Sentenze recenti Tribunale Catanzaro

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI CATANZARO PRIMA SEZIONE CIVILE in persona del giudice monocratico Dott.ssa Elais Mellace ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 6049 del RGAC dell'anno 2018, avente ad oggetto domanda di usucapione e vertente TRA (...) (c.f. (...)), elettivamente domiciliato in Soverato (Cz) alla Via (...), presso lo studio dell'Avv. (...) che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce all'atto di citazione; ATTORE E (...) S.R.L. (P I: (...)), in persona dell'Amministratore Unico p.t. (...), elettivamente domiciliata in Lamezia Terme, alla Via (...), presso lo studio dell'Avv. (...) che la rappresenta e difende giusta, procura in calce rilasciata su foglio allegato alla comparsa di costituzione e risposta; CONVENUTA CONCLUSIONI Per parte attrice: "'Voglia l'Ill.mo Giudicante, "contrariis reiectis": 1. Dichiarare che, per effetto di usucapione ex art. 1158 c.c. e quindi a titolo originario, l'odierno attore è divenuto proprietario del seguente bene: - terreno sito in agro di Isca sullo Ionio (CZ), censito al Catasto Terreni del medesimo Comune al foglio (...), particella (...), seminativo irriguo, classe 1, are 6,15, r.d. Euro 4,29, r.a. Euro 1,59. 2. Statuire, altresì, che la convenuta non ha alcun diritto sulla "res", la quale, pertanto, deve considerarsi nella piena disponibilità del sig. (...). 3. Ordinare alla Conservatoria dei Registri Immobiliari di Catanzaro le relative trascrizioni e all'U.T.E. di eseguire le volture di accatastamento, senza alcuna responsabilità. 4. Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa in caso di opposizione". Per parte convenuta: "Piaccia all'Ill.mo Sig. Giudice adito, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa: - in via preliminare dichiarare l'improcedibilità della domanda per i motivi esposti in narrativa; - rigettare la domanda ex adverso proposta, dichiarando l'inesistenza di qualsiasi diritto del Sig. (...) sul terreno in oggetto; - rigettare in ogni la domanda ex adverso proposta poiché inammissibile, improcedibile nonché palesemente infondata in fatto e diritto per i motivi esposi in narrativa. Con vittoria di spese, diritti ed onorari da distrarsi in favore del sottoscritto procuratore che ha anticipato le prime e non riscosso le seconde". SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1.1. Con atto di citazione ritualmente notificato (...) conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Catanzaro la società (...) s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore e amministratore unico, (...), chiedendo che venisse dichiarato in suo favore l'acquisto per usucapione del terreno sito in agro di Isca sullo Ionio (CZ), Località "Lenze", censito al Catasto Terreni del medesimo Comune al foglio (...), particella (...), seminativo irriguo, classe 1, are 6,15, r.d. Euro 4,29, r.a. Euro 1,59. per averlo posseduto per oltre un ventennio in maniera continuativa, pacifica e pubblica. In particolare, l'odierno attore deduceva di aver unito al proprio possesso a quello esercitato fino al 2018 dal suo dante causa, (...), esplicando su detto terreno tutte le facoltà inerenti al diritto di proprietà in maniera ininterrotta, inequivoca, pubblica, pacifica e senza mai ricevere contestazione alcuna e provvedendo, altresì, "a proprie cure e spese, personalmente e per mezzo di personale da lui incaricato, alla coltivazione ed alla manutenzione dello stesso a far data dal 18.07.2018". Dunque, sussistevano tutti i presupposti previsti dall'art. 1158 c.c. per l'acquisto del fondo per intervenuta usucapione. Tanto premesso, (...) adiva l'intestato Tribunale al fine di sentir dichiarare in suo favore l'intervenuto acquisto per usucapione del bene oggetto di causa. 1.2. Si costituiva in giudizio la (...) s.r.l. eccependo, in via preliminare, l'improcedibilità della domanda attorea sul presupposto che la procedura inerente al tentativo obbligatorio di mediazione non era stata correttamente eseguita, giacché - "a fronte dell'incontro fissato per il 11/10/2018 la lettera a.r. di convocazione è pervenuta nella sfera d conoscibilità della Società comparente, solo successivamente a tale data e, segnatamente, il 15/10/2018". Nel merito, contestava in fatto ed in diritto la fondatezza dell'avversa domanda rappresentando a tal fine l'insussistenza dei presupposti di cui all'art. 1158 c.c., dal momento che il dante causa del (...), (...), non aveva mai esercitato alcun possesso sul terreno di cui era causa, tant'è che alla cura ed alla manutenzione del fondo vi aveva provveduto nel corso degli anni "solo ed esclusivamente la (...) s.r.l." Fatte tali premesse, chiedeva dichiararsi - in via principale - l'improcedibilità della domanda e, nel merito, il rigetto della stessa. 1.3. Alla prima udienza di comparizione del 7 novembre 2019, concesso rinvio su istanza di parte attrice per la verifica del buon esito del tentativo di mediazione, la causa veniva differita all' udienza del 16 gennaio 2020, all'esito della quale veniva ulteriormente rinviata per esperire la procedura di mediazione. 1.4. Assegnati i termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., il giudizio veniva istruito mediante interrogatorio formale del convenuto ed escussione dei testi di parte attrice. Quindi, precisate le conclusioni, la causa veniva trattenuta in decisione all'udienza del 14 febbraio 2023, con concessione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti conclusionali. MOTIVI DELLA DECISIONE 2. Preliminarmente e in via del tutto assorbente sulle altre questioni, deve esaminarsi l'eccezione di improcedibilità della domanda articolata dalla società convenuta e reiterata fin negli scritti conclusionali. La (...) s.r.l., in particolare, insiste nella proposta eccezione evidenziando che la domanda di mediazione delegata dal Giudice sarebbe stata notificata a mezzo PEC al procuratore costituito e non già alla società personalmente; difensore privo dei necessari poteri in tal senso dal momento che la procura alle liti rilasciata per il presente giudizio "non è idonea né all'adesione alla procedura di mediazione né per presenziare alla stessa procedura in assenza della parte ". Sul punto, si oppone l'attore rappresentando che l'Organismo di mediazione, nel trasmettere la documentazione inerente alla procedura "via pec all'Avv. (...), in qualità di procuratore costituito della (...) S.r.l. e presso il quale quest'ultima aveva eletto il proprio domicilio", avrebbe operato correttamente. Ad avviso del (...), infatti, l'art. 8, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28 non prevede che la comunicazione debba essere necessariamente eseguita nei confronti della parte personalmente, ma solamente che a questa debbano essere comunicate la domanda e la data fissata per il primo incontro "con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione". L'eccezione è fondata. Non appare superfluo rammentare che dalla natura obbligatoria della mediazione demandata ex art. 5, comma II, D.Lgs. 28/2010 discende - al pari di quella c.d. obbligatoria ex lege di cui all'art. 5, comma 1 -bis - la circostanza che, a seguito dell'invito del Giudice, l'esperimento del procedimento di mediazione diviene condizione di procedibilità della domanda giudiziale. La domanda, che a mente dell'art. 4 D.Lgs. 28/2010 deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa, unitamente alla designazione del mediatore, alla sede, alla data e all'orario dell'incontro, nonché alle modalità di svolgimento della procedura e ad ogni altra informazione utile, devono essere comunicate a norma dell'art. 8 alle parti, a cura dell'organismo, con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione. Sulla scorta delle richiamate disposizioni, la giurisprudenza di merito è ormai unanime nel ritenere che anche nel caso in cui il procedimento di mediazione obbligatoria venga promosso in pendenza di giudizio, la comunicazione dell'istanza al solo indirizzo di posta elettronica certificata del procuratore costituito deve ritenersi invalida ed inefficace, non essendo tale possibilità contemplata dal D.Lgs. 28/2010, le cui disposizioni - come ben evidenziato dallo stesso attore - devono essere interpretate in maniera restrittiva e ben salda al dato letterale delle norme. In tali termini si sono espressi Tribunale Palermo, sez. II, 05/09/2019, n.3903, Tribunale di Novara, sentenza n. 434 del 15.07.2022 e ancor più di recente Tribunale Torre Annunziata sez. I, 21/02/2023, n.529, i quali - nel ritenere tale modalità di comunicazione al difensore di controparte, che ha ricevuto procura solo per la fase giudiziale, invalida ed inefficace - hanno dichiarato l'improcedibilità della domanda con impossibilità di sanare tale vizio. Diversamente, dunque, dalla notifica degli atti processuali, l'istanza di avvio della mediazione deve essere portata a conoscenza della controparte personalmente a cura dell'istante o dello stesso organismo di mediazione, non essendo invece contemplabile la possibilità di inviare la stessa al solo procuratore costituito in giudizio; di talché in difetto di comunicazione, la procedura di mediazione non può considerarsi utilmente avviata ed il giudizio deve essere dichiarato improcedibile. Alle medesime conclusioni è, altresì, giunto il Tribunale di Avellino che, in un caso analogo a quello in esame, ha osservato che: "Ai sensi dell'art. 8 D.Lgs. 28/2010, davanti al mediatore è obbligatoria la comparizione personale delle parti. La presenza è imposta dalla natura stessa del procedimento di mediazione come meccanismo di risoluzione alternativa delle controversie, volto a conciliare le parti mediante una soluzione bonaria della lite (...) lo stesso D.Lgs. n. 28/2010 non contempla, in nessuna sua parte, la possibilità di notificare la domanda al procuratore legale costituito, essendo invece necessario che l'atto sia portato a conoscenza del diretto interessato. Osserva, inoltre, che "l'irregolarità della notifica dell'istanza di mediazione nella fattispecie de qua, non è sanata neppure dalla procura alle liti rilasciata dall'opponente al proprio difensore atteso che quanto all'ipotesi di notifica al solo avvocato e non al diretto interessato, affinché la condizione di procedibilità possa considerarsi propriamente soddisfatta, occorre quantomeno che si evinca in maniera chiara che parte chiamata abbia eletto domicilio presso il proprio legale anche con riferimento alla fase stragiudiziale, ed espressamente per il procedimento di mediazione " (Trib. Avellino, sentenza n. 178 dell'1.02.2023). Ebbene, nel caso di specie la convocazione eseguita per il procedimento di mediazione, definito con verbale di esito negativo per assenza della parte convenuta, lungi dall'essere stata eseguita nei confronti della parte personalmente, è stata effettuata a mezzo PEC all'indirizzo del difensore della società convenuta e, "benché la stessa fosse avvenuta ad opera dell'organismo di mediazione e non già della parte attrice, incombeva comunque su quest'ultima, quale parte tenuta ad attivare, ai fini della procedibilità della domanda, la predetta procedura, il preciso onere di verificare la correttezza della comunicazione" (Trib. Torre Annunziata sez. I, 21/02/2023, n.529). Né vale a sanare tale vizio vale l'elezione di domicilio contenuta nella procura alle liti rilasciata dalla (...) s.r.l. al proprio difensore: invero, da un attento esame della medesima si evince che la società convenuta elegge domicilio presso lo studio del proprio procuratore solo per la fase giudiziale della procedura di usucapione iscritta al n. 6040/2018, mentre nulla viene espressamente detto per quella stragiudiziale e, nello specifico, per il procedimento di mediazione, per il quale la parte avrebbe potuto avvalersi anche di altro difensore. Dal mancato avveramento della condizione di procedibilità consegue l'accoglimento dell'eccezione sollevata dalla società convenuta di improcedibilità del giudizio per nullità del procedimento di mediazione e la conseguente declaratoria di improcedibilità della domanda. 3. La peculiarità della questione trattata alla luce del recente orientamento giurisprudenziale richiamato consente di ritenere sussistenti i presupposti per l'integrale compensazione tra le parti delle spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale di Catanzaro, Prima Sezione Civile, in persona del giudice monocratico Dott.ssa Elais Mellace, definitivamente pronunciando sulla presente controversia, disattesa e assorbita ogni contraria istanza, eccezione e difesa, così provvede: 1) dichiara l'improcedibilità della domanda attorea; 2) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di lite. Così deciso in Catanzaro, lì 4 giugno 2023 Depositata in Cancelleria il 7 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI CATANZARO SECONDA SEZIONE CIVILE In PERSONA del giudice onorario dott.ssa Maura Fragale, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 5573 del R.G.A.C. dell'anno 2015 avente ad oggetto opposizione a decreto ingiuntivo n. 412 del 2015 e vertente TRA (...) (c.f (...)) in qualità di titolare della ditta individuale (...) rappresentata e difesa, in virtù di procura a margine all'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, dall'avv.(...) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Catanzaro, alla Via (...) - ATTORE/OPPONENTE - E (...) s.p.a., (c.f.(...) incorporante (...) S.p.a. in forza di atto del 7.6 3 2071, a rogito del Notaio (...) notaio in M. rep. (...) / racc. (...))in persona del legale, rappresentante p.t., rappresentata e. difesa, in virtù di procura allegata alla comparsa di risposta, dagli avv.ti (...) ed (...), ed elettivamente domiciliata in Catanzaro (...) presso l'avv.(...) CONVENUTA/OPPOSTA - Oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo n. 412 del 2015 FATTO E DIRITTO 1. Con atto, di citazione ritualmente notificato, la sig.ra (...) nella sua qualità di titolare della ditta (...) ha preposto opposizione al decreto ingiuntivo n. 412/2015 con il quale il tribunale di Catanzaro gli aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 23.937,52, oltre interessi come richiesti in ricorso, fino al soddisfo ed oltre le spese del procedimento monitorio, in favore di (...) a titolo di saldo del contratto di finanziamento sottoscritto in data 10.06.2011 n. (...) che prevedeva, l'erogazione della somma di Euro 25.000,00 da rimborsare mediante n. 60 rate mensili , posticipate ed a tasso fisso del 6,55% annuo, come da contratto, regolarmente sottoscritto,, oltre interessi di mora in ragione del tasso applicato al finanziamento e maggiorato di due punti percentuali. 1.1. Occorre precisare che con note conclusionali i procuratori di parte opposta davano atto della fusione per incorporazione , in virtù di atto a rogito del Notaio (...) di B. del 2.2.2017, della S.p.a., in (...) in forma abbreviata anche solo (...) con effetto giuridico dal 20.2.2017; Per l'effetto di tale fusione, la (...) BANCA) è subentrata nei rapporti giuridici, attivi e passivi, già di titolarità della Banca incorporata (...) S.p.a.). Successivamente con atto del 26/3/2021, a rogito del Notaio (...) notaio in M. (rep. (...)/racc. (...)), con decorrenza 12/4/2021 S.p.A." si è fusa per incorporazione in (...) S.p.A." che, ai sensi dell'art. 2504bis c.c., è subentrata - ipso iure - in tutti i rapporti, anche processuali. (doc.4 comparsa conclusionale). 1.2.A sostegno dell'opposizione l'opponente ha dedotto preliminarmente che in relazione alle rate di mutuo, la Banca cessionaria avrebbe applicato un tasso di interesse eccedente il tasso di usura, avendo applicato agli interessi convenuti a tasso fisso del 6.55% una maggiorazione di due punti percentuali a titolo di interessi di mora superando cosi i limiti di legge, con conseguente nullità del contratto o delle clausola n. 4 in esso contenuta ed in forza dell'art. 1815,2 co. c.c. in base al quale " se sono convenuti interessi usurai la clausola è nulla e non sono dovuti interessi",non era tenuta a corrispondere alla Banca gli interessi richiesti. 1.3.Si è costituita la Banca (...) s.p.a. per chiedere il rigetto della proposta opposizione, insistendo nelle richiesta di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo. Alla prima udienza del 07/06/2016 il giudicante ha accolto la richiesta di concessione della provvisorietà del decreto ingiuntivo opposto e, rilevato il mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, ha concesso alle parti il termine per effettuarlo rinviando alla udienza del 13.12.2016 . Il tentativo di mediazione, puntualmente espletato da parte opponente, non ha tuttavia sortito esito positivo, sicchè alla predetta udienza venivano concessi i termini di cui all'art. 183 VI co. c.p.c.. Alla udienza del 20/06/2017 parte opponente eccepiva la circostanza che l'onere di attivare la procedura di mediazione spettasse a parte opposta, sicché la mancata comparizione della Banca all'incontro, imponeva la declaratoria di improcedibilità dell'opposizione con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto. La causa veniva trattenuta in decisione su tale eccezione, e con ordinanza del 3.07.2018, il giudice ritenendo che parte onerata ad attivare il procedimento di mediazione fosse l'opponente, e che solo la mancata presentazione della mediazione determinasse l'improcedibilità, rimetteva la causa sul ruolo per il prosieguo. Alla udienza del 23 ottobre 2018 il giudice, in assenza di prova dello sconfinamento della soglia usura fissava rinvio per la precisazione delle conclusioni. 2. L'opposizione è infondata e deve essere pertanto rigettata. Sulla pretesa applicazione di un tasso di interesse ultralegale. A detta di parte attrice/opponente, il contratto di finanziamento concluso con la (...) prevedeva l'illegittima applicazione di interessi ultralegali, non fornendo tuttavia parte attrice alcun supporto probatorio a conferma di quanto asserito. Per tali motivi, l'eccezione in parola si deve considerare come tamquam non esset. Giova qui ricordare come univoca giurisprudenza ritenga che una contestazione, per avere rilievo giuridico, debba essere precisa e circostanziata, non potendosi risolvere in una mera frase di stile (cfr. Cass. Civ. n. 5356/2009). Il Giudice romano, sul punto, ha statuito che "ciò finirebbe con il rendere l'azione proposta meramente esplorativa, limitata ad un elenco generale ed astratto di invalidità, la cui fondatezza e rimessa alla scontata adesione del giudicante ad orientamenti giurisprudenziali che tuttavia non esonerano la parte dall'onere di allegare e pro vare in concreto i fatti costitutivi della propria pretesa" (cfr. Trib. Roma, 26 febbraio 2013, n. 4233, cit.). Pertanto, come supportato da copiosa giurisprudenza di merito, le allegazioni e/o contestazioni generiche debbono ritenersi inammissibili (cfr. sul punto, Trib. Latina, 28 agosto 2013) Parte attrice, infatti, si limitava a contestare in maniera meramente schematica sui presunti vizi del contratto di finanziamento in oggetto, senza fornire la minima giustificazione alla base dei propri assunti. Ed invero, per verificare il rispetto o meno della soglia usura, occorre: a) Individuare il TAEG previsto con il contratto di finanziamento; b) Confrontare il TAEG pattuito con le soglie pubblicate dalla B.I. nel trimestre in cui il contratto è stato stipulato. Ciò chiarito, occorre rilevare che il predetto contratto di finanziamento, prevedeva un tasso fisso del 6,55% annuo ed oltre gli interessi di mora in ragione del tasso applicato al finanziamento e maggiorato di due punti percentuali, portando quindi il tasso effettivo ad 8,55, poiché il contratto è stato sottoscritto in data 10.06.2011, occorre fare riferimento alle soglie comunicate dalla B.I. relativamente al secondo trimestre 2011. Nel trimestre in considerazione, B.I. aveva individuato, per le operazioni rientranti nella categoria "altri finanziamenti alle famiglie, ed alle Imprese", un tasso effettivo globale medio del 11,09 che, aumentato del 50%, arriva al tasso soglia del 16,63%. Ebbene, nel momento in cui si è verificato l'inadempimento, ossia il 10.09.2011 e quindi da tenere in considerazione il terzo trimestre 2011, il tasso di mora (8,55%) era da ritenere sotto il tasso soglia, posto che in tale periodo il tasso medio era del 10,96 ed il tasso soglia era del 17,70 ( cfr. Doc. 5 parte opposta). Appare pertanto di tutta evidenza come il TAEG contrattualmente previsto, pari al 8,55 % sia inferiore al tasso soglia previsto da B.I. per il trimestre di riferimento (17,70 %). Alla luce delle suesposte circostanze, il credito della banca deve ritenersi provato e l'opposizione rigettata e per l'effetto, deve essere confermato il predetto decreto ingiuntivo dichiarandolo definitivamente esecutivo. 3. Giova ancora una volta soffermarsi sulla eccezione di improcedibilità della domanda sollevata da parte opponente secondo cui la domanda di mediazione che secondo recente giurisprudenza ( Cass. n. 19596 del 18.09.2020) è posta a carico di parte opposta, non essendo stata esperita dalla stessa ma da parte opponente determinerebbe l'improcedibilità della domanda e la conseguente revoca del decreto opposto ove tra l'altro parte opposta non ha neanche presenziato alla seduta in mediazione. Ebbene l'eccezione deve respingersi atteso che la domanda di mediazione su disposizione del giudice del 07/06/2016 era stata posta a carico delle parti non menzionando se tale incombente fosse posto a carico di parte opposta o di parte opponente sicché quest'ultima attivandosi diligentemente ed avendone la facoltà, ha provveduto a tale incombente onde non incorrere nella sanzione dell'improcedibilità che non va a colpire la pretesa creditoria azionata in via monitoria, bensì l'opposizione, con conseguente irrevocabilità del decreto ingiuntivo (Trib. Firenze, 21.4.2015). Va disattesa, quindi l'eccezione di improcedibilità della domanda, atteso che tale ipotesi ricorre unicamente ove la mediazione non sia stata esperita e non anche, come nel caso in esame, sia stata esperita da parte opponente, rendendo, con ciò, soddisfatta la condizione di procedibilità, non rilevando, pertanto, il recente arresto di legittimità, che è successivo alla definizione della procedura di mediazione. Peraltro la mancata comparizione dell'opposto dinanzi al mediatore, a seguito di iniziativa assunta dall'opponente, non può comportare l'improcedibilità del giudizio di opposizione. Tale conseguenza, infatti, non rientra fra quelle previste per la mancata comparizione dall'art. 8, comma 4-bis D.Lgs. n. 28 del 2010, che prevede, come conseguenza dell'assenza delle parti, la sola applicazione di una sanzione pecuniaria oltre che la rilevanza di tale comportamento ex art. 116 c.p.c.. La Cassazione ha, infatti, precisato che "l'improcedibilità, quale conseguenza sanzionatoria di un comportamento procedurale omissivo, derivante dal mancato compimento di un atto espressamente configurato come necessario nella sequenza procedimentale deve essere espressamente prevista, non potendo procedersi ad applicazione analogica in materia sanzionatoria, attese le gravi conseguenze del rilievo dell'improcedibilità", ragion per cui l'improcedibilità non può operare in difetto di espressa previsione legislativa (cfr. Cass. n. 20975/2017) che, nel caso di specie, manca. Tuttavia, considerato che pacificamente "opposto non ha partecipato alla procedura di mediazione né ha fornito giustificazione valida della sua mancata partecipazione, deve essere condannato a versare all'Erario l'importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il presente giudizio. 4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo sulla base dei valori medi di cui alla tabella n. 2 allegata al D.M. n. 55 del 2014, aggiornati con D.M. n. 147 del 2022 per lo scaglione corrispondente al valore della domanda (pari ad Euro 23.937,52), diminuiti del 50% in ragione della qualità delle parti e del grado di difficoltà della controversia e con esclusione della fase istruttoria che non ha avuto autonomo svolgimento. 4.1. Con separato decreto contestuale, ai sensi del comma 3-bis dell'art. 83 del D.P.R. n. 115 del 2002, viene liquidato il compenso professionale al solo difensore della parte opponente ammessa al patrocinio a spese dello Stato, ma non anche a carico della parte risultata vittoriosa non potendo addossare allo Stato anche le spese che la parte ammessa sia condannata a pagare all'altra parte risultata vittoriosa (Cass. 8388/2017). P.Q.M. Il tribunale di Catanzaro, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e difesa respinte: - rigetta l'opposizione proposta da (...) e per l'effetto conferma il decreto ingiuntivo n.412/2015. - condanna (...) al pagamento in favore di (...) s.p.a., delle spese di lite del presente giudizio che liquida nella somma di Euro 1.698,50 oltre a rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge. - Condanna (...) s.p.a. in persona del legale rappresentante p.t. al versamento all'Entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il presente giudizio. Così deciso in Catanzaro l'11 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 17 maggio 2023.

