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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI FERRARA SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Costanza Perri, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. 2647/2023 promossa da: (...) nato a (...) (C.F. (...)), residente ad Argenta (FE), (...) (...) nata a (...) (C.F. (...)), residente ad Argenta (FE), (...) (...) nato a (...) (C.F. (...)), residente in Casaletto Credano (CR), (...) tutti rappresentati e difesi dall'Avv. El.Be. del foro di Ferrara (C.F. (...)) indirizzo (...), presso lo studio della quale in Comacchio (FE), frazione Porto (...), (...) hanno eletto domicilio, giusta procura allegata all'atto di citazione su foglio separato in copia per immagine autenticata con firma digitale ai sensi dell'art. 83, 3 comma c.p.c. e successive modifiche ed integrazioni ATTORI contro (...) corrente in Comacchio (FE), Porto Garibaldi, (...) (c.f. (...)), in persona dell'amm.re e legale rappresentante pro-tempore Mi.Ad. - pec: (...) estratto dal registro INI-PEC CONVENUTO OGGETTO: Impugnazione di delibera assembleare CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione debitamente notificato, (...) , (...) e (...) premettendo di essere i primi due comproprietari di un'unità immobiliare destinata ad uso abitativo (Appartamento A23), il terzo proprietario esclusivo di un'unità abitativa (Appartamento A28), comprese nel fabbricato condominiale denominato (...)", palazzina "A", corrente in Comacchio, località Porto Garibaldi, (...), convenivano in giudizio il predetto (...) in persona del suo amministratore pro tempore, al fine di impugnare la delibera assembleare del 25 agosto 2023 ed ottenerne la dichiarazione di nullità ovvero l'annullamento per i seguenti motivi: 1) omesso invio/ricezione dell'avviso di convocazione assembleare in violazione del termine e delle modalità prescritte dall'art. 66, 3 comma, disp. att. c.c. come modificato dall'art. 20 della legge 220/2012, asserendo gli attori di aver appreso, in maniera del tutto occasionale, della data di convocazione della riunione a seguito di informazioni telefoniche ricevute da altri Condomini, i quali a loro volta venivano informati della convocazione per effetto di quanto esposto nella bacheca situata nell'androne del fabbricato condominiale, in cui era indicata la data in cui si sarebbe riunita l'assemblea fissata per il giorno "venerdì 26 agosto 2023 ad ore 10,00" poi modificata, sempre con avviso esposto in bacheca, ed anticipata al giorno "venerdì 25 agosto 2023 ad ore 10,00"; 2) illegittimità della delibera in ordine all'approvazione del consuntivo ordinario 01/07/2022-30/06/2023 e del relativo stato di riparto nella parte in cui il consuntivo: a) riporta l'addebito di spese di "cancelleria, postali e rimborsi per valori bollati per convocazione assemblea 2023" e per "rimborsi per stampati e cancelleria al 30.06.2023" per complessivi Euro 305,20 che, quali spese correlate all'attività ordinaria di gestione spettante all'amministratore, rientrerebbero nel relativo compenso ordinario, determinato al momento di conferimento del mandato, poiché relative allo svolgimento dello stesso, senza possibilità di essere retribuite separatamente; b) non è accompagnato dalla nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti; c) sono addebitate spese per manutenzione e pulizia parti comuni, scale e ballatoi relative alla stagione 2022 e fino al 30/04/2023 per complessivi Euro 2.150,00, senza, tuttavia, indicare il numero della corrispondente fattura emessa dalla ditta esecutrice, a favore della quale è stato effettuato il pagamento; 3) illegittimità della delibera nella parte in cui l'assemblea ha riconfermato l'incarico all'amministratore per un importo complessivo, senza l'indicazione analitica dei compensi dovuti e delle spese correlate, non avendo l'amministratore comunicato ai Condomini, né presentato all'assemblea, il proprio preventivo per compensi, così come richiesto dall'art. 1129, comma 14, c.c., secondo cui: "L'amministratore all'atto dell'accettazione della nomina o del suo rinnovo, deve specificare analiticamente a pena di nullità della nomina stessa, l'importo dovuto a titolo di compenso per l'attività svolta"; 4) illegittimità della delibera impugnata nella parte in cui è stato approvato il bilancio preventivo relativo al periodo dal 01/07/2023 al 30/06/2024 per non corretta indicazione sia del compenso dell'amministratore che di voci di spesa "extra" (per cancelleria, postali e rimborsi per Euro 503,50 - spese varie Euro 450,00 e spese tecniche per verifiche Euro 600,00) per nulla specificate, da ritenersi comprese nel compenso dell'amministratore, altrimenti da specificare analiticamente nella proposta economica come attività ulteriore; 5) illegittimità della delibera impugnata nella parte in cui l'assemblea ha approvato di raccogliere più preventivi per i lavori straordinari di manutenzione del tetto, con impegno dell'amministratore ad effettuare le ripartizioni di legge e ad inviare a tutti i condomini un prospetto riepilogativo da rispedire con indicazione della preferenza della ditta e del tipo di intervento scelto, non rientrando nei poteri dell'amministratore in prorogatio quello di ordinare l'esecuzione di opere di straordinaria amministrazione, salvo che rivestano carattere di urgenza. Il (...) convenuto, pur se ritualmente citato, non si è costituito ed è rimasto contumace. All'esito della prima udienza ex art. 183 c.p.c., ritenuta la causa matura per la decisione senza bisogno di assunzione di mezzi di prova, il giudice ha invitato parte attrice a precisare le conclusioni, disponendo la contestuale discussione orale ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. e riservando in giorni 30 il deposito della sentenza. 1. Sulla irregolare convocazione assembleare. Il primo motivo di impugnazione col quale è stato contestato il vizio formale della irregolare convocazione dell'assemblea condominiale, indetta per il giorno 25 agosto 2023, non può trovare accoglimento, dovendosi ritenere sanato dalla presenza e partecipazione attiva in assemblea degli odierni attori. Giova premettere che l'art. 66, 3 comma, disp. att. c.c., secondo cui "l'avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell'ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione", a seguito della riforma del 2012 ha introdotto un obbligo formale, tipizzando le modalità di comunicazione ai condomini al fine evidentemente di garantire piena effettività dei loro diritti, segnatamente del loro diritto di poter partecipare in maniera informata e consapevole all'assemblea condominiale. Ciò posto, in base alla prospettazione attorea, nel caso di specie l'assemblea condominiale, tenutasi nella giornata del 25 agosto 2023, non sarebbe stata regolarmente convocata, poiché comunicata mediante semplice affissione nella bacheca situata nell'androne del fabbricato condominiale di un avviso in cui era indicata la data in cui si sarebbe riunita l'assemblea, fissata per il giorno "venerdì 26 agosto 2023 ad ore 10,00" (doc. 2), poi modificata, sempre a mezzo avviso in bacheca, ed anticipata al giorno "venerdì 25 agosto 2023 ad ore 10,00" (doc. 3). Gli attori, non essendo residenti presso il Condominio, avrebbero appreso della data dell'assemblea solo grazie alle telefonate ricevute da parte di altri condomini. In citazione gli attori allegano, poi, espressamente che "Alla riunione intervenivano personalmente o per delega n. 35 partecipanti per complessivi millesimi (...) del valore totale. I condomini (...) che partecipavano per delega conferita al sig. (...) mentre (...) interveniva personalmente, esprimevano voto contrario rispetto alle delibere assunte ai punti n. 1), 2) e 4). Orbene, pur dovendosi riscontrare, sulla scorta di quanto dedotto e documentato dalla difesa di parte attrice, l'illegittimità della convocazione assembleare poiché effettuata mediante semplice avviso pubblicato nella bacheca condominiale, si rileva altresì che tale vizio formale è stato certamente sanato dalla pacifica presenza in assemblea (oltre che dalla partecipazione al voto) del condòmino (...) personalmente e dei coniugi (...) e (...) mediante proprio delegato (cfr. verbale del 25/08/23). Ed invero, l'esercizio del diritto di voto in assemblea rende evidente che il condòmino sia pienamente informato sugli argomenti all'ordine del giorno. Costituisce, del resto, principio giurisprudenziale, affermato anche all'indomani della novella del 2012, che, in caso di partecipazione ed esercizio del proprio diritto di voto in assemblea, è possibile sanare il vizio formale di una convocazione irregolare (Cass. civ., sez. VI, 22 aprile 2022, n. 12934). Di conseguenza, "la presenza in assemblea e la partecipazione al voto del delegato dell'avente diritto pretermesso (che non ha inteso, nella circostanza, far constatare l'irregolarità incorsa) sana il vizio formale ed esclude che il delegante possa successivamente addurlo a motivo di annullamento della seduta dell'organo collegiale del condominio", stanti il principio della convalida tacita per volontaria, consapevole acquiescenza (art. 1444, secondo comma, cod. civ.) e quanto previsto nell'art. 66, terzo comma, disp. att. cod. civ. secondo cui "in caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell'articolo 1337 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati"". In sintesi, secondo quanto rilevato dalla giurisprudenza di legittimità "l'annullabilità della delibera assembleare per mancata comunicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea non può essere fatta valere allorché il condomino, nei cui confronti la comunicazione è stata omessa, sia presente in assemblea, dovendosi presumere che lo stesso ne abbia avuto comunque notizia, rimanendo l'eventuale irregolarità della sua convocazione conseguentemente sanata" (v. anche Cass. civ., 23 novembre 2016, n. 23903; Cass. civ., 27 marzo 2003, n. 4531). E' inoltre evidente come, trattandosi di vizio di annullabilità, soggetto legittimato a farlo valere sia soltanto il condòmino che, pretermesso dalla convocazione, non abbia preso parte all'assemblea o, comparso, non lo abbia rilevato. 2. Sulla approvazione del bilancio consuntivo ordinario 01/07/2022 - 30/06/2023. Si rileva anzitutto come la delibera impugnata abbia approvato il consuntivo ordinario 01/07/2022 - 30/06/2023, confermato l'amministratore in carica Mi.Ad. ed approvato il bilancio preventivo ordinario del 2023/2024. Orbene, col primo motivo di impugnazione gli attori hanno contestato la legittimità del bilancio consuntivo ordinario 01/07/2022-30/06/2023 e del conseguente stato di riparto nella parte in cui: a) il bilancio riporta l'addebito di spese di "cancelleria, postali e rimborsi per valori bollati per convocazione assemblea 2023" e per "rimborsi per stampati e cancelleria al 30.06.2023' per complessivi Euro 305,20 che, quali spese correlate all'attività ordinaria di gestione spettante all'amministratore, rientrerebbero nel relativo compenso ordinario, determinato al momento di conferimento del mandato, poiché relative allo svolgimento dello stesso, senza possibilità di essere retribuite separatamente; b) non è accompagnato dalla nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti; c) sono addebitate spese per manutenzione e pulizia parti comuni, scale e ballatoi relative alla stagione 2022 e fino al 30/04/2023 per complessivi Euro 2.150,00, senza tuttavia indicare il numero della corrispondente fattura emessa dalla ditta esecutrice, a favore della quale è stato effettuato il pagamento. Si ritiene che tale motivo di impugnazione sia fondato per le ragioni che seguono. In merito alla eccepita mancanza di una nota sintetica esplicativa della gestione che accompagni il consuntivo in esame, va osservato che come noto l'amministratore di condominio, nella tenuta della contabilità e per la redazione del bilancio, deve attenersi a principi di ordine e correttezza e, nel redigere il bilancio deve predisporre un documento chiaro ed intellegibile, che indichi correttamente le voci dell'attivo e del passivo, così da consentire l'immediata verifica da parte dei condomini della corrispondenza e della congruità rispetto alla documentazione relativa alle entrate ed alle spese (cfr. Cass. sez. 2 sentenza 23 gennaio 2007 n. 1405; Cass. sez. 2 sentenza 28 aprile 2005 n. 8877). Ai fini della redazione chiara ed intellegibile del bilancio condominiale l'art. 1130 bis c.c. dispone espressamente che esso "Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti", sicché, come già ampiamente affermato dalla giurisprudenza di merito, in difetto di quest'ultima la delibera approvativa del rendiconto deve considerarsi viziata (cfr. Trib. Torino sentenza n. 3528 del 04/07/2017); ed è stato inoltre specificato che "allorché il rendiconto non sia composto da registro, riepilogo e nota, parti inscindibili di esso, ed i codomini non risultino perciò informati sulla reale situazione patrimoniale del Condominio quanto ad entrate, spese e fondi disponibili, può discenderne - indipendentemente dal possibile esercizio del concorrente diritto spettante ai partecipanti di prendere visione ed estrarre copia dei documenti giustificativi di spesa - l'annullabilità della deliberazione assembleare di approvazione"; e ribadito che lo scopo del rendiconto è "soddisfare l'interesse del (...) ad una conoscenza concreta dei reali elementi contabili indicati nel bilancio così da dissipare ogni dubbio di incertezza e insufficiente chiarezza in ordine ai dati riportati nel conto e consentirgli di esprimere in assemblea un voto cosciente e meditato" (si vedano Trib. Roma sentenza n. 20969/2016 che ha annullato la delibera di approvazione del rendiconto per mancanza del registro di contabilità; Trib. Roma sentenza n. 23147/2016; Trib. Napoli sentenza n. 13653/2016; Trib. Bologna sentenza n. 2122/2016; e da ultimo, anche se in parte difforme, Trib. Roma sentenza 22 giugno 2022 n. 9989). Nel caso di specie certamente al bilancio consuntivo in esame non è stata allegata alcuna nota esplicativa, né dal verbale di assemblea del 25 agosto 2023 può evincersi che l'amministratore abbia "sanato" tale mancanza riportando al consesso condominiale dati ed osservazioni che avrebbero dovuto essere contenute nel suddetto documento. Del resto la funzione della nota è quella di mettere i condomini nella condizione di capire come sia stato gestito il (...) e di essere informati sulle questioni rilevanti affrontate nel corso della gestione, consentendo loro di arrivare in assemblea già sufficientemente edotti in merito alla situazione economico gestionale del (...) e poter, così, validamente deliberare. Con la conseguenza che la mancanza di una nota esplicativa nel caso in esame viola i principi di chiarezza ed intellegibilità sopra richiamati. Quanto alle voci di bilancio contestate si osserva che deve ritenersi illegittimo il consuntivo in relazione alle spese vive per "cancelleria, postali e rimborsi per valori bollati per convocazione assemblea 2023' e per "rimborsi per stampati e cancelleria al 30.06.2023' per complessivi Euro 305,20 imputate ai condòmini, ma prive di riscontro probatorio, nonché in relazione ad attività asseritamente svolte dall'amministratore, ma non previamente deliberate nel calcolo del compenso (cfr. Tribunale di Milano 8713/2019). Dette spese, poiché non espressamente ricomprese nel compenso previsto per l'amministratore ed approvato nell'esercizio precedente, risultano infatti aggiuntive rispetto ad esso. Parimenti la voce relativa alle spese per manutenzione e pulizia parti comuni, scale e ballatoi relative alla stagione 2022 e fino al 30/04/2023 per complessivi Euro 2.150,00 pare effettivamente non indicare il numero della corrispondente fattura emessa dalla ditta esecutrice. Nel riferito contesto, si ritiene pertanto che alla mancata allegazione di una nota sintetica esplicativa al consuntivo approvato con la delibera qui impugnata ed alla illegittima esposizione delle voci di bilancio sopra evidenziate consegue l'invalidità del consuntivo in esame. Per tali ragioni la delibera del 25/08/2023 va annullata nella parte in cui è stato approvato il consuntivo ordinario 01/07/2022 - 30/06/2023. 3. Sulla conferma dell'amministratore in carica. Illegittima, sotto il profilo della nullità, è altresì la delibera nella parte in cui ha rinnovato l'incarico all'amministratore, senza nulla prevedere in merito al relativo compenso, e pertanto senza alcuna indicazione analitica dei compensi dovuti e delle correlate voci (cfr. Trib. Milano 3 aprile 2016, n. 4294: "E' nulla la nomina dell'amministratore di condominio - con conseguente delibera in parte qua - in assenza della specificazione analitica del compenso a quest'ultimo spettante per l'attività da svolgere, in violazione dell'art. 1129, comma 14, c.c. Tale norma, che mira a garantire la massima trasparenza ai condomini e renderli edotti delle singole voci di cui si compone l'emolumento dell'organo gestorio al momento del conferimento del mandato, si applica sia nel caso di prima nomina dell'amministratore che nel caso delle successive riconferme"). 4. Sulla approvazione del bilancio preventivo 2023/2024. Gli attori hanno impugnato la delibera di cui al verbale di assemblea del 25 agosto 2023 anche in punto approvazione del bilancio preventivo relativo al periodo dal 01/07/2023 al 30/06/2024 relativamente sia alla voce che riguarda il compenso dell' amministratore, in quanto non correttamente indicato, sia alle voci di spesa "extra" (per cancelleria, postali e rimborsi per Euro 503,50 - spese varie Euro 450,00 e spese tecniche per verifiche Euro 600,00) in quanto per nulla specificate, da ritenersi comprese nel compenso dell'amministratore, altrimenti da specificare analiticamente nella proposta economica come attività ulteriore. Orbene, richiamate le considerazioni in punto di diritto sopra svolte con riferimento alla previsione ed approvazione dei compensi dell'amministratore (che, nel caso di specie, come già precisato, non sono stati né quantificati né specificati in ordine alle attività in esso ricomprese) e del dettato dell'art. 1129, 14 comma, c.c., e stante la prova in atti (quale risulta dallo stesso verbale di assemblea al punto 2 sul rinnovo dell'incarico) che il compenso non è stato espressamente previsto, né quantificato né specificato al momento della relativa delibera, emerge l' illegittimità di tale previsione. Ne consegue l' accoglimento della domanda sul punto, rilevando il vizio censurato sotto il profilo della annullabilità della delibera assembleare del 25/08/2023 in punto approvazione del bilancio preventivo relativo al periodo dal 01/07/2023 al 30/06/2024. 5. Sul punto 5 della delibera relativo a "Manutenzione tetto ed esamina nuovi preventivi". Il punto in esame non assume carattere deliberativo, posto che, come risulta dal verbale del 25/08/2023, in assemblea, trattato l'argomento "manutenzione del tetto" ed esaminato il tipo di intervento da eseguire, al termine della discussione è stata convenuta la convocazione di un'assemblea straordinaria per consentire ai condomini, anche eventualmente mediante delega, di indicare il tipo di intervento e di spesa che intendano sostenere. Non è stata, quindi, assunta alcuna determinazione in merito alla predetta questione, tanto è vero che alcuna votazione è stata svolta sul punto. Ne consegue che tale motivo di impugnativa è infondato, dovendosi pertanto rigettare la relativa domanda. 6. Spese di lite Le spese seguono il principio di soccombenza ai sensi dell'art. 91 c.p.c. e vanno liquidate come in dispositivo, tenuto conto del valore della domanda e dei parametri di cui al D.M. 55/2014 come modificato, applicati i valori medi alle sole fasi pienamente svolte (di studio ed introduttiva) e quelli minimi alla fase decisionale in quanto consistita nella sola precisazione delle conclusioni. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 2647/2023 R.G., ogni diversa domanda, istanza, deduzione ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede: 1) Dichiara la NULLITÀ della delibera dell'Assemblea del (...) del 25 agosto 2023 nella parte in cui è stato rinnovato l'incarico all'amministratore ed (...) la medesima delibera nella parte in cui è stato approvato il consuntivo ordinario 01/07/2022 - 30/06/2023 e approvato il preventivo ordinario 01/07/2023 al 30/06/2024. 2) Condanna il (...) in persona dell'amministratore pro tempore, al pagamento a favore di parte attrice delle spese del giudizio, quantificate per compensi professionali di avvocato in complessivi Euro 4.358,00 oltre alle spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge (se dovuti) e spese vive pari ad Euro 518,00. Così deciso in Ferrara il 24 aprile 2024. Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di FERRARA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Maria Marta Cristoni ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1579/2022 promossa da: Da.Tr. (C.F. (...)) con il patrocinio degli avvocati St.Ca., Da.Za. del foro di Milano e Ol.Al. ATTORE contro Pi.Tr. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. An.Au. CONVENUTO ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Da.Tr. ha convenuto in giudizio il fratello Pi. per ottenere la condanna ex art. 263 c.p.c. a rendicontare il patrimonio economico finanziario della madre, deceduta il 15 marzo 2021, di cui il convenuto avrebbe assunto di fatto la gestione, anche mediante svolgimento di incombenze quotidiane a partire dal 2000. I rapporti bancari di cui l'attore domanda la rendicontazione al fine di ottenerne il 50% in qualità di erede sono il Conto Corrente Bn. S.p.A. n. (...) e il Conto Corrente Fi. S.p.A. n. (...). In fatto, l'attore ha dedotto che, in base dalla documentazione contabile in suo possesso, si rinvengono prelevamenti in contanti, uscite di cassa, anche verso l'estero, per importi significativi, non adeguatamente circostanziati. In particolare, con riferimento al conto Bn. n. (...) (di cui produce estratti conto e documentazione contabile dal 2011 al 2021), intestato unicamente alla de cuius, sarebbero sospetti/non giustificati i prelievi in contanti per l'importo complessivo di Euro 62.980,35, le entrate per giroconti o bonifici per l'importo complessivo di Euro 207.829,44, sempre nell'arco temporale evidenziato; uscite a favore del convenuto per Euro 6.338,21 nelle date del 18.01.2017 e 04.12.2018 e una a favore di sua moglie di Euro 683,97; uscita a favore del figlio del convenuto, G.T., di Euro 10.000,00 in data 15.09.2016; altre uscite non identificate per Euro 32.601,80 e altre uscite con POS per Euro 48.290,73. Per il conto Fi. n. (...) cointestato alla de cuius e al convenuto (di cui produce gli estratti conto 2000-2017), aperto il 31 marzo 2000 mediante versamento di un assegno di 85 milioni di lire proveniente dal conto B., l'attore ha rilevato che il conto era alimentato esclusivamente da proventi della madre. Ha evidenziato altresì come anomalo il fatto che vi fossero investimenti in titoli e fondi a nome della de cuius, mentre la successiva liquidazione era a nome congiunto. Risultano, poi, asseritamente sospette alcuni entrate e giroconti per Euro 267.245,15 e accredito competenze per Euro 7.423,81; uscite a favore della moglie del convenuto dal 2004 al 2016 per un totale complessivo di Euro 108.000,00; uscite per fondi investimenti, dal 2003 al 2010, per un totale complessivo di Euro 87.100,00 oltre che ldue uscite del 08.06.2000, per totali Euro 51.645,69, a titolo "addeb. conferimento liquidità per C/GP"; uscite, dal 2010 al 2016, per un importo complessivo di Euro 7.635,11, tramite l'utilizzo della carta di credito n. (...), intestata al solo convenuto; giroconto del 26.09.2016 in favore di Pi.Tr. e Ag.Az., per l'importo di Euro 5.000,00; uscite, dal 22.11.2016 al 12.01.2017, in favore della società M. S.r.l., per un importo complessivo di Euro 11.700,00; uscite in favore di altri terzi, del 26.10.2011, per complessivi Euro 800,00, "pagamento presso foto Pa.Fe.". In data 25.05.2017, il convenuto richiedeva l'estinzione del CC in esame e la trasmissione del saldo residuo (che, alla data del 31.03.2017, ammontava ad Euro 2.034,37) con bonifico sul CC Fi. n. (...), cointestato al medesimo e alla moglie A.. In definitiva, ciò che lamenta l'attore è la gestione del convenuto - dal 2000 al 2017 per il conto Fi. e dal 2011 al 2021 per il conto Bn. - delle risorse ivi presenti, costituenti parte integrante del patrimonio ereditario, così da assumere le vesti di amministratore di fatto e/o di co-gestore, operando anche in nome e per conto della de cuius. L'attore ha rilevato altresì di aver avanzato plurime richieste di chiarimenti direttamente al convenuto oltre che varie istanze ex artt. 117 e 119 TUB, rimaste inevase. Accertato il diritto al rendiconto e quantificato quanto debba essere restituito alla massa ereditaria, l'attore ha chiesto il pagamento, in suo favore, nella misura del 50%, delle somme che risulteranno dovute. Si è costituito il convenuto, preliminarmente eccependo il difetto di legittimazione attiva, quale mero chiamato all'eredità e come tale non avente diritto di rendiconto ex art. 263 c.p.c. e, nel merito, contestando la ricostruzione fattuale dell'attore, negando in particolare il proprio ruolo di amministratore e gestore del patrimonio della defunta madre e, quindi, asserendo l'insussistenza dell'obbligo di rendiconto, non avendo egli mai assunto un incarico gestorio in tal senso e non essendo a tale scopo sufficiente una delega ad operare sui conti. Pur negando il rapporto gestorio, il convenuto afferma di aver svolto per la de cuius le semplici incombenze quotidiane che gli venivano di volta in volta richieste ed ha ricostruito gran parte delle voci di cui l'attore chiede rendicontazione, offrendone giustificazione, anche supportata da documentazione. Quanto all'utilizzo delle carte di debito e credito collegate ai conti, il convenuto ha rilevato come le somme prelevate fossero utilizzate quotidianamente della madre e che i prelievi sono del tutto coerenti con tali esigenze (utenze, medicine etc). Per il conto Fi., cointestato, ha osservato che la cointestazione lo esonera da qualsivoglia obbligo nei confronti del cointestatario e, di conseguenza, iure hereditatis verso l'attore, evidenziando altresì come sia stato alimentato anche da proventi da lui provenienti e smentendo il saldo alla chiusura indicato dall'attore, documentando quello diverso di Euro 312,69. In ogni caso, il convenuto ha eccepito la prescrizione dell'azione per tutte quelle operazioni compiute anteriormente al decennio antecedente alla richiesta di rendiconto, formulata per la prima volta nelle date 31 gennaio 2022 per il conto Bn. e 24 marzo 2022 per il conto F., e la prescrizione decennale del diritto di restituzione delle somme con riferimento alle operazioni compiute prima del 23/6/2012, periodo antecedente il decennio anteriore alla data di notifica dell'atto di citazione del presente giudizio. In subordine, ha contestato il diritto alla restituzione del 50% delle somme, ritenendo che le eventuali somme vadano riconosciute nelle percentuali indicate in testamento, ossia 2/3 in favore del convenuto e 1/3 in favore dell'attore. In tesi di parte convenuta, sarebbe necessario altresì collazionare le donazioni effettuate in vita dalla de cuius a favore dell'attore, quantomeno nei limiti di Euro 25.000,00, sottoforma di custodia di denaro in cassaforte, mai restituito. In relazione a tale importo ha, quindi, svolto eccezione riconvenzionale di compensazione con quanto eventualmente sarà chiamato a restituire. Nelle memorie istruttorie concesse, l'attore contestava le questioni pregiudiziali relative all'invocato difetto di legittimazione attiva, eccependo come l'azione in giudizio costituisse accettazione tacita dell'eredità e che, in ogni caso, l'accettazione implicita era già stata resa nota con la dichiarazione di successione presentata nel marzo del 2022, nonché quella di prescrizione, individuando il dies a quo della prescrizione dalla data di cessazione del rapporto gestorio coincidente con la morte della madre. L'attore ha ribadito altresì la sussistenza del diritto al rendiconto, manifestando come le difese a giustificazione delle movimentazioni bancarie, oltre a corroborare l'effettiva gestione economico finanziaria del fratello convenuto, non sono esaustive e devono comunque essere inserite in una più completa relazione descrittiva e ricostruttiva costituente il rendiconto. Il convento ha poi abbandonato l'eccezione di carenza di legittimazione attiva in seno alla memoria n. 2 ex art. 183, VI comma, c.p.c. a seguito delle precisazioni offerte dall'attore. 1. L'azione di rendiconto ex art. 263 c.p.c. Il procedimento di rendiconto di cui agli artt. 263 e ss. cpc è fondato sul presupposto dell'esistenza di un obbligo (legale o negoziale) di una delle parti di rendere il conto all'altra della propria attività, in ragione della rilevanza di tale gestione nella sfera di interessi patrimoniali altrui o, contemporaneamente, nella altrui e nella propria. Dal punto di vista processuale, la domanda, proposta in via principale o incidentale, si sviluppa in un giudizio ordinario di merito, previa emanazione di una ordinanza da parte del giudice con il quale il rendiconto è ordinato. Tuttavia, è ormai pacifico nel panorama dottrinale e giurisprudenziale che allorquando vi sia controversia in ordine alla situazione od al negozio da cui si fa discendere l'obbligo di rendere il conto, l'ordine del giudice di presentazione del conto deve essere preceduto dal positivo accertamento dell'esistenza di detta situazione o negozio, che ne costituiscono la base imprescindibile (Cass. I, n. 4765/2007; Cass. I, n. 26222/2022). La resa dei conti tra i coeredi, in particolare, oltre a presupporre la qualifica di erede dell'attore, sebbene naturalmente finalizzata alla divisione ereditaria, può anche costituire un obbligo a sé stante scisso dalla prima domanda, essendo fondato sul diverso presupposto della gestione di affari altrui condotta da uno dei coeredi, in base ad assunzione volontaria od a mandato ad amministrare. Nel caso di specie, la legittimazione attiva di Da.Tr. ad agire in giudizio proponendo azione di rendiconto avverso il fratello è agevolmente accertabile dal tenore delle comunicazioni effettuate prima dell'introduzione del presente giudizio, oltre che dalla domanda giudiziale stessa, tutte circostanze valutabili ai fini dell'art. 476 c.c.. Infatti, l'accettazione è tacita quando il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone la sua concreta ed effettiva volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di porre in essere se non nella qualità di erede. Dunque, l'accettazione tacita dell'eredità postula, ex art. 476 c.c., la ricorrenza di due condizioni e, cioè, il compimento di un atto che presuppone necessariamente la volontà di accettare e la qualificazione di tale atto, nel senso che ad esso non sia legittimato se non chi abbia la qualità di erede (Cass. Civ. n. 5569/2021; Cass. Civ. 10655/2022; Cass. Civ. 14499/2018; Cass. Civ. 10796/2009). Ciò premesso, l'attore - erede - ritiene sussistente il presupposto necessario per poter esigere la resa dei conti dal fratello - coerede - nel fatto che egli fosse, da un lato, autorizzato formalmente e compiere operazioni sui conti correnti richiamati (mediante delega sul conto Bn. intestato alla de cuius e tramite la co-intestazione del conto F., alimentato dalle sole sostanze della defunta madre); in sostanza, quindi, sul presupposto sostanziale dell'esistenza di un mandato e/o di ingerenza spontanea e continuativa nella sfera economico finanziaria della madre. La circostanza è apertamente contestata dal convenuto, che nega tout court l'esistenza del presupposto giuridico e ne eccepisce, comunque, l'intervenuta estinzione in virtù della prescrizione. È necessario, quindi, procedere, in primo luogo, all'accertamento della sussistenza o meno del mandato gestorio e del conseguente diritto al rendiconto da parte dell'attore, oltre che del periodo di riferimento. Dal punto di vista fattuale, dal compendio probatorio è emerso che il convenuto effettivamente provvedeva al disbrigo delle faccende quotidiane, vale a dire ad attività tanto pratiche, di mera assistenza quotidiana, quanto di gestione patrimoniale e finanziaria complessiva della madre. Il punto di partenza è indubbiamente la formale operatività sui conti della stessa, resa palese con la delega sul conto Bn. e con la cointestazione del conto F.. La delega bancaria oggetto di esibizione ex art. 210 c.p.c. (deposito del 24 agosto 2023) era molto ampia e consentiva qualsivoglia operazione sul conto. Significativa appare, inoltre, l'indicazione della possibilità per il delegato del compimento di tutte le operazioni "in nome e per conto" della titolare. La delega originariamente rilasciata il 20 maggio 1987 è stata successivamente integrata nel 2005, con estensione dei poteri gestori al portafoglio titoli con ampie facoltà operative. Si deve necessariamente concludere, quindi, che la delega, giuridicamente qualificabile come atto attributivo del potere di compiere qualunque atto giuridico sui conti cui è riferita, è idonea a far sorgere in capo al delegato il presupposto dell'obbligo di rendicontazione dell'attività gestoria, cui corrisponde il diritto, sorto alla morte del mandante, invocabile dagli eredi (tra le tante, Cass., sez. VI, 9896/2021). Parimenti configurabile è un mandato gestorio sull'intero conto corrente F., anche se cointestato. È noto, infatti, come la cointestazione giuridica del conto faccia presumere la titolarità (e i relativi diritti) in parti uguali tra i soggetti titolari delle provviste economiche solo e nella misura in cui non sia possibile superare la presunzione deducendo una situazione diversa comprovante l'esclusività sostanziale del denaro in capo ad uno solo dei cointestatari. Tale situazione abiliterebbe gli eredi del mandante alla richiesta di rendicontazione di tutto il conto. Nel caso di specie, la presunzione è da ritenersi superata in ragione non solo del cospicuo apporto iniziale proveniente dal conto Bn. di esclusiva proprietà della madre delle parti in causa, ma anche dall'assenza di prova offerta dal convenuto di un suo apporto di sostanze economiche. Né a ciò può sopperire la documentazione attestante - secondo parte convenuta - l'asserito versamento in contanti per gli anni 2016 e 2017 (doc. 22 e 22 bis): le ricevute di deposito allo sportello bancomat nulla provano né in merito al soggetto che ha effettuato l'operazione, né, soprattutto, in merito alla provenienza della provvista depositata. Anzi, dall'esame della documentazione contabile versata in atti emerge come il conto sia stato alimentato oltre che dall'accredito di "competenze" non diversamente qualificate e liquidazioni di fondi di investimento intestate alla madre. Confermano, infine, l'assunto della configurazione in capo al convenuto dell'attività gestoria complessiva delle risorse della de cuius: - quanto riportato nel testamento dalla de cuius in merito: "mio figlio Pi. ha sempre provveduto ad aiutarmi nell'amministrazione dei miei interessi, senza aver mai ricevuto alcuna somma di denaro a nessun titolo, per equità nei confronti dei miei figli dispongo dei miei beni come segue..." (doc. 4 fascicolo attore - testamento pubblico Bruna Girotti); - l'ammissione dell'incarico gestorio conferito dalla de cuius al convenuto e l'elencazione specifica delle attività compiute per conto della madre, entrambi contenuti nella missiva a mezzo mail del 25.04.2017: "vero è che la mamma e quindi non è certo stata una mia iniziativa o una mia auto investitura) che ha evidentemente fiducia in me, mi ha delegato a seguire per conto suo tutte le incombenze "di bassa manovalanza" che la riguardano, sia per la casa al mare che per quella di residenza a Fi. in quanto lei non è in grado di effettuarsele per conto proprio (pagamento delle bollette, pagamento delle tasse, del condominio, della colf, dei contribuiti, della Tari, dell'Imu, della Tasi, della Tia del mare, delle assicurazioni, prelievi e addebiti in banca sul suo conto corrente quando necessario, pagamento dei lavori di riparazione o intervenire per risolvere tutte le beghe e/o problemi di ogni specie che si verifichino. ... io l'accompagno sia diverse volte l'anno per vedere lo stato generale della casa, sia una volta all'anno all'agenzia Toni Guerzoni per riscuotere gli affitti, l'assegno viene staccato e consegnato a lei, io poi il giorno dopo vado a versaglielo sul suo conto corrente ... se proprio devo rendere conto del mio operato, devo farlo solo ed unicamente nei confronti della mamma che mi ha delegato a queste incombenze": nel cui contesto il convenuto ha fornito un dettagliato bilancio di entrate e uscite relative all'anno 2016, dimostrando, quindi, non solo che ne avesse piena contezza, ma anche e soprattutto della precisione degli stessi, tipica solamente di chi ne ha la effettiva gestione; 3- la testimonianza resa dalla moglie del convenuto, Ag.Az., che ha confermato l'operazione di cambio valuta per conto della madre. 2. La prescrizione del diritto e la delimitazione temporale Ciò premesso, l'obbligo di rendicontazione (art. 1713 c.c.) si trasferisce in capo agli eredi secondo le regole generali del diritto successorio. Il coerede è, in tal modo, obbligato al rendiconto a decorrere dalla data di apertura della successione: il decesso del mandante estingue certamente il rapporto fiduciario di mandato mentre lascia immutato il diritto-obbligo di rendere il conto della gestione - nonché la restituzione di cose e sostanze - in capo al mandatario ed a favore degli eredi del mandante. (così, ex multis, Cass., n. 7254, depositata il 22 marzo 2013) È, quindi, esclusivamente a tale momento che deve guardarsi con riferimento al dies a quo della prescrizione del diritto invocato, perché è solo in tale momento che lo stesso può dirsi sorto, secondo la regola generale di cui all'art. 2935 c.c. Quanto, invece, al periodo da rendicontare, dal tenore complessivo delle richieste di parte attrice e dalla documentazione versata in atti, si ritiene di dover accertare in questa sede (e ordinare con separato provvedimento) il rendiconto del conto corrente Bn. dal 2011 al 2021 e del conto corrente Fi. dal 2000 al 2017. 