Sentenze recenti Tribunale Firenze

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Quarta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1126 del 2023, proposto da Vi. Br. e Gr. Ro., rappresentati e difesi dagli avvocati Or. Cu. e Mo. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'Avvocato Or. Cu. in Firenze, (...); contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fr. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in (...), largo (...); per l'annullamento del Decreto motivato di occupazione di urgenza del Comune di (omissis), Area Tecnica, a firma del Responsabile pro-tempore, Dr. Fa. Al., numero 1 del 25 gennaio 2023, notificato in data 3 febbraio 2023 (AG 78772644938-2 e AG 78772644931-4, emesso ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 22-bis del DPR numero 327 del 2001; nonché di tutti gli atti presupposti, connessi, conseguenti, ancorché incogniti, comprese le Delibere di approvazione del progetto della Giunta del Comune di (omissis) n. 123 del 17 novembre 2022 e n. 124 del 29 novembre 2022 e il silenzio sulla richiesta di annullamento in autotutela, con conseguente inefficacia del Verbale di immissione in possesso del 9 febbraio 2023. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2024 il dott. Giovanni Ricchiuto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO I Sig. Vi. Br. e Gr. Ro. hanno impugnato con ricorso straordinario al Presidente della repubblica il decreto di occupazione di urgenza n. 1 del 25 gennaio 2023, emesso del Comune di (omissis), ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 22 bis del DPR n. 327/2001, nonché le precedenti delibere di approvazione del progetto della Giunta del Comune di (omissis) n. 123 del 17 novembre 2022 e n. 124 del 29 novembre 2022 e il silenzio sulla richiesta di annullamento in autotutela, con conseguente inefficacia del verbale di immissione in possesso del 9 febbraio 2023. Nel ricorso si è avuto modo di evidenziare che il terreno di cui sono proprietari gli attuali ricorrenti è ubicato nel Comune di (omissis), di cui al Foglio (omissis) del N.C.T., particella n. (omissis), ed è stato oggetto di una prima approvazione del progetto definitivo di cui alla delibera della Giunta Comunale n. 76 del 30 giugno 2022 e della deliberazione di avvio del procedimento, n. 100 del 27 settembre 2022, relativa alla realizzazione di un'area dedicata a sport equestri dove ricavare una pista per corse di cavalli e maneggio. Il relativo progetto è stato poi sostituito da un ulteriore progetto prima definitivo e poi esecutivo, contenuto rispettivamente nella delibera n. 123 e 124 del 17 novembre e del 29 novembre 2022, entrambe dirette a consentire la realizzazione di un'area dedicata a sport equestri dove ricavare una pista per corse di cavalli e maneggio, da utilizzare anche per la corsa del Palio delle Contrade. Detti provvedimenti prevedevano l'esproprio di una superficie 1310 mq e, quindi, di una parte del terreno così come previsto dal piano particellare, con la proposta di un'indennità provvisoria di 1310 euro, senza tuttavia specificare i parametri di riferimento. Il successivo decreto del 25 gennaio 2023, n. 1 ha così disposto l'occupazione anticipata di tutta la particella (omissis) per complessivi 2486 mq (senza che questo fosse previsto dalla dichiarazione di pubblica utilità di cui alla Delibera n. 123 del 17 novembre 2022) e un'indennità in via provvisoria per l'intera particella calcolata peraltro sempre per l'importo di Euro 1310,00. In particolare nell'impugnare i provvedimenti sopra citati si sostiene l'esistenza dei seguenti vizi: 1. la violazione degli artt. 1 e 3 della L. 7 agosto 1990, n. 241, degli articoli 20, 21 e 22-bis DPR 327 del 2001, degli artt. 41 e 42 Cost. e l'emergere di diversi profili di eccesso di potere, in quanto il decreto non comprende l'indicazione delle ragioni di urgenza essendo presente solo un generico rinvio alla necessità di rispettare i tempi del previsto finanziamento; 2. la violazione degli artt. 1, 3, 7 e 8 della L. 7 agosto 1990, n. 241, degli artt. 16 e 17 DPR 327 del 2001 e la violazione degli artt. 41 e 42 Cost., oltre vari profili di eccesso di potere, in quanto la delibera n. 123 del 17 novembre 2022 sarebbe stata approvata senza alcuna comunicazione di avvio del procedimento; una volta che è stato riapprovato il progetto definitivo con la delibera 123 del 17 novembre 2022, l'Amministrazione avrebbe dovuto comunicare il relativo avvio del procedimento ai ricorrenti; 3. la violazione degli artt. 1 e 3 L. 7 agosto 1990, n. 241 e l'eccesso di potere, in quanto il decreto n. 1 del 25 gennaio 2023, risulta divergere da quanto previsto dalla precedente delibera 123 del 17 novembre 2023 che non avrebbe legittimato un'occupazione sine titulo sull'intera particella; 4. l'eccesso di potere per irragionevolezza, contraddittorietà, la violazione del principio di proporzionalità e necessarietà e del principio del legittimo affidamento. Il Comune di (omissis) si è opposto al ricorso straordinario promosso dai ricorrenti che è stato poi trasposto presso questo Tribunale. Lo stesso Comune, nel costituirsi, ha eccepito l'inammissibilità del ricorso in quanto trasposto tardivamente e in violazione dei termini previsti dal combinato disposto di cui agli art. 11 e 119 del cpa. L'inammissibilità del ricorso sussisterebbe anche in considerazione di un altro profilo, in quanto sussisterebbe l'inammissibilità del ricorso per non essere stata impugnata tempestivamente la deliberazione di Giunta Comunale n. 123 del 17 novembre 2022, con la quale è stata dichiarata la pubblica utilità dell'opera. Nel merito si sono contestate le argomentazioni dedotte chiedendo il rigetto del ricorso. In particolare il Comune ha evidenziato che sussisterebbero le ragioni di urgenza alla base dell'adozione del provvedimento di occupazione in quanto nel mese di giugno 2023 sarebbero iniziate le attività prodromiche al Palio delle Contrade, la cui gara ufficiale è fissata per il 18 agosto 2023 e, ancora, in ragione della necessità di non perdere il finanziamento, per una quota pari ad euro 360.000,00 con contributo di Regione Toscana, nella parte in cui si richiede che i lavori devono essere terminati entro il 30/11/2023. Nel corso del giudizio tutte le parti hanno presentato memorie, anche in replica alle eccezioni dedotte. In particolare la ricorrente ha eccepito l'illegittimità costituzionale dell'art. 48 c.p.a. nella parte in cui prevede il termine di sessanta giorni per la trasposizione, perché laddove fosse interpretato come termine dimezzato sia per la notifica del ricorso che del relativo deposito si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione. Detta interpretazione avrebbe l'effetto di costituire un'implicita abrogazione dell'art. 10 del DPR 1199 del 1971 che legittima i controinteressati e le Amministrazioni a proporre opposizione per la trasposizione in sede giurisdizionale. In questi termini, e all'udienza del 16 maggio 2024, il ricorso è stato trattenuto in decisione. DIRITTO 1. Il ricorso è irricevibile per tardività della trasposizione del ricorso straordinario in questa sede giurisdizionale, in violazione dei termini previsti dal combinato disposto degli art. 11 e 119 del cpa. 1.1 E' dirimente constatare che il presente giudizio rientra tra le controversie soggette alla dimidazione dei termini processuali di cui all'art. 119 c.p.a., nella parte in cui detta disposizione prevede che "le disposizioni di cui al presente articolo si applicano nei giudizi aventi ad oggetto le controversie relative a... f) i provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all'esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità e i provvedimenti di espropriazione delle invenzioni adottati ai sensi del codice della proprietà industriale". In tali procedimenti (in questo senso è il comma 2) "tutti i termini processuali ordinari sono dimezzati salvo, nei giudizi di primo grado, quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti, nonché quelli di cui all'articolo 62, comma 1, e quelli espressamente disciplinati nel presente articolo". 1.2 Ai fini di dimostrare la tardività della riassunzione è necessario premettere che il ricorso straordinario è stato notificato il 5 giugno 2023. L'Amministrazione si è opposta al ricorso straordinario con atto del 29 giugno 2023, notificato il 24 luglio 2023, mentre i ricorrenti hanno notificato e depositato il ricorso in riassunzione solo il 23 ottobre 2023, e, quindi, sessanta giorni dopo l'atto di opposizione, al netto della sospensione feriale. Tuttavia, stante la dimidiazione del termine per operare la trasposizione, la successiva notifica del presente ricorso sarebbe dovuta avvenire entro il 23 settembre 2024. 1.3 L'applicabilità del termine dimidiato di trenta giorni per effettuare la trasposizione in sede giurisdizionale di un ricorso al Presidente della Repubblica è stata sancita da un costante orientamento giurisprudenziale, nella parte in cui ha evidenziato che "ragioni di ordine logico, oltre che di sistematicità, impongono di ritenere applicabile la dimidiazione del termine anche nel caso della trasposizione... Alla stessa soluzione si addiviene anche in forza della lettura della norma alla luce della sua ratio, che è quella di garantire il diritto alla difesa, assicurando il mantenimento dell'ordinario termine decadenziale per esercitare l'accesso alla giustizia, nonostante il dimezzamento di tutti gli altri termini endogiudiziali, tra cui quello per la trasposizione. Essa, infatti, non integra una nuova esplicazione del diritto alla difesa, se non mediante la mera riassunzione, che non richiede alcun particolare adempimento giustificante l'equiparazione alla proposizione del ricorso e, dunque, il più lungo termine di sessanta giorni" (T.A.R. Lombardia, sezione staccata di Brescia, sent. n. 371 del 18 maggio 2020; T.A.R. Lombardia, sezione staccata di Brescia, sez. I, sent. n. 204 del 6 marzo 2023). 1.4 In altre pronunce è stato statuito che "...il termine per la trasposizione del ricorso straordinario al Capo dello Stato costituisce termine processuale, soggetto come tale a dimezzamento degli ordinari sessanta giorni, previsti dall'art. 10 d.p.r. 1199, a trenta (Cons. Stato, Sez. VI, 20 agosto 2019, n. 5771; T.A.R. Lazio, sez. I, sent. n. 7674 del 10 giugno 2022). Ancora più chiaramente si è sancito che per le materie soggette all'art. 119 c.p.a., il deposito dell'atto di costituzione, di cui all'art. 10 del d.P.R. n. 1199 del 1971, avanti al Tribunale deve eseguirsi nel termine dimidiato di 30 giorni (Cons. St., sez. VI, 20 agosto 2019, n. 5771). 1.5 L'art. 10 del d.P.R. n. 1199 del 1971 si limita a sancire l'obbligo di riproporre il ricorso davanti alla sede giudiziaria così come individuata, senza che lo stesso ricorso possa essere integrato o modificato nei motivi e nelle conclusioni, obbligando inoltre la stessa parte che intende riassumere il giudizio a notificare, alle altre parti e a pena di inammissibilità, il successivo avviso di voler insistere nel ricorso. 1.7 Ne consegue che l'atto di trasposizione in nessun modo può essere equiparato alla proposizione del ricorso già introdotto, così come nemmeno l'avviso di voler insistere nel ricorso può essere assimilato alla notificazione del ricorso introduttivo in primo grado (Cons. Stato, sez. VII, sent. n. 1443 del 9 febbraio 2023). 1.8 Si consideri, ancora, che secondo precedenti pronunce, quale che sia la sequenza degli adempimenti formali compiuti per la trasposizione del ricorso straordinario, deve essere osservato per entrambi gli adempimenti (deposito e notifica) il termine perentorio di trenta giorni, laddove risulti operante (come nel caso di specie) l'istituto della dimidiazione di cui all'art. 119, comma 2), termine quest'ultimo che decorre dal perfezionamento, per l'originario ricorrente, della notificazione dell'atto di opposizione (Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 6124 del 26 ottobre 2018 Tar Lazio, Roma, Sez. Terza, 31 maggio 2023, n. 9253). 1.9 L'esistenza delle pronunce sopracitate, oltre il carattere inequivoco dell'art. 119 cpa, consente di ritenere insussistenti i presupposti dell'istituto dell'errore scusabile di cui all'art. 37 cpa, sussistendo la violazione dei termini per operare la trasposizione del ricorso presentato in sede amministrativa. 2. Le argomentazioni sopra citate e dirette a confermare il fondamento dell'eccezione di tardività del ricorso, sono sufficienti anche per ritenere insussistenti anche i profili di illegittimità costituzionale dell'art. 48 cpa. Il ricorrente sostiene che l'art. 48 c.p.a. sarebbe incostituzionale, laddove detta disposizione fosse interpretata applicando anche alla trasposizione e nelle materie di cui all'art. 119 il termine dimezzato, sia per la notifica che per il deposito del ricorso che si intende riassumere. Detta disposizione si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, legittimando un'implicita abrogazione dell'art. 10 del DPR 1199 del 1971 nella parte in cui consente ai controinteressati e alle Amministrazioni di proporre opposizione e di consentire la trasposizione in sede giurisdizionale entro il termine di sessanta giorni. A parere del ricorrente, poiché l'abbreviazione dei termini disposta dall'art. 119 c.p.a. non riguarda il termine per la proposizione del ricorso (salvo le disposizioni specifiche dettate dall'art. 120, comma 2 e 5 per le materie di cui all'art. 119, lett. a)), è da ritenere che non si applichi nemmeno all'atto di trasposizione, in quanto esso includerebbe una domanda del soggetto interessato che sarebbe assimilabile al ricorso introduttivo. 2.1 Dette argomentazioni non sono condivisibili, non sussistendo i presupposti di sospetta incostituzionalità . 2.2 Le pronunce sopra citate hanno evidenziato come sussista una sostanziale differenza (per le caratteristiche proprie degli stessi atti) tra l'atto di proposizione del ricorso e la riassunzione a seguito dell'opposizione per la trasposizione in sede giudiziale. 2.3 La trasposizione di un ricorso in origine presentato innanzi al Presidente della Repubblica non integra una nuova esplicazione del diritto alla difesa, ma solo il compimento di alcuni adempimenti processuali, circostanza quest'ultima che è di ostacolo a consentire un'equiparazione con l'atto di proposizione del ricorso e, dunque, anche il termine proprio di quest'ultimo e pari a sessanta giorni. 2.4 Come si è avuto modo di anticipare è, infatti, con l'opposizione che si apre la fase del giudizio in sede giurisdizionale, circostanza quest'ultima che trova conferma proprio nel tenore dell'art. 10 del d.P.R. n. 1199 del 1971, laddove il Legislatore ha avuto modo di precisare che, con l'atto di trasposizione, ci si limita a riproporre il ricorso in origine presentato in sede amministrativa, senza che quest'ultimo possa essere integrato o modificato nei motivi e nelle conclusioni. 2.5 Si consideri, inoltre, che il ricorso straordinario è "alternativo" rispetto al ricorso giurisdizionale, secondo quanto previsto dall'art. 8 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 e che, ancora, il ricorso straordinario diviene improcedibile qualora quest'ultimo sia stato erroneamente trasposto in sede giurisdizionale (in questo senso è l'art. 10 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199). 2.6 A conferma di dette considerazioni è possibile far riferimento anche alle conclusioni alle quali è pervenuta di recente l'Adunanza Plenaria n. 11/2024 che, pronunciandosi in merito alla natura del ricorso straordinario, lo ha qualificato come un rimedio "giustiziale alternativo a quello giurisdizionale, di cui condivide solo alcuni tratti strutturali e funzionali". 2.7 Ai fini di operare detta qualificazione l'Adunanza Plenaria ha considerato dirimente l'applicazione del principio di alternatività di cui all'art. 8 sopra citato, in quanto la scelta di optare per la trasposizione impedisce il proseguimento dell'esame della controversia innanzi al Presidente della Repubblica e, ciò, con l'effetto che "la decisione resa su ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, sebbene il giudizio fosse stato ritualmente trasposto in sede giurisdizionale, è nulla ai sensi dell'art. 21-septies del c.p.a., in quanto emanata in difetto assoluto di attribuzione". 2.8 Affermare di fatto l'esistenza di un'unica controversia che, iniziata presso una sede "giustiziale" prosegue (dopo l'opposizione) presso un organo giurisdizionale, ha l'effetto di confermare che l'atto di riassunzione non è suscettibile di essere equiparato all'originaria proposizione del ricorso già introdotto. Ne consegue che la trasposizione si sostanzia nel compimento di una serie di atti (deposito del ricorso e avviso) che hanno la sola finalità di consentire la prosecuzione di un giudizio di fatto già instaurato. 2.9 Ulteriore conseguenza è quella che deve ritenersi ammissibile (senza che risultino esistenti i dedotti profili di sospetta incostituzionalità ) anche la previsione di termini differenti e, quindi, sia per quanto riguarda l'iniziale proponimento di un ricorso sia, ancora, con riferimento all'atto di riassunzione in una sede giurisdizionale e, ciò, nelle materie di cui all'art. 119 c.pa. che risultano disciplinate da un rito che prevede la compressione e la riduzione di tutti i termini processuali. 3. Si consideri, da ultimo, che gli art. 48 e 119 cpa, nella parte in cui prevedono la dimidiazione dei termini in particolari materie come quella in esame e in quanto disposizioni contenute nel codice del processo del 2010, sono disposizioni successive che possono ben incidere su una disciplina speciale e ad esso antecedente, come è appunto il d.P.R. n. 1199 del 1971. 3.1 In conclusione il ricorso va dichiarato irricevibile ai sensi dell'art. 35 comma 1 lett. a), mentre la novità della fattispecie esaminata consente la compensazione delle spese di giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile nei termini così precisati in parte motiva. Compensa le spese tra le parti costituite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Riccardo Giani - Presidente Giovanni Ricchiuto - Consigliere, Estensore Nicola Fenicia - Consigliere

  • REPUBBLICA ITALIANA In Nome del Popolo Italiano IL TRIBUNALE DI FIRENZE 02- Sezione Seconda Civile In composizione monocratica Giudice on. Liliana Anselmo pronunzia ex art. 429 c.p.c. SENTENZA Nella causa civile iscritta al n. r.g. 7915/2021 promossa da (...) S.r.l. in persona del legale rappresentante p.t. sig. (...), con il patrocinio dell'avv. (...) -Opponente- contro UFFICIO TERRITORIALE del GOVERNO - PREFETTURA di FIRENZE, in persona del Prefetto, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze -Opposto- Oggetto: opposizione sanzione amministrativa Conclusioni Per l'opponente: IN TESI Accertato e dichiarato che l'attività di Ristorazione relativa alla vendita (rectius: asporto) di cibi e bevande da parte della ricorrente la sera del 14.11.2020 avveniva a tutti gli effetti entro le ore 22,00 e quindi la stessa risultava consentita e legittima, annullare l'impugnato provvedimento emesso dal Prefetto di Firenze nei confronti della ricorrente e/o comunque dichiararlo privo di effetti; Accertato e dichiarato che il DPCM 03.11.2020 risulta in effetti entrato in vigore in data 18.11.2020, annullare l'impugnato provvedimento emesso dal Prefetto di Firenze nei confronti della ricorrente e/o comunque dichiararlo privo di effetti; Accertato e dichiarato che il DPCM 03.11.2020 è illegittimo per carenza del parere del Consiglio di Stato e/o per difetto di motivazione, ovvero inefficace per omessa notifica alla Commissione dell'Unione Europea ex art. 13 D.Lgs. 59/2010, annullare l'impugnato provvedimento emesso dal Prefetto di Firenze nei confronti della ricorrente e/o comunque dichiararlo privo di effetti; Accertato e dichiarato che il Prefetto di Firenze ha violato gli artt. 20 e 24 Legge 289/1981, annullare l'impugnato provvedimento emesso dal Prefetto di Firenze nei confronti della ricorrente e/o comunque dichiararlo privo di effetti; IN IPOTESI Si avanza Istanza affinché il Giudicante sollevi la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni legislative indicate nel corpo dell'atto e precisamente: -D.L 19/2020 (conv. in L n. 30/2020) e modificato dal D.L. 33/2020 (per come conver(...) dalla L 74/2020), per violazione degli articoli 1, 4, 35, 36, 41, 76, 77, 97 e 117 Cost. e art. 1 primo protocollo CEDU (considerata la loro rilevanza ai fini del decidere, poiché il giudizio non può essere definito indipendentemente dalla risoluzione delle questioni stesse, e ritenuta la loro non manifesta infondatezza) e quindi, annullare l'impugnato provvedimento emesso dal Prefetto di Firenze nei confronti della ricorrente e/o comunque dichiararlo privo di effetti; IN DENEGATA IPOTESI riconoscersi che la condotta di cui al verbale di illecito amministrativo in data 03.11.2020 veniva -in ogni caso- giustificata dallo stato di necessità, costituito dalla necessità di garantire la sopravvivenza della propria attività economica al fine di salvaguardare il proprio sostentamento personale nonché quello dei propri dipendenti e quindi annullare l'impugnato provvedimento emesso dal Prefetto di Firenze nei confronti della ricorrente e/o comunque dichiararlo privo di effetti; -) In ogni caso, con vittoria di spese, e compensi professionali del presente Giudizio, oneri accessori in rivalsa ex lege. Concisa esposizione delle ragioni di fatto In data 14.11.2020 il sig. (...), amministratore della Società (...) S.r.l. che gestisce l'esercizio di ristorazione "Ristorante-Pizzeria (...)" in Firenze, Via (...) decideva di aprire al pubblico il proprio locale nonostante il divieto imposto dal D.P.C.M. del 03.11.2020 vigente in quanto la TOSCANA all'epoca era in "zona arancione". Nella stessa data, la Polizia Municipale di Firenze elevava al sig. (...), sia quale trasgressore che legale rappresentante p.t. della società, il verbale di accertamento e contestazione n. 00026287/L per violazione di quanto stabilito dal DPCM del 03.11.20201 o dalle linee guida operative per la prevenzione, gestione, contrasto e controllo dell'emergenza COVID-19 nell'attività di "Pubblico Esercizio somministrazione alimenti e bevande" in quanto: "Teneva aperta l'attività di ristorazione con modalità non consentite. Nello specifico si accertava che alle 22,25 effettuava ristorazione con asporto di n. 1 pizza a persona separatamente identificato e veniva applicata la sanzione di Euro 400,00, ovvero quella ridotta di Euro 280,00 laddove fosse intervenuto il pagamento entro 5 giorni. Con il medesimo verbale veniva imposta la chiusura dell'esercizio per 24 ore dall'atto dell'accertamento ai sensi e per il disposto dell'art. 2 comma 1 del D.L. n. 33/2020 convertito in legge 74 del 14.07.2020 (2). In data 07.06.2021 veniva notificato al ricorrente (sia come trasgressore che come legale rappresentante della società) da parte della Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Firenze- Ordinanza di Ingiunzione Prot. Uscita N. 0089931, con la quale veniva disposto: 1) di pagare la somma complessiva di Euro 812,25 di cui Euro 800,00 a (...)lo di sanzione ed Euro 12,25 per spese di notifica; 2) la chiusura per giorni 30 dell'attività denominata "Ristorante Pizzeria (...)", ubicata in Firenze, Via (...) da cui scomputare il giorno di chiusura applicato cautelarmente dall'organo accertatore il 14.11.2020. Tale chiusura dovrà essere effettuata per 29 giorni consecutivi a partire dal novantesimo giorno successivo alla notifica del presente atto. Avverso la suddetta Ordinanza di Ingiunzione la società (...) S.r.l., in persona del legale rappresentante, ha depositato in data 6.7.2021 opposizione per i seguenti motivi: 1---l'attività di ristorazione veniva espletata entro le ore 22,00 atteso che la vendita della pizza da "asporto" è riscontrata dall'orario dello scontrino emesso alle ore 21,55; 2--- il D.P.C.M. non poteva essere vigente all'epoca della contestazione in quanto non erano decorsi i 15 gg (vacatio legis) dalla sua pubblicazione nella G.U. nr. 275 del 4.11.2020 S.O. n. 41 e la deroga alla norma di cui all'art. 10, comma 1° del R.D. 16 MARZO 1942, N. 262 sarebbe illegittima; ad ogni modo era previsto dallo stesso art. 14 del D.P.C.M. che gli effetti dell'atto sarebbero decorsi dal 6.11.2020 fino al 3.12.2020; 3---illegittimità del D.P.C.M. del 3.11.2020 per non essere stato preceduto dal parere del Consiglio di Stato previsto dall'art. 17 comma 4° della legge 400/1988; 4---illegittimità del medesimo D.P.C.M. per difetto di motivazione ed in violazione dell'art. 3 legge 241/1990; 5---inefficacia del DPCM 03.11.2021 per omessa notifica alla Commissione Europea come invece previsto dall'art. 13 D.LGS. 59/2010; 6---incompetenza del Prefetto ad emettere la sanzione amministrativa accessoria per connessione con un reato e prevalenza dell'art. 24 legge 689/1981; 7---illegittimità costituzionale dell'art. 2 comma D.L. 19/2020 per violazione dell'art 76 Costituzione; 8--- illegittima costituzionale dell'art. 4, comma 2, lett. V) del D.L. 19/2020 per violazione degli artt. 41 comma 1, 117 Cost. e art. 1 primo protocollo C.E.D.U.; 9---sussistenza dello stato di necessità. Con decreto inaudita altera parte del 21.7.2021 veniva rigettata l'istanza di sospensiva dell'esecutività dell'ordinanza ingiunzione opposta per difetto di fumus boni iuris e veniva fissata la prima udienza per la trattazione del ricorso per la data del 30.9.2021. In data 17.09.2021 si è costituita in giudizio la Prefettura di Firenze chiedendo il rigetto del ricorso e la conferma dell'ordinanza ingiunzione. Con ordinanza del 30.9.2021 non sono stati ammessi i mezzi di prova dedotti e formulati da parte opponente e veniva fissata l'udienza di discussione e decisione per la data del 3.2.2022, udienza rinviata d'ufficio a quella del 28.4.2022. Per gli effetti del Decreto del Presidente del Tribunale di Firenze nr. 30 del 2022 la causa veniva assegnata all'odierno giudice che fissava l'udienza "figurata" del 9.11.2022 per la decisione, assegnando termini per note scritte; tuttavia, alla luce delle intervenute pronunce giurisprudenziali sulla questione evidenziate da parte ricorrente rispetto alle quali parte resistente nulla aveva replicato, è stato disposto rinvio della causa all'udienza odierna sempre per la decisione, così implicitamente assegnando facoltà di replica a parte convenuta. Motivi della decisione Nel merito, occorre un breve richiamo alla normativa emergenziale di riferimento. Il D.L. 23 febbraio 2020 nr. 6, convertito con modificazioni della legge 5 marzo 2020 n. 13, reca misure urgenti dirette a fronteggiare l'evolversi della situazione epidemiologica in Italia, causata dalla diffusione dell'epidemia da Coronavirus e si pone come atto normativo legittimante l'emanazione da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri di appositi Decreti (3). Successivamente il D.L. 19/2020 ha modificato la disciplina introdotta dal D.L. 6/2020, prevedendo all'art. 1 comma 2 che le misure per la prevenzione della diffusione da Sars Covid-2 "'possono essere adottate, secondo i principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio nazionale ovvero sulla totalità di esso". Circa la natura giuridica dei D.P.C.M. previsti dal D.L. 6/2020 e successive modificazioni (4), è noto l'annoso dibatito dottrinale in corso. (A) Secondo un primo orientamento dottrinale (v. Salvis Juribus pubblicato il 13.11.2020), lo strumento del DPCM, introdotto dal D.L. 6/2020, sarebbe assimilabile al regolamento, quale atto amministrativo nella forma, ma normativo nella sostanza, giacché connotato da generalità, astrattezza e innovatività, applicabile ad una serie indefinita di destinatari e di casi, nonché capace di apportare all'ordinamento modifiche definitive; in particolare esso sarebbe un regolamento attuativo - integrativo disciplinato dalla legge n. 400/1988, ammesso nelle materie coperte da riserva relativa di legge, rivolto all'attuazione di leggi e atti aventi forza di legge in modo dettagliato ed integrativo sul piano tecnico-scientifico; la legge n. 400/1988 impone per la formazione del regolamento governativo una rigida scansione procedimentale che non risulta sia stata rispettata per il D.P.C.M. in esame, prescrivendo la delibera del Consiglio dei Ministri, previo parere obbligatorio del Consiglio di Stato, la registrazione da parte della Corte dei Conti, la pubblicazione in G.U. con decorrenza dell'ordinario termine di vacatio legis di 15 giorni prima dell'entrata in vigore. Peraltro, il parere del Consiglio di Stato, il visto del giudice contabile e la pubblicazione in Gazzetta, sono imposti altresì per i regolamenti adottati con decreto ministeriale o interministeriale, ossia riferibile al singolo dicastero, ovvero all'azione in concerto di più dicasteri. (B) Secondo un secondo orientamento i D.P.C.M. potrebbero essere sussunti nella categoria delle ordinanze extra ordinem, contingibili e urgenti, di cui all'art. 54 T.U. 18 agosto 2000 n. 267, condividendo con esse la finalità di contrastare una situazione emergenziale che non può essere affrontata e risolta con gli strumenti normativi ordinari, perché subordinata alla minaccia di un pericolo grave in termini di probabilità, fondata su una valutazione concreta dei fatti e su dati scientifici obbiettivi; in tale caso essi sono atti formalmente amministrativi che regolano i fatti emergenziali a partire da una generica autorizzazione della legge cd. a fattispecie aperta. A tale riguardo v. la sentenza n. 4/1977 della Corte Costituzionale la quale, nel punto 2 del "Considerato in diritto", fa menzione proprio delle cd. ordinanze necessitate i cui poteri di adozione "soltanto genericamente sono prefigurati dalla norme che li attribuiscono e perciò sono suscettibili di assumere vario contenuto per adeguarsi duttilmente alle mutevoli situazioni" e sempre che questi provvedimenti siano dotati di "efficacia limitata nel tempo in relazione ai dettami della necessità e dell'urgenza; adeguata motivazione; efficace pubblicazione nei casi in cui il provvedimento non abbia carattere individuale, conformità del provvedimento stesso ai principi dell'ordinamento giuridico"; v. ancora Corte Costituzionale del 4 aprile 2011, n. 115 che ha ritenuto ammissibili le ordinanze contingibili e urgenti quando sono rispettati i corollari dei principi di legalità e di riserva di legge - difatti il potere di emanare il DPCM trova un suo fondamento legale nel D.L. 6/2020 convertito in legge, nonché nel successivo d.l. 19/20. A tale tesi si obietta tuttavia il mancato rispetto del principio di tipicità, in quanto il contenuto del DPCM è atipico - anche se è coerente con l'esigenza di elasticità che connota il potere extra ordinem, adattabile alle più imprevedibili o impreviste situazioni di rischio per gli interessi contemplati dalla legge; al contempo le dette ordinanze non sono sottratte all'obbligo di motivazione di cui all'art. 3 della l. 241/1990 che, nella specie, deve essere accurata ed esplicitata essendo devoluta all'autorità amministrativa il compito di verificare in concreto la sussistenza dei presupposti di adottabilità dell'atto stesso. (C) A fronte di un tale scenario si pone, come illuminante chiave interpretativa, la sentenza della Corte Costituzionale nr. 198 del 2021. Questa ha preliminarmente escluso che i D.P.C.M. in questione possano essere assimilati alle ordinanze di protezione civile di cui al D.Lgs. 1/2018 ("malgrado il punto di intersezione rappresentato dalla dichiarazione dello stato di emergenza, le misure attuative del d.l n. 19 del 2020 non coincidono, infatti, con le ordinanze di protezione civile, l'emanazione delle quali compete pure al Presidente del Consiglio dei ministri, a norma degli artt. 5 e 25 del D.Lgs. n. 1 del 2018" (cfr. cons. in dir. Par. 8.1.). In secondo luogo, richiamata la potestà attribuita al Presidente del Consiglio - e in particolare del tipico vincolo alla discrezionalità amministrativa rappresentato dai "principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio nazionale ovvero sulla totalità di esso" (cfr. art. 1, co. 2, D.L. 19/20) - la Corte Costituzionale ha fissato la natura di atto amministrativo dei D.P.C.M., definendoli "espressione di una potestà amministrativa, ancorché ad efficacia generale" e dunque escludendoli dal più ampio genus delle ordinanze di necessità e urgenza (c.d. ordinanze libere o necessitate): più che a quest'ultime, le misure urgenti di contenimento previste dal D.L. cit., secondo la Corte, possono per certi versi essere accostate alla categoria degli "atti necessitati", in quanto "emessi in attuazione di norme legislative che ne prefissano il contenuto" secondo una distinzione dottrinale classica del diritto amministrativo, a sua volta ripresa dalla stessa Corte in una sua risalente pronuncia in tema di ordinanze prefettizie ex art. 20, r.d. n. 383/1934 (Corte cost., sent. n. 4/1977); dunque una sorta di atto amministrativo generale che, in quanto tale, è assoggettato al sindacato del giudice. La discrezionalità amministrativa del Presidente del Consiglio è stata adeguatamente limitata a due condizioni: le misure limitative devono rientrare in quelle astrattamente indicate dagli stessi decreti legge; la scelta su quali misure adottare, tra quelle consentite, devono essere ancorate ai principi di proporzionalità ed adeguatezza, nel rispetto dei rischi effettivamente presenti nel contesto pandemico. Naturalmente, la giustificazione di tale ultimo presupposto impone la presenza di una motivazione particolarmente accurata, per dimostrare la sussistenza di tutti requisiti fattuali, ovvero deve saper individuare e valutare tutti i fatti e gli interessi rilevanti, sulla base di un'adeguata istruttoria e quindi dar conto dei motivi della scelta con la quale l'Amministrazione, sulla scorta di una logica e ragionevole valutazione delle istanze istruttorie, opta e individua la soluzione più idonea a realizzare l'interesse pubblico primario con il minor sacrificio possibile degli altri interessi compresenti. Lo strumento attraverso cui si rendono visibili la logicità e la ragionevolezza della decisione, consiste nell'enunciazione dei presupposti e dei motivi su cui si fonda un atto amministrativo "necessitato" come ritenuto dalla stessa pronuncia della Corte Costituzionale nr. 198/2021. Se così è, tramite la motivazione, anche implicita, dell'atto amministrativo, la P.A. esplicita i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche, in coerenza alle risultanze dell'istruttoria, che la determinano all'adozione delle misure. L'omessa esternazione attraverso espressioni comprensibili, logiche e percepibile all'esterno del percorso giustificativo e dell'iter logico seguito dall'amministrazione determina pertanto l'illegittimità del provvedimento, ed il conseguente dovere del giudice civile di disapplicarlo. Giurisprudenza, anche comunitaria, e dottrina prevalenti hanno da sempre sottolineato la polifunzionalità della motivazione, che assolverebbe alla duplice esigenza di consentire agli interessati di conoscere le giustificazioni del provvedimento adottato (obbligo di trasparenza di cui all'art. 97 Cost.), e quindi di difendere i propri diritti, e, dall'altro, di rendere possibile al giudice l'esercizio del suo sindacato sulla legittimità del provvedimento stesso. Nell'ipotesi di specie, il DPCM del 03 dicembre 2020 indica tra i presupposti di fatto: "l'evolversi della situazione epidemiologica, il carattere particolarmente diffusivo dell'epidemia e l'incremento di casi sul territorio nazionale; (...) le dimensioni sovranazionali del fenomeno epidemico e l'interessamento di più ambiti sul territorio nazionale". Come da indicazioni del D.L. 19/2020, il DPCM del 3 dicembre 2020 fa espresso riferimento al verbale n. 133 della seduta del 3 dicembre 2020 del Comitato Tecnico Scientifico di cui all'ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile 3 Febbraio 2020 n. 630 e successive modificazioni e integrazioni. All'interno del Verbale di cui sopra si legge: "il CTS ha ricevuto questa notte dal Ministero della Salute la bozza del DPCM avente ad oggetto l'adozione di nuove misure urgenti di contenimento per l'emergenza COvid-19, efficace dal 4 dicembre 2020 al 15 gennaio 2021, per le valutazioni di competenza del Comitato Tecnico Scientifico. Al riguardo, il CTS valuta congruo l'impianto generale del DPCM relativo all'adozione di ulteriori misure volte al contenimento del contagio dal virus Sars- cov 2 riguardante eminentemente il prossimo periodo natalizio, commisurate all'attuale fase epidemiologia dunque nella seduta del 3 novembre 2020, il CTS non ha fatto altro che recepire una bozza di DPCM già confezionata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per giunta inviata al CTS lo stesso giorno della seduta, ciò che dimostra l'assenza di dibatito scientifico, con decisioni già assunte dalla Presidenza del consiglio dei Ministri indipendentemente dal comitato scientifico; quindi non risulta esservi stata quella necessaria istruttoria che doveva supportare l'impiego di un potere così eccezionale e atipico, al fine di una seria ponderazione della proporzionalità delle misure restrittive introdotte col DPC. Si legge difatti nell'incipit del verbale del CTS del 3 novembre 2020: "È presente il Sig. Presidente del Consiglio dei Ministri (in videoconferenza). È presente il Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 (...) (in videoconferenza). La seduta inizia alle ore 16,00. "ULTERIORI PARERI CONCERNENTI L'ADOZIONE DI MISURE DI CONTENIMENTO DEL CONTAGIO DA SARS-COV-2 Su richiesta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il CTS analizza la bozza del DPCM pervenuta in data odierna (allegato). Al riguardo, il CTS valuta congruo l'impianto generale del DPCM relativo all'adozione di ulteriori misure volte al contenimento del contagio dal virus SARSCoV-2 commisurate all'attuale fase epidemiologica attraverso la condivisione dei dati aggiornati (allegato) Al riguardo, il CTS valuta congruo l'impianto generale del DPCM relativo all'adozione di ulteriori misure volte al contenimento del contagio dal virus SARS-CoV-2 commisurate all'attuale fase epidemiologica attraverso la condivisione dei dati aggiornati (allegato). Il CTS rileva come l'impianto del DPCM nella modularità delle misure restrittive e del loro allentamento si basa sulla qualità e la solidità del sistema di monitoraggio realizzato in collaborazione tra istituzioni nazionali e amministrazioni regionali. Tale sistema diventa pertanto centrale e il CTS ne raccomanda il potenziamento anche a livello regionale, con adeguati investimenti in termini tecnologici, finanziari e di risorse umane qualificate e dedicate così da garantirne qualità e tempestività nella generazione, trasmissione e analisi del dato che deve essere comunque mantenuto trasparente e disponibile. Nello specifico, il CTS declina alcune osservazioni relative ai seguenti punti: - L'importanza della didattica in presenza nelle scuole secondarie di secondo grado, considerando il contesto dell'ambito scolastico, suggerisce il prioritario ripristino della didattica ordinaria appena gli indici epidemiologici lo consentano, modulando di conseguenza le misure di contenimento. Al riguardo, il CTS ribadisce che gli studenti adolescenti e preadolescenti hanno già subito un importante impatto nel periodo finale dello scorso anno scolastico. Garantire la frequenza in presenza, soprattutto nelle fasce di popolazione più fragili, e fondamentale non solo per la formazione scolastica, ma anche per il benessere psicofisico di questa fascia di popolazione giovanile. Pertanto, richiamato il contenuto dell'art 1 c. 9 lett. gg) del D.P.C.M. del 3.12.2020 (dal contenuto notevolmente prescrittivo ed interdittivo) confrontato con la parte introduttiva del DPCM e con il Verbale del CTS, non emergono specifiche indicazioni sulla gravità ed incidenza della diffusione del virus tali da rendere congrue, proporzionate ed adeguate le misure adottate per l'attività di ristorazione con asporto. L'attività comparativa svolta, comportando la compressione di diritti costituzionalmente garantiti, necessitava di un adeguato impianto giustificativo, soprattutto nel momento in cui le decisioni adottate dal DPCM del 3 dicembre 2020 determinavano una modifica delle disposizioni precedentemente adottate, che consentivano senza limitazioni di orario e di luogo lo svolgimento dell'attività di ristorazione, non differenziando ad esempio il ristorante dalle aree di servizio. In tal caso, la precisa differenziazione, all'interno delle disposizioni richiamate, tra le attività consentite e non consentite, nonché l'identificazione della fascia oraria consentita per lo svolgimento dell'attività di ristorazione, si traduce in una precisa scelta da parte dell'Amministrazione che avrebbe dovuto essere supportata da dati scientifici precisi, nonché da spiegazioni tecniche in relazione al maggior rischio di diffusione del contagio nelle attività e negli orari non consentiti. Nessuna indicazione è stata fornita sul punto, se non tramite generici riferimenti "all'evolversi della situazione epidemiologica" ed "alla congruità delle misure adottate". In altri termini, la specificità delle misure adottate non si rivela congrua e logica rispetto alla genericità dei presupposti addotti, privi di specifiche indicazioni di rischio, sia dal punto di vista sanitario che tecnico. Neppure erano state indicate le ragioni per le quali quelle (precedenti) misure restrittive in vigore che elencavano minuziosamente le cautele da osservarsi nell'esercizio dell'attività di ristorazione, non erano ritenute più idonee a prevenire il contagio, tanto da aver determinato la chiusura delle attività. Ne consegue l'illegittimità del DPCM, sia che lo si intenda assimilare alla tipologia dell'ordinanza contingibile ed urgente, sia che lo si voglia piuttosto assimilare alla tipologia dell'atto amministrativo necessitato, non risultando esplicitato, neanche tramite l'istituto della motivazione per relationem, i presupposti di fatto, nonché le ragioni tecnico-scientifiche poste a fondamento dell'adozione delle misure prescelte. In proposito, non può ritenersi utile allo scopo il richiamo al verbale n. 133 della seduta del 3 dicembre 2020 del Comitato Tecnico Scientifico di cui all'ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile 3 Febbraio 2020 n. 630 e successive modificazioni e integrazioni, in quanto, all'interno del verbale suddetto altro non è dato leggere se non una valutazione di "congruità" in ordine alle misure adottate con il DPCM qui in commento, per contenere il contagio, rapportate all'imminente periodo natalizio e alla fase epidemiologica in essere ma il tutto senza alcuna specificazione che tenesse conto ad esempio dello specifico livello di contagiosità al momento dell'adozione del DPCM, in relazione alle attività fino a quel momento autorizzate e consentite, della probabile curva di contagio prevista per l'imminenza delle festività, sulla base della diffusività del virus e delle restrizioni che si andavano ad introdurre; non vi è nemmeno una specifica delle motivazioni tecnico scientifiche per le quali veniva prevista una regolamentazione differenziata per la medesima attività di ristorazione (ad esempio ristoranti per i quali veniva introdotto il limite orario di esercizio dalla ore 5.00 alle ore 18.00, ed aree di servizio in cui veniva svolto il servizio di somministrazione di alimenti e bevande senza limitazioni di orario, e ancora, le strutture alberghiere nelle quali era ammesso per la propria clientela il medesimo servizio di ristorazione senza previsione di alcun limite di orario). Proprio l'insufficienza e l'incompletezza di motivazione nei termini anzidetti che è dato ravvisare nel DPCM 3.12.2020, determina l'impossibilità di ritenere rispettati i parametri di proporzionalità e adeguatezza previsti dall'art.2 comma 1 D.L.19/2020, e autorizza la disapplicazione da parte del giudice ordinario nell'esercizio del potere derivante dall'art.5 della legge n. 2248 del 1865 Allegato E) ed il conseguente annullamento dell'ordinanza ingiunzione qui opposta. Ogni altra questione assorbita. La peculiare natura della controversia meramente interpretativa e la novità della questione giustificano l'integrale compensazione tra le parti delle spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale di Firenze, seconda sezione civile, definitivamente pronunciando, in accoglimento del ricorso in opposizione proposto, previa disapplicazione del D.P.C.M. del 3.12.2020, annulla l'Ordinanza di Ingiunzione - Prot. Uscita N. 0089931 del 07.06.2021, emessa dall'Ufficio Territoriale del Governo di Firenze in data 26.5.2021 e notificata il 7.6.2021. Spese compensate. Sentenza pubblicata mediante lettura alle parti non presenti e inserita nel verbale e nel fascicolo elettronico. Firenze, 8 giugno 2023 ore 15,30 Depositata in Cancelleria il 8 giugno 2023. (1) Art. 1 comma 9 lett. gg): le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie) sono consentite dalle ore 5.00 fino alle ore 18.00; il consumo al tavolo è consentito per un massimo di quattro persone per tavolo, salvo che siano tutti conviventi; dopo le ore 18,00 è vietato il consumo di cibi e bevande nei luoghi pubblici e aperti al pubblico; resta consentita senza limiti di orario la ristorazione negli alberghi e in altre strutture ricettive limitatamente ai propri clienti, che siano ivi alloggiati; resta sempre consentita la ristorazione con consegna a domicilio nel rispetto delle norme igienico-sanitarie sia per l'attività di confezionamento che di trasporto, nonché fino alle ore 22,00 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze; le attività di cui al primo periodo restano consentite a condizione che le Regioni e le Province autonome abbiano preventivamente accertato la compatibilità dello svolgimento delle suddette attività con l'andamento della situazione epidemiologica nei propri territori e che individuino i protocolli o le linee guida applicabili idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in settori analoghi; detti protocolli o linee guida sono adottati dalle Regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali e comunque in coerenza con i criteri di cui all'allegato 10; continuano a essere consentite le attività delle mense e del catering continuativo su base contrattuale, che garantiscono la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro, nei limiti e alle condizioni di cui al periodo precedente. Art. 2 comma 4° lett. c) sono sospese le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie), ad esclusione delle mense e del catering continuativo su base contrattuale a condizione che vengano rispettati i protocolli o le linee guida diretti a prevenire o contenere il contagio. Resta consentita la sola ristorazione con consegna a domicilio nel rispetto delle norme igienico sanitarie sia per l'attività di confezionamento che di trasporto, nonché fino alle ore 22,00 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze. Restano comunque aperti gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande siti nelle aree di servizio e rifornimento carburante situate lungo le autostrade, negli ospedali e negli aeroporti, con obbligo di assicurare in ogni caso il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro. Art. 3 comma 4 lett. c) sono sospese le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie), ad esclusione delle mense e del catering continuativo su base contrattuale a condizione che vengano rispettati i protocolli o le linee guida diretti a prevenire o contenere il contagio. Resta consentita la sola ristorazione con consegna a domicilio nel rispetto delle norme igienico sanitarie sia per l'attività di confezionamento che di trasporto, nonché fino alle ore 22,00 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze. Restano comunque aperti gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande siti nelle aree di servizio e rifornimento carburante situate lungo le autostrade, negli ospedali e negli aeroporti, con obbligo di assicurare in ogni caso il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro; (2) art. 2 comma 1DL 33/2020 conv. in legge 74/2020; Salvo che il fatto costituisca reato diverso da quello di cui all'articolo 650 del codice penale, le violazioni delle disposizioni del presente decreto, ovvero dei decreti e delle ordinanze emanati in attuazione del presente decreto, sono punite con la sanzione amministrativa di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, ((convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35.)) Nei casi in cui la violazione sia commessa nell'esercizio di un'attività di impresa, si applica altresì la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attività da cinque a trenta giorni. (3) L'art. 2 del D.L. 23 Febbraio 2020, n. 6, rubricato "ulteriori misure di gestione dell'emergenza", dispone che "le autorità competenti possono adottare ulteriori misure di contenimento e gestione dell'emergenza, alfine di prevenire la diffusione dell'epidemia da COVID -19 anche fuori dai casi di cui all'articolo 1, comma 1". L'art. 3 dispone che "le misure di cui agli articoli 1 e 2 sono adottate, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, sentito il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri Ministri competenti per materia, nonché i Presidenti delle regioni competenti, nel caso in cui riguardino esclusivamente una sola regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni, nel caso in cui riguardino il territorio nazionale. 2. Nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1, nei casi di estrema necessità ed urgenza le misure di cui agli articoli 1 e 2 possono essere adottate ai sensi dell'articolo 32 della legge 23.12.1978 nr 833, dell'articolo 117 del D.Lgs. 112/1998, e dell'articolo 50 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Sono fatti salvi gli effetti delle ordinanze contingibili e urgenti già adottate dal Ministro della salute ai sensi dell'articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale. Il Prefetto, informando preventivamente il Ministro dell'interno, assicura l'esecuzione delle misure avvalendosi delle Forze di polizia e, ove occorra, delle Forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali. I termini del controllo preventivo della Corte dei conti, di cui all'articolo 27, comma 1, della legge 24 novembre 2000, n. 340, sono dimezzati. In ogni caso i provvedimenti emanati in attuazione del presente articolo durante lo svolgimento della fase del controllo preventivo della Corte dei Conti sono provvisoriamente efficaci, esecutori ed esecutivi, a norma degli articoli 21-bis, 21-ter e 21-quater, della legge 7 agosto 1990, n. 241. (4) Al quale si sono succeduti, nell'ordine, il D.L. 25 marzo 2020, n. 19, il D.L. 16 maggio 2020, n. 33, il D.L. 30 luglio 2020, n. 83, il D.L. 7 ottobre 2020, n. 125.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di Tribunale di Firenze Terza sezione CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Giovanna Mazza ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 13651/2020 promossa da: (...) SRL (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico presso il difensore avv. (...) ATTORE/I contro (...) SRL (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in (...) 59100 PRATO presso il difensore avv. (...) CONVENUTO/I CONCLUSIONI delle parti: Per l'attrice: " Voglia l'Ecc.mo Tribunale adito, previa ogni più utile declaratoria, contrariis reiectis, per i motivi sopra esposti: - accertare che l'inadempimento lamentato è dovuto alla crisi sanitaria ed economica legata al COVID-19 e che la stessa rientra tra le fattispecie indicate nell'art. 15, ultimo comma, del contratto di distribuzione, e, per l'effetto, dichiarare che (...) srl non è responsabile dell'inadempimento delle proprie obbligazioni nei confronti di (...) srl; - accertare, in ogni caso e anche a prescindere dall'art. 15 cit., l'impossibilità temporanea e non imputabile della prestazione richiesta; - in subordine, accertare e dichiarare la risoluzione del contratto di distribuzione per impossibilità non imputabile o per eccessiva onerosità sopravvenuta; - in via ulteriormente gradata, accertare la violazione dell'obbligo di buona fede da parte dell'opposto e conseguentemente risolvere il contratto per siffatto inadempimento; - ancora in via subordinata, ritenere l'inesigibilità, in applicazione del canone di cui all'art. 2 Cost., della prestazione richiesta, ovvero, sempre in applicazione del richiamato principio, ridurre equamente la somma richiesta del 50% per le ragioni esposte sopra; - in ogni caso, detrarre dalla somma ingiunta Euro 3.714,34, poiché di tale somma è senz'altro creditrice l'opponente (...) s.r.l.; - in ogni caso annullare e/o con qualsiasi altra formula revocare il decreto ingiuntivo n. 4425/2020, emesso in data 9/11/2020 dal Tribunale di Firenze, in persona della Dott.ssa Laura D'Amelio, nel procedimento n. 10145/2020 R.G.; - in ogni caso, condannare (...) al risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. e 183 c.p. per la condotta diffamatoria e anticoncorrenziale tenuta, nonché inibire analoghi comportamenti; Con vittoria di spese, diritti ed onorari di giudizio, oltre IVA e CPA come per legge" Per la convenuta: "Nel merito, accertata la infondatezza in fatto ed in diritto delle pretese della ingiunta opponente, Voglia respingere ogni domanda avanzata da controparte e conseguentemente confermare integralmente il Decreto Ingiuntivo n. 4425/2020 del 09.11.2020 (Rg. 10145/2020) opposto. In Ipotesi, si chiede comunque che il Tribunale Voglia condannare l'opponente al pagamento della somma di Euro 29.209,58 per i titoli di cui al Decreto Ingiuntivo o di quella minore e/o diversa somma che dovesse risultare dall'istruttoria, in ogni caso sempre oltre interessi come da D.Lgs. n. 231/2002. In via istruttoria per quanto occorrer possa, e senza inversione dell'onere della prova, insiste per le richieste istruttorie già formulate con la memoria difensiva ex art. 183 VI comma c.p.c. n. 2) depositata in data 05.10.2021. Si conferma che risultano depositati nel fascicolo monitorio documenti dal n.1) al n. 12), con la comparsa di costituzione e risposta il documento n. 13), nonché in corso di causa risultano depositati i doc dal n. 14) al doc. 42) Si dichiara di non accettare il contraddittorio su ogni eventuale domanda ed eccezione nuova della difesa avversaria" Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione A seguito di ricorso depositato dalla (...) srl, il Tribunale di Firenze emetteva decreto ingiuntivo n. 4425/2020 del RG 10145/20, con il quale ingiungeva alla (...) srl di pagare, in favore della ricorrente, la somma di euro 29.209,58 oltre accessori. Con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, la (...) srl adiva dinanzi questo Tribunale la (...) srl, al fine di ottenere la revoca e l'annullamento del decreto opposto. Deduceva infatti l'attrice: di aver sottoscritto in data 15 gennaio 2020 un contratto di distribuzione con la (...) con il quale si impegnava a distribuire in Sicilia e Calabria capi di abbigliamento prodotti dalla chiamata in causa e a corrispondere il prezzo pattuito; che il decreto ingiuntivo opposto era stato emesso per fatture non saldate risalenti al periodo tra febbraio e maggio 2020, ovvero durante l'emergenza sanitaria causata dall'epidemia da COVID-19 che aveva determinato una crisi del settore dell'abbigliamento con conseguente difficoltà per l'attrice di assolvere regolarmente le proprie obbligazioni; che l'art. 15 del predetto contratto di distribuzione, escludeva la responsabilità per inadempimento dovuto a cause di forza maggiore; che tale clausola di salvezza era da ritenersi essenziale per la conclusione del contratto stesso; che, inoltre, tale contratto era da interpretare nel senso per cui (...) avrebbe corrisposto alla (...) il valore della merce, una volta che la stessa fosse stata venduta al dettagliante e da quest'ultimo corrisposto il relativo prezzo; che, stante la situazione emergenziale, era stata costretta ad accettare dai propri clienti titoli postdatati ed applicare sconti sulla merce distribuita; che pertanto (...) aveva cercato di trovare un accordo con la chiamata in causa per la rimodulazione e/o il rinvio delle scadenze dei pagamenti, tra cui una proposta transattiva datata 7 giugno 2021, senza tuttavia ricevere riscontro alcuno da parte della creditrice, in spregio delle regole di buona fede imposte nell'esecuzione del contratto; che il contratto de quo doveva intendersi sciolto ex art. 1467 c.c., per l'eccezionale mutamento delle originarie condizioni economiche in cui le parti avevano assunto i propri impegni e con aggravio per la sola opponente; che in applicazione dell'art. 2 Cost., la somma richiesta dalla creditrice doveva essere equamente ridotta della metà; che dalla ingiunta somma di euro 29.209,58 dovevano detrarsi euro 3.714,34, somma per la quale l'odierna opponente risultava creditrice per la merce resa dal cliente Griffi Moda; che, in ogni caso, (...) doveva essere condannata al risarcimento del danno non patrimoniale ex artt. 2059 c.c. e 183 c.p. per la condotta diffamatoria e anticoncorrenziale tenuta, con inibizione di analoghi comportamenti. Concludeva quindi la (...) srl come in epigrafe. Radicatosi il contradditorio, deduceva la (...) srl: che la merce era stata regolarmente consegnata alla (...) e da questa distribuita ai clienti sin dall'inizio del 2020; che stante l'assoluta mancanza di confronto e nell'impossibilità di proseguire il rapporto di collaborazione con l'opponente, (...) in data 23 luglio 2020 inviava formale diffida e messa in mora nei confronti della (...) srl; che nella stessa comunicazione si richiamava l'art. 15 del contratto di distribuzione per il quale il mancato rispetto da parte del distributore delle condizioni di pagamento e delle scadenze dei pagamenti dovuti, comportava la risoluzione ope legis del contratto per clausola risolutiva espressa; che in assenza di riscontro alla diffida ad adempiere, (...) era stata costretta a risolvere il contratto di distribuzione e ad agire per il pagamento delle fatture non saldate; che, nel merito, l'inadempimento ascrivibile alla crisi epidemiologica non era supportato, ex art. 1218 c.c., da nessuna prova circostanziata del collegamento fra inadempimento stesso e causa impossibilitante rappresentata dal rispetto delle prescrizioni di contenimento dell'epidemia; che le obbligazioni pecuniarie non sono per natura esposte al rischio di divenire impossibili e l'asserita crisi di liquidità della debitrice, non consentiva in linea di principio di invocare gli effetti liberatori dell'impossibilità sopravvenuta di adempiere; che, contrariamente a quanto sostenuto dall'attrice, nel contratto di distruzione non si prevedeva che (...) avrebbe corrisposto il valore della merce solo dopo che questa fosse stata venduta al dettagliante e dopo che questi avesse corrisposto il saldo del prezzo; che (...) in realtà non aveva allegato alcuna documentazione circa il mancato pagamento da parte dei vari clienti; che (...) aveva sempre tenuto comportamenti corretti e in totale buona fede nel rapporto contrattuale cercando di trovare un punto d'incontro per definire il pagamento delle fatture in sospeso con debitrice, la quale tuttavia dopo il luglio 2020 non aveva data alcun riscontro; che la domanda di risoluzione per eccessiva onerosità del contratto era del tutto infondata, in primo luogo perché il contratto era già stato risolto nel luglio 2020 decorsi i termini di diffida e messa in mora della debitrice e, in secondo luogo, perché in realtà tutti i costi di produzione e gli oneri contrattuali erano gravati esclusivamente sulla (...) la quale, pur avendo consegnato regolarmente la merce richiesta, non aveva ricevuto alcun corrispettivo; che, in base al combinato degli artt. 1467 e 1458 c.c., l'eventuale risoluzione per eccessiva onerosità nei contratti con prestazioni periodiche o continuate, non si estendeva alle prestazioni già eseguite; che nella fattispecie non ricorrevano i presupposti di diritto per la riduzione del 50% della somma richiesta dalla creditrice ai sensi dell'art. 2 Cost.; che nessuna detrazione era dovuta con riguardo alla posizione della cliente (...); che nessun risarcimento non patrimoniale era dovuto all'attrice, in quanto la domanda risultava generica e priva di riscontri probatori e atteso che la condotta della (...) era sempre stata improntata secondo le regole di buona fede e correttezza; che la proposta transattiva avanzata dalla debitrice nel giugno 2021 era inaccettabile in quanto prevedeva la cessione dei titoli senza garanzia pro solvendo. Concludeva pertanto la convenuta per la conferma del decreto ingiuntivo opposto e per la concessione della provvisoria esecuzione ai sensi dell'art. 648 c.p.c. Con provvedimento del 8 luglio 2021 questo Tribunale, ritenuta l'opposizione non fondata su prova scritta e/o di pronta e facile soluzione, visto l'art. 648 c.p.c. concedeva la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo n. 4425/2020. Concessi i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., veniva quindi fissata per la precisazione delle conclusioni l'udienza del 6 dicembre 2022, tenuta secondo le modalità della trattazione scritta, durante la quale la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini di legge ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. MOTIVI DELLA DECISIONE Nel presente giudizio, parte attrice fonda la propria opposizione al decreto ingiuntivo impugnato, in ragione delle conseguenze createsi a causa delle restrizioni imposte dalla diffusione della pandemia da COVID-19. Tale situazione di carattere eccezionale, a detta dell'attrice, avrebbe determinato una carenza di liquidità tale da impedire a (...) di assolvere regolarmente le proprie obbligazioni ed in particolare quelle scaturenti dal contratto di distribuzione concluso con parte convenuta. Tale accordo prevede l'obbligo per (...) di consegnare alla (...) i prodotti indicati in contratto e impegna quest'ultima alla loro distribuzione in via esclusiva nei territori di Sicilia e Calabria ed alla corresponsione, in favore della fornitrice, del prezzo stabilito nel contratto stesso. In linea generale, occorre precisare che l'impossibilità che estingue la obbligazione del debitore, ex art 1256 c.c., è da intendersi in senso assoluto ed oggettivo e consiste nella sopravvenienza di una causa, non imputabile o prevedibile, che impedisce definitivamente o temporaneamente l'adempimento. L'impossibilità sopravvenuta che libera dall'obbligazione deve consistere quindi non in una mera difficoltà, ma in un impedimento, obiettivo e assoluto, tale da non poter essere rimosso. Giova altresì ricordare, che le obbligazioni pecuniarie per loro natura non sono mai esposte ad una materiale o giuridica oggettiva impossibilità, ma solo ad una soggettiva inattuabilità, connessa all'indisponibilità o alla penuria dei flussi di cassa. Sul punto i giudici di legittimità hanno precisato che, "in materia di obbligazioni pecuniarie, l'impossibilità della prestazione deve consistere, ai fini dell'esonero da responsabilità del debitore, non in una mera difficoltà, ma in un impedimento obiettivo e assoluto, tale da non poter essere rimosso, e non può consistere nella mera impotenza economica dipendente dall'inadempimento di un terzo nell'ambito di un diverso rapporto (Cass. 25-5-2004 n. 9645). Poiché, dunque, l'estinzione di una obbligazione può derivare unicamente dal sopravvenire di un evento che oggettivamente e in modo assoluto impedisca la possibilità della relativa prestazione...il che, alla stregua del principio secondo cui genus nunquain perit, può verificarsi solo quando la prestazione abbia per oggetto un fatto o una cosa determinata o di genere limitato, e non già una somma di denaro (Cass. 16-3-1987 n. 2691; Cass. 17-6-1980 n. 3844; Cass. 15-7-1968 n. 2555; nello stesso senso Cass. 30-4-2012 n. 6594" (Cass n. 25777 del 2013) Sempre in linea di massima, peraltro, le prestazioni oggi irrealizzabili potranno tornare ad essere concretamente possibili alla cessazione dello stato di emergenza, salvo che non venga stabilito un termine ritenuto essenziale. La legislazione speciale adottata a seguito dell'emergenza pandemica ha tipizzato l'impossibilità oggettiva quale causa che giustifica l'esonero di responsabilità del debitore, disponendo che questi non è responsabile allorquando non abbia potuto rendere la prestazione a causa degli obblighi imposti dai provvedimenti legislativi emergenziali. Non è venuto meno, in ogni caso, il nesso causale fra l'osservanza delle misure restrittive e inadempimento, nesso che dunque va provato e contestualizzato. Non è infatti sufficiente dimostrare che sono state le misure ad aver bloccato o limitato la prestazione, in quanto hanno vietato o ritardato l'esercizio di un'attività, per liberare il debitore dall'area della responsabilità, consentendogli di porre il rapporto contrattuale in una situazione di quiescenza. Resto quindi fermo il principio per il quale spetta al debitore dimostrare di aver fatto uso della ordinaria diligenza per rimuovere gli ostacoli creati all'esatta esecuzione degli impegni contrattualmente assunti. L'obbligato per escludere la propria responsabilità, non può dunque limitarsi ad allegare assiomaticamente che l'inadempimento è ascrivibile alle misure anticontagio, dovendo offrire la prova circostanziata del collegamento eziologico fra inadempimento e causa impossibilitante, rappresentata dal rispetto delle prescrizioni di contenimento dell'epidemia. Gli stessi giudici di legittimità hanno sancito che, perché l'impossibilità della prestazione costituisca causa di esonero del debitore da responsabilità, deve essere offerta la prova della non imputabilità, anche remota, di tale evento impeditivo, non essendo rilevante, in mancanza, la configurabilità o meno del "factum principiò" (Cass. n. 2017 n. 13142). Appare pertanto evidente che l'onere di allegazione probatoria non è sovvertito dall'impossibilità sopravvenuta della prestazione che deve essere sempre e comunque provata. Si può dunque ragionevolmente sostenere che anche in epoca di pandemia da COVID-19 il debitore, ha l'onere di dimostrare che è stato proprio il rispetto delle misure di contenimento ad avergli impedito di eseguire la prestazione; infatti, se la necessità di adeguarsi alla normativa emergenziale è in line astratta causa di forza maggiore, resta l'esigenza per il debitore di dimostrare che il suo inadempimento è derivato proprio dall'esigenza di allinearsi ad essa. In definitiva, se è indubbio che la pandemia da COVID-19 rappresenta sicuramente un evento naturale imprevedibile ed incontrollabile, perché possano invocarsi le tutele degli artt. 1256 e 1467 c.c. occorre che essa o, più in generale, i relativi risvolti in ambito legale ed economico, abbiano avuto efficacia causale sull'inadempimento o sull'eccessiva onerosità di un eventuale adempimento, di talché l'onere di allegazione probatoria non è sovvertito dall'impossibilità sopravvenuta della prestazione e questa va sempre e comunque provata. Facendo applicazione dei suesposti principi alla presente vicenda, occorre innanzitutto precisare che il titolo esecutivo opposto si fonda sul mancato pagamento di tre fatture emesse dalla creditrice rispettivamente il 29 febbraio, il 3 marzo e il 31 maggio del 2020 e che risulta indubbio oltre che incontestato, che i beni oggetto del contratto di distribuzione, sono stati regolarmente consegnati a (...) e da questa distribuiti ai vari clienti di zona. A giustificazione del proprio inadempimento, l'opponente riferisce che le forniture effettuate ai singoli negozianti sono state incassate solo in minima parte e mediante titoli post-datati e di aver inoltre dovuto concedere, causa pandemia, sconti sulle forniture (...). Produce a sostegno delle proprie difese una serie di assegni e cambiali postdatati, asseritamente emessi dai propri clienti per le forniture dei capi di abbigliamento (...). nonché alcune note di credito. Occorre tuttavia precisare che non è stata fornita prova alcuna che tali documenti siano effettivamente riconducibili alla fornitura di parte convenuta, oltre al fatto che taluni dei titoli prodotti in giudizio risultano privi dei dati del beneficiario e del traente. Per contro, parte opposta ha prodotto copiosa, ancorché parziale, documentazione dalla quale si evince che (...) ha incassato dalla propria clientela gran parte delle forniture (...). In base a tali elementi, consegue che l'attrice non può invocare a giustificazione del proprio inadempimento l'art. 15 del contratto di distribuzione, per il quale le parti non sono responsabili l'una nei confronti dell'altra nel caso in cui l'inadempimento o il suo ritardo siano imputabili per causa di forza maggiore o eventi di carattere eccezionale, in quanto non ha dimostrato che l'obbligo di attenersi alle misure emergenziali le ha impedito, di fatto, l'adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti della (...). L'inadempimento della (...), pertanto, non può essere ricondotto alla situazione emergenziale conseguente la pandemia: infatti, se è plausibile che quest'ultima può aver determinato un minor afflusso di cassa, ciò non significa che il contratto di distribuzione in oggetto deve ritenersi risolto. In altri termini, l'inadempimento per impossibilità sopravvenuta della prestazione causa pandemia non può essere invocato in quanto l'esecuzione della prestazione debitoria non è divenuta, nella fattispecie, impossibile, avendo (...) dato esecuzione al contratto di distribuzione concluso con la (...) anche durante la fase pandemica. Peraltro per le obbligazioni pecuniarie, come sopra precisato, non si può mai parlare di impossibilità sopravvenuta assoluta (cfr. Cass. 25777 del 2017), a diventare impossibile risulta semmai l'esercizio dell'attività commerciale e non il pagamento del corrispettivo stabilito. Non avendo dunque fornito prova del nesso causale fra l'osservanza delle misure restrittive e l'inadempimento, permangono in capo alla (...) tutte le obbligazioni assunte nei confronti della creditrice. Quanto all'istanza subordinata formulata dall'attrice di risoluzione contrattuale stante l'eccessiva onerosità sopravvenuta, si precisa che, ferme restando le considerazioni sopra svolte, il contratto di distribuzione de quo si è risolto ex lege ai sensi dell'art. 1454 c.c. una volta decorsi i termini di diffida ad adempiere intimati da (...) in data 23 luglio 2020. Nè può essere imputata all'opposta una violazione del principio di buona fede, considerato che ciascuno dei contraenti è tenuto a salvaguardare l'interesse dell'altro sempre che ciò non comporti un apprezzabile sacrificio dell'interesse proprio. L'eventuale crisi di liquidità, infatti, è pur sempre un rischio insito dell'attività imprenditoriale, anche laddove discenda dall'altrui insolvenza o da una stagnazione del mercato, trattandosi di un aspetto che connota la sfera organizzativa individuale e che può essere lamentato, nella fattispecie, anche dalla creditrice. Alla luce delle precedenti considerazioni, non possono altresì trovare accoglimento le richieste da parte di (...) di un'equa riduzione del 50 per cento di quanto ingiunto nel titolo esecutivo opposto e di condanna della convenuta al risarcimento del danno non patrimoniale per condotta diffamatoria e anticoncorrenziale, con inibizione di analoghi comportamenti. Occorre infine rilevare che parte attrice ha dimostrato un sostanziale disinteresse circa l'esito della causa atteso che non ha depositato nessuna memoria ex art. 183 c.p.c., rimanendo inerte dinanzi le istanze istruttorie di parte opposta, né depositato la comparsa conclusionale, limitandosi, in sede di precisazione delle conclusioni, a quanto dedotto nell'atto introduttivo e nelle successive note scritte. In base alle esposte ragioni, ogni altra richiesta ed istanza istruttoria restano assorbite e la presente opposizione deve essere rigettata con conferma del decreto ingiuntivo opposto. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo ai sensi del D.M 55/2014 e successive modifiche, tenuto conto del valore della causa e dell'attività effettivamente svolta dalle parti. P.Q.M. Il Tribunale di Firenze, disattesa e/o assorbita ogni diversa domanda, difesa ed eccezione, definitivamente pronunciando nella causa iscritta a ruolo al n. RG 13651/2020: 1) conferma il decreto ingiuntivo n. 4425/2020 R.G 10145/2020, emesso dal Tribunale di Firenze in data 9 novembre 2020; 2) condanna (...) srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle spese di lite in favore di (...) srl che liquida in euro 3.800,00 oltre Iva e cpa, come per legge. Firenze, 30 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 30 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE 03 - Terza Sezione Civile nella persona del Giudice on. Liliana Anselmo pronunzia SENTENZA nella causa iscritta il 28.12.2018 e segnata dal N. R.G.C.A. 3/2019, promossa da (...) rappresentata e difesa dall'Avv.(...) -Opponente a D.I.- contro (...) in persona del suo Presidente e legale rappresentante sig.ra (...) rappresentata e difesa dall'Avv.(...) del Foro di Livorno -Opposta- e (...) rappresentato e difeso dall'avv.(...) -terzo chiamato in causa - OGGETTO: Opposizione a D.I. n. 5311 del 5 novembre 2018 Esposizione dei Fatti (...) (associazione sportiva dilettantistica) assume, nel ricorso monitorio depositato il 18.09.2018: - di aver stipulato ("oralmente") con la sig ra (...) già socia della (...) nella sua qualità di proprietaria di cavalli, un contratto di custodia, affidamento e pensionamento dei cavalli (...)" (n. sire (...)) e (...) (microchip n. (...) (microchip (...) n. (...) e (...) (U eln (...) che erano in uso ai suoi figli (...) e (...) - che al mese di giugno 2017 (...) aveva accumulato un debito nei confronti del (...) di Euro 9.430,00, - che, a seguito di successivi accordi privati (...) avrebbe consegnato a saldo alcuni titoli di credito con cui corrispondere la quota parte di metà dell'importo sopra menzionato, spettando al sig. (...) - padre ed ex marito - il pagamento della differenza, come peraltro disposto dal Tribunale di Firenze nel procedimento di separazione personale tra coniugi; - che "dei titoli rilasciati da (...) a saldo del pregresso sono stati incassati solo Euro 4.000, essendo i residui assegni non coperti da provvista per espressa comunicazione della debitrice che richiese di non porli all'incasso"; - che (...) avrebbe continuato a non corrispondere alla (...) alcunché a titolo di mantenimento, cura e custodia dei cavalli - nonostante la ricognizione di debito contenuta nelle numerose corrispondenze via sms intercorse con la legale rappresentante del maneggio e la notifica dell'intimazione di pagamento ex artt. 275 e 2797 c.c. (per la somma di Euro 18.891,00, con esercizio del diritto di ritenzione e vendita a mezzo espropriazione mobiliare privata in caso di mancato pagamento) - per cui alla data del deposito del ricorso monitorio risulterebbe debitrice della somma complessiva di Euro 22.721,00. Il Tribunale di Firenze emetteva il D.L. n. 5311 in data 5 novembre 2018 per l'indicata somma, oltre gli interessi legali maturati e le spese legali, che veniva notificato a (...) il 13.11.2018 In sede di opposizione a D.I., (...) rileva: -che avverso l'intimazione di pagamento ha instaurato il giudizio R.G. 8433/2018, - che nell'intestazione del ricorso monitorio è stato indicato il Tribunale di Livorno quando poi invece il ricorso è stato depositato a Firenze, - che il D.I. sarebbe nullo per difetto delle condizioni di ammissibilità "tipiche" (rectius per genericità) costituite dall'indicazione del titolo/causale del credito e del periodo di riferimento in cui sarebbe maturato il credito; - che è proprietaria di uno dei 4 cavalli per cui sarebbero state sostenute le spese di mantenimento (senza indicare tuttavia qual è il cavallo). All'udienza del 4.6.2019 parte opposta chiedeva l'emissione di ingiunzione di pagamento ex art. 186 ter c.p.c. provvisoriamente esecutiva per la somma di Euro 28.871,10 (ovvero anche per somme maturate successivamente al deposito del ricorso monitorio pari ad Euro 6.150,00, rispetto alla quale formulava domanda riconvenzionale) e, in via subordinata, la concessione della (...) dell'importo portato dal D I; con Provv. del 4 giugno 2019 non è stato emesso né il provvedimento ex art. 186 ter c.p.c. né quello di cui all'art. 648 c.p.c. Con successiva ordinanza del 10.12.2019 venivano ammessi i mezzi di prova dedotti e formulati nelle memorie istruttorie e veniva fissata l'udienza del 16.6.2020 per la loro assunzione, l'udienza, per effetti dei provvedimenti legislativi adottati per il contenimento della diffusione del Covid 19, veniva rinviata a quella del 17.11.2020 che, a sua volta, per impedimento giustificato del legale di parte opposta, veniva differita a quella del 29.04.2021. Alla detta ultima udienza, parte opponente depositava copia dell'ordinanza del Tribunale di Firenze del 12.04.2021 (dott.ssa (...)), dalla quale risulta che "(...) deve pagare il 100% delle spese straordinarie sostenute e da sostenere per i figli purché preventivamente comunicate al padre che provvederà a pagarle direttamente o a rimborsarle previa esibizione della relativa documentazione". Il giudice, ritenutane l'opportunità ex art. 107 c.p.c., disponeva la chiamata del sig. (...) a cura di parte opponente per l'udienza del 28.10.2021 (con rinvio a data da destinarsi per l'assunzione dei testi che avrebbero dovuto deporre all'udienza del 29.4.2021). In data 7 ottobre 2021 si costituiva m giudizio il terzo sig. (...) deducendo nella comparsa di costituzione e risposta ex art. 271 c.p.c.: -di non aver mai preso parte all'accordo sulla scorta del quale parte opposta ha chiesto ed ottenuto il D.I. (pur ammettendo di aver pagato parte degli importi in esecuzione di provvedimenti del giudice della separazione); - che i cavalli non gli appartengono, per cui non sussisterebbe il presupposto della "chiamata in causa del terzo ex art. 107 c.p.c." rappresentato dall'esistenza di una causa comune; - che l'ordinanza del 12.4.2021 regola esclusivamente i rapporti tra gli ex coniugi e non consente a terzi creditori di potersi avvalere del detto provvedimento giudiziale che, comunque, non è invocabile per regolare i rapporti anteriormente maturati, atteso il suo carattere irretroattivo; -che medio tempore è stata pronunciata la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da (...) ed (...) con sentenza nr. 947 dell'8.4.2021 del Tribunale di Firenze, che ha confermato che le "spese straordinarie dovranno essere sostenute da(...) nella misura del 100% per i tre figli"; -che fino a tale ultima sentenza sono state emesse più ordinanze regolatrici dei rapporti economici con riguardo alle spese dei figli, la prima del 2.10.2016 (dott.ssa (...)) per la quale "le pese ..per attività extrascolastiche formative (es. viaggi di istruzione, sports, corsi, ecc) queste ultime previamente concordate siano ripartite al 50% tra entrambi i genitori" ; la seconda del 21/22.12.2020 (dott.ssa (...)) che ha disposto che (...) sostenga nella misura del 100% le spese dei tre figli (anche in relazione all'attività di equitazione acquistando un cavallo e partecipando a competizioni agonistiche) e la terza del 12 4 2021 (dottssa (...)) simile a quella del dicembre 2020, - che l'ordinanza del 21/22.12.2020 è stata riformata dalla Corte di Appello di Firenze con decisione del 19.3.2021, per cui è stato disposto che "...le pese straordinarie saranno pertanto concordate e sostenute nella misura del 50% come stabilito in sede di separazione", motivo per il quale anche l'ordinanza del 12.4.2021 è superata e irrilevante ai fini di causa, -che il giudizio di opposizione all'intimazione di pagamento si era medio tempore concluso con sentenza n. 1873 del 12.6.2019 negativamente per (...) per mancanza di prova dell'effettiva debenza delle somme richieste e del quantum debeatur; - che (...) in data 12.11.2018 aveva sottoscritto una transazione con l'ex coniuge (...) dichiarando non aver più nulla da pretendere dal sig.(...) in merito alle spese straordinarie dei figli maturate o pretese fino alla data del 25.10.2018"; - di non aver mai espresso consenso alla compartecipazione delle spese di mantenimento e custodia dei cavalli con (...) perché mai concordate con l'opponente. -che pertanto chiedeva di accertare e dichiarare l'inesistenza dei presupposti della chiamata in causa e il rigetto delle domande. A tale comparsa di costituzione e risposta parte opposta replicava depositando memoria di risposta in data 24.2.2022 contestando tutto quanto rilevato da (...) avanzando domanda di condanna del sig.(...) in via solidale con parte opponente, al pagamento della somma ingiunta, oltre interessi e spese, anche parte opponente, in data 25.2.2022, depositava in PCT "istanza" con la quale chiedeva, laddove il Tribunale avesse confermato il D.I. opposto, di essere manlevata e rilevata indenne dal sig. (...) da quanto eventualmente condannata a pagare in favore di (...) o comunque perché (...) medesimo venga condannato a pagare le somme oggetto di ingiunzione. La causa veniva chiamata all'udienza del 25.2.2022 dal sottoscritto giudice, al quale la causa gli è pervenuta per effetto del Decreto del Presidente del Tribunale n. 91 del 15.7.2021 subentrando al giudice precedente, ove (...) avanzava domanda di "estromissione" e, comunque, perché venisse dichiarata inammissibile la domanda di condanna formulata nella "memoria di risposta" depositata il 24.2.2022 in quanto non autorizzata (e non prevista dall'ordinamento). Questo giudice, riservata ogni decisione sulla superiore istanza di "estromissione" e sull'inammissibilità della domanda di condanna formulata nella memoria del 24.2.2022, invitava parte opposta a dare avvio alla procedura di mediazione delegata (anche perché non disposta immediatamente dopo l'emissione del provvedimento di rigetto dell'istanza ex art. 648 c.p.c.) con rinvio all'udienza dell'8.7.2022. Il procedimento di mediazione veniva promosso presso l'Organismo di mediazione (...) in Livorno (r.g. n. 67/2002) con primo incontro fissato il 21.7.2022. All'udienza dell'8.7.2022 il terzo chiamato sig.(...) rilevava che la promozione della mediazione presso un organismo di Livorno (che non ha competenza territoriale su Firenze) non aveva prodotto effetti utili sulla procedibilità della domanda di pagamento portata dal D.I. comportante l'estinzione del titolo, cui si opponeva parte opposta Con ordinanza del 5.9.2022 (a scioglimento della riserva) ritenuta la rilevanza decisoria delle eccezioni sollevate dal terzo chiamato, veniva fissata l'udienza del 25.11.2022. In tale udienza parte opposte chiedeva di fissare nuova udienza per l'assunzione dei testi ammessi "ritenendo che la loro assunzione avrebbe dovuto effettuarsi alla data del 28.10.2021", rispetto alla quale non aveva la prova di aver citato i testi, parte opposta veniva dichiarato decaduto dalla prova ex art. 103 c.p.c.. La causa veniva ritenuta matura per la decisione e le parti rassegnavano le conclusioni all'udienza del 17.2.2023 e venivano assegnati i termini di cui all'art. 190 c.p.c.. Motivi della decisione Sulle domande proposte avverso il sig.(...) Occorre dare atto che medio tempore il Tribunale di Firenze ha emesso sentenza in date 29/3/2023 - 14/04/2023 nel giudizio divorzile in ordine alle questioni "economiche" pendenti tra g}i ex coniugi e, tra queste, per quanto di rilievo nella presente causa, viene richiamata la disposizione secondo la quale il sig.(...) è tenuto al pagamento del 100% delle spese straordinarie dei figli, fatte eccezione per le attività sportive, rispetto alle quali ogni spesa dovrà essere sostenuta da (...) Per l'effetto ogni domanda di "condanna" avanzata nei riguardi del terzo chiamato in causa - peraltro inammissibilmente introdotte nelle memorie difensive non autorizzate sia di parte opposta che di parte opponente - non ha più alcuna giustificazione, essendo state tutte superate le ordinanze precedentemente emesse a riguardo sia dal Tribunale di Firenze (dott.ssa (...), dott.ssa (...), dott.ssa (...)) che dalla Corte di Appello di Firenze, e ciò anche in conformità e sulla scorta della transazione sottoscritta nel novembre del 2018 tra gli ex coniugi circa l'assunzione da parte di parte opponente degli obblighi di pagamento delle spese straordinarie dei figli sostenute da giugno 2017 fino a settembre del 2018. Nel constatare ad ogni modo il difetto di legittimazione passiva del sig.(...) rispetto ad ogni domanda avanzata nel presente giudizio nei suoi riguardi, si tenga conto - e ciò ai fini della regolazione delle spese processuali tra parte opponente e chiamato in causa su istanza della prima - che la chiamata in causa all'epoca era giustificata alla luce delle ordinanze adottate dal Tribunale nei giudizi di separazione personale e di divorzio che posero(...)nella condizione di "opinare" circa il proprio difetto di legttimazione che, pur in comparsa di costituzione e risposta, venne da questa ritualmente eccepito in considerazione dell'indubbia "comunanza di causa" esistente all'epoca in quanto veniva in rilievo una "connessione oggettiva" tra la posizione di(...)e quella di(...) Del resto è noto che l'ordine di chiamata del terzo può essere adottato quando viene contestata la titolarità passiva del rapporto obbligatorio e ciò al fine di evitare la doppia soccombenza di una delle parti, il conflitto di giudicati. Al contempo, parte della giurisprudenza precisa che l'ordine di chiamata in causa possa essere dato solo quando la parte è decaduta dal potere di chiamare in causa il terzo ex art. 106 c.p.c. per causa a lei non imputabile e questo non si è inverato nel caso di specie. Nel contemperare le diverse esigenze e posizioni sopra rappresentate, le spese processuali di parte opponente(...) e del terzo chiamato in causa(...) vengono integralmente compensate tra loro. Sul rapporto obbligatorio tra(...) Parte opposta ha esperito la procedura di mediazione presso un organismo di mediazione avente sede in L.(...) Via(...)ed il primo incontro si sarebbe dovuto tenere il 21.07.2022 dinanzi al mediatore designato, Avv.