  • TRIBUNALE ORDINARIO DI CATANZARO SEZIONE SECONDA CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del giudice onorario, dott.ssa Maria Renda, ha pronunciato la seguente SENTENZA PARZIALE nella causa civile iscritta al n. r.g. 1361/2022 avente ad oggetto "Responsabilità extracontrattuale" promossa da: (...) (c.f.: (...)), con l'avv. (...) Parte attrice contro MINISTERO DELL'ISTRUZIONE DELL'UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA (P.Iva: 80255230585), ISTITUTO TECNICO TECNOLOGICO BRUNO CHIMIRRI (P.Iva: 80003880798), in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., con l'Avvocatura dello Stato, in persona dell'avv. (...) Parti convenute contro (...) S.R.L. (P.Iva: (...)), in persona del l.r.p.t., con l'avv. (...) Parte convenuta contro (...) S.P.A (P.Iva: (...)), in persona del l.r.p.t., con l'avv. (...) Terza chiamata SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato il 30.03.2022, (...) conveniva in giudizio, l'Istituto Tecnico Tecnologico Bruno Chimirri, in persona del l.r.p.t., il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, in persona del Ministro in carica p.t., nonché la (...) S.r.l., in persona del l.r.p.t., chiedendo al Tribunale adito: - accertare e dichiarare che le lesioni patite da (...) sono da ascriversi al sinistro occorso in data 01.04.2017 presso l'Istituto B. Chimirri di Catanzaro; - per l'effetto accertare e dichiarare il diritto di (...) al risarcimento del danno nella misura pari ad Euro 11.658,14 ovvero nella maggiore o minore somma che sarà ritenuta giusta ed accertata in corso di causa, oltre gli interessi legali dal giorno del sinistro sino al soddisfo e la rivalutazione monetaria; - condannare il Miur, l'Istituto B. Chimirri e la Compagnia (...) s.r.l. in so lido tra loro al risarcimento del danno occorso a (...), da quantificarsi in Euro 11.658,14 ovvero nella maggiore o minore somma ritenuta di giustizia - con vittoria di spese e compensi da distrarsi in favore dello Stato, giusta ammissione dell'attrice al gratuito patrocinio. A fondamento della domanda parte attrice deduce che in data 01.04.2017, mentre svolgeva l'ora di educazione fisica, quale alunna della classe IV/G dell'Istituto Chimirri, cadeva bruscamente a terra, riportando una frattura vertebrale. In seguito al sinistro de quo l'attrice subiva danni complessivamente quantificati in Euro 11.658,14 per spese mediche e danno biologico da inabilità temporanea. Afferma l'attore che l'evento è da imputarsi alla responsabilità delle parti convenute, atteso che i luoghi ove è occorso il sinistro, risultavano del tutto inidonei allo svolgimento dell'attività di educazione fisica. Con comparsa del 09.05.2022 si è costituita nel presente giudizio la (...) S.r.l., in persona del l.r.p.t., chiedendo al Tribunale: - preliminarmente, accertare e dichiarare il difetto della propria legittimazione passiva con contestuale estromissione dal giudizio; - ancora preliminarmente, previa declaratoria del difetto di legittimazione passiva ed estromissione dal giudizio, condannare parte attrice al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c.; - in subordine, accertare e dichiarare l'inammissibilità della domanda promossa da parte attrice per violazione dell'art. 163 c.p.c. n. 3 e 4, con condanna al pagamento delle spese, diritti ed onorari di lite; - in subordine rigettare la domanda di parte attrice siccome infondata in fatto e diritto, con condanna al pagamento delle spese, diritti ed onorari di lite; - in via gradata ridurre l'ammontare dell'avversa pretesa risarcitoria, contenendola nei limiti delle condizioni di assicurazione stipulate tra le parti, del massimale di polizza e con l'applicazione delle franchigie e degli scoperti previsti dal contratto stipulato, con condanna al pagamento delle spese, diritti ed onorari di lite; Con comparsa di costituzione e risposta del 27.05.2022 si costituivano il Ministero dell'Istruzione e l'Istituto scolastico Chimirri chiedendo al Tribunale: - in via preliminare, accertare il difetto di legittimazione passiva dell'Istituto convenuto e, per l'effetto, dichiarare la sua estromissione dal presente giudizio; - fissare, ai sensi dell'art. 269 c.p.c., successiva udienza per consentire la chiamata in causa del terzo garante, ex art. 106 c.p.c., ossia la Compagnia Assicurativa (...) Limited; - nel merito, in via principale, respingere la domanda attorea, siccome infondata in fatto e diritto; - in via subordinata, nel caso di accoglimento della domanda attorea, accertare la sussistenza dell'obbligo di garanzia per la responsabilità civile in capo all'(...) Limited e, per l'effetto, condannarla a tenere indenne l'Amministrazione convenuta dei danni che eventualmente sia condannata a pagare in conseguenza dei fatti di cui in causa; - in ogni caso, condannare la Compagnia assicuratrice al pagamento delle spese di lite in favore dell'Amministrazione convenuta ai sensi dell'art. 1917, comma 3, c.p.c. e, comunque, per non aver provveduto ad assolvere al contratto di assicurazione e, pertanto, per aver costretto l'Amministrazione a subire il giudizio. Con ordinanza del 13.07.2022, veniva disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'(...) Limited, in persona del l.r.p.t., la quale con comparsa di costituzione e risposta si costituiva nel presente giudizio chiedendo al Tribunale: - preliminarmente, accertare e dichiarare il difetto di legittimazione passiva della (...) S.r.l., con contestuale estromissione dal giudizio della stessa; - in subordine, accertare e dichiarare l'inammissibilità della domanda promossa da parte attrice per violazione dell'art. 163 c.p.c. n. 3 e 4, con condanna al pagamento delle spese, diritti ed onorari di lite; - in subordine rigettare la domanda di parte attrice siccome infondata in fatto e diritto, con condanna al pagamento delle spese, diritti ed onorari di lite; - in via gradata ridurre l'ammontare dell'avversa pretesa risarcitoria, contenendola nei limiti delle condizioni di assicurazione stipulate tra le parti, del massimale di polizza e con l'applicazione delle franchigie e degli scoperti previsti dal contratto stipulato, con condanna al pagamento delle spese, diritti ed onorari di lite; Il Giudice, a fronte della questione pregiudiziale, sollevata dalle convenute, in ordine alla carenza di legittimazione passiva della (...) S.r.l e conseguente estromissione di quest'ultima dal presente giudizio, riteneva necessario decidere sulla predetta questione ed invitava pertanto le parti a precisare le conclusioni in merito ed a tanto esse provvedevano all'udienza del 20.01.2023, dove la causa veniva trattenuta a sentenza. MOTIVI DELLA DECISIONE In termini generali, appare opportuno premettere che la legittimatio ad causam, attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell'attore, prescindendo dall'effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, con conseguente dovere del giudice di verificarne l'esistenza in ogni stato e grado del procedimento. Fondandosi, quindi, la legittimazione ad agire o a contraddire, quale condizione dell'azione, sulla mera allegazione fatta in domanda, una concreta ed autonoma questione intorno ad essa si delinea solo quando l'attore faccia valere un diritto altrui, prospettandolo come proprio, ovvero pretenda di ottenere una pronunzia contro il convenuto pur deducendone la relativa estraneità al rapporto sostanziale controverso (Cass. n. 14468/2008). Facendo buon governo dei richiamati principi di diritto, nel caso di specie, deve rilevarsi la carenza di legittimazione passiva della (...) S.r.l.. Risulta, infatti, documentato che la Compagnia di Assicurazione per la responsabilità civile dell'Istituto scolastico Chimirri è l'(...) Limited S.p.a. e non la (...) s.r.l. che ha, invece, operato in rappresentanza della prima, come mera gestionaria del sinistro occorso. Tale circostanza emerge chiaramente dalla corrispondenza intercorsa tra le parti durante la fase stragiudiziale, atteso che riscontrando la denuncia di sinistro e l'istanza contenente l'invito alla negoziazione assistita, inoltrate dall'Istituto Scolastico per il tramite del proprio difensore, la (...) S.r.l. rendeva nota la propria qualità di incaricata della gestione e liquidazione del sinistro occorso, manifestando anche l'intenzione di non aderire all'invito di negoziazione, siccome non legittimata. Per di più, l'estraneità della (...) in ordine al contratto di assicurazione concluso tra l'Istituto "B. Chimirri", e in generale, rispetto all'attività assicurativa propriamente intesa, oltre che dalla richiamata documentazione si desume anche dalla relativa forma sociale che la caratterizza. Giova, infatti, evidenziare che in ragione della particolare rilevanza dell'attività svolta dalle compagnie di assicurazione e nell'ottica di garantire una sana e prudente gestione dell'attività assicurativa, il legislatore ha previsto degli specifici requisiti per l'accesso all'attività assicurativa. Si richiama al riguardo sia la norma di cui all'art. 1883 c.c., secondo cui "l'impresa di assicurazione non può che essere esercitata da un istituto di diritto pubblico o da una società per azioni" e sia la speciale disciplina contenuta nel D.Lgs. 209/2005 (Codice delle assicurazioni private), il cui art. 14 prevede tra le varie condizioni necessarie per ottenere il rilascio della relativa autorizzazione da parte dell'IVASS, che "sia adottata la forma di società per azioni, di società cooperativa o di mutua assicurazione le cui quote di partecipazione siano rappresentate da azioni, costituite ai sensi, rispettivamente, degli articoli 2325, 2511 e 2546 del codice civile, nonché nella forma di società europea ai sensi del regolamento (CE) n. 2157/2001 relativo allo statuto della società europea e la forma di Società cooperativa europea (SCE) ai sensi del regolamento (CE) n. 1435/2003". Tanto precisato e decidendo con sentenza parziale diretta a risolvere solo la questione preliminare affrontata, si provvede con la reiezione delle domande svolte nei confronti della (...) S.r.l., in ragione della rilevata carenza di legittimazione passiva della stessa e si dispone la sua estromissione dal presente giudizio, ex art. 108 c.p.c., stante la non opposizione al riguardo delle altre parti in causa. Quanto, invece, alla richieste di condanna di parte attrice al risarcimento del danno per lite temeraria ex art. 96 c.p.c., occorre precisare che l'affermazione della responsabilità processuale aggravata della parte soccombente, secondo la previsione dell'art. 96, I co., c.p.c., postula, oltre al carattere totale di tale soccombenza, che l'avversario deduca e dimostri la concreta ed effettiva esistenza di un danno, quale conseguenza del comportamento processuale della parte medesima, nonché la ricorrenza, in detto comportamento, del dolo o della colpa grave, cioè della consapevolezza, o dell'ignoranza derivante dal mancato uso di un minimo di diligenza, dell'infondatezza delle proprie tesi, ovvero del carattere irrituale o fraudolento dei mezzi adoperati per agire o resistere in giudizio. Ciò posto, con riferimento alla fattispecie concreta deve, innanzitutto, evidenziarsi come nell'iniziativa assunta e nella condotta processuale tenuta da (...) non è dato ravvisare quei profili di dolo o colpa grave richiesti ai fini dell'affermazione della responsabilità ex art. 96 c.p.c.; ad ogni buon conto (...) S.r.l., pur gravata dall'onere di specifica allegazione e prova, non ha offerto elementi concreti da cui inferire che, per effetto dell'iniziativa e della condotta processuale della parte avversa, abbia sofferto un qualche pregiudizio risarcibile; pregiudizio che, come noto, non può che essere diverso ed ulteriore rispetto all'onere economico sopportato per la difesa tecnica, atteso che quest'ultimo è coperto, invece, dalle previsioni di cui agli artt. 91 e ss. c.p.c. e dalla rifusione delle spese di lite contemplata a carico della parte soccombente. Attesa la soccombenza nel rapporto con (...) S.r.l. parte attrice deve essere, pertanto, condannata alla rifusione, in favore della stessa, delle spese processuali che vengono liquidate come in dispositivo, ai sensi del D.M. 147/2022, con applicazione dei relativi parametri alla sola fase di studio e introduttiva, rimettendosi la causa in istruttoria per il proseguimento del giudizio e l'esame del merito con separata ordinanza. P.Q.M. Il Tribunale di Catanzaro, in composizione monocratica, pronunciando, sulle domande proposte nei confronti della (...) S.r.l., in persona del l.r.p.t., nell'ambito del giudizio n. 1361/2022, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa e/o assorbita così dispone: a) dichiara il difetto di legittimazione passiva della (...) S.r.l., in persona del l.r.p.t., rispetto alla domanda proposta da (...) e, per l'effetto, ne dispone l'estromissione dal presente giudizio; b) rigetta la domanda di risarcimento danni ex art. 96 c.p.c., proposta da (...) S.r.l., in persona del l.r.p.t., nei confronti di (...); c) condanna (...) alla rifusione, in favore della (...) S.r.l., in persona del l.r.p.t., delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 849,00, oltre accessori come per legge; d) con separata ordinanza rimette la causa in istruttoria per la decisione in ordine alle domande proposte dall'attrice (...), contro il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, in persona del Ministro in carica p.t., l'Istituto Tecnico Tecnologico Bruno Chimirri, in persona del l.r.p.t., nonché contro (...) Limited, in persona del l.r.p.t., quale terza chiamata. Catanzaro, 28 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 2 maggio 2023.

  • Repubblica Italiana In Nome del Popolo Italiano TRIBUNALE DI CATANZARO SECONDA SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Catanzaro, Seconda Sezione Civile, in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Alessandra Petrolo, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al n. (...) R.G.A.C. per l'anno (...); TRA (...), rappresentata e difesa, giusta mandato a margine all'atto introduttivo del giudizio, dall'avv. (...) nel cui studio in (...), è elettivamente domiciliata; attrice CONTRO (...), in persona del legale rappresentante p.t. (...), elettivamente domiciliata in (...), giusta procura in atti; convenuta Oggetto: mutuo - interessi moratori usurari. Conclusioni delle parti: come da "note di trattazione scritta" depositate. MOTIVI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE 1. (...), in data 19 luglio 20012, ha stipulato con la (...), un contratto di mutuo assistito da garanzia ipotecaria, in forza del quale la (...) ha concesso alla parte mutuataria un mutuo a tasso fisso, per la somma complessiva di euro 103.000,00, della durata di 20 anni, con i seguenti termini e modalità di rimborso: 240 rate mensili dell'importo di euro 731,99 ciascuna. La mutuataria ha dedotto, tuttavia, che nel contratto de quo, le clausole contrattuali che prevedevano i tassi di interesse sia corrispettivo: 5,90 per cento, che moratorio: 9,90 per cento, il piano di ammortamento, nonché il costo complessivo effettivo del contratto (TAEG) a carico del cliente risultavano illegittime per capitalizzazione occulta, violazione delle norme sulla trasparenza bancaria (in particolare art. 117 T.U. Bancario) e della normativa antiusura, hi particolare: a) vi sarebbe il superamento del Tasso Soglia Usura sommando il tasso corrispettivo e il tasso moratorio; sommando al tasso convenzionale di mora tutte le spese, competenze e remunerazioni collegate al mutuo, il TEG sarebbe superiore al tasso soglia usura vigente al momento della stipula del contratto iniziale, b) con conseguente diritto al ricalcolo del piano di ammortamento con imputazione dei pagamenti sin ora pagati al capitale; c) il piano di ammortamento del contratto sarebbe illegittimo in quanto risulta applicata la formula dell'interesse composto al posto di quella dell'interesse semplice; d) il (...) effettivo sarebbe diverso da quello indicato dalla Banca nel contratto. Si è costituito in giudizio l'Istituto bancario eccependo, preliminarmente, la propria carenza di legittimazione passiva in ragione dell'avvenuta cessione del credito in questione e deducendo, nel merito, l'infondatezza della avversa domanda. In particolare, la Banca convenuta ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità della domanda avversa, stante la totale carenza di interesse dell'attrice ad agire per la verifica del carattere usurarlo degli interessi di mora, in quanto mai applicati nel corso del rapporto a fronte del regolare pagamento delle rate di mutuo, hi ogni caso, si è difesa affermando che mai gli interessi convenuti avevano superato il tasso soglia ed ha contestato le conclusioni contenute nella perizia econometrica allegata all'atto di citazione, rilevando l'erroneità dei calcoli ivi contenuti, anche perché fondati sull'inammissibile sommatoria tra interessi corrispettivi e interessi molatori. Ha chiesto, quindi, il rigetto della domanda attorea. La causa, espletata CTU tecnico-contabile sul rapporto bancario controverso, è stata introitata per la sentenza sulle conclusioni precisate dai procuratori delle parti all'udienza del 4.10.2022, in cui sono stati assegnati i termini previsti dall'art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti conclusionali e delle memorie di replica. 2. In via preliminare, va esaminata l'eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata da (...), la quale ha dedotto che il contratto per cui è causa, originariamente stipulato dall'attrice con (...), è stato successivamente conferito a (...), ed è stato, successivamente, oggetto di cessione pio soluto a (...) S.r.l. ai sensi dell'art. 58 TUB e della L. n. 130 del 1999. L'eccezione è infondata in quanto oggetto dell'operazione di cartolarizzazione a cui fa riferimento la Banca convenuta è il portafoglio delle posizioni creditorie derivanti dai contratti di mutuo erogati dall'Istituto di credito cedente, ma non gli stessi contratti di mutuo. Sicché, in forza di tale cessione, la (...) è divenuta titolare del solo credito, ma non si è sostituita alla Banca mutuante nella sua qualità di parte del contratto di mutuo concluso dall'odierna attrice con (...) in data 19.07.2002, (cfr. Tribunale Roma Sez. XVII, Sent., 15/01/2020, secondo cui: "Tale conclusione non è superata dal principio secondo il quale, a norma degli artt. 1260 e segg. c.c. il cessionario subentra nel diritto di credito del cedente sostituendosi ad esso ed assumendo la sua stessa posizione e che "a seguito della cessione del credito il debitore ceduto diviene obbligato verso il cessionario allo stesso modo in cui era tale nei confronti del suo creditore originario. Pertanto potrà opporre al cessionario tutte le eccezioni opponibili al cedente, comprese quelle attinenti alla validità del titolo costitutivo del credito" (per tutte Cass. 10.1.01 n. 575, richiamata da Cass. 9.7.14 n. 15610). Difatti, tale principio va correttamente interpretato nel senso che le contestazioni da parte del debitore ceduto in ordine al credito, comprese quelle relative al suo titolo costitutivo (nel caso in esame, il contratto di finanziamento), incluse le eventuali nullità dello stesso, possono essere rivolte anche nei confronti del cessionario del credito che agisca per il pagamento, ma non anche nel senso che le medesime contestazione devono essere rivolte in via di azione (non di eccezione) nei confronti del cessionario, il quale non è subentrato nella posizione contrattuale del creditore cedente"). 3. Tanto premesso, le domande attoree sono infondate e devono essere rigettate per le ragioni che si vanno ad esporre. 3.1. Priva di pregio è l'eccepita usurarietà ab origine del contratto di mutuo. Parte attrice ha lamentato l'illegittima pattuizione muovendo dell'assunto secondo cui gli interessi corrispettivi, calcolati unitamente a quelli molatori, sconfinerebbero nell'usura, così finendo per confrontare con il rilievo trimestrale in materia di usura una entità impossibile, poiché sommatoria di due voci autonome e distinte, e che non possono coesistere insieme al tempo della loro applicazione. Ed infatti, come affermato anche di recente dalla giurisprudenza di legittimità (v. Cass. SU 18 settembre 2020 n. 19597), deve escludersi che il rispetto del tasso soglia vada verificato semplicemente sommando gli interessi molatori con quelli corrispettivi. Ciò in ragione del fatto che, mentre i primi verranno ad esistenza se e quando vi sarà inadempimento, i secondi sono dovuti dal momento dell'erogazione del finanziamento. Infatti anche laddove, come frequentemente avviene, le parti avessero determinato il tasso di interesse moratorio in una misura percentuale maggiorata rispetto al tasso dell'interesse corrispettivo, ciò assume rilievo esclusivamente sotto il profilo della modalità espressiva adottata per la quantificazione del tasso, ma non implica sul piano logico giuridico una sommatoria dell'interesse corrispettivo con quello moratorio, dato che quest'ultimo, sia pure determinato in termini di maggiorazione sull'interesse corrispettivo, comunque si sostituisce al primo (Trib. di Milano L6.02.2017). Ne deriva, quindi, che l'usurarietà degli interessi moratori va calcolata separatamente rispetto agli interessi corrispettivi, confrontando il tasso moratorio pattuito, nonché il tasso concretamente applicato in caso di inadempimento con il TEGM, maggiorato dell'incremento medio rilevato per gli interessi moratori dalla (...), (cfr. Tribunale Roma sez. HI, 26/03/2021, n.5286). 3.2. Ciò posto, non può essere accolta neanche la domanda di nullità della clausola determinativa del tasso di mora per supposta violazione della normativa antiusura. E' indubbio che gli interessi convenzionali di mora non sfuggono alla regola generale per cui, se pattuiti ad un tasso eccedente quello stabilito dall'art. 2, comma 4, L. n. 108/96, vanno qualificati ipso iure come usurari (per la disamina di questo principio si veda in particolare, da ultimo, Cass. ord. 30 ottobre 2018, n. 27442). Il suddetto principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella già richiamata sentenza n. 19597/2020, con la quale ha chiarito che "In tale evenienza, sì applica la regola generale dei risarcimento per il creditore, di cui all'art. 1224 cod. civ, commisurato (non più alla misura preconcordata ed muraria, ma) alla misura pattuita per gli interessi corrispettivi, come prevede la disposizione". Pertanto, se gli interessi molatori dovessero risultare usurari, solo questi sarebbero illeciti; se gli interessi corrispettivi risultano sotto soglia, sono dovuti nonostante l'illiceità degli interessi di mora. La nullità degli interessi moratori non si estende agli interessi corrispettivi. Esclusa l'applicabilità di una soluzione che azzeri gli interessi moratori, la Suprema Corte ha poi riconosciuto, da un lato, che "l'interesse ad agire in relazione ad una clausola reputata in tesi nulla o inefficace sussiste sin dalla pattuizione della medesima, in quanto risponde ad un bisogno di certezza del diritto che le convenzioni negoziali siano accertate come valide ed efficaci, oppur no. Ciò perché (cfr., fra le altre, Cass. 31 luglio 2015, n. 16262) l'interesse ad agire in un'azione dì mero accertamento non implica necessariamente l'attualità della lesione di un diritto, essendo sufficiente uno stato di incertezza oggettiva", dall'altro che "il tasso rilevante è quello in concreto applicato dopo l'inadempimento - la conseguenza è che la sentenza sarà di mero accertamento dell'usurarietà del tasso, tua in astratto, senza relazione con lo specifico diritto vantato dalla banca, posto che ancora non sarà attuale l'inadempimento ed il finanziatore ancora non avrà preteso alcunché a tale titolo. In altri termini, se il finanziato agisca in accertamento in corso di regolare rapporto, ed ottenga sentenza di nullità della clausola, ciò non vuol dire che, da quel momento in poi, egli potrà non adempiere e pretendere che nessun interesse gli sia applicato, oltre all'interesse corrispettivo, incluso nelle rate già dovute." Fatte tali premesse, per quanto accertato anche a mezzo della ctu disposta sulla documentazione bancaria in atti, una corretta indagine sugli interessi moratori, singolarmente valutati, porta ad escludere i lamentati profili di usurarietà, atteso che "il TAEG dell'operazione risulta essere pari a 6,436 per cento ed è inferiore al tasso soglia per il periodo considerato. (8,430 per cento)" (cfr. relazione peritale p. 26). Peraltro, ed in ogni caso occorre precisare per il rapporto oggetto di causa non sono mai stati addebitati alla cliente interessi moratori. Nel caso di specie, infatti, la parte attrice non ha mai dedotto essersi verificato un inadempimento, a seguito del quale la banca le abbia addebitato, in concreto, interessi moratori. 3.3. Manifestamente infondata è, altresì, la doglianza secondo cui il piano di ammortamento sarebbe illegittimo perché risulterebbe applicata la formula dell'interesse composto. La tesi non è condivisibile atteso che, nei mutui ed. "alla francese", come quello in esame, gli interessi delle singole rate di ammortamento sono calcolati solo sul capitale residuo e non sul capitale comprensivo di interessi e ciò esclude ogni anatocismo. Si osserva al riguardo che con l'espressione piano di ammortamento alla francese (ovvero a rata costante) dovrebbe intendersi unicamente il piano che preveda rate di rimborso costanti nel tempo, ipotesi all'evidenza consentita solo in caso di mutui a tasso fisso; tale espressione (e metodologia) viene tuttavia estesa anche ai mutui a tasso variabile, con la particolarità che il piano di ammortamento è simulatamente calcolato sulla base del tasso vigente alla data di stipulazione (come se dovesse rimanere costante), e ciò consente di individuare, in ciascuna rata, la quota di capitale in restituzione (tanto che a volte il piano di ammortamento in tali casi riguarda il solo capitale), potendosi poi conteggiare per ciascuna rata la quota di interessi, in base al tasso variabile, sul capitale via via residuo al netto delle restituzioni di capitale effettuato con le rate precedenti (ne conseguiranno rate non costanti nella loro entità) (cfr. Tribunale di Milano, sez. VI, sentenza del 5 maggio 2014). La giurisprudenza di merito oramai pressoché unanime reputa legittima una tale forma di ammortamento, non discendendo dalla sua applicazione alcuna forma di capitalizzazione vietata, con la specificazione che l'imputazione dei pagamenti prevalentemente in conto di interessi e solo in minima parte in conto capitale (nell'ammortamento "alla francese" la quota capitale è nelle prime rate molto bassa e cresce col tempo) risulta assolutamente rispondente alla regola prevista nell'art. 1194 cc. (cfr. Trib. Mantova 11.3.2014; Trib. Siena 11.7.2014; Trib. Pescara 10.4.2014; Trib. Milano 5.5.2014; Trib. Ferrara 5.12.2013; Trib. Lecce 16.9.2014). 3.4. Infondato, infine, è da considerarsi il motivo relativo all'asserita erronea indicazione del (...), quest'ultimo mero indicatore sintetico del costo complessivo dell'operazione di finanziamento. (...) è stato previsto dalla direttiva europea 90/88/CEE ed è stato recepito nel sistema normativo italiano, per la prima volta, dalla delibera CICR del 4 marzo 2003 (art. 9), che ha demandato alla (...) il compito di individuare le operazioni e i servizi per i quali, in ragione delle caratteristiche tecniche, gli intermediari sono obbligati a rendere noto un "Indicatore Sintetico di Costo" (ISC) comprensivo degli interessi e degli oneri che concorrono a determinare il costo effettivo dell'operazione per il cliente, secondo la formula stabilita dalla (...) medesima. La (...) ha quindi modificato le Istruzioni di Vigilanza con provvedimento del 25 luglio 2003 e, successivamente, ha adottato un autonomo provvedimento sulla Trasparenza delle operazioni e dei servizi (in data 29 luglio 2009 e più volte aggiornato), con i quali ha introdotto l'ISC nei contatti di mutuo e di finanziamento in genere, calcolato secondo le stesse modalità e gli stessi oneri previsti per il TAEG. Solo con riferimento ai contratti di credito al consumo (tipologia di contratto bancario nella quale è percepita in modo maggiormente pregnante la tutela del cliente quale contraente debole), l'art. 125-bis, comma 6, T.U.B. disciplina in modo espresso le conseguenze dell'erronea indicazione del TAEG pubblicizzato, prevedendo espressamente che siano solo i costi non considerati nel calcolo di tale indicatore sintetico di costo a non essere dovuti, ferma la validità del relativo contratto e l'applicazione degli interessi convenzionali pattuiti per iscritto. Sebbene l'obbligo di indicare l'ISC nei contratti indicati con i provvedimenti della Banca d'Italia richiamati sia certamente inerente alla determinazione del contenuto obbligatorio di tali contratti a nonna dell'art. 117 T.U.B., l'erronea indicazione dell'ISC non determina nessuna incertezza sul contenuto effettivo del contratto stipulato e del tasso di interesse effettivamente pattuito, tanto più tenuto conto di come la disciplina di maggior tutela prescritta dall'art. 125-bis T.U.B. espressamente escluda tale soluzione. L'erronea indicazione dell'ISC pubblicizzato, pertanto, pur concretandosi in un comportamento illecito dell'intermediario bancario o finanziario, è insuscettibile di comportare gli effetti di cui all'art. 117, comma 6, T.U.B., concretando esclusivamente una violazione degli obblighi di pubblicità e di trasparenza ai quali l'intermediario è tenuto ai sensi dell'art. 116 T.U.B. Di conseguenza, la violazione di tale obbligo di trasparenza, nei termini dell'erronea indicazione di (...), non determina alcuna invalidità del contratto di mutuo, ma può essere considerata esclusivamente quale fonte di responsabilità contrattuale della banca resistente (ctr., nei medesimi termini, Trib. Milano 26 ottobre 2017, n. 10832). Tuttavia, la mancata proposizione di domanda di risarcimento dei danni in conseguenza del comportamento tenuto dalla convenuta per erronea indicazione dell'ISC pubblicizzato nel contatto per cui è causa rende superfluo l'accertamento dell'effettivo scostamento tra l'ISC pubblicizzato e quello determinabile alla luce delle condizioni economiche convenute nel contratto di mutuo. Pertanto, anche tale doglianza, in quanto infondata, deve essere rigettata. In conclusione, per le ragioni esposte, le domande attoree devono essere respinte. 4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate, come in dispositivo, in applicazione del D.M. n. 55/2014, come da ultimo aggiornati dal D.M. 13 agosto 2022, n 147, tenuto conto dello scaglione di riferimento previsto per le cause di valore indeterminabile (e così individuato in quello per le cause di valore pari ad euro 26.000,00, in considerazione della non particolare complessità delle questioni di fatto e di diritto involte dalla decisione) e con riferimento ai valori minimi attesa la modesta difficoltà della controversia. Si pongono definitivamente a carico dell'attrice soccombente anche le spese di c.t.u., secondo la liquidazione già operata con decreto del 4.12.2020. P.Q.M. Il Giudice, definitivamente pronunciando nel contraddittorio tra le parti, disattesa ogni Contraria istanza, così provvede: - rigetta tutte le domande di parte attrice; - condanna alla refusione, in favore di (...) delle spese di lite del presente giudizio, liquidate in complessivi euro (...) oltre rimborso forfettario per spese generali, iva, c.p.a., come per legge; - pone definitivamente le spese di c.t.u. a carico di parte attrice. Così deciso in Catanzaro il 12 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2023.

