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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Quarta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 759 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ufficio Territoriale del Governo Pisa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, domiciliataria ex lege in Firenze, via (...); Provincia di Pisa - Settore Viabilità, Trasporti e Protezione Civile, non costituita in giudizio; Provincia di Pisa, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. An. An., Si. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avv. An. Gr. in Firenze, piazza (...); nei confronti -OMISSIS-S.p.A., -OMISSIS- S.r.l., non costituiti in giudizio; -OMISSIS- S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Br. Ch., Gu. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: - del provvedimento della Prefettura di Pisa - Area I - Ordine e Sicurezza Pubblica e Tutela della Legalità Territoriale - prot. n. -OMISSIS-del -OMISSIS-, notificato a mezzo PEC in pari data, avente ad oggetto "Società -OMISSIS- s.r.l. - Richiesta di permanere nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (c.d. White list)", con correlato diniego "a procedere con l'iscrizione nella White List della -OMISSIS- s.r.l."; - nonché di ogni altro atto o provvedimento, presupposto o conseguente, ancorché non conosciuto o conoscibile, fra cui, per quanto occorrer possa, la comunicazione preventiva ai sensi dell'art. 92, comma 2-bis, Codice Antimafia della Prefettura di Pisa - Area I - Ordine e Sicurezza Pubblica e Tutela della Legalità Territoriale - prot. n. -OMISSIS-del -OMISSIS- e notificata alla Società -OMISSIS- in data -OMISSIS-; Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da -OMISSIS- il -OMISSIS-: - della Determinazione Dirigenziale della Provincia di Pisa - Settore Viabilità, Trasporti e Protezione Civile - prot. n. -OMISSIS-, Adozione n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, non notificata alla società scrivente ma pubblicata in pari data nell'Albo Pretorio della Provincia di Pisa, avente ad oggetto "affidamento congiunto della progettazione esecutiva e dell''esecuzione dei lavori, inerente i lavori di realizzazione della viabilità di raccordo nord tra il Nuovo Polo Ospedaliero, La S.S. N. 12 del Brennero, la S.S. N. 1 Aurelia e la S.P. N. 2 Vicarese, tratta Madonna dell'acqua - Cisanello Pisa: tratto funzionale tra i nodi 1-2 (cui: l80000410508202000025 - cup: E61b16000170006 - cig:9532901EC), modifica soggettiva del Rti: -OMISSIS- Spa di Milano (capogruppo) - impresa lavori -OMISSIS- S.P.A. di Pisa - -OMISSIS- S.R.L. Di Pisa - Rup: Ing. -OMISSIS-"; - nonché di ogni altro atto o provvedimento, presupposto o conseguente, ancorché non conosciuto o conoscibile, fra cui, per quanto occorrer possa, la comunicazione della Provincia di Pisa - Settore Viabilità, Trasporti e Protezione Civile, notificata in data -OMISSIS-, avente ad oggetto "Riscontro a Vs nota acquisita con prot. -OMISSIS-del -OMISSIS-". Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Ufficio Territoriale del Governo Pisa e della Provincia di Pisa e della -OMISSIS- S.p.A.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2024 il dott. Nicola Fenicia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Vista la sentenza non definitiva n. 254 del 4 marzo 2024 e richiamatone integralmente il contenuto in fatto e in diritto; Ricordato che con tale sentenza questo T.a.r. ha definitivamente rigettato il ricorso principale avverso l'informativa antimafia interdittiva della Prefettura di Pisa prot. n. -OMISSIS-del -OMISSIS-; mentre, con riferimento al ricorso per motivi aggiunti, proposto avverso i provvedimenti della Provincia di Pisa del -OMISSIS- e del -OMISSIS- - relativi alla sostituzione della ricorrente nell'esecuzione dell'appalto integrato in oggetto - respinte le altre eccezioni preliminari formulate dalla Provincia di Pisa, il T.a.r. ha ordinato l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli attuali partecipanti al RTI affidatario del medesimo appalto integrato, rimettendo la causa sul ruolo ai fini della trattazione del ricorso per motivi aggiunti; Rilevato che la ricorrente ha provveduto all'integrazione del contraddittorio nei confronti delle imprese partecipanti al RTI affidatario dell'appalto, e che si è costituita la mandataria, -OMISSIS- S.p.A., per resistere al ricorso per motivi aggiunti e per chiederne l'integrale reiezione; Lette le memorie delle parti e sentita la discussione dei difensori all'udienza pubblica del 24 settembre 2024; Così riepilogati sinteticamente i fatti rilevanti ai fini della delibazione del ricorso per motivi aggiunti: - con determinazione a contrarre n. -OMISSIS-del -OMISSIS- la Provincia di Pisa ha indetto la procedura aperta, ai sensi dell'art. 60 del d.lgs. n. 50/2016, per l'individuazione, tramite il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, delle imprese idonee alla realizzazione delle opere inerenti alla viabilità di raccordo nord tra il nuovo polo ospedaliero, la S.S. n. 12 del Brennero, la S.S. n. 1 Aurelia e la S.P. n. 2 Vicarese; - in data 23 maggio 2023 la Provincia di Pisa ha aggiudicato l'appalto in epigrafe al costituendo RTI tra la designata mandataria -OMISSIS- e le designate mandanti -OMISSIS- S.p.A., -OMISSIS-S.p.A., -OMISSIS- S.r.l.; - in data 28 giugno 2023 è stato stipulato il relativo contratto di appalto; - successivamente, in data -OMISSIS-, la Prefettura di Pisa ha adottato un provvedimento di diniego dell'iscrizione della -OMISSIS- nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori istituito presso la stessa Prefettura (white list); - in data -OMISSIS-, la -OMISSIS- s.r.l. ha impugnato il suddetto provvedimento dinanzi a questo Tribunale con l'odierno ricorso (deciso con la citata sentenza non definitiva); - sempre in data -OMISSIS-, la -OMISSIS- ha depositato, presso il Tribunale della prevenzione di Firenze - Sezione misure di prevenzione, richiesta di applicazione del controllo giudiziario "volontario" dell'impresa ex art. 34-bis del d.lgs. n. 159 del 2011, finalizzata alla nomina di un commissario giudiziale ed alla conseguente ed automatica reiscrizione della -OMISSIS- nella c.d. white list; - nel frattempo, i restanti membri del RTI, con nota del -OMISSIS-, preso atto della sopravvenuta incapacità della -OMISSIS- ad eseguire il contratto, hanno manifestato alla Provincia di Pisa la volontà di realizzare le opere con la modificazione soggettiva all'interno del RTI, modificazione formalizzata con atto costitutivo del RTI del -OMISSIS-, registrato a Pisa il 21 luglio 2023 n. -OMISSIS-; - in data -OMISSIS-, la Provincia - rilevata l'impossibilità di proseguire il rapporto con la -OMISSIS-, verificato il possesso dei requisiti da parte delle altre imprese partecipanti al RTI, acquisita la loro disponibilità a dare esecuzione al contratto nella diversa e ridotta composizione, e acquisito l'atto costitutivo del nuovo RTI con mandataria la -OMISSIS- S.p.A. - ha adottato la determinazione n. -OMISSIS- del -OMISSIS- con la quale ha approvato la modifica soggettiva del RTI ai sensi dell'art. 48, comma 17, del d.lgs. 50 del 2016, individuando l'operatore economico esecutore dell'appalto nel nuovo RTI costituito dalla -OMISSIS- S.p.A. (mandataria), -OMISSIS-S.p.A. e -OMISSIS- S.r.l. (mandanti); - con successivo provvedimento del -OMISSIS- il Tribunale di Firenze ha disposto il controllo giudiziario nei confronti della -OMISSIS-, con conseguente sospensione degli effetti della informazione interdittiva antimafia ex art. 94 d.lgs. n. 159 del 2011 e reiscrizione della stessa nella white list per il periodo di un anno; - in data 24 agosto 2023, la -OMISSIS- s.r.l. ha dunque chiesto alla Provincia di Pisa il proprio reintegro negli appalti rispetto ai quali la Provincia aveva intimato la "retrocessione" dell'impresa dal ruolo di mandataria in ATI, compreso l'appalto oggetto del presente ricorso; - in data -OMISSIS-, la Provincia di Pisa, con riferimento all'appalto in questione, ha respinto quest'ultima richiesta della -OMISSIS- sulla base della non continuità di quest'ultima nel possesso dei requisiti necessari alla partecipazione ad appalti pubblici e rappresentando, pertanto, l'impossibilità di procedere con la reintegrazione nell'esecuzione dell'appalto; - con il ricorso per motivi aggiunti ora in decisione la -OMISSIS- ha dunque impugnato la D.D. n. -OMISSIS- del -OMISSIS- di approvazione del nuovo RTI modificato ex art. 48, comma 17, d.lgs. n. 50 del 2016, e la nota del -OMISSIS- prot. n -OMISSIS-della Provincia di Pisa di diniego della reintegrazione di -OMISSIS- s.r.l. nell'appalto integrato in questione, inerente alla viabilità limitrofa al polo ospedaliero di Cisanello; Ritenuto in via preliminare che debba essere respinta l'eccezione di tardività della costituzione della -OMISSIS- S.p.A., costituitasi con memoria il 24 luglio 2024; infatti, il termine di costituzione delle parti intimate, stabilito dall'art. 46 c.p.a., non ha carattere perentorio, essendo ammissibile la costituzione della parte sino all'udienza di discussione del ricorso; peraltro, nel caso di costituzione tardiva, la parte incorre nelle preclusioni e nelle decadenze dalle facoltà processuali di deposito di memorie, documenti e repliche ove siano decorsi i termini di cui all'art. 73 c.p.a.; tuttavia, nel caso di specie, il deposito della memoria (di costituzione e difensiva) in data 24 luglio 2024 deve ritenersi tempestivo essendo avvenuta trenta giorni liberi prima dell'udienza di discussione, dovendo considerarsi che il mese di luglio ha 31 giorni; Ritenuto nel merito che: - la ricorrente, a fondamento del ricorso per motivi aggiunti, oltre all'invalidità derivata degli atti della Provincia, ha dedotto fra l'altro, la violazione dell'art. 80, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, sostenendo che la motivazione addotta dalla Provincia, per giustificare il diniego del reintegro di -OMISSIS- nel RTI, sarebbe fondata unicamente su un'errata lettura di una recente sentenza (n. 559 del 2023), con la quale il Consiglio di Stato avrebbe ribadito l'efficacia non retroattiva degli effetti sospensivi derivanti dall'intervenuta concessione del controllo giudiziario c.d. "volontario", il quale, quindi, non consentirebbe di sanare la temporanea perdita dei requisiti verificatasi nel periodo compreso tra l'emissione di una interdittiva antimafia e la concessione della suddetta misura. La ricorrente ha tuttavia messo in luce che tale giurisprudenza si riferirebbe alla perdita dei requisiti intervenuta nelle fasi di gara e di aggiudicazione, facendo salva la possibilità, per le società in controllo giudiziario volontario, di essere reintegrate negli appalti che siano già in corso di esecuzione, come nel caso di specie. In quest'ultima ipotesi, sostiene la ricorrente, dovrebbe trovare applicazione l'opposto principio, affermato dallo stesso Consiglio di Stato nella sentenza n. 2847 del 2022, secondo cui "qualora si sia in fase di esecuzione del contratto l'attività (esecutiva) potrà proseguire se l'operatore sia ammesso al controllo giudiziario di cui all'art. 34-bis) d.lgs. n. 159 del 2011"; - tale tesi, ad avviso del Collegio, non appare del tutto persuasiva; - come risulta dagli atti di causa l'impresa -OMISSIS- non è stata iscritta nella white list nel periodo dal -OMISSIS- al -OMISSIS-. La modifica soggettiva ex art. 48, comma 17, del d.lgs. n. 50/2016 del RTI aggiudicatario dell'appalto in questione, approvata con la determinazione della Provincia del -OMISSIS- n. -OMISSIS-, è stata emessa nella vigenza ed efficacia del citato provvedimento prefettizio interdittivo n. 31260/2023 del -OMISSIS-, che aveva negato l'iscrizione della -OMISSIS- s.r.l. nella white list; - l'emissione dell'informazione antimafia imponeva dunque alla Provincia in modo vincolante l'immediato recesso dal contratto nei confronti della mandataria -OMISSIS-, in ragione della sua sopravvenuta incapacità di contrarre, salva la possibilità "di proseguire il rapporto di appalto con altro operatore che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice" (art. 48, comma 17, d.lgs. n. 50 del 2016); - la successiva ammissione al controllo giudiziario - in base all'art. 34-bis del d.lgs. 159/2011, il quale dispone e precisa che "il provvedimento che dispone l'amministrazione giudiziaria... sospende gli effetti di cui all'art. 94" (ovvero l'incapacità dell'operatore raggiunto dall'interdittiva a partecipare alle procedure di gara e a stipulare/eseguire i contratti) - in mancanza di una diversa indicazione legislativa, non ha efficacia retroattiva, limitandosi a sospendere pro futuro e temporaneamente gli effetti della misura interdittiva, senza eliminare gli effetti prodotti nel frattempo dall'interdittiva stessa nei rapporti in corso; - per cui è chiaro che la suddetta ammissione al controllo giudiziario non può provocare l'effetto di rimuovere o rendere ex post illegittimi provvedimenti espulsivi già maturati in conseguenza dell'adozione di provvedimento prefettizio antimafia. In altre parole, il controllo giudiziario, seppur idoneo a sospendere temporaneamente gli effetti della misura interdittiva, non elimina gli effetti medio tempore prodotti dall'interdittiva stessa nei rapporti in corso, né può imporre alla stazione appaltante di tornare sui suoi passi revocando i propri provvedimenti legittimamente adottati fra l'emissione dell'interdittiva e l'ammissione al controllo giudiziario; - ciò chiarito, la ricorrente sostiene che nella fattispecie dovrebbe farsi riferimento alla sentenza del Consiglio di Stato n. 2847/2022, secondo la quale "La disciplina degli effetti dell'informazione antimafia interdittiva sulle procedure di gara è tutta ed integralmente contenuta nell'art. 80, comma 2,d.lgs. n. 50 del 2016, in questi termini: se la procedura è in corso di svolgimento l'operatore economico è escluso dalla procedura di gara; qualora, invece, si sia in fase di esecuzione del contratto l'attività (esecutiva) potrà proseguire se l'operatore sia ammesso al controllo giudiziario di cui all'art. 34- bis) d.lgs. n. 159 del 2011. L'ultimo periodo dell'art. 80, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016 - ove è fatto salvo "quanto previsto dall'articolo 34 - bis, commi 6 e 7, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159" - va, infatti, riferito alla fase esecutiva del rapporto (...) avendo la sospensione degli effetti di cui all'art. 94 del codice delle legge antimafia (...) "natura eccezionale" poiché deroga al principio generale secondo cui i requisiti di capacità dell'impresa devono permanere per tutta la durata dell'appalto (...)". Tale eccezione trova giustificazione nella esigenza di "consentire alla stazione appaltante, allorchè già ci si trovi nella fase esecutiva del contratto, di non dover necessariamente recedere dallo stesso - con conseguenti disservizi e maggiori oneri derivanti dallo scorrimento della graduatoria in favore di offerte meno vantaggiose - ma di continuare ad avvalersi dell'offerta a suo tempo ritenuta migliore"; - tuttavia appare evidente, in primo luogo, che nella logica della sentenza del Consiglio di Stato per 'fase esecutivà non può intendersi, formalmente, la fase successiva alla avvenuta stipulazione del contratto di appalto, come sostenuto dalla ricorrente, ma occorre anche che le attività materiali esecutive del contratto siano già state iniziate allorquando l'operatore, colpito da interdittiva, sia ammesso al controllo giudiziario. Solo in tal caso la suddetta deroga al principio di continuità nel possesso dei requisiti è giustificata, appunto, dalla necessità di dare continuità alle attività esecutive di un appalto, e ciò al fine di evitare ritardi e ulteriori costi e dunque nell'interesse al buon andamento dell'attività della pubblica amministrazione, oltre che al fine di salvaguardare la capacità economico-produttiva dell'impresa e la forza lavoro ivi impiegata per il periodo di sottoposizione della stessa ad un regime di "legalità controllata"; - la condivisibile interpretazione resa dal Consiglio di Stato nella citata sentenza non riguarda inoltre il caso in cui la stazione appaltante abbia già emesso, dopo la stipulazione del contratto e prima dell'ammissione al controllo giudiziario, dei provvedimenti espulsivi e siano emersi dei controinteressati rispetto all'ipotesi di riammissione in un RTI; - nel caso di specie, la riammissione della -OMISSIS- non sarebbe funzionale alla continuità dell'esecuzione dell'appalto e alla tempestiva conclusione della progettazione ed all'esecuzione dei lavori a regola d'arte, in quanto, solo il 30 agosto 2023 (ben dopo, dunque, la sostituzione della -OMISSIS-) è stata formalizzata la consegna - al nuovo RTI - dei lavori relativi alla progettazione esecutiva, dunque, il -OMISSIS-, il nuovo RTI ha iniziato ad eseguire l'attività di progettazione che è terminata con la relativa approvazione del -OMISSIS-; al contrario, a fronte di tale stato di fatto, sarebbe proprio la riammissione della -OMISSIS- ad incidere sulla continuità e a condizionare negativamente la tempestiva e regolare esecuzione dell'appalto, anche perchè la riammissione alla white list - legata alla durata annuale del controllo giudiziario - è solo temporanea; - pertanto, il principio ricavabile dalla sentenza del Consiglio di Stato citata non sembra applicabile alla fattispecie qui in decisione, in cui - diversamente anche dall'altro appalto della Provincia di Pisa dove invece la -OMISSIS- ha mantenuto la sua posizione - l'attività esecutiva dell'appalto non era iniziata al momento della sostituzione della mandataria -OMISSIS- ed in cui, nella vigenza e nell'efficacia dell'informativa interdittiva antimafia, la stazione appaltante ha legittimamente approvato una nuova riorganizzazione del RTI, al quale ha poi consegnato i lavori; - è dunque evidente che nella fattispecie in esame, in assenza di una norma che lo preveda espressamente, regolando i possibili conflitti tra posizioni soggettive contrapposte, non è possibile immaginare un dovere dell'amministrazione di ritornare sui suoi passi, annullando o revocando precedenti provvedimenti (del tutto legittimi in forza del principio del tempus regit actum) per reintegrare la -OMISSIS- nella sua iniziale posizione di mandataria, così incidendo sul nuovo assetto organizzativo del RTI; - tale agire ipotizzato dalla ricorrente sarebbe del tutto illogico e irragionevole, postulerebbe un effetto retroattivo dell'ammissione al controllo giudiziario che invece deve essere pacificamente disconosciuto perché non previsto, ed infine, lederebbe gli interessi degli operatori raggruppati, i quali, come emerge dalla posizione assunta nel presente giudizio dalla controinteressata, -OMISSIS- S.p.A., hanno un evidente interesse alla stabilità della composizione del RTI (che nel frattempo ha iniziato e portato a termine la progettazione esecutiva); Ritenuto in conclusione che per tali ragioni il ricorso per motivi aggiunti debba essere respinto; Ritenuto che le spese di lite dell'intero giudizio possano essere compensate in ragione della complessità delle questioni trattate; P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, - rigetta il ricorso per motivi aggiunti; - compensa le spese di lite. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità delle persone citate nella sentenza. Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Riccardo Giani - Presidente Giovanni Ricchiuto - Consigliere Nicola Fenicia - Consigliere, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Quarta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1661 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da Da. S.n. c. di Sb. Da. e Va., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fr. Ga., Ma. Sp., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Fr. Ga. in Firenze, via (...); contro Comune di Massa, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fr. Pa., Ma. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Do. Ia. in Firenze, via (...); Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ar. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la sede dell'Avvocatura regionale in Firenze, piazza (...); Agenzia del Demanio, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, domiciliataria ex lege in Firenze, via (...); per l'annullamento Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: - dell'ordine di introito emesso dal Comune di Massa inviato via pec 20/10/2021 recante l'ordine di pagamento della somma di euro 18.321,02 oltre addizionale regionale di euro 4.580,25 relativa al canone Demaniale e addizionale regionale anno 2021, per Concessione Demaniale Marittima n. 69, Località (omissis); - della richiesta di pagamento di conguagli per le annualità arretrate dal 2016 al 2021 contenuta nel preavviso di diniego della istanza di definizione agevolata ex art. 100 L. 126/2020 comma 7 lett a) inviato a mezzo PEC il 19/10/2021; - degli ordini di introito per gli anni (2007-2008-2009-2010) -2011-2012-2013-2014-2015-2016-2017-2018-2019-2020; - di tutti gli atti connessi e/o presupposti, ancorchè infraprocedimentali ed incogniti, ivi compreso l'incameramento automatico del bene ex art. 49 Cod. Nav. e le note e relazioni del MEF nelle sole parti eventualmente lesive per il ricorrente; con richiesta di accertamento: - del diritto di superficie sul manufatto insistente su area demaniale; - del quantum dovuto a titolo di canone in base alla corretta qualificazione del bene; - del diritto al rimborso e/o eventuale compensazione delle somme versate in eccesso a qualunque titolo, da valersi anche ad effetto interruttivo di eventuale prescrizione. Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Da. S.n. c. di Sb. Da. e Va. il 20/10/2022: - del provvedimento del Comune di Massa protocollo partenza numero 59214/2022 dell'8.8.2022 recante "calcolo e richiesta del canone demaniale marittimo e dell'addizionale regionale Toscana hanno 2022" ed allegato ordine di introito recante l'ordine di pagamento della somma di euro 19.777,54 oltre addizionale regionale di euro 4.944,38 relativa al canone Demaniale e addizionale regionale anno 2021, per Concessione Demaniale Marittima n. 69, Località (omissis) (doc. 11); Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Massa e della Regione Toscana e dell'Agenzia del Demanio e del Ministero dell'Economia e delle Finanze; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2024 il dott. Nicola Fenicia; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con il ricorso principale la società Da. S.n. c. di Sb. Da. e Va. ha impugnato i seguenti atti: 1) l'ordine di introito emesso dal Comune di Massa il 20 ottobre 2021, recante l'ordine di pagamento della somma di euro 18.321,02, oltre addizionale regionale di euro 4.580,25, relativo al canone demaniale e all'addizionale regionale per l'anno 2021 con riferimento alla Concessione demaniale marittima n. 69 del 2003; 2) la richiesta del 19 ottobre 2021, di pagamento di conguagli per le annualità arretrate dal 2016 al 2021, contenuta nel preavviso di diniego della istanza di definizione agevolata ex art. 100 L. 126/2020, comma 7, lett a); 3) gli ordini di introito per gli anni (2007-2008-2009-2010) -2011-2012-2013-2014-2015-2016-2017-2018-2019-2020; 4) tutti gli atti connessi e/o presupposti, ancorchè infraprocedimentali ed incogniti, ivi compreso l'incameramento automatico del bene ex art. 49 Cod. Nav. e le note e relazioni del MEF nelle sole parti eventualmente lesive per il ricorrente. Con il medesimo ricorso la citata società ha svolto domanda di accertamento della "del diritto di superficie sul manufatto insistente su area demaniale; del quantum dovuto a titolo di canone in base alla corretta qualificazione del bene; del diritto al rimborso e/o eventuale compensazione delle somme versate in eccesso a qualunque titolo, da valersi anche ad effetto interruttivo di eventuale prescrizione". La società ricorrente, in punto di fatto, premette di essere subentrata nella concessione n. 69/2003 Rep. 220/2003 di cui era titolare il sig. Sb. Ro., per "l'occupazione e l'uso di una porzione di arenile di mq. 535 (fronte mare) situata nel Comune di Massa, in Viale (omissis), allo scopo di mantenervi un ristorante pizzeria denominato Sa.". La società Da. avrebbe la proprietà superficiaria del manufatto ubicato su tale area demaniale marittima, costruito nel dopoguerra e ristrutturato in varie occasioni, come si ricaverebbe dalla visura catastale. Tale manufatto insisterebbe appunto su un'area demaniale, concessa in uso con concessioni susseguitesi nel tempo senza soluzione di continuità o prorogate ex lege: licenza 224/1990, concessione 19/1996, concessione 01/2001 valida fino al 31/12/2002, concessione n. 69/2003 rep. 220/2003 con validità fino al 31/12/2008; scrittura privata 5/12/2011 Rep. 19141 per il periodo 1/1/2009 fino al 31/12/2014, prorogata al 31/12/2020 ex D.L. 179/2012, conv. L. 221/2012; poi prorogata ai sensi della L. 145/2018 - L. 77/2020, fino al 31/12/2033 con annotazione della modifica della durata in data 28/12/2020. Viceversa l'Amministrazione, con gli ordini d'introito impugnati, avrebbe errato nel qualificare come "pertinenza demaniale" il manufatto in questione, applicando di conseguenza i parametri di mercato piuttosto che i canoni tabellari di cui all'art. 1 comma 251, punto 1 lett. b della legge 296/06, non essendosi mai verificata la fattispecie di cui all'art. 49 del Codice della Navigazione, ovvero la cessazione della concessione, invece sempre continuativamente rinnovata. Anche dalla lettura degli ordini di introito inviati dal Comune di Massa, emergerebbe che mai prima del 2007 sarebbe stata ipotizzata la presenza di "pertinenze demaniali", ma solo di opere di facile/difficile rimozione. Inoltre, nell'anno 2019, il MEF, Ispettorato Generale di Finanza, aveva compiuto un'ispezione presso il Comune di Massa ed aveva ritenuto che la quantificazione dei canoni demaniali fosse stata effettuata scorrettamente: il Comune, infatti avrebbe applicato annualmente i valori OMI per determinare l'ammontare del canone per l'uso di pertinenze demaniali, mente il MEF ha ritenuto che i canoni dovessero essere quelli inseriti nella concessione, rivalutati annualmente. Nel mese di dicembre 2020, il Comune di Massa aveva dunque comunicato alla concessionaria che, a seguito di ispezione MEF, risultava necessario pagare il conguaglio fra le somme versate a titolo di concessioni demaniali dal 2011 al 2018 e quanto accertato dal MEF; contestualmente aveva proposto al concessionario di avvalersi della definizione agevolata del contenzioso mediante il pagamento del 30% delle somme in contestazione, ex art. 100, comma 7 d.l. 104/2020. A quel punto Da. aveva avanzato istanza di definizione agevolata. In data 19 ottobre 2021 Da. aveva ricevuto un preavviso di diniego di definizione agevolata, per "mancanza dei requisiti" e contestuale richiesta di pagamento di un conguaglio di euro 49.717,76 relativo al periodo dal 2016 al 2020 (atto impugnato con il ricorso principale). In data 20 ottobre 2021 era stato quindi inviato l'ordine di introito per l'annualità 2021 oggetto dell'impugnazione principale. In particolare, la ricorrente, col primo motivo, deduce la "Violazione degli artt. 29 e 49 del Codice della Navigazione, dell'art. 34 del Regolamento al Codice Navigazione; Violazione dei principi di cui agli artt. 97 e 98 Cost.; Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 952 cod. civ.; Eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, carenza dei presupposti; Lesione del legittimo affidamento del privato. Totale difetto di motivazione del preavviso di diniego della istanza ex art. 100", affermando, appunto, di essere titolare di un diritto di superficie sul manufatto insistente sull'area demaniale, mentre il fenomeno dell'incameramento di cui all'art. 49 cod. nav. non si sarebbe mai realizzato, in ragione dell'assenza di soluzione di continuità nei titoli concessori rilasciati in favore della medesima ricorrente. Con il secondo motivo, la società Da. deduce, conseguentemente, che i canoni andrebbero calcolati con riferimento al punto 1 della lettera b), del primo comma dell'art. 3 del d.l. n. 400/1993 e, quindi, individuando i manufatti di facile e difficile rimozione, e non, come invece fatto dall'Amministrazione, commisurandoli ad area occupata da pertinenze demaniali marittime. Con il terzo motivo la ricorrente, in subordine, ha evidenziato che l'art. 100, secondo comma, della L. 126 del 13 ottobre 2020, avrebbe modificato la norma che determina l'importo dei canoni concessori per le concessioni comprensive di pertinenze demaniali, ovvero, l'art. 3, comma 1, lettera b), punto 2, del d.l. n. 400/1993, stabilendo, con disposizione immediatamente applicabile, che "la misura del canone è determinata come segue", punto 2.1: "per le pertinenze destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi, il canone è determinato ai sensi del punto 1.3" il quale si riferisce alle tariffe per aree occupate con impianti di difficile rimozione (Euro 4,13 al mq per la categoria A; euro 2,65 al mq per la categoria B). Pertanto, dal gennaio 2021, anche alle pertinenze demaniali, non sarebbero più applicabili i cosiddetti "valori OMI" precedentemente vigenti essendo stati sostituiti dai canoni tabellari. Con il quarto motivo, la ricorrente deduce, in via ulteriormente subordinata, l'errata quantificazione dei canoni, effettuata dal Comune di Massa adeguandosi alle prescrizioni del MEF, pur avendo il primo contestato il maggiore importo calcolato dal Ministero, formulando osservazioni rimaste prive di riscontro. Si sono costituiti il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Agenzia del demanio, la Regione Toscana e il Comune di Massa, contestando in fatto e in diritto la fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto. La causa è stata trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 24 settembre 2024, preceduta dallo scambio fra le parti di memorie difensive e repliche ex art. 73 c.p.a.. DIRITTO 1. Preliminarmente, come può agevolmente ricavarsi dalla narrativa che precede, la causa petendi delle azioni proposte dalla società ricorrente afferisce, in prima battuta, alla determinazione dell'oggetto della concessione n. 69 del 2003, la quale, come le precedenti, riguarda "una superficie demaniale di mq 596,50 sita sull'arenile di (omissis) (Lungomare (omissis)), con sovrastante manufatto in muratura adibito a ristorante-pizzeria". 2. Il contenzioso non verte dunque sulla mera quantificazione dei canoni concessori, ma richiede che sia risolta, a monte, la questione relativa all'avvenuto incameramento al demanio del fabbricato che insiste sull'area oggetto della concessione: incameramento che la ricorrente nega e che, di contro, è invocato dall'Agenzia del demanio e dal Comune nelle loro rispettive difese a giustificazione degli importi richiesti. La controversia ricade, pertanto, nel perimetro della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 133 co. 1 lett. b) c.p.a.. 3. Secondo la ricorrente sarebbe mancato nella fattispecie un vero e proprio rinnovo della concessione, il quale sarebbe di fondamentale rilevanza, atteso che il meccanismo acquisitivo disciplinato dall'art. 49 cod. nav. opererebbe solo all'atto della cessazione della concessione e non anche nel caso di rinnovo senza soluzione di continuità, di proroga o di rinnovo automatico della stessa, come sarebbe appunto avvenuto nel caso di specie. Di conseguenza, non potrebbe ritenersi di proprietà del demanio l'intero fabbricato attualmente detenuto dalla ricorrente e dalla stessa realizzato in regime di proprietà superficiaria; tale errore si ripercuoterebbe sul calcolo del canone concessorio. Il motivo è infondato, muovendo da presupposti di fatto e di diritto errati. 3.1. In termini generali è noto che il rinnovo della concessione, a differenza della mera proroga, integra gli estremi di una nuova concessione, la quale si sostituisce alla precedente oramai scaduta. Ne discende che, nell'ipotesi di rinnovo, si verifica di diritto, ai sensi dell'art. 49 cod. nav., la devoluzione a favore dello Stato delle opere non agevolmente rimuovibili realizzate dal concessionario nel periodo d'efficacia della concessione oramai scaduta (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 3 dicembre 2018, n. 6852). L'atto di incameramento è, dunque, un atto amministrativo con efficacia meramente dichiarativa di una vicenda traslativa già perfezionatasi. 3.2. Tanto premesso, è pacifico che sull'area demaniale detenuta dalla ricorrente in virtù di concessione demaniale marittima insiste un fabbricato a destinazione ristorante/pizzeria. Come si evince dagli atti depositati dal Comune di Massa, l'area demaniale di cui oggi è concessionaria l'odierna ricorrente è stata oggetto di varie concessioni rilasciate al sig. Sb. Ro., padre dei soci della Da.. In particolare, il 31 dicembre 1996 è scaduta la licenza n. 19/96 del 22 agosto 1996 relativa alla concessione rilasciata dalla Capitaneria di Porto di Marina di Carrara "allo scopo di mantenere una superficie demaniale di mq 596,50 sita sull'arenile di (omissis) (Lungomare (omissis)), con sovrastante manufatto in muratura adibito a ristorante-pizzeria". Il 10 dicembre 1996 è stato effettuato il sopralluogo da parte di personale delle Amministrazioni interessate e sono state svolte le operazioni preliminari di incameramento come da verbale in atti. Alla scadenza della licenza successivamente concessa, la n. 35/98, il sig. Sb. Ro. ha presentato una domanda di rinnovo ed è stato rilasciato il titolo n. 001/2001, di durata sino al 31 dicembre 2002. Si giunge dunque alla concessione n. 69 del 2003 - espressamente qualificata come "nuova concessione" rilasciata per sei anni a decorrere dal 1° gennaio 2003 fino al 31 dicembre 2008 (essendo la precedente concessione scaduta il 31 dicembre 2002), ed espressamente rilasciata "in riconoscimento della demanialità del bene concesso". Successivamente, il 5 dicembre 2011 è stata rilasciata per la durata di sei anni (dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2014) la concessione n. 19141 sempre in favore del sig. Sb. Ro., "relativa ad una porzione di arenile in Viale (omissis), di proprietà demaniale distinta al catasto al fg. (omissis) nceu mappale (omissis), della superficie di mq 535,00, dove sono istallate opere di facile e difficile rimozione segnalate ai competenti uffici statali per la procedura di incameramento, denominato Pizzeria Sa.". Dunque è chiaro che la concessione in esame è stata oggetto di una serie di autonomi rinnovi (non qualificabili né come proroghe né come rinnovi automatici ex lege), talchè ogni nuova concessione si sostituiva alla precedente ormai scaduta, consentendo in ognuno di tali momenti il verificarsi dell'effetto devolutivo rivendicato dall'amministrazione procedente. Peraltro, in data 5 ottobre 2007, è stato inviato al sig. Sbrana il calcolo del canone demaniale per l'anno 2007 sulla base della comunicazione prot. 16790/2007 dell'11 settembre 2007, inviata al Comune dall'Agenzia del Demanio. L'Agenzia, con tale comunicazione, dichiarava di aver effettuato una verifica ispettiva in esito alla quale era stato rilevato che il manufatto ad uso bar, ristorante, pizzeria, doveva considerarsi di proprietà dello Stato dal 1° gennaio 1997. Tale atto dell'Agenzia del Demanio - inviato al sig. Sbrana unitamente alla nota di calcolo del canone per il 2007 e mai impugnato - va dunque collegato alle operazioni di incameramento di cui al verbale del 10 dicembre 1996 e alle quali si fa cenno nella concessione del 2011 (data alla quale l'incameramento si era già verificato nonostante l'espressione ambigua contenuta nella medesima concessione). Risulta dunque dimostrato che l'acquisizione del manufatto ad uso ristorante alla mano pubblica si è a tutti gli effetti perfezionata - peraltro ipso iure senza necessità di un atto formale che avrebbe solo valore dichiarativo - già a partire dal 1° gennaio 1997, ovvero alla scadenza della concessione del 1996 alla quale è seguita una nuova concessione, e di ciò la concessionaria era stata informata quantomeno a partire dal settembre del 2007. Inoltre, negli ordini di introito depositati in atti, relativi agli anni dal 2007 in poi, viene indicato che l'area in concessione è prevalentemente occupata da "pertinenze demaniali marittime (Commerciale)" sul cui presupposto viene determinata la misura del canone. Tale qualificazione non è mai stata contestata dalla concessionaria, che ha pagato o non ha impugnato tempestivamente i detti ordini d'introito. Per questo aspetto, il gravame si traduce dunque nell'inammissibile tentativo di rimettere in discussione una situazione già inoppugnabilmente definita e va perciò respinto. 4. Il secondo motivo, oltre a presentare dei profili d'inammissibilità per quanto appena detto, deve essere comunque respinto, in quanto gli ordini d'introito impugnati con il ricorso principale e il ricorso per motivi aggiunti sono stati correttamente sempre calcolati nella considerazione della pertinenzialità demaniale del manufatto in questione. 