anche qualora venga respinta per tardività, atteso che, per l'effetto interruttivo, non rileva l'esito dell'azione, ma la volontà di riacquistare il possesso mediante un atto valido ad instaurare il giudizio"), il quale, anche ove fosse considerato nuovamente decorrente a seguito della sentenza medesima, non avrebbe raggiunto i 20 anni necessari per l'usucapione in considerazione del fatto che il presente giudizio è stato introdotto nell'anno. Per tali ragioni, deve essere dichiarata l'inesistenza di una servitù di condotta fognaria sul fondo dell'attore in favore del fondo del convenuto, il quale deve essere condannato alla rimozione della condotta medesima. 3.1. Deve, invece, essere respinta la domanda risarcitoria proposta da parte attrice, in quanto articolata in modo del tutto generico, senza alcuna descrizione dei danni che il convenuto avrebbe arrecato al fondo mediante l'installazione della condotta fognaria, e priva di ogni sostegno probatorio (cfr. Cass. civ., Sez. III, (...), n. 13328). 4. Per quel che, riguarda, poi, i sei fori di scolo, deve rilevarsi che, secondo quanto accertato dal CTU, tre scaricavano acque meteoriche sul fondo dell'attore e tre direttamente nel canale di scolo. Tuttavia, i tre fori che scaricavano sul fondo dell'attore sono tuttavia stati chiusi nel 2009. Per tale ragione, con riferimento a questi ultimi deve essere dichiarata la cessata materia del contendere, mentre con riferimento agli altri tre la domanda attorea deve essere respinta, in quanto gli stessi non determinano alcun pregiudizio per la proprietà attorea e non costituiscono esercizio di una servitù di scolo sul fondo del (...). 5. La soccombenza reciproca e il rilievo d'ufficio del difetto di legittimazione del condominio in relazione alle domande riconvenzionali giustifica la compensazione delle spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale di Castrovillari, Sezione Civile, in persona del giudice monocratico dott. Gaetano Laviola, definitivamente pronunciando sulla presente controversia, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, così provvede: 1. Dichiara l'inesistenza del diritto di servitù di condotta fognaria a carico del fondo dell'attore e a favore del fondo del convenuto; 2. Dichiara il difetto di legittimazione processuale del condominio convenuto in relazione alla proposizione delle domande riconvenzionali di usucapione e di costituzione di servitù coattiva; 3. Condanna il (...) convenuto alla rimozione della condotta fognaria presente sul fondo dell'attore; 4. Rigetta la domanda attorea relativa ai tre fori di scolo presenti sul muro di cinta del fondo condominiale che scaricano nel canale di scolo; 5. Dichiara la cessata materia del contendere in relazione agli ulteriori tre fori di scolo presenti sul muro di cinta del fondo condominiale chiusi nell'anno (...); 6. Rigetta la domanda risarcitoria proposta dall'attore; 7. Compensa le spese. Così deciso in Castrovillari il 10 novembre 2023. Depositata in Cancelleria il 10 novembre 2023.
Tribunale civile Castrovillari
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI CASTROVILLARI - SEZIONE CIVILE - in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Matteo Prato, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile, in primo grado, iscritta al n. 2257 del R.G.A.C. 2020, promossa da: (...), rappresentato e difeso dall'avv. (...) - opponente - contro (...) e per essa, quale mandataria (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. (...); - società opposta - Oggetto: opposizione avverso decreto ingiuntivo n. 449/2020, emesso dal Tribunale di Castrovillari in data (...) e depositato il (...). Conclusioni: come in atti, qui da intendersi integralmente riportate e trascritte. FATTI DI CAUSA Con atto di citazione ritualmente notificato (...) ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 449/2020 - emesso dal Tribunale di Castrovillari in data (...) e depositato il (...) - con il quale, su istanza della società odierna opposta, gli era stato intimato (unitamente a tale (...) quale fideiussore) il pagamento della somma di Euro 19.090,83, oltre interessi e spese della procedura monitoria, quale debito residuo maturato in relazione al contratto di conto corrente n. (...), con connessa apertura di credito, e ad un contratto di mutuo chirografario, entrambi stipulati con (...) All'uopo ha eccepito: a) la nullità del decreto ingiuntivo in esame giacché non supportato da idonea documentazione; b) il difetto della titolarità attiva in capo alla società presunta creditrice e la mancata notifica della cessione a benefico dell'odierno opponente; c) la nullità del contratto di mutuo ex art. 117 T.U.B. per mancata sottoscrizione del contratto da parte della banca; d) la nullità delle clausole contrattuali relative agli interessi anotocistici ed usurari; e) la nullità delle clausole vessatorie; f) l'indeterminatezza dei tassi di interesse applicati in quanto l' (...) dichiarato risulterebbe inferiore al T.A.E.G. applicato. Ha così concluso per la revoca del provvedimento monitorio de quo, con vittoria di spese e competetene di lite da distrarsi a beneficio del procuratore dichiaratosi antistatario. Instaurato il contraddittorio, con comparsa di costituzione e risposta depositata in cancelleria in data (...) si è costituita in giudizio (...) (e per essa, quale mandataria (...), la quale ha ribadito la piena fondatezza della propria pretesa creditoria, contestando in fatto ed in diritto - punto per punto - i rilievi, le eccezioni e le domande avanzate dall'opponente, di cui ha richiesto l'integrale rigetto, con vittoria di spese e competenze di causa. Il giudizio veniva istruito a mezzo produzione documentale e all'udienza "cartolare" del (...) la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni dei procuratori delle parti, come in atti rassegnate, con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di scritti difensivi conclusionali. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Come noto, ai sensi del chiaro disposto di cui all'art. 5 del decreto legislativo (...), n. 28, l'esperimento del procedimento di mediazione costituisce "condizione di procedibilità della domanda giudiziale", motivo per cui il mancato utile esperimento della stessa, entro l'udienza di rinvio all'uopo fissata dal Giudice, vizia irrimediabilmente il processo, precludendo così l'emanazione di una sentenza di merito. Tale disciplina - evidentemente finalizzata a favorire la conciliazione della lite con l'intervento di soggetto terzo imparziale e, dunque, a deflazionare il contenzioso con positivi effetti sotto il profilo della ragionevole durata del processo - non pone problemi di natura costituzionale, né risulta lesiva dei precetti di cui alla normativa sovranazionale posta a tutela del diritto di azione e di accesso alla giustizia. 2. Par d'uopo, poi, osservare come le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 19596 del (...), abbiano stabilito che l'onere di attivare il procedimento di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo debba essere posto a carico del creditore opposto (quale creditore in senso sostanziale) militando in tal senso rilievi di carattere testuale, logico e sistematico, così sancendo il principio di diritto secondo cui "nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1-bis, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo". 3. Tanto premesso, venendo all'esame della fattispecie oggetto di scrutinio nel presente procedimento, va rilevato come con ordinanza resa a verbale d'udienza del (...) questo Tribunale abbia accordato alle parti il termine di giorni 15 per la presentazione della domanda di mediazione ai sensi dell'art. 5 del D. Lvo 28/2010, come modificato dal D.L. n. 69 del 2013, essendo la richiesta di pagamento ancorata a contratti bancari e, dunque, sottoposta a mediazione obbligatoria. Va, tuttavia, registrato che il tentativo obbligatorio di mediazione risulta esperito presso un Organismo territorialmente incompetente, avente una sede diversa da quella del Giudice individuato quale competente a conoscere dell'odierno giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo; in proposito, deve considerarsi vincolante la previsione di cui al novellato art. 4, co. 1, D.Lgs. n. 28/2010, secondo cui la domanda di mediazione va presentata mediante il deposito dell'istanza presso un organismo di mediazione nel luogo del Giudice territorialmente competente per la controversia, per cui la domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi ad un organismo che non ha competenza territoriale non produce alcun effetto, essendo tale competenza territoriale derogabile solo su accordo delle parti, che possono rivolgersi ad altro Organismo con domanda congiunta. E poiché la previsione di obbligatorietà del procedimento preventivo di mediazione risponde a finalità di deflazione, l'organismo di mediazione adito deve aver sede nel luogo del giudice competente per la controversia, al fine di consentire al convenuto di partecipare senza oneri eccessivi. Nella fattispecie per cui è causa, la parte a tanto onerata non ha provveduto secondo le modalità che precedono, avendo adito un organismo che risulta dagli atti avere sede in (...) e, quindi, in luogo non ricompreso nel territorio di competenza dell'intestato Tribunale. Né, tanto meno, parte opposta ha in alcun modo dedotto e dimostrato - a fronte dell'altrui eccezione - che l'organismo adito avesse una sede secondaria in (...) non essendo al riguardo sufficiente che il verbale risulti ivi redatto. Invero, in seguito all'approvazione dell'art. 84 del d.l. 69/2013 (come convertito dalla l. 98/2013 recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, che ha modificato il D.Lgs. 28/2010) il Ministero della Giustizia ha emesso la circolare del Data_8 con la quale ha fornito linee interpretative e direttive in materia, chiarendo quanto segue: "Luogo di deposito dell'istanza - L'art. 4 comma 1 del D.Lgs. 28/2010, come modificato dal decreto legge 69/2013 convertito dalla legge (...) n.98, prevede che "la domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all'articolo 2 è presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all'organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito dell'istanza. Tenuto conto di tale disposizione, rilevante ai fini della individuazione dell'organismo competente a ricevere l'istanza di mediazione, va chiarito che la domanda di mediazione dovrà essere presentata presso un organismo di mediazione accreditato che abbia la propria sede principale o secondaria nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia che si intende proporre. A tal fine, si precisa che si terrà conto della sede principale dell'organismo ovvero delle sue sedi secondarie che si trovino nell'ambito di qualunque comune della circoscrizione del tribunale territorialmente competente a conoscere la controversia. Ai fini della esatta individuazione della sede principale o della sede secondaria è condizione necessaria che queste ultime siano state regolarmente comunicate al Ministero vigilante mediante la compilazione e trasmissione della modulistica al tal uopo predisposta da questa amministrazione e visibile sul sito www.giustizia.it. La suddetta compilazione e trasmissione può avvenire al momento della richiesta di iscrizione al registro degli organismi di mediazione ovvero in un momento successivo. È altresì condizione necessaria l'adozione, da parte di questa amministrazione, del provvedimento di iscrizione ovvero di modifica di esso in relazione ad ogni eventuale successiva richiesta di integrazione delle sedi. Va peraltro ribadito che la previsione di un criterio territoriale di individuazione dell'organismo di mediazione competente esige che tutte le sedi, anche secondarie, siano organizzate in modo tale da poter assicurare agli utenti un servizio efficiente e stabile. Tale obiettivo dovrà essere assicurato da ciascun organismo di mediazione e sarà oggetto di verifica e controllo, anche in sede ispettiva, da parte del Ministero della giustizia". Incombendo l'onere di attivazione della procedura di mediazione in capo a parte creditrice, odierna opposta, la circostanza che costei abbia del tutto omesso di allegare e dimostrare che l'organismo di conciliazione adito avesse in (...) una sede secondaria regolarmente registrata, non può che ripercuotersi in proprio danno in termini di improcedibilità della domanda originariamente veicolata nel ricorso monitorio. Ed infatti, la domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi ad un organismo che non è territorialmente competente non produce alcun effetto e va considerata tamquam non esset, così comportando l'improcedibilità della domanda originariamente veicolata nel ricorso monitorio, con la conseguenza che - per effetto di detta declaratoria - va disposta la revoca del decreto ingiuntivo in esame. Non vi è dubbio, infatti, che tale circostanza abbia determinato la sopravvenuta carenza di una condizione di procedibilità della domanda, ponendo così una questione pregiudiziale che assume valore assorbente e dirimente, precludendo lo scrutinio delle argomentazioni difensive svolte da ambo le parti nel merito dell'odierna res controversa. D'altro canto, va escluso che sia intercorso tra le odierne parti contendenti qualsivoglia accordo in deroga alla competenza territoriale dell'organismo di mediazione, ove si consideri che: a) l' attivazione della procedura di mediazione non è avvenuta a domanda congiunta, ma a sola istanza della società creditrice; b) non è stata allegata l'esistenza di qualsivoglia pattuizione negoziale con cui le parti abbiano preventivamente individuato in quello di (...) l'organismo di mediazione competente; c) non può ritenersi esistente un accordo di deroga implicito o una tacita accettazione della deroga, atteso che parte intimata non è comparsa in mediazione e alla prima difesa utile ha eccepito l'incompetenza dell'o.d.m. adito da controparte. 4. Per quanto riguarda, infine, la disciplina delle spese e competenze di lite del presente giudizio, si ritiene che - in ragione della novità della questione trattata e dell'assenza di un univoco quadro giurisprudenziale, peraltro caratterizzato dalla mancanza di pronunce della Suprema Corte -sussistano i presupposti per disporne l'integrale compensazione. P.Q.M. Il Tribunale di Castrovillari - Sezione Civile, definitivamente pronunciando nella causa civile n. 2257/2020 R.G., ogni diversa istanza ed eccezione disattesa ed assorbita, così provvede: 1) Dichiara l'improcedibilità della domanda di pagamento azionata da parte creditrice, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto. 2) Compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio. Così deciso in Castrovillari, il (...).
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI CASTROVILLARI - SEZIONE CIVILE - in composizione monocratica e nella persona del dott. Alessandro Caronia, all'esito dell'udienza ex 281 sexies c.p.c. del giorno sostituita dal deposito di note scritte ex art. 127 ter c.p.c. e, quindi, della scadenza del termine per il deposito di note scritte, ha pronunziato, mediante contestuale deposito del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, la seguente SENTENZA nella controversia civile iscritta al n. 1889 del 2016 del Ruolo Generale Affari Contenziosi, avente ad oggetto "altre ipotesi di responsabilità extracontrattuale non ricomprese nelle altre materie (art. 2043 c.c. e norme speciali)", e vertente TRA Lo.Vi., C.F.: (...), parte nata a R. (C.), in data (...), rappresentata e difesa come in atti dall'avv. RO.CA., giusta procura in atti, elettivamente domiciliata come in atti - ATTRICE - E COMUNE DI CORIGLIANO ROSSANO, C.F. (...) , già Comune di Rossano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. LU.MA., giusta procura in atti, elettivamente domiciliato come in atti. - CONVENUTO - RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE 1. I fatti di causa, le posizioni delle parti e le loro conclusioni. Con atto di citazione ritualmente notificato e depositato in cancelleria in data 4.07.2016, Lo.Vi. ha convenuto in giudizio il COMUNE DI CORIGLIANO ROSSANO, già Comune di Rossano, in persona del Sindaco pro tempore. La difesa dell'attrice ha allegato che: - Il giorno 18.10.2012, alle ore 14:00 circa, Lo.Vi. percorreva a piedi Via C.R.C., in R.S., per tornare presso la propria abitazione dopo aver terminato il proprio turno di lavoro presso il Presidio Ospedaliero di Rossano, quando, improvvisamente, si imbatteva in una buca profonda e cadeva a terra. - In seguito alla caduta l'attrice avvertiva forti dolori alla schiena, alla mano sinistra, alla gamba sinistra, alla caviglia, al collo e al polso sinistro. - Nell'immediatezza si recava presso il Pronto Soccorso dell'Ospedale di Rossano, alle ore 14:23, dove, all'esito degli esami clinici effettuati, le venivano diagnosticate "escoriazione palmare sinistra con perdita di sostanza; escoriazione caviglia sinistra, frattura dello scafoide sx, trauma contusivo ginocchio sinistro", con prognosi di giorni 30. - Nello stesso giorno la stessa si sottoponeva a visita ortopedica, all'esito della quale le veniva prescritto l'uso di stecca gessata per giorni 30 e si recava presso l'Inail di Rossano, dove, a seguito delle riportate contusioni multiple, le venivano prescritti 30 giorni di riposo e di cure sino al 17.11.2012. - La danneggiata si sottoponeva in seguito ad ulteriori visite mediche, con relativi esami clinici, del 26.10.2012 e del 26.11.2012, nonché quella del 27.11.2012 all'esito della quale le veniva consigliato di sottoporsi ad un ciclo di magnetoterapia. - Ancora, in data 15.11.2012, recatasi nuovamente presso l'Inail di Rossano, le venivano prescritti ulteriori giorni di riposo e di cure sino al 4.12.2012. - In data 18.12.2012, i medici dell'As., le suggerivano di continuare il trattamento di magnetoterapia per altri 25 giorni. - Sulla scorta della documentazione medica in possesso l'attrice, in data 4.12.2012, si recava presso il Centro di Riabilitazione e di Recupero Funzionale dell'Ospedale di Rossano ed effettuava due cicli di magnetoterapia dal 4.12.2012, fino al 31.01.2013 e, in data 20.12.2012 si sottoponeva a nuova visita ortopedica di controllo. - Da ultimo con certificazione medica del 15.01.2013 a firma del dott. G.C., la paziente veniva ritenuta guarita con postumi da valutarsi in sede medico-legale e l'Inail di Rossano, nello stesso giorno, rilasciava certificato medico di infortunio in cui si attestava la cessazione dell'infermità e la possibilità di tornare a svolgere la propria attività lavorativa in data 21.01.2013. - In data 4.10.2013 l'attrice inoltrava al convenuto formale richiesta di risarcimento danni, rappresentando che le lesioni derivavano esclusivamente a causa della presenza, sul manto stradale, della buca, costituente insidia o trabocchetto; responsabile per l'accaduto era, quindi, l'ente comunale convenuto, per non avere adottato le necessarie ed opportune cautele manutentive. - Nonostante la diffida dell'8.10.2013, l'ente comunale non provvedeva al risarcimento del danno causato. - Successivamente in data 3.06.2016, la dott.ssa Lo.Ch., con perizia medico-legale, attestava che l'attrice era guarita con postumi e certificava un'invalidità del 7% a titolo di danno biologico e alla salute, con inabilità temporanea totale di giorni 30, inabilità temporanea parziale di giorni 20 al 75% e inabilità temporanea parziale di giorni 30 al 50%. - L'attrice non ha avuto colpe nella verificazione del sinistro, dato che ella camminava a piedi mentre faceva ritorno a casa e si è imbattuta, in via C.R.C., in una buca profonda e improvvisa, posta sull'asfalto, ben visibile come da fotografie allegate. - Il convenuto avrebbe dovuto adottare cautele manutentive ed è indubitabile che il medesimo sia tenuto a provvedere a risarcire integralmente i nocumenti patiti. - Parte attrice ha l'onere di dimostrare che l'evento lesivo si sia prodotto come conseguenza della normale condizione potenzialmente lesiva della cosa, spettando alla P.A. il compito di provare di aver fatto tutto quanto fosse in proprio potere per impedire la verificazione dell'evento dannoso. - La responsabilità dell'ente sussiste ogni volta che l'evento si è verificato in strade poste all'interno del centro abitato. Ai sensi dell'art. 2051 c.c. la responsabilità del custode è un'ipotesi di responsabilità oggettiva e non di colpa presunta, imponendo al danneggiato unicamente la prova del danno e dell'evento lesivo che lo ha cagionato, incombendo sul custode l'onere di dimostrare il caso fortuito. - Nel caso di specie l'attrice non ha concorso al verificarsi della caduta, non essendovi stata veruna catena di eventi che non potesse essere prevista dalla P.A., che avrebbe dovuto provvedere a manutenere il tratto di strada, al fine di evitare la presenza della buca sull'asfalto, profonda e non segnalata e, quindi, imprevedibile ed inevitabile per il comune cittadino. - L'insidia nel caso di specie fa sì che il convenuto ente sia ritenuto responsabile tanto ai sensi dell'art. 2051 c.c., quanto per gli effetti dell'art. 2043 c.c.. - A dimostrazione dell'illegittimità del contegno della parte avversa, l'ente comunale non ha neppure provveduto a rispondere alla richiesta risarcitoria inoltrata dalla danneggiata. - A causa dell'evento la danneggiata ha subito gli ingenti danni indicati. - Anche dopo essere dichiarata clinicamente guarita, la stessa ha riportato gravi postumi consistenti in "esiti di frattura dello scafoide carpale sinistro, incruentemente trattata, consistente in dolore locale, discreta limitazione funzionale dei movimenti del polso e deficit di forza; esiti di trauma contusivo del ginocchio sinistro consistenti in disfunzionalità algico-articolare", nonché un evidente danno biologico e morale. - A pag. 3 e 4 della relazione medica a firma della dott.ssa Lo.Ch. del 3.06.2016 si legge "1) arto superiore sinistro: deformità del V dito bilateralmente. Si osserva lieve riduzione del tono della muscolatura dell'avambraccio, discreto ipotono dell'eminenza tenar e ipotenar. La palpazione è riferita dolente in corrispondenza della rima articolare radio-carpica e sulla proiezione dell'osso scafoide. Alla mobilizzazione attiva del polso si apprezza limitazione di circa un quarto della flessione palmare e dorsale, con modesto incremento e vivace reazione antalgica alla ulteriore sollecitazione passiva. L'inclinazione in direzione radiale risulta ridotta di un terzo e quella ulnare ai gradi estremi in via antalgica. La prono-supinazione della mano è ridotta di un quarto, in via antalgica, con modesto incremento alla ulteriore sollecitazione passiva. A carico del primo dito si rileva limitazione della flessione e della abduzione, in via antalgica. La opponenza è ridotta al I e II dito come anche la formazione della pinza, che risulta nettamente ipovalida. Apprezzabile deficit di forza ed ipostenia alle prove contro resistenza; 2) arto inferiore sinistro: normale per conformazione ed atteggiamento. Non si osservano variazioni del tonotrofismo della muscolatura della coscia che alle misurazioni comparative risulta isometrica con la controlaterale. Alla palpazione il ginocchio risulta fresco e asciutto, con riferita dolenzia in corrispondenza del compartimento articolare interno. Alla mobilizzazione attiva si apprezza riduzione ai gradi estremi della flesso-estensione, in via antalgica. Non segni clinici di interessamento traumatico delle strutture meniscali e legamentose del ginocchio. Deambulazione fisiologica. La manovra di accosciamento risulta difficoltosa negli ultimi gradi, con tendenza a caricare il peso sull'arto controlaterale "; in ragione dei sintomi riportati, il medico ha quantificato il danno biologico e alla saluta contratto nella percentuale del 7%. - Giova puntualizzare che la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona dovrà essere effettuato sulla base del sistema tabellare per punto di invalidità c.d. micropermanente. - L'attrice al momento del fatto aveva 56 anni e con la domanda avanzata si chiede la liquidazione del danno quantificato complessivamente in Euro 14.538,09 di cui Euro 8.126,44 a titolo di danno biologico permanente, Euro 2.777,40 a titolo di danno biologico temporaneo, di cui Euro 1.388,70 a titolo di invalidità temporanea totale, Euro 694,35 a titolo di invalidità temporanea parziale al 75% ed Euro 694,35 a titolo di invalidità temporanea parziale al 50%, nonché l'ulteriore somma di Euro 3.634,25 a titolo di danno morale. - L'attrice ha inoltre subito un danno non patrimoniale morale consistente in afflizione, stress e stato di ansia, con cambio di umore. - L'infortunata ha altresì subito un danno esistenziale atteso che, non riuscendo a lavorare per un certo periodo di tempo e accusando forti dolori, non ha potuto fornire un valido aiuto al proprio nucleo familiare (marito e due figli, il quale si è improvvisamente trovato abbandonato a se stesso e si chiede che tale danno venga liquidato in via equitativa). Tanto premesso, Lo.Vi. ha chiesto all'adito Tribunale di: a) Previo accertamento dell'esclusiva responsabilità del sinistro in capo al convenuto ente, condannare lo stesso, con sentenza immediatamente esecutiva, al pagamento in favore dell'attrice di complessivi Euro 14.538,09, di cui Euro 8.126,44 a titolo di danno biologico permanente, Euro 2.777,40 a titolo di danno biologico temporaneo - di cui Euro 1.388,70 a titolo di invalidità temporanea totale, Euro 694,35 a titolo di invalidità temporanea parziale al 75%, Euro 694,35 a titolo di invalidità temporanea parziale al 50% - ed Euro 3.634,25 a titolo di danno morale, oltre ai danni non patrimoniali/esistenziali da liquidarsi in via equitativa e agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria, a far data dal 18.10.2012 (o in estremo subordine a far data dalla proposizione della domanda giudiziale), sino al soddisfo. b) Con vittoria di spese e competenze di lite. Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 15.05.17 si è costituito in giudizio il Comune di Rossano, deducendo che: - Secondo la ricostruzione della parte attrice, in data 18.10.2012 la (...) cadeva in una buca mentre tornata a casa dal proprio luogo di lavoro e nel medesimo giorno si recava presso l'INAIL di Rossano per denunciare l'accaduto e ricevere l'indennizzo previsto. - Quanto asserito dall'attrice determina che la domanda proposta non è più una richiesta di risarcimento danni ma una richiesta di risarcimento di danni differenziale dal c.d. infortunio in itinere e, pertanto, legittimato passivo dovrebbe essere il datore di lavoro dell'attrice o l'INAIL e non già l'ente comunale. - Per tale ragione eccepisce il difetto di titolarità passiva del convenuto per estraneità al rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio. - Avendo l'attrice già ottenuto l'indennizzo da parte dell'INAIL, nel presente procedimento dovrebbe chiedere soltanto la differenza di risarcimento per il danno biologico che non viene riconosciuto dall'INAIL, con un'evidente differenza rispetto alla quantificazione effettuata dalla stessa. - In caso di rigetto dell'eccezione preliminare si chiede di ordinare ex art. 210 c.p.c. all'INAIL l'esibizione di tutta la documentazione amministrativa e medica riguardante Lo.Vi., al fine di stabilire se vi sia già stata l'erogazione di un indennizzo ai sensi del D.Lgs. n. 38 del 2000. - Nel merito si evidenzia che l'attrice è già incorsa in incidenti simili già nell'anno 2010 e precisamente il giorno 2.08.2010, alle ore 7:00 del mattino mentre si recava a lavoro, sempre improvvisamente e sempre senza avere il tempo di rendersene conto, imbattendosi in una profonda buca e cadendo a terra; il luogo della caduta era in quel caso Via R., nei pressi dell'Ospedale Civile di Rossano. Per tale incidente pende procedimento iscritto dinanzi all'intestato Tribunale ed iscritto al n. 1392/2012 R.G. - Il fatto per cui è causa si è verificato per colpa esclusiva dell'attrice. - L'attrice non ha fornito prova della non visibilità della buca presente sulla strada, né sulla strada è presente una buca tale da provocare le lesioni lamentate dall'attrice e, in effetti, dalle foto allegate dall'attrice non si scorge nessuna buca. - Peraltro, il supposto incidente si verificava in pieno giorno, alle ore 14:00 e aiutata dalla giovane età, Lo.Vi. avrebbe dovuto percepire l'eventuale presenza della buca. - Ed ancora, la caduta avveniva su strada vicina al luogo di lavoro dell'attrice e, quindi, presumibilmente conosciuta dalla stessa. - Infine, dato che la stessa stava semplicemente camminando, utilizzando un medio grado di diligenza, poteva rendersi conto della presenza della buca sul manto stradale. - Il danno, dunque, non è eziologicamente riconducibile alla buca ma al comportamento colposo dell'attrice che, con l'ordinaria diligenza avrebbe potuto evitarla o quantomeno rendere meno dannoso l'impatto. - La quantificazione del danno operata dall'attrice è eccessiva e sproporzionata. La consulenza tecnica di parte allegata dall'attrice è stata redatta soltanto in data 3.06.2016, ossia 4 anni dopo il verificarsi del sinistro, avvenuto il 18.10.2012. Peraltro, la stessa rappresenta una mera allegazione difensiva di parte. - L'attrice, ad ogni modo, non ha dimostrato il nesso di causalità tra il fatto e i danni riportati. - L'importo richiesto, di poi, in ordine al danno morale, non è dovuto in quanto è pacifico in giurisprudenza che deve essere semmai riconosciuto congiuntamente al danno biologico, costituendone una sua componente. - Il presunto danno esistenziale lamentato è destituito di fondamento e sfornito di prova, dato che risulta poco probabile che una caduta possa avere influito negativamente sulla vita familiare dell'attrice. - I malesseri rappresentati in riferimento agli stati d'ansia e i cambi d'umore non sono riconducibili al sinistro, ben potendo essere derivanti da problemi già esistenti. - In via subordinata, nella denegata ipotesi in cui non dovesse essere riconosciuta l'assenza di colpa del Comune convenuto, deve riconoscersi un concorso di colpa del danneggiato ex art. 1227 c.c., dovendosi la responsabilità del sinistro attribuire al comportamento poco avveduto dell'attrice. Ciò posto, il COMUNE DI CORIGLIANO ROSSANO, già Comune di Rossano, ha chiesto di: a) Dichiarare il difetto di legittimazione passiva e/o di titolarità passiva dell'ente comunale convenuto. b) Rigettare ogni domanda formulata dall'attrice. c) Con vittoria di spese e competenze del presente giudizio, da distrarsi ex art. 93 c.p.c. in favore del procuratore dichiaratosi anticipatario. Alla udienza del 19.05.2017, rilevato il mancato esperimento del procedimento di negoziazione assistita, è stato assegnato alle parti il termine di 15 giorni per la comunicazione dell'invito a stipulare la negoziazione assistita. Assolta la condizione di procedibilità della domanda, con esito negativo, alla udienza del 20.10.2017 sono stati concessi i termini di cui all'art. 183 c. 6 c.p.c. Depositate le relative memorie, all'udienza del 7.11.2018, il giudizio è stato interrotto a causa della fusione del Comune di Rossano e del Comune di Corigliano Calabro, avvenuta con L.R. n. 2 del 2018. In seguito alla riassunzione del giudizio nei confronti dell'ente odierno convenuto, ammessi i mezzi istruttori, la causa è stata istruita attraverso l'escussione dell'unico testimone di cui era stata richiesta l'ammissione. Ritenuta la causa matura per la decisione, è stato disposto il rinvio all'udienza dell'11.07.2023 per la discussione ex art. 281 sexies c.p.c. 2. In rito. Va premesso che la presente decisione è adottata ai sensi degli artt. 127 ter e 281 sexies c.p.c. e, pertanto, sarebbe superflua l'esposizione dello svolgimento del processo e delle conclusioni delle parti (Cass. civ. n. 7268 del 2012). Inoltre, va chiarito che non può essere ravvisata alcuna incompatibilità tra il modulo decisionale ex art. 281 sexies c.p.c. e la tenuta dell'udienza secondo la modalità di cui all'art. 127 ter c.p.c. In effetti, questo giudice condivide e fa proprio il principio di diritto di recente enunciato dalla Suprema Corte ed in base al quale è legittimo lo svolgimento dell'udienza di discussione orale della causa ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. in forma scritta, mediante l'assegnazione alle parti di un termine unico e comune anteriore alla data dell'udienza per il deposito di note scritte previsto nel periodo di emergenza pandemica dall'art. 83, comma 7, lett. h), del D.L. n. 18 del 2020, conv. con modif. dalla L. n. 37 del 2020, in quanto tale procedimento - in linea generale e salve le eccezioni normativamente previste - è idoneo a garantire il contraddittorio in tutti i casi in cui sia per legge consentita la trattazione della causa in forma scritta e non sia invece imposta la discussione in forma orale (o addirittura in presenza) e anche, quindi, in relazione alla fase decisoria del giudizio di merito, senza che possa ammettersi in proposito una valutazione casistica fondata sull'oggetto, sulla rilevanza e sull'eventuale complessità della controversia, che determinerebbe una intollerabile incertezza in ordine alla validità dei provvedimenti decisori, non fondata sull'applicazione di precisi schemi procedurali fissi, ma sulla base di valutazioni legate a valori mutevoli, opinabili e controvertibili (v. Cass. civ. n. 37137 del 2022). Pur essendo stato tale principio di diritto affermato con riferimento alla celebrazione dell'udienza a trattazione scritta secondo le modalità previste dalla normativa in vigore fino al 31.12.2022, lo scrivente ritiene che lo stesso ben possa essere applicato anche a cause trattate ai sensi degli artt. 127 ter e 281 sexies c.p.c. tenuto conto della pari idoneità di tale modalità di trattazione a garantire il contraddittorio tra le parti e della maggiore garanzia di ragionevole durata del processo consentita da tale modulo decisorio rispetto a quello ex art. 190 c.p.c.. Prima di procedere oltre va dato atto che nel termine perentorio assegnato con il decreto di cui in atti vi è stato il deposito di note scritte. Le parti hanno, quindi, concluso e discusso come da note scritte di trattazione tempestivamente depositate. 3. Ragione più liquida. In via preliminare, giova rammentare che per il principio della ragione più liquida, la domanda può essere respinta sulla base della soluzione di una questione assorbente, pur se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare prima tutte le altre secondo l'ordine previsto dall'art. 276 c.p.c.. Tanto è reso necessario dal principio di economia processuale e da esigenze di ragionevole durata del processo costituzionalmente tutelate (v. tra le tante Tribunale Bari, sez. III, 19 settembre 2013; Tribunale Reggio Emilia n. 2039 del 2012; da ultimo l'applicabilità di questo principio ha trovato l'autorevole avallo anche di Cass. civ. Sez. Un. n. 9936 del 2014). In applicazione del suddetto principio, ad esempio, la Suprema Corte ha ritenuto assorbita ogni questione relativa alla correttezza delle notifiche o all'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i litisconsorti necessari (cfr. rispettivamente, Cass. civ. n. 27483 del 2018 e Cass. civ. n. 21549 del 2016). Si tratta, peraltro, di principio applicabile anche dal giudice di merito, come recentemente affermato dalla Suprema Corte (v. Cass. civ. n. 24093 del 2019, secondo cui, in applicazione del principio processuale, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare precisamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico-sistematica e sostituisca il profilo dell'evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare ai sensi dell' art. 276 c.p.c. ) In applicazione del suddetto principio nel caso di specie possono essere ritenute assorbite le questioni preliminari sollevate dal Comune convenuto, anche in riferimento all'integrità e regolarità del contraddittorio nei confronti dell'INAIL. 3. Nel merito. 3.1. La qualificazione della domanda. La presente fattispecie come descritta dalla parte attrice va ricondotta, sotto il profilo del petitum e della causa petendi, nell'ambito applicativo dell'art. 2051 c.c.. Fino a pochi anni fa in giurisprudenza era fortemente controversa l'applicabilità o meno della disposizione dell'art. 2051 c.c. nei confronti della P.A., quando si trattava di danni cagionati a terzi da beni di notevoli dimensioni, oggetto di uso generale e diretto da parte dei cittadini, e che appartengono al demanio o al patrimonio indisponibile (per una disamina più completa dei relativi orientamenti giurisprudenziali e dottrinali in materia e delle loro origini v. tra le varie Cass. civ. n. 15383 del 2006). La giurisprudenza più recente, accogliendo del resto i suggerimenti della Corte Costituzionale n. 156 del 10.5.99, ha sposato l'opposto orientamento. La posizione che è emersa, cui il Tribunale intende uniformarsi, è quella secondo cui l'art. 2051 c.c. va applicato anche in tema di danni cagionati da beni pubblici di rilevanti dimensioni oppure di uso generale, in mancanza di riferimenti normativi che consentano di riservare un trattamento privilegiato alla P.A. quando questa rivesta la qualità di custode di una cosa (v. tra le tante Cass. civ. n. 8935 del 2003 quanto alle strade aperte al pubblico transito o ancora Cass. civ. n. 24529 del 2009). Sotto tale profilo la demanialità o patrimonialità del bene, l'uso diretto dello stesso da parte della collettività, nonché la sua estensione, non sono circostanze automaticamente idonee ad escludere l'astratta applicabilità dell'art. 2051 c.c.. Piuttosto, queste vanno considerate come circostanze che possono rilevare ai fini dell'individuazione del caso fortuito, a causa delle implicazioni che determinano sulle modalità di svolgimento della vigilanza sulla cosa in custodia. Esse, quindi, vanno ad incidere sull'onere della prova che la P.A. deve soddisfare per sottrarsi alla responsabilità una volta che siano stati dimostrati l'esistenza dell'evento, nonché del nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento dannoso. 3.2. I principi generali in materia di responsabilità ex art. 2051 c.c. Tanto premesso, vanno prima di tutto esposti i principi consolidati elaborati dalla giurisprudenza in materia di responsabilità da cose in custodia. La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, prevista dall'art. 2051 c.c., ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del verificarsi dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia: una volta provate queste circostanze, il custode, per escludere la sua responsabilità, ha l'onere di provare il caso fortuito, ossia l'esistenza di un fattore estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilità e di eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale. In altre parole, un fatto naturale o del terzo connotato da imprevedibilità e inevitabilità, da intendersi in senso oggettivo e secondo regolarità causale, senza che abbia rilievo la diligenza del custode (cfr. Cass. civ. n. 2660 del 2013, Cass. Civ. n. 19960 del 2023; Cass. Sez. Unite n. 20943 del 2022). Tanto premesso sulla natura di questa forma di responsabilità extracontrattuale e sui suoi presupposti, vanno svolte le seguenti precisazioni su questi elementi. I. Onere della prova La norma dell'art. 2051 c.c., che stabilisce il principio della responsabilità per le cose in custodia, non dispensa peraltro il danneggiato dall'onere di provare, oltre alla relazione custodiale, il nesso causale tra queste ultime e il danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa (v. Cass. civ., n. 5910 del 2011; da ultimo Cass. civ. n. 7172 del 2022). Nei casi in cui il danno non sia l'effetto di un dinamismo interno alla cosa, scatenato dalla sua struttura o dal suo funzionamento (scoppio della caldaia, scarica elettrica, frana della strada o simili), ma richieda che l'agire umano, ed in particolare quello del danneggiato, si unisca al modo di essere della cosa, essendo essa di per sé statica e inerte, per la prova del nesso causale occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno (cfr. Cass. civ. n. 2660 del 2013). In questi casi, il giudizio sulla pericolosità delle cose inerti deve essere condotto alla stregua di un modello relazionale, in base al quale la cosa va considerata nel suo normale interagire con il contesto dato, sicché una cosa inerte in tanto può ritenersi pericolosa in quanto determini un alto rischio di pregiudizio nel contesto di normale interazione con la realtà circostante (v. Cass. civ., n. 2660 del 2013). Non incombe, invece, sul danneggiato anche l'onere di provare che l'evento sia l'effetto dell'assenza di presidi antinfortunistici (cfr. Cass. civ. n. 7125 del 2013). Tutti i diversi orientamenti adottati, poi, nel corso del tempo dalla Suprema Corte incidono, in realtà, sul rapporto di causalità materiale tra la "res" e l'evento dannoso, mitigando o escludendo la responsabilità del custode nel caso in cui l'evento non sia frutto di un determinismo inevitabilmente connaturato alla res ma derivi, in parte o in tutto, da situazioni esterne, compreso il comportamento del danneggiato (cfr. art. 1227 c.c.); è, infatti, indubbia la tendenza della giurisprudenza a recuperare la centralità del rapporto causale così Cass. civ. n. 999 del 2014; Cass. civ. sez. III, n. 2660 del 2013; Cass. civ., sez. III, n. 6306 del 2013; Cass. civ., sez. III, n. 7125 del 2013; Cass. civ. (ord.), n. 5977 del 2012; Cass. civ., sez. III, n. 4231 del 2012; Cass. civ. (ord.), n. 11430 del 2011; Cass. civ. (ord.), n. 5910 del 2011; Cass. civ. n. 25105 del 2010; da ultimo Cass. Civ.; da ultimo, tra le tante Cass. civ. sez. VI n. 2118 del 2022 nonché Cass. Civ. sez. III ord. n. 1493 del 2023 che precisa altresì che "la responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c. è configurabile, nel concorso degli altri presupposti, in presenza di un nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento dannoso. Perché un tale nesso possa affermarsi è necessario che la cosa si inserisca, con qualificata capacità eziologica, nella sequenza che porta all'evento e non rappresenti mera circostanza esterna o neutra o elemento passivo di una serie causale che si esaurisce all'interno e nel collegamento di altri e diversi fattori". La già risalente distinzione tra "causa" e "occasione" aiuta a chiarire che la responsabilità del custode insorge laddove, per caratteristiche strutturali e/o per circostanze esterne, la dannosità della "res" non sia oggettivamente percepibile né soggettivamente prevedibile: in tali casi, infatti, pur nell'interazione con un elemento esterno - quale ad esempio il comportamento dell'utente - la "res" individua comunque la "causa" efficiente dell'evento lesivo; laddove, invece, la pericolosità della "res" non presenti le caratteristiche dell'invisibilità e dell'imprevedibilità, l'evento dannoso risulta conseguenza fattuale dell'intervento esterno, sicché è l'agire umano a individuare la causa dell'evento dannoso, mentre la "res" degrada a mera occasione. II. Irrilevanza della condotta del custode Tendenzialmente, salvo taluni e discussi profili inerenti all'omissione colposa, non ha quindi alcun rilievo la condotta tenuta del custode, posto che la funzione della norma è quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, intendendosi custode chi di fatto ne controlla le modalità d'uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta (v. Cass. civ., n. 11016 del 2011). III. Nozione di caso fortuito In tema di responsabilità civile per danni cagionati da cose in custodia, per aversi caso fortuito occorre che il fattore causale estraneo al soggetto danneggiante abbia un'efficacia di tale intensità da interrompere il nesso eziologico tra la cosa custodita e l'evento lesivo, ossia che possa essere considerato una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento (v. Cass. civ., n. 5658 del 2010). Tuttavia, lo stesso fortuito viene inteso dalla giurisprudenza prevalente in misura più ampia, comprensiva anche del fatto del terzo che abbia avuto efficacia causale esclusiva nella produzione del danno (cfr. Cass. Civ. 10556 del 2016) nonché della colpa del danneggiato (cfr. Cass. Civ. 25837 del 2017; Cass. Civ. 11526 del 2017; Cass. Civ. 22807 del 2008). IV. Importanza della condotta colposa della vittima La responsabilità del custode di cui all'art. 2051 c.c. è, quindi, esclusa: a) dal comportamento imprudente della vittima che, pur potendo prevedere con l'ordinaria diligenza una situazione di pericolo dipendente dalla cosa altrui, vi si esponga volontariamente (v. Cass. civ. n. 22898 del 2012) b) o ancora quando il danneggiato, pur potendo avvedersi con l'ordinaria diligenza della pericolosità della cosa, accetti di utilizzarla ugualmente (v. Cass. civ. n. 13681 del 2012); c) dalla condotta colposa della vittima, che abbia usato della cosa fonte di danno in modo anomalo ed imprevedibile (v. Cass. civ. n. 21727 del 2012). d) del fatto colposo della vittima che, entrata in interazione con la res, esclude il nesso di causa tra la cosa e il danno, in misura tanto maggiore, quanto più il pericolo era prevedibile ed evitabile. È, pertanto, possibile anche che la distrazione o imprudenza della vittima siano di tale intensità o di tale anomalia, da porsi quale fattore causale esclusivo nella produzione dell'evento (cfr. Cass. Civ. n. 26258 del 2019, esclusa, nella specie, la responsabilità del condominio per la caduta su una macchia scivolosa ben visibile; Cass. civ. n. 1310 del 2012, in relazione alla caduta su una griglia di raccolta di acque piovane; Cass. civ. n.32205 del 2021, in relazione alle buche). Sotto tale ultimo profilo, vale evidenziare che la condotta colposa, invero, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione - anche ufficiosa - dell'art. 1227 c.c., comma 1; e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 Cost.. Inoltre, "quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere oggettivamente prevista e superata attraverso l'adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze (secondo uno standard di comportamento correlato, dunque, al caso concreto), tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del suo comportamento imprudente (in quanto oggettivamente deviato rispetto alla regola di condotta doverosa cui conformarsi) nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benché astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale. L'accertamento delle anzidette circostanze materiali, rilevanti ai fini della verifica di sussistenza del nesso causale tra fatto ed evento dannoso, costituisce quaestio facti riservata esclusivamente all'apprezzamento del giudice del merito" (cfr. Cass. civ. n. 2483 del 2018 e, in maniera esaustiva, Cass. Civ. n.858 del 2020; ma anche Cass. civ. n. 2481 del 2018; da ultimo Cass. civ. n. 11794 del 2022, nonché Cass. Civ. n. 19960 del 2023). V. Rilievo sistematico dell'art. 2051 c.c. Alla luce dei rilievi esposti, appare chiaro come l'art. 2051, contempli un criterio di imputazione della responsabilità che, per quanto oggettiva in relazione all'irrilevanza del profilo attinente alla condotta del custode, è comunque volto a sollecitare chi ha il potere di intervenire sulla cosa all'adozione di precauzioni tali da evitare che siano arrecati danni a terzi (testualmente si esprime Cass. Civ. n. 23584 del 2013). A detta allocazione del rischio, peraltro, fa pur sempre riscontro un dovere di cautela da parte di chi entri in contatto con la cosa: quando il comportamento di tale secondo soggetto sia apprezzabile come incauto, lo stabilire se il danno sia stato cagionato dalla cosa o dal comportamento della stessa vittima o se vi sia concorso causale tra i due fattori costituisce valutazione squisitamente di merito, che va bensì compiuta sul piano del nesso eziologico ma che comunque sottende un bilanciamento fra i detti doveri di precauzione e cautela (v. Cass. Civ. n. 2692 del 2014). Inoltre, quando la conclusione sia nel senso che, anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della cosa, la situazione di possibile pericolo comunque ingeneratasi sarebbe stata superabile mediante l'adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, potrà allora escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell'evento, e ritenersi integrato il caso fortuito. A fini di coerenza sistematica - e per meglio esplicitare quanto approfondito in tema di fortuito - vale evidenziare che l'interdipendenza fattuale tra "res" inerte e comportamento dell'utente nella determinazione dell'evento dannoso è sempre stata tenuta in considerazione dalla giurisprudenza, ancorché variamente atteggiata sulle caratteristiche strutturali e congiunturali della "res" ai fini dell'interruzione del nesso causale (Cass. Civ. n. 34883 del 2021) o sul caso fortuito come elemento liberatorio della responsabilità (da ultimo Cass. Civ. n. 16568 del 2022). 4. Infondatezza della domanda. La domanda attorea è infondata e va rigettata. 4.1. In via assorbente è opportuno sottolineare che, pur ammettendo l'esistenza dell'evento dannoso lamentato, non vi è prova del suo rapporto di causalità con il bene in custodia, soprattutto sotto il profilo della pericolosità del bene e della evitabilità del danno. Orbene, poiché il nesso causale rientra nell'onere (di allegazione e di prova) del danneggiato, è coerente ritenere che sia questi a dover comprovare la "causalità della res" nei termini sopra descritti (anche per il principio della cosiddetta "vicinanza della prova"), e non già il custode a doverla escludere; benché talvolta la giurisprudenza si esprima ancora in termini di "fortuito" (accidentale o meno) per indicare l'esclusione del rapporto eziologico, deve ritenersi che l'onere della prova liberatoria gravante sul custode si ponga in un momento logico-giuridico successivo alla dimostrazione del rapporto causale e involga essenzialmente il concreto esercizio della custodia (cfr. Cass. civ. n. 8935 del 2013; Cass. civ. n. 6101 del 2013; Cass. civ. n. 783 del 2013; sulla prova della causalità incombente sul danneggiato, recentemente Cass. civ. n. 7172 del 2022). Dalla istruttoria espletata, nulla emerge sotto il profilo sopra evidenziato. Dalla lettura della deposizione testimoniale resa si evince agevolmente che l'unico testimone indicato dalla parte attrice nulla ha precisato in ordine alla esatta dinamica del sinistro, dal momento che egli è intervenuto in un momento successivo, quando la (...) era già a terra. In particolare, il teste Gi.Sa. non ha assistito alla caduta, essendo sopraggiunto sul luogo dell'accadimento nei momenti immediatamente successivi, rinvenendo la (...) quando la stessa si trovava già per terra sull'asfalto, non potendo, di conseguenza, nulla riferire in merito alle cause della caduta e alla riconducibilità eziologica dell'evento occorso alla presunta buca presente sull'asfalto (cfr. dichiarazioni del teste Gi.Sa. che testualmente in proposito dichiara: "quando ho visto la signora, lei era già a terra. Il momento della caduta non l'ho visto. Non ricordo neppure come era posizionata la signora, in quanto io ero in moto e passavo di lì"). La causale riconducibilità della caduta occorsa alla buca è, del resto, valutazione tendenzialmente inibita al teste, chiamato a riferire esclusivamente su fatti e non su nessi causali. Né sussistono ulteriori elementi da cui poter attingere per una precisa ricostruzione dinamica del sinistro. Sotto tale profilo, del resto, la domanda sconta anche una intrinseca genericità assertiva, dal momento che nulla viene precisato - già in sede di deduzioni nei termini di preclusione indicati - in ordine alle modalità con le quali la (...) è inciampata, trascinando il piede o cadendo con la scarpa nella buca, degradando a terra sul lato sinistro o sul lato opposto, tenuto conto del fatto che l'evento si è verificato in pieno giorno, lungo un percorso ampiamente conosciuto dall'attrice, tratto battuto per recarsi dal luogo di lavoro a casa. 4.2. Peraltro, la deposizione assunta nel corso del giudizio unitamente alle altre risultanze probatorie, oltre a non aver permesso di acclarare la precisa dinamica dell'evento dannoso, nemmeno ha consentito di ritenere dimostrata, in maniera univoca, l'obiettiva pericolosità dello stato dei luoghi e, in particolare, la esistenza e la non visibilità della buca, res priva di dinamismo interno rischioso. L'unico teste escusso, infatti, non ha riferito nulla in ordine alla sconnessione del manto o alla esistenza della cunetta, precisando di non sapere se, al momento dell'accadimento lesivo, fosse presente una buca sul luogo della caduta. Né dalle allegazioni fotografiche prodotte dalla parte attrice si evince l'esistenza della buca sulla quale in data 18.10.2012 alle ore 14:00 circa, in R.S., alla via C.R.C. l'attrice sarebbe caduta. I rilievi fotografici allegati, infatti, non consentono di identificare il pericolo; anzi, dall'esame della documentazione fotografica non si evince l'esistenza di una buca descritta dall'attrice come "profonda" (cfr. atto di citazione pag. 1), né di alcun altro ostacolo riconducibile alla descrizione della res per come rappresentata in atti, palesandosi la strada in buone condizioni generali e ampiamente percorribile senza alcuna insidia per i pedoni (cfr. documentazione fotografica allegata al fascicolo di parte attrice). Le risultanze emerse, pertanto, non hanno consentito di ritenere dimostrate, in maniera univoca, dapprima l'esistenza e poi le caratteristiche dell'invisibilità e dell'imprevedibilità della buca e delle sue malformazioni e, conseguentemente, la sussistenza di un nesso di causalità tra la "res" e l'evento dannoso nei termini già sopra chiariti nel paragrafo "3.2.I e 3.2. V", tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno. Per l'effetto, in assenza di una dimostrata situazione di obiettiva pericolosità dello stato dei luoghi, non sussiste, quindi, tra "res" e danno il diretto rapporto causale richiesto dall'art. 2051 c.c. (cfr., all'uopo, Cass. civ. n. 12174 del 2016), né, del resto e come sopra già ampiamente chiarito, in ragione della condizione generale dei luoghi, può ritenersi dimostrata la sussistenza dei requisiti propri delle ipotesi di cd. "insidia e trabocchetto" (e, cioè, non visibilità oggettiva e la non prevedibilità soggettiva: cfr., all'uopo, Cass. civ. n. 10096 del 2013, secondo cui "Non ogni situazione di pericolo stradale integra l'insidia, ma solo quella che concretizza un pericolo occulto, vale a dire non visibile e non prevedibile, e la prova della non visibilità ed imprevedibilità di detto pericolo, costituendo elemento essenziale dell'insidia, grava su chi ne sostiene l'esistenza "). Ne consegue che l'evento dannoso lamentato dall'attrice non può dirsi connesso sotto il profilo causale al bene e alla situazione di pericolo descritta negli atti difensivi dell'attrice. 