  • TRIBUNALE ORDINARIO DI CATANZARO SEZIONE SECONDA CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del giudice onorario, dott.ssa Maria Renda, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. 5476/2014 avente ad oggetto "Opposizione a decreto ingiuntivo" promossa da: (...) (c.f.: (...)), con l'avv. (...) Parte opponente contro (...) S.P.A. (P.Iva (...)), in persona del l.r.p.t., con l'avv. (...) Parte opposta CONCLUSIONI Come in atti e verbali di causa FATTO E DIRITTO Con atto di citazione notificato il 09.12.2014, il sig. (...) conveniva in giudizio, dinnanzi all'intestato Tribunale, la (...) S.p.A., in persona del l.r.p.t., proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 831/2014 emesso dal medesimo Tribunale con cui, su istanza della (...) S.p.A., era stato ingiunto al sig. (...) il pagamento della somma di Euro 5.609,84, oltre interessi e spese del monitorio, per il mancato saldo di svariate fatture relative al servizio di telefonia erogato dall'anno 2010 all'anno 2012. A fondamento dell'opposizione il sig. (...) eccepiva, in via preliminare, l'improcedibilità della procedura monitoria attivata e del relativo decreto ingiuntivo emesso per il mancato espletamento del tentativo di conciliazione obbligatoria e, nel merito, deduceva l'infondatezza della pretesa creditoria, sia perché le somme riportate nelle fatture poste a sostegno del provvedimento monitorio erano state già corrisposte e/o compensate e sia in ragione di presunti malfunzionamenti che avevano impedito la fruibilità del servizio richiesto. Instaurato il contraddittorio, con comparsa del 04.05.2015, si costituiva in giudizio (...) S.p.A., in persona del l.r.p.t., la quale eccepiva l'infondatezza dell'opposizione, chiedendone il relativo rigetto, con conseguente conferma del decreto ingiuntivo. La causa veniva istruita documentalmente e mediante prova testimoniale. Preliminarmente, deve ritenersi priva di pregio l'eccezione sollevata da parte opponente in ordine alla presunta inammissibilità del decreto ingiuntivo opposto, per effetto del mancato previo espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione. Sul punto, si evidenzia che in materia di (...)unicazioni, cui deve essere ricondotto il caso di specie, opera la speciale disciplina contenuta nella L. 249/1997, che ha istituito l'Autorità per le garanzie nelle (...)unicazioni ed ha regolamentato i sistemi delle (...)unicazioni e radiotelevisivo prevedendo, quale modalità di risoluzione alternativa delle controversie, il tentativo di conciliazione obbligatorio. In dettaglio, l'art. 1 comma 11, prevede che: "L'Autorità disciplina con propri provvedimenti le modalità per la soluzione non giurisdizionale delle controversie che possono insorgere fra utenti o categorie di utenti ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze, oppure tra soggetti autorizzati o destinatari di licenze tra loro. Per le predette controversie, individuate con provvedimenti dell'Autorità, non può proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un tentativo obbligatorio di conciliazione da ultimare entro trenta giorni dalla proposizione dell'istanza all'Autorità. A tal fine, i termini per agire in sede giurisdizionale sono sospesi fino alla scadenza del termine per la conclusione del procedimento di conciliazione". In forza della suddetta delega legislativa, l'Autorità per le garanzie nelle (...)unicazioni con Delibera n. 182 del 2002 ha adottato un primo regolamento relativo alla risoluzione delle controversie insorte nei rapporti tra organismi di (...)unicazioni ed utenti, il cui art. 3, comma 1, dispone che "Gli utenti o associati, ovvero gli organismi, che lamentino la violazione di un proprio diritto o interesse protetti da un accordo privato o dalle norme in materia di (...)unicazioni attribuite alla competenza dell'Autorità e che intendano agire in giudizio, sono tenuti a promuovere preventivamente un tentativo di conciliazione dinanzi al Corecom competente per territorio". L'AGCOM, con successiva Delibera n. 173/07/CONS, ha adottato un nuovo Regolamento per la risoluzione extragiudiziale delle controversie (sostitutivo di quello previsto dalla Delibera AGCOM 182/02/CONS, sopra richiamato), con il quale, per quanto qui rileva, ha previsto nell'art. 2, comma 1, che: "Ai sensi dell'art. 1, commi 11 e 12, della legge, sono rimesse alla competenza dell'Autorità le controversie in materia di comunicazioni elettroniche tra utenti finali ed operatori, inerenti al mancato rispetto delle disposizioni relative al servizio universale ed ai diritti degli utenti finali stabilite dalle norme legislative, dalle delibere dell'Autorità, dalle condizioni contrattuali e dalle carte dei servizi"; nell'art. 2, comma 2, che: "Sono escluse dall'applicazione del presente Regolamento le controversie attinenti esclusivamente al recupero di crediti relativi alle prestazioni effettuate, qualora l'inadempimento non sia dipeso da contestazioni relative alle prestazioni medesime. In ogni caso, l'utente finale non è tenuto ad esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall'art. 3, per formulare eccezioni, proporre domande riconvenzionali ovvero opposizione a norma degli artt. 645 c.p.c. e segg."; Dal richiamato Regolamento, adottato con delibera n. 173/07/Cons applicabile, ratione temporis, alla controversia in esame, si evince chiaramente che il tentativo di conciliazione non sempre assume carattere obbligatorio ai fini della procedibilità della domanda giudiziale, essendo espressamente escluso per formulare eccezioni, proporre domande riconvenzionali ovvero opposizioni a norma degli artt. 645 e ss c.p.c.. Ne deriva che, il mancato espletamento del tentativo di conciliazione, che, peraltro, è un onere che incombe esclusivamente sull'utente finale e non sull'operatore, non osta alla procedibilità della domanda nel presente giudizio che, avendo ad oggetto l'opposizione ad un decreto ingiuntivo, rientra tra le ipotesi di esclusione di cui all'art. 3, Delibera Agcom 173/07/Cons. Al di là del dato normativo che esclude l'obbligatorietà del tentativo di conciliazione relativamente ai giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, occorre tuttavia ulteriormente evidenziare l'inconciliabilità di tale rimedio di risoluzione alternativa delle controversie, anche rispetto alla natura del procedimento monitorio. Come già statuito dalla Corte Costituzionale, "il tentativo obbligatorio di conciliazione è strutturalmente legato ad un processo fondato sul contraddittorio. La logica che impone alle parti di "incontrarsi" in una sede stragiudiziale, prima di adire il giudice, è strutturalmente collegata ad un futuro processo destinato a svolgersi fin dall'inizio in contraddittorio fra le parti. All'istituto sono quindi per definizione estranei i casi in cui, invece, il processo si debba svolgere in una prima fase necessariamente senza contraddittorio, come accade per il procedimento per decreto ingiuntivo. Non avrebbe infatti senso imporre, nella fase pre-giurisdizionale relativa al tentativo di conciliazione, un contatto fra le parti che, invece, non è richiesto nella fase giurisdizionale ai fini della pronuncia del provvedimento monitorio" (Corte Cost. n. 276/2000). L'insegnamento della Corte Costituzionale è stato fatto proprio anche dalla Suprema Corte, che proprio di recente ha ribadito che "in materia di (...)unicazioni il tentativo obbligatorio di conciliazione non sia espressamente richiesto (a pena di improcedibilità) prima dell'emissione del decreto ingiuntivo e non sia in assoluto compatibile con la struttura e la finalità del procedimento monitorio in quanto esso presuppone un giudizio che si svolga nel contraddittorio attuale tra le parti". La Suprema Corte, peraltro, ha evidenziato l'incompatibilità tra i due procedimenti anche sotto il profilo finalistico "perché l'esigenza di immediata soddisfazione del creditore dotato di prova scritta del credito posta alla base del monitorio, che si realizza con il differimento del contraddittorio rispetto alla formazione del titolo, verrebbe vanificata dal previo esperimento del tentativo di conciliazione" (Cass. Sez.Un. n. 8240/2020; Cass. n. 25611/2016). Ciò posto, venendo al merito, prima di esporre le ragioni sottese alla decisione, giova evidenziare che in ossequio ai generali principi operanti in materia di ripartizione dell'onere probatorio tra le parti, il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno o l'adempimento, deve solo fornire prova della fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi poi ad allegare la circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre spetta al debitore convenuto la prova del fatto estintivo della pretesa, costituito dall'esatto adempimento dell'obbligazione. Tali principi di riparto operano anche nell'ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, che, come noto, costituisce un normale giudizio di cognizione che segue le regole del giudizio ordinario e che essendo caratterizzato da un'inversione solo processuale della posizione delle parti, rimane comunque assoggettato alle ordinarie regole sull'onere della prova. Non si verifica, infatti, alcun mutamento della posizione sostanziale delle parti: il creditore mantiene la veste sostanziale di attore ed all'opponente compete la posizione tipica del convenuto con l'effetto che la prova del fatto costitutivo del credito incombe sul creditore opposto che fa valere un diritto in giudizio, il quale ha quindi il compito di fornire gli elementi probatori a sostegno della propria pretesa, mentre il debitore opponente dovrà fornire prova degli eventuali fatti impeditivi, modificativi o estintivi del diritto di credito. Nel caso di specie, quanto alla fonte dell'obbligazione, risulta incontestata fra le parti, oltre che documentata dalle relative fatture di pagamento, la stipulazione di un contratto avente ad oggetto la somministrazione del servizio telefonico e dati per la connessione a Internet su diverse utenze telefoniche intestate a (...). La sussistenza di tale rapporto contrattuale, tuttavia, non è di per sé sufficiente per poter affermare la fondatezza della pretesa creditoria avanzata dall'opposta, poiché occorre valutare anche le circostanze che ne hanno caratterizzato la fase esecutiva, accertando se il mancato pagamento della somma complessiva recata dalle varie fatture poste a sostegno del provvedimento monitorio opposto, trovi o meno concreta giustificazione in gravi inadempienze contrattuali rilevabili a carico della (...) S.p.A.. Sul punto giova, infatti, evidenziare che ove venga proposta dalla parte l'eccezione "inadimplenti non est adimplendum", il giudice deve formulare "un giudizio di comparazione in merito al comportamento complessivo delle parti, al fine di stabilire quale di esse, in relazione ai rispettivi interessi ed all'oggettiva entità degli inadempimenti (tenuto conto non solo dell'elemento cronologico ma anche e soprattutto degli apporti di causalità e proporzionalità esistenti tra le prestazioni inadempiute e della incidenza di questa sulla funzione economico-sociale del contratto), si sia resa responsabile delle violazioni maggiormente rilevanti a causa del comportamento della controparte e della conseguente alterazione del sinallagma contrattuale" (Cass. n. 20743/2011). Il rifiuto di adempiere, come reazione al primo inadempimento, oltre a non contrastare con i principi generali della correttezza e della lealtà, deve risultare ragionevole e logico in senso oggettivo, trovando concreta giustificazione nella gravità della prestazione ineseguita, alla quale si correla la prestazione rifiutata (Cass. n. 22626/2016; Cass. n. 6564/2004). Orbene, nel caso di specie, parte opponente deduce l'infondatezza della pretesa creditoria azionata in via monitoria, in ragione del malfunzionamento dei servizi richiesti che, non consentendole la fruizione dei programmi gestionali necessari per lo svolgimento della propria attività lavorativa, si vedeva costretta ad attivare nuove utenze telefoniche presso altri operatori. Ed invero, dalla documentazione complessivamente dimessa emerge che, nell'anno 2012 il (...) ha attivato diverse utenze telefoniche con (...), per la fruizione dei servizi di telefonia e dati per la connessione internet. Tale circostanza, tuttavia, non può assurgere a valida e concreta giustificazione del rifiuto di adempiere all'obbligazione di pagamento contrattualmente assunta nei confronti di (...) S.p.A., perché la conclusione di ulteriori contratti con altri operatori di telefonia, aventi ad oggetto gli stessi servizi originariamente forniti dalla (...) S.p.A., non ha comportato la cessazione del rapporto contrattuale assunto con quest'ultima. Risulta, infatti, incontestato che la (...) era comunque rimasta gestionaria della rete di accesso, in particolare, del c.d. ultimo miglio, ovvero il tratto finale che connette la centrale telefonica all'utente finale, con conseguente obbligo a carico di quest'ultimo, di corrispondere il corrispettivo previsto per consentirne lo sfruttamento da parte dei vari altri operatori. Tale circostanza, del resto, trova (...) documentale, dal momento che dall'esame delle fatture emesse dalla (...), relative agli anni 2012 e 2013, si evince chiaramente che i relativi corrispettivi in esse indicati, non attengono al servizio di telefonia e di connessione alla rete internet, ma a contributi ed abbonamenti dovuti per servizi di diversa natura quali, ad esempio, il "noleggio 877 Azienda Tuttocompreso Ready", "Alice Business 20m Adaptive 40 F" e l'attivazione di "Linea aggiuntiva di trasmissione dati". Diversamente se si considerano, invece, le fatture relative al periodo in cui il (...) usufruiva anche dei servizi di telefonia e di trasmissione dati, in esse viene indicato il dettaglio dei costi dovuti per i consumi, con la specifica descrizione del numero e della durata delle telefonate effettuate nei vari periodi bimestrali di riferimento. Ne deriva, pertanto, che il rifiuto di adempiere all'obbligo di pagamento delle somme fatturate da (...) nei vari bimestri degli anni 2012 e 2013, non trova alcuna valida e concreta giustificazione in presunti malfunzionamenti ostativi alla corretta fruizione dei servizi di telefonia e di trasmissione dati per la connessione a internet. È anche vero, tuttavia, che dalle risultanze istruttorie emerge che tali malfunzionamenti si sono invece verificati, durante l'ultimo bimestre dell'anno 2010 e per tutto l'anno 2011, su una delle utenze telefoniche intestate al (...), in particolare sulla linea recante numero 0961724328. La teste escussa, (...), dipendente del (...), ha infatti confermato che il servizio voce e dati fornito dalla (...) non funzionava correttamente sulla predetta utenza telefonica, con conseguente mancato e/o limitato utilizzo dei programmi gestionali necessari per lo svolgimento dell'attività lavorativa. Tale circostanza può, peraltro, ragionevolmente desumersi anche dalle varie note di credito emesse dall'opposta in favore del (...) che veniva, in tal modo, esonerato dal pagamento delle somme riportate dalle fatture relative al periodo in cui si sono manifestati i disservizi. Tali note di credito, sebbene riferite a fatture diverse da quelle poste a sostegno del decreto ingiuntivo opposto, tuttavia, sono senz'altro sintomatiche del lamentato malfunzionamento dei servizi richiesti in abbonamento, anche perché risulta incontestato che l'abbuono di tali somme sia avvenuto in ragione dei lamentati disservizi. Da ultimo, deve rilevarsi che nessuna prova è, invece, stata fornita in ordine al non corretto funzionamento della linea, con riguardo alle altre utenze attivate dal (...) e recanti nn. (...). Non si ravvisa, pertanto, alcuna valida giustificazione che possa legittimare il mancato pagamento delle somme riportate dalle fatture relative ai costi per i consumi effettuati su tali ulteriori utenze. Né, tantomeno, può assumere rilievo decisivo, l'eccezione sollevata in ordine ad un presunto erroneo calcolo dei consumi fatturati, poiché anche in questo caso si tratta di contestazioni del tutto generiche non supportate da alcuna allegazione che possa consentire l'accertamento, anche in via presuntiva, delle cause che avrebbero comportato l'errata rilevazione dei consumi. Per tutte le ragioni sopra esposte, pertanto, l'opposizione è parzialmente fondata, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo impugnato e condanna del sig. (...) al pagamento in favore di (...) spa della somma pari ad Euro 4.048,34, oltre interessi legali dalla data della presente pronuncia al soddisfo. Avuto riguardo all'esito complessivo del giudizio, le spese di lite possono dichiararsi compensate nella misura di 1/3, con condanna di parte opponente al pagamento della restante frazione, che si liquida come da dispositivo, ai sensi del nuovo D.M. n. 147/2022 e applicando una riduzione del 30%, stante l'assenza di specifiche questioni di fatto e di diritto. P.Q.M. Il Tribunale di Catanzaro, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, sulle domande proposte nell'ambito del giudizio n. 5476/2014, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa e/o assorbita così dispone: a) accoglie parzialmente l'opposizione proposta dal sig. (...), e, per l'effetto, revoca il decreto ingiuntivo n. 831/2014, emesso dal Tribunale di Catanzaro, nell'ambito del procedimento monitorio recante R.G. n. 4073/2014; b) condanna il sig. (...) al pagamento, in favore di (...) S.p.A., in persona del l.r.p.t., della somma di Euro 4.048,34, oltre interessi legali dalla data della pubblicazione della sentenza, fino al soddisfo; c) condanna, previa compensazione di 1/3 delle spese di lite, il sig. (...), alla refusione della restante frazione in favore della (...) S.p.A. che liquida in Euro 2.369,26, oltre accessori di legge. Catanzaro, 31 marzo 2023 Depositata in Cancelleria il 5 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CATANZARO I SEZIONE CIVILE il Tribunale di Catanzaro I sezione civile, in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Rosanna Scillone G.O., ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 5128/2015 R.Gen.Aff.Cont. assegnata in decisione all'udienza del 27 settembre 2022, con assegnazione dei termini di cui all'art.190 c.p.c. Avente ad Oggetto: impugnazione delibera assembleare. VERTENTE TRA (...) (C.F. (...)), rappresentato e difeso dall'avv. Ma.Ge.; ATTORE Contro Condominio "(...)", in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avv. Gi.Pi.; CONVENUTO Conclusioni: come da atti e verbali di causa del 27 settembre 2022. RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE (...) con atto di citazione del 25 ottobre 2015, conveniva in giudizio il Condominio "(...)", affinché fosse preliminarmente sospesa l'efficacia della delibera assembleare adottata dal Condominio il 7 agosto 2015, avente ad oggetto approvazione rendiconto e preventivo, nomina amministratore e aggiornamento compenso, rilevando che gli argomenti all'ordine del giorno risultavano "approvati dall'assemblea senza l'indicazione delle maggioranze e senza indicare nominativamente i condomini favorevoli, contrari o astenuti e le rispettive quote millesimali e con riferimento all'ultimo punto all'ordine del giorno risultava omessa qualsiasi riferimento alla volontà dell'assemblea. Ed infatti nell'impugnata delibera condominiale si legge testualmente: Punto 2 dell'ordine del giorno: "Approvazione rendiconto pagamenti effettuati per manutenzione verde. Dopo la discussione vengono prese in visione le fatture della ditta che ha eseguito i lavori. L'assemblea approva!' Nessun altro riferimento ai votanti ed ai millesimi. Punto 4 "Approvazione preventivo manutenzione verde del 16/09/2015 al 15/09/2016. Viene letto il preventivo per quanto riguarda la manutenzione verde. L'assemblea propone e approva la somma complessiva per l'anno 2015-2016 in Euro 11.000,00 compreso IVA". Nessuno indicazione in ordine alla maggioranza raggiunta sull'argomento. Punto 5 "Nomina dell'amministratore d'isola e adeguamento compenso. L'assemblea aggiorna il compenso, confermandone la nomina di quella attuale, in Euro 1.450,00 oltre Euro 600,00 per attività amministrativa relativa alla manutenzione del verde, alla signora (...). Ancora una volta nessun riferimento alle maggioranze utilizzate per l'approvazione. La stessa cosa avviene per il punto 6 mentre per il punto 7 manca addirittura ogni riferimento alla volontà dell'assemblea. Si legge infatti al punto 7 "Approvazione preventivo esercizio 2015-2016". "Il preventivo viene presentato dall'amministratore con le voci elencate in Euro 7.400,00 a cui vanno aggiunte le 11.000,00 Euro per manutenzione verde per un totale di Euro 18.400,00. Il pagamento può essere effettuato anche in due soluzioni con scadenza fine ottobre e fine gennaio". Evidenziava la totale mancanza di manifestazione di volontà dell'assemblea ma, ciò nonostante, l'amministratore ha ritenuto approvato il preventivo tant'è che ha proceduto al riparto tra i condomini invitandoli al pagamento e precisando che il riparto era avvenuto "come da preventivi approvati" (v. piano di riparto predisposto dall'amministratore). Si costituiva parte convenuta, evidenziando preliminarmente l'improcedibilità della domanda per mancato esercizio del tentativo di mediazione ma, nella stessa udienza verbalizzava di "rinunciare all'eccezione di improcedibilità della domanda per mancato esperimento della mediazione". Produceva un verbale di assemblea del 28/11/2015 dal quale risultava che l'amministratore aveva nuovamente convocato l'assemblea con all'ordine del giorno gli stessi argomenti discussi nella riunione del 7/8/2015 che risultavano, questa volta, validamente approvati. Chiedeva la cessazione della materia del contendere e la condanna alle spese dell'attore, stante il comportamento abusante dello stesso. Ebbene, alla luce del verbale di assemblea del 28 novembre 2015, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere, in quanto l'oggetto di tale successiva delibera, valida ed efficace, è il medesimo della delibera impugnata ed è stato approvato nelle forme previste dalla legge. Non par dubbio che il nuovo deliberato dell'assemblea condominiale sul medesimo argomento già oggetto della delibera impugnata - pur se soltanto di revoca di quest'ultima - abbia comportato la cessazione della materia del contendere (conf. ex pluribus Cass. 10/02/2010 n. 2999, "L'annullamento della delibera dell'assemblea della società per azioni di cui all'art. 2377 c.c., estensibile per il suo carattere generale anche alle assemblee dei condomini degli edifici, non può aver luogo se la deliberazione sia stata sostituita con altra presa in conformità della legge o dell'atto costitutivo, con conseguente cessazione della materia del contendere quando l'assemblea regolarmente riconvocata abbia deliberato sui medesimi argomenti della delibera oggetto dell'impugnazione, ponendo in essere, pur in assenza di forme particolari, un atto sostanzialmente sostitutivo di quello invalido). Ai fini della regolamentazione delle spese di giudizio deve darsi atto, tuttavia, che in mancanza della ridetta revoca il ricorso del Migali avrebbe dovuto dirsi fondato, anzitutto in ragione della mancata indicazione - per ciascuno dei condomini che prendevano parte alla seduta assembleare del 7 agosto 2015 - delle rispettive quote di proprietà millesimale (conf. Cass. 19.10.98 n. 10329, "È annullabile entro trenta giorni, su impugnazione dei condomini assenti o dissenzienti, la delibera il cui verbale dà atto del risultato della votazione in base al numero dei votanti senza indicare analiticamente i nomi dei partecipanti e il valore della loro proprietà in millesimi - specificazione necessaria onde verificare la validità della costituzione dell'assemblea ai sensi dell'art. 1136 c.c. - nonché il nome e il valore della quota proporzionale dei condomini assenzienti e dissenzienti, necessaria onde verificare la validità della delibera adottata sia in relazione ai quorum, se le quote sono disuguali, sia in relazione ad un eventuale conflitto di interessi tra condomino e condominio"). Tenuto conto che nel caso di cessazione della materia del contendere, deve applicarsi il principio della soccombenza virtuale, stante la fondatezza della pretesa attorea, le spese di lite sono a carico del convenuto. Infatti l'inammissibilità della domanda, richiede che la carenza di interesse ad agire, sussistesse al momento della proposizione della domanda. Invece nel caso di specie, detto interesse è venuto meno successivamente e solo a seguito della delibera del 28 novembre 2015, approvata dall'assemblea nelle more del giudizio. Le spese di lite vanno liquidate come da dispositivo, secondo i parametri di cui al DM 55/14, esclusa la fase istruttoria, scaglione da 5.200,00 a 26.000,00 Euro, valore minimo, tenuto conto dell'estrema semplicità della causa. P.Q.M. Il Tribunale di Catanzaro prima sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sul giudizio in epigrafe emarginato, così provvede; 1) dichiara cessata la materia del contendere; 1) condanna il convenuto condominio alla rifusione delle spese di lite sostenute dall'attore, che si liquidano in complessivi Euro 2790,00 per competenze di giudizio, di cui Euro 250,00 per esborsi, oltre iva, cpa e rimborso spese generali nella misura del 15%. Così deciso in Catanzaro il 24 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 24 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI CATANZARO PRIMA SEZIONE CIVILE in persona del giudice monocratico Dott.ssa Elais Mellace ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n. 100316 del RGAC dell'anno 2013 e vertente TRA (...) (c.f. (...)), elettivamente domiciliato in Chiaravalle Centrale, alla (...), presso lo studio degli Avv.ti (...), i quali lo rappresentano e difendono congiuntamente e disgiuntamente, giusta procura a margine dell'atto di citazione, ATTORE E (...) S.P.A. (oggi (...) Spa), in persona del legale rappresentante p.t. (P.I. (...)), elettivamente domiciliata in Catanzaro, alla Via (...), presso lo studio dell'Avv. (...) che la rappresenta e difende giusto mandato speciale alle liti in calce alla comparsa di costituzione e risposta, CONVENUTA CONCLUSIONI All'udienza di precisazione delle conclusioni, le parti insistevano nelle rispettive domande, riportandosi a tutti i propri scritti difensivi ed ai precedenti verbali di udienza. RILEVATO IN FATTO 1.1. Con atto di citazione ritualmente notificato (...) conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Catanzaro - Sezione distaccata di Chiaravalle Centrale - (...) Ass.ni S.p.a. al fine di vedere condannata la Compagnia Assicurativa al pagamento dei subiti e subendi dall'attore, a seguito dell'incendio verificatosi in data 01 giugno 2009 in danno dell'immobile di sua proprietà, sito in Chiaravalle Centrale, (...). In particolare, l'attore deduceva: a) di aver stipulato con la compagnia convenuta in data 20 aprile 1998 la polizza n. 988065113/09 con la quale assicurava l'abitazione di sua proprietà quale "dimora saltuaria", ubicata in (...) ma erroneamente indicata in contratto come sita alla Via (...); b) che in data 01 giugno 2009 l'abitazione veniva interessata da un incendio "presumibilmente di natura dolosa" che arrecava gravi danni all'immobile; c) che, attivata la procedura per la liquidazione dell'indennizzo, la (...) S.p.A. comunicava - a seguito dell'espletata attività d'indagine - l'impossibilità a procedere a quanto richiesto, stante la non coincidenza tra l' immobile assicurato e quello incendiato; d) che il bene immobile danneggiato era in realtà il medesimo di quello che assicurato, atteso che - solo per mero errore materiale - l'agente della (...) (che si era anche recato presso l'abitazione prima della stipulazione della polizza al fine di accertare che l'immobile che si intendeva assicurare era effettivamente quello indicato), nel "compilare la documentazione contrattuale inseriva quale via di ubicazione dell'abitazione assicurata Via (...) anziché C.da (...)"; e) che, nonostante una serie di comunicazioni intercorse con la compagnia assicurativa (alla quale si trasmetteva finanche copia della visura catastale, da cui si evinceva che l'assicurato risultava essere proprietario degli immobili indicati nelle polizze stipulate con la (...)), si avviava procedura di mediazione, conclusasi con esito negativo; f) che, diversamente dall' attore - che aveva sempre assolto agli obblighi contrattuali - la società convenuta si era resa inadempiente nei confronti dello stesso, omettendo di indennizzarlo per i danni subiti e assicurati; ed invero, nessuna oggettiva diversità era possibile riscontrare tra il luogo in cui l'immobile incendiato era ubicato e quello riportato sulla polizza assicurativa, trattandosi di un mero errore materiale "causato dalla comune confusione esistente all'epoca dei fatti (ma anche oggi) circa la linea di confine delle vi interessate"; g) che la compagnia, nel rifiutare il pagamento dell'indennizzo, violava altresì le norme generali dettate in materia di interpretazione del contratto; h) che, per quel che concerneva l'ammontare dei danni, l'attore incaricava l'Arch. (...), che redigeva una relazione tecnica e quantificava i danni riportati dall'immobile in Euro 69.575,00. A questi andavano aggiunti quelli subiti dall' attore che, non avendo potuto ristrutturare l'abitazione a causa del mancato pagamento dell'indennizzo, aveva dovuto rescindere il contratto di locazione stipulato con la Sig.ra (...); contratto che prevedeva un canone di Euro 200,00 mensili. Posto, dunque, che il suddetto contratto prevedeva una durata quadriennale (dal 1 settembre 2008 al 1 settembre 2012) ed essendosi l'incendio verificato il 1 giugno 2009, l'attore aveva subito un mancato guadagno di 39 mensilità, pari ad Euro 7.800,00, cui andava aggiunto l'ulteriore danno da lucro cessante determinato i n via equitativa in Euro 3.000,00 per le mensilità successive al contratto. Tanto premesso, rassegnava le seguenti conclusioni: "Voglia l'Ecc.mo Tribunale adito, contraris reiectis: 1) accogliere la domanda attorea per le causali di cui in narrativa e, per l'effetto, condannare la (...) Ass.ni (divisione (...)) in persona del l.r.p.t., a risarcir il Sig. (...) di tutti i danni subiti e subendi in conseguenza del sinistro per cui è causa che si richiedono nella somma di Euro 80.375,00 ovvero nella diversa somma ritenuta di giustizia e/o che sarà accertata in corso di causa, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria, dovuti dalla data di verificazione dell'evento ; 2) condannare la convenuta Assicurazione al pagamento delle spese, diritti ed onorari di causa con attribuzione al sottoscritto procuratore anticipante x art. 93 c.p.c., maggiorate a causa della mancata conciliazione ex D.Lgs. n. 28/2010". 1.2. Con comparsa di costituzione depositata il 24 ottobre 2013, si costituiva in giudizio la (...) S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, la quale chiedeva il rigetto della domanda avanzata dall'attore. In particolare, deduceva: 1) che dagli accertamenti eseguiti dalla Compagnia per il tramite del proprio tecnico di fiducia, era emerso che l'unità immobiliare danneggiata dall' incendio era diversa da quella oggetto della polizza stipulata dall'attore, dal momento che questa risultava ubicata in C.da (...) ed identificata al C.U. al foglio (...), partila (...), mentre l'immobile assicurato risultava ubicato in C.da (...) ed indentificato in Catasto al foglio (...), part.lla (...) sub. 2 e sub. 3; 2) che la diversità evidenziata non era imputabile ad alcun errore materiale inerente all'esatto luogo di ubicazione dell'immobile, riguardando l'identificazione catastale dell'abitazione medesima: ed invero, mentre l'unità immobiliare incendiata risultava essere un manufatto composto a solo piano terra ubicato in C.da (...), quella oggetto della polizza - oltre ad essere sita in C.da (...) - era una villa, consistente in un fabbricato a due piani, fuori terra; 3) che, quantunque anche il suddetto immobile fosse stato di proprietà dell'(...), la polizza assicurativa era stata sottoscritta per gli immobili indentificati al foglio (...), part.lla (...), sub. 2 e sub. 3 e non già per quello incendiato e identificato al foglio (...), part.lla (...) che, peraltro, era ancora formalmente di proprietà della defunta madre dell'attore, (...), essendo ancora in corso le pratiche di successione ed accatastamento; 4) che, oltre ad essere infondata, la domanda attorea non era accoglibile sia sotto il profilo dell'an, non essendovi prova dell'origine dolosa dell'incendio, sia sotto il profilo del quantum debeatur non essendo stata offerta la prova né di ciò che era presente all'interno dell'immobile né del lucro cessante, non potendosi a tal fine ritenersi sufficiente la produzione del contratto di locazione, inidoneo a supplire a siffatta mancanza probatoria. Tanto premesso la società convenuta rassegnava le seguenti conclusioni: "Voglia l'On. Tribunale adito, ogni contraria istanza disattesa, così statuire: 1) dichiarare l'inoperatività della polizza n. 988065133, stipulata dal Sig. (...) per i motivi di cui in narrativa, conseguenzialmente, rigettare la domanda così come proposta poiché infondata in fatto e in diritto; 2) in subordine, salvo gravame, ricondurre l'avversa pretesa nei limiti di giustizia e, comunque, nei limiti del massimale assicurato dedotta la franchigia. Con vittoria di spese e competenze del presente giudizio ". 