5. Con riferimento al terzo motivo si osserva che il Comune di Massa - dopo l'entrata in vigore dell'art. 100, comma 2, del D.L. n. 104/2020, che ha stabilito che il canone delle pertinenze demaniali deve essere determinato analogamente a quello delle aree occupate con impianti di difficile rimozione - ha provveduto a rideterminare il canone per gli anni 2021 e 2022, e ciò con il provvedimento n. 63851 dell'8 agosto 2023, prodotto in atti dal Comune al n. 29, e non impugnato, quantificando somme considerevolmente inferiori rispetto al passato e riconoscendo un cospicuo rimborso. Sul punto deve dunque ritenersi cessata la materia del contendere. 6. Il quarto motivo deve invece essere dichiarato inammissibile per difetto d'interesse, come eccepito dalla difesa del Comune, non solo in ragione della mancata impugnazione del citato provvedimento n. 63851 dell'8 agosto 2023 (che da ultimo definisce i rapporti di dare/avere fra le parti), ma anche e soprattutto in ragione della mancata impugnazione della nota prot. n. 70372 del 3 dicembre 2020, con la quale, proprio sulla base della relazione prot. 36459 del 2019 effettuata dal funzionario incaricato dal MEF, è stato richiesto il pagamento della somma di Euro 77.177,15 quale conguaglio delle somme dovute per le annualità 2009-2021. Anzi, con nota prot. 72529 del 14 dicembre 2020, la ricorrente, riconoscendo la debenza dell'importo, ha richiesto di avvalersi di quanto previsto dall'art. 100 della legge n. 126/2020, ovvero di corrispondere in un'unica soluzione una somma pari al 30% dello stesso. Peraltro, tale ultima procedura si è chiusa con il provvedimento del 21 dicembre 2021 di diniego della definizione agevolata e conseguente conferma della debenza del conguaglio del canone come in precedenza determinato, provvedimento anch'esso non impugnato; mentre sono stati impugnati (inammissibilmente) solo i motivi ostativi all'accoglimento della medesima istanza, contenenti la richiesta di pagamento di conguagli per le annualità arretrate dal 2016 al 2021 per un importo complessivo di Euro 49.717,76 (avendo il Comune riconosciuto la necessità di scorporare dall'importo dovuto le somme relative agli anni anteriori al 2015, da ritenersi prescritte). In ogni caso il quarto motivo dovrebbe essere dichiarato inammissibile per genericità, non essendo stati specificati i motivi della supposta erroneità del calcolo effettuato dal MEF. 7. Per le sopra esposte ragioni, il ricorso principale e il ricorso per motivi aggiunti devono essere integralmente respinti, conseguendo, all'infondatezza dei motivi, il rigetto di tutte le domande di annullamento e di accertamento proposte. 8. Le spese di lite, mentre possono essere compensate fra la ricorrente, l'Agenzia del Demanio e la Regione Toscana, attesa la posizione defilata assunta da tali enti nel presente giudizio, per il resto seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso principale e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li rigetta. Condanna la ricorrente a rimborsare le spese di lite al Comune di Massa, che si liquidano in complessivi Euro 3.000,00, oltre oneri accessori; compensa per il resto le spese di lite come in motivazione. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Riccardo Giani - Presidente Giovanni Ricchiuto - Consigliere Nicola Fenicia - Consigliere, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 701 del 2023, proposto da -OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato Le. Bo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Ro. Fi. e Ch. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento previa sospensione cautelare dell'efficacia - del provvedimento dirigenziale 27 marzo 2023 n. DD/2023/-OMISSIS- del Dirigente del Servizio Casa del Comune di Firenze, con il quale è stata disposta l'esclusione definitiva dei signori -OMISSIS-e -OMISSIS-, quali componenti del nucleo familiare identificato col codice "domanda -OMISSIS-", dalla graduatoria degli ammessi del Bando 2021 per l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica; - nonché della nota 20 marzo 2023 prot. -OMISSIS-, della comunicazione 4 maggio 2023 n. -OMISSIS-8 e di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorché di incogniti estremi e data. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze; Visti tutti gli atti della causa; Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 19 settembre 2024 la dott.ssa Katiuscia Papi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Il Comune di Firenze, con provvedimento dirigenziale n. -OMISSIS-del 16 dicembre 2022, approvava in via definitiva la graduatoria degli ammessi al Bando di concorso pubblico per l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica (ERP) per l'anno 2021. I coniugi -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS-, che avevano presentato domanda di assegnazione di alloggio e.r.p. per il nucleo familiare dagli stessi costituito, risultavano collocati nella suddetta graduatoria al numero 40, in posizione utile per il conseguimento dell'abitazione. Il Comune comunicava dunque agli odierni ricorrenti l'assegnazione dell'alloggio sito in Firenze, Via -OMISSIS-, della superficie di mq. 46,19, collocato al piano terra. I signori -OMISSIS-e -OMISSIS- tuttavia, con nota del 2 marzo 2023, rifiutavano la suddetta assegnazione, affermando che il signor -OMISSIS- era "affetto da severa disfunzione cardiopatica con cardiopatia ischemica cronica, ictus ischemico con grave deficit di deambulazione necessitante assistenza continua domiciliare, insufficienza renale, ricoveri urgenti e continui presso l'Ospedale di Ca.. Presenza di barriera linguistica totale, coniugata alla necessità di dover far ricorso immediato alle prime cure ospedaliere e di assicurare lo svolgimento delle funzioni primarie e quotidiane con supporto dei familiari che risiedono nelle vicinanze dell'attuale abitazione; necessità di un alloggio il più possibile vicino all'abitazione attuale al duplice scopo di assicurare il soddisfacimento delle necessità e di salvaguardare l'equilibrio psico-fisico di mio marito". Alla missiva era allegata documentazione sanitaria, consistente in una relazione medica della dott.ssa -OMISSIS- che, esposta in dettaglio la storia clinica del signor -OMISSIS-, si concludeva nei seguenti termini: "Attualmente pz con ridotta disfunzione cardiaca (FE < 30-35%), ipocinesia della parete inferiore, ipo-acinesia della inferolaterale e laterale. Insufficienza aortica e insufficienza mitralica moderata. Negli ultimi anni progressivo deterioramento con grave deficit di deambulazione e difficoltà per sforzi lievi, necessitante assistenza continua". 2. Il Comune di Firenze, con provvedimento prot. -OMISSIS- del 20 marzo 2023 emesso dal Dirigente del Servizio casa - Direzione Servizi Sociali, disponeva l'esclusione definitiva degli stessi richiedenti dalla graduatoria, ritenendo non giustificato il rifiuto in quanto: "l'aspetto della lontananza dello stesso (alloggio n. d.r.) dal luogo di attuale residenza del nucleo familiare non è da considerarsi rilevante quindi tale da giustificare la rinuncia alla proposta di assegnazione". La suddetta valutazione veniva ribadita, a seguito dell'istanza di autotutela presentata dalla signora -OMISSIS-, nella successiva nota prot. -OMISSIS-8 del 4 maggio 2023, con la quale il medesimo Dirigente del Servizio Casa affermava che: "(...) dalle scusanti addotte dalla signora -OMISSIS--OMISSIS-non si evidenzia alcun legame ragionevolmente e logicamente riconducibile alla gravità dei motivi di salute elencati dettagliatamente nella missiva, tali da giustificare una rinuncia all'alloggio proposto perché non idoneo. In particolare, sul primo motivo di doglianza, relativo alla necessità di continui ricoveri ospedalieri del coniuge, si fa presente che: 1) L'Ospedale Careggi dista circa 20 minuti in auto dall'alloggio proposto; 2) L'alloggio proposto in -OMISSIS- appartiene al complesso E.R.P. più vicino alla zona in cui risiede la signora -OMISSIS-(...), coerentemente con le esigenze di assistenza più volte espresse dalla medesima. A tal fine (...) lo stesso è ubicato al piano terra di edificio con ascensore e non presenta barriere architettoniche (...). In merito al secondo motivo di reclamo, circa la presenza di barriere linguistiche tali da rendere indispensabile il supporto del nucleo familiare (...), si fa presente che l'alloggio proposto (...) è ubicato (...) a circa 15 minuti di auto dall'attuale luogo di residenza (...). In fase di pre-istruttoria, le suddette motivazioni non sono state ritenute meritevoli di essere sottoposte all'esame da parte della Commissione E.R.P., in quanto carenti di elementi giustificativi a sostegno della tesi sostenuta dalla richiedente secondo la quale, l'alloggio proposto risulterebbe non idoneo rispetto alle gravi condizioni sanitarie del coniuge". 3. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio i signori -OMISSIS- e -OMISSIS-impugnavano i suddetti provvedimenti chiedendone l'annullamento, previa sospensione cautelare dell'efficacia, sulla base di plurimi argomenti. 3.1. Con il primo motivo di gravame, si deduceva la "Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, ult. co, 7, 8, 9 e 10 L. 241/1990. Eccesso di potere per violazione del principio del giusto procedimento", con riferimento all'omessa comunicazione dell'avvio del procedimento. 3.2. Mediante il secondo motivo, la parte ricorrente sosteneva l'intervenuta "Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 6 regolamento comunale adottato con delibera C.C. n. 61 del 9.12.2019 in attuazione dell'art. 7, comma 1 L.r. 2.1.2019 n. 2. Eccesso di potere per sviamento e travisamento dei fatti. Violazione del principio del giusto procedimento (sotto diverso profilo). Incompetenza. Eccesso di potere per contraddittorietà ", asserendo la non corretta applicazione, da parte dell'Amministrazione, degli articoli 2 e 6 del Regolamento comunale adottato con deliberazione consiliare n. 61/2019, che imponevano, riguardo alla valutazione delle giustificazioni del rifiuto dell'alloggio, il pronunciamento della Commissione E.R.P. e Mobilità, il cui intervento veniva qui completamente pretermesso. 3.3. Attraverso il terzo motivo, si evidenziava infine il vizio di "Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e sviamento. Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 L. 241/1990. Eccesso di potere per difetto e/o insufficienza di motivazione. Eccesso di potere per violazione del principio di divieto di motivazione postuma. Violazione e falsa applicazione dell'art. 12, comma 4 L.r. n. 2/2019", poiché il Comune non avrebbe correttamente considerato le argomentazioni del ricorrente relative alle difficoltà di deambulazione e alle barriere linguistiche. 4. L'Amministrazione si costituiva in giudizio, resistendo al ricorso. 5. La domanda cautelare, trattata all'udienza camerale del 26 luglio 2023, era respinta dalla sezione con ordinanza n. -OMISSIS-. All'udienza pubblica del 19 settembre 2024 la causa era trattenuta in decisione. 6. Il Collegio prende in esame il ricorso, iniziando dal secondo motivo di gravame, che ad un più approfondito esame rispetto alla sommaria delibazione in camera di consiglio risulta fondato, per le ragioni di seguito esposte. 6.1. La fattispecie oggetto di causa, afferente al rifiuto, da parte del soggetto inserito in graduatoria, dell'alloggio e.r.p. assegnatogli dalla P.A., risulta disciplinata, nel Comune di Firenze, dal Regolamento comunale approvato con deliberazione consiliare n. 61/2019. L'art. 2 del Regolamento de quo prevede la costituzione della Commissione comunale ERP e Mobilità, la quale, ai sensi del quinto comma della medesima disposizione: "ha competenza nelle seguenti materie, secondo le modalità disciplinate dal presente regolamento: (...) b) esame delle motivazioni nei casi di rifiuto dell'alloggio da parte del nucleo in assegnazione; (...)". L'art. 6 comma 9 stabilisce, inoltre, che: "I richiedenti possono rinunciare all'alloggio assegnato soltanto per gravi e documentati motivi sanitari certificati, valutati dalla Commissione ERP e Mobilità nella prima seduta utile. Qualora la Commissione ERP e Mobilità ritenga giustificati i motivi della rinuncia, l'interessato non perde il diritto all'assegnazione di un alloggio che si renda successivamente disponibile"; e il successivo comma 11 che: "in caso di rinuncia la cui giustificazioni non siano state ritenute valide dalla Commissione ERP e Mobilità, il Comune procede all'esclusione dalla graduatoria (...)". Orbene, le riportate disposizioni attribuiscono inequivocabilmente alla Commissione ERP e Mobilità il potere valutativo sulle giustificazioni del rifiuto di assegnazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica; solo nel caso in cui tale organo si pronunci negativamente, il Comune può disporre l'esclusione dalla graduatoria e.r.p. Non sono previste ipotesi nelle quali il parere (obbligatorio e vincolante) del suddetto organo consultivo possa essere pretermesso e sostituito da una determinazione autonoma del dirigente. 6.2. Nel caso di specie (nel quale, peraltro, le motivazioni addotte dagli interessati non erano completamente avulse dall'ambito sanitario), l'esclusione disposta dal dirigente, in difetto della valutazione della Commissione ERP e Mobilità sui motivi di rifiuto, si appalesa viziata, per essere stata adottata in violazione delle riportate disposizioni regolamentari; gli atti impugnati vanno pertanto annullati, e l'Amministrazione dovrà nuovamente provvedere sulle conseguenze del rifiuto degli odierni ricorrenti, previa acquisizione del pronunciamento della Commissione stessa sui motivi del rifiuto stesso. 6.3. Si assorbono le ulteriori censure, per ragioni di continenza ed economia processuale. 7. In virtù delle considerazioni che precedono il ricorso, siccome fondato, deve essere accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati, e fatta salva la riedizione del potere da parte dell'Amministrazione, che dovrà essere posta in essere in ossequio alle statuizioni recate con la presente pronuncia. 8. Le spese del giudizio vengono compensate tra le parti, attesa la peculiarità della fattispecie che ha costituito oggetto di causa. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie per le ragioni esposte in motivazione e annulla, per l'effetto, i provvedimenti impugnati. Spese del giudizio compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all'articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate. Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 19 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Alessandro Cacciari - Presidente Andrea Vitucci - Primo Referendario Katiuscia Papi - Primo Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 229 del 2024, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Mi. Ci., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato domiciliataria ex lege in Firenze, via (...); per l'annullamento - del provvedimento prot. -OMISSIS- del 09.01.2024 del Dirigente dell''Area IV dello SUI presso la Prefettura di Pistoia di rigetto della dichiarazione di emersione ex art. 103 d.l. 34/2020 presentata da -OMISSIS- a favore di -OMISSIS- in data 24.06.2020. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 settembre 2024 il dott. Marcello Faviere e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Il sig. -OMISSIS- presentava, in data 24.06.2020, istanza di emersione in favore del sig. -OMISSIS-, come lavoratore agricolo, ai sensi dell'art. 103 del DL n. 34/2020. A seguito di procedimento in contraddittorio e in esecuzione della sentenza di questo Tribunale n. -OMISSIS-, con la quale veniva accertata l'illegittimità del silenzio serbato nella vicenda procedimentale, il SUI presso la Prefettura di Pistoia rigettava l'istanza di emersione con provvedimento del 9.01.2024, trasmesso a mezzo PEC in pari data. Il provvedimento motiva sulla base della ritenuta assenza del beneficiario dal territorio nazionale alla data del 8.03.2023 in considerazione del fatto che le prove fornite (certificato di attribuzione del codice fiscale del 6.4.2010 e verbale del pronto soccorso della AOU Careggi del 16.03.2019) risultano riferite a momenti troppo risalenti nel tempo. 2. Avverso il provvedimento è insorto l'interessato, con ricorso notificato il 9.02.2024, ritualmente depositato avanti questo Tribunale, con cui lamenta, in tre distinti motivi, violazione di legge ed eccesso di potere sotto plurimi profili. Per resistere al gravame si è costituito il Ministero dell'Interno (il 27.02.2024) con atto di mero stile. Il ricorrente ha depositato memoria il 11.03.2024. Questo Tribunale, con ordinanza n. -OMISSIS-, ha accolto l'istanza cautelare in ragione delle ragioni di periculum in mora manifestate dal ricorrente. L'amministrazione ha depositato una relazione e documenti il 25.03.2024, seguita dal ricorrente che ha depositato memoria (il 30.08.2024). Alla udienza pubblica del 19.09.2024 la causa è stata trattenuta in decisione. 3. Il ricorso è fondato. 4. Il Collegio ritiene di poter concentrare lo scrutinio sul terzo assorbente motivo di ricorso con il quale si lamenta violazione dell'art. 10 bis della L. n. 241/1990, del principio del giusto procedimento amministrativo e del diritto di difesa. In sostanza il ricorrente lamenta che le argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato, che vertono sulla mancata prova della presenza sul territorio nazionale del ricorrente alla data del 8.03.2020, non avrebbero formato oggetto di contestazione in sede di preavviso di rigetto e ciò non avrebbe consentito l'esercizio compiuto e completo del proprio diritto di difesa e partecipazione procedimentale. La doglianza merita condivisione. Il provvedimento impugnato dopo aver illustrato sinteticamente la vicenda procedimentale evidenzia che ai sensi dell'art. 10-bis della L. n. 241/1990 sono stati contestati (con due note del 28.01.20211 e del 1.06.2021) solo elementi ostativi relativi alla presenza di una condanna (pronunciata con sentenza irrevocabile di condanna del 25.17.2012 del Tribunale di -OMISSIS-), ai sensi dell'art. 380 c.p.p., nonché della mancata indicazione delle giornate di effettiva contribuzione. Sul punto il ricorrente ha prodotto, in sede di osservazioni procedimentali, ordinanza di riabilitazione (n. -OMISSIS- del 09.08.2022, cfr. doc. n. 11 allegato al ricorso) del Tribunale di Sorveglianza di Firenze nonché la dichiarazione del 20.03.2021, a firma del datore di lavoro, attestante l'inquadramento e l'orario lavorativo del ricorrente da assumere come operaio florovivaista (cfr. doc. 9 allegato al ricorso). Ciò che rileva, comunque, è che dal tenore letterale del provvedimento il diniego non risulta motivato su tali presupposti giacché l'amministrazione si limita a riferire di aver esaminato la memoria inviata in data 14.06.2023 (recante gli elementi istruttori di cui sopra) ma non riferisce degli esiti della relativa valutazione. È pur vero infatti che l'amministrazione non ha l'onere di confutare nel dettaglio tutti i profili oggetto delle osservazioni procedimentali presentate dall'interessato ma questo non la esonera dal dovere istruttorio di compiere tale valutazione e darne di conto nel provvedimento fonale. La giurisprudenza ha avuto modo di evidenziare che "la partecipazione procedimentale non può essere intesa alla stregua di una garanzia meramente formale ed essere ridotta ad una scatola vuota; l'Amministrazione ha l'obbligo di valutare i documenti e le memorie presentate dal privato, anche in esito al preavviso di rigetto, e deve, pertanto, darne conto nella motivazione del provvedimento" (T.A.R. Campania Salerno, Sez. II, 20/11/2023, n. 2649). A ciò si aggiunga che nell'ambito del procedimento amministrativo l'art. 10-bis della L. n. 241/1990 assolve la sua funzione di consentire un effettivo ed utile confronto dialettico con l'interessato prima della formalizzazione dell'atto negativo, evitando che si traduca in un inutile e sterile adempimento formale. Trattandosi di un istituto posto a garanzia della partecipazione procedimentale del privato, la mancanza di una valutazione negativa o di irrilevanza delle osservazioni presentate dal privato, lascia legittimamente presumere, nell'interpretazione del provvedimento amministrativo ed in assenza di indicazioni contrarie, che le relative argomentazioni siano state accolte e positivamente valutate. Nel caso di specie l'impianto motivazionale del diniego recato nel provvedimento impugnato si regge esclusivamente sulle ragioni della mancata dimostrazione del requisito della presenza del ricorrente sul territorio nazionale alla data del 8.03.2024 (come previsto dall'art. 103, comma 1, del DL n. 34/2020 il quale così recita "... i datori di lavoro stranieri in possesso del titolo di soggiorno previsto dall'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, possono presentare istanza, con le modalità di cui ai commi 4, 5, 6 e 7, per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri. A tal fine, i cittadini stranieri devono essere stati sottoposti a rilievi fotodattiloscopici prima dell'8 marzo 2020 ovvero devono aver soggiornato in Italia precedentemente alla suddetta data, in forza della dichiarazione di presenza, resa ai sensi della legge 28 maggio 2007, n. 68 o di attestazioni costituite da documentazione di data certa proveniente da organismi pubblici; in entrambi i casi, i cittadini stranieri non devono aver lasciato il territorio nazionale dall'8 marzo 2020"). È pacifico pertanto agli atti che nel preavviso di rigetto comunicato con le citate note del 01.06.2021 e 28.01.2021, richiamate nel provvedimento, l'Amministrazione si sia limitata ad evidenziare, quali unici motivi ostativi all'accoglimento della istanza di emersione, l'esistenza della sentenza irrevocabile di condanna del 25.17.2012 del Tribunale di -OMISSIS- e la mancata indicazione delle giornate di contribuzione del rapporto di lavoro, senza eccepire nulla in merito alla mancata prova della presenza in Italia del ricorrente in data antecedente al 08.03.2020. L'amministrazione nelle proprie difese si limita ad evidenziare che vi sarebbero state interlocuzioni sul punto e ciò sarebbe dimostrato dal fatto che nelle memorie procedimentali l'argomento è stato trattato e sono stati forniti i dati ed i documenti indicati nel provvedimento e sopra riportati. Orbene sul punto l'amministrazione non fornisce alcuna indicazione o elemento di prova. Dall'esame delle osservazioni procedimentali (cfr. doc. n. 7 e 10 allegati al ricorso) la comprova della presenza viene fatta oggetto di indicazioni che non risultano formulate in risposta alle richieste dell'amministrazione ma fornite dal ricorrente quale ulteriore supporto istruttorio. Non può assolvere allo scopo la circostanza che nella comunicazione del 28.01.2021 vi sia l'indicazione del fatto che il ricorrente risulti foto segnalato al 20.09.2006 (cfr. doc. n. 6 allegato al ricorso), sempre in considerazione del fatto che risulta accertato che il requisito della presenza sul territorio nazionale non è stato fatto oggetto di contestazione né di specifico completo contraddittorio tra le parti. È indubbio, peraltro, che i procedimenti di emersione del lavoro irregolare di cui all'art. 103 del DL 34/2020 presuppongono l'esercizio di poteri discrezionali relativi all'accertamento di requisiti che richiedono attività valutative non ascrivibili a meri accertamenti, quale è quello in parola. Prova ne è che la circolare del Ministero dell'Interno del 17.11.2020 richiede "in relazione alla documentazione idonea alla prova della presenza del lavoratore in data anteriore all'8 marzo 2020... nel caso di documenti risalenti nel tempo questi debbano essere supportati da altra documentazione che dimostri la presenza nel territorio nazionale dello straniero in una data più ravvicinata". Ne consegue che la mancata adozione del preavviso di rigetto, nel caso di specie, renda applicabile l'art. 21-octies della l. n. 241/1990 che nel caso di provvedimenti diversi da quelli puramente vincolati qualifica tale mancanza come sostanziale e non sanabile in sede giudiziale mediante la prova che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Nel caso di specie il ricorrente deposita in giudizio copia del passaporto con timbro di ingresso in Italia apposto dalla polizia di frontiera all'aeroporto di Bari recante la data del 25.10.2019 (cfr. doc. 15 allegato al ricorso), la dichiarazione di ospitalità del fratello, residente in -OMISSIS-, datata 22.10.2019 e la comunicazione di ospitalità del il 15.10.2020 rilasciata alla Questura di Pistoia dal sig. -OMISSIS-, in cui quest'ultimo dichiara di aver dato ospitalità al ricorrente a far data dal 25.10.2019 nella propria abitazione in Pistoia (cfr. doc. 16 e 17 allegati al ricorso). Risulta pertanto comprovato in giudizio che laddove il contraddittorio procedimentale fosse stato correttamente e compiutamente attivato sul punto l'amministrazione avrebbe avuto molti più elementi da valutare rispetto a quelli riportati nel provvedimento impugnato e non si può escludere con ragionevole certezza che l'esito delle valutazioni sarebbe potuto essere diverso. Ne consegue che il provvedimento impugnato è illegittimo in quanto fondato su ragioni diverse rispetto a quelle enunciate nel preavviso di rigetto. Il terzo motivo di ricorso è pertanto fondato e deve essere accolto. 5. Il carattere assorbente della censura scrutinata rende priva di interesse concreto la disamina dei primi due motivi di ricorso. 6. Il ricorso nel suo complesso è fondato e deve quindi essere accolto. 7. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, con distrazione a favore del difensore del ricorrente, dichiaratosi antistatario. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato. Condanna il Ministero resistente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre agli accessori di legge, da distrarsi in favore dell'avv. Michele Cipriani, antistatario. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente. Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 19 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Alessandro Cacciari - Presidente Katiuscia Papi - Primo Referendario Marcello Faviere - Primo Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE 01 Prima sezione CIVILE Il Tribunale, nella persona della Giudice dott.ssa Silvia Governatori ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3420/2024 promossa da: (...), con il patrocinio dell'avv. CE.SA. e dell'avv. DA.MA. (...) RICORRENTE contro (...) IN PROPRIO E QUALE GENITORE DI (...) (...), (...), Motivi di fatto e di diritto della decisione Con ricorso ex art. 281 decies e ss. c.p.c. la società ricorrente ha impugnato il decreto n 401/2024 emesso in data 5.3.2024, nell'ambito del procedimento ex art. 696 bis, c.p.c. "Ricorso per consulenza preventiva", con il quale il G.I. del Tribunale di Firenze ha liquidato in favore dei CCTTUU Dott. (...) e dott. (...) la somma complessiva di Euro 5.800,00 oltre iva, con la decurtazione del fondo spese concesso e versato, e ha posto il pagamento a carico solidale delle parti e ha chiesto di annullare e/o riformare il provvedimento di liquidazione, ponendo il pagamento dei compensi e delle spese dei CCTTUU a carico di (...) Parte ricorrente deduce che il ricorso ex 696 bis c.p.c. è stato proposto da quest'ultima in proprio e quale genitore del minore (...) (n.r.g. 7994/2023) quali eredi di (...) nei confronti dell'attuale ricorrente al fine di disporre una consulenza preventiva volta ad accertare l'esistenza di una relazione eziologica tra l'evento lesivo (decesso del coniuge) e la condotta (commissiva od omissiva) dei sanitari che l' avevano avuto in cura; che, secondo quanto previsto dall'art. 8 del D.P.R. 115/2002, le spese avrebbero dovuto essere poste a carico dei ricorrenti, secondo il principio che ciascuna parte deve provvedere alle spese degli atti processuali che compie e di quelli che chiede; che, in ogni caso, la CTU ha escluso qualunque a profilo di responsabilità dell'(...). All'udienza del 21.9.2023 compariva parte ricorrente. Nessuno compariva per le parti convenute. La causa è stata rimessa alla sottoscritta quale assegnataria nell'ambito dell'UPP del procedimento la cui trattazione era stata delegata alla dott.ssa (...). La domanda è meritevole di accoglimento. In via preliminare si deve dichiarare la contumacia dei convenuti, (...) in proprio, e quale genitore di (...) e dei CCTTUU dott. (...) e dott. (...), i quali regolarmente citati, non si sono costituiti. Nel merito per giurisprudenza costante della SC da cui non vi è ragione di discostarsi "Le spese dell'accertamento tecnico preventivo "ante causam" devono essere poste, a conclusione della procedura, a carico della parte richiedente, in virtù dell'onere di anticipazione e del principio di causalità, e devono essere prese in considerazione, nell'eventuale successivo giudizio di merito, come spese giudiziali, da regolare in base agli ordinari criteri di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c." (Cass. civ. Sez. VI - 2 Ord., 26/05/2020, n. 9735) Si richiama altresì la recente sentenza della Corte Costituzionale, n. 87 del 10.03.2021, che - nel dichiarare non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 1 e 2, della L. n. 24/2017 (Tentativo obbligatorio di conciliazione "Chi intende esercitare un'azione innanzi al giudice civile relativa ad una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell'art. 696 -bis c.p.c. dinanzi al giudice competente) sollevate con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., - ha ritenuto che sotto il profilo della regolamentazione delle spese "viene in rilievo l'art. 669-quaterdecies cod. proc. civ. che stabilisce, tra l'altro, che ai procedimenti di istruzione preventiva, e quindi anche alla consulenza tecnica preventiva di cui all'art. 696-bis cod. proc. civ. e a quella di cui all'art. 8 della legge n. 24 del 2017, si applica altresì l'art. 669-septies cod. proc. civ., secondo cui il giudice provvede definitivamente sulle spese processuali in caso di ordinanza di incompetenza o di rigetto, che comprende anche l'ipotesi dell'inammissibilità della domanda; ossia casi in cui l'accertamento tecnico preventivo non ha luogo" Nel caso in esame, si rileva, peraltro, come le risultanze della CTU redatta, abbiano escluso ogni responsabilità di tipo professionale in capo all'(...) convenuta nel procedimento ex art. 696 bis c.p.c., concludendo che: "la causa della morte è la diretta conseguenza di una grave malattia tumorale giunta all'attenzione dei Sanitari in stadio già avanzato, con importanti compromissioni di organi ed apparati quali quello respiratorio e cardiovascolare" non sono pertanto evidenziabili condotte omissive e/o commissive, negligenti e/o imperite da parte dei sanitari che hanno seguito un corretto e completo iter diagnostico e terapeutico sia per la malattia primitiva sia per le importanti ed invalidanti sequele e complicanze già in atti al momento del ricovero del 15.6.2020" Le spese dell'ATP vanno quindi poste a carico di (...) che ha promosso la consulenza tecnico preventiva ex art. 696 bis c.p.c. Le spese del presente giudizio vengono compensate considerato che la decisione è stata assunta autonomamente dal Giudice, senza che consti che (...) avesse formulato istanza in tal senso, e la stessa non si è costituita, in alcun modo contrastando la riforma del provvedimento. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: In riforma del decreto di liquidazione n. 401/2024 depositato in data 5.3.2024, nel procedimento ex art. 696 bis c.p.c. (7994/2023) pone il pagamento del compenso pari a Euro 5.800,00 oltre oneri ed accessori a carico di (...) in proprio e quale genitore di (...). Spese compensate Firenze, 15 luglio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE Terza sezione civile Il Tribunale, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Pasqualina Principale ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 8741/2018 promossa da: (...) (già (...) con sede in Torino, (...), rappresentata e difesa dall'Avv. Da.G.Di. del Foro di Milano, elettivamente domiciliata ai soli fini della presente procedura presso lo studio dell'Avv. Eu.Mi. del Foro di Firenze, sito in Firenze alla (...); PARTE RICORRENTE Contro (...), rappresentata e difesa dagli Avv.ti Ni.Gi. e Ma.Re. entrambi del foro di Verona, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'ultimo, sito in Verona alla (...); PARTE CONVENUTA nonché contro (...) con sede in Napoli alla (...) e direzione generale in Milano, (...) in persona del procuratore Dott. (...), rappresentata e difesa dall'Avv. Da.G. Di. del Foro di Milano, elettivamente domiciliata presso lo Studio Legale Di. e Associati sito in Milano (...); TERZO INTERVENUTO CONCLUSIONI Per parte ricorrente (foglio del 10/06/2022): "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, ritenuta la sommarietà della cognizione della causa, in accoglimento del presente ricorso, previo accertamento dell'intervenuta risoluzione di diritto del contratto di locazione finanziaria n. 5494864, accertare e dichiarare che (...) non ha più alcun diritto ad occupare il complesso immobiliare oggetto del predetto (e risolto) contratto e di cui in narrativa e per l'effetto, condannarla al suo immediato rilascio libero e vuoto da persone e/o cose in favore di (...) emanando ogni conseguenziale provvedimento. Con vittoria di spese e compensi del presente giudizio oltre IVA e c.p.a. come per legge". Per parte convenuta (foglio del 23/02/2024): "nel merito: respingersi le domande proposte da parte ricorrente; - in via riconvenzionale: accertata e dichiarata la risoluzione del contratto di leasing di cui è causa, condannare la ricorrente - quindi (...) , (...) e (...) tutte in solido tra loro - ex art. 1526 c.c. a restituire alla (...) quanto percepito a titolo di canoni, meno l'equo indennizzo, così per un totale di euro 782.809,74, oltre interessi legali ex art. 1284 c.c. e rivalutazione monetaria, ovvero nella diversa maggiore o minore somma che risultasse di giustizia; - In via istruttoria: ci si riporta a quanto dedotto nella comparsa di costituzione e risposta depositata il 30.10.2018 e nelle memorie ex art. 183, comma 6, n. 2 e 3 c.p.c. rispettivamente depositate il 29.01.2021 ed il 19.02.2021, da intendersi qui integralmente trascritte. Ci si oppone altresì alle istanze istruttorie avversarie per i motivi indicati nelle stesse memorie. In ogni caso: spese, compenso, rimborso forfettario 15%, contr. Prev. 4% ed I.V.A. interamente rifusi, con espressa richiesta, ex art. 93 I° comma c.p.c., di distrazione delle spese di lite liquidate in favore dei sottoscritti procuratori". Per i terzi intervenuti (foglio del 10/06/2022): "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, ritenuta la sommarietà della cognizione della causa, in accoglimento del presente ricorso, previo accertamento dell'intervenuta risoluzione di diritto del contratto di locazione finanziaria n. 5494864, accertare e dichiarare che (...) non ha più alcun diritto ad occupare il complesso immobiliare oggetto del predetto (e risolto) contratto e di cui in narrativa e per l'effetto, condannarla al suo immediato rilascio libero e vuoto da persone e/o cose in favore di (...) emanando ogni conseguenziale provvedimento. Con vittoria di spese e compensi del presente giudizio oltre IVA e c.p.a. come per legge". CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., la (...) (ora (...) esponeva che nell'esercizio della sua attività economica, acquistava la proprietà dell'unità immobiliare sita nel Comune di Bussolengo (VR), (...) , per concederla in locazione finanziaria alla Ci. S.r.l. (poi (...) con contratto di locazione finanziaria n. 5494864 del 14/09/2006. Dopo che lo stesso contratto veniva rinegoziato a decorrere dal 4 luglio 2014, mediante proroga della scadenza e la previsione di un tasso aggiornato, la società concessionaria si rendeva inadempiente al pagamento dei canoni, con la conseguenza che lo stesso veniva risolto in forza di clausola risolutiva a far data dal 20 aprile 2016. Data la mancata regolarizzazione dello scaduto e il contestuale mancato rilascio dell'immobile la società resistente veniva messa in mora. Chiedeva, pertanto, in considerazione dei rilevanti danni patrimoniali che stava subendo, a causa sia dell'enorme debito maturato della locataria pari ad Euro 1.480.674,34, sia ai mancati guadagni derivanti dall'occupazione abusiva del bene, nonché, in assenza di contestazioni di controparte in ordine alla legittimità dell'intimazione alla riconsegna, di rientrare in possesso dell'immobile mediante un provvedimento di condanna al rilascio. Si costituiva la (...) la quale, contestando quanto ex adverso dedotto sia in fatto che in diritto, chiedeva il rigetto della domanda attorea. Eccepiva preliminarmente il difetto di competenza territoriale del Tribunale di Firenze, in quanto l'art. 24 del contratto che prevedeva il foro esclusivo del giudice adito, da riqualificarsi ai sensi e per gli effetti dell'art. 1341, comma 2, c.c. come clausola vessatoria, non era stata oggetto di specifica approvazione per iscritto dalla resistente, da cui ne derivava la nullità assoluta. Al riguardo non era sufficiente richiedere alla resistente la sottoscrizione di tali clausole cumulativamente e indistintamente ad altre non vessatorie, pratica certamente non idonea a richiamare l'attenzione della (...) sulla gravità ed onerosità delle clausole che si stavano accettando, come del resto affermato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità. Sosteneva poi, nel merito della causa, la natura traslativa del leasing finanziario sottoscritto, nel quale il pagamento del canone svolge una duplice funzione, sia quella di remunerare per il godimento del bene, sia di costituire un pagamento anticipato del prezzo in vista del futuro trasferimento del diritto di proprietà. Specificava la resistente, che la giurisprudenza di legittimità più risalente nel tempo ne aveva individuato i tratti salienti, quali il godimento in vista della futura alienazione, la durata piuttosto lunga del vincolo contrattuale (alla scadenza del quale il bene conserva un valore superiore all'importo per il riscatto) e l'importo del canone, composto anche da una quota di prezzo per il futuro acquisto. Tutti elementi ricorrenti nel contratto di leasing in oggetto, che prevedeva all'art. 19 la possibilità di acquistare il bene alla fine del rapporto, una durata di 15 anni, quindi, inferiore alla vita economica del bene, un immobile che conserva alla scadenza del contratto un valore di molto superiore alla cifra di riscatto pari ad Euro 387.600,00 e, infine, l'importo dei canoni pari ad Euro 13.048,55 comprendeva certamente una quota di prezzo di acquisto visto che la quota a titolo di godimento, come risultava dalla perizia di stima, ammontava a Euro 3.100,00. Palese era, dunque, la natura traslativa del contratto di leasing stipulato, a cui pertanto si doveva applicare la disciplina della vendita con riserva di proprietà ai sensi dell'art. 1523 c.c., e correlativamente dell'art. 1526 c.c. che prevede nell'ipotesi di risoluzione anticipata per inadempimento del concessionario, la restituzione da parte del concedente delle rate già riscosse, per evitare che - conservando la proprietà del bene e acquisendo i canoni maturati - consegua un indebito arricchimento, facendo salvo il diritto ad un equo compenso e al risarcimento del danno che gli permetta, comunque, di remunerare solo il godimento del bene senza ricomprendere la parte di canone imputata al pagamento anticipato del prezzo. Le previsioni contenute nell'art. 21 del contratto dovrebbero, quindi, considerarsi nulle, in quanto diversamente la ricorrente conseguirebbe delle utilità maggiori rispetto a quelle a cui avrebbe diritto, integrando la fattispecie di penale eccessivamente onerosa rispetto all'interesse del creditore ex art. 1384 c.c. Pertanto, considerata la cifra complessiva fino ad allora corrisposta pari ad Euro 1.328.595,74 e l'ipotetica quota da imputare alla locazione commerciale (Euro 3.100 mensili più IVA) per complessivi Euro 545.786,00, si riteneva che l'odierna ricorrente dovesse restituire alla resistente la cifra di Euro 782.809,74, su cui la resistente esperiva domanda riconvenzionale. Alla prima udienza del 22/11/2019, il giudice, in seguito alle reiterate richieste della resistente di declaratoria di incompetenza territoriale e mutamento del rito, si riservava e con ordinanza del 19/12/2019 a scioglimento della stessa, mutava il rito e fissava udienza ex art. 183 c.p.c. all'11/03/2020 poi rinviata ulteriormente all'udienza cartolare del 30/09/2020, dove in seguito al deposito note il giudice si riservava. A scioglimento della riserva venivano concessi i termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., e fissata udienza per il vaglio istruttorio al 19/05/2021. Depositate le memorie istruttorie la causa veniva rinviata all'udienza cartolare del 19/01/2022, per sentire le parti sulle istanze istruttorie, e lette le note delle parti con ordinanza del 27/01/2022, ritenendo di decidere sull'incompetenza unitamente al merito e ritenendo, altresì, superfluo disporre la CTU, fissava udienza cartolare di precisazione delle conclusioni al 15/06/2022. A scioglimento della riserva assunta a quest'ultima udienza, preso atto delle note di trattazione scritta e ritenuta la necessità di rimettere la causa sul ruolo a fini istruttori, accoglieva la richiesta di CTU avanzata da parte convenuta e dopo aver nominato il consulente fissava per il conferimento dell'incarico e la formulazione del quesito, l'udienza del 25/10/2022. In data 26/04/2023 il CTU depositava il proprio elaborato e il giudice con ordinanza del 24/07/2023, sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 18/04/2023, invitava le parti a precisare le conclusioni per l'udienza del 26/10/2023, rinviata più volte fino all'udienza del 16/03/2024, in cui il giudice tratteneva la causa in decisione previa concessione dei termini di cui agli art. 189 e 190 c.p.c., per conclusionali e repliche. La domanda di parte attrice, per i motivi di seguito esposti, non merita accoglimento, mentre va accolta la domanda riconvenzionale della convenuta. Preliminarmente occorre precisare che con deposito di comparsa di costituzione ex art. 111 c.p.c. del 19/09/2023, si costituiva in giudizio la (...) quale rappresentante in giudizio delle società (...) e (...) a loro volta cessionarie di un serie di rapporti di credito, tra cui quello de quo, prima nella titolarità di (...) (...) (già (...), la mandataria, quindi, chiedeva l'estromissione dal processo della società cedente, alla quale però non prestava il proprio consenso l'odierna resistente, per cui visto l'art. 111, comma 3, c.p.c., l'odierno giudicante non può accordare la richiesta estromissione, di conseguenza la presente decisione spiegherà i suoi effetti sia verso il cessionario rectius il successore a titolo particolare che verso il cedente. Altresì, occorre precisare che parte convenuta, per vagliate ragioni di economia processuale, ha rinunciato alla eccezione di incompetenza territoriale del presente Tribunale adito, con nota di trattazione scritta del 23/02/2024, poi ribadita nella comparsa conclusionale, per cui su tale eccezione non vi sarà alcuna statuizione. Si deve poi rilevare la cessazione della materia del contendere in ordine alla domanda della ricorrente, relativa al rilascio dell'unità immobiliare sita in Comune di Bussolengo (VR), (...) e distinta: 8, mq, atteso che dagli atti di causa emerge che l'immobile sopra specificato è stato libero da cose e persone e messo a disposizione della stessa (vedi doc. 24 e 25 convenuta), fatto pacifico e mai contestato dalla ricorrente da ritenere, quindi, un dato acquisito per cui non si procederà al riguardo ad alcuna statuizione dell'odierno giudicante, rimanendo invece ferma la domanda residuale di dichiarazione dell'intervenuta risoluzione del contratto di leasing. Si rileva, infine, in rito, che in alcuni scritti difensivi (...) eccepisce l'improcedibilità della domanda promossa dalla concedente, causa la mancata instaurazione della procedura di mediazione obbligatoria. Il punto non merita particolare trattazione, atteso che la consolidata giurisprudenza ha ormai statuito che i contratti di leasing non sono assimilati ai contratti bancari non rientrando "...infatti nell'elenco delle controversie, previste dall'art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010, per le quali è richiesto, a pena di improcedibilità, il preventivo esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria, dovendosi intendere questa elencazione come tassativa..." (da ultimo, Cass. n. 35476/2022). Venendo al merito della controversia, l'odierna vicenda processuale trae origine da un contratto di leasing immobiliare, che fin dall'inizio la resistente qualificava come leasing traslativo a cui applicare la disciplina in tema di vendita con riserva di proprietà di cui all'art. 1523 c.c., con la conseguenza che in caso di inadempimento nel pagamento dei canoni scaduti e successiva risoluzione, agli effetti dell'art. 1526 c.c., ne derivava l'obbligo in capo al concedente di restituzione dei canoni già corrisposti, salvo il diritto a un equo compenso per l'uso della cosa, oltre al risarcimento del danno. Prospettazione del tutto avversata da parte ricorrente che riteneva, in un primo tempo, che si dovesse fare applicazione della legge 124/2017, che per la prima volta aveva tipizzato il contratto di leasing, prevedendo in caso di risoluzione degli effetti affatto diversi e dove, in particolare, non si dava obbligo al concedente di restituire i canoni già corrisposti. Dati i contrasti giurisprudenziali, anche in seno alla stessa Corte di legittimità, al riguardo si sono pronunciate le Sezioni Unite precisando "...che la "legge n. 124 del 2017 (art. 1, commi 136-140) non ha effetti retroattivi e trova, quindi, applicazione per i contratti di leasing finanziario in cui i presupposti della risoluzione per l'inadempimento dell'utilizzatore (previsti dal comma 137) non si siano ancora verificati al momento della sua entrata in vigore; sicché, per i contratti risolti in precedenza, rimane valida la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo, dovendo per quest'ultimo social-tipo negoziale applicarsi, in via analogica, la disciplina di cui all'art. 1526 c.c....né essendo altrimenti consentito giungere in via interpretativa ad un'applicazione retroattiva della legge n. 124 del 2017" (Cass. Civile Sez. Unite, sentenza n. 2061 del 28.01.2021). Del resto, l'analogia tra leasing traslativo e vendita con riserva di proprietà appare intuitiva, data la similitudine degli effetti pratici che si vogliono conseguire, tant'è che la giurisprudenza di legittimità venutasi a consolidare già antecedentemente l'approvazione della legge 124/2017, era ormai concorde nel ritenere applicabile - seppur in via analogica e salvo diversa pattuizione - la disciplina codicistica prevista per la vendita con riserva anche al leasing traslativo (ex pluribus: Corte Cass. Sez. 3, sentenza n. 73 del 08/01/2010; id. Sez. 1, sentenza n. 2538 del 09/02/2016; id. Sez. 5 -, sentenza n. 8110 del 29/03/2017). Tale impostazione si è mantenuta anche nelle più recenti decisioni, che hanno confermato in tema di risoluzione di leasing traslativo, i cui presupposti si siano verificati anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 124 del 2017, l'applicazione analogica della disciplina di cui all'art. 1526 c.c. (Cass. n. 9211/2022; Cass. civ. n. 9210/2022; Cass. civ. n. 26531/2021). Alla luce di quanto sopra esposto, deriva che per inquadrare la disciplina concretamente applicabile, occorre identificare il momento in cui si sono verificati gli effetti della risoluzione del contratto, che costituisce il discrimine temporale che consente di stabilire se le conseguenze della risoluzione saranno disciplinate dall'art. 1526 c.c. o dalla legge 124/2017. Alla risposta a tale quesito perviene la stessa parte ricorrente, nelle difese proferite nella comparsa conclusionale, laddove precisa che "Posto che il contratto di leasing è stato risolto il 20 aprile 2016, è evidente che, alla luce dell'intervento ermeneutico degli Ermellini, al caso di specie non si applichi la l. 124/2017.". Pertanto, appurata l'applicazione al contratto di leasing in oggetto della disciplina di cui all'art. 1526 c.c., residua da accertare se nel caso in oggetto si rientra nell'ambito del primo comma o nel secondo, data la differenza sostanziale degli effetti conseguenti. Infatti, l'articolo in questione così recita "Se la risoluzione del contratto ha luogo per l'inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse, salvo il diritto a un equo compenso per l'uso della cosa, oltre al risarcimento del danno. Qualora si sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo d'indennità, il giudice, secondo le circostanze, può ridurre l'indennità convenuta." Parte ricorrente, in sede di comparsa conclusionale, in forza del secondo comma, ha prospettato ed eccepito l'operatività della c.d. "clausola di confisca" di cui all'art. 21 del contratto, che le consentirebbe di "... trattenere tutto quanto incassato e il capitale a scadere, fermo ogni altro obbligo e diritto delle parti, ovvero, la restituzione dell'asset e il diritto a parte Concedente di trattenersi l'eventuale plusvalenza dovuta dalla vendita.", clausola che veniva accettata e sottoscritta dalla resistente, a maggior ragione da applicare in considerazione dell'inadempimento di controparte che ha determinato il fallimento dell'investimento finanziario, che legittimerebbe il trattenimento dei canoni già versati a titolo di equo compenso, ponendo la società finanziaria nella medesima posizione in cui si sarebbe trovata se il rapporto si fosse concluso regolarmente, ottenendo non più dello stesso utile che avrebbe conseguito. Tuttavia, tali argomentazioni sono da rigettare sia nel merito, alla luce della giurisprudenza ormai consolidata, ma anche in rito, data l'assimilazione di detta clausola ad una normale penale "...in quanto volta alla predeterminazione del danno risarcibile nell'ipotesi di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore..." (cfr. Cass., n. 19272/2014), che deve sottostare ai principi generali in tema di eccezioni in senso stretto, la cui rilevabilità è rimessa all'iniziativa della parte, che le deve eccepire come oggetto della domanda o come eccezione nei termini di cui all'art. 183 c.p.c.. Ne deriva che essendo stata eccepita solo in sede di conclusionali, parte ricorrente è decaduta dal potere di eccepire tale difesa, come del resto avvalorato di recente dalla Suprema Corte, laddove subordina l'operatività del potere correttivo del giudice ex art. 1384 c.c. "...a condizione che la penale sia stata dedotta - in via di azione o di eccezione (in senso stretto) - nel rispetto delle preclusioni di rito (Cass. Sez. U, 2061/2021; Cass. 192 72/2014)" (Cass. n.10249/2022). Ma in generale si deve rilevare, anche in caso di tempestiva rilevazione, che l'operatività di una siffatta clausola, deve comunque sortire il vaglio del giudicante in ordine alla sua equità, anche in caso di risoluzione da addebitare al concessionario, in quanto è compito primario del giudice quello di valutare l'equilibrio delle posizioni anche in caso d'inadempimento (Cass. n. 10249/2022), dovendo anche considerare che "...in caso di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, la clausola penale che attribuisca al concedente, oltre all'intero importo del finanziamento, anche la proprietà e il possesso del bene è manifestamente eccessiva in quanto attribuisce vantaggi maggiori di quelli conseguibili dalla regolare esecuzione del contratto, dovendo il giudice effettuare, ai fini della sua riducibilità ex art. 1384 c.c., una valutazione comparativa tra il vantaggio che detta clausola assicura al contraente adempiente e il margine di guadagno che il medesimo si riprometteva legittimamente di trarre dalla regolare esecuzione del contratto (Sez. 3 -, Ordinanza n. 20840 del 21/08/2018, Rv. 650423 - 02)" (Cass. n. 1581/2020). In sostanza, anche in caso di piena operatività della clausola di confisca e/o penale, tale pattuizione dovrà essere necessariamente ridimenzionata qualora porti a risultati iniqui, con sperequazione ingiustificata delle ragioni della parte inadempiente. Diversamente si renderebbe del tutto irrilevante la previsione legislativa dei cui all'art. 1526 c.c., previsione, peraltro, ritenuta inderogabile in pejus dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 19732/2011). La stessa Cassazione a Sezioni Unite del 28 gennaio 2021 n. 2061 evidenziava che "...l'equo compenso, ai sensi dell'art. 1526 c.c., comma 1 comprende la remunerazione del godimento del bene, il deprezzamento conseguente alla sua incommerciabilità come nuovo e il logoramento per l'uso, ma non include il risarcimento del danno spettante al concedente...tale da porre il concedente medesimo nella stessa situazione in cui si sarebbe trovato se l'utilizzatore avesse esattamente adempiuto...", precisando che qualora si faccia applicazione del comma 2 dell'art. 1526, in applicazione del disposto di cui all'art. 1284 c.c. si dovrà procedere ad una "...riduzione equitativa, ad opera del giudice, della penale che, sebbene comunque lecita, si palesi manifestamente eccessiva, così da ricondurre l'autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare meritevole di tutela e riequilibrando, quindi, la posizione delle parti, avendo pur sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento integrale (Cass., S.U., 13 settembre 2005, n. 18128)...". principi ancora ribaditi di recente, laddove si afferma che "...Ai contratti di leasing traslativo risolti anteriormente all'entrata in vigore della l. n. 124 del 2017, in assenza di una regolazione legislativa, si applica in via analogica la disciplina dell'art. 1526 c.c.; di conseguenza, la clausola che, in ipotesi di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, attribuisce al concedente il diritto di trattenere i canoni pagati ed impone all'utilizzatore di corrispondere quelli scaduti non è, di per sé, affetta da nullità, atteso che l'utilizzatore, una volta pagato il dovuto e restituito il bene, ha diritto di vedersi restituiti i canoni versati corrispondendo l'equo compenso, fermo restando il potere officioso del giudice di ridurre l'indennità ai sensi del secondo comma dell'art. 1526 c.c. in caso di definitiva acquisizione al concedente delle rate corrisposte." (Cass. n. 3930/2024). Dalla lettura dei precedenti sopra indicati si deduce che nella risoluzione del leasing traslativo assume un ruolo dirimente la restituzione del bene, poiché tale circostanza permette al dispositivo delineato dall'art. 1526 c.c. di esplicarsi nella sua pienezza. Nel caso in oggetto non vi può essere dubbio dell'applicazione del primo comma dell'art. 1526 c.c., assunto, oltre che obbligato data la decadenza maturata in capo alla ricorrente dalla possibilità di eccepire la "clausola di confisca", rafforzato dal fatto che parte resistente ha già liberato l'immobile conteso alla data del 31/05/2022, non potendosi, pertanto, condividere la difesa di parte ricorrente secondo cui solo con l'applicazione della "clausola di confisca" nella sua interezza, si potrà soddisfare con equità la posizione creditoria della cedente, soluzione che porterebbe, invece, a configurare in capo "...alla società concedente il diritto di recuperare, nel caso di inadempimento dell'utilizzatore, l'intero importo del finanziamento e in più la proprietà e il possesso del bene...", attribuendo dei "...vantaggi maggiori di quelli di cui essa aveva diritto..." determinando "...un assetto convenzionale manifestamente eccessivo rispetto all'interesse del creditore di cui all'art. 1384 c.c....", ben al di là dei legittimi vantaggi derivanti dalla regolare esecuzione del contratto (Cass. n. 18326/2018). Invero, si ritiene che la CTU depositata in atti, dopo aver preso atto della riconsegna del bene il 31/05/2022, a seguito di un percorso di analisi e verifica razionale privo di vizi logici, abbia fatto corretta applicazione dei principi sopra esposti, addivenendo, a giudizio del Tribunale, ad una soluzione ben equilibrata che ha tenuto in debito conto gli interessi e le ragioni delle parti in causa. La CTU ha dapprima determinato l'ammontare delle rate corrisposte da (...) precisando che "...L'importo totale delle fatture emesse dal concedente è di Euro.1.335.874,92. L'importo, comprensivo di IVA, spese ex artt. 10 e 15 D.P.R. 633/1972 e spese fuori campo IVA, meno i canoni adeguati e l'IVA applicata sugli importi indicizzati, complessivamente pagato da CP_1 è di Euro. 1.328.985,81, comprensivo di IVA, spese ed oneri di legge.", procedendo successivamente ad individuare la quota parte dell'importo suddetto, da imputare a canone di locazione, mediante determinazione del relativo valore attraverso "... l'accesso alla Banca dati dell'Agenzia delle Entrate che distingue i valori di locazione degli immobili (rilevati dall'Osservatorio del Mercato Immobiliare dell'Agenzia del Territorio) in base a plurimi fattori quali: i) Provincia e Comune dove sono ubicati; ii) Fascia (Centrale, periferica, suburbana, extraurbana); iii) Destinazione del bene (residenziale, commerciale, terziaria, produttiva).', prendendo "...come base di valutazione i valori di locazione che fabbricati commerciali, siti nella zona centrale e semicentrale di Verona, potevano avere nel primo semestre del 2022...", accertando un valore medio di locazione pari a 11,5 euro mq x mese, che il CTU ha ritenuto corretto dimezzare "...in quanto...l'unità immobiliare oggetto del contratto di leasing è composta "prevalentemente" da un piano scantinato/seminterrato. Ne deriva quindi che il valore medio di locazione dell'immobile, espresso in Euro./mq x mese, è pari a (diviso 2 =). Prendendo come parametro di riferimento il suddetto valore di locazione (5,75 euro al mq x mese) e applicando quest'ultimo alla superficie dell'immobile (mq), è possibile determinare un valore di locazione pari ad Euro. 3.743,25 mensili, oltre IVA.", che moltiplicato per il numero dei mesi di godimento del bene pari a 187,5 mensilità (dal 15 settembre 2006 al 31 maggio 2022), dà luogo ad un importo totale di Euro 701.860,00 oltre IVA. Sottraendo tale importo dalle somme complessivamente corrisposte da (...) pari a Euro 1.085.689,41 al netto dell'IVA, spese e oneri di legge, si ottiene la quota parte imputabile a vendita pari a Euro 383.829,41. A questo punto la CTU, nel solco dei principi sopra esposti, si è sviluppata procedendo alla determinazione dell'equo compenso spettante alla concedente, calcolando sia il deprezzamento dell'immobile dovuto all'uso, sia l'importo della remunerazione del capitale investito. Ai fini del calcolo della prima componente, il consulente ha fatto applicazione del procedimento contabile dell'ammortamento, prendendo come riferimento il relativo coefficiente del 3% ex D.M. 31/12/1988 e rapportandolo al valore di acquisto dell'immobile pari a Euro 1.938.000,00, individuando l'ammortamento annuo in Euro 58.140,00 per gli anni a partire dal 2007 fino al 2021, non per gli anni 2006 e 2022 a cui si è dovuto apportare le dovute correzioni in quanto il rapporto non si era svolto per l'intero anno. Veniva, quindi, determinato l'ammortamento totale nella cifra di Euro 904.803,75, procedendo subito dopo ad attualizzare il valore del bene, attraverso la ricerca sul sito dell'Agenzia delle Entrate del "...valore di mercato che un immobile con destinazione commerciale, sito nella zona centrale del Comune di Bussolengo, poteva avere nel primo semestre dell'anno 2022..." individuandolo nell'importo di Euro 1.041.600,00, rendendo in tal modo possibile il calcolo dell'importo del deprezzamento dell'immobile "... sottraendo al costo di acquisto (Euro. 1.938.000,00) l'importo dell'ammortamento (904.803,75) e il valore dell'immobile (1.041.600,00), ottenendo il risultato di Euro. - 8.403,00 (Euro. 1.938.000,00 - (Euro. 904.803,75 + Euro. 1.041.600,00) = Euro. - 8.403,00) Risulta dunque evidente che il bene oggetto di leasing non ha subito nessuna svalutazione e pertanto l'importo del deprezzamento del bene è pari a zero.". Una volta determinato, mediante applicazione dei tassi leasing di legge, l'altra componente dell'equo compenso relativa alla remunerazione del capitale investito, quantificato in Euro 715.158,04, si è determinato l'equo compenso "...nell'importo complessivo di Euro. 715.158,04, oltre IVA ed oneri di legge, derivante dalla somma di Euro. 0 (deprezzamento del bene) e di Euro. 715.158,04 (remunerazione del capitale investito).', permettendo, infine, di quantificare il credito di restituzione di (...) nei seguenti termini "Considerato che l'ammontare complessivo delle rate di leasing pagate da parte convenuta è Euro. 1.085.689,41 e che l'importo dell'equo compenso, così come determinato dallo scrivente in forza del metodo sopraesposto, è di Euro. 715.158,04, ne deriva che (...) vanta, ai sensi dell'art. 1526 c.c., un credito nei confronti di (...) (già (...) di Euro. 370.531,37, oltre IVA ed altri oneri di legge.". Pertanto, ritenuto in applicazione del disposto di cui all'art. 1526, comma 1, c.c., che il concessionario ha diritto alla restituzione della quota del canone a titolo di acconto sul prezzo del bene, detratto quanto dovuto a titolo di equo compenso, la domanda riconvenzionale di parte resistente è da considerare fondata nei termini sopra esposti. Altresì, considerato che la (...) ha fornito prova documentale del rilascio dell'immobile a partire dal 31 maggio del 2022, circostanza mai contestata dalla ricorrente, non si darà luogo a nessun pronunciamento in ordine alla riconsegna del bene, dovendosi ritenere accertata sul punto la cessazione della materia del contendere. Inoltre, si dovrà ritenere accertata l'intervenuta risoluzione del contratto di locazione finanziaria di cui in causa, con decorrenza dalla data del 20/04/2016. In ordine alla statuizione sulle spese, si deve considerare la prevalente soccombenza della ricorrente, anche alla luce della mancata accettazione della proposta conciliativa del CTU, che prevedeva un importo di poco inferiore a quanto in seguito accertato dal consulente stesso e la compensazione delle spese di giudizio e della CTU. Proposta a cui, invece, aveva fornito il proprio consenso la società resistente. Pertanto, le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, a sensi del DM n. 147/2022, assunto quale scaglione di riferimento nei suoi valori medi quello compreso tra Euro 520.000,01 ed Euro 1.000.000,00 (valore domanda riconvenzionale Euro 782.809,74), ed operata una decurtazione del 40% rispetto alla fase istruttoria posto che sono state depositate le memorie ex art. 183 co VI cpc ma non si è proceduto all'espletamento di alcuna attività probatoria ulteriore rispetto alla CTU. P.Q.M. Il Tribunale di Firenze, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni altra questione ed eccezione disattesa e/o assorbita: - DICHIARA l'intervenuta risoluzione di diritto in data 20/04/2016 ex art. 21 delle condizioni generali del contratto e art. 1456 c.c., del contratto di locazione finanziaria n. 5494864 stipulato in data 14/09/2006; - ACCOGLIE la domanda riconvenzionale della resistente (...) (...) - CONDANNA (...), (...) e (...) in solido tra loro, ex art. 1526 c.c. a restituire alla (...) la somma di euro 370.531,37, oltre Iva, interessi legali ex art. 1284 IV comma c.c. e rivalutazione monetaria, dalla domanda fino al dì dell'avvenuto soddisfo; - CONDANNA (...), (...) e (...) al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 843,00 per esborsi, ed Euro 23.779,40 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15%, Iva e Cap come per legge, da distrarsi, ex art. 93 comma 1, c.p.c., a favore dei procuratori della (...) - PONE definitivamente e in via solidale le spese di CTU a carico delle parti soccombenti. Firenze, 10 giugno 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FIRENZE Terza sezione civile SENTENZA EX ART. 281 SEXIES CPC nella causa civile iscritta al n. 11213/2023 e promossa da: (...) PARTE RICORRENTE Contro (...) PARTE RESISTENTE SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso ex art. 281 decies cpc regolarmente notificato il Sig. (...) conveniva in giudizio (...) Banca per sentire: A) accogliere la domanda e, per gli effetti, accertare e dichiarare la nullità del contratto di finanziamento revolving, con conseguente diritto di restituire soltanto le somme ricevute in prestito al tasso legale, ai sensi dell'art. 1284, co. 3 c.c.; B) Con condanna della società convenuta al pagamento delle spese e competenze di lite. Si costituiva in giudizio la convenuta, la quale chiedeva: A) in via preliminare, dichiararsi inammissibilità e/o improcedibilità del ricorso per inesistenza insanabile di procura; l'incompetenza per territorio del Tribunale di Firenze per essere competente il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto quale foro esclusivo ai sensi dell'art. 29 del contratto; l'improcedibilità della domanda ai sensi dell'art. 5 D.Lgs. 28/2010 per mancato effettivo e valido esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione; B) in via subordinata e nel merito respingersi tutte le domande avversarie in quanto inammissibili e comunque infondate in fatto e in diritto. C) In via istruttoria ordinare alla parte ricorrente l'originale della procura alle liti di cui al ricorso e l'originale della delega in forza della quale il solo rag. (...) ha partecipato alla mediazione. In ogni caso con vittoria di spese e compensi di lite. La causa veniva istruita documentalmente e all'udienza del 7.05.2024 le parti precisavano le rispettive conclusioni come da note autorizzate e depositate. La causa veniva trattenuta in decisione ai sensi dell'art. 281 sexies III co. c.p.c. Oggetto di causa è un contratto di finanziamento stipulato con la (...) Banca Spa in data 7/12/2007 per l'acquisto di una moto marca Suzuki, collocato tramite un punto di vendita di un rivenditore appartenente alla grande distribuzione, (...) srl, di Alessandria, e la richiesta di una linea di credito con carta revolving. Il ricorrente sosteneva la procedibilità dell'azione in assenza di mediazione, in quanto per recente giurisprudenza è stato escluso il credito al consumo dalla sfera di operatività della mediazione obbligatoria, essendo una materia autonoma del diritto che si distingue in modo netto dai contratti bancari e finanziari cui fa riferimento l'art. 5 D.Lgs. 28/2010. Asseriva poi che detto contratto violava le norme sul collocamento e distribuzione dei prodotti finanziari in quanto concluso presso un esercizio convenzionato con (...) ma non con un agente in attività finanziaria, come richiederebbe la normativa in questione, e che l'attività del negoziante non si era limitata alla distribuzione di una carta di pagamento ma aveva invero raccolto una proposta contrattuale relativa all'apertura di una linea di credito utilizzabile anche mediante carta di credito di tipo revolving. Riteneva altresì che il contratto doveva considerarsi nullo per avere la parte proponente assunto un obbligo sottoposto a condizione sospensiva meramente potestativa in violazione dell'art. 1355 c.c., nonché per violazione dell'art. 117 TUB per mancanza di trasparenza e correttezza nel rapporto contrattuale tra l'intermediario e il cliente, poiché l'utilizzo di documentazione precontrattuale e contrattuale unitaria per due prodotti finanziari sostanzialmente diversi, non poteva in alcun modo soddisfare il requisito della forma scritta imposta dalla normativa a pena di nullità. Costituitasi in giudizio Parte resistente contestava la procura alle liti allegata al ricorso, in quanto la sottoscrizione del ricorrente risultava ictu oculi difforme da quella riportata nel contratto oggetto di causa e chiedeva che venisse ordinata la produzione del mandato in originale al fine di verificare l'apposizione della firma in merito al conferimento dell'incarico. Eccepiva poi l'incompetenza territoriale del Tribunale di Firenze in favore del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in quanto, all'art. 29 del contratto, era stato pattuito il foro esclusivo di residenza del cliente (emigrato dal Comune di Valdina al comune di Milazzo), coincidente peraltro col foro del consumatore previsto dall'art. 63 del Codice del Consumo, che tuttavia non veniva invocato in quanto ciò che si assumeva essere stata violata era, in primis, la pattuizione contrattuale. Sosteneva inoltre l'improcedibilità della domanda per mancato effettivo esperimento del procedimento di mediazione obbligatorio che, trattandosi di una controversia in materia di contratti bancari e finanziari, era stato inammissibilmente introdotto e concluso, sia perché attivato cumulativamente con altre nove soggetti diversi, sia perché era comparso in loro rappresentanza, con delega di tutti gli attivanti e presentata su un unico documento, il rag. (...). Tale modalità era quindi da considerarsi inaccettabile perché le singole posizioni, essendo distinte e diverse, non potevano essere trattate unitariamente e per di più a mezzo di un rappresentante non munito di adeguata procura. Deduceva che tale contratto e apertura di credito erano stati sempre utilizzati senza alcuna contestazione da parte del ricorrente, il quale aveva anzi tratto dal rapporto tutti i vantaggi e i benefici richiesti, pur nella convinzione di tale nullità. Riteneva pertanto che lo stesso aveva tenuto una condotta contraria a buona fede e che per tale motivo, in applicazione dell'art. 1338 c.c., doveva essere condannato a risarcire il danno alla parte che aveva continuato ad erogargli il credito in tutti questi anni. Asseriva poi che in tale ipotesi assumeva rilievo sia l'istituto della decadenza,- intesa come il compimento di quelle attività che devono essere svolte entro un termine perentorio,-come appunto la contestazione dell'estratto conto, sia quello della prescrizione, che ormai era del tutto maturata in relazione ai movimenti bancari risalenti a più di dieci anni fa e mai contestati, la cui azione di ripetizione era peraltro inammissibile in presenza di un conto corrente non ancora estinto. Nel merito, la convenuta faceva presente che il ricorrente aveva sottoscritto il contratto in ogni sua parte e in maniera del tutto consapevole e che in esso erano stati riportati per iscritto tutti gli elementi essenziali previsti dalla normativa in materia. Conseguentemente nessuna scarsa trasparenza si riscontrava in tale modulo contrattuale, che non poteva essere dichiarato nullo o di nessun effetto, ma poteva, tutt'al più, raffigurare una qualche nullità di protezione. Sottolineava poi che il ricorrente, invocando la violazione della riserva di attività in favore degli agenti in attività finanziaria, incorreva in errore, in quanto la promozione di carte magnetizzate tramite fornitori di beni convenzionati, all'epoca della stipula del contratto, era ampiamente consentita. L'attività prestata dall'impresa convenzionata era quella di identificare il cliente e semmai di promuovere il contratto, che veniva invece stipulato e concluso direttamente dalla (...). Il rivenditore era in sostanza un passacarte. Il collocamento di linea di credito con carta era pertanto consentito a soggetti diversi dagli agenti in attività finanziaria, senza che questo comportasse la violazione della riserva di legge. La situazione era poi mutata radicalmente con l'entrata in vigore del D.L.gs 13 agosto 2010 n. 141, con cui era stato ampliato lo spettro della riserva di legge in favore degli agenti in attività finanziaria, ma poiché si era trattato di una riforma successiva al rapporto qui dedotto, parte resistente sosteneva che non poteva comprendere i contratti stipulati antecedentemente. In egual modo contestava l'applicabilità della comunicazione del 20.4.2010 della Banca d'Italia, poiché contenente raccomandazioni circa la condotta da tenere in futuro per il rilascio di carte revolving e pertanto, anche questa, poiché successiva alla conclusione del contratto in oggetto, non aveva valore nel caso de quo. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente si ritengono infondate sia l'eccezione sulla procura alle liti sollevata da parte convenuta, sia la relativa richiesta di produzione in originale di suddetta procura. Tale richiesta avrebbe avuto lo scopo di comparare le due firme di "(...)", - quella apposta sul contratto e quella apposta sulla procura-, in quanto quest'ultima, a parere di parte resistente, veniva ritenuta difforme da quella riportata sul contratto. Tale assunto non merita però accoglimento. Il motivo consiste nel fatto che la discrepanza eccepita dalla (...) non è giustificata da elementi o argomentazioni, né evidenti, né validi (rilevabili ictu oculi), ma semmai di personale convincimento, e la richiesta così come formulata avrebbe solo determinato una protrazione della fase istruttoria priva di qualsiasi utilità. La contestazione sulla difformità avrebbe dovuto essere specifica e determinata e avrebbe dovuto essere accompagnata da dati di riscontro. Sarebbe stato onere del resistente, quindi, fornire la prova della non autenticità di una sottoscrizione, eventualmente producendo documenti adeguati e atti a corroborare il proprio assunto: onere che nel caso di specie non è stato in alcun modo assolto. Da qui la valutazione della non necessità della produzione. Ugualmente infondata è l'eccezione di incompetenza per territorio sollevata da parte resistente in favore del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in quanto la clausola contrattuale, all'art 29, prevedeva testualmente che " ........unico foro esclusivo sarà quello di competenza del consumatore", e nessuna designazione convenzionale al foro di Barcellona pozzo di Gotto in via esclusiva veniva nella specie concordata dalle parti, le quali rimandavano solamente al foro del consumatore. Il Foro del consumatore era nella specie il Foro di Barcellona Pozzo di Gotto (Me) poiché il sig. (...) lì risiedeva, ma nessuna specifica pattuizione a favore dello stesso veniva chiaramente disposta. Infatti la designazione convenzionale di un foro, in deroga a quello territorialmente stabilito dalla legge, attribuisce al foro designato dalle parti la competenza esclusiva soltanto se risulta un'enunciazione espressa che non lasci adito ad alcun dubbio sulla comune intenzione delle parti di escludere la competenza dei fori ordinari (Cass. 18.04.2000 n. 5030 - Cass. 4.03.2005 n. 4757). Va altresì respinta l'eccezione di improcedibilità della domanda per non essere stata preceduta dall'esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, per i motivi che seguono, anche se parimenti non accoglibile è l'assunto di parte ricorrente in merito alla procedibilità dell'azione in assenza di mediazione obbligatoria. Va innanzitutto precisato che, in linea con l'interpretazione resa da questo Tribunale riguardo all'obbligatorietà della mediazione in una fattispecie analoga alla presente (Trib. Firenze, sent. n. 318/2024 Dott. Castagnini), il rapporto negoziale di cui è causa può ricondursi alla nozione di contratti bancari e finanziari prevista dal D.Lgs. 28/2010, dal momento che si tratta di contratti di finanziamento disciplinati dal TUB e che le banche e gli intermediari finanziari sono i soggetti autorizzati ad erogare finanziamenti a titolo professionale e, conseguentemente, sottoposti alla vigilanza della Banca d'Italia. Chiarito ciò, la Suprema Corte ha stabilito che nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. 28/2010 e successive modifiche, è necessaria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore. Il novellato art. 8, entrato in vigore il 30.06.2023, e come tale applicabile, ratione temporis, al procedimento mediatizio in esame, introdotto con domanda del 6.10.2023, stabilisce al comma 4 che " le parti ......in presenza di giustificati motivi possono delegare un rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la composizione della controversia....". Tale normativa nel periodo emergenziale, è stata resa più flessibile in quanto il legislatore, vista la difficoltà di rispettate gli incontri in presenza, ha statuito la possibilità di svolgere gli incontri di mediazione in via telematica, e la riforma Cartabia, con l'introduzione del nuovo art. 8 bis del D.Lgs. 28/2010, ha ampliato l'accesso a tale modalità. Infatti al comma 2 si prescrive: "ciascuna parte può chiedere al responsabile dell'organismo di mediazione di partecipare da remoto o in presenza". Orbene dalla lettura del verbale del procedimento di mediazione in atti del 5.12.2023, attivato presso l'Organismo (...) di Firenze, risulta che sono comparsi in video conferenza il ricorrente, altri soggetti come lui proponenti, e il rag. (...) in loro rappresentanza, quale soggetto delegato. Dall'incontro emerge che le parti non addivenivano ad una conciliazione della controversia, ma sulla base di tali risultanze appare provato che il procedimento di mediazione veniva regolarmente ed effettivamente attivato, e che la parte era presente telematicamente, e non assente senza giustificato motivo come erroneamente affermato da (...). Occorre poi rilevare, contrariamente all'assunto di parte resistente, la insussistenza dei dedotti motivi di invalidità della mediazione " cumulativa", non ravvisandosi alcuna preclusione normativa in tal senso e potendosi sostanzialmente ritenersi giustificata dalla connessione oggettiva fra le varie domande proposte, rappresentanti un unico centro di interesse e cioè quello di ottenere una pronuncia di nullità contrattuale per finanziamenti conclusi con carta revolving. L'eccezione di improcedibilità è stata quindi superata dalla mediazione svolta nel corso del giudizio, seppure senza accordo, che ha assorbito ogni altra questione dedotta in merito. Non accoglibile è poi quanto sostenuto da (...) là dove ritiene che il contenuto degli estratti conto e le varie comunicazioni inviate al ricorrente, e mai contestate, devono considerarsi come approvati, in quanto il Sig. (...) non contesta la verità effettuale e contabile delle singole annotazioni, o la loro conformità a rapporti obbligatori inter partes, bensì la validità delle varie pattuizioni. Il ricorrente non è pertanto impedito nel sollevare contestualmente eccezioni in ordine alla validità ed efficacia dei rapporti obbligatori dai quali derivano gli addebiti, senza che tale condotta lo faccia incorrere in una attività ontologicamente opposta alla volontà di chiedere la nullità contrattuale. La declaratoria di nullità richiesta conserva un interesse concreto ed attuale, dal momento che la pronuncia di nullità contrattuale è la più grave forma di invalidità negoziale, poiché esprime una valutazione negativa del contratto che presenta un vizio strutturale o un profilo di illiceità. La Banca quindi non può lamentarsi della tempistica con cui il ricorrente ha proceduto all'azione di accertamento, non potendo questo comportamento essere censurato per aver agito il sig. (...) giudizialmente solo una volta appresa l'illegittimità della pattuizione. L'iniziativa giudiziaria in essere non può quindi essere imputabile a comportamenti scorretti o in violazione del principio di buona fede, dal momento che il ricorrente ha provveduto periodicamente agli adempimenti frutto del contratto, nell'ignoranza dell'invalidità dello stesso. Ora nel caso di specie l'interesse a non eseguire più i pagamenti fissati nel contratto e alle condizioni economiche così come pattuite, profila di per sé, una volta accertata la nullità del contratto, un interesse valido e concreto per agire in giudizio, a prescindere da ulteriori richieste di condanna. Non è infine condivisibile l'assunto secondo il quale le nullità del contratto, qualora fossero configurabili, apparterrebbero tutt'al più al genus cosiddetto di "protezione", - una forma cioè peculiare di nullità parziale, dove la presenza di una clausola nulla non inficia l'intero contratto, - in quanto lo stesso viola norme che sono poste alla tutela di interessi generali, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1418 cc, come l'assenza della forma scritta, che rappresenta appunto un requisito essenziale. Da qui parimenti infondate sono poi le eccezioni di prescrizione e decadenza invocate dalla Banca. In punto di decadenza va ricordato come, secondo l'opinione prevalente e condivisibile, l'estratto conto bancario sia considerato soltanto un documento contabile, atteso che le relative operazioni bancarie in esso riassunte e menzionate rappresentano l'esecuzione di un unico negozio da cui derivano il credito e il debito della banca verso il cliente. Pertanto la mancata tempestiva contestazione dell'estratto conto, rende inoppugnabili gli accrediti e gli addebiti solo sotto il profilo contabile, ma non sotto quelli della validità ed efficacia dei rapporti obbligatori dai quali derivano le partite inserite nel conto. (Cass.n. 20221/2015, Cass. n. 26318/2008, Cass. n. 18626/2003). Per quanto attiene poi al termine di prescrizione, quello applicabile è quello decennale ex art. 2946 cc, e sul punto è intervenuta la Suprema Corte (Cass. 15 gennaio 2013, n. 798), rilevando che il termine di prescrizione per l'azione di ripetizione non decorre, nè dalla data di chiusura del conto, né dall'annotazione dell'addebito o dell'accredito, ma ciò che rileva è se il correntista abbia versato somme di denaro alla banca con finalità di adempimento del debito o no. La soluzione si fonda dunque sul discrimen tra rimesse solutorie e rimesse ripristinatorie: se i versamenti effettuati dal correntista sono al di sotto del fido concesso dalla Banca non hanno natura solutoria, in quanto funzionali al ripristino della provvista del conto corrente; se invece sono extra fido, ovvero sul conto passivo non assistito da apertura di credito, hanno natura solutoria. Nella fattispecie in esame, essendo il credito revolving, come si vedrà, una forma di apertura di credito nella quale il fido si ricostituisce man mano che si effettuano i rimborsi, consentendo all'utilizzatore di effettuare ulteriori spese, i pagamenti effettuati presentano una natura prettamente ripristinatoria e non solutoria in favore della Banca. Il dies a quo del termine di prescrizione non può quindi iniziare a decorrere né dalla stipula del contratto, né tanto meno dalla contabilizzazione degli interessi, ma dal pagamento dell'ultima rata (nello specifico avvenuto a gennaio 2022). Né rileva poi il fatto che nel caso di specie il conto corrente non sia ancora estinto in quanto, sulla base dell'orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. n. 798/2013), il correntista, ove il conto corrente sia sempre in essere, non potrà proporre azione di ripetizione dell'indebito non avendo la banca esatto la restituzione del saldo finale, ma potrà agire per far dichiarare la nullità del titolo su cui gli addebiti contra legem si basano. Nel merito la domanda di nullità del contratto del ricorrente è fondata e merita accoglimento. La tesi sostenuta dalla domanda attorea, che fonda la corretta qualificazione della controversia in concessione del credito e del suo oggetto, costituito dal rilascio di carta pubblico dell'agenzia in attività finanziaria, indicata nell'articolo 1, co. 1, lettera N, è riservata ai soggetti iscritti in un elenco istituito presso l'UIC......". In tale direzione propendono anche le circolari della Banca di Italia, chiarendo, che proprio in relazione alla promozione finanziaria avente ad oggetto carte "revolving", è vigente l'obbligo degli intermediari finanziari di avvalersi di agenti in attività finanziaria, ovvero di figure professionali specificatamente disciplinate ai fini della promozione e della conclusione di contratti di finanziamento, con la conseguenza che, qualora tale attività sia posta in essere direttamente dall'agente commerciale, essa dovrà ritenersi nulla, sempre che risulti dimostrato il reale utilizzo dello strumento di credito. (Conf.ABF collegio Napoli 9474/15, conf.ABF Roma 3574/12.) Nel caso in esame appare chiaro, dalla documentazione prodotta dal ricorrente, che il Sig. (...) sottoscriveva in data 7/12/2007 con (...) un contratto di finanziamento per l'acquisto presso un rivenditore autorizzato di una moto marca Suzuki e aderiva contestualmente all'apertura di una linea di credito. Ne deriva che l'attività del rivenditore non si era limitata alla sola raccolta della proposta contrattuale del richiedente, per poi trasmetterla alla (...), come sostiene parte convenuta, ma si era anche oltre modo sviluppata con l'apertura di una linea di credito utilizzabile tramite una apposita carta revolving rilasciata dalla banca e non finalizzata unicamente all'acquisto del bene venduto dal rivenditore, in totale violazione dunque della richiamata normativa. In proposito occorre osservare come la carta di credito revolving non era solo una carta di pagamento, ma era soprattutto uno strumento per ottenere credito. Vanno quindi disattese le eccezioni sollevate da parte resistente tese a dare una interpretazione dell'art. 3 del D.Lgs. 374/99 diversa da quella fino ad oggi consolidata, anche in merito alla non applicabilità della normativa succeduta alla conclusione del contratto, in quanto detta normativa è di natura pubblicistica, volta cioè a regolamentare e disciplinare il settore del credito, e persegue quindi un interesse che trascende il diritto del singolo cliente. La sua violazione comporta, pertanto, la nullità del contratto, ai sensi dell'art. 1418 cc, per violazione di norma imperativa. Né è parimenti condivisibile la tesi del resistente in relazione all'applicabilità della riserva di legge di cui all'art 2 del d. MEF n. 485/2001, con la quale si dispone la deroga alla richiesta di qualificazione del personale, poiché essa è limitata al finanziamento del bene contestualmente venduto e alla distribuzione di carte di pagamento, cioè al caso di operazioni semplici e di importo contenuto. Nel caso di specie l'attività del negoziante non si era tradotta in una semplice distribuzione di una carta di pagamento, ma si era concretizzata nella raccolta di una domanda relativa ad una vera e propria linea di credito, di tipo revolving, non finalizzata all'acquisto del bene da lui venduto, ma finalizzata a concedere credito al titolare, che poteva acquistare pur in difetto di diponibilità, salvo poi rimborsare il dovuto secondo le modalità e condizioni concordate. In sostanza l'attività prestata dal rivenditore non ha riguardato un'operazione di credito al consumo in senso stretto ai sensi del decreto sopra richiamato, ma ha sconfinato l'ambito prescritto, in violazione della richiamata normativa primaria e regolamentare. Il contratto nullo non può produrre effetti. Pertanto da tale declaratoria, che accoglie la domanda del ricorrente, deriva la conseguenza che il rimborso del capitale utilizzato dal Sig. (...) alla (...) deve esser gravato degli interessi secondo il tasso legale tempo per tempo vigente ai sensi dell'art. 1284, co. 3 c.c., quale corrispettivo minimo ex lege per aver comunque goduto delle somme ricevute a far data dal primo utilizzo della linea di credito, e non quello previsto nel contratto. Le spese legali seguono la soccombenza e si liquidano secondo i parametri minimi previsti dal D.M. n. 55/2014, trattandosi di causa documentale, con esclusione della fase istruttoria e decisoria, in considerazione poi del fatto che il difensore risulta aver già avanzato analoghe domande anche presso questo Tribunale, e con riferimento alle cause di valore indeterminabile. P.Q.M - Rigetta le eccezioni preliminari; - accerta e dichiara la nullità del contratto di concessione di linea di credito con carta revolving, oggetto di causa; - accerta e dichiara il diritto di parte ricorrente di rimborsare il capitale con applicazione degli interessi calcolati al tasso legale tempo per tempo vigente; - Condanna parte resistente a rimborsare in favore di parte ricorrente le spese di giudizio che si liquidano in Euro 849 per compensi ed Euro 145,50 per esborsi, oltre 15% per spese generali, CPA ed IVA come per legge. - Distrae il pagamento delle spese processuali in favore del difensore di parte ricorrente. Si comunichi Firenze, 7 giugno 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE 03 Terza sezione CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Vincenza Ruggiero ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 6481/2023 promossa da: (...), con il patrocinio dell'avv. RU.AN. elettivamente domiciliato in (...) FOGGIA presso il difensore avv. RU.AN. PARTE ATTRICE contro (...), con il patrocinio dell'avv. BA.SA. elettivamente domiciliato in (...) FIRENZE presso il difensore avv. BA.SA. PARTE CONVENUTA Oggetto: contratti e obbligazioni Conclusioni: come in atti Preliminarmente, deve darsi atto che la presente sentenza viene estesa senza la concisa esposizione dello "svolgimento del processo" e, dunque, ai sensi del combinato disposto degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp.att. c.p.c.; pur se superflua, perché la sentenza semplificata è l'effetto di una disposizione legislativa, tale premessa appare opportuna trattandosi di una disposizione che modifica la tecnica diffusa di far ricorso a moduli compilativi più complessi; tra l'altro, le prescrizioni di legge e regolamentari circa la necessità di smaltire i ruoli esorbitanti e contenere la durata della cause impongono l'applicazione di uno stile motivazionale sintetico che è sicuramente stile più stringente alle disposizioni di legge secondo cui gli atti di parte e i provvedimenti del giudice depositati con modalità telematiche sono redatti in maniera sintetica. Inoltre, l'art. 281 sexies c.p.c. dispone che il giudice pronuncia sentenza al termine della discussione dando lettura del dispositivo e solo della "concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione". Giova comunque evidenziare che con ricorso ex art. 281 decies cpc regolarmente notificato, il sig. (...) conveniva in giudizio la (...) per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: "(...) Accogliere la domanda e, per gli effetti, accertare e dichiarare la nullità del contratto di finanziamento revolving, con conseguente diritto di restituire soltanto le somme ricevute in prestito al tasso legale, ai sensi dell'art. 1284, comma 3°, c.c. b) Con condanna della Società convenuta al pagamento delle spese e competenze di lite". All'uopo deduceva che: "Il ricorrente ha stipulato in data 26.11.04 con la (...) il contratto di finanziamento per l'acquisto di un elettrodomestico. Con il medesimo contratto è stata concessa una linea di credito con carta, c.d. carta revolving (cfr. contratto, all. 1, di cui si riporta uno stralcio: OMISSIS b) Il contratto di apertura di credito tramite carta, sottoscritto per l'acquisto di un elettrodomestico, è stato collocato tramite un venditore di elettrodomestici appartenente alla grande distribuzione (contratto, all. 1, di cui si riporta uno stralcio: OMISSIS c) Per tale ragione il detto contratto viola le norme sul collocamento e distribuzione dei prodotti finanziari secondo cui, per la promozione e per la conclusione di contratto di finanziamento, gli intermediari finanziari devono avvalersi degli agenti in attività finanziaria, disciplinati dal D.Lgs. n. 374/1999. d) La violazione delle norme sul collocamento e distribuzione dei prodotti finanziari comporta la nullità del contratto di finanziamento tramite carta per violazione della disciplina pubblicistica di settore, con conseguente obbligo per l'Intermediario di restituire al cliente tutte le spese e gli interessi connessi al finanziamento ovvero di scorporarli dalla maggior somma dovuta dallo stesso nella misura di cui all'estratto conto storico (all. 2). e) Va aggiunto che un siffatto accordo contrattuale è altresì nullo in quanto la parte proponente assume un obbligo sottoposto ad una condizione sospensiva meramente potestativa, dipendente dal proprio arbitrio, in violazione dell'art. 1355 c.c., nonché per violazione dell'art. 117 TUB, la cui ratio è proprio quella di garantire la piena e completa trasparenza dei rapporti contrattuali tra l'(...) ed il cliente, allo scopo di consentire a quest'ultimo di conoscere e verificare analiticamente le condizioni contrattualmente previste. L'istante ha diritto ed in interesse alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento di carta revolving ed all'accertamento della restituzione all'Intermediario delle sole somme prese in prestito al tasso legale, da quantificarsi in un separato giudizio." Si costituiva la (...) chiedendo il rigetto della domanda sollevando eccezioni sia in diritto che in fatto. MOTIVI DELLA DECISIONE Sull'eccezione di improcedibilità per mancata partecipazione della parte personalmente alla mediazione delegata dal Giudice: l'eccezione è infondata. La Suprema Corte ha affermato che nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal d.lg. n. 28 del 2010 e successive modifiche, è necessaria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore, assistite dal difensore; nella comparizione obbligatoria davanti al mediatore la parte può anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, eventualmente nella persona dello stesso difensore che l'assiste nel procedimento di mediazione, purché dotato di apposita procura sostanziale (Cass. 8473/2019, conf. Cass. 20643/2023). La Cassazione sul punto ha osservato che l'art. 8, "dedicato al procedimento, prevede espressamente che al primo incontro davanti al mediatore debbano essere presenti sia le parti che i loro avvocati." "La previsione della presenza sia delle parti sia degli avvocati comporta che, ai fini della realizzazione delle condizione di procedibilità, la parte non possa evitare di presentarsi davanti al mediatore, inviando soltanto il proprio avvocato". Allo stesso tempo ha precisato che "la necessità della comparizione personale non comporta che si tratti di attività non delegabile. In mancanza di una previsione espressa in tal senso, e non avendo natura di atto strettamente personale, deve ritenersi che si tratti di attività delegabile ad altri...Perciò, la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi liberamente sostituire, da chiunque e quindi anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell'avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista". Dall'esame delle sentenze della Cassazione in siffatta materia non si evincono quindi espressi limiti alla scelta della parte di conferire ad un soggetto terzo munito di idonei poteri rappresentativi sul piano sostanziale ed a conoscenza dei fatti. L'art. 7 lett. h del D.Lgs. 149/2022 in attuazione della Legge Delega n. 206/2021 ha modificato tuttavia l'art. 8 D.Lgs. 28/2010 prevedendo al comma 4 che "Le parti partecipano personalmente alla procedura di mediazione. In presenza di giustificati motivi, possono delegare un rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la composizione della controversia. I soggetti diversi dalle persone fisiche partecipano alla procedura di mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la composizione della controversia. Ove necessario, il mediatore chiede alle parti di dichiarare i poteri di rappresentanza e ne dà atto a verbale". All'introduzione dei "giustificati motivi" non corrisponde una nozione legislativa che li definisca, non essendo tra l'altro possibile, a parere di questo Giudice, tipicizzare le ragioni che rendono necessaria la nomina di un rappresentante. Spetta piuttosto al giudice valutare le ragioni che hanno indotto a rilasciare la procura. Orbene, ritiene questo Giudicante che nel caso in esame possono ritenersi validi i motivi giustificativi evidenziati dalla parte ricorrente la quale, con condotta ben diversa da chi decide inopinatamente di non partecipare alla mediazione, ha ritenuto di farsi rappresentare non solo dal difensore ma anche da un soggetto terzo, tra l'altro presidente di un'associazione di consumatori. Quanto alla procura conferita allo stesso, rag. (...) essa non può ritenersi affetta da nullità in quanto consente di determinare con sufficiente chiarezza la controversia oggetto di mediazione dal momento che è pacifico che non sono state instaurate dal ricorrente altre procedure contro (...) dinanzi al Tribunale di Firenze; l'espressione "azione di ripetizione" non può ritenersi incompatibile con il petitum azionato poiché che dall'accertamento della nullità del contratto discende il diritto, di cui si chiede l'accertamento, di versare esclusivamente gli interessi legali e quindi, in sostanza, di ottenere la restituzione/rettifica degli interessi ultralegali indebitamente conteggiati. Si ritiene infondata anche l'eccezione di prescrizione svolta da parte convenuta, dal momento che il ricorrente ha svolto solo una domanda di accertamento della nullità contrattuale, che è imprescrittibile, e l'ulteriore domanda di accertamento della misura dovuta degli interessi non è che il riflesso contabile di quella nullità (cfr. in questo senso Cass. n. 3858/2021, con riferimento al contratto di c/c). Infondata altresì l'eccezione di decadenza: per consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr., ex multis, Cass. 6514/2007) la mancata tempestiva contestazione ex art. 1832 c.c. degli estratti di conto corrente da parte del correntista nel termine contrattualmente previsto rende inoppugnabili gli accrediti e gli addebiti solo sotto il profilo meramente contabile, ma non impedisce la contestazione della validità e dell'efficacia dei rapporti obbligatori da cui essi derivano. Pertanto, nell'ipotesi in esame, in cui si controverte in tema di nullità del contratto, nessuna rilevanza può assumere ai fini dell'ammissibilità dell'accertamento la mancata contestazione degli estratti di conto corrente nel suddetto termine. Nel merito la domanda formulata dal ricorrente è fondata e merita accoglimento. Circa la legittimazione del fornitore di un bene o servizio a svolgere attività di promozione e conclusione di una linea di fido revolving, deve ritenersi condivisibile l'orientamento adottato dai collegi territoriali dell'Arbitro Bancario e Finanziario e da questo Tribunale, secondo cui la disciplina di cui all'art. 3 del D.Lgs. n. 374/1999 ("L'esercizio professionale nei confronti del pubblico dell'agenzia in attività finanziaria, indicata nell'articolo 1, comma 1, lettera n), è riservato ai soggetti iscritti in un elenco istituito presso l'UIC") può essere derogata solo nell'ipotesi di promozione e conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti di finanziamento per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari (credito finalizzato), nel cui ambito non è comunque ricompresa l'attività di promozione e conclusione di contratti di credito revolving. Anche se la distribuzione di carte di pagamento è eccezionalmente permessa in deroga alla disciplina degli agenti in attività finanziaria, va rilevato che il credito revolving non costituisce una semplice carta di pagamento, risolvendosi piuttosto in una operazione di prestito complessa e onerosa. L'intento perseguito dal legislatore è quello di assicurare il contatto del cliente che richiede prodotti finanziari con personale qualificato e preparato, in grado consigliare e indirizzare verso i prodotti più idonei alle esigenze effettivamente sussistenti. La deroga alla richiesta qualificazione del personale è eccezionale ed è limitata al finanziamento del bene contestualmente venduto e alla distribuzione di carte di pagamento, cioè al caso di operazioni semplici e di importo contenuto. L'illegittimità della prassi di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti di finanziamento non finalizzati, fra cui l'emissione di carte di credito revolving, è stata tra l'altro stigmatizzata anche dalla Banca d'Italia con la Comunicazione del 20-042010, con la quale si richiamano l'art 3 dlgs. 374/99 e il Regolamento MEF del 2001, sopra citati. Orbene, venendo al caso di specie, va rilevato che l'attività del negoziante non si è limitata alla distribuzione di una carta di pagamento, contrariamente a quanto sostenuto dalla (...) ma lo stesso ha raccolto una proposta contrattuale relativa alla apertura di una linea di credito, utilizzabile anche mediante carta di credito, di tipo revolving. Peraltro, tale tipo di credito è quello che prevede i costi più elevati e presenta con frequenza il rischio di scarsa trasparenza e chiarezza, cui non si sottrae il contratto in esame. Il numero delle clausole, la scrittura minuta e quasi illeggibile del testo del contratto, contribuiscono a rendere l'informativa tutt'altro che rapida e chiara, in evidente contrasto con le finalità della normativa posta a tutela del consumatore. Ciò chiarito, la inosservanza delle norme sul collocamento e distribuzione di prodotti finanziari, non può che essere sanzionata con la conseguente nullità del contratto, avendo concretizzato una violazione della disciplina pubblicistica di settore, avente natura imperativa, volta a regolamentare il settore del credito e, come tale, preordinata al perseguimento di un interesse che trascende il singolo soggetto/cliente. (in tal senso, ex plurimis, Cass. n. 4800/99: "L'esercizio dell'attività di intermediazione finanziaria richiede, quale condizione necessaria, l'iscrizione al ruolo degli agenti in affari di mediazione; in difetto, il contratto è nullo"; conforme Cass. n. 3272/01). Ne consegue che va accolta la censura di nullità avanzata da parte ricorrente; le somme ricevute in prestito a titolo di finanziamento revolving dovranno dunque essere restituite non al tasso di interesse pattuito, dichiarato nullo, quanto piuttosto al tasso legale di interesse ex art. 1284 co. 3 c.c. quale corrispettivo minimo per aver goduto delle somme ricevute (in questi termini, ABF Collegio di Napoli n.2436/2022; ABF Collegio di Palermo, decisione n. 25085/21). In merito poi al comportamento tenuto dal ricorrente ritenuto viziato da mala fede per avere beneficiato per anni della linea di credito revolving senza aver mai contestato alcunché, va rilevato che il sig. (...), risulta aver agito sempre in buona fede, avendo lo stesso sempre rispettato il pagamento delle rate e le altre condizioni contrattuali, ovviamente ignorando che il contratto non fosse perfettamente valido. La tesi della resistente presuppone infatti che il consumatore conoscesse fin dall'inizio la causa di nullità, mentre la natura del contraente debole, come tale non informato, fa presumere che nulla potesse sapere e che anzi confidasse nella validità del contratto per tutti gli anni di esecuzione. Appare ovvio che solo dopo che è venuto a conoscenza che il contratto così come aveva concluso non era conforme alle normative, il (...) ha azionato il suo diritto al fine di ottenere la nullità del medesimo. A nulla rileva il fatto che lo stesso non abbia mai contestato gli estratti conto della banca, dal momento che il medesimo non contesta la verità effettuale e contabile delle singole annotazioni, bensì la validità delle varie pattuizioni alla base delle quali sta il rapporto obbligatorio. Le spese seguono la soccombenza, con liquidazione che deve tenere conto del valore della controversia e con una riduzione derivante dal numero limitato di udienze e dall'attività effettivamente espletata dal difensore, anche in ragione della natura sommaria del procedimento in oggetto, e con fase di mediazione al minimo stante l'unicità dell'incontro. PQM Il Tribunale di Firenze, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa promossa come in narrativa, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede: 1. accoglie la domanda formulata da (...) e per l'effetto dichiara la nullità del contratto di concessione di linea di credito con carta revolving, oggetto di causa; 2. dichiara l'obbligo di parte ricorrente di restituire esclusivamente le somme in capitale ricevute al tasso legale di volta in volta vigente; 3. condanna (...) al pagamento in favore del ricorrente delle spese del presente giudizio che si liquidano in euro 2.000,00 per compenso, oltre rimborso del contributo unificato e delle spese vive di mediazione, oltre Euro 662,00 per il procedimento di mediazione, oltre al rimborso spese generali, I.V.A. e Cassa Previdenza Avvocati come per legge. Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura alle ore 19,23 in assenza delle parti rinunzianti a presenziare ed allegazione al verbale. Firenze, 16 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FIRENZE SEZIONE II CIVILE Il Tribunale, in composizione monocratica nella persona del Giudice onorario dott.ssa. Micaela Picone ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 9968/2021 promossa da: (...) persona del legale rappresentante pro-tempore dott. (...) con avv. (...) giusto mandato in atti Attrice contro (...) con avv.te (...) giusto mandato in atti Convenuta nonché contro (...) in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, con avv. (...) giusto mandato in atti Terza chiamato in causa OGGETTO: risarcimento danni infiltrazioni CONCLUSIONI: per come rassegnate dalle parti all'udienza del 2 ottobre 2021 RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Si omette l'analitica esposizione dello svolgimento del processo e la motivazione che segue è redatta ai sensi dell'art. 16-bis, comma 9-octies (aggiunto dall'art. 19, comma 1, lett. a, n. 2- ter, D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132) decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 secondo cui gli atti di parte e i provvedimenti del giudice depositati con modalità telematiche sono redatti in maniera sintetica; pertanto, per quanto riguarda domande, eccezioni e richieste conclusive delle parti, si rinvia agli atti processuali delle medesime ed ai verbali delle udienze. La (...) proprietaria di un appartamento al piano secondo del fabbricato condominiale posto a Firenze, indirizzo ha convenuto davanti al Tribunale di Firenze la sig.ra (...) (...) chiedendo di accertare l'esclusiva responsabilità della stessa per i danni causati dalle infiltrazioni di acqua provenienti dall'appartamento sovrastante di proprietà della medesima nel novembre 2020. La società attrice ha assunto che la percolazione d'acqua avrebbe provocato la caduta di un grosso lampadario che si sarebbe riempito d'acqua e che, staccandosi dal soffitto, avrebbe infranto un tavolo con il piano di cristallo e danneggiato irrimediabilmente delle sedie, un divano e un mobile. Inoltre, ha lamentato di aver sostenuto danni al soffitto ed al parquet nonché sostenuto i costi per le perizie di parte, per le spese di deumidificazione oltre al danno emergente per il mancato introito del canone di locazione per 5 mesi. Infine, la (...) ha affermato di aver ricevuto dall' (assicurazione del condominio la minor somma di Euro 6.830,00 trattenuta in acconto al maggior avere e sulla scorta di tali allegazioni, ha rassegnato le seguenti conclusioni "Piaccia all' IIImo Tribunale di Firenze, in accoglimento della domanda attrice, dichiarare per i motivi di cui in narrativa, la esclusiva responsabilità della Sig.ra (...) nell'aver provocato il sinistro di cui in premessa e per l'effetto condannarla al risarcimento a favore di (...) nella misura di Euro 12.470,00 od a quella maggiore o minore che risulterà di giustizia, con gli interessi dal dì del dovuto al saldo effettivo e con la rivalutazione monetaria. Con vittoria di spese e di compensi di causa e con sentenza munita di clausola di provvisoria esecuzione ". Nel costituirsi in giudizio la sig.ra (...) in via preliminare ha eccepito l'improcedibilità della domanda per non aver parte attrice esperito il procedimento di negoziazione assistita ai sensi dell'art. 3 del D.l. n. 132 del 2014 (convertito in L. n. 162 del 2014), bensì un procedimento di mediazione volontaria; sempre in via preliminare, ha formulato istanza di chiamata in causa del terzo (...) per essere da questa rilevata indenne, in virtù della polizza contratta dal Condominio di Via (...), per tutti i danni e le spese che si trovasse a dover corrispondere all'attrice, nei limiti del massimale di polizza; nel merito ha istato per il rigetto delle domande spiegate nei suoi confronti. In particolare, la sig.ra (...) ha assunto la totale assenza di prova dei presupposti relativi alla responsabilità contro di lei invocata dalla (...) non essendo specificata in citazione la dinamica del sinistro, così come non allegato né provato il nesso causale tra il danno e la cosa, essendosi la stessa limitata a quantificare il preteso (e contestato) danno. Ritualmente evocata in giudizio con atto di citazione, la (...) di Assicurazione (...) (...) si è costituita in giudizio contestando nel merito le domande svolte da parte attrice, ritenute infondate sia in fatto che in diritto, e chiedendo, in ogni caso, che l'importo già concordato e liquidato alla stessa (...) venisse dichiarato satisfattivo. All'esito della concessione dei richiesti termini ex art. 183 epe, VI comma, rigettata l'istanza attorea volta alla rimessione in termini per il deposito delle memorie istruttorie (vedi ordinanza del 14 luglio 2022), la causa è stata istruita con la sola acquisizione della documentazione prodotta dalle parti. Viene decisa sulle conclusioni rassegnate dalle parti a seguito di concessione dei richiesti termini ex art. 190 cpc. In via preliminare deve essere disattesa l'eccezione di improcedibilità della domanda attorea per mancato esperimento del procedimento di negoziazione assistita ai sensi dell'art. 3 del D.l. n. 132 del 2014 (convertito in L. n. 162 del 2014), per come formulata da parte convenuta (...) E' pacifico che parte attrice abbia esperito il procedimento di mediazione volontaria con esito negativo anteriormente all'istaurazione di questo giudizio (doc.