4.3. Le considerazioni esposte, dunque, escludono nel caso di specie che possa essere attribuita responsabilità ex art. 2051 c.c. al COMUNE DI CORIGLIANO ROSSANO per l'occorso sinistro, in assenza di prova, da parte dell'attrice, che l'evento lamentato sia eziologicamente riconducibile al bene in custodia dell'ente comunale convenuto. 4.4. Anche volendo riqualificare la domanda proposta nella più generale cornice di cui all'art. 2043 c.c. le conclusioni raggiunte non cambiano, perché, in assenza del nesso causale, l'evento dannoso non è riconducibile, per i motivi esposti sopra, alla condotta della parte convenuta. 5. Il regime delle spese. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano d'ufficio come in dispositivo, tenuto conto: a) che tali spese vanno liquidate in base ai parametri di cui al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, (pubblicato in G.U. il 2.4.2014 ed entrato in vigore il 3.4.2014) in quanto tali nuovi parametri in base all'art. 28 di tale decreto "? si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore"; b) che, in effetti, ciò è in linea con quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione a proposito dei parametri introdotti con D.M. 20 luglio 2012, n. 140 (Cass. civ. Sez. Un. n. 17405 del 2012); c) del valore della presente controversia; d) dello scarso pregio della stessa; e) del numero esiguo delle questioni giuridiche e di fatto emerse; f) della semplicità dell'affare in considerazione del carattere consolidato della giurisprudenza in materia; g) dell'estrema semplicità della fase istruttoria caratterizzata dalla assunzione della deposizione di un solo testimone e dal mancato deposito da parte del Comune delle memorie 183 c. 6 c.p.c.; h) dell'estrema snellezza della fase decisoria, caratterizzata dalla decisione ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c.; i) degli aumenti e diminuzioni rispetto ai valori medi, di cui alle tabelle allegate al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, legittimamente operabili in base all'art. 4, comma 1, del medesimo decreto (nella versione come da ultimo modificata); P.Q.M. Il Tribunale di Castrovillari - Sezione Civile -, in composizione monocratica, definitivamente pronunziando sulla controversia civile promossa come in epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: A. RIGETTA la domanda proposta da Lo.Vi.; B. CONDANNA parte attrice Lo.Vi. al pagamento in favore della parte convenuta COMUNE DI CORIGLIANO ROSSANO, in persona del legale rappresentante p.t., delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi Euro 2.000,00 per compensi professionali forensi, oltre I.V.A. e C.P.A. se dovute nelle misure di legge, e rimborso spese forfettarie nella misura del 15% del compenso; C. MANDA alla Cancelleria per gli adempimenti di rito. Così deciso in Castrovillari il 12 agosto 2023. Depositata in Cancelleria il 14 agosto 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CASTROVILLARI Il Giudice del Lavoro, dott.ssa Anna Caputo, celebrata l'udienza in forma cartolare, visto l'art. 127 ter c.p.c., nella parte in cui è disposto: "L'udienza, anche se precedentemente fissata, può essere sostituita dal deposito di note scritte, contenenti le sole istanze e conclusioni, se non richiede la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice. Negli stessi casi, l'udienza è sostituita dal deposito di note scritte se ne fanno richiesta tutte le parti costituite. Con il provvedimento con cui sostituisce l'udienza il giudice assegna un termine perentorio non inferiore a quindici giorni per il deposito delle note. Ciascuna parte costituita può opporsi entro cinque giorni dalla comunicazione; il giudice provvede nei cinque giorni successivi con decreto non impugnabile e, in caso di istanza proposta congiuntamente da tutte le parti, dispone in conformità. Se ricorrono particolari ragioni di urgenza, delle quali il giudice dà atto nel provvedimento, i termini di cui al primo e secondo periodo possono essere abbreviati. ... (omissis)..."; Lette le note conclusionali depositate, ha pronunciato la seguente SENTENZA Con motivazione contestuale nella causa di lavoro promossa da: Ri.Ma., con l'Avv. GA.AN. parte ricorrente CONTRO REGIONE CALABRIA, con l'Avv. CO.AN.; Parte resistente OGGETTO: mansione e jus variandi FATTO E DIRITTO Con l'atto introduttivo del presente giudizio, Ri.Ma., premesso: di avere avanzato precedente ricorso per ottenere il riconoscimento di qualifica e profilo professionale superiore a quello di appartenenza; di avere svolto mansioni di "ispettore fitosanitario" a far data dal 2001 e di avere diritto alla percezione delle differenze retributive maturate per lo svolgimento delle mansioni superiori sempre a decorre dall'anno 2001; di avere ottenuto sentenza in primo grado che aveva riconosciuto il diritto al superiore inquadramento D3; che tale sentenza era tuttavia stata riformata dalla Corte d'Appello di Catanzaro - Sez. Lavoro, che aveva rigettato tutte le pretese del ricorrente; che era stato proposto ricorso per Cassazione; che a causa della sentenza della Corte di Appello che aveva negato l'appartenenza alla categoria (...), riqualificandolo come inquadramento C, il datore di lavoro lo aveva demansionato, svuotandolo di tutti i compiti prima esercitati; che per tale demansionamento aveva diritto al risarcimento del danno. Paventava una ipotesi di mobbing, lamentando al contempo una illegittima decurtazione dello stipendio per recuperare quanto aveva ricevuto in virtù della sentenza di primo grado, successivamente riformata in toto. Si costituiva la Regione Calabria, eccependo la inammissibilità della domanda e chiedendo il rigetto del ricorso. Il ricorso è inammissibile nella parte in cui tende ad ottenere una pronuncia su questioni che sono già passate in cosa giudicata e precisamente rispetto a queste richieste: "ordinare alla Regione Calabria di rettificare l'attuata qualificazione del dipendente da "Istruttore tecnico" ad "Ispettore fitosanitario"; ordinare al datore di lavoro di adibire il lavoratore alle funzioni di "Ispettore fitosanitario" previste dagli artt. 34-35, D.Lgs. n. 214 del 2005 smi; emettere ordinanza inibitoria quanto alle trattenute mensili operate d'ufficio dall'Ente sugli emolumenti salariali corrisposti al dipendente; NEL MERITO accogliere il ricorso e, per l'effetto: accertare e dichiarare che il dipendente è funzionario "ispettore fitosanitario"; conseguentemente, dichiarare illegittimo/illecito l'attuata qualificazione del dipendente ad "Istruttore tecnico"; quindi, condannare l'amministrazione a destinare il lavoratore alle funzioni-mansioni normativamente previste per la figura di ispettore fitosanitario (artt. 34-35 D.Lgs. n. 214 del 2005 cit.); prima ancora, accertare e dichiarare che il dipendente ha ininterrottamente svolto le funzioni di "ispettore fitosanitario" a far data dal 2001; con conseguente riconoscimento delle differenze retributive e degli accessori maturati, anche a titolo di svolgimento di mansioni superiori rispetto alla cat. "C" in cui è inserito, nella misura della qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato; accertare e dichiarare l'irregolarità delle schede individuali di valutazione delle performance relative agli anni 2015-2016". Trattasi di domande sulle quali già vi è stata una pronuncia di primo grado, seguita dalla riforma totale della Corte di Appello e dal ricorso per Cassazione. Con recente sentenza n. 2011 del 26 gennaio 2017, la Corte di Cassazione, ha ritenuto che affinché possa in concreto configurarsi l'ipotesi di demansionamento non deve farsi riferimento alla mansione di fatto svolta, ma all'inquadramento in effetti ricoperto. I Giudici di legittimità hanno particolarmente osservato che ''in materia di mansioni nel pubblico impiego contrattualizzato non si applica l'art. 2103 c.c. essendo la materia disciplinata compiutamente dall'art. 52 del D.Lgs. n. 165 del 2001, che assegna rilievo, per le esigenze di duttilità del servizio e di buon andamento della PA., solo al criterio della equivalenza formale con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita". Non vi è dubbio che il dipendente Ri.Ma. è stato dichiarato coma appartenente alla categoria (...) (solo per un breve periodo ha goduto della categoria (...) in virtù della sentenza di primo grado poi riformata) alla luce della sentenza sopra richiamata. La Corte di Appello nella sentenza n. 520/2016, infatti, ha riconosciuto che l'inquadramento del ricorrente nella categoria (...) è rispettoso della posizione che egli ricopriva nel sistema di classificazione antecedente a quello nuovo introdotto dal CCNL 31 marzo 1999 e della tabella di derivazione allegata al suddetto CCNL di revisione del sistema di classificazione del personale, tabella sulla base della quale il dipendente, come il ricorrente inquadrato nella sesta qualifica, va collocato nella categoria (...). Il ricorrente, come pronunciato giustamente la Corte, "avrebbe dovuto contestare il preventivo inquadramento nella sesta qualifica funzionale da cui è derivato necessariamente l'attuale inquadramento nella categoria (...)'. Pertanto, in mancanza, l'inquadramento nella categoria (...) è divenuto definitivo, salvo il caso in cui, l'espletamento, con esito positivo di una procedura concorsuale, acquisisca la categoria superiore. In ragione di tanto, dunque, non può parlarsi di demansionamento, bensì di corretta esecuzione della sentenza di secondo grado, che peraltro è passata in cosa giudicata, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso per Cassazione (circostanza più volte evidenziata dalla Regione Calabria nelle note e mai contestata dalla difesa attorea, che ha omesso di rendere noto l'esito del ricorso per Cassazione). Non può, in sostanza, parlarsi di "svuotamento dell'attività lavorativa" o di "sottrazione di tutte o della maggior parte delle mansioni precedentemente esercitate", dato che il ricorrente è stato legittimamente assegnato a mansioni rientranti nell'area di inquadramento C come agente fitosanitario e nello stesso campo di azione in cui opera l'ispettore fitosanitario, con il limite dell'attività a rilevanza esterna, per come anche chiarito nella nota n. 219124 del 3 luglio 2017. Né la documentazione depositata in corso di causa dalla difesa attorea, con la quale l'amministrazione resistente avrebbe riconosciuto ed ammesso la legittimità dell'invocato inquadramento giuridico, può porre nel nulla gli effetti della cosa giudicata. In merito al legittimo recupero per indebito (per le somme in eccedenza percepite tra la sentenza di primo grado e quella di riforma) questo è stato eseguito al lordo degli importi accessori, in quanto nella fattispecie si è fatta applicazione della risoluzione 11. 71/E del 29/02/2008, con cui l'Agenzia delle Entrate ha stabilito che tali operazioni debbano essere effettuate al lordo delle ritenute fiscali, secondo la lettura data all'art. 1O, comma 1, lett. d-bis del TIUR, inserito dall'art. 5 comma 1, lett. b) del D.Lgs. n. 314 del 2 settembre 1997. La risoluzione ha chiarito, infatti, che l'onere deducibile, rappresentato dal rimborso lordo che il dipendente deve restituire, potrà essere riconosciuto direttamente dal sostituto d'imposta, che applicherà le ritenute sulla differenza tra l'imponibile spettante al dipendente e l'onere deducibile relativo al rimborso effettuato allo stesso. In ordine alle ritenute fiscali si osserva che fanno parte del patrimonio del dipendente in quanto costituiscono una parte del suo reddito che, in virtù del principio costituzionale di capacità contributiva, il dipendente ha l'obbligo di versare allo stato e che la Regione, in quanto sostituto d'imposta, li trattiene al fine di versarli per suo conto (artt. 23 e 29 D.P.R. n. 600 del 1973). Infine, relativamente alla compensazione dei crediti, Corte di Cassazione con sentenza n. 28855 del 5/12/2008, recentemente richiamata da giurisprudenza di merito (cfr. Tribunale di Taranto, 20 marzo 2015, n. 4227), ha chiarito che quando i reciproci crediti nascono dallo stesso rapporto giuridico, sussistono i presupposti per la compensazione c.d. atecnica, e ciò in linea con il costante orientamento dei giudici di legittimità secondo il quale questa si configura quando si è di fronte a crediti nascenti da un unico rapporto e il cui accertamento ha la funzione di individuare il dare e l'avere tra le parti in modo da pervenire all'esatta individuazione dell'effettivo credito, senza bisogno che venga sollevata un'eccezione di parte (cui: anche Cass. Civ. Sentenza n. 12905 del 1995; n. 479196; n. 745/97; n. 3564/99). Con la richiamata pronuncia, la Cassazione ricorda che non è di ostacolo neppure la natura retributiva del credito del lavoratore, ex art. 1246 c.c., giacché il divieto di compensazione oltre il limite del quinto del credito del lavoratore presuppone l'autonomia dei rappo1ti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti, non configurabile allorché i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto; in tal caso infatti la valutazione delle reciproche pretese importa soltanto un semplice accertamento contabile di dare e avere e non possono trovare applicazione le nonne dettate per la compensazione in senso proprio o giuridico, tra cui quelle sui limiti alla compensabilità dei crediti retributivi dei lavoratori dipendenti (art. 1246 c.c. e art. 545 c.p.c.). Ciò posto, nel rapporto di pubblico impiego il mobbing si sostanzia in una "condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, complessa. continuata e protratta nel tempo. tenuta nei confronti del dipendente nell'ambiente di lavoro, che si manifesta con comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti od incongrui rispetto all'ordinaria gestione del rapporto, espressivi di un disegno in realtà finalizzato alla persecuzione o alla vessazione del medesimo dipendente, tale da provocare un effetto lesivo della sua salute psicofisica" (Consiglio di stato, sez. IV, sent. n. 4509 del 27/10/2016). Ai fini della configurabilità della condotta lesiva mobbizzante è necessaria dunque, la contestuale presenza di una molteplicità di elementi, sia di natura oggettiva (quali la pluralità di comportamenti a carattere persecutorio posti in modo mirato, sistematico e prolungato all'interno di un disegno vessatorio), sia soggettiva (quale l'intento persecutorio unificante i singoli fatti lesivi). Da ciò ne consegue che un singolo atto, o più atti di gestione del rapporto in danno del lavoratore, qualora illegittimi, non sono, di per sé soli, sintomatici della presenza dì un comportamento mobbizzante ( cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. I, 28 giugno 2016, n. 7494) Nel caso di specie, non vengono in rilievo alcun disegno o intento vessatorio, né è stata evidenziata in concreto una condotta persecutoria da parte del datore di lavoro. In conclusione, si reputa inammissibile e/o infondato il ricorso. Le spese sono compensate, in considerazione delle vicissitudini processuali. P.Q.M. Il Giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, così provvede: - Rigetta il ricorso; - Compensa le spese. Così deciso in Castrovillari l'11 agosto 2023. Depositata in Cancelleria l'11 agosto 2023.
TRIBUNALE DI CASTROVILLARI SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Castrovillari, in composizione collegiale, nelle persone dei seguenti Magistrati: Dott. Alessandro Caronia - Presidente Dott.ssa Simona Graziuso - Giudice relatore Dott. Eduardo Bucciarelli - Giudice riunito in camera di consiglio, sentito il Giudice relatore ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 2840/2018 R.g. avente ad oggetto: separazione giudiziale pendente TRA M.C. (C.F. (...)) elettivamente domiciliato in Corigliano-Rossano (CS), area urbana Rossano alla..., presso lo studio dell'Avv...., da cui è rappresentato e difeso RICORRENTE E B.R. (C.F. (...)) elettivamente domiciliata in Corigliano-Rossano, Loc. Corigliano, alla via P... presso lo studio dell'Avv. ....da cui è rappresentata e difesa RESISTENTE e con l'intervento dell'Ufficio di Procura presso il Tribunale di Castrovillari INTERVENTORE EX LEGE a cui è riunito il procedimento n. 2552/2018 R.g. pendente TRA B.R. (C.F. (...)) elettivamente domiciliata in Corigliano-Rossano, Loc. Corigliano, alla via ....presso lo studio dell'Avv. ...da cui è rappresentata e difesa RICORRENTE E M.C. (C.F. (...)) elettivamente domiciliato in Corigliano-Rossano (CS), area urbana Rossano alla Via ....presso lo studio dell'Avv...., da cui è rappresentato e difeso RESISTENTE e con l'intervento dell'Ufficio di Procura presso il Tribunale di Castrovillari INTERVENTORE EX LEGE Svolgimento del processo - Motivi della decisione I coniugi M.C. e B.R. hanno contratto matrimonio in ..., in data 5.9.2015 (atto trascritto nel registro atti di matrimonio del Comune di Corigliano Rossano anno 2015, n.23, parte II, serie B). Dall'unione è nata una figlia, E., il (...). La famiglia ha fissato la sua residenza abituale in R., alla via R.. Con ricorso depositato in data 20.9.2018, iscritto al n. 2552/2018, B.R. ha chiesto al Tribunale di dichiarare la separazione personale dei coniugi rappresentando: - che fin dall'inizio del matrimonio il M. gli aveva impedito di continuare a intrattenere rapporti con la sua famiglia d'origine; - che dagli atteggiamenti violenti e prevaricatori del M. erano scaturiti episodi di violenza fisica e verbale nei suoi confronti anche alla presenza della minore; - che in particolare dal mese di maggio del 2018 gli episodi di violenza erano divenuti così frequenti che la sera del 23/8/2018 la ricorrente, a seguito delle ennesimo litigio, era stata violentemente malmenata tanto da essere trasportata presso il pronto soccorso del P.o. di Rossano dove le era stato diagnosticato "trama contusivo spalla destra, contusione del cuoio capelluto, dell' emicostato destro ed escoriazioni multiple"; - che a seguito di tale episodio ella aveva sporto denuncia nei confronti del marito che era stato invitato dall'intervenuto personale di pubblica sicurezza a lasciare la casa di abitazione; - che nonostante l'allontanamento il M. aveva continuato a minacciarla; - che il M. non si era mai preoccupato di contribuire al mantenimento della figlia minore né al pagamento delle utenze domestiche alle quali la stessa, essendo disoccupata, faceva fronte solo con l'aiuto dei propri genitori. B.R. ha pertanto concluso chiedendo al Tribunale di: "1) Dichiarare la separazione personale dei coniugi B.-M. con addebito di colpa a quest'ultimo ex art. 151 c.p.c.; 2) disporre l'affidamento esclusivo della figlia minore M.E. alla B.R. per le motivazioni sopra esposte con facoltà di visita da parte del padre solo alla presenza di terze persone o in ambiente neutro; 3) assegnare la casa coniugale con il mobilio e gli arredi presenti alla sig.ra B. che la abiterà con la minore affidata; 4) disporre a carico del sig. M.C. il versamento di un assegno di mantenimento in favore della B. e della figlia non inferiore ad Euro 1.500,00 mensili rivalutabili annualmente secondo gli indici Istat oltre al pagamento del 50% delle spese straordinarie, mediche, scolastiche e per hobby e sport futuri; 5) ordinare al signor M.C. la cessazione di ogni condotta pregiudizievole e il divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla B. e in particolare al domicilio della famiglia di origine ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti; 6) con vittoria di spese e competenze di giudizio." M.C. nel costituirsi in giudizio ha contestato tutto quanto ex adverso dedotto; ha evidenziato di aver proposto a sua volta domanda di separazione, cui era conseguita l'apertura del procedimento n. 2840/18 RG, e ha pertanto chiesto la riunione dei procedimenti. Nel merito il M. ha dedotto: - che la crisi del rapporto coniugale era derivata dal forte legame della resistente alla famiglia di origine, dalla quale la stessa non riusciva a distaccarsi e alla quale consentiva l'intromissione in questioni di pertinenza del nucleo familiare; - che la B. mostrava disinteresse nei suoi confronti, tanto che spesso lo lasciava solo in casa per giorni per andare a vivere presso la famiglia di origine, in ...; - che la B. spesso usava violenza nei suoi confronti aggredendolo qualora egli si dolesse della predetta situazione; - che nell'agosto del 2018 la B. si era scagliata contro di lui provocandogli lesioni (in data 16.8.2018) e mordendogli un dito (in data 24.8.2018); - che la B. poneva in essere comportamenti provocatori nei suoi riguardi, ostacolando con scuse i suoi rapporti con la figlia. M.C. ha quindi concluso chiedendo al Tribunale di: "adottare i seguenti provvedimenti provvisori e urgenti: 1. autorizzare i coniugi a vivere separatamente; 2. Disporre l'assegnazione della casa coniugale e l'affido della minore al ricorrente con adeguato disciplinare afferente il diritto di visita, stazionamento e di pernotto presso l'altro genitore sul quale disporre assegno di mantenimento in favore del concludente e della minore per Euro 300 cadauno; 3. all'esito, provveduto a nominare il giudice istruttore e fissata l'udienza di comparizione delle parti avanti a questo, voglia il Tribunale intestato così provvedere: -Pronunciare la separazione dei coniugi accogliendo le sue indicate conclusioni già richieste in via provvisionale, ovvero le altre ritenute di giustizia. -Voglia inoltre pronunciare la separazione con addebito alla resistente. -Con il favore delle spese giudiziali. -Riservata a differente giudizio, ogni diversa domanda". All'esito dell'udienza presidenziale, svoltasi in data 24.10.2018 il procedimento n. 2552/2018 è stato riunito al procedimento n. 2840/2018, avente il medesimo oggetto e pendente a parti contrapposte; all'esito di ulteriore udienza presidenziale, il Presidente f.f., con ordinanza adottata in data 23.11.2018, ha pronunciato i seguenti provvedimenti provvisori: "-Autorizza i coniugi a vivere separati nel reciproco rispetto; -Dispone l'affidamento condiviso della figlia M.E. salva la coabitazione con la madre cui è assegnata la casa familiare; -Dispone che il M. contribuisca al mantenimento della moglie e della figlia, versando alla moglie l'importo di Euro 480,00 (Euro 180,00 per la moglie e Euro 300,00, per la figlia) entro il giorno 5 di ogni mese, (dal prossimo dicembre), nonché partecipando al 50% delle spese straordinarie per la figlia, decise di comune accordo tra i genitori, ovvero assolutamente indispensabili; -Dispone che, allo stato, gli incontri tra padre e figlia siano mediati dai Servizi Sociali di Corigliano - Rossano, i quali stabiliranno il relativo calendario e potranno altresì individuare, sull'accordo dei coniugi, una persona di fiducia di entrambi presso la quale il padre potrà intrattenersi con la figlia; -Chiede ai suindicati Servizi Sociali di relazionare al Tribunale - almeno 10 giorni prima dell'udienza sottoindicata - in ordine all'andamento degli incontri padre/figlia ed all'atteggiamento tenuto da entrambi i coniugi in occasione degli incontri." Avverso il predetto provvedimento M.C. ha proposto reclamo dinanzi alla Corte d'Appello di Catanzaro, la quale con ordinanza n. cronol. 5205/2019 del 22.07.2019 - R.G. n. 2173/2018 ha così statuito: "1) in parziale accoglimento del reclamo principale ed a modifica dell'ordinanza presidenziale impugnata, che conferma nel resto: pone a carico di C.M. l'obbligo di corrispondere a R. baratta a titolo di contributo per il mantenimento di questa l'assegno mensile di Euro 100,00 e a titolo di contributo della figlia E. l'assegno mensile di Euro 200,00; dispone che il padre possa vedere e tenere con sé la figlia due pomeriggi a settimana, dalle ore 15:30 alle ore 19:30, con la previsione che la seconda sia affidata al primo tramite e con la presenza di una terza persona di fiducia di entrambi i genitori o, in mancanza, di fiducia della madre; 2) compensa le spese". Esperita l'istruttoria mediante produzione documentale, prova per testi e indagini di P.T., all'udienza del 14.12.2022 le parti hanno precisato le conclusioni e a causa è stata rimessa in decisone al Collegio, con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. Il Tribunale osserva. 1. Separazione. Ritiene il Collegio che le risultanze di causa abbiano ampiamente comprovato l'insorgenza tra i coniugi di un'insanabile situazione di contrasto che ha reso non più tollerabile la loro convivenza, per cui ricorrono le condizioni per pronunziare la richiesta separazione. In particolare, la gravità delle accuse che ogni coniuge ha rivolto all'altro, l'indifferenza ad ogni sollecitazione verso una riconciliazione e la perdurante cessazione della convivenza da diversi anni costituiscono tutti elementi che provano il venire meno, tra i coniugi, di ogni forma di comunione materiale e spirituale. Va, dunque, pronunciata la separazione personale dei coniugi M.C. e B.R.. 2. Addebito. Le parti hanno proposto reciproche domande di addebito. Ritiene il Collegio che entrambe le domande siano fondate. Deve osservarsi a tal proposito, in via dirimente, che i fatti dedotti a sostegno della reciproche richieste non sono stati oggetto di specifica contestazione ad opera delle controparti, così che devono ritenersi provati ex art. 115 c.p.c. Nell'ambito dei predetti fatti assumono rilevanza assorbente gli episodi di violenza che ciascuno dei coniugi ha attribuito all'altro; in particolare: - la B., nella prospettazione della controparte, non contestata, aveva usato violenza nei confronti del coniuge più volte e in particolare nell'agosto del 2018 si era scagliata contro il marito provocandogli in una prima occasione lesioni (in data 16.8.2018) e in una seconda occasione (in data 24.8.2018) mordendogli un dito, come risultante dai referti di pronto soccorso prodotti in atti; - il M., secondo quanto dedotto dalla controparte e non specificamente contestato, aveva posto in essere molteplici episodi di violenza fisica e verbale nei confronti della moglie; in particolare la sera del 23.8.2018 la B. a seguito delle ennesimo litigio, era stata violentemente malmenata tanto da essere trasportata presso il pronto soccorso del P.o. di Rossano dove le era stato diagnosticato "trama contusivo spalla destra, contusione del cuoio capelluto, dell'emicostato destro ed escoriazioni multiple" come risultante dal referto di pronto soccorso in atti e dalle querele presentate dalla B., precise e dettagliate. In ordine alla rilevanza delle condotte violente ai fini dell'addebito della separazione, la giurisprudenza di legittimità ha statuito che "Le violenze fisiche costituiscono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole - quand'anche concretantisi in un unico episodio di percosse -, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti l'intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all'autore, e da esonerare il giudice del merito dal dovere di comparare con esse, ai fini dell'adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, restando altresì irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale." (Cassazione civile sez. VI, 22/03/2017, n.7388). Ritiene il Collegio che in applicazione del predetto principio, che si ritiene di condividere, la separazione debba essere addebitata ad entrambi i coniugi. 