(...) (n.d.r iscritto all'Ordine degli Avvocati di Livorno), in contro si sarebbe svolto "in remoto". Tuttavia detta iniziativa non ha tenuto conto della competenza territoriale che l'art. 1 comma 3 D.Lgs. n. 28 del 2010 pone a riguardo (il mediatore deve avere sede nel luogo del circondario del Tribunale competente alla trattazione della causa) e del fatto che le parti non avevano raggiunto alcun accordo in deroga alla regola (difatti non è stato prodotto alcun accordo scritto tra le parti per la presentazione della domanda di mediazione presso organismo esterno al circondano, non vi è clausola contrattuale che lo preveda). Inoltre, dalla lettura del verbale del 21 luglio 2022 (depositato in giudizio da parte opposta il 5 agosto 2022) risulta che "le parti chiamate, pur se informalmente (in quanto contattate telefonicamente stante la loro assenza), hanno sollevato eccezione di incompetenza territoriale", evitando che sulla questione si formasse "giudicato", inoltre lo stesso mediatore ha dato atto nel verbale che "...rilevato che per un disguido non è stato indicato che la presente procedura è stata instaurata sulla sede di (...) di questo Organismo sì che le parti chiamate, pur se informalmente, hanno sollevato eccezione di incompetenza territoriale; che quindi l'istante, concorde il mediatore, ritine opportuno reintrodurre ex novo la procedura, dichiara terminata la procedura peri motivi suddetti" Il documento prodotto conferma, quindi, che: - la sede dell'organismo di conciliazione adito non è compresa nella circoscrizione del Tribunale di Firenze, - nessuna delle altre parti ha aderito alla scelta dell'organismo di conciliazione, - la riunione non si è tenuta. Secondo il condivisibile orientamento della giurisprudenza, la domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi ad un organismo che non ha competenza territoriale non produce alcun effetto (cfr. in tal senso ex multis Tribunale Torino sez. I, 10/16/2022, n.2577; Tribunale Milano sez. VI, 13/01/2023, n. 220; Tribunale Foggia 19 luglio 2021 n. 1831), per cui va dichiarato improcedibile il presente giudizio per omessa proposizione del prescritto procedimento media-conciliativo. Difatti Part 5 comma 2 del D.Lgs. n. 28 del 2010 prevede testualmente quanto segue: "2. Fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l'esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso, reperimento del procedimento dì mediazione è conditone dì procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello. Il provvedimento di cui al periodo precedente è adottato prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non e prevista prima della discussione della causa. Il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni perla presentazione della domanda di mediazione." Dunque, in qualunque grado del giudizio, anche di appello e fino alla precisazione delle conclusioni o discussione, il Giudice, valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione ed il comportamento delle parti, può disporre l'esperimento del procedimento di mediazione ed in tal caso lo stesso diviene condizione di procedibilità della domanda. Il disposto di cui all'art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 28 del 2010 deve ritenersi applicabile a tutte le controversie e non solo a quelle oggetto di mediazione obbligatoria di cui al comma 1, che disciplina una condizione di procedibilità ad hoc. Inoltre l'art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 28 del 2018, dispone testualmente quanto segue: "1. La demanda di mediazione relativa alle controversie di cui all'articolo 2 è presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all'organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempro della domanda si ha riguardo alla data del deposito dell'istanza". Pertanto la domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi ad un organismo che non ha competenza territoriale non produce alcun effetto. Nel caso di specie, in mancanza di un espresso accordo delle parti, la domanda di mediazione avrebbe dovuto essere presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo di Firenze, quale luogo del giudice territorialmente competente per la presente controversia. Le ulteriori domande, eccezioni e questioni proposte dalle parti devono ritenersi assorbite, in ossequio al c.d. "criterio della ragione più liquida", in forza del quale la pronuncia viene emessa sulla base di un'unica ragione, a carattere assorbente, che da sola è idonea a regolare la lite (cfr. per tutte: Cass. Civile, Sezioni Unite, 12 dicembre 2014 n. 26242, Cass. Civile, Sezioni Unite, 12 dicembre 2014 n. 26243, Cass, civile, sez. II, 03 luglio 2013, n. 16630, Cass. civile, sez. III, 16 maggio 2006, n. 11356). Il D.I. deve essere revocato. Le spese processuali vengono compensate integralmente non essendo stata sostanzialmente contestata da parte opponente la circostanza dell'espletamento da parte di (...) dell'attività di custodia e mantenimento dei n. 4 cavalli utilizzati dai figli nell'esplicazione della loro attività sportiva, per cui vi è soccombenza reciproca ex art. 92, 2 comma, c.p.c.. P.Q.M. Il Tribunale di Firenze, terza sezione civile, definitivamente pronunciando, - dichiara inammissibili le domande di condanna, diretta e/o in manleva, proposte da(...)e da(...)nei riguardi del sig. (...) - le spese processuali tra parte opponente e terzo chiamato in causa sono integralmente compensate, - dichiara improcedibile il presente giudizio per omessa proposizione del prescritto procedimento media-conciliativo. - il D I. opposto viene revocato, - le spese processuali di parte opposta e di parte opponente sono compensate integralmente. Sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege. Così deciso in Firenze il 15 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 16 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Civile di Firenze Sezione Quinta Civile - Sezione specializzata in materia di impresa Il Collegio nella seguente composizione: dott. Niccolo' Calvani Presidente dott.ssa Linda Pattonelli Giudice dott.ssa Laura Maione Giudice relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. RG 4774/2020 tra le parti: (...) QUALE TITOLARE DELLA DITTA INDIVIDUALE (...), rappresentata e difesa dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio a Faenza in Corso (...), come da procura allegata telematicamente. ATTRICE e (...) QUALE TITOLARE DELLA DITTA INDIVIDUALE (...), rappresentato e difeso dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio a Montecatini Terme in Via (...), come da procura allegata telematicamente. CONVENUTO OGGETTO: marchio. CONCLUSIONI Attrice: "CHIEDE che l'Ecc.mo Tribunale adito Voglia fissare l'udienza in cui la causa sopra indicata dovrà proseguire, con fissazione altresì del termine entro il quale codesta parte istante dovrà notificare il presente ricorso e pedissequo decreto di fissazione dell'udienza a controparte, affinché siano accolte le seguenti conclusioni: - ordinare, per i motivi esposti nella narrativa dell'atto di citazione, a (...), quale titolare della ditta "(...)", di modificare completamente la denominazione della propria ditta e del proprio mezzo, cessare completamente l'uso della denominazione e del segno (...) anche a livello di social network e pubblicità, usando a partire dalla data della pronuncia della sentenza una denominazione ed un segno che non abbia alcuna analogia né assonanza con quella utilizzata e registrata precedentemente dalla sig.ra (...), titolare della ditta (...) e del marchio pata-trac. - condannare la ditta "(...)" a risarcire il danno provocato all'attrice, per i motivi esposti in narrativa, che si quantifica nella somma di euro 10.000,00 ovvero diversa somma che per l'indicato titolo sarà determinata in corso di causa oppure ritenuta equa e di giustizia". Convenuto: "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, in via preliminare, dichiararsi improcedibile la domanda per mancanza di avvio della procedura di mediazione obbligatoria, nel merito, rigettare la domanda in quanto infondata in fatto ed in diritto. Con ogni consequenziale pronuncia di ragione e di legge. Con vittoria di compensi e spese". FATTO E DIRITTO Con ricorso depositato il 2.5.2020 (...), quale titolare e legale rappresentante di (...), ha riassunto dinanzi a questo Tribunale delle Imprese la causa originariamente introdotta con atto di citazione presso il Tribunale di Pistoia - che ha poi dichiarato la propria incompetenza - avente ad oggetto la contraffazione di marchi. In particolare l'odierna ricorrente ha riferito di utilizzare per la propria attività un mezzo denominato pata-trac e di aver registrato il relativo marchio in data 24.2.2016; di aver riscontrato che il convenuto in data 9.4.2018 ha avviato la propria attività denominando la ditta (...) ed il mezzo utilizzato (...); che le parti svolgono la medesima attività e partecipano agli stessi eventi con rischio evidente di confusione per gli organizzatori e per i consumatori attesa la medesima denominazione che è oggetto della stessa pronuncia e assonanza; che nonostante la diffida all'utilizzo di detta denominazione la controparte nulla ha modificato. (...) ha quindi affermato che l'utilizzo della denominazione della controparte viola il diritto di esclusiva attribuito all'attrice dalla registrazione del marchio e che costituisce fonte di danno attesa l'impossibilità di iscriversi ad eventi ove risulta già iscritto il convenuto o la necessità di partecipare usando un altro mezzo anziché quello denominato pata-trac. Per queste ragioni ha chiesto di ordinare al convenuto di modificare la propria denominazione sociale e quella apposta sul proprio mezzo con condanna al risarcimento dei danni quantificato in Euro 10.000,00, poi aumentato ad Euro 15.000,00 in sede di prima memoria. Costituendosi in giudizio il convenuto ha eccepito preliminarmente l'improcedibilità della domanda per non essere stata preceduta dal tentativo obbligatorio di mediazione; nel merito ha contestato la domanda evidenziando che non sussiste nessuna confondibilità tra i segni utilizzati dalle parti dal momento che oggetto del giudizio è un marchio complesso risultante dalla composizione di un elemento denominativo ed uno fonetico laddove il primo è difforme ed il secondo non ha autonomia rispetto al servizio; ha aggiunto che il marchio dell'attrice non è diffuso, che manca la prova dell'identità di attività e di ambito territoriale di operatività, oltre che quella del danno. La causa è stata istruita sulle sole produzioni documentali delle parti. All'udienza del 7.2.2023 i procuratori delle parti hanno precisato le conclusioni e, concessi i termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e di replica, la causa è stata rimessa al Collegio per la decisione. L'eccezione preliminare di improcedibilità è infondata: in materia di marchi non è prevista la mediazione obbligatoria. Peraltro si osserva che l'attrice ha inviato al convenuto l'invito a stipulare una convenzione di negoziazione assistita ma lo stesso non ha aderito. Sempre in via preliminare occorre confermare la valutazione del GI in ordine alle istanze istruttorie formulate dalle parti. Le prove per testi chieste dall'attrice sono, infatti, inammissibili, vuoi perché in parte i capitoli sono superflui alla luce delle prove documentali e delle allegazioni delle parti, vuoi perché in gran parte sono riferiti a circostanze nuove non tempestivamente introdotte in giudizio ovvero a fatti solo genericamente descritti. I capitoli per testi formulati dal convenuto sono inammissibili in quanto in gran parte riferiti a fatti non tempestivamente allegati, in parte pacifici ed in parte generici o valutativi. Quanto al merito, la domanda deve essere accolta. Gli elementi acquisiti al giudizio consentono di ritenere sussistente la violazione da parte del convenuto dell'art. 22 C.P.I. secondo cui "è vietato adottare come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio di un sito usato nell'attività economica o altro segno distintivo un segno uguale o simile all'altrui marchio se, a causa dell'identità o dell'affinità tra l'attività di impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio è adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni". Difatti, l'attrice risulta aver depositato in data 24.2.2016 domanda di registrazione del marchio "(...)" (cfr. doc. 1) con riferimento a servizi di ristorazione e attività ambulante. Il convenuto risulta aver avviato la propria attività in data successiva -9.4.2018 come emerge dalla visura prodotta dall'attrice sub doc. 2- con denominazione della ditta come "(...)" e con attività indicata "ristorazione ambulante (furgoni attrezzati per la ristorazione ambulante di cibo pronto per il consumo)". Premesso ciò, il giudizio di contraffazione del marchio va svolto in via globale e sintetica, mediante un apprezzamento complessivo che tenga conto degli elementi salienti grafici, visivi e fonetici, nonché di quelli concettuali o semantici. Nel caso di specie è evidente che sebbene il segno distintivo utilizzato dal convenuto come denominazione sociale e per contraddistinguere i propri automezzi sia scritto in modo differente -(...) invece di (...)-, ha tuttavia una identica pronuncia ed ha concettualmente lo stesso significato di identificare un "truck", un automezzo, che vende patatine e similari cibi di street food. Il convenuto, infatti, non ha contestato di svolgere la propria attività nel settore dello street food; peraltro ciò è dimostrato anche dalle fotografie prodotte dall'attrice (docc. 3 e 7); neppure è contestato che le parti partecipino ad eventi in tutto il territorio nazionale, sicché può ritenersi sussistente anche una identità dell'ambito territoriale di operatività delle parti. Nessuna rilevanza ha poi la circostanza, sostenuta dal convenuto, che per l'attrice si tratti di marchio e che per il convenuto si tratti della ragione sociale. È evidente in conclusione che l'identità fonetica dei segni, il medesimo ambito di attività e la stessa estensione territoriale di quest'ultima inducono a ritenere come illegittimo l'uso del segno distintivo da parte del convenuto stante il rischio di confusione che si può ingenerare nel pubblico. Ciò posto l'attrice ha domandato di ordinare al convenuto la modifica della denominazione sociale della ditta e del mezzo e tanto deve essere oggetto della presente pronuncia. Parte attrice ha, poi, chiesto la condanna del convenuto alla liquidazione del danno. Tale richiesta, tuttavia, non può essere accolta. La Corte di Cassazione ha ribadito più volte come "la valutazione equitativa del danno ai sensi dell'art. 1226 c.c. presuppone che il pregiudizio economico, di cui la parte reclama il risarcimento, sia certo nella sua esistenza ontologica, per cui se tale certezza non sussiste, il potere discrezionale del giudice di merito nonostante l'affermazione generica e astratta di un virtuale diritto al risarcimento, non ha modo di estrinsecarsi, dovendo anche in tale caso procedersi in applicazione del principio dell'onere della prova quale regola del giudizio e secondo cui attore non probante reus absolvitur" (ex multis Cass. Civ., sez. III, 05.04.2003, n. 5375). Nel caso di specie, nonostante la prova dell'avvenuta contraffazione, il danno, che non può essere ritenuto sussistente in re ipsa (cfr. Cass., sez. I, 18.12.2003, n. 19430) e di cui non è stata data la prova puntuale, non può essere liquidato in via equitativa atteso che parte attrice non ha fornito alcun principio di prova della sua sussistenza essendosi limitata ad allegare generiche difficoltà riscontrate con la partecipazione ad eventi. Le spese di lite, liquidate in dispositivo ai sensi del DM 55/14 come modificato dal DM 37/18 in applicazione dei parametri medi per tutte le fasi con riferimento allo scaglione di valore indeterminato e complessità bassa, tenuto conto della nota spese del difensore, del valore della causa, delle attività espletate e delle questioni trattate, seguono la soccombenza e devono essere refuse in misura dimidiata in favore dello Stato in considerazione dell'ammissione dell'attrice al patrocinio a carico dello Stato. P.Q.M. Il Tribunale di Firenze, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa istanza, così provvede: 1) ordina a (...), quale titolare della ditta "(...)", di modificare la denominazione della propria ditta e del proprio mezzo, di cessare l'uso della denominazione e del segno (...) anche a livello di social network e pubblicità, usando a partire dai 15 giorni successivi alla pronuncia della sentenza una denominazione ed un segno che non abbiano nessuna analogia né assonanza con quella utilizzata e registrata da (...), 2) rigetta la domanda risarcitoria, 3) condanna (...) a rifondere allo Stato le spese di lite, liquidate in Euro 2.300,00, oltre al rimborso forfetario sul compenso, oltre alle spese prenotate a debito e anticipate, oltre all'IVA e al C.P.A.. Così deciso a Firenze nella Camera di Consiglio del 9 maggio 2023 su relazione della dott.ssa Laura Maione. Depositata in Cancelleria il 15 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FIRENZE SEZIONE TERZA CIVILE Il Giudice, dott. Massimo Maione Mannamo, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento civile n. 10785/2020 R.G. Affari Contenziosi, avente ad oggetto: "Trasporto aereo-risarcimento danno". VERTENTE TRA (...) rappresentata e difesa dall'avv.(...) -Appellante- E (...) Ltd, rappresentata e difesa dall'avv.(...) -Appellata- SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con sentenza n. 87/2020 il Giudice di Face di Firenze, in accoglimento della domanda proposta dalla (...) Ltd, quale rappresentante di (...) in proprio e quale rappresentante legale del figlio minore (...) condannò la (...) al pagamento di Euro 600 per ciascuno dei passeggeri a titolo di compensazione pecuniaria ex art. 7 del Regolamento CEE n. 261/2004 per ritardo del volo SU 2597 del 4 Marzo 2018 da Venezia a Mosca, oltre alla rifusione delle spese processuali. Preliminarmente il primo giudice rigettò l'eccezione sollevata dalla, convenuta, la quale aveva eccepito la carenza di legittimazione attiva della (...) in quanto priva di valido titolo per la rappresentanza sostanziale e processuale dei passeggeri. Sotto tale aspetto osservò che la (...) aveva conferito valida procura scritta alla (...) per agire in nome e per conto di essa e del figlio minore e tanto legittimava la società attrice, ai sensi degli artt. 317 e 77 c.p.c., a proporre il giudizio. Sempre in via preliminare rigettò, altresì, l'eccezione di improcedibilità della domanda in quanto non preceduta dal procedimento di negoziazione assistita di cui al D.L. n. 132 del 2014, ritenendo la qualifica di consumatore in capo ai passeggeri. Infine, disattese l'eccezione preliminare di incompetenza del Giudice di pace adito, ritenendo applicabile il foro del consumatore dei passeggeri. Quanto al merito rilevò che era incontestato il ritardo dei volo, oltre le tre ore, così che, applicando il Regolamento CEE n. 261/2004, condannò parte convenuta al complessivo risarcimento dei danno di Euro 1.200, Euro 600 per ogni passeggero, oltre interessi nella misura legale. Avverso la predetta sentenza proponeva appello la (...) affidando le proprie doglianze ai seguenti motivi di censura; 1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 317 e 77 c.p.c.. Innanzitutto era erroneo il riferimento effettuato dal primo giudice all'articolo 317 c.p.c. in quanto tale norma consente ad una parte di farsi rappresentare innanzi al Giudice di pace, di conferire pertanto ad altri la rappresentanza processuale, ma non consente certo al rappresentante processuale di conferire tale rappresentanza ad altri e, quindi, di nominare a sua volta difensori. La facoltà di conferire tale potere di rappresentanza processuale e, invece, prevista dall'articolo 77 c.p.c. il quale, tuttavia, presuppone che il rappresentante sia munito di poteri sostanziali che, nel caso in questione, difettavano in quanto la società attrice non poteva ritenersi rappresentante dei passeggeri, mancando il rapporto di fiducia tra rappresentante e rappresentato posto che tale rapporto fiduciario può sussistere solo con una persona fisica e non certo con una persona giuridica. 2) Improcedibilità della domanda. La domanda proposta doveva ritenersi improcedibilità in quanto non preceduta dal procedimento di negoziazione assistita previsto dal D.L. n. 132 del 2014 previsto per cause inferiori ad Euro 50.000. Nel caso di specie non poteva trovare applicazione l'articolo 3 del medesimo decreto, che esclude la negoziazione assistita in tutte le controversie concernenti obbligazioni contrattuali tra professionisti e consumatori, in quanto la società attrice non poteva essere qualificata come consumatore. 3) Incompetenza per territorio. Escluso che la società attrice potesse essere considerata quale consumatore, il foro di Firenze era estraneo a tutti i fori alternativi previsti dal codice di rito. Chiedeva pertanto la riforma della sentenza. Si costituiva la (...) Ltd la quale, contestando quanto ex adverso dedotto, chiedeva li rigetto dell'appello in quanto infondato in fatto ed in diritto. Sosteneva di essere stata validamente investita di poteri rappresentativi, anche sostanziali, e affermava la correttezza della sentenza impugnata di cui ne chiedeva la conferma. La causa, sulle conclusioni della sola parte appellante cosi come rassegnate a verbale, veniva trattenuta in decisione all'udienza del 17.1.2023, assegnati i termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. MOTIVI DELLA DECISIONE L'appello proposto, per i motivi che saranno di seguito illustrati, non merita accoglimento. Occorre premettere che il richiamo all'articolo 317 c.p.c. operato dai Giudice di pace è erroneo poiché tale norma prevede che "Davanti al giudice di pace le parti possono farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce alla citazione o in atto sparato, salvo che il giudice ordini la loro comparizione personale", cosi che nei giudizio dinanzi al giudice di pace le parti possono, a norma dell'art. 317 c.p.c., farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto, ossia stare in giudizio tramite un mandatario con rappresentanza, anche se non munito di potere rappresentativo nel rapporto sostanziale; ciò che non è consentito al mandatario, in quanto appunto privo di poteri sostanziali, e di nominare a sua volta un difensore che lo difenda e rappresenti nel giudizio. Tanto precisato, si osserva che il gravame risulta palesemente infondato, poiché il primo giudice ha fatto corretta applicazione dell'articolo 77 c.p.c.. Ed invero; la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare che "la rappresentanza processuale volontaria può essere conferita esclusivamente a chi sia investito di un potere, rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporta dedotto in giudizio, come si evince dall'art. 77 c.p.c.) il quale menafona, come possibili destinatari dell'investitura processuale soltanto il (procuratore generale e quello preposto a determinati affari", sul fondamento del principio dell'interesse ad agire (art. 100 c.p.c.), inteso non solo come obbiettiva presenza o probabilità della lite, ma altresì come "appartenenza" della stessa a chi agisce (nel senso che la relazione della lite con l'agente debba consistere in ciò che l'interesse in lite sia suo): più precisamente) dalla lettura combinata degli artt. 100 e 77 c.p.c. si desume la regola generale per cui il diritto di agire spetta a chi abbia il potere dì rappresentare l'interessato nella totalità dei suoi affari (procuratore generale) o in un gruppo omogeneo dì questi.." (Cass. n. 43/2017; Cass. n. 13054/200 6). In definitiva, il potere di stare in giudizio in nome e per conto altrui, e quindi il potere di rilasciare in tale veste la procura al difensore, all'infuori dei casi di rappresentanza legale (art. 75 c.p.c.), può avere fonte contrattuale(art. 77 c.p.c.) solo in forza di un mandato che conferisca anche potere rappresentativo sostanziale nel rapporto dedotto in giudizio (principio già affermato da Cass. SS.UU. n. 48/2001 e Cass. SS.UU n. 8681/1995). Ebbene, nell'ambito del presente giudizio la fonte contrattuale attributiva del potere rappresentativo sostanziale emerge in modo evidente dal doc. n. 1 prodotto da parte attrice ove si legge, su carta intestata alla (...) Ltd: "Ad integratone) chiarimento) rettifica e ratifica del mandato processuale m favore di(...) Ltd, già sottoscritto con riferimento alla posizione n. SGM-4089 per il volo SU 2597 da Venezia a Mosca, le parti si danno reciprocamente atto di aver conferito e di conferire esclusivamente un mandato processuale volontario comprensivo anche della relativa rappresentanza sostanziale, ai sensi e per gli effetti dell' articolo 77 c.p, c., per effetto del quale il passeggero autorizza e incarica (...) ad agire in via stragi indiziale e in via giudiziale in nome e per conto del passeggero stesso, ai fine di, far valere il suo diritto alla compensazione pecuniaria e al risarcimento di eventuali costi, spese e danni extra sostenuti in mento al volo di cui sopra, conferendo nel contempo anche la relativa rappresentanza sostanziale". Ed è proprio nell'attribuzione dell'incarico al rappresentante di agire in via stragiudiziale per far valere il diritto del passeggero alla compensazione pecuniaria, contrattualmente prevista dalle parti, che si rinviene la sussistenza di poteri rappresentativi sostanziali in capo ai rappresentante, trattandosi di attribuzione di un potere di rappresentanza sostanziale esercitabile prima dell'eventuale esercizio del potere di rappresentanza processuale, ed essendo evidente che "fra quanto è necessario per l'esercizio di quest'ultimo potere a partire dall'inizio della lite deve necessariamente comprendersi quanto, prima del livello processuale, può essere posto in essere per scongiurare quell'inizio"(si veda, al riguardo, Cass. n. 19976/2005). Il documento risulta Firmato dall'amministratore della (...) e dalla (...) (...) che aveva la rappresentanza legale dei Figlio minorenne. A Fronte di tale inequivoco atto, qualificabile come mandato con rappresentanza, con il quale i passeggeri attori hanno con Ferito la rappresentanza alla (...) di agire in nome per conto dei rappresentati a tutela anche stragiudiziale dei propri diritti, desta veramente perplessità l'eccezione già sollevata in primo grado e riproposta in sede di appello quale motivo di gravame. Totalmente destituita di Fondamento risulta, poi, la doglianza secondo cui alla (...) non potevano essere conferiti poteri rappresentativi sostanziali, non potendosi instaurare alcun rapporto Fiduciario tra passeggero e la società. Ora, nessuna norma del codice civile limita il rappresentato a rilasciare una procura a chicchessia, sia esso una persona fisica o giuridica. La (...) decise di stipulare un contratto di mandato con rappresentanza con la (...) e a questa rilasciò validamente la procura ad agire in nome e per conto. Non si rinviene ai riguardo alcun profilo di invalidità del rapporto contrattuale intercorso tra le parti. Destituito di Fondamento è anche il motivo di gravame relativo alla improcedibilità della domanda in quanto, ai sensi dell'articolo 3 D.L. n. 132 del 2014, è escluso l'obbliga di esperire la negoziazione assistita in tutte le controversie tra professionisti e consumatori e, poiché nel caso di specie la (...) agi non improprio, ma in nome e per conto della (...) in proprio e per il figlio minorenne, pacificamente consumatori, si deve escludere resistenza dell'obbligo di instaurare il procedimento. Da tanto discende, cioè dalla qualifica di consumatore in capo ai passeggeri, la competenza del tribunale di Firenze, circoscrizione ove hanno residenza i passeggeri. Tanto comporta il rigetto dell'appello. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, ai sensi del D.M. n. 147 del 2022, assunto quale scaglione di riferimento nei suoi valori medi quello compreso tra Euro 1.100,01 ed Euro 5.200(valore della domanda par ad Euro 1.200, oltre interessi). P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda, eccezione e difesa disattese rigetta l'appello proposto dalla (...) nei confronti della (...) Ltd avverso la sentenza n. 87 resa dai Giudice di pace di Firenze in data 16.1.2020, che integralmente conferma: condanna parte appellante alla rifusione, m favore della (...) Ltd, delle spese processuali del presente giudizio d'appello che si liquidano, complessivamente, in Euro 1.701 per compenso, oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e CAP come per legge; visto l'art. 13 co 1-quater TU Spese di Giustizia(D.P.R. n. 115 del 2002), dà atto della sussistenza dei presupposti ai fini del versamento, da parte dell'appellante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato. Così deciso in Firenze l'11 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 12 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Firenze III sezione civile in composizione monocratica, in persona del dott. Enrico D'Alfonso, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 2468 R.G.A.C. dell'anno 2019, avente ad oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo, vertente TRA (...), elettivamente domiciliato in Firenze presso lo studio degli avv. (...), che lo rappresentano e difendono come da mandato allegato all'atto di citazione in opposizione; OPPONENTE E (...) s.p.a. (già (...) s.p.a.), in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Prato presso lo studio dell'avv. (...), che la rappresenta e difende come da mandato allegato al ricorso monitorio; OPPOSTO CONCLUSIONI La parte opponente concludeva chiedendo: accertare e dichiarare la nullità della fideiussione prestata a garanzia del suddetto mutuo in data 16 novembre 2011 relativamente alle clausole di cui ai punti 6, 7 ed 8 e, per l'effetto, accertare e dichiarare la decadenza del creditore dall'escussione della fideiussione ex art. 1957 c.c. e revocare il decreto ingiuntivo n. 5856/2018, R.G. 14474/2018, emesso dal Tribunale di Firenze in data 6 dicembre 2018;accertare e dichiarare la nullità, totale o parziale, del contratto di mutuo ipotecario fondiario del 23 novembre 2011, ai rogiti del Notaio (...), stipulato dalla (...) e la (...) S.r.l., per illiceità della causa ex art. 1418 c.c. e, per l'effetto, revocare il decreto ingiuntivo n. 5856/2018, R.G. 14474/2018, emesso dal Tribunale di Firenze in data 6 dicembre 2018; accertare e dichiarare la nullità, totale o parziale, della fideiussione, prestata a garanzia del contratto di mutuo ipotecario fondiario del 23 novembre 2011, ai rogiti del Notaio (...), stipulato dalla (...), e la (...) S.r.l., stipulata il 16 novembre 2011 da (...), per violazione dell'art. 2 della legge n. 287/1990 e del Provvedimento della Banca d'Italia n. 55/2005, e, per l'effetto, revocare il decreto ingiuntivo n. 5856/2018, R.G. 14474/2018, emesso dal Tribunale di Firenze in data 6 dicembre 2018; in via subordinata, accertare e dichiarare la natura usuraria degli interessi pattuiti nel mutuo sottoscritto dalla (...) S.r.l. in data 23 novembre 2011, al cui adempimento si è obbligato il (...) in qualità di fideiussore, e, per l'effetto, dichiarare la nullità degli interessi ex art. 1815 c. 2 c.c. e revocare il decreto ingiuntivo n. 5856/2018; sempre in via subordinata, accertare gli importi dovuti dal (...) in forza della fideiussione sottoscritta il 16 novembre 2011 e, per l'effetto, condannarlo alla minor somma provata in giudizio; in via pregiudiziale subordinata, laddove il Tribunale si fosse ritenuto non competente a decidere sulla domanda di nullità della fideiussione, chiedeva la rimessione degli atti al Tribunale di Roma, competente in forza dell'art. 4, comma 1-ter, D.Lgs. n. 168/2003, in combinato disposto con l'art. 33, c. 2, legge n. 287/1990, con riferimento all'eccezione riconvenzionale di nullità del contratto di fideiussione per violazione dell'art. 2 c. 3 della legge n. 287/1990, del Provvedimento AGCM n. 14251/2005 e del Provvedimento Banca d'Italia n. 55/2005 avanzata dal (...). Insisteva in ogni caso, in via istruttoria, per l'ammissione delle prove articolate e non ammesse. La parte opposta concludeva chiedendo: respingere tutte le domande attoree formulate in giudizio perché infondate in fatto ed in diritto, con condanna dell'opponente al pagamento delle somme oggetto di ingiunzione o della diversa somma che in denegata ipotesi di accoglimento anche parziale della opposizione risultasse dovuta in favore della opposta. Insisteva in ogni caso, in via istruttoria, per l'ammissione delle prove articolate e non ammesse. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) proponeva tempestiva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 5856/2018, R.G. 14474/2018, emesso dal Tribunale di Firenze in data 6 dicembre 2018 in favore di (...) s.p.a., con il quale gli era stato ingiunto il pagamento della somma di Euro 1.500.000,00, oltre interessi e spese, in quanto fideiussore in favore di (...) e (...) s.r.l. rispetto al mutuo ipotecario stipulato dalla predetta società con (...) in data 23.11.11. Lamentava: 1) la decadenza dalla garanzia ex art. 1957 c.c., visto che a fronte di una pronuncia di fallimento pubblicata in data 14.7.14, con comunicazione ai creditori ex art. 92 l.fall. avvenuta in data 18.7.14, (...) aveva depositato istanza di insinuazione al passivo soltanto in data 30.1.15, essendosi limitata in precedenza ad inviare soltanto atti di diffida stragiudiziali; 2) inoperante sarebbe stata infatti da ritenersi la deroga all'art. 1957 c.c. di cui alla lett. D) delle CGC allegate al contratto di mutuo, poi riprese nella fideiussione, costituendo un atto vessatorio e dovendo essere dichiarata nulla ex art. 33 c. 2 lett. t) codice consumo; 3) che la clausola di pagamento a prima richiesta non avrebbe potuto costituire deroga implicita all'art. 1957 c.c., non valendo una simile clausola a qualificare il rapporto in termini di contratto autonomo di garanzia; 4) nullità nullità (quanto meno parziale, con riferimento appunto alla clausola di deroga citata) della fideiussione per violazione dell'art. 2 terzo comma della legge n. 287/1990, del parere AGCM n. 14251/2005 e del provvedimento della Banca d'Italia n. 55 del 2 maggio 2005; 5) nullità del contratto di mutuo per illiceità della causa ex art. 1344 c.c., per costituire esso un negozio indiretto finalizzato a costituire una garanzia ipotecaria ed un credito privilegiato in luogo di un credito chirografario; 6) nullità del contratto di mutuo ex art. 644 c.p.p., 1815 c.c. 3 legge n. 108 del 1996, per l'avvenuta applicazione al rapporto di interessi usurari. Concludeva, pertanto, nei termini riportati in epigrafe. Costituitasi in giudizio (...) s.p.a. replicava alle avverse doglianze evidenziando che: 1) l'inapplicabilità dell'art. 1957 c.c., trattandosi di clausola non vessatoria e comunque sottoscritta ai sensi dell'art. 1341 c.c., non rivestendo comunque il (...) la qualifica di consumatore, ed essendosi in realtà in presenza, nel caso di specie, di un contratto autonomo di garanzia; 2) liceità del contratto di mutuo, con riferimento alla sua causa; 3) l'inesistenza di usura, per avvenuta pattuizione di tassi "infra soglia". All'udienza del 12.5.2021, sulla scorta di una istruttoria documentale, le parti concludevano come indicato in epigrafe e la causa veniva assegnata in decisione. Tanto premesso l'opposizione è infondata, e dunque va respinta. Va innanzitutto precisato, quanto alla pure evidenziata questione di competenza, che il dubbio in merito alla eventuale competenza del Tribunale di Roma, in forza dell'art. 4, comma 1-ter, D.Lgs. n. 168/2003, in combinato disposto con l'art. 33, c. 2, legge n. 287/1990, si è posto in concreto nel caso di specie in ragione delle conclusioni rassegnate dal (...) nell'atto di opposizione, laddove la parte ha richiesto di "accertare e dichiarare la nullità della fideiussione prestata a garanzia del suddetto mutuo in data 16 novembre 2011 relativamente alle clausole di cui ai punti 6, 7 ed 8". Per cui, dalla terminologia utilizzata, appariva essere stato richiesto un autonomo accertamento di tale nullità con efficacia di giudicato. Tuttavia, ad un esame complessivo dell'atto di opposizione e delle doglianze ivi proposte, ritiene piuttosto alfine il Tribunale che l'opponente non abbia inteso, nonostante la terminologia utilizzata, formulare una specifica domanda in tal senso, quanto piuttosto un'eccezione finalizzata al rigetto della domanda azionata in sede monitoria, senza la richiesta di un accertamento della nullità con efficacia di giudicato. Ciò si evince, da un lato, dal tenore complessivo delle conclusioni rassegnate sul punto, laddove la richiesta di "accertamento e dichiarazione" della nullità in questione è comunque strettamente ricollegata ("per l'effetto") ad ottenere la revoca del decreto ingiuntivo opposto, previa verifica dell'intervenuta decadenza ex art. 1957 c.c. e, dall'altro, nel fatto che appunto la parte non abbia formulato una specifica domanda riconvenzionale in tal senso. La conferma di tale assunto è poi arrivata dalla stessa parte opponente, la quale nelle note scritte di precisazione delle conclusioni e memorie conclusionali ha appunto qualificato quella proposta in termini di eccezione. Venendo all'esame del merito dell'eccezione in parola, è ben nota la problematicità delle questioni sottese all'eccepita nullità della fideiussione per violazione della normativa antitrust, tanto è vero che è si è giunti alfine ad una pronuncia della Suprema Corte a Sezioni unite sul punto, la ormai nota Cass. SU n. 41994 del 2021, la quale ha evidenziato la nullità parziale del contratto di fideiussione a valle, limitatamente cioè alle clausole riproduttive dello schema ABI illecito a monte. Tuttavia, occorrerebbe rilevate che nel caso di specie la fattispecie concreta dedotta in causa non è sussumibile nella cornice astratta cui si riferiva l'accertamento effettuato dalla Banca d'Italia nell'anno 2005: l'oggetto dell'accertamento dell'intesa anticoncorrenziale era costituito dalle condizioni generali della fideiussione cd. omnibus ("l'istruttoria riguarda lo schema contrattuale relativo alla fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie, che disciplina la prestazione della garanzia fornita da un soggetto -fideiussore - a beneficio di qualunque obbligazione, presente e futura, del debitore di una banca"), ossia quella particolare garanzia personale di natura obbligatoria, in uso nei rapporti bancari, che per effetto della cd. clausola estensiva obbliga il fideiussore per tutti i debiti, presenti e futuri, che il debitore principale ha assunto entro un limite massimo predeterminato, ai sensi dell'art. 1938 c.c., mentre nel caso di specie è stata prestata una fideiussione specifica in relazione alle somme erogate con il mutuo. L'assunzione della garanzia da parte del (...) risale, inoltre, all'anno 2011, dunque è di molto successiva all'ambito temporale di istruttoria e di accertamento del medesimo provvedimento della Banca d'Italia. La diversità delle fattispecie esclude, pertanto, che la opponente possa limitarsi ad invocare il provvedimento della Banca d'Italia di accertamento dell'infrazione, quale avente "un'elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale" (Cass. n. 13846 del 2019), dovendo piuttosto allegare e provare - il che non è in alcun modo avvenuto nel caso di specie - che la previsione delle medesime clausole anche in una diversa tipologia di fideiussione, e in un diverso periodo, fosse frutto di un'intesa anticoncorrenziale. Ma, soprattutto, ad escludere la fondatezza del motivo di opposizione proposto dall'opponente sul punto vi è il fatto che siamo in effetti nel caso di specie, come dedotto dalla parte opposta, in presenza di un contratto autonomo di garanzia: ciò non solo in relazione alla previsione per cui "il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla banca, a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione della parte finanziata, quanto dovutole...", di cui alla lett. g) del punto 6 della "lettera D" delle condizioni di contratto. Ma anche in relazione alla specifica previsione di cui al precedente punto 5, laddove si prevede che "i garanti rinunciano ad opporre le eccezioni spettanti alla parte finanziata relative alla validità e/o all'efficacia delle obbligazioni sorgenti dal contratto in capo alla parte finanziata", ripetendosi nuovamente subito dopo l'obbligo dei fideiussori di pagamento immediato a semplice richiesta scritta. L'inserimento, infatti, in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento "a prima richiesta e senza eccezioni" vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un'evidente discrasia rispetto all'intero contenuto della convenzione negoziale (Cass. n. 19736 del 2011, Cass. SU n. 3947 del 2010). In questo senso il richiamo, effettuato alla lettera f), alla deroga all'art. 1957 c.c., non è altro che confermativo del carattere autonomo della garanzia prestata, non trattandosi di previsione in contrasto con la predetta natura (quale sarebbe stata, all'opposto, la predone di applicabilità dell'art. 1957 c.c.), ma che depone proprio nel senso indicato. D'altra parte neppure la nullità della clausola di deroga sarebbe altrimenti invocabile, con riferimento alla sua dedotta vessatorietà, in relazione all'art. 33 c. 2 lett. t) codice consumo. Da un lato, infatti, la clausola in questione è dotata, ai sensi dell'art. 1341 c. 2 c.c., una specifica approvazione per iscritto (che pure non sarebbe stata necessaria: Cass. n. 9245 del 2007), e dall'altro, comunque, il (...) non rivestiva certo la qualità di consumatore nel caso di specie, in quanto socio di maggioranza e Presidente del CA della società debitrice principale (è noto, in tema di fideiussione, che per la verifica della qualità di consumatore o meno del fideiussore di una società commerciale va verificato se egli abbia agito per scopi che esulano dalla sua attività professionale o non abbia alcun collegamento funzionale con la società garantita: Corte di Giustizia Europea, 19 novembre 2015 n.74). Pertanto non potrebbe assumere comunque rilievo, al fine di escludere la persistenza dell'obbligo dell'opponente di onorare la garanzia prestata, il fatto che la banca abbia provveduto all'insinuazione al passivo della società debitrice principale del proprio credito soltanto in data in data 30.1.15. Il (...) ha inoltre eccepito la nullità del contratto di mutuo per illiceità della causa ex art. 1344 c.c., rappresentando esso a suo dire un negozio indiretto finalizzato a costituire una garanzia ipotecaria ed un credito privilegiato in luogo di un credito chirografario. È in realtà pacifico tra le parti, a questo riguardo, che una simile eccezione potrebbe avere riguardo soltanto ad una parte del credito, pari ad Euro 570.620,66, trattandosi di somma che è stata destinata a ripianare la precedente esposizione di un rapporto di conto corrente facente capo al mutuatario, mentre per la restante parte le somme sono state oggetto di effettiva traditio, in quanto finalizzate alla creazione di nuova liquidità, e dunque per tale parte il dubbio dell'opponente non avrebbe ragione di esistere. Ma anche per la citata limitata parte, la Suprema Corte ha di recente condivisibilmente precisato la validità del cd. "mutuo solutorio", in quanto non contrario alla legge o all'ordine pubblico, caratterizzato da una effettiva traditio in quanto l'accredito in conto corrente delle somme erogate è sufficiente ad integrare la datio rei giuridica propria del mutuo (Cass. n. 23149 del 2022). A poter essere invalida o inefficace semmai, per frode nei confronti degli altri creditori, è la sola prestazione della garanzia ipotecaria, come appunto è stato pronunciato nel caso di specie (v. decreto del Tribunale di Firenze e ordinanza della Corte di Cassazione prodotti dalla parte opponente). Venendo, infine, alla lamentata usura (profilo opponibile anche in caso di contratto autonomo di garanzia: Cass. n. 26262 del 2007), anche in questo caso la censura è infondata. Da un lato, infatti, non è certo ammissibile una sommatoria dei tassi di interesse corrispettivo e moratorio. Ma anche a voler considerare il solo tasso degli interessi moratori, vi sarebbe da un lato da osservare che esso non può essere confrontato, ai fini della verifica dell'esistenza di usura, con il diverso tasso di interesse corrispettivo, in tal modo finendo per raffrontare dati disomogenei, ma secondo le modalità stabile da Cass. SU n. 19597 del 2020. Sempre dalla medesima decisione citata delle Sezioni Unite si evince, inoltre, come l'eventuale carattere usurario del tasso di interesse moratorio (comunque non sussistente nel caso di specie) potrebbe al più incidere sulla debenza dei soli interessi moratori e non certo - anche - di quelli corrispettivi, che resterebbero comunque dovuti. Interessi moratori che, nel caso di specie, rappresentano una quota minima degli interessi richiesti, anche sottraendo la quale resterebbe comunque integro il credito di Euro 1.500.000,00, azionato in giudizio in quanto limite della garanzia prestata. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, tenendo conto dell'assenza di una fase propriamente istruttoria. P.Q.M. Il Tribunale di Firenze, definitivamente pronunciando, così provvede: a. Rigetta l'opposizione, e per l'effetto conferma il decreto ingiuntivo opposto; b. Condanna la opponente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 25.000,00, oltre RSG, IVA e CPA come per legge. Firenze, il 2 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 3 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Firenze III sezione civile in composizione monocratica, in persona del dott. Enrico D'Alfonso, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 4846/2015 R.G., avente ad oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo, vertente TRA (...), elettivamente domiciliato in Firenze presso lo studio dell'avv. (...), che lo rappresenta e difende in virtù di procura posta in calce al decreto ingiuntivo opposto; opponente E (...) S.R.L. CON SOCIO UNICO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Firenze presso lo studio dell'avv. (...), che la rappresenta e difende in virtù di procura posta in calce al ricorso monitorio; opposto CONCLUSIONI Parte opponente: accertare la carenza di legittimazione passiva del (...) e per l'effetto dichiarare che nulla è dovuto da questi a (...) S.r.l e per essa all'odierna attrice (...) S.r.l.; ed altresì, accertare l'intervenuta risoluzione del contratto di fornitura fra (...) e (...) e per l'effetto dichiarare che nulla è dovuto da (...) a (...) e per esso a (...) Spa e dunque ai suoi cessionari. Nel merito accertare e dichiarare che nulla è dovuto dal (...) a (...) S.r.l, e per essa all'odierna attrice (...) S.r.l., per motivi di cui all'opposizione; subordinatamente condannare il (...) a corrispondere in favore (...) S.r.l e per essa a (...) S.r.l. la minor somma che risultasse dovuta all'esito dell'istruttoria. Con vittoria di competenze di causa e rimborso delle spese di CTU e CTP. Parte opposta: In tesi, rigettare la domanda di parte opponente perché infondata in fatto ed in diritto e per l'effetto confermare il decreto ingiuntivo opposto n. 121 del 07.01.2015 condannando il (...) al pagamento della somma di Euro 8.446,25 oltre interessi e rivalutazione ed oltre le spese già liquidate nel predetto decreto. In ipotesi, condannare il (...) al pagamento della minor somma di Euro 7.646,25 oltre interessi e rivalutazione. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato (...) proponeva tempestiva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 121/2015 emesso da questo Tribunale in data 7.1.2015, con il quale gli era stato ingiunto il pagamento a favore di (...) s.r.l. della somma di Euro 8.446,25, oltre interessi legali e spese del monitorio, per l'omesso pagamento delle rate di rimborso del finanziamento di credito al consumo n. 1975865, erogato da (...) spa in data 20.11.04. Il credito in questione era poi pervenuto nella titolarità di (...) s.r.l., a seguito di una serie di operazione di cessazione e cartolarizzazioni di crediti. A sostegno dell'opposizione evidenziava: - la propria totale estraneità alla stipulazione del contratto di finanziamento, di cui ha disconosciuto la firma apposta in calce; - l'avvenuta sottoscrizione del contratto da parte di un proprio parente, che in accordo con tal (...), titolare della (...), aveva simulato l'operazione di finanziamento per l'acquisto di una casetta prefabbricata in legno, allo scopo reale di destinare le somme per appianare uno scoperto di conto corrente; - di avere comunque chiesto la risoluzione del contratto di fornitura, non avendo mai ricevuto il citato bene; - l'avvenuto raggiungimento di un accordo transattivo tra (...) spa ed il (...) in forza del quale la prima aveva ricevuto dal secondo, a titolo di acconto, la somma di euro 800,00. Parte opposta nel costituirsi in giudizio evidenziava la manifesta infondatezza Dell'opposizione. In particolare sosteneva: - che il contratto di finanziamento (doc. n. 1) fosse stato effettivamente stipulato dall'opponente; - che quantunque la firma potesse essere stata apposta da un terzo l'opponente aveva fatto successivamente proprio l'atto, in forza della lettera racc. a/r del 18.01.2005 a firma dell'avv. (...), con la quale aveva ritenuto risolto il contratto per inadempimento, ovvero per il mancato ricevimento della casetta prefabbrica in legno (doc. 2). Ammessa ed espletata CTU grafologica, all'udienza del 21.12.2022 le parti hanno precisato le conclusioni come in epigrafe indicate, e la causa è stata trattenuta in decisione, con assegnazione dei termini di cui all' art. 190 c.p.c. Tanto premesso l'opposizione è infondata e va dunque respinta. È in effetti emerso, all'esito della CTU grafologica espletata in corso di causa, da considerarsi esente da vizi e condotta secondo metodo scientifico del tutto condivisibile e le cui risultanze il Tribunale ritiene pertanto di fare proprie, che la firma apposta in calce al contratto di finanziamento non sia stata apposta dal (...), ma da un diverso soggetto il quale ha utilizzato il suo nominativo. A differenza di quanto sostenuto dalla parte opposta però, nel caso di specie non si è verificata un'ipotesi di contratto stipulato da falsus procurator, non avendo il sottoscrittore agito in nome e per conto dell'opponente assumendo di averne i poteri, bensì un'ipotesi di contratto stipulato sotto nome altrui, o con sostituzione di persona. A differenza poi di quanto sostenuto dall'opponente non ricorre neppure l'ipotesi dell'usurpazione del nome altrui che, in quanto tale, presuppone un simile utilizzo all'insaputa e/o contro la volontà del soggetto, perché in questo caso deve ritenersi che l'opponente fosse a conoscenza dell'utilizzo del proprio nome da parte del terzo e lo abbia accettato, ed anzi verosimilmente che l'utilizzo del nome per la stipulazione del finanziamento sia avvenuto con il proprio iniziale consenso. Tale circostanza si evince infatti dalla scrittura privata prodotta in giudizio dallo stesso opponente (doc. 2), rilasciatagli dal (...) e recante data 9.2.2005, di poco successiva dunque alla stipulazione del contratto, laddove quest'ultimo si è impegnato al pagamento delle rate del finanziamento, i cui bollettini erano intestati al (...), avendo ricevuto le somme erogate dalla finanziaria. Nello stesso senso depone il comportamento tenuto dall'opponente a seguito del ricevimento dell'invito a provvedere al pagamento delle rate del finanziamento scadute e rimaste insolute (doc. n. 3), atteso che egli non ha a quel punto dichiarato la propria estraneità all'operazione, come sarebbe stato lecito attendersi qualora essa fosse davvero avvenuta a sua insaputa ma ha richiesto, per il tramite del proprio legale, la risoluzione per inadempimento del contratto di finanziamento adducendo di non aver mai ricevuto il bene finanziato, il che presuppone all'evidenza l'avvenuta stipulazione da parte sua del contratto stesso (ed anche del contratto connesso di acquisto della casetta prefabbricata in legno). Non solo, ma è lo stesso opponente ad aver affermato che il sottoscrittore del contratto fosse un proprio parente, addirittura con lui convivente all'epoca della stipulazione. Dall'istruttoria svolta è dunque emersa la veridicità di quanto affermato dallo stesso (...) nell'atto di opposizione: il (...) ha stipulato con (...) un contratto di acquisto di un bene, del tutto simulato non essendo stato poi il bene mai consegnato, ma finalizzato soltanto ad ottenere l'erogazione del finanziamento. È stato quindi stipulato dal (...), contemporaneamente, un contratto collegato di credito al consumo per l'acquisto del bene. Quest'ultimo era l'unico contratto effettivamente voluto, visto che lo scopo era quello di far ottenere al (...) - il quale verosimilmente non avrebbe potuto ottenerlo a nome proprio - il denaro oggetto del finanziamento, secondo il (...) allo scopo di estinguere la passività di un proprio c/c. Quello che l'opponente ha affermato falsamente è invece che l'operazione in questione sia avvenuta a sua insaputa. È invece del tutto verosimile che essa sia avvenuta con il suo iniziale consenso, o che quanto meno egli vi abbia successivamente aderito. A favore dell'iniziale consapevolezza da parte del (...) della complessiva operazione vi è infatti da un lato il citato rapporto di parentela e convivenza e dall'altro il fatto che il (...) abbia utilizzato, per la stipulazione del contratto, una copia del suo documento d'identità. Seppure egli non fosse stato, in ipotesi, sin dall'inizio consapevole e complice dell'operazione, lo è certamente divenuto successivamente vale a dire quanto meno in data 9.2.2005, allorquando ha - evidentemente richiesto e - ricevuto dal proprio parente l'impegno al rimborso delle rate del finanziamento. Nello stesso senso poi depone il fatto che egli abbia ben pensato di comunicare alla società finanziaria la risoluzione del contratto per inadempimento, per non aver ricevuto il bene per il cui acquisto il finanziamento era stato stipulato, e non per non avere mai stipulato il contratto di finanziamento. La richiesta di risoluzione presuppone, all'evidenza, l'esistenza di un contratto validamente stipulato. L'opponente ha poi eccepito la risoluzione del contratto di finanziamento per omesso adempimento della consegna del bene anche nel presente giudizio: l'eccezione è temeraria, dal momento che è lo stesso opponente ad ammettere nel proprio atto introduttivo che l'operazione non fosse stata in realtà mai finalizzata all'acquisto di un bene di consumo, ed è dunque chiaro che egli non lo abbia poi ricevuto. Pertanto sia che il (...) abbia acconsentito sin dall'inizio all'operazione, sia che vi abbia successivamente aderito una volta venutone a conoscenza, non vi è dubbio che comunque gli effetti del contratto debbano prodursi (anche) nella sua sfera giuridica. La Suprema Corte infatti, anche nell'ipotesi più grave del contratto stipulato con usurpazione del nome altrui, ha valorizzato il principio della conservazione del negozio giuridico estendendo alla fattispecie in parola in via analogica l'applicabilità della disciplina in tema di falsa rappresentanza (Cass.n.5479 de, 22891 del 2016). Tanto più, dunque, il principio in questione è applicabile nel caso di specie, in cui l'opponente ha in sostanza affermato alla controparte, chiedendone la risoluzione per inadempimento, di averlo stipulato. La circostanza che il (...) si fosse obbligato nei confronti del (...) al rimborso del finanziamento non assume rilevanza nei confronti della società opposta, trattandosi di un accordo interno tra i due valevole, al più, al fine di un eventuale regresso. Va tuttavia dato atto della circostanza, mai contestata da parte dell'opposta, circa l'incasso da parte di quest'ultima, in data 9.11.2006, della somma di euro 800,00, quale acconto sulla maggiore somma fissata a saldo e stralcio, nell'ambito dell'accordo transattivo a carattere raggiunto tra (...) spa e il (...) (doc. n. 8). La parte opposta non ha mai, in effetti, assunto una specifica posizione sul punto nel corso del giudizio, pur avendo la controparte affermato nell'atto introduttivo che di tale pagamento la società non avesse fatto menzione. Alla luce di quanto sopra, l'importo complessivamente dovuto dall' opponente ammonta alla minor somma di euro 7.646,25. Il decreto ingiuntivo va pertanto revocato e l'opponente va condannato a pagare all'opposta la predetta minor somma, oltre interessi al tasso legale, come da domanda, sul solo capitale. È pacifico, infatti, che il rimborso del finanziamento non sia avvenuto, né vi è stata alcuna ulteriore contestazione in merito al quantum debeatur. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo come da D.M. 55/2014 e successivi aggiornamenti, applicando una riduzione rispetto ai parametri medi in virtù del fatto che il valore della causa è prossimo al minimo dello scaglione. Sulla scorta del medesimo criterio di soccombenza le spese relative alla CTU espletata in corso di causa vanno posta in via definitiva a carico del medesimo opponente. p.q.m. Il Tribunale di Firenze, definitivamente pronunciando, così provvede: I. Revoca il decreto ingiuntivo opposto; II. In parziale accoglimento della corrispondente domanda condanna il (...) al pagamento in favore dell'opposta dell'importo di Euro 7,646,25, oltre interessi legali sul solo capitale dalla domanda al saldo; III. Condanna parte opponente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in euro 4.000,00, oltre RGS, IVA e CPA come per legge; IV. Pone in via definitiva le spese di CTU, come liquidate in corso di causa, a carico di parte opponente. Firenze, il 24 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FIRENZE TERZA SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Tribunale di Firenze, nella persona del Giudice Unico, dr. Francesco Ponzetta, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. 12745/2020 del Ruolo Generale degli Affari Civili, avente ad oggetto: Azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., vertente TRA (...) SRL (C.F. (...) ), elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico, presso lo studio dell'avv. SC.GI., che lo rappresenta e difende per mandato a margine/in calce a dell'atto di citazione; ATTORE CONTRO (...) (C.F. (...) ), elettivamente domiciliato in Via (...) 00187 Roma, presso lo studio dell'avv. TO.CR., che lo rappresenta e difende per mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta/in calce alla copia notificata dell'atto di citazione; CONVENUTO (...) (COD. FISC. (...)), CONVENUTO CONTUMACE CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato Curatela del Fallimento (...) Srl conveniva in giudizio i coniugi (...) e (...) per sentir dichiarare nullo per simulazione e di nessun effetto, o in subordine revocare ex art. 2901 c.c. l'atto di costituzione di fondo patrimoniale stipulato dai convenuti relativo a n. 4 immobili siti nei Comuni di Firenze e Pelago, meglio identificati in atti, con atto notarile del 20/12/217, ritenuto posto in essere al solo fine di sottrarre i suddetti beni alla garanzia patrimoniale dei creditori della società fallita ai sensi dell'art. 2740 c.c.. In particolare parte attrice deduceva: a) di aver instaurato una causa civile davanti al Tribunale di Firenze Sezione Specializzata Imprese (R.G. n. 11550/2020), con atto di citazione notificato il 22/10/20, per chiedere la condanna di (...), quale ex amministratore della società fallita, in solido con gli altri amministratori, sindaci e revisori, al pagamento della somma di Euro 4.381.624,87 a titolo di risarcimento danni in favore della massa dei creditori per aver compiuto atti pregiudizievoli per l'interesse sociale e nello specifico per aver consentito la fusione tra la società (...) Srl e la società (...) Srl a seguito della quale la (...) Srl acquisiva le passività di (...) Srl che era in grave stato di decozione e che la portavano dopo appena un anno dalla fusione alla dichiarazione di fallimento; b) che entrambe le società ((...) Srl e (...) Srl) erano possedute e controllate dalla cooperativa (...) in concordato preventivo nella quale (...) ricopriva la qualifica di amministratore; c) che i coniugi (...) e (...) nello stesso giorno nel quale veniva deliberato l'atto di fusione di cui sopra, nell'assemblea straordinaria di (...) Srl, ovvero in data 20/12/17, dinanzi al medesimo notaio dr. (...), costituivano il fondo patrimoniale sugli immobili meglio identificati in atti e che pertanto il suddetto atto risultava posto in essere con simulazione delle parti al solo fine di sottrarre i beni ai creditori, e/o comunque revocabile ai sensi dell'art. 2901 c.c. Parte attrice conclude chiedendo: "che l'Ill.mo Tribunale di Firenze, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione reietta, V. dichiarare nullo per simulazione e di nessun effetto, o in subordine revocare ex art. 2901 c.c. dichiarando conseguentemente in questo caso l'atto inefficace nei confronti della curatela fallimento (...) s.r.l., l'atto di costituzione di fondo patrimoniale effettuato dai signori (...) e (...), come sopra meglio identificati, sull'immobile sito nel Comune di Firenze, alla via (...), censito al Foglio (...), particella (...), sub (...), nonché degli altri immobili posti in P. (F.), Via dello (...), snc, al foglio (...), particella (...) sub (...), (...) e (...), con atto a rogito notaio dr. (...) di (...), rep. (...) del (...), ordinando al Conservatore dei Registri Immobiliari ogni consequenziale trascrizione e/o provvedimento. Con vittoria di spese ed onorari e con ogni più ampia riserva consentita dalla legge". Si costituisce il giudizio (...) il quale contesta la domanda deducendo che il fondo patrimoniale per cui è causa era stato costituito al fine di fronteggiare i bisogni della famiglia e che al momento del compimento dell'asserito atto pregiudizievole, non sussisteva alcuna ragione di credito e comunque avendo la curatela promosso, azione volta ad ottenere la condanna, tra gli altri, del (...), al risarcimento dei danni provocati a (...) Srl a seguito della fusione con (...) Srl, chiedeva la sospensione del processo ex art. 295 c.p.c. in attesa della definizione del procedimento pendente in primo grado promosso dalla curatela per l'accertamento del credito vantato. (...) chiede accogliersi le seguenti conclusioni: "Piaccia all'Ill.mo Tribunale adito, ogni contraria istanza eccezione e difesa reietta, In via preliminare - sospendere, ex art. 295 c.p.c., il pendente giudizio in attesa della definizione delgiudizio avente R.G. n. 11550/2020 pendente dinanzi all'intestato Tribunale; In via principale - per i motivi sopra esposti, rigettare la domanda avanzata dall'attrice in quanto infondata in fatto ed in diritto e comunque non adeguatamente provata; In ogni caso - condannare controparte al rimborso delle spese, diritti ed onorari di giudizio, ai sensi del D.M. n. 55 emanato dal Ministero della Giustizia in data 10/3/2014 e recante la determinazione dei parametri in materia di T.F., oltre spese generali, C.P.A. ed IVA". All'udienza del 12/4/21 il Giudice dato atto della regolarità della notifica dell'atto di citazione a (...), non costituita, ne dichiarava la contumacia e rigettava l'istanza di sospensione ex art. 295 c.p.c.. Venivano assegnati, i termini di cui all'art. 183 6 comma c.p.c. e le parti depositavano le rispettive memorie istruttorie. Con l'Ordinanza del 28/6/21 il Giudice non ammetteva le prove richieste da parte convenuta e ritenuta quindi la causa matura per la decisione, fissava l'udienza per la precisazione delle conclusioni per il 3/10/22 nella quale le parti si riportavano ai propri scritti difensivi e verbali di causa. Venivano depositate le memorie conclusive e le relative repliche; parte convenuta allega alla memoria conclusiva un atto di transazione dell'ottobre 2021 intercorso tra la curatela del Fallimento (...) Srl e la società capogruppo C., deducendo che il danno asseritamente subito dalla curatela di (...) Srl per l'intervenuta fusione e incorporazione della società (...) sarebbe venuto meno a seguito della suddetta transazione. Parte attrice nella memoria di replica eccepisce la tardività della produzione e deduce nel merito che l'atto di transazione in questione è intercorso tra la curatela e la società cooperativa (...) ed ha per oggetto la sola responsabilità di (...) per gli illeciti commessi da C., relativi, appunto, all'attività di direzione e controllo di quest'ultima e pertanto la transazione non ha alcuna attinenza con il credito litigioso vantato dalla curatela nei confronti degli amministratori di (...) Srl ritenuti responsabili delle conseguenze pregiudizievoli derivate dall'atto di fusione per la massa dei creditori. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente, è necessario evidenziare che, a fronte delle due domande di merito formulate gradatamente da parte della Curatela in termini rispettivamente di declaratoria di nullità dell'atto l'atto di costituzione di fondo patrimoniale effettuato dai convenuti avente per oggetto gli immobili siti nei comuni di Firenze e Pelago, meglio identificati in atti, con atto a rogito notaio dr. (...) di (...), rep. (...) del 20 dicembre 2017 per simulazione e di inefficacia relativa ai sensi dell'art. 2901 c.c., nel caso di specie, si ritiene opportuno, anche alla luce delle difese svolte dalle parti nelle more del presente giudizio, procedere in base al principio giurisprudenziale della ragione maggiormente liquida e analizzare in prima battuta la fondatezza o meno dell'dell'azione revocatoria ordinaria proposta in relazione all'atto di costituzione di fondo patrimoniale di cui sopra ritenuto in fronde della garanzia patrimoniale generica dei creditori di cui all'art. 2740 c.c. Sul punto, infatti, si ricorda che l'ordine di trattazione delle questioni previsto dall'art. 276, comma 2, c.p.c. assegna discrezionalità al giudice nello scegliere l'ordine di analisi delle varie questioni di merito portate alla sua attenzione e diversamente gli impone di esaminare per prime le questioni pregiudiziali di rito rispetto a quelle di merito (cfr. Cass. n. 30745 del 26.11.2019). Si richiama l'orientamento giurisprudenziale pressoché uniforme in base al quale "in applicazione del principio processuale della ragione più liquida, desumibile dagli artt.li 24 e 111 Cost., la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell'evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare ai sensi dell'art. 276 c.p.c." (cfr. Cass. n. 363 del 9.01.2019). L'azione revocatoria ordinaria è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale che consente al creditore di ottenere la dichiarazione di inefficacia, nei suoi confronti, degli atti di disposizione del patrimonio con cui il debitore abbia arrecato pregiudizio alle sue ragioni. Ai fini dell'accoglimento della suddetta azione, l'ordinamento giuridico esige che il creditore dia prova sempre e comunque di tre elementi: a) la sussistenza di un credito; b) l'eventus damni, dovendo cioè l'atto dispositivo arrecare un vulnus alla garanzia patrimoniale generica del creditore; c) la scientia damni in capo al debitore disponente, consistente nella consapevolezza (o agevole conoscibilità) del carattere lesivo delle ragioni del credito, nel caso in cui l'atto dispositivo sia successivo al sorgere del credito, oppure, in caso di atti dispositivo antecedente, l'animus nocendi, vale a dire che l'atto dispositivo sia stato posto in essere con l'intenzione di pregiudicare il soddisfacimento del futuro creditore (la norma parla di "dolosa preordinazione"). Nel caso in cui l'atto dispositivo revocando sia a titolo oneroso, i due presupposti (alternativi) sub c) devono investire anche il terzo con il quale viene concluso l'atto dispositivo, cosicché è onere del creditore dimostrare il consilium fraudis, in caso di atto successivo al sorgere del credito, oppure, in caso di atto antecedente, un vero e proprio concorso nella frode, e cioè che questi abbia compartecipato alla preordinazione dolosa dell'atto in danno del creditore. Nel caso di specie rilevano le considerazioni che seguono. Tra la curatela attrice e il convenuto (...) sussiste il rapporto di debito-credito richiesto dall'art. art. 2901 c.c. Per giurisprudenza ormai pacifica, per l'esperimento dell'azione revocatoria, non è necessario che il credito sia necessariamente certo, liquido, né tantomeno esigibile. Pertanto, è da considerarsi legittimato anche il titolare di un credito meramente eventuale (cfr. ex multis Cass. n. 5619/16 e Cass. n. 6702/18) o potenziale ancora incerto, destinato ad emergere da vicende complesse ed in divenire, essendo oggetto di contestazione in separato giudizio, ovvero si tratti di un credito litigioso come risulta nella fattispecie in esame, nella quale la curatela ha documentato di aver promosso un giudizio per accertamento della responsabilità degli amministratori della società fallita per mala gestio. Per quanto sopra, non colgono nel segno le doglianze di parte convenuta in merito alla già respinta richiesta di sospensione del giudizio: "il credito litigioso, che trovi fonte in un atto illecito o in un rapporto contrattuale contestato in separato giudizio, è idoneo a determinare l'insorgere della qualità di creditore abilitato all'esperimento dell'azione revocatoria ordinaria avverso l'atto dispositivo compiuto dal debitore, sicché il relativo giudizio non è soggetto a sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. in rapporto alla pendenza della controversia sul credito da accertare e per la cui conservazione è stata proposta domanda revocatoria in quanto la definizione del giudizio sull'accertamento del credito non costituisce l'indispensabile antecedente logico - giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria, essendo d'altra parte da escludere l'eventualità di un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell'allegato credito litigioso, dichiari inefficace l'atto di disposizione e la sentenza negativa sull'esistenza del credito" (Cass. n. 9440/04 ed altre successive conformi ex multis Cass. n. 2673/16). L'atto di cui si chiede la revoca è da considerarsi atto a titolo gratuito; la giurisprudenza di legittimità (ex multis, Cass. n. 966/07) e di merito (Tribunale Milano, sez. II, 16.01.2020, n. 428), afferma che l'atto di costituzione del fondo patrimoniale quando è posto in essere dagli stessi coniugi, o anche da uno solo dei coniugi, costituisce un atto a titolo gratuito non trovando contropartita in un'attribuzione in favore dei disponenti e non integrando, di per sé, l'adempimento di un dovere giuridico (cfr. ex multis Cass. n. 3641/18) e che pertanto può essere dichiarato inefficace nei confronti del creditore qualora ricorrano le sole condizioni di cui all'art. 2901, n. 1 del c.c. (cd. eventus damni e scientia damni). Con riferimento all'eventus damni, per giurisprudenza ormai da tempo granitica, esso ricorre non solo nel caso in cui l'atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti, sulla base di una valutazione ex ante (e cioè astrattamente riportandosi alla data dell'atto dispositivo), una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito (cfr. Cass. 1896/12); ne consegue che, una volta che il creditore abbia dimostrato l'esistenza di modificazioni quantitative o qualitative della garanzia patrimoniale, spetta al debitore, che voglia sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore (cfr. da ultimo Cass. 16221/2019). Il requisito dell'eventus damni, risulta sussistente nel caso di specie poiché l'atto costitutivo del fondo patrimoniale è idoneo a modificare la situazione patrimoniale del debitore in quanto comporta una maggiore difficoltà od incertezza nella esazione coattiva del credito (ex multis Cass. n. 15265/06, Cass. n. 12144/1999 Cass. n. 16986/07, Cass. n. 9461/16). Nella fattispecie a fronte della riduzione del patrimonio del debitore (...), posta in essere con l'atto di costituzione del fondo patrimoniale in questione, il convenuto costituito non ha inoltre fornito idonea e concreta prova della propria capacità, con il residuo patrimonio, di poter soddisfare le pretese creditorie della curatela, ancora sub iudice innanzi al Tribunale di Firenze (cfr. Cass. Civ. 19963/05). Deve pertanto ritenersi pienamente configurabile il requisito dell'eventus damni. La scientia damni è rappresentata dalla conoscenza del pregiudizio che l'atto di disposizione del patrimonio arreca alla curatela creditrice e nella fattispecie considerata la gratuità dell'atto è sufficiente la mera "consapevolezza del pregiudizio" che l'atto dispositivo avrebbe potenzialmente arrecato al creditore, e tale consapevolezza può evincersi sulla base di presunzioni semplici (cfr Cass. n. 17867/07). L'atto di costituzione del fondo patrimoniale in questione è coevo all'assemblea straordinaria di (...) Srl del 20/12/17 nella quale veniva deliberata la fusione tra la (...) Srl e la (...) in quanto formalizzato dai coniugi convenuti nello stesso giorno e davanti allo stesso Notaio Dott. (...) che aveva redatto il verbale dell'assemblea straordinaria di (...) Srl di cui sopra, circostanze documentate in atti. La curatela ha allegato alla memoria ex art. 184 c.p.c. n. 2 copiosa documentazione dalla quale si evince che (...) oltre alla qualifica di amministratore della (...) Srl era amministratore anche della società (...) società capogruppo controllante sia di (...) Srl che di (...) Srl e pertanto aveva senza dubbio conoscenza dello stato di decozione di quest'ultima e delle eventuali conseguenze dell'atto di fusione tra le due società. Considerato pertanto il ruolo di amministratore rivestito al tempo dei fatti, la conoscenza della situazione contabile delle due società, l'intervenuto fallimento della (...) Srl appena un anno dopo la fusione con (...) Srl, a dispetto di quanto sostenuto dal convenuto T., è assolutamente inverosimile che lo stesso ignorasse le conseguenze e le responsabilità che gli potevano essere addebitate e pertanto nello stesso giorno e con lo stesso notaio votava sia la delibera della fusione delle due società e costituiva il fondo patrimoniale sui propri beni con la moglie (...), consapevole che il vincolo impresso ai suddetti beni, avrebbe arrecato un pregiudizio alle ragioni creditorie. Proprio la contestualità degli atti è un ulteriore elemento di natura indiziaria dal quale si evince non solo la consapevolezza, ma la precipua volontà di sottrarre tali beni alla garanzia di cui all'art. 2740 c.c. Nella fattispecie, inoltre, essendo l'atto a titolo gratuito non occorre indagare l'atteggiamento soggettivo del terzo, ovvero della moglie (...), poiché come si è visto il dettato normativo, in caso atti di disposizione a titolo gratuito, non consente al terzo di esimersi dagli effetti della revocatoria in forza di una supposta o anche provata buona fede. Risulta poi accoglibile l'eccezione formulata dalla curatela in merito alla tardività del documento depositato da parte convenuta unitamente alla comparsa conclusionale (atto di transazione intercorso tra la curatela e la società cooperativa C.) in quanto è del tutto sfornita di prova la ritenuta mancata disponibilità del documento in questione prima dello scadere del termine decadenziale per il deposito dei documenti ex art. 186 comma 6 c.p.c. Per tutte le predette ragioni ed in conclusione, la domanda ex art. 2901 c.c. è, dunque, fondata e pertanto, merita accoglimento, posto che l'azione revocatoria ordinaria ha proprio la funzione di ricostituire la generica garanzia patrimoniale del debitore, di cui all'art. 2740 c.c., la cui consistenza, per effetto dell'atto di disposizione posto in essere dal debitore, si sia ridotta al punto da pregiudicare la realizzazione del diritto del creditore con l'azione espropriativa. Va dunque dichiarata l'inefficacia nei confronti di parte attrice dell'atto di costituzione di fondo patrimoniale stipulato da (...) e (...), con atto a rogito notaio dr. (...) di (...), rep. (...) del 20/12/17. A norma dell'art. 2655 c.c. deve inoltre disporsi l'annotazione della presente pronuncia a cura della Conservatoria dei Registri Immobiliari. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, applicando i parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014 e successive modifiche, in ragione del valore della causa e dell'attività difensiva concretamente svolta. Nel caso di specie, non vi è dubbio in merito alla totale soccombenza delle parti convenute in solido tra loro, come meglio chiarito nei precedenti paragrafi di motivazione. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla causa R.G. n. 12745/20, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - ACCOGLIE la domanda attorea per le ragioni di cui in motivazione. - DICHIARA l'inefficacia ai sensi dell'art. 2901 c.c. nei confronti di parte attrice dell'atto di costituzione di fondo patrimoniale stipulato da (...) e (...) sull'immobile sito nel Comune di Firenze, alla via del (...), censito al Foglio (...), particella (...), sub (...), nonché degli altri immobili posti in P. (F.), Via dello S., snc, al foglio (...), particella (...) sub (...), (...) e (...), con atto a rogito notaio dr. (...) di (...), rep. (...) del (...); - ORDINA al Conservatore dei Registri immobiliari competente per territorio l'annotazione a margine della trascrizione del sopra indicato atto della presente sentenza; - CONDANNA le parti convenute (...) e (...), in solido tra loro, al pagamento a favore di Curatela del Fallimento (...) Srl delle spese di lite, che si liquidano in Euro 5.534,00 per compensi ed in Euro 545,00 per spese, oltre spese generali, oltre IVA e CPA come per legge. Così deciso in Firenze il 24 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE Sezione Seconda Civile Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Massimo Donnarumma, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al N. R.G. 8150/2020, avente ad oggetto "azione di risarcimento danni per responsabilità extracontrattuale", Tra MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI E PER IL TURISMO (C.F. 94251640481), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato (C.F. 80039250487), presso i cui Uffici in Firenze, in Via degli Arazzieri N. 4, è legalmente domiciliato ATTORE e (...) S.P.A. (C.F. e P IVA (...)), in persona della procuratrice (...), rappresentata e difesa disgiuntamente dagli Avv.ti (...) in forza di procura alle liti allegata alla comparsa di costituzione depositata l'11.11.2022 CONVENUTA CONCLUSIONI Per il Ministero attore: "a) Accertare e dichiarare l'avvenuta violazione degli artt. 107-108 CBC, 9 Cost, 2043 c.c., 2059 c.c. e l'illiceità dell'utilizzo non autorizzato a fini commerciali da parte della società (...) S.p.a. consistente nella pubblicazione nella rivista del mese luglio-agosto 2020 di (...) dell'immagine del David di Michelangelo, e per l'effetto inibire a detta società in Italia e su tutto il territorio europeo ed extraeuropeo, l'utilizzo a fini commerciali mediante cessione a terzi e comunque riproduzione degli immagini delle opere d'arte custodite nelle Gallerie dell'Accademia, in qualunque forma e/o strumento, anche informatico; b) Condannare, con interessi legali e rivalutazione monetaria fino alla data dell'adempimento, la società (...) S.p.a. in persona del suo legale rappresentante p.t., al pagamento, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, della somma di euro 80.000 secondo le voci di danno indicate in citazione, o nella diversa misura che verrà ritenuta di giustizia; c) Condannare, con interessi legali e rivalutazione monetaria fino alla data dell'adempimento, la società (...) S.p.a. in persona del suo legale rappresentante p.t. al pagamento del risarcimento del danno non patrimoniale nella misura dei ricavi delle vendite del numero del mese di luglio-agosto 2020 della rivista (...) o nella diversa misura che verrà ritenuta di giustizia; d) Ordinare a (...) S.p.a. in persona del suo legale rappresentante p.t. la pubblicazione, per esteso, a caratteri doppi del normale, per tre volte, anche non consecutive, su due quotidiani a diffusione nazionale, su due quotidiani a diffusione locale, fra cui la Nazione, e su due periodici a carattere nazionale, anche nelle loro versioni on-line, nonché sul sito internet, e sugli eventuali profili youtube, facebook, twitter e instagram della Scala Group s.p.a. della sentenza; e) Condannare (...) S.p.a. in persona del suo legale rappresentante p.t., al pagamento della somma di denaro dovuta, alla data di pubblicazione della sentenza, per il mancato adempimento degli ordini impartiti ai punti 1) e 2) dall'ordinanza emessa in via cautelare da codesto Ill.mo Tribunale e notificata in data 19.08.2020, ammontare che alla data di udienza (14.11.2022) si quantifica in euro 1.634.000, o nella minor somma di euro 24.000 alla data del 31.08.2020, di cessazione della pubblicazione. f) Condannare (...) S.p.a. in persona del suo legale rappresentante p.t., al pagamento di una penale, da quantificare in euro 10.000,00 per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione della sentenza a far data dalla sua pubblicazione, o nella diversa misura ritenuta di giustizia. Con vittoria di compensi giudiziali" (vd. note scritte del 7.11.2022). Per la convenuta: "CHIEDE che l'Ill.mo Tribunale di Firenze, respinta ogni contraria domanda, istanza ed eccezione, e previa ogni opportuna pronuncia e revoca dell'ordinanza cautelare del 18 agosto 2020. Voglia rigettare le domande dell'attore perché prive di ogni fondamento in fatto e in diritto" (vd. note scritte del 5.12.2022). Ragioni di fatto e di diritto della decisione 1 - In fatto Con atto di citazione ritualmente notificato, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo esponeva e deduceva che: - il signor (...), responsabile della rivista (...), di proprietà della (...) S.p.a., in data 27.05.2020 e poi il 3.6.2020 aveva inviato una comunicazione mail alla Direttrice della Galleria dell'Accademia, al fine di ottenere il consenso all'utilizzo dell'immagine del David, per una iniziativa editoriale; - dopo un primo scambio di mail con l'addetto alle pubbliche relazioni ed alcune perplessità iniziali, la Direttrice aveva comunicato che avrebbe autorizzato l'utilizzo dell'immagine del David di Michelangelo in copertina, solo a due condizioni: che non fosse alterata dall'effetto lenticolare e che la rivista fosse corredata da un articolo redazionale sulla Galleria e l'opera di Michelangelo, poiché solo così si sarebbe potuto garantire un uso non lucrativo dell'effige del David; - tuttavia, nelle edicole era apparso in vendita il numero mensile di luglio - agosto della Rivista (...), "con in prima pagina una assai discutibile immagine cangiante David/modello, pubblicazione mai autorizzata"; - a seguito di una richiesta di chiarimenti, l'addetto stampa in data 20.7.2020 aveva comunicato di aver richiesto prima un prototipo di pagina per vedere l'effetto finale e di aver insistito perché fosse usato solo il David senza l'effetto lenticolare, ma il giornalista non aveva fornito alcuna risposta. Di qui l'"interesse ad agire nella presente sede ai fini inibitori e di merito per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali provocati dall'utilizzo non autorizzato dell'immagine del David". Tant'è che il Ministero, effettivamente, proponeva una domanda cautelare in corso di causa e domande di merito, così articolando le proprie conclusioni nell'atto di citazione: "in via cautelare fissare immediata udienza ex artt. 664 quater e sexies c.p.c. ed all'esito dell'udienza ed in contraddittorio: a) Accertare e dichiarare l'utilizzo non autorizzato a fini commerciali delle immagini riproducenti il David di Michelangelo sulla rivista (...) nella pubblicazione del numero di luglio-agosto di proprietà di (...) S.p.a.; b) Inibire alla società (...) S.p.a. in persona del suo legale rappresentante p.t. in Italia ed all'estero, l'utilizzo a fini commerciali delle predette immagini in qualunque forma e/o strumento, anche informatico sui propri siti internet e su tutti gli altri siti e social di sua competenza; d) ordinare a (...) S.p.a. in persona del suo legale rappresentante p.t. la pubblicazione, per esteso, a caratteri doppi del normale, per tre volte, anche non consecutive, su due quotidiani a diffusione nazionale, su due quotidiani a diffusione locale, fra cui la Nazione e su due periodici a carattere nazionale, anche nelle loro versioni on-line, nonché sul sito internet, e sugli eventuali profili youtube, facebook, twitter e instagram della (...) S.p.a. dell'ordinanza cautelare; e) Ordinare a (...) S.p.a. in persona del suo legale rappresentante p.t. di depositare presso la cancelleria del Tribunale entro 7 giorni dalla comunicazione dell'ordinanza cautelare adeguata documentazione comprovante l'avvenuta esecuzione del provvedimento cautelare; f) Condannare (...) S.p.a. in persona del suo legale rappresentante p.t. di una penale, da quantificare nella misura di Euro 10.000,00 per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento cautelare, o nella diversa misura ritenuta di giustizia. Nel merito: a) Accertare e dichiarare l'avvenuta violazione degli artt. 107-108 CBC, 9 Cost., 2043 c.c., 2059 c.c. e l'illiceità dell'utilizzo non autorizzato a fini commerciali da parte della società (...) S.p.A. consistente nella pubblicazione nella rivista del mese luglio-agosto 2020 di (...) dell'immagine del David di Michelangelo, e per l'effetto inibire a detta società in Italia e su tutto il territorio europeo ed extraeuropeo, l'utilizzo a fini commerciali mediante cessione a terzi e comunque riproduzione delle immagini delle opere d'arte custodite nelle Gallerie dell'Accademia, in qualunque forma e/o strumento, anche informatico; b) Condannare, con interessi legali e rivalutazione monetaria fino alla data dell'adempimento la società (...) S.p.a. in persona del suo legale rappresentante p.t. al pagamento, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, della somma di euro 80.000 secondo le voci di danno sopra indicate, o nella diversa misura che verrà ritenuta di giustizia; c) Condannare, con interessi legali e rivalutazione monetaria fino alla data dell'adempimento la società (...) S.p.a. in persona del suo legale rappresentante p.t. al pagamento del risarcimento del danno non patrimoniale nella misura dei ricavi delle vendite del numero del mese di luglio - agosto 2020 della rivista (...) o nella diversa misura che verrà ritenuta di giustizia; d) ordinare a (...) S.p.a. in persona del suo legale rappresentante p.t. la pubblicazione, per esteso, a caratteri doppi del normale, per tre volte, anche non consecutive, su due quotidiani a diffusione nazionale, su due quotidiani a diffusione locale, fra cui la Nazione e su due periodici a carattere nazionale, anche nelle loro versioni on-line, nonché sul sito internet, e sugli eventuali profili youtube, facebook, twitter e instagram della Scala Group s.p.a. della sentenza; e) Condannare (...) S.p.a. in persona del suo legale rappresentante p.t. al pagamento di una penale, da quantificare nella misura di Euro 10.000,00 per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione della sentenza a far data dalla sua pubblicazione, o nella diversa misura ritenuta di giustizia. Con vittoria di compensi giudiziali". In data 18.8.2020, all'esito di rituale instaurazione del contraddittorio, il Tribunale di Firenze, Sezione Feriale, in persona del Giudice dott.ssa Daniela Bonacchi, ritenuta la fondatezza del ricorso cautelare proposto dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, accoglieva lo stesso così provvedendo: "1) INIBISCE alla società (...) s.p.a., in persona del suo legale rappresentante p.t. in Italia e all'estero, l'utilizzo a fini commerciali delle immagini riproducenti il David di Michelangelo sulla rivista (...) nella pubblicazione del numero di luglio-agosto di proprietà di (...) s.p.a., in qualunque forma e/o strumento, anche informatico, sui propri siti internet e su tutti gli altri social di sua competenza; 2) ORDINA alla società (...) s.p.a., in persona del suo legale rappresentante p.t. in Italia e all'estero, la pubblicazione del presente provvedimento, per esteso, a caratteri doppi del normale, per tre volte anche non consecutive, su due quotidiani a diffusione nazionale, fra cui La Nazione, e su due periodici a carattere nazionale, anche nelle loro versioni on line, nonché sul sito internet, e sugli eventuali profili youtube, facebook, twitter e instagram della società convenuta, ove dovrà restare per almeno 60 giorni; 3) CONDANNA (...) s.p.a. al pagamento, in favore, del Ministero ricorrente, di una penale di Euro 2.000,00 per ogni giorno di ritardo, successivo alla notificazione della presente ordinanza, nell'adempimento anche di uno solo degli ordini impartiti ai punti 1) e 2); 4) CONDANNA (...) s.p.a. alla refusione, in favore del Ministero ricorrente, delle spese di lite, che si liquidano in Euro 5.000,00per compensi, oltre accessori di legge". La società convenuta non si costituiva, né nel giudizio di merito né in quello cautelare. Il giudizio di merito si svolgeva, pertanto, in contumacia della convenuta e perveniva all'udienza di precisazione delle conclusioni del 30.11.2021, ove la causa veniva posta in decisione con assegnazione dei termini per gli scritti conclusionali. Successivamente, il Giudice riteneva necessario disporre la rimessione in istruttoria, affinché: - l'Avvocatura dello Stato chiarisse la portata delle proprie conclusioni, visto che in esse figurava, per due volte, la richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale (vd. foglio di precisazione delle conclusioni prodotto in forma cartacea nonché conclusioni rassegnate all'udienza di precisazione delle conclusioni e comparsa conclusionale); - fossero acquisiti tutti gli atti della fase cautelare, atteso che il relativo procedimento era stato trattato nel periodo feriale dal giudice tabellarmente competente ed il fascicolo non era visibile sulla Consolle del Giudice del merito, rilevandosi tra l'altro che nel fascicolo di merito non si rinvenivano in atti la prova documentale della notifica dell'ordinanza cautelare, il riscontro di Cancelleria della omessa impugnazione. Solo dopo la rimessione della causa in istruttoria, si costituiva la società convenuta depositando la propria comparsa in data 11.11.2022, ove rassegnava le conclusioni che seguono: "in via preliminare: - differire l'udienza di discussione ex art. 281-sexiex c.p.c. in data successiva al 31 dicembre 2022, disponendo che l'udienza si celebri con la partecipazione degli avvocati delle parti; - concedere alle parti un termine comune non inferiore a 10 giorni prima dell'udienza di discussione ex art. 281-sexies c.p.c. per il deposito di memorie illustrative delle reciproche posizioni e difese. nel merito: - previa revoca dell'ordinanza cautelare del 18 agosto 2020, respingere integralmente le domande attoree, in quanto inammissibili e comunque infondate in fatto e in diritto; - con vittoria di spese e riconoscimento dei compensi professionali, oltre spese generali, oneri ed accessori di legge. Con espressa riserva di ogni ulteriore istanza, deduzione e produzione documentale". Successivamente le parti depositavano note conclusive autorizzate e la causa veniva posta nuovamente in decisione in data 19.12.2022 senza la concessione di ulteriori termini per gli scritti conclusionali. 