1.3. Regolarmente instaurato il contraddittorio e trasferito il giudizio presso il Tribunale di Catanzaro a seguito dell'intervenuta soppressione della Sezione distaccata di Chiaravalle Centrale, la causa veniva trattata con il deposito delle memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c.. Espletata, quindi, l'attività istruttoria mediante prova per testi e CTU, la procedura veniva più volte rinviata, anche per far fronte alle esigenze di riorganizzazione del ruolo. 1.4. Assegnata allo scrivente Magistrato in data 18 gennaio 2022, insediatosi nel ruolo del precedente Giudice e invitate le parti a precisare nuovamente dinnanzi a sé le rispettive conclusioni, all'udienza cartolare del 1 dicembre 2022, la causa veniva riservata per la decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti conclusionali. OSSERVATO IN DIRITTO 2. Nel merito, il Tribunale ritiene che la domanda proposta dall'odierno attore, avente ad oggetto il diritto al pagamento dell'indennizzo da parte della società assicuratrice convenuta, di cui alla polizza n. 988065113/09 stipulata in data 20 aprile 1998, a causa del sinistro verificatosi in data 1 giugno 2009, è fondata e pertanto deve essere accolta. 2.1. In via introduttiva, deve evidenziarsi che dalla documentazione versata in atti dalle parti (in specie attestazione dei Vigili del Fuoco), nonché dal comportamento processuale delle stesse, risulta incontestato l'evento incendiario verificatosi l'1 giugno 2009 che interessava l'abitazione di proprietà di (...), cagionando alla stessa ingenti danni. Ed invero, nel rapporto di intervento dell'01 giugno 2009 del Corpo Nazionale di Vigili del Fuoco (allegato agli atti), l'autorità intervenuta immediatamente sui luoghi di causa, attesta che "l'appartamento di civile abitazione, situato in Località (...) numero 220 nel Comune di Chiaravalle Centrale di proprietà del Sig. (...) (...) locato alla Signora (...) era avvolto dalle fiamme e dal fumo che fuoriusciva dalle aperture ". Incendio la cui causa veniva ricondotta ad una probabile azione dolosa, in quanto i Vigili constatavano e attestavano che "sul retro vi era una finestra aperta, con i vetri rotti, al di sotto della finestra vi era posta una sedia a modo di scaletta". La verificazione dell'evento è stata, peraltro, confermata dal tecnico inviato per il sopralluogo dalla compagnia assicurativa, Ing. (...), il quale in data 27.07.2009 visionava il fabbricato incendiato. Non vi sono dubbi, quindi, sull'accadimento dell'incendio del 1 giugno 2009. 2.2. Quanto, invece, alla riconducibilità o meno dell'immobile in questione alla polizza assicurativa stipulata dall'attore con la società convenuta, occorre precisare quanto segue. In data 20 aprile 1998 (...) stipulava con la (...) S.p.A. la polizza n. 988065 113/09 con la quale assicurava l'immobile di sua proprietà sito in (...), nel Comune di Chiaravalle da una serie di eventi, tra i quali rientrava anche l'evento incendiario (cfr. polizza n. 988065 113/09 riversata in atti). Secondo quanto affermato dall'odierno attore, per mero errore, l'abitazione in oggetto veniva indicata in contratto come sita in (...) in luogo dell'esatto indirizzo (C.da (...)); errore che, però, non era in grado di incidere sull'esatta identificazione dell'immobile, trattandosi del medesimo distrutto dall'incendio. Ad avviso della Compagnia assicurativa, invece, trattasi di beni oggettivamente differenti in quanto, atteso che - oltre che ricadenti in indirizzi non coincidenti - sarebbero anche identificati diversamente in Catasto. Sulla scorta di ciò, la (...) S.P.A. eccepisce l'inoperatività nella vicenda in esame della polizza n. 988065113/09, dal momento che questa aveva ad oggetto gli immobili indentificati al foglio (...), part.lla (...), sub. 2 e sub. 3 e non già quello interessato dall'incendio ed identificato al catasto al foglio (...), part.lla (...); immobile che, peraltro, era ancora formalmente di proprietà della defunta madre dell'attore, (...), essendo ancora in corso le pratiche di successione ed accatastamento. Le doglianze e le argomentazioni offerte dalla società convenuta risultano infondate e in contraddizione con quanto emerso dalle risultanze probatorie. Dall'esame dell'elaborato peritale depositato dalla C.T.U., Arch. (...), alla quale veniva conferito in corso di causa l'incarico di descrivere l'immobile oggetto di causa interessato dall'incendio del giugno 2009, con esatta indicazione del luogo e dell'indirizzo in cui lo stesso è ubicato, nonché di quantificare i danni subiti dalla predetta abitazione a seguito dell'evento, si evince in maniera inequivoca che l'immobile danneggiato dalle fiamme è il medesimo di quello oggetto della polizza assicurativa n. 988065113/09. Il nominato consulente, infatti, ha assolto all'incarico conferitogli in maniera completa ed esaustiva, rassegnando delle conclusioni basate su criteri e parametri logici, oggettivi e documentali che fugano ogni dubbio in merito all'esatta identificazione dell'immobile, al luogo in cui questo è ubicato e alla sua identità con quello oggetto del contratto assicurativo. Conclusioni che questo Giudice condivide appieno e fa proprie. Ed invero, viene accertato e valorizzato dal CTU che "L'immobile oggetto di causa, interessato dall'incendio del 1/6/2009, è costituito da un fabbricato ad un piano fuori terra adibito a civile abitazione. Come riportato nell'attestato prot.n.5696 del 17 maggio 2018 a firma del responsabile del settore Tecnico del Comune di Chiaravalle Centrale e trasmesso in Allegato B, esso "nell'anno 1998 e data attuale risulta compreso nella (...)" del Comune di Chiaravalle Centrale (...). Dai sopralluoghi esperiti nelle aree limitrofe e dalle ricerche effettuate dalla scrivente si evidenzia che di fatto l'immobile oggi pur ricadendo nella (...) è ubicato in un ambito territoriale caratterizzato dalla convergenza di più contrade tra le quali (...), (...). In particolare in prossimità dell'immobile di causa, lungo la SP 154, termina la (...) e si innesta la (...) per un breve tratto. Tale situazione toponomastica può aver generato una attribuzione non esatta di immobili a contrade i cui limiti non sono supportati da elaborati grafici riferibili agli anni '80 e '90 (stradario comunale, censimento ISTAT, ecc.) per come rilevato dalla scrivente presso gli uffici preposti del Comune di Chiaravalle Centrale". L'immobile, identificato al Catasto fabbricati del Comune di Chiaravalle Centrale al foglio (...), particella (...), categoria A/3, classe 2, consistenza 6 vani, superficie catastale 134 mq, totale aree escluse scoperte 128 mq, rendita euro 257,20 ed intestato a (...), madre deceduta dell'odierno attore, è in realtà di proprietà di quest'ultimo, dal momento che il CTU ha, altresì, accertato che "dalle ricerche effettuate dalla scrivente CTU presso l'Archivio Notarile e la Conservatoria dei Registri Immobiliari l'immobile oggetto di causa risulta di proprietà del Sig. (...) in virtù di atto di donazione del 10 maggio 1989, a firma del Notaio (...), repertorio n.19746, trascritto presso la Conservatoria di Catanzaro in data 9 giugno 1989 ai nn. R.P. 7010 - R.G. 8514 e trasmesso in Allegato B ". Il nominato consulente appura, inoltre, che "Dalle ricerche effettuate dalla scrivente presso gli archivi dell'Agenzia dell'Entrate (ex Catasto) e dalla visura storica del terreno oggetto di donazione si evince che il fabbricato rurale ricadente sul terreno era identificato con la particella 652, già accatastato in data 6 febbraio 1989 ed intestato al sig. (...) in qualità di proprietario in forza dell'atto di donazione sopra riportato come si rileva dalla visura storica trasmessa in Allegato B. Successivamente, in data 27 agosto 2010, tale particella è stata soppressa costituendo l'attuale identificativo catastale. Pertanto, il sig. (...) alla data della stipula del contratto di assicurazione risultava proprietario dell'immobile." Tali conclusioni, che in quanto oggettive e basate su riscontri documentali non offrono spunti a questo Giudicante per doversene discostare, consentono di acclarare con più che sufficiente certezza la perfetta coincidenza identificativa dell'immobile incendiato con quello assicurato con la polizza di cui sopra. Il fatto, dunque, che lo stesso sia stato indicato nel contratto come sito in (...) in luogo di quella toponomasticamente corretta di (...), costituisce una inesattezza, certamente determinata dal fatto che le predette vie sono limitrofe tra loro, in quanto ubicate in un ambito territoriale caratterizzato dalla convergenza di più contrade e in cui, come giustamente valorizzato nell'elaborato peritale, "in prossimità dell'immobile di causa, lungo la SP 154, termina la (...) e si innesta la (...) per un breve tratto", che non è in grado di incidere sulla veritiera identificazione dell'immobile. Benché, dunque, parte convenuta insista sul fatto che il bene incendiato sia sostanzialmente diverso da quello assicurato, basando tale affermazione esclusivamente sulla diversa indicazione di indirizzo e dei dati catastali, la CTU ha consentito di superare tali obiezioni accertando che - al di là di tali dati - "il fabbricato oggetto di incendio presenta le caratteristiche descrittive riconducibili a quelle della polizza (primo piano fuori terra, tipologia villa) ben diverse da quelle riguardanti l'altro fabbricato/immobile ubicato in (...), che comunque all'epoca di stipula della polizza assicurativa era genericamente indicato come ricadente anch'esso in (...).(...) Invero, indipendentemente da meri errori di identificazione toponomastica, come tra l'altro dalla sottoscritta già sopra indicato e precisato, tale assunto non può essere connotato da piena veridicità in quanto il piano terra del fabbricato a due piani fuori terra ha da sempre destinazione a "deposito" mentre la polizza assicurativa afferisce ad un'abitazione residenziale che, evidentemente, riguarda proprio l'altro fabbricato ad un solo piano fuori terra da sempre destinato ad abitazione, da cui non possono indursi errori di identificazione degli immobili, per come confortato dalla certa destinazione d'uso dei rispettivi beni". Del resto, l'errore toponomastico che interessava la predetta area ed evidenziato dal CTU, trova riscontro nelle dichiarazioni della teste di parte attrice, (...) (priva di interesse in causa e della cui genuinità della narrazione non v'è motivo di dubitare), Vigile Urbano del Comune di Chiaravalle, che escussa all'udienza del 17 ottobre 2016 riferisce: "trattasi di due vie limitrofe. Posso dire che alcuni documenti riportano dei dati errati, riguardanti la via. La stessa Posta viene a volte indirizzata a (...) e a volte a (...), trattandosi di due vie immediatamente adiacenti. Mio zio possiede due abitazioni: una utilizzata quale abitazione principale quando viene in ferie dalla Svizzera; l'altra situata dietro all'abitazione principale, saltuariamente affittata. L 'abitazione che si è bruciata è la seconda. Essa si sviluppa ad un unico piano e presenta circa 5 stanze, ivi compreso il servizio. L'abitazione principale ha invece due piani e circa 4 stanze più il servizio. (...) Io abito a circa 50 metri dalla casa che è andata bruciata. Io stessa nel procedere al rinnovo della mia carta d'identità ho verificato l'esistenza di un errore alla voce relativa alla via, dato che riportava "(...)" anziché (...). Sono stata quindi costretta a rifare la carta d'identità che ora riporta la via corretta "(...) n. 22". Le dichiarazioni rese dalla teste (che ben conosce i luoghi di causa non solo perché abita nelle vicinanze dell'abitazione incendiata, ma in ragione anche del lavoro dalla stessa svolto, essendo Vigile Urbano dipendente dello stesso Comune), dunque, confermano e consentono di ritenere provato non solo che l'erronea indicazione dell'indirizzo in cui è ubicato l'immobile dell'(...) era frutto di una inesatta ed imprecisa toponomastica dovuta alla coincidenza delle vie, quanto che l'abitazione danneggiata dalle fiamme è la medesima di quella assicurata con la convenuta Compagnia Assicuratrice che, pertanto, in ragione della polizza n. 988065113/09 deve rispondere dei danni causati all'immobile a seguito dell'incendio del 1 giugno 2009. 2.3. L'elaborato peritale risulta pienamente condivisibile anche per quel che concerne l'entità dei danni riportati dall'immobile, essendo state analiticamente riportate le parti e gli impianti danneggiati, i lavori che si rendono necessari, nonché i criteri ed i parametri oggettivi utilizzati dal CTU per la loro esatta quantificazione. Danni che, quindi, si liquidano in Euro 60.307,55 oltre IVA e spese tecniche per pratica edilizia e strutturali quantificati in Euro 5.000,00, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data del sinistro al soddisfo. 2.4. Lo stesso dicasi per il danno da lucro cessante lamentato da parte attrice che, in conseguenza dell'intempestivo pagamento dell'indennizzo cui la (...) è tenuta, si vedeva costretto a recedere dal contratto di locazione contratto con (...). Diversamente da quanto sostenuto dalla convenuta, l'attore prova il richiesto lucro cessante grazie alla produzione in giudizio del contratto di locazione avente ad oggetto lo stesso immobile incendiato; contratto che era stato dall'(...) stipulato con (...) per una durata quadriennale, dal 1 settembre 2008 al 1 settembre 2012. A riprova del fatto che il suddetto contratto fosse effettivamente in corso vi è la relazione dei Vigili del Fuoco intervenuti in occasione del sinistro che attestano tale circostanza. A tal proposito, non appare superfluo rammentare che il danno patrimoniale, consistente nel pregiudizio economico subito dal danneggiato, pur dovendo essere considerato in maniera unitaria, consta di due componenti: il danno emergente, ossia la perdita patrimoniale subita dalla vittima e il lucro cessante, rappresentato dal mancato guadagno che il soggetto avrebbe ottenuto qualora l'evento dannoso non si fosse verificato o nell'ipotesi in cui l'obbligazione fosse stata regolarmente adempiuta. Nel caso di specie il lucro cessante è dato dalla inutilizzazione del bene, ossia dal mancato guadagno che il soggetto avrebbe tratto nell'uso del bene, con ragionevole certezza. È quindi onere del danneggiato dimostrare, anche tramite presunzioni semplici, sia che a seguito del sinistro egli ha subito un danno (an debeatur), sia l'effettiva diminuzione dei suoi profitti (quantum debeatur), dando prova dell'entità del pregiudizio patito. Ebbene, nella vicenda in esame l'attore deduce e dimostra non solo il pregiudizio subito, quanto anche i criteri di determinazione dello stesso, in virtù del contratto di locazione stipulato nel settembre 2008 e che avrebbe avuto quale suo esito naturale il 1 settembre 2012. L'inutilizzabilità dell'immobile, evidente sia dalla relazione dei vigili del fuoco che dalle fotografie versate in atti e l'impossibilità per l'attore di ristrutturalo a causa della mancata tempestiva liquidazione dell'indennizzo da parte della compagnia assicurativa, hanno cagionato per l'(...) la perdita del canone di locazione, fissato in Euro 200,00 mensili per un totale di 39 mensilità. Deve, pertanto, trovare accoglimento la domanda attorea nella parte in cui chiede il ristoro di tale voce di danno. 2.5. All'opposto, non può accogliersi quella volta ad ottenere il ristoro del lucro cessante per le mensilità successive alla scadenza del contratto e quantificata in via equitativa in Euro 3.000,00, perché non provata. La liquidazione del danno in via equitativa presuppone, per pacifica giurisprudenza, l'impossibilità di provare il nocumento nel suo preciso ammontare, ma non esime la parte richiedente dal provare la contrazione dei suoi redditi dopo l'evento lesivo. Ebbene, sul punto, la domanda attorea risulta non dimostrata. 3. Le spese di lite seguono la soccombenza dell'attrice e vengono liquidate in dispositivo. 3.1. Sul punto, l'attore chiede anche il pagamento delle spese inerenti alla procedura di mediazione di cui al D.Lgs. n. 28/2010. Con riguardo al tema della liquidazione delle spese sostenute in sede stragiudiziale, la giurisprudenza di merito è pressoché unanime nel riconoscere che le spese e i costi relativi al giudizio di mediazione devono essere liquidati, all'esito del successivo giudizio di merito, secondo le regole stabilite dagli artt. 91 ss. c.p.c. (cfr. Tribunale di Trieste, sentenza 11 marzo 2021; Tribunale Modena 9.03.2012 e Massa 9.11.2016 n. 1030). Ed invero, nella citata sentenza del Tribunale di Trieste si afferma che "il rapporto tra mediazione e processo civile non si limita ad una relazione "cronologica ", necessaria ovvero facoltativa, implicando anche un necessario coordinamento tra l'attività svolta avanti al mediatore e quella dinanzi al giudice, sotto una pluralità di profili; sicché la condotta della parte nel corso della mediazione non può non avere ricadute nel successivo processo in termini di spese di lite, nel senso che ben può la parte soccombente essere condannata a rimborsare al vincitore anche le spese da questo sostenute per l'esperimento del tentativo obbligatorio, in quanto qualificabili come esborsi, ai sensi e per gli effetti dell'art. 91 c.p.c." Parimenti, il Tribunale di Verona (15 ottobre 2015), ricomprende il compenso per l'attività prestata dal difensore della controparte nella fase di mediazione nella condanna pronunciata ai sensi dell'art. 91 c.p.c.: nel testo del provvedimento si legge, infatti, che "l'assistenza prestata dall'avvocato nel corso della fase di mediazione obbligatoria, svoltasi nella pendenza del giudizio, va qualificata come attività stragiudiziale ai sensi dell'art. 20 del d.m. 55/2014, trattandosi di attività con autonoma rilevanza rispetto a quella di difesa svolta nel giudizio. Tra le spese processuali da porre a carico della parte soccombente nel giudizio rientra anche il compenso per l'attività di assistenza prestata dal difensore della controparte nella fase di mediazione obbligatoria svoltasi nella pendenza del giudizio". Ebbene, alla luce dell'orientamento dominante nella giurisprudenza di merito, che questo giudicante ritiene di dover condividere, nonché all' esito del giudizio, la domanda attorea deve trovare accoglimento anche sotto tale profilo. 3.2. Per quel che concerne le spese del presente giudizio, esse seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo secondo i parametri di cui al D M. 55 del 2014, aggiornato al D M. 147/2018, applicando lo scaglione di riferimento sulla base del valore della causa (dal Euro 52.000,01 ad Euro 260.000,00) ed i valori medi per tutte le fasi di giudizio, ridotti, ai sensi dell'art. 4, comma 4, per assenza di specifiche e distinte questioni di fatto e diritto. P.Q.M. Il Tribunale di Catanzaro, Prima Sezione Civile, in persona del giudice monocratico Dott.ssa Elais Mellace, definitivamente pronunciando sulla causa in oggetto, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, così provvede: 1) accoglie la domanda di parte attrice e, per l'effetto, condanna la (...) -(...) S.P.A., in persona del l.r.p.t., al risarcimento dei danni patrimoniali subiti da (...) complessivamente quantificati in Euro 73.107,55 (di cui Euro 65.307,55 per danni patrimoniali ed Euro 7.800,00 a titolo di lucro cessante), oltre IVA, interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data del sinistro fino al soddisfo; 2) condanna (...) S.P.A., in persona del l.r.p.t., alla refusione in favore di parte attrice delle spese di mediazione da questa sostenute e documentate, quantificate in Euro 108,90; 3) condanna (...) S.P.A. in persona del l.r.p.t., al pagamento in favore di (...), delle spese processuali del presente giudizio che si liquidano in Euro 668,00 per esborsi ed Euro 9.872,10 per compensi professionali, oltre rimb. forf., IVA e C.P.A. come per legge, da distrarsi ex art. 93 c.p.c.in favore del procuratore antistatario. Così deciso in Catanzaro, 17 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 22 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CATANZARO Il Tribunale di Catanzaro II sezione civile nella persona del giudice, Dr.ssa Alessia Dattilo, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al n.5208 R.G.A.C. per l'anno 2017, promossa da: (...) (C.F.: (...)), elettivamente domiciliato in Soverato alla via (...), presso lo studio dell'avv.to (...), che lo rappresenta e difende nel presente giudizio in forza di procura a margine dell'atto di citazione. -ATTORE- CONTRO (...) (C.F. (...)), elettivamente domiciliato in Catanzaro, Via (...), presso lo studio dell'Avv. (...), che lo rappresenta e difende in forza di procura rilasciata su foglio separato allegato alla comparsa di costituzione e risposta. -CONVENUTO con domanda riconvenzionale- e CONTRO (...) SRL (P.IVA (...)), in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Pescia, via (...), presso lo studio dell'avv.to (...), che la rappresenta e difende in forza di procura rilasciata in calce alla comparsa di costituzione e risposta. -CONVENUTA- Oggetto: restituzione di somme. Conclusioni delle parti: come da verbali ed atti di causa. MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE l.(...) ha convenuto in giudizio (...) e la (...) Srl per sentirli condannare al risarcimento di tutti i danni subiti e quantificati nella somma di Euro 88.000,00, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria. Il tutto con vittoria di spese e competenze del giudizio. A fondamento della domanda ha dedotto in fatto che in data 24.02.2015 sottoscriveva un contratto di mediazione con (...), titolare dell'Agenzia (...), per l'acquisto di una villa uni-familiare in corso di costruzione, sita in Soverato. Ha precisato che in quella sede sottoscriveva l'atto di prenotazione per le unità residenziali da acquistare e che versava all'uopo un acconto pari ad Euro 34.000,00. Ha dedotto di aver accompagnato il (...) sull'area del futuro cantiere dove gli venivano mostrati i rendering dell'edificando progetto e dove veniva rassicurato che l'iter burocratico volto all'ottenimento del permesso a costruire si sarebbe concluso a breve. All'uopo ha precisato che il (...) gli sottoponeva per la firma una sorta di dichiarazione liberatoria, con la quale si dichiarava completamente soddisfatto dell'opera prestata e per l'effetto erogava un compenso di Euro 20.000,00. In tale dichiarazione veniva altresì evidenziato che l'opera professionale del mediatore si concludeva con la sottoscrizione dell'atto di prenotazione integrativo. Ha dedotto che versava un secondo acconto di Euro 34.000,00 in favore della (...) srl in data 30.04.2015. Ha inoltre dedotto che in data 8.08.2015 (...), procuratore speciale della (...) srl, gli comunicava con propria mail l'avvenuta approvazione del progetto urbanistico. Senonché ha rilevato che in data 22.1.2016 riceveva un'altra comunicazione da parte di Elia, con il quale gli veniva comunicato che la (...) srl aveva proceduto ad una variante urbanistica per cui non si sarebbero realizzate più quattro ville uni-familiari indipendenti ma quattro ville a schiera e due ville indipendenti e che nel caso in cui avesse voluto procedere all'acquisto avrebbe dovuto versare un sovrapprezzo. Ha dedotto che dopo aver valutato le modifiche al progetto, non essendo più interessato all'acquisto comunicava con mail del 27.1.2016 il recesso dalle trattative e richiedeva il rimborso delle somme versate. Reiterava l'invito in data 8.04.2016 e con r.a.r. del 30.05.2016. A quest'ultima rispondeva il procuratore della (...) con nota del 15.06.2016 promettendo il rimborso delle somme spese entro la data del 15.07.2016. Ha dedotto che nessun rimborso è mai pervenuto. Pertanto ha invitato le parti ad un bonario componimento della controversia. Senonché in assenza di riscontri, in data 4.05.2017 ha dedotto di aver acquisito dal Comune di Soverato sia il mancato rilascio di qualsiasi permesso a costruire nonché la mancanza di qualsiasi pratica di variante. Ha quindi dedotto di essere stato vittima di un raggiro per il quale ha presentato querela alle competenti autorità di Polizia Giudiziaria. In diritto ha dedotto che il rapporto contrattuale con l'(...) Srl e con il (...) è viziato dal dolo dei proponenti dell'affare edilizio, i quali hanno indotto l'acquirente a determinarsi all'acquisto di un bene inesistente, anche sulla carta. Ha precisato che la condotta volta a trarlo in inganno è consistita nelle costanti e mendaci rassicurazioni circa il buon esito dell'affare, nella falsa prospettazione dell'intervenuto rilascio di un permesso a costruire e nella sottoposizione di varianti progettuali inesistenti. Ha evidenziato che il (...) ha preso parte attiva al programma criminoso contribuendo con artifici e raggiri che sono consistiti nel garantire di aver personalmente visionato il permesso a costruire e nel continuare a pubblicizzare sul sito internet dell'agenzia la prossima realizzazione di un complesso edilizio fantasma in modo da indurre l'attore alla conclusione del preliminare di vendita, al fine di lucrare cospicue provvigioni. Pertanto ha dedotto che entrambi i convenuti devono essere condannati, in solido tra loro al risarcimento del danno da fatto illecito ex art. 2043 c.c., mediante la reintegrazione della situazione patrimoniale quo ante. In subordine ha evidenziato che il (...) non ha adempiuto al contratto di mediazione immobiliare, non prestando la diligenza dovuta e pertanto sia incorso in una responsabilità contrattuale. Si è costituito in giudizio (...), deducendo di aver ricevuto dal (...) in data 24.02.2015, incarico per formalizzare alla società venditrice (...) srl una proposta irrevocabile di acquisto per una villetta monofamiliare in corso di costruzione nel Comune di Soverato. La proposta prevedeva un prezzo di Euro 680.000,00, di cui Euro 34.000,00 da corrispondersi alla sottoscrizione dell'atto di prenotazione, e quanto al saldo di Euro 646.000,00 da versare con modalità previste nell'atto di prenotazione predetto. Ha precisato che con in data 21.4.2015 il (...) manifestava la propria totale soddisfazione per l'opera professionale prestata in relazione al procacciato acquisto con riconoscimento dell'importo della provvigione per l'attività in Euro 24.400,00 già erogato e con impegno a versare il saldo di Euro 4.400,00 entro il 30.5.2015. In diritto ha dedotto che la sua attività professionale deve essere qualificata come mandato ex art. 1703 c.c., ovvero mediazione atipica, essendo stata preceduta dal conferimento dell'incarico ad opera di una delle parti contraenti. All'uopo ha citato l'orientamento del Tribunale di Roma per cui "nell'ipotesi di mediazione atipica, assimilabile al contratto di mandato, la provvigione sorge a prescindere dall'effettiva conclusione dell'affare, quando si verifichi l'evento a cui le parti hanno collegato la provvigione medesima". Ha precisato che nel caso di specie la scrittura di conferimento dell'incarico prevedeva la rinunzia a qualsiasi rimborso spese solo nel caso di mancata accettazione della proposta di acquisto e di un deposito cauzionale a garanzia del pagamento del compenso provvigionale. Ha pertanto evidenziato che è esente da qualsiasi responsabilità per la mancata stipula del contratto definitivo e che vanta il diritto a percepire il compenso provvigionale. In via subordinata, ha dedotto che anche qualificando il contratto come di mediazione ex art. 1754 c.c., non è incorso in alcuna responsabilità. All'uopo ha precisato che in esecuzione dell'incarico conferitogli dal (...) ha curato la formalizzazione, la raccolta e la trasmissione di una proposta irrevocabile di acquisto alla società costruttrice (...), raccogliendone l'accettazione. Pertanto ha rilevato che la mediazione tra il promissario acquirente e la società venditrice sia stata correttamente posta in essere essendo intervenuti due atti di prenotazione sostitutivi di contratto preliminare, con conseguente cessazione di qualsivoglia rapporto con le altre parti contraenti senza che possa residuare alcuna responsabilità. Sulla contestata condotta volta a truffare l'attore ha dedotto che è del tutto destituita di fondamento sia in fatto che in diritto. Sul punto ha precisato che le condotte della (...) srl non sono attribuibili alla sua attività posto che questa si era conclusa al momento della firma degli atti di prenotazione sostitutivi del preliminare. Ha chiarito che l'affare mediato riguardava una villetta che al momento dell'atto di prenotazione era in fase di progettazione e che la (...) ed il suo tecnico, Ing. (...) hanno presentato domanda di permesso di costruire al Comune di Soverato in data 04.05.2015, ovvero dopo la conclusione dell'affare. Pertanto ha rilevato che nell'esercizio della sua condotta professionale non è incorso in alcuna responsabilità, né contrattuale né extracontrattuale. Sulla pretesa risarcitoria dell'attore ha dedotto che essa è infondata anche nel quantum, poiché egli non può rispondere anche delle somme versata dall'attore all'(...) a titolo di acconti. Pertanto ha formulato domanda riconvenzionale nei confronti dell'odierno attore per sentirlo condannare al pagamento del saldo del compenso provvigionale pattuito e riconosciuto, che ammonta ad Euro 4.400,00. Per tutte queste ragioni ha chiesto il rigetto della domanda risarcitoria avanzata nei suoi confronti da parte attorea, ed in via riconvenzionale che gli venga corrisposta la somma di Euro4.400,00 a titolo di saldo del compenso provvigionale pattuito, oltre alla condanna di spese e competenze di lite. Si è costituita in giudizio la convenuta (...) Srl, chiedendo il rigetto della domanda poiché infondata in fatto ed in diritto. In fatto ha rappresentato di aver stipulato due contratti preliminari di compravendita per l'acquisto di terreno edificabile in zona S.Nicola di Soverato, rispettivamente in data 8.10.2014 ed in data 20.02.2015, per la realizzazione di villette residenziali. Successivamente in data 9.2.2015 sottoscriveva la lettera di incarico professionale all'Ing. (...) per la progettazione delle suddette villette. Ha precisato che in data 24.2.2015 e 21.04.2015 venivano sottoscritti dal (...) due atti di prenotazione per una unità residenziale- villa monofamiliare con piscina-identificata sul lotto di terreno ad ovest lato Soverato alla lettera a) di mq 285 come da planimetria allegata all'atto di prenotazione. Ha ulteriormente dedotto che in data 4.5.2015 procedeva alla richiesta di permesso a costruire e che l'Ing. (...) depositava al Comune di Soverato il progetto per la realizzazione delle ville. Pertanto non corrisponde al vero quando rappresentato dall'attore circa la mancata presentazione al Comune di Soverato del permesso a costruire. In diritto ha rilevato che la domanda attorea deve essere qualificata come domanda di recesso dal contratto ex art. 1386 c.c. e non di risarcimento del danno. Sul punto ha precisato che l'articolo summenzionato prevede che se nel contratto è stipulato il dir itto di recesso, la caparra ha solo la funzione di corrispettivo di recesso ed in questo caso il recedente perde la caparra data. Pertanto il (...) non ha alcun diritto alla ripetizione di quanto versato a titoli di acconto, posto che tali somme devono essere trattenute dalla Società venditrice a titolo di caparra penitenziale per l'esercizio del diritto di recesso e precisando che ci si riferisce esclusivamente alla somma di Euro 68.000,00 posto che gli ulteriori 20.000,00 sono stati versati all'agente immobiliare quale corrispettivo dell'attività svolta. Per tutti questi motivi ha chiesto il rigetto della domanda attorea in quanto infondata in fatto ed in diritto, con vittoria di spese del giudizio. La causa è stata istruita mediante esame testimoniale e dopo una serie di rinvii disposti in ragione del carico di ruolo aggravato all'emergenza Covid, all'udienza dell'1.12.2022 questo giudicante l'ha trattenuta in decisione con la concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per lo scambio di comparse conclusionali e memorie di replica. 