3. Assegno di mantenimento per i coniugi. Alla pronuncia di addebito della separazione consegue il rigetto delle reciproche domande di mantenimento. 4. Affidamento, collocamento prevalente della prole e assegnazione della casa familiare. Entrambe le parti hanno chiesto l'affidamento esclusivo della minore. Ritiene il Tribunale che le domande siano infondate. Come noto, a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 54 del 2006 e dal D.Lgs. n. 154 del 2013, l'affido condiviso si pone come regola generale, rispetto alla quale la soluzione dell'affido esclusivo costituisce l'eccezione, derogabile solo laddove la sua applicazione risulti pregiudizievole per l'interesse del minore. Per l'adozione del regime dell'affido esclusivo, quindi, si richiede la sussistenza di ragioni, quali ad esempio, la manifesta carenza o inidoneità educativa di un genitore o un suo sostanziale disinteresse per il minore, tali da rendere in concreto l'affido condiviso pregiudizievole per il minore. Entrambe le parti hanno posto a fondamento della domanda di affido esclusivo gli atteggiamenti violenti della controparte. Rileva il Tribunale che i predetti atteggiamenti, provati in relazione a sporadici ed isolati episodi, peraltro molto risalenti nel tempo e inseriti in una situazione di elevata conflittualità tra le parti, non siano tali da fondare un giudizio di inidoneità genitoriale dei coniugi. Ne deriva che in assenza di elementi che consentano di ritenere che la predetta conflittualità tra i coniugi si sia espressa in forme atte ad alterare o porre in serio pericolo l'equilibrio e lo sviluppo psico-fisico della figlia, deve essere disposto l'affidamento condiviso della minore E., con collocamento prevalente della stessa presso la madre, attesa la tenera età della minore (6 anni) e la cui coabitazione con la madre fino all'attualità induce a ritenere che l'assetto consolidato sia conforme all'interesse di E.. Inoltre, in accoglimento di quanto richiesto dalla B., deve disporsi l'assegnazione alla predetta della casa coniugale sita in R., alla via R. perché, convivendo la stessa con la figlia minore E., il provvedimento de quo si appalesa conforme al superiore interesse della prole a conservare l'habitat domestico. 5. Diritto di visita del genitore non collocatario. In ordine ai tempi di frequentazione del padre con la minore deve essere disposto quanto segue: il padre potrà tenere e vedere con sé la figlia: - due pomeriggi a settimana (martedì e giovedì) dal termine dell'attività scolastica fino alle ore 21:00; - a fine settimana alternati dal sabato (ore 10.00 o se giorno scolastico dall'uscita di scuola) alla domenica sera, ore 21.00; - nel periodo di vacanza estiva per 15 giorni consecutivi dal 1 al 15 luglio o dal 15 al 30 agosto, ad anni alterni; - nei periodi di vacanze natalizie dal 23 al 30 dicembre o dal 31 dicembre al 7 gennaio ad anni alterni; - il giorno di Pasqua o Pasquetta ad anni alterni; - il giorno del compleanno del padre; - il giorno dell'onomastico o del compleanno della minore ad anni alterni. 6. Mantenimento della prole. Va riconosciuto l'obbligo di entrambi i genitori di provvedere al mantenimento della figlia E.. Il dovere di mantenimento della prole è espressione del più generale dovere di cura che tiene conto di tutte le esigenze, anche future, necessarie allo sviluppo psicologico e fisico della prole. In particolare il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, stabilito dall'art. 147 cod. civ., obbliga i coniugi a far fronte ad una molteplicità di esigenze dei figli, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all'assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione - fino a quando la loro età lo richieda - di una stabile organizzazione domestica, adeguata a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione (Cass. Civ., sez. I, sentenza 17089/2013). Tale principio trova conferma nel testo dell'art. 337-ter c.c. il quale, nell'imporre a ciascuno dei coniugi l'obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, individua, quali elementi da tenere in conto nella determinazione dell'assegno, oltre alle esigenze del figlio, il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza e le risorse economiche dei genitori, nonché i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti. Nel caso di specie, convivendo la minore E. con la madre, quest'ultima provvederà direttamente al suo mantenimento mentre, nel rispetto dei criteri di cui di cui all'art. 337 ter c.c., va posto a carico del padre, non convivente, l'obbligo di corrispondere un assegno periodico per la stessa. Ai fini della determinazione del quantum dell'obbligo di mantenimento posto a carico del ricorrente, occorre rilevare che dall'esame delle rispettive situazioni reddituali dei coniugi, risultante dalla documentazione depositata in atti e dagli esiti delle indagini di polizia tributaria, emerge che: - B.R. ha dedotto in ricorso di essere disoccupata; sentita all'udienza del 14.12.2022 ha dichiarato di essere stata assunta come dipendente comunale e di guadagnare circa Euro 1.300,00 al mese; - M.C. ha dedotto in ricorso di svolgere attività artigianale con un reddito pari a Euro 2.286,00 ; lo stesso, sentito in sede di udienza presidenziale ha dichiarato: "sono titolare di una piccola impresa che produce infissi in alluminio; il fatturato di quest' anno è stato sinora di appena Euro 3.000,00 ed infatti sono in procinto di cessare l' attività; sentito, infine, all'udienza del 14.12.2022 ha dichiarato: "lavoro part time come fabbro presso l'azienda Z.F. serramenti in Corigliano-Rossano, Contrada ..., guadagno 350,00 Euro al mese". I predetti dati hanno trovato conferma nella relazione pervenuta a seguito delle disposte indagini di polizia tributaria, dalle quali è altresì emerso che: - M.C. è cointestatario di un autoveicolo modello Fiat Seicento con data prima immatricolazione 15.01.1999, è intestatario di un motoveicolo modello Yamaha Majesty 250 con data prima immatricolazione 05.01.1999 e non risulta avere quote e/o partecipazioni in società; - B.R. è proprietaria per 1/6 di un fabbricato in ... (CS), cat. (...), consistenza 3 vani e rendita di 68,17. Inoltre, risulta una trascrizione a suo favore di una denuncia di successione datata 08.06.2020, relativa a un immobile sito in P. (C.); la B. è inoltre intestataria di un autoveicolo modello Fiat Grande Punto con data prima immatricolazione 29.11.2005 e non risulta avere quote e/o partecipazioni in società. Nella determinazione della misura dell'assegno, ritiene il Tribunale che debba tenersi conto ex art. 316-bis c.c., oltre che delle sostanze, anche della capacità lavorativa e della potenzialità reddituale del M., atteso che il dovere giuridico per il genitore non collocatario di concorrere al mantenimento dei figli impone allo stesso di attivarsi per lo svolgimento di un'attività lavorativa che gli consenta di adempiere all'obbligazione nei confronti della prole. In considerazione dei predetti elementi, ritiene il Collegio che sia congruo porre a carico del M. a titolo di mantenimento della minore E., un contributo mensile di Euro 200,00 da corrispondersi a B.R. in via anticipata entro e non oltre il giorno 5 di ogni mese, da rivalutarsi annualmente secondo gli indici ISTAT. Va, altresì, posto a carico del ricorrente l'obbligo di contribuire, nella misura del 50%, delle spese mediche, e di quelle straordinarie, purché previamente concordate e debitamente documentate. 7. Domanda ex art. 342 bis c.c. La domanda proposta dalla B. volta a "ordinare al signor M.C. la cessazione di ogni condotta pregiudizievole e il divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla B. e in particolare al domicilio della famiglia di origine ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti" deve essere rigettata. Deve infatti ritenersi che per i caratteri dell'unico episodio di violenza provato, oltretutto risalente nel tempo e non reiterato, non possa ritenersi sussistente il presupposto dell'esistenza di un pregiudizio grave all'integrità fisica o morale o alla libertà della B., casualmente riconducibile alla condotta del M., necessario ai fini dell'adozione della misura richiesta. 8. Spese del processo. Tenuto conto dell'esito della controversia, le spese di lite sono interamente compensate tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Castrovillari, sezione civile, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando nel giudizio civile n. 2840 dell'anno 2018, a cui è riunito il giudizio n.... /2018 disattesa ogni ulteriore istanza, eccezione e difesa, così provvede: 1. DICHIARA la separazione personale dei coniugi M.C. e B.R. i quali hanno contratto matrimonio in ..., in data 5.09.2015 (atto trascritto registro atti di matrimonio Comune di ...anno..., n...., parte II, serie B), con addebito a entrambi i coniugi; 2. RIGETTA le reciproche domande di mantenimento; 3. AFFIDA la minore E. in modo condiviso a entrambi i genitori, con collocamento prevalente presso la madre, B.R., in R., alla via R., dove avrà residenza anagrafica; 4. ASSEGNA la casa coniugale sita in R., alla via R., a B.R. con ogni arredo e pertinenza; 5. DISPONE la regolamentazione del diritto di visita tra padre e figlia come in parte motiva; 6. PONE a carico di M.C., a titolo di contributo al mantenimento della figlia E. l'assegno di Euro 200,00 mensili, da versarsi a B.R., in via anticipata entro il giorno 5 di ogni mese. La somma è soggetta a rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT (FOI); 7. PONE a carico di M.C. l'obbligo di corrispondere a B.R. il 50% delle spese straordinarie previamente concordate e debitamente documentate; 8. RIGETTA la domanda ex art. 342 bis c.c. proposta dalla B.; 9. COMPENSA interamente le spese di lite. MANDA alla cancelleria di trasmettere copia autentica del dispositivo della presente sentenza, limitatamente al primo Capo, al suo passaggio in giudicato, all'Ufficiale di Stato Civile del Comune in cui il matrimonio è stato trascritto, perché provveda alle annotazioni ed ulteriori incombenze di legge. DISPONE, per l'ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 Così deciso in Castrovillari, il 27 luglio 2023. Depositata in Cancelleria il 2 agosto 2023.
TRIBUNALE DI CASTROVILLARI SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Castrovillari, in composizione collegiale, nelle persone dei seguenti Magistrati: Dott. Alessandro Caronia - Presidente Dott.ssa Simona Graziuso - Giudice relatore Dott. Eduardo Bucciarelli - Giudice riunito in camera di consiglio, sentito il Giudice relatore, viste le conclusioni delle parti costituite, ha emesso la seguente SENTENZA nel procedimento iscritto al n. .../2019 R.G. avente ad OGGETTO "separazione giudiziale" e vertente TRA P.M.G., nata a C. il (...) (c.f. (...)) elettivamente domiciliata in..., presso lo studio dell'avv...., da cui è rappresentata e difesa, giusta procura come in atti RICORRENTE CONTRO L.L., nato a C. il (...) (c.f. (...)) elettivamente domiciliato in..., presso lo studio dell'Avv...., da cui è rappresentato e difeso, giusta procura come in atti RESISTENTE e con l'intervento dell'Ufficio di Procura presso il Tribunale di Castrovillari INTERVENTORE EX LEGE Svolgimento del processo - Motivi della decisione P.M.G. e L.L. hanno contratto matrimonio in ... in data 9.5.1999; dal matrimonio sono nate le figlie L.J. (in data (...)) e L.C.G. (in data (...)). Con ricorso depositato in data 17.01.2019 P.M.G. ha adito il Tribunale rappresentando: - che il matrimonio è entrato in crisi per la condotta del marito che manifesta sempre più distacco e disinteresse verso di lei, trascurandola anche nelle minime esigenze quotidiane, morali e materiali; - che tale situazione aveva già portato le parti a depositare ricorso di separazione consensuale, omologato in data 18.02.2010; - che nel 2012 le parti si erano, tuttavia, riconciliate e nel 2013 avevano formalizzato la riconciliazione innanzi all'Ufficiale di Stato Civile; - che il L., tuttavia, aveva continuato a palesare nuovamente il proprio disinteresse verso la moglie, non curandosi nemmeno del sostentamento del nucleo familiare; - che i rapporti patrimoniali tra i coniugi sono regolati dal regime della separazione dei beni e la casa coniugale è di proprietà del L., il quale nel 2007 aveva preteso dalla moglie la donazione dei diritti proprietari vantati dalla stessa sugli immobili acquistati congiuntamente in costanza di matrimonio, nonché la modifica del regime patrimoniale familiare da comunione a separazione dei beni; - che il resistente è un ristoratore, proprietario oltre che in via esclusiva di molti beni immobili, altresì, unitamente al cugino L.M., di un noto ristorante in ..., con un reddito annuo assai cospicuo, che lo stesso trae inoltre profitti da locali commerciali di sua proprietà concessi in locazione a terzi; - che la ricorrente è titolare di una profumeria che negli anni ha subito ingenti perdite ed ha un reddito annuo pari ad Euro4.293,00 con una perdita d'impresa pari ad Euro135.000,00; - che le figlie della coppia frequentano il L. a R. e mensilmente devono affrontare spese di trasporto (abbonamento autobus Euro50,00 cadauno) e spese per l'Accademia Musicale (canone mensile di Euro 50,00 cadauna) e che la figlia J. frequenta il Conservatorio di Cosenza il cui costo annuo è pari ad Euro 720,00. Tanto premesso, P.M.G. ha concluso chiedendo al Tribunale di: "1) dichiararsi la separazione personale dei coniugi P.M.G. e L.L. con addebito di colpa a carico di quest'ultimo; 2) affidare la figlia minore L.C.G. congiuntamente ad entrambi i genitori con collocazione prevalente presso la mamma e opportuna regolamentazione del diritto di visita del padre; 3)assegnare la casa coniugale, unitamente al mobilio ed arredi ivi contenuti alla sig.ra P. acchè la abiti unitamente alle figlie; 4)porre a carico del L. a titolo di contributo mantenimento delle figlie l'obbligo di corresponsione di una somma mensile non inferiore ad Euro1.500,00; 5)condannare il L. alle spese e competenze di giudizio". L'udienza presidenziale è stata fissata in data 17.4.2019 con termine al resistente fino al 3.4.2019 per la costituzione in giudizio. L.L. si è costituito in giudizio con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 3.4.2019 con la quale, dopo aver impugnato e contestato le avverse deduzioni, ha esposto: - che la vita coniugale era stata per anni tranquilla e che i rapporti tra i coniugi si erano inaspriti a causa delle continue pretese della ricorrente volte a gestire, controllare e dirigere la sua attività lavorativa; - che egli aveva sempre provveduto al sostentamento economico della famiglia, e si era sempre occupato dei bisogni delle figlie; - che il mutamento del regime patrimoniale dei coniugi - da comunione a separazione dei beni - era stato voluto dalla P. che successivamente al mutamento del regime in separazione dei beni aveva notevolmente incrementato il proprio patrimonio immobiliare, acquistando nel 2008 due appartamenti siti in C. C/da C., nel 2010 un appartamento con annesso garage in ..., via G.B., oltre che di recente un immobile di nuova costruzione sito in C. via M. L. K. ed è inoltre proprietaria per un quinto di un fabbricato sito in C., via S. A.; - che l'attività commerciale di cui è titolare la ricorrente, avendole consentito di acquistare in così breve tempo i predetti immobili, non è un'attività in perdita; - che la propria condizione economica non gli avrebbe consentito di versare la somma richiesta per il mantenimento. Tanto premesso, L.L. ha concluso chiedendo che il Tribunale: "pronunci la separazione dei coniugi L.-P.. Affidi la figlia minore C.G.L. congiuntamente a entrambi i genitori. Assegni la casa coniugale con tutti gli arredi al sig. L. poiché unica abitazione di proprietà dello stesso contrariamente alla sig.ra P. che è proprietaria di più abitazioni". Instauratosi ritualmente il contraddittorio, sentiti i coniugi, dato atto dell'esito negativo del tentativo di conciliazione, all'esito dell'udienza presidenziale, con ordinanza del 29.05.2019 sono stati adottati i seguenti provvedimenti con i quali il Tribunale: 1) autorizza a vivere separati i coniugi P.M.G. e L.L.; 2) dispone l'affidamento condiviso delle figlie minori con collocazione prevalente presso la madre, il padre potrà trattenerle con sé a fine settimane alternati dal sabato alla domenica sera. Con riferimento alle: -le festività natalizie, alternativamente con il padre e con la madre sicché l'uno le terrà la V. di N., e l'altro il 25; -durante le festività Pasquali i genitori terranno con sé le figlie minori alternativamente o il giorno di Pasqua o il lunedì dell'A.; - durante le ferie estive il padre avrà diritto di tenere con sé le figlie minori per quindici giorni consecutivi nel mese di luglio e quindici giorni nel mese di agosto da concordarsi preventivamente entro il mese di maggio e tenendo conto delle esigenze delle minori; 3) assegna la casa coniugale al marito per i motivi di cui in premessa, impregiudicata ogni variazione legata ad eventuali mutamenti delle condizioni economiche di entrambe le parti che dovessero verificarsi successivamente al presente provvedimento; 4) ordina al signor L. di corrispondere alla signora P. un assegno mensile di 500 Euro a titolo di contributo per le figlie minori (250 Euro per la minore J. e 250 Euro per la minore C.G.), importo rivalutabile annualmente secondo gli indici ISTAT e da corrispondersi entro i primi cinque giorni di ciascun mese; fissa al 50% le spese straordinarie in capo a ciascun coniuge". Rimesse le parti dinanzi al G.I., esperita l'istruttoria, all'udienza del 14.12.2022, tenutasi secondo le modalità previste dall'art. 221, comma 4, D.L. 9 maggio 2020, n. 34, convertito in L. 17 luglio 2020, n. 77, le difese delle parti hanno precisato le conclusioni, e la causa è stata rimessa in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. Il Tribunale osserva. 1. Inammissibilità delle richieste istruttorie. Preliminarmente occorre dichiarare l'inammissibilità delle richieste istruttorie già non ammesse dal G.i. e rinnovate dalle parti in sede di precisazione delle conclusioni. Rileva il Collegio in via dirimente: - che le parti non hanno provveduto al deposito delle memorie ex art. 183 sesto comma, n. 6 c.p.c. nei termini loro assegnati all'udienza tenutasi in data 23.9.2019; - che le stesse hanno provveduto a chiedere nuovamente la concessione dei predetti termini all'udienza tenutasi in data 22.3.2021, all'esito della quale i termini sono stati nuovamente concessi; - che le parti hanno provveduto al deposito delle predette memorie. Ritiene il Collegio che l'ordinanza adottata in data 22.3.2021, nella parte in cui il G.i. ha concesso nuovamente i termini di cui all'art. 183 sesto comma c.p.c. debba essere in parte qua revocata, attesa la perentorietà dei predetti termini già concessi in data 23.9.2019 - al cui spirare è conseguita la decadenza delle parti - e la mancata prospettazione ad opera delle parti di ragioni idonee a fondare una rimessione in termini. Ne deriva l'inammissibilità delle richieste istruttorie delle parti in quanto tardivamente proposte. 2. La domanda di separazione. Ritiene il Collegio che le risultanze di causa abbiano ampiamente comprovato l'insorgenza tra i coniugi di un'insanabile situazione di contrasto che ha reso non più tollerabile la loro convivenza, per cui ricorrono le condizioni per pronunziare la richiesta separazione. In particolare, la gravità delle accuse che ogni coniuge ha rivolto all'altro, l'indifferenza ad ogni sollecitazione verso una riconciliazione e la perdurante cessazione della convivenza da diversi anni costituiscono tutti elementi che provano il venire meno, tra i coniugi, di ogni forma di comunione materiale e spirituale. Va, dunque, pronunciata la separazione personale dei coniugi P.M.G. e L.L.. 3. La domanda di addebito. Parte ricorrente ha formulato richiesta di addebito della separazione al coniuge; ritiene il Collegio che la predetta domanda di addebito sia infondata e debba essere rigettata, per i motivi che seguono. La giurisprudenza di legittimità ha affermato nel tempo i seguenti principi che il Collegio ritiene di condividere: "la dichiarazione di addebito della separazione implica la prova che la irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell'intollerabilità della ulteriore convivenza; pertanto, in caso di mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai predetti doveri tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa efficiente del fallimento della convivenza, legittimamente viene pronunciata la separazione senza addebito" (Cass. civ. Sez. 1, Sentenza n. 14840 del 27/06/2006, Cass. civ Sez. 1, Sentenza n. 25843 del 18/11/2013); - "In tema di separazione personale, la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri posta dall'art. 143 cod. civ. a carico dei coniugi, essendo, invece, necessario accertare se tale violazione, lungi dall'essere intervenuta quando era già maturata ed in conseguenza di una situazione di intollerabilità della convivenza, abbia, viceversa, assunto efficacia causale nel determinarsi della crisi del rapporto coniugale. L'apprezzamento circa la responsabilità di uno o di entrambi i coniugi nel determinarsi della intollerabilità della convivenza è istituzionalmente riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità in presenza di una motivazione congrua e logica." (Cass. Civ. Sez. 1, Sentenza n. 18074 del 20/08/2014); - "In tema di separazione, grava sulla parte che richieda l'addebito l'onere di provare sia la contrarietà del comportamento del coniuge ai doveri che derivano dal matrimonio, sia l'efficacia causale di questi comportamenti nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza" (Cass. Civ. Sez. 1 - Ordinanza n. 16691 del 05/08/2020). Ciò premesso, nel caso di specie, la ricorrente ha posto a fondamento della richiesta di addebito al coniuge il distacco e il disinteresse che il marito avrebbe manifestato nel tempo nei suoi confronti. Ritiene il Collegio che l'estrema genericità delle allegazioni poste a fondamento della richiesta di addebito non possa che condurre a un giudizio di infondatezza dell'istanza, non essendo state dedotte specifiche violazioni da parte del coniuge dei doveri nascenti dal matrimonio. Deve ad ogni modo rilevarsi che, a fronte delle contestazioni della controparte, nessuna prova della sussistenza di tali condotte e della loro rilevanza causale ai fini della intollerabilità della prosecuzione della convivenza è stata offerta da parte ricorrente, stante l'inammissibilità delle richieste istruttorie formulate. 4. La domanda di affido di C.G.. Ritiene il Collegio che, essendo C.G. divenuta maggiorenne nelle more del giudizio, nessun provvedimento debba essere adottato in ordine alla predetta domanda. 5. La domanda di assegnazione della casa coniugale. Entrambe le parti hanno proposto domanda di assegnazione della casa coniugale. Come noto, l'assegnazione della casa familiare, pur avendo riflessi anche economici, è finalizzata all'esclusiva tutela della prole e dell'interesse di questa a permanere nell'ambiente domestico in cui è cresciuta, onde la concessione del beneficio in questione resta subordinata all'imprescindibile presupposto dell'affidamento dei figli minori o della convivenza con figli maggiorenni ma economicamente non autosufficienti. Nel caso di specie non è contestato che le figlie, seppur maggiorenni, convivano con la madre, così che la richiesta di assegnazione della casa formulata dal L., fondata solo sulla circostanza che mentre il richiedente non ha altri immobili di proprietà, la moglie è proprietaria di numerosi altri immobili, deve essere rigettata. È stato infatti affermato dalla giurisprudenza di legittimità, con pronuncia che il collegio ritiene di condividere, che "La casa familiare deve essere assegnata tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli minorenni e dei figli maggiorenni non autosufficienti a permanere nell'ambiente domestico in cui sono cresciuti, per garantire il mantenimento delle loro consuetudini di vita e delle relazioni sociali che in tale ambiente si sono radicate, sicchè è estranea a tale decisione ogni valutazione relativa alla ponderazione tra interessi di natura solo economica dei coniugi o dei figli, ove in tali valutazioni non entrino in gioco le esigenze della prole di rimanere nel quotidiano ambiente domestico, e ciò sia ai sensi del previgente articolo 155 quater c.c., che dell'attuale art. 337 sexies c.c." (Cass. civ. Sez. 1 -, Ordinanza n. 25604 del 12/10/2018). Ne deriva che non convivendo le figlie con il L., la sua richiesta di assegnazione della casa coniugale deve essere rigettata. In applicazione dei predetti principi, stante deve invece la convivenza delle figlie con la madre, la richiesta di assegnazione della casa familiare proposta dalla P. deve essere accolta. 