Sentenze recenti Tribunale Ferrara

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  • Trib. Ferrara, sent., 31 maggio 2023, n. 406 Presidente/Relatore Scati Fatto e diritto Con ricorso congiunto depositato il 18 aprile 2023 "ex art. 473 bis 49 e 51 c.p.c." i coniugi (omissis) e (omissis) esponevano che in data (omissis) avevano contratto matrimonio concordatario in Ferrara optando per il regime della separazione dei beni; che dall'unione non erano nati figli; che i rapporti si erano da qualche tempo deteriorati; che vivevano di fatto separati ed erano entrambi economicamente autosufficienti; che intendevano quindi formalizzare la loro situazione. Sulla scorta di tali premesse i coniugi dichiaravano di volersi separare consensualmente prevedendo che nessun contributo di mantenimento fosse posto a favore e a carico dell'uno e dell'altro; che il (omissis) continuasse a risiedere nella casa coniugale di comune proprietà; che la (omissis) si impegnasse a cedere al (omissis) la quota del 50% di proprietà di tale immobile dietro integrale accollo del mutuo residuo. I ricorrenti chiedevano altresì che, decorso il termine di legge ed in difetto di riconciliazione, venisse pronunciata la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Acquisito il parere del PM, all'udienza di fronte al giudice delegato i coniugi dichiaravano di non essersi riconciliati e confermavano il contenuto del ricorso; indi il procedimento veniva rimesso di fronte al Collegio per la decisione. Nulla osta all'omologa delle condizioni di separazione in relazione alla quale si provvede come da dispositivo. Deve essere esaminata già sin d'ora l'ulteriore questione sottesa al ricorso in esame e, cioè, se nei procedimenti a domanda congiunta sia possibile la contemporanea proposizione della domanda di separazione e di quella di divorzio. A seguito dell'entrata in vigore della legge 6 maggio 2015, n. 55, che ha previsto la riduzione dei termini per proporre domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio dalla data della comparizione dei coniugi nell'udienza presidenziale del procedimento di separazione, è emersa con sempre maggiore urgenza la necessità di dettare disposizioni che possano prevedere un coordinamento tra i due procedimenti nonché, ove opportuna, la loro contemporanea trattazione. Per dare risposta a questa esigenza, il principio di delega contenuto nell'art. 1, comma 23, lett. bb), legge n. 206/2021 ha invitato il legislatore delegato a "prevedere che nel processo di separazione tanto il ricorrente quanto il convenuto abbiano facoltà di proporre domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, disponendo che quest'ultima sia procedibile solo all'esito del passaggio in giudicato della sentenza parziale che abbia pronunciato la separazione e fermo il rispetto del termine previsto dall'articolo 3 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e che sia ammissibile la riunione dei procedimenti aventi ad oggetto queste domande qualora pendenti tra le stesse parti dinanzi al medesimo tribunale, assicurando in entrambi i casi l'autonomia dei diversi capi della sentenza, con specificazione della decorrenza dei relativi effetti". In attuazione a tale delega l'art. 473-bis. 49 c.p.c. ha previsto, al 1° comma, che "negli atti introduttivi del procedimento di separazione personale le parti possono proporre anche domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e le domande a questa connesse. Le domande così proposte sono procedibili decorso il termine a tal fine previsto dalla legge, e previo passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia la separazione personale". Nel comma 3 è stato inoltre previsto che "la sentenza emessa all'esito dei procedimenti di cui al presente articolo contiene autonomi capi per le diverse domande e determina la decorrenza dei diversi contributi economici eventualmente previsti". Orbene, il fatto che il legislatore delegante abbia utilizzato i termini "ricorrente" e "convenuto" ed abbia posto il criterio di prevedere l'autonomia dei diversi capi della sentenza e di specificare la decorrenza dei relativi effetti (fra cui, maxime, quelli relativi all'assegno di separazione e a quello di divorzio), chiaro indice della volontà di circoscrivere l'istituto del cumolo fra i due giudizi solo a quelli di natura contenziosa. Il legislatore delegato, nel momento in cui ha previsto che la domanda di divorzio possa essere proposta "negli atti introduttivi del procedimento di separazione personale", intendendosi per tali il ricorso introduttivo e la comparsa di risposta di cui agli artt. 473- bis.12 e 473-bis.16, ha "ribadito" la scelta per il solo rito contenzioso. Ciò trova ulteriore conferma nel fatto l'art. 473-bis.51, pur mutuando dalla disciplina contenziosa quanto al contenuto del ricorso congiunto e alla documentazione che deve esservi allegata, non contiene alcun richiamo all'art. 473.bis 49. Nessun elemento in favore del cumulo delle domande congiunte di separazione e divorzio può essere, del resto, ricavato dalla relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo ove, nella parte dedicata al commento dell'art. 473-bis. 49, si è precisato che la domanda di divorzio potrà essere decisa dopo il passaggio in giudicato della sentenza di separazione e il decorso di un anno (e non anche di sei mesi che è la tempistica del procedimento consensuale) dalla comparizione delle parti di fronte al giudice della separazione. In uno dei primi contributi dottrinali favorevole alla tesi permissiva si è richiamata, da un lato, la lettera dell'art. 473 bis 51 comma 1 c.p.p. (la domanda congiunta relativa ai procedimenti di cui all'art. 473-bis.47 si propone...) ed evidenziato, dall'altro, che il cumolo è ontologicamente impraticabile nei procedimenti di scioglimento delle unioni civili o in quelli di regolamentazione della responsabilità genitoriale. La domanda congiunta sarebbe quindi riferibile ai (soli) procedimenti di separazione e divorzio il cui cumulo potrebbe essere precluso solo ove il legislatore avesse utilizzato una espressione del tipo "la domanda congiunta relativa a uno dei procedimenti di cui all'art. 473-bis.47". Si è inoltre osservato che la separazione consensuale, in precedenza definita con il decreto di omologa, è stata ora "unificata" al divorzio dovendo anch'essa essere pronunciata con sentenza. Tali argomenti non appaiono condivisibili. Quanto al primo, i plurimi e concordanti elementi letterali dai quali si ricava che il cumolo è stato riservato ai soli procedimenti contenziosi sembrano poter prevalere su quello testé evidenziato. Del resto, il fatto che la norma di cui all'art. 473-bis.51 abbia utilizzato il termine singolare "domanda", anziché quello plurale di "domande", induce a ritenere che il ricorso congiunto possa avere come oggetto solo uno dei procedimenti previsti dall'art. 473-bis.47. Quanto al secondo, il fatto che la definizione della separazione consensuale sia stata "assimilata" a quella del divorzio su ricorso congiunto non appare dirimente considerato, fra l'altro, che secondo il nuovo rito debbono essere conclusi con la forma della sentenza anche i procedimenti di regolamentazione della responsabilità genitoriale, in precedenza definiti a mezzo di decreto. Vi sono comunque altre ragioni per escludere la contemporanea proposizione delle due domande nell'ambito dei procedimenti congiunti. Secondo il consolidato orientamento di legittimità "gli accordi con i quali i coniugi fissano, in sede di separazione, il regime giuridico-patrimoniale in vista di un futuro ed eventuale divorzio sono invalidi per illiceità della causa, perché stipulati in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale di cui all'art. 160 c.c. Ne consegue che di tali accordi non può tenersi conto ai fini della determinazione dell'assegno divorzile, non solo quando limitino o addirittura escludano il diritto del coniuge economicamente più debole al conseguimento di quanto necessario a soddisfare le esigenze della vita, ma anche quando soddisfino pienamente tali esigenze, in quanto una preventiva pattuizione potrebbe influenzare il consenso al successivo divorzio" (cfr., da ultimo, Cass. 30 gennaio 2017 n. 2224, 26 aprile 2021 n. 11012 e 28 giugno 2022 n. 20745). Sulla base di tali considerazioni il diritto al mantenimento del coniuge debole viene quindi ritenuto "relativamente" indisponibile nel senso che di esso può disporsi solo nel momento in cui può essere fatto valere, ma non in via preventiva; con la conseguenza che ciascun coniuge può legittimamente rinunciare all'assegno di divorzio al momento della introduzione del relativo giudizio, mentre una rinuncia preventiva è ritenuta in contrasto con il divieto di patti prematrimoniali. Orbene, nei procedimenti contenziosi con cumulo della domanda di separazione e di quella di divorzio le parti si limitano a chiedere al giudice di decidere su entrambe previo passaggio in giudicato della prima ed il decorso del termine minimo di legge. Per contro nei procedimenti congiunti le parti dispongono (rectius: disporrebbero) già all'atto del deposito del ricorso, di entrambi gli status e dei connessi diritti con la conseguente loro rinuncia preventiva. Per superare tale obiezione si è sostenuto da alcuni che, dopo la pronuncia di separazione, ciascuna parte potrebbe "cambiare idea" e ritrattare il consenso. Tale assunto, oltre a contrastare con la natura relativamente indisponibile dei diritti coinvolti, si deve confrontare con l'orientamento di legittimità sin ora maturato in base al quale la revoca del consenso da parte di uno dei coniugi non comporta l'improcedibilità della domanda di divorzio proposta con ricorso congiunto (cfr. Cass. 24 luglio 2018 n. 19540 e 7 luglio 2021n. 19348). Ma c'è di più. Nella relazione al D.Lgs. n. 149/2022 si è affermato che la funzione della norma che consente il cumulo dei procedimenti di separazione e divorzio contenziosi è quella di ottenere un risparmio di "energie processuali" tenuto conto che le due domande - e la relativa attività istruttoria da compiere - contengono spesso aspetti perfettamente equivalenti e sovrapponibili quali, ad esempio, quelli relativi all'affidamento e al mantenimento della prole minore. Di contro, l'esigenza di risparmio di energie processuali non è ravvisabile nei procedimenti di separazione consensuale che vengono definiti in un breve lasso temporale, strettamente necessario al deposito del ricorso, alla celebrazione dell'udienza di comparizione di fronte al Presidente del Tribunale (ora giudice delegato) e alla pronuncia del decreto di omologa (ora sentenza). L'eventuale adozione del cumulo comporterebbe quindi un allungamento dei tempi di definizione dell'unitario procedimento (di separazione e divorzio) non potendo prescindersi dal passaggio in giudicato della sentenza di separazione, dal decorso del termine di almeno sei mesi dalla prima udienza di comparizione e dalla fissazione di una nuova udienza destinata alla verifica della mancata riconciliazione medio tempore. E se è vero che i procedimenti non contenziosi, essendo esclusi dall'aggregato (omissis), non vengono conteggiati nel computo del disposition time - la cui riduzione costituisce uno degli obiettivi posti nell'ambito del PNRR- è altrettanto vero che la maggiore tempistica grava comunque sul ruolo del singolo magistrato e sul rendimento complessivo dell'Ufficio giudiziario. Alla luce di tutto quanto precede deve essere dichiarata l'improponibilità della domanda intesa ad ottenere la cessazione degli effetti civili del matrimonio. P.Q.M. Omologa la separazione personale dei coniugi (omissis) e (omissis) alle condizioni concordate. Dichiara l'improponibilità della domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio. Manda alla Cancelleria per la trasmissione della presente sentenza all'ufficio dello stato civile del Comune di Ferrara

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA CONTESTUALE MOTIVAZIONE (artt. 544 e segg. c.p.p.) innanzi al Tribunale di Ferrara - Sez. Penale composto da: Dott. Piera Tassoni - Presidente Dott. Carlotta Franceschetti - Giudice Dott. Giulia Caucci - Giudice alla pubblica udienza del 16 marzo 2023 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura la SENTENZA nei confronti di: 1. (...), nata a P. (F.) il (...), ivi res.te e con domicilio dichiarato in via V., n. 3/4 -libera assente- 2. (...), nato a B. il (...), res.te a P. V. (B.), Piazza M., n. 16 - elett.te dom.to c/o lo studio del difensore di fiducia Avv. Lu.Va. del Foro di Benevento -libero assente- IMPUTATI (...) A) reato p. e p. dall'art. 222 in relazione all'art. 216, c. 1 n. 2, R.D. n. 267 del 1942, per aver, (...), quale Socio Amministratore e Rappresentante dal 01/06/2004 (data costituzione) al 20/11/2018, Socio Accomandante dal 20/11/2018 a data fallimento, (...), quale Socio Accomandatario e Rappresentante dal 20/11/2018 al fallimento della (...) di (...) e (...) S.a.s., con sede a P., Corso V. E. I., 9, dichiarata fallita dal Tribunale di Ferrara con Sentenza del 17/07/2019, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori: - sottratto, sotto forma dell'occultamento, le seguenti scritture contabili: - libro giornale riferito alle annualità 2016 e 2017; - partitari riferiti alle annualità 2016 e 2017; - registro cespiti ammortizzabili riferito alle annualità 2016 e 2017; - fatture di acquisto riferite alle annualità 2016, 2017 e 2018; - registro dei corrispettivi per le annualità 2016, 2017 e 2018 (scritturato fino a giugno); - registro fatture di acquisto per le annualità 2016, 2017 e 2018 (scritturato fino a marzo). - sottratto, sotto forma dell'omessa tenuta, le seguenti scritture contabili: - libro giornale riferito alle annualità 2018 e 2019; - partitari riferiti alle annualità 2018 e 2019; - registro cespiti ammortizzabili riferito alle annualità 2018 e 2019; - fatture di acquisto riferite all'annualità 2019; - registro dei corrispettivi per il periodo dal mese di luglio 2018 al 2019; - registro fatture di acquisto per il periodo dal mese di aprile 2018 al 2019; - libro inventari riferito alle annualità 2016, 2017, 2018 e 2019. Con recidiva ex art. 99, comma 1, c.p. Reato commesso a Ferrara il 17/7/2019 (data del fallimento) (...) B) del reato p. e p. dall'art. 222 in relazione all'art. 216, comma 1 n.1 - R.D. n. 267 del 1942, per aver, (...), in qualità di Socio Accomandatario e Rappresentante dal 20/11/2018 a data fallimento della (...) di (...) e (...) S.a.s., con sede a P., Corso V. E. I., 9, dichiarata fallita a Ferrara con Sentenza del 17/07/2019, distratto beni, arredi ed attrezzatura varia come risultanti dal Registro dei beni ammortizzabili del valore complessivo pari ad Euro. 66.119,16, importo riportato nello stato patrimoniale del bilancio d'esercizio chiuso al 31/12/2017. Con l'aggravante di aver commesso più fatti di bancarotta Con recidiva ex art. 99, comma 1, c.p. Reato commesso a Ferrara il 17/07/2019 (data del fallimento) Con l'intervento del Pubblico Ministero: Dott. Stefano Longhi De difensori: - Avv. De.Gi. del Foro di Ferrara d'ufficio per (...) - Avv. Lu.Va. del Foro di Benevento di fiducia sost. per delega verbale dall'Avv. Ma.Ro. per (...) MOTIVAZIONE CONTESTUALE All'esito dell'istruttoria dibattimentale, nel corso della quale erano escussi i testi indotti, dichiarati utilizzabili ai fini della decisione gli atti esistenti al fascicolo del dibattimento, P.M. e Difesa di fiducia dell'imputata concludevano come da verbale. Conformemente alla richiesta del PM deve essere pronunciata assoluzione in ordine alla condotta sottrattiva o di occultamento di cui al capo A prima parte, atteso che la documentazione relativa all'anno 2017 ed alla prima parte del 2018 è stata reperita presso il commercialista dott. (...). Per converso, pienamente provata è la condotta distrattiva contestata al capo B al solo (...), il quale è stato visto dal proprietario dei locali asportare gli arredi e tutta la strumentazione relativa al (...) e caricare sul camion, in compagnia, emblematicamente, di un soggetto qualificatosi come titolare di un altro bar di Ferrara Il reato è integrato quindi oggettivamente e soggettivamente all'unico soggetto che, in quel momento, rivestiva la qualifica di legale rappresentante della società e come tale aveva anche il possesso materiale dei locali e dei beni. Il vero profilo problematico, come evidenziato anche dal PM, riguarda la contestazione di cui al capo A, seconda parte, ovvero la condotta di omessa tenuta delle scritture contabili finalizzata a procurare pregiudizio ai creditori A tal riguardo è rimasto provato in maniera certa che l'attività del bar è cessata nell'estate del 2018 e che, rispetto al primo semestre 2018, la documentazione è stata recuperata in maniera frammentaria, non idonea a ricostruire la vita sociale della società in accomandita. Tra luglio ed agosto del 2018 il bar risultava chiuso e non è mai stato più riaperto. Invero, è emerso come nell'anno 2018 la società si trovasse in difficoltà economica, tanto che dal febbraio non veniva corrisposto il canone di locazione e si erano accumulati dei debiti con dipendenti e fornitori; anche il commercialista ha segnalato tale periodo come inizio della sofferenza dell'attività, specificando di aver constatato come vi fosse stato un radicale mutamento nell'atteggiamento della proprietaria, usualmente molto puntuale. Il Tribunale deve, pertanto, valutare, alla stregua di questi scarni elementi, se possa dirsi integrato il reato di bancarotta fraudolenta documentale sotto il profilo della mancata consapevole tenuta delle scritture contabili da parte degli imputati, in modo da impedire la ricostruzione del patrimonio sociale ed il movimento degli affari. La giurisprudenza consolidata afferma che ai fini dell'integrazione del delitto di bancarotta fraudolenta documentale è necessaria e sufficiente la consapevolezza che la mancata o disordinata tenuta delle scritture contabili potrà impedire la conoscenza relativa al patrimonio ed al movimento degli affari. Occorre, pertanto, che l'agente agisca con il dolo di rendere impossibile al curatore la ricostruzione delle vicende gestionali della società. Orbene, se nella fattispecie in esame appare innegabile l'irregolarità della tenuta delle scritture nel periodo in esame, non sembra che il quadro degli elementi disponibili giustifichi l'affermazione che la condotta degli imputati sia stata sorretta dal dolo di impedire alla curatela di svolgere gli accertamenti necessari nell'interesse dei creditori. Appare certo come non vi sia stata attività gestionale successiva al luglio del 2018, proprio nell'arco temporale relativo alla contestazione di assoluta mancanza di qualunque scrittura contabile. Tenuto conto del dato oggettivo per cui la contabilità era stata regolarmente tenuta fino ad 2017, e che a partire dall'inizio del 2018 l'attività è proseguita solo per un semestre, rispetto al quale, come sopra detto, una parziale contabilità è stata reperita, non emerge la prova certa di una volontà dell'imputata (...) di non tenere le scritture per nuocere al fallimento, ma soltanto la consapevolezza di un inadempimento, peraltro limitato agli aspetti esteriori, che non avrebbe inciso sugli interessi di fondo del fallimento. Va considerato inoltre che, trattandosi di società in accomandita semplice, gli imputati erano consapevoli del fatto che avrebbero risposto illimitatamente dei debiti societari con il proprio patrimonio personale, cosa effettivamente avvenuta quanto alla (...). In conclusione i fatti emersi dall'istruttoria dibattimentale consentono soltanto di affermare che l'imputata omise di aggiornare le scritture contabili per incapacità economica e/o trascuratezza, senza peraltro che la condotta, oggettivamente antigiuridica, fosse sostenuta dal dolo di bancarotta fraudolenta. Dette considerazioni valgono a maggior ragione per il coimputato M., subentrato solo nel novembre 2018 ad attività cessata e mai più ripresa. Il fatto di cui al capo A, seconda parte, va pertanto riqualificato come bancarotta semplice ai sensi dell'art. 217 co. 2 Legge Fallimentare. Invero "In tema di bancarotta semplice documentale, l'obbligo di tenere le scritture contabili, la cui violazione integra il reato, viene meno solo quando la cessazione della attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese, indipendentemente dal fatto che manchino passività insolute, trattandosi di reato di pericolo presunto posto a tutela dell'esatta conoscenza della consistenza patrimoniale