2.1. Preliminarmente è necessario chiarire la natura giuridica del rapporto intercorso tra l'odierno attore ed il (...), al fine di inquadrare lo schema della responsabilità astrattamente configurabile. All'uopo si ritiene di dover aderire a quella giurisprudenza maggioritaria secondo la quale "la circostanza che colui il quale si assuma mediatore non si sia interposto autonomamente tra le parti, ma abbia ricevuto da una sola di esse l'incarico di reperire un contraente per un determinato affare, non muta la natura mediatoria dell'attività svolta ove riconosciuta od oggettivamente riconoscibile come tale dall'altra parte. La mediazione, infatti, non dipende dalla perfetta equidistanza, sia originaria che successiva, del mediatore da entrambe le parti, né il requisito di terzietà del mediatore è frutto d'un giudizio di valore formulabile ex post sulla condotta da lui tenuta (giudizio, del resto, non compatibile con la tecnica qualificatorio-sussuntiva della fattispecie). Al fine di marcare l'autonomia del mediatore dall'una e dall'altra parte, il requisito di terzietà è espresso per lo più dalla giurisprudenza di questa Corte col richiamo a concetti quali - imparzialità - o "neutralità" rispetto ai soggetti posti in relazione tra loro in vista dalla conclusione dell'affare. Ciò rischia di tradire il senso dell'art. 1754 c.c., che definisce il requisito in parola per via di mera negazione come assenza di un rapporto di collaborazione, dipendenza o rappresentanza con una delle parti. Non anche - si badi - come assenza di mandato. La differenza che ne deriva è che mentre il mandatario ha l'obbligo di eseguire l'incarico ricevuto ed ha diritto a ricevere il compenso pattuito indipendentemente dal risultato raggiunto, il mediatore ha la mera facoltà di attivarsi per mettere in relazione le parti ed ha diritto alla provvigione solo se provoca la conclusione dell'affare (in tal senso Cass.Civ. sentenza n. 24950/2016). Applicando i principi summenzionati al caso di specie si deve ritenere che il (...) ha svolto l'attività di mediatore ex art. 1756 c.c. su incarico sia dell'attore che della (...), proponendo da un lato la vendita e dall'altro l'acquisto di una villetta uni -familiare di futura costruzione. Ciò posto, dalla documentazione versata in atti, (all.1 di parte attorea) si evince che l'odierno attore affidava l'incarico al (...) per la conclusione dell'affare, e all'uopo al punto c) dell'accordo si impegnava a versare a garanzia del pagamento del compenso provvigionale un deposito cauzionale infruttifero di euro 20.000,00 oltre Iva. L'avvenuto pagamento di tale somma è incontestato ed inoltre risulta anche dall'assegno non trasferibile emesso dal (...) (all.5 di parte attorea) in favore del (...). Senonché, si deve rilevare che al punto d) del suddetto accordo è stato stabilito che il deposito cauzionale "verrà restituito contestualmente all'avvenuto saldo del compenso concordato, oppure, in caso di mancata conclusione dell'affare per fatto o colpa non addebitabile al sottoscritto, alla data indicata nella proposta di acquisto quale termine ultimo per la sottoscrizione del preliminare". Ed inoltre alla voce varie ed eventuali si precisa che: "l'IVA verrà versata al momento in cui il deposito cauzionale si trasformerà in provvigione entro e non oltre il contratto preliminare". Orbene, si deve dare atto che l'affare dell'acquisto per cui è causa non si è mai concluso tra il (...) e la (...) srl. Piuttosto ancora nel gennaio 2016, il procuratore speciale della (...) (...), unitamente al (...) comunicavano all'odierno attore che la società immobiliare aveva deciso di variare il progetto per incrementare di due le unità da costruire. Tale circostanza è stata confermata dal teste (...) all'udienza del 16.05.2019. Inoltre risulta dagli atti che con e-mail del 27.1.2016 (all.11 di parte attorea) l'attore comunicava al procuratore della (...) la sua volontà di ritirarsi dall'acquisto a causa dell'allungamento dei tempi dati dalla variazione del progetto. A questo punto deve essere chiarito che la sottoscrizione della dichiarazione liberatoria di parte attorea del 21.04.2015 (all. 4 di parte attorea) non è a quest'ultimo opponibile essendo contra legem, in palese contrasto con l'art. 1755 c.c., poiché riconosce al mediatore la provvigione per un affare non ancora concluso. Ciò è corroborato dall'orientamento consolidato della corte di Cassazione, secondo il quale per "conclusione dell'affare", da cui sorge il diritto del mediatore alla provvigione, "deve intendersi il compimento di un atto in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto al compratore di agire per l'adempimento dei patti stipulati o, in difetto, come nel caso di specie, per il risarcimento del danno (cfr. cass. n. 6599/2001)". Ed in tal caso al momento della sottoscrizione liberatoria, non essendo stato provato da nessuna delle parti convenute la sottoscrizione del contratto preliminare sostitutivo, si deve desumere che nessun vincolo giuridico si fosse instaurato tra l'(...) e il (...). Ad abundantiam, si osserva che nello svolgimento delle trattative prodromiche alla stipula dell'atto di prenotazione di alloggio, il (...) non abbia svolto con la diligenza dovuta la sua attività di mediatore. Ed invero è stato provato, in sede di escussione testimoniale di (...) il tentativo di condurlo in errore al fine di non farlo desistere dall'affare. Sul punto il teste ha confermato le circostanza di cui al punto 3) (vero o non vero che già in data 24.02.2015, su domanda dell'attore il (...) affermò che l'iter per il rilascio delle concessioni edilizie era quasi terminato), la circostanza di cui al punto 11) (vero o non vero che anche in quelle occasioni (aprile-agosto 2015) il (...) su domanda dell'attore rispondeva di aver personalmente verificato il corretto procedere dell'iter burocratico finalizzato al rilascio dei permessi a costruire assicurando che tale evento sarebbe avvenuto nel giro di poche settimane e che il ritardo era dovuto a questioni amministrative di poco conto e precisamente la mancanza di alcuni elaborati) e ancora la circostanza n.12) (vero che nell'incontro dell'Agosto 2015 presso l'Agenzia del (...), su domanda dell'attore, il (...) stesso rispose di aver personalmente verificato che presso il Comune di Soverato il rilascio del permesso a Costruire in favore dell'(...), specificando che era in corso il rilascio del nulla osta paesaggistico ambientale). L'affermazione del (...) circa l'iter di rilascio delle concessioni edilizie, che sarebbe giunto quasi al termine, viene totalmente smentita dalla nota del Comune di Soverato (all.16 di parte attorea) per cui ancora in data 04.05.2017 non risultava rilasciato alcun permesso a costruire in favore della (...) srl per il progetto delle "(...)". Priva di pregio risulta la circostanza eccepita dal (...) per cui il teste, nella sua qualità di moglie dell'attore sarebbe incapace a testimoniare. Invero, sul punto, la giurisprudenza della Suprema Corte è ferma nel ritenere che "con riferimento alla veste di testimone, un parente non possa essere escluso dal processo solo in funzione della sua qualità personale, poiché il rapporto di parentela implica di per sé un interesse esclusivamente affettivo e, come tale, irrilevante per il diritto. Orbene un giudizio ex ante dell'inidoneità a testimoniare in relazione ad un vincolo familiare ancorché stretto, come già dichiarato dalla Corte Costituzionale ormai quarant'anni orsono, non può essere basata su criteri di pura probabilità e di ipotetico sospetto di non sincerità, giacché altrimenti si finirebbe per inficiare ingiustificatamente il diritto alla prova, nucleo essenziale del diritto di agire e di difendersi" (in tal senso Cass. Civ. sentenza n.1109/2006 e Cass Civ. sentenza n.4532/2004). Ne consegue che alla luce delle considerazioni svolte e dall'istruttoria espletata il (...) non ha maturato alcun diritto alla provvigione in mancanza della conclusione dell'affare, e pertanto quest'ultimo deve restituire all'attore la somma di Euro 20.000,00 versata a titolo di provvigione per un affare mai concluso. 2.3. La mancata conclusione dell'affare comporta inoltre il rigetto della domanda riconvenzionale proposta dal convenuto e volta ad ottenere il pagamento del residuo pattuito per l'attività prestata. 3. Per ciò che attiene ai rapporti tra l'attore e l'(...) deve innanzitutto essere rigettata la richiesta formulata dalla convenuta di rimessione della causa sul ruolo per l'espletamento dell'interrogatorio formale del signor (...) e l'escussione del teste (...). Ed invero per come risulta dal verbale di udienza del 13.06.2019 l'interrogando non è comparso a rendere interrogatorio formale né è comparso il teste (...), entrambi ammessi su richiesta del convenuto (...) che avrebbe avuto l'onere di citarli. Senonché non vi è prova della predetta intimazione da parte del convenuto (...), né vi è stata contestazione in merito da parte dai difensori presenti che hanno chiesto un rinvio della causa per la precisazione delle conclusioni, né da parte della convenuta (...) che non è nemmeno comparsa in udienza. Pertanto la parte è decaduta dalla prova ai sensi dell'art. 104 c.p.c. non essendo stato tempestivamente dichiarato dalle altre parti alcun interesse all'audizione. Né può, come chiesto dal convenuto (...) in udienza ritenersi ammessa la circostanza oggetto dell'interrogatorio, non avendo il medesimo proceduto alla citazione dell'interrogando. 3.1 Sempre preliminarmente la domanda dell'odierno attore di risarcimento del danno subito dalla mancata conclusione del contratto, in base alla documentazione agli atti e alla prospettazione delle parti va riqualificata come domanda di recesso dal rapporto contrattuale, con restituzione dell'acconto versato in favore della convenuta per non avere questa rispettato quanto concluso nell'atto di prenotazione di vendita. Ed invero come ha avuto modo di chiarire la giurisprudenza di legittimità nella parte motiva dell'ordinanza n. 22512/2021 in particolare, questa Corte (vedi, recentemente, Cass. n. 5153 del 21/02/2019), ha enunciato il principio di diritto, secondo cui il giudice ha il potere-dovere di qualificare giuridicamente i fatti posti a base della domanda o delle eccezioni e di individuare le norme di diritto conseguentemente applicabili (anche in difformità rispetto alle indicazioni delle parti), incorrendo nella violazione del divieto di ultrapetizione soltanto ove sostituisca la domanda proposta con una diversa, modificandone i fatti costitutivi o fondandosi su una realtà fattuale non dedotta e allegata in giudizio dalle parti. Tanto chiarito l'atto di prenotazione concluso tra le parti è un negozio giuridico atipico attesa la mancanza di espressa previsione legislativa che può rappresentare un antecedente alla stipula del preliminare o coincidere con esso qualora vengano rispettati determinati requisiti, primo fra tutti l'esistenza di vincolo negoziale alla stipula di un contratto definitivo. Ciò posto risulta dalla documentazione agli atti che contestualmente al conferimento dell'incarico al (...), l'attore ha stipulato con la (...) una proposta irrevocabile di acquisto (all.1 di parte attorea) per l'unità residenziale di cui in narrativa, secondo il quale si sarebbe proceduto alla stipula del preliminare entro il 30.01.2015, versando a tal fine un importo di Euro 34.000,00. Al punto L) di detta proposta veniva altresì specificato che la stessa stata valida ai sensi dell'art. 1329 c.c. fino al termine previsto per l'eventuale seconda convocazione per la sottoscrizione del contratto preliminare. Insieme alla proposta irrevocabile di acquisto veniva altresì sottoscritto in pari data un atto di prenotazione per le unità residenziali, con contestuale versamento di altri Euro 34.000,00 pari al 5% dell'importo complessivo a titolo di prenotazione. Risulta però della documentazione allegata dalla convenuta (...) (allegato 3 del fascicolo di parte convenuta) che il predetto atto di prenotazione veniva annullato e sostituito dall'atto di prenotazione siglato dalle parti in data 21.04.2015. In detto atto le parti non hanno fatto riferimento né alla stipula di un preliminare, né alla stipula di un definitivo ma hanno solo regolamentato le modalità di pagamento da parte dell'attore in relazione allo stato di avanzamento dei lavori da parte della (...), prevendo che l'avvio dei lavori sarebbe dovuto avvenire entro la data del 31.12.2015 e che la consegna degli immobili sarebbe avvenuta in data 31.05.2017. Una volta chiarita la natura dell'atto per cui è causa, va rilevato che esso non vincola acquirente e venditore che al contrario possono recedere in qualsiasi momento dall'atto concluso, salva diversa previsione contenuta nel contratto che nell'atto per cui è causa non si rinviene. Senonché risulta provato dalla corrispondenza intercorsa via mail (all.9 e 11 di parte attorea) che nel gennaio 2016, la (...) non solo non aveva iniziato i lavori di costruzione ma decideva addirittura di variare il progetto al fine di incrementare di due le unità da costruire. Tale circostanza è corroborata dall'escussione testimoniale di (...) che ha confermato il capitolo n. 15 (vero o non vero che verso la fine di Gennaio 2016 il Sig. (...) unitamente al (...) si recò a fare visita all'attore e che i due in sua presenza riferirono al (...) che a causa del grande interesse suscitato dalla lottizzazione l'(...) srl aveva deciso di variare il progetto al fine di incrementare di due le unità da costruire.). Si aggiunga che dalla documentazione agli atti (allegato 16 del fascicolo di parte attorea) risulta in maniera inequivocabile che nell'anno 2017, anno che è stato previsto quale termine di conclusione dei lavori, il permesso a costruire pur richiesto in data 4.05.2015, non era stato rilasciato dal Comune di Soverato. A fronte di tali ritardi nell'avvio dei lavori con raccomandata a.r. l'attore ha chiesto la restituzione alla convenuta (...) delle somme già versate, comprensive dell'atto di mediazione, per un totale di Euro 88.000,00 ed il procuratore speciale di (...) ha riscontrato riconoscendo il legittimo esercizio del diritto di recesso con diritto alla restituzione delle somme versate, oltre al conteggio degli interessi legali (allegato 4 del fascicolo di parte attorea), pur senza mai corrispondere quanto riconosciuto come dovuto e nonostante la predetta richiesta sia stata reiterata con raccomandata trasmessa dal difensore dell'attore alla convenuta in data 2.03.2017. Ciò posto, è incontestato che l'attore abbia corrisposto con due assegni circolari non trasferibili in favore della (...) Srl (all. 3 e all.6) la somma complessiva di Euro 68.000,00 a titolo di prenotazione sull'acquisto. Parimenti provata è la circostanza che il diritto di recesso dal contratto di prenotazione ed il diritto alla restituzione siano stato legittimamente esercitati dall'attore, a fronte dei ritardi nell'avvio dei lavori e della variante al progetto inizialmente concordato. Senonché non avendo adempiuto a quanto pattuito il (...) ha il diritto alla restituzione della somma richiesta a titolo di risarcimento del danno, anche a fronte del riconoscimento del debito da parte della stessa (...). Del tutto privo di pregio appare il rilievo della società convenuta secondo il quale la predetta somma sarebbe stata versata a titolo di corrispettivo per il recesso ex art. 1386 c.c. e che pertanto debba essere trattenuta dalla stessa. Ed invero nell'atto del 21.04.2015 le parti hanno usato la formula fumosa di atto che vale a tutti gli effetti quale proposta cauzionata accettata. Sul punto si attaglia al caso di specie quella giurisprudenza della Suprema Corte secondo la quale: "nell'indagine sull'inadempienza contrattuale da compiersi al fine di stabilire se ed a chi spetti il diritto di recesso, i criteri da adottarsi sono quegli stessi che si debbono seguire nel caso di controversia su reciproche istanze di risoluzione, nel senso che occorre in ogni caso una valutazione comparativa del comportamento di entrambi i contraenti in relazione al contratto, in modo da stabilire quale di essi abbia fatto venir meno, con il proprio comportamento, l'interesse dell'altro al mantenimento del negozio" (così Cass. civ. Ordinanza n. 12549/2019). Applicando il principio al caso di specie, è documentato e pacifico in causa che la parte promittente venditrice avesse garantito che l'iter burocratico per il rilascio dei permessi si fosse già perfezionato al 2015, e che nel 2017 gli immobili sarebbero stati consegnati. In ogni caso va rilevato che avendo le parti usato la formula di "atto che vale a tutti gli effetti quale proposta cauzionata accettata", non essendo stato espressamente disciplinato l'esercizio del diritto di recesso valgono le regole generali sulla caparra confirmatoria per cui la parte adempiente ha diritto al risarcimento del danno e la parte venditrice inadempiente deve restituire quanto ricevuto a titolo di caparra. Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che La caparra confirmatoria, alla stregua degli artt. 1385 e 1453 c.c., assume la funzione di liquidazione convenzionale del danno da inadempimento qualora la parte non inadempiente abbia esercitato il potere di recesso conferitole dalla legge, mentre perde una siffatta funzione nell'ipotesi in cui la stessa parte abbia preferito domandare la risoluzione del contratto, soggiacendo così il diritto al risarcimento del danno alle regole generali e, quindi, alla prova dell'"an" e del "quantum" (in tal senso Cass. Civ. sentenza, 29/01/2003, n. 1301). Ciò posto stante l'accertato recesso dell'acquirente deve ritenersi che le somme versate a titolo di acconto debbano essere restituite, non potendosi più addivenire alla conclusione di alcun contratto tra l'acquirente e la società venditrice, per causa ad essa imputabile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in favore di (...) ai sensi del D.M. 147/2022, con la precisazione che in base al valore della controversia è stato applicato lo scaglione compreso tra Euro 52.001 e Euro 260.000 nei valori medi. P.Q.M. Il Tribunale di Catanzaro, definitivamente pronunciando nel contraddittorio tra le parti, ogni contraria istanza, eccezione e difesa respinte: - accoglie la domanda attorea per le ragioni chiarite in parte motiva; - rigetta la domanda riconvenzionale spiegata da (...); - Condanna (...) alla restituzione di Euro 20.000 oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla domanda al soddisfo in favore di (...) per le ragioni chiarite in parte motiva; - Condanna la (...) srl, in persona del l.r.p.t., alla restituzione di Euro 68.000,00 oltre rivalutazione monetaria dalla domanda al soddisfo in favore di (...) per le ragioni chiarite in parte motiva; - Condanna (...) e la (...) srl, in persona del l.r.p.t in solido tra loro, alla rifusione delle spese di lite che vengono, liquidate in Euro 786,00 per esborsi, e complessivi Euro 14.103,00 per compensi professionali oltre al rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge. Catanzaro, 14 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 15 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CATANZARO PRIMA SEZIONE CIVILE in persona del Giudice monocratico, dott.ssa Elais Mellace, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 4297 del RGAC dell'anno 2014 vertente TRA (...) (C.F. (...)), elettivamente domiciliato in Catanzaro, alla Via (...), presso lo studio dell'Avv. (...) e rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente tra loro dagli Avv.ti (...), giusta procura a margine dell'atto di citazione; ATTORE E AGENZIA DEL DEMANIO (C.F. 80207790587) e MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE (C.F. 06340981007), rispettivamente in p.l.r.p.t., elettivamente domiciliati in Catanzaro alla via G. Da Fiore n. 34, presso la sede dell'Avvocatura Distrettuale dello Sato di Catanzaro, da cui sono rappresentati e difesi; CONVENUTE Conclusioni delle parti: con note di trattazione scritta depositate per l'udienza cartolare del 17 novembre 2022 i procuratori delle parti precisavano le rispettive conclusioni riportandosi ai propri scritti ed atti difensivi. L'ATTORE: nell'atto di citazione rassegnava le seguenti conclusioni: "Voglia codesto Illustrissimo Tribunale, ogni eccezione e/o difesa avversaria respinta, così provvedere: - in via cautelare e urgente, sospendere con provvedimento eventualmente emesso anche inaudita altera parte, l'efficacia esecutiva della seconda richiesta di pagamento, prot. n. 13186/2014, notificata il 2 settembre 2014; -in via pregiudiziale, accertare e dichiarare che l'Agenzia del Demanio e il Ministero dell'Economia e delle Finanze non hanno alcun titolo giuridico per pretendere le somme pretese dall'odierno attore con la seconda richiesta di pagamento (indennità), non avendo alcun titolo di proprietà sul fondo oggetto del presente giudizio, contraddistinto nel Catasto del Comune di Scalea al foglio di mappa 14 particella 637 adibita ad uso agricolo e, per l'effetto, dichiarare inesistente e/o nulla ovvero annullare ovvero revocare ovvero dichiarare inefficace la seconda richiesta di pagamento (indennità) notificata all'attore in data 2 settembre 2014 e, comunque, dichiarare che nulla è dovuto da parte dall'attrice all'Agenzia del Demanio e al Ministero convenuto; - in via preliminare di merito, accertare e dichiarare che il diritto al risarcimento del danno da occupazione asseritamente abusiva relativamente al periodo compreso tra il 1986 e il 2009 si è estinto per prescrizione e, per l'effetto, - dichiarare nulla ovvero annullare ovvero revocare e/o dichiarare inefficace in parte qua la seconda richiesta di pagamento notificata all'attore il 2 settembre 2014 e comunque, dichiarare che nulla è dovuto da parte dell'attore all'Agenzia del Demanio e al Ministero convenuto per il suddetto periodo di asserita occupazione abusiva del fondo in oggetto; -in via principale, accertare e di-chiarare che la richiesta di pagamento avanzata dall'Agenzia del Demanio nei confronti dell'attore è infondata, non essendo stata fornita alcuna prova del danno subito da parte dell'amministrazione convenuta per effetto dell'occupazione del fondo di cui si tratta da parte dell'attore; - in via subordinata, accertare e dichiarare che le somme richieste dall'Agenzia del Demanio a titolo di canoni di occupazione del suolo in oggetto sono generiche e pretestuose in ordine altresì alla quantificazione quantum debeatur e, per l'effetto, - dichiarare inesistente e/o nulla ovvero annullare ovvero revocare ovvero dichiarare inefficace la seconda richiesta di pagamento (indennità) notificata all'attore in data 2 settembre 2014 e, comunque, dichiarare che nulla è dovuto da parte dell'attore all'Agenzia del Demanio e al Ministero convenuto. Con vittoria di spese, competenze ed onorari del presente procedimento, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge" LE CONVENUTE: nella comparsa di costituzione e risposta chiedevano l'accoglimento delle seguenti conclusioni: "Voglia l'Ill.mo Giudice adito rigettare ogni avversa domanda e accertare e dichiarare la proprietà statale del bene". SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. Con atto di citazione regolarmente notificato, (...) conveniva in giudizio dinanzi all'intestato Tribunale l'Agenzia del Demanio ed il Ministero dell'Economia e delle Finanze al fine di ottenere l'annullamento della seconda richiesta di pagamento, prot. n. 13186/2024 del 25 agosto 2014, allo stesso notificata il successivo 2 settembre 2014, con la quale l'Agenzia del Demanio intimava il pagamento della somma di Euro 9.843,05, a titolo di indennità per "... occupazione senza titolo del terreno patrimoniale dello Stato sito in Scalea ed allibrato alla scheda n. 448 (ex Campo Volo) dell'inventario dei beni dello Stato della Provincia di Cosenza identificato al lotto n. 152 per una superficie totale di mq 900, catastalmente riportata al foglio di mappa (...) particella (...) adibita ad uso agricolo"; indennità determinata "avuto riguardo ai canoni praticati in regime di mercato per immobili aventi caratteristiche analoghe, rivalutata degli indici ISTAT e degli interessi legali ". Nel dettaglio, l'odierno attore deduceva che detta richiesta di pagamento era del tutto illegittima poiché: 1) l'Amministrazione convenuta era priva della legittimazione a reclamare il pagamento della suddetta somma, giacché né lo Stato né l'Agenzia del Demanio erano mai stati proprietari dei terreni oggetto del presente giudizio né, tanto meno, vantavano alcun titolo idoneo al trasferimento della proprietà a titolo originario o a titolo derivativo. Ed invero, non era rinvenibile in atti alcun decreto di esproprio dell'area in questione da parte delle PP.AA. convenute, sulle quali incombeva, dunque, l'onere di fornire la prova rigorosa del titolo originario di proprietà del bene, dal momento che - per acclarata giurisprudenza - "la domanda con cui l'attore chieda di dichiarare abusiva ed illegittima l'occupazione di un immobile di sua proprietà da parte del convenuto, con conseguente condanna al rilascio del bene e al risarcimento dei danni da essa derivanti, senza ricollegare la propria pretesa al venir meno di un negozio giuridico, che avesse giustificato la consegna della cosa e la relazione di fatto sussistente tra questa ed il medesimo convenuto, non dà luogo ad una azione personale di restituzione e deve qualificarsi come azione di rivendicazione"; 2) l'effetto traslativo della proprietà del bene in capo alla P.A. non poteva essersi prodotto neppure per effetto di occupazione usurpativa o acquisitiva, stante la sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 43 del T.U. n. 327/2001 che vieta, "in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, di disporne l'acquisizione al suo patrimonio indisponibile, con l'obbligo di risarcire i danni al proprietario". Peraltro, nel caso di specie, nessuna irreversibile trasformazione del terreno era mai stata realizzata, poiché sull'area in questione non era mai stato costruito alcun Campo di Fortuna; 3) l'inesistenza di un titolo di proprietà sull'area in oggetto era confermata sia dalla Prefettura di Cosenza che dall'Aeronautica Militare. In particolare, la Prefettura - a riscontro di una nota con la quale il Comune di Scalea chiedeva copia degli atti inerenti alla procedura di esproprio del 1938/39 del "Campo di Fortuna" (oggi ex Campo Volo) - dava atto che "...nonostante le accurate ricerche nessun fascicolo relativo alla problematica di cui si tratta è stato trovato". Parimenti, il Ministero della Difesa, Aeronautica Militare, 3° Reparto Genio A.M. - Ufficio Demanio - I A Sezione del Comandante, con nota prot. n. 4066 del 19 febbraio 2013, sempre in risposta al Comune di Scalea, comunicava che "in esito a quanto richiesto con il foglio in riferimento, si fa presente che presso gli archivi dello scrivente esiste uno esiguo carteggio relativo all'immobile in oggetto, dismesso da questa Amministrazione Difesa da oltre un cinquantennio. Si precisa che in tale documentazione non è stato rinvenuto alcun decreto di esproprio. (...) Negli anni '30 nacque l'esigenza per questa Amministrazione Difesa di realizzare un "campo di fortuna" e si iniziò la procedura di esproprio delle aree di interesse; Successivamente, decaduta tale esigenza, la procedura espropriativa fu bloccata e pertanto tutte le aree per le quali non si giunse all'emissione del decreto definitivo di esproprio furono retrocesse ai proprietari aventi titolo"; non risultano ulteriori atti ufficiali da parte di questa Amm.ne, tra i quali, si ribadisce i decreti di esproprio"; 4) il credito vantato dall'Agenzia del Demanio nei confronti dell'odierno attore, relativo alle annualità di occupazione comprese tra il 1986 ed il 2009, doveva considerarsi in ogni caso prescritto, ai sensi dell'art. 2947 c.c.; 5) la pretesa risarcitoria vantata dalla Pubblica Amministrazione era, altresì, infondata giacché essa non aveva allegato e dimostrato nè il danno concretamente subito a causa dell'asserita occupazione abusiva del terreno oggetto del giudizio e, dunque, prodotto in conseguenza della privazione della disponibilità del bene, in violazione degli artt. 1223, 1226 e dell'art.2056 c.c., né la mala fede del possessore; 6) il credito risarcitorio non era, infine, stato provato sotto il profilo del quantum debeatur. In relazione a tale ultimo aspetto, infatti, l'Amministrazione non aveva in alcun modo dato contezza del metodo di calcolo utilizzato per la determinazione dell'importo richiesto, essendosi limitata ad indicare che i canoni oggetto della richiesta di pagamento erano stati individuati "avuto riguardo ai canoni praticati in regime di mercato per immobili aventi caratteristiche analoghe, rivalutati degli indici ISTAT, oltre interessi legali". Tanto premesso, (...) rassegnava le proprie conclusioni, come sopra riportate. 1.1 Con un'unica comparsa di risposta si costituivano in giudizio il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l'Agenzia del Demanio, eccependo l'infondatezza in fatto ed in diritto delle pretese attoree e chiedendo, pertanto, il rigetto delle stesse con conseguente dichiarazione della proprietà statale del bene. Per quanto di loro interesse, evidenziavano: - che il compendio patrimoniale denominato "ex campo di volo di Scalea" era stato inserito nell'inventario dei Beni dello Stato della Provincia di Cosenza, mod. 199 n. 448; - che con decreto di espropriazione permanente del 10 maggio 1941 n. 11100 (registrato a Scalea il 29 maggio 1941 al n. 143 vol.), emesso dal Prefetto di Cosenza, vennero espropriate in via definitiva le aree di proprietà privata oggetto di causa; - che nell'anno 1947, venuta meno l'esigenza di costruire il campo di volo, il Comando della 4° Z.A.T. di Bari avviò la dismissione degli immobili costituenti sedime aeroportuale, con trasferimento dell'area interessata dal Demanio Pubblico Ramo Aereonautica Militare al Patrimonio dello Stato (Decreto del Ministero della Difesa - Aeronautica n. 108 del 13.2.1953 e n. 321 dell'11.1.1956); divenuti tali beni oggetto, poi, di successiva ricognizione da parte dall'UTE, su richiesta del Ministero delle Finanze, ne veniva accertata una consistenza di Ha 99.28.23, suddivisa in lotti, di cui al n. 152 era rinvenibile il terreno oggetto di causa; - che con verbale di constatazione del 2.06.1989, la Guardia di Finanza di Scalea, accertava l'occupazione da parte della sig.ra (...) del lotto n. 152 (mq. 1.120), la quale dichiarava di aver incaricato per la sua coltivazione, sin dal 1983, (...); - che successivamente, in data 25.7.2013, funzionari dell'Agenzia del Demanio, effettuavano sopralluogo sul lotto n. 152 unitamente al personale della Guardia di Finanza, confermando la perdurante abusiva occupazione da parte del (...); - che alla luce delle risultanze dei controlli effettuati, l'Agenzia del Demanio aveva dovuto procedere all'attività di riscossione imposta dall'art. 1 comma 274 della L. 311/2004 delle indennità di occupazione illegittima. L'amministrazione, ai fini della determinazione del quantum, procedeva a valutazione tecnico estimativa, che determinava i periodi di occupazione dell'attore dall'1.1.1983 al 31.12.2013 e dall'1.1.2014 al 28.3.2014, data a partire dalla quale il medesimo compendio dell'ex Campo di Volo è stato trasferito al Comune di Scalea, nell'ambito dell'attuazione del federalismo demaniale. Pertanto, la somma complessiva a questa richiesta per l'abusiva occupazione del terreno facente parte del Patrimonio dello Stato, allibrato alla scheda n. 448 (ex Campo Volo) ed identificato a lotto n. 152 per una superficie di circa mq. 900,00, riportato al Catasto al foglio mappa n. 14, part.lla (...) (parte), relativa al periodo 01.01.1983/28.03.2013 era di Euro 9.843,05; - che non avendo provveduto l'intimato al regolare pagamento di quanto dovuto, si procedeva alla notifica del secondo avviso di pagamento, oggetto di codesta impugnazione. In merito alla fondatezza della propria pretesa risarcitoria, le PP.AA. convenute rappresentavano, inoltre, che copiosa era la documentazione riversata in atti relativa alla procedura di esproprio atta a dimostrare la legittimità della stessa e, dunque, la sussistenza della titolarità del diritto di proprietà dei detti beni. Nel dettaglio, si faceva riferimento: - alla nota n. 3679 del 10.7.1987 della Prefettura di Cosenza che attestava la non rinvenibilità agli atti dell'ufficio del decreto di esproprio n. 11.100 del 10.05.1941, "presumibilmente " perché "trattandosi di atto riferito ad epoca remota", era stato "proposto per lo scarto ovvero per macero"; - alla nota n. TR3-35/52272 emessa dalla Direzione Demanio - Comando III Regione Area del 13.03.1981, con cui veniva escluso qualsiasi diritto di retrocessione delle aree dell'ex Campo di Volo di Scalea, in quanto si attestava che tutte le aree interessate avevano avuto la destinazione per la quale furono espropriate; - alle Sentenze del Tribunale di Paola (n. 187/2001 e n. 205/2001), con cui i danti causa dell'odierno attore venivano condannati al rilascio, in favore della Amministrazione Finanziaria dello Stato, della parte di terreno abusivamente detenuta. In ultimo, per quel che riguardava la materiale mancanza del decreto di esproprio (dovuta al fatto che, trattandosi di un atto risalente nel tempo, esso era stato certamente proposto per lo scarto), le convenute evidenziavano la deducibilità della sua esistenza, ricavabile sia dal decreto di occupazione permanete, costituente un prius dello stesso, che dai citati decreti ministeriali di dismissione degli immobili dell'ex Campo di Volo in favore del Patrimonio dello Stato che, invece, ne costituivano un posterius. 