6. La domanda di contributo al mantenimento delle figlie. La P. ha chiesto la corresponsione di Euro 1.500,00 mensili a titolo di contributo al mantenimento delle figlie, il L. si è opposto alla predetta domanda, contestandola nel quantum. Come noto, il dovere di mantenimento della prole è espressione del più generale dovere di cura che tiene conto di tutte le esigenze, anche future, necessarie allo sviluppo psicologico e fisico della prole. Ne consegue che il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, stabilito dall'art. 147 cod. civ., obbliga i coniugi a far fronte ad una molteplicità di esigenze dei figli, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all'assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione - fino a quando la loro età lo richieda - di una stabile organizzazione domestica, adeguata a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione (Cass. Civ., sez. I, sentenza 17089/2013). Tale principio trova conferma nel testo dell'art. 337-ter c.c. il quale, nell'imporre a ciascuno dei coniugi l'obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, individua, quali elementi da tenere in conto nella determinazione dell'assegno, oltre alle esigenze del figlio, il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza e le risorse economiche dei genitori, nonché i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti. Nel caso di specie, va riconosciuto l'obbligo di entrambi i genitori di provvedere al mantenimento delle figlie, maggiorenni ed economicamente non autosufficienti. Convivendo le stesse con la madre, quest'ultima provvederà direttamente al loro mantenimento mentre, nel rispetto dei criteri di cui di cui all'art. 337 ter c.c., va posto a carico del padre, non convivente, l'obbligo di corrispondere un assegno periodico in favore della madre. Non può essere infatti accolta la richiesta del L. di corresponsione dell'assegno di mantenimento direttamente in favore delle figlie, in assenza di domanda di queste ultime, atteso che "In tema di mantenimento da parte del genitore separato o divorziato del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente e convivente con l'altro genitore, il genitore obbligato, in mancanza della corrispondente domanda del figlio, non può pretendere di assolvere la propria prestazione direttamente nei confronti di quest'ultimo, e non nei confronti del genitore istante, poiché, sebbene quest'ultimo e il figlio, in quanto titolari di diritti autonomi e concorrenti, siano entrambi legittimati a percepire il menzionato assegno, tuttavia la decisione non può sottrarsi al principio della domanda" (Cass. Civ. Sez. 1 -, Ordinanza n. 34100 del 12/11/2021). Ai fini della determinazione del quantum dell'obbligo posto a carico del L., va, in primo luogo, tenuto conto dell'età delle figlie (di 20 e 23 anni) e, dunque, dei relativi impegni di studio, di vita e di relazione oltre che il tenore di vita del nucleo familiare. Occorre rilevare sul punto che dall'esame delle rispettive situazioni reddituali dei coniugi, risultante dalla documentazione depositata in atti e dagli esiti delle indagini di polizia tributaria, è emerso che P.M.G. è titolare di partita IVA per un'attività di commercio al dettaglio di articoli di profumeria, per la quale dichiara redditi negativi o molto esigui (non superiori a Euro 8.000,00); la stessa, tuttavia, risulta proprietaria di numerosi beni immobili e in particolare di quattro fabbricati in piena proprietà in ... oltre che comproprietaria di numerosi altri beni immobili; la stessa è inoltre titolare di rapporti di deposito bancario per circa Euro 120.000,00. In relazione alle risorse economiche del L. deve invece rilevarsi che lo stesso svolge attività di bracciante agricolo oltre ad essere socio di una società che gestisce servizi di ristorazione. Dalla relazione svolta della Guardia di Finanza il L. risulta aver dichiarato negli anni 2017 a 2021 redditi del lavoro dipendente per importi esigui, sempre inferiori a Euro 5000,00; egli, inoltre, in qualità di socio accomandante della società L. sas di M.L. e c. con una quota pari al 50% della predetta società, ha percepito redditi per Euro 4.648,00 per il 2017; Euro 14.392,00 per il 2018; Euro 16.020,00 per il 2019; Euro 0 per il 2020, Euro 6681,00 per il 2021; lo stesso inoltre risulta aver concesso in locazione due immobili con un canone annuale rispettivamente di Euro 3.000,00 ed Euro 2.730,00. Il L. ha inoltre acquistato nel corso del 2022 un autoveicolo nuovo marca Mercedes Benz modello Gla 200d Automatic SUV Premium, ed è intestatario di ulteriori beni mobili registrati, quali un motoveicolo Honda modello VT800C, un motoveicolo marca Piaggio modello Vespa GL, un autoveicolo Fiat modello 124 Spider; egli è, inoltre, proprietario di sette fabbricati in ...; lo stesso è infine titolare di un conto corrente bancario con saldo di Euro 11.000,00 e di un deposito bancario per Euro 46.000,00. Ritiene il Collegio che le predette consistenze patrimoniali debbano indurre a ritenere, per entrambe le parti, la sussistenza di una capacità reddituale notevolmente superiore a quella dichiarata. In considerazione dei predetti elementi, che inducono a ritenere un elevato tenore di vita goduto dalle figlie in costanza di matrimonio, tenuto conto delle risorse economiche dei genitori, ritiene il Collegio che sia congruo porre a carico del L. a titolo di mantenimento delle figlie, un contributo mensile di Euro 800,00 (Euro 400,00 per ciascuna figlia) da corrispondersi alla P. in via anticipata entro e non oltre il giorno 5 di ogni mese, da rivalutarsi annualmente secondo gli indici ISTAT. Va, altresì, posto a carico del ricorrente l'obbligo di contribuire, nella misura del 50%, delle spese mediche, e di quelle straordinarie, purché previamente concordate e debitamente documentate. 7. Regolamentazione delle spese processuali. Alla luce della natura del giudizio e della soccombenza reciproca tra le parti, nessuna delle quali ha visto accogliere in modo completo le conclusioni inizialmente rassegnate, le spese del giudizio vanno integralmente compensate tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Castrovillari - Sezione Civile -, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando sulla controversia civile promossa come in epigrafe, disattesa ogni ulteriore istanza, eccezione e difesa, così provvede: 1. DICHIARA la separazione personale dei coniugi P.M.G. e L.L., che hanno contratto matrimonio in ... in data 9.5.1999, trascritto nel registro degli atti di matrimonio del Comune di ... (registro atti di matrimonio, anno 2019, n.11, parte II, serie A, uff.2); 2. RIGETTA la domanda di addebito della separazione formulata da P.M.G.; 3. RIGETTA la domanda di assegnazione della casa coniugale formulate da L.L.; 4. ASSEGNA la casa coniugale sita in C. alla via E. F. n.3 a P.M.G.; 5. PONE a carico di L.L. a titolo di contributo al mantenimento delle figlie L.J. e L.C.G. l'assegno di Euro 800,00 mensili (Euro 400,00 per ciascuna figlia), da versarsi a P.M.G. in via anticipata entro il giorno 5 di ogni mese, somma soggetta a rivalutazione monetaria annuale secondo gli indici ISTAT, nonché l'obbligo di corrispondere a P.M.G. il 50% delle spese straordinarie; 6. COMPENSA le spese di lite tra le parti. MANDA alla cancelleria di trasmettere copia autentica del dispositivo della presente sentenza, limitatamente al primo Capo, al suo passaggio in giudicato, all'Ufficiale di Stato Civile del Comune in cui il matrimonio è stato trascritto, perché provveda alle annotazioni ed ulteriori incombenze di legge. DISPONE, per l'ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52. Così deciso in Castrovillari, il 27 luglio 2023. Depositata in Cancelleria il 2 agosto 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI CASTROVILLARI Ex Tribunale di Rossano SEZIONE CIVILE In persona del giudice monocratico dott.ssa Maria Assunta Pacelli, all'esito della scadenza del termine per il deposito di note di trattazione scritta assegnato ai sensi dell'art. 127ter c.p.c. in sostituzione dell'udienza del 27.06.2023, esaminate le note scritte pervenute, pronunzia, ai sensidell'art. 281 sexies c.p.c. e dell'art. 127ter c.p.c., la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n. 994/2010 R.G.A.C. del ruolo generale degli affari contenziosi civili dell'ex Tribunale di Rossano avente ad oggetto: risarcimento danni da responsabilità extracontrattuale, vertente TRA (...) ((...)) e (...) ((...)) rappresentati e difesi dall'avv. Pasquale Catalano ed elettivamente domiciliati come in atti Attori CONTRO AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI COSENZA (C.F.:(...)), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Ma.Mi. ed elettivamente domiciliata come in atti Convenuta RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE La presente decisione è adottata ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. e, quindi, è possibile prescindere dalle indicazioni contenute nell'art. 132 c.p.c. Con atto di citazione regolarmente notificato (...) e (...) hanno citato in giudizio l'Amministrazione Provinciale di Cosenza al fine di far accertare che il sinistro avvenuto in data 22.08.2001, alle ore 01.00 circa, sulla strada provinciale che collega la SS 106 bis e la Contrada Thurio, in cui è rimasto coinvolto il veicolo Peugeot, targato (...), di proprietà di (...), nell'occasione condotto da (...), si è verificato a causa dell'assenza, nel tratto di strada interessato, di adeguata segnalazione di una curva a 90 gradi e di mancata illuminazione. Hanno, quindi, chiesto di accertare l'esclusiva responsabilità dell'Amministrazione Provinciale di Cosenza per i danni fisici e morali patiti dal conducente (...) e per i danni materiali patiti da (...), proprietario del veicolo. Costituitasi in giudizio, l'Amministrazione Provinciale di Cosenza ha contestato l'an e il quantum della pretesa e ha chiesto il rigetto delle domande attoree oltre alla condanna al pagamento delle spese di lite. Espletata la prova per testi, la causa, ritenuta matura per la decisione, è stata rinviata per la discussione orale ex articolo 281 sexies c.p.c. all'udienza del 27.06.2023. La causa, quindi, è stata trattata con le forme dell'art. 127ter c.p.c. mediante sostituzione dell'udienza del 27.06.2023 con l'assegnazione di termine per note di trattazione scritta da depositare entro la medesima data. Le parti hanno depositato ritualmente note scritte che qui si richiamano integralmente. Tanto debitamente premesso, la domanda attorea è infondata. In via preliminare si rileva che - come evincibile da attestazione di cancelleria del 23.11.2022 il fascicolo d'ufficio è stato ritrovato per cui può procedersi alla decisione della causa. Sempre in via preliminare si conferma il Provv. reso il 31 genaio 2023 con cui è stata rigettata l'istanza degli attori di sostituire il testimone (...) con (...) e la causa, è stata ritenuta matura per la decisione, così disattendendosi, implicitamente, la richiesta degli attori di disporre CTU. Tanto premesso, in punto di diritto, questo Tribunale ritiene che la responsabilità invocata dall'attrice possa essere collocata nell'ambito dell'art. 2051 c.c., norma che disciplina il danno cagionato da cose in custodia e statuisce "ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito". In tale tipologia di responsabilità è onere del danneggiato provare il nesso di causalità tra la cosa in custodia e l'evento lesivo, prova che deve essere fornita in via prioritaria, in quanto solo dopo che il danneggiato abbia fornito tale prova incombe al danneggiante (custode) l'onere o di negare la riferibilità causale dell'evento dannoso alla cosa, cioè dare la prova dell'inesistenza del nesso causale, o di dare la prova dell'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, che non era né prevedibile, né evitabile, idoneo ad interrompere il nesso causale tra la cosa e l'evento lesivo, che presenti i caratteri del caso fortuito e che può trovare configurazione anche nel fatto del danneggiato (Cass. n. 1896/2015; Cass. n. 2482/2018). La Suprema Corte ha asserito la riferibilità della responsabilità per danno da cose in custodia ex art. 2051 c.c. anche agli enti pubblici proprietari di strade aperte al pubblico transito, sulla base del fatto che dal dettato normativo dell'art. 2051 c.c. non si evince alcuna eccezione in favore della pubblica amministrazione e/o con riguardo a determinate categorie di beni e che l'uso generale e diretto dei beni pubblici da parte di terzi può essere sicuramente una circostanza rilevante, a volte decisiva, nella concreta ricostruzione del modo di atteggiarsi, nel caso concreto, della responsabilità della pubblica amministrazione custode del bene, ma proprio con riguardo ai casi concreti e non come circostanza astrattamente e incondizionatamente idonea a produrre una generale irresponsabilità della pubblica amministrazione con riferimento ai suoi doveri di custode di beni destinati a un uso generale e diffuso (Cass. n. 19653/2004). Orbene, in applicazione dei predetti principi, occorre, quindi, verificare innanzitutto se all'esito dell'istruttoria svolta nel presente giudizio gli attori abbiano fornito prova circa la sussistenza dei presupposti per l'operatività della responsabilità invocata. Nela fattispecie, le domande devono essere respinte non avendo gli attori assolto al proprio onere probatorio sulla sussistenza del nesso causale. Nel caso di specie, infatti, è possibile affermare che i dati censiti in atti e raccolti nel corso dell'istruttoria non contribuiscono a fare chiarezza sulla dinamica del sinistro. E, invero, diversamente da quanto allegato dagli attori, in atti non è stato depositato nessun verbale di autorità intervenute sul luogo del sinistro. Del tutto inattendibili e inverosimili, al riguardo, si palesano le dichiarazioni rese dal teste (...) brigadiere presso la Compagnia dei Carabinieri di Corigliano, escusso all'udienza del 23.01.2013, il quale, a suo dire, sarebbe intervenuto sul luogo del sinistro senza redigere nessun verbale e nessuna relazione di servizio e senza effettuare nessun rilievo (lo stesso ha, difatti, affermato "Nell'occasione non redassi alcuna relazione di servizio né resi i rilievi perché non c'erano altre auto coinvolte e tante persone in simili circostanze rifiutano il nostro intervento perché sanno a cosa vanno incontro" e a chiarificazione di quanto detto ha proseguito dichiarando "Intendevo dire poc'anzi che probabilmente l'auto incidentata procedeva a velocità troppo elevata rispetto ai luoghi e in particolare all'esistenza di un incrocio nei pressi, sicché il conducente temeva forse di essere sanzionato per questo"). Pare davvero poco credibile che un carabiniere accorso su un luogo di un sinistro non rediga verbali o effettui rilievi in ipotesi in cui, come quella in esame, si sarebbe verificato un sinistro con lesioni patite dal conducente del veicolo. Tanto basta per poter recare in dubbio l'effettiva presenza del teste sui luoghi di causa. Ancora, diversamente da quanto sostenuto dagli attori, nessuna conferma circa la mancanza di segnaletica, di illuminazione e di pannelli emerge dalla relazione a firma di (...), nella quale, tra l'altro, quest'ultimo non dichiara circostanze constatate di persona ma comunicate dall'UTC, essendo egli in licenza il giorno del sinistro per cui è causa. Pertanto, del tutto irrilevanti si palesano le dichiarazioni rese dallo stesso (...) il quale, escusso all'udienza del 06.11.2014, ha comunque indicato la presenza di segnali di curva pericolosa, di limite di velocità e ha dichiarato di non ricordare se, alla data dell'incidente sul tratto di strada in questione, c'erano segnali o se vi fossero guard rail e pannelli segnaletici. Quanto agli altri testi escussi nell'interesse degli attori, ossia (...) (escussa all'udienza del 10.10.2019), e (...) (escusso all'udienza del 28.09.2022) le rispettive dichiarazioni si pongono in evidente contrasto. Infatti, mentre la (...) ha affermato "Confermo la circostanza numero 2 mi trovavo dietro l'autovettura che aveva senso di marcia opposto all'auto del (...), ricordo che era dopo mezzanotte ...", il teste (...) ha dichiarato "... mi trovavo con la mia autovettura insieme alla mia compagna dietro l'autovettura Peugeot 106 rossa". Appare ictu oculi la netta discordanza delle predette dichiarazioni in quanto se da una parte il teste (...) ha sostenuto di trovarsi, al momento del sinistro, sul lato opposto alla direzione di marcia del (...), ovvero dietro l'auto che avrebbe lampeggiato al (...), che subito dopo sarebbe finito nella scarpata, dall'altra il (...) ha affermato, riguardo al momento del sinistro, di essere insieme con la (...) in auto ma dietro l'autovettura guidata dal (...) e, quindi, nello stesso senso di marcia del (...). Tale discordanza tra le due testimonianze è tale da non poter, per la sua gravità, essere giustificata nemmeno con la caducità cui è naturalmente esposto il ricordo con il passare del tempo, generando, invece, una insanabile ombra di inattendibilità sul complesso delle dichiarazioni fornite dai testi citati. Del tutto inutilizzabili e irrilevanti devono ritenersi, poi, le ulteriori prove testimoniali, in quanto i testi ascoltati non hanno assistito direttamente al sinistro. Ad abundantiam, quanto ai pretesi danni alla autovettura, si deve rilevare che manca in atti qualsiasi documento probante la proprietà della stessa in capo al (...). L'equivocità degli elementi forniti dall'istruttoria rende, pertanto, inverosimile la prospettazione delle domande degli attori, che vanno, pertanto, rigettate. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo secondo i parametri vigenti, in considerazione del valore della controversia e dell'attività processuale svolta. P.Q.M. Il Tribunale di Castrovillari, in persona del giudice monocratico, Dott.ssa Maria Assunta Pacelli, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede: 1. RIGETTA le domande degli attori; 2. CONDANNA (...) e (...), in solido, al rimborso delle spese di lite in favore della convenuta Amministrazione Provinciale di Cosenza, in persona del legale rappresentante p.t., che liquida in complessivi Euro 2.540,00 per compensi, oltre spese generali al 15%, Iva e Cpa se dovute, come per legge. Così deciso in Castrovillari il 28 giugno 2023. Depositata in Cancelleria il 29 giugno 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI CASTROVILLARI - SEZIONE CIVILE - in composizione monocratica e nella persona del dott. Alessandro Caronia ha pronunziato la seguente SENTENZA nella controversia civile iscritta al n.3579 del 2016 del Ruolo Generale Affari Contenziosi in materia condominia le e vertente TRA nella controversia civile iscritta al n. 3579 del 2016 del Ruolo Generale Affari Contenziosi, avente ad oggetto "comunione e condominio, impugnazione di delibera assembleare - spese condominiali" e vertente TRA (...), C.F. (...), parte nata a N., in data (...), residente in C. (C.), (...) (...) D. (...), C.F. (...), parte nata a C., in data (...), residente in C. (C.), (...) (...) D, (...), C.F. (...), parte nata a (...), in data (...), residente in C. (C.), Via Degli U. n. 10/4, (...), C.F. (...), parte nata a C., in data (...), residente in C., via C. n. 23, (...), C.F. (...), parte nata a C., in data (...), residente in C., (...) (...) D, (...), C.F. (...), parte nata a C., in data (...), residente in C., Piazza G. XXIII, (...), C.F. (...), parte nata a C., in data (...), residente in C., Via Degli A. n. 12, (...), C.F. (...), parte nata a C., in data (...), residente in C., (...) (...) C, (...), C.F. (...), parte nata a C., in data (...), residente in C., Via G. n. 91, (...), C.F. (...), parte nata a C. I., in data (...), residente in C., (...) (...) D, (...), C.F. (...), parte nata a C., in data (...), residente in C., (...) (...) C, tutti rappresentati e difesi dall'avv. DO.LO., giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente giudizio, elettivamente domiciliati come in atti; - RICORRENTI- E CONDOMINIO (...) - (...) B., C.F. (...), con sede in C. al Corso L. (...) n. 9, in persona del legale dell'amministratore di condominio dott. (...), con studio in Castrovillari, Viale (...), rappresentato e difeso dall'avv. FR.GI., giusta procura allegata in calce alla comparsa di costituzione e risposta depositata il 14.09.2017, elettivamente domiciliato come in atti - RESISTENTE - RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE 1. I fatti di causa, le posizioni delle parti e le loro conclusioni. Con ricorso ex art. 1137 c.c. depositato in Cancelleria in data 29.12.2016 e notifica to unitamente al decreto di fissazione d'udienza del 26.01.2017, gli attori hanno convenuto in giudizio il CONDOMINIO (...) - (...) B. La difesa dei ricorrenti ha allegato che: - I ricorrenti sono tutti condomini del resistente Condominio. Tutti hanno votato contro l'approvazione della delibera oggi impugnata ovvero erano assenti. - Con la delibera condominia le del 4.11.16 il condominio resistente ha approvato la relazione a firma dell'ing. (...), trasmessa con nota dell'amministratore condominia le del 25.10.2016, con la quale si ascrive in capo al condominio in proprietà una area che, in base agli atti, non appartiene al condominio. Si tratta di relazione che mira a ricostruire le vicende che hanno portato alla realizzazione del fabbricato condominiale e alla verifica degli spazi comuni. - Peraltro, la nomina del consulente di parte da parte dell'amministratore di condominio era avvenuta senza preventiva autorizzazione da parte del condominio e la scelta dell'ing. (...) si pone in condizione di conflitto di interessi, avendo questi presentato un progetto per la realizzazione di lavori proprio sull'area oggetto della deliberazione dell'assemblea condominiale. Non esiste neppure il titolo di proprietà e, di conseguenza, la delibera assembleare è nulla o, comunque, inesistente. - La delibera è invalida perché è stato violato il quantum deliberativo di cui all'art. 1136 c.c.: dovendo essere raggiunta sia la maggioranza per "teste", sia quella per "quote". Entrambe devono sussistere per la validità della delibera condominia le, quale quella in seconda convocazione. In questo caso sebbene sia stata raggiunta la maggioranza dei presenti (20 voti favorevoli, contro 18 contrari), non è stata raggiunta la maggioranza di 1/3 per quote, che avrebbe richiesto la maggioranza di almeno 333,33 di quote. Ma hanno votato a favore soltanto i 267,659 millesimi, inferiore a quanto previsto dalla legge. - La delibera è, poi, nulla in quanto si è ascritto al patrimonio comune in proprietà un bene che tale non è. È inesistente il titolo giuridico di proprietà della porzione di area antistante il fabbricato condominiale, in quanto con la delibera il condominio si è intestato la proprietà comune di un'area che non è condominiale, secondo quanto emerge dal regolamento condominiale e dalle tabelle millesimali. Dal regolamento condominiale risulta per tabulas che l'area antistante il fabbricato condominiale non è di proprietà indivisa del Condominio. Dalle tabelle millesimali emerge che, in relazione a quell'area, non è indicata nessuna ripartizione delle spese della proprietà o di godimento del bene. Negli atti di acquisto dei primi compratori delle singole unità abitative, non solo non è menzionata tale area tra i beni comuni, ma viene riconosciuto il diritto di accesso da una sola strada (quando, invece, detta area è servita da ben 3 strade di accesso, nonché viene vietata la sosta e la circolazione in tutto lo spazio di isolamento relativo al gruppo di fabbricati denominato (...). Negli atti di vendita delle singole unità immobiliari del condominio, in altre parole, detta area non viene indicata come condominiale, ma viene indicata come area di isolamento. Peraltro, se viene riconosciuto il solo diritto di accesso da uno solo dei tre accessi all'area e vengono posti dei divieti, è evidente che il costruttore ha riservato a sé il diritto di proprietà. Anche secondo gli uffici catastali, le particelle con cui è identificata l'area non sono di proprietà del condominio. Conseguentemente, la delibera è nulla in quanto riconosce di proprietà del condominio un'area che è in verità di proprietà di un soggetto terzo. Essendo, dunque, l'oggetto impossibile, in quanto proprietà altrui, non è sufficiente la delibera condominiale a stabilire la natura giuridica del bene, ma soltanto un titolo giuridico acquisito che in questo caso non esiste. - La delibera è nulla anche in quanto approvata in violazione dell'art. 1117 c.c.. La stessa, infatti, va a modificare l'uso e la natura del bene oggetto della relazione. I ricorrenti, infatti, su tale area, definita corte, hanno unicamente diritto di accesso da una sola strada. Ma nel momento in cui l'area diventa condominiale, a tutti deve essere concesso l'uso indistinto dell'area. Quale bene condominiale e non essendo in dubbio la limitazione all'uso dello stesso, in quanto non contenuto nel regolamento condominiale, potrebbe essere destinato a qualunque uso e non solo di accesso alle abitazioni come è attualmente. In altri termini, se è necessaria una delibera assembleare per accertare l'uso e destinazione di un bene è perché sicuramente risulta diverso dal titolo giuridico. Infatti, se l'area è condominiale la delibera è inutiliter data in quanto afferma qualcosa già in atti; al contrario, se non lo è con la delibera si va a modificare la composizione dei beni condominiali ed una modifica del regolamento condominiale, oltre che dei beni stessi. - Ma, per annettere un bene al patrimonio condominiale è necessaria una maggioranza qualificata di 4/5 dei partecipanti al condominio e delle quote, ma nel caso di specie tale maggioranza non si è raggiunta, ove erano presenti meno della indicato maggioranza e avendo votato in senso favorevole circa 1/5 dei condomini. - Il tentativo di mediazione è rimasto senza esito. Tanto premesso, i ricorrenti hanno chiesto all'adito Tribunale di: a. Accertare e dichiarare l'invalidità sotto forma di nullità ovvero l'annullabilità della delibera condominiale del 4/11/2016 con la quale il condominio resistente ha approvato la relazione a firma dell'ing. (...), trasmessa con nota dell'amministratore condominiale del 25.10.2016 e, conseguentemente con 20 voti rappresentativi di quote pari a millesimi 284,713 contro 18 voti contrari rappresentativi di 267,659 millesimi è stato deliberato l'ordine del giorno "determinazioni dell'assemblea in merito alla verifica del patrimonio condominiale con definizione delle parti ad uso comune e quelle di proprietà esclusiva ", per violazione di legge. b. Con vittoria di spese e competenze del giudizio. Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 14.07.2017, si è costituito in giudizio il CONDOMINIO (...) - (...) B. La sua difesa ha dedotto che: - La domanda proposta è inammissibile. Lo strumento scelto dagli istanti per l'impugnativa della delibera, ovvero il ricorso, non appare idoneo a soddisfare le esigenze postulate dalla legge. Invero, dopo la riforma, l'atto introduttivo deve essere proposto con citazione; è necessario che il ricorso contenga i requisiti formali necessari ed indispensabili per il raggiungimento dello scopo a pena di nullità della domanda. Nel caso di specie, il ricorso è totalmente privo degli elementi di cui al n. 7 dell'art. 163 c.p.c. inerenti la vocatio in ius. - Peraltro, la domanda di controparte è volta alla invalidazione della delibera, non avendo proposto alcuna domanda volta all'accertamento negativo della asserita natura condominiale del bene o sulla titolarità esclusiva dello stesso in capo al soggetto terzo. Peraltro, assumendo che l'antecedente logico giuridico è quello della altruità del bene, tale pronuncia non potrebbe trovare accoglimento, dal momento che la stessa avrebbe dovuto essere proposta con atto di citazione. - L'assunto dei ricorrenti è quello secondo cui il bene oggetto della deliberazione assembleare non sia di proprietà del condominio ma di proprietà esclusiva di un terzo. Il terzo proprietario, anche se mai esplicitamente indicato dai ricorrenti, sarebbe l'originario costruttore (...) e, successivamente, i suoi successori, proprietari di quota di immobile condominiale, caduta in successione unitamente ad altri enti. Ciò imporrebbe che una domanda di accertamento della proprietà in capo al terzo sia svolta anche nei confronti degli eredi (...) e, dunque, la domanda proposta sarebbe improcedibile in quanto la stessa, così come il tentativo di mediazione, è priva di un litisconsorte necessario. Il vizio denunciato sotto il profilo processuale determina la decadenza dalla domanda per la consumazione del termine perentorio dei trenta giorni per la proposizione dell'impugnativa. Data la peculiarità della materia, non sembra ravvisabile un provvedimento giudiziale con cui si ordini ai ricorrenti di procedere alla mediazione con integrazione del nominativo da prima escluso, in quanto ciò equivarrebbe ad una "riapertura dei termini perentori". - La domanda è, poi, infondata nel merito in quanto, sulla base degli atti depositati dagli stessi ricorrenti, la perizia dell'ing. (...) non contiene alcuna attribuzione di titolarità dell'area né al condominio, né a soggetti terzi, costituendo piuttosto un documento di natura tecnica che riporta i dati risultanti da documentazione pubblica giacente presso altri uffici. In linea con quanto all'art. 1117, 1 co. c.c., infatti, lo stesso ing. (...) descrive la destinazione funzionale e strutturale del bene in questione. In secondo luogo, la deliberazione condominiale, enfaticamente ritenuta da parte dei condomini ricorrenti atto con cui il condominio avrebbe approvato la relazione ascrivendo la proprietà dell'area, non è altro che una condivisione della relazione dell'ing. (...). L'assemblea ha soltanto formulato la propria adesione al parere dell'ing. (...). Ciò che viene impropriamente considerato un atto deliberativo e, quindi, impugnato perché ritenuto produttivo di modificazioni nella sfera giuridico soggettiva degli interessati, in realtà è un documento privo di quel contenuto eminentemente volitivo, proprio e caratterizzante dell'atto deliberativo. Si tratta, infatti, di atto che deve ritenersi una mera dichiarazione di scienza e non una deliberazione in senso tecnico giuridico, non ponendosi alcun problema circa la sua approvazione, essendo l'oggetto del contendere frutto di un palese equivoco. - Ad ogni modo, anche a voler accedere alla tesi del ricorrente, con la riforma del 2012 della disciplina condominiale e dell'art. 1130 c.c. è stato affidato all'amministratore di condominio la disciplina dell'uso delle cose comuni e della prestazione dei servizi, imponendo allo stesso amministratore di procedere all'identificazione e alla ricognizione dei beni condominiali anche immobiliari nonché alla disciplina dell'su di tali beni per la migliore fruizione di tutti i condomini. Appare, pertanto, del tutto surrettizio quanto affermato dai ricorrenti, secondo cui il pronunciamento del 4.11.16 avrebbe di per sé costituito una innovazione incidente sulla proprietà immobiliare comune del condominio. - L'assemblea condominiale del 4.11.2016 di seconda convocazione si è resa necessaria soltanto a causa dell'improvvisa presa di posizione da parte di una sparuta minoranza di condomini, 11 su 59 che, a fronte della prospettiva di un esborso dovuto per lavori urgenti di manutenzione straordinaria di beni condominiali tra cui anche l'area in questione, hanno ritenuto opporre strumentale contestazione sulla natura condominiale del bene in questione, che peraltro sin dal tempo dell'acquisizione degli immobili da parte dei singoli condomini aveva rivestito tutte le caratteristiche di area comune asservita all'immobile condominiale indicato come "fabbricato B", scale B, C, D. - I condomini ricorrenti, in spregio a quanto disposto dall'art. 1118 c.c. con la presente azione hanno violato il precetto contenuto nel secondo e terzo comma della norma, ponendo in essere una vera e propria rinuncia abdicativa ad un proprio diritto sulla parte in comune del condominio, rinuncia vietata dalla norma. - Né può essere accolto quanto dedotto dai ricorrenti in ordine alla necessità del titolo. Ai sensi dell'art. 1117 c.c. si evince chiaramente la natura condominiale dei beni indicati salvo che non risulti il contrario da un titolo. Ciò importa che la natura condominiale del bene è contraddistinta da ben altri elementi, ossia la presunzione di cui alla norma, l'oggettiva destinazione del bene dal punto di vista strutturale e funzionale, che sono al servizio e alla utilità degli edifici circostanti, dei quali è pertinenza necessaria e non necessariamente da un titolo. Pertanto, il rilievo della parte ricorrente sulla violazione dell'art. 1117 ter c.c. è infondato. - Privi di fondamento sono anche i rilievi della parte inerenti alla non condominialità del bene sulla base del contenuto del regolamento di condominio, per non essere incluso nelle tabelle millesimali e riguardo alla planimetria catastale. Ciò posto il CONDOMINIO (...) - (...) B. ha concluso chiedendo all'adito Tribunale di: a. In via pregiudiziale e principale dichiarare inammissibile la domanda. b. In via gradata, pronunciare la decadenza dei ricorrenti dalle domande per inosservanza del termine perentorio. c. In via subordinata ma sempre pregiudiziale, dichiarare la domanda di cui al ricorso depositato in data 29.12.2016 dai ricorrenti improcedibile, con ogni consequenziale declaratoria e/o provvedimento. d. In via ulteriormente subordinata e nel merito, rigettare la domanda per i motivi indicati. e. Con vittoria di spese e competenze del giudizio. Alla prima udienza del 25.09.2017 le parti hanno insistito nelle proprie richieste e hanno chiesto il rinvio della causa per la precisazione delle conclusioni. All'udienza del 27.02.2018, reiterate le posizioni e le difese delle parti, la causa è stata rinvia ta al 2.7.2018 con concessione di termine per il deposito di note fino a 5 giorni prima dell'udienza. Successivamente, in seguito al deposito delle relative note, nonché ai rinvii disposti, all'ultima udienza del 24.01.2023 le parti hanno precisato le proprie conclusioni come in atti e la causa è stata trattenuta in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.. 2.Ragione più liquida. In via preliminare, giova rammentare che per il principio della ragione più liquida, la domanda può essere respinta sulla base della soluzione di una questione assorbente, pur se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare prima tutte le altre secondo l'ordine previsto dall'art. 276 c.p.c.. Tanto è reso necessario dal principio di economia processuale e da esigenze di ragionevole durata del processo costituzionalmente tutelate (v. tra le tante Tribunale Bari, sez. III, 19 settembre 2013; Tribunale Reggio Emilia n. 2039 del 2012; da ultimo l'applicabilità di questo principio ha trovato l'autorevole avallo anche di Cass. civ. Sez. Un. n. 9936 del 2014). In applicazione del suddetto principio, ad esempio, la Suprema Corte ha ritenuto assorbita ogni questione relativa alla correttezza delle notifiche o all'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i litisconsorti necessari (cfr. rispettivamente, Cass. civ. n. 27483 del 2018 e Cass. civ. n. 21549 del 2016). Nel caso di specie il rilievo è utile per consentire di ritenere assorbito ogni rilievo relativo alla legittima costituzione della parte convenuta. 3. In rito. 3.1. Ancora in via preliminare, va disattesa l'eccezione in rito formulata dal condominio convenuto, in ragione della proposizione della domanda con ricorso, anziché con citazione. Ebbene il disposto di cui all'art. 1137 c.c. in ordine alla forma di proposizione della domanda giudiziale di impugnazione della delibera assembleare, in seguito alla riforma legislativa di cui alla L. n. 220 del 2012, non prevede espressamente che l'azione debba essere introdotta con ricorso, dovendosi pertanto dedurne che debba, al contrario, introdursi con citazione. Tuttavia, l'irrituale proposizione della domanda con ricorso non rende la stessa radicalmente inammissibile, in quanto alla luce dell'insegnamento della Suprema Corte "in tema di condominio negli edifici, le impugnazioni delle delibere dell'assemblea, in applicazione della regola generale dettata dall'art. 163 cod. proc. civ., vanno proposte con citazione, non disciplinando l'art. 1137 cod. civ. la forma di tali impugnazioni; possono, comunque, ritenersi valide le impugnazioni proposte impropriamente con ricorso, sempreché l'atto risulti depositato in cancelleria entro il termine stabilito dall'art. 1137 citato" (Cass. Civ. S.U. n. 8491 del 2011). Peraltro, anche la carenza degli elementi essenziali di cui all'art. 163 c.p.c., per come sollevata dalla parte, non inficia l'applicabilità al caso di specie del presente principio di diritto, posto che le difese del resistente esplicatesi anche nel merito, oltre che la mancata richiesta di fissazione di nuova udienza, determinano la sanatoria degli asseriti vizi dell'atto introduttivo del giudizio per raggiungimento dello scopo. 3.2. Altresì infondata l'eccezione formulata dal condominio con riguardo a quanto dedotto in merito alla necessaria partecipazione al procedimento di mediazione e al presente giudizio degli eredi (...), presunti proprietari dell'area oggetto della relazione tecnica su cui è fondata la delibera oggi impugnata. Va in tal senso evidenziato, come precisato dagli stessi ricorrenti e come si evince agevolmente da una analisi degli atti di causa, che il presente giudizio ha ad oggetto l'impugnazione della delibera di assemblea condominiale, secondo il petitum e la causa petendi evocate sin dall'atto introduttivo. Il thema decidendum non può, invece, ritenersi esteso, anche in ragione delle domande e conclusioni espressamente formulate dai ricorrenti, ad un accertamento negativo della proprietà dell'area indicata nella relazione tecnica. Il giudizio, allora, risulta correttamente instaurato nei confronti del solo condominio; infatti, trattandosi di mero ente di gestione (Cass. Civ. n. 12911 del 2012) legittimato passivo nel giudizio avente ad oggetto l'impugnazione della delibera condominiale è il condominio, nella persona del suo amministratore, potendo i singoli condomini al più intervenire nel giudizio volontariamente con intervento adesivo autonomo, in ragione di quanto all'art. 1137 c.c. (v. Cass. civ. n. 2636 del 2021). Per l'effetto il procedimento di mediazione è stato correttamente incardinato e i ricorrenti non sono incorsi in alcuna decadenza. 3.3. Si osserva, poi, che, a ben vedere, il condominio convenuto non ha eccepito la decadenza dei ricorrenti dalla impugnazione della delibera annullabile nel termine di 30 giorni. Invero, il Condominio ha semplicemente dedotto che essa discenderebbe dalla mancata evocazione in giudizio e nel procedimento di mediazione di colui che, per le ragioni sopra espresse, litisconsorte necessario non è. La decadenza dal diritto di impugnare la deliberazione dell'assemblea dei condomini dinanzi all'autorità giudiziaria, prevista dal terzo comma dell'art. 1137 c.c., trattandosi di materia non sottratta alla disponibilità delle parti, non può essere rilevata d'ufficio dal giudice (Cass. Civ. n. 15131 del 2001 e successive conformi). Peraltro, ai sensi di quanto disposto dall'art. 1137 c.c., l'azione proposta dai condomini contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento e, quindi, annullabili può essere esperita esclusivamente nel termine di 30 giorni a far data dalla comunicazione della delibera qualora si tratti di condomini assenti, o dal giorno della deliberazione assembleare, nel caso di condomini presenti ma dissenzienti rispetto all'oggetto della deliberazione. Ma l'impugnazione della delibera assembleare in materia di condominio è materia che, ai sensi dell'art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010, è soggetta al preventivo esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, imposto dalla legge quale condizione di procedibilità della domanda. Per tale ragione il termine di decadenza dall'azione risulta utilmente interrotto qualora nel termine dei 30 giorni di cui all'art. 1137 c.c. venga instaurato il tentativo obbligatorio di mediazione. Tale principio è suffragato anche dalla giurisprudenza che, in proposito, ha stabilito che la comunicazione alle parti della domanda di mediazione impedisce il prodursi della decadenza, con interruzione del termine di decadenza a partire dalla mera comunicazione alle parti della presentazione della domanda di mediazione (Cass. Civ. n. 2273 del 2019; sul punto si rimanda anche a Corte di Appello di Milano, n. 253/2020). Nel caso di specie, la delibera dell'assemblea di condominio oggi impugnata è stata approvata in data 4.11.2016. In data 28.11.2016 è stato conferito mandato al difensore dei ricorrenti per l'esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione (cfr. allegazioni parte resistente). Con invito reso in pari data, l'organismo di mediazione ADR MEDIA (cfr. allegazioni di parte resistente all.1), ha provveduto alle opportune comunicazioni nei confronti del CONDOMINIO (...) - (...) B. Da ultimo, risulta prodotto agli atti il verbale negativo di mediazione del 19.12.2016 nel quale si dà atto dell'con esito negativo della procedura a causa dell'ingiustificata assenza del condominio resistente. Va altresì evidenziato che nel verbale di mediazione viene dato atto che il primo incontro di mediazione era stato rinviato su richiesta dell'invitato condominio e che su tale circostanza non risulta da parte del resistente alcuna contestazione. Orbene, data l'interruzione del termine di decadenza di cui all'art. 1137 c.c. avvenuta con l'avvio del procedimento di mediazione da parte dei ricorrenti nel termine indicato di trenta giorni e considerato che il ricorso risulta depositato in data 29.12.216, ossia entro gli ulteriori 30 giorni decorrenti dal verbale di mediazione del 19.12.2016, ciò importa, in ogni caso, la tempestività della domanda esperita. 4. Nel merito. Nel merito la domanda è fondata e merita accoglimento. 4.1. Come già chiarito, oggetto del presente giudizio, per come specificatamente domandato dalle parti ricorrenti, è l'impugnazione della deliberazione assembleare condominiale approvata in data 4.11.2016. Le parti ricorrenti ne chiedono l'annullamento per essere stata approvata in violazione della normativa in materia, in assenza del quorum deliberativo di 1/3 del valore dell'edificio previsto dalla legge. Nel caso di specie, infatti, la delibera assembleare è stata adottata in seconda convocazione. Il disposto di cui all'art. 1136 c.c. ratione temporis applicabile prevede in tal caso che l'assemblea è regolarmente costituita qualora siano presenti almeno 1/3 dei partecipanti al condominio, rappresentanti di 1/3 del valore dell'immobile - o degli immobili - di cui il condominio è costituito. La deliberazione, ai fini del quorum deliberativo, è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno 1/3 del valore dell'edificio. La stessa norma prevede, poi, anche l'elenco delle decisioni che devono essere deliberate dall'assemblea con differente e maggior numero di partecipanti, rappresentativi di un più ampio numero di quote di valore di immobile condominiale. Orbene, la deliberazione impugnata risulta essere stata approvata con votazione favorevole di 20 condomini, rappresentativi di 284,713 quote millesima li, contro 18 voti contrari rappresentativi di 267,659 quote millesima li. Come correttamente evidenziato dai ricorrenti, nel caso di specie, la norma richiede espressamente che, ai fini della validità della deliberazione, siano al contempo sussistenti non soltanto il requisito dell'intervento in assemblea di almeno 1/3 dei condomini ma anche il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti le cui quote millesimali siano rappresentative di almeno un terzo del valore dell'edificio. Nel caso di specie, sebbene siano intervenuti all'assemblea 38 condomini su 59, con voto favorevole di 20 partecipanti costituenti la maggioranza semplice, l'espressione dei voti in termini di quote condominiali non raggiunge il quorum deliberativo richiesto del terzo del valore dell'immobile. Contrariamente a quanto sostenuto dal condominio resistente, infatti, indipendentemente dal contenuto meramente dichiarativo, volitivo o deliberativo-decisorio della deliberazione assembleare, deve rilevarsi come la violazione della disposizione legislativa in ordine al mancato raggiungime nto del quorum minimo richiesto dalla legge ai sensi dell'art. 1136 c.c., costituisce vizio che comporta l'invalidità della deliberazione condominiale, in quanto la norma non consente, né prevede, eccezioni in ordine a differenti quorum deliberativi o di costituzione dell'assemblea condominiale a seconda della natura delle deliberazioni. Tali considerazioni conducono, dunque, in via assorbente, all'accoglimento della domanda proposta, con declaratoria di invalidità della deliberazione assembleare, non occorrendo l'esame delle ulteriori deduzioni ed eccezioni formulate dai ricorrenti, anche in considerazione della domanda formulata dagli stessi. 4.2. Peraltro, a meri fini di completezza della decisione, vale osservare che la difesa del Condominio è anche nel merito priva di pregio. In primo luogo, la rinuncia abdicativa certamente non può operarsi attraverso il deposito dell'atto introduttivo del presente giudizio. In secondo luogo, ove si accogliesse l'ipotesi ricostruttiva del Condominio convenuto, secondo cui non si sarebbe in presenza di un atto deliberativo (recte: volitivo) ma di una attività circoscritta ad una mera ricognizione con valore di dichiarazione di scienza, per la quale non si porrebbero "problematiche relative alla sua approvazione e, dunque, neppure a maggioranze di alcun genere", si dovrebbe concludere che si è in presenza di una delibera totalmente nulla. Tale ipotesi andrebbe, infatti, sussunta nella "mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, tale da determinare la deficienza strutturale della deliberazione ... in quanto priva di oggetto, ossia mancante di un reale decisum ovvero con un oggetto non determinato né determinabile; o della deliberazione priva di causa, carente cioè di una ragione pratica giustificativa della stessa che sia meritevole di tutela giuridica", secondo la puntuale indicazione della Suprema Corte a Sezioni Unite (cfr. Cass. civ. (...) U. n.9839 del 2021). Nullità, peraltro, rilevabile d'ufficio, senza che sia necessario né alcun interesse sotteso delle parti né il rispetto del termine decadenziale. In terzo luogo, il riferimento ai poteri dell'amministratore è del tutto ultroneo: sussistendo gli stessi, non si comprende la ragione di convocazione ed approvazione della delibera da parte dell'assemblea. Inoltre, come agevolmente evincibile dell'ordine del giorno, la deliberazione assembleare approvata il 4.11.2016 in seconda convocazione, ha ad oggetto "determinazioni dell'assemblea in merito alla verifica del patrimonio condominiale con definizioni delle parti ad uso comune e quelle di proprietà esclusiva". Il fine era quello di verificare l'estensione delle parti comuni e definire se la corte rientrasse o meno nell'area della condominialità non già a fini meramente ricognitivi ma per valutare la misura delle ripartizione delle spese ordinarie e straordinarie da parte dei singoli condomini (cfr. verbale assemblea con le posizioni espresse dai condomini). Di qui il chiaro interesse dei ricorrenti alla impugnazione. Inoltre, la legittimazione ad agire per l'annullamento non è subordinata alla deduzione e prova di uno specifico interesse diverso da quello volto alla rimozione dell'atto impugnato, essendo l'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. come condizione della azione di annullamento costituito proprio dall'accertamento dei vizi formali da cui sono affette le deliberazioni (cfr. Cass. Civ. 2999 del 2010). Peraltro non rientra, ai sensi dell'art. 1135 c.c., nei poteri dell'assemblea quello di stabilire l'estensione dei beni comuni e delle proprietà esclusive, con conseguente nullità della stessa e rilevabilità anche officiosa da parte del Tribunale. 5. Il regime delle spese. Le spese del giudizio seguono la soccombenza del CONDOMINIO (...) - (...) B. nei confronti dei ricorrenti e si liquidano d'ufficio come in dispositivo, tenuto conto: a. che tali spese vanno liquidate in base ai parametri di cui al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, (pubblicato in G.U. il 2.4.2014 ed entrato in vigore il 3.4.2014) in quanto tali nuovi parametri in base all'art. 28 di tale decreto "? si applicano alle liquida zioni successive alla sua entrata in vigore", tenuto conto delle successive modificazioni; b. che, in effetti, ciò è in linea con quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione a proposito dei parametri introdotti con D.M. 20 luglio 2012, n. 140 (Cass. civ., Sez. Un., 12 ottobre 2012, n. 17405); c. del valore della presente controversia; d. del carattere consolidato della giurisprudenza in materia; e. della assenza di peculiari questioni in fatto e in diritto; f. della natura documentale della fase istruttoria e della semplicità della fase decisoria; g. del fatto che i valori medi di cui alle tabelle allegate al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 4, comma, 1 del medesimo decreto possono essere aumentati, e diminuiti nelle misure di legge. Va altresì disposta la distrazione in favore dell'avv. Do.Lo. per dichiarato anticipo ai sensi dell'art. 93 c.p.c.. P.Q.M. Il Tribunale di Castrovillari - Sezione Civile -, in composizione monocratica, definitivame nte pronunziando sulla controversia civile promossa come in epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: A. ACCOGLIE la domanda proposta dai ricorrenti; B. DICHIARA l'invalidità della deliberazione dell'assemblea condominiale del 4.11.2016 approvata dal CONDOMINIO (...) - (...) B. C. DICHIARA assorbiti gli ulteriori motivi di impugnazione. D. CONDANNA la parte resistente CONDOMINIO (...) - (...) B. al pagamento, in favore dei ricorrenti della complessiva somma di Euro 577,96 per esborsi vivi, nonché di Euro 2.540,00 per compensi professionali forensi, oltre I.V.A. e C.P.A. se dovute nella misura di legge, e rimborso spese forfettarie nella misura del 15% del compenso, con distrazione in favore dell'avv. Do.Lo. per dichiarato anticipo ex art. 93 c.p.c.. E. MANDA alla Cancelleria per gli adempimenti di rito. 26 giugno 2023. Così deciso in Castrovillari il 26 giugno 2023. Depositata in Cancelleria il 26 giugno 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Castrovillari - Sezione Civile, in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Vanessa Avolio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile, in primo grado, iscritta al n. 1337 del R.G. 2017 (avente ad oggetto richiesta risarcimento danni), promossa da: (...) (C.F.: (...)), rappresentato e difeso dall'avv. (...) e nel cui studio in Castrovillari al (...), elettivamente domicilia; -attrice- contro COMUNE DI CASTROVILLARI (C.F.: 83000330783), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. (...) e nella sede legale dell'ente in Castrovillari alla (...), elettivamente domicilia; -convenuto - Conclusioni: come da verbale d'udienza del 21.11.2022, da intendersi qui integralmente riportate e trascritte. FATTO E DIRITTO Si premette che la parte relativa allo svolgimento del processo viene omessa alla luce del nuovo testo dell'art. 132 comma 2, n. 4 c.p.c. (come riformulato dall'art. 45, comma 17 della L. 69 del 2009) nel quale non è più indicata, fra il contenuto della sentenza, la "esposizione dello svolgimento del processo", bensì "la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione", dovendosi dare, altresì, applicazione al novellato art. 118, 1° comma, disp. attuaz. c.p.c., ai sensi del quale "la motivazione della sentenza di cui all'articolo 132, secondo comma, n. 4), del codice consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi". Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) ha evocato in giudizio l'Ente convenuto assumendo che in data 05.04.2015, alle ore 08.00 circa in Castrovillari - mentre percorreva a piedi Via (...) inciampava in una buca cadendo rovinosamente a terra, a causa di "una profonda buca, in alcun modo segnalata né visibile in quanto completamente ricoperta di fogliame", così procurandosi lesioni consistenti in "lussazione spalla dx ridotta in narcosi". Ritenendo che la causazione del sinistro de quo fosse da ascrivere a responsabilità esclusiva dell'Ente convenuto in ragione dell'asserito difetto di manutenzione del tratto stradale in questione e della mancanza di ogni opportuna segnalazione della situazione di pericolo, concludeva invocando l'integrale ristoro dei danni patiti, oltre interessi e rivalutazione, con vittoria di spese e competenze di causa. Con comparsa di costituzione e risposta datata 02.02.2018 si costituiva l'ente comunale contestando in fatto ed in diritto quanto avanzato dall'attore chiedendone l'integrale rigetto con vittoria di spese e competenze di lite. Il giudizio veniva istruito a mezzo produzione documentale, espletamento di prova testimoniale e consulenza medica sulla persona dell'attore; all'udienza del 21.11.2022 la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di memorie conclusionali e note di replica. La domanda va accolta nei limiti e per le motivazioni di seguito riportate. 1. Va premesso che, nel risarcimento danni ex art. 2051 c.c., grava sul custode l'onere di dimostrare l'inidoneità in concreto della situazione a provocare l'incidente o la colpa del danneggiato, ovvero l'esistenza di altri fatti idonei ad interrompere il nesso causale fra le condizioni del bene ed il danno (cfr., expluribus, Cass. n. 26751/2009). Tale responsabilità per danni di cui all'art. 2051 c.c. ha natura oggettiva, in quanto si fonda sul mero rapporto di custodia, cioè sulla relazione intercorrente fra la cosa dannosa e colui il quale ha l'effettivo potere su di essa (come il proprietario, il possessore o anche il detentore) e non sulla presunzione di colpa, restando estraneo alla fattispecie il comportamento tenuto dal custode. A tal fine, occorre, da un lato, che il danno sia prodotto nell'ambito del dinamismo connaturale del bene o per l'insorgenza in esso di un processo dannoso, ancorché provocato da elementi esterni e, dall'altro, che la cosa, pur combinandosi con l'elemento esterno, costituisca la causa o la concausa del danno. Pertanto, l'attore deve offrire la prova del nesso causale fra la cosa in custodia e l'evento lesivo, mentre il convenuto deve dimostrare l'esistenza di un fattore estraneo che, per il carattere dell'imprevedibilità e dell'eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso di causalità, cioè il caso fortuito, in presenza del quale è esclusa la responsabilità del custode (cfr. Cass. n. 25243/2006). 