dell'impresa, a prescindere dal concreto pregiudizio per le ragioni creditorie" (cfr. Cass. Pen Sez. 5 n. 20514 del 22/01/2019). Quanto al trattamento sanzionatorio, visti i criteri di cui all'art. 133 c.p. va premesso che non si ravvisano ragioni per riconoscere nei confronti degli imputati le circostanze attenuanti generiche, che secondo la Corte di legittimità non possono fondarsi sulla mera incensuratezza ma possono riconoscersi solo in presenza di concreti elementi - inesistenti nel caso di specie - che consentano di apprezzare positivamente il comportamento degli imputati. Quanto a (...), visti i criteri di cui all'art. 133 c.p. stimasi adeguata la condanna alla pena di mesi nove di reclusione. Quanto a (...) va ravvisata la fattispecie di cui all'art. 219 comma 2 n. 1 legge fallimentare. Deve escludersi la sussistenza della contestata recidiva, essendo l'odierna condanna non sintomatica di una maggiore pericolosità dell'imputato. Avuto riguardo a tutti gli elementi di cui all'art. 133 c.p. - stimasi equa e conforme a giustizia la pena di anni tre mesi due di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Seguono per legge le pene accessorie di cui al dispositivo. P.Q.M. Visti gli artt. 521 co. 1 -533 e 535 c.p.p. DICHIARA (...) responsabile del reato di bancarotta semplice documentale ex art. 217 L.F., così qualificato diversamente il fatto a lei contestato al capo A) seconda parte e la condanna alla pena di mesi nove di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. (...) responsabile del reato di bancarotta di cui all'art. 219 comma 2 n. 1 legge fallimentare, qualificato diversamente il fatto a lui contestato al capo A) seconda parte nel delitto di cui all'art. 217 legge fallimentare ed esclusa la sussistenza della contestata recidiva, lo condanna alla pena di anni tre mesi due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. DICHIARA (...) e (...) inabilitati all'esercizio di un'impresa commerciale e incapace ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per una durata pari a quella della pena principale a loro rispettivamente inflitta. Dichiara (...) interdetto dai PP.UU per anni cinque. Visto l'art. 530 c.p.p. assolve entrambi gli imputati dal reato loro ascritto al capo A) prima parte perché il fatto non sussiste. Così deciso in Ferrara il 16 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 16 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA Il Tribunale di Ferrara, in composizione monocratica, in persona del giudice Dott.ssa Alessandra Martinelli, alla pubblica udienza del 13 marzo 2023 ha pronunciato la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nato in M., il (...), residente a F., in via S. n. 31, con domicilio dichiarato per le notifiche presso la indicata residenza -presente- IMPUTATO Del reato di cui all'art. 4 co. 2 L. n. 110 del 18 aprile 1975, per aver portato fuori dalla propria abitazione, senza giustificato motivo, un'asta artigianale della lunghezza di 50 cm, con l'estremità uncinata e tagliente, strumento utilizzabile per l'offesa alla persona, anche in ragione delle circostanze di tempo e di luogo. Con l'intervento del Pubblico Ministero: Dott.ssa Fi.Co. V.P.O. Del difensore di fiducia: Avv. Za.Ma. del Foro di Ferrara MOTIVI DELLA DECISIONE Il Pubblico Ministero, con decreto di citazione diretta a giudizio ritualmente notificata, esercitava l'azione penale nei confronti di (...) per il reato di cui all'art. art. 4, co. 2, L. n. 110 del 1975, "per aver portato fuori dalla propria abitazione, senza giustificato motivo, una asta artigianale della lunghezza di 50 cm, con l'estremità uncinata e tagliente, strumento utilizzabile per l-offesa alla persona, anche in ragione delle circostanze di tempo e di luogo " fatto commesso in Ferrara in data 25.08.2019. Il processo, celebrato in presenza dell'imputato, è stato istruito sulla base degli atti contenuti nel fascicolo del P.M. in ragione del consenso a tal fine prestato dalle parti, nonché con l'esame dell'imputato e del teste della difesa oggi escusso, che ha riferito dell'attività lavorativa agricola svolta dall'imputato all'epoca dei fatti. Così istruito il processo, il Tribunale, previo ritiro in camera di consiglio, decide come da sentenza contestuale che segue. Dal complesso degli atti contenuti nel fascicolo del P.M., acquisti al fascicolo per il dibattimento in ragione del consenso a tal fine prestato dalle parti, emerge che il presente procedimento ha tratto origine dal servizio di controllo effettuato dai CC. NOR di Ferrara in data 25.08.2019. Nel corso di tale attività, i Militari fermavano l'odierno prevenuto, che si trovava in zona GAD e procedeva a velocità ridotta. Ritenendo che il conducente avesse aumentato la velocità alla loro vista, i CC. decidevano di fermarlo per controllarlo. In quel contesto, all'interno dell'abitacolo trovavano l'arma bianca descritta in imputazione. Posto che in quel contesto, verosimilmente per la barriera linguistica, non avevano percepito una giustificazione da parte del controllato in ordine al porto dell'arma, di talché questi veniva deferito in stato di libertà per il reato di cui in epigrafe. Invero, egli in sede di dibattimento, a distanza di tre anni dall'accaduto e quindi con maggiori capacità linguistiche rispetto all'epoca dei fatti, chiariva si l'arma sequestrata a suo carico, peraltro acquisita in sede istruttoria al fine di poterla sottoporre alla attenzione di tutti, era nella sua disponibilità fuori dall'abitazione in quanto a lui indispensabile ai fini della attività agricola al tempo svolta, quale quella della raccolta delle angurie. Tale tesi risulta pienamente confermata dal datore di lavoro dell'imputato all'epoca dei fatti il quale confermava, infatti, come l'imputato fosse impiegato nella detta attività e svolgesse in particolare il ruolo di stacchino, ossia individuava i cocomeri pronti per la raccolta e li staccava dal pampino attraverso lo strumento uncinato suddetto. Chiariva peraltro che si trattava di una figura molto ricercata in quel settore per la peculiarità dell'attività. Precisava inoltre che lo strumento in questione, che serviva per rendere piu' agevole l'attività' al lavoratore, rimaneva di prassi a disposizione dello stesso anche in ragione del fatto che questi poteva essere impiegato in diverse zone dell'azienda agricola, anche distanti tra loro. Ora, valorizzando quanto emerso in sede dibattimentale, deve giungersi alla conclusione che il porto dell'arma sequestrata fosse, per caratteristiche, del tutto compatibile con il lavoro agricolo svolto dall'imputato. A tale conclusione si perviene in ossequio ai criteri valutativi offerti dalla Cassazione secondo la quale può ritenersi ricorrente giustificazione idonea ad escludere l'integrazione della fattispecie contravvenzionale in trattazione "quando le esigenze dell'agente siano corrispondenti a regole relazionali lecite rapportate alla natura dell'oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell'accadimento e alla normale funzione dell'oggetto" (Cass. pen., Sez. I, sent. 24084/2017; cfr. anche Cass. pen., Sez. I, sent. 4498/2008). Alla luce comunque della qualificabilità come arma del bene oggetto di sequestro deve pervenirsi ex art. 6 L. n. 152 del 1975 alla relativa confisca e distruzione. P.Q.M. Visti gli artt. 530, comma I, c.p.p. ASSOLVE L'imputato dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste. Dispone la confisca e la distruzione di quanto in sequestro. Motivazione contestuale. Così deciso in Ferrara il 13 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 13 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA Il Tribunale di Ferrara, in composizione monocratica, in persona del giudice Dott.ssa Alessandra Martinelli, alla pubblica udienza del 06 marzo 2023 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nato a C. il (...), con domicilio eletto in C. (F.), Strada del T., 6 -libero assente- IMPUTATO Per il reato di cui all'art. 635 c.p. perché, avuto un diverbio con (...) alla presenza dell'amico (...), dopo aver colpito con un pugno alla spalla quest'ultimo, con condotta consistita nello sferrare calci al contatore dell'energia elettrica che serve la proprietà di (...), provocava la rottura e il distacco dei relativi cavi elettrici, continuando tale atteggiamento violento sferrando un ulteriore pugno all'orecchio destro del V.. In Comacchio (FE), il 07.01.2020 Con l'intervento del Pubblico Ministero: Dott.ssa Ti.An. V.P.O. Del difensore di fiducia: Avv. To.Ma. del Foro di Ferrara Del difensore della parte civile costituita (...): Avv. Pi.El. del Foro di Ferrara. MOTIVAZIONE Con decreto di citazione diretta a giudizio ritualmente notificato, emesso dal P.M. in sede, (...), (...) e (...) venivano citata in giudizio davanti all'intestato Tribunale per rispondere dei reati di cui alla imputazione riportata in epigrafe. Il processo, verificata la regolare costituzione delle parti ed ammesse le prove, veniva rinviato alla udienza del 17.11.2022 per la prosecuzione della istruttoria dibattimentale. In quella sede veniva sollevata questione circa la incapacità di (...) a partecipare in modo cosciente al processo. Alla luce di tale rilievo venivano quindi disposti accertamenti ex art. 72 e ss. c.p.p. tramite nomina di perito nella persona del dott. L. F.. Conferito l'incarico alla udienza del 12.12.2022 il perito, previo rituale deposito della relazione peritale, veniva esaminato il 6.03.2023 ove emergeva che al momento del fatto a lui contestato, ossia alla data del 7.01.2020, (...) era totalmente incapace di intendere e di volere per vizio totale di mente. Alla luce di tale accertamento, previa separazione delle posizioni processuali degli altri due imputati, rispetto al quale il processo proseguirà' per la istruttoria, veniva emessa sentenza per la posizione di (...) nei termini che seguono, previa discussione orale delle parti e camera di consiglio, con riserva di giorni 15 per il deposito della sentenza. Segnatamente, posto che in sede di esame dibattimentale il perito dott. L. F., chiarito che il sig. (...) è affetto da disturbo psicotico cronico di tipo schizofrenico, per la precisione da schizofrenia paranoide cronica, e chiarito che alla data del gennaio 2020 era presente nel medesimo una condizione di scompenso psicotico caratterizzato da tematiche deliranti a sfondo persecutorio e da allucinazioni complesse di tipo uditivo e visivo, giungeva alla conclusione che era totalmente incapace di intendere e di volere per vizio totale di mente. Ora, alla luce delle valutazioni esposte dal perito nominato dall'ufficio, pienamente attendibili in ragione della correttezza del procedimento logico tecnico seguito nel corso delle operazioni peritali, della loro aderenza ai dati obicttivati nella documentazione esaminata e coerenti con le condizioni riscontrate in sede di colloquio con l'imputato, deve pervenirsi alla conclusione che la capacità di intendere e di volere del soggetto imputato fosse al momento del fatto del tutto assente, in ragione dello stato di scompenso psicotico con tematiche deliranti ed allucinazioni in cui si trovava. Tale conclusione risulta aderente al più evoluto orientamento della Cassazione che ha avuto modo di ribadire quanto segue: "ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, anche i disturbi della personalità o comunque tutte quelle anomalie psichiche non inquadrabili nel ristretto novero delle malattie mentali possono rientrare nel concetto di "infermità", purché siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere; escludendola o scemandola grandemente, e a condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato da disturbo mentale. Ne consegue che nessun rilievo, ai fini della imputabilità, deve essere dato ad altre anomalie caratteriali o alterazioni o disarmonie della personalità che non presentino i detti caratteri, nonché agli stati emotivi e passionali, salvo che questi ultimi si inseriscano, eccezionalmente, in un quadro più ampio di "infermità" (Sez. U, n 9163 del 25/01/2005, dep. 08/03/2005, R., Rv. 230317, e, tra le successive, Sez. 1, n. 14808 del 04/04/2012, dep. 18/04/2012, C., Rv. 252289; Sez. 2, n. 24535 del 22/05/2012, dep. 20/06/2012, B., Rv. 253079; Sez. 1, n. 48841 del 31/01/2013, dep. 05/12/2013, V. e altro, Rv. 258444). Questa Corte, ha rimarcato che occorre comunque valutare caso per caso se il disturbo, oltre ad essere di consistenza, intensità e gravità tali da incidere effettivamente sulla capacità di intendere e di volere del reo, escludendola o scemandola gravemente, sia in concreto collegato da un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa (tra le altre, Sez. 2, n. 24535 del 22/05/2012, citata, in motivazione, e, in precedenza, Sez. 1, n. 16689 del 04/04/2007,dep. 02/05/2007, Sp., non massimata; Sez. 4, n. 4658 del 21/10/2008, dep. 03/02/22009, Ar., non massimata) ..." (da Cass. Sez. 1, Sentenza n. 35842 del 16/04/2019). Ora, alla luce delle coordinate ermeneutiche appena richiamate e posta la condizione soggettiva dell'imputata al momento del fatto come risulta provata alla luce delle incontestabili valutazioni del perito nominato dal Tribunale, si ritiene di poter pervenire alla pacifica conclusione - peraltro posta in evidenza dallo stesso rappresentante della Procura al momento della discussione - che (...), al momento della commissione dell'illecito per cui è processo, non fosse in grado di intendere e di volere e ciò in quanto il disturbo della personalità che lo affliggeva, stante la condizione di scompenso psichico, gli aveva inibito le capacità di critica e di giudizio, da impendergli di gestire le proprie pulsioni eteroaggressive, divenute così predominanti. Ebbene, tirando le fila di quanto esposto, si ritiene, pertanto, di dover mandare assolto (...) dall'ipotesi di reato allo stesso ascritto - con la formula di cui all'art. 530, comma I, c.p.p. - essendo stata raggiunta la prova positiva circa la mancanza di capacità di intendere e di volere dello stesso al momento della commissione del fatto oggetto del presente processo. P.Q.M. Visto l'art. 530, comma I, c.p.p., nonché 85-88 c.p.: ASSOLVE l'imputato dal reato a ascrittogli perché non imputabile, per totale vizio di mente al momento del fatto. Così deciso in Ferrara il 6 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 10 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA Il Tribunale di Ferrara, in composizione monocratica, in persona del giudice Dott.ssa Alessandra Martinelli, alla pubblica udienza del 06 marzo 2023 ha pronunciato la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nato in M. il (...), residente e con domicilio dichiarato in F., via G. P., n. 8, int. 4 -assente- IMPUTATO Del delitto di cui: all'art. 341 bis c.p. perché, in luogo pubblico e alla presenza di più persone, durante il compimento di un atto del loro ufficio, ossia, mentre cercavano di identificarlo dopo essere intervenuti a seguito di una lite che aveva coinvolto diversi ragazzi e lo stesso (...), offendeva l'onore e il prestigio dei pubblici ufficiali Ass. Capo (...) e Ag. (...) in forza alla Questura di Ferrara, U.P.G.S.P. proferendo al loro indirizzo le seguenti parole: "Pezzi di merda, cosa volete da me, io faccio casino se mi portate in Questura "In Ferrara il 20.09.2020 Con l'intervento del Pubblico Ministero: Dott.ssa Ti.An. V.P.O. Del difensore di fiducia: Avv. Pi.Ca. del Foro di Ferrara FATTO E DIRITTO Con decreto emesso dal P.M. in sede il giorno 11.07.2022 (...) era citato direttamente in giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 341 bis c.p.c.ome da imputazione riportata in epigrafe, commesso in Ferrara il 20.09.2020 ai danni dei Pp.Uu. Ass. Capo (...) e Ag. (...) della Questura di Ferrara, proferendo al loro indirizzo - nel momento in erano dediti alla loro attività - "pezzi di merda, cosa volete da me, io faccio casino se mi portate in Questura". Nel corso del pubblico dibattimento in assenza ritualmente dichiarata dell'imputato, disposta l'apertura del dibattimento ed ammesse le prove richieste dalle parti, era acquisita su accordo delle parti l'annotazione di P.G. a firma dell'Ass. capo M., di talché veniva revocata l'ammissione della sua testimonianza. Seguiva la testimonianza del teste privato (...), presente ai fatti. Chiusa l'attività istruttoria, il Giudice - udita la discussione e le conclusioni come rassegnate a verbale - il Tribunale decideva come da sentenza, con motivazione contestuale, che segue. Il compendio probatorio acquisito agli atti non consente di ritenere raggiunta la piena prova circa una delle componenti oggettive indefettibili per l'integrazione della fattispecie, ossia che al fatto come descritto in imputazione, ancorché avvenuto in luogo pubblico, fossero presenti più persone ossia almeno due privati, posto che i PP.UU. presenti non possono essere conteggiati a tali fini. Con riguardo specifico al fatto, dall'annotazione a firma dell'agente M. - utilizzabile a fini decisori in ragione dell'accordo in tal senso raggiunto dalle parti - emerge che alle ore 1.25 del 20.09.2020 personale della Questura dell'ufficio U.P.G.S.P. - nelle persone di (...) e di (...) venivano inviate nella zona di Piazza A R. (F.)a causa di un diverio, sfociata in rissa avvenuta davanti al Bar Ariosto, che aveva tentato di sedare tale (...), addetto alla sicurezza della ditta (...). Giunti in loco gli agenti rinvenivano uno dei soggetti coinvolti della lite avvenuta poco prima nel detto luogo, identificato nell'odierno imputato; questi si presentava piuttosto agitato e riluttante ad essere identificato tanto che questi offendeva gli agenti intenti a svolgere la loro funzione, indirizzandogli con le parole riportate nel capo di imputazione. A questa scena - avvenuta sulla via pubblica - presenziava il (...) il quale infatti confermava anche in sede dibattimentale tale circostanza; ciò che però non era in grado di riferire era se oltre a lui, esclusi i Pp.Uu., fosse presente qualche altra persona, circostanza invero inverosimile stante la tarda ora. Ciò conduce a ritenere che non vi sia la piena prova di uno dei presupposti fattuali affinché possa dirsi integrata la fattispecie di reato di cui all'art. 341 bis c.p., ossia che la condotta ingiuriosa sia stata rivolta nei confronti del pubblico ufficiale non solo in luogo pubblico o aperto al pubblico ma anche "in presenza di più persone", requisito che il legislatore del 2009 ha inteso elevare ad elemento costitutivo (mentre in precedenza comportava il mero aumento della pena integrando una circostanza aggravante speciale): risulta, infatti, provato - per il tramite della testimonianza resa da B., della cui attendibilità non è dato dubitare in considerazione della linearità, coerenza e non contraddittorietà con la quale è stata resa - che le frasi pronunciate dall'imputato - da ritenersi oltre il diritto di critica in quanto pronunciate in modo accalorato e volto a spregiare l'attività svolta dai pubblici ufficiali in quanto impegnati, a detta dell'imputato, in attività di scarsa rilevanza rispetto a ben più importanti attività di ordine pubblico - siano state pronunciate in assenza di soggetti terzi oltre a lui, dovendosi peraltro ricordare sul punto specifico che per costante dottrina e giurisprudenza di legittimità tra le persone presenti al fatto - almeno due, in ragione della chiara formulazione che richiede "più persone" - non si debba(no) computare il (i) pubblico(i) ufficiale(i) (cfr. ex multis: Cass. Pen. Sez. 6, Sentenza n. 29406 del 06/06/2018; conformi: Sez. 6, Sentenza n. 19010 del 28/03/2017 e Sez. 6, Sentenza n. 15440 del 17/03/2016). Ebbene, tale considerazione processuale - circa l'assenza di prova in ordine ad uno dei presupposti fattuali indefettibili per l'integrazione della fattispecie - impone di mandare assolto l'imputato dal reato di cui all'imputazione - con la formula di cui all'art. 530 comma II c.p.p. - in quanto il fatto non sussiste. P.Q.M. Visto l'art. 530, comma II, c.p.p.: ASSOLVE l'imputato dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste, Motivazione contestuale. Così deciso in Ferrara il 6 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 6 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA Il Tribunale di Ferrara, in composizione monocratica, in persona del giudice dott. Maria Rita Baldelli, alla pubblica udienza del 03 marzo 2023 ha pronunciato la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nata in R. il (...), res.te ed elett.te dom.ta in F., via R. A., n. 38 -libera assente- IMPUTATA Del reato