1.2. All'udienza di prima comparizione del 19 marzo 2015, su eccezione dell'attore che evidenziava l'improcedibilità della domanda riconvenzionale per mancato esperimento della procedura di mediazione, la causa veniva differita - facendo salvi i diritti di prima udienza - al 17 novembre 2015. Rinviata all'udienza del 5 aprile 2018 - all'esito della quale non risultava ancora esperita la mediazione - il giudizio veniva ulteriormente differito all'udienza del 22 novembre 2018. 1.3. Concessi i termini di cui all'art. 183, comma VI, c.p.c. e rigettata la richiesta CTU, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 06 luglio 2020. 1.4. Dopo alcuni rinvii ed assegnata allo scrivente Magistrato in data 18 gennaio 2022, subentrato nel ruolo del precedente giudice, all'udienza cartolare del 17 novembre 2022, precisate nuovamente le conclusioni, la causa veniva trattenuta in decisione con concessione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti conclusionali. MOTIVI DELLA DECISIONE 2. In via preliminare, occorre analizzare l'eccezione di improcedibilità della domanda riconvenzionale proposta dalle amministrazioni convenute nella loro comparsa di costituzione e risposta e tempestivamente sollevata dall'odierno attore. Ed invero, il (...) eccepisce il mancato esperimento del preventivo ed obbligatorio tentativo di mediazione in merito alla domanda riconvenzionale di accertamento della proprietà dell'immobile in capo al Patrimonio dello Sato, nonostante la concessione di apposito termine da parte del Giudice all'udienza del 17.11.2015. Eccezione opposta dalle PP.AA. convenute sul presupposto che, trattandosi di mera eccezione difensiva, nessun onere grava in capo alle stesse in merito. L'eccezione è infondata. 2.1. L'orientamento prevalente nella giurisprudenza di merito, pienamente condiviso dalla scrivente, ritiene che non sussista alcun obbligo di esperire la mediazione a seguito della formulazione della domanda riconvenzionale, in quanto l'art. 5 del D.Lgs. n. 28 del 2010, nel fare riferimento a chi intende esercitare in giudizio un'azione, si riferisce al soggetto che incardina il giudizio, ossia all'attore e non anche al convenuto, ancorché questi abbia spiegato domanda riconvenzionale, giacché imporre il tentativo di mediazione anche in tale ipotesi finirebbe per frustrare il principio di ragionevole durata del processo (Tribunale Prato sez. I, 31/12/2021; Trib. Taranto 02.05.2019; Trib. Roma 18.01.2017; Trib. Palermo 27.02.2016). Suggerisce una tale conclusione l'interpretazione letterale dell'art. 5 del D.Lgs. n. 28 del 2010, il quale prevede la facoltà per il solo convenuto citato in giudizio di eccepire il mancato tentativo di mediazione e non anche per colui che, avendo promosso l'azione, risulti a sua volta destinatario di una domanda collegata a quella originaria, giacché ciò comporterebbe l'effetto di dilazionare i tempi del processo, frustrando il principio di ragionevole durata dello stesso. Inoltre, come condivisibilmente osservato dal Trib. Taranto 02.05.2019, "le disposizioni che prevedono condizioni di procedibilità sono di stretta interpretazione, poiché introducono limitazioni all'esercizio del diritto di agire in giudizio, garantito dall'art. 24 Cost., quindi la locuzione "chi intende esercitare in giudizio un'azione", contenuta nel comma 1, art. 5, D.Lgs. n. 28 del 2010, sarebbe da intendersi come "chi intende instaurare un giudizio"; senza oltremodo considerare che il procedimento di mediazione sulla domanda riconvenzionale non è generalmente idoneo, dopo il fallimento del procedimento di mediazione sulla domanda principale, a porre fine al giudizio. Deve, dunque, concludersi che non sussistendo alcun obbligo di preventivo esperimento del tentativo di conciliazione ex art. 5 comma 1bis D.Lgs. 28/2010, l'eccezione debba essere respinta. 3. Venendo al merito della controversia, si osserva che con l'instaurazione del presente giudizio, l'attore (...) agisce nei confronti delle Amministrazioni convenute, impugnando la richiesta di pagamento prot. n. 13186/2014 dl 25 agosto 2014 e allo stesso notificata in data 02 settembre 2014, con la quale viene intimato il pagamento della somma di Euro 9.843,05 a titolo di indennità di occupazione dovuta per l'utilizzo senza titolo "del terreno patrimoniale dello Stato, sito in Scalea, allibrato alla scheda n. 448 (ex Campo Volo) dell'inventario dei beni dello Stato della Provincia di Cosenza, identificato al lotto 152 per una superficie totale di mq 900,00 catastalmente riportato al foglio di mappa (...) particella (...) adibita ad uso agricolo". Richiesta di cui se ne chiede l'annullamento perché ritenuta illegittima. All'opposto, parte convenuta domanda l'integrale rigetto delle domande attoree. 3.1 Ebbene, prima di addentrarci nel merito della vicenda sottoposta al vaglio di questo Tribunale, preme evidenziare - in via preliminare - che le allegazioni difensive poste dagli odierni convenuti a fondamento della domanda di rigetto delle pretese attoree, devono essere qualificate come deduzioni a sostegno dell'eccezione riconvenzionale di proprietà, posto che la richiesta di pagamento avanzata dall'Agenzia del Demanio non è connessa ad una antecedente consegna dei beni all'occupante, ma alla mera prospettazione della propria qualità di proprietaria. A tal proposito, non appare superfluo rammentare la differenza tra ciò che viene qualificato come domanda riconvenzionale e ciò che viene inteso come eccezione riconvenzionale. E invero, per domanda riconvenzionale s'intende la richiesta avanzata dal convenuto con la quale questo chiede al giudice l'adozione di un provvedimento a lui favorevole e sfavorevole all'attore, che va oltre la semplice richiesta di rigetto della domanda principale. Con l'eccezione riconvenzionale, invece, il convenuto pone un'istanza diretta a far valere un suo diritto al solo scopo di escludere l'efficacia giuridica dei fatti o dei titoli dedotti dall'attore e, dunque, al sol fine di ottenere il rigetto della domanda da quest'ultimo proposta: "l'eccezione riconvenzionale consiste in una prospettazione difensiva che, pur ampliando il tema della controversia, è finalizzata, a differenza della domanda riconvenzionale, esclusivamente alla reiezione della domanda attrice, attraverso l'opposizione al diritto fatto valere dall'attore di un altro diritto idoneo a paralizzarlo" (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 7292 del 16/03/2021). Come meglio chiarito dalla Suprema Corte con la sentenza emessa dalla Sezione II, n. 21472 del 25/10/2016: "La distinzione tra domanda ed eccezione riconvenzionale non dipende dal titolo posto a base della difesa del convenuto, e cioè dal fatto o dal rapporto giuridico invocato a suo fondamento, ma dal relativo oggetto, vale a dire dal risultato processuale che lo stesso intende con essa ottenere, che è limitato, nel secondo caso, al rigetto della domanda proposta dall'attore; di conseguenza, non sussistono limiti al possibile ampliamento del tema della controversia da parte del convenuto a mezzo di eccezioni, purché vengano allegati, a loro fondamento, fatti o rapporti giuridici prospettati come idonei a determinare l'estinzione o la modificazione dei diritti fatti valere dall'attore, ed in base ai quali si chiede la reiezione delle domande da questo proposte e non una pronunzia di accoglimento di ulteriori e diverse domande. A tal proposito, la giurisprudenza ha ulteriormente precisato che, "qualora il convenuto in un giudizio di rivendica o di accertamento della proprietà, chieda, a sua volta, che venga accertato che è esso convenuto il titolare della proprietà (o comproprietà) della cosa al momento della decisione, l'istanza proposta ha la natura di domanda riconvenzionale. Si è, invece, in presenza di una mera eccezione se il convenuto si limita a chiedere l'accertamento di una vicenda giuridica - come, ad esempio, l'usucapione - per effetto della quale l'attore non è mai divenuto proprietario o ha cessato di esserlo. In questa seconda ipotesi, il giudice non può esimersi dall'accertare la vicenda dedotta dal convenuto, al fine di pronunziare sulla fondatezza della domanda dell'attore, e ciò anche se il convenuto vi abbia ancorato una domanda riconvenzionale per qualsiasi verso inammissibile (Cass. 5 luglio 1971, n. 2088; Cass. 19 maggio 2015, n. 10206; Cass. 18 gennaio 2017, n. 1211). 3.2. Trasfondendo i richiamati principi al caso di specie, appare manifesto che la domanda attorea di accertamento della non esigibilità della richiesta di pagamento prot. N. 13186/2014 avanzata dalle Amministrazioni convenute a titolo di indennità per l'occupazione senza titolo del terreno sito in Scalea, allibrato alla scheda n. 448 (ex Campo Volo) dell'inventario dei beni dello Stato della Provincia di Cosenza, identificato con lotto n. 152 di complessivi mq 900,00 circa e adibito ad uso agricolo, debba trovare accoglimento. Premesso, infatti, che la richiesta di pagamento avanzata dall'Agenzia del Demanio - come sopra detto - non si ricollega ad una precedente consegna dei beni all'attore, ma alla prospettazione della propria qualità di proprietaria, questa avrebbe essere dovuta corredata e suffragata dalla rigorosa dimostrazione dell'esistenza dell'asserito diritto di proprietà o di altro diritto reale sul bene da parte dell'Amministrazione convenuta, non potendo pertanto risalirsi e ritenere accertato il titolo di proprietà del terreno in questione per presunzione, ossia a mezzo degli atti presupposti e conseguenti il decreto di esproprio costituente, invece, unico ed effettivo titolo comprovante la proprietà demaniale. Giova rammentare che l'appezzamento di terreno oggetto del presente giudizio costituisce una porzione del più ampio compendio noto come "ex Campo Volo di Scalea", di cui i convenuti eccepiscono la proprietà demaniale in ragione del fatto che l'intero compendio (che risulta attualmente suddiviso in diversi appezzamenti, identificati in lotti), sarebbe stato oggetto di esproprio avvenuto con decreto n. 11100 del 10 maggio 1941 al fine di realizzare il c.d. "Campo di Fortuna" di Scalea, che - in virtù di ciò - sarebbe entrato a far parte del patrimonio disponibile dello Stato. Ebbene, non può non rilevarsi come, nell'ambito di tale vicenda, le Amministrazioni convenute non assolvono al proprio onere probatorio, non avendo dimostrato la sussistenza dell'asserito diritto di proprietà: e invero, benché queste deducano che il terreno di cui è causa è stato oggetto di un procedimento ablativo, di fatto nulla producono a sostegno di quanto affermato, non essendo stata fornita alcuna prova della valida conclusione del procedimento di esproprio. Difatti, non è presente in atti il decreto di esproprio in forza del quale il terreno - unitamente agli altri facenti parte del compendio "ex Campo Volo" - sarebbe effettivamente entrato a far parte del Demanio dello Stato, onde per cui non può dirsi provata l'eccezione riconvenzionale afferente alla proprietà demaniale dei terreni in questione sollevata da parte convenuta. A tal fine corre l'obbligo di evidenziare che non può assumere rilievo dirimente quanto sostenuto dalle PP.AA., ossia che trattandosi di un provvedimento risalente nel tempo, questo "presumibilmente " sarebbe andato distrutto, giacché non può certo fondarsi una pretesa creditoria né tanto meno l'accertamento della proprietà in capo alla PP.AA. in totale assenza dell'unico documento idoneo a dimostrare la sussistenza della titolarità del diritto di proprietà. Del resto, è la stessa convenuta a confermare che la Prefettura di Cosenza, con nota prot. n. 3679 del 10 luglio 1987, comunicava la non rinvenibilità del decreto di esproprio tra gli atti dell'Ufficio, per cui il fatto che la sua mancanza sia dovuta alla distruzione del provvedimento rimane una semplice deduzione di parte priva di riscontro e, come tale, inidonea ad accertare la proprietà del terreno in capo alla PP.AA. Si rammenta, infatti, che - ai sensi dell'art. 50 L. n. 2239 del 1865 - "la proprietà dei beni soggetti ad espropriazione per causa di pubblica utilità passa nell'espropriante dalla data di decreto del Prefetto che pronuncia l'espropriazione". Dalla lettera della norma citata si evince, dunque, che non è sufficiente a radicare il diritto di proprietà in capo allo Stato la mera dichiarazione di pubblica utilità e l'adozione di un, seppur legittimo, decreto di occupazione d'urgenza, laddove questi non siano seguiti dal procedimento definitivo di esproprio concluso nei termini previsti dalla legge, atteso che - come ribadito dalla giurisprudenza - "il comportamento dell'Amministrazione, la quale abbia emanato una valida dichiarazione di pubblica utilità ed un legittimo decreto di occupazione d'urgenza senza tuttavia emanare il procedimento definitivo di esproprio nei termini previsti dalla legge, costituisce illecito permanente nella cui vigenza non decorre la prescrizione, ciò perché in questo manca un effetto traslativo della proprietà, stante la mancanza del provvedimento di esproprio" (T.A.R. Salerno, (Campania) sez. II, 09/07/2012, n.1374). E ancora, sulla occupazione d'urgenza non seguita da un provvedimento definitivo di esproprio e sulla natura permanente dell'illecito, si segnala, altresì, la sentenza del T.A.R. Calabria, Sez. Reggio Calabria: "E' ormai consolidato l'indirizzo, più volte ribadito anche da questo Tribunale (cfr., ex multis, sent. 19 settembre 2016, n. 921), secondo il quale il comportamento tenuto dalla p.a., che abbia emesso una valida dichiarazione di pubblica utilità ed un legittimo decreto di occupazione di urgenza, senza, tuttavia, emanare il provvedimento definitivo di esproprio nei termini previsti dalla legge, debba configurarsi quale illecito permanente e non già quale illecito istantaneo ad effetti permanenti". Pertanto, "la scadenza del termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità comporta la sua sopravvenuta inefficacia e la conseguente illiceità del possesso del terreno, a suo tempo acquisito in esecuzione dell'ordinanza di occupazione d'urgenza". Alla luce di quanto detto, non può certamente ritenersi provato il diritto di proprietà in capo allo Stato dei beni di cui è causa, atteso che questo non è desumibile dal decreto di occupazione prefettizio e dai successivi decreti ministeriali di dismissione dei beni. Né, tanto meno può ritenersi il decreto n. 11100 del 10 maggio 1941 come un provvedimento di esproprio, trattandosi del decreto del Prefetto della Provincia di Cosenza con cui a suo tempo si autorizzava l'occupazione degli immobili di proprietà di Siniscalchi Evaristo, successivamente da espropriare per la realizzazione del "Campo di Fortuna" di Scalea, peraltro mai compiuto. Da ciò discende che l'Agenzia del Demanio, che eccepisce in via riconvenzionale il diritto di proprietà sull'area oggetto di giudizio, non avendo provato quanto dedotto, non dimostra il proprio acquisto a titolo originario e, conseguentemente, il carattere abusivo dell'occupazione da parte dell'odierno attore, dal quale sarebbe derivata la fondatezza della richiesta di pagamento. Né assumono rilievo dirimente a tal fine le richiamate sentenze emesse dal Tribunale di Paola, giacché queste non risultano in alcun modo riconducibili all'odierno attore, né sotto il profilo soggettivo né per quel che riguarda le particelle di terreno oggetto di causa; appare evidente, pertanto, che dalle stesse non si può in alcun modo desumere l'accertamento della proprietà dei terreni oggetti di causa in capo al Patrimonio dello Stato. 3.3. Ad abundantiam, deve peraltro rilevarsi che né sulla predetta area nè sull'intero compendio è stato mai realizzato il "Campo di Fortuna" di Scalea, di talché i terreni non stati neppure interessati da un'irreversibile trasformazione degli stessi. Tale circostanza la si evince dalla nota dell'Aeronautica Militare 3° Reparto Genio A.M. - Ufficio Demanio - 1° Sezione del febbraio 2013 (riversata in atti), nella quale si legge che, decaduta l'esigenza di realizzare il "Campo di Fortuna", la procedura di esproprio delle aree interessate "fu bloccata". In ogni caso, anche laddove tale trasformazione si fosse concretizzata, ciò non avrebbe determinato la legittima ablazione del terreno in capo all'Amministrazione convenuta, giacché in tale evenienza si sarebbe tutt'al più integrata la diversa fattispecie della "occupazione acquisitiva". E invero, l'espropriazione c.d. "appropriativa" (che si differenzia dall'occupazione usurpativa perché in quest'ultima, a differenza della prima, manca del tutto la dichiarazione di pubblica utilità), è dalla giurisprudenza pacificamente considerata un illecito a carattere permanente, inidonea a comportare l'acquisizione autoritativa in favore della pubblica Amministrazione del bene occupato. Pertanto, l'illegittimità del comportamento dell'Amministrazione viene a cessare solo per effetto della restituzione, di un accordo transattivo, della compiuta usucapione da parte dell'occupante che lo ha trasformato, ovvero della rinunzia del proprietario al suo diritto, che può essere anche implicita nella richiesta di risarcimento dei danni per equivalente. 3.4. Alla luce di tutto quanto sopra esposto, deve concludersi che la domanda attorea debba trovare accoglimento, non avendo le amministrazioni convenute provato, come sarebbe stato loro onere, il proprio asserito diritto di proprietà sull'area oggetto di giudizio, risalendo ad un acquisto a titolo originario e, quindi, il carattere abusivo dell'occupazione da parte del (...), di talché non può ritenersi fondata la richiesta di pagamento avanzata nei confronti di questo. 4. Per quel che concerne le spese del giudizio, esse seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, a norma del DM 55/14, aggiornato al D.M. n. 147/2022, secondo lo scaglione di riferimento della causa (da Euro 5.201,00 ad Euro 26.000,00), con l'applicazione dei valori minimi per tutte le fasi, considerata la parziale serialità della controversia, ulteriormente ridotte ai sensi dell'art. 4, comma 4, per assenza di specifiche e distinte questioni di fatto e diritto. Ed invero, deve evidenziarsi che la questione è stata oggetto di valutazione da parte di questo Tribunale in giudizi analoghi, che hanno riguardato altri lotti del medesimo ex Campo di Volo di Scalea, contribuendo a formare un orientamento univoco sulla decisione di non attribuzione dell'effettiva proprietà in capo all'amministrazione statale del bene conteso. Inoltre, ferma restando l'autonomia delle posizioni delle convenute soccombenti, in virtù dell'articolo 97 c.p.c., deve disporsi la condanna in solido delle stesse tenuto, conto dell'interesse comune ed in ragione del vincolo di solidarietà del rapporto sostanziale, desunto dall'identità delle questioni sollevate e dibattute, nonché dalla convergenza degli atteggiamenti difensivi (cfr. ex multis, Cass. N. 16065/2015). P.Q.M. Il Tribunale di Catanzaro, Prima Sezione Civile, in persona del giudice monocratico dott.ssa Elais Mellace, definitivamente pronunciando sulla controversia in oggetto, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, così provvede: 1) accerta e dichiara l'illegittimità della richiesta di pagamento prot. n. n. 13186/2024 del 25 agosto 2014 e notificata il successivo 2 settembre 2014; 2) condanna il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l'Agenzia del Demanio, in persona dei rispettivi rappresentati legali p.t., in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite sostenute da parte attrice, che si liquidano in Euro 264,00 per esborsi ed euro 1.778,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% (sui compensi), IVA e C.P.A. come per legge. Così deciso in Catanzaro, 1 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 3 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Catanzaro, sezione prima civile, in composizione monocratica, nella persona del Got, dott.ssa Maria Tranquillo , ha pronunciato la seguente Sentenza Nella causa civile iscritta al n. 5053 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 2013, avente ad oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo n. 933/2013 tra (...) elettivamente domiciliato in Catanzaro, via (...), presso lo studio dell'Avv. Gi.Ol. che la rappresenta e difende per procura in atti opponente e Comune di Centrache elettivamente domiciliato in Stalettì via (...), presso lo studio dell'Avv. Si.Av. e rappresentata e difesa dall'Avv. Si.Av. per procura in atti; opposto MOTIVI IN FATTO E DIRITTO Con decreto ingiuntivo n.933/13 emesso dal Tribunale di Catanzaro il Comune di Centrache ha ingiunto all' odierna opponente di pagare la somma di Euro 10.524,99 oltre interessi dovuti corrispondente alla residua somma dovuta per la vendita dell'immobile di proprietà comunale sito in D. V. M. del Comune di Centrache. Avverso il suddetto decreto ingiuntivo, l'odierna opponente proponeva opposizione con contestuale domanda riconvenzionale, deducendo l'inadempimento del Comune di Centrache per aver venduto all'opponente un immobile privo del certificato di agibilità. Si costituiva in giudizio l'opposta, impugnando e contestando le avverse deduzioni, deducendo che l'immobile de quo è stato venduto corredato di certificato di collaudo statico con atto pubblico, con espressa rinuncia al requisito dell'agibilità, esonerando il venditore dell'obbligo stesso. La causa veniva istruita, veniva ammessa la documentazione prodotta, veniva concessa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto e, precisate le conclusioni, la causa veniva trattenuta in decisione con la concessione dei termini ex art.190 c.p.c.. In punto di diritto, si rileva che in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, spetta al creditore opposto l'onere probatorio ex art.2697 cc, ove vi sia contestazione da parte dell'opponente sull'an e quantum della pretesa creditoria e nel caso che ci occupa in sede monitoria parte opposta ha fornito la documentazione attinente il dovuto. Nel merito la domanda riconvenzionale avanzata da parte opponente non merita accoglimento , atteso che la stessa era a conoscenza della mancanza del certificato di abitabilità dell'immobile , in quanto specificatamente previsto nel bando generale di concorso per la vendita ( prodotto in atti in copia conforme all'originale). Si legge nel bando "Il concorrente si assume l'obbligo di accettare i locali nello stato in cui si trovano , senza ulteriore richiesta nei confronti dell'Ente. In particolare, di ripristinarli a proprie spese ai fini del rilascio del necessario certificato di abitabilità". Si osserva che il mancato rilascio del certificato abitabilità/agibilità non integra la nullità del contratto che resta valido, ma un inadempimento del venditore a meno che il compratore non vi abbia espressamente rinunciato, consentendo l'acquisto anche in assenza( ex multis ord. Corte Cass. 05 giugno 2020 n. 10665). Pertanto, la presente opposizione deve essere rigettata con conseguente conferma del decreto ingiuntivo opposto. Non merita accoglimento la domanda riconvenzionale spiegata per le ragioni su esposte. Le spese di lite in ragione della soccombenza vengono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Catanzaro, in composizione monocratica, nella causa recante RGCN. 5053/2013, definitivamente pronunciando - rigetta l'opposizione e, per l'effetto, conferma il decreto ingiuntivo n.933/2013 per le ragioni esposte in parte motiva; - rigetta la domanda riconvenzionale spiegata dall'opponente per le ragioni esposte in parte motiva; - condanna parte opponente al pagamento delle spese di lite ammontanti ad Euro 2564,00 in favore di parte opposta , oltre accessori come per legge. Così deciso in Catanzaro il 13 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 15 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CATANZARO Il Tribunale di Catanzaro, II sezione civile, in composizione monocratica nella persona e quale Giudice d'appello, Dr.ssa Alessia Dattilo, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al n. 2369 R.G.A.C. per l'anno 2018, promossa da: (...) S.P.A. ((...) (...)) in persona del legale rappresentante p.t. elettivamente domiciliata in Catanzaro, alla via (...), presso la filiale delle Poste di Catanzaro, ufficio legale, rappresentata e difesa nel presente giudizio dall'Avv. An.Ag. giusta procura allegata alla all'atto di citazione in appello; - APPELLANTE - (...) (C.F. (...) ) elettivamente domiciliato in Catanzaro, alla via (...) presso lo studio dell'Avv. Ca.Pa. che lo rappresenta e lo difende nel presente giudizio giusta procura in calce all'atto di citazione in primo grado; - APPELLATO - Oggetto: appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Catanzaro n. 584/2018 emessa in data 5 marzo 2018, pubblicata in data 23.03.2018 e notificata in data 28 marzo 2018. MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. (...) s.p.a. ha proposto appello avverso la sentenza in epigrafe indicata che, in accoglimento della domanda proposta in primo grado da (...), l'ha condannata al pagamento della somma di Euro 1.000,00, oltre interessi legali e spese di lite. A fondamento dell'appello ha dedotto la violazione e la falsa applicazione dell'art. 113 c.p.c. resa dal giudice di prime cure per aver deciso secondo equità anziché secondo diritto nelle controversie relative ai contratti per adesione, ovvero conclusi secondo la sottoscrizione di moduli e formulari. Ha ulteriormente evidenziato la violazione e la falsa applicazione degli artt. n. 2697, 1342 e 1343 c.c. e della carta di qualità dei prodotti postali nella parte in cui ha riconosciuto un risarcimento del danno ulteriore rispetto a quello contrattualmente previsto dalla Carta di qualità. Ha inoltre rilevato che il giudizio promosso dal (...) è completamente sfornito di materiale probatorio, in quanto non vi è alcuna certezza né sul contenuto della raccomandata, né sulla certezza di vincita del concorso poiché tutti i documenti depositati dal (...) sono atti unilaterali. Senonché nel caso di specie è indubitabile che non solo sia avvenuta la consegna ma che la stessa sia stata effettuata in conformità alle disposizioni vigenti in materia. Si rammenta sul punto che le attestazioni effettuate dall'agente postale fanno fede fino a querela di falso. In ogni caso l'attore non è riuscito a provare quanto dedotto, atteso che l'unica conferma della circostanza che sarebbe stato il vincitore del concorso è avvenuta solo ed esclusivamente con la dichiarazione dello stesso appellato in citazione, Ha ulteriormente dedotto la prescrizione del diritto derivante dal contratto di spedizione e di trasporto ai sensi dell'art. 2951 c.c., nonché la nullità della citazione ai sensi degli artt. 163 e 164 c.p.c., e la carenza di legittimazione attiva dell'attore poiché il (...) è completamente estraneo al rapporto contrattuale che intercorre tra il richiedente la spedizione (nel caso di specie l'azienda ospedaliera) e (...) S.p.a.. Pertanto ha chiesto in accoglimento dell'appello ed in riforma dell'impugnata sentenza che venga dichiarata in via preliminare la nullità del giudizio e il difetto di legittimazione attiva di (...), nonché la prescrizione del diritto. Nel merito ha chiesto il rigetto della domanda attorea, poiché infondata in fatto ed in diritto con vittoria di spese e competenze del doppio grado di giudizio. Si è costituito in giudizio l'appellato (...) deducendo preliminarmente l'improcedibilità e l'inammissibilità della domanda ai sensi degli artt. 342 e ss. c.p.c., nonché l'inammissibilità dell'appello, atteso che l'impugnata sentenza non supera il valore degli Euro 1.100,00 e quindi l'appello è ammissibile nei soli casi previsti dall'art. 339 c.p.c. tra i quali non rientra la violazione delle regole di diritto indicate da (...) S.p.A.. Nel merito ha evidenziato l'infondatezza dell'appello poiché la carta di qualità di (...) prevede che la posta raccomandata venga consegnata in tre giorni lavorativi esclusi sabato e festivi oltre quello di spedizione. Inoltre, il mancato recapito di corrispondenza comporta l'obbligo al risarcimento del danno e il fatto della raccomandata non pervenuta integra un inadempimento contrattuale da inquadrarsi giuridicamente nel novero della responsabilità contrattuale. Inoltre, ha rilevato che la raccomandata è stata consegnata con oltre un mese di distanza dalla sua spedizione e questo ha impedito la partecipazione al concorso del (...), determinando un danno economico e da perdita di chance per l'odierno appellato. Altresì ha rilevato che l'odierna appellante, con la missiva del 03.06.2014, ha riconosciuto la propria responsabilità in ordine alla consegna tardiva. Ha dedotto che la domanda proposta è relativa al danno derivante dal ritardo nella consegna, soggetto alla prescrizione quinquennale ex art. 2947 c.c. Senonché risulta allegata al fascicolo di parte la raccomandata oggetto di causa, per cui l'eccezione di nullità è priva di fondamento ed ha precisato che oggetto del giudizio di primo grado è stata la richiesta del risarcimento del danno da stress e da perdita di chance generato nel (...) a causa della consegna tardiva della raccomandata contenente la convocazione ad un concorso. Ha evidenziato di non aver mai invocato nei confronti di (...) la sussistenza di una responsabilità contrattuale, per cui l'eccezione relativa al difetto di legittimazione attiva del (...) deve essere rigettata. Pertanto preliminarmente ha chiesto che venga dichiarata l'inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 342 c.p.c. o ai sensi dell'art. 114 c.p.c. e nel merito il rigetto dell'appello poiché infondato e non provato con vittoria di spese e competenze del doppio grado di giudizio. Questo giudicante, ritenuta la causa documentalmente istruita, ha rinviato la causa per la precisazione delle conclusioni e dopo due rinvii disposti dai Gop per l'assenza del giudice titolare e un rinvio disposto da questo giudicante, la causa è stata trattenuta in decisione all'udienza del 18/10/2022 con la concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per lo scambio di comparse conclusionali e memorie di replica. 