2. Nel caso di specie, deve ritenersi compiutamente raggiunta la prova in ordine al sinistro occorso a (...) il 05.04.2015 verificatosi in Via (...) di Castrovillari all'altezza dell'intersezione con Via (...) per come confermato dal teste. In particolare, è stata escussa la teste (...), della cui attendibilità non vi è motivo di dubitare, peraltro indifferente rispetto alle parti, ed a conoscenza dei fatti di causa per aver assistito al sinistro. La (...) escussa all'udienza del 27.01.2020 riferisce testualmente: "...è vero che in data 05.04.2020 verso le ore 08.0 del mattino (...), che conosco di vista percorreva Via (...) di Castrovillari....giunto all'altezza dell'incrocio tra la suddetta via (...) e Via (...) cadeva a terra a causa di una profonda buca che non era né segnalata né visibile perché ricoperta di foglie ed acqua piovana.....mi trovavo a piedi sul suddetto incrocio....mi stavo recando presso la pasticceria "(...)" quando ho visto una persona di sesso maschile cadere violentemente a terra. Mi sono avvicinata e mi sono accorta che era il dott. (...) e mi sono subito preoccupata di soccorrerlo.....accusava forte dolore alla spalla.....". Il teste descrive la buca come completamente ricoperta d'acqua e di fogliame e si trovava sul tratto di strada di percorrenza e priva di segnalazioni (buca rappresentata anche dalle fotografie agli atti del fascicolo di parte attrice). La non prevedibilità risiede proprio nel fatto che l'acqua celava un'insidia non facilmente percepibile. Non sono stati forniti dal Comune elementi sufficienti per ritenere che la caduta sia dipesa da una condotta negligente dell'attore, sessantacinquenne all'epoca dei fatti, atti ad escludere e/o far emergere una responsabilità concorsuale dell'agente. 3. Quanto alle modalità di liquidazione dei postumi, il nominato C.T.U. dott. (...), ha accertato che il sig. (...) nella circostanza ha riportato "Esiti di lussazione scapolo-omerale destra con residua lussazione recidivante ", ritenuti compatibili con l'incidente di che trattasi, da cui sono derivati gg. 35 di inabilità temporanea totale, gg. 60 di invalidità parziale al 50 %, necessari al trattamento riabilitativo e ai controlli clinici. Trascorso tale periodo i postumi si sono stabilizzati e consolidati in una percentuale valutata in misura pari al 4%. Seppur si evidenzia una discrasia tra la valutazione del 10% nella bozza da parte del CTU e del 4% nella relazione finale il CTU dott. (...) ha esaustivamente dato risposta alla predetta riduzione affermando che: "....le conclusioni della mia perizia avevano bay-passato alcuni aspetti della vicenda, dando spazio ad una valutazione più consistente in quanto la presenza di una lussazione abituale di spalla rappresenta un evento realmente grave nella funzionalità dell'arto interessato. Ora, alla luce delle osservazioni, mi rendo conto che la persistenza di uno stato di lussabilità non è stato documentato per niente dopo l'evento acuto. Né è stato possibile evocarla alla visita durante le operazioni peritali. In quella sede ho potuto accertare solo la limitazione funzionale della spalla residuata al trauma, così come lo stesso ctp, dr Tarsia aveva fatto nella sua relazione, nella quale non ha parlato di lussazione abituale ma solo di limitazioni funzionali. Anche la irrituale certificazione del dr (...), redatta in data 1/12/2021, consegnatami in sede di operazioni peritali, parla di "episodi di lussazione, verificatisi da Settembre 2020", come soltanto "riferiti" dal dr (...), ma a cui il collega non ha assistito. A questo proposito, il sottoscritto rileva come una lussazione abituale iniziata nel Settembre del 2020, cioè a distanza di 5 anni dall'infortunio, mette in dubbio anche il rapporto causale con esso. Per dirimere ulteriori dubbi interpretativi, ho deciso di sottoporre il periziando ad un esame RMN che rivelasse i segni della lussazione. Questo esame chiedo al magistrato che venga accluso agli atti, pur nella sua irritualità, in quanto descrive meglio il caso. Ma nel caso il giudice non accettasse questo inserimento agli atti, dichiaro che la mia valutazione non si discosta dalla conclusione di queste risposte. Purtroppo, però, anche questo esame strumentale specifico, ha fatto emergere dubbi sulla reale esistenza della lussazione abituale in quanto il referto definisce la Lesione di Hill-sachs, patognomonica della lussazione, come possibile e non certa, potendo trattarsi anche di Entesopatia calcifica. Per le considerazioni fatte, attualmente mi oriento, nel definire il caso, sull'utilizzo delle voci tabellate nel DM 03/07/2003, che allego in copia, nel quale esiste menzionata una precisa voce della seguente sindrome: "Esiti documentati di lussazione di spalla con sfumate ripercussioni funzionali" valutata, per l'arto dominante, fino al 4%. Ritengo, pertanto, che per (...) si addica proprio questa valutazione al massimo tabellare della sindrome di cui è interessato. La conclusione valutativa della mia Consulenza Tecnica è, dunque, la seguente. Il signor (...), in conseguenza dell'infortunio, occorsogli in data 05/04/15, durante il quale ha riportato la "Lussazione della spalla destra", ha osservato un periodo di invalidità temporanea totale al 100%, di giorni 35, seguiti da altri 60 in inabilità temporanea parziale al 50%. Sono residuati postumi invalidanti permanenti, considerati come danno biologico e insieme perdita della propria integrità psicofisica, consistenti in "Esiti di lussazione documentata di spalla con sfumate ripercussioni funzionali", da valutare secondo il DM 03/07/03, nella misura del 4%....". Dovrà essere espunto dal fascicolo l'esame RMN richiesto dal CTU atteso che l'ausiliario del giudice deve attenersi a quanto indicato nell'ordinanza di giuramento dove è specificatamente prescritto che non è possibile utilizzare o comunque far entrare nel procedimento, neanche con il consenso di tutte le parti, documenti diversi da quelli ritualmente prodotti in giudizio. Passando al quantum secondo le Tabelle del Tribunale di Milano, aggiornate al 2022/23, per i danni di lieve entità, tali danni non patrimoniali vengono quantificati come segue: Età del danneggiato al momento del sinistro: 65 anni; Percentuale di invalidità permanente 4%. Ne deriva, dunque, che deve essere determinato il danno nella complessiva misura di Euro 4.840,00 a titolo di danno biologico permanente. A tale somma deve essere aggiunta quella di Euro 6.435 per danno da invalidità temporanea di cui Euro 3.465 a titolo di I.T.T. (gg 35) ed Euro 2.970 a titolo di I.T.P. al 50% (gg. 60). Pertanto parte convenuta va condannata al pagamento in favore dell'attore della somma complessiva di Euro 11.275,00. Trattandosi di danno stimato all'attualità, su esso non dovrà computarsi rivalutazione monetaria dalla data dell'illecito, ma andranno riconosciuti gli interessi legali sulla somma alla data dell'illecito devalutata e annualmente rivalutata fino al momento della presente decisione (cfr. Cass. 24.10.2008, n. 25734; Cass. S.U. 17.02.1995, n. 1712), oltre interessi ulteriori dalla data della presente decisione fino al soddisfo. Quanto alla personalizzazione del danno in relazione al caso concreto, va detto che non sono emersi, in fase istruttoria, elementi di personalizzazione valutabili, diversi dall'età del danneggiato e dalle lesioni obiettive riportate, avendo il teste riferito di conseguenze normalmente rapportabili all'infortunio oggetto di causa. Stando ai più recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità, va affermata l'autonomia del danno morale rispetto al danno biologico, atteso che il sintagma danno morale, da un lato, non è suscettibile di accertamento medico-legale, dall'altro, si sostanzia nella rappresentazione di uno stato d'animo di sofferenza interiore, che prescinde del tutto (pur potendole influenzare) dalle vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato (cfr. Cass., Sez. Lav., 25614/2020; Cass. civ, 25164/2020). Nel caso di specie, l'attore non ha allegato né provato, uno stato di sofferenza precipuo conseguente alla caduta sicché alcuna somma può riconoscersi a tale titolo non potendosi liquidare automaticamente il danno morale in termini di frazione del danno biologico riconosciuto. 4. Quanto al regolamento delle spese le stesse seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo per le fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale. Le spese relative alla consulenza tecnica espletata, già liquidata con separato decreto, viene posta definitivamente a carico del convenuto. P.Q.M. Il Tribunale di Castrovillari, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (...) nei confronti del Comune di Castrovillari, in persona del sindaco e l.r.p.t., disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, così provvede: 1. Accoglie, per quanto di ragione, la domanda e, per l'effetto, condanna il Comune di Castrovillari, in persona del sindaco e l.r.p.t., al pagamento in favore di (...) della somma di Euro 11.275,00 a titolo di risarcimento danni, oltre interessi come in parte motiva; 2. Condanna il Comune di Castrovillari, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, al pagamento, in favore di parte attrice, delle spese e competenze di lite che si liquidano in Euro 264,00 per esborsi ed Euro 2.540,00 per compensi professionali oltre accessori come per legge e se dovuti; 3. Pone le spese di CTU, liquidate con separato decreto, a carico del Comune di Castrovillari, in persona del Sindaco e legale rappresentante pro tempore. Così deciso in Castrovillari, 2 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 2 maggio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Castrovillari - Sezione Civile, in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Vanessa Avolio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile, in primo grado, iscritta al n. 835 del R.G.A.C. 2014, promossa da: (...) ((...): (...)), rappresentato e difeso dall'avv. Co.Fo. e nel cui studio sito in Castrovillari alla Piazza (...), elettivamente domicilia; - attrice - contro (...) ((...): (...)), rappresentata e difesa dall'avv. Ga.Bl. e nel con studio in Castrovillari alla Via (...), elettivamente domicilia; - convenuta - FATTO E DIRITTO Si premette che la parte relativa allo svolgimento del processo viene omessa alla luce del nuovo testo dell'art. 132 comma 2, n. 4 c.p.c. (come riformulato dall'art. 45, comma 17 della L. n. 69 del 2009, peraltro applicabile anche ai processi pendenti in forza della norma transitoria di cui all'art. 58, comma 2 legge cit.) nel quale non è più indicata, fra il contenuto della sentenza, la "esposizione dello svolgimento del processo", bensì "la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione", dovendosi dare, altresì, applicazione al novellato art. 118, 1 comma, disp. attuaz. c.p.c., ai sensi del quale "la motivazione della sentenza di cui all'articolo 132, secondo comma, n. 4), del codice consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi". Con atto di citazione ritualmente notificato (...), nella qualità di erede della genitrice (...), deceduta in San Donato di Ninea il 24.06.1988 e di (...) deceduto in San Donato di Ninea il 19.11.2007, citava in giudizio la convenuta indicata in epigrafe, quale sorella coerede, chiedendo, previa dichiarazione di apertura della successione del de cuius e formazione della massa ereditaria, lo scioglimento della comunione e l'assegnazione delle quote, con vittoria di spese e competenze di giudizio. Si costituiva in giudizio con comparsa di costituzione e risposta (...) che evidenziava l'esistenza di una scrittura privata formata tra le due parti in giudizio nel 2005 relativa alla divisione dei beni per volontà del padre (...). Rilevava altresì la presenza di una liberatoria a firma dell'attrice per aver ricevuto, dalla (...), la somma di Euro 70.000, evidenziando, altresì, la volontà di voler provvedere alla divisione. Concludeva, dunque, per il rigetto della domanda attorea e chiedeva di voler procedere alla divisione di quei beni non presenti nella scrittura privata per la divisione bonaria dei beni ereditari sottoscritta tra (...) e (...) e (...) del 01.06.2005. Il tutto con vittoria di spese e competenze del presente giudizio. La causa veniva istruita a mezzo produzione documentale ed espletamento di CTU e all'udienza del 24.10.2022 veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni dei procuratori delle parti, come in atti rassegnate, con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti difensivi conclusionali. 1. Va accolta la domanda di scioglimento della comunione avanzata dall'attrice nei limiti di seguito indicati. Per poter procedere alla divisione ereditaria è stato conferito incarico, all'ing. (...), al fine di redigere progetto di divisione. L'incarico prevedeva, previa verifica della divisibilità dei beni in natura, la predisposizione di progetto divisionale con formazione delle quote e previsione di eventuali conguagli. Il consulente, nel ritenere i beni comodamente divisibili, provvedeva a predisporre un progetto di divisione di cui all'elaborato in atti. L'art. 789 c.p.c. prevede che il giudice predisponga un progetto di divisione, sottoponendolo alle parti. Se non sorgono contestazioni, il progetto viene reso esecutivo con ordinanza, altrimenti la causa va decisa con sentenza. Nel caso di specie, la presenza di contestazioni rende necessaria la statuizione con sentenza. Il progetto non ha trovato l'approvazione della convenuta (...), che sollevava contestazioni in ordine al mancato inserimento nel progetto divisionale della scrittura firmata dall'attrice relativa alla somma di Euro 70.000,00 versata alla stessa da parte della germana E.. A tal uopo si rileva che il principio di non contestazione tragga fondamento dal nuovo testo dell'art. 115 comma 1 c.p.c., come modificato dalla L. n. 69 del 2009, secondo cui nei processi relativi a diritti disponibili se una parte non contesta specificamente i fatti specifici e precisi allegati dall'altra parte, il giudice deve porli a fondamento della decisione dovendoli ritenere provati. Il principio di non contestazione comporta, in capo alle parti processuali, un onere di attivazione al fine di contestare i fatti posti a fondamento della domanda giudiziale. Laddove ciò non avvenga, la non contestazione assume la veste di comportamento processuale rilevante ai fini della determinazione dell'oggetto del giudizio, trattandosi di principio che assume rilievo determinante anche al fine di non rendere impossibile o comunque eccessivamente difficile l'adempimento dell'onere probatorio incombente su ei qui dicit ed evitare così il compimento di attività inutili in un'ottica di semplificazione ed economia processuale. Detto altrimenti, il principio di non contestazione comporta che nei processi relativi a diritti disponibili i fatti non contestati siano posti fuori dal thema probandum, per cui - non necessitando di essere provati - devono essere considerati come esistenti dal giudice. Il deficit di contestazione rende inutile provare il fatto, poiché non controverso, vincolando il giudice a tenerne conto senza alcuna necessità di convincersi della sua esistenza. Orbene, nel caso che ci occupa, la lamentela posta in essere dalla convenuta trova piena giustificazione laddove il documento, agli atti del fascicolo di parte convenuta, firmato dalla (...) non è giammai stato dalla stessa contestato né vi è stata proposta querela di falso o altro che potesse valere a contestare quanto in essa contenuto. Non può essere accolta la doglianza di parte attrice relativamente alla considerazione che la somma indicata in scrittura e versata dalla (...) di Euro 70.000 era la parte spettante alla germana (...) della maggiore somma di Euro 140.000 atteso che nulla ha provato parte attrice in tal senso. Infatti, dinnanzi a quanto sostenuto da parte convenuta era preciso onere di parte attrice dare prova dei propri assunti e quindi dell'esistenza nel patrimonio ereditario della somma di Euro 140.000. In conseguenza la somma indicata in scrittura affidata dalla convenuta alla germana (...) e ricavata dalla riscossione di (...) "di proprietà di papà e mamma" deve essere divisa per due, con la conseguenza che (...) è debitrice di Euro. 35.000 nei confronti della germana e si dovrà, quindi, procedere al conguaglio delle somme per come effettuato dal CTU Ing. (...). Circa il progetto divisionale questo giudicante ritiene logico e congruo quanto indicato nell'atto di transazione di cui alla tabella A, allegata alla perizia del CTU Ing. (...), concordato tra le parti ed a cui le stesse hanno ribadito, nei propri scritti conclusivi, di voler aderire, e che qui s'intende integralmente riportato e trascritto. Il CTU precisava nelle conclusioni che "... poiché il valore della quota attribuita alla germana (...) è superiore alla quota effettiva di diritto, pari ad Euro 16.175,53, l'assegnataria dovrà corrispondere alla germana (...) la somma di Euro. 1.709,47 (= Euro 17.885,00 - 16.175,53)...". Pertanto nell'effettuare il conguaglio relativo alla somma di Euro 70.000 versato alla (...) dovrà statuirsi che la stessa sarà tenuta a restituire alla (...) la somma di Euro 33.290,53 (=35.000,00 - 1.709,47). In conclusone questo giudice ritiene logico e congruo recepire il progetto redatto dall'ing. G., in base al quale sono stati elencati e divisi i beni della massa ereditaria per come specificati nella tabella A dell'allegata perizia di cui in atti che qui s'intende integralmente riportata con la suddivisione delle rispettive quote ereditarie di seguito descritte. Il CTU conclude affermando "...qui significando e riassumendo che il valore complessivo della massa ereditaria dei coniugi T.-C. è pari ad Euro. 32.351,06 (euro trentaduemilatrecentocinquantuno/06). Con la conseguenza che il valore della quota ereditaria di ciascuna di esse comproprietarie è pari ad Euro. 16.175,53 (eurosedicimilacentosettantacinque/53) ...Altresì, venivano definite due (n. 2) lotti, ovvero: - QUOTA n. 01 costituita da: - un fabbricato per abitazione sito in S. D. di N. alla via C. n. 7, in piena proprietà, indicato nell'Allegato "A" con il numero 1 di ordine, del valore di Euro. 17.885,00 (euro diciassettemilaottocentoottantacinque/00); - la metà dell'importo che sarà maturato alla data della riscossione dei buoni postali cointestati con il padre (...) (specificati al punto n. 3 dell'atto di transizione). - QUOTA n. 02 costituita: - dai diritti in capo a tutti gli altri cespiti (terreni e fabbricati rurali), pro quota pervenuta ai genitori, indicati nell'Allegato "A" a partire dal numero 2 fino al numero 66 di ordine, del valore di Euro. 14.466,06 (euro quattordicimilaquattrocentoses-santasei/06); - la metà dell'importo che sarà maturato alla data della riscossione dei buoni postali cointestati con il padre (...) (specificati al punto n. 3 dell'atto di transizione). Si conveniva anche l'assegnazione delle due quote per tener conto dello stato di salute della convenuta (...) affetta "sin dalla primissima infanzia da poliomelite" tanto da "risulta(re) beneficiaria di relativa indennità". Così che: - alla germana (...) si attribuiva la quota n. 02; -- e, alla germana (...) si attribuiva la quota n. 01 ....E, poiché il valore della quota attribuita alla germana (...) è superiore alla quota effettiva di diritto, pari ad Euro. 16.175,53, l'assegnataria dovrà corrispondere alla germana (...) la somma di Euro. 1.709,47 (= Euro 17.885,00 - 16.175,53) ...". Ed inoltre, a titolo di conguaglio (...) deve essere condannata al pagamento, in favore di (...) della somma di Euro 33.290,53, costituente la metà dell'importo versato alla (...) (Euro 70.000) detratta la somma per la maggior quota per come indicata dal consulente d'ufficio, da cui non vi sono ragioni per discostarsi; trattandosi di valori da ritenersi attuali, non appare necessario procedere ad alcuna rivalutazione (cfr. da ultimo, Cass. civ., ord. 3 luglio 2014, n. 15288). Ogni altra questione deve ritenersi superata ed assorbita dalla decisione. 2. La soccombenza reciproca su alcune delle pretese avanzate nel giudizio, l'andamento dello stesso e la particolarità della vicenda giustifica l'integrale compensazione delle spese di lite. Le spese della CTU, già liquidate con separato decreto, vanno poste in solido a carico delle parti. La presente sentenza va dichiarata provvisoriamente esecutiva ex art. 282 c.p.c.. P.Q.M. Il giudice, definitivamente pronunciando sulla causa in oggetto, ogni contraria istanza, deduzione, difesa ed eccezione disattesa così provvede: 1. Attribuisce a (...) la quota 2 individuata nel progetto di divisione di cui in atti alla tabella A della perizia dell'ing. (...); 2. Attribuisce a (...) la quota 1 individuata nel progetto di divisione di cui in atti alla tabella A della perizia dell'ing. (...); 3. Condanna (...) al pagamento, in favore di (...) al pagamento della somma di Euro 33.290,53; 4. Pone le spese di consulenza tecnica d'ufficio, liquidate con separato decreto, a carico delle parti in solido; 5. Compensa tra le parti le ulteriori spese di lite. Così deciso in Castrovillari il 20 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 21 aprile 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Castrovillari, sezione civile, in persona della dott.ssa Vanessa Avolio ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 2786 del RGC dell'anno 2016, avente ad oggetto impugnazione di delibera condominiale e vertente TRA (...) (C.F.: (...)), rappresentato e difeso dall'avv. (...) e nel cui studio in Cassano allo Jonio - frazione Lauropoli - al (...), elettivamente domicilia. - attore - CONTRO (...), in persona dell'amministratore p.t., (C.F.: (...)), rappresentato e difeso dall'avv. (...) e nel cui studio in Castrovillari alla (...), elettivamente domicilia; - convenuto - NONCHE' (...) (C.F.: (...)) rappresentato e difeso dall'avv. (...) e nel cui studio in Castrovillari al Corso (...), elettivamente domicilia; - terzo chiamato - CONCLUSIONI: come da verbale del 12.10.2022 che qui s'intende integralmente trascritto e riportato FATTO E DIRITTO Si premette che la parte relativa allo svolgimento del processo viene omessa alla luce del nuovo testo dell'art. 132 comma 2, n. 4 c.p.c.. (come riformulato dall'art. 45, comma 17 della L. 69 del 2009, peraltro applicabile anche ai processi pendenti in forza della norma transitoria di cui all'art. 58, comma 2 legge cit.) nel quale non è più indicata, fra il contenuto della sentenza, la "esposizione dello svolgimento del processo", bensì "la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione", dovendosi dare, altresì, applicazione al novellato art. 118, 1° comma, disp. attuaz. c.p.c., ai sensi del quale "la motivazione della sentenza di cui all'articolo 132, secondo comma, n. 4), del codice consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi". Con atto di citazione ritualmente notificato, l'odierno attore impugnava la delibera assembleare del 22.06.2022 (II convocazione), inerente al punto 5 "regolamentazione area parcheggio" per i seguenti motivi: a) il parcheggio all'interno della corte è stato costruito da oltre 50 anni e tutti i condomini ne usufruiscono; b) le auto non hanno mai creato e non creano ostacoli alla circolazione; c) all'esterno dell'area condominiale non è possibile parcheggiare perché non ci sono parcheggi; d) la delibera non è stata motivata da alcuna necessità; e) la corte è ampia abbastanza da consentire il parcheggio di svariate auto; f) i parcheggi coperti non sono assegnati e vengono occupati da tutti secondo disponibilità. Concludeva dunque nell'accertare e dichiarare la nullità e/o annullabilità, della delibera opposta relativamente al punto della regolamentazione area parcheggio. Il tutto con vittoria delle spese e competenze di lite. Con comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente in data 30.06.2017 si costituiva il Condominio convenuto il quale preliminarmente evocava in giudizio il terzo (...). Nel merito evocava la regolarità delle tabelle millesimali approvate nella delibera opposta. Il tutto con vittoria delle spese e competenze di lite del presente giudizio. Con comparsa di costituzione e risposta depositata in cancelleria in data 16.12.2017 si costituiva il terzo chiamato il quale preliminarmente rilevava la carenza di legittimazione passiva avendo il professionista redatto le sole tabelle millesimali e pertanto completamente estraneo al punto impugnato della delibera assembleare. Il tutto con vittoria delle spese e competenze di legge da distrarre ex art. 93 c.p.c. in favore del procuratore dichiaratosi antistatario. La causa veniva istruita mediante produzione documentale e prova documentale e all'udienza del 12.10.2022 il giudice invitava le parti a precisare le conclusioni e tratteneva la causa in decisione con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e note di replica. 1. Preliminarmente andrà accolta l'eccezione del terzo chiamato relativamente alla propria carenza di legittimazione passiva. Orbene, nel caso di specie, il convenuto, basando erroneamente le proprie difese e il proprio atto costitutivo sull'impugnativa delle tabelle millesimali, ha chiamato in giudizio il terzo Ing. (...) redattore delle medesime. Di contro da un'attenta disamina dell'atto introduttivo appare evidente che l'impugnativa della delibera del 22.06.2016, contenente altresì l'approvazione delle tabelle millesimali, concerne solo il punto 5) relativo alla regolamentazione dell'area parcheggio. Da ciò, appare ovvia conseguenza che dovrà essere dichiarata la carenza di legittimazione passiva del terzo chiamato con ogni conseguenza di legge. 2. Ad avviso di questo Giudice, la domanda attorea non può trovare accoglimento, sulla base delle considerazioni che seguono. 