2 - In diritto, in via preliminare A) Preliminarmente, rileva questo Tribunale che il contraddittorio tra le parti risulta ritualmente instaurato, emergendo per tabulas che: - in data 24.7.2020 veniva notificato alla società convenuta l'atto introduttivo del giudizio; - in data 8.8.2020 veniva notificato nuovamente l'atto introduttivo, ai fini della instaurazione del contraddittorio sulla domanda cautelare; - il 19.8.2020 veniva notificata l'ordinanza cautelare emessa in data 18.8.2020. Com'è già emerso dalla narrativa, la società convenuta non si costituiva, né in sede cautelare né nel giudizio di merito. Né, tampoco, impugnava l'ordinanza cautelare. Di qui, con ogni evidenza, la tardività della costituzione intervenuta solo in data 11.11.2022, essendo a quella data ampiamente maturate tanto le preclusioni di cui al combinato disposto degli artt. 166 e 167 cpc quanto le preclusioni istruttorie. Peraltro, il denunciato "incidente tecnico informatico", che avrebbe impedito alla convenuta la tempestiva notificazione, è con ogni evidenza, alla luce di quanto emerge dalla stessa comparsa di costituzione, un mero disguido organizzativo interno alla società, che giammai può giustificare una rimessione in termini. B) Solo per completezza della motivazione - non essendovi rituale eccezione sul punto -, è il caso di rilevare che questo Tribunale è territorialmente competente in relazione al caso di specie. Ai fini della determinazione della competenza per territorio, ci si deve rifare, infatti, ai principi che le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno elaborato con riferimento alla materia della lesione dei diritti della personalità perpetrata con mezzi di comunicazione di massa. Costituisce, ormai, ius receptum che, in tali casi, in relazione al forum commissi delicti di cui all'art. 20 c.p.c., la competenza per territorio si radichi nel "luogo in cui si realizzano le ricadute negative della lesione" (così, testualmente, le S.U., 13.10.2009, N. 21661). Siffatto criterio garantisce certezza nella individuazione del foro competente e, segnatamente, consente di evitare il ricorso a criteri "ambulatori" della competenza, potenzialmente lesivi del principio costituzionale della precostituzione del giudice; al contempo, è coerente con la più attuale concezione del danno risarcibile, inteso non come danno-evento, ma come danno-conseguenza. Tanto è vero che, con riferimento al tema del risarcimento del danno extracontrattuale per lesione del diritto alla reputazione conseguente alla diffusione di una trasmissione televisiva, la Suprema Corte si è incaricata di chiarire che il giudice territorialmente competente a decidere la causa, ai sensi dell'art. 20 c.p.c., deve essere identificato nel rispetto dei principi costituzionali sulla precostituzione del giudice, tenendo conto della struttura dell'illecito aquiliano, del mezzo tecnico con cui il danno viene inferto e della disciplina di ipotesi affini; in particolare, è da escludere la competenza "ambulatoria" dei giudici di tutti i luoghi in cui è avvenuta la divulgazione lesiva, che non consente di fissare criteri oggettivi per l'individuazione preventiva del giudice; né rileva, quale luogo in cui sorge l'obbligazione risarcitoria, il luogo in cui si è verificato il fatto, bensì quello in cui si è prodotta l'altra componente dell'illecito civile, il danno, atteso che ai fini della responsabilità civile ciò che si imputa è il danno consequenziale, patrimoniale o non patrimoniale, e non il fatto in quanto tale (forum damni); è il luogo in cui il soggetto aveva il domicilio quello in cui si verificano gli effetti negativi dell'offesa alla reputazione, in quanto nel contesto ambientale in cui il danneggiato, che agisce in giudizio, vive ed opera si realizza la percezione del contenuto diffamatorio della trasmissione, restando così individuato il giudice territorialmente competente (Cass. Civ., III, 1/12/2004, N. 22586). Nel caso di specie - ove risulti fondata la prospettazione attorea - il luogo della realizzazione delle ricadute negative (o effetti negativi) della censurata condotta lesiva va identificato in Firenze: - non solo perché a Firenze è custodito il bene culturale (David di Michelangelo), la cui immagine costituisce oggetto della dedotta lesione e della invocata tutela; - ma anche perché a Firenze ha sede la Galleria dell'Accademia, che è il museo che ospita il David; - la Galleria dell'Accademia è il museo consegnatario e custode dell'opera, cui, secondo la prospettazione attorea, si doveva chiedere l'autorizzazione per la riproduzione e l'uso dell'immagine del David; - di conseguenza, è la Galleria dell'Accademia l'ente, cui è stato impedito il controllo sulla compatibilità dell'uso con la destinazione culturale dell'opera; - ed è la Galleria l'ente privato degli introiti che sarebbero stati incassati se la società convenuta avesse chiesto l'autorizzazione ed avesse pagato il corrispettivo dovuto. Dunque, Firenze è il luogo in cui il danno si è prodotto - stando alla fattispecie di illecito dedotta da parte attrice - ed è il Tribunale di Firenze il foro competente ai sensi dell'art. 20 c.p.c., quale forum commissi delicti. C) Ancora in via preliminare ed ancora nel segno della esaustività della motivazione - non essendovi neppure sul punto rituale eccezione -, rileva il Tribunale che, in relazione al caso di specie, la competenza per territorio e la legittimazione attiva si situano su piani distinti: - come si è stabilito poc'anzi, il danno si è prodotto a Firenze, ove si trovano il David ed il museo consegnatario, per cui l'azione è stata correttamente incardinata innanzi al Tribunale di Firenze; - soggetto legittimato attivo non è, però, la Galleria dell'Accademia di Firenze, ma il Ministero. La legittimazione del Ministero discende dal fatto che la titolarità del bene culturale (David) sta in capo allo Stato ed è previsto per legge che "Il Ministero esercita le funzioni di tutela sui beni culturali di appartenenza statale anche se in consegna o in uso ad amministrazioni o soggetti diversi dal Ministero" (art. 4, comma secondo, C.B.C.). La Galleria dell'Accademia di Firenze, nell'ambito della complessa organizzazione del Ministero della Cultura, si inquadra come museo di rilevante interesse nazionale ed ufficio di livello dirigenziale non generale, dotato di autonomia speciale (art. 30, comma 3, lett. b, D.P.C.M. 29.8.2014, N. 171), ma trattasi pur sempre di una struttura periferica, che, ai sensi dell'art. 35 del D.P.C.M. cit., dipende funzionalmente dalla Direzione Generale Musei. Peraltro, tra le numerose funzioni indicate al comma 4 del cit. art. 35, non è previsto che la Galleria dell'Accademia possa agire in giudizio per la tutela dei beni culturali di cui è consegnataria. Vale, pertanto, il principio che vige per le strutture dell'amministrazione scolastica operanti a livello periferico: sono articolazioni del Ministero, per cui lo Stato agisce ed è chiamato in giudizio in persona del ministro competente; le strutture interne ai ministeri non sono dotate di soggettività sul piano dei rapporti esterni, come del resto si evince dall'espresso disposto del R.D. 30 ottobre 1933, N. 1611, art. 11, comma 1 (nel testo novellato dalla L. 25 marzo 1958, N. 260, art. 1), il quale prescrive che la notifica degli atti giudiziari presso gli uffici dell'Avvocatura dello Stato debba essere effettuata nella persona del Ministro competente (cfr. Cass. SU. 15342/06 e 7862/08). Di qui la legittimazione attiva del Ministero della Cultura in relazione alla fattispecie che ci occupa. 3 - In diritto, nel merito A) Sul piano dell'inquadramento giuridico e sistematico, è importante chiarire che: - al pari del diritto all'immagine della persona, positivizzato all'art. 10 c.c., può configurarsi un diritto all'immagine anche con riferimento al bene culturale; - tale diritto trova il proprio fondamento normativo in una espressa previsione legislativa ovvero negli artt. 107 e 108 del D.Lgs. N. 42/2004, che costituiscono norme di diretta attuazione dell'art. 9 della Costituzione (C. Cost. n. 194/2013); - gli artt. 107 e 108 del C.B.C. rimettono alle amministrazioni consegnatarie il potere di legittimare, attraverso il proprio consenso, la riproduzione dei beni culturali; - nel Codice dei Beni Culturali si rinvengono espressi richiami alla terminologia propria del diritto all'immagine, quale il "decoro" del bene culturale (es. artt. 45 co. 1, 49 co. 1 e 2, 52 co. 1-ter, 96, 120 co. 2, C.B.C.). Peraltro, la giurisprudenza di legittimità ha già affermato la configurabilità del diritto all'immagine in relazione a soggetti privi di personalità fisica (cfr., nel senso della risarcibilità del danno all'immagine subito da persone giuridiche, Cass. Civ. N. 12929/2007 e Cass. Civ. N. 8397/2016), oltre che in relazione ad entità prive di personalità giuridica, come nel caso delle associazioni non riconosciute (vd., ad esempio, Cass. Civ. N. 23401/2015). E, per vero, la Suprema Corte ha financo affermato l'esperibilità della tutela dell'immagine con riferimento a meri beni, aventi rilevanza solo economica, chiarendo che "La tutela civilistica del nome e dell'immagine, ai sensi degli art. 6, 7 e 10 c.c., è invocabile non solo dalle persone fisiche ma anche da quelle giuridiche e dai soggetti diversi dalle persone fisiche e, nel caso di indebita utilizzazione della denominazione e dell'immagine di un bene, la suddetta tutela spetta sia all'utilizzatore del bene in forza di un contratto di leasing, sia al titolare del diritto di sfruttamento economico dello stesso. (Principio affermato dalla S.C. in una fattispecie in cui una società, senza ottenere il consenso dell'avente diritto e senza pagare il corrispettivo dovuto, aveva indebitamente riprodotto nel proprio calendario l'immagine e la denominazione di un'imbarcazione altrui, usata a fini agonistici o come elemento di richiamo nell'ambito di campagne pubblicitarie o di sponsorizzazione, inserendo nella vela il proprio marchio)" (Cass. Civ. N. 18218/2009). In tale pronuncia la Suprema Corte ha individuato, quali soggetti titolari del potere di invocare la tutela dell'immagine del bene stesso, sia i titolari del diritto di utilizzazione del bene, sia i titolari dei diritti di sfruttamento economico dello stesso. B) Nel caso di specie, la condotta della società convenuta si è posta in aperto contrasto con l'art. 9 Cost. nonché con gli artt. 107 e 108 C.B.C. ed il danno arrecato è senz'altro ingiusto, proprio perché costituisce conseguenza della violazione di norme di legge ordinaria, oltre che di un principio costituzionale non suscettibile di compressione, con ogni implicazione - come vedremo - in punto di risarcibilità del danno patrimoniale (dovuto in applicazione degli artt. 2043 c.c., 9 Cost., artt.1 co. 2, 107 e 108 C.B.C.) e non patrimoniale (spettante in forza del combinato disposto degli artt. 2059 c.c., 9 Cost., art. 1 co. 2, 107 e 108 C.B.C.). Che, nella fattispecie in esame, sia stata posta in essere una condotta illecita e che di ciò avesse piena consapevolezza la società convenuta emerge pianamente per tabulas. Basti considerare che: - in data 27.5.2020, (...), nella qualità di "direttore di (...), del brand editoriale del gruppo (...), indirizzava una mail alla Galleria dell'Accademia di Firenze, per rappresentare che stava lavorando alla realizzazione di "un lavoro di copertina dedicato all'idea di un nuovo Rinascimento italiano ... un fine lavoro di cartotecnica lenticolare, con effetto morphing, tra la statua simbolo del Rinascimento ovvero il David di Michelangelo e il modello maschile più famoso del mondo, Pietro Bosellf; in quella stessa mail, il direttore della rivista esplicitava tra l'altro la finalità della missiva ovvero "come prima cosa ... verificare ... che nulla ostasse ...", così manifestando inequivocabilmente la consapevolezza che potesse porsi un problema di compatibilità tra l'uso che si intendeva fare dell'immagine del David e la sua destinazione culturale (vd. all. N. 2 di produzione attorea); - in data 3.6.2020, con una seconda mail, il direttore di (...) reiterava la richiesta, facendo nuovamente riferimento al progetto editoriale che stava realizzando e che avrebbe portato "in copertina il David di Michelangelo"; (vd. all. N. 3 di produzione attorea); - il 5.6.2020, veniva inoltrata alla Direttrice della Galleria dell'Accademia, Cecilie Hollberg, una ulteriore mail del direttore di (...), contenente "un prototipo di copertina che spostando lo sguardo alla pagina fa apparire il modello e scomparire il David" (vd. all. N. 5); - il 7.6.2020, indirizzando una mail di riscontro a (...) (...) SpA - che sino a quel momento aveva seguito la vicenda curando la corrispondenza con il Direttore di (...) -, la Direttrice dell'Accademia esplicitava la propria posizione in relazione al progetto editoriale de quo, chiarendo che non avrebbe autorizzato l'uso che si voleva fare del David, in quanto "... Sarebbe stato bello avere il NOSTRO David in copertina doppia pagina redazionale all'interno ma non al costo di un David alterato" (vd. all. N. 6); - a sua volta, con mail dell'8.6.2020, (...), dando atto di aver compreso la posizione della Direttrice della Galleria dell'Accademia, la rassicurava rappresentandole che sarebbe stata sua "premura cercare di avere la copertina senza foto lenticolare' (vd. all. N. 6); - ed, ancora, in una successiva ed ultima mail del 20.7.2020, lo stesso (...) dava riscontro del suo operato alla Direttrice della Galleria dell'Accademia, comunicandole che per telefono aveva "chiesto di avere prima un prototipo di pagina per vedere l'effetto finale e insistito perché venisse usato solo il David senza effetto lenticolare ma il giornalista non ha più risposto" (vd. all. N. 6). Non v'è chi non veda come i riscontri documentali comprovino nitidamente che: - il Direttore di (...) si pose il problema della liceità della riproduzione dell'immagine del David e della compatibilità tra la destinazione culturale dell'opera rinascimentale ed il proprio progetto editoriale, che prevedeva un lavoro di "cartotecnica lenticolare, con effetto morphing, tra la statua simbolo del Rinascimento ovvero il David di Michelangelo e il modello maschile più famoso del mondo, Pietro Bosetti"; - tant'è che interloquì più volte con (...) (...) SpA ed anche direttamente con la Direttrice della Galleria dell'Accademia; - quest'ultima esplicitò la propria posizione, chiarendo che non avrebbe autorizzato l'uso di un "David alterato"; - (...), per conto della Galleria dell'Accademia, rappresentò espressamente a (...) e quindi alla società convenuta la necessità di rivedere il progetto editoriale, utilizzando "solo il David senza effetto lenticolare', ma senza ottenere più alcun riscontro. Per tutta risposta, pur avendo piena consapevolezza della illiceità del proprio progetto editoriale e della sua incompatibilità con la destinazione culturale del David, la società convenuta pubblicò il N. 241, luglio - agosto 2020, della rivista (...), con quella stessa copertina: - che il 5.6.2020 era stata preannunciata alla Direttrice della Galleria dell'Accademia di Firenze con una mail che ne conteneva un prototipo; - ed in relazione alla quale (copertina) la Galleria dell'Accademia aveva assunto una netta posizione di chiusura, poiché la "cartotecnica lenticolare" alterava l'immagine del David. È del tutto evidente la fondatezza della domanda attorea, come del resto ha già statuito, sia pure in sede di cognizione sommaria, il Tribunale di Firenze con ordinanza del 18.8.2020, non impugnata dalla società convenuta. Quest'ultima ha violato le norme del Codice dei Beni Culturali, che, come si è detto, tutelano il diritto all'immagine del bene culturale e, segnatamente, sono state violate le prescrizioni contenute negli artt. 107 e 108 del corpus iuris di cui al D.Lgs. N. 42/2004. Tali norme sono state violate, per aver la società convenuta riprodotto l'immagine del David di Michelangelo: - senza ottenere - e, per vero, senza neppure richiedere formalmente - il consenso alla riproduzione; - senza versare alcun corrispettivo per la riproduzione; - omettendo, per giunta, illecitamente e dolosamente di osservare le condizioni poste dalla Galleria dell'Accademia, che, nell'ambito della richiamata corrispondenza mail, aveva precisato che nella copertina della rivista si dovesse utilizzare la sola immagine del David, senza l'effetto lenticolare. Ad integrazione dell'inquadramento giuridico, che sopra si è in gran parte delineato, mette conto chiarire, ulteriormente, che nella specie è stata realizzata una riproduzione illecita dell'immagine del David di Michelangelo. Il lemma "riproduzione", dal punto di vista letterale, rimanda al significato più comune della nozione di immagine, laddove per "immagine" si intende sia la forma esteriore degli oggetti corporei, in quanto percepita attraverso la vista, sia la forma impressa su un supporto - quale può essere una lastra o pellicola o carta fotografica - oppure su una memoria artificiale. La nozione di riproduzione evoca, più propriamente, il ricorso ad un mezzo meccanico che consente la duplicazione. Dal punto di vista teleologico, viene in rilievo la deroga all'obbligo di autorizzazione in presenza dei presupposti tassativi di cui all'art. 108, comma 3-bis. La tassatività di tali ipotesi derogatorie conferma, a contrario, l'esistenza in via generale nell'ordinamento di un diritto all'immagine dei beni culturali, che è garantito attraverso il divieto di riprodurre il bene culturale in assenza di autorizzazione. A monte delle fattispecie derogatorie sta, evidentemente, una valutazione - che il legislatore ha compiuto in astratto - di compatibilità di talune modalità di utilizzo delle immagini con le finalità ultime della tutela dei beni culturali. A ben vedere, proprio dall'elencazione dettagliata delle attività sottratte all'obbligo di preventiva autorizzazione emerge l'esistenza giuridica di un quid diverso dal mero sfruttamento economico della riproduzione del bene culturale, che pone su un piano accessorio l'aspetto patrimoniale, giungendosi financo alla sua esclusione nei casi individuati dall'art. 108. Qui si coglie il punto focale della tutela normativa. Già sulla base del solo art. 108, comma 3-bis, C.B.C., esso può essere individuato nella destinazione funzionale dei beni culturali alla fruizione culturalmente qualificata e gratuito da parte dell'intera collettività, secondo modalità orientate allo sviluppo della cultura ed alla promozione della conoscenza, da parte del pubblico, del patrimonio storico e artistico della Nazione. La ratio delle disposizioni in esame delinea, con evidenza, un regime di tutela, che involge anche un aspetto di carattere non patrimoniale attinente alla riproduzione del bene culturale. Tali aspetti configurano il diritto all'immagine del bene culturale. Dall'interpretazione teleologica delle singole norme emerge quel che, poi, trova conferma nella loro interpretazione sistematica e, cioè, che il perseguimento delle finalità individuate dalla normativa di tutela dei beni culturali non può prescindere dalla tutela della loro immagine. Ciò in quanto costituisce fine ultimo della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale la sua pubblica fruizione, ai sensi: - dell'art. 3, comma 1, C.B.C., a tenore del quale "La tutela consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un'adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione"; - dell'art. 6, comma 1, C.B.C., per cui "La valorizzazione consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. (...)". Ai sensi dell'art. 1, comma 2, C.B.C., il suddetto fine coincide altresì con il fine ultimo di "preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio" e "promuovere lo sviluppo della cultura". Assoluta centralità assumono a tale scopo nel C.B.C. il carattere storico-artistico dei beni culturali e la loro destinazione culturale, alla quale l'art. 106 C.B.C. subordina l'uso individuale dei beni culturali. La fruizione pubblica va, dunque, interpretata come un "processo di conoscenza, qualificata e compiuta, di un oggetto, di una realtà che diventa parte e patrimonio della cultura singola e collettiva", mentre non costituisce pubblica fruizione qualsiasi mera occasione di pubblicità per il bene culturale. Anche la riproduzione del bene culturale, quale suo uso, può avvenire solo ove sussistano i caratteri della pubblica fruizione nei termini fin qui chiariti. Ciò è del resto confermato anche dalla collocazione degli artt. 107 e 108 C.B.C. nella Parte II del testo normativo, al Titolo II, rubricato proprio "Fruizione e valorizzazione'. Tanto è vero che non è sufficiente per la legittima riproduzione del bene culturale il pagamento (ancorché ex post) di un corrispettivo, poiché elemento imprescindibile dell'utilizzo lecito dell'immagine è il consenso reso dall'Amministrazione, all'esito di una valutazione discrezionale in ordine alla compatibilità dell'uso prospettato con la destinazione culturale ed il carattere storico-artistico del bene. Nella specie, difettano tutti i presupposti della liceità della riproduzione, poiché: - l'Amministrazione non ha reso il consenso alla riproduzione ed il consenso non è stato neppure formalmente richiesto; - non è stato mai versato alcun corrispettivo per la riproduzione; - la riproduzione si è realizzata con modalità altrettanto illecite, in quanto alterano l'immagine del David, che viene accostata ed anzi confusa, attraverso il meccanismo della cartotecnica lenticolare, con l'immagine di un modello che a detta della stessa società convenuta è una sorta di icona del mondo della moda, il tutto in chiave apertamente pubblicitaria. Come si è già anticipato richiamando alcune pronunce della giurisprudenza di legittimità, la Suprema Corte ha preso atto del processo di emersione delle res materiali quali espressione di profili giuridici immateriali autonomamente rilevanti e suscettibili di tutela, pur in assenza di immediata e diretta riconducibilità alla persona. L'immagine di un bene è cosa diversa rispetto all'immagine del suo titolare. Attesa, dunque, la già riconosciuta autonomia del diritto all'immagine in relazione a beni non qualificati da particolare rilievo per la collettività, seppur particolarmente noti ed ammirati dal punto di vista commerciale, sarebbe del tutto irragionevole escludere la tutela di tale diritto con riferimento al bene culturale, specie quando - come nel caso di specie - risulti gravemente lesa, per le ragioni e con le modalità poc'anzi evidenziate, l'immagine di un'opera di assoluto pregio artistico, che è assurta a simbolo, non solo della temperie rinascimentale che soprattutto nel nostro paese ha prodotto frutti di inestimabile valore, ma anche del nostro intero patrimonio culturale ed in definitiva del genio italico. 4 - Sui danni A) Nel caso in esame, si configura, senz'altro, un danno patrimoniale derivante dal mancato pagamento (e, quindi, introito) del corrispettivo di cui all'art. 108 C.B.C. per l'uso dell'immagine del David a scopi pubblicitari. A tal proposito, rileva la disposizione, di cui all'art. 108, comma 1, C.B.C., per cui i canoni di concessione ed i corrispettivi connessi alle riproduzioni di beni culturali sono determinati dall'autorità che ha in consegna i beni, tenendo anche conto del carattere delle attività cui si riferiscono le concessioni d'uso, dei mezzi e delle modalità di esecuzione delle riproduzioni, del tipo e del tempo di utilizzazione degli spazi e dei beni, dell'uso e della destinazione delle riproduzioni, nonché dei benefici economici che ne derivano al richiedente. Ai sensi del comma sesto della medesima disposizione, gli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per l'uso e la riproduzione dei beni sono fissati con provvedimento dell'amministrazione concedente. In applicazione di siffatta norma, la Galleria dell'Accademia ha pubblicato sul proprio sito (vd. all. N. 1 della produzione attorea) le tariffe minime stabilite per l'utilizzo delle immagini a scopo pubblicitario, prevedendo, con riferimento alla riproduzione di immagini di opere particolarmente rappresentative ("es. opere di Botticelli, Michelangelo etc.") la tariffa minima di Euro 20.000,00 per un anno di concessione. Il Tribunale ritiene che l'importo minimo di Euro 20.000,00 possa costituire, nel caso di specie, congruo importo risarcitorio, poiché, a fronte di una illiceità sicuramente grave dell'attività di riproduzione per tutte le ragioni ampiamente esposte, occorre pur considerare che si è trattato dell'uso dell'immagine del David su un solo numero della rivista ovvero del N. 241 luglio - agosto 2020. Peraltro, non è stato provato, con rituali e tempestive produzioni, il beneficio economico derivato alla società convenuta, che pure costituisce uno dei parametri della quantificazione del corrispettivo. Infine, non può farsi a meno di considerare che, alla luce dell'art. 1223 c.c., richiamato dall'art. 2056 c.c. in relazione al danno da responsabilità extracontrattuale, il pregiudizio va ristorato nella sua interezza, ma evitando duplicazioni. B) Nello specifico, si devono evitare duplicazioni con riferimento al danno non patrimoniale, che pure merita di essere risarcito, poiché è innegabile che: - alla luce degli arresti della giurisprudenza di legittimità ed anche delle Sezioni Unite (cfr., ex multis, Cass. Civ., Sez. Un., 11.11.2008, N. 26972), la norma di riferimento in materia di risarcimento del danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.) è norma di rinvio, che rimanda alle leggi che determinano i casi di risarcibilità del danno non patrimoniale (vd. art. 185 c.p., vd. i casi previsti da leggi ordinarie) ed, al di fuori dei casi espressamente determinati dalla legge, in virtù del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili, la tutela è estesa ai casi di danno non patrimoniale prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della riconosciuti dalla Costituzione; - rientra tra i principi fondamentali della nostra carta costituzionale, che com'è noto costituiscono valori fondanti del nostro ordinamento repubblicano, non modificabili neppure attraverso il procedimento di revisione costituzionale, l'art. 9 Cost., a tenore del quale "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione"; - il riferimento alla "Nazione" (piuttosto che allo Stato) è assai pregnante e significativo, in quanto rimanda notoriamente a quel complesso di persone che hanno comunanza di origini, di lingua, di storia e di cultura e che hanno coscienza di tali elementi unificanti, per cui l'art. 9 Cost. attribuisce senz'altro valenza identitaria al patrimonio storico ed artistico; - non a caso, l'art. 1 del C.B.C. richiama espressamente l'art. 9 Cost. ed, al comma secondo, sancisce che "La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura"; - di conseguenza, visto che ai sensi dell'art. 2 Cost. è garantito il diritto alla identità individuale, inteso come diritto a non vedere alterato all'esterno e quindi travisato, offuscato o contestato il proprio patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, ideologico, professionale, sarebbe del tutto irragionevole postulare l'assenza del rimedio risarcitorio a fronte di lesioni dell'interesse non patrimoniale presidiato dall'art. 9 Cost., che si identifica con l'identità collettiva dei cittadini che si riconoscono come appartenenti alla medesima Nazione anche in virtù del patrimonio artistico e culturale che, per l'appunto, alla luce della declinazione sancita nell'art. 1 C.B.C., è parte costitutiva della memoria della comunità nazionale. Nel caso di specie la società convenuta ha gravemente leso tali interessi, poiché, con la tecnica lenticolare, ha insidiosamente e maliziosamente accostato l'immagine del David di Michelangelo a quella di un modello, così svilendo, offuscando, mortificando, umiliando l'alto valore simbolico ed identitario dell'opera d'arte ed asservendo la stessa a finalità pubblicitarie e di promozione editoriale. Peraltro, com'è ampiamente emerso, la società convenuta ha: - non solo, omesso di chiedere il consenso all'Amministrazione ai fini della riproduzione; - dolosamente impedito all'ente preposto di valutare la compatibilità tra l'uso dell'immagine del David e la destinazione culturale della stessa; - anzi, ha dolosamente utilizzato l'immagine del David con una modalità (quella della cartotecnica lenticolare) sulla quale si era già pronunciata la Direttrice della Galleria dell'Accademia, chiarendo che trattavasi di alterazione dell'immagine del bene culturale, che, in quanto tale, non avrebbe potuto trovare autorizzazione. Non v'è chi non veda come tali elementi e considerazioni diano conto della gravità dell'offesa e come concorra a dar conto della gravità del danno anche la notorietà della società convenuta e della rivista, notorietà evidenziata dalla stessa resistente nei termini che seguono: "(...). (...) opera nel settore dell'editoria ed è proprietaria di numerose testate iconiche pubblicate in diversi paesi, tra cui Cina, Francia, Germania, India, Giappone, Messico e America Latina, Spagna, Taiwan, Regno Unito, Stati Uniti e Italia. In Italia, (...) pubblica i periodici Vanity Fair, Vogue Italia, Wired, AD. Architectural Digest, (...) Traveller, La Cucina Italiana e (...). La mission che (...) si propone è diffondere la cultura, creare e distribuire contenuti per generare valore e definire nuovi modelli di comunicazione e format. Nel perseguire questa mission le testate (...) anticipano le tendenze, influenzano la cultura e hanno un ruolo concreto nella costruzione del futuro, aprendo le porte a nuovi talenti e progetti e raccontando con autenticità e credibilità momenti determinanti per la società con giornalismo di qualità. L'attività di (...) è inoltre improntata all'inclusività, sostenibilità ed innovazione (doc. 2 convenuta). 5. (...) Magazine. (...) pubblica in Italia - inter alia - la rivista periodica mensile (...). La rivista, registrata e iscritta alla Federazione italiana degli editori giornali, notoriamente si contraddistingue per l'elevata qualità giornalistica e fotografica, l'originalità dei contenuti, la sensibilità per l'attualità e la capacità di spaziare tra una grande varietà di temi, dal reportage di cronaca allo sport, dall'arte alla moda (doc. 3 convenuta). Negli anni (...) ha collaborato con le più importanti istituzioni di arte contemporanea italiane e straniere e con prestigiose firme del mondo dell'arte". Sicché, tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, il Tribunale ritiene che costituisca congruo importo risarcitorio, in relazione al danno non patrimoniale de quo, l'importo di Euro 30.000,00. 5 - Sulle ulteriori domande Sulle ulteriori domande, tra le quali segnatamente la domanda di condanna della società convenuta per l'omessa esecuzione degli ordini impartiti ai punti 1) e 2) dell'ordinanza cautelare, è necessario disporre un approfondimento, essendo la materia controversa e registrandosi tra l'altro pronunce che evocano la necessità di instaurare un separato procedimento (cfr. Trib. Roma 17.5.2017, N. 9884; Trib. Piacenza N. 2/2020). La regolamentazione delle spese di lite è differita all'esito. P.Q.M. Il Tribunale, non definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede: a) condanna la società convenuta a corrispondere al Ministero attore la somma di Euro 20.000,00, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, oltre interessi al tasso legale sulla somma devalutata all'epoca del fatto (luglio 2020) e via via rivalutata anno per anno; b) condanna la società convenuta a corrispondere al Ministero attore la somma di Euro 30.000,00, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, oltre interessi al tasso legale sulla somma devalutata all'epoca del fatto e via via rivalutata anno per anno; c) in relazione alle ulteriori domande, dispone un approfondimento istruttorio, come da ordinanza coeva; d) spese all'esito. Così deciso in Firenze, il 20 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 20 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FIRENZE Sezione Quinta Civile - Sezione specializzata in materia di impresa Il Collegio, nella seguente composizione: dott. Niccolò Calvani - Presidente dott.ssa Linda Pattonelli - giudice relatore dott.ssa Laura Maione - giudice nella camera di consiglio del 11/04/23 ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa n. 13895/2018 tra le parti: (...) LTD (P.I.: (...)), con sede in (...) C., V. W., H., EN5 5TZ, L. (U.), in persona del legale rappresentante pro tempore (...), con l'avv. An.Re., elettivamente domiciliata presso lo studio dell'Associazione (...) in M., Viale (...). ATTORE G. SRL (P.I.: (...)), con sede in F., Via R. (...) 88, in persona del legale rappresentante pro tempore T.A., con l'avv. Al.To., elettivamente domiciliata presso il suo studio in Firenze, via (...). CONVENUTO OGGETTO: Diritto di autore FATTO E PROCESSO (...) Ltd, società di diritto inglese svolgente attività di editoria e distribuzione nel Regno Unito e nel mondo (d'ora innanzi (...)), ha convenuto in giudizio (...) Srl (d'ora innanzi (...)), affermandosi titolare dei diritti di proprietà intellettuale e del copyright su una serie di libri originali, consistenti in guide turistiche focalizzate sull'educazione del viaggiatore-lettore ai costumi e alle tradizioni dei vari paesi, ideati, creati e pubblicati dal suo LRPT, sig. (...), sotto il titolo "Culture Smart!", con marchio registrato, a nome della (...), in (...) e in (...); esponendo: - di avere concesso, tramite alcuni contratti di licenza, all'italiana (...) Srl la licenza per la traduzione in lingua italiana e la pubblicazione, nella sola forma cartacea e nel solo territorio italiano, di alcuni titoli ricompresi nella serie - rapporto, tuttavia, terminato in data 30/12/11; - di avere appreso che la (...), in violazione dei suoi diritti, aveva pubblicato e commercializzato, traendone profitto, versioni digitali (e-book) della serie, e ne aveva, altresì, reso disponibili le versioni italiane anche al di fuori del territorio italiano, tramite i canali (...) e (...); - di avere, quindi, richiesto e ottenuto, nell'agosto 2017, la rimozione delle opere illegittimamente immesse nel mercato dalla società (...); e domandando, pertanto: - l'accertamento dei suoi diritti di proprietà intellettuale sulle opere citate; - l'inibizione a controparte della prosecuzione della violazione e dell'utilizzazione economica delle opere; - la condanna di controparte al risarcimento del danno non patrimoniale, nonché di quello patrimoniale conseguente alla perdita del volume d'affari determinata dalla condotta illegittima, che le avrebbe impedito di sfruttare economicamente l'opera ideata attraverso la conclusione di contratti per la concessione a terzi del diritto alla pubblicazione delle guide in lingua italiana, a causa dell'impossibilità di assicurarne il commercio esclusivo ai propri aventi causa; danno da quantificarsi in un importo pari ai profitti realizzati dall'autore della violazione (asseritamente pari ad almeno Euro 5.150,56, in base alla sola documentazione fornitale da controparte e relativa al quinquennio 2012-2017), comunque per un totale di Euro 10.000 o, in alternativa, in via forfettaria, in base all'importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti qualora l'autore della violazione avesse richiesto la necessaria autorizzazione per l'uso del diritto. Costituitasi in giudizio, (...) ha - eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva in relazione alle domande attoree, dovendosi l'autore della violazione ex adverso lamentata individuare non già nel soggetto che avrebbe materialmente reso possibile la pubblicazione (ossia la stessa convenuta, in quanto mera sviluppatrice, su commissione, del software per la versione digitale), quanto, piuttosto, nel soggetto che tale pubblicazione avrebbe voluto, ordinato e gestito, fornendole i testi da digitalizzare, ossia (...) Srl (oggi cancellata dal Registro delle Imprese), dalla stessa attrice indicata quale controparte dell'accordo di licenza asseritamente violato; inidoneo essendo, a suo dire, a consentire di giungere a conclusioni contrarie il meccanismo di retribuzione pattuito tra (...), quale committente, e (...), quale appaltatrice, incaricata di raccogliere direttamente i pagamenti derivanti dalle vendite di e-books dalla stessa approntati e di ritrasmetterli per il 50% a (...) (che emetteva fattura), trattenendo il restante incasso a titolo di corrispettivo per lo sviluppo del software; - contestato l'avversa allegazione per cui la licenza concessa a (...) sarebbe stata circoscritta al solo territorio italiano, prevedendo, invece, il contratto tra (...) e (...) prodotto dalla stessa controparte l'estensione Worldwide del concesso diritto alla distribuzione delle copie tradotte in italiano; - rilevato come nessuna violazione controparte avrebbe potuto comunque lamentare in ordine alle guide in italiano della serie Culture Smart relative ad Argentina e Brasile, le quali sarebbero, in effetti, creazioni originali di (...), onde a quest'ultima spetterebbero in via esclusiva i diritti di proprietà intellettuale sulle predette opere (come, tra l'altro, evincibile dalla corrispondenza prodotta da controparte); laddove, peraltro, l'eventuale effettiva commercializzazione a cura della relativa autrice, (...), mediante sfruttamento indebito della contiguità e dell'assimilabilità alle opere della collana originale (come dalla stessa attrice contestato nella prodotta e-mail datata 19/02/18, con espresso riconoscimento dell'altrui paternità delle stesse opere), lungi dall'integrare la contestata violazione del diritto autoriale, varrebbe, semmai, a configurare un'ipotesi di illecito anticoncorrenziale, tuttavia non oggetto dell'attuale thema decidendum come delineato dalle prospettazioni e dalle domande attoree; - eccepito la sopravvenuta carenza di interesse di controparte rispetto alla spiegata domanda di inibitoria, a fronte della circostanza pacifica dell'avvenuto ritiro dal mercato da parte di (...) dei titoli in esame dall'agosto 2017, nonché dell'ormai inesistente appetibilità sul mercato delle citate opere, le cui traduzioni risalirebbero al 2011-2012 e sarebbero relative a contenuti addirittura precedenti - laddove, invece, come noto, le guide turistiche necessitano di costante aggiornamento; - allegato la propria inconsapevolezza circa la titolarità in capo a parte attrice dei diritti relativi alle citate opere, come, a suo dire, evincibile dalla prodotta e-mail datata 17/08/17, con cui, nei giorni immediatamente successivi alla segnalazione ad (...) da parte di (...), (...) le aveva comunicato che, per effetto della liquidazione societaria, i diritti sulle opere della collana sarebbero ritornati in capo all'editore originale, invitandola, pertanto, alla rimozione urgente dei medesimi titoli dalla vendita: di qui l'affermata carenza dell'elemento soggettivo dell'illecito oggetto della contestazione attorea; - eccepito l'evitabilità, con l'uso dell'ordinaria diligenza, dei danni lamentati dall'attrice, attivatasi solamente a quasi cinque anni di distanza dalla cessazione della licenza sia per la verifica dell'avvenuta commercializzazione delle opere già oggetto della stessa, sia per la tutela delle proprie ragioni, a fronte della violazione riscontrata; - rilevato l'eccessività della somma ex adverso richiesta a titolo risarcitorio per l'asserito danno patrimoniale, atteso che nessun danno sarebbe occorso all'attrice dalla commercializzazione delle guide in lingua italiana, non essendo le stesse in concorrenza con alcuna altra pubblicazione della (...), e che, pertanto, l'unico profilo di danno eventualmente configurabile risiederebbe nella mancata percezione di royalties su tali vendite, per un ammontare oscillante tra l'8% e il 10%, come pacificamente pattuito tra l'attrice e (...) nella vigenza del contratto; - censurato la totale mancanza di prova del danno non patrimoniale, a suo dire non ricavabile in re ipsa dall'accertata ricorrenza di una violazione del diritto d'autore. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Sulla domanda di risarcimento La domanda attorea di risarcimento del danno è fondata e meritevole di accoglimento, ancorché soltanto in parte qua, nei limiti e per i motivi di seguito esposti. In limine litis, osserva il Collegio come il disposto di cui all'art. 158 LDA nella specie invocato da parte attrice, a tenore del quale "1. Chi venga leso nell'esercizio di un diritto di utilizzazione economica a lui spettante può agire in giudizio per ottenere, oltre al risarcimento del danno, che, a spese dell'autore della violazione, sia distrutto o rimosso lo stato di fatto da cui risulta la violazione. 2. Il risarcimento dovuto al danneggiato è liquidato secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227 del codice civile. Il lucro cessante e' valutato dal giudice ai sensi dell'articolo 2056, secondo comma, del codice civile, anche tenuto conto degli utili realizzati in violazione del diritto. Il giudice può altresì liquidare il danno in via forfettaria sulla base quanto meno dell'importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti, qualora l'autore della violazione avesse chiesto al titolare l'autorizzazione per l'utilizzazione del diritto. 3. Sono altresì dovuti i danni non patrimoniali ai sensi dell'articolo 2059 del codice civile", costituisca un'applicazione particolare, nella materia autoriale, dei principi generali sulla responsabilità extracontrattuale di cui agli artt. 2043 ss. c.c. (ex multis, Cass. n. 7971/99; Cass. n. 21833/21), gravante il soggetto asseritamente danneggiato dell'onere della prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di illecito in concreto azionata, ossia: - la titolarità, in primis, del diritto d'autore, id est di una situazione soggettiva tutelata in base alla legge sul diritto d'autore; - la sussistenza di una condotta di violazione del diritto di utilizzazione economica dell'opera spettante all'autore - il che impone, a ben vedere, sia la prova dell'utilizzazione, sia quella della carenza del consenso dell'autore: sul punto, giova altresì evidenziare come l'atipicità dell'illecito de quo sotto il profilo oggettivo consenta di ritenere integrata la violazione dei diritti d'autore al cospetto di ogni atto che, non essendo autorizzato dall'autore o dagli aventi causa e non essendo lecito ex lege, risulti in qualsiasi modo pregiudizievole di tali diritti; - l'elemento soggettivo del dolo o, quantomeno, della colpa, sub specie di omessa adozione di cautele esigibili da parte dell'autore della condotta; - il danno-conseguenza e il nesso di causalità (Tribunale di Milano 03/12/15): il richiamo espresso all'art. 1223 c.c., infatti, è indice della necessità per il giudice di accordare il risarcimento non già al cospetto del danno inteso quale lesione in re ipsa, quanto, piuttosto, alle conseguenze dannose che da tale lesione, o danno-evento, siano derivate, secondo un criterio di regolarità causale. Ciò premesso, con specifico riferimento alla fattispecie di danno dedotta nel caso in esame, in cui parte attrice ha allegato voci di pregiudizio consequenziali a un'asserita lesione del proprio diritto di autore inteso nella sua componente patrimoniale, realizzata per effetto della pubblicazione e commercializzazione di versioni digitali (e-book) in italiano di guide della serie "Culture smart/Altre Culture" relative a 10 paesi sulle principali piattaforme informatiche ((...), I-Tunes, Google, Streetlib): - deve ritenersi provata per tabulas e, comunque, pacifica la titolarità del diritto d'autore in capo alla società attrice in relazione alle opere in questione (nei limiti e con le precisazioni di cui infra: cfr. 1.1.); - non merita accoglimento l'eccezione di difetto di legittimazione passiva - da riqualificarsi, rectius, in termini di eccezione (attinente al merito) di difetto di titolarità, dal lato passivo, del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, dacché, nell'ipotesi di specie, il destinatario della domanda giudiziale spiegata con l'iniziativa monitoria ed il titolare passivo della pretesa, secondo la prospettazione attorea, coincidono, mentre ciò che è contestato è la coincidenza tra titolarità passiva affermata e titolarità passiva effettiva del credito allegato, ovvero, in altri termini, non risulta allegata dall'eccipiente alcuna divergenza tra l'affermazione del soggetto passivo del rapporto sostanziale contenuta nella domanda monitoria e l'individuazione, nella stessa domanda, della persona cui la domanda è rivolta, lamentandosi, invece, una divergenza tra il soggetto affermato come destinatario passivo della pretesa, coincidente con quello cui la domanda è stata rivolta, e il soggetto effettivo titolare passivo del rapporto sostanziale dedotto (Cass. SS.UU. n. 2951/16). 