2. Preliminarmente deve essere accolta l'eccezione sollevata dall'appellante relativa alla violazione e falsa applicazione dell'art. 113 c.p.c.. Ai sensi dell'art. 113 comma 2 c.p.c. come modificato dalla L. 7 aprile 2003, n. 63, nei giudizi relativi ai contratti conclusi secondo le modalità di cui all'art. 1342 cod. civ., il giudice di pace non giudica secondo equità anche quando il valore della controversia sia inferiore ad Euro 1.100,00. Senonché nel caso di specie ci troviamo di fronte ad un contratto concluso secondo le modalità di cui all'art. 1342 c.c., poiché il rapporto contrattuale intercorso tra (...) e l'Azienda (...) è un contratto di trasporto concluso mediante la sottoscrizione di moduli prestampati e quindi la relativa controversia deve essere decisa secondo diritto e non secondo equità. 2.1. Sempre in via preliminare deve essere rigettata l'eccezione di difetto di legittimazione attiva del (...) proposta dall'appellante (...) S.p.A.. Ed invero la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 2261del 26/01/2022, in una controversia analoga tra le stesse parti ha statuito che: "In caso di omesso o tardivo recapito di corrispondenza, a carico di (...) S.p.A. è configurabile una responsabilità contrattuale nei confronti, oltre che del mittente, del destinatario, discendente dalla violazione dell'obbligo di trasporto e consegna della corrispondenza, che trova la sua fonte in un contratto a favore di terzo". In applicazione del suindicato principio giurisprudenziale (...) deve essere chiamata a rispondere a titolo di risarcimento danni da responsabilità contrattuale sia nei confronti di coloro che abbiano richiesto i suoi servizi (nel caso di specie l'azienda ospedaliera) sia di coloro che ne siano destinatari ((...)). 2.2. Deve, inoltre, essere esaminata l'eccezione relativa alla prescrizione del diritto di cui all'art. 2951 c.c. sollevata da (...) S.p.A. Giova rilevare che l'accertamento della responsabilità dell'esercente il servizio postale per i danni derivati dall'espletamento del suo servizio, pur avendo natura contrattuale, non è sottratta al termine di prescrizione triennale, previsto dall'art. 20 del D.P.R. n. 156 del 1973. Ed invero la Corte di Cassazione con la sentenza n. 27299 del 2021 ha specificato che: "in forza dell'art. 1680 c.c. le azioni dell'amministrazione postale contro gli utenti dei servizi di trasporto e distribuzione delle corrispondenze e dei pacchi risultano soggette alla prescrizione annuale stabilita per i contratti di trasporto di cui all'art. 2951 c.c. non derogato dal codice postale. Detto codice invece detta particolari modalità solo per le azioni dell'utente prevedendo uno speciale termine di prescrizione di tre anni". Ciò posto nel caso di specie poiché ad agire è il destinatario del servizio e non l'amministrazione postale, deve ritenersi operante il termine di prescrizione previsto dal codice postale triennale e non quello previsto dall'art. 2951 c.c. Orbene, la spedizione per cui è causa è stata effettuata dall'Azienda (...) il 09.11.2011, e ricevuta (a dire del convenuto appellato) in data 09.01.2012, circa due mesi dopo l'avvenuta spedizione e dopo un mese dalla data prevista per la prima prova scritta (12.12.2011). È bene rilevare che manca agli atti di causa la prova della ricevuta A/R attestante la data effettiva di ricevimento da parte del (...), né vi è prova che l'appellato abbia richiesto una copia della stessa a (...) S.p.A. Tuttavia l'eccezione relativa alla prescrizione deve essere in ogni caso rigettata, poiché anche a far decorrere la prescrizione triennale dall'inoltro della raccomandata da parte dell'U.D.V.D. (9.11.2011), alla data della prima diffida a (...) trasmessa dal (...) il 09.05.2014, non era ancora maturato il termine di prescrizione triennale di cui all'art. 20 del D.P.R. n. 156 del 1973. 2.3.Deve infine essere rigettata l'eccezione di inammissibilità dell'appello ex art. 342 c.p.c. proposta dal (...). Giova sul punto precisare che all'appellante non vengono imposte forme particolari nella stesura dell'atto di appello, ma solo di individuare in modo chiaro ed esauriente il quantum appellatum, circoscrivendo il motivo di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonché agli specifici capi argomentativi che la sorreggono e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice (cfr. Cass. Civ. n. 3194/2019 "in materia di appello, affinché un capo di sentenza possa ritenersi validamente impugnato è necessario che l'atto di gravame esponga compiute argomentazioni che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, mirino ad incrinarne il fondamento logico - giuridico; o più recente la sentenza Cass. Civ. n. 40560/2021 "Ai fini della specificità dei motivi di appello richiesti dall'art. 342 c.p.c. è sufficiente una chiara esposizione delle doglianze rivolte alla pronuncia impugnata, senza la necessità di proporre un progetto alternativo di sentenza, sicché l'appellante il quale lamenti l'erronea ricostruzione dei fatti da parte del giudice di primo grado puòlimitarsi a chiedere ex novo le prove già raccolte e sottoporre argomentazioni già svolte nel processo di primo grado"). Tanto chiarito in applicazione dei principi suesposti l'appello proposto nel caso di specie consente di individuare chiaramente i motivi dell'impugnazione. Con riferimento all'inammissibilità dell'appello poiché la pronuncia del giudice di pace è stata resa secondo equità per cui ad avviso dell'appellata non ci troviamo di fronte a nessuno dei casi contemplati dall'art. 339 comma 3 c.p.c. (violazione delle norme sul procedimento, violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia), sotto questo aspetto il richiamo all'equità contenuto nella sentenza appellata è errato. Ed invero ci troviamo di fronte ad un contratto concluso su moduli prestampati per cui il giudice di pace avrebbe dovuto rendere una pronuncia secondo diritto. 3. Nel merito l'appello è fondato e deve essere accolto, atteso che il (...), odierno appellato, non ha assolto all'onere della prova su di esso gravante in merito al danno da perdita di chance. Giova evidenziare che la Suprema Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 2261/2022 summenzionata ha chiarito che "la chance è una situazione soggettiva autonomamente rilevante, cioè emancipata dal risultato finale non conseguito, consistente nella possibilità, per il soggetto che si assume danneggiato, di conseguire il risultato utile, la quale ove perduta per un comportamento illecito altrui, implica in astratto il diritto al risarcimento del danno, la cui quantificazione è diversa". Secondo la Corte, "la chance patrimoniale presenta le stimmate dell'interesse pretensivo e postula cioè la preesistenza di una situazione positiva, un quid su cui andrà ad incidere sfavorevolmente la condotta colpevole del danneggiante impedendone la possibile evoluzione migliorativa", poiché la chance deve essere valutata non in relazione alla concreta possibilità di essere selezionato ma in relazione alla perdita della possibilità di conseguire il risultato utile: infatti oggetto della pretesa risarcitoria non è il risultato perduto, ma la perdita della possibilità di realizzarlo". Tanto premesso, (...) avrebbe dovuto in primo grado fornire la prova che, se avesse partecipato al concorso ove avesse ricevuto la raccomandata per tempo, avrebbe avuto una seria e concreta possibilità di essere selezionato - avuto riguardo ai titoli posseduti tra quelli richiesti per ricoprire il posto di dietista, in comparazione con gli altri candidati e con il numero dei partecipanti, non bastando un' ipotetica probabilità di conseguire il posto messo a concorso. Difatti, la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che per quanto l'onere probatorio per la perdita di chance si attenui rispetto all'ipotesi in cui venga chiesto il risarcimento del danno da perdita del bene della vita, detta attenuazione non può significare evanescenza degli elementi costitutivi della fattispecie. Tanto premesso l'appello deve essere accolto poiché l'attore, odierno appellato, non ha assolto all'onere probatorio su di esso gravante. La riforma della sentenza di primo grado comporta anche la riforma delle spese di lite che seguono la soccombenza e vengono liquidate ai sensi del D.M. n. 144 del 2015 e successive modificazioni, vigente al momento della pronuncia della sentenza, con la precisazione che in base al valore effettivo della controversia è stato applicato lo scaglione fino a Euro 1.100,00 tabelle giudice di pace, nei valori medi. Le spese per il presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate ai sensi del D.M. n. 147 del 2022 con la precisazione che in base al valore effettivo della controversia è stato applicato lo scaglione fino ad Euro 1.100,00 nei valori medi, esclusa la fase istruttoria che non si è tenuta. P.Q.M. il TRIBUNALE DI CATANZARO, in composizione monocratica, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa così provvede: 1)accoglie l'appello proposto da (...) S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t. e per l'effetto rigetta la domanda proposta in primo grado da (...); 2) condanna (...) a rifondere in favore di (...) S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t. le spese del giudizio di primo grado che liquida in Euro 330,00 per competenze professionali, oltre al rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge; 3) condanna (...) a rifondere in favore di (...) S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t. le spese del presente giudizio che liquida in Euro 91,50 per esborsi ed Euro 462,00 per competenze professionali, oltre al rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Catanzaro il 7 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria l'8 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Catanzaro, Seconda Sezione Civile, in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Song Damiani, all'esito della discussione ai sensi dell'art. 429 c.p.c., tenutasi mediante deposito di note d'udienza, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 5657/2017 R.G.A.C. vertente TRA (...), rappresentata e difesa, in virtù di procura allegata all'atto di citazione, dall'avv. Ga.Ma.; -ATTRICE- E (...), rappresentata e difesa, in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione, dall'avv. Em.Fr.; -CONVENUTA- Oggetto: inadempimento contrattuale e risarcimento danni. FATTO E DIRITTO Causa decisa mediante lettura, all'udienza del 2 febbraio 2023, della sentenza all'esito della discussione, come disposto dall'art. 429 c.p.c.. 1. (...) ha citato in giudizio (...) al fine di sentirla condannare al pagamento della somma di Euro 15.155,11 o di quella maggiore o minore che risulterà di giustizia, premettendo quanto di seguito: di aver stipulato con la convenuta in data 1.03.2015 un contratto di locazione avente ad oggetto l'appartamento, di sua proprietà, sito in (...), via F.lli P. n. 14, con durata triennale sino al 28.01.2018 e dietro il pagamento del canone mensile di Euro 500; che in detto contratto era prevista la facoltà della conduttrice di recesso per gravi motivi con preavviso di sei mesi; che, in data 9.12.2016, senza alcun preavviso, la conduttrice rilasciava l'immobile e senza corrispondere i canoni di settembre, ottobre, e novembre 2016, le bollette (...) e le quote condominiali; che, al momento della riconsegna, l'immobile risultava danneggiato e necessitava di interventi di rispristino. Con comparsa di risposta depositata in data 12/09/2018, a seguito di rinnovazione della notifica dell'atto di citazione, si è costituita in giudizio (...), la quale ha eccepito, in ordine, l'improcedibilità della domanda per mancato esperimento della mediazione obbligatoria; la mancata registrazione del contratto di locazione; la sussistenza di problemi all'impianto elettrico ed idrico, quali gravi motivi a giustificazione del recesso; l'aver corrisposto "in nero" una maggiorazione del canone per Euro 200 mensili; che era stato raggiunto un accordo tra le parti per cui la proprietaria avrebbe trattenuto la caparra di Euro 1.000 a tacitazione di ogni pretesa. Chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda con vittoria di spese. Esperito il procedimento di mediazione obbligatoria, la causa veniva istruita mediante l'escussione dei testi ammessi e, all'udienza odierna, è stata discussa mediante deposito di note d'udienza. 2. La domanda proposta da (...) è fondata e merita di essere accolta nei limiti e per le ragioni di seguito esposte. Innanzitutto, si dà atto che il procedimento di mediazione obbligatoria è stato esperito su iniziativa della parte attrice ed ha avuto esito negativo per mancata presentazione dell'odierna convenuta, pur ritualmente convocata, come risulta dal verbale dell'11.10.2018, depositato in data 15.10.2018. Inoltre, dagli atti di causa risulta che il contratto di locazione stipulato il 1 marzo 2015 è stato registrato presso l'Agenzia delle Entrate di Catanzaro in data 20.03.2015 (v. doc. depositato il 14.03.2019). L'art. 4 della L. n. 392 del 1978 stabilisce che il recesso deve essere comunicato almeno sei mesi prima. Nel caso di specie le parti hanno espressamente pattuito, all'art. 2 del contratto, che la conduttrice potesse sciogliersi dal vincolo contrattuale previo preavviso di sei mesi, da comunicarsi a mezzo raccomandata a.r.. Il mancato invio della comunicazione di recesso anticipato non è stato contestato dalla (...), sebbene la conduttrice ha fatto presente di aver comunicato per le vie brevi tale intenzione alla proprietaria per la riconsegna dell'immobile avvenuta il 9.12.2016. Pertanto, spettano alla locatrice Euro 3.000,00 quale indennità di mancato preavviso, calcolati sulla base del canone mensile di Euro 500 per sei mensilità (durata del preavviso). Parimenti, non contestata è la quota parte dovuta per bollette (...) e quote condominiali , per l'importo complessivo di Euro 47,51. Inoltre, non contestata è la morosità relativa ai canoni di settembre, ottobre e novembre 2016, per l'importo di Euro 1.500. Per quanto riguarda l'ammontare dei danni subiti dalla locataria, si osserva che il danno da mancata percezione dei canoni per anticipata cessazione del rapporto di locazione può essere riconosciuto nel caso in cui il locatore provi che l'immobile sia rimasto libero e non utilizzato (cfr. Cass. n. 530/2014) e, nel caso di specie, tale circostanza non è stata né dedotta né allegata dall'attrice. Quindi non si riconoscono, a titolo di risarcimento danni, i canoni di locazione dal rilascio dell'immobile sino alla sua naturale scadenza. Per quanto riguarda, invece, i danni subiti dall'immobile oggetto di locazione, si ritiene che, sulla base delle prove testimoniali e della documentazione allegata dall'attrice, gli stessi risultino essere riscontrati così come gli interventi di riparazione sostenuti dalla locatrice e i relativi costi. Infatti, ai sensi dell'art. 1587 c.c., impone al conduttore l'obbligo di utilizzare la res locata secondo la regola del buon padre di famiglia e a riconsegnarla nel medesimo stato locativo in cui l'ha ricevuta. L'espletata istruttoria ha, infatti, confermato che all'atto del rilascio: - ben 12 infissi risultavano non funzionanti al pari della maniglia e serratura del cancelletto del giardino e che furono sostenuti i costi per la loro revisione (teste Avv. (...) escussa all'udienza del 02/12/2019 e (...), escusso all'udienza del 04/03/2021). - risultava rotto il cancello scale, il rubinetto, la vasca lavapanni e otturati i sifoni di scarico e che tanto ha reso necessario lavori di revisione dell'impianto idraulico e l'installazione di una nuova vasca lavapanni (testi Avv. (...) e (...) escussi all'udienza del 02/12/2019); - murata la zoccolatura del caminetto, il giardino si presentava totalmente incolto e occupato da masserizie e rifiuti (testi Avv. (...) e (...) escussi all'udienza del 02/12/2019); - era rotto il box doccia sauna (...) tanto da rendere necessario i lavori di riparazione (testi Avv. (...) e (...) escussi all'udienza del 02/12/2019); - per come riferito dalla teste (...) la pavimentazione del terrazzo risultava rotta in più punti perché la conduttrice vi aveva sistemato un gazebo di sua proprietà lasciando dei fori e il teste (...) (escusso all'udienza del 02.12.2019) ha precisato "ho riscontrato anche delle infiltrazioni nelle stanze sotto il terrazzo in quanto mancavano dei tasselli dovuti al gazebo montato e poi smontato". Infine, in ordine al presunto accordo transattivo, raggiunto dalle parti, in sede di riconsegna dell'immobile, in forza del quale la proprietaria dell'immobile avrebbe accettato di trattenere la caparra di Euro 1.000,00 a tacitazione di ogni sua pretesa, si rileva che per giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione, al cui orientamento questo Giudice ritiene di aderire, "Ai sensi dell'art. 1967 c.c., la transazione è un atto che deve essere provato per iscritto. Ciò significa, secondo parte preponderante della giurisprudenza che tutti gli elementi costitutivi del negozio transattivo debbano risultare dal documento scritto, senza possibilità di fornire integrazioni o elementi aggiuntivi della transazione mediante la prova per testi o per presunzioni (Cass. Sez. 2, 28 aprile 2005, n. 8875; Cass. Sez. 3, 3 marzo 1999, n. 1787; Cass. Sez. 3, 6 gennaio 1983, n. 75; Cass. Sez. 1, 19 luglio 1979, n. 4298)" (cfr., da ultimo, Cass. n. 1673/2020). Ne consegue che, sulla scorta di quanto sinora esposto, si condanna (...) al pagamento in favore di (...), della complessiva somma di Euro 11.148,51, di cui: Euro 1.500,00 per i canoni di locazione scaduti e non pagati; Euro 3.000,00 per indennizzo di mancato preavviso (canone mensile x sei mensilità); Euro 41,51 quale quota parte delle bollette (...); Euro 7.607,00 per lavori di ripristino immobile (da cui va detratta la somma di Euro 1000 versata a titolo di deposito cauzionale e trattenuta dalla locatrice). Per completezza, si rileva che la compensazione della somma riconosciuta a titolo di risarcimento danni in favore di (...) con la somma asseritamente versata "in nero" da (...), a titolo di maggiorazione del canone di locazione, non può essere operata poiché il pagamento di detta somma è rimasta sfornita di alcun supporto probatorio, non avendo la convenuta tempestivamente allegato documentazione e/o formulato alcuna richiesta di prova in merito. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, facendo applicazione dei parametri di cui al (...) al, sussistono i presupposti per ordinare la condanna di (...) al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio, ai sensi dell'art. 8, comma 4-bis, del D.Lgs. n. 28 del 2010. P.Q.M. Il Tribunale di Catanzaro, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e difesa respinte: - condanna (...) al pagamento in favore di (...) della somma di Euro 11.148,51, oltre interessi dalla domanda al saldo; - condanna (...) alla rifusione delle spese di lite in favore di (...), che si liquidano nella somma di Euro 2.540,00, oltre al rimborso delle spese generali, IVA e CPA come per legge; - condanna (...) al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. Così deciso in Catanzaro il 2 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CATANZARO Il Tribunale di Catanzaro seconda sezione civile nella persona del giudice, Dr.ssa Alessia Dattilo, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al n 2272 R.G.A.C. per l'anno 2018, promossa da: (...) S.R.L. (P.IVA: (...)) in persona del legale rappresentante p.t., (...) (C.F.:(...)) E (...) (C.F.:(...)) elettivamente domiciliati in Montepaone, presso lo studio dell'avv.to Se.Ri., sito in via (...) che li rappresenta e difende in forza di procura allegata all'atto di citazione. - ATTORI- Contro (...) ( C.F.:(...) ) in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in Catanzaro, via (...), presso lo studio dell'avv.to Pa.Ba. che lo rappresenta e difende in forza di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta. - CONVENUTA- Oggetto: contratti bancari. MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1.La società (...) s.r.l., nonché (...) e (...) in qualità di garanti della predetta società, hanno agito in giudizio affinché venga accertato e dichiarato che la società (...) s.r.l. è creditrice nei confronti della banca convenuta dell'importo di Euro 143.330,60, dovuti per anatocismo, per illegittima applicazione di interessi usurari e per commissioni di massimo scoperto e spese illegittime. Ha chiesto, altresì, che la convenuta venga condannata al risarcimento del danno patrimoniale quantificato nella somma di Euro 4.596,13 e del danno non patrimoniale da liquidarsi in via equitativa, oltre alle spese sostenute per la consulenza di parte, nonché che venga ordinata alla banca la corretta segnalazione in centrale rischi, in caso di segnalazione non avvenuta correttamente. Il tutto con vittoria di spese e competenze del giudizio. A fondamento della domanda ha prodotto un elaborato peritale di parte da cui emerge l'illegittima applicazione ad opera della banca di tassi, competenze, oneri, remunerazioni e spese ingiustamente addebitate al cliente, odierno attore sul conto corrente avente n. (...), sul conto SBF n. (...), sul conto SBF n. (...) e sul conto SBF n.(...) accesi presso la filiale di (...) della Banca convenuta. Si è costituita in giudizio la (...) eccependo l'assoluta infondatezza della domanda attorea. In particolare ha dedotto che in relazione ai rapporti in essere tra le parti i tassi di interessi pattuiti ed applicati non hanno mai superato il c.d. tasso soglia determinato dalla legge. Ha contestato il corpo dell'atto di citazione i cui assunti sono stati formulati in modo del tutto confusionario e surrettizio, avanzando una serie di domande ed illazioni dal contenuto meramente esplorativo. In merito al dedotto anatocismo ha dedotto che i rapporti per cui è causa sono tutti successivi alla deliberazione C.I.C.R. del 9.02.2000 ed è stata adottata pari periodicità per gli interessi attivi e passivi. Quanto alla commissione di massimo scoperto la stessa è stata applicata ai rapporti bancari per cui è causa fino al 30.09.2009; successivamente è stata prevista la commissione di messa a disposizione somme che rappresenta una remunerazione accessoria rispetto agli interessi passivi. Ha evidenziato che ai fini del calcolo del superamento della soglia usura la commissione di massimo scoperto, secondo le indicazioni rese dalla (...) non rientra nel calcolo del T.E.G.; in ogni caso per costante giurisprudenza chi agisce per la ripetizione delle somme indebitamente versate dalla banca a titolo di interessi anatocistici e/o usurari, incombe sul correntista-attore l'onere di allegare i fatti posti a fondamento della domanda, vale a dire dimostrare l'esistenza di specifiche poste passive del conto corrente oggetto di causa, rispetto alle quali l'applicazione di interessi anatocistici e/o usurari avrebbe determinato esborsi maggiori rispetto a quelli dovuti. Non avendo gli attori assolto a tale onere probatorio non può disporsi alcuna CTU che finirebbe con l'assumere carattere meramente esplorativo, né può disporsi alcun ordine di esibizione, mancando formale richiesta ai sensi dell'art. 119 TUB. Ha ulteriormente dedotto che in data 11.12.2017 ha comunicato alla società attrice ed ai garanti il recesso dal contratto di conto corrente n. (...) e dalla relativa convenzione d'assegno, richiedendo nello stesso tempo il rimborso integrale delle somme affidate. Pertanto ha chiesto in via principale il rigetto della domanda attorea ed in via riconvenzionale la condanna degli attori al pagamento della somma di Euro 176.020,23 oltre al capitale ed agli interessi, nonché della somma maggiore o minore da accertarsi in corso di causa. Il tutto con vittoria si spese e competenze del giudizio. Dopo la concessione dei termini di cui all'art. 183 VI comma c.p.c. questo giudicante ha istruito la causa con CTU ed all'esito l'ha rinviata per la precisazione delle conclusioni. Dopo un ulteriore rinvio per la precisazione delle conclusioni disposto in ragione del carico di ruolo, la causa è stata trattenuta in decisione all'udienza del 18.10.2022, con la concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per lo scambio di comparse conclusionali e memorie di replica. 2.Tanto premesso gli attori hanno innanzitutto agito al fine di chiedere la rideterminazione del saldo nei rapporti di conto corrente in essere tra le parti. In diritto giova evidenziare che i giudici della Suprema Corte di Cassazione nella parte motiva dell'ordinanza n. 2435/2020 hanno affermato che ove sia il correntista ad agire giudizialmente per l'accertamento giudiziale del saldo e la ripetizione delle somme indebitamente riscosse dall'istituto di credito, essendo attore in giudizio, egli dovrà farsi carico della produzione dell'intera serie degli estratti conto (Cass. 7 maggio 2015, n. 9201; Cass. 13 ottobre 2016, n. 20693; Cass. 23 ottobre 2017, n. 24948): con tale produzione, difatti, il correntista assolve all'onere di provare sia gli avvenuti pagamenti che la mancanza di causa debendi. Questa Corte (Cass. n. 21597/2013 e Cass. n. 20693/2016) ha affermato che la rideterminazione del saldo del conto, una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi ultralegali a carico del correntista, deve avvenire attraverso i relativi estratti, a partire dalla data dell'apertura del conto corrente, così effettuandosi l'integrale ricostruzione del dare e dell'avere, con applicazione del tasso legale, "sulla base di dati contabili certi in ordine alle operazioni ivi registrate, inutilizzabili, Ric. 2018 n. 09786 sez. M1 - ud. 17-12-2019 -5- invece, rivelandosi, a tal fine, criteri presuntivi od approssimativi" (sulla stessa linea: Cass. n. 9365/2018). Questa Corte, da ultimo, ha evidenziato e ribadito come, a fronte della documentazione di un rapporto di conto corrente bancario incompleta, in mancanza dei contratti di conto corrente e degli estratti conto completi, non prodotti dalla correntista e dalla banca, convenuta in un'azione di ripetizione di indebito promossa dalla correntista, malgrado ordine di esibizione documentale, il giudice, "qualora il cliente limiti l'adempimento del proprio onere probatorio soltanto ad alcuni aspetti temporali dell'intero andamento del rapporto, versando la documentazione del rapporto in modo lacunoso e incompleto", valutate le condizioni delle parti e le loro allegazioni (anche in ordine alla conservazione dei documenti), può integrare la prova carente "sulla base delle deduzioni in fatto svolte dalla parte, anche con altri mezzi di cognizione disposti d'uffici, in particolare con la consulenza contabile, utilizzando, per la ricostruzione dei rapporti di dare e avere, il saldo risultante dal primo estratto conto, in ordine di tempo, disponibile e acquisito agli atti" (Cass.31187/2018, in motivazione). Sempre in tema di ricostruzione del rapporto di conto corrente bancario, si è quindi statuito che, nel caso in cui non vengano prodotti tutti gli estratti conto (il che, di regola, deve avvenire, al fine di determinare un'integrale ricostruzione dei rapporti di dare ed avere, Cass. 21597/2013) e conseguentemente non sia possibile procedere ad una ricostruzione integrale del rapporto, tale situazione non causa il respingimento della domanda di restituzione dell'indebito da parte del correntista, ma è possibile procedere alla ricostruzione anche attraverso Ric. 2018 n. 09786 sez. M1 - ud. 17-12-2019 -6- altre prove documentali o argomenti di prova desunti dalla condotta processuale tenuta dal correntista o dalla banca. Giova ulteriormente rilevare che nelle proprie Istruzioni la (...) ha precisato che il calcolo del tasso di interesse ai fini della verifica della soglia usura deve tener conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all'erogazione del credito e sostenute dal cliente, di cui il soggetto finanziatore è a conoscenza, anche tenuto conto della normativa in materia di trasparenza. In particolare devono ritenersi inclusi gli oneri per la messa a disposizione dei fondi, le penali e gli oneri applicati nel caso di passaggio a debito di conti non affidati o negli sconfinamenti sui conti correnti affidati rispetto al fido accordato e la commissione di massimo scoperto laddove applicabile secondo le disposizioni di legge vigenti. Tanto premesso deve ritenersi che la società correntista abbia assolto all'onere della prova di produrre la documentazione necessaria ai fini della verifica della natura usuraria degli interessi pattuiti in relazione ai rapporti di conto corrente per cui è causa. Senonché in applicazione delle predette istruzioni della B.D. e della pronuncia della Corte di Cassazione resa a Sezioni Unite n. 16303 del 20 giugno 2018 (vedi pag. 8 della CTU) il CTU, all'esito della disamina della documentazione agli atti, ha rilevato il superamento della soglia usura in relazione a tutti i contratti di conto corrente per cui è causa con le seguenti precisazioni. L'iniziale calcolo effettuato dal CTU è stato oggetto di rettifiche in seguito ai rilievi formulati dal CTP di parte convenuta ed all'esito il CTU ha elaborato due conclusioni testualmente (pag. 81 dell'elaborato peritale): 1) nel caso in cui il conto anticipo n. (...) date le sue caratteristiche, si dovesse considerare non usurario (tenendo presente che il correntista non mai superato la soglia del fido concesso) le somme da recuperare ammontano ad Euro 120.041,23 di cui Euro 58.974,66 per il conto ordinario ed Euro 61.066,57 per i conti anticipi come sopra meglio specificato (vedi tabella contenuta a pag. 81 dell'elaborato peritale). Tale valore è stato calcolato come differenza tra il saldo reale del conto corrente di Euro -176.020,23 e il saldo risultante dal riconteggio effettuato che è di Euro -55.979,00; 2) nel caso in cui sul conto anticipo n. (...) dovesse essere considerata l'usura delle condizioni contrattuali stipulate dai riconteggi effettuati ... si evince che le somme da recuperare ammontano ed Euro 127.129,69. Tale valore è stato calcolato come differenza tra il saldo reale del conto corrente di Euro -176.020,23 e il saldo risultante dal riconteggio effettuato che è di Euro - 48.890,54 (pag. 83 dell'elaborato peritale). Delle due conclusioni alle quali è pervenuto il CTU questo giudicante tiene conto a fini decisori esclusivamente della prima avendo la giurisprudenza di legittimità chiarito che In tema di contratto di conto corrente bancario, qualora vengano pattuiti interessi superiori al tasso soglia con riferimento all'indebitamento extra fido e interessi inferiori a tale tasso per le somme utilizzate entro i limiti del fido, la nullità della prima pattuizione non si comunica all'altra, pur se contenute in una medesima clausola contrattuale, poiché si deve valutare la singola disposizione, sebbene non esaustiva della regolamentazione degli interessi dovuti in forza del contratto (in tal senso Cass. Civ. sentenza n. 21470/2017). Ne consegue che la domanda proposta dagli attori di rideterminazione del saldo deve trovare accoglimento, con rideterminazione a credito della banca ed a debito del correntista per l'importo di Euro 55.979,00. 2.1. Deve, invece, essere rigettata la domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno patrimoniale avanzata dagli attori, posto che non vi è prova che alcuna somma non dovuta sia stata in concreto corrisposta alla banca dagli stessi e che all'esito della consulenza espletata, comunque risulta un debito a carico della società correntista e non un credito. 2.2. Parimenti infondata risulta la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale che risulta sfornita di allegazione prima ancora che di prova. 2.3. Da ultimo non può trovare accoglimento la domanda, peraltro formulata in via ipotetica di ordinare alla Banca convenuta, testualmente "qualora non vi avesse già provveduto spontaneamente, la corretta segnalazione del presente procedimento in Centrale dei Rischi sotto la voce stato del rapporto: contestato", posto che i fatti di cui si chiede l'accertamento devono essere rigorosamente allegati e provati. Diversamente il giudicante non può disporre alcun ordine sulla base di mere ipotesi non suffragate dalle dovute prove documentali. 