di cui: all'art. 640 c.p. perché, con artifizi e raggiri consistiti nell'inserire sul social media Facebook la vendita di capi di abbigliamento, induceva in errore (...) che, attraverso contatti telefonici sull'utenza cellulare (...), versava sulla carta postepay n. (...), entrambi intestati a (...), la somma di Euro 191,00 euro, senza mai ricevere il bene con conseguente ingiusto profitto da parte di (...) e corrispondente danno per (...) In C. (F.) in data 31.08.2017 Con recidiva specifica e infraquinquennale Con l'intervento del Pubblico Ministero: dott. Elisa Bovi V.P.O. Del difensore di ufficio: Avv. St.Sc. del Foro di Ferrara FATTO E DIRITTO Con decreto di citazione diretta a giudizio ex artt. 550, 552 c.p.p., datato 24.03.2021, (...) veniva tratta a giudizio per il reato di cui al capo di imputazione trascritto in epigrafe. Alla pubblica udienza del 06.12.2021, il Giudice dichiarava l'assenza dell'imputato, (originariamente assistita da un difensore di fiducia, di poi rinunciante al mandato), ammetteva le prove richieste dalle parti ed il procedimento veniva rinviato all'udienza del 14.03.2022, nel corso della quale, il Giudice, rilevato che pur a fronte della originaria nomina di un difensore di fiducia da parte della prevenuta, non vi è certezza che la stessa sia a conoscenza della pendenza del presente procedimento, posto che il decreto di citazione a giudizio è stato notificato alla medesima ai sensi di cui all'art. 161 co 4 c.p.p. presso il difensore di ufficio che non ha avuto contatti con la medesima, revocava l'ordinanza dichiarativa dell'assenza e disponeva la notifica personale all'imputato, da parte della PG, del decreto di citazione a giudizio e del verbale di udienza, rinviando, per tale incombente, all'udienza del 06.06.2022. Alla pubblica udienza del 06.06.2022, il Giudice dava atto dell'avvenuta notifica personale all'imputato del decreto di citazione a giudizio e del verbale di udienza (cfr. documentazione pervenuta in data 09.04.2022) e, dichiarava l'assenza della medesima. Venivano ammesse le prove richieste dalle parti ed il procedimento veniva rinviato all'udienza del 31.10.2022. Alla pubblica udienza del 31.10.2022, il Giudice, stante l'assenza dei testimoni della pubblica accusa, rinviava il procedimento all'udienza del 27.02.2023, precisando che la citazione della persona offesa, a cura del P.M., contenesse l'avviso che la mancata comparizione della stessa sarebbe stata intesa come remissione tacita di querela. Alla pubblica udienza del 27.02.2023, assente l'imputata, avanti a codesto diverso Giudicante, in ragione dell'avvenuto trasferimento ad altra sede del Giudice originariamente assegnatario del presente procedimento, la persona offesa, (...), manifestava la volontà di voler rimettere la querela sporta all'epoca del fatto nei confronti dell'odierna imputata. Al riguardo, la difesa del prevenuto osservava che pur in assenza di idonea procura speciale ai fini dell'accettazione dell'intervenuta remissione, quest'ultimo, in mancanza di un rifiuto espresso o tacito della remissione, deve comunque ritenersi produttiva di effetti giuridici, non essendo indispensabile l'accettazione. All'esito, entrambe le parti, concludevano affinché venisse pronunciata sentenza di non doversi procedere per intervenuta remissione di querela, ed il Giudice rinviava all'udienza del 03.03.2023 per repliche, in assenza delle quali dava lettura del dispositivo del presente provvedimento contestualmente motivato. L'assunto difensivo merita accoglimento, in quanto in conformità ad un ormai noto orientamento giurisprudenziale (cfr. fra le tante, Cass. Pen. Sez. V, 12.01.2011 n.7072) che questo Giudicante ritiene di condividere, ai fini dell'efficacia della remissione di querela, non è indispensabile l'accettazione, essendo sufficiente che, da parte del querelato, non vi sia un rifiuto espresso o tacito della remissione. Sotto quest'ultimo profilo, pertanto, in assenza di altri elementi, anche la mancata volontaria partecipazione dell'imputata al processo - della celebrazione del quale era perfettamente a conoscenza, avendo ricevuto la notifica del decreto di citazione a giudizio personalmente (cfr. documentazione pervenuta agli atti in data 09.04.2022) - può essere apprezzata quale indice dell'assenza della volontà di costei di coltivare il processo per giungere alla rilevazione della propria innocenza. Ciò premesso, a fronte della verifica della procedibilità a querela di parte dell'ipotesi delittuosa contestata all' imputata, (art. 640 c.p.), anche in seguito alla modifica dell'art. 649 bis c.p. introdotta con il D.Lgs. n. 150 del 2022 nella parte in cui esclude la recidiva dalle circostanze aggravanti ad effetto speciale che determinano la procedibilità d'ufficio del reato in contestazione, della volontà manifestata dalla parte offesa di voler rimettere la querela e dell'assenza di fatti indicativi di una volontà contraria della querelata, l'azione penale non deve ulteriormente essere coltivata P.Q.M. visti gli artt. 531 c.p.p.- 152 c.p. dichiara non doversi procedere nei confronti dell'imputata per estinzione del reato in seguito ad intervenuta remissione di querela. Spese come per legge. Così deciso in Ferrara il 3 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 3 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA Il Tribunale di Ferrara, in composizione monocratica, in persona del giudice dott. Alessandra Martinelli, alla pubblica udienza del 02 marzo 2023 ha pronunciato la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nato a C. di S. (N.) il (...), ivi res.te in via C. C. -libero assente IMPUTATO Del reato di cui: all'art. 640 c.p. perché con artifizi e raggiri consistiti: 1. nel contattare, tramite l'utenza telefonica n. (...) a sé intestata, (...) sull'utenza telefonica (...) a lei intestata, qualificandosi quale funzionario della (...), di cui la persona offesa era correntista, riferendole che erano state registrate operazioni fraudolente relativamente alla sua carta prepagata n. (...) e invitandola a modificare la password di accesso al sistema di internet banking; 2. nell'invitarla quindi a comunicare con sms la nuova password unitamente al codice utente facendole credere che era in corso un'operazione di verifica; 3. nell'inviarle un sms a conferma dello svolgimento corretto della falsa operazione di verifica chiedendole quindi ulteriori dati ovvero la data di scadenza e il PIN scritto sulla carta prepagata; induceva in errore (...) la quale, confidando di comunicare con funzionari della (...), comunicava i propri dati relativi all'accesso al sistema di internet banking nonché i dati della carta prepagata n. (...) relativa al proprio conto corrente consentendo all'imputato di accedere al sistema e di effettuare operazioni bancarie in suo danno, in particolare di prelevare dal suo conto corrente, utilizzando la carta prepagata in appoggio, la somma complessiva di Euro 2.004,72 poi impiegata per acquistare cripto valuta utilizzando una configurazione del computer, un provider di connettività internet e un indirizzo IP estranei al profilo cliente della persona offesa; tentando infine di effettuare bonifici dallo stesso conto corrente della persona offesa ma non riuscendo a portare a termine l'operazione avendo la (...) ogni operazione su detto conto. Così procurandosi un ingiusto profitto pari ad Euro 2.004,72 con corrispondente danno per la parte offesa. Con recidiva reiterata. Querela dell'11.05.2020 Con l'intervento del Pubblico Ministero: dott. Re.Si. V.P.O. Del difensore di ufficio: Avv. Al.Bo. del Foro di Ferrara sost. per delega verbale dall'Avv. Al.D'A. MOTIVI DELLA DECISIONE Con decreto di citazione diretta a giudizio del 12.02.2022, (...) era tratto a giudizio avanti questo Tribunale per rispondere del reato di truffa commesso il giorno 08.05.2020 ai danni del negozio (...) come da imputazione riportata in epigrafe. Dichiarata l'assenza dell'imputato all'udienza del giorno 01.12.2022, il processo era rinviato da ultimo all'udienza odierna in cui si procedeva alla discussione, stante la correttezza del rilievo della difesa circa la mancanza di valida condizione di procedibilità. Il Tribunale pertanto, dato atto di quanto sopra, decideva come in dispositivo in calce, di cui dava lettura alla pubblica udienza odierna. Ebbene, il rilievo svolto dalla difesa è coerente con l'atto introdotto dalla Pubblica Accusa al momento della formazione del fascicolo del dibattimento quale condizione di procedibilità (aff. 1 ); si tratta infatti non querela bensì di mera denuncia orale e ciò, anche prescindendo dalla rubrica dell'atto, in quanto non contenente la volontà della vittima che si proceda alla punizione del colpevole (cfr. Cass. Sez. 5 - , Sentenza n. 2665 del 12/10/2021 che ribadisce il principio secondo cui la volontà di procedere alla punizione del colpevole - quale contenuto per qualificare l'atto quale querela - non richiede formule sacramentali quanto piuttosto l'inequivoca manifestazione della volontà in tal senso della vittima). Pertanto, deve concludersi per la pronuncia di non doversi procedere nei confronti dell'imputato per mancanza di valida condizione di procedibilità. P.Q.M. Visti gli artt.129 c.p.p. e 469 c.p.p., dichiara non doversi procedere nei confronti dell'imputato per il reato ascrittogli, per mancanza di valida condizione di procedibilità. Motivazione contestuale. Così deciso in Ferrara il 2 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 2 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA Il Tribunale di Ferrara, in composizione monocratica, in persona del giudice dott. Giulia Caucci, alla pubblica udienza del 01 febbraio 2023 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nato a F. il (...), ivi res.te in via I. B., n. 38 int.5, di fatto domiciliato in Ferrara, via (...) - elett.te dom.to c/o lo studio del difensore di fiducia Avv. Fi.Ma. del Foro di Padova -libero presente- IMPUTATO Del delitto p. e p. dall' art. c.p. 73/5 comma D.P.R. n. 309 del 1990, perché, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17 del DPR citato, in luogo pubblico, illecitamente deteneva gr. 2,7 circa di sostanza stupefacente del tipo cocaina suddivisa in 4 involucri di cellophane termosaldati e ulteriori gr. 1,864 della medesima sostanza stupefacente rinvenuta all'interno della sua abitazione che, per le circostanze accertate dalla PG operante (suddivisione in dosi e il rinvenimento presso la sua abitazione di tutto il materiale necessario per il confezionamento e il "taglio" dello stupefacente), era sicuramente destinata alla cessione a terzi. In Ferrara in data 08.02.2020 Con l'intervento del Pubblico Ministero: dott. An.De. V.P.O. Del difensore di fiducia: Avv. Fi.Ma. del Foro di Padova SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Disposta citazione diretta a giudizio di (...) in ordine al reato in rubrica esposto, all'udienza del 9/3/2022, dichiarato aperto il dibattimento, venivano ammesse le prove richieste dalle parti. All'udienza del 21/9/2022 si disponeva rinvio per legittimo impedimento dell'imputato. All'udienza dell'1/2/2023, con il consenso delle parti venivano acquisiti gli atti di indagine contenuti nel fascicolo del PM e le parti rinunciavano all'audizione dei testi ammessi; l'imputato rendeva spontanee dichiarazioni; dichiarata chiusa l'istruttoria ed utilizzabili gli atti ed i documenti acquisiti, si dava corso alla discussione e le parti concludevano come da verbale. MOTIVI DELLA DECISIONE All'esito dell'istruttoria dibattimentale deve ritenersi provata oltre ogni ragionevole dubbio la penale responsabilità dell'imputato in ordine al reato ascrittogli. Dagli atti di indagine acquisiti con il consenso delle parti emerge che in data 7 febbraio 2020 una pattuglia della Squadra Mobile della Questura di Ferrara era impegnata in un servizio volto alla prevenzione e repressione del traffico illecito di stupefacenti. Verso le ore 22.45 gli operanti effettuavano un controllo all'interno del locale "(...)" sito a (...), in via P. n. 291, unitamente a personale del Reparto Cinofili della Questura di Bologna e del Reparto Nucleo Prevenzione Crimine dell'Emilia Romagna. Una volta all'interno nel bar anzidetto, il cane della sezione cinofili dava un chiaro segnale al proprio conduttore "puntando" distintamente un soggetto, in seguito compiutamente identificato in (...). Quest'ultimo, condotto presso i bagni del locale per essere sottoposto a perquisizione, consegnava spontaneamente un sacchetto in cellophane contenente quattro distinte palline termosaldate del peso lordo di grammi 2,708 (sostanza positiva al droptest per la cocaina). Le operazioni di perquisizione venivano estese anche all'autovettura a bordo della quale il (...) era giunto presso il bar "(...)", una Ford Fiesta targata (...) in uso alla sua compagna (...). Detta perquisizione dava esito negativo. In seguito gli operanti raggiungevano l'abitazione del (...), in via A. n. 85, ove lo stesso conviveva con il fratello (...) e la madre (...). Veniva quindi effettuata un'ulteriore perquisizione, che dava esito positivo. All'interno del garage dell'abitazione veniva infatti rinvenuto materiale per il confezionamento dello stupefacente, ed in particolare: -un rotolo di pellicola trasparente -un sacchetto di cellophane marca "(...)" con numerosi buchi circolari utilizzati presumibilmente per confezionare le dosi di stupefacente trovati nella disponibilità del (...) -un bilancino di precisione - una sostanza da taglio del tipo "Arnica" in forma di compresse del peso lordo di grammi 4,568 Veniva altresì trovata sostanza stupefacente del peso lordo di grammi 1,846 (positiva al droptest per la cocaina). Sempre nel garage, precisamente riposto all'interno di uno scooter di pertinenza dell'imputato, venivano rinvenute, su segnalazione del cane antidroga, tracce di marijuana sbriciolata. I successivi accertamenti effettuati presso il Gabinetto Provinciale della Polizia Scientifica della Questura di Ferrara confermavano la natura della sostanza, atteso che l'analisi speditiva dava esito positivo per la ricerca della cocaina. All'udienza dell'1/2/2023, in sede di spontanee dichiarazioni, l'imputato ha ammesso l'addebito, riferendo di aver commesso una leggerezza su richiesta di alcuni amici e che si era trattato di un episodio isolato. Ha infatti spiegato che all'epoca si trovava in un momento di difficoltà economica e che, dopo quell'episodio, aveva compreso il proprio errore e non aveva più posto in essere azioni consimili; da circa un paio d'anni si dedicava al commercio e trasporto internazionale di carni (in B. e in S.) e non era più stato coinvolto in episodi legati al traffico di sostanze stupefacenti. Così riassunte le risultanze istruttorie, si reputa raggiunta la prova oltre ogni ragionevole dubbio della penale responsabilità di (...) in ordine al reato ascrittogli. Anzitutto, non può sorgere dubbio alcuno in ordine alla riconducibilità dello stupefacente in esame all'odierno imputato, attesi gli esiti delle operazioni di perquisizione e domiciliare sopra riassunti. Le complessive circostanze della condotta sono tali da escludere la destinazione ad un uso strettamente personale della droga detenuta. In particolare il luogo in cui il (...) è stato sottoposto a perquisizione - un bar con ampia possibilità di smerciare la sostanza in precedenza frazionata - il dato ponderale dello stupefacente sequestrato - contenuto ma non minimale - le modalità di confezionamento dello stesso, nonché il reperimento, presso l'abitazione dell'imputato, di un bilancino di precisione, di sostanza da taglio e di strumenti per il confezionamento sono tutti elementi sintomatici che, complessivamente considerati, consentono di ritenere, con elevato grado di certezza, che la sostanza stupefacente rinvenuta fosse destinata alla cessione a terzi. D'altra parte l'imputato stesso ha ammesso l'addebito, pur asserendo che si era trattato di un episodio isolato. Così ricostruita la responsabilità dell'imputato, deve essere ora determinata la pena. Reputa questo giudice che possano essere riconosciute le circostanze attenuanti generiche, atteso l'atteggiamento collaborativo tenuto dall'imputato sia al momento dell'accertamento del fatto sia in sede processuale. Visti tutti i criteri di cui all'art. 133 c.p., considerate le modalità della condotta e ritenuto che la qualità e la quantità di sostanza detenuta consentano di elevare la sanzione leggermente al di sopra del minimo edittale, si stima equa pena di mesi 5 giorni 10 di reclusione ed Euro 900 di multa così determinata: pena base mesi 8 di reclusione ed Euro 1350 di multa, ridotta per le riconosciute circostanze attenuanti generiche. Possono essere concessi i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna, attesa l'incensuratezza dell'imputato e la resipiscenza da questi manifestata in sede di spontanee dichiarazioni, elementi che giustificano una valutazione prognostica positiva in ordine alla futura astensione dalla commissione di ulteriori reati. Va disposta la confisca e distruzione, secondo le forme di legge, di quanto in sequestro. P.Q.M. Visti gli artt. 533, 535 c.p.p. dichiara (...) responsabile del reato ascrittogli, e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo condanna alla pena di mesi 5 giorni 10 di reclusione ed Euro 900 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa e non menzione della condanna. Confisca e distruzione nelle forme di legge di quanto in sequestro. Indica in giorni 30 il termine per il deposito delle motivazioni. Così deciso in Ferrara l'1 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria l'1 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA Il Tribunale di Ferrara, in composizione monocratica, in persona del giudice dott. Giulia Caucci, alla pubblica udienza del 01 febbraio 2023 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nato a N. il (...), res.te ad E. (N.), via P., n. 172, con domicilio dichiarato in S. G. a C. (N.), via T., n. 13 -libero assente- IMPUTATO Per il delitto di cui: agli artt. 624, 625 n. 2 c.p. perché, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, compiva atti idonei diretti in modo non equivoco, ad impossessarsi di merce per un valore complessivo di Euro 57,00 atti consistenti nell' occultamento della merce all'interno della propria borsa sottraendoli all'esercizio commerciale area di servizio, "(...)" di F. e oltrepassando le casse senza pagarne il corrispettivo. In Ferrara, il 04.08.2020 Con l'aggravante della recidiva reiterata e specifica Con l'intervento del Pubblico Ministero: dott. An.De. V.P.O. Del difensore di fiducia: Avv. Gi.Cu. del Foro di Napoli sost. per delega verbale dall'Avv. Ca.Ai. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE Disposta citazione diretta a giudizio di (...) in ordine al reato in epigrafe specificato, all'udienza del 16/11/2022 si disponeva rinvio, stante la tardività della notifica del decreto di citazione all'imputato; il Difensore di quest'ultimo rappresentava di aver trasmesso a mezzo pec lettera di scuse a (...) e ad (...) s.p.a.; alla prima missiva trasmessa era allegato un vaglia postale intestato a (...), del valore di Euro 157,00. All'udienza dell'1/2/2023 il difensore dell'imputato rappresentava di non aver mai ricevuto riscontro da parte della persona offesa o di (...) s.p.a. Concordemente le parti avanzavano pronuncia di proscioglimento, acconsentendo alla produzione del fascicolo del PM. Reputa questo giudice che sussistano tutti gli elementi per applicare la causa estintiva di cui all'art. 162 ter c.p., che può operare nel caso di specie a seguito dell'entrata in vigore della recente riforma del sistema penale realizzata con il D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, di attuazione della L. delega 27 settembre 2021, n. 134 (c.d. "riforma Cartabia"), contenente una significativa estensione del regime di procedibilità a querela con riferimento ad una pluralità di fattispecie di reato, inclusa quella oggi in contestazione. Deve anzitutto considerarsi come il primo comma dell'art. 162 ter c.p. preveda espressamente che l'operatività della causa estintiva in esame non sia ancorata alla volontà della persona offesa di accettare o meno il risarcimento proposto, essendo sufficiente che tale offerta avvenga con forme tali da rendere effettiva e concreta la possibilità per il danneggiato di entrare immediatamente nella disponibilità delle somme offerte. Nel caso di specie si reputa che, pur non essendo stata effettuata offerta reale nelle forme di cui agli artt. 1208 ss c.c., la circostanza di aver messo trasmesso un vaglia postale intestato alla persona offesa, legittimata a richiedere le somme ivi contenute mediante un semplice accesso all'ufficio postale, consenta di ritenere effettiva la proposta risarcitoria nel senso sopra indicato. Al riguardo può infatti estendersi analogicamente il ragionamento operato dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alle condizioni per riconoscere la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p.: "Ai fini della configurabilità della circostanza attenuante prevista dall'art. 62 n. 6 cod. pen., è necessario che la riparazione del danno, oltre che volontaria ed integrale, sia anche effettiva nel senso che la somma di danaro proposta dall'imputato come risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale deve essere offerta alla parte lesa in modo da consentire alla medesima di conseguirne la disponibilità concretamente e senza condizioni di sorta, nel rispetto delle prescrizioni civilistiche relative al versamento diretto del danaro o a forme equipollenti che rivelano la reale volontà dell'imputato di eliminare, per quanto possibile, le Conseguenze dannose del reato commesso" (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21517 del 08/02/2018). La proposta risarcitoria è stata formulata antecedentemente all'apertura del dibattimento, sicché la stessa deve ritenersi tempestiva. Quanto alla congruità della somma offerta, si rammenta che si contesta all'imputato il reato di cui all'art. 624, 625 n. 2 c.p. per essersi impossessato di merce per un valore complessivo di Euro 57, atti consistenti nell'occultamento della merce all'interno della propria borsa sottraendoli all'esercizio commerciale dell'area di servizio "(...)" di F. ed oltrepassando le casse senza pagarne il corrispettivo. A fronte di tale contestazione, si ritiene pertanto che la somma di 157 euro offerta dall'imputato rappresenti un adeguato ristoro, se rapportato all'offesa arrecata. Deve al riguardo valorizzarsi la circostanza che la fattispecie estintiva di cui all'art. 162 ter non prevede il consenso della persona offesa e che la finalità deflattiva e riconciliativa che anima la disposizione impone un giudizio sulla congruità del risarcimento orientata a valutare essenzialmente se, mediante la condotta riparatoria, venga meno l'interesse pubblico alla condanna, potendosi ritenere che quanto corrisposto a titolo di risarcimento rappresenti - anche avendo riguardo anche alle condizioni patrimoniali dell'imputato - un serio atto di ristoro del pregiudizio cagionato. D'altra parte la persona offesa, non essendosi costituita parte civile e non avendo neppure risposto alla missiva inoltrata dal difensore dell'imputato, ha in tal modo manifestato un palese disinteresse per la vicenda in esame. In questa prospettiva, si reputa - alla luce delle argomentazioni sopra esposte - che l'importo offerto dall'imputato, pari ad Euro 157, corrispondente quasi al triplo del danno patrimoniale arrecato, sia adeguato alle circostanze del caso concreto. Resta ovviamente ferma la possibilità per la persona offesa di agire in diversa sede per avanzare richiesta risarcitoria rispetto al maggior danno lamentato, come si desume da Cass. sez. 5 - , Sentenza n. 10390 del 14/02/2019 "Non sussiste l'interesse della parte civile ad impugnare, anche ai soli fini civili, la sentenza di estinzione del reato per condotte riparatorie, ex art. 162-ter cod. pen., in quanto essa, limitandosi ad accertare la congruità del risarcimento offerto ai soli fini dell'estinzione del reato, non riveste autorità di giudicato nel giudizio civile per le restituzioni o per il risarcimento del danno e non produce, pertanto, alcun effetto pregiudizievole nei confronti della parte civile ". Deve pertanto ritenersi configurata la fattispecie estintiva di cui all'art. 162 ter c.p., imponendosi pronuncia di proscioglimento. P.Q.M. Visto l'art. 129 c.p.p., dichiara non doversi procedere nei confronti di (...) in ordine al reato ascrittogli in quanto estinto ai sensi dell'art. 162 ter c.p. Indica il termine di giorni 15 per il deposito delle motivazioni. Così deciso in Ferrara l'1 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 10 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA Il Tribunale di Ferrara, in composizione monocratica, in persona del giudice dott. Giulia Caucci, alla pubblica udienza del 27 gennaio 2023 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nato in P., il (...), res.te a (...) (F.), via L. da V., n. 20/A - elett.te dom.to c/o lo studio del difensore di fiducia Avv. Me.Ro. del Foro di Ferrara -libero presente- IMPUTATO Del reato di cui: all'art. 6 comma 3 D.Lgs. n. 286 del 1998 perché, legittimamente richiesto dai Carabinieri del N.O.R.M. della Compagnia di (...) che stavano procedendo ad un controllo, non ottemperava, senza giustificato motivo, all'ordine di esibizione del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato. Con l'intervento del Pubblico Ministero: dott. Ti.An. V.P.O. Del difensore di fiducia: Avv. Me.Ro. del Foro di Ferrara SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Disposta citazione diretta a giudizio di (...) in ordine al reato in epigrafe specificato, all'udienza del 28/9/2022, dichiarato aperto il dibattimento, venivano ammesse le prove richieste dalle parti. All'udienza del 27/1/2023 veniva esaminato il teste (...) e l'imputato rendeva l'esame. Dichiarata chiusa l'istruttoria, si dava corso alla discussione e le parti concludevano come da verbale. MOTIVI DELLA DECISIONE Il fatto, così come descritto nel capo di imputazione e contestato all'odierno imputato, ha trovato conferma negli esiti dell'istruttoria dibattimentale Il Carabiniere (...) ha riferito che in data 9/4/2020, durante servizio perlustrativo, a Portomaggiore, procedeva, all'altezza di via B., al controllo di un soggetto extracomunitario che veniva identificato, tramite carta d'identità, in (...). A richiesta degli operanti, il soggetto non era in grado di esibire il permesso di soggiorno né altro documento che dimostrasse la sua regolare presenza sul territorio italiano, poiché ne era momentaneamente sprovvisto. A seguito di verifiche effettuate mediante il terminale a disposizione degli operanti, emergeva che (...) non fosse oggetto di provvedimento di rintraccio; considerato che era comunque stato compiutamente identificato, egli veniva autorizzato ad allontanarsi e deferito in stato di libertà per il reato di cui all'art. 6 co 3 D.Lgs. n. 286 del 1998. Da successivi accertamenti, (...) risultava titolare di permesso di soggiorno a tempo indeterminato n. (...) rilasciato dalla Questura di Ferrara (cfr. documentazione prodotta dal PM all'udienza del 27/1/2023). L'imputato, dal canto suo, ha spiegato che quel giorno era uscito di casa di fretta per andare a lavorare, dato che il suo datore di lavoro l'aveva chiamato con urgenza. Quando, tornato indietro, i carabinieri (incontrati casualmente nei pressi della stazione) gli avevano domandato di esibire i documenti, egli si accorgeva che di avere in tasca solo la carta d'identità, avendo dimenticato a casa il permesso di soggiorno L'imputato ha riferito d'aver detto agli agenti che, se fosse stato necessario, sarebbe andato a casa a prendere il permesso di soggiorno, ma i carabinieri lo avevano lasciato andare. Ha aggiunto di vivere in Italia da 25 anni, di abitare a (...) e di essere titolare di regolare contratto di lavoro (cfr. documento prodotto all'udienza del 27/1/2023). Così ricostruiti i fatti, si configurano nel caso di specie tutti gli elementi costitutivi della fattispecie contestata all'odierno imputato, il quale, all'esito delle verifiche, è risultato regolare sul territorio nazionale, ma non in grado, per colpa e senza un giustificato motivo, di esibire, al momento del controllo effettuato dagli operanti, né il permesso di soggiorno né altro documento attestante le ragioni della sua presenza nel territorio dello Stato. Non si reputa, al riguardo, di condividere le argomentazioni difensive tese a sostenere che, anche alla luce di quanto dichiarato dall'imputato, fosse ravvisabile una valida giustificazione per la mancata esibizione del documento in questione e che comunque la fattispecie non fosse integrata, atteso che il soggetto era stato compiutamente identificato dagli agenti al momento del controllo. Sul punto si osserva che l'art. art. 6, comma 3, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, sotto il vigore del testo normativo precedente la modificazione introdotta dalla L. n. 94 del 2009 indicava quattro tipi di documenti che lo straniero (senza alcuna distinzione tra legittimamente o irregolarmente presente sul territorio nazionale) era abilitato a esibire a richiesta degli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza. L'esibizione di uno qualsiasi di tali documenti ("il passaporto o altro documento di identificazione ovvero il permesso di soggiorno o la carta di soggiorno") escludeva la sussistenza del reato. Il passaporto o un altro documento d'identificazione riguardavano soltanto la certa identificazione del soggetto, ma non avevano alcun rilievo ai fini della regolarità dell'ingresso e della giustificazione della presenza nel territorio dello Stato. Il permesso e la carta di soggiorno avevano, invece, la funzione di attestare la regolare presenza dello straniero in territorio nazionale e, al contempo, valevano alla sicura identificazione del soggetto. L'uso della congiunzione disgiuntiva "ovvero" attribuiva alle ultime due categorie di documenti (permesso, carta di soggiorno) valore di equipollenza ai primi due (passaporto, documento d'identificazione) ai fini dell'identificazione con la conseguenza che l'esibizione di uno qualsiasi di tali quattro tipologie di documenti escludeva la sussistenza del reato. La ratio della norma veniva ravvisata nell'esigenza di procedere all'identificazione documentale dello straniero e non nella verifica della regolarità o meno della sua presenza sul territorio dello Stato. La L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 1, comma 22, lett. h), ha sostituito il precedente testo normativo, inasprendo il precedente trattamento sanzionatorio (aumento del massimo edittale), precisando la condotta tipica (inottemperanza all'ordine di esibizione, anziché mancata esibizione alla richiesta di ufficiali e agenti di p.s.) e sostituendo la congiunzione "e" con la disgiuntiva "ovvero" relativamente alle due categorie di documenti da esibire: quelli d'identificazione e quelli attestati la regolarità del soggiorno nel territorio dello Stato. Il tenore letterale della disposizione incriminatrice, così come novellata, che tipizza la condotta contravvenzionale richiedendo la concorrenza dell'esibizione dei documenti d'identificazione unitamente a quella del titolo di soggiorno ai fini dell'adempimento del precetto normativo, delinea un'alternatività solo all'interno di ciascuna delle due categorie di documenti, mentre assegna alla congiunzione "e" il chiaro significato della necessaria compresenza, ai fini della sussistenza del reato di cui all'art. 6, delle due categorie di documenti, tra loro palesemente non fungibili: quelli attinenti all'identità del cittadino straniero (passaporto o altro documento identificativo) e quelli relativi alla regolarità della sua presenza sul territorio dello Stato (permesso di soggiorno o altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato). La giurisprudenza citata dalla difesa in ordine all'insussistenza del reato in caso di agevole possibilità di identificazione dello straniero (cfr . Sez. 1, Sentenza n. 47512 del 29/11/2007 Cc. (dep. 21/12/2007 ) Rv. 238374 - 01 "Non integra il reato di omessa, ingiustificata esibizione, da parte dello straniero, del passaporto o di altro documento identificativo il fatto che lo stesso sia provvisoriamente sprovvisto del documento, allorché la sua identificazione non risulti ostacolata") era calibrata sulla precedente formulazione della norma e quindi teneva conto solamente dell'esigenza di verificare l'identità del soggetto e non anche di quella di controllare la sua regolarità sul territorio. In base all'attuale formulazione della norma, non è invece sufficiente, come nel caso di specie, che grazie all'esibizione del documento d'identità gli agenti abbiano potuto operare nell'immediatezza la compiuta identificazione dello straniero, atteso che la mancata esibizione del permesso di soggiorno non ha consentito di soddisfare la necessità di verifica della regolarità della presenza dello straniero sul territorio nazionale allo scopo di consentire, mediante il confronto tra dati identificativi e dati risultanti dai documenti concernenti la legalità dell'ingresso e del soggiorno, l'accertamento della corrispondenza di tutti i dati e l'eventuale utilizzazione di documenti falsi, come del resto comprovato dalla contestuale novella del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 8-bis, ad opera della L. n. 94 del 2009, art. 1, comma 22, lett. f), e dalla relazione illustrativa dell'articolato proposto dalle Commissioni permanenti 1 e 2 riunite, comunicata alla Presidenza del Senato in data 11 novembre 2008. Quanto al "giustificato motivo" che escluderebbe il reato in esame, si osserva come detta clausola, pur non potendo, senza risultare pleonastica, essere ritenuta evocativa delle sole cause di giustificazione in senso tecnico, deve avere tuttavia riguardo a situazione ostative di particolare pregnanza, che incidano sulla stessa possibilità soggettiva od oggettiva di adempiere all'intimazione, escludendola ovvero rendendola difficoltosa o pericolosa, ma non anche ad esigenze che riflettano la condizione tipica del "migrante economico", sebbene espressive di istanze in sé e per sé pienamente legittime (v. Corte Cost. n. 5/2004). È compito del giudice stabilire in concreto il significato da attribuire alla clausola "senza giustificato motivo" mediante un'operazione interpretativa non esorbitante dai suoi compiti ordinari, attraverso l'individuazione dell'esistenza delle ragioni legittimanti l'inosservanza del precetto, alla stregua del potere - dovere di rilevare direttamente, quando possibile, l'esistenza di tali ragioni ovvero attraverso la verifica dei motivi non conosciuti o non conoscibili da parte del giudicante, che il destinatario del precetto avrà l'onere di allegare. Ebbene, in tale contesto si reputa che possano integrare giustificato motivo eventi eccezionali ed estranei alla sfera di controllo dell'imputato, quali , a titolo esemplificativo, il pregresso furto o smarrimento incolpevole del documento, o situazioni di oggettiva emergenza che abbiano indotto lo straniero a muoversi sul territorio senza curarsi di portare con sé i documenti (ad esempio per soccorrere un terzo in pericolo); la giustificazione addotta nel caso di specie - ossia di essere uscito di casa di fretta su richiesta del datore di lavoro - oltre ad essere indimostrata, appare del tutto ordinaria e non tale da poter configurare un valido motivo per giustificare l'omessa esibizione del permesso di soggiorno. Argomentare diversamente, ossia ritenere che ad integrare il giustificato motivo possa essere sufficiente una mera dimenticanza - significherebbe sostanzialmente depenalizzare l'illecito o quantomeno circoscriverne la punibilità alla sola ipotesi dolosa. Dal punto di vista materiale si reputa quindi integrato il reato in contestazione. Ciò premesso, può applicarsi al caso in esame la speciale causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Ed invero, la disciplina di cui all'art. 131 bis c.p., considerata l'incensuratezza dell'imputato, può essere applicata alla odierna fattispecie, in ragione delle concrete modalità di accadimento del fatto, del comportamento collaborativo di (...) e della possibilità di identificarlo nell'immediatezza dei fatti ed appurare in tempi brevi la regolarità della presenza dello stesso sul territorio nazionale. Per queste ragioni, anche tenuto conto dei criteri di cui all'art. 133 c.p. la condotta dell'odierno imputato appare minimamente offensiva rispetto al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice di cui all'art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998. Dunque, essendo il fatto ascritto particolarmente tenue, in ragione delle modalità della condotta, dell'esiguità del danno o del pericolo, del grado della colpevolezza e del comportamento concomitante al fatto, non vi sono dubbi in merito all'applicazione al caso in esame dell'art. 131 bis c.p., con conseguente pronuncia assolutoria. P.Q.M. Visti gli artt. 131 bis c.p. e 530 c.p.p. Assolve (...) dal reato ascrittogli in quanto non punibile per particolare tenuità del fatto. Riserva giorni 15 per il deposito delle motivazioni Così deciso in Ferrara il 27 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 10 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA Il Tribunale di Ferrara, in composizione monocratica, in persona del giudice dott. Giulia Caucci, all' udienza del 25 gennaio 2023 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA nei confronti di: 1. (...), nato in (...) il (...), (C.U.I. (...)) - con domicilio dichiarato in (...), via (...), n. 8 - attualmente agli AA.DD. p. a. c. in S. P. (M.), via B. n. 3 -agli AA.DD. p. a. c. rinunciante a comparire- 2. (...), nata in (...) il (...), (C.U.I. (...)) - res.te a S. P. (M.), via B., n.3 - elett.te dom.ta c/o lo studio del difensore di fiducia Avv. Fa.Pe. del Foro di Bologna -libera assente- IMPUTATI Del delitto di cui: agli artt. 110, 624 e 625 co. 2 e 7 c.p. perché, in concorso tra loro, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, si impossessavano di almeno 11 confezioni di formaggio, per un valore di Euro 110,00, dopo aver asportato l'etichetta antitaccheggio presente su ciascuna confezione, occultandole la donna nella propria borsa, e l'uomo all'interno del giubbotto, dei pantaloni e di una tracolla indossata dallo stesso, così sottraendole al legittimo proprietario che le deteneva esposte all'interno dell'esercizio commerciale denominato "C." in B. (F.) Via della F., n. 1. Con l'aggravante dell'avere commesso il fatto con violenza su cose esposte, per consuetudine commerciale, alla pubblica fede. In Bondeno (FE), il 24.01.2020 Con la recidiva di cui all'art. 99 co. 4 prima parte c.p. per (...) Con la recidiva di cui all'art. 99 co. 3 c.p. per (...) Con l'intervento del Pubblico Ministero: dott. Ti.An. V.P.O. Del difensore di fiducia: Avv. Fa.Pe. del Foro di Bologna sost. per delega verbale dall'Avv. Cr.Pr. per entrambi gli imputati Il difensore, munito di procura speciale ha chiesto il rito abbreviato. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Disposta citazione diretta a giudizio di (...) e (...) in ordine al reato in rubrica esposto, all'udienza del 6/7/2022 il procuratore speciale degli imputati avanzava istanza di rito abbreviato, riservandosi di produrre documentazione sanitaria relativa al primo imputato; veniva ammesso il rito richiesto e si disponeva rinvio per discussione. All'udienza del 26/10/2022 si disponeva rinvio su richiesta della difesa, essendo stata rappresentata la possibilità di formulare richiesta risarcitoria alla persona offesa, attesa anche l'imminente entrata in vigore della riforma legislativa comportante modifica del regime di procedibilità del reato in contestazione. All'udienza del 18/1/2023 il difensore rappresentava l'impossibilità da parte degli imputati, in precarie condizioni economiche, di formulare proposta risarcitoria alla persona offesa ed insisteva per procedere alla discussione del rito abbreviato già ammesso; acquisita la documentazione prodotta dalla difesa, si dava corso alla discussione e le parti concludevano come da verbale, disponendosi rinvio per repliche. All'udienza del 25/1/2023 il giudice pronunciava dispositivo di sentenza. MOTIVI DELLA DECISIONE Alla luce degli atti di indagine contenuti nel fascicolo del PM, risulta provata oltre ogni ragionevole dubbio la penale responsabilità degli imputati per il reato loro ascritto. I fatti possono ricostruirsi come segue. Nella querela sporta in data 28/01/2020, (...), responsabile del supermercato (...) di B. sito in via (...), esponeva che la mattina di sabato 25 gennaio 2020 il personale addetto alla vigilanza interna del supermercato le segnalava di aver rinvenuto, nel reparto alimentari, 11 etichette antitaccheggio strappate da confezioni di formaggio Parmigiano Reggiano 22 mesi, del costo di circa Euro 10,00/pezzo. Le etichette in esame risultavano essere state attaccate sul fondo di alcuni ripiani degli scaffali delle bibite. La (...) visionava allora le registrazioni delle telecamere di sicurezza interne e notava che, verso le ore 17.00 di venerdì 24/01/2020, una donna, giunta presso le corsie delle bevande, tirava fuori dal cestino della spesa delle confezioni di formaggio Parmigiano Reggiano e ne staccava le etichette, che attaccava sotto gli scaffali, per poi inserire i prodotti in una borsa personale molto capiente. La donna in questione aveva capelli di colore nero tagliati a caschetto con la riga in centro, era alta circa mt. 1,70, di corporatura magra e dai lineamenti verosimilmente riconducibili ad una persona dell'est Europa. Nelle immagini si vedeva che costei comunicava con un uomo molto alto, circa mt. 1,90, di corporatura magra e di età tra i 40/45 anni circa, che indossava un piumino 100 grammi di colore scuro, pantaloni di colore nero molto stretti e scarpe da tennis basse di colore scuro. Dalla visione del filmato si notava che anche quest'ultimo soggetto staccava le etichette dalle confezioni, lanciandole verso gli scaffali delle birre ed inserendo all'interno delle tasche dei pantaloni 2 pezzi di formaggio. Dopo aver compiuto queste operazioni i soggetti in questione si dirigevano, ognuno per conto proprio, verso le casse per pagare altra merce che avevano acquistato. La donna pagava alla cassa automatica, passando sotto al lettore la tessera "socio (...)". Proprio in ragione di tale circostanza, la querelante è stata in grado di risalire non solo allo scontrino, ma anche al codice fiscale ed alle generalità dell'intestataria della tessera, ossia (...). L'uomo, invece, pagava alle casse ordinarie. La denunciante riferiva che il valore complessivo della merce asportata dai due soggetti e non pagata ammontava ad Euro 111,45; ella precisava che non era la prima volta che la donna perpetrava un furto all'interno del supermercato (...), atteso che, attraverso il sistema di video sorveglianza, era già stata notata compiere condotta analoga a quella oggi in contestazione, come compiutamente esposto nella denuncia sporta in data 21/01/2020. La (...), in sede di querela, forniva un supporto usb kingstone nel quale era memorizzato il filmato, realizzato tramite il sistema di videosorveglianza presente all'interno del supermercato, ritraente la condotta furtiva avvenuta il 25 gennaio. Nella c.n.r. in atti gli operanti di p.g. danno atto del fatto che, nel visionare il filmato, accertavano con assoluta certezza che si trattava delle stesse persone tratte in arresto presso lo stesso supermercato, nella flagranza del reato di cui all'art. 624, 625 c.p., in data 31.01.2020 e che all'epoca i responsabili del furto erano stati identificati in (...) e (...). Nel filmato in questione (trasfuso nel fascicolo del PM) si vede chiaramente la donna intenta ad attaccare le etichette delle confezioni di formaggio Parmigiano Reggiano sotto gli scaffali delle bevande alcoliche, per poi infilare i prodotti all'interno della propria borsa; si vede altresì un uomo che stacca le etichette dalle confezioni di formaggio per poi lanciarle verso gli scaffali degli alcolici, inserendo infine due prodotti all'interno delle tasche dei pantaloni. Le immagini appaiono nitide e riprendono più zone del supermercato ove sono transitati i due soggetti, consentendo così di vedere con chiarezza le fattezze dei due imputati. Ritenuta credibile la ricostruzione della vicenda sopra esposta, atteso che la condotta descritta con precisione e linearità dalla denunciante è cristallizzata nel filmato prodotto in sede di querela, non possono esservi dubbi in ordine alla perpetrazione del furto in contestazione, atteso che risulta come i pezzi di formaggio in questione siano stati da entrambi i soggetti prelevati, privati dell'etichetta, occultati (rispettivamente nella tasca e in una borsa) e non pagati. Quanto all'attribuzione soggettiva del fatto, occorre considerare, anzitutto che il nominativo di (...) emergeva già dal fatto che costei aveva passato la tessera (...) a lei intestata al momento del pagamento alle casse automatiche; le fattezze degli autori del furto si possono poi osservare in modo nitido nei filmati e gli odierni imputati sono stati ivi riconosciuti con sicurezza dagli operanti, atteso che erano stati protagonisti di un arresto in flagranza avvenuto poco tempo prima nel medesimo supermercato e per lo stesso fatto; la stessa querelante riferiva di aver riconosciuto la (...) come l'autrice di un precedente furto realizzato con le medesime modalità. Alla luce della convergenza di tali dati, non può quindi porsi alcun ragionevole dubbio in merito alla riconducibilità della paternità della condotta oggi in esame ad (...) e (...). Corretta appare la qualificazione giuridica del fatto, atteso che gli imputati - agendo in modo coordinato tra loro - risultano essersi impossessati dei beni esposti sugli scaffali del supermercato, uscendo dal negozio senza pagarne il prezzo, così venendo integrata la fattispecie di furto prevista e punita dall'art. 624 c.p. Sussistono entrambe le aggravanti contestate: quella di cui all'art. 625 co. 1 n. 7 c.p. atteso che i beni, collocati sugli scaffali, devono ritenersi esposti alla pubblica fede; sul punto cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 34009 del 20/09/2006 Ud. (dep. 11/10/2006 ) Rv. 235223 - 01 "Sussiste l'aggravante di cui all'art. 625, comma primo n. 7, cod. pen. - "sub specie" di esposizione della cosa per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede - nel caso in cui il soggetto attivo si impossessi della merce sottratta dai banchi di un supermercato, considerato che nei supermercati - in cui la scelta delle merci avviene con il sistema del "self service" - la vigilanza praticata dagli addetti è priva di carattere continuativo e si connota come occasionale e/o a campione, mentre l'esclusione dell'aggravante in questione richiede che sulla cosa sia esercitata una custodia continua e diretta, non essendo sufficiente, a tal fine, una vigilanza generica, saltuaria ed eventuale. È parimenti integrata l'aggravante di cui all'art. 625 n. 2 c.p. consistita nella realizzazione del delitto di cui all'art. 624 c.p. mediante violenza sulle cose ed in particolare mediante lo strappo ed asportazione delle etichette antitaccheggio dai generi alimentari rubati. Al riguardo vale la pena rammentare che, ai fini della configurabilità della predetta aggravante, non è necessario che la violenza venga esercitata direttamente sul bene oggetto dell'impossessamento, ma è sufficiente che la violenza venga posta in essere nei confronti della confezione, così come della placca magnetica antitaccheggio, apposta sulla cosa per garantire una più efficace difesa della stessa (cfr. Cass. Sez. V n. 33898/2017). Evidente anche la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, connotato dal dolo specifico della finalità di trame profitto, la cui estrinsecazione è evidente alla luce della condotta stessa tenuta, volta al impossessamento di beni altrui in assenza del pagamento del prezzo. Va ora determinata la pena. Deve essere ritenuta la contestata recidiva atteso che i precedenti specifici risultanti dai certificati del casellario giudiziale di ciascun imputato denotano la propensione a commettere reati contro il patrimonio ed il presente fatto appare sintomatico dell'aggravata capacità criminale dei soggetti. L'esiguo valore della merce sottratta, seppur non così basso da ritenere il fatto inoffensivo, consente di riconoscere la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c.p., da porsi in regime di equivalenza con le contestate circostanze aggravanti e con la contestata recidiva di cui all'art. 99 co. 4 c.p. per (...) e di cui all'art. 99 co. 3 c.p. per (...). Si reputa di non riconoscere, invece, le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p., non essendovi elementi da valorizzare in tal senso ed ostandovi i precedenti risultanti dal certificato del casellario degli imputati. Al riguardo si osserva altresì che, pur tenendo conto dello stato di indigenza degli imputati, nel caso di specie la condotta - per quantitativo e tipologia dei beni oggetto di sottrazione - non appare finalizzata ad uso personale per il soddisfacimento di bisogni primari, quanto piuttosto ad una presumibile rivendita a terzi. Valutati i criteri di giudizio di cui all'art. 133 c.p., ritenuto di attestarsi sul minimo edittale, si stima equa la pena di mesi 4 di reclusione ed Euro 104 di multa così determinata: pena base (a seguito della reciproca elisione delle circostanze aggravanti e attenuanti anzidette) mesi 6 di reclusione ed Euro 156 di multa, ridotta per il rito. Segue la condanna al pagamento delle spese processuali. Non sussistono i presupposti di legge per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. P.Q.M. Visti gli artt. 438, 533 e 535 c.p.p., dichiara (...) e (...) responsabili del reato loro ascritto e, riconosciuta la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c.p. in regime di equivalenza con le contestate aggravanti e con la recidiva a ciascuno contestata, operata la riduzione per il rito, li condanna alla pena mesi 4 di reclusione ed Euro 104 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Riserva giorni 15 per il deposito delle motivazioni Così deciso in Ferrara il 25 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 7 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA Il Tribunale di Ferrara, in composizione monocratica, in persona del giudice dott. Giulia Caucci, alla pubblica udienza del 25 gennaio 2023 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nato in C. il (...), res.te e con domicilio dichiarato in F., via C. M., n. 120/4 -libero assente- IMPUTATO A) Del reato p. e p. dall'art. 640 ter c.p. perché, intervenendo senza diritto su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinente (in particolare, inserendosi nella corrispondenza commerciale a mezzo email tra "(...) S.a.s." e "(...) S.r.l."), procurava a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, in quanto riceveva l'accredito (sull'IBAN (...) associato al proprio conto corrente aperto presso la filiale 50100 della (...)) del bonifico di Euro 8.600,00 eseguito da (...) e destinato alla "(...) S.r.l." a titolo di riscatto dell'autovettura targata (...), noleggiata presso detta società. In Ferrara, il 17.02.2021 (data e luogo di accredito del bonifico). B) Del reato p. e p. dall'art. 617 sexies c.p. perché, con la condotta di cui al capo A), al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di arrecare ad altri un danno, formava falsamente ovvero alterava o sopprimeva, in tutto o in parte, il contenuto, anche occasionalmente intercettato, di taluna delle comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico intercorrenti tra "(...) S.a.s." e "(...) S.r.l.". Con l'intervento del Pubblico Ministero: dott. Ti.An. V.P.O. Del difensore di fiducia: Avv. Cr.Pr. del Foro di Bologna SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE Disposta citazione diretta a giudizio di (...) in ordine ai reati di cui in rubrica, all'udienza del 16/11/22 il difensore e procuratore speciale dell'imputato eccepiva il difetto di valida querela e conseguentemente avanzava istanza di proscioglimento per mancanza della richiesta condizione di procedibilità; il PM chiedeva un termine per effettuare una visura della società-persona offesa e si disponeva rinvio. All'udienza del 25/1/2023 il PM produceva la visura della società M. s.a.s.; il difensore reiterava l'istanza ex art. 129 c.p.p. ed il giudice pronunciava dispositivo di sentenza. Si reputa di condividere la richiesta avanzata dalla difesa. Va rilevato che (...) è imputato dei reati di cui agli artt. 640 ter e 617 sexies c.p. realizzati mediante l'indebita introduzione nella corrispondenza commerciale avvenuta, via email, tra (...) s.a.s e (...) s.r.l., così facendosi accreditare, mediante bonifico eseguito da (...), la somma di Euro 8.600 in realtà destinata a (...) s.r.l. Le condotte di cui all'imputazione sono descritte nella querela sporta innanzi alla Polizia postale di Genova da (...), qualificato, nel verbale redatto dalla p.g., come legale rappresentante della (...) s.a.s. In atti, allegata alla querela, si rinviene una delega conferita a (...) da parte di un soggetto, (...), qualificatosi come titolare della (...) s.a.s.; la delega è redatta in carta semplice e apparentemente sottoscritta da (...) (la firma non è autenticata). Dalla visura prodotta dal PM emerge come il legale rappresentante della (...) s.a.s. fosse (...), mentre (...), il cui nome non compare nell'atto in questione era, evidentemente, solo un dipendente di tale società. Ciò premesso, al fine della valutazione del profilo preliminare ed assorbente della sussistenza della prescritta condizione di procedibilità, occorre verificare se (...) fosse legittimato a sporgere valida querela per i fatti in contestazione. Al riguardo, va rammentato che l'art. 337 co. 3 c.p.p. prevede che la querela proposta nell'interesse di una persona giuridica, di un ente o di un'associazione debba contenere l'indicazione specifica della fonte dei poteri di rappresentanza; tale norma si riferisce all'ipotesi in cui la persona fisica agisca in nome e per conto dell'aggregato collettivo in forza del rapporto organico, in quanto titolare del potere di rappresentanza conferitole, dalla legge o dallo statuto, in virtù della carica ricoperta: amministratore unico, presidente del consiglio di amministrazione, consigliere delegato o altro (cfr. Cass. Sez. 5, n. 4996 del 19/12/2006, dep. 2007, G., Rv. 235939). Al di fuori dell'ipotesi descritta - nella quale la dichiarazione si considera emessa personalmente dalla società per mezzo dell'organo a ciò abilitato - la querela può essere proposta da altro soggetto, in nome e per conto del soggetto legittimato, solo in forza di una procura speciale che deve soddisfare tutti i requisiti prescritti dall'art. 122 c.p.p. Calando le predette coordinate ermeneutiche nel caso di specie, si osserva che, come sopra già esposto, la querela è stata sporta da (...) in nome e per conto della società vittima del reato, in forza di un atto di delega rilasciatogli da (...) nella qualità di titolare della (...) s.a.s.. Tale atto di delega, però - come fondatamente rimarcato dalla difesa- non è idoneo a trasferire la legittimazione a proporre querela dal titolare del relativo diritto ad un suo incaricato, in quanto non è conforme alle forme a tal fine previste dagli artt. 337 c.p.p. e 122 c.p.p. Il predetto atto di delega, invero, risulta semplicemente sottoscritto dal legale rappresentante dalla società vittima del reato, senza che la firma appostavi in calce sia stata autenticata, come -invece- previsto dalla norma da ultimo menzionata, per l'ipotesi in cui l'interessato non presenti personalmente la querela e incarichi un terzo tale scopo. Va, infatti, ribadito che "in tema di querela, la mancata autenticazione della sottoscrizione determina l'improcedibilità dell'azione penale, per l'ipotesi in cui la querela non venga presentata personalmente dall'interessato, ma venga recapitata da un incaricato, riflettendosi sulla garanzia di sicura provenienza dell'atto dal titolare del diritto di querela", (Sez. 2, Sentenza n. 5527 del 18/12/2013 Ud., dep. 04/02/2014, P. Rv. 258224 - 01). D'altra parte non si ritiene di poter applicare estensivamente l'orientamento giurisprudenziale creatosi in materia di attribuzione del potere di querela al responsabile del supermercato in caso di furto dei beni esposti all'interno dello stesso, posto che trattasi di ipotesi distinte e non assimilabili. La citata giurisprudenza si basa, infatti, sulla specifica considerazione della sussistenza, in capo al direttore del negozio, di una posizione di detenzione qualificata del bene esposto nell'esercizio commerciale e poi oggetto di sottrazione, che ne comporta l'autonomo potere di custodia, gestione ed alienazione, in aggiunta a quello spettante al legale rappresentante del supermercato; nel caso di specie si verte invece dei reati di frode informatica ed alterazione del contenuto di comunicazioni informatiche, comportanti un danno al patrimonio della società (...), rispetto ai quali non è possibile attribuire al mero dipendente una posizione qualificata, esplicitamente tutelata dall'ordinamento penale, che si aggiunga a quella del rappresentante dell'ente. In difetto di valida proposizione della querela s'impone pertanto dichiarazione di non doversi procedere confronti dell'imputato in ordine ai reati ascrittigli per mancanza della prescritta condizione di procedibilità. P.Q.M. Visto l'art. 129 c.p.p. dichiara non doversi procedere nei confronti di (...) in ordine ai reati ascrittigli perché l'azione penale non doveva essere iniziata per mancanza della condizione di procedibilità della querela. Riserva giorni 15 per il deposito delle motivazioni. Così deciso in Ferrara il 25 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 7 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI FERRARA Il Tribunale di Ferrara, in grado di Appello, in persona del Giudice dr. Mauro Martinelli ha pronunciato, ex art. 352, IV comma, la seguente SENTENZA nella causa civile dì grado d'appello iscritta al n. R.G. promossa da; (...) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell'Avv. (...) del foro di Monza, elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore; APPELLANTE contro (...), elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore (...); CONVENUTA/APPELLATA Letti gli atti di causa; viste le conclusioni delle parti, come precisate a verbale all'odierna udienza e da aversi qui per integralmente riportate; letti gli arti. 352, IV comma e 281 sexies c.p.c.; osserva Con atto di citazione in appello, (...) ha convenuto in giudizio (...) per la riforma delia sentenza del Giudice di Pace di Ferrara n. (...) del 17 gennaio 2022 (depositata il 09 febbraio 2022). L'appellante ha dedotto che il giudizio di primo grado era diretto ad accertare l'inapplicabilità dei principi espressi dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea n. 383 dell'11 settembre 2019, nota come (...) del 2019(1) al rapporto di credito con la convenuta e, di conseguenza, la non ripetibilità dei costi c.d, "up front" a seguito della estinzione anticipata effettuato dalla cliente ex art 125 sexies T.U.B. Il Giudice di Pace di Ferrara ha rigettato la domanda e, facendo applicazione dei principi interpretativi enunciati dalla Corte comunitaria, in accoglimento delia domanda riconvenzionale dalla convenuta, ha condannato l'istituto alla restituzione della somma richiesta pari ad euro 2.230,17. L'appellante ha dedotto la erroneità della sentenza in virtù della dedotta inapplicabilità retroattiva della decisione della Corte di Giustizia, essendo il rapporto di credito sorto nel 2015 e cessato nel 2018 anche alla luce della normativa interna sopravvenuta (art. 11 octies D.L. 73/21, c.d. "Decreto Ristori bis") che - nel modificare l'art. 125 sexies in linea con quanto affermato dalla C.G.U.E - ne aveva previsto l'applicabilità solo per il futuro(2). Ha, poi, evidenziato la piena efficacia della clausola contrattuale di non rimborsabilità dei costi up front, espressamente accettata dalla cliente, contestando il criterio utilizzato dal Giudice per il calcolo proporzionale delle somme da restituire (pro rata temporis in luogo del criterio del costo ammortizzato) ed eccepito, infine, il difetto di legittimazione passiva dell'istituto di credito in relazione alla domanda di restituzione dei costi di intermediazione creditizia, pagati direttamente al mediatore. La convenuta si è ritualmente costituita in giudizio, chiedendo la. conferma della sentenza, sul presupposto dell'infondatezza dei motivi di appello per le ragioni già indicate nel giudizio di primo grado e recepite dal Giudice di Pace. Nelle note conclusive, preso atto della sentenza della Corte costituzionale n. 263/2022 nel frattempo depositata(3), l'appellante ha limitato le proprie conclusioni all'accertamento del difetto di legittimazione passiva con riferimento ai costi di intermediazione creditizia e invocato l'applicazione del criterio del "costo ammortizzato" - in luogo di quello pro rata temporis - per il calcolo dei costi up front da restituire. All'udienza del 2 febbraio 2023 le parti hanno precisato le conclusioni e discusso oralmente la causa ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. L'art. (...), della Direttiva 2008/48/CE, disciplinante il rimborso anticipato del credito, era stato attuato nell'ordinamento nazionale con l'inserimento - nel Testo Unico Bancario - del (previgente) art. 125 sexies. Prima dell'intervento della Corte comunitaria, tale disposizione era stata interpretata riconoscendo al consumatore il diritto alla restituzione dei soli costì dipendenti dalla durata del contratto, soluzione condivisa dalla normativa secondaria adottata dalla (...) e dalla giurisprudenza medio tempore formatasi. A seguito della pubblicazione delle sentenza (...), (la quale, come anticipato, ha interpretato l'art. 16 cit. nel senso della rimborsabilità di tutti i costi connessi al finanziamento), si era sviluppato un nutrito dibattito dottrinale e giurisprudenziale circa la applicabilità immediata o meno della sentenza della C.G.U.E nel contenzioso giudiziario interno, in considerazione della vigenza delle disposizioni normative secondarie che continuavano a prevedere - e prevedono tuttora - la rimborsabilità pro quota solamente dei costi recurring. In tale incerto contesto, è intervenuto il D.l. n, 73/2021, il cui art. octies, come visto, ha modificato l'art. 125 sexies del TUB, introducendo una formulazione coerente con i principi affermati dalla Corte di Giustizia - prevedendo il diritto del cliente, che estingua anticipatamente il finanziamento, alla restituzione di "tutti ì costì compresi nel costo totale del credito in misura proporzionale alla vita residua del contratto(5) limitandone tuttavia gli effetti per il futuro e continuando a prevedere l'applicazione della precedente disposizione - integrata dalle norme secondarie della (...) - ai rapporti pregressi. Adeguandosi alla novella legislativa, il Collegio di Coordinamento dell'ABF(6) ha modificato il proprio orientamento escludendo la restituzione dei costi up front. Le prospettazioni delle parti sono, dunque, espressione delle tesi dottrinali e giurisprudenziali che si fronteggiavano prima dell'intervento della Corte Costituzionale, sollecitato dal Tribunale di Torino e fondato sulla constatazione che ostava all'applicazione dei principi contenuti nella sentenza (...) ai rapporti sorti prima della novella normativa, non tanto la previsione della irretroattività della applicazione dell'art. 125 sexies, quanto il richiamo alle norme secondarie demandate alla (...) che, come visto, prevedevano (e prevedono) la rimborsabilità dei soli costi recurring. La soluzione, prima dell'intervento del Giudice delle Leggi, era, dunque, rimessa ad una attenta applicazione della gerarchia delle fonti, del principio di primazia delle norme comunitarie e dei rimedi di risoluzione delle antinomie normative (nazionali e sovranazionali). Nelle more del giudizio, come anticipato, la Corte Costituzionale è intervenuta con la Sentenza n. 263 del 8 novembre 2022, dichiarando l'incostituzionalità del secondo comma dell'art. (...), limitatamente all'inciso "e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d'Italia", ritenendo che la precedente formulazione dell'art. 125 sexies, applicabile ratione temporis, fosse in contrasto con i principi della sentenza (...) esclusivamente in riferimento al rinvio operato alle norme secondarie citate(7). Ne è conseguita la piena ripetibilità dei costi up front sia pur i rapporti pregressi - in applicazione del testo legislativo abrogato, ma integrato dalla sentenza della C.G.U.E - sia per i rapporti sorti dopo il 26 maggio 2021 - in applicazione dell'art. 125 sexies come modificato dall'art. 11-octies, commi 1, lettera b), e 2, del D.L. 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, con la L. 23 luglio 2021, n. 106. Il Giudice delle leggi ha dato atto, in sintesi, di come, all'esito della sentenza, dovesse ravvisarsi una coincidenza sul piano sostanziale - nonostante la diversità letterale(8) - tra le due formulazioni (ante e post 2022 dell'art. 125 sexies oltre che tra queste e l'art. 16 come interpretato dalla sentenza (...), con applicazione retroattiva(9). La corrispondenza sul piano sostanziale delle disposizioni consente di evidenziare che il nuovo testo, oltre a valere per il futuro, consolida il contenuto normativo della precedente formulazione, in senso conforme alla più volte citata sentenza della C.G.UE, assicurando l'effettività del diritto, di matrice europea, alla riduzione di tutti i costi sostenuti dal consumatore. Ciò posto, restano le contestazioni di parte attrice in relazione ai criteri di determinazione dei costi up front e di difetto di legittimazione passiva dell'istituto di credito in relazione ai costi della mediazione creditizia. Giova premettere come il III comma del novellato art 125 sexies individui espressamente nella banca finanziatrice il soggetto obbligato alla restituzione del compenso per l'attività di intermediazione creditizia, salvo il diritto di rivalsa sul mediatore. Attesa l'applicazione solo futura della nuova formulazione, la norma assume - per i rapporti pregressi - un'indubbia valenza ricognitiva della disciplina generale del credito al consumo, prevista dal T.U.B, dalla quale trarre la ratio della previsione del diritto di regresso. In generale, tale ricostruzione dogmatica appare coerente con la constatazione che le disposizioni normative del Titolo VI, capo II del TUB riconoscono l'esistenza di un collegamento negoziale tra il contratto di credito e quelli accessori e funzionali allo stesso, in quanto negozi tutti finalizzati a realizzare un'unica operazione commerciale. Nella fattispecie del collegamento negoziale, infatti, i singoli rapporti perseguono un interesse immediato e diretto che è strumentale all'interesse globalmente conseguito dell'operazione, costituente la ragione causale concreta. L'unitarietà della operazione commerciale e il collegamento negoziale strumentale consentono - nell'ottica della tutela integrale del consumatore di riconoscere il diritto di quest'ultimo di esercitare i propri diritti direttamente nei confronti del finanziatore, senza obbligo di parcellizzazione dell'esercizio dell'azione giudiziaria. Emblematico è l'art, 125 quinquies - come novellato dal d.lgs. 141/2010 -che riconosce al consumatore il diritto di agire direttamente nei confronti del finanziatore, in caso di inadempimento del fornitore, per la restituzione degli importi pagati e lo legittima ad agire anche nei confronti del cessionario del credito(10). Anche nel contratto di mediazione creditizia si apprezza un collegamento negoziale con il contratto di finanziamento, essendo il primo indubbiamente preordinato, accessorio e funzionale al secondo. La circostanza che la somma dovuta a titolo di oneri dì intermediazione sia versala al mediatore, non elimina - in virtù del dedotto collegamento negoziale - la responsabilità dalla banca mutuante. A ciò si aggiunga che la "provvigione" viene trattenuta dal capitale mutuato - unitariamente agli altri costi e commissioni - e versata dalla Banca direttamente all'intermediario, la cui terzietà non è spesso nemmeno percepita dal consumatore. E', dunque, incontestabile il collegamento negoziale con la conseguenza che, nel caso di estinzione anticipata del finanziamento, deve essere riconosciuto il diritto del consumatore ad ottenere direttamente dal finanziatore la restituzione di tutti gli oneri ed accessori proporzionalmente non dovuti, ivi compresi quelli inerenti alla provvigione dovuta all'intermediario, residuando all'istituto di credito un diritto di regresso nei confronti dell'intermediario (cfr. Trib. Napoli Nord, 18 gennaio 2023 e Trib. Monza 4 gennaio 2023). L'espressa previsione nel nuovo art. 125 sexies, dunque, non innova, ma riconosce l'esistenza del predetto collegamento negoziale, armonizzando il testo con la espressa previsione dell'estensione alle spese up front del diritto di credito del consumatore derivante dalla estinzione anticipata del finanziamento. Il motivo di appello è quindi infondato. Del pari non condivisibile è il motivo di appello legato all'asserita erroneità della sentenza di primo grado relativa al criterio utilizzato per il calcolo dei costi da rimborsare. Preme evidenziare come la sentenza (...), pur non dettando una disciplina chiara sul punto, pare indicare il metodo proporzionale come più coerente con la dicitura "per la restante durata del contratto" di cui all'art. 16 della Direttiva (punto 24 pronuncia). A ciò si aggiunga il criterio negoziale: i costi recurring, oggetto di restituzione al momento dell'estinzione anticipata, sono stati effettivamente calcolati con il criterio pro rata temporis (cfr. atto di citazione, pag. 32 - primo grado: "Quanto, infine alle, commissioni dì cui alla lettera C del prospetto economico alla pag. 1 del contratto, le stesse sono già state riconosciute all'odierna resistente e, conseguentemente, rimborsate al momento dell'estinzione anticipata del finanziamento, per la complessiva somma di euro 388,80. Peraltro, deve essere evidenziato come le suesposte spese siano state conteggiate secondo il sistema del pro rata temporis del totale delle commissioni soggette a maturazione nel corso del tempo, secondo il criterio del tasso di interesse effettivo (rispondente ai criteri previsti, dai princìpi contabili internazionali "..."). Ciò emerge anche dalle condizioni informative allegate al contratto ove sì riconosce la restituzione, in caso di estinzione anticipata, degli oneri "per la quota non maturata". Preme evidenziare poi come, successivamente al deposito della sentenza (...), il Collegio di coordinamento abbia ritenuto che non vi sia una differenza ontologica tra oneri up front e oneri recurring, tutti unitariamente ricomprati nell'obbligazione restitutoria nascente ex lege dall'art- 125 sexies, secondo le regole dell'indebito oggettivo, che vale a rendere nulle le clausole contrattuali che determinano la misura e il criterio di calcolo dell'importo oggetto di restituzione. Ne deriva che non vi può essere a valle una disciplina differente rispetto alla omogena valutazione del criterio di calcolo degli oneri a monte. Ciò posto, avendo la banca applicato il criterio pro rata temporis ai costi recurring, oggetto di restituzione al momento dell'estinzione del contratto, si deve ritenere valevole il medesimo criterio anche per gli oneri up front. Tale constatazione - a prescindere dal richiamo operato dalla prevalente dottrina e giurisprudenza di merito al criterio legato all'indebito conseguente alla estinzione anticipata del rapporto, che svincolerebbe il criterio di calcolo dalle pattuizioni negoziali ed in particolare da quello dell'ammortamento ¦" smentisce, dunque, la fondatezza della eccezione di parte appellante che invoca proprio il criterio interpretativo contrattuale-Sotto altro profilo, non rileva quanto disposto dal nuovo comma dell'art. 125 sexies - "i contratti di credito indicano in modo chiaro i criteri per la riduzione, proporzionate degli interessi e degli altri costi, indicando in modo analitico se trovi applicazione il criterio della proporzionalità lineare il criterio del costo ammortizzato. Ove non sia diversamente indicato, si applica il criterio del costo ammortizzato" - per le ragioni testé indicate. Le spese del presente procedimento seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo (valori medi per la fase di studio e per quella introduttiva; valori minimi per le fasi istruttoria e decisoria, essendosi il procedimento concluso in un'unica udienza), con distrazione a favore del difensore antistatario. P.Q.M. Il Tribunale di Ferrara, in persona del Giudice Unico dr. Mauro Martinelli, ogni diversa domanda ed eccezione reiette ed ogni ulteriore deduzione disattesa, definitivamente pronunciando nella causa n. (...) così provvede: 1) RIGETTA l'appello proposto dalla (...). 2) CONDANNA la (...) in persona del legale rappresentante pro tempore, alla rifusione a favore di (...), delle spese legali del presente procedimento che si liquidano in euro 174,00 per esborsi ed euro 1.702,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfettarie pari al 15 per cento, C.N.P.A. ed IVA (se prevista), da distrarsi a favore del procuratore antistatario. 3) CONDANNA la (...), in persona del legale rappresentante protempore, al versamento di una somma pari al doppio del contributo unificato a favore dell'Erario ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115/2002. 4) RESPINGE del resto. Così deciso in Ferrara il 2 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2023. (1) (Con la sentenza n. 383 dell'11 settembre 2019 (...), la Corte di Giustizia ha alternato che in caso di estinzione anticipala dei prestiti al consumo (contratti di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio e forme assimilate) il consumatore ha diritto alla restituzione di tutti i costi a suo carico, per il periodo nel quale non ha goduto del finanziamento, compresi i costi dovuti per le attività preliminari alia concessione del finanziamento e che non dipendono dalla sua durata (costi up front), oltre a quelli relativi ad attività a servizi collegati alla durata del rapporto (costi recurring). La distinzione tra le due tipologie di costo era sorta dalle prassi bancarie e riconosciuta anche dalla giurisprudenza e dall'A.B.I.). (2) (Il testo dell'art. 11 octies nella parte che interessa; "L'articolo 125 sexies de! testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, dì cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, comma sostituito dal comma 1, lettera c), del presente articolo, sì applica ai contratti sottoscritti successivamente alla data di entrata in vigore della legge dì conversione del presente decreto. Alle estinzioni anticipate dai contralti sottoscritti prima della data di entrata in vigore della legge dì conversione, del presente decreto continuano ad applicarsi le disposizioni dell'articolo 125-sexìis del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della (...) vigente alla data della sottoscrizione dei contratti"). (3) (La sentenza ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 11-octies, Il comma, limitatamente all'enunciato (...) norme secondarie contenute nelle disposizioni dì trasparenza e di vigilanza della (...) così sancendo definitivamente ex art. 125-sexies, comma 1, T.U.B. - come interpretato dalla (...) - il diritto del consumatore alla riduzione di tutti i costi, compresi quelli up front, conseguente al rimborso anticipato). (4) (Provvedimento del 9 febbraio 2011, sezione VII, paragrafo 5.2.1 lettera q), nota 3, "nei contratti di credila con cessione del quinto dello stipendio o della pensione e mila fattispecie assimilate, le modalità di calcolo delta riduzione del costo totale del credilo ti cui il consumatore ha diritto in caso di estinzione anticipata includono l'indicazione degli oneri che maturano nel corso del rapporto e che devono essere restituiti per la parte non maturata, dal finanziatore o da terzi, al consumatore, se questi li ha corrisposti anticipatamente al finanziatore"). (5) (Il "vecchio testo" era. il seguente: consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale de! credito, pari all'importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto). (6) (Decisione n. 21667 del 15 ottobre 2021). (7) (12.1. "Fra gli indici ermeneutici che evidenziano l'intento del legislatore e il senso della disposizione censurata, quello maggiormente rivelatore è costituito dalla scelta di associare, alla disciplina antecedente (...) che continua a operare per i contratti conclusi prima dell'entrata in vigore della nuova legge, il richiamo alle norme secondarie vigenti alla data di sottoscrizione dei contratti. Richiamo che non è invece, previsto in relazione alla nuova formulazione della disposizione. la quale ha inteso rendere esplicita la conformità alla sentenza (...). Ebbene, il contesto oggettivo del rimando alle norme secondarie, che opera solo in rapporto al precedente art. 125-sexies t.n. bancario, e la sua delimitazione temporale, circoscritta alle norme secondarie vigenti al momento della conclusione dei contratti per i quali reati in vigore la formulazione antecedente dell'art. 125-sexies guidano con precisione verso le norme secondarie che il legislatore del 2021 ha inteso richiamare. Il riferimento è alle norme regolamentari di trasparenza e di vigilanza operanti, vale a dire le disposizioni che il 9 febbraio 2011 (...). Si tratta, dunque, da un lato, delle norme che esplicitano che il diritto alla riduzione si riferisce ai costi recurring (Sezione VII), richiamate dall'art. 11-octies, comma 2, che avallano l'interpretazione del precedente articolo 125-sexies, comma 1, riferito unicamente ai costi recurring. E questo a dispetto dell'interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia che non ha voluto lasciare alla mera trasparenza lo tutela elei consumatori, ritenendo il rischio dì abusi nei loro confronti tale da richiedere una protezione sostanziale ed effettiva, attraverso la riduzione proporzionale di tutti i costì del credito, strumento che opera a prescindere dal rispetto dei citati doveri). (8) (Punto 12.3.2.: "si deve confutare la tesi che vorrebbe affamare la netta divergenza del dato lesinale del vecchio art. 125-sexies da quello dall'art. 16, paragrafo I, della direttiva (...) deducendone l'impossibilità di recepire il contenuto prospettato dalla sentenza (...). Innanzitutto, la distinzione fra il testo dell'art. 16, paragrafo I, della direttiva e quello del precedente art. 125-sexies, comma I, (...) bancario, pur essendo non del tutto marginale, non era (e non è) tale da far escludere una loro sostanziale corrispondenza. Se è vero, infatti, che l'espressione "che comprende gli interessi e i costi" è più lata rispetto alla formula che parla dì una riduzione "pari agli interessi e ai costi", tuttavia, il perno dell'interpretazione della disposizione risiede, a ben vedere, in altri indici testuali. Sono a tal riguardo, decisivi, da un lato, il paradigma a cui è riferita la riduzione, vale a dire "il costo totale del credito", e, da un altro lato, la nozione dì "costì dovuti per In durata residua del Contratto". In particolare, la preposizione (iper) può riferirsi tanto ai costi dovuti "lungo" la durata del contratto, i soli costi cosiddetti recurring, quanto ai costì dovuti "in funzione detta" durata del contratto, il che evoca la misura della riduzione. Questo secondo, possibile significato della preposizione collima, del resto, con il paradigma cui si riferisce la riduzione, che è dato dal costo totale del credito, poiché in tanto sì giustifica la/e richiamo, in quanto tutti i costi siano riducibili e io siano, dunque, in funzione della durata residua del contratto, che diviene la misura delia riduzione proporzionale. Del resto, proprio il riferimento al costo totale del credito ha rivestito un ruolo decisivo nell'interpretazione fornita dalla sentenza (...). 12.4. Si deve allora concludere che, prima dell'intervento legislativo del 2021, l'interpretazione conforme alla sentenza (...), sostenuta dall'ASF e dalla giurisprudenza di merito, non fosse cantra legem e fosse, oltre che possibile, doverosa rispetto a quanto deciso dalla Corte di giustizia). (9) (La Corte Costituzionale ha affermato che: - le sentenze della C.G.U.E. hanno tutte valenza retroattivi, salvo che l'applicazione sia limitata dalla sentenza stessa; - anche l'art. 125-sexies, ante modifica del 2021 era compatibile con la direttiva (...), nel senso della rimborsabilità dei fronti up front, con la conseguenza che la clausola di irretroattività prevista dal legislatore non impattava sull'applicazione dei principi della sentenza; - la vecchia formulazione del 125-sexies è tuttora vigente per i rapporti pregressi, ma è compatibile, come spiegato, sul piano sostanziale con i principi (...); - il vulnus ai principi comunitari si rinviene solo nel rinvio alle norme secondarie, che prevedono la rimborsabilità dei soli costi recurring; - l'eliminazione dì questa parte della norma rimuove l'attrito con i vincoli imposti adesione UE). (10) (Cfr. Cass. 27 settembre 2016 n. 19000: "tra i contratti dì credito al consumo finalizzati all'acquisto di determinati beni a servizi ed i contratti di acquisto dei medesimi, un collegamento negoziale di fonte legale", cui consegue che il consumatore non è obbligato a restituire il finanziamento ottenuto per l'acquisto dì un bene mai consegnato giacché le sorti del contratto di rendita si ripercuotono, necessariamente, su quelle del finanziamento stesso").