4. La collazione della donazione fatta all'attore e la misura dell'eventuale restituzione. Il convenuto ha svolto una eccezione riconvenzionale di compensazione volta a paralizzare integralmente o parzialmente l'eventuale condanna al pagamento restitutorio, asserendo l'esistenza di una donazione fatta in vita dalla de cuius in favore dell'attore. Tuttavia, la parte non ha fornito alcun riscontro probatorio alla generica allegazione, presentata sulla sola base delle riportate affermazioni del de cuius: "in passato ho dato a mio figlio D., come ben sa, molto denaro per necessità che gli si erano presentate", che risulta, quindi, totalmente indimostrata. Peraltro, le appena richiamate frasi paiono riferirsi a circostanze differenti rispetto all'asserito deposito di Euro 25.000,00, in alcun modo introdotte nel thema probandum del presente giudizio. Né a tal fine potevano sopperire i capitoli di prova orali formulati. L'eccezione è, pertanto, infondata e deve essere respinta. 5. Le spese Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, secondo i parametri medi dello scaglione di riferimento (valore indeterminabile). P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1. accerta e dichiara l'obbligo del convenuto Pi.Tr. al rendimento del conto Bn. n. (...) per il periodo 2011 - 2021 e del conto Fi. n. (...) per il periodo 2000 - 2017; 2. condanna Pi.Tr. a rimborsare a Da.Tr. le spese di lite, che si liquidano in Euro 545,00 per spese, Euro 7616,00 per onorari, oltre spese forfettarie ed accessori di legge; 3. dispone ex art. 263 c.p.c. come da separata ordinanza. Così deciso in Ferrara l'8 marzo 2024. Depositata in Cancelleria l'11 marzo 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice Marianna Cocca ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. r.g. 1841/2022, promossa da: Gi.Ag. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. TA.AN., elettivamente domiciliata presso il difensore ATTRICE OPPONENTE contro Ke. SRL (C.F. (...)), rappresentata da Pr. SPA. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. MA.DA., elettivamente domiciliata presso il difensore CONVENUTA OPPOSTA Opposizione a decreto ingiuntivo - rigetto Cessione ex art. 58 T.U.B. - fideiussione specifica - nullità per violazione della disciplina anticoncorrenziale - esclusione RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Posizioni delle parti, sintesi dello svolgimento del processo e conclusioni Su ricorso della Ke. s.r.l. (rappresentata dalla Pr. s.p.a.), il Tribunale di Ferrara, con decreto n. 529/2022, emesso in data 25 maggio 2022, ha ingiunto a Ov. s.r.l. e ai fideiussori En.So. e Gi.Ag., nei limiti dell'importo massimo garantito, "di pagare, in solido, alla parte ricorrente, per le causali di cui al ricorso, i fideiussori entro quaranta giorni dalla notifica del presente decreto e la società debitrice immediatamente dopo la notifica del presente decreto di cui autorizza la provvisoria esecuzione limitatamente alla predetta società ingiunta: 1. la somma di Euro 49680,84 (limitatamente ad Euro 45.029,11 il fideiussore A.G.); 2. gli interessi come da domanda, nei limiti del tasso soglia ex L. n. 108 del 1996; 3. le spese di questa procedura di ingiunzione, liquidate in Euro 286,00 per diritti, in Euro 653,00 per onorari, oltre il 15 % per spese generali, i.v.a. e c.p.a. ed oltre a rimborso spese generali e successive occorrende per copie autentiche, notifiche e registrazione". Gi.Ag. ha proposto opposizione ed ha così concluso: "ogni diversa e contraria istanza ed eccezione disattesa anche in via istruttoria ed incidentale, accertare e dichiarare l'assenza di prova scritta del credito valida all'ottenimento del decreto ingiuntivo in quanto l'opposta non ha dato prova della cessione del credito relativo alla posizione della Sig.ra A.G.; - accertare e dichiarare la nullità della fideiussione rilasciata dalla Sig.ra Gi.Ag. per violazione della normativa antitrust; accertare e dichiarare illegittimo il comportamento dell'Istituto di Credito per violazione dell'art. 1956 cc.; dichiarare illegittimo, porre nel nulla e pertanto revocare il decreto ingiuntivo n. 529/2022 emesso dal Tribunale di Ferrara in data 25.05.2022 con ogni effetto di legge, con vittoria di spese e competenze di lite comprese le spese generali, Iva e CPA come per legge". La Ke. s.r.l., rappresentata dalla mandataria Pr. s.p.a., si è costituita in giudizio ed ha così concluso: "in via principale nel merito, rigettare tutte le domande formulate dall'opponente, poiché infondate in fatto ed in diritto, e comunque non provate e confermare il D.I. opposto; in subordine e nel merito, salvo gravame, nella denegata ipotesi di accoglimento anche parziale dell'avversa opposizione, condannare la Sig.ra A.G., al pagamento della diversa, maggiore o minore somma che dovesse essere accertata come dovuta da, maggiorata degli interessi come indicati in D.I. e delle spese ivi liquidate. In subordine e nel merito, salvo gravame, accertare e dichiarare la nullità parziale e non totale delle garanzie contestate dal garante A.G., dichiarandole valide ed efficaci per le clausole diverse da quelle che fossero in ipotesi dichiarate nulle; o in ulteriore subordine dichiararne la conversione in altro contratto di garanzia ex art. 1414 c.c.. Con vittoria di spese ex D.M. n. 55 del 2014, spese generali 15% e accessori di legge". La causa è stata istruita con le produzioni documentali delle parti; fatte precisare alle parti le conclusioni mediante il deposito di note ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., è stata trattenuta in decisione, ai sensi dell'art. 281-quinquies, comma 1, c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. L'azione monitoria spiegata da Ke. s.r.l. (rappresentata dalla Pr. s.p.a.) nei confronti di Gi.Ag. ha la sua fonte nel contratto di fideiussione per operazione specifica stipulato in data 25/5/2017, con cui la prima si è costituita fideiussore della Ov. s.r.l. a garanzia del finanziamento chirografario n. (...) di Euro 50.000,00, concesso dalla C.R. s.p.a. in pari data. L'opposizione proposta da Gi.Ag. avverso il decreto ingiuntivo concerne essenzialmente due questioni: la prima attiene alla dedotta mancata prova della titolarità del credito in capo a Ke. s.r.l. La parte opponente sostiene infatti che non vi sarebbe prova della cessione a Ke. s.r.l. del credito derivante dalla fideiussione per operazione specifica del 25/05/2017, rilasciata da Gi.Ag. in favore della C.R. s.p.a. Il secondo profilo che l'opponente contesta attiene alla nullità della fideiussione, che deriverebbe dalla presenza di clausole dichiarate invalide in base alla disciplina antitrust; secondo l'opponente, sarebbe nulla la clausola di deroga dell'art. 1957 c.c., con conseguente decadenza in ragione dell'assenza di prova, da parte del creditore, di essersi attivato nel termine previsto dalla norma. 2. La titolarità del credito Con riferimento al tema della titolarità del credito in capo alla cessionaria, occorre premettere che "la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un'operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all'art. 58 del D.Lgs. n. 385 del 1993, ha anche l'onere di dimostrare l'inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l'abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta" (Cass. Civ., Sez. VI-I, Ordinanza n. 24798 del 05/11/2020). Di recente la Suprema Corte ha precisato che "la produzione dell'avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale che rechi l'indicazione per categorie dei rapporti ceduti "in blocco" è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno dei rapporti oggetto della cessione, allorché gli elementi che accomunano le singole categorie consentano di individuarli senza incertezze; resta comunque devoluta al giudice di merito la valutazione dell'idoneità asseverativa, nei termini sopra indicati, del suddetto avviso, alla stregua di un accertamento di fatto non censurabile in sede di legittimità in mancanza dei presupposti di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c." (Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 4277 del 10/02/2023). È dunque onere di chi agisce, qualificandosi titolare di quel credito e quindi legittimato ad agire, dimostrare che il credito possieda gli elementi indicati nelle suddette categorie. Ebbene, dalla documentazione depositata, risulta la fusione per incorporazione della C.R. s.p.a. in I.S.P. s.p.a., perfezionata con atto del (...), a rogito Notaio R.M.M. di T. (Rep. (...) - Racc. (...) - doc. 12 fascicolo monitorio), a seguito della quale I.S. s.p.a. è subentrata in tutti i rapporti attivi della società incorporata con effetto giuridico dal 25/2/2019. Risulta poi che l'odierna opposta, Ke. s.r.l., nell'ambito di un'operazione di cartolarizzazione realizzata da I.S. S.p.A., ai sensi della L. n. 130 del 1999 è divenuta titolare di un portafoglio di crediti. Di tale cessione è stato dato avviso mediante pubblicazione, ai sensi e per gli effetti di cui alla L. n. 130 del 1999, sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 138 del 23 novembre 2019, Parte Seconda, foglio delle inserzioni. La creditrice ha prodotto anzitutto l'avviso di cessione di crediti pro-soluto pubblicato nella G.U. della Repubblica Italiana (doc. 14 fascicolo monitorio). Nell'avviso si legge che "La società Ke. S.r.l., con sede legale in Via V. 15/17, M. (l'"Emittente" o la "Società"), comunica che, nell'ambito di un'operazione di cartolarizzazione realizzata ai sensi della L. n. 130 del 1999 e relativa a crediti di titolarità di I.S. S.p.A. ("I."), ha concesso a I., ai sensi di un contratto di finanziamento ex articolo 7, comma 1, lett. a) della L. n. 130 del 1999, concluso in data 22 novembre 2019 e con efficacia giuridica il 25 novembre 2019, un finanziamento ad esigibilità limitata (limited recourse) sui crediti derivanti da contratti di conto corrente bancario e/o contratti di apertura di credito bancario regolata in conto corrente e/o di anticipo effetti su conto corrente, per i quali, alla Data di Valutazione, sia ancora in essere, perché non revocata e/o scaduta, la facoltà del soggetto finanziato di utilizzare in più volte il credito concesso e con successivi versamenti ripristinare la propria disponibilità al fine di eventuali utilizzi futuri (c.d. meccanismo di utilizzo revolving), siano essi riconducibili a una o più delle diverse "forme tecniche" nelle quali I. cataloga siffatte operazioni creditizie, concesse ovvero acquisite da I. nel corso della propria attività di impresa e sorti nel periodo compreso tra il 1 ottobre 1955 e il 30 settembre 2019 qualificati come attività finanziarie deteriorate ai sensi della Circolare della B.D. n. 272/2008 (Matrice dei Conti) come risultanti da apposita lista in cui è indicato, con riferimento a ciascun debitore ceduto, il codice identificativo del rapporto da cui ha avuto origine uno o più dei crediti vantati dai Cedenti nei confronti del relativo debitore ceduto (i "Crediti"). ... In pari data, I. ha ceduto in garanzia i Crediti all'Emittente tramite un contratto di cessione dei Crediti in garanzia concluso in data 22 novembre 2019 e con efficacia giuridica il 25 novembre 2019". Parte opponente - pur deducendo genericamente di contestare la cessione - non ha spiegato sotto quale profilo e per quale ragione il credito verso Gi.Ag. non rientrerebbe nei requisiti di blocco, posto che esso deriva da un contratto di finanziamento chirografario, stipulato il 25/05/2017, ossia nell'arco di tempo considerato dalla cessione (dopo il 1 ottobre 1955 e prima del 30 settembre 2019) e rientrante nell'ambito delle posizioni "acquisite da I. nel corso della propria attività di impresa", tale dovendo qualificarsi la fusione della C.R.. Inoltre non risulta che il finanziamento fosse revocato o scaduto alla data della cessione (cfr. doc. 13 fascicolo monitorio). L'opponente non ha inoltre specificamente contestato che il credito si trovasse nell'elenco delle posizioni cedute pubblicato sui siti internet della cedente e della cessionaria, indicati nell'estratto della Gazzetta Ufficiale. Vi è poi il doc. 5 prodotto da Ke. s.r.l. in allegato alla comparsa di costituzione. Trattasi di una dichiarazione della cedente, in cui si dà atto della inclusione dei crediti nei confronti della Ov. s.r.l. con relative garanzie (inclusa quindi quella prestata da Gi.Ag. nell'ambito delle posizioni cedute). Come di recente sottolineato dalla Suprema Corte, nella cornice ricostruttiva della prova della cessione, "la dichiarazione del cedente infine notiziata dal cessionario intimante al debitore ceduto con la produzione in giudizio, al pari della disponibilità del titolo esecutivo, era un elemento documentale rilevante, potenzialmente decisivo, e come tale ammissibile anche in grado di appello)" (Cass. Civ., Sez. III, Ordinanza n. 10200 del 16/04/2021; Cass., Sez. U., 04/05/2017, n. 10790). La dichiarazione della cedente - in alcun modo contestata dall'opponente né quanto al contenuto né quanto alla provenienza - consente di ritenere provato che il credito in questione costituì oggetto della cessione da I.S.P. s.p.a. (la quale aveva acquisito mediante fusione la C.R. s.p.a. originaria titolare) alla Ke. s.r.l., che è quindi legittimata ad agire in giudizio. 3. La validità della fideiussione L'opponente contesta poi il profilo della validità della fideiussione, assumendo che alcune clausole di essa - ed in particolare la deroga all'art. 1957 c.c. - sarebbero nulle in quanto formulate in violazione della normativa antitrust. La questione posta da Gi.Ag. è quella dell'applicabilità della nullità (parziale) per violazione dell'art. 2, comma 2, lettera a), della L. n. 287 del 1990 alle fideiussioni specifiche del principio affermato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte sulla nullità parziale dei "contratti a valle" dell'intesa illecita di cui al Provv. della B.D. n. 55 del 2005 (Cass. Civ., Sez. Un. Sentenza n. 41994 del 30/12/2021). Non v'è dubbio che quella sottoscritta dall'opponente sia una fideiussione, non potendo qualificarsi - diversamente da quanto sostiene Ke. s.r.l. come contratto autonomo di garanzia, che si caratterizza, rispetto alla fideiussione, per l'assenza dell'accessorietà della garanzia, derivante dall'esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga all'art. 1945 c.c. (cfr. Cass. Civ., Sez. II, Ordinanza n. 19693 del 17/06/2022). Nel contratto sottoscritto da Gi.Ag. non è previsto espressamente che il fideiussore non possa opporre le eccezioni consentite al debitore principale (cfr. art. 7). Trattasi però, come accennato, di una fideiussione specifica, circostanza questa non contestata. Ebbene, ritiene questo giudice di aderire all'orientamento attualmente prevalente in giurisprudenza, che esclude che le fideiussioni specifiche possano sussumersi nell'ambito di applicazione del Provv. della B.D. n. 55 del 2005, che ha ritenuto l'intesa concorrenziale perfezionatasi con riferimento alle condizioni contrattuali delle fideiussioni omnibus, proposte dagli Istituti aderenti all'intesa. La fideiussione specifica rilasciata da Gi.Ag. in favore della Banca che aveva finanziato la Ov. s.r.l. non può essere ritenuta un "contratto a valle" dell'intesa anticoncorrenziale accertata dall'organo di vigilanza, posto che proprio il provvedimento della B.D. muove dalla differenza di funzioni che caratterizza la fideiussione specifica e la cd. fideiussione omnibus, posto che solo quest'ultima, considerata la rilevanza dell'attività di concessione di finanziamenti in via professionale e sistematica agli operatori economici, si può caratterizzare per uno schema di clausole che, sebbene di per sé lecite, possono determinare effetti anticoncorrenziali, in pregiudizio della clientela. Il Provv. della B.D. n. 55 del 2005 dà atto di un'istruttoria relativa solo a fideiussioni cd. omnibus, senza in alcun modo occuparsi della c.d. fideiussione specifica, prestata a garanzia di una determinata operazione creditizia, come quella prestata da Gi.Ag. in relazione al solo finanziamento chirografario n. (...) di Euro 50.000,00, concesso dalla C.R. s.p.a. alla Ov. s.r.l. in data 25/5/2017. Deve, quindi, ritenersi che l'accertamento della B.D. sull'esistenza di un'intesa illecita sfociata nell'adozione dello schema di contratto dichiarato parzialmente nullo, limitatamente alle clausole nn. 2, 6 e 8, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, per contrasto con l'articolo 2, comma 2, lettera a), della L. n. 287 del 1990, essendo riferito alle sole fideiussioni omnibus, per cui il contratto "a valle", la cui nullità parziale può essere fatta derivare, secondo la ricostruzione delle Sezioni Unite, dal provvedimento in questione, è solo la fideiussione omnibus, rimanendo fuori dal perimetro di tale invalidità la fideiussione specifica (nel senso della riferibilità dell'accertamento della B.D. alle sole fideiussioni omnibus, si vedano: Trib. Bologna n. 64 del 13/1/2022; Trib. Napoli n. 5125 del 24/5/2022; Trib. Monza n. 375 del 18/2/2022; Trib. Roma n. 14612/2023 del 11/10/2023). Non è possibile, di conseguenza, accogliere la domanda di dichiarare nulla la fideiussione rilasciata da Gi.Ag. e su cui si fonda il decreto ingiuntivo. Va infine considerato che non vi è alcuna allegazione di parte opponente circa la sua qualità di consumatrice, come definita nell'art. 2 lett. b) della direttiva 93/13 (ossia colui che "agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale"). In particolare, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno avuto modo di chiarire che "nel contratto di fideiussione, i requisiti soggettivi per l'applicazione della disciplina consumeristica devono essere valutati con riferimento alle parti di esso, senza considerare il contratto principale, come affermato dalla giurisprudenza unionale (CGUE, 19 novembre 2015, in causa C-74/15, Tarcau, e 14 settembre 2016, in causa C-534/15, D.), dovendo pertanto ritenersi consumatore il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (o anche più attività professionali), stipuli il contratto di garanzia per finalità estranee alla stessa, nel senso che la prestazione della fideiussione non deve costituire atto espressivo di tale attività, né essere strettamente funzionale al suo svolgimento (cd. atti strumentali in senso proprio)" (Cass. Civ., Sez. Un., Ordinanza n. 5868 del 27/02/2023). Parte opponente non ha introdotto alcun elemento idoneo a consentire il vaglio della sua qualità e quindi alcun vaglio può essere compiuto circa il carattere abusivo delle clausole ai sensi della più stringente disciplina consumeristica, verificandosi solo la presenza della doppia sottoscrizione previsto dall'art. 1341 c.c.. La fideiussione deve quindi ritenersi valida in tutte le sue clausole e la Ke. s.r.l. ha provato l'esistenza di un credito derivante dal finanziamento chirografario n. (...) di Euro 50.000,00 del 25.5.2017. Oltre al contratto, la creditrice ha depositato la contabile di accredito dell'importo sul c/c n. (...) intestato alla Ov. S.r.l. (docc. 6-8), senza che vi siano state contestazioni, da parte di Gi.Ag., né sull'erogazione della somma né sulle condizioni del finanziamento, le cui condizioni economiche risultano dal contratto. La garante non ha contestato sotto alcun profilo l'esistenza del debito della Ov. s.r.l., limitandosi solo a dedurre la nullità della fideiussione e la decadenza dal termine di cui all'art. 1957 c.c., che però risulta validamente derogato dalle parti, non potendosi ricollegare la nullità della clausola al provvedimento della B.D. ed essendo provvista di doppia sottoscrizione ai sensi dell'art. 1341 c.c. L'opposizione va quindi respinta ed il decreto ingiuntivo confermato. 4. Le spese di lite. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate, tenuto conto, per quanto riguarda i compensi professionali, dei parametri previsti dal D.M. del 10 marzo 2014, n. 55, aggiornati al D.M. del 13 agosto 2022, n. 147, alla luce dell'attività complessivamente svolta, dell'istruttoria solo documentale e dello scaglione di riferimento (Euro 851,00 per fase di studio, Euro 602,00 per fase introduttiva, Euro 903,00 per fase di trattazione/istruttoria, Euro 1.453,00 per fase decisoria). P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa di opposizione al decreto ingiuntivo n. 529/2022, emesso in data 25 maggio 2022, promossa da Gi.Ag. nei confronti di Ke. S.R.L. (rappresentata dalla Pr. S.P.A.), ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - rigetta l'opposizione e, per l'effetto, conferma il decreto ingiuntivo opposto; - dichiara tenuta e condanna Gi.Ag. alla rifusione in favore della Ke. s.r.l. (rappresentata dalla Pr. s.p.a.) delle spese di lite, che liquida in Euro 3.809,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese forfettarie nella misura del 15%, IVA e c.p.a. con aliquote di legge e se dovute Così deciso in Ferrara il 10 marzo 2024. Depositata in Cancelleria l'11 marzo 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA Il Tribunale di Ferrara, in persona del Giudice dr. Mauro Martinelli ha pronunciato, ex art. 281 sexies c.p.c., la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. R.G. 628/2021 promossa da: Ma.Ba. (C.F. (...)), rappresentato e difeso dall'avv. Co.Gr. ed elettivamente domiciliato presso il difensore ATTORE contro Da.Pa. (C.F. (...)), in proprio e anche rappresentato e difeso dall'avv. Ma.Sg. ed elettivamente domiciliato presso il difensore CONVENUTO e contro Un. S.P.A. (C.F. (...)) in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Fr.Fe. ed, elettivamente domiciliata presso il difensore TERZA CHIAMATA Letti gli atti di causa; osserva Con atto di citazione in riassunzione, Ug.Ba. ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Ferrara l'avv. Da.Pa. al fine di ottenere l'accertamento della responsabilità professionale del convenuto e la condanna dello stesso al risarcimento del danno quantificato in Euro 107.859,49. Nell'atto introduttivo, parte attrice ha dedotto che: - il procedimento innanzi al Tribunale di Rovigo (R.G. 1155/2013), instaurato da Ug.Ba., rappresentato e difeso dall'avv. Da.Pa., nei confronti del commercialista dott. Gi.Sa., volto ad accertare la responsabilità professionale di quest'ultimo, si era concluso con la soccombenza di Ug.Ba.; - parimenti, il procedimento innanzi alla Corte d'Appello di Venezia (R.G. N. 1449/2016), instaurato da Ug.Ba., rappresentato e difeso dall'avv. Da.Pa., nei confronti del dott. Gi.Sa. e della "Un. S.p.a.", era stato definito con il rigetto della domanda; - il Giudice di secondo grado, nel confermare la decisione emessa dal Giudice di prime cure, aveva accertato la negligenza della condotta tenuta dal difensore, consistita nella superficialità nella narrazione dei fatti, nonché nella mancata produzione della documentazione a sostegno della tesi dell'assistito, in particolare della relazione redatta dal commercialista dott. Ba. (doc. 2 e 3 fascicolo attrice); - l'avv. Da.Pa. aveva introdotto il giudizio ex art. 702 bis c.p.c. davanti alla Corte di Appello di Venezia al fine di ottenere il pagamento per prestazioni professionali pari ad Euro 17.711,78, oltre al rimborso delle spese vive sostenute pari ad Euro 1.107,00 (286,00+821,00) ed al rimborso delle spese forfettarie in ragione del 15% dei compensi, C.P.A ed I.V.A come per legge (doc.1 fascicolo attore); - nel procedimento davanti alla Corte di Appello instaurato dal professionista, Ug.Ba. si era costituito in giudizio contestando la richiesta di compenso e aveva domandato, in via riconvenzionale, l'accertamento della responsabilità professionale e la conseguente condanna dell'avv. Da.Pa. al risarcimento dei danni patiti dall'assistito a seguito della condotta negligente del difensore quantificati in Euro 107.859,49; - all'udienza del 14 ottobre 2020, il Giudice adito, disposta la separazione della domanda principale da quella proposta in via riconvenzionale da Ug.Ba., aveva rimesso le parti innanzi al Giudice di primo grado e sospeso il procedimento ai sensi dell'art. 295 c.p.c. (doc. 6 e 7 fascicolo attore). Nell'atto introduttivo, Ug.Ba. ha richiesto l'accertamento dell'inadempimento dell'avv. Da.Pa. - dovuto alla violazione dell'obbligo di diligenza professionale - con conseguente integrazione dell'eccezione di cui all'art. 1460 c.c. e dell'inesistenza del diritto al compenso con condanna al risarcimento dei danni patiti e quantificati in Euro 107.859,49, quale differenza tra l'importo effettivamente pagato (Euro 236.375,01 come indicato nei bollettini di Equitalia, di cui uno intestato a Ug.Ba. ed uno al fratello C.B.) e l'importo contenuto nell'avviso di accertamento di Euro 128.515,52 (doc. 4 e 5 fascicolo attore), oltre al pagamento delle spese di lite versate alla controparte. Con comparsa di costituzione in giudizio, l'avv. Da.Pa. ha contestato l'asserito inadempimento, avendo puntualmente imputato al convenuto una responsabilità professionale derivante dall'omessa verifica - sia al momento della proposizione dell'istanza, sia successivamente nonché in occasione dell'incontro in contraddittorio svoltosi presso l'Agenzia delle Entrate dell'esistenza - della esistenza e disponibilità da parte del sig. Ba. della documentazione atta a giustificare l'accoglimento della istanza di accertamento con adesione. Il difensore ha, altresì, affermato di aver contestato i fatti in causa che avrebbero potuto essere dimostrati con prove orali, non espletate dal Giudice istruttore - istruttoria che avrebbe altresì consentito la quantificazione del danno effettivamente patito da Ug.Ba.-, e, inoltre, di aver prodotto in giudizio gli unici documenti forniti dal cliente entro i termini perentori di cui all'art. 183 c.p.c. (Copia istanza presentata da B.U. il 5/11/2010 e ricevuta dell'agenzia delle Entrate di Ferrara - Protocollo n.(...), Progressivo n.(...); Copia invito a comparire n.(...) dell'agenzia delle Entrate Direzione provinciale di Ferrara - Ufficio controlli; Copia processo verbale di contraddittorio protocollo n.(...) del 30/11/2010), non avendo il professionista mai ricevuto la cartella esattoriale e avendo ottenuto copia dell'avviso di accertamento per l'anno 2007 solamente a gennaio 2016, pertanto a preclusioni istruttorie maturate, nonostante le numerose richieste al cliente di trasmissione degli atti (doc. 1 - 7 fascicolo convenuto). L'avv. Da.Pa. ha eccepito l'omessa prova da parte dell'attore del nesso di causalità tra la l'asserita condotta negligente del professionista e il danno, evidenziando che, alla luce delle risultanze processuali, la causa non avrebbe avuto esito favorevole - così come preannunciato nella liberatoria firmata da Ug.Ba. in cui si assumeva ogni responsabilità per l'esito del giudizio di secondo grado (doc. 5 fascicolo convenuto) - in quanto l'omessa produzione della documentazione al dott. S. doveva imputarsi alla condotta "disordinata" di Ug.Ba., come evidenziato nella sentenza dal Giudice di primo grado, e la domanda risarcitoria presupponeva l'accertamento della condotta negligente del commercialista inerente la mancata verifica dell'esistenza della documentazione. In via subordinata, l'avv. Da.Pa., previa autorizzazione alla chiamata in causa della "Un. S.p.a.", ha richiesto la condanna della terza chiamata in garanzia (doc. 8 - 10 fascicolo convenuto). Alla prima udienza, il Giudice, autorizzata la chiamata in causa della "Un. S.p.a.", ha fissato udienza per la comparizione delle parti. Con comparsa di costituzione e risposa, la "Un. S.p.a." ha richiesto l'accertamento della mancanza di responsabilità professionale in capo all'avv. Da.Pa., avendo il professionista provveduto a contestare le circostanze dedotte in giudizio e a depositare tutta la documentazione fornita dal cliente a sostegno della domanda risarcitoria, ferma l'omessa prova da parte di Ug.Ba. del nesso causale tra inadempimento ed evento dannoso prospettato. In subordine, la terza chiamata ha richiesto - previa riduzione del risarcimento del danno ai sensi dell'art. 1227 c.c. - di essere condannata a tenere indenne il professionista assicurato nei limiti del massimale di Euro 2.000.000,00 per anno assicurativo, con applicazione di una franchigia di Euro 5.000,00 per sinistro, così come previsto dalla polizza n. (...) del 2/11/2017 ((doc. 2 e doc. 3 fascicolo terza convenuta). Il Giudice, assegnati i termini per il deposito delle memorie ex art. 183, VI comma, c.p.c. e istruita la causa mediante interrogatorio formale e audizione dei testi, a seguito del deposito del certificato di morte dell'attore Ug.Ba., ha dichiarato l'interruzione del procedimento ai sensi dell'art. 301 c.p.c. Riassunto il giudizio, istruita la causa mediante audizione del teste residuo, è stata fissata l'udienza per la discussione orale con termine per il deposito di memoria autorizzata conclusiva. La domanda formulata da Ug.Ba., e successivamente dall'erede da Ma.Ba., nei confronti dell'avv. Da.Pa. non è fondata. 1. CARENZA DI LEGITTIMAZIONE ATTIVA In via preliminare, deve essere rigettata l'eccezione formulata dall'avv. Da.Pa. di difetto di legittimazione attiva dell'attore. 1.1 Secondo il principio statuito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, colui che interviene in un giudizio civile pendente tra altre persone, ovvero lo riassuma a seguito di interruzione, o proponga impugnazione assumendo di essere erede di una delle parti che hanno partecipato al precedente grado di giudizio, deve fornire la prova - richiesta ai sensi dell'art. 2697 c.c. -, oltre che del decesso della parte originaria, anche della sua qualità di erede di quest'ultima (Cass. SU, 29 maggio 2014, n. 12065). La menzionata pronuncia della Corte evidenzia altresì che la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui agli artt. 46 e 47, Da.Pa.R. n. 445 del 2000 - dichiarazione di successione - non costituisce una prova idonea a dimostrare la qualità di erede, in quanto documento che esaurisce i suoi effetti nell'ambito dei rapporti con la Pubblica Amministrazione e nei relativi procedimenti amministrativi. 1.2 Nel caso di specie, tuttavia, a seguito dell'invito da parte del Giudice a depositare la dichiarazione di successione (verbale del 5 ottobre 2023), in data 24 novembre 2023 Ma.Ba. ha depositato il documento dell'Agenzia delle Entrate di "Dichiarazione di successione e domanda di volture catastali". Sebbene tale dichiarazione abbia meramente natura fiscale, la richiesta di voltura catastale dei beni rileva, secondo il costante orientamento giurisprudenziale, ai fini dell'accertamento della accettazione tacita della eredità, manifestando una voluntas incompatibile con la riserva di una futura rinuncia (ex multis Cass., 30 aprile 2021 n. 11478: "L'accettazione tacita di eredità può essere desunta dal comportamento del chiamato che ponga in essere atti che non abbiano solo natura meramente fiscale, quale la denuncia di successione, ma che siano, al contempo, fiscali e civili, come la voltura catastale, che rileva non solo dal punto di vista tributario, per il pagamento dell'imposta, ma anche dal punto di vista civile, per l'accertamento, legale o semplicemente materiale, della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi"). 1.3 Per altro, la costituzione in giudizio per far valere le pretese del de cuius costituisce atto idoneo a comprovare l'accettazione tacita di eredità, così fugandosi definitivamente i dubbi di fondatezza della eccezione formulata (cfr. Corte d'Appello di Messina, 23 novembre 2022 reperibile su www.wolterkluwers.it). 1.4 Ma.Ba. ha, inoltre, fornito la prova della sua qualità di erede, depositando in giudizio, su richiesta del Giudice del 18 gennaio 2024, il "certificato di stato di famiglia storico", datato 22 febbraio 2024, rilasciata dai Servizi Demografici del Comune di Cento, da cui si evince che l'attore risulta essere l'unico erede legittimo. 2. IL THEMA DECIDENDUM In via preliminare si rende necessario precisare che l'oggetto del presente giudizio trae origine dalla separazione delle cause disposta dalla Corte di Appello di Venezia che, adita dall'avv. Da.Pa. per ottenere da Ug.Ba. il pagamento dei compensi maturati per lo svolgimento dell'attività professionale prestata nei procedimenti davanti al Tribunale di Rovigo (R.G. 1155/2013) e alla Corte di Appello di Venezia (R.G. 1449/2016), in data 14 ottobre 2020, ha disposto la separazione della domanda formulata in via riconvenzionale dal cliente di risarcimento del danno conseguente alla asserita responsabilità professionale (doc. 6 e 7 fascicolo attore). Nel presente procedimento, pertanto, il Giudice è chiamato a valutare, se la condotta del professionista ha determinato l'esito sfavorevole del giudizio di accertamento della responsabilità del commercialista, ovvero - secondo una previsione prognostica - se il comportamento alternativo del difensore avrebbe determinato l'esito fausto auspicato dal cliente. 3. LA RESPONSABILITA' DEL PROFESSIONISTA La valutazione della condotta del professionista deve tenere conto dell'intera attività prestata, posto che l'incarico professionale è unitario, anche quando siano stati svolti più gradi di giudizio e indipendentemente dal fatto che sia stata conferita una nuova procura, in quanto tale circostanza implica la prosecuzione dell'affare di cui il legale era stato incaricato dal cliente e non il suo esaurimento (Cass., 16 luglio 2018, n. 18858: "L'incarico professionale conferito all'avvocato deve essere considerato unitariamente allorquando vi siano più gradi di giudizio, indipendentemente dal fatto che sia stata conferita una nuova procura al medesimo difensore per il grado successivo, circostanza che implica la prosecuzione dell'affare di cui il legale era stato incaricato dal cliente, non già il suo esaurimento. Pertanto, nel caso di prestazioni rese in più gradi di giudizio, l'esaurimento dell'affare per il cui svolgimento fu conferito l'incarico - il momento in cui interviene la "decisione della lite", ai fini della decorrenza del termine di prescrizione triennale previsto dall'art. 2957, comma 2, c.c. per le competenze dovute agli avvocati è ai procuratori - va individuato con riguardo alla data di pubblicazione della sentenza non impugnabile che definisce il giudizio"). 3.1 Ciò premesso, l'accertamento della responsabilità professionale dell'avvocato richiede, in primo luogo, la valutazione positiva della violazione delle regole di diligenza - secondo il parametro del'homo eiusdem condicionis et professionis - e, in secondo luogo, la verifica in termini probabilistici - dell'accoglimento della domanda in assenza dell'errore ascritto al legale (cfr. ex multis Cass., 27 marzo 2006, n. 6967: "La responsabilità professionale dell'avvocato, la cui obbligazione è di mezzi e non di risultato, presuppone la violazione del dovere di diligenza, per il quale trova applicazione, in luogo del criterio generale della diligenza del buon padre di famiglia, quello della diligenza professionale media esigibile, ai sensi dell'art. 1176, secondo comma, cod. civ., da commisurare alla natura dell'attività esercitata. Inoltre, non potendo il professionista garantire l'esito comunque favorevole auspicato dal cliente, il danno derivante da eventuali sue omissioni in tanto è ravvisabile, in quanto, sulla base di criteri necessariamente probabilistici, si accerti che, senza quell'omissione, il risultato sarebbe stato conseguito, secondo un'indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata ed immune da vizi logici e giuridici"). In capo al cliente incombe, pertanto, l'onere di provare la condotta negligente tenuta dal professionista, il danno patito e il nesso di causalità tra la condotta e l'evento dannoso. 3.2 Nessuna delle negligenze ascritte al professionista - nullità dell'atto di citazione, mancata contestazione dei fatti e omessa produzione documentale - è stata provata; l'unico profilo rilevante parrebbe inerire la omessa puntuale contestazione di fatti allegati dalla controparte, così come evidenziato nella sentenza di primo grado davanti al Tribunale di Rovigo (R.G. 1155/2013): "tale laconica descrizione degli eventi deve essere integrata dalla narrazione del convenuto, incontroversa in causa in ragione della mancata contestazione della parte interessata ai sensi dell'art. 115 c.p.c. (posto che alcuna contestazione relativamente alla descrizione dei fatti svolta dalla difesa del S. è stata effettuata dalla difesa attorea dopo il deposito della comparsa di costituzione e risposta) ditalchè i mezzi istruttori richiesti a riscontro di tale ricostruzione sono stati ritenuti superflui da GI" (pag. 3 sentenza, doc. 2 fascicolo convenuto), sebbene non paia che tale profilo abbia inciso sugli esiti del giudizio. 3.3 Ai fini decisori, il Tribunale di Rovigo ha, invece, valorizzato la mancata produzione di documenti in giudizio atti a suffragare la domanda di responsabilità proposta. Tuttavia il Giudice ha imputato la carenza documentale alla condotta tenuta da Ug.Ba., il quale, non solo non ha fornito tempestivamente al professionista la documentazione imprescindibile al fine dell'accoglimento della domanda (pag. 4 sentenza primo grado: "il comportamento di parte attrice è emblematico: non un documento utile alla ricostruzione dei fatti è stato fornito in atto di citazione, benché vi si faccia riferimento espresso, mentre la produzione documentazione depositata con la seconda memoria ex art. 183, comma 6, cpc è la stessa allegata dal convenuto in comparsa di costituzione... la documentazione citata e non prodotta sarebbe risultata essenziale al fine del decidere";), ma ha affermato anche che quest'ultimo non risulta ne sia mai stato in possesso (pag. 4 e 5 sentenza primo grado: "A ben vedere non si comprende quale sia l'asserito comportamento negligente tenuto dal convenuto nell'adempimento del proprio incarico professionale, incarico che non comprendeva la ricerca della documentazione da produrre, dal momento che il Ba. asseriva di non esserne in possesso"; "Non potendo imputarsi a responsabilità professionale del commercialista l'evidente disordine del signor B., il quale avrebbe dovuto onerarsi di fornire la documentazione a sostegno della propria tesi"). Tale circostanza è confessata dallo stesso Ug.Ba., che, nel "processo verbale di contraddittorio" ha dichiarato di "non poter produrre alcuna documentazione in quanto si occupava di tutto il fratello C., che oggi (anno 2007) presenta gravi problemi cognitivi" (doc. 1 fascicolo convenuto), oltre che dalle dichiarazioni rese dai testi, avv. G.F., difensore dello studio associato, e L.P., figlia e collaboratrice del professionista, che, sebbene non incaricati direttamente dell'attività difensiva, erano comunque coinvolti nell'attività dello studio legale e nella vicenda. 