3. Alla luce delle conclusioni alle quali è pervenuto il CTU deve accogliersi la domanda riconvenzionale formulata dal (...), con condanna degli attori in solido fra loro al pagamento della somma di Euro 55.979,00, scaturente dai conteggi del CTU in relazione ai rapporti di conto corrente per cui è causa. La reciproca soccombenza determina l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti, incluse quelle della disposta CTU già liquidata con separato decreto. P.Q.M. il TRIBUNALE DI CATANZARO, in composizione monocratica, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa così provvede: 1)accoglie la domanda di rideterminazione del saldo formulata dagli attori in epigrafe indicati e lo ridetermina nell'importo di Euro 55.979,00, rigettando le ulteriori domande attoree per le ragioni chiarite in parte motiva; 2)accoglie la domanda riconvenzionale formulata dal (...) in persona del legale rappresentante p.t. e per l'effetto condanna (...) s.r.l. in persona del legale rappresentante p.t., (...) e (...) in solido fra loro al pagamento della somma di Euro 55.979,00 in favore del (...) in persona del legale rappresentante p.t. 2) compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio, incluse quelle della CTU già liquidate con separato decreto, per le ragioni chiarite in parte motiva. Così deciso in Catanzaro il 2 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CATANZARO Il Tribunale di Catanzaro II sezione civile nella persona del giudice, Dr.ssa Alessia Dattilo, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al n. 459 R.G.A.C. per l'anno 2019, promossa da: (...) (C.F.:(...)), elettivamente domiciliata in Portici (Na), C.so (...), presso lo studio dell'avv.to Ge.Ca., che la rappresenta e difende in forza di procura in calce all'atto di citazione; -ATTRICE- Contro (...) SRL (C.F. (...)); -CONVENUTA CONTUMACE- Oggetto: responsabilità ex art. 2051 c.c. MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. (...) ha agito in giudizio per sentir accertare e dichiarare la responsabilità ex art. 2051 c.c. della (...) srl convenuta in relazione ai fatti di causa con condanna della stessa al risarcimento del danno non patrimoniale, quantificato complessivamente in Euro 25.100,00 ovvero nella somma minore o maggiore che verrà accertata in corso di causa, oltre ad Euro 400,00 Euro a titolo di spese di assistenza legale stragiudiziale. Il tutto con vittoria di spese e competenze da distrarsi in favore del procuratore antistatario che ne ha fatto richiesta. A fondamento della propria domanda ha dedotto che stipulava con la società (...) srl, gestito dalla società convenuta, un contratto d'albergo per un periodo di soggiorno di dieci giorni compreso tra la fine di luglio e gli inizi di Agosto del 2018. Ha dedotto che in data 29.07.2018 alle ore 15:00 circa nell'accedere al (...) della struttura alberghiera predetta, inciampava nel gradino antistante l'ingresso lievemente rialzato e non visibile anche per le sue caratteristiche, né segnalato, rovinando violentemente al suolo e riportando la frattura del capitello radiale sx e contusioni alla gamba dx. Ha rilevato che in seguito all'incidente ha riportato un danno biologico permanente stimabile in 6-8 punti percentuali e un danno biologico parziale, atteso che la stessa non ha potuto compiere le attività quotidiane cui era dedita, quali andare in bicicletta e frequentare le amicizie. Ha dedotto che con missiva pec ha inoltrato richiesta di risarcimento danni alla società convenuta responsabile ex art. 1218 c.c., o ex art. 2051 c.c. In diritto ha evidenziato che il c.d. contratto di albergo è un contratto formalmente atipico che determina in capo all'albergatore l'obbligo di protezione ex art. 1175 c.c. e di esecuzione del contratto secondo buona fede ex art. 1375 c.c., inteso nella fattispecie come obbligo di garantire la sorveglianza, l'igiene, la sicurezza dei luoghi ove si svolge il servizio nel rispetto delle normative vigenti e di garantire la sicurezza e l'incolumità fisica del cliente. In ogni caso ha rilevato che è ravvisabile una responsabilità di tipo oggettivo in capo alla società convenuta quale custode della "res" ovvero la responsabilità per violazione del principio generale del "neminem ledere". Benché regolarmente citata in giudizio, la società convenuta non si è costituita. Dopo la concessione dei termini di cui all'art. 183 VI comma c.p.c. la causa è stata istruita con l'ammissione di prova testimoniale delegata al Tribunale di Napoli e con CTU medico legale. Dopo il deposito dell'elaborato peritale e due rinvii disposti in ragione del carico di ruolo aggravato dall'emergenza Covid, questo giudicante all'udienza del 10.11.2022 ha trattenuto la causa in decisione con la concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per lo scambio di comparse conclusionali e memorie di replica. 2.Preliminarmente si deve dichiarare la contumacia del convenuto, stante la regolarità dell'avvenuta notifica provata da parte attorea con la produzione dell'accettazione telematica (all.7 produzione di parte attorea). Nel merito la domanda è fondata e deve trovare accoglimento per le ragioni di seguito evidenziate. Giova premettere in diritto che nel caso di specie sussiste in capo all'albergatore una responsabilità di natura extracontrattuale per il danno cagionato dalle cose in custodia. Sul punto la giurisprudenza di merito ha chiarito che l'obbligo di custodia e di predisposizione di ogni debita cautela della integrità e della salute degli ospiti ex art. 2051 c.c. grava unicamente sulla struttura (Tribunale di Pisa sent n. 382 del 2014). Tale orientamento trova conferma in diverse pronunce della Corte di Cassazione per cui è sufficiente che il danneggiato fornisca la prova della sussistenza del nesso causale tra la cosa che ha provocato l'incidente e l'evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale degli oggetti e della condotta dell'albergatore, sul quale incombe, ai fini dell'esclusione di detta responsabilità, l'onere di provare il caso il caso fortuito (in tal senso Cass. Civ. sentena n. 24739 del 2007 ). In materia di riparto dell'onere probatorio ex 2051 c.c. pertanto spetterà al danneggiato l'onere di provare il nesso causale tra la cosa e il danno subìto, dovendo costui dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, ma non anche che esso sia l'effetto dell'assenza di presidi antinfortunistici ( in tal senso Cass. Civ. sentenza n. 7125/2013). Ciò posto, applicando i principi summenzionati al caso in esame, l'istruttoria espletata ha consentito di accertare una responsabilità della società convenuta ai sensi dell'art. 2051 c.c. Invero, in punto di prova dell'an, dalle foto allegate da parte attorea (doc. n.4) si rileva come il gradino posto all'ingresso del (...) sia assolutamente non visibile e non segnalato. Ciò posto, a conferma dell'evento lesivo occorso all'odierna attrice il verbale del pronto soccorso di Soverato, datato 29.07.2018 delle ore 16:44 ( doc. n.9 di parte attorea ) riporta nell'anamnesi "riferita caduta accidentale in un Hotel del comprensorio dove è ospite" e come diagnosi conclusiva riporta la "frattura del capitello radiale sinistro" trattato con una gomitiera gessata per 26 gg e con una prognosi di 30 gg. Quanto descritto dal verbale è corroborato dall'escussione testimoniale dei testi (...) e (...) che hanno confermato la circostanza di cui al cap.1 per cui l'attrice il giorno 29.07.2018 alle ore 15:00 nell'accedere al (...) della struttura dell'hotel (...) inciampava nel gradino antistante l'ingresso di quest'ultimo, lievemente rialzato rispetto al piano e non visibile, anche per le sue caratteristiche, né segnalato rovinando violentemente al suolo e riportando la frattura del capitello radiale sx e contusioni alla gamba sx. Senonché anche la CTU agli atti ha confermato la sussistenza di nesso causale tra la dinamica del sinistro e le lesioni riportate dall'attrice (pag. 10 dell'elaborato peritale). 3. Per ciò che attiene alle conseguenze della caduta, il CTU incaricato ha accertato, in base alla documentazione medica presente in atti, che l'attrice a seguito dell'evento lesivo occorso in data 29.07.2018 ha riportato la "frattura del capitello radiale sinistro", in relazione alla quale si rendeva necessario confezionare la gomitiera gessata da tenere per 25 giorni con braccio al collo. In merito al danno a pag. 9 della perizia il CTU ha così stabilito: "alla predetta lesione residuano postumi invalidanti permanenti che, anche se di lieve entità, rivestono interesse clinico e medico-legale e sono caratterizzati da un lieve aumento della circonferenza articolare del gomito sinistro, nonché da una sindrome algica in sede di pregressa frattura e da una lieve limitazione funzionale dei movimenti del gomito. Non è superfluo a questo punto sottolineare che, nel caso in esame, ci troviamo di fronte ad una donna di 76 anni che, a causa delle predette lesioni, ha sicuramente subito una lieve modificazione peggiorativa dello stato anteriore e cioè un danno psico-fisico che deve essere risarcito come danno biologico. All'evento traumatico è conseguito un danno biologico temporaneo valutabile in giorni 30 di inabilità temporanea totale mentre ulteriori giorni 60 caratterizzati da una lenta e graduale ripresa delle proprie attività, sono da considerarsi una sintesi di un più lungo periodo di parziale inabilità, progressivamente a scalare e mediamente valutabile al 50%. Residua inoltre un tasso di permanente danno biologico pari al 3%." Trattasi di conclusioni che appiano privi di vizi logici e che quindi vengono pienamente recepite da questo giudicante a fini decisori. Pertanto ai fini della determinazione del quantum dovuto, in applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano per l'anno 2021, considerato che la (...) al momento del sinistro aveva compiuto 75 anni dovranno essergli corrisposti i seguenti importi: a titolo di invalidità temporanea totale per giorni 30 Euro 2.970,00 , a titolo di invalidità temporanea parziale per giorni 60 al 50% Euro 2.970,00 ed infine a titolo di danno biologico nella misura del 3% dovranno essere corrisposti all'attrice Euro 2.549,00. Ne consegue che a titolo di danno non patrimoniale andrà corrisposto l'importo complessivo di Euro 8.489,00. Sulla predetta somma già computata all'attualità, devalutata al dì del sinistro (29.07.2018) e rivalutata anno per anno in base ad indice ISTAT fino alla presente pronuncia dovranno essere riconosciuti gli interessi compensativi, oltre agli interessi legali dalla sentenza al soddisfo. Le spese seguono la soccombenza, incluse quelle della disposta CTU già liquidate con separato decreto, e vengono liquidate ai sensi del D.M. n. 147 del 2022 con la precisazione che in base al valore della controversia è stato applicato lo scaglione compreso tra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00 nei valori medi. P.Q.M. Il TRIBUNALE DI CATANZARO, in composizione monocratica, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa così provvede: 1) accoglie la domanda e per l'effetto condanna la (...) S.r.l. in persona del legale rappresentante p.t. al pagamento in favore di (...) della somma di Euro 8.489,00 oltre ad interessi per come chiarito in parte motiva; 2) condanna la (...) S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t. alla rifusione delle spese di lite in favore di (...) che vengono liquidate in Euro 237,00 per esborsi, Euro 5.077,00 per compensi professionali, oltre al rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge. 3)Pone definitivamente a carico della (...) S.r.l. in persona del legale rappresentante p.t. le spese della CTU per come liquidate con separato decreto. Così deciso in Catanzaro il 2 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2023.

  • TRIBUNALE ORDINARIO DI CATANZARO SEZIONE SECONDA CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del giudice onorario, dott.ssa Maria Renda, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. 3504/2016 avente ad oggetto "Responsabilità extracontrattuale" promossa da: (...) (c.f. (...)), (...) (c.f. (...)), (...) (c.f. (...)) e (...) (c.f. (...)), quest'ultima anche in qualità di esercente la potestà genitoriale sui minori (...) (c.f. (...)), (...) (c.f. (...)) e (...) (c.f. (...)), in qualità tutti di eredi di (...) (c.f. (...)), rappresentati e difesi dagli avv.ti (...) Parte attrice Contro (...) S.R.L. (c.f. (...)), in persona del l.r.p.t., con l'avv. (...) Parte convenuta Contro (...) spa, nuova denominazione di (...) S.P.A. (c.f. (...)), in persona del l.r.p.t., con l'avv. (...) Parte convenuta Contro (...) Parte convenuta contumace Nonché (...) (c.f. (...)), con l'avv. (...) Parte interveniente CONCLUSIONI Come in atti e verbali di causa FATTO E DIRITTO 1. Con atto di citazione ritualmente notificato, il sig. (...) conveniva in giudizio, innanzi all'intestato Tribunale, la (...) S.r.l., in persona del l.r.p.t., la Compagnia di Assicurazione (...) S.p.a., in persona del l.r.p.t., nonché il sig. (...), per chiederne, previa declaratoria della responsabilità civile, la condanna al risarcimento del danno quantificato in Euro 23.627,66. 2. A fondamento della domanda, l'attore deduce che in data 20.08.2014, alle ore 10.30 circa, nel Comune di Borgia, in via Don Milani, mentre svolgeva la propria prestazione lavorativa di raccolta dei rifiuti urbani, per conto della (...) S.r.l., veniva investito dal camion compattatore di proprietà di quest'ultima, nell'occasione condotto dal sig. (...). 3. Instaurato il contraddittorio, con comparsa di costituzione e risposta depositate in data 13.01.2017 e 07.02.2017, si costituivano in giudizio la Compagnia (...) S.p.A. e la (...) s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t.. 4. La convenuta (...) S.P.A., assicuratrice per la RCA del mezzo coinvolto nel sinistro occorso, eccepiva in via preliminare una presunta carenza di legittimazione passiva e nel merito, deduceva l'infondatezza in fatto e diritto della domanda, chiedendone l'integrale rigetto. 5. Anche la (...) S.r.l. eccepiva la presunta carenza di legittimazione passiva, deducendo altresì l'improcedibilità della domanda sia per il presunto mancato esperimento del tentativo di negoziazione assistita di cui al D.L. 132/2014, artt. 2 e 3, sia per l'inosservanza delle prescrizioni di cui agli artt. 141, 144, 148, D.Lgs. 209/2005 (Codice delle assicurazioni), mentre nel merito, chiedeva il rigetto della domanda, siccome infondata in fatto e diritto, formulando inoltre domanda di manleva nei confronti della Compagnia di assicurazioni (...) S.p.A., per la denegata ipotesi di ritenuta responsabilità in relazione ai fatti oggetto di causa. 6. (...) non si costituiva, nonostante regolarmente evocato in giudizio. 7. All'udienza del 17.12.2021 veniva disposta l'interruzione del procedimento, in ragione del decesso di parte attrice. 8. Con atto del 31.01.2022 la causa veniva riassunta dagli eredi (...), (...), (...) e (...), quest' ultima quale coniuge superstite ed in qualità di genitore esercente la potestà genitoriale sui figli minori (...), (...) e (...). 9. Con atto di intervento volontario del 24.02.2022 si costituiva, inoltre, (...), ex coniuge del defunto (...) che, quale percipiente di assegno divorzile di mantenimento chiedeva, previo riconoscimento del relativo diritto e previa declaratoria della responsabilità civile, la condanna delle convenute al risarcimento del danno, così come già quantificato dal defunto attore. 10.La causa veniva istruita mediante CTU tecnico-modale e CTU medico- legale. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente deve ritenersi priva di pregio l'eccezione sollevata dalla convenuta (...) S.r.l. in ordine all'improcedibilità della domanda proposta, per effetto del mancato espletamento del tentativo di negoziazione assistita, previsto quale condizione di procedibilità, dal D.L. n. 132/2004. Giova evidenziare che, sebbene in materia di risarcimento danni da circolazione di veicoli e natanti, la negoziazione assistita è elevata a condizione di procedibilità, tuttavia, occorre valutare anche il contegno assunto dalle parti interessate, accertando se sia sintomatico di una effettiva volontà di comporre la controversia al di fuori del processo civile o se, invece, sia indicativo di un mero intento dilatorio della risposta giudiziaria, come tale, in netto contrasto con la ratio sottesa a tale istituto deflattivo, da identificarsi con l'esigenza di assicurare la concentrazione e l'effettività della tutela e la ragionevole durata del processo, deflazionando il carico giudiziario. In quest'ottica, nel caso di specie, anche se il tentativo di conciliazione stragiudiziale non è stato formalmente esperito nei confronti della convenuta (...) S.r.l., deve comunque ritenersi avverata tale condizione di procedibilità sotto un profilo sostanziale, atteso che, dalla documentazione complessivamente dimessa, si evince che non vi erano le condizioni per addivenire ad una negoziazione transattiva della controversia. Basti, al riguardo, considerare che la (...) S.r.l. diffidava la propria Compagnia assicuratrice (...) S.p.A., a non procedere al risarcimento dei danni lamentati da parte attrice (vedasi comunicazione del 03.07.2015 allegata agli atti), manifestando in tal modo il proprio diniego ad una soluzione conciliativa. Anche la Compagnia (...) S.p.A., del resto, pur formalmente invitata alla negoziazione assistita, riteneva di non parteciparvi, in ragione della presunta insussistenza di un nesso di derivazione causale tra la dinamica del sinistro e le lesioni subite (vedasi comunicazione del 29.09.2015 allegata agli atti). Dalle evidenziate circostanze si deve, pertanto, ragionevolmente desumere che, nel caso di specie, il formale esperimento del tentativo di negoziazione assistita anche nei confronti della convenuta (...) S.r.l., avrebbe avuto un effetto puramente dilatorio, atteso che quest'ultima aveva già sostanzialmente manifestato la propria contrarietà ad addivenire ad una soluzione transattiva. Parimenti infondata è l'ulteriore eccezione di improcedibilità, sollevata dalla stessa (...) S.p.A. per l'inosservanza delle norme di cui agli artt. 141, 144 e 148 D.Lgs. n. 209/2005 (Codice delle assicurazioni). Al riguardo, espone la convenuta che il mancato recapito in via stragiudiziale, della richiesta risarcitoria, inoltrata da parte attrice alla sola (...) S.p.A., compagnia assicuratrice per la RCA del veicolo coinvolto nel sinistro, avrebbe quale effetto quello di rendere improcedibile la domanda proposta, atteso che le prescrizioni contenute negli artt. 141, 144 e 148, D.Lgs. 209/2005, impongono di estendere la richiesta risarcitoria anche al proprietario del veicolo. Sul punto deve evidenziarsi che il sinistro per cui è causa, rientra tra le ipotesi di risarcimento ordinario, sia in ragione della relativa dinamica che l'ha caratterizzato e sia per effetto dell'entità delle lesioni subite da parte attrice che, avendo comportato un'invalidità permanente superiore alla soglia de l 9%, rientrano nella categoria delle lesioni c.d. macropermanenti, come tali escluse dall'ambito applicativo della procedura di indennizzo diretto di cui all'art. 149, D.Lgs. 209/2005. Sebbene, ad oggi, la procedura ordinaria di indennizzo, sia da considerarsi residuale, in quanto il suo ambito applicativo si determina per esclusione, mediante l'interpretazione dell'art. 149 D.Lgs. 209/2005, ciò che contraddistingue questa procedura di liquidazione è la competenza in capo alla compagnia assicuratrice del danneggiante, del risarcimento dei danni materiali o delle lesioni fisiche subite dalla vittima di un sinistro stradale. Precisando, per completezza, che l'eccezione sollevata non attiene all'improcedibilità della domanda, quanto semmai più propriamente alla sua improponibilità che, diversamente dalla prima, produce un vizio insanabile, rilevabile in ogni stato e grado del processo, deve rilevarsi che l'omessa notifica della richiesta stragiudiziale di risarcimento del danno, non è ritenuta ostativa rispetto alla relativa liquidazione, né reca pregiudizio all'operatore e, di conseguenza non impedisce la formulazione dell'offerta e non rende improponibile la successiva domanda giudiziale. Giova, al riguardo, richiamare l'orientamento formatosi in seno alla giurisprudenza di legittimità, che pur pronunciandosi prevalentemente riguardo alle ipotesi di invio di richieste risarcitorie carenti, in parte, degli elementi prescritti dalla legge, tuttavia per i principi di diritto ad esso sottesi, assume rilevanza decisiva anche in ipotesi come quella di specie. La Suprema Corte ha, infatti, statuito che "la richiesta di risarcimento che la vittima di un sinistro stradale deve inviare all'assicuratore del responsabile, a pena di improponibilità della domanda giudiziale ex art. 145 del Codice delle assicurazioni, è idonea a produrre il suo effetto in tutti i casi in cui contenga gli elementi necessari e sufficienti perché l'assicuratore possa accertare le responsabilità, stimare il danno e formulare l'offerta, essendo pertanto irrilevante, ai fini della proponibilità suddetta, la circostanza che la richiesta sia priva di uno o più dei contenuti previsti dall'art. 148 del Codice delle assicurazioni, qualora gli elementi mancanti siano superflui ai fini della formulazione dell'offerta risarcitoria da parte dell'assicuratore" (Cass. n. 36142/2021). Il Supremo Collegio ha, infatti, evidenziato la necessità di evitare interpretazioni che favorirebbero capziosità e cavillosità, tenuto conto della collaborazione tra danneggiato e assicuratore che nella fase stragiudiziale impone correttezza (art. 1175 c.c.) e buona fede (art. 1375 c.c.), così come, della circostanza che il nostro ordinamento è permeato da un assetto teleologico delle forme, in virtù del quale sia in ambito sostanziale che in ambito processuale nessuna nullità o invalidità è "predicabile" quando l'atto abbia comunque raggiunto il suo scopo. Tale pronuncia si pone in linea con l'orientamento seguito in passato dalla giurisprudenza secondo cui "il combinato disposto de gli artt. 145 e 148 del Codice delle assicurazioni va interpretato alla luce del principio della validità degli atti comunque idonei al raggiungimento dello scopo, e pertanto è sempre idonea al raggiungimento dello scopo la richiesta stragiudiziale di risarcimento quando sia priva di elementi che, pur espressamente richiesti dalla legge, siano nel caso concreto da ritenere superflui al fine di accertare le responsabilità e stimare il danno" (Cass. Ord. n. 19354/2016; Cass. Ord. n. 15445/2021). Le superiori affermazioni di principio si spiegano anche in virtù della funzione svolta dalla richiesta di risarcimento che è quella di favorire e garantire la piena partecipazione alle trattative stragiudiziali, in modo da incentivare il dialogo tra tutte le parti e giungere più facilmente ad una composizione bonaria della vertenza evitando così un inutile ricorso al giudice. Orbene, facendo buon governo dei richiamati principi di diritto, nel caso di specie, seppure si elevasse a condizione di proponibilità della domanda, l'invio della richiesta stragiudiziale di risarcimento anche alla (...) S.r.l., proprietaria del veicolo coinvolto nel sinistro, tuttavia, la sua omissione non potrebbe considerarsi ostativa alla proponibilità della domanda. Come, infatti, già evidenziato non solo la Compagnia (...) S.p.A., in quanto esclusiva destinataria della richiesta risarcitoria inviata da parte attrice nella fase stragiudiziale, ma anche la (...) S.r.l, erano perfettamente a conoscenza delle pretese avanzate da parte attrice. Non può, infatti, revocarsi in dubbio che la convenuta (...) S.r.l. fosse a conoscenza della richiesta risarcitoria avanzata e, soprattutto, di trovarsi nella condizione di valutare la possibilità di addivenire ad un accordo stragiudiziale, tanto che invitava e diffidava formalmente la Compagnia (...) S.p.A. a non procedere al risarcimento richiesto. In ragione di tali circostanze deve, quindi, ritenersi assolto l'onere di parte attrice di facilitare una risoluzione stragiudiziale della controversia, anche perché diversamente opinando, emergerebbe in tutta evidenza l'inconciliabilità tra il contegno assunto dalla (...) S.r.l nella fase stragiudiziale e quello invece adottato in via giudiziale. Non può infatti non rilevarsi come quest'ultima abbia prima manifestato la volontà di non addivenire ad una soluzione bonaria stragiudiziale, diffidando in tal senso anche la propria Compagnia assicurativa, per poi eccepire in via giudiziale il mancato esperimento del tentativo di negoziazione assistita ed il mancato recapito formale della richiesta stragiudiziale di risarcimento. Tutte le su esposte considerazioni risultano, peraltro, assorbenti dell'eccezione sollevata dalle convenute (...) S.r.l. e (...) S.p.A. circa la propria carenza di legittimazione passiva in ordine alla domanda proposta da parte attrice, dal momento che come ampiamente evidenziato la dinamica del sinistro e la relativa procedura ordinaria di indennizzo, operante nel caso di specie, impediscono di ravvisare motivi che possano escludere un litisconsorzio necessario tra proprietario del veicolo e Compagnia assicuratrice per la RCA. Sempre, in via preliminare, deve affermarsi un difetto di legittimazione attiva in capo alla parte interveniente (...) che, in qualità di ex coniuge divorziato non può vantare pretese in ordine alla domanda risarcitoria avanzata originariamente dal defunto (...) e successivamente proseguita dai suoi eredi legittimi. Al riguardo, si deve precisare che in caso di scioglimento e cessazione degli effetti civili del matrimonio, il soggetto divorziato perde la qualità di legittimario, riconosciuta dal Codice civile al coniuge superstite anche nei casi di intervenuta separazione personale. Ne deriva che, salvo non sussista un'espressa volontà testamentaria, nessuna pretesa potrà essere vantata sul patrimonio dell'ex coniuge. Nel nostro ordinamento, infatti, gli unici diritti di natura successoria che permangono in capo all'ex coniuge superstite divorziato sono quello relativo alla pensione di reversibilità e quello che ha ad oggetto un assegno a carico dell'eredità (artt. 9 e 9 bis, L. n. 868/1970 e succ. mod.). Non può quindi riconoscersi alcun diritto all'intervenuta (...) che, in qualità di titolare di assegno divorzile, potrà semmai agire a carico dell'eredità, ove ne sussistono le condizioni richieste, ma non in ordine alla singola pretesa risarcitoria avanzata giudizialmente dall'ex coniuge defunto. Venendo al merito, la domanda risarcitoria è da ritenersi infondata e, come tale, non meritevole di accoglimento. Ed invero, parte attrice espone che il danno subito a seguito del sinistro occorso durante Lo svolgimento dell'attività lavorativa, sia maggiore rispetto a quello riconosciuto dall'INAIL che, all'esito di visita medico legale collegiale, accertava una menomazione dell'integrità psico-fisica del 24%, per la quale veniva liquidata la somma complessiva di Euro 96.466,34 (vedasi documentazione allegata). A sostegno di tale assunto, è stata versata in atti, consulenza medico legale di parte che, invece, quantificava il danno in Euro 120.094,00, in ragione di una percentuale di invalidità pari al 28% (vedasi consulenza medico legale a firma del dott. (...)). Il danno richiesto è, quindi, il c.d. danno differenziale che spetta anche a colui il quale, pur percependo già una rendita Inail, dimostri di aver subito un danno ulteriore rispetto a quello riconosciutogli e ristoratogli dall'ente previdenziale. Sotto un profilo strutturale, vi è un evidente diversità tra l'indennizzo Inail ed il risarcimento del danno differenziale, atteso che mentre le prestazioni erogate dall'assicuratore sociale sono dovute in ragione del semplice verificarsi dell'infortunio, il risarcimento presuppone non solo il verificarsi dell'evento dannoso, ma anche la sua configurabilità come illecito in quanto prodottosi a seguito di un comportamento colposo del datore di lavoro o di un terzo (come nel caso dell'incidente in itinere). Tale diversità strutturale rispecchia, del resto, la diversa funzione cui assolvono. Ed infatti, il sistema indennitario Inail trova il suo fondamento nella finalità solidaristica prevista dall'art. 38 Cost., mirando a garantire esclusivamente un sostegno sociale al lavoratore, con il preciso intento di liberarlo rapidamente dallo stato di bisogno conseguente all'infortunio (Cass., n. 8085/1991, Corte Cost., n. 350/1997), il diritto al risarcimento del c.d. danno differenziale rinviene, invece, il suo fondamento nell'art 32 Cost. (diritto alla salute) e mira ad ottenere un integrale ristoro del danno subito. "L'indennizzo è svincolato dalla sussistenza di un illecito (contrattuale od aquiliano) e può essere disposto anche a prescindere dall'elemento soggettivo di chi ha realizzato la condotta dannosa e da una sua responsabilità (...), la rendita Inail cessa con la morte del lavoratore, mentre il diritto al risarcimento si trasferisce agli eredi. Le somme versate dall'istituto assicuratore, a tale titolo, non possono considerarsi integralmente satisfattive del diritto al risarcimento del danno biologico, con il conseguente diritto del lavoratore infortunato di agire in giudizio nei confronti del datore di lavoro o del terzo responsabile civile per domandare il ristoro del c.d. danno differenziale (Cass. n. 3074/16). Ferme restando le delineate differenze strutturali e funzionali tra le due misure ristorative, nel caso di specie non si può prescindere dai chiari esiti delle CTU svolte nel corso del giudizio, non essendovi ragione per disattenderne le relative risultanze. Ed invero, le risultanze delle consulenze tecniche espletate sono prive di vizi logici e metodologici, essendo il risultato di una disamina obiettiva del caso concreto e di una scrupolosa analisi della documentazione prodotta in giudizio. Dalla consulenza tecnica modale è emersa la congruità delle lesioni subite rispetto alla dinamica del sinistro occorso, come riferita da parte attrice. Il nominato CTU, ing. (...), ha infatti confermato che l'autista del camion compattatore, (...), non prestando la dovuta attenzione tesa all'avvistamento dei suoi colleghi a piedi, non si avvedeva della presenza dell'attore investendolo (pag. 12, consulenza tecnico modale). Seppure, tuttavia, sia emersa la responsabilità delle parti convenute, tuttavia sulla scorta della consulenza medica espletata dal nominato CTU, dott. (...), non può ritenersi sussistente il danno differenziale lamentato da parte attrice. Gli esiti della consulenza medica hanno, infatti, evidenziato come le effettive lesioni subite dal Basile, siano esitate in postumi permanenti per un'invalidità pari al 13% (vedasi consulenza medico legale), notevolmente inferiore rispetto a quella accertata dall'INAIL (28%). Si deve, pertanto, affermare che l'indennizzo riconosciuto da quest'ultima sia integralmente satisfattivo del diritto al risarcimento del danno biologico lamentato da parte attrice. Per tutte le ragioni sopra esposte, la domanda di parte attrice va accolta nella parte in cui si accerta e si dichiara la responsabilità esclusiva del convenuto nella causazione del sinistro, mentre va rigettata la richiesta di risarcimento del danno differenziale. Atteso l'esito del giudizio le spese del giudizio vanno integralmente compensate tra tutte le parti in causa. Le spese delle cc.tt.uu. vanno poste in via definitiva in solido tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale, in composizione monocratica definitivamente pronunciando sulle domande proposte nell'ambito del giudizio n. 3504/2016, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa e/o assorbita così dispone: a) Accerta e dichiara la responsabilità esclusiva di parte convenuta nella causazione del sinistro; b) Rigetta la domanda di risarcimento del danno differenziale; c) Compensa tra tutte le parti in causa le spese di lite; d) Pone le spese delle cc.tt.uu. definitivamente in solido tra tutte le parti n causa. Catanzaro, 29 dicembre 2022. Depositata in Cancelleria il 10 gennaio 2023.

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