(...). Pertanto, può dirsi configurata la condizione di procedibilità in quanto, poiché la mediazione volontaria prevede la presenza di un soggetto terzo e imparziale come il mediatore, la stessa offre maggiori garanzie rispetto alla negoziazione assistita, che invece è priva di tale figura. Indiscusso è che nel caso di specie sia stata invocata la responsabilità della sig.ra (...) ai sensi dell'art. 2051 c.c. per i danni cagionati da cose in custodia che, secondo l'orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, ha natura oggettiva e presuppone non la colpa del custode, ma la mera esistenza di un nesso causale tra la cosa ed il danno, la cui prova è fornita dal danneggiato mediante la dimostrazione delle condizioni potenzialmente lesive possedute dalla cosa, da valutarsi alla stregua della normale utilizzazione di essa (cfr. "La responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, rappresentato da un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode" Cass. civ. sez. un., 30/06/2022, n. 20943). La responsabilità è perciò esclusa solo dalla prova del fortuito, nel quale può rientrare anche la condotta della stessa vittima, ma, nella valutazione dell'apporto causale da quest'ultima fornito alla produzione dell'evento, il giudice deve tenere conto della natura della cosa e delle modalità che in concreto e normalmente ne caratterizzano la fruizione (vedi. Cass. Civ. n. 26533/2017). L'inquadramento nell'ambito della suddetta norma comporta precise conseguenze in tema di onere probatorio gravante sulle parti. Invero, a parte attrice spetta la prova, oltre che dell'esistenza del rapporto di custodia tra il convenuto e la cosa stessa, dell'esistenza di un danno, nonché del nesso causale, ossia della derivazione del danno dalla cosa. Ritiene il Tribunale che l'attrice non abbia provato gli elementi costitutivi della domanda proposta in giudizio, ovvero, più precisamente, che non abbia dimostrato che i lamentati danni siano eziologicamente riconducibile alle percolazioni del novembre 2020 provenienti dall'immobile di proprietà della (...) peraltro, essendo condivisibili le motivazioni e le argomentazioni logiche e giuridiche in particolare della terza chiamata in causa, da intendere integralmente richiamate e trascritte, fondate su argomenti e norme correttamente individuate ed applicate (vedi Cassazione 642/15 e 22562/16). È documentalmente accertato il verificarsi di un evento infiltrativo nel novembre 2020 per come lamentato dalla difesa della (...) tanto che il (...), in cui si trovano gli immobili di proprietà di parti attrice e convenuta, provvide tramite, l'Amministratore a denunciare tempestivamente il sinistro alla propria Compagnia Assicurativa,(...) Dalle Relazioni di Perizia redatte dal Perito della (...) tempestivamente coinvolta dall'Amministratore del Condominio in forza della stipulata polizza Globale Fabbricati, si desume che "A seguito dell' accidentale rottura di una serpentina del bollitore di una caldaia di pertinenza dell'appartamento di proprietà della sig.ra (...) si verificava l'allagamento dello stesso appartamento (danni a tinteggiatura e parquet), di quello sottostante di proprietà della Parte (...) (danni all'intonaco, tinteggiatura, parquet e contenuto) (...) " (vedi doc. 2 parte convenuta, descrizione confermata dal doc. 3 parte convenuta). Risulta documentato che, sulla scorta di tali perizie, la Soc. (...) di Assicurazioni, in forza della stipulata polizza Globale Fabbricati, corrispondeva a parte attrice un totale di euro 5.530,00 (Euro 2.800,00 corrisposti al Condominio ma imputati ai danni subiti dalla (...) ed Euro 2.830,00 direttamente a parte attrice, in forza della R.C.T per i beni ammalorati in seguito all'evento sopra descritto). La (...) assumendo la non congruità dell'importo corrisposti dalla (...) e lamentando di aver subito danni ben maggiori, chiede il riconoscimento dell'ulteriore importo di Euro 12.470.00. Tuttavia, tale richiesta è completamente priva di supporto probatorio. Non è stata fornita idonea prova, neanche indiziaria, che i danni lamentati in citazione dalla proprietà (...) siano da imputare all'evento per cui è causa e siano da quantificare secondo le mere allegazioni della difesa attorea: per tale motivo non si è ritenuto di disporre una consulenza tecnica d'ufficio per la valutazione degli insufficienti elementi di fatto allegati dall'attore La difesa della (...) difatti, ha omesso di depositare la perizia dell'ing. (...) richiamata in Citazione quale doc. 2, non sono depositate fotografie dei luoghi e dei beni danneggiati. L'elencazione del conteggio, delle fatture e dei preventivi prodotti quale doc. 1 da parte attrice, debitamente e specificamente da parte convenuta e terza chiamata in causa, nulla provano in merito all'asserito maggior danno subito a causa delle infiltrazioni in parola che appaiono, quindi, eongruamente liquidati dalla compagnia assicurativa. Non risulta provata la corresponsione e la congruità delle spese di cui al preventivo della (...), per opere, non meglio specificate, dichiarate essere connesse con le infiltrazioni lamentate; manca la fattura di Euro 400,00 asseritamente spese per la verifica dell'impianto elettrico; manca la fattura di Euro 1.400,00, quale spese di pulizia, lavaggio tendaggi, tappeti e sanificazione; mancano le bollette relative all'importo di Euro 600,00 asseritamente sostenute per spese di riscaldamento e deumidificazione. Tantomeno, si rinviene una causa giustificativa al Progetto di notula Arch. (...) del 28 aprile 2021 per perizia di parte pari ad Euro 366,00 e al Progetto di notula Ing. (...) del 26 aprile 2021 sempre per perizia estimativa dei danni all'appartamento pari ad Euro 1.015,04, in assenza del deposito dei rispettivi elaborati. Il mancato deposito degli elaborati non consente allo scrivente neanche di comprendere quando le perizie sono state redatte e se le stesse siano riferibili ai danni provocati all'immobile ed ai beni per il percolamento di acqua in parola verificatosi nel novembre 2020. In assenza di idonea prova (documentale e per testimoni) non risulta accertabile il mancato introito del canone di locazione per 5 mesi di cui parte attrice chiede ristoro: non è stato dimostrato in alcun modo, difatti, che l'appartamento della (...) fosse locato, né a quanto ammontasse l'eventuale canone di locazione, né l'impossibilità per il conduttore di continuare ad utilizzare l'immobile a seguito dei fatti lamentati e per quanto tempo né un eventuale recesso anticipato. In altri termini manca completamente la prova del nesso causale tra il (...) ed i danni lamentati nonché la riferibilità di molte delle voci di spesa di cui si chiede il ristoro, ed assunte come sostenute, al fenomeno in parola ritenendosi, quindi, saddisfattivo quanto già corrisposto dalla compagnia Assicurativa chiamata in causa. La pronuncia nel merito, in applicazione del principio processuale della "ragione più liquida", quale questione assorbente e di più agevole e rapido scrutinio, rende superfluo l'esame delle ulteriori questioni sottoposte all'attenzione dello scrivente Giudice quale anche la domanda di mani èva formulata dalla sig.ra (...) nei confronti della (...) Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, dovendo essere poste a carico dell'attrice anche quelle sostenute dai terzi chiamati, alla luce del costante orientamento giurisprudenziale in base al quale, le spese sostenute dal terzo chiamato in giudizio a titolo di garanzia dal convenuto, legittimamente vengono poste a carico della parte che risulti soccombente nei confronti del convenuto in ordine a quella pretesa che ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia e sempre che non risulti la soccombenza del chiamato ovvero del chiamante, a nulla rilevando la mancanza di un'istanza di condanna in tal senso (Cass. 28 agosto 2007 n. 18205). Le spese legali sono liquidate come in dispositivo secondo il d.m. n. 55/2014, aggiornati al d.m. 147/2022, parametri minimi, tenuto conto del valore della domanda e della relativa complessità delle questioni affrontate e dell'assenza di attività istruttoria specifica. P.Q.M. Il Tribunale ordinario di Firenze, seconda sezione civile, definitivamente pronunciando, assorbita ogni altra eccezione deduzione e domanda: 1. rigetta la domanda attorea; 2. condanna la (...) a rifondere alla sig.ra (...) le spese di lite che si liquidano in Euro 2.540,00 oltre spese generali ed accessori di legge; 3. condanna la (...) a rifondere alla (...) le spese di lite che si liquidano in Euro 2.540,00 oltre spese generali ed accessori di legge. Sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege Così deciso in Firenze, il 30 aprile 2024
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE nella persona del Giudice dottoressa (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. r.g. 9258/2020 promossa da: (...) (C.F. (...)) nato a (...) l'8/04/1987 e (...) (C.F. (...)) nata a (...) il (...), in proprio e quali genitori esercenti la responsabilità genitoriale sui minori (...) (C.F. (...)), nato a (...) il (...), (...) (C.F. (...)) nato a (...) il (...) e (...) (C.F. (...)), nato a (...) il (...), tutti residenti a (...), in via (...) n. 10, rappresentati e difesi dall'Avv. (...) (C.F. (...)) del foro di (...) ed elettivamente domiciliati presso il di lui studio in (...)# e (...) 31/5 ATTORI contro (...) nata a (...) il (...) e residente in (...)# Tobbiana in (...) n. 20. c.f. (...), rappresentata e difesa dall'avvocato (...) c.f. (...), del (...) di (...) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio professionale in (...) in Via dello (...) 2/D, come da procura ed indirizzo telematico in atti; (...) di (...) c.f. (...), in persona del legale rappresentante e dirigente scolastico in carica, IL MINISTERO (...) in persona del (...) pro tempore, elettivamente domiciliato in Via degli (...) 4 - C.A.P. 50100 presso l'Avvocatura dello Stato - (...) di (...) (CONVENUTI) (...) s.p.a., c.f. (...), in persona del legale rappresentate e procuratore in carica (...) rappresentata e difesa dall'avvocato (...) c.f. (...), ed elettivamente domiciliata presso il suo studio professionale in (...) in (...) 8. TERZA CHIAMATA IN GARANZIA CONCLUSIONI Nell'interesse di parte attrice: In via principale, - accertare e dichiarare la responsabilità civile della (...)ra (...) in solido con l'(...) di (...) ed il Ministero dell'(...) dell'(...) e della (...) in ordine ai fatti di causa per le motivazioni dedotte in narrativa; - e per l'effetto condannare le parti convenute, in solido tra loro, al rimborso di tutte le spese sostenute, nonché al pagamento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali, compreso il danno morale e il danno riflesso da macroleso, nessuno eccettuato o escluso, patiti e patiendi, riportati dagli attori in dipendenza dell'evento lesivo, nella misura descritta in narrativa, ovvero nella misura emersa a seguito dell'espletata CTU medico-legale; - il tutto con rivalutazione monetaria ed interessi dalla domanda al saldo; - (...) le spese di giudizio di cui lo scrivente procuratore si dichiara antistatario". Nell'interesse della parte convenuta (...) Voglia l'Ill.mo (...) di (...) contrariis reiectis, - in via principale, rigettare le domande formulate da parte attrice, ciascuno nella propria veste, poiché infondata in fatto e diritto; - in via subordinata, accertare e dichiarare, nei limiti del provato, la responsabilità della (...)ra (...) in solido con gli altri convenuti e per l'effetto condannarLi al ristoro dei danni accertati in corso di causa. - (...) di spese ed onorari di giudizio". Nell'interesse dell'(...) scolastico e del Ministero: In via pregiudiziale, nel rito, dichiarare il difetto di legittimazione passiva delle (...) convenute; - in via preliminare, nel rito, dichiarare la nullità dell'atto di citazione e, per l'effetto, adottare i provvedimenti di cui all'art. 164 c.p.c.; - in via ulteriormente preliminare, disporre lo spostamento della prima udienza allo scopo di consentire la chiamata in causa di (...) allo scopo di ottenere la condanna di quest'ultima a tenere indenne l'(...) da qualsiasi conseguenza pregiudizievole in forza di quanto stabilito nel contratto di assicurazione, nonché di rimborsare le spese sostenute nel presente giudizio; - nel merito rigettare le domande di parte attrice, perché infondate in fatto e in diritto per quanto detto in narrativa; - in denegata ipotesi di accoglimento della richiesta, accertare e ridurre il risarcimento per concorso di colpa del danneggiato ex art. 1227 c.c.; - con vittoria di spese e di onorari. Nell'interesse dell'impresa assicuratrice: in via istruttoria domanda la rinnovazione della consulenza tecnica con sostituzione dei consulenti tecnici; - nel merito dichiarare non dovuta l'indennità da (...) con vittoria delle spese di lite. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione gli istanti hanno convenuto in giudizio il plesso scolastico (...) statale di (...), il Ministero dell'(...) ed (...) insegnante di scuola materna, per ottenere il risarcimento di tutti i danni da lesioni subiti dagli stessi e dai loro figli a seguito dei ripetuti maltrattamenti inferti dall'insegnante (...) al minore (...) durante la sua permanenza nella scuola materna presso l'(...) per un periodo compreso nell'anno scolastico 2017-2018 fino a tutto il mese di giugno del 2018. A sostegno delle proprie ragioni, gli attori hanno dedotto che: - dopo ripetute segnalazioni di disagi dei piccoli studenti, e denuncia degli stessi istanti, i (...) di (...) predisponevano indagini su quanto avveniva presso la locale scuola materna, anche mediante intercettazioni ambientali ed audiovisive; - a seguito di questa attività emergevano i gravi comportamenti assunti da (...) durante le sue ore di insegnamento, in particolare nei confronti di (...) - alla maestra (...) veniva quindi applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari, la stessa veniva sospesa dall'insegnamento, e, infine, processata per il reato di maltrattamenti aggravati previsto dall'articolo 572 c.p.; - prima del dibattimento (...) chiedeva ed otteneva l'applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p., con condanna ad anni uno e mesi undici di reclusione sospesa e subordinata allo svolgimento di lavori di pubblica utilità con la sentenza numero 81 del Giudice delle (...) del (...) di (...) depositata il 7 marzo 2019, divenuta irrevocabile. (...) si è costituita nel presente giudizio, negando la sussistenza degli episodi di maltrattamenti e la valenza, nel procedimento civile, della sentenza penale di patteggiamento; ha chiesto quindi il rigetto delle domande attrici perché non provate anche in relazione all'entità del risarcimento preteso. Si sono costituiti anche l'(...) scolastico ed il Ministero, eccependo preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva, chiedendo e ottenendo ancora in via preliminare di chiamare in causa la società assicuratrice (...) S.p.A., garante dell'(...) scolastico per i rischi da responsabilità civile, e deducendo poi l'infondatezza in fatto ed in diritto delle richieste delle controparti. In particolare il Ministero ha negato la propria responsabilità quella dell'istituto per culpa in eligendo e in vigilando. (...) è stata in servizio presso l'(...) scolastico di (...) sin dal 1993 ed è stata assunta a tempo indeterminato alle dipendenze dell'(...) dell'(...) a partire dal 1settembre 1981 (oggi in pensione, dal 31 agosto 2019). Non v'è dubbio quindi che la docente fosse in possesso dei titoli per poter svolgere il proprio incarico. Inoltre, la docente ha sempre goduto di ottima stima da parte dei colleghi e dei genitori. La sua professionalità e stata sempre apprezzata, sia nella gestione dei gruppi classe, sia per la realizzazione di iniziative didattiche particolari, quali l'organizzazione di feste aperte a genitori e bambini e la messa in scena di spettacoli a fine anno scolastico. Ogni anno i bambini della scuola della frazione di (...) ove ella lavorava, realizzavano uno spettacolo teatrale di gran pregio che vedeva la partecipazione anche degli alunni della scuola primaria e della secondaria. Alla realizzazione di questi spettacoli contribuivano molti genitori che aiutavano le maestre nell'allestimento e nell'organizzazione generale, partecipando molte volte alle prove, che si svolgevano anche oltre l'orario scolastico. Ogni anno veniva rappresentato un nuovo spettacolo, portato in scena in vari teatri locali e non solo. Per molti anni la scuola partecipava a concorsi, quali la rassegna nazionale "(...) nella scuola" di (...) di (...) (primo premio), quella di (...) ad (...) o quella di (...) Inoltre, ogni anno sono state organizzate feste di fine anno, anche in ragione delle pressanti richieste di molti genitori, così come lo spettacolo di giugno 2017, che è stato replicato per due volte su richiesta dei genitori del consiglio di istituto e della (...) che si è fatta portavoce delle richieste a lei pervenute in quanto molti apprezzavano il lavoro compiuto dalla docente (...) Con specifico riferimento all'attività scolastica, merita inoltre segnalare che nell'anno scolastico 2015/2016 la maestra (...) era così apprezzata per la sua professionalità da parte del collegio dei docenti, che da questo è stata nominata tutor di una insegnante in prova al primo anno di contratto a tempo indeterminato. Non vi erano, quindi, indici che potevano far in alcun modo dubitare la scuola sulla professionalità e sulle capacità della professoressa (...) Anche dopo il trasferimento dalla scuola di (...) a quella di (...) l'(...) ha poi cercato di formare i docenti, tra cui la maestra (...) in modo da supportarli nel nuovo e più grande ambiente di (...) In particolare, la docente in questione ha potuto interagire quotidianamente con la fiduciaria di plesso, con i collaboratori del Dirigente e con il Dirigente stesso; molteplici sono state le azioni di sostegno organizzate dall'ente pubblico. In conseguenza, le avverse censure relative a un'errata scelta della docente in questione sono del tutto infondate e dovranno essere rigettate. Nel merito, infondatezza della pretesa risarcitoria per insussistenza di prove. (...) procedimento viene instaurato non solo al fine di richiedere la riparazione dei danni subiti dall'alunno (...) ma anche per quelli asseritamente cagionati al padre, alla madre e ai fratelli dell'alunno, (...) e (...) Anche sotto questo profilo, non si può fare a meno che contestare l'infondatezza di ogni pretesa risarcitoria, per assenza della prova necessaria a dimostrare gli elementi costitutivi della responsabilità; manca, infatti, l'allegazione circa l'obiettiva sussistenza di un danno - evento subito dal genitore e, altresì, del pregiudizio sofferto (c.d. danno - conseguenza) - dal momento che controparte ha prodotto esclusivamente un parere medico, che ha valore di una mera consulenza tecnica di parte: un eventuale riconoscimento del risarcimento del danno darebbe pericolosamente origine a un'ipotesi di responsabilità in re ipsa al di fuori dei casi espressamente tipizzati, finendo per annullare la funzione esclusivamente riparatoria (e non punitiva) della responsabilità civile. Nel caso di specie, si osserva che, nell'anno 2017/2018, il piccolo (...) - di tre anni - è stato inserito nella sezione affidata alla docente (...) Il bambino presentava dall'inizio problematiche particolari, in quanto - sin dal momento dell'inserimento - portava il pannolino e necessitava di essere cambiato più volte durante il giorno. Nonostante il percorso intrapreso con la famiglia, affinché il bambino potesse imparare ad andare in bagno, la situazione non migliorava. Le collaboratrici scolastiche manifestavano la propria preoccupazione perché l'alunno si rifiutava di essere cambiato e temevano che potesse tornare a casa con tumefazioni. Pertanto, il Dirigente scolastico aveva disposto di non cambiare più il bambino autonomamente, ma di chiamare ogni volta i genitori. Nel corso dell'anno scolastico 2018/2019 il piccolo (...) è stato poi trasferito in altra scuola dell'infanzia. Con riferimento ai fratelli più grandi (...) e (...) invece, gli stessi hanno partecipato alla vita scolastica sempre con interesse e impegno, come risulta dai giudizi espressi nelle schede di valutazione allegate. Gli stessi alunni hanno frequentato la scuola dell'infanzia di (...) capoluogo e hanno partecipato alle attività didattiche svolte anche dalla docente (...) ma non risultano fatti particolari. Gli odierni attori, comunque, non hanno provato i danni concretamente subiti. Quanto poi alla pretesa risarcitoria, l'avvocatura deduce che le parti attrici producono un parere medico, che tuttavia ha valore solo di consulenza tecnica di parte (Cass. civ. sez. lav. 10/12/2002, n. 175556; Cass. civ. sez. III, 18/04/2001, n. 5687; Cass. civ. sez. II, 29/08/1997, n. 8240). Ha eccepito la moltiplicazione ingiustificata delle poste risarcitorie (nella parte in cui si riferisce a diverse voci di danno, ossia biologico, morale, esistenziale) in contrasto con il celebre insegnamento delle (...) 2008 n. 26972 (c.d. sentenze (...). In ogni caso, nelle denegata ipotesi di riconoscimento della responsabilità civile in capo al Ministero adito, ha chiamato in garanzia la sua assicuratrice e ha chiesto di tenere in considerazione gli eventuali altri effetti vantaggiosi attribuiti al danneggiato in occasione dell'illecito, in virtù dell'(...) della compensatio lucri cum damno. Infatti, in base al principio di c.d. indifferenza, il risarcimento non deve impoverire il danneggiato, ma neppure arricchirlo, sicché non può creare in favore di quest'ultimo una situazione migliore di quella in cui si sarebbe trovato se il fatto dannoso non fosse avvenuto, immettendo nel suo patrimonio un valore economico maggiore della differenza patrimoniale negativa indotta dall'illecito. Inoltre, in denegata ipotesi di riconoscimento della responsabilità civile in capo al Ministero adito, si chiede fin d'ora all'On.le (...) di ridurre il risarcimento del danno dovuto alle odierne controparti in ragione del concorso di colpa del danneggiato ex art. 1227 c.c., in virtù della mancata tempestiva segnalazione da parte dei genitori. Per la denegata ipotesi di accoglimento della domanda avversaria, si deduce ulteriormente che, in forza del contratto di assicurazione stipulato con (...) per rischi da responsabilità civile e allegato alla presente comparsa, l'(...) ha diritto ad essere garantita dalla società di assicurazione, poiché l'oggetto del giudizio rientra perfettamente gli eventi assicurati e la copertura assicurativa era sussistente al momento del sinistro per cui è causa. Pertanto si chiede che, nella denegata ipotesi in cui venisse riconosciuto il diritto al risarcimento del danno in favore degli attori, (...) in forza di quanto stabilito nel contratto di assicurazione, venga condannata a tenere indenne l'(...) scolastica da qualsiasi conseguenza pregiudizievole e delle eventuali somme corrisposte all'attore e, in ogni caso, a norma dell'art. 1917, comma 3 c.c., vengano condannate alla rifusione delle spese sostenute per resistere all'azione degli odierni attori. Si è, infine, costituita la società (...) chiamata in garanzia, la quale mentre non ha contestato la sussistenza di una valida polizza stipulata dal Ministero dell'istruzione al momento dei fatti (2017 e 2018) e mentre non ha contestato di dover rispondere di fatti anche dolosi compiuti dai dipendenti del Ministero e di cui dunque quest'ultimo debba rispondere, ha tuttavia negato che la polizza debba essere applicata in questo caso per difetto di prova circa gli episodi denunciati dagli attori. In particolare ha dedotto che non sembra essere stata raggiunta la prova certa di singole specifiche condotte non legittime poste in essere dalla maestra (...) nei confronti del piccolo (...) Nella contestata ipotesi nella quale il Ministero dell'(...) e/o l'(...) di (...) fossero ritenuti nella causa principale responsabili in via solidale per i pretesi fatti dolosi commessi dalla (...) è evidente che il datore di lavoro Ministero dell'(...) è titolare del diritto di regresso nei confronti di (...) diritto che avrebbe dovuto diligentemente essere esercitato nell'attuale giudizio e che non è stato esercitato con l'inevitabile conseguenza che gli eventuali effetti pregiudizievoli dovranno essere posti a carico della convenuta e non dell'assicuratore della responsabilità civile. Per completezza difensiva (...) rileva che la garanzia assicurativa è prestata con il limite del massimale e della franchigia pattuiti tra le parti. Nell'ipotesi in cui fosse ritenuta sussistente una responsabilità di (...) la causa dei danni sarebbe comunque riferibile (non ad una reale situazione di pericolo imputabile ad un'attività/inattività colposa riconducibile alle pubbliche amministrazioni convenute, ma) ad un evento imprevedibile commesso dalla maestra (...) al di fuori di un qualsiasi rapporto di occasionalità necessaria: in realtà si configura una condotta del tutto estranea alle pretese mansioni affidategli ovvero realizzata per finalità proprie alle quali il preponente non era in nessun modo interessato o compartecipe e non per finalità coerenti con quelle in vista delle quali le mansioni gli erano state affidate ; - il giudice di legittimità ritiene infatti che sia riferibile all'amministrazione pubblica esclusivamente l'attività posta in essere dal dipendente pubblico che "si manifesti come esplicazione dell'attività dell'ente pubblico, e cioè tenda, sia pure con abuso di potere, al conseguimento dei fini istituzionali di questo nell'ambito delle attribuzioni dell'ufficio o del servizio cui il dipendente è addetto; tale riferibilità viene meno, invece, quando il dipendente agisca come un semplice privato per un fine strettamente personale ed egoistico che si riveli assolutamente estraneo all'amministrazione -o addirittura contrario ai fini che essa persegueed escluda ogni collegamento con le attribuzioni proprie dell'agente, atteso che in tale ipotesi cessa il rapporto organico fra l'attività del dipendente e la P.A." (vedi sul tema le decisioni di Cass. 5/11/2018 n.28079, Cass. 12/4/2011 n.48306, Cass. 14 8/10/2007 n.20986 e Cass. 21/11/2006 n.24744); - nell'ipotesi in esame è evidente che il ricorso della docente (...) alla violenza al fine di mantenere l'ordine (se il Giudice riterrà dimostrato nel giudizio in corso le singole specifiche condotte violente nei confronti del piccolo (...) che sono oggi contestate alla maestra (...) costituisce sicuramente un comportamento assolutamente estraneo e contrario ai fini educativi propri della scuola. La causa, una volta integrato il contraddittorio, è stata istruita con prove documentali, testimoniali e CTU mediche, ed è stata assegnata a sentenza in data (...); viene ora decisa. Le domande attrici risultano fondate e meritano l'accoglimento. MOTIVI La domanda va accolta per i seguenti motivi. sull'eccezione di carenza di legittimazione passiva formulata dalle amministrazioni pubbliche sul presupposto della condotta dolosa addebitabile solo alla parte responsabile se ne rileva l'infondatezza; sul punto, oltre che richiamare l'articolo 28 della Costituzione è sufficiente riportarsi alla fondamentale, ed insuperata, sentenza Cassazione civile a sezioni unite 13246/19: "Lo Stato o l'ente pubblico risponde civilmente del danno cagionato a terzi dal fatto penalmente illecito del suo dipendente anche quando questi abbia approfittato delle proprie attribuzioni ed agito per finalità esclusivamente personali od egoistiche ed estranee a quelle della amministrazione di appartenenza, purché la sua condotta sia legata da un nesso di occasionalità necessaria con le funzioni o poteri che esercita o di cui è titolare, nel senso che la condotta illecita dannosa - e, quale sua conseguenza, il danno ingiusto a terzi - non sarebbe stato possibile, in applicazione del principio di causalità adeguata ed in base ad un giudizio controfattuale riferito al tempo della condotta, senza l'esercizio di quelle funzioni o poteri che, per quanto deviati o abusivi od illeciti, non ne integri uno sviluppo oggettivamente anomalo."; poiché la parte convenuta (...) al momento degli eventi dolosi, era una insegnante statale nel regolare esercizio delle sue funzioni, non può non applicarsi questo principio. (2) Nel merito va affermata la responsabilità di (...) che è, senza dubbio, venuta gravemente meno ai suoi compiti e ai suoi doveri di insegnante statale materna. Difatti le prove orali raccolte in giudizio (5 testimoni) unitamente agli atti delle indagini penali con i video dei maltrattamenti sofferti da (...) ed altri bambini ad opera della maestra (...) giustificano la condanna solidale dei convenuti come richiesto dagli attori. Da tali prove emerge che la (...) era solita violare il regolamento scolastico che imponeva di tenere aperta la porta dell'aula e che dunque, con la porta chiusa, vessava i bambini di tenera età strattonandoli e minacciandoli, umiliandoli e facendo loro soffrire delle vessazioni traumatizzanti come capitato al piccolo (...) al quale venne persino conficcata nel naso la parte di una spugnetta impiegata nelle attività didattiche, pezzetto di spugna poi fuoruscita quando era a casa sua, alla presenza di alcuni testimoni. La zia (...) ha in particolare riferito dei segni delle contusioni ossia lividi nella schiena del piccolo e dell'episodio fortemente traumatizzante ed umiliante della spugnetta conficcata nel naso del bambino da parte della maestra (...) "Capo 12 vero e non erano le contusioni che aveva, ce n'erano tante altre soprattutto quella del naso; a domanda risponde: in quel periodo che ho notato queste contusioni abitavo da mia sorella; io sto con i miei genitori a (...) ((...). Capo 13 assolutamente si aveva il naso nero si vedeva ad occhio, in più emanava una gran puzza, credevano fosse un batterio e in realtà chiesi a (...) di soffiarsi il naso e gli è uscito un pezzo di spugna e non era una spugna normale, era una spugna che visibilmente veniva usata per dipingere con le tempere ed era di color blu. Capo 14: vero io l'ho sentito proprio da mio nipote (aveva 3 anni) In ogni caso, e come già indicato, nel presente giudizio si ritiene provata la responsabilità civile dell'insegnante e, di conseguenza, quella degli enti pubblici per cui lavorava - (...) di (...) e (...) - e di cui era dipendente, e, infine, della società (...) chiamata in garanzia in forza del contratto assicurativo non contestato. Sulle eccezioni di (...) e del convenuto (...) deve osservarsi che i fatti ascritti alla (...) non sono capitati come un fulmine a ciel sereno, ma si sono verificati per un lungo lasso temporale, nel 2017 e nel 2018, e, come emerge dagli atti penali prodotti, avevano interessato molti altri bambini e famiglie con lamentele delle stesse; inoltre si erano verificate anche delle segnalazioni delle colleghe della (...) per alcuni suoi comportamenti di mancanza di rispetto delle regole della scuola, e dette colleghe hanno anche riferito di una prassi anomala della medesima maestra, quella cioè, facilitante gli abusi, di tener la porta dell'aula chiusa in contrasto con le disposizioni date dal dirigente scolastico, il quale aveva precipui doveri di controllo sull'osservanza delle stesse, doveri di controllo che sono stati evidentemente del tutto disattesi. Difetta dunque il caso fortuito, l'imprevedibilità di quelle condotte, la loro totale estraneità ad ogni possibile immaginazione, trattandosi anzi di condotte che è stato dimostrato (con testi e documenti di causa) essere precipuamente riferibili a fatti illeciti della maestra (...) dipendente del (...) dell'(...) condotte per giunta reiterate nel tempo, e certamente dipanatesi in un contesto che avrebbe dovuto indurre il dirigente dell'istituto scolastico ad assumere provvedimenti diligenti e solleciti al fine della vigilanza sull'operato dei suoi dipendenti e per la tutela dei bambini affidati all'(...) Sono qui soddisfatti gli oneri probatori posti e carico del danneggiato come ribaditi da cass. Sez. 3 - , Sentenza n. 5118 del 17/02/2023. QUANTIFICAZIONE DANNI Per la liquidazione dei danni da lesioni richiesti dagli attori ci si riporta alla consulenza d'ufficio che ha verificato la sussistenza di un danno biologico patito da (...) e, di conseguenza, dai suoi genitori; mentre non hanno avuto seguito istruttorio le richieste di risarcimento degli altri due minori. Invero il CTU medico legale, coadiuvato da un consulente psichiatrico ausiliario, ha riconosciuto nel piccolo (...) di soli 4 anni all'epoca dei fatti, l'esistenza di una grave patologia da (...) da (...) in relazione causale con i comportamenti vessatori dell'insegnate della scuola d'infanzia, anche senza poter escludere un certo grado di disturbo presente nel bimbo già prima di quegli eventi, anche se di grado medio-lieve. (...) peritale d'ufficio, e i successivi chiarimenti, redatti dai dottori (...) e (...) hanno riconosciuto per (...) un danno permanente pari al 20% ed una invalidità temporanea di tre mesi al 50% ed altri tre mesi al 25%. Si ottengono così i conteggi di seguito riportati, con la precisazione che si ritiene di applicare agli stessi, in considerazione della peculiarità della fattispecie in esame, come da Cassazione 12408/2011, sia l'incremento massimo per sofferenza soggettiva, vista l'imprevedibile e triste vicenda abbattutasi sul bambino, che la personalizzazione massima del danno non patrimoniale, valutata la gravità degli episodi subiti da un soggetto in tenerissima età e già in difficoltà per un esordio di disturbo oppositivo provocatorio, con purtroppo prevedibili risultanze negative che si protrarranno nel tempo, come testualmente riportato a pagina 12, punto 3, della consulenza tecnica d'ufficio e dei chiarimenti richiesti: (...) di riferimento: (...) di (...) 2021 (...) per (...) di riferimento: (...) di (...) 2021 Età del danneggiato alla data del sinistro 4 anni (...) di invalidità permanente 20% Punto danno biologico Euro 3.277,87 Incremento per sofferenza soggettiva (+ 36%) Euro 1.180,03 Punto danno non patrimoniale Euro 4.457,90 Punto base I.T.T. Euro 149,00 Giorni di invalidità temporanea totale 0 Giorni di invalidità temporanea parziale al 75% 0 Giorni di invalidità temporanea parziale al 50% 90 Giorni di invalidità temporanea parziale al 25% 90 (...) biologico risarcibile Euro 64.574,00 (...) non patrimoniale risarcibile Euro 87.821,00 Con personalizzazione massima (ma(...) 39% del danno biologico) Euro 113.005,00 Invalidità temporanea parziale al 50% Euro 6.705,00 Invalidità temporanea parziale al 25% Euro 3.352,50 Totale danno biologico temporaneo Euro 10.057,50 Totale generale: Euro 97.878,50 Totale con personalizzazione massima Euro 123.062,50 Pertanto, la somma totale di 123.062,50 Euro a favore di (...) Si attribuisce la massima personalizzazione del danno per la gravità dei fatti occorsi al piccolo (...) in un ambiente che avrebbe dovuto proteggerlo, per la efferatezza delle modalità in cui il bambino è stato vessato all'asilo, come emerso dalle deposizioni dei testi e prove documentali, elementi che hanno presuntivamente causato un significativo danno morale, distinto da quello biologico-organico e che dunque va liquidato ulteriormente. Da notare che secondo un certo orientamento della Cassazione il danno morale va liquidato persino in aggiunta alla personalizzazione del danno tabellato, affermandosi la differenza ontologica del danno morale rispetto alle voci del danno biologicodinamico e relazionale. In ogni caso qui sussiste anche un significativo danno relazionale, perché, come si legge nella ctu e nei chiarimenti, resi da specialisti in medicina legale e in psichiatria infantile, è emerso che i comportamenti vessatori illeciti della maestra (...) hanno causato un disturbo post-traumatico da stress di significativa entità (20%), in un soggetto che aveva di base un disturbo oppositivo provocatorio in fase di esordio (stimata al 5%), con la conseguenza che questo ha determinato quanto meno una perdurante difficoltà relazionale, ma, secondo la letteratura scientifica riferita dal ctu e suo ausiliario, questo quadro è suscettibile di evolvere in peius verso fenomeni dissociativi, depressivi, disturbi alimentari, così compromettendo durevolmente la vita di relazione di (...) e di riflesso dei suoi genitori. Dunque si liquida a (...) la somma di euroEuro 123.062,50 a valori attuali. Tale danno, liquidato secondo le tabelle milanesi che meglio rappresentano l'equità del caso concreto e che sono state giudicate estensibili su tutto il territorio nazionale (vd. sent. cass. 12408/2014), rappresenta l'equivalente monetario attuale del bene della vita perduto, ovvero del danno all'integrità fisica e dei danni collaterali sul versante esistenziale, della vita di relazione e morale; tali tabelle infatti, apprezzano in modo omnicomprensivo, tutte le conseguenze che normalmente si associano a quella percentuale di lesione all'integrità fisica, conseguenze sul versante esistenziale, della vita di relazione e della sofferenza subita dal danneggiato, sia in termini di danno morale che di danno psichico contingente. In considerazione del principio dell'integralità del risarcimento, però, il danneggiato deve essere risarcito anche per il danno da ritardo; infatti, trattandosi di debito da fatto illecito, sorge una mora ex re dal giorno del fatto, e la liquidazione non immediata ha presuntivamente causato un ulteriore danno al danneggiato per il ritardato risarcimento, che deve essere apprezzato a fini liquidatori, secondo l'insuperata sentenza della Corte di Cassazione a s. u. n. 1712/1995; pertanto, deve procedersi alla devalutazione dei valori tabellari alla data del fatto, e successivamente deve applicarsi la rivalutazione secondo indici istat con interessi legali sulla somma via via rivalutata anno per anno fino all'effettivo pagamento. Quanto ai due genitori, la consulenza riconosce pure ad essi un danno permanente di tipo psichiatrico, sotto forma di disturbo dell'adattamento, di grado lieve al 6%, con inabilità temporanea di mesi 3 al 25% e di mesi 3 al 15%. Per i motivi anzi detti anche tale danno sofferto dai genitori, va liquidato con la massima personalizzazione ivi comprendendovi danno morale e relazionale; paiono infatti condivisibili le valutazioni del ctu e del suo ausiliario, laddove sottolineano le difficoltà e l'impegno che questi due genitori dovranno sostenere per far fronte alle conseguenze del fatto illecito per cui è causa e che si traduce in una negativa alterazione del comportamento del figlio, che aggrava il disturbo provocatorio ed oppositivo che aveva all'inizio in fase di esordio e che determina quindi un aggravamento stabile delle difficoltà relazionali del figlio e che potrebbe anche evolvere verso forme dissociative, disturbi alimentari e stati depressivi; tutto ciò ridonda già ora e ridonderà per il futuro evidentemente sulla vita dei genitori che devono occuparsene. (...) del padre (...) di riferimento: (...) di (...) 