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI FERRARA Sezione Unica Civile Il Tribunale, nella persona del giudice dott.ssa Costanza Perri, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile in grado di Appello, iscritta al n. R.G. 490/2022 promossa da: (...) (C.F. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede a C. (F.), C.so G. n. 49/1, elettivamente domiciliata a Castel di Casio (Bo), Via (...), presso lo studio dell'Avv. Ch.Gi., del Foro di Bologna ((...)), che la rappresenta e difende in forza di procura stesa in calce all'ingiunzione fiscale versata agli atti del giudizio di primo grado APPELLANTE contro (...) SRL ((...)) in persona del legale rappresentante pro tempore, corrente in C. (F.), località D. M., Via (...), rappresentata e difesa dall'Avv. Al.Ta. del Foro di Ferrara ((...)), come da mandato depositato nel fascicolo informatico in allegato alla comparsa di costituzione e risposta in appello, con elezione di domicilio presso la casella PEC (...) APPELLATA OGGETTO: Opposizione ad ingiunzione fiscale (in primo grado). Appello avverso sentenza del Giudice di Pace di Ferrara n. 627/2021 pronunciata il 27/07/2021 nel procedimento R.G. n. 3351/2020 e depositata il 13/09/2021 CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Il Giudice di Pace di Ferrara, con la impugnata sentenza n. 627/2021 (pronunciata il 27/07/2021 nel procedimento R.G. n. 3351/2020 e depositata il 13/09/2021), accoglieva l'opposizione promossa da (...) Srl avverso l'ingiunzione fiscale con la quale (...) le aveva intimato e precettato il pagamento dell'importo complessivo di Euro 4.485,78 (di cui Euro 3.914,10 per capitale, Euro 12,09 per interessi al 27/10/2020 ed Euro 559,59 per spese e compensi legali) a titolo di canone relativo al diritto di superficie, per l'anno 2019, concesso a (...) in relazione al bene immobile sito a C. (F.), in località D. M., alla Via C. B. n. 2. Osservava il giudice di prime cure che, come da precedente giurisprudenziale di questo Tribunale, (...) è ente che non rientra fra quelli individuati all'art. 1 del R.D. n. 639 del 1910, posto che agli enti esponenziali delle collettività titolari dei diritti di uso civico e della proprietà collettiva, quale è la (...), va riconosciuta personalità giuridica di diritto privato ed autonomia statutaria: "E' nozione scolastica che l'ingiunzione fiscale prevede una procedura speciale ed eccezionale che, in quanto tale, non può essere applicata a soggetti diversi e ulteriori rispetto a quelli specificamente individuati dalla legge e cioè lo Stato, alcuni Fondi ed Enti Territoriali e altri enti pubblici, successivamente istituiti, indicati in leggi speciali, con esclusione delle società, anche quelle a partecipanza pubblica, a causa della loro natura privatistica". Ritenendo, pertanto, l'assenza di prova del titolo legittimante all'intentata azione da parte di (...), il primo giudice accoglieva in rito l'opposizione, annullando l'ingiunzione fiscale notificata all'opponente in data 04/11/2020. Avverso tale decisione (...) ha proposto impugnazione, deducendo la genericità, illogicità ed inadeguatezza della motivazione offerta dal primo giudice in merito alla ritenuta carenza di legittimazione di (...) all'impiego dello strumento dell'ingiunzione fiscale; nonché il vizio di omessa pronuncia sul merito della pretesa creditoria. (...) Srl si è costituita, rilevando, ancora una volta, da un lato, che la natura di ente privato di (...) esclude la sua legittimazione ad emettere un'ingiunzione fiscale; dall'altro, nel merito, che le spese legali di cui alla predetta ingiunzione appaiono, a fronte di una ingiustificata parcellizzazione del credito, eccessive ed inutilmente aggravanti la propria posizione debitoria. Ha concluso chiedendo il rigetto dell'interposto appello, con conseguente integrale conferma della impugnata sentenza. All'udienza del 3 novembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni di cui in epigrafe, previa concessione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di memorie conclusive e repliche. L'Appello è fondato nei limiti e per le ragioni che seguono. Quanto al primo motivo di appello, relativo alla questione della legittimazione attiva di (...) all'emissione di ingiunzione fiscale ai sensi dell'art. 1 R.D. n. 639 del 1910, si condivide (e si riporta ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 118 disp. att. c.p.c.) un recentissimo precedente conforme di questo Tribunale secondo cui "la (...) non rientra nel novero dei soggetti che possono beneficiare della procedura di riscossione coattiva privilegiata rappresentata dall'ingiunzione fiscale ex R.D. n. 639 del 1910. Lo speciale procedimento disciplinato dal R.D. n. 639 del 1910 è utilizzabile, da parte della pubblica amministrazione, non solo per le entrate di diritto pubblico, ma anche per quelle di diritto privato e trova il suo fondamento nel potere di auto-accertamento della medesima pubblica amministrazione, con il solo limite che il credito in base al quale viene emesso l'ordine di pagare sia certo, liquido ed esigibile: in particolare la sua sussistenza, la sua determinazione quantitativa e le sue condizioni di esigibilità devono derivare da fonti, da fatti e da parametri obiettivi e predeterminati, rispetto ai quali l'Amministrazione dispone di un mero potere di accertamento, restando affidata al giudice del merito la valutazione, in concreto, dell'esistenza dei suindicati presupposti (cfr. Cass. Civ., Sez. U, Sentenza n. 11992 del 25/05/2009 e, da ultimo, Cass. Civ., Sez. I, Sentenza n. 7076 del 11/04/2016). Sebbene l'epoca assai risalente del testo di riferimento induca a ritenere che siano legittimati ad utilizzare tale strumento privilegiato di riscossione non solo tutti gli enti pubblici che abbiano la natura di quelli indicati nel R.D. n. 639 del 1910, ma anche (con un'interpretazione non tassativa dell'elencazione contenuta nell'art. 1 della norma citata) tutti quelli che, in relazione ai propri fini ed attività istituzionali, gestiscono, in via diretta, entrate patrimoniali, tasse, contributi e/o sovvenzioni pubbliche, ciò non toglie che dall'ambito di applicazione restino esclusi tutti i soggetti non riconducibili alla categoria di ente pubblico. Peraltro, anche l'art. 32 del D.Lgs. n. 150 del 2011 che ha disciplinato il rito applicabile fa espresso riferimento alla "opposizione a procedura coattiva per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici". Dunque, pur essendo vero che tale strumento può essere utilizzato sia per le entrate di natura pubblicistica sia per i corrispettivi di natura privatistica derivanti da un rapporto contrattuale, è pur vero che ciò vale solo per lo Stato, gli enti territoriali e gli altri enti pubblici muniti di specifico potere impositivo. La (...) non risulta avere tale potere, non potendo lo stesso trarsi da alcuna fonte normativa ed essendo un ente privato. Anche la Suprema Corte, confermando la pronuncia del Consiglio di Stato, sez. VI, 15/11/1982, n. 567, che aveva chiarito che "poiché è da escludere la natura pubblica della (...), le controversie aventi ad oggetto le deliberazioni della stessa adottata non appartengono alla cognizione del giudice amministrativo", ha escluso la natura pubblica della (...), in quanto non istituita a profitto della generalità degli abitanti di un Comune o di una frazione o di una classe determinata di cittadini e i terreni interessati non risultano soggetti agli usi civili (cfr. Cass. Civ., Sez. Unite, sentenza 14/05/1987, n. 4443). Anche la L. 20 novembre 2017, n. 168, recante "Norme in materia di domini collettivi", richiamata dalla difesa dell'Ente, prevede all'art. 1 comma 2 che "gli enti esponenziali delle collettività titolari dei diritti di uso civico e della proprietà collettiva hanno personalità giuridica di diritto privato ed autonomia statutaria": si tratta quindi di soggetti di diritto privato e nemmeno la tutela di interessi di rango costituzionale o pubblicistico è idonea a mutare la personalità giuridica dell'ente, comunque privo del potere di autoaccertamento che trova la sua fonte diretta nella pubblica amministrazione. (...) Deve quindi escludersi che la (...) possa ricorrere al procedimento di cui al citato art. 2 R.D. n. 639 del 1910 e va pertanto revocata l'ingiunzione di pagamentoemessa nei confronti della società opponente. L'illegittimità del ricorso alla procedura di ingiunzione fiscale assorbe la questione della nullità della stessa per mancanza degli atti propedeutici di messa in mora e/o intimazione di pagamento, mentre non esime dall'esame delle questioni di merito dedotte nel giudizio, considerata la domanda riconvenzionale svolta dalla (...) e posto che, secondo l'insegnamento della Corte di Cassazione, il giudizio di opposizione ex art. 3 del R.D. n. 639 del 1910 è diretto all'accertamento dell'illegittimità della pretesa fatta valere dall'amministrazione e comporta il potere/dovere del giudice di accertare il rapporto sostanziale nonostante l'accertata illegittimità dell'ingiunzione (cfr. Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 2355 del 29/01/2019). Si veda in questo senso, Tribunale Milano sez. I 03 settembre 2019 n. 7962, in banca dati DeJure, nonché Tribunale di Milano Sez. I, Sentenza n. 7300/2021 pubbl. il 15/09/2021 - RG n. 33610/2018, proprio in ipotesi di accertata carenza di legittimazione all'emissione dell'ingiunzione fiscale da parte dell'ente. La condivisione dei principi dianzi richiamati e la loro applicazione al caso di specie porta, da un lato, a confermare la pronuncia del giudice di prime cure in punto a carenza di legittimazione alla imposizione fiscale in capo alla odierna appellante; dall'altro, a riformare l'impugnata sentenza nella parte in cui ha integralmente omesso di esaminare e pronunciarsi sul merito della azionata pretesa creditoria. Quanto a quest'ultimo aspetto preme infatti evidenziare che, come pacificamente ritenuto anche dalla giurisprudenza di legittimità, "In caso di annullamento dell'ingiunzione fiscale per inidoneità dell'atto impositivo a valere come accertamento unilaterale di un credito di natura risarcitoria, il giudicato che si forma fa stato esclusivamente sull'illegittimità dello strumento utilizzato, ma, in ossequio ai principi sui limiti oggettivi del giudicato anche implicito, non contiene, in assenza di una specifica domanda, alcun accertamento negativo sul merito del credito dell'amministrazione" (Cass. sez. 1, sentenza n. 22093 del 26/09/2013); "Nel giudizio di opposizione a ingiunzione fiscale emessa ai sensi dell'art. 2 R.D. 14 aprile 1910, n. 639 - il quale è un ordinario giudizio di cognizione, che non si esaurisce nell'indagine sulla validità formale del provvedimento impugnato e sulla legittimità del ricorso dell'amministrazione a questa particolare procedura, ma può estendersi all'accertamento sulla fondatezza nel merito della pretesa creditoria - la legittimazione passiva spetta all'amministrazione titolare del credito, salvi i casi di legittimazione straordinaria o sostitutiva previsti dalla legge" (Cass. sez. 1, sentenza n. 10802 del 10/05/2006); Esaminando, quindi, il merito della pretesa creditoria, tempestivamente azionata da (...) mediante domanda riconvenzionale spiegata con comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di primo grado, si osserva che il credito affermato e fatto valere dalla odierna appellante non è mai stato oggetto di contestazione, sia nell'an che nel quantum, da parte di (...) S.r.l., la quale si è limitata a contestare la debenza delle sole spese legali, eccependo la non necessaria duplicazione dei procedimenti di recupero crediti e, quindi, l'illegittima parcellizzazione del credito da parte di (...). A tal riguardo l'opponente ha spiegato di aver ricevuto dalla odierna appellante ben due ingiunzioni fiscali a distanza di soli venti giorni l'una dall'altra, senza avanzare la propria pretesa creditoria in un unico atto mentre, come si evincerebbe dalle procure alle liti conferite all'Avv. Gi. e allegate ai rispettivi atti: "la volontà di procedere nei confronti di (...) S.r.l. per il recupero dei canoni delle annualità 2016/2017/2018 è stata sancita con Delib. n. 33 del 31 ottobre 2019, in base alla quale è stato conferito al legale il mandato alla base dell'ingiunzione fiscale n. cronol. 48625/ing. (cfr. doc. 1 cit.); - la volontà di procedere nei confronti di (...) S.r.l. per il recupero del canone dell'annualità 2019 è stata sancita con Delib. n. 38 del 28 aprile 2020, in base alla quale è stato conferito al legale il mandato alla base dell'ingiunzione fiscale n. cronol. (...)/ing. (cfr. doc. A cit.). Da quanto sopra, emerge che la delibera che ha conferito il mandato al legale per procedere con il recupero del canone superficiario afferente all'anno 2019 è antecedente di oltre 5 mesi alla notifica della prima ingiunzione fiscale (spedita a (...) il 03/11 u.s.). La prima ingiunzione fiscale, afferente ai canoni 2016/2017/2018 avrebbe potuto essere notificata già dal mese di novembre 2019 ma la (...) ha atteso un anno prima di procedere e, anziché notificare un unico atto di ingiunzione fiscale, ha scisso il proprio recupero credito in due distinti atti con aggravio di spese legali a carico della società debitrice". Sul punto si ritiene opportuno premettere che il tema del cosiddetto frazionamento del credito è stato affrontato dalle SS.UU. della Cassazione con la sentenza n. 23726 del 15 novembre 2007 che ha affermato il seguente principio di diritto: "Non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilità con unilaterale modificazione aggravativa della posizione del debitore, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l'esecuzione del contratto ma anche nell'eventuale fase dell'azione giudiziale per ottenere l'adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processuali che l'ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale" (cfr. massima conforme di Cass. sezione 6, ordinanza n. 19898 del 27 luglio 2018). Orbene, l'iniziativa di (...) volta al recupero, mediante ingiunzione fiscale diretta nei confronti della debitrice (...) S.r.l., di tutti i canoni superficiari rimasti inevasi per gli anni dal 2016 al 2019 compresi, si è di fatto tradotta in una duplice, ultronea, azione impositiva che, in ragione dei tempi di maturazione del credito e di quelli relativi alle delibere di conferimento del mandato al legale per procedere al recupero dei canoni, poteva e avrebbe dovuto essere coltivata in maniera unitaria al fine precipuo di evitare, da un lato, un inutile aggravio di spese, dall'altro, molteplici opposizioni (come di fatto verificatosi), col rischio della formazione di giudicati contrastanti sulla medesima vicenda. Di talché al riconoscimento del credito vantato dall'odierna appellante nei confronti di (...) S.r.l. per canoni superficiari relativi all'anno 2019 per un importo complessivo pari a 3914,10 Euro, oltre interessi legali dalla scadenza del canone al saldo effettivo, non può accompagnarsi anche quello relativo alle spese ed ai compensi legali quantificati in 559,59 Euro poiché da ritenersi illegittimi a fronte del non corretto frazionamento del credito. Quanto alle spese di lite, il parziale accoglimento dell'appello, la mancata contestazione nel merito della sussistenza e della quantificazione del credito in linea capitale e l'accoglimento della domanda di non debenza delle spese legali di cui all'opposta ingiunzione fiscale portano a ritenere integralmente compensabili fra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio, con conseguente riforma sul punto della sentenza di primo grado. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, in parziale accoglimento delle domande spiegate con atto di appello proposto da (...) nei confronti di (...) S.R.L. e in parziale riforma della sentenza del Giudice di Pace di Ferrara n. 627/2021 pronunciata il 27/07/2021 nel procedimento R.G. n. 3351/2020 e depositata il 13/09/2021; confermato il capo primo della sentenza di primo grado sulla revoca dell'ingiunzione fiscale notificata in data 04/11/2020 a (...) S.r.l., così provvede: 1) Accerta e dichiara che (...) è creditrice nei confronti di (...) S.r.l., per canoni superficiari relativi all'anno 2019, dell'importo di 3914,10 Euro oltre ad interessi legali dalla scadenza del canone al saldo effettivo; per l'effetto dichiara tenuta e condanna (...) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento a favore di (...) delle predette somme 2) Compensa integralmente fra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizi. Così deciso in Ferrara il 30 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI FERRARA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice Marianna Cocca ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. r.g. 2864/2021, promossa da: (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), del Foro di Chieti, elettivamente domiciliata presso il difensore ATTRICE contro (...) S.P.A. (C.F. (...)), con il patrocinio degli avvocati (...), del Foro di Milano, elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. (...) in Ferrara CONVENUTA CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da verbale d'udienza di precisazione delle conclusioni. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE La signora (...) ha convenuto in giudizio (...) s.p.a., formulando le seguenti conclusioni: "nel merito in via principale: 1) accertare e dichiarare che il contratto di mutuo ipotecario del 07/02/2003 per Euro 134.278,80 stipulato con l'allora (...) PLC rep. 109987 racc. 6224 per atto Notaio (...) in Ferrara sottende un meccanismo di capitalizzazione mensile degli interessi (un meccanismo di anatocismo) non esplicitato nel contratto e non pattuito tra le parti che genera costi ulteriori a carico della mutuataria; 2) accertare e dichiarare che nel contratto di mutuo ipotecario del 07/02/2003 - rep. 109987 racc. 6224 - per atto Notaio (...) in Ferrara non risulta indicato il TAE (Tasso Annuo Effettivo) e per l'effetto accertare e dichiarare la nullità parziale dello stesso per violazione dell'art. 1283 c.c., dell'art. 6 della delibera CICR del 09.02.2000, dell'art. 117 comma IV del TUB e dell'art. 1284 c.c.; 3) in accoglimento di quanto richiesto al precedente punto 1) accertare e dichiarare la nullità parziale del contratto di mutuo ipotecario del 07/02/2003 di cui al precedente punto 1) per violazione dell'art. 1283 c.c., della delibera CICR del 09.02.2000 e dell'art. 117 comma IV del TUB atteso che la corresponsione di interessi periodali prima della scadenza del contratto va pattuita e determinata con specifica approvazione della mutuataria essendo altrimenti detti interessi dovuti solo alla scadenza del contratto e per l'effetto rideterminare e/o ricalcolare il piano di rimborso depurandolo dall'illegittima capitalizzazione mensile degli interessi; 4) accertare e dichiarare il valore del TAEG/ISC al momento della stipula/promessa del contratto di mutuo ipotecario del 07/02/2003 per Euro 134.278,80 stipulato con l'allora (...) PLC rep. 109987 racc. 6224 per atto Notaio (...) in Ferrara; 5) accertare e dichiarare la nullità parziale del contratto di mutuo ipotecario del 07/02/2003 per Euro 134.278,80 stipulato con l'allora (...) PLC rep. 109987 racc. 6224 per atto Notaio (...) in Ferrara ex. art. 1418 II comma, 1346 c.c. per mancata indicazione del tasso annuo effettivo globale/ISC in violazione dell'art. 1284 c.c. e dell'art.117 IV comma D.Lgs. 385/1993, dell'art. 6 della Delibera CCICR del 09.02.2000; 6) in accoglimento di quanto ai punti 1, 2, 3, 4 e 5 accertare e dichiarare accertare e dichiarare il diritto dell'attrice al pagamento (sulla base delle scadenze pattuite nel contratto di mutuo) degli interessi al tasso legale ovvero al tasso sostitutivo ex. art. 117 comma VII del D.Lgs. n. 385/1993 per tutta la durata del rapporto o del diverso tasso ritenuto di giustizia e/o imputando i pagamenti dapprima al capitale e poi agli interessi per effetto del dolo/sorpresa del creditore ex art. 1195 cc; in via ulteriormente subordinata, 7) accertare e dichiarare per effetto della Decisione della Commissione Antitrust Europea del 4/12/2013 di accertata manipolazione dell'Euribor, il diritto della parte attrice, al pagamento degli interessi sul contratto di mutuo oggetto di causa, nel periodo dal 29/09/2005 al 31/05/2008 al tasso legale e/o sostitutivo ex art. 117 Tub, o in difetto al solo tasso spreed indicato nei rispettivi contratti e/o al tasso ritenuto di Giustizia; in ogni caso, in accoglimento di ciascuna delle conclusioni indicate ai punti precedenti: 8) sulla base