3.4 Fermo che l'omessa produzione in giudizio della documentazione non può ritenersi imputabile al professionista, ma al cliente, l'attore ha altresì omesso di fornire prova del nesso di causalità necessario ad integrare la responsabilità invocata, dimostrando che, se l'avv. Da.Pa. avesse prodotto in giudizio la documentazione a disposizione di Ug.Ba. (e non certamente quella inerente i costi di urbanizzazione la dui esistenza in rerum natura neppure è dato sapere), la causa avrebbe avuto un esito favorevole. Il cliente, infatti, è tenuto alla prova del giudizio prognostico di fondatezza della domanda giudiziale, da effettuarsi a mezzo valutazione ex ante (Cass., 5 luglio 2012, n. 11304: "L'inadempimento dell'avvocato rileva nella misura in cui l'errore difensivo abbia prodotto, alla stregua di un giudizio prognostico, un'effettiva perdita di chances per la vittoria processuale del cliente, non potendo il giudice limitarsi alla mera valutazione dell'errore in sé"; Cass., 20 marzo 2018, n. 6862: "La responsabilità dell'esercente la professione forense non può affermarsi per il solo fatto del mancato corretto adempimento dell'attività professionale, occorrendo verificare se, qualora l'avvocato avesse tenuto la condotta dovuta, il suo assistito avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando altrimenti la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale ed il risultato derivatone") secondo l'ordinario criterio civilistico del "più probabile che non" (Cass., 6 luglio 2020, n. 13873: "In tema di responsabilità professionale dell'avvocato per omesso svolgimento di un'attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale o patrimoniale per il cliente, la regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non" si applica non solo all'accertamento del nesso di causalità fra l'omissione e l'evento di danno, ma anche all'accertamento del nesso tra quest'ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, atteso che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell'omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull'esito che avrebbe potuto avere l'attività professionale omessa"). Il cliente, infatti, si è limitato ad elencare le asserite negligenze del professionista senza provare che, se l'avv. Da.Pa. avesse tenuto il comportamento dovuto, il cliente avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni e il giudizio avrebbe avuto esito positivo, la cui valutazione deve desumersi in base ad elementi certi ed obiettivi (Cass., 10 dicembre 2012, n. 22376: "La perdita di una "chance" favorevole non costituisce un danno di per sé, ma soltanto - al pari del danno da lucro cessante - se la "chance" perduta aveva la certezza o l'elevata probabilità di avveramento, da desumersi in base ad elementi certi ed obiettivi"). Come anche precisato dall'avv. Da.Pa. fin dalla costituzione in giudizio, l'esito della causa sarebbe stato comunque non favorevole ad Ug.Ba., avendo il Giudice di primo grado escluso la responsabilità professionale del commercialista, accertamento pregiudiziale alla richiesta risarcitoria (pag. 13 comparsa di costituzione: "Infatti la documentazione in questione attiene unicamente al "quantum risarcitorio", ma pregiudiziale alla domanda risarcitoria, era ovviamente l'accertamento della sussistenza del comportamento negligente e/o inadempiente del dott. S. inerente la mancata verifica dell'esistenza della documentazione per la vendita del terreno e la conseguente ( presumibile) accettazione da parte dell'agenzia delle Entrate dell'istanza di accertamento con adesione, ed accertata e/o verificata l'inesistenza o la non efficacia probante di tale documentazione il non aver optato per altre soluzione per limitarne il danno") ed avendo il giudizio evidenziato che la mancata produzione in giudizio della documentazione doveva ritenersi imputabile a Ug.Ba., e non al commercialista (pag. 4 sentenza di primo grado: "A ben vedere non si comprende quale sia l'asserito comportamento negligente tenuto dal convenuto nell'adempimento del proprio incarico professionale, incarico che non comprendeva la ricerca della documentazione da produrre, dal momento che il Ba. asseriva di non esserne in possesso"; pag. 5 sentenza di primo grado: "Non potendo imputarsi a responsabilità professionale del commercialista l'evidente disordine del signor B., il quale avrebbe dovuto onerarsi di fornire la documentazione a sostegno della propria tesi"). A riprova di tale prevedibile esito, il difensore ha prodotto in giudizio la liberatoria, firmata in data 20 febbraio 2016 da Ug.Ba., il quale dichiarava di assumersi la responsabilità del giudizio di secondo grado (doc. 5 fascicolo convenuto: "nonostante Lei (avv. Da.Pa.) mi abbia ripetutamente illustrato tutti i rischi concernenti l'appello avverso la sentenza di cui alla causa in oggetto, ciò nonostante, consapevole che l'appello potrebbe non solo essere respinto, ma che l'eventuale costituzione degli appellati, potrebbe comportare lo svolgimento da parte di questi ultimi di appello incidentale in ordine anche ad una riforma peggiorativa della sentenza sulle spese liquidate in primo grado, La prego di dare impulso comunque all'appello avverso la predetta sentenza per le conseguenze del quale mi assumo chiaramente ogni responsabilità"). 3.5 L'attore ha, altresì, omesso di fornire prova in giudizio del danno patito, la cui sussistenza era stata già esclusa sia dal Tribunale di Rovigo, che ha sottolineato l'impossibilità di verificare l'esistenza di un effettivo pregiudizio in mancanza di idonea documentazione (cfr. pag. 5 sentenza di primo grado: "D'altronde, la mancanza di idonea documentazione non consente neppure di verificare la reale sussistenza di un aggravio nella posizione del signor B., ditalchè non è dato neppure sapere se il suo comportamento omissivo gli abbia effettivamente cagionato un danno, anche in considerazione che viene richiesto il pagamento dell'intera somma corrisposta l'agenzia delle Entrate e non quella eventualmente eccedente quello che sarebbe stato il dovuto a seguito dell'immediato accertamento per adesione (del quale nemmeno è dato conoscere se sarebbe stato di identico o diverso importo"), sia dalla Corte di Appello di Venezia, che ha prospettato il comportamento alternativo che avrebbe dovuto tenere Ug.Ba., ovvero quello di - una volta avvertito il commercialista dell'indisponibilità dei documenti e determinata la sospensione per novanta giorni a seguito della presentazione dell'istanza di accertamento con adesione - effettuare immediatamente il pagamento con sanzione ridotta oppure impugnare l'avviso di accertamento davanti alla Commissione tributaria, alternative di cui il cliente era a conoscenza in quanto contenute nell'avviso di accertamento (pag. 19 sentenza di secondo grado: "D'altra parte, come pure precisato nell'allegato all'avviso di accertamento, la presentazione dell'istanza di accertamento con adesione aveva determinato la sospensione per 90 giorni dei termini per l'impugnazione dell'atto, sicché, una volta accertata l'impossibilità di produrre i documenti necessari, entro quel termine Ba. avrebbe potuto o richiedere il pagamento immediato con la sanzione ridotta o impugnare l'avviso di accertamento davanti alla Commissione Tributaria. A tal fine sarebbe stato sufficiente avvertire il commercialista della mancanza dei documenti per definire la pratica di accertamento con adesione, così da consentirgli di predisporne un'altra di quelle prospettate, ma non risulta che lo abbia fatto, cosicché S. è rimasto nell'incolpevole attesa della presentazione di quei documenti"). In assenza della prova da parte dell'attore dei requisiti necessari ai fini di accertare la responsabilità dell'avv. Da.Pa.., la domanda attorea deve ritenersi, in conclusione, infondata. 3.6 Resta esclusa dall'indagine giudiziale, perché rimessa al prudente apprezzamento della Corte d'Appello di Venezia, la valutazione su profili di negligenza - incidenti esclusivamente sulla debenza ovvero sulla quantificazione del compenso - del comportamento dell'avv. P. nella introduzione di un giudizio, in assenza della prova della disponibilità da parte del cliente della documentazione attestante l'asserito diritto alla riduzione dell'imposta dovuta in virtù delle spese sostenute per la urbanizzazione del terreno ovvero sulla base imponibile sulla quale era stata determinata l'imposta non versata e le sanzioni. 3.7 Le spese del presente procedimento seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014. Le spese di lite della terza chiamata sono poste a carico della parte attrice in applicazione del principio della causalità giuridica (cfr. Cass., 8 febbraio 2016, n. 2492). P.Q.M. Il Tribunale di Ferrara, nella persona del Giudice Unico dr. Mauro Martinelli, ogni diversa domanda, eccezione, istanza e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando nella causa n. 628/2021 R.G., così provvede: 1) RIGETTA le domande formulate da Ma.Ba., quale erede di Ug.Ba., nei confronti dell'avv. Da.Pa.; 2) CONDANNA Ma.Ba. a rifondere all'avv. Da.Pa. le spese di lite del presente procedimento che si liquidano in Euro 7.052,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfettarie pari al 15%, C.N.P.A. ed I.V.A. (se dovuta); 3) CONDANNA Ma.Ba. a rifondere alla "Un. S.p.a.", in persona del legale rappresentante pro tempore, le spese di lite del presente procedimento che si liquidano in Euro 7.052,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfettarie pari al 15%, C.N.P.A. ed I.V.A. (se dovuta); 4) RESPINGE nel resto. Così deciso in Ferrara il 7 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 7 marzo 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI FERRARA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice Marianna Cocca ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. r.g. 1886/2021, promossa da: Gi.Vo. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. Br.Ba. ed elettivamente domiciliato presso il difensore ATTORE contro Ba.Me. S.P.A. (C.F. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell'avv. Al.Mo. e dell'avv. Fr.Ro. ed elettivamente domiciliata presso i difensori Ra.Ma. (C.F. (...)), contumace CONVENUTI Responsabilità intermediario finanziario - accoglimento Giudicato penale - Efficacia - Prova del danno RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Posizioni delle parti, sintesi dello svolgimento del processo e conclusioni Con atto di citazione, ritualmente notificato, Gi.Vo. ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Ferrara la Ba.Me. s.p.a. e Ra.Ma. al fine di ottenere l'accoglimento delle seguenti conclusioni: "Voglia l'Ecc.mo Tribunale adito, contrariis rejectis: - In via principale: - accertare che il sig. Ra.Ma., per i motivi indicati in narrativa, nella sua qualità di promotore finanziario di Ba.Me. S.p.A., ha sottratto/distratto le somme ricevute dall'attore e conseguito abusive negoziazioni, falsamente rendicontando la situazione patrimoniale a danno degli stessi, nonché - accertare che la sentenza penale della Cassazione n. 32514/2020, ormai divenuta irrevocabile, fa stato nel presente giudizio civile quanto alla commissione del fatto così come accertato e, quindi, - dichiarare la responsabilità solidale del sig. Ra.Ma. e della Ba.Me. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., per i danni, patrimoniali e non patrimoniali, procurati all'attore dal sig. Ma., compreso il disagio subito dallo stesso- inteso come danno non patrimoniale legato alla mancata e/o minore consistenza patrimoniale - e, per l'effetto, - condannare in via solidale il sig. Ra.Ma. e Ba.Me. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento - a favore dell'attore - della somma a titolo di credito residuo del sig. Vo. come stabilito dal C.T.U. di Euro 155.940,21 o nella maggiore o minor somma che parrà di giustizia già detratto quanto pagato da Ba.Me. spa a titolo di provvisionale come stabilito dal C.T.U.- ( pag.23 dell'elaborato peritale ) oltre interessi e rivalutazione dalla data dell'elaborato peritale datato 10.03.2023 al saldo comprensivo del danno da lucro cessante calcolato sulla base del rendimento del BTP a 12 mesi ( rendimento ben più basso dell'8% falsamente rendicontato mediamente dal promotore finanziario al cliente) oltre ad una cifra da quantificarsi in via equitativa come danno da disagio - esistenziale conseguente alla minor disponibilità della somma sopra indicata per oltre dieci anni ( data delle scoperta dei fatti reato) ad oggi che ha inevitabilmente inciso sul tenore di vita del sig. Vo. e della sua famiglia la quel ha dovuto inevitabilmente in questo lungo lasso di tempo le proprie spese e limitare od eliminare del tutto sino ad oggi i propri progetti di vita futura. - In via subordinata, nella non creduta ipotesi in cui non ci si trovi davanti ad un caso di appropriazione indebita, ma di truffa legata alla falsa rendicontazione, si chiede di: - accertare che la sentenza penale della Cassazione n. 32514/2020, ormai divenuta irrevocabile, fa stato nel presente giudizio civile quanto alla commissione del fatto così come accertato e, quindi, - dichiarare la responsabilità solidale del sig. Ra.Ma. e della Ba.Me. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., per i danni, patrimoniali e non patrimoniali, procurati all'attore dal sig. Ma., compreso il disagio subito dallo stesso- inteso come danno non patrimoniale legato alla mancata e/o minore consistenza patrimoniale - e, per l'effetto, - condannare in via solidale il sig. Ra.Ma. e Ba.Me. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento - a favore dell'attore - della somma a titolo di credito residuo del sig. Vo. come stabilito dal C.T.U. di Euro 155.940,21 o nella maggiore o minor somma che parrà di giustizia già detratto quanto pagato da Ba.Me. spa a titolo di provvisionale come stabilito dal C.T.U.- ( pag.23 dell'elaborato peritale ) oltre interessi e rivalutazione dalla data dell'elaborato peritale datato 10.03.2023 al saldo comprensivo del danno da lucro cessante calcolato sulla base del rendimento del BTP a 12 mesi ( rendimento ben più basso dell'8% falsamente rendicontato mediamente dal promotore finanziario al cliente) oltre ad una cifra da quantificarsi in via equitativa come danno da disagio - esistenziale conseguente alla minor disponibilità della somma sopra indicata per oltre dieci anni ( data delle scoperta dei fatti reato) ad oggi che ha inevitabilmente inciso sul tenore di vita del sig. Vo. e della sua famiglia la quel ha dovuto inevitabilmente in questo lungo lasso di tempo le proprie spese e limitare od eliminare del tutto sino ad oggi i propri progetti di vita futura. In via ulteriormente subordinata, nella non creduta ipotesi in cui il Tribunale adito non ritenga accertati i fatti di appropriazione e/o falsa rendicontazione così come già accertati in sede penale (con sentenza passata in giudicato, che fa stato nel presente giudizio ex art. 651 cpp), Voglia: - Accertare la violazione dell'obbligo di buona fede nei rapporti contrattuali e degli obblighi informativi ex art. 21 T.U.F. per i motivi esposti in narrativa e, per l'effetto, - condannare i convenuti Ra.Ma. e Ba.Me. S.p.A., in persona del suo legale rappresentante p.t. in solido tra loro, al pagamento a titolo di danni, patrimoniali e non patrimoniali, procurati all'attore dal sig. Ma., compreso il disagio subito dallo stesso- inteso come danno non patrimoniale legato alla mancata e/o minore consistenza patrimoniale - e, per l'effetto, - condannare in via solidale il sig. Ra.Ma. e Ba.Me. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento - a favore dell'attore - della somma a titolo di credito residuo del sig. Vo. come stabilito dal C.T.U. di Euro 155.940,21 o nella maggiore o minor somma che parrà di giustizia già detratto quanto pagato da Ba.Me. spa a titolo di provvisionale come stabilito dal C.T.U.- ( pag.23 dell'elaborato peritale ) oltre interessi e rivalutazione dalla data dell'elaborato peritale datato 10.03.2023 al saldo comprensivo del danno da lucro cessante calcolato sulla base del rendimento del BTP a 12 mesi ( rendimento ben più basso dell'8% falsamente rendicontato mediamente dal promotore finanziario al cliente) oltre ad una cifra da quantificarsi in via equitativa come danno da disagio - esistenziale conseguente alla minor disponibilità della somma sopra indicata per oltre dieci anni ( data delle scoperta dei fatti reato) ad oggi che ha inevitabilmente inciso sul tenore di vita del sig. Vo. e della sua famiglia la quel ha dovuto inevitabilmente in questo lungo lasso di tempo le proprie spese e limitare od eliminare del tutto sino ad oggi i propri progetti di vita futura. In via di estremo subordine: - nella non creduta ipotesi in cui il Giudice adito non volesse riconoscere il danno da lucro cessante perchè non provato in atti, voglia il medesimo giudice accertare e dichiarare che il sig. Ra.Ma., per i motivi indicati in narrativa, nella sua qualità di promotore finanziario di Ba.Me. S.p.A., ha sottratto/distratto le somme ricevute dall'attore e conseguito abusive negoziazioni, falsamente rendicontando la situazione patrimoniale a danno degli stessi, nonché - accertare che la sentenza penale della Cassazione n. 32514/2020, ormai divenuta irrevocabile, fa stato nel presente giudizio civile quanto alla commissione del fatto così come accertato e, quindi, - dichiarare la responsabilità solidale del sig. Ra.Ma. e della Ba.Me. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., per i danni, patrimoniali e non patrimoniali, procurati all'attore dal sig. Ma., compreso il disagio subito dallo stesso- inteso come danno non patrimoniale legato alla mancata e/o minore consistenza patrimoniale - e, per l'effetto, - condannare in via solidale il sig. Ra.Ma. e Ba.Me. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento - a favore dell'attore - della somma di Euro 95.224,87 ( dato elaborato peritale CTU pag.22) a titolo di credito residuo già detratta la somma pagata dalla Banca a titolo di provvisionale oltre ad un cifra da quantificarsi in via equitativa come danno da disagio - esistenziale conseguente alla minor disponibilità della somma sopra indicata per oltre dieci anni ( data delle scoperta dei fatti reato) ad oggi che ha inevitabilmente inciso sul tenore di vita del sig. Vo. e della sua famiglia, la quale ha dovuto inevitabilmente in questo lungo lasso di tempo modificare le proprie spese e limitare od eliminare del tutto sino ad oggi i propri progetti di vita futura; e liquidare in tal caso un ulteriore importo da definirsi invia equitativa a titolo di risarcimento da perdita di chance oltre interessi e rivalutazione dalla data delle singole sottrazioni al saldo. In ogni caso: - Nella denegata ipotesi in cui l'odierno attore dovesse ricevere domande di restituzione somme da parte di altri soggetti rimasti vittime / danneggiati dall'operato del sig. Ma. quale promotore di Ba.Me. S.p.A., stante il modus operandi del promotore emerso nel giudizio penale di cui in narrativa, consistente nell'utilizzare denaro distratto da altri clienti (appunto vittime e/o persone offese) per adempiere alle richieste di restituzione di denaro da parte dei suoi clienti al momento del bisogno (nelle forme di disinvestimenti totali o parziali), Voglia il Giudice condannare Ba.Me. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., a tenere indenne e manlevare l'attore, per quanto lo stesso fosse eventualmente tenuto a restituire e/o risarcire in favore di altra vittima/cliente del promotore infedele sig. M.; - condannare i convenuti, in via solidale, a spese, ed onorari tutti del presente giudizio, oltre 15%, C.A. al 4% e IVA al 22% come per legge. Per mero scrupolo difensivo in via istruttoria, si insiste nella richiesta di interrogatorio formale del sig. Ra.Ma., come già illustrato nella memoria ex art. 183 sesto comma cpc n.2 ed a prova contraria sulla presunta carenza parziale di legittimazione attiva, in caso di rimessione in istruttoria si insiste nella prova a contrario già illustrata nella nostra memoria ex art.t 183 sesto comma cpc n.3". L'attore ha dedotto di aver conosciuto tramite amici, verso la metà degli anni Novanta, Ra.Ma. - di professione promotore finanziario - e, a seguito della sua proposta di far fruttare i risparmi presso la Ba.Me. s.p.a., di aver acconsentito - anche in forza della notorietà e della solvibilità della Banca - ad effettuare investimenti mediante versamenti con assegni dal proprio conto corrente dapprima acceso con C.R.C. e poi presso le P.I. S.p.A. L'attore ha affermato di aver effettuato nel 1996, dal conto corrente acceso da lui stesso , presso la Ba.Me. s.p.a. un primo versamento in L. 30.950.000,00 (Euro 15.984,35) e, rassicurato dal promotore finanziario di aver maturato, nel giro di qualche anno una somma di Euro 58.000,00, di aver effettuato altri due investimenti di Euro 18.000,00 ed Euro 40.000,00, oltre che di Euro 25.000,00, quale parte della liquidazione TFR ricevuta dall'attore in sede di pensionamento. Gi.Vo. ha sostenuto di aver sottoscritto nel 2006 un altro mandato ad investire a favore di Ra.Ma. e, convinto di possedere quale frutto delle somme investite Euro 78.000,00 per le somme originarie ed Euro 47.250,00 per gli importi di TFR (cfr. perizia società specializzata S., doc. 8 fascicolo attore), di aver continuato a sottoscrivere contratti di investimento - cosiddetti contratti B. - con versamenti effettuati mediante consegna di assegni a Ra.Ma.. L'attore ha dichiarato di essere venuto a sapere che Ra.Ma. si era reso irreperibile e dell'inizio delle indagini a suo carico per i reati di truffa, falso e gestione abusiva del risparmio e, in data 21 marzo 2013, di aver sporto denuncia querela nei confronti del promotore finanziario con successive integrazioni in data 2/08/2013 e in data 24/06/2014 (docc. 14 fascicolo attore). Nell'atto introduttivo, l'attore ha ripercorso le fasi processuali relative alle vicende penali di Ra.Ma., e, in particolare, ha dato atto e documentato: che il procedimento penale di primo grado, davanti al Tribunale di Ferrara (n. 728/13 R.G.N.R. e n. 1938/14 R.G. Dib.) si era concluso con sentenza n. 76/17 di condanna (per i delitti p.e.p. dall'art. 81 cpv c.p. 640, I comma 61 nr. 7 e 11 c.p. e dall'art. 166, I comma lettera A), D.Lgs. n. 58 del 1998) alla reclusione di sette anni e undici mesi e una multa di Euro 22.900,00, oltre alla condanna in solido con Ba.Me. s.p.a. al risarcimento del danno di Euro 96.000,00 ed euro ed 32.000,00 euro a titolo di danno non patrimoniale in suo favore (pag. 194, doc. 5 fascicolo attore); che la sentenza di primo grado era stata impugnata davanti alla Corte di Appello di Bologna, che - con Provv. n. 37 del 2019 - aveva rideterminato gli importi da liquidare a titolo di provvisionale in Euro 31.500,00, oltre ad Euro 13.000,00 a titolo di danno non patrimoniale, in virtù della accertata prescrizione di talune delle condotte di indebita appropriazione (doc. 6 fascicolo di parte attrice ); che la sentenza della Corte di Appello era stata impugnata davanti alla Corte di Cassazione la quale, con sentenza n. 32514/2020, aveva dichiarato inammissibile il ricorso di Ra.Ma., confermandola condanna - in solido - di Ra.Ma. e della Banca al risarcimento del danno patito da Gi.Vo. (doc. 7 fascicolo attore). L'attore ha sostenuto l'irrilevanza, in sede civile della dichiarazione, di intervenuta prescrizione di alcuni reati, comunque legati dal vincolo della continuazione, accertata nel procedimento penale, dovendosi computare la prescrizione civilistica dal momento in cui la produzione del danno si manifesta all'esterno, consentendo concretamente l'esercizio del diritto; la difesa del Vo. evidenzia altresì l'intervenuta interruzione della prescrizione, a seguito della costituzione di parte civile nel processo penale fino, al passaggio in giudicato della sentenza. Nel merito, Gi.Vo. chiede di ritenere sussistente la responsabilità della Ba.Me. s.p.a. ai sensi dell'art. 2049 c.c. e 31 T.U.F., escludendo che la condotta tenuta dall'attore abbia integrato un comportamento anomalo idoneo ad interrompere il nesso di occasionalità necessaria, così come accertato nel procedimento penale avente efficacia di giudicato nel presente giudizio, ai sensi dell'art. 651 c.p.p. Sotto il profilo processuale, parte attrice dà atto della procedibilità della domanda - di accertamento dell'obbligo in capo alla Ba.Me. s.p.a., in solido con Ra.Ma., di restituire all'attore la somma indebitamente sottratta, sia in termini di danno emergente che di lucro cessante, oltre che il risarcimento del danno non patrimoniale ai sensi degli artt. ex artt. 2059 c.c. e 185 c.p. - essendo stato, sebbene infruttuosamente, esperito il tentativo di mediazione (doc. 9 fascicolo attore). In via subordinata, l'attore ha domandato l'accertamento della violazione dell'obbligo di buona fede nei rapporti contrattuali di cui all'art. 1375 c.c. e degli obblighi informativi di cui all'art. 21 T.U.F. e la condanna in solido dei convenuti al pagamento del risarcimento del danno per il disagio subito da parte attrice conseguente alla scorrettezza contrattuale. Con comparsa di costituzione e risposta, la Ba.Me. s.p.a. ha chiesto l'accoglimento delle seguenti conclusioni: "Piaccia all'Ill.mo Tribunale di Ferrara, previo ogni più opportuno accertamento e declaratoria, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così giudicare: in via preliminare accertare e dichiarare per i motivi dedotti in atti la nullità dell'atto di citazione, assumendo per conseguenza ogni più opportuno provvedimento di legge; Accertare e dichiarare per i motivi dedotti in atti il parziale difetto di legittimazione ad agire dell'attore, assumendo per conseguenza ogni più opportuno provvedimento di legge; nel meritoin principalità assolvere Ba.Me. SpA da tutte le domande contro la stessa da chiunque formulate nel presente giudizio, in quanto infondate in fatto e in diritto e comunque sprovviste di supporto probatorio; in via meramente subordinata: accertare e dichiarare il concorso di colpa del signor Gi.Vo. nella causazione del lamentato evento di danno e, per conseguenza Assolvere nei suddetti limiti Ba.Me. SpA da tutte le domande contro la stessa da chiunque formulate nel presente giudizio. IN OGNI CASO Con vittoria di spese, competenze di lite, oltre IVA e CPA sulla parte imponibile, rimborso forfetario, sentenza e successive occorrende. Riservata ogni ulteriore istanza, nonché diritto di replica e controdeduzione in caso di contestazione". La Ba.Me. s.p.a., eccepite in via preliminare la nullità dell'atto di citazione per omessa allegazione dei fatti e la parziale mancanza di legittimazione attiva in capo a Gi.Vo., essendo alcuni investimenti cointestati anche con altre persone e taluni assegni effettuati da conti correnti cointestai o intestati al figlio A.V. (cfr. docc. 1- 3, 9 fascicolo parte attrice), ha sostenuto che l'attore abbia omesso di provare tre dazioni di denaro - non esaminate in sede penale - di Euro 37.000,00, Euro 25.000,00 ed Euro 10.000,00, che secondo l'attore sarebbero state corrisposte in contanti. Difetterebbe poi anche la prova del nesso di occasionalità tra il ruolo di promotore finanziario della Banca convenuta e le condotte ascritte a Ra.Ma.. Mancherebbe la prova dell'esibizione di documenti da cui evincere che il versamento degli importi oggetto di causa a Ma. avesse lo scopo precipuo di investimento in M.; in mancanza di prova della riconducibilità degli assegni alla modulistica prodotta dalla parte attrice recante date ed importi incompatibili, fermo il disconoscimento da parte dell'Istituto di credito della sottoscrizione dei moduli. La convenuta ha, pertanto, contestato la sussistenza della propria responsabilità, in assenza di prova delle dazioni che non hanno formato oggetto di giudizio nel procedimento penale ed in forza della sussistenza di condotte "anomale" dell'attore - quali la dazione di somme di denaro avvenuta con modalità non tracciabili e sulla base di moduli non sottoscritti dalla Banca convenuta, non seguita da conferma del buon fine dell'ordine né da alcuna rendicontazione ufficiale - idonee, pertanto, ad escludere la responsabilità dell'Istituto bancario, ai sensi dell'art. 1227 c.c. e ad elidere la presunzione di legittimo affidamento dei clienti nell'operato del promotore finanziario. Infine, la Ba.Me. s.p.a. ha negato l'operatività della disciplina relativa agli obblighi di buona fede nei rapporti contrattuali ed informativi ai sensi dell'art. 21 T.U.F. in assenza di perfezionamento di un valido investimento con la Banca convenuta e ha contestato il quantum richiesto dall'attore, negando la sussistenza dei presupposti per la applicazione degli interessi e della rivalutazione monetaria calcolati su somme già accertate in sede penale, l'inopponibilità alla Banca degli accordi intervenuti tra l'attore e Ra.Ma. sui tassi di interesse, nonché l'indebita richiesta di riconoscimento del c.d. lucro cessante in assenza di un valido investimento e del c.d. danno morale non provato. In via subordinata, Ba.Me. s.p.a. ha chiesto l'accertamento del concorso di colpa di Gi.Vo. nella causazione dell'evento dannoso, ai sensi dell'art. 1227, II comma c.c., avendo l'attore consegnato al promotore finanziario assegni in bianco. Alla prima udienza, il Giudice ha assegnato i termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c. e, istruita la causa mediante espletamento della c.t.u., disposto il deposito delle comparse conclusionali ai sensi dell'art. 190 c.p.c., ha trattenuto la causa in decisione. 2. Eccezioni preliminari di nullità dell'atto di citazione e difetto di legittimazione attiva L'eccezione formulata dalla Banca convenuta di nullità dell'atto di citazione non può trovare accoglimento, in quanto - a differenza dell'omissione o dell'assoluta incertezza dell'oggetto della domanda o degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto che integrano la nullità dell'atto introduttivo ai sensi dell'art. 164, comma 4, c.p.c. - a mera allegazione generica dei suddetti elementi, quali la carenza di prospettazione e la sommarietà della narrazione dei fatti e degli elementi di diritto posti alla base della pretesa attorea non sono idonei alla dichiarazione di nullità dell'atto di citazione, che discende invece dall'assoluta incertezza della domanda da accertarsi caso per caso a seguito di una valutazione operata con riguardo all'insieme delle indicazioni contenute nell'atto di citazione e dei documenti ad esso allegati (cfr. Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 11751 del 15/05/2013).La ratio della disciplina delle nullità dell'atto di citazione è ispirata alla necessità di garantire, da un lato, che la parte che agisce in giudizio chiarisca il quadro delle allegazioni che porre a fondamento della propria domanda giudiziale (cfr. Cass. Civ., Sez. VI-III, Ordinanza n. 3363 del 05/02/2019) e, dall'altro, che la parte convenuta sia messa nella condizione di poter compiutamente apprestare adeguata e puntuale difesa, prendendo posizione e contestando i fatti ai sensi dell'art. 115 c.p.c. (in tal senso, Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 27670 del 21/11/2008,). Nel caso di specie, l'atto introduttivo di Gi.Vo. ha adempiuto ad entrambe le funzioni: sia quella chiarificatrice, ben potendo essere identificata la causa petendi nella richiesta di restituzione delle somme sottratte da Ra.Ma. ed avendo l'attore esposto in modo chiaro e specifico i fatti e gli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda ai sensi dell'art. 163 c.p.c., sia quella difensiva, avendo la Banca convenuta potuto prendere posizione sui fatti posti dall'attore a fondamento della domanda. Anche l'eccezione, formulata in via preliminare dalla Banca convenuta, di parziale difetto di legittimazione attiva in capo a Gi.Vo. non può trovare accoglimento, in quanto assorbita dall'accertamento effettuato nella sentenza penale passata in giudicato, nei termini che verranno compiutamente esaminati nel paragrafo che segue. Sul punto, occorre anticipare che le dazioni effettuate da Gi.Vo. a Ra.Ma. sono state, infatti, oggetto di verifica nel procedimento penale, dispiegatosi attraverso tutti i gradi di giudizio, che ai sensi dell'art. 651 c.p.p. e art. 2909 c.c., copre l'accertamento dell'illiceità della condotta e, pertanto, dei versamenti effettuati a vario titolo dall'attore al promotore finanziario, condannato all'esito del procedimento, che ha altresì accertato la responsabilità civile della Banca. Premessa l'efficacia di giudicato della sentenza resa nel processo penale, l'eccezione di difetto di legittimazione attiva formulata dalla convenuta non può altresì trovare accoglimento, in quanto: - relativamente al punto (i) di cui a pag. 18 della comparsa di costituzione e risposta, la somma di Euro 37.809,47, oggetto del primo investimento, non è stata richiesta dall'attore, non comparendo nel riepilogo degli assegni posti a fondamento della pretesa creditoria; - quanto ai punti da (ii) a (vi) le somme di Euro 20.000,00, 12.500,00, 15.000,00, 10.000,00 ed Euro 20.000,00 sono state richieste e provate nel procedimento civile, (pag. 30 atto di citazione, doc. 2 e 3 fascicolo parte attrice) in forza dell'accertamento nel procedimento penale, a nulla rilevando che il mandato ad investire fosse cointestato con altri soggetti, rispettivamente D.A., D.S. e A.V., essendo oggetto del giudizio la richiesta di restituzione delle somme effettivamente investite, e, pertanto, dei versamenti effettuati a mezzo assegni; - quanto alle somme prelevate dai conti correnti cointestati tra Gi.Vo. e la moglie D.S. ed il figlio A.V., in ragione del fatto che trattasi di assegni consegnati dall'attore a Ra.Ma., di cui rilevano i dati contenuti negli assegni (con conseguente fondatezza della pretesa restitutoria), indipendentemente dalla contitolarità del conto corrente dal quale le somme provenivano. Ciò posto quanto alle eccezioni preliminari, la domanda formulata da Gi.Vo. nei confronti di Ba.Me. s.p.a. e di Ra.Ma. deve ritenersi meritevole di accoglimento nei termini che seguono. 