2021 Età del danneggiato alla data del sinistro 31 anni (...) di invalidità permanente 6% Punto danno biologico Euro 1.648,30 Incremento per sofferenza soggettiva (+ 25%) Euro 412,08 Punto danno non patrimoniale Euro 2.060,38 Punto base I.T.T. Euro 149,00 Giorni di invalidità temporanea totale 0 Giorni di invalidità temporanea parziale al 75% 0 Giorni di invalidità temporanea parziale al 25% 90 Giorni di invalidità temporanea parziale al 15% 90 (...) biologico risarcibile Euro 8.406,00 (...) non patrimoniale risarcibile Euro 10.508,00 Con personalizzazione massima (ma(...) 50% del danno biologico) Euro 14.711,00 Invalidità temporanea parziale al 25% Euro 3.352,50 Invalidità temporanea parziale al 15% Euro 2.011,50 Totale danno biologico temporaneo Euro 5.364,00 Totale generale: Euro 15.872,00 Totale con personalizzazione massima Euro 20.075,00 (...) della madre (...) di riferimento: (...) di (...) 2021 Età del danneggiato alla data del sinistro 30 anni (...) di invalidità permanente 6% Punto danno biologico Euro 1.648,30 Incremento per sofferenza soggettiva (+ 25%) Euro 412,08 Punto danno non patrimoniale Euro 2.060,38 Punto base I.T.T. Euro 149,00 Giorni di invalidità temporanea totale 0 Giorni di invalidità temporanea parziale al 75% 0 Giorni di invalidità temporanea parziale al 25% 90 Giorni di invalidità temporanea parziale al 15% 90 (...) biologico risarcibile Euro 8.456,00 (...) non patrimoniale risarcibile Euro 10.570,00 Con personalizzazione massima (ma(...) 50% del danno biologico) Euro 14.798,00 Invalidità temporanea parziale al 25% Euro 3.352,50 Invalidità temporanea parziale al 15% Euro 2.011,50 Totale danno biologico temporaneo Euro 5.364,00 Totale generale: Euro 15.934,00 Totale con personalizzazione massima Euro 20.162,00 La somma finale complessiva delle tre partizioni del risarcimento da danni da lesioni a favore degli istanti è pari a 163.300,00 Euro, e dal momento che trattasi di equivalente in moneta del risarcimento dell'integrità fisica per fatti evidentemente illeciti, essa va prima devalutata al mese di giugno 2018 e successivamente rivalutata anno per anno applicando gli interessi legali sulla somma via via rivalutata fino al soddisfo, come da sent. Cassazione, sezione unite, 1172/1995. A questa cifra sono da aggiungere Euro 6.282,66 come spese mediche, anche per la consulenza d'ufficio, e di parte e perizie di parte comprovate dagli attori marche e contributo unificato e marca (vd. Nota allegata alla memoria conclusionale di replica e documenti di riferimento). Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano, nella misura indicata in dispositivo, come da richiesta di notula in atti, sia pure inferiore al valore dei compensi medi, e con l'attribuzione diretta a favore dell'avvocato (...) dichiaratosi antistatario. Le spese di ctu vanno poste definitivamente a carico dei convenuti in solido con manleva dell'assicuratrice (...) che in base alla polizza garantisce capitale interessi e spese del giudizio. (...) dovrà tenere indenne il (...) dell'(...) contraente di polizza, dalle conseguenze pregiudizievoli della presente sentenza. P.Q.M. (...) con sentenza che definisce il giudizio 1) accertata la responsabilità della maestra (...) e del (...) dell'(...) convenuti, li condanna in solido al pagamento di complessivi a 163.300,00 Euro a favore di (...) e (...) in proprio e nella qualità di genitori del figlio (...) secondo quanto specificato in parte motiva, somma prima da devalutare a giugno 2018 e poi rivalutare anno per anno applicando sulla somma via via rivalutata, gli interessi al tasso di legge fino al soddisfo; 2) condanna la maestra (...) e del (...) dell'(...) convenuti, al risarcimento in favore degli attori, del danno patrimoniale in Euro 6.282,66 oltre interessi dal dì dell'expensum fino al soddisfo; 3) condanna le parti convenute in solido al pagamento delle competenze legali di 10.860,00 Euro a favore dell'avvocato antistatario (...) oltre accessori di legge. 4) Pone le spese di ctu definitivamente a carico dei convenuti in solido. 5) In accoglimento della domanda di garanzia, condanna (...) a tenere indenne il (...) dalle conseguenze pregiudizievoli della presente sentenza, in virtù della polizza assicurativa, sia per capitale che per interessi e spese. Così deciso in Firenze il 2 aprile 2024. Depositata in Cancelleria il 2 aprile 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE 02 Seconda sezione CIVILE Il Tribunale ordinario di Firenze, seconda sezione civile, in funzione monocratica, nella persona del giudice onorario Micaela Picone, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile n. 7959 di R.G. del Ruolo generale degli affari civili contenziosi del 2021, promossa da, (...) e (...) con avv. (...) giusto mandato in atti Attori contro (...) e (...) con avv. (...) giusto mandato in atti Convenuti e contro (...) con avv. (...) giusto mandato in atti Terza chiamata in causa Oggetto: risarcimento danni da incendio Conclusioni: per come rassegnate all'udienza del 17 luglio 2023 Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Si effettua una sommaria esposizione dello svolgimento del processo, giusta previsione di cui all'art. 132, n. 4, c.p.c., in seguito alle modifiche apportate dall'art. 45, comma 17, l. 69/2009 per poi procedere alla concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, ai sensi degli artt. 132, n. 4, c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. I sigg.ri (...) e (...), quali conduttori dell'unità immobiliare ad uso abitativo (...) posta in (...) di proprietà dei sigg.ri (...) e (...) hanno chiesto di accertare la responsabilità di questi per l'incendio sviluppatosi in data 18/07/2013 all'interno dell'appartamento dai medesimi locato per cause sicuramente di natura elettrica e, in particolare, verosimilmente afferenti ad una presa di corrente collocata in posizione sopraelevata, andata in corto-circuito. I sigg.ri (...) e (...) hanno assunto che l'incendio è stato domato dall'intervento dei Vigili del Fuoco ed ha comportato l'emanazione da parte del Sindaco del (...) dell'ordinanza n. 416/2013 con la quale l'intera unità immobiliare in questione è stata dichiarata inagibile, con divieto di utilizzo degli impianti elettrico, idrico e del gas. I sigg.ri (...) e (...) hanno chiesto il risarcimento dei danni materiali subiti ai beni di loro proprietà dell'attrice, la restituzione del deposito cauzionale stante l'interruzione ex abrupto del rapporto contrattuale nonché il risarcimento del danno morale per lo stato di sofferenza psicologica e di disagio causato dall'evento incendiario giusta la responsabilità dei proprietari, odierni convenuti, che nel contratto di locazione avevano garantito "....la funzionalità e la conformità dei servizi e degli impianti idraulico ed elettrico in generale che possiede i requisiti minimi di cui alla ex L. 46/90". (...) Si sono costituiti i sigg.ri (...) e (...) contestando la fondatezza della domanda attorea sul presupposto dell'inesistenza della loro responsabilità e chiedendo, in via preliminare, l'autorizzazione a chiamare in causa la compagnia di assicurazione (...) al fine di essere rilevati indenni. (...) I sigg.ri (...) e (...). Gli hanno svolto altresì domanda riconvenzionale per ottenere la condanna degli attori al pagamento in loro favore della somma di Euro 16.500,00 pari alla differenza fra i canoni successivi all'incendio (fino al termine contrattuale) ed il deposito cauzionale di Euro 1.320,00 da essi ancora detenuto. Autorizzata la chiamata in causa di (...) la stessa si è costituita non contestando l'operatività della polizza entro i limiti delle condizioni generali di contratto, associandosi nel merito alla difesa dei propri assicurati e chiedendo, in ipotesi, che l'eventuale loro condanna fosse limitata nel quantum effettivamente accertato in corso di causa. All'esito della concessione dei richiesti termini ex art. 183 cpc, VI comma, la causa è stata istruita con acquisizione della sola documentazione prodotta dalle parti, respinte le ulteriori richieste istruttorie (vedi ordinanza del 17 ottobre 2022). La causa viene decisa sulle conclusioni rassegnate dalle parti e concessi i termini ex art. 190 cpc.. La domanda attorea non è fondata e va rigettata. E' incontestato che in data 20/10/2012, la sig.ra (...) in qualità di conduttrice, ha sottoscritto un contratto di locazione ai sensi dell'art. 2 co. 3 della Legge 431/1998 (c.d. canone concordato, 3 anni + 2 anni) con i sigg.ri (...) e (...) in qualità di locatori, avente ad oggetto l'unità immobiliare ad uso abitativo posta in (...), con decorrenza dal 1/11/2012. Incontestato altresì che insieme alla conduttrice sig.ra (...) abitava nell'appartamento il marito sig. (...), sottoscrittore del contratto in qualità di garante (vedi doc. attoreo). È pacifico altresì il fatto storico dell'incendio intervenuto in data 18/07/2013 all'interno dell'appartamento locato. Si tratta di verificare la causa dell'incendio e se tale causa sia riconducibile alla responsabilità dei convenuti, proprietari dell'immobile, per le causali indicate dagli attori in citazione. Ebbene, il rapporto dei Vigili del Fuoco, intervenuti nell'immediatezza, non è in grado di chiarire la causa del sinistro dal momento che, nelle parti del rapporto dedicate alla individuazione della causa dell'incendio, sono formulate mere ipotesi. Si legge testualmente in detto rapporto alla voce 'Presumibile causa del sinistro': "Dallo stato dei luoghi e dalla dinamica degli eventi non è stato possibile stabilire l'esatta causa dell'incendio. Tuttavia si presumono cause elettriche, il fuoco è partito da dove si trovava la lavatrice, senza poter stabilire se è partito dall'impianto elettrico o dalla lavatrice " (doc. 2 attoreo). Ora, la difesa attorea reitera, anche in sede conclusionale, la richiesta di ammissione delle prove testimoniali e di CTU tecnica. Questo Giudice è convinto che le prove testimoniali siano inconferenti in quanto al momento del sinistro non vi era nessuno in casa ed i capitoli di prova formulati sono volti esclusivamente a confermare la produzione documentale e fotografica in atti. In particolare, la prova testimoniale è volta a confermare la relazione del sopralluogo (...) del 25/07/2013 in atti che, nonostante documento di parte, comunque, non accerta le cause dell'incendio in parola. Quanto alla CTU tecnica sulla lavatrice si conferma la sua natura esplorativa. Occorre a tal fine valutare se all'esito di una ricostruzione necessariamente probabilistica - in termini di giudizio controfattuale - possa dirsi che la causa dell'incendio sia riconducibile all'inadeguatezza dell'impianto elettrico e, quindi, ad un evento imputabile ai convenuti, proprietari dell'immobile e non alla lavatrice. Tale accertamento deve fondarsi su una alta probabilità, secondo il criterio del "più probabile che non". È chiara l'opportunità che una tale valutazione, comportante aspetti tecnici, dovrebbe essere effettuata da un CTU. Dall'altra parte, tenuto conto che lo stato dei luoghi è mutato e che gli elementi in possesso sono costituiti da alcune fotografie e dal relitto della lavatrice questo giudice non può che condividere le perplessità dei convenuti sulla possibilità di disporre tale mezzo di valutazione della prova. Invero, una disponenda CTU finalizzata ad accertare - secondo il criterio del più probabile che non - la causa dell'incendio avvenuto il 18/07/2013, e in particolare se derivi dalla lavatrice, da una cattiva manutenzione dell'impianto elettrico o da altra causa imputabile alla convenuta (restando escluso il caso fortuito), implica aspetti esplorativi e non meramente valutativi. Non appare peregrino rammentare che, per costante orientamento della Suprema Corte, "La CTU non può essere utilizzata per colmare le lacune probatorie in cui sia incorsa una delle parti o per alleggerirne l'onere probatorio. Le parti, infatti, non possono sottrarsi all'onere probatorio di cui sono gravate, ai sensi dell'art. 2697 cod.civ., e pensare di poter rimettere l'accertamento dei propri diritti all'attività del consulente. Il ricorso al consulente deve essere disposto non per supplire alle carenze istruttorie delle parti o per svolgere una indagine esplorativa alla ricerca di fatti o circostanze non provati, ma per valutare tecnicamente i dati già acquisiti agli atti di causa come risultato dei mezzi di prova ammessi sulle richieste delle parti (Cass. 06/12/2019, n. 31886). Sicché, in tema di consulenza tecnica d'ufficio, il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, la quale, ove ricorrente, non integra gli estremi di una istanza istruttoria, non essendo la CTU qualificabile come mezzo di prova in senso proprio, a disporre una nuova CTU, atteso che il rinnovo dell'indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicché non è neppure necessaria una espressa pronunzia al fine di motivare il non accoglimento della richiesta (Cass. 24/09/2010, n.20227; Cass. 19/07/2013, n.17693; Cass. 01/10/2019 n. 24487) "(cfr. ex multis Cass. N. 19631/2020). Si consideri, poi, che i sigg.ri (...) e (...) avevano a disposizione un prezioso strumento di formazione e conservazione della prova, quale l'accertamento tecnico preventivo, ex art. 696 c.p.c., che avrebbe consentito di documentare e cristallizzare in maniera certa ed obiettiva lo stato dei luoghi e dei beni ivi presenti, di effettuare stime attendibili dei danni e di accertarne le cause. Ma tale strumento è rimasto inutilizzato. Eppure, fra l'incendio (18/07/2013) e l'inizio del presente procedimento (luglio 2021) è trascorso un periodo temporale più che congruo per attivare il procedimento di ATP. Né mancavano elementi per individuare i possibili contraddittori, trattandosi di problematiche elettriche afferenti l'immobile preso in locazione dagli odierni attori che sono rimasti pacificamente nel possesso dell'immobile sino all'ottobre 2013. Nell'onus probandi che incombe su chi agisce per la tutela di un diritto è ricompreso (per necessaria strumentalità) anche l'onere di assicurarsi le fonti e i mezzi di prova, tempestivamente e con le modalità previste dalla legge; e quando si tratta di fonti o mezzi suscettibili di alterazione o dispersione, quest'onere include l'attivazione dello strumento processuale di cui all'art. 696 c.p.c. (sulla funzionalità dell'ATP rispetto ai principi costituzionali che garantiscono la tutela in giudizio dei diritti e la ragionevole durata del processo, cfr. Cass. n. 27298/2013, n. 19563/2009). Ovviamente, l'incidenza ed il rigore di quest'onere probatorio anticipato sono proporzionati, in ossequio ad un generale principio di ragionevolezza, all'importanza e/o complessità della fattispecie e all'entità della pretesa di tutela che l'interessato intende far valere che, nel presente caso, sono lapalissiani. L'incertezza sulla causa del sinistro impedisce di fondare la responsabilità sui proprietari del bene, risultando certo solo che "il fuoco è partito da dove si trovava la lavatrice" rimanendo, di contro, presunte le cause dell'incendio e, comunque, impossibile "poter stabilire se è partito dall'impianto elettrico o dalla lavatrice'. A tal fine inconferente rimane l'assunto attoreo che nel contratto di locazione, fra l'altro, i locatori garantivano "....la funzionalità e la conformità dei servizi e degli impianti idraulico ed elettrico in generale che possiede i requisiti minimi di cui alla ex L. 46/90". Ciò in quanto, a contrario, al momento della conclusione del contratto la conduttrice ha riconosciuto, per iscritto, di aver visitato la casa e di averla trovata adatta all'uso convenuto, né sono emerse in giudizio circostanze tali da far ritenere che ciò non corrispondesse al vero (si veda in questi termini l'art. 7 del contratto - doc. 1 di parte attrice). Sicuramente, tale non può considerarsi il rapporto di intervento del 28/03/2013 della ditta (...) per i problemi afferenti la caldaia, in quanto verificatesi vari mesi dopo la sottoscrizione del contratto di locazione. Alla luce dei dati in possesso e, in particolare, dell'incertezza in merito alla causa dell'incendio, la responsabilità dei convenuti va esclusa sia in relazione all'art. 2051 c.c. che in relazione all'art. 2043 c.c.. Quanto alla fattispecie prevista dall'art. 2051 c.c. si ritiene astrattamente configurabile in capo al locatore una responsabilità da custodia in quanto l'esistenza di un rapporto contrattuale non preclude la possibilità di esercitare un'azione di natura extracontrattuale. Occorre tuttavia circoscrivere l'oggetto della custodia tenendo conto altresì dei doveri che, in forza della disciplina normativa che regola l'istituto del contratto di locazione, incombono rispettivamente sul locatore e sul conduttore. Sulla scorta delle numerose pronunce giurisprudenziali in materia, si deve in particolare ritenere che il proprietario di un immobile locato conservi la disponibilità giuridica e quindi la custodia delle sole strutture murarie e degli impianti in esse conglobati e ciò in ragione del fatto che sui medesimi il conduttore non può intervenire (in questo senso si veda, tra le altre, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21788 del 27/10/2015 secondo cui "In tema di danni da cose in custodia, poiché la responsabilità ex art. 2051 c.c. implica la disponibilità giuridica e materiale del bene che dà luogo all'evento lesivo, al proprietario dell'immobile locato sono riconducibili in via esclusiva i danni arrecati a terzi dalle strutture murarie e dagli impianti in esse conglobati, di cui conserva la custodia anche dopo la locazione, mentre grava sul solo conduttore la responsabilità per i danni provocati a terzi dagli accessori e dalle altre parti dell'immobile, che sono acquisiti alla sua disponibilità''.). Nella fattispecie in esame, per come ampiamente detto, è rimasta oscura la causa dell'incendio; non è stato in particolare chiarito se l'incendio abbia tratto origine da un difetto di manutenzione ordinaria, da vizi strutturali dell'impianto o da un vizio e/o errato utilizzo della lavatrice. L'onere di provare l'esistenza del rapporto di custodia incombeva sul danneggiato. Nella fattispecie in esame, tenuto conto del fatto che sono rimaste ignote le cause dell'incendio, si deve quindi ritenere che il danneggiato non abbia provato il rapporto di custodia come prescritto dalla legge, non avendo fornito la prova del fatto che l'incendio fosse correlato a difetti strutturali relativi alle strutture conglobate nell'impianto murario (come, ad esempio l'impianto elettrico) e conseguentemente per affermare la responsabilità del locatore ai sensi dell'art. 2051 c.c. La sola prova del rapporto di custodia, infatti, è insufficiente a fondare la responsabilità del custode: occorre anche la prova che il danno lamentato abbia avuto origine dalla cosa in custodia (e non da altre fonti, esterne ad essa) (cfr., ex multis, Cass. sez. 3, sent. n. 13260 del 28/06/2016, secondo cui "(i)n tema di responsabilità ai sensi dell'art. 2051 c.c., il danneggiato è tenuto a fornire la prova del nesso causale fra la cosa in custodia e il danno che egli ha subito (oltre che dell'esistenza del rapporto di custodia), e solo dopo che lo stesso abbia offerto una tale prova il convenuto deve dimostrare il caso fortuito, cioè l'esistenza di un fattore estraneo che, per il carattere dell'imprevedibilità e dell'eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale, escludendo la sua responsabilità"). Parimenti infondata risulta la responsabilità dei convenuti anche se volesse invocarsi l'art. 2043 c.c. atteso che la parte attrice non ne ha provato gli elementi costitutivi, primi fra tutti il nesso di causa e la colpa del locatore. Di contro, con gli elementi a disposizione altamente incerti, va evidenziato che il conduttore non ha superato la presunzione di colpa a suo carico, sicché si ritiene sussistere la responsabilità dei conduttori stante il tenore dell'art. 1588 c.c. "...in base al quale il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa locata anche se derivante da incendio, qualora non provi che il fatto si sia verificato per causa a lui non imputabile, pone una presunzione di colpa a carico del conduttore, superabile soltanto con la dimostrazione che la causa dell'evento, identificata in modo positivo e concreto, non sia a lui imputabile, onde, in difetto di tale prova, la causa sconosciuta o anche dubbia della perdita o del deterioramento della cosa locata rimane a suo carico' (Cass. 22823/2018). Ciò incide sulla valutazione della domanda riconvenzionale proposta dagli odierni convenuti volta al risarcimento del danno a titolo di mancato guadagno per i canoni dovuti fino alla scadenza del contratto di locazione. Il motivo muove dal presupposto che "...ove il conduttore non superi la presunzione di colpa sancita a suo carico dall'art. 1588 cod. civ. e la risoluzione del contratto derivi, quindi, da fatto al medesimo addebitabile a titolo di inadempimento, al locatore spetta il risarcimento del danno, che deve in tal caso comprendere anche i canoni dovuti in base al contratto e fino allo spirare convenzionale dello stesso, a titolo di mancato guadagno in conseguenza di un evento risolutivo della locazione dal locatore non voluto né altrimenti determinato." (Cass. civ., sez. III, 17 maggio 2010, n. 11972). Pertanto, la domanda riconvenzionale formulata dai convenuti deve trovare accoglimento ed i sigg.ri Sig.ri (...) e (...) devono essere condannati al pagamento in favore dei convenuti Sig.ri (...) e (...) della somma pari ad Euro. 16.500,00 (già sottratte le due mensilità trattenute quale deposito cauzionale) a titolo di risarcimento del danno da mancato guadagno dei canoni di locazione dall'ottobre 2013 fino alla naturale scadenza del contratto, prevista per il 31.10.2015. Su tali importi sono dovuti gli interessi legali a far data dalla domanda al saldo. Il rigetto della domanda attorea rende superfluo l'esame della domanda di manleva svolta dai convenuti nei confronti della propria compagnia assicurativa che, pertanto, rimane assorbita. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo ai sensi del D.M. 55/14, aggiornata con il D.M. 147/22, ai valori minimi stante il valore della domanda e tenuto conto che la controversia riguarda un tema ampiamente trattato in giurisprudenza, che le questioni di fatto e di diritto affrontate sono di semplice soluzione e che non è stata effettuata attività istruttoria. In particolare, gli attori dovranno rifondere le spese sia ai convenuti che alla terza chiamata, atteso che essa è soccombente nei confronti di entrambe e che la chiamata del terzo ha trovato causa nella iniziativa processuale della attrice (vedi Cassazione civile, Sez. VI - 3, Ordinanza del 27-09-2021, n. 26082, secondo cui "la liquidazione delle spese di lite avviene contemperando il principio di causazione con quello di soccombenza"). Non si ritiene sussistano i presupposti per disporre la condanna degli attori al pagamento, ai sensi dell'art. 96 c.p.c.. P.Q.M. il Tribunale ordinario di Firenze, seconda sezione civile, definitivamente pronunciando assorbita ogni altra eccezione deduzione e domanda: 1. Rigetta la domanda formulata dagli attori sigg.ri (...) e (...) 2. Accoglie la domanda riconvenzionale formulata dai convenuti sigg.ri (...) e (...) e, per l'effetto, condanna i sigg.ri (...) e (...) in solido tra loro, a risarcire ai medesimi la somma di Euro. 16.500,00 oltre interessi legali a far data dalla domanda al saldo; 3. condanna i sigg.ri (...) e (...) in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali dei (...) convenuti sigg.ri e (...) liquidate in Euro 2.540,00 a titolo di compenso professionale, rimborso forfettario del 15%, iva e cap come per legge; 4. condanna i sigg.ri (...) e (...) in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali dei (...) convenuti sigg.ri (...) e (...) liquidate in Euro 2.540,00 a titolo di compenso professionale, rimborso forfettario del 15%, iva e cap come per legge. Sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege. Così deciso in Firenze, lì 16 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI FIRENZE TERZA SEZIONE CIVILE nella persona del Giudice dott. Umberto Castagnini ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 5100/2023 promossa da: (...), con il patrocinio dell'avv. (...) (...) ATTORE contro (...), con il patrocinio dell'avv. (...) (...) CONVENUTO CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da verbale d'udienza del (...) RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato il (...) il ricorrente ha agito in giudizio nei confronti di (...) al fine di sentire accertare e dichiarare la nullità del contratto di finanziamento tramite carta di credito revolving stipulato il (...), al momento dell'acquisto di un elettrodomestico ed il conseguente diritto di restituire soltanto le somme ricevute in prestito al tasso legale ex art. 1284, comma 3 c.c.. A fondamento dell'azione parte attrice ha dedotto che il contratto di apertura di credito tramite carta revolving è stato collocato tramite un venditore di elettrodomestici appartenente alla grande distribuzione e che ciò si pone in violazione dell'art. 3 d.gs 374/1999 e dell'art. 2 DM 485/2001 che impone gli intermediari finanziari di avvalersi degli agenti in attività finanziaria per la promozione, il collocamento e la conclusione dei contratti, nell'ipotesi di credito non finalizzato. Quale ulteriore motivo di nullità, ha dedotto la violazione degli artt. 117 TUB e 1355 c.c. in quanto il rilascio della carta di credito revolving sarebbe rimessa ad una scelta dell'intermediario finanziario (condizione sospensiva meramente potestativa) senza uno specifico contratto in forma scritta. La resistente si è costituita in giudizio ed ha eccepito in via preliminare l'improcedibilità per mancato esperimento della mediazione ex art. 5 D.Lgs. 28/2010 contestando nel merito le doglianze formulate. All'udienza del (...) è stato assegnato termine per l'introduzione del procedimento di mediazione considerato "che la materia del credito al consumo rientrante nell'ampia nozione di "contratti bancari e finanziari" prevista dal D.Lgs. 28/2010 dal momento che si tratta di contratti di finanziamento disciplinati dal Testo Unico Bancario (v. artt. 121 ss.) di cui sono parte soggetti istituzionalmente abilitati ad erogare finanziamenti a titolo professionale, sottoposti alla vigilanza della (...); che è, in ogni caso, opportuno l'esperimento di un tentativo di mediazione tenuto conto della serialità del contenzioso avviato". All'udienza del (...) parte ricorrente ha ribadito l'improcedibilità della domanda per mancata comparizione personale del ricorrente al procedimento di mediazione senza giustificato motivo. Sul punto parte ricorrente, invitata a prendere posizione, non ha dedotto alcunché. L'eccezione preliminare di improcedibilità è fondata. Richiamate le motivazioni poste a fondamento dell'ordinanza con cui è stata disposta la mediazione, si osserva quanto segue. La Suprema Corte ha affermato che nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal d.lg. n. 28 del 2010 e successive modifiche, è necessaria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore, assistite dal difensore; nella comparizione obbligatoria davanti al mediatore la parte può anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, eventualmente nella persona dello stesso difensore che l'assiste nel procedimento di mediazione, purché dotato di apposita procura sostanziale (Cass. 8473/2019, conf. Cass. 20643/2023). La Cassazione ha infatti osservato che l'art. 8, "dedicato al procedimento, prevede espressamente che al primo incontro davanti al mediatore debbano essere presenti sia le parti che i loro avvocati." "La previsione della presenza sia delle parti sia degli avvocati comporta che, ai fini della realizzazione delle condizione di procedibilità, la parte non possa evitare di presentarsi davanti al mediatore, inviando soltanto il proprio avvocato". Allo stesso tempo ha precisato che "la necessità della comparizione personale non comporta che si tratti di attività non delegabile. In mancanza di una previsione espressa in tal senso, e non avendo natura di atto strettamente personale, deve ritenersi che si tratti di attività delegabile ad altri... Perciò, la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi liberamente sostituire, da chiunque e quindi anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell'avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista". Dalla disamina delle sentenze della Suprema Corte richiamate non si evincono quindi espressi limiti alla scelta della parte di conferire ad un soggetto terzo munito di idonei poteri rappresentativi sul piano sostanziale ed a conoscenza dei fatti. Occorre però evidenziare che il presente procedimento è stato introdotto dopo l'entrata in vigore dell'art. 7 lett. h del D.Lgs. 149/2022 che, in attuazione della Legge Delega n. 206/2021, ha modificato l'art. 8 D.Lgs. 28/2010 prevedendo al comma 4 che "Le parti partecipano personalmente alla procedura di mediazione. In presenza di giustificati motivi, possono delegare un rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la composizione della controversia. I soggetti diversi dalle persone fisiche partecipano alla procedura di mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la composizione della controversia. Ove necessario, il mediatore chiede alle parti di dichiarare i poteri di rappresentanza e ne da atto a verbale". L'introduzione dei "giustificati motivi" per la delega a terzi in caso di persone fisiche è applicabile alla fattispecie in esame in quanto il ricorso è stato proposto il (...) ed è stato disposto l'invio in mediazione con ordinanza del (...), quindi la domanda di mediazione è stata depositata dopo il (...), data di entrata in vigore della riforma. Il mediatore ha accertato che il rag. (...) era munito di delega e non sono state sollevate eccezioni in ordine alla validità della procura ed alla sussistenza dei poteri rappresentativi. Tuttavia, nonostante il mediatore avesse precisato nel verbale che la presenza delle parti "è opportuna per la procedura adr intrapresa e formalmente necessaria", parte attrice non ha ritenuto di fornire alcun chiarimento in ordine alle motivazioni che hanno indotto il richiedente a delegare la partecipazione alla mediazione ad un soggetto terzo, né ha prodotto in giudizio la procura conferita al rag. (...). La legge non definisce la nozione di "giustificato motivo" essendo la norma necessariamente elastica, non essendo possibile tipizzare le ragioni che rendono necessaria la nomina di un rappresentante. Il giudice dovrà quindi valutare le ragioni che hanno indotto a rilasciare la procura e, qualora né l'interessato le chiarisca, né risultino dagli atti, ritenerle insussistenti essendo onere della parte rappresentata dimostrare l'esistenza dei giustificati motivi, perlomeno in presenza di una espressa eccezione formulata dalla controparte. Quanto alle conseguenze dell'assenza dei giustificati motivi per la delega la legge non indica espressamente la sanzione prevista. Come ha osservato la dottrina, considerato che la ratio della norma è quella di accrescere la partecipazione personale delle parti per facilitare la conciliazione, sarebbe illogico far discendere dalla nomina "immotivata" di un rappresentante l'inefficacia dell'accordo raggiunto. Si deve quindi concludere che, se l'accordo non è raggiunto, la parte rappresentata sia equiparata a quella assente e sanzionata di conseguenza con l'improcedibilità della domanda giudiziale. Giova peraltro evidenziare, con riferimento al caso di specie, che risultano pendenti dinanzi a questo Tribunale plurime azioni giudiziarie promosse dal medesimo procuratore con l'assistenza della stessa associazione di consumatori, il cui legale rappresentante, come evidenziato dalla (...) risulta delegato in ogni singolo procedimento di mediazione, tutti conclusi con esito negativo. L'espletamento di un tentativo di mediazione con tali modalità non può ritenersi effettivo, alla luce della novella legislativa, perché non consente di valutare -alla presenza del consumatore- le peculiarità di ogni singola controversia, le ragioni sottese alla domanda e non consente di sondare a pieno tutte le possibilità di definizione della lite. Né si può sostenere che la delega si giustifichi in considerazione della natura del contenzioso poiché l'apporto tecnico e professionale è comunque garantito dal legale che deve obbligatoriamente assistere la parte. Infine, la possibilità del collegamento da remoto (peraltro in presenza di una deroga al foro del consumatore dipendente dalle scelte processuali della stessa parte) non rende, in linea generale, difficoltosa la partecipazione personale del richiedente. Alla stregua delle considerazioni che precedono la domanda va dichiarata improcedibile. Sussistono gravi ed eccezionali ragioni per disporre l'integrale compensazione delle spese di lite in ragione della novità normativa sulla quale non si è ancora formato un orientamento giurisprudenziale consolidato. P.Q.M. Il Tribunale di Firenze, definitivamente decidendo, ogni ulteriore eccezione assorbita così provvede: 1) dichiara improcedibile la domanda; 2) dichiara integralmente compensate le spese di lite. Si comunichi Sentenza resa ex art. 281-sexies a seguito di discussione orale Firenze, (...)