2.1 La disamina deve avere anzitutto riguardo alla delibera del 22.10.2016, rispetto alla quale l'attore denuncia la nullità per violazione dei diritti dei singoli condomini sulle parti comuni. Sul punto, deve anzitutto rilevarsi che la disposizione invocata dall'attore concerne non già la nullità, bensì l'annullamento, come è dato evincere dal suo chiaro tenore letterale. L'attore non invoca, a fondamento della dedotta nullità, specifiche disposizioni di legge che la prevedano o la implichino, limitandosi a richiamare la violazione dei diritti del condomino. Né d'altra parte può ritenersi che, in tutte le ipotesi in cui il condomino contesti la violazione di un proprio diritto individuale sulla cosa comune, il vizio dedotto debba qualificarsi alla stregua di nullità. A tale vizio infatti sono riconducibili le ipotesi di invalidità particolarmente gravi, espressamente ricondotte dal legislatore alla categoria della nullità o comunque implicitamente riconducibili ad essa in virtù della loro particolare rilevanza. Nel caso di specie il vizio dedotto deve dunque ricondursi alla più appropriata dimensione della annullabilità, con conseguente applicazione dei requisiti di legittimazione attiva previsti dall'art. 1137 c.c.; a disposizione circoscrive la legittimazione ai condomini assenti o dissenzienti. Orbene, dal verbale di approvazione della delibera assembleare, con particolare riferimento al punto "regolamentazione area parcheggio" che è stato impugnato in questa sede, si evince che la delibera è stata approvata con la maggioranza, e l'odierno attore, presente tramite l'avv. (...), non prendeva alcuna posizione (pertanto né assente né dissenziente). 2.2. In ogni caso, il motivo di impugnazione risulta infondato anche nel merito, posto che la delibera in questione non incide né sui diritti di proprietà esclusiva, né sulle quote individuali della proprietà comune. Infatti, deve rilevarsi che - come è dato evincere dal tenore complessivo della deliberazione - la medesima non prevede in via definitiva ed irreversibile l'assegnazione in via esclusiva di aree di proprietà comune a singoli condomini, e pertanto non incide sulle quote individuali di godimento della cosa comune, limitandosi a regolare il disciplinato godimento della cosa comune. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità è consolidata nell'affermare che le delibere di approvazione del parcheggio sulle aree cortilizie comuni non violino né le prerogative dei singoli condomini (Sez. 2, Sentenza n. 12485 del 19/07/2012, Rv. 623462 - 01), né l'art. 1120 c.c. (Sez. 2, Sentenza n. 5997 del 05/03/2008, Rv. 602685 - 01). Pertanto, non si ravvisano i profili di illegittimità lamentati dall'attore. 3. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo (studio Euro 131); (introduttiva Euro 131); (istruttoria Euro 200); (decisionale Euro 200) P.Q.M. il Tribunale di Castrovillari nella persona della dott.ssa Vanessa Avolio, definitivamente pronunciando per quanto di ragione, ogni diversa domanda, istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così decide: - Dichiara ii difetto di legittimazione passiva del terzo chiamato (...); - Rigetta la domanda svolta da (...) nei confronti di (...), volta alla declaratoria di nullità della delibera condominiale del 12 ottobre 2016 inerente al punto 5 "regolamentazione area parcheggio; - Condanna (...) al pagamento in favore del (...) - in persona del l.r.p.t. - delle spese di lite che si liquidano in complessive Euro 662,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge e se dovuti; - condanna il (...) al pagamento in favore del terzo chiamato (...) delle spese di lite che si liquidano in complessive Euro 662,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge e se dovuti, da distrarre ex art. 93 c.p.c. in favore del procuratore dichiaratosi antistatario. Così deciso in Castrovillari 6 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 6 marzo 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI CASTROVILLARI ex Tribunale di Rossano - SEZIONE CIVILE - in composizione monocratica e nella persona del dott. Alessandro Caronia ha pronunziato la seguente SENTENZA Nelle controversie civili riunite iscritte al n. 1616/2011 del Ruolo Generale Affari Contenziosi Tribunale Rossano, avente ad oggetto "Mutuo", e al n. 1617/2011 del Ruolo Generale Affari Contenziosi Tribunale Rossano, avente ad oggetto "Mutuo" e vertente Per il giudizio con r.g. n. 1616 del 2011, instaurato dinanzi al Tribunale di Rossano TRA (...), C.F. (...), parte nata a C. C. in data (...), in proprio e nella qualità di erede di (...), rappresentata e difesa dall'avv. MA.GI., giusta procura in atti, elettivamente domiciliati come in atti - ATTORE - E (...), C.F. (...), parte identificata come in atti, rappresentata e difesa dall'avv. AG.ST., giusta procura in atti, elettivamente domiciliati come in atti; - CONVENUTO - (...), parte identificata come in atti, residente alla C.da L. (...) n. 99 R. C.; - CONVENUTO contumace - Per il giudizio con r.g. n. 1617 del 2011, instaurato dinanzi al Tribunale di Rossano TRA (...), C.F. (...), parte nata a (...) in data (...), in proprio e nella qualità di erede di (...), rappresentata e difesa dall'avv. MA.GI., giusta procura in atti, elettivamente domiciliati come in atti - ATTORE - E (...), C.F. (...), parte nata in R. in data (...), rappresentata e difesa dall'avv. LE.TR., giusta procura in atti, elettivamente domiciliati come in atti; (...), C.F. (...), parte nata a V. in data (...), rappresentata e difesa dall'avv. LE.TR., giusta procura in atti, elettivamente domiciliati come in atti - CONVENUTI - RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE 1. I fatti di causa, le posizioni delle parti e le loro conclusioni 1.1. Nel giudizio 1616 del 2011 Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) ha convenuto in giudizio (...) e (...). La difesa del primo ha allegato: - In data 13.5.03 i signori (...) e (...), padre dell'odierno istante deceduto, hanno concesso in prestito ai signori (...) e (...) una somma pari ad Euro 15.500,00 tramite assegni circolari; - Per tali prestiti i signori (...) si sono assunti l'obbligo del rimborso nel volgere di pochi anni e la corresponsione degli interessi pattuiti nella misura dell'8% annuo sulla sorte capitale; - È stata restituita la sola somma di Euro 2.500,00; - Pertanto, nonostante i reiterati solleciti, non risultano dazioni di denaro imputabili aa rimborso della somma iniziale data in prestito, che ammonta, quindi, ad Euro 13.000,00, oltre interessi legali e maggior danno da svalutazione dalla maturazione del diritto e fino all'effettivo soddisfo. - È evidente, pertanto, che nel caso de quo sia applicabile l'art. 1813 c.c., che disciplina il contratto di mutuo. Tanto premesso, (...) ha chiesto a questo Tribunale di: a. Condannare i convenuti (...) e (...), in solido, alla restituzione della somma ricevuta dall'odierno istante pari ad Euro 13.000,00, oltre al risarcimento di tutti i danni subiti, con gli interessi legali e il maggior danno da svalutazione monetaria, da dì della maturazione e fino al soddisfo; b. Con vittoria di spese e compensi per il giudizio, con distrazione in favore del difensore per dichiarato anticipo ex art. 93 c.p.c.. Con comparsa di costituzione e risposta, depositata in data 6.3.13, si è costituito (...). La sua difesa ha dedotto che: - L'attore mai ebbe a prestare al signor (...) le somme di denaro e, in particolare, tra gli stessi non è intercorso alcun rapporto; - L'odierno convenuto nell'anno 2003 ebbe rapporti con il (...), in quanto effettuò per conto dello stesso dei lavori di muratura e pulitura dei terreni, lavori per cui (...) è stato regolarmente pagato. Invece, alcuna somma il convenuto ha ricevuto a titolo di prestito da (...) e, tantomeno, quella riportata in citazione. - Il (...), invece, non ha intrattenuto alcun rapporto con l'istante, che è assolutamente sconosciuto e verso il quale non ha alcun obbligo; né tantomeno ha sottoscritto alcuna dichiarazione nei suoi confronti e, pertanto, se ne eccepisce il difetto di legittimazione attiva. - Inoltre, atteso che il convenuto nulla deve all'attore, si contesta e disconosce espressamente ex art. 214 c.p.c. e 2712 c.c., nonché si eccepisce la intervenuta prescrizione ex art. 2948 c.c. Ciò posto, (...), ha chiesto a questo Tribunale: 1. Dichiarare il difetto di legittimazione attiva; 2. Il rigetto delle domande attoree perché infondate e, in ogni caso, prescritta; 3. Con vittoria di spese e compensi per il giudizio, con distrazione in favore del difensore per dichiarato anticipo. 1.2. Nel giudizio 1167 del 2011. Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) ha convenuto in giudizio (...) e (...). La difesa del primo ha allegato: - In data 13.5.03 i signori (...) e (...), padre dell'odierno istante deceduto, hanno concesso in prestito ai signori (...) e (...) una somma pari ad Euro 20.658,28 tramite assegni circolari; - Successivamente, gli stessi hanno erogato l'ulteriore somma di Euro 5.000,00. - Per tali prestiti i signori (...) si sono assunti l'obbligo del rimborso nel volgere di pochi anni e la corresponsione degli interessi pattuiti nella misura dell'8% annuo sulla sorte capitale; - In data 12.4.04 è stata restituita la sola somma di Euro 1.500,00; - Pertanto, nonostante i reiterati solleciti, non risultano dazioni di denaro imputabili aa rimborso della somma iniziale data in prestito, che ammonta, quindi, ad Euro 24.158,28, oltre interessi legali e maggior danno da svalutazione dalla maturazione del diritto e fino all'effettivo soddisfo. - È evidente, pertanto, che nel caso de quo sia applicabile l'art. 1813 c.c., che disciplina il contratto di mutuo. Tanto premesso, (...) ha chiesto a questo Tribunale di: c. Condannare i convenuti (...) e (...), in solido, alla restituzione della somma ricevuta dall'odierno istante pari ad Euro 24.158,28, oltre al risarcimento di tutti i danni subiti, con gli interessi legali e il maggior danno da svalutazione monetaria, da dì della maturazione e fino al soddisfo; d. Con vittoria di spese e compensi per il giudizio, con distrazione in favore del difensore per dichiarato anticipo ex art. 93 c.p.c.. Con comparsa di costituzione e risposta, depositata in data 1.6.12, si sono costituiti (...) e (...). La loro difesa ha dedotto che: - In via preliminare, si contesta e si disconosce espressamente tutto quanto dedotto, richiesto e prodotto ex art. 214 c.p.c. e 2712 c.c. - Nessun rapporto è intercorso tra i comparenti e l'istante, che mai ha prestato loro alcuna somma di denaro. - Vero è, invece, che il (...) nell'anno 2003 ebbe ad effettuare lavori di muratura e pulitura di terreni per conto del defunto (...), lavori per i quali è stato regolarmente retribuito mediante corresponsione di somme di denaro. Nessuna somma, invece, (...) e (...) hanno ricevuto dall'istante a titolo di prestito, men che mai quella indicata in domanda. - I convenuti, invece, non hanno intrattenuto alcun rapporto con l'istante, che è assolutamente sconosciuto e verso il quale non hanno alcun obbligo; né tantomeno essi hanno sottoscritto alcuna dichiarazione nei suoi confronti e, pertanto, se ne eccepisce il difetto di legittimazione attiva. - Inoltre, atteso che i convenuti nulla devono all'attore, si eccepisce la intervenuta prescrizione ex art. 2948 c.c. Ciò posto, (...), ha chiesto a questo Tribunale: a. Dichiarare il difetto di legittimazione attiva; b. Il rigetto delle domande attoree perché infondate e, in ogni caso, prescritta; c. Con vittoria di spese e compensi per il giudizio. 2. Il corso del giudizio. Alla udienza del 6.3.13 è stata dichiarata la contumacia di (...), non costituita e non comparsa, nonostante la rituale notifica dell'atto introduttivo. Successivamente, con ordinanza resa alla udienza del 17.4.13 i due giudizi sono stati riuniti. Concessi, quindi, i termini 183 c. 6 c.p.c., depositate le relative memorie, la causa è stata istruita attraverso la documentazione prodotta nonché attraverso gli interrogatori formali delle parti. Riassegnato il fascicolo allo Scrivente, all'udienza del giorno 20.09.22, le parti hanno precisato le conclusioni come in atti. Vale subito rilevare che, in quella sede, le istanze istruttorie formulate e rigettate dal giudice istruttore non sono state reiterate in modo specifico; per l'effetto, devono ritenersi abbandonate (cfr. Cass. Civ. 19352 del 3.8.17 e, in maniera ancora più precisa, Cass. Civ. 10748 del 27.6.12). 3. In rito. 3.1.Al fine di meglio delimitare il thema decidendum, deve essere disattesa l'eccezione di prescrizione formulata dalla parte convenuta costituita S., in quanto tardiva. Infatti, trattandosi di eccezione in senso stretto di merito, la stessa avrebbe dovuto essere proposta, ai sensi degli art. 166 e 167 c.p.c., con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata venti giorni prima dell'udienza indicata in citazione o di quella fissata a norma dell'art. 168 bis quinto comma c.p.c.. Nel caso di specie, la prima udienza indicata in citazione è stata differita ex art. 168 bis quinto comma al 28.6.12 (poi ulteriormente differita al 6.3.13). Tuttavia, la comparsa di costituzione e risposta, con la quale il S. si è costituito, è stata depositata in cancelleria solo in data 6.3.13. Pertanto, la parte convenuta, non avendo rispettato il termine dei 20 giorni prima dell'udienza, è incorsa nella decadenza ex art. 167 c. 2 c.p.c.. Alla luce della consolidata e stratificata giurisprudenza, non vale neppure soffermarsi sulla natura di eccezione in senso stretto della prescrizione né sul rilievo officioso delle violazioni delle preclusioni e decadenze che caratterizzano il novellato rito ordinario, indipendentemente dall'atteggiamento processuale della controparte. 3.2. In ordine al difetto di legittimazione attiva, vale osservare che la legittimazione ad agire è una condizione dell'azione, la cui sussistenza va accertata sulla base della prospettazione operata dall'attore nell'atto introduttivo e sussiste ogni qualvolta l'attore, come nel caso di specie, si proclami titolare del diritto azionato e agisca nei confronti dei soggetti che indica come i titolari passivi della sua pretesa; la titolarità del rapporto giuridico controverso attiene, invece, al merito della lite per cui chi agisce in giudizio deve provare i fatti costitutivi del suo diritto e deve, quindi, dimostrare che il convenuto sia effettivamente titolare della posizione di debito (cfr. Cass. Civ. S.U. n. 2951 del 2016). Infondato, pertanto, l'eccepito difetto di legittimazione attiva, concernendo le questioni evocate, al più, al merito della pretesa. Peraltro, l'attore, agendo anche nella qualità di erede del padre (...), quale partecipante ad eventuale comunione può esercitare singolarmente le azioni a vantaggio dei beni comuni, senza che sussista litisconsorzio con gli altri coeredi. Infatti i crediti del de cuius, a differenza dei debiti, non si ripartiscono tra i coeredi in modo automatico, ma entrano a far parte della comunione ereditaria (cfr. 752, 754, 727 e 757 c.c.). 3.3. In ordine alla scrittura privata prodotta, la stessa si ha per riconosciuta nei confronti del contumace, ex art. 215 c. 1 n. 1 c.p.c., essendo la scrittura espressamente indicata nell'atto di citazione (cfr. Cass. Civ. n. 6980 del 1997). La stessa spiega efficacia di piena prova nei confronti di (...). 3.4. La medesima scrittura, inoltre, non è stata disconosciuta in maniera precisa e specifica e, quindi, idonea allo scopo neppure dal (...). Egli, infatti, costituendosi non ha negato formalmente la propria scrittura né la propria sottoscrizione, attraverso una espressa e non equivoca negazione della genuinità della propria sottoscrizione in calce alla scrittura privata prodotta da controparte. Si rammenta, infatti, che il disconoscimento di una scrittura privata, pur non richiedendo una forma vincolata, deve avere i caratteri della specificità e della determinatezza e non può costituire una mera formula di stile. Pertanto a tale scopo va considerata inidonea una contestazione generica oppure implicita perché frammista ad altre difese o sottintesa in una diversa versione dei fatti; inoltre la relativa eccezione deve contenere specifico riferimento al documento e al profilo di esso che viene contestato. (v. Cass. civ. n. 17313 del 2021; Cass. civ. n. 1537 del 2018). 3.5.Le medesime considerazioni possono essere svolte in relazione alla scrittura privata prodotta in giudizio dall'attore nei confronti di (...) e (...). Infatti, come agevolmente di desume dalla comparsa di costituzione e risposta, le dichiarazioni di disconoscimento si rivelano generiche e omnicomprensive e, come tali, inidonee allo scopo, nulla accennando né rispetto al testo della scrittura né in ordine alla non genuinità della propria sottoscrizione. Il disconoscimento generico è privo di effetto e, pertanto, ex art. 214 c.p.c. le scritture private in atti acquistano l'efficacia di prova legale ex art. 2702 c.c. 4. Nel merito. La domanda dell'attore nei confronti di (...) e (...) è fondata e deve essere accolta. 4.1.Il tenore inequivoco della scrittura in atti - che, per le ragioni sopra esposte deve aversi per riconosciuta dalla convenuta contumace e non disconosciuta dalla parte costituita - conferma l'esistenza del titolo, da sussumere in un contratto di mutuo, dal quale sorge, per il mutuatario, l'obbligo di restituire le somme ricevute. Orbene, secondo i consolidati principi in tema di prova dell'inadempimento di un'obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell'onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell'eccezione di inadempimento ex art. 1460 (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l'altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione). Anche nel caso in cui sia dedotto non l'inadempimento dell'obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell'obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto, esatto adempimento (Cass. civ., Sez. Un. n. 13533 del 2001). Peraltro, ai sensi degli artt. 1218 e 1256 c.c., il debitore è responsabile per l'inadempimento dell'obbligazione fino al limite della possibilità della prestazione, presumendosi, fino a prova contraria, che l'impossibilità sopravvenuta, temporanea o definitiva, della prestazione stessa gli sia imputabile per colpa. La giurisprudenza della Suprema Corte è costante, infatti, nel ritenere che l'impossibilità sopravvenuta che libera dall'obbligazione deve essere obiettiva, assoluta e riferibile al contratto e alla prestazione ivi contemplata, e deve consistere non in una mera difficoltà, ma in un impedimento, del pari obiettivo e assoluto, tale da non poter essere rimosso, a nulla rilevando comportamenti di soggetti terzi rispetto al rapporto (cfr. e pluribus, Cass. Civ. n. 15073 del 2009, Cass. Civ. n. 9645 del 2004, Cass. Civ. n. 8294 del 1990 e Cass. Civ. 252 del 1953). Di conseguenza l'impossibilità sopravvenuta della prestazione produce gli effetti estintivi o dilatori se deriva da una causa avente natura esterna e carattere imprevedibile secondo la diligenza media. (cfr. Cass. Civ. n. 2691 del 1987, n. 3844 del 1980, n. 2555 del 1968). 4.2. Tanto premesso è evidente che il creditore della obbligazione relativa alla restituzione del tantundem - odierno attore - ha agito per l'esatto adempimento della obbligazione nascente dal contratto di mutuo (non avendo richiesto, invece, né la risoluzione né il risarcimento del danno; cfr. sulla diversità delle azioni Cass. Civ. 6886 del 2014; Cass. Civ. 15641 del 2017). Avendo allegato il titolo - da ritenersi provato per le ragioni sopra esposte - e dedotto l'altrui inadempimento, il creditore ha assolto il proprio onere relativo alla azione di adempimento ex art. 2697 c.c.. Di contro, il debitore, che ne era onerato, non ha documentato fatti estintivi o modificativi della pretesa azionata, idonei ad estinguere l'obbligazione del pagamento del prezzo, nascente dal titolo azionato. In assenza di termine, sussiste il diritto del creditore a esigere immediatamente l'adempimento restitutorio da parte del mutuatario, laddove quest'ultimo sia divenuto insolvente, risultando invece superflua la preventiva fissazione giudiziale del termine per l'adempimento (cfr. Cass. Civ. n. 11437 del 2022, ove precisa che "Nella specie, la Corte di appello di Milano, nel rigettare il secondo motivo di appello concernente l'inesigibilità del credito per mancata apposizione del termine da parte del giudice a norma dell'art. 1817 c.c., ha affermato che lo stesso rifiuto di adempimento opposto nel giudizio vale quale prova dell'incapacità ad adempiere (v. pag. 14 della sentenza impugnata), facendo buon governo dei principi sopra richiamati"). Tenuto conto che il fatto della restituzione della sola somma di Euro 2.500,00 non è stato contestato dal S. e che, pertanto, in seguito alla diffida ad adempiere sussiste un rifiuto alla corresponsione del saldo, (...) e (...) devono essere condannati a restituire la somma di Euro 13.000,00 oltre interessi, al tasso legale, dalla domanda al soddisfo, dal momento che solo con la instaurazione del giudizio si è consolidato il rifiuto dell'adempimento della parte ai fini sopra evocati. La condanna è solidale attesa la presunzione di cui all'art. 1294 c.c. 4.3. Rispetto alla domanda proposta di corresponsione della rivalutazione monetaria, la stessa va rigettata. Sul punto questo Giudice condivide in pieno quanto statuito da Cass. civ. Sez. Un. n. 5743 del 2015 a proposito della proposizione in forma generica della domanda di corresponsione della rivalutazione monetaria anche tenuto conto che il debito oggetto del presente giudizio ha natura di debito di valuta. 4.4. La domanda di risarcimento del danno è, sotto il profilo assertivo, di genericità tale da non poter essere accolta; sotto il profilo probatorio, poi, è sfornita di qualsiasi sostegno a fondamento della stessa. 4.5. Tutte le medesime considerazioni possono essere traslate anche in relazione alla domanda dell'attore nei confronti dei convenuti (...) e (...). Anche in tal caso l'inequivoco tenore della scrittura privata allegata, la quale, per le ragioni esposte, deve ritenersi non disconosciuta dalle parti costituite conferma l'esistenza del titolo, da sussumere in un contratto di mutuo, dal quale sorge, per il mutuatario, l'obbligo di restituire le somme ricevute. Avendo allegato il titolo - da ritenersi provato per le ragioni sopra esposte - e dedotto l'altrui inadempimento, il creditore ha assolto il proprio onere relativo alla azione di adempimento ex art. 2697 c.c.. Di contro, il debitore, che ne era onerato, non ha documentato fatti estintivi o modificativi della pretesa azionata, idonei ad estinguere l'obbligazione del pagamento del prezzo, nascente dal titolo azionato. L'eccezione relativa alla prescrizione è, invece, infondata, concernendo l'art. 2948 c.c. solo gli interessi non anche la restituzione del capitale, per il quale vige, giusta contratto di mutuo, la prescrizione decennale (v. anche Cass. Civ. 12707 del 2002). Anche in tal caso, peraltro, il fatto della restituzione della sola somma di Euro 1.500,00 non è stato contestato dai convenuti e che, pertanto, in seguito alla diffida ad adempiere sussiste un rifiuto alla corresponsione del saldo. Per l'effetto, (...) e (...) devono essere condannati a restituire la somma di Euro 24.158,28, oltre interessi, al tasso legale, dalla domanda al soddisfo, dal momento che solo con la instaurazione del giudizio si è consolidato il rifiuto dell'adempimento della parte ai fini sopra evocati. La condanna è solidale attesa la presunzione di cui all'art. 1294 c.c. 4.6.Considerazioni identiche a quelle sopra espresse possono essere formulate in relazione alla richiesta rivalutazione monetaria nonché in riferimento alla domanda di risarcimento del danno. 5. Il regime delle spese L'accoglimento solo parziale delle domande attoree determina una reciproca soccombenza, che giustifica la compensazione per la metà delle spese di lite. Per la restante parte le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano d'ufficio come in dispositivo, tenuto conto: a) che va disposta la condanna in solido dei convenuti, in quanto la condanna solidale al pagamento delle spese processuali nei confronti di più parti soccombenti può essere pronunciata non solo quando vi sia indivisibilità o solidarietà del rapporto sostanziale, ma pure nel caso in cui vi sia, come nel caso di specie, una comunanza di interessi (Cass. civ., Sez. II, 12 agosto 2011, n. 17281),. b) che tali spese vanno liquidate in base ai parametri di cui al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, (pubblicato in G.U. il 2.4.2014 ed entrato in vigore il 3.4.2014) in quanto tali nuovi parametri in base all'art. 28 di tale decreto "... si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore"; c) che, in effetti, ciò è in linea con quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione a proposito dei parametri introdotti con D.M. 20 luglio 2012, n. 140 (Cass. civ., Sez. Un., 12 ottobre 2012, n. 17405); d) che i parametri devono essere aggiornati sulla base del nuovo D.M. n. 147 del 13 agosto 2022 pubblicato sulla G.U. n. 236 del 08/10/2022; e) del valore delle controversie; f) del numero scarno delle questioni giuridiche e di fatto trattate; g) della semplicità dell'affare in considerazione del carattere consolidato della giurisprudenza in materia; h) del fatto che i valori medi di cui alle tabelle allegate al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 4, comma 1 del medesimo decreto possono essere aumentati e diminuiti nella misura prevista dalla legge; P.Q.M. Il Tribunale di Castrovillari ex Tribunale di Rossano - Sezione Civile -, in composizione monocratica, definitivamente pronunziando sulla controversia civile promossa come in epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: A. ACCOGLIE parzialmente la domanda proposta da parte attrice (...) e, per l'effetto, condanna le parti convenute (...) e (...), in solido, al pagamento in favore di parte attrice della somma di Euro 13.000,00, oltre interessi, al tasso legale, dalla domanda fino al soddisfo; B. COMPENSA per metà le spese di lite e, per l'effetto, CONDANNA le parti convenute (...) e (...), in solido, al pagamento in favore di parte attrice (...) della restante parte delle spese di giudizio che si liquidano in Euro 115,99 per esborsi vivi ed in complessivi Euro 1.500,00 per compensi professionali forensi, oltre I.V.A. e C.P.A. se dovute nelle misure di legge, e rimborso spese forfettarie nella misura del 15% del compenso, con distrazione in favore dell'avv. (...) per dichiarato anticipo; C. ACCOGLIE parzialmente la domande proposte da parte attrice (...) e, per l'effetto, condanna le parti convenute (...) e (...), in solido, al pagamento in favore di parte attrice della somma di Euro 24.158,28, oltre interessi, al tasso legale, dalla domanda fino al soddisfo; D. COMPENSA per metà le spese di lite e, per l'effetto, CONDANNA le parti convenute (...) e (...), in solido, al pagamento in favore dell'attore (...) delle spese di giudizio che si liquidano in Euro 125,98 per esborsi vivi ed in complessivi Euro 1.500,00 per compensi professionali forensi, oltre I.V.A. e C.P.A. se dovute nelle misure di legge, e rimborso spese forfettarie nella misura del 15% del compenso, con distrazione in favore dell'avv. (...) per dichiarato anticipo; E. MANDA alla Cancelleria per gli adempimenti di rito. Così deciso in Castrovillari il 25 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2023.
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