3. La responsabilità dei convenuti Come già accennato, vale la pena sottolineare che, ai sensi dell'art. 651 c.p.p., la sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso nel giudizio civile, oltre che amministrativo, per le restituzioni e il risarcimento del danno. Dunque, la sentenza del giudice penale che, accertando l'esistenza del reato (ed anche eventualmente la sua estinzione per intervenuta prescrizione), "abbia altresì pronunciato condanna definitiva dell'imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile, demandandone la liquidazione ad un successivo e separato giudizio, spiega, in sede civile, effetto vincolante in ordine alla "declaratoria iuris" di generica condanna al risarcimento ed alle restituzioni, ferma restando la necessità dell'accertamento, in sede civile, della esistenza e della entità delle conseguenze pregiudizievoli derivate dal fatto individuato come "potenzialmente" dannoso e del nesso di derivazione causale tra questo e i pregiudizi lamentati dai danneggiati" (Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 5660 del 09/03/2018). Dunque, nel caso di specie, gli accertamenti svolti in sede penale, per quanto concerne il diritto dell'attore ad ottenere la restituzione delle somme consegnate a Ra.Ma., fanno stato nel presente giudizio sia quanto alle dazioni (il cui ammontare viene riconosciuto a titolo di provvisionale nel giudizio penale di primo grado, quale danno patrimoniale), sia quanto al nesso di occasionalità necessaria, su cui si fondala responsabilità della Banca convenuta ed, infine, con riguardo all'esclusione di una responsabilità concorrente della vittima del reato V.. Ritiene questo Giudice di confermare l'orientamento già assunto da diverse pronunce di questo Tribunale (cfr., tra le altre, sentenze n. 491/2023 del 28/06/2023 e 564/2023 del 12/07/2023, est. M.), in base al quale, dall'efficacia di giudicato della sentenza resa nel processo penale ai sensi dell'art. 651 c.p.p. e dagli accertamenti effettuati in sede penale deriva la responsabilità diretta e solidale, con l'imputato Ra.Ma., della Ba.Me. s.p.a., quale responsabile civile. Va infatti negata in questa sede la possibilità di porre in discussione, sul piano probatorio, questi presupposti, dovendosi quindi ritenere provata anche la responsabilità dell'Istituto bancario: il profilo della "occasionalità" tra la condotta truffaldina del promotore finanziario e l'attività di intermediazione della società convenuta è un dato che deve ritenersi acquisito al processo, senza che la responsabilità della Banca possa essere esclusa (o ridotta) ex art. 1227 c.c. Come è noto, al fine di rafforzare la tutela del risparmiatore, l'art. 31 T.U.F. prevede la responsabilità solidale dell'intermediario preponente per il danno causato dal promotore finanziario di cui si avvalga per il danno causato da quest'ultimo (certamente responsabile) ai risparmiatori: tale responsabilità solidale presuppone il nesso di occasionalità necessaria tra il fatto del promotore e le incombenze affidategli, secondo un regime probatorio attenuato, trattandosi di responsabilità oggettiva e potendo la prova essere raggiunta anche in via presuntiva, laddove siano dimostrate idonee circostanze di fatto atte ad ingenerare nel cliente un legittimo affidamento circa la riconducibilità della condotta del promotore alla sfera di operatività della Banca preponente. Dal punto di vista operativo, tale requisito si traduce nella necessità di accertare - in concreto - se la condotta illecita del preposto sia stata agevolata, o resa comunque possibile, dall'incarico ricevuto. È altrettanto pacifica la sussistenza della responsabilità in esame anche nei casi in cui i danni arrecati alla clientela dai promotori finanziari, nell'esercizio delle incombenze loro affidate, siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale. La Cassazione ha più volte chiarito che la norma esclude che il comportamento doloso del preposto interrompa il nesso causale fra l'esercizio delle incombenze ed il danno (da ultimo, Cass. Civ., Sez. VI-III, Ordinanza n. 31453 del 25/10/2022). Nel caso di specie, il nesso di occasionalità è un punto di fatto, precipuamente oggetto di accertamento in sede penale nei due gradi di giudizio: in particolare, nel procedimento di primo grado il Giudice ha accertato che "M. certamente ha agito quale promotore finanziario di Ba.Me., di cui era in effetti mandatario in via esclusiva" e che "sussiste, pertanto, nel caso di specie, il nesso di occasionalità necessaria che fa sorgere la responsabilità solidale di Ba.Me. per gli illeciti compiuti da M." (cfr. pag. 66 e 67 sentenza n. 728/13 R.G.N.R. e n. 1938/14 R.G. Dib., doc. 5 fascicolo attore). In tale sede, è stato altresì accertato il rapporto di "immedesimazione" tra Ra.Ma. e Ba.Me. s.p.a., estrinsecatosi attraverso l'impiego, da parte del promotore, dei moduli e del logo in uso all'Istituto di credito nonché la continuità del rapporto, dapprima iniziato con la Banca e poi proseguito con il promotore finanziario (pag. 31 sentenza Corte di Appello di Bologna n. 37/2019, doc. 6 fascicolo di parte attrice). Come già esposto, l'efficacia vincolante e non sindacabile del giudicato penale preclude l'esame dell'eccezione, formulata dalla Ba.Me. s.p.a., avente ad oggetto l'interruzione del nesso di occasionalità necessaria, ricollegata al comportamento, asseritamente poco cauto, dell'attore/investitore. La Banca invoca quella giurisprudenza che esclude il nesso di occasionalità necessaria, laddove risulti dimostrata la connivenza o la collusione del cliente alla consumazione dell'illecito, o nel caso in cui i rapporti tra promotore ed investitore presentino connotati di anomalia. Ebbene, le pronunce penali di primo e secondo grado hanno avuto modo di pronunciarsi anche su questo aspetto, evidenziando la necessità di una valutazione complessiva delle condotte, eventualmente anomale, dell'investitore: gli elementi presuntivi utilizzabili, al fine di accertare l'esistenza o meno della "anomalia", sono stati già ponderati in sede penale nel loro complesso: sulla base del principio per cui "non basta il semplice uso di modalità di pagamento irregolari per dedurne l'acquiescenza del risparmiatore" (cfr. pag. 69 sentenza penale di primo grado, doc. 5 fascicolo di parte attrice) ed occorre tenere conto delle conoscenze specifiche di cui disponevano le vittime, il Giudice penale ha escluso profili di anomalia, essendo state ritenute carenti le conoscenze specifiche delle vittime (incluso il Vo.), anche in forza della fiducia che hanno riposto nell'operato dell'intermediatore finanziario, alla luce dei rapporti di conoscenza, amicizia o parentela e della condotta di induzione in errore compiuta dal promotore finanziario (pag. 74 sentenza penale di primo grado, doc. 5) Tali argomentazioni e conclusioni sono state condivise anche in sede di appello, evidenziando la Corte che le anomalie rilevate dall'appellante non sono sufficienti a dimostrare la sussistenza in capo alle vittime di una negligenza tale da influire sulla quantificazione del risarcimento ai sensi dell'art. 1227, primo e secondo comma, c.c. (cfr. pag. 35 sentenza Corte di Appello 37/2019, doc. 6 fascicolo attore). L'obbligo di restituzione delle somme sottratte al Vo., mediante gli artifici ed i raggiri accertati in sede penale, vincola il Giudice nel riconoscimento del diritto alla restituzione degli importi ivi indicati, poi dettagliatamente computati dal consulente tecnico d'ufficio in questo giudizio, dott.ssa E.B.. I risultati cui è giunta la consulente, che questo giudice ritiene di dovere richiamare e condividere, nei termini che seguono, tenendo conto di tutti gli assegni oggetto di accertamento in sede penale (cfr. prima ipotesi dell'elaborato della consulente). Non sono state invece prese in considerazione nel calcolo le somme asseritamente consegnate dall'attore a Ra.Ma. di importo pari ad Euro 10.000,00 che il promotore finanziario - secondo la prospettazione di parte attrice - avrebbe confessato durante l'interrogatorio di aver ricevuto in contanti (doc. 9 e 10 fascicolo attore), in quanto tale dazione di cui Gi.Vo. chiede la restituzione non è stata accertata in sede penale e, pertanto, non può essere riconosciuta in questa sede dovendo l'accertamento ritenersi cristallizzato nei termini del giudicato. Parimenti, devono ritenersi escluse dal computo l'importo di Euro 6.164,57, genericamente indicato dall'attore come riferibile a "assegni accertati dal PM nel Processo Penale e riportato in sentenza di 1 grado": su tale accertamento non si è formato il giudicato, in assenza di conferma in sede di appello. A differenza delle somme in contanti, che non sono state accertate in sede penale, gli assegni intestati a "me medesimo", contestati dalla Banca convenuta, sono stati oggetto di accertamento in sede penale, in quanto tale intestazione rientrava nel modus operandi di Ra.Ma., che, in qualità di promotore finanziario dell'Istituto di credito, induceva gli investitori a compilare gli assegni come secondo le sue indicazioni ("Altri hanno emesso assegni "a me stesso" e hanno firmato il retro per girata prima di consegnarli all'imputato. Altri ancora hanno detto di aver consegnato addirittura in contanti", pag. 33 sentenza penale di primo grado): specularmente, e sempre in ragione dell'accertamento nei termini del giudicato, non possono trovare accoglimento le contestazioni formulate dalla Banca convenuta su tali dazioni intestate a "me medesimo", incluse nell'accertamento penale. Pertanto, in condivisione della prima ipotesi di calcolo elaborata dal c.t.u, comprensiva delle dazioni effettuate da Gi.Vo. ed indirizzate sia a Ra.Ma. sia a "me stesso" ed escluse le somme asseritamente pagate in contanti e gli assegni accertati solamente nel primo grado di giudizio del procedimento penale, l'importo totale delle restituzioni va quantificato in Euro 110.750,00 secondo la seguente ricostruzione, confermata anche dall'attore nella comparsa conclusionale (cfr. pagg. 4 e 5): Omissis 4. L'eccezione di prescrizione L'accertamento della prescrizione in sede penale non rileva, come ribadito anche dalla già citata giurisprudenza di questo Tribunale in casi analoghi, nel presente giudizio. Nel procedimento penale, infatti, il dies a quo decorre dalla consumazione del reato, ai sensi dell'art. 158 c.p., coerentemente con la prospettiva di tutela dell'imputato; in sede civile, invece, dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, ai sensi dell'art. 2935 c.c., coerentemente con la prospettiva di tutela del danneggiato. Tale termine non coincide, dunque, con la data di commissione del fatto delittuoso, ma con il momento in cui il danneggiato può concretamente esercitare l'azione di risarcimento. Tale momento è individuato in quello in cui il danneggiato ha avuto conoscenza del danno e del nesso di causalità con il fatto illecito: in particolare, "in materia di illecito civile, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno decorre dal momento in cui il danneggiato ha avuto reale e concreta percezione dell'esistenza e gravità del danno stesso, nonché della sua addebitabilità ad un determinato soggetto, ovvero dal momento in cui avrebbe potuto avere tale percezione usando l'ordinaria diligenza" (Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 4899 del 14/03/2016; Cass. Civ., Sez. VI-III, Ordinanza n. 14480 del 09/07/2020). Nel caso di specie, dunque, il termine deve essere fatto decorrere dal momento della diffusione della notizia dei reati commessi dal promotore finanziario Ma. attraverso la stampa, momento in cui Gi.Vo. ha effettivamente appreso delle condotte illecite e conseguentemente provveduto a sporgere denuncia-querela presentata in data 21 marzo 2013, poi successivamente integrata in data 2 agosto 2013 e 24 giugno 2014 (cfr. doc. 1- 4 fascicolo attore). Né parte convenuta ha allegato un diverso momento di conoscenza delle condotte appropriative poste in essere da Ra.Ma. da parte dell'attore. Ciò premesso, dunque, le dazioni effettuate tra il 2003 e il 2009 - ricomprese nell'ambito di operatività della prescrizione in sede penalistica - non possono ritenersi civilisticamente prescritte. La responsabilità della Banca ai sensi dell'art. 31 T.U.F integra, come già spiegato nel paragrafo precedente, un'ipotesi speciale di responsabilità indiretta ai sensi dell'art. 2049 c.c. e sussiste a prescindere dalla tipologia di rapporto di preposizione tra intermediario e promotore. Così configurata la responsabilità dell'Istituto di credito, il termine di prescrizione quinquennale di cui all'art. 2947 c.c. non potrebbe comunque considerarsi decorso in forza dell'intervenuta costituzione di parte civile nel processo penale, che, secondo un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, determina, rispetto alla prescrizione del diritto al risarcimento del danno, un effetto interruttivo permanente. Vale la pena richiamare quanto precisato dalla Suprema Corte a Sezioni Unite sul tema "la prescrizione del diritto al risarcimento del danno per fatto illecito costituente reato che si è estinto a seguito della morte del reo, in caso di costituzione di parte civile nel processo penale del danneggiato, è soggetta, in ossequio al diritto fondamentale della vittima all'accesso alla giustizia, a interruzione permanente, decorrendo a partire dal momento in cui diviene irrevocabile la sentenza penale dichiarativa di quella estinzione" (Cass. Civ., Sez. Un., Sentenza n. 8348 del 05/04/2013; così anche Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 25340 del 17/12/2015). A tale effetto interruttivo.permanente, . cui vengono collegati dalla legge la rimozione di ogni efficacia dal tempo già trascorso prima che l'atto venisse compiuto e l'inizio di un nuovo termine di prescrizione che decorre dall'atto interruttivo, si aggiunge un effetto sospensivo che paralizza il decorso fino al tempo del passaggio in giudicato della sentenza. L'esperimento dell'azione civile nel processo penale, infatti, è di per sé idonea a identificare una domanda giudiziale, non essendo necessari ulteriori enunciazioni formali rispetto al legame eziologico tra la pretesa risarcitoria e il fatto-reato: "la pregressa costituzione ha valore interruttivo della prescrizione in quanto, ai sensi dell'art. 185 cod., pen. ogni reato obbliga, oltre che al risarcimento, alle restituzioni, sicché l'esperimento della azione civile nel processo penale è di per sé idonea ad identificare il "petitum" della domanda, senza che occorrano ulteriori enunciazioni formali rispetto a quella del legame eziologico che collega la pretesa stessa al fatto-reato" (Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 17226 del 29/07/2014). Conseguentemente, "la costituzione di parte civile nel processo penale rientra fra gli atti interruttivi della prescrizione considerati dall'art. 2943 cod. civ. e, come ogni altra domanda giudiziale, produce un effetto interruttivo permanente per tutta la durata del processo, ai sensi dell'art. 2945, secondo comma, cod. civ., sino al passaggio in giudicato della sentenza di condanna" (Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 5256 del 09/04/2001; Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 3666 del 18/04/1996). Dunque, la costituzione di parte civile del Vo. nel procedimento penale rientra tra gli atti interruttivi della prescrizione ai sensi dell'art. 2943, comma 2, c.c. e produce un effetto interruttivo permanente per tutta la durata del processo fino alla definizione del giudizio con sentenza irrevocabile. Nel caso di specie, il procedimento penale di primo grado in cui si è costituto parte civile l'odierno attore, Gi.Vo., è stato definito con sentenza pubblicata in data 19 gennaio 2017 (doc. 5 fascicolo attore), poi successivamente riformata in appello con sentenza n. 37/2019 ed, infine, definitivamente decisa con sentenza della Corte di Cassazione n. 32514/2020 del 16 ottobre 2020. Proprio tenuto conto del dies a quo decorrente dalla data della denuncia-querela presentata in data 21 marzo 2013 e della data di pubblicazione della sentenza della Corte di Cassazione del 16 ottobre 2020, i crediti maturati da Gi.Vo. non possono ritenersi prescritti. 5. La quantificazione dei danni subiti dall'attore Nel giudizio penale di primo grado, il Tribunale di Ferrara ha riconosciuto, a titolo di provvisionale, a Gi.Vo. la somma di Euro 96.000,00 per assegni versati dal 2006 al 2012. Tale provvisionale, tuttavia, è stata ridotta nel secondo grado di giudizio penale per intervenuta prescrizione delle dazioni effettuate prima del 6 marzo 2011 (cfr. pag. 25 doc. 6 fascicolo di parte attrice : "Dovendosi avere riguardo ad ogni singola dazione di denaro (perché è in quel momento che si realizza il conseguimento del profitto ed il correlato danno della P O , e, dunque, l'evento del reato), tanto basta per affermare che il dies a qua della prescrizione decorreva - e deve farsi decorrere - dalla data di ciascuna di esse; pertanto, la causa estintiva suddetta va a coprire tutte le dazioni di denaro effettuate da tutte le persone offese prima del marzo 2009 e, a seguito del tempo ulteriormente decorso fra la data della sentenza di primo grado e la celebrazione del presente giudizio, anche tutte le dazioni di denaro effettate fino al 6 marzo 2011"). Con particolare riferimento alla posizione di Gi.Vo., la Corte ha ridotto l'importo accertato in primo grado: "12.8.22. posizione V.G. (142): anche per tale posizione, espunti gli importi relativi a dazioni prescritte, l'ammontare della provvisionale risulta eccessiva e deve essere ridimensionata; (...) fatti i debiti calcoli, la provvisionale può essere rideterminata in Euro 31.500,00"). Ad oggi, il danno patrimoniale, danno emergente costituito dalle somme indebitamente versate da Vo., va quantificato in Euro 45.865,00: dall'importo versato oggetto dell'accertamento penale, pari ad Euro 110.750,00, vanno sottratte le somme restituite all'attore da Ra.Ma. e pari ad Euro 20.385,00, nonché l'importo di Euro 44.500,00 della provvisionale versata all'attore dalla Banca convenuta. Trattandosi di risarcimento del danno da fatto illecito, il debito è di valore, fino al momento dell'accertamento operato dal Giudice penale di primo grado che ha trasformato il debito di valore in debito di valuta. Al creditore di un'obbligazione di valore spetta anche il risarcimento del danno ulteriore causato dal ritardato adempimento: la base del calcolo è costituita non dal credito in moneta attuale, ma dal credito originario via via rivalutato anno per anno (v. Cass. . . Civ., Sez. Unite, Sentenza n. 1712 del 17/02/1995). Al momento del deposito della sentenza l'obbligazione di valore si trasforma in obbligazione di valuta e produce, altresì, interessi legali fino al pagamento: "le obbligazioni di valore si trasformano in obbligazioni di valuta solo in seguito al passaggio in giudicato della sentenza che decide sulla loro liquidazione, e pertanto solo da tale momento restano assoggettate alla disciplina dettata dall'art. 1224 cod. civ. per le obbligazioni di valuta, con la conseguenza che con decorrenza da tale momento vanno riconosciuti gli interessi corrispettivi nonché il risarcimento del danno per la mancata tempestiva disponibilità della somma di denaro rappresentante l'equivalente del bene perduto o danneggiato, qualora sia fornita, anche con presunzioni semplici, la prova del danno subito. Pertanto la sentenza che nel processo penale liquidi il danno a favore della P.C. senza interessi e maggior danno in quanto non richiesti sino alla pubblicazione della sentenza medesima, non preclude al danneggiato la possibilità di conseguire in sede civile, sul credito di valuta scaturito dalla liquidazione, per il periodo successivo ad essa, quanto stabilito dal disposto dell'art. 1224 cod. civ."(Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 5008 del 08/03/2005; Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 8507 del 14/04/2011). Dunque, sulla somma capitale indicata come dovuta in restituzione a Gi.Vo., al netto delle somme nelle more restituite (pari come detto ad Euro 45.865,00), sono stati applicati gli interessi e la rivalutazione monetaria (questa pari ad Euro 8.858,48) sino alla sentenza di primo grado (19/01/2017); su tale somma sono stati calcolati esclusivamente gli interessi sino alla data di pagamento della provvisionale da parte della Ba.Me. s.p.a. (ipotizzata al 31/12/2019, essendo noto l'anno ma non il giorno preciso del pagamento). Sull'importo residuo, al netto della provvisionale, sono stati calcolati gli interessi sino al 31/12/2022. L'importo degli interessi calcolati come si è detto risulta pari ad Euro 14.169,49. Il risarcimento dovuto a Gi.Vo., quantificato nei suddetti termini, risulta essere pari ad Euro 68.892,97, su cui andranno riconosciuti gli interessi legali dal 31/12/2022. Va poi riconosciuto all'attore il danno non patrimoniale, ai sensi degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p., che si ritiene di calcolare nella misura di Euro 20.000,00, somma che si ritiene idonea a considerare anche gli interessi e la rivalutazione fino alla medesima data del 31/12/2022. Tale somma viene individuata in via equitativa, tenuto conto dei criteri individuati dalla Corte d'Appello e richiamati dalla Banca anche in comparsa conclusionale (la quantificazione di Euro 13.000,00 era stata effettuata dalla Corte solo quale provvisionale), ossia il patimento subito a seguito della commissione dell'illecito, tenuto conto dell'età del Vo. all'epoca della scoperta della sottrazione delle somme di denaro consegnate al promotore, della sofferenza conseguente alla perdita di tutti i risparmi che si credevano investiti. Non può trovare, invece, accoglimento la domanda formulata dall'attore di condanna al pagamento delle somme richieste a titolo di lucro cessante, risultando superfluo il calcolo richiesto sul punto al c.t.u. Sebbene in tema di responsabilità extracontrattuale da fatto illecito sia in astratto certamente condivisibile l'orientamento (cfr. Cass. Civ., Sez. III, Ordinanza n. 2979 del 01/02/2023) per cui sulla somma riconosciuta al danneggiato a titolo di risarcimento sia necessario considerare, oltre alla svalutazione monetaria (che costituisce danno emergente), anche il nocumento finanziario subito a causa della mancata tempestiva disponibilità della somma di denaro dovuta a titolo di risarcimento - riconducibile alla categoria del lucro cessante -tuttavia, tale voce di danno deve essere provata in giudizio dal creditore. Quest'ultimo è tenuto a dimostrare, quand'anche mediante presunzioni, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta. Il danno patrimoniale da mancato guadagno, concretandosi nell'accrescimento patrimoniale effettivamente pregiudicato o impedito dall'inadempimento dell'obbligazione contrattuale, presuppone la prova mediante non solo allegazione specifica della tipologia di danno patrimoniale di cui il danneggiato chiede il risarcimento, ma anche mediante deduzione e prova in giudizio degli elementi di fatto, da cui desumere l'esistenza, sia pure in termini di elevata probabilità, ed a cui fare riferimento per la relativa liquidazione equitativa (Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 18363 del 26/07/2017; Cass. Civ., Sez. I, Ordinanza n. 36554 del 14/12/2022). In giudizio, risulta provata unicamente una generica intenzione di Gi.Vo. di investire i propri risparmi, avendo lo stesso consegnato a tal fine delle somme di denaro al promotore finanziario; tuttavia l'attore non ha fornito alcuna prova - neppure indiziaria - degli elementi necessari a consentire una quantificazione del lucro cessante. Gi.Vo., infatti, indica genericamente quali parametri di riferimento per il calcolo il "criterio forfettario pari al rendimento dei bot decennali dell'epoca dei fatti" oppure gli "investimenti voluti e falsamente realizzati dal sig. Ma. quale sarebbe stato il rendimento medio degli stessi" (pag. 8 comparsa conclusionale attore), senza però fornire elementi, neppure presuntivi, volti a surrogare suffragare né il primo né il secondo criterio proposto. Non sono stati, infatti, dimostrati precedenti investimenti né l'intenzione da parte dell'attore di effettuare investimenti a capitale garantito, in particolare in Buoni Ordinari del Tesoro, titoli del debito pubblico emessi dal governo italiano; nemmeno l'attore ha provato che avrebbe investito le somme consegnate a Ma. in prodotti finanziari con una certa redditività. In assenza di prova di precedenti investimenti né di una profilatura - anche resa da altro soggetto di intermediazione finanziaria - atta a qualificare l'attore come investitore abituale e con una certa tipologia di rischio d'investimento, con la conseguenza che non vi è ragione per quantificare il lucro cessante nei termini dell'interesse garantito sui titoli del debito pubblico. Né ovviamente può farsi riferimento ai surrettizi indici di rendimento indicati dal promotore finanziario nei moduli di investimento fatti sottoscrivere e non corrispondenti ad alcun prodotto finanziario acquistato (8% a capitale garantito), in assenza di individuazione e prova dell'esistenza,, sul mercato di investimenti dell'epoca di ciascuna dazione di prodotti con simili caratteristiche. Manca, quindi la prova di qualsivoglia elemento idoneo a consentire una prognosi circa il tipo di investimento che l'attore assume di non aver potuto effettuare in ragione della condotta illecita posta in essere dal Ma.. Il risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale, dovuto a Gi.Vo. da parte dei convenuti, va quindi quantificato in complessivi Euro 88.892,97, oltre interessi al tasso legale dal 31/12/2022 fino al saldo effettivo. 6. Le spese di lite Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate, tenuto conto, per quanto riguarda i compensi professionali, dei parametri medi previsti dal D.M. del 10 marzo 2014, n. 55, aggiornati al D.M. del 13 agosto 2022, n. 147, calcolati sul quantum riconosciuto, alla luce dell'attività complessivamente svolta e dello scaglione di riferimento (Euro 2.552,00 per fase di studio, Euro 1.628,00 per fase introduttiva, Euro 5.670,00 per fase di trattazione/istruttoria, Euro 4.253,00 per fase decisoria). Le spese di consulenza tecnica d'ufficio, in virtù dell'esito del giudizio, sono definitivamente poste a carico dei convenuti in solido tra loro. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa promossa da Gi.Vo. nei confronti di Ra.Ma. e Ba.Me. S.P.A., ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - accoglie parzialmente la domanda e, per l'effetto, dichiara tenuti e condanna la Ba.Me. s.p.a., in persona del legale rappresentante, e Ra.Ma., in solido gtra loro, al pagamento in favore di Gi.Vo. della somma complessiva di Euro 88.892,00, oltre interessi legali dal 31/12/2022 al saldo; - dichiara tenuti e condanna i convenuti, in solido tra loro, alla rifusione in favore dell'attore delle spese di lite, che liquida in Euro 1.241,00 per esborsi ed Euro 14.103,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese forfettarie nella misura del 15%, IVA e c.p.a. con aliquote di legge e se dovute; - pone in via definitiva le spese di c.t.u. a carico dei convenuti, in solido tra loro. Così deciso in Ferrara il 4 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 6 marzo 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA innanzi al Tribunale di Ferrara - Sez. Penale composto da: Dott. Piera Tassoni - Presidente estensore Dott. Marco Peraro - Giudice Dott. Alessandra Martinelli - Giudice alla pubblica udienza del 25 gennaio 2024 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente sentenza SENTENZA nei confronti di: 1. Bu.Pi., nato a C. (V.) il (...), ivi res.te in via A., n. 16 - elett.te dom.to c/o lo studio del difensore di fiducia Avv. St.Fa. del Foro di Venezia -libero assente- 2. Pe.Ch., nata a C. (V.) il (...), ivi res.te in via Fo. P., n. 17/A - elett.te dom.ta c/o lo studio del difensore di fiducia Avv. St.Pa. del Foro di Venezia -libera assente- 3. Ba.Di., nato a C. (V.) il (...), res.te a S. (V.), via S., n. 33attualmente detenuto per altra causa c/o la Casa Circondariale di Venezia -detenuto p. a. c. presente- IMPUTATI Bu.Pi. 1) delitto p. e p. dall'art. 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000, perché, in qualità di legale rappresentante dal 01/01/2016 al 31/10/2018 della società "Fo. S.r.l.", con sede in M. (F.), frazione A. F., via S. n. 33, al fine di evadere l'imposta sul valore aggiunto, non presentava, essendovi obbligato, la dichiarazione annuale relativa a tale imposta per l'anno 2017, evadendo l'imposta sul valore aggiunto per Euro 133.751,31. In Mesola (FE) il 30/04/2018 (termine ultimo per la presentazione della dichiarazione) Bu.Pi. (stralciato per il capo 2) - Pe.Ch. - Ba.Di. 2) delitto p. e p. dall'art. 216, comma 1, n. 2 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (Legge fallimentare), perché, Bu.Pi., in qualità di legale rappresentante dall'l/01/2016 al 31/10/2018; Pe.Ch., in qualità di legale rappresentante dal 06/11/2018 al 05/10/2020; Ba.Di., in qualità di legale rappresentante dal 05/10/2020 al 28/01/2021 (data della dichiarazione di fallimento) della società "Fo. S.r.l.", già con sede in M. (F.), frazione A. F., via S. n. 33, dichiarata fallita dal Tribunale di Ferrara con sentenza del 28/01/2021, sottraevano, distruggevano o falsificavano, allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari della società fallita. In Ferrara, il 28/01/2021 (data della dichiarazione di fallimento) Per Bu.Pi.: Con l'aggravante della recidiva reiterata specifica ai sensi dell'art. 99 comma 4 in relazione al comma 2 n. 1 c.p. Per Ba.Di.: Con l'aggravante della recidiva reiterata specifica infraquinquennale ai sensi dell'art. 99 comma 4 in relazione al comma 2 nn. 1 e 2 c.p. Con l'intervento del Pubblico Ministero: Dott. An.Ma. Dei difensori: Avv. St.Pa. del Foro di Venezia di fiducia sost. per delega verbale dall'Avv. Ma.Ma. per Bu.Pi. e Pe.Ch. - Avv. Be.Ge. del foro di Ferrara d'ufficio per Ba. MOTIVI DELLA DECISIONE Nel corso dell'istruttoria dibattimentale celebratasi alla presenza di Ba.Di., detenuto per altra causa, assenti gli imputati B. e P., erano escussi i testi indotti dal P.M. e sull'accordo delle parti era acquisito ex art. 493 comma 3 c.p.p. il p.v.c. di constatazione della Guardia di Finanza di Codigoro datato 1 marzo 2021. Dichiarata l'utilizzabilità degli atti, P.M. e Difese degli imputati concludevano come da verbale. Il Tribunale perveniva a decisione come da separato dispositivo, del quale era data immediata lettura in udienza, riservando la decisione in gg 90, dichiarando Bu.Pi. responsabile del delitto di cui all'art. 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000, Pe.Ch. e Ba.Di. responsabili del delitto di bancarotta semplice di cui all'art.217 l.f.. Con separata ordinanza era disposta ex art. 521 comma 2 c.p.p. la restituzione degli atti al P.M. nei confronti di Bu.Pi. in ordine al reato di bancarotta fraudolenta contestata allo stesso sub capo 2.1 Il fatto Bu.Pi. è imputato del delitto p. e p. dall'art. 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000 in qualità di legale rappresentante dal 1 gennaio 2016 al 31 ottobre 2018 della società "Fo. S.r.l." per avere omesso di presentare per l'anno 2017 la dichiarazione IVA, avendo per l'effetto evaso tale imposta per un valore pari ad Euro 133.751,31. Unitamente a Pe.Ch. e Ba.Di. è inoltre imputato del delitto di bancarotta fraudolenta documentale per aver sottratto, distrutto o falsificato i libri o le scritture contabili della predetta società, dichiarata fallita il 28 gennaio 2021. In particolare B. aveva rivestito la carica nel periodo sopra indicato (1 gennaio 2016 - 31 ottobre 2018), Pe.Ch. era stata legale rappresentante dal 6 novembre 2018 al 5 ottobre 2020 mentre Ba.Di. era stato legale rappresentante dal 5 ottobre 2020 al 28 gennaio 2021. Dalla relazione del curatore emerge che la società Fo. Srl risultava originariamente costituita in Porto Viro (Ro) con la denominazione di "Fo. Srl", legale rappresentante A.B., oggetto sociale l'installazione, manutenzione e riparazione di impianti elettrici in genere. Il 6 ottobre 2011 la sede legale era trasferita a M. (F.). Dalle dichiarazioni rese al curatore da B. la società all'epoca denominata Fo. Srl aveva svolto la propria attività di installazione di impianti elettrici nei confronti di un solo committente sino a fine 2014 inizio 2015; l'operatività era cessata per mancanza di commesse. Con verbale di assemblea del 1 gennaio 2016 A.B. cessava dalla carica di Amministratore Unico ed a lui subentrava Pi.Bu.2. La variazione dell'organo amministrativo era iscritta al Registro Imprese solo un anno dopo, il 3 gennaio 2017. Con verbale di assemblea del 12 aprile 2017 la società Fo. Srl modificava la denominazione in Fo. Srl con oggetto sociale il commercio di generi alimentari, pesce fresco e surgelato, insaccati, formaggi, carni e servizi di logistica relativi alle merci. Con scrittura privata del 22 marzo 2019 Pi.Bu., detentore del 100% del capitale sociale, cedeva le proprie quote a tal A.P.. La carica di socio unico di A.P. era iscritta in CCIAA il 02/10/2019 con atto del 10/06/2019. Il 30 maggio 2019 A.P. era iscritto in CCIAA come amministratore unico a far data dal 31 ottobre 2018. Con verbale di assemblea del 6 novembre 2018 A.P. di dimetteva dalla carica di amministratore unico ed era sostituito da Pe.Ch., alla quale A.P. cedeva le quote con atto del 26 maggio 2020. Con scrittura privata del novembre 2020 Pe.Ch. cedeva il 10% delle quote societarie ad E.T.C.. Con atto del 2 ottobre 2020 era istituito il Consiglio di amministrazione con iscrizione di Pe.Ch. quale Presidente e di E.T.C.. Con la scrittura privata del gennaio 2021 Pe.Ch. ed E.T.C. cedevano le proprie quote a Ba.Di., che con atto del 5 ottobre 2020 era nominato amministratore unico, mentre cessavano le cariche di Presidente del consiglio di amministrazione di Pe.Ch. e di vicepresidente del T.C.. Ba.Di. rimaneva in carica come amministratore unico fino alla data del fallimento, intervenuto il 28 gennaio 2021. Presso la sede legale della società in M. il curatore constatava esservi un'abitazione occupata da soggetti verosimilmente estranei all'attività. L'immobile ove la visura camerale indicava essere la sede operativa della società risultava occupato da un diverso ente. Il proprietario dell'immobile riferiva al curatore che la fallita aveva occupato i locali con regolare contratto d'affitto per pochi mesi nel corso dell'anno 2017. I pagamenti li aveva sempre ricevuti da Bu.Pi.. Nell'immobile la società Fo. s.r.l. avrebbe dovuto installare delle celle frigorifere ma il progetto non era andato a buon fine poiché era sopraggiunta un'ispezione della Guardia di Finanza. Il curatore non riusciva ad avere contatti con gli amministratori che si erano succeduti nel tempo: B. e P., ai quali aveva inviato una raccomandata, non si erano presentati, al pari di T.E.. Aveva in un'occasione avuto un contatto con Bu.Pi.. Non erano noti al curatore i rapporti esistenti tra Bu.Pi. e Pe.Ch.. Le dichiarazioni Iva ed Irap risultavano omesse negli ultimi cinque anni. La dichiarazione Redditi del 2016 risultava omessa, mentre il 4 febbraio 2021 (quindi dopo la data di fallimento) erano state presentate le dichiarazioni Redditi 2017-2018-2019 a firma apparente di Ba.Di.. Dalla banca data del registro impresa emergeva inoltre che la società aveva depositato in data 3 giugno 2017 quattro bilanci per gli anni d'imposta 2013/14/15/16, tutti a firma apparente di Pi.Bu. e tutti indicativi di una florida situazione economica societaria. Al curatore non erano consegnati contabilità e libri sociali; il depositario delle scritture risultante dall'anagrafe tributaria era una società già estinta al settembre 2018. Aggiungeva il curatore di aver provato a contattare un numero di telefono rinvenuto sul sito web della Fo. S.r.l., al quale aveva risposto una voce femminile che aveva riattaccato subito. Dal giorno successivo il sito risultava non più disponibile e al numero di telefono non aveva più risposto nessuno. I creditori si erano insinuati per complessivi Euro 212.402,78 dei quali Euro11.820,39 in privilegio e Euro 200.582.39 in chirografo. Il fallimento si era chiuso per assenza di attivo. L'assenza totale di documentazione aveva reso impossibile la ricostruzione della vita societaria, impedendo d'individuare l'inizio dello stato di dissesto e ricostruire in maniera circostanziata attivo e passivo della società, non avendo consentito inoltre di verificare l'attendibilità della rappresentazione delle poste di bilancio. L'assenza di documentazione aveva reso difficoltoso individuare il periodo di operatività della società che, come anticipato, commerciava principalmente in pesce fresco e surgelato che acquistava in Italia e all'estero (Svezia, Norvegia, Grecia, Spegna) avvalendosi poi della C. -Società C.Pe.Ch. - che si occupava per conto della fallita di curare la merce ricevuta in conto deposito, e di effettuarne il trasporto presso i clienti destinatari finali del prodotto, prevalentemente collocati presso il mercato ittico di Bari. L'attività di verifica della Guardia di Finanza, sulla quale ha riferito il teste D., aveva interessato gli anni di imposta 2015-2016-2017-2018 ed érta" iniziata nel 2018 a fronte dell'omessa presentazione delle dichiarazioni IVA, Redditi e Irap in presenza di elementi attivi desunti dallo spesometro 2015. Dalla verifica della G. d. finanza era emerso, sulla scorta delle informazioni reperite anche a mezzo di questionari trasmessi ai fornitori, che l'attività della fallita si era svolta principalmente nel corso del 2017 ed i primi mesi del 2018, periodo in cui l'amministratore era Bu.Pi.. Al subentro di Pe.Ch. l'impresa non era più operativa e tale rimase anche successivamente. Gli accertatori constatarono l'assenza totale della documentazione contabile e fiscale della società. Alla società fu contestata l'omessa dichiarazione IVA per gli anni 2015, 2017, 2018. Solo per l'anno 2017 fu accertato l'avvenuto superamento della soglia che delinea la fattispecie penalmente rilevante; legale rappresentante pro tempore era Bu.Pi.. Il volume d'affari per l'anno 2017 fu ricostruito sulla scorta delle fatture e del valore delle merci che la società risultava aver acquistato, quindi depositato, con contratti a lei intestati presso i locali della società Soc. Coop. Pe.Ch. e successivamente rivenduto. Parte di tali fatture furono recuperate da clienti e fornitori, che le avevano trasmesse alla p.g. in allegato ai questionari. Per altre transazioni non vennero rinvenute fatture, plausibilmente mai emesse, ma il volume d'affari fu ricostruito mediante documenti di deposito e trasporto. In particolare dall'esame dei questionari emergeva che per l'anno 2017 la fallita aveva emesso nei confronti della società Ba. Srls. con sede in B. (B.) fatture per Euro 231.962,37 oltre iva (Euro 23.196,24) per un totale di Euro 255.158,61 per vendita di prodotti di pesce fresco ed aveva ricevuto dalla società greca N.A. Sa fatture per forniture di pesce fresco per un valore di Euro 45.067,80 oltre Iva per un totale di Euro 45607,80. Il prodotto, deperibile non è stato rinvenuto; in assenza di fatture se ne derivava la vendita senza emissione di fattura. Il prezzo di vendita era determinato sulla scorta di quanto indicato nelle fatture emesse dall'impresa in verifica nei confronti della Srl Ba. (di cui sopra), che davano conto di come analoghi prodotti della pesca fossero stati venduti con un ricarico del 63,64% sul prezzo di acquisto indicato nelle fatture dei fornitori. Sempre per l'anno 2017 la L. Srl, con sede in M. (T.) emetteva nei confronti della fallita fatture per un totale Iva compreso di Euro 44.369,57 per vendita di prodotti alimentari (insaccati latticini formaggi e carni). Anche in questo caso il prodotto, deperibile, non era rinvenuto; in assenza di fatture se ne derivava la vendita senza emissione di fattura. Il prezzo di vendita era determinato sulla scorta dei valori di mercato per prodotti simili, che davano conto di un ricarico usualmente pari al 40%, previo riconoscimento di una percentuale di costi per le spese di gestione. Dall'esame delle fatture inviate alla p.g. operante dalla Soc.Coop, Pe.Ch.I., con sede in A. P. (A.), risultava che la cooperativa aveva emesso nei confronti della fallita fatture per un importo totale di Euro 7.594,50 per servizi di conto deposito di prodotto ittici freschi e congelati, acquistati da imprese nazionali e straniere. Tali prestazioni comprendevano servi vari, dettagliatamente descritti nel verbale di accertamento. Attraverso l'esame dei documenti inviati dalla Soc. Coop. Pe.Ch.I. (C.) (documenti di trasporto nazionali - lettera di vettura internazionale di trasporto merci su strada (CMR) - fatture di società nazionali - fatture di società straniere - richieste/comunicazioni Uffici Veterinari per gli adempimenti degli obblighi comunitari (UVAC)- corrispondenza commerciale) si appurava dagli inquirenti che la cooperativa, per conto della fallita, aveva avuto in deposito per l'anno 2017 e pure per parte del 2018, ingenti quantitativi dì prodotti della pesca freschi e surgelati. Dagli accertamenti emergeva quindi che per l'anno 2017 presso i locali Soc. Coop. Pe.Ch.I. erano stati depositati per conto della fallita i seguenti quantitativi di pescato, che erano poi dalla fallita rivenduti senza fattura. - kg. 23.255 di salmone scozzese acquistato dalla L. soc. Cooperativa con sede in C.; il prezzo di acquisto per kg. del prodotto è stato determinato in Euro 5,50, ricavato dalla cessione di analoghi prodotti indicati nelle fatture emesse verso la fallita da fornitore svedese S. As, S.. Per la vendita dì tale prodotto non risultano essere state emesse fatture di vendita. Non risultando inoltre il prodotto successivamente nella disponibilità della fallita, se ne è derivata la cessione senza fattura. Il prezzo di vendita è stato determinato sulla scorta dei prezzi indicati per prodotti simili nelle fatture emesse dall'impresa verificata nei confronti della Srl Ba., che davano conto di un ricarico del 63,64% sul prezzo d'acquisto indicato nelle fatture dei fornitori. - Kg 3456 di astici congelati acquistati dalla F.L. Srl, con sede in T., per un valore di Euro 30.142,80 Per la vendita di tale prodotto non risultano essere state emesse fatture di vendita. Non risultando inoltre il prodotto successivamente nella disponibilità della fallita, se ne è derivata la