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE 03 Terza sezione CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Daniela Bonacchi ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado ISCRITTO al n. 4058/2021 R.G. (...), rappresentato e difeso dall'Avv. An.Pi.Pi. come da mandato in calce all'atto di citazione ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Bari, (...) ATTORE contro BANCA (...) S.P.A. (P. IVA (...)), con sede in (...), via (...), in persona dell'avv. (...) in qualità di General Councel e legale rappresentante di Banca (...), nominato con delibera del Consiglio di Amministrazione del 25 settembre 2020, rappresentata e difesa, in virtù di procura allagata sub All. A all'atto di citazione, dagli Avv.ti (...) del foro di Milano, (...) del foro di Milano, e (...) del foro di Firenze, presso lo studio del quale ultimo in Firenze, alla via (...) ha eletto domicilio CONVENUTO CONCLUSIONI CONCLUSIONI per parte attrice: Voglia l'On.le Tribunale adito, disattesa ogni avversa deduzione, eccezione e conclusione, per le causali tutte di cui in narrativa, così provvedere: 1) In via principale, per tutte le ragioni esposte nella narrativa che precede, accertare e dichiarare la nullità per vizio di forma ex art. 23 D.Lgs. n.58/98 (TUF) di tutti i contratti di acquisto eseguiti dalla Banca (...) S.p.A., nell'ambito dei servizi di consulenza continuativa e/o gestione di portafogli di investimento, in nome e/o per conto del Sig. (...) e, per l'effetto, condannare la convenuta Banca (...) S.p.A., in persona del suo l.r.p.t., alla restituzione di tutte le somme investite, pari all'importo complessivo di Euro 462.210,43, in favore del Sig. (...), ovvero la somma maggiore e/o minore che risulterà giusta e/o provata, il tutto oltre interessi e maggior danno da svalutazione monetaria ex art. 1224 II comma cod. civ., dalla data dell'acquisto, sino al soddisfo; 2) In via subordinata, nella denegata ipotesi di rigetto della domanda che precede, per tutte le ragioni esposte nella narrativa che precede, accertare e dichiarare le violazioni e l'inadempimento della convenuta Banca (...) S.p.A. delle prescrizioni contenute nelle richiamate norme e disposizioni del D.Lgs. n.58/98 (TUF) e del Regolamento Consob Intermediari n. 20307/2018 e, per l'effetto, accertare e dichiarare la responsabilità precontrattuale e/o contrattuale della Banca convenuta, rispetto ai contratti di acquisto eseguiti dalla Banca (...) S.p.A., nell'ambito dei servizi di consulenza continuativa e/o gestione di portafogli di investimento, in nome e/o per conto del Sig. (...) e, sempre e comunque, condannare la convenuta Banca (...) S.p.A., in persona del suo l.r.p.t., alla restituzione della somma investita dall'odierno esponente, ovvero al risarcimento del danno ingiustamente subito, pari all'importo di Euro 462.210,43 in favore del Sig. (...), fatta salva la somma maggiore e/o minore che risulterà giusta e/o provata, il tutto oltre interessi e maggior danno da svalutazione monetaria ex art. 1224 II comma cod. civ., dalla data dell'acquisto, sino al soddisfo; 3) In via ancor più gradata, per tutte le ragioni esposte nella narrativa che precede, accertare e dichiarare l'inadempimento della convenuta Banca (...) S.p.A. agli obblighi di cui all'art.14 del Contratto di fido Lombard, nonché agli artt. 1175, 1176, co. 2, 1218, 1375 c.c. ovvero - in via subordinata anche - agli artt. 2790 e 2795 c.c. e, per l'effetto, accertare e dichiarare la responsabilità precontrattuale e/o contrattuale della Banca convenuta rispetto al contratto di affidamento in conto corrente "(...)" e più in generale rispetto all'operazione denominata "(...)" per non aver questa provveduto alla vendita dei titoli oggetto di garanzia pignoratizia secondo le specifiche norme contrattuali e quelle innanzi richiamate e, sempre e comunque, condannare la convenuta Banca (...) S.p.A., in persona del suo l.r.p.t., al risarcimento del danno ingiustamente subito pari all'importo di Euro 237.762,04 in favore del Sig. (...), fatta salva la somma maggiore e/o minore che risulterà giusta e/o provata, il tutto oltre interessi e maggior danno da svalutazione monetaria ex art. 1224 II comma cod. civ., dalla data dell'acquisto, sino al soddisfo. 4) In ogni caso, sempre e comunque con vittoria di spese e competenze del presente giudizio. In via istruttoria, insiste nella richiesta di CTU. CONCLUSIONI per parte convenuta: Piaccia all'Ill.mo Tribunale, disattesa ogni avversaria allegazione, istanza e conclusione, e previo ogni occorrente accertamento e/o declaratoria, così giudicare: In via principale 1) In via principale, rigettare tutte le domande avversarie nei confronti di Banca (...) s.p.a., perché inammissibili e/o infondate in fatto e in diritto, e, comunque, non provate e prescritte. In via subordinata 2) In via subordinata, per la denegata e non creduta ipotesi di accoglimento, anche parziale, delle domande avversarie, ridurre l'ammontare delle restituzioni/risarcimenti nella ipotesi dovuti al sig. (...) tenendo conto di tutti i rilievi e le eccezioni sollevati nelle difese di Banca (...), con ogni conseguente statuizione in merito al quantum debeatur. In via istruttoria 3) Rigettare le istanze istruttorie avversarie siccome inammissibili per tutti i motivi esposti negli atti difensivi di Banca (...). In ogni caso 4) Con vittoria di onorari, spese e competenze del presente giudizio, oltre oneri accessori. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Il sig. (...) ha convenuto in giudizio Banca (...) s.p.a. rassegnando le seguenti conclusioni: Voglia l'On.le Tribunale adito, disattesa ogni avversa deduzione, eccezione e conclusione, per le causali tutte di cui in narrativa, così provvedere: 1) In via principale, per tutte le ragioni esposte nella narrativa che precede, accertare e dichiarare la nullità per vizio di forma ex art. 23 D.Lgs. n.58/98 (TUF) di tutti i contratti di acquisto eseguiti dalla Banca (...) S.p.A., nell'ambito dei servizi di consulenza continuativa e/o gestione di portafogli di investimento, in nome e/o per conto del Sig. (...) e, per l'effetto, condannare la convenuta Banca (...) S.p.A., in persona del suo l.r.p.t., alla restituzione di tutte le somme investite, pari all'importo complessivo di Euro 462.210,43, in favore del Sig. (...), ovvero la somma maggiore e/o minore che risulterà giusta e/o provata, il tutto oltre interessi e maggior danno da svalutazione monetaria ex art. 1224II comma cod. civ., dalla data dell'acquisto, sino al soddisfo; 2) In via subordinata, nella denegata ipotesi di rigetto della domanda che precede, per tutte le ragioni esposte nella narrativa che precede, accertare e dichiarare le violazioni e l'inadempimento della convenuta Banca (...) S.p.A. delle prescrizioni contenute nelle richiamate norme e disposizioni del D.Lgs. n.58/98 (TUF) e del Regolamento Consob Intermediari n. 20307/2018 e, per l'effetto, accertare e dichiarare la responsabilità precontrattuale e/o contrattuale della Banca convenuta, rispetto ai contratti di acquisto eseguiti dalla Banca (...) S.p.A., nell'ambito dei servizi di consulenza continuativa e/o gestione di portafogli di investimento, in nome e/o per conto del Sig. (...) e, sempre e comunque, condannare la convenuta Banca (...) S.p.A., in persona del suo l.r.p.t., alla restituzione della somma investita dall'odierno esponente, ovvero al risarcimento del danno ingiustamente subito, pari all'importo di Euro 462.210,43 in favore del Sig. (...), fatta salva la somma maggiore e/o minore che risulterà giusta e/o provata, il tutto oltre interessi e maggior danno da svalutazione monetaria ex art. 1224II comma cod. civ., dalla data dell'acquisto, sino al soddisfo; 3) In via ancor più gradata, per tutte le ragioni esposte nella narrativa che precede, accertare e dichiarare l'inadempimento della convenuta Banca S.p.A. agli obblighi di cui all'art.14 del Contratto di fido Lombard, nonché agli artt. 1175, 1176, co. 2, 1218, 1375 c.c. ovvero - in via subordinata anche - agli artt. 2790 e 2795 c.c. e, per l'effetto, accertare e dichiarare la responsabilità precontrattuale e/o contrattuale della Banca convenuta rispetto al contratto di affidamento in conto corrente "(...) Lombard" e più in generale rispetto all'operazione denominata "Credito Lombard" per non aver questa provveduto alla vendita dei titoli oggetto di garanzia pignoratizia secondo le specifiche norme contrattuali e quelle innanzi richiamate e, sempre e comunque, condannare la convenuta Banca (...) S.p.A., in persona del suo l.r.p.t., al risarcimento del danno ingiustamente subito pari all'importo di Euro 237.762,04 in favore del Sig. (...), fatta salva la somma maggiore e/o minore che risulterà giusta e/o provata, il tutto oltre interessi e maggior danno da svalutazione monetaria ex art. 1224 II comma cod. civ., dalla data dell'acquisto, sino al soddisfo. 4) In ogni caso, sempre e comunque con vittoria di spese e competenze del presente giudizio. A fondamento della domanda ha allegato, in punto di fatto: di essere impiegato sessantenne alle dipendenze della Motorizzazione Civile di Firenze, privo di conoscenza specifica nel settore finanziario e dei mercati regolamentati, cliente della Banca (...) S.p.A. sino al 2020; che, in data 27.6.2018, dopo aver manifestato l'interesse ad investire una parte dei propri risparmi, era stato indotto a richiedere alla Banca convenuta l'apertura di un c.d. "Credito Lombard", presentato come necessario per l'accesso al servizio di gestione patrimoniale della società; che, nelle more dell'approvazione di tale richiesta, il 15.8.2018 era stato nuovamente contattato dal consulente finanziario presso la Banca convenuta, il dott. (...), che lo aveva indotto ad effettuare un primo investimento con l'acquisto di n. 4.999,9 quote del (...), a fronte di un corrispettivo di Euro 500.000,00; che, in data 24.1.2019, con l'erogazione del "Credito Lombard", l'attore era diventato titolare di un conto corrente di appoggio e beneficiario di un fido a revoca, impostogli, dell'ammontare di Euro 1.650.000,00, ed aveva prestato garanzia pignoratizia su strumenti finanziari del valore complessivo di Euro 2.200.000,00 (di cui 1,65 Milioni erogati dalla Banca con il fido), che l'intermediario avrebbe acquistato; che, sebbene il "Credito Lombard", per espressa previsione contrattuale, non avesse alcun vincolo di destinazione, l'operazione era stata vincolata ad un contratto di Gestione Patrimoniale del tipo "(...)Solution Top Client", nel quale era confluita tutta la posizione del Sig. (...); che il patrimonio investito aveva iniziato a ridursi progressivamente a causa della negligente gestione della Banca, tanto che, già al 31.12.2019, il portafoglio finanziario del Sig. (...)presentava elementi di alto rischio, a causa dell'acquisto di strumenti finanziari volatili e investimenti azionari che incidevano per oltre l'82,7% sull'intero capitale immobilizzato; che, alla data del 31.3.2020, il patrimonio netto dell'attore si era ridotto ad Euro 1.747.435,23, registrando una perdita secca di Euro -448.438,43; che, da aprile sino al 6.5.2020, la Banca aveva revocato l'affidamento concesso e smobilitato i titoli investiti, incassando la garanzia residua. In diritto, ha eccepito che il pacchetto (...) costituiva una vendita abbinata, cioè un'operazione tripartita, composta dal conto corrente di appoggio e da un fido in conto corrente a revoca, in cui l'ente finanziatore presta denaro a fronte della costituzione in pegno degli strumenti finanziari depositati presso la Banca; che, in particolare, l'intermediario aveva vincolato il "Credito Lombard", che per sua natura non ha vincolo di destinazione, al rapporto di Gestione Patrimoniale; che la complessa operazione era avvenuta in violazione dell'art. 44 del Regolamento Intermediari Consob (Delibera n. 203027/2018 applicabile ratione temporis) in materia di vendita abbinata, in quanto non accompagnata dalla informazione al cliente della possibilità di acquistare separatamente i diversi componenti del pacchetto, né del modo in cui la loro composizione avrebbe modificato i rischi di investimento, né, infine, dalla verifica dell'adeguatezza del credito rispetto alle concrete esigenze del cliente. In via preliminare, ha eccepito la nullità di tutte le operazioni di gestione patrimoniale effettuate dalla Banca (...) S.p.A., per mancanza di forma, o per vizi di forma, del contratto di gestione di portafogli di investimento, come prescritto dall'art. 23 del D.Lgs. n. 58/1998 (T.U.F.) e dall'art. 37 del Reg. Consob n. 203027/2018. Ha eccepito, poi, la responsabilità contrattuale della Banca per inadempimento agli obblighi di correttezza, diligenza, trasparenza e buona fede, nonché per violazione degli obblighi informativi: infatti, la Banca, nel rapporto con il sig. (...), aveva completamente omesso: di raccogliere correttamente e adeguatamente tutte le informazioni necessarie ai fini dell'investimento, sia in relazione all'esperienza e conoscenza, sia in relazione agli obiettivi di investimento del cliente; di informare il cliente della possibilità di acquistare separatamente i diversi componenti del "Credito Lombard"; di adottare le precauzioni organizzative dovute in materia di conflitti di interesse; di fornire una adeguata informazione, sia ex ante che ex post, in considerazione delle specifiche esigenze del sig. (...), sia dal punto di vista qualitativo dei singoli titoli sia dell'intero portafoglio; degli avvenimenti sopravvenuti e rilevanti in ordine al valore del patrimonio. Ha eccepito, ulteriormente, l'inadeguatezza della gestione patrimoniale del suo portafoglio, in violazione degli artt. 40, 41 e 60 del Regolamento Intermediari Consob n. 20307/2018, anche in violazione del benchmark. In subordine, ha eccepito la responsabilità della Banca convenuta per mancata vendita anticipata dei titoli in garanzia "Lombard" e la violazione degli artt. 1175, 1375, 2790 e 2795 c.c. Si è costituita in giudizio Banca (...) S.p.A., la quale, dopo aver contestato la qualifica di investitore inesperto in capo al sig. (...), ha dedotto, in punto di fatto: che il sig. (...) aveva chiesto di potere usufruire dei servizi offerti dalla Banca già il 29 aprile 2015, allorquando: a) aveva sottoscritto una "richiesta di servizi bancari e di investimento" con la quale chiedeva l'attivazione dei servizi di conto corrente (...) Top Premier (n. 8000573497), deposito di strumenti finanziari, negoziazione e home banking; b) chiedeva l'attivazione dei servizi di consulenza e collocamento; c) compilava e sottoscriveva il questionario per la profilatura finanziaria, dichiarando, tra l'altro, di avere conoscenza ed esperienza con la pressoché totalità degli strumenti finanziari, di operare sui mercati finanziari da oltre 5 anni, di mirare alla "crescita del capitale nel medio-lungo periodo pur accettando il rischio di perderlo in parte" e di riconoscersi una propensione al rischio "media". Informazioni non dissimili e coerenti con la sua operatività venivano fornite dal sig. (...) in sede di verifica della sua profilatura nel settembre 2018; che, in continuità con la sua precedente operatività presso Banca (...), anche presso Banca (...) il sig. (...) chiedeva l'attivazione di un mandato di gestione patrimoniale individuale. In particolare, in data 29 aprile 2015, l'attore chiedeva l'attivazione del mandato di gestione (...) Elite, Linea Bilanciata, Classe 5. Prima di procedere alla sottoscrizione del relativo documento contrattuale, al Sig. (...) veniva fornita ogni prescritta informazione e documentazione, rendendolo edotto, in particolare e tra l'altro, in merito ai risultati storici della gestione, alle caratteristiche di ognuna delle linee di gestione disponibili e ai relativi benchmark di riferimento, ai costi collegati alla gestione, ai rischi connessi alle diverse di linee disponibili, alle peculiarità del mandato di gestione. Ottenute e valutate tali informazioni, quindi, il sig. (...) decideva di sottoscrivere il mandato di gestione, disponendo che lo stesso venisse alimentato attraverso il conferimento della liquidità e degli strumenti finanziari già presenti nella gestione all'epoca detenuta dallo stesso Sig. (...) presso Banca (...); che, al fine di poter chiudere i suoi rapporti con Banca (...), però, il Sig. (...) aveva la necessità di estinguere la rilevante posizione debitoria lì in essere, presso la quale aveva ottenuto un fido per 1,65 milioni di Euro e risultava ancora debitore per Euro 1.540.020; il 29 aprile 2015, quindi, il Sig. (...) chiedeva, a valere sul conto corrente Banca(...)n. 3497, un'apertura di credito per Euro 1,65 milioni di Euro fornendo quale garanzia il pegno non già su titoli e/o strumenti finanziari individuati dalla Banca, ma proprio sui titoli già acquistati e detenuti presso Banca (...). Accolta la richiesta del sig. (...) di ottenere un'apertura di credito funzionale ad estinguere il suo debito nei confronti di Banca (...), la Banca provvedeva a dare esecuzione all'ordine dell'attore, disponendo il pagamento di Euro 1.543.069,33 in favore di Banca (...). Contrariamente a quanto sostenuto dall'attore, pertanto, l'apertura di credito concessa al sig. (...) da Banca (...) non era funzionale a fargli sottoscrivere strumenti finanziari per il tramite della convenuta, ma ad estinguere il debito che lo stesso Sig. (...) aveva contratto verso Banca (...), a beneficio della quale è, infatti, andato quasi interamente l'importo riconosciuto all'attore. Da qui l'inizio del suo rapporto con Banca (...) S.p.A. In diritto, ha contestato, in primo luogo, l'eccezione di nullità per difetto di forma scritta, avendo il sig. (...) sottoscritto tutta la modulistica contrattuale. Ha contestato la violazione delle norme in materia di vendita abbinata per le seguenti ragioni: nel 2019, dopo la concessione del fido, il sig. (...)non aveva sottoscritto alcuna gestione patrimoniale, con conseguente infondatezza anche della doglianza relativa alla inadeguatezza della gestione patrimoniale medesima, nonché di quella relativa alla violazione del benchmark di riferimento della gestione. Ha contestato la sussistenza del preteso conflitto di interessi, il difetto di informativa, la violazione degli obblighi del creditore pignoratizio, nonché il quantum delle pretese avversarie. La causa è stata istruita con i documenti prodotti dalle parti. La domanda di nullità formulata in via principale da parte attrice è infondata e deve essere rigettata. Si impone una breve premessa in ordine al rapporto intermediario-cliente nell'ambito della disciplina dei contratti finanziari disciplinati dal D.Lgs. n. 58/1998. Il contratto di investimento che intercorre fra l'investitore e l'intermediario ha ad oggetto un accordo che disciplina il successivo svolgimento del rapporto, volto alla prestazione di uno o più servizi e attività di investimento di strumenti finanziari, fra cui: la negoziazione per conto proprio; l'esecuzione di ordini per conto del cliente; l'assunzione a fermo e/o collocamento sulla base di un impegno irrevocabile nei confronti dell'emittente; la gestione di portafoglio; la ricezione e trasmissione di ordini; la consulenza in materia di investimenti; la gestione di sistemi multilateriali di negoziazione; la gestione di sistemi organizzati di negoziazione (v. art. 1, co 5 T.U.F.). Pertanto, la prestazione di servizi di investimento da parte dell'intermediario viene regolata all'interno di una cornice (c.d. "quadro") a contenuto normativo, destinato a disciplinare il rapporto di durata con il cliente. Sul punto, deve richiamarsi quanto evidenziato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, le quali, in ordine al rapporto intercorrente tra il contratto quadro e le successive operazioni che l'intermediario compie per conto proprio o per conto del cliente, hanno argomentato come queste ultime, sebbene possano consistere in atti di natura negoziale, "costituiscono pur sempre il momento attuativo del precedente contratto di intermediazione" (cfr. Cass. SS.UU. 19.12.2007, n. 26724 e n. 26725); tuttavia, è stato anche osservato che è con il singolo ordine che l'investitore decide quale atto porre concretamente in essere avvalendosi dell'operato dell'intermediario, ad esempio concludendo direttamente con tale soggetto contratti relativi a titoli che egli detenga già nel proprio portafoglio, o conferendo al medesimo un mandato avente ad oggetto l'acquisto o la vendita di prodotti finanziari, o, ancora, incaricandolo di una mera attività di trasmissione del proprio ordine all'intermediario negoziatore (cfr. Cass. n. 12937/2017). Pertanto, deve aderirsi all'orientamento che riconosce alle operazioni di investimento in valori mobiliari la natura di contratti autonomi esecutivi del contratto quadro originariamente stipulato fra investitore ed intermediario, con la conseguente possibilità che gli stessi siano oggetto di autonoma impugnativa negoziale, ricorrendone i presupposti, indipendentemente dalla caducazione del contratto quadro. Ciò premesso, nella fattispecie oggetto di causa, l'accertamento della nullità dei contratto-quadro, in esecuzione dei quali sono stati impartiti alla banca intermediaria gli ordini di acquisto dei titoli azionari, per violazione dell'art. 23 co. 1 del T.U.F., costituisce il presupposto della domanda proposta in via principale da parte attrice. L'art. 23 del T.U.F., ratione temporis applicabile, così dispone: "I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, escluso il servizio di cui all'articolo 1, comma 5, lettera f), e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti.....Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo....". "Nei casi previsti dai commi 1 e 2 la nullità può essere fatta valere solo dal cliente". Su tale questione, la Suprema Corte ha ritenuto che l'art. 23 del D.Lgs. n. 58/1998, in tema di prescrizione di forma scritta, si riferisca al contratto quadro, che, come abbiamo visto, disciplina lo svolgimento successivo del rapporto diretto alla prestazione del servizio di negoziazione di strumenti finanziari, e non ai singoli ordini di investimento (o disinvestimento) che vengano poi impartiti dal cliente all'intermediario, la cui validità non è soggetta a requisiti di forma, non rilevando che l'intermediario abbia violato le regole di condotta concernenti le informazioni (attive e passive) nei confronti del cliente (v., in tal senso, Cass. n. 14671/2019; conf. Cass. n. 384/2012; nonché, più di recente, Cass. n. 19759/2017 e n. 18122/2020). Pacifico è l'inquadramento della nullità di cui stiamo trattando come vizio di protezione, operando ad esclusivo vantaggio del cliente (v. Cass. SS.UU. n. 898 e 1200 del 2018). Passando ad esaminare il merito delle doglianze proposte da parte attrice, la convenuta ha prodotto in giudizio copia del contratto quadro relativo alla "Richiesta di servizi bancari e di investimento", alla "Richiesta di attivazione di consulenza in materia di investimenti", alla "Richiesta di attivazione del Servizio di Collocamento e Disciplina della Relazione con il cliente", nonché il mandato di gestione portafoglio "(...)" Linea Bilanciata classe 5, sottoscritti in data 29.4.2015, con il relativo foglio informativo, ed in forza dei quali è stato, pacificamente, impartito alla banca convenuta l'ordine di acquisto degli strumenti finanziari in contestazione. Con riferimento a tali contratti, deve ritenersi rispettato il requisito formale prescritto dall'art. 23 co. 1 del T.U.F., in forza dei principi affermati dalle Sezioni Unite sopra richiamate, secondo cui "...tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest'ultimo, e non anche dell'intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti" (Cass. SS.UU. n. 898/2018; principio ribadito, tra le altre, da Cass. n. 30016/2020; n. 9187/2021; n. 21005/2022; n. 17288/2023). Sul punto, la censura attorea, che denuncia l'incompletezza dei documenti contrattuali è del tutto generica, priva di specifica indicazione degli elementi effettivamente mancanti, tali da renderli inidonei ad integrare la forma scritta. Tale eccepita incompletezza documentale si scontra, comunque, con le dichiarazioni ivi apposte, quali quelle di avere "ricevuto l'esemplare", né è stato specificatamente contestato che le condizioni generali ed economiche del rapporto e del documento di sintesi prodotte dalla convenuta divergano da quelle espressamente consegnate in "copia ai clienti" al momento della stipula del contratto. Ne consegue, con riferimento ai contratti quadro del 29.4.2015, che la domanda di nullità è infondata e va rigettata. In via subordinata, parte attrice ha domandato la risoluzione del contratto quadro e dei successivi ordini di acquisto per inadempimento dell'intermediario, allegando tutta una serie di inadempimenti, quali la descrizione degli strumenti finanziari oggetto di investimento, il modello di profilatura, l'inadeguatezza dell'operazione rispetto al profilo di rischio dell'investitore, carenze informative in ordine alla affidabilità degli strumenti finanziari e sugli elevati profili di rischio che gli stessi presentavano, inadempimenti che coinvolgono fasi diverse del rapporto. Secondo l'orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità (conf. a Cass. SS.UU. n. 8236/2007), deve ritenersi che la violazione degli obblighi previsti dal T.U.F. possano, in taluni casi, attenere alla fase pre-negoziale (tra questi, il dovere dell'intermediario di acquisire le informazioni necessarie sulla situazione finanziaria del cliente) e, in altri, persistere successivamente alla stipula del contratto e riguardare la fase della sua esecuzione (tra questi, il dovere di porre sempre il cliente in condizioni di avere piena consapevolezza dei rischi e della natura delle singole operazioni di investimento e il dovere di non favorire investimenti eccessivi, per entità o frequenza, rispetto alla situazione finanziaria del cliente medesimo). Ne discende che, mentre la violazione degli obblighi che precedono o accompagnano la stipula del contratto può determinare una responsabilità precontrattuale, quella degli obblighi che riguardano la fase esecutiva può integrare inadempimento contrattuale. Ciò premesso, risulta documentalmente provato che, al momento della sottoscrizione dei contratti quadro del 29.4.2015, la banca abbia consegnato al cliente la documentazione contrattuale, unitamente al prospetto informativo sull'impresa di investimento ed i suoi servizi (v.doc. 14 fascicolo di parte convenuta contenente l'informativa specifica al cliente sulla gestione portafoglio) ed abbia provveduto a raccogliere la profilatura di (...)(v. docc. 11 e 13 del fascicolo di parte convenuta) con questionario compilato e debitamente firmato dal cliente, rinnovata poi nel 2018. In punto di riparto di onere della prova, poiché trattasi di responsabilità contrattuale, l'investitore ha l'onere di allegare l'inadempimento delle obbligazioni scaturenti dal contratto di negoziazione da parte dell'intermediario, nonché del danno e del nesso di causalità fra questo e l'inadempimento, mentre l'intermediario ha l'onere di provare l'avvenuto adempimento delle obbligazioni a suo carico, allegate come inadempiute dalla controparte, e di aver agito con la specifica diligenza richiesta. A tal proposito, la Suprema Corte (Cass. n. 10111/2018) ha precisato che l'allegazione dell'inadempimento deve necessariamente tradursi nell'individuazione, sintetica, ma circostanziata, delle informazioni che la banca avrebbe omesso di fornire, dovendo il giudice, nel valutare l'inadempimento, attenersi ai fatti che l'attore ha posto a fondamento della domanda. Ciò vale sia per gli obblighi informativi di natura "attiva", di fornire al cliente adeguate informazioni sulla natura, i rischi e le implicazioni dell'operazione o del servizio, così da metterlo in condizioni di effettuare scelte di investimento consapevoli, sia per quelle di natura "passiva", volte a consentire ai soggetti abilitati di comprendere quali siano le effettive esigenze dei clienti e le loro caratteristiche di investimento. Ma vale anche per le valutazioni di adeguatezza e/o di appropriatezza (che dal Regolamento n. 16190/2007 concerne i servizi diversi dalla consulenza in materia di investimenti e dalla gestione portafogli) e il conseguente obbligo dell'intermediario di segnalare all'investitore, in relazione alla sua accertata propensione al rischio, la non pertinenza delle operazioni di investimento che si accinge a compiere. Nel caso di specie, le doglianze dell'attore hanno ad oggetto la violazione, da parte dell'intermediario, degli obblighi legali e regolamentari che gli imponevano di: 1) raccogliere correttamente e adeguatamente tutte le informazioni necessarie ai fini dell'investimento, in particolare in ordine all'esperienza e conoscenza del sig. (...) nel settore finanziario; 2) informare il cliente della possibilità di acquistare separatamente i diversi componenti del pacchetto "Credito Lombard", di descrivere i diversi elementi e del modo in cui la loro composizione avrebbe modificato i rischi di investimento, nonché di verificare l'adeguatezza di tale linea di credito rispetto alla tolleranza al rischio del cliente; 3) di adottare le precauzioni organizzative dovute in materia di conflitto di interessi, in particolare in ordine all'investimento di Euro 500.000,00 in quote della (...), che, oltre ad essere altamente rischiose, era gestito dalla società (...) LTD di cui era dipendente il consulente della banca convenuta; 4) di fornire una informazione adeguata, sia ex ante che ex post, sia dal punto di vista qualitativo dei singoli titoli che dell'intero portafoglio (in particolare, in ordine alla natura altamente rischiosa dei titolo acquistati, ad altissima volatilità; 5) in ordine agli eventi sopravvenuti e rilevanti relativi al valore del patrimonio, in riferimento a titoli di società in default e che avevano perso il proprio valore sul mercato. Ciò posto, è documentalmente provato che la specifica operazione in contestazione è stata impartita, per iscritto, dal cliente-investitore alla banca intermediaria (v. docc. 24, 25, 26 del fascicolo di parte convenuta), la quale, all'interno dei contratti-quadro di riferimento del 29.4.2014, era incaricata di svolgere il servizio di negoziazione su strumenti finanziari (esecuzione, ricezione e trasmissione ordini), correlato al servizio di deposito a custodia e amministrazione, oltre che di gestione del portafoglio e di consulenza in materia di investimenti. In un tal genere di rapporti, quindi, anche in omaggio agli orientamenti più recenti della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 4708/2021; conf. Cass. n. 17949/2020), gli obblighi informativi imposti dall'art. 21 comma 2, lett.b), D.Lgs. n. 58/1998, dovevano essere finalizzati a garantire all'investitore di effettuare investimenti pienamente consapevoli, estendendosi poi anche alla successiva esecuzione del rapporto, dove si colloca l'informazione post-contrattuale (V. Cass. n. 19978/2022). Già in ordine agli obblighi di informazione correlati alla preventiva esecuzione dell'operazione si profila l'inadempimento della banca convenuta. Dalla disciplina, regolamentare e legislativa applicabile, infatti, emerge che l'intermediario non possa limitarsi a rendere possibile il trasferimento del titolo, ma debba altresì prestare un'attività specifica volta al corretto apprezzamento, da parte dell'investitore, della natura del servizio di investimento e del tipo specifico di strumenti finanziari interessati ed i rischi connessi alle singole operazioni: in assenza di un consenso informato dell'interessato, il sinallagma del singolo negozio non trova piena attuazione, con conseguente risoluzione per inadempimento del medesimo. Nel contesto normativo innovato dal D.Lgs. n. 164 del 2007, in attuazione della direttiva 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari e dal Regolamento Consob n. 16190/2007 8 e successive modifiche, l'esenzione dell'intermediario di ottenere informazione dai clienti o di procedere alla valutazione di appropriatezza di cui agli artt. 41 e 42, è subordinata dall'art. 43 alla presenza di determinate condizioni, tra cui la chiara e preventiva informazione al cliente della inoperatività della protezione offertagli dalle disposizioni del Capo II, la cui sussistenza, nel caso di specie, non risulta documentata né dedotta dalla convenuta. Ciò premesso, la produzione documentale offerta da parte convenuta, onerata della relativa dimostrazione, non soddisfa l'onere probatorio a suo carico per andare esente da responsabilità. Infatti, le sole informazioni contenute nel documento rilasciato dal funzionario della banca incaricato dal cliente-investitore di dare esecuzione all'ordine di acquisto degli strumenti finanziari rappresentati (...) (in data 13.8.2018) e (...) "H" (in data 6 e 31.10.2018) risultano carenti in ordine al "rischio specifico" insito negli stessi; la mera consegna iniziale del documento sui rischi generali di investimento e la sintetica classe di rischio indicata nella scheda prodotto non è sufficiente a consentire di ritenere soddisfatto l'obbligo informativo a carico della banca, in assenza di una puntuale e specifica spiegazione del grado di esposizione al rischio che l'investimento in tali strumenti finanziari avrebbe comportato e la segnalazione degli elementi sintomatici del rischio stesso, quali la solvibilità dell'emittente e il rating assegnato nel periodo. La difesa di parte convenuta secondo la quale il cliente era in grado perfettamente di rendersi conto della rischiosità degli investimenti effettuati, in quanto, in precedenza, seppure con altro istituto bancario, aveva già investito in titoli rischiosi, dimostrando così una certa esperienza nel settore, va comparata con la classificazione di "cliente al dettaglio" (ex art. 26 lett. e) Reg. Consob n. 16190/2007) in cui pacificamente versava l'attore al momento dell'operazione. Infatti, lo speciale rapporto di intermediazione comporta necessariamente un grado di affidamento nella professionalità dell'intermediario e, quindi, nella adeguatezza delle informazioni da lui fornite. Pertanto, l'assolvimento degli obblighi informativi di cui all'art. 21 del TUF e di quella regolamentare impone non al cliente (non professionale o qualificato), bensì all'intermediario di attivarsi per ottenere una conoscenza preventiva adeguata sullo strumento finanziario alla luce di tutti i dati disponibili che ne possano influenzare la valutazione effettiva della rischiosità (quali la solvibilità dell'emittente e le caratteristiche del mercato ove il prodotto è collocato) e di trasmettere tali informazioni al cliente. Nemmeno la dichiarazione prestampata contenute negli ordini di acquisto di aver "ricevuto adeguate informazioni in merito ai rischi connessi" è idonea a comprovare che l'intermediario - anche attraverso un colloquio individuale- abbai riferito precise indicazioni circa la rischiosità dello specifico investimento. Essa, infatti, non può valere come confessione stragiudiziale né costituisce un'autorizzazione scritta all'investimento quando sia apposta su un modulo "standard" senza alcun riferimento individualizzante da cui desumere l'effettiva pesa d'atto dei rischi e delle particolari caratteristiche della specifica operazione (v. in tal senso Cass. n. 29616/2022; n. 28175/2019). Il fatto poi che l'operazione per cui è causa fosse stata valutata "appropriata" al profilo finanziario del cliente, dichiarato da quest'ultimo nel questionario Mifid da lui sottoscritto non assolve, ancora, l'onere probatorio a carico della banca. Né il fatto che l'investitore propenda normalmente per investimenti rischiosi fa venir meno l'esigenza dello stesso di essere adeguatamente informato, così da poter scegliere, tra le varie opportunità offerte dal mercato finanziario, quelle che presentino maggiori probabilità di successo (v., da ultimo, Cass. civ. Ordinanza n. 7288/2023). Deve, infine, rilevarsi come non risultino dimostrato l'invio al cliente, da parte della banca, del rendiconto della gestione dal 2015 al 2020 (doc. 19 lett. a-c convenuta), né del servizio di consulenza (doc. 20 convenuta), né della comunicazione delle perdite della gestione (doc. 27 convenuta), sui quali la banca vorrebbe fondate l'assolvimento dei propri obblighi informativi anche in costanza di rapporto. L'eccezione di prescrizione della responsabilità contrattuale della banca da quest'ultima sollevata deve ritenersi infondata, in quanto relativa a ordini di acquisto effettuati tra agosto ed ottobre 2018. Sul piano della correlazione eziologica tra l'inadempimento e il pregiudizio lamentato dall'attore, la giurisprudenza di legittimità ammette ormai che la mancata prestazione delle informazioni dovute al cliente da parte della banca intermediaria ingeneri una presunzione di riconducibilità del danno a tale operazione finanziaria, dal momento che l'inosservanza dei doveri informativi costituisce di per è un fattore di disorientamento dell'investitore che condiziona in modo scorretto le sue scelte di investimento (cfr. Cass. n. 29106/2019; nello stesso senso, più di recente, Cass. n. 19891/2021; n.7288/2023; n. 19322/2023); cosicché "tale condotta omissiva è normalmente idonea a cagionare il pregiudizio lamentato dall'investitore salva la prova contraria da parte dell'intermediario circa la sussistenza di sopravvenienze in grado di deviare il corso della catena causale derivante dall'asimmetria informativa" (cfr. Cass. n. 3914/2018). Nel caso, di specie, tale prova contraria non può ritenersi raggiunta attraverso il richiamo all'adeguatezza dell'operazione al profilo finanziario del cliente, né dalla condotta in passato propensa al rischio dell'investitore. Sulla base delle argomentazioni sopra effettuate, considerato l'interesse dell'investitore all'esatto adempimento degli obblighi informativi gravanti sull'intermediario, con specifico riguardo alle operazioni di cui è causa, deve ritenersi che l'inadempimento della convenuta si qualifichi come di "non scarsa importanza", ai sensi dell'art. 1455 c.c. Ne consegue che i contratti di acquisto impugnati dall'attore devono dichiararsi risolti per grave inadempimento dell'intermediaria. Tutte le ulteriori domanda svolte da parte attrice in punto di an debeatur, svolte in via ulteriormente subordinata, devono, quindi, ritenersi assorbite. La Banca convenuta deve essere, pertanto, condannata alla restituzione, in favore dell'attore, di tutte le somme dallo stesso investite, per complessivi 462.210,43, oltre agli interessi legali a decorrere dalla domanda sino al soddisfo, ma senza rivalutazione monetaria, vista la natura di debito di valuta dell'obbligo restitutorio derivante dalla risoluzione. L'attore deve, invece, essere condannato alla restituzione, in favore dalla Banca, dei titoli ancora posseduti. Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: RIGETTA la domanda di nullità proposta in via principale da parte attrice; ACCOGLIE la domanda proposta in via subordinata e, per l'effetto, DICHIARA la risoluzione del contratto di acquisto dei titoli eseguito dalla Banca convenuta di cui all'ordine (...) del 13.8.2018, per grave inadempimento della Banca (...) S.p.A. e, CONDANNA quest'ultima alla restituzione, in favore dell'attore, di tutte le somme dallo stesso investite, per complessivi 462.210,43, oltre agli interessi legali a decorrere dalla domanda sino al soddisfo, con restituzione, da parte dell'attore, dei titoli ancora in suo possesso; CONDANNA altresì la parte convenuta a rimborsare alla parte attrice le spese di lite, che si liquidano in Euro (...) per compensi ed in Euro(...)per esborsi, oltre i.v.a., c.p.a. e 15,00% per spese generali. Firenze, 11 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE 03 Terza sezione CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Daniela Bonacchi ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 10288/2023 promossa da: (...), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in (...) FOGGIA presso il difensore avv. (...) ATTORE contro (...), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in (...) PRATO presso il difensore avv. (...) CONVENUTO Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con ricorso ex art. 281 decies cpc regolarmente notificato il Sig. (...) ha proposto ricorso ex art. 281 decies c.p.c. nei confronti di (...) per sentire: A) accogliere la domanda e, per gli effetti, accertare e dichiarare la nullità del contratto di finanziamento revolving, con conseguente diritto di restituire soltanto le somme ricevute in prestito al tasso legale, ai sensi dell'art. 1284, co. 3 c.c.; B) Con condanna della società convenuta al pagamento delle spese e competenze di lite. Si è costituita in giudizio la convenuta, chiedendo: A) in via preliminare dichiararsi l'incompetenza del Tribunale di Firenze in favore del Tribunale di Parma, quale foro del consumatore o, in subordine, del Tribunale di Parma quale luogo ove l'obbligazione è sorta, o di Firenze laddove deve essere eseguita; l'improcedibilità del ricorso ex art 5. D.Lvo n.28/2010; la carenza di interesse all'azione da parte del ricorrente in accoglimento dell'eccezione di transazione; l'inammissibilità di tutte le domande perché infondate in fatto e in diritto; in subordine la carenza di interesse ad agire in capo a (...); B) nel merito il rigetto di tutte le domande avanzate dal ricorrente, anche in via istruttoria, poiché inammissibili, infondate e temerarie in fatto e in diritto, essendosi trattato di un regolare contratto di apertura di credito con carta e non di finanziamento, con il rispetto del requisito della forma scritta come da concordi produzioni delle parti, dove il rivenditore è rimasto del tutto estraneo. In ogni caso con vittoria di spese e compensi di lite. Oggetto di causa è un contratto di finanziamento stipulato con la (...) in data 16/2/2008 per l'acquisto di un elettrodomestico, nella specie telefoni portatili e veicolari, collocato tramite un punto vendita di un rivenditore appartenente alla grande distribuzione, e la richiesta di una linea di credito con carta revolving. Il ricorrente sostiene in primis la procedibilità dell'azione in assenza di mediazione, in quanto, per recente giurisprudenza, è stato escluso il credito al consumo dalla sfera di operatività della mediazione obbligatoria, trattandosi di materia autonoma del diritto che si distingue dai contratti bancari e finanziari cui fa riferimento l'art. 5 D.Lgs. 28/2011. A fondamento del ricorso, ha allegato la violazione delle norme sul collocamento e distribuzione dei prodotti finanziari in quanto concluso presso un esercizio convenzionato con (...) ma non con un agente in attività finanziaria, come richiesto dalla normativa in questione, e che l'attività del negoziante non si era limitata alla distribuzione di una carta di pagamento ma aveva raccolto una proposta contrattuale relativa all'apertura di una linea di credito utilizzabile anche mediante carta di credito di tipo revolving. Ha, quindi, eccepito la nullità del contratto per avere la parte proponente assunto un obbligo sottoposto a condizione sospensiva meramente potestativa in violazione dell'art. 1355 c.c., nonché per violazione dell'art. 117 TUB per mancanza di trasparenza e correttezza nel rapporto contrattuale tra l'intermediario e il cliente, poiché l'utilizzo di documentazione precontrattuale e contrattuale unitaria per due prodotti finanziari sostanzialmente diversi non poteva in alcun modo soddisfare il requisito della forma scritta imposta dalla normativa a pena di nullità. Costituitasi in giudizio, Parte resistente ha eccepito preliminarmente l'incompetenza territoriale del Tribunale di Firenze, in virtù del fatto che il ricorrente e altri clienti (...) vi hanno fatto ricorso investendo detto Tribunale in plurimi giudizi aventi il medesimo petitum e la medesima causa petendi, rinunziando al Foro del consumatore, con l'intenzione di trarne vantaggio , dato che ...."il tribunale di Firenze in subiecta materia è purtroppo solito allinearsi alle infondate tesi da loto propugnate". Ha lamentato, pertanto, un abuso dell'art. 19 cpc, suggerendo di "ricondurre la competenza al Tribunale di Parma quale Foro del consumatore. Ha eccepito, altresì, l'improcedibilità dell'azione ex art. 5, comma 1 D.lvo 28/2010 riconducendo la materia del contendere ad un contratto bancario; ha eccepito che, nonostante il ricorrente abbia esperito una procedura di mediazione, la condizione di procedibilità non possa ritenersi assolta, sia perché aveva attivato un procedimento di mediazione insieme ad altri nove soggetti, aventi ciascuno una posizione differente dagli altri e impedendo, quindi, l'effettivo e concreto svolgimento del tentativo di mediazione, sia perché le parti non avevano partecipato personalmente alla procedura ma avevano delegato tutte il Rag. (...), senza addurre giustificati motivi, come previsto dalla norma. Ha eccepiva poi che fra le parti era intervenuta, in data 15 Gennaio 2018, una transazione andata a buon fine come da doc. 13-14 allegato alla comparsa di costituzione e risposta, con la quale si era definito il rapporto debitorio del Sig. (...) nei confronti della (...) che aveva quindi considerato la posizione risolta. Ha dedotto la carenza di interesse di parte ricorrente, che ha proposto una domanda è tesa ad ottenere una mera declaratoria di nullità del contratto senza richiesta di condanna alcuna, posto che l'azione di ripetizione risulta comunque prescritta. Nel merito, ha eccepito che la promozione di carte magnetizzate tramite fornitori di beni convenzionati, all'epoca della stipula del contratto, era ampiamente consentita, con la conseguenza che l'attività prestata dal fornitore dei beni non era riconducibile a quella dell'agente in attività finanziaria, poiché lo stesso si era limitato a collocare il contratto , identificare il cliente, preparare il modulo contrattuale e ricevere il modulo sottoscritto dal Sig. (...) mentre il contratto in essere era stato stipulato e concluso direttamente dalla (...). In conclusione il collocamento di linea di credito con carta era, al tempo, consentito a soggetti diversi dagli agenti in attività finanziaria, e questo non comportava la violazione della riserva di legge. La situazione era poi mutata radicalmente con l'entrata in vigore del D.L.gs 13 agosto 2010 n. 141, con cui era stato ampliato lo spettro della riserva di legge in favore degli agenti in attività finanziaria, ma, poiché si era trattato di una riforma successiva al rapporto qui dedotto, ne ha contestato l'applicabilità al caso di specie. Ha dedotto poi che il contratto rispettava la forma scritta ex art.117 TUB, essendo stato regolarmente sottoscritto dal sig. (...) in ogni sua parte e che lo stesso se ne era avvalso senza muovere contestazione alcuna, dolendosi solo oggi della presunta nullità di quello stesso contratto in merito al quale ha concluso una transazione (Doc.13-14). In virtù di tale comportamento, (...) ha dedotto quindi che il ricorrente aveva violato l'obbligo di buona fede nell'esecuzione del contratto e che per tali motivi, aveva diritto di essere risarcita dei danni patiti ex art. 1338 cc. Domanda questa che viene posta in compensazione nell'ipotesi di accoglimento in tutto o in parte delle domande del ricorrente. Infine, ha precisato che le nullità invocate da parte ricorrente appartengono al genus "di protezione", cioè a quelle forme peculiari di nullità parziale, per cui la presenza di una clausola nulla non inficia l'intero contratto e, soprattutto, che possono essere invocate/applicate, (come ritenuto in Sent. N. 3059/17 del Tribunale di Napoli Nord) quando " nessuna lesione all'interesse del contraente debole è stata realizzata ovvero se questo interesse è stato comunque soddisfatto. Infine, ha contestato il diritto di restituzione delle sole somme ricevute al tasso legale, sostenendo che la domanda avrebbe dovuto, invero, avere ad oggetto l'estratto conto del rapporto che il cliente (...) aveva tenuto con la (...) e che invece non è mai stato contestato. 1) Preliminarmente, deve ritenersi e dichiararsi infondata l'eccezione di incompetenza sollevata da parte resistente in quanto priva di logica giuridica e non supportata da alcuna valida argomentazione. Secondo quanto precisato dalla Suprema Corte e come peraltro ricordato dalla stessa parte resistente (Cass. Civ. 20 Aprile 2022 n. 12541), il foro del consumatore può essere derogato da parte del consumatore, anche unilateralmente, con l'introduzione della domanda innanzi al giudice territorialmente competente, ai sensi degli artt. 18, 19, 20 cpc, oppure in forza di una clausola contrattuale, in quanto la competenza prevista dal Codice del consumo è inderogabile unicamente ad opera del professionista, attesa la funzione della disposizione volta alla tutela del consumatore medesimo, al quale quindi non può essere precluso di scegliere uno dei fori alternativi, se egli lo ritenga, nel caso concreto, più rispondente ai propri interessi. È stato poi ulteriormente precisato che la nullità della relativa clausola derogatoria rispetto al foro del consumatore "non è rilevante se l'iniziativa dell'azione giudiziale è presa dal consumatore, che si fa attore in giudizio e non si avvale del foro a lui riferibile nella detta qualità, cioè del foro della sua residenza o domicilio elettivo e, quindi, tale nullità non potrà essere rilevata dalla controparte, a cui vantaggio non opera, né d'ufficio dal giudice......."(Cass. N. 5933/2012; Cass. N. 12981/2020). 2) Va altresì respinta l'eccezione di improcedibilità della domanda per non essere stata preceduta dall'esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, o, meglio, per essere stata attivata la procedura, ma senza essere stata assolta la condizione di procedibilità. Poiché il D.l.vo 28/2010 ha previsto la condizione di procedibilità della mediazione con riferimento alle controversie rientranti in alcune materie tassativamente indicate, fra le quali non è riconducibile la causa in esame, poiché vertente su un rapporto di finanziamento al consumo, e non su un contratto bancario, la sanzione non coinvolge il presente procedimento. In particolare va ricordato come i contratti di finanziamento non siano riconducibili alle controversie finanziarie per le quali è prevista la condizione di procedibilità in esame, considerato come queste ultime riguardino solo il contenzioso intercorrente con intermediari finanziari in relazione a operazioni negoziali che trovano la loro disciplina nel T.U.F. (dl.vo 58/98). Seppur prossimo ai contratti bancari, la fattispecie in esame è disciplinata da una normativa tutta peculiare rispetto al diritto bancario in senso stretto, poiché fondata prettamente sulla tutela del consumatore, in virtù delle imposizioni del diritto europeo. Il ricorrente ha attivato la procedura di mediazione facoltativa avendo la possibilità di scegliere liberamente la via della composizione stragiudiziale ma, non essendo obbligatoria per i motivi sopra illustrati, il difetto o l'inottemperanza esclude l'applicazione di qualsiasi sanzione di carattere processuale, che è invece contemplata per i casi di cui all'art. 5 Dlgs 28/2010. (Trib. Firenze, Sez. 3 Civile, sent. n. 2655/2021). 3) Non può inoltre trovare accoglimento l'eccezione di intervenuta transazione fra le parti, in quanto la transazione in oggetto è una transazione conservativa, e non novativa, e, come tale affetta da nullità se interviene su un titolo nullo. La Suprema Corte è intervenuta sull'argomento con una recente ordinanza, n. 6255 del 2 Marzo 2023, nella quale la distinzione tra transazione novativa e conservativa è di grande importanza ai fini dell'applicazione dell'art. 1972 cc. In particolare la transazione novativa, che si verifica quando le parti stipulano un accordo che vuole sostituire il precedente con uno nuovo e autonomo, se interviene su un titolo nullo è sanzionata con la nullità solo se relativa ad un contratto illecito, mentre è annullabile negli altri casi; la transazione conservativa invece, che ricorre quando le parti vogliono apportare solo modifiche quantitative ad una situazione già in atto facendosi reciproche concessioni, se interviene su un titolo nullo, è sempre affetta da nullità, ancorchè le parti ne abbiano trattato, perché essa regola il rapporto congiuntamente al titolo contrattuale invalido e non in sostituzione di questo. Nel caso in esame, sulla base dei documenti prodotti da parte resistente, appare chiaro l'intento perseguito dalle parti che, attraverso reciproche concessioni, hanno definito transattivamente le loro posizioni, regolando un rapporto giuridico patrimoniale già esistente. Infatti la (...) accetta la somma offerta dal Sig. (...) di Euro 2.160,00 a definizione del suo debito con la (...) di Euro 3.159,71 e in relazione al finanziamento concessogli, dichiarando di non aver più nulla da pretendere. Ne consegue la nullità della intervenuta transazione. 4) Ugualmente infondata è l'eccezione di inammissibilità/improcedibilità della domanda per assenza di interesse ad agire in capo al ricorrente, sollevata dalla (...). La declaratoria di nullità oggetto della domanda del ricorrente conserva un interesse concreto ed attuale, dal momento che la pronuncia di nullità contrattuale è la più grave forma di invalidità negoziale, poiché esprime una valutazione negativa del contratto che presenta un vizio strutturale o un profilo di illiceità. La Banca quindi non può lamentarsi della tempistica con cui il ricorrente ha proceduto all'azione di accertamento, non potendo questo comportamento essere censurato per aver agito il sig. (...) giudizialmente solo una volta appresa l'illegittimità della pattuizione, nonostante egli abbia sempre provveduto periodicamente agli adempimenti frutto del contratto, nell'ignoranza dell'invalidità dello stesso, e nonostante abbia firmato e sottoscritto le clausole disciplinanti la linea di credito. Nessun comportamento viziato da male fede è dunque ravvisabile in capo al ricorrente, che non era consapevole al tempo dei fatti della nullità di ciò che sottoscriveva e pattuiva con (...) la quale avrebbe dovuto semmai, in qualità di operatore professionale, conoscere o prendere informazione della legislazione concernente l'attività ed il settore in cui operava e, conseguentemente, astenersi dalla conclusione di contratti di credito stipulati con la collaborazione di soggetti non legittimati. Ciò in richiamo di valutazioni già espresse da questo Tribunale su fattispecie analoghe (Trib. Di Firenze, 17.05.2023 est. Ghelardini RG 3144/2022). 5) Da qui, parimenti infondate devono qualificarsi le eccezioni di prescrizione invocate dalla (...) a sostegno anche della precedente eccezione. 6) Preliminarmente, deve osservarsi che il termine di prescrizione applicabile è quello decennale ex art. 2946 cc: sul punto è intervenuta la Suprema Corte (v.Cass. 15 gennaio 2013, n. 798), rilevando che il termine di prescrizione per l'azione di ripetizione non decorre nè dalla data di chiusura del conto, né dall'annotazione dell'addebito o dell'accredito, ma ciò che rileva è se il correntista abbia versato somme di denaro alla banca con finalità di adempimento del debito o no. La soluzione si fonda dunque sul discrimen tra rimesse solutorie e rimesse ripristinatorie: se i versamenti effettuati dal correntista sono al di sotto del fido concesso dalla (...) non hanno natura solutoria, in quanto funzionali al ripristino della provvista del conto corrente; se invece sono extra fido, ovvero sul conto passivo non assistito da apertura di credito, hanno natura solutoria. Nella fattispecie in esame, essendo il credito revolving, come si vedrà, una forma di apertura di credito nella quale il fido si ricostituisce man mano che si effettuano i rimborsi, consentendo all'utilizzatore di effettuare ulteriori spese, i pagamenti effettuati presentano una natura prettamente ripristinatoria e non solutoria in favore della Banca. Il dies a quo del termine di prescrizione non può quindi iniziare a decorrere né dalla stipula del contratto, né tanto meno dalla contabilizzazione degli interessi, ma dal pagamento dell'ultima rata (nello specifico avvenuto in data 18.12.2015). Nel merito la domanda di nullità del contratto del ricorrente è fondata e merita accoglimento. 7) La concessione del credito di cui al caso concreto, costituito dal rilascio di carta "revolving", rientra tra i contratti di credito al consumo. Trattasi di un negozio giuridico con cui un istituto si impegna a concedere ad un consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra agevolazione finanziaria al fine specifico di consentirgli l'acquisto di beni e servizi. Il prestito si rimborsa a rate e con gli interessi ad un tasso che di solito è variabile. Ogni volta che, attraverso le rate, si restituisce la somma utilizzata, questa somma può essere nuovamente spesa utilizzando la carta, configurandosi in sostanza una forma di finanziamento a tempo indeterminato. In tal modo, lo strumento di concessione del credito, comportando l'applicazione del D.Lgs. 374/99, determina la nullità del contratto ove promosso da soggetti non abilitati. A norma dell'art. 3:" L'esercizio professionale nei confronti del pubblico dell'agenzia in attività finanziaria, indicata nell'articolo 1, co. 1, lettera N, è riservata ai soggetti iscritti in un elenco istituito presso l'UIC......". In tal senso propendono anche le circolari della Banca di Italia , chiarendo ,che proprio in relazione alla promozione finanziaria avente ad oggetto carte "revolving", è vigente l'obbligo degli intermediari finanziari di avvalersi di agenti in attività finanziaria, ovvero di figure professionali specificatamente disciplinate ai fini della promozione e della conclusione di contratti di finanziamento, con la conseguenza che, qualora tale attività sia posta in essere direttamente dall'agente commerciale, essa dovrà ritenersi nulla, sempre che risulti dimostrato il reale utilizzo dello strumento di credito. (Conf.ABF collegio Napoli 9474/15, conf.ABF Roma 3574/12.) Nel caso in esame, appare chiaro, dalla documentazione prodotta dal ricorrente, che il Sig. (...) sottoscriveva in data 16/2/2008 con (...) un contratto di finanziamento per l'acquisto presso il fornitore di elettrodomestici e aderiva contestualmente all'apertura di una linea di credito. Ne deriva che l'attività del rivenditore non si era limitata alla sola raccolta della proposta contrattuale del richiedente, per poi trasmetterla alla (...) come sostiene parte convenuta, ma si era anche sviluppata con l'apertura di una linea di credito utilizzabile tramite una apposita carta revolving rilasciata dalla banca e non finalizzata unicamente all'acquisto del bene venduto dal rivenditore, in totale violazione della richiamata normativa. In proposito occorre osservare come la carta di credito revolving non era solo una carta di pagamento, ma era soprattutto uno strumento per ottenere credito. Vanno quindi disattese le eccezioni sollevate da parte resistente tese a dare una interpretazione dell'art. 3 del D.Lgs. 374/99 diversa da quella fino ad oggi consolidata. Detta normativa è di natura pubblicistica, essendo volta a regolamentare e disciplinare il settore del credito, e persegue quindi un interesse che trascende il diritto del singolo cliente. La sua violazione comporta, pertanto, la nullità del contratto, ai sensi dell'art. 1418 cc, per violazione di norma imperativa. Né è parimenti condivisibile la tesi del resistente in relazione all'applicabilità della riserva di legge di cui all'art. 2 del d. MEF n. 485/2001, con la quale si dispone la deroga alla richiesta di qualificazione del personale, poiché essa è limitata al finanziamento del bene contestualmente venduto e alla distribuzione di carte di pagamento, cioè al caso di operazioni semplici e di importo contenuto. Nel caso di specie, infatti, l'attività del negoziante non si era tradotta in una semplice distribuzione di una carta di pagamento, ma si era concretizzata nella raccolta di una domanda relativa ad una vera e propria linea di credito, di tipo revolving, non finalizzata all'acquisto del bene da lui venduto. Anche la domanda di nullità del contratto avanzata dal ricorrente per violazione delle norme di cui agli art. 1355 cc e 117 TUB è fondata e merita accoglimento. Sul punto la pressochè unanime giurisprudenza ha ritenuto nulli i contratti di carte di credito revolving che siano stati inclusi in altri e differenti contratti di finanziamento, rilevando al riguardo che trattandosi di due prodotti sostanzialmente diversi, contratto di credito al consumo, il primo, operazione di prestito, il secondo, era necessaria la stipulazione di due distinti contratti. Peraltro, l'art125 bis, co. 3 TUB, prevede espressamente che in caso di offerta contestuale di più contratti da concludere per iscritto, diversi da quelli collegati ai sensi dell'art 121, co 1, lett. D, il consenso del consumatore va acquisito distintamente per ciascun contratto attraverso documenti separati. Pertanto, anche alla luce di tali indirizzi, il contratto di credito revolving così come stipulato è da considerarsi nullo perché privo di forma scritta. 8) In merito poi al comportamento tenuto dal ricorrente e ritenuto viziato da mala fede per avere beneficiato per anni della linea di credito revolving senza aver mai contestato alcunché, nonché alla richiesta di risarcimento avanzata da parte resistente per i danni patiti, il presente giudicante si riporta a quanto sopra già specificato, respingendo altresì la richiesta risarcitoria poiché infondata. Il sig. (...) ha sempre agito in buona fede, avendo lo stesso sempre rispettato il pagamento delle rate e le altre condizioni contrattuali, nell'ignoranza che il contratto fosse perfettamente valido. Solo dopo che è venuto a conoscenza che il contratto così come aveva concluso non era conforme alle normative, ha azionato il suo diritto al fine di ottenere la nullità del medesimo. A nulla rileva poi il fatto che il Sig. (...) non abbia mai contestato gli estratti conto della banca, dal momento che il medesimo non contesta la verità effettuale e contabile delle singole annotazioni, bensì la validità delle varie pattuizioni alla base delle quali sta il rapporto obbligatorio. La richiesta di risarcimento avanzata non trova quindi fondamento. Non è infine condivisibile l'assunto posto da parte resistente in relazione al fatto che le nullità invocate dal ricorrente appartengano al genus " di protezione", ossia a quella peculiare forma di nullità parziale per cui la presenza di una clausola nulla non inficia l'intero contratto, e che conseguentemente non sarebbe applicabile, come nel caso di specie, nel quale nessuna lesione all'interesse del contraente debole è stata realizzata, in quanto il contratto viola norme poste alla tutela di interessi generali ,ai sensi e per gli effetti dell'art. 1418 c.c., come l'assenza della forma scritta che è un requisito essenziale. Il contratto nullo non può produrre effetti e con esso la intervenuta transazione. Ne discende che il rimborso del capitale utilizzato dal Sig. (...) alla (...)deve esser gravato degli interessi secondo il tasso legale tempo per tempo vigente ai sensi dell'art. 1284, co. 3 c.c., quale corrispettivo minimo ex lege per aver comunque goduto delle somme ricevute a far data dal primo utilizzo della linea di credito, e non quello previsto nel contratto. 9) Le spese legali seguono la soccombenza e si liquidano secondo i parametri minimi previsti dal D.M. n. 55/2014, trattandosi di causa documentale, con esclusione della fase istruttoria e decisoria. P.Q.M. - ACCOGLIE il ricorso e per l'effetto ACCERTA e DICHIARA la nullità del contratto di concessione di linea di credito con carta revolving, oggetto di causa, e il diritto di parte ricorrente di rimborsare il capitale con applicazione degli interessi calcolati al tasso legale tempo per tempo vigente; - CONDANNA parte resistente a rimborsare alla parte ricorrente le spese di giudizio che si liquidano in Euro 1.500,00 per compensi ed Euro 145,50 per esborsi, oltre 15% per spese generali, CPA ed IVA come per legge. Firenze 13 febbraio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE TERZA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice Dr. Mariateresa Vitiello, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I grado iscritta a ruolo al n. R.G. 10232/2019, promossa da: (...) in persona del titolare, rappresentata e difesa dall'Avv. (...) del foro di (...) giusta delega in calce all'atto di citazione, elettivamente domiciliat (...)(...) n. 9, in (...) CONTRO (...) s.p.a., in persona del procuratore speciale, domiciliat (...)(...) viale (...) n. 40, presso e nello studio dell'avv. (...) dal quale è rappresentata e difesa come da separata procura alle liti depositata telematicamente con comparsa di costituzione e risposta (...) Causa ritenuta in decisione sulla base delle seguenti (...) (...) Come in atto di citazione (...) Come da note a verbale d'udienza del 21/7/2023 Con atto di citazione ritualmente notificato (...) di (...) (d'ora innanzi anche solo (...) conveniva in giudizio davanti all'intestato Tribunale il (...) spa per sentir accogliere le seguenti conclusioni: "(...) l'Il.mo Tribunale adito, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione reietta, In via principale e nel merito: - accertare e dichiarare, per i motivi indicati in narrativa, l'indebita, e/o nulla e/o inefficace corresponsione delle somme pagate dall'attrice in favore della (...) come sopra meglio individuata, per il superamento dei tassi soglia di usura e/o in quanto interessi non previsti dal contratto di locazione finanziaria immobiliare n. (...) Euro 25.203,66 e, per l'effetto, condannare la convenuta al pagamento della somma complessiva di Euro 25.203,66, ovvero in quella diversa, maggiore o minore, che risulterà di giustizia, maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria, in quanto dovuti, sino all'effettivo saldo, oltre che rivedere e correggere il piano di ammortamento - per la parte maturanda - con eliminazione di qualsivoglia interesse che comporti superamento dei tassi soglia di usura, in quanto in ogni caso interessi non previsti dal contratto di locazione finanziaria; - accertare e dichiarare, per tutti i motivi indicati in narrativa, l'inadempimento contrattuale della convenuta, e per l'effetto, condannare la convenuta (...) s.p.a., al risarcimento del danno in favore della ditta attrice, quantificato nella somma che riterrà equa e di giustizia, ovvero alla maggiore o minore che risulterà in corso di causa o che sarà ritenuta di giustizia, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo. In via subordinata nel merito: - accertare e dichiarare, per i motivi indicati in narrativa, l'indeterminatezza delle clausole che regolano la modalità di rimborso del debito, con riferimento al contratto di locazione finanziaria immobiliare n. (...) e, per l'effetto, condannare la convenuta al pagamento, in favore dell'attrice, della somma complessiva di Euro 20.475,52 ovvero in quella diversa, maggiore o minore che risulterà di giustizia, maggiorata di interessi e rivalutazione monetaria, in quanto dovuti, sino all'effettivo saldo, nonché rivedere e correggere il piano di ammortamento per indeterminatezza del tasso - per la parte maturanda - in relazione al contratto per cui è causa; - condannare, per tutti i motivi indicati in narrativa, la convenuta al risarcimento del danno, ex artt. 1218 e ss. c.c., ovvero ex art. 1338 c.c., ovvero ex artt. 2043 e ss. c.c., ovvero all'indennizzo ex art. 2041 c.c., in favore di parte attrice, quantificato nella somma che riterrà equa e di giustizia, ovvero alla maggiore o minore che risulterà in corso di causa o che sarà ritenuta di giustizia, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo". Costituitasi in giudizio, la (...) spa (d'ora in avanti anche solo (...), contestava ogni pretesa e chiedeva la reiezione di ogni domanda in quanto inammissibile e improponibile, con vittoria di spese e competenze di causa. (...) (...) chiedeva la condanna della convenuta (...) al pagamento della somma complessiva di (...) 25.203,66 a titolo di indebita corresponsione di somme pagate per il superamento dei tassi soglia di usura e/o in quanto interessi non previsti dal contratto di locazione finanziaria immobiliare n. (...) e, nello specifico eccepiva: a) la indeterminatezza del tasso di interesse e del piano di ammortamento sia in considerazione del fatto che il tasso degli interessi corrispettivi pattuito non risulterebbe determinabile per effetto dell'ammortamento alla francese, sia per la mancata indicazione del (...) b) il superamento del tasso soglia usura di cui alla legge 108/1996 in quanto, sommando al (...) pari al 10,047%, il tasso degli interessi moratori pari al 12,650%, risulterebbe un tasso complessivo pari al 22,697%, superiore al (...) di (...) relativo al quarto trimestre dell'anno 2012, che sarebbe pari al 12,650% ovvero pari al 15,275% ove rettificato con la maggiorazione del 2,10%; c) l'anatocismo derivante dalla previsione contrattuale di maturazione degli interessi di mora sull'intera rata del leasing, comprensiva sia del capitale che degli interessi corrispettivi. La convenuta, contestando la domanda, rilevava che il contratto di locazione finanziaria per cui è causa non prevedeva il rimborso in "canoni mensili posticipati", ma in canoni mensili anticipati con scadenza al primo di ogni mese, deducendo, inoltre che risultavano rispettate le regole dettate per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari, in quanto nel contratto in questione erano stati indicati sia il (...) di (...) che tutte le spese che sarebbero state addebitate al cliente nel corso rapporto di leasing (spese di contratto, spese di incasso, spese per comunicazioni periodiche ed ulteriori oneri accessori). Assegnati i termini di cui all'art. 183 comma 6 per il deposito delle relative memorie, all'udienza del 16/6/20 veniva ammessa CTU tecnica sulle questioni sollevate nell'atto introduttivo e nella memoria dall'attore, con il dovuto contemperamento con le istanze della (...) All'udienza del 12/10/21 il Giudice assegnava al CTU il il seguente quesito: "(...) il (...) esaminati gli atti di causa ed effettuati gli opportuni accertamenti, se il contratto di leasing evidenzi una indeterminatezza del tasso di interesse e se sia rilevabile l'anatocismo". La CTU veniva deposita in PCT in dato 28/2/22 e all'udienza del 15/3/22 veniva fissata per la precisazione delle conclusioni per l'udienza del 9/2/2023. La causa veniva trattenuta in decisione poi all'udienza del 5/10/2023 con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda di parte attrice vista la documentazione in atti e le risultanze dell'attività istruttoria espletata risulta infondata e deve pertanto essere respinta. Il contratto di leasing strumentale stipulato in data (...) tra le parti prevedeva: a) importo finanziato (costo di acquisto del bene) euro 140.000,00; b) corresponsione alla stipula di un canone iniziale pari al 10,00% del valore del bene concesso in locazione; c) ulteriori n. 71 canoni mensili per l'importo di (...) 2.306,70 cadauno; d) canone finale (anche detto opzione riscatto) del 1,00%; e) (...) annuo nominale leasing 9,42%; f) spese istruttoria euro 200,00. Quanto all'eventuale illegittima applicazione di interessi anatocistici, si osserva che il fatto che nell'ambito di un contratto sia prevista come modalità di rimborso un piano di ammortamento secondo il metodo alla francese non può in alcun modo costituire una forma mascherata di anatocismo implicito, in quanto questo giudice aderisce all'orientamento, peraltro maggioritario, per il quale si nega in radice la pretesa intrinseca natura anatocistica del piano di ammortamento alla francese (cfr. ex multis Tribunale di Torino del 13.9.2017 e Tribunale di Bologna del 6.03.2018). A tal proposito, è necessario ricordare che l'ammortamento alla francese, nell'ambito dell'attuale quadro normativo e giurisprudenziale, è una modalità di rimborso della somma mutuata che si caratterizza per il peculiare elemento di rate costanti per il mutuatario. Il rimborso del finanziamento avviene a rate posticipate e ciascuna delle quali è comprensiva di una quota capitale e di una quota di interessi calcolati sul capitale residuo non ancora restituito. Ciò comporta che la quota di interessi sia più alta nel primo periodo e decresca nel corso dell'ammortamento, mentre, al contrario, la quota di capitale è più bassa all'inizio e cresce progressivamente. Questo metodo garantisce, per l'appunto, al mutuatario il vantaggio di una rata di ammortamento costante, consentendo facili previsioni circa l'incidenza del peso sulla propria generale situazione economica e, proprio in ragione di questa utilità pratica per il mutuatario, questa metodologia di restituzione è assai diffusa nella prassi bancaria. Pacifica in giurisprudenza è la conformità del meccanismo contabile dell'ammortamento alla francese con la disciplina dell'anatocismo. Gli interessi che compongono la singola quota sono calcolati man mano sul capitale residuo, cioè su ciò che rimane da pagare del capitale dopo ogni pagamento di rata; quindi, si pagano ogni volta interessi calcolati sul capitale decrescente e in relazione al periodo cui la rata si riferisce. La rata successiva porta in sé interessi che sono conteggiati alla percentuale stabilita solo sul capitale che man mano residua, a seconda del periodo. Ciò non conduce mai alla generazione di interessi su interessi. Nella fattispecie poi il (...) dopo aver esaminato gli atti di causa, il contratto di locazione finanziaria n. (...)/001 (completo di condizioni particolari e di documento di sintesi sottoscritti in data (...)), l'Atto di rinegoziazione di leasing del 27.02.2014 e l'estratto conto del rapporto contabile tra (...) e (...) di (...) ha concluso il suo l'elaborato precisando che "il contratto di leasing n. (...)/001 non evidenzia una indeterminatezza del tasso di interesse né è rilevabile anatocismo. I calcoli non hanno dimostrato valori diversi da quelli indicati in contratto e nei documenti in corredo. (...) di interessi passivi posti a carico dell'utilizzatore quantificati da parte attrice NON è imputabile ad anatocismo intrinseco ma è originato dalla metodologia di costruzione del piano di ammortamento (precisamente nella suddivisione della rata nelle sue distinte componenti di capitale e interesse)". Le risultanze contabili della CTU risultano condivisibili in quanto il consulente ha condotto una attività di analisi e di ricalcolo delle condizioni del contratto oggetto del presente giudizio con metodologia di calcolo lineare ed organica, rispondendo al quesito affidato e alle osservazioni formulate dai consulenti di parte rispondendo in modo completo ed esaustivo al quesito formulato all'atto di conferimento dell'incarico. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate, come indicato in dispositivo, nei valori medi per ogni fase, in ragione del valore della controversia, (euro 25.203,66) ai fini dell'applicazione degli scaglioni previsti dal D.M. n. 55 del 2014. Nel caso di specie, non vi è dubbio in merito alla soccombenza di parte attrice in relazione al proprio atto introduttivo, come meglio chiarito in motivazione. I costi della consulenza tecnica d'ufficio sono definitivamente posti a carico di parte attrice, parimenti in ragione nel criterio della soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa iscritta a ruolo al n. RG 10232/19, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1. RIGETTA la domanda attorea, 2. (...) al pagamento delle spese di lite a favore di (...) che si liquidano in: euro 5.077,00 per compensi; spese generali pari al quindici per cento della somma che precede; infine, IVA e CPA sulla parte imponibile, 3. DISPONE che il costo della consulenza tecnica di ufficio, liquidato con l'ordinanza del 1/3/22, sia posto definitivamente a carico di (...) (...) 19/1/2024 Il Giudice Dott. Mariateresa Vitiello La divulgazione del presente provvedimento, al di fuori dell'ambito strettamente processuale, è condizionata all'eliminazione di tutti i dati sensibili in esso contenuti ai sensi della normativa sulla privacy di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e successive modificazioni e integrazioni.
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