1.1. Elemento oggettivo: condotta Sotto il profilo oggettivo, infatti, giova anzitutto rammentare come il diritto d'autore, avente a oggetto un bene immateriale, il cui acquisto può avvenire tanto a titolo originario (con la creazione dell'opera), quanto a titolo derivativo, in forza di rapporto negoziale intercorrente con l'autore (per es., contratto di lavoro autonomo o dipendente o altre vicende negoziali traslative): - a norma dell'art. 2577 c.c., presenti un duplice contenuto recante in sé una componente di natura patrimoniale (comma 1), sostanziantesi nel diritto esclusivo di pubblicazione e di utilizzazione economica dell'opera in ogni forma e modo - ossia, come ulteriormente specificato nella normativa speciale, nei diritti di cui all'art. 12 LDA (diritto esclusivo di pubblicazione e di utilizzazione economica), all'art. 13 LDA (diritto esclusivo di riproduzione e di moltiplicazione in copie) e all'art. 17 LDA (diritto esclusivo di messa in commercio, di distribuzione e di diffusione), oltre a ulteriori diritti ai primi connessi, quali il diritto di elaborazione - e una componente di natura morale, consistente nel diritto di rivendicare la paternità dell'opera e di opporsi a qualunque sua modificazione, o trasformazione, o mutilazione anche soltanto potenzialmente pregiudizievole per il suo onore o la sua reputazione (comma 2, rinveniente una corrispondenza nell'art. 20 LDA); - si configuri in termini di assolutezza, alla stregua dei diritti reali, e come tale debba ritenersi tutelato erga omnes, siccome riconnesso a un corrispondente dovere generale di astensione da parte di tutti i consociati. Da siffatta configurazione del diritto autoriale sotto il profilo strutturale e contenutistico discende un plurimo ordine di conseguenze logiche: - anzitutto, ai fini della configurazione di un'ipotesi di lesione del diritto autoriale, non è necessaria l'intercorrenza di un rapporto contrattuale tra il danneggiante e il danneggiato, sufficiente essendo, per la lesione di un diritto assoluto, il mero fatto della materiale realizzazione, con dolo o colpa, di una condotta costituente antecedente causale della violazione del diritto stesso; - ancora, detta violazione può ricorrere al cospetto dell'esercizio, invito domino, da parte di un qualunque terzo, di una qualsiasi delle facoltà in cui tale diritto si sostanzia e che ne costituiscono il contenuto; - di talché, se può essere chiamato a rispondere della lesione che tale violazione comporta, eventualmente in solido con altri concorrenti ex art. 2055 c.c., chiunque vi abbia materialmente concorso, a qualunque titolo, ben può, allora, la titolarità passiva rispetto a una pretesa fondata sull'allegazione di una violazione del diritto d'autore ingenerarsi in capo a tutti i soggetti che abbiano fornito un apporto concorsuale causalmente rilevante - ancorché di per sé non autosufficiente - rispetto alla stessa (Cass. n. 1247/13; n. 12507/92). Ora, nell'ipotesi di specie, non sussiste, a ben vedere, contestazione in ordine all'ubi consistam della condotta in concreto posta in essere dalla convenuta in relazione alla pubblicazione delle opere oggetto delle doglianze attoree: - come emerge, infatti, dalle indicazioni contenute nei colophon (id est, pagine iniziali) delle medesime opere (doc. 3 convenuta e doc. 12, pag. 2 attore) - da ritenersi prevalenti su quelle, apparentemente divergenti, contenute nelle brochure (...) (in cui (...) è indicata quale co-editore unitamente a S.: doc. 12 attore pag. 1) - , (...) ha agito, seppure non quale co-editrice o asserita titolare dei diritti di pubblicazione, comunque quale titolare dichiarata del software, ossia quale editore per il software; - inoltre, la stessa convenuta ha ammesso, tanto negli atti di causa, quanto nella corrispondenza ante causam con la controparte (cfr. e-mail 17/01/18, doc. 9 attore), di avere svolto in prima persona le attività di sviluppo del sotfware, digitalizzazione dei testi, pubblicazione tramite negozi di libri on line con il proprio profilo, riscossione dei proventi delle vendite dalle piattaforme di distribuzione e successiva ripartizione delle medesime entrate tra i partners commerciali dell'operazione (cfr. anche i resoconti delle vendite per titolo redatti e forniti da (...), in cui la stessa convenuta si autodefinisce "editore": doc. 4 (...)). Ebbene, la pubblicazione ad opera di soggetti terzi, già di per sé, nella misura in cui avvenga invito domino, ossia al di fuori da un'espressa autorizzazione da parte del titolare, vale a integrare una condotta sine iure e contra ius, direttamente lesiva e violativa del diritto autoriale, siccome coincidente con l'usurpazione, di fatto, di una delle facoltà che ne integrano il relativo contenuto sotto il profilo patrimoniale (cfr. art. 12 LDA) e il cui esercizio, come tale, spetterebbe di diritto unicamente al relativo autore. E il difetto di un'espressa autorizzazione a operare, nell'ipotesi di specie, in capo alla convenuta, autrice materiale delle citate attività funzionali e strumentali alla pubblicazione e alla diffusione / commercializzazione delle opere, ben può evincersi dalla pacifica e documentata carenza, in capo alla sua diretta committente e partner commerciale, (...), di una licenza valida ed efficace, con specifico riferimento alle modalità (e all'estensione oggettiva) in cui in concreto è avvenuta la pubblicazione delle opere, avuto riguardo al momento della loro diffusione sul mercato: - è pur vero, infatti, che, come rammentato dalla convenuta, la licenza conferita da (...) a (...) presentava un'estensione "Worldwide", senza alcuna circoscrizione territoriale al solo mercato italiano; - è altrettanto da osservarsi, tuttavia, come il prodotto contratto di licenza ("Licence agreement") datato 01/03/05 tra (...) e (...) fornisse alla società editrice l'autorizzazione alle sole attività, specificamente indicate, di traduzione, stampa, pubblicazione e vendita della guida, con ciò implicitamente ma inequivocamente circoscrivendo le attività autorizzate alle sole copie cartacee delle guide in esame, senza alcun riferimento, invece, operare alla possibilità di pubblicazione e commercializzazione di copie in formato digitale: di qui l'eccedenza, rispetto ai limiti della licenza negozialmente concessa, di un'attività di realizzazione e diffusione di copie in formato e-book; - in ogni caso, e soprattutto, in considerazione dell'estensione temporale massima della licenza a cinque anni dalla data della stipulazione, con proroga di ulteriori due anni, nonché dell'avventa intimazione della risoluzione ai sensi dell'art. 1456 c.c., in applicazione di clausola risolutiva espressa, da parte della proprietaria dei diritti, con missiva del 13/04/12, facente seguito alla missiva di contestazione di addebiti e violazioni del 30/12/11, alla data del 09/02/12 ogni autorizzazione e licenza alla pubblicazione avrebbe dovuto ritenersi cessata o scaduta, con conseguente riespansione del contenuto del diritto patrimoniale d'autore nella sua pienezza in capo all'attrice; - né a diverse conclusioni, tanto in punto di titolarità di un diritto autoriale in capo all'attrice, quanto in punto di violazione del medesimo da parte della convenuta nello svolgimento delle attività commissionatele da (...), può giungersi con riguardo alle guide della serie "Altre Culture!" (traduzione italiana delle guide della serie "Culture Smart!", di cui l'attrice è autore) intitolate Argentina e Brasile: - è pur vero, infatti, che, come anche ammesso dalla stessa attrice (doc. 9), i contenuti di tali guide, lungi dal costituire una creazione originale di (...), sono riconducibili ad attività propria della S.; - è d'altro canto vero che, come espressamente contestato dall'attrice alla (...) nella missiva del 30/12/11 e non smentito da quest'ultima, né tantomeno da parte della convenuta, la creazione dei contenuti, pur originali, delle due guide è stata accompagnata all'impiego del design del logo, della copertina, dell'impaginazione, della struttura dei paragrafi, dell'organizzazione in capitoli propri degli altri volumi della serie, costituenti elementi tipizzanti e connotanti le guide appartenenti alla serie creata dal sig. (...) e oggetto dei diritti di (...); - donde, posto che, come evincibile dal testo della clausola 1 del contratto di licenza del 01/03/05, nel diritto d'autore di (...) dovevano ritenersi inclusi anche il design della copertina e il nome della serie, la commercializzazione delle guide in questione è avvenuta ed è stata resa possibile mercé l'indebita utilizzazione non autorizzata di alcuni specifici contenuti del diritto autoriale dell'odierna attrice, integrando, pertanto, essa stessa una violazione di tale diritto. Ciò posto, configurando le attività svolte da (...) una condicio sine qua non che ha reso possibile la pubblicazione e la diffusione, dietro profitto, delle opere, l'eventuale riconducibilità alla sola (...), già titolare del contratto di licenza con l'attrice, delle condotte consistenti nell'avere ideato, voluto, ordinato e gestito tale pubblicazione, eccedendo i limiti oggettivi e temporali del diritto acquisito a titolo derivativo all'utilizzazione economica dell'opera, non varrebbe comunque a escludere l'ascrivibilità di un titolo diretto di responsabilità extracontrattuale - ferma la necessaria ricorrenza degli ulteriori presupposti costitutivi dell'illecito aquiliano (su cui infra) - in capo a chi, pur terzo rispetto al predetto contratto, abbia operato quale coautore e concorrente materiale nell'illecito, contribuendo con il proprio apporto alla causazione oggettiva della lesione al diritto d'autore: in altri termini, dunque, appurata la materiale realizzazione di una condotta di per sé idonea, sotto il profilo eziologico, a fornire un contributo determinante alla menomazione di uno dei contenuti tipici del diritto patrimoniale d'autore (sub specie di diritto allo sfruttamento economico dell'opera mediante la sua pubblicazione e la sua diffusione), corretta appare l'individuazione della convenuta (...) quale destinatario delle domande di risarcimento e di inibitoria, presupponenti entrambe, sotto il profilo oggettivo, una lesione del diritto medesimo. 1.2. Elemento soggettivo Come già osservato, la riconducibilità della fattispecie atipica di illecito da violazione del diritto d'autore a una species del genus della responsabilità di cui all'art. 2043 c.c. impone di gravare il soggetto che si affermi leso dall'altrui condotta violativa di un diritto autoriale anche dell'onere della prova dell'elemento soggettivo dell'illecita violazione, non potendosi ritenere l'autore o il coautore di una violazione chiamato a rispondere di eventuali danni dalla stessa derivanti per il sol fatto della loro obiettiva verificazione (Cass. n. 8730/11): nel senso della predetta ricostruzione, infatti, militano i "considerando" e il corpo della Direttiva UE 2004/48, attuata in Italia con il D.Lgs. n. 140 del 2006, modificativo del disposto dell'art. 158 LDA (cfr., in particolare, il considerando n. 17, a tenore del quale "Le misure, le procedure e i mezzi di ricorso previsti dalla presente direttiva dovrebbero essere determinati in ciascun caso in modo tale da tenere debitamente conto delle caratteristiche specifiche del caso, tra cui le peculiarità di ciascun diritto di proprietà intellettuale e, ove necessario, il carattere intenzionale o non intenzionale della violazione", considerando n. 26, in cui si indica come risarcibile il solo "danno cagionato da una violazione commessa da chi sapeva, o avrebbe ragionevolmente dovuto sapere, di violare l'altrui diritto", e art. 13.1 Direttiva, per cui "Gli Stati membri assicurano che, su richiesta della parte lesa, le competenti autorità giudiziarie ordinino all'autore della violazione, implicato consapevolmente o con ragionevoli motivi per esserne consapevole in un'attività di violazione, di risarcire al titolare del diritto danni adeguati al pregiudizio effettivo da questo subito a causa della violazione"). Orbene, nell'ipotesi di specie, pur esclusa la ricorrenza di una culpa in re ipsa, la condotta concorsuale della convenuta risulta alla stessa comprovatamente rimproverabile, sul piano soggettivo, quantomeno a titolo di colpa per negligenza e imprudenza c.d. "qualificate", dovendosi pertanto ritenere la sopra descritta condotta violativa del diritto autoriale commessa nella ragionevole ricorrenza di profili di conoscibilità della mancanza del consenso dell'avente diritto; e ciò senza possibilità, per il concorrente nell'illecito, di invocare, quali esimenti, l'avere agito in esecuzione di un incarico di sublicenza ricevuto da un sedicente licenziatario, né, tantomeno, la propria buona fede per avere confidato nella dichiarazione verbis di titolarità della licenza da parte del proprio dante causa (buona fede che parte convenuta intenderebbe dimostrare, presuntivamente, dalla lettura della comunicazione via e-mail del 17/08/17, doc. 7, in cui il sig. M., per conto di (...), l'aveva invitata alla rimozione dal mercato delle opere della collana Culture Smart! in ragione della prossima cessazione di attività della società sedicente licenziataria, dovendosi, a detta della convenuta, dalla predetta missiva desumere come, sino a tale data, la stessa società committente avesse ingenerato in (...) un incolpevole affidamento nell'esistenza di una licenza in corso di validità per la pubblicazione delle medesime opere): - deve, infatti, ritenersi ragionevolmente esigibile da un'impresa svolgente in modo professionale l'attività di pubblicazione di opere d'ingegno - qual è, pacificamente, la convenuta - l'uso della diligenza qualificata ex art. 1176, comma 2 c.c. rispetto all'attività in concreto svolta, diligenza sostanziantesi, tra l'altro, nella verifica della non lesività della pubblicazione di un'opera rispetto a eventuali diritti altrui; - una siffatta attività di diligente verifica, a fortiori, avrebbe dovuto ritenersi più semplice e, pertanto, maggiormente esigibile nell'ipotesi di specie, in cui la parte, per conto della quale l'attività materiale funzionale alla pubblicazione è stata resa, aveva dichiarato l'esistenza di un consenso negoziale (in corso di validità) prestato dall'autore a fondamento dell'asserito diritto a titolo derivativo allo sfruttamento economico dell'opera altrui: ciò in quanto, onde verificare l'esistenza di possibili attività in violazione di diritti d'autore altrui, sarebbe stato sufficiente, per la sub-licenziataria, pretendere di visionare il preteso titolo negoziale (licenza o contratto di edizione) su cui era vantato il diritto del proprio dante causa, in modo da accertare agevolmente e senza eccessivi sforzi di ricerca l'esistenza e gli eventuali limiti di operatività, ratione temporis e ratione obiecti, dell'autorizzazione concessa dal titolare del diritto; - di talché sussiste la colpa dell'impresa convenuta, consistente nel non avere osservato la dovuta diligenza nell'accertare se i diritti attribuitigli dal suo dante causa fossero stati, a loro volta, bene acquisiti da quest'ultimo. 1.3. Sul concorso di colpa del danneggiato Prive di pregio devono ritenersi, inoltre, le argomentazioni di parte convenuta in ordine alla sussistenza di un apporto concorsuale della danneggiata alla causazione dei danni alla stessa asseritamente occorsi, tale da escluderne la stessa risarcibilità ai sensi dell'art. 1227, comma 2 c.c.., consistito nella negligente inerzia della stessa attrice nel perseguire la controparte inadempiente al contratto di licenza, nonché nella mancata esecuzione di verifiche, all'indomani dalla risoluzione del contratto con (...), volte a escludere una prosecuzione sine titulo delle attività di pubblicazione da parte dell'ex licenziataria: - quanto, infatti, all'addebito di parte convenuta per cui "dopo aver risolto i rapporti con (...) sin dai primi del 2012 (...) proprio per violazioni dei diritti di proprietà intellettuale in relazione alle guide "Culture Smart", (...) non ha intrapreso alcuna specifica azione nei confronti di (...)", osserva il Collegio come, stante la diversità delle condotte di violazione dei termini della licenza contestate all'epoca a (...) (consistite, perlopiù, nella messa in commercio di opere in formato cartaceo al di fuori dei termini della licenza nei territori di Argentina, Brasile e Polonia, nonché nella messa a disposizione di copie in lingua inglese nel territorio inglese) dalle condotte di violazione dei diritti d'autore nella presente sede contestate a (...) (consistite nella pubblicazione delle guide di dieci paesi in versione digitale sulle varie piattaforme), l'eventuale iniziativa che a suo tempo (...) avesse intrapreso per perseguire l'inadempienza contrattuale di (...) non avrebbe, con certezza o elevata probabilità, inciso nel senso di precludere la diversa condotta violativa tenuta dalla medesima ex licenziataria, all'indomani della cessazione del rapporto di licenza, e con il concorso dell'odierna convenuta; - quanto, ancora, alla censura per cui "dopo tali eventi, per oltre 5 anni, (...) non si è curata di verificare e controllare che quei titoli (per i quali lamentava la violazione dei propri diritti d'autore) non fossero più in alcun modo "utilizzati" da (...)", osserva il Collegio come proprio l'alterità delle condotte inosservanti tenute in costanza di contratto da quelle nella presente sede contestate, nonché l'avvenuta cessazione del rapporto di licenza in ragione di tali condotte con l'applicazione in chiave sanzionatoria e di autotutela contrattuale della clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto di licenza inducevano, invece, ragionevolmente a ritenere ormai definito ogni rapporto tra (...) e (...) e in nessun modo avrebbero potuto ingenerare un ragionevole sospetto circa il possibile compimento di ulteriori e diverse condotte violative o, tantomeno, rendere opportuni, nei confronti dell'ex licenziataria, il compimento di indagini o l'adozione di cautele in misura più approfondita di quelle ordinariamente poste in essere da ogni autore allo scopo di accertare e neutralizzare eventuali violazioni in corso. 1.4. Danno patrimoniale Una volta provata la violazione ed esclusa la ricorrenza di un apporto concorsuale assorbente della condotta negligente della danneggiata nella causazione delle conseguenze dannose della violazione, l'esistenza del danno-conseguenza patrimoniale ben può, quindi, essere ritenuta in re ipsa, in punto di an, giacché l'illecita pubblicazione ha in effetti privato la titolare dei diritti dell'opera dei vantaggi economici che la stessa avrebbe potuto ricavare dal diretto svolgimento della medesima attività, o dalla concessione del diritto di svolgerla a terzi dietro corrispettivo: di qui l'adesione del Collegio all'opinione consolidata della giurisprudenza del SC per cui, in tema di diritto d'autore, la violazione di un diritto di esclusiva integra di per sé la prova dell'esistenza del danno, fermo peraltro restando, a carico del titolare del diritto, l'onere di dimostrarne l'entità, ossia la relativa consistenza e il relativo quantum (Cass. n. 39763/21; n. 8730/11; n. 3672/01). Orbene, in considerazione dell'ordinaria difficoltà di determinare, in consimili casi, il preciso ammontare del pregiudizio subito, l'art. 158 LDA, oltre a richiamare le ordinarie regole di liquidazione del danno di cui agli artt. 1223, 1226 1227 c.c., e a fare riferimento al criterio equitativo di cui all'art. 2056 c.c. in tema di valutazione del lucro cessante, ha espressamente dettato due criteri di liquidazione in via equitativa, fondati sulla quantificazione dei danni patrimoniali in misura corrispondente ai vantaggi economici di cui l'utente abusivo si sia indebitamente appropriato in danno del titolare del diritto, da applicare ogniqualvolta non sia possibile, da parte del danneggiato, fornire la prova di altri, specifici e più rilevanti pregiudizi consequenziali: - il criterio degli utili realizzati dall'autore della violazione del diritto, c.d. della "retroversione degli utili conseguiti", fondato sulla ratio legis per cui il profitto conseguito dal danneggiante costituisce un indice presuntivo delle potenzialità di sfruttamento dell'opera sottratte all'autore e del cui depauperamento questi deve essere ristorato (una species di danno emergente da perdita di chance); - il criterio del c.d. "prezzo del consenso", in accordo alla presunzione legale di corrispondenza del danno all'entità del vantaggio economico che il titolare del diritto avrebbe conseguito in ipotesi di cessione a titolo oneroso dei diritti dell'opera per il tempo e nei termini e nelle modalità in cui essi sono stati abusivamente esercitati, definito dallo stesso dal legislatore, con l'espressione utilizzata ("quanto meno"), pur non indicativa di alcuna dichiarazione di preferenza (Cass. n. 39763/21; n. 21833/21), come la soglia minima della liquidazione forfettaria del lucro cessante. Peraltro, nell'applicazione del criterio della reversione degli utili, tanto il legislatore comunitario (cfr. Considerando n. 26 Direttiva UE 2004/48: "il fine non è quello di introdurre un obbligo di prevedere un risarcimento punitivo, ma di permettere un risarcimento fondato su una base obiettiva"), quanto la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 11225/15; n. 21833/21) hanno evidenziato la necessità: - di evitare l'operatività di automatismi che conducano a un'attribuzione acritica e matematica al danneggiato di tutti i proventi riscossi nell'esercizio abusivo del diritto violato: lo scopo del risarcimento, infatti, lungi dall'essere quello, sanzionatorio, di impedire che l'autore dell'illecito possa farne propri i vantaggi economici, dovrebbe essere quello, ripristinatorio, di consentire la riparazione delle effettive perdite patrimoniali subite dal titolare per effetto della condotta lesiva (in generale, cfr. SSUU n. 16601/17, nella parte in cui hanno escluso l'operatività di punitive damages nel nostro ordinamento al di fuori delle ipotesi di espressa previsione legislativa); - di calcolare esclusivamente i profitti che siano conseguenza immediata e diretta dell'illecito, come desumibile dall'espresso richiamo operato dalla norma speciale all'art. 1223 c.c., e dunque, di scorporare dai ricavi conseguiti i costi sostenuti per lo sfruttamento illecito e la frazione di utili derivante da fattori estranei, quali i proventi direttamente correlati al pregio e al valore della rielaborazione del secondo esecutore, ossia le dirette conseguenze di un eventuale autonomo contributo fornito dall'autore della violazione al successo dell'opera, così come realizzata e diffusa sul mercato dall'autore dell'illecito o dai coautori. Donde, in nome della necessaria valutazione delle peculiarità di ogni caso concreto allo scopo di apportare i correttivi necessari ad adeguare la somma spettante a titolo risarcitorio all'effettiva entità del pregiudizio patito, adeguati fattori di moderazione devono essere tratti da dati ed emergenze significativi, da cui desumere l'entità dell'autonomo contributo del danneggiante al successo e alla diffusione dell'opera, quali, esemplificativamente, la durata della condotta, l'intensità della diffusione delle opere prima dell'indebita utilizzazione, l'individuazione dell'ambito territoriale in cui è avvenuta la diffusione, il valore del relativo sfruttamento economico, la sussistenza di analoghe possibilità di sfruttamento dell'opera nei tempi, secondo le modalità e con i risultati ottenuti dallo sfruttatore abusivo. Ebbene, nel caso che qui occupa, sulla scorta dei riepiloghi delle vendite e dell'ulteriore documentazione correttamente fornita dalla parte convenuta (a ciò onerata in base al principio di vicinitas della prova: Cass. n. 21833/21), il CTU, con valutazioni logiche, congrue e immuni da censure, che il Collegio ritiene di fare proprie, in assenza di contrarie osservazioni delle parti, ha operato la ricostruzione del numero delle copie vendute e delle pagine scaricate nel periodo di durata della violazione, nonché dell'ammontare del volume dei ricavi conseguiti in conseguenza di tale condotta: ricavi che ammontano, per il periodo dal 2012 (epoca della cessazione della licenza e dell'inizio dell'attività di (...)) al 2017 (momento del ritiro delle opere in questione dalle piattaforme), a complessivi Euro 4.423,87 (pag. 17 CTU). Peraltro, la mera commisurazione del danno risarcibile a tale ultima somma, di per sé, non appare al Collegio un criterio sufficientemente idoneo a consentire l'adeguamento della somma da liquidare, secondo la logica della retroversione degli utili, come interpretata alla luce del principio di causalità, al danno effettivamente consequenziale alla condotta illecita in concreto tenuta: - in primo luogo, infatti, occorre tenere presente la circostanza, pacifica, per cui (...) aveva realizzato le traduzioni delle guide in italiano e aveva organizzato, ideato e commissionato l'operazione che ha condotto alla pubblicazione oggetto delle doglianze attoree: donde dovrà essere scomputata dalla liquidazione del danno la quota parte dei ricavi imputabile a tale attività, unitamente alle ulteriori spettanze versate quale royalties alla sedicente titolare del diritto di sfruttamento delle opere, e pari a oltre il 50% dei ricavi (euro 2.331), pacificamente versato da (...); - inoltre, costituisce dato altrettanto pacifico quello per cui, con riferimento alle guide di Argentina e Brasile, il ricavo della cui commercializzazione è stato indicato dalla stessa convenuta (cfr. e-mail del 19/02/18, doc. 9 di parte attrice) nella corrispondenza intercorsa tra le parti, in Euro 270,99, la realizzazione dei contenuti delle opere si deve a (...), laddove, invece, la violazione dei diritti d'autore dell'attrice si è esaurita nella sola riproposizione sine titulo del logo, del design e dei criteri di organizzazione e impaginazione delle altre opere della serie - attività di per sé non compressive di un'autonoma potenzialità di guadagno dell'autore ma, semmai, rilevanti sotto il diverso profilo dell'indebita artefazione della paternità di una creazione quale menomazione del diritto autoriale nella sua componente morale: donde appare opportuno procedere all'ulteriore scomputo di un importo pari a tale cifra (fermo quanto è a dirsi in punto di ristoro del danno non patrimoniale) dall'ammontare dovuto a titolo risarcitorio; - del resto, è pur vero che si deve esclusivamente all'apporto di (...) l'elaborazione del software per la realizzazione della versione digitale (e-book) delle guide, e che parte attrice ha omesso di allegare o dimostrare che, in assenza della condotta di (...), anch'essa avrebbe provveduto direttamente, disponendo dei relativi mezzi, o commissionato a terzi - e a quale costo - la medesima attività di digitalizzazione: di talché alla realizzazione dei ricavi ottenuti dalla diffusione dell'opera nel periodo in questione la parte convenuta risulta avere fornito un apporto concorsuale determinante mediante la propria attività professionale, il cui svolgimento ha comportato dei costi da scorporare nell'ambito della quantificazione del danno; - è d'altro canto da osservarsi che di tali costi parte convenuta, a ciò onerata in ossequio al principio di vicinitas della prova (Cass. n. 21833/21), non ha fornito adeguata evidenza, limitandosi genericamente ad affermare l'idoneità della quota parte di ricavi trattenuta nell'ambito degli accordi con (...) alla relativa copertura: ragion per cui nessuno scomputo a tale titolo potrà essere eseguito ai fini dell'adeguamento del risarcimento al danno effettivo; - ancora, sarebbe stata opportuna, ai fini dell'esecuzione di una comparazione in chiave diacronica della capacità di diffusione della medesima opera in un arco temporale di pari entità, ancorché sfalsato nel tempo, l'indicazione, da parte dell'attrice, dei ricavi conseguiti nel medesimo arco di cinque anni, ma nel periodo antecedente la violazione, per esempio nel periodo di durata della licenza con (...), o quella di eventuali ricavi ottenuti dall'eventuale commercializzazione diretta delle medesime opere nel periodo di riferimento, o consentita a terzi delle medesime opere tradotte in italiano ad altro editore: sennonché, detto dato, pur rientrante nella disponibilità della danneggiata, non è stato fornito. Ciò posto, pertanto, l'importo complessivamente dovuto a titolo risarcitorio secondo la logica della retroversione degli utili, nell'impossibilità di fare adeguata applicazione di tutti i correttivi necessari all'adeguamento della liquidazione al caso concreto secondo un criterio di stretta causalità a causa di lacune documentali ascrivibili alla stessa parte avente diritto allo scorporo, ammonterebbe alla somma di 4.423,87 (ricavi complessivamente ottenuti dalla pubblicazione a cura di (...)) - Euro 2.331 (somma trattenuta da (...) a titolo di royalty) - 270,99 (scorporo da effettuare in considerazione della paternità dei contenuti delle guide di Argentina e Brasile) = 1.821,88. A non dissimili conclusioni, del resto, dovrebbe pervenirsi optandosi - come del resto domandato, ancorché in via subordinata, dalla stessa parte attrice - per l'applicazione del criterio del prezzo del consenso in contrattazioni similari, quale parametro per la valutazione del presumibile valore di mercato del diritto d'autore nel tempo dell'operata violazione, tenuto conto dei prezzi praticati nel settore, del pregio dell'opera, dei guadagni conseguiti dall'autore nel tempo della sua legittima utilizzazione. A ben vedere, infatti, tale prezzo, che ben può essere determinato anche in base al contenuto di trattative intercorse tra le parti e al corrispettivo comprovatamente richiesto dal titolare dei diritti a terzi per la medesima fattispecie (C. App. Milano, 07/06/12, 15/01/99), pur ferma l'adozione di correttivi necessari all'adeguamento del risarcimento all'effettiva entità del danno (Cas. n. 8730/11), dovrebbe tenere conto: - non già del corrispettivo pattuito a titolo di royalty nel contratto di licenza del 2005 tra (...) e (...) per la commercializzazione della versione cartacea della guida, pari all'8% del prezzo di listino (indicato nel medesimo contratto come pari a Euro 8,90) da 1 a 3.000 copie e al 10% del prezzo di listino da 3.001 copie: ciò in quanto la concessione di un diritto alla stampa e alla diffusione di copie cartacee di opere di piena ed esclusiva creazione della concedente non appare, in effetti, condizione contrattuale pienamente assimilabile a quella in forza della quale l'odierna convenuta risulta avere operato nella pubblicazione delle opere; - quanto, piuttosto, del corrispettivo pattuito nei rapporti intercorsi tra (...), quale sedicente editore e titolare della pubblicazione, e (...), a titolo di sviluppatore del software per la versione digitale e-book delle pubblicazioni cartacee: come appurato dal CTU, invero, il meccanismo di retribuzione individuato da tali due parti prevedeva il diretto incasso da parte di (...) dei proventi derivanti dalla vendita on line dei titoli oggetto di causa dalla stessa predisposti, la fatturazione a (...) da parte di (...) del 50% delle predette royalties sulla base delle rendicontazioni relative alle vendite prodotte da quest'ultima, e la trattenuta, da parte di (...), del restante 50%, quale corrispettivo per lo sviluppo del software per le vendite on line; - del numero di copie che risulta essere stato commercializzato, pari a 1.675 per i dieci titoli e a 18.451 pagine, nonché del ricavo complessivamente ottenuto da tale commercializzazione; - della durata della violazione (2012-2017), esattamente pari alla durata del contratto di licenza a suo tempo intercorso con la S.; - dell'estensione territoriale della violazione, identica a quella prevista nel contratto di licenza (che prevedeva espressamente l'estensione del diritto di pubblicazione "Worldwide"); - della commercializzazione, di fatto, di due ulteriori titoli rispetto a quelli la cui pubblicazione era stata oggetto di autorizzazione con il contratto di licenza (Argentina e Brasile). Di talché, tenuto conto delle conclusioni cui è pervenuto il CTU, per cui "le somme incassate dalla "(...) S.r.l." sono quindi pari ad Euro 2.092,74, ovvero pari alla differenza tra le somme che risultano incassate dall'analisi dei Report prelevati dalle varie piattaforme utilizzate per la vendita dei titoli oggetto di causa, Euro 4.423,87, e le somme versate alla "(...) S.r.l." a titolo di royalties, pari ad Euro 2.331,31", a tale incasso realizzato da (...) dovrebbe essere ritenuto corrispondente i c.d. prezzo del consenso, ipotizzando la diretta intercorrenza di un rapporto di licenza tra la realizzatrice dei software per la pubblicazione on line e l'effettiva titolare del diritto d'autore alle medesime condizioni di fatto applicate tra la convenuta e la sedicente titolare di tale diritto; fermo, peraltro, restando il necessario scorporo di un importo pari ai ricavi conseguiti dalla pubblicazione delle guide di Argentina e Brasile, rispetto alla cui commercializzazione ha costituito condicio sine qua non dotata di portata eziologica assorbente l'attività creativa di S.. Per contro, nessuna somma potrà essere accordata, in base a criteri presuntivi e forfettari, all'attrice a titolo di risarcimento del danno emergente costituito dalle spese sostenute per l'accertamento della violazione e l'individuazione del relativo autore, dovendo dette spese essere puntualmente allegate e documentate dalla stessa danneggiata, che delle stesse ben può e deve essere edotta, in ossequio alla già menzionata logica della vicinitas della prova (Cass. n. 21833/21; n. 8730/11), ed essendo invece mancate tali allegazioni e prove da parte dell'attrice. Tanto premesso, dunque, l'importo complessivamente dovuto a titolo di risarcimento del danno patrimoniale ammonta a Euro 1.821,88, somma da incrementarsi con l'applicazione della rivalutazione monetaria a far data dall'agosto 2017, epoca della cessazione dell'illecito, ma non anche, come invece richiesto, degli interessi: - è ben vero, infatti, che nell'obbligazione risarcitoria da fatto illecito, costituente tipico debito di valore, è possibile che la mera rivalutazione monetaria dell'importo liquidato in relazione all'epoca dell'illecito, così come la diretta liquidazione in valori monetari attuali, non valgano a reintegrare pienamente il creditore, che ha invece diritto a essere posto nella stessa condizione economica nella quale si sarebbe trovato in ipotesi di pagamento tempestivo; è d'altro canto vero che, in tal caso, costituisce onere del creditore provare, anche in base a criteri presuntivi, che la somma rivalutata (o liquidata in moneta attuale) sia inferiore a quella di cui avrebbe disposto, alla stessa data della sentenza, se il pagamento della somma originariamente dovuta fosse stato tempestivo; effetto, questo, dipendente prevalentemente, dal rapporto tra remuneratività media del denaro e tasso di svalutazione nel periodo in considerazione, essendo ovvio che in tutti i casi in cui il primo sia inferiore al secondo, un danno da ritardo non è normalmente configurabile; - ne consegue, per un verso, che gli interessi cosiddetti compensativi costituiscono una mera modalità liquidatoria del danno da ritardo nei debiti di valore e, per altro verso, che non è configurabile alcun automatismo nel riconoscimento degli stessi, sia perché il danno da ritardo che con quella modalità liquidatoria si indennizza non necessariamente esiste, sia perché, di per sé, esso può essere comunque già ricompreso nella somma liquidata in termini monetari attuali (Cass. n. 12452/03; n. 20591/04; n. 22347/07; n. 3355/10; n. 18564/18); insufficiente essendo, ai fini della prova della sua sussistenza, il richiamo alla redditività media del danaro nel periodo in considerazione, ove tale dato non sia anche rapportato e posto in comparazione con quello rappresentato dal tasso applicato per la rivalutazione della somma (Cass. n. 24481/20). 1.5. Danno morale Quanto al profilo del danno non patrimoniale, ferma la previsione espressa di cui al citato art. 158 LDA della possibilità, in via astratta e di principio, per l'autore che subisca la lesione del proprio diritto dall'altrui indebita utilizzazione economica dell'opera, di chiedere e ottenere anche il risarcimento dei danni non patrimoniali in via autonoma e indipendentemente dall'esistenza e dall'entità di un danno patrimoniale da sfruttamento dell'altrui opera dell'ingegno, occorre tuttavia porre l'attenzione sul richiamo operato dalla norma speciale al disposto dell'art. 2059 c.c.; richiamo che impone al giudicante di rispettare il principio di tipicità c.d. "attenuata" e di "ingiustizia costituzionalmente qualificata" emergente dalla lettura fornita dal S.C. alla norma codicistica, a tenore della quale il danno non patrimoniale deve essere risarcito, oltreché nei casi previsti dalla legge ordinaria, anche nei casi di lesione grave e rilevante di valori della persona umana costituzionalmente protetti (cfr. Cass. SS.UU. n. 26972/08). In altri termini, dunque, la previsione della risarcibilità dei danni non patrimoniali consequenziali a una condotta in concreto lesiva del diritto d'autore nella sua componente patrimoniale, lungi dal consentire di ritenere di per sé configurabile un pregiudizio non patrimoniale quale effetto diretto, immediato ed esclusivo della lesione di un diritto patrimoniale, impone la verifica della contestuale idoneità della medesima condotta lesiva a integrare una fattispecie penalmente rilevante, o la lesione del medesimo diritto d'autore nella sua componente morale, o una lesione di entità superiore alla soglia di normale tollerabilità dell'immagine, o della reputazione, o di altra prerogativa costituzionalmente fondata della persona dell'autore. Orbene, nell'ipotesi che qui occupa, unitamente all'allegazione di una condotta di indebito sfruttamento economico dell'opera dell'ingegno, concretante una lesione del diritto autoriale nella sua componente patrimoniale, ha costituito oggetto delle doglianze attoree anche la condotta alterativa e manipolativa/modificativa dell'opera stessa (intesa come serie nel suo complesso), costituita dal surrettizio inserimento, tra i titoli componenti la serie, di due ulteriori titoli non riconducibili alla creazione dell'autore (id est, le guide relative ai paesi Argentina e Brasile), ma realizzati dall'autore della violazione mediante la commistione, invito domino, di elementi rientranti nella copertura del diritto autoriale, quali il design, l'impaginazione e la struttura esteriore delle opere, con elementi contenutistici di diretta promanazione dall'attività creativa dell'usurpatore: condotta, questa, di per sé eziologicamente idonea, secondo un criterio di regolarità e adeguatezza causale, a ingenerare la lesione del medesimo diritto d'autore nella sua componente morale, come configurata dall'art. 20 LDA, lesione perfezionatasi mediante la pubblicazione e la diffusione dell'opera frutto dell'attività manipolativa sul mercato, con conseguente generazione nel pubblico dell'effetto confusivo. Di tale evento lesivo, invero, deve essere chiamata a rispondere anche la convenuta (...), benché non creatrice materiale dei contenuti delle opere abusive, atteso che: - sotto il profilo oggettivo e della causalità materiale, proprio la convenuta ha contribuito alla diffusione sul mercato delle opere abusive, nella sua attività di realizzatore delle versioni digitali e di diffusioni delle stesse sulle varie piattaforme on line; - sotto il profilo soggettivo, l'apporto concorsuale fornito alla creatrice abusiva è alla stessa rimproverabile a cagione della già rilevata negligente omissione di idonee attività di accertamento delle violazioni perpetrate ai danni dell'effettivo autore dalla propria diretta avente causa. Venendo, dunque, alla determinazione della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, la determinazione dell'adeguato ristoro deve tenere conto delle somme pacificamente ricavate dall'attività di commercializzazione delle due opere abusive, pari a Euro 270.99, e potrà essere parametrata, in applicazione di un criterio equitativo, a una quota pari alla metà di tale valore, ossia all'importo, omnicomprensivo, di Euro 135,5. 2. Sulla domanda di inibitoria Passando, quindi, alla verifica della ricorrenza in concreto dei presupposti - ulteriori alla già appurata realizzazione sul piano materiale di una condotta configurante lesione del diritto d'autore - necessari all'accoglimento della domanda di inibitoria, il Collegio prende atto, innanzitutto, dell'avvenuta cessazione della materia del contendere (intesa quale sopravvenienza di una situazione idonea a eliminare l'interesse ad agire e contraddire in vista del conseguimento di un risultato utile e giuridicamente apprezzabile: cfr. Cass. n. 14194/04) in relazione alla domanda di inibitoria pro praeterito, avente a oggetto l'emanazione del divieto di continuazione della violazione già perpetrata con la pubblicazione delle opere curata in parte qua dalla convenuta: ciò in quanto, come pacifico, tale pubblicazione risulta cessata all'agosto 2017, allorquando, a seguito della segnalazione della stessa attrice ad (...) UK e ad A., è avvenuto il ritiro da tutte le piattaforme di tutte le opere illegittimamente immesse sul mercato. La cessazione della pregressa violazione, peraltro, non valendo di per sé a escludere la possibilità, in via astratta, di una reiterazione dell'illecito accertato, non elide la residua permanenza, in capo alla parte attrice, di un interesse rilevante ai sensi dell'art. 100 c.p.c. e, dunque, non determina la cessazione della materia del contendere con riguardo alla domanda mirante all'ottenimento di una pronuncia di inibitoria pro futuro (e, a fortiori, con riguardo alle domande di accertamento e di condanna risarcitoria: Cass. n. 17671/09; Trib. Bologna 17/07/09): pronuncia che, in effetti, la stessa parte risulta altresì astrattamente legittimata a domandare, anche alla luce del disposto dell'art. 156 LDA, a tenore del quale "Chi ha ragione di temere la violazione di un diritto di utilizzazione economica a lui spettante in virtù di questa legge oppure intende impedire la continuazione o la ripetizione di una violazione già avvenuta sia da parte dell'autore della violazione che di un intermediario i cui servizi sono utilizzati per tale violazione può agire in giudizio per ottenere che il suo diritto sia accertato e sia vietato il proseguimento della violazione". D'altro canto, al cospetto di una violazione cessata, perpetrata anni prima della richiesta di inibitoria, al fine della concessione del richiesto provvedimento, occorre l'appurata sussistenza di elementi tali da indurre a ritenere possibile la reiterazione dell'illecito (Trib. Bologna 30/03/09); elementi che, tuttavia, non risultano ricorrere nell'ipotesi di specie, in cui, anzi, una serie di indici convergenti milita in senso contrario alla ricorrenza del pericolo di ripetizione della violazione pro futuro, imponendo, di conseguenza, il rigetto nel merito della domanda attorea: - è pur vero, infatti, che la convenuta, pacificamente autrice materiale del software delle versioni e-book, è tuttora in possesso di tale software, e dunque in grado di reiterare la messa in commercio delle versioni digitali delle guide in questione (come del resto dalla stessa implicitamente ammesso, nel carteggio del gennaio-febbraio 2018 con l'attrice, allorquando, nell'ambito della formulazione di una proposta transattiva, la stessa (...) si è dichiarata pronta a "pubblicare nuovamente i titoli nei formati "mobi" e "ePub" con una nuova copertina ed una nuova pagina legale, trasferendo al Vs. Cliente l'(0% degli introiti netti ...": cfr. e-mail 12/02/18 da (...) ai legali di (...), doc. 9 attrice); - sennonché, inducono a ritenere pressoché azzerata, all'attualità, la probabilità di una reiterazione delle condotte oggetto delle doglianze attoree: - la natura colposa e non dolosa della violazione commessa; - la condotta tenuta dalla convenuta all'indomani dell'appresa dichiarazione di (...) dell'avvenuta cessazione di ogni erroneamente supposto diritto alla pubblicazione, nell'agosto 2017 (doc. 7 (...)): condotta consistita nell'immediata cessazione di ogni violazione; - il decorso di un arco temporale di notevole estensione dall'ultima violazione; - la mancanza di reiterazione delle medesime pubblicazioni dopo il mese di agosto 2017, come anche accertato dal CTU e comunque pacifico; - la collaborazione prestata da (...) all'attrice nell'attività di ricostruzione delle vicende che hanno condotto all'accertamento della violazione, come evincibile dal carteggio inter partes prodotto in atti (nell'ambito del quale, tra l'altro, (...) ha senza riserve fornito all'attrice i dati contabili necessari alla ricostruzione del volume d'affari generato dalla pubblicazione illegittima, gli stessi poi impiegati dal CTU nel corso delle oopp); - l'ormai avvenuta perdita di valore commerciale delle guide, pacificamente non più aggiornate dal 2011; - l'avvenuta cessazione della partnership commerciale di (...) con la (...), che tale pubblicazione aveva reso possibile e nell'ambito della quale, soltanto, la pubblicazione e la commercializzazione delle guide erano avvenute. 3. Sulle spese di lite In considerazione del rigetto della domanda di inibitoria e della sostanziale corrispondenza della somma ritenuta dovuta all'esito della disamina giudiziale, comprensiva di accessori, all'importo già oggetto dell'offerta transattiva a suo tempo formulata da (...) in favore di (...), già all'indomani della ricezione della prima contestazione in sede di carteggio stragiudiziale (cfr. e-mail 12/02/18, doc. 9 (...)), pari a Euro 2.500 omnicomprensive - circostanza, questa, già di per sé idonea a giustificare la mancata risposta della parte convenuta al successivo invito alla negoziazione assistita - , ritiene il Collegio la sussistenza dei presupposti di cui agli artt. 91 e 92, comma 1 c.p.c. per escludere la ripetizione delle spese di lite in favore dell'attore, nonostante l'accoglimento parziale della domanda. Parimenti e per le medesime ragioni, in assenza di decreto di liquidazione o di richiesta di liquidazione di compensi ulteriori alle somme già accordate a titolo di acconto in sede di conferimento incarico, le spese di CTU, come liquidate in corso di causa dal precedente istruttore a titolo di acconto nel verbale di udienza del 20/04/21, devono essere poste in via definitiva a carico solidale e paritario di entrambe le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Firenze, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione assorbita e/o disattesa: - condanna (...) Srl alla rifusione, in favore di (...) Ltd, della somma di Euro 1.821,88, oltre rivalutazione monetaria a far data dall'agosto 2017 e interessi al tasso legale dalla pronuncia al saldo; - condanna (...) Srl alla rifusione, in favore di (...) Ltd, dell'ulteriore somma di Euro 135,5 a titolo di risarcimento del danno morale; - rigetta la domanda di inibitoria; - dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di lite; - pone in via definitiva a carico solidale e paritario delle parti le spese liquidate in acconto al CTU come da verbale di udienza del 20/04/21. Così deciso in Firenze l'11 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 5 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE SECONDA SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Firenze, II Sezione Civile, in composizione monocratica e nella persona del Giudice Unico dott. Massimo Donnarumma, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al N. R.G. 7844/2020, avente ad oggetto "azione di regresso e domanda di risarcimento danni da illecito aquiliano (c.d. illecito endofamiliare)", Tra (...) (nata a T. l'(...), con C.F. (...)) e (...) (nato a T. il (...), con C.F. (...)), entrambi rappresentati e difesi dall'Avv. EN.MA. ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell'avv. Mo.Br., in Campi Bisenzio (FI), in Via (...), in virtù di procura in calce all'atto di citazione Attori e (...) (nato a F. il (...), con C.F. (...)), rappresentato e difeso dall'Avv. BE.BE., presso il cui studio è elettivamente domiciliato, in Firenze, in Via (...), in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta Convenuto Ragioni di fatto e di diritto della decisione 1 - In fatto (...) ed (...) hanno adito l'intestato Tribunale al fine di veder accertati, da un lato, il diritto al rimborso delle spese vive e della quota parte del contributo al mantenimento spettante alla (...) per aver ella provveduto, in via esclusiva e sin dalla sua nascita, al mantenimento ordinario e straordinario del figlio; dall'altro, la responsabilità aquiliana di (...) per aver violato gli obblighi familiari connessi allo status di genitore. Gli attori hanno, quindi, chiesto, per l'effetto, la condanna di (...) alla rifusione in favore di (...) di una somma complessiva pari ad Euro 174.350,00 e la corresponsione di un importo pari ad Euro 80.000,00 a titolo di risarcimento dei danni non patrimoniali subiti e subendi da (...). A sostegno delle proprie istanze, gli attori hanno esposto e dedotto che: - nel 1997, (...) e (...) avevano intrapreso una relazione, dalla quale, il 14.09.2001, era nato (...); - quest'ultimo, al momento della nascita, era stato riconosciuto dalla sola madre e, solo in data 12.07.2017, il padre aveva provveduto spontaneamente al suo riconoscimento; - (...) era sempre stato assente in ogni aspetto della vita del figlio, trascurandone le esigenze esistenziali ed economiche; - la sola istante (...) aveva provveduto a crescere e ad educare (...), senza ausilio alcuno, eccettuato un contributo economico pari ad Euro 7.150,00, corrisposto dal (...) nell'arco di quasi un ventennio; - peraltro, il predetto, non solo era impiegato sin dal 1997 presso l'istituto di credito (...) S.p.a., ma risultava altresì titolare di un cospicuo patrimonio mobiliare ed immobiliare (costituito, per buona parte, dall'eredità dei genitori); - di contro, la (...), quale ricercatrice presso l'Università degli Studi di Torino, percepiva una retribuzione mensile pari ad Euro 1.500,00 ed era gravata da un canone locativo mensile per Euro 750,00. Costituitosi in giudizio, (...) ha contestato tutte le allegazioni attoree ed ha nello specifico eccepito che: - il suo precario stato di salute ("sindrome depressiva maggiore grave", "bipolarismo" e "paralisi ostetrica del braccio sinistro") gli aveva impedito, negli anni, di esercitare in modo costante la propria responsabilità genitoriale, pur avendo in ogni caso intrattenuto sporadici rapporti col figlio; - peraltro, proprio in ragione delle labili condizioni psico - fisiche, era stato assunto presso (...) S.p.a. come impiegato appartenente alle categorie protette; - era, in realtà, titolare di un patrimonio modesto, poiché i cespiti immobiliari (di cui era per larga parte comproprietario insieme ai suoi cinque fratelli) versavano in pessimo stato di manutenzione e costituivano per lo più perdite. Su questi presupposti, il convenuto ha, pertanto, concluso, in tesi, per il rigetto di tutte le domande attoree ed, in ipotesi, per la riduzione del parametro per determinare la somma dovuta alla (...) a titolo di rimborso per il mantenimento e le spese di (...) ad Euro 200,00 mensili nonché il riconoscimento di un importo inferiore ad Euro 10.000,00 per il risarcimento del danno lamentato dal figlio. 2 - Sulle istanze istruttorie Vanno, innanzitutto, disattese le richieste istruttorie, così come reiterate dalle parti nei rispettivi fogli di precisazione delle conclusioni depositati in data 16.6.2022. Alla luce delle risultanze dell'interrogatorio libero assunto all'udienza del 7.5.2021, si è palesata la superfluità delle deposizioni testimoniali, così come è risultato superfluo l'ordine di esibizione richiesto dagli attori con la memoria ex art. 183, co. VI, N. 2, posto che, a fronte della documentazione versata in atti, la situazione reddituale e patrimoniale del (...) è stata sufficientemente chiarita. Inoltre, risulta inammissibile la richiesta di C.T.U. medica sulla persona di (...), non essendo stata allegata la lesione della sua integrità psico - fisica. Quanto, poi, al duplice deposito della memoria N. 3 ex art. 183, co. VI, c.p.c. di parte attrice, è solo il caso di ricordare che la giurisprudenza di legittimità depone per la irritualità, dal momento che con il deposito di una memoria si consuma il potere di compiere l'atto difensivo e non è pertanto possibile procedere ad una successiva integrazione: il diritto della parte di difendersi e di contraddire nel giudizio si esaurisce nel relativo atto difensivo, che non può essere duplicato (in termini Cass. Civ., sez. II, 30.11.2012, N. 21472). Infine, in ordine alla richiesta di rimessione in termini proposta dal convenuto all'udienza di precisazione delle conclusioni, è agevole rilevare che tanto il Decreto del Tribunale di Firenze N. 823/2022, emesso in data 12.04.2022, quanto la lettera di licenziamento pervenuta il giorno 11.3.2022 si sono formati successivamente al maturare delle preclusioni istruttorie, per cui la mancata produzione in giudizio entro i termini di rito non è imputabile alla parte, bensì a fattori estranei alla sua volontà. Di qui la rimessione in termini del (...) e l'ammissibilità della produzione documentale, anche perché trattasi di documenti rilevanti ai fini del decidere. 3 - Sull'azione di regresso A) Come premesso in fatto, il presente giudizio ha ad oggetto due distinte ed autonome domande: - l'azione di regresso promossa da (...) nei confronti di (...) per il rimborso delle spese vive e della quota parte del contributo al mantenimento, a fronte degli esborsi sostenuti in via esclusiva dall'attrice dalla nascita del figlio sino all'instaurazione del presente giudizio (21.07.2020); - l'azione di risarcimento danni per responsabilità aquiliana intentata dal figlio nei confronti del padre. B) Partendo dalla domanda di regresso, vanno, preliminarmente, disattese le eccezioni di prescrizione e di carenza di legittimazione attiva, così come sollevate dal (...). È noto che l'obbligo dei genitori di mantenere i figli sussiste per il sol fatto di averli generati (ai sensi dell'art. 30 Cost., artt. 147 e 315 bis c.c.) e prescinde da ogni domanda, essendo sorto fin dalla nascita il diritto del figlio ad essere mantenuto, istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori. Pertanto, ove uno dei due genitori ritardi il riconoscimento - circostanza questa verificatasi nel caso di specie - ovvero obblighi l'altro in rappresentanza del figlio a chiedere la dichiarazione giudiziale, non può allegare a proprio vantaggio il ritardo. Ne consegue che la prescrizione del diritto del genitore al rimborso delle spese effettuate per il mantenimento del figlio decorre dalla nascita, ma dal riconoscimento da parte del genitore obbligato ovvero dalla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità (ex multis, Cass. Civ., sez. I, 07.04.2017, n. 9059). Va, pertanto, respinta l'eccezione di prescrizione, avendo (...) effettuato il riconoscimento spontaneo del figlio in data 12.7.2017, mentre la domanda di (...) è stata azionata in data 21.7.2020. C) Del pari infondato è l'assunto per cui la (...), per effetto del raggiungimento della maggiore età da parte del figlio, sarebbe priva di legittimazione attiva. In tema di mantenimento dei figli, è indirizzo consolidato e costante della giurisprudenza di legittimità che la legittimazione del genitore convivente con il figlio maggiorenne, essendo fondata sulla continuità dei doveri gravanti su uno dei genitori nella persistenza della situazione di convivenza, concorra con la diversa legittimazione del figlio, che trova invece fondamento nella titolarità del diritto al mantenimento, di talché i problemi determinati dalla coesistenza di entrambe le legittimazioni si risolvono sulla base dei principi dettati in tema di solidarietà attiva. Ne deriva che, laddove il genitore convivente col figlio agisca per ottenere dall'altro genitore il contributo al mantenimento, non si pone una questione di integrazione del contraddittorio nei confronti del figlio divenuto maggiorenne, dal momento che il mancato esercizio autonomo del diritto rivela l'inesistenza di qualsiasi conflitto con la posizione assunta dal genitore con il quale continua a vivere (Cass. Civ., sez. VI, ord. 20.08.2020, N. 17380). D) Sgombrato il campo dalle eccezioni preliminari, si può entrare nel merito della pretesa avanzata dall'attrice (...), rilevando sin d'ora che le allegazioni attoree hanno trovato adeguato riscontro nelle dichiarazioni rese dalle parti in sede di interrogatorio libero. Basti considerare in tal senso che, all'udienza dell'11.6.2021, (...) ha riferito ed ammesso: - di essersi disinteressato del figlio sotto il profilo economico, avendo versato negli anni una somma che non raggiunge i Euro 10.000,00; - di non essere stato presente nelle occasioni in cui quest'ultimo aveva avuto problemi di salute o in ambito scolastico; - di aver visto (...), nei suoi primi 18 anni di vita, per sei o sette volte complessivamente e di non essere stato diligente nel garantire a lui e a sua madre un adeguato apporto economico. Al contempo, (...) ha confermato quanto dichiarato dal convenuto in ordine alla frequentazione padre figlio ed al mancato sostegno economico, precisando che, oltre alla somma di Euro 7.150,00 corrisposta dal (...) a fronte di peculiari necessità (acquisto di un paio di occhiali ed assistenza legale), egli avrebbe fornito al figlio una somma pari a circa Euro 300,00/400,00 per l'acquisto di un giubbetto per la moto ed ulteriori Euro 400,00/500,00 in occasione delle festività natalizie. A ciò si aggiunga che ulteriori riscontri - rispetto alla prospettazione attorea - sono stati acquisiti con l'interrogatorio libero di (...) all'udienza del 3.12.2021, avendo il predetto coerentemente riferito: "... mio padre non è stato mai presente nella mia vita. In vent'anni di vita gli incontri non hanno superato le dieci unità. Smentisco quel che ho letto nelle sue memorie e cioè che sia stato presente, sia dal punto di vista psicologico che sotto il profilo del sostegno economico. Quanto al primo profilo preciso che non mi faceva neppure gli auguri quando ero bambino, in occasione dei miei compleanni e sotto il profilo economico mi risulta che mia madre abbia dovuto provvedere da sola alle mie esigenze. Tali considerazioni mi portano a dire che quest'uomo lo conosco veramente poco e che per me è quasi un estraneo. Questo è il risultato di quella che lui definisce presenza in tutti questi anni". Non v'è chi non veda, quindi, la violazione degli obblighi genitoriali da parte del convenuto. Né valgono in senso contrario le deduzioni in ordine al suo stato di salute ovvero alla mancata prova delle spese sostenute dalla (...) dal 2001 al 2020. È pacifico, infatti, che gli obblighi familiari gravino anche sul genitore inabile al lavoro per malattia (ex multis, Cass. Pen., sez. VI, 18.02.2016, n. 27598) e che il genitore che ha allevato il figlio da solo non possa pervenire ad un'esatta determinazione dell'ammontare spettante (soprattutto se è trascorso un cospicuo lasso di tempo dalla nascita alla proposizione della domanda giudiziale), dovendosi, conseguentemente, ricorrere in tali ipotesi al criterio equitativo. Conclusivamente, la domanda di rimborso promossa dalla (...) deve trovare accoglimento. A tal proposito, le parti, su richiesta del Giudice (vd. verbale d'udienza del 14.06.2021) hanno depositato note sinottiche e la loro situazione reddituale e patrimoniale è stata ricostruita mediante la documentazione versata in atti (vd. docc. da 4 a 12 atto di citazione e docc. 4 memoria n. 2 ex art. 183, co. VI, c.p.c. di parte convenuta nonché da 13 a 24 memoria n. 3 ex art. 183, co. VI, c.p.c. di parte convenuto). Si tiene conto di tali emergenze ed al contempo si deve tener conto della somma imposta al (...) a titolo di contributo al mantenimento mensile del figlio con Decreto n. 823/2022 del 12.04.2022 emesso dall'intestato Tribunale (Euro 800,00 a far data dalla domanda giudiziale). Nello specifico, considerato che il convenuto ha lavorato come impiegato presso l'istituto di credito (...) S.p.a. dal 1997 sino al marzo 2022 (vd. doc. 26 foglio di pc convenuto), si ritiene congruo per il periodo settembre 2001 - dicembre 2012 avvalersi del parametro del quinto dello stipendio, così come indicato da parte attrice, nella misura di Euro 500,00 mensili. Differisce, però, il periodo di riferimento, che va individuato in 124 mesi in luogo dei 123 stimati dagli attori poiché la madre del (...) è deceduta in data 10.11.2012 (vd. doc. 11 atto di citazione) e, dunque, l'incremento del patrimonio del convenuto deve imputarsi all'anno successivo. Il tutto per un totale di Euro 62.000,00. Per il periodo successivo, che va da gennaio 2013 a maggio 2021, si ritiene di dover utilizzare il parametro di Euro 800,00 mensili, da moltiplicare per 112 mesi, proprio perché la Sezione Famiglia del Tribunale di Firenze, con il suddetto Decreto, ha condannato il convenuto a versare siffatta somma a far data dalla domanda giudiziale (24.05.2021) ed ha valutato il reddito complessivo lordo delle parti con riferimento al biennio 2019 - 2020. Il tutto per un totale di Euro 89.600,00. Dalla somma dei due importi di Euro 62.000,00 ed Euro 89.600,00 deriva il complessivo importo di Euro 151.600,00, da cui si deve decurtare la cifra di Euro 67.150,00, corrispondente a quanto versato dal (...) sino ad oggi. In definitiva, (...) va condannato alla corresponsione, in favore di (...), della somma di Euro 84.450,00 a titolo di rimborso delle spese vive e della quota parte del contributo al mantenimento, a fronte degli esborsi sostenuti dall'attrice in via esclusiva almeno sino al maggio 2021. 4 - Sulla responsabilità aquiliana del (...) A) Debbono ritenersi sussistenti tutti gli elementi costitutivi dell'illecito aquiliano dedotto da (...). È noto che l'attuale concezione di famiglia, cui hanno contribuito dottrina e giurisprudenza, si configura come luogo di incontro e di vita comune dei suoi membri nonché quale sede di autorealizzazione e crescita, informata al reciproco rispetto e scevra dalla distinzione in ruoli. Il rispetto della dignità e della personalità di ogni componente il nucleo familiare assurge a rango di diritto inviolabile, la cui lesione da parte di altro componente della famiglia, ovvero di un terzo, rappresenta il presupposto logico della responsabilità civile. In questa direzione, la sentenza della Cassazione N. 9801 del 2005 ha ampliato le frontiere della responsabilità civile nelle relazioni familiari e, ad oggi, il principio di indefettibilità della tutela risarcitoria trova applicazione all'interno dell'istituto familiare, pur in presenza di una disciplina speciale (Cass. Civ., sez. I, sentenza 20 giugno 2013 n. 15481). Trattasi dei cd. illeciti endofamiliari. Tra le ipotesi di illecito endofamiliare si annovera proprio quello da privazione del rapporto genitoriale, in cui soggetto attivo è il genitore che ometta di svolgere il ruolo scelto con la procreazione e soggetto passivo è il figlio, costretto a rinunciare, senza sua colpa, ad uno dei genitori. In mancanza della presenza di entrambe le figure, la prole è privata di quella società naturale ove i singoli si realizzano come adulti e sviluppano la loro personalità. In tale contesto, vengono in rilievo situazioni giuridiche soggettive di rango primario, avvolte dalla coltre costituzionale, suscettibili, in quanto tali, di ristoro anche non patrimoniale in ipotesi di lesione (è perciò ammesso il risarcimento ex art. 2059 c.c.: Cass. civ., Sez. Un., sentenza 11 novembre 2008 n. 26972 - 26975). B) Ciò premesso, nel caso de quo, è pacifico che (...) abbia da sempre assunto un atteggiamento di chiusura nei confronti del figlio. Sin dal momento della nascita di (...) (14.09.2001), il convenuto ha tenuto una condotta omissiva, concretizzatasi, in primo luogo, nel mancato riconoscimento giuridico-formale del rapporto di filiazione sino al 12.7.2017 es. in secondo luogo, nell'inadempimento degli obblighi correlati allo status di padre e, quindi, dell'obbligo di mantenere, istruire, educare ed assistere moralmente il figlio (artt. 147, 148 e 315 - bis c.c.). Come rilevato in precedenza, è stato lo stesso (...) ad ammettere, in sede di interrogatorio libero, di essersi disinteressato del figlio, non solo dal punto di vista del sostegno economico, ma anche sotto il profilo morale ed educativo, incontrandolo solo in rarissime occasioni: nei primi diciotto anni di vita del ragazzo, circa sei/sette volte (così ha dichiarato lo stesso (...) in sede di interrogatorio libero). Deve, pertanto, ritenersi acclarato che si è perpetrata, da parte del convenuto, una grave violazione degli obblighi di cui agli artt. 147, 148 e 315 - bis c.c. per il periodo compreso da settembre 2001 ad oggi. C) È, altresì, provata la sussistenza del nesso causale materiale tra le condotte omissive suesposte ed il mancato soddisfacimento dei diritti spettanti ad (...). Non ha fondamento la tesi difensiva per cui il corretto esercizio della responsabilità genitoriale sarebbe stato precluso al convenuto dalla gravità delle sue condizioni psico - fisiche ("sindrome depressiva maggiore grave", "bipolare" paralisi ostetrica del braccio sinistro") e dall'atteggiamento ostruttivo della (...) che, stante il mancato riconoscimento e lo stato depressivo del padre, avrebbe scoraggiato gli incontri tra quest'ultimo ed (...). A ben vedere, risulta dagli atti che, pur essendogli stata riconosciuta un'invalidità civile pari al 51% (vd. doc. 9 memoria n. 2 ex art. 183, co. VI, c.p.c. del convenuto), il (...), sin dal 1997, è stato assunto presso l'istituto di credito (...) S.p.a. e che i disturbi psichici non gli hanno impedito di esercitare la professione sino al marzo 2022. Di tal che, se il (...) è stato in grado di svolgere le normali attività quotidiane e finanche quelle lavorative, non si comprende come mai non abbia potuto provvedere all'assistenza morale e materiale del figlio. Tanto più che trova riscontro in atti come il (...) sia stato sempre a conoscenza della paternità naturale e come l'attrice, pur avendo interrotto la relazione dopo la nascita di (...), si sia recata per molti anni in Toscana con il figlio nel periodo estivo per trascorrere qualche giorno a Marina di Pietrasanta presso la villa dei nonni paterni. Cionondimeno, in quelle occasioni, il convenuto non era presente: "confermo che in tali occasioni io non ero presente" (vd. verbale d'udienza dell'11.5.2021). Al contempo, dalle dichiarazioni rese da (...) si evince chiaramente come il padre sia per lui "quasi un estraneo", non essendo stato mai presente nella sua vita, né sotto il profilo del supporto economico e materiale né dal punto di vista affettivo, morale ed educativo (vd. verbale udienza del 03.12.2021). Non resta, pertanto, che ribadire la fondatezza della prospettazione attorea, trovando le difese del convenuto netta smentita in atti, tanto nelle dichiarazioni del figlio, quanto in quelle rese dalla (...) e dallo stesso convenuto. D) Nessun dubbio, infine, in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo. Il (...) non ha negato di essere stato messo sin da subito a conoscenza della paternità (vd., tra l'altro, il riferimento alla gravidanza in sede di libero interrogatorio) e, comunque, non ha mai preso parte alla vita del figlio. Ed è sintomatico - con riferimento alla sussistenza dell'elemento soggettivo - che l'attrice sia stata ospite col figlio, per almeno nove / dieci anni, nella villa dei nonni paterni in Toscana e che neppure in tali occasioni il (...) sia stato presente. Né - come si è detto e per le ragioni già esposte - possono valere ad escludere l'elemento soggettivo le deduzioni svolte dal convenuto in ordine alle condizioni di salute, trattandosi di condizioni compatibili con la frequentazione del figlio e con l'assolvimento dell'obbligo di assistenza morale e materiale nei confronti del figlio. Può ritenersi, in definitiva, provata la volontarietà della sottrazione agli obblighi genitoriali. 5 - Sui danni conseguenza: danno patrimoniale e non patrimoniale A) Per ciò che concerne il riflesso patrimoniale del danno subito da (...), v'è da rilevare che il ristoro è già assicurato mediante il riconoscimento del diritto al rimborso, in favore della signora (...), delle spese vive e della quota parte del contributo al mantenimento. Considerato, invero, che il danno patrimoniale derivante da illecito endofamiliare si concretizza in una perdita di chances, ossia in una privazione di utilità e di opportunità subita dal figlio per effetto del ritardato riconoscimento e della violazione degli obblighi di cui all'art. 147 c.c. (i quali afferiscono alla complessiva formazione della prole, al suo processo di maturazione, ai profili professionali, ambientali, ludici, sportivi e sociali) e che il parametro della liquidazione va ancorato alla previsione di cui all'art. 148 c.c., il riconoscimento di un ulteriore importo risarcitorio si tradurrebbe in una indebita duplicazione a carico del (...). B) Il genitore naturale che ritarda nel riconoscimento del figlio ed omette di prestargli assistenza, rifiutandosi finanche di incontrarlo e di instaurare con lui un qualsivoglia rapporto, cagiona al figlio un danno esistenziale, che scaturisce dalla carenza costante e consolidata della figura genitoriale. Non può dubitarsi del fatto che la consapevolezza di non essere mai stati desiderati come figli produca un danno che è, tutt'altro, che transeunte e che è meritevole di un significativo risarcimento. Il figlio che non ha potuto godere e beneficiare della presenza del padre subisce un'immotivata, ingiusta e dolorosa privazione di un apporto che la nostra Carta fondamentale garantisce pienamente all'art. 30. Ciò, quand'anche manchino segni evidenti sul piano psicopatologico, che configurino un danno biologico. Ad esser leso, in ogni caso, è un diritto fondamentale del figlio, all'educazione e all'assistenza, che non è solo economica. La lesione è, perciò, riconducibile nell'alveo del danno esistenziale. Il danno non patrimoniale, che si cagiona al figlio, privandolo di un tale insostituibile apporto, è lesione seria e grave, le cui connotazioni integrano senza alcun dubbio gli elementi necessari per accordare la tutela risarcitoria ex art. 2059 c.c. (vd. Corte Cost., 15 dicembre 2010, N. 355). Nel caso di specie, si è ampiamente detto e non v'è bisogno di aggiungere altro in ordine alla violazione degli obblighi nascenti dal rapporto di filiazione, per aver il convenuto privato il figlio della sua presenza e dell'affettività paterna per un ventennio, che è un tempo indubitabilmente enorme. C) La voce di pregiudizio in esame sfugge a precise quantificazioni in moneta, per cui si impone la liquidazione in via equitativa ex art. 1226 c.c.. Trattasi di una peculiare tipologia di danno non patrimoniale, assimilabile alla perdita del rapporto parentale e che merita risarcimento per il fatto in sé della lesione (cfr. Cass. n. 7713/2000), mediante una liquidazione per indici presuntivi e secondo nozioni di comune esperienza. A fini liquidatori, questo Tribunale aderisce all'orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui "in tema di filiazione, la violazione dell'obbligo del genitore di concorrere all'educazione ed al mantenimento dei figli, ai sensi degli artt. 147 e 148 c.c., costituisce il fondamento della responsabilità aquiliana da illecito endofamiliare, risarcibile equitativamente, attraverso il rinvio, in via analogica e con l'integrazione dei necessari correttivi, alle tabelle per il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale in uso nel distretto" (in termini Cass. Civ., sez. VI, 28.11.2022, N. 34986). Com'è noto, le Tabelle di Milano costituiscono parametro oramai vincolante, attesa la diffusione sul territorio nazionale e l'esigenza di garantire uguaglianza nel momento risarcitorio (Cass. civ., sez. I, sentenza 19 luglio 2012 n. 12549; Cass. Civ., sez. III, sentenza 30 giugno 2011 n. 14402; Cass. Civ., sez. III, sentenza 7 giugno 2011 n. 12408). Le suddette tabelle (nella loro recente edizione 2022) prevedono, a favore del figlio che perda il genitore, un sistema a punti attribuiti in base all'età della vittima primaria, della vittima secondaria, dell'eventuale convivenza, della sopravvivenza di altri congiunti e dell'intensità del vincolo affettivo. Da rilevare che la perdita di un genitore che si è conosciuto ed amato e dal quale si è ricevuto amore ed ogni apporto è circostanza non propriamente sovrapponibile alla condizione di chi non è stato riconosciuto dal genitore. In un caso, si perde qualcosa che si è avuto e di cui si è goduto. Nell'altro caso, non si è mai avuto e potrebbe dirsi che non si può perdere ciò che non si è avuto. A ben vedere, però, si perde nell'uno e nell'altro caso e, ragionando in concreto sulla vicenda che ci occupa, non si può non vedere come l'attore abbia trascorso una parte significativa e consistente della propria vita senza il padre. Non è, forse, questo un tempo irrimediabilmente perduto? Non trattasi, forse, di occasioni di condivisione perdute ed irrecuperabili? Si badi bene, non importa come (...) abbia vissuto, quanto sia stato amato da chi l'ha circondato; se abbia avuto un'infanzia ed un'adolescenza serena oppure no. Quel che rileva, ai nostri fini, è che sia stata privato di un diritto fondamentale ed inviolabile, che ha a che fare con una dimensione profonda dell'essere umano, con la sua stessa identità. Trattasi di perdita diversa, ma non men grave, di quella che patisce chi perde un padre che ha fatto il padre. Le considerazioni che precedono inducono questo giudice a ritenere che, mutatis mutandis, le due situazioni siano in qualche modo assimilabili, per intensità, drammaticità, lesività e perché in entrambe le situazioni si soffre per qualcosa che manca, che non c'è. Le suesposte argomentazioni giustificano, pertanto, la commisurazione del danno esistenziale patito dall'attore nella misura di Euro 80.000,00, così come richiesta dall'attore e da considerare congrua - mutatis mutandis - anche alla luce dei parametri indicati dalle Tabelle di Milano 2022 per il danno da perdita parentale. Le spese di lite seguono il principio della soccombenza, per cui devono esser poste a carico di (...), come da dispositivo che segue. P.Q.M. Il Tribunale di Firenze, II Sezione Civile, definitivamente pronunciando, così provvede: a) ogni altra istanza ed eccezione disattesa, accoglie, per quanto di ragione, la domanda attorea e, per l'effetto, condanna (...) a corrispondere a (...) la somma di Euro 84.450,00; b) condanna (...) a corrispondere ad (...), a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, la somma di Euro 80.000,00; c) condanna il convenuto a rifondere agli attori le spese di lite, che liquida in complessivi Euro 14.103,00 per compenso, oltre spese di iscrizione della causa a ruolo, spese di notifica, spese generali, IVA e CPA, come per legge. Così deciso in Firenze il 6 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 7 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FIRENZE Sezione Quinta Civile - Sezione specializzata in materia di impresa Il Collegio, nella seguente composizione: dott. Niccolò Calvani - Presidente dott.ssa Linda Pattonelli - Giudice relatore dott.ssa Laura Maione - Giudice nella camera di consiglio del 31/01/23 ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa n. 12864/2019 tra le parti: (...) (C.F. (...) ), con l'avv. dell'Avv. An.Li., elettivamente domiciliato presso il suo studio in Milano, Corso (...); ATTORE (...) S.R.L. (C.F. (...) ), in persona del rappresentante legale pro tempore, con sede in Prato, Viale (...) CONVENUTA CONTUMACE OGGETTO: Diritto di autore FATTO E PROCESSO Il sig. (...) ha convenuto in giudizio la Casa d'aste Farsettiarte (d'ora innanzi FA), affermandosi autore del dipinto Rip-off nell'anno 2005; allegando l'avvenuta pubblicazione, senza il suo consenso, della riproduzione fotografica di tale opera nel sito web della convenuta e nel catalogo cartaceo, edito a cura della medesima, relativo a un'asta di arte moderna e contemporanea che si sarebbe tenuta in Prato dal 30/11/18 al 01/12/18; esponendo di avere invano invitato la controparte, con plurimi solleciti, tra il 15/11/18 e il 27/11/18, alla rimozione delle fotografie del dipinto dal sito e dal catalogo; e domandando, pertanto, a fronte della persistente inerzia della convenuta: - l'accertamento della violazione del suo diritto d'autore; - la condanna di FA alla rimozione immediata della riproduzione fotografica dal sito e dal catalogo cartaceo; - la condanna di FA al risarcimento del danno non patrimoniale, sub specie di danno morale da lesione all'immagine e alla reputazione, asseritamente patito in ragione dell'illecita riproduzione del dipinto, quantificato nella misura di Euro 6.000 o nella diversa somma stabilita in via equitativa dal giudicante. La convenuta, pur ritualmente evocata in giudizio, non si è costituita, talché il giudice istruttore primo assegnatario del fascicolo, all'udienza del 25/02/20, fissata per la prima comparizione, ne ha dichiarato la contumacia, assegnando, in pari data, e con decorrenza dalla medesima, i termini di cui all'art. 183, comma 6 c.p.c.. Nella memoria ritualmente depositata in data 28/05/20 (tenuto conto della sospensione straordinaria dovuta all'emergenza sanitaria) ai sensi dell'art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c., l'attore, dato atto dell'avvenuta rimozione, ad opera di controparte, dell'immagine del dipinto dal sito I. e dal catalogo on line della mostra soltanto ad asta conclusa e senza comunicazione dell'avvenuta rimozione all'autore, ha manifestato la propria sopravvenuta carenza di interesse rispetto alla domanda di condanna alla rimozione, insistendo, invece, nella domanda risarcitoria del danno non patrimoniale asseritamente patito a cagione dell'illecita riproduzione dell'opera. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. In rito. Sulla rinuncia ai termini ex art. 190 c.p.c. e sulla comparsa depositata in data 16/11/22 In limine litis, in ordine alla mancata concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. all'indomani dell'udienza di precisazione delle conclusioni e della rimessione della causa in decisione da parte del GI, il Collegio osserva quanto segue: - con Provv. del 13 maggio 1921, il giudice originario assegnatario del fascicolo, ritenuta la causa matura per la decisione e dichiarata la chiusura dell'istruttoria, ha rinviato per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 11/10/22, poi anticipata al 20/09/22, con previsione, nel successivo decreto del 16/05/22, dello svolgimento di tale udienza in forma di trattazione scritta, mediante deposito di nota di precisazione delle conclusioni entro la data della predetta udienza, e con successive automatiche rimessione della causa in decisione e immediata assegnazione dei termini di giorni sessanta per il deposito delle comparse conclusionali e di ulteriori giorni venti per il deposito delle memorie di replica; - sennonché, in data 19/09/22, intervenuto il subentro di nuovo giudice nell'assegnazione del fascicolo, con decreto emesso in pari data, recante implicita revoca dell'udienza del 20/09/22 (di fatto mai tenutasi), l'udienza di precisazione delle conclusioni è stata rinviata al 17/01/23, sempre con previsione di trattazione della medesima mediante deposito di note scritte sostitutive dell'udienza, ma senza la previsione dell'automatica rimessione al Collegio con contestuale concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.; - in dette note, depositate dall'attore in data 09/01/23, l'attore, una volta precisate le conclusioni, ha chiesto "di assumere la causa in decisione e di adottare i conseguenti provvedimenti", rimettendosi, in alternativa, "alla decisione dell'ill.mo Tribunale" e dando, altresì, atto di avere depositato, "nei termini di cui all'art. 190 c.p.c. e in virtù dell'autorizzazione contenuta nel sopraindicato provvedimento del Giudice datato 16.5.2022, la comparsa conclusionale della parte attrice"; - ragion per cui, il giudice istruttore ultimo assegnatario del fascicolo, con ordinanza del 17/01/23, "rilevato che parte attrice ha precisato le conclusioni chiedendo che la causa sia rimessa immediatamente in decisione, a fonte del già avvenuto deposito della comparsa conclusionale e della natura contumaciale della causa," ha rimesso immediatamente la stessa al Collegio; - ora, non ignora il Collegio che, in assenza di espressa rinuncia di tutte le parti costituite (irrilevante essendo, in questo caso, la posizione del contumace), la prevalente e preferibile opinione del SC riconnette alla mancata assegnazione, da parte del giudice, dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie finali di replica, a seguito dell'udienza di precisazione delle conclusioni, la sanzione della nullità della sentenza successivamente emessa (ex multis, Cass. n. 4805/06; n. n. 14657/08; n. 7072/10; n. 5590/11; da ultimo, Cass. n. 4125/20); - ciò posto, peraltro, nell'ipotesi di specie ben può ritenersi espressa dall'unica parte costituita un'univoca volontà di rinuncia al deposito di nuove conclusionali, seppur condizionata alla ritenuta ammissibilità e al conseguente esame nel merito, da parte del Collegio, del deposito della nota conclusiva depositata antecedentemente all'udienza; - ebbene, è pur vero, da un lato, che tale comparsa, intervenuta in una data successiva alla revoca del decreto del 16/05/22, con cui il precedente assegnatario del fascicolo aveva disposto l'assegnazione automatica dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. nella loro massima estensione a partire dalla data di celebrazione dell'udienza del 20/09/22 (mai tenutasi), deve ritenersi depositata in assenza di qualsivoglia autorizzazione da parte del nuovo GI; - è d'altro canto da osservarsi come, stanti la natura documentale e contumaciale della causa e la mancanza di ulteriori attività processuali successive al relativo deposito, così come di sopravvenienze fattuali su cui prendere posizione all'indomani dell'udienza di conclusioni, in ipotesi di dichiarazione di inammissibilità della medesima nota e di concessione di nuovi termini ex art. 190 c.p.c., nessuna ulteriore argomentazione, rispetto a quelle nella stessa nota contenute, sarebbe verosimilmente stata proposta dalla medesima parte; - di qui, anche in considerazione della durata ormai ultratriennale della causa, nonché in nome di esigenze di economia processuale e di ragionevole durata del processo, la ritenuta opportunità di ammettere il deposito dell'atto conclusivo in via anticipata rispetto alla celebrazione dell'udienza di conclusioni e ritenere, pertanto, esplicitamente rinunciata, da parte attrice, la domanda di concessione di nuovi termini per il deposito di comparse conclusionali. 2. Sulle domande risarcitorie 2.1. Sull'introduzione in sede di precisazione delle conclusioni della voce di danno patrimoniale Venendo, dunque, alla disamina delle domande attoree, occorre, anzitutto, prendere atto della cessazione della materia del contendere in ordine alla domanda di condanna alla rimozione della riproduzione fotografica del dipinto realizzato dall'attore dal sito web e al ritiro della stessa dal catalogo cartaceo, in effetti neppure reiterata nelle conclusioni da ultimo precisate e da ritenersi, dunque, abbandonata, anche alla luce delle dichiarazioni della stessa parte attrice di cui alla prima memoria istruttoria (cfr. supra). Preso atto, quindi, della permanenza in giudizio della sola domanda di risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale, preliminarmente alla disamina nel merito della causa, osserva il Collegio come: - nell'atto introduttivo, tanto nella parte argomentativa, quanto nelle conclusioni rassegnate (poi reiterate pedissequamente nella prima memoria istruttoria), l'unica voce di danno oggetto di specifica allegazione risulti essere quella del danno non patrimoniale - sub specie, in particolare, di danno morale da lesione all'immagine e alla reputazione, asseritamente derivata dall'illecita riproduzione fotografica dell'opera e dalla sua pubblicazione in assenza del consenso dell'attore e, anzi, in spregio alle reiterate diffide alla relativa rimozione; - soltanto nelle conclusioni da ultimo precisate con nota di trattazione scritta depositata in data 09/01/23, l'attore abbia, invece, espressamente esteso la richiesta di condanna risarcitoria anche al danno patrimoniale - senza, peraltro, alcuna modificazione in amplius della somma complessiva domandata a titolo risarcitorio. Siffatta modifica, in effetti, nella misura in cui, lungi dal configurare una mera specificazione di diverse voci di conseguenze dannose discendenti da un medesimo evento lesivo, o una mera articolazione o specificazione quantitativa dell'originaria voce di danno, si risolve nell'allegazione di un danno-evento di specie ulteriore e diversa, introduttiva, in quanto tale, di un nuovo tema di indagine e decisione (cfr., mutatis mutandis, Cass. n. 4243/12), appare configurare non già una mera emendatio libelli, quanto, piuttosto, una mutatio libelli, inammissibilmente effettuata oltre i limiti della prima udienza e/o della prima memoria istruttoria (SSUU n. 12310/15). Né vale, del resto, obiettare in senso contrario che, in nome del principio di unitarietà, sul piano sostanziale, del diritto al risarcimento, come riflesso nel principio processuale dell'ordinaria infrazionabilità del giudizio di liquidazione, la domanda giudiziale di risarcimento dei danni cagionati da una determinata condotta debba intendersi come riferita a tutte le possibili voci di danno originate da quella specifica azione od omissione: ciò in quanto, come condivisibilmente osservato dal S.C., (Cass. n. 22987/04), tale principio non può trovare applicazione allorquando l'attore, "ab initio", o durante il corso del giudizio, (purché nei limiti temporali entro cui è consentita la mutatio libelli) abbia esplicitamente escluso il riferimento della domanda a tutte le possibili voci di danno, dovendosi coordinare il principio di infrazionabilità della richiesta di risarcimento con il principio della domanda; onde, qualora nell'atto di citazione siano indicate specifiche voci di danno e tra le stesse non sia indicata quella relativa ai danni materiali, l'eventuale domanda proposta oltre i termini all'uopo previsti a pena di preclusione è inammissibile per novità. A ogni buon conto, anche volendosi intendere l'introduzione della voce di danno patrimoniale in aggiunta alle voci di danno non patrimoniale ab origine allegate quale mera specificazione e precisazione della causa petendi in relazione a un unico petitum sostanziale rimasto immutato, alla luce e in ragione della mancata incidenza di tale attività processuale sulla misura della somma oggetto dell'originaria domanda risarcitoria, le asserzioni attoree sul punto risultano del tutto destituite di qualsivoglia fondamento probatorio e devono, pertanto, essere comunque disattese, per i motivi di seguito illustrati. 2.2. Nel merito. Sul danno patrimoniale Com'è noto, in ossequio al canone generale di riparto di cui all'art. 2697 c.c., incombe su colui che intende fare valere il proprio diritto in giudizio l'onere di provare i fatti costitutivi dello stesso, gravando, invece, sulla parte convenuta l'onere di provare i fatti modificativi, estintivi e impeditivi del diritto ex adverso azionato (ex multis, Cass. n. 16917/12: "In tema di riparto dell'onere della prova ai sensi dell'art. 2697 c.c., l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava sempre su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorché sia convenuto in giudizio di accertamento negativo"; cfr. Cass. n. 12108/10). Siffatto onere in capo a ciascuna parte sussiste, a fortiori, in ipotesi di contumacia della parte convenuta, atteso che, nel nostro ordinamento, il contegno processuale del contumace, come più volte affermato dalla giurisprudenza, non può leggersi quale ficta confessio, ovvero quale tacita ammissione, bensì quale ficta contestatio, ossia quale implicita confutazione e contestazione dei fatti allegati dalla parte onerata della relativa prova (Cass. civ. ord. n. 22461/15: "la contumacia integra un comportamento neutrale cui non può essere attribuita valenza confessoria, e comunque non contestativa dei fatti allegati dalla controparte, che resta onerata della relativa prova"; Cass. n. 24885/14): donde, al cospetto della mancata costituzione della parte convenuta, non possono ritenersi pacifici ma necessitano, per contro, di positiva dimostrazione giudiziale tutti i fatti che rientra nell'onere della parte attrice costituita provare. Con specifico riferimento alla fattispecie di danno dedotta nel caso in esame, in cui parte attrice ha allegato voci di pregiudizio consequenziali a un'asserita lesione del proprio diritto di autore, inteso specificamente nella sua componente patrimoniale, ossia sotto il profilo del diritto alla pubblicazione e all'utilizzazione economica dell'opera, viene, inoltre, in rilievo il disposto di cui all'art. 158 LDA, a tenore del quale "1. Chi venga leso nell'esercizio di un diritto di utilizzazione economica a lui spettante può agire in giudizio per ottenere, oltre al risarcimento del danno, che, a spese dell'autore della violazione, sia distrutto o rimosso lo stato di fatto da cui risulta la violazione. 2. Il risarcimento dovuto al danneggiato è liquidato secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227 del codice civile. Il lucro cessante e' valutato dal giudice ai sensi dell'articolo 2056, secondo comma, del codice civile, anche tenuto conto degli utili realizzati in violazione del diritto. Il giudice può altresì liquidare il danno in via forfettaria sulla base quanto meno dell'importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti, qualora l'autore della violazione avesse chiesto al titolare l'autorizzazione per l'utilizzazione del diritto. 