cessione senza fattura. Il prezzo di vendita è stato determinato sulla scorta dei valori di mercato per la vendita di prodotti simili, da cui si derivava che il ricarico attuato era usualmente pari al 40%, previo riconoscimento alla parte di una percentuale di costi per le spese di gestione. - Forniture di pesce fresco dalla società greca N.A. Sa per un valore di Euro 45.067,80 oltre Iva per un totale di Euro 45607,80. Anche in tal caso il valore di avvenuta vendita, non documentata da fattura, è stato determinato in Euro 63.850,92, con modalità del tutto analoghe a quanto sopra già indicato. - Kg. 3591 di salmoni freschi del valore fatturato di Euro 19.406,96 ricevuti da società svedese e, per quanto emerge dai d.d.t. trasmessi dalla C., destinati da quest'ultima per conto della fallita al mercato ittico di Bari. Il prezzo di vendita è stato determinato sulla scorta dei prezzi indicati per prodotti simili nelle fatture emesse dall'impresa verificata nei confronti della Srl Ba., che davano conto di un ricarico del 63,64% sul prezzo acquisto indicato nelle fatture dei fornitori. - Kg 960 di salmone affumicato ricevuti da società norvegese. Dalla lettera di vettura internazionale di trasporto merci su strada (CMR) del 02.11.2017, documento inviato dalla C. si rileva non solo l'acquisto ma pure che il luogo di destinazione del prodotto è la sede della C., come da timbro "controllo e accettazione scarico merci", apposto sul documento stesso in data 06.11.2017. Tale prodotti in pari data erano destinati al mercato Ittico dì Bari, come da documento di trasporto nr. 63 del 06.11.2017, emesso dalla C. nei confronti della società in verifica. In difetto di fatture di acquisito il costo del prodotto era individuato sulla scorta di altra fattura emessa del medesimo fornitore per analogo prodotto, rinvenuta tra i documenti inviati dalla C.. Per la vendita di tale prodotto non risultano essere state emesse fatture di vendita ed il salmone non era più nella disponibilità della fallita. Se ne è derivato logicamente quindi che il pesce affumicato in questione era stato venduto senza fattura. Il prezzo di vendita è stato determinato sulla scorta dei valori di mercato per la vendita di prodotti simili, da cui emergeva che il ricarico attuato è usualmente pari al 50%, previo riconoscimento alla parte di una percentuale di costi per le spese di gestione. - Kg 5.250,20 di salmoni freschi ricevuti da società svedese per una fattura pari a Euro 28.678,20. Tra i documenti inviati alla G.d. finanza il d.d.t. nr. 64 del 13.11.2017 dava conto che il medesimo quantitativo di salmoni freschi, venduti dalla società straniera all'impresa in verifica era poi destinato per conto di quest'ultima dalla C. al mercato ittico di Bari. In assenza di fattura, il prezzo di vendita era determinato sulla scorta dei prezzi indicati per prodotti simili nelle fatture emesse dall'impresa verificata nei confronti della Srl Ba., che davano conto di un ricarico del 63,64% sul prezzo acquisto indicato nelle fatture dei fornitori. - Kg.2400 di salmoni affumicati ricevuti da società norvegese, per un valore di acquisto di Euro 48.148,80 come da fattura. Tra i documenti inviati dalla C. sono state rinvenute le relative lettere di vettura internazionale di trasporto merci su strada (CMR), rispettivamente del 9, 10 e 12 novembre 2017, dalle quali si rileva che il luogo di destinazione del prodotto è la sede della C., come da timbro "controllo e accettazione scarico merci", apposto sul documento stesso in data 13.11.2017 e dal d.d.t nr. 65 del 13.11.2017. Dai documenti emergeva che lo stesso quantitativo di salmoni affumicati venduto dalla società straniera all'impresa in verifica era destinato per conto di quest'ultima al mercato ittico di Bari dalla C.. Per la vendita di tale prodotto non risultano essere state emesse fatture di vendita, non risultando inoltre più nella disponibilità della fallita. Il prezzo di vendita era determinato sulla scorta dei valori di mercato per la vendita di prodotti simili, da cui si derivava che il ricarico attuato è usualmente pari al 50%, previo riconoscimento alla parte di una percentuale di costi per le spese di gestione. - Kg. 7.116,00 di salmoni freschi ricevuti da società svedese in assenza di fattura. L'acquisto e deposito per conto della società in verifica poi fallita è provato dai documenti inviati dalla C., fra cui le lettere di vettura internazionale di trasporto merci su strada (CMR) del 19.11.2017 e la packing list del 20.11.2017, da cui si evince la ricezione dalla società svedese di nr. 324 colli per un totale di kg. 7.116,00 di salmoni freschi. Tale dato era confermato sia da documentazione commerciale intercorsa tra la C. e la Fo. Srl sia dal documento di trasporto n. 66 del 20,11.2017, dal quale si ricava che gli stessi colli, per un quantitativo leggermente inferiore, vale a dire kg. 7097 di salmoni freschi, venduti dalla società straniera all'impresa in verifica, erano destinati per conto di quest'ultima al mercato ittico di Bari dalla C.. Il prezzo di acquisto è stato ricavato sulla scorta dei prezzi medi di prodotti simili, desunta da tutti gli altri acquisti regolarmente fatturati. In assenza di fattura, il prezzo di vendita è stato determinato sulla scorta dei prezzi indicati per prodotti simili nelle fatture emesse dall'impresa verificata nei confronti della Srl Ba., che davano conto di un ricarico del 63,64% sul prezzo d'acquisto ricavato come sopra indicato. - Kg. 7.044,10 di salmoni freschi ricevuti dalla medesima società svedese di cui sopra in assenza di fattura. L'acquisto e deposito per conto della società in verifica poi fallita è provato dai documenti inviati dalla C., fra cui le lettere di vettura internazionale di trasporto merci su strada (CMR) del 24.11.2017 e la packing list del 23.11.2017. Tale dato era confermato sia da documentazione commerciale intercorsa tra la C. e la Fo. Srl sia dal documento di trasporto n. 68 del 27.11.2017, dal quale si ricavà che lo stesso quantitativo di salmoni freschi, venduti dalla società straniera all'impresa in verifica, era destinato per conto di quest'ultima al mercato ittico di Bari dalla C.. Il prezzo di acquisto e successiva vendita avvenuta senza fattura è stato determinato in maniera analoga a quanto sopra indicato. - Kg.8.918,22 di salmoni freschi ricevuti sempre dalla medesima società svedese di cui sopra in assenza di fattura. L'acquisto e deposito per conto della società in verifica poi fallita è provato dai documenti inviati dalla C., fra cui le lettere di vettura internazionale di trasporto merci su strada (CMR) del 1.12.2017 e le packing list del 30.11.2017 e 1.12.2017. Tale dato era confermato da documentazione commerciale intercorsa tra la C. e la Fo. Srl nonché dal documento di trasporto n. 70 del 4.12.2017, dal quale si ricava che lo stesso quantitativo di salmoni freschi, venduti dalla società straniera all'impresa in verifica, erano destinati per conto di quest'ultima al mercato ittico di Bari dalla C.. Il prezzo di acquisto e successiva vendita, . avvenuta senza fattura, è stato determinato in maniera analoga a quanto sopra indicato - Kg. 10.250 di salmoni freschi ricevuti dalla medesima società svedese di cui sopra in assenza di fattura. L'acquisto e deposito per conto della società in verifica poi fallita è provato dai documenti inviati dalla C., fra cui le lettere di vettura internazionale di trasporto merci su strada (CMR) del 7.12.2017 e la packing list del 7.12.2017. Tale dato viene confermato dalla documentazione commerciale intercorsa tra la C. e la Fo. Srl nonché dal documento di trasporto n. 72 del 11.12.2017, dal quale si ricava che lo stesso quantitativo di salmoni freschi, venduti dalla società straniera all'impresa in verifica, erano destinati per conto di quest'ultima al mercato ittico di Bari dalla C.. Il prezzo di acquisto e successiva vendita avvenuta senza fattura è stato determinato in maniera analoga a quanto sopra indicato - Kg.8.519,40 di salmoni freschi ricevuti sempre dalla medesima società svedese non documentati da fattura di acquisto, mai rinvenuta. L'acquisto e deposito per conto della società in verifica poi fallita è provato dai documenti inviati dalla C., fra cui le lettere di vettura internazionale di trasporto merci su strada (CMR) del 15.12.2017 e la packing list del 14.12.2017. Tale dato viene confermato sia da documentazione commerciale intercorsa tra la C. e la Fo. Srl sia dal documento di trasporto n. 74 del 16.12.2017, dal quale si ricava che lo stesso quantitativo di salmoni freschi, venduti dalla società straniera all'impresa in verifica, erano poi destinati per conto di quest'ultima al mercato ittico di Bari dalla C.. Il prezzo di acquisto e successiva vendita avvenuta senza fattura è stato determinato in maniera analoga a quanto sopra indicato Come già indicato la società - all'epoca dei fatti amministrata da Bu.Pi. - non presentava, fra le altre, la dichiarazione ai fini IVA per l'anno 2017, evadendo per l'anno l'imposta sul valore aggiunto per un importo pari a 133.751,31 Euro, determinato sulla scorta del volume d'affari ricostruito come sopra indicato e ancor più dettagliatamente riportato nel p.v.c della Guardia di finanza acquisito agli atti su accordo delle parti ex art. 493 c.p.p ed utilizzabile integralmente ai fini della decisione. L'imputato B. rendeva dichiarazioni spontanee, affermando di nulla sapere di bilanci e fatture e di aver ricevuto da uno sconosciuto che lo aveva avvicinato in un bar a Chioggia 1000 euro per apporre una firma su di un documento. Dichiarava di non sapere chi avesse trasmesso per via telematica i bilanci societari. Affermava di essere detenuto per il delitto di maltrattamenti in famiglia, di svolgere l'attività di pescatore e di essere stato all'epoca dei fatti tossicodipendente. Così riassunti i fatti deve rilevarsi anzitutto che l'assenza di scritture contabili ha reso impossibile una ricostruzione della vita societaria e l'analisi della situazione gestionale patrimoniale dell'ente, che ha certamente operato per tutto l'anno 2017 e parte del 2018 compravendendo generi alimentari. La tenuta delle scritture contabili (libro giornale e libro degli inventari) era obbligatoria per la società fallita. Dall'istruttoria non è emerso che dette scritture siano mai state istituite, di talché può dirsi provata l'omessa tenuta che, per pacifico orientamento di legittimità equivale alle condotte di distruzione, sottrazione e occultamento. Pertanto se l'imprenditore non istituisce ovvero non aggiorna la documentazione contabile oppure la tiene regolarmente quindi la occulta o la distrugge l'elemento materiale del reato è comunque integrato, essendo l'effetto finale il medesimo ovvero la sottrazione alla curatela. La mancata tenuta delle scritture non dipese nel caso di specie da un'impossibilità materiale di provvedervi, né detta omissione ebbe solo carattere formale, posto che vi fu effettiva attività d'impresa per gli anni 2017 e parte del 2018, quando l'amministratore era Bu.Pi.. La mancanza delle scritture obbligatorie ha impedito al curatore di ricostruire il patrimonio e il movimento degli affari della società ai fini di tutela del ceto creditorio: non è stato possibile accertare se l'ente possedesse beni mobili, non è stato possibile quantificare attività distrattive - certamente avvenute a fronte dell'importante volume d'affari sopra ricostruito - è stato impossibile pure verificare l'esistenza di pagamenti preferenziali. In altri termini la vita della società è rimasta del tutto oscura e per l'effetto del tutto eluse le ragioni dei creditori. L'imputazione difetta peraltro della specifica previsione della fattispecie omissiva, di talché il fatto risulta diverso da quello contestato, circostanza che ha imposto la trasmissione degli atti al P.M. per le determinazioni di competenza per il solo Bu.Pi., amministratore della società nel momento in cui vi era attività societaria. L'attività societaria era al contrario del tutto assente nel perìodo in cui la società era amministrata dagli imputati Pe.Ch. e Ba.Di., soggetti il cui ruolo, sulla scorta delle evidenze dell'istruttoria, è stato solo nominale, in assenza di atti gestori. Difettano poi elementi idonei a comprovare una consapevolezza da parte loro della pregressa condotta del B.. Nei confronti degli imputati P. e B. non si ritiene ravvisabile il delitto di bancarotta fraudolenta documentale bensì di bancarotta semplice di cui all'art.217 legge fallimentare sulla scorta delle seguenti considerazioni. Come anticipato, nel periodo imputabile a P. e B. - per quanto emerso dall'istruttoria - non fu compiuta alcuna operazione di gestione attiva poiché la società non operava. La giurisprudenza consolidata afferma che ai fini dell'integrazione del delitto di bancarotta fraudolenta documentale è necessaria e sufficiente la consapevolezza che la mancata o disordinata tenuta delle scritture contabili potrà impedire la conoscenza relativa al patrimonio ed al movimento degli affari. Occorre pertanto che l'agente agisca con il dolo di rendere impossibile al curatore la ricostruzione delle vicende gestionali della società. Orbene, se nella fattispecie in esame appare innegabile l'omessa tenuta delle scritture, non sembra che il quadro degli elementi disponibili giustifichi l'affermazione che la condotta degli imputati sia stata sorretta dal dolo generico di impedire alla curatela di svolgere gli accertamenti necessari nell'interesse dei creditori. In conclusione i fatti emersi dall'istruttoria dibattimentale consentono soltanto di affermare che gli imputati P. e B. omisero di tenere le scritture contabili per trascuratezza, senza peraltro che la condotta, oggettivamente antigiuridica, fosse sostenuta dal dolo di bancarotta fraudolenta. Il fatto va pertanto riqualificato come bancarotta semplice ai sensi dell'art. 217 co. 2 Legge Fallimentare, essendo gli imputati P. e B. venuti meno all'adempimento di un precetto formale; trattasi di reato di mera condotta integrato anche se non vi fu alcun danno per i creditori. Si è autorevolmente affermato che non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza, ex art. 521 cod. proc. pen., la condanna per bancarotta documentale semplice dell'imputato di bancarotta documentale fraudolenta, non sussistendo tra il fatto originariamente contestato e quello ritenuto in sentenza un rapporto di radicale eterogeneità o incompatibilità né un "vulnus" al diritto di difesa, trattandosi di reato di minore gravità. Per l'effetto nei loro riguardi l'imputazione consente la formulazione del giudizio di responsabilità per un delitto di minore gravità. Quanto al Bu.Pi. le risultanze istruttorie provano la sua responsabilità per il delitto a lui contestato al capo 1. Va premesso che si è affermato dalla giurisprudenza di legittimità come il giudice penale possa legittimamente avvalersi, ai fini della ricostruzione delle imposte dovute e non dichiarate, dell'accertamento induttivo per verificare il superamento della soglia di punibilità nel reato di omessa dichiarazione, a fronte del principio di atipicità dei mezzi di prova operante nel principio penale e di cui è espressione la previsione dell'art. 189 cod. proc. pen., restando peraltro salva la necessità che tali elementi siano, ove necessario, in conformità delle peculiarità dei fatti giudicati e dei rilievi delle parti, fatti oggetto di una autonoma valutazione idonea a coniugare la valorizzazione di tali risultanze con i criteri in generale dettati dall'art. 192, comma 1, cod. proc. pen.. Ancora: il giudice può legittimamente fondare il proprio convincimento, in tema di responsabilità dell'imputato per omessa annotazione di ricavi, sia sull'informativa della G. d Fo. che abbia fatto riferimento a percentuali di ricarico attraverso una indagine sui dati di mercato sia sull'accertamento induttivo dell'imponibile operato dall'ufficio finanziario quando la contabilità imposta dalla legge non sia stata tenuta regolarmente. Ciò a condizione che il giudice non si limiti a constatarne l'esistenza e non faccia apodittico richiamo agli elementi in esso evidenziati, ma proceda a specifica, autonoma valutazione degli elementi nello stesso descritti comparandoli con quelli eventualmente acquisiti aliunde6. Stabilita la legittimità dell'uso da parte del giudice penale dell'accertamento induttivo, deve darsi conto di come la minuziosa attività d'indagine e conseguente ricostruzione del volume d'affari societario e dell'imposta evasa per l'anno 2017 compiuta dagli operanti di p.g. e sopra riassuntivamente riportata consenta di ritenere provato il delitto in contestazione, avendo la p.g. adottato un rigoroso, coerente e approfondito procedimento logico deduttivo, in particolare con riferimento alla puntuale valorizzazione del valori dei generi alimentari compravenduti senza fattura dalla società rappresentata dall'imputato, effettuata avendo riguardo al valore medio di mercato di detti beni ovvero, quando possibile, al valore agli stessi attribuito dall'imputato stesso nelle poche operazioni condotte in osservanza della normativa fiscale. Nel riferito contesto va chiarito come spetti all'interessato contestare e porre in discussione il metodo utilizzato ed i risultati derivati. L'imputato nulla ha allegato mentre la sua difesa ha contestato genericamente l'utilizzazione degli accertamenti svolti in sede tributaria nel processo penale, confutando la validità di un principio che, come visto, discende in realtà dagli stessi principi generali in tema di prova nel processo penale e dall'altro, non spiegando, sul piano concreto, le ragioni della non valorizzabilità, nella specie, del metodo induttivo. Quanto al trattamento sanzionatorio Con riguardo a Bu.Pi. non può riconoscersi all'imputato alcun beneficio mitigativo della pena, visto che non è stato da lui compiuto il minimo sforzo per ripianare il debito tributario e che l'evasione è significativa. Quanto ai criteri indicati dall'art. 133 c.p. deve tenersi conto, in senso sfavorevole all'imputato, della gravità del fatto dimostrativo della tendenza alla gestione irregolare dell'impresa e all'elusione di obblighi che gravano sull'imprenditore, del significativo danno cagionato all'erario per debito di imposta non assolto per importi significativi, dell'assenza di ravvedimento. La pena dovrà quindi fissarsi in misura sensibilmente superiore al limite edittale. Va esclusa la sussistenza della contestata recidiva essendo remoti i precedenti per reati contro il patrimonio. Tutto ciò rende congrua l'irrogazione della pena di anni due mesi sei di reclusione. Va disposta ex art. 12 bis D.Lgs. n. 74 del 2000, la confisca diretta del profitto del reato prodottosi in capo a Bu.Pi. e in subordine, qualora la stessa non sia possibile, la confisca per equivalente dei beni di cui Bu.Pi. abbia la disponibilità, per un valore corrispondente al profitto del reato sub (...), pari a Euro133.751,31. La società è fallita e quindi non sono assoggettabili a confisca i suoi beni ed in tal senso si corregge l'errore materiale intervenuto nel dispositivo, che in calce si riporta già emendato dell'errore riportato in quello letto in udienza. L'imputato va condannato al pagamento delle spese processuali e alle pene accessorie previste dall'art. 12 D.Lgs. n. 74 del 2000 per la durata prevista nel dispositivo. Quanto al trattamento sanzionatorio per P. e B., non può riconoscersi loro alcun beneficio mitigativo della pena, non emergendo concreti elementi che consentano di apprezzare positivamente il comportamento di entrambi gli imputati, che inoltre alcun apporto conoscitivo hanno fornito al processo. - Visti i criteri di cui all'art. 133 c.p., stimasi equo irrogare al entrambi la pena di mesi sei di reclusione ciascuno esclusa, per B., la sussistenza della contestata recidiva poiché il reato per cui è condanna non è significativo di una maggior pericolosità dell'imputato. A Pe.Ch., incensurata, è concedibile il beneficio della sospensione condizionale della pena in assenza di indici prognostici negativi circa la futura astensione dalla commissione di reati. P.Q.M. Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p. 130 c.p.p. dichiara Bu.Pi. responsabile del delitto di cui al capo 1 dell'imputazione ed esclusa la sussistenza della contestata recidiva lo condanna alla pena di anni due mesi sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Visto l'art. 12 D.Lgs. n. 74 del 2000, dichiara Bu.Pi. interdetto dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese ed incapace di contrattare con la Pubblica Amministrazione nonché interdetto dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per un periodo pari a quello della pena principale inflitta. Dichiara, altresì, l'interdizione in perpetuo dell'imputato dall'ufficio di componente della Corte di giustizia tributaria. Dispone la pubblicazione della sentenza mediante affissione nel Comune di Ferrara, in quello di commissione del reato e in quello di ultima residenza . dell'imputato, oltre che nel sito internet del Ministero della Giustizia, ai sensi dell'art. 36 c.p., per il termine di 15 gg. Visto l'art. 12 bis D.Lgs. n. 74 del 2000, dispone la confisca diretta del profitto del reato prodottosi in capo a Bu.Pi.7 e in subordine, qualora la stessa non sia possibile, la confisca per equivalente dei beni di cui Bu.Pi. ha la disponibilità, per un valore corrispondente al profitto del reato, pari a Euro133.751,31, demandando al P.M. l'individuazione specifica dei beni da apprendere e la verifica del loro valore. Visti gli artt. 521 comma 1 c.p.p. dichiara Pe.Ch. e Ba.Di. responsabili del delitto di bancarotta semplice di cui all'art. 217 l.f. così diversamente qualificato il delitto di bancarotta fraudolenta documentale a loro contestato al capo sub (...) e li condanna alla pena di mesi sei di reclusione ciascuno, esclusa per Ba.Di. la sussistenza della contestata recidiva, oltre al pagamento delle spese processuali. Concede a Pe.Ch. il beneficio della sospensione condizionale della pena nei termini ed alle condizioni di legge. Con separata ordinanza si dispone la trasmissione degli atti al P.M. ex art. 521 comma 2 c.p.p. nei confronti di Bu.Pi. in relazione al reato a lui contestato al capo 2) dell'imputazione. Termine per la motivazione di gg. 90. Così deciso in Ferrara il 25 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 5 marzo 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice Marianna Cocca ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. r.g. 1681/2021, promossa da: Al.Br. (C.F. (...)) e Va.Ro. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. PLACHESI PIETRO, elettivamente domiciliati presso il difensore ATTORI OPPONENTI contro Cr.Em. S.P.A. già Ca.Ri. SPA (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. CH.PA., elettivamente domiciliata presso il difensore CONVENUTA OPPOSTA Opposizione a decreto ingiuntivo - accoglimento Contratti bancari - consumatore - produzione estratti conto - onere probatorio RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Posizioni delle parti, sintesi dello svolgimento del processo e conclusioni Su ricorso della Ca.Ri. s.p.a., il Tribunale di Ferrara ha emesso in data 30/05/2021 il decreto ingiuntivo n. 544/2021, ingiungendo ad Al.Br. e Va.Ro. "di pagare, in solido, alla parte ricorrente per le causali di cui al ricorso, immediatamente: 1. la somma di Euro 48513,42; 2. gli interessi come da domanda, nei limiti del tasso soglia ex L. n. 108 del 1996; 3. le spese di questa procedura di ingiunzione, liquidate in Euro 1320,00 per compensi, in Euro 286,00 per esborsi, oltre IVA, CPA, rimborso spese generali e successive occorrende". I signori Al.Br. e Va.Ro. hanno proposto opposizione e formulato le seguenti conclusioni: "Voglia l'II.mo Tribunale adito disattesa ogni contraria domanda, eccezione, istanza: in via pregiudiziale: darsi atto dell'omessa attivazione della procedura di mediazione obbligatoria da parte di Ca.Ri. SpA con adozione dei provvedimenti conseguenti; in via preliminare istanza ex art. 649 c.p.c.: datosi atto della consistenza giuridica dei motivi di opposizione, attestare la mancanza dei presupposti al fine di concedere la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto e, pertanto, allo stato sospendere la efficacia esecutiva provvisoria del decreto ingiuntivo opposto; nel merito: accertare e dichiarare la nullità e/o inefficacia delle fidejussioni poste a base della domanda di Ca.Ri. SpA, sia in quanto fidejussioni redatte su modulo uniforme ABI per violazione del divieto di intese anticoncorrenziali così come previsto dall'art. 2 comma 2 lett. A) della L. n. 287 del 1990 sia in quanto risultano atti vessatori ex art. 33 comma 1 D.Lgs. n. 206 del 2005 e come tali nulli/inefficaci ex art. 36 D.Lgs. n. 206 del 2005; con riserva allo stato degli atti di prendere posizione sulle singole operazioni di cui agli estratti dei conti corrente bancari quando e se verranno depositati dalla opposta; in ogni caso accoglimento della opposizione per i motivi esposti con revoca del decreto ingiuntivo opposto atteso che, almeno allo stato degli atti, il credito non risulta certo, liquido ed esigibile poiché non fondato su prova avente rilevanza giuridicamente apprezzabile; con vittoria di spese". In data 14/07/2021, la Ca.Ri. s.p.a. è stata incorporata in Cr.Em. s.p.a., la quale si è costituita, così concludendo: "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, rilevata la correttezza della domanda monitoria avanzata, accertate e dichiarate valide le garanzie prestate dai Sigg.ri B.A. e R.V.; accertato e dichiarato che alcun "cartello" è stato posto in essere nell'anno 2003 dalla Ca.Ri. Spa, oggi Cr.Em. Spa, per l'ottenimento di garanzie fideiussorie; accertato e dichiarato che le fideiussioni prestate dai Sigg.ri B.A. e R.V. sono determinate e limitate nel loro valore; accertato e dichiarato che le fideiussioni rilasciate dagli opponenti sono antecedenti al presunto cartello dell'anno 2003; accertata e dichiarata la buona del Cr.Em. Spa nell'esecuzione del contratto; respingere tutte le domande formulate da parte attrice, anche in via istruttoria, poiché infondate e no provate, in ogni caso, di natura esplorativa per tutte le ragioni meglio esposte in atto, confermando il Decreto Ingiuntivo opposto, con vittoria di spese e competenze di causa anche relativa alla fase monitoria". La causa è stata istruita con le produzioni documentali delle parti e c.t.u. contabile; all'udienza del 8/11/2023, è stata trattenuta in decisione, ai sensi dell'art. 281-quinquies, comma 1, c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. Con il ricorso per decreto ingiuntivo, la Ca.Ri. s.p.a., poi fusa in Cr.Em. s.p.a., ha agito nei confronti di Al.Br. e Va.Ro., sostenendo che gli stessi si erano costituiti fideiussori dell'impresa individuale M.C.I.E. di B.M.. In particolare, quanto ad Al.Br.: - Con atto del 12/06/2001 "per l'adempimento di tutte le obbligazioni assunte e da assumersi verso la Ca.Ri. Spa limitatamente a L. 110.000.000 (Lire centodiecimilioni) pari ad Euro 56.810,26" (doc. 1 fascicolo monitorio); - Con atto del 19/07/2002 "per l'adempimento di tutte le obbligazioni assunte e da assumersi verso la Ca.Ri. Spa limitatamente ad Euro 10.000 (euro diecimila/00)"(doc. 2 fascicolo monitorio); - Con atto del 08/07/2015, aumentava la garanzia prestata nei confronti del Sig. B.M. sino al complessivo ammontare di Euro 130.000,00 (doc. 3 fascicolo monitorio). Quanto invece a Va.Ro. l'importo totale della garanzia prestata in favore della impresa individuale M.C.I.E. di B.M. risulta pari ad Euro 56.810,56, in quanto: - Con atto del 05/02/1987, si era costituita fideiussore del Sig. B.M. "per l'adempimento di qualunque obbligazione assunta e da assumersi verso la Ca.Ri.", con limite a L. 70.000.000 (Lire settantamilioni) inserito in data 14/05/1992 (doc.4 fascicolo monitorio); - con atto del 20/07/1993 "per l'adempimento di tutte le obbligazioni assunte e da assumersi verso la Ca.Ri. Spa limitatamente a L. 40.000,00 (Lire quarantamilioni)" (doc. 5 fascicolo monitorio). L'impresa individuale M.C.I.E. di B.M. è stata dichiarata fallita con sentenza n. 20/2018 emessa dal Tribunale di Ferrara in data 21/05/2018. Essa era titolare del conto corrente di corrispondenza nr. (...) acceso presso Ca.Ri. s.p.a. (doc. 6), con apertura di credito a tempo indeterminato di Euro 10.000,00 rinnovata in data 30/11/2020. In data 1/6/2018, sono state revocate le linee di credito; il credito di Cr.Em. s.p.a. è stato ammesso al passivo e, in assenza di distribuzione di somme in suo favore, la Banca agisce nei confronti dei fideiussori. Assumeva in sede di ricorso monitorio (e poi in comparsa di costituzione) che, in data 08/04/2021, l'impresa individuale M.C.I.E. di B.M. risultava debitrice della somma di Euro 48.513,42 (oltre interesse e spese dal 09/04/2021) quale saldo passivo del conto corrente n. (...), come da certificazione ex art. 50 TUB (doc. 10 monitorio). I signori Al.Br. e Va.Ro. hanno proposto opposizione, deducendo, quali consumatori, la nullità del contratto, in particolare dell'art. 6, posto che la Banca, prorogando di fatto sine die il diritto della Banca di agire nei confronti del debitore principale, determina che il fidejussore rimanga vincolato a tempo indeterminato; aggiungono gli opponenti che "tra l'altro ed in aggiunta le fidejussioni risultano redatte su moduli uniformi ABI e quindi in violazione del divieto di intese anticoncorrenziali così come previsto dall'art. 2 comma 2 lett. A) della L. n. 287 del 1990". I fideiussori eccepiscono poi la mancanza di prova del credito azionato, contestando sia l'omessa produzione della relativa documentazione sia l'applicazione di tassi e spese illegittimi nonché l'assenza di buona fede dell'istituto nell'esecuzione del contratto che, a fronte di un affidamento pari ad Euro 10.000,00 ha consentito alla M.C.I.E. di sconfinare fino alla cifra di oltre 48.000,00. La Banca si è costituita ha contestato le eccezioni di nullità degli opponenti, producendo documentazione volta a comprovare l'esistenza del credito nei confronti dei fideiussori. 2. Le fideiussioni e la nullità della clausola di deroga all'art. 1957 c.c. L'eccezione di nullità sollevata da parte opponente sulla clausola di deroga all'art. 1957 c.c., indicata nell'art. 6 e alla lettera f) delle fideiussioniì risulta fondata quanto ad Al.Br.. La stessa Cr.Em. s.p.a. ammette in comparsa di costituzione la qualità di consumatore dei signori Bragaglia e Rossin. La qualifica di "consumatore", come definita nell'art. 2 lett. b) della direttiva 93/13, è attribuita a colui che "agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale". In particolare, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno avuto modo di chiarire che "nel contratto di fideiussione, i requisiti soggettivi per l'applicazione della disciplina consumeristica devono essere valutati con riferimento alle parti di esso, senza considerare il contratto principale, come affermato dalla giurisprudenza unionale (CGUE, 19 novembre 2015, in causa C-74/15, T., e 14 settembre 2016, in causa C-534/15, D.), dovendo pertanto ritenersi consumatore il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (o anche più attività professionali), stipuli il contratto di garanzia per finalità estranee alla stessa, nel senso che la prestazione della fideiussione non deve costituire atto espressivo di tale attività, né essere strettamente funzionale al suo svolgimento (cd. atti strumentali in senso proprio)" (Cass. Civ., Sez. Un., Ordinanza n. 5868 del 27/02/2023). Non vi è alcun elemento che induca a ritenere che la prestazione della garanzia rientri nell'attività professionale svolta da Al.Br. e da Va.Ro., neppure indicata o quali collegamenti li colleghino alla impresa individuale M.C.I.E. di B.M.. Non potendosi considerare il fideiussore alla stregua di un "professionista di riflesso", rimanendo altrimenti frustrate le finalità della disciplina consumeristica, deve ritenersi che i garanti abbiano agito per scopi di natura privata. Ciò posto, occorre verificare la natura vessatoria della clausola di deroga all'art. 1957 c.c., riportata all'art. 6 ("I diritti derivanti all'Azienda di credito dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i termini previsti dall'art. 1957 cod. civ., che si intende derogato") delle fideiussioni ai docc. 1 e 2 del fascicolo monitorio, sottoscritte da Al.Br. e della fideiussione al doc. 5 del fascicolo monitorio, sottoscritta da Va.Ro., la quale ha sottoscritto anche la fideiussione al doc. 4, che riporta detta clausola alla lettera f ("Il fidejussore dispensa inoltre la C.R. dall'onere di agire entro I termini previsti dall'art. 1957 cod. civ. intendendo di rimanere obbligato, In deroga a tale disposizione, anche se la Cassa non abbia proposto le sue istanze contro il debitore e gli eventuali coobbligati o non le abbia continuate". Quanto alle fideiussioni stipulate da Al.Br. (con atti del 12/06/2001, del 19/07/2002 ed aumento del limite in data 08/07/2015 e generica conferma di tutte le precedenti condizioni), la disciplina applicabile è quella dell'art. 1469-ter, ult. comma, c.c. che sin dal 1996 ha previsto che "nel contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, incombe sul professionista l'onere di provare che le clausole, o gli elementi di clausola, malgrado siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore". La previsione è stata poi confermata dall'art. 33, comma 2, lett. t) del Codice del Consumo. Invero, il contenuto della clausola di rinuncia ai termini di cui all'art. 1957 c.c. pone a carico del contraente nei cui confronti la stessa clausola produce effetti decadenze e/o limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, perché impediscono al fideiussore di far valere la decadenza del creditore negligente per non essersi attivato e non aver con diligenza continuato le proprie istanze avverso il debitore principale. Occorre quindi verificare che il contenuto della clausola potenzialmente vessatoria sia oggetto di trattativa individuale con il consumatore, come statuito ai sensi dell'art. 34 V co. D.Lgs. n. 206 del 2005 e prima ancora dall'art. 1469 ter c.c.. Tale prova non è stata fornita: la banca Cr.Em. s.p.a., a fronte dell'eccezione, non ha provato in alcun modo di aver sottoposto la clausola di deroga all'art. 1957 c.c. - come prevista all'art. 6 delle fideiussioni predette - alla trattativa con Al.Br., essendosi limitata a dedurre di aver garantito la doppia sottoscrizione come richiesto dall'art. 1341 c.c. Ne consegue che deve essere dichiarata la nullità parziale delle fideiussioni sottoscritte da B., con riferimento all'art. 6, da cui deriva la reviviscenza del termine di ser mesi dalla scadenza dell'obbligazione entro il quale il creditore deve proporre le sue istanze e continuarle diligentemente nei confronti del debitore ai sensi dell'art. 1957 c.c. La Banca non ha provato di aver rispettato tale termine: la chiusura del rapporto coincide con la data del recesso avvenuto con comunicazione trasmessa al correntista e al fideiussore in data 1/6/2018: non risulta che l'allora Ca.Ri. s.p.a. si sia attivata per promuovere le iniziative giudiziali - o anche stragiudiziali diligentemente continuate - nei confronti del debitore principale M.B., ma neppure nei confronti del garante, trattandosi di fideiussione solidale. La sola iniziativa nei confronti della impresa individuale M.C.I.E. di B.M. e del fideiussore Al.Br. risulta essere stragiudiziale, ma comunque di molto successiva al termine semestrale (raccomandata del 5/5/2021: doc. 9 fascicolo monitorio). Giova, infine, osservare che anche a voler ritenere il termine di cui all'art. 1957 c.c. decorrente dalla data di dichiarazione di fallimento della debitrice principale il termine semestrale risulterebbe comunque spirato. In difetto della prova, da parte di Ca.Ri. s.p.a., di essersi attivata nei confronti del debitore principale - e neppure del fideiussore - attraverso la promozione di istanze stragiudiziali o giudiziali, nonché della diligente coltivazione delle istanze medesime da parte della Banca nei confronti del debitore principale nei termini di cui all'art. 1957 c.c., risalendo il decreto ingiuntivo emesso nei confronti del garante Al.Br. dopo molti anni dalla scadenza dell'obbligazione, lo stesso deve ritenersi liberato dal vincolo fideiussorio con riferimento al credito oggetto di ingiunzione e la Ca.Ri. s.p.a. decaduta dal diritto a far valere in giudizio il credito nei suoi confronti. Quanto a Va.Ro., invece, le fideiussioni del 05/02/1987 e del 20/07/1993 sono state da lei rilasciate anteriormente all'introduzione degli artt. 1469bis e ss. c.c.: la sottoscrizione delle clausole n. 6 e lett. f) dei due contratti vanno quindi ritenute valide, stante la doppia sottoscrizione, sufficiente ai fini della previsione di cui all'art. 1341 c.c. La valida deroga pattizia al 1957 c.c. implica che la banca non possa essere dichiarata decaduta. Restano infatti assorbite le restanti eccezioni, inclusa quella riguardante la controversia riguardante la nullità della fideiussione a valle di intesa anticoncorrenziale. La Suprema Corte ha chiarito che la competenza della sezione specializzata per le imprese, benché estesa alle controversie di cui all'art. 33, comma 2, della L. n. 287 del 1990 ed a quelle relative alla violazione della normativa antitrust dell'Unione europea, attrae anche la controversia riguardante la nullità della fideiussione a valle solo se l'invalidità sia fatta valere in via di azione, non anche qualora sia sollevata in via di eccezione, in quanto in questo secondo caso il giudice è chiamato a conoscere delle clausole e dell'intesa solo in via incidentale (cfr. Cass. Civ., Sez. VI, Ordinanza n. 3248 del 02/02/2023). Le fideiussioni sottoscritte dalla R. sono infatti riferibili ad un periodo del tutto antecedente rispetto a quello oggetto del Provv. n. 55 del 2 maggio 2005 della B.I., che ha accertato l'intesa anticoncorrenziale. 