della documentazione in atti e su quella che verrà prodotta durante la causa, operare la compensazione delle somme pagate in eccesso (comprensive di rivalutazione monetaria ed interessi legali sulle somme rivalutate) con la quota capitale ancora a scadere, e per l'effetto accertare e dichiarare l'entità delle rate ancora a scadere e del capitale residuo, ed in caso di estinzione del finanziamento nelle more del presente giudizio, condannare la convenuta alla restituzione in favore dell'attrice della somma pagata in eccesso altre rivalutazione monetaria ed interessi legali sulle somme rivalutate; 9) condannare la convenuta al pagamento delle spese e compenso all'avvocato di lite oltre gli accessori". La società (...) s.p.a., costituendosi, ha così concluso: "Voglia l'Illustrissimo Tribunale cosi giudicare: Nel merito: rigettare tutte le domande formulate da parte attrice, in quanto infondate in fatto e in diritto, per i motivi esposti nel presente atto; In ogni caso: con vittoria di spese e competenze di causa, oltre rimborso forfettario ed accessori come per legge". Istruita la causa con l'acquisizione dei documenti depositati dalle parti, precisate le conclusioni, all'udienza del 12/10/2022 è stata trattenuta in decisione ai sensi dell'art. 281 quinquies comma 1 c.p.c., con lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica a norma dell'articolo 190 c.p.c. L'attrice espone di aver stipulato, in data 7/02/2003, con il coniuge (...), per atto Notaio (...) in Ferrara rep. 109987 racc. 6224 il contratto di mutuo ipotecario del 07/02/2003 per Euro 134.278,80 con la allora (...) PLC, cod. fisc e P.I. (...) oggi (...) Spa (doc. 1), con restituzione pattuita in 300 rate mensili. Il tasso di interesse iniziale veniva fissato allo 0,3884% mensile pari al 4,661% nominale annuo, con revisione in base all'andamento dei tassi sull'Euribor 360 a 3 mesi rilevati da "Il sole 24 ore" per valuta 15 marzo, 15 giugno, 15 settembre e 15 dicembre di ogni anno e arrotondati al terzo decimale. A seguito dell'omologa della separazione consensuale, la quota del 50% dell'immobile del (...) veniva ceduta alla (...), la quale si accollava il mutuo. L'attrice agisce deducendo, in primo luogo, che il piano di rimborso del mutuo con ammortamento "alla francese" sottenderebbe un meccanismo di capitalizzazione mensile degli interessi, ossia un meccanismo di anatocismo, che non risulta esplicitato dalla Banca mutuante e pertanto non pattuito, in violazione sia dell'art. 1283 c.c. che della delibera CICR del 09.02.2000. In secondo luogo, contesta che il contratto di finanziamento non indicherebbe espressamente il Tasso Effettivo - TAE - che tiene conto degli effetti della capitalizzazione infrannuale (mensile) degli interessi in violazione dell'art. 1283 c.c. Infine, nel contratto di mutuo non risulterebbe nemmeno indicato il TAEG/ISC e comunque, il tasso di interesse dovrebbe essere epurato della componente variabile costituita dall'Euribor 3 mesi, in ragione della sua manipolazione nel periodo ottobre 2005-maggio 2008. La convenuta ha contestato le argomentazioni attoree assumendo la piena validità del contratto. La domanda è infondata e va respinta per le seguenti ragioni. 1. Contestazioni relative all'ammortamento alla francese. In primo luogo, parte attrice contesta l'applicazione del sistema del cd. ammortamento alla francese in quanto tale forma di rateizzazione comporterebbe l'applicazione degli interessi sulle rate scadute -composte a loro volta da capitale e interessi - ingenerando un fenomeno di capitalizzazione vietato dalla legge (art. 1283 cod. civ.), in difetto di specifica approvazione. Ne conseguirebbe la violazione dell'art. 117 TUB con conseguente necessità rideterminare il piano di rimborso depurandolo dall'illegittima capitalizzazione mensile degli interessi; l'attrice produce una consulenza di parte da cui risulta che l'ammontare dei maggiori interessi derivanti dal regime di capitalizzazione composta infrannuale implicita nel piano di ammortamento alla francese sarebbe pari ad euro 46.912,08 in riferimento all'intera durata del rapporto. Va premesso che, nell'ambito delle obbligazioni pecuniarie, l'anatocismo è comunemente ravvisato nel fenomeno giuridico-contabile consistente nella produzione e computo di ulteriori interessi sugli interessi scaduti e dovuti dal debitore, mediante sommatoria di questi ultimi al capitale sul quale erano stati calcolati. L'art. 1283 c.c. vieta l'anatocismo in linea generale, con tre deroghe: la presenza di una apposita domanda giudiziale successiva alla scadenza degli interessi, con riferimento a interessi dovuti per almeno sei mesi (anatocismo giudiziale), la presenza di un accordo in tal senso fra le parti, anch'esso successivo alla scadenza degli interessi e con riferimento a interessi dovuti per almeno sei mesi (anatocismo convenzionale) e, infine, di un uso contrario al disposto dell'art. 1283 c.c., in grado di derogare alla disciplina tipica dettata da quest'ultimo (anatocismo c.d. usuale). Nella prospettazione attorea, il sistema di ammortamento previsto dal contratto determinerebbe un effetto anatocistico, in assenza di espressa pattuizione ed accordo. Ebbene, la specificità del calcolo propria del cd. "ammortamento alla francese" consiste nel prevedere che la rata di mutuo da corrispondere nella periodicità convenuta sia sempre costante: posto che la somma delle quote capitale contenute nell'insieme delle rate deve corrispondere all'importo originario del prestito, mentre gli interessi equivalgono a quelli maturati nel periodo cui la rata si riferisce, il mantenimento costante della rata implica il progressivo decrescere della quota interessi e, viceversa, per il progressivo crescere della quota capitale. Dal piano di ammortamento, dalla prima all'ultima, la quota interessi si presenta all'inizio assai alta, perché calcolata sul totale del debito, e poi progressivamente decresce, perché calcolata su un debito residuo sempre inferiore; invece, la quota capitale si presenta all'inizio assai bassa e poi cresce, quale effetto matematico dell'importo costante della rata. Tale modalità di rimborso resta comunque nella formula dell'interesse semplice, non essendovi alcun elemento, nella struttura matematica e finanziaria propria del piano di ammortamento alla francese che porti alla generazione di interessi composti. Privo di riscontri è l'assunto per cui l'ammortamento alla francese comporterebbe che gli interessi applicati finiscano per essere calcolati non solo sul capitale, ma anche sugli interessi nel frattempo maturati, dando automaticamente luogo a una capitalizzazione di interessi non consentita dalla legge: il conteggio degli interessi, qualsiasi sia la durata complessiva del piano e la cadenza periodica dei pagamenti, è sempre e comunque effettuato solo sul debito residuo, sul capitale, cioè, che rimane da restituire alla banca mutuante. Partendo poi dall'interesse, il metodo consente di calcolare per differenza la quota capitale del pagamento, la cui restituzione viene portata a riduzione del debito. In tal modo, l'interesse non viene sommato al capitale, e non è mai produttivo di altro interesse, ma, tramite pagamenti periodici, viene separato dal capitale medesimo, il quale solo rimane produttivo di interessi. In altri termini, una volta che, mediante il pagamento della rata del piano, l'interesse viene corrisposto unitamente alla quota capitale, nella successiva rata il capitale residuo - ridotto per effetto della restituzione di una parte dello stesso - torna a essere conteggiato depurato da qualsivoglia effetto anatocistico (cfr., in tal senso, da ultimo, Tribunale Milano Sez. VI Sent., 23/01/2020; Tribunale Roma Sez. XVII Sent., 23/01/2020; Tribunale Rimini Sent., 12/03/2022). È quindi irrilevante, nell'ottica sia dell'art. 117 T.U.B. che delle delibere CICR, il fatto che non sia esplicitato il criterio utilizzato per il calcolo della rata. Con l'ammortamento all'italiana si restituiscono meno interessi perché il capitale viene restituito prima, ma questo non implica un effetto anatocistico e, d'altro canto, con il regime di ammortamento alla francese, il contraente lucra un finanziamento a rata costante (cfr. Tribunale di Roma, 8/03/2021 n. 4034). L'effetto anatocistico risulta escluso -contrariamente a quanto argomenta la minoritaria giurisprudenza di merito citata da parte attrice - perché il computo degli interessi viene comunque effettuato sul debito residuo (differenza tra l'ammontare originario del prestito e le rate già corrisposte): "si è infatti chiarito come l'affermazione secondo cui l'ammortamento a rate costanti presupporrebbe un regime di capitalizzazione composto sia destituita di fondamento, in quanto la legge di sconto composto è utilizzata unicamente al fine di individuare la quota capitale da restituire in ciascuna delle rate prestabilite ed è pertanto una formula di equivalenza finanziaria che consente di rendere uguale il capitale mutuato con la somma dei valori capitale compresi in tutte le rate del piano di ammortamento, senza incidere sul separato conteggio degli interessi, che rispondono alla regola dell'interesse semplice poiché ad ogni scadenza temporale pattuita, la quota d'interessi compresa in ciascuna rata è data dal prodotto tra il debito residuo alla medesima rata ed il tratto d'interesse frazionato secondo la medesima ripartizione temporale di restituzione del capitale" (Corte d'Appello di Venezia, sentenza del 07.07.2021, n.1905). 2. Indicazione del Tasso effettivo Quanto detto in ordine alla irrilevanza del criterio del calcolo della rata determina l'infondatezza anche dell'eccezione relativa alla mancata indicazione del Tasso Effettivo (TAE), che tiene conto degli effetti della capitalizzazione infrannuale (mensile) degli interessi in violazione dell'art. 1283 c.c. L'assunto attoreo non coglie nel segno in quanto la difformità tra quello che viene chiamato TAE e il tasso nominale indicato in contratto non è in realtà una reale (ed illegittima) diversità di tasso creata da un celato anatocismo, ma l'effetto della circostanza che il primo include la mancata redditività derivante dal fatto che il mutuatario (anziché pagare gli interessi in un'unica soluzione a fine anno), ne anticipa mensilmente 1/12 (cfr. Tribunale di Milano, sent. del 01.07.2020, n.3803). Ovvia è quindi, sotto un profilo matematico, la mancata coincidenza fra TAN e TAE nei contratti di finanziamento che prevedono il rimborso della somma finanziata mediante corresponsione di rate con periodicità infra annuale, senza che questo determini una nullità ai sensi dell'art. 117 comma 6 T.U.B.: la sanzione della nullità è infatti prevista solo per "le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati", ipotesi inconferente rispetto al caso di specie. Quanto all'art. 1284 c.c., neppure nel mutuo con ammortamento alla francese vi è alcun aumento artificioso del tasso di interesse né il rischio di crescita indefinita del tasso di interesse che l'art. 1284 c.c. mira ad evitare, posto che gli interessi sono conoscibili sulla base degli elementi contenuti in contratto e non sono - essendo un mutuo un contratto con piano di rientro concordato e non con utilizzo flessibile del fido - esposti a una crescita indefinita, poiché la loro produzione termina quando si conclude il periodo, programmato, di ammortamento. Conseguentemente, non vi era alcun obbligo di indicare il TAE perché, non essendovi capitalizzazione infrannuale si è al di fuori del perimetro tracciato dall'art. 6 della Delibera CICR del 9 febbraio 2000, ove dispone che "nei casi in cui è prevista una capitalizzazione infrannuale viene inoltre indicato il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione" e la sanzione dell'inefficacia in caso di mancata approvazione scritta: come chiarito da condivisione giurisprudenza di merito, "la delibera CICR 9.2.2000 prevede tale indicazione ma solo quando vi sia come è frequente nei contratti di conto corrente, una capitalizzazione infrannuale degli interessi, che non ricorre, invece, nel caso, come quello di specie, di contratti di mutuo con ammortamento alla francese" (cfr. Corte d'Appello di Milano, sent. del 11.05.2021). Concludendo sul punto, l'apparente difformità del TAE rispetto al TAN è un'ovvia conseguenza della modalità di rimborso con garanzia di rata costante e non vi era alcun obbligo di indicare il TAE in quanto non vi sono operazioni di capitalizzazione degli interessi infrannuali (come avviene nei (...) correnti), ma solo un frazionamento, con periodicità infrannuale, della medesima obbligazione restitutoria. 3. Omessa indicazione del TAEG/ISC Secondo l'attrice (...) anche l'omessa indicazione del TAEG/ISC determinerebbe una nullità per indeterminatezza dell'oggetto, violando anche sotto tale profilo l'art. 117 TUB. In disparte la circostanza che l'obbligo di indicazione è stato introdotto dalla Delibera CICR in data 04.03.2003, con decorrenza dal 1/10/2003 e dunque in epoca successiva alla stipula del contratto; pure successivo alla stipula del contratto è l'art. 125 bis TUB, ci cui infatti l'attrice non fa menzione. Ad ogni modo, come chiarito dalla Suprema Corte di recente, nessuna conseguenza determina la sua mancata indicazione: "in tema di contratti bancari, l'indice sintetico di costo (ISC), altrimenti detto tasso annuo effettivo globale (TAEG), è solo un indicatore sintetico del costo complessivo dell'operazione di finanziamento, che comprende anche gli oneri amministrativi di gestione e, come tale, non rientra nel novero dei tassi, prezzi ed altre condizioni, la cui mancata indicazione nella forma scritta è sanzionata con la nullità, seguita dalla sostituzione automatica ex art. 117 D.Lgs. n. 385 del 1993, tenuto conto che essa, di per sé, non determina una maggiore onerosità del finanziamento, ma solo l'erronea rappresentazione del suo costo globale, pur sempre ricavabile dalla sommatoria degli oneri e delle singole voci di costo elencati in contratto" (Cass. Civ., Sez. I, Sentenza n. 39169 del 09/12/2021). Ancora: "in tema di mutui, l'indicatore sintetico di costo (ISC) è un parametro esterno al contratto, sostanzialmente coincidente con il TAEG ed avente una funzione puramente informativa per il cliente della banca, in ordine alla cui violazione la legge non contempla alcuna sanzione di nullità" (Cass. Civ., Sez. VI-I, Ordinanza n. 26585 del 09/09/2022). I principi enunciati da tale recente giurisprudenza della Suprema Corte appaiono del tutto idonei a superare gli argomenti di parte attrice, che conducono a sanzionare con la nullità ipotesi in relazione alle quali la legge non prevede tale sanzione: dal momento che l'ISC e il TAEG non costituiscono un, "tasso di interesse" o una specifica condizione economica da applicare al contratto di finanziamento e la loro indicazione svolge unicamente una funzione informativa finalizzata a mettere il cliente nella posizione di conoscere il costo totale effettivo del finanziamento prima di accedervi, senza implicare una previsione di una fonte di maggiore onerosità del finanziamento, dalla loro errata indicazione non può derivare la nullità, poiché ci si trova al di fuori dell'ambito applicativo dell'art. 117, sesto comma, TUB (riferito solo alle clausole contrattuali che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati). 4. Nullità del tasso di interesse parametrato all'Euribor Parte attrice, muovendo dalla nullità del parametro Euribor nel periodo compreso tra il 29.09.2005 ed il 30.05.2008, di cui alla Decisione della Commissione Europea del 4.1.22013, con cui è stato accertato dalla che gli Istituti di Credito (...) si sono resi responsabili di un'illecita coordinazione volta ad indurre in errore la Fbe al fine di far pubblicare un indice Euribor diverso e maggiore dal reale tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie in Euro tra le principali banche europee, sostiene che l'illegittimità dell'Euribor ha influenzato il tasso convenzionale, rendendolo nullo per indeterminatezza ex artt. 1346 e 1418, comma 2, c.c. L'Euribor indica il tasso di interesse medio applicato da un primario istituto di credito europeo ad altro primario istituto per operazioni di prestito a breve termine in Euro, con scadenza da una a tre settimane e da uno a dodici mesi. Il tasso viene rilevato ("fissato") giornalmente dalla European Banking Federation (EBF), in base alle segnalazioni trasmesse entro le ore 11 (fuso dell'Europa centrale) all'agenzia Reuters da un insieme di oltre 50 banche, individuate tra quelle con il maggiore volume d'affari dell'area Euro. Fissato questo punto di riferimento, ogni altro prodotto bancario o finanziario in Euro, di pari durata, offerto che sia da una banca altro intermediario o diverso emittente definisce il proprio costo, e implicitamente la propria rischiosità, per differenza (spread) rispetto al tasso interbancario. Il tasso finito praticato non è dunque determinato dal solo Euribor, ma da indice + spread. Sebbene una serie di cautele presidino l'Euribor contro il rischio di manipolazioni ad opera di uno o più degli attori del mercato interbancario, è vero che alcune manipolazioni sono state accertate. In primo luogo, il tasso ancorato all'Euribor non è per ciò solo indeterminabile: la mancata indicazione del coefficiente del divisore Euribor non determina la violazione degli artt. 1345, 1418, 1284 c.c., in quanto il requisito della pattuizione scritta degli interessi ultralegali, prescritta dall'art. 1284 c.c., infatti, è da ritenere soddisfatto anche per relationem non essendo necessario che il documento contrattuale contenga l'indicazione in cifre del tasso d'interesse pattuito. Quanto poi alla citata nullità del parametro Euribor quale effetto della Decisione della Commissione Europea del 4/1/2013, deve ritenersi che gli effetti dell'intesa illecita tra alcuni istituti bancari, finalizzata a condizionare la determinazione dell'Euribor sul mercato dei prodotti finanziari derivati, non comportano la nullità della clausola che fissa il tasso di interesse per relationem. Condivisibile giurisprudenza di merito ha chiarito che "in tale ipotesi, la pratica anticoncorrenziale ha inciso non sull'adozione di clausole standard nei contratti di finanziamento, passibili dì nullità in quanto direttamente frutto di pratiche contrarie alla normativa antitrust, bensì sulla determinazione dell'entità del corrispettivo dovuto sul finanziamento concesso e lo strumento di tutela per il danneggiato, che alleghi e provi il pregiudizio per avere versato un sovraprezzo rispetto a quello che avrebbe versato in assenza di manipolazione del parametro incidente sulla determinazione del prezzo, è quello risarcitorio" (Corte d'Appello Milano Sez. I, 29/09/2021). Ciò posto, parte attrice non ha tempestivamente allegato e provato la concreta incidenza dell'intesa (anche ritenendone provata l'esistenza e l'illiceità sulla base semplicemente della decisione) sul singolo contratto nonché la partecipazione della Banca all'intesa anticoncorrenziale produttiva di un rialzo dell'Euribor con maggiori oneri per la mutuataria. 5. Statuizioni conclusive e spese. Il rigetto della domanda sulla base di argomentazioni giuridiche che non richiedono approfondimenti contabili parte, ha reso superflua l'ammissione della c.t.u. richiesta da parte attrice anche nella comparsa conclusionale, ove ha anche allegato una ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria, peraltro non citata nel corpo dell'atto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate d'ufficio, tenuto conto, per quanto riguarda i compensi professionali, dei parametri previsti dal D.M. del 10 marzo 2014 n. 55, aggiornati al D.M. del 13/08/2022 n. 147, alla luce dell'attività svolta e dello scaglione di riferimento delle cause di valore indeterminabile di bassa complessità, tenuto conto della istruttoria solo documentale (euro 1701,00 per fase di studio, euro 1204,00 per fase introduttiva, euro 1354,00 per fase istruttoria, euro 2179,00 per fase decisoria). P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa promossa da (...) nei confronti della (...) S.P.A., ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone. - rigetta le domande proposte dall'attrice; - dichiara tenuta e condanna (...) alla rifusione in favore della (...) s.p.a. delle spese di lite, che liquida in euro 6.438,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese forfettarie nella misura del 15%, IVA e c.p.a. con aliquote di legge e se dovute. Ferrara, 9 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 11 gennaio 2023.

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