3. Sono altresì dovuti i danni non patrimoniali ai sensi dell'articolo 2059 del codice civile". La norma, in quanto applicazione particolare, nella materia autoriale, dei principi generali sulla responsabilità extracontrattuale di cui agli artt. 2043 ss. c.c., pone a carico della parte attrice l'onere della prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di illecito in concreto azionata, ossia: - della sussistenza, in primis, del diritto d'autore, id est di una situazione soggettiva tutelata in base alla legge sul diritto d'autore; - della sussistenza di una condotta di violazione del diritto di utilizzazione economica dell'opera spettante all'autore - il che impone, a ben vedere, sia la prova dell'utilizzazione, sia quella della carenza del consenso dell'autore (sul punto, invero, trattandosi di prova del fatto negativo, spetterà, più correttamente, alla parte convenuta la prova liberatoria del consenso, da fornirsi, tuttavia, per scritto, in ossequio alla prescrizione di forma ad probationem di cui all'art. 110 LDA); - ancora, del danno-conseguenza e del nesso di causalità (Tribunale di Milano 03/12/15): il richiamo espresso all'art. 1223 c.c., infatti, esprime la necessità per il giudice di accordare il risarcimento non già al cospetto del danno inteso quale lesione in re ipsa, quanto, piuttosto, alle conseguenze patrimoniali dannose che da tale lesione, o danno-evento, siano derivate; conseguenze il cui onere probatorio incombe su parte attrice. Tanto premesso, anche volendosi prescindere dall'accertamento dell'avvenuto assolvimento dell'onere probatorio attoreo in ordine alla sussistenza di un diritto d'autore in ragione della creatività e dell'originalità dell'opera, nonché della sua paternità in capo all'attore; e anche volendosi omettere ogni valutazione in ordine alla configurabilità alla stregua di una condotta di indebita utilizzazione dell'opera a scopo economico dell'avvenuta pubblicazione della sua riproduzione fotografica in un sito di aste giudiziarie in vista della celebrazione di una vendita all'asta; la domanda attorea non merita accoglimento, siccome sprovvista di prova in punto di danno-conseguenza risarcibile: ciò in applicazione del principio processuale della "ragione più liquida", desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., in base al quale la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell'evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare ai sensi dell'art. 276 c.p.c. (ex multis, Cass. n. 363/19). È mancata, infatti, anzitutto, l'allegazione (oltreché e ancor prima della prova) di specifiche voci di pregiudizio patrimoniale consistenti in perdite (danno emergente) o in mancati profitti (lucro cessante) conseguenti all'asserita lesione del diritto patrimoniale d'autore inteso come diritto all'utilizzazione economica dell'opera, essendosi, a ben vedere, l'attore limitato, nella nota conclusiva, a invocare l'applicazione, ai fini della quantificazione del lucro cessante, dei criteri di liquidazione equitativa e forfettaria richiamati all'art. 158 LDA. Sennonché: - in via generale e di principio, come in più occasioni osservato dal S.C., il giudice può fare ricorso alla valutazione equitativa del danno, da intendersi quale extrema ratio, qualora ne sia dimostrata o incontestata la relativa esistenza e ove la precisa determinazione di esso sia difficoltosa (Cass. n. 20283/04), non potendo tale modalità di liquidazione costituire un mezzo per sopperire surrettiziamente all'inerzia del danneggiato, comunque onerato della produzione di elementi probatori e di dati nella sua disponibilità utili alla determinazione, anche in via approssimativa, del danno, e alla limitazione del margine di operatività dell'apprezzamento equitativo al minimo indispensabile a colmare le sole lacune inevitabili (Cass. n. 16202/02; n. 3327/02; n. 8795/00; n. 6056/90); - con specifico riguardo alla fattispecie in esame, vale a precludere l'operatività del criterio liquidatorio equitativo specifico suggerito dalla norma speciale la totale mancanza dell'allegazione e della dimostrazione degli utili realizzati dall'autore della violazione del diritto; - né, tantomeno, appare possibile ricorrere all'ulteriore criterio di liquidazione forfettaria tipizzato, non avendo parte attrice allegato l'importo dei diritti riconosciuti qualora l'autore avesse chiesto il consenso dell'avente diritto, o fornito qualsivoglia indicazione fattuale utile a consentire l'elaborazione di un calcolo ipotetico (ad esempio, mediante la produzione di accordi raggiunti con eventuali terzi soggetti cui fosse stata consentita l'utilizzazione economica dell'opera da parte dell'autore). 2.3. Sul danno non patrimoniale Quanto al profilo del danno non patrimoniale, ferma la previsione espressa di cui al citato art. 158 LDA della possibilità, in via astratta e di principio, per l'autore che subisca la lesione del proprio diritto dall'altrui indebita utilizzazione economica dell'opera, di chiedere e ottenere anche il risarcimento dei danni non patrimoniali, occorre tuttavia porre l'attenzione sul richiamo operato dalla norma speciale al disposto dell'art. 2059 c.c.; richiamo che impone al giudicante di rispettare il principio di tipicità c.d. "attenuata" dalla lettura fornita dal S.C., a tenore della quale il danno non patrimoniale deve essere risarcito, oltreché nei casi previsti dalla legge ordinaria, anche nei casi di lesione grave e rilevante di valori della persona umana costituzionalmente protetti (cfr. Cass. SS.UU. n. 26972/08). In altri termini, dunque, la previsione della risarcibilità dei danni non patrimoniali consequenziali a una condotta in concreto lesiva del diritto d'autore nella sua componente patrimoniale, lungi dal consentire di ritenere di per sé configurabile un pregiudizio non patrimoniale quale effetto diretto, immediato ed esclusivo della lesione di un diritto patrimoniale, impone la verifica della contestuale idoneità della medesima condotta lesiva a integrare una fattispecie penalmente rilevante, o la lesione del medesimo diritto d'autore nella sua componente morale, o una lesione di entità superiore alla soglia di normale tollerabilità dell'immagine, o della reputazione, o di altra prerogativa costituzionalmente fondata della persona dell'autore. Ora, nell'ipotesi che qui occupa, l'attore, una volta proceduto all'allegazione di un evento lesivo costituito dalla violazione di un diritto di natura patrimoniale, pretende di trarre quale conseguenza risarcibile di tale evento, sic et simpliciter, una voce di danno non patrimoniale, senza alcuna allegazione e senza la prova di un ulteriore evento lesivo, al primo causalmente connesso, e rispondente ai connotati tipizzanti summenzionati (previsione di legge o attinenza a diritti costituzionali della persona). Detto altrimenti, lo stesso autore, una volta affermato che la riproduzione fotografica della sua opera pittorica costituisce una forma di utilizzazione economica concernente il diritto esclusivo di cui all'art. 13 LDA - e, dunque, di fatto, allegando una condotta di indebito sfruttamento dell'opera creativa, concretante una lesione del diritto autoriale nella sua componente patrimoniale - deduce, poi, quale danno conseguenza risarcibile, un pregiudizio non patrimoniale ex art. 2059 c.c., senza, tuttavia, come invece necessario, allegare e dimostrare alcuno degli eventi tipici rilevanti quali fonte di danno non patrimoniale risarcibile, ossia, in particolare: - la concreta inverazione, per effetto di tale condotta, di un fatto penalmente rilevante; - la negazione da parte dell'autore della paternità dell'opera (risultando, per contro, dalla stessa visione degli estratti di sito web e del catalogo cartaceo correttamente riportata la paternità dell'autore del dipinto riprodotto in fotografia), o altra condotta alternativa o modificativa dell'opera stessa (indicando, anzi, lo stesso attore la riproduzione fotografica come esatta e fedele all'originale dipinto) - id est, la lesione del medesimo diritto d'autore nella sua componente morale, come configurata dall'art. 20 LDA; - la compromissione in misura rilevante e oggettivamente intollerabile di altra prerogativa fondamentale e costituzionalmente fondata, allo stesso facente capo come persona. Di talché, non può ritenersi configurato, nella fattispecie in esame, alcun evento lesivo, in misura superiore alla soglia di normale tollerabilità imposta dal principio solidaristico di cui all'art. 2 Cost. (Cass. SS.UU. n. 26972/08), di interessi costituzionalmente tutelati e riferibili alla persona dell'attore in quanto tale, a prescindere dai relativi interessi patrimoniali e professionali (da tutelarsi, invece, mediante il risarcimento del danno patrimoniale), afferendo le prerogative asseritamente lese alla sfera non dei rapporti personali, bensì, semmai, a quella dell'integrità patrimoniale e della libera iniziativa economica privata dell'attore. Né, tantomeno (anche volendosi ritenere inverata la lesione di uno degli interessi summenzionati, e dunque anche volendosi ritenere assolto l'onere attoreo sotto il profilo della prova del danno-evento), risulta essere stata allegata o dimostrata alcuna conseguenza risarcibile costituita da una sofferenza o da un disagio interiori transeunti superiori a quelli ordinariamente connessi a eventi del genere di quello nella specie occorso (c.d. "danno morale"), o da una menomazione o da una sensibile alterazione delle abitudini di vita e delle relazioni interpersonali (c.d. "danno esistenziale"). Invero, anche a volere ritenere sufficiente allegazione, sotto il profilo del danno-evento, il mero richiamo operato a pag. 4 della citazione a una non meglio specificata lesione dell'immagine e della reputazione dell'attore nella sua veste di intellettuale in conseguenza della riproduzione invito autore e dal mantenimento della stessa nonostante le reiterate diffide, osserva il Collegio che: - come ormai pacifico, in ossequio al principio per cui deve essere esclusa la sussistenza della prova del danno non patrimoniale risarcibile nella sola circostanza della pur accertata lesione di un diritto inviolabile della persona (cfr. Cass., n. 8421/11; Cass. n. 13614/11; Cass. n. 21865/13; Cass. n. 1931/17), il danno all'immagine, pur in astratto liquidabile in via equitativa, non costituisce un mero danno-evento "in re ipsa", bensì un danno-conseguenza che deve comunque essere oggetto di allegazione e di prova, anche tramite presunzioni semplici (Cass. n. 22396/13; n. 20643/16; n. 12929/07); - orbene, nell'ipotesi di specie, non risulta provata o tantomeno allegata, nemmeno mediante allegazione di indici presuntivi (per esempio attraverso la menzione della notorietà della circostanza nell'ambiente intellettuale di riferimento), la concreta ricorrenza di un riflesso negativo in termini di discredito e di compromissione dell'immagine fornita agli operatori del settore: - in primo luogo, non è stata allegata l'assenza di ulteriori e plurimi canali di esplicazione della creatività di autore all'epoca della subita condotta illecita; - inoltre, nessuna prova è stata prodotta o offerta in ordine a elementi fattuali idonei a consentire di desumere la derivazione, in termini di verosimile verificabilità, secondo l'id quod plerumque accidit, di un'alterazione permanente delle abitudini quotidiane e della vita di relazione dell'autore in conseguenza di un subito temporaneo sfruttamento della riproduzione fotografica della propria opera, così come di circostanze utilmente valutabili ai fini della configurabilità della sofferenza subita dall'autore dell'opera a causa della condotta illecita altrui: in particolare, non sono state fornite indicazioni in ordine alla potenzialità di diffusione della pubblicazione (ad esempio mediante indicazione dei partecipanti all'asta) e, soprattutto, in ordine alla durata della condotta illecita, atteso che, in mancanza della prova delle date di inizio della pubblicazione e di rimozione della riproduzione fotografica, l'unico dato emergente dagli atti è quello della durata, al più, della condotta per circa un mese (tale il tempo decorso dalla prima diffida documentata, risalente al 17/11/18, alla data del più recente degli estratti di sito internet depositati in atti, risalente al 18/12/18), tempo effettivamente di entità non idonea a configurare una lesione di entità giuridicamente apprezzabile e di gravità tale da superare la soglia di normale tollerabilità imposta dal principio solidaristico (Cass. SS.UU. n. 26972/08). - né, del resto, a siffatta carenza probatoria avrebbe potuto porre rimedio il giudicante mediante l'invocato ricorso alla liquidazione di una somma a titolo risarcitorio in via equitativa, atteso che, come già osservato in relazione alle voci di danno patrimoniale, anche in punto di danno non patrimoniale non può ritenersi raggiunta neppure la prova dell'an della sussistenza di un pregiudizio direttamente consequenziale all'illecito. 3. Sulle spese di lite In considerazione della soccombenza dell'attore e della mancata costituzione del convenuto, nulla deve essere disposto in punto di spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale di Firenze, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione assorbita e/o disattesa: - rigetta le domande attoree; - nulla dispone in punto di spese di lite. Così deciso in Firenze il 31 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE TERZA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Elisabetta Carloni ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 9074/2020 promossa da: (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. BO.IL. e dell'avv. IR.SA. ((...)) elettivamente domiciliato in presso il difensore avv. BO.IL. PARTE ATTRICE contro F. SRL (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. SA.LO., elettivamente domiciliato in VIA (...) 50123 FIRENZE presso il difensore avv. SA.LO. PARTE CONVENUTA SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO Su ricorso della (...) S.r.l., in data 24/02/2020 il Tribunale di Firenze ha emesso decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 848/2020 con il quale ha ingiunto alla Sig.ra (...) il pagamento della somma di Euro 10.019,47 oltre interessi legali come da domanda e spese processuali liquidate nel suddetto decreto ingiuntivo. La domanda monitoria della (...) S.r.l. ha quale causa petendi una cambiale di Euro 10.000,00 firmata dalla Sig.ra (...). Avverso il suddetto decreto ingiuntivo, notificato alla Sig.ra (...) in data 04/06/2020, la stessa ha proposto opposizione, La convenuta è costituita in giudizio con comparsa di costituzione contestando integralmente quanto ex adverso dedotto e richiesto, opponendosi alla richiesta di sospensione della provvisoria esecutorietà del D.I. opposto e chiedendo la conferma dello stesso. Nella prima udienza, tenutasi il 12/01/2021, il Giudice ha respinto l'istanza di sospensione della provvisoria esecutorietà del D.I. opposto e, ritenuto che vi fossero margini per la mediabilità della controversia, ha disposto che le parti esperissero procedimento di mediazione. Il procedimento di mediazione è stato ritualmente esperito, anche se con esito negativo. All'udienza del 07/07/2021 il Giudice ha rinviato la causa per la precisazione delle conclusioni, ritenendo la stessa matura per la decisione. All'udienza del 04/10/2022 le parti hanno precisato le proprie conclusioni ed il Giudice ha trattenuto la causa in decisione assegnando alle parti termini ex att.190 c.p.c. per il deposito di memorie conclusionali e repliche. MOTIVI DELLA DECISIONE L'opposizione è infondata e non può trovare accoglimento. Risulta documentalmente provato che l'opposta ha richiesto l'emissione del decreto ingiuntivo oggetto di causa sulla base di una cambiale di Euro 10.000,00 firmata dalla (...). Nel proprio atto di opposizione l'opponente ha effettuato un "disconoscimento" della firma apposta sulla cambiale da parte della Sig.ra (...) in termini del tutto generici. Infatti nel suo atto di opposizione l'opponente ha testualmente dichiarato che la sig.ra (...) "... non ricorda di avere sottoscritto il titolo azionato"). Ritiene il giudicante che detta dichiarazione sia da considerarsi inidonea al fine del disconoscimento. Il disconoscimento della propria sottoscrizione, ai sensi dell'art. 214 cod. proc. civ., infatti, deve avvenire in modo formale ed inequivoco: è, pertanto, inidonea a tal fine una contestazione generica oppure implicita, perché frammista ad altre difese o meramente sottintesa in una diversa versione dei fatti (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12448 del 19/07/2012 e precedenti conformi). Nel caso di specie, va rilevato come a fronte di tali generiche contestazioni, alcun onere di tempestiva istanza di verificazione gravava sulla convenuta, la quale tuttavia vi ha provveduto. Ma volendo ritenere comunque efficace il disconoscimento, va rilevata la palese omogeneità, rilevabile ictu oculi e senza bisogno di alcuna perizia calligrafica, tra la sottoscrizione apposta in calce al citato documento e le firme apposte dall'opponente nel mandato posto in calce all'atto di opposizione a decreto ingiuntivo. Ritiene infatti il giudicante che nel procedimento di verificazione di scrittura privata il giudice può e deve utilizzare tutti gli elementi di prova comunque acquisiti al processo senza essere vincolato in relazione ad essi ad alcuna graduatoria e non è tenuto a disporre la consulenza tecnica grafologica quando la domanda di verificazione possa essere decisa alla stregua della documentazione in atti ( Cassazione civile, sez. III, 19 maggio 2008, n. 12695) Priva di pregio poi è la questione sollevata da parte opponente in merito alla carenza della prova del credito vantato dall'opposta. La pretesa creditoria vantata dalla parte attrice risulta fondata su cambiale sottoscritta dalla (...). A tale proposito va ricordato che la cambiale è un titolo di credito all'ordine, formale e astratto, che attribuisce al legittimo possessore il diritto incondizionato di farsi pagare una somma determinata alla scadenza indicata sul titolo. Il possessore d'una cambiale può vantare, nei confronti del traente o l'azione cambiaria - fondata sul semplice possesso d'un titolo formalmente valido, ovvero l'azione causale, scaturente dal rapporto sottostante al titolo di credito (cambiale) emesso. Le due azioni possono essere proposte in via cumulativa od alternativa nello stesso giudizio (cfr. Cassazione civile. Sez. III, sentenza n. 818/2015). Nel caso in esame parte convenuta opposta ha esperito un'azione fondata sul possesso della cambiale in originale a firma della parte attrice opponente. Occorre rilevare che come affermato dalla giurisprudenza di legittimità in materia, dalla quale non vi è motivo di discostarsi, nella richiesta di azione giudiziaria, in forza di titolo di credito scaduto (nella specie cambiale), è implicita la proposizione anche dell'azione causale, derivante dal rapporto sottostante mediante utilizzazione del titolo medesimo quale promessa di pagamento, ai sensi dell'art. 1988 c.c. (cfr. Cassazione civile, Sezione III, sentenza 22898/2005). Il titolo di credito conserva comunque l'efficacia di promessa di pagamento ex art. 1988 c.c., con l'effetto di dispensare colui a cui favore del quale è fatta dall'onere di provare il rapporto fondamentale, che si presume esistente fino a prova contraria. Come è noto i titoli di credito sono caratterizzati dall'astrattezza, vale a dire che non menzionano la causa che ha dato luogo alla loro emissione. L'emissione di un titolo di credito astratto dà vita al diritto cartolare, diritto ulteriore rispetto a quello già sorto dal rapporto causale, sottostante all'emissione del titolo. L'emissione di una cambiale, quale titolo astratto ed autonomo, implica la presunzione "iuris tantum" di un rapporto sottostante idoneo a giustificare la nascita di un'obbligazione cartolare, e resta a carico del debitore (emittente) convenuto l'onere di dimostrare l'inesistenza, invalidità ed estinzione di tale rapporto (cfr. tra le tante, Cassazione civile, sentenza n. 2816/2006; Cassazione civile, sentenza n. 8712/1998). Da ciò deriva che nella specie gravava sulla parte odierna opponente la prova della insussistenza del rapporto causale sottostante al titolo cartolare astratto. In difetto di tale prova, deve dichiararsi la fondatezza del credito vantato dalla parte convenuta. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, come da D.M. n. 55 del 2014, in relazione al valore effettivo della controversia ed alla attività espletata, tenuto altresì conto della natura documentale della causa. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1. RIGETTA l'opposizione e per l'effetto conferma il decreto ingiuntivo opposto; 2. CONDANNA l'opponente alla rifusione in favore della convenuta opposta delle spese di lite del presente giudizio che si liquidano in Euro 4.200 a titolo di compensi, oltre aumento 15% per spese generali e IVA e CASSA come per legge. Così deciso in Firenze il 31 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria l'1 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE SECONDA SEZIONE CIVILE in persona del Giudice dott.ssa Maria Filomena De Cecco, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado di cui in epigrafe, trattenuta in decisione all'udienza del 13.10.2022, con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, promossa da: (...) S.R.L. (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)) e (...) S.R.L. (C.F. (...)), tutti rappresentati e difesi, congiuntamente e disgiuntamente, dagli Avv.ti (...); ATTORI contro (...) (C.F. (...)), rappresentato e difeso dall'Avv. (...); CONVENUTO e (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F. (...)) CONVENUTI CONTUMACI CONCLUSIONI per gli attori: voglia il Tribunale adito, contrariis reiectis, IN TESI: 1) rigettare in toto la domanda, avanzata dal Sig. (...) in via riconvenzionale, di accertamento dell'usucapione dell'area oggetto del presente giudizio, in quanto infondata in fatto ed in diritto e destituita di qualsivoglia supporto probatorio, per quanto meglio dedotto, eccepito in punto di diritto e provato in atti dalla scrivente difesa; 2) dichiarare e statuire che: a) il Sig. (...) è esclusivo proprietario del posto auto identificato nel Catasto Fabbricati di Firenze al foglio (...) di mappa, particella numero (...); b) la (...) s.r.l. è esclusiva proprietaria dei posti auto identificati nel Catasto Fabbricati di Firenze al foglio (...) di mappa, particelle numero (...); c) il Sig. (...) è comproprietario in pari quota con la Sig.ra (...) del posto auto identificato nel Catasto Fabbricati di Firenze al foglio (...) di mappa, particella numero (...); d) il Sig. (...) è comproprietario in pari quota con la Sig.ra (...) del posto auto identificato nel Catasto Fabbricati di Firenze al foglio (...) di mappa, particella numero (...); e) il Sig. (...) è comproprietario in pari quota con la Sig.ra (...) del posto auto identificato nel Catasto Fabbricati di Firenze al foglio (...) di mappa, particella numero (...); f) la Sig.ra (...) è piena proprietaria del posto auto identificato nel Catasto Fabbricati di Firenze al foglio (...) di mappa, particella numero (...); g) il Sig. (...) è comproprietario in pari quota con la Sig.ra (...) del posto auto identificato nel Catasto Fabbricati di Firenze al foglio (...) di mappa, particella numero (...); h) la Sig.ra (...) è piena proprietaria del posto auto identificato nel Catasto Fabbricati di Firenze al foglio (...) di mappa, particella numero (...); i) la (...) s.r.l. è esclusiva proprietaria del posto auto identificato nel Catasto Fabbricati di Firenze al foglio (...) di mappa, particella numero (...); tutte come risultanti - anche in termini dimensionali e di collocazione dei confini - dai legittimi titoli di provenienza e dalla documentazione catastale, e pertanto statuire la insussistenza sulle predette particelle di diritti concorrenti del Sig. (...); 3) anche in conseguenza di quanto sopra, accertata e dichiarata la non rispondenza della situazione di fatto dei luoghi alle risultanze catastali, statuire la insussistenza in capo al convenuto (...) di diritti sull'area da questi indebitamente occupata tra le particelle (...) e (...) (Catasto Fabbricati di Firenze, foglio (...)), condannando pertanto lo stesso a rilasciare immediatamente detta area libera da persone e cose, nella piena disponibilità dei proprietari legittimi risultanti dai titoli di provenienza e dalla documentazione catastale, nonché con obbligo del convenuto, ad esclusiva cura e spesa di quest'ultimo, a provvedere alla ritracciatura dei posti auto compresi tra le particelle (...) e (...), in linea con quanto verrà statuito all'esito del presente giudizio e con le evidenze catastali; 4) altresì, accertata e dichiarata la non rispondenza della situazione di fatto dei luoghi alle risultanze catastali, condannare il convenuto (...) al risarcimento dei danni, da liquidarsi in via equitativa, causati agli attori per la limitazione al diritto di proprietà e/o per la impossibilità di liberamente disporre -anche mediante vendita- dei posti auto di proprietà degli stessi, per come sopra esposto nella parte narrativa del presente atto; 5) inoltre, accertata e dichiarata l'avvenuta occupazione senza titolo da parte del convenuto (...) dell'area compresa tra le particelle (...) e (...), condannare quest'ultimo al risarcimento in favore degli attori del danno parametrato al valore locativo medio di un posto auto in detta ubicazione, come quantificato e documentato nel presente atto. In ogni caso con vittoria di spese, diritti ed onorari del presente giudizio, della prodromica fase stragiudiziale e del procedimento di mediazione, nonché con emissione di ogni ulteriore, necessario e/o consequenziale provvedimento di legge. IN VIA SUBORDINATA In via subordinata, nella denegata e non creduta ipotesi in cui l'Onorevole Tribunale adito dovesse rigettare anche solo in parte le pretese avanzate dagli attori nel presente procedimento e/o ritenesse di accogliere anche solo in parte le domande/eccezioni che dovessero essere avanzate dal convenuto, eventualmente dunque accogliendo la domanda riconvenzionale di accertamento dell'usucapione dell'area oggetto di disputa e/o accertando la sussistenza di diritti del Sig. (...) sull'area ricompresa tra la particella (...) (di proprietà (...)) e la (...) (di proprietà (...)): 1) ordinare al convenuto (...), ad esclusiva cura e spesa di quest'ultimo, sia l'adeguamento delle risultanze presso i competenti Uffici (ivi compresi il Catasto), sia la ritracciatura dei posti auto compresi tra le particelle (...) e (...) in linea con le evidenze catastali; 2) altresì, sempre in via subordinata, accertata e dichiarata la non rispondenza della situazione di fatto dei luoghi alle risultanze catastali, condannare comunque ed in ogni caso il convenuto (...) al risarcimento dei danni, da liquidarsi in via equitativa, causati agli attori per la impossibilità di liberamente disporre - anche mediante vendita - dei posti auto proprietà degli stessi. In ogni caso con vittoria di spese, diritti ed onorari del presente giudizio, della prodromica fase stragiudiziale e del procedimento di mediazione, nonché con emissione di ogni ulteriore, necessario e/o consequenziale provvedimento di legge; IN VIA ISTRUTTORIA nell'opporsi in toto alle deduzioni ed istanze istruttorie di controparte, insistono per l'ammissione delle istanze istruttorie (e controdeduzioni alle istanze istruttorie avversarie) formulate nei propri atti difensivi e non accolte, di seguito trascritte: "CONSULENZA TECNICA D'UFFICIO Si chiede che venga disposta una consulenza tecnica d'ufficio finalizzata alla descrizione dello stato dei luoghi ed alla verifica circa la rispondenza o meno della situazione di fatto dei posti auto compresi tra le particelle (...) e (...) (Catasto Fabbricati di Firenze, Foglio (...)) con la documentazione catastale, nonché all'accertamento della avvenuta realizzazione tra le particelle (...) e (...) di un'area adibita indebitamente a posto auto, mediante la riduzione "a catena" delle superfici dei posti auto confinanti"; per il convenuto (...): piaccia all'On.le Tribunale di Firenze, contrariis reiectis, nel merito ed in riconvenzionale, accertare, in favore del Sig. (...), la maturata usucapione del bene oggetto della domanda giudiziale avversaria di rivendica della proprietà, pronunciarne il maturato diritto ab origine in favore del Sig. (...) per intervenuta usucapione del bene, essendo ormai ampiamente trascorso il termine ventennale di possesso continuativo uti dominus richiesto dalla legge ed in presenza di inerzia e disinteresse da parte della proprietà, con ogni consequenziale pronuncia di ragione e di legge e, per l'effetto, ed, in ogni caso, RESPINGERE tutte le domande formulate in danno del convenuto sig. (...) dagli attori in quanto infondate in fatto ed in diritto all'esito della soluzione di una questione assorbente, sì come meglio specificato nelle premesse del presente atto. Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa. Concisa esposizione delle ragioni in fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato gli attori adivano questo Tribunale deducendo che loro e i convenuti contumaci erano pieni proprietari dei posti auto nella strada privata sita a Firenze, via (...) (nel complesso edilizio condominiale posto tra via di Novoli, via (...), via (...) e viale (...)), identificati nel Catasto Fabbricati di Firenze al foglio (...) di mappa, particelle comprese la tra la (...) e la (...); che in particolare (...) era esclusivo proprietario del posto auto identificato nella particella numero (...); la (...) s.r.l. era esclusiva proprietà dei posti auto identificati nelle particelle numeri (...) era comproprietario in pari quota con (...) del posto auto identificato nella particella numero (...); (...) era comproprietario in pari quota con (...) del posto auto identificato nella particella numero (...); (...) era comproprietario in pari quota con (...) del posto auto identificato nella particella numero (...); (...) era piena proprietaria del posto auto identificato nella particella numero (...); (...) era comproprietario in pari quota con (...) del posto auto identificato nella particella numero (...); (...) era piena proprietaria del posto auto identificato nella particella numero (...); (...) s.r.l. era esclusiva proprietaria del posto auto identificato nella particella numero (...); che dette proprietà risultavano esattamente dai titoli di provenienza e dalla documentazione catastale specificamente dedotti e allegati; che era emersa l'occupazione illegittima da parte di (...) di uno spazio creato attraverso un'abusiva restrizione dei posteggi preesistenti tra la particella (...) (di proprietà (...)) e (...) (di proprietà (...)), da lui adibito a posto-auto in assenza dei titoli legittimanti; che in conseguenza di detta illegittima occupazione gli attori e i convenuti contumaci subivano tutti una ingiustificata compressione dei rispettivi diritti di proprietà, essendo le dimensioni effettive dei loro posti auto inferiori a quelle catastali, giacché in uno spazio in cui dovevano esserci 19 posti auto ve ne erano in realtà 20, per la presenza di quello abusivo realizzato dal (...); che tutti i tentativi di risolvere la vicenda stragiudizialmente erano stati vani, compreso il tentativo di mediazione, avendo il (...) affermato di aver usucapito il posto auto da lui occupato; concludevano come sopra riportato. (...) si costituiva in giudizio deducendo di aver utilizzato uti dominus quello spazio sin dalla sua realizzazione, nel 1970, senza alcuna contestazione da parte dei proprietari prima del 2019, per cui ne aveva acquistato la proprietà per usucapione. Concludeva pertanto come sopra riportato. La causa veniva istruita con i documenti prodotti dalle parti e con l'assunzione di prove per interrogatorio formale e testimoniali e all'udienza del 13 ottobre 2022 è stata trattenuta in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche. La domanda di rivendicazione della proprietà proposta dagli attori è fondata e va pertanto accolta. Va in primo luogo premesso che in materia di rivendica, la portata dell'onere probatorio a carico dell'attore deve stabilirsi in relazione alla peculiarità di ogni singola controversia, sicché il criterio di massima secondo cui l'attore deve fornire la prova rigorosa della sua proprietà e dei suoi danti causa fino a coprire il periodo necessario per l'usucapione, può subire opportuni temperamenti secondo la linea difensiva adottata dal convenuto (cfr. Cass. Ord. n. 1569 del 19/01/2022). In particolare, "ove il convenuto in rivendicazione non contesta il diritto di proprietà del rivendicante sul fondo, quale risulta dal titolo, ma vi opponga un dominio utile, (...), il tema del decidere ed il correlativo onere probatorio verte solo sull'esistenza di questo potere, con la conseguenza, ove esso sia dimostrato inesistente, dell'accoglimento della domanda di rivendicazione della proprietà piena del fondo." (Cass. Sez. II, 11/11/1986, n. 6592). Nel caso che ci occupa Romano (...) non ha contestato il diritto di proprietà degli attori, opponendo invece di aver usucapito la proprietà del posto auto da lui creato attraverso un'abusiva restrizione dei posteggi preesistenti tra la particella (...) (di proprietà (...)) e (...) (di proprietà (...)). La domanda da lui avanzata in via riconvenzionale al fine di sentir accertato il suo acquisto per usucapione della proprietà di detto spazio non può tuttavia essere accolta. Ed invero, premesso che gli attori sentiti in sede di interrogatorio formale ((...), (...) e (...)) hanno tutti negato le circostanze oggetto delle domande loro rivolte su richiesta del (...), il teste (...), amministratore del "Condominio (...)" che gestisce i posti auto sulla strada privata per cui è causa dal 2014, sentito all'udienza del 6.6.2022, ha affermato che il (...) non risulta proprietario di alcuno spazio compreso tra le particelle (...) e (...); che egli non è mai stato convocato alle assemblee precedenti a quella del 5.4.2019 alla quale ha partecipato dichiarandosi occupante di un'area non singolarmente millesimata posizionata tra le particelle (...) e (...); che egli ha pagato gli oneri condominiali solo relativamente ad altri due posti auto, nn. 59 e 60, corrispondenti alle particelle 1094 e 1095, che ha acquistato dalla (...), mentre non ha mai pagato alcun onere condominiale per un'area sita tra le particelle (...) e (...); il teste ha altresì precisato che quantomeno dal 2005 il Condominio non ha mai fatto tracciare o delimitare quei posti auto. Il teste (...), sentito alla stessa udienza, ha dichiarato di ricordare che il (...) parcheggiava la macchina in questa stradina e che i posti erano contraddistinti da numeri; la sua macchina era parcheggiata sull'angolo e non ricordo se il suo posto era contraddistinto da un numero. Avrò visto la sua macchina parcheggiata lì 7 o 8 volte nel corso degli anni '80. Fino al 2010, quando passavo a piedi di lì per andare al circolo ho vito lì la sua macchina parcheggiata 5, 7, massimo 10 volte. Due mesi fa ho visto la sua macchina parcheggiata nello stesso posto; il teste, dopo aver visto le pur chiare piantine catastali prodotte dal (...) sub docc. 4 e 5 ha riposto di non essere in grado di indicare in quale angolo era parcheggiata la macchina del (...). Al riguardo si deve sin da ora evidenziare che il posto auto che il (...) dichiara di aver usucapito non si trova in angolo ma più o meno al centro della fila contenente i posti auto sulle particelle tra (...) a (...). Il teste ha infine dichiarato di non ricordare se nell'angolo dove ha visto la macchina del (...) vi fossero numeri o strisce o se esso fosse provvisto di ostacoli per la sosta di terzi o di specifica cartellonistica di divieto di sosta. Il teste (...) ha dichiarato di ricordare che tra il '76 e il '79 quando passava a piedi con una certa frequenza in quella strada vedeva sempre parcheggiata la macchina del signor (...) verso la fine della fila dei posteggi; che successivamente l'ha vista 6-7 volte l'anno sempre nello stesso posto; che inizialmente (il (...)) aveva una Passat, ma non ricorda di che colore, poi una Renault, ma non ricorda il colore e poi una Punto che gli pare fosse azzurra e al momento della deposizione una Punto grigio metallizzata; di non sapere se nello spazio utilizzato dal (...) fosse stata installata della strumentazione per impedirne l'accesso a terzi; di non sapere se esso fosse delimitato da strisce realizzate dal Condominio e se esso fosse munito di specifica cartellonistica di divieto di sosta. Il teste (...) ha dichiarato che dagli anni '90 fino alla data dell'udienza ha visto l'auto del (...) parcheggiata in via (...) una decina di volte l'anno, ma di non ricordare quale macchina avesse in passato, mentre ora ha una macchina grigia di cui non ricorda il modello. Il teste ha poi precisato, dopo aver visto le piantine catastali prodotte sub docc. 4 e 5 dal (...), che quest'ultimo lasciava la macchina davanti al passaggio da cui si accede all'immobile indicato come 1024; di non ricordare se il posto auto fosse delimitato da strisce, né se vi avesse installato della strumentazione per impedirne l'accesso a terzi, né infine se esso fosse munito di specifica cartellonistica di divieto di sosta. La teste (...) ha affermato di aver visto l'auto del (...) parcheggiata in via (...) dalla fine degli anni '70 - inizi anni '80, prima una Renault bianca, ora una Punto grigia, ma non ricorda quali altri modelli il (...) abbia avuto tra la prima e l'ultima autovettura; ha inoltre riferito che in quella fila di macchine capita che parcheggino anche persone estranee al Condominio; che il posto occupato dal (...) si trova davanti alla siepe dalla parte opposta al portone d'ingresso; di non sapere se quel posto auto fosse stato reso inaccessibile dal (...) mediante l'apposizione di apposita strumentazione meccanica; di non sapere se le linee gialle che lo delimitano siano state realizzate dal Condominio né se esso fosse dotato di apposita cartellonistica di divieto di sosta. Infine il teste (...) ha riferito di aver visto la macchina del (...) parcheggiata sempre a metà fila davanti ai giardinetti in via (...), di non ricordare se il posto fosse delimitato da strisce; che sicuramente non vi erano strumenti che potevano impedire l'accesso al posto auto e di non sapere se detto posto fosse provvisto di specifica cartellonistica di divieto di sosta. Da quanto sopra è emerso che inequivocabilmente che il (...) ha utilizzato una porzione dei posti auto esistenti nelle particelle comprese tra la (...) e la (...) non delimitata da sbarramenti e in assenza di opere idonee ad impedirne l'uso da parte degli effettivi proprietari o semplicemente di cartellonistica di divieto di sosta -nessuno dei testi ha infatti confermato la presenza di anche uno solo di detti elementi - e dunque in un modo non inconciliabile con la possibilità di godimento altrui, situazione che è di per sé incompatibile con l'esclusività del possesso quale requisito necessario per l'usucapione. L'aver parcheggiato la propria autovettura su una porzione dei posti auto esistenti nelle particelle comprese tra la (...) e la (...), in assenza di una qualsiasi di dette opere, è infatti un comportamento che non implica necessariamente che ciò sia stato fatto con l'animus necessario per usucapire ovvero con una manifestazione del dominio esclusivo sulla res da parte dell'interessato attraverso un'attività apertamente contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui. Questo Tribunale condivide l'affermazione più volte ribadita in giurisprudenza secondo cui non può ravvisarsi usucapione, relativamente al parcheggio di autovetture, nell'ipotesi in cui ci si limiti all'uso di una striscia di terreno come parcheggio e spazio di manovra, non essendo tale condotta di per sé espressione di un'attività materiale incompatibile con l'altrui diritto di proprietà e non avendo la relativa esteriorizzazione la valenza inequivoca di una signoria di fatto sul bene. D'altra parte, l'utilizzo di un'area a scopo di parcheggio può risultare transitoriamente consentito per mera tolleranza dal proprietario fondiario. Pertanto, onde provare il possesso pacifico e ininterrotto ai fini dell'usucapione, è necessario dimostrare di averlo utilizzato proprio come suo proprietario, per esempio, delimitando il posto auto con sbarramenti, catene, cancelli o altre opere di perimetrazione o recinzione idonee a impedirne l'uso al proprietario del fondo. Nella fattispecie, nulla di tutto ciò era stato compiuto dagli attori, i quali si sono visti pertanto respingere la domanda volta all'accertamento della intervenuta usucapione a loro favore di un'area di 11 metri quadri, coincidente con parte di un più ampio parcheggio privato (così Corte d'Appello Bolzano 2020/67). Dalle deposizioni dei testi, peraltro, non è neppure emerso in maniera univoca su quale posto il (...) avrebbe posteggiato la sua auto per almeno vent'anni, avendo il teste (...) affermato che la sua macchina era parcheggiata sull'angolo e il teste Cei verso la fine della fila dei posteggi, mentre il posto auto che il (...) assume di aver usucapito si trova invece più o meno al centro della fila, con altri sei posti auto da un lato e undici dall'altro lato. Il teste (...) ha affermato di aver visto l'auto del (...) parcheggiata davanti al passaggio da cui si accede all'immobile indicato come 1024, posto che è appena il caso di rilevare che per quanto emerge dal doc. 4 prodotto dal convenuto corrisponde, per la prima fila con i posti auto effettivamente del (...) - particelle (...) - e solo nella seconda fila con quello che il (...) afferma di aver usucapito. Nessuno dei testi è stato poi in grado di indicare quali auto (modello o quantomeno colore) il (...) avrebbe parcheggiato nel corso degli anni sulla striscia di terreno che egli afferma di aver usucapito. Il teste (...), amministratore del "Condominio (...)" che gestisce i posti auto sulla strada privata per cui è causa dal 2014, ha inoltre dichiarato che il (...) non è mai stato convocato alle assemblee precedenti a quella del 5.4.2019, alla quale ha partecipato dichiarandosi occupante di un'area non singolarmente millesimata posizionata tra le particelle (...) e (...), e che non ha mai pagato gli oneri condominiali per un'area sita tra le particelle (...) e (...), ma solo relativamente ad altri due posti auto, nn. 59 e 60, corrispondenti alle particelle (...), che ha acquistato dalla (...) e detta circostanza non è stata smentita dal (...), che ben sapeva di dover versare gli oneri condominiali anche per il posto auto visto che vi provvedeva per quelli ai nn. 59 e 60. Gli oneri condominiali per i posti auto posizionati nelle particelle (...) sono stati dunque versati solo dai rispettivi proprietari, costituendo un indice univoco e sicuro del loro comportamento dominicale (vedi Cass. 2014/9530 e 2007/4444). Per quanto già chiarito nella parte iniziale della motivazione, dal rigetto della domanda riconvenzionale di usucapione proposta dal (...) discende l'accoglimento della domanda di rivendicazione degli attori, non avendo il (...) contestato la loro proprietà limitandosi ad opporvi un dominio utile ad usucapire che si è tuttavia dimostrato inesistente. Gli attori hanno comunque dato prova dei legittimi titoli di proprietà di tutte le particelle comprese tra la (...) e la (...) nell'intero ventennio antecedente l'avvio del presente giudizio con le visure catastali e gli atti di compravendita depositati, unitamente alla Relazione ventennale del Notaio (...) (doc. 25). (...) deve pertanto essere condannato all'immediato rilascio dell'area da lui indebitamente occupata tra la particella (...) (di proprietà (...)) e la (...) (di proprietà (...)), libera da persone e cose e nella piena disponibilità dei legittimi titolari. Non può invece trovare accoglimento la domanda volta ad ottenere la condanna del (...) a provvedere, a sua cura e spese, alla ritracciatura dei posti auto compresi tra le particelle (...) e (...) in linea con le evidenze catastali, non essendo emersa alcuna prova che sia stato lui a tracciare le delimitazioni attuali. Neppure può essere accolta la richiesta di una sua condanna al risarcimento dei danni, non avendo gli attor offerto prova di non aver potuto liberamente disporre dei posti auto dei quali sono proprietari. L'esito della lite giustifica la compensazione delle spese di lite nella misura di un terzo, con condanna di (...) a rifondere gli attori dei restanti due terzi. Dette spese sono liquidate per l'intero come in dispositivo, conformemente alla nota spese depositata dagli attori, in quanto congrua in relazione alla natura e al valore della causa e all'attività svolta, tenuto conto dei parametri di cui al paragrafo 2 delle tabelle allegate al DM 147/2022 per le cause di valore indeterminabile basso e di quanto disposto dall'art. 4 del DM 55/2014. P.Q.M. Il Tribunale di Firenze, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, eccezione ed istanza reietta, così provvede; DICHIARA che: a) il Sig. (...) è esclusivo proprietario del posto auto identificato nel Catasto Fabbricati di Firenze al foglio (...) di mappa, particella numero (...); b) la (...) s.r.l. è esclusiva proprietaria dei posti auto identificati nel Catasto Fabbricati di Firenze al foglio (...) di mappa, particelle numero (...); c) il Sig. (...) è comproprietario in pari quota con la Sig.ra (...) del posto auto identificato nel Catasto Fabbricati di Firenze al foglio (...) di mappa, particella numero (...); d) il Sig. (...) è comproprietario in pari quota con la Sig.ra (...) del posto auto identificato nel Catasto Fabbricati di Firenze al foglio (...) di mappa, particella numero (...); e) il Sig. (...) è comproprietario in pari quota con la Sig.ra (...) del posto auto identificato nel Catasto Fabbricati di Firenze al foglio (...) di mappa, particella numero (...); f) la Sig.ra (...) è piena proprietaria del posto auto identificato nel Catasto Fabbricati di Firenze al foglio (...) di mappa, particella numero (...); g) il Sig. (...) è comproprietario in pari quota con la Sig.ra (...) del posto auto identificato nel Catasto Fabbricati di Firenze al foglio (...) di mappa, particella numero (...); h) la Sig.ra (...) è piena proprietaria del posto auto identificato nel Catasto Fabbricati di Firenze al foglio (...) di mappa, particella numero (...); i) la (...) s.r.l. è esclusiva proprietaria del posto auto identificato nel Catasto Fabbricati di Firenze al foglio (...) di mappa, particella numero (...); CONDANNA (...) a rilasciare immediatamente l'area da lui indebitamente occupata tra le particelle (...) e (...) libera da persone e cose in favore degli attori; RIGETTA le ulteriori domande proposte dagli attori; RIGETTA la domanda riconvenzionale di usucapione proposta da (...); DICHIARA le spese di lite compensate per un terzo e CONDANNA (...) a rifondere agli attori i restanti due terzi, spese che liquida per l'intero in Euro 518,00 per esborsi e in Euro 8.200,00 per compensi, oltre rimborso forfettario per spese generali nella misura del 15% sui compensi, IVA e CPA come per legge. Firenze, 30 gennaio 2023

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