3. La prova del credito Quanto alla posizione di Va.Ro. - ma trattasi di considerazioni valide anche quanto a B. vertendo le stesse sul merito della pretesa creditoria - la Banca non ha comunque provato il proprio credito. Trattandosi di opposizione a decreto ingiuntivo, va rilevato che il giudizio è caratterizzato dalla peculiarità per cui l'opponente è attore solo in senso formale e l'opposto è formalmente convenuto ma sostanzialmente attore, nel senso che dovrà provare la fondatezza della pretesa creditoria oggetto del decreto ingiuntivo opposto. Anzitutto, la certificazione prodotta attestante le risultanze del saldo contabile del conto corrente della impresa individuale M.C.I.E. di B.M. in relazione al quale la Banca aziona la fideiussione rilasciata da Va.Ro. - la cui conformità ed autenticità è attestata ai sensi art. 50 D.Lgs. n. 385 del 1993, integra prova scritta del credito idonea a valere nell'ambito di un procedimento monitorio e validamente valutabile ai fini della emissione del decreto ingiuntivo. Tale documento può non assumere valenza probatoria nel giudizio a cognizione piena instaurato a seguito della proposizione dell'opposizione, nel quale la Banca è onerata di depositare oltre al contratto, dal quale il rapporto trae origine, anche prova documentale relativa alle successive modifiche, e gli estratti conto completi con l'annotazione di tutte le poste di dare ed avere intercorrenti tra le parti, la cui efficacia probatoria piena discende dalla specifica previsione dell'art. 1832 c.c., sicché il saldo conto può assumere solo valore indiziario, la cui portata è liberamente apprezzabile dal Giudice. Dunque la banca, dovendo provare il credito ingiunto, deve produrre in giudizio tutti gli estratti conto del rapporto dal quale scaturisce il saldo debitorio, senza poter invocare l'onere di conservazione della predetta documentazione per un periodo massimo di dieci anni, ai sensi dell'art. 2220 c.c.: "la banca che intende far valere un credito derivante da un rapporto di conto corrente, deve provare l'andamento dello stesso per l'intera durata del suo svolgimento, dall'inizio del rapporto e senza interruzioni" (Cass. Civ. Sez. I, Sentenza n. 23313 del 27/09/2018). Anche di recente la Suprema Corte ha ribadito tale conclusione, puntualizzando che è "principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui qualora una banca intenda far valere un credito derivante da un rapporto di conto corrente deve provare l'andamento dello stesso per l'intera durata del suo svolgimento, dall'inizio del rapporto e senza interruzioni" (Cass. Civ., Sez. VI, Ordinanza n. 23856 del 03/09/2021). Come rilevato anche dal c.t.u. nominato dott.ssa Eleonora Permunian, incaricata della ricostruzione cronologica del rapporto, la banca Cr.Em. s.p.a. non ha prodotto (e neppure gli opponenti) gli estratti conto antecedenti al 01/06/2005 e gli scalari antecedenti al 01/07/2009. Mancano anche il contratto di apertura del conto corrente con evidenza delle condizioni economiche applicate e le comunicazioni di variazione delle condizioni contrattuali e la documentazione attestante l'avvenuta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Il contratto di conto corrente di corrispondenza del 15/01/1987 (Allegato 13 alla c.t.u.) risulta sottoscritto senza alcuna previsione circa le condizioni contrattuali e con applicazione delle "condizioni usualmente praticate sulla piazza". Ebbene, occorre richiamare quella condivisibile giurisprudenza di legittimità che ha stabilito che, in tema di contratti bancari, nel regime anteriore all'entrata in vigore della disciplina dettata dalla L. n. 154 del 1992 sulla trasparenza bancaria, poi trasfusa nel T.U. n. 385 del 1993, "la clausola che, per la pattuizione di interessi dovuti dalla clientela in misura superiore a quella legale, si limiti a fare riferimento alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, è priva del carattere della sufficiente univocità, per difetto di inequivoca determinabilità dell'ammontare del tasso sulla base del documento contrattuale, e non può quindi giustificare la pretesa della banca al pagamento di interessi in misura superiore a quella legale quando faccia riferimento a parametri locali, mutevoli e non riscontrabili con criteri di certezza". (Cass. Civ., Sez. I, Ordinanza n. 24048 del 26/09/2019). Non si tratta dunque di applicare retroattivamente previsioni normative successive, ma piuttosto di verificare le previsioni contrattuali alla luce dei principi generali sulla determinatezza o determinabilità dell'oggetto. Dunque, una volta che sia stata esclusa la validità della pattuizione relativa agli interessi a carico del correntista, la banca, per dimostrare l'entità del proprio credito, ha l'onere di produrre tutti gli estratti conto dall'inizio del rapporto, non potendo invocare l'insussistenza dell'obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni dalla data dell'ultima registrazione, né il giudice può ritenere che la clausola invalida non abbia trovato applicazione nel periodo in cui mancano gli estratti conto, salvo che la banca abbia allegato e provato la sopravvenuta inettitudine della medesima clausola a disciplinare il rapporto bancario in conformità a quanto in essa previsto (cfr. Cass. Civ., Sez. VI-I, Ordinanza n. 13258 del 25/05/2017). Sebbene parte della giurisprudenza abbia ipotizzato che l'assenza dei primi estratti conto non fosse astrattamente preclusiva rispetto alla possibilità di un'indagine concernente il periodo successivo, potendo questa attestarsi sulla base del riferimento più sfavorevole per il creditore istante, quale, a titolo esemplificativo, l'ipotesi di un calcolo che preveda l'inesistenza di un saldo debitore alla data dell'estratto conto iniziale (c.d. saldo di partenza uguale a zero: Cass. Civ., Sez. I, Sentenza del 26 gennaio 2011, n. 1842) gli arresti successivi hanno escluso che tale regola possa applicarsi all'ipotesi in cui la Banca agisca con un'azione di adempimento. In tale ipotesi (in cui l'onere probatorio della creditrice è pieno) deve escludersi che, in mancanza di dimostrazione documentale dell'andamento del rapporto bancario per alcuni periodi, possa riconoscersi un "saldo zero" e procedersi così alla ricostruzione per il periodo successivo. Difatti, la rideterminazione del saldo del conto non può che avvenire attraverso i relativi estratti, a partire dalla data dell'apertura del conto corrente, così effettuandosi l'integrale ricostruzione del dare e dell'avere, con applicazione del tasso legale, sulla base di dati contabili certi in ordine alle operazioni ivi registrate. Nel caso di specie la banca opposta non ha assolto l'onere probatorio sulla stessa gravante ex art. 2697 c.c., in quanto dalle prove documentali e dalla c.t.u. contabile risulta che, relativamente al conto corrente n. (...), acceso in data 15/01/1987, il cui saldo debitore di Euro 48513,42, come da certificato ex art. 50 T.U.B, contestato dai dai fideiussori, ha prodotto solo una parte degli estratti conto documentanti l'andamento del rapporto, producendo in particolare solo gli estratti conti in serie continua dal 01/06/2005. Nell'arco di tempo che è stato possibile esaminare, la c.t.u. ha rilevato che "sul conto corrente in questione è stata addebitata e nel periodo 01/04/2005 al 03/08/2018 e a titolo d'interessi passivi e commissioni e spese trimestrali e la somma complessiva di Euro 31.832,58" (di cui Euro 21.872,29 per interessi passivi). Come accennato, nel contratto di apertura del conto del 15/01/1987 non riporta alcun tasso di interesse validamente pattuito e solo con il contratto del 16/01/2006 è stato previsto un tasso di interesse concordato tra le parti: all'esito della ricostruzione del c.t.u., quanto al periodo documentato, la differenza a favore del correntista risulta pari ad Euro 31.831,19: è evidente che un tale dato, alla luce della mancata produzione degli estratti conto dei 18 anni precedenti impedisce di ritenere provato un credito in favore della Banca. Alla luce delle superiori considerazioni l'opposizione va accolta e, per l'effetto, il decreto ingiuntivo opposto va revocato. 4. Le spese di lite. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate, tenuto conto, per quanto riguarda i compensi professionali, dei parametri medi previsti dal D.M. del 10 marzo 2014, n. 55, aggiornati al D.M. del 13 agosto 2022, n. 147, alla luce dell'attività complessivamente svolta e dello scaglione di riferimento (Euro 1.701,00 per fase di studio, Euro 1.204,00 per fase introduttiva, Euro 1.806,00 per fase di trattazione/istruttoria, Euro 2.905,00 per fase decisoria), oltre l'aumento del 30 % per presenza di più parti aventi stessa posizione processuale (art. 4, comma 2 del citato D.M.). Anche le spese sostenute per i consulenti tecnici di parte, avendo tale attività natura di allegazione difensiva tecnica, rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate, a meno che il giudice non si avvalga, ai sensi dell'art. 92, primo comma, cod. proc. civ., della facoltà di escluderle dalla ripetizione, ritenendole eccessive o superflue (cfr. Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 3380 del 20/02/2015). La somma di complessivi Euro 2.500,00, richiesta da parte attrice per consulente tecnico di parte e ausiliario, appare congrua. Le spese di c.t.u. contabile, liquidate con separato decreto, seguono anch'esse la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nell'opposizione al decreto ingiuntivo n. 544/2021, emesso in data 30/05/2021, promossa da Al.Br. e Va.Ro. nei confronti di Cr.Em. S.P.A., ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - accoglie l'opposizione e, per l'effetto, revoca il decreto ingiuntivo opposto; - dichiara tenuta e condanna la Cr.Em. s.p.a. alla rifusione in favore di Al.Br. e Va.Ro. delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 286,00 per esborsi, Euro 2.500,00 per spese del consulente tecnico di parte ed Euro 9.900,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese forfettarie nella misura del 15%, IVA e c.p.a. con aliquote di legge e se dovute; - pone le spese di c.t.u. a carico di parte opposta. Così deciso in Ferrara il 28 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 29 febbraio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA SEZIONE PENALE Il Giudice della sezione penale, dott.ssa ROSALBA CORNACCHIA, nella camera di consiglio predibattimentale del 27 febbraio 2024 ha pronunciato la seguente SENTENZA nei confronti di - Gh.Gi. nato il (...) a B.P. (R.) libero presente IMPUTATO Per il reato p. e p. All'art. 635 co 2 in relazione all'art. 625 n. 7 c.p. perché, scagliando uno schiaccianoci di metallo dalla finestra del proprio appartamento che affaccia sul cortile condominiale, luogo aperto al pubblico e ove il proprietario non poteva esercitare una vigilanza continua sul bene, colpiva il parabrezza dell'auto di Ch.An., ivi parcheggiata, distruggendolo.. In Ferrara, il 10/10/2019. FATTO E DIRITTO Gh.Gi. (compiutamente identificato in atti) è stato tratto a giudizio, con decreto tempestivamente notificato, per rispondere del reato di danneggiamento del parabrezza di un'autovettura esposta a pubblica fede, fatto meglio descritto nell'imputazione riportata in epigrafe. Alla odierna udienza predibattimentale, disposto procedersi in assenza dell'imputato regolarmente citato e non comparso senza addurre un legittimo impedimento, pur avendo conoscenza del processo per aver nominato un difensore di fiducia, il Pubblico Ministero insisteva per il rinvio alla fase dibattimentale, richiesta alla quale il difensore si associava. Il Giudice, all'esito della camera di consiglio, dava lettura della sentenza con motivazione contestuale. I fatti descritti in imputazione ed accaduti in data 10/10/2019 all'interno di un'area condominiale di F. possono essere ricostruiti nei seguenti termini sulla scorta degli atti contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero. Alle ore 7:00 circa del 10/10/19, l'odierno imputato, affacciatosi dal terrazzo della propria abitazione, sita in F., alla Via C.M. n. 14, scagliava un oggetto in direzione dell'autovettura di proprietà della persona offesa Ch.An., parcheggiata la sera prima nel cortile condominiale, così causandone la rottura del parabrezza (cfr. annotazione di P.G. del 18/10/20 in atti). La persona offesa, di seguito all'accadimento, rinveniva nei pressi della propria autovettura uno schiaccianoci in acciaio. All'intera vicenda ha assistito un'altra condomina, B.F., la quale, escussa a sommarie informazioni, dichiarava di aver osservato l'intera scena dal balcone della propria abitazione, sita al sesto piano del condominio, esattamente due piani sopra l'appartamento del G., il quale risulta comunque visibile in quanto incardinato in un'altra scala condominiale (cfr. verbale di s.i. rese da B.F.). Tali risultando gli elementi contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero, non vi è prova in atti dell'esposizione alla pubblica fede della vettura predetta. In proposito, occorre svolgere alcune puntualizzazioni di carattere prettamente giuridico-sostanziale. Anzitutto, va rammentato che l'art. 2, lettera 1), del D.Lgs. n. 7 del 15 gennaio 2016 ha abrogato l'originario primo comma dell'art. 635 c.p., ove si puniva la condotta di danneggiamento c.d. semplice, procedendo contestualmente alla ricollocazione numerica, nel corpo della medesima disposizione, di quelle che un tempo rappresentavano le fattispecie aggravate di danneggiamento e che oggi integrano piuttosto modalità alternative di realizzazione della condotta base oggetto dell'incriminazione. A fronte, dunque, di un'espressa abolititi criminis del delitto di danneggiamento c.d. semplice, le condotte di danneggiamento già aggravate hanno subito, invece, una successione meramente modificatrice delle norme che ne sanciscono la punibilità, essendone rimasti invariati tanto gli elementi costitutivi quanto le sanzioni comminate all'esito della loro compiuta integrazione. In sintesi, la condotta contestata all'odierno imputato rientra evidentemente nell'attuale disposto di cui all'art. 635, comma II, n. 1) c.p., poiché il danneggiamento avente ad oggetto le 'cose' esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede (secondo il disposto di cui al n. 7 dell'art. 625 c.p.) rappresenta, unitamente alle altre ipotesi tassativamente indicate nel secondo alinea, una delle condotte ritenute normativamente meritevoli del medesimo trattamento sanzionatorio in virtù delle peculiarità del bene concretamente attinto dall'offesa in oggetto, nella misura in cui tuttora risulta penalmente rilevante. Ne deriva che la condotta di danneggiamento posta in essere dall'odierno imputato e descritta in imputazione va astrattamente sussunta nell'alveo dell'attuale art. 635, comma U n. 1), c.p., atteso che al G. viene contestato di aver danneggiato un bene esposto a pubblica fede, id est un'autovettura parcheggiata all'interno di un cortile condominiale. In proposito, è noto a questo Tribunale quell'orientamento pretorio in forza del quale "l'aggravante del bene esposto alla pubblica fede consegue alla impossibilità per il titolare del diritto di proprietà sulla cosa oggetto dell'azione delittuosa di esercitare una vigilanza continua sul bene" e che a tal fine non rileva "né l'accidentale presenza del suddetto titolare al momento della commissione del fatto, ogni qualvolta l'agente abbia fatto affidamento sulla sua ordinaria impossibilità di sorvegliare in modo costante la cosa propria, né l'esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di videosorveglianza, mero strumento di ausilio per la successiva individuazione degli autori del reato non idoneo a garantire l'interruzione immediata dell'azione criminosa' (così, Cass. Pen., sez. II, 30/05/2023, n. 30243; cfr. altresì Cass. Pen., sez. II, 19/06/2019, n. 42023). Nel caso di specie, tuttavia, non vi è prova in atti della circostanza che il luogo in cui si è consumato il fatto, ossia il cortile condominiale, che costituisce un luogo privato, fosse o meno aperto al pubblico o comunque facilmente accessibile, se fosse ivi presente una recinzione volta ad impedire l'accesso ad estranei, se fosse in diretta comunicazione con una pubblica via ovvero, ancora, se costituisse un parcheggio privato non custodito, elementi essenziali al fine di verificare se risulti integrato l'elemento oggettivo del reato. Conseguentemente, in assenza di elementi da cui potersi evincere la prova della esposizione alla pubblica fede del bene oggetto di danneggiamento, non può certamente dirsi integrato uno degli elementi costitutivi della fattispecie di cui all'art. 635, comma 2, n. 1 c.p. di cui al capo d'imputazione, dovendosi quindi pronunciare sentenza di non luogo a procedere ex art. 554 ter c.p.p. perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Visto l'art. 554-ter c.p.p. dichiara non doversi procedere nei confronti di Gh.Gi. (nato il (...) a B.P.) in ordine al reato ascrittogli perché il fatto non sussiste. Motivazione contestuale. Così deciso in Ferrara il 27 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 27 febbraio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA Il Tribunale di Ferrara, in composizione monocratica, in persona del giudice dott. Giovanni Solinas, all'udienza predibattimentale del 26 febbraio 2024 ha pronunciato la seguente SENTENZA nei confronti di: Om.Es., nata a U. (N.) il (...), res.te a F., via A.F.B., n. 28, elett.te dom.ta c/o lo studio del difensore di fiducia Avv. Ma.Ve. del Foro di Ferrara -libera assente- IMPUTATA Per il reato p. e p. all'art. 640 c.p. perché, con artifizi e raggiri consistiti: 1. nel pubblicare sul sito (...) l'offerta di una camera in locazione presso una struttura sull'isola di M. (G.); 2. nel rispondere via e-mail a Ba.Ni. che si era mostrato interessato all'offerta, concordando il canone di Euro 2.750,00 per il periodo dal 22.07.2018 al 02.08.2018 e indicandogli di effettuare il pagamento tramite bonifico bancario sul conto (...) di B.U. intestato a Om.Es. Efi Sudios residente a F. in via C. n. 31 ; induceva in errore Ba.Ni. che, utilizzando il conto di titolarità di Na.La., effettuava il bonifico di Euro 2.750,00 sul conto (...) risultato di titolarità della Om.Es., ricevendo conferma della ricezione del pagamento e della prenotazione, rendendosi poi irreperibile e non rispondendo alle successive richieste, fino al momento in cui il B., giunto a M., poteva constatare che presso la struttura alberghiera non risultava alcuna prenotazione a suo nome. In tal modo l'indagata si procurava un ingiusto profitto corrispondente alla somma di Euro 2.750,00 con corrispondente danno per la parte offesa. In Ferrara (FE), il 15.06.2018 - Querela del 06.08.2018 Con l'intervento del Pubblico Ministero: dott. Sh.Da. V.P.O. Del difensore di fiducia: Avv. Ma.Ve. del Foro di Ferrara MOTIVAZIONE Svolgimento del processo Om.Es. era citata a giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 640 c.p. (come meglio specificato nel capo di imputazione, indicato in epigrafe), sostanzialmente, una truffa c.d. online in danno di Ba.Ni. (che aveva presentato querela in data 6/8/18), avvenuta in Ferrara in data 15/6/18 All'udienza predibattimentale del 26/2/24 il giudice disponeva procedersi in assenza dell'imputato (che risultava avere eletto domicilio, dopo essere stato identificato con gli avvisi di legge, al quale sono state effettuate correttamente le notificazioni ed aveva anche nomina un difensore di fiducia) In assenza di questioni preliminari, quindi, le parti illustravano le rispettive posizioni ed il giudice decideva sulla base degli atti trasmessi a norma dell'art. 553 c.p.p. Le risultanze delle indagini L'unico elemento di prova a carico dell'indagata, come risultante dal fascicolo di indagine, è costituito dal fatto che: - Il conto corrente su cui è stato versato dalla p.o. il profitto della truffa è intestato all'indagata (n. (...)) Non è stata effettuata nessuna attività di perquisizione né di accertamento su eventuali operazioni individualizzanti (ad es., accrediti di stipendio) effettuate sul predetto c.c., tali da permettere di attribuire effettivamente all'indagata l'uso della medesima, né vi è stata l'acquisizione dei tabulati telematici sull'indirizzo e-mail usato per contattare il Ba. (elfi.milostravel.com) che, ad es., avrebbe permesso di verificare l'effettivo utilizzatore del predetto (o, quantomeno, la zona di Italia o estera di provenienza), né è stato sentito l'eventuale funzionario bancario circa gli effettivi contatti fisici avuti per l'apertura del predetto c.c. La Responsabilità Ciò posto, va rilevato che il Giudice, all'esito dell'udienza predibattimentale, ai sensi dell'art. 554 ter c.p.p., deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti non consentano una ragionevole previsione di condanna e ciò all'evidente scopo di evitare i dibattimenti c.d. inutili ed, infatti, il parametro di giudizio è sostanzialmente l'impossibilità di pervenire ad una prognosi di condanna dell'imputato. E la suddetta valutazione si ritiene che consista in un giudizio prognostico razionale (e non meramente ipotetico o congetturale) da effettuarsi ex actis1, circa il futuro positivo accertamento di tutti gli elementi costitutivi oggettivi o soggettivi della fattispecie in contestazione, che valorizzi e tenga conto non solo dell'assenza o dell'insufficienza, ma anche della contraddittorietà della prova. Di conseguenza, in presenza di elementi probatori contraddittori od insufficienti, il Giudice deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere qualora non si prestino -secondo, appunto, una valutazione prognostica- ad essere apprezzati nel senso di consentire, all'esito del dibattimento ed in seguito ad una piena istruttoria, una ragionevole previsione di condanna. Detto in altri termini, attualmente, non vige più il principio "in dubio prò actione"' ma è divenuto vigente ed imperativo l'opposto principio "in dubio contro actioné". Nel caso in esame, infatti, come sopra esplicitato, gli elementi probatori acquisiti non sono sufficienti, secondo una valutazione prognostica, ad essere apprezzati nel senso di consentire al Giudice, al termine del dibattimento, una ragionevole previsione di condanna né sono ravvisabili ulteriori elementi probatori che potrebbero essere acquisiti in un successivo momento (nemmeno evidenziati, nel corso dell'udienza predibattimentale, dal P.M.). Anche di recente, infatti, la Suprema Corte ha affermato che nell'ipotesi di truffe online seriali, non è sufficiente la mera intestazione della carta prepagata su cui sono pervenuti i proventi dei reati per ritenere dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità penale dell'imputato, (v. Corte di Cassazione, sez. II penale, sentenza 24 agosto 2021 (ud. 22 giugno 2021), n. 31932, Pres. C., Rel. D.S., Corte di Cassazione, Sez. Un., sentenza 6 luglio 2016 (ud. 28 aprile 2016), n. 27620, Pres. C., Rei. C.), come, appunto, nel caso di specie, visto che l'unico elemento di prova a carico dell'imputata è appunto la titolarità formale del c.c.Nessun accertamento, infatti, è stato effettuato sul suo effettivo utilizzo. E tale orientamento è stato, di recente, fatto proprio anche dalla giurisprudenza di merito (si veda, ad es., Sent. Gup di Firenze, Dott. P. del 7/11/22 RGNR 5292/2021, Trib. Ferrara sent 18/9/23, RG Dib. 453/23, Trib. Ferrara sent. 18/9/23, RG. Dib. 457/23, Trib. Ferrara sent. 7/11/23 RG. Dib. 371/22). P.Q.M. Il Giudice, visto l'art. 554 ter c.p.p. DICHIARA NON LUOGO A PROCEDERE nei confronti di Om.Es. per il reato in contestazione per non aver commesso il fatto. Con motivazione contestuale Così deciso in Ferrara il 26 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 26 febbraio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA Il Tribunale di Ferrara, in composizione monocratica, in persona del giudice dott. Giovanni Solinas, alla pubblica udienza del 20 febbraio 2024 ha pronunciato la seguente SENTENZA nei confronti di: Be.Vi., nato a C. (F.) il (...), ivi res.te e con domicilio eletto in frazione G., via R., n. 29 -libero assente IMPUTATO Del delitto di cui agli artt. 81 e 648 c.p., perché, con più condotte esecutive di un medesimo disegno criminoso, al fine di procurarsi un profitto, conoscendone l'illegittima provenienza, riceveva da persona rimasta sconosciuta e lo metteva in vendita sul sito internet denominato MarketPlace, una biciletta da donna marca "UNICA", colore blu e bianco, oggetto di furto in danno di Vi.Lu., avvenuto il 05/02/2020, nonché di altre biciclette e scooter rivenuti a seguito di un perquisizione effettuata dai Carabinieri di Copparo in data 04/03/2020, di cui non sapeva giustificare provenienza e possesso quali: - imo scooter marca Aprilia modello PBG1 numero identificativo (...); - una bicicletta nera da corsa; - una bicicletta marca GALANT da donna; - una bicicletta da donna colore nero marca UNICA; - una bicicletta da donna marca ESPERIA; - una bicicletta da donna marca HOLLYWOOD; - una di colore marrone senza sella con cestino anteriore; - una bicicletta da uomo modello Mountain Bike AXXXIS; - una bicicletta di colore nero modello Mountain Bike marca MAXIMUM; - una bicicletta da bambino modello Mountain Bike marca "GIANNI BUGNO"; - una bicicletta da bambino di colore rosso priva di marca. Accertato in Copparo fraz. Gradizza (FE), rispettivamente il 13/02/2020 ed il 04/03/2020 Con recidiva specifica Con l'intervento del Pubblico Ministero: dott. Ti.An. V.P.O. Del difensore di fiducia: Avv. Si.Ma. del Foro di Ferrara Lo svolgimento del processo A seguito della notifica del decreto di citazione a giudizio (del 22/11/21), Be.Vi. veniva chiamato a rispondere dei reati di cui all'imputazione (artt. 81-648 c.p. in Copparo il 13/2/20 e 4/3/20), come meglio specificati nel capo di imputazione, indicato in epigrafe. All'udienza del 30/5/22 vi era la dichiarazione di assenza dell'imputato e, dopo il differimento disposto all'udienza del 12/6/23, all'udienza del 27/11/23, veniva aperto il dibattimento ed erano ammesse le prove richieste dalle parti. Quindi, all'udienza del 19/2/24, venivano sentiti Vi.St., Vi.Lu. e l'UPG Lu.Ga.. Nella anzidetta udienza le parti concludevano come da verbale ed il Giudice rinviava per repliche all'udienza del 20/2/24, al termine della quale si ritirava in camera di consiglio per la decisione. MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO La responsabilità dell'imputato non risulta dimostrata, oltre ogni ragionevole dubbio, sulla base dell'Istruttoria compiuta, come di seguito verrà evidenziato. Relativamente alla bicicletta di Vi.Lu. Vi.Lu., sentita all'udienza del 19/2/24, riferiva di aver subito il furto della sua bicicletta (di colore grigio e blu) nel febbraio 2020 (dopo averla parcheggiata vicino alla sua scuola) e di aver, dopo qualche giorno, ritrovato la stessa sul sito di vendita ecommerce - denominato marketplace - e che suo padre (Vi.St.), dopo aver contattato il venditore, era riuscito a recuperarla. A sua volta, Vi.St., sempre sentito all'udienza del 19/2/24, oltre a confermare quanto dichiarato dalla figlia, precisava di aver contattato via "messenger" il venditore della bicicletta e di aver fissato un appuntamento presso la di lui abitazione (sita in via R. 24). Chiariva, quindi, che il venditore (che si qualificava come Be.Vi.) gli aveva portato la bicicletta (che veniva venduta a 25,00 euro) e che si trovava in un magazzino, insieme ad altri oggetti. Precisava, quindi, di aver ottenuto la restituzione della bicicletta, dopo aver detto all'imputato che la bicicletta era di sua proprietà, essendo stata "rubata". Il teste, infine, chiariva che l'imputato, in sua presenza, aveva parlato al telefono con un altro soggetto, lamentandosi del fatto di aver acquistato una bicicletta oggetto di furto. Ed anche Lu.Ga. (all'epoca dei fatti in servizio presso la Stazione CC di Copparo) precisava che l'imputato svolgeva l'attività di rigattiere e che, sin da subito, si era giustificato dicendo che la bicicletta della V. proveniva da un cittadino extracomunitario di Coccanile e che l'aveva pagata dieci euro. Peraltro, come si evince dalle sommarie informazioni rese dall'imputato il 30/3/20 (prodotte con il consenso delle parti), il B., sin da subito, aveva anche fornito il numero di telefono ((...)) della persona (un certo D.) che gli aveva consegnato la bicicletta, a sua volta acquistata da un cittadino "africano". Come noto, e con riferimento proprio al delitto di ricettazione, la Suprema Corte, anche di recente, ha, infatti, stabilito che "risponde di ricettazione l'imputato che, trovato nella disponibilità di refurtiva di qualsiasi natura, in assenza di elementi probatori indicativi della riconducibilità del possesso alla commissione di furto, non fornisca una spiegazione attendibile dell'origine del possesso.." (v. Cass. II 20193/2017), spiegazione che, invece, nel caso di specie è stata fornita e provata. L'imputato, infatti, che svolgeva lecitamente (essendo autorizzato in via amministrativa) attività di compravendita di beni usati, aveva, sin da subito, spiegato come era venuto in possesso del bene della V., fornendo, anzi, i contatti telefonici del suo venditore e mostrando, altresì, il suo disappunto, telefonando allo stesso, davanti a Vi.St., a cui poi riconsegnava, volontariamente, il bene oggetto di furto. Di conseguenza, manca, in 'modo evidente il dolo del reato, non avendo avuto, l'imputato alcuna consapevolezza della provenienza furtiva del bene, come dimostrato ut supra Relativamente ai beni rinvenuti in data 4/3/20 Come emerge, infatti, dal verbale di perquisizione e sequestro del 4/3/20 della Stazione CC di Copparo (con anche fotografie allegate) a carico dell'imputato ed eseguito presso la sua abitazione -all'interno giardino, della cantina e di una casetta di legno ivi presente- sita in G. di C. via R. 29 (come anche risulta dal verbale di identificazione del 4/3/20) venivano rinvenuti tutti i beni indicati nel capo di imputazione (ossia, uno scooter marca Aprilia e dieci biciclette). Tuttavia, come emerso anche nel corso dell'istruttoria dibattimentale, non vi è alcuna prova che i suddetti beni fossero provento di furto (o di altro reato), difettando ogni accertamento sul punto (come anche confermato dal teste di PG. Lu.Ga., sentito all'udienza del 19/2/24). Anzi, come emerge dallo stesso verbale di perquisizione, A.C. (conoscente dell'imputato ed intervenuto al momento della perquisizione) aveva dichiarato, sin da subito, di essere proprietario della bicicletta di colore nero rinvenuta nella cantina e di averla consegnata volontariamente al B.. Peraltro, come dichiarato dal L. e come documentalmente dimostrato, l'imputato svolgeva l'attività di "rigattiere", effettuando (saltuariamente) compravendite di beni usati (v. anche l'autorizzazione del Comune di Venezia del 19/1/22, prodotta dalla difesa) e lo stesso, nel corso delle sue dichiarazioni del 30/3/20, aveva anche giustificato II possesso dei beni. Di conseguenza, non vi è alcun elemento (esistendo, anzi, una dichiarazione Contraria di A.C.) per ritenere che i predetti beni (appunto, rinvenuti nella disponibilità del B.) fossero provento di un delitto e non, invece, detenuti lecitamente dall'imputato. Come noto, infatti, il reato presupposto del delitto di cui all'art. 648 c.p., deve essere un delitto, non una contravvenzione, che non deve essere necessariamente accertato con sentenza irrevocabile, né devono esserne individuati gli autori, bensì, è sufficiente la sua sussistenza per il giudice chiamato a conoscere della ricettazione. Nel caso di specie, invece, manca ogni prova, appunto, della sua sussistenza. Peraltro, nello stesso capo di imputazione, nemmeno è specificato l'asserito delitto presupposto (essendo solamente indicato "..nonché di altre biciclette e scooter rinvenuto a seguito di perquisizione effettuata dai Carabinieri di Codigoro in data 4/3/20, di cui non sapeva giustificare provenienza e possesso...") e, come noto, la fattispecie di ricettazione è configurabile non già con il riferimento, in contestazione, ad una provenienza delittuosa del bene non meglio identificata, poiché è necessario che il delitto presupposto, se pure non giudizialmente accertato, sia specificato (Cass. sez. II 10/26308). Di conseguenza, il fatto contestato all'imputato non sussiste con riferimento ai beni (uno scooter e dieci biciclette) rinvenuti nel corso della perquisizione del 4/3/20 Peraltro, anche lo stesso P.M. ha concluso chiedendo la piena assoluzione dell'imputato per tutti i fatti contestati. P.Q.M. visto l'art. 530 c.2 c.p.p., ASSOLVE l'imputato Be.Vi. dai reati a lui ascritti perché il fatto non costituisce reato, con riferimento alla bicicletta di proprietà di Vi.Lu. e perché il fatto non sussiste in relazione a tutti gli altri beni Dispone la restituzione dei beni in sequestro all'imputato ad opera della Stazione CC di Copparo con subdelega Motivazione contestuale Così deciso in Ferrara il 20 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 20 febbraio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA Il Tribunale di Ferrara, in composizione monocratica, in persona del giudice dott. Giovanni Solinas, all'udienza predibattimentale del 13 febbraio 2024 ha pronunciato la seguente SENTENZA nei confronti di: 1. Il.Ma., nato in S. il (...), nato in S. il (...), res.te e con domicilio dichiarato in J. di S. (F.), via (...) -libero presente- 2. Ca.Gi., nato a B. il (...), res.te e con domicilio dichiarato in C. (F.), località A., via M., n. 20 -libero assente- Za.Fi. - Kr.Do. (sep. giud.) IMPUTATI Za.Fi. A) OMISSIS B) OMISSIS C) OMISSIS D) OMISSIS E) OMISSIS F) OMISSIS O) OMISSIS H) OMISSIS Za.Fi. e Kr.Do. I) OMISSIS Za.Fi. J) OMISSIS K) OMISSIS L) OMISSIS M) OMISSIS Ca.Gi. in concorso con Za.Fi. (separatamente giudicato) N) delitto p. e p. dagli artt. 110, 515 c.p., perché, agendo in concorso tra loro, Z. svolgendo in maniera continuativa l'attività di venditore e allevatore di cuccioli di cani e segnatamente nella qualità di gestore dell'"Allevamento Cavalier King Charles Spaniel Del Bel Riguardo"; Ca.Gi. nella qualità di medico veterinario di fiducia del medesimo allevamento, consegnavano a G.S.S., un bene diverso da quello dichiarato e pattuito; in particolare, Z. vendeva alla persona sopra indicata, verso il corrispettivo di Euro 1.800,00, un esemplare di Cavalier King, omettendo di consegnare il relativo pedigree nonostante lo avesse promesso; consegnava inoltre all'acquirente un bene con caratteristiche diverse da quelle pattuite, essendo l'animale affetto da plurime patologie e parassitosi, quali giardia, ascaridi, insufficienza mitralica e broncopolmonite; dichiarando falsamente all'acquirente, mediante consegna della documentazione attestante il falso meglio descritta al capo B), che l'animale era stato vaccinato per il cimurro. In Portomaggiore (FE) in epoca prossima all' 11.02.2019 Ca.Gi. O) delitto p. e p. dall'art. 481, 61 n. 2 c.p., perché, al fine di compiere il reato di cui al capo A), formava documentazione attestante il falso, relativa all'esemplare di Cavalier King venduto da Za.Fi. all'acquirente G.S.S.; segnatamente, attestava falsamente l'avvenuta vaccinazione anticimurro e trattamento antiparassiti dell'animale nelle date del 16.12.2018, 11.01.2019 e 05.02.2019; essendo l'animale affetto da plurime parassitosi, quali guardia e ascaridi ed essendo privo di anticorpi per il cimurro. In Berra (FE), in epoca antecedente e prossima all'11.02.2019 Za.Fi. P) OMISSIS Q) OMISSIS Za.Fi. e Kr.Do. R) OMISSIS Za.Fi. S) OMISSIS T) OMISSIS Za.Fi. e Kr.Do. U) OMISSIS V) OMISSIS W) OMISSIS Za.Fi. X) OMISSIS Il.Ma. Y) delitto p. e p. dall'art. 515 c.p., perché, svolgendo in maniera continuativa l'attività di venditore e allevatore di cuccioli di animali, consegnava a P.C., verso il corrispettivo di Euro 350,00, un cucciolo di cane apparentemente di razza Labrador, affetto da displasia bilaterale; avendo falsamente assicurato, al momento degli accordi intrapresi con l'acquirente, le buone condizioni di salute dell'animale; consegnando dunque all'acquirente un bene con caratteristiche diverse da quelle pattuite e rifiutando peraltro, contrariamente agli accordi intrapresi, la consegna del pedigree dell'animale In Jolanda di Savoia (FE), il 14.12.2019 Per Za.: con l'aggravante della recidiva ai sensi dell'art. 99 comma 1 c.p. Con l'intervento del Pubblico Ministero: dott. Re.Si. V.P.O. Dei difensori di fiducia: - Avv. El.Pi. del Foro di Ferrara per Il.Ma. - Avv. Re.Gi. del Foro di Ferrara per Ca.Gi. MOTIVAZIONE Svolgimento del processo Ca.Gi. (unitamente a Za.Fi., Kr.Do. per cui si procede separatamente) era citato a giudizio per rispondere dei reati di cui ai capi N (in concorso con Za.) e O, mentre Il.Ma. era citato a giudizio per il reato di cui al capo Y, come meglio specificati nel DCG notificato (e datato 20/10/23). Dopo il differimento disposto all'udienza del 5/12/23 (in cui era presente Il.Ma.), alla successiva udienza del 13/2/24 il giudice disponeva procedersi in assenza dell'imputato C. (che risultava avere nominato un difensore di fiducia ed effettuato un'elezione di domicilio, essendo anche stati sottoposto ad interrogatorio delegato) ed, in assenza di questioni preliminari, le parti illustravano le rispettive posizioni (vi era anche costituzione di alcune parti civili) ed il giudice decideva sulla base degli atti trasmessi a norma dell'art. 553 c.p.p. Quindi, veniva disposta, appunto, la separazione della posizione di Ca.Gi. e Il.Ma., essendo la loro posizione pronta, appunto, per la definizione, a norma dell'art. 18 c.p.p.. Le risultanze delle indagini POSIZIONE Ca.Gi. Ca.Gi., sostanzialmente, veniva citato a giudizio per rispondere dei capi N ed O del DCG notificato, in quanto, secondo la prospettiva accusatoria, nella qualità di medico veterinario, (capo N, artt. 110-515 c.p.) concorreva con Za.Fi., nella consegna a G.S.S. (denunciante), in data 11/2/19, di un cane di razza Cavalier King, affetto da plurime patologie e parassitosi (quali giardia, ascaridi, insufficienza mitralica e broncopolmonite) (e, quindi, un bene con caratteristiche diverse da quelle pattuite), dichiarando falsamente l'avvenuta vaccinazione anticimurro ed il trattamento antiparassiti del suddetto animale nelle date 16/12/18,11/1/19, e 5/2/19, mentre, in realtà, l'animale era affetto da plurime parassitosi, quali giardia e ascaridi, essendo privo di anticorpi per il cimurro (capo O, artt.481, 61 n.2 c.p.). Tuttavia, come anche affermato dallo stesso imputato (si veda, in particolare, il suo interrogatorio del 7/1/21 e correlata memoria), il quale ha -più volte- dichiarato di aver effettuato i vaccini di cui veniva contestata la falsità, non vi sono elementi sufficienti per affermare la penale responsabilità del C.. Secondo, infatti, la prospettiva accusatoria, la prova della falsità nelle dichiarazioni del medico, sarebbe dimostrata dal fatto che: - nel libretto sanitario dell'animale (sottoscritto dall'imputato) risultava che fosse stata effettuata la vaccinazione con il "Versican Plus" nelle date 16/12/18,11/1/19 e 5/2/19 (v. aff. 46 del fascicolo del PM); - mentre in realtà, come si desumeva dagli esiti delle analisi effettuate presso il laboratorio "San Marco (v. referto del Doti. Tommaso Furlanello del 12/4/19, aff. n. 65 del fascicolo del PM), il predetto cane era risultato negativo agli anticorpi del cimurro. Tuttavia, a parere dello scrivente, dalle risultanze delle indagini non appare che sia dimostrata la predetta falsità per i seguenti motivi: - il farmaco Versican Plus risulta essere "polivalente", ossia, contenente, in un'unica soluzione, i virus attenuati di varie malattie, quali il cimurro ed il parvovirus (v. sul punto, la scheda del medicinale di cui all'aff. n. 2096 del fascicolo del PM); - nel predetto referto del laboratorio S. Marco, risultava che il predetto animale fosse positivo agli anticorpi del parvovirus (elemento, questo che induce, quindi, a ritenere che il cucciolo effettivamente fosse stato vaccinato con il Versican Plus); - la stessa G.S.S., nella sua denuncia, aveva affermato che la negatività espressa dal referto (del laboratorio S. Marco, di cui all'aff. 65) significava o che non vi fosse la vaccinazione (contro il cimurro) o che la stessa non avesse "attecchito" (v.aff. 27 del fascicolo del PM); - peraltro, le ulteriori analisi (del 17/4/19) della C.V.D. (v. aff. 66 del fascicolo del PM) e prodotte dalla p.o., evidenziavano che, pur essendo stata effettuata, al cane acquistato, una vaccinazione (anche questa volta con il farmaco Versican Plus) contro il cimurro in data 17/4/19, il dosaggio non appariva sufficiente ("..per garantire una corretta copertura anticorpaie.."), e, pertanto, veniva ripetuta, una seconda volta, sempre in data 17/4/19, venendo, altresì, prescritta un'ulteriore vaccinazione a distanza di due settimane (che sarebbe stata effettivamente eseguita il 9/5/19, con il farmaco Nobivac), dimostrando, quindi, ulteriormente, la circostanza che, effettivamente, il vaccino contro il cimurro non garantisse -sempre- un risultato (di protezione) utile (si veda, in particolare, anche il libretto sanitario, di cui all'aff. 46 del fascicolo del PM). Di conseguenza, è del tutto verosimile che il medico veterinario (imputato) abbia effettivamente vaccinato il cane (de quo) con il Versican Plus, che il vaccino contro il cimurro non sia andato a buon fine (a differenza di quello contro il parvovirus) e che, successivamente, l'animale si sia "ammalato" di cimurro, essendo in contatto con altri animali (e la stessa G.S., nella sua denuncia del 21/5/19, precisava che il cucciolo le era stato consegnato in data 11/2/19, mentre si trovava in un ex fienile a stretto contatto con altri cani e, già in quel momento, non si trovava in buone condizione di salute, tossendo ed avendo del catarro). Si evidenzia, infine, come si desume dallo stesso libretto sanitario dell'animale (v. appunto, aff. 46 del fascicolo del PM), che l'imputato, peraltro, a differenza di quanto indicato nei capi di imputazione a lui contestati, non aveva mai attestato di aver effettuato sverminazioni, prevenzioni da ectoparassiti o cinetosi, avendo solamente indicato (sul libretto sanitario) un "promemoria" (verosimilmente indirizzato al proprietario, all'epoca, dell'animale) in data 16/12/18, ossia, di procedere, appunto, alla sverminazione. Per i suddetti motivi, quindi, pare evidente l'insussistenza dei fatti addebitati all'imputato di cui al capo O e la non commissione del fatto con riferimento al capo N. La Responsabilità Ciò posto, va rilevato che il Giudice, all'esito dell'udienza predibattimentale, ai sensi dell'art. 554 ter c.p.p., deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti non consentano una ragionevole previsione di condanna e ciò all'evidente scopo di evitare i dibattimenti c.d. inutili ed, infatti, il parametro di giudizio è sostanzialmente l'impossibilità di pervenire ad una prognosi di condanna dell'imputato. E la suddetta valutazione si ritiene che consista in un giudizio prognostico razionale (e non meramente ipotetico o congetturale) da effettuarsi ex actis 1, circa il futuro positivo accertamento di tutti gli elementi costitutivi oggettivi o soggettivi della fattispecie in contestazione, che valorizzi e tenga conto non solo dell'assenza o dell'insufficienza, ma anche della contraddittorietà della prova. Di conseguenza, in presenza di elementi probatori contraddittori od insufficienti, il Giudice deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere qualora non si prestino -secondo, appunto, una valutazione prognostica- ad essere apprezzati nel senso di consentire, all'esito del dibattimento ed in seguito ad una piena istruttoria, ima ragionevole previsione di condanna. Detto in altri termini, attualmente, non vige più il principio "in dubio pro actione" ma è divenuto vigente ed imperativo l'opposto principio "in dubio contra actione". Nel caso in esame, infatti, come sopra esplicitato, gli elementi probatori acquisiti, non sono, infatti, sufficienti, secondo una valutazione prognostica, ad essere apprezzati nel senso di consentire al Giudice, al termine del dibattimento, una ragionevole previsione di condanna né sono ravvisabili ulteriori elementi probatori che potrebbero essere acquisiti in un successivo momento (nemmeno evidenziati, nel corso dell'udienza predibattimentale, dal P.M.) POSIZIONE Il.Ma. Il.Ma., come già anticipato, veniva chiamato a rispondere del reato di cui al capo Y del DCG in atti, ossia, del delitto di cui all'art. 515 c.p. in danno di P.C., avendo ceduto alla stessa, dietro il pagamento di Euro 350,00, un cane di razza labrador, affetto da malattia (in particolare, displasia bilaterale), assicurando, falsamente, al momento della stipula, le buone condizioni di salute dell'animale, senza, inoltre, consegnare il relativo pedigree. La ricostruzione dei fatti emerge dal fascicolo di indagine e dalle dichiarazioni della P., riscontrate nel corso dell'attività delle indagini preliminari. In via preliminare, il Giudice ritiene sussistente il reato contestato in quanto, come noto, Part. 515 c.p., punisce anche il commercio di beni caratterizzati da diversità qualitativa rispetto a quanto pattuito, e, quindi, quando, pur non essendoci una effettiva difformità di specie o di quantità, esista, tuttavia, una differenza rispetto a qualifiche non essenziali del prodotto, riguardanti la sua utilizzabilità, pregio o grado di conservazione (come, appunto, le condizioni fisiche e di salute di un animale da compagnia). Così ricostruiti i fatti di cui all'imputazione, sussistono, tuttavia, i presupposti per pronunciare, nei confronti dell'imputato, sentenza di non luogo a procedere per essere l'imputato non punibile per la speciale tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p. In proposito va rammentato che, in tema di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, il giudice è tenuto a motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, al fine di valutarne la gravità, l'entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, essendo insufficiente il richiamo a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018 - dep. 2019, Venezia, Rv. 27594001). Ai fini dell'apprezzamento circa l'applicabilità dell'art. 131 bis cod. pen., occorre accertare, tra l'altro, che il fatto illecito non abbia generato un contesto concretamente e significativamente dannoso con riguardo al bene tutelato dalla norma incriminatrice. Il giudizio sulla tenuità del fatto richiede, dunque, una valutazione complessa in relazione alle modalità della condotta e all'esiguità del danno o del pericolo e richiede una equilibrata considerazione dì tutte le peculiarità del caso concreto (così, in motivazione, Sez. 4, n. 7675 del 06/02/2019, Prota). In primo luogo, infatti, il delitto di cui all'imputazione, rientra nel limite edittale di pena prevista per l'applicazione di tale causa di esclusione della punibilità. In secondo luogo, l'offesa al bene giuridico protetto appare di particolare tenuità, tenuto conto, ai sensi dell'art. 133 c.p., della modalità della condotta - posta in essere dall'imputato- caratterizzata dalla occasionai ita, e dell'esiguità del danno, consistente, al massimo, nel corrispettivo dell'acquisto (non essendovi costituzione di parte civile da parte di P.C.). Non ricorrono casi di esclusione dell'esimente, di cui all'art. 131 bis co. II c.p. Infine, il comportamento dell'imputato non risulta abituale, poiché questi è del tutto incensurato. Nei confronti dell'imputato, quindi, potrà essere pronunciata sentenza di non luogo a procedere a norma dell'art. 131 bis c.p. P.Q.M. Il Giudice, visto l'art. 554 ter c.p.p. DICHIARA NON LUOGO A PROCEDERE nei confronti di Ca.Gi. per i reati in contestazione (di cui alle lettere N ed 0 del Decreto di citazione a giudizio) perché il fatto non sussiste con riferimento al capo 0 e per non aver commesso il fatto con riferimento al capo N. NON LUOGO A PROCEDERE nei confronti di Il.Ma. per il reato in contestazione (di cui al capo di imputazione Y) per essere il fatto non punibile per particolare tenuità a norma dell'art. 131 bis c.p. Con motivazione contestuale Così deciso in Ferrara il 13 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA Il Tribunale di Ferrara, in composizione monocratica, in persona del giudice dott. Giovanni Solinas, all'udienza predibattimentale del 13 febbraio 2024 ha pronunciato la seguente SENTENZA nei confronti di: Ca.Ma., nato a B. il (...), res.te a F., via L. A., n. 26 int. 12, con domicilio dichiarato c/o lo studio del difensore di fiducia Avv. Mo.Ma. del Foro di Rovigo, attualmente detenuto per altra causa c/o la Casa Circondariale di Ferrara -detenuto p. a. c. rinunciante a comparire- IMPUTATO Del delitto di cui all'art. 640 c.p., perché al fine di trarne profitto, con artifizi e raggiri, consistititi: - nel pubblicizzare sul sito internet (...) la vendita di una Play Station al prezzo di Euro 205,00; - nel prendere accordi tramite email per la vendita, affinché gli venisse accreditata la somme richiesta, con pagamento da effettuarsi tramite bonifico bancario sull'IBAN (...) abbinato al conto corrente Emoney previa registrazione online sul sito (...) riconducibile a Ba.Se. S.p.a., avente nr. (...), intestato a Ca.Ma.; - nell'omettere successivamente la consegna del bene, una volta ottenuto il pagamento, rendendosi irreperibile; induceva in errore il sig. Ca.Ma., determinandolo a dar corso all'acquisto, conseguendo l'indebito profitto corrispondente alla somma versata di Euro 205,00 con pari danno per la parte offesa. In luogo sconosciuto, il 21/02/2019 Con recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale Con l'intervento del Pubblico Ministero: dott. Re.Si. V.P.O. Del difensore di fiducia: Avv. Mo.Ma. del Foro di Rovigo MOTIVAZIONE Svolgimento del processo Ca.Ma. era citato a giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 640 c.p. (come meglio specificato nel capo di imputazione, indicato in epigrafe), sostanzialmente, una truffa c.d. online in danno di Ca.Ma. (che aveva presentato querela in data 6/5/19), avvenuta in Ferrara in data 21/2/19 All'udienza predibattimentale dell'11/12/23 il giudice disponeva procedersi in assenza dell'imputato (che risultava avere eletto domicilio, dopo essere stato identificato con gli avvisi di legge, al quale sono state effettuate correttamente le notificazioni ed aveva anche nominato due difensori di fiducia Avv. Ma.Mo. del Foro di Rovigo e Io.Fe. del Foro di Palmi), con rinvio per repliche all'udienza del 13/2/24. In assenza di questioni preliminari, quindi, le parti illustravano le rispettive posizioni ed il giudice decideva sulla base degli atti trasmessi a norma dell'art. 553 c.p.p. Le risultanze delle indagini Ca.Ma. (come da querela in atti) dichiarava di aver versato (tramite bonifico bancario) la somma di Euro 205,00 per l'acquisto, on-line, di una consolle play station 4, sulla base di un annuncio rinvenuto sul sito www.trovaprezzi.it, senza ricevere mai il bene oggetto della compravendita. Veniva, quindi, delegata una attività di indagine che permetteva di verificare, fra l'altro, l'effettivo versamento della somma da parte della p.o. (acquisendo, appunto, copia delle risultanze bancarie). Ciò detto, gli elementi di prova a carico dell'indagato, come risultanti dal fascicolo di indagine, consistevano in: - Il conto corrente usato per versare il profitto della truffa risultava formalmente intestato all'indagato; - l'utenza telefonica ((...)) usata per contattare la p.o. era sempre intestata al Cardinali. Non è stata effettuata nessuna attività di perquisizione né di accertamento su eventuali operazioni individualizzanti (ad es., accrediti di stipendio) effettuate sul predetto conto corrente, tali da permettere di attribuire effettivamente all'indagato Fuso dello stesso, né vi è stata l'acquisizione dei tabulati sul numero usato per contattare il Ma., che, ad es., avrebbe permesso di verificare l'effettivo utilizzatore dell'utenza telefonica (o, quantomeno, la zona di Italia o estera di provenienza). Peraltro, il conto corrente anzidetto è stato attivato in via telematica (tramite il sito (...)) e, pertanto, nemmeno è stato necessario il possesso materiale del documento di identità, bastando una copia digitale (ottenibile facilmente via internet, come noto), dello stesso (v. nota del 1/7/20 della GDF di Biella, aff. pag. 20). La Responsabilità Ciò posto, va rilevato che il Giudice, all'esito dell'udienza predibattimentale, ai sensi dell'art. 554 ter c.p.p., deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti non consentano una ragionevole previsione di condanna e ciò all'evidente scopo di evitare i dibattimenti c.d. inutili ed, infatti, il parametro di giudizio è sostanzialmente l'impossibilità di pervenire ad ima prognosi di condanna dell'imputato. E la suddetta valutazione si ritiene che consista in un giudizio prognostico razionale (e non meramente ipotetico o congetturale) da effettuarsi ex actis 1, circa il futuro positivo accertamento di tutti gli elementi costitutivi oggettivi o soggettivi della fattispecie in contestazione, che valorizzi e tenga conto non solo dell'assenza o dell'insufficienza, ma anche della contraddittorietà della prova. Di conseguenza, in presenza di elementi probatori contraddittori od insufficienti, il Giudice deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere qualora non si prestino -secondo, appunto, una valutazione prognostica- ad essere apprezzati nel senso di consentire, all'esito del dibattimento ed in seguito ad una piena istruttoria, una ragionevole previsione di condanna. Detto in altri termini, attualmente, non vige più il principio "in dubio pro actione" ma è divenuto vigente ed imperativo l'opposto principio "in dubio contra actione". Nel caso in esame, infatti, come sopra esplicitato, gli elementi probatori acquisiti non sono sufficienti, secondo una valutazione prognostica, ad essere apprezzati nel senso di consentire al Giudice, al termine del dibattimento, una ragionevole previsione di condanna né sono ravvisabili ulteriori elementi probatori che potrebbero essere acquisiti in un successivo momento (nemmeno evidenziati, nel corso dell'udienza predibattimentale, dal P.M.). Anche di recente, infatti, la Suprema Corte ha affermato che nell'ipotesi di truffe online seriali, non è sufficiente la mera intestazione della carta prepagata su cui sono pervenuti i proventi dei reati per ritenere dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità penale dell'imputato, (v. Corte di Cassazione, sez. II penale, sentenza 24 agosto 2021 (ud. 22 giugno 2021), n. 31932, Pres. C., Rel. D.S., Corte di Cassazione, Sez. Un., sentenza 6 luglio 2016 (ud. 28 aprile 2016), n. 27620, Pres. C., Rel. C.), come, appunto, nel caso di specie, visto che l'unico elemento di prova a carico del C. è appunto la titolarità formale del conto corrente usato per la truffa. Nessun accertamento, infatti, è stato effettuato sul suo effettivo utilizzo. E tale orientamento è stato, di recente, fatto proprio anche dalla giurisprudenza di merito (si veda, ad es., Sent. Gup di Firenze, Dott. P. del 7/11/22 RGNR 5292/2021, Trib. Ferrara sent 18/9/23, RG Dib. 453/23, Trib. Ferrara sent. 18/9/23, RG. Dib. 457/23). Peraltro, il fatto che l'intestatario del numero telefonico utilizzato per contattare la vittima sia sempre l'imputato non dimostra nulla, in assenza, appunto, di attività volta a dimostrare l'effettivo utilizzo dell'utenza telefonica (tramite tabulati, perquisizioni e/o sequestri), vista, sempre, la nota facilità con cui si possono acquisire utenze telefoniche a nomi di terzi. P.Q.M. Il Giudice visto l'art. 544 ter c.p.p. DICHIARA NON LUOGO A PROCEDERE nei confronti di Ca.Ma. per il reato in contestazione per non aver commesso il fatto. Con motivazione contestuale Così deciso in Ferrara il 13 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA Il Tribunale di Ferrara, in composizione monocratica, in persona del giudice dott. Giovanni Solinas, alla pubblica udienza del 13 febbraio 2024 ha pronunciato la seguente SENTENZA nei confronti di: Gh.Ma., nato a Pa. (F.) il (...), res.te a F. (F.), via S., n. 64, elett.te dom.to c/o lo studio del difensore di fiducia Avv. Lu.Le. del Foro di Ferrara -libero presente- IMPUTATO Del delitto di cui all'art. 590 bis c.p., perché, con colpa consistita in generica negligenza, imprudenza e imperizia, nonché violazione degli artt. 141 e 143 del C.d.S., alla guida della vettura modello Jeep Renegade targata (...), nel percorrere la via Pa. con direzione di marcia F. verso B., ometteva di mantenere una velocità adeguata relazione alle condizioni di luogo e tempo e di tenersi il più possibile sul margine destro della carreggiata, essendo la via Pa. a doppio senso di circolazione, venendo a collisione con il motociclo modello KTM Duke targato (...) condotto da Pa.Lo. e con bordo la passeggera Do.Vi., provenienti dal ponte sul canale Gramicia che collega la via Pa. F. alla via Pa., che avevano precorso alcune decime di metri dopo essersi immessi sulla via Pa. con direzione F.. A seguito dell'urto e della successiva caduta al suolo il sig. Pa. riportava lesioni personali quali "trauma cranico commotivo, flc labbro inf. e mento, frattura polso sx", giudicate con prognosi superiori a 40 gg., cosi come da certificazione medica. In Ferrara, l'11/11/2020 Con l'intervento del Pubblico Ministero: dott. Re.Si. V.P.O. Del difensore di fiducia: Avv. Lu.Le. del Foro di Ferrara MOTIVAZIONE Svolgimento del Giudizio Con decreto di citazione diretta a giudizio del 27/5/22, Gh.Ma. veniva chiamato a rispondere del reato di cui all'art. 590 bis c.p. (in danno di Pa.Lo.), come meglio specificato nel capo di imputazione contestato. All'udienza del 17/10/22 veniva dichiarato aperto il dibattimento ed erano ammesse le prove richieste dalle parti. Quindi, dopo il differimento disposto all'udienza del 22/5/23, alla successiva udienza del 6/11/23, iniziava l'istruttoria ed erano sentiti i testi Pa.Lo. (p.o.), Ag.Ma., Ca.Ma., Do.Vi., Ma.Ga., Ba.Ti. ed era esaminato l'imputato, con rinvio per terminare l'istruttoria all'udienza del 5/2/24, nel corso della quale le parti concludevano come da verbale ed il Giudice rinviava per repliche all'udienza del 13/2/24, al termine della quale il Giudice si ritirava in camera di consiglio per la decisione. Motivi in fatto ed in diritto della decisione Sulla base dell'Istruttoria esperita deve essere esclusa la penale responsabilità dell'imputato. Non è, infatti, chiara la dinamica dell'incidente e, pertanto, nemmeno è stato dimostrata l'asserita colpa dell'imputato (generica e specifica), non essendo, ovviamente, l'art. 141 c.3 e c. 8 CDS, una sorta di norma di chiusura valutabile ex post, tale per cui una volta che si sia verificato l'incidente, necessariamente debba essere considerato responsabile il conducente per non aver adottato una condotta di guida idonea ad impedire l'impatto. Nel caso di specie, infatti, se è certo che vi è stato un impatto (con conseguenti lesioni personali di Pa.Lo. e della di lui fidanzata Do.Vi.) fra il motociclo condotto, appunto, dal Pa. e l'autoveicolo condotto dall'imputato, non è, tuttavia, chiaro né il punto esatto in cui si è verificato l'incidente, né la velocità dei mezzi, né le modalità dello scontro. Pa.Lo. (p.o.) riferiva, infatti, del sinistro del 11/11/20. Precisava che si trovava sulla sua moto (KTM Duke tg. (...)), con Do.Vi. (sua passeggera) ed al termine del Ponte sul Canale Gramicia, si era immesso nel lato destro di via Pa. e, successivamente, veniva colpito da un'automobile (una jeep) mentre si trovava sulla sua carreggiata, dopo circa una decina di metri da quando si era immesso sulla strada. Chiariva di aver battuto la testa (subendo delle lesioni personali, dimostrate, peraltro, dalla documentazione medica in atti) e di aver subito dei danni alla moto. Riferiva che l'obbligo di dare precedenza era il suo, ma precisava che l'incidente era avvenuto sul suo lato di marcia (scontrandosi frontalmente con l'altro veicolo, che comunque aveva visto, in lontananza prima di immettersi sulla strada). La versione della p.o. veniva sostanzialmente confermata dalla sua (allora) fidanzata Do.Vi. (passeggero della motocicletta), la quale, peraltro, sostanzialmente escludeva ogni responsabilità della p.o., in quanto, a dire della ragazza, dopo (circa) dieci/dodici metri (ed alcuni secondi) dall'immissione su via Pa., la moto veniva colpita frontalmente da una jepp (che avevano visto in precedenza, mentre erano fermi in attesa di immettersi sulla strada principale) sulla loro corsia di marcia. Precisava, la ragazza di aver subito delle lesioni personali. Apparentemente, quindi, secondo le parole della p.o. e della D., la piena responsabilità dell'urto sarebbe da attribuire all'imputato, tuttavia, alcune circostanze fanno dubitare il Giudicante della attendibilità di quanto riferito: - Do.Vi. (che non aveva aderito alla causa civile proposta dalla p.o. contro l'imputato) aveva ottenuto un risarcimento dall'assicurazione della motocicletta (ravvisando, pertanto, a norma del codice civile, un comportamento colposo del Pa., diversamente da quanto riferito nel corso dell'udienza dibattimentale). - Il Pa., al momento della visita ospedaliera dopo l'incidente, aveva espressamente dichiarato di aver perso il controllo del mezzo, impattando con altro veicolo. Ossia, una versione dei fatti antitetica a quanto riferito nel corso del processo penale (si veda, in particolare il referto del Pa. Soccorso Generale dell'Arcispedale S. Anna del giorno 11/11/20, aff. 11 del fascicolo del PM, in cui è espressamente scritto.. "Ricorda di aver perso il controllo della moto e di aver impattato contro altro veicolo.."). Evidente, pertanto, è la non piena attendibilità dei testi sopra indicati, anche considerando l'interesse civilistico contrario del Pa. che ha intentato una causa civile di risarcimento. Come, peraltro, di recente affermato dalla Suprema Corte "Il giudizio sulla credibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa deve seguire criteri maggiormente rigorosi e puntuali rispetto a quelli usati per verificare le affermazioni di un testimone che sia terzo rispetto ai fatti" (v. Cassazione Penale, Sez. III, 5 giugno 2015- 3 febbraio 2016, n. 4358- Pres.S. - Rel. G.) e che "La sola dichiarazione della persona offesa può essere assunta dal giudice di merito come prova della responsabilità dell'imputato a condizione che il giudice proceda a una valutazione unitaria e non frazionata della stessa, laddove questa riguardi un episodio sostanzialmente unitario" (Sez. V sent. 17 marzo 2017 - 5 maggio 2017 n. 21826) e, pertanto, in caso di dichiarazione lacunosa o già di per sé contraddittoria, come appunto nel caso di specie, per le ragioni anzidette spiegate, si richiedono, quantomeno, riscontri. Gli operanti di PG intervenuti (Ag.Ma. e Ca.Ma., entrambi in servizio presso la Polizia Locale di Ferrara, sentiti all'udienza del 6/11/23), infatti, intervenivano dieci minuti dopo l'incidente ritenendo che veicoli fossero ancora nella medesima posizione del sinistro, ossia fermi all'altezza del ponte, A. chiariva che non c'erano segni di trascinamento sull'asfalto e che non avevano sanzionato l'imputato in quanto il suo veicolo aveva la precedenza e non si era potuto dimostrare un suo eventuale eccesso di velocità (rispetto ai 50 km/h previsti). Precisava, il teste (c.d. esperto, trattandosi di un agente delle Polizia Locale), peraltro, che la visibilità era buona (essendoci il sole) e che, suo parere, l'impatto era avvenuto a ridosso del ponte (e non dopo una decina di metri), chiarendo, altresì, che il mezzo dell'imputato si trovava al centro della strada, inclinato a sinistra, elemento plausibile con la circostanza che l'auto avesse cercato di evitare la moto. Dì conseguenza, sia le valutazioni degli operanti di p.g. sia i rilievi effettuati nell'immediatezza in loco contrastano con la versione fornita dalla p.o., in quanto, sembrerebbe che la moto si sia immessa nel traffico veicolare, non rispettando la precedenza, impattando immediatamente (e non dopo alcuni metri) con l'auto dell'Imputato. Anche l'imputato (il cui esame, ovviamente, deve essere valutato, trattandosi di mezzo di prova) riferiva, nel corso del dibattimento, la sua versione dei fatti, negando la sua responsabilità, riferendo di essersi "scontrato" frontalmente con la motocicletta condotta dalla p.o., subito dopo che la stessa si era immessa nel flusso veicolare, in quanto quest'ultima aveva perso il controllo e si stava dirigendo a sinistra. Chiariva di circolare nei limiti di velocità e di aver provato a controsterzare a sinistra (a destra, infatti, c'era il canale), on riuscendo, tuttavia, ad evitare l'impatto. Peraltro, come appare evidente, la versione dell'Imputato pare confortata sia dalle valutazioni degli operanti di p.g. (di cui sopra) sia dalle affermazioni rese dalla stessa p.o. nell'Immediatezza dei fatti (e riportate nella documentazione sanitaria acquisita) sia dalle conclusioni del teste Ba.Ti., di cui si scriverà a breve. Il teste Ba.Ti. (consulente esterno della U.S., incaricato di accertare la dinamica dei fatti), infatti, riferiva, che, secondo i suoi accertamenti (riassunti anche in una consulenza prodotta all'udienza del 6/11/23), la p.o, non aveva concesso la dovuta precedenza dovuta alla autovettura condotta dall'imputato, ritenendo, inoltre, che l'impatto fosse avvenuto nei pressi del ponte, mancando tracce di frenata sul terreno. Ed anche il CT della difesa (Ing. A.P.), nella sua consulenza del 19/1/22 (acquisita con il consenso delle parti), evidenziava l'assenza di responsabilità dell'imputato, visto che, a suo parere, previa analisi del materiale istruttorio, era stata la motocicletta della p.o. ad invadere la corsia di marcia del veicolo condotto dal G., il quale andava ad una velocità conforme al CDS, senza possibilità di evitare l'impatto. Nel corso del dibattimento (all'udienza del 6/11/23) veniva anche sentita la testimone Ma.Ga. (la cui casa di abitazione era in prossimità del luogo dei fatti) e che, a suo dire, aveva assistito alla dinamica dei fatti, trovandosi nel cortile della sua abitazione, con la visuale libera. La donna, infatti, riferiva di ricordare bene i ragazzi che superavano il ponte con la motocicletta e la loro presenza, per terra, all'interno di un fosso, dopo l'impatto, ma ammetteva di non essere più sicura del fatto che l'automobile avesse colpito la motocicletta a poche decine di metri dall'uscita del ponte, in quanto, nel corso dell'esame dibattimentale, riferiva di qualche metro. Precisava, poi, che, secondo la sua percezione, l'automobile andava a forte velocità e di non aver udito alcun rumore di frenata. Infine, il CTU nominato nella causa civile di risarcimento (promossa da Pa.Lo. contro Ma.Ga.), di cui al n. (...), (Dott. Ag.Ma.), nella sua consulenza cinematica, riteneva che "verosimilmente" la responsabilità del sinistro fosse da attribuire all'odierna p.o." a causa di una sua manovra imprudente, non avendo l'imputato tempi e spazi sufficienti per effettuare manovre elusive "più efficaci di quelle messe in atto". E' evidente, quindi, che non si possa affermare la penale responsabilità dell'imputato, in quanto sono evidenti i dubbi sulla stessa ricostruzione del sinistro, Non si sa, infatti, il punto esatto dell'impatto (essendoci, plurime versioni discordanti). Non si sa la velocità a cui andavano i due mezzi (non essendoci alcun accertamento, anche solamente indiretto o induttivo). Non si sa se l'imputato abbia invaso la corsia di marcia altrui ovvero se l'imputato abbia perso il controllo del mezzo (viste le differenti ricostruzioni dei fatti), pur risultando più verosimile che la colpa dell'incidente sia attribuibile al Pa.. Unici dati certi sono l'accadimento dello scontro e le lesioni subite dai due ragazzi. Peraltro, ad abundantiam, l'addebito a titolo di colpa, presuppone che, una volta individuata una trasgressione ad una norma cautelare (scritta o non scritta) sia possibile affermare che la condotta doverosa avrebbe evitato l'evento illecito. Si tratta, come ben noto, dell'operazione che va sotto il nome di giudizio controfattuale che richiede innanzitutto che venga preliminarmente descritto ciò' che e' accaduto; solo dopo aver accertato "che cosa e' successo" (si propone al riguardo la definizione di "giudizio esplicativo") e' possibile chiedersi cosa sarebbe stato se fosse intervenuta la condotta doverosa ("giudizio predittivo"). Il giudizio controfattuale, imponendo di accertare se la condotta doverosa omessa, qualora eseguita, o, in ipotesi di condotta commissiva, l'assenza della condotta commissiva vietata, avrebbe potuto evitare l'evento (cd. giudizio predittivo) richiede preliminarmente l'accertamento di ciò' che e' effettivamente accaduto (cd. giudizio esplicativo), per il quale la certezza processuale deve essere raggiunta (cfr. ex multis Sez. 4, n. 23339 del 31/1/2013, G., Rv. 256941). La Suprema Corte, in più occasioni, infatti, ha affermato che ai fini dell'accertamento del nesso di causalità' e' necessario individuare tutti gli elementi concernenti la causa dell'evento, sicché' ancor prima di applicare il c.d. giudizio controfattuale, e' necessario individuare con precisione quanto effettivamente e' naturalisticamente accaduto (c.d. giudizio esplicativo), al fine di verificare, su siffatta incontrovertibile ricostruzione, se la identificazione di una condotta diversa possa valutarsi come adeguatamente e causalmente decisiva in relazione alla evitabilità' dell'evento (vedi Sez. 4, n. 416 del 12.11.2021, C, Rv. 282559) E, quindi, l'effettuazione del c.d. giudizio esplicativo, deve essere effettuato secondo un canone di certezza probabilistica. Per giurisprudenza consolidata l'accertamento di ciò' che e' naturalisticamente accaduto deve essere assistito dalla certezza processuale, secondo la formula del al di la' di ogni ragionevole dubbio (v. sul punto, Cass, pen., Sez. IV, 30 maggio 2015, n. 23339). Detto in altri termini, si esige una incontrovertibile ricostruzione nel c.d. giudizio esplicativo perche' possa valutarsi la condotta diversa rispetto a quella doverosa come adeguatamente e causalmente decisiva in relazione all'evitabilita' dell'evento (v. sul punto, Cass. Cass, pen., Sez. IV, 11 gennaio 2022, n. 416). Per I suddetti motivi, anche a voler ritenere che effettivamente l'imputato fosse in colpa (nonostante non vi sia alcuna certezza sul punto, come già spiegato) non può essere, in ogni caso, affermata la responsabilità penale dell'imputato, mancando una prova certa della dinamica (oggettiva) dei fatti e non potendosi, quindi, procedere al giudizio controfattuale conseguente (al fine di accertare quale altra condotta avrebbe evitato l'evento). Infine, come più volte affermato dalla Suprema Corte, (v. Cass. Sez. IV sent. 19 novembre 2019- 27 gennaio 2020 n. 3200, Pres. M., Rel. B.), ai fini dell'accertamento della responsabilità per fatto colposo, è sempre necessario individuare la regola cautelare, preesistente alla condotta, che ne indica le corrette modalità di svolgimento, non potendo il giudice limitarsi a fare ricorso ai concetti di prudenza, perizia e diligenza senza indicare in concreto quale sia il comportamento doveroso che tali regole cautelari imponevano di adottare. Ed anche di recente (in un caso, peraltro, molto noto alle cronache ed analogo al presente, concernendo, comunque, il tema della c.d. "velocità") la Suprema Corte ha precisato che il giudice deve indicare la regola cautelare violata preesistente al fatto, e quindi quale sia - sulla base della diligenza, prudenza e perizia o in concreto ed "ex ante" il comportamento doveroso prescritto (in applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per omicidio colposo in relazione ai fatti verificatisi nel disastro ferroviario di Viareggio, che aveva ravvisato la colpa degli esponenti della società titolare della gestione della rete nel non avere prescritto la riduzione della velocità nell'attraversamento delle stazioni ferroviarie a quella adeguata ad evitare il rischio di ribaltamento, senza indicare la misura di tale velocità) (v. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 32899 del 08/01/2021) Detto in altri termini, non si può attribuire la responsabilità all'imputato sulla base di un'applicazione apodittica dei limiti al principio di affidamento; il quale - nel tema della responsabilità per sinistri stradali e in riferimento specifico alla regola cautelare rilevante nel caso in questione - comporta che l'obbligo di moderare adeguatamente la velocità, in relazione alle caratteristiche del veicolo ed alle condizioni ambientali, vada inteso nel senso che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione, tenendo altresì conto di eventuali imprudenze altrui, purché ragionevolmente prevedibili (Sez. 4, n. 25552 del 27/04/2017, L., Rv. 270176; Sez. 4, n. 4923 del 20/10/2022, dep.2023, Rv. 284093); elemento, quello della ragionevole prevedibilità, sul quale, su ripete, non vi è stato alcun concreto accertamento (v. anche Cass. sez. IV 50816/23). E, nel caso di specie, come si evince sia dal capo di imputazione sia dall'istruttoria svolta, non è dato sapere quale sia l'effettiva condotta corretta che avrebbe dovuto tenere l'imputato per evitare il danno (non bastando, ovviamente, il richiamo ad una velocità non adeguata allo stato dei luoghi, senza, indicare e dimostrare quale sarebbe stata la velocità conforme ed Idonea ad impedire l'evento). P.Q.M. Visto l'art. 530 c.2 c.p.p., assolve l'imputato Gh.Ma. per non aver commesso il fatto Motivazione contestuale Così deciso in Ferrara il 13 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA Il Tribunale di Ferrara, in composizione monocratica, in persona del giudice dott. Alessandra Martinelli, all'udienza pre-dibbatimentale del 22 gennaio 2024 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA nei confronti di: Ci.Gi., nato a C. (T.) il (...), res.te in F., via U. T., n. 5, elett.te dom.to c/o lo studio del difensore di fiducia Avv. Gi.Pi. del Foro di Ferrara -libero presente- IMPUTATO a) del delitto p. e p. dall' art. 337 c.p. perché, al fine di opporsi al Brig. Ca. Q.Si.Ag. e all'app.to Er.Ca., appartenenti al Comando Compagnia Carabinieri di Ferrara - N.O. e Radiomobile -, mentre stavano compiendo un atto del loro ufficio, consistito nella perquisizione dell'autovettura trg. (...) di sua proprietà, ai sensi dell'art. 4. L. n. 152 del 1975, usava violenza nei loro confronti non ottemperando all'ordine di stare a debita distanza degli operatori di P.G., tra l'altro colpendo con un pugno l'avambraccio destro del BRIG. Si.Ag.. b) del delitto p. e p. dall' art. 4 L. 18 aprile 1975, n. 110, perché, senza giustificato motivo, portava fuori dalla propria abitazione un manganello in metallo, estensibile, a tre elementi telescopici, con sezione alla punta cm. 1,5 e cm. 2,5 al manico, ricoperto di gomma zigrinata con relativo fodero per cintura. Con la recidiva specifica reiterata Del reato di cui: contravvenzione p. e p. l'art. 186 2 comma lettera C), comma 2 bis D.Lgs. n. 285 del 1992 e ss.mm. perché alla guida del veicolo Mercedes 220 tg. (...), in stato di ebbrezza, determinato dall'assunzione di sostanze alcoliche, con tasso alcolemico pari a 1,90 g/l, alla prima prova delle ore 21.09 e 1,95 g/l alla seconda prova delle ore 21.25, accertato mediante alcoltest, nel transitare sulla Via M., con direzione Via P., provocava un incidente stradale e segnatamente, giunto all'intersezione semaforizzata, omettendo di regolare adeguatamente la velocità, impattava contro il cordolo rialzato del bauletto spartitraffico che separa la corsia di percorrenza con l'opposta corsia di marcia e successivamente collideva contro la parte posteriore del veicolo Seat Ibiza tg. (...) che si trovava fermo al semaforo. Con l'intervento del Pubblico Ministero: dott. Re.Si. V.P.O. Del difensore di fiducia: Avv. Gi.Pi. del Foro di Ferrara All'udienza del 08.01.2024 l'imputato personalmente ha chiesto il rito abbreviato. MOTIVI DELLA DECISIONE Con decreto di citazione diretta del 4.03.2023 relativo al proc. pen. n.1649/21 R.g.n.r. - n.461/23 R.G. Dib., G.G. veniva tratto a giudizio per rispondere: "a) del delitto p. e p. dall' art. 337 c.p. perché, al fine di opporsi al Brig. Ca. Qs. Si.Ag. e all'app.to Er.Ca., appartenenti al Comando Compagnia Carabinieri di Ferrara - N.O. e Radiomobile -, mentre stavano compiendo un atto del loro ufficio, consistito nella perquisizione dell'autovettura trg. (...) di sua proprietà, ai sensi dell'art. 4. L. n. 152 del 1975, usava violenza nei loro confronti non ottemperando all'ordine di stare a debita distanza degli operatori di P.G., tra l'altro colpendo con un pugno l'avambraccio destro del BRIG. Si.Ag.. In Ferrara, il 25.04.2021; b) del delitto p. e p. dall' art. 4 L. 18 aprile 1975, n. 110, perché, senza giustificato motivo, portava fuori dalla propria abitazione un manganello in metallo, estensibile, a tre elementi telescopici, con sezione alla punta cm. 1,5 e cm. 2,5 al manico, ricoperto di gomma zigrinata con relativo fodero per cintura. In Ferrara, il 25.04.2021. Con la recidiva specifica e reiterata." (proc. n. 1649/2021 r.g.n.r.) All'udienza predibattimentale del 18.09.2023 veniva concesso il richiesto termine a difesa; rinviata l'udienza del 23.10.2023 per i medesimi incombenti, il 14.12.2023, controllata la regolare costituzione delle parti, il Giudice, visti gli artt.17 c.p.p. e 2 disp. att., disponeva la riunione - al procedimento sopra indicato - del procedimento n. 2375/21 R.g.n.r. - RG DIB n. 669/2023 (di più recente iscrizione), avente ad oggetto la seguente ipotesi di reato, commessa - secondo la prospettazione accusatoria - nello stesso contesto spazio-temporale delle altre ipotesi di reato contestato in capo all'imputato: - Reato di cui all'art. 186, co. 2, lettera c), e comma 2 bis D.Lgs. n. 285 del 1992 e ss.mm. "perché alla guida del veicolo Mercedes 220 tg. (...), in stato di ebbrezza, determinato dall'assunzione di sostanze alcoliche, con tasso alcolemico pari a 1,90 g/l, alla prima prova delle ore 21.09 e 1,95 g/l alla seconda prova delle ore 21.25, accertato mediante alcoltest, nel transitare sulla Via M., con direzione Via P., provocava un incidente stradale e segnatamente, giunto all'intersezione semaforizzata, omettendo di regolare adeguatamente la velocità, impattava contro il cordolo rialzato del bauletto spartitraffico che separa la corsia di percorrenza con l'opposta corsia di marcia e successivamente collideva contro la parte posteriore del veicolo Seat Ibiza tg. (...) che si trovava fermo al semaforo. In Ferrara (FE), il 25/04.2021.". Quindi, stante il mancato consenso del p.m. alla sospensione con messa alla prova dell'imputato, il Giudice rinviava all'udienza del 8.01.2024 per la prosecuzione del procedimento. In tale sede, G.G. personalmente chiedeva la celebrazione del processo nelle forme del rito abbreviato condizionato al proprio esame; il Giudice, dichiarati utilizzabili gli atti contenuti nel fascicolo del p.m., già presente in atti, in ragione del rito scelto, ammetteva l'istanza al fine di procedere alla celebrazione del processo nella forma richiesta e disponeva procedersi all'esame dell'imputato. All'esito, esaurita la discussione delle parti, si rinviava per repliche ed eventuali produzioni documentali al 22.01.2024; in tale sede, ammessa la produzione documentale della difesa, con riguardo alla quale il P.M. nulla opponeva, il Giudice - previo ritiro in camera di consiglio - dava lettura integrale del dispositivo di sentenza, con riserva di giorni 30 per il deposito della motivazione. Sulla scorta delle risultanze orali e documentali acquisite in ragione del rito prescelto dall'imputato, rispetto alle quali non sono rilevabili patologie che ne inficino l'utilizzabilità, i fatti all'origine del presente procedimento possono essere ricostruiti nei seguenti termini. Il 25.04.2021, alle ore 20.22, una pattuglia di Agenti in servizio presso il Corpo Polizia municipale Terre Estensi veniva inviata, dalla centrale operativa, all'altezza dell'incrocio tra viale M. e via P. per il rilievo di un incidente. Giunti in loco, gli operanti constatavano che G.G. - alla guida di una Mercedes "CLA 220" di colore bianco, targata (...), risultato da accertamenti in loco, privo di patente di guida in quanto revocatagli il 24.07.2015 con Provv. Min. Int. 3551 del 2011. PAT - aveva cagionato il tamponamento della vettura SEAT IBIZA targata (...), condotta da P.P.. In particolare, all'esito degli accertamenti svolti e in base alle dichiarazioni rese dall'altro conducente, gli agenti ricostruivano la dinamica dello scontro. Segnatamente è risultato acclarato che G., nel transitare sulla Via M., con direzione Via P., giunto all'intersezione semaforizzata, omettendo di regolare adeguatamente la velocità, impattava contro il cordolo rialzato del bauletto spartitraffico che separa la corsia di percorrenza con l'opposta corsia di marcia e, nella fase immediatamente successiva, collideva contro la parte posteriore del veicolo Seat Ibiza - condotta dal predetto P. - che si trovava fermo al semaforo. G. - che manifestava evidenti sintomi riconducibili all'assunzione di sostanze alcoliche, quali alito vinoso, loquacità eccessiva, andatura barcollante, reazioni inconsulte e notevoli sbalzi di umore - veniva sottoposto alle ore 21.09 alla I prova con etilometro - modello alcoltest 7110 MKIII, matricola (...) - che restituiva esito positiva poiché veniva rilevato il seguente dato: 1.90 g/l.. A quel punto, l'uomo si avvicinava alla sua vettura e dalla portiera del lato del conducente, con la mano destra, prelevava un oggetto di colore nero, verosimilmente un manganello telescopico, nascondendolo poi dietro alla schiena, al contempo minacciando che avrebbe "steso tutti" e che "sapeva anche usare le mani". Allarmati dall'accaduto, gli operanti richiedevano il tempestivo intervento di una pattuglia dei Carabinieri, mentre riuscivano a riportare alla calma il G.. I militari, che li raggiungevano verso le ore 21.20, eseguivano una perquisizione personale, poi estesa al veicolo ai sensi dell'art.4 L. n. 152 del 1975, che rendeva esito positivo, in quanto nel vano anteriore sinistro veniva rinvenuto, tra il sedile e la pedaliera, un manganello in metallo estensibile, con manico in gomma zigrinato, lungo complessivamente 53 cm, di sezione 1,5 cm di punta e 2,5 di manico, poi sottoposto a sequestro insieme al fodero. Alle 21,25 G. effettuava una seconda prova etilometrica, con esito 1,95 g/l; quindi, già adirato, si innervosiva ancora di più nei confronti dell'altro autista e assumeva un comportamento aggressivo e violento anche nei confronti dei Carabinieri, che cercavano di trattenerlo, intanto che il prevenuto urlava al loro indirizzo, contestualmente spingendoli. A quel punto, il capo equipaggio, Brigadiere Capo. Q.S. A., che si era interposto tra i due autisti per evitare lo scontro, alzando il braccio in segnale di ALT, in tutta risposta veniva colpito, all'altezza dell'avambraccio sinistro, da G.G. con pugno vibrato con la mano destra, ed era costretto ad utilizzare lo spray al peperoncino in dotazione per difendersi. Dopo la decontaminazione con apposito liquido, il prevenuto - poi raggiunto da persona di fiducia, tale B.T. - veniva condotto presso gli uffici della C. di via del C., per la compiuta identificazione e la stesura dei rimanenti atti e, invitato a indicare un difensore di fiducia, non ne richiedeva l'assistenza durante le operazioni. Si rileva che in ordine ai fatti in contestazione, G.G., nel corso dell'esame, sostanzialmente ammetteva la propria responsabilità, spiegando di aver ricevuto - nel tardo pomeriggio del 25.04.2021 - una telefonata dalla sua amica intima B.T. che non si sentiva bene (essendo solita soffrire di coliche renali). Pur consapevole di non potersi mettere alla guida, sia in quanto la patente gli era stata revocata sia per aver bevuto sostanze alcoliche a pranzo, preso dalla concitazione del momento, decideva di raggiungerla a bordo dell'auto Mercedes CLA 220 targata (...) - formalmente intestata a lui ma sostanzialmente in uso esclusivo ai suoi genitori - e si dirigeva dalla sua abitazione, posta in via U. T., verso la casa dell'amica a Pontelagoscuro; giunto all'incrocio tra via M. e via P., l'auto, nonostante avesse frenato, scivolava e si scontrava con la vettura davanti, ferma al semaforo. Sceso per appurare che l'altro conducente non fosse ferito, visto che nessuno aveva riportato danni, proponeva di procedere alla constatazione amichevole; poiché l'altro uomo rifiutava, dopo poco erano raggiunti dalla polizia municipale che procedeva alle verifiche del caso. Anche se era piuttosto adirato nei confronti dell'altro conducente, che non aveva acconsentito alla constatazione amichevole, si sottoponeva a tutti gli accertamenti necessari nonché alla perquisizione, consegnando spontaneamente il manganello che gli operanti non avevano notato perché era posizionato in un punto nascosto. Peraltro, quanto a tale oggetto, precisava di non ricordare nemmeno di averlo lasciato all'interno dell'auto, poiché lo aveva comprato tra il 2018 e il 2019 e visto che da quando gli era stata ritirata la patente non usava più la macchina, che utilizzavano soltanto i suoi genitori quando andavano a trovarlo. Riferiva che, nella concitazione del momento, mentre tentava di avvicinarsi all'altro conducente per parlargli, gesticolava molto e probabilmente era in tale contesto che aveva urtato involontariamente il Brig. A. il quale, fraintendendo il suo gesto, scambiandolo per un pugno, aveva reagito sparandogli lo spray. Dopo averlo aiutato a riprendersi dall'effetto urticante, gli operanti lo portavano in Caserma, senza che tuttavia G. ne comprendesse la ragione, visto che non li aveva minimante colpiti. Ebbene, sulla base delle risultanze probatorie dal complessivo compendio contenuto nel fascicolo di indagine, deve ritenersi che la fattispecie criminosa contestata sub capo a) dell'imputazione di cui al proc. n. 1649/2021 r.g.n.r. - proc. n. 461/23 R.G. Dib. (procedimento portante) non sia stata integrata. Ed infatti, pur ritenendo acclarato il comportamento aggressivo dell'imputato, è risultato parimenti accertato che tale condotta era posta in essere nei confronti degli operanti - ed in particolare del Brig. Ca. QS S. - quando l'attività del loro ufficio, in particolare la perquisizione veicolare, era già stata compiuta. Deve, infatti, porsi in rilievo che il pugno all'avambraccio destro del Brig. A. risulta essere stato inferto in un momento successivo alla predetta perquisizione, e dunque una volta esaurita l'attività di servizio degli agenti, così che la condotta dell'odierno imputato non è stata idonea a costituire un impedimento concreto per l'esercizio del pubblico ufficio, come invece richiesto ai fini dell'integrazione della fattispecie contestata. A tale conclusione si perviene anche valorizzando le dichiarazioni rese in proposito dal G., il quale spiegava, secondo una versione verosimile e credibile, di aver urtato per errore il militare poiché, preso dall'agitazione del momento, gesticolava molto mentre parlava (in un atteggiamento che è parso caratterizzare il suo modo di esprimersi, come si è potuto notare nel corso dell'esame reso in udienza). Le pregresse considerazioni fondano pertanto la pronuncia assolutoria per insussistenza del fatto con riguardo al reato contestato sub capo a) dell'imputazione di cui al proc. n. 1649/2021 r.g.n.r. Risultano viceversa integrate entrambe le contravvenzioni contestate in capo all'imputato. Quanto al reato di cui all'art. 186, co. 2, lettera c), comma 2 bis D.Lgs. n. 285 del 1992 e ss., non sovvengono dubbi in ordine al fatto che G. si trovasse alla guida del veicolo Mercedes 220 tg. (...), in stato di ebbrezza (con tasso alcolemico pari a 1,90 g/l, alla prima prova delle ore 21.09 e 1,95 g/l alla seconda prova delle ore 21.25) e che in tali condizioni di alterazione, nel transitare sulla Via M., con direzione Via P., G.G., abbia provocato un incidente stradale perché, omettendo di regolare adeguatamente la velocità, collideva contro la parte posteriore del veicolo Seat Ibiza tg. (...) che si trovava fermo al semaforo. Si osserva in particolare che l'elemento soggettivo del reato, punito anche a titolo di colpa, assurge in questo caso a dolo generico perché, come emerso dal compendio probatorio acquisito, l'odierno imputato si poneva alla guida dell'autovettura già deliberatamente in stato di ebbrezza e non per mera negligenza ed imprudenza. Deve ritenersi altresì integrato il reato punito all' art. 4 L. 18 aprile 1975, n. 110, da ricondursi all'ipotesi lieve di cui al comma terzo, per avere l'imputato, senza giustificato motivo, portato fuori dalla propria abitazione un manganello in metallo, estensibile, a tre elementi telescopici, con sezione alla punta cm. 1,5 e cm. 2,5 al manico, ricoperto di gomma zigrinata con relativo fodero per cintura, che vale a integrare il concetto di arma ai fini e per gli effetti della L. n. 110 del 1975. La condotta punita da tale fattispecie contravvenzionale assume rilevanza in sede penale ancorché accompagnata dal mero atteggiamento colposo, come nel caso di specie, dovendosi ritenere che per mera colpa originata da imprudenza l'imputato detenesse all'interno dell'auto l'arma suddetta. Si osserva poi, che l'eterogeneità dell'elemento soggettivo tra le due fattispecie contravvenzionali accertate in tale sede porta ad escludere l'applicazione, in questa sede, del regime premiale della continuazione ex art. 81 cpv. c.p.; si osserva, infatti, che la continuazione può essere ravvisata tra contravvenzioni solo se l'elemento soggettivo ad esse comune sia il dolo e non la colpa, atteso che la richiesta unicità del disegno criminoso è di natura intellettiva, e consiste nella ideazione contemporanea di più azioni antigiuridiche programmate nelle loro linee essenziali. Nondimeno, si ritiene di poter concedere le circostanze attenuanti ex art. 62 bis c.p. in considerazione del positivo comportamento processuale dell'imputato, il quale, sostanzialmente ammettendo la propria responsabilità, ha mostrato segni di resipiscenza, ponendosi a disposizione dell'Autorità Giudiziaria sottoponendosi ad esame nel rispetto del contraddittorio. Acclarata, quindi, la penale responsabilità di G.G. in ordine alle due contravvenzioni di cui sopra, e venendo ora al trattamento sanzionatorio, esclusa la contestata recidiva - non essendo i fatti in sè espressivi di una maggiore pericolosità sociale del prevenuto -e applicate le circostanze attenuanti generiche, si perviene alle pene finali così determinate: - quanto al reato contestato al capo b) di cui al proc. n. 1649/2021 r.g.n.r. - N. 461/23 R.G. Dib. - Euro 400,00 di ammenda (pena base Euro1.200 di multa, ridotta per le generiche a Euro800, ulteriormente ridotta a Euro400, applicata la riduzione di 1/3 per la scelta del rito); - per il reato ascritto al capo unico di cui al proc. n. 2375/2021 r.g.n.r. - n. 669/23 R.G. Dib.) mesi 3 di arresto ed Euro 700,00 di ammenda (pena base 9 mesi di arresto ed Euro 2.100 di ammenda, ridotti per il rito a mesi sei ed Euro 1.200 di ammenda e, applicate le generiche, a mesi 3 di arresto ed Euro 700,00 di ammenda). Alle condanne di cui sopra, segue ex lege la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali; ne segue altresì la confisca del mezzo - Mercedes CLA 220, targata (...) - condotto dall'imputato al momento dell'accertata contravvenzione stradale nonché la confisca e la distruzione dell'arma sequestrata. Si precisa, quanto alla confisca del mezzo con cui è stato commesso il reato, che a tale conclusione si perviene in ragione dell'accertata proprietà del veicolo, non potendosi ritenere la stessa di appartenenza a persona estranea - segnatamente del padre dell'imputato, come dedotto da quest'ultimo - poiché dagli atti acquisiti emerge come questa fosse formalmente intestata a G.G. e allo stesso in uso, circostanza invero non sconfessata dalla documentazione prodotta dalla difesa. A questo proposito si osserva infatti che nessun rilievo può assumere la scrittura privata redatta da G.D., padre dell'odierno imputato, al fine di dimostrare di essere il reale proprietario del veicolo per aver concretamente corrisposto il denaro dovuto per il suo acquisto- e in particolare Euro4.150 con bonifico del 4.09.2018 e Euro 10.000 mediante bonifico effettuato il 31.01.2019- atteso che non vi è alcuna traccia dell'effettiva corresponsione dell'ulteriore somma di Euro6.000, a suo dire consegnata in contanti al figlio il 5.02.2019, giorno della stipula della compravendita, né del fatto che le somme versate siano state effettivamente utilizzate per acquistare il veicolo in questione. Peraltro, anche a voler ammettere che l'auto sia stata comprata con denaro di C.D., una tale operazione potrebbe al più integrare un'ipotesi di donazione indiretta - nemmeno di intestazione fittizia dell'autovettura, posto che lo stesso ha dichiarato di averla intestata al figlio per non sostenere ulteriori costi legati alla formalizzazione del passaggio di proprietà, che sarebbe intervenuto una volta che questi avesse conseguito la patente, così manifestando la propria volontà di destinarla effettivamente a G. - che non fa venire meno, ma anzi conferma, il nesso di appartenenza del mezzo al reo, presupposto necessario al fine di disporne la confisca. Infine In caso di mancata impugnazione, la Cancelleria provvedere a sottoporre immediatamente la presente sentenza al giudice dell'esecuzione al momento del suo passaggio in giudicato per l'applicazione della riduzione prevista dall'art. 442 comma 2 bis c.p.p.. P.Q.M. Visti gli artt.438 e ss., 530 c.p.p.: ASSOLVE l'imputato dal reato a lui ascritto al capo a) dell'imputazione di cui al proc. n. 1649/2021 r.g.n.r., perché il fatto non sussiste. Visti gli artt. 438 e ss., 533 e 535 c.p.p.: DICHIARA l'imputato responsabile del reato a lui ascritto al capo b) di cui al proc. n. 1649/2021 r.g.n.r. e, ritenuta l'ipotesi lieve di cui all'art.4, comma 3, L. n. 110 del 1975 e succ. mod., disapplicata la recidiva e ritenute sussistenti le attenuanti generiche ex art.62 bis c.p., avuto riguardo alla riduzione per la scelta del rito, lo condanna alla pena di 400,00 di ammenda, oltre alle spese processuali. Dispone la confisca e la distruzione di quanto in sequestro. DICHIARA l'imputato responsabile del reato a lui ascritto al capo unico di cui al proc. n. 2375/2021 r.g.n.r. ed, esclusa la contestata aggravante, disapplicata la recidiva e ritenute sussistenti le attenuanti generiche ex art.62 bis c.p., lo condanna, avuto riguardo alla riduzione per la scelta del rito, alla pena di mesi 3 di arresto ed Euro 700,00 di ammenda, oltre alle spese processuali ed alla confisca del mezzo con cui è stato commesso il reato. Visto l'art. 535 c.p.p.: Condanna l'imputato al pagamento delle spese processuali. Visto l'art.544, comma III, c.p.p.: INDICA in giorni 30 il termine per il deposito della motivazione. Manda alla cancelleria perché, in caso di mancata impugnazione, sottoponga immediatamente la presente sentenza al giudice dell'esecuzione al momento del suo passaggio in giudicato per l'applicazione della riduzione prevista dall'art. 442 comma 2 bis c.p.p. Così deciso in Ferrara il 22 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Ordinario di Ferrara - Sezione Civile in persona della dottoressa Maria Marta Cristoni in funzione di Giudice Unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa di primo grado iscritta al n. 1617 del Ruolo Generale degli affari contenziosi per l'anno 2022 promossa da Ke.Ve. in proprio e in qualità di esercente della potestà genitoriale del minore Si.Da., rappresentati e difesi dall'Avvocato FR.AN. attori contro Au. SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocato CO.MA. convenuto FATTO E DIRITTO Ke.Ve., in proprio e in qualità di esercente della potestà genitoriale del minore sig. Si.Da., ha convenuto in giudizio Au. spa chiedendo l'accoglimento delle seguenti conclusioni: "accertare e dichiarare tenuta la convenuta, Au. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, per i motivi meglio specificati in premessa, ex art. 2043 - 2051 e ssgg. c.c., e, conseguentemente, condannare la convenuta, in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento di tutti i danni meglio specificati in narrativa della presente citazione, in favore di parte attrice nella misura di Euro 480.393,99 o di quella maggiore o minore somma che sarà accertata in corso di causa e/o ritenuta di giustizia, oltre gli interessi legali dal giorno del sinistro sino al saldo e la rivalutazione monetaria. In ogni caso, con vittoria di spese, competente e onorari, anche della fase stragiudiziale della controversia.". A fondamento della domanda di risarcimento del danno per la morte del congiunto, l'attrice ha dedotto quanto segue: - in data 19/01/2021, alle ore 10:50, il sig. An.Ma., marito dell'attrice, percorreva il tratto autostrada A13 Bologna Padova KM 29+900 SUD Poggio Renatico, alla guida del veicolo, tipo autocarro, targato (...), mod. Jumper - marca C.; - il veicolo condotto dal sig. M. tamponava il veicolo, tipo trattore stradale, tg. (...), Mod (...), marca Volvo, dotato di rimorchio, immatricolato il 16/05/2012 (doc. 2-3) e a seguito del l'urto decedeva il sig. An.Ma. (doc. 1); - tale sinistro mortale è stato causato dalla condotta omissiva della società Au. s.p.a., la quale, ex art. 2051 c.c., nella sua qualità di ente gestore della strada ha obblighi di manutenzione e di sicurezza, che sono stati omessi e che pertanto è responsabile dei danni causati; - la condotta omissiva dell'ente gestore dell'A 13 consiste: a) Nell'aver segnalato solamente il primo sinistro avvenuto il 19/01/2021 alle 10.30 al km 26.150, mentre al contrario il secondo e il terzo sinistro non erano segnalati, come risulta dagli allegati cartelli elettronici a messaggistica variabile (doc. 4), condotta tale da rendere ignaro An.Ma. che a 4 km circa prima del sinistro segnalato e cioè al km 29.9, luogo del sinistro in oggetto, avrebbe incontrato code dovute a tre sinistri stradali già accaduti; infatti alle 10.31.34 il sistema acquisì la comunicazione "attenzione incidente al km 26", ed alle ore 1 ulteriore comunicazione "coda per incidente al km 26"; nessun'altra comunicazione in aggiornamento informava sulla lunghezza della coda, quindi sul possibile punto ove si sarebbe potuta incontrare, mentre già alle ore 10.50 l'impatto avvenne al km 29+900, quindi ben 4 km prima del punto oggetto di comunicazione (vedi pag. 14 doc. 23); b) Nel non aver segnalato la coda in alcun modo, né con appositi cartelli stradali o con veicolo da parte degli ausiliari del traffico; c) Nell'aver ritardato la chiusura del tratto stradale, essendo questo avvenuto solo alle ore 16.30 del 19/01/21, protrattosi poi fino alle ore 7.00 circa del 20/01/21, ben oltre il tempo necessario per rimuovere i 10 sinistri accaduti quel giorno, infatti come emerge dai report della Polizia Stradale, prima delle ore 19 i veicoli presenti in autostrada sono condotti fuori, e quindi l'autostrada è libera, ma la soc. A. decise ugualmente di lasciare chiuso al traffico il tratto fino al mattino successivo, del 20 gennaio 2021, in attesa che si dissolvesse la nebbia ed il gelo (pag. 17-18 del doc. 23), circostanze confermate dalla PEC del 16/06/22 inviata dalla Polizia Stradale sottosezione di A. al CTP Ing. Moro Enrico (doc. 27); d) Nell'esser consapevole delle pessime condizioni meteorologiche, nebbia fitta con visibilità inferiore a m. 80 segnalata fin dalle 1.30 circa del 19 gennaio 2021, temperatura esterna alle ore 10.30 inferiore allo zero, più precisamente -2,7 (vedi pag. 8 doc. 23 - doc 28), condizioni climatiche favorevoli alla formazione di ghiaccio sulle superfici asfaltate sin dalle ore notturne (vedi pag. 8 doc. 23), che l'hanno tardivamente indotta di chiudere l'autostrada, essendo avvenuti nel frattempo ben 10 sinistri stradali, che hanno coinvolto 27 mezzi di cui 13 autocarri, causando la tragica morte di due persone e lesioni personali ad altre 13 persone; appare infatti statisticamente poco probabile un fenomeno di sonnolenza o distrazione o di eccessiva velocità che sia attribuibile contemporaneamente (nelle stesse ore e nello stesso tratto autostradale) a ben dieci autisti diversi!; e) Nell'aver negligentemente ritardato l'utilizzo di mezzi spargisale solo verso le ore 9.30 del 19 gennaio 2021, quando le temperature erano decisamente sotto lo zero già dalla notte precedente del 18 gennaio 2021 (vedi pag. 8 doc. 23 - doc. 28); da dati di letteratura, infatti, la stesa del sale dopo che si è già verificato il fenomeno del gelo comporta la scarsa efficacia del sale, che necessita di tempi molto lunghi per sciogliere il ghiaccio, o di quantitativi molto ingenti: circa 4 volte la quantità che sarebbe sufficiente, se stesa prima che si crei lo strato di ghiaccio, per prevenirne la formazione. Conseguentemente la superficie dell'asfalto si presentava ghiacciata, con formazione di strato di ghiaccio liscio che da una parte impedisce l'aderenza fra le superfici, dall'altra ha annullato l'effetto frenante, infatti dal verbale dello stato dei luoghi redatto dalla polizia stradale non emerge traccia di frenata del veicolo condotto dall'attore; f) dai dati meteo (vedi doc. 28) le condizioni di sicurezza, con gravi difficoltà dovute a nebbia e gelo, si sono mantenute le medesime per tutta la giornata del sinistro in oggetto, dalle prime ore del mattino del giorno 19/01/21 fino alle prime ore del giorno successivo, 20/01/21, pertanto la soc. A., che gestisce il tratto autostradale in cui tutti gli incidenti si sono verificati, avrebbe dovuto provvedere tempestivamente (già dalle prime ore del giorno 19/01/21) alla chiusura al traffico del tratto in oggetto, colpevolmente effettuata in ritardo soltanto alle ore 16:30 del 19/01/21 fino alle ore 7:00 circa del 20/01/21, tardiva in quanto già gli incidenti si erano verificati (vedi conclusioni del CTP pagina 18-19 doc. 23). Si è costituita A. chiedendo il rigetto delle domande di parte attrice, rilevando l'assenza di responsabilità in capo alla convenuta per l'incidente mortale occorso al sig. M., conducente dell'autocarro targato (...), eccependo in particolare che il sinistro si è verificato per esclusiva responsabilità di quest'ultimo. In tesi di parte convenuta il de cuius avrebbe infatti tamponato a fortissima velocità l'autoarticolato che si trovava davanti a lui sulla corsia di marcia, fermo e con le quattro frecce di segnalazione accese a causa del traffico bloccato, perdendo la vita in conseguenza del violento urto. Egli non avrebbe adeguato la velocità alle condizioni della strada e, contrariamente al conducente del veicolo che lo precedeva, che ha invece arrestato tempestivamente il veicolo incolonnandosi agli altri utenti della strada fermi in coda, ha causato l'incidente. Al momento del sinistro la visibilità era ridotta a circa 80 metri, a causa della nebbia (come da informativa Polizia Stradale A.), e pertanto la velocità massima consentita era di 50 km/h (cfr. art. 142 Cod. Strada e Dir.Min. n. 335 del 16 febbraio 1993), a fronte degli 80 km/h mantenuti dal sig. M. che non ha adeguato la propria velocità alle condizioni di scarsa visibilità e congestione del traffico. La convenuta ha inoltre eccepito il fatto che la presenza di coda per incidente era stata adeguatamente segnalata da Au. tramite i pannelli luminosi contenenti tale avviso, né incombeva un obbligo sull'ente gestore di chiudere il tratto stradale in presenza di condizioni meteorologiche avverse. La convenuta ha contestato infine il fatto che fosse presente ghiaccio sul tratto di strada in questione al momento dell'incidente. Ciò premesso, occorre rilevare che, secondo l'orientamento ormai consolidato della Cassazione, "La responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, rappresentato da un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode. (Cass., Sez. Unite, ordinanza n. 20943 del 30 giugno 2022). E' stato inoltre chiarito che sull'utente della strada incombe in particolare il dovere di ragionevole cautela: "la responsabilità del custode si arresta di fronte al dovere di ragionevole cautela di chi usa la cosa, specie se si tratti di bene demaniale (Cass. Sez. 6-3, ord. 3 aprile 2019, n. 9315, Rv. 653609-01). In tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., è dunque onere del danneggiato provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e, ove la prima sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, dimostrare, altresì, che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del secondo, nonché di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l'ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato (Cass. ordinanza n. 11526 del 11 maggio 2017). Sul punto, in particolare, è stato rilevato che: "L'assenza di una intellegibile segnaletica stradale, laddove la circolazione possa comunque avvenire senza inconvenienti anche in mancanza di essa, rivelandosi sufficienti a regolarla le norme del codice della strada, non può ritenersi causa degli eventuali incidenti occorsi, e, quindi, non determina alcuna responsabilità dell'ente custode della strada quanto al loro verificarsi." (Cass. civ. n. 10520/2017). La condotta colposa del danneggiato spezza dunque ogni nesso causale tra la res e l'ente gestore, e pertanto integra il caso fortuito che esclude la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. (tra le tante, Cass. Civ. n. 2071/2022: "Nella nozione di caso fortuito rientra il concorso colposo del danneggiato, con la conseguenza che la cosiddetta prova liberatoria può essere fornita tramite la dimostrazione della colpa del danneggiato, laddove il suo comportamento ha rilevanza causale ed incidenza sulla determinazione del danno"). In applicazione degli anzidetti principi, nel caso di specie, a fronte della puntuale ricostruzione del sinistro operata dal CTU sulla scorta della documentazione versata in atti, nonché alla luce delle prove testimoniali assunte, è emerso che il sinistro è stato provocato, in via esclusiva, dal conducente dell'autocarro, il quale, viaggiava a velocità sostenuta, superiore al limite di velocità imposto a fronte delle scarsa visibilità (nebbia) e pur in presenza di traffico e segnalazioni di incidente stradale. L'incaricato CTU ha infatti rilevato quanto segue: "..il giorno 19/01/21 alle ore 10:45, l'autocarro condotto dal sig. M., percorreva la carreggiata sud dell'autostrada A.B.P., mentre sul luogo gravava una fitta nebbia, con visibilità ridotta a circa 80 metri. Giunto in prossimità del km 30, con andatura non minore di 70 km/h, non percependo tempestivamente il forte rallentamento di un veicolo commerciale Volvo che lo precedeva in corsia di marcia, tentava di sterzare alla propria destra senza riuscire ad evitare il tamponamento, che si concretizzava, a velocità relativa sostenuta, fra la zona angolare sinistra dell'avantreno del C. e lo spigolo posteriore destro del Volvo. A seguito dell'urto, il C., destabilizzato dall'impulso subito, deviava marcatamente alla propria destra e discendeva lo scosceso argine alla destra della carreggiata arrestandosi a circa 7,5 metri dalla regione di impatto. Il conducente del C. a seguito della violenza dell'impatto e dei violenti scossoni nell'uscita di strada, riportava lesioni tali da determinarne il decesso. L'evento principalmente per le omissioni e la scarsa cautela del conducente dell'autocarro, che in spregio alle condizioni meteo climatiche, procedeva a valori cinetici sicuramente inadeguati alle condizioni atmosferiche del momento, non mantenendo la distanza di sicurezza dal veicolo precedente. Una guida più attenta e consapevole avrebbe consentito l'arresto del C. all'interno della carreggiata o, quanto meno, ridotto notevolmente l'entità dell'energia dissipata nell'impatto, aumentando in misura sensibile le possibilità di sopravvivenza della vittima.". Il CTU ha poi ipotizzato la dedotta presenza di ghiaccio sulla strada al momento del sinistro, a fronte della temperatura rigida; tuttavia, tale circostanza non ha trovato alcun tipo di riscontro all'esito dell'istruttoria orale e documentale (v. doc. 1 convenuta). La Polizia stradale ha riscontrato infatti la presenza di strada bagnata, priva dunque di ghiaccio, e in buone condizioni di manutenzione; nonché la presenza di rallentamenti per incidenti. Il teste M.M., escusso all'udienza del 23.3.2023 ha sul punto confermato tale circostanza riferendo quanto segue: ricordo l'evento, giunsi sul luogo del sinistro all'incirca alle 11,00 del mattino; ho potuto constatare personalmente che il manto stradale era bagnato a causa della nebbia e umidità presenti e di una lieve pioggia mattutina ad intermittenza che a quell'ora era cessata; ADR: il manto stradale non era ghiacciato ma era molto freddo e ricordo che è stato redatto un verbale; la visibilità era circa di 80 metri ed era dunque necessaria una segnalazione di scarsa visibilità che ricordo ci fosse; quella mattina ci sono stati 11 incidenti in entrambe le carreggiate a diverse chilometriche dalle 10 a 12,30 e l'autostrada era bloccata a causa degli incidenti. In ordine poi alla dedotta carenza di segnaletica, il CTU ha poi rilevato che: ""pur in assenza di elementi oggettivi, non è possibile negare che la segnalazione tempestiva di un incidente avvenuto alle ore 10:20 al km 27+150, dunque 2,75 km a valle del sinistro in oggetto avrebbe potuto indurre la vittima ad attenzione maggiore di quella richiesta per un incidente avvenuto 3,9 km a valle della zona d'impatto una ulteriore segnalazione avrebbe potuto sollecitare il guidatore a prestare maggiore attenzione e a moderare la velocità..". A fronte di tale rilievo il CTU ha infine concluso come segue: "Il tamponamento si concretizzò a causa di una velocità inadeguata al contesto ambientale. La società ha segnalato alle ore 10:31 l'incidente (avvenuto ad ora sconosciuta) al km 26 e alle ore 10:35 sul PMV è apparsa la scritta "coda per incidente al km 26" mentre non é stato segnalato tempestivamente l'incidente mortale tra due TIR avvenuto alle ore 10:20 al km 27+150, dunque più vicino al punto del sinistro. Il conducente del veicolo tamponante non ha tenuto una andatura diligente rispetto alle condizioni meteo (nebbia) e asfalto bagnato. La società convenuta indicando l'incidente e relativa coda al km 26 potrebbe aver indotto la vittima a procedere in sicurezza quando distava 3,9 km dal sinistro avvenuto al km 29+900 forse la segnalazione del sinistro mortale avvenuto al km 27+170 Firmato Da: InfoCamere Qualified Electronic Signature CA Emesso Da: InfoCamere Qualified Electronic Signature CA Serial: 1 - Firmato Da: RENDINE FRANCESCO Emesso Da: InfoCamere Qualified Electronic Signature CA Serial: (...) avrebbe potuto indurre la vittima ad attivarsi per una maggiore attenzione. Il conducente del veicolo tamponante con una condotta diligente ed esigibile avrebbe avuto ampie possibilità di scongiurare l'evento, al contempo è possibile che una diligente ed esigibile opera della convenuta avrebbe potuto indurre nella vittima quella maggior attenzione per scongiurare l'evento, è inoltre pacifico che qualora la società A. avesse preventivamente chiuso l'arteria si sarebbe evitato l'evento in parola..". Il CTU, a ben vedere, non riscontra, secondo il principio del più probabile che non, un concreto pericolo nelle condizioni della strada e dunque un effettivo rilievo causale dello stato del tratto autostradale nella dinamica del sinistro, ma formula mere ipotesi rimaste prive di adeguato riscontro all'esito dell'istruttoria orale e documentale. La presenza di coda per incidente era stata infatti adeguatamente segnalata da Au. tramite i pannelli luminosi contenenti tale avviso (come emerge dalla informativa della Polizia Stradale in atti, in cui viene attribuita la responsabilità dell'evento al solo sig. M., il quale "per negligenza, imprudenza ed imperizia nell'osservanza delle norme che regolano la circolazione stradale in violazione degli artt. 140, 141 e 149 Cod. Strada, non considerando le informazioni recepite lungo l'itinerario, procedeva non mantenendo una adeguata distanza di sicurezza dal veicolo che lo precedeva, ed a causa di ciò ne derivava il tragico evento" - doc. 1, pag. 10 convenuta). In tesi di parte attrice la segnaletica non indicava tuttavia l'esatta lunghezza della coda ed il conducente avrebbe potuto quindi prevedere solamente un congestionamento dovuto al primo incidente, ovvero quello al km 26.150 e non il congestionamento derivante dai successivi 2 sinistri stradali avvenuti chilometri prima del sinistro per cui è causa. Sul punto si osserva che, in presenza di un incidente, adeguatamente segnalato tramite la cartellonistica luminosa, e in presenza delle condizioni meteorologiche di scarsa visibilità, era ampiamente prevedibile il congestionamento del traffico ed era doveroso, per l'utente della strada, rallentare e adeguare la velocità alle condizioni di traffico e di scarsa visibilità. Il CTU ha infatti precisato che la condotta esigibile e diligente del conducente avrebbe scongiurato il sinistro o, quantomeno, l'evento morte. La possibile presenza di ghiaccio su strada (priva di riscontro) ovvero la mancata segnalazione di ulteriori incidenti, non hanno avuto alcun rilevo causale nel caso di specie in cui l'utente della strada pacificamente preallertato di un incidente e non in grado di percepire adeguatamente le vetture che lo precedevano a fornte della forte nebbia ha mantenuto volontariamente una andatura sostenuta che, purtroppo, gli ha impedito di frenare in tempo schiantandosi contro il veicolo fermo in colonna. L'efficienza causale esclusiva della condotta del M. e l'assenza di pericolosità intrinseca della strada (in buone condizioni di manutenzione e con le segnalazioni luminose di incidente accese), sono suffragate in pieno dal fatto che il veicolo che precedeva il sig. M., nelle medesime condizioni di strada e di tempo, ha mantenuto la distanza di sicurezza dagli altri veicoli ed ha arrestato il proprio mezzo in piena sicurezza, segnalando peraltro al veicolo tamponante, con le quattro frecce, la presenza di coda per incidente. All'esito della espletata istruttoria è emerso dunque che il comportamento negligente e disattento del conducente del veicolo tamponante è stata la causa esclusiva dell'evento-morte dal medesimo subito, tale da elidere il nesso di causa tra la cosa in custodia e l'evento dannoso ex art. 2051 c.c.. Non sono in ogni caso emersi sufficienti elementi di prova in giudizio in ordine alla concreta pericolosità del tratto di strada in questione e del nesso di causa tra il bene in custodia e l'evento dannoso. Le spese di lite sono regolate dal principio generale della soccombenza e sono quindi poste a carico di parte attrice. Il compenso spettante al CTU liquidato in corso di causa può porsi invece a carico di entrambe le parti nella misura del 50% ciascuna. P.Q.M. definitivamente decidendo sulla causa N.R.G. 1617/2022, ogni diversa domanda ed eccezione disattesa e respinta: 1. respinge le domande di parte attrice; 2. condanna parte attrice a rifondere alla convenuta le spese di lite, che liquida in complessivi Euro 5431,00 a titolo di compenso professionale, oltre spese forfettarie ed accessori di legge; 3. pone definitivamente a carico di entrambe le parti il compenso liquidato in corso di causa al CTU, nella misura del 50% ciascuno. Così